STORIA DELLE FANTERIE ITALIANE VOL IV

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STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO

EDOARDO SCALA

STORIA DELLE

FANTERIE ITALIANE VOLUME IV

LE FANTERIE ITALIANE NELLE CONQUISTE COLONIALI

ESERCITO IL GIORNALE;:• BIBLIOT[CA STORICA


Storia delle fanterie italiane Volume IV. Le fanterie italiane nelle conquiste coloniali. F.doardo Scala E.dizione speciale Ristampa anastatica dell'edizione del 1950-1956 In collaborazione con Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito © 2020 Difesa Servizi S.p.A., Roma Supplemento al numero odierno de il Giornale. Direttore ResporL"3bile: Alessandro Sallusti Reg. Trib. Milano n. 215 del 29.05.1982

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STATO MAGGI ORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO

EDOARDO SCALA

STORIA DELLE

FANTERIE ITALIANE VOLUME IV

LE FANTERIE ITALIANE NELLE CONQUISTE COLONIALI

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ESERCITO IL GIORNALE;:• BIBLIOTE;:CA STORI CA



PREFAZIONE

5 ulla soglia di questo

volume, che s'intitola alle imprese coloniali delle Fanterie Italiane - quarta tappa della nobile opera di un Fante, riemerso dal naufragio della Patria con fede intatta, sì da dedicare, in età già autunnale, ogni suo vigore e fa immutata fecondità della mente alla esaltazione di queff' Arma che fu ed è il grande amore della sua vita - non si può a meno di ripensare che la Storia d'Italia, dalla raggiunta unificazione in poi, è in f{ran parte legata alle vicende coloniali. Le azioni militari, di cui in questo volume si rintraccia l' appassionata narrazione, rispondono ad un ritorno storico e naturale incontenibile, tanto che, fin dagli anni del primo risorgimento, l'apostolo repubblicano della Giovane Italia, Giuseppe Mazzini, volgendo la mente al mare ove si protende la penisola, auspicava « una invasione colonizzatr,"ce italiana, da compiersi quando che sia e data l'opportunità » e soggiungeva « Tunisi, Tripoli e la Cirenaica costituiscono una sola entità » . Tra il 1875 e il 1900 una schiera di uomini audaci penetrava nell'Africa, tracciando le vie ideali delle aspirazioni italiche; e l' ardente politica di Crispi consegnava alla giovane nazione i primi territori di colore, unificati militarmente da Baldissera e costituiti in Colonia col nome di Eritrea, fedele vedetta sulla rotta del Levante. Era il primo gennaio del 1890.


vm del presente volume è senza dubbio particolarmente interessante, poichè ci permette di constatare il sicuro progresso della nostra Patria, finalmente libera ed unita, nelle nostre imprese coloniali, iniziate fra tante difficoltà e tante incertezze, svolte tra le più gravi sofferenze, nel continuo pericolo, e portate finalmente a compimento, con un successo purtroppo effimero, nel 1936. Di tale non facile, ma costante progresso le nostre conquiste in Africa non furono, a dire il vero, che una delle moltissime prove che, per nostra fortuna, potevano rilevarsi in ogni campo dell'attività nazionale; ma senza dubbio una delle prove più eloquenti e nello stesso tempo più difficili, visto che le imprese oltremare, per la preparazione che richiedono e per le difficoltà che impongono, sono le pii':1 idonee a rivelare, specialmente per un popolo che abbia appena ritrovata la sua unità dopo secolari divisioni, la promettente vitalità della nazione, l'antiveggenza dei governanti sulle necessiù del futuro e la concorde, sicura fiducia dei cittadini nell'avvenire della Patria. Appena l'Italia tornò ad essere libera, indipendente cd unita, troppe erano le differenze fra i piccoli Stati che avevano concorso a ricostituirla in nazione perchè si potesse formare subit:nnente un:1 vera ed operante coscienza nazionale. Troppi e troppo com plessi erano i problemi immediati perchè si potesse pensare a mete tanto lon tane. Troppe le necessità morali e materiali alle Lluali doveva provvedere la nostra politica interna perchè gli Italiani dimostrassero la stessa concorde decisione sull'opportunità di disporre di nuovi porti e di nuove terre in un 'altra parte del mondo, visto che a molti, e forse alla maggioranza dei cittadini, gli impellenti bisogni del presente non permettevano ancora di scorgere: c1uelli dell'avvenire. Per conseguenza quasi nessuna delle nostre imprese élfricane potè suscitare, salvo che in qualche particolare momento, un interesse generale, una decisione veramente unanime e quella vera, totale concordia degli animi che sarebbe stata indispensabile per rendere meno difficili le prove che le nostre forze armate, e specialmente l'esercito, dovettero superare per conquistare anche all'Italia un impero coloniale. Si può anzi affermare che le nostre prime imprese in Africa sarebbero apparse avventate e premature e che la com1uista della Libia e poi quella dell'Etiopia sarebbero state impossibili, se le gesta compiute dai nostri combattenti sul mar Rosso, in Tripolitania, in Cirenaica, in Etiopia non ci fossero state suggerite dalla consapevo-


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lezza di una tradizionale missione di civiltà, dai crescenti bisogni del popolo, dalle caratteristiche qualità della nostra stirpe.

Il nostro non è soltanto un popolo di artisti, di scienziati e di Santi; ma anche un popolo di trasmigratori, abituati a portare in tutto il mondo la luce della loro intelligenza e la fecondità del loro lavoro, col quale hanno dissodato terre, forato montagne, costruito ponti e dighe, strade e ferrovie, villaggi e città, creando dappertutto le condizioni indispensabili ad ogni progresso. L'Italia è, senza dubbio, la nazione che ha offerto, in ogni tempo, il maggior contributo all'affermarsi ed al progredire della civiltà umana. Contributo, che, già manifesto con Roma, - che aveva elargito a quasi tutti i popoli allora conosciuti gli inestimabili doni della pax romana e quella mirabiie sa pienza giuridica, alla Llualc attingono, anche nel presente, le leg islaz ioni di tutti gli Stati - rimase operante e decisivo in tutti i periodi della Storia. Se da Roma mossero, infatti, le vittoriose legioni alla conquista cd alla civilizzazione dei paesi ancora barbari, nel medioevo le nostre Repubbliche marinare, con la partecipazione alìe Crociate, con i fiormti commerci, con le vittorie contro i T urch1, unirono l'Oriente con l'Occidente ed efficacemente contribuirono alla vita economica europea. Poi , mentre stava per iniziarsi la Storia moderna, la nostra Patria offrì, col Rinascimento, le incomparahili affermaziont dell'arte, i presupposti necessari per i progressi scientifici, il vittorioso ardimento dei grandi navi~atori che, con Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci, i fratelli Caboto, oltrepassarono più volte le già vietate colonne d'Ercole e si spinsero nell'Atlantico, con la stessa intrepida passione, con la quale, nel secolo XIX, i nostri esploratori, dal Cecchi al Bòttego e dal Giulictti al Bianchi, attraversando territori ancora sconosciuti e risalendo il corso dei grandi fiumi del contim:nte nero, trovarono nell'Africa nuove terre, nuove fonti di ricchezza, indispensabili opere da compiere per la civilizzazione degli abitanti. Per le innate qualità del nostro popolo, per la posizione geografica della nostra Patria e per i suoi crescenti bi sogni, era quindi inevitabile che l'Italia, appena ricostituita a nazione unita cd indiper.dente, venisse tratta a partecipare, dapprima invero timidamente e poi, sotto la spinta del suo sviluppo demografico, con un impeto


sempre crescente, alla gara già da tempo iniziata fra gli Stati europei per l'espansione coloniale. Espansione coloniale che, per noi Italiani, non poteva volgersi che verso la vicina Africa, dove, del resto, ci invitava - con la nostra posizione nel Mediterraneo, il bisogno di mate:ne prime e la necessità di altre terre - l'esempio, non dimenticato, degli antichi predecessori. Le nostre imprese coloniali - dapprima tentate fra le interne àiscordie ed attuate poi fra le gelosie delle ahre nazioni - ci condussero, come è noto, in meno di un secolo, alla conquista dell'Erit:ea, della Soma I ia, della Libia ed, infine, nel 1935, alla guerra contro l'Etiopia. Si tratta di quattro diversi obbietti vi della nostra espansione coloniale, di quattro diversi momenti della nostra Storia, di quattro fortunose .imprese, che dimostrarono i successivi sviluppi della nostra vita nazionale e, nel compiere le quali, il maggior contributo di pazienza e d i sangue venne sicuramente offerto dall 'Esercito e specialmente dalla Fanteria. Per questo reputiamo doveroso dedicare questo IV volume ddl'opera :il graduale sviluppo clrlb nostra espansione coloni ale; alle conquiste, che ebbero anche lo scopo di affermare-: il nostro prestigio e di migliorare la nostra ~ituazione nel Mediterraneo, e che trassero soprattutto la loro spinta iniziale e la loro giustificazione dall 'impellenza <lei nostri bisogni, dal crescente numero delle nostre vite e dalia necessit;Ì di procurarci anche noi guanto occorreva al costante sviluppo ddla nostra attività; nonchè dall'inconfutabile diritto cli _partecipare, con le altre n:izioni, alla diffusione dclia civiltà fra le popobzio ni dell 'Africa. Quand 'anche l'Italia ritenne di poter partecipare alle conquiste coloniali - scriveva bene a ragione Gioacchino Volpe (1) - molti salutarono con fiducia la nostra bandiera, inalberata sulle torride :: sabbiose spiagge ; e chi \'i sperò terre per i nostri emigranti che allora cominciavano a dilagare per il mondo ; chi mercati e materie prime per le nostre industrie ; chi la strada, sia pure la più lunga, per giungere al Mediterraneo. Ma presto si fece evidente con quanta incc-rtezza di direttive procedeva lo Stato ed anche l'opinione pubblica: quanto scarsa disposizione ci fosse in tutti a fare i sacrilizi necessari (1) VoLPE: « Le nostre prime campagne d'Africa. Ammonimemi e vaticinii di eroi "


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per un'opera di non immediato rendimento; quanto fossero deboli e la forza interna nostra, che avrebbe dovuto imparsi ai particolari e contingenti interessi, e la forza internazionale, necessaria per procedere con certa audacia e franchezza, senza troppe paure di ostacoli qualche volta inesistenti ...

Gli inizi della nostra attività coloniale non furono certo molto brillanti. « Ma - continua lo stesso Gioacchino Volpe - il giudizio nostro muta se si guardano gli uomini singoli, molti di questi uomini che legarono il loro nome a quei fatti d'arme » e se si ricordano, ad esempio, Luigi Toselli, Giuseppe Galliano, Vittorio Da Bormida, Marcello Prestinari ed innumerevoli altri. La Storia diplomatica, politica e militare di quelle campagne ha aucora delle ombre, non ostante che, in questi ultimi tempi, si sia arricchita di volumi. Si cercano ancora le responsabilità. Si fruga ancora nei rapporti fra potere centrale e potere coloniale, tra generali in capo e collaboratori. Si pesa e si ripesa ogni gesto, ogni mossa, ogni parob compiuta t detta aelle ore ansiose che precedettero Adua. Ma c'è una cosa lampante come il sole: le magnifiche qualità di quel manipolo di uomini, che si dovettero improvvisare coloniali e che seppero dimostrare, nell'ora del pericolo, un così profondo sentimento del dovere e così mirabili attitudini al governo degli uomini, da lasciare un'indelebile impronta ed un perenne ricordo nei battJg!ioni indigeni da essi organizzati e comandati; battaglioni, i cui componenti ricordano ancora comandanti come Prestinari, Galliano e Toselli, il quale ultimo viene descritto, in molti canti amarici e tigrini, come « capo venuto dal mare, signore di soldati, cavaliere maestoso come San Giorgio sul cavallo bianco )> . Le nostre prime imprese coloniali sul Mar Rosso vennero iniziate dopo pachi anni appena dail'unificazione della Patria, quando la generazione che ci prece<lette doveva ancora nsolvere gli assai difficili problemi impasti dalla necessaria, ma non facile abolizione delle tante barriere separatrici che avevano troppo a lungo diviso ed ancora dividevano, per ragioni geografiche e storiche, le differenti regioni della Patria e dai bisogno di consolidare sempre più l'unità nazionale. I tempi nei quali le nostre conquiste coloniali vennero iniziate non erano certo, molto favorevoli per imprese importanti, anche se


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- come autorevolmente venne affermato (r) - non mancavano allora: nè i mezzi finanziarì, nè coloro che comprendevano ii valore e la necessità dell'espansione coloniale e che la propugnavano con i più virili propositi; nè, infine, un'attrezzatura militare adattabile, se non subito adatta; ma mancava ancora una maturità politica che si traducesse in una consapevole, disciplinata unione di spiriti, e che sboccasse in un programma definito ed in un' adeguata preparazione. Tuttavia il nostro esercito conservò ed accrebbe, anche nelle nostre prime imprese coloniali, il patrimonio delle sue tradizioni; e le nostre Fanterie, allora costituite di volontari e di reparti improvvisati - tratti , come vedremo, dai diversi reggimenti - dimostrarono, in ogni occasione, ed anche nelle più difficili circostanze e nell'avnrsa fortuna, da Dogali all'Amba Alagi e ad Adua, ìa ìoro sublime abnega:1,ione e la loro completa dedizione alla Patria. Ma, oltre al ricordo dd generoso sangue versato e dei sacrifìzi da noi compiuti, servirono ad affermare il nostro diritto a partecipare all 'opera civilizzatrice, ancora necessaria in Africa, anche le mirabili opere da noi destinate al progresso di quelle regioni, nelle tiuali l'ingegno ed il lavoro it:ili:mo si prodigarono, fondando cin\ aprendo nuove strade e costruendo mirabili opere d'ingegneria, come L:i ferrovia Massaua -Asmara che, superando le gravi difficoltà opposte dal terreno, sale in poche ore dalla costa a 2 .000 metri di altitudine. E - st: la prima idea della nostra espansione coloniale, effettuata poi con !"acquisto di Assab, venne suggerita, nel 185ì, a Camillo lknso di Cavour dalla necessità di far partecipare l'Italia di allora alla gara, nella quale si nano già da tempo impegnate, come vedremo, le altre nazioni, per aumentare sempre più i loro possedimenti coloniali - la nostra ulteriore penetrazione in Africa ci venne poi imposta dal bisogno di materie prime e daì nostro sviiuppo demografico che, in contrasto coi caratteri del nostro suolo, ci spingt:v:i a cercare nuove terre Così l'Italia, giunta in Africa ultima tra le nazioni colonizzatrici, col passare da Assab a Massaua e ~on l'aprirsi, con le vittorie d1 Coatit e di Scnafè, la via verso l'interno, cercò di soddisfare, col trattato di Uccialli del 1889, le esigenze sempre più inderogabili del (I)

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nostro popolo, come sarebbe l]Uasi certamente avvenuto, se il Negus avesse voluto rispettarlo. Comunque sia, le nostre imprese coloniali ci vennero suggerite, non già da una volontà di conquista, ma da necessità ineluttabili, sotto la spinta delle quali i nostri "insuccessi poterono imporci soltanto un tempo d'arresto più o meno lungo, dopo il quale il nostro cammino venne sempre ripreso, fino a raggiungere il possesso di tre colonie: Eritrea, Somalia, Libia ; possesso, che non potè non giovare alla progredita attività industriale, ai crescenti commerci ed al particolare progresso demografico dell'Italia metropolitana. Costrette a favorire lo sviluppo degli interessi italiani in terre lontane, sotto diversi climi, con un "attrezzatura logistica che, · prima timida e difettosa, andò a mano a mano adeguandosi alle particolari necessità delle guerre oltremare, le forze armate italiane compirono le difficili conquiste che in questo volume vogliamo ricordare; conquiste, le prove imposte dalle quali furono particolarmente gravi per la nostra Fanteria.

Fra le nostre imprese coloniali non possiamo no n comprendere anche la guerra italo-etiopica degli anni 1935-1936; guerra che, per la preparazione, il numero dei combattenti, la ricchezza dcli' appart"cchio logistico e per il successo da noi conseguito, fu. senza dubbio, la più importante impresa del genere che si fosse compiuta, anche' se i risultati in essa conseguiti dalla romana pazienza e dal disciplinato valore dei nostri soldati dovevano avere una durata assai breve, in conseguenza degli infausti avvenimenti verificatisi durante il secondo conflitto mondiale. La guerra contro l'Etiopia, che doveva finalmente offrire una soddisfazione adeguata ai molteplici, impellenti bisogni del nostro popolo, costituisc.e, nella Storia delle conquiste colonialì, un esempio degno di studio. Per le distanze superate, per le battaglie che vi si svolsero, per la rapida e felice conclusione, essa costituì un'impresa ammirata ed invidiata da tutte le altre nazioni; nessuna delle quali aveva fino allora impiegato, in terre così lontane, un così numeroso esercito di soldati, di volontari e di operai. L'esperienza conseguita nelle precedenti campagne coloniali, e specialmente nella faticosa conquista dell'Eritrea, ci aveva suggerito una preparazione finalmente adeguata al difficile scopo da conse-


x1,· guire eJ aveva mc~so a disposizione dei nostri Capi militari un numero di uomini, di armi e di mezzi sufficiente a rendere fecondo il nostro sforzo e ad ;issicurarci tJuella decisiva vittoria, che fu così rapida e completa, da smentire le non sempre serene previsioni dei militari stranieri e da conferire all' Italia, fra le nazioni del mondo, un maggiore prest1g10. La guerra del 1935 - 1936, mentre cancellava per 1101 il doloroso ricordo di Adua, dimostrò ancora una volta le virtù militari degli Italiani, la nostrn capacità colonizzatrice, la disciplina, la resistenza fisi ca cJ il valore della nostra Fanteria . E la vittoria che ne derivò, più che \'Ìttoria dell'Italia, rappresentò un grandioso successo per tutta la civilt.ì. e fu la necessaria premessa per ii progresso di quelle popolazioni. Invano la gelosia accesa tra le naz ioni ddla nostra conquista tentò con ogni mezzo di accrescere le difficoltà della nostra impresa <: di non riconoscerne i risultati. Noi tr:isportammo :i 4.000 chilometri dalla madrepatria in Eritrea e ad 8.000 chilometri in Somalia un esercito forte, complessivamente, di 400.000 uomini, fornito dei mezzi più Potenti e perfezionati , decic;o ad effettu are le aspiraz ioni nazionali ed a riportare fa Yittoria, resa possibile, non soltanto dall'abnegazione e dal valore dei n<istri soldati ; ma anche dal prezioso contributo dei nostri operai. Molti, anche in Italia, condannano, spcciaimcnte ora, quell 'impresa che, a malgrado delle affermazioni in contrario, non potè n0n contribuire, insieme alla nostra partecipazione alla guerra di Spagna, a renderci meno preparati al secondo conflitto mondiale, al quale il nostro esercito dovette, purtroppo, partecipare in condizioni di inferiorità rispetto agli altri belligeranti. Ma essi dimenticano i vantaggi materiali e morali che l'Italia trasse dalla vittoria in Etiopia, potendo dedicarsi , in nome della civiltà, a quella feconda opera di progresso, che venne cominciata subito dopo le operazioni militari, con iniziative, capitali e lavoro italiani. Senza partecipare alle polemiche, alle quali ora molti vengono i:odotti dal senno di poi, rioi ci limiteremo a ricordare sinteticamente ed obbiettivamente l'impresa dal punto di vista strettamente militare, cercando di mettere in particoiare rilievo, come abbiamo fatto finora, gli episodi che meglio dimostrarono le belle qualità della nostra Fanteria, chiamata ad operare in territori così vasti e così lontani, contro un nemico numeroso cd agguerrito e contro le. interessate ostilità delle altre nazioni.


xv Considerata esclusivamente dal punto di vista militare, la vittoriosa guerra italo-etiopica ci dimostra, in confronto con le nostre precedenti imprese coloniali , quanto fosse cresciuta l'Italia, dalla conquista dell' Eritrea, della Somalia e della Libia al 1935. Non più i tentativi timidi cd incerti di una piccola nazione, da pochi anni un:ta ed indipendente; tentativi che resero infruttuosi i nostri sforzi e determinarono, come a Dogali, ad Amba Alagi, ad Adua, l'eroico, ma inutile sacrifizio dei nostri combattenti; ma la ponderata e decisa azione <li un popolo che, ben consapevole delle difficoltà e dei pericoli imposti dall 'impresa, per essa aveva preparato ed iµ1piegava, per la prima volta, una quantità di truppe e di mezzi adeguata agli scopi perseguiti. Efficacemente aiutato dalle altre forze armate dello Stato, il nostro esercito compì anche in Etiopia, con sconvolgent~ rapidità, una impresa diflìcile e grandiosa, alla quale concorsero, insieme tllle truppe metropolitane, le nostre truppe di colore, ormai legate anche esse ail'ltalia dalla riconoscenza per l'opera di Civiltà compiuta nelle loro terre e dall'ammirazione per i nostri eroi, caduti al comando dei loro reparti. Circostanza, questa, che ci indurrà arl aggiungere J.I presente volume qualche capitolo, dedicato appunto alle nostre truppe di colore, eritree, somale e libiche, le quali, anche nella guerra contro l'Etiopia, ci dimostrarono la loro devota fedeltà ed il loro valore guernero. Per questi motivi e con questi sentimenti, noi dedichiamo il IV volume della nostra opera alle gesta della Fanteria nelle nostre imprese coloniali. In esso, trascurando questa volta l'ordine cronologico degli avvenimenti, ricorderemo, come più sopra è detto, anche la guerra italo - etiopica, in modo che il contenuto del volume, nella sua · unità, ne renda più agevole la consultazione. Non possiamo concludere questa nostra premessa senza precisare che a prendere in esame le imprese coloniali non veniamo indotti dal rimpianto delle conquiste effettuate in tanti anni e con così gravi sacrifizi e poi quasi improvvisamente perdute; non ci sentiamo per nulla sorretti da quella superstite speranza in un eventuale ritorno in Africa, che Amedeo di Savoia Aosta espresse nel suo ultimo messaggio dall'Amba Alagi; non siamo turbati dal rammarico di aver visto sottrarre alla nostra missione benefica tante genti diverse; ma siamo sospinti dalla necessità di ricordare gesta così gloriose e tempi così importanti nella nostra vita nazionale e dall'orgo-


glio di avere compiuto, in ogni nostra Colonia, come facciamo ancora nella Somalia, un'opera costantemente rivolta alla civilizzazione, al miglioramento, al benessere di quelle genti; un 'opera di civiltà e di progresso, che potrebbe servire di esempio a tutte le altre nazioni e per la quale i nativi di quelle lontane terre si tramanderanno nei secoli, di generazione in generazione, le gesta dei nostri eroi, il riconlo della nostra Bandiera, l'augusta immagine della grande Italia, degna madre e degna figlia di Roma e maestra di civiltà a tutto il mondo. Compiuto con serena obbiettività anche questo nostro dovere, JX)tremo tornare all'osservanza dell'ordine cronologico e, ricordati in sintesi gli avvenimenti italiani ed europei dal 1870 al 1914, dedicare il successivo volume di quest'opera esclusivamente alla prima guerra mondiale, vale a dire alla guerra che fu senza dubbio la più gloriosa per le nostre forze armate e durante la quale la nostra Fanteria, combattendo per 46 mesi sui terreni più diversi per completare l'opera dei nostri padri, si affermò ancora una volta Regina delle battaglie e particolarmente degna della nostra riconoscente ammirazione.

EDOARDO SCALA


ERITREA

2.



I.

L'ESPANSIONE COLONIALE NEL SECOLO XIX Il secolo che corre dal Congresso di Vienna del 1814 - 1815 alla guerra europea del 1914, in non piccola parte esplosione violenta delle mal contenute rivalità coloniali pel dominio e lo sfruttamento dei paesi extraeuropei, rappresenta uno dei periodi più memorabili, se non forse il più importante, nella Storia della colonizzazione. Mentre, nei secoli precedenti, l'espansione coloniale era stata provocata e facilitata dall'espansione marittima e commerciale di alcuni popoli, i quali fornivano al mercato europeo i prodotti più ricercati (caffè, zucchero, spezie, cacao, tabacco, indaco, cotone, ccc.) od acquistandoli dagli indigeni, o producendoli essi stessi nei paesi extraeuropei, nel secolo XIX la conquista di colonie sempre più vaste veniva imposta da ragioni sempre più efficaci, come.: lo svil uppo demografico, quello industriale e quello finanziario; mentre l'attività commerciale aumentava costantemente da parte di tutte le nazio ni. Effetto più appariscente, se 110n più profondo, dello svilupp:) demografico dell'Europa nel corso dell'Ottocento, fu anzitutto la folla degli emigranti che dal vecchio si trasferivano nei nuovi continenti; visto che, fra il sorgere ed il cadere del secolo XIX, il numero degli abitanti era passato in Russia da 33 ad oltre 103 milioni, in Germania da 24,5 ad oltre 56,3, in Austria - Ungheria da 23,3 a 45,4, in Francia da 26,9 a 38,9, nella Gran Bretagna da 10,9 a 37, in Itali a da 18,r a 32,4, in Spagna da n,5 a 18,6. Stando agli studi più accurati in proposito, l'Inghilterra solamente alimentava, in meno di un secolo, dal 1815 al 19o6, una corrente emigratoria di circa 17 milioni d'individui. L'emigrazione germanica nel corso dell'Ottocento fu di circa 6 - 7 milioni; mentre le correnti emigratorie latine e slave erano destinate a superare, nei primi anni del secolo nostro, tutte quelle del passato. Sebbene la maggior parte di tali correnti si dirigesse verso paesi ormai politicamente indipendenti dall'Europa (Stati Uniti, Argen-


4 tina, ccc.), una parte no n trascurabile sceglieva come m èta sempre nuo \'i pae~i coloniali, o ppure in · tutto od in parte senza politica rappresent:in za, per promuoverne l'occ upaz io ne e la coloniz zazion e.

Ma, oltre chl'. l'emig raz io ne, lo sviluppo demografico europeo influì sulla colonizzaz ione anche m ediante gli scambi commerciali. In quasi tutte le regioni d 'Europa, a causa del crescere delle popolazioni e della trasforma zio ne da paesi ag ricol i in paesi industrial i, il limite delle sussistenze naz io nali era superato, costringendo ~rii Stati a ricorrere all'estero per viveri di prima necessità (cereali e carni sovrattutto) cd a compensare, in tutto od in parte, con una crescente esportazio ne di manufatti, le importaz ioni di viveri. Così l'ag ricoltura, cioè la colonizzazione, nelle regioni temperate degli altri continenti , si sviluppava con un più edere ritmo per soddisfare la cresce nte .domanda di prodotti al imentari da parte dei paesi d'Europa; mentre lo sviluppo industria le europeo, richiedendo materie prime, e soprattutto tessi li, in copia sempre crescente, d:iva, insieme con la diffusione del lu sso e con !"aumentata ca pacità di comumo de lle classi 1nkrior i per le stesse derrate, un maggiore imp ulso anche all e colonie cd alle piantagioni della zo na torrida e subtropicale (produzio ne di coto ne, caucciù, ecc.). Ma la produzione europea di manufatti , per lo svilupparsi e il perfez io narsi delle industrie, fu presto maggiore della richiesta: sia degli stessi paesi europei che di quelli colonizzati ; donde la necessit:,, ad evitare crisi di sovraproduz io ne, di cercare nuo vi mercati presso le genti che fino allora a vevano avuto scarsi cont:ltti con la civiltà, come le pcpolazioni di razza gialla o negra. Il che costituiva costantemente un nuovo stimolo alle conquiste coloniali (r). Ma, :1 spingere tutti _gli Stati all'espan sione coloniale, oltre alla popo b zionc, all ' industria, :tl commercio, concorreva anche il capitale ; così che, fra l'Ottocento cd il N ovecent-0, le conquiste colo niali influirono sempre più sull e r elazioni civili e politiche -dei popoli. Nel 19 1 r si calcola va che il complesso dei valori mobiliari negoziabili in circolazione nel mondo raggiungesse ormai gli 815 miliardi, di cui soltanto 6oo circa appartenevano in proprio ai nazio( 1) Cfr. F., :-.iKo : " L'espa nsione commcrci::i le e colo niale degli St::i ti moderni " · Torino, 1()06.


5 nali dei diversi paesi; mentre il resto era collocato all'estero. Anche una tale espansione capitalistica imprimeva alla colonizzazione il più poderoso degli impulsi, favorendo lo sfruttamento delle miniere, delle foreste, le costruzioni ferroviarie, le piantagioni, i lavori portuali, il sorgere delle banche, i prestiti pubblici, ecc. e de:erminando la necessità di quel controllo politico e finanziario che doveva condurre all'occupazione di territori fino allora giuridicamente vacanti e liberi soltanto di nome. Il campo coloniale si allargava, così, al mondo intero, dall ' Australia al Marocco, dal cuore dell'Africa alla Cina. Nel 1913 l'area complessiva dei dominii coloniali superava i 74 milioni di chilometri quadrati (la metà, all'incirca, delle terre emerse, estese complessivamente circa 149 milioni di chilometri quadrati), in essa rientrando tutta l'Oceania, il 95/ 100 dell'Africa, il 60/ 100 dell'Asia, il 35/ 100 circa delle Americhe.

Distrutto l'Impero coloniale spagnolo, sconvolti i possedimenti coloniali francesi durante le guerre di Luigi XIV, di Luigi XV, delb. Rivoluzione e di Napoleone, annientati gli sviluppi coloniali dell'Olanda e del Portogallo, l'Inghilterra si trovò sola a dominare, nel secolo XIX , il vasto mondo coloniale. Ma, con l'ottavo decennio del secolo suddetto, la sua posizione privilegiata venne a mutare. La Germania e gli Stati Uniti, il Relgio e la Francia le si ersero competitori o rivali in tutti i mercati; mentre altre Potenze, vecchie o nuove, aspiravano, per ragioni politiche od economiche, a costituirsi dominii coloniali nelle regioni extraeuropee. Nell'Asia centrale la Russia divenne la rivale dell'Inghilterra; la Francia, dopo il crollo del secondo Impero e della sua influenza Politica in Europa, cercò di rifarsi negli altri continenti; la Germania, divenuta, con i successi 'del 1866 e del 1870, la prima Potenza militare e politica dell'Europa, ini:z,iò anch'essa .nel 1884 la sua espansione coloniale, spinta alla ricerca di nuovi mercati e di nuovi campi di attività dallo svilupPo della popolazione, delle industrie, del commercio e della Marina. A queste tre grandi Potenze, spinte da cause della stessa natura e preoccupate anch'esse dell'avvenire, si aggiungeranno ben pn:sto altre nazioni dell'antico e del nuovo continente: dal Belgio agli Stati Uniti, dal Portogallo all'Italia, dalla Spagna al Giappone.


6 Così il movimento colo niale riprese v1vaoss1mo, nell\1ltimo quarto del secolo XIX, e l'Africa, dove fino al 1870 l'occupazione coloniale non o ltrepassava le coste, finì col costituire il teatro delle più accanite competizioni coloniali, la cui occupazione s'iniziò nel 18]6 con la scoperta del Congo. Anc he in Africa si affermò l'Inghilterra, ridestando l'antica rivalità della Francia e provocando la reazione della Russia e quella della Germania. Mentre la lotta con la Francia si riferì al continente afri cano e minacciò a più riprese, specialmente verso la fine del secolo (Fashoda , 1898), di trasformarsi in aperto conflitto, e yudla con la Russia s'imperniò principalmente sulle questioni riguardanti !.'Oriente (Oriente europeo, Medio Oriente, Estremo Oriente), la lotta con la Germania assunse aspetti sempre più vasti a manu a mano che, col rapido sviluppo dell'industria, del commercio, della finan za e della M arina nazionale tedesca, si intensi fìcò la penetrazione economica della Germani ~• e si afferm:1rono i suoi disegni di espansione territo riale. Il predominio m arittimo e coln11ialc, che l' Inghilterra aveva conquistato in due secoli di lotte contro la Spagna, l'Olanda e la Francia. e che ;iveva potuto con~nv:1rt> 1w r gran parte del secolo XIX, veniva ora in siJiato dalla nazione più ricca di forze es pansive e c he, alla deliberata volontà di dominio, univa le maggiori , forze militari terrestri e la più formidabile flotta, dopo quella inglese. L'Impero inglese veniva così ad essere minacciato dal più grave pericolo che avesse mai corso e, durante il breve, ma non inutile regno di Edoardo VII (1901 - 19w), la ga ra febbrile degli armamenti na vali tra Germania ed Inghilterra assunse il carattere di una vera lotta pel primato mondiale; lotta che esploderà, durante il regno di Giorgio V, col primo conflitto mondiale, determinato, alla fine del lug lio 1914, dall'imperialismo ger manico. La politica estera dell'Inghilterra mutò, perciò, radicalmente durante il regno di Edo:mlo VII. Fino allora era stato dogma della politica britannica combattere ogni aspir.izione francese al dominio del mare (1) cd ostacolare l'espansione russa nell'Oriente europeo (Costantinopoli) come in quello asiatico. (1) Il primo Piu, oltre un secolo prima (1762), aveva detto: « I Mini stri di S u:1 Maestà nnn Jimcmichino mai questo g ra nde principio, il principio d ireltivo dj tuna la nostra politica : la sola cosa che l'In g hilterra abbia a ccmere a (]Uesto mondo è di n:derc l:i Francia di ventare una potenza marittima, commerciale e colo niale i> .


7 Tale politica si inasprì, come vedremo in seguito, dopo l'aileanza franco - russa che, sebbene prevalentemente antitedesca, riuniva le forze delle due rivali dcli 'Inghilterra e divenne, invece, decisamente favorevole alla Germania, come se si volesse continuare la tradizione politica inglese verso la Prussia di un tempo. Ma i rapporti politici anglo - tedeschi vennero rapidamente mutando tra il secolo XIX ed il XX. L 'appassionato contrasto popolare anglo - tedesco per la guerra sud - africana contro i Boeri ( 1899-1902), le mire espansionistiche tedesche nell' Asia minore con la progettata ferrovia di R.gdad, la questione marocchina, nella quale Londra, accostandosi a Parigi, irritò Berlino, non furono che le prime rivelazioni della laten :e riva] ità fra i due Stati. La causa di essa derivava dallo sviluppo dd commercio e dell'industria germanica, ormai concorrente vittoriosa di quella inglese sui mercati stranieri; dalla concorrenza bancaria fra le due naz ioni nell'America del Sud, in Africa, in Asia e nella stessa E uropa; dal grandioso impulso dato alla potenza navale tedesca dopo l'avvento al trono di Guglielmo Il. Dalle prime manifestazioni tangibili del dissidio anglo - germanico nel 1901 alh gmtr,1 europea del 1914, la rivalit~ ang lo - tedesca divenne sempre più aff:mita in tutti i campi. L'alternarsi di ministri o di partiti al potere in Inghilterra, come di cancellieri in Germania, impedirono di arrestare il precipitare degli eventi e resero vani tutti i tentati vi di accordo nel campo coloniale e navale, coi quali si volle inutilmente sancire il principio della limitazione degli armamenti. Mentre la politica inglese si orientava sempre più contro la Germania, cambiava radicalmente nei rapporti con la Francia e con la stessa Russia, come dimostrano: l'accordo con la Francia sulla questione marocchina (1904); i trattati col Siam ed, infine, l'intesa anglo - francese, preludio del ravvicinamento anglo - russo, che ebbe il suo coronamento nella visita di Edoardo VII a Reval (giugno r908); ravvicinamenti tutti di spiccato carattere antigermanico. L'Inghilterra, indotta la Francia a collaborare alla sua politica continentale e coloniale, ipotcca"a a propria garanzia l'esercito più forte dopo quello tedesco; mentre riusciva con la Russia, pur attraverso l'irriducibile rivalità territoriale, ad un compromesso che le assicurava alle spalle l'India e le dava sirnro affidamento di un'alleanza contro la minaccia germanica verso il Golfo Persico, lungo la ferrovia di Bagdad.


Coi trattati del 1902 (. del 1905 il Giappone, diventato ormai Potenza egemonica del mondo giallo, garantiva poi l'Inghilterra nell'Estremo Oriente; mentre il distacco progressivo della Spagna dalla Germania, per accostarsi alla Francia e quindi all'Inghilterra, veniva a completare in Europa e nel Mediterraneo, dopo il 1904, il nuovo sistema di alleanze difensive e di garan zie territoriali a favore del Regno Unito. Ormai un abisso divideva i due ropoli cugini, il tedesco e l'ing lese, i quali non attendevano c he l'occasione propizia per decidere con le armi la loro contesa per il predominio della rispettiva potenza economica e marittima.

Le prime conquiste coloniali italiane. Anche prima che si costitu isse il Regno d' Italia, non erano mancati tentativi da parte di alcuni nostri Stati per ottenere qualche colonia, almeno per i detenuti. Il Regno delle Due Sicilie aveva iniziato trattative col Portogallo per poter disporre, nelle lontane colonie di LJUest'ultimo, di un:1 zon:1 per deportarvi i prigionieri , cd anche il Piemonte aveva perseguito lo stesso scopo fì.n dal 1 852. Dopo la cost itu7.ione del Regno d'Italia, l'idea di stabi lire ail'estero una colonia penitcnz iari:i di deportaz ione riprese vigore cd al riguardo ebbero luogo conversaz ioni con eminenti personaggi di diversi paesi, per acquistare od ottenere una regione adatta allo scopo. Ma le trattative iniziate in proposito c.:ol Portogallo, con l'Inghilterra, con la Danimarca e con la Russia a nulla di concreto i1pprodarono.

L'acquisto di Assab. Intanto l'idea della deportazione, molto caldeggiata in Italia dopo che fu soppressa la pena di morte (13 marzo 1865), per i migliorati sistemi carcerari, per la diminuita delinquenza e soprattutto per l'opposizione della nuova scuola giuridica, andava perdendo terreno e ad essa si sostituivano altri incitamenti: primo fra tutti LJUello di favorire la nostra attivit:1 commerciale. Negli anni che seguirono il 1870, la nostra Marina mercantile era in crisi per il cresciuto numero dei bastimenti a vela in confronto


9 dei bisogni commerciali del tempo e per la fortunata concorrenza <lei piroscafi a vapore che praticavano noli meno onerosi. Anche questa circostanza suggeriva l'acquisto <li stabilimenti coloniali, atti a promuovere una maggiore attività dei traffici. Il bi.sogno di scali commerciali andava del resto crescendo anche per i trattati di commercio e di navigazione, conclusi dall'Italia col Giappone, con la Cina e con il Siam. Il taglio dell'istmo di Suez, restituendo al Mediterraneo quasi tutta l'importanza che aveva prima della scoperta dell 'America e spostando per la seconda volta la grande via d~i traffici da occidente

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ad oriente, aumentava il valore <lei territori situati lungo la nuova rotta e conferiva una particolare importanza alle coste africane del mar Rosso. Ancor prima dell'apertura del canale, il professore Giuseppe Sapeto, studioso del nostro avvenire coloniale e politico, dopo avere esplorato le due sponde del mare suddetto, aveva proposto, nel settembre del 1869, al nostro Governo l'acquisto e l'occupazione di un tratto della costa dancala. Raccomandato al Ministro Menabrea da Re Vittorio Emanuele e confortato da un voto del Congresso delle Camere di Commercio, tenutosi in Genova, perchè fosse stabi lita una stazione italiana nel m ar Rosso, il Sapete ottenne di partire nell'ottobre per indicare all'ammiraglio A cton, incaricato d 'aiutarlo nella scelta del luogo, i territori prossimi allo stretto di Bab - el - Mandeb, indipendenti dalla sovranità egiziana ed ottomana. Per evitare eventuali complicazioni internazionali, il Sapcto doveva agire in nome della Societ?1 Rubattino.


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La scdta cadde su Assab e l'acquisto fu stipulato, senza troppe difficoltà, coi Sultani Ibrahim e Hassan per 6.000 talleri di Maria Teresa. Il Sapcto ottenne inoltre dai Sultani Danakili la cessione di Byja e cbl Sultano di Raheita I"1sola di Darmakiè. Le somme pattuite furono fornite dal Governo; ma l'acquisto venne fatto in nome della Socictù di navigazione Rubattino, che ne effettuò il pagamento, per mezzo del Sapete, I' r 1 marzo 1870. Il 25 aprile 1870 il Sapeto tornò in Italia, lasciando nella piccola Colonia soltanto una casetta di legno, che venne occupata pochi giorni dopo da soldati egizia ni, inviati dal governatore di Massaua, poichè il Kcdivè vantava diritti di sovranità su tutto il litorale africano del mar Rosso. Ma le proteste dell ' Italia indussero il Governo egiziano a richiamare i soldati sbarcati ad Assab cd a lasciare impregiudicata la yuestione. Dicci anni dopo il Governo italiano, finalmente deciso :i trar profitto dal territorio di Assab, vi inviò una spedizione scientifica e militar<..:, di cui faceva parte il Sapeto. Questa spedizione, giunta ad Assab a bordo della R. Nave Esploratore, vi innalzò la bandiera italiana e, data la necessità di migliorare le condizioni di difesa della rada, il Sapeto acquistò dal Fante Sultano Berehan anch~ tutte le isole comi n partrn-;;.1 pa !'Erit,ea. prese nella baia di Assab e qualche chilometro quadrato di terra ferma. Egli aCl1uist<\ inoltre, dal Sultano Ibrahim, il tratto di costa fra il capo Lumah cd il capo Darmah e l'isola di Sannabor, che domina il lato settentrionale della baia di Assab. Così la modesta stazione navale, di circa 632 chilometri quadrati di sup::rfìcie, si estese sopra una striscia litoranea lunga circa 36 miglia marine e larga fra le 2 e le 6 miglia, e sulle isole della baia d' Assah. Ma alk proteste dell'Egitto s'aggiunse allora l'ostilità inglese, che frappose ostacoli d'ogni sorta al nostro commercio sulla costa


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arabica e tentò, per mezzo di emissari, <li sobillare la popolazione contro di noi. Il nostro Governo dichiarò allora che Assab non sarebbe diventata mai uno stabilimento militare e che non sarebbe stata nè presidiata, nè fortificata, e così lo sviluppo della piccola colonia potè svolgersi tranquillamente. Per la Convenzione stipulata nel 1882 con l' Inghilterra, l"Italia, <lopa essersi impegnata a non fare di Assab una stazione militare, nè un Posto di approvvigionamento d'armi per l' Abissinia, riconobbe la sovranità della Turchia, e quindi dell'Egitto, su tutto il 1itoralc eritreo, fatta eccezione per ìl tratto in possesso del Sultano di Raheita, e proclamò la sua sovranit?1 sul territorio di Assab.

L ·occupazione di Massaua. L'occupazione di Massaua è troppo legata ailc vicende dell 'Egitto, alle quali ci sembra necessario accennare brevemente. Contro la inframmettenza franco - inglese nel controllo dell e fi nanze ègiziane, controllo giustificato dal fatto che l!uelle due nazioni possedev:mo le azioni del canale di Suez ed avev;ino largamente contribuito col loro credito allo sviluppo ed al progresso del l'Egitto stesso, scoppiò, nel settembre 1881 , un pronunciamento mi litare, dominato da Arabì pascià. La Francia e l'Italia, invitate dall'Inghilterra all'opera di repressione e ad un 'azione verso l'interno, rifiutarono; ma il Governo inglese, che aveva fatto sapere di essere disposto ad agire immediatamen te ed a qualunque costo, l' 1 r luglio 1882, bombardò Alessandria, dove erano avvenuti eccidi di Europei e fece quindi marciare le sue truppe contro Arabì pascià, che sconfisse nella battaglia di Tell-el-Chebir (13 settembre 1882). Dopa questa vittoria, l'Inghilterra sottopose l'Egitto al controllo inglese e l'occupò militarmente e, dichiarando che lo av rebbe sgombrato solamente quando ogni pericolo per i sudditi stranieri fosse scomparso, cominciò a compiere sulla regione atti di vera e propria sovranità. Intanto di vampa va nel Sudan , g ià amministrato dall'Egitto e dall'Inghilterra, l'insurrezione madhista, provocata dal malgoverno kediviale e guidata da un anacoreta di Dongola, Mohamed Ahmud, proclamatosi Mahdi (Profeta) cd inviato da Maometto per compiere l'opera sua.


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Entusiasmati dalla parola calda e fervente del Profeta , numerosissimi divennero i suoi seguaci (Dervisci) che, passando di conquista in com1uista, s'impadronirono dell'intero Kordof:m ed, invaso il Sud:111, strinsero d'assedio Kartum. l\'i si era ritirato, dopo aver raccolto tutti gli uomini dei diversi presidi sudanesi, lord Gordon, governatore dd Sudan. Stretto da questa minaccia, l'Egitto, per consiglio delrlnghiltcrra, poco disposta allora ::i combattere a fondo . il madhismo, abbandonò gran pane delle com1uiste fatte nel Nord- est africano e, col trattato di Hewett del 3 giug no 1884, concluse con l'Abissinia, nella speranza di giovarsi del suo aiuto per risolvere il problema sudanese, un ::iccordo, per effetto del ouale l'Etiopia occupava Cas-

sala, Amedib e Sanhit, otteneva la libertà di commercio, ,.1uello delle armi compreso, nel porto di Massaua e riacquistava il paese dei Bogos. Gravi preoccupazioni deriv:ivano intanto all'Inghilterra anche dall'atteggiamento della Francia che aveva occupato nel 1862 Oboe ed :iltre località ancora nominalmente soggette al Governo egiziano, costituendo Li Colonia di Gibuti o della Somalia francese. L'Italia che, col favore dell'Inghilterra, avrebbe potuto sostituirsi alla Francia nell'csp:1nsione sulle coste del mar Rosso, era rimasta contraria ad ogni politica di colonizzazione ; ma, dopo l'eccidio della spedizione di Gustavo Bianchi nell'Aussa, la stessa opinione pubblica reclamò energici provvedimenti , anche in vista delle recenti occupazioni inglesi e francesi di Berbera e di Zcila, e di <.J udle, ancor più vaste, compiute sul continente africano dalla Germania , dal Belgio e dal Portogallo.


'3 Si pensò, quindi, all'occupazione di Zula e s'interpellò in proposito il Governo inglese. Questi fece sapere che l'occupazione di Zula, di Beilùl ed anche di Massaua, salvo gli accordi presi riguardo a l1uesto porto con l'Abissinia, sarebbe tornata gradita all'Inghilterra, ed incitò il Governo italiano all'occupazione (1).

Con prontezza e decisione - come dice il Gaibi (2) - il 3 gennaio 1885 fu costituito un piccolo Corpo di spedizione, al comando del colonnello Saletta, che si imbarcò a Napoli il 14 gennaio, diretto apparentemente ad Assab, per vendicare l'eccidio della spedizione Bianchi (3). L'ammiraglio Caimi, che comandava le navi italiane, giunse davanti a Massaua il 5 febbraio 1885 e vi sbarcò, prendendone possesso in nome dell'Italia. Massaua, edificata su un'isola corallina vicino alla costa e collegata con questa per mezzo di una lunga diga passante per l'isola di Taulùd, contava allora circa 5.000 abitanti, dei quali 150 europei, e doveva la sua importanza al tr:iffi.co m:irittimo. Essa era presidiata da una guarnigione egiziana che, davanti alle forze sbarcate, non ostacolò l'occupazione della città e dei forti, limitandosi a protestare. Il Corpo di spedizione italiano si accinse tosto alla costruzione di fortificazioni, magazzini, baraccamenti, linee telefoniche, ecc. estendendo l'occupazione alle località di Moncullo e Otumlo, donde proveniva l'acqua necessaria alla città. Intanto la situazione nel Sudan si era aggravata, Kartum era caduta in mano ai Dervisci il 26 gennaio 1885, due giorni prima che vi giungesse la colonna inglese inviata in suo soccorso, rimontando il Nilo, al comando del generale Wolseley. Fallito lo scopo della spedizione (Gordon pascià era stato massacrato con tutta la guarnigione), gli Inglesi si ritirarono a Uàdu Haifa, dove si tennero sulla difensiva. Questa decisione degli Inglesi lasciò agli Italiani libertà ( 1) B1tuNIALTI A.:

« Le Colonie Jegli Italiani ». (2) GAtBt A.: « Manuale di Storia politico - militare delle Colonie haliane "· Ù) Le truppe già destinate ad Assab erano costituire da un battaglione bers:iglieri su quattro compagnie, Ja una compagnia di Artiglieria da forteZ7.a. da un plotone del Genio e da un drappello di carabinieri reali, un drappello di sanità ed un drappello di sussistenza. La forza complessi"a era di 807 uomini, dei quali 38 ufficiali.


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di azione, esentandoli pel momento dal concorrere ad operaz1om contro i Dervisci e permettendo loro di meglio sistemarsi sul territorio già occupato. Il 24 febbraio giunse a Massaua un secondo scaglione di truppe; mentre un terzo, di 1.600 uomini, partiva lo stesso giorno da Napoli. 'Ai primi di marzo vi erano così a Massaua forze sufficienti per estendere la occupazione ai dintorni e lungo la costa (1). La notifica della presa di possesso di Massaua non sollevò opposizioni che da parte della Francia e della Russia. Il Ministro Ricotti dichiarò alla Camera che, pel momento, non era il caso di procedere ali' interno; ma di limitarsi a consolidare l'occupazione e che, in ogni evenienza, si sarebbero potuti inviare in Africa 15 o 20.000 uom1m, senza compromettere I' efficienza dcli'esercito metropolitano. // generale Salerta. Venne inviata una compagnia ad Assab ed occupata la baia di Beilùl ed il IO aprile venne sbarcato un distaccamento ad Aràfali, in fondo alla baia di Zula, in sostituzione del ( 1) Le truppe i1wiatc in Africa e giunte a Massaua il 24 febbraio, al comando ciel tcn. colonnello di S. M. Lcitenitz, comprendevano un battaglione di Fanteria su quattro compagnie, rispcttiYamente appartenenti al 4°, al 41", al 54° ed al 9J 0 reggimento, una compagnia di Artiglieria da fortezza, un plotone del Genio ed i servizi vari. Il 7 marzo giungeva poi a Massaua il piroscafo Washington col 1 e II battaglione di Fanteria d'Africa, una compagnia del Genio, una sezione di Artiglieria da fortezza, servizi e materiali.


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presidio egiziano, che venne rimandato a Suez. La Francia tentò di protestare anche per Aràfali, vantando un suo presunto diritto sulla baia; ma, data la infondatezza delle sue pretese, non insistette. Furono in seguito occupate Archico, le isole Hauachil, Meder e la baia di Edd.

L'occupazione di Massaua e della costa da parte degli Italiani provocò il malcontento del Negus di Abissinia, che spera\'a sempre di ottenere dall'Egitto e dall'Inghilterra uno sbocco al mare. Egli, in base al trattato di Hewett, fece allora occupare Chercn cd il paese dei Bogos. Il Governo italiano tentò allora di calmare le apprensioni del Negus, inviandogli la missione Ferrari- Nerazzini , che ritornò a Massaua nel giugno 1885, dopo aver gettato le basi di un accorcio, col quale l'Italia concedeva libertà di transito alle mnci aliis~ine nel porto di Massaua, con esenzione dai diritti di dogana; mentre il Negus riconosceva all'Italia il diritto di occupare il parn: dei Rogos e Cassala, assegnatagli dal trattato di Hewett. L' accordo avrebbe dovutu e~serc r;1tiiicato ~b una nuo va missione.: itali.H).i 11Lll 'ullulJ1c.: successivo. Ciò sembrava appianare ogni divergenza con l'Ahissinia. Intanto la morte del Mahdi (giugno 1885) segnava l'am:sto del l'espansione mahdista e diminuiva la preoccupazione da Ltucl lato, (poichè il successore del Mahdi, il califfo Abdullah non :we\'~1 l'ascendente del suo predecessore), nonostante la caduta di Cassala (30 luglio), ridotta agli estremi dopo 20 mesi d 'assedio. Gli Italiani poterono così pensare con tranLJuillità a siste mare la hase di Massaua, fortificandola e rendendola abitabile alle truppe europee. I mesi successivi furono dungue impiegati nei ]avori necessari. Un decreto del 6 settembre nominò il generale Genè, successore del Saletta, .. Comandante superiore in Africa )) , attribuendogli le funzioni specificate in un successivo decreto del 5 novembre. Oltre il comando delle forze di terra e di mare, il generale ebhe conferiti i poteri civili ed, all'uopo, con a fianco un Commissario civile, egli dipendeva dal Ministero degli Esteri, salvo che per l'impiego delle forze armate, subordinate, invece, a! parere dei Ministri della Guerra e della Marina. li 7 ottobre la tribù degli Habab accettò il protettorato dell'Italia e poco dopo anche gli Assaortini e i Beni Amer ne seguirono l'esempio. 3.


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Il generale Genè, giunto a Massaua alla fine di settembre, vi proclamò solennemente la mvranità definitiva dell'Italia e fece abbassare la bandiera dell'Egitto, i cui funzionari e soldati furono rimpatriati ai primi di ~ettembre. Molti basci - buzuk ( l ), avendo manifestato il desiderio di passare al servizio dell'Italia, furono arruolati in numero di circa un migliaio e costituirono il primo nucleo delle truppe coloniali italiane.

(1) Così erano chiamati gli ausiliari inJigeni arruolati sul ]'i"l". I basci-buzuk erano comand;11i da Has.\;in Oga Osrnan, il qu :i!e prese scr, -i,.i" con l'incari~o ~li fornir., il numero n,-, orrcn rc di uomini, .l i ri :,p;>n,l:.:rc

Jcll'ordinc e della disciplina dc::llc milizie Ja lui dipendenti. Egli crn :1uwrizzato a tc:nere presso di sè la propria famiglia ed aveva uno stipendi o mensile di 1.170 piastre. Le norme secondo le qu:ili furono assoldati gli indigeni erano le ~c;gm:nti: «I. - E' \'ÌCtato ai hasci-buzuk, che saranno presi al sen ·i7in it;1li;1no, il tener presso Ji loro la famiglia, fatta eccezione del sangiak e degli uftìciali da lui dipendenti, i qu:1li potranno tenerla nel caso che già l'abbiano. « 2. - I sopraddeni basci-buzuk dm·ranno, prima di essere assoldati, esser sottoposti a regolare \·isita medica, onde risulti non avere essi difetti fisici che loro possano impedire di prestare buon servizio. « 3. · Le (ompetenz.c saranno le medesime ch'essi ricevevano dal Governo egiziano, e saranno pagate a mese posticipato, ad eccezione del primo mese, che sarà corrisposto anticipatamente. " 4. - Ogoi militare appartencnu: a!la detta milizia porter:i sulla manica destra del vestito una stelletta rossa su panno nero, se soldato semplice; due stdlette se boluk - basci; tre se bimba sci, e cinque se sangiak. « 5. - l basci - buzuk al servizio italiano hanno l'obbligo di rendere gli onori agli ufficiali e graduati delle truppe italiane. « 6. - I )ella disciplina delle delle milizie è'. direttamente responsabile il sangiak. « 7. - Ogni has.:i · bu:wk può, quando lo rnglia , lasciare, dietro sua formale domanda, il sen·izio ita!ian:..,; e può vice,·crsa essere senz'altro li(enziato, quando dal sig. Comandante superiore Jdlc truppe italiane fo sse un:i siffatta misura reputata opportuna " ·


11.

L' INIZIO DELLA CAMPAGNA 1887-1888

Fin d:1i primi tempi dell"occupazione si dovette rilevare l'impossibilità di rimanere a lungo conlì.nati a Ma~saua, a causa del clima in~opportabile pei bianchi, e la necessità dì porre piede sull'altipiano, il cui orlo corre a 60 - jO chilometri più ad ovest, parallelamente alla costa del mar Rosso. Nella speranza cli ottenere ciò pacificamente, gi~ era stata i1ffiata al Negus, come si è eletto, la missione Ferrari - Nerazzini e, come era stato da tJuella convenuto, fu organizzata una nuova spedizione (generale Pozzolini) che giume a Massaua il 23 gennaio 188(>. Ma , c-1uando si trattò di stabi lire il luogo dell'incontro, il Negus fì ssèi normnicd:i, a 50 giornate d;i Massa ua , mostrando così la sua scarsa volontà di intavolare trattative. Alla stessa epoca il conte Porro, partito da Zeila con una spedi zione scicntitìca per studiare le comuni cazioni fra la costa somala e lo Scioa, poco oltre Gilckssa, ve ni va massacrato dalle truppe dell'emiro dell'Harrar (9 aprile). Dato che l'Harrar era fuori della sfera J'azione del Corpo di occupazione, il Governo italiano, non sentendosi di inviare una spedizione (sarebbero occorsi 6 - 7.000 uomini e 25 milioni di lire), rinunciò a vendicare la strage e ad approfittare di un 'ottima occasione per sostenere il proprio prestigio e per occupare quelle regioni. Passato a Massaua il primo semestre del 1886, si provvide ad assirnrare, cun misure di polizia, a mezzo specialmente di basci huzuk, le vie di accesso delle carovane, spesso infestate da bande di predoni; fra le quali più temibile era quella capeggiata dal capo tigrino Debèb, il <..Juale sostenne parecchie scaramucce coi nostri posti avanzati. Ma razzìe e saccheggi venivano anche effettuati dalle truppe del ras Alula, che governava le provincie settentrionali del Tigrai in nome del Negus. Nell'agosto 1886, infatti , le sue genti fecero razzìc nel paese degli Habab, da noi protetti. Allora il gener:ilc Genè inviò una centuria di basci - lmzuk a Uaà, a 40 chilo-


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metri a sud di Massaua, allo sbocco della valle dell'Haddàs, una delle vie di accesso all'altipiano. Il Negus, non celando la sua osti1ità, protestò contro questa occupazione e ras Alula si portò con le sue truppe a Ghinda (6o chilom etri ad ovest di Massaua), donde intimò al generale Genè di sgomberare Uaà e Zula (10 gennaio 1887).

11 combattimento di Saati. Giunta l'intimazione di ras Alula per lo sgombero di Uaà e sembrando da varie fonti assicurato un attacco di q uel ras su Saati o su Uaà, furono impiantati 2 magazzini viveri e depositi di munizioni ad Archico ed a Moncullo; si rinforzò il presidio di Saati , ponendolo agli ordini del maggiore Baretti; si rinforzò quello di Uaà con I compagnia bersaglieri inviata da Massaua e con le forze già dislocate ad Archico. Ad Archico furono inviati da Massa ua 80 bersaglieri, 50 artiglieri del 15• reggimento e 4 buluc di irregolari. Alla difesa doveva concorrere anche la goletta Calata/imi, inviata con due barche armate in quelle acque. Inoltre si stabilì in Mu11cullo un presidio fisso di tre compag nie dei reggimenti 20°, 41" e 54° e ·di una sezione di mitraglieri, il tutto al comando del ten. colonnello De Cristoforis, ed, infine, si diedero al naib di Moncullo 150 fucili Remington ; mentre 50 se ne erano dati al capo di Embercni, 50 ad un indigeno di Otumlo per armarne altrettanti, disposti a co ncorrere volontariamente all'eventuale difesa di quel villaggio, e 300 al naib di Archico. . . Si fecero inoltre compiere dalla cannoniera Scil/(l ncogn1z1on1 nelle acque di Aràfali e si provvide alla difesa diretta di Massaua, dislocando: - al forte Abd . el - Kader ed al campo Gherar: r compagnia bersaglieri, 1 compagnia del Genio ed I batteria del 17" Artiglieria; - all'isola Taulùd: 1 compagnia del Genio, r batteria del 15° Artiglieria e nella rada il R. trasporto armato Europa per tiri di concorso con i forti Taulùd e Gherar. Queste disposizioni, per quanto molto modeste nella loro entità, dimostravano il disegno difensivo col quale il Comando cercava di far fronte, coi pochi mezzi a sua disposizione, alla gravità della situazione.


li 22 gennaio gtunsero not1z1e poco rassicuranti sulle intenzioni di ras Alula. Si seppe che egli con le sue genti era sceso da Ghinda verso Saati e che aveva posto il suo campo a circa 5 chilometri da l)uesta località. Il maggiore Boretti, informato di guesta minaccia, la mattina del 25, fece eseguire una ricognizione. Ma, a poco più di un chilometro, le truppe furono accolte a fucilate e dovettero retrocedere. Tuttavia esse potettero riferire sulla presenza di numerose forze e di alcuni gruppi di indigeni clic si dirigevano nel vallone di Desset cd in altri valloni minori, avvolgenti la posizione di Saati. Non appena la truppa in ricogniz ione rientrò nel forte, le alture cominciarono, infatti, a coronarsi di armati. Il Boretti ordinò allora al tenente Federico Cuomo di uscire con una mezza compagnia e due buluc per impedire il minacciato av\'olgimento ed attirare l'avversario sotto il tiro dell'Artiglieria. Il tenente Cuomo, nell'avanzare, sorprese, appostati nel fondo del vallone, un centinaio di Abissini, contro i quali aprì un violento fuoco. Questo episodio fu come il segnale dell'attacco. Il nemico coronò improvvisamente tutte le alture cirUn ascaro dà prnni hauaglioui. costanti ed i nostri, secondo l'ordine· ricevuto, np1cgarono, protetti da un' altra mezza compagnia, che il Borctti aveva a tale scopo inviata in posizione adatta. Nel primo s::ontro il tenente Cuomo rimase gravemente ferito. Gli Abissini in forte numero mossero all'attacco; alcuni gruppi si spinsero fino a 300 metri dal forte, ma i nostri soldati seppero tener fermo e con la loro violenta reazione di fuoco costrinsero gli Abissini a desistere dall'attacco, inutilmente tentato per due ore. Il ripiegamento del nemico si tramutò presto in disordinata fuga e la vittoria arrise alle nostre truppe.


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Quali perdite il nemico avesse difficile stabilire, perchè i morti ed ritirata. Da parte nostra si ebbero: mo, e 3 feriti. Nella serata tutte sgombre (I).

riportato in quella giornata fu i feriti vennero portati via nella 5 morti, fra cui il tenente Cuole alture erano completamente

Il combattimento di Dogali. La notizia, telegrafat,1 nel pomeriggio dal Boretti, che chiedeva viveri , munizioni e rinforzi, giunse verso le ore 17 a Massaua ed il generale Genè, nella notte stessa , ordinò al tcn. colonnello De Cri( t) Circa il ,omba11imc11tu di Sa:ui reputiamo opportuno riportare il rapporto indir.i zz:uo, in <bta dt:) 26 grnnaio 1887, dallo stesso maggiore Boretti al comandanle superiore delle truppe in Ma ssaua: "Come già ebbi !"onor.:: d i significare alla S. V., ieri m::lttina alle 5 feci eseguire una ricognizione ,·crso il ,·:1111po abissino, situato a circa 5 chilometri sulla sinistr:1 ddla nos1ra pmi , ionc. Dalla quale- ricognizione, çhe non potè portarsi che al primo chilometro e mezz o dal campo abi ssino, per ('sserc stata ricc,·ut:1 da numerose sc 1rid1c, potei conoscere le ingenti for ze che rnl:i si trova,·ano cd i numerosi stormi che si dirigevano sul vallone del Desset ed in ahrc ,·alli minori ,1 noi n:trostanti. " \."erso le 11 :un. ,·idi le :ilturc a noi rctrost:inti. a circa 2 chilometri, coronate d:1 numerose ma,,c al,i s,int . Fe,i allora eseg uire alcuni colpi a granata, i <1uali. <1uant11nquc ::ihhasr:1117.:i hen diretti, non ser\'Ìrono :i farli sloggiare, chè :rnzi os1ent:ivano di mettersi maggiormente in \'ista . Ma poco dopo pensa rono meglio di nas,ondcrsi completamente. " Pre\'cdendo che lt' intt'll,.1oni del nemico erano qudk di av\'ilupparci completamente a tergo, non osando e,·iJentemente attaccarci di fronte, approlittando dei \'alloni che sottrae,·ano all:i nostra '"ista i loro movimenti, per quindi piombare sulla nostra posizione, poco dopo mezzogiorno, spedii una ricognizione di mezza compagnia e due buluc di hasci - bu zuk, sotto il comando del tenente Sig. Cuomo, onde molestare il nemico nel suo movimento cd inv.it:irlo a combattere sotto il nostro forte. Feci appogg iare b marcia dei nostri da un fuoco :i granata :.1 circa 2000 metri, diretto nel vallone o,·e avevo cenezz:1 trovarsi in forza gli Abissini. Il tenente Sig. Cumno, giunto, infatti, col suo reparto in ordine chiuso nella località designatagl.i, sorprese un gruppo di circa 100 Abissini appostati nel fondo del Yallone e sui quali eseguì diversi iuochi a ,omantlo, ai quali i nemici risposero colla massima intrepidezza. Ciò fu il segnale che da ogni parte, come per incanto, si videro tutte le alture a noi retrostanti coron:itc dal nemico. In gucst:i contingenza rimase gravemente ferito il tenente Cuomo ed i nostri, secondo l'ordine ricevuto, si ritirarono, .-omharcendo, sulla nostra posizione, protetti dal fuoco della nostra Artiglieria e da un "altra mezza compagnia che mandai ad appostarsi in buona posizione.


stoforis di scortare la colonna di rifornimento e di portarsi subito in aiuto al presidio di Saati. La colonna di soccorso mosse da Moncullo alle ore 5,20 del 26 gennaio. Precedeva in avanguardia un nucleo cli irregolari col tenente Comi del 37° Fanteria ed una compagnia del 15°. A breve distanza seguivano: due mitragliere trainate da muli, le due compagnie del 20° e del 41 " reggimento, i drappelli misti del 6" e Fanteria, giunti il giorno 24 dall' Italia, ed il convoglio vÌ\'eri e munizioni, caricato su muli e cammelli. In retroguardi;; era una mezza compagnia del 48° Fanteria. Verso le ore 8,.30, non appena le nostre truppe ebbero oltrepassato il torrente Segatab e mentre la testa della colonna si trovava ad

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" Intanto numerose masse ahi~sim: 5eendnano ùai Yal1011j t dalle cime circostanti, attaccando Yivamenre e con uno sla ncio non mai veduto la nostra posizione, dalla quale alcuni stormi giumero lino a 300 metri. prendendo buonissimi appostamenti, fayoriti dalla natura dd terreno. A ,·an zando emettevano urla selvagge e dimostr:nano un'agilità sorprendente. Si vede,·:1110 pure numerosi gruppi di cava li eri e persone a ca,·allo correre sfrena tamente da destra a ~inistra, emettendo urla seh-:igge . .. \'i fu un momento in ,ui ..:rn in ~eria ~rprcnsior.c per 11ucm ·, c.l:m.:io u ! ardire inaspettato, ma i nostri seppero tenere fermo ed impeJirc d1..: osassero, come accenna\'ano, di più oltre ;1Yanzarc_ Verso le 4 pomeridiane incominci:i rono a ritirarsi verso il loro ac(ampamento ed alle 4,30 pomeridiane tulle le altmt: circostanti erano completamente sgombre. « Gli Abissini erano :irmati di fucili Rcmington e ~iartini - Enry_ p rn\'\' l<tl di molte muniz.i oni. Generalmente i tiri erano alti, ma, ciò nonostante , ho riconosciuto che nelle iìlc nemiche vi erano degli abili tiratori. Sen za esagerare. anche a giudizio degli altri u fficia li , farei ammontare le forze impiegate dag li Abissini n el combattimento da 5 a 6 mila uomini. « Non si possono calcolare esattamente le loro pcr<lite; ma d cH,no essere abbastanza significanti, se si de"e giudicare dal fatto che, ad ogni is1antc, si vede"ano trasportare ,·ia uomini morti o feriti e Jalle num erose chi:izze <li sangue che questa mattina si \·ednano sul terreno delle posi zioni <la loro o.:cupatc. « Le perdite dei nostri sono: 4 feriti, dei quali 2 g raYemente, che morirono questa notte. Dei basci - buzuk: 3 morti, 1 ferito e 5 disper.~i. l 5 morti furono tumulati questa matcina. « Si co nsumarono 56oo cartu c.:e, non comprese quelle d egli irregolari , e 37 colpi a granata, 17 a shrapnels e 4 :1 mitraglia. << Tutti fecero ottimamrnte il loro do\'ere, mostrando <li essere animati <lei migliore spirito militare, I basci - buzuk potrebbero rendere migliori ser\'izi, se si potesse da loro ottenere maggiore compattezza nei ranghi, maggior ordine, più calma e meno uria e se fossero comandati da Capi più abili e più energici_ « Per ora (10.45 ant.) a Saati nulla di nuo\'o >-·-


un'ora orca di marcia da Saati, i basci - buzuk dell'avanguardia segnalarono il nemico. Arrestata la marcia, il ten. colonnello, insieme al capitano Michelini del 17° Artiglieria, si portò celermente avanti. Il Michelini doveva recarsi a Saati per assumere il comando dell'Artiglieria del forte ed aveva portato con sè Le due mitragliere, col tenente Tirone, pure del 11', allo scopo di rinforzare la sezione che trovavasi a disposizione del maggiore Boretti. Gli Abissini intanto sr mostravano a gruppi, ad una distanza fra gli 800 ed i rooo metri. li plotone d'avanguardia s1 schierò fronte ad essi, unitamente alle mitragliere portate subito in linea ; il battaglione prese po. . . s1z1onc sopra una p1ccob. altura a destra della carovaniera, mentre il convoglio veniva addossato ad un monticello dalla parte opposta. 11 fuoco, iniz iato dai nuclei nemici, venne controbattuto dalle mitragliere, ma solo per li 1c11c111e , olo1111dfo Dc C r isloforis. qualche istante, perchè una di esse s'inceppò ben presto e l'altra cessò dì funzionare dopo circa mezz 'ora, tanto che fu necessario abbandonarle (i). Le Fanterie del grosso furono ritirate su altra altura restrostante, per evitare la minaccia del nemico che, con abile manovra, tendeva ad aggirare la nostra posizione. Il movimento fu eseguito per scaglioni , sotto il fuoco nutritissimo deg li Abissini. l nostri soldati , con fermezza veramente eroica, rispondevano a fucilate e gridavano « Viva l'Italia!"· Ma (1) Queste <luc mitragliere furono poi trovate atl Adua dal generale O rero nel 1890 e riportate a Massaua.


27 le loro file si assottigliavano continuamente per le numerose perdite e le munizioni si esaurivano. Si distribuirono le cartucce del convoglio ai pachi superstiti, fino a quando l'irruzione di una nuova massa nemica obbligò questi ultimi ad una lotta disperata, corpo a corpo, con le baionette. Verso mezzogiorno tutta la nostra colonna era distrutta. Incominciarono allora le scene d'orrore per la spoliazione e le mutilazioni dei caduti. I pochi ancora vivi dovettero la salvezza alle loro stesse ferite per cui furono creduti morti, denudati, ma risparmiati. Quali fossero le loro sofferenze, nel dover restare immobili e sang uinanti, ne] fango prodottosi per la fitta pioggia che era caduta sul finirç dd combattimento, è facile immaginar::. Alcuni di essi giunsero fra indicibili stenti a Moncullo, altri rimasero sul terreno, fino a quando non vennero raccolti dalla compagnia del 54" Fanteria, comandata dal capitano Tanturri (della quale facevano parte i tenenti Ducci, Porta e Santoro), giunta alcune ore dopo in soccorso. Questo capitano, ricevuto alle I I e mezzo del mattino un biglietto del De Cristoforis contenente la richiesta di accorrere a Dogali, riunì i suoi soldati, ai quali si unirono soltanto 8 ba~c i - huzuk (pcrchè il naib di Moncullo non m lle seguirlo con g li :.t!tri cli ::ui disponeva) e partì immediatamente. Lungo la via i basci - buzuk, posti in avanguardia, segnalarono la presenza di numerosi cavalieri abissini; fu necessario as~umere la formazione in quadrato cd aprire il fuoco con la mitragliera che opportunamente il Tanturri aveva portato con sè. Ciò bastt> perchè il nemico si dileguasse. Infatti una ricog nizione eseguita dal tenente Santoro constatò che la via era libera. Giunta sul campo cli battaglia, la compagnia ebbe subito la chiara sensazione del disastro. Nel rapporto del Tanturri al generale Genè era detto che le salme dei nostri soldati erano state trovate denudate, orribilmente mutilate, in ordine come se fossero allineate. Alcun fucile, alcun indumento venne ritrovato. Perfino i bossoli vuoti erano stati portati via (I). Il capitano Tanturri, di fronte a quella ecatombe, riunì b compagnia e fece presentare k armi ai caduti (2). ( 1)

U HICID

STORICO:

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Do.:umcnci ·Erjtrea .. , voi. I.

(2) Parecchi scrittori, narran<lo lo stesso episo<lio, hanno affermato che questo segno <l'onore venisse comandato dallo stesso tenente colonnello De Cristoforis. L'episodio è g iunto a noi per tra<lizione o~ale e nulla si oppone alla sua verità; ma, purtroppo, 11011 può risultare da akun dornmento.


Dei 500 che componevano la colonna De Cristoforis, morirono 413 uomini di trupp:1 cd 86 furono più o meno mutilati (alcuni di essi dovettero poi soccombere per le ferite riportate). Gli ufficiali cadmi furono 22; si salvò il solo capitano Michelini, anch'egli ferito. Il tenente Comi dd 37", che era riuscito a raggiungere in gravi condizioni Moncullo e di là era stato inviato a Massaua, sulla nave ospedale Garibaldi, morì il 3 febbraio. I caduti vennero tumulati sul posto e la salma del tcn. colonnello De Cristoforis fu ricuperata e sepolta a Massaua, accanto a guella del Comi (1). La sera del 26 gennaio, essendo scarse le forze disponibili ed occorrendo d'altra parte garantire Massaua, il generale Genè decideva il ritiro dei distaccamenti di Saati, di Uaà, di Zula e di Aràfali. E ciò nonostante le assicurazioni del maggiore Boretti, il quale segnalava che ras Alula era tornato al suo campo, a 5 chilometri da Saati. All'ordine di evacuare il forte, dopo avere distrutto i magazzini, il Baretti rispondeva nel pomeriggio del 27: « Mi ritirerò verso le 8 di questa sera, percorrendo strada Saati - Misul - Auserif ", e la pericolosa marcia fu compiuta in p:::rfetto ordine. Al dist:iccamento di Ua:ì fu ordinato di recarsi a Zula e di imbarcarsi sul piroscafo Gottardo che, scortato dalla cannoniera Scilla, fece poi ritorno a Massau:1. Il distaccamento di Aràfali prese imbarco sul piroscafo J>11/c.,ti1111.

Sul fatto d·armi di Dogali reputiamo opportuno riassumere la relazione dell'unico superstite del combattimento, il capitano Mi(1) Gli ufficiali morti iurono i seguenti, oltre il Dc Cristoforis: i capitani Longo Vito, Boncttì Pio, Puglioli Cesare, Dc BencJictis An<lrca; il capitano mnlini Gasparri Nicola; i tenenti Fu si Luigi , Gattoni Lujgi, Di Bisogno Vinécnzo, Felici:ini Luigi, Gal:11i Luigi, Shurbti Ernesto, Griffo Carmelo, Comi Girolamo, S:1eca11i Pietro, Tirone Giovanni; il tenente medico Ferretto Angelo; i sottotenenti Dessi Enrico, Tofandli Luigi, Lombardini G. Battista, Martello Pietro, Bdlentani Gio\":rnni. Gli uomini Ji truppa di Fanteria cadut.i iurono: 13 del 1" reggimento fanteria; 32 del 6'' reggimento; 34 ,Id 7''; IO'\ del 15"; 97 del 20°; 1 del 37°; <)j del 41'' ; 8 del 54°; I del 79"; 5 dd 9_ f ; 2 del 16•. Come si vede, i reparti inviati in Eritrea erano formati da uomini provenicnt.i da tutti i rcggimc::111i e fra i quali riuscivano meno efficaci i leg:imi, che 11nrmalmc111e uniscono tutti i militari di uno stesso Corpo.


chelini, il quale fu testimone dello strenuo valore dimostrato dai nostri soldati. Le disposizioni per la marcia delle colonne erano state le seguenti: " Innanzi e sui fianchi, in esplorazione, una compagnia di basci - buzuk, comandata dal tenente Comi, che fece un buon serviz io; mezza compagnia (capitano Bonctti) in avangua rdia, men.a in retroguardia. St:g uivann l'avang uardia una compagn ia del grnsso, il ca pitano Mick lini co n k m itra nliatrici, le altre.: d ue co rn 1n ,,nie dd batt ag lio n~ e h cobnn:.i di cam mel li, che cml ri n ,~ '. .i a pi:J~c-

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Dogali.

dere lentamente e spesso a fermarsi, per non aumentare l'allungamento e per tenere gli uomini riuniti quanto più era possibile. <( Circa alle 7,30 eravamo giunti al di là di Dogali, dove un braccio del torrente Agbalo taglia la strada di Saati, da cui di stavamo un'ora appena. Quivi, durante l'alt, furono segnalate le orde di ras Alula. Il ten. colonnello De Cristoforis ed il Michelini scelsero una collinetta sulla destra della strada, subito al cli là del Desset. <1 Verso le ore 7,3 i 4 vedemmo spuntare dalla strada di Saati i primi buluc di Abissini. Essi avanzavano Yerso noi, piegando obliLluamente sulla nostra destra e accennando all'avvolgimento che è regola di buona guerra per loro e che, nel caso nostro, pd gran numero di gente che ci stava di fronte, poteva riuscire di facile esecuz10ne.


,, Essi seguivano le sponde alberate d\m torrentello e procedevano cauti, valendosi delle accidentalità del terreno così bene, che il 1irare per noi no n era age vole. <• Aprimmo il fuoco a 700 metri ; gli Abissini ri sposero. " Le mitragliatrici funzionarono per poco tempo, ma con molto effetto, tanto che il movimento del nemico, quasi appena accennato sulla nostra destra, ve nne sospeso. Io pensavo con desiderio infinito ai miei cannoni , che oziavano a Massaua. " Poi il tentati vo di aggiramento venne ripreso ed il De Cristoforis mandò a Massaua un basci-buzuk per soccorsi e tJUindi un altro per chiedere due pezz i da montagna. I corrieri giunsero troppo tardi. ,, Divenuta insosten ibile la prima posizione, dominata da altra vicina, che ben presto il nemico avrebbe raggiunta, Dc Cristoforis, dopo un breve collot1uio coi capitani, decise di ripiegare sopra una contigua collina, che ci avrebbe .1lrneno permesso di durare nella difesa anche accerchiati. C i divideva da questa una valletta scoscesa, infila.ta da i tiri nemici; ma il battaglione l'attraversò, ripiegando per scaglioni, ordinatissimo. <• lo e Tirone lo seguimmo, trascinando, coi pochi cannonieri superstiti , le mitragliatrici t' 11· l:iscia mmo, orm ai inservibili , ai piedi dell a salita. Alla mi a tolsi la vile di rnira cd ordinai a Tirone di fare altrettanto. ,. Come fummo sulla seconda posizione, ci parve follia scampare senza soccorsi. Tutto all'ingiro il terreno, a poche centinaia di metri, brulicava di nemici. E rano 7 od 8.000 per certo, a giudicare, così all'ingrosso, dall o ~pazio che occupavano e dal cerchio di fuoco che ci faceva no intorno; ma l'abilità ch'cssi avevano di ripararsi dai colpi nostri ci disperava. E sì che distavano 4 o 500 metri al più. L'accerchiamento, lentissimo, durò circa tre ore, fìn quando, cioè, essi furono sicuri che la m aggior parte di noi giaceva o finita od innocua. ,, Ancora a 150 o '.?.oo rn ctri sostarono per fa r fuoco; poi, unprovvisamente, c i si slanciarono contro con grida te rr ibili, con una foga impetuosa che li rendeva come forsennati. ,, Ed ai buoni Remington, alle carabine di vario modello , ai fucili da elefanti, da caccia, ecc., che costituiva no le loro prime fìle, ecco aggiungersi le retrostanti , armate di lancie, di picc he, di sciabole, di coltelli e d'a!tre ar mi bianche .... " I soldati nostri, che rappresentavano tutre le reg10n1 d'Italia. non potevano comportarsi meglio .


I! combattimento di Dogali.



33 •< Dapprima e fin quando il pericolo non fu evidente, essi forse non ne ebbero un'idea chiara. Li confortava la ~icurezza dei Capi, ai quali spesso guardavano, come a scrutarne l'animo. << Ma, anche quando la certezza della morte scese sul campo nostro, anche allora io non vidi alcuno di essi arrestarsi. Quelli che ricevevano da me e dagli altri ufficiali ancor vivi l'ordine di avanzare al posto dei compagni uccisi, per riempire i vuoti, avanzavano seri i, senza accennare a sconforto pakse: taluno, più credente (e, in quei tristi momenti, quindi più fortunato), si faceva il seg no della croce prima di eseguire l'ordine e poi risolutamente scartava i morti e ripigliava il fuoco, come rassegnato. « Li avrei baciati ad uno ad uno. Ed a provare ciò che scrivo, più che la mia parola, possono servire questi fatti: li accenno ad onore dei nostri poveri morti. << Accanto a me, che tiravo seduto, giaceva un ferito . Era lui che mi dava le cartuccie, brancolando per trovarne nelle g iberne dei vicini caduti; era lui che mi avvertiva talvolta dd nemico di fronte più esposto, rallegrandosi se lo vedeva cadere, rammaric:.indosi se il colpo falliva. « E rammento i suoi: più altu, signor capitano , p;t1 a dt:~l ,,1... pronunziati con una fioca voce di morente. << Ad un punto ci passò da presso il De Cristofori s, calmo, sereno: una figura di eroe, che mi si è fissata nel cuore e che non potrò più scordare. u Peccato che non abbia i suoi cannoni, Michelcn disse lui, chiamandomi col nomignolo dei giorni lieti. " Ed io, di rimando, non so perchè, in una grande commozione, c~rto dell'era grave che incombeva, .? ridai: Viva il Re! forte, due volte. Quelli che mi udirono ripetettero il grido ed è perciò che cito il fatto, soltanto ad onorare costoro, che forse in parte non sono più e che non si possono difendere dalle ingmne. (< Ad assicurarsi di tenere in mano la truppa, come si dice, il De Cristoforis, di tanto in tanto, faceva suonare il cessate il fuoco. Io rammento che, ai noti squilli di tromba, seguirono sempre immediati silenzi, e poi, a poco a poco, pochi colpi isolati e, mano a mano, più nutrita la fucilata, com'era prima. << Rammento, L1uando il nemico ci fu addosso, d' avere vedut0 alcuni feriti nostri, presi a lor volta da una pazza furia, lanciargli contro le armi, i sassi e tutto quello che veniva loro alle mani ...

4.


,, E rimasero tutti dove avevano combattuto, non uno più llldictro, o con le spalle al nemico. " E' prova del valore del nostro nome la domanda che fecero poi molti Abissini: Il soldato italiano, quando combatte, è legato, come il cammello, per una gamba ad una pietra? ... ,, E' prm·:1 anche la ritirata del Ras fino J.ll'Asmara, senza osan: di rinnova re.: Lntacco di Saati, benchè vittorioso, benchè sapesse che a Yiassaua no n e 'erano grandi forze ... Tanto l'aveva impressionato la nostra di f es:1! H .

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,\lc 111m1en to ai Caduti di Dogali.

li 28 r:1s Alula toglieva il cJ.mpo e riprendeva la via dell'Asmara. f ,e pndit<: da lui suhìtc fu rono valutat e ad un migliaio di uomini. Per effetto di altri m ovimenti ordinati dal Genè nella giornata del :!). p ::T rinforzare i forti di Moncullo e di Abd -cl - Kadcr, la

dislocazione delle truppe nc!Li" giornata del 29 era la seguente : forte Abd - cl - Kadcr : compagnia 8'' bersaglieri e distacci rnrnto 17" Artiglieria; - fo rte Ghcrar: çomp:1gnia del 93" Fanteria, compagnia 2P Gr nio, 10 0 marinai, distaccamento dd 17" Artiglieria, 4 buluc di i rrcgolari;


35 - forte Tanlùd: compagnia 1° Fanteria, compagnia 15" Artiglieria, compagnia 3~ Genio, 2 huluc di irregolari ; - Massaua (città): Guardia cli finanza, impiegati di dogana c.: della città per la tutela dell'ordine pubblico, drappello Carabinieri e pochi irregolari; - forte Otumlo: compagnia 37" Fanteria, di staccamento 17" A rtiglieria, 4 buluc di irregolari e 100 uomini del Barambaras Cafel ; - forte Mon cullo : compagnie del 6°, 7", 54" e 79" Fanteria, compagnia del 4" bersaglieri , distaccamenti del 15" e 17" Artiglieria, 12 buluc di irregolari; - forte di Archico: compag nie del 1" e i" bersaglieri, distaccam ento rf Artiglieria, 9 buluc di irregolari.


lii.

LE OPERAZIONI DAL 1888 AL 1894. IL TRATTATO DI UCCIALLI

La spedizione di San Marzano. Mc:lllrc in {Lilia ~i preparava la rivincila, il Negus inviava alb Reg ina d' I nghiltcrra una deferente lettera, che \'enne interpretata in Gran Bretagna come una Jomanda di mediazione per le trattative di pace. Queste (urono discusse fra il Governo inglese ed il Crispi, succeJuto al Depn:tis nella Presidenza del Consiglio, e ad esse partecipò, (JUalc mediatrice, anche la Germania; ma, non avendo voluto il Negus riconoscere all'Italia altro possesso all ' infuori di Massa11;1 t' d i Moncullo, 1(, tratt:nivt' fallirono . Nel no vembre un Corpo di spedizione di circa 20.000 uomini, al comando del ten. generale Alessandro Asinari di San Marzano, sbarcò a Massaua, con l'incarico di rioccupare Saati e Uaà e di riven dicare: il prestigio delle nostre armi, senza però impegnarsi in una guerra a fondo con l'Abissinia (1 ); nonchè con quello di collegare con una ferrovia Massaua con Saati, dove dovevansi costruire fortificazio ni ed alloggiamenti per le truppe del presidio. A MJ.ssaua il generale Saletta, succeduto al Genè, aveva costruito un vasto carnpo trincerato ed aveva da tempo iniziato i preparativi per ricevere i rinforzi in arrivo dall'Italia e con i t}uali le · nostre tnippe in Africa dovevano raggiungere la forza complessiva di :w.ooo uomini e di 4-000 lJLI:tdrupcdi (2). ( 1) CR1sP1 F.:

,, La prima guerra J'Africa ,, .

(2) Le nostre truppe in Africa, prima dell"arri,·o del nuovo Corpo di

spedi zione, raggi ungevano la forza complcssi\'a Ji 8.oon uomini e Ji 7-800 quadrupedi. Per provvedere all'alloggiamento dei rinforzi, il Saletta a\·cva fatto predisporre Ire campi: i p rimi due rispetti va mente a sud cd :1 sud - est di Otumlo cd i) terzo nella p enisol:i di Abd .. cl - Kader. In ogni c11npo er;:i no slati predisposti depositi munizioni cd nrganizz:Ho in modo soddisface nte il servizio idrico . Er:rno state inoltre impi:111tate quatt ro grandi inferm erie a Moncullo,


37 Il generale di San Marzano sbarcò a Massaua 1'8 novembre 1887. Delle truppe messe a sua disposizione si trovavano a Massaua

7 battaglioni di Fanteria ed I di alpini, 1 squadrone cli Cavalleria, 1 compagnie di Artiglieria, 3 compagnie del Genio e 1.900 irregolari. A queste forze si sarebbero aggiunte quelle del " Corpo Speciale d ' Africa » e il nuovo Corpo di truppe per l'Africa (o Corpo di rinforzo), costituiti in Italia nell'ottobre e partiti da Napoli ri, pettivamente alla fine di ottobre ed ai primi di novembre. Il Corpo Speciale d.Africa era composto di 6 battaglioni, di r squadrone, di 4 compagme cannomen, di cui 2. da fo rtezza, di 2. batterie su 6 pezzi: 1 da campagna e 1 da montagna, e di compagnia del Genio. li nuovo Corpo di truppe per l'Africa (Corpo di rinfo rzo) era composto di 6 battaglioni di Fanteria, 2 l,attaglioni bersagl ieri , batteria da campagna, 1 batteria da mont;1gna, 1 compagnia del Genio, r brigata treno su due compagnie, I compagnia di sanità e I di sussistenza. Il generale di San Marz ano. La piazza di Massaua disponeva, inoltre, per la sua difesa, di parecchie migliaia di fucili, di oltre 100 bocche da fuoco Ji calibri e tipi diversi e di 28 mitragliere. Infine dipendevano pure dai Comando Superiore le cannoniere Provana, Scilla e Cariddi; le golette Miseno, Calata/imi e Mestre; 3 navi trasporto, 2 arieti torpediniere, l'avviso Colonna, la nave ospedale Garibaldi, 1 navi cisterna e 2 piroscafi noleggiati (1). Otumlo, Abd . cl · Kader ed a Gherar, ed era stato istituito a Ras Mu<ler un ospedale capace di 400 posti-letto. (1) Cfr. UFFICIO STORICO DEL CORPO DI STATO MAGGIORE: << Storia militare della Colonia Eritrea » .


CORPO SPECIALE u'AFRJC:\

Raggruppamento dà drappelli per la costituzione del Corpo speciale d '. Jfric·_a L U()(;O

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39 Senza tener conto di queste Unità della R. Marina, il Comando, alla fine di dicembre del 1887, avrebbe avuto a disposizione 14.000 uomini di Fanteria (22 battaglioni con le compagnie su r50 uomini), 240 cavalieri, 600 artiglieri, 1.000 soldati del Genio e 1.900 irregolari; nonchè i vari servizi. Quindi un totale di 8T 4 ufficiali, 17.740 uomini di truppa, 38 cannoni (oltre quelli da piazza , installati a Massaua), :i8 mitragliere, 300 cavalli, 2:000 muli e I .800 cammelli (questi ultimi guidati da indigeni). l battaglioni inviati in Africa erano stati costituiti in Italia, a Roma ed a Maddaloni, traendo il perrnnale da tutti i reggimenti di Fanteria. A Roma si formò il 1• reggimento cacciatori su t re battaglioni di quattro compagnie ciascuno (i primi due battaglioni di Fanteria di linea ed il terzo di bersaglieri) ed a Maddaloni il ::?° reggimento, tutto di Fanteria di line:1. Per la formazione delle suddette Unità e di quelle delle altre Armi, nonchè per i se rvizi e per il Corpo di rinforzo, fu d ispos~o in conformità della tabella che riportiamo a fronte e nell a quale sono indicati i reparti da costituire, i reggimenti che dovevano concorrere alla loro formazione, il luogo di concentrJmento. Tutti gli armati di fucile ebbero in distribuz io111.: il Wcttcrly Vitali , mod. 1870 - 87.

L'opera del generale Baldissera. Alla fine dcll':inno 1887 il Corpo d'operazione era organizzato in maniera da garantire Massaua da qualunque attacco del nemico, che tutte le informazioni davano raccolto attorno ad Adua. Il 1 " febbraio 1888 Saati \eniva rioccupata ed il 15 marzo era definitivamente congiunta con ferrovia a Massaua. Intanto il Negus Giovanni, con un esercito di circa 139.000 uomini, ava nzò su Ghinda, giungendo in vi~ta di Saati; ma non ardì attaccare le posizioni italiane. La mancanza dell 'acqua e dei viveri lo obbli.garono poi a togliere il campo ed a ritirarsi su ll 'altipiano, dove sciolse l'esercito. Il nostro Corpo di spedizione venne allora richiamato in patrta e nella Colonia rimasero, al comando del maggiore generale An.tonio Baldissera, k seguenti truppe: il Corpo speciale d' Africa, composto di 2 reggimenti cacciatori su 3 battaglioni, 1 battaglion e di bersaglieri autonomo, r compagnia del Genio ed un altro bat-


taglione di f;intcria su tre compagnie, che fo destinato di presidio ad Assab ed a Beilùl, colmando i vuoti dei congedandi con coloro che avevano fatto domanda di rimanere in Africa. Ino ltre, in via temporanea, furono lasciati a Mas5aua . un altro battaglione d i bersaglieri, la batteria trainata del 11' A rtiglicria. la compagnia del Genio del 4" reggimento e gli specialisti. ll comando di queste truppe fu assunto dal generale Baldissera e la di slocazione dei reparti tornò ad essere lJUella precedente all'arrivo del Corpo di spedi zione, salvo che si rinforzò, a detrimento dei presiclì di Moncullo e di Abel - e! - Kader, il distaccam en to di Archico. do ve le truppe soffrivano meno il caldo, e si presidiò Saat i con I battaglione cacci,ito ri , 1 compagnia d' Artiglieria , 1 del Genio cd 1 tabur di irrego lari. Prima cura del lì genoale .·lntonio 8Clltli.;.,era. nuovo comandante secondo quanto viene detto nella Storia militare tiella Colonia Eritrea, pubblicata dall'Uilìcin Srnrirn de llo Stato Maggiore - fu quella di valorizzare ciò clie avn·a compiuto il suo predecessore. Infatti rafforzò con opportune fortificazioni i posti avanzati della Colonia e riorgani zzò il Co rpo sp::ciale d'Africa, aumentandolo di altri due battaglioni di nuova formazion(.'. (maggiori Consolini e Mdi), di una batteria da m o ntagna, d i una batteria da campagna e di due compagnie cannonieri da fortezza. Altre provvidenze adottò, costruendo caserme ed ospedali, aprendo strade, migli:)rando l'ediliz ia nei principali centri , stahi-


41 lcndo misure igieniche e decretando le prime imposte doganali. E, proseguendo nelle trattati ve coi Capi indigeni sud anesi e con quelli delle coste, mise fra noi e l'Abissinia e fra noi e i Mahdisti, tribù a noi alleate. Di una di queste, la tribù Cafel, si valse, infatti , invia ndola il 20 luglio da Otumlo a Cheren ed occupando, sei g io rni dopo, questa località senza colpo ferire. Così pure cercò di accaparrarsi subito le popolazioni direttam ente sottoposte, emanando severi ordini per imporre il più assoluto rispetto alla religione ed alle donne indige ne, e concesse libero transito alle carovane che attraversassero, per ragioni di commercio, i territori di quelle tribù che ave\'a no fatto atto di sottomissione all' Italia. Uno, però, dei m eriti maggiori del Baldissera, fu di aver dato fo rma e vita a quei magnifici battaglioni indigeni che, per la fcdcld dimostrata e per le tradiz io ni di valore successivame nte acquistate e mai inter rotte, si possono considerare con orgoglio fra le più belle truppe coloniali. Il generale di San Marzano, nella sua relazione al Mini stro della G uerra, aveva espresso il rammarico di non aYer potuto condurre .ti fuoco le su e ottime truppe. Egli aveva avuto parole di Yivu encomio per esse e per (1uell e del la R. Marina, entrambe perfettamente :iffìatate ed unite da profondo cameratismo. Infine aveva espresso la convinzione che il Negus si fosse deciso alla ritirata dopo essersi ricreduto sul va lo re dei nostri so ldati e sulla potenza dei nostr i mezzi. L'onore di provare nel combattimento la saldezza delle nostre truppe toccò al generale Baldissera, il quale non tardò a ristabilire il nostro p restigio in Africa, a rioccupare Saati ed Uaà, ad estendere il nostro ragg io d'azione fino a ll'orlo dell'altipiano e ad indurre le tribù della costa, i Beni Amer cd il Sultano d'Aussa, a chiedere il nostro protettorato.

Il combattimento di Saganeiti. Mentre era al comando delle truppe della Colonia il gen erale Baldissera, ebbe luogo il combattimento di Saganeiti, col quale noi cercammo di punire i ribelli che, durante le operazioni di Saati , si erano raccolti nell'Acchele Guzai e che effettuavano razzìc contro le popolazioni da noi protette.


Perchè ci fosse possibile sorprendere i nemici nella zo na di Saganeiti, occorreva percorrere rapidamente ed in seg re to i 70 chilo metri che separano Saganeiti da Arcliico e piombare sui ribelli di sorpresa. T ale incarico venne affidato al capitano Cornacchia, che disponeva di 400 indigeni e di una banda di 300 uo mini. Partito da Archico nella notte sul 3 agosto 1888, il Cornacchia giu nse ad Uaà nd mattino e, per ave re il tempo di ri cevere le maggio ri noti zie sui ri bell i, vi si f mrnì tutta la giornata del 3 e la notte sul 4 agosto. Il generale Bald issera, in tuen do come l'indugio frapposto dal Cornacchia, rendendo impossibile la sorpresa , avrebbe reso inutile i'operazio ne, cercò di sosprnd erc l'azione ; ma non g li fu possibile, per l'interruzio ne della linea telegrafica di Archico, fare giungere i suoi o rd ini in tempo. I ribell i, tempestivamente avvertiti, aveva no apprestato a difesa rabitato e, da ta la loro superiorità nu merica, esse ndo mancata la so rp resa, dopo alcune on: di combattimento, fi ni rono col riportare la vittoria. li Cornacchia e t utti gli uf tìciali. nonchè 250 uo mini di truppa caJdero su! c1mp0 . I superstiti, tra cui 76 feriti, poterono ripiegare su Mas~au;.i . Il capitano Amcglio, mandato subito dal general e Baldissera in ~occorso dei superstiti co n una compagnia cd un uffic iale medico, potè trarre in sah·o no n pochi feriti e r accogliere alcuni dispersi. Per ristabilire il nostro prestigio dopo i'insuccesso di Saganeiti, venne proposta dal Ministro della Guerra una marcia di ricognizio ne su Asmara: ma yuesta venne poi rimandata e le nostre truppe, per d ecisione del ge nerale Hal dissera , occuparono C hcren: sia per prevenire ogni defezione delle nostre bande, sia per impedire che r:1~ Alula potesse ritnrn;1re all'Asmara.

L'occupazione di Asmara. A ll'occupazione di Chcren , av\·cnuta il 2 gi ug no 1889, seg uì lJ Uella di Ghinda e di Saharguma e lluindi venne decisa la marcia su Asm ara: marcia che venne compiu ta nella notte sul 3 agosto. Fu occupata l'altu ra di B2tméha e lluclb che si chiamò, in seguito, Cam[)D C intato. Sul la 1)fima fu rono d islocati il battaolione ~, t h del 1" cacci:1to ri , il battaglione indigeni (maggiore Marone) e le due


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45 batterie da montagna; sulia seconda il battaglione misto ed il battaglione indigeni (capitano Severi). Fra l'uno e l'altro accampamento furono impiantate la sezione di commissariato, la sezione sussistenza cd il magazzino. La sezione sanità fu posta a ridosso del Campo Cintato. Il Comando superiore si stabilì nella casa di Alula, nelle cui vicinanze posero il campo le bande del fitaurari Devalicon, di Ligg Tedia e di Ligg Menelich. Nonostante un violentissimo temporale, i nostri soldati furono meravigliosi nell'apprestarsi subito a difesa e costruirono, in tre sole giornate di intenso lavoro, un muro di cinta di oltre 650 metri. Precauzione, questa, indispensabile, giacchè si temeva da un momento all'altro un attacco nemico, tanto più probabile in quanto Asmara era, come è noto, la residenza preferita da ras Alula. Questi marciava, invece, verso Godofelassi e, pur ave ndo fatto sapere per mezzo del kantibai Sahlé al Comando italiano di essere disposto a venire a trattative, raggiungeva intanto Gurà. Cont ro di lui fu pertanto inviato, il 17 agosto, il maggiore Di Maio con due compagnie indigene, una grossa banda (600 uomini) e lo Sl)Uadro ne cli Cavalleria, chiamato d'urgenza da Saati, seguiti ad una g iornata Ji m an::ia da altre due co mpagnie inJigeni e da un.1 .:olonna ,·iveri di riserva. Giunta a Gurà, la colonna trovava la località deserta. Ras Alula si era ritirato e, nonostante che Di Maio chiamasse a sè Bara Agos r alcune bande dcli ' Acchele Guzai per inseguire il ras verso Tadarar, non fu possibile raggiungerlo. Egli aveva rapidam ente pas-sato il Belcsa e si seppe poi che si era diretto verso Adua. Perciò il 2 0 agosto la nostra colonna tornava, per Godofelassi, all' Asmara. Il giorno 27 . il generale Baldissera, ormai sicuro che il nemico non avrebbe osato alcuna mossa offensiva, impartiva gli ordini necessari per una stabile sistemazione dell'Asmara. Affidava il comando di questa località al colonnello Albertone e rientrava a Massaua (1).

Il trattato di Uccialli. Non tutta l'Etiopia aveva seguito il Negus Neghesti nella inutile marcia verso le posizioni italiane di Saati. Menelik, Re dello ( 1)

Cfr. : U FF1c10 Srn1t1co : « Storia militare della Colonia E ritrea

».


Scio a, era rimasto nei suoi paesi, dopo avere iniziato trattative col nost ro Governo, il quale si era limitato soltanto ad inviargli lettere cortesi e raccomandazioni per b nostra spedizione geografica, g uid;1ta dal m;1rchese Antinori. Verso la lìne del 1882, però, il Governo italiano, volendo stringere co n il Capo del lo Scio;i un trattato di amici zia, aveva affidato al co nte Pietro Anto nclli , che gi~ aveva fatto una lunga permane n za nel lo Scioa ed na m olto g rad ito a l)Uel Sovrano, l'incarico uf ficiale di negoziare il detto trattato. La missione dcll'Antonelli co nseguì ottimi ri ~ultati cd il 22 maggio 1883 egl i co ncluse un t ratt;1to, che :1pri v:1 all:1 nos tr:1 pcnetr:izione la via Assab - Aussa - Scioa e che ci off riv:t altri no tt: voli \':1ntaggi commerciali . Nd ge nnaio del 1884 il co nte Antonclli aveva avuto \'incarico d:il Mi11i~1ro M:1nci 11i d i ccrndurrc a ter mine le irattative con Menelik per poter assicu rare al l:t nostra CJ!onia tu tti i possibili va ntaggi. L 'a~tut o Re Mcnclik ;1 vc, ·a co mpreso che l'occ upaz ione dcll"Fritrea ~arcbbt: stata una c:tllSa di g uerra fra l'Italia e l'A bissi nia c. poichè era :1mhi zi n\Ì~sinw e m :il tolkr;l\·a la su premazia del Negus, ;1,·,· \a t:u ncep ito l'idea di approfittare degli avvenim enti per e~r::ndci·c il proprio domi nio su tutta l'Etio pia. :\nT nu to il tr;i~ ico 1:1tto d i Doga li , Menelik ave va o fferto di fa rsi mediato re di pace cd il 20 o ttobre il co nte Anton ell i :1veva otten u to che fìrm:1s~e una conven z ione ~cg rcta di amit: iz i:1 e d i :.11ka nza, dit:tro co m penso di 5.000 fu cili Reming ton. Fallita la sua m edi az io ne, Menel ik :1veva promesso d i rim:rncr fedele all'Italia ,·d er:1 p:1rtit() con il \ ll O esercito co ntro i D er visci, che avevano ~acd1eQ:Q:Ìato il Gogt!ia ~.._, .. .,. rn ed il Gondarino e si avvic inavano al Ti ,Trè. In ta nto 1·:111i n10~it} fra il Negus Gio vanni e Re Mrnelik si era fatta ~em prc piLt aperta ed il N eg us avrebbe probabilmente in\asu lo Scioa, se, obblig ato a combattere prim a cont ro i Dervisci, 11011 fm~c st:110 sconfitto ed ucciso a Mctemch il IO marzo 1889 . ...\1)p rufìtt.rn do del lo ~lato d\,nar:: liia ì11 cui l'Impero etiopico \Tl111 e :tll o ra :1 trova rsi e degli accordi g i:t in vigore con Menelik , il Baldi ssera il 29 maggio aveva nccupato C:heren , il 3 agos!O Asmara e. succcssiu m cn te, l'Oculè Cusai e tutto il paese fino al conlìne Mareh - Bcksa - Muna , costruen d o il forte di A gordat nel centro del ter ritorio d ei Be ni Amer, g ià sotto posti al protetto rato italiano. Fr;1 i vari Capi abissi ni regnava un profondo dissenso per la successione al trono , al quale aspiravano Mangascià, ras del Tigr~, fi~ lio naturale dd Negus Giovanni , e Mcnclik , re dello Scioa. ~

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49 Q uesti si proclamò subito Negus e, per assicurarsi l'aiuto degli Italiani contro il rivale, il 2 maggio 1889, ad Uccialli, concluse col conte Antonelli un trattato <li amicizia e di commercio, col quale venivano riconosciuti i confini dei possedimenti italiani e, nei riguardi internazionali , veni va stabilito (art. 17) che Menelik consentiva a ~ervirsi dd Governo italiano per trattare con gli altri Stati. Questo articolo, nel testo a noi consegnato, era così formulato: ,, Sua Maestà il Re dei Re J'Etiopia consente di servirsi del Governo di Sua Maestà il Re d ' Italia per tutte le trattazioni di a(fari, che avesse con altre Potenze e Governi " · Nelle inten zioni del plenipotenz iario italiano e nella sua espressione letterale, il trattato metteva , in sostanza, l'Abi ssinia sotto il protettorato del l'Italia; me ntre, secondo il testo a marico, l'Abissinia aveva solo facoltà, non dovere, di valersi dell'lt:i.lia per i rapporti con le altre Potenze. Infatti la parola stessa ,, iciala/ ", secondo il d izionario del D'Abbadie, significa " può - soffre con pazienza - sopporta 1, e quindi poteva anche prestarsi ad essere tradotta ,, consente ». Invece Menelik intendeva dare ad essa, com e apparirà in seguito, il significato a lui più conveniente e cioè quello di <( può ». Ed in fatti, nel fchhr,1io 1891, quando q ucst;1 questione, insieme a quella dei conhni, si acuì m aggiormente, Mcnelik tagliò corto, dichiarando : r< O l'articolo resti come è nel testo am·arico o sia abrogato senza sostitui rlo l•. Era questo una specie di ultima tum, col quale l'Imperatore di Etiopia non riconosceva :ill'Italia alcun diritto di interve111rc nei rapporti fra l'Abissinia e le altre Pote nze e si ribellava a quella forma di protettorato che noi avevamo sperato già convenuta. Non s1 può escludere, al riguardo, che qualche altra Potenza abbia incitato Menelik :.1 da re al famoso articolo 17 una interpretaz ione piuttosto che un'altra. ·ceno è che Menelik parteci pò direttamente alle Pote nze estere la sua assunzione al trono. Intanto una missione etiopic:i., presieduta dal degiasm::ic M:iconnen, in qualità di inviato straordinario e ministro plenipoten ziario, e composta di parecchi Capi , giungeva il 27 agosto a Roma, dove venne ricevuta al Q uirinale. Maconnen rispose in am:i.rico (e Jusuf Negussié traduceva in francese), accentuando b frase : ,, A nome del mio Re domando a Vostra Maestà l'alta sua protezione», e Re Umberto si disse lieto di sapere Menclik ormai padrone di tutta l'Etiopia ; confermò l' amicizia dell'Italia e concesse la protezione domandata. 5.


Ratificato il trattato, Maconncn si recava Poscia a Napoli, dove il 1" ottobre 1889 si fì rma\'a la convenzione addizionale al trattato del 2 maggio, con la <..1uale il Re d ' Italia riconosceva Menclik Imperatore d'Etiopia e questi la sovranità nostra su l'Eritrea, si stabiliva una specie di lega monetaria fra i due Regni cd il Governo italiano garantiva all' Etiopia un prestito di 4 milioni di lire.

Nel no \'cmbrc 1889 il generale Baldisscra rimpatriò per motivi di salute e lo so~ tituì il generale Baldassare Orero, il quale giunse a Massaua il 24 dicem bre 1889 e, nei pochi mesi del suo comando, died e prova cli una illuminata cd efficace attività, con la sua marcia su Adua (1) e con l'avere provveduto ad una migliore sistemazione dell:i gi usti z ia e ad importanti opere stradali. Venne, infatti , iniziJ.ta la costrnz ionc d\111;1 rotabile da Asmara a Ghinda, di una seconda strada da A sm ara, per Debaré e Godofelassi, fino ad Adua, di una terza per Chcrcn ed, infine, di una quarta c he, partendo pure da Asmara , dove\·a giungere ad Adigrat, passa ndo per Saganciti e Se11J.fè. Anche per <..1u:into ri guardava la ferrovia, I'Orero aveva fatto iniziare lo studio per il prolungamento di essa da Saati ad Ailct. Il gene rale Orero. nel gi ugno 18fJO, fu sostituito dal gencr:ile Candolfo, al <.J. ualc, il 28 febbraio 1892, successe il colonnello Oreste B:iraticri, già vice governatore della Colonia. 11 Baraticri fu promosso maggior generale nel 1893.

Le operaz1orn contro i Dervisci. 11 27 giugno 1890 circa 800 D ervisci, provenienti da Cassala e sp11111si a r;17.zi:ire nei tnritori dei Beni Amcr, nostri protetti, fu( 1) II generale Orero raggiun se Adua il 26 gennaio con 5.000 uomini ed H , annoni , :Kcolto con rispetto ,bi clero e dalla popolazione. Della colonna LKe,·a parte, per (1uanto riguarda ie truppe . metropoli t:tne, il reggimento cacciatori d 'Af ric;1, al co mando del colonnello Cesa re A.iraghi, il IV battaglione costieri. un h:11t:iglio11e hersaglieri , una batteria da montagna, una compagnia zappatori cd un distacc:imcnto del Genio, oltre :ii sen·izi. con una forza rnmplcssi,·a di 8,1 u ffic iali e q 6o uomini di truppa it:iliani, oltre a 2.7<)() irrcgol:iri nl :t 948 uomini di truppa indigeni.


rono sorpresi dal capitano Fara ad Agordat, battuti e respinti nei loro paesi. Ad Agordat, come già si è detto, era stato costruito un fo rte e stabilito un presidio. Fu LJuesto il primo contatto che noi :1vemmo con i seguaci del Mahdi. Mentre andavasi consolidando la nostra occupazione, s'iniziava la costituzione del Corpo dell e truppe indigene, che già ad Agordat avevano dato così buona prova e che presto confermarono la loro fedeltà ai pozzi di Calat, nel febbraio 189 1, contro i razziaiori abissi ni e, nel giug no 1892, a Serobeiti, 11uovamente contro i l)trvisci. Fin lluasi alla fine del 1893 la Colonia rimase tranquilla, m a, nel dicembre di quell'anno, mentre il governatore generale Barat icri si trovava in trai ia per conferire col Governo, numerose bande di DeHi sci (circa 10.000 fucili e 4 .000 lance) invasero i territori del confine occil l generale Oreste Barntieri. dentale della Colonia. Il colonnello Arimondi , radunati celermente attorno ad Agordat 2 battaglioni indigeni, 2. squadroni e 2 batterie da mo ntagna e le bande del Barca , attaccò i Dervi sci il 21 dicembre e li sconfisse.

Il combattimento di Agordat. Il colonndlo Arimondi aveva avuto notizia dell'avanzata dei Dervisci mentre da Massaua, dove teneva interinalmente il governo della Colonia, si recava ad Agordat per assumere egli stesso il co-


mando delle nostre truppe contro i nuovi nemici. Egli ordinò subito di riunire, sotto la protezione del forte di Agordat, le truppe disponibili, compresa una compagnia del battaglione Fadda, che era a Cheren, le bande dclrAcchele Guzai di slocate a Saganeiti ed una compagnia indigen i rimasta all'Arn1ar~1. G iunto ad Agordat il 19 dicembre, l'Arimondi ordinò il rafforzame nto dell e posizioni cd un ser vizio regolare di avamposti, il lJllale segnalò che i Dervisci avan7.avano in una sola colonna da Sciagler, dove il nostro squadrone « Cheren n aveva incontrato la Cavalleria avversaria. In suo soccorso venne mandato a.nche lo st1ua-

li forte di /lgordat .

drone ,, Asmara ", con l'ordine di ripiegare lentamente, in sieme alle b:1nde, sotto la protezione del forte; mentre la 2" compagnia del II battaglione indige ni doveva mantenere il C<~ntatto col nemico. Questa compagnia informò il colonnello Arimondi che i Dervisci si preparavano ad attaccare il forte il 2r dicembre. Infatti, alle ore II del 2 r , i primi reparti <lei Dervisci avanzarono fino a tre chilometri dal forte ed interruppero la linea telegr:1fica, subito sottoposti al fuoco della nostra 2° batteria. Intanto il grosso del nemico, passato il Barca, si dirigeva a.i villaggi di Algheden e Sabderat. Per conseguenza l'Arimondi fece sc hierare sull'altura a sud- est del vilbggio di Agordat, cioè a.Ila sua ala destra, il battaglione Galliano e la 1" batteria; lasci<'> nel forte la 3" compagnia del II batta-


53 glione ed inviò a guardia dei pozzi la 4 compagnia, mettendo in riser va i due syuadroni e due compagnie del battaglione Fadda. Con questo schieramento, l'Arimondi attendeva il momento opportuno per passare alla controffensi, a. Infatti, non appena i Dervisci, stanchi della lunga marcia, si fermarono per razziare, ordinò all'ala destra di dare l'assalto a Sabckrat e, non appena vide ini ziatn il movimento, lanciò in rinforzo dell'ala destra le due compagnie del maggiore Fadda, appoggiandone l'avanzata con la batteria del forte. I Dervisci resistettero al duplice attacco e, non curanti delle perdite, avanzarono risolutamente contro la nostra destra, mentre b loro Cavalleria tentava di aggirare il nostro hanco sinistro. Il battaglione Galliano, pur contrattaccando più volte ed infliggendo al nemico gravissime perdite, fu costretto a ripiegare ed anche k compagnie del maggiore Fadda dovettero retrocedere. Non appena vide la massa nemica sufficientemente logo rata dal nostro fuoco, il colon nello Arimondi, fatti appiedare i due SLJUadroni in riserva, li lanciò, insieme ad una compagnia, :il contrattacco. L'impiego della riserva fu tempestivo. Il battaglio ne Cal liano riprese l'attacco ed obbligò il nL·mico ad una fuga disordinata. Le cmnp:ignie del maggiore Fadda e b b:.i.tteria del forte in se;;uirono i fuggiaschi col fuoco. Il ten. colonnello Cortese procedette al l'inseguimento c he si protr:isse fino alle ore 17, senza ottenere notevoli ri~ ultati, data la stanchezza delle nostre truppe. Al comhattimento di Agordat parteciparono, d:.i p:.irtc nostra: 42 ufficiali, 33 uomini di truppa bianchi, 2.106 indigeni ed 8 cannoni da montagna; per i Dervisci circa 12.000 combattenti. Noi vi. perdemmo 3 ufhciali, , sottufhciale e 104 indigeni caduti sul campo; 2 ufhciali, 1 sottufficiale e 121 indigeni feriti. Il nemico perdette circa 1.000 uomini ed abbandonò su l campo 72 bandiere, una mitragliera e 700 fucili. I nostri ufficiali caduti furono il capitano Forno ed i tenenti Pen nazzi e Culmia-Passouo. Alla loro memoria ven n1: cvncessa la medaglia d'argento al valor militare.

Sul fatto d'armi di Agordat lo stesso colonnello Arimondi scrisse nella sua relazione: Il combattimento era avvenuto in condizioni a noi favorevoli, l'appoggio del forte era stato di incontrastabile valore materiale e morale, tutte le forze dei Dervisci erano state (<


54 battute in un sol colpo, a 150 chilometri dalla loro base, per ritornare alla quale furono costretti a superare un territorio da loro ben poco conosciuto, mancante assolutamente di viveri di qualsiasi genere, scarso d'ac(1ua, seminato di pericoli per i ritardatari o dispersi, che difficilmente sarebbero .sfuggiti agli agguati tesi dalle tribù inv:1se, le quali avevano ad essi giurato la morte •>. I Dervisci a veva no combattuto st renuamente, raccogliendosi in gruppi compatti intorno alle loro bandiere; ma, abituati a combattere contro le masse egiziane, si trovarono disorientati contro la sottile catena dei nostri indigeni, che proprio ad Agordat combatterono per la prima volta in ordine sparso. Le nostre truppe di colore dimostrarono la loro disciplina e la loro fiducia nei nostri uffici:1li, attaccarono con slancio e resistettero al fuoco con molta fermezza. D opo il combattimento, il colonnello Arimondi emanò il seguente ordine del giorno: ,, Ufficiali, graduati , ascari regolari cd irregol ari. « Nel giugno 1890 un'orda di predoni dervisci piombava sui Beni Amer, ne distruggeva la Dega, trucidando g li uomini, portando sc hiavi i bambini e le donne e tutto saccheg-giando e predando. ,, Il capitano Fara, con due compagnie indigene, accorre, trova le tracce Jei Dervisci, con abile e rapida mossa li raggiunge, li attacca, li sc hiaccia contro la collina di Ttaherrè, che ci sta di fronte, e loro toglie la preda. " Due anni più tardi un 'altra torma di razziatori si gettava sui Baria Mogared, bruciando i villaggi, saccheggiando, trucidando gli abitanti. Il capitano Hidalgo, con una compagnia di regolari e con le bande del Barca, li insegue, con celere faticosa marcia, li raggiunge nd piano di Serobeti già pronti a difesa, li assalta, li sbaraglia, li costringe a disastrosa fuga abbandonando tutto sul campo. « Ora, mercè vostra, abbiamo ottenuto una terza vittoria di gran lunga più delle altre importante per il numero dei combattenti , per la solidità delle truppe che avemmo di fronte, per i gravi interessi che erano in gioco, per i risultati conseguiti. " Lo slancio vostro nel\ 'attaccare, la fermezza nel resistere alle irruenti masse nemiche, la calma e giustezza del vostro fuoco , l'abilità dei Capi, il valore di tutti hanno avuto ragione di un nemico molte volte più numeroso e che, a giusta ragione, costituiva il Corpo più scelto ed agguerrito del Califfo, salvando così la nostra Colonia da un grave pericolo che ne minacciava perfino \'esistenza.


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57 Ufficiali, graduati ed ascari. A voi tutti io mando il plauso che avete ben meritato, orgoglioso di avervi comandato in momento tanto solenne, sicuro che w n voi la vittoria arriderà sempre alle nostre armi. " A noi tutti sarebbe stato bastante compenso, per le fatiche ,osten ute e per i pericoli corsi, la coscienza di aver compiuto il no, tro dovere; ma un premio di gran lunga più g r ande ci attendeva, l'approvazione di S. M. il nostro Re, che telegraficam ente si compiacque esternarci la gratitudine Sua e della Patria n . Per la vittoria di Agordat, l'Arimon<li venne promosso maggio r generale ed il capitano Galliano maggiore per m erito di g uerra. Venne conferita la croce di ufficiale dell'Ordine Militare di Savoia al ten. colonnello Cortese; guclla di Cavaliere del lo stesso O rdine al maggiore Fadda ed al capitano Salsa; la nomina a Cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro a i capitani P ersico e Sprea fico; Lluella a Cavaliere della Corona d ' Itali a ai tenenti Galli , Sa ng uinetti, Mazzetti, Buccino, Boer. Al maggiore Galliano ve nne, inoltre, concessa la medag lia d 'o ro .il va lor m ili ta re. Ottennero la m eòagi ia d'argento 16 ufficiali, 2 sott11 fli ciali e 18 .1scari; quella di bronzo 24 uffi~iali , II sottufficiali , 1 caporale l' 7 .1scan. «

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L'occupazione di Cassala. In previsio ne che i Dervisc i avrebbero tentato una nvm cita del duplice scacco di Agor<lar non appena avessero potuto riunire le loro forze, il generale Baratieri , allo scopo di tentare un colpo di mano su Cassala, radunò verso la metà di luglio I894 in Agordat u n Corpo di operazio ni di truppe indigene, composte di 3 batta~liuni, 1 sezione d'Art iglieria, I sl1uadrone di irregolari delle bande (ci rca 2.700 uomini in tutto). Partita il 14 luglio, in 4 giorni la colonna superava i 200 chilometri che la dividevano da Cassala ed il 17, attaccati di sorpresa i 4.000 dervisci che difendevano la città , li sbaragliava, obbligandoli a lasciare in nostro possesso 2 canno ni, Goo fucili, 700 lance, rno sciabole e 52 bandiere. A Ca ssa la fu cost ruito un (o rte, nel quale venne lasciato un sufficiente presidio.


li generale Arimondi si trattenne a Cassala una settimana ancora con un battaglio~ c per acccl er:ire la costruzione del for1c e partì poi, il 29, per Daura e lJUindi pe r Agordat. Il Corpo di operazioni aveva compiuto la sua radunata ad Agordat in 3 giorni ; a veva poi marciato per 4 giorni percorrendo circa 200 c hilometri in terreno difficile ed aveva o ttenuto .i n poche ore uno splendido ri sul tato con il solo impiego dell'avang uardia e con lieve sacrificio di uo mini . Si ebbero, infatti , un solo ufficiale e 27 uo mini di truppa morti e 41 asca ri feriti . Il successo no n poteva invero essere più soddisfacente . cd il generale Baraticri , a pprna g iunto ad A gordat, telegrafa va al Ministro degli Esteri: " Conciuista Cassala ha prodotto eccellente impressione nel Tigrè. Capi invia nu rallegramenti. N ella Colo nia ordine perfe tto. Entusiasm o Corpo o peraz io ni. Salute ottima, feriti migliora no ». E due g io rni d opo, cioè il .31 luglio, inviando al Ministro della G uerra la sua relaz ione, concludeva con lJUeste pa rol e : " L'ascendente asso lu to degli uffi ciali sugli ascari, l'intiera fiducia reci proca , l'o rdine e Li disc iplina, la tolleran z a ag li strapazzi del nostro Corpo colo niak , hanno reso possihil e un colpo di sorpresa rapidissimo , c he ci ha dato la vitto ria completa con minime perdit e ;, _ Cassala r appresen ta va per se stess;.i u n centro delb più g rande impo rtan za an che d:il hto commerciale e politico per le comunicazio ni con l'alta valle d cl Nilo; m a, ciò no nostante, la nostra occupaz io ne d oveva a vere c1 ratLen: transitorio, ljUale sempli ce punto estrem o di difesa al di L\ dei confini della nostra Co lo nia co ntro il mahdism o ( r). ( 1) Costruita dagli Egiz i:ini nel 1841 , C:issab avc\·a :1\'uto in p:i ssato un pi:riodo di ecn ::t.io nak florid czz:i , accogliendo nelle sue mura una popolazione di oltre 4 0 .00 0 :i bit:intì e nei fori il i;,.i una delle più fon i g uarni gio ni Ji tu tto l'Egitto. C:idut~t puscia in roYina per opera dei Mahdi sti , riacquistò ben presto un nuo vo e !iiù clcq co \·:1lor(' ljuando l'occuparo no gli Inglesi. Conqui suta e tenuta pn lllla si quatt ro anni dalle armi it;dianc, essa don :va poi essere ced uta :illc truppt: del colonnello Pcarson il 19 Ji cembrt: 1897. Il 14 diccmbrt: 1900, a ricordo della nostr~• prima occupazione del luglio 1894 e della liberazione tla un :1tt:1crn dei Mahdi sti nell'a prile del 1896, alla prcst·nz:1 del colo nnello ingl ese Collisnn e del colonnello V ittorio Trombi, in \·iato da S. E . Martini , go\·ernatore dell 'E ritrea, \·cn iYa 111urat;1, nel forte di Cassab, una lapide in bron zo, :iffìnchè restasse impcricura memoria dei nost ri ( aduti nelle gio rnate del 17 luglio 18<J4 e del 3 aprile 1 ~ . L'epig r;1fc diccYa:


Il a1mbc111imc11to di Coatit.


60 Subito dopo l'occupazione, il ge nerale Baratieri si preoccupò anzitutto di adottare una seri e di misure difensive contro un evcnwalc ritorno dei Dervisci, collegando Cassala coi pri.ncipali centri dclb Colonia Eritrea per rntzzo di co municazioni stradali e telegrafiche e di posti di rifo rnimento, debitamente scaglionati fino ad Agordat.

combattimenti di Coatit e di Senafè. Dopo l'occupazione di Cassala, il generale Baraticri aveva compiuto una nuo va marcia su Adua ; marcia che fu un'utile dimostraz ione della nostL1 forza. Ma intanto ~i facevano sempre più evi denti i pericoli derivanti da ll'attività di ras Mangascià, c he aveva raccolto forti nuclei di ti g rini e che, con forze valu tate a circa 12.oco fucili cd a 7 .000 lance , minacciava d'invadere l'Acchele Guzai. Deciso a sventare i piani dell'ambizioso ras, il Baratieri , dopo essersi recato in ricog niz ione sui monti di C henafenà, sulla destra del Marcb, ordin ò che il noslro Corpo di operazioni oltrepassasse il confine. La colon na, partita all e on: 9 del I:! dicembre, era al comando dello stesso generale Baraticri. In lesta marciavano il battaglione Tosell i e le bande dell'Acchele Guzai; seguivJno i battaglioni Gallia no cd Hidalgo e le bande <lei Seraé. Saputo dagli infor matori che Coa tit era sgombra, il maggiore T oselli , accelt:r.rndo la marcia, vi g iunse alle ore r5 e riferì che ras M angascià si trovava a circa 6 chil om etri di di stanza dall 'abitato. L 'avang uardia occupò la posizione di Coatit, sulle alture ad est ed a nord - est del villaggio; mentre le truppe del grosso raggiungevano Coatit. All 'alba del giorno 13 il battaglione Galliano si schierò a sin i" Honori t:l mcmoriac - Strcnuor um militum - Qui - In Ka ssalcnsiu m lìnibus - Europaci cultus atquc humanitatis - Anlesigna ni - Supcrioribus a1111is fo rtitcr cum Dcrviscis pugn:intcs - Mortem - O bierunt - lialia - -Non incuriusa suo rum - Non sig nis d ebitas virtu1i laudcs - Ubiquc terrarum t ribuerc - U m berto I Rcgc - F. Manini Erythreae Co loniae Praeft:cto Hoc monumc111um posuit - A. MDCCCC " · E sotto, scolpite nel granito: "In his rebus ges1is - XVI k:il. Jun . A. MDCCCXCIV et li[ Nov . Aprii. 1\ . ìvlDCCCXCV I - Pugnando prornbucrc - Franciscus Mala\'olti, magister C<]uitum - Jose~1h Stella - -- H um bertus Parini - A ug ustus Benetii - -- Cacta nus D i S:ih-io - Ccnturioncs ,,.


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\lra del Toselli ed il battaglione Hidalgo rimase in riserva. Alle ore 6 la batteria Ciccodicola iniziò il fuoco contro l'accampamento tigrino. Il nemico, benchè sorpreso, reagì immediatamente, impegnando frontalmente i nostri; mentre una colonna tentava di aggirare il nostro fianco sinistro. Il generale Baratieri ordinò allora di prolungare il nostro schieramento a sinistra, per sbarrare al nemico la , Lrada di Addi Aui ed, all'uopo, inviò a rinforzo delle bande le compagnie del battaglione Galliano non impegnate, facendo affluire sul fro nte di combattimento tre compagnie del battaglione Hidalgo. Subito dopo, poichè la pressione nemica alla nostra sinistra aumentava, fu necessario disimpegnare il battaglione Toselli e prolungare con esso la nostra sinistra. L' avanzata del nemico venne così arrestata; ma esso, pur avendo subìto gravi perdite, rimase miru ccioso sulle sue posizioni, preparando per il giorno dopo un nuovo attacco; mentre jJ generale Baratieri riusciva a frenare il generoso ~lancio delle nostre truppe, che avrebbero voluto procedere al con1r:'lttacco. Durante la notte , però, le orde di ras Mangasci?,, scoraggiate per k perdite subìte e per le privazioni sofferte, ripiegarono su Se11afè e le nostre truppe, inviati i muuéro~i feriti ad Adi Ug ri, m os~ero all'inseguimento. Accelerata la marcia, i nostri battaglioni raggiunsero i I nemico .1 Senafè, da dove, subì te nuoYe perdite, esso si ritirò in disordinata fuga, abbandon;rndo sul campo feriti , armi, munizioni e tende. Così, in tre soli giorni, le nostre truppe avevano battuto un csercito di forza tripla, salvando la nostra Colonia dal pericolo di un 'invasione. Ras Mangascià, a quanto fu possibile accertare, perdette 2 .000 uomini, fra i quali importanti Capi e sottocapi tigrini. Noi perdemmo 3 ufficiali, 2 uomini di truppa italiani e 90 indigeni caduti; 2 uf lìcial i e 227 indigeni feriti. Dopo la vittoria, il nostro Corpo di operazioni rito rnò all 'Asmara.

In seguito a nuove richieste del Baratieri, le nostre forze nella Colonia furono aumentate e finirono per comprendere: r battaglione cacciatori bianchi, 3 battaglioni bianchi di Fanteria d'Africa,


6 battaglioni indigeni, 2 batterie da montagna, 1 squadrone di Cavalleria, I compagnia di carabinieri, 1 compagnia di cannonieri, I compagma del Genio cd una del treno, 6 compagnie di milizia mobile, le bande (dd Barca, del Seraé , della Hamasen e ddl'Acchele Guzai). Compkssivamente le forze disponibili ammontavano così a 14.435 uom,111.


IV.

LA

CAMPAGNA DEL

1895

ED I PRECEDENTI DI ADUA Le pressioni del Governo ed il contegno di ras Mangascià indus-

•cro il generale Baraticri ad oltrepassare i confini della Colonia e ,Id invadere l'Agamè. Il 25 marzo 1895 le nostre truppe occuparono ,\digrat e si spinsero poi fino a Macallè. Costruito un forte ad Adigrat, il Baratieri si diresse verso Adua e verso Axum, la città ,:1nta, che raggiunse il 5 aprile, per riprendere il giorno 8 la via di Adi Ugri. · li 20 maggio il generale inviava al Ministro degli Esteri ed a 1.1uello della Guerra un lungo rapporto (r), nel c1uale era anzitutto ribadita la sua convinzione che l'occupazione di Adigrat e la marcia , 11 Adua avevano guadagnato alb Colonia una zona di terreno che era la più fertile di tutto l'altopiano e che la nostra situazione nd1' J\gamè diveniva ogni giorno migliore, particolarmente in seguito .1d un'azione energica, compiuta il 29 aprile da Agos Tafari contro il suo rivale Tesfai Antalo, al quale aveva tolto molti fucili , ricac. : iandolo oltre Macallè. « Dovunque soggiungeva la relazione - le nostre colonne mobili sono accolte festosamente e nel Tigrè il battaglione indigeni ha ormai esteso la sua influenza fino al Tacazzè n (2). In realtà tale situazione, per quanto buona, imponeva pur sempre molta oculatezza ed una grande prudenza; occorreva accaparr~1rsi il clero, non Jisgustarsi le papabzioni con imposte, e mantenere in efficienza le nostre forze per ogni evenienza, considerando d1e la superficie dell'Eritrea sottoposta all'immediato dominio italiano si era quasi raddoppiata, essendo passata da 86.ooo a 150.000 chilometri guae.Irati; che lunghe e difficili erano le comunicazioni, poche le riserve economiche, e scarse, infine, le truppe disponibili, (1) UFFICIO STORICO:

,,

Documenti Eritrea "·

(2) Così nei documenti <ldl'epoca ; sulle cane è Taccazè.

6.


66 giacchè queste si aggiravano intorno a 3.000 bianchi, 7.800 indigeni, 1.700 uomini delle bande cd una milizia mobile che poteva al massimo disporre di altri 1.500 fucili (1). Queste:: forze erano appena sufficienti per la difensiva; ma non sarebbero certo bastate, qualora fossi mo stati attaccati contemporan eamente dagli Abissini e dai Dervisci, su due fronti lontani ed egualmente pericolosi. Nè si poteva far molto assegnamento sulle handc, pcrchè spesso mancava no di consistenza cd erano soggette al capriccio Jci C api. Era poi prevedibile che, se la situazione fosse di venuta incerta , le bande si sarebbero sciolte o sarebbero passate al nelllJCO. Nei riguardi di Mcnclik, il generale Haratieri no tificava che egli aveva cominciato a raccogliere uomini e vettovaglie, preparandosi ad rnù guerra, col prohabile scopo di rimettere sul trono del Tigrè il suo maggiore feudatario Mangascià e forse anche con l'obbiettivo di marciare contro l'Eritrea . Questa ultima ipotesi pareva più :mendibile, poichè Mendik aveva affidato il comando di una avanguardia, che si concentrava nel Lasta, al nostro più accanito avversario, ras Alula. Fn:1mcr:itc infine k pron-idcnzc adottate, specialmente per procurarsi l'allean za cli tutti quei Capi che risultavano contrari a Menclik, lo stesso Baraticri faceva presente <li tenere un conto soltanto relativo delle loro assicurazioni. « In tali condi zioni di cose concludeva nel rapporto stesse - io non vedo altra uscita che essere pronti alla guerra nel prossimo ottobre. Dal momento che è scoppiata la rivolta di Mangascià ed è caduto l'edificio con tant:1 cura costruito delle amicizie e del protettorato oltre il Mareb, è chiaro che la Colonia deve imporsi n.>n la forza. E, naturalmente, essendo noi esposti a sempre nuovi attacchi. non possiamo nè ritardare a nostro arbitrio le ostilità, nè limitare il campo ... Rimanere a lungo sulla triste difensiva scema il pre,tigio e l'autorità della vittoria, paralizza le simpatie guadagnate, diminuisce il timort: dei nostri nem10 , r itarda l'assestamento intero della Colonia ... (r) Li forza precisa in Cnlonja, quale risulta <la una situazionc del 2J maggio 1895, era b seguente: I b;:maglionc cacciato ri , 3 b:1ttaglioni Fanteria d 'Afric 1, (ì hauaglio11 i indigeni, 2 b:mcri,:, 1 squa<lrnnc, 6 compag nie <li milizia mohilc, 4 handc. 1 compagnia carabinieri , r di cannonieri. I del Gen io cd i servizi ; in tu Ilo 2(xJ ufficiali, 2739 uomini di truppa bianchi, 7827 indigeni, 1650 uomini del le bande e 1500 uomini di milizi::i mobile. In totale: 13.~5 uomini.


(< Il nemico si rifà facilmente col tempo, con gli intrighi, col numero, con l'estensione del territorio ; noi non possiamo, con le nostre poche forze, stare sempre con l'arma al piede sulla lontana frontiera. <• Non è a dire come io brami la pace e c·ome l'avrei concl usa ~on Mangascià anc he all'indomani di Senafè, se avessi potuto ere-

Campagna del 1895. L.i zona delle operazioni.

dere che quel traditore l'avesse voluta o potuta mantenere davvero. Ora, come allora, mi pare la pace difficilissima... Dunque prepararsi alla guerra ... , ma per la guerra occorre qualche sacrificio maggiore: per esempio l'arruolamento dei mille indigeni onde più volte ho tenuto parola e la formazione di una colonna trasporti. 1• Mi pare necessario che il Governo del Re esamini a fondo la questione dell'Eritrea e decida sulla di lei sorte e perciò sul programma avvenire. O guerra di difesa che, per cento ragioni, ci spin-


68 ge all'oHesa e lluindi a com1uista territoriale, ad espansione, a soluz ione definitiva dd problema e ad indebolimento dei nostri nem1c1 del sud e, per contraccolpo, di quelli ddrovest; o pace con sacrificio notevole di territorio, lJUando la pace si possa concludere ed issa non po rti con sè medesima, per la baldanza abissina, il germe di nuove g uerre e di maggiori sacrifici ».

Non a\·endo ottenuto risposta, il Baratieri si r ecò a Ro ma, dove gi unse il 27 lug lio 1895, e ne ripartì clopo aver otten uto soltanto un ;1umento di 3 m ilioni di lire al magro bilancio della Colonia, per torna re .1 M.1s~au.1 il 1(, ~dtcrnlne. Durante il viagg io di ritorno egli aveva appreso che, data la situazio ne ai co nfini della Colonia, il generale Arimondi si trovava ad Adigrat; che ras Maconne n, governatore dcll'Harrar, aveva espulso gli Italiani colà residenti (1), compreso il nostro rapprcsen( 1) L1 not i'l.ÌJ (kll'rspul,ionc degli luli:111i dall'Harr:1r fu poi C(111 fer111a L1 ,hl dottor Crs'.lrc· N,·r:t'l'lin i ,·nn h <e·gm·!!t<: kH('r:1 in,·iJtJ tb Zeila, il 17 ol tobrc 18~>5, a l Mini st ro d cll:1 Curr ra : ., Tuili g li ltali:1ni residr mi n dl'H ;1 r rar ~ono s1:1;i espulsi per ord ine di \knclik . llas l\b conncn ha molto tcrgin·rsato ndl'cscguirc l'ordine. rr1a final m ente ha do,·uw ubhidirt', ui:icch2· 111) :i h,1 1111 animo forte da resistere . no n h:t il coraggio di far(' ;lltt> 'qual siJ si da rcn,ler si indipt:ndc nte e raggiungt'rc p iù :liti destini , com e forst" sogna nel segrt:to ddL111imo suo. In ì'vfa,on nen non ,t:dc, l'uomo su l tiu,dt.: , i ~'"ssa la rt.: ~.: rio a~scgn:mw11to; egli, per ora . si m:111 ticnc lig io cd osseq ui c111c al suo I mpc~:iiore. " Fortunat:11ncntc i nostri h:iliani snn u :irr.Ì\'ali bene alb cosra e ci,\ si dn c m o lto al (OIHcgno a mich evole che, tino a ll'ultimo momento, ha te nuto M:i· ,o nne n "erso d i loro, g ia cchè un 'espu lsio ne: in <.JUcsti paesi è sc mprt: !Jericolo sa. Per 15 g iorni ho sentito tutto il peso e !Lilla b responsab ilità di :l\ere qn csta gente in istrada; per buo na sorte le tribù che dove\'ano attran:rsarl' sono più pro( li,·i Yerso l':mtorit:Ì nostr:1 ch e Ycrso lt uc:lb e riopic;i cd :1m·l;1nn tune e sospirano il mome nto di un :1 11ostr:1 <Kc u pazionc dcll'Harrar , conY:ilid:ni in quest:1 spcra nz:1 d:db mia prcsrn z:1 in Zcib: altrimenti il p:1,s,1ggio dall 'H:1rrar alb (osta non potc\'a essere così facile. ,, Sembra L:hr i\lencljk sia de,isn alb g unr:i e questa deci sio ne sa rebbe confrnu:ua dal fatt o che. mentre :t\fa,:onncn era partito dall'Harrar per lo Scioa, onde persuader<: I'I mpc ratore a (hicdcrc la pace, e pe rciò era partito senza truppe, gi 1111sc in Harrar un ordine per i: quale b m:1ssinu parte d elle truppe dd ras son o p:1nite dall'Harrar il 3 o ttobre p er raggiungere Macon ncn nello Scioa. I soldati partiti s:i ra nno non più di 5 mib ; ma bene a r mati e bcn lllUIUZJOllati "·


I.in te Felter ( r ), e si era recato con numerose truppe al campo di

Uorra Ilù, nella L1t1ale località si stava radunando una parte ciel5.000 uomini, <'ra arrivato a Debra Ailà e vi si stava fortificando. Sbarcato a Massaua e dati gli ordini perchè fosse chiamata la milizia mobile e predisposto tutto quanto occorreva al c..1uartiere ~c nerale per trasferirsi ad Adigrat (2), il generale proseguì subito per Asmara ed, insieme al VI battaglione indigeni (maggiore Cos,u), continuò il suo viaggio il giorno 30 per Saganeiti e quindi per Adi Caiè, ove giunse il 2 ottobre; il 3 arrivò ad Adigrat, dopo ,aver · attraversato la gola di Guna Guna ed il nodo montano di Alequà. Alle precedenti not1z1e, che confermavano la presenza di ras M::mgascià a Debra Ailà, si aggiunsero altre informazioni da fonti diverse, segnalanti che altre truppe stavano avanzando ,·erso il lago AKianghi; che ras Maconnen era stato chiamato da Menelik per concretare con lui un'azione contro l'Eritrea: che una carovana di ìOO cammelli, carica di fucili, di munizioni d'Arti glieria e di altro materiale bellico, provveduto da un francese, certo Chefneux, commercian te di armi, cr:1 in \'iaggio cbll'Harrar (3).

i' scrcito dello Scioa; che ras Mangascià, con circa

(1) Il c;t1·. Pietro Fdter a\·e\'a sen·ito nell'esercito italiano, come sottotem:ntc ,li Commissariato, dal 1882 al 1885. Dimessosi rnlontariamentc dal servizio atti vo, era partito per il M:1r Rosso come ra ppresentante di ,·a rie Ca,e .:om111er,·iali, soggiornando ad Assab, a Pe,·im, ad Aden, a Ho<leida e nel 1890 si era ,1abilito ad Harrar. Incaricato nel 1891 dal conte Antonelli di esercitare le funzioni di residente politico presso ras M:iconnen, seppe disimpegnarle sem pre con abilità, prudenza e soprattutto con profonda conosn:nz.a delle persone e dell'ambiente abissino. Quando gli Italiani furono espulsi dall'Harrar, il Felter, sebhene pregato da Maconnen di restare, volle condil'idere la sorte dei suoi connazionali e giunse rnn essi a Zeila 1'8 ottobre 1895. Qui\'Ì rimase fino al 6 dicembre, aÌlorchì: fu chiamato dal generale B::iratieri a 11-fassa u:i . .in segu ito alla richiesta d,t p:irte di Maconncn di un co!loquio col Governatore. Tale colloquio non ebbe poi luogo cd il F elter si recò col Baratieri aà Adigrat, da dove , per le mw,·e insistenze di Maconncn , fu im·iato :il c,1mpo scioano il 4 gennaio 1896. (2) UFFICIO SroR1co: « Documenti Eritrea "· Diario del colonnello Piualuga. il quale rimase a fianco del generale Barati cri fino alla fine di ottobre. (3) La notizia era, almeno in parte, \·era. Fu, infatti, confermata da una successi\'a lettera del Neraz:t:ini (in dat:1 19 ottohrc e giunta a Roma il 5 no\:embrc), nella quale questi riferi\';1 al Ministro degli Esteri l'arriYo di un \'apore francese carico di fucili, chiusi in casse o ravvolti in balle di fieno. L'entità di essi non si conoscev:i, ma era incaricato del ritiro un Armeno, il qu:ilc


70 La situazione richiedeva di agire rapidamente per potersi imporre a Mangascià, prima che gli fossero giunti i rinforzi scioani. Era noto, infatti, che Mangascià era sostenuto da Mendik e da alcuni luogotenenti dell'fmperatore, le cui forze si trovavano nella regione a sud del lago Ascianghi e nel Lasta.

Le operazioni contro Mangascià. Una nostra a zione era resa n ecessaria anche per prevenire le defezioni e decidere in nostro favore le popolazioni incerte e tente nnanti, prima che venissero coronati dal successo i tentativi di Mangascià, il quale era g ià riuscito ad assicurarsi l'appoggio di ;11cuni Capi del Tigrè e d ell'Aga m è e ad ottenere, fra le altre, la defezione del degiac Abag uben, pretendente alla signorìa dcll ' Endcrtà. Mangascià, come si è detto, occupava la forte posizione di Dehra Ailà, a tre giornate da Adigrat, con circa 5.coo uomini. Le forze delle quali egli dispont:va erano costituite da alcune centinaia di armati, d ;1 circa r . 500 pro \'cnienti dallo Scio;i, da circa 3 .000 uomini raccolti ndla regio n e e da un certo numero. non rilevante, di profughi dell 'Acchch: C11zai . li ge ne rale Baratieri c he, come si disse, aveva saputo delrattcggiam ento min:iccimo di M:ingascià al suo arrivo in Colonia, aveva d isposto per un con centramento di forze nel triangolo Adigrat Hausièn - Mai Meghdtà, e precisamente: grosso delle forze (battag lio1~ e cacciatori .I. lii e IV battaglione indigeni , 2 batterie da mon1~1gna, reparti G enio) ad Acligrat ed i battaglioni indige ni IV (To~elli) e V \Ameglio) rispettivamente a Mai Meghdtà e ad Hausièn , m occupazione avanzata. Giunto ad Adigrat il 3 ottobre, il generale Baratieri predispose per l'avanzata, c h e ebbe ini zio il giorno 7. Le nostre truppe marciarono inizialmente su tre colonne: a destra il battaglione Amcglio co n una sezione da m ontagna e le bande del Seraè e del Tigrè ; al centro il gruppo di Adigrat; a sinistra il batt..iglione Tosc::lli con una sezione da montagna e le bande dell'Agamè. Da Agulà il ba ttaglione Ameglio doveva percorrere l'itiprcsc111:1,·a su lla banca di Aden , una 1.ratt,1 firmata da Man>nncn. per il "alorc di 20 mib talleri. P:trtc d i queste :mni. però. anzichè proseguire per l'Harrar rnn la carova na già pronta, continuò il viaggio per Io Jemcn .


t\trano della colonna centrale e cioè la strada Adigrat - Dongollo · il battarrlione Toselli doveva /\ •gulà e fJrocedere come avanouardia b ' b i."ontin uare lungo il proprio itinerario e mirare al tergo delle posiz ioni di Debra Ailà. La sera del giorno 8, secondo giorno di marcia, attraversata una n:g ione impervia e difficile, il grosso accampò a Dolò. Il maggiore Tosel li, che già il giorno innanzi aveva attaccato e messo in fuga una handa di circa 300 uomini nei pressi d; Azbi, raggiungeva Ansubò. Il giorno 9 il magg iore Toselli iniziò la marcia alle ore 2, diI cllo su Buia ; a giorno fatto si imbattè con un gruppo di uomini di ras Ma ngascià; li mise in fuga ed inseguendoli fu attratto su Antalò, ove giunse verso le 9, precedendo l'avanguardia della colonna principalt, la LJuale, partita alle ore 3 da Dolò, raggiunse Antalò tra le IO e le I r. Intuita la minaccia , Mangascià, nella notte stessa, si era ri tirato. la~ciando sulle posizioni di Debra Ailà una forte retroguardia. Questa venne attaccata da tre compagnie (2 del V battaglione t· 1 del VI) con l'appoggio della batteri:i Angherà e costretta alla ritirata dopo vivace combattimento. Quindi fu in seguita fino a che ,·i11\CÌ a sottrarsi al contatto. Nonostante questo nostro successo, Mangascià era riuscito an( ura una volta a- sottrarsi all'azione decisiva. Il generale Haratieri otten ne però la sottomissione di molti Capi e- di preti abis\ini e ri( cvette la richiesta di soccorsi da parte di ras Sehat, Capo ri spettato r potente ddl'Agamè, il tJuak trovavasi da due anni confinato d :1 Mangascià sul!' Amba Al agi. Per liberare ras Sebat, il Baratieri, all'alba del r 2 ouobre, i1n·iò una colonna , composta del I, del VI battaglione indigeni e di und batteria, agli ordini del generale Arimondi. All'azione av rebbe concorso anche il maggiore Toselli (IV battaglione indigeni e bande dell'Agamè), al quale fu af fidato il compito di battere Li regione per liberarla Jagii ultimi ribelli ed eventualmente per snidare le forze di Mangascià, che risultavano fuggite nell'Uogcrat, tagliando loro la ritirata. Il generale Arimondi condusse rapidamente l'operazione, liberò ras Sebat ed il giorno 15 fu di ritorno ad Antalò. Delle forze di ras Mangascià non si trovarono tracce. Nella stessa giornata del 15 il Corpo di spedizione fu sciolto; il generale Arimondi rimase ad Antalò coi battaglioni II e IV indigeni ed una batteria, per costruirvi un fortino, il cui presidio fu


poi affìdélto al battaglione Toselli, e quindi fece ritorno con le altre truppe ad Adigrat. Ai due Capi influenti e devoti, ras Sebat e degiac Alì, il generale B:1r:itieri aflìdè'i l'organizzazione del paese fino ad Amba Alagi e l'incarico d i so rvegliare le provenienze dal sud, disturbare gli Scioani che si stava no addensa ndo verso Ascianghi e tenc:re in pari tempo informato il Comando italiano.

Amba .-//agi.

Per il caso di attacco nemico in forze, il generale Baratieri confermò le istru zioni precedenti: perno dell:i ~ difesa della Colo nia, Adigr:it. In complesso, con le operazioni della prima ljUindicina di o ttolm:, si era otte nuto di allontanare Mangascià dai confini della Colon ia e di estendere la nostra zona di influenza.

La denunzia del trattato di Uccialli. Intanto Menelik , nel desiderio di aiutare lo spodestato Mangascià a ricon1.juistare il Tigrè, denunziava il trattato di Uccialli e portava rapidamente il suo esercito alla forza di circa 100.000 combattrnti . dei ljllali 80.000 armati di buoni fucili, IO.ooo cava lieri Galb , una cinquantina di cannoni di modello recrntc.


73 Informato di quanto sopra, il Baraticri radunò ad Adigrat tre li.111aglioni ed una batteria indigeni ed il battaglione cacciatori, co\l11ucndo un corpo d'osservazione, in attesa che si chiarisse la no, 1r.1 situazione rispetto ai Dervisci. Rassicurato sul loro contegno, 11111 le truppe di Adigrat mosse contro Mangascià, che battè a Debra 1\ il:1 il 9 ottobre 1895; poi, fermo restando nel concetto di conside1,1rc come perno della difesa della Colonia il forte di Adigrat, venne 11ella determinazione di fare occupare e di fortificare la posizione d1 Enda Jc sus presso Macallè e di estendere il raggio di osscrva11one fino ad Amba Alagi, 74 chilometri a sud di Macallè, distac' 11 11dovi un battaglione ed una batteria da montagna. Fu incaricato del comando di questo settore il generale Ari111ondi, ai cui ordini rimasero un battaglione metropolitano, tre l,.1ttaglioni indigeni ed una batteria. In totale egli dispose di 4.350 lucili e di 6 pezzi, oltre a 2.000 fucili delle bande. Ad Adigrat e su la collina di Enda Jesus, presso Macallè, si , n~rruirono alacremente le fortificazioni. L'esercito imperiale mosse alla metà di ottohre dallo Scioa verso ti Tigrè, preceduto da un 'avangua rdia di circ:i 30.000 uomi ni. al corn.m<lo di ras Maconncn. All'annuncio del suo approssimarsi , il generale Arimondi ordin ò il concentramento delle forze dipendenti a Macallè ; mentre il C 11vnnatore provvedeva alla mobilitazione delle truppe coloniali, a 1 in forzare i presi dì meridionali, a chiamare in servizio Li milizia mobile e le bande indigene ed a concentrare ad Adigrat le truppe di Cheren e di A smara (5 battaglio ni cd 1 batteria da m ontagna). Così, ai primi di dicembre, la situaz ione era la seguente: Abissini: una massa di 30.000 uomini (ras Maconnen) a nord del lago Ascianghi ; una massa di 70 - 80.000 uomini, al comando di Menelik, a sud del lago stesso; Italiani: - ad Amba Alagi (maggiore Toselli): IV battaglione indige ni, una compagnia del III battaglione, una centuria del VI, 2 ~czioni di Artiglieria da montagna e le bande indigene, con una forza complessiva di 2.300 fucili e di 4 cannoni; - :i Macallè (generale Ari mo ndi): 2 compagnie del III battaglione indigeni, 3 del V, 3 del VI , una sezione Artiglieria da montagna, una banda indigeni. In totale: 2.6oo fucili e 2 cannoni; - - ad Adigrat si stavano raccogliendo altri 5.000 uomini , i t1uali non Potevano considerarsi di pronto impiego.


74

Il combattimento di Amba Alagi. Il 5 dicembre l'avanguardia abissina scambiava le prime fucilate con le nostre truppe di Amba Alagi. Const:1t:ito il soverchiante numero dei nemici, il Tosdli chiese rinforzi al generale Arimondi, che promise di muovere il mattino seg uente al suo soccorso; ma il Baratieri, inform:110 di <.JUCsto disegno, no n l'approvò e, foso nell'idea di concentrare tutte le truppe ad Adig-rat per affrontare meglio la situazione, telegrafò che la marcia dell'Arimondi venisse sospesa. Il T osclli non porè però ricevere Lluest:i comunicazione e rimase nella convi nz ione che i rinforz i promessi dall ' Arimondi gli sarebbero pervenuti al pi ù presto. Giunte da J\mh;1 J\bgi notizie.: sempre più allarnunti, l'Arimondi decise di ;.11.:cum:rc in soccorso del Tosclli, molto più che a LjUCsti sarebbe ven uta a mancare la possibilità di scegliere il momento opportuno per ripiegare. Il Governatore, <.Juesta volta, :-ipprovò la decisione dell 'Arimundi, che: avrebbe potuto così sostenere .il ripiegamento del Toselii . L' Ari mondi si pose in marcia il 6 dicembre mattina , con 6 com pagnie di ascari, la sezione d'Artiglieria e la _banda !ndigcna, 111;1 ndando duplice avviso :ti Toselli del suo prossimo arnvo. Ed ecco come FrancesL"o Lemmi descrive il combattimento di Amli:i Al:tgi (1). " Tre strade d:-i l passo di Bocot;i, occupato dal nemi co, si inerpicano, sotto il do minio dcil'Amb:1 Alagi, ergentesi a più di 3.000 metri, e si dirigono verso 11ord. Quella orientale::, quasi sentiero difficile, supna il passo di Falagà sul ciglio del grande altopiano. Quella centrale, la princip::ik, passa al colle di Alagi, sotto l'amba; mentre quella occidentale gira più al largo, pcl passo dì Togorà. " A difesa della prima strada erano le bande di ras Sebat e di degiac Alì (in complesso 3 00 fucili), sostenute verso l'amba dalla cnmpagnia Issei. Al ccntro, in corrispondenza del passo di Alagi, la compagnia Ca novetti co n una ce nturi a avanzata sul torrente che scorreva più ba~so. Sul pianoro immediatamente sottostant e all'amba la battc:ria Angherà scortata dalla compag nia Persico. A difesa della strada di destra Scck T aaE1 con le bande delrOculè Cusai del te( t) FKANCF.sco Ln1M1: ,, L ettere t· di:iri d 'Afri,a 1895 - ,)6 "· Cfr. anche: Generale F RANCEsco (;R,1z 10L1 : " L 'eroe d i Ainb~, Alag i l!; A. VALORI: « li kone del hat1:1~lio11e nero ».


75 lll'lllc

Volpicelli (650 fucili). Dietro l'amba, in riserva , presso la

l11t:sa, le compagnie Ricci, Bruzzi e la centuria Pagella, pronte ad 1111 ervcnirc nel combattimento.

1

" La fronte era assai ::impia e larghi erano gli intervalli fra 1 nostri reparti, ma Toselli contava sul prossimo arrivo dei rin-

lo rz i e non pateva, d 'altra parte, contro .il prevalente nemico, lale strade laterali. Egli pose il suo Comando al cent ro, presso la batteria. « Il fuoco s'inizia ,1gli avamposti del cen110. La centuria avan1.ua del Canovetti re~pinge il nemico. Ma tosto una densa colon11.,, quella di ras Oliè, ,,pparc all'orizzonte e , 1 dirige sulla sinistra, ve rso il passo di Fala14~1. ma girando tanto al l.1n10 da resta r fuori del tir; efficace della battei 1a . Il nemico, guesta \'Olta, contro un Capo , ome Toselli, manovra um insolita prudenza. E' il più grande onore d1e .;i possa fare all'av\'C rsario. Ras Oliè impegna i difensori di F:1lagà con attacco fronIl nwgg,ore T osclli. tale ed avvolgente. Ras Scbat resiste col suo sostegno, la compagni:i Issei. C an ovetti ;il centro avanza arditamente manovrando, sostenuto potentemente dal fuoco preciso della batteria ed obbliga gli Scioani della colonna centrale ad arrestarsi e a nascondersi. Ma tosto una più grossa massa, co ndotta da ras Maconnen in persona, accorre a rinforzo di Lluesto ~ettore ed incalza con violenza. Canovetti resiste bravamente per oltre un 'ora, senza perdere un palmo di terreno, ed avrebbe tenuto ancora, se un nembo di ro.ooo Galla, condotti da ras Micael, non fosse venuto ad aggnmgern al già troppo prevalente nemico. N ulla

,11:ir sguernite


riesce a fermare LJUesta orda: essi avanzano, punt,mdo direttamente sulla batteria. "A sinistra intanto già erano caduti molti ufficiali e, sotto la pressione di ras Oliè, quell'ala vacilla. Toselli, rni molto importa tenere l}llelle posizioni, perchè proteggono la strada per la yuale tuttora ;1ttende l'arrivo dei rinforzi, lancia a sostegno di LJUella parte la prima compagnia della sua risena, comandata dal Ricci. " Alle on: 9 Ricci, impetuoso e valente come sempre, irrompe magnifico. Dal pianoro dell 'amba, da dove si dominava l'attacco, g li ascari di Persico applaudono ed incoraggiano. Toselli, sereno e tranquillo, si sente ancora padrone della situazione. Sola preoccupazione il ritardo inconcepibile nell'arrivo degli attesi rinforzi, inva no ricercati dai messi all'uopo spediti. ,, Nonostante i terribili effetti del fuoco della batteria, l'enorme massa centrale incalza sempre più. · I nostri cominciano a sentirsi stremati di forze Sono le 9,45. ,, A l)Uesto punto Volpicelli, dalrestrcma destra, m:1nda avviso che il nemico avanza in (orze anc he da qudla p~1rte. F,' il temuto ras Alula, che con una grossa colonna tenta aggi rare anche d:.i ovest la posizione di Amh:1 :\l:tgi. Un:1 fitta fucibta dimostra ch e an.:he di là il nemico stringe. « Toselli, sempre presente a se stesso e lucido giudice della situazione, decide di resrringere la difesa, addmsa11dola di piLt all'amba. E' il cing hiale che non n1ol cedere alla muta che lo circonda e si addossa all'ostacolo per combattere più sirnro. ,, Ordina a Ricci, Issei, Cano\'etti di fare un ultimo contrattacco e di ripiegare poi sotto l'amb,1. Di~tacca la sezion e di Artiglieria Manfredini a sinistra, p(:r appoggiare il movimento. Ricci , Issel, C:movctti attaccano; ma Ricci e tutti i suoi ufficiali cadono; un j usbasci prende il comando della compagnia. Frattanto la colonna principal e ncmica ,1vanza ancora sulla batteria , che comincia ad essere: ;1 corto di munizioni. La compagnia Persico, che la difende, si impegna ad oltranza. " T oselli ordina alle salmerie, già ingombre di feriti, di incolonnarsi sulla strada di Togorà per non intralciare l'ancor sperato afrivo di soccorsi per la via principale. Pagelb, con la centuria, proteggerà il movimento e sosterrà, verso destra, le bande dell'Oculè Cusai , che si vedono ripiegare, segno certo che anche Alula ha aggi rato. Ma ancora, per virtù del Capo, l'ordine regna sovrano nel nostro campo. La sinistra, falciata da perdite terribili, ripiega tutta-


Amba Alagi.



ì9 via in buon ordine. Il difficilissimo incolonnamento <ldle salmerie è iniziato. In quella disperata contingenza l'eroico distaccamento 11aliano dà un così superbo spettacolo di valore e disciplina, che ~• 1mpane perfino al nemico. Indubbiamente c'è un uomo che 1omanda. « Alle 12,40 ogni speranza <li soccorso è perduta. Toselli pensa hc qualche orda scioana, girata più a largo, abbia arrestato i rinforzi. Ed allora, imperturbabilmente sereno, ordina la ritirata a sca~lioni, sotto la protezione dell'ultima riserva, non ancora impegnata, la compagnia Bruzzi. La batteria someggia i pezzi per ripiegare; ma tosto la densa colonna centrale nemica irrompe sul pianoro. Bruzzi e Mulazzani cadono alla testa delle loro truppe; An1: hcrà è ferito; Scala è fatto prigioniero fra i pezzi: i nostri arti.1.tlieri sudanesi, piuttosto che cedere i cannoni, li precipitano coi 1nuli giù dal precipizio, che si sprofonda per 400 metri. Manfredini tira ancora a mitraglia con la sua sezione, ma per poco, chè è anche I 11i sopraffatto. « Il momento è di una tragicità spaventosa. L'altura sovra, 1ante la strada comincia a essere invasa dalle genti di Alula che 1ir:1no a 50 passi , infliggendo perdite enormi . Inva no gli ascari di Bruzzi e di Pagella tentano arginare l'orda e proteggere almeno le , almerie coi feriti. Ogni ulteriore difesa pare vana. La ritirata dei l:tceri resti verso la strada di Togorà diYenta disordinata. (< Ultimo a scendere lentamente dal pianoro fatale è il maggiore Toselli, tuttora miracolosamente illeso. Egli è triste , ma calmo e pare domini ancora la situazione. Egli ha fatto l'impossibile: lo sa e ne è fiero per la Patria ; ora attende sereno il destino e si prepara al gran passo degno di Lei. Egli , ed il piccolo gruppo di eroi che lo circonda, sono incalzati da presso e bersagliati da ogni parte. La terribile tensione nervosa di tante ore di comando ha solo fisicamente affranto l'Eroe. Giunto al passo, si siede su una roccia e ~uarda intorno il campo di morte e di gloria, sul quale sono caduti più di mille dei suoi. " Ed ;i.llora ha il gesto sublime. E ' questa l'impronta divina del genio Italico: guclla del gesto supremo, che suggella una grande oper;i. di energia e di bellezza, come il morente romano che cercava nell'eleganza delle pieghe l'ultima compostezza della toga. Così è De Cristoforis che, a Dog:ili, fa ai morituri presentare le armi ai compagni caduti; così sarà Enrico T oti che, nell'istante fatale, lancerà contro il nemico la stampella gloriosa!


80 " Tosdli trova ancora la forza d'animo ed il pensiero di ingiungere al suo ai utante di accorrere verso Arimondi e di prevenirlo della rotta, perchè si disponga in difesa acconcia più indietro, per non subire la stessa sorte, sotto l'onda del nemico incalzante. Più bello ancora di Paolo Emilio dopo Canne, Tosclli ha voluto essere illuminato e forte capitano fino all'estremo; semplicemente perchè tale era il suo sublime dovere. .. Poi, rifiutando sdegn:lsamente ogni offerta di salvezza, esclama nel c;-.ro idiom a delle sue lontane montag ne: " Non ne posso più, ora mi \'Olio e lascio che facciano''. Voltò il petto al nemico, il cuore :illa Patria e cadde da Eroe "· La sua salma fu rispettata ed il ritorno di essa in Patria, dopo Adu.1, a ltLHcbu 1..1uc llc reg ioni ancora nemiche, fu un trionfo. Coloro stessi che si erano trovati a lui di fronte, ad Amba Alagi, accorrevano da ogni pane ;1 baciare con riverenza la nera coltre che rnpri\'a la Sua salma gloriosa. Il ricordo dell'Froe, come quello del glorioso IV battaglione indigeni resiste e resisterà ancora ~~I tempo, tramandato dai canti popolari, che definisco no il T oselli " bello come S. Giorgio " e lo esaltano « Signore della guerra "· Snl o mpn di Atnlia Alagi rimasero uccisi, oltre il ma,;giorc Tmclli e tutti gli uflici:ili ( 18), 20 soldati e graduati bianchi e ben r -500 indigeni ( 1). li nemico perdette circa 3.000 uomini. Il generale Arirnondi potè raccogliere i dispersi ad J\ckrà, :id una ventina di chilometri a nord di Amba Alagi e, respinti gli Abissini inseguenti , ripi c.:!sÒ su Macallè. Il giorno 8, lasciato nel forte di E1Hh k sus il maggiore Galliann con circa r .200 uomini, si recò ad Adigrat. Il comh:ittimento di Amba Abgi, col consapevole sacrilìz io delle truppe del maggiore Tosd li (l'enorme disparità delle forze determinava già la sorte del nostro distaccamento), costituì un 'elot}uente prova della nostra tenacia e servì ad infliggere al nemico una dura lezione. L':1mmir:izione susc itata dall 'eroismo del battaglione Toselli influì efficacemente ad indurre, un mese e mezzo dopo, Menclik a lasciare libero, con l'onore delle armi, il presidio del forte di Macallè. ( t) Gli ufficiali cad uti ad Amba Alagi furono i seguenti : maggiore Tosclli; , apit :1ni Ca novetti, P ersico. Ricci, Issei, Anghcrà; lenent i Mazzci, Barale, Brun i , Lihera. Tirella, Caric!lo, ~folazzan i. Sansoni, MassinJ, Volpicelli, Ma11frcd ini, lacobetti e Molina ri.


Leggenda

N.

1 R11s. Sebat e Oegiac Ali 2 Comp. ls5el 3

Canovelti

4

Persico

5

Ricci

N. 6 7 e .. 9 10

Como. Bruzzl (:e;ntur ia P agella Batteria Anghar.i Sceiit Th• la Bande Volpicelll

li combattimento di Amba Alagi. 1·


L'assedio del forte di Macallè. Gli effetti della sconfitta <li Amba Alagi si fecero subito sentire;

il nostro prestigio sulle popolazioni ne fu scosso ed il forte di Macallè vrnnc, dal 9 dicembre, isolato per opera dei ribelli; mentre, al campo scioano, i ras che volevano la guerra avevano il sopravvento. Così, mentre si attendevano i rinforzi che doveva no giungere dall'Italia , si provvide a difendere dall'immediata invasione la Colo nia, ritirando i prcsidì avanzati e concentrando ad Adigrat tutte le forze disponibili: circa 10.000 uomini. A far guadagnare tempo, contribuì la valorosa resistenza opposta dal presidio del forte di Macallè alle orde abissine. Questu forte, (ù 11~istenrc in un muro di cinta ed in un riJottu centrale per poter sviluppare una doppia linea di fuoco, non era ancora ultim;1to ; mancavano parte della cinta e della banchina, i traversoni di de filamento e le difese accessorie. Aveva viveri per tre m esi per g li uomini e per un mese per i quadrupedi; ma non vi erano: nè pozzi, nè· cisterne, e l'acqua si doveva attingere a due ~orgenti esterne al forte, situate in profondi burroni, facilmente accessibili :il nemico cd in ;1ngoln morto rispetto ai tiri del forte. 11 1·· gennaio il forte \"Cnnc investito da ogni parte cd i combattimenti diventarono tluotidi:mi. Nella notte sul 9 il nemico occu pò :lllcl1(.' i hurroni, dove si trovava no le sorgenti dell 'ac(1ua e rese ancora più di f(ìc ile b \ ita del presidio. Tu ttavia g li assalti accanitamente effettuati dagli Abissini il 9, rn e 11 ge1111:1io furono respinti dalla difesa , con perdite rilevantissime per g li assalitori; così che gli Abissini, impressionati della ferm ezza del presidio e convinti di poterlo ridurre alla resa per sete, si limitarono :1 tenere bloccato il forte. Il maggiore Galliano, in una sua lettera al maggiore Rainieri, così descriveva la si tuazione del forte in data del 9 gennaio: << Visibilmrntc il nemico impiega co ntro il mio po\-cro forte 12 pezzi cli Artiglieria, cli cui 1. sono nostri , da montagna, presi ad Amba Alagi (erano 4, ma :2 sono inservibili) e pei quali non possono avere che pochi colpi; ro sono Oxis a tiro rapido, costruzione francese e molto ben ser viti; impossibile che non vi sicno degli europei. Fanno forcella molto bene e quasi tutti i colpi cadono sul terrapieno ; molti mi hanno danneggiato i muri della polveriera per cui ho dovuto sgombrarla. Da ieri sono proprio chiuso ; i miei avamposti, la notte scorsa, si sono cambiati in guardia appena fuori dalla cinta, all'in-


1crno delle difese accessorie: mi è tolt~1 anche l'acqua, per cui, se il Corpo di operazioni tarda a muoversi, io sono suonato. Da jeri mattina alle 7 si può dire che il combattimento non fu interrotto, poic hè la Fanteria nemica che, lungo il giorno, si tenne a distanza, ve rso sera si avvicinò cd alle 19 tcntè> una prima sorpresa; ripetuto l'attacco alle 20 e ricacci ato, si continuò a schioppettarc fino a tardi: poi , verso l'una di starnane, nell'osc urità e col massimo silenzio, due rnlo n ne a due lati , est ed ovest, '.tr due burro ni , in rni :l\ern ,1cyua, arn varono, appena av,utit i, fino alle difese accesso, i1.:; immagina tu che schioppct1.ilc d 'inferno: una fogata bril1., ra :1 tempo fece un dfettonc n l, aiutar:1 da una can nonata 11r1.:parata nella sera, mi li berò pt:r la notte dalla m olestia vici1 .1: molto probabilmente si ri1,l"lcr~i la farsa stasera ,1 • Frano , difen,ori ridotti .,g li estremi ed il comandante ,1vcva gi;1 d eciso di fa r saltare il !orte, lJu:rndo, per trattatiYe cor,c f ra il N eg us cd il Govcrna1orc, il giorno 22 fu tolto l'asst dio al forte ed il battaglione ( ;a[liano potè abbandonarlo, con .1rmi e bagagli, e con g li onori militari , per iniziare la marcia ver so Adigrat, scortato dalle // tenente colonnello Gallù1110. truppe di Maconnen. Sono oscure le ragion i c he indussèro Mènclik a la~ciar libero il presidio di Macallè. Forse egli spe rava di poter ottenere la pace senza altri nschi e di annullare il trattato di Uccialli, dopo aver affermato il suo potere su tutta l'Etiopia in virtù dei successi conseguiti. Le trattative per la pace furono, infatti, riprese. Menelik domandò che g li fosse in viato un plenipotcnzi;irio e, dopo gualche g iorno, la stessa regina Taitù chiese un convegno a Baratieri. Il 7 fc::bbraio t} ucsti i nviò ag li avamposti di ras Maconncn il maggiore Salsa, al qual e ufficialmente venne offerta la pace alla condizione

l


c he le nostre truppe rientrassero nei confini già stabiliti dal trattato di Uccialli e che venisse modificato nel senso voluto dal Negus il trattato stesso e precisamente il contestato articolo 1 7. 11 maggiore Salsa ebbe l'impressione che gli Abissini desiderassero sinceramente la pace; ma alle loro proposte il Governo della Colonia rispose, proponendo a sua volta che venisse rinnovato il trattato di Uccialli e fosse ceduto all'ltalia tutto il territorio sul '--luale era stata gi:\ portata la Bandiera italiana. Il Negus non :JCcettò e le trattative ebbero termine. Dall 'Italia si provvedeva, intanto, ad inviare rinforzi e, fin dal dicembre 1895, erano partiti per la Colonia: - il giorno 18 : 2 battaglioni di Fanteria cd I batteria da montagna; -- il giorno 20 : r battaglione di Alpini; il giorno 21 : 2 battaglioni di Fanteria : il ~:?orno 23: 1 battaglione di Fanteria; il giorno 25: I battaglione di Fanteria. Ogni battaglione portava 40 muli da salma. Il P,1rlamento votò un credito di 20 milioni per le spese di ~uerra cd il Gove rno deliberò d'inviare ancora: ' -·-- il giorno 12 gennaio: 3 battaglioni di Fanteria; - il giorno 13 gennaio: 2 battaglioni di F:1ntcria; 1 batteria da montagna e 12 cannoni a tiro rapido. Ogni battaglione portava 80 muli da salma. li 25 gennaio partirono altri _:; battaglioni di Fanteria ed altra Artiglieria, col generale Elkna, destinato a comandare la riserva sul campo di battaglia di Adua. Rotte le trattative di pace, il Governo, preoccupato delle proporzioni che gli avvenimenti anda va no prendendo, fece chiedere dal generale Mocenni, allora Ministro del la Guerra, al Baratieri se riteneva opportuno l'invio di altri 8.000 uomini di Fanteria, con un'alic1uota di Artiglieria e con le salmerie, per costituire una grossa riserva nella zona di Asmara ed, il Baratieri avendo annuito, il Crispi , Presidente del Consiglio dei Ministri, così gli telegrafò in data 8 febbraio: " Ottenni dai miei colleghi che ti si spediscano altre due brigate e tutto ciò che avevi domandato. Ricordati che Amba Alagi e Macallè sono due insuccessi militari, quantunque gloriosi, e che sono nelle tue mani l'onore d'Italia e c1uello della Monarchia "· Nella Colonia, intanto, la situazione precipitava.


Nella notte del 13 febbraio abbandonavano le nostre truppe , con le loro bande, forti di circa 6oo fucili, il ras Sebat cd il degiac Agos Tafari e la loro defezione fu considerata assai grave per il danno che avrebbe potuto derivarci, non solo dall'esempio così dato agli altri indigeni, ma anche perchè i due Capi, essendo stati con-

Il furie tli .\lc1cu!lè.

siderati pt:r lungo tem1x> a noi fedeli, conoscevano bene le nostre risorse ed i nostri diseg ni. Essi si dettero a suscitare la ribellione nella Colonia e riuscirono a rendere incerte cd irregolari le comunicazioni con la base ed i rifornimenti, così che il Comando fu obbligato a distaccare tre battaglioni ad Adì Caiè per sorvegliare le retrovie. Ma, sui colli di Sceta e di Alequà, i ribelli riuscirono a sorprendere i nostri posti e due


86 ufficiali italiani furono ucc1s1. Un distaccamento, inviato in loro soccorso ad Alequà, venne sopraffatto. Intanto il grosso dell'esercito abissino, evitando di attaccare frontalmente la nostra posizione di E<laga - Amus, aveva deciso di aggirarla, trasferendosi nella conca di Adua, venendo così a minacciare l'invasione della noqra Colonia per le vie di Godofclassi e di Bcksa. Il Baraticri o rdinò allora un cambiamento di fronte da sud ad ovest e, considerando come punto d'appoggio e di manovra Adigrat, spostò il Corpo d'opcrazioni, già rinforzato dalle nuove truppe giunte dall'Italia, nella regione di Entisciò, ricca d'acqua. li Negus, a corto di vettovaglie e temendo di non poter più a lungo tenere il suo esercito nella sfruttata conca di Adua, tentò allora di riprendere le trattative di pace; ma, siccome il nostro Governo insisteva nel chiedere la rinnovaz ione del trattato di Uccialli e la cessione di tutto il territorio già conquistato, non fu passibile venire ad un accordo. L"arrivo dei rinforzi dall'Italia, mentre accresceva il numero dei nostri reparti, rendc.:va però sempre più difficile il regolare funzionamento dei servizi logistici ; così che alb fìrn: di febbraio si imponeva al Baraticri: od il ritorno all'Asmara, oppure il tentativo di aprirsi, con una avanzata su Adua, la più breve e comoda via di rifornimento ~ui m :1gazzini di Adi Ugri e di Asmara. A tiueste necessità logistiche si aggiungevano le pressioni del n ostro Governo centrale ( 1) per ottenere presto un successo, che calmasse l'impaziente.: opinione pubblica ed attenuasse i pericoli hnposti da un'avanzata dei Dervisci verso Cassala, dove il nostro presidio veniva obbligato a trincerarsi nel forte. Questa complessa situazione politica e militare indusse il Baratieri :id un 'azione offensiva, secondo il parere espresso da tutti gli altri generali. Il 29 febbraio la nostra situazione in Eritrea era la seguente : a) sulle posizioni Zalà -Adì Dichi - Saurià dai 19 ai :20.000 uomini (servizi compresi), con 56 pezzi, ripartiti in 4 brigate: Arimondi , Dabormida, Ellena e Albertone; b) nelle retrovie: 4.200 uomini circa . a Mai Maret; (1) « (',0testa è una tisi mil itare, non una guerr:1: piccole sciramucce nelle quali l·i troviamo sempre jnferiori di numero al nemico; scempio <li eroismi senza suacssi "· Telegramma Jd Presidente del Consiglio :d Baraticri.


_e) nei diversi presidì e nelle varie località della Colonia: 9.200 uomm1. Alla stessa data il Corpo d'armata di soccorso, su due Divisioni, agli ordini del ten. generale Baldissera ( 16.oco uomini), nominato, all'insaputa del Baratieri, nuovo comandante in capo di tutte le nostre forze della Colonia, era parte ancora a Napoli, parte in viaggio e parte già arrivato a Massaua. Il 29 febhraio alcuni informatori comunicarono al nostro Comando che i colli di Rebbi Arienni e Ghidane Meret erano sgombri dalle orde nemiche. L'ipotesi che Menelik facesse ritirare il suo esercito, sotto la protezione di una retroguardia, comandata da ras Maconnen, sembrava molto verosimile, poichè erano note le gravi difficoltà nelle quali il numeroso esercito scioano si trovava nella conca di Adua, i cui abitanti, ormai privi di risorse, manifestavano il loro malcontento per le. razzìe che dovevano subire. Si approssimava, inoltre, il periodo delle grandi piogge, che minacciavano <li bloccare le truppe del Negus con le piene dei fiumi. Tutte queste considerazioni, e quelle già accennate precedentemente, indussero il generale Baratieri alla dimostrazione offensiva \·erso Adua.


V.

LA BATTAGLIA DI ADUA

L'ordine di operazione del generale Baratic::ri in data 29 febbraio 1&)6 diceva testualmente : ,, Stasera il Corpo d'operazione muove dalla pos1z1onc di Sauriit in direzione di Adua, for1n:ito dalle colonne sottoindicatc: .. Colo1111a di destra (generale Dabormida): 2'' brigata Fanteria ; battaglione milizia mobile (De Vito) ; Chitet di A smara (Scrmasi); Comando 2· brigata batterie (Zola), con le batterie 5·, 6", 7'. " Colonna del antro (generale Ari mondi): 1' brigata Fanteria ; 1" compagnia del V battaglione: indigeni (Pavesi); batterie 8" c «.j" (Loifredo - rran zini). " Colonna di .iù1istrc1 (generale Albc::rtone): quattro battaglioni indigeni (Turitto, Valli, Cossu, Gamerra); Comando 1" brigata batterie (Dc Rosa) con le batterie 1', 2", f, 4"; banda dell'Acchele Guzai (Sapd li). "Nùerva (generale E llena): J' brigata Fanteria; III battaglione indigeni (Galliano); 1" e 2" batteria a tiro rapido; mezza compagnia Genio. « Le colonne Dabormida, Arimondi, Albcrtonc alle ore .2 1 muoveranno dai rispc::ttivi accampamenti. « La riserva muoverà un 'ora dopo la coda della colonna centrale. " La colonna di destra segue la strada cli Zal:ì - colle Guldam colle Rebbi Aricnni. 1 La colonna centrale e la riserva la strada di Adi Dichi - Gundapta - colle Rebbi Arienni. (• La colonna di sinistra la strada di Saurià - Adi Gheiras - colle Ghidanc Merel. (( Il Quartier Generale marcerà in testa alla riserva. <1 Primo obbiettivo: La posizione formata dai colli Ghida ne Mcrct - Rebbi Arienni, tra monte Semaiata e monte Esciasciò, la cui 1

1


occupazione verrà fatta dalla colonna Albertonc a sinistra, dalla colonna Arimondi al centro, dalla colonna Dabormida a destra. La colonna Arimondi però, ove stano sufficienti le colonne Albertone e Dabormida, prenderà posiz ione d'aspetto di et ro le due brigate predette. « Avvertenze: Ogni militare di truppa italiana porterà seco la propria dotazione individuale di cartucce ( 112), due giornate di viveri di ri se rva e la mantellina con borraccia e tascapane. Per ogni battaglione di truppe italiane marceranno al seguito, riuniti in coda alle singole colonne, due <.Juadrupedi da soma con materiale samtario ( 1) e otto con le muni zioni di riserva. " Tutti i rimanenti quadrupedi da sal meria, con un ufficiale subalterno per ogni rcggimentù e un capitano per tutte le salmerie, si raccoglieranno ad Entisciò con le razioni viveri prelevate oggi per domani, le trenta cartu cce prelevate oggi dal parco, le tende, le coperte e gli altri materiali non trasportati dai Corpi. Resteranno ad Entisciò, pronti a muovere <-]Uando ne riceveranno l'ordine da t]Uesto Comando, sotto la protezione di un presidio del 7" reggimento (Di Boccard), che giungerà staser a da Mai Gahetà. « Le hriga te di Artiglieria e i battagl ioni indi geni si regoleranno in modo analogo. « Nessuno oltrepassi le punte cd i fiancheggiatori delle colonne. Tutte le persone fernute dai d rappelli di sirn rezza siano inviate al Comando. << Il Direttore dei servizi del Genio provvederà per lo stendimento della linea telegrafica al segu ito del Quartiere Generale e perchè, appena possibile, sia messo in comunicazione co11 le colonne laterali o antistanti mediante la telegrafica ottica (1). (( I Comandanti delle varie colonne mandino frequenti avvisi al Quartiere Generale ed alle colonne vicine ». Si assegnavano a ciascun Comando di colonna sei indigeni scelti, da servire come g uida. Con l'ordine di operazione veni,a distribuito uno schi zzo improvvi sato e con molti errori, tanto che il generale Albertone se ne lagnò subito col colonnello Valenzano, il quale si scusò, asserendo (1) Purtroppo i cofan i Ji sanità manc;l\"ano orma.i di ogni provvista; sicchè, durante il combattimento, i medici non a,·e,·ano mezzi per curare i feriti. (2) E' anche qui a deplorarsi che le brigate non abbiano provved uto a portare l'apposito materiale, cosicchè nessuna comunicazione ottica fu pos~ibi!e: nè fra le colonne in marcia. nè fra queste ed il Quartier Generale.


Cl, 01di11 1 per Ia marcia . v,-r; ·o ,'1i ., I 1/(/


91 che, in compenso, erano state assegnate alle brigate apposite guide, sulle quali si poteva fare completo assegnamento (1). Le disposizioni contenute in questo ordine di operazione erano già state completate da istruzioni verbali, date personalmente ai quattro brigadieri, in due riunioni precedenti.

Le forze contrapposte. Circa le forze, che presero effettivamente parte alla battaglia di Adua, è bene riportare le notizie contenute nella relazione Lamberti, custodita nell'Archivio dell'Ufficio Storico. Comando del Corpo d'operazioni nei pressi di Adi Diclzi. Parco d'Artiglieria Jj riserua e servizi d'Intendenza : E11tisciò. Brigata indigeni (geo. Albertone): alture di Saurià: Fucili

I battaglione indigeni (magg. Turino) IV battaglione indigeni (magg. Cossu) VII battaglione indigeni (magg. Valli) Vili battaglione indigeni (magg. Gamerra) Bande dell'Acchek Guzai (trn. Sapelli) . I'' brigata ( , 1" btr. (capit. Hcnry) . Artiglieria . 2·· scz. della 2'' btr. (ten. Vibi) Maggiore indigena . De Rosa

I <. I

'}50

950 376 4

I

:2

Batteric ( bianche da () 3' btr. (capir. Bianchini) f btr. (capit. Masotto) montagna

4 4

brigata Fanteria (gen. Ari mondi): alture di Adi Dichi: F1i cili

1"

Caftnoui

950 850

reggimento \ I btg. bers. (magg. De Stefano) . (col. Stevani) ~ II btg. ben. (ten. col. Compiano) .

Cannoni

423 350

( 1) Ecco perch~ tanlO il generale Albertonc qu:into il DabormiJa affidarono la Jirezione Jella marcia a tali guide, k quali, trascinandoli veramente nelle località fissate dal Comando - in causa ddl'.i gnoranza di questo sulla vera posizione dove queste località si tro,·ava no - finirono per allontanarli dalle brigate.: centrali al <li lii d'ogni pre\' isione.


t·uciJi

. ( I I btg. Fant. (magg. Viancini). .. 2·· reu-u1mento , bbB .) ( IV btb"· Fant. (magba. De Amtc1s) ( co. J rusat1 . JX btg. Fant. (magg. Baudom) 1" compagnia (capit. Pavesi) del V btg. indigeni 8·' batteria da montagna (capit. Loffredo) J 1" batteria da montagna (capit. Franz ini)

Totali 2"

45o 500

55° 220

6 6 2-493

J2

brigata Fanteria (g<:n. Dabormida): a cavaliere del Colle Zalà: r,uili

f

CnfJ.lw1ti

reggimento (col. Ragni)

l V bt;.;. Fant. (magg. G iordano) .

) VI btg. Fant. (magg. Prato . 1 X btg. Fant. (magg . De Fonseca) III btg. Fant. (magg. Branchi)- . 6 rc<T<r1J11cnto . 0 t>A. I .) XIII btg. Fant. (magg. Rayncn) . 1rao , ( co 1. 0 11 XIV btg. fa11t. (magg. Solaro) . Battaglione indigeni di mili zia mobile (magg. Dc Vito) Compag nia del C hitet di Asmara (capit. Sermasi) . 0

brigata Artiglieria

2 ··

~

da mon~glna (magg. / ~O a)

\

l \ '

Il

Car111011i

43°

43° 45° 4.30 45°

45° 95° 2IO

5" batteria (capit. Mottino) 6a batteria ( capit. Rcgazzi) l li;1ttl'ria (ca pit. Gisla)

6

6 6

Totali .3 .800

r8

f brigata Fanteria (gcn. Ellena) : rovescio alture di Adi Dichi: Fucili

4" rcggi mrnto \ V II btg. Fant. (magg. Montecchi) . VIII btg. Fant. (ten. col. Violante) . (col. Romcro) ( IX btg. Fant. (magg. Manfredi) . nto \ battaglionl' alpini (ten. col. Menini) 5,, reu"ime bt, XV btg. Fant. (magg . Ferrara) . (ml. NaYa) / XVI btg. Fant. (magg. Vandiol 111 battaglione indigeni (tcn. col. Galliano) 1" batteria a ti ro rapido (capit. Aragno) 2~ batteria a tiro rapido (capir. Mangia) I/ 2 compagnia del Genio . . . .

C anm>ni

45° 45° 480 55° 500 500 J .150

6 6

70

Totali 4. 1 50

I2


93 Riepilogo: Fucili Cannon i

Brigata indigeni (Albertone) 1 ' brigata Fanteria (Arimondi) 2~ brigata Fanteria (Dabormida) 3" brigata Fanteria (Ellena)

Totali generali

4 .076

14

2 -493

12

3.800

18

4.150

12

1 4-5 1 9

56

Lo spmto degli ufficiali e della truppa era elevatissimo. L' esperienza e l'azione di comando degli ufficiali avevano in breve tempo assicurata la salda compagine dei reparti improvvisati con elementi di provenienza va ria; le condizioni sanitarie erano buone, nonostante i disagi e le privazioni dovute alle note difficoltà logistiche ; l'attrezzatura e l'e(1uipaggiamcnto coloniale non erano perfetti. anche in conseguenza della nostra non matura esperienza, e ciò ave va immancabili riflessi nel campo logistico e nella vita del Corpo di spedizione; ma il nostro spirito di adattamento e di abnegazione, la nostra sobrietà compensav:rno , almeno in parte (1), all a povertà delle risorse. Oltre alle truppe sopra m enzio nate , parteciparono alla battaglia 5.6o1 uomini delle bande, così che in totale si ebbe da parte nostra una forza di 20.120 uomini. Circa le forze nemiche, secondo alcuni autori, il Negus disponeva di circa 100.000 uomini. Soltanto nel volume di un autore russo (2) si trovano i seguenti dati, che sembrano attendibili: Negus Mendik Imperatrice T aitù Ras Maconnen Ras Mangascià Ras Mang. Atichin Ras Micael Ras Alula Ras Sebat

UH 1c10 ST0R1co :

,,

Cavalli

Cmwoni

30.000

3.000

32

3.000

600

15.000

4

12.000

6

6 .000 6 .000

5 .000

3 .000

Totali (1)

Fueili

5.000 - --8 0 .000

-

-

8.6oo

Scoria militare della Colonia eritrea ,,. pr.i Adua » .

(2) V.uE!'-iNIJ SsoRNI CH: ,, Boi

42


9 -1

Lo stesso autore avverte, però, che , oltre a (}Ud ii indicati , il Negus disponeva anche di molte migliaia di uomi ni disarmati , anche essi presenti ad Adua e <Ìestinati a raccogliere le armi cd a sostituire i morti ed i feri ti. Per conseguenza b cifra di 100.000 uomini non de ve ri tenersi esagerata.

Ed ecco o ra le altre forze no~tn: del la Colonia, che non presero part l' alb battaglia: ì\:ella zo na del le retrovie Saurìà - Senafè: A Mai Maret: reggimen to D i Boccard 1.250 bianchi :\ Bar;1chi 1: XVII batt;1glione -150 indigeni r\ C 1sc;1ssè· : (capit. Dc Bernardis) 360 indigeni \ 56uffìciali Ad Ad igrat (magg. Prcstin ari) 1 .500 bianchi / 670 indigeni

J (

~

} l \

2 .0 6 0 li,

2 .226 11.

N el n:~to della Coloni:1: Asmar;1 Italian i l)OO indigeni 250 C hcren 100 45° Ago rdat -jO 1.250 C:1ssala l ()l) r ·-145 J\di Ugri 860 72 5 Adi (Jual:ì 1.550 Saganeit i 700 145 A cli Caiè . hon IOO 3.1 65

().050

9.215 ll .

Totale generale

13 .501 li.

In conclusio ne, mentre in Eritrea disponcvasi allora di circa

33.000 uomm1 , si era costretti a partire da Saurià con soli combattenti (, ), pur avendo b probabil itl1 di incontrarsi co n

17-000

90.000

nemici, armati di ottimi fucili , di canno ni e di mitragliatrici, su un terreno a noi affatto ig noto, mentre era noto al nemico in tutti i suoi piì:i minuti dettagli. ( 1) La fo rza al c:1mpo era di 20.170 ( td egr~1fata a Ro1na il .29 fi:-bhraio). C irca 2.700 110111ini ,-cnni:-ro lasciati alle salmerie, che dovevano, com e da ordine, r:Kcog licrsi ;1d E n1isc iò in :ltlesa di istruzio ni.


95

L'ordine di operazione. Ma prendiamo in esame l'ordine di operazione: Breve ed esplicito, esso appariva chiaro e non ammetteva dubbi sulle intenzioni del Comando, che erano quelle (< di non volere attaccare a fondo ,,, di fare soltanto << una . ricognizione offensiva per cercare di attrarre il nemico ad attaccare la nostra forte posizione» (1). <• La marcia in avanti non doveva condurre al combattimento , se non quando gli Abissini avessero preso l'offensiva contro le posizioni che noi dovevamo occupare all'alba, ove fossero trovate libere " (2). Appunto per questo il generale Baratieri aveva indicato, come primo obbiettivo, uno dei soliti sbalzi avanti, su una posizione parallela a yuella già occupata di Zalà - Saurià, prospetticamente a noi in vista da 15 giorni e della c.1uale si era tentato anche di dare una idea topografica con uno schizzo. Ma, mentre le due strade di destra, destinate alla colonna Dabormida ed alla colonna centrale, erano relativamente facili e ben note, quella di estrema sinistra, assegnata alla colonna Albertone, era, specialmente nell'ultimo tratto, ignota a tutti. Trattandosi di una marcia notturna e non avendo a disposizione carte esatte, sarebbe stato necessario far preventivamente riconoscere detta strada, non solo per poter dare istruzioni precise al comandante della colonna che la doveva percorrere; ma anche per accertarsi se il collegamento a destra fosse possibile e se la posizione del famoso colle Ghidane Meret si prestasse all'occupazione difensiva stabilita dall'ordine di operazione; nonchè ad una non difficile comunicazione col Rebbi Arienni dell'estrema destra. Questa ricognizione avrebbe fatto sapere: - l' impossibilità di qualsiasi collegamento notturno con la colonna centrale, soprattutto dalle falde orientali di monte Raio in poi ; - che, fra il Semaiata cd il Raio, non c'è il colle Ghidanc Meret, ma bensì un:i catena di montagne, le cui cime principali portano i nomi di M. Enda Cauloz, M. Magdanalit, M. Erarà, con sentieri difficili nel fondo delle valli; (1) Generale CoRSELLI: " La battaglia di Adua secondo gli ultimi accertamenti)), in Rivista Militare Italiana, m;irzo 1930. (2) ORESTE BARATtERI: •< Memorie <l'Africa n.


- che il colle Ghidane Meret si trova a circa 8 chilometri (linea d'aria) a sud - ovest dd posto assegnatogli nello schizzo allegato all'ordine di operazione; - che la strada assegnata alla colonna di sinistra non passa per Adi Cheiras, come l'ordine voleva prescrivere, ma molto più a sud, per Adi Tralci , e si svolge a nord di Zattà e di Adi Afrenghi ; - che il colle a sud di Rebbi Arienni, tra il M. Raia e l'estremità settentrionale della catena del Semaiata , dove si voleva fermare la brigata indigeni, non si chiama Ghidane Meret, ma colle Erarà ; - che questo colle Erarà, a tutti ignoto, molto ristretto, profondo e fiancheggiato da monti a pareti ripidissime, non si prestava assolutamente ad ammassarvi una brigata, e tanto meno ad una occupazione difensiva <.Jualsiasi, e che di conseguenza bisognava oltrepassarlo per cercare al di là terreno e campo di vista adatti allo scopo ; - che lo schi zzo, oltre le accennate gravi inesattezze, mancava altresì di un ' intera serie di colossali alture (M . Diriam, M . Belah , M. Zcbandero, M. Monoxeitò) (r), mancanza che non fu ul rim:i causa anche dell'i solamento dell a brigata Dabormida; - che infine le otto ore asseg nate per una marcia di soli 15 c hilometri erano eccessive e permisero alle spie di portar l'avviso nel campo nemico prima ancora che vi gi ungessero le punte dell'Albertone. sicchè q uesti , invece di sorprendere, venne sorpreso. Per arriva re all':1lha sul nuovo fronte, bastava, in fatti , partire verso mezzanotte. col vantaggio di lasciare alla truppa maggior tempo per i preparativi ed ai vari Comandi e Capi servizi il modo di emanare ordini meno affrettati, mentre il Comando in Capo avrebbe potuto impiegare quel tempo prezioso per farsi precedere da ufficiali esploratori capaci .

A lle ore 17 del 29 {ebbra io ebbe luogo a Saurià un ultimo rapporto di tutti i generali, ai quali vennero riconfermate le informaz ioni e le disposizioni comunicate al mattino. La marcia venne iniziata alle ore 21 del 29 febbraio, favorita dalla luna. (1) ,, Il tt:rreno a1 nostri era qua si inleramente sconosciuto e lo schizzo orientali\'o distribuito al Comando er:i purtroppo molto imperfetto e senza q uote; ad esso si attribuisce da molti un'influenza addirittura nefasta sull'andarrn:nto dell'azione >•, Generale Corselli, op. cit.




99 La colonna di sinistra, senza mantenere il collegamento con la colonna centrale, giunse alle 3 1/ 2 al colle Ghidane Merct, dove avrebbe dovuto arrestarsi. Ma, per un'errata informazione, causata da omonimie topografiche, dopo un'ora <li sosta, senza assicurarsi il collegamento verso destra, fidando nelle affermazioni di alcune guide che asserivano essere il colle Ghidane Meret più avanti, riprese la marcia, e verso le ore 5 1 / 2 giungeva al colle Enda Meret con l' avanguardia (battaglione Turitto). Questa, a sua volta, invece di fermarsi , attaccò gli avamposti nemici, gettando l'allarme nel campo scioano.

La battaglia. Le altre colonne giungevano intanto sugli obbiettivi assegnati ; ma il Baratieri, verso le ore 8, sentendo il combattimento farsi sempre più intenso verso sinistra, ordinò al Dabormida di muovere verso ~ud - ovest per sostenere la destra del generale Albertone; alla brigata Arimondi di appoggi:ue .'.I. si ni stra, verso monte Raio, ed all a brigata Ellena di portarsi a Rebbi Arienni. Ma il grosso della brigata Vabormida, attratta dal terreno, invece di obliguare a sinistra, s'incanalò nel vallone <li Mariam Sciavitù e venne ad urtare, isolata da tutte le altre forze, contro la sini stra dell'esercito abissino. Così la battaglia venne a slegarsi in tre combattimenti parziali , indipendenti l'uno dall 'altro: al colle Enda Ghidane Meret, al colle Rebbi Arienni - monte Raio e nel vallone ·<li Mariam Sciavitù. Ala sinistra. Il generale Albertone, date le poche forze a <.iisposizione, schierandosi sulle pendici occidentali del monte Semaiata, tentò di disimpegnare il battaglione d'avanguardia seriamente attaccato. Ma gli Abissini, numerosissimi, battendo Enda Ghidane Meret da monte Ahha Carima e dallo Scellodà, obbligarono il battaglione Turitto a ripiegare e poi si rivolsero contro monte Semaiata. Attaccarono frontalmente con una colonna e con un'altra, per le falde meridionali ddl' Abba Carima, iniziarono l'a vviluppamento della posizione. La difesa fu eroica, ma, verso le ore 10, altri stormi abissini aggirarono anche da nord le posizioni del Semaiata, così che i pochi ascari superstiti, per sentieri diversi ed alla spicciolata, si ritirarono verso Saurià, incalzati dagli Abissini. La maggior parte degli ufficiali rimase uccisa ed il generale Albertone prigioniero.


100

Centro. Dopo aver inviato la brigata Dabormida verso la sinistra del generale· Albertone, il Baratieri ordinò al generale Arimondi di occup:ire il colle Bclah e di stendersi sino al monte Raio, cd alla brigata Ellena di ammassarsi al colle Rebbi Arienni. Appena iniziato lo schieramento, apparvero gruppi di ascari della brigata Alhcrtonc inseguiti da grossi stormi nemici e da cavalieri galla. L 'Artiglieria aprì il fuoco contro Lluesti gruppi , scendenti da monte Semaiata, ma le masse nemiche a mano a mano ingrossavano e, divise in due colonne, si dirigevano: una contro M. Belah e l'altra contro b fronte Ghid:rnc Meret - Raio, cd una parte di questa sulle retrovie delle posizioni italiane, verso la conca di Gundapta. A sostegno dell'ala sinistra, minacciata così di avvolgimento, furono fa1ti avanzare un battaglio ne indigeni e due hatterie a tiro rapido, ma il battaglio ne porn r esistette all ' urto nemico e, dopo un quarto d 'ora di fuoco, cominciò a disperdersi. Alla destra, intanto, una terza massa abissina tentava incum:arsi, giungendo su l'inoccupato sperone nord - ovest di M. I3dah, fra le brigate Arimondi cd E llena. Così. verso le ore 11 ,40, la situazione Jdla brigata Ari mondi, minaffiata su ambo i fianchi , era molto critica ed il Baratieri ordinò alla riserva d ' intervenire. Ma a t}ues1a ben poco rimaneva: il 4" reggimento era tutto impegnato al Rebbi Aricnni e del 5" reggimento un battaglione era stato mandato a rincalzo delle truppe fronteggianti monte Bcbh, due compagnie del battaglione alpini (1) ~i cr.1110 impegnate ad est di monte Raio, a trattenere gli Abissini irrompenti dopo Lt rotta del III battaglione indigeni. Per cui poterono accorrere a rincalzo dcli' Ari mondi solo un battaglione di Fanteria cd una compagnia di alpini. Ma presto la situazione divenne insostenibile. Le ali non poterono a lungo reggere all'urto del nemico numerosissimo e, protetti dalle truppe della brigata di riserva, i vari reparti poterono per Llualchc chilometro eseguire in ordine il loro ripiegamento oltre il Rebbi Arienni; poi , rotti gli ultimi vincoli organici, quella massa di dispersi, shnita per 16 ore di marcia e di combattimento cd incal zata dalla Cavalleria galla, si gettò verso Adi Ca1è ed Adi Ugri cd 111 parte verso Adigrat. (r) Questo batta!.!lionc :ilpini, a.I comand o del m:if.!giore DaYid e ì\frni ni, era l'unirn che allor~ tro,·ayasi in Coloni;1. Così, ne11:/ <lolorosa giornata <li ,\dua , gli c1lpini ebbero il loro battesimo di fuoco.


IOI

Il generale Arimondi e la massima parte degli ufficiali caddero sul campu. Ala destra. La brigata Dabormida, incanalatasi nel vallone di Mariam Sciavitù, dopo circa un'ora e mezzo si trovò davanti alle truppe cli ras Maconnen e di ras Mangascià. Il battaglione indigeno spinto in avanguardia fu improvvisamente attaccato di fronte e a destra e fu vo lto in precipitosa fuga. Ma l'Artiglieria, tosto ent rata in azione, arrestò l'impeto nemico, mentre la brigata, con eroica resistenza e con arditi contrattacchi, riusciva in qualche punto anche a far retrocedere gli Abissini. Intanto però avveniYa la rotta delle altre brigate. cosicchè le forze scioane che le avevano sopraffatte poterono lanciarsi all e spa lle della brigata Dabormida. Fu allora operato un altro contrattacco, più che per respingere il nemico, per aprirsi una via di ritirata. Questa si iniziò alle: ore: 16 e potè eseguirsi abbastanza in ordine, ma, col sopraggiungere della notte, la Cavalleria galla gettò lo scompiglio fra qudk truppe stanche, ed i superstiti, al comando del colonnello Ragni. csscndo caduti il generale Dabormida ed il colonnello Airaghi. si ritirarono parte verso Adi Caiè e parte verso Adi Ugri. Il nemico incalzò poco e la stessa Cavalleria non si spinse oltre i ro- 15 chilometri da Adua: ma. a rendere più diffi cile b ritirata. concorsero le popolazioni :t\'ide di hottino e le bande rihelli di ras Sebat. Le salmerie, il parco viveri , il magazzino avanzato Ji vctt<Wa· g liamcnto, che si trova\'ano ad Entisciò, durante la maròa di ripiegamento verso Mai Maret furono assaliti dai ribelli cd. a malgrado che avessero la scorta di un battaglione, furono lJUasi tutti catturati; sorte analoga toccò alk salmerie:: che: trovavan si a Mai Maret e che rimasero preda del nemico. Il Di Boccard giunse a mezzogiorno del 3 ad Adi Caiè dove alle 9 era giunto il Baratieri. Il forte di Adigrat continuò ad esser tenuto dal maggiore Prestinari : sia per non abbandonare i numerosi feriti ivi ricoverati , sia perc hè i ribelli già ne aveva no tagliato ogni comunicazione col resto della Colonia, lasciando il presidio complctamc:nte isolato. Da parte nostra le perdite raggiunsero il 6o '\, degli uomini present 1. Circa 6.600 i morti (quasi 5.000 italiani , di rni 268 ufficiali), 500 i feriti e r. 700 i prigionieri.


I02

Le perdite del ne1111co sembra ascendessero a 7 .000 morti e feriti (I). Le perdite complessive da noi subite, fra ufficiali e truppa, per la conquista Jell ' Eritrca, dal 1887 al 1H~, erano state le seguenti: ··-· feriti: 2.454 , - caduti : 9.483. Le ricompense al valor militare conferite ai singoli combattenti , durante i dieci anni sopra indicati , furono quelle sotto indicate: ricompense dell'Ordine militare di Sa\'oia: 36, m edaglie d'oro al valor militare: 19, medaglie d'argento: 1.417, medaglie di bron zo: 1.332 . 10.000

( 1) Abbiamo tr:uto quest:i sinteti,:i descriz ione della batugli:i dal ,·olumc di Emilio Bclb,·ita, gi:1 :iiut:inte di ,:ampo della hrig:it:i D:1bormida. imitobto " .\Jua: i prct-cdcnti, b lxm:1glia. le (onscgucnzc "·


VI.

L'OPERA DEL GENERALE BALDISSERA E GLI ULTIMI AVVENIMENTI IN ETIOPIA Dopo la battaglia di Adua la situazione politica e militare della Colonia diventa,•a gravissima. L'esercito del Negus accennava a voler avanzare ed il generale Baldisscra, giunto il 4 marzo a Massaua, non Poteva contrapporre all'avversario che 22 battaglioni e 2 batterie, oltre pochi altri nuclei di milizie. 1 rinforzi, però, erano in viaggio o stavano per partire dall"ltalia, per quanto l'opinione pubblica, impressionata dall'insuccesso non previsto, si dimostrasse contraria all'invio di altri rinforzi n l indifferente alla necessità di una nostra rivincita. · Per guadagnar tempo e per tentare la liberazione dei nostri prigionieri, il Baldissera inviò al campo nemico il Sotto-capo di Stato Maggiore (maggiore Salsa) come parlamentare. Le tratta ti ve, però, non approdarono a risult:i.ti conc reti ; ma l'esercito del Negus no n proseguì il suo movimento e ben presto iniziò la ritirata , per Macallè, verso lo Scioa, lasciando solo IO o r2.ooo uomini all'im·c~timento di Adigrat. ' Le operazioni del generale Baldissera possono dividersi in lluattro fasi: prima (mese di marzo): raccolta e riordinamento delle nostre forze sulla fronte difensiva Asmara - Ghinda; preparazione dell'offensiva; invio di truppe in soccorso di Cassala; seconda (mese di aprile): avanzata del Corpo d "operazio ni , per scaglioni, dalla linea Asmara - Ghinda a quella di Mai Seran Adi Caiè; terza (ultimi di aprile fino al 20 maggio): dimostrazione ad Adua, liberazione di Adigrat e sosta per imporre la consegna dei prigionieri rimasti nel Tigrè; quarta (20 maggio -primi di giugno): ripiegamento del CorPo di operazioni su Adi Caiè e rimpatrio del grosso delle forze italiane.


I O4

combattimenti di Cassala e di Tucruf. Come è stato già detto, i Dervisci avevano in vestito Cassala, e, dopo la battaglia del 1'' marzo, fartisi più audaci, avevano stabilito il blocco intorno all'abitato. In soccorso di Cassala, difesa da parte del II battaglione indigeni e da un distacc:1mento d'Artiglieria, il generale Baldissera inviò il colonnello Stevani coi battaglioni indi geni lll , VI, Vll, VIII e 4 pezzi da montagna. Alla. sera del 1" aprile, raccolti a Sabderat 3 dei suoi battaglioni , senza neppure attendere l'arrivo del VI, lo Stevani marciò su Cassa.la, ove giunse, evitando le forze der viscc, alle- ore ) dcl 2 aprile. li VI battaglione , alle ore 3,30 ciel 2 aprile. g iungeva intanto presso Cassala e, scontratosi con i Dervisci. ingaggiava battaglia. Il colonnello Stevani, avvertito dal fuoco della fucileria, dd li gc11<'rafe l/afdi..-.,t·ra. combattimento iniziatosi, uscì con i 4 batta~lioni in soccorso del VI e riuscì a battere i Dervisci ed a respingerli verso Tucruf, dove l'indomani mattina (3 aprile), li assalì nuovamente, costringendoli a sgombrare la posizione ed a ritirarsi oltre il Gasc. I battaglioni Il e VII ritornarono all'Asmara. Giunti i rinforzi dall'Italia, il Corpo di spedizione, comprendente due Divisioni (Del Maino ed Heuscli) forti di 8.000 uomini e di 1.500 tJuadrupcdi ciascuna, più k truppe non indivisionate, risultav:i composto di 40 battaglioni bianchi, 7 indigeni , 9 batterie da


montagna italiane ed

I

indigena, con una forza complessiva di

.,3.800 uomini e 62 pezzi. Alla fine cli aprile le due Divisioni costituenti il Corpo di operazioni erano dislocate: la prima ( destra) a Mai Seran; la seconda (sinistra) ad Adi Caiè; coperte sul fronte da due battaglioni indi~rni e dalle bande armate. Tre altri battaglioni si trovavano verso A di Ugri, incaricati di una dimostrazio ne ~u Adua. Il 3 maggio occuparono Gullaba cd il 4 giungèvano in Adigrat. Liberato il forte dall ' investimento, il Baldissera ordint', piccole .1zioni contro i ribelli , facendo credere ad una continuata offensi\'a per indurre i Tigrini a restituire i prigionieri. Ciò ottenuto e sgombrato il forte di Adigrat, il Corpo di operazioni il 18 maggio iniziò il ripiegamento entro gli antichi confoii della Colonia. Circa l'opera, illuminata e benémerita, del generale Baldissera udb Colonia, l'Ufficio Storico dello Stato Magg iore dell'Esercito, nella (, Storia militare della Colonia Eritrea » , nota va (1uanto segue. Il generale Haldissera giunse a Massaua il 4 marzo. Tron\ b , ituazione grave. Proseguì il giorno dopo per Asmara, dopo a\'ere çomunic:lto per telegramma al Governo la sit uazinn, (1). Era partito dall'Italia con le dire ttive di Crispi, ispirate a propositi di vittoria, conquista, soluzione radicale della questione. Ma ( 1) Telegramma: " ~v!assau:1, 5 marzo 1896. " Dall'insieme notizie la situazione Ì: g ra \·c. Da Adi-Caiì:. Adi l.igri. ad Asmara, abbiamo in tuuo forze mobili 14 ,anno ni da montag na, 1 ) .ooo Ita liani , 5.000 indigeni, tuua g e nte più o meno scossa; inoltre sono incerte notizie Cass:ih. « Ritengo che eserci to scio:1110 ~Hri\·e r;1 e si stabilirà tra Gur} cd Asmara. località collegate molto fragilmcnt e con M:issau:i. Considerare ancor:i che J:i G himla in giù il caldo principia a fars i sentirt'. Ran:ig lio nc cacciatori, rn n mabti cd un su l mese YÌ\-cri, trnvas i :i.:cerchi:ito r ibelli AdigrJt. Fonc 5ag:1nciti poc:i resistenza. Asmara sc:1rseggia :Kq ua. " D opo domani principiano arri vare nuo\·i rinforzi. Conce nt rcr,'i forza di spa nibilc in A smara. mantenendo pe r o ra i posti a,·anzati di S:1g:1nciri e di .·\di-Ugri ; tenterò prontamente ritirare p re~idi di Adigrar e C:1.~sala ; iu fi 11t" prenderò norma dalle circostanze. ,, In viai il maggiore Salsa al Negu~ per ottenere il sc ppdlime nrn dei morti e inta\·olarc trattative di pacc, dimostra ndo pericoloso per lo Scioa ing randire troppo il Tigrè:. ,, Vado in giornata stabilirmi Asmara ... " · (,, Libro Verde " XXIII tcr. D ocumento 3).


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lo raggiunsero presto le nuove direttive della mutata politica. Politica c he egli assecondò fedelmente e con convinzione, avendo compreso che, senza un Governo disposto a maggiori sforzi, non gli erano consentiti propositi di conquista. Fu anzi egli stesso ad indicare al Governo a quali punti occorre,·a Ii mirarci ( 1 ). Giunto in Colonia, il generale Baldissera ave\'a trovato la seguente situazione: Gli avanzi del Corpo di operazioni, che aveva combattuto ad Adua, venivano raccoglit:ndusi in A~mara ed a Massaua. Di truppe intatte, ma in parte anch'esse più o meno scosse, non s1 avevano nella Colonia che i seguenti riparti: 5 ktllagliuni ad Adi Caic\ 1 battaglione a Saganciri: 1 hattagliorn.: :1d Adi Ugri ; , 1 battaglioni e 1 ba ttnie ad Asmara: 2 battaglioni fr;1 Asmara e Massaua; , b:1ttaglione cd una sezione indigeni a Chenafen:1; bande del Scraè ad Adi Qualà; , hattag linnc cd 1111;1 ~e:tinnc indigeni a Ca~sala ; pochi nuclei di miliz ia mobile, del Chitet e di Cavalleria, sparsi in diversi punti della Colonia. Il k1ttaglionc cacc iatori. co n o ltre .3co ammabti e viveri limitati ad un solo mese, accerc hiato dai ribelli in Adig rat. Altre truppe di rinforzo erano in viaggio o stavano per partire dall ' Italia. (1) Tdegramma: " Asnura. 12 marzo 18,;6. " S:ils.1 , di rit orno ad Adic1ual\ i11\·ia punti prinçipali, sui quali dovrebbero posare trauati,·e di pace. Sono i seguenti: 1" - Il rnntìne tra Eritrea cd Etiopi:1 Ì: segnato ,bi \brch - Relcs;1 - ;\,luna . 2" - Tr:Ht:Ho d'alleanza e amicizi;1. esclusa qualunque forma di protettorato, di durata da st:ihilirsi, e rinnov:1hile o modilìcabilc. secondo esperienza :n-r:1 dimostrato corwcnientc. :f ' - Nomina d elle pro vincie dipe ndenti da ras Mangascià di un C:ip<) di gr;1Jimento dell'Italia. 4° - Abbandonare al più presto Adigrat e gli altri punti, che ancora fossero in nostra mano a sud del Mareb - Bclc~1. « Ritengo impossibile ottenere di più. Chiedo poter trauarc su tali basi. ,_, N egus chiedcmi risposta con massima sollecitudine ». (« Libro V erde ,, XXIII tcr. Documento 24).


Quanto ali' esercito nemico, da Il 'insieme delle notizie pervenute e pienamente confermate in seguito, risultava evidente che esso accingevasi ad avanzare su Gurà, onde approfittare dell'ottenuta Yittoria e della difficile nostra situazione del momento, per tentare di penetrare nel cuore della Colonia. (Relazione Haldissera).

,/ccumpamc11to

nella

co11ct1

d, Ad1gr,//.

Da tale situazione scaturivano le nccessiti1 d'iniziare trat1at1vc col nemico allo scopo di guadagnare tempo; riordinare le forze: co prire la Colonia; liberare Adigrat; soccorrere Cassala. ln realtà la minaccia nemica non si realizzò; anzi si rivelarono presto i segni di una relativa stasi nel campo nemico, dontta senza dubbio a molteplici cause: discordia fra i Capi, difficoltà di \'ettovagliamento, stagione avanzata, perdite suhìte ad Adu;1 , effetto della presenza di Baldisscra. Gli Abissini rimasero, infatti, col grosso delle forze fra Adua cd Entisciò. con clementi a\'an za ti su l Mareb e sul Bclesa, fino a quando, circa alla me tà di marzo, non si decisero per un lento, progressivo arretramento. li generale Baldissera iniziò subito il riordinamento delle Unità. Incomi nciò col riunire le forze, per averle alla mano in posizione adatta e vegliare direttamente sul loro riordinamento. Così non esitò ad abbandonare Adi Caiè ed Adi Ugri cd a concentrare le forze


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attorno ad Asmara. ed a Ghinda. Un primo scaglione (brigate 2' e 5' , rispettivamente: delle Divisioni 1·' e 2') fu dislocato fra Gurà cd Asmara e le rimanenti truppe furono dislocate fra A ~mara e Ghinda. Comemporanc:amentc al problema del riordinamento delle forze il generale I3aldissera si propose di risolvere quello del soccorso a Cassala, con nesso col primo in lJUanto Cassala, ndla. situazione del marzo, non solo immobilizzava un battaglione indigeno (il Il); ma imponeva un gravoso servizio di rifornimenti ed il presidio della lunga linea di comunicazioni: C heren -Agordat - Biscià - Ela Dal Sabderat, che si sviluppava per circa 400 chilometri. Inoltre il tempo stringeva pc:rchè la pressione dei Dervisci dopo Amba Alagi e d'accordo con gli Scioani avevano incominciato ad insidiare la nostra occupazione a Cassala ~ aumentava, il che rendeva po~~ibilc; una situaz.i one come lJUella di Macallè e di Adigrat, con la conseguente necessità di laboriose operazioni per liberare il presidio. Noi abbiamo già visto come tutti gli scopi suggeriti al nuovo comandante della situa zione venissero raggiunti fino alla pac-e di Addis Abeba. Le oper::izioni del grnerale Baldissera rappresentano un raro esempio di organi zzazione sagace e di condotta a\'\'eduta ed energica. In un teatro di opera zioni dove clima, distanze, mancanza di co111unicazio ni, pon:rt:i di risorse. ostilit:1 dell 'elemento ]oc-aie. moltiplicavano le diflìcoltù, il gene rale Baldissera seppe, con mezzi limitati e con truppe in gran p;1rte metropolitane e yuindi non allenate alle fatiche: coloniali, rialzare il prestigio delle nostre forze e della nostra politica, ridare la sirnrezza dei confini, varcare i confini , ricuperare parte del terr itorio già occupato, indurre: alla ritirata il nemico con la sola manifestazione di potenza data dalla massa ordinata delle forze italian<: (1).

La pace di Addis Abeba. L1 pace seguì alla m età di ottobre. Le condizioni principali furono: abrogazione del trattato di Ucci:11li e comegucnte riconoscimento dell'indipendenza etiopica: (1) Così si rnn.-ludc il commento alle operazioni del Baldisser:i nelb ,, Storia militare ddb Colonia eritrt"a » cfrll'Uflìcio Storico. già ,·it:ita.


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confine della Colonia al Mareb - Belesa - Muna; liberazione dei prigionieri italiani e pagamento di un'indennità al Negus per il loro mantenimento ( 1 ).

La cessione di Cassala agli Inglesi. Come abbiamo visto, gravi difficoltà si opponevano alla sicurezza del presidio di Cassala e, <-1uando il generale Baldissera se ne rese conto, non esitò a proporre al Governo che il presidio venisse ritirato. Ma gli Inglesi, per garantirsi dal pericolo di un ritorno madhista, ottennero dal nostro Governo che Cassala venisse ancora presidiata dalle truppe italiane. ( 1) Ecco il testo del trattato Ji AJdis Abeba: « Nel nome della SS. T rinità, S. M. Umberto I, Re J 'lralia, e S. M. Mcnclich II, Imperatore di Etiopia, desiderosi di metter fine alla guerra e di far ri\-i\·t:rc la loro antica amicizia, hanno stipulato il trattato seguente: " Per concludere questo tratt:ito S. M . il Re d'Italia ha inviato. in qualir;ì di suo inviato plenipotenziario, il maggiore dntt. Cesare Ncr:izzini. C:1Valierc dei SS. Maurizio e L:izzaro. Ufficiale della Corona d'ltali:i . " I pieni poteri del maggiore Ncrazzi11i essendo riconosciuti _in buona e dovuta forma, S. E. il sig. maggiore Ner;1zzini, in nome <li S. M. il Re d 'Italia e S. ì'vL Menelich li, Imperatore di Etiopia e dei p;1esi Galla, in suo proprio nome, hanno corwenuto e ,oncluso gli articoli seguenti: « Art. I. - Lo stato ili guerra tra l'Italia e l'Etiopia è definitivamente terminato. In conseguenza vi sarà pace ed amicizia perpetua fra S. M. il Re d'Italia e S. M. l'Tmperatore di Etiopia, come tra i loro successori e sudditi. « Art. 2. - Il trattato conchiuso ad Uccialli il 25 marzo 1881 (corrispondente al 2 maggio 1889) è e resta definiti\·amente annullato, così pure i suoi annessi. « Art. 3. - L'Italia riconosce !"indipendenza assoluta e senza riser\'a dd1"1 mpero etiopico, come Stato sovrano e indipendente. « Art. 4- - Le due Potenze .:ontraenti, non avendo potuto mettersi d'acrnrdo sulla questione delle frontii:re, e desiderose, ciò nondimeno, di conchiuderc la pace senza ritardo e di assicurare così ;1i loro paesi i hendici dcll:i pace, è stato convenuto che, nel periodo di un anno, a datare da oggi, delegati di fiducia di S. M. il Re <l' Italia e di S. M. l'Imperatore di Etiopia stabiliranno, di amichevole accordo, le frontiere definitive. « Fino a tanto che queste frontiere siano state così stabilite, le due parti contraenti si impegnano a m:intcnerc lo statu quo ante e altresì ad osservare il rigoroso impegno bilaterale di non varcare la frontiera provvisoria, determinata dai corsi dei fiumi Mareb, Bclcsa e Muna. « Art. 5. . Fino a tanto che jl Governo Italiano ccl il Governo Etiopico abbiano, dì comune accordo, fissato le loro frontiere definiti\·e, il Governo ltali:1110 si impegna di non far cessioni qualsiasi di territorio ad alcun 'altra Po-


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La Colonia gravava però sensibilmente sulle finanze ita liane e, per conseguenza, il Governo fece conoscere all'Inghilterra la sua intenzio ne di abbandonare la città. Le trattative furono iniziate: prima a Londra dal generale Ferrern, nostro ambasciatore, e dal Mini stro degli esteri Visconti Venosta con lord Salisbury; quindi vennero continuate a Torino, tra sir Evcling Baring ed il generale Dal Verme, comandante la Divisione di Novara. Ma i risultati non furono soddisfacenti e quindi l'on. Di Rudinì, Presidente del Consiglio dei Ministri, invitò il generale Canèva, comandante le truppe in Eritrea, a preparare uno studio per lo sgombro di Cassala. Il Governo inglese in viava contemJXlrancamente ndla Colonia una Commissione presiedura dal colonnello Pearson, governatore di Suakim , Commissione cht: decise, d'accordo col Canèva, che l'occupazione anglo-egizi:1na di Cassab avvenisse al più presto possibile. In seguito a tak accordo, un Corpo di occupazione inglese, forte di 825 uomini di truppa con 25 ufficiali, al comando del colonneJlo Pearson , sbarcato a Massaua , raggiunse Cassala; mentre il colonnello Samminiatello, che comandava la piazza, fece ritorno con le sue truppe a Chcren. Il confine eritreo ven ne così porLato 32 chilometri più indietro, al villaggio di Sabderat. Tuttavia Cassala rimase per l'Italia un ricordo glorioso perchè per essa erano caduti non pochi dei suoi figli migliori. Il baluardo di Cassala, mantenuto saldo per quasi quattro anni , con ingentissimi sacrifici di uomini e di mezzi, per sola virtù delle armi italiane, servì poi agli Inglesi per preparare al Sirdar le vie 1enz~1. Nel caso in cui volesse abbandonare ùi sua propria ,·olontà una parte di territorio che esso ritiene, esso ne farà consegna all'Etiopia. " Art. 6. - Allo .~copo di favorire rapporti commerciali e inùustriali fra l'Italia e l'Etiopia, accordi ulteriori potranno essere conchiusi fra i due Governi. "Art. 7. - TI presente contratto sarà partecipato :'llle altre Potenze a cura · dei due GoH'rni contraenti. « Art. 8. - Il presente contratto dovrà essere ratificato dal Governo Italiano nc:l periodo di tre mesi, a datare da oggi. « Art. 9. - Il prest'nte trattato di pace, conchiuso in questo giorno, sarà scritto in amarico ed .in fra ncese, in due testi CS..'lltameme conformi e fatti in due csc111plari, fìrm:1ti d:ille due parti, dei quali uno resterà nelle mani di S. M. il Rt' d'Ttalia e l'altro nelle mani di S. M. l' Imperatore di Etiopia. ,, Essendo interamente d'accordo sui termini Ji questo trattato, S. M. Mcndic:h Il , Imperatore di Etiopia, in suo proprio nome e S. E. il maggiore J01tor Cesare Ncrazzini, in nom e di S. M. il Re d'Italia, lo hanno approvaio e munito dei loro sigilli "·


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dell'Atbara, sulle cui sponde vennero sconfitte, nell'aprile del 1898, le forze di Osman Digma ed il 2 settembre successivo distrutta ad Ondurman la potenza madhista. Due anni dopo, in seguito ad accordi presi tra i Governi italiano ed inglese, mentre era governatore della Colonia Ferdinando Martini, fu eretta, a ricordo dei nostri Caduti, una lapide sulle mura del forte, presso la porta d'ingresso. Il colonnello Trombi, comandante le truppe dell'Eritrea, accompagnato dal suo stato maggiore e da 18 ufficiali reduci da Cassala, nonchè dai militari dello squadrone Carchidio, si recò, infatti, colà il I 3 dicembre 1900; fu ricevuto da una rappresentanza i nglcse, con a capo il colonnello Collinson bcy ed il maggiore Duyer, con tutti gli onori militari. Il Trombi consegnò una lapide che portava i nomi dei Caduti e la targa di bronzo che ne ricorda,·a le gesta.

Mentre, dopo la restituzione dei prigionieri ed il trattato di Addis Aheba (1), la Colonia si mantenne in complesso tr,rnquilla e restammo in buoni rapporti con Mcnclik, in Etiopia si verificarono, per le ambizioni e le gelosie dei Capi, gravi disordini. (1) La convenzione addizionale relativa ai prigionieri, stipulata a scguit0 del trattato di Addis Abeba, conteneva le tre seguenti damok: (< r. - Come conseguenza del trattato e.li pace fra il Regno d'Italia e l'Im pero d'Etiopia, firmato oggi, i prigionieri di guerra italiani trattenuti in Etiopia, sono liberi. S. M. l'Imperatore di Etiopia si impegna a riunirli nel più breve termine possibile ed a consegnarli ad Harrar :il Plenipotenziario italiano, non appena il trattato di pace sa rà ratificato. « 2. - Per facilitare il rimpatrio di questi prigion.i.eri di guerra e per assicurare ad essi le cure necessarie, S. M. l'Imperatore d'Etiopia autorizz,1 un distaccamento della Croce Rossa Itali:ina a ,·enire fino a Gil<lessa. « 3. - Il Plenipotenziario di S. ,vi. il Re d'Italia, avendo spontaneamente riconosciuto che i prigionieri sono st:iti oggetto della più grande sollecitudine <la parte di S. M. l'Imperatore di Etiopia, constata che il loro mantenimento ha imposto spese considerevoli e che per questo fatto il Governo Italiano è debitore verso S . .M. delle somme corrispondenti a queste spese. « S. M. l'Imperatore di Etiopia dichiara di rimettersi all'equità del Go· verno Italiano per indennizzarlo di questi sacrifizi >> . La r:itifica del tratcato da parte del nostro Sovrano fu comu nicata telegraficamente al Negus il 16 novembre. Subito dopo ebbe inizio la restituzione _<lei prigionieri.


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Essendosi ras Mangascià ribellato apertamente al Negus, questi affidò a ras Maconnen, governatore dell' Harrar, jl compito di marciare contro di lui. La marcia fino a Macallè avvenne senza incontrare resistenze e ras Mangascià, abbandonato anche dai Capi tigrini, do\'ettc per la seconda volta presentarsi a Menelik in segno di sottom1sstone. Ras Tafari, Capo dcll'Agamè, si era dato intanto alk razzìe fra le tribù degli Omartù, da noi protette. Alle nostre proteste il Negus rispose, autorizza ndoci a punire come meglio avessimo creduto il suo ras. Ma questi non si diede per vinto, finchè il Negus stesso, intcn·rncndo energicamente, lo imprigionò e lo sostituì con un figlio di ras Sebat. Pochi mesi d()po il Tigrè era nuovamente in allarme. Il figlio di ras Mangascià, con l'aiuto di un suo cugino e con molti tigrini, .si impadronì di Adua e <li Axum; ma fu ben presto debellato dal l"azione energica del degiac Garasdlassi, a noi amico. Solo con la morte di ras Maco nnen e di ras Mangascià si potè iniziare un periodo di relativa c:ilm:i.

Gli ultimi avvenimenti in Etiopia. Nel 1908 k condizioni di salute del Negus cominciarono

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stare qualche preoccupazione, tanto che Menelik stesso istituì, per il disbrigo degli affari dello Stato, il primo Ministero etiopico, il quak non potè per altro sottrarsi :ill'influenza personale dell'Imperatrice. Nel reputare prossima la morte del Negus, molti ras cominciarono ad agitarsi , pronti a rivendicare i loro diritti alla successione; ma Mcnelik miglion\ e l\Uindi si ebbe un nuovo periodo di relativa tranl]Uill ità. L ' Imperatrice Taitù, nelle cui mani si era ormai accentrato il potere imperiale, modificò anche la ripartizione territoriale dell'Impero: l'Etiopia settentrionale ehbe assegnati, ad esempio, i territori dd Tigrè, dcll'Uagh e del Jeggiù (territorio, quest'ultimo, posto alla dipendenza di ras Oliè, fratello dell'Imperatrice). Ma ben presto questo frazionamento dell'Etiopia, del quale avevano profittato specialmente i parenti della sovrana, fece ribellare i Capi scioani, i quali, verso b fine del 1910, destituirono l'Imperatrice, che venne costretta a rimanere nel ghebì, sottoposta ad una continua vigilanza. A capo di tutte le provincie settentrionali dell'Etiopia fu chiamato ras Uolde-


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ghirghis ed il governo degli Arussi e delle altre province, confinanti con la Somalia italiana, venne affidato al degiac Nadò. Quando, nel dicembre t913, il Negus Menelik II morì, cominciarono le lotte per la successione; lotte che si svolsero tra il dcgiac Garasellassi, il ras Micael, il degiac Sejum, il ras Sebat cd il ras Uoldeghirghis, il quale ultimo minacciò la nostra Colonia, tanto da farci indire immedi atamente b. mobilitazione di circa 17.000 uomini , inducendolo a ritirarsi senza molestare i nostri sudditi. Gli Scioani, guidati da ras Tafari, il 13 agosto 1917 vennero a contatto con i Tigrini; ma l}Uesti furono costretti a ritirarsi ed il loro capo Ligg Jasù, il quale si era insediato sul trono di Salomone, fu dichiarato decaduto . Al suo posto fu eletta Imperatrice Uoizerò Zaiditù, figlia di Menelik, cd il governo dell'Etiopia fu affidato a ras Tafari, preconizzato Negus Neghesti. Eliminato poi del tutto il giovane Ligg Jasù, col relegarlo nell' amba di Salalè , ras Tafari, dapprima semplice sovrano, fu, il :2 novembre 1930, incoronato poi Imperatore col nome di Ailè Sdassiè I. Da yuel giorno egli diede inizio ad una politica a noi ostile, politica che diede luo.~o a diversi incidenti, l'ultimo dei quali , quello di Ual-Ual. ve rificatosi nel 1934, indusse il nostro Governo di allora :ilb guerra con : ro l'Etiopia, della quale tratteremo in seguito.


VII.

LA FANTERIA DI LINEA NELLE PRIME CONQUISTE COLONIALI In ttttcsta parte del volume abbiamo procur:ito di mettere in luce le prove compiute, le difficoltà superate, i pericoli corsi dal nostro Esercito durante le nostrè prime conL1uistc: ruloniali. con speciale riguardo alla Fanttria di linea , poichè, come abbiamo già detto, ci riserviamo di ricorcbre le gesta compiute dalle Fanterie scelte e speciali (gran:1tieri, bers,1glieri, alpini) e dai rnlontari nei volumi dedicati :1 ciascuna di c.iueslc specialità. Nell'esporre i combattimenti sostenuti per la co nt1uis1a della Colonia nitrea, abbiamo ricordato le improvYisa te Unità della Fanteria d'Africi: ma dnhhi;1mn ;1ttrihuirc all'im·spcricn za ed all 'incertezza. inn·it:ibili nei nostri primi lcntativi di c.:spansione coloniale, la costituzione dei rcpani dc.:sti n:1ti a comb:lllerc in Eritrea, poichè tali reparti nnn furono cmtituiti, specialmente.: per l:i Fanteria, da Unità organiche e, 11011 potendo, per conseguenza , raccogliersi intorno alb bandiera dc.:! proprio reggimento, no n usufruirono delle energie mo r:ili clic possono derivare da un bene inteso spirito di Corpo. A testimonian za di Lluanto affermiamo, ci basti ricordare, ad esempio, che i 500 gloriosi Caduti di Dogali appartenevano a ben 10 Unità organiche diverse e prt'cisamentc.: ai reggimenti di Fanteria: 1", 6", i', 15", :20", .31', 41", 54°. 79" e 93". I reparti veramente organici era no cos tituiti soltanto da una comp:1gni:1 del 15", da una compagnia del 20" e da una del 41". Tutti gli altri reggimenti ri cordati più sopra erano rappresentati da semplici drappelli, a volte formati da appena poc.:hi uomini. Ma, brnchè non omogenei, tutti i nostri reparti di Fanteria combatterono sempre in Africa con m olto valo re e rappresentarono d eg namente, in ogni circostanza, le migliori energie del nostro Esercito, come ben dimostra il fatto che, di tutte le ricompense al Y:ilor militare individuali concesse per le campagne d ' Africa d al


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1887 al 1896, il 51,45 C\{, toccò alla Fanteria di linea, con una percentuale che supera di gran lunga il numero delle ricompense al valore conferite ai militari delle altre Armi e delle stesse Fanterie scelte e speciali. La Cavalleria ebbe, infatti, l'r,23 •> l delle ricompense, con un totale di 34 decorati, di cui uno con medaglia d'oro; l'Artiglieria ebbe 1'8,89 "{, con 246 decorati, di cui 4 con medaglia d 'oro; il Genio ebbe 1'1,19 •>;; con 33 decorati. La Fanteria ebbe, in totale, 1 .424 decorati al valore, dei quali I I ebbero conferita la medaglia d 'oro. Basti l'eloquenza di queste cifre ad affermare il valore dimostrato, anche in Africa, dai nostri Fanti, durante la nostra pnma impresa africana. Nella conquista dell"Eritrea, e specialmente nella campag1~a dd 1896, noi eravamo stati costretti a pagare il tributo che tutti i paesi giovani debbono ali' esperienza; ma il sangue versato dai nostri combattenti, veri pionieri dell' espansione coloniale indispensabile anche per l'Italia, aveva già. consacrato l'Eritrea alla nostra missione civi1izzatrice.

Nell'esporre sinteticamente gli avvenimenti, che ci permisero di stabilire il nostro dominio sulle coste del mar Rosso e che ci diedero in possesso la Colonia eritrea, abbiamo già avuto cura di mettere in luce gli episodi più gloriosi della lotta, che l' Italia aveva iniziato senza alcuna esperienza d"imprcsc coloniali e che aveva condotto, a malgrado delle incertezze del Paese, con crescente vigore. Come abbiamo già fatto nei volumi precedenti, ricordiamo ora j nuovi titoli di onore, che le nostre Fanterie raccolsero in Africa, nelle alterne vicende della nostra conquista. Nel farlo ci serviremo specialmente delle relazioni dei testimoni oculari, delle molte opere già pubblicate sulle prime conquiste coloniali e dei dati già. raccolti dal maggiore Egisto Caffarelli sulle tradizioni della nostra Fanteria di linea . . Con l'inizio della vita coloniale italiana e con il nostro sbarco a Massaua - nota appunto il Caffardli - coincide il risorgere di un più vivo spirito militare, che non carda a manifestarsi, nel modo più eloquente, anche tra i disagi, le fatiche ccl i pericoli delle campagne coloniali, a11e quali i nostri Fanti non erano preparati da precedenti espencnzc.


I1 6 La prima affermazione del valore delle nostre Fanterie si ebbe m Africa nel gennaio dd 1887. La troppo ristretta occupazione attorno a Massaua non da\'a a L]LKSta località sufficiente sicurezza; fu perciò deciso di occupare una localit:1 più interna, in buona posizione difensiva: Saati. Ad occup;1rb fu mandato il maggiore Boretti con due compagnie di Fanteri:i rinforzate da 300 irregolari indigeni e due c:.rnnoni. Il Capo :ibissino dclb regione, ras Alula, astuto e \'aloroso guerriero, protestò cd, al r if-ìuto di ~gombrare, da to dal Comando di Massaua , rispo~c ;1ttaccan do il forte di Saati. li forte - come tutti i < forti 1, che sono menz ionati nelle storie e nelle cron:ic hc di g uerra di LJ Uei tempi, in quella regione che più tardi fu Je110111inat:1 Colo nia eritrea - era l'accampamento delle truppe circondato tb un muricciuolo di pietre a secco; poco o nulla, per la scarsezza del tempo, era stato potuto fare per rafforzarlo un po· meglio. La sua forza derivava dalla buona posizione; ma soprattutto dalla saldezza dei difensori, costretti a combattere in pochi contro un nemico numeroso, il c1 uak, non curando le perdite, pote va sostituire sempre 1111ova gente a quella caduta e continuare ad a,·anzare. Li resistcnz:1 dei nmtri fu qn:ik occorreva ccl il nemico fo respinto con gravi perdite. Respinte da Saati, le numerose orde di ras Alula si rovescia. rono, il gio rno dopo, ~opra un distaccamento che da Massaua era in marcia per recare rinforzo al presidio di Saati. Erano cinquecento gio\'ani soldati , che per la prima volta affrontavano un nemico in guerra; eppure seppero combattere e morire come i vecchi eroi delle più lontane e poetiche leggende. Anzi in questa, che è pura e recente Storia, vi è qualche cosa di più altamente paetico che manca nelle leggende. Sappiamo, pd racconto dei pochissimi che per miracolosa fortuna rimasero superstiti, che l'eroico comandante di queg li Immortali, il ten. colonnello De Cristoforis, poichè quasi tutti furonu caduti è fu v:ina ogni speranza di salvezza, fece sospendere il fuoco e tri butare il saluto delle armi ai compagni già morti. Poi ripresero Li lotta e perirono anch'essi. Uno degli ;1ntichi obelischi, che furono segno delle com1uist,;: romane, sormonta la base granitica su cui sono infisse le tavole di bronzo, sulle Lluali rnno incisi i norni di <-1uei Cinquecento, coi LJUali riprese, per rifiorire a nuova vita, la nobile tradizione del valore militare it:iliano, confermato :rnche a Dogali con il sacrificio suprem o per il prestigio della Patria lontana. 1


Il :,,11rn1,· ,olo1111dlr1 IJC' C11::f,f1.n .< e gli eroi di /Jogali.



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Mentre sulla fronte verso l'Abissinia si addensavano le nubi portanti l'uragano, che culminò più tardi ad Abba Carima, da Cassala si avanzavano, per invadere la Colonia, ro.ooo Dervisci al comando del fanatico Kalifa Ahdullai. Il colonnello Arimondi, che comandava interinalmente nella Colonia, pur disponendo soltanto di 2.500 uomini con tre sezioni di Artiglieria, li affrontò il 21 dicembre del 1893 e li sconfisse ad Agordat (dove già, nel 1890, i Dervisci avevano subÌto un primo scacco dal capitano Fara). Arimondi lo ritroveremo ad Adua, dove, alla testa della sua brigata, lascerà la vita; come pure ad Adua, dopo averlo conosciuto nell'eroica difesa di Macallè, ritroveremo - allora però ten. colonnello - il capitano Galliano. Questi, comandando il III battaglione indigeni, in questa seconda battaglia di Agordat, e non riuscendo più a trattenere i suoi ascari che, presi dal pànico, accennano a retrocedere di fronte al troppo numeroso ed incalzante nemico, si siede tranquillamente sul greto di un torrente asciutto e dice: <' lo resto qui: diranno che i miei ascari mi hanno dato ai Dervisci! n . E i suoi ascari, dominati da quel così semplice eroismo , ritrovano la loro forza, rifanno fronte :ti nemico, lo assai tano <.: lo sbaragliano. Per metterci al sicuro dai Dnvisci, con brillante cd audace operazione, si occupò Cassala e poi ci si volse alle coste d'Abissinia. dove tutto era torbido ed incerto per le discordie intestine, nelle quali fummo coinvolti anche noi, per il tradimento di ras Agos, governatore dcll'Oculè Cusai a noi soggetto, e per la slealtà di ras Mangascià, con il nostro aiuto diventato Capo del Tigrè; i quali, collegatisi in segreto, improvvisamente attaccarono i nostri a Coatit, rimanendo però sconfitti nella giornata del 13 gennaio 1895, come furono ancora sconfitti il giorno doPo, attaccati dai nostri a Senafè, da dove si salvarono con la fuga, senza nemmeno poter mettere in salvo le loro tende. Dopo la rotta di ras Mangasci?t, sorta per noi b. necessità. di sorvegliare strettamente il Tigre, vi furono distaccati alcuni battaglioni indigeni, uno dei lJuali, il IV, col maggiore Toselli, fu spinto verso il confine meridionale. E' quel IV battaglione di Fanteria indigena che, col solo apPoggio di una compagnia del III , di una del VI battaglione e di una batteria, attese l'urto d ' un intero Corpo di operazioni scioano, resistendo per sei ore ai reiterati attacchi, prima di iniziare la ritirata_ L 'elenco di quei Fanti è un elenco di morti.


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In resta è Pietro Toselli, l'eroico maggiore comandante quel battaglione che, trovandosi con soli 1 .800 uomini contro più di :20.000, respinge, più che le intimazioni, le quasi amichevoli esortazioni del ras Maconnen di lasciare libero il passo e, combattendo strenuamente sino alla quasi totale distruzione del suo distaccamento. causa al nemico così forti perdite, eia ritardarne l'avanzata verso le retrostanti pasizioni, dove i nostri si radunavano. E seguono i capitani Luigi Canovetti, Salvatore Persico , Domenico Ricci e Adriano Issei ; i tenenti Elia Mazzci, Ettore Libera, Giov~mni Barale, Carlo Rruzzi, Edgardo 1acopctti, Gabriele Cariello, lgnaz io Tiretta, Natale Mulazzani, Piero Sansoni e Francesco Messina; il sottotenente Attilio Moli nari; i sottufficiali Tommaso Longo, Carlo Rago nc, Antonio Battistoni, Nicola Franzè:, Achille Nn-i. Elia Hlasi cd il caporale trombettiere Temistocle Vellutini. Tutti Fanti e tutti morti. Affratellati nel sentimento <lei dovere e nelreroismo, pochi non Fanti : quelli della r' batteria da montagna, il capitano Do menico Angher~. il trnentc Marzio Manfn:dini , i sergenti Adolfo Poggetti e Annibale Vcrdoia e il tenente F.dgardo Jacopetti, medico e combattente ad un tempo. Non Fanti <Jllcsti nltimi , m :1 riteni;1mo don·roso non disgiungerli, nel memore ricordo, dai Fanti nostri, coi quali a\'evano rnndiviso la sorte, combattendo eroicamente in una batt:1glia cui. sino dall'inizio, sapevano che non avrebbe potuto arridere la vittori:i. Se a c1ucsti aggiungiamo pochi nomi di sopravvissuti. che figurano anch ·essi fra coloro clic in tJucl giorno meritarono la medaglia al valore militare ···· il tenente Pagella, il tenente Bodrcro, che era aiutante maggio re del Toselli, Simone Bazzani, ufficiale a di sposizione, il furiere maggiore Alfredo Garibaldi e<l il caporale di s:init:1 Antonio Volpi - avremo forse del tutto completato l'elenco di coloro che im1uadrarono e guidarono alla gloria le eroiche truppe indigene.: di Amba Alagi.

La fiumana di Scioani che il 5 dicembre aveva sommerso l'eroico manipolo del maggiore Toselli, non era libera nella sua avanzata: come un~, spina nel suo fianco, un altro battaglio ne indigeno - il Ili - si era chiuso nel l}Uasi improvvisato fortilizio di Macallè; e gli Scioani investirono il fortilizio, fidando, per il loro gran numero, di a vcr tosto ragione dell'esiguo presidio.


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Ma era a capo di questo il maggiore Giuseppe Galliano, che, per le sue alte gualità di soldato, ripetutamente affermate e mirabilmente riconfermate nella battaglia di Agordat, aveva un ascendente grandissimo sulle sue truppe, alle quali la sola sua presenza e la calma, non mai smentita nel pericolo, infondevano coraggio e tìJucia; ed ai suoi ordini, nel l'efficace collaborazione che deriva da una disciplina tutta materiata della più alta stima verso il Capo e della più intima cordialità, erano ufficiali in gran parte già ben provati anch'essi ai cimenti della guerra, tutti c.1uanti animati da volontà ferma e tenace. Ed il piccolo presidio del modestissimo fortino che, nei calcoli del Capo scioano, non avrebbe potuto resistere ad un assalto in forze, resistette, invece, per LJUasi due mesi - dall'8 dicembre al 22 di gennaio - respingendo gli impetuosi assalti sferrati dal nemico per cinque giorni consecutivi, dal 7 all'rr gennaio. Il nemico non potè aver ragione della tenace difesa dei nostri sino a che i difensori, pur già privi di munizioni e e.li viveri, non vennero liberati e poterono uscire dal forte con l'onore delle armi. Gli animatori di quella memo randa resistenza furono. oltre il m:iggiore Galliano, promosso trn. colo nnello per merito di guerra , i capitani Castellazzi, Benucci, Olivari, D e Baillon; i tenenti Torelli , Cavazzini, Riguzzi, Ragusin, Partini, Basile, Arnendolagine, De Fco, Raimondi cd il sottotenente Frignani. Ed erano con loro i tenenti Moltedo e Franconi , Artiglieri: Lucio e Paoletti, del Genio: il capitano medico Mozzetti ed il tenente contabile Giusti. Ben degni del valore degli ufficiali si mostrarono anche i pochi sottufficiali e g li uomini di truppa. Tra i Fanti: il sergente Mancini, i caporali maggiori Costa, Del Bianco e Guerrini, il caporale trombettiere Mastrosimonc ed il caporale Volpe; tra gli altri il furiere Coronet ed il sergente Patrono d'Artiglieria; il brigadiere dei Reali Carabinieri Arcà, coi carabinieri Evangelisti e Bianchi; il sergente Barocco ed il caporale De SilYestri del Genio. Ben cinque sottufficiali meritarono la promozione per merito di guerra: i furieri maggiori Mag no e Baderna ed il furiere Robiglio,. tra i Fanti; ed i furieri Davini e Palombo, del Genio. La notizia dell'avanzata di forti masse abissine, seguita eia quella della distruzione del battaglione Tosclli ad Amba Alagi, ridestò le speranze e le ambizioni di irrequieti Capi indigeni a noi soggetti. Qua e l:i, verso i confi ni col Tigrè, si manifest;irono segni di ribellione e si ebbero piccoli scontri , nei Lluali si dimostrò l'alto valore


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dei nostri, che pochi giorni dopo doveva avere ampia conferma ad Adua. Un distaccamento di 40 uomini agli ordini del tenente Teodoro Dc: Concilis, m;111dato ad occupare: il colle Sietà, venne assalito improvvisamente per via da numerose: masse: ribelli , contro le quali, sebbene ferito, il valoroso tenente si difese disperatamente, finchè cadde: in mano ~11 nemico e, più tardi, a causa delle ferite, morì. Il tenente Cesare Citerni, mandato in ricognizione con 6o uomini allo stesso colle di Sic:tà, venne anch'egli circondato e si difese eroi camente, finchè , sopraffatto, rimase esanime sul campo di battaglia. A non molta distanza p:.mava una carovana agli ordini del tenente Mario Caputo. Questi, avuto sentore di <JUcllo che accadeva, lasciò la. carovan~1 e, coi pochi indigeni di scorta di cui disponeva, accorse in aiuto ai compagni. Circondato dai nemici , resistette strenuamente lìncliè venne per ben tre: volte ferito. Morì pochi giorni dopo in Adigrat. Il sergente Enrico Elena, calmo e sereno, dirigendo il fuoco della sua SlJUadra, h sciò la vita sul campo. Il sergente Emanuele Milella cadde gloriosamente, dopo essersi difeso ad oltranza, insieme a t]Uattro soldati. contro una numerosa orda di ribelli. Il soldato Pasquale Sar;1ceno, ferito gravemente allo stomaco, cadde, 111;1 , rianimatosi poco dopo, si rialzò, riprese il fucile e non cessò di far fuoco fino ;i quando gli mancarono le munizioni. I soldati Giuseppe Boschiero ed Adriano Perla si batterono e morirono erqicamente in un'impari lotta contro numerosi nemici.

Chi, oltrepassando di poco il confine meridionale dell'Eritrea, si affaccia al ciglione dell'altipiano, vede dinanz i :.i sè, ben distinte, tutte le principali località, nelle quali si svolse la battaglia che prest: nome da Adua, ma che più propriamente era detta, in passato, cli Abba Carima; e, se dispone di una buona guida, ricostruendo minutamente ed esattamente le vicende e k fasi dell'aspra e lunga lotta, può trarne motivo di grande ;1mmirazione e di orgoglio. Ma solo chi vide llllel campo nei giorni subito dopo b battaglia, quando ancora era ingombro dei morti che, a migliaia, attendevano b pace della sepoltura, potè avere una precisa idea del disperato valore col quale i nostri soldati si erano battuti.


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Più innanzi, a linee regolari, dove il nemico li aveva sopraffatti nelle posizioni di difesa; più indietro, a gruppi, dove erano stati accerchiati nel corso della ritirata; ma, sia che si trovassero a linee od a gruppi, giacevano tutti con la fronte dalla parte dei nemici: e, se pure le armi erano state da questi asportate, il terreno attorno ai cadaveri era disseminato di rottami d 'armi e di bossoli di cartucce: chiari, evidenti segni dell'ostinata difesa. Un indice eloquente del come si batterono i nostri soldati in Lluella giornata è ncgl i elenchi dei pochi superstiti ed in quelli delle ~ '.:.. ricompense al valore. ~ ' - '··.< . Ne daremo un'idea, spigolando brevemente, a titolo d"esempio, fra i nomi dei modesti uomini di truppa, limit:111doci a quelli pei Lluali risulta che, pur feriti, continuarono a combattere, fìnchè caddero morti, oppure, sopraffatti dal numero dei nemici, furono tratti prig1omen. Il generale .·lrimo11di. Il 5° reggimento Fanteria d'Africa fu quasi interamente distrutto ; pochissimi i prigionieri. Nd breve elenco delle ricompense, assegnate a pochissimi tra i pochi superstiti, troviamo: il caporale Angelo Galhusera, il trombettiere Mariano Mariani, i soldati Anacleto Canaro e Bonfiglio Vincenzo, ciascuno con una ferita d'arma da fuoco ed una d'arma bianca; il soldato Ettore Colombo con due ferite d 'arma da fuoco; il soldato Paolo Pantani con tre ferite d'arma hianca. Nel 4° reggimento Fanteria d'Africa un solo battaglione - il VII - ci dà questa serie di nomi: il soldato Filippo Contini ed il soldato Ancrelo Bernasconi., l' uno con sci ferite d'arma bianca e b


l'altro con cinque; il caporale Carlo Patti ed i soldati Bernardo Capriatta, Sante Di Stefano, Augusto Bassano e Vito Zaccagnino, ciascuno con llUattro ferite di taglio ; il caporale Giovenale Carrcra ed i soldati Arcangelo Avena, Cesare Ccsaretti e Vincenzo Palombo, con tre ferite di taglio per ognuno; il soldato Sebastiano Gigliuti con due ferite d 'a rma da fuoco e tre d'arma bianca; il soldato Giuseppe Marcon con tre ferite d'arma da fuoco; i soldati Giacomo Bosio e Angelo Gabridli con una ferita d'arma da fuoco e due d'arma bianca ; infine il soldato Alessandro Farddla con due ferite d 'arma da fuoco ed una di arma bianca. E se, pote ndo, volessimo continuare a rileggere gli elenchi, dovn:rnmo citare i nom i di altri Fanti più volte feriti di arma bianca. Segno no n dubbio che: ess i combattero110 tenacemente fino all'estremo, mostrarono il più alto sentimento del dovere e seppero seguire :id ogni costo il magnifico esempio dei loro ufficiali. Per citarli tutti, bisognerebbe fare l'appello dei combattenti in l1uella giornata e lJUindi dobbiamo limitarci soltanto a ricordare i combattenti più eroici. Magnifico soldato il colonnello Giovanni Romern, del 4° reggimento d"Africa - mnlagli:-i d'oro - clw , frrito gr:tvt'nwnte m entre combatteva alla testa dei suoi e circondato, si difese strenuamente in una lotta corpo a curpo; sopraffatto, continuò a lottare per non essere tratto prigioniero, finchè, nuovamente e gravemente ferito, morì in seguito alle fc:rite ed all'eroico sforzo. Fu suo degno compagno il renrme a sua di sposizione Michele Cerimele, che lo coadiuvava e clie lottò insieme a lui e lo dife5e finchè cadde al suo fianco. E Giuseppe Baudoin - altra medaglia d'oro - che, sulle falde di monte Raio, comand(\ imperterrito il suo IX battaglione di Fanteria, mantenendolo saldo al fuoco, finchè vi furono uomini che potessero combattere; e che, avvertito che le altre truppe si ritiravano, rispose con indifferente naturalezza: « Non importa ; noi dobbi:.imo star tJu i ... E vi rima~e per sempre! Ed ancora: il ten. colonnello Galliano - l'eroe di Agonfat e di M:ica llè - che ritroviamo L)UÌ, a meritarsi, a prezzo della vita, la sua seconda medaglia d 'oro, sparando, egli stesso, col moschetto, LJUando 11011 ebbe più uomini da comand:m:. Romcro, Baudoin, Calliano sono vecchi soldati, nei quali l'età, la riflessione e la responsabilità del grado hanno rinsaldato lo spirito e la virtù militare. Ma, accanto a loro, ecco, a ben meritarsi la medaglia d 'oro, un giovanissimo tenente: Giuseppe Albino del I


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battaglione indigeni che, deciso a morire piuttosto che a ritirarsi , raccolse attorno a sè pochi valorosi, lottò corpo a corpo contro il nemico soverchiante « ed, esempio Ji nobile fierezza e di sublime abnegazione", - come dice la moti\'azione della sua m edaglia trovò gloriosa morte. Le medaglie d'oro sono la nobile eccezione. Andiamo ora fra le medaglie d'argento. Vi troveremo Francesco Pacilio, tenente del e;" reggimento d'Africa che, sotto un fuoco micidiale, mantenn e termo il suo reparto e, stretto da vicino da soverchianti nemici, prima di pensare a ritirarsi, si prcoccup<'> di rendere inservibile un pezzo di Artiglieria, sul quale lasciò la vita. Ed un altro ufficiale subalterno, il tenente del VI battaglio ne Fanteria Vittorio Taxil che, ferito una prima vulta, rimase intrepido al suo posto e, nuovamente ferito nella ritirata, morì insieme :1 una diecina di soldati, i cui cadaveri, ritrovati un me~c dopo, atte~tavano ancora la disperata tenacia della loro resistenza. Il soldato Leonardo Rampone. del XIV battaglione Fanteria, si battè con tanto valore, che quando, alla fine ve nne fatto prigioniero, aveva nel corpo ben quattro ferite di arma da fuoco e due di arma bianca. Un altro soldato, Cesare Po llini , del 5" reggimento Fanteria d'Africa, esempio a tutti per b fermezza ed il coraggio, aveva riportato, durante il combattimento, d11c ferite di fucile e quattro di arma da taglio, guando cadde prigioniero. Uguale valore dimostrò il soldato Francesco Vaia, il quale, con tre pallottole di fucile nel corpo, continuò a battersi, fìnchè ,-enne fotto prigioniero. Alla fine della campagna fu detto che, per mascherare « l'onta di Adua », si largheggiò nelle ricompense; ma l'elenco, dal (]Ualc abbiamo stralciato i nomi dei militari di truppa feriti più volte e rimasti a combattere, ci dice che ad essi non fu assegnata che una modesta medaglia di bronzo, benchè b loro tenacia m eritasse una più alta ricompensa. Vi furono altri eroi che nulla ebbero e nulla chiesero, com r:, ad esempio, il tenente del I battaglione indigeni Carlo Guastoni - uno dei pochissimi superstiti - il cui contegno era ricordato con profonda ammirazione dagli ascari che lo avevano visto in battaglia e che, da colonnello, do veva poi cadere nella guerra italo - austriaca, meritandosi la medaglia d'oro. Adua fu per l'Italia un disastro, più d'ordine sociale che militare.


nostri dovettero affrontare _, e valorosamente affrontarono sino al loro completo sacrifizio - una gravissima situazione, pur non disponendo dei mezzi necessari a superarla. E ciò perchè nel Paese non era ancora compresa la grande e decisiva importanza che, per l'avvenire dell'Italia, avrebbe avuto quella nostra affermazione coloniale, se felicemente riuscita. E, dopo la tragica giornata del 1'' marzo, mentre l'esercito della Colonia, ricostituito e rafforzato sotto la guida saggia e sicura del generale Baldissera, si ripresentava sulle terre bagnate dal sangue recente, desideroso di ritentare la prova, ed il vincitore, preoccupato dal costo della sua vittoria, prudentemente si ritira va - il Paese non volle la si.cura rivincita che ~li si offriYa.

Sulla battaglia di Adua, riteniamo opportuno riportare quanto scrisse, sull'eroismo delle nostre truppe, un testimone oculare, il tenente Cesare Gu~lidmo Pini (r), cd il generale Antonino Di G iorgio (2). l.a giorna ta del i"' marzo , 896 si svolse con una serie di combattimenti slegati e non con una battaglia vera e propria, preparata e diretta dal nostro Comando, come a noi - tanto minori di numero --- sarebbe s1,1to necessario. ;, Fermi, a contatto gli uni degli altri, cui cannoni in pos1z1one, a ncrnmo compiuto il miracolo di respingere gli assalti di 100.000 nemici, con 14.000 uom ini, combattendo fino a sera, e difficilmente gl i Abissini avrebbero ripresa la sanguinosa partita; avremmo subìto perdite di gran lunga inferiori . ed avremmo potuto considerarci vittoriosi e trattare una pace onorevole. « Invece: Alhertone combatte, coi suoi 14 cannoni e coi suoi 4-000 fucili, dalle 6 alle 10 contro enormi masse, sempre rinnovantisi, le Lluali l'assalgano di fronte, lo avviluppano sui fianchi ed a tergo; egli cade prigioniero, ma non prima di aver veduto travolte le noslre bande, scompaginati il I, VI e VII battaglione (Turitto, Cossu e Valli), decimato !'VIII (Gamerra), ridotte quasi al silenzio, per difetto di munizioni, le batterie bia nche e · nere, dopo morti tutti e quattro i capitani che le comandavano (Henry, Fabri, BianGucLIELMo P1x1: « Adua ». Axrn:s:1?so D1 G10RG10: •< Prefaz ione agli scritti del colonnello Airaghi ,•.

( 1) CESARE

(1)


chini e Ma sotto); nonchè il maggiore Dc Rosa, e quasi tutti gli uf ficial i, gli uomini ed i quadrupedi. ,, Sensibilissime pure le perdite dei battaglioni: Tu ritto morto ; Cossu ferito; Valli morto; Gamerra prigioniero ; più della m età deg li ufficiali morti, molt issimi feriti, non pochi prigioni eri ; rari gli scampati all'eccidio. In eguale proporzione, sia detto ad o nor del vero, caddero gli ascari. <.< Circa alle ore dicci <lei mattino , la sanguinosissinu partita è perduta per la brigata nera ed è la rnlra delle brigate bianche Arimondi ed Ellena, le lluali avnano ud ito rombare il cannone e crepitare la fucileria cd ora vedevano serpeggiare in ritirata la lunga fila dei neri vinti, incalzati alle calcag na dai neri vincitori. (< Dall e dieci alle dod ici, lJUarto d'ora più c1u:1rto d'ora meno, è il tempo in cui le due brigate (1" e J'), dopo essersi ammassate alle falde di Raio , combattono, assalite da tutte le parti Ja un nrmico instancabile, .i mbaldanzito per il successo riportato sui temuti bascibuzuk, vincitori dei D ervisci ad Agonbt cd a Cassa la, debellator i di Mangascià a Coatit ed a Scnafè . Non è possibile, in una descriz ione somma ria e sintetica J\111a battaglia tanto frammentaria quanto fu la nostr~. narrare ordinatamt:nte lo svolgersi dell'azione; la quale procedè a sbalzi, slegata, dis.ord inata, per colpa d'cventi, di uomini e del t<: rreno diflìcilissimo; ma baslerà dire c he, nonostante i prodigi di v:ilort: collet1i\·amente e singolarmente com piuti , in meno di due ore, le due brigate furono tra volte dall 'onda incalzante degli innumercrnli assalitori. « Cadde morto l'Arimondi, ferito l'Ellena, morto il colonnello Romcro, ferito il colonnello Nava, uccisi il tcn. colonnello C alliano, l'eroico e popolare difensore cli Macallè, cd i due comandanti delle batterie a tiro rapido: Aragno e Mangia. (< A mezzogiorno il generale Baratieri, col suo Stato Maggiore, Bandiera al vento, sgombra il colle di Rebbi Arienni cd inizia Li dolorosa, inevitabile e di sastrosa ritirata, la lluale non può non convertirsi, sventuratamente, in un disastro. « I veloci fantaccini etiopi , i velocissimi Cavalieri galla, gli a vidi predoni della montagna , tutti si precipitano, come ad un segnale dato, sul vi nto che ripiega : è una caccia all'uomo spietata e feroce. 1< La nostra Bandiera, la nostra santa Bandiera, cade con l'alfiere che l'impugna, è risollevata , è salvata ed almeno questo segno (<


della Patria lontana non è preda dd nemico incalzante ; non va ad accrescere gli, ahimè!, troppo numerosi trofei del vincitore! ,, Muore, seguendo il generale, il tenente Principe Chigi; cade ferito il tenente Pavoni. Invano Oreste Baratieri, il vecchio garibaldino della leggendaria schiera dei Mille, snuda la sciabola, agita l'elmetto, chiama a raccolta i suoi bravi bersaglieri c gli alpini intrepidi , invoca: Italia! Italia!. .. Cadono i carabinieri della sua scorta personale, muore il ten. colonnello degli alpini Mcnini e chi sa li uanti altri eroi, umili ed ignoti, gli muoiono intorno, cominciando da quello sconosciuto che lo salva per miracolo dal venire ghermito da un Capo abissi no, che ruzzola da cavallo ferito gravemente ... " Visto come furono sopraffatte successivamente le tre brigate: Albertone, Arimondi ed Ellena, rimane a dire di quella comandata dal generale D:ibonnid:1; l'azione della quale brigata si può dividere in due momenti ben distinti: il primo che va dalla mattin:i al mezzogiorno ed il secondo che si prolunga fino a sera. Nel primo momento la brigata appare vittoriosa dei numerosi nemici che la fronteggiano (nonostante il disastro iniziale del battaglione di milizia mobile, guid:ito lbl maggior~ Dc Vito, che vi perì insieme a quasi tutti i suoi ufficiali), ma nel secondo momento - rim:ista oram:ii sola a lottare co ntro tutto l'esercito etiopico - la brigata venne inevitabilmente vinta .. .

Lasciamo ora la parola al Di Giorgio, che appartenne appunto all'eroica brigata D:ibormida e che così ne scrisse, poco dopo b fine del la campagna : " La brigata Dabormida, rinforzata da tre batterie e dal battaglione indigeni di milizi:i mobile, costituiva la colonna di destra. Suo primo obbiettivo questo: impadronirsi di sorpresa, a!r:iìba, del colle di Rebbi Arienni e di là aprire, con le batterie, il fuoco contro il campo nemico, che i sol iti informatori dicevano trovarsi nella sottostante vallata. « La marcia notturna si compì in modo ammirevole; i reparti marciarono serrati, in ordine, silenziosi. Verso le due del mattino la brigata s'arrestò e s'ammas~ò, in posiz ione di aspetto, a breve distanza dal colle, il battaglione indigeno di milizia mobile, avanguardia; più addietro, a rincalzo, le tre batterie scortate da due bat-


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Il Monumento O.<sario ai Caduti di Adua ad Adi Qualù .

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laglioni del 3° reggimento (Ragni); più addietro ancora, in riserva, il resto della colonna: un battaglione del 3° reggimento e tutto il 6" (Airaghi). « Ai primi albori, il battaglione indigeni (Dc Vito) fece irruz ione sul colle e lo trovò deserto; scese nella vallata, s'inerpicò sulle alture opposte e non trovò alcuno; nella vallata si osservarono le 1racce d'un esteso accampamento nemico; numerose carogne, sparse 1.1ua e là e poste ad avvelenare le acque, attestavano, nel loro stato d ' inoltrata putrefazione, che l'accampamento era stato abbandonato da più giorni. « Il battaglione d'avanguardia si fermò sullo sperone Belà; i restanti scaglioni serrarono sul colle e vi si ammassarono. Il comanJantc della brigata si portò avanti , sulla posizione dell'avanguardia, tornò sul colle di Rebbi Arienni, dov'era frattanto arrivato il generale in capo, si intrattenne con lui in lungo colloquio. Separatosene, <lette gli ordini perchè la brigata ripigliasse la marcia in avanti. Al colonnello Airaghi, che intanto aveva aspettato in disparte, disse ed io lo ricordo perfettamente - che si portava alla stessa altezza di Albertone per sostenerne la destra. " Questa decisione venne pre,;a <li comune accordo tra il Rar:1ticri, il Dabormida ed il colonnello Valenzano; ma nessuno dei tre pensò che il vallone di Mariam Sciavitù, invece di volgere a sud ovest, in modo da avvicinare i soldati del Dabormida a quelli dell'Albertonc, volge a nord - ovest; cosicchè, quando la brigata Dabormida s'incanalò in esso, si allontanò sempre più dal.la brigata Albertone. « Il Dabormida scese nd vallone ed inviò sulle alture alla sua sinistra il battaglione di milizia mobile, comandato dal maggiore De Vito, per cercare il contatto con gli indigeni ddl'Albertone; ma il battaglione, assalito da preponderanti forze nemiche, venne subito a perdere tutti gli ufficiali e quindi a sbandarsi. « Intanto la brigata si schierava con il 3° reggimento (Ragni) a sinistra ed il 6° (Airaghi) a destra, con l'Artiglieria al centro e, con questo schieramento, riuscì a respingere le orde abissine, ignorando che il grosso dell'esercito etiopico travolgeva, intanto, successivamente le brigate Albertone, Arimondi ed Ellena. <( Dopo questo primo successo, la brigata Dabormida, assalita da ogni parte, dovette sacrificar~i. n (1). (1) D1 G10Rcro, op. cit.


Circa le nostre perdite durante la campagna 1895 - 1896, il Pini scrive LJllanto segue : ,, Ho ragione di credere che le nostre perdite ad Adua si:ino state di 8.000 morti e di 2.000 prigionieri. Circa le perdite subìte dal nemico, pare che ad Amba Alagi ed a Maeallè, tra morti e feriti, gli Abissini abbiano perduto 10.000 uomini e che ad Adua abbiano avuto o ltre 12.000 uccisi ed un numero straordinario di feriti. In complesso, durante la ca mpaana considerata , !!li Abissini n avrebbero perduto circa 40.000 uomini, dei LJUali 30.000 messi fuori combattimento :id Adua. Secondo il Pini. noi avre mmo inflitto ag li Abissini, nella hawiglia di Adua, perdite uguali al triplo delle nostre cd uguali al doppio del nurncru dei nostri cornhattenti. In n:b z iunc alla forza impiegata, gli Abi ssini ebbero clt111<.1ue circa il 33 per cento di perdite: mentre i nostri reparti raggiunsero, purtroppo, il 60 per cento ed alcuni perfino 1'88 pn l"en to e, come il IX battaglione Fanteria, anche il 92 per cen10 . Le perdite ripor(ate nel le operazioni contro i Dervisci furon o di r 27 ,norti e 28 1 feri ti, tra i quali 4 uftìciali morti ed 8 feriti. Non è pmsihilc prni~:,rr· le perdite ÒC'i Dervi~ci. A conclusione della sua pregevole.: monogratìa sulla battaglia di Adua, il flron zuol i ( 1) scrisse: « Se l'esito della battaglia di Adua non fu fortunato per le nostre armi, ciò non dì pese certo da poco valore dei nostri sold:1ti; tutti unanim ~mente hanno riconosciuto che usi combatterono con disperata bra vura, tanto da imporsi alla ammirazione degl i ~lessi avversari . Di fronte a così luminosi esunpi di eroismo, si può fo rse parhr di disfatta ? Cosa potev,1110 fare, in simili condizioni di terreno, che non consentirono ai reparti di re~tare uniti , menu di 16.000 uomini contro più di 100.000? Le perdite stesse subìte dal Corpo di operazioni parlano dello strenuo valore con cui LJllt'sto si battè: su 9.837 soldati e 571 ufficiali italiani, trovarono morte gloriosa sul cmipo 3.772 soldati (oltre il 38 '\,) e 261 ufficiali (il -'(> '\ ,); dell e truppe indigene non si conoscono con precisione le perdite, ma esse furono gravissime e, sommate a l jlH.:lle impressionanti dei bianchi, Linno ascendere il totale complessivo dei caduti e dei feriti alb metà dei combattenti~ Durante e dopo il combattimento, il nemico manifcstl) nel modo più bestiale la sua ba rbarie ~ 406 asc:1ri, caduti prigionieri. furono assoggettati al taglio LP

( 1) .-\ . B1-o:-1zcou: ,, ,\,111:1 "·


1

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della mano destra e del pieòe sinistro; 6 ascari e 30 nostri caporali c soldati furono evirati; moltissimi cadaveri furono straziati in modo orribile! Neppure la maestà della morte trattenne i nemici dal compiere questi nefandi oltraggi! << Ignote sono le perdite del nemico; ma si può ritenere che esse siano state di oltre 6.000 morti e 10.000 feriti. Ora, l'aver tenuto testa per più ore ad un esercito sette volte superiore e l'avergli inflitto un totale di perdite maggiore della forza del nostro Corpo di operazione, stanno a dimostrare luminosamente il valore dei soldati d'Italia. « Questi fecero tutto il loro dovere e l'aureola del martirio consacrò la fine di quei valorosi, i cui cadaveri furono ritrovati così allineati, da sembrare ancora schierati in ordine Ji battaglia. L'essere stati travolti e annientati dalla nera e selvaggia valanga non offusca l'onore dell'esercito; nè si può dire che, per colpa dei suoi soldati, l'Italia sia stata vinta ad Adua, come i denigratori della Patria affermarono. « L ' Italia, invece, (u vinta quando un Governo, dimentico del dovere di vendicare i suoi figli caduti , non pensò che a liquidare la /JÙte avventura ed :i fare pace con gli Abissini. a costo di L]Ualunque nnunc1a. « Eppure Menelik era uscito dalla battaglia così stremato, da non sentirsi di poter continuare la lotta e, nonostante il prestigio acquistato con la recente vittoria ed il bottino di armi e di artiglierie, rinunci11 allo scopo per cui si era mosso - il passaggio della linea Mareb - Belesa e l'invasione della nostra Colonia - e ricondusse le ~ue orde sulla via del ritorno. << Poco dopo, il Coqx> di spedizione, riunito e riordinato dal oenerale Baldissera, riusciva in breve a sbloccare Cassala dai Dervit> sci, li batteva a Tucruf, liberava Adigrat, imponeva a ras Mangascià, con una dimostrazione su Adua, la liberazione dei prigionieri, risollevava lo spirito del Paese, faceva sperare in una rivincita. Ma di tutto ciò non si volle tener conto. La campagna, che con un brillante epilogo avrebbe certamente cancellato il triste ricordo dell'insuccesso di Adua, non fu continuata; le truppe furono ritirate e la guerra finì con una pace ingloriosa. Solo allora e solo per colpa dei governanti, Adua diventò una vera sconfitta, una grave sconfitta: perchè - come scrisse il generale Pollio qualche anno dopo, trattando della battaglia di Custoza - non solo per un esercito, ma più ancora per una nazione, non c'è nulla di più terribile che una sconfitta senza rivincita!


" 1 luoghi santificati dal sangue italiano - Dogali, Agordat e Senafè - furono, pochi anni or sono, visitati dal Re, il quale, ad Adi Qualà, in vista di Adua, inaugurò un monumento ossario dedicato ai gloriosi Caduti, sempre vivi e presenti nel nostro ricordo e nella nostra ammirazione >•.

Ed ora riteniamo opportuno riportare qualche tratto dai diarii o dalle lettere che ci sono rimasti di coloro che, ad Amba Alagi e ad Adua. combatterono eroicamente e morirono per la grandezza della Patria. 1'011 si possono legge re senza una prufunda commozione k parole del Tosell i. del (~all iano, del Dabormida che, anche n ei loro ultimi scritti , espresst:ro la loro fede ne i destini dell'Italia e manifestarono la loro riconoscente ammirazione per la disciplinata fedeltà e l'eroico valore dei nostri soldati. Scrisse il Toselli, in una su:1 lettera in data del 17 gennaio 1895: " H .1 f:ttto caldo ed una volta ancora sono stato fortunato! Cbc bella trupp:1 , che r;1gan.i d"flro 1 " Però anche gli altri non scherzano e capisco Dogali: ti assicuro che fìschi:n·:1110 le palle e cadeva la gente come non credo succeda d i meglio in una batuglìa moderna , nella vecchia Europa ,.. ln un .altra lettera, datata da Adigrat, 15 aprile 1895, lo stesso Toselli scriveva : « lo mi raccolgo e pemo, in (1uanto ne ho il tempo, e medito in L)llanto ne ho l'opportunità ; ma esse nzialmente agisco. Poteri ne ho illimitat i, ma a patto di non errare e di riuscire. (, E. veramente una condizione di cose curiosa e caratteristica ed insieme lusinghiera e pericolosa. Io penso che, fra qualche anno, allor(Jllan<lo tJuesta regione sarà italianizzata, nessuno forse ricorder:ì che oggidì e ·2: un uomo che cerca costantemente l'obbiettivo serio e logico e raggiungibile e che dedica esclusivamente al servizio notti insonni cd agitate e giornate tormentose. Sono eterne conferenze, sono pazienti confabulari, sono ricerche coscienziose. E non so neppure vedt'rci la prospettiva di un premio, giacchè credo poco alla riconoscen za degli uomini .... ,, Ho, a due marce, in Adua, il maggiore Ameglio con un battaglione in stazione provvisoria e con l'ordine di agire sotto le mie direttive. Ho di fronte Mangascià da sorvegliare e da rintuzzare, ove


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li.:nti qualche col Po; può darsi lo tenti m maggio o nell; terza de, ade di aprile ed, in tal caso, non dispero di una fortuna , ma ritengo più probabile che non siano altro che avvisaglie e che la partita sarà rime·ssa all'arrivo dei soccorsi scioani, ossia a settembre , J opa le grandi piogge; per ora mi pare passa fare arrivare Alula , ma non con grandi forze. Ad ogni modo tutto è indeciso. Però per settembre è probabile una grossa partita. Io, per fine maggio, avrò il forte in ordine, qualche pezzo da batteria, la possibilità di mobilitare una discreta colonna, i magazzini forniti; di qui ad allora mi troverò a disagio ed attraverserò un periodo di crisi. Dunque è un mese e quaranta giorni di vita agitata che ho dinnanzi perchè non passo fidarmi di lasciare qui poca gente, senza una difesa sicura, per battt:re la campagna con una forza considerevole. Dopo le cose cambieranno. Che Dio me la mandi buona ... Ho sulle braccia Agos Tafari, un alleato , una nullità, un pericolo, un peso. Cerco di galvanizzarne l'ignavia e tento di spingerlo in settimana ad occupare stabilmente l'Asbidera, un bastione avanzato. Ma temo della sua irresolutezza. Un insuccesso lo perde ed è poco male: ma lascia me in aria perchè non ho peranco trovato nell a regiont' la stoffa dell'avventuriero per sostituirlo. F sì che questo avventuriero, mmc lo desidero io, potrebbe, col nostro aiuto, farsi uno staterello e raccogliere gran parte della successione di Mangascià ,, . In un' altra lettera, scritta da Macallè il 26 ottobre I 89:;, l eroico . . maggiore scriveva ancora: ':.. ... Assumo il governo delle nuove province e fortifico ~facallè, do"e avrò residenza col IV battaglione, 4 pezzi ed una sezione Genio, più qualche banda ... « Campagnetta faticosissima: più giorni di lunghe marce fra le schioppettate da ogni altura. Ma immenso il conforto di questa fiducia plebiscitaria e commovente da parte di ufficiali ed ascari, a cui tutto passo chiedere e da cui tutto ottengo: cose straordinarie 1 Dd nuovo impianto è grave a tutti il disagio e il sacrificio: eppure tutto si immola dinanzi all'orgoglio di battaglione ed all'affetto per me! ... ·1< Io ebbi la sorte di comandare ad ufficiali e soldati valorosi , ed a cui sapevo di potere tutto domandare nel camPo del possibile. Con tali elementi si va molto lontano e diviene piccola cosa il merito di riuscire ad unificarne ed integrarne lo sforzo. u Ad ogni modo sinora tutto è andato bene e noi siamo orgogliosi di - avere l'approvazione della patria lontana.


136 ,, Non è finita però: e l'avvenire, forse non lontano, altre prove c1 riserba: noi siamo pronti e cerchiamo di esserlo ogni giorno di più I) ,

Il Galli:mo scriveva dal forte di Macallè all'amico maggiore Alberto Raineri, che fu poi ferito ad Adua, al comando del XIII battaglione (brigata Dabormida): " 10 gennaio. Tre attacchi notturni: alla mezzanotte e mezza, alle 2 e poi alle 4 del mattino, l'ultimo, proprio allo spuntare della luna , prese uno sviluppo molto grande : più migliaia vennero all'attacco, di cui molti arrivarono ai cavalli di frisia ed al reticolato della difesa accessoria, mentre, dalle posizioni sulle alture di fianco, fucileria da 1.000 e 1. 2 0 0 metri tempestava il terrapieno ed i cannoni a tiro rapido bersagliavano il ridotto. Due fogatc, fatte brillare a tempo, ebbero ottimo ri sultato ed, alle 4,45, il nemico taceva, ritirandosi alquanto dentro i valloni, per riprendere tosto con vigore il tentativo verso le 6, sull'albeggiare. Anche questo :1ttacco fu respinto ed il nemico si :1!lo nt:111 Ò, b sciando percJ in posizione 5 crnnoni e della fucileria che co ntinuarono per tutto il giorno ad ammazzarmi L1ualche uomo e qualche quadrupede, facendomi sprecare mu111 z 10111. ,, 11 gennaio. Anche questa notte il nemico ha voluto tenermi sveglio con qualche attacco ; sono venuti con le scale per la scalata ed ordigni per guastarmi il reticolato; non riuscirono ed, all 'alba, vidi prepararsi un attacco avvolgente, che sviluppò poi durante tutta la giornata il massimo sforzo dal lato est, dal Corpo di Maconnen, comandante in capo, mentre che dagli al.tri tre fronti ero attaccato da altri ras. Se il forte non è caduto oggi , è proprio che lo stellone d'Italia deve brillare ancora, malgrado tutti i nostri torti! Innumerernle il numero dei nemici, furibondo l'accanimento con cui si fecero sotto. E' sabato, giorno a loro propizio e, sperando nella stessa fortuna di Amba Alagi (avvenuta in sabato), non mollarono fino a no.tte, ritirandosi talmente malconci, che abbandonarono morti e feriti; il che non fanno mai. Se avessi due compagnie di più, sarebbe stato affare finito; ma mi trovo in condizione di non poter mandare fuori lJUattro uomini ed un caporale. I due burroni dell 'acqua sono occupati da migliaia di persone e, se mi esponessi a perdere una compagnia, non potrei più tenere il forte. Si sentono nei bur-


1 37 10111 e pc1 campi i pianti ed i lamenti pci morti: sia pel numero dei Ca pi come per i gregari pèrduti; le perdite devono essere grandissime a giudicare dai lamenti; certo qui sotto si piange e si cercano ddle persone importanti. Se domani spuntasse l'avanguardia del ( :orpo d'operazione, sarebbe una vittoria sicura ed una ritirata pre1..' ipitosa per Mendik, che difficilmente arriverà allo Scioa. Se il Gove rnatore tarda, io non so come andrà a finire e, se domani dovessi ~ostenere un attacco come c1uello di oggi, sarebbe un guaio per le l artucce, che verrebbero a mancarmi pc! seguito. Capirai che, con tutti questi pensieri e con le seccature del frequente schioppettìo sopra quelli che si avvicinano per cercare i morti, non posso certamente dormire e, dopo dettati gli appunti pel diario e pel giornale . .l'assedio, aggiungo queste righe a questa che, ormai, è diventata essa pure un giornale e che ti servirà per confrontare l'onestà dei giornali e dei rapporti a cose finite, nella supposizione che essa ti giunga. •1 20 gennaio. Carissimo mio, un saluto a te e a tutti i compagni che mi conservarono affetto. Sono 13 giorni che avverto il Comando che mi fu tolta l'acqua, senza speranza di riprenderla; non vedo mmparirc nessuno. rhi sa (1uale fatalit~ impcdi,,a al ftir:rtieri di ~occorrerci? E' questione <li ore e poi il sacrifizio. « Qualunque cosa altri possa scrivere a sua difesa, sappiate tutti ( hc ho compiut::> fino all'ultimo scrupolosamente il mio dovere e ( he niente, nè dimenticanza, nè errore ho a rimproverarmi, se non fosse troppa onestà di soldato, che non è sempre giustamente apprezzata. (• Io muoio sereno, pensando a voi, all'Italia, ed augurandomi cl,e questa Bandiera cl,e ho ammirato superbo .wentolare per tanto tempo sul mio capo, fidellle in essa, e che ho stre11uame11te difesa, non abbia ad arrossire degli errori di chi ci /,a sacrificati. Viva /"Italia! "·

Ecco ora una commovente lettera del generale Dabormida alla moglie, in data del 21 febbraio 18~: (( Non temere, Nina mia, qui non si fanno imprudenze ... tutl 'altro. I due avversari sono tanto prudenti, hanno così poca impazienza di giuocare il tutto per il tutto in una grande giornata campale, che, a meno di imprevedibili circostanze, questa giornata non


spunterà forse m a i. Da parte nostra si crede che, prima o poi, gli Abissini dovranno decidersi ad attaccare o ad andarsene, appunto perchè, avendo con sè donne e bambini, per 80.000 combattenti , hanno 150.000 bocche da sfamare con le risorse del paese che cominciano ad esaurirsi. E, come è opinione generale che attaccarci non oseranno nelle forti posizioni che occupiamo, le maggiori probabilità sono per una loro più o meno prossima ritirata. Avvenendo la quale, con le forze di cui disponiamo, potremo fare del Tigrè quello che vorremo. E, prima che l'intiera Abissinia si riunisca di nuovo in armi contro di noi, ci andranno molti anni, se pure potrà accadere ancora, perchè, quando fossimo padroni del Tigrè, le sue forze, che sono le più agguerrite del l'Abissinia, sarebbero a nostra disposi zio ne. Come vedi, Ll uesta soluzione, che ritengo anch'io la più probabik, sarebbe 1:gualmente sicura, per le vfre che ti sono care, che una pace, la 1..1ualc, dopo i precedenti fatti della campagna, ~arcbbe poco onorevole. Certamente, perchè i fa tti maturino, ci. vorrà del tempo ed è perciò necessario che tu abbia pazienza. Soltanto se, con l'arrivo dei nuovi rinforzi mandati dall ' Italia , il generale Baraticri si crederà abbastanza forte per attaccare, la soluz ione potrà :iversi nd marzo. cd allora il nostro ritorno potr:1 aver luogo prim;i dcll"cstate. E' questo ciò c he la grande maggioranza desidera, perchè a tutti arride di poter tornare in patria, dopo averle dato la gloria di una grande vittoria. Questo sentimento non è degli ufficiali soltanto, è di tutti .i soldati. kri con due battaglioni, una batteria ed una compagnia di indigeni, ho fatto una ricognizione contro la sinistra nemica, per esaminare le posizioni ed il terreno dell'eventuale nostro attacco. Se tu avessi visto che alleg ria sui volti del soldati! Erano felici di andare avanti, di fare le fucilate. La ricognizione è riuscita, perchè ci fu possibile renderci conto perfettamente delle condizioni del nemico e del l'attacco, riconoscere le posizioni per l'Artiglieria, vedere come il nemico intenda parare alle nostre minacce. Il combattimento fo breve e non cbbimo che 6 feriti. Il nemico, di fro nte alla calma, alla fermezza delle nostre truppe, arrestò l' attacco che aveva intrapreso con molto slancio contro la compagnia indigeni, che avevo spinto avanti, per permettermi di salire su di un 'altura dalla quale si dominava il terreno antistante. Ammirai anche la condotta delle nostre truppe indigene che ripiegarono ordinatamente appena ne mandai l'ordine e si portarono su una nuova posizione che indicai loro. Le nostre truppe bianche, scaglionate sul piano, devono avere impressionato l'avversario. Esse


1

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manovravano come in una esercitazione di pace, anzi molto meglio. G li uffìcjali volevano andare avanti, i soldati erano impazienti di impegnarsi. Ma il mio compito non era di trascinare tutto il Corpo di operazioni in una lotta non preparata e dovc.tti frenare tutti. Dissi ai soldati: oggi vi ho fatto sentire le fucilate, fra qualche giorno ve le farò tirare, e fu una risata generale •>. All'amico, generale Chiala, il Dabormlda scriveva, ln una kttera purtroppo senza data: Gli informatori ed I nostri posti d'osservazione ci hanno ~egnalato uno spostamento del nemico contro la nostra sinistra, ove sono gli indigeni comandati da Albertone; poi eia tutte le parti. giunsero notizie affermanti che questa mattina vi sarebbe stato un attacco generale delle nostre posizioni. <• Tutti lo speravano perr hè, quantunque esse sieno molto estese e lascino llualche cosa da desiderare, specialmente sulla sinistra, pure era generale il convincimento che il nemico sarebbe stato respinto e la vittoria avrebbe messo termine a questa situazione non priva di pericoli per la defezione di ras Sebat che, quale capo dell'Agali generale Dabormida. mè, potrà darci seri pensieri per le nostre comunicazioni, che finora furono sicurissime. Ma l'attacco non venne. Gli Abissini non vogliono esporsi a combattere sulle posizioni da noi scelte, dalle 'iuali la nostra Artiglieria possa avere tutto il suo effetto. " Ed a noi non conviene andarlo ad attaccare nella regione intricatissima delle montagne di Adua, che non ci permetterebbe l'impiego dei nostri cannoni e ci esporrebbe ad essere schiacciati dalla sua enorme superiorità numerica. 1c Tra due avversari, che aspettano ambedue l'attacco del nemico, la situazione può durare a lungo. {<


140 " Il morale è altissimo. Tutti desiderano di combattere e non mancano le critiche che, se talvolta ebbero l'apparenza di 1..1ualc he fondamento, io ritengo, nel complesso, affatto infondate. Pazienza ci vuole ed è quest:i una vi rtù che anche g li Italiani dovranno imparare ad avere, se vogliono trionfare delle difficoltà africane ... " Qui si ha bisogno di molta calma, di molta seren ità . L a partila che si giuoca è molto seria e ne usciremo bene soltanto con la concordia, con b disciplina, col sacri ficio delle opinioni individuali . Quello che pare straordinario è il buon accordo che, almeno in apparenza, regna nel campo nemi co, in cui pure sono vivi tante rivalità, tanti odii ... ,, Credo d'interpretare un vi vo desiderio d i Albertone, mandando ti i suoi saluti . Lo vidi un momento, lluesta mattina; ma non pensai a d irgli che avevo intenzio ne di scri verti. Egli comanda b sini~lr:t ed io la destr:1, per cui le nostre relazio ni non possono essere fret1uenti "·

Del generale Vittorio Emanuele Dabormida. il Menarini (i) che,

da capitano dei bersaglieri, fu ferito ad Adua, scrisse : •• Mi pare ancora di vedere il nostro generale, che cammina su e g iù presso il sicomòro, ove l'Artiglieria si era messa in posizio ne

al mattino. E' la prima volta che ci sembra preoccupato e nervoso . .,E. grave, è grave! - - mormorava tra sè. Non una notizia, non un ordine, no n un rinforzo, nulla!. .. ". E, mentre la grandine dei proiettili turbina va into rno con mille suoni e miagolii diversi, il generale, ritornato calmo e col suo solito sorriso, si volgeva di tanto in tanto al colonnello Airag hi cd a noi, ufficiali del Comando di brigata e del 6'' reggimento, dicendoci come fin dal mattino non avesse avuto sentor e del Comando Supremo: " Sembra scomparso: fino ad ora non si è fatto mai vivo!''. Ed il maschio volto si rabbuiava di nuovo per un istante fuggevole, poichè Egli - come tutti noi no n poteva ormai più illudersi sulla disperata situazione in cui trovavasi la brigata. ,, E davvero senti vamo che si a,·v1c111ava il pnnc1p10 della fine ; stanchi , assetati, affamati, laceri e senza scarpe, su un terreno roccioso, fra m acc hie di spini, con un nemico tre o qu attro volte più ( 1) Cfr. L.

:\hN ARINI :

,,

L1 hrig:11a D:ihormida alla b:1tt1glia di Adu:1 " ·


qr numeroso cli fronte ... Era presso a pxo questa la situazione, quando, ad un tratto, il generale, data una lenta occhiata all'ingiro e chiamato il colonnello Airaghi: " Voglio - gli disse - tentare un ultimo attacco generale; chissà nel frattempo non mi giungano i Airaahi sorrideva con aria incrcrinforzi " . E, siccome il colonnello . I:"> dula, il generale continuò: ''E, se i rinforzi no n giungeranno, l'assalto mi permetterà di iniziare la ritirata" . ,, La voce di un prossimo assalto generale si spande in un baleno lungo tutta la linea di battaglia; giunge persino sulle alture; il fuoco si accelera di nuovo; le nostre belle batterie si assecondano , sparando forse gli ultimi colpi e, poco dopo, l'eroica brigata si lancia all'assalto dalle tre fronti. <• Dabormida, a cavallo, con l'elmetto nella mano destra, come un generale della Rivoluzione, si lancia avanti la linea del 6° reggimento; il colonnello Airaghi lo segue, con la sciabola in alto. Un urlo, uno sforzo disperato e le truppe si precipitano sul nemico, che non muove d'un passo e continua il suo fuoco; è la lotta corpo a corpo, feroce, accanita, ma per pochi istanti, poichè la massa nera, anche questa volta, è obbligata a ritirarsi ondeggiante e confusa. Abbiamo guadagn:ito lo ~p:izio necessario per inizia.re la ritirata attraverso la valletta ad imhuto; ma quanti caduti abbiamo lasciati per via e come il nemico è fitto intorr~o a noi! Ah, se fossero giunti rinforzi, anco in llucll 'cstrcrno istante, non si sarebbe perduto! Ma ormai più nessuna speranza ... Pel prode generale dovette essere un hen triste momento t)uello in cui , piegando :il dovere, si rivolse al colonne! lo Airaghi e gli disse: .,Airaghi, bisogna iniziare la ritirata ; tu la coprirai col tuo reggimento! " . - ··va bene, Generale" - rispose il colonnello del 6'' reggimento; e i due eroi si separarono senza aggiungere una parola e forse per non rivedersi più mai ... ,, Dabormida si diresse all 'imbocco dell'angusta valletta per cui avrebbero dovuto sfilare le truppe cd Airaghi ritornò sulla front e di battaglia verso AJua, per dare gli ordini necessari. Non c'era biso!!no d 'altra indicazi one per ordinarci la ritirata; ma, stretta e disagevole era la via che, con sforzi sovrumani, efficacemente aiutati dai battaglioni De Amicis e Raineri, :ivevamo potuto mantenere sgombra dall'onda avvolgente del nemico. Un vero imbuto, in parte acquitrinoso, poi in ripidissimo pendio, foggiato ad alti gradini e coperto di folti cespugli spinosi: t]uindi il colle, presso cui aveva combattuto fin dal mattino il battaglione De Amicis e di là un sentiero difficilissi mo, che si s,·'.)lgna to rtuosamente a mezzo d'una co-


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sta erta, brulla, rocciosa e che ci avrebbe pai condotti sul sentiero diretto al colle di Zalà. << Sulle nostre tre fronti di battaglia non v'è ormai più distinzione di reparto: compagnie e plotoni si sono ormai fusi in una linea compatta, mossa dal! 'istinto di vender cara la propria esistenza, una linea in cui i soldati di vari reparti si sono casualmente raggruppati attorno ad un ufficiale o ad un graduato qualunque. Non l~ più un combattimento, t~ una lotta disperata, più che per la vita, per l'onore. Il gennale Daborrnida, appena lasciato il colon nello Airaghi, s'era diretto, come dissi, allo sbocco della valletta ad imbuto; ma, preoccupato della sua sinistra, insieme al suo aiutante di campo. capitano Bell avita , aveva cominciato ad ascendere l'aspra :dtura , dov<: combattevano il battaglione De Amicis e quello Raincri. E ra da lassù, infatti, eh<: solo era passibile coprire la ritirata dei combanenti nella valle. Ben presto, però, il cavallo si rifiutò di più oltre salire ed il gcm:rak, troppo sta nco per proseguire a piedi, incaricò Bellavita di recarsi dal maggiore Raineri e di ordinargli di trner fermo, per quanto possibile, sull'altura che occupava, mentre egli sarebbe ridi sceso per dirigere l'incanalamen to della brigata. li generale. infatti, tornò di bel nuovo verso lo sbocco della valletta :1d imbuto, mentre il capitano Bellavita continuò l'ascesa. Giunto quasi in cima all 'altura, l'aiutante di campo si imbattè nd magg iore Dc Amicis. che E1 trovavasi coi resti del IV battaglione, gli com unicò l'ordine del ge nerale e lo pregò di volerlo trasmettere anche al maggiore Raineri, che combatteva più a sinistra . Subito dopo il capitano Bcllavita ritornò sui suoi passi, dirigendosi allo sbocco della valletta ad imbuto; ma, per quanto lo ricercasse e ne chiedesse, non potè più ritrovare il ge ner~le Dabormida ». Egli era eroicamente caduto, come ebbe poi a scri vere il generale Albertone, dopo il suo ritorno dalla prigionia, in una lettera del 22 ottobre 1901, alla famiglia dell'eroico generale. " Fino dai primi giorni della mia prigionia nel campo abissino (marzo 180), intesi par lare, dai capi e dai sottocapi di ras Micacl, della sicura morte del ge neral e, conte Vittorio Dabormida, nella battaglia di Adm ( i'' marzo J 896). Ricordo, anzi, che i gregari del detto ras sokvano nominarlo "Gìniral Daborumeita" . Le stesse notizie in proposito mi furono confessate, un mese dopo, da ras Maconnen, il l]Uale si mostrava ammirato dell'eroismo del compianto generale. "Nell 'autunno dell'anno 1896, dopo conclusa la pace, il Negus Menelik mi faceva consegnare la sciabola e la sciarpa del generale


Jhbormida, ond'io la facessi avere alla sua famiglia, esprimendo in pari tempo il suo rammarico per la morte del compianto ufficiale. In quell'occasione, ebbi dai familiari del Negus Menelik, e specialmente dal grasmac loseph (il lJuale parla correttamente la lingua francese), alcuni interessanti particolari circa la morte del generale Dabormida. Mi fu detto che, ridotto Egli, verso la sera del 1° marzo 18~, su un'altura, vi faceva con un centinaio di soldati italiani tenace resistenza, cagionando gravi perdite al nemico. Fu allora che un ture bascià del Negus (capo di 25 soldati) . guadagnò, con un largo giro, un'altura retrostante e sovrastante a quella occupata dal Dabormida e di lassù, con un tiro bene assestato, lo colpì mortalmente al cuore. Lo stesso ture bascià correva tosto sul luogo, ove era caduto il generale, e lo spogliava delle armi, del portafoglio e della ~ciarpa cd aveva quindi modo di constatare che era ben morto. (< Per le esposte circostanze, sono assolutamente convinto che il generale Daborrnida conte Vittorio è morto il 1 " marzo 1896, sul (ampo di battaglia di Adua ,,.



SOMALIA



I.

L'ESPANSIONE ITALI AN A IN SOMALIA

precedenti politici e militari. Ancora ~ul principio del secolo scorso la Somalia era conosciuta soltanto come una costa eminentemente inospitale, dietro alla quale si estendeva una regione arida, abitata da gente ancora barbara; e, poichè nel 1825 e nel 1855 vi erano stati massacrati gli equipaggi di due navi inglesi, l"opinione che ~i aveva dei Somali rimase confermata (1). Le cond izioni della Somalia andarono, però, relativamente migliorando, quando g!i Egizi:rni, che gi~1 cbi 187r al 1875 :n·ev:mo portato il loro dominio nel golfo di Aden, lo estesero a tutta la costa settentrionale del paese dei Somali ed a parte di quella orientale, dal capo Guardafui a Ras Hafùn. Zeila, Berbera, Harrar ebhero un presidio egiziano e, se già qualche anno prima era stato possibile compiere brevi viaggi nella Somalia setrentrionale, più larga messe di notizie fu concesso di raccogliere sul paese dei Somali all'Haggenmaher, all 'Hildebrandt, a Giorgio Revoil e al De Menges, una volta che esso fu posto sotto il dominio egiziano. Nel 1884 gli Inglesi, gi:1 legati al le popolazioni del litorale da convenzioni stipulate nel 18:27 e nel 1855, sostituirono con truppe britanniche il presidio egiziano di Berbera, dìc: Jivcnnt la Capitale della regione sottopona alla Gra n Bretagna. L 'occupazione di Zeila seguì poco dopo; mentre gli Egiziani si ritiravano anche da Harrar, lasciando il dominio di quest'ultimo paese ad un Sultano locale, l'emiro Abdullah, spodest;to poi dal ras dello Scioa (Menelik), che conquistava quella pro\'incia nel gennaio del 1887. Questo per la parte settentrionale della Somalia. (1) Cfr. G.-1.1B1:

«

Scoria dclic colonie i1:1liane "·


Per quanto concerne le coste somale dell 'oceano Indiano, l'intera costa, dal capo Corrirntes a Brava , già sottoposta alla supremaz ia portoghese, tornò sotto la risorgente potenza araba nel 1698, l)Uando, con la presa di Mnmhasa, quei territori passarono alla dipendenza del Sultano di Mascate. L' Inghilterra, chiamata ad intervenire dalla rivalità dei dominanti , inalben', a Momhasa (1823) ed a Brava (1825) la bandiera britannica; ma paco doix) ( 1826) si ritirò e tutta la costa a nord del capo Ddeg:1to ricadde sotto la dipendenza del Sultano di Mascate, al lJuale rim:ise fino all'anno 1856, quando, alla sua morte, l'Impero fu divi so tra i suoi figli. Fu allora costituito, per il principe Sayed Said, il Sultanato di Zanzihà r, resosi indipendente cb Mascate nell'aprile 1861. Anche di questa pa rte della Somalia poco si sapeva prima che arditi esploratori come il C ri stopher (1843) ed il capitano di fregata francese Guillain ( 184(> - 48) pubblicassero i risultati delle loro esplora,-.ioni e dei loro st11dì e prim a che valorosi esploratori italiani, guaii il Filon:mli . il Cecchi , il Ruspoli , il Bòttego , il Grixoni, il Vannurelli , il Citerni, il F crr:rncli cd altri svelassero i misteri di quella n...·g 1vnc.-;.

L'espansione italiana sull'oceano Indiano e l'acquisto del Benàdir. L' Italia , padro nJ delle coste del mar Rosso fra Assab e Massaua, mentre, come abbiamo visto, cercava di progredire nell 'interno dell'Etiopia , si adoperava per affermare la sua influenza anche sulle coste della penisola dei Somali, una delle poche regioni sulk LJUali non aYesscro ancora stabilito il loro dominio altre Potenze europee e sulle L]Uali non si poteva temere, per conseguenza, di suscitare le altrui gelosie o di ostacolare le altrui aspirazioni. Verso il 1885, <.Juando l'Italia iniziava la fase attiva delle sue imprese coloniali, la Somalia aveva gli Inglesi sulle coste del golfo di Aden; più a sud i due Sultanati dei Migiurtini e di Obbia; più a sud ancora, cioè sulla costa del Benàdir, i porti e le città di Chisimaio, Brava, Merca, Mogadiscio e Uarscèich erano alla dipendenza del Sultano di Zanzibàr, mentre l'intervallo fra i porti e l' interno e ra diviso fra le diverse e discordi tribi:1 della costa, che non erano certo in grado di sfruttarne le risorse.


La Somalia Italiana.

Poche settimane dopo l'occupazione Ji Massaua, la nostra nave Barbarigo ebbe la missione di recarsi a Zanzibàr, per visitare le coste dipendenti da quel Sultanato e per esplorare la foce del Giuba (1). (1) Nei rigua rdi di questa crociera dr. C. CF.sARI: « Colonie e pom:dim enti coloniali ».


Il wma nda111e della Barbarigo ed il console Cecchi, che lo accompagnava, non poterono allora ottenere concessioni territoriali , come era intenzione del Governo, ma riuscirono a concludere un trattato, col <1ualc si assicuravano all'Italia importanti vantaggi comm erciali (28 maggio 1885). Ci era così permesso di estendere le nostre asp1raz1o ni coloniali an che sulle coste dell 'oceano Indiano, dove, a Zanz ibàr, era già stato istituito un nostro Consolato generale. Sul finire del r888 il Sultano di Obbia ( 1) chiese la protezione: dell'Italia e l'atto di accettazione venne lìrmato solennemente da Jùsuf Alì l'8 febbraio 1889. Con LJUtsto trattato tutti i possessi del Sultano passavano, da El Meregh a Ras Auàd, sotto la protez ion e del Governo ita1iano. N el 1889 anche il Sultann dei Mig iurtini addiveniva ad un a Convenzione, firmata il 7 aprile in Bende Alùla, con la quale m etteva sotto la nostra protezione il paese da lui do minato sull'oceano In.-lntonio Cccchi. diano_, da Ras Auàd a Ras el Chi) , vallata del Nogàl compresa, impegnandosi a non concludere ulteriori trattati con altre Potenze per i rimanenti territori da lui posseduti (2)Nel novembre dello stesso 1889, il Governo italiano notificava a ll e Potenze (3) di aver assunto il ~~rotettorato di quei territori della ( 1) N d 1878 Jùsuf Alì, go vernatore di Alùb per conio d j Osmàn Mah111t1d. Sultano <lei Migiurtini, si ribclbva :il suo sig nore, che gli mosse guerra. Verso il 1884. rnnd usa la pace, Jùsu f Alì andò coi suoi seguaci a stabilirsi :id Ohhi:i. ove fondò quel Sulta nato. (2) li pro tettorato i1aliano si eslcse poi :1 tulio il territorio dei Migiurtini, ,·011 la Co1n-enzio11c in data 18 agosi-o i t,~ H. (_~) L1 n otif-icazionc venne fatta ai sensi dell'Atto ge nerale ddb conferenz:i di Rerlino (1 885) ch e ne prese nota per d:1rc ai possedimenti e protettor:iti un Yalore _!?Ìuridico.


I

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costa orientale dell'Africa (dal limite nord del territorio di Chisimaio al limite sud del Sultanato di Obbia) intermedi fra le città cd i porti appartenenti alla Zanzibàr, e poco dopo inviava la nave Volta a riconoscere quella costa. La Volta partì la mattina del 21 aprile 1890 (1) ed il :24 aprile diede fondo al largo di Uarscèich, essendo allora i fondali mal conosciuti, ed il comandante inviò a terra il sottotenente di vascello Carlo Zavagli con un interprete e 4 marinai; ma questi, appena sbarcati, furono assaliti dagli indigeni. Il tenente Zavagli e il nocchiero Bcrtorello furono feriti a morte e poterono a stento essere trascinati sulla barca dai marinai superstiti e riportati a bordo della Volta. Il doloroso incidente lasciò perplesso il Governo; ma l'anno seguente, per quanto nu11 giudicasse opportuno di procedere subito ad occupazioni territoriali, esso riconobbe l'utilità di avere sulla costa un punto di approdo e diede incarico al console di Zanzibàr di sceglierlo e di occuparlo. Il capitano Filonardi sbarcava , infatti, nel febbraio ciel 1891, presso il villaggio di El Adhale (2) e ne prendeva possesso il , 4 marzo, in nome del Governo. Nel lo stesso mese di marzo yeni v:rno rlefiniti ccr. l'Inghilterra (3) i confini dell'hinterland nella parte meridionale della Somalia. Ma, a rendere efficace l'influenza italiana in <..jUelle regioni, assumevano una capitale importanza le città cd i poni dd Bcn:1dir, ancora alle dipendenze del Sultano zanzibarita, ed il Governo italiano, dopo lunghe trattative, concluse, d'accordo con quel Sultano e col Governo inglese (che ne aveva assunto il protettorato col trattato del 13 giugno 1890), una Convenzione, firmata il 22 luglio 18~p, con la quale veniva ceduta all'Italia l'amministrazione di quei porti. Il 12 agosto successivo era stipulato l'atto definitivo, col quale il Sultano di Zanzibàr cedeva in affitto all'Italia (per un periodo di (1) Il comandante Amari ;1\'e,·a :ivuto assicurazione dalla Compagnia Inglese che, nei pnrti di Chisimaio, Merca, Brava e Mogadiscio, non era pericoloso sbarcare; i porti di Uarscèich e Morut Hill erano lutlora inesplorali dagli Inglesi; egli dcc.ise di rico11oscerli, non turbato da un telegramma della Stcfani che riferiva come, in quei giorni, il tedesco Peters avesse dovuto rinunziare a sbarcart: sulla costa somala, perchè minacciato d.i morte dai nativi. Ferveva allora la gara fra Tedeschi ed Inglesi per disputarsi le zone di influenza ed i protettorati dell'Africa C<Juatoriale. (2) Dal quale vennero i nomi di Atala e Itala. (3) Protocollo firmato a Roma , il 24 marzo 1891.


25-50 anni), mediante un canone annuo di rupie 16o.ooo (lire 268 mila), i porti di Brava, Merca, Mogadiscio e Uarscèich. L'anno stesso il Governo italiano, con atto di sub-concessione, riconosciuto dal Sultano di Zanzibàr e dal Governo inglese, affidava l'amministrazione del Benàdir (1) alla Società V. Filonardi e C., che il 10 novembre 1893 entrava in possesso <lei suoi nuovi diritti.

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Il Be11tìdir.

Frattanto, nd settembre del 1892, il capitano d'Artiglieria Vittorio Bòttego da Parma, insieme col capitano Matteo Grixoni, partiva da Berbera e, traversando l'Ogaden e gli Arussi, esplorava il corso superiore del Giuba, discendendo poscia hno a Lugh ed a Bardcra, donde raggiungeva Brava nel settembre 1893 (2). Contemporaneamente un altro italiano, il principe Eugenio Ruspoli , partito pure da Berbera, esplorava le regioni dell'alto Uèbi Scebèli e dell'alto Giuba e periva poi, nel dicembre 1893, presso Burgi. ( 1) Hen.ì dir ì: il plurale di " bender ,, = porto, .ipprodo. (2) TI Bòucgo pubblicò poi la descrizione del Yi:1ggio nel libro intitolato

" Il Giuba esplorato "·


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Col protocollo del 1891 era stato definito il limite delle sfere di influenza italiana e britannica nella parte sud- ovest della Somalia e dell'Etiopia , limite che., partendo dal mare, seguiva il fiume Giuba fino al 6° di latitudine nord, si identificava col 6° parallelo fino al 35° meridiano Greenwich e risaliva questo meridiano lìno al Nilo Azzurro. Per la delimitazione delle rispettive zone d 'influenza anche nella Somalia settentrionale, l'Inghilterra e l'Italia firmavano, il 5 maggio 1894, un protocollo; questo limite, partendo da Gildessa seguiva i contorni della Somalia inglese e faceva capo al mare nel golfo di Aden, presso Bender Ziàda.

Come già si è detto, il nostro Governo, ottenuto dal Sultano di Zanzibàr l'esercizio provvisorio per tre anni della convenzione 12 agosto 1892, ne aveva ceduta la gestione, rnn atto di sub-concess.ionc, alla Società V. Filonardi e C. ( 1) alle seguenti condizioni (2): - facoltà della Società di riscuotere le entrate doganali e di ritirare dal Governo armi e munizioni al prezzo di costo ; soncnzionc goYernativ:i di L. 300.0 0 0 annue. La Socict~ :1ss ume \·:1 l'ob bligo di pagare al Sultano il canone Ji 16 0.000 rupi e annue e gli stipendi ai funzionari e sold:iti che dovevano essere mantenuti, come minimo, nd numero di quelli g ià esistenti: - l'atto di cessione contemplava poi alcune norme per l'cseròzio della giurisdizione sugli indigeni , sui nazionali e sopra i Sll(lditi di nazioni civili non dipendenti dal Sultano: il Governo si riser-· vava il controllo sugli atti d'amministrazione di pubblico interesse. Nell'entrare in possesso dei suoi nuovi diritti, la Società Filonardi trovava il paese in condizioni tutt'altro che floride: l'amministrazione del Governo zanzibarita era rudimentale e, per quanto il Sultano avesse aderito alla convenzione di Bruxelles (21 luglio 1890), la tratta degli schiavi vi si praticava apertamente. Scane e mal sicure erano le comunicazioni e continue ed accanite le lotte fra le tribù dell'interno.

( 1) A que.~ta Società era gi:\ st::Ha concessa. nel luglio <lei 1892, !"amministrazione <lella stazione <li Itala, con la soncuzione governati,a di annue L. 50.000. ( 2) CEs ARE C ESARI: ,, Antonio C c.:chi e la Somalia italiana ,, in Rivùt11 Coloniale del luglio - agosto ll)I Ò.


Vasti e complessi si presentavano, quindi, i problemi da r isol\cre per la Società; rna lluesta, data anche la povertà di mezzi, fece ben poco, li mitandosi più che altro a riscuotere le entrate doganali ; mentre non riuscì ad aumentare la sicurezza, come ebbe poco dopo a dimostrare la strage di Lafolè, dove morì il Cecchi (1), e l'uccisione del Trcvis in Merca. Ciò no nostante, all'approssimarsi della scadenza del triennio di e~crcizio provvisorio ( 15 lug lio 1896) della Convenzione col Sultano e con la Società, il Governo, non ritenendo ancora gi unto il momrnto di assumere la gestione diretta del He1ùdir, promosse la formazione di un:1 nuova Società, con più larg hi intenti e più forti ci pitali .

La . Società Italiana del Benàdir

>, .

Dopo lunghe e laboriose trattative, interrotte dai fatti di Amba

Ala~i e di Adua , il 25 giug no 1896 fu finalmente cost ituita la

«

Sa,.

cietf1 Anonima Commerciale Italiana del Betùdir " · La Convenzione d<-1veva avere Li durata di 48 anni (dal 15 maggio 1898 al 16 luglio 1946) e, per essa, la nuova Società assumeva l"obbligo, dietro co ngrua sov\'enz ione e facilitazioni di vario genere, di provvedere all'incremen to civile e commerciale della Colonia, di cura re la manutenz ione dei fabbricati, di mantenere 600 guardie per la sicurezza interna, di amministrare la giustizia in base alle norme in vigore all'atto della co ncessione , di osser vare gli atti di Berlino e di Bruxelles, di ass umere il servizio postale. La Società doveva dar conto dd suo operato ed il Gove rno riservavasi il diritto di sorvegliare l'opera, per l:i quale, però, non era prestabilito un dettagliato programma. Poichè Li Società aveva chiesto di entrare in funzione soltanto dopo un periodo di gestione governativa, il Governo nominò Commissario straordinario pel Benàdir il capitano Cecchi, console a Zanzibà r, b sob persona che avesse una sicura conoscenza del paese. La Società mandò col Cecchi uno dei suoi consiglieri di amministrazione, il comm. Dulio, gi~1 noto per la sua competenza in cose africa ne. E di questa sua competen za egli ebbe occasione di valersi ( 1) CES.~RE CEsA1n : « Antonio Cecchi e la Somalia ital iana ,. in Rivista c·oloniale del luglio - agosto 191 6.


I ) - ) -

ben presto, quando, nel novembre 1896, durante una ricognizione nell'interno, una piccola spedizione, comandata dal Cecchi, veni va annientata a Lafolè ( 1). Il Dulio dovette assumere la reooenza in nome del Governo ' bb per fronteggiare la situazio ne, divenuta minacciosa per la possibile rivolta degli indigeni. In seguito fu nominato commissario straordinario il comandante Sorrentino e fu mandata dall'Eritrea una compagnia di ascari (la 4" del V ·battaglione), che giunse a Mogadiscio nel dicembre del 1896 e con Ia quale fu organizzata una spedizione contro due vil laggi della costa, appartenenti ;_i)le tribl1 che avevano preso parte all'eccidio. Poco dopo (marzo 1897) giunse una seconda compagnia (la 4" del II battag lione) e fu compiuta un'altra spedizione all'interno, contro i villaggi di Gellài e Lafolè, che fu rono distrutti. Le due compagnie, dopo LJualche mese, fecero ritorno nelIl rnpitano Vittorio Ròtte>go. la Colonia Eritrea. Nel marzo dell'anno stesso era finita tragicamente anche 1a seconda spedizione organiz7.ata dal capita no Bòttego. Questi , con l'ap( 1) Lafolè, ncll'internu , :i soli 20 chilometri da Mogad isci o. Vi furono attaccati . a tradimento la notte del 25 novembre 18<;6 e perirono miseramente il console Cecchi, i comandanti Maffei e Mongiardini coi sot totenent i di vascello BeralJi, De Cristoforo, Sanfelice. il guardiamarina Guzzolini, i tenenti commissari Baroni e Gaspcrinì. il tenente medico Smur:.iglia, il geometra Quirichctti, ::iltri cinque bianchi e 7(> :iscari.


poggio del Governo Crispi e della Società Geografica Italiana, aveva intrapreso un secondo viaggio per riconoscere il limite della zona d'influenza italiana, dal Giuba al Nilo Azzurro, e rientrare in Eritrea da Cassala. Partito jl r 2 ottobre 1895 da Brava, insieme coi tenenti Vannutelli e C itern i e col dottor Sacchi, raggiunse Lugh e, lasciatovi un presidio col ca pitano Ferrandi , risalì il Canana ed il Daua, toccò Burgi nei Boran, ove era morto il Ruspoli; jndi, movendo verso lo Scioa , scoprì il lago Pagadè, che chiamò Regina Marg herita (maggio-g iug no I 896). Proseguì quindi verso il Caffa, per esplorare l'Omo e, scoperto che esso si scaricava nel lago Rodolfo, proseguì verso nord - ovest attraverso la region e degli affluenti del Sobàt (Upcno, Ocobò, Giuba); ma, assal ito, il 17 marzo 1897, presso Gidàmi. nel Legà, venne ucciso con molti dei suoi, dopo fiera resistenza. I tenenti Vannutelli e Citcrni furono catturati e 1ibera ti soltanto più tardi. I1 dottor S,1cchi che , dal lago Stefania era stato in viato alla l O~l~;. vcn 11 c.: ucci,o ,bg li indigeni. La scoperta del Gagan, del lago Rei/ capitano ugo Fcrmndi g ina Margherita e dei corsi dell'Omo e (ritrm,, C'C): llÌl.. ndl:, \'l'.cchi:1i:1 ). dell'alto Sobàt pongono il nome di Bòttego accanto a quelli dei più illustri esploratori. La narrazione della seconda spediz ione del Bòttego fu pubblicata dai tenenti Vannutelli e Citerni (r). L ·am.ministrazione governativa cessò nel novembre del 1898 e la Colonia venne affidata alla Società del Benàdir, che ne assunse la ges tione nel gen naio 1900 e nominò governatore il Dulio. La nuova amministrazione apportò qualche miglioramento e formul<'> un promettente programma di valorizzazione della nuova Colonia; ma due importanti lluestioni sorsero ad ostacolare prima e ad interrompere poi questo risveglio di attività: le preoccupazioni per una possibile invasione della Colo nia da parte delle genti del Mad Mullah ed il divulgarsi di accuse a carico della Societ:i, sospettata di 11011 fare osservare le convenz ioni internazionali_ ( 1) VA:sKUTELU e C n tR'-1: « L"Omo - Vi:iggio di esplora z ione ncll'.-\fric:, Oricnt:ilc ,,, Mibno, l·focpli , 1899.


L'a7.ione del Mullah non oltrepassò i confini della Somalia setrentrionalc ; tuttavia la minaccia di una sua possibile occupazione del basso Scebèli sugge rì la riorganizzazione delle forze armate della Colonia, ad opera Ji alcuni ufficiali fatti venire dall' Ita lia. Circa le accuse mosse alla Società furono ordinate delle inchieste che condussero all'esonero del Dulia (sostituito il 9 dicembre 1903 dal capitano Spinelli) ed alla emanazione di energiche disposizioni contro la schiavitù; ma <.1ueste furono causa di generale malcontento fra le tribù dell'interno. Dal le inchieste era emersa ,m chc la necessità che il Governo assumesse la gestione amministrati\·a della Colonia, tanto più che la insurrezione scoppiata nel frattempo fra i Bimàl, in conseguenza del malcontento provocato dalla soppressa schiavitù, minacciava di estendersi cd imponeva urgenti provvedimenti di carattere militare, che la Società commerciale difficilmente poteva prendere. Poichè l' Italia occupava a solo titolo di affitto gli scali del Benàdir, appariva inoltre necessario riscattarli mediante il pagamento di un indennizzo al Sultano, in modo da assicurarsi meglio k libere comunicazioni fra la Colo nia e la madrepatria. AJ ottenere l}Ucsti inlc:nti, furun o a ppun to intesi gli scambi di note che portarono alla conclusione dell'accordo del 13 gennaio 1905, pel ri scatto del Benàdir e per la concessione di un tratto di terreno presso il porto di C hisimaio, e dell'altro tra il Gm-crno cd i rappresentanti della Società, col quale la Convenzione del 1898 venne sostituita da una nuova in data ::1-4 gennaio 1905. Per parare poi ad eventuali pericoli, fu JX>CO dopo (5 marzo) stipulato col Mullah l'accordo di Iligh.


11.

LA LOTTA CONTRO IL MULLAH E CONTRO LE TRIBÙ RIBELLI Per ben rnrnprcndne -

scrive il Gaibi - - la portata dell'accor-

do di Iligh , è nccc~sario riassumere gli avvenimenti che lo determinarono. dopo avere turbato per molti anni la Somalia. lo sceich Moh:!!ned hcn Ahdullah, detto poi il Mullah, :ippar-

trneva alla cabila D:>lb:1ha11ta, nell 'alta valle del Nogàl (Somalia inglese). Recatosi alla Mccci cd affi liatosi :11la rnnfraternita Ahmedia, verso il 1890, di ritorno in Somalia , si stabilì a Berbera; ma dovette hen presto. allontan:ir~.cnc pcrchè, acquistat:1si la fama di santone, venne in rnspctto allc :iu torit:1 inglesi. Si ritirò a Bohotlè, dove continuò la su:1 pn·dic:Pinne n•nirn gli infedeli e dove hen presto attra sse un gr:111 numern di ~cguaci, fra cui El-hagg S:1adi, suo conterraneo cd ex int::rpretc a servizio degli Inglesi nel Sudan. Per mantenere i ~c:gu:iri, il cui nurncrn aumcnta,·:1 sempre, furono effettuate, con vari pretesti , numcro~c razzìc contro le tribù circostanti, suscitando l'ostilità degli Abissi ni dcll"Harrar, da rni dipendeva .il terrilorio J e~li Ogaden, e degli stessi Inglesi. Questi , dopo diverse intimazioni , alle Ljt1ali il Mullah rispo~e con arroganza, essendosi qua e là verificati, per la propa~anda del santone, gravi di sordini (che, il 16 no\·cmbrc 1 900, culminarono nell'eccidio del sottocommissario del Giubaland, capitano Ycnncr, con tutta la sua scorta di 47 asca ri, da partr degli Ogadcn), passarono :dl'azione (1). Al principio del 1 90 1 il Mullah si trova\':J. a Jahclli, con circa .w o fucili, 1.200 c:1v:ilieri e 6.coo Lince. G li Inglesi si assicurarono la cooperazione dcr::l i Abi~sini, i quali dovevano _minacciare da ovest, ( 1) J,,R1>1 ;s;E D.: " The 111;1d i\folbh of SD111:ilibnd », )enki11s, Londo n, 1924. C,111:i .-\ .: " ll i\lull:ih, brc,·c stori,1 d'un falso messia ,, , in Rivista Coloniale. 19.27. R Llsso E. : « LI )Vlullah e i suoi seguaci nella Som:il:a italiana», in Rivista Colrmialc. 1920. c.~ rn~ Eu.1 S.: " Ferro e fu nco in Somalia )>, S. T. A. C .• Roma , 1931.


I

59

mentre essi avrebbero operato da est. Gli Abissini, però, moss1s1 nel marzo 1901 prima degli Inglesi, furono battuti dal Mullah a Gig giga (circa 40 miglia ad est di Harrar) e tornarono indietro. La colonna inglese (600 Inglesi e:: 1.000 Somali), agli ordini del tenente colonnello Swaine, mosse da Burao il 22 maggio 190 1, dirigendosi verso sud - est; ma, dopo tre scontri favorevoli, il Muli ah si sottra'i~L: ad essa, rifu giandosi nel terri torio dei Migiurtini , cioè in una w na di pertinenza dell 'Ital ia.

.\ /ogadisoo .

Nel febbraio del 1902, avendo il Mullah ripreso le razzìe, fu organizzata una seconda spedizione, agli ordini dello stesso Swain c. composta <li 2.300 Ingbi. Questi mossero nel settembre da Berbera e per Burao si diresse ro verso la vallata Jd Nugà l: ma il (i ottobre.: furono improvvisamente attaccati dai Dervisci presso Erigò, nel le: bo~caglie del Mudugh, e dovettero ripiegare con gravi perdite a Bohotlè, dove sostarono in attesa di rinforzi. Questo g rave rovescio deci se il Governo inglese ad intraprendere, nd genn:iio 1903, una terza spedizione. Anche questa ,·oha fu richiesto il concor:o degli Abissini e fu deciso di convergere cont ro il Mullah da tre d irezioni. Gli Abissini da ovest (Harrar) e g li Ingk:si da nord (Berbera) e da sud - est (Obbia). Dove ndo quest'ultima co-


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lonna attraversare il territorio sottoposto al nostro protettorato, fu chiesto ed ottenuto il consenso dell'Italia. La colonna sbarcata ad Obbia (gennaio 1903) era di 1900 uomini , negri dell'Africa centrale, sudanesi cd indiani, al comando del generale Manning, comandante in capo della spedizione. · Poichè il Mullah si trovava nell'Hod meridionale, la colonna si diresse a Gallacaio, che raggiunse alla metà di marzo. Intanto la colonna del nord (2.000 uomini, inglesi, indiani , somali e boeri) si era portata da Berbera, per Bohotlè, a Damot. Alla tìnc di marzo le due colonne erano in collegamento; ma invano il generale Manning attese l'occasione per una battaglia decisiva; poichè non si ebbero che sanguinosi scontri fra i distaccamenti inviati in ricognizione su Galati, Gumburu e UarJere td i reparti nemici. La colonna abissina, forte di 5.000 uomini, comandata dal fitaurari Gabrè (con 2 ufficiali inglesi), partita da Harrar il 17 febbraio, fu attaccata il 4 aprile ;:i Burhillè, sull'Uèbi Scebèli, da un migliaio di Dervisci che, dopo accanito combattimento, furono respinti. Dopo questo scontro gli Abissini discesero ancora il fiume fino a Mekarne. da dove tornarono indietro per la stessa strada. Il 22 maggio e rano a Ghclèdi , per :ittt·ndnvi la lìnc- della stagione delle piogge. AIIJ metà di maggio il Mullah prese arditamente l'offensiva ed il generale Manning, per la stanchezza delle truppe e la difficoltà dei trasporti , dovette rinunciare a proseguire le operazioni e rientrare con le sue truppe nel territorio inglese. li Mullah, dopo essersi spinto fino a Bohotlè, presso il confine, andò ad installarsi nella regione di Halin e fece occupare Iligh, alla foce del Nogàl. Al principio del luglio 1903 il generale Manning fu sostituito dal generale Egerton, che organizzò e condusse una quarta spedizione, forte di 7.800 uomini (r .ooo Inglesi e gli altri indigeni) che da Berbera raggiunse il Nogàl, dove doveva pure dirigersi un'altra colonna abissina. Il Sultano di Obbia, Alì Jùsuf, per accordi fra il nostro Go\·erno e ttudlo inglese, doveva concorrere con le sue genti, occupando Gallacaio, nel Mudugh , fino all'arrivo degli Abissini, compito che egli assolse nel gennaio 1904. Il 10 gennaio gli Inglesi incontrarono e sconfissero presso Gidbali i Dervisci, infliggendo loro rilevanti perdite (circa 16o morti) e co~tringendoli a ritirarsi verso nord, nel deserto del Sori. Dopo questo combattimento, il generale Egerton continuò la marcia verso sud - est ed il 20 gennaio raggiunse Dariali e Gherrouei.


La colonna abissina mosse <la Harrar il 26 novembre, anche questa agli ordini del fitaurari Gabrè, e con lentissima marcia giunse il 14 gennaio a Uardere, donde poi si ritirò, alla fine del mese, per mancanza di viveri e d'acqua. Nel corso di questi avvenimenti, il Sultano dei Migiurtini, Osmàn Mahmùd, sebbene legato all'Italia da un trattato, aveva stretto relazioni amichevoli col Mullah (col tJuale si era imparentato), spalleggiandolo ed aiutandolo, soprattutto col favorire il contrabbando di armi dalla costa attraverso il suo territorio. 11 2 dicembre 1903 un sambuco armato italiano (tenente di vascello Grabau), addetto appunto al servizio di vigilanza costiera contro la tratta degli schiavi ed il contrabbando delle armi, venne accolto a fucilate davanti ali 'ancoraggio di Durbo e cannoneggiò il villaggio, che aveva rifiutato di i rdberare la bandiera italiana come era stabilito. Nel conflitto cadde ucciso il Grabau. Accorsa la nave inglese Molwwk da Bender - Cassin, il comandante Gaunt sbarcò 80 uomini ed attaccò il villaggio, restando però gravemente ferito. Il Sultano dei Migiurtini, Osmàn Mahmùd, alle richieste di una riparazione, rispose in modo evasivo e si ritirò nelrinterno. Allora la no~lra nave Volturno, giuma da lligì1, dichian\ il blocco della costa e ne bomban-1<'> alcuni punti; tale energica azione fu però presto sospesa, perchè sorpassava gli intendimenti del Governo e veniva a compromettere le trattative che, per sollecitazione del Governo inglese, si erano intavolate con Osmàn Mahmùd per indurlo a combattere il Mullah e ad occupare Iligh, presidiata da qualche centinaio di Dervisci. - Osmàn Mahmùd accettò e chiese 800 fucili, ma, essendogli questi stati rifiutati per parere espresso dagli Inglesi a causa del suo dubbio contegno, non si mosse. Il generale Egerton decise allora di occupare Iligh e di lì risalire il Nogàl, ma, essendo stato questo progetto osteggiato dallo Stato Maggiore inglese, si limitò ad una dimostrazione navale davanti a Iligh ( l2 gennaio 1904). Il 19 marzo, presso Durdur Giclali (Uarsangheli), un distaccamento avanzato inglese attaccò di nuovo i Dervisci, infliggendo loro gra,·i perdite. Il Mullah allora entrò nel territorio italiano dei Migiurtini e si stabilì presso Baram, alle pendici <lei monti Carcar, a nord del Sori. Osmàn Mahmùd, allarmato, si decise ad inviare, anche senza i richiesti fucili, 800 uomini contro il Mullah ; si ebbe uno scontro J:?.


presso il tug Darror con va ntaggio dei Migiunini, che in seguito tag liarono al Mullah la via di Ilig h, dove si era diretto per rifornirsi. Sembra che egli intendesse ritirarsi poi p er Gallacaio fra gli Hauia e gli Ogadcn (presso l'Uèbi Scebèli), dove sperava trovare nuovi aderenti . In fa tti , in aprile, si seppe ch e accennava a ùiscendere al sud , per cui il generale Egerton decise senz'altro dì espugnare Jlig h con g li equipaggi delle navi inglesi.

Il Giuba.

Il Governo italiano diede il consenso ed in viò la na ve Volturno a presenzi:1re all'attacco. Il 2 1 aprile due incrociatori ed una cannoniera ing lese sbarcaro 110 circa 500 uom ini con 4 mitragliere Maxim alla foce del torrente G ullulè , ;1 5 o 6 km . a nord di Ilig h ; indi mossero per via di terra su Iligh e ne attacca rono i trinceramenti, con l'appoggio del fuoco delle na\'i. Dopo una ra pida azione il for te ve nne com1ui stato cd il paese incend iato e raso al suolo. Preso llig h, il generale Egerton offrì al Mullah di arrendersi, sal va Li vita, purchè accettasse di ritirarsi per sempre alla Mecca. Ma il '.'vlulb h, bcnchè stremato di fo rze , no n accettò, sa pendo che le difficoltà logistiche rendeva no impossi bili agli Inglesi ulteriori ope-


razioni. Egli sperava inoltre nelle trattative gi/1 iniz iate con l'Italia per mezzo del suo fiduciario Abdullah Scehri e continuava · intanto a risiedere in territorio migiurtino, presso il tug Darror. li Governo italiano, nell'alternativa di una spedizione militare per cacciare il Mullah o di un ::imichevole componimento che legalizzasse l'usurpazione del Nogàl, si attenne a yuesta seconda soluzione ed inviò il Pest::iloz.za, che già nel 1 90 1 aveva trattato la sottomissione dei Migiurtini. Dopo lunghe trattative (ottobre 1904 - marzo 1905) finalmente (5 marzo 1905) il Mullah firmò a Iligh un accordo, accettando la pace con l'Inghilterra e l'A bissinia, dietro cessione, da parte dell'Italia, del territorio fra Ras Garad e Ras Gabà, sotto la protezione dell' Italia; fece pace anche coi Sultani dei Migiurtini e di Obbia , ai quali restituì Mudugh e Gallacaio. Il 24 marzo, a Berbera, veniva firmata dagli inviati · del Mullah la pace con l'Inghilterra. Que~ta ebbe i maggiori vantaggi da c1udl'accordo, che allontanava dal suo territorio il pericoloso ospite. All'Italia rimase la soddi sfazion e di por fine alle lotte fra i Sultani di Obbia e dei Migiurtini e la speranz:1 di renderli più osset1uienti all'Itaiia, per a,·erne aiuti cont ro il peri...:oloso vicino. Rimane\'a però la minaccia che il Mullah, mancando ai p:mi. scendesse nel Benàdir a sostenere la ri vol ta dei Binùl; rivolta che il Mullah, pur non intervenendo perwnalmente a dirigerla sulrUèbi Scebèli , fomentava cd alimentava con l'invio di :1rmi .

L'insurrezione dei Bimàl. Come si è già accennato, fra le tribù principali dei Somali, gli Uadàm, quella di Ghclèdi e qualche altra delle maggiori, era sorto un vivo malcontento in seguito agli energici provvedimenti per la repressione della schiavitù. Alcune d i esse manifestarono la loro ostilità con atti di brigantaggio lungo le strade carovaniere; i Bimàl , forti e bellicosi, insorsero ed iniziaro no le ostilità contro di noi , ponendo il blocco, nella primavera del 1904, al \'illaggio di M crca, ove era un residente italiano (Monti) ed una piccola guarnigione. L1 città rimase parecchi mesi in condizioni precarie, tanto più che, nel maggio dello ste~so :111110_ una colonna di 200 uomini, inviata da Mogadiscio éoi tenenti Molinari e Ragusa, per tentare di riaprire le comunicazioni, fu attaccata due volte, a Ban zalè e ad Adad-


dei (maggio r904), ed obbligata a rifu g iarsi in Merca, dove rimase a sua vo lta bloccata insieme con la g uarnigione e priva di ri fornimenti, resi im possibili an che per via di mare, dal monsone di sud ovest. Cessato il nrnnsone, fu possi bil e rifornire la città , d ove fu r o no anche inviati altri ufficiali all o scopo cli m eglio inquadrare le truppe. Così il presidio potè rompere il blocco e costringere gli assedianti ~u l al lo ntan:irsi.

Guerrieri Nim,ìl.

L'esito di ripetuti sco ntri (Egàlle e Buia Zac h) favo revoli alle nostre truppe, conse ntì d ' intavolare trattative per la sottomissione di parte d ei ribelli, t\uelli cioè residenti in prossi m ità del vill:iggio; m entre g l i altri. più lontan i, rima neva no a noi ostili, dando luogo successiva m ente agli scontri di Gilìh (26 agosto 1905) e di Mellèt (14 ottobre r9u5), nei Lluali le nu~tre truppe ottrnnero il ~ucccssu. l ripetu ti scacch i inflitti ad una parte dei Bimàl ebbero per d fctto di raffe rmare nella sou-omissione quelli di essi che g ià vi si n ano indot ti , di tenere a freno i rimanenti e di impressi~mare le altre tribù, che acquistarono un a mig liore opinione dclb nostra forza e mantennero, da all ora in poi, un contegno, se non am ichevole, non troppo ostile. Per alcu ni m esi la situaz ione pan;e migliorare e fu possibile a reparti delle nostre truppe di compiere, indisturbati , lunghe marce


nei dintorni di Merca, marce con le tJuali il capitano Pantano (.23 gennaio 1907) giunse fino allo Scebèli; ma verso la fìne del 1906 uno dei santoni dei Bimàl più irret1uieti ed a noi più ostili, certo sceich Abdi Abicher Gaffè, si mise in relazione col Mullah ( 1 ). Il che ebbe per effetto l'intensificarsi della propaganda contro gli Europei; propaganda che minacciava di trovare aderenti anche fra le genti già a noi sottomesse. Il lasciarla sviluppare avrebbe fatto perdere i vantaggi ottenuti con tanta fatica ed avrebbe compromessa la tranquillità dell'intera Colonia ed era quindi necessaria, da parte nostra, un'azione pronta cd energica. Essendo gi,inta notizia che il giorno 6 febbraio 1907 doveva tenersi fra i Binùl un 'importante riunione in un punto sulla costa, tra Mogadiscio e Merca, il Governo della Colonia stabilì d'impedirla. Partirono, all'uopo, da Merca e da Mogadiscio, il giorno 5, due colonne. di forza pressochè uguale, che la mattina del 6 ~i unirono ai pozzi di El Hogol. L'intera spedizione, forte di 600 ascari con 5 ufficiali, agli ordini del tenente Strevan, proseguì poi pel luogo di riunione dei ribelli, li disperse e si ritirò a poca distanza, a Danàne, per pernottarvi. Nella notte dal 9 al IO la colonna Yenne :1ttacc:1ta improY\'i samc::nte da oltre 2.000 Bimàl, cui Ljuali ~i Lruva va11u ;111d1e circa 5uu uomini della tribù Jantar. L 'attacco, violentissimo, fu r espinto: ma i ribelli, nonostante le gra\'Ì perdite, ritornarono a più riprese, fìnchè, dopo lungo combattere, completamente sbaragliati, si ritirarono, lasciando sul tt· rren o 191 m ort i. Per effetto dello scontro di Dan~1ne, una parte dei ribelli fece atto di sottomissione; l'altra si astenne da ulteriori atti di ostilit:1 e solo i più ostinati, un centinaio, ritiratisi oltre lo Scebèli in territorio Jantar, si rivolsero al Mullah per averne fucili e riprendere le ostilità.

L'organizzazione civile e militare della Colonia. Abbiamo detto come le preoccupazioni per la sicurezza della Colonia, minacciata dall'insurrezione dei Bimàl e dal pericolo del Mullah , avessero messo in c,·idcnza la necessità della gestione di( 1) Durame il 1905 cd il H)06 jl \lulbh rimase abbastanza tranquillo, limitandosi a m olestare con rnzìe le tribù del territorio di Obbia e dei Migiurtini. con le quali ebbe qualche ,onflitto. ed a tenere le sue forze ,·erso il con fine inglese. :\fa segretamcllle incoraggiò i ribelli del Benàdir.


retta Ja parte dello Stato. In seguito allo sblocco di Merca, ai fortunati scontri contro i Bimàl ed alle trattative col Mullah, il Governo aveva, nel gennaio 1905, stipulato una nuova Convenzione con la Società del Benldir; ma essa non entrò in vigore, essendo Li Società d ecaduta da ogni diritto per non aver iniziato in tempo utile la sua attività. Pertanto lo Stato assunse dirett amente la gestione della Colonia, ponendovi a capo (1) Luigi Mercatelli, console generale d ' Italia a Zanzib~tr, con :itt rihuzio ni di governatore e col titolo di <( Commissari o !-!eneralc per la Somalia italiana ». Alla d ipe nd e nza di lui , chc normalmente risiedeva a Zanzibàr, fu poslo, llu;ile vice - governatore, il capitano Sapelli, che già funziona ,·a da governatore per conto della Società. Al commissario generale fu la ~ciata ìa facoltà di provvedere provvisoriamente all'organi zzazione della Colonia, in attesa che venisse conc retato uno stabile ordinamento (legge 2 luglio 1905). Ma l'opera di riordinamento intrapresa dal Mercatelli venne sospesa, g iacchè egli, nel gennaio t906, fu richiamato in Italia e sostituito, con le funzioni e col titolo di reggen te, dal capit,mo di conctta Cerri11a Ferroni, cn m :1 nd:111 tc di una no stra IUYC, che allora staz ionava n elle aCtJUC del mar Rosso. Il diseg no di legge relati vo all'ordinamento ciel Bcnàdir fu dal Ministro Guicciardi11i presentalo :ti Srnato nella sed uta del1 '8 magg io 190(1, pn:cedut o d ~i una breve relazione, nella quale \'eniva tratteggiato un piano d 'azione d:1 svolgersi nelb Colonia per la nostra p:teitica penetra zio ne e contemplante anche un graduale aumento d elle forze militari necessarie all'occupazione, pure graduale, dell'Uèbi Scebèli; condizione indispensabile perchè il Brnàdir potesse divenire campo di proficue imprese agricok e commerciali. Nel disegno di legge erano precisati i poteri del Governo, le attrib11zio11i del commissario e dei fun z ionari principali ed erano Jì~~: lli i capi~aldi dell':r1.ione politica cd amm inistrativa da svolgere nella Colonia. L ·anno 1906 cd anche il successivo 1907 passarono però se nza che il disegno di legge venissc approvato dai due rami del Parlamento. Col Decreto 2-.f gennaio 1907 . il Go,·erno no minava console in Zanzibàr e commissario civil e per il Bcnàdir il Culetti, il quale en trò in possesso della nuova carica il 18 maggio successivo, con


l'incarico di formulare proposte pel nuo vo ordinamento che, nè il Mercatelli, nè il Cerrina -Ferroni, aveYano potuto concretare . L'assetto a mministrativo della Colonia, al m omento della nomrna del commissario Cadetti, era il seguente : - sede del governo a Mogadiscio; - sette r esidenze : Mogadiscio, Itala, Merca, Brava, Lugh, Giumbo e Bardera. Di queste la sol a residenza di Bardcra era retta da un funzionario civile ; le altre sei erano rette dagli ufficiali co-

Lugh.

mandanti i reparti delle truppe indigene local i; una vice-residenza, a Gelib, sul G iuba, tenuta clall' ufficiale comandante della ce nturia rnlà di staccat:i da Giumbo. Questi ufficiali, oltre ad istruire ed am.: ministrare i propri reparti ed eseguire stud ì e rilievi della regio ne, dovevano disimpegnare anche le fu nz ioni ammini strat ive, poiitiche, di polizia e giudiziarie. Il servizio sanitario era disi m pegnato solamente da un m edi co civile a Mog adiscio da uno mili tare a Merca. Come già si è accennato, all'epoca in cui gli scali del Benàdir d ipendeYano dal Sul tano di Zanzibàr, le forze milita ri vi erano rappresentate da pochi arabi (circa 300), che esercitav:rno il mestiere del soldato e quello del piccol o commercio, armati di vecchi fucili, privi di o rgan izzazione, d' istruzione militare e di disciplina, e pagati

e


in modo irrisorio, con poco più di due talleri al mese. Nondimeno mantenevano l'ordine ed una relativa sicurezza. La Società Filonardi ~i era limitata ad accrescerne il numero ; anche la Società del I3enàdir, successa all'amministrazione Filonardi , tenne dapprima 600 ascari, senza migliorarne sc:nsibilmente l'organizzazio ne; ma quando, come si di sse, la ritirata del Mullah \'erso il Be1ùdir minacciò la Colonia, furono chiamati degli ufficiali italiani come istruttori, furono creati reparti mobili e l'intero Corpo raggiunse la forza di 1.wo uomini. armati di buo ni fucili (Wetterly-Vitali), con oltre 500.000 cart ucce di riserva nei magaz zini. Un:1 ve ra org:rn ia.azione militare era stata iniziata nel 1903, (1uando con alcuni altri uffi ciai! fu chi:unato al Benàdir il capitano De Vit;i, d1e g ià :1vt:v:1 app<trtenulo, per di ver~ i anni, al Corpo di truppe colo niali d ell ' Eritrea, sul modello del l.Juak egli cercò di formare il nuo\'o Corpo del Benàdir. Nel giugno 19oj questo compren1kva 5 compagnie di Fanteria eJ T compagnia di cannonieri, tutti indigeni, che poco dopo ebbero occasione di dimostrare il loro valore.

Nel settembre d el J 9oj il Negus Menelik in\'iava una spedizione fra k popo laz ioni rn n lì n:111ti con la Somalia, dipendenti dall'Etiopia, per risrnot e re i tributi. L:1 spedizio ne, incontratas i con alcune bande del Mull:ih, fu attacc:1ta cd obbligata a ritirarsi verso il Nord. Mcndik in,·iò subito un 'altra colonna Ji rinforzo, la quale, contraria111t:ntc agli ordini ricevuti, si spinse fin presso Lugh, fermandosi ai pozzi di Tkrdà le, da dove, costruita una zeriba difensiva , cominciò a far razzìc nel territorio ckllc tribù circostanti. Queste tribù si rivolsero al residente di Lugh, capitano Molinari, perchè venissero loro restituiti i propri beni. Proprio in tluei giorni era giunto a Lugh il capitano Bongiovanni per sostituire il Molinari. Apprulìttando d ella maggiore forza di sponibile, i due c 1pitani decise ro d"intervenire:. Giunti la mattina del r5 dicembre a Bahalle, presso i poa.i di lknE1le, con 11 3 ascari e 200 somali circa, trovarono gli Abissini cd il capitano Bongiovanni, fallite le trattative per o ttenere la restituzio ne del bottino, d ecise di attaccare. Dopo il primo attacco, a noi favorevo le, gli Abissini riuscirono a sopraffare la piccola colo nna ; i capitani BongiO\·anni e Molinari morirono sul campo e soltanto pochi ascari riuscirono a salvarsi.


Il doloroso fatto destò grande impressione, e si temeva che l'incidente fosse accaduto fJer ordine di Mcnelik; ma il Neous nenò :::, b c1uesta circostanza e fece punire i capi responsabili. Ad eliminare nuovi possibili incidenti, il r6 maggio 1908 venne firmato in Addis Abeba un trattato per la delimitazione dei confini fra la Somalia e l'Abissinia; confini che furono poi fissati sul posto nel r910 - II da una commissione mi sta, dal Giuba all'Uèbi Scehèli.

L, co11/!ut'11,s11 del Daua I'<1r111a col Giuba.

L'incidente di Lugh ri chiamò l'attenzione del Parlamento sulla Colonia e diede occasione alla presentazione di un progetto di miglioramenti, progetto che contemplava. fra l'altro, l'occupazione delle regioni interne dell' Uèbi Scebèli, come condizione indispens:ibile per ìo sviluppo della Colonia ( 1). Per attuare c1ucsto programma fu aumentato il bilancio della Colonia di quasi un milione di lire e furono accresciute le forze militari. Al comando di esse fu inviato un ufficiale superiore (2) e Je nostre forze furono aumentate con un altro migliaio di uomini. ( 1) Il progetto fu appro,·ato con legge 5 aprile 1908.

(2) Il maggiore Antunino Di Giorgio, panito dall'ltali;1 nell'aprile 190il. iu il primo comandante il Regio Co~po di truppe coloniali ddla S0mali;1.


lii.

L'OCCUPAZIONE DELL' UEBI SCEBELI

L ·attuazione del programma di espansione e l'aumento dei nostri reparti allarm<'> le lribù costiere (i Binùl Jasmin) che, in un:1 grande riunio ne di <.juakhc migliaio cli guerrieri , decisero la ripresa delle os1ili1:1. Fu ~11hi1 0 org:rnit.7.ata una colonna mobik di 500 ascari, con 4 cannoni da sharco; il capitano Vitali, comambnte la colonna, attaccò i ribelli il 2 marzo a Dongàb e ]j disperse. Mentre ritornava a Gilìh, la colo nna fu ai-taccata di sorpresa e ne seguì un secondo scontro, che cmtò ai ribelli 400 uomini posti fuori combattim ento. Rientrato in Merca, il capitano Vitali seppe che, presso Melkt, ~i ~tavano radu11:1ndo numerosi 13imàl. Egli mosse nuovamente contro i ribelli cd il 7 marzo li attaccò e disperse, impadronendosi di 1000 capi di bestiame; il 15 marzn ocn1pò ddìnitivamente Danàne, srn z:1 incontrarvi resistenza. I111anto, siccome i nuovi arruolamenti non raggiungevano il num ero di uomini stabilito e si prevedevano prossime altre operazioni, si ricorse di nuovo alla Colonia eritrea, che mandò un battaglione di 4 compagnie, ciascuna della forza di 150 uomini. li maggiore Di Giorgio venne così ad avere a disposizione 3500 ascari con 44 uf fìciali, coi lluali potè procedere all 'occupazione del basso Uèbi Scebèli. Quest'occupazione, come abbiamo visto, era nel programma govt:rnativo ; m:1 si impon eva anche per prendere contatto con le popolazioni del fiume e sottoporle al nostro dominio, sfatando la leggenda, secondo la quale gli Italiani erano ritenuti incapaci di attraversare la fitta boscaglia che intercorre tra la costa cd il fiume. Occorreva , inoltre, affrettarla per prevenire i ribelli Bimàl che, partiti nel frbhraio 1907, dopo lo scontro di Danàne, per anJ:11c a prendere le armi del Mullah, sart:bbern stati di ritorno nella primavera del 1908 cd avrebbero obbligato le popolazioni ad osteggiarci , r.e ndendo molto più difficile la nostra avanzata.


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La spedizione venne pertanto decisa per la terza decade di agosto; ma, prima di effettuarla, occorreva liberare Merca, minacciata da qualche centinaio di Bimàl. Perciò il maggiore Di Giorgio, col battaglione eritreo e la 2" compagnia degli ascari arabi , attaccò a Mellèt i ribelli. Nei due combattimenti che ne seguirono ( I r e 12 luglio) il nemico subì gravissime perdite. Fra i pochi morti da parte nostra vi fu, però, un ufficiale : il tenente Lombardi, del battaglione eritreo. Liberata Merca, le truppe furono concentrate a Danàne (due battaglioni ed una batteria da montagna), da dove la spedizione mosse il 24 agosto verso l'Uèbi Scebèli , per raggiungere nello stesso giorno il fiume a Barire. Intanto gli informatori segnalarono che gli Uadàm (tribù Mat;m e Abuker-Molckra) si erano concentrati a Mcrcre e che difficilme~te si sarebbero sottomessi ; fu decisa allora una ricognizione su Merere e su Afgoi. Per conseguenza la mattina del 30 agosto il Corpo d'occupazione, lasciate due compagnie a Barire, mosse lungo il fiume su Merere. Giunto presso il villaggio, il comandante dispose le truppe in quadrato, mentre frecce e colpi di fucile parti vano dagli abitanti appostati dietro le zcribc. I nostri risposero col fuoco dei fucili, mentre l'Artiglieria prendeva di mira i tucùl , che s'inced iarono; il che costrinse la popolaz ione a fuggire ed a cercare uno scampo sulle barche per passare mila riva deqr;i del fiume (Merere è sulla sinistra); alcuni buluch di ascari. im·iati sulla sponda del fiume, colpirono ed affondarono anche le barche, poi , raggiunto il paese, vi appiccarono il fuoco. Il giorno dopo la ricognizione si spingeva fino ad Afgoi , dove veniva bene accolta, e poscia rientrava a Rarire. Distrutta Merere, che era il focolaio della rivolta, non rimaneva che occupare Afgoi e Ghelèdle: il primo abitato sulla sini stra, il secondo sulla destra del fiume. Per precedenti trattative col Sultano dei Ghelèdi, l'occupazione non presentò difficoltà e fu effettuata il 3 settembre. Lasciate a presidio di Afgoi due compagnie, la batteria e quattro mitragliatrici, il resto del Corpo d'occupazione fece ritorno a Mogadiscio il 6 settembre (r). ( 1) Per non dare alla tra11azionc dell'argomento un nuggiore s\'iluppo rispetto alle alLre parti del \·olumc, riassumi amo .in questo capitolo le notizie contenute nell'opera , gi;Ì cit;1t:1 . del Gaibi.


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Si era, intanto, saputo che i Bimàl, partiti dopo lo scontro di D:111:'.rne per avere le armi del Mullah, erano tornati ed, in numero di circa 200, si erano ferma ti a Balàd, a due giorni di marcia da Afgoi. ti governatore ordinc'i al maggiore Di Giorgio di recarsi a Balàd a disperdere i ribelli prima che l]UCsti proseguissero verso i nuovi territori occupati. Intant·o i rihelli incendiavano i due Yillaggi di Res e di Curare, a mezz'ora di marcia da Afgoi, il cui presidio nulb potè Lire, a\'cndo rordine tassativo di non muoversi dal forte. ,~

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Il maggiore Di Giorgio, portarosi di nuovo con le truppe ad Afgoi , il 23 settembre trag hettò il tiume con zattere e mosse su Balàd, dove risulta\·a che i ribelli si erano trincerati. Il 25, mentre le truppe proccdn-ano in ,1uadrato anra\-crso la boscaglia, furono attaccate dai ribelli presso Hararèi ; gli assalitori furono lasciati avvicinare e quindi vennero accolti da un violento fuoco che li costrinse a ritirarsi , abbandonando 80 morti, mentre le perdite nostre si ridussero a 4 ascari. Alla sera la spedizione raggiunse Balàd, che fu trovata deserta ed incendiata, cd il g iorno dopo rientrò ad Afgoi. Dopo questa ricognizione i ribelli non si fecero vivi per yuakhc settimana, 111;1 , nella sccond:1 met:ì di novemhrc, ave ndo ripreso a fare razzìe in


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danno dei Ghelèdi, il maggiore Rossi, nuovo comandante delle truppe, alla testa di 540 ascari e di 400 lance della tribù dei Ghelèdi, si portò da Afgoi a Bulàlo (23 novembre), dove la colonna, formatasi in yuadrato e trinceratasi, sostenne a pie' fermo l'attacco di un migliaio di ribelli , che furono respinti con gravi perdite. Col combattimento di Bulàlo si chiuse il periodo dell'occupaz ione del basso Scebèli. Nuovi arruolamenti portarono a 5400 uomini le forze della Colonia e le compagnie di ascari eritrei poterono far ritorno a Ma~saua. Ai primi del giugno 1909 il maggiore Rossi veniva sostituito dal rnagg10re Chiassi.

Il Mullah era stato sollecitato ad accaparrarsi i benefici della pace; ma non tenne fede ai patti e, pur avendo accettato la protezio ne del! 'Italia, non tardò a darci prova della sua osti Iità. Non potendo attaccarci direttam ente, data la distanza del Nogàl dai porti del Benàdir (ai quali si limitava allora la nostra occupazione), egli si adoperò a fomentare la ri\'olta dclk popolnioni. T Rim~I :ive vano avuto, pel tramite del loro santone Abdi Abicher Gaffè, incoraggiamenti cd aiuti di armi e munizioni e, anche dopo Danàne, una parte di essi, piuttosto che sottomettersi a noi, si era rifugiata presso i Dervisci, alcuni dei quali si erano stabiliti nella regione di Ralàd. Nè migliori erano k relazioni fra il Mullah ed i due Sultanati confinanti. Nel 1905 e nel 1906 frequenti furono, infatti , le razzìe ed i conflitti, provocati quasi sempre dai Dervisci. Nel 1907 i rapporti fra il Mullah ed i due Sultani da noi protetti peggiorarono, specialmente col Sultano di Obbia, Jùsuf Alì, e negli ultimi giorni del marzo 1908, in un conflitto fra le genti di Obbia ed i Dervisci, questi ultimi furono battuti cd inseguiti, lasciando sul campo un centinaio di morti ed una quarantina di fucili. In un secondo scontro, av\-cnuto pochi giorni dopo, le perdite dei Dervisci furono anche maggiori e pare ascendessero a 200 uomini ed a 50 fucili. Nello stesso tempo anche i Migiurtini effettuarono contro il Mullah diverse razzìe. Gli armati del Mullah, dal canto loro, distrussero, poco dopo, molti villaggi del Sultano di Obbi a, rifacendosi delle perdite precedentemente subìte.


Spinto <lai bisogno a continue razzìe per mantenere i suoi seg uaci, il Mullah si era circondato di nemici , al punto che, temendo di restare isolato, egli cercò un avvicinamento con parte dei suoi confinanti e panicolarmente coi Migiurtini e con gli Uarsangheli che, possessori della costa del golfo di Aden, potevano essergli molto utili pel rifornimento dal mare di armi e di derrate, di cui aveva gran bisogno. Riuscito ad accaparrarsi l'amicizia degli Uarsanghcli, cercò di piegare anche i Migiurtini. Intanto si accaniYa contro il Sultano di Obbia, al 1-1 uak invase, nel settembre 1908, la regione del Mudugh, per aprirsi la ,·ia verso i Bagheri, suoi alleati che, abitando la fertile regione dd medio Scebèli , era no in grado di fornirgli viveri. All'uopo i Baght-ri stessi, g uid ati da un parente del Mullah, si diedero a razziare contro le tribù Ogaden, le genti di Obhia e t1udle del m edio Scebèli comprese nel nostro confine. In 1-1uanto alle sue relazioni col Somaliland britannico, memore delle rece nti sconntlc, il Mullah si mantenne per qualche tempo nel territorio assegnatogli dal trattato di Iligh , limitandosi a coprirsi rnn numerosi distaccamenti verso il confine inglese. Ma nel 1908 egli ini ziò uno spostamcnto ,·erso ovest, in territorio inglese, nello ,tesso tempo .:lic. com e si è d etto , si proc11ra\·;1 L11le:111za deg li Uarsa ngheli. Nell"agosto 1908 le truppe inglesi di Uohotlè attaccarono i Dervisci, mettendoli in fuga cd avan zando nel Nogàl fino a Damot; il Mullah sp11sti1 al lur.1 Li maggior parte dell e sue forze a nord, veno il paese degli Uarsa ngbel i. Il 14 settembre avven ne uno scontro a Ei Dab, fra 800 Uarsanghcli e le truppe ing lesi del presidio di Ber; g li Uarsa ngheli furono m essi in fuga, l;isciando parecchi morti e 15 prigionieri. Dall'ottobre al dicembre le razzìe dei Dervisci si moltiplicarcrno: sia contro gli Ogaden abissini, sia nel Sultanato di Obbi;i, sia contro le t ribù del protettorato inglese. Alla fine del 1908 la situazione era tale da provocare dovunque la reazione. Nel gen naio 1909 il Sultano di Obbia informava di un'az ione fortunata compiuta dai suoi ascari co ntro le truppe del Mullah , al quale :1vrcbbero uccisi 90 uomini e presi 34 fucili. Contemporaneamente il Governo inglese, allarmato dalla persistente attività dei Dervisci, decide,·a di in vi:ire rinforzi nel Somal iland , per garantire i possedim e nti e le tribù a miche contro il rinnovarsi di possibili scorrerie. A metà di febbraio le forze inglesi del << Somaliland Protectoratc ,, rag!!ill n!!eva no la forza di 4.000 uomini , con tre navi da :,..,ouerl.. , '- ' r:1 permanentemente in c:-:-iciera sulle coste. La nave l'hilomc/ nel ~


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febbraio stesso cannoneggiò Las Gorè, dove eransi rifugiate bande di Uarsanghdi e di Dervisci, che molestavano le ~ribù della costa. Il 21 aprile del 1909 sbarcarono a Herbera sir Rcginald Wingate, governatore del Sudan e comandante delle truppe angl0-egiziane, ed il maggior generale Slatin pascià, incaricati dal Governo inglese di studiare i provvedimenti da prendere contro il Mullah e di riferire sulla situazione del Protettorato.

L'.Uèbi Scehèli a Buio Burti.

La parte politica della missione Wingate fu un complcJo insuccesso, poichè il Mullah, dopo molto tergiversare, rispose alle proposte inglesi accampando pretese inaccettabili. Riusciti vani i tentatiYi di accomodamento, nè intendendo, d'altra parte, il Governo inglese intraprendere: una nuova costosa e forse inutile campagna contro i Dervisci, per suggerimento di sir Reginald Wingate, nell'onobre 1909, furono organizzate nel Somaliland bande indigene, comandate da Capi indigeni. Verso la fine di ottobre le bande vennero formate su 3 colonne di circa un migliaio di uomini ciascuna. Una colonna da laguri per Bohotlè marciò su Mudugh; una da Raduèin seguì la valle del Nogàl ; la terza, attraverso il territorio degli Uarsangheli, si tenne sulb sinistra del Nogàl.


L'azione di tali bande faìlì completamente. Esse si limitarono a far razzìe ed alla fin e rifiutarono di proseguire le operazioni e, per conseguenza, furono disarmate e congedate.

In L!uanto all'azione svolta dall'Italia, oltre agli aiuti forniti al Sultano di Obbia, nel Benàdir, continuando i Dervisci del medio Scebèli a di sturbare le popolazioni, si dovette più volte fare intervenire colonne di truppe in soccorso Ji t)ueste. Il 10 luglio 1909, a r ecai Mohamed, avveni va uno scontro con un nucleo di Dervisci e \'i rimancv:1 ferito il ca pitano Ginocchio; nel dicembre si decise di on: upan: st:1liilmc11 1c Bal:1d, dove i Dervisci si erano nuovamente inscck1ti. Essi si ritirarono allora più a nord, sul medio Uèbi Scèbclì (1). lnt;111to, dato il riavvicinamento del Mullah ad Osmàn M;ihmùd, del LJtiak ave\·a sposato una figlia, si intensificavano le crociere delle nostre navi sulla costa migiurtina ed il 6 ottobre dalla nave Voltumo \'enne bombardato Rorek, .in seguito al rifiuto delle genti del Sultano di inalberare la bandiera italiana. L·energica nionc di Borek dette buoni risultati (dopo allora, :1IL1pparire delle nostre navi , veniva subito sventolata la nostra bandiera) e dovette impressionare anche il Sultano Osmàn Mahmùd, che, poco dopo, ruppe nuovamente i rapporti col Mull ah. l rinforzi in viati nel Somaliland all'inizio del 1909 e la destinaz inne del generale Manning a commissario del Somaliland . sembrava avessero indotto gli Inglesi ad una nuova azione mil itare nell 'interno del Protettorato. l nveee la pubblicazione di un (( Libro Azzurro,. (21 marzo 1910) annunziò la decisione presa dal Governo inglese di abbandonare l'interno della Colonia e di ritirare le truppe sulla costa. Le forze militari inglesi, che si trovavano concentrate nel triangolo Sn:ik - Hurao - Berbera, cominciarono il ripiegamento verso la costa il 20 marzo 1910 e furono riunite per la maggior parte a Duhar, presso Berbera, così che, ai primi di aprile del 1910, l'interno del Somaliland era totalmente sgombro dagli Inglesi. ( 1) Contemporanc;1mcnte era stat:i S\'olta fr:1 le popolazio ni del lk1ùdir, .:011 molto successo, u na in1 c11sa propaganda , con la diffusione, per mezzo di s:11Hnni. d ella scomunica del Mullah da parte di Mo hamm cd Salch d elb \-le,ct. Capo dell:i S<"tt:i cui il Mullah appartcnn·:1.


Allora il Mullah invase di nuovo il territorio del Somaliland, taglieggiando le cabile e disponendosi a marciare su Berbera; ma le autorità inglesi, nonostante le richieste di protezione da parte delle popolazioni allarmate, si limitarono al blocco della costa per impedire il contrabbando delle armi. Gli Uarsanoheli, oià così devoti b b al Mullah, cominciarono allora a non mandargli viveri e cotonate; ma inviarono notabili a Berbera a far atto di sottomissione alle autorità inglesi ed, ai primi di dicembre, conclusero a Bender Cas~in una pace solenne coi Migiurtini , sulla base dell 'abbandono della Causa del Mullah e del reciproco aiuto contro le sue rappresaglie. Un tale accordo toglieva a! Mullah la sua principale linea d i rifornimenti fra l'alto Nogàl e Las Gorè. Egli annodò allora relaz:ioni amichevoli col degiac Blacià, governatore abissino dello Harrar, che si prestò a fornirgli armi e munizioni provenienti da Gibuti; ma il Blacià, in seguito alle proteste inglesi ad Addis Abeba, venne sostituito dal degiac Tafari Maconnen che, per togliere agli Ogaden dipendenti qualsiasi velleità di portare aiuto al Mullah o di accoglierlo nel loro territorio, fece un 'incursione nei loro villaggi, razziando tutto il bestiame e le armi che potè trovare. Sul finire del r9ro la situazione del Mullah era, quindi, sensibilmente peggiorata, a causa soprattutto della defezione degli Uarsang heli e dei Migiurtini. Egli non mancò tuttavia di vendicarsi contro i defezionati, facendo razzìc nella regione del Da.rror. Alla loro volta i Migiurtini attaccarono il 18 giugno 191 r Bar Ham, distruggendolo e uccidendo 270 Dervisci, ma questi batterono il 20 ad Ausana gli Uarsangheli, accorsi in aiuto ai Migiurtinì, ucci dendone 200. Il 23 Uarsangheli e Migiurtini riuniti attaccarono i Dervisci a Bihen, ma furono respinti con perdite rilevanti. Intanto i Bagheri, di cui era Capo un parente del Mullah, per istigazione di questi, face vano frequenti razzìe fra le tribù del nostro territorio, razzìe che provocarono l'intervento del nostro presidio Ji Bat1J e si ebbero gli scontri Ji Rac hèile Omàr GuJlè (G ottobre 19ro) e di Mahaddei Uen (II gennaio 1911). Per porre fine allo stato di anarchia che regnava nella regione, nel marzo 1912, le truppe del Benàdir (4 compagnie, 1 sezione mitragliatrici, 1 batteria da montagna, al comando del colonnello Alfieri), occuparono lo Scidlè. Così vennero a trovarsi sotto la nostr2 diretta influenza L]uelle tribù delle rive dello Sccbèli (Baddi Adda, Galgiàl, Abgàl e Auàdle) soggette alle incursioni dei Dervisci Bagheri e Auàdle. Il Governo clella Somalia si adoperò per pacificare


quelle tribù ed unirle contro i Dervisci e per staccare dai Bagheri gli Auàdle, fece pressioni sul Sultano Ji Obbia affinchè favorisse ~1uesto distacco, attaccando i Hagheri da El Bur coi suoi ascari. Il Mullah, avuto sentore di questi preparativi, temendo che noi occupassimo anche il territorio dei Bagheri, dal quale egli traeva quasi esclusivamente i rifornimenti in viveri, im·iò una lettera al Governo della So malia, intimando di astenersi da ul teriori occupazioni.

Il forte di Lugh.

11 Governo della Somalia, non ritenendo allora di avere forze suf ticienti, non rispose alla lettera del Mullah e fece desistere il Sultano di Obbia da ogni ulteriore azione. Il che non impedì che i Bagheri, al principio del 1913, facessero altre razzìc a danno delle nostre popalazioni dello Scidlè; mentre il Mulla h stesso non tralasc iava occasione per attaccare le tribù dei territori di Obbia e <lei Migiurtini e L]uellc sottomesse agli Inglesi ed agli Abissini. Alla fìne di dicembre del 1912 egli trovavasi a Gherrouei, intento a rifornirsi delle armi che gli pervenivano da Gibuti, via Harrar, e nel gennaio del 1913 iniziò uno spostamento delle sue forze verso nord - ovest, nella valle dell'alto Nogàl, spingendo un posto avanzato di 150 Der\'Ìsci ad Ainabo, a qualche chilometro ad ovest di Ei Dab e determinando grande panico tra le tribù del Somaliland. Era evidente la sua in~enzione di invadere tutto il Protettorato.


1 79

Gli Inglesi non disponevano che di un reparto di gendarmi indigeni su cammelli. Di fronte alle insistenze delle tribù sottomesse, reclamantj protezione, il reparto dei gendarmi fu inviato a Burao e poco dopo ebbe l'ordine di eseguire una ricognizione verso Ber, per rassicurare le papolazioni. Il reparto, forte di 3 ufficiali e di 109 grega ri montati, con una mitragliatrice Maxim, mosse 1'8 agosto 1913 da Burao verso Ber ; ma la mattina del 9, scontratosi con una grossa banda di Dervisci p resso Dul Madoba, venne circondato e solt:rnto pochi superstiti pott,:rono ritirarsi, il giorno dopo, a Burao. Il facile successo di Dul Madoba incoraggiò il Mullah e fu un grave colpo pel prestigio inglese. E sso mise in rilievo quanto fosse pericoloso lo sguarnire di truppe una Colonia non ancora del tutto sottomessa e quanto fosse errato il .con~ett-0 che, per mantenervjsi vantaggiosamente, bastasse occupare qualche punto della costa. Le forze del Mullah erano intanto aumentate da I .500 a 6.000 seguaci, dei quali almeno :2.000 armati di fucili , e 150 uomini a cavallo; il prestigio dell'Inghilterra era gravemente intaccato; la palitica di compromessi e di espedienti non aveva avuto altro risultato che di ingenerare sfidu cia nelle trihù sottomesse . D opo Dul Madoba si sparse la voce che gli Inglesi avrebbero sgombrato Burao ed il 5 settembre una banda di Dervisci saccheggiò il bazar e distrusse la residenza, determinando l'esodo degli abitanti. Quindi la banda si ritirò, lascia ndo un distaccamento di 400 uomini a Scimbir Biris, a 20 miglia a sud - est di Ber, donde, nel gennaio del 1914, il Mullah scrisse al governatore inglese col tono di chi detta condizioni, proclamando Scimhir Biris come confine dei territori alla sua di pendenza. Questo stato di cose decise, finalmente, il Governo inglese a provvedere. Numerose truppe furono inviate nel Somaliland e concentrate a Burao. Il 3 febbraio queste forze avanzarono su due colonne verso Bur Dab, dove i Dervisci stavano costruendo un nuovo forte, che venne distrutto. Il 4 una colonna inglese si trasferì a nord di Bur Dab ed attaccò i forti di Scimbir che furono conquistati dopa disperata resistenza. Il successo degli Inglesi ebbe grande effetto morale in quanto, oltre a togliere al Mullah l'importante posizione di Scimbir, rassicurò le tribù amiche - la cui fede era prima assai scossa, per le razzìe già prima subìte, senza che gli Inglesi intervemssero in difesa - e le indusse a rimanere fedeli all ' Inghilterra.


.180

Frattanto, nella nostra Co.Ionia del Benàdir, in attuazio ne del programma di graduale espansione dei territori sottoposti all a nostra sovranità ed anche per la necessità di proteggere Le tribù del Ren:1dir settentrionale dalle razzìe dei Dervisci Bagheri e Auàdle, stabilitisi jn Bclet Uen, si era proceduto ad occupare anche Uanle Uen (1° agosto 1912), Buracaha (19 giugno 1913) e Baidoa (25 giugno 1913). Il Mullah, impegnato nel Somaliland, non potè inviare soccorsi ai Bagheri ; sicchè questi, premuti dagli armati del Sultano di Obbia (da noi riforn ito d'armi e munizioni) e tenuti in rispetto dai nostri presidì, ormai saldamrnte affermatisi nei territori occupati, ridussero la loro atti vità a piccole, timide razzìc. La Colonia ebbe così assicurata la tram1uillità, tanto che dal 1913 potè concorrere, con l'invio successivo di alcuni battaglioni, alle operazioni per la nostra penetrazione nclb Libia.

Per ricordare la nostra espansione in Somalia ci siamo serviti degli scritti del Cesari (1), del Bnmiatti (2), del Bòttego (3) e specialmente del volume del Gaibi (.-l), del qu:ilc :ibbi:imo riassunto non poche pagine. Come si è visto, L1ct1uisto della Somalia non ci costò molto sangue come quello della Coloni:i Eritrea e potemmo condurre a termine le inevitabili lotte co n le tribù indigene e con le orde del Mullah con truppe formate dagli indigeni della stessa Colonia e guidati dai nostri u fficiali che, con la loro esperienza coloni ale, la loro capacità ed il loro va lore, riuscirono ad affermare il nostro prestigio e ;id offrire alla Patria lont:ina reparti di colore disciplinati e fedeli. Ma se, nella com1uist:i della Somalia, non perdemmo nostri soldati bianchi, vi trovarono morte gloriosa alcu ni nostri ufficiali, elci LJUali abbiamo avuto già occasione di ricordare i nomi e le gesta. Cun l'aiuto degli autori già citati , abbiamo ricordato, con una fat icosa sintesi, che avr:'1 messo a dura. prova la pazienza dei nostri lettori, tutti gli avvenimenti politici e militari che ci procurarono il possesso della Somalia. Antonio C ccd1i e b Soma li:i. it:i.lian:i. " · ,, Le rnlonit· degli Tt:diani " · (3) BònEGO : ,, li Giuba esplorato ». (4) Grnn: " Stori:i delle rnlonic i1 aliane ,, ed « Il Mull:ih " · (1) CEsAKI :

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Per maggiore comodità del lettore, ora ricorderemo tutti gl i avvenimenti nel loro ordine cronologico, servendoci del diligente studio di Mario E. Gaslini (< Cento anni di storia colonial e italiana ", pubblicato nell'opera •1 Cento anni di vita italiana » di Corrado Barbagallo ( 1). 1 < Mentre nel mar Rosso scrive il Gaslini - si decidevano le nostre sorti coloniali, l'Italia giocava una grossa partita sull'oceano

Il ' 'Bur" di A cabr..

In diano, silenz iosamente; ma con grande avvedutezza. Maggiore onore, dunque, per una politica, che non riscuote grande popolarità ; ma i cui propositi coraggiosi si tradu ssero, senza interventi m ilita ri , in effettive realtà economiche. Ne va dato merito ai nostri governatori coloniali, ai nostri ufficiali, ai pochi nostri colonialisti ed anche alla remissività dell'opposizione parlamentare, placata dalla caduta del Ministero Crispi. Merito non minore va dato ad un gruppo di viaggiatori italiani, che esplorarono quelle terre e fen:ro apprezzare l'Italia, molto kmpo prima che le nostre navi ed i nostri funzionari varcassero de soglie di un mondo fin allora sconosciuto e vi avviassero la nostra politica e la nostra economia. ( 1) C:nallotti c:d itori, Milano, 194!l- 1949.


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« E' tuttavia g iusto nconoscere che l"indecisione del nostro Ministro degli Esteri - il Mancini - il quale, in fatto di espansionismo coloniale, era, tra il sì ed il no, di parere contrario, compromise il successo di g ran parte di quello che avremmo potuto ragion evolmente e tranquillamente conseguire. Infatti al Sultano di Z anzibàr, signore virtuale di quelle coste, il quale ci aveva offerto i territori litoranei al di qua e al di là del G iuba, aveva risposto, limitamlo la sua accettazione ad un vago trattato di commercio, anzichè di possesso, di protettorato o di occupazione. In tal modo l'Italia ven ne sostituita dalla German ia, sulle coste di fronte a Zanzibàr, e dalla G ran Bretagna su L}uelle a mezzogiorno dell'Equatore e dovette accontentarsi di terre meno impananti. ,, L'atto di nascita della Soméllia italia na si kgge n ei primi acconl i col Sultano di Zanzibàr: un trattato di commercio del 28 maggio 1885, seguito da un articolo addizionale del 10 ottobre. Il primo trattato vero e proprio fu però quello di « Protettorato >), concluso 1'8 febbraio 1889 col Sultano di Obbia. Furono i primi atti di una serie di Convenzioni con altri Capi e Sultani, che condussero all'unificazione dei vari territori. Vi si aggiunse poi il territorio delJ'Oltregi11ba , che nel 1925 entrò a far parte del dominio italiano, in seguito al riconoscimento di antichi diritti da parte del Governo britannico. In 1.1. uest':rnno \'eniva, inoltre, decisa l'occupazione della Somalia settentrionale (Sultanati di Obbia e dei Migiurtini, territorio del Nogàl), do ve fin allora il dominio italiano era stato esercitato in m odo effimero; . il che avvenne dopo diciassette mesi di campagn a (ottobre 1925 - gennaio 1927), condotta con 12.000 uomini e con una D ivisione navale. « Ecco alcune del le date principali della Storia della Somalia italiana: 1885: 28 maggio. Accordo col Sultano di Zanzibàr per vantaggi commerciali all'Italia sulla costa della Somalia fino a Uarscèich. 1886: 23 ottobre. Lettera di Said Bergasc, Sultano di Zanzibàr, al Re Umberto I, con l'offerta del Giuba e della baia di C hisimaio, declinata dal Governo italiano 1'8 dicembre successivo . 1888: 12 ottobre. Jù suf Alì, Sultano di Obbia, sollecita il protettorato italiano. 1889: 8 febbra io. Viene stipulato col Sultano cìi Obbia il trattato di ,, Protettorato ,, , chiesto spontaneamente all ' Italia dallo stesso Sultano. <(


7 aprile. Viene stipulato col Sultano dei Migiurtini un trattato di « Protettorato ». 19 novembre. Il Governo italiano notifica alle Potenze di aver assunto il Protettorato di alcuni tratti di costa a nord del la foce del Giuba, intermecl1 tra le stazioni di Brava, Merca, Mogadiscio e Uar.scèich, appartenenti al Sultano di Zanzibàr. 1891: 24 marzo. Accordo con i Capi di Mogadiscio per un ,, Protettorato ». Protocollo italo - inglese per la definizione delle rispettive zone d ' influenza, in cui restava riservata all'Italia quella sul territorio che va dal Giuba al capo Guardafui. 1892: 12 agosto. Accordo col Sultano di Zanzibàr per la concessione, durante 25 anni, dei porti del Benàdir, dietro canone annuo. 1893: 3 aprile. Il principe Ruspali stipula col Sultano di Bardera un trattato per il <( Protettorato >i italiano. 25 maggio. Il Governo italiano concede l'amministrazione del Benàdir alla Società V. Filonardi e C. 3 giugno. Analogo trattato di ,, protezione e di amicizia " è stipulato col Sultano di Lugh. 1894: 5 maggio. Protocollo italo-inglese per il confine scttrnt rion:1lc e orientale cielb Somalia i.t:ili:111:1. 1895: 19 maggio. Trattato di " protezione ,, di nove tribù del Benàdir. 25 novembre. Estensione del « Protettorato " e diritto di pn:sidio a Lugh. 1895 - 1897. Convenzione di Mogadiscio, conclusa dal capitano Bòttcgo con le tribù J3orana, Digodia, Sidamo, Burgi, ecc. 1898: 25 maggio. Concessione del Benàdir ad una Società commerciale di Milano. 1899: 8 giugno. Protettorato sui Goscia. 1902: 24 dicembre. Accordo col Sultano di Ghclèdi per il ,, Protettorato >' e l'occupazione dello Scebèli. 1905: J 3 gennaio. Accordo italo-inglese di Londra, per rni l'Italia acguistaYa tutti i diritti di sovranità del Sultano di Zanzibàr sulle città del Benàdir, e l'Inghilterra cedeva in affitto al Governo italiano un tratto del porto di Chisimaio. 5 marzo. Accordo d ' Iligh tra il plenipotenziario italiano Pcstalozza, il. rappresentante britannico ed il Mullah (Sayed Mohamed ben Abdullah), per assicurare tutti i Somali e le altre 1x)polazioni, protette dall'Italia, nel territorio del Nogàl, di fronte ai Dervisci.


1905: 16 marzo. La Colonia della Somalia meridionale (Benàdir) passa sotto la diretta gestione governativa. 1908: 5 aprile. Ordinamento della Colonia, che assunse la denominazione di Somalia italiana. 16 maggio. Viene stipulata con Menelik la « Convenzione di Addis Abeba " per sistemare la frontiera tra i possedimenti italiani della Somalia e le provincie dell'Impero etiopico. 1908: 7 marzo - 25 ottobre. Occupazione di Mellèt, Danàne, Maregh, Barire, Afgoi, Balàd. · 1910: febbraio. Ripresa dell'offensiva contro i Dervisci, che si erano spinti fino a Balàd. Gennaio - aprile. Inizio di una più vasta occupazione territoriale t.: dell'assetto definitivo della Colonia. • 2 settembre. Parte da Napoli la spedizione Citerni (compagno del Bòttego), per delimitare sul terreno il confine tra la Somalia itafona e l'Impero etiopico. Tale delimitazione non fu alla fine potuta a1tuare. 1912: J'' marzo. Occupazione dello Scidlè. 1912 - 1913. Viene occupata progressivamente la zona pm setlrntrionalc della Somalia tìno alb linc:1 Dolò - El Furungh - Mustah il. .__ 1914: maggio. Occupazione di Buio Burti (alto Scebèli). 1918: 14 settembre. Partenza del Duca degli Abruzzi per i pri mi studi sull'organizzaziont di una Società di sfruttamento del paese, con speciale interessamento alle coltivazioni cotoniere: la furnra " Società Anonima Italo -Somala •J .


IV.

O L I U L TI M I A V VE N I M ENTI

Le trattative italo-inglesi per l'Oltregiuba. Poche questioni hanno avuto una storia diplomatica così laboriosa come quella del Giubaland o dc:ll'Oltregiuba che dir si voglia (1). Quel modesto lembo di territorio equatoriale era stato dall ' Italia richiesto all'Inghilterra, insieme al Somaliland britannico ed all'oasi di Giarabub~ subito dopo la prima guerra mondiale, a titolo di compenso per l'enorme botlino coloniale che essa aveva, al pari della Francia, realizzato sulle spogl ie delle vinte Germania e Turchia. Dopo lunghe trattative, il 13 settembre 1919, l'allora Ministro <lelle Colonie britanniche, lord Milnc r, aveva consacrato in una lettera al Ministro Tittoni una intesa cli massima, con la l}Ual e l'Inghilterra si dichiarava pronta a consentire ad una rettifica dd confine circnaico-egiziano, riconoscendo l'appartenenza alla Cirenaica del l'oasi di Giarabub , ed alla cessione di un tratto del territorio del Giubaland, al confine della Somalia italiana , col porto di C hisimaio e la riva Jestra del Giuba. Nella lettera lord Milner diceva che le rettifiche d elle frontiere avrebbero dovuto essere fissate da un 'apposita commissione cd aggiungeva, per quanto riguardava la Somalia, che esse avrebbero dovuto formare oggetto di nuovi studi, per vedere, senza p erò alcun impegno da parte dell ' Inghilterra , di estenderle ancora, in modo più conforme ai desiderata italiani. L'Italia aveva, infatti, chiesto tutto il territorio della provincia del Kenia, del Giubaland, più una parte del territorio dell'altra provincia settentrionale del Kenia stesso, sino a Mojale, in modo da estendere il mo dominio anche su terre più fertili; ( 1) Cfr.:

CoRRADO Zo1.1:

L ':\.rni:i , Roma, 1949.

" Espansione coloniale itlliana ( 1922 - 19_39) " ,


Nel no vem bre del 1919, il Governo italiano aveva cercato di riaprire la questione; m a aveva incontrato forti opposiz io ni. Riunitisi però, in seguito, a Londra i tecnici italiani ed inglesi, si era ottenuta dall'Inghilterra la cessione di un a nuova zona Ji circa 10.000 chilometri quadrati, compr endente l'approdo di Durnford, che era stato prima negato, e il corso dei torrenti Biricao e<l Himcti . Da parte nostra, in cambio, si era consentito ad una m odifica del co nfine ciren:iico-egiziano, m ediante lo spostamento dell a pa rte più settrntrio nale della linea di frontiera a IO c hilometri a nord di Soll um , con l'abba ndo no del nostro posto confinario di Am scat e di impo rtanti cistern e sulla camionabile detta << strada di Emn bey l•, su lle carovaniere per G iarabub e Siwa, no nchè sul prim o tra tto della carovaniera più frequ entata per l'oasi d i Giarabub. Il co nfine era JX> i spostato a nostro favore per includere in territorio cirenai co piccole oasi che completano quell a principale di G ia r:1bub. G li accordi eran o stati concretati 111 uno scambio di lettere tra lord Milner e l'on. Scialoia nell'aprile 1920. La lettera del Ministro inglese, nel prenderne at to, aggiungeva testualmente : ,, Rima ne natur:ilmentc inteso che il rnmpl<'sso ciel nostr() accordo concernente l'Africa potr;1 di\'eni re effettivo soltanto con la sistemazione generale di tutte le L]LICstioni che sono dinan zi alla Conferenza della pace " · Inol tre il Foreign Office affermava rimanere inteso che la conclusione stessa doveva essere preceduta <lai rico noscimento del Protettorato inglese in Egitto, in mancanza del quale il Governo britannico non avrebbe :1vuto LJUalità giuridica, per agire come intermediario tra Italia cd Egitto. Scnonchè, la situaz io ne interna egiz iana intervenne a portare una nuo,·a complicazio ne nell' andamento delle trattative, ch e subirono n uove soste e no n poterono essere definitivamente concl use. Quando si era no potute riprendere le conversazion i, l'Italia aveva chiesto che. alla linea di fronti era con \'enuta nell 'accordo di massima Milner - Scialoia, si facesse subire un lieve spostamento per includere nel territorio da cederci la palude cd i JX>zzi di Lorian. Non si trattav:i di una mod ificazione rilevante alla frontiera già concordata; ma la richiesta italiana rispondeva a necessità imprescindibili delle popolazio ni somale, dimoranti sulla ri va destra del Gi uba , dalla L!uale. in determinate epoc he del l'a nno, dovevano allontanarsi per sfuggire alla mosca tze-tze, che infestava Lluclle plaghe. ed emi gr:ir::\'l"TSO la zo n:i di Eil Uach, la paludt: del Lori an e talvolta sino a


Mojalc, alla ricerca di an1ua per i loro grossi armenti, rappresentanti la maggiore ricchezza del paese. I negoziatori inglesi risposero con un rifiuto e con la richiesta di un impegno da parte nostra che avremmo impedito alle tribù in (jllestione di oltrepassare il confine segnato dal 41 " meridiano, per giungere, come da secoli usava no, ai pozzi di Lorian e di Mojale; richiesta, come si vede, inattuabile, ma che valse a portare un ulteriore arresto nelle trattative.

Gli amnceti di Gcnt1le.

Proclamata l' indipendenza egiziana e decaduta la condizione posta dall'Inghilterra nel 1920, l'Italia aveva creduto di trovare il Governo britannico disposto a maggiore condiscendenza, in quanto le trattative per il confine cirenaico erano diventate di competenza del Governo egiziano ed alla Gran Bretagna non si chiedevano perci_ò sacrifizi di terriwri, sia pure magri, nell 'A frica settentrionale. La domanda per la ripresa delle conversazioni, da noi avanzata nel giugno 1922, non contemplava la. cessione di tutta la. provincia del Giubala nd, nè di Mojale, ma soltanto quella della zona dell'i ntesa di massima Milner - Scialoia , più la palude di Lorian. Il terreno non era però stato trovato favorevo le: chè anzi il Governo inglese, mentre rimaneva (ermo sul 41 ° meridiano come linea di d emarca-


188 zione de.hnitiva, insisteva nella pretesa della proibizione agli indigeni di accedere ai pozzi e agli stagni oltre quel confine. ed avan2ava un 'altra condizione, alla quale subordinava la cessione dei ter ritori sul Giuba, e cioè il ritiro dell'Italia dalle isole del Dodecanneso.

Non è il caso di ricordare llUi il buon diritto italiano a rimanere in quelle isole del Mediterr:rnc:o orientale, per le quali esistevano :iccordi e convenzioni particolari che nessun riferimento avevano con Lut_ J 3 del trattato di Versaglia, nè con l'art. 13 del patto di Londra_ Strana apparve pertanto la nuova pretesa inglese, nella quale non era possibile vedere se non un espediente per allontanare un:i volta di più un :1tto modestissimo di riparazione ad uno dei numerosi torti che !'.Italia aveva subìti dai suoi alleati della prima guerra mondiale; pur tuttavia essa ebbe il risultato di arrestare ancora lt conversazioni per i compensi che ci spettavano. ,, Fu in questo punto morto ed apparentemente insuperabile. a mmennchè non ci fossimo sobbarc:iti a sacrifizi non indifferenti, che il Governo nazionale, insedia ndosi in Roma 11cll'ottobre 1922, Lrov~, la LJUestione del Giuhaland. Trattandone con lord Curzon, il quale insistcv:i ndb sua tesi dell'abbinamento delle due questioni del Giubaland e del Dodecanneso, il Governo italiano fece presente che, se l'Inghilterra avesse voluto la sistemazione del Dodecanneso secondo le sue vedute, avrebbe dovuto dare . all'Italia compensi ben maggior: t!i t1udli contenuti nell 'accordo Milncr - Scialo ia. I negoziati veramente risolutivi al riguardo si svolsero tra la lìne di maggio ed i primi di giugno T<)24 e finalmente, il r5 luglio era firmato a Londra l'accordo delìnitivo, col quale l'Inghilterra cedeva all ' Italia il territorio del Giubaland, limit:ito al 41" ~cridiano est di Greenwicl1. "11 29 giugno 1925, con solenne cerimonia, avveniva in Chisimaio il trapasso dei poteri dalle autorità inglesi a quelle italiane. C hi scrive, in qualità di Alto Commissario, assumeva il governo del nuovo territorio coloniale. Contemporaneamente le truppe del Corpo dell'Oltrcgiuba, che già da un anno era venuto costituendosi nella co ntigua Somalia italiana, varcavano il Giuba in vari punti, sostituivano i presidi inglesi nell'interno e prendevano possesso, senza incidenti degni di rilievo, di tutto il territorio. " Nel Giubaland centrale e meridionale si agitava già da parecchi o tempo 1111 profondo conflitto tra due delle più numerose ca-


bile di Somali - gli Harti e i Mohamed Zubicr - conflitto che aveva già provocato razzìe e sanguinose incursioni anche nel precedente anno 1924. In seguito ad una imparziale ed oculata azione politica svolta dalle nuove autorità italiane, l'antico feroce dissidio tra le due cabile rivali potè essere composto e la pacificazione ottenuta venne celebrata quattro mesi dopo in Curcurmesa, localit à dove era avvenuto il primo omicidio che aveva fatto divampare il conflitto. " Il territorio ceduto dall'Inghilterra all'Italia sulla riva destra del G iuba misurava circa 90.000 chilometri quadrati di superficie, con una popolazione di soli 85.000 abitanti, neppur uno per chilom etro quadrato!, dei quali poco più di 6o.ooo somali pastori e n omadi o seminomadi ed il resto di popolazioni negre sedentarie di agricoltori, quasi tutte raccolte presso la riva del fiume. « In teoria l'acqu.isto di ambedue le rive di quell'imponente corso d 'acqua perenne rappresentava, per l'Italia, la possibilità di sfruttare la massa delle acque per la bonifica e la irrigazione delle terre circo~tanti e, quindi , per una grandiosa opera di avvaloramento economico dell'intera Somalia italiana, in L]llanto lo sfruttame nto dell e acque del Giuba poteva dar luogo ad opere di bonific:1 da dieci a ,enti volte più estese e reJditi zie di yuc:lk g i~t c~i~Lrnti 11d B<.: 11~1di1, lungo il corso dello Scebèli. Ma, in pratica , anc he a prescindere dall'enorme costo delle gigantesche opere di sbarramento e di can alizzazione che si sarebbero dovute :iffrontare, tutti (1uesti grandiosi pro<Jrammi dovevano risultare irreali zzabili J)er l'assoluta deficienza "della mano d'opera indigena occorrente e per la im possibi lità d i sostituirla con mano d'opera nazionale ; sia per il costo eccessirn di questa ; sia per l'inclemenza del clima equatoriale " (1). Dopo un anno dall'occupazione, e precisamente il 1° luglio 1926, il territorio dell'Oltregiuba passava a far parte della nostra antica Colonia della Somalia italiana.

I Sultanati di. Obbia e dei Migiurtini. Morto il Mullah nel 1921, il territorio del Nogàl in Somalia era tornato ad essere oggetto di contestazione fra il Sultanato di Obbia e quello dei Migiurtini; Sultanati sui quali noi a\·evamo esteso il nostro Protettorato. ( 1) Così tesrualmente lo Zoli nell'opera gi~ citatJ.


Occorreva, p<.'.r conseguenza, riportare la tranquillità cd affermare il nostro prestigio anche nella Somalia settentrionale ed, a tale scopo, dopo la necessaria preparazione politica e militare, si procedette all'occupazione del territorio di Ohbia e della Migiurtinia (1). Le truppe all'uopo disponibili in Somalia era no, nel 1925, assai Poche. Noi potevamo infatti dispom.: soltanto di due battaglioni so• mali, mentre il terzo era ancora in corso di organizz.izione, ed appari va L]uindi necessario impiegare per l'impresa battaglioni Benàdir e battaglioni eritrei; ma la conquista dei due Sulta1iati era indispensabile per il nostro presti gio e per la tranquillità della (',olonia. Come scrisse Corrado Zoli nell'opera già ricordata, per quanto riguarda i Sultanati di cui trattasi, il nostro Protetto rato sulla Somalia settentrionale era, infatti, soltanto nominale. Nel Sultanato di Obbia esisteva una specie di organizzazione militare: ma, data la poca efficacia della nostra protezione, essa era piuttosto pericolosa per noi. Di organizzazione civile cd amministrativa non si potc:va neppure parlare e lo stesso si verificava anche in quello dei Migiurtini. Tale stato di rnsc doveva attrarre l'attenz ione del Governo nazionale. C hiamato al governo della Colonia il De V cechi di Val Cismon. e~ li si interessò per ottenere dal Ministro delle Colonie l'autorizz:izione :i pron:drre ad una migliore sistemazione dei Sulta11ati di Qbbi:1 e de i Migiurtini e dell'interposto territorio del Nogàl, ad affcrman·i l'autorità dello Stato italiano cd a garantirne la sicurezza. Così, dopo una rapida preparazione politica e militare, fu ordinato al Corpo di truppe coloniali della Somalia <li procedere alla occupazione di lJUCi territori. Il 1" ottobre 1925 fu occupato Hor<lio ed il 3 ottobre Alula, nel territorio dei Migiunini, e fu iniz iato il disarmo delle popolaz ioni; ma, nella seconda metà di ottobre, queste incominciarono a manifestare propositi di rcsistenz:1 col rifiuto di consegnare le armi. Proclamato il blocco della costa, si procedette con la forza al disarm o di Afgalaio (24 ottobre) e di Bcreda (25 ottobre); mentre la nave Ca 111pania bomba rdaYa Bender Bcila ed , il 18 ottobre, portatasi da( ,) Ciffa le opcrn ioni di questo periodo in Somalia, il !cuore potrà utilmente consultare le scguent i opere: · CAROSELLI: " Ferro e fuoco in Som:ilia » . lhL~uno: « Le operaz ioni di granJe polizia militare, s,·olte dal Corpo Truppe ddb So111;1l ia dal ~cttcmbrc 1925 al fchbrai o 1929 ».


vanti a Barga) cd accoltavi ostilmente da circa 400 armati , faceva intervenire una compagnia somala che disperdeva i ribelli . Di fronte a tale contegno ostile <lei Migiunini, furono chiam:i.te da Obbia - e dove tutto pareva procedere bene - le truppe che avevano occupato quel territorio; mentre, con una compagnia indigena, si occupavano Bender Cassin e Bender Ziàda. La notte sul 25 novembre veniva massacrata la guardia dd faro •< Francesco Crispi », al capo Guarda fui; ma i rinforzi accorsi da Tohen scacciavano i ribelli. Questi, alla fine di novembre, erano segnalati in numero da 3 a 4.000 nella valle del Darror; il 3 dicembre circa 2.000 di essi attaccarono il presidio di Hordio, ma furono respinti; il gi_o rno 3, sopraggiunta la nave Campania, furono dispersi a cannonate e costretti ad allontanarsi. Hordio fu sgomberata, perchè mal difendibile, e tutte le forze della zona concentrate ad Hafùn, compreso il III battaglione eritreo, sopraggiunto da Massaua. Data la situazione, tali forze si mantennero, in un primo tempo, sulla difensiva.

Contemporaneamente all'occupazione, via mare, del territorio dei Migiurtini, tre colonne di truppe, avanzando <lai Benàdir - unJ. lungo il confine etiopico, una lungo la costa ed una centrale - erano penetrate nel Sultanato di Obbia. Il 9 ottobre la colonna centrale aveva occupato El Bur, disarmandone la popolazione e presidiandolo, ed aveva poi proseguito, giungendo il 25 ottobre ad Obbia, già occupata sin dal giorno 12 dalla colonn;i che aveva avanzato lungo la costa. Frattanto le bande dei dubàt, avanzando lungo il confine, erano pervenute a Galadei ed il 31 ottobre avevano occupato Gallacaio. Era stato deciso di procedere anche all'occupazione della valle del Nogàl; ma, a causa della situazione aggravatasi nella Migiurtinia, l'operazione fu rimandata ed il I battaglione Benàdir fu inviato ad Hafùn. Le popolazioni dissidenti dell'Obbia, profittando però di questo movimento di truppe, assalirono a tradimento il presidio di El Bur, distruggendolo quasi totalmente. Data l'indisponibilità delle forze, occupate in Migiurtinia, non · si potè subito riprendere El Bur, che risultava occupato da 500 armati, e fu soltanto il 27 dicembre che l'avanguardia di una colonna, concentratasi nel frattempo a Buio Burti, potè rioccupare senza contrasto quella località, già evacuata dai ribelli. La colonna si raccol se tosto ad El Bur, da dove il III eritreo mosse il 1° gennaio 1926 per


punire i ri voltosi, preceduto di qualche giorno da una compagnia somala , che il 31 dicembre aveva avuto uno scontro a Debaderc, catturando 4-000 cap.i di bestiame. Il 2 gennaio la colonna ragg iunse e disperse a Go holc coloro che avevano attaccato l:.i compagnia somala: il 14 gen naio le bande dei dubàt I i attaccarono di nuovo a Scillane, obhl iga ndo i supt:rstiti, col capo Omar Samantar, a sconfinare in territorio etiopico. Si procedette quindi al disarmo delle popolazioni.

li cotone viene me,,o

11e1

sa.chi.

Pacificato il territorio di Obbia e resesi disponibili le truppe, si ripresero le operazioni in Mi~iurtinia, dove si erano avuti, nel gennaio, alcuni attacchi ai presidi. Fu decisa da prima l'occupazione del Nogàl, dove risultava la presenza di 500 armati ribelli . Mentre un;1 colonna ava nzava \'Ìa terra da Obbia, occupando Geribao e Garad il 20 nurzo, un'altra colonna era sbarcata il 13 aprile tra Iligh nl Eil, a Bardadle, dove fu raggiunta il 15 dalla prima. Le forze ri unite avanz:1rooo il 17 su Eil e, superate forti resisten ze al passo del torrente Gullalè, il mattino del 19 lo conquistava no. Contemporanc:amc:nte veniva occu pato e presidiato anche Callis. Disarmato il Nogàl, si procedette verso la valle del D:.irror, dove .s·erano rifugiati i dissidenti. li 20 lug lio fu occupato Carim e posc ia due colonne, p;irtendo d:i Carim e da Eil, batterono anche il


basso Darror, disperdendo le ultime resistenze. superstiti si rifugiarono, alla fine del 1926, in territo rio britannico, arrendendosi a l]Uelle autorità.

progressi agricoli ed industriali. Sin dal 19:20, la S.A.I.S. (Società Agricola Italo - Somala), presieduta dal Duca degli Abruzzi , in seguito a trattative condotte coi rappresentanti della cabila degli Scidlè, si era gara ntita la libera e continuati va disponibilità di 25.000 ettari di terreno :i ca vali ere dell'Uèbi Scebèli ed a circa l 30 chilometri da Mogadiscio, per una vasta bonifica, destinata alle co lti vazioni di cotone, canna da zucchero, sesamo, ricino, granturco, dura, kapok , cocchi, ecc. Verso la fine del 1925 i terreni della S.A.I.S. furono allacciati alla ferrovia Mogadiscio -Afgoi - Lugh (in costruzione oltre il bivio Adeki) mediante un tronco di 48 chilometri. :J\'.el marzo 1926 incominciavano a funzionare le opere di sbarramento per deri\·arc l'acqua dello Scel>èli, consistenti in una diga, uno scari catore di superficie cd uno di fondo e<l in un edificio di pres;1: nnnc hè in 1111 :1 r,:-te di qtusi 800 d1ilornetri di canali per la irrigazione. Per la manipolazione dei prodotti agricoli erano sorti importanti stabilimenti industriali, riuniti presso il fium e: a Bajahao in unico centro, collegato con \'azienda da una ferrovia Decauville. Vi esistevano: un ·officina di sgranaggio del cotone, un grande oleilìcio, uno stabilimento per la produzione delio zucchero da canna, \'asti magazzini, una centrale elettrica, un impianto idrovoro, un distillatore, un molino da cereali, una sfilatrice da agave, un.officina meccanica completa per la lavorazione del ferro e del legno. Nel 1924, per iniziativa del goYernatore conte De Vecchi, in località Genale, a 18 chilometri dall'approdo di Mcrca, con opere idrauliche di presa dcll'Uèbi Sccbèli, a 120 chilometri a valle del comprensorio della S.A.l.S., erano sistemati a cultura oltre 20.000 ettar i di ottimo terreno, ripartiti in concessioni per la colti\'azione del cotone, delle banane, dei cereali e dei semi oleosi. La cospicua produzione di banane di ottima (iualitt raggiunta nel co mpre nsorio di Genalc dopo soli pochi anni di sfruttamento, induceva· il Ministero delle Colonie a creare un'azienda autonoma per il trasporto e la vendita <lei prodotto in Italia, con una flottiglia di quattro celeri e modernissime navi bananiere.

14.


1 94

Felici risultati raou1uno-eva l'attiva ed oculata azione politica t,r, t, svolta dal governatore Gasparini nei riguardi dello Yemen, la più ricca regione della grande penisola arabica, le di cui coste si affacciano sul mar Rosso, di fronte all'Eritrea. Venti secoli di Storia confermano gli stretti legami esistenti tra i due paesi. Prima ancora dell'era cristiana, l'Eritrea e l'acrocoro etiopico furono colonizzati da tribù semitiche provenienti dallo Ycmcn; mentre nel VI secolo d. C. i Re abissini di Axum, alla lor volta, varcarono il mar Rosso per conquistare e dominare lo Yemen. Nell'evo medio e moderno fu un succedersi ininterrotto di scambi commerciali tra le due sponde del mar Rosso: mercanti arabi popolarono le prospicienti coste africane e vi attivarono i traffici; santoni arabi \'i predicarono la religione di Maometto , c he infatti guadagnò ferventi e numerosi seguaci, particolarmente fra le popolazioni dei due bassopiani. Stretti rapporti etnici intercorrevano altresì tra l'Arabia meridionale e la Somalia italia na , la l)Uale reclutava appunto nello Yemen le sue migliori truppe di colore e vi attingeva largamente la mano d'opera necessaria alla sua crescente economia. Ma la dominazione ottomana prima e la forte influenza esercitata dal vici no mercato di Aden poi. avevano reso meno frequenti le comunicazioni e meno prospero il commercio dello Yemen coi nostri possedimenti del mar Rosso e dell'oceano Indiano. li Governo dell' Asmara seppe conq uistarsi l'amicizia e la fiducia clcll'Iman Yahia, persona abile ed accorta e Capo anche della setta zeidita, che dal 1919 si era proclamato Re dello Yemen e che ci dette, infatti, ripetute prove della sua amicizia, giungendo persino ad ammettere a Sanaa la presenza e l'attività di un nostro addetto commerciale e di LJUattro medici militari italiani. Frutto di <..1uesta abile politica fu la conclusione di un trattato di amicizia e di commercio, firmato in Sanaa dall'Ima n e dal governatore Gasparini il 2 settembre 1926; tra_ttato col quale l'Italia, per prima fra le Potenze, riconosceva l' Iman Yahia come Re dello Stato indipendente dello Yemen . Dal canto suo l'Iman, nell'estate del 1927, inviava il suo secondogenito, Principe Seif el Islam Mohamed, a visitare il Re d'halia a Roma; prima ambasceria inviata dallo Yemen in paese europeo. . Allo stesso governatore Gasparini, che resse per più di un lustro le sorti della nostra Colonia primogenita, si deve, oltre all'incremento dato alla coltivazione del caffè nel mediopiano orientale eritreo, con ottimi risultati quantitativi e qualitativi, l'impianto di un


vasto comprensorio 1rnguo di oltre 10.000 ettari nella piana di Tessenei, destinati alla coltivazione del cotone, utilizzando le acque del fiume Gasc, con opportune opere di sbarramento e di presa. L'uso delle acque del Gasc, che sono le stesse che servono all'irrigazione delle zone cotoniere sudanesi nella regione di Cassala, fu stabilito e concordato dopo lunghe trattative tra i Governi dell'Eritrea e del Sudan anglo - egiziano, con l'accordo di Kartum del 1925. Gli ultimi avvenimenti in Somalia, prima della guerra italo etiopica iniziatasi nel 1935 ed alla <-1uale dedicheremo la quarta parte di questo volume, possono quindi così riassumersi: 1924 (luglio). Convenzione italo - britannica per la cessione ddl'Oltregiuba all'Italia, secondo le clausole dd Patto di Londra

del 1915. 1925 - 1926. Occupazione dell'Oltregiuba e sua annessione alla Somalia (10 giugno 1926). 1926 (settembre). Trattato ddl'It:ilia con lo Yemen. 1931 (3 giugno). Accordi italo - inglesi circa il confine anglo italiano della Somalia settentrionale. 1934 (5 dicembre). Incidente di Ual -Ual che, come è noto, costituì Li causa occasionale delb guerra italo - etiopic:1.



LIBIA



I.

LA GUERRA ITALO-TURCA PER LA CONQUISTA DELLA LIBIA I precedenti e le cause della guerra. Fin da quando ebbe luogo l'occupazione francese di Tunisi apparve all'Italia necesario di migliorare, con la cont1uist::i della Libia, la sua menomata condizione nel Mediterrant0; mare che, dall'epoca di Roma a quella che si apriva alla nostra Patria, ricostituita in nazione, era sempre rimasto il campo dell'attività commerciale e politica della gente italica. Ma, venendo ad assidersi fra le grandi Potenze, l'Italia a,·cv;1 trovato t1uesto mare sbarrato a Gibilterra e dominato al centro, con Malta, dall'Inghilterra; altre vicende politiche, che già esaminammo e che in parte ci furono imposte, affermarono poi sul Mediterraneo anche il dominio di altre naz ioni: dell"Inghilterra con l'ottenuto possesso di Cipro e dell'Egitto e col controllo del ca nale di Suez, num·;1 Yia aperta dall'ingegno e dal lavoro umano ai traffici con l'Estremo Oriente; della Francia con l'affermazione del suo dominio sulla Tunisia. Sembrava così che, nell'antico " mare nostrum ", l'ltalia dovesse rimanere inattiva dinanzi agli intrighi ed all'attività delle altre Potenze d'Europa per la conquista e la colonizzazione delle terre africane sul Mediterraneo. Ma, sopiti gli infausti ricordi delle vicende abissine, che per lungo tempo ave v:ino distolto gli Itali:ini da ogni ulteriore tentativo di espansione coloniale, restaurate le finanze e ri messe in efficienza le forze armate, l'Italia, al principio del secolo XX, sperava di potere quanto prima affermare il proprio dominio sulla Libia, ultimo lembo dell'Africa mediterranea, non ancora sottoposto ad una grande Potenza. La nuova generazione che cominciava ad affacciarsi alla vita politica si dimostrava, infatti, animata da ideali di grandezza e la nazione sentiva il desiderio di un indirizzo più energico nella politica estera.


200

Gl i acrnrdi g ià stipulati con la Francia e con l'Ing hilterra, che :1vcva esteso il suo dominio anche all'Egitto, e la nostra partecipazione alla triplice allean za ci offrivano la possibilità, come abbiamo già accenn;1to, di compiere l"agognata com1uista, senza incontrare J'ostili t~1 ddle maggiori Potenze d'Europa. A decidere l'Italia all'azione doveva contribuire anc he la risoluzione della <..JUestion e marocc hina che, concedendo alla Francia J'occup:1zionc del Marocco, ven iva nuovamente a turbare l'equil ibrio medi ter raneo e dava a noi, per g li accordi precedenti, il diritto di stabilire il nostro dominio in Libia. C i spingn·;1110. inoltre, all 'azione a nche gli innumerevoli ostacoli lr:1pposti :tlb nostra attività dal nuovo regime turco in Lihia cd in tutte le :1ltre locilit:'i dell'Impero e l'osiilit à comru g li lt ,ilian i, fumrntata fra gli t\rahi tripolini dai Turchi. La libcrt:'1 d i azione in Libia ci era stata concessa nel 1<Jo6, ad A lge~ir:.is. al lorcht· b quc~tione del Marocco lasciò maggiore libertà :ilb Fr:111cia c:d all'ln~hi ltnra per le loro aspirazioni; e la venuta dello Za r di Russia in Ita lia, nell'ottobre del LCJO<;), aveva permesso di conèordarc una intc~a, che determinò, tra l'altro, l'impegno reciproco dei due Stati di comidn:1rt· , on hcn r-vok n7a : l'un::i gl i intncs~i rn~si nclb lJUCstionc degli St rctli; l'altra gl i interessi italiani in Tripolitania cd in Ci renaica.

Mario Grosso, in un obbiettivo articolo ,. Come andammo in Lihi:1 "· puhhlicato in occ1sionc del XX an ni versario della nostra impre~;1, ricorda tutte k pro\'C dell'ingiustificata ostilità turca contro di noi e reputiamo opport uno di riassumere quanto egli scrisse. Il conflitto c he. alla fine del settembre T9 11 , parve scoppiare improvvis:unentc, fu l'epilogo di una lunga serie di vessazioni e di soprmi, Lmi all'lt ali:1 ed :.igli Italiani dai Turchi dell'Impero ottomano. Da \·ario tcmp:1 in nu merevoli erano le proteste dei con nazio nali in og ni parte dell'Impero, reclamanti una sollecita o pera di riparazione per le ang herie, per la denegata giustizia, per la ve ra e propria sopraff:1zionc. che essi subiva no e la cui soluzione era sta ta dilazionala. Tutt i i rccbmi dc:gli Italiani a tutela dei loro legittimi interessi, lasci:1ti rnlontariarnc nte insoluti dalla Sublime Porta, mostravano il nessun conto che questa faceva della nostra libertà e dell'interessamento dignitoso del noqro Governo. Basta ricordare il reclamo Giu-


201

stiniani e l'intervento arbitrario dell 'autorità ottomana nel corso della giustizia locale ; t1uello di Napoleone Guarnani, di Kuhn e di Crittoni, di Marcopoli, degli eredi Sola, rispettivamente credi tori verso lo Stato turco o verso membri della famiglia imperiale. E così erano rimasti sempre insoluti tutti i danni subìti dai sudditi italiani nelle varie regioni dell 'Impero, come ttuelli dipendenti dai massacri d i Adana del 1909 e dal sacc heg~io dell'Agenzia della Società di Navigazione Generale Italiana a Santi Quaranta. E nume-

Tripoli nel

1 911.

rosi altri rcc1a1n_i ed infinite: altre controv<.1·rsie di n1aggiore o 111inore

gravità - come, ad esempio, quelle per le aggressioni co ntro il personale appartenente ai Consolati italia ni -· stavano a dimostrare come da tempo i nostri connazionali fossero ci rcondati da un·atmosfera mtile, non rispondente alle buone rd:izioni ufficia li esistenti fra i due Stati. Gli atti di avversione e di ostilità del le autorità ottomane \Tni\·ano accentrandosi in yuella parte dell"I mpcro, dove maggiori erano ·i nostri interessi, cioè nel mar Rosso ed in Tripolitania. · Dai rapporti dei nostri consoli . dalle relazioni di coloro che torna\'·a no di là, dai continui incidenti sollevati dai funzionari turchi, appariva chiaramente come si tendesse a creare un ambiente.: di osti lità agli interessi italiani, impedendone lo sviluppo. Il contegno delle autorit:i ottomane nel mar Rosso e sulla costa araba prospiciente la Colonia eritrea rappresentava poi una continua pro\'Ocazio ne e troppo lungo sarebbe enumerare g li incidenti che ave-


202

v:rno offeso la nostra Bandiera, gli attacchi ai nostri sambuchi, gli atti di pirateria subìti dai commercianti italiani. Proporzio ni ancora maggiori avevano assunto in Tripolitania l'oirilità sistematica delle autorità ottomane, ora aperta , ora subdola, per impedire in tutti i modi lo sviluppo dell'influen za italiana. Ecco pochi e~empi, scelti da una lunga serie. Il Banco di Roma aveva iniziato in Tripolitania, con capitale italiano, un a vera e benefica opera di progresso economico e di incivilimento del paese. Le autorità vietarono agli indigeni di avere relazioni con qucll"Istituto e li punirono per r eati immaginari, se vi ricorsero; si impedì :11 Banco di ouenere il riconoscimento giuridico dinanzi ai tribunali locali e, quando, dopo due anni di laboriose trattative, il riconoscimento no n si potè negare, le angherie ricominciarono sotto altra forma. I valì si susseguivano rapidamente nel governo del villayet, ma la politica rimaneva sempre la medesima; finchè, nel 1910, il nuovo valì Ibrahim pascià dichiarò apertamente al Consiglio di amministraz ione del Banco che egli avrebbe fatto opposizione sistematica ad og ni iniziativa italiana, lasciando comprendere chiaramente che tali erano le istruzioni del proprio Governo. E così .tutte le proposte, tutte le domande di concessioni fatte da Italiani, quali condutture d'acqua, impianti radiotelegrafici, lavori stradali, ecc., vennero senz'altro respinte. Contro i trattati , si impedirono ai nostri sudditi: si:1 L1n 1uisto di le rreni , sia le volture c1t:1stali. A Homs, a Bengasi, a Derna gli indigeni , che volevano vendere, si videro minacciati e la vendetta si esplicò con pretesti estranei alla ver a causa. Contrariamrnte agli impegni assunti, fu praticato l'ostruz ioni smo alle missioni archeologica e mineralogica italiane. Tutti gli ostacoli e le difficoltà contrastarono gli impianti italiani e la nostra stessa navigaz ione. Gli indigeni, terrorizzati, non osarono valersi delle nostre benefiche istituzioni.

Oltre a yuesti impedimenti , si verificarono gravissimi fatti delittuosi, L]uali l'assassinio di padre Giustino, preside della missione francesca na a Derna (marzo 1908), e l'altro nella persona dell ' ing. Terreni (giugno 1908), avvenuto a breve distanza fra Tripoli ed Homs: assassinio, che si volle coprire con l'apparenza di un suicidio, smentito dai testimoni e dalle postume rivelazioni: barbaro delitto, per il t..JUalc.: no n fu possibile ottenere una soddisfazione tiualsiasi.


La R(IJu/iera ita!uma inalberata ..u/ ca;tc/lu di Tripoli.



Ogni intervento delle autorità consolari nel villavct era contrastato dalle autorità ottomane, come dimostrava l'inci~lcnte del giornalista Arbib, bastonato dalla polizia, contro la yuale l'intervento del regio dragomanno Sman non ebbe altro effetto se non quello di provocare una nuova e più flagrante violazione delle Capitolazioni. Tutta questa ininterrotta serie di soprusi, violenze, intimidazioni e sopraffazioni era apertamente incoraggiata e sostenuta dal giornale « Marsad » , organo ufficiale del valì, stampato nella sua tipografia e da lui ispirato; giornale largamente diffuso tra gli Arabi e che non riparmiava m nessuna occas10ne oltraggi ed insulti verso l' Italia. Da yuanto precede, chiaramente emerge come il Governo italiano si tro\·assc di fronte ad un programma di avversione preconcetta contro i nostri sudditi e contro le iniziative italiane nell'Impero ottomano cd in modo speciale in Tripolitania. La calda simpatia, con la quale l'l tal ia aveva salutato l'avvento al potere della " Giovane Turchia ", Il generale Carlo C11nèc1t1. il proposito di dar tempo al nuovo regime di consolidarsi, il desiderio di non creare difficoltà ed imbarazzi all'Impero ottomano e all'Europa, consigliarono al nostro Governo pazienza e condiscendenza. " Si sperava nel consolidamento del nuovo Governo, nell'accoglimento dei buoni consigli, odia resipiscenza, nel ricambio di un'amicizia che, per parte nostra, si cr;i spinta fino al sacrificio dei nostri interessi. Ma tutto fu vano. Ogni giorno la situazione peggiorava. Di fronte al nostro Governo, così paziente, si ergeva a Costantinopoli alternativamente od un Governo che ci rirnlgeva melliflue parole di


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amicizia e promesse, alle LJUali mancava poi ogni corrispondenza nei fatti, ovvero un Governo senza autorità, che non era capace di imporre l'obbedienza ai dipendenti locali, un Governo cui mancava la forza di far rispettare ed osservare i trattati, le Capitolazioni, gli impegni contratti; un Governo, insomma, che mancava , nei riguardi dell'Italia, ai propri doveri internazionali. La misura era colma. Tutto aveva contribuito a determinare una grave situazione, alla quale bisognava ormai porre rimedio, ed il nostro Governo, giustamente preoccupato della sicurezza dei multi sudditi italiani residenti a Tripoli, il 21 settembre 1911 fu costretto a comunicare al Governo turco che avrebbe considerato come atto di ostilità l'invio a Tripoli di truppe e di materiali da guerra, invio che avrebbe servito ad aumentare l'eccitaz ione degli indigeni contro gli Italiani n (1). Ma il Governo turco, che già aveva predisposto per l'invio in T ripolitania di personale, di armi e di munizioni col piroscafo Derna, non tenne conto della nostra comunicazione. Il Dema, il 26 settembre, giunse, infatti, a destinazione. 11 Governo italiano fece allora pervenire. alla Sublime Porta un ultimatum e, non avendo ricevuto soddisfacente risposta, il giorno 29 dichiarò la guerra alb Turchia.

La preparazione militare. L'eventualità di una spedizione militare in Libia era stata già da tempo preveduta, così che, quando si trattò di passare all'azione, non restava che dare gli ordini per l'attuazione del progetto già predisposto. Per la preparazione del Corpo di spedizione ci era stata preziosa l'esperienza già conseguita in E ritrea; esperienza che ci indusse ad evitare l'errore di costituire reparti improvvisati ed a tener presente la neccssit;1 di non rendere più complessa l'eventuale mobilitazione generale dell'esercì to in Patria. Era stato stabilito - dice la relazione ufficiale sulla campagna di Libia - d'impiegare nell'impresa un Corpo d 'Armata, composto in modo diverso dall'ordinario e fornito di speciali mezzi per poter agire in paese povero e con scarsa e malagevole rete stradale, a non più di una o due tappe, al massimo, dalla costa. Era stata perciò ( 1) GRosso: " Come anelammo in Libia ».


dispasta l'assegnazione di truppe speciali alle Divisioni . e di truppe suppletive al Corpo d'Armata, in misura diversa dal normale, e la costituzione, oltre che dei prescritti servizi divisionali e di Corpo d'Armata, anche di alcuni servizi di seconda linea, affinchè il Corpo di spedizione avesse la necessaria a uto nomia. Si erano infine adottati mezzi di trasporto misti, e cioè carreggio regolamentare (per gli dementi per i t1uali non potevasi provvedere diversamente), carreggio leggero, trainato da quadrupedi a tti anche al someggio, e salmerie. Le Unità combattenti dovevano essere costituite co i reparti organici del tempo di pace (reggimenti di F anteria, s<..1uadroni, batterie, compagnie ciel Genio), completati con uomini sotto le armi, forniti da Corpi o da reparti dello stesso Corpo, non destinati a mobilitarsi. Con lo stesso criterio si sarebbero, in massima, formati i servi zi, ricorrendo però in parte anche all' impiego dei richiamati dal congedo, la cui presentazione alle armi era prevista essenzialmente per colmare i vuoti prodotti dal personale mobilitato nei Corpi non destinati a partire. La designazione dei vari elementi ed il loro raggruppamento nelle Unità maggiori vennero stabiliti in modo da non pregiudicare la mobilitazione generale, tenendo inoltre conto delle diverse esigenze della ci rcoscrizione militare territori alt" del Regno . Si ebbe infine cura di non sottrarre alla mobilitazione generale un numero soverchio di Unità sanitarie, ricorrendo all'impiego di alcuni ser vizi della Croce Rossa.

Le forze

ita]iane.

Il Corpo d'Armata per la Libia risultava pertanto costituito nel modo segµente. TRUPPE CO.M BA"ITENTI .

2 Divisioni (1" e 2"), ciascuna di 2 brigate di 2 reggimenti di Fanteria con sezioni mitragliatrici. 2 squadroni cavalleggeri. 1 reggimento di Artiglieria da campagna su 4 batterie da 75 / A. 1 compagnia zappatori con parco.

Truppe suppletive. reggimenti Bersaglieri con sezioni mitragliatrici. r reggimento d'Artiglieria da montagna su 4 batterie.

2


208

gruppo di 2 compagnie d'Artiglieria da fortezza. battaglione del Genio di 2 compagnie zappatori con parco. , compag111a telegrafisti con parco.

1

SERVIZI.

Servizi divisionali: r colonna muniztoni , 1 sezione sanità da montagna , 1 sezione sussistenza con salmerie. Servizi di 1" linea: 1 colonna munizioni per truppe suppletive someggiata, 4 stazioni radiotelegrafiche da campo, 1 sezione sanità da montagna per truppe suppletive, 4 ospedaletti da campo da 50 letti someggiati , 6 ambulanze someggiabili della Croce Rossa, 1 sezione sussistenza per truppe suppletive, mezza sezione panettieri con forni mod. 1897 someggiabili. Servizi di 2 ' linea dipendenti da un'Intendenza (tutti senza m ezzi di trasporto, eccetto la colonna carrette): 1 parco di Artiglieri a, r parco del Genio, 4 ospedaletti da campo da 50 letti, 6 ospedaletti da campo da 100 letti, 6 ospedali da guerra da 50 letti della Croce Rossa, 1 deposito di m:iteriali sanitari, I sezione sussisten za d'intcndrnz:1, 1 sezione panettieri con forni modello 189_:;, 1 parco huoi, 1 magazzino Yivcri ordinari e di ri serva, 1 colonna ca rrette, 1 parco n:sti:1rio cd eL111ipaggiamcnto, 2 infermerie cavalli. Totale del Corpo d'Armata: 1. 105 ufficiali, 33.303 uomini di truppa, 90 impiegati non militari, I -494 cavalli da sella, 89) quadrupnli da tiro. 1.854 da tiro e da salma, 2.006 da salma , 266 carri regolamentari e ;1J8 carrette speciali. Concorsero alla formazione dei reparti i militari delle classi 1889 e 1890 già sotto k armi e quelli richiamati della classe 1888 (1).

Ma ben presto, in seguito all'occupazione delle diverse località ed alL1tteggiamento dei Turchi e dell 'elemento indigeno , fu necessario inviare molte altre forze che, dalla metà dell'ottobre alla fine del dicembre 19 11, furono le seguenti : 2 Comandi di Divisione (3" e 4"): 7 brigate ed I reggimento (30") di Fanteria cli linea; 6 battaglioni alpini; (1) CmtA:o-;1>0 n EL C01mi Ili STATO MAGGIORE - UFF1c10 Co1.o;o.:1ALE:

dc ll'cscrrito italiano nella f'.Ucrra italo - turca (1911 - 1912)

>).

« L'a:i:ionc


1 reggimento bersaglieri ; 8 squadroni; 6 batterie da campagna mod. 1906; u batterie da campagna da 75 / A; 8 batterie da montagna; 7 compagnie d'Artiglieria da fortezza per il servizio di 5 batterie di cannoni da 149, I di obici da 149, 1 di mortai da 210: 5 compagnie zappatori e 4 compagnie minatori con parco, 1 compagnia telegrafisti, 1 sezione aerostatica, reparti aeronautici, 2 stazioni radiotelegrafiche, parchi fotoelettrici; 2 ospedali da campo da 50 letti, 4 da 100 letti, 2 ambulanze da montagna della Croce Rossa; I sezione panettieri mod. 1897; aliquote dei servizi per i diversi presidi. Complessivamente - oltre quelli dell:i prima spedi zione - circa 55.000 uomini, 8.300 quadrupedi, 1.500 carri, 84 cannoni da campagna, 42 da montagna, 28 bocche da fuoco d'assedio. Inoltre, dal gennaio all'ottobre 1912, si organi zz:uono diversi Comandi in relazione alle situazioni createsi in Libia c nell'Egeo e si

mobilitarono ancora:

4 battaglioni alpini; 7 battaglioni ascari eritrei ed I squadrone meharisti. S' inviarono in Libia anche reparti dirigibilisti e venne dato un maggiore sviluppo alle squadriglie aviatori. Tutto ciò contemporaneamente all'invio dei rifornimenti e dei complementi n ecessari per colmare i vuoti, causati nel Corpo di spedizione dalle perdite dovute a combattimenti cd a malattie, e per la sostituzione degli uomini della classe 1888, congedati nell'aprile e nel maggio 1912 (30.000 uomini) e di quelli della classe 1889, congedati nei mesi di luglio ed agosto (36.890 uomini). Il movimento ferroviario che ne derivò fu veramente ingente. Basta accennare che, dal settembre 1911 al 30 giugno 1912, i trasporti cfkttuàti su tutta la rete, per la guerra di Libia, si riferirono ad una forza complessiva di 2.940 ufficiali, 184.290 uomini di truppa, 10.650 quadrupedi, 585 carri. Si effettuarono, inoltre, ingenti trasporti di muuizioni e di esplasivi, di materiali d'Artiglieria e di materiale aeronautico. Tutto ciò senza turbare affatto il servizio ordinario. Il Ministero della Marina mobilitava, intanto, la flotta e, d'accordo con le Compagnie di navigazione, rcguisiva i piroscafi neces15.


2IO

sari per il trasporto, in due scaglioni successivi, del Corpo di spedizione; costituiva ad Augusta una base navale passeggera ed impianta,·a a Vittoria, presso Siracusa, una stazione radiotelegrafica per le comunicazioni con la Libia; ordinava alle piazzeforti di Taranto e di Brindisi ed alla difesa marittima di Messina di mettersi in assetto di guerra nei riguardi della fronte a mare e ad alcune altre piazze e difese costiere di considerarsi in stato di allarme in tempo di pace.

Le forze turche in Libia. La Libia , sempre trasrnrata dal Governo turco, era stata, nel 19II, oggetto di pan icolari provvedimenti di ordine militare. La Turchia vi aveva st:ibilito la +:!" Divisione indipendente cd aveva fatto fare studi per il miglioramento delle fortificazioni di Tripoli e per la costruzione, in diversi punti della costa, di numerose opere a carattere campale, atte ad ostacolare ogni azione di sorpresa. Ma tutto era rimasto allo stato di progetto ed. allo scoppio della guerra. le fortitìca?,ioni costiere erano troppo :111ti(1uate e m ediocremente :irm:ltc. nè ;111cor:1 era stato possibile ai Turchi d'imporre la

T ripoli: Le tombe dei Cara111a11/i.


21 I

legge sulla coscnz10ne, cosicchè si dovè pro\'vedere ali ' arruolamento degli uomini per la guerra fra l'elemento arabo, mediante l'assoldamento. All'inizio delle ostilità le forze della 42" Divisione turca erano così dislocate: - in Tripolitania: 3 reggimenti di Fanteria (J25°, r26'', 127") su 3 battaglioni , I battaglione cacciatori, 4 squadroni Cavalleria, 4 batterie da campagna (sistema Krupp a tiro rapido), 5 batterie da montagna, 1 batteria Artiglieria da fortezza. Totale: circa 5.000 uomini, 500 quadrupedi, 36 pezzi; - in Cirenaica: 1 reggimento Fanteria (n4"), J st1uadronc Cavalleria, 2 batterie Ja campagna, 1 batteria da montagna, 2 compagnie da fortezza. Totale: circa 3 .000 uomini, 150 quadrupedi, 12 pezzi. La Fanteria era armata di fucile Mauser. Il disegno turco, in caso di attacco dal mare con forze preponderanti, era lJuello cli ritirare le truppe, dopo aver contrastato gli sbarchi, nel Gcbcl o sugli altopiani e di là attuare operazioni di guerriglia contro le località occupate dalle nostre trup pe. Lt forze.: navali tur.: ht:, .:o nsi~t..::nti iu 1. c:ur.1zL.ll.:, .2 in.:ro..:iatori protetti , 5 cacciatorpediniere, r trasporto armato, non presero parte alle operazioni. Prima della nostra dichi,1ru.ione di guerra erano raccolte nella rada di Beirut.


li.

LE OPERAZIONI IN TRIPOLITANIA

Le operazioni s 1n1z1arono con azioni Ji siluranli nel mare Jonio, col bombardamrnto delle fortificazioni di Tripoli (2 ottobre 191 r) e con l'occupazione della città da parte di r.700 marinai (5 ottobre 1911 ). al comando del capitano di vascello Umberto Cagni.

Lo sbarco a Tripoli. Le truppt: destinate'. :1110 sb:1rco a Tripoli cr:m o c1ucllc del pnmu scaglione del Corpo di spedizione e precisamente le seguenti: Quartiere generale dd Corpo di spedizione; Quartiere grnerale della 1' Divisione (1): r" brigata (82" e 84" Fanteria): ~· brigata (6" e 40'' Fanteria); 2 syuadroni Ca-,alleggeri di Lodi (15"); 1 reggimento d 'Artiglieria da campagna 75 / A (4 batterie); 1 compagnia zappatori divisionale; colonna munizioni, sezione sanità e sezione sussistenza divisionali: truppe suppletive: 8" e r r" reggimento bersaglieri; r reggimento d'Artiglieria da campagna 1906 (4 batterie); r gr'uppo d'Artiglieria da montagna (3 batterie); I gruppo d'Artiglieria da fortezza (2 compagnie); 2 compagnie zappatori; 1 compagnia tdegrafisti: (1) Comancl:w:i b 1" Divisione speci:ile il generale. conte Guglid1110 Pecari Gira Idi.


colonna munizioni, sezione sanità e sezione sussistenza per truppe suppletive; servizi di 1 " linea; Quartiere generale d'intendenza e servizi di 2" linea. In complesso una forza combattente di circa 13.400 fucili o moschetti, 12 mitragliatrici, 250 sciabole e 58 pezzi, dei (]Uali 18 da montagna, 24 da campagna 75 / A, 16 da campagna 1906. Il 9 ottobre 1911 il generale Canèva, comandante il Corpo di spedizione, rivolse alle truppe già pronte per l'imbarco il seguente ordine del giorno : <( Ufficiali, sottufficiali, caporali e soldati! " Per Decreto di S. M. il Re, assumo il comando del Corpo italiano di spedizione in Tripolitania. « Noi salpiamo dai lidi della Patria accompagnati dall'unanime consenso e dai fervidi voti di tutto il popolo nostro, il quale fermamente mole che, anche sulle opposte sponde del mare Mediterraneo. sia rispettato il nome italiano e, con esso. la dignit:'1 naz ionale cd i vitali interessi di nostra gente. <( Sono, L]ucsti, diritti sacrosanti. Per sostenerli noi portiamo in Tripolitania le a.rmi d'Italia, contro il turco che, esercitando coE1 malo dominio, lì ha disconosciuti. Contro il turco, che i nostri li beri commerci inceppa e la vita dei nostri connazionali non assicura; che le giuste rimostranze della Nazione nostra pone in non cale; che ai d~nni del nome italiano aizza il fanatismo mussulmano e lancia, per le stampe, pubblico vilipendio. (\ Noi, portando in Tripolitania le armi d'Italia, non moviarno a danno della terra e delle popolazioni tripolitane; gueste e quella debbono invece, per opera italiana e con comune beneficio, essere redente a nuova civiltà ed a nuova ricchezza. <• Ora voi sentite appieno le alte finalità ckl\'impresa che la Patria ci affida. ,, Alla tutela dei diritti nazionali proncderà la virtù delle nostre armi. Le vie del mare, il nostro sbarco sulle coste tripolitane, i nostri vincoli con la Patria, sono a noi assicurati dalla potenza e dal valore della . R. Marina, che già così brillanti operazioni ha compiuto, e che è con noi, fraternamente, nella nobile impresa. La diligenza della preparazione, la larghezza dei mezzi, la superiorità del numero e della militare istruzione, la vostra disciplina ed il vostro valore sono arra sicura di successo nelle operazioni in terra.


" Alla re<lrnz ione civile delle nuove genti provvedano l'umanit;i, la modernionc e la giustizia, che sono retaggio antico e mai offuscato di nostra stirpe. Il rispetto assoluto dei sentimenti e delle

L o .<barco a Tripoli.

pratiche dell'altrui religione, il rispetto deferente della donna e del -

la famiglia , il rispetto tutelare delb proprietà, l'amore ed il culto della giustizia, siano guida costante a ciascuno nelle relazioni, pubbliche e private, con le popolazioni indigene; e noi vedremo fiorirci d'intorno il rispetto e la devozione.


(< In

quelle terre, dove noi portiamo ora il vessillo e la civiltà della nuova Italia, in quelle terre, che sono ora scadute per lunga barbarie e per incivili reggimenti, in quelle terre fu un tempo Roma con le sue aquile vittoriose e con la sua civiltà redentrice. Ricordiamo ed il ricordo sia fiamma alle anime nostre. << Ufficiali, sottufficiali, caporali e soldati! « Volgiamo, reverenti e devoti, un pensiero al nostro Re, alla nostra Italia, al popolo nostro, e salpiamo, sereni e sicuri, nella luce delle armi, e con la visione e la fede della nostra altissima missione n .

Le · disposizioni impartite dal grn.erale Alberto Pollio, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, al generale Canèva prescrivevano che « il primo scopo della spedizione doveva essere quello <..l'impadronirsi di Tripoli e dintorni, anche a viva forza, impegnando combattimenti contro le fortificazioni e le truppe turche ed, occorrendo, contro le truppe indigene arabe che combattessero a fian::o dei Turchi)>; ma , quando, 1'11 ottobre, il generale Canèva sbarcò a Tripoli con 1'84° reggimento Fanteria, 2 batt:iglioni del 40" F:rntcria cd 1 battaglione dell' 11 ° bersaglieri, le opere di fortificazione erano già state smantellate dal bombardamento delle nostre navi e Tripoli, come abbiamo già detto, era stata occupata dai marinai, i lluali , non appena possibile, vennero sostituiti dai nostri Fanti ( r). Le nostre truppe iniziarono lo sbarco alle ore II dell'11 ottobre ed, in poche ore, poterono essere portati a terra 4.800 soldati , i cui reparti, non appena riordinati, venivano avviati ai loro posti sulla linea di difesa, secondo le disposiz ioni del comandante della 1• Divisione speciale. Tali posizioni costituivano la testa di sbarco, sulla quale si schierarono: 2 battaglioni del 40° Fanteria sul fronte meridionale, fino a 350 metri ad ovest dei pozzi di Bu Meliana; 2 battaglioni dell'84° sul fronte pozzi di Bu Meliana -Sidi Mesri ed 1 . battaglione dell'n° bersaglieri sul fronte orientale, da Sidi Mesri al mare. Il III battaglione dell'84° Fanteria venne posto in riserva. Il giorno dopo, alle ore 8, giungeva a Tripoli il grosso del convoglio e la nostra testa di sbarco venne rinforzata, specialmente in corrispondenza di Suàni Beni Aden e di Ain-Zara . ( 1)

La

n OSlLl

Marina :ive\'J preso passesso anche di Tobruk il 4 ottobre.


Venne lasciato sui piroscafi 1'8° reggimento bersaglieri, che doveva essere inviato ad Homs, dove effettivamente sbarcò il 2 1 ottobre. Poichè l'atteggiamento delle popolazioni non sembrava ostile ed il numero dei soldati turchi era assai scarso, il gene rale Canèva non ritenne necessario l'invio di altre truppe a Tripoli e quindi telegrafò al Ministero della Guerra d 'inviare l'aliquota della 2• Divisione, rimasta pronta in Italia, a Bengasi , dove lo sbarco ve nne effettuato il r9 ottobre. · La sera del 12 o ttobre il gene rale C anèva disponeva complessiva m ente di 10 battaglioni, che ve nnero dislocati a difesa della testa di sbarco ed in parte in ri serva. Nei giorni successivi, benchè le condizioni del mare si mantenessero :l~\'CfSC, venne continuato lo sbarco delle altre truppe, sbarco che poteva dirsi ultimato il g io rno T6; mentre giungevano anche i piroscafi del 2° scaglione. La situazione politica e militare era tranquilla soltanto in apparenza.

li combattimento di Sciara Sciat. G li Arabi , aizzati ed armati da i Turchi, no n tardarono, infatti, a mostrarsi ostili ; e, traendo vantaggio dalla conoscenza del terreno e sospinti dal fanatismo r eligioso, si dimostrarono ben presto decisi a prolungare la lotta e ad ostacolare la nostra conyuista. La prima esplosione dei sentimenti ostili degli indigeni si verificò a Tripoli, il 23 ottobre, con un attacco alle linee italiane ad oriente Jella città e con un altro nell'oasi, alle spalle delle nostre truppe. La battaglia si svolse accanita, specialmente nel settore est, sul fro nte Sciara Sciat - H cnni - fortino Mesri, difeso dal1 '11'' reggimento bersaglieri (2.000 uomini circa), non solo per l'impetuoso attacco frontale dei T urco - Arabi, quanto per l'i nter\'ento, alle sp a lle dei bersaglieri, degl i Arabi dell'oasi, da noi ritenuti fedeli. 11 combattime nto, che prese il nome di Sciara Sciat, durò circa o tto o re e fu sostenuto lJUasi tutto dai soli bersaglieri, in soccorso dei ljllali potè g iunge re una compagnia dell '82" Fanteria soltanto dopo che fu domata la rivolta nell'oasi. La giornata ci costò, tra morti e feriti, 21 ufficiali e 482 uomini di truppa.


primi ,·om hattime111,. contro , Turchi.



219 Il fatto d'arme di Sciara Sciat c'indusse ad una più prudente e più ferma politica verso l'elemento arabo ; nonchè ad eseguire il disarmo degli indigeni sospetti ed a deportarne circa 2.000 nelle nostre isole.

Il combattimento del 26 ottobre. La sera del 25 ottobre le nostre truppe erano dislocate in due settori, nel modo seguente: Fronte meridionale (generale Giardina): - dalla batteria Sultania ai pozzi di Bu Mdiana esclusi: 2' brigata: 6 compagnie del 6° Fanteria e 6 del 40°; 2 batterie da montagna, di cui una nel fortino C ed una fuori; - dai pozzi di Bu Meliana compresi fino al fortino Mesri escluso: I~ brigata: IO compagnie dell'84°, 2 dell'82°, 2 squadroni e la compagnia telegrafisti alla caserma di Cavalleria, 1 batteria di Marina ai pozzi di Bu Mcliana ed I a sud della caserma di Cavalleria ed, accanto a guest 'ultima, r batteria 1906; 1 compagnia zappatori ai pozzi. Fronte orientale (generale Rainaldi): - <lai fortino Mesri incluso ad Henni escluso: 2 compagnie dell'82° Fanteria, 2 compagnie ·bersaglieri, 1 batteria da montagna nd fortino ed I batteria da campagna nelle adiacenze; - da Henni compreso al mare: 4 compagnie bersaglieri, 2 del 6° Fanteria, 4 del1'8:2'', 2 dell '84°, 1 compagnia di Marina, 2 compagnie d'Artiglieria da fortezza, r batteria 1906 ad Hcnni ed r compagnia zappatori presso Sciara Sciat ; un'altra batteria 1906 e 3 compagnie di marinai davanti alle tombe dei Caramanli. A Tripoli: 4 compagnie del1'82" e 2 del 40° alla caserma imperiale, I compagnia zappatori sotto le mura vecchie della città, più i reparti di cui crasi iniziato lo sbarco (battaglione 63° Fanteria e batterie 75 / A). La notte sul 26 ottobre era scorsa abbastanza tranquilla, quando, poco prima delle ore 5, il nemico, avvicinatosi col favore dell'oscurità, attaccò su tutto il fronte difensivo, esercitando il suo maggiore sforzo a sud, contro 1'84" reggimento Fanteria e ad est, contro Henni. Il combattimento, particolarmente accanito, durò oltre due ore e rese necessano l'invio delle compagnie del1'82° Fanteria già in riserva a Tripoli.


220

Alle ore 7,30 le orde nemiche accennavano a ritirarsi ed allora il generale Rainaldi fece uscire dai trinceramenti due compa~nie del 40·· reggimento, le quali, a sud di Bu Meliana , minacciarono il fianco Jei Turco - Arabi in ritirata e li costrinsero, col concorso dell'Artigl ieria, ad um fuga precipitosa; mentre le nostre truppe li inseguivano oltre l'oasi di Gurgi. Anche i nemici che erano riusciti a penetrare nella nostra linea difensiva ne ve nnero scacciati alla baionetta. Nel combattimento del 26 ottobre le perdite del nemico dovettero essere assai gravi e, secondo le notizie degli informatori , le tribù che partecipavano al l'attacco ebbero oltre 2.000 morti. Da parte nostra avemmo: 10 ufficiali uccisi e 12 feriti; 102 uomini di truppa morti e 1 27 feriti. Il ,·o/01111dlo G1ut,11•0 Fara. Nei due cotnbattimenti del 23 e del 26 ottobre i nostri so ldat i a\'cvano climostr:.ito il loro valore e la loro disciplin:.i. Per i due fatti d':trme venne conferita la medaglia d 'oro .il ,·;tlur milit:.m : :di ' 11 " n :gginwnto bersaglieri cd alla bandiera del 1"8f reggimento Fanteri:.i. Fra gli ufficiali caduti fu anche il capitano di Stato Maggiore Pietro Verri, l:t cui opera era riuscita panicolarmentc preziosa anche nella preparazione dell'impn:sa. Egli cadde ad Henni ed alla sua m emoria venne concessa la medaglia d'oro al valore; la medaglia d'oro fu conferita anche alla memoria del tenente dell'82" reggimento Fanteria Giuse ppe Orsi ed a quella del tenente dei cavalleggeri di Lodi Paolo Sobroli.


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Trip 0 /'' alla data dd 6 novembre I 91 J,


222

Dopo <.1uest'altro combattimento, la nostra linea venne in parte arretrata: sia per ragioni igieniche, perchè, a causa dei cadaveri nemici rimasti insepolti, cominciavano a svilupparsi le infezioni; sia per ragioni militari, perchè apparve opportuno proporzionare il fronte d'occupazione alle truppe effettivamente disponibili , in attesa dei rinforzi che dovevano giungere dall'Italia. Il fronte orientale fu portato sulla linea: Si<li cl Mesri - tombe dei Caramanli; quello sud non fu spostato perchè comprendeva i pozzi di Bu Meliana, che fornivano l'acqua alla città. Delineatasi apertamente l'ostilità dell'elemento arabo, sobillata ed organizzata <lai Turchi, si dovè provvedere a rinforzare il Corpo <.Foccupazionc ed. a costituire saldamente la base, per potere quindi procedere alle azioni nell'interno. Secondo i criterì direttivi per le nostre operazioni contro la Turchia, riassumeremo brevemente gli avvenimenti come si svolsero: per la costituzione delle basi, dal novembre 19 1 I al marzo 1912, e per l'intensificazione della guerra in Libia e nell'Egeo dall ' aprile 1912 alla conclusione della pace.

Co minciati ad affluire i rinforzi (r) dall'Italia e passato il pericolo dell'infezione, il 6 novembre con un accanito combattimento veniv:1 rioccupata la posizione della b:.itteria Hamidiè, assicurando così assai meglio la nostra linea di difesa. Il 18 novembre attaccavamo, disperdendoli, i reparti Turco - Arabi trincerati presso le tombe dei Caramanli ed il giorno 26, do1x> ave r combattuto intorno a caseggiati, muri di visori e capisaldi difensivi , che fu necessario far saltare con la dinamite, rioccupammo Sidi el Mesri e Sidi e! Hani. La nuova linea di difesa ebbe così uno sviluppo di 1 2 chilometri e per presidiarla disponevamo ormai di circa 30.000 uomini e di 90 cannoni e potevamo contare sull'efficace concorso della flotta. Il 5 novembre, con LutLi i Corpi e reparti di Tripoli e coi servizi relativi, si costituì il I Corpo d 'Armata speciale, al comando del tenente generale Pietro Frugoni. Esso fu composto dalla 1' Divisione, comandata sempre dal generale Pecori Giraldi, e dalla J' Di( r) Alb da ta Jcl 23 n ovc mbrt'. :n cvamn in Tripo li t:inia 35 h:ittag lioni ,.li F:111teri:i di lin ea, g ranatieri, b crs:1glicri cd alpini : .2 s11uad roni can1llcggeri : 4 batterie I IJO(l, j ba1tcric J;i j5/A , 5 b:.1ttcric da montag na , 2 compag nie Arti g lieria da fortezza, 6 co111p:1g nic zappator i dd G enio, 1 compagnia mina tori , 1 com p:ignia teleg r:tfis1i e .> rnmpag nie di (a rabinicri.


v1s1onc posta al comando del generale Felice dc Chaurand. La 1 " Divisione teneva il settore meridionale e la 3• quello orientale. Con le truppe così riordinate . vennero eseguite alcune ricognizioni durante le c.1uali furono accertati gli inauditi atti di crudeltà commessi dai Turco -A rabi ; venne occupata, come si è già detto, la batteria Hamidiè e, nel combattimento che ne derivò, si distinse il 93° reggimento Fanteria (7 novembre). Il giorno dopo un battaglione del 18° Fanteria, uscito dalle trincee, combattè contro nuclei nemici che minacciavano il saliente di Sidi Mesri e, nd combattimento, perdemmo 2 ufficiali - alla nitmoria di uno dei quali, il sottotenente Vittorio Verdone, venne conferita la medaglia d'oro al valore - e 18 militari di truppa morti, 1 ufficiale e 39 uomini di truppa feriti.


lii.

L'OCCUPAZIONE DI AIN-ZARA E DI TAGIURA Per porre fine alle molestie dei Turco - Arabi. bisognava occupare tutta l'oasi o rientale; ma, all'uopo, data la situazione, occorrevano altre truppe, in attesa delle quali continuammo a respingere i tentativi fatti dal nemico contro Sidi Mesri ( 11 novembre), Bu Mcliana (12 no vembre) e nuovamente verso Sidi Mesri (13 novembre). Intanto arrivavano le truppe richieste dall'Italia ed il 26 novembre fu possibile avanzare nell'oasi orientale per riprendere la linea di Henni. Dcll'opcr:izio nc venne inGiri cata la 7" brigat;;, .li Fantt'ria, com posta dai reggimenti 23" e 52~, agli ordini del generale Nasalli Rocca. I nostri Fanti incontrarono un 'accanita resistenza al fortino ~frsri; ma , alla fine , poterono occuparlo. Dopo il successo della brigata Nasalli Rocca, la 3' Divisione avanzò nell'oasi orientale (26 novembre) e le nostre truppe riusciremo a scacciarne i reparti nemici. La vittoria, che accordava finalmente a Tripoli un più ampio respiro ed una maggiore sicurezza, ci costò la perdita di 2 uffi ciali e di IO militari di truppa caduti; nonchè di 4 ufficiali e di 106 uomini di truppa feriti. Ma, per rentlere più sicuro il possesso di Tripoli cd avere il controllo delle comunicazioni tra Tripoli e Tagiura e delle carovaniere che dal deserto conducono alla costa; nonchè per disperdere il campo turco - arabo colà costituitosi, fu ordinata dal Comando italiano la ocrnpazione di Ain-Zara Tale occupazione, resa indispensabile anche dalla necessità di impedire il contrabbando delle armi, rappresentc'> un'operazione assai importante, il cui successo contribuì efficacemente a migliorare la situazione delle nostre truppe e ad aumentare, presso le popolalazioni indigene, il nostro prestigio.


Ain-Zara. Circa il combattimento di Ain-Zara, riteniamo opportuno riassumere quanto pubblicava, in proposito, l'Ufficio Storico del nostro Stato Maggiore (1) nella pregevole re lazione sulla conquista della Libia. L a battaglia di A in-Zara si svolse il 4 dicembre 191 r; ma gli spostamenti ordinati dal comandante del Corpo d'Armata per il concentramento delle forze destinate ali 'occupazione vennero compiuti nel giorno precedente. L' 11 ° reggimento bersaglieri, i battaglioni del I'' e del 2" g ranatieri ed il regg imento Artiglieria da montagna, meno una batteria, g ià sostituiti dal r8" Fanteria nelle trincee orientali, si radunarono presso Ben Saad, a sud della città, dove convennero anche il 6" ed il 40'' Fanteria, sostituiti sul fronte meridionale dal 50··. Lo stesso giorno 3 fu costituito un deposito di munizioni per fucileria (400 casse cli cartucce) e per cannoni da montagna (2.500 shrapnel e 500 granate) alla caserma di Cavalleria, quale distaccamento avanzato del parco di Artiglieri:1. · Si compì, inolLre, l'installazione prc~~u SiJi Mc~rt della batLcria di mortai da 210 e di un a delle due batterie di cannoni da 149/ G. Secondo le ultime notizie avute dagli informatori e dagli aviatori, la situazione nemica non era sensibilmente mutata. Nei campi più vicini alla piazza òovevano esservi circa 8.000 Arabo - Turchi, con un forte nucleo ad Ain-Zara cd i rimanenti sparsi nell 'oasi e tra Fondugh el Togar e Suàni Beni Aden. Nel pomeriggio del 3 il comandante del Corpo d'Armata emanò l'ordine d'operazione, col quale, manifestato il proposito di attaccare l'indomani il nucleo principale nemico, per impossessarsi di Ain-Zara e tagliarne le comunicazioni con l'oasi, dava le disposizioni seguenti: Si sarebbe operato su tre colonne: - la colonna di destra, agli ordini del generale Pecori Giraldi , forte di due brigate di Fanteria (ro battaglioni), :2 squadroni, 4 batterie da montagna, 2 compagnie zappatori del Genio, uscendo alle ore 6 dai trincer;.1111enti meridionali e procedendo per b sini stra dell'Uadi Mege nin, doveva impadronirsi di Ain-Zara; ( 1) UFFI CIO S1-01uco DEL

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1>1 STATO :\hcctoRE

DE1.1.'EsrncIT0: " C:im-


- la colonna centrale, agli ordini dd generale Rainaldi, composta di 4 battaglioni della l'' brigata e di I batteria da montagna, aveva l'incarico di attaccare le forze nemiche dislocate tra Ain-Zara e l'oasi , per agevolare l'azione della colonna di destra; doveva uscire dai trinceramenti appena fossero sfilate le truppe del Pecari Giraldi, sulle quali doveva regolare il suo movimento, procedendo lungo ]a sponda destra del Megenin; - la colonna di sin istra, comandat:1 dal colonndlo Amari e composta dai battaglioni del 52'' Fanteria, doveva mettersi in posizione d'attesa dietro l'altura di Sidi Hassan, pronta ad irrompere, al primo cenno del comandante del Corpo d' Arm;1ta, per 1a moschea di Ben Saad ed il lluartiere degli operai, sul fianco destro e sul tergo delle posizioni nemiche di q. J8 (altura delle Fornaci). L'avan zata delle colonne sarebbe stata sostenuta dalle Artiglierie dclb _linea di difesa, che potevano appoggiarla dalle proprie pos1z1on1. Un battaglione del 23° Fanteria ed uno del 37" avrebbero costituito la riserva presso b c;1serm:i di Cavalleria. Tuttt le :1ltn: truppe dovevano tenersi sulla difensiva nei rispetti\·i tr incerament i e <.jucllc cli presidio in ..:itt:'1 J.ssumcrc la dislocazione stabilit:1 per i casi d'all:irrne. Le na,·i da guerra avrebbero cooperato col loro fuoco, battendo l'oasi oricnlalc ad nt della linea di Amrm - Fornaci e, dalle on: 7 in poi, ad est dello stagno di Mellaha e specialmente la zona di Tagiur:i. La M:1rina doYeva inoltre contmuare a sorvegliare le provenienze da Zanzu r. Con l'ordine sui servizi vennero poi stabilite le modalità per il vettovagliamento nei giorni 4 e 5 dicembre e pel rifornimento del! 'acqua nel giorno 4 e date le prescrizioni per l' el1uipaggiamento dei soldati, per il carreggio ed il funzionamento dei servizi di sanità, del rifornimento munizioni e delle comunicazioni telegrafiche e telefoniche. Al vettovagliamento per il giorno 6 e al servizio de1l'acqua per il 5 fu provveduto con speciali istruzioni all'Intendenza del Corpo di spedizione. Nel pomeriggio del 3 dicembre e nella notte piovigginò; al mattino del 4 la pioggia divenne forte, sicchè la visibilità del campo di battaglia rim:1se per lJUalche tempo ridotta. Colonna di destra. Per l'esecuzione del suo mandato, il generale Pccori Giraldi decise di marciare prima verso sud, per convergere, a tempo opportuno, su Ai11-Z:1ra, in modo da cadere sul fianco si-


nistro e sul tergo <lei nemico. Ordinò pertanto che le sue truppe procedessero su due colon ne, comandate rispettivamente dal generale Giardina e dal generale Lcl1uio. La colonna Giardina (2·' brigata) doveva precedere alquanto l'altra per rendere più facile la conversione. Per y_u~1nto riguarda la Fantc:ria, face\'ano parte della colonna Giardina il 40° reggimento e 2 battaglioni del 6"; della colonna Le.:-

Un accampt1me11to presso Ain - Zara.

:.1uio (brigata mi sta), r 1 i'' reggimento bersaglieri , 2 battaglioni granatieri , il battaglione.: alpini « Fenestrelle •,. I 2 squadroni dovn;ino esplorare il terreno e g:irantirc il fianco destro da ogni sorpresa. In riserva, :1 disposizione del comandante della Divisione, erano 1 battaglione del 6° Fanteria (colonna di destra), l'ultimo battaglione granatieri cd il battaglione alpini Fenestrelle )> (colonna di si ni stra). Verso le ore 6 la colonna Giardina iniziava il movi mento, uscendo dalle trincee di Bu Meliana e, dieci minuti dopo, partiva la colonna LClJUio. Alle 7 qucst' ultim~i incontrò pattuglie nemiche e le respinse facilmente: mezz'ora più tardi anche la colonna Giardina (1


<imhattè in gruppi di Arabi, che ripiegarono Jopo poche fucilate. Queste prime a\'Vis;1glic non produssero un sensibile rallentamento nell'avanzata della Divisione. A 4 chilometri dalle trincee, verso le -:ire 8,30, le avanguardie incontrarono una maggiore resistenza da parte di nemici appostati in ripari improvvisati cd uno dei due battaglioni bersaglieri del generak LeLJUio assunse fo rmazione di comb:1tti mc11to, contemporaneamente ad un battaglione del 40" Fanteria dell'av:mguardia della colonru Giardin a, sostenuto d:1 2 batterie da montag na (1). La particolare natura dd tern:no, a piccole dune uniformi, costrin se ad impiegare l'Artiglieria per tutta la giornata sulle prime lince , perchè il nemico sfruttava bene il terreno, battendo le nostre catene da lontano e ~ottraendosi poi rapidamente ad un contatto più stretto, appen:1 si arri,·a\'a al le medie distanze. Le batterie dovettero pertanto c 1mhiarc frequentemente di posizione, sopportando gravi Litiche (2). L:1 nostra azione di fucileria e di Artiglieria fece ripi egare l'av\'ersario. Intanto intcn ·cni,·ano an:.:he i cannoni nemici ;ippostati sulle alture delle Fornaci; ma con poca efficacia. l,',t\ ,111 / .,tl ,1 1..lcl b ~ulunua di destra dovet te subìre una sosta , essendo le truppe della hrigat;i Rainaldi (colonna centrale) rimaste arretrate per k piì:1 !,.: ra vi diflìcolt~1 e le maggiori resistenze incontrate nel loro settore. Colonn:1 ce ntral e. Andw cp1estt' truppe, alle ore 7,20, appen;i cioè fu interamente sfilata la Divisione Pecori Giraldi, uscirono dalla linea di difesa su due colonne; <.]ttclla di destra, costituita da 6 comp:1gni e dcll'82" reggimento Fa.ntcri:1, doveva procedere per la destra ( 1) Dur31lll' L1 1.Ì1>11e , kll':n·anguardia , cHlcYa gra,·l'mcme ferito il colo1111 cllo Giu,anni Pa slorc lli. ccJ1n:111d:1111c· del 40" F:1llteri:1 , portatosi in prim:i linea pl'I' dirigere pnsu n:ilmt>1ll'c \"a z ionl'. Tr:lsport:ito a Tripoli. in un osped:ilc d:1 (.tn1po. , - 1 J11u1 i\;1 il g uu 11n ~uu . e~si\o . ,-\ lb s11;1 nw 1nn r ia fu concessa la mcd:iglia d'oro :il Y:tlore con la seguente 111011,·;1z1onc :

,, D il'd t' pro,·,1 ammi:·cn,lc di ,·:ilorl', trascin:rn,lo con l'esempio e ,1 a111lo in prima linc;1 con L11:111gu:.1rdi,1, per mc::glio dirigerla, i reparti del suo reggimento. ,u11opos1i :1d intenso fu oco nclllico e, sebbene (erito :i morte, tnn)i, n ella su .1 l'llr rgìa e n..-ll 'alrn ,oncctto c he egli an:\':I dl'lb su:1 missione, b tr:in<luillit:1 ll":111i1110 e Li for ,.a. nel n:dcrc il coma ndo al tenente colonnello. di r:1c.:0111:111da rc :1 11111i l'o nore del n :ggimc1110 e delb R111dier:i. che egli :t\'C\':.I tenuto sempre alto •• . : \in - Z :1ra, -I dicunhrl' 1.:, 11. (2) Si d m-c11 c ro 'pr:11 ic:1rc iniezioni ai tp1adrupcdi per sostenerne le forze.


del Megenin in direzione di sud - est, mantenendosi collegata con le truppe del generale Pecori Giraldi, sull'avanzata d elle tpali dovc\'a regolare la propria marcia. Quclb di sinistra, composta di 6 compagnie ddl'84'' Fanteria, doveva marciare ad intervallo di spiegamento tkHa precedente, seguita dalla batteria da montagna, che era stata assegnata alla brigata Rainaldi, e della riserva, formata con 2 compagnie dell'82" e 2 dell'84". La colonna di sinistra era più forte perchè, oltre a costituire l'ala dell'intero schieramento per l'azione nel deserto, doveva affrontare maggiori resistenze. Oltrepassata di circa 500 metri la linea delle trincee, le due colonne, essendo state fatte segno al fuoco dell'Artiglieria nemJCa, dovettero sp1egars1. Allora le batterie

da 75 / A,

in

pos1z1une

tra

Bu Meliana <:: la caserma di Cavalleria, e le batterie 1906 di Sidi Mesri e della Scuola di Agricoltura ( 1) , iniziarono il fuoco contro i pezzi nemici e contro i tiratori appostati Il gr11erc1h- Pecari Gira/di. in trincee ; sia sulla fronte della Divisione Pecori Giraldi, si:1 su quella della brigata Rainaldi. La brigata Rainaldi, dopo una brc\'e sosta, riprese l' avanzata a sbalzi c coi vari dementi largamente intervallati. Arrivata nella zona a sud di Sidi Mcsri , inondata per le recenti piogge, dovette rallentare il movimento e spostarsi ak1uanto verso est, per poter sfìlare su pochi argini fra gli stagni. In <-}llCsto diftìcile momento l'Artiglieria nemica riprese il fuoco co n maggiore intensitì. ma, controbattuta prontamente da tutte 1c batterie eia. c:1mpagna dei trinceramenti, dai m o rtai e poi :inchc dai c innoni da 149, finalmente tacque. ( 1) Il fobhric:n o ddla Scuob d ".-\è!r icohur:1 er:i ljll<"lio ,!d l":111tico ,, Ricowro di mcn,lici1~ ;, _


230

Le truppe del gc.:ncralc Rainaldi proseguirono allora più decisamente l'avanzata, spostando la destra verso sud e prolungandone all'esterno lo schieramento, per poter riprendere il contatto con la Divisione Pccori Giraldi, Li t1uale, come abbiamo visto, aveva rallentata la marcia per aspettarle. Colonna di sinistra. Verso le ore 7,30, appena iniziata la marcia delle colonne di destra e del centro, un nucleo di circa 300 Arabi tentò un colpo di mano contro il forte Mesri; ma fu subito sanguinosamente rcsp1 nto. Da 1..1uesta parte trovavansi, come si è detto, i due battaglioni del 52" Fanteria, pronti a procedere, al primo cenno del comandante del Corpo cl' Armata, per la moschea di fkn Saad cd il yuartierc degli operai, co ntro il fianco destro cd il tergo dei trinceramenti nemici di c.1uota 20. Alle 9, 15 la colonna, ricevuto l'ordine di agire, dopo breve preparazione di Artiglieri a, uslÌ dalle trincee e s'internò nell'oasi anti stante; ma venne subito a contatto con reparti di regolari turchi, fortemente asserragliati nella moschea e nei fabbricaii adiacenti, e dovette sostare per prepararsi a prendere d'assalto c.iuelle case.

Verso le IO, sapendo già abbastanza v1.::ma Li brigata Rainaldi , la Divisione Pecori Giraldi riprese la marcia; ma poco dopo si fermò nuovamente, essendo apparsi sulla ~ua destra, a circa 2 chilom etri , alcuni gruppi di Arabi. Contro di essi fu fatto aprire subito il fuoco da una delle batterie da montagna della colonna Giardina, memre veniva ordinato al battaglione dd 6" Fanteria della riserva di spostarsi sul lìanco esposto, per proteggere il movimento della Divisione sull 'obbiettivo principale, poichè il generale Pecori Giraldi intendeva indugiare il meno possibile. Il fuo.::o cu111bi11alu di 1..1ud battaglione del 6'', della batteria da montagna e di parte della Cavalleria, che crasi nel frattempo appiedata, valse a S\'entare il tentativo nemico. Quei nuclei ripiegarono e non tornarono più all'attacco, pur mostrandosi di tanto in tanto a distanza, sorvegliati soltanto dalla Cavalleria, mentre le altre truppe riprendevano la marcia. La resistenza del nemico sulla fronte principale anda va, però, intensificandosi, favorita dalle ondulazioni del terreno e dai ripari; così che, verso le r r, il generale Lc,1uio decise di fare entrare in


azione le batterie della sua colonna . non ancora impiegate, e mandò a prolungare lo schieramento dell'avanguardia un altro battaglione bersaglieri. Intanto, ristabilito finalmente il collegamento con la colonna Rainaldi, l'azione potè iniziare la fase risolutiva. La colonna Rainaldi, ri conosciute le posizion i dei canno ni nemici, li fece battere Jalla sua batteria da montagna, appogg iata subito dopo da alcune batterie della Divisione Peu )fi Giraldi e dai pezzi di m edio calibro di Sidi Mesri . Ridotta al silenzio l'Artiglieria turca, la brigata potè procedere con maggiore speditezza ed , alle o re 14,15, il primo trinceramento nemico er a co1K1 uistato e sgom brato preci pitosamente dagli Arabo - Turchi , che abbandonarono materiali d'ogni genere. Intanto la colonna di destra , oltrepassata la linea di combattimento, già scorgeva il rovescio delle posizioni sull e qual i le sue batterie da montagna avevano aperto il fuoco e, fatto inte nsificare il loro tiro, il generale Pecori Girald i o rd inò l't: sernzionc della progettata conversione a sinistra. L'orientamento delle trincee nemiche co n fronte ;t nord t:d a nord - ùvest, l'esse rt: avvenuta l.1 prinu pr.:s.1 ,lì .:ontaac, nel settore della nostra colonna centrale ed, infine, l'avere il nemico opposto, contro questa colonna, la sua maggiore resistenza, provavano che il Comando turco aspettava l'attacco in direzione delle alture delle Fornaci. Eg li venne, per conseguen za. sorpreso dal movimento aggi rante della Divisione P ecori G ira ldi e, di fronte al procedere, ormai concorde, di tutte le nostre colonne, tcnttl di OJ)lJO rrc r esistenze successive, sfruttando abilmente il terreno e continu~mdo il fuoco d'Artiglieria. Verso le 15 le batterie della colonna Rainald i poterono colpire sul rovescio le posizioni dei cannoni turchi di quota 20 e li ridussero al silenzio. Gli esploratori dell'84° F a nteria, che trovavansi all'estrema sinistra dello schieramento, si dir essero verso la quota suddetta; ma , giunti a 200 metri dai pezzi nemici, furono arrestati dal fuoco di fucileria ciel reparto di scorta. Rin forza ti subito da un a compagnia dell '82° della ri serva , si slanciarono alla baionetta contro gli Arabo - Turchi, che fuggirono ne ll 'oasi , abbandonando 3 cannoni e molte munizioni. A sostegno degli esploratori e della compagn ia dell '82'' il generale Rainaldi inviò allora altri reparti della ri~e rva, che non ebbero occasione d 'impegnarsi.


Frallanto la Divisione Pecari Giraldi superava le ultime resistenze nemiche sulla sua fronte e, verso le ore 16, potè giungere sul ciglio Jcll'altopiano dunoso che sovrasta la conca di Ain-Zara. Di là, mentre pochi nuclei nemici resistevano ancora per ostacolare la nostr:i a\'a11zata, la Divisione notò la fuga di grosse colonne con cavalli e cammelli, fuga che veniva poco dopo confermata da i nostri aviatori. L'approssimarsi della notte, propizia per gli agguati , in quel terreno acguitrinoso cd intricato, e la stanchezza della Cavalleria impedirono l'in seguimento immediato del nemico. Il generale Pecari Giraldi fece sostare la Divisione e la brigata Rainaldi, ormai posta anch'essa ai suoi ordini, rnlrultima posizione occupata, du vc le Fanterie si si~tt:marono a difesa, formando coi loro ripari un poligono, nell'interno del quale si ammass:1rono le altn: truppe cd i servizi. Intanto la colo nna di sinistra, comandata dal colonnello Amari, dopo avere impegnato un battaglione del 52·· Fanteria contro i Turco - Arabi asserragliati nei fabbricati presso la moschea di Ben Saad, era mos~a :1IL1ssalto~ ma, superate le prime case, dopo una lotta vivaci.~sim;1, dovcnc nuo\'amcntc sostare. II nemico facc\'a un fuoco inten so e, favo rito dal terreno coperto, tenta\'a di agire contro le ali delle nostre truppe. La lotta era impari; tuttavia i due battaglioni del 52" mantrnncro le lince r:1ggiunte, malgrado le gravi perdite subìte. Alle ore 16, visto ormai che la giornata volgeva al suo termine, il comandante del Corpo d'Armata, che già aveva fatto avvicinare a Sidi Hass:111 un battaglione della ri serva generale, ordinò al 52" di non insistere ulteriormente e di ritornare nelle trincee Le truppe rimaste sulla linea di difesa avevano l'ordine d.i tenere contegno di fcnsivo nelle proprie posizioni; ma il generale Dc Chaurand, che comandava tjlld settore, con l'intento di attirare l'a\'versa rio nell'oasi, per distoglierlo dalle colonne operanti su AinZara, aveva disposto che, appena il 52" Fanteria fosse uscito dalle trincee, un battaglione del 93", con due compagnie del r 8" e due compagnie zappatori del Genio, al comando del tenente colonnello De Maria, uscisse dai trinceramenti di Rebab e puntasse su Amrus. Per meglio prepar:1rc quest'azione, il D c C haurand fece aprire il fuoco alle batterie di Bu Sciascia e di Hcnni, che concorsero con quelle della Marina nel hattere tutta la zona avanti alle nostre lince. Alle o re 9,30, incominciata l'azione del 52", b colonna uscì dalle


trincee, lasciando una delle compagnie del 18" a presidiarle, e procedendo, con tre compagnie in prima schiera e .due in seconda, a cavallo delle due strade di Amrus e di Sugh el Giumaa.

L "occupazione di .-/in -Zara. ( Ripr.oduzionc J cllo schizzo

:i

Yist:i eseguito l'S Jiccmbrc

19 11 ).

Segui\·ano le compagnie del Genio: una per strada , con attrezzi. esplosivi e combustibili, per !"eventuale distruzione dei fabbricati. L"avanzata procedette senza resistenza fino alle prime case ciel villaggio di Amrus da una parte e tino al bivio della strada delle Fornaci dall ' altra. I reparti di sinistra del battaglione già comincia-


vano a perlustrare l'abitato, L]Uando LJuelli di destra furono improvvisamente attaccati da gruppi provenienti da sud e contemporaneamente fatti segno ad un violentissimo fuoco Ja parte di tiratori asserragliati nelle case di Sugh c.:1 Giumaa e nei fabbricati costruiti attorno all':1mpio piazzale di quel mercato. Il tenente colonnello De Maria, deciso a con tinuare l'azione, inviò rincalzi alla destra e, vista l'impossibilità di espugnare con la sola fucileria le difese nemiche e l'intensificarsi della minaccia da suJ , fece tornare le truppe nelle trincee , anche perchè lo scopo di distrarre le forze nemiche dal settore meridionale era stato raggiunto. 11 ripiegamento si effettuò a scaglioni , dalla sinistra, nel massimo ordine. Grazie :ilb manovra aggirante compiuta ed alla valida e costante cooperazione dell 'Artiglieria, le perdite subìte in questa giornata furono relativamente lievi. Per yuanto riguarda la F:1nt.eria di linea, il 6" Fanteria ebbe un solo soldato ucciso e 20 uomini feriti , dei quali I ufficiale ; il 40° Fanteria ebbe 2 morti e 15 feriti, dei quali 1 ufficiale: l'82u e 1'84" Fanteria ehhero, in complesso, 2 morti e 25 feriti; il 5i' Fanteria perdette , uffìciJ!c e 7 uomini di truppa cd ebbe 40 feriti, dei quali 4 uffiòali ; il 18" Fanteria 33 feriti; il 9.f 1 mono ed II feriti; il 23° Fanteria 7 feriti; il 50" Fanteria 8 cd infine il 63'' reggimento 1 solo ferito. Le perdite complessive furono lluindi: r uf fìciale caduto ed 8 feriti: 16 militari di truppa morti e 163 feriti. CadclL:ro in nostro possesso 7 cannoni nemici; nonchè molte 111 li 111 z1on 1. L'inseguimento, iniziato col fuoco il giorno 4, fu vigorosamente ripreso, all':ilba del 5 dicembre, con le tre brigate di Fanteria . fino a 6 chilometri ad est di Ain-Zara. Respinti piccoli gruppi di retroguardia, k nostre brigate raggiunsero cd occuparono quattro campi nemici, nei lluali furono trovati materiali di ogni genere ed in tale quantit:'i, da far ritenere.: che si trattasse di un regolare impianto per un lJUantitativo di truppa molto rilevante. Vennero catturati parecchie centinaia di colli di derrate e di datteri , moltissimo olio, gran numero di casse di cartucce Mauser, polvere nera in LJllantità, un cannone, alcuni avantreni e casson i, fucili e sciabole, numerose tende, di cui molte di modello grande, ingenti dotazioni di materiale sanitario, qualche carretta, alcuni materiali perduti dal11 " bersaglieri il 23 ottobre cd, infine, molti capi di bestiame.

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Vennero anche constatate oltre 100 tombe recent1ss1me e si videro parecchi morti abbandonati. Anche le notizie degli informatori, i quali dissero di avere incontrato carovane con moltissimi feriti, confermarono che le perdite del nemico erano state rilevanti.

Nel pomeriggio del 5 tutte le truppe rientrarono ad Ain-Zara. La Divisione Pecori Giraldi vi si trincerò e la brigata Rainaldi proseguì per Tripoli. Le esplorazioni eseguite successivamente e le ricognizioni degli aviatori constatarono che tutta la zona attorno ad Ain-Zara, per un raggio di circa 15 chilometri, era sgombra. Il 5 dicembre vi fu ancora sul fronte orientale, nelroasi di Tripoli, qualche scaramuccia, dopo la quale la guerriglia degli Arabo - Turchi cessò completamente, avendo ormai il nemico ricono- ,~ sciuto vano qualsiasi tentativo contro la piazza. Dopo Ain-Zar;i, il 13 dicembre venne occupata, come vedremo, anche l'oasi di Tagiura, col possesso della quale ci assicurammo una ampia zona ad oriente di Tripoli e, uella nulle ~ul l'.:} diu:111IJ1t: , u11 distaccamento misto, composto di 2 battaglioni bersaglieri , 1 battaglione granatieri, 1 sezione mitragliatrici ed r sezione d'Artiglieria da montagna, al comando del colonnello Fara, si spinse su Bir Tobras, anche con lo scopo di liberare le famiglie dei Capi arabi già a noi sottomessi. Ad ampliare la nostra occupazione anche ad occidente di Tripoli, per prendere possesso delle cave di pietra di Gargaresc, il giorno 18 gennaio occupavamo Gargaresc; il 20 potemmo occupare le cave cd il 28 fummo costretti a respingere un attacco nemico contro AinZara.

Ma riteniamo opportuno offrire al lettore, almeno sulle operazioni più importanti , notizie meno sintetiche, come faremo nei capitoli seguenti.

L'occupazione di Tagiura. Per poterci assicurare la sottomissione dell'oasi orientale, occorreva accertarci che la regione fosse realmente sgombra da ognt reparto nemico e procedere all 'occupazionc di Tagiura.


Mentre. il 10 dicembre, otto battaglioni della 3" Divisione dovevano :t\'anzare pc:r perlustrare l'oasi, l'n' brigata mista, al com:1ndo del generale Lequio, con due b:itterie da montagna ed .i due stiuadroni del reggimento (, Lodi )>, doveva muovere da Ain-Zara verso l'oasi di Tagiura, per ;1ggirarla da sud e da est ; mentre 4 dei battaglio ni, che il ·giorno· prima avevano perlustrato l'oasi, dovevano rnncorrere :111 ':1zionc, operando ad ovest di Tagiura. L'occupazione dell'oasi venne effettuata il giorno 13 dicembre. Le nostre truppe furono precedute da due navi che, raggiunta punta T:igiura, avrebbero potlllo appoggiare l'azione delle truppe. All"opaazione parteciparono, oltre i cavalleggeri di " Lodi n , il <J_f reggimento Fanteria e 1·, 1° bersaglieri: ma l'occupazione si svolse pacific1me1Jtc e gli abitanti, come avevano già promesso per mezzo dei loro notahili, con segnarono le armi e non tentarono alcun atto di ostilità. A puma Tag iura rim,1se soltanto un battaglione del 9.f cd un;1 sezione di Arl ig li eri;t da mo11tagna; forza ritenuta sufficiente ad assicurarci il do minio di tutta l'oasi o rient;ilc.


IV.

LE NUOVE OPERAZIONI VERSO L' INTERNO E LUNGO LA COSTA L'occupazione del Garian. La vittoria di Ain-Zara, per l}Uanto completa e decisiva, e l'occupazione di Tagiura ci avevano assicurato il possesso dell'oasi orirntale ; ma non era stato possibile sfruttarle in modo da giungere allo annientamento <lei nemico. Questo, battuto ad Ain-Zara, a veva raggillnto l'altopiano ed occorreva non dargli tregua. Per conseguenza. usufruendo degli studi e dei progetti già approntati per la nostra penetrazione nell'interno, si pensò di inviare, non appena fosse possibile assicurare il funzionamento dei ser\'i zi logistici anche :id 1111:1 notevole distanza dalla base, una colonna di 12.000 uomini verso il Garian, di sistemare la linea <li operazione coi necessa ri presidì di tappa e di provvedere alla raccolta delle risorse e dei mezzi di trasporto indispensabili per effettuare nelle migliori condizioni l'occupazione del Garian. All'uopo furono compilati diversi progetti: venne provveduto all'acquisto di cammelli in Tunisia e nella nostra Colonia eritrea; si propose la costruzione di una linea ferroviaria a scartamento ridotto e l'invio dall'Italia di J 34 autocarri ed, usufruendo anche dell'esperienza delle altre nazioni colonizzatrici, s'iniziò la preparazione logistica delle future operazioni nell'interno. Le informazioni sul nemico erano contraddittorie e le ricogniz ioni, eseguite anche dagli aerei, accertavano che i Turco - Arabi, dopo aver lasciato nella pianura alcuni gruppi d 'armati, stavano concentrando le loro forze nel Garian. Poicbè si era constatato che un reparto turco si trovava a Z:inzur, il 17 dicembre vennero inviati in ricognizione verso questa località: il 50" reggimento Fanteria, I battaglione del 6_3", il reggimento Lancieri di Firenze e 1 batterie di Artiglieria. Zanzur \'enne trovata sgombera e le truppe ritornarono a Tripoli.


Anche le ricogni zioni della zona tra Ain-Zara, Bir el Akkara e della strada Bu Sclim - Bir Edim ebbero esito negativo.

La ncog111z1one di Bir Tobraz. Più d eg na di m enzio ne ci sembra la ricogniz ione di Bir Tobraz, alla lJUak abbi amo g ià accennato e che venne eseguita e per liberare le famiglie dei Capi arabi già a noi sottomessi e per controllare una in formazione che segnalava il grosso delle forze turche tra Azizia e Garian, col co mando ad Azizia e con un ca mpo a Bir T obraz. Ne ,-enne da ro incarico, come abbiamo già detto, al colonnello Fara, al cui comando vennero posti i battaglioni bersag lieri XXXIJI e XX Vlf. un hattagl io ne grana ti eri, uno squadrone di Cavai le ria cd una sezione di Ar~iglieri;;· da montag na. La colonna partì da AinZara alle ore 2,45 del 19 dicembre, in modo da sorprendere il campo nemico all'alba c da rientrare ad Ain-Zara nella giornata del 20. Sul mo do come: si svolse la ricognizione e sui risu ltati co nseg uiti , l:t relaz ione uffi ciale espone t1uanto segue: ,, P im·c,·.1 ..: Li no tte era IÌtt:11nu1k buia. Si ~c:guiva la carovani era che partt: rb Ain -Zara in direz ione sud e che passa per Bir T o hraz; ma presto se ne perdè la tracc ia , forse per la sa bbia trasporLllavi ~opra d:d vento nei giorni prece<lenti. Marciavano con la colon na l lllatlro g uide arabe , che dichiara rono s11hito di no n potere assicurare essere g iust:1 la direzione presa e di non sapersi orientare prima di g io rno. Si proseguì allora con l'aiuto dell e bussole, divergendo talvo lta d:illa direzione fissata, per g irare into rno :dlc dune pit1 alte. ,. Verso l'alba, alle 6,50 circa, fermatasi la colo nna per un bre\'e a lt, furono consultate le g uide; ma nulla se ne rica vò. Allora fu distaccato innanz i lo stimdrnn e per rintracciare la carovaniera smarrita e poco dopo fu r ipresa la marci.1 , in direzio ne sud - sml-est, distanz iando i var i el em enti della colonn a, m a mantenendoli in coll egamento per t\'itare disguidi, facili a prodursi in tiuella zona sabbiosa.

" Lo scopo dell 'operazione poteva co nsiderarsi o rmai fallito, giacc hè era g iorno ed ancora non appariva la località, dove il distaccamento aveva il mand:ito di sorpren<lere il nemico. ,, A Ile 9.30, final m ente, si scorge in lontananza, verso sud - ovest, un ·o asi clic le guide concordemente affermaro no di Bir Tobraz ;


un'ora dopo le pattuglie di Cavalleria com un icarono che aveva no ri trovata la carovaniera e c he, davanti a quel! 'oasi, distante ancora d ue chilometri circa, si vede\'a no Arabi in atteggiamento non ostile. Lo squadrone ebbe all ora l'ordine di proseguire l'esplornionc, ma s'era appena mosso che si sentirono dei colpi di fucile . " Per chiarire le cose ed, occorre ndo, procedere alL1t tacco, il com andante del dista ccamento deci se di avan zare risol111a m ente, facendo accelerare la marcia al battaglione g ranatieri, che era in :l\·an-

Il marab111to di Sid1 Said.

guardia. Una compagnia cli LJUesto battaglio ne s1 spiegò e, pen.:orso un mig liaio di metri , fu accolta dal fuoco di g ruppi apposta ti sul margine dell'oasi ; si arrestò e rispose con i suoi fucili. ,, Quei g ru ppi si raftì ttirono e s1 estesero verso la nostra sinistra: allora fu fatta spiegare da lluesta parte un'altra compag nia dell'ava ng uardia cd entrare in azione la sezione d'Artiglieria. scortata eh una com pag nia bersag lieri. Subito dopo. conti nuando a crescere il numero dei tiratori nemici, \·enne spicgat:i una terzJ compagni a g ranatieri , sempre in prolungamento della si ni stra dello schieramento; m entre l' ultima fu disposta a protezione delL1la destra. « PoteYano esser e le 11. Sebbene le nostre truppe facessero un fuoco intenso, l'avversario continuò ad addensare le sue file e ad


:qo cstl:nderk sempre più verso la nostra sinistra. Allor;i il com;indanre l:1 colo nna deci se di altaccarc a fondo con le forze del grosso e fece schierare a siniqra della linea di fuoco tre compagnie bersaglieri con la sezione mitrag liatrici e mandò lo Sl)uadrone in una posizione arretr:11a, sempre sulla sinistra, perchè parasse alle possibili minacce. Le rimanenti due compagnie Jel XXVII battaglione bersaglieri furono tenute in ri serva, dietro la destra dello schieramento. ,, L1 decisa ava nzata di quelle compagnie bersaglieri, convergente contro la destra anersaria, mandò a vuoto il tenta tivo d'av, ·olgimcnto. In (jllcl frattempo, però, altre forze apparvero all'ala dest ra e s'add ensarono a poco a poco, tanto da costituire una minac(ia ben pit1 grave di yuclla tentala contro la nostra sinistra, pcrchè dircna a ragliarci l;-1 vi;1 di Ain-Zara. Co ntro queste nuo ve forze furono fatte ~piega re le compagnie bersaglieri di . riserva. ,, Si calcola,·a d i avere già di fronte una forza pari alla nostra ed appariv~1 chiaro eh <.: il continuo aumen tare degli armati nemici era prodotto dalL1èco rren: delle mehàlle. ,. li coman da nte del distaccamento comprese il rischio che si corr e\'a impeg na ndosi a iondo in quell'oasi, tanto più che erano g ià le I 3,30 e non !;i an:: \·:rno che le muni zioni per combattere fino a sera. Decise allo ra di a pprofìttarc del vantaggio ottenuto sulla sinistra per di simpeg narsi, ripiegando gradatamente a scaglioni dalla sini;;ir:i. in direzio ne di un cocuzzolo erboso, eleva ntesi dietro la destra dell o schinamento, al centro di una posizione, sulla quale si sarebbe p otuto resistere \'alidamente, se il nemico avesse presa l'offensiva. ,, Dati gli o rdini o pportuni , il Fara mandò a.d Ain-Zar:.i un ufficia le con !"incarico di portar notizia dell 'avvenuto e ddl:.i decisione di disimpegnare le truppe, per poter essere di ritorno al campo nella serata. " In esecuzio ne agli ordini ricevuti , le tre compagnie bersaglieri dell'ala ~inistra, sotto la protezione dei granatieri e la sorveglianza del lo ~yuadrone , incominciarono il ripiegamento , trattenendo, con frequrnti riprese di fuoco e con ritorni controffensivi, L'avver sario che. accortosi del m ovimento. crasi fatto piì:1 aggressivo. Nello stesso tempo si aHiarono al cocuzzolo verde la sezione d 'Artigli eria e la compag nia di scorta. · " Dopo i bersaglieri , si ritirarono, sempre a scaglioni dalla s1111q ra. i granatieri cd infine le ultime due compagnie di bersaglieri la sciate a fro nteggiare la minaccia manifestatasi sulla destra. JI ripi ega ment o fu esegui to in perfetto ordine. L


:q1 " Il XXXIII battaglione bersaglieri si schierò fronte a sud cd a ~ud - est, il battaglione granatieri fronte a sud - ovest e ad ovest, il XXVII battaglione bersaglieri fronte a norJ. In una profond:.i e brga bassura, a ridosso del cocuzzolo, furono collocati il posto di medicazione e le salmerie. Lo S(1uadrone cavalleggeri si dispose al di fuori , verso nord - est, a distanza di oltre 500 metri. ,, Il nemico, accresciuto intanlo di numero, continuò ad a,·;tnzare fino alle medie distanze, minacciando col suo movimento b nostra posizione da tre lati. In LJUesta situazione non era più da pensare a proseguire la ritirata su A in-Zara: fu pertanto deciso di resistere sul posto. Le truppe allora si trincerarono, restringendo b prima occupazione e, con calma e fermezza ammirevoli, sostennero fino a notte i reiterati attacchi degli Arabo - Turchi, dei lluali, in ultimo, alcuni gruppi spinsero la loro audacia fino a giungere a poche dieci ne di metri d;i i nostri fucili, subendo le più gravi perdite, ma non desistendo dalla lotta. <( Fin dal pr.incipio di (]Uest;.1 seconda fa~e del combattimento aveva destato preoccupazione l'insuffic ienza d ei mezzi di spo nibili per il rifornimento delle munizioni e per la cura dei feriti. Gi:ì era no state distribuite tutte le riserve di cartucce. cornpn:sc llucllc della sezione mitragliatrici che, per b sa bbia infiltratasi nei congeg ni delle armi, era da tempo rimasta inutilizzata: \.1ua11to ai feriti, si era provveduto inviando direttamente ad Ain-Zara tutti quelli :.ivuti sino allora. Ma il nemico diventava ~crnpn: più aggressivo e poteva avere altri rinforzi dai suoi campi più lontani. Occorrevano, adunque, aiuti di truppe e di mezzi, ed il comandante del distaccamento mandò a chiederli ad Ain-Zara, notificando a quel Comando di Divisione la nuova situazione. Latore della richiesta fu un uffìciale dei granatieri che, essendo liberamente arrivato alle 16.30 da Ain-Zara per raggiungere il proprio reparto, aveva confermato essere la via tuttora sicura. " Davanti al contegno fermo d ei nostri , l'avversario non osò più procedere ed alle 20 l'azione cessò e non si ebbe più che (Jualche isolato colpo di fucile. · ,, Verso le 2,30 il comandante del distaccamento inviò un altro ufficiale per informare il comandante della Divisione sulla situazione e confermargli la richiesta di rinforzi e di mezzi. Più tardi , però, dubitando che questi non potessero giungere in tempo e temendo che il nemico riuscisse intanto ad avere altre forze e riprendesse l'attacco, determinò di ritirarsi, approfittando ciell 'osc:.irità.


,, Assicurato il trasporto dei frriti della seconda fase del combattimento, sulle barelle i più gravi e sui muli della sezione d'Artiglieria, della sezione mitragliatrici e delle salmerie g li altri, alle 4,30 il distaccamento riprendeva la direzione di Ain-Zara, in perfetto ordine e nel massimo silenzio, orientandosi con le stelle. ,, Formava un quadrato: due compagn ie granatieri sul lato nord, verso Ain-Zara, in linea di colonne coi plotoni affiancati ad intervallo cli spiegamento, altre due compagnie granatieri sul lato ovest, t1uattro di bersaglieri su t}uello est, in linea di fianco; le rimanenti due compagnie di bersaglieri in linea di fronte, a chiusura del lato sud. Nell'interno: i feriti, la sezione mitragliatrici, la sezione d 'Artiglieria e le salmerie. "Durante la marcia non si ebbe alcun incidente. Alle 7,30 s'incontrarono i rinforzi provenie nti da Ain-Zar:i i, .

L'occupazione di Gargaresc. La situ~1zione elci nemico sembrava immutata ; ma le informazioni segn:tlav:ino un considerevole aumento ddlc sue forze; aumento dovuto ai provvedimenti presi dai Turchi per costringere gli Arabi :1 sc hierarsi contro di noi. Il ') gen naio fu tentato un attacco contro Ain-Zara cd il nemico venne respinto. Subito dopo ven nero eseguite da lla nostra Cavalleria numerose . . neogrnz1on1. Nel gennaio furono denunciate alcune razzìe presso Gargaresc, dove le nostre ricognizioni !1011 incontrarono resistenza; ma il cui possesso ci era necessario, anche per sfruttarne le cave di ottima pietra da costruzione. L'occupazione di Gargarcsc venne effettuata il 18 gennaio da un distaccamento composto dal 52'' reggimento Fanteria, 1 battag lione del 1 " granatieri , 2 s1p1adroni Guide, 1 batteria eia montagna cd 1 compagnia del Genio. Comandava il distaccamento il colonnello Amari. L'avanguardia, preceduta dalla Cava lleria e formata dal battaglione g ranatieri, gi unta presso il margine occidentale dell'oasi, venne accolta dal fuoco dei Turco - Arabi che, rinforzati poi da altri gruppi nemici, attaccarono il battaglione granatieri, minacciandolo di avvolgimento. Il colonnello Amari, anche allo scopo di attirare il


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nemico sono il fuoco dcli' Artiglieria, fece allora ripregare il battaglione sul grosso, che si schierò, pronto al combattimento. I Turco -Arabi, dopo aver ripetutamente ed inutilmente att:tcc.lto l'ala destra del nostro schieramento, pronunziarono un nuovo attacco contro la nostra sinistra, in corrispondenza della quale, contrattaccati alla baionetta da quattro compagnie del 52" reggimento, furono costretti a ripiegare; così che i rinforz i sopraggiunti, al comando del generale Fara, non ebbero occasione d 'impegnarsi. Nel combattimento di G argarcsc i Turco - Arabi subirono perdite assai g ravi, rimaste purtroppo imprecisate. Noi an: mmo 10 uomini di truppa uccisi, 1 ufficiale e 74 feriti. Gargaresc venn e poi ocrnpata definitivamente, quasi sen za colpo fe rire , il ~o gennaio dal generale D c C haurand, comandante la .3" Di visione, co n 8 battaglioni, 6 squadroni , 1 gruppo d'Artiglieria e 3 compag nie zappator i, le quali ultime provvidero alla costruzione delle ridotte necessarie a rendere pit1 ~alda, in ogni caso, b nostra resistenza. Alla sera del 27 gen naio alcuni g ruppi nemici attaccarono Gargarcsc 111~1 \-e nntTo respinti: cd, alle ore 3 del :>8, i Turco - Arabi , sperando di sorprenderci , attaccarono A in-Zara _ Spiegati lungo una linea molto estesa, i nemici, pur venendo sottoposti al fuuco della nostra Artiglieria, avanzarono, attaccando le posiz ioni del 40" n.:ggimenlo Fanteria e, con \'ab destra, tp1elk difese dal 2" g ranatieri. Mentre la sinistra nemica veniva respinta dal fuoco di fuciìcria , la destra tentò di avanzare ancora; ma poi, sottoposta anche ai tiri dei nostri canno ni, dovette ripiegare anch'essa. Al fallito :ittacco contro Ain-Zara parteciparono circa 7.00 0 uomini, che subirono gr:ivi perdite ; m entre le nostre si limitarono a 3 morti ed a 15 feriti. Sbarcato a Tripoli, il 9 febbraio, il V battaglione indigeni eri trei , furo no eseguite tla questi nostri F anti di colore altre ri cognizioni nella regio ne tripolina, tra le tluali, il 4 marzo, quella di Bir el Turchi, in cui il battaglio ne indigeni ebbe ro uomini uccisi e 42 feriti. Il 17 aprile si svolse, presso gli stagni di Tagiura, un fatto d'arm e, nel quale si distinsero, oltre ad una compagnia del 18" reggimento Fanteria, g li indigeni eritrei ed anche la banda del Garian, costituita recentemente, con giovani arabi che avevano accettato di combattere al nostro servizio.


Così 001 avevamo incominciato ad arruolare anche gli Arabi, incoraggiati a farlo, sia pure con le dovute cautele, dalla fedeltà e <lai valore che avevano già dimostrato i reparti indigeni dell'Eritrea. A meglio consolidare la nostra conquista, occorreva eliminare però tutte le fonti che alimentavano la resistenza degli Arabi ed, appunto a tale scopo, si pensò all'occupazione di Zuara.

L'occupazione di Zuara. La resistenza degli Arabo - Turchi veniva dficacemente alimentata dal contrabhando di armi e di munizioni che, attraverso la Tunisia e l'Egitto, agenti turchi facevano penetrare in Tripolirania ed in Cirenaica. Dalla Tunisia venivano rifornite di armi e di munizioni le forze nemiche operanti attorno a Tripoli, le quali ritardavano le nostre operazioni verso l'interno. Per potere impedire, od almeno ostacolare, il contrabbando al confine tunisino, verso la metà. di dicemhre era stato tentato uno sbarco a Zu:1ra; ma, per k avvr-rse ro ndi7.ioni del 111:irt'., era stato necessario rimandarlo all'aprile del 191 2 . L'occupazione di Zuara avrebbe resa molto piì'i difficile l' attività dei contrabbandieri e, non appena le condizioni del mare migliorarono, si riprese il tfocgno dello sbarco che, per le gravi difficoltà che si opponevano all'impresa, venne deciso di eHettuare sulla spiaggia della penisola di Macabez, ad occidente di Zuara. Il Corpo di spedizione, formato dalla 5" Divisione speciale, al comando del generale Garioni, doveva essere costituito da una brigata di Fanteria e da un battaglione di ascari. La brigata sarebbe stata la 10", comandata dal generale Buonino, il quale l'avrebbe formata col 30° reggimento, già pronto in Italia, e con 1'89·· Fanteria, che anebbe dovuto intervenire da Homs. Poichè il comandante <-1uei presidio non riteneva opportuno lasciar partire 1'89" prima che la sistemazione difensiva della piazza fosse compiuta, venne deciso di sostituire il reggimento ad Homs, facendovi affluire da Tripoli gli altri due battaglioni del 37", in modo da avere, come vedremo, <-1uest'ultimo reggimento rutto riunito ad Homs. Intanto nuove notizie circa k condizioni della costa occidentale e sulle mehàllc nemiche confermavano le difficoltà dell'operazione cd il comandante in capo pensò di provvedere, oltre che ad una più


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efficace o rgani zzaz ione di alcune azioni dimostrative da Tripoli, anche all'effetti\'o imbarco, nella notte precedente l'operazione, di due battaglioni d i rinforzo. Vennero ino ltre destinati alla spedizione un battag lione bersaglie ri ed un a seconda batteria da montagna. Partita da Augusta ai primi di aprile, la 5' Divisione speciale il g iorn o 10 iniziava lo sba rco che, superando gravi difficoltà, venne compiuto in quattro giorni. Fu occupata anche Bu Chemesc, che il nemico attaccò il 23 apr ile con gr:i nde violenza, tìnchè, bat-

Gli ,un m . aitu·i in f_;fn,1.

tuto dalle artiglierie e rnntrattaccato dai nostri , fu costretto a ritirarsi, dopo aver su bìto gravi perdite. I nostri reparti compirono poi numerose ricognizioni o ffen sive, d1c constataro no la presenza di numerosi nuclei nemici lungo la seconda carova niera a sud di Bu C hemesc, disposti su un fronte di 30 chilometri, fra la forte posi zione d i Sidi Said ed il confine tunisino, sul l]Ualc erano state trovate alcune tri ncce. Il grnnale Ga rio ni , anche per non ino itrarsi nelrinospitale reg io ne prossima al la Tuni sia, decise di attaccare Sidi Said, la cui conquista ancbbc do\'uto determinare l'abbandono di tutte le difese arabo - turche. L·attacco ve nne effettuato con due colonne, mosse rispettivame nte lbl la pe nisola di Macabcz e da Bu Chcmesc e, nelle giornate del 26 e 27 g iugno, l' impo rtantissima posizione di Sicli Said ven ne occupata. Pochi giorni dopo apparve necessaria anche l'occupazione di Sidi Alì, altura che sorge a circa 6 chilometri ad oriente di Sidi Said: sia per rendere sicura questa posi?ione da ogm minac-


c,a nemJCa, sia per avere un posto avanzato sulla via di Zuara. L ·a-

z ione si svolse il 14 luglio con un combattimento accanito e così grave fu la sconfitta inflitta ai nemici, che questi , scoraggiati, non osarono difendere Zuara, dove le nostre truppe poterono entrare il 6 agosto lJuasi senza colpo ferire. Con Zuara noi conquistavamo un abitato, che non era soltanto il più popolato della regione, ma che domina\'a le più importanti c:,ro,·aniere provenienti dal confine tunisino. Avuta la possibilità di controllare le grandi carovaniere più ,·icinc al mare, il contrabbando delle armi poteva esercitarsi soltanto su p(rco rsi più lunghi e lontani dalla costa e fra difficoltà molto maggiori. Regdaldine \'eniva dalle nostre truppe facilmente occupata il 15 agosto , senza che il nemico. ancora memore delle giornate di Sidi Said e di Sidi Alì , opponesse una troppo tenace resistenza. ,. Uftìciali e truppa - sc risse il generale Garioni nella sua rela'l.ione - com po rtaronsi co n il consueto \':tlore cd ardimento, giungendo con i reparti più avanzati ad oltre dicci chilometri dal camp:J trincerato e combattendo, in campo a perto, contro fori.e notenil mente superiori. 11 nemico. battuto su tutti i punti. ebbe a riportare perdite rilc\'antissime, ~oprattutto per effetto d ei tiri hrnc aggimtati de lla nostra Artiglieria. "Le nostre truppe furono ammirevoli, tali da infondere nei Capi che le condussero alla vittoria b convinzione che con esse tutto er:i passibile, nonostante le più gra,·i diltìcolt:1 dì terreno, di nemico, di clima, di risor~e. " L ' accordo spontaneo ed intelligente fra i vari Comandi e le varie Armi e fra Esercito e Marina corrispose egregiamente alle esigenze particolari di llueste tre giornate, costituenti, nel loro complesso, una battaglia offCJuiva preparata. Tutti rnostr:mmo di avere perfettamente compreso il concetto direttivo della difficile e !Unga operazione: tutti fecero quanto era umanamente possibile per condurla a buon termine. ,, Benemeriti specialmente gli organi preposti al funzionamento dei vari se rvizi, che seppero affrontare e risolvere le eccezionali difficoltà locali con feconda genialità e con una abnegazione e una prontezza ammirevoli ; così che, per esempio, autocarri sbarcati faticosamente in spiaggia aperta la ~er:1 prima dell'inizio dell'operazione, furono visti arrivare, attraverso un terreno tutt'altro c he facile, a rifornire di \'i\·eri, di munizioni, di acqua le truppe com-


battenti 111 prima linea ed a sgomberare i feriti sugli ospedali retrostanti. ,. Pochi minuti dopo che le truppe operanti avevano piantata la vittoriosa Bandiera sull'altura, alle falde di essa approdava un lungo convoglio di viveri, di strumenti da lavoro, di difese accessorie per i primi bisogni delle truppe e della difesa. « Frutto tangibile di ljllesto mirabile accordo è ora il posscsm di un'importantissima posizione sulla via di Zèlten e <li Zuara e l'incontrastato dominio nostro su circa 40 chilometri di costa, dal confine tunisino a Sidi Said e fino alla linea delle secche ; è la rinnovata speranza che da queste inospiti spiagge sia possibile apportare sempre più valido concorso alla riuscita finale della c:1mpagna "· Le nostre perdite furono rdativamcnte lievi. Noi avemmo di fronte un nemico che conosceva ormai il nostro impeto offensivo, la nostra decisa volontà di vincere. Memore di Sidi Said e di Sidi Alì, esso, come a Zuar.1, non osò affrontarci con grandi masse. I più audaci attaccarono soltanto contro l'estrema sinistra del nostro ampio schieramento, rinunziando a difendere la posizione principale e sperando invano di procurarsi l!ualche vantaggio con attacchi avvolgenti d'ala. condotti molto vigorm;1mcntc e con tenace insi stenz:1. Dove il combattimento prese particolare vigore, caddero alcuni dei nostri: ma il nemico ~eminò il terreno di morti e lasciò anche alcuni feriti prigionieri. Noi restammo incontrastati p:i.droni del campo di battaglia e delle splendide oasi che ne facevano parte. Le perdite suhìte furono soltanto le seguenti: caduti bianchi 6, ascari 6: feriti: ufficiali 5, uomini di truppa bianchi 86, asc:i.ri 24.


V.

LE AL TRE OPERAZIONI NELL'EGEO E NELLA ZONA TRIPOLINA La guerra italo - turca non pote,·a limitarsi alla sola impresa coloniale e la nostra situazione politico - militare imponeva una più energica azione per colpire il nemico in qualche punto più vitale, costringen<lolo alla pace. Già le nostre navi avevano avuto nel mar Rosso un breve combattimento a Confuda, distruggendo alcune cannoniere nemiche, ed avevano bombardato le fortificazioni di Hodeida, dando incremento alla rivolta dello Yemen: ma, secondo le decisioni del nostro Covcrno, bisognava portare la guerra anche ndl'Egco, per minacciare g li interessi più vitali dell'avversario. I Turchi avevano ini z iato i pn:parati,·i della resistenza nello stretto dei Dardanelli, rendendone pericolosa b navigazione con le mine e rinforzando i pre~id i delle coste e delle isole. Le nostre operazioni nell ' Egeo si iniziarono il 24 febbraio , con l'affondamento di una ca nnonier:1 e di una torpedini era turc he, ef_ fettuato dalle nostre na vi Garibaldi e Ferruccio. Il 18 aprile le nostre Divisioni navali, al comando del vice-ammiraglio Viale, eseguirono una dimostrazione all'imboccatura dei Dardanelli. I forti di Scddul Bar e C um Calè aprirono il fuoco; ma furono costr etti a tacere, gra,·emente danneggiati dal tiro delle nostre navi. Poichè si prcvedn·a un maggiore sviluppo delle operazioni navali nell ' Egeo, fu deci so di creare in lJUel mare una nostra base ed il 28 aprile fu occupata a tale scopo l'isola d i Stampalia che, per la sua posizione centrale rispetto alle isole dell'Egeo meridionale e per la sua conformazione topografica, risponde,·a molto bene allo scopo. A Tobruk, intanto, si prepara,·a, agl i o rdini del generale Amcg lio, un Corpo di spedizione, composto con reparti provenienti dall'Italia e da alcuni presidì della Libia , i quali ultimi concorsero nel m odo seguente:


Tripoli: battaglione alpini « Fenestrelle », I batteri:1 da mont;igna su 4 pezzi, personale per 2 stazio ni radiotelegratìc he e relativo drappello treno, 1 reparto someggiato di sezione sanità, 1 ospedale da campo da 100 letti , T ospedale della Croce Rossa, I gruppo di forni ; Bengasi : 57" fanteria, r b:1ttaglione bersaglieri, r batteria da montagna, reparti zappatori, minatori e telegrafisti ; D erna: un Comando di gruppo d ' Artiglieria da montagna; T obrul(: 34" regi m ento Fanteria ed 1 salmeria speciale.

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Per sostitu1re a Tripoli il battaglione ,, Fenestrel le " e compensan: le altre diminu z ioni di forza, già verificatesi per le o perazioni al confine tunisi no, si pensò di far venire da Derna un battaglione del 40" Fanteria e da Homs uno del 6". A sost ituire il 57" Fanteria in Bengasi fu mandato dall ' Italia il 4:-( reggimento. Raccoltosi il Corpo di spedizione alla fine del mese di aprile a Tobruk , nella no tte dal 3 al 4 maggio, il convoglio (7 piroscafi), scortato dalle na vi della i' Sc1uadra, raggiunse l'isola di Rodi. Al l"alba il contingente sbarcò rapidamente nella baia di Kalitheas e, col combattimento di Asgurù, ricacciò il nemico nell'interno. Il 5 maggio le nostre truppe entravano in Rodi, accolte dalla popolaz iom: senza ostilità, ed ivi stabiliva b sua sede il Comando del gener:ile A m eglio.


La battaglia di Psitos. Organizzati i serviz i e la polizia, costituita una forte base per le truppe o peranti, nella notte sul 15 maggio fu iniziata la marcia ,·erso l'interno dell'isola, per battere le forze turche, raccolte intorno a Psitos. Nell'intento dì giungere di sorpresa sul nemico, di accerchiarne le forze e di costringerlo ad un com battimento J ec isirn od alla resa, il generale Ameglio aveva divi ~o le sue truppe in tre colonne:

P;ùo.·.

- colonna principale. agli ordini diretti del generale Ameglio, composta di llUasi tutta la Fanteria Ji,·isìonale e di tre batterie da montagna, muovendo da Rodi per via ordi naria e seguendo l'itinerario Asg urù - Koskino - Afonto - Stusn1rudiu, doveva attaccare decisa men te da sud - e::st : - colonna B. al com;1 ndo del colonnello M:1ltini, composta del 4'' reorimento bersa![lieri,. imh:irc:indo a Rodi e sbarcando sulla spiaggia di Kala va rda, doveva portarsi sub ito a Tcmiliah e da lì doveva avanzare fino alla forte posizione di Kalopctra, per sbarrare al nemico la \'ia di ritirata da Psitos per il versante di Kalamona verso monte Sant'Elia e concorrere poi all'acce rchiamento ed all\1.ttacco dei Turchi da nord - o\'Cst e da nord: - colo1111a C. al comando del maggiore Rh o, compo~ta del battaglione alpini ,. Fenestrelle ", imbarcando a Rodi e ~ba rcando b~ ~

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-., 2) -

sulla spiaggia di Malona, doveva portarsi subito a Platania, per sbar. rare al nemico b via di ritirala da Psitos per Acripolis verso monte Sant'Elia e poi doveva avanzare per Acripolis verso Psitos, per concorrere all'accerchiamento ed all'attacco del nemico da sud. Per attuare il disegno operativo del comandante e sorprendere i Turchi, le tre colonne dovevano percorrere di notte, in un terreno difficile e non conosciuto, distanze molto forti: di circa 40 chilometri per b colonna principale e di 32 - 35 chilometri per ciascuna dell e :iltre dm:; ma le gravi fatiche sopportate dalle nostre truppe dovevano trovare ben presto adegu;1to compenso nella decisiva vittoria e nella resa del nemico. Nella notte sul 15 si effettuarono gli sbarchi della seconda e della terza co lonna ed. alle o re 9 del gio rno 16, venne stabilito il collegamento tattico fra tutte le Unità. Il nemico, così minacciato da ogni parte, non potendo cercar sc:1mpo nè verso Kolo petra, nè verso nord, tentò di aprirsi un varco con un contrattacco e ne seguì un accanito combattimento, durante il tJUalc le truppe turche.: si sbandarono, cercando rifugio nel va llone della Maritz:i , do\'c, incalzate dai nostri, si arresero. Furono fatt i prig ionieri 38 ufficiali e 1.30<J uomini di truppa. Il 1 2 maggio la nostra flotta aveva intanto sbarcato reparti di marinai nelle.: isole Ji Scarpanto, Caso, Piscopi, Nisiron, Calimmo, Lcro e Patmo, sulle LJUali, fatti prigionieri i piccoli presidi turchi , ve11i\':1 in nalzat:1 la nostra Bandiera. Successivamente vennero occupate anche le isole di Cos, Simi e Calchi ( 1).

Nel m ese successi vo c.: nella prima metà dd mese di luglio l'azione della nostra flotta nell'Eg-eo fu esclusivamente di vi bo ilanza; ,_, ma, allo scopo di accertarci delle reali condizioni delle difese dei Dardanelli , venne effettuata anche una riconnizione nello stretto . .., Dell 'audace operazione fu dato incarico al comandante Milio. che, con 5 torpediniere d 'alto mare, la notte del 18 luglio entrò nei Dardanelli , g iungendo fino sotto la spo nda d i Kilid Bar, in vista della flotta turca al I'ànco ra. (I ) li !cuore potrà tro,·arc una più dettagliata d escri zio ne delle operaz ioni di Rodi e dd b h,maglia di Psitos nel VI I Yo lu me di gucst'opcra, p:irticobrm c ntc d edicato :1i hcr~aglicri.


1 -

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Ma un guasto alle eliche della torpediniera Spiga, impigliatasi in un cavo di ostruzione, rese necessario il ritorno cd, abilment e m:inovrando, benchè fatte segno ai tiri delle artiglierie turche dell e due sponde, le cim1uc torpediniere r:iggiunsero incolumi il mare :ipcrto.

prigio11icri tr/lchi d i P.,iro_._

Dalla ricognizione risultò che l"o rganizzazione delb difesa dei Dardanelli , pur presentando ancora lJUalche manche\'olezza per il tiro delle batterie, era assai vigile e difficilmente avrebbe permesso un attacco di sorpresa. A nche nel tentare la temeraria impresa del forzamento dello stretto, i comandanti e gli eq uipaggi delle nostre torpediniere avevano dimostrato la loro preparazione cd il loro eroismo.


Le altre operazioni nella regione tripolina. Altre nostre importanti azioni, atte a consolidare i precedenti successi, vennero effettuate nella zona di Tripoli, nella quale i Turco - Arabi erano riusciti a sistemarsi a difesa lungo la linea: Sidi Abd el Geli I -Su~rni Ikni Aden - Fondugh ben Gascir - Bir Tobraz Kasar Taruna; linea dalla Lluale attaccavano i nostri presidi e specialmente qw:llo di Gargaresc. Era necessario rimuovere definitivamente 4uella minaccia; molto più che un nostro successo, affermando il nostro prestigio, avrebbe potuto affrettare la sottomissione delle tribù, già stanche di subire le reLJuisizioni e le sopraffazioni turche. Nei giorni 6 e 7 giugno venne riunito nella zona di Gargaresc il Corpo d 'Armata agli ordini del generale Frugoni, il quale concepì il disegno d'impegnare tutto il fronte della linea nemica e di conquistare l'altura di Sidi Abd cl Geli! per battere d'infilata le posiz ioni degli Arabo - Turchi, assicurando intanto il nostro fianco sinistro contro il prevedibile arrivo di rinforzi nemici. Ebbe il compito di attaccare frontalmente la linea avversaria la Divisione del generale Camerana; mentre le altre forze, ripartite in du e massç. si tenevano pronte ad intervenire. Dovevano concorrere all'azione anche le artiglierie delle opere e quelle delle navi e, per la raccolta di tempestive informazioni sugli eventuali spostamc-nti ddle forze nemiche, anche gli aeroplani ed i dirigibili.

La battaglia di Zanzur.

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Le informazioni raccolte tra la fine di maggio ed i pnm1 di giugno davano la seguente dislocazione del nemico: Zanzur 3.000 armati nrca. Su;Ìni Re ni Aden . 5.000 Fondugh ben Gascir :?.000 Suàni Hu Gangia )' 3-(>00 Bir Tobraz 300 Cefora . )) 6oo )l

( 1) Data l'importan za di questn combattim enw. riteniamo opportuno riportarne b descrizione dall'opera dell 'Ufficio Storico Jello St:Ho Maggiore clcll'Escrcito « Campagna di Libia ,,. già pit1 volte citata, voi. 11.


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Tale dislocazione favoriva la tattica consueta per gl i Arabo Turchi di resistere frontalmente con IXJche forze e di aoire col magi:, . g ior numero degli uomini contrn i fianchi e k spalle dell'attaccante. I trinceramenti costruiti davanti l'oasi di Zanzur aoevolavano b la resistenza frontale, mentre la Yicinanza di Suàni Beni Aden ·alla nostra direttrice di attacco permetteva una tempestiva azione della massa colà dislocata sul nostro fianco sinistro: La celerità di marcia

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L 'oasi di Z1111 z ur.

degli Arabi faceva poi prevedere l'intervento sullo stesso fianco o sul tergo . degli armati dei campi più lontani di Fondugh ben Gascir, Suàni Bu Gangia e Bir Tobraz. Considerato ciò e visto che la conformazione del terreno d ' attacco ancbbe impedito ai difensori delk trincee, che trova va nsi a sud della dorsale, di battere le truppe procedenti lungo la spiaggia , fu stabilito di eseguire l'attacco dei trinceramenti nemici con due colonne. Una, munita d'Artiglieria leggera ed appoggiata da alcune na\'i da gue rra, doveva agire pel versante nord della dorsale contro il marabutto di Sidi Abd el Geli), con la maggiore speditezza possibile, al fine di impadronirsi al più presto di quelraltura e di prendere d'infilata le trincee poste a sud della dorsale. A favorire quest;_i


rapidità d'azione avrebbe contribuito, oltre che l'essere la colonna defilata dal fuoco nemico, anche il tiro delle navi contro il fianco delle linee arabo - turche. L'altra colonna doveva procedere a sud ddb d orsale fra le due carovaniere, mantenendosi arretrata rispetto alla precedente: sia per proteggerne il fianco sinistro) sia per immobilizz:u e i difensori dei trinceramenti meridionali, pcrchè non facessero massa verso l:t spiaggia, dietro la prima colonna. Truppe di riserva dovevano garantire quest'azione frontale dalle possibili minacce sul fianco e sul tergo da parte delle orde nemi che dislocate sull'arco Su~ni Beni Aden-Fondugh ben Gascir-Rir Tobraz. Per L1ttuazione di yucsto concetto, il comandante del Corpo d·Armata dispose che, nei giorni 6 e 7 gi ugno, si compissero tutti i preparativi atti ad assicurare il buon funzionamento d 'ogni servizio e gli spostamenti di truppe necessa ri perchè il g iorno fissato per l'attacco, cioè 1'8 giugno, i Corpi operanti si trovassero il pitt vicino possibile ai loro obbiettivi. Il 5 giugno venne prescritto: a) che fossero costituiti ~1 Gargaresc un deposito avanzato di munizioni per Fanteria ed Artiglieria, 2 ospcdalctti da 50 letti, un deposito a,·anz:ito di pane, viveri e foraggi; h) eh<.: si organizzasse u11 ,1 colonna di 40 autocarri, carichi dì attrezz i e materiali del Genio, per il rafforzamento dell:i pos1z1one di Sidi Ahd el Gelil; e) che fossero allestiti negli stabilimenti sanitari di Tripoli i mezzi pd ricovero di almeno 2 00 persone in più del normale e preparati per trasporto di feriti un treno e IO autocarri appositamente attrezza ti :

d) che, per un primo rifornimento d ' acqua, fossero tenute pronte due colonne di muli, trasportanti complessivamente 30.000 litri di ac<.Jll:J, e fosse preparato un carro ferroviario-cisterna di riserva. Con b circolare del 6 giugno venne poi disposto per la riunione a Gargaresc di tutte le truppe destinate all'operazione front;1lc e per il presidio delle opere e dei trin<.:eramenti della piazza. Si dispose infine per un primo rifornimento di viveri , acqua e materiali vari al presidio da lasciarsi a Sidi Abd el Gclil, a 1-riezzo di un convoglio di barconi tenuto pronto a Tripoli. Il 7 giugno fu emanato l'ordine di operazione per l'attacco, per il tJUale il concetto operativo già era stato comunicato ,·erbalmente ai comandanti superiori.


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L 'c:secuzione dcll'azione frontale era affidata , come: abbiamo :::,,ai:1 dc:tto, al comandantc: della 1 " Di visione, g-enerale Carnerana, che ebbe il mandato d'impadronirsi delraltur~ di Sidi Abd ed Geli! e <li rafforzarla sollecitamente, assicurandosi anche il possesso del po rto. A sua disposizione furono po5:e le truppe ed i servizi seguenti: 1'' brigata (82" e 84" Fanteria) e compagnia Guardie d i Finanza; 2 · brigata (6" e 40" Fanteria) ; - g ruppo Artiglieria da campagna 1906 (3 batterie); -- g ruppo Artiglieria da monta_gna della 1' Divisione; -- - compagnia zappatori Genio -1 , Di visione ; - colonna munizioni per truppe suppletive; - sezione colonna munizioni della i'' Di visione : - ~ezione sanità della 1" Di visione. A presidio della posizione da occuparsi . dovevano rimanere 5 battaglioni, 3 batterie 1906, la compagnia del Genio e mezza sezione di sanità. Le navi Carlo Alberto, Città di Siracusa ed Ardea avrebbero sostenuta l'azione delle truppe, battendo, con tiri di inliht:1 e di rrwescio, i trinceramenti del \'ersante nord della Jors:de, il marabutto di Sidi Abd e! Geli! ed il terreno ad O\"CSt di (JUesto, contro le- provenienze da Zauia. A sud dei trinceramenti di Gargaresc dovevano riunirsi. in riserva, a.Ila diretta dipendenza del comandante del Corpo d' Arm:ita: il 31' Fanteria (2 battaglio ni): briaata di Cavalleria·' la . b il V battaglione eritreo : una delle batterie da montagna della 3" Divisione; la sezione sanità delle truppe suppletive ; - una colonna munizioni del battaglione eritreo. Avrebbero concorso all'azione anche le artiglic:ric del campo di Gargaresc. I dirigibili, gli aeroplani ed il draken dove\·ano informare rni movimenti del nemico ed i primi gettare bombe sulle sue colonne. La direzione della difesa di Tripoli e delle opere staccate vc:nne affidata al comandante della 3• Divisione, generale De Chaurand, alla dipendenza del lluale furono poste tutte le rimanenti truppe. Con altro ordine il comandante del Corpo d'Armata dava inoltre disposizioni per l'equipaggiamento, il \'ettovagliamenro, i \Crvizi

.o


dell 'acyua, di sanità, d'Artiglieria, delle comunicazioni teleg rafiche, telefoniche ed ottiche e per il carreggio. Per l'esecuzione del suo mandato, il comandante della 1" Divisione, conformemente alle istruzioni avute per l'attacco su due colo nne, disponeva: - la colonna di destra (i' brigata, gruppo d'Artiglieria da montagna, compagnia del Genio, reparti di sanità, sezione colonna mun1z10111 della 1· Divisione), agli ordini del generale Giardina,

La ba1111glia dì 7.an:::ur.

d m·n·a rnarci~in: rapidamente, fra la spiaggia. e la c;iro\·aniera seLtenlrionak, n :rso l'Jltura di Sidi Abd cl G eli) , per occuparla e sistemarla subi to a difesa;

- la colonna di sinistra ( 1" brigata meno un battaglione , sez ione sanità, co lo nn a munizioni per truppe suppleti ve), agli ordini dd gcm:ralc Rainaldi , costituiva scaglione arretrato rispetto alla precedente e doveva procedere con la destra alla carovaniera suddetta, in formazione adatta: sia per rimuovere le resistenze frontali, sia pt'r parare a ro~sibili minan-e da sud. Entr:1mbc le colonne dovevano essere pronte a fronteggiare eventuali attacchi sul loro fianco sinistro cd adottare uno scaglionamento con la sinistra indietro. A disposizione del comandante della Divisione rimasero un battaglio ne della 1" brigata ed il gruppo d'Artiglieria da campag na 1906. A sua volta il comandante della 3" Divisione dava gli ordini necessari per assicurare la difesa ed il funzionamento dei servizi della piazza col minor numero possibile di truppe, per avere di sponibile


qualche Unità per eventuali operazioni offensive. Così venne costituita una seconda riserva, composta di 2 battaglioni del 50° Fanteria, 1 del 23° ed I misto, formato con 2 compagnie del 18° e 2 del 93", che dovevano raccogliersi a Bu Mcliana per le ore 7. A questi vennero poi aggiunti un battaglione del 63° Fanteria ed una batteria da montagna.

La conquista di Sidi Abd el Gelil. Alle 4 del mattino dell'8 giugno - mentre la colonna di destra della 1' Divisione si trovava già schierata a mille metri circa ad occidente delle .trincee <li Gargaresc, all'altezza del nostro posto d'osservazione, con la destra alla spiaggia - la colonna di sinistra usciva dalle tri ncec. Sul mare la Carlo Alberto e la Città di Siracusa, collegate dall'Ardea , si mantenevano in comunicazione con la colonna di destra, pronte ad intervenire nell'azione. A sud di Gargaresc si t:ra gù ;unmassata la riserva, a disposizione del comandante del Corpo d'Armata, il <.Jualc dirigeva l'azione dalla ridotta occidentale. Ali 'altra riserva, <.1uella formata dal generale De Chaurand, veniva più tardi ordinato di portarsi sulla ~trada di Fondugh el Togar , a 3 chilometri dai trinceramenti di Bu Mdiana, perchè fosse più vicina e quindi più pronta ad agire contro eventuali minacce da sud. Alle 4,40 echeggiarono i primi colpi di fucileria sulla fronte della colonna Giardina e contro gli appostamenti avversari , in tal modo rivelatisi, partiva dalla Car{o Alberto il primo colpo di cannone. Cominciava così il combattimento che, con brevi soste e con riprese di estrema violenza, durò fin verso le ore 16. Per chiarezza d'esposiz ione riesce opportuno esaminare separatamente l'azione diretta alla conquista di Sidi Abd d Geli!, quella per oc_cupare i trin ceramenti avversari e quella delle riserve. Alle 4,31 la 1' Divisione era già tutta uscita dal campo di Gargaresc e procedeva schierata nel seguente modo:

Colonna di destra. Il II battaglione del 6° Fanteria, d' avanguardia, era a due chilometri dalle trincee occidentali di Gargarcsc, seguìto dal grosso (I battaglione del 6", II del 40'', gruppo da montagna, lii battaglione del 40° e compagnia del Genio, in una sola


linea, nell'ordine suindicato da sinistra e destra, fra la carovaniera settentrionale di Zanzur e la spiaggia), in riserva il III battaglione del 6" Fanteria con la compagnia delle Guardie di Finanza.

Co!o1111a di sinistra. Arrivava all'altezza del posto di osservazione del campo di Gargarcsc, tenendo la destra sulla suddetta carovaniera; aveva 4 battaglioni in prima linea, scaglionati a sinistra (II e I cleir82" Fanteria, I e III dell'84") e più indietro, in riserva, un :.!tro battaglione, il II del1'84". Con la scorta del III battaglione dell'8:!'' Fanteria si era collocato presso il posto di osservazione, per sostenere col fooco l'avanzata delle truppe, il gruppo Artiglieria 19o6. Caratteristiche essenziali dell'azione dovevano essere per la colonna di destra : rapidità di avanzata, risolutezza e slancio; per . quella di sinistra: vigilante attività e pronto intervento per parare ad ogni tentativo c he il nemico facesse per opporsi al raggiungimento dell'obbiettivo prehssoci. Alk 4,40 l'ava ng uardia della colonna Giardina venne fatta seg no ai primi colµi di fucile. Svelatisi gli appostamenti di questi primi nuclei . b ('arln Alberto aprì il fuoco, come poco dopo fecero una batteria del gruppo 1906, la batteria da 149 e la sezione mortai da :2ro di Gargaresc, c he concentrarono i tiri contro le trincee nemiche Respinte le successive resistenze opposte dai primi gruppi avversari sparsi fra la carovaniera cd il mare, l' avanguardia procedette così rJ.pidamen tc, che una pattuglia nemica, perduta ogni via di sca mpo, dovette rifugiarsi in una grotta, nella quale fu catturata. Alle 5,15, ricacciati altri nuclei di tiratori, l'avanguardia proseguì decisa la sua avanzata, mentre venivano a schierarsi sulla sua destra il Il battaglione del 40" fanteria e sulla sinistra, a sud della carovaniera, il I del 6°. Poco dopo un intenso fuoco di fucileria, partente dalle trincee a sud - ovest, colse l'ala si nistra della prima linea. Fronteggiò subito 1.1. uei tiratori il J battaglione del 6''; mentre il g ruppo d'Artiglieria eia montagna, presa una posizione più avanzata, iniziava il suo tiro: sia contro 1..1uesti trinceramenti, sia contro <.]udii frontali. Il III battaglione del 6" e la compagnia della Guardie di Finanza che erano in riserva, si ;1vvicinavano intanto alla linea di combattimento. Viste così impegnate le truppe del generale Giardina, il generale Rainaldi fece avanzare sollecitamente la destra della sua colon-


na, ossia il I ed il II battaglione dell'82° Fanteria, ed il comandante del gruppo 1906 ordinò a due batterie di seguire il movimento. Poco dopo i nostri s'impegnarono contro i nemici appostati nelle trincee fra le due carovaniere, sostenuti dal fuoco delle batterie (a 1200 metri). A scaglioni, indietro sulla sinistra, seguivano il movimento il I e il III battaglione dell'84" e, più indietro ancora, in riserva, il II dello stesso reggimento. La 3a batteria 1906, rimasta nella posizione già tenuta dall'intero gruppo, tirava contro l'altura di El Maamura, esercitando anche un'attenta vigilanza verso sud. Non passò molto tempo che anche da questa parte cominciarono ad apparire forze avversarie che, in numero sempre crescente, si dirigevano velocemente contro il fianco sinistro della Divisione Camerana. Fu allora dal comandante del Corpo d'Armata incaricata di fronteggiarle la riserva di Gargaresc ed, alle ore 7,30, in rinforzo di questa ed a richiesta del suo comandante, il generale Di Carpenetto, venne dal generale Rainaldi inviato il III battaglione del1'84". Frattanto il fuoco nemico cresceva d'intensità sulla fronte della colonna di destra, specialmente contro il centro, che era costituito dal II battaglione del 6°, cbl _II del 10 ° e d:1llc b:ittcrie, senza che potesse essere efficacemente controbattuto. Ciò visto, il generale Giar<lina, per evitare inutili perdite, decise di spingere innanzi risolutamente quei reparti centrali, per dar modo al III battaglione dd 40", ed agli zappatori del Genio di procedere lestamente sul marabutto, da dove avrebbero concorso in modo decisivo a far cadere le difese nemiche. Il movimento doveva essere sostenuto e protetto dal battaglione ddl'ala sinistra, al quale intanto e rano venuti avvicinandosi i due battaglioni dcll'82° Fanteria, ala destra delle colonna Rainaldi. Tra il centro ed il III battaglione del 40° Fanteria fu fatta avanzare la compagnia delle Guardie di Finanza ed in riserva rest() solo il III battaglione del 6° Fanteria. Le truppe del centro avanzarono allora con grande slancio, validamente appoggiate dall 'Artiglieria e specialmente da quella da montagna. Con un brillante assalto alla baionetta le prime trincee furono conquistate: gran numero di Arabi, che non avevano potuto fuggire, vennero uccisi nei loro stessi ripari (1). (1) In questo ass;1lto cadde da prode lo za ppatore de.I 40° Fanteria Cantoni Ermenegildo, da Musoc.:c:o (Milano). Alla sua memor_ia fu ,oncessa b medaglia


Nuove e più gravi resistenze si dovevano superare in corrispondenza di altre successive linee di trinceramenti, dalle guaii il fuoco continuava violento; m a i nostri, con ripetuti assalti, riuscirono a conquistarle tutte, col concorso costante delle artiglierie e delle navi Carlo Alberto e Citt,'t di Siracusa, che si prodigarono in aiuto della f'antcria. Il 111 battaglione del 40" Fanteria e g li zappatori del Genio erano intanto arrivati sulle ultime dune prospicienti l':iltura di Sidi Abd el Geli l e, perchè potessero continuare la marcia, fu intensificato da quella parte il tiro delle navi e <.pJel lo dell'Artiglieria da montagna. Dopo pochi colpi il 111:irabutto venne smantellato, i difensori si dispersero, e quel battaglione e gli zappatori, cui intanto si era unita la compagnia delle Guardie di Finanza, con un ultimo sbalzo l'occuparono, inseguendo il nemico col fuoco. Erano le ore 7,20 . Al centro il nemico resisteva in altre trincee più ad ovest, nonostante che la sua sinistra foss<.: sr:ita già sopravanzata dalle nostre truppe, giunte a Sidi Abd cl Gelil. Fra necessari:, un 'az ione rapida cd enrr// ..-oldaro 1:.·r111rnq,ilclo C.111 - gica e, fatto intervenire il battaglione di rom . .\lt-d,1git11 d'Oro. riserva, la nostra linea si lanciò di nuovo all'attacco e, con ripetuti assalti, conLJUistò, uno dopo l'altro, gli ultimi trinceramenti nemici, che furono trovati pic:ni di cadaveri. Contro i fuggenti fu subito aperto un fuoco dtìcacissimo di hKilcria e d'Artiglieria. Quindi alcuni n.:pani vennero mandati ad ocrnpare le propaggini meridionali di Sidi Ahd cl Geli] e, poichè da una trincea blind:1ta, :i sud - ovest, gruppi nemici incominciarono a molestare il loro fianco sinistro con scariche di fucileria, fu spinta una compag111a del II batla!!lione del 40" Fanteria a slotr~iarncli .

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d'oro ~11 ,·alore mililarl' con la s!'gu('nte moti\'a zionc: " Ndl':issa!to alla lx1iom ·11a ddk rrirKcc cun:he, dopo a,·cr incitalo i propri compagni all'a\'anzata, giunge,·:, fra i primi su l nemico ed iYi, circond:ito da un gruppo di arabi. n e uccidc,a due, fncndonc 1111 terzo, fìnd1è, colpito in fro111e eh un proiettile spara1ogli :i bruci:1pdo, c:1del'a sul .:1111po, ,·i1tim:i del proprio eroismo. - Z;111zt1r. 8 giu~no 1912 1

) .


L ' audace avanzata di LJUesta com1launia ed il tiro bene auuiui:, bt, stato di una sezione Ja montagna costrinsero il nemico ad mcire dal trinceramento ed a fug~irc disordinatamente verso sud - est. Contro di esso fu diretto il fuoco delle batterie da montagna e di una delle batterie 1906, che erano con la colonna Rainaldi, mentre la compagnia del 40° Fanteria si lanciava all'inseguimento, seguita dalle compagnie di estrema sinistra del 6" Fanteria. Caduta quest'ultima resistenza, la colonna Giardina potè es~.cre tutta avviata all'altura del m:irabutto.

L'occupazione di El Maamura. Frattanto le truppe di prima linea della colonna Rainaldi () battaglioni), sostenute dalle batterie 1906, avevano guadagnato terreno verso i trinceramenti fra le due carovani ere e, conqui statili. si apprestavano ad inseguire col fuoco il nemico in ritirata, quando si trovarono precedute dai reparti del 6" e ciel 40·' Fanteria e ·dovet.tero sospendere il tiro per non colpirli. Jn meno di cru:ittro ore il sistema dei 1n11n:r:1111n1ti ne1111ci. proclamato dai Turchi inespugnabile, cadeva in nostro pot ere (1). Importava ora avvicinare fra lo ro le va rit· U nità della colo nn:1 Rainaldi per {bre una più s:.ild:.i p rotez io ne all e truppe dd g enerale Giardina, che erano tutte impegnate nei lavori di ra[forzamento della posizione di Sidi Abel d Geli!. A tale scopo, il coma11dantt.: della 1' Divisione aveva ordinato che i battaglioni dell'82'' e del1'84· si disponessero tutti fronte ad o vest cJ a sud, sulle alture co1iquistatc. insieme col gruppo 1906. Ma l' avanzata della colonna Giardina e dei tre battaglioni di prima linea del generale Rainaldi aveva determinato un distacco notevole fra l'azione della Divisione e quella che stava svolgendo la riserva di Gargaresc, impegnatasi seriamente contro le orde arabo - turche acco rrenti d:.: sud. Di cic'i approfittaron o alcuni forti nuclei , provenienti anch'essi da sud, per cercare di sopraffare il II battaglione dell '84° Fanteria., il solo rimasto indietro a proteggere il fianco ed il tergo della colonna Rainaldi. Il progettato ( 1) C:on R. Decreto del 19 gennaio r913 ( Di spensa f , Giornale ,\,fifitare, 1913), ai reggimenti 6" e 40". che wnguistarono k· contcst:He posizio ni , fu concessa b medaglia d'arge nto al ,·alor milira rc « per la splendida condott:i d ei rcgg1mcnt1 nella b:itt::t)!li:i di Z:inzur. - 8 _giugno 191:2 ,,.


!ipOStamcnto per g arantire la brigata Giardina do\'ette quindi essere sospeso e contro t1 uei nuclei venne subito aperto il fuoco d elle batte rie 19o6 (a 1300 metri), mentre, a rincalzo d el battaglione impegnato, \'cniv ano inviati successivamente: il I battaglione dell'84° ed il I d elr82". Il comandante dell'84", che aveva la direzio ne di t]UCSte truppe, d o po una energica a zione di fuoco, decise di attaccare la posizio ne di El M aamura, sulla tJ Liale i nemici avevano occupato un lungo trincera me nto. Saputo c i<\ il generale Camerana decise di portare un colpo d ec isivo :1 ti uelle ultime r esistenze cd, assicuratosi della scomparsa d ell'avversario sulla fronte dclb colonna G iardina, poco dopo k o re 12 ordinò che anche le altre truppe del generale Rainaldi cn n,orressc ro all'attacco. Alle 12,30 il I II battaglione ddl'84'" e il I delr82'", seg uìti subito dop') dal 11 ddl'84", presero d'assalto le trincee di El Maamura. 1 difen sori si sbandarono e contro <li essi fu aperto il fuoco , che venne via via intcnsi{icandosi col sopraggiungere dei rimanenti re parti di Fanteria e della batteria H)06 , la '-Jllalc inseguì il nemico coi suoi tiri. Ve rso le 13 il coma 11d;1ntc Jcl Corpo d ' Armata, saputo che il n c: m irn t'r<l in piena rntta anche da El Maa mura e che i lavori di raffo rzamento dell'altura di Sidi Abd cl Geli! erano in corso, ordinò d1c: tutte: le truppe 11011 destinate a guarnirla, dopo conveni e nte riposo, ritornassero ;1 G argarcsc. li 1110,·ime nt o fu eseguito nel più perfetto ordine ed alle 18 tutti n;11w gi;Ì nei prop1i ;1Lc;1111pame11ti.

L'impiego delle riserve. Ndla battaglia erano intervenute anche la riserva di Gargaresc e LJUdb d i Bu Mdiana. La riserva di G argaresc (brigata di C avalleri:i , 2 hattag lioni del 37" Fanteria, il battaglione eritreo cd una batteria da m ontagna) alle 4 si tro vò ammassata ed un'o ra dopo venne spostata pitt innanz i. All e 5,20, essendo stati segnalati movimenti n emici da sud , in direzione del fianco sinistro della colonna Rainaldi, il comandante del Corpo d'Armata ordinò che la brigata di C avalleria ed il battag lio ne e ritreo ava n zassero da '-!udla parte. Percorsi circa 3 chilometri è ,·isti numerosi nuclei m:mici, il comandante la brigata, g ene rale Di C arpcnetto . o rdinò al battaglione eritreo di occupare una serie di


<lune, fronte a sud ed a sud -ovest. Riconosciuto poi essere impossibile impiegare la brigata a cavallo, fece appiedare il reggimento Cavalleggeri e collocarne i due squadroni Lodi " a sinistra eleo-li Eritrei e i due " Guide» in riser va, in fuori , a sinistra. Tenne,i:,infìne, più indietro, pure in fuori a sinistra, il reggimento " Firenze ,, a cavallo. S'impegnò subito un vi\·ace combattimento e, dopo breve sosta, l'avversario riprese ad avanzare, crescendo ~empre di. numero , nonostante il nutrito fuoco dei nostri. Il generale Di Carpenctto fece allora entrare in azione anche gli st1uadroni ,, Guide ", impiegandoli a sinistra dei cavalleggeri di " Lodi ,,. Saputo ciò, il comandante del Corpo d'Armata, non potendo far concorrere le artiglierie dì Gargaresc, perchè i nostri, a cagione della conformazione del terreno, coprivano le linee nemiche, mandò ordine al generale di ripiegare lentamente verso la torre di Gargaresc, mentre gli inviava a rincalzo un battaglione del 37"' Fanteria e la batteria da montagna. Lo informò inoltre dello spostamento ordinato, come vedremo, alla riserva di Bu Meliana e che fra non mol to anche quei battaglioni avrebbero concorso all'azione, cadendo ~ul lìanrn destro ckll 'an:ersario. Con l'accennato ripiegamento il comand:1ntc del Cor po d'Armata confidava d'attirare il nemico sotto il tiro efficace delle artiglierie di Gargaresc e così avvenne. Poco prima il generale Di Carpenetto aveva chiesto un rinforzo al generale Rainaldi e questi gli a\"eva mandato, come s'è visto, il ILI battaglione dell'84" Fanteria. Tale reparto arrivò in buon punto, giacchè 11 nemico aveva iniziato un tentativo d'a\"\'olgimcnto della nostra sinistra, a parare il l]Uale ed a rendere in pari tempo possibile alla Cavalleria di rimontare in sella per il prescritto ripiegamento, era già stato portato in linea l'ultimo rincalzo del battaglione eritreo, rimasto ancora indietro. Rafforzato così lo schieramento col battaglione dell'8f, quella posiz ione potè essere tenuta saldamente fino al compiuto sgombero della Cavalleria. Allora tutta la linea retrocedette a scaglioni su una nuova posizione. Com'erasi preveduto, il nemico aYanzò rapidamente, ma poco dopo, fatto segno ai tiri dei cannoni da 75 / A e di lJUelli da 149 di Gargaresc, dovette fermarsi. Riordinatosi, riprese la sua :wanzata con maggiore prudenza. La seconda posizione occupata dai nostri non presentava buone garanzie per l'ala sin istra e conYenne pertanto eseguire un nuorn (<


passo indietro. Per facilitarlo, fu fatto avanzare il 1 battaglione del Fanteria e la batteria da montagna e fu impiegato anche il II battaglione, l'ultimo rimasto disponibile presso Gargaresc. L ·avanzata di queste truppe e la pronta entrata in azione della batteria da montagna consentirono al battaglione eritreo e a quello lkll'84" di portarsi su una posizione migliore. Intanto cominciava a manifestarsi, sul fianco destro dell 'avversario, l'azione della riserva di Bu Meliana, producendo un sensibile perturbamento fra le sue file. li momento era propizio per un contrattacco e due compagnie eritree ne approfittarono, lanciandosi con la loro caratteristica furia :11la baionetta. Fu il seg nale della ritirata per gli Arabo - Turchi, che volsero il tergo sotto il grandinare d ei proiettili ddl c va r ie: batterie nostre da campagna e: di m edio c:ilibro. Cessato il cornbattimrnto da qu esta parte, il battaglione d ell '8f si J.vviò per raggiunge re, com e abbiamo detto, l:i sua brigata verso El Ma:11nura e le altre truppe, ad eccezione della brigata di Cavalleria, dopo un co n ve niente riposo, furono chiamate a Gargaresc, dow alle ore.: J 5. :;o erano tutte rientrate. La brigata di Cavalleria, in vece, su richicq,1 ciel ge nt' r:dc D c C haurand , fu mandata presso la ri sc.: n ·a di Bu Mcliana, alla ljllalc era riserbato di dare l'ultimo colpo a quelle orde che, a giudic1re dall'accanimento col quale eransi battute si no allora, nonostante il fuoco che le decimava, dovevano ~c.:ntirsi sicu re di riuscire nella loro audace puntata contro il Jìanco delle nostre colonne.

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li generale De Chaurand aveva ordinato la riunione per le 7 a Bu Meliana dei <.1uattro battaglioni rimasti disponibili, dopo aver prO\"veduto alle esigenze della piazza di Tripoli. Alle 6,20 gli perveni\'a l'ordine del comandante del Corpo d 'Armata di m arciare con tp1dlc truppe, col battaglione del 6_3" Fanteria ed una batteria da montagna, per 3 chilometri sulla carovaniera di Fondug el Togar, in modo da trovarsi più a portata, nel caso che si avverassero tentativi nemici da sud. Alle 7.15 i primi lJUaltro battaglioni partivano da Bu Meliana ed alle 8 li seguivano il battaglione del 63° e la batteria. Arrivata all'altezza della torre di Gargaresc, la colonna, per disposizione del com:md:mte del Corpo d 'Armat:1, si fermò.


Alle 9,20, scorti a 3.000 metri di distanza forti reparti avversari , che avanzavano da sud - est verso Gargaresc, la batteria prese posizione e, con tiri bene aggiustati, disturbò quel movimento, diretto, come è noto, contro la riserva di Gargares~. Suhito dopo numerosi gruppi nemici, a piedi ed a cavallo, prece<luti da rade linee di cacciatori, fecero fronte da quelia parte. Il generale De Chaurand fece allora avanzare la sua prima linea, coi reparti dell'ala sinistra scaglionati indietro, in modo da poter parare yualsiasi minaccia su tJUel fianco. La mossa ebbe per effetto di obbligare gli Arabo - Turchi a decisamente volgersi verso nord - est. In quel momento avveniva il contrattacco delle due compagnie eritree. Al la stessa ora nuovi nuclei nemici sopraggiunsero; ma gli scaglioni arretrati della prima linea cd il batta// generale Ragni. glione del 63° reggimento Fanteria, di riscrva,crano pronti a fronteggiarli adeguatamente. Alle ore 14,30 arrivò sul luogo del combattimento la brigata di Cavalleria, che venne schierata alrala sinistra, fuori dell'intero schieramento. Ma l'avversario, evidentemente sorpreso dall'azione rapida e decisa delle nostre Fanterie e dalla comparsa di lluelJa · massa di Cavalleria, minacciante il suo fianco destro, si ritirò con la consueta rapidità, sfuggendo all'inseguimento che, reso difficile dal terreno anche alla Cavalleria, potè venire effettuato soltanto con i tiri dell'Artiglieria; tiri ai tiuali i Turco -Arabi non tardarono a sottrarsi con la fuga.


La colonna De Chaurand, assolto il suo compito felicemente, potè ritornare agli alloggiamenti di Tripoli (1). Così terminava <.Juesta giornata, nella <-1uale combatterono 19 nostri battaglioni, I compagnia Ji Guardie <li Finanza, 1 compagnia zappatori del Genio, 8 squadroni, 4 batterie da montagna, 3 da campagna ed intervennero anche i cannoni da 75 / A, quelli da 149 ed i mortai da 210 di G argaresc. In totale impiegammo 13.494 fucili, 1 2 mitragliatrici, 50 cannoni. La battaglia di Zanzur _, continua la relazione ufficiale -- fu una giorn,lta memorabile, per razionale concetto di manovra, accordo perfetto tra Esercito e Marina , abile condotta di truppe e cooperazione mirabile fra le diverse Armi e tra i reparti della stessa Arma. La coopr:razione fra Artiglieria e Fanteria ebbe, in (1uesto combattimento, la più clo<.1uente manifestazione. I mezzi aerei no n poterono essere impiegati a cagione della fo. ,chìa e dd vento; g li aeroplani tentarono più volte invano di solle,·arsi. uno dei dirigibili potè spingersi fin sopra Suàni Beni Aden, ma dovette tornare ben presto nel suo hangar. Le nostre perdite complessive furono di I uffici:1le ucciso e I 3 feriti , di 3<) uomini di trupp:1 uccisi e di "78 feriti. L e perdite del nemico ammontarono. seco ndo gli informato ri. :i 2.000 m o rti.

Il combattimento di Sidi Bilal. 1ntanto il generale Canèva, dichiarati autonomi i Comandi ed i Governatorati dell:i Tripolitania e della Cirenaica, veniva sostituito dal generale Ragni. Questi. assunta la carica di governatore della Tripolitania, si accinse a migliorare la situazione attorno a Tripoli ed a trarre tutti i vantaggi possibili dall'occupazione di Sidi Abd cl Geli!. Deliberò, t1ui11di, di. assicurarsi il possesso Ji tutta l'oasi tripolina. occupando le alture che la cingono a sud e ver so la località di Sidi Bila!. L 'azione fu decisa per il 20 settembre. ( 1) L ":izio11c Jd grncralc Dt Chaurand fu particolarmente elogiata dal Capo '.\faggiure dell'Esercito col tdcgr:11nma che qui si riporr:i: " l\'. 150. · Sono i11form:1to or:1 della parte da L:i presa spkndicla giornat:1 e dclb sua geniale 111:1110\'r:1. Ne sono lietissimo e rni ( <mgra:ulo \'Ìvissirnam c ntc ,on Lei e con 13" Di,·isionc, ,hc si sono s:irpassati :;- vicenda, seri , endo hcllissim,1 pagina nosrr:i stori:1 p:11 ri:i. - Genaale Poi/io il. di

S1;110


Essa si svolse presso a poco come quella dell'8 giugno. La Divisione Dc Chaurand. che attaccò in direzione di Sidi Bila!, Ycrso le ore IO riuscì a conquistare gli obbiettivi stabiliti, ma, per l'arrivo di forze nemiche provenienti da Suàni Beni Aden e di altre più tardi giunte da Ben Gascir, per tutta la giornata si combattè a sud dell'oasi e si dovette impiegare anche la brigata di riserva Maggiotto (6° e 40° reggimento Fanteria, 2 batterie scudate, 3 compagnie Genio, 1 compagnia delle Guardie di Finanza). Alla sera il nemico, decimato dall'azione delle nostre Fanterie e dal fuoco delle artiglierie, fu costretto a ritirarsi, inseguito per alcuni chilometri dai nostri. Le nostre perdite furono relativamente gravi: IO ufficiali cd 84 uomini di truppa uccisi ; 21 ufficiali e 4u uomini feriti. Le perdite del nemico ammontarono a 2.000 uomini circa.


VI.

LE OPERAZIONI NELLA ZONA DI HOMS E L'OCCUPAZIONE DI MISURATA Lo sbarco ad H oms venne effettuato pochi giorni dopo LJUello di Tripoli dall'8.. .reggimento bersaglieri che, rinforzato con elementi dei reggimenti bersaglieri 1", f , 6'', 7" e 12", aveva raggiunto, prima di partire per b Libia, la forza compkssi\'a di 1 .800 uomini e di 54 ufficiali ( 1). faso era al coma ndo del colonnello G iovanni Maggiotto ed era mm posto dai battaglioni: lii (maggior e Giuseppe Fasoli): V (magg iore Eugenio Penco); XII (tcn. colonnel lo Emanuele Mosca). G li er:1110 ~lati :1sscgnati: r plotone zappatori del Genio; I sez ione mitragliatrici della Marina; 1 ospedaletto da campo di 50 letti: una scorra d1 \'1veri e di m:iterì:tlc. Secondo k infornu,.io ni pervenute al nostro Comando, k forze turche che ~i trm·av:mo ad H oms ammo nta \'ano ad un solo battaglione , di\·isu in di\'crsi distaccamenti: battaglione che, a LJUanto si affrrma\·a, si er:1 g ià ritirato sulle alture di El Merghcb. Salpato da Tripoli nella notte dd 1 2 ottobre, il convoglio, com posto di tre piroscafi, scortati dalle navi Varese ed Arpia, giunse ad Homs la mattina dopo. Non avendo ottenuto la rc~:i per le o re 1 :{, la Ti are.cc bombardò per 40 minuti l"abitato. Il bo mbardamento venne ripreso il giorno dopo e lo sbarco, per le condizion i del mare, si potè effettuare soltanto il :! I ottobre, dm: giorni dopo che rnlla ci ttà si era levata b bandiera bianca. Trascorso il giorno 2 2 nello stabil ire i primi rapporti con le autoriù loctli e nel sistemare k sue truppe, il colonnello Maggiotto all'alba del 23 ot tobre guidò una ricognizione \'erso le alture di El Merghch, dove si erano raccolte le.: forze turche. (1) Lo sharco ad Homs e le prime 01>er:1z ioni ndla zona ,·e rranno dettag li:1ta111,·111c riferiti nel Yolumc VII cli quest'opera, dedicato ai bersaglieri.


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Homs .

L'operazione dove\'a essere compiuta dal V b:ittaglione, rinforzato dal plotone del Genio , appoggiato sui fianchi dagli altri due battaglioni e seguito dalla batteria da sbarco della Marina.

I primi combattimenti sul Mergheb. Alle 7 le prime pattuglie arrivarono in cima al Mergheb e segnalarono la presenza verso ovest di pochi cavalieri che, dopo avere sparato qualche colpo, si ritir;wano. Sull'altura giungeva poi tutto il V battaglione e più tardi "i venivano trasportati faticosamente a braccia i quattro cannoni. Non passò molto e apparvero gruppi nemici provenienti dalla direzione di M sellàta, i quali a poco a poco vennero addensandosi ed estendendosi su una linea , che si svolgeva ad arco attorno all'altura. Erano circa 500 armati, i quali avanzarono audacemente lino


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-' all e brevi distan ze , aprendo un vivo fuoco di fucileria. Accorsi prontamente anche i battaglioni <li sostegno, s'impeg nò una vivace az.10nc, alb quale concorse effìcacemente anche il fuoco della nave Marco l'olo. Verso mezzogiorno l'avversario si ritirò. Finito così il combattimento, fu lasciato sul Merg hch il V battag lione con la batteria di Marina ed il plotone dd Genio. Le altre truppe vennero rimandate a Homs; ma, verso le o re 14, le orde ara bo - turche ritornarono all'attacco, con forze sempre più numerose. I nem ic i mira,·ano ad avvolgere la sinistra della nostra occupaz io ne e fu necessario ri chiamare i reparti che stavano tornando ad H o m s. Così s'ingaggiò una nuo va, accanita lotta, durata fino alle 18.30, o ra alla qua le il nemico nuovamente si ritirò. li colonnell o Maggio ttn, vist;i la diffi coltà di mantenere quella lo nta na posizio ne, che no n crasi ancora potuta rafforzare sufficientemen te a causa delle vicende della g iornata e considerata la poca sicurezza, :1ttraverso a llllcl terreno facile agli agguati, dei rifornimen ti necessari a l presidio, risolvette di abbandonare El Mergheb e fece to rnare i bersaglieri ad Homs, in attesa di poter ritentare l'impresa in mig lio ri condizioni . Nel combattimento furono uccisi I ufficiale e 1 uomini di truppa dei bersaglieri ; rimasero feriti I uffi ciale cd I militare di tnipp:1 della Marin a, I ufficiale e 17 militari di truppa dei bersaglieri. Le perd ite dell'avvers,irio furono valutate a circa 300 uomini posti fuori comhattimento. Il nostro ripiega mento da El Mergheb rese più ardito il nemico, che !>i avvicinò ad Homs. Il colonnello Maggiotto rinnovò allo ra le sue richieste di rinforzi, per i quali non fu però possibile provvedere. Il 28 o ttobre ~i effettuò, contro i nostri a vamposti, un violento attacco nemico; attacco che, contenuto dalle nostre truppe, aiutate d ai tiri dei canno ni ddla Marco Polo, venne finalmente respinto. In questo nuovo attacco noi perdemmo 1 ufficiale di Marin :1 ecl I ufficiale e 2 milita ri di truppa dei bersaglieri. l'\elJ'impossibilità d'in viare altre truppe, il Comando autori z zò ìl colo nnello M aggiotto ad abbandonare Homs, qualora ritenesse impnssihile di rimanervi ulteriormeù.te; ma, dopo il combattimento del 28 ottobre, il nemico, pur essendo sempre minaccioso, non insi stette nella sua offensi va , per quanto gli abitanti di Homs ritenessero la nostra occupaz ione soltanto temporanea e non ubbidissero al bando per la consegna delle armi.


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A superare questo periodo di crisi concorse l'intervento della nave Sardegna ed il bombardamrnto di Zlitcn; bombardamento che, ripetuto il 31 ottobre cd il 2 novembre dalb nave Marco Polo, fece accorrere a Z liten non pochi nemici da H oms. Il 3 novembre ~2:iunse a rinforzare' 1'8" relTgimento bersab1rlieri il b~ battaglione alpini " Mondovì ' > ed una batteria da 75 / A e, con lluesti rinforzi , fu possibile consolidare l'occupazione della città. Tuttavia i Turco Arabi restavano raccolti sulle alture di El Merg heb; ma, per fortuna, vennero destinati ad Homs anche 1 battaglione del 37" Fanteria ed un' altra batteria da 75 / A ed, essendo stato portato il presidio ad una forza complessiva di 5 battaglioni e di 1. batterie, il colonnello Maggiotto venne sostituito, nel comando del distaccamento, dal genera le di brigata Reisoli, il quale, giunto ad Homs il 24 novembre, approvò le disposi zioni Il colo111u:llo rv foggwtto . già prese per la difesa della città e nel mese di dicembre iniziò le ricognizioni per sapere esattamente la forza t la dislocazione dei reparti nemici. Il 21 dicembre sbarcò ad Homs anche un battaglione del 6" Fanteria. li 6 gennaio, mentre le nostre truppe l:woravano a raffc rzare le difese della città, sotto b protez ione dei battaglioni del 6" e del 37° Fanteria e del battaglione alpini " Mondovì " , l'avversario pronunziò un forte attacco con circa r.oco uomini . Il 22 gennaio il nemico sparò qualche colpo di cannone da El Mergheb ed il presidio di H oms, dietro richiesta del generale Rei-


soli, ebbe nuovi , ma limitati rinforzi. Nella prima decade di febbraio giunsero fina lmente ad Homs una batteria da montagna, 1'8~)° Fanteria cd un plotone z appatori Jel G enio; nonchè il generale Buonini, comandante la 10" brigat:1.

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Con ljllCSte truppe fu possibile, dopo avere eseguito una dimostrazione su Zliten, attaccare le alture di El Merghcb. All 'attacco parteciparono tre colonne: - al centro: 1'8~}" Fanteria ed il battaglione alpini « Mondovì " , con le rispettive sezioni mitragliatrici, una batteria da montagna ,: mezza compagnia del Genio, agli ordini del generale Buo-


mm, allo scopn di liberare \'abitato dall' incombente minaccia, doveva attaccare direttamente F.l Mergheb, occuparlo e rafforzarvisi;

/.'8" reggimcnto ber,,1glicri s.u/ Mergheb.

- a sinistra: 1'8.. reggimento bersaglieri meno una compagnia, con le sezioni mitragliatrici, agli ordini del colonnello Maggiotto, rimasto ad Homs. al comando del suo reggimento, doveva puntare


in direzione Ji Casa Obici, nella parte orientale di El Mergheb, per proteggere il fianco sinistro della colonna centrale e concorrere con essa, se necessario, all'attacco dell'altura; - a destra: il battaglione del 6" Fanteria e yuello del 37" con le sezioni mitragliatrici, entrambi rn tre compagnie, agli ordini del maggiore Lcfévre, doveva assicurare, come scaglione arretrato, il fianco destro della colonna centrale. Due batterie eia 75/ A e gli obici restarono in posizione ad Homs, pronti ad appoggiare l'avanzata delle colonne. La nave stazionari:1 Coatit doveva tenersi pronta a spostarsi secondo il bisogno, per cooperare col proprio fuoco.

La conquista di El Mergheb. L'attacco venne iniziato alle ore 7,40. La man:ia d'avvicinamrnto, compiuta in silenzio e nel massimo ordine, era stata disturbata soltanto da yualchc colpo isolato, al quale non venne risposto. All'inizio dell'attacco, mentre i reparti avanzati delle colonne laterali si affacci:lVano sulle pendici settentrionali e merinion:ili di El Mergheb, la rnlonna centrale: raggiungeva la sommità e ne scacciava la guardia nemica, con una violenta lotta all 'arma bianca. Durante l'attacco un battaglione dcl1'89° Fanteria ed il battaglione (, Mondovì l•, occupata la vetta, vi venivano raggiunti dalla batteria da montagna ed arrestavano col loro fuoco i ripetuti contrattacchi nemici , finchè l'avanzata della colonna di destra, che minacciava di avvolgere il nemico da nord, decise i Turco - Arabi a np1cgarc. Alle ore 15 la nostra occupazione di El Mergheb era ormai ben salda. Sulle posizioni rimasero complessivamente 7 battaglioni e 12 canno111. Le perdite del nemico, non bene accertate, dovettero ammontare a 500 morti ed a moltissimi feriti. Quelle lamentate da noi si limitarono a 2 ufficiali caduti, :1 13 uomini uccisi; nonchè ad r 1 uffi_ ciali e ad 89 uomini feriti. Il contegno degli ufficiali e delle truppe -- scrisse il generale Reisoli nella sua relazione - fu superiore ad ogni elogio e tale da meritare la più alta ammirazione. Essi andarono al fuoco sorridendo. Alla memoria del capitano Donato Somma venne concessa la medaglia d'oro :il valor militare:.


L'occupazione di Lebda. Dopo la C011LJUista cli El Mergheb, che aveva allargato Yerso occidente il campo d'azione delle truppe di Homs, s'impone\'a l'occupazione dei Monticelli di Lebda, per ottenere anche verso oriente una macrniore libertà di manovra. b:-i

Il b,111agfir,ne ,ilpini ,. J/ondovì " ml ;\/ergh f b.

Tenuto conto della dislocazione dei Turco -Arabi -- alcuni gruppi dei 1..1uali osser vavano le pendici di El Mcrghcb cd altri si stendevano dal l'oasi a sud - est della citù, fino alle alture che dominano le rovine di Lcbda, rantica Leptù Magna - il 2 maggio 1912, impegnate le truppe nemiche fronteggianti El Mergheb, due nostre colonne avanzarono su Lebda, per sorprendervi l' a\'\'ersario cd ac-


cerchiarlo. In breve il combattimento si fece accanito; ma il ncnm:o, accortosi del nostro disegno, si ritirò in tempo. Dopo più di un mese, nella notte su l L? giugno, consapevoli della riduzione de l nostro presidio di Homs, g li Arabi attaccarono le nostre nuove posizioni con tre colonne, con l'intento dì operare: con una contro la nmtra opera avanzata dei Monticelli; con la seconda verso il forte di Ldxb; con la terza per impegnare, al momento opportuno, le nostre formazioni a monte Hammangi. L'attacco ebbe in principio qualche successo. L'opera avanzata dei Monticelli \'enne presa ed incendiata; quindi g li assalitori sì rivolsero, attaccando di fron te e di rovescio, contro le altre opere. Ma da Homs mossero al contrattacco le truppe disponibili, le quali r iuscirono a liberare le ridotte assalite, a riconquistare !"opera dei Monticelli ed a mettere in fuga il nemico. Un piccolo distaccan{ento turco - arabo, incaricato di sorvegliare le provenienz e da Homs, non avendo fatto in tempo a ritirarsi, venne annientato. Le nostre perdite furono di :? uffìciali e 29 uomini di truppa morti e di 2 uffi ciali e 57 uomini di truppa feriti. Dopo q~1 csto combattimento non si ehhern, ndh zon:1, oper;1-

zio11i im1•ortanti .

L'occupazione di Misurata. Nell'intento di estendere mnprc più la nostra occupazione lungo le coste tripoline, il 16 gi ug no fu effettuato uno sbarco di sor presa sulla costa di Misurat;1. Le truppe sbarcate erano c.1uclle della 1" Divisione speciale, costituita da 7 battaglioni di Fanteria: 3 del 50° reggimento, 3 del 6.f ed I dd 40·· ; 2 battaglioni alpini(« Verona,, e "Mondovì•>), 1 com pagni.i del V hall,1gliune eritreo, I Sljuadronc di Cavalleggeri di Lucca. 3 batterie da montagna ed r da ca mpag na, r battaglione misto del Gcnio, oltre ai servizi. L'operazione si svolse con ordine e celerità, incontrando soltanto una debole resistenza. li b:m:iglionc di marinai e la compagnia di Fanteri:1, sbarcati per primi , respinsero i nuclei nemici appostati dietro le dune della spiaggia ed , il giorno dopo, fu occup:ita anche l'oasi di Casr-Hamed. Non fu ritenuto opportuno procedere subito su Misurata, essendo necessario prov\'edere prima alla costituz ione


l/11 /ortÌ!lo ,ri M o11t1a!li di LdNla.



della base. Ciò richiese venti t'> "iorni di tempo, durante i quali fu provveduto anche a rinforzare con altri tre batt:wlioni ,.,, , fatti ,·enire da Derna, le truppe già sbarcate. L'8 luglio le nostre forze, protette dallo squadrone di Cavalleria, iniziarono l'avanzata su Misurata su due ~olonne ed una riserva. Alle ore 4 l'ala destra iniziò il suo mo,·imento, puntando con una conversione a sinistra su Ben Mahmùd. A:.:colta, però, da un vivissimo fuoco di fucileria, fu costretta a fermarsi per rispondere, col concorso della sua batteria da montagna e di quella da 87 / B della ridotta 2. Verso le 5,30, per effetto di un attacco contro la sinistra nemica, effettuato dal battaglione in seconda linea, che a\'eva prolungato sulla destra lo schieramento dei primi due battaglioni impegnati, i Turco - Arabi cominciarono a retrocedere, sicchè 1 nostri poterono riprendere l'avanzata. La colonna di sinistra, che nel frattempo si aa schierata a caYallo della strada, visto il 50" reggimento andare av:111ti, avanzò anch'essa attraverso il terreno ~coperto della sebca. Questo movimento p 1ùvocò s ubit'.) u11 inknso fuoco ..Li tutti i trin..:cra rncnti nemici del margine dell'o;1si di Misurata, da Ren Mahmì:1J a Bogula. Subito rispose la nostra fucileria , la batteria da montagna e ' ouella dt:11:i ridott'a 2, e poco dopo anche la batteria 1906, L1tta a\;anza re dal generale Camerana, il ti.uale, in pari tempo. spostava anche il resto della sua riserva fino al margine occident:tlc dell'oasi costiera. L'energica azione di fuoco produsse un breve rallentamento ed infine impose una sosta al fuoco avversario. Intanto, per le difficoltà incontrate, l'avanzata del 50" fant eria na divenuta lenta, men tre yuella del 63" era stata più spedita: ne derivò fra i due re~gimenti ùn distacco, a colmare il L1ualc, il generale Camerana mandò il battaglione alpini "Verona"· Nello stesso tempo, per intensificare i'azione e dare nuovo impulso al mo vimento , fece entrare in azione le due batterie da montagna della riserva cd avanzare le rimanenti truppe di questa. Per effetto d; tali disposizioni , completato il nostro schieramento, il fuoco ragoiunsc la massima intensiù cd o rmai la vittoria dipendeva dal mo:, vimento avvolgente del 50'' Fanteria co ntro l'ala sini~tra nemica, che si difendeva ostinatamente nei fabbri cati di Ben Mahmùd. Il generale Camerana, rincalzata la prima linea col battaglione al pini .. Mondovì ,. ed inviata la compagnia ascari in direzione di detta ala, ordinò l'assalto. Tutta la linea si precipitò sul nemico e lo tra-


volse, inseguenclolo posc ia coi rcp;1rti più freschi e col fuoco dell'Artiglieria. Conquistato cosi. 11 margim: dcll'oasi di Misurata e riordinate rapidamente le truppe, si riprese l'a vanza ta contro il villaggio di Zarrùgh, nel quale il nemico erasi asserragliato per una nuova resi~tcnza. Sulla dest ra il 50" Fanteria doveva attaccarlo da no rd; sulla sinistra il 63" avrnlgerlo a sud e fra i d ue reggimenti, al centro. do-

Lo .-barrn delle 1rn_;tre tmppc {( Capo Zarrrìgh.

vevan o agi re b comp:1gnia eritrea, i battaglioni alpini cd il battaglione dd 40" F:rnteria. Arrivati a :>oo metri dal margine orient:ile del \'ili aggio, la lo tta di venne acca nita ; ma poco dopo l'avversario, colpito dal fuoco delle.: l>atterir, attaccato dag li asciri e dalla Fanteria, rnlsc in fuga prec ipitosa . Ad occidente di Zarrt1gh le nostre truppe sostarono per riordinarsi e per rifornirsi di munizioni. Durante lluesta fase dell'az ione il battaglione del 53" Fanteria c g li zappatori del Genio attesero, alle spalle delle truppe, al doppio n\mpito di protezio ne e di o rgani zzazione Jifensiva e: furono così alacri , che a ser:1 i lavori per la costru zio ne di una ridotta in


mezzo alla sebca e per la messa in istato di difesa del villaggio di Zarrùgh erano tanto avanzati, da potervi far valida resistenza con poche truppe. All' estrema destra lo squadrone continuò nel suo incarico di protezione, respingendo gruppi arabi a piedi cd a cavallo. Alle r 1,30 si riprese l'avanzata, che procedè lentamente per le difficoltà del terreno. Il nemico non oppose che deboli resistenze, facilmente superate. Alle 14 si giunse in vista della città e, dopo tre quarti d'ora di meritato riposo alle truppe, si riprese la marcia per raggiungere ed occupare l'importante città, il cui possesso avrebbe considerevolmente migliorato la nostra situazione, resa più sicura la nostra conquista, affermato ancor di più il nostro prestigio cd indotto probabilmente gli abitanti a rendere meno tenace la loro resistenza. Alle 15,30, mentre i due reggimenti prendevano contatto sulla via di Zliten, il comando delle truppe, preceduto dagli ascari e dal battaglione alpini "Verona », entrava in città ed innalzava la bandiera nazionale sul castello, che i Turchi, prima di fuggire, avevano tentato di incendiare. Vennero subito iniziati i lavori per metterci in grado di resistcn: a<l ogni sorpresa. Nel combattimento per l'occupazione di Misurata no i avemmo messi fuori combattimento 7 ufficiali e 128 uomini di truppa , dei quali 2 ufficiali e 21 militari di truppa cad uti. Le perdite dei Turco -Ar:ihi ammontaro no prcsu mihilmentc a 500 morti e ad altrettanti feriti. · Il generale Camerana, nd concludere la sua relazione sul fatto d'arme, scrisse: <, Le truppe nostre, già veterane quasi tutte di altre battaglie, dimostrarono in questa giornata grandissimo slancio e valore ed una resistenza fisica ed un sentimento di disciplina ,-eramente esemplari. Gli ufficiali furono di costante esempio. In tutti vibrò alto lo spirito della cooperazione e del cameratismo ".

Dopo l'occupazione di Misurata, i provvedimenti presi dal nostro Comando riuscirono ad infondere nell'animo degli Arabi la necessaria fiducia in noi e la vita riprese nell'oasi, mentre gli abi tanti consegnavano le armi. Intanto si provvide alla sistemazione difensiva della città, all'organizzazione della base di Ras Zarrùgh cd all'organizzazione dei servizi.


A Misurata rimasero i reggimenti 50" e 63° Fanteria, i battaglioni alpini "Mondovì 11 e "Verona», I compagnia ascari eritrei, r compagnia da fortezza, 3 batterie da montagna, I da campagna 19<l6, 2 compagnie zappa tori del Genio, I drappello telegrafisti e telefonisti cd I stazione radio-telegrafica. Alla base di Zarrùgh rimase il 35'' reggimento Fanteria. Intorno a Misurata s'iniziò subito la costruzione di un trinceramento continuo. che finì per avere uno sviluppo di 5 chilometri. Mentre i lavori per la sistemazione a difesa procedevano, venivano effettuate numerose ricognizioni, una delle quali raggiunse, il 12 lug lio, il faro di Misurata. Essendo stata in yuel giorno la popolazione di Gzir assalita dai predoni, il 14 luglio una nostra ricogni z io ne trovò gli abitanti desiderosi di sottomettersi. Intanto nella regione di El Ghiràn si erano raccolti gruppi di Turco - Arabi che a volte si spin~evano temerariamente nell'oasi, facendo razzìe. Ad esaudire le richieste della popolazione e ad eliminare tale incorl\'c nicnte, il 20 luglio un distaccamento composto dal 63" rq~gimento Fanteria, da 2 battaglioni del 50", 1 compagnia ascarieritrei e ,Li 2 batkrÌt'. da muntagua il tutto al coma ndo dd generale F:1ra - mosse da Misurata e, battendo il terreno dell'oasi e respingendo i nuclei nemici, raggiunse il villaggio di E l Ghir àn, dove il IH.:miu, opprne una certa resistenza ed i nuclei super stiti vennero attirati nel raggio d 'azione delle nostre hatteric e sottoposti a gravi perdite, Ya lutate ad oltre 600 uomini messi fuori combattime nto. Le nostre perdite furono di I ufficiale caduto e 5 feriti; di 15 militari di truppa, dei q uali lO ascari, caduti e 98 feriti.


VII.

LE OPERAZIONI IN CIRENAICA

Gli studi compiuti per l'occupazione della Cirenaica - dice la relazione ufficiale del generale Canèva - concordavano in massima ~ull'opportunità d'incominciare Cùn la presa dì Bengasi e di Dcrna , basi principali, per accedere poi a quell 'altipiano del Barca che, comprendendo tutta la vita morale e materiale della regione, doveva esse re la mira dei nostri sforzi, dopo compiuta la necessaria preparazione militare e politica. Per impadronirsi di quelle due località, il mezzo più sollecito era lo sbarco a viva forza. Per conseguenza venne stabilito di operare ~ucces~ivament<', cominciando da Bengasi, salvo a compiere contemporaneamente atti di dominio anche su Derna e su Tobruk , il cui possesso avrebbe p~rn:esso di costituir\'i una base n a\'ale per le nostre future operaz ioni. Alla spedizione in Cirenaica era stata destinata una Divisione del Corpo d'Armata speciale, al comando del generale Briccola. Le truppe da sbarcare, previi accordi con la Marina, erano quelle della 2" Divisione, opportunamente rinforzata, con tutti i servizi di prima e di seconda linea. La Divisione era composta dalle seguenti Unità : III brigata di Fanteria (reggimenti 22" e 68"); lV brigata di Fanteria (reggimenti 4" e 63"): 2 squadroni Cavalleggeri; 1 reggimento Artiglieria da campagna 75 / A (4 batterie su 6 pezzi); 1 compagnia zappatori dd Genio; servizi divisionali: colonna munizioni, scz10nc sanità e sezione sussistenza; truppe suppletive: battaglione alpini « Sai uzzo ))' 2 batterie da montagna;


\nvizi di prima e di seconda linea: 4 ospedaletti da campo da 50 ktti , 3 ospedali da ca mpo da 100. letti, 3 ospedali da 50 letti della Croce Rossa, sezione p:inetticri , parco d 'Artiglieria, parco del Genio. deposito di materiale sanitario e \'eterinario, magazzi no YiYeri ordinari e di ri~erva, parco vestiario ed e1..1uipaggiamento, infermeria ca\'alli; un uffic io d 'intcnden1.a per avere assicurata, con la direzione di un urga no tecnico, l:i regolarità nel funzionamento dei vari servizi.

Lo sbarco a Bengasi. Lo sbarco sull'aperta costa di Bengasi, dfettuato in presenza del nemico e con mare agitato, fu senza dubbio un episodio brillante. Battute con le artig lierie delle navi la caserma della Berca e la spiaggia della Giuliana, sulla quale dovevasi effettuare lo sbarco, nella m.illinà dd 19 ottobre 19 11, le compagnie da sbarco della Marina avevano preso tnra, subito seguite dai reparti ddla 2' Divisione. Conquistata la spiaggia della Giuliana e la caserma della Berca, il giorno 2 0 le nostre tru ppe entrarono in Bengasi. Il 28 novembre una nostra colonna mista marciò verso Koefia, per attaccare un grosso reparto di beduini // gl'nerale IJriccola. colà segnalato. Abilmente sfruttando gli appigli del terreno, i nostri sorpresero i nemici, che vennero decimati e dispersi. Al combattimento di Koefia partecipò una nostra colonna al comando del generale d'Amico, composta di 1 battaglione del 68° Fanteria, 1 del 79°, 2 compagnie del 6°, 2 squadroni, 1 batteria da campagna e mezzo reparto della sezione di sanità.


Noi avemmo r ufficiale e 20 uomini <li truppa ucns1, 2 ufficiali e 47 uomini di truppa feriti. Secondo gli informatori, i nemici ebbero 150 morti ed un centinaio di feriti. Il 25 dicembre venne attaccata una nostra ridotta e tre giorni dopo venne effettuato dal nemico contro Bengasi. un attacco ge nerale. Alle ore 7 del mattino furono, infatti, vedute colonne nemiche in marcia su larga fronte, aventi probabilmente come obbiettivo El Fuehàt; ma, non appena la nostra Artiglieria aprì il fuoco, esse si suddivisero in colonne minori, accennando ad attaccare il fronte orientale della nostra difesa. Alle ore 10 intervennero anche 8 pezzi nemici; ma, battuti efficacemente dalle nostre batterie, i Turco - Arabi, dopo avere np1egato, profittarono della notte per nt1rars1. Intanto, ai primi di dicembre, le nostre forze in Cirenaica erano state considerevolmente aumentate con l'arrivo dei seguenti reparti: VII brigata (s7° reggimento Fanteria ed I battaglione

<lei 6°);

4° reggimento bersaglieri; 3 batter-ie di Artiglieria Il genemle Ameglio. da campagna; r gruppo di Artiglieria da montagna (2 batterie); 1 battaglione di formazione del Genio con specialità; 2 stazioni radiotelegrafiche ; 1 sezione aviatori; 1 parco fotoelettrico. Nella seconda quindicina di dicembre sbarcavano, inoltre, a Bengasi: 1 squadrone Cavalleggeri di Lucca: 2 batterie di cannoni da 149.


Dopo il breve combattimento di Kodìa cd il tentativo dell'attacco a Bengasi , salvo qualche molestia ai nostri a vamposti cd a lJllakhe reparto in ricognizione, fino ai primi del marzo 191 2 la zona bengasina godetti: una relativa tranl1uillità; ma poi i ri p::tuti tentativi d'interrompere le nostre linei: teli:grafichc e telefoniche tra le opere d i fortificazione e le ridotte costrinsero il nostro Coma ndo a prendere adeguati provvedimenti . Nella notte sul 1 2 marzo venne preparato un apposta mento, affidato ad una compag nia del 57" reggimento Fanteri:1, contro la c1ualc vennero ad urtare: alcuni gruppi nemici. Respinti dal fuoco dei Fanti e da quello delle vicine ridotte, i Turco - Arabi ripiegarono, per ritornare subito dopo in maggior numero, appoggiati da qualc he pezzo di Artiglieria.

La battaglia delle Due Palme. Il nostro Comando, deciso ad affermare il nostro prest1g10, affidò allora al generale Ameglio l'i nca rico di procedere alroccupaz ione dell"oasi delle Due Palme. Al combattimento per là conquista dell 'oasi pa rteciparono 7 battaglioni , 2 batteri i: da ca mpagna, 3 da mo ntagna , 3 sl1uadroni ed il reparto sa\·ari , di recente costituzione. Dopo una conveniente preparazio ne, fatta dalle batterie da 149 e: da una batteria da montagna, la Fanteria mosse verso l'oasi delle D ue Palme, svolgendo una manovra destinata ad avvolgere il nemico da nord e da sud, togliendogli ogni possibilità di scampo, in modo c he la vittoria sperata potesse essere veramente decisiva. L·operazio ne, energicamente diretta dal generale Ameglio ed esegui ta dalle truppe con molto vigore, consegul il risultato previsto e terminò con una lotta corpo a corpo. Alle ore 14.15 i puchi gruppi nemici sfuggiti al nostro avvolgimento n :ni \·ano imcguiti dal fuoco delle nostre artiglierie, m entre la Fanteria, dopo una conveniente sosta sul teatro dell a lotta, rientrava agli alloggiamenti. Secondo la relazione del generale Briccola, il brillante ri sultato venne conseguito median te l'azione rapida ed energica della nostra Fanteria e mercè l'efficace concorso prestatole: sia dalle batterie mobili , che si portarono valorosamente sino a distanza efficacissima di tiro dal nemico, come dalle artiglierie delle linee di difesa, che sfrut-


tarano con molta abilità tutti i vantaggi del tiro preparato. L'avvolgimento e l'inseguimento col fuoco d'Artiglieria completarono la rotta nemica. Secondo le constatazioni fatte sul campo di battaglia e le notizie degli informatori, il nemico ebbe oltre 1.000 morti e moltissimi feriti. Noi avemmo 37 uomini uccisi , <lei quali ben 5 ufficiali, t 140 feriti , tra cui 12 ufficiali. L'alta percentuale del le perdite subì te dagli

L 'oasi delle Dur /'alme .

ufficiali dimostra come essi abbiano dato ai loro soldati il più nobile esempio di coraggio e di dedizione al dovere. Dei . caduti nella battagli:i delle Due Palme ottennero, alla memoria, la medaglia d'oro al valor militare il capitano Aristide Cornoldi del 63'' Fanteria, il sergente Michele Speranza del 4" Fanteria, il sergente Rizzieri Serato del 57" Fanteri:i ed il soldato Gesti Crepaldi del 57" Fanteria. Il successo ottenuto il 12 marzo servì a togliere al nemico ogni velleità di attaccare Bengasi.

L'occupazione di Derna. Il 16 ottobre 191 I le nostre navi Pisa, Amalfi, San Marco, Na. poli e Agordat, con tre cacciatorpediniere e col piroscafo Favignana, a bardo del quale si trovava un battaglione del 40° reggimento Fan-


tcria, si presentavano davanti a Derna, intimando la resa al presidio turco, al quale fu lasciata un'ora per decidere. Trascorso questo tempo, dopo avere ricevuto quattro Capi arabi che affermavano come, mentre gli abitanti volevano arrendersi, i Turchi cd i beduini manifestavano il proposito di opporre resistenza, l"ammiraglio Presbitero fece aprire il fuoco alla nave Pisa soltanto coi pezzi da 'J6 e quindi fece intensificare il bombardamento. Sbarcato, il giorno dopo, il tenente di vascello Cavalieri, ven11e segnalato all'ammiraglio che la città si arrendeva e che la guarnigione turca era fuggita nell'interno. La nostra Bandiera venne subito inalberala sulla casa Aronne e poi sul castello. Quindi sbarcarono ufficiali e marinai delle navi e, benchè le condizioni dd mare rendessero l'operazione assai difficile, il battaglione ciel 40"' reggimento potè iniziare lo sbarco. Con soli 200 uomini, tra marinai e soldati, il comandante Orsini risalì l'uadi Derna per tornare poco dopo nella città; mentre i Capi arabi si mostravano pronti ad accettare il dominio italiano. · Soltanto il 21 ottobre le condizioni dd mare permisero lo sbarco di tutto il b:ittaglinnc del 40°; nonchè di altri reparti di marinai, cd il giorno :n l'ammiraglio Presbitero venne ricevuto da tutte le autorità locali, alle quali promise di accrescere il benessere e la ricchezza del paese con una ~;1via arrnninistrazionc, una giustizia imparziale e la massima libertà agli abitanti, per quanto si riferiva alla loro religione ed ai loro costumi. Non potendo lasciare a Dcrna soltanto le tre compagnie Jcl 40" Fanteria, vi venne subito dopo inviato un distaccamento al comando del colonnello Zucchelli, costituito dal 2:( Fanteria, dal battaglione alpini (' Saluzzo ", da mezza compagnia zappatori del Genio e dalle aliquote dei ~ervizi. Partite da Napoli il 21 ottobre, queste truppe giunsero a Dcrna il 25 ed iniziarono subito lo sbarco. Il giorno dopo le tre compagnie del 40·· fanteria tornarono a Tobruk.

li presidio di Derna era LJudlo che doveva sopportare le maggiori prove a causa della speciale topografia del luogo. L 'abitato si addossa, infatti, ad una balza rocciosa che lo domina quasi a picco e lungo la quale non esistevano accessi all'altopiano. Questo, forte-


1<) I

mente inciso da spaccature e da profonde erosioni, in gran parte dovute al lavorìo delle acque, è solcato da una serie di linee accidentate e di burroni profondi, resi sicuri dai forti angoli morti e particolarmente insidiosi dalla vegetazione. Occorreva, perciò, correggere con l'arte gli svantaggi del terreno, assicurare buoni appoggi alla nostra linea difensiva, proteggere l'afflusso a Derna dell'acqua potabile proveniente da lJUel dedalo di terreni calcarei, frastagliati ed insidiosi ( r). In vista delle difficolt:ì che doveva affrontare il presidio e dei pericoli che lo minacciavano per l'ostile contegno dei beduini , incitati alla lotta da Enver bey, ai primi di dicembre vennero imi 1tì a Dcrna nuovi rinforzi, coi LJUali fu costituita una Divisione , :11 comando del generale Trombi. La Divfsione risultò così composta: IX brigata (generai<: Capello): reggimenti Fanteria 22" e 26"; Xl brigata (generale Del Buono): 1 battaglione del 20", 1 battaglione Jel 40", 2 battaglioni alpini ( « Saluzzo" ed ,, Edolo»); 2 batterie da 75 / A ; 2 batterie da montagn;1: I sezione mitragliatrici ; 1 compagnia mista dd Genio: I stazione fotoelettrica; 1 parco fotoelettrico su carri . lavori procedevano con gran lena e presto fu iniziata la costruz ione di una salda linea difensiva sul margine dell'altopiano, appoggiata ad oriente e ad occidente ad importanti appigli del terreno e fornita di ridotte, torri e trinceramenti. Fu iniziata subito anche la costruzione di un muro difensivo attorno alla città e di una camionabile che doveva assicurare i rifornimenti e che dal la città, inerpicandosi per la parete dell'altopiano, doveva giungere alla linea delle ridotte. Tutti intenti alla costituzione di una salda base, gli Italiani non pensavano, per il momento, ad estendere la nostra occupazione sull'altopiano; ma gli Arabo - Turchi, traendo profitto di questa nostra condizione, \'ennero più volte ad urtare: sia contro i nostri reparti ~• p_r~tez_ione dei lavori; sia, con attacchi generali, contro le nostre pos1z10m . (1) CoMA:SDo 1>~L CoKPO u, ST.HO

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dcll'cser,ito italiano nella guerra italo · turca "·

UH1c10 C0Lo:-11ALE: « l,"azio11e


I combattimenti intorno a Derna. Il 27 dicembre 1911 alcuni nostri battaglioni, al comando del generale Del Buono, usciti dalla linea delle ridotte per far compiere lavori di riattamento all'acquedotto di Derna, alla sorgente dell'uadi omonimo, vennero attaccati dai Turco - Arabi, ma inutilmente (1). Altre truppe, intanto, giungevano a Derna ed, alla fine del gennaio 1912, ne rinforzavano il presidio altri .2 battaglioni alpini (((Ivrea" e « Verona »), il 35'' reggimento ed il 24" reggimento Fanteria, 1 batteria cannoni da 149 ed altre Unità di Artiglieria da m ontagna. Nella notte dal! ' 11 al 1:2 febbraio 191 :2, per opporsi ai la\'ori per il rafforzamcnro della ridotta Lombardia, difesa da una compagnia del battaglione :dpini " Edolo » , i Turco - Arabi, guidati da Enver bey, attaccarono la nostra posizione. Accorsi sui punti minacciati i b:ittaglioni alpini <• lvrea " e ,, Verona II e le altre compagnie del)' ,. Edolo n , dopo circ;i un 'ora di comlxmimento, l'attacco nemico venne respinto. ma se ne iniziò subito un altro sul la destra dell'uadi, contro la ridotta .. Calabria presidiata da una compagnia del 26'' Fanteria. L 'dtìc:Ke concorso <ld fuoco dcli' .'\rtig lieri:J. e la ten:icc resistenza del presidio della ridotta obbligarono ben presto il nemico a desistere ed a ritirarsi. Noi a\'cmmo, in quella notte, 6 morti e 55 feriti; ma as:.ai più gravi furono senza dubbio le perdite del nemico. Più importante fu il combattimento svoltosi il 3 marzo presso il Marabutto, ndla zona di Sidi Abdullah. Verso le ore 8 del mattino furono avvistati dai nostri avamposti alcuni nuclei nemici. Contro di essi fu aperto il fuoco, mentre accorrevano sulla linea delle ridotte il battaglione ,, Edolo n cd altri reparti , dei. quali assunse il comando il generale Capello. Frustrato il tentativo nemico di avvolgere la nostra destra cd obbligati gli a:.salitori a ritirarsi oltre il vallone di Bu Msafer, passammo alla controffensiva, agendo contro h destra del nemico, per tentare di tagliargli la ritirata. Erano sulla linea: il 35" Fanteria al completo, 2 battaglioni del 26", i battaglioni del 24" Fanteria, un battaglione del 40" ed il battaglione alpini ,, Saluzzo >• . 11 ,

(1) Il lcuorc potrà troYare una descri zione più dctLagliata dei combattimenti intorno a Derna nel n,lunw VIII di quest'opera, ,·olmnc dcdiGJ.to agli Alpini.


I uJmbattimenti i11tur110 a Der1111.


Ma il nemico, accortosi della nostra manovra, cominciò a cedere e, sia per l'ora avanzata, come per le difficoltà del terreno, non fu ritenuto prudente inseguirlo. Le nostre perdite furono relativamente gravi: 22 ufficiali e 226 uomini di truppa fra morti e feriti; ma assai più numerose dovettero essere llucllc del nemico. « La giornata scrisse il generale Trombi nella sua relazione - era stata laboriosa: molti reparti erano rimasti impegnati per 12 ore; si erano do vute lamentare perdite dolorosi ssime; ma neppure la vista, pur di solito tanto deprimente, dei convogli di sgombero dei feriti attristava nessuno. ,, Tutti, dai Capi di grado più devato ai più umili gregari, erano caìmi e sereni, perchè tutti avevano la personale convinzione che l'azio ne si era risolta in un vero successo per noi . ,, Il ni:mico aveva spiegato tutte le sue forze, le aveva impiegate nell c condizioni a lui più favorevoli, aveva fatto un enorme impiego di muniz ioni, sfruttando come megl io non si sarebbe potuto fare un terreno a lui hen noto e da lui preparato. Tuttavia era stato respinto sempre, in tutti i suoi allacchi, e costretto alla ritirata, n o no st:111te c he :ivesse molto probahilmcnte :inc hc nna '111alche su periorità numerica su di noi (le sue forze furono calcolate a non meno di q - 10.000 u om ini, mentre noi non aveva mo impegnato più d i 6.000 fu cili in totale). Lt foga temeraria dei beduini, la scaltra prudenza dei regolari, pii:1 che mai numerosi (certamente assai più dei 1 .ooo di cui si aveva notizia), cr:1no state fiaccate dalla magni fica condott:1 delle nostre truppe, le ~1uali, durante la lotta di dodici o re , avevano saputo accoppiare ed alte rnare lo slancio impetuoso dell'assalto e la calma persistenza dell'appostamento, sotto un fuoco c he non mai fu da parte dei nostri nemici tanto lungamente intenso. Le nostre pattuglie, spinte sul campo dell'azione nel mattino · del 4, trovarono, infatti, per lunghe linee d 'appostamen.to, innumerevoli bossoli. Sembrava inoltre che il nemico avesse impiegato anc he alcunc mitragliatrici )) . Intorno a Dcrna si ebbe qualche scaramuccia anche nel mese di aprile ed il generale Trombi, dopo essersi validamente opposto alla guerriglia nemica cd aver compiuto la sistemazione difensiva della piazza, pensava che, pur lasciando a Derna un sufficiente pre~idio, avrebbe potuto disporre di una diecina di battaglioni di Fanteria e _di alpini e di 4 batterie, per l]Ualche operazione lontano dalla piazza.


Egli avrebbe voluto portarsi contro la massa principale del ne mico per batterlo in mo_d o definitivo; ma l'esame della situazione indusse il ge nerale a rimandare LJUesta operazione, ben sapendo come i Turco - Arabi avessero forze assai numerose. Egli decise allora di aspettare che k trattative già in corso inducessero qualche tribù beduina a sottrarsi all'influenza dei Turchi e di eseguire una ricog ni zione su Bomba. Il Comando delk truppe della Colonia, pur

Co11fluc11::,,i dell'uadi Uan ina nd/'uadi Dcrna.

apprezzando il progetto all' uopo com pilato, decise però di rimandare quest' ultima operazione. Una ricognizione venne im·ece eseguita su Marsa Susa: sia per riconoscere quella localit;i, sia per stabilire rapporti con la tribù deg li Hasa. L'oper:1zione \'enne compiuta da ll a nave Marco Polo; m a non raggi unse il suo scop:) politico. Nel mese di giugno i Turco - Arabi continuarono a molestare i nostri reparti addetti ai lavori di fortificazione od in ricognizione. La sera del 13, del 17 e del 18 gi ug no e la notte su l 22, venne Jttaccata tiualche nostra opera ed il nemico tentò di distruggere


LJUalche tratto di retioolato; ma questi tentativi vennero sempre respinti. Per effettuare il progettato attacco generale contro il campo dei Turco - Arabi, il grncralc Trombi chiese allora l'invio di altri tre reggimenti: ma non fu possibile accogliere tale richiesta e vennero mandati a Derna due cannoni da 149. Intanto, nei giorni 16 e 17 luglio, l'Artiglieria nemica aprì improvvisamente il fuoco contro le nostre ridotte e yuakhe colpo giunse anche sull'abitato di Derna e, per fronteggiare la situazione e per potere finalmente attaccare il campo nemico, il generale Trombi ottenne che gli venisse mandato il 43" reggimento Fanteria da Bengasi ed un battaglione del 50" Fanteria da Tobruk. Mentre l'Artiglicri:i. nemica continuava i suoi tiri, vennero mandate nostre pattuglie in esplorazione ; ma esse non poterono stabilire l'ubicazione dei pezzi nemi// ge11err1le Tomm11;0 Sa/_ca. ci che, dislocati su . larghi ssimo fronte, continuarono i loro tiri contro k nostre ridotte ;mche nel mese di agosto. Venne allora finalmente deciw di tentare l'attacco in forze del campo nemico.

Il generale Trombi, rientrato in Italia, venne sostituito dal generale Reisoli, già comandante il presidio di Homs ed in rinforzo del presidio di Dcrna . vennero mandati altri 2 battaglioni di Fanteria, 2 di :1lpini, 1 eritreo, 3 batterie da montagna, reparti del Genio cd aliquote dei diversi servizi. Giunsero così a Derna I battaglione dell ' 11" Fanteria, 1 battaglione del 34", il battaglione alpini <• Fenestrelle », il VII battaglione eritreo e la :!'' batteria da montagna, che già facevano parte della s" Divisione (Zuara), il battaglione alpini « Mondovì 11 cd 1 batteria da montagna proveniente da Misurata.


In conseguenza, verso la fine del mese di agosto 1 9 12, il presidio di Dcrna aveva la forza di 19 battaglioni, 18 mitragliatrici, 53 canno ni , 2 obici e 3 compagnie del Genio. Successivamente vi furono inviati un altro battaglione dell ' u " Fanteria, il I battaglione eritreo cd altri cannoni da 149, oltre i tre che g ià vi si trovavano. I battag lio ni alpini vennero riuniti in un g ruppo al comando del generale Salsa; mentre le due brigate di formazione continuarono ad cssc:re co mandate rispettivamente dal generale Capello e Del Buono.

combattimenti per Csar el Leben . Per allargare la cerchia delle fortificazioni intorno a Derna e per garantire la città da ogni minaccia, bisognava estendere la no~tra occupazion e al costo ne che dominava la pianura di El Feteja ed il vallo ne di H ernasat Ezzonni , costone sul tluale s'innal zava Csar d Leben. Il nostro attacco s'iniziò il 14 settembre c si protrasse per 4 giorni di lotta continua ed accanita , nella t]uale la Fanteria e g li alpini 1.umpiro110 prodigi di va lo n : e meritaro1w an.::or.1 un,1 w,lta . .::on il loro valore, la riconoscenza del la Patria. Mentre la brigata del ge ner:de Capello esegui va dimostrazio ni in corrispondenza del settore on:st, sulla sinistra dell'uadi Dcrna, dava nti alle ridotte Verona , Lombardia e Calabria, avanzando sino al vallone di Bu M safer e m entre la. brigata Del Buono puntava su Csar el Leben, gli alpini avanzavano verso casa Aronne. L 'azione della brigata Capello riuscì ad attira re Yerso il suo settore un gran numero di nemici e, come era stato previsto, facilitò l'azione degli alpini e della brigata Del Buo no, che raggiunsero i loro obbiettivi. Le tre brigate JX)terono allora sc hierarsi lungo un g rande arco intorno a D erna. Gli alpini occupavano la linea dal mare, col centro a casa Aronne e la destra verso Csar cl Leben ; la brigata Del Buono occupava la parte centrale dell'arco e la brigata Capello la parte rimanente, fino al m are. Enver bey volle tentare la rivincita il giorno 17 ed i Turco - Arabi riuscirono ad incunearsi nella valletta del Bu Rues; ma questo tentativo fallì ed il nostro fronte difensivo tornò presto a saldarsi. Il nemico perdette nel tentativo oltre 800 uomini; ma, no nostante l'insuccesso, Enver bey tentò un altro attacco contro casa Aronne, at-


tacco che venne respinto dagli alpini e dagli ascari , i tiuali inflissero al nemico notevoli perdite. Occupato Csar d Leben, bisognava allargare la nostra cinta difensiva anche in corrispondenza del settore occidentale. Per conseguenza il giorno 8 ottobre si combattè ancora sul Ru Msafer.

Il combattimento di Bu Msafer. Secondo il concetto operativo del nostro Comando, i r eparti <, Livorno )•, posti al comando del generale Capello, dovevano tenere occupata saldamente la sponda destra dell'uadi ; mentre la brigata alpini, rinforzata da due batt:.1glioni asca ri e da tre batterie da montagna, doveva muovere, al comando del generale Saba, lungo la spiaggia, in modo da chiudere ai nemici la foce d el Bu Msafer.

delle brigate " Casale ,. e

Per le difficoltà opposte dal terreno e per la resistenza dei beduini , il combattimento si prolungò :rnchc il giorno dopo e Yi si di ~tin sc anche il battaglione alpini "T1..,l1t1eav .. , ~iuntu p<;chi ~iorni prima a Derna.

Lo sbarco a T obruk. Come abbiamo già detto, l'occupazione di Tobruk c1 era n c(essaria anche per costituirvi un 'ottima b:is~ navale. Il 14 ottobre 19 11 la ::t" Squadra nav:de g iunse davanti a Tobruk e co nces~c un'ora di tempo p er la resa; quindi Lt nave Vittorio Emanuele colpiva il bastione rurco e ne abbatteva la bandiera, mentre una compagnia da sbar:.:o, giunta sulla costa, occupava Tobruk. procedendo al disarmo dei pochissimi :1bitanti rimasti nel paese. Poco dopo sbarcava a T o bruk il J hattaglionc del 40° reggimento Fanteri:i. La situazione non era chiara ed, avuta qualche prova dell'osti lit;i ddla papolazione, fu necessa rio mandare a Tobruk due batterie da 75 / A, mezza compagnia minatori, 2 sezio ni 1nitragliatrici e due battaglioni del :w" reggimento Fanteria. Con l'aumento del presidio fu possibile procedere ad una sistemazione difensiva: ma il 16 novembre il nemico ini zi<'i contro le no-


stre difese un vivo fuoco di fucileria, al quale i nostri risposero immediatamente, costringendo i Turco - Arabi a ripiegare. Ai primi di dicembre il presidio di Tobruk, notevolmente rafforzato, com prendeva: 2 battaglioni del 20° Fanteria; il battaglione alpini (< Ivrea )j ; 3 sezioni mitragliatrici ; 14 pezzi da 75 / A; I batteria da montagna su 6 pezzi; 1 batteria di 4 cannoni da 149 ; 1 compagnia da fortezza ; . . . 1 compagnia mrnaton: 1 plotone zappatori; I sezione aviatori. La metà delle truppe di Fanteria, le sezioni mitragliatrici e le batterie da 75 / A stavano ;i presidio dell e o pere di fortificazione: mentre il resto delle forze costitui va il nucleo m obile per la difesa della base navale. Erano anco ra in corso i la\"C)fÌ per assicur:1re l'incolumit;1 dell e navi, quando, il :22 dicembre, gli Arabo - Turchi pro nun zi:1rono un nuovo attacco e, sorpreso il plotone di scorta, si avventarono contro le sezioni mitragliatrici, che stavano scaricando il material e. I nostri uomini dovettero, purtroppo, saaificarsi ; ma accorsero le compag ni e del Genio e quelle di Fanteria di scorta ai 1:tvori e, col loro fuoco, sorpresero i beduini t riuscirono a riprender loro le mitragliatrici. Intanto a Tobruk le nostre batteri e aprivano il fuoco , che disperse i gruppi nemici e permise alle nostre truppe di ripiegare cmlinatarnente. Le perdite dd nemico vennero valutate a 200 morti; le nostre furono di 2 ufficiali e 6 uomini di truppa caduti e di J 3 uo mini di truppa feriti.

I combattimenti intorno a Tobruk. Venne allora mandato a T o bruk il generale di brigata Vittorio Signorile, il quale arrivò in sede il 6 gennaio 1912. Egli si affrettò :i chiedere rinforzi e venne inviato a Tobruk il 34" reggimento Fanteria e l'ultimo battaglione del 20°, nonchè 2 sezioni mitragliatrici da fortezza ed un'altra batteria da 75 / A.


Con lJUCste truppe fu possibile fronteggiare la situazione che, per l'aumento dei nemici, si era andata aggravando. Infatti nuovi attacchi erano stati respinti il 28 dicembre, il 13, il 14 ed il 17 gennaio 1912. Anche nel mese di febbraio il nemico continuò a dar prova di atti\'ità ed il 23 attaccò con due colonne un nostro forte: ma venne ben presto respinto.

--Ln mtla di Tobmk.

Il giorno 11 marzo, per completare la nostra sistemazione difensiYa con un nuovo forte che saldasse il fronte meridionale con ttud lo occidentale, una rnmpagnia minatori del Genio, protetta da due battaglioni del 34° Fanteria e dalla b;1tteria da montagna, si era recata sul Bir Mofsel, quando, alle ore 10, venne avvistata sulla strada di Derna una carOYan;1 nemica, (be con pochi colpi fu subito dispersa. Alle ore 12 si notarono gruppi nemici che ben presto costituirono una linea di tiratori, a 700 metri dai nostri reparti più avanzati. I nostri risposero al loro fuoco ed il combattimento venne intensificandosi. A lle ore 13 l'avversario minacciava, con la maggior parte delle sue forze, la nostra destra cd il comandante il 34° Fanteria, colonnello Trombi, cercò di costringerlo ad abbandonare le posi zioni occupate anche con ripetuti assalti alla baionetta.


30 I Ma le forze nemiche aumentavano continuamente cd il 34" Fanteria dovette tornare, versr> le ore , 4, sulle prime posizioni. Intanto il generale Signorile aveva inviato da Tobruk il I battaglione del 20" Fanteria, il cui intervento contro il fianco del nemico ne arrestò l'azione avvolgente. Ben presto sopraggiunse anche il II battaglione del 20" che si schierò sulla destra del I per tener testa all'avversario, il L}llak, al sopraggiungere della notte, interruppe il combattimento. Le forze ritornarono allora, a scaglioni, a Tobruk. Noi avevamo perduto 2 ufficiali e 16 uomini di truppa uccisi, 2 ufficiali e 67 uomini di truppa feriti. Il nemico aveva attaccato con circa 5.000 uomini e subìto gravi perdite. Il 17 marzo giunse a Tobruk il 30·· reggimento Fanteria, la cui presenza permise, il 23 marzo, di riprendere i lavori del forte. Il nemico cercò di disturbarci negli ultimi giorni di marzo ed il 31 avanzò con circa 3.000 uomini, divisi in tre colonne. Ma venne subito costretto a ritirarsi dai tiri dei nostri pezz i da 149. Altri attacc hi, sempre respinti , si ebbero anche durante il m e~e di aprile, nd quale il generale Sig11uril.:. 1ito111a11do i11 11.di.1, v..: 1111<.: sostituito dal generale d'Amico. Ormai la sistemazione difensiva era stata ultimata, tanto che fu possibile far partecipare alle operazioni nell'Egeo anche il 3f reggimento Fanteria, sia pure indebolendo il presidio di Tohruk. Anche durante il mese di maggio il nemico tentò qualche piccola azione ed il giorno 12, mentre si procedeva alla costruzione del forte n. 4, sotto la protezione di una colonna formata da due battaglioni del 30" Fanteria e da un battaglione del 20'' e comandata personalmente dal generale d'Amico, furono notati sull'uadi A uda gruppi di beduini, il cui numero aumentò ben presto. Il generale d'Amico fece aprire il fuoco dalla batteria da montagna; mentre il comandante del 30v Fanteria disponeva le .sue truppe in modo da impedire il progresso degli Arabo - Turchi, i tiu;ili, :ille ore 7, erano già in ritirata. Un altro fatto d'armi, conclu!>o con la sconfitta dell'avversario, ebbe luogo anche il 27 maggio e dopo di esso i nemici desistettero da ogni azione offensiva.


VIII.

LE OPERAZIONI DOPO LA CONCLUSIONE DELLA PACE Con le operazioni svolte in Tripolitania ed in Cirenaica, che abbiamo già ricordato, tutta la Libia, oJ almeno la sua parte più importante, patna g ià dirsi sottoposta all'Itaiia, ed eminenti personalità italiane e turche avevano intanto ufficiosamente iniziato le trattative per la paet: che, a malgrado dell'opposizione del partito dei <, Giovani Turchi ,,, venne conclusa il 18 ottobre ad Ouchy, presso Losanna.

La pace di Losanna. Pn il trattato concluso, il (;ovcrno turco, dichiarando prosciolte dalla sudditanza dal Sultano le popolazio ni della Libia, riconosceva la sovranità italiana sul territorio in yucstione, riservandosi una parziale ingerenza nella nomina dei rapprcst'nta11ti religiosi. L "Italia s'impegnava a restituire alla Turchi:1 le isole del Dodecanneso, yuando la Libia fossc stata com pletamentc sgombrata dalle truppe turche. Conclusa ìa pace, le truppe turche della Tripolitania non tardarono a rimpatriare, ma quelle dislocate in Cirenaica, sotto vari pretesti, vi rimasero fino al luglio 191 3, fomentando la rivolta delle tribù senussitc dell'interno. In Tripolitania la nostra penetra zione fu rapida ed occupammo numerose località nelle LJUali insediammo nostri residenti: Suàni Beni Aden , Ben Gascir, Azizia, Zèlten, Regdalinc, Bu Agilah, Zavia, Cussabat, Tarlrnna, Beni Ulid, Csar Gefara, Sirte, la regione degli Orfella, ecc. Ma contro Lluesta nostra azione espansionista sorse un capo del Garian, Suleiman d Baruni, che cerc<'> di ostacolare la nostra penetrazione e di costituire un suo Stato indi pendente nel Gebd Garian.


Fu affidato l'incarico di debellarlo al generale Lequio che, con numerose e scelte truppe, mosse il 23 marzo 1913 da Csar Garian contro il ribelle. Attaccatolo e battutolo ad Assaba ed a Montcrus, il generale Lequio prosegui per Suadna su Jeffren, dove entrò il 27 marzo. El Baruni riparò in Tunisia. In seguito, con colonne volanti, fra le quali è opportuno ricordare soprattutto quella del colonnello Miani, fu affermato il nostro dominio in tutta la regione del Garian ed anche in quella del lontano Fezzan e sembrava che si fosse finalmente iniziata un 'era di pacifica tranquillità per tutta la Libia. Ma nel 1914, scoppiata la guerra europea, emissari turchi e tedeschi fecero sollevare le popolazioni dell 'interno. Intenti come eravamo alla preparazione del nostro esercito alla prima guerra mon diale, non potemmo in vi are al soccorso dei nostri reparti in T ri politania altre forze e fummo costretti ad abbandonare tutte le località dell'interno ed a ritirarci sulla costa. La difesa della Colonia, per tutta la durata della grande guerra, rimase affidata alle poche forze metropolitane ivi lasciate, ai reparti libici ed a LJLlalche battaglione eritreo. In Cirenaica la lotta durò ancora accanita intorno a Bengasi ed a Derna. Ai primi del marzo 1913, per fiaccare la resistenza delle popolazioni dell'altipiano del Barca, fu decisa una nostra avanzata da Bengasi e dalla costa per procedere su Merg, Maraua, Slonta. Ghegab, Guba e Derna.

Il combattimento di Sidi Garbaa. Le forze turco - arabe, partito Enver bey, accorso in Turchia per prendere parte alla guerra balcanica, erano agli ordini di Aziz bey. L ' n aprile sbarcò a Tolmetta. il generale Tassoni, con una Divisione speciale ed il giorno 13 d a Bengasi mosse il generale D'Alessandro. Questi, distrutto il campo nemico di Benina, continuò la marcia per El Abiar e Gcrdes, dove prese contatto con la Divisione Tassoni, ivi giunta da Tolmetta. Assolto così il proprio compito, il generale D'Alessandro, da Gerdes, per Merg e Tocra, fece ritorno a Bengasi, mentre il generale Tassoni procedeva per Maraua, Sirte, Slonta, deciso a marciare sul campo turco - arabo di Ettangi a sud di Dern a, campo contro il qu:ile, il giorno 16 maggio, le truppe del


presidio di Derna, al comando del colonnello Maddalena , mossero senza alcun preventivo accordo col generale Tassoni. Queste truppe su tre colonne: una, più forte, centrale ; una di sinistra, con incarico dimostrativo verso Csar el Leben; una, di destra, con un compito avvolgente per la regione Braxada, mossero dalla linea delle ridotte alle 3 del mattino. La colonna centrale, sor-

Mo1111111mto oi Caduti tli Sidì Garbali.

presi e dispersi gli ;ivamposti nemici, proccdè rapidamente verso le posizioni di Sidi Garbaa, chc alle 10 del nuttino vennero espugnate. Ma, mentre i reparti, frarnmischiatisi nella rapida avanzata, si riordinavano e si :1ttcndcvano notizie della colonna di destra, che a Llllell"ora avrebbe dovuto cominciare a far sentire la propria azione a tergo del nemico, t1ucsti , riavutosi dalla sorpresa, mosse con tutte le sue forze al contr;1tt ·•cco. L'aspra battaglia durò dalle ore 1, alle 18. La nostra colonna di sinistra aveva puntato nel vuolO e rimase per tutta la giornata sen za combattere. Alla sera rientrò in Derna. La colonna di destra , sorpresa nel fondo del Bu Msafer dai reparti nem1C1, mentre tentava di ascendere sulla regione Braxada, non e ntrò affatto in azione.


La colonna centrale fu quella che sostenne tutta la battaglia. Le truppe si batterono con estremo valore, ma, sopraffatte, alle 16 iniziarono il ripiegamento da Sidi Garbaa ,erso Derna. Caddero sul campo il colonnello Maddalena e numerosi ufficiali ; e le _n~stre perdite complessivamente ascesero a non meno di 1 .ooo uommt. Il generale Tassoni apprese a Slonta questa triste notizia. Si spo~tò subito su Ghegab per essere più vicino a Derna, pel caso che avesse dovuto muovere in soccorso di questa città. · Ma i Turco - Arabi, paghi del successo comeguito e del bottino catturato, non avanzarono, anche perchè preoccupati dell'approssima rsi della Divisione Tassoni. A questi s'impose allora una sosta, ranto più che in Derna si preparava un'altra Divisione, la quale, agli ordini del generale Salsa, avrebbe dovuto, di concerto con lui, operare contro Ettangi. Il Tassoni, per aprirsi una Yia di rifornimento più breve (fino allora aveva dovuto vettovagliarsi da Tolmctta) da Ghegab per SafSaf e Cirene, fece avanzare una colo nna all'occupaz ione di Marni Susa (l'antica Apollonia), la cui spiaggia diventò la li:,sc per tutta la qorica regione di Cirenc .

Il combattimento di Ettangi. Tras(orso cir(a un mese m:i vari preparativi, il generale Briccola, governatore della Cirenaica, decise di prendere l'offensiva con le due Divisioni Salsa e Tassoni. L 'avanzata fu iniziata il 18 giugno ed il giorno seguente il generale Salsa; ritenuto superfluo il concorso del generale Tassoni ancora lontano, attaccò e distrusse il campo di Ettangi , già abbandonato dal grosso nemico. Da lì spinse una colonna, agli ordini del ge nerale Cavaciocchi, all'occupazione di Martuba. La Divisione Tassoni, battuti nuclei di beduini ad Ain Mara, ritornò a Ghegab. Il 1" luglio un nostro battaglione distaccato a Saf-Saf per la prntezione delle carovane transitanti per Ghegab, mosse al soccorso di una nostra colonna (composta di due compagnie di Fanteria, una sezione di Artiglieria ed un battaglione del Genio, incaricata di costruire una camionabile da Cirene veno Zavia Feidia), attaccata da formazioni senussite, e fu lluasi totalmente distrutto. Allora il gene-


r:ik Tassoni decise d i m;1rciare. il 1" luglio, di concerto col presidio di Circ 1H:, su Z;n-i:1 Fcidia. B;1ttute le forze scnussite in alcuni scontri parz i:1li, alle ore 14 b posizione nemica fu occupata; nel giorno succcssi\'o tutta b Divisione Ta,,o ni , meno un battaglione di ascari ed un b;1uag l ione ;il pini, la,ciati a presidiare Za via Fcidia, ed alcuni battaglion i, la,ci:1ti a presi diare Ghcgab, fecc ri torno a C irenc, dove , i sciolse.

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.\/11r ::.u ch.

Circa la batuglia di Etta ngi e(CO quanto ~cnvcva il maggiore A . c;aibi ( 1): ,. L"insucce,,o di Sidi C:1rb:1;1 clihc conseguenze dannose morali e politiche, più che non c 1us;1sst: d:111ni materiali. Infatti fu l'entusia, 111 0 prodotto da 1p1el sul'cc, so , at tribui to alla presenza. per la prima volta, fra i co rnh:1ilcnt i ribelli, del g ran scnusso A limed esc-Scerif, che indusse co~t ui . trascinato dal giubilo generale, a cedere alle insi,.,,. tA' ·r• 11r,1-, ::, nu,~rr n1ent,·,:. ·•1- . l Z.!"' - .,,,t';, , .. _ h; .. , ,•il _., ., " I ' " " "'' " '... ... _ . . ."i, .s1nt·1. •• · - , •• ..~ fino "' lora si era prudcntcmenl r gu:1rdato d:il compromettersi , in attesa dc~li nc111 i. IY:1ltra p;1rt c 11011 bisogna attrihuire l'intervento senussita .il solo d k tto di Sidi C:1rhaa che non fu che b goccia che fece trahocc1re il ,·aso. L:1 Se nu ssia , o prirn:1 o poi. ci :1,rebbe :1pcrtamente co rnhattutu, com e d i 111ostr:1rono i Calli successivi, e fu illusione il IH'"/1 , ~ l ,l n \'l r e

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Cfr. :\ . ( :11 1111 : Ronu . 192~.

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\bnu.de di ~tor ia politico - militare ,ldle rnlo ni c ita-


creJc.:re che essa a\Tcbbe .potuto assecondarci; boiacchè tali istituzioni mussulmane trassero spesso incremento e vantaggi dal l'opposizione ai Governi, specie se europei, raccogliendo e sfruttando i malcon1enti e gli avventurieri. La Senussia non aspettava che l'occasione e 1.1uesta fu Sidi Garba,t. L 'episodio, per quanto riuscisse doloroso al popolo italiano, non ne scosse la fibra e la fiducia nella sua impresa coloniale; il buon senso prevalse; l' Italia non era più quella dei tempi di Adua e accolse con ~erenit~ l'accaduto, secondando il Governo negli sforzi per condurre a lieto fine l'impresa. Solo nell'ambiente parlamentare si ebbe llualche eco o schermaglia di paxtito. " Assunto il comando del settore orientale della Cirenaica, il ge nerale Salsa rÌlenne che occorresse ristabilire immediatamente il prestigio delle armi con la ripresa di Sidi Garhaa e la distru z ion e del campo nemico di Ettangi. « Per sostenere l'azione su Ettangi , an che la Di visione Tassoni avrebbe ripreso la sua marcia da Cirenc n '. rso Derna. ,, L 'azione da lluesta piazza fu decisa per il 18 giugno e do veva svolgersi in due giorni: nel primo si dovevano espugnare i posti avanzati nemici che, dopo il fatto di Sidi Garbaa, si estendevano dal l.;impo Rosso, presso Dnna , ;11la regioni' Rr:1x:irla , tr:1 1'11:idi Ru M safer e l'uadi en Naga; nel secondo giorno si doveva occ upare Sidi Garbaa cd Ettangi. ,, Il generale Salsa divise le sue forze.: in due for ti colo nne , collegate fra loro da una più piccola, centrale. ,, Quella di destra (generale Cavaciocchi) comprendeva 4 battaglioni alpini, 2 battaglioni eritrei e 4 batterie da montagna ; quella di sinistra (generale Mambretti) era composta di 4 battaglioni di Fanteria, 2 batterie da montagna e una da campagna, e del 52" Fan. . . tena m nserva. ,, La centrale (colonnello Arista) aveva 2 battaglioni di Fanteria e una compagnia di ascari libici. ,. Il 18 giugno k tre colonne ,wanzaronu: quella di Jestra, composta cli truppe celeri, percorrendo il litorale, si portò oltre il Bu Msafer e, superando il ciglio dell 'altopiano fra lo sperone Braxada e l'uadi en Naga, dopo aver sloggiato nuclei di ribelli, si spinse fino a Casr el Cherba, sulla destra del Bu Msafcr, poco lontano dal ciglione occidentale di Sidi Garbaa. Quivi sostò, fortificandosi per passarvi la notte . .. Frattanto la colonna di sinistra, uscita dalla ridotta Marabutto saliva per la sinisira del Derna e si dirigeva verso le posizioni avan-


zatc del nemico, che occupava il Campo Rosso. Dopo un 'efficace 1:irep,1razione d'Artiglieria, la colonna m osse all 'assalto, occupando la posizione SUIJa L}UJle S0S t (l per Ja notte . .. li giorno 19, all'alba, si riprese l'operazione, col dupli ce obbiettivo della cont1uista di Sidi Garbaa da parte della colonna Mamhretti e dell'assalto al campo di Ettangi da parte di quella Cavaciocchi. Questa, suddividendosi in due colo nne minori, doveva superare

Il tricolore

;u(

ca.<trum di .·l pollo11i11.

la testata del Bu Manh ar, aggirando a tergo il ciglione di Sidi Garbaa , e quindi pio mbare sul retrostante accampamento nemico di Ettangi, facilitando così l"ava nzata della colo nna di sinistra. La mano,-ra riuscì in pie no. L1 colo nna di destra, superata la test:.ita del Bu Manhar, COl1l]Uistò il ciglione di Sidi Garbaa e sul mezzogiorno irruppe sul G1mpo di Ettangi; ma il nemico era fuggito, facendo saltare la pol veriera e distruggendo i suoi depositi. Frattanto anche la colo nna di sinistra, procedendo dal Cam po Rosso verso Sidi Garbaa, Ll\'cva investito ed attaccato da tutte le parti. La resistenza della sommità del ciglione per quakbc tempo fu viv:1 e violenta ; ma , t]uando apparve :i tergo dei di fe nsori la brig:ita Cavacioechi, jl nemico si dileguò verso est.


« Una parte della colonna, lasciato un presidio a Sidi Garbaa, si congiunse con la brigata Cavaciocchi ad Ettangi. Verso sera giunse la notizia che anche la Divisione Tassoni, dopo una serie di scontri , era giunta facilmente ad Ain Mara, ad una tappa dalla Divisione Salsa )> . Le perdite subìte dalla Divisione Salsa nella due giornate del 18 e 19 giugno furono di 1 ufficiale e 25 uomini di truppa morti e di '.!36 feriti, tra i tiuali 8 ufficiali. Quelli della Divisione:: Tassoni ammontarono a soli 10 feriti, fra cui 1 ufficiale. Il nemico ebbe circa 500 uomini fuori combattimrnto. Il successo di Ettangi, oltre che militare, fu politico, giacchè, infranta la barriera che stringeva Derna, permise il collegamento di essa con gli altri settori. Due giorni dopo la colonn:1 Cavaciocchi andava ad occupare la ricca Zauia Martuba, a metà strada fra Derna e Bomba, sulla via di Tobruk. Nell' agosto successivo un ardimentoso raid, compiuto dal capi tano Locci, con pochi uomini, colkga\'a Martuh:1 :1 Romba. Nel settembre si ebbero atti di brigant:iggio lungo le comuni caz ioni con Zauia Martuba e con .'\in Mar:1, che ind ussero :tlla di ~truzione dd campo nemico di Ru Scimal. miulio rando la ~11uaz1om: della zona e liberando la via fra Derna e Cire~e.

Rese così nuo vamente disponibili le forze di Derna, fu deciso di allargare il nostro raggio di azio ne anche attorno a Tobruk. Tras1xirtata ivi la Divisione Salsa, il 17 luglio si procedè all'attacco del camPo nemico di MJauar, a sud di Tobruk. I nemici vennero dispersi. Si raggiunse così la tranquillità attorno a Dcrna ed a Tobruk, ma ancora incerta rimaneva la situazione nella zona di Cirene e di Bengasi. Il generai(; Vinai, succeduto al Tassoni nel comando delle forze di Circne, intraprese, nei mesi di settembre e di ottobre, operazioni contro i campi arabi di Bu Scimal (di concerto col presidio di Derna) e di Talcarà, Sidi Rafa, Mussa e Zavia Ania, attorno a Cirene e, nell'anno successivo, il generale Cavaciocchi, succeduto al Vinai, svolse akune operazioni contro Zavia Argub (febbraio), Slonta e Maraua (aprile), Zavia Neian (maggio), Csar Tccasis (giugno e luglio).


3 10

Nella zona di Bengasi diverse spedizioni erano state compiute specialmente con truppe indigene e di esse vanno ricordate: yuelb condotta dal colonnello Latini contro Agedabia e quelle condotte dal genera le Cantore nel sud-bengasino. Ma, scoppiata la grande guerra, per economia di forze, fu necessario ritirare molti dei presidi più interni : tuttavia le relazioni con gli indigeni andarono sempre migliorando. Nel 1918 gli effetti della vittoria italiana in Europa non tardarono a ripercuotersi anche in Libia. Partiti o morti i vari emissari turchi e tedeschi , le popolaz ioni della Tripalitania si riaccostarono a noi e fu pro\'a del nostro spirito di conciliazione lo Statuto, che l'Italia elargì ad esse il t" giugno 1919, atto che pose la nostra nazione alla testa delle altre colonizzatrici, poichè gli Italiani, pii1 che allo sfruttamento degli abitanti e della loro terra, mirarono sempre a guidare gli indigeni verso un grado superiore di civiltà.


IX.

LE FANTERIE NELLA CONQUISTA DELLA LIBIA Quando, nel 1911, venne iniziata la conyuista della Libia, destinata ad offrire alla nostra Patria una colonia meno lontana, nonchè a darle la consapevolezza delle sue giovani forze ed a Ltrk dimenticare il doloroso ricordo di Adua, l'esperienza già conseguita sul mar Rosso venne messa a profitto, per destinare fin dal principio alla spedizione forze sufficienti, costituite con Unità organiche, con interi reggimenti e battaglioni al completo e non più, come era avvenuto per l'Eritrea, con reparti raccogliticci. Infatti le Unità che dovevano con«..Juistare all'Italia la quart~• ~pond;i erano unite in sa lde compagini, int0rno alle ri ~pettive ba!ldiere, comandate da superiori già noti e potevano usufruire di tutti yuegli incitamenti che derivano dal rnlto delle stesse tradizioni e dallo spirito di Corpo. Nel ricordare gli avvenimenti svoltisi sia in Tripolitania, sia in Cirenaica, noi abbiamo avuto cura di indicare, a proposito di ogni singolo fatto d'armi, le perdite delle nostre Unità e di ricordare i più importanti episodi di valore. Per conseguenza, nel riassumere le gesta della Fanteria durante la guerra italo - turca del 191 r - 1912, ci basterà ricordare le ricompense al valore ottenute <lai reparti dell'Arma od anche dai singoli Fanti; ricompense, il cui numero costituisce una testimonianza più di ogni altra eloquente sul valore dimostrato dai nostri reggimenti. Per atti di valore compiuti durante la conyuista della Libia, i Fanti ve nnero insigniti delle seguenti ricompeme: - medaglie d 'oro al valore militare: 11; - medaglie d'argento: 1.c<)6: - medaglie di bronzo: 2.195. Ciò per quanto riguarda le ricompense individuali. Anche le ricompense collettiYe furono, però, numerose. Venne, infatti, concessa la medaglia d'oro alla Bandiera del\ '8f reggimento


312 0

Fanteria; quella di argento alle Bandiere dei reggimenti 4", 6", TI 22", 40", 50". 57", 63" e 79": l)uclb di bronzo ai reggimenti 2.3", 26°, 50" e 60". ,

.Vdl'oasi di Zuartr .

Le ricomp:.:nse suddettt: riguardano esclusi\'amcnte Lt Fanteria di linea ; ljudk, individuali e collettive, ottenute dai granatieri, dai bersaglieri e dagli alpini, verranno ricordate nei volumi di lJUesta opera dedi cati rispettivamente a ciascuna ddk nostre Fanterie scelte e Jdle Fa nterie speciali.


I dati suddetti acquistano un maggior valore se confrontati col numero degli uomini posti fuori c9mbattimento e con quello dei decorati. Le perdite complessive per la conquista della Libia, dai nostri primi sbarchi a tutto il 1914, furono, tra ufficiali cd uomini di truppa, le seguenti : - caduti 1. rn4, feriti 3.179. Alle perdite di cui sopra occorre aggiungere 1..1uelk subìte per le malattie e che ammontano a 1.948 uomini. Tenuto conto degli uomini posti fuori combattimento anche nelle azioni di minore importanza, le nostre perdite in Libia raggiunsero il numero, tra ufficiali e truppa, di 5.652 uomini. Riteniamo utile, anche per ricordare nuovamente i diversi fatti d 'arme e le loro date, di considerare le perdite r,iportate in ciascuno dei diversi combattimenti.

Zona di Tripoli: Hcnni - Sciara Sciat ( 23 ottobre 1911) Henni - Bu Meliana (26 ottobre 1911) Batteria Hamidiè (G novc:murc 1911) Henni - Mesri (26 novembre 1911) Occupazione di Ain-Zara (4 di,embre 1911) Bir Tobraz (19 dicembre 19 11) Gargaresc (18-20 gennaio 1912) Aio-Zara (28 gennaio 1912) Battaglia di Zanzur (8 grugno 1912) Sidi Bila! (20 settembre 1912) .

Uffidtlli

Truppa

11

18

17 2

o

1 H)

19

7 2

I

14

32

Regione di Zuara: Bu -Chermesc (23 aprile 1912) Sidi Saicl (16 - 27 - 28 giugno 1912) Sidi Alì (14 luglio 1912) Occupazione di Zuara (6 agosto J912) . Occupazione di Regdaline (15 agosto 1912)

I

3 7 5

122

Nell'Egeo: Psitos (16 - 17 maggio 1912)

,, .).)

Zona di Hom;:: Ricognizione; di Lebda (27 febbraio J912)

'4


P-l Ufffriuli

Occupazione del Merg heb (27 febbraio 1912) Combattimento dd Mcrglieb (5-(> marzo 1912) O cc upazione di Lebda (2 maggio 1912) Monticelli d i L ehda (12 gi ugno 1912)

13 4 4

Trupp11

80 5 59

86

Zow1 di Misurata: Occupazione d i Misurata (8 luglio 19 12) . Combattimento del Gherar (20 lug lio 191 2

7

6

1

35

11 3

Zona di Be11ga.,i: Sbarco della Giuliana e contJuista della Ikrca ( 19 ottob re 1911) Koeli.a (28 ottob re 1911) Difesa di Bengasi (25 dicembre 19 1 1) Battaglia d elle" D ue Palme,, (12 m arzo 1912)

IO 'l

.)

17

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Zona Ji Dema: Combat timento Cumh.,ttim<-Jl to Co mba ttimento Com baLtimento Co m battime nti Combattimento z.o 19 12)

del 24 nove m b re 19 11 de l

5 dicembre 1 <) : l dd 27 dicem bre 191 1 . del 1 7 gennaio 1 9 12 . dcl1 ' 11 - 12 (d ihra io 1912 d i Sidi Abdullah I (3 mar-

24

l

Sidi Abdulbh II ( 14 settembre 19 12) Co mbattimento d i Csar Ras el Lch en ( 17 settembre 19 1 2) S idi Abdullah Ill (8 - 10 ottobre

l()t

2) .

14

60 22

21-7

2

II

10

174

2

93

3

20

Zona di T ohrnl(:

Hagiass Nadur a (22 dicembre 1912)

Le ricompen se alle varie Armi conferite per 1 d iversi fatti d 'armc svoltisi in Lihia dal 19 11 al 1914, furono mo lto numerose, come risulta d:ii seguenti da1i: Ordine Militare di Savoia 125 Meda<rlie d 'oro 46 i:,

Medaglie d'argento

2.303

Medaglie di bro nzo

5-52 3


Sulla gloria conseg uita dalla nostra Fanteria anche nella con11uista della Libia, riteniamo opportuno ri_portare quanto, 111 pro po,i w, scrisse il Caffarclli , nell 'opera già più volte citata .

I.o ;barco a Tobruk.

Sebbene condotta con larghezza di mezzi ed assai bene assecondata dallo spirito del Paese, la g uerra italo - turca, per le condiz ioni del clima, per la natura del terreno e per le tenaci resistenze e le subdole insidie degli avversari, fu guerra molto penosa ed accanita per i nostri soldati. Ma la loro condo tta fu sempre tale da mer itare la gratitudine della Patria e la più alta stima degli stranieri.


Nelle guerre libid1e ebbe nuova conferma il fatto, sempre accertato dovunque, che, ~ia nelle giornate allietate dalla vittoria, come in l)Uellc dell'a\'versa fortuna, il valore dei soldati italiani è sempre eguale. Se a Tripoli il precedente intervento dei reparti della Marina aveva permesso lo sbarco indisturbato del Corpo di operazioni, non così fu in Cirenaica, do,e - occupata combattendo D ema il 18 ottobre - due giorni dopo, per occupare Bengasi, i nostri soldati dovettero scendere in mare e combattere, con J"an1ua sino alla cintola per raggiungere b costa, un'accanita lotta che ci fece avere una trentina di morti cd oltre un centinaio di feriti. Dopo l'occupazione della costa libica ci fu un primo breve periodo, nel liliale potemmo avere la troppo fallace illusione di una facile e quasi pacifica conquista. Ma si sferrò, ad un tratto, la rivolta delle papolazioni indigene, sobillate dai Turchi , ed incominciò la lunga serie di cornb:1rtimenti, ognuno dei quali aggiunse nuovo lustro alle pagine dei fasti della Patri:1. s·incominciò ron k giornate dell 'ultima dècade dell'ottobre del 1911, lluando k forze arabo - turche si rovesriarono, d'improvviso, contro h linea di trinccr;mwmi che cr:i st;1ta cnstruit:1 a protezione di Tripoli. Vi ebbno il battesimo Jd fuoco 1'82" reggimento, della brigata " Torino ,., e 1'8f ddb ,, Venezia ,, ; il primo rimeritato con la medaglia d' argento ed il secondo rnn l!uella d'oro, per la condotta eroica dei suoi Fanti in tutte le fasi della battaglia del 26 ottobre. In <_JUesta giornata vennero assegnate due medaglie d'oro alla memoria di eroici Fanti. Uno fu Pietro Verri, allora cap_itano di Stato Maggiore addetto al Comando, il quale, sempre sollecito ad accorrcn: nelle trincee ad ogni segno di pericolo, cadde ad Henni, assaltando ripetutamente il nemico alla testa dei plotoni di marinai. L'altro fu il tenente Giuseppe Orsi dcll'82" reggimento Fanteria, che :i Sciara Zauia, nd mo mento più critico della lotta, essendo in trincea cd attardatosi col suo plotone a proteggere la ritirata di una compagnia minacciata di accerrhiamento, attaccato Ji fronte ed alle spalle da forze soverchianti, mentre lo avvertivano che il grosso della sua compagnia era costretto :1 ritirarsi, disse ai suoi soldati: ,, Questo <.: il nostro posto: stringetevi attorno a me. Qui dobbiamo sostenere !"onore del nostro reggimento"· F morì in mezzo ai suoi. Pochi giorni dopo, il 9 novembre, nella giornata di Sciara Sciat, dimostrò un alto grado di eroismo il giovane sottotenente Vittorio


Il mo1111111c?to • ossario dei Caduti 111 Cirent1it,1 inruilzato sulla Punta della Giuliana Il 3 1 ge1111aio 1915.



J Il) Verdone, che il 18'' Fanteria \'anta fra le sue medaglie d'oro, il quale. ferito gravemente mentre era impegnato nel combattimento, continuò a dirigere l'azione del proprio plotone, rifiutò ogni aiuto e, strisciando per terra, sprezzante del suo grave stato, non smise mai di incitare i suoi soldati al comhattimento, finchè spirò. Il 26 dello stesso mese, al forte Mesri, il Il battaglione del 2.f Fanteria si affermò fedele alle gloriose tradizioni della brigata << Como ))' meritandosi, per la sua bella condotta, la medaglia di bronzo al valore militare. E due giorni dopo, ad Henni, il 50Q reggimento Fanteria diede un 'affermaz ione del suo valore che, collegata a quelle date in seguito a Zanzur ed a Misurata, nel giugno e nel luglio del 1912, fece conferire alla sua bandiera la medaglia di bronzo. Ancora una settimana più tardi , il 4 dicembre, si svolse la battaglia per Ain-Zara, durante la L}uale la Fanteria di linea potè segnare tra le più belle moti vazioni delle sue medaglie d'oro quella dell'eroico colonnello Giovan ni Pastorelli , del 40" Fa nteria che, recatosi sulla linea delL1vanguardia in un momento cstremanwnt c critico, col suo esempio animava e trasc inava i re parli del suo reggimento , sottoposti ad intenso fuoco 11c: 111icu c, sebbe ne ferito a morte, conservav:1 così piena padrona nz:i di si'- 1' così alto concetto J clb sua missione di comandante, che, quasi rnon:nte, prima di lasciarsi trasportare in un ospedale da campo. nel cedere il comando, incaricava il suo tenente col onnello di raccomandare a tutti l'onore ciel regg imento e della Bandiera, che egli ave va tenuto sempre alto . Con due mag nifici episodi, ndla giornata del 22 dicembre, si chiude la serie dei più bri llanti eroismi dd 1911 . Il capitano del 20·· Fanteria, Giampietro Marcucci-Polti, comandante di due sezio ni mitrag liatrici a Tobruk , improvvisamente attaccato, con la sua tenace resistenza diede tempo alle altre truppe di armarsi e di ricacciare il nemico e morì accanto aJ una mitrag liatrice che egli personalmente sparava . E Giacomo Caputo, sergente del 68? Fantt:ria, comandante il piccolo presidio di un blokhaus nelrimmediata difesa di Bengasi, furiosamente attaccato di notte, sul rovescio, dai beduini, nonostante la fitta oscurità e le perdite subÌte dal piccolo presidio (5 morti su 16 uomini), diede bellissima prova di calma e di fermezza e respinse l'attacco. Ferito una prima volta in faccia, seguitò a sparare ed a dirigere l'azione; ferito una seconda volta, non desistette dall 'incoraggiare i suoi soldati, rendendosi utile col distribuire loro le munizioni. A i due eroi venne conferita la medaglia d 'oro alla memoria.


_p o

Pn citare soltanto k più eloquenti prove di valore date dai Fanti nel 1912, ricorderemo la tanto contrastata presa di El Mergheb, dove il 27 febbraio 1'89" Fanteria ,, Salerno " ebbe tre medaglie d'argento al valore, cd il 6" reggimento « Aosta " arricchì l'elenco dei suoi eroi rnn la medaglia d'oro concessa al capitano Donato Somma, il quale, già di stintosi per esemplare coraggio nei precedenti rnmbattimenti a Koefia e ad Homs, lasciava la vita su El Mergheh, dopo essere riuscito a conquistare, con ammirevole slancio, le posizioni avversarie, costringendo il nemico a precipitosa fuga. Il 3 marzo, a Si.di Abdullah (Derna), furono i Fanti del 26° " Bergamo )' e del 35" ,<Pistoia » che meritarono alle loro bandiere la medaglia di bronzo. Fu g loria dd 35" reggimento il capitano Alessandro Guffanti, il tiuale, durante la battaglia, avendo saputo che una sezione di Artiglieria era per soccombere sotto un impetuoso attacco nemico, « con slancio leonino " - come dice la motivazione <lella sua medaglia d'oro - - " trascinava la sua compagnia a ripetuti attacchi alla baionetta, riuscendo a salvare i pezzi, e cadeva eroicamente, colpito a morte, g ridando: Viva l'ltfilia! "· Nove ,riorni dopo si ehhc la hrilbntc vittoria dell'oasi delle Due Palme~ dove a ljlldk per il valore collettivo sì uniscono tJUattro delle più splendide manifestazioni di va lore individuale. In l)udla batuglia, genialmente ed arditamente condotta da uno dei più valorosi e hrillanti Fanti coloniali , il gmerale Ameglio, b medaglia d'argento toccò, ben meritato premio per così aspra lotta, alle Bandiere del 57" reggimento ,, Abruzzi i, , del 63" "Cagliari ), e: del 79" " Roma "· E, fra i tanti caduti da prodi, ai quali fu concessa la medaglia dei valorosi, ben quattro meritarono quella d'oro: il capitano del 6f Fanteria Aristide Cornoldi che, sotto il violentissimo fuoco della fucileria nemica, primo a shnciarsi all 'assalto della posizione fortemente tenuta dall'avversario, nel momento in cui la conquistava, colpito in fronlc cadeva morto; il sergente maggiore Michele Speranza del f Fanteria che , dopo essersi comportato croicamenle in combattimento, sebbene ferito, si slanciava col proprio reparto all'assalto alla baionetta, dando splendido esempio di indomito valore fìnchè, nuovamente colpito al viso, cadeva da prode alla testa del suo drappello ; il sergente del 57" Fanteria Rizieri Serato che. ferito due volte, continuava a combattere fino all'assalto, nel tiuak. avanza ndo valorosamente, colpito Jal nemico con arma bianca alla gola, cadeva morto sulle posizioni conquistate ed, infine,


3~ 1

il soldato, anch "esrn del 57" Fanteria, Giosuè Cn:paldi che, noico nel combattimento, dava ai compagni continuo esempio di fermezza c di indomabile valore, fìnchè cadeva colpito a morte. Un bellissimo e molto significativo episodio di questa battaglia è registrato nelle memorie del 79'' reggimento ,, Roma " : " Il tenente Trani, alfiere del reggimento, nel momento nel llllale la battaglia raggiungeva il massimo d'intensità, sventolando :tlta la Bandiera, si lanciava all'assalto nel punto dove più mici diale <:ra la mischia e con la voce e l'esempio genrrav:i nei soldati un indescrivibile entusiasmo, che rese più vicina e più bella la vittoria. Si videro allora soldati con gli occhi luccicanti baciare il vessillo fatto più glorioso ~d affollarsi attorno agli ufficiali. li maresciallo Camillo Dall'Armi, di scorta alla Band~cra, mentre con la rivoltdla in pugno incitava anch'esso i soldati, fu ferito a morte alla testa e cadde. Ma il destino volle concedergli ciò che. in quell'attimo, il suo animo di valoroso sentì di più ardentemente desi dc-r arc: Yi vcrc ancora pochi istanti per imprimere sul tricolore il suo ultimo hacio di morente. Dal tenente Trani, infatti, g li fu portata a haciarc l:i Bandiera che egli aveva scortata, difesa e bagnata del ~uo san); Ut: generoso; e la Bandiera r,1ccolsc l'ultimo suo sospiro, lo avvolse 1H.:llc ~uc pieghe e gli portò la voce della Patria riconoscente n _ Nel giugno, a Zanzur, meritarono b medaglia d'argen to il 6"" reggimento della vecchia ,, Aosta " ed il 40·· " Bologna " , il Lluale ultimo, per c1uella giornata, annoverò fra i suoi eroi lo zapp:itore Ermenegildo Cantoni che, come abbiamo gi:1 avuto occasione di ricordare, (( nell'assalto alla baionetta delle trincee turche, dopo avere incitati i propri compagni all' avanzata, giungeva fra i primi sul nemico e, circondato da un gruppo di Arabi, ne uccideva due, ferendone un terzo; finchè, colpito in fronte da un proiettile sparatogli a bruciapelo, cadeva sul campo, vittima del proprio eroi smo ,,. Alla battaglia di Derna del 17 settembre, il [ hatt:iglione delJ'IJ " Fanteria « Casale ;, ed il II del 22" ,, Cremona», per la loro bella e gloriosa condotta, fecero conferire alle loro bandiere la med aglia d'argento; ed, il 20 dello stes~o mese, a Sidi Bila! , il 52'' Fanteria, che durante tutta la campagna si era prodigato in bellissime prove di valore, riaffermò la tradizione dei "Cacciato ri delle Alpi •> con la medaglia meritata alla sua Bandiera. Chiuse la serie delle ricompen se alle Bandiere il i' F,1nteria (( Cuneo )) , meritando la medaglia d'argento nel comhat timrnto di Sidi Garbaa (Derna), il 16 maggio del 1913. 22. -


X.

LE NOSTRE COLONIE DURANTE E DOPO LA PRIMA GUERRA MONDIALE La 111:co~it:'1 di prcpar;1rci alb prima guerra mondiale, alla LJUalc, cci ndu ~o il JUllo di Londra , dovc\'amo partecipare :rnchc noi, per compkt:1rc i"11nità e J'inJipendt"n za ddb Patria e per restituirle i n:1turali rnnJ ini, ci in1pedì di r:1fforz:1n: i nostri contingenti in Eritrc:1, in Somalia cd in Libia. Ma -- mentre in Eritrea cd in S0111:dia, a malgrado degli intrighi d egli em issari tedeschi, ben poco si free con tro di noi , per le vicende. ;1ttr:1vcr~o le quali ra~ Tafari riuscì a di ven ire Negm dell ' Etiopia, cd in Somalia le nostre truppe offr irono un notevole contributo alla lot t:i cor.tro : D c n ·isci gravi :11",Tnim ::n ti si n~rifìcarono in Libia , do\'t' i nostri presid1 Curono costre tti ;1 ripi egare sulla costa. Non appena Li Turchia decise di partecipare :11 conflitto, il Sul 1.1110 ~bo rncltu \' procbrnò la .. g uerra s:1nt;_i " cd agenti turchi, att r;_i verso l'Egitto, iniziarono un 'ef fìcace propaga nda e tentarono d i solle var(' rnnt ro di noi le popolazioni. La ri volt:1 ebbe inizio nel Fu.1.:111 , do1c una nmtr:1 c1ro1·an:1 1Tnne as•:ilita presso Bir el Fatia. G ravi incidenti si verifi carono anche sulla linea Sirte · Socna · Scbba ed il Governo della Colonia dovette preoccuparsi per le nostre truppe, suddivise nei molti presidi', a ·volte senza la possibilità di essere rifornite di viveri e di munizioni. li 6 110\-embre fu necessario raccogliere i presidi del Fezza n, mentre b ri volt :1 ~i estendeva anche al territorio dello Sciati ed i Capi si ribelbv:1110, riuscrndo a fare rientrare in Tripolitania i rivoltosi, già da noi costretti a lasciare il territorio della Colonia. Allora il colonnello ~1i:ini concentrò le sue truppe a Brach col propositu di marci art' verso lo Sciati ; ma i ribelli si impadronirono del nostm Corte presso Scbb:1 cd il Miani dovette np1egare su Socna. lnt:11110 i nostri presid1 venivano attaccati: quello di Lcbani dovette arrendersi; quello di Murzuch potè ripiegare su Soma; ciudlo


di Ghat dovette cercare rifugio oltre il confine con la Tunisia; mentre la colonna Miani, il 25 dicembre, dopo avere combattuto ed essc.:rsi ridotta, per le gravi perdite, ~11la forza di 40 ufficiali, 100 soldati metropolitani, 780 ascari eritrei e .200 libici , raggiungeva Mi ~urata. Abbandonato il Fezzan, il Governo della Colonia avrebbe voluto tenere la linea marginale del Gebel e la zona avanzata di Beni Ulid, Mizda e Gadamcs; ma i ribelli interrompevano le comunicaz ioni, assalivano le nostre.: carovane e minacciavano i nostri presidì; mentre la rivolta si estendeva al Garian. al paese degli Orfelb ed :tlla Gefara. Nostri reparti vennero allora inviati a Nalut, sostennero qualc he combattimento senza conseguire durevoli risultati e. per l'agg ravarsi della situazione, fu necessario richiamare i presidì più lontani cd ordinare lo stato d'assedio. Nella speranza che si trattasse di episodi locali, vennero inviate truppe e bande a Gacla mes, a Sinauen , a Sirte; ma si ottenne soltanto t}uakhe successo momentaneo e, per !"estendersi del l 'insurre,:io ne, altri pn:sit!, dovei tno hcn presto ri piegare verso la costa. P ..:r affermare il nu~lro pr<.:~li~io, dfdlt 1.t1111,1...111 Llt ~· .t/.Ì11llÌ .1 , ud di Mizcb e nella Sirtica. All'uadi Marsit una colonna al comando Jel colonnello Gianinazzi, pur an~ndo co mbattuto \':ilorosamcnte, do\'ette ripiegare decimata a Mi zda. Nella Sinica il colonnello Miani , con un battag lione bersag lieri. uno eritreo. uno libico, ali(JUOte delle altre Armi cd alcune bande non del tutto sicure, m osse da Bir el Ghedahia, giunse ai pozzi di Bu Scenaf e riprese la marcia verso Csar Ru Hadi, dove, attaccate dai ribelli. mentre alcune bande si disperdeYano, le nostre truppe, compreso il battaglione libico, resistettero valorosamente per essere poi costrette dalla preponderanza nemica a ripiegare su Sirtl'. La riYolta si estese. intanto, a tutto il Gcbcl. Tarhuna e Beni Ulid vennero circondate dai ribelli ed una nostra colonna dovette partire da Azi zia in loro soccorso ; ma gli Arabi la fermarono all'uadi Milga ed in suo aiuto fu necessario inviare ancora il XV battaglione eritreo, due compagnie di Fanteria cd una batteria da montagna. Queste truppe, al comando del tenente colonnello Billia , raggiunsero Li prima colonna e l)Uindi Tarhuna; ma la situazione non migliorò. I nostri rifornimenti caddero in possesso dei ribelli ed una nuova colonna, comandata dal tenente colonnello Mo nti, venne attaccata a Sidi Ulid e costretta a ripiegare. Un'altra colonna, forte


.F4 di tre battaglioni. ai L1llali pot s aggiunse il IV eritreo, al comando del colonnello Cassinis, dovette sostare ad El Gusbat. Il 16 giugno - poichè il presidio di Tarhuna avrebbe tentato una sortita due giorni dopo --- il Cassinis marci<Ì su Csar Daun per attirarvi i ribelli, mentre altn: colonne da Azizia e da Ain-Zara dovevano facilitare b sortita da Tarhuna. Il tentativo fallì ed il presidio Ji Tarhuna, uscito dall'abitato, venne attaccato dai ribelli. Esso era composto di un battaglione dell'82° Fanteria, del XXII battaglione bersaglieri e dd XV eritreo. Tutti si batterono valorosamente; nostri rep;~rti vennero decimati ed il XV battaglione eritreo Lluasi interamente distrutto. Nel combattimento, mentre curava i feriti, cadde anche la signora Maria Brig henti, che sperava di raggiungere il marito. as~eJiato a Brni Ulid. L ' impossibilità di sostenere le forze disperse - scrisse il Gaibi ( 1) - - si faceva sempre più evidente e fu, purtroppo, necessario abbandonare a se stesso anche il presidio di Beni UliJ, comandato dal valoroso maggiore Brighcnti, presidio che fu costretto poco dopo ad arrendersi, dopo tenace e valorosa resistenza (2). Anche ad occidente gli e\'cnti non si svolgevano di certo a nostro favore. Il 5 giugno venne att:1ccato il presidio di Sinauen ed i nostri , bloccati nel castello, tentarono una disperata sortita cd in parte poterono mettersi in salvo al di là del confine tunisino; ma in tal modo rimasero interrotte le comunicazioni fra l'altopiano e Gadamcs . La notte sul IO giugno, di sorpresa, venne catturata la banda indigena che presidiava il posto di El Auenìa. Il 13 \'enne attaccato il presidio di Riàina, che riuscì a ritirarsi con gravi perdite; il 26 il presidio di C abào fu costretto a ripiegare su El Giosc. Truppe inviate in soccorso da Nalut dovettero farvi ritorno ed anche il presidio di El Giosc fu costretto a ritirarsi, mentre il distaccamento di Cabào, isolato e costretto ad aprirsi da solo la via, subìva gravissime perdite. Dopo pochi giorni anche la compagnia che presidiava El Zintàn venne catturata dai nemici, dopo avere opposto un'accanita resistenza. In seguito a questi avvenimenti . anche_le comunicazioni coi presid~ del Gebcl rimasero interrotte e le truppe inviate dal Garian a

i

(1) GAIBI: « Storia Jelle colonie italiane )•. (2) Alla memoria del maggiore Brighenti, morto in prigionia, e della sua eroica moglie fu concessa la medaglia d'oro al valor militare.


3 -., )rioccupare Cabào dovettero np1 egare, dopo un accanito combattimento, svoltosi a Bir Cherdmin. Nel Misuratino, ai primi di maggio, dovette ripiegare la sta'l,ione carabinieri cli Zauiet el Mahgiùb e pochi giorni dopo venne bloccata Tauòrga, mentre le forze ribelli , in sediatesi a Zarrùgh, intercettavano le comunicazioni tra Misurata Marina e Misurata Città. Per ri stabilire le comunicazioni, due colonne, appoggiate dalle :1rtig lierie della nave Bausan, partirono il 24 maggio rispettivamente da Misurata Marina e da Mi~urata Città e riuscirono a collegarsi.

Il campo della

colc 111111

Ta.,.-oni a Ciro1t·.

li 28 maggio ven ne dato l'ordine di forzare il blocco attorno a Tauòrga, affìnchè quel presidio potesse ritirarsi. Una colonna, forte di tre battaglioni e di un gruppo di Artiglieria, avrebbe dovuto occupare Fondugh el Geme! ed ivi attendere il presidio di Tauòrga; ma, arrestata dai ribelli a circa 4 chilometri da Fondugh el Gemei. alL1lba del 29 la colonna fu costretta a ripiegare su Misurata, mentre il presidio di Tauòrga , che si era intanto mosso verso Fondugh d Gemei, non appena seppe che la colonna di soccorso si era ritirata. marciava verso la costa e la raggiungeva, sia pure in pietose condiz1on1. La rivolta entrava intanto nella sua fase risolutiva. Al principio - continua il Gaibi - i ribe lli avevano agito se mpre in vi~ta di interessi locali e principJlmentc col miraggio della razzìa; m ;1 a poco a poco la loro ;.tttività si era venuta disciplinando


e, sotto la guida dei notabili piD influenti, essi si accingevano a· scacciare le nostre truppe dal ciglione del Gehel. Dopo il combattimento di Bir Cherdmin il nemico tornò ad occupare i pozzi della località, imponendoci la necessità di sgomberare Chicla (5 giugno). I presidi di Nalut e di Jdren erano isolati. I ribelli cominciavano ad irrompere nella Gefara e ad intercettare le comunicazioni. Il Garian, minacciato da ogni parte, non poteva resistere a lungo e, purtroppo, occorreva abbandonare anche quelle località che avevamo già conquistato con tanti eroismi e con così generosi sacrifici di sangue. Ancora più grave doveva divenire la nostra situazione con I' andare del tempo. Misurata, stretta sempre più da vicino dai nemici, restava separata dalla sua base di rifornimento Zliten; il Sahel di Homs veniva battuto dai ribelli; lo stesso Fondugh ben Gascir, alle porte di Tripoli, era gravemente minacciato e le nostre pattuglie di carabinieri e di zaptiè venivano assalite dovunLJllt'. Oate le gravi circostanze di cui sopra, il 5 luglio il Governo dovctt<.: ordinare il ripiegameulo ver~o la <.o:.la di lulti i presid\ ddl'intcrno e le truppe decimate raggiunsero fra gravi difficoltà i pochi punti della costa rimasti ancora in nostro possesso. li presidio di Jefrcn iniziò il ripiegamento su Zauia la sera del 6 luglio, abbandonando gran parte del materiale mobile. Il presidio di Fassato, che doveva ripiegare egualmente su Zauia, vi giunse dopo avere subìto gravi perdite. Il presidio di Nalut si mise in marcia verso Dehibat, ma prima di raggiungere tale località venne attaccato e soltanto pochi dei nostri riuscirono a riparare in territorio tunisino. Il presidio del Garian, forte di oltre 4.400 uomini e fornito di 20 bocche da fuoco e di abbondanti munizioni, iniziò il suo ripiegamento per Hanscir e! Abiad su A:z;izia il 5 luglio e raggiunse Tripoli il 9 successivo, senza alcuna molestia. li 16 vennero sgoml>rate Azizia e Sirte; il 7 Zuara e Zauia; il 5 agosto Misurata. Poe?_ dopo anche il presidio di Gadames potè ripieg:ire in territorio tumsmo. Al 1" gennaio 1916 la nostra occupazione era ridotta alle basi costiere di Tripoli e di Homs. In tale ultima località ci trovavamo chiusi tra i reticolati ed a Tripoli la nostra linea di difesa si estendeva da Tagiura a Garg:iresc


La nostra situazione era dunllue ben graYe ed il nostro prest1g10 l ompromesso; ma anche in quei giorni le nostre truppe diedero luminose prove di ardimento e di valore.

In Cirenaica, come gii1 si

è

accennato, nella seconda m e tà del

1914, alla vigilia dello scoppio della guerra mondiale, si era dovuto ,ospendere l'operazione già progettata per chiudere la frontiera orientale e per impedire il contrabb-ando, dando un colpo decisivo :i lla ribellione, che veniva efficacemente alimentata attraverso l'Eg itto con uomini, armi, denaro e soprattutto con viveri. Fu ncces~;irio ricorrere a colonne mobili e, specialmente sull'altipiano centrale, si svolsero molti fatti d'arme, senza un legame apparente, nè uno scopo ben definito. Notevoli i combattimenti di Bir cl Grciat (6 agosto), di Bu $cimai (11), dell'uadi Bclgarraf (15), dell'uadi El Agba (28); la distruzion e dei ca mpi di Csa r Lareigia (29), di Csar c.:I Bcnìa (30), di El Caulàn li (9 settembre), i fatti d'arme di Gèrdes Gcrràri (22), di Csar el Mal (23), di Es Sulbìa (25). In seguito alla proclamazione delia " gunra ~anta ", ì"aggressività dei ribelli, incoraggiati anche da.Ile notizie della dilagante ri volta in Tripolitania, aumentò se nsibilmrn tc, manifestandosi con una serie di razzìe, atti di brigantaggio cd attacchi alle ca rovane cd ai piccoli presidi isolati. Le nostre truppe, benc hè assai diminuite di numero, in seguito al richiamo in Italia di molti reparti in con~eguenza della situazione internazionale e dell'intervento d ell'Italia nel conflitto mondiale , reagirono energicamente. Merita in proposito una particolare menzione il combattimento di El Hagheifàt , sm tenuto da una colonna mista, agli ordini dc:l gene rale Moccagatta che, attaccata il 9 marzo 1915 da 1.500 ribellì, mentre marciava verso l' uadi El Gamra, li contrattaccò e costrinse alla fuga, uccidendone 159, mentre noi ebbimo un capitano e 25 soldati morti e 2 ufficiali e 64 soldati feriti. La stessa colonna il g iorno 1 r attaccò i ribelli trincerati sulle alture di Siret el Maczìl e li inseguì fino oltre l'accarn pamento de li 'uadi El Gamra, c he ven ne distrutto. Con tutto ciò la situazione in Cirenaica rimase sostanzialme nte immutata; senonchè. il precipitare degli avvenimenti in Tripolitania cd il richiamo di parecchi battaglioni in Italia indussero il nostro Comando a ric hiamare, nel gennaio 1915. verso la costa alcuni presidì più esposti.


Nd gennaio H'OIKro, infatti, sgombrati Jallc nostre truppe Umm cr Rzèm, 8u Gassàl, Maraua, Slonta ed Agcdabia. Essendo in seguito la situaz ione in Tripolitania ancora peggiorata e, d'altra parte, avendo l'_Italia iniziato le ostilità contro l'Austria ed occorrendo '-luindi concentrare og11i sforzo alla frontiera n:izionale, alla fìne di m ..H!.oio venne sQombrato anche il jJresi<lio di Esc Scleidìma; nel giugno l)l1dlo di U mm esc Sreclùncb; nell'a~osto quello di Zuctina ..._..; - ,

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1101/unlll.

e, finalmente, nell'ottobre t]uelli di Tecnìz, El Gsur, El Gùba, Ain Mara, El Abiar, Martuba e Sidi Garbaa. Questo nostro ripiegamento, bcnchè non imposto dalla situazione locale, \'enne interpretato dalle popolazio ni come l'inizio dell'abbandono totale della Circnaic 1 e t}uindi incoraggiò i rivoltosi contro di noi. Per conseguen za, durante la prima guerra mondiale, la nostra attivid militare in Libia rimase dapprima, come :1bbiamo già detto, limitata alla difesa ddle coste ed all ' uopo ,·enne rioccupata Zuara, Ja dove poi una nostra colonna andò a disperdere i ribelli, che si erano raccolti nell 'oa~i cli El Agdàt, con un successo che, purtroppo, non po tna mutare la nostra precaria situazione, mentre tutti i nostri sforzi doveva no essere rivolti contro l'Austria.


Giunto in Tripolitania El Baruni, la ribellione e la resistenza 1 nn tro ritalia presero nuovo vigore cd un Comando turco , coadiu\'ato da ufficiali tedeschi, si stabilì a Misurata. N el gennaio del 191ì una colonna d i 4 hattaglioni eritrei, di I h.1ttaglione del Bcnàdir e di alcune bande, raccoltasi a Zuara , avrebbe dovuto percorrere la costa da Zuara a Tripoli per mettere in fuga 1 ribelli c he l'occupa vano e ri stabilire le comun icazioni fra i due abi1.1ti; ma, dopo avere combattuto a Gedida e ad El Agelàt. la colonna dovette rientrare a Zuara senza a ver assolto il suo co mpito. Analoga sorte toccò, nel m ese di marzo, ad un 'altra nostra colon na al , omando del ge nerale Cassinis. che a Dor:rnìa dovette accanitamente combattere contro circa 4.000 ribe lli. Il tentati\'o di r istabilire le comunicazio ni fra Tripol i e Zuac1 e di occupare Sidi Bila] venne ripetuto anche ai primi d i settembre n l, all'uopo, il presidio di Tripoli doveva concorrere all'azione di un'altra colon na, an ch'essa. agli o rdini del generale Cassini~. Que\t:1 u,lo nna battè più volte i ribelli e riuscì a raggiungere Tripoli, d:i dm·e si recò verso F o ndug h he11 G:1 ~c ir. cmtr inge ndo ~li .\r:ihi :1 ri piegare verso Azizia. Qu:rndo la vitto r ia del Piave fece ~pcr:irc pro,sim :1 l:1 li 11e dell:i :! Uc rr:1 in Europa, la nostra atriYit?1 111 il i1:1rc ,·rn11c ripresa in Lilii.1: ma con incerto successo.

Conclusa la g uerra in E uropa, l'Italia - che gli alleati :1 veva no esclu sa dal partecipare alla spartizione delle Colonie tedesc he -- . chieff i compensi coloniali pn:Yisti dal patto d i Londra; ma l' Inghilter ra si limitò a promettere la cessione della sponda destra del Giuba in Som alia e, solt:.into nel settembre del 1919, la Francia si decise ad una lieve rettifica del confine tra la Tripolitania e la Tunisia. Intanto, nel 19 19, per tutelare il nostro prestigio. noi avevamo invi:ite in Libia note\'oli forze. In Tripo li ta nia Ycnnero costitu ite le Divisioni 38· ed 81 ' e sbarcò anche la 1' Di\'isionc d'assalto. Queste truppe erano impazienti di ristabilire la situazio ne a nostro fa\'ore. quando venne concluso con gli Arabi un accordo, che concedeva loro note voli vantaggi ed anche l'istituzione di un Parlamento . Questi generosi provvedimenti, considerati dai ribelli co me un:1 prova della nostra debolezza, non fecero cessare gli :1tti d'c1stilit;1 e le condizioni della Colon ia rimasero precarie.


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Alla fine del 1921 - scrisse il Gaibi nell'opera già più volte citata --- la situazione della Tripolitania era la seguente: •< Il nostro potere era effettivo soltanto sulle popolazioni delle oasi costiere di Tripoli, di Homs, di Z uara e delle immediate vici11anze di Azizia. Nell'interno, alla coalizione contro di noi avevano aderito le popolazioni della Sirtica, di Misurata, Zliten, Sahel, Mscllàta, Tarhuna, El Carian, Nuàhi el Arbaa, Usccffàna, El Asàbaa, Rogebàn, Zint;rn e la Gcfara di Zauia. Si era così venuto costituendo, sotto la denomin:izione di "Comitato delle riforme ,i , una specie di Governo, presieduto da Ahmed bcy cl Mràicd , capo dei Tarhuna. Per non essere gettati in mare, si dovette reagire cd intraprendere, con poche migliaia di uomini, t]Uella restaurazione della nostra sovranità che non si era voluto attuare prima, quando si disponeva di un Corpo d'Armata di truppe agguerrite. Il conte Volpi, nuovo governatore della Colonia, decise, infatti, di uscire dall' umi liante situazione nella quak ci trovavamo e si procedette alla rioccupazione di Misurat:1 Marina ed alla riconquista della Tripolitania occidentale.


Xl.

LA RICONQUISTA DELLA LIBIA

Abbiamo già desc ritto, nel capitolo precedente, le precarie condizioni nelle Lluali era rimasta la Libia dopo la prima guerra mondiak. Non appena i vuoti lasciati nelle nostre forze dalla lunga g uerra si furono colmati e la nazione, fiera della vittoria comeguita, riprese la sua vita normale, bisognava ristabilire il nostro saldo dominio in Eritrea, in Somalia e specialmente sulla quarta sponda, data l'opportunità di usufruire della nostra Colonia più vicina: sia pe r inviarvi l'eccesso della nostra popolazione, sempre in continuo :iumento; sia per imprimere un ritmo più rapido :il progresso di quelle popolazioni. Per quanto riguarda l'Eritrea, dove il nostro dominio durava da 1a nti anni e le popolazioni ne riconoscevano i molteplici benefici , non si verificò alcun avvenimento degno di particolare menzione, salvo il terremoto che, nel 19:21, distrusse Lluasi completamente Massaua. In Somalia, dove ~i attende va ancora che l'Inghilterra ci cedesse, come aveva promesso nel 1919, la sponda destra del Giuba, n o i favorimmo le operazioni inglesi contro i Dervisci fino al 1920 e cioè alla completa di sfatta dd Mullah. Negli anni 1925 - 1926 furono svolte in Somalia, come abbiamo già ricordato, importanti operazioni militari, allo scopo di riaffermare l'autorit;, dello Stato e di garantire la sicurezza nel territorio dei Sultanati di Obbia e dei Migiurtini e dell'interposto Nogàl. In ottobre vennero occupate sulla costa Hordio, Alula, Brnder Beila e Barga!. Il 1° novembre i nostri si spinsero sino a Bcndcr Cassin; il 25 ~i combattè a Faro Crispi; il 2 dicembre ad Hafùn. Vennero al tempo stesso condotte le operazioni per l'occupazione del territorio di Obbia e caddero in nostro possesso: il 12 o ttobre la sede del Sultanato; il 31 Gallacaio; El Bur venne ripresa il 27 dicembre . Il 31 i ribelli furono sconfitti a Deba Dire; il 2 gennaio 1926 a Goholc, il q a Scill:rne.


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Sottoposto così il territorio di Obbia, si affrontò la Migiurtinia. Il 20 marzo si sbarcò a Garad e si ocrnpò Geriban; il 13 aprile un'altra colonna sbarcc', a Bardadk. li 19 le due colonne conquistarono Eil; mentre, più all'interno, venne raggiunta Callis. Disarmato il Nogàl, si ripresero le operazioni al nord, lungo la \'a lle del Darror. In proposito, il gcwernatore dell'epoca ebbe a scrivere: ,, Nel primo anno fu sgombrata la via agli ostacoli passi\'i ... Nel secondo anno 1925 .. . abbiamo chiuso il confìnc verso l'Abissinia ... abbiamo

Obbia.

in1Z1ato, con la COllLJUisra della Somalia settentrionale, una delle più belle e delle più dure imprese coloniali. Nel 1926 portiamo a termine LJUesta dura e bella impresa, donando trecentomila chilometri quadrati Ji territorio alla P;1tria che, a malgrado delle carte, non osava affermare neppure essere suo e non l'aveva mai prima neppure vi~irato. Chiudiamo cusì e pn sempre altri mille chilometri di confine terrestre con una catena di :1rmati che f:t buona buuardia "·

La riconquista della Tripolitania. Nel 1922 di\'cnnc ancora più manifesta la necessità di una più forte politica coloniale e si pensò di ristabilire, con la necessaria energi:1. il nostro prestigio cd il nostro dominio in tutta la Tripolitania.


Secondo il Gaibi (1), all 'inizio delle: operazioni, le nostre forze: d isponibili in tutta la Colonia erano: 4 battaglioni n.izionali (I e II volontari), 1 battaglione del 241 " Fanteria, 1 battaglione presidiario, .i battaglioni libici (I, Il , V , VI), 2 battaglioni eritrei (VIII e X), 4 battaglioni misti (XVII , XVIII, XIX, XX), 3 squadroni savari, 3 gruppi spahis, 3 batterie, 1 batteria da montagna nazionale, 2 batterie da montagna libiche, 1 squadrone mchari ~ti , 8 autoblindo mitragliatrici. La prima decisione fu di sbarcare il 26 gennaio 1922 un Corpo di truppe a Misurata Marina. Gli Arabi si opposero con k armi e, mentre tentavano di ricacciarci in mare:, incitavano alla rivolta le popolazioni della Tripolitania occidentale. Si cominciò col rioccupare Tarhuna, dove, con marcia con vergente, si riunirono tre colonne nostre, partite ri spettivamente da Tripoli, dal Garian e da Azizia. Le operazioni si svolsero dal 29 gen naio al 6 febbraio ed ebbero pieno successo. Merrtre le nostre perdite compkss i,T fu ro no di 47 morti e ::qo feriti, i ribelli ebbero 1 .500 uomini uccisi. Il 9 febbraio intanto veniva interrotta ia fr rrov ia di Aziz ia e nel marzo successivo quella di Zauia, in m odo che quei presidi rimasero isolati e bloccati. Nell'intento di non dare tregua ai ribelli, il governatore della Colonia, non appena riposate le truppe, volle che si procedesse anche alla rioccupazione di Zlitcn e del territorio di Misurata. A raggiungere lo scopo, furono destinate due colonne : una al comando del colonnello Pizzari e l'altra al comando dell'allora colonnello Graziani. Mentre il gruppo Pizzari doveva marciare su Zliten da ovest, il gruppo Graziani doveva raggiungere la stessa località da sud, minacciando il fianco cd il rovescio delle comunità ribelli , che avessero tentato di opporsi al\ 'avanzata del Pizzari. Iniz iata la marcia il 21 febbraio, la colonna Pizzari sorprendeva ad El Hamman 800 ribelli, volgendoli in fuga e respingendo un loro ritorno offensivo. Nel pomeriggio la colonna si trovava già sulla carovaniera Homs - Zliten, mentre il gruppo Graziani ragg iungeva, senza incontrare resistenza, C sar el Dauun. Il giorno dopo la colonna Pizzari , dopo aver combattuto accanitamente, disperse 2.000 ribelli e continuò la marcia verso Zlitcn, (1 ) G,1rn1 , op. cir.


3 3-! che venne raggiu nta nel pomeriggio del 23 febbraio. La colonna Graziani, dopa avere anch'essa combattuto ed avere occupato Csar cl Gatàr, occupava le alture di Magcr, a sud - est dell'oasi. Il giorno 25 le due colo nne ripresero la marcia e r agg iunsero Misurata . Le nostre perdite ammontarono a 21 morti e 11 9 feriti ; (] uelle dei ri belli si calcolarono in 150 morti .

.Hùuratri .

N ella seconda ljUÌndicina dd m ese di apri le del 1922, i ribelli erano dislocati: - - ad O\'CSt di Zanzur : 700 uo mini (di cui 100 cavalieri) ; zo na Z:111 zur - Saiiad - G argùsa: 500 (200 cavalieri) ; a Su~ini Beni Aden: 700 (500 cava lieri); a Fondugh ben Gascir: 1.200 (150 cavalieri); ad A z izia : 1.000 (250 cavalieri); ad est del Mege nin: 400 uo mini; a Bir T errina : 3 0 0 ( 100 cavalieri). Il nostro programma, a grandi linee, era il seguente: - in un primo momento : sblocco dei presidì di Zauia e di Azizia e difen siva nelle altre zone ; in un secondo tempo: offensiva nello scacchiere occidentale (sud z uarino), al duplice scopo di po rre piede sull ' altopiano e


335 riportarvi i berberi; in seguito sv iluppare l'azione per la nocrnpa1.ione graduale del territorio. L'attuazione della prima parte del programma si svolse con celere cd energica manovra per linee interne che, perno il forte di Sid i Bila], portò tutta la massa di truppe disponibili prima (16- 23 aprile) contro il nucleo nemico di Zauia, alla quale azione concorse anche efficacemente una colonna proveniente da Zuara (colonnello G raziani); poi contro il nucleo di Azizia (29 - 30 aprile). Vi parteciparono i seguenti g ruppi: - Couture (poi Pizzari): 2.000 fucili , 80 cavalieri, 4 pezzi; - Graziani: I .250 fucili, 80 cavalieri, 4 pezzi; Bclly: 1 .250 fucili , 80 cavalieri, 4 pezzi; - Gallina: 1.400 fucili, 100 cavalieri, 250 meharisti , 2 pezzi; - I moda : 300 cavalieri. Disegno operativo: avanzare da Tripoli - Zanzur - Sidi Bi lai su Suàni Beni Aden; attaccare i ribel li ; spingere una colonna leggera (G raziani) su Azizia, per riunirsi a qud presidio: yuindi puntare su Fondugh esc Scerif e Fondugh ben Ga~cir. per completare . con un avvolgimento da sud, la rolta dei ribelli. La geniale cd :1rd ita manovra riuscì appieno ed, in :w g1on11, lt:cc de h111t1 v:nne nt c tra1r1011t :1rc ogni volontà di rivolta nella Gefara di :\ zi zi;1. Nelle azio ni di cui sopra noi do,-cmmo lamentare : 72 morti, 192 feriti, 15 dispersi; mentre i ribel li ebbero complessiv:11nenl e 740 uomini UCC1S l. Raggiunto in tal modo il primo obbiettivo pol itico - militare imposto dalla situazione generale, il Governo, ad evitare che i ribelli potessero riorgan izzarsi, decise senz 'altro l'inizio della seconda fase della campagna, che portò le nostre armi :illa rioccupazione del Gebel Nefùsa. Parteciparono all'azione i gruppi: - Pizzari (1.600 fucili, 200 cavalieri , 4 pezzi) ; - Graziani (_).ooo fucili , 3 00 ca\'alieri, 2 pezz i); - Gallina (1 .400 fucili); -- Belly ( 1.400 fucili , 100 cavalieri, 4 pezzi). Il compito principale era affidato al gruppo Graziani che, muovendo da Zuara, doveva in un primo tempo occupare El Giosc e ricondurre sul Gebel occidentale le popolazioni berbere ed , in un secondo tempo, marciare su Jefren . Compiti sussidiari dovevano svolgere gli altri g ruppi . e cioè: ~uello Pizzari dalla base di Bir el Ghnem doveva puntare su Jefren


e yucllo Bdly, che dalla base di Azizia doveva avanzare su El Garian. La scalata del Gebcl si dfettuò da El Giosc, dove il 12 giugno le mehallc di Mohamed Fighèni, dopo a,·er inutilmente opposto resistenza, furono battute dal gruppo Graziani. Occupata El Giosc, una colonna veniva dal colonnello Graziani spinta , nella notte del 14, sul Gebcl, con l'ordine di muovere il 19 su Giado ed occuparla. Senonchè i ribelli, battuti ad El Giosc, risalirono il Gebel allo scopo di chiudere i passi montani. Ne conseguì , il 18, un violento combattimrnto ad Es Slamàt, che finì con la rotta completa dei ribelli , che ve nnero insegu iti per tutta la notte. Giado venne occupata il 19 mattina e, dopo pochi giorni, le truppe del colonnello Graziani rioccuparono anche Cabào e Nalut. Totale delle perdite: nos: rc, 31 morti, 97 feriti, 12 dispersi; dei ribelli: 580 morti. Scalato l'altopiano, occupato Giado e Nalut, dove i fedeli berberi fecero ritorno , niente poteva più ostacolare la nostra avanzata verso est, avanzata necessaria per rioccupare tutta la Tripolitania in hreve tempo e per provvedere al benessere della poPolazionc. Partc:..:ipÒ all'azione, oltre: al gruppo Graziani (4.000 fucili, 300 cavalieri, 4 pezzi), anche il g ruppo Pizzari (2.200 fucili , 300 cavalieri, 2 pezzi). Il gruppo Graziani doveva avanzare su Jdren cd attaccare i ribelli , intercetta ndoll(;, con movimento avvolgente da sud, le lince di comunicazione verso El Gari:rn e Mizda e respingendoli verso nord , nella Gdara, dove il gruppo Pizzari doveva completarne la disfatta. li colonnello Graziani, mosso da Giado, sorprese e sgominò i ribelli ad Urnm el Gersàn cd a Soffit, occupando saldamente Jefren (2r ottobre). 11 successivo 31 ebbe luogo a Tagma il collegamento dei due gruppi operanti e tutta la regione rimase in nostro definitivo Potere. Totale delle perdite: nostre, 19 morti, 11:2 feriti; dei ribelli, 230 morti.

Terminata, dopo pochi giorni dalla sua occupazione, la sistemazione politico - militare della zona di Jefren, il Governo decise di non dar treg ua ai ribelli e di procedere alla immediata rioccupazione dd Garian.


337 Parleciparono all'azione i gruppi: - Graziani (4.500 fucili, 350 cavalieri, 4 pezzi); - Pizzari (2.200 fucili, 300 cavalieri, 2 pezzi); '- il gruppo di Azizia (450 fucili). Il primo doveva marciare su El Garian, avvolgendolo da sud e da est, in modo da tagliare ai ribelli la ritirata verso la Ghibla e da impedire l'accorrere di eventuali rinforzi da Tarhuna; il secondo doveva minacciare El Garian, guardando gli uidiàn che vi accedono da nord. Contemporaneamente azioni dimostrative verso Tarhuna dovevano tenere in rispetto i ribelli da quella parte. L 'azione si svolse nei giorni 15 e 16 novembre e nelle prime on: del 17 il gruppo Graziani occupava El Garian. '!"otalc delle perdite: nostre, 16 morti , 34 feriti; dei ribelli: 200 lllC rtl.

Si procedette, L}Uindi, alla rioccupazione di Gadames, di Mizda

e di Sirte e, nelle operazioni relative, si distinsero i reparti libici, che combatterono sempre con valore e dimostrarono la loro fedele devozione ali 'Italia. Nel luglio 1925 il Governo d ella Tripolitania renne assunto dal generale De Bono.

La riconquista della Cirenaica. Per quanto riguarda la Cirenaica, lo Statuto concesso alla Libia, pur dando luogo alla costituzione di una specie di Parlamento, non modificò la situazione e l'opposizione al nostro dominio, fomentata dalla Senussia , si affermò sempre più forte. Nel 1920 era stato anche tentato un accordo col Senusso; ma egli non osservò i patti stabiliti e fu necessario rinnovare l'accordo nell'ottobre 1921; ma, per quanto fossero stati dati al Senusso 2.000.000 di lire in oro, egli, nel dicembre 1921 , rispose all'appello rivoltogli dai ribelli della Tripolitania, ai quali il Scnusso, volendo estendere la sua autorità anche sulla Tripolitania, promise la sua solidariet;1 ed incitò gli Arabi ad atti di ostilità contro di noi. Per conseguenza anche in questa parte della Libia si resero ben presto evidenti gli effetti della nostra inutile politica di conciliazione. Per procedere più energicamente contro i ribelli anche in Cirenaica, il 30 gennaio 1923 il Governo militare della Colonia venne assunto dal generale Bongiovanni, il quale procedette alla soppres23.


sione dei c:impi misti ed il 6 marzo proclamò lo stato d'assedio in Cirenaica, denunci-anelo la slealtà della Senussia, che non osservava i patti già conclusi con l'Italia. Dopo alcune operazioni di rastrellamento, vennero ripristinati alcuni presidi in località già abbandonate nel 1915 e gli Arabi furono costretti a sgombrare il Sud-Bengasino. Quindi si decise di muovere contro Agedabia, quartiere generale del Smusso. Vennero destinati all'impresa 7 battaglioni di Fanteria, 5 squadroni e 3 batterie che, divisi in 4 colonne, il 31 aprile conversero su Agedabia, dopo ;1\'Cre superato le resistenze incontrate. Nel g iugno vennero attaccate dai ribelli una nostra colonna leggera cd una colonna di rifornimenti (Marsa Brcga) e noi ristabilimmo l:i situazione dal 22 agosto al 5 settembre, con alcuni vittoriosi combattimenti (Bir Bila]). Nel 11)24 s"iniziarono le operazioni per la ricom1uista del Gebel. 11 generale Pizzari con due colonne raggiunse Tecniz e (1uindi Gèrdcs, (fa dove mosse per attaccare il campo dei ribelli a Umm el Giuahi. Dopo un brtvc combattimento, i nemici vennero messi in ( ug:1. (Jui11Ji si procedette aìla rÌOlCUJ);1z1nnc del Gebcl e k nostre truppe, d opo avere impeg nato g li /\rabi in dodici combattimenti, potero no rientrare a Ci renc. La nostra energ ica azione arrestò così il dilagare della rivolta; ma n u n decise la situazione, puicliè, no n appena le nostre truppe rientravano alle basi, le bande dei ribe lli ricostituivano i loro campi. 11 24 maggio 1924 venne chiamato a governare la Cirenaica il generale Momhelli, il l)ll:ik, ;isrnnto il comando effettivo delle truppe, co nccntrò le nostre forze sul Gebcl e prese tutte le misure per imprimere alle o peraz ioni un andamento più rapi.do. Infatti le nostre truppe occ uparono Csa r d Benia ed inflissero ai ribelli gravi perdite. Ma l'efficacia dei provvedimenti attuati dal generale Mombelli d ovn ·a più chiaramente rivelarsi durante la campagna del 1925, che ebbe iniz io nel mese di febbraio col rastrellamento del Gcbcl ccntr:ile, effettu;1to dai nostri gruppi mobili , i quali, per ottenere più sicuri successi, aumentati di forza, usufruendo di ben maggiore autonomia e comb:mendo in varie località, riusci rono a por fine alla ribellione. Nel dicembre 1925 venne firmato l'accordo con l'Egitto circa b frontiera orientale della Cirenaica e si potè quindi provvedere ad


339 una più stretta vigilanza del confine cd alla soppressione del contrabbando, che aveva alimentato fino allora 1:t ribellione. Durante la campagna del 1926 veniva occupata l'oasi di Giarabub ed, all'uopo, due colonne, aventi rispettivamente per base Tobruk e Porto Bardia, vennero inviate alla conquista dell'oasi. La colonna, composta dai battaglioni eritrei IX e X e da aliquote delle altre Armi, al comando del colonnello Ronchetti , ebbe nelle opera-

Bir Tigri/.

zioni la parte pitr importante, poichè il giorno 6 febbraio giunse a El Musalla, a circa 15 chilometri da Giarabùb, dove il capo dei ribelli faceva atto di sottomissione. li 7 febbraio venne occupata Giarabub. Intanto, tra il 25 cd il 31 gennaio, erano state effettuate alcune azioni dimostrative, allo scopo di impedire ai ribelli di accorrere a Giarabub. Ad esse concorsero tre gruppi che, dopo avere rr.esso i ribelli in foga, rientrarono nell e località di partenza. Le operazioni venivano riprese nel mese di maggio per distruggere le risorse dei ribeili e per impedirne le infiltrazioni nel nostro territorio. All'uopo venne istituito a Maraua un Comando militare del Gebel, affidato al tenente colonnello Spernazzati e, mediante l'impiego di diverse colonne, rientrate alle basi il 30 giugno, i ribelli vennero costretti a dividersi in piccoli nuclei ed a ri nunciare ad ogni impresa.


Nel 192-7 il nuovo governatore della C irenaica, Tcruzzi, promosse l'occu pazione della Sirtica per unire le due Colonie; nonchè le operazioni necessarie per ristabilire le comunicazioni fra Bengasi ed Agcdabia e per cstcnderc il nostro dominio anche a sud. Per conseguenza, nd mese di marzo partivano successivamente da Soluch tre colon ne, comandate rispettivamente dai capitani Mal tese e Ch iusi e dal colonnello Ruggeri, che si spi nsero fino a Bir cl Matar, a sud di Saitunor. li 27 m:irzo una colonna, costituita dal VII battaglione libico e da una sezione di Artiglieria (maggiore Bassi), attaccata dai rihcl li nella conca di El Rahèiba, dovette ripiegare dopo avere subìto g ravi perdite. Allora vennero costituite due altre nostre colonne che, al comando del ge nerale Mezzctti, misero in fuga i ribel li , li raggiu nsero a sud di Gèrdes Gerràri e li inseguirono fino a Caul an. li giorno 1 1 aprile :ilt re orde di rivoltosi venivano ~con fitte fra Gaba ed Dakar c Hal uy el G ir. Nuove e più importanti operazioni vcnncro effcttuate nelrestatc, in collaborazione con le truppe della Tripolitania, per assicurare le comunicazioni tra le due Colonie ed occupare le oasi in corrispondenza Jel 29" parallelo. All'uopo \'en nero formate- se-i colonne (b piìi forte delle quali, costituita da 5 battaglioni, 4 squadroni ed una batteria, al comando del generale Mezzetti), le quali, iniziato il movimento il 9 lug lio, mentre la colonna Mezzetti sconfiggeva i ribelli a Ras Giulaf, disperdevano i nemici a Csar Rameleiat e rast rell avano la zona dell'uadi F.I C uf e la Gescia. Le nostre operazioni continuarono in :igosto ed i ribelli vennero ricacciati verso sud -ovest, mentre molti dissidenti si sottomettevano. Le nostre perdite complessive furono di 38 caduti, dei t}uali 2 ufficiali, e di 170 feriti, dei quali 5 ufficiali. I ribelli perdettero 1.300 uomini ed una grande quantità di armi, munizio ni e viveri . Una relativa tran<..1uillità tornò in tutta la Libia; ma era opportuno s( ruttare i precedenti successi con operazioni a più largo raggio.

Le operazioni lungo il 29° parallelo. Esse ebbero lo scopo di : - occupare le oasi di Giofra, Zelia, Mrada, Augilla e Giado; congiungere le due Colo nie in corrisponden za dell 'arco sirtico;


34 1 -

consolidare il nostro dominio su tutto il termono a nord parallelo. Le operazioni vennero svolte in tre periodi. Nel primo, mentre le truppe della Cirenaica (generale Mezzetti) .1vrebbero marciato ad occidente, guelle ddla Tripol_itania (ge nerale (; raziani) dovevano venire loro incontro. Le truppe del generale Graziani, divise in tre colonne, respin,cro i ribelli verso Otili a e lJUind i su Merduna, da dove , avvertiti

dc:I

29"

Ciad o.

dell'approssimarsi Jclk truppe del generale Mezzeui, np1egarono a sud, inseguiti per due g iornate lino a Gifa, per l' illuminata iniziativa del tenente colonnello Maletti . Dura nte il rastrellamento di tutta b zo na vennero catturate armi, munizioni e bestiame. Il secondo periodo delle operazioni si svol~c in Tripolit ania. Due colonne dovevano marciare verso la Giofra , in modo da rastrellare la regione sirtica occidentale; ma poi si formò una colonna sola, agli ordini del generale Graziani e costituita di 2 battaglioni eritrei, 1 libici , 1 gruppi sahariani ed aliquote delle altre Armi. Questa colonna, partita da Bu Ngem il 9 fc:bhraio co n 21 giornate di \'iveri e 6 di aC1..1ua, occupò le oasi di Socna e di Hon, mentre il Duca delle Puglic, coi suoi due gruppi sahariani , occupava Uadd:lu.


34 2 ribelli, ripiegando, mostravano di non \'olcre accettare per il momento il combattimento. La colonna Graziani, continuando la sua marcia verso Zelia, incontrava qualche resistenza; l'oasi, però, investita anche dai gruppi sahariani, fo occupata il giorno 12 febbraio ed il nemico fu inseguito a lungo. Intanto a Nufilia un gruppo mobile, ~i1 comando del colonnello Mariotti , era pronto a concorrere alle operazioni. Da Zelia la colonna Graziani marciò verso i pozzi di Tigrif, do\'e risultavano raccolti numerosi gruppi di ribelli. Il Graziani ordinò allora che anche il gruppo Mariotti intcr\'enisse; ma tale ordine non potè essere eseguito in tempo. Intanto il Graziani incontrava una forte resistenza. I ribelli contrattaccarono il battaglion e ascari e cercarono di aggirare la colonna, attaccandola sul fì:inco sinistro e minacciandone il tergo. Ma il Graziani contrattaccò I'av\'ersario sul fianco destro e mosse decisamente all'attacco con tutte le forze, ordinando al gruppo sahariano di i ntcr\'enire. La mano vr:1 riuscì brillantemente ed, alle ore 15, la conca cd i pozzi di Tigrif erano in nostro possesso; mentre i ribelli si davano .ill.1 f ug;1. Raggiunla dal Mariotti, la colonna Graziani ritornò a nord e giunse a Nufilia il .) marzo, dopo avere catturato un grande numero di cammdli. Intanto, in Cirenaica, il 12 febbraio era partita da El Hasciat una colonna leggera agli ord ini del tenrntc colonnello Maktti, diretta ad Augib e seguita Ja una colonn:1 più forte, comandata dal generale Mczzl"lli . Riunitesi il 19, le due colonne raggiungevano Augila ed occupavano Giado ed El Ageila, dopo avere impegnato soltanto <.Jualc hc scaramuccia. Da Au!!ila il !!encralc Mcv.etti ra•>!!illn!!CVa Mrada il 18 marzo, n~, senza aYere incontrato alcuna resistenza. 11 terzo periodo delle operazioni s'iniziò il 4 maggio. 11 generale Mezzetti ebbe a disposizione 5 colonne che, partite rispettivamente da El Ageila, Mrada. Nufìlia e Zelia , eseguirono diverse marce fino al 16 maggio e rientrarono alla sede dopo avere rastrellato il territorio sirtico. Il 30 maggio ,-cniva completata l'occupazio ne dei pozzi di Tigrif, che vennero presidiati dai gruppi sahariani. Seguirono poi , nell'estate e nell'autunno, le operazioni per consolidare il nostro successo. Venne rastrellato tutto il territorio ; ma non s'incontn'> il nemico che presso Bir el Afìe, dove, il .31 ottobre, ~ 7

~

~I


343 , ribd li ,ennero contrattaccati e posti m fuga; mentre in Cirenaica :1vcvano luogo alcune razzìe contro le tribù a noi sottomesse. Anche ,n Cirenaica i ribelli vennero sconfitti a Gara Taslemet dal tenente rnlo nnello Maletti, che li sconfisse. Essi vennero poi annientati a Bu Erla da due nostre colonne celeri provenienti da Agcdabia. In questo periodo si combattè ancora anche sul Gebcl cirenaico, dove il terreno venne rastrellato con successo, fino al gennaio 1929.

L'occupazione del Fezzan. Nominato, nel 1929, Ministro delle Colonie il generale De Bono, la Tripolitania e la Cirenaica vennero riunite sotto un unico Governo ed a governatore di tutta la Libia venne nominato il maresc iallo d'Italia Pietro Badoglio, che invitò alla sottomissione le popalazioni ancora dissidenti. Egli intanto fece continuare le operazioni di rastrellamento cd ottenne la pacificazione della Colonia. Ottenuto questo imPortantissimo scopo, si pensò all'ocwpazionc del Fezzan, <love ì ribelli, per lluanto avversati dalle popolazioni, favorevoli all'Italia, si erano rifugiati. Il piano di operazioni - scrisse il Gaibi nell'opera già più volte citata - fu studiato in base al concclto di: ,, Affrontare e liquidare ~uccessivamente, uno alla volta, sempre quando possibile, i vari nuclei in cui appariva fraiionato l'avversario, tenendoci sempre in condizione di avere il sopravvento, :i.nche nel caso sfavorevole che il nemico riuscisse ad opporci una massa unica >> . Vennero LJLiindi riunite in una formazione unica tutte le Unità sahariane e furono dati loro b massima autonomia ed un rinforzo di autoblindo. Fu quindi costituito un ,, Raggruppamento sahariano)), provvedendo anche alle necessarie nuove formazioni dei servizi e facendo affluire da 11 'Italia il materiale occorrente. La preparazione logistica ri spose al nostro proposito dell'occupazione integrale del Fezzan. Fu scelta quale base principale Hon, dove furono effettuati importanti lavori. d'impianto, e quali basi sussidiarie Gheriat, Sciuèref e Derg. Le basi predette dovevano rifornire i reparti durante il loro concentramento e conferire loro l'autonomia per un mese. Si provvide anche a lavori di miglioramento delle comunicazioni stradali, così da renderle atte al transito


344 di automezzi pesanti. Si effettuarono ardite ricognizioni sugli itinerari verso il Fezza n, ancora mal noti. Gli studi elaborati durante l'estate del 1929 consentirono di concretare nell 'ottobre il piano definitivo delle operazioni, col concetto fondamentale di u agire inizialmente con una massa, unica di forze e di mezzi , in corrispondenza dell'asse centrale Sciuèref-BrachSebha - Murzuch, per incunearsi tra le formazioni ribelli dislocate ad o rie nte e ad occidente; quindi, da Brach, o ancora meglio da Sebha, Jopo avere costituita tm 'opportuna base di parte nza, per te ndere decisa mente all'obbiettivo che la situazione avesse fatto ritenere più redditiz io.

L e forze impiegate p er l'occupazio ne dd Fe:a:rn furono: 5 gruppi sahariani; 1 gruppo irregolan: cammellato: 1 gruppo reg olare mehari sti; 1 battaglione e ritreo autotr:1sportato ; J gruppo za ptiè sahariano ; 1 squadrig lia a utoblindo - mitragliatrici; 3 sezio ni d'Artiglieria cammdlata ; 288 automezzi; 2 sip1:1drig lic da ricog ni zione e 2 da h omhardamento ; scrnz1. L1 rac((1lt:1 di ~1uestc truppe :1vvennc nel massimo segreto per assicura rci la sorpn:s:1. Ve nn ero costituit e t re colonne: la prima, quella occidentale, dovc,·a rimam:rc in potenza a Derg, in attesa di muovere su Edri e Ubari , per co ncorre re, al mo mento o pportuno, alle o pe razioni. La seconda colonna, centrale, formata da quasi tutti gli dementi sahariani al comando del Duca delle Puglie, doYeva penetrare rapidamente nello Sciati, occupare Brach, costituirvi una base provvisoria cd invia re un 'aliquota delle forze incontro alla colonna orientale. Quest'ultima avrebbe doYuto marciare da Hon su Brach, non appena la colonna centrale l'avesse occupata. Le truppe sahariane portavano al seguito 25 giornate di viveri e 6 di acqua; le altre rifornimenti più limitati. La colonna centrale, partita il 28 novembre, raggiunse il 5 dicembre Hr:Kh, dopo aver percorso 250 chilometri di deserto ; ma non


345 inco ntrò resistenze ed il suo arrivo diede luogo al disarmo ed alla ~ottomissionc della popolazione. La colonna o rientale raggiunse I3rach ìl giorno 9, con circa 4.000 ~1uintali <li derrate e materiali per costituire la base di o perazioni. Da Rrach la colonna centrale occupò Sebha e Murzuch ed and1c ìn queste località ve nnero costituite basi logistiche secondarie. Tutte le truppe erano comandate dal _generale Grazia ni, il quale decise di snidare i ribelli, raccolti si fra Zuila e Unun el Araneb, ad Ulad Suleiman cd a Magarba.

L11

maro a i·<'r.,o

Sebha.

Queste operazioni furono coron;ite dal successo: i ribelli vennero messi in fuga ed i loro accampamenti distrutti. Mentre le nostre perdite si ridussero a 15 feriti, i ribelli perdettero 110 uomini e 400 prigionieri, oltre ad ann i, munizioni e viveri. Le operazioni continuarono ed ìl Comando delle truppe dfetl uò un concentramento delle nostre colonne convergenti su Ubari. Tale concentramento venne compiuto il 1" febb raio e. non appena appreso che i ribelli sì trovavano divisi in tre gruppi, il giorno 4 venne ripresa la marcia contro di loro e, percorrendo roo chilometri in 23 ore, i nemici vennero inseguiti fin quasi al confine francese. Così, oltre ad ottenere la completa occupazione del Fezzan , venne gara ntita la sicurezza della Libia.


L'occupazione di Cufra. Poichè Omar d Muctar, uno dei Capi ribelli , non osservava gli irnpcgni già assunti cd una nostra pattuglia di zaptiè ,·enne massacrata a Csar Beni Gckm, il 16 novembre 1929 i nostri battaglioni avevano iniziato in Cirenaica le operazioni contro il Gebel, nuovamente in rivolta. Alla fine del marzo 1930 sbarcava a Hengasi il generale Graziani, nuovo vice-governatore della Cirenaica, il t1uale adottò radi cali misure e costrinse le popolazioni a versare k armi, contro i possessori cldlc tiuali vennero stabi lite severe sanzioni. Il Graziani, con una oc ulata epuraziom:, migliorò la disciplina e rese più sicura la frdelt:1 dei battaglioni libici. Ciò fatto, il vice-governatore ordinò la r:1ccolta delle cabile e del bestiame in appositi campi lungo la costa, in modo da privare i ribelli di ogni ap1x)ggio. Nel frattempo venivano arrestati e confinati i Capi delle zuaie scnussite e si continuavano le operazioni sul Gcbcl, dove venne eseguito un rastrellamento in grande stile eia parte delle nostre truppe che, schierate a semicerchio sulla fronte Gèrdes - Slonta cl Faidia t :aulan, percorsero con marcia convergente tutta la zona, n::spingcndo i ribell i a sud, contro le nostre truppe della Sirtica, appostate k, Garet cl Adesi e Bir Jasin. La manovra ebbe il più completo successo cd anche i piccoli nu( ki di ribelli superstiti vennero inseguiti ed annientati, mentre , ndla Cirenaica occidentale. si prepara va no nuove operazioni. In base alle informazioni sulle orde dei ribelli che occupavano la zona, H:nne d ec isa l'occupazione di C ufra, alla <-1ualc dovevano concorrere due (olo nn e : una, principale, forte di 58 ufficiali e 1.431 uomini di truppa, tra i lJUali 256 nazionali, al comando del generale Ronchetti, do,Tva marciare prima su Bir Zighcn e costituirvi una base e poi proseguire la marcia su Cufra cd ocrnparnc le oasi. La colonna secondaria, forte di un gruppo sahariano e di una squadrig lia aeroplani (2r ufficiali e 366 uomini di truppa), al comando del maggiore Torelli, dovev:i p;1rtirc da Aged:ibia con no tevole anticipo, poichè doveva percorrere un itinerario più lungo cd aveva l'inc:irico di concorrere all'occupazione delle oasi di Cufra. Le due colonne, doix> aver lungamente marciato, si attestarono in corrispondenza della zona Tazerho - Bir Zighen, dalla quale, secondo le direttive del vice-governatore della Cirenaica, il 14 gennaio ripresero l'avanzata verso El Giof, per raggiungere la quale località


347 do vettero percorrere, in quattro giorni, 180 chilometri. Poichè gli ,cinerari erano convergenti , le due colonne si dovevano riunire in prossimità degli obbiettivi. I ribelli intorno a Cufra vennero sorpresi; ma si difesero con molta tenacia cd il combattimento, durato quasi tre ore, riuscì a noi favorevole. Conosciutone il risultato, il generale Graziani ordinò di completare il successo, inseguendo il nemico, ed il giorno 20, con l'aiuto dell'aviazione, le nostre truppe mossero all'inseguimento, completando l'occupazione del .territorio. L'occupazione di Cufra fece tornare la pace e la sicurezza in tutta la Libia, dove la ribellione, dopo avere agonizzato per qualche tc.:mpo, cessò finalmente del tutto. Anche Omar el Muctar, che era ~tato l'anima della resistenza in Cirenaica, venne catturato e giustiziato, e la notizia della sua morte distol se i ribelli da ogni ulteriore tentativo.



ETIOPIA



I.

I PRECEDENTI E LE CA USE DEL CONFLITTO ITALO-ETIOPICO Le relazioni tra l'Italia e l'Etiopia si basavano, come è noto: - sul trattato di Addis Abeba del 26 o ttobre 1896, firmato <lai maggiore Cesare Nerazzini, plenipotenziario del Re d ' Italia, e da Menelik li, Imperatore d'Etiopia ; - sul trattato di commercio e di amicizia tra l'Italia e l' Etiopia del 21 luglio 1906. Col primo (art. 4) le due Potenze contraenti, non avendo potuto ancora accordarsi sulla questione dei co nfini e desiderose di assicurare ai loro Paesi i benefici della pau.:, cunvc.:nivano che, fino a •p1an do i dne (;ove rni non ;1ve~5t'rfl fi ~~:i to le dcliniriw frontiere, ~i sarebbero astenuti dall'oltrcpassan: i confin i provvisori, dc.:limitati dal corso d ei torrenti Mareh, Belesa e Muna. Col secondo si garcntiva ai naz ionali ed ;1i protetti d:.1gli Stati contraenti piena libertà di soggiornart:, viagg iare, esercitare il commercio e l'industria nel territorio ddL-1ltro Stato e ~i as~ic urava il rispetto alle persone ed al le propri età. Esistevano, inoltre, circa l' Etiopia, speciali accordi (13 dicembre 189'1) fra l' Italia, b Francia e l' Inghilterra, della quale ultima un apposito protocollo fra il Governo italiano e quello britannico delimitava, fin dal 1891, le zone di influenza nell'Africa Orientale. La dolorosa esperienza impostaci dall ' interpretazione già data dal Negus Giovanni :il trattato di Uccialli -- interpretazione che aveva provocato le campagne del 1895 e del 1896 e che ci aveva imposto la dolorosa prova di Adua - rendevano più vigile il nostro Governo, il quale, per evitare ogni sorpresa, mentre tra l'Italia e l'Etiopia le relazioni erano amichevolj, aveva già fatto studiare la potenzialità del porto di Massaua (non:mbre 1896) e preparare dal Comando delle truppe coloniali uno studio circa un'eventuale guerra nell'Eritrea, un accurato esame delle vie di comunicazione e sulla


3 )- -") portata log istica ddla ferrovia Massaua - Asmara. Tali studi vennero ripresi nel 1898 ed anche dopo, durante la g uerra in Europa, nel 1914. !\cl 1<)26 , per le gelosie e le invidie d elle altre Potenze, le nostre relazioni con l'Etiopia cominciarono a divenire m t: no buone, come dimostrava no le no tiz ie inviate al nostro Ministero delle Colonie dal governatore Gasparini. In seguito a tali notizie, il nostro Governo inviò nella Colonia il ge nerale Giuseppe Malladra, il quale, dopo essersi recato in E ritrea, visitò anche la So malia, per esaminare la possibilità di effettu arc il programma già compilato <lai Governo dell'Eritrea e pn assumere informazio ni sulle forze militari delle lJUali avrebbe potuto di spo rre l'Etio pia. Tali forze vennero calco late a 177.200 fucili e 11.p cann oni per l'E tiopia settentrionale ed a 383.000 fucili l' 2 ,4 mi traglia trici per l'Etiopia centrale e m eridionale. Il Malladra aveva, inoltre, l'incari co dal Capo di Stato Magg io re Generale:, maresciallo Radoglio. di oaminare i piani di difesa e le opere difensive della Colo nia in rapporto all'impiego del Corpo delle truppe coloniali e dei rinforz i clic avremmo potuto mandare dalJ"Jtalia; di considerare i provvedimenti cd i lavori necessari e di csaminart: k prcdi~posizioni per I.i mobi litaz ione delle truppe colonial i e per il funzionamento dei servizi. Egli doveva, infine:. esa minare le basi marittime in rel azione ad un'eventuale a ffluenza dei rifornimenti; nonchè la pos~ibilità di impiegare in Colonia anche i carri :irmati e l'avi.azione. A m eglio assicurare b difesa dell'Eritrea erano stati poi compilati studi e progetti, fra i quali. nd 1932, il prog etto O.M.E. e, nel 1934, il progetto A.O. A proposito di questi due progetti , la ,, Relazione ~ull'attività svolta per l'esigenza per l'A. O . ", pubblicata dal Ministero della Cuerra nel 1936, dice quanto segue : ,, Il progetto O.M.E. era stato compilato in seguito alle direttive emanate nel 1929 dallo Stato Maggiore delrEsercito, direttive che riguarda\'ano i provvedimenti atti a migliorare l'assetto militare delle Colonie, allo scopo di renderlo più idoneo ai fini della difesa; provvedimenti che si ri fe rivano al perfez ionamento della sistemazione difensiva, al miglioramento ddlc linee ferroviarie e della rete stradale ed all 'in vio in Colonia di reparti dell' Aviazione. ,, li Capo di Stato Maggiore dell'Esercito riteneva necessario che tutto il possibile si facesse per po rtare al massimo la potenza (non soltanto difensiva, ma anche o ffensiva) del Corpo dell'Eritrea e per


353 tendere alla soluzione integrale del nostro problema cntreo: po1cn1.iamento dell'Eritrea mediante il Corpo dell'Eritrea e mediante un Corpo di spedizione metropolitano "· In base alle direttive di cui sopra, il progetto O.M.E. pre\'C:deva l'invio in Eritrea, a rinforzo delle Unità indigene (circa 60.000 uomini, mobilitabili in due tempi) di: - r Divisione di Fanteria di formazione speciale (.) n:ggimcnti di Fanteria, 1 battaglione mitraglieri, I reggimento d'Artiglieria su due gruppi someggiati) ; 1 reggimento alpini (d'invio eventuale); - Unità di complementi; - elementi suppletivi (1 battaglione camicie nere, Unità d'Artiglieria, Genio, ecc.) ; - se.rv1z1; in totale - compresi i reparti complementi per il Corpo truppc coloniali - circa 22. 000 uomini. Il progetto considerava sufficienti in Somalia, pt:r un compito strettamente difensivo, le forze già sul posto (circa 16.000 uomini, compresi i contingenti istruiti in congedo) e prevedeva la ricostitu:~ione in territorio di tutte le Unid mobilitate.

Il progetto A. O. li progetto A. O., compilato nel 1934, mentre l'azione del Governo etiopico ci si dimostrava sempre più ostile, considerava: a) un Comando superiore A. O., capace di coordinare e di rendere interdipendenti le operazioni in Eritrea ed in Somalia, con una intendenza A. O., atta a presiedere all'organizzazione ed al funzionamento dei servizi; b) un Corpo di spedizione metropolitano, costituito da: un Comando di Corpo d'Armata speciale; 3 Divisioni di Fanteria; truppe e servizi non indivisionati ; aliL1uote di Aviazione (100 apparecchi). Erano inoltre previste: - la mobilitazione di una quarta Divisione di Fanteria con aliyuote di servizi di Corpo d'Armata - da considerare, in un primo tempo, di riserva; - la ricostituzione, in Patria , di tutte le Unità mobilitate .


354 Il Corpo di spedizione avrebbe do vuto avere la forza complessiva di 3. 105 uf fìcial i, 79.198 uomini di truppa, 1 .3.872 quadrupedi, 2.435 automezzi, 399 motomczzi, 1.872 mitragliatrici, 220 pezz i di Artiglieria, 46 carri ;1 rmati. Le grandi Unità designate a costituire il Corpo di spedizione A. O. erano le Divisioni: "Gavi nana >, (19"), " Sila » (27'), <( Pdo-

L:,,1 Uaf.

rit:1na .. (29") per il Corpo d'Armata speciale e ,, Gran Sasso" (24'), Divi.~ionc di riserva . li proge tto A. O., rnrne il precedente 0 .M.E., non contemplava, per la Somalia, l"invio di Unii-:\ metropolitane di rinforzo. La Colo nia avrebbe dovuto fro nteggiare la situa zione coi propri mezzi. mantenendo un atteggiamento di difensiva attiva. Ogni Divisio11e duveva es~ere formata Ja 3 reggimenti Ji Fanteri:1, 1 battaglione mitragli eri, 1 reggimento di Artiglieria su tre gruppi, U nità del Grnio cd aliquote dei singoli servizi. Il reggimento di Fanteria doveva avere 2 battaglioni fucilieri cd 1 mitraglieri, in modo da consegui re una maggiore potenza di fuoco. Le artiglierie divisionali do\'evano essere someggiate; quelle non di visionatc motorizzate. JI carreggio doveva essere sostituito con mezzi someggiati ed autocarreggiati.


355 Poichè l'impresa africana non escludeva la possibilità di complicazioni europee, furono prescelte per l'A. O. Unità non di frontiera, dislocate in prossimità dei porti d ' imbarco. Per l'approntamento di tali Unità si era previsto: l'impiego di Comandi e di reparti organici prcdesignati cd opportunamente rinfo rzati; il richiamo dal congedo della classe 19n; nonchè di corri~pondenti aliquote di capitani e subalterni; l'esclusione, in primo tempo, di Yolontari, in considerazione dell'entità del Corpo di spediz ione, della necessaria ri ~crvatezza, della rapidità con cui le Unità avrebbero dovuto mobilitarsi e partin:. Il volontarismo, invece, avrebbe avuto larga applicazione nelle Unità da approntare in un ~econdo tempo. La scelta del personale venne informata ad una rigorosa selez io ne fisica ; l'im1uadramcnto ammise una larga partecipazione di ufficiali di complemento delle classi più giovani. Per i Quadri inferiori si preventi vò una media di un quarto di ufficiali in servizio effettivo permanente e di tre 1.1uarti di complc111ento. I Quadri generali e supc;i;iori d nYe vano es~erc fo rmati , invece, ,,u.bÌ tutti ,b uffici.di in , c r viz iu d (clli, u l"·: 111,.,11cnlL, è<.. ~cz iunc fatta per pochi clementi, apprezzati \'eterani delle g uerre d ' Afric1. Per i funzionari civili e per i Cappclìani militari sarchbcro stati presi preventivi accordi fra il Comando del Corpo di Stato Maggiore e le autorità interessate. Si prevedeva, infine, un largo ricorso a mezzi di requisizione. Per l'a ttuaz ionc del progetto era inoltre previsto: - il richiamo, a mezzo cartolina precetto, <:: limitatamente agli appartenenti alla classe 1911, del personale occorrente a completare ex novo i reparti compresi nel Corpo di spedizione (eccettuati: al pini, bersaglieri, Cavalleria, Artiglieria non indivisionata); - l'approntamento delle Unità a mezzo di ordine telegrafico convenzionale. Per l'organizzazione dei rifornimenti, avrebbe provveduto: ~ in Patria: il Corpo d' Armata di Napoli, costituendo, con il complesso degli organi direttivi dei servizi territoriali e dei dipendenti stabilimenti e magazzini territoriali, una base principale A. O.; - in Colonia: il Corpo truppe coloniali dell'Eritrea , con l'ampliamento dei servizi di seconda linea. L 'intendenza sarebbe stata unica per le truppe nazionali e per lluelle indigene.


Le dotazioni di rifornimento delle truppe sarebbero state inviate, per quanto possibile, con gli stessi scaglioni del Corpo di spedizione, dando la precedenza alle derrate ed alle munizioni. Le dotazioni degli stabilimenti d'intendenza avrebbero immediatamente seguito b partenza degli scaglioni. ·

Il disegno operativo. A malgrado dei I ratta ti già esistenti e <fi tutti i tentativi fatti dal nostro Governo per conservare con l'Impero Etiopico buone e feconde relazioni , la tracotanza indigena, alimentata dal ricordo sempre vivo di Adua, aveva assunto, nel 1934, forme minacciose. Si verificavano, infatti, ai nostri danni incidenti di frontiera sempre più numcro~i, come quello di Gondar del 4 novembre 1934 e come l'improvviso attacco dd nostro posto confinario di Ual - Ual, effettuato il 5 dicembre dello stesso anno. Queste provocazioni e la necessità di partecipare alla gara fra le na:,,.ioni. europee per aumentare i possedimenti coloniali, decisero il noslro Governo a rompere gli indugi. La guerra combattuta dalle armi italiane in Africa Orientale dal 3 ottobre 1935 al 5 maggio 1936 - afferma la Relazione del Ministero della Guerra - « costituisce un'impresa coloniale che, per imponenza di preparazione, per difficoltà d"ambiente e di spazio, per genialiù di condotta, per tenacia e valore d'esecuzione, supera ogni altra del genere "· ,, La Storia militare, infatti, non offre altro esempio di un esercito che - forte òi 400.000 uomini , trasportato a 4.000 ed 8.000 chilometri daJla Madrepatria, fornito dei mezzi più potenti e perfezionati - in soli sette mesi penetra nel cuore di un paese sterminato cd :1nnienta un avversario numeroso, audace, agguerrito P . Tali risultati furono resi possibili dalla lunga ed accurata preparaz ione, della t1ualc ci sembra opportuno riportare i dati più importa nti , traendoli dalla Relazione più sopra ricordata (1): Il nostro concetto operativo prevedeva : - un 'offensiva a fondo da nord (Eritrea) ; - - una difensiva manovrata a sud (Somalia). ( 1) M1i--1sn :ito ni::1.1,.\ G urn1<.\: ,, Rcb zionc sull'ani,·ità svolta per l'esigrnz:i A . O. )>.


357 Un'offensiva contemporanea da norJ e da sud sarebbe stata 1roppo difficile per l'impossibilità di apprestare tutti i mezzi neces~ari per l'una e per l'altra. Nulla però vieta va ai nostri co mandanti di sfruttare ogni favorevole occasione. In relazione a tale piano, era necessario prepararci ad agire con la massima rapidità, al fine.: di non dar tempo all 'avversario di proseguire e di intensificare la ma preparazione bellica, e di risol vere nel più breve tempo la guerra , indubbiamente a~pra, difficile e di, pendiosa. La nostra preparazione doveva proporsi i ~cguent1 scop1: - per l'Eritrea, dato il compito offen, ivo, il contingente m etropolitano doveva raggiu ngere prima la forza di 100.000 e poi LjUClla di 250.000 uomini ed il contingente indigeno doveva portarsi a 60 - 70 mila uo mini cd i1K1uadrarsi in un Il generale Emilio Dc Bono. Corpo d'Armata indigeno di 2 Divisioni; nonchè in bande armate (complessivamente 29 battaglioni, 21 batterie, 3 squadroni); - per la Somalia, dato il rn111pilo inizialmente difensivo, [u ritenuto sufficiente un rinforzo di 2-3 battaglioni eritrei, tratti da L}Uelli dislocati in Libia ; 2 compagn ie carri d'assalto , 30 aeroplani . Si stabilì, inoltre, di accrescere in Somalia il numero e la forza delle bande e di costituire.: con gli elementi gi:1 in posto: 2 grup pi di tre battaglioni, 3 compagnie carri armati (comprese.: le due della Libia), 6 battcrie, r compagnia mi sta del Genio, 1 squadriglia aeroplani . Per la costituzione delle nuove formazioni si tenne presente la necessità di avere Grandi Unità mobil i per quanto cra possibile; la


Fanteria po tentemente e modernamente annata; l'Artiglieria m obilissima (someggiata o m otorizzata), i reparti del Genio molto numerosi, specie per alcune specialità, i servizi someggiati e m o ton zzat1. La ncccssit~, di trasportare rapidamente inge nti forze e materiali aventi peso, volume e forma diversissimi , determinò qualche prcocrnpaz io nc sulla pronta dispo nibilità della nostra flotta mercantile e militare e particolarmente sull'attrezzatura delle teste di sbarco, molto più che si ritene va che i porti di Massaua e di Dakliat non potessero superare la capacità di scarico di 10 pirosc::1fì per settimana. " L ' irresistibile fo rza di volont;1 e di lavo ro che eman:iva dalla concordia di tutti - dice :incora b Relaz io ne più volte citata superò le previsioni, aumentò le possibilità e permise di effettuare solu zio ni che sembravano dapprima uto pie. « I tempi d'approntam ento fu rono sensibilmente ridott i; mentre le ric hieste ragg iunsero entità e r itmo superio ri alle più larg he previsioni e fu necessario at tuare un prog ramma organico di produzione, cli accanto namento e di con voglio verso le basi d'imbarco o p rc~so i ce ntri di c.1c..:olta, per prevenire ogni ri chicst:1 e sodd isfarla co n l:t m:1ggio rc sollecitudine possibile " · Un altro g rande problema s'impo neva: co mervare e, per quanto possibile, aumentare contemporaneame nte l'efficienza dell 'esercito alle fro ntiere della Patria. Era questo un problema c he, sovrapposto a quello dell ' Africa Orientale, assumeva una grande complessità, trattandosi di prepararsi alla guerra su due continenti - in Europa cd in Africa - in un tempo assai limitato cd in una situazio ne parti colarmente di fficile: sia politicamente, sia econo micamente.

Coi Decreto del 28 marzo 1935, venne nominato Coma ndante superio re delle truppe in Africa O rie ntale il generale Emilio De Bo no cd alla stessa epoc.1 si cominciarono a formare lo Stato Magg io re del Corpo di spediz ione e l' Intenden za, alla quale ultima dovevano spettare compiti assai difficili e complessi . Vennero subito inviati in Africa O riental e anche due comandanti di Corpo d'Armata , i tiuali poterono così acquistare una certa conoscenza del terr eno c dei reparti, che gradata mente:: avrebbero conco rso alla costituz ione delle Grandi Unit;1.


359 t< In Abissinia -, racconta lo stesso generale Dc Bono nell'opera

" La conquista dell'Impero, la preparazione e k prime operlzioni " - si capiva che si doveva finire col fare la guerra; perciò le irrequietudini, le provocazioni, le raccolte ed i movimenti di armati erano continui. Il Comando Superiore ne aveva precise infor111azioni, ma esse non erano tali da preoccupare. Da parte del Govc:rno centrale etiopico, in febbraio, marzo ed aprile, si spera\'a ancora che le Potenze europee potessero premere sull'Italia. Fra l'altro

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La preparaz ione: d elle .;trade.

nella generalità permaneva la convinzione che noi fossimo ancora come eravamo dopo Adua nel 1896. « Alcuni Capi locali si manifestavano, nel loro odio, fanati ci; sicchè ci si poteva aspettare da loro qualche colpo di testa. Nel Tigrai, ove i nostri contatti erano più facili e fre(1uenti, ras Sejum predicava la sua fedeltà all'Imperatore ; ma nel fondo non era sincero e sempre indeciso anche nelle idee. " Ras Sejum manteneva sulla nostra fronte, nel tratto Adigrat Adua, una fitta rete di posti di forza varia, i t.Juali , oltre alla sorveglianza, facevano una specie di servizio doganale <.: difficilmente si poteva sfuggire al loro controllo )) _ Ai nostri nemici lo spionaggio - afferma il De Bono - ricsciva assai più facile di tluanto non riuscisse a noi il controspionaggio. Le carovane, che penetravano da oltre confine e che a noi conveniva lasciar passare, raccoglievano voci e notizie, certo non esatte,


ma indiziarie. li migliore agente di spionaggio abissino era colui che- in Asmara funzionava da console; tantochè, nonostante k sue proteste, fu sempre strettamente sorvegliato. Senonchè, costui - e non si potna impedirglielo - prendeva frequenti congedi, passando la frontiera al Marcb ed al di là radunava i Capi e dava loro informazioni e consigli. Anche dal canto nostro la sorveglianza era rigorosa e fatta con criteri di grande praticità. Oltre una serie di posti, situati nei punti di migliore visibilit~ e dove il passaggio poteva ritenersi obbligato, e sostenuti da altri reparti rnme in un regolare sistema di avamposti proprio sulla linea di contìnc, avevamo dislocato le nostre bande, aumentate di forz;-., che facevano un attivissimo servizio di pattuglie, che non conseguì però alcun risultato. Sulla nostra linea di difesa :ivanzata noi avevamo la dislocazione del tempo di pace, la quale, da Sena(è ad Adì Qualà, ci garantiva da t1ualunt1ue mossa nemica. Deboli presidì costieri erano tenuti da Mass:n1a :id Assab e debolmente era guardata anche la linea del Sctit. Il Com:ind:rnte superiore in Africa Orientale non aveva preoccupazio ni per i due bassopiani, bcnchè .::olonne nemiche, che avessero potuto forzare le nostre linee, avrebbero seriamente minacciato il nostro tergo cd Asmara da un lato e Massaua dall'altro. Ma la ~trategia ,1hissi11a era aliena da mosse a largo raggio e con obbiettivi divergenti e le condizioni del terreno nel bassopiano orientale 11011 permettevano la vita ed il movimento a masse di entit~1 tale da preoccupare. Più pericolosa era la situazione di qudlo occidentale. lvi il Setit, durante le piogge, offre un buon ostacolo, rendendo obbligati taluni punti di passaggio; ma, nel periodo di secca, si passa dovuntJUC. Forzato il passaggio, colonne leggere ardite avrebbero potuto arrivare fino all'Asmara. Per Llllanto una tale azione non fosse probabile, vennero rinforzate da quella parte le ottime bande esistenti; se ne costiruirono una camellata cd una a cavallo e fu aumentata la forza dei diversi prcsid1.

La situazione, in relazione alla radunata delle truppe cd alla loro dislocazione, si presentava sotto i seguenti punti di vista: - prima della stagione delle grandi piogge: in questo periodo tutti i movimenti sono possibili; i torrenti transitabili dapper-


vi è, però, una certa scarsità Ji acqua. Si tratta di un periodo ,li circa 4 mesi e mezzo, durante i lfUali gli Abissini, se si fossero ~~·nz'altro mobilitali e radunati, potevano precederci nel raccogliere I,• loro forze. Per fortuna nostra, per quanto si parlasse di mobilita1 ionc, di concentramenti di forze e di distribuzione Ji armi, in re:iltà ~li Abissini non effettuarono ancora alcun provvedimento del ~e11cre; - durante la stagione delle piogge, da metà giugno a mc:Ù ~cltembrc, gli Etiopi non si sarebbero mossi per l'impossibilità di percorrere il terreno oltre confine, specie dove vi sono corsi d'acqu:i. La stagione delle piogge ci offriva, quindi, tre mesi e più di una ll'anquillità pressochè assoluta, durante i quali noi avremmo potuto lOnseguire i massimi progressi. Ad eliminare gli inconvenienti delle piogge avevamo già pro\'veduto, lavorando indde~samente, in modo ila assicurare il transito agli autoveicoli; molto più che le piogge non sono continue ed, al massimo, durano 6 ore sulle 24. Il periodo dopo le piogge fu considerato come periodo opera' ivo, come voleva il nostro Governo. A ppen:i cessate le piogge, hi•.ognava essere pronti alla giornata. Aftì.ncl1è si potessero iniziare le uperaz10111, uccorrcYa aver<.: 1 ,crvizi in grado di funzionare e forni ti delle scorte ritenut e ncrcs, .,ril'_ L'intendente, generale Dall'Ora, pron-idc tcmpe~ti\'amcntc ad 0~111 occorreuza. Il Corpo di operazione, anche limitato al Corpo d"/\rmata indigeno ed alle tre Divisioni metropolitane in progetto, costituiva già un'Armata di forza rispettabile; ma - mentre un'Armata che operi in Europa, o<l in regioni di eguale civiltà, ha solitamente a tergo un paese produttivo e può attinger~ risorse anche altrove, ha sicm:1mentc a sua disposizione una rete di strade rotabili e, per lo meno, o una linea ferroviaria a doppio binario, o due linee indipendenti, che permettano l'andata ed il ritorno dei treni - in Eritrea, ed anche in Somalia, in tJuanto a risorse, non c 'era che una discreta quantiti di bestiame bovino ed ovino e tutto, quindi, doveva venire da oltremare e più precisamente dall 'Italia , specialmente lJUando ci furono chiusi i mercati indiani e quelli del Sudan. Anche quando fu ultimata la grande arteria Massaua - Asmara e sistemate le altre strade, le condizioni della nostra Intendenza non erano certo tali da potersi confrontare con quelle di un ' Intendenza d'Armata in una guerra europea_ 111110 ;


li.

LA

PREPARAZIONE

Nei no ve moi del ll/35 che precedeuero le operazioni, gli avven iment i e: la preparazione andarono S\'C>lgc:ndosi nella successione e con le mod:d1t ;1 seguenti . GENS.-\IO - FE!lB1u10. - A fine gennaio la situazio ne somala fu ripres:i in esame, ~econ do le nuove notizie ricevute sui preparativi etiopici sul fronte meridionale. In un:i riun ionL· dci Sottosegretari militari e delle Colonie presso il Capo di Stato Maggior(' Generale. ~i concluse che k forze già prc\·c n~i , .,k' p-.. r Li Soaulia erari-, i11suHì~·icn:i ;1 ! compito di difensiva-a tti v:1 da ~rn lgcre in quello scacc hi t-rc. Certi atteggiamenti ed a rnm:1ss:1rnc11ti 11 cmici consigli arono l' invio in Somalia di : - 4 battaglioni nit.rei dalb Lihia ; - - 1 Di \·i~ionc metropolita na per presidiare il nuo vo campo trincerato da co~titui rc a Mogadiscio: - un ·:il iLjllOt:t di c:1rri armati. J\ i primi di febbraio la situazione generale e la necessità di ,, prevenire il 11<.:m ico » costrinsero ad iniz iare senz'altro l'esecuzione dei nostri progetti. In conscgucnza: - il s'·cdibraio vrn nc iniziata b mobilitazione contemporanea delle Divisioni " Pclori tan:1 » e ,, G:ivi nana » ; nonc hè quella di un g rnppo batt:1g lio11i c imicic nere ; - il 7 feblir;1io venne richiamata b classe 19 11 , limitatamente al fabbisogno per k due Di\'isioni ; - il 13 fch hraio si costituirono i primi due gruppi squadroni car ri \·cloci; - il .1 8 febbraio partì il I gruppo battag lioni camicie nere ccl ehhe inizio l'imh:uco della ,, Peloritana )• nei porti di Messina, Catania e Siracma.


Frattanto, in data dd 24 febbraio, l'Alto Commissario per l'Africa Orientale sollecitava l'invio in Eritrea di Unità carriste, di al1.une centinaia di automezzi, di materiale ferroviario, di una forte aliquota di operai, di molto materiale per baraccamenti ; nonchè delle .diquote dei servizi per le truppe di primo scaglione. Veniva inoltre rappresentata l'opportunità di fare affluire le Uni tà metropalitanc solamente quando fo~sero state completate k prc.:disposizioni per alloggiarle e si accoglieva la proposta del Mini. . ......,~ ,.·. ·- ·',,,•.-" ·

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Imbarco di /ruppi'

,tero ckl la Cuerra di ridurre a

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N apoli .

i ~1uadrupedi delle Divisioni metropolitane, in attesa di portarli agli organici strettamente indi ~pensabili prima dell'inizio delle operazioni. Richieste e proposte ebbero immediato accoglimento. L 'invio della « Peloritana " a Mogadiscio, centro portuario d'assai scarsa capacità logistica , aperto e soggetto ai monsoni; nonchè LJuello, a breve scadenza, della " Gavinana ,, a Massaua, porto assai ~c:1rsamen tc attrezzato, determinarono orientamenti nuovi nei rig uardi dei trasporti marittimi , nel provvedere ai quali si cJovctte tener conto delle condizioni dei porti. Allo scopa Ji non recare pregiudizio alla nostra Marina mercantile, si pensava, all'inizio, di non ricorrere alla requisizione del n:n·iglio; ma poi l'esuberanza degli invii rispetto al previsto . ed il lungo tempo richiesto per gli scarichi, specialmente a Mogadiscio, e la conseguente necessità d'una maggiore disponibilità di mezzi, resero indispensabile la ret1uisizione dei piroscafi. 2.000


Contemporanea1111:nte furono post, m atto accorgimenti e misure preventive da parte delle Amministrazioni della Guerra, della Marina e delle Colo nie, intesi a ridurre i tempi di carico e di scarico e ad utilizzare al massimo le na\'i di linea e specialmente guelle di maggiore tonnellaggio. Mediante tali provvidenze, fu possibile far sbarcare la (( Peloritana ) > in Somalia alla fine di aprile ed, entro la prima decade di gi ugno, la " Gavinana >' a Massaua. Le relazio ni italo - etiopiche si face vano, intanto, sempre più difficili e la situazio ne si aggrava va anche per le minacce, più o meno larvate, d egli altri Stati. Per conseguenza il conflitto appariva ormai inevitabile e sembrò necessario predisporre il trasporto immediato di 1 Divi sione in_ Eritrea, il concentramento di altre 2 Divisioni sull'altopiano entro novtmbre, l'afflusso d'una tJllarta Divisione entro i primi del gennaio 1936. Nel contempo tutto fu predisposto per mobilitare altre Divisioni e per trasportare in Erìtn:a anche fo rti contingemi di operai, desti·nati a la vori stradali oltre con fine. Per la Somalia, fermo restando il compito di difensiva a ttiva assegnato alk truppt: di ~1ud teatro Ji upc.:raziui1i , si ritennero sufficienti le for ze previste, si adattarono le formazioni della " P eloritana » per renderle m eglio rispondenti alle esigenze dell ' ambiente somalo c si costituì un ,, Comando del Corpo di sped iz io ne della Somalia "· con u 1u delegazione d 'intende nza cd i relativi stahilim enti. Nel m ese di marzo si verificavano, intanto, tali a vvenimenti di o rdine politico e militare, da imporre la decisione di offendere per difenderci e di preve nire il nem ico per non essere da esso prevenuti. L ' ingi ustificata ostilità da parte delle Potenze cx-alleate, ostilità che andava accentuandosi sempre più, pro \'ocò nel Paese una forte reazione, la rni prima conseguenza fu la determinazione di aumentare le forze per l'Africa Orientale da 4 Di visioni, di cui una in Patria, a 10 Divisio ni: 5 dell'esercito e 5 dclb mili zia volontaria. Per conseguenza la nostra preparazione dovette tendere a : - completare al più presto l'organizzazione logistica delle U nità destinate in Africa Orientale, in relazione al piano offensivo; - mettere il Paese in condiz ioni di effettuare lo sforzo immane che gli sarebbe stato richiesto, evitando in modo assoluto che venisse comunque infirmata l'efficienza delle nostre forze alle frontiere metropolitane.


L11 /erro11i11 1H asN11,1- .·lsmaru.



Fu, quindi, necessario provvedere: - alla mobilitazione di nuove Unità ed al completamento di quelle già mobilitate; - al completamento della mobilitazione del Corpo truppe coloniali dell'Eritrea e della Somalia ; - alla ricostituzione, in territorio, delle Unità di pace mobilitate ed al conseguente reintegro delle dotazioni impiegate o da impiegare in Africa Orientale; - a disposizioni di carattere particolare, intese a fronteggiare i graduali sviluppi della situazione internazionale: importantissime, fra le altre, quelle relative alla difesa delle frontiere; - all'organizzazione di tutta la produzione bellica, per metterla in grado, non soltanto di alimentare la guerra in Africa; ma di far fronte a qualsiasi eventualità anche in Europa. MARZO. -

Gli av venimenti del marzo si smisero col seguente

ri tmo:

- 16 marzo: inizio delle operazioni d'imbarco della " Ga \·inana )); mobilitazione della (<Sabauda ", in sostituz ione della ,, Peloritana ;,, destinata in Somalia; 26 marzo: mobilitazione della ,, Sila " e della ,, Gran Sasso»; 28 marzo: ordine per la costituz ione di 5 Di visioni camicie nere (I). Inoltre, nel corso del mese, in seguito ad accordi tra il Ministero della Guerra, quello delle Colonie ed il Comando Superiore in Africa Orientale, furono: - intensificati i trasporti della " Peloritana » e della ,, Gavi·:na ,, , facendo precedere le Divisioni dai rispettivi servizi (salmerie, :.utomezzi), per rendere più rapidi ed o rganici gli sbarchi ed il deflusso dalla costa ai luoghi di radunata; - inviate, con notevole precedenza rispetto a quanto stabilito, tutte le Unità collegamenti della t' Sila >• e della ,, Gran Sasso )) ; - spedite ingentissime aliquote d'automezzi di tipo v:irio per i servizi di intendenza, nella misura consentita dai materiali di (r) Le camicie nc:rc appartene\'ano, come Ì: noto, alla Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, costituita, durante il regime fascista, prima come gu;1r<lia del Partito e poi come parte delle forze armate nazionali. Tale Milizia, t·he ebbe diversi compiti e di\'erse specialità, anche quando venne considerata come una delle forze armate nazionali. non cessò dj essere milizia di parte.


nscrva e di nuova produzione, adatti alle speciali esigenze del1' Africa; - sollecitati gli 1nv11 dei m ateriali e <lellc derrate alla base di Napoli. APRILE - G lliGKo . La situazion e anda\'a ogni giorno pili confermando la necessità di dare un maggiore impul so a quell'organizzazio ne militare che, in Patria cd in Africa, andava giorn o per giorno µerfezionandosi. E m o la maggiore celerità f uron:) completate k Di visioni <• Sila " e ,. Gran Sasso '> cd approntati tutti i materiai i occorrenti alla mobilitazione delle nuove g randi U nità caminc nere. Con temporaneamente il Comando Superiore in Africa O rienta le --- per quanto gi usta mente preoccupato della congest·ione dei porti di sbarco per 1':1fflurnz:1 di mezzi di ogni genere - di fronte ;-. Ila situazione inca lza nte: - :1deriva alk insistenze del Ministero della Guerra per l'immediato imbarco ddla ,, Sabauda 1>, non appena ultimato il trasporto dd l;i " Ca vinana 11 (le operazioni di imbarco si iniz iarono, infatti. ncll.i prim:1 dcc:.Jc di gi11gno): - prospettava l'opportunità che, al termine delle piogge, le Unità si seguissero nel seguente ordine: 2 D ivisio ni camicie nere, Divisioni ·• C r:111 Sa~~o ,, e "Sila" , 3 Di visioni camic ie nere; - sollecitava l'i nvio di 10.coo operai per accelerare la m essa in efficienza di porti, strade ed impianti idrici e per l'org;i ni zzaz ione logistica in gene re. Ne conseguiva la necessità d'intensificare la preparazione, di predisporre l'affluenza alla base d'imbarco e la parten za di tutto quanto occorreva inviare in Africa prima delle piogge e quella di aumentare al più presto k possibilità di afflusso dei piroscafi a Ma~saua cd a Mo~adiscio, in modo d a attenuare il con b°estio namemo òei porti, aggravato daila contemporanea affluenza dei piroscafi civili, trasportanti i materiali delle Imprese. Bisog nava, inoltre, affrettarsi a provvedere ad adatti alloggiam enti per le truppe e gli operai, i «..Jllali ,iltimi dovevano essere cquip;iggi:1ti allingendo :11le dotazioni dell'esercito, in m odo da ottenerne il maggior rendimento. Le truppe, i lluadrupedi cd i materiali, da in viare in Africa nel tempo più breve possibile, dovevano essere approntati con ogni sollecitudine ed, essendo insuffi ciente la capacità di g udli no leggiati , L J


<1ccorreva reL1u1s1rc in tempo altri piroscafi. trasporti vennero così rl'golati: Prima delle piogge vennero inVlati in Africa: i complementi dc.:ll.1 « Gavinana », gli elementi per l'inquadramento delle Divi , ,oni indigene, il personale per le batterie da posizione, le Unità dei ,crviz i e dei trasporti ed, infine, un'inge nte quantità di materiali, .1rmi, munizioni, viveri. carburanti. in modo rb assicurare alle truppe la maggiore autonomta.

La dif ficilc co.,truzionc dcli,· .,trade.

Dopo il periodo delle piogge ,·enncro trasportati i quadrupedi delle Divisioni " Gavinana ,, e ,, Sabauda " (3.000), i quadrupedi per le Divisioni indigene (5.000), che occorreva trasportare dall 'Italia, in quanto la requisizione in pnsto non aveva dato i risultati previsti. In relazione ai trasporti da effettuare ed al tempo disponibile, venne compilato un programm a delle partenze e si profittò del periodo di minore movimento delle gra ndi Unità per l'invio in Africa dei reparti speciali e dei materiali d'intendenza. Una difficoltà, che in certi mo menti assunse proporzioni preoccupanti. fu quella dello sbarco e della sistemazione a terra di un


così enorme ronnellaggio di materiali; difficoltà che andò gradatamente attenuandosi. LuGUO - SETI'EMBRE . In questo periodo partirono per l'Eritrea: un gruppo di Artiglieria di Corpo d 'Armata da 105/28 (4 luglio), il VI gruppo battaglioni camicie nere (8 luglio), alcune Unità fcrro\'ieri, tckgrafisri e tdefcrisri ( II luglio), complementi e rifornimenti vari ; nonchè 1.300 operai. Contemporaneamente venivano mviati in Somalia: 1 compagnia zappatori - artieri (5 luglio), 2 gruppi squadroni mitraglieri a piedi (25 lug lio) e I .300 operai. Il 16 agosto s'i niziò il trasporto delle prime 2 Divisioni camicie nere: " 2 3 Marzo 11 e « 28 Ottobre » ed i trasporti, durante il settembre, raggiunsero un ritmo così intenso, da superare ogni previsione. Tre altre Divisioni ((Cosseria », « Assietta n e " Metauro », salpavano per l'Africa settentrionale nel tempo stes~o in cui si svolgevano e si ultimavano (22 settembre) i trasporti della 1• e della 2' Divisione camicie nere e s'iniziava l'imbarco della 3a Divisione. Seguivano poi , con ritmo sempre più celere, le partenze della ,, Gran S:1.sso i, e della (( Sib >>, di un bartaglione granatieri e di un battaglione alpini, oltre quelle di numerose Unità del Genio (radio, :1.apparori - artieri , idrici); nonchè di numerosi servizi di COrJX> d'Armata, del Com ando Superiore e dell'Intendenza. A tale ingente movimento di armati e di m ateriali d'ogni genere dall'Italia verso l'Africa faceva riscontro in Patria un'attività addcstrativa dell'esercito molto intensa. Nell'agosto del 1935 parteciparono, infatti. alle grandi esercitazioni estive 19 Divisioni e ben 2 35 .000 uom m 1.

Mn1tn: fervevano in ltalia i provvedimenti per l'approntamento ed il trasporto delle Unità e del materiale da inviare in Africa, nclrEritrca si svolgevano intensamente i complessi preparativi imposti dall'approssimarsi dell'inizio delle operazioni. Al riguardo reputiamo opportuno riassumere quanto in proposito scriveva lo stesso generale Dc Bono ( r): (1) DE BoNo:

opcraz1om ».

«

La cOllCJLIÌsta dell'Impero, la preparazione e le prime


porti, le strade, i campi di av1az1one. " Le condizioni dell ' Eritrea non erano certamente tali da con~ ·ntirc l'afflusso colà di grandi Unità e di tutto quello che la radu-

ilata di una grande massa di armati porta conseguentemente con sè. Meno ancora esse consentivano il moYimento di masse armate nel l ,1mpo logistico e strategico. In Eritrea non e·era niente che non fosse l'i ndispensabile per la vita della poca popolazione metropolitana, della piccola forza armata e degli indigeni. Esisteva soltanto una rcrta dovizia di carne bovina ed ovina, principale ricchezza del paese. 1< Occorreva quindi prevedere che quel che esigevano le speciali 4.o ndizioni, nelle quali ci si sarebbt: venuti a trovare colà in caso di guerra, si era obbligati a farlo venire da fuori, specialmente dall'Italia, per questioni di economia e di valuta. " Prima di tutto bisognava, perciò, mettere il porto di Massaua in condizioni da poter sbarcare uomini e materiali in tempo utile al fine di potere iniziare le operazioni all'epoca stahilita. « Parallelamente ai lavori portuali bisognava atte ndere a quelli \lradali. " Tutte le straJ<::, cumpr<::~a l'annia pri11cipalc Ma~~a ua - A~mara, non potevano considerarsi come camionabili, anche se venivano percorse dalle poche autovetture che rappresentavano il traffico ordinario. Nessuna strada era asfaltata. tutte :ive\·ano svolte pericolose e forti pendenze e pnmettnano l'incontro degli automezz i soltanto in certi tratti. Esisteva qualche ponticello, con al massimo 4-5 metri di luce, così che, durante b stagione delle piogge, le interruzioni <:rano parecchie e continue e, per superarle, bisognava ricorrere ad una quantità di ripieghi, che non sarehbe stato possibile usare quando il traffico fosse stato intenso. <i Vi era, infine, la ferrovia Massaua - Asmara, magnifico lavoro di ingegneria ; ma di scarsissima partata: sia per lo scartamento ridotto, sia per il suo tracciato. Basta pen sare che, in 120 chilometri di percorso, essa supera un dislivello di 2.471 metri. « Fin dalla fine del T<J33 fu destinata un'assegnazione di fondi per lavori stradali. Questi fondi - che mi furono poi realmente dati nell'anno successivo - foron:J impiegati esclusivamente per il rifacimento del la strada Massaua - Ncfasit - Asmara, che doveva essere il canale di rifornimento di tutta la Colonia. li rendimento della ferrovia poteva e doveva certamente essere aumentato : ma su di esso non si patev:i contare che in mi sur:i ben limitata.


.. L.1 camionabile doveva ri sponde re a tutte le: esigenze che si pn:Lendon o per le principali strade di montag na del R egno. In base a l lueslo concetto, io diedi istruzioni categoriche e, p e r non spaventa re nessuno, in un primo t empo di ssi che la strada doveva esser<:: p ro nta per il 1936. Volevo sciprattutto evitare di scu ssio ni e chiacc hi er e, c he si sarebbno risolte poi in allarmi , no n solo presso il nemico; ma a nche nell'interno della nazion e.

Il porto di Ma_;.,a11,1 d1,ra 111c l,r

pnp,.'rt1ZÙJ11<'.

,, All'i11iz io si contò soltanto sulla m a no d 'opera nera, di assa i minor re ndime nto, è vero ; ma anche di assai minor costo . In og ni modo, nel 1934, data la segre tezza c he si voleva mantenere, no n era il caso d i pensare all'invio laggiù di mano d 'opera italiana. " Ciò c he fu fatto con so mm a previden za ed acume, pe r merito massi mo dell ' impresa assuntri ce, fu l'impianto grandioso dei cantieri . Essi furono tali da lascia r presum ere la possibilità immediata d! in~r.and imento, accelnamcn!o dei b vori ed :i.nche di lavo ri agg 111nt1v1. " Va da sè che, se la grande strada Massaua - Asmara, con l'a usilio della ferrovia, doveva servire in modo compkto per l'impianto ed il rifornimento dei m agazzini e dei depositi, essa non risolveva il p roblema dd rifornimento delle truppe operami e degli stabilim e nti avanzati di intenden za. " O ccorreva ttuindi migliorare tutte le strade che dal!' Asmara portavano al fronte sud, che era il più minacciato, e miglio rare e


373 l OStruire gli indispensabili allacciamenti trasvnsali per le necessJta: , ia del campo strategico, come di quello logistico cd anche tattico. ,, Questi lavori, però, furono iniziati in un secondo tempo e prolc<lettero in armonia all'afflmso delle truppe dalla Madrepatria ed ,ti traffico che ne derivava. « Anche per la ferrovia si fecero lavori per aumentare Li capa1cità dei piani caricatori, la lunghezza degli scambi, gli impianti di \!az ione, in modo da poter far correre su di essa il maggior numero di coppie di treni che la potenzialit:1 intrinseca della ferrovia ed il ,uo tracciato avrebbe consentito. « Altro problema di capitale importanza era quello delle risorse ,Jriche. Come presupposto iniziale io ho calcolato di dover dare da hcre a 120.000 uomini e 50.000 quadrupedi. Possibilmente dare anr he il mezzo ai soldati di lavarsi e di lavare la loro roba. (( La questione idrica aveva dato molto pensiero al generale Baldissera nel 18g5 e, per questo, preoccupava in sommo grado le sfere del nostro Stato Maggiore. Io sapevo che in Eritrea l'acqua non manLava; che le piccole e grandi piogge nano il po tente mezzo di rifornimento. Di ciò mi ero fatto un'idea sicura durant e i miei due ultimi \·iaggi in Colonia, parlando co n n;iti \' i, co n colti vato ri c he da parecchi lustri vivevano in Eritrea e con i vecc hi ufficiali pratici di tutto. Si trattava di trovare i mezzi ido nei per potere usufruire ddl"acqua esistente. Per questo avevo dato, come Ministro delle Colonie, istruzioni al ·com~ndo Truppe. al quale inviai un ufficiale del (jenio specializzato perchè studiasse l'andamento delle :tClJUt, i punti più facili di raccolta e la possibilità di incanalarle e per vedere inoltre dove potevasi trovare acqua nel sottosuolo. ,, Tale genere di studio, mol'tc rnltc iniziato negli anni precedenti , ma mai portato a fine, nè a pratici risultati per mancanza di fondi, non era difficile. L'andamento dei to rrenti, sempre in piena durante la stagione delle piogge, era il migliore indicatore della di rezione delle acque. L 'ufficiale idrico, per maggiore sicurezza di dati, fu mandato laggiù prima della stagione delle piogge . ,. Sulla base degli studi fatti e completati, quando ebbi il personale necessario, furono fatti i lavori adatti. Risultato: nessuno ha ~offerto la sete, non solo, ma la truppa lu, si può dire, ~empre e dovunque trovato il modo di lavarsi e di lavare. E l'acqua fu suffìciente, oltre che per le truppe ed i quadrupedi, per le masse di o perai che vennero in seguito e per tutti i bisog ni delle ;nmi e degli automezz.i.


374 « Questo, ben inteso, entro i limiti dei nostri contini perchè, prima di una rottura delle ostilità, non si poteva naturalmente andare in territorio nemico a far lavori di nessun genere. " Altro urgente lavoro era tlucllo dei campi di aviazione. ,, Nè in Eritrea, nè in Somalia vi era Aviazione. Solo fra il 1933 ed il 1934 furono inviati in quelle Colonie pochi apparecchi e non di grande potenza e si costruirono i primi campi di ;iviazione con

I rifomime11ti 11rl porlo d, :Hog,ulùcio.

qualche rinws~a. Sostanzialmente: due in Somalia, Mogadiscio e Belct Urn e due in Eritrea: Otumlo cd Asmara. Anche questi, pen\ nè ampi , nè :1tlrezza ti per la necessità Ji una forte A vi azione. " Oltre i campi anzidetti vi erano numerosi campi di fortuna già abbozzati e m:rn m :1110 migliorati. ,, E' da not ;1rc che, se in Somalia, terreno piatto, non è difficile, anche fra b boscaglia, trovare modo di atterrare, non è così su ll' Altopiano eritreo, dove le possibilit:t di atterraggio, anche per apparecchi di non grande potenza, sono )imitate a èove le conche e gli avvallamenti le permettono. Anche per questo si lavorò ad allargare il campo di Asmara ed a rendere migliori i campi di fortuna. Però le grandi piogge riducevano ad un pantano le località di atterraggio. Questo fatto dimostrò che bisognava cos1rnire piste di p:irtcnza e di alterraggio "·


375 Oltre i lavori ritenuti indispensabili per le strade e per l'Avia11o ne - continua il De Bono - era necessario iniziare subito anche quelli occorrenti per meglio assicurare la difesa della Colonia contro la possibilità di azioni nemiche, anche se fossimo stati sorpresi in 1 risi di preparazione. 1< Da questo importante lato, io mi assunsi la responsabilità di pensare anzitutto alla fronte <lifensiva avanzata sulla linea Senafè Mai Ainì - Adi Qualà.. E questo tornò molto utile, dato il modo nel quale realmente si svolsero poi le operazioni. Con ciò non furono 1rascurate le linee arretrate Adi Ugri - Adi Caiè e quella ancora più .1 nord Debaroa - Decamerè - Saganeiti. Si abbozzò anche una Iinca difensiva sul fronte ovest e si studiò la costituzione di punti fortificati ad Arresa ed a Tucul. << Questo per l'altopiano, dove era da ritenersi si sarebbero svolte le operazioni principali, perchè, nei due bassopiani, date le condi·1..ioni climatiche e l'assoluta deficienza di acqua, non erano da temersi operazioni a gravi conseguenze. Il bass~piano orientale, però, ,,vcva il porto di Massaua, la baia di Zula e quella di Assab, che dovevano essere assicurate contro ogni possibile \orpn:s:1 d:1 tnr:1. Ed a , ,, ...:,.to fu provvcduw. " Come si vede, le cure principali del Mini ~tero furono per l'Eritrea, indubbiamente teatro principale di una eventuale.: g uerra con l'Abissinia, ma non fu tr ascurata neppure la Somalia. " Li Som;.ilia è una Colonia stcrmi na ta , dove o vunLJUC si p:issa e dove dappe rtutto è difficile passare. Trattandosi di terreno assolutamente piano, non è possibile determinare i punti obbligati di pas~aggio; ma la mancanza d 'acqua stabilisce tassativamente che l'invasore in forze deve segu ire le due linee fluviali: il Giuba e specialmente l'Uèbi Scebèli. « Vano pensare a linee difensive determinate. Bisogna assicurare alcuni capisaldi, che sono in modo essenziale basi di rifornimento e come tali vanno strenuamente difese, località che- eventualmente possano anche servire come punti di appoggio per truppe mano vranti. " Anche la Somalia aveva bisogno almeno di due buone strade: Mogadiscio - Buio Burti - Belet Uen - Mustahil (lungo la valle dell'Uèbi Scebèli) e Mogadiscio - Buracaba - Baidoa -Dolò; nonchè di una Ain Baidoa - Buio Burti di arroccamento tra le due precedenti. « Esistevano già le piste, ottime, ma che le piogge rendono intransitabili. Nessuna difficoltà per il tracciato: ma mancava la pie-


tra, che avrebbe dovuto provvedersi a notevoli distanze e che, spc:cic per la strada Mogadiscio - Baidoa, faceva assolutamente difetto. Potei fare una modestissima assegnazione per migliorare le piste. Per la costruzione almeno della strada dell'Uèbi Scebèli, per la quale erano preventivati all'incirca 50 milioni, si pensava di far fare al Governo della Somalia un debito con qualche Istituto finanziario H .

Le forze contrapposte. Alla data del 2 ottobre 1935, nell ' imminenza dell'inizio delle operazioni preliminari, si trovavano già in Africa Orientale, per quanto riguarda la Fanteria, le Divisioni " Gavinana ", « Sabauda ll, " Peloritana 11, ,. Gran S:1sso ,,, " Sila " · Di esse la ,, Peloritana » era sbarcata in Somalia. Erano inoltre sbarcate in Eritrea .3 Divisioni di cam1c1e nere cd , in complesso, le nostre forze in Africa Orientale, fra metropolitane ed indigene, ammontavano :1 5.72r ufficiali cd a r64.482 uomini di truppa in Eritrea ; nonchè a 1.651 ufficiali ed a 53.852 uomini di truppa in Somalia. Tali forze e rano ripartite nel modo seguente: Per l'Eritrea : l hunini di 1r11111u1 ,Vaz. , lu i! .

U_ffià"li

Stato Maggiore Quartier Generale Comandi Superiori : Artiglieria, Genio , CC. RR. c reparti dipendenti Intendenza t reparti dipendenti Divisione ,, Gran Sasso " I Corpo d'Armata Corpo d'Armata indigeni 11 Corpo d' Armata Bassopiani (orientale e occidentale) Corpo truppe coloniali Avi:1z ionc M:irin;i

65 7 244 870 I

39

1.202 1.456 1.075

593 4-606 12.290 3· 104 .30.680 17..376 25.778

621 .35.581 1.985

499

9.051 4.012

216

·475 842

167

2 .000

879

1

79

IOI

1

815

Circa le armi ed i mezzi d'azione, noi avevamo in Eritrc:i

173.893 fucili , 4-209 mitragliatrici e fucili mitragliatori, 580 carri armati veloci, 45 aerei da bombardamento e 74 da ncogmz10ne, 3.683 au tocarri.


37ì Per la Somalia: U/ficùrli

Comando Corpo spedizione Comando del G enio Delegazione Intendenza Divisione " Peloritana >,1 Corpo truppe coloni:1li Truppe Genio Aviaziom: Carabinieri

20

8 180 653 664

Uomini di truppa ,Vuz, fnd.

4 8

8

848 16.408 26.017 1.674 28 66o 874 )~8 378 485 1 40 97 ·493 All'inizio delle operaz10111, avevamo 111 Somalia 51.150 fucili, 1.585 mitragliatrici o fucili mitragliatori, 45 carri armati veloci, 2r ;1utoblinde, 20 aerei da bombardamento, 10 da ricognizione ed 8 da (accia, r.848 automezzi. Tali forze \'t'nnero considerevolm ente aumentate, come vedremo, doJX) lr prime o perazioni p reliminari e LjUando, sostituito il generale D e Bo no col maresciallo Radoglio, si passò alla fase più veramente decisiva dcll:1 g uerra . TRASPORT I

MENSILI

TRUPPE A. O

I tnuporti m•i dit,a;i mc;, della

gue/'/'a .

1.70 1


L 'organizzazione logistica, per assicurare i mezzi necessari all'efficace funzionamento <li tutti i servizi, fu adeguata al bisogno e compiuta in modo da fronteggiare Llualsiasi eventualità. Alla data del 21 settembre 1935 l'ordine di battaglia dd nostro Corpo di operazioni in Africa Orientale era il seguc:nte:

I Corpo d'Armata Africa Orientale (generale:: s~mtini): Divisiorn: Fanteria « Sabauda 1) ; 2 ·' Divisione camicie nere ._, 28 Ottobre »; VI gruppo battag lioni camici<.' nere; V e XXV battaglioni eritrei; banda dello Scimenzana; V gruppo squadroni carri veloci; II.I gruppo da 77 / 28 autotrainato: V gruppo da 105/28 autotrainato ; Unità del Genio del Corpo d'Armata: Squadriglia libica aeroplani. Il Corpo d ' Armata (gcntralc MaraYigna): Divisione Fanteria « Gavi nana »: J' Divisione camicie nere ,, 2 1 Aprile " ; battaglioni granatieri, alpini e R. G. F.: XVIII e XXIII battaglioni eritrei; gruppo bande dell'altopiano; l gruppo d~1 77 / 28 autotrainato; IV gruppo <la 105/ 28 autotrainato; X gruppo carri veloci: Uniù del Genio del Corpo d'Armata: , 18' sc.1 uadriglia aeroplani.

Corpo d'A rmata indigwi (generale Pirzio Biroli): 1" e 2" Divisione indigeni (meno 4 battaglioni): 1" Divisione camicie nere "23 Marzo": I gruppo hattaglioni camicie nere dell'Eritn:a: banda ddl'Hasamò: IV gruppo squadroni carri veloci; gruppi squadroni Cavalkria eritrea: Il gruppo da 77 / 28 autotrainato: Unità dd Genio dd Corpo d ' Armata ; 34" squadriglia aeroplani.


379 Zona del bassopiano occidentale:

XXVII e XXVIII battaglioni eritrei; gruppo bande a piedi del bassopiano occidentale; raggruppamento celere; squadrone carri veloci dell'Eritrea: sezione radiotelegrafica Genio; 41" squadriglia aeroplani R. T. Zona del bassopiano orientale:

XIV e XXVI battaglioni eritrei; battaglione libico: banda di Massaua; banda della Dancalia settentrionale ; banda della Dancali:i meridionale; 1' batteria da 120/ 25; 37" batteria da 77 / 28; sezione radiotelegrafica Grnio. Dei tre Corpi d'Armata per le seguenti Unirà di Fanteria:

I' Afric1 Orientale. facevano parte

- XIX brigata, appartenen te alb DiYi ~io nc ,. C :1,·in:111a " e composta dei reggimenti 70°, 83'' ed 84" Einteria. Fa ce,·a110 inoltre parte della suddetta brigata i reparti di complementi: XIX battag lione pron-isorio complementi; CCX IX battaglione provvisorio rnmpkmenti;

- XXVII brigata, appartenente alla Divisione e, Sila 1, e composta <lei reggimenti 16°, 19° e 20'', e dei reparti di complementi: XXVII battaglione provvisorio di complementi: CCXXVII battaglione provvisorio di complementi; - XXIX brigata (Divisione « Peloritana >,), formata dei reggimenti 3", 4" e 75"; nonchè dei battaglioni provYisori di complementi XXIX e CCXXIX: - XXIV brigata (Divisione « Gran Sasso ,,), composta coi reggimenti 1 3", 14" e 1 37" e dei battaglioni provvisori complementi XXIV

CCXXIV; - XXX brigata (Divisione •<Sabauda »), costituita dai reggimenti 46" e 6o" Fanteria e dal 3° reggimento bersaglieri ; nonchè del DXXX battaglione mitraglieri. Essa disponeva anche dei battaglioni proYvisori di complementi XXX e CCXXX. e


Le truppe Jcl bassopiano orientale non avevano av1az1one propria: ma Potevano valersi di t}uella di Assab. Tutte le truppe sopra elencate, eccetto la Divisione ,. 21 Aprile ))' crano complete tranne che delle salmerie, a causa delle gravi perditc in quadrupedi dovute a malattie varie. I ba-t taglioni granatieri, alpini e Guardie di Finanza erano stati assegnati al li Corpo d'Armata; ma si trovavano ancora molto indietro ed in marcia per raggiungerlo. Le forze dcli' Aviazione erano le seguenti: li I hrigaca aerea (Asmara): H squadriglie R. T. - totale 68 R. O. 1; 1 squadriglia caccia - 4 C. R. 20. 15" gruppo bombardamento: 2 sL1uadriglie : 15 C. A. 101: 1 squadriglia S. M . : 4 C. A. 101. Sez ione autonoma idrovolanti (Massaua): 4 apparecchi M. F. 4 Comando Aviazionl' Assah (27" gruppo bombardamento): 2 Slluadriglie: 10 C.A. 111: 1 Sc7.ione: 5 C.A. 101; 1 Sezione di squadrigli e R.T.: 5 R.O. 1; 1 Sezione da caccia: 3 C.R. 20. Tra il 2T ed il 28 settembre erano g iunti altri 8 apparecc hi da ncog111z1onc. In Somalia , come abbiamo già detto , si tro vava la Divisione " Pelorita na ", oltre alle truppe coloniali al comando del generale Rodolfo Graziani. Al principio delle nostre pri1ne operazioni , che tendevano alla com1uista di Adua , di Axum e di Adigrat, la nostra massa dell'Erit rea era riunita alla frontiera meridionale della Colonia, col II Corpo d' Armata (M;1ravigna) attorno ad Adi Qualà, il Corpo d ' Armata indigeni (Pirzio Riroli) nei pressi di Mai Ainì, il- l Corpo d'Armata (Santini) nella zona di Rarachit.

Da parte degli Eliopi il Negus aveva indetto la mobilitaz ione generale in tutto il territorio ciel l'Impero il 12 settembre 1935; ma intanto si era provveduto allo schieramento delle forze verso le frontiere, secondo i consigli dati al Negus da ufficiali europei.


Le truppe regolari cd irregolari del Negus erano divise in 7 armate, ciascuna delle quali contava circa 90.000 uomini. L'armata del Nord, al comando di ras Sejum , era di slocata tra Adua e Macallè. L'armata dell'Ovest (ras lmmerù) si stava raccog li en do nell'Amhara. L'armata del centro-Ovest (ras Cassa) si trovava nel Goggiam. L 'armata del centro-Est (degiac Nasibù) nell'Uollo. L'armata dcli 'Est (Principe ereditario Asfauosse n), ::i protezione della ferrovia e delle provenienze da Assab. L'armata del Sud (ras Destà) nell 'Ogaden. L'armata del centro, costituita dalla Guardia imperiale e dalle altre riserve, a protezione di Addis Abeba , al comando di ras Dacli Massiù e quindi del Negus. E" difficile stabilire se nella mente del Negus e dei suoi diretti consiglieri esistesse un vero e proprio piano di campag na. Gli uffiàali europei suggerivano la guerriglia. forse senza riflettere e he LJllCsta forma di attività bellica è tra le più difficili e richiede, come condizione essenziale, la completa dedi zione di tutti gli abitanti alla C aus:1 che si difenck. Molto probabilmente il Negus a\'e\'a dapprim a l'int<.: nzionc di attenersi alla difensi\'a, di sfruttare la superiorità numerici e la magg iore conoscenza del terreno, di non accettare grandi battagli e e di attuare sorprese, imboscate e colpi di mano per stancare le nostre truppe e per rendere loro più difficile e più lenta l'avanzata verso il cuore dell'Impero etiopico.


Il I.

IL TEATRO DELLE OPERAZIONI

Dato lo svolgi mento ddk operazioni: sia sul fronte setten trionale, ddb Colonia Eritrea; sia sul fronte meridionale, della Somalia, conviene considerare rn111e lcrn:nu Jdk operazioni tutta l' Etiopia. Essa, posta fra il 4" ed il 14",30' di latitudine nord e fra il 34" cd il 47" di longitudine est di Grcenwich , ha una su perficie complessiva di 1.120.000 chilometri tiuadrati e co nfinJ. a nord e a nord - est con l'Eritrea per 850 chilometri, ad est con la Costa Francese dei Somali e col Somaliland inglese, a sud - est con la Somalia italiana per ci rca 750 chilometri, a ~ucl cr,l K,, ni ;1 e ad nvcst col Sudan ;111glncg1z1ano. E' difficile: prc:cisarc il numero degli abitanti dell 'Etiopia, non essendo stato fotto mai alcun censimento , ma si può dire che la popolazione sia composta da 6 a 1:2 milioni di abitanti, i (]Uali costi tuiscono un vero e proprio mosaico di popoli, di religioni, di lingue e di costumi. Vivono, infatti, nell'Etiopia: Ahissini, Galla, Somali, Sidama, negri, negroidi, Dancali ecc Anc he l'ambiente fisico ~ costituito da un complesso di regioni assai diverse pe r la loro struttura e per le loro caratteristiche geografiche. In proposito ci sembra opportuno riportare quanto scrisse il Puddu (1), il quale notava come nell'Etiopia si distinguessero: - due vaste regioni monluuse (l'altopiano etiopico e l'altopiano somalo), separale da un solco tettonico, costituito da una serie di depressioni occupate dall'alto corso ddl'Auasc e dai laghi galla; - una vasta regione depressa (fossa dancala), costituita dalla Dancalia propriamente detta e dall' Aussa. Geologicamente il suolo di tali regioni è costituito: (1) Cfr. P rn>Dl' : « L' Etiopia>> in Rivista di Fameria, anno 1915, fase I\'.


-- da rocce cristalline arcaiche (graniti, gneiss), affioranti in una fascia nelle falde orientali dell'altopiano etiopico e in quelle ~ud - orientali dell'altopiano somalo, e che costituiscono il basamento di tutte le alte terre etiopiche; - dalle arenarie cli Adigrat (1): depositi Ji arenarie quarzose, talora micacee, rosse, gialle, brune o variegate, che riposano orizzontali sugli strati cristallini; - dai calcari cli Antalò e delrAbai (2); --, dai calcari cretacei con fossili marini dell'altopiano; - da formazioni vulcaniche, largamente estese in tutta l'Etiopia (3) e che vengono generalmente distinte in due serie: la serie trappica, costituita da doleriti e basalti, che tocca le massime altezze nel Semien, nello Scioa, ndl'Harrar e nel Sidamo; la serie di Aden, costituita da basalti e trachiti, collegati con numerosi apparati vulcanici ben conservati ed in parte ancora attivi, che conferiscono al territorio della regwne particolari caratteristiche.

Orografia. L'ALTOPIANO ETIOPICO. - Si estende dalla pianura di Massaua al lago Rodolfo e dalle pianure del Sudan alla fossa dancala. Verso sud - est è separato dall'altopiano somalo dalla regione depressa dei laghi galla. E' costituito da rocce vulcaniche della serie trappica su hasamento di rocce sedimentarie, mesozoiche e cristalline arcaiche. Sulla sua superficie, che ha un'altezza media di 2500 - 3000 metri, si innalzano gruppi montani, con cime che si spingono fino a 1900 metri di elevazione sopra i sedimenti terziari e che raggiungono, nel Scmien, i 4600 metri di altezza complessiva (Ras Dascian m.

4620).

L'altopiano è più elevato ad est, quasi lungo il 40" meridiano Greenwich, dove, limitato bruscamente da una scarpata di frattura, scende a terrazze sui laghi galla, sulla media valle dell' Auasc e sulla fossa dancala, dalla quale si presenta a guisa di grandiosa mu(1) Contengono una ricca fauna giurassica ed affiorano speci rtlmente nella · zona di Macallè. (2) Poco noti e che forse rappresentano il cretaceo inferiore. (3) Con il vukanesimo sono collegate le numerose sorgenti termali et! i depositi di zolfo del bassopiano dancalo.


raglia. Con pc:ndìo meno ripido (1), declina, inn:ce, ad ovest, sulle pianure del Sudan, determinando le valli dell'Atbara , del Dinder, del Belas e del Baro. Il terreno sull'altopiano è molto accidentato (2), spesso ernergentt: in scoscese el evazioni eh:: terminano in cime trachitiche o basaltiche, a punta ed a tavola, o tagliato da burroni e valli profonde con pareti verticali. Alcuni di tJUCsti burroni ~ono vere e proprie fen . lliture , che non di r;1do si prolungano per molti chilometri, profondi tJt1alche rn lta fino a 2000 rnctri (3). Per varcarli occorre c:imminarc ore ed ore presso precipi zi vertiginosi, travnsare sul fondo un corso d'an1ua (..!), per poi ri sali re fati cosa mente b parete opposta. Particolare c1rattcristica dcll"altopiano sono le "ambe ", che si presc: nt:111 0 spc~so come grandi hlo::chi od enormi pilastri tronco conici, in grncrc di n:ttura h:1 s:11lic 1, :1lic tpialche centinaio di metri ml livello medio dell'altopiano. Sulla loro somm ità ~pesso prese ntano una spianata. più o 1ncno , asta , a \'olte coltivata e con sorgenti d \ 1cl jll,1. Scrvi,·ano in passato mmc ,·ere e proprie rocche, fortificate dalla 11;1t11ra (5). Il solco medio T;1c:1 zzè - B:1sl"Ìl('i - A hai - Cuder - Auasc - L. Zuai cli,·id :- l':iltop i:in n in d11 (' p:irti: orientale che comprcmk: il Tigrai (tra Mareb e T sclbri), il Lista (tra T sellari cd alto Tacazzè). l' Uollo (tr:1 alto Tacazzè e Ua nci t), lo Scioa (tra U:111cit e C11dcr - :1110 Auasc) ; - occickntak che comprende: \'Amhar:i (tra il Tac:izzè cd il la buo Tana - alto Abaì).' il Gonniam (tra il !ano Tana e l'alto e bb :-:, medio Abai), l'Uallcga (tra medio Abai ed alto Raro - alto Diddessa alto Guder). il Caffa (a sud ddla linea alto Baro - alto Diddessa - alto Guder). (1) Sn:ndc alla 'luol :i di 400 m çtri ndb 1·allata Jd DinJcr cd in quella Jd }hm; a 407 metri a sud , sulle sponJe del lago Rodolfo, cd a 593 metri nel lago Stefania. In i:omplcss::.,, scrnndo il Cei:chi, " D a ieil;1 :ilb fronticr;1 del Caffa ", il pendio sarebbe 12 Yoltc minore. (2) Ciò per lo si:onrnlgimrnto pruH)Gllo dai rt:no meni n1kanici t' dalla erosione ,klb fitt issi m a rete idrog rah,:i. (_~) T ali bur ro ni sono più fn:qucnci su ll 'orlo orientale ddl'altopianu. (4) C orsi J ' a ClJU;t d1c spcsso sono as<"iuui o quasi in estate e che. nclb stagio ne delle piogge. di\'Cllt:ino invece torrenti impetuosi, d:illc :Kquc spurncggianti t' rapidissi me, precipitamisi in ca1er:ittc e cascate. (";) Sulle ,, amhc » gl i Etiopi dift:sero la propri;, indiprndcnza .-ontro le i1w:1sioni dei Galla e dei Maomettani. Serviv:ino e servo no, inoltre, come rifugio a capi ribelli ed a banditi. luoghi di pe11:1 pe r condannati. sede cli rnon:1stcri.


A mbt· etiopiche.

26.



IL SOLCO DEI LAGHI GALLA. - Si estende dalla zona dell 'Aussa, con direzione sud - ovest, fino al lago Rodo I fo ( 1). E' costituito dalla media valle dell'Auasc e da un complesso di rnnche, rappresentato dai lag hi Zuai (m. 1846), Algato (m. 1573), Langana (m. 1585), Sciala (m. 1567), Auasc (m. 1703), Regina Margherita (m. 1268), Ciamò (m. 1233) e Stefania (m. 593). Per (_1uanto dominato a nord - ovest dal ciglione sud - orientale dell'altopiano etiopico ed a sud - est da quello nord - occidentale dell'altopiano somalo, il solco non costituisce un elemento separatore fra i due altipiani, ma forma fra loro una regione di raccordo. L'ALTOPIANO so~t.o\LO. - E' limitato a nord - ovest e a nord dalle depressioni dei laghi galla, dall'Aussa e dal golfo di Aden, dove cade abbastanza ripidamente, specialmente verso nord - ovest; degrada invece con regolare e dolce pendìo verso sud - est, fino a sommergersi nell 'oceano Indiano. L'erosione delle acque (Daua, Ganale Doria, Ueb Gestro, Uèbi Scebèli) ha rotto variamente la primitiva compattc.:zza dell'altopiano c.: continua ancora a ridurne la restante fa scia marginale, che cade ~ullc depressioni sopra cita te ; cosi.:chè tale b s.:i,1 o ggi ~i pn:~(: 11!<1 come una specie di catena montana, a tavolati alternati con elevate vette, che si estende ad arco, dalla regio ne del lago Stefania all'Harrar, con un 'altitudine media tra i 2 000 ed i 5000 metri, raggiun~cndo le massime elevazioni nei monti Ci laln (monte Badda, metri 4133). Sull 'altopiano somalo si distinguono , lungo la fascia marginale : il Baie (ad ovest), il territorio degli Arussi (al centro) e l'Harrar (ad est), che è una delle regioni più fertili dell'Etiopia e che domina le comunicazioni dal mare con lo Scioa e con gran parte dell'altopiano somalo; il Boran e l'Ogaden più a sud, sull'altopiano propriamente detto.

LA FOSSA IHNC:\U. - E' una vasta zona depres~a cd arida, limitata ad ovest dalla scarpata dell 'altopiano etiopico, a sud da quella dell'altopiano somalo e ad ovest dalle Alpi dancale (2). (1) Del grande lago Rodolfo non appartiene all'Etiopia che b parte seuentrionale, dove, con un delta paluJoso, sfocia l'Omo Bòttego. (2) Comprese, ad eccezione dei monti del Biru e d i quelli di Mussa Alì , entro i confrni d ella Coloni:, Eritrea.


La fossa dancala è costituita da due grandiosi bacini chiusi: la Dancalia propriamente detta a nord, sabbiosa, isolata, ma importante come via di comunicazione tra l'altopiano nord - centrale e la fascia costiera dcli' Eritrea; nonchè per i suoi giacimenti di sak: l'Aussa a sud, percorsa dalle abbondanti acque dell 'A uasc, ricca di folte foreste e adatta per la coltura del cotone e Jella dura. Gran parte di tali bacini sono occupati da laghi salati e dai loro depositi gessosi e salini , spesso al disotto del livello del mare, alternantisi con colate vulcaniche della serie di Aden (r).

Idrografia. I fiumi dell'Etiopia hanno un corso tortuoso e, per le diverse caratteristiche del suolo, sì svolgono ad anse nelle parti più alte, si inabbissano in valli profonde, dalle pareti verticali, nel medio corso, per formare numerose cascate e cat,e ratte prima di giungere al piano. L 'Abai (o Nilo Azzurro) nasce ncll' Agaumeder, a sud del lago Tana, e clopo breve corso, dirigrn do~i verso nord , si getta nel l:.tgo stesso nei pressi di Abar Dhai. Ne esce poi nella parte meridionale, a Bardar Giorgis, in direzione di sud -est. Raccolte le acque del Bascilò, volge verso sud, fino a che, ricevuto il Gemma, cani.bia ancora direzione:, volgendo verso ovest. Viene così a formare un grandioso semicerchio attorno al gruppo montagno~o del Goggiam. Raccolte le aetpit: del Diddessa, volge finalmt:nte verso nord - ovest ed, attraverso la pianura del Sudan, dopo aver ricevuto sulla destra il Bdas, il Dinder ed il Rahad, che nascono ad occidente del lago Tana, si unisce, a Kartum, al Nilo Bianco. Uscendo dal lago Tana, ha una portata media di 3.Goo milioni di metri cubi ali 'anno e, nel Sudan, tale portata medi:i è di circa 47.900 milioni di metri cubi all':rnno (2). Il Tacazzè (.3) nasce dal gruppo dell'Abuna Joscf, sul margine orientale dell 'altopiano etiopico. E' il principale fiume con act1ua FIUMI. -

( 1) Nu merosi i coni vulcanici, alcuni dei qu::ili ancora attiYi; il più elevato è- il M. Mussa Alì (m. 2063), presso il (1u:ile, nel ,·ilbggio di Da<ldato. si incontrano i coufìni deU-Etiopia , della Colonia Eritrea e ddl::t Cost:i Fr:111cesc dei Somali. (2) T. C. T.. fase. XLVI, pag. 5: Etiopia, Eritrea, Somalia. (3) Tacazzè significa « lo spaventoso ».


perenne dell'Etiopia centrale e settentrionale. Scorre prima verso ovest; poi . raccolte le acque del Gasc Bahar, corre verso nord. Dopo la confluenza dcll'Ueri, che gli apporta le acgue delle conche di Axum, di Adua e di Hausièn, volge nuovamente verso ovest. Segna, col nome di Setit, per un certo tratto, il confine tra l'Etiopia e la Colonia Eritrea ed, infine, entrato nel Sudan, si unisce, poco a nord di Tomat, ali' Atbara.

Nel mese di marzo il Tacazzè, nel medio corso, ha appe na un metro d 'acqua; ma, nella stagione piovosa, il suo livello s'innalza fino a 5-6 metri. La portata media annuale è di circa 11.300 metri cubi. L'Auasc nasce nei pressi di Addis Alem e scorre, coi numerosi affluenti dd suo alto corso, lungo le pendici meridionali ed orientali dello Scioa. Dopo un tratto di circa 150 chilometri in direzione di sud - est, volge bruscamente a nord - est, correndo nell' ampia depressione fra la scarpata del Cercer (altopiano somalo) e quella di Ancober (altopiano etiopico). Dopo aver raccolto le acque del Robi, dcll'Jacana Nazaro e del Borchenna, che scendono dall'altopiano etiopico, va a morire nel bacino chiuso dell'Aussa, presso il confine dell'Etiopia con la Costa dei Somali.


Numerosi sono anche i corsi d'acqua che sboccano nei laghi galla e merita particolare ricordo, per -la sua importanza: l'Omo Bòttego ( 1) che nasce nei gruppi del Dendi (pendici meridionali dello Scioa) e <lell'E.nnaria. Corre prima verso sud, poi, ricevute le aC(JUC del Denié, volge verso ovest e, raccolte le acque del Dincia, torna nuovamente verso sud. Shocca, con vasto delta paludoso, nel1'estremità settentrionale del lago Rodolfo, dopo un percorso di ci rca 700 chilometri. Sull'altopiano somalo hanno origine alcuni fiumi della Somalia ita liana, (1ual i il Daua, il Ganalc Doria e l'Ueb Gestro, che formano il Ciuha. e l'Uèbi Scchèli che nasce poco ad ovest del lago Auasc, a poca distanza d:1llc sorgenti del Canale Doria, dirigendosi prima \·crso nord - est, poi verso est ed infine ver so sud - est, e che raccoglie, con i suoi numerosissimi affluenti, gran parte delle acque di tutto l"altopiano. LAGHI. Numerosi sono i laghi dell'Etiopia. Oltre i già citati laghi galla, ricorderemo il lago Tana (2), che è il più importante di tutta l'Etiopia, posto ad un'altezza di circa 1700 metri, con un perimetro di 150 chi lometri ed 11n;i ~11prrfì,ie cli kmq. 3000. E' lungo dai 75 ai 120 chilometri e largo dai 40 ai 6o ed ha una profondità variabile dai 30 ai 70 metri ; la sua capacità totale è di 14.550 milioni di metri cubi. L 'acqua è verdastra per il copioso contenuto di diatomee e di detriti derivanti dalla vegetazione dei papiri e delle erbe che ingombrano le sponde; ma è assai pura e perfettamente insapore. E' molto pcscmo e contiene parecchie isolette, fra mi quelle di Dcch , di D;1ga fstefanos cd altre minori (3). Altri laghi di qualche importanza sono: l'Ascianghi (4), a metri 2409 sul mare, con acqua dolce, diametro massimo 12 chilometri e profondità m. 3 1; lTfaik e l'Ardibbo, posti sull'orlo oriemale dell'altopiano etiopico, quelli di Alel Baci ed A(reda in Dancalia e di Gargari , G:tm:irri ed Abbè nell'Aussa; di Arghesi:i sull'altopiano somalo.

(1) Legato :ilb memori:1 del grande esploratore Bòttego, ucciso cb una banda scioana :i Jellem, a 6o chilometri da Gambda, il 17 marzo 1897. (2) In tigrino : Tsana. (3) Fra queste ricordiamo la piccola isola di Matraha (« :isilo ,1), lunga circa I chilometro e larga mezzo, che è mèta di pellegrinaggi delle popolazioni etiopiche. Nella chiesa che vi si trova, circondata da edifici di origine evidentemente portoghese, sono conservate le ossa dell'imperatore Jesus od fasu s J. (4) A 42 chi lometri a sud di Amha Alagi.


39 1

Clima. Il clima, sano e temperato sugli altopiani, irrigati da numerosi fiumi e bagnati dalle piogge, è torrido, malsano e difficilmente sopportato dagli Europei nella fossa dancala, che costituisce una regione inospitale e di difficile transito. In particolare, si hanno tre diverse zone climatiche che, procedendo dalla pianura all'alta montagna, sono: - il quollò (fino a 1800 metri): temperatura media 20° - 40° centigradi. Aria torrida e malsana. Corrisponde alla zona delle vallate, dove, dopo la stagione delle piogge, si sviluppano spesso le febbri; - l'uoinà (tra i 1800 ed i 2400 metri): temperatura media 16° - 18° centigradi. Per l'aria secca ed il clima temperato, ricorda l' Europa meridionale. E' la regione più popolata e più fertile: le piogge, frequenti ed abbondanti , permettono agli abita nti fìno a tre raccolti l'anno; - il degà (oltre i 2 4 00 metri) : temperatura media ro i(/ centigradi. E' la regione delle alte terre, che si presentano in genere d lerrazze e che, innalzandosi, vanno ~c1111'n : Jivc11c11du più puvere e più fredde, fino a coprirsi di neve come nelle montagne del Lasta. L'Europeo vi si acclimata poco facilmente. In genere il mese più freddo è luglio e quello più caldo gennaio. Le stagioni sono ridotte a due: cp1e1la delle g r:indi piogge (cheremt) e quella asciutta (hagai). La stagione delle piogge, l'inverno dell'Etiopia, non si manifesta ugualmente in tutto il paese, ma acquista caratteri <lifferenti secondo la latitudine e l'altitudine. Così, nelle zone basse, la stagione delle piogge va dall'aprile al settembre ; sugli altopiani (1) va da luglio ad ottobre ed, infine, nelle terre elevate meridionali, si hanno due inverni: uno che va da luglio a settembre (grandi piogge) e l'altro, più corto, nel gennaio o nel febbraio (piccole piogge). Il cheremt, cioè la vera stagione piovosa, comincia nel mese di maggio nei paesi più vicini all'e(1uatore e nel mese di luglio nei paesi settentrionali. Nella stagione delle grandi piogge si hanno mattinate serene e soltanto verso mezzodì il cielo si va oscurando e nelle prime ore del 0

-

(1) Nella regione centrale le piogge cominciano in aprile; ma non divengono abbondanti che alla fine di giugno.


39 2 pomeriggio (r), la pioggia cade a torrenti, accompagnata talvolta da grossissima grandine (2). I mesi più piovosi sono: l'agosto nel Tigrai, il luglio nell'Amhara, l'ottobre nello Scioa e nel Goggiam (3). I venti sono molto variabili anche in uno stesso giorno. Fra c..1uelli che spirano d'ordinario: dal maggio all'agosto prevalgono i venti del nord e quelli di nord - est; nel settembre ed ottobre quelli ciel nord - ovest ; negli altri mesi quelli del sud - est e del sud - ovest.

Fauna. Cin:a la fauna, basta ricordare che, nelle regioni basse, abbondano le fiere: leoni, elefanti, leopardi, rinoceronti (4). Nei corsi d'acqua vivono ippopotami e coccodrilli. Comunissime sono le jene, rispettate dalla superstizione, cd assai comuni sono pure gli sciacalli che, come i leopardi, si mostrano anche di giorno. Vivono in Etiopia diverse specie di scimmie e numerosissimi volatili. I rettili abbondano dappertutto e molte specie sono velenose. Vero fl::igdlo delle campag ne sono le cavallette. I fiumi sono molto pescosi e pescosissimo è il lago Tana. Fra gli animali domestici ricorderemo: - il cammello, che abita k p:1rti basse (non si trova oltre i 1500 metri) cd è adoperato in pianura e su buone mulattiere, dette appunto cammelliere. Pur essendo meno forte dei congeneri del1' Africa settentrionale e dell 'Arabia, è abbastanza resistente e molto frugale ; è però lento come mezzo di trasporto. li peso massimo che può sopportare è di circa 120 chilogrammi (se adulto e robusto, il carico può raggiungere i 160 chilogrammi) ; ( 1) Però nel mese Ji agosto piove in qualunque ora <lei giorno e spesso tutt:i la giornata. Nel Tigra i la pioggia è continua nel luglio, agosto e settembre; nel primo mese la pioggia ca<le nel pomeriggio e <lura fino a sera; nel secondo alla mattina , in cui è piì:1 impetuosa, ed alla sera; nel terzo <li preferenza nelle ore · pomeridiane. (2) Presso .il lago Tana le piogge raggiungono un massimo di 475 mm. in luglio e<l un totale annuo di 1887 mm .. Più l·opiose ancora sono nel Oaffa, òove raggiungono un totale annuo di 2000 mm .. (3) La fine delle grandi piogge è segnata ,.!alla festa della croce (Mascal), 28 settembre, che segna anche la ripresa delle attività commerciali. (4) Il leopardo si spinge fino a 3000 metri c<l il rinoceronte fino a 2500.


393 - l'asino che è molto resistente alle fatiche; in qualsiasi posto trova modo di provvedere al suo magro sostentamento. Carico utile 50 - 60 chilogrammi; - il mqlo (1), instancabile, paziente, che cammina lungo i precipizi. Basta un pugno d'orzo, oppure un po· di dura , per il suo sostentamento ed , in mancanza di tutto, trova modo di nutrirsi rosicchiando le magre gramigne arse dal sole. Carico utile 90-rno chilogrammi; - il cavallo, che è il mezzo di trasporto di lusso, non può andare dove va il mulo, nè è in grado di resistere come questo alle fatiche.

Flora. Per quanto riguarda, infine, la vegetazione, in Etiopia non esistono foreste propriamente dette, quantungue i baohab. i g in epri. i

La 11cgetazic11c 11el Te111biè11.

sicomori . ecc., si possano trovare riuniti in grandissimo numero. Tale mancanza di foreste pare dipenda princi palmente dag li incendi, dovuti a negligenze da parte dei viaggiatori ed all 'abitudine delle (1) E" impieg~ to nell'altopiano.


394 popolazioni di incendiare le graminacee dei pascoli. Tuttavia non manca una certa vegetazione nelle profondità dei burroni. Prodotto caratteristico dell'Etiopia è il caffè che, oltre ad essere coltivato nel Caffa e nell ' Harrar, cresce spontaneo nel sud - ovest, formando delle vere foreste. La grande varietà del clima rende naturalmente molto varia anche la fl ora. Nella zon:1 del quollò, la vegetazione è costituita da steppe nelle regio ni più aride e da savane e da folti gruppi di sicomori, tamarindi , baobab, mimose, euforbie a candelabro nelle altre. Nelle zone um ide, lungo le ri ve dei torrenti , ve ngono coltivati con profitto: il caffè, il cotone, b canna da zucchero, le banane, la dura ed il mai s. La zona di uoin:'i è guella più fe rtile e la vegetazio ne vi è _molto ricca: sicomori, eu fo rbie, uli vi ~elvatici (1), che talvolta formano a mpie foreste; pesc hi cd albicocchi , che sono indigeni dell'E tiopia ; aranci , limoni , cedri, ccc. Lun go i lìumi vengono col tivati anche il grano, la dura, l'orzo, i piselli, le fave, i ceci, il lino, ecc. La vite, un tempo l:irgamente diffu sa, è ora pochissimo coltivata a causa del le ma l:ittie. L1 zona di degà è !:i più pov<:ra di vegetazione. Col crescere ddl 'alti1udine, i boschi diventano radi e solo i pascoli si mantengono ricchi. Non mancano però, anche nelle zone elevate, vaste coltivazioni di grano, di orzo (:2), di avena e di fave.

( r) La fogl ia dell'ulivo sch-::itico è usata dagli abitanti per fare l'idromele. (2) L·orzo matura fino a 3600 metri.


IV.

LE PRIME OPERAZIONI SUL FRONTE SETTENTRIONALE Il 3 ottobre 1935 il nostro Comando Superiore in Africa Orientale iniziava le operazioni secondo il piano prestabilito, proponendosi di raggiungere, con un primo sbalzo, posizioni tali, da permetterci: sia un'efficace difesa contro forze superiori; sia la nostra ulteriore avanzata verso nuovi obbiettivi. Tali posizioni erano rappresentate, sul fronte settentrionale, dalla linea Adigrat - Adua - Axum i.: , sul fronte meridionale, da Dagnerrei e Calbfò: posizioni, queste ultime, che consentivano di eliminare il pericoloso saliente che penetrava nelle nostre linee per circa 700 chilometri, da Dolò, su l Giuba. a Bohotlè. presso il confine della Somalia britannica. Tre colonne, ciascuna della forza di un Corpo d 'Armata, agli ordini rispettivamente dei generali Santini (I Corpo d'Armata speciale, colonna di sinistra), Pirzio Hiroli (Corpo d'Arm:1ta indigeno, colonna del centro), Maravigna (II Corpo d'Armata speciale, colonna di destra), dovevano muovere contemporaneamente dalla linea del vecchio confine, corrispondente al corso del Mareb, avendu rispettivamente come obbiettivi: Adigrat, Entisciò, Adua. Per ragioni morali era chiaro che l'obbiettivo principale sarebbe stato Adua, il cui ricordo aveva pesato per quasi un quarantennio sulla vita della nazione. E pertanto, per non ri velare anzitempo all'avversario le nostre intenzioni, la colonna Maravigna, fino al giorno 30 settembre, rimase ferma a due tappe a nord del Marcb. L 'avversario, da quanto si può dedurre dagli avvenimenti successivi, pur non sguarnendo la fronte del Mareb . in corrispondenza della via di Adua, deve aver creduto che l'avanzata su questa località sarebbe stata compiuta dalla colonna centrale per la- stessa storica via del 1896, Entisciò- passo Rebbi Arienni- vallone di Mariam Sciavitù e ciò, indubbiamente, concorse ad agevolare l'avanzata della colonna Maravigna.


Alla colonna centrale, quasi tutta di reparti indigeni, era assegnato un altro compito importantissimo. Data la sua speciale costituzione organica, tale colonna era la più leggera, la più celere, la più autonoma. Poteva quindi prontamente intervenire anche nel settore di destra o di sinistra, operando sul fianco o sul rovescio delle masse nemiche che eventualmente si fossero opposte all'avanzata delle colonne laterali. Altre grandi Unità a disposizione del Comando Superiore avrebbero reso possibile alimentare l'azione delle colonne, nel caso che queste avessero incontrato forti resistenze avversarie, e fronteggiare LJUalsiasi improvvisa necessità. Il concetto operativo consentiva la manovra in ogni senso e non csdudeva nemmeno la possibilità di far massa rapidamente, qualora l'avversario avesse improvvisamente formato una massa numericam ente ragguardevole. Il vasto, tempestivo, ardito impiego dell'Aviazione doveva escludere la possibilità di qualsiasi sorpresa. L'avanzata si effettuò secondo le previsioni. La resistenza dell'avversario mancò completamente alla colonna Santini; si manifestò, solo all'ultimo momento, sull'Amba Augher, d i fronte alla colonna Pirzio Biroli; fu più tenace contro la colonna Mara vigna. Esaminiamo particolarmente l'azione delle tre colonne. CoRPo u'ARMATA SANTINI. - Nella notte fra il 2 cd il 3 ottobre essa aveva completato .lo schieramento, attestandosi ai confini dello Scimenzana, dietro i valichi di Monoxeitò, Guna Guna ed Enda Gabcr Cocobai. Alle ore 5 del 3 ottobre l'intero Corpo d'Armata varcava il confine, diviso in tre colonne, protetto sull'estrema sinistra dalle bande regolari dello Scimenzana. A sinistra marciava la I I 4" legione camicie nere della Divisione 1.( 28 Ottobre », con reparti mitraglieri e servizi vari; al centro le legioni 18o" e II6", con reparti d'Artiglieria, Genio, Sanità; a destra l 'intera Divisione ((Sabauda » e, con essa, il Comando del Corpo d'Armata. Il servizio di sicurezza sulla fronte era disimpegnato dai battaglioni indigeni X e XXV. Nella giornata del 3 ottobre la colonna di sinistra si portò da Monoxeitò al passo di Mokatén, che dovette essere superato portando


Fanterie ii.

/1/ t//'C/ (/ ,



399 a spalla, nel tratto più pericoloso, i carichi delle salmerie, senza che la marcia venisse ritardata. Le medesime difficoltà si incontrarono al passo di Onà Ambér. Solo alle 21, dopo 16 ore di marcia ininterrotta, veniva raggiunto l'obbiettivo previsto per la giornata: Adi Qualà - Culò. Al mattino del 4 ottobre la marcia venne ripresa. La colonna di sinistra, alle ore 9, raggiungeva con le avanguardie il paesetto di Meghèb. La marcia della colonna centrale, superando gravi difficoltà al passo di Mai Toboctò, era stata ritardata nell'angusta gola di Magdillè; ma tuttavia, alle ore 18, raggiungeva l'obbiettivo previsto per la giornata del 4 ottobre: Legudà. La marcia della Divisione « Sabauda ", nonostante che, per la sua stessa formazione, risultasse più appesantita e dovesse superare anch'essa · gli ostacoli del terreno, si svolse impeccabilmente. Da parte della «Sabauda>) si riusciva ad ottenere il difficile collegamento con il Corpo d'Armata indigeni, che operava verso l'Entisciò. Tutta la colonna Santini si era così attest:1ta al margine nord delb conc:i di Adigr:it, dove le a\"anguardi c dcll:i .:olo nn.1 Lii sinistr~1, giungendo a Meghèb, si erano subito spinte:, se nza incontrare alcuna resistenza. Si chiudeva, così, la prima (;,~e delle operM.ioni su Adigrat, senza aver superato altri ostacoli che quelli opposti dalla natura del terreno. Non appena stabilito il contatto tra le colonne, il comando del Corpo d'Armata, dal suo osservatorio di Chersober, ordinava di muovere su Adigrat. Il movimento veniva iniziato alle ore 14,10. Gli aerei, che già avevano segnalato importanti masse abissine sul rovescio della posizione da occupare, avevano informato successivamente che il nemico si era ritirato a precipizio dopo il nostro bombardamento aereo, eseguito al mattino del 3 ottobre. I primi ufficiali italiani raggiungevano poco più tardi lo storico forte, dove, per oltre due mesi - dai primi di marzo al 18 maggio 1896 - l'eroico maggiore Prestinari, con 1.300 uomini ed alcuni scampati di Adua, aveva resistito alle imbaldanzite orde di ras Mangascià. Così, rifacendo la via percorsa dal Corpo di spedizione del generale Baldissera, il generale Santini poteva r.iconguistare quelle terre, sulle qual i la Bandiera italiana non era stata abbassata.


CoRPO n'ARMATA Prnz10 Brnou. - Anche questa colonna, superato Lintico confine all'alba del 3 ottobre, non incontrava da principio che scarsa resistenza. Soltanto all'altezza dell'Amba Augher, ad est di Entisci1\ giunse noti zia che l'amba stessa era guardata da circa 500 armati, al comando dd degiac Ghebriet. La formazione e l'ampiezza dell 'amba, nonchè le numerose caverne che vi si aprono sul rovescio, rendevano difficil e all 'osservazione aerea stabilire esattamente l'entità della difesa e sconsigliarono il bombardamento da parte degli aerei. Contro i nuclei nemici che rimanevano allo scoperto furono esegu iti soltanto mitragliamenti a bassa quota. Venne perta nto deciso di attaccare l'amba per avvolgimento. La IV brigata indigeni doveva puntare su M. Chissat Atrò e Amba Wrad per avvolgere q. 2929 di Amba Aughcr; mentre la li brigata avrebbe concorso ad est, per Amba Manatù, per impossessarsi della lluota 2917 e procedere poi di conserva all'occupazione di tutta L1mha . Alle I0 ,3oy la IV brigata indigeni occupò Mai Dàro (q. 2248) ed operti energicam ente sul rovescio di Amba Augher contro alcuni nucl ei nem ici. L'avanzata procedette lentamente, oltre che per ncces~ità taniche, per le diffìrnlt~ del terreno. Tuttavia, mediante l'azione concorde della IV brigata da nord e da ovest e della II da est, il ce rc hio si strinse sempre più e b sommità dell'amba, alle ore 16 o rca, venne occupata. 11 XVII battaglione (lV lirigat:1) raggiunse per primo la (I· 2929 (occi dentale): il XIX liattaglionc (II brigata) la q. 2917 (orientale). Gli :irmati nemici, che nel frattempo ri salivano l'amba da tergo, sorpresi, ripiegarono in disordine. L'azione concorde delle due brigate e l'intervento degli aerei , che mitragliavano la sommità ed il rovescio dell'amba, mentre le colonne ne risalivano le pendici , determinarono cd accelerarono lo svolgi mento dclL11.ione . che, per le gravissime difficoltà del terreno, avrebbe ali rimenti richiesto pitt giorni e maggiori mezzi. Le nost re perdite si limitarono a 2 ufficiali ed a ro ascari feriti . Quelle nemiche (zona di Amba Augher) ammontarono a 10 morti, 59 prigionieri, di cui uno ferito, oltre a 100 fucili catturati. CoRPO !>ARMATA M .,RAVIGNA . - Esso aveva avuto affidato il compito più arduo: quello di puntare su Adua che, a quanto si doveva presumere, sarebbe stata difesa da forze avversarie di ragguardevole entit:ì , poichè il Comando abi ssino poteva prevedere che in


tale direzione, anche per ragioni morali, sarebbe stato compiuto il nostro sforzo principale. A parte l'eventuale, quasi certa reazione avversaria, l'operazione presentava, per le nostre truppe, speciali difficoltà: terreno privo di vie di comunicazioni, ali 'infuori delle piste appena tracciate, fortemente coperto e rotto da profondi avvallamenti in senso normale alla direttrice di avanzata; difficile organizzazione dei servizi, data Li notevole entità delle forze impiegate (circa 14.000 nazionali e 8.000 indigeni). La colonna comprendeva la Divisione , 1 Gavinana n e la III brigata indigeni in prima schiera, la Divi sione camicie nere <, 2r Aprile ,, in seconda schiera. Alle ore 5 del 3 ottobre aveva inizio il passaggio del Mareb su un ponte di equipaggio, gettato nella notte dai pontieri del Genio. Passarono per primi : la banda del Seraè e lo squadrone carri veloci " Duca degli Abruzzi » . Seguiva, subito dopo,· l'avanguardia della Divisione « Gavinana >> : I battaglione dell'84° reggimento Fanteria e I gruppo del 19° reggimento Artiglieria. Data la natura del terreno oltre il ~farcL, ( opcrto da fìtt ;1 hoscaglia, l'avanzata del grosso della Divisione, prevista in un primo momento su due colonne, veniva effettuata, invece, su una colonna ~ola. Alle ore 15 tutta la Divisione ,, Gavinana ,, era oltre il Mareb; il passaggio si effettuò sotto la protezione del IV gruppo 105 / 28, del gruppo 77/28 e delle batterie da 104/ 32 in posizione nella zona di Chessad Ecà. A Rama si ebbe il primo scontro contro nuclei avversari (della forza di 200 - 300 uomini), che furono rapidamente respinti. Alle ore 15 la banda del Seraé, giunta nei pressi del fortino di Dàro Taclé, urtò contro notevoli forze avversarie - circa 100 armati --, che attaccarono violentemente il nostro reparto. Questo sostenne l"urto ; ma, caduto il comandante, tenente Morgantini, retrocedette. Perdite: 16 morti, 15 feriti e 16 dispersi. L'ava nguardia della (( Gavinana » , schieratasi intanto al bivio di Mai Enda Baria, conteneva nettamente ogni progresso degli armati abissini. Al fiancheggiamento dell'intera colonna erano stati destinati i battaglioni indigeni XVIII (a destra) e XXIII (a sinistra). Entrambi avevano varcato il Mareb alle 5; il primo, date le difficoltà del terreno (alcuni muli erano precipitati in un burrone), procedeva più


lentamente; ma a sera raggnmgeva l'obbiettivo previsto - Chessad A I E1 - che rafforzava per sbarrare le provenienze da Axum ; jl secondo incontrava una prima resistenza fra Tebai ed Enda Johannes - circa 300 armati ----, e t]uivi passava la notte. Aveva subito la perdita di 3 ascari uccisi e di T ferito. La colonna principale, alla sera del 3 ottobre, attestava poco a sud di Mai Enda Baria, come era previsto dall'ordine di operazioni.

li Il Corpo ,J'Armata entra in .-ldua.

Nel la notte sul 4 nessuna molestia da parte dell'avversario: solo alcune fucilate agli avamposti. A sost ituire la banda del Seraé veniva inviato il lll battaglione i ndigeni, che con rapida marcia soprava nzava la colonna e g iungeva alralba a contatto dei nuclei avversari. Attaccava poche ore dopo e conquistava il fortino di Dàro Taclé. Perdite nostre: 1 ufficiale ferito, 4 ascari uccisi, 8 feriti. Notevoli le perdite av\'crsaric. All'atLacco ave\'a efficacemente cooperato la I 18' squadriglia da ricognizione. Nella giornata continuò l'avanza ta della Divisio ne "Gavinana " su due colonne: la sinistra - 83° e 84° Fanteria col Comando di brigata, due gruppi del 19" Artiglieria - raggiunse Mai Ciò; la destra - 70° Fanteria e III brigata indigeni - rimase a Chessad Allà, località raggiunta la sera precedente. Alla sinistra il XXlll batta-


glione indigeni continuò ad incontrare forti resistenze. PerJite: 5 nscari feriti e :2 dispersi. All'alba del 5 riprese l"avanzata generale, che procedette quasi indisturbata sino all'altezza del passo Gasciorchi, dove l'avversario oppose una tenace resistenza alla brigata indigeni. Venne avviato in lJUella direzione il 70° reggimento Fanteria e, dopo breve azione, nella quale intervennero anche le batlerie someggiate e vennero cf(ettuati bombardamenti aerei, l'avversario ripiegò su Amba Sebhat (q. 2510). Altra vivace resistenza venne opposta nel pomeriggio a Mai Turcuz da un forte nucleo di armati ; ma il pronto intervento di una nostra batteria obbligò ii nemico a sloggiare. L'avanzata proseguì ed alla sera l'avanguardia del la colonna di destra - II battaglione dell'84" Fanteria - raggiunse 1a località dove sorge l'Agenzia italiana, a poco meno di un'ora da Adua. La colonna di destra continuò nel suo compito di fiancheggiamento e di sorveglianza sulle provenienze da Axum e passò la notte sulle posizioni raggiunte, nei pressi di Amba Sebhat. All'alba del 6 il comandante del Corpo d'Armata, co nsiderando ormai raggiunto il suo obbiettivo, ordinò che la Di\'isione " Gavinana ,, si schierasse a cavallo dd bivio di Adi Abun a e \'Ì attendesse la III brigata indigeni, che doveva sboccare dal passo Gasciorchi. Sboccata questa, entrambe le Unità dovevano avanzare a contatto. per schierarsi sulla fronte Enda Ghiorghis - Enda Mi cael , cioè sui margini nord e nord - est della conca di Adua. Il movimento si compì regolarmente, disturbato soltanto da forze avversarie spostatesi verso il Debra Sinà. da dove tentarono più volte di ostacolare l'avanzata del 70° Fanteria; ma il pronto .intervento delle batterie del 19° Artiglieria stroncò ogni tentativo e costrinse gli avversari a ritirarsi con sen sibili perdite. Nella giornata del 6, alle ore rn,30, il II battaglione dell'84° Fanteria entrò a bandiera spiegata in Adua. I gloriosi caduti del r 0 marzo 1896 erano finalmente vendicati. Il battaglione non si arrestò nell'interno dell'abitato, ma anelò a schierarsi sulle alture a sud. Occorreva, infatti, disperdere le resistenze residue, specie quella opPosta sull'Amba Sehhat al XXIII battaglione indigeni , che doveva avanzare per il vallone di Mariam Sciavitù. Al mattino del giorno 8 ve nne pertanto inviato il 70° reggimento Fanteria con un gruppo di Artiglieria per prendere di rovescio le posizioni avversarie di Amba Sebhat. .M a i nuclei abissini, non appena si avvidero della


m:mona aggirante, si nllrarono ed alle ore 18 il XXIII battaglione potè avanzare liberamente. Le perdite nemiche ammontarono ad oltre un centinaio, fra morti e feriti. Intanto. nelle giorn ate 7 ed 8, veniva completato lo schieramento del le forze italiane sulle alture marginali della conca di Adua, sulla base di ordini impartiti sul posto dal comandante del Corpo J'1\ rmata : 84" Fanteria sulle pendici meridionali del Sullodà; 83°

Il

munu111c1110

,,i Caduti di Adua.

Fanteria nella zo na Enda G hiorghis -Frcmona ; 70° Fanteria in riserva tra Agenzia italiana e bi\'io di Adi Abuna ; DXIX battaglione mi tr.1glicri ad Amba Eul:tl, sull, pendici sud del Su llodà cd a sud di Adi Ahuna; III brigata ind igeni, face ndo una conversione a destra, occupava la fronte Debra Sinà - Enda Johannes - torrente Gur ungur~1. Nella giornata del 9 un reggimento di Fanteria , con un g ruppo di Artiglieria, eseguiva una puntata a sud di Adua, per oltre 20 chilometri , senza. incontrare nuclei a\'vcrsari. Un tentativo di attacco, a scopo certamente diversivo, sferrato dal degiac Burrù in direz ione di Om Ager, all'estremità occiden-


tale dello schieramento, era nettamente respinto dalla nostra banda di confine del Tessenei e da altri nostri reparti d'osservazione in quel settore. Intensissima, in tutto questo periodo di operazioni, l'attività dell'Aviazione, che si mantenne costantemente in grado di vigilare sul campo di battaglia e di tenere i vari Comandi sempre al corrente della situazione. Nelle varie azioni furono catturati circa 500 prigionieri, che venivano concentrati nei tre campi predisposti di Adi Qualà. Adi Caiè e Mai Edaga. Era catturata, inoltre, una discreta quantità di materiale bellico: fucili, mitragliatrici, munizioni. Le nostre perdite, in complesso, si limitavano a 30 morti, dei c1uali 5 nazionali; 70 feriti, dei quali 20 nazionali ; 33 indigeni dispersi.

Nei giorni che seguirono la vittoriosa avanz:it:1, su tutte le località principali della fronte raggiunta fu quasi continua la present:izione di Capi e di armati per conse~nare le ::trm i e fa re :ltto di sottomissione. Notevole fu anche l'affluenza degli indigeni , desickrosi di tornare alle loro case ed ai loro cam pi. Fra le sottomissioni ilei Capi, ebb::: pa rticolare import;inz;1 l)t1cll a del degiac Hailé Selassié Gugsà, ni pote di Re Johannes, presentatos1 ai nostri avamposti di Edaga Amus con circa I .500 armati. Al mattino del 15 la III brigata indigeni entrava in Axum, la città santa, fra l'entusiasmo ed il giubilo della popolazione. Anche nel bassopiano occidentale, intanto, molte popolazioni, che avevano abbandonato i loro territori per imposizione dei Capi e deg li armati del Negus, rientravano col loro bestiame. Febbrilmente continuava l'attività dei reparti del Genio e delle centurie lavoratori per costruire o migliorare le strade e portarle fino al tergo immediato della nuova fronte. V cniva così compiuta una rete stradale di circa 188 chilometri di sviluppo, le cui condizioni, dopo l'impianto, continuarono ad essere migliorate. Con eguale alacrità si effettuavano, intanto, anche i lavori idrici in tutta la nuova zona, con l'escavazione ex novo di 121 pozzi, la costruzione di numerosi serbatoi in cemento ed il ripristino di tre sorgenti naturali, abbandonate da tempo.


Il giorno 20 ottobre ven iva ufficialmente aboiita la schiavitù in tutto il Tigrai. Nella stessa giornat:1 il clero di 200 chiese copte di Axum e dintorni e di 15 moschee del Tigrai face,·a alto collettivo di sottomissione e di fedeltà. Atto, questo, di grande valore politi·co, che liberava completamente le popolazioni da ogni scrupolo di natura religiosa. li 24 ottobre ,·eniva aperto al traffico !"ultimo tratto della nuova camionabile Mass:rna - Nefasit -Decamerè. Il 27 ottobre il Corpo d'Armata indigeno, sboccando con reparti di camicie nere della r" Divisione " 23 Marzo ,, (202" legione) e con reparti indige ni sulla fronte Semaiata -Amba Augher, avanz :l\·:1, occupamlu Lt n:-gione del Fcres Mai, ricca d 'acqua e di risorse; l:t stessa nella qu:dc:, nel (elilir:1io r896, accampò l'intero esercito abissino prim;1 tli tras(erirs.i nella co nca di Adua. Di fronte ;illa decisa avanzata dei nostri, le pattuglie avversarie si ritiravano senza alcuna reazione. ' Sulla fronte raggiunta: Edaga Amus - Adi Befas - Adua - Axum, fo rtissima per caratteristiche naturali, le truppe ultimarono una si~t<'mazinne atta a far frnnte ad ogni eve ntu:i lità: sia per riprendere l'avanzata, sia per contenere ogni velkit~, offensiva dell'avversario. Depositi di viveri e di materiali di ogni genere furono costituiti nelle conche, retrostanti, alimentate dalle ca mio nabili , subito spinte lì.no a contatto della f rnnte. Un adeguato scaglionamento di forze garanti va la sicurezza delle linee (ropcrazioni; ed altre robuste Unità, opportunamente dislocate, vigilavano 5ui fianchi delle colon ne destinat e ad operare. Durante 1..JUesta magnifica marcia, che non trova forse riscontro nella storia delle guerre coloniali, compiuta in modo impeccabile da circa 110.000 uomini , con 2_ 30 cannoni, 2.300 mitragliatrici e 92 carri d 'assalto, attr,n-erso un terrrno difficile, impervio e del tutto sconosc iuto, il cont:1tto fra le varie colo nne - che non era possibile mantenere material1rn: ntc - era stato assicuralo dalraviaz ione ·e dall:1 radio, che funzionarono in modo perfetto. Se, contra riamente a quanto sarebbe stato naturale attendersi, il primo balzo delle nostre truppe p otè attuarsi senza incontrare seria r esistenza da parte del nemico, lo si deve alla grande rapidità delle nostre mosse ed :11la lentezza della radunata abissina. Con l'avanzata del 26 ottobre del Corpo d'Armata indigeni, il centro del nostro schieramento, rimasto in posizione alquanto arre-


trata rispetto alle ali, era progredito. La linea occupata dalle nostre truppe, già forte per natura, era protetta dal corso del Tacazzè e dei rnoi affluenti di destra . Il primo obbiettivo era già raggiunto, con perdite insignificanti, cd un risultato così rapido e così completo non avrebbe potuto essere ottenuto senza l'ausilio dei perfetti collegamenti e senza il concorso, superiore ad ogni elogio, di tutti i servizi al seguito delle truppe. Oggi, dopo diciassette anni, l'aspetto logistico dell'impresa merita una completa divulgazione ed appare degno di ammirazione e di ~tudio. Il nemico, sconcertato dalrimponenza e dalla rapidità della nostra avanzata, si era raccolto in tre nuclei principali: circa 3.000 :1rmati nell'Hamarat (a sud di Edaga Amus) e verso il gradino di Azbì, che domina la Dancalia ; circa 5.000 nella conca di Macallè e circa 20.000, con ras Sejum, nel Tembièn, con forti distaccamenti :, nord dei guadi del Tacazzè.

I monolift di Axum.


V.

L'AVANZATA SU MACALLÈ

Alb fine di ottobre, sistemate le retrovie e dato regolare assetto all e strade ed ai serviz i, si passò senz' altro a l secondo sbalzo in avanti. 11 Corpo d'Armata indigeni aveva intanto approfon<lita la sua p:::· netraz ionc nella valle del Fcras Mai ; mentre il II Corpo d'Armata aveva assicurato il nostro fianco destro, battendo le regioni delle, Scirè e ddl 'Adi Abcì. L' Intendenza aveva spostato in avanti gli stab ilimenti logistici di prima necessità ed iniziata la formazione di basi impo rta nti ad Adua. l~ntisciò ed Adigrat. Per l'ava nzata, che doveva svolgersi più r artic11 h rn11·nte con l'ala sini stra, occorreva no numerosissimi mezzi di tr.1 ~po rt o. Ve nnero perciò raccolti ad Adigrat 4.000 muli , 2 .600 c:m111H: I I i e 1.600 asi neIli. Una modesta base logisti ca venne attrezz;ll a ;1nchc a Renda Coma, per le necessità della colonna danc:1b del grncr,1k Mariotti. Ali.i fine di o ttobre la situazione si poteva così riass umere: la situazione politica, nelle regioni occupate ed in LJuelk comprc~c nella nostra immediata influenza, era favoreYole ad un ultn iorc sviluppo delle operazioni. Le po polaz ioni di tutto il Tig rai attendevano che la nostra occupazione ponesse fine allo stato di anarc hia accentuatosi negli ultimi tempi; - b situazione militare era anch'essa favorevole, poichè b fro m c raggiunt~1, assai forte naturalmente, permetteva di parare a c1ualsiasi minaccia dell'avversario. Le intenz io ni di questo po tevano presumersi le seguenti: o puntare con le forze ad occidente del Tacazzè, nel bassopiano occidentale, cd aggirare così la destra del nostro schieramento; ovvero attendere che, allungatesi le nostre comunicazioni e diluitesi le truppe: sulla vasta fronte, si presentasse l'occasione favore vole per attaccar:: le forze italiane avanzanti verso sud. Molto piì, probabile era la seconda ipotesi.


Quanto alla dislocazione delle forze avversarie, concordi informazioni segnalavano l'esistenza di un nucleo principale di armati nel Tembièn (circa 5 .000 uomini), intorno al ~uale gravitavano gruppi minori, particolarmente numerosi a cavallo della direttrice Adigrat - Macallè. Taluni di essi risultavano in marcia \'erso nord. Altre masse importanti di armati erano segnalate a nord di Go ndar (40.000 uomini agli ordini del degiac Aialoù Burrù), con llualche migliaio di armati verso il con fine del Setit. Altri 30.000 uomini , agli ordini di ras Cassa, risultavano in movimento dalla zona del lago Tana verso oriente, forse verso il lago Asciang hi . Poteva quindi prevedersi un conce ntramento di forze avversa rie fra il lago Ascianghi e Macallè.

La preparaz10ne logistica. Le ulteriori nostre operazioni furono precedute, come era indispensabile, da una vasta preparazione logistica, intesa, non solo a permettere alla potente massa opera nte di muovere, vivere e combattere; ma anche a concederli.: una ~iu1ra pu~~ibilità di manovra, a seconda delle particolari circostanze che si fossero presentate nel corso delle operazio ni stesse, poichè il nostro Comando Su periore non si proponeva soltanto obbietti vi territoriali -- per quanto impanante potesse sembrare moralmt>ntc q uello di Macall è - ; ma b ricerca e, possibilmente, la distruzione della massa principale delJ'ayversario, dislocata sulla cosiddetta via degli Imperatori : Adigrat - Macallè - Quoram - D essiè. Fu provveduto quindi, per quanto riguarda il servizio di vettovagliamento, a sopprimere, per esaurimento, i grossi magazzi ni avanzati sul Mai Seran (a sud di Saganeiti) e di T eramni (a no rd di Adì Ugri) ; a trasformare in magazzini avanzati le frazioni ava nzate di Senafè e di Adi Qualà; a costituire, gradualmente, più in avanti, in Focadà, sul Belesa, a Mai Enda Baria - cioè su ciascuna dell e tre principali linee di operazioni - nuove frazioni avan zate, con sci giornate di viveri. Vennero pure spostate in avanti le squadre di fo rni \Veiss e si iniziò la costruzione di forni in muratura in Adigrat ed in Adua. Questo sistema veniva a ben corrispondere alla situazione derivata dallo sbal zo sulla fronte Adigrat - Adua - Axum e quindi anche alla situazio ne di partenza per il nuovo sbalzo ; cioè ad un am-


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massamento sulla nuova f rontc delle g randi Unità destinate all 'avan zata. Occorreva, inoltre, predisporre il funzionam ento dei se rvizi d i intendrnza per il periodo nel q~1ale le predette grandi Unit:1 sarebbero state in mo vime nto verso la nuova fronte ; periodo, questo, delicatissimo. nel t)ualc l'eventuale insufficienza di qualche serv izio avrebbe potuto avere gravi ripercussion i, tanto più che non era affatto da escludersi l'incontro con ragguardevoli for ze avversarie.

Lc Fa111rrie in

marcia 1•er .<n

Adigrnt.

A tiuestc necessità l'Intendenza decise di far fro nte uniformandmi .,i ~cg ucnti concetti: - rinforzare le scorte di derrate e mumz10111 net maga zz1111 e depositi di Senafè e di Adi Qua là; - costituire una base logistica in Adig rat con forte concentramento di viveri. muniz io ni , mezzi di trasporto, stabilim enti e m ateriali sanitari ; -- forni re il Corpo d'Armata crilrrn di tutto tJUanto pote\'a necessitargli sino al concrntrarncnto nella conca di H ausièn: - alleg-gerire fino alla graduale soppressione la base: Belcsa Entisciò ; - accrescere le dotazioni della base di Adua. Di conseguenz a , per il servizio di vetto vagliamento, nel settore di sinistr;i il magazzino avanzat o di Senafè riceveva una dotaz io ne di 20 g iornate di viveri ordinari e di IO di viveri di riserva, per un a forza di 40.000 naz ionali, 60.000 indigeni, 40.000 quadrupedi ; in


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r\digrat si costituiva una frazione avanzata di magazzino con 6 giornate di viveri e si concentrava tutta la panificazione per il I Corpo d'Armata, assegnando alla frazione di Adigrat anche una scorta di 48 forni someggiati. Nel settore centrale veniva costituita la frazione avanzata di Belesa, con 6 giornate di viveri per 20.000 uomini, e concentrate in Edagà Robò (a nord di Entisciò) una scorra di 4 giornate di viveri per il Corpo d'Armata eritreo. Nel settore di de, tra il magazzino di Adi Qualà ricneva 20 giornate di viveri e di foraggi per 40.000 uomini e 15.000 quadrupedi. Per il servizio sanitario venivano impiantati tre centri ospedalieri: uno in Adigral, di 6 ospeda li da campo, con ambulanza ..:hirurgica ; uno a Mai Uocc, di 4 ospedali da campo con un nucleo ..: hirurgico ; ed uno ad Adi Abuna (Adua). di 3 ospedali da campo con 2 nuclei chirurgici e un'ambulanza odontoiatrica. Per la profila ssi e l'igiene della truppa era infine costituita una stazio ne mobile di disinfezione, sufficiente per 1.000 uomini nelle 24 ore. Per il servizio veterinario vrniva pro\"\·eduto :111'impi:rnto di tre infermerie quadrupedi .: due sulla din:ttrice di Adigr:1t cd una nel ,cttore di Adua , in modo da disimpegn:ire le infermerie dei Corpi d'.'\ rmata pe r lo sbalzo in a,,u11 i. Per il servizio di Artiglieria venivano costituiti due g ig:1nlc\chi depositi a terra, in località avanzate. uno per ciascuna delle due l'rincipali linee Ji operazioni: yuello per la linea d'operazion1 di sinistra con L j50 tonnellate di munizinni (che richiesero un mO\·imento, suddiviso in più giorni , di 500 autocarri complessivamente) e L}uello della linea di operazioni di destra, con 264 tonnellate di munizioni (rooo autocarri). Fu impié!ntato, inoltre, un laboratorio mobile a Senafè, con una sezione avanzata in Adigrat. Per il servizio del Genio furono fatte affluire sull'altopiano ben 1.500 tonnellate di materiali (450 autocarri e 38 vagoni ferroviari) e furono distribuite alle truppe direttamente 185 tonnellate di materiai i vari . Per dare un 'idea dell'entit:1 dei trasporti eseguiti e della massa Ji materiali spostati , varranno alcuni dati , più eloquenti di ogni parola. Furono trasportate 1.000 tonnellate di viYeri alla frazione avanzata del magazzino viveri Ji Edagà Robò ; alla base logi stica avanzata di Adigrat furono avviate 5.000 tonnellate di viveri, 5.000 tonnellate di munizioni , 3.000 tonnellate di material i del Genio. Tali trasporti richiesero 2.500 viaggi di autocarri , di 180 chilometri ciascuno, coperti in due o tre giornate, con una velocità me-


dia di 15 chilometri all'ora ed un consumo medio g iornaliero di 150 ton nellate di carburante. Per l'attuaz ione dei predetti trasporti furono impiegati 980 au· tocarri, civili e militari , e 13-2 autocarrette. Complesso verament::

T!"' ~g.,.,.,,:

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L o .<postamemo ddle ba.<i logistiche dopo il r11ggiungi111e11r.o del fronte Adigrat · Adu11 - .-lxum .

imponente di mezzi, manovrato sempre con la massima oculatezza , allo scopo di evitare consumi inutili, nonchè ingorghi cd interruzioni stradali. Ma tutto questo non era ancora sufficiente per assicurare il funzionamento dei servizi durante l'aYanzata. Occorreva altrcsì ga -


rentire tutti i rifornimenti necessari alle diverse Unità sulle vie adJucenti dalle varie zone di partenza a Macallè. E, non potendosi fare assegnamento, in pieno movimento, sui trasporti autocarreggiati, fu deciso di provvedervi esclusivamente coi trasporti a salma. A tal fine furono concentrati, come già si è detto, nella zona di Adigrat, 5 gruppi salmerie muli (totale 4.000 quadrupedi), 2 gruppi salmerie cammelli (totale 2.600 quadrupedi), 1 gruppo salmerie asinelli (totale 1.600 quadrupedi). Tutta questa massa di quadrupedi, tenuta ai pascoli fino alla metà di ottobre, corrispose pienamente alle necessità dei rifornimenti e potè seguire le truppe avanzanti ~enza ritardi e senza ingombri. Inoltre, non appena fu possibile disporre con sicurezza di transito del bivio di Sincatà, fu subito disposta la costituzione di depositi a terra nella zona ora detta, impiantandovi una frazione avanzata della base logistica, con circa due giornate di viveri ed aliquote cli munizioni e di materiali del Genio. Infine, per la colonna operante dal bassopiano su Agulà - la così detta colonna dancala - fu costituita la scorta di 15 giornate di viveri a cura della delegazione d' intendenza di Massaua , la quale provvide ai trasporti necessari, via mare, fino ad Ar:i fali t' d ;i) successivo avviamento, via terra, su Renda Coma. Per l'organizzazione e la direzione di tutto questo vasto sistema, essenzialmente mobile ed elastico, l'Intendenza provvide a dist:iccare elementi propri nelle località ove maggiormente necessitava la vigile azione direttiva. E precisamente: a Massaua la delegazione d'intendenza (già esistente); in Adigrat la delegazione d'intendenza (con personale e mezzi già pronti per costituire nuclei staccati a Senafè cd al bivio di Sincatà); a Belesa l'ufficio staccato d'intendenza: ad Adi Qualà l'ufficio staccato d'intendenza. Questi ultimi furono tratti dalla trasformazione dei nuclei staccati già esistenti e disposero di organi di collegamento propri presso i rispettivi Corpi d'Armata. Questo il lavoro compiuto dall'Intendenza per \'organizzazione logistica. Esso corrispose pienamente alle esigenze delle operazioni, che per l'avanzata su Macallè, come del resto, in tutta la guerra italoetiopica, poterono svolgersi agevolmente e rapidamente, senza imporre alle truppe disagi e fatiche non necessari. Senza una preparazione così oculata e completa, difficilmente avremmo potuto conseguire la sperata vittoria, poichè, in tutte le guerre, ma specialmente nelle imprese coloniali, la logistica ha un' importanza decisiva.


Il terreno e le vie di comumcaz1one. La direttrice principale di marcia, Adigrat - Macallè - lago Ascianghi, valica gli speroni ddla dorsale etiopica al passo di Edaga Amus ed a quelli minori. di Hamed Negasc e di Antafò, raggiun­ gendo il nodo di Quihà, presso Dolò, centro di irradiazione delle strade che, seguendo gli affluenti di destra del Tacazzè, si collegano alle comunicazioni delle regioni del Gberalta e del Tembièn e di quelle che, risalendo il ciglione dell'altipiano, degradano nella Dan­ calia centrale e settentrionale. Prosegue quindi nell'Endcrtà, rag­ giungendo Buiè e, per End,1 Micael, risale la valle del Mai Mescic fino al valico di Alagi, donde, per i passi di Bocotà e di Aià, sbocca nella piana di Aià e, per il valirn di Agurnbertà, entra nella zona del lago Ascianghi e prosegue poi fino a Dessiè e ad Addis Abeba. Da questa arteria principale si staccano le comunicazioni verso il bassopiano e tra queste b Mai Ciò-Assab, la Quilù-Assab, che raggiunge il lago Afreda e, per lkilùl, prosegue lungo la costa fino ad Assab: la Quihà - Azhì - Marsa Fatma Hcri, che raggiunge que­ ste localiù inserendosi nella camionabile delle miniere di Dalol, e la Qui hà - Azbì - valle del torm1tc T .;1sguddi - Renda Com;1 che, dopo un tratto comune con la prccedcnlc Jìno ad Azbì, scende per la valle del torrente Lasguddi. Una seconda strada parte da Adu:i e, per Abbi Addì - Socotà e Magdala, si congiunge a Dessiè con la precedente. Essa non era tutta transitabile ai (!uadrupcdi. Fra le arterie ora dette esistono sent1en e mulattiere di collega­ mento, fra i quali, oltre alla Adigrat - Adua, s1. notano la E.daga Amus - Hausièn - Cacciamò, la Hausièn - Agulà e la Buiè - Scelicot Macallè-Adua. In l]Uesta zona, margine orientale dell'altopiano, nascono i prin­ cipali humi etiopici, aprendosi un varco tra le fratture montane cd i nahissando�i in valli profonde, lìno a raggiungere jJ piano. La strada Edaga Arnus - Sincatà - Uogorò- Mai Macdèm, la co­ siddetta \'Ìa imperiale, corre da prima fra i roccioni del Medri Se­ nafè, strapiombanti verso oriente·, cd un tormentato, vasto pianoro che si estende ad occidente sino ad Hausièn. Dopo il valico di Edaga Amus, continua a sbalzi, in discesa piuttosto ripida, talora anche in­ cassata tra grotte rocciose e, rimontato il gradino di Enda Tede Haimanot, giunge su un terreno pianeggiante, in parte coltivato, chiuso da ambe e da rilievi argillosi. Poi la strada scende con forte


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sbalzo sul piano Ji Sincatà, fino alla chiesa di Enda Uoizerò (q. 2340) e corre quindi lungo successivi valloni. La strada non era che un modesto tratturo a fondo naturale, da secoli rimasto sempre in uno stato di abbandono. Il fondo, spesso terroso, era assai difficile al transito di automezzi, che vi affondavano facilmente. Le camicie nere della Divisione « 28 Ottobre)) cercarono, durante l":1vanzata, di migliorarne i tratti più difficili. Cosicchè, anche la \'ia I mpcrialc venne trasformata, grazie a tale fatica, in modo che g li automezzi vi poterono transitare, sia pure con non poche di fficoltà. Quanto alla parte del Tigrai che corrisponde alla fossa dancala, le difficoltà del movimento sono note. Si tratta di una regione che o ffre aspett i desertici, colate basaltiche, montagne vulcaniche a gradinate, :1 conche colme di detriti, con vallate gessose ed in gran parte ancora sconosciute. Le razzìe dei Galla, nella zona dancala, hanno avuto s<: mpre carattere di estrema rapidità, per le difficoltà di vita che impongono privazioni durissime e per gli effetti del clima, naniral mente mal sano.

Il concetto operativo e le forze impiegate. Matall è ì: un centro importante, non solo pcrc hè capoluogo dcll'Endcrt;1, ma anche perchè nodo di numerose comunicazioni verso I >cssiè, Hausièn, Adua, Adigrat e verso il bassopiano orientale. Come si è detto, l'occupazione territoriale, per quanto ambìta, no n poteva costituire l'obbiettivo principale dell' avanzata, che doveva specialmente proporsi la ricerca e la distruzione della massa principale avversaria, compatibilmente con la potenzialità logistica delle linee d'operazioni. D:it:1 dt1nl.1ue l'importanza dell'obbiettivo e la presenza di ragguardevoli forze avversarie nella zona di Macallè, si rendeva necessario un vasto spiegamento di forze. Il concetto opcrati\'O era il seguente: avanzare con la massa delle forze verso sud, lungo la direttrice Adigrat - lago Ascianghi; mantenere contegno prevalentemente difensivo sulla fronte AdigratEntisciò - Adua - Axum; effettuare nei due bassopiani alcune azioni offensive. Le operazioni si dovevano svolgere in due tempi: nel primo, raggiungere il triangolo Mai Macdèm - Macallè - Dolò; nel secondo


4 17 avanzare a seconda della situazione politica e delle condizioni militari. All'esecuzione del piano era destinata una massa di manovra composta di due Corpi d'Armata e precisamente: - all'ala sinistra, una colonna speciale - costituita esclusivamente con reparti indigeni, in buona parte cammellati - doveva risalire dal bassopiano dancalo, per il fiancheggiamento della massa principale, avanzando sulla direttrice di Renda Coma - Amha Gabalà - Derà - Azbì; ......, al centro, il I Corpo d'Armata doveva avanzare, con le Divisioni affiancate, lungo la direttrice della via imperiale Edaga Amus - Sincatà - Mai Macdèm - Dolò ; - alla destra, il Corpo d'Armata eritreo doveva marciare sui due itinerari che, per Feres Mai (1' Divisione) e Chessad Dagamit (2• Divisione), concorrono su Hausièn ; - il I Gruppo camicie nere doveva mantenere il collegamento col II Corpo d'Armata; - il li Corpo d'Armata, con le Divisioni "Cavinana », ":2 1 Aprile ') ed una brigata eritrea, doveva eseguire, con colo nne leggere, puntate offensive dalla fronte Adua - Axum vcr~o la vallata del T acazzè. In riserva . le Divisioni « Sila " e " Gran Sasso n. Secondo il concetto operativo, la massa principale (1 Corpo d'Armata e Corpo d'Armat:i eritreo) doveva puntare su Macallè, mentre le altre Unità dovevano effettuare azioni sussidiarie e provvedere alla vigilanza sui fianchi.

L'occupazione di Macallè. L'avanzata ebbe inizio all'alba del 3 novembre e si svolse, per quella giornata, senza contrasti. A sera la colonna dancala aveva oltrepassato il fiume Dugub ; il I Corpo, partendo da Mai Uesc, occupata in precedenza, aveva raggiunto la zona Mai Addi Abaghiè - Mai Aini; il Corpo d'Armata eritreo con la 1~ Divisione aveva occupato Chcssad Af Currò e con la 2· Divisione Hausièn. Lo sbalzo compiuto era assai rilevante: in media erano stati percorsi oltre 40 chilometri e la truppa aveva dimostrato il suo allenamento. 28.


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L'avanzata di ciascuna colonna avveniva in analoghe formaz ioni di marcia e cioè: avanguardia, composta generalmente di reparti indigeni; grosso, su tre colonne, la maggiore al centro e le fiancheggianti di minor forza. Naturalmente, tale formazione di marcia subiva varianti, volta a volta, per adattarsi alle forme del terreno. I gruppi d'Artiglieria , pronti a schierarsi, seguivano le Fanterie in ciascuno scaglione; successivamente avanzavano le salmerie e le ri serve divisionali e di Corpo d'Armata (1). Nella niornata del 3 l'Avi azione rilevava notevoli forze nemiche nei pre~si di Mactll~ e nella zo na del lago Ascianghi - queste ultime marci;inti verso nord - e nel Tembièn. All'estrema ala destra, sul Setit, nuclei anersari tentavano incursioni ; ma erano p ro ntamente respi nti. All'alba del 4 novembre l'avanzata veniva ripresa su tutta la fronte, sotto un ' intensa pioggi;1 che non favoriva certamente il movimento delle colonne, anche per gli :illagamenr i prodottisi in talune localit;1. Tuttavia l'avanzata procedeva cd alla sera ve niva raggiunta la fronte Gahan (colonna dancala) - Uogorò (I Corpo d'Armata)- incrocio della mulattiera Hausièn - Macillè co n la vallata del torrente Sullò (Corpo d"Armata eritreo). Altro sb:il zo di oltre 30 chilometri, cioè lievemente inferiore a r1uello della giornata precedente, a causa delle rnmlizioni dimatichc e della necessità di [Jroccdere con JnJ<Yb giori cautele, data la presenza di nuclei armati nemici. Il 5 cd il 6 le Unità sostavano sulla fronte raggiunta, anche per spingere innanzi tutta l'organizzazio ne logisti ca. Nella nuttinata del 5 il degiac Uoldcgabriel, Capo dell'Agamè, si presentava alle nostre linee a fare atto di sottomissione e di fedeltà. Le popolazioni dcll'Hausièn accoglievano festosamente le truppe. ( 1) Ci1crc111u, :id esempio, la fo rmazione di marcia Jdla Di \' isione " Sn-bauJa .. : .-fo1111gum·d1a: 1111 hatt;1glionc del 46" reggimento Fantcri:i cd un gruppo del 16" reggimento Aniglicri:i. Gro.,so: due banaglioni dd 46'' reggimento Fnntcri:1. due g ruppi del 16° reggim ento A rtiglieria , fo'' rcggin1e11to E1nteria: ,ul (ianrn destro il 3" reggimento bersaglieri. sul fianco sinistro nessu n grosso reparto fo111chcggi:1nte, nun-i:mdo cb quel bto la J)i,·isione " 28 Ottobre "· R etroguaJ"dia: salmerie con scorta, un batt;tglione del 6o" reggimento Fanteria. Tutti i reggimenti F:111tcria 3\-e,·:mo i reparti affrrncati. a larghi inter\'alli.


Notabilità del paese ed il clero copto e mussulmano facevano atto di ossequio. Nel pomeriggio del 5, durante l'azione di rastrellamento a sud ovest di Hausièn - azione indi spensabile per assicurarci che nelH)

F:.

10

25Km

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I jC/'VÌzi per !"avanz ata _;,; :\1acailè.

l'ampio ed intricato terreno non si occultassero nuclei armati - avveniva un _vivace combattimento presso monte Gundi, contro il forte nucleo avversario di circa 300 uomini del degiac Gabrièt. Due nostri ufficiali rimanevano feriti. Le perdite dell'avversario ammontavano ad oltre 100 uomini, fra morti e feriti.


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L'Aviazione, nella giornata del 6, rilevava Macallè sempre occupata. Di conseguenza, all'alba del 7, l'avanzata veniva ripresa con successivi sbalzi e col parziale schieramento di talune Unità, in guisa da poter far fronte a LJUalsiasi evenienza. Alla sera del 7 le bande dello Scimenzana e del degiac Hailé Selassié Gugsà, con un gruppo di battaglioni eritrei, si trovavano fra Enda Micael e Mai Mac<lèm, mentre i grossi (Divisione « 28 Ottobre " in prima schiera e Divisione (( Sabauda » in seconda) si dislocavano fra Tede Haimanot e Bet Micael, a cavallo della strada di Macallè; il IV gruppo battaglioni camicie nere occupava il passo di Sellat. Il Corpo d'Armata eritreo raggiungeva il margine nord ddla conca di Macallè. L'Aviazione, che ancora il 6 aveva rilevato in Macallè la presenza Ji nuclei armati, il 7 invece la riconosceva sgombra. Per 1'8 veniva pertanto ordinata l'avanzata generale sulla fronte Dolò- Macallè. Una colonna, costituita da una brigata eritrea, doveva affluirvi da noni - ovest; mentre un 'altra colonna, formata dalla banda del dcgiac Gugsà e da tre battaglioni (uno del 60" Fanteria, uno del 3" bersaglieri. e uno della 180" legio ne camicie nere), doveva affluirvi da nord - est.

Nelle prime ore del giorno 8 le due colonne affluivano nella conca di Macallè. Mentre la brigata eritrea si portava subito a presidiare il margine sud della conca, l'altra colonna, che era stata preceduta da circa 1.500 armati della banda del degiae Hailé Selassié Gugsà, entrava nell 'abitato. Tale colonna era costituita con: il I battaglione del 6o" reggimento Fanteria con sezione cannoni, .il XX battaglione bersaglieri (3" reggimento), il CLXXX battaglione camicie nere (Divisione ,, 28 Ottobre>)), la centuria arditi cc Fulmine l, del VI gruppo camicie nere ed un plotone di carabinieri. Per la sicurezza, il comandante della colonna aveva disposto: ~1lla sinistra un reparto del CLXXX battaglione camicie nere, con la centuria <e Fulmine n; alla destra il XX battaglione bersaglieri. Al centro marciavano gli altri reparti, che si facevano precedere da propri dementi di sicurezza. Attraversato il pianoro di Zebà Mosobò, la colonna superava il ciglione nord della conca e scendeva rapidamente verso Macallè, usu-


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fruendo di tutte le vie e riordinandosi nel piano, con bandiere e labari spiegati. All'ingresso di Macallè la colonna sfilava davanti al comandante della 2a Divisione eritrea, salendo poi, in parte, su Enda Jesus ad innalzarvi il Tricolore, nello stesso luogo dove, per l'eroica resistenza del Galliano, nel dicembre 1895 e nel gennaio 1896, esso aveva sventolato di fronte all' intero esercito di Menelik. Le truppe si schieravano entro il recinto dell'antico forte ed erano presenti anche i nostri fedelissimi ascari, che non hanno dimenticato il glorioso esempio dei padri , come non lo ha dimenticato l'intero Tigrai, dove ancor oggi i nomi di Galliano e di Toselli sono popolarissimi e dove vengono ancora ricordati i Tigrini a noi fedeli, che combatterono ai loro ordini. Alla sera dell'8 novembre la situazione era la seguente: - bande dello Scimenzana ed un gruppo di battaglioni eritrei fra monte Bolbolà e monte Sceftà; - Divisione (( Sabauda >' presso il Mai Dender:1; - Divisione e< 28 Ottobre •> e VI g ruppo camicie nere al nodo stradale di Quihà; 2" Divisione eritrea fra passo Dogheà e monte Bolbolà; I a Divisione eritrea nella zona di Enda Selassié. Nessuna reazione da parte dell'avversario. Il 12 novembre un gruppo di battaglio ni eritrei del I Corpo d' Armata occupava Dessà, ad oltre 30 chilometri da Macallè, nella regione Cuachene Scelicot. Nei giorni seguenti si effetlllavano azioni di rettifica e Ji rafforzamento delle posizioni raggiunte, intese ad occupare saldamente i punti di maggiore importanza e ad attuare una più conveniente distribuzione delle forze. All'ala sinistra la colonna dancala adempiva, nel frattempo, alla ma missione di fiancheggiamento della massa principale. Il 3 novembre la banda di Massaua aveva raggiunto Elifan ed il rimanente della colonna Renda Coma; il 5 anche un battaglione eritreo raggiungeva Elifan; il 7 tutta la colonna si concentrava in Elifan; 1'8 -avanzava su Damalè, mentre forti pattuglie della banda di Massaua si spingevano sino a Sebba, per prendere collegamento con una centuria della banda stessa ivi dislocata; il 9 la colonna soqava in Damalè e la banda di Massaua si portava a Lelegheddi ; il 10 la colonna era ad Ari e proseguiva il 12 per Azbì, ma, appena iniziato il movimento, veniva attaccata da un grosso nucleo di ar-


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mati, circa 500 (in gran parte regolari , provvisti anche <li mitragliatrici), del degiac Cassa Sebhat. Il combattimento si protraeva sino all'imbrunire e l' avversario ripiegava con gravi perdite (55 morti sul terreno). Le nostre perdite ammontav;ino a 20 ascari morti , 4 ufficiali e 52 ascari feriti. I feriti venivano sgombrati l'indomani su Agulà -- dove già erano impia ntati stabilimenti sanitari - facendo scortare la colonna

L a Ht111dicr,1 _.-11/ fort,· di ;\f,1.-,.J//j·_

da no~t ri aerei, che provvidero anche al rifornimento viveri con lancio a 1110 .zo di paracadute: ci rca 1.900 chilogrammi di generi al.im e11tari \'Cnncro così fatti giungere alla colonna in marcia. Il ciglione di Azhì , per ogni c,·entualità, veniva fortemente presidiato da reparti della stessa colonna dancala. Sulla fronte del IJ Corpo d'Armata, colonne legge re si erano spinte, fin dal 3 novembre, in ricognizione, con missione anche di rastrellamento, nella zona del Medcbai Tabor, nello Scirè e nell'Adì Abò. Il 5 novembre il gruppo bande occupava il nodo c:uovaniero di Sdaclac;1 ed un battaglione ddl ' 8f Fanteria, per l'itinerario Adua - Enda T cclc Haimanot - Hagaaza - Enda Micael, si spingeva a Bcloet, dove pernottava. Il 7 un reparto eritreo, spintosi in ricognizione nella reg ione Tzana (sud di Axum), si scontrava con un


gruppo di armati del cagnasmac Mesfan Araià e l'obbligava a ntirarsi. Il IO altri reparti si spingevano sino al torrente Mai Scium, a Deragà, a Dama Gal.ilà, ad Az Ncbrid. Constatato il favore generale delle popolazioni e l'assenza di importanti resistenze, pochi giorni appresso venivano stabilmente occupati tutti i guadi ciel Tacazzè. Durante -le quotidiane esplorazioni che le nostre colonne eseg uivano nella vasta zona, nella giornata del 27 novembre., avveniva uno scontro vivace presso Mai Goharò. lungo la carovaniera adducente a Cacciamò, località presidiata da un nostro reparto. Dopo breve combattimento, i nuclei avversari erano volti in fuga, lasciando in nostra mano alcuni prigionieri. Occorreva, intanto, assicurarsi che nelle region i del G heralta e del Tembièn , lasciate sulla destra della direttrice generale d'avan za ta su Macallè, non permanessero nuclei , anche di soli partigiani armati, appartenenti alle bande di ras Sejurn. Già l'attacco avvenuto di sorpresa sul monte Gu ndi , durante la g iornata del 5 novembre, aveva dimostrato com e qu esti nuclei potessero disturbare le nostre colonne di rifornimenti t d i reparti eventualmente isolati. Nei giorni successivi all"occu pa zio ne di Macallè, i tentativi nemici d'infiltrazione si erano accentuati. Il Comando ordinava quindi il rastrellamento, specie nel Ghe1 alta t nel Tembièn, a mezzo di tre colon ne, tutte di reparti eritrei , più adatti a questo genere di operazioni, consistenti essenzialmente in un'accurata perlustrazione del terreno, allo scopo di poter giungere di sorpresa addosso agli armati abissini che, quando si vedono ricercati, tendono piuttosto a nascondersi che ad agire. Il 1 2 novembre partivano due colonne da Macallè ed una da Hausièn e, con azione convergente, per più giorni proseguivano nella loro missione, conducendola a termine con pieno successo. Rare furono le resistenze avversarie e soltanto il giorno 17, nei pressi delrAmba Betlem (est di Abbi Addi , sulla destra del torrente Ghevà), si ebbe uno scontro importante, nel quale cadevano un ufficiale e due asc,1ri e lamentavamo pochi feriti. L'avversario lasciava sul terreno 9 morti e, tornato il giorno seguente ali 'attacco, veniva facil m ente e definitivamente respinto. Un altro scontro fra nuclei di armati abissini ed una nostra retroguardia aveva luogo il 28 novembre. L' avversario lasciava sul terreno IO morti e noi avevamo un solo ascaro ucciso.


Alla fine di novembre quasi tutta la vasta regione del Tembièn era sotto il nostro controllo. Episodio significativo: oltre 800 indigeni della zona di Hausièn si riunivano il giorno 18 intorno alla tomba del tenente Aldo Lusardi, caduto in una delle imboscate, per coprire di fiori la tomba del valoroso ufficiale. Un'altra azione di rastrellamento veniva compiuta, negli ultimi giorni di novembre, da reparti della colonna dancala nella zona di Der~1 e sulle pendici orientali dell'altopiano, dove risultavano ancora, dopo la fuga del degiac Cassa Sebhat, sconfitto nel combattimento di Azbì, piccoli centri di resistenza. Durame le operazioni più sopra ricordate, la nostra aviazione da ricognizione aveva proseguito nella sua attivissima azione di vigilanza per scoprire dove si fossero annidate le masse avversarie, che erano state segnalate per più giorni nella zona Macallè - Scelicot. Nella giornata del 16 veniva avvistata dalla ricognizione aerea una colonna di circa 5.000 uomini, che scendeva lungo la valle del Mai Mescic, a nord di Amba Alagi. Il 17, da altra ricognizione risultava che la stessa colonna, accresciuta di forze, si andava attestando allo sbocco della valle, a sud di Buiè. Veniva pertanto preparata un'azione in forze per la mattina del 18. Quattro squadriglie (20 apparecchi) da bombardamento, provenienti da vari campi, si riunivano nel cielo di Adigrat e, fra le 7 e le 8, puntavano insieme sulla valle ciel Mai Mescic, tra Mai Ua(ù, Enda Micael e Buiè. La sorte volle che in ta1e ora gran parte della colonna avversaria segnalata nei giorni precedenti fosse in marcia lungo uno stretto avvallamento, racchiusa fra due alti e scoscesi roccioni, in formazione densissima. I nemici non avevano trascurato cli premunirsi contro nostre eventuali offese aeree, poichè sui costoni erano postate numerose mitragliatrici e cannoncini Oerlikon che, all'arrivo dei nostri aerei, aprirono un fuoco vivacissimo. I nostri aviatori, abbassatisi allora sino a 50-100 metri, mitragliavano più volte il nemico, sul quale rovesciavano sei tonnellate <li bombe e spezzoni, così che la colonna veniva dispersa. Nel corso dell'azione, durata quasi due ore, tutti i nostri aerei venivano ripetutamente colpiti, ma nessuno in parti vitali. Solo un apparecchio era costretto ad atterrare a Macallè. Durante l'azione veniva gravemente ferito da pallottola esplosiva il sergente motorista Dalmazio Birago, che decedeva due giorni dopo ne1l'ospedale di Asmara e che veniva decorato di medaglia d'oro per il valore e lo stoicismo dimostrati.


VI.

I TENTATIVI ETIOPICI E LA PRIMA BATTAGLIA DEL TEMBIEN Il 28 novembre 1935 il generale De Bono, in riconoscimento della preparazione strategica e logistica dell'impresa da lui compiuta e dei risultati conseguiti con l'avanzata su Adua, su Axum e su Macallè, veniva promosso maresciallo d'Italia e sostituito nel Comando Superiore in Africa Orientale dal m aresciallo Pietro Badoglio. Questi, in vista anche della condizione politica internazionale Jdl'Italia, si propose di iniziare al più presto le operaz ioni decisiYe: ma prima volle raccogliere tutti i mezzi necessari pcrchè, una volta iniziate tali operazioni, esse potessero conseguire la vi ttoria e far raggiungere alle nostre truppe il cuore stesso dell ' Etiopia. Durante la nostra prima avanzata o ltre il Mareb, agli ordini del generale De Bono, erano giunte dall'Ita lia: - le restanti aliquote della 3" Divisione camicie ncn:; - la Divisione '( Sila >> ; - le Divisioni camicie nere 4" e 5", che avevano iniziato il movimento dall'Italia rispettivamente il 10 ottobre ed il 1° novembre. I trasporti si succedettero col massimo ordine e con tutti i carichi al completo, fino a quando, su richiesta del Comando Superiore Africa Orientale, il Ministero sospese, per una diecina di giorni, le partenze, allo scopo di alleggerire gli scarichi nel porto di Massaua e di procedere, durante questa sosta, all'organizzazione dclrautotraspono delle truppe fin sull'altopiano. Entro il novembre i trasporti in Eritrea ed in Somalia proseguirono in modo adeguato alle necessità contingenti : prima fra tutte quella di assicurare all'imponente massa di combattenti e di operai i mezzi per vivere e per agire a dispetto di tutte le sanz1om. Un'altra Divisione camicie nere __,, la 6" " Tevere », costituita da Italiani all'estero accorsi dai più lontani paesi per le fortune della Patria ; nonchè d a mutilati, combattenti e volontari della prima


guerra mondiale - alla fine di novembre era g ià addestrata e pronta a salpare. Di essa, la :nr" legio ne (Italiani all' estero) partiva per Mogadi scio il 2 1 ciel me~e stesso. Nel mese di dicembre la mobilitazione etiopica, che durante i m :-:~i d i ottobre e novembre si era svolta con ritmo accelerato, mercè l'appogg io morale e material e di alcune Potenze europee, aveva ormai raggiunt o tale sviluppo, da co nsentire forti ammassamenti nemici lungo tutto il fro nte Macallè - Axum. La press10ne ne mica si accentuava contro le nostre posizio ni d i g io rno in giorno, manifesta ndosi con tentativi d ' infiltraz io n e e di avvolg imento, ca ratteri zzati da azio ni di sorpresa sui nostri avampmti e sul k lince di rifornimento. Si ven ne così agli episodi del Tacazzè- Dembeg uinà; episodi di scars:t importanza tattica, che valsero però a m ettere in luce il valore delle nostre truppe m etropolitane cd indigene e ad o ri entare sem pre pit1 Ca pi e gregari sul m o do di co mbatt ere del nostro nemico, la cui ba rbarie su perava quell :t dimo~trata a d Adua nel 1896. Fu in rel azio ne :1 l[Ue~tc co11 ti n),!enzc, che il nuo vo ComandanLc su per io re in Africa O rienta ic, marcsci:1lìo Ra dogi io , re~osi conto della situaz ione e del le csipe117.e o perative, il 18 dicembre richiese di urgenza altre 2 Divisioni. Con tait ri nfo rzo, ;1ppena complet ata la prepa ra zio ne lo_gistica , il !vlaresciallo si riprometteva di sferrare. al mo m ento opportuno, un ' irruente offensiva, da condur re a fondo, senza soste, fino alla to tale clistru7.ione dell'esercito nemico.

nuovi invii di truppe, di armi e di· materiali. Vennero inviate in Africa: 3 Divi sioni, anz ichè 2 e, ad accelerarne !"invio, fu disposta i'immediata partenza dalla Cirenaica per l'Africa Orientale delle Divisioni « Cosseria n cd " Assietta » , già in piena efficienz a: non chè la pronta cost irnzione e partenza dell a Divisio ne al pi na " Pusteria >> . Quest' ultima fu costituita utilizzand o in g ran pa rte Un ità esistenti, col criterio di pregiudicare il meno possibile le necessità di mob ilitazione delle altre Divisioni alpine. li Comando di Divisione, un Comando di reggimento cd il Com ando di reggimen to d'Arti glieria alpina fu rono d i nuova costi-


tuzione; così indi visionati.

reparti complementi, i servizi e gli elementi non

A ciascun battaglione venne assegnato un plotone di mortai d 'assalto di recentissima adozione. Il 24 dicembre s'iniziava da Bengasi il movimento della << Cosseria ,, e contemporaneamente si procedeva in Eritrea alla costituzione di due nuovi Comandi di Corpo d ' Armata - III e IV - e s1 accelerava in Libia la preparazione di una Divisione indigena, di tipo leggero, per l'eventuale invio in Africa Orientale. Il 30 dicembre altre richieste del Comando Superiore, intese a rafforzare i presidi delle retrovie per garantirli dagli attacchi della g uerriglia, erano prontamente soddisfatte con l'apprestamento di 5 battaglioni camicie nere, rafforz:iti da reparti autoblindati. Tutto ciò imponeva nuove provvidenze e nuovi richiami, specie di personale specializzato. // mare;àal/o Pietro Nadoglio. Nello stesso mese di dicembre, in considerazione della grande attività delle forze della Somalia, . il cui Comandante, con mezzi minimi, a\·eva raggiunto risultati massimi (conquista di Neghelli), si decise di aumentare le forze in quello scacchiere, predisponendo l'invio: - della Divisione « Libia 1· ", particolarmente adatta all'ambiente ed al genere di operazioni in corso ; - della 6" Divisione camicie nere. Si costituiva anche un Comando D ivisione di Fanteria speciale « S H .


.p8 La fine dell'anno trovò pertanto: - la ,, Cosseria n in viaggio, la << Pusteria i• e I' (( Assietta )J in procinto d i partire per lo scacchiere eritreo; la 6a Divisione camicie nen: in movimento, e la <i Libia n, che stava completando la sua preparazione tec nico-addestrativa, in atto di muovere verso lo scacchiere somalo. li gennaio 1936 fu un mese di grande, ininterrotta attività, che ebbe inizio con la partenza ddl a << Pustcria n , proseguì il 20 con la partenza del)'<, Assietta >• da Derna - Tobruk e si concluse il 31 con la partenza del primo scaglione della « Libia ,i. Nello stesso mese furono approntati e partirono: - per l'Eritrea : i Comandi dei Corpi d'Armata III e IV (5 gennaio); le Unit:1 per la sicurezza delle retrovie, costituite da 5 battaglioni camicie nere, I battaglione autoblindo (23 - 24 gennaio) ; 1 battaglione zappatori - artieri, I battaglione teleferisti (30 gennaio); circa 2500 operai perfettamente eL1uipaggiati; - per la Somalia: 450 automezzi ed elementi vari ( 1). Nel periodo più decisivo delle nostre operazioni in Africa Orientale, mentre le truppe del fronte ~cttentrionale, al comando del maresciallo Ra<loglio, ~uperavano vittoriosamente le resistenze nemiche e tendevano verso Addis Abeba, e le forze del fronte meridionale, al comando del generale Graziani, si preparavano alla conquista di Harrar, si rendev,1no necessari mezzi automobilistici sempre più numerosi: sia per k operazioni, sia per garantire il funzionamento dei servi zi a malgrado della crescente distanza tra le basi di operazioni ed i successivi obbiettivi. Fu quindi necem 1rio inviare in Africa Orientale un ingente numero di autotreni e di automezzi di ogni specie, di materiale da ponte, di artiglierie motorizzate e di nuove truppe. Per raccogliere, organizzare, spedire e far sbarcare tali e tanti mezzi - ricorda la Relazione del Ministero della Guerra già citata fu necessario uno sforzo enorme. Si k,tt<'> col tempo per ridurre al minimo i tempi di produzione, di re(1uisizionc, di rimessa in efficienza. Fu necessario anche ricorrere a qualche acquisto all'estero. Si dovettero infine scecrliere b e apprestare piroscafi idonei al trasporto dei numerosi automezzi, alcuni dei quali di tipo gigante. (1) Cfr. M1:-;1snrn DELLA GL,ERI\A: gcnz:i A. O. " ·

<(

Relazione sull'attivit~ svolta per l'csi-


Con la maggiore rapidità possibile, oltre ad un 'ingente quantità di materiali del Genio di varia natura e specie, si procedette all'invio in Somalia di: 1.500 automezzi dall ' Italia; 100 caterpillar con 200 rimorchi dall'America; 3 gruppi obici da 100/ 17; 2 bande carabinieri autocarrat, di 500 uomini ciascuna, provviste anche di autoblindo. Nella circostanza è opportuno rilevare che, nonostante difficoltà gravissime, dovute alla congestione delle località di sbarco ed alle condizioni proibitive del mare, in meno di due mesi dalla richiesta, quest'imponente raccolta di uomini e di mezzi operava vittoriosamente in uno scacchiere lontano più di 8.000 chilometri dal la Madrepatria. Avanzate di centinaia di chilometri, in terreno aspro ed impervio - mentre eccitavano l'amor proprio e l'orgoglio dei Capi e dei gregari - moltiplicavano esigenze e bisogni di truppe e di operai. Donde la necessità di sempre meglio provvedere ad assicurare rifornimenti normali e straordinari: questi ultimi intesi a neutralizzare gli imprevisti più avversi. La previdenza aumentava col crescere Jclle ostilità; basti in proposito riflettere che, da una dotazione di munizioni, viveri, carburante, mezzi vari, intesa a garantire l'autonomia del Corpo operante per 2 mesi, si passò successivamente e rapidamente a dotazioni per 3, 6,' 9 mesi e, per alcuni generi di facile conservazione (munizioni, grano, scatolame, carburanti), anche per 12 mesi. Mezzi tecnici e logistici (artiglierie, materiali del Genio, automezzi, servizi) furono man mano approntati ed avviati in misura tale da assicurare la maggiore scioltezza di movimento consentita dal terreno e dalla situazione. Con questi provvedimenti fu possibile trasportare complessivamente in Africa Orientale 494.502 uomini; 513.276 fucili; 14.570 mitragliatrici; 498 carri armati ed autoblinde; 1.542 cannoni; 845.052.697 cartucce per armi portatili; 4.197.936 proiettili per I' Artiglieria; 18.932 autocarri; 102.582 quadrupedi. All'uopo fu necessario trasportare per mare 976.312 tonnellate e per ferrovia 470.000 tonnellate di materiale, mediante l'impiego di piroscafi che compirono complessivamente 563 viaggi; nonchè di 73.000 carri, che compirono complessivamente 9700 trasporti ferroviari. Il numero degli uomini, delle armi e dei materiali trasportati in Africa Orientale rese possibile, in soli sette mesi, la conquista di tutta l'Etiopia e la distruzione dell'esercito nemico.


.no tentativi etiopici. La prima quindicina di dicembre costituì, per quasi tutte le nostre Unità. un periodo di raccoglimento, di sistemazione e di rettifica delle posizioni raggiunte. I servizi di rifornimento svolsero la loro normale funzione di provvedere ai bisogni delle truppe e, nello stesso tempo, di apprestare e completare la base logistica per le future operazioni. In tale periodo, all 'ala sinistra <ld nostro schieramento sul fronte scttentrion ak, si continuò nella rigorosa azione di polizia nelle ,·~1stc regioni dd Gheralta e dd Tembièn, mentre l'aviazione segnab,·a l'approssimarsi di n otevoli forze avversarie a sud di Macallè. Veniva, perciò , intensificata la vigilanza da parte degli aerei, che ~volsero an c he alcun e azioni di bombardamento. Una di queste veni va effe ttuata su una colonna avversaria, apparte nente presumibilmente all e forze di ras lmmerù del Goggiam, cht: marciava nell'Uoghcrà, in di rezione di Dt:ba rech; e successivamcntt: , il (i dicembre, venivano homhardati, nei pressi di Dessiè, gli cdifìci visibilme nte adibiti a ~copi militari ed i vasti attendamenti nei dintorni dell'abitato. Nu,iz ic tt:ndc:nz iusc, pro v<.: niulli da Addis Abeba, tentarono d i affermare, nl'i giorni seguenti, che la città fosse indifesa e che, fra gli obbie ttivi colpiti dai nostri aerei , fossero ospedali della Croce Rossa ; ma da informazioni pili sicure, giunte dalla stessa Capitale abissina , risultò che nei pressi d clb città erano concentrate diecin e di migliaia di armati. Le numerose armi ~mtiaerec, entrate immediatamente in azione contro i nostri apparecchi, avevano dimostrato che il nostro attacco aereo era perfettamente previsto e che costitui va, perciò, un naturale atto di guerra. Ad eliminare ogni equi\'OCO, numerose fotografie eseguite dagli aerei, ritornati sul posto, pote rono comprovare che il bombardamento era stato effettuato esclusivamente sui punti aventi importanza militare: la polveriera, il ghebì, il campo d·aviazionc, la centrale telefonica, gli accampamenti militari. L·ospedale della Croce Rossa, che pure risultava occupato da clementi estranei al servizio sanitario, era stato risparmiato. Fu rilevato, alt resì, che numerose tende, il campo <l'aviazione e persino zone di terreno sgombre, cr:1110 st:iti indebitamente ricoperti dal segno della Croce Rossa. Ricognizioni eseguite nei giorni seguenti permisero di accertare, inlìne, che l'avanzata delle forze avversarie verso nord era alquanto rallentata e che le masse avversarie restavano occultate e divise.


Le not!Zle raccolte e le parziali resistenze incontrate confermavano la supposizione che ras Sejum Mangascià mantenesse il proposito di difendere il Tembièn, zona particolarmente adatta alla resistenza per condizioni naturali, nella quale si erano appostate le forze lasciatevi da ras Sejum, agli ordini del degiac Amarè Garesillasi, costruendovi anche opere difensive in diversi punti e specialmente alla confluenza del Mai Ucri col Tanquà. Colonne di truppe nazionali ed eritree, muovendo in diverse direzioni, permisero in breve tempo di conseguire il controllo anche su questa intricata regione. Sull'ala destra colonne leggere continuavano, nella prima quindicina di dicembre, ad avanzare verso il Tacazzè, occupandone i guadi principali. Vivaci combattimenti si svolsero, nella seconda quindicina del mese, tanto sull'ala destra, quanto sull'ala sinistra. Il nostro Comando aveva notato l'attività dell 'avversario nella zona a sud del Tacazzè e, fin dal giorno 14 dicembre, nostri reparti di irregolari avevano avuto l'incarico di compiere es plorazio ni nella regione dell'Haida, immediatamente a sud del tratto del Tacazzè compreso tra i due guadi di Addi Aitecheb e di Mai Timchet. Per agire contro le forze: avversarie in zona a noi più favo revole, fu pertanto predisposto che il guado a sud di Mai Timchct venisse sgombrato, in guisa da indurre le forze avversarie a varcare il corso d ' acqua, per poi avvilupparle cd annientarle con forze opportunamente predisposte.

Il tentativo di Dembeguinà. Sgomberato il guado da parte nostra, forze abissine, appartenenti alle avanguardie di ras lmmerù, attaccarono i nostri reparti avanzati che ~ dopo aver resistito per tutta la giornata del 15 dicembre all'irruenza del nemico, forte di oltre 3.000 armati, in parte equipaggiati all'europea cd abbondantemente muniti di armi automatiche e di bombe a mano - alla sera dello stesso giorno jniziavano il ripiegamento, per Addi Encatò cd Addaga Sciaha, sino alla stretta di Dembeguinà, compresa tra monte Asar e monte Nanamha, al margine nord deUa regione dello Tzembela. Ma un'altra colonna abissina di circa 2.000 uomini aveva guadato, nello stesso tempo, il Tacazzè a sud di Addì Aitecheb e, per il difficile sentiero di Ciarasigà, aveva raggiunto Dembeguinà, im-


4 3 :! pcgnandosi coi nostri reparti, ivi dislocati con il compito di sbarrare la via di Axum. Per conseguenza, le nostre bande eritree, che avc\'ano ripiegato dal Mai Timchet, impegnate tra due forti nuclei nemici, dovettero aprirsi un varco all'arma bianca. Intanto altre nostre

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Le operazioni sul Tacazzè.

Uniti, indigene e nazionali, avanzando contro i fianchi della colonna abissina che aveva aggirato Dembeguinà, entrarono in azione il giorno 17, riuscendo a serrare l'avversario in un cerchio di fuoco e gl'inflissero fortissime perdite, accertate in circa 500 morti, rinvenuti sul terreno. Le nostre perdite furono di 7 ufficiali, 29 nazionali, 48 graduati eritrei e 197 ascari uccisi; 2 ufficiali , 2 soldati e :!5 ascari


433 feriti, oltre ai 4 ufficiali ed ai 9 nazionali morti ed ai 3 feriti nei primi scontri. La percentuale assai elevata delle perdite di ufficiali deve attribuirsi all'iniziale nostra inferiorità numerica, all'asprezza del terreno, ben conosciuto dall'avversario, alla necessità di contenere il nemico il maggior tempo possibile, al fine di dar tempo alla nostra manovra di svilupparsi e, soprattutto, all'ardimentoso contegno dei nostri reparti e dei valorosi ufficiali . che, sprezzanti di ogni pericolo. si prodigarono in ogni momento dell'azione. I vivaci assalti all'arma bianca sferrati da parte nostra diedero occasione ai nazionali di dimostrare la loro decisa superiorità su! nemico anche nella lotta corpo a corpo. L 'aviazione prese vivissima parte all' azione, nonostante l'impervio terreno, la fitta vegetazione e gli anfratti rocciosi, che facilitavano l'occultamento all'avversario.

Il combattimento di Abbi Addì. Mentre si sviluppavano questi combattimenti sul Tacazzè, anche sulla fronte a sud di Macallè gruppi avversari, avvicinatisi ai nostri posti avanzati, cercavano con ripetuti attacchi di attrarre la nostra attenzione verso quel tratto di fronte, ma l'intenso fuoco delle nostre mitragliatrici riuscì a sventare ogni loro tentativo. Nella giornata del 20 dicembre la nostra aviazione eseguiva efficaci bombardamenti su nuclei appartenenti alle forze di ras lmmerù, nella zona a cavallo del Tacazzè, all'altezza di Mai Timchet. Riusciti vani i suoi tentativi sulla fronte del . Tacazzè, l'avn:rsario cercava di rimediare a tale insuccesso, ed alle sue conseguenze materiali e morali, con un tentativo di attacco contro un altro tratto della nostra fronte e precisamente nella zona di Abbi Addi, capoluogo del Tembièn. Abbi Addi è anche un importante centro di comunicazioni, poichè da esso partono le piste carovaniere che portano: a nord verso Cacciamò, nel cuore del Tembièn; ad ovest verso il Tacazzè; a sud verso l'importante centro di Socotà, passando per la vasta regione del Saloà; ad est verso il Gheralta. Un attacco di nuclei nemici, presumibilmente appartenenti alle forze dd Lasta settentrionale (Uagh), iniziatosi la mattina del 20 .29.


434 contro nostri reparti a sud di Abbi Addi, incontrava salda resistenza e \T!liva rapid:imente stroncato. Dopo questo combattimento, una massa di circa 50.000 armati delle for ze abissine dell'Uagh, sotto il comando del degiac Hailà Chebbedè, unitamente a due nuclei, com:indati rispettivamente dal deaiac Marù Arram e dal hi!:!erondi Lalibclù Gabrè, entrambi sottob u capi di ras Sejum Mangascià , attaccava fro ntalmente le nostre posiz io ni sul Tanquà, in corrispondenza di Abbi Addi, mentre un forte di staccamento nemico , attraversando il pianoro di R. Andino, attaccava le nostre linee nei pressi d ella chiesa di Enda Mariam Quar ar. Gli Abissini, approfitt ando del terreno particolarmente difficile, tra· rotto e coperto da fitta vegetazione, riusc ivano ad o ltrepassare il Mai Tanl.Juà e l' abitato di Abbi Addi e penetravano nella zona più a nord, men tre ad est raggiungevano la chiesa di Enda Mariam Q uarar. Le nostre truppe, dfican: mem c appoggiate dall'Artiglieria e dal!' Aviazione. contrattaccavano vigorosamente, mentre una colonna di nazionali e di eritrei ini ziava una mano vra tendente a<l avvo lg ere la massa avversaria. U n tent:itivo n emico di :i,·volgere :1 su:i vo lt.i Lt , inistra della colonn.i JggirJntC \·cniYa svcn t:ito d:i ;iltri nostri reparti. i quali sfe rrava no \;n vio lento contr:ittacco, svolto, in m o lti punti , all'arma bianca. Al termine della giornata il 11c111ico, ricacciato sulla sinistra d el M ai Tam1uà e da Enda Mariam Quarar. Yeni\'a vo lto in fuga ed inseguito lung:im ente ver so sud , da nostri reparti eritrei. RilcYanti le perdite dcll"avn:rsario: circa 700 morti e quasi 2.000 feriti. Numerose le armi e le muni z ioni abbandonate sul terreno. Sensibili :mc he le nostre perdite: 7 uffi ciali uccisi , 6 feriti, 167 eritrei uccisi, 160 feriti. Li nostra A \·i ai.ione. ndla g iornata del 22 dicembre , bombarda\·a concentramenti avversari fra il lago A scianghi e Quoram. incendiando numerose rende e depositi di materi::ili. Una colonna di circa _) .ooo armati. che cercava sfugg ire, \·e niva raggiunta dai no~tri aerei di scesi a bassa (jUota e r ipetutamente colpita. Anche questa volt:1 i nostri aerei erano fatti segno ad una vivace reazione nemica, che non rec:i v:i loro alcun danno. I combattim enti più sopra rico rdati ri w lavano da parte dell'avversario un attegg iamento eminentemente aggressivo, ben diverso d a l)udlo :1ssunto nei primi due m esi di operazioni, come si era co nstatato nei tentati vi di D embcguinà, Abbi Addi ed Enda




437 Mariam Quarar - risoltisi in altrettanti scacchi sangu mos1 per il nemico - e svoltisi nel breve giro di otto giorni. Dopo circa tre mesi dall'inizio delle ostilità, le nostre truppe incontravano, finalmente, non più bande disordinate e male armate; ma reparti regolari, armati ed equipaggiati all'europea, che tentavano di svolgere veri e propri atti tattici.

Abbiamo già accennato a quanto può dare un 'idea dell'imponente organizzazione logistica necessaria allo svolgimento delle operazioni nella regione tigrina. Tale organizzazione, per c1uanto iniziata nel corso stesso dell'avan zata e poi svolta con la massima alacrità, richiedeva perfezionamenti e completamenti di notevole importanza, data l'entità delle forze in azione. Anche la rete stradal.e impo neva speciali provvedimenti per la vastità della fronte - circa 1 .ooo chilometri - sulla quale occorreva far giungere i rifornimenti e per le distanze da superare, distanze che, tra l'antico confine e l'abitato Ji Mac illè, raggi ungevano 1 17 2 chilometri tli strada camio nabile. N el gcnn:iio s1 provvedeva, pertanto, a soddisfare tali bisogni con l'intensità di lavoro e la larghezza dei mezzi che l'importanza del le operazioni richiedeva. Mentre si da va impulso ad una robusta sistemazione sull'ala destra Jel nostro schieramento, specie nd ~euore di A:xum, nella pri ma quindicina di gennaio continuavano attivamente le minute operazioni di polizia nell'intricata e vasta regione dd Tembièn . Infatti i piccoli scontri contro nuclei armati nemici rivelavano \'intendimento avversario di approfittare della natura del terreno e della fitta vegetazione, per mantenervi alcuni elementi che rendessero malsicura la nostra occupazione. Inoltre, fin dai primi giorni di gennaio, la nostra Aviazione aveva avvistato e bombardato forti nuclei abissi ni che, dal Lasta settentrionale, per la mulattiera Socotà - Fenaroà, muovevano verso il Saloà, regione tigrina che si este nde a sud del medio corso Jel torrente Ghevà e del suo affluente Gabat. In corrispondenza del solco, nel quale defluiscono questi due corsi d'acgua, si andavano pure intensificando gli indizi di concentramenti abissini, così da provocare le nostre reaz ioni, come infatti avveniva nella zona di Amba Aradam - nord - ovest di Antalò. ripetutamente bombardata, nella prima quindicina di gennaio, dal-


l'Aviazione e dall'Artig lieria. Così pure avveniva nella zona di Mai Ghiblù. alla con fluen za del Gabat nel G hed, dove si erano verificati successivi scontri di nostre pattuglie in ricogni z ione. Nella stessa zona di Mai Ghibbà si era poi delineato ancora un concentramento di armati abissi ni . Il nostro Comando Superio re di sponeva, pert:1 nto. c he cont ro di essi marciassero due colonne: una di nazionali. munita di A r ti glieria e di m ortai d 'ass;:ilto, e l'altra critre;:i - le t1t1ali, con movimento concentrico, avevan o il compito di av,·ilupparc le forze nemiche. L ' azione ma novrata ebbe a svolgersi con piena risponde nza al concetto op<:ralirn (he l';:iveva ispirata e con esatta sincronia nello spazio e nel tempo, così da raggiu ngere un felice risultato. Il nemico subiva perdite rilevanti cd abbandonava sul terreno grande l)Uantità d i anni e muni zioni. Da parte nostra cadevano T g raduato eritreo c.: 2 :is(ari; veniva no feriti: 3 ufficiali , 2 graduati eriI rei e 3 asca ri. Am:he ;1 nord del c; hC\·à, in regio ne Andino (sud di Abbi Addi), l'Avia zione :1veva avvistalo e ho mhardato efficacemente considerevoli masse d i armati. Oltre a tiue~ti indiz i, ii Comando Su pniore avt::va raccolto sin1 n: informazion i che riYcl avano !"esisten za di ingenti forze nemiche valutate ad oltre -1 0.000 uomini - le quali, dal Saloà, dall 'Avergallè e dallo stesso Endcrtà, andavano avv ici nandosi alle nostre posiz ioni <lei T em bièn meridionale; mentre una pit1 forte m assa di armati rimaneva nelrE ndc:rt~1, a sud della zona di Macallè. Il disegno avversario era llllello Ji attaccare in direzione di passo Abarò e di attraversare il Ghcralta per recidere la nostra linea d i o peraz io ni tra Maca llè cd H ausiè11, avvolgendo così l'ala destra delle nostre forze, schierale nella regio ne di Macallè ed impeg nate fro ntalmente dall:i massa etiopica dislocata nell'Endertà. Com e risultò confermato da successive informaz io ni, il Comand o delle forze abissine, dislocate nel Tembièn meridio nale, era tenuto da ras Cassa Darghiè, persona assai autorevole nel sistema etiopico feudale , pcrd1 è imparentato con la dinastia di Menelik e cugino in secondo grado del Negus. Comandanti del più fo rte nucleo, destinato ad operare in direz ione di Abbi Addi, erano due figliuoli di ras Cassa (Uon duossen Cassa e Averrà Cassa), i gu;:ili erano preceduti da un' ava ng uardia costituita dagli armati dell'Uag h, sotto il com ando del bigerondi Lalihelù Gabrè.


439 Un nucleo di minore forza, destinato ad operare attraverso la regione Andino in direzione di passo Abarò, era comandato da ras Sejum Mangascià e comprendeva, oltre ad un residuo di armali tigrini, anche le forze scioane agli ordini diretti del degiac Asfaussen Cassa, terzogenito di ras Cassa Darghiè. La forte massa di armati etiopici che fronteggiava il nostro schieramento nella zona a sud di Macallè era pasta, invece, sotto il comando di ras Mulughietà, Ministro della Guerra. A chiarire maggiormente i propositi offensivi dei Comandi nemici, concorreva lo , postamento della Cavalleria appartenente al Corpo di ras Mulug hietà, in\'iata ad ammassarsi dietro le truppe di ras Cassa Darghiè t· di ras Scjum Mangascià. In questa situazione, il terreno, estremamente difficile, era fa\·orevolc alle insidie ed all'occultamento. Nella regione considerata, i massicci dell'altopiano sono, infatti, profondamente solcati dall'ero~ione delle acque e trarotti da forre profonde e da dirupi, ammantati, in parte, da boscaglia di rovi e di acacie spinose. Quasi nessuna ~trada vi esiste, ad eccezione di sentieri difficili , resi :rncor più impraticabili dalle piogge e dalle fran e. In terreno siffatto, gli Abissini - per sfuggire alla nostra osservazione aerea - eseguivano gran parte degli spostamenti di notte, occultandosi di giorno nelle numerose anfrattuosità.

La prima battaglia del Tembièn. Il Comando Superiore, nell'intento di ren<ler vano il disegno avve rsario, decideva di prevenire il nemico, attaccandolo prima che esso completasse lo schieramento delle sue forze. La manovra fu concepita in due tempi. Era prevista dapprima l"avanzata dell'intero III Corpo d'Armata (1" Divisione camicie nere ,, 23 Marzo )> e Divisione ,, Sila ») dalla zona a sud - ovest di Macallè alla fronte Negui<là - Debrì e, successivamente, in di~ezione di Gargarà, per effettuare, con il nostro dominio sul corso del Gabat, la recisione della linea d' arroccamento, che avrebbe consentito altri possibili spostamenti di forze dalla massa principale di ras Mulug hietà a quelle operanti nel Tembièn meridionale. L'azione del III Corpo riusciva efficace perchè dava più ampio respiro alla nostra occupazione, permetteva lo schieramento su posizioni naturalmente più forti delle precedenti e vincolava ragguardevoli forze avversarie.


44° Nella giornata del 19 le avanguardie del III Corpo occupavano, senza contrasto, gli abitati di Ncguidà e di Dcbrì e si disponevano a proseguire l'avanzata nel giorno seguente. Questa dava luogo a vivaci combattimenti, specie sulla fronte della Divisione << 23 Marzo H .

Le operazioni nel Temhièn .

L"ascesa <lei costone dominante da nord la valle del Gabat non incontrò resistenze; ma i nostri reparti di avanguardia, non appena superato il ciglio del costone, furono accolti da nutritissimo fuoco proveniente dagli appostamenti che il nemico aveva preparato in contropendenza, approfittando della configurazione topografica del terreno e valendosi di accorgimenti tecnici, sicuro indizio della presenza di consulenti e di istruttori europei. Mentre i reparti di avanguardia fronteggiavano gli appostamenti nemici, il Comando della Di\'isione « 23 Marzo >> faceva intervenire altre Unità - appoggiate


44 1 dall'Artiglieria e da bombarde - che, Jopo vivace azione di fuoco, riuscivano ad aver ragione di tutte le difese avversa rie. Il Duca di Pistoia, comandante della Divisione, si portava sulla fronte di combattimento, dove numerosi episodi di valore e di generoso sacrificio segnavano questa fase dell'azione. Intanto la Divisione « Sila Il, sulla destra, raggiungeva la confluenza del torrente Calaminò nel Gabat, incontrando analoghe resistenze sul costone che corre a sud del Gabat, dove però si affermava nel pomeriggio del 20. Nella notte sul 21 l'occupazione di tale costone veniva completata , senza incontrare reazioni avversane. Le perdite avversarie, nell'azione predetta, superarono i 200 morti. Le nostre, nella Divisione « 23 Marzo » : 3 ufficiali uccisi e 2 feriti, 60 uomini di truppa tra morti e feriti; nella Divisione " Sila " : ' ufficiali feriti e 33 uomini di truppa fuori combattimento.

La difesa di passo Uarieu. Il secondo tempo della manovra idcat;i dal Coma ndo Superiore prevedeva l'azione contro le forze abissine ammassate nc.:I Tembièn meridionale, facendo gravitare lo sforzo maggiore, con il Corpo d'Armata eritreo, da est verso ovest, contro le alture che, in senso equatoriale, si estendono e seguono a nord il corso del Mai T unt1uà. Nel contempo la 2" Divisione camicie nere (•_28 Ottobre " dove va occupare il passo di Uarieu, svolgendo un'azione sussi diaria in direzione nord - sud, per agganciare il nemico e distrarlo dal fronte di :ittacco del Corpo d'Armata eritreo. Così il giorno 20 una forte colonna della 2" Divisione eritrea, muovendo dal Mai Meretta, si scontrava col nemico in posizione mllc alture di Zaban Kcrkatà_ Il combattimento durava tutta la giornata del 20, finchè il nemico, volto in fuga, si ritirav;i verso Melfa, lasciando sul terreno oltre un mi~liaio di morti. Il giorno 21 la stessa colonna~ in cooperazione con un'altra proveniente da nord, s'impossessava di monte Lata e di Cuit. Nella stessa giornata del 20 gennaio la Divisione ,, 28 Ottobre ", muovendo dalla zona di Addì Zubbahà, occupava senza incontrare forti resistenze il passo di Uarieu e, verso sera, inviava il I gruppa battaglioni camicie nere, tatticamente dipendente da! Comando della Divisione stessa, a svolgere un'azione dimostrativa verso Abbi Addì,


4-P nella zona di Debra Amba, in relazione al compito che le era stato affidato. La colo nna di camicie nere distaccata dal Comando della Divisione " 28 Ottobre ,, aveva avanzato fino ai costoni di. Debra Amba, <1u:rndo, al mattino del 2r , veniva attaccata violentemente da numerose e soverchianti forze abissine, annidate sulle ambe circostanti. La colonna, combattendo accanitamente, riuscì ad eludere i ripetuti tentativi nemici di accerchiamento, riunendosi alla Divisione che, frattanto , si era con sol idata al passo Uarieu. Ndla notte fra il 21 ed il n il nemico, con un rapido movimento a malg rado dclk difficoltà del terreno, faceva massa su Abbi Addi , cercando di forzare ad ogni costo il passo di Uarieu per annullare il successo da noi riportato sulle alture di Zaban Kerkatà e di monte Lita, con la reci sione delle nostre comunicazioni fra l'Endcrtà ed il Gberalta. Al mattino del 22 si riaccendeva il combattimento contro gli Abissini avanzanti in masse numerosissime che, seguendo la tradizio nale tattica di sommersione. tentavano di travolgere la difes:1 , smtcnuta .\trenuamente dalle camicie nere. Validissima riusciva, in c1ucsl.l continge n z a , Li coo pcraz iu11c dell'Arma. aerea dK, oltre alk azioni di bombardamento e di mitragliamento, eseguiva, con un 'alilf UOta di apparecchi , il rifornimento delle munizioni. I 11tanto, nella stessa giornata dd 22, un ' altra colonna eritrea muo,·cva da Addi Zubbah:ì puntando sulla destra dell'avversario. Al mattino del 23 gli Abissini facevano un ultimo, disperato tentativo di forz are il passo Uaricu, ma, poco prima che si delineasse l'azione della colonna eritrea sul loro fianco destro, verso il pomeriggio, volgevano in ritirata , inseguiti, malgrado il terreno accidentatissimo, da alcuni reparti della Divisione cc nn. « 28 Ottobre », i quali , L1uantunc1ue stremati da tre giorni di vivacissima lotta, riusci\'ano, con ;1rditc puntate, ad infliggere all'avversario altre numerose perdite. Il nemico veniva così ricacciato verso Abbi Addì, nella valle del Mai Tonquà , riportando perdite che, nel complesso delle azioni svolte, ammontarono ad o ltre 5.000 morti, fra i quali molti Capi e sottocapi, e ad un notevole numero di feriti. Le perdite no~tre, per quanto sensibili, dato l'ardire di talune colonne e l'ostinata resistenza dei reparti in posizione di difesa, furono: 25 ufficiali caduti e 19 feriti, 289 nazionali tra morti e feriti, 310 eritrei . tr~1 morti e feriti.


443 Nurncroso il n1atc.:rial e cadut o in nostre n1ani , specie in arrni e munizioni. Furono rin \'rnute anche noternli yuantità di pallottoitJum-Jum. Dopo i sanguinosi scacchi subìti , le truppe abissine ripiegarono n :rso sud e verso ovest ; nè, per tutto il rimanente mese di gennaio, dieùero più alcun segno di combattività. La prima battaglia del T embièn sconvolgeva. così, l'ardito piano nemico di rompere in due tronconi il nostro schieramento in direi'.ione di Hausièn e di accerchiare le nostre forz(" del settore di ~acallè.


VII.

LA MANOVRA DEL TIGRAI

Dopo a\'(:r provato, con la prima battaglia del Tembièn (19 - 23 ge nnaio), la capacità reattiva delle due armate nemiche di ras Cassa Darg hiè e di ras Sejum Mangascià , il nostro Comando Superiore, lungi dall'immobilizzare grandi forze per parare alla minaccia che la presenza nemica rappresentava per le comunicazioni tra Adigrat e Macallè, si limitò alla salda occupazione dei passi più importanti , integrata da t!na stretta e rigorosa vigilanza, terrestre ed aerea, ~u tutto il fronte. Ma, acc:rnto alla massa abissina di circa 4 0.000 armati, accentr:1t:, nd T embiè11, una sc:conda, più iu1porla11lt: ma:.~a, forte di c: r, ., 80.000 armati , agli ordini di r:1s Mulughietà, fronteggiava da sud !a nostra occupazione di Macallè. E, mentre compiw della prim:1 massa (arma.te ras Cassa e ras Scjum) era quello di sfondar~ il nustro sc hierame nto tra M:icall~ ed il Tcmhièn, puntando su Hausièn. compito della seconda era quello di puntare su M:1cal!è. Completava, infine, lo schieramento abissino del fronte settentrionale l'armata di ras Immerù (circa 30.000 armati), che dalla n:g ionc dello Scirè fronteggiava la destra del nostro schieramento, in direzione di Axum. La prima battaglia del T embièn aveva scompigliato il piano ofiensivo di ras Cassa, con gravi conseguenze e ripercussioni nel campo abissino. Era perciò da ritenere che le gravi perdite subìtc, l'c~aurimcntu ddk munizioni, il mancato arrivo dei rinforzi richiesti, imponessero per t}ualchc tempo ai nemici del Temhièn un contegn0 strettamente difensivo. Il nostro Comando poteva così rivolgere la sua attenz ione contro la massa più forte che, a sud di Macallè, aveva organizzato a difesa , con circa 3 0.000 uomini, l'imponente massiccio dell'Amba Aradam, allo scopo di proteggere il concentramento del grosso delle forze nella zona di Maarà · I3uiè e di assicurarsi nel contempo le


445 rn municazioni che dal centro dell'Etiopia adducono alla fronte Macallè - Tembièn. Nella prima decade di febbraio la preparazione logistica er2 ormai tale da assicura re il movimento e la vita delle truppe nelle imminenti operazioni; le nostre forze, riordinate in 5 Corpi d ' Armata (4 nazionali ed I eritreo), erano pronte all'azione.

La battaglia dell' Endertà e la conquista del!' Amba Aradam. Si poteva dunque JnlZlare, il 10 febbraio, la prima fase della manovra del Tigrai che, attraverso tre battaglie concatenate ed in parte contemporanee - battaglia dell'Endertà, seconda battaglia del T embièn, battaglia dello Scirè - doveva condurre, nel giro di tre ~ntimanc, all'annientamento di 4 armate nemich e cd al conseguente .: rollo dell 'intero fronte settentrionale etiopico . A circa 16 chilometri a sud di Macall è sorge l'ampio massiccio dell'Amba Aradam , tra il torrente Gabat (a nord) e la piana di :\,1aarà (a ~u<l). Erta e rocciosa (la cima più elevata raggiunge l'altitudine di 2.756 metri), rotta da numerosi avvallamenti e spaccature, ricca di anfratti, che offrono ottimo riparo al tiro delle artiglierie ed alle offese aeree, l'Amba Aradam è una g igantesca barriera dife nsiva, lunga otto c hilometri e profonda tre, la guale, per la sua ubicazione, assicura a chi ne abbia il possesso tutte le comunicazioni d1e dalla barriera dell'Amba Alagi (passo Alagi, colle Falagà e colle Togorà) adducono a Macallè attraverso l'Endertà, nonchè quelle che da Socotà, attraverso il Saloà, conducono al Tembièn . Occorreva pertanto mettere fuori causa i difensori dell'Amba Aradam e, possibilmente, infliggere un duro colpo all'intera armata di ras Mulughietà prima che la massa del Tembièn avesse il tempo di intervenire, per poter poi agire a fondo contro quest'ultima. Tenuto conto che, frontalmente, l'Amba Aradam presentava po1.'. he vie di accesso facilmente difendibili, il nostro Comando <lecise di agire mediante l'aggiramento dei fianchi del massiccio. A tal fine, mentre il I Corpo d'Armata (Divisioni ,, Sabauda ,1 e ,, 3 Gennaio >>, gruppo camicie nere « Montagna))) doveva, iniziando il movimento, tentare di avvolgere da est la posizione fortificata nemica , non appena l'avversario avesse accennato ad uno spostamento di forze da quel lato, il III Corpo d'Armata (Divisioni <, Sila " e ,, 23 Mar-


zo ") Jove\'a muovere a sua volta, per eseguire un rapido avvolgimento Ja ovest della posii.ione stessa . Il movimento sarebbe stato protetto sull'estrema destra dal gruppo squadroni eritrei; mentre la banda dell'Endcrtà - cioè la milizia armata del degiac Gugsà avrebbe sorvegliato la piana di Zalcabà.

La battaglio del/' r:ndert,ì.

Un polente: schieramento di Arti,~ licria era in condizione di appoggiare efficacemente l':1,·anzata delle due colonne. Piano di azione, dunque, vasto e complesso, suscettibile di ulteriori sviluppi nel campo strategico; manovra convergente di due masse indipendenti , ma 1uttavia agenti in stretto collegamento fra di loro e che, oltre a tendere ali 'occupazione di un obbiettivo territoriale, - l'Amba Aradam - mirava a quello che è l'obbiettivo principale di tutte le operazioni belliche:- l'annientamento delle forze avversarie e la sconfitta decisiva dell'armata nemica più minacciosa.


447 Alla genialità della concezione corrisposero la rapidità ed il vigore dell'esecuzione. La battaglia si può dividere in due periodi ben di stinti: 10 - 12 febbraio e 15 febbraio, separati da una sosta di due giorni nell'avanzata ( 1 3 · 14), per sistemare i collegamenti e spostare avanti artiglieri e e servizi . Il 10 febbraio i due Corpi d 'Armata I e III avevano raggiunto, indisturbati, le rispettive posizioni di partenza sul versante nord del Gabat, fuori dall'osservazione nemica. Il giorno successivo, I I febbraio, mentre il Hl Corpo rimaneYa fermo sulle sue posizioni : sia per garantire il fianco destro dello schieramento, sia per trarre in inganno il nemico sull'effettiva direz ione del nostro attacco, il I Corpo (Divisione ,, Sabauda " a sini stra e Divisione <e 3 Gennaio 11 a destra) eseguì un primo sbalzo sulle alture immediatamente a sud del Gabat, raggiungendo la fronte Adi Asmebù-Enda Mariam Meri Mitì - M. Addimarà - Taga Taga, ed organizzando nel contempo sulla sinistra il centro di Auzebà, per sorvegliare le provenienze dal bassopiano orientale. Nella stessa giornata dell'rr due Unità di riserva (Divisio ne alpina « Pmtcria )> e Divisione •,, Assietta ») raggiungevano rispettivamente il passo di Dogheà e le posizioni lasciate dalla « 3 Gennaio ;, ; mentre le artiglierie di Armata completavano il loro schieramento , spiccatamente offensivo. 11 nemico , ~orprcso ed incerto sulle nostre reali inten zioni , no n o pponeva resistenza , limitandosi a concentrare rilevanti forze sul versante nord . est dell 'Amba Aradam, per piombare sul fianco destro della nostra colonna di sinistra. li 12 febbraio veniva ripresa l'a\'anzata su tutto il fronte. Il I Corpo occupava le alture dominanti la conca di Buiè e precisamente le posizioni di Adi Serghem - Adi Achelai (46° reggimento Fanteria), Enda Tede Haimanot (_f reggimento bersaglieri), Enda Gaber (Divisione ,, 3 Gennaio »). Il III Corpo, superato il Gabat (Divisione <1 Sila >> in prima schiera e Divisione ,, 23 Marzo n in seconda schiera), risaliva le pendici nord - occidentali dell 'Amba Aradam. Il nemico reagì con ripetuti attacchi contro l'ala destra del l Corpo. Forti masse. appoggiate da artiglierie di piccolo calibro ed animate da alto spirito aggressivo, attaccarono le nostre posizioni di Enda Gaber; ma la salda resistenza delle legioni camicie nere 101" e 208a valse a contePerc l'attacco.


Anche sulla fronte del IIl Corpo il nemJCo reagì con ripetuti attacchi; ma non riuscì ad arrestarne l'avanzata. Efficacemente appoggiata dall'Artiglieria divisionale e da quella di Corpo d'Annata, la Divisione << Sila n raggiunse, infatti, nel pomeriggio, tutti gli obbiettivi che le erano stati _assegnati. Verso l'imbrunire un'altra Unità di riserva (1 " Divisione eritrea) aYanzò, insieme al battaglione alpini H Saluzzo n, attc~tandosi al passo di Dogbeà, cioè in posizione tale da poter operare in qualsiasi

Gli alpini sull'Amba Aradam .

direzione, ma soltanto gli alpini del « Saluzzo )> poterono impegnarsi e muovere alla conquista della posi zione di Gul Negus. Nei giorni 13 e 14 l'avanzata venne sospesa. Si rafforzarono le posizioni raggiunte, si spostarono a,·anti le artiglierie ed i servizi, si migliorarono i collegamenti e le comunicazioni. Nella giornata dd 13 due attacchi nemici contro le ali interne dei Corpi d' Armata I e III vennero respinti in pieno. La giornata del 14 trascorse in perfetta calma. li 15 febbraio, ripresa l'azione, si determinò il crollo della resistenza avversana. Conclusosi, il giorno 12, il periodo preparatorio della grande battaglia, fin dalla sera del 13 il Comando Superiore impartiva gli ordini perchè da parte delle colonne operanti venisse completato, nella giornata del 15, l'avvolgimento dell'Amba Aradam. Alle ore


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7 del 15 febbraio le singole colonne mossero, col favore della nebbia, dalle rispettive posizioni, senza incontrare alcuna resistenza. Ma, diradatasi la nebbia, il nemico oppose su tutta la fronte una tenace difesa, così che le ali interne del I e del III Corpo vennero fortemente impegnate da ripetuti contrattacch1 , mentre le ali esterne dei Corpi stessi procedevano più agevolmente ed i poderosi concentramenti dei tiri della nostra Artiglieria sui centri di vita e sulle locai ità <li raccolta del nemico pro<lucevano un grande scompiglio nelle sue file . Le due colonne si congiunsero nel pomeriggio nella zona di Antalò, completando l'avvolgimento della posizione nemica, mentre un reparto di camicie nere della << 23 Ma rzo )) raggiungeva, con rapida scalata, la vetta dell'Amba Aradam (q. 2.756) e vi innalzava il Tricolore. Sorpresi dal l'audace e edere avanzata dei nostri , gli armati di ras Mulughietà, che avevano già subìto pe rdite ingenti nella disperata difesa dcll ' Amba Aradam, si sbandarono in disordinata fuga lungo le direttrici di Fenaroà e di Amba Abgi, inseguiti e mitrag liati senza tregua da interi stormi di aerei. L:i h:in:iglia rlell'Endert:'i er:1 vinta. Il nemico :i.vev:1 perduto co mpl essivamente circa 20.000 uomini , dei quali oltre 5.000 caduti , e lasciato nelle nostre mani numerosi prigionieri ed un ingente quanti tativo di armi , munizioni, quadrupedi, derra te e ma tniali var1. Non gravi le nostre perdite, qualora si tenga conto della vastità e della vivacità dell'azione. Ufficiali: 12 caduti e 24 feriti ; truppe nazionali: 122 caduti e 499 feriti; truppe indigene: 62 caduti e 83 feriti (compresi quelli appartenenti alle bande del degiac Gugsà). Notevole, durante la battaglia, il concorso dell 'Artiglieria e cieli' Aeronautica. L ' Artiglieria divisionale e di Corpo d 'Armata, in costante ed intimo coilegamento con la Fanteria , intervenne con temp:::stività ed efficacia ogni qualvolta risultò necessario. L ' Artiglieria d'Armata, opportunamente schierata ed abilmente diretta, concorse anch'essa largamente, con la potenza del suo fuoco, a determinare la decisione in numerose contingenze. L 'A eronautica ·;i prodigò senza soste nelle ricogni zioni tatti che e strateg iche, ncll 'intervento diretto con bombarciamcnti e mi tragliamenti da bassa quota, nell'inseguimento del nemico. In certi momenti volarono nel cielo della battaglia oltre 150 apparecchi. 30.


La battaglia dell'Endertà rappresenta un notevole esempio di azione di guerra di movimento e costituisce, anzi, la prima applicazione pratica delle teorie sorte dopo il primo conflitto mondiale, quale giusta reazione alla deprecata guerra di posizione, lenta e statica, logoratrice di vite e di ricchezze. Essa coronò con la vittoria la brillante manovra iniziata 1'1 I febbraio con la decisa avanzata della nostra ala sinistra, per trarre in inganno il nemico cd indurlo a spostare nella direzione minacciata il grosso delle sue forze; sviluppata il 1 :2 con l'avanza ta dell'ala destra e la contemporanea ripresa del movimento dell 'ala sinistra; facilitata, nei giorni 13 e 14, con lo spostamento delle artiglierie e dei servizi per la preparazione dell'attacco finale ed, infine, conclusa il giorno 15 con la rapida avanzata dell 'ala destra, che riuscì ad avvolgere la sguarnita ala sinistra avversaria, e col congiungimento delle nostre colonne oltre l'obbiettivo pri nei pale: l'Amba A radam .

La seconda battaglia del Tembièn. L:i conquista del massiccio dell'Amba Aradam e 1a rotta della massa etiopica più forte e meglio armata del fronte settentrionale offrivano grandi possibilità nel campo strategico, giacchè le due armate di ras Cassa e di ras Sejum, agganciate da nord nel Tembièn, avrebbero potuto essere attaccate anche da sud. In relazione a tali possibilità, tra il 17 cd il 20 febbraio, mentre il I Corpo d 'Armata raggiungeva la fronte M. Gomolò - Aderat M. Garagiam, il 111 Corpo d'Armata si spostava, attraverso un terreno aspro e difficile, nella conca di Gaela e raggiungeva il passo di Taraghè. Fervevano, intanto, i preparativi per la nuova grande battaglia, che - secondo il concetto di manovra del Comando Superiore doveva : in primo tempo assicurare il possesso dei passi dcli' Alagi (Alagi, Falagà e Togorà), per prevenire qualsiasi ritorno offensivo del nemico e soprattutto per precludergli la ritirata dal Tcmbièn; in secondo tempo battere le armate nemiche del Tembièn, attaccandole contemporaneamente da nord (I Corpo d 'Armata) e da sud (III Corpo cl'Arm:i.ta) e chiudendole in una formidabile morsa. Si iniziava così, il 22 febbraio, la seconda battaglia del Tembièn, che si conchiudeva il 1° marzo con una nuova, schiacciante vittoria delle nostre armi.


45 1 Dopo aver provveduto all 'organizzazio ne logistica, il I Corpo d' Armata m uoveva, il mattino del 26 febbraio, dalla conca di Adcrat verso sud, su tre colonne: - colonna di sinistra, per Mai Bctò - Adi Abeitò - Amba Mairà - Bct Mairà, sul colle di Falagà; - colonna di destra, per M. Gutba H airiat - Amba Corcorà Amba Togorà, sul colle di Togorà; - colonna centrale, per Mai Mescic, sul passo di Alagi. Le colonne laterali dovevano precedere per avvolgere dall 'alto eventuali resistenze ed aprire la strada alla colonna centrale. L 'operazione si svolse regolarmente e nel tempo previsto (due g iorni), senza incontrare resistenze. Alle ore 11 del 28 febbraio il T ricolore sventol ava sulla vetta dell'Amba Alagi (q. 3.438), ch e l1uarant'anni prima era stata testimone del sacrificio eroico degli uomini del maggiore T oselli. Mentre si svolgeva l'operazioLa Bandiera ..-ull'Amba Aradam ne del I Corpo d'Armata sull'Amba Alagi (27-28 febbraio), si accendeva con estrema violenza la lotta nel Tembièn, per la quale tutti i movimenti preparatod (avanzata del III Corpo da sud a nord, verso il Ghevà; rafforzamento, da parte del Corpo d'Armata eritreo, degli apprestamenti difensivi, per garanti re col minimo di forze il possesso delle posizioni, e costituzione della massa di manovra) erano stati ultimati la sera del 26. Le forze di ras Cassa e di ras Sejum, ridotte in parte per l'esodo d i piccoli gruppi, raggiungevano all' incirca, all'inizio della battaglia, i 30.000 uomini. Esse, per poter far fronte a tutte le eventualità, erano schierate in tre masse, fra Debra Amba (fronte a nord), Amba Tzellerè (fronte a sud) e Melfa (fronte ad est). Nelle prime ore del 27 un plotone di rocciatori alpini cd un manipalo di camicie nere del Corpo d'Armata eritreo (notiamo per inciso che i 5 Corpi d'Armata erano stati riorganizzati dal Comando Superiore in modo da comprendere ciascuno - non escluso quello


eritreo - clementi dell'esercito, di camicie nere ed eritrei), mediante un'ardimentosa scalata, occupavano di sorpresa l'Uorc Amba (amba dorata), conquistando un cannone che vi era postalo. Il nemico reagì ripetutamente con violenti contrattac::hi che causarono gravi perdite :id entrambe le parti, ma l'amba rimase in nostro saldo possesso. Intanto il Ili Corpo, superato il Ghevà, raggiungeva la zona di Dibbuc, senza incontrare resistt:nze. Il giorno successivo, 28 febbraio, il i Corpo d 'Armata, dopo aver superato qualche resistenza, raggiungeva le pendici occidentali di Debra Amba, mentre il lll, da sud, investiva rAmba Tzellerè, avvolgendola anche da ovest. Ndb gio rnata del 29, i due Corpi d'Armata ripresero l'azione t si congiunsero ad ovest di Abbi Addi, accerchiando i superstiti dellt: armate di ras C:issa e di ras Sejum. Il 1" marzo venne completata l'occupazione dell 'Amba Tzellcrè t:d eliminati gli ultimi nuclei nemici. Il T embièn era ormai tutto in nostro possesso. Gli armati abissini superstiti , lasciati nelle nostre mani fuci li , mitragliatrici, quadrupedi e derrate. cercavano scampo nella fuga, inseguiti e decimati da centinaia di aerei.

La battaglia dello Scirè. Il terzo cd ultimo atto della manovra del Tigrai si doveva svolgere nella regione dello Scirè, contro l'armata di ras lmmerù che, rinforzata dal nucleo di Aialeù Burrù, fronteggiava con circa 30.000 uomini le posizioni occupate dal nostro II Corpo d'Armata, a sud · ovest di Axum, e già più volte aveva tentato di rompere l'ala destra dello schieramento italiano sul fronte settentrionale. Raccolto il JV Corpo d'Armata rii nuova costituzione (Divisioni « Cosscri:1 " e ,, 1" Febbraio 11) nella zona di Debrì Mariam (a nord del Mareb); ordinato al II Corpo d 'Armata (Divisioni "Gavinana ", ,., Gran Sasso" e ,, 21 Aprile ,,) di riunire la sua massa di manovra, dopo a\'er assicurato con le forze strettamente indispensabili la difesa dei campi trincerati di Adua e di Axum, il Comando Superion: concepì il piano della nuova battaglia, che avrebbe dovuto avvolgere da nord (IV Corpo) e da est (II Corpo) l'armata di ras Imrnerù e liberare l'intera regione dello Scirè, parte occidentale del Tigrai.


453 A tal fine, il 29 febbraio il II Corpo d'Armata doveva marciare ~u Selaclacà; mentre il IV, oltrepassato il Mareb, doveva occupare Ad Nebrid; il r" marzo il II Corpo doveva raggiungere Cojetza e il IV Corpo Az Darò. Nelle prime ore del 29 febbraio i due Corpi d'Armata iniziarono l'avanzata. li JV non incontrò alcuna resistenza, ma dovette superare grandi difficoltà per il terreno e per la scarsezza dell'acqua: a sera sostò a nord di Ad Nebrid. Il II Corpo (Divisione << Gavinana >>) invece venne attaccato, verso le ore r 3, da rilevanti forze avversarie. Il combattimento, molto accanito, si protrasse fino a notte, ma il nemico venne dovunque arrestato. Nella notte si dispose che la Divisione « Gran Sasso » si schierasse sulla destra della « Gavinana >> e si perfezionò il dispositivo di attacco. Nella giornata del 1 ° marzo, mentre il JV Corpo proseguiva la sua difficile marcia attraverso un terreno arido cd inesplorato, raggiungendo la zona tra Ad Nebrid e Az Darò, il II Corpo respingeva nuovi attacchi nemici sui fianchi del suo schieramento. Alla sera il nemico risultava ancora in forze nella zona di Cojetza, ma mostrava ::;ià b tendenza a ripiegare. Il 2 marzo, però, alla ripresa dell'avanzata italiana in entrambe le direzioni (nord · sud ed est - ovest), il nemico provocò violenti scontri con le truppe del II Corpo d'Armata, che lo respi mcro dovunque, mentre potenti concentramenti di Artiglieria ne diminuivano la capacità di resistenza. All'alba del 3 marzo i due Corpi d'Armata italiani erano ormai tanto vicini, da poter far sentire la loro reciproca influenza sul campo di battaglia; ma il nemico, scosso dai numerosi ed accaniti combattimenti contro le truppe del II Corpo e seriamente minacciato dall'avanzata del IV, rinunciò alla lotta e ripiegò verso il Tacazzè, inseguito e disperso dalla nostra Aviazione. Anche la battaglia dello Scirè si chiudeva così con la nostra vittoria ed anche l'ultima armata abissina del fronte settentrionale poteva dirsi annientata. Nella seconda battaglia del Tembièn ed in quella dello Scirè il nemico aveva perduto complessivamente, tra caduti e feriti , oltre 15.000 uomini, mentre le nostre perdite ammontavano: per le forze nazionali, a 19 ufficiali caduti ed a 67 feriti e ad uomini <li truppa 236 caduti, 831 feriti e 22 dispersi; per le truppe indigene, a 36 caduti, 149 feriti , 13 dispersi.


li complesso delle operazioni , che abbiamo sinteticamente ricordato - e che possono bene a ragione considerarsi come le più grandi operazioni militari sinora com piute nella Storia delle guerre coloniali o ltre che alla genial it à della concezione strategica cd all a tempe.qi\'ità dell'esecuzione tatti ca, devono in notevole parte il loro pieno successo :ill'accuratczza dell'organizzazione logistica. Organizz az ione che ;1ppare vera mente poderosa e complessa, qualora si tenga prescntt· : · -- che si trattava di far vivere ed operare una massa di 5 Corpi d 'Armata, modern a m ente armati cd equipaggiati, in una regio ne di alta montagna . impervia e priva di riso rse, ad una distanza di 4.000 chilo metri d i na vigaz ione dalla Madrepatria e ad oltre 400 chilo111ctri tblb cmla; - che alla massa dei 5 Cor pi d 'Armata, operanti in direzioni va rie su un fro nte di circa :.250 chilometri, si aggiungeva l'impiego di una im po nente m assa di Artiglieria di ogni calibro, di centinaia di carri d 'assalto, di interi storm i di aerei; - che due interi Corpi d ' Armata (i l III ed il IV) dovettero esse re in parte riforniti - sia pure per breve periodo - a m ezzo di aerei , t>d uno di rssi , il lii, r ,1111hiò cl11e volte, nel corso delle operazioni. la propri a linea di com unicazione; - che, infine, alle esigenze del ri fo rnimento delle truppe oper:mti, si sovrapponevano quelle delle popolazioni dei territori occupat i, ridotte in misere condizioni dalle rapine e dai saccheggi d elle orde etiopiche. 1 pochi dati e le cifre che seguono sono tali da dimostrare lo sforzo compiu to per alimentare e sostenere le operazioni del nostro Corpo di spedizio ne nel corso delle tre ba ttaglie del Tigrai, in base ::i I criterio di far vivere, muovere e combattere le Unità operanti senza per n ulla diminuire l'afflusso normale dei rifornimenti, nè sospendere l'esecuzio ne dei la vori a tergo del fro nte, per la costruzione di opere difensive, lo sca\'O dei pozzi, l'apprestamento delle strade e dei baraccamenti. Per assicurare i rifornimenti, furono proiettati in avanti, immediat::imcntc a tergo delle truppe o peranti, depositi a terra di m ateriali vari per i bisogni immedi ati della battaglia. Notevoli quantità di materiali e derrate furono concentrate dalla nostr::i Intendenza presso il centro di Adigrat e nelle basi ava nza te di H ausièn e di Mai Macdèm. Contem1X>raneamcnte si fecero affluire ai magazzini e depositi a rretrati dell'altopiano forti scorte di viveri e di materiali, in modo


455 da potere reintegrare, co n percorsi relatÌ\'amente brevi, i consumi durante la battaglia. Per il servizio san itario si dispose che ogni Divisione avesse al ,cguito immediato, olt re alla propria sezione di sanità, anche 2 ospedali da campo. Presso ciascun Corpo d'Armata fu costituito un nu cleo chirurgico. Un centro ospedaliero (transito, ristoro e sgombro) fu inoltre lOStituito a Quihà, con 3 ospedali da campo rinforzati, per un com-

L'a/za.bandicra ad Amba A/agi.

plesso di 400 pasti-letto. A tale centro - presso il quale fu anche trasferita l 'amhulanza chirurgica - facevano capo i feriti e gli ammalati provenienti dal fronte, allacciando così il servizio di sgomhro dei Corpi d 'Armata a quello più avanzato di Jntendenza. Altro centro ospeda liero fu impiantato in zo na pit1 arretrata , a Mai Macdèm, con una capacità totale di 1.000 posti-letto. Presso tale centro funzionava un 'ambulanza chiru rgica speciale. Un terzo centro ospedaliero, infine, capace di circa 400 posti letto e con an nesso un nucleo chirurgico, fu impiantato in Adig rat. I feriti e gli amm alati affluivano tutti al centro avanzato di Quihà, dove venivano ristorati e sottopasti al rinnovo delle medicazioni. Quelli bisognevoli erano sottoposti ad intervento chirurgico e poscia, se trasportabili, avviati al centro di Mai Macdèm. Q ui vi i


ricoverati erano trattenuti più a lungo, per essere poscia sgombrati su Adigrat. Da Adigrat a tergo, ricovero e sgombero avvenivano con ritmo normale. Circa il servizio di Commissariato basta ricordare che, per il vettovagliamento delle truppe, furono inviati al fronte giornalmente 5.000 quintali di farina, 400 quintali di carne congelata, 150.000 scatole di latte, 4-000 ettolitri di vino, 900 quintali di marmellata, 450 guintali di frutta secca, 15.000 chilogrammi di tabacco, 150.000 bott iglie di acqua minerale, 500.000 scatolette di carne e minestra, 1.200 quintali di galletta. Per il vestiario e l'equipaggiamento, in aggiunta alle scorte già esistenti nei m agazzini avanzati, furono, tra l'altro, riforniti : 30.000 divise di tela, 50.000 paia di scarpe, 30.000 camicie di tela, 50.000 teli da tenda. Per il servizio di Artiglieria, nella sola prima q uindicina di febbraio furono inviati alle frazioni avanzate alcune diecine di pezzi di Artiglieria, alcune migliaia di armi portatili, circa 200.000 proietti di Artiglieria, 22 milioni di cartucce per armi portatili e parecchie diecinc di migliaia di bombe. Il tonnellaggio totale del materiale trasportato, pei soli bisogni dell'Artiglieria, raggiunse i 38.000 t1uintali e richiese per il trasporto un migliaio di autocarri di media portata. Per ttuantu riguarda il servizio del Genio, l'opera di quest'Arma nella campagna, e più specialmente nel periodo operativo da noi ora considerato, si affermò in modo veramente notevole, per l'ampiezza e per la molteplicità dei suoi campi di azione. Il Genio dovette anzitutto provvedere alla sistemazione difensiva di numerose importanti _posizioni, destinate a conferire sicurezza a quei settori nei quali non erano previste azioni offensive; alla siste· m azione delle linee di partenza, da mantenere presidiate durante la ripresa offe nsiva per poter parare ad ogni evenienza ; all'apprestamento difensivo delle nuove posizioni conquistate, per metterle in grado di respingere qualsiasi ritorno offensivo dell'avversario. Per tale ultimo bisogno, oltre che all'esecuzione di numerosi lavori, si dovette in precedenza disporre l'invio ai reparti avanzati di numerosi materiali di rafforzamento (oltre 3.000 quintali al giorno), per un periodo di alc une settimane. Furono altresì impiantate numerose e potenti stazioni fotoelettriche autocarreggiate o cammellate, per illuminare di notte le ampie distese di terreno insidioso davanti alle nostre posizioni.


457 Zappatori del Genio allargavano intanto e miglioravano le scarse piste esistenti e costruivano ex novo comunicazioni camionabili. Fra tutte, degna di particolare rilievo - per il dislivello da superare, per le numerose difficoltà incontrate e per la rapidità dell'esecuzione - la camionabile risalente l'erto versante meridionale della profonda valle del Gabat. Tale complesso, veramente considerevole, di !avori stradali con5entì alle grandi Unità avanzanti nella estesa piana di Buiè di farsi seguire dalle proprie autocolonne durante la stessa avanzata. Anche nell 'impianto di numerosi e svariati mezzi di collegamento i reparti del Genio esplicarono opera assai redditizia, malgrado le difficoltà del terreno ed assicurarono le comunicnioni fra le colonne cd i Comandi superiori. Il problema idrico impose, infine, previdenze e provvidenze vaste e molteplici, per consentire alle truppe - in qualsiasi momento ed in qualunque località __, approvvigionamenti di acqua abbondante e sana. Donde complesse operazioni di captaz ione, potabiliz1.azione e distribuzione ; nonchè costituzione di riserve di an1ua. Furono a tal fine distribuiti ai reparti idrici del Genio pozzi Northon, motopompe, pompè a mano, lubazioni, filtri portatili , casso ni metallici di capacità variabile sino a 3.000 litri , serbatoi metallici someggiabili. Tutto questo insieme di lavori e di rifornimenti fu compiuto, naturalmente, senza interrompere le normali attività del Genio in tutto il territorio della Colonia (costruzione di strade, baraccamenti, forni, ecc.): complesso poderoso di lavori e di rifornimenti, che richiese un movimento globale di oltre 5.0 00 quintali di materiale al giorno e l'opera instancabile di diecine di migliaia di uomini. Data la complessità deH'organizzazione logistica, il servizio trasporti non poteva non assumere una grande importanza, dovendo servirsi di tutti i mezzi possibili, dall 'aeroplano all'autocarro, dal mulo al cammello. Oltre 900 autocarri furono adibiti al trasporto delle armi e delle munizioni. Un'intera Divisione fu trasportata in autocarro, senza a 1cun incidente, da Massaua ad Adigrat in 18 ore e poscia in altre 10 ore da Adigrat a Macallè, formando una colonna unica di 650 autocarri. Tutti i materiali di un'altra Divisione furono trasportati dal settore di Enti sciò a Macallè in 24 ore, con una colonna unica di 120 autocarri.


Dove le macchine non potevano più giungere, si fece ricorso ai quadrupedi. Oltre a l1uelli organicamente assegnati alle singole Unità, i quadrupedi impiegati raggiunsero il numero di 10.000, dei quali 6.000 cammelli e 4.000 muli. Le poche cifre più sopra ricordate, pur nella loro brevità, sono abbastanza clot1uenti e tali da documentare l'entità dell'organizzaZ,ione logistica che l'intenso periodo operativo 10 febbraio - 3 marzo richiese. Tale organizzazione, per la genialità e l'elasticità delle provvidenze attuate, non meno che per l'imponenza dei mezzi impiegati, costituisce un utile esempio dello sforzo logistico oggi necessario al]' impostazione ed allo svolgimento di operazioni coloniali con grandi masse. Conclusa, nella giornata del 3 marzo, la brillante manovra stra· tegica, attraverso le tre battaglie vittoriose dell'Endertà, del Tcmbièn e dello Scirè, l'intero fronte etiopico settentrionale, già. presidiato da circa 150.000 armati, per una estensione di oltre 250 chilometri, poteva dirsi crollato. La triplice vittoria, annientando e disperdendo le forze nemic he, :i priva ormai :i.i nostri Corpi cl' Armata la via per l'avanzata generale \'Cno il cuore dell'Etiopia.


VIII.

L'AVANZATA GENERALE VERSO IL CENTRO DELL'ETIOPIA Ultimate le operazioni di rastrellamento Jei campi di battaglia, mentre truppe del Genio e centurie <li lavoratori provvedevano alacremente alla sistemazione stradale nei nuuvi lerrilori occupati, le nostre truppe si attestavano sulla linea Setit - Tacazzè - Fenaroà - Amba Alagi, in attesa che la nuova sistemazione logistica consenti sse l'ulteriore avanzata. La sosta non fu lunga. Superate le principali resistenze del nemico, compiuta l'organizzazione integrale delle hasi, era naturale che la nuova p:m:ntcsi di preparazione divenisse assai più breve. [l 1,.i m::irw, dopo soli 7 giorni dalla battaglia dello Scirè, l'avanzata \'en iva ripresa su tutto il fronte. Provveduto al gittamento di un ponte Ji I IO metri su l Tacazzè· cd al prolungamento della rete ~tradale in tutto il territorio conl.jllistato, il Comando Superiore disponeva \"avanzata generale verso le regioni dell'Amhara, del Lasta e ddl'Aussa. Le operazioni, svolte tra il IO marzo ed il 4 aprile, miranti, nel loro complesso, alla distruzione delle forze residue nemiche sul fronte nord cd all'occupazione di tutta l'Etiopia settentrionale, dal confine sudanese e dal mar Rosso fino alla linea lago Tana - lago Ascianghi - Aussa, si possono così riassumere: - occupazione dcll 'Aussa; - avanzata su Socotà e su Gondar; - battaglia dd lago Ascianghi. Nel corso di tali operazioni, l'Aviazione - che nel periodo operativo in esame diede nuove, mirabili prove delle sue possibilid strategiche, logistiche e tattiche - segnò tra l'altro al suo attivo la distruzione di 6 apparecchi nemici tra il r8 marzo ed il 4 ap rile: 1 a sud di Quoram (presso il lago Ascianghi), 2 sul campo di Dabat (a nord - est di Gondar) e 2 sul campo di Addis Abeba.


L'a vanz ata generale.

Con la distru zione dei 6 apparecc hi, la minuscola forza aerea abissina - destinata più che altro al collegamenlo aereo tra Quartier G enerale e Capitale - riceveva un colpo non facilmente rimediabile.

L'occupazione dell' Aussa. La preparazione di questa difficile impresa - che doveva portare le truppe italiane dal mar Rosso fin né! cuore dell'Aussa, attraverso un terreno inospitale, privo di vita e di risorse - risale al di-


cembre 1935. I problemi logistici da risolvere, non pochi, nè lievi, imponevano una preparazione meticolosa come condizione essenziale per il successo della spedizione. L 'esecuzione fu preceduta <la numerose ricognizioni aeree, intese a stabilire le possibilità di attraversamento per le truppe e di atterraggio per gli aerei. La colonna doveva essere naturalmente leggera e t1uasi libera eia salmerie, dovendo percorrere circa 150 chilometri attraverso un inospitale deserto di pietra, irto di lastroni basaltici e movimentato da collinette e cocuzzoli di lava; ma, nel contempo, doveva essere militarmente forte, per potersi aprire la strada attraverso le probabili insidie del nemico. Iniziato il movimento dalle basi di Assab e di Beilùl, la colonna varcava presso Mussa Alì il confine della Dancalia ed affrontava l'infido e torrido deserto con la scorta di :25 aeroplani che - oltre a rifornirla di munizioni , viveri, foraggi ed acqua ~ dovevano proteggerla da eventuali imboscate. Si delineò così una nuova possibilità d·impiego dell ' Arma del cielo: accanto alr<.:splorazionc strategici e tattica, al collegamento, all'intervento diretto nella batta,gli;:i, all'inseguimento, al rifornimento aereo, ecco affermarsi la possil>ilit~ di un vero e proprio servizio aereo di sicurezza, sia in marcia che in stazione. Gli aerei, infatti, durante la faticosa e difficile marcia, facevano l.,uona guardia attorno alla colonna: la precedevano sulla fronte, si scaglionavano sui fianchi, la scortavano a tergo, comunicavano con le truppe in marcia con mezzi radio e con segnalazioni convenzionali ; e, se un nucleo di armati abissini od un gruppo di predoni veniva segnalato, scendevano prontamente a bassa quota per stroncare, con bene aggiustate raffiche di mitragliatrici, ogni possibilità di imboscate o velleità di resistenza. Ben 97 atterragg i di fortuna furono eseguiti, nonostante k gravi difficoltà del terreno, durante il percorso. Con queste previdenze e con questi mezzi l'II marzo le nostre truppe raggiungevano ed occupavano Sardò, presso il fiume Auasc, nel cuore dell'Aussa. L ' importanza militare di tale occupazione derivava dalla minaccia che dall'Aussa si poteva esercitare: sia sulla ferrovia Gibuti - Addis Abeba, sia sulle comunicazioni della massa nemica dislocata nella zona di Quoram, presso il lago Ascianghi. Basti considerare che il nuovo campo di aviazione, da noi impiantato a Sardò, distava in linea d'aria poco più di 200 chilometri da


La regione dell' A u ..-sa.

Diredaua e solo 160 da Dessiè, il che consentiva - a parte gli ulteriori sviluppi che da tale occupazione sarebbero potuti derivare un sicuro e stabile collegamento aereo fra le Armate oper:mti sui due fronti.


L'avanzata su Socotà e su Gondar. Mentre si effettuava la marcia su Sardò, dal Setit e <lai Tacazzè le nostre truppe muovevano verso sud, sicchè, nella seconda decade di marzo, tutto il fronte settentrionale, dal Sudan al mar Rosso, era in movimento, in una grandiosa avanzata di varie colonne parallele, regolata e coordinata dal Comando Superiore.

L,t marcia su Gondar.

Le truppe del bassopiano occidentale, oltrepassato il Setit, occupavano il Daftà, il Bircutan e l'Uolcait. 11 II Corpo d'Armata, varcato il Tacazzè, dopo avere spezzato le ultime retroguardie dell' armata di ras Immerù, proseguiva attraverso lo Tzellerntì e lungo il fianco occidentale dell 'acrocoro del Sernièn (nodo montano inesplorato, la cui cima più alta, l'Ancua, raggiunge i 4.620 metri). Superate in pachi giorni aspre difficoltà di terreno, raggiungeva il :29 marzo Debarech, capoluogo dell'Uogherà. Contemporaneamente il III Corpo d'Armata, muovendo dalla zona di Fenaroà, attraverso i guadi del Sarmè e dello Tzellarì, rag-


giungeva, dopo faticosissima marcia, Socotà, importante nodo carovaniero, da[ qual~ si dipartono le comunicazioni per il lago Tana e per il Goggiam. Particolare degno di rilievo: lungo un tratto dell' aspro percorso verso Socotà, là dove il terreno sabbioso non consentiva agli automezzi di tener dietro alle colonne in marcia, mentre i quadrupedi erano tutti impegnati nel trasporto delle munizioni, le truppe stesse don:ttero portare a spalla i viveri. A tal fine, due mute di 2.000

Gn11dar.

uom1111 ciascuna spostarono in due giorni, per 36 chilometri, un e , rico com plessivo di 60 tonnellate, pari ad un'aggiunta individuale di circa 30 chilog rammi al peso normale dell'armamento e dell'elJllipagg1amcnto. Il nemico non da va alcun segno di vita. Tra il 29 cd il 3 r marzo una colonna di truppe indigene, agli ordini del ge nerale Cubcddu , si spingeva da Debarcch su Dacua e Dabat e, nella gio rnata del 1° aprile, raggiungeva Gondar, dopo n~n~i cong iunta con una colonna celere agli ordini del luogotenente generale della Milizia Starace. Quest' ultima colonna, costituita interamente di truppe mo to ri zz ate (3'' reggimento hcrsaglicri, battaglione camicie nere, un gruppo di Artigliaia aulotrainata, un battaglione di motomitragliatrici, uno slpt:idrone di autoblindo, una compagnia mista del Genio ed elementi vari dei serviz i), forte di circa 5.000 uomini e con un complesso di 500 automezzi, era partita dall'Asmara il 15 marzo per raggi ungere, il 19, Om Agcr, sul Selit. Organizzata in modo da po-


tcr vivere ed operare per circa 30 giorni in completa autonomia logistica, la colonna riprendeva la marcia all'alba del 20 e, varcato il Setit, penetrava in territorio etiopico su una carovaniera, attraverso un territorio in gran parte sconosciuto. Dopo aYere coperto 300 chilometri in 12 giorni, superando ostacoli di ogni sorta, a mezzogiorno <lei 1~ aprile, raggiu ngeva ed occupava G o ndar insieme alla colonna C ubeddu. li mo vimento con vergente su Gondar si effettuava così sui due fianchi del massiccio del Semièn: colonna Starace da ovest; colonna C ubeddu d a est. U na terza co lo nna, intanto, procedendo da Kogga ra lu ngo il confine sudanese, raggiunge va Rafì sul fiume Angareb. Gli armati supersti ti di ras lmmerù e del degiac Aialeù Burrù, aggi ran tisi tra il Semièn e I'Vogherà, non osarono disturbare il movim ento delle colonne ed, apertam ente osteggiati dalle popolazioni, si dispersero verso il sud.

La battaglia del lago Ascianghi . Occupate, dopo la conquista dell'Amba Alagi, alcune.: poswo ni avanzate a sud dell' imponente massiccio, le truppe del l Corpo di Armata e del Corpo d'Armata eritreo provvedevano al prolungamento della rete stradale oltre il passo di Alag i per saldarla alla carreggiabile etiopica (la così detta via im periale), che ha inizio presso Mai Ceu; mentre i superstiti delle armate di ras Mulughictà, ras Cassa e ras Sejum continuavano la loro fuga p recipitosa verso il sud . Notizie varie con ferm avano che, tra il lago Ascianghi e Quoram , il N egus in persona stava radunando una note vole massa di armati (da 40.000 ai 60.000 uomini), per opporsi all 'ulteriore ava nzata delle truppe italiane. Di tal e massa facevano parte la stessa G uardia imperiale - vera e propria grande Unità, armata, equipaggiata ed addestrata all'europea - ed i superstiti delle arm ate battut e nel Tigrai . Tutto lasciava logicamente supporre che tali forze si sarebbero tenute sulla difen:-i va, per sbarrarci la via più diretta su Dessi è. Seno nchè, negli ultimi giorni di marzo, si ebbe la sensazione - confermata peraltro dall'osservazione aerea e dagli interrogatori di prig ,omen e disertori - che il Neg us avesse deciso di prendere l'offensiva, muovendo all'attacco delle nostre truppe a nord del lago 3r.


Ascianohi. Probabilmente a tale disi)erato gesto egli era indotto dall a b . duplice minaccia delineatasi sui fianchi ed alle spalle delle truppe etiopiche per effetto della nostra occupazione di Socotà e di Sardò ; nonchè dalla speranza dì sorprenderci in crisi di assestamento. li Comando Superiore, perfettamente edotto dell ' imminente attacco, prendeva tutte le predisposizioni necessarie per fronteggiarlo, facendo adottare ai due Corpi d'Armata interessati (I nazionale e Corpo d'Armata eritreo) uno schieramento per ala, con un accentuato scaglionamento in profondità dell'ala destra, tale da consentire la manovra controffe[!siva nella direzione più opportuna, dopo avere opposto all'urto nemico una fitta cortina di fuoco. 11 terreno della battaglia , compreso tra Mai Ceu ed il passo di Ezbà, si differenzia notevolmente da quello delle precedenti battaglie del Tigrai, ricordando sotto certi aspetti (catene parallele, valli profonde, vegetazione d'alto fusto) le caratteristiche del paesaggio alpino. Le nostre truppe occuparono a difesa le alture a nord del torrente Meca n, tra monte Bohorà e monte Corbetà: J Corpo <l ' Armata a destra, tra monte Bohorà e passo Mecan (Di\'isione <( Pusteria " cd VIII gruppo battaglioni eritrei in prima schiera; Divisioni ,, Sabauda ·., , < 3 Gennaio " e VI gruppo camicie nere in seconda schiera: Divisione « Assietta » in riserva); Corpo d 'Armata eritreo a sinistra, tra passo Mecan e monte Corbetà (Divisioni eritree 1" e :2" in prima schiera; grnppo sc1uadroni eritrei in riserva, a nord di Mai Ceu). 1

La battaglia, accesasi all'alba del 31 marzo con l'attacco nemico contro la destra della Divisione alpina, si concludeva la mattina del 4 aprile con la completa rotta etiopica, dopo avere assunto, specie nella prima giornata, aspetti di estrema violenza. li primo urto nemico fu rivolto, verso le ore 6 del 3I m arzo, contro le nostre linee del monte Bohorà , saldamente presidiate dagli alpini della Divisione 1< Pusteria )). Esso mirava evidentemente a rompere l'ala destra del nostro schieramento; ma era destinato ad infrangersi contro la strenua resistenza dei nostri soldati. Un successivo attacco - appoggiato da 40 pezzi di piccolo calibro e da numerose bombarde - venne sferrato poco dopo verso il passo di Mecan, contro gli ascari eritrei dell'VIII gruppo, quasi in


1:orrispondenza della linea di contatto tra i due Corpi d'Arm ata. La battaglia si estese così dall'ala destra al centro, aumentando di intcn~i tà e di violenza, senza fruttare tuttavia alcun positirn vantaggio all'attaccante, che copriva di cadaveri il terreno davanti alle nostre linee. Nel pomeriggio, verso le ore 14, le nostre truppe indigene mos~cro al contrattacco tra il passo di Mecan e il monte Corbetà e, sebbene ostacolate dal tiro bene aggiustato delle artiglierie e delle mi-

La battaglia del lago A.,cianghi.

1ragliatrici nemiche, riuscirono a ributtare le masse etiopiche nella valle del torrente Mecan, alleggerendo così la pressione contro l'ala destra ed il centro. Ma, verso le ore 16, nuove masse abissine irruppero contro le truppe indigene in direzione di monte Corbetà, cioè contro l'ala sinistra della 1" Divisione eritrea; mentre a ltre colonne riprendevano, con rinnovata violenza, l'attacco contro gli alpini su monte B0hor;1. La battaglia si riaccendeva furiosa sull 'intero fronte. Fu questo il massimo sforzo compiuto dal nemico : l'attacco decisivo col quale si riprometteva di volgere in suo favore le sorti della giornata . Ma la violenza travolgente degli assalitori non va lse a fare indietregg iare di un passo le Divisioni italiane.


Da monte Bohorà a monte Corbetà . alpini ed ascari gareggiarono nell a salda resistenza e, sebbene già duramente provati, infransero l'impeto dei ripetuti assalti nem ici e si lanciarono essi stessi al contrattacco, al quale parteciparono anche salmeristi e scritturali. F uriose mischie si svolsero in tutto il campo di battaglia. La nostra Artiglieria fu costretta a sospendere il tiro contro le colonne attaccanti, per non correre il risc hio di colpire anche i difensori; ma concentrò la massa dei suoi proietti contro le batterie nemiche, che presto \·ennero ridotte al silenzio. Verso le ore 17 la furia dell'attacco nemico com inciò ad indeboli rsi: nelle: tì le etiopiche si ma nifestavano i primi sintomi di st:i nchczza. Gli alpini balzarono allora dec isamente al contrattacco, ricacciando il nemico tino al vill aggio di Sacftì. Fu questo l'episodio decisiYo della giornata. Respinto vigorosamente su tutta la linea, annientato dal tiro delle nostre artig lierie, falciato dalle mitragliatrici , incalzato dovunque alla baio netta, martellato dall ' Aviazione, che prese parte attivissima alla battaglia, il nemico rinunziò alla lotta e, n:rso le ore 18, ripiegò sulle posizio ni di partrnza, a sud del Mecan . Ali.; scr;t dclb prima giorn.1t.1 llclla battaglia, l'armata del 1\:.:. gus potè così considerarsi hat tula. Essa aveva lasciato sul terreno oltre 7 .000 morti, fra cui parecchi Capi, cd abbandonati nelle nostn: 111a11 i m1111erosi prigionieri , ul tre ad i111 ingente yuantitarivo di armi . Il 1 '' aprile - probabilmente per coprire l'iniz io della ritirata. poichè le sorti della battaglia sembravano già decise - il nemico tentò un nuovo attacco tra il torrente Mecan cd il villaggio di Sacftì ; ma venne nettamente respinto dal tempestivo intervento delle nostre artig lierie. Nell a giornata del 2 forti retroguardie nemiche occupavano ancora le alture del Meca n, mentre il nostro Comando predisponeva una g rande azione controffrn siva, da svilupparsi mediante l'avanzata contempora nea dei due Corpi d'A rmata. All 'alba del 3, rnentre il Corpo d'Armata eritreo, avanz ando dalla si nistra, svolgeva una minacciosa m anona di aggiramento sulla destra delle posizioni avversarie, il I Corpo (Divisioni (( Pu steria " e « Sahall<b » in prima schiera) riprese l'avanzata verso sud e travolse, oltre il passo di Ezbà, le superstiti retroguardie avversarie. Il nemico, battuto dal tiro delle nostre artiglierie di medio calibro (che nella giornata del 2 aprile si erano portate sulle alture ;1 nord del torrente Mecan) cd incalzato senza tregua dagli Alpini c.:


dai Fanti, rinunziò definitivamente alla lotta, ripiegando m disordine verso il lago Ascianghi. All'alba del 4 la ritirata si tramutò in rotta. L'armata del Negus era ormai in dissoluzione. Contro di essa convergevano, nel cielo dell'Ascianghi, tutti i nostri aerei, per bombardarne e mitragliarne i miseri resti in fuga disordinata. Le perdite nemiche non poterono esattamente conoscersi, ma esse ammontarono sicuramente a parecchie migliaia di morti. Caddero nelle nostre mani: 500 prigionieri, J 8 cannoni, I bombarda, 43 mitragliatrici, 1 .500 fucili, I autovettura, 11 autocarri , numerose casse Ji munizioni e materiale vario. Le nostre perdite tra il 31 marzo e il 4 :iprile furonn di 21 ufficiali caduti e 49 feriti; di 86 uomini di truppa nazionali caduti e 269 feriti ; di 204 eritrei caduti e 669 feriti. La situazione del 4 aprile sul fronte settentrionale , dopo l'epilogo vittorioso della battaglia del lago A scia nghi. potè così sintetizzarsi: l'ultima armata abissina era distrutta; tutte le forze n ostre potevano proseguire l'avanzata convergente \-crso l'interno dell'Etiopia, dal grande arco: Gondar - Socotù - lago Ascian,g hi - Sardò e puntare decisamente su Dessiè e su Addis Abeba.

Lo sfruttamento del successo. La via più diretta verso il centro dell'Etiopia era ormai aperta alle nostre truppe del fronte settentrionale. Mentre la nostra Aviazione e le bande degli Atzebò Galla insorti completavano la distruzione dell'esercito nemico, mettendo lo scompiglio tra i superstiti fuggiaschi, il nostro Comando dispose per la ripresa dell'avanzata verso sud, per il rastrellamento e la sistemazione dei nuovi territori conquistati, per la sollecita trasform;izione della malagevole pista Mai Ceu - Quoram in camionabile, per lo spostamento in avanti delle basi logistiche. Si preparò così: - l'occupazione del lago Tana e delle regioni adiacenti ; - l'occupazione di Dessiè. Nel corso di tali operazioni , merita particolare cenno un 'ardita impresa della nostra Aviazione: il volo su Addis Abeba, effettuato il J 3 aprile da uno stormo di 13 apparecchi da bombardamento provenienti dal campo di Sciafat, presso Macallè, e rinforzati lungo il


viaggio, nel cielo di Dessiè, da 9 apparecchi da incursione veloce provenienti da Sardò. La formazione aerea, giunta nd cielo di Addis Abeba verso le ore rn,40, volava a lungo sulla Capitaie etiopica senza compiere atti di guerra, limitandosi a lanciare sulla popolazione attonita numerosi manifestini di propaga nda che ricordavano le battaglie da noi vinte e le regioni già occupate. Nessuna reazione antiaerea. L'impresa potè essere compiuta senza incidenti m sette ore di volo, con un percorso di oltre r .100 chilometri.

L'occupazione del lago Tana. Raggi unta ed occupata la zona di G ondar, s'imponeva la necessità di estendere la nostra occupazione all a ricca regione contigua al lago Tana e di assicurarci il co ntrollo delle comunicazioni tra b regione stessa cd il Sudan anglo - egiziano. Nella giornata dcll ' r I aprile muoveva da Gondar una n ostra colonna compost:i di : un battaglione bersaglieri, un plotone camicie nere, alc une bande indigene ed una batteria eritrea someggiata . Dopo una faticosa marcia attraverso l'arida piana di Dembia, la colonna r:1ggiungcva, b mattina del 12 , la penisola di Gorgorà. sulla ri,·a settentrionale del lago Tana. Contemporaneamente all'a vanzata delle truppe. fu n ecessario provvedere alla costru zione di una camionabile lungo l'incerto tracciato di un'antica carovaniera. Nella stessa giornata del 1 2 aprile una colonna mista, composta di reparti autocarrati , reparti cam rnellati e carri armati veloci, proveniente da Noggara, raggiungeva il posto doganale di confine di Gallabat, importa nte nodo carovaniero ad ovest della regione del lago Tana, prosu la frunlicra del Sudan. La marcia di tale colonna da Noggara a Gallabat, lungo una pista di oltre 150 chilometri appena tracciata, presentò notevoli difficoltà. Nessun:i resistenza nemica: gruppi armati abissini, che presidiavano il posto di confine. alla prima notizia dell'approssimarsi delle nostre truppe, si dispersero verso sud. Il 24 aprile l'occupazione della regione del Tana era completata da una colonna che, partita da Gondar, raggiungeva Rahr Dar, alla estremità meridionale del lago.


47 1 li 27 aprile il collegamento aereo tra il lago Tana e il mar Rosso era stabilito da due idrovolanti della base navale di Massaua, che, dopo aver ammarrato felicemente sulle ae<.JUe del lago, rientravano nella stessa giornata alla base. Alla fine di" aprile erano gettate le prime basi per l'impianto di un idroscalo nella penisola di Gorgorà, mentre dalla regione ciel Tana le nostre truppe spingevano la loro occupazione su Debra Tabor, capoluogo del Beghemeclèr.

L'occupazione di Dessiè. Dopo l'inseguimento dell'armata del Negus in rotta, mentre le truppe del I Corpo d 'Armata si attestavano a Quoram, la 2" Divisione eritrea raggiungeva, il 6 aprile, Alomatà, 15 chilometri a sud di Quoram. Tra il 9 ed il 15 aprile l'intero Corpo d'Armata eritreo (imponente massa di 18.000 uomini e 9.000 tiuadrupedi) compiva, in 7 g iorni , con una velocità di marcia veramente prodi g iosa, circa 250 chilometri di difficile percorso, occupando, il 15 aprile, l'importante .::entro strategico di Dessiè, ..:apoluogo Jdl'lJullu e già ~cdc del Quartier Generale del Negus. La marcia - che non incontrò alcuna resistenza - fu eseguita per scaglioni di Divisione, con tappe che raggiunsero talvolta i 50 chilometri giornalieri. Particolare degno di nota : durante l'intero percorso, il Corpo d'Armata veniva completamente vettovagliato da squadriglie di aeroplani. Contemporaneamente all'arrivo delle nostre truppe, i primi aeroplani atterravano sul campo di aviazione di Dessiè. Il 20 aprile, cioè a soli 5 giorni di distanza dall'ingresso delle prime truppe, il Quartier Generale italiano si trasferiva da Macallè a Dessiè per via aerea.

La marcia su Addis Abeba. Caduto, con l'occupazione di Dessiè, quello che, fino alla battaglia del lago Ascianghi, costituiva il più potente baluardo militare dell'Etiopia, la via della Capitale nemica si apriva alle nostre truppe. Ma, prima di iniziare qualsiasi operazione a sud di Dessiè, era


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necessario portare a compimento la camionabile Mai Ceu -Quoram - Dessiè e spostare da Macallè a Dessiè la base logistica più avanzata . L'Intendenza aveva il non facile compito di fare affluire tempestivamente e con continuità i rifornimenti necessari ai due Corpi d 'Armata in marcia a sud del lago Ascianghi e di concentrare .: Dessiè i mezzi di trasporto per una colonna motorizzata, la cui meta doveva essere Addis Abeba. Si trattava di trasportare, attraverso le difficoltà del terreno, diecine di migliaia di tonnellate di viveri e di rnateriali. I rifornimenti dovevano essere compiuti con ogni mezzo: dal mulo al cam mello, dall'autocarretta all'aereo. Per i rifonimenti terrestri si costituirono tre tappe: la prima percorsa da autocarri pesanti, la seconda da autocarri leggeri, la terza da autocarrette. Queste ultime - allo scopo di evitarne il logorìo - furono trasportate su autocarri pesanti fin dove questi potevano giungere. Poscia, scaricate dagli autocarri e caricate a loro volta di materiali, proseguivano fino :il punto in cui esse stesse erario inesorabilmente fermate dal terreno impervio. Subentravano allora i quadrupedi. Tale grandioso complesso di · lavori e di trasponi venne cffèltuato con mirabile alacrità nel breve giro di pochi g iorni. Fu in tal modo possibile che il 25 aprile, a soli 8 giorni dall'occupazione di Dessiè, una colonna di truppe eritree inizias~e il movimento Addis Abeba. Per l'avanzata sulla Capitale etiopica vennero utilizzate entrambe le strade (due piste polverose e senza opere <l'arte, malgrado la denominazione di camionabili) che vi adducono da Dessiè. Di esse , lJt1dla occidentale, più bre\'e (circa 310 chilometri), passa per Uorrà Ilù ed è dominata dal monte Dobà, tra i fiumi Uacit e Mofer; quella orientale, più lunga (la cosiddetta via imperiale, circa 400 chilometri), passa per Makfud e Debra Sina ed attraversa una difficile stretta al passo di Tcrmaber (m. 3.200). Sebbene la distruz ione delle formazioni militari etiopiche facesse ritenere ormai poco probabile una eventuale resistenza nemica, tuttavia il maresciallo Badoglio - che il 23 aprile aveva assunto personalmente il comando di tutte le truppe destinate ad occupare la Capitale etiopica - ritenne opportuno organizzare, per la marcia su Addis Abeba, un Corpo d'operazione capace di travolgere ogni resistenza, allo scopo di dare agli indigeni la sensazione della nostra potenza.

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4 74 Furono così organizzate tre colonne: - una colonna di ascari eritrei a piedi (1 brigata eritrea; I gruppo di Artiglieria someggiata): lungo l'itinerario di Uorrà Ilù ; - una colonna di eritrei a piedi (1 gruppo di battaglioni eritrei di formazione; J gruppo di Artiglieria someggiata): <lesti nata a percorrere l'itinera rio di Makfud; ·-- un~, colonna autocarrata (Divisione << Sabauda » , con J battaglione camicie nere della Divisione •<3 Gennaio •> : II brigata eri-

Addi., .4heba.

trca; 3 gruppi di Artiglieria motorizzata di piccolo e medio calibro ; reparti speciali del Genio): doveva percorrere l'itinerario di Makfud . Forza complessiva delle tre colonne: 10.000 nazionali, 10.000 eritrei, 2 batterie, 1 squadrone carri veloci , 1.600 automezzi. Le due colonne a piedi dovevano ini zialmente precedere la culmma autocarrata che, in secondo tempo, le avrebbe sorpassate. Poichè un 'evellluale resistenza nemica avrebbe potuto effettuarsi con una certa efficacia sulla linea: monte Dobà - Debra Sina, il Comando Superiore regolava la marcia in modo da presentarsi su tak linea con la massa delle forze. Preceduta dalla I brigata eritrea lungo la strada occidentale e dal gruppo battaglioni eritrei sullo stesso suo itinerario, la colonna punta\'a decisamente verso sud, lungo la strada orientale.


475 Organizzata in modo da poter vivere ed operare per parecchi giorni in perfetta autonomia logistica , la colonna motori zzata (2 autogruppi pesanti di manovra e 2 autogruppi di autocarri civili) si snodò, senza troppi gravi incidenti , lungo la pista carovaniera, la cui carreggiata talvolta si restringeva al punto da mettere a repentaglio la stabilità dei giganteschi << OM 12 " e dei mastodo ntici ,. Fiat 634 )•. Il 28 aprile la colonna motorizzata raggiunge va Makfud , mentre la colonna occidentale superava a guado il fiume Mofer. Il 30 aprile erano rispettivamente ragg iunti e superati: Debra Sina sulla via imperiale (dopo notevoli lavori di sterro e di riattamento, per rimuovere frane ed improv\·isarc passaggi); il torrente Gadula sulla pista occidentale, a circa 100 chilo metri da Addis Abeba. La marcia delle colonne procedeva così di pari passo, senz a alcun accenno di resistenza nemica, favorita anzi dal contegno amichevole delle popolazioni, ma attraveno k gravi difficoltà del terreno, che mise a prova la resistenza delle truppe e dei mezzi. Numerosi aerei scorta va no, collegavano ed in parte riforniva no (,·iveri freschi e posta) le colonne in m :ucia. Al 1" di maggio, malgrado le notevoli difficolt:~ del rerreno, Li marcia procedeva secondo il piano prestabilito; mentre, per con tinuità ed efficacia, si affermava sempre più prezioso il concorso del l'Aviazione, prodigantesi oltre ogni limite nella duplice opera di col lt'ga mento e di rifornimento delle lre colonne avanzanti . Il 3 maggio, dopo aver superato il passo di T ermaber (dove \ T nivano catturati un' ingente quantità di materiali, nonchè alcuni cannoni), la colonna autocarrata occupava D ebra Brehan, mentre le avanguardie si spingevano a circa 40 chilometri oltre detta località. La sera del 4 maggio la I hrigata eritrea, proveniente dalla carovaniera di Vorrà Ilù, e l'avanguardia della colonna autocarrata, in marcia lungo la via imperiale, giungevano in vista della Capitale etiopica che, ormai abbandonata dal I\egus, era da due giorni in preda al saccheggio. Il 5 m aggio la marcia di tutte le colonne veniva accelerata ed alle ore 16 dello stesso giorno, il maresciallo Badoglio, :illa testa delle truppe vittoriose, entrava in Addis Abeba. La stazione ferroviaria, la stazione radiotelegrafica, le caserm e e gli altri centri militari; nonchè tutti i punti dominanti la citti1 , \'enivano saldamente presidiati dalle nostre truppe, mentre il Tricolore sventolava sull 'antico ghcbì degli Imperatori di Etiopia.


IX.

LA GUERRA SUL FRONTE MERIDIONALE

La situazione iniziale. Prim:1 di ricordare, sia pure sintct;camentc, lo svolgimento delh: operazioni al fronte sud, ritmiamo necessario dare al lettore un' idea sufficientemente precisa della situazione iniziale nella nostra Colonia più lontana, riassumendo le notizie contenute nella Relazione dd Comando delle forze armate della Somalia. Gli avvenimenti politici provocati nell'autunno 1934 dal Governo etiopico ai nostri danni (incidente di Gondar del 4 novembre 1934 e di Ual-Ual del 5-6 dicembre) e la ddicat:1 sit11:1zione dw andava maturando nei confronti delle nostre due Colonie Jell'Afric.1 orientale, per effetto dell'ostile propaganda e della preparaz ione militare etiopica, dimostravano i propositi aggressivi dell'Impero abissino contro di noi. A malgrado di ciò, il Governo italiano aveva acconsentito all:1 soluzione Jell'incidentc di Ual-Ual mediante trattative diplomatiche, con l' impegno, da ambo le parti, di evitare ogni aggressione cli frontiera durante le trattative stesse. Al fine di coordinare gli apprestamenti difensivi che la situazione: suggeri va, il no~tro Governo si era limitato a porre le due Colonie sotto un Alto Commissario (15 gennaio), quando nuovi incident i su!b frontiera somala (l'attacco di Afdub ciel 29 gennaio e 2 febbraio e l'occupazione di Scillavè) e sopratttttto l'attuazione delb mobilitazio ne abissin:i cd il concentramento di forti contingenti alle: frontiere dell'Eritrea e della Somalia inasprivano b situazione, n:ndendob più minacciosa. A titolo precauzionale il Governo mobilitava in Colonia i due Corpi di truppe coloniali dell'Eritrea e della Somalia ed in patria le due Divisioni ,, Peloritana» e "Gavinana n (6- 1 r febbraio); ordinava la partenza per l'Eritrea di due battaglioni c:imicic nere (1 8


-171 febbraio) cd immediatamente dopo (23 febbraio) quell :i dei pnm1 scaglioni della « Peloritana " per la Somalia; affidava , infine, il governo di gucsta al generale di Corpo d 'Armata Rodolfo Graziani, il quale partiva il 22 febbraio da Napoli per assumere anche il comando delle truppe già dislocate in Somalia o che vi affluivano. Il Comando del Corpo di spedizione della Somalia sbarcava il 7 marzo. Doveva completarsi sul posto, traendo gli elementi dai Comandi e dalle Unità dipendenti. Era privo di un organo per i servizi , poichè a qu esti avrebbe provveduto, almeno inizialmente, l'Intendenza dell'Africa Orientale. In effetti l'Intendente, generale Dall'Ora, era stato negli ultimi di febbraio a Mogadiscio, prima che il Comando dd Corpo di spedizione vi giungesse; ma soltanto . . . per una ncogmz1one sommana, senza poter attuare alcun provve dimento concreto , li gcnemle Rodolfo &m-ziani nel 1935. salvo una schematica organizzazione rn1z1ale dei servizi di rifornimento e sgomhero cd una segnalazione generica delle necessità pre~umibili. La memoria redatta dal ge nerale Dall"Ora prevedeva l'afflusso di una Divisione nazionale ed il completamento delle Unit;1 indige ne esistenti, attribuendo a l Corpo di spedizione della Somalia , che nel dicembre ottenne la denominazio ne di Comando forze armate della Somalia, come era negli intendimen ti del Govern,) centrale, un compito puramente difensivo, entro i limiti del terr itor io d ella Colonia: c.1uindi un'organizzazione dei servizi prevalentemente territoriale, palarizzata fra Mogadiscio e M crca per i bisogni del le truppe nazio nali e suddivisa fra Raidoa - Lug h F crrandi - Ucgit e


Belct-Uuen per quelli delle truppe indigene. Prevedeva altresì l'attuazione dei rifornimenti tramite l'J ntendenza Africa Orientale, residente in Asmara, e la costituzione di una sezione staccata d'intendenza in Mogadiscio. La memoria accennava anche alle provvidenze relative agli sbarchi, ai lavori stradali ed idrici, alla sistemazione dei baraccamenti e dei magazzini; ma in modo del tutto sommario e sempre in previsione di una guerra difensiva, condotta con gli effettivi sopraddetti; includeva, infine, una richiesta di mezzi e materiali intonata soprattutto alle necessità di completare le dotazioni di mobilitazione del Corpo e di conferirgli una mobilità rispondente ad un modesto sviluppo delle operazioni.

Le nostre forze in Somalia. Il Corpo truppe coloniali, fin dal dicembre 19.34, dopo la provocazione di Ual-Ual, era andato mobilitandosi, portando le Unità agli organici di guerra mediante il richiamo alle armi della forza indigena in congedo e dei pochi nazionali residenti nella Colonia e mediante il reclutamento di nuovi ascari. Era questo il primo esperimento che si compiv:i in Somalia: esperimento che palesò subito buoni frutti poichè consentì, fra il dicembre ed il febbraio, non soltanto di completare i reparti esistenti, ma anche di iniziare la costituzione di nuove Unità. Ai primi di marzo il Corpo comprendeva complessivamente: 6 battaglioni arabo - somali divisi in due raggruppamenti; qualche migliaio di dubat , organizzati in gruppi mobili e settori territoriali ; 1 battaglione carri d'assalto su tre compag nie (in totale .30 carri armati): 1 sezione autoblindo; I gruppo di batterie cammdlate ed 1 batteria da 77 / 28, 1 compagnia del Genio, Unità presidiarie ecc., tutti sul piede di guerra e disloc:iti in massima parte nei centri principali ddl'interno o prossimi alla frontiera, in modo da poter agire sulle direttrici di avanzata più minacciose, in caso di improvvisa :1ggress1one. li compito ddla copertura era affidato alle bande territoriali confin:iric, rinforzate da gruppi mobili. Sia le prime, sia i secondi cr~ino costituiti da " dubat » . Le prime avevano anche il compito di polizia confinaria. Le bande territoriali erano organizzate in settori, sottosettori e posti fissi (6 settori e .34 posti fissi, compresi quelli sulle frontiere del


479 Kenya e del Somaliland, disseminati sui 2.200 chilometri di frontiera). Fra i vari posti fissi , quasi sempre in corrispondenza con centri idrici o nodi carovanieri, era in atto una sorveglianza mobile a mezzo di pattuglie. Ciascun comandante di settore aveva a disposizione un nucleo di manovra, tolto dalle bande stesse, per un primo intervento. Tutti i settori facevano capo al Comando bande. Il rinforzo della copertura era dato eia quattro gruppi mobili, divisi in sottogruppi e costituenti nel loro insieme il •l raggruppamento bande >l . Erano dislocati tutti sulla frontiera etiopica (un gruppo a Lugh Ferrandi, uno a Mustahil, uno fra Uardere e Galati, uno a Ferfer). Ai gruppi era affidato il compito di agire controffensivamentc nelle località confi narie minacciate ; eccezionalmente alit1uote di essi potevano rinforzare l'occupazione territoriale di copertura. Il ragg ruppame nto doveva altresì concorrere:, se chiamatovi, alle operazioni offensive del Corpo. In r iassunto, guindi, un sistema di copertura alla fro ntiera con reparti dubat fissi e mobili ed una massa di manovra ; il Corpo, neli 'interno del territorio, dislocato sulle principali direttrici della probabile aggression e. La forza complessiva del Corpo ·· <.:he era al 1 " gennaio 1935 di circa un centi naio di ufficial i, altrettanti nazionali e poco più di 10.000 indigeni, con r r5 mitragliatrici e 28 cannoni - cm ascesa, ai primi di marzo, pn effetto dei provvedimenti di mobilitaz ione, a 26o ufficiali, 400 nazionali, 17.000 indig<'ni, 230 mitragliatrici e 28 canno111 . Ad esso era agg regato un autorep.irto, c he al 1" gennaio comprendeva un centinaio di automezzi cd a metà marzo circa 200 autoYeicoli, dei quali 18o autocarri dei vari tipi e modelli. L'Aviazione della Somalia, rappresentata unicamente dalla ricognizione, constava di 10 apparecchi Ro / 1 efficienti e di circa 300 militari , in maggiora nza indigeni. La compagnia carabinieri, infine, ascendeva ai pnm1 di marzo ad un migliaio di za ptiè, in confronto dei 700 del 1" gennaio. Contemporaneamente al Comando del Corpo di spedizione, erano giunti a Mogadiscio i due piroscafi Vulca11ia e Bia11cama110 con i primi scaglioni d ella •< Peloritana "· Nella prima decade di marzo erano sbarcati a Mogadiscio il Comando della Divisione, due battaglioni, un g ruppo di Artiglieria. due compagnie dd Genio ed aliL]UOtc dei vari servizi; a Merca un battaglione, minori Unità e servizi; complessivamente circa 4.700


naziònali con yuasi 80 mitrag liatrici, 12 cannoni e circa 60 autocarri di diverso tipo. L:i Divisione disponeva di un nucleo di 250 automezzi, da asseg n:i re in parte ai reparti e da adibire pcl rimanente all'espletamento dei servizi di visionali nelle localit~1 d 'im piego. I servizi er;i no inizialmente costituiti: presso il Cor po, da qualche o rga no diretti vo e l1ualche stabilime nto (in particolare: 1 ufficio di sanità; 5 infermerie presidiaric; r os pedale misto per civili e militari a Mogadiscio ed I per militar i a Merci I in costruz ione I; 2 ospedali da campo; 1 ufficio di Commissariato con magazzini viveri, casermaggio, vestiario ed equipaggiamento; r direzione d 'Artiglieria con laboratorio, magazzi no e polveriera ; 1 piccolo magazzino del Genio; 1 infermeria quad rupedi a Mogadiscio e 3 posti di medic:izione in tutta la Colonia; 1 a utoreparto con magazzino materiali ed officina, adeguato ai bisogni di ::i - 300 autoca rri) : - presso la Divisione « Peloritana n da I base secondaria (• S " · costituita eia un Coman do della base e 6 m agazzini special i. ;1venti ciascuno un'aliquota di personale e dotazio ni per un primn fu nzionamento, più I autogruppo su 9 autost'.zioni: person~il e, mezzi e materiali clic a met;1 marzo erano in gra n parte :mcora in navi~aZ1one.

La preparazione militare. Secondo le direttive del Governo centrale, confermate verbalmente dall'Alto Commissario, l'orga nizzazione militare dell a Somalia doveva prefiggersi inizialmente la difesa costiera e g radualmente lJUella integrale della Colonia contro eventuali aggressioni etiopiche. Questa esigenza, es~endo connessa allo sviluppo della preparazione, ~i ~ardihe dovuta ra ggiungere, assicurando in primo tempo la dife~a e l'esercizio del porto di Mogadiscio, base del Corpo di spediz ione c seck dd Governo, e provvedendo successivamente, entro l'autunno 1935, col progredire della preparaz ione, alla difesa integrale dd territorio, a comi nciare dai tratti in corrispondenza delle zone di maggior facilitazione, ovvero dagli obbiettivi che maggiormente potevano attrarre le for ze etiopiche. Il comandante del Corpo di spedizione, però, ancora prima <li imbarcarsi, valutando l"enorme importanza che veniva ad acquistare


il possesso dei porti della Colonia ai fini della spedizione, aveva rappresentato la convenienza che fosse egualmente posto in stato di difesa l'approdo di Chisimaio che, per ragioni di prestigio e per k favorevoli condizioni idrografiche, interessava non abbando nare, nel caso di una offensiva abissina lungo il Giuba. Questa proposta era stata accolta dal Governo centrale, così che, in sostanza, l'organizzazione militare della Colonia doveva, in caso di aggressione da parte dell'Etiopia, tendere ad assicurare l'integrità del territorio periferico essenzialmente con le truppe indigene, riservando i contingenti della (< Peloritana )I al presidio dei due centri costieri ora detti: Mogadisc io e Chisimaio ed eventualmente Merca (c he rappresentava un naturale sussidio del porto Ji Mogadiscio) e Rrava, centro costiero che offriva buone possibilità di vita per reparti metropolitani e presentava, quale approdo, fa vorevoli condi zioni. Nell'eventualità poi che l'iniziativa delle operazioni fosse invece presa da noi, le forze armate della Somalia aveva no .il compito di concorrere alle operazioni dello scacchiere eritreo, fissando sul fro nte somalo i contingenti che l'Abissinia vi aveva dislocato. compito difensivo veniva suggerito dalla considerazione che, ~<::condo notizie raccolte dal nostro servizio informazioni e confe rmate dall'addetto militare ad Addis Abeba, l'esercito etiopico, in caso di conflitto, avrebbe presumibilmente assunto conteg no offensivo sul fronte somalo, favorito in ciò dalle più vaste possibilità consentitegli , nei confronti dello scacchiere eritreo, da lla ricca rete stradale che si affacciava alla frontiera somala e dalla scarsità <lei nostri apprestamenti difensivi sulla frontiera stessa. Questa ipo tesi era avvalorata da molti elementi di fatto ed in particolare dalla stessa politica di avvicinamento perseguita dall'Imperatore, negli ultimi m esi del 1934, nei riguardi delle popolazioni dell 'Ogaden e dei mussulmani, dai larghi acquisti di autocarri all'estero, i quali trovavano favorevoli condizioni d' impiego piuttosto sul fronte sud che su quello nord; dall'istituzione di centri di addestramento con ufficiali europei nei tre territori meridionali del Sidamq - Borana, Baie e H arrarghiè e d;11la possibilità di sfruttare ai fini offensivi i prossimi porti di Gibuti, Berbera e Zeila e soprattutto il fornito mercato di Aden, dove convergevano e si annodavano gli scambi e le forniture di ogni sorta di materiali, inclusi quelli bellici provenienti dall'estero. Naturalmente, n ei propositi del comandante il Corpo di spedizione, questo contegno difensivo non comportava una difensiva circoscritta, a carattere territoriale, e bensì presumeva l'attuazione di

n


una Jifrsa attiva, da svolgere con la manovra delle truppe e dei mezzi, come d'altronde imponevano la vastità del territorio minac­ ciato e la mancanza di forti posizioni naturali sulla frontiera od arretrate e come veniva suggerito dalla convenienza di non con­ sentire al nemico successi iniziali che, data la sua mentalità, avreb­ bero conseguito enormi effetti morali sulle incerte popolazioni di

Il Ji/ji<ilt: i111pit)!.V dc:gli auto111e;:;zi.

conJine e forse sulle stesse nostre truppe somale; in gran parte nuove alla guerra. Da guesto accenno alla necessità di attivare una difesa mobilis­ sima e manovrata con frequenti azioni controffensive, su un fronte così enorme t]uale era quello della Somalia (900 chilometri), dove il nemico poteva irrompere in forze in qualsiasi tratto e su una pro­ fondità di circa 5-600 chilometri, quanti intercedevano dalla fron­ tiera alla costa, risultava che la situazione iniziale Jei reparti e dei servizi della Colonia era inadeguata ai presumibili bisogni, anche se contenuti nei limiti più modesti, come inadeguato era lo stesso in­ cremento di mezzi e dotazioni abbozzato dal generale Intendente nel suo promemoria di base. Ad ogni modo il Comando del Corpo di spedizione, appena sbarcato in Somalia, si accinse all'attuazione dei provvedimenti ine­ renti al compito fissatogli, provvedimenti che potevano essenzial­ mente riassumersi nei seguenti:


organizzazione difensiva di Mogadiscio, Chisimaio ed t' VCntualmcnte Merca e Brava e delle località dell'interno, alle quali " sarebbe dovuto appoggiare il Corpo truppe della Somalia nella Hl.I difesa manovrata; - attrezzamento logistico della Colonia, avuto riguardo alla .1Hluenza di cospicui contingenti nazionali; - incremento delle forze e dei mezzi del Corpo, i cui effettivi dovevano essere immediatamente rinforzati con l'affluenza di truppe dalla Libia e con un più intenso reclutamento nell'interno della Somalia, dal momento che, per ostilità palesi cd occulte, le preziose fonti di reclutamento dello Jemen e dell'Arabia meridionale ci erano praticamente interdette.

Il comandante del Corpo di spedizione si era, inoltre, anche chiesto fin dall'Italia se, al fine di concorrere più efficacemente alla azione dell'Armata del Nord (alla quale erano assegnati compiti nct1:imcntc offensivi), non sarebbe stato possibile e convenirntc attuare anche dalla Somalia azioni offensive in misura più vasta di quelle ,1tte a paralizzare l'attività nemica sul fronte meridionale e cioè cnn azioni offensive che mirassero a distruggere tutte o parte elci le forze nemiche dislocate nello scacchiere sud, concorrendo così più dfical Cmente all'epilogo della campagna cd al crollo dell'Impero etiopico. Pur riservandosi un più maturo esame sulla scorta rlegli elementi di fatto (che il Comando del Corpo di spedizione, mobilitatosi in pochi giorni e nuovo della Colonia, ancora non possedeva) la conclusione era stata nettamente favorevole. Tre giorni dopo lo sbarco, nel formulare il programma idrico, il comandante del Corpo di spedizione pose senz'altro in bilancio il concetto di « una preparazione offensiva con obbiettivo supposto Harrar, da attuare dopo il mese cli ottobre, con un Corpo di opera1.ione di circa 30.000 uomini >', e lo stesso concetto ribadiva il 13 marzo, nell'enunciare il programma stradale clelb. Colonia, accennando alla necessità di iniziare senz'altro la preparazione. Questo concetto trovò consenziente il Governo centrale, il quale convenne nell"urgcnza dell'organizzazione stradale, dando la priorità alla sistemazione dell' arteria Mogadiscio - Bclet-Uen - Mustahil, come quella che adduce alle due principali direttrici di invasione in territorio nemico, la Imi - Ghigner e la Gorrahei - Harrar. Non solo,


ma, pur confermando che (< bisognava anzitutto essere preparati al­ l'azione difensiva e che si poteva pensare all'offensiva soltanto dopo che il Corpo di spedizione della Somalia avesse raggiunto effettivi sensibilmente vicini a ciuelli avversari )>, soggiungeva che « il nostro obbiettivo offensivo non poteva essere che Harrar, per ragioni non solo militari, ma anche politiche )). Per conseguenza il Comando poneva allo studio tre ipotesi ope­ rative ben definite: quella dell'offensiva abissina prima delle piogge; t1uella dell'offensiva nemica dopo le piogge; quella di una nostra azione offensiva con obbiettivo Harrar, quando si fosse raggiunta la necessaria organizzazione delle forze terrestri ed aeree; nonchè quella idrica e stradale. Queste ipotesi venivano sintetizzate dal comandante del Corpo di spedizione, tenendo a base il criterio della gradualità della prepa­ razione, insieme al proprio concetto operativo per ciascuna di. esse. Il generale De Bono convenne nelle conclusioni formulate dal co­ mandante, suggerendo l'opportunità di mantenere il poss.esso dei pozzi di Ual-Ual e di Uardere in caso di aggressione abissina, al fine di evitare l'eventuale defezione defle popolazioni migiurtine, sempre e he t:ik opportunit:i non pregiudicasse la preminente necessità di agire comroffensivamente e fosse attuabile con le sole forze dispo­ nibili in Somalia. Circa l'ipotesi offensiva esprimeva il parere che, in attesa degli avvenimenti, la preparazione avesse carattere sostanzialmente logi­ stico, ,, dovendo l'azione offensiva dalla Somalia essere subordinata a quella dall'Eritrea, a meno di casi eccezionalmente favorevoli "· Sulla base di questi concetti, che vennero approvati dal Governo centrale, la preparazione militare si riassumeva essenzialmente nella costituzione dello strumento offensivo e nell'organizzazione logistica Jel territorio e dei mezzi rispondenti ai bisogni di una guerra di movimento oltre frontiera. Quùk provvidenze imponevano la soluzione - neccssari;1 anche nel caso di guerra puramente difensiva - dei seguenti pro­ blemi: - costituzione della massa destinata all'offensiva; - messa a punto del Corpo truppe della Somalia nei riguardi dell'efficienza e della mobilità, assegnandogli Unità speciali che ne aumentassero la capacità offensiva e conferendo alle Unit;Ì esistenti consistenza ed autonomia maggiori di quelle consenùte dalle formazioni e dai mezzi organici in dotazione;


- necessità di svincolare tutta o la massima parte della Dil'isione " Peloritana i) dal compito territoriale e di rinforzarla con mezzi di fuoco mobili specie artiglierie e mitragliatrici leggere, e con formazioni mobili dei servizi; - autocarramento delle Unità nazionali destinate ad agire oltre frontiera cd eventualmente dell'intiera Divisione metropolitana; - soluzione integrale del problema stradale lungo le prin( Ìpali arterie, tale da consentire il traffico in qualsiasi condizione ,,tmosferica: sia ai fini del movimento delle truppe, sia a quello dei

rifornimenti; - organizzazione dei trasporti e delle tappe, costituendo nella zona operativa una o più basi, con cospicue aliquote di mezzi di trasporto che potessero sopperire agli enormi bisogni imposti da .,zioni offensive spinte a centinaia di chilometri dalla costa, e creando delle vere .e proprie linee di tappa sulle principali direttrici di ,tzione con basi sussidiarie, aventi funzioni di centri logistici di rifo rnimento, sosta, ricovero e riparazione, magazzini , osped:ili , centri idrici, ecc.; - allestimento logistico e difensivo delle localit21 terminali ddlc:: lince d'operazione, in mo<lo che patcsscro divenire ba~i di partenza per operazioni oltre frontiera. In sintesi, occorreva provvedere ai mezz i cd ai trasporti, nonchè :dia preparazione materiale e spirituale delle Unità da impegnare. Nel campo spirituale bisognava tener presente che l'elemento ~o malo, pur essendo nemico secolare dell'Amhara e portato alla guerrig lia, all'imboscata ed alla razzìa, non aveva al suo attivo una tradizione militare ed, anzi, aveva quasi sempre subìto dall'abissino prepotenze, angherie e sconfitte e che l'elemento nazionale, chiamato ad operare contro un nemico fanatico, subdolo, capace di ogni nefandezza, in un territorio sconosciuto, ostile, atto alle imboscate e sotto un clima altrettanto ostile, poteva soggiacere, se non lo si temprava spiritualmente, ad una depressione psichica, oltre che a q uella fisica determinata dall'ambiente.

Il teatro delle operazioni. La frontiera con l'Etiopia, che si estendeva per circa 900 chilometri, da Malca Rie, sul Daua Parma, a Domo, era stata tracciata materialmente nei suoi tratti estremi: ad ovest dal percorso del


Daua Parma fino a Dolò e di là fino ad Ato; ad est dal tratto Mada Ghegno - Domo. Nella zona intermedia era soltanto virtualmente indi�iduata da una linea congiungente i vari posti di frontiera, in gran parte dislocati presso modesti centri idrici. Essa si svolgeva lungo un terreno uniforme, fittamente coperto dalla boscaglia, privo di ogni accidentalità, salvo in qualche breve tratto, o scarso o addi­ rittura privo di risorse idriche (all'infuori dei pochi centri presidiati

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Il teatro delle operazioni.

da noi e dagli Abissini) ed era intersecata da poche carovaniere e da poche piste, sulle guaii le popolazioni di confine si spostavano per usufruire dell'acqua. Lungo la frontiera acquistavano particolare valore, ai fini opera­ ti\·i, alcuni tratti caratteristici. E precisamente: - il settore a cavallo del Giuba: sia per le strade, sia pcrchè vi affluiscono importanti corsi d'act1ua (Daua Parma, Ganale Doria e Uèbi Gestro), sia per le accidentalit�t topografiche che accompa­ gnano il Giuba fra Dolò e Lugh. Centro del settore era Dolò, sulla sinistra del Giuba, che era per metà occupato da noi, per metà dagli Abissini, e faceva sistema con Lugh, anch'esso sulla sinistra del Giuba;


- i due centri idrici di let e di God Dere da noi presidiati, quasi proiettati sulla linea di frontiera, punti di convergenza delle vie di comunicazione più importanti, che varcavano il confine fra Giuba e Uèbi Scebèli; - il settore di Belet-Uen, sull'Uèbi Scebèli, che raccoglie le provenienze del l'Uèbi, del Faf e del basso Ogaden e faceva sistema con Mustahil sull'Uèbi e con Ferfer: il primo, Mustahil, nostro presidio avanzato a sbarramento della rotabile di fondo valle, dotato di un ponte su barche; il secondo, Ferfer, presidio e nodo stradale di grande importanza pd collegamento con l'Ogaden e con la Mig iurtinia. Questo settore assumeva importanza anche per i rilievi topografici che fiancheggiano le due rive <lell 'Uèbi, da Mustahil a BeletUen, e per la presenza di ricche zone di pascoli a cavallo del fiume; - la zona e.li Uardere - Ual-Ual, nella quale sono raccolti tutti i pozzi ciel basso Ogaden, ricchi di acqua perenne a non grande profondità e quindi meta periodica di tutte le cabile della regione, non esclusa quella dei Dolbahanta, costituita da indigeni sudditi inglesi. Come abbiamo già detto, la linea di confine non era stata delimitata che nei brevi tratti accennati. Era, invece, stata regolata la dipendenza delle cal,ile <li frontiera. Oltre il tratto com une dcli' Etiopia, il confine terrestre si estendeva per altri r. 150 chilometri con le due Colonie inglesi: ad occidente col Kenya per circa 650 c hilometri, ad oriente col Somaliland per circa 500 chilometri. Prima degli avvenimenti militari, il traffico attraverso queste ,lue frontiere aveva un carattere del tutto diverso: i Somali del Kenya ci fornivano bestiame da macello, limitatamente alle zone intorno a Male a Rie (confine tripartito italo - anglo - etiopico) e ad El Uach; pochi rapporti esistevano fra noi e le autorità ufficiali inglesi. Noi, a nostra volta, data la relativa \"icinanza di Bender - Cassin, potevamo rifornire i posti confinari inglesi del Somaliland, stabilendo buoni e frequenti rapporti, anche di carattere periodico, intesi a definire le questioni relative alle violazioni di confine ed ai conflitti fra le rispettive popolazioni.

Le popolazioni indigene. Le popolazioni somale, in tutta la zona da noi occupata, s1 mostravano pienamente fedeli al Governo, pel sentimento di devozione acquisito durante la nostra occupazione. Esse si rendevano


conto della necessità di affiancarsi a noi per difendere la Colonia dalle minacce del secolare e temuto nemico, poichè l'integrità del territorio significava per esse difesa del bestiame, elci pascoli e delle famiglie. Occorreva sfruttare queste favorevoli condizioni ai fini bellici. Il modo con cui le popolazioni avevano fin dal principio corr isposto al richiamo ::ille armi ed ai nuovi arruolamenti aveva dato conferma dell'assoluta fedel tà di esse e dava affidamento che si sarebbero potuto chiedere loro ulteriori prestazioni di uomini, di servizi e di risorse. Infatti il governatore della Somalia, riuniti subito a Mogadiscio i Capi di tutte le cabile più importanti del territorio, nel seg nalare il pericolo incombente, li invitava a fornire uomini per la difc~a ddl a Somalia e per i lavori stradali e bestiame per l'alimentazione: invito che fu raccolto ed al quale le genti somale corrisposero nella misura più larga possibile. Su una pupoiazione presunta di circa un milione di soggetti, il Comando del Corpo di spedizione contava poter ingaggiare circa 40 - 50.000 uomini. In effetti il gettito dei volontari fu ancora superiore, poichè, oltre i 34 - 35.000 incorporati complessivamente nd Corpo, bande territoriali , avi.izione, zaptiè ecc., furono assoldati c irca 21.000 indigeni per i lavori stradali e più di 5.000 per la poliz ia comm issariale, la Marina, i lavori portuali ecc. Raggiun to questo gettito, l'assoldamento in massa fu sospeso, anche perchè ulteriori sottra zioni sarebbero riuscite, non soltanto onerose all'economia della Colonia, compromettendo la sia pur rndimcntalc agricoltura e la custodia del bestiame; ma anche lunghe <: dispendiose, in quanto av rebbero richiesto un difficoltoso arruolamento di carattere prcssochè forzoso nella boscaglia dell 'intero territorio. Na turalmente un così largo rec lutamento non era scevro da difficoltà di carattere morale. Queste erano rappresentate soprattutto : - dalla riluttanza di alcu ne cabile al mestiere J elle anni ; - dall'avversione del somalo indistintamente ad ogni sorta di lavoro, anche se retribuito, e dalla sua tendenza a lavorare il tempo stn:ttamcnte necessario per procacciarsi il sostentamento giornaliero, scnz:1 alcuna idea di economizzare per l'avve nire; - dalla tenace mcntalit~ contraria al frammischiamento delle razze, che si estendeva fino ad escludere la semplice convivenza dei soggetti di cabile superiori somale e arabe con quelle considerate di razza in(eriorc, lJUal i i bantù, i negri, i negroidi: ecc.;


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dalla difficoltà di instillare nell'intiera massa quel sentimento di coesione, dal quale le genti somale, pur essendo singolarmente disciplinate, rifuggono pel tenore di vita che conducono e pcrchè, contrariamente a quanto avviene in Libia, non posseggono g randi Capi, dall'autorità piena ed indiscussa. Queste circostanze costituirono serie difficoltà all'estensione degli arruolamenti, ma una accorta propaganda riuscì a superarle, molto più che alle difficoltà facevano riscontro le qualità positive <lei gregario: intelligente, disciplinato, di carattere docile, ma fermo, devoto al superiore, sobrio, resistente alla marcia, pur essendo sensibile agli strapazzi, fiero della superiorità morale e di razza che esso sente sull'Abissino e desideroso di rivalersi su di questo delle sopraf. fazioni subìte lungo il corso di intere generazioni. In sostanza, quindi, la popolazione della Somalia corrispose pienamente alle aspettative e ci diede un largo concorso di uo mini e di attività, tanto più prezioso, in quanto il contribu to, che si sperava rice vere dalla Libia o dall'Eritrea, era diven tato aleatorio pe r cau se va ne. Oltre alle forze del Corpo truppe della Som:ilia, alla Divi sio ne " Peloritana >> cd agli arruolamenti effettuati in Somali:i, m an mano che le o perazioni si svolgevano e passavano dal primiti vo compito difensivo a quello offensivo, dovevano affluire in Soma li a altre Uni tà metropolitane e libiche. Ricordiamo tra le prime i batt:iglioni m ìtraglicri leggeri e precisamente il IV gruppo ~l{uadroni ,, Aosta 1, n l i battaglioni XIII, XIV e CCXXV, i quali, secondo le preventive intese, dovevano essere autocarrati , per costituire massa mobile di fuoco per le operazioni di campagna. Essi giunsero, invece, privi di :1utomezzi e fu necessario dotameli (come era stato fatto per i gruppi squadroni mitraglieri pesanti), impegnando circa 200 autocarri. Nel mese di febbraio affluirono in Somalia altre Unità di rinfo rzo (2 compagnie di carri armati) e venne preannunz i:1to l'arrirn della prima aliquota dei 100 caterpillar concessi dal Governo; poi giunsero quattro bande di carabinieri e tre gruppi obici da 100 / 17. li Ministero delle Colonie avvertì inoltre che dal 1 " marzo il Comando avrebbe potuto fare assegnamento su 50 aeroplani da bombardamento, che sarebbero affluiti ad Assab. Prima della battaglia dell 'Ogaden sbarcava, infine, l'intera Divisione •< Libia ),, eccellente organismo bellico, piename nte affiatato, idoneo ad agire nelle regioni pit1 elevate dell'Etiopia meridionale, dove le condizioni di resistenza dei Somali sarebbero state minori.


'La Divisione.: comprendeva 270 ufficiali, 6oo nazionali ed 8.000 ascari, quasi tutti reduci dalle campagne in Libia. Appena sbarcata, la Divisione ebbe ordine di raccogliersi al compit:to nella zona di Mustahil, effettuando il movimento a piedi da Brava ad Afgoi (chi­ lometri 200), e successivamente in tre scaglioni autocarrati fino a Mustahil (km. 400), salvo i quadrupedi che proseguirono per via ordinaria. Entro la fine di marzo la Divisione doveva essere raccolta a Mustahil; alla sua autonomia si provvide, assegnandole un treno di 16 caterpillar con 32 rimorchi.


X.

LA MANOVRA DEL GANALE DORIA

Sul fronte della Somalia, nei primi giorni di ottobre del 1935, le nostre truppe occuparono Dolò, nonchè Oddo e Maladdaie, alla onfluenza Uèbi Scebèli - Ganale Doria, ed ìl generale G raziani fece eseguire un bombardamento su Gorrahei che distrusse un deposito munizioni e portò lo scompiglio fra le colonne abissine in marcia verso Gherlogubi. La mattina del 5 ottobre le truppe del settore nord - oriental e, dopo breve combattimento, occupava no Gherlogubi, a circa 40 chilometri a sud - est di Ual-Ual. Il 18 le truppe del _çcttore dcll'Uèbi Sccbèli, in coopcr.izionc con l'Aviazione, malgrado le avverse condizioni atmosferiche, attaccavano ed occupavano Dagnerrei, posizione naturalmente forte . sul corso del fiume, elevata circa 200 metri sul territorio circo~lanl<.: e negli 11ltimi tempi resa più forte con importanti opere difensive. L' azione fu iniziata da apparecchi da bombardamento che da bassa quota mitragliarono le posizioni nemiche, provocando incendi cJ esplosioni; venne continuata dai dubat del gruppo di bande di Mustahil, appoggiate dalle bande irregolari di Olol Dinle, Sultano degli Sciaveli, passato con tutti i suoi armati a combattere sotto la nostra Bandiera. L 'avversario reagiva energicamente con fuoco di mitragliatrici e fucileria, che colpiva senza conseguenze cinque nostri apparecchi, ma, incalzato dall ' impeto dei nostri, si dava alla fuga, ripiegando oltre il pasto cli Callafò, che cadeva in nostro pcssesso. Contemporaneamente un'altra azione, con carattere cli colpo di mano, veniva sferrata contro il fortino di Bur Dodi, nella vallata del lo Scebèli. Il fortino restava incendiato, mentre le forze del presidio erano respinte ed inseguite. L'azione fu completata con l'occupazione di Scillavè, circa 80 chilometri a nord - est di Bur Dodi.


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.wl fronte mcridio11ale.

Le nu~tre perdite furono mm11ne. Rilevanti quelle dell'avversario, che lasci.1va sul terreno 50 morti e numerosi feriti. Con queste operazioni, mentre cadeva in nostro possesso la fertile regione degli Sciaveli, popolata da genti miti e laboriose, veniva notevolmente spostata in avanti la linea occupata dalle nostre -bande confinarie somale, dal corso dello Sccbèli alla zona di Ual-Ual.


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L'occupazione di Oorrahei. A questa località era giustamente attribuita dagli Abissini grande importanza per il possesso di tutto l'Ogaden, di cui Gorrahei può considerarsi la chiave per i numerosi pozzi d'acqua ivi esistenti, mentre la regione ne è quasi completamente sprovvista. Anima della difesa era il grasmac Afework. L'abitato di Gorrahei è situato sulla riva destra del Fafan. Alquanto lungi dall'abitato sorge un forte al centro di una vasta pianura scoperta, sulla quale esso ha sicuro dominio. Il forte consiste in un doppio ordine di trinceramenti, collegati fra loro da profondi camminamenti e disposti in modo da sfruttare convenientemente il corso del Fafan, che attraversa .il forte. Al centro del sistema difensivo sorge una costruzione in pietra: la vecchia garesa co struita dal Mullah. Il forte era armato co n sessanta mitragliatrici, disposte in piazzuole sapientemente scelte cd orientate, ed anche con alcuni cannoncini da trincea e con artiglierie. L'azione, culminata con l'occupazione di Gorrahci, fu preceduta da un Yiolcntissimo bombardamento da parte della nostra A vi azione. Infatti , ne t giorni .1, 3 e 4 novembre, una ventina cl i apparecchi sorvolav:rno Gorr::ihei, facendovi cadere, con tiro molto preciso, circa 2 0 tonnellate di bombe. I risultati furono lo sconvolgimento di varie opere di difesa ; nonchè I" incendio di numerose capanne e magazzini, che costituivano il nucleo più importante dell 'abi tato. L'azione più efficace fu lJudla del giorno 4, perchè g li apparecchi poterono arrivare sull'obbiettivo quasi di sorpresa, sbucando dalle nubi ed effettuando il lancio delle bombe da bassa quota. Il giorno 5 iniziavano la marcia due colonne di attacco: l'una da Gherlogubi, al comando del colonnello Malctti ; l'altra da Ferfcr, al comando del generale Frusci. Secondo il piano d'azione, Gorrahei avrebbe dovuto essere investita da due lati: la colonna Maletti avrebbe dovuto :ittaccare da nord, la colonna Frusci da est. Nel pomeriggio del giorno 5, però, giungeva ai comandanti le colonne, da parte del Comando delle forze aeree, l'annunzio che gli aviatori , sorvolando nella mattinata Gorrahei, avevano riportato l'impressione che il campo fosse stato almeno in parte sgombrato. Scesi a bassa quota, gli aviatori avevano avuto la conferma di questa impression e. Una pattuglia d'esplorazione avvistava nell'interno del campo dei fuochi ancora accesi; ma, non incontrando reazioni , verso le ore 23 penetrava fra i trinceramenti e constatava che la località er;i stat:i


494 effettivamente sgombrata. Le due colonne, continuando la marcia per tutta la notte, si congiungevano prima dell'alba nella zona di Mcreralc, località distante pochi chilometri da Gorrahei, e prosegui­ vano per questa ultima località, dove giungevano nelle primissime ore del mattin:o. All'atto dell'occupazione furono rinvenuti in gran numero fucili, 11rn.nizioni, pro.ietti d'Artiglieria, materiale sanitario, un;:i forte riserva di viveri ed un'autovettura. D:1 un prigioniero fatto a Gorrahei. si avevano intanto alcune notizie, confermate poi da altre fonti. Il bombardamento da parte degli aerei, per la sua precisione, aveva già da parecchi giorni scosso profondamente il morale delle truppe abissine di Gorrahe.i. Solo l'autorità del comandante Afework era riuscita a teriere gli uomin.i sul pu�lu. SenundH\ 11d bu111l>ardamento del giorno 4, l'Afework resta\'a gravemente ferito. Questo fatto determinava la demoralizza­ zione dei difensori di Gorrahei, i quali, caricato il loro comandante su un autocarro, raccoglievano le armi e la massima parte delle mu­ nizioni e dei materiali e nella stessa giornata del 4 iniziavano la fuga verso il nord. Nel campo erano rimasti alcuni nuclei, che si ritira­ rono precipitosamente la sera successiva, all'approssimarsi delle no­ stre truppe, lasciando i fuochi trov::iti accesi dalla nostra pattuglia di esplorazione. Nella stessa mattinata del 6 veniva iniziato l'inseguimento dei fuggiaschi. Con difficile manovra una colonna di autoblindo traver­ sava il Fafan (improvvisamente entrato in piena) nell'interno del campo trincerato e subito si lanciava verso nord, lungo la riva de­ stra del fiume. Contemporaneamente una colonna celere, al comando del colonnello Maletti, partiva all'inseguimento lungo la riva sini­ stra del Fafan. Questa colonna raggiungeva il giorno successivo Ga­ brcdarre e si spingeva poscia molto più a nord di questa località, impegnando in parecchi scontri la retroguardia dei fuggiaschi e riuscendo a catturare alcune centinaia di prigioneri, fra cui un fitau­ rari cd pn clegiasmac, alcune centinaia di fucili, moltissimi autocarri e due cannoni. Anche sul fronte somalo l'Aviazione portò un largo contributo allo svolgimento delle operazioni. L'azione degli aerei era stata, specie in primo tempo, ostacolata dalle condizioni atmosferiche che, non soltanto avevano reso diffi­ cili le condizioni di volo, ma avevano inutilizzato alcuni campi, a causa delle piogge e degli allagamenti. Tuttavia l'attività aerea riuscì intensa. Oltre alla partecipazione diretta degli aerei all'operazione

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Lo schicmmento a{

novembre 1935

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l'occupazione di Gorrahei.


su Gorrahei, furono quotidianan1ente compiute ricognizioni nella regione di Dolò, di Oddo e in quella di Gherlogubi. Furono bom­ bardati, inoltre, agglomeramenti di armati e colonne in marcia. In diverse località gli aerei furono accolti con vivace reazione di fucileria e di mitragliatrici e molti di essi furono colpiti in parti non vitali.

L'azione su Lammascillindi. L'Avi azione a.ve va segnalato che una colonna di ragguardevole: forza - quella di ras Destà Damteu _, aveva occupato il villaggio di Lammascillindi, a circa cento chilometri a nord di Dolò, con I 'inlcnziunc di cuslÌluirvi una base di partenza per attaccare k no­ stre pos1z10ni. Veniva pertanto deciso di prevenirla, attaccandola, possibilmente di sorpresa, col gruppo dubat di Dolò. Alla sera del 2 r nostre pattuglie venivano a contatto con ele­ menti abissini. Al mattino del 22 il gruppo attaccava con estrema violenza, attraverso la fittissima, alta cd insidiosa boscaglia, le trup­ pe di :wangu;irdia di ras 0t"st;1 Damteu, che erano rimaste in allar­ me l'intera notte ed avevano lJUindi avuto il tempo di disporsi a difesa. Intanto b nostra Aviazione giungeva sulla zona e mitragliava gli Abissini da bassa Lluota. Il combattimento si prot racva dalle ore 7,30 alle 12, ora rn cui gli Abissini abbanclona\'ano il campo ed iniziavano la fuga, inse­ guiti per molti chilometri. Nel villaggio di Limmascillindi venivano dati alle fiamme quei materiali che non potevano essere trasportati dai dubat, e cioè i de­ positi vi\'eri cd i materiali sanitari. Venivano contati nella boscaglia circa JOo morti abissini; da parte nostra si ebbero 4 dubat morti, 5 feriti, 2 dispersi. Furono catturati circa 50 fucili, molte pistole e munizioni. Tra i morti abissini furono identificati due grasmac: Abba Gu­ ragiù cd Argau, il primo addetto al fitaurari Barrehì, ferito in un precedente combattimento. Circa lo svolgimento dell'operazione è da rilevare che la marcia, iniziatasi da Dolò, ebbe la lunghezza di circa 100 chilometri, per­ corsi soltanto di notte. Poichè la sera del 21 le pattuglie avanzate di dubat prendevano contatto con i primi elementi abissini, risulta


497 chiaramente che la m aggior parte del percorso fu superata in due sole tappe notturne, nelle notti dal 19 al 20 e dal 20 al 21. Ciò che Jimostra ancora una volta la grande efficienza fisica dei dubat e la misura delle Possibilità di mo\'imento di quelle truppe. Quasi tulle le operaz ioni s,·oltc in Somalia furono avversate dalle ino ndazioni, dovute alle pioooe ed allo straripamento dei fiumi. bb

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Per quanto si debba tener conto della cooperazione degli aerei, l'enorme differenza fra le: nostre perdite e quelle degli Abissini sta a Jimostrare il perfetto addestramento ragg iunto, la saldezza dei vincoli organici e ge rarc hici e l'avveduta utilizzazione del terreno e dei mezzi a dispasizionc. In tutte le operazioni la maggior parte delle armi, munizioni e materiali catturati . risultò di fabbricazione britannica. Negli ultimi g iorni di novembre a Callafò, nella zona degli Sciaveli , i capi notabili e gli armati deg li Ogaden: Abdalla, Talamoghe e Ghelimes, si presentarono alle nostre autorità, facendo atto 33·


di sottomissione e chiedendo di partecipare alle operazioni contro il G o verno di Addis Abeba. Una squadriglia del l'Aviazione della Somalia, partita dal campo di Gorrahei, bombardava nuovamente le fortificazioni di Dagabur, riuscendo anche a distruggere una colonna di automezzi. Dopo la conquista di Gorrahci, il Comando abissino sul fronte somalo si affrettò a scegliere un paese più arretrato, per farne un valido baluardo di difesa contro la nostra avanzata. La località prescelta fu D agabur, che sbarra in yucl settore la strada per l'Harrar. L e caratteristiche delle fortificazioni campali che vi furono costruite confermavano ancora una vo lta la presenza di ufficiali europei al servizio degli Abissini. Intanto si preparava la manovra del Canale Doria e l'offensiva su Neghelli, a proposito delle lluali il compianto generale Cabiati, nel suo libro « La conquista dell'Impero », scriveva: ,, In Somalia, le notizie sull'assembramento delle truppe di ras Destà si fanno sempre più precise e dettagliate; è pure noto che il borioso capo avversario non nasconde la sua intenzione di gettare in mare le nostre truppe. Ncghelli, che sembra essere il centro logisti(o del nemico, è ripetutamente visitato dai nostri ae rei, e così Giltù, Maka Murri , Gogorù ed i dintorni del piccolo lago Huco . " Continuano intanto le sottomissioni. che hanno imponenti· manifestazioni a Gorrahei, nella gio rna ta del r 3 dicembre. " Nell'ultima d("cade del mcsr è degna di rilievo una magnifica ricognizione compiuta dal Sult:rno Olol Dinle, ormai nostro fedele collaboratore, sino oltre Gabbà , sull'Uèbi Scebèli. L 'azione aveva per iscopo di chiarire la di slocazione e l'entità delle forze del nucleo centrale e raggiunse perfettamente il suo obbiettivo, in quanto oltre 1 0.000 armati del deg iac Rejen è Merid corsero incontro alla colonna indige na. Il combattimento durò acca nito c..iuasi l'intera giorn:1ta del 26 dicembre e g li Sciaveli. efficacemente sostenuti dalla nostra Aviazio ne, riuscirono alla fine a respingere i numerosi nuclei avversari . Crescendo però sempre il numero di l)Uesti, Olol Dinlc, per ordine superiore, ripiega\'a su Danane (sul torrente Raua) e concorreva alla occupazione di l1uesta località con la banda degli Ogaden Dalal. « All'estremità sud - occidentale dello scacchiere somalo, i nostri dubat allargavano l'occupazione della zona, spingendosi su Amino, a nord - ovest di Dolò. •.( In tutti gli scontri, le nostre truppe indigene della Somalia erano riuscite a guadagnarsi quella superiorità morale sull 'avver-


499 Sario, che costituisce un importantissimo fattore di \'ittoria, aiutati in questo dall'odio profondo ed inestinguibile, che tutti i Somali di religione mussulmana provano verso gli Scioani "·

Le informazioni del generale Graziani, dovute soprattutto agli aerei, gli consentivano di farsi un'idea precisa sulla situazione e sulle intenzioni di ras Destà, il quale si veniva lentamente anicinando alle nostre linee con varie colonne, col proposito di avvolgerci per le ali e di puntare su Lugh, alle spalle di Dolò. Non era quindi più il caso di attendere e, sebbene le forze a dis1x)sizione non fos~ero molte, il generale Graziani decideva di attaccare, esercitando il maggior sforzo sulla sinistra, mentre la fronte a nord sarebbe stata guardata da pochi reparti, mediante un attivissimo impiego di ardite pattuglie. Per il numero delle Unità e per la vastit~1 dell 'azione, la battaglia che ne derivò fu senza dubbio la più impo rtante fr:1 quelle finora svoltesi in tutta l'Africa Orientale. Le informazioni circa le forze abissine e la loro disloc;1zio nc davano presenti, nella zona, da 30.000 a 40.000 armati. di\'isi in quattro colonne, dal Daua Parma all'Uèbi Gestro. In alcuni punti le colonne erano già a contatto con i nostri posti avanzati di duhat. Le truppe di ras Dcst~ avevano costruito, con m ac igni e muretti a secco, vari ordini di resistenza che dal Daua Parma and;1vano. a tratti, sino alla zona del lago Huco. Il generale Graziani non aveva la possibilità materiale di aggirare il fianco destro del nemico, che era addossato alla frontiera britannica del Kenya, nè quello sinistro, che avrebbe ri chiesto, per l"Uèbi Gestro, un percorso troppo lungo. Fu pertanto necessario iniziare la manovra con un attacco frontale. fra il lago Huco cd il Daua Parma. L'11 gennaio, informato dell'approssimarsi del nemico, il Graziani ordinava l'avanzata generale con due colonne, lungo l' Uèbi Gestro ed il Canale Daria, contro la sinistra di ras Desr:ì. e con una colonna, più forte, contro la massa principale. Settemila uomini con no autocarri puntavano così contro la fronte avvers:iria , fra il laghetto Huco ed il confine del Ken ya (45 chilometri di fronte), a cavallo della carovaniera Dolò - Filtù - Neghelli. II IO gennaio cominciarono i passaggi del fiume ed il 12 furono compiuti. Alla sinistra, lungo il Daua Parma, una colonna di dubat


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e di militi forestali (Agostini) incontrò il nemico, ne respinse gli dernenti avanzati e, nei giorni 14 e 15~ dopo accaniti combattimenti prnso Galgalò, riuscì a staccarlo in disordine dal fiume. H 13 gennaio anche la colonna arabo - somala Jel centro prese cont:ltto col nemico, schierato lungo la linea da Malca Dida (sul Daua Parma) sino alla località di Ddei Ddei. 11 generale Graziani attaccò decisamente il fianco sinistro di ras Destà verso Ddei Ddci. 11 combattimento, iniziato al tramonto, fu bre\·e e violento e si ri-

Traghetto ml Giuba.

solse col nostro pieno successo. All 'alba del 14 . una colonna di Abissini cere<\ con un deciso contrattacco, di riprendere Ddei Ddei, ma venne nettamente respinta. Ras Destà, che aveva assistito al combattimento, ripiegò allora verso Neghdli. Ndla giornata del q l'azione si estese oltre le colline di Galgalò, sempre a nostro favore. Il mattino del 15, dopo qualche azione locale, la nostra vittoria si delineò piena ed incontrastata. Nello stesso mattino del 15 vennero mandati avanti squadroni autocarrati dei reggimenti di cavalleria e< Genova" ed (< Aosta >1, con 8o mitragliatrici, 1 hatteria autotrainata e 2 plotoni di carri veloci, che il generale Graziani passò rapidamente in rivista nella piana di Malca Dida. Intanto la colonna di destra, composta di elementi nazionali (camicie nere e reparti motorizz;1ti), risaliva il corso del Ganale Do-


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ria, giungendo il 13 gennaio a Gogorù e proseguendo in direzione di Bender. La fronte complessiva di attacco si sviluppava così per oltre 150 chilometri; per la prima volta interi reparti di truppe metropolitane prendevano parte ai combattimenti in Somalia, sfatando così la leggenda dell'incapacità delle truppe .italiane a combattere nel clima somalo.

Neghelli. Le vittorie riportate a Galgalò e a Ddei Ddei e nei numerosi scontri di minore entità, data la tenacia della difesa, costarono agli Abissini perdite rilevantissime, soprattutto nel settore del Daua Parma; se ne può dedurre che i consiglieri ed istruttori europei delle truppe abissine non avevano ottenuto largo frutto dai loro insegna: menti circa le norme più elementari del combattime nto della Fanteria. Ras Destà tentò ancora di raggruppare intorno a sè un nucleo di forze per opporsi all'inesor:ibile ava nzat:1 it:ilian:i, ma no n rimcì che ad offrire nuovi bersagli all'implacabile azione dei nostri aerei. Abbandonò quindi il terreno della lotta, fuggendo verso nord - O\'est, seguito da pochi fedeli. Questo, in sintesi, LJUanto scrisse, a proposito della manovra del Ganale Daria, il generale Gabiati. nel libro già citato. Noi, però, riprendiamo la nostra narrazione a partire dal periodo preparatorio della manovra suddetta e precisamente dalle ricognizioni effettuate dalla nostra A viazione per fornire al nostro Comando le informazioni necessarie a determinare il suo co ncetto operativo. Le squadriglie della nostra Aviazione svolsero, oltre a quelle già ricordate, ri.cognizion i anche su Dagabur. Esse, sorvolando Uarandab, Hamanlci e Sassabaneh, zona di rifo rnimento d'acqua per le carovane, eseguivano due bombardamenti successivi, il 26 ed il- 28 novembre. Parecchie tonnellate di bombe fur"ono scaricate sul nemico, incendiando i tukul e gli edifici in muratura adibiti a sedi di Comandi ed a magazzini, entro la cinta fortificata. G li aviatori , nel sorvolare D agabur, accertavano come un edificio dal tetto coperto dal segno della Croce Rossa fosse visibile mèta e rifu g io di armati indigeni, accorrenti dal terreno circosta nte.


Nello stesso giorno gli aeroplani volavano su Giggica, Quartier Gcneritlc abissino del fronte somalo. Il volo ebbe uno scopo semplicemente esplorativo e nessun lancio di bombe venne effettuato. Nella prima lJUindicina di dicembre l'attiYità militare in Somalia si svolge,·a principalmente nel settore occidentale (alto Giuba), in relazio ne ai movimenti delle forze di ras Destà Damteu. Que~tc forze, delle lJUali si parlaYa da tempo, e che da tempo a\'e,·ano iniz iato la marci:1 con la dichiarata intenzione di attaccare le nostre difese dell'alto Giuba (settore di Dol.ò) e di ricacciare fino al mare k nmtre truppe , prou:dev:1110 con estrema circospezione e lentezza. La nostra A vi az ione, intensificate le sue ricognizioni, notava ad alcune di ecim: di chi lometri dalle nostre liner grandi quantità di bestiame. Venivano poi rilevate, il 5 dicembre, tra Filtù e Neghelli, formazioni abissine e movimenti di truppe, con l'evidente tendenza ad avvicinarsi alla frontiera dd Kenya. I nostri apparecchi scendevano, per meglio osservare, a bassa l]UOta e provocavano così una vivace reazione di fuoco di fucileria e di qualche arma :mtiaer ca . Gli aerei rispondn·ano bo mbardando. Nei giorni successivi, risul1ando la situazione pressochè stazionaria, veni,·a decisa una nuoya azio ne aerea contro il grosso della colonna accampala nei dintorni di Ncghelli. La mattina del 14 lJllindici apparecchi raggiungevano tale località, bombardando gli accampamenti abissini con ri~ultati molto efficaci. Le truppe cd il bestiame si sbandarono; parecchi magazzini militari ven nero incendiati. Gli Abissini reagirono vivacemente con fucileria ed Artiglieria contraerea. Quattro nostri apparecc hi n :nncro colpiti senza grave danno.

La c.1duta del campo trincerato di Gorrahei, sulla via dell'Harrar , nonchè la sottomissione delle prime tribù degli Sciaveli e degli Ogaclcn , avevano giustamente preoccupato Addis Abeba. La regione cli Harrar, centro di raccolta di armi, munizioni e viveri provenienti da Zeila e da Berbera, era in pericolo. Occorreva, non solo impedire l'ulteriore avanzata degli ltali:mi mediante lo sbarramento di Dagabur, m a allentare altre-;;ì la spinta del generale Graziani, distoglirndone possibilmente l'attenzione dall'obbiettivo di H:1rrar.


Per conseguenza, oltre all'armata di ras Destà, rimasta nel ~e,tore del Giuba, si raccolse nel Baie, per collegare le due masse principali di ras Destà e del degiac Nasibù, il Corpo arma:o di Bcjcnè :\1eri<l. li nostro Comando non poteva trascurare la minaccia su Dolò che, se effettuata in forze, avr~bbe potuto costituire un serio peri colo per il fianco sinistro dell 'intero schieramento sul fronte somalo e

I preprrrativi per l'avanzata m Neghelli.

concepì la geniale manovra del Ganale Doria, intesa a prcvc111re ed a stroncare l'iniziativa nemica. Ras Destà , alla testa di circa 30.000 uomini, aveva avanzato, come abbiamo già ricordato, dalla zona di Neghelli, dove aveva stabilito la propria sede di comando, su quattro colonne, allo scopo di presentare una· fronte avviluppante e di sfruttare al!resì tutte le possibili risorse del paese, cercando di ov\·iare alle deficienze dei propri rifornimenti da tergo. Le v~1rie colonne attestarono sul corso del Daua Parma, nel tratto compreso tra Dolò ed il confine britannico, allo scopo di evitare il pericolo di nostri aggiramenti sul loro fianco destro. Era in animo di ras Destà, esaminata la nostra situazione in quel tratto di fronte, di tentare di aggirare le nostre posizioni di Dolò per giungere così ad investire anche le nostre difese di Lugh


Ferrandi; ma, di fronte ai saldi apprestamenti difensivi sulla fronte del Daua Parma, egli non osò attaccare subito e si attardò con la massa delle forze nel territorio compreso fra l'Uèbi Gestro ed il_ Ganale Doria e fra questo ed il Daua Parma. La nostra Aviazione potè così avere buon giuoco. Cominciò a rilevare l'esatta ubicazione delle minacciose forze nemiche ed iniziè'> poi un'azione di logoramento, per recar loro il massimo danno. Le nostre squadriglie furono veramente instancabili e, con voli spinti talvolta a distanze molto grandi, eseguirono quasi ogni giorno bombardamenti e mitragliamenti contro le forze avversarie. Spesso gli aerei rientrarono coi segni del fuoco nemico; qualche apparecchio cadde. Periva così il tenente Minniti, torturato dalla barbarie nemica. Ma l'avversario, occultandosi nella boscaglia e diradando le sue formazioni, non accennava ad allontanarsi, cercando forse una occasione favorevole per agire di sorpresa. Il generale Graziani, presa la decisione di operare offensivamente ed a fondo, faceva precedere, verso la fine di dicembre, una Jrdita impresa a grande raggio. af fìdandola alle bande irregolari del capo degli Sciavcli Olol Dinle, il quale si spingeva lungo ~l .:orso dell'alto Uèbi Scebèli fino :ilb regione di Imi . Tale impresa servì a riconoscere il terreno e la situazione in quella zona, a minacciare parte del territorio nemico ed a distrarre sull'Uèbi Gestro parte ddk forze ;:ivversarie, che avrebbero p<>tuto unirsi a quelle di ras Dcstà. Nella marcia di ritorno quella colonna occupò Danane, nella valle del Daua , unendosi agli armati del Capo Usscnin Ailè degli Ogadcn Rcr Dalal, a noi sottomesso. Difatti, a parare Li minacciosa mossa di Olol Dinle, furono inviati anche il grosso dell'armata abissina del Baie (degiac Bejenè Merid) cd un forte distaccamento delle truppe dell'Harrarghiè. Intanto il generale Graziani predisponeva l'offensiva, che aveva lo scopo di gravitare con le maggiori forze per la sinistra, al fine di ~laccare lu !>chieramentu nemico dal Daua Parma, il quale segue per un tratto _ il confine con la colonia britannica del Kenya. I movimenti necessari furono iniziati il IO gennaio. Occorrevano numerosi traghetti sui fiumi GiUba e Daua Parma. Nonostante l'accrescersi delle correnti, il passaggio delle truppe e dei materiali veniva ultimato il giorno 12. L"avanzata si svolse su due colonne: lungo il Ganale Daria e lungo il Daua Parma. La colonna di destra, se~uendo il corso del Canale Daria, Jler Amino,_ ra<rniunoeva il 13 Gogort1 e quivi si scinbb b ~J


deva in due: l'una, autoportata, puntava direttamente su Neghelli ; l'altra, a protez ione del fianco destro, continuava a risalire il Ganale Doria, in direzione di Bender. Venivano così a costituirsi tre colonne. Quella centrale, autoportata, composta di truppe di colore e di squadroni mitraglieri (< Aosta n , giungeva la sera del 13 a Ddei Ddei, margine di un vasto ·pianoro, dove incontrava forte resistenza. Respinto durante la notte, il nemico ritentava l'attacco la mattina del 14 ; ma, dopo qualche ora, gli Abissini volgevano in fuga, inseguiti da nostri mezz i celeri (autoblindo). Anche la colonna di sinistra, che seguiva il corso del Daua Parma, aveva preso contatto col nemico e, dopo vivaci combattimenti, nei giorni 12, 13 e 14, raggiungeva il 14 Galgalò. dove, nell'ansa Jd fiume, una grossa retroguardia nemica si era sistemata a difesa; ma, nei giorni 14 e 15, combattendo anche durante la notte, le nostre truppe riuscivano a battere il nemico, che il 15 in parte si arrende\'a. Battuti a Ddei Ddei cd a Galgalò, gli Abissin.i si ritirarono in parte su Neghelli, in parte risalirono il Ganale Doria, in parte si dispersero nella boscaglia. Alcuni gruppi si diressero a sud , te ntando di raggiungere il Daua Parma, ma questi ultimi si scontra va no con la nostr:i colonna di sinistra e, dopo accaniti .:ombd1timc11li, cr.1111, costretti a<l arrendersi. Più di 3.000 Abissini tro varo no la m orte in questo settore, od in combattimento o per fame e set<.:, essendo stati i pozzi preventivamente occupati <lalle nostre truppe. Non esistevano più, dell'armata di ras Destà, c he le forze dislocate in posizione arretrata, presso Neghelli cd Uadarà. Contro queste il generale Graziani lanciò la colonna ccntral'e autocarrata. Dopo aver occupato Filtù il giorno 18, tale colonna giungeva a Neghelli, a 380 chilometri da Dolò, il giorno 19 gennaio e gli squadroni " Genova " ed <• Aosta ') vi entravano alle ore 12 del giorno stesso. Ras Destà Damteu, in luogo di tentare qualche resistenza e di imporsi alle sue truppe con la virtù dell'esempio, all'approssimarsi delle nostre forze, era fuggito, lasciando nelle nostre mani la radio, il suo bagaglio personale e persino le insegne del suo Comando, i negarit, i famosi tamburi dai quali ogni Capo abissino di alto rango è seguito in guerra. Venivano inoltre rintracciati anche le decorazioni, il bagaglio e le carte personali del tenente belga Frère, consulente tecnico di ras Destà. Le perdite degli Abissini erano valutate a non meno di ro.ooo uomini. Copiosissimo il bottino in armi e munizioni, parchi di be-


stiame, depositi e materiali di ogni genere. In tutte le azioni il nemico faceva largo uso di pallottole dum-dum. Superiore ad ogni elogio il conteg no d i tutte le nostre truppe, nazionali e d i colore, no nostante l'a vver sità del clima e la durezza delle li mitazioni, come il razionamento dell'acqua, dovuto imp<>rre d :11 ~encrale Graz iani ai repa rti riarsi dal sole, dalla fatica , dalla poln:rc. Quando le truppe occuparono Neghdli disponevano ancora di ~uf ticicnt i pro"viste di \'ivcri per 9 giorni e di acqua per 6. Da rilevarsi anche il fatto che, a mano a m ano che si anda va delineando il fe lice successo, il generale Grazia ni disponeva, allo ~cnpn d i allegge rire le colo nn e e di fac ilitare la soluz io ne degli impo nenti problemi logistici imposti da una così celere ava nza ta, di ri 11 via re alla base buona parte delle truppe. Occupata Neghell i, nostri distaccam e nti furono subito spinti più a nord. anche a rilevanti distanze. Il 23 gennaio veniva raggiu nta la località di Uadarà, ad oltre 70 chilometri da Neghelli. Dopo un vivace scontro, il nemi co si ri tirèi, lasciando nelle nostre mani prigionieri, depositi di viveri, muni z io ni e materiali vari. U n deposito di m u nizioni fu fatto saltare dagli stessi Abissini prim a del ripiegamento. Nci giorni successivi veniva completala la sistemazione dell:t regione di Neghelli e del Daua Parma. U na colonna mista, risalendo il Daua, dupu avere respinto forze abissi ne comandate da un uffì. ciale g reco. il 2 6 gennaio occu pava Malca Murri , a 2 10 chilometri da Dolò.

L 'impo rtanza del la vasta operazione militare non ha bisogno di e~se re illustrata. La vittoria aveva liberato il fianco si ni stro del no~tro schieramento eia una m inaccia c he avrebbe potuto prendere proporz ioni notevoli , mentre assicurava al nostro dominio tutto il vasto territorio dei Galla Boran a. La fulm inea m anovra aveva rovesciato cli col po la situaz ione sul fro nte somalo: la massa nemica piì1 importante e più minacciosa era stata annien tata; mentre la via d irett;i per il rifornimento delle armate avvers;irie a\traverso la fron ti er:i del Kenya er a ormai interdetta agli Abissini. Non meno g ravi, per il nemico, le conseguenze politiche. Dopo il distacco degli Sciavdi e degli Ogaden, la nostra profonda pene-


trazione nel territorio dei Galla Borana infliggeva un nuo,·o colpo alla malferma ·compagine etiopica. Qualche ·scrittore militare straniero ha \'Oluto osserYare che la Yittoria di Ncghclli , pure essendo di grande importan za intrinseca, costituiva un errore strategico, in quanto la minacciata offensiva di ras D està non aveva altro scopo ché quello di distogliere il gene rale G raziani dal suo obbiettivo principale, costituito dall 'esercito del dcgiac Nasibù. Noi non sappiamo, e sarà difficile anche in seguito

Dubat in marna.

poterlo appurare, se questo concetto fos5e veramente quello formulato dal Com:indo abissino. Sta però il fatto che il generale Graziani, :.11 corrente di tutta la situazione del suo scacchiere, effettuò una ma novra per lince interne di stile veramente classico. Intensificato il bombardamento nella zona di Sassabaneh e di Dagabm, egli fece credere al dcgiac Nasibù che l'attacco in quella direzione fosse imminente e 15.000 uomini vennero purtati verso le prime linee abis~i ne per parare la temuta offensiva. Contemporaneamente, con la brillante ricognizione di O lol Dinle e con l'occupazione di Danane, attraeva in quel punto l'attenzione e le forze di Bejenè Merid, immobilizzando cos~ per llualche tempo due dei tre settori di operazione. Egli poteva allora tra nLJuillamente portare il massimo sforzo contro la minaccia più urgente e che, a qualunque obbiettivo tendesse, non poteva essere trascurata,


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data la pericolosa direzione scelta da ras Destà. Raccolte le sue truppe e prima che si pronunziasse l'attacco nemico, Graziani marciava contro le colonne avversarie, le affrontava, le batteva separatamente, le insegui,·a e le disperdeva con l'Aviazione cd, in poco più di una settimana, portava la sua Bandiera a circa 400 chilometri dalla base. La minaccia di ras Destà aveva cessato di esistere ed il nostro Comando poteva, da qud momento, dedicarsi completamente alb p reparazione della battaglia finale, che doveva liberare completa mente la Somalia dalle for ze nemiche.

li bilancio ddlo sforzo compiuto per la manovra del Ganaì~ Doria appare da alcune cifre. Quello operativo si riassume : - nella radunata di 28.0 00 uomini, attuata nell'ultima decade di novembre, a scaglioni di migliaia di uomini, con spostamenti SL! percorsi di centinaia e centinaia di c-hilometri su strade impossibili : - nei lavori compiuti dalle truppe sul Ùaua ed ai tre capisaldi ,Jella " -:ollina t:x-inglcsc ,,, di Oddo e di Dolò, nei rafforzamenti d i Lugh, lbidoa, Oddur, U egit, Jet, Tigieglò: - nello sbalzo effettuato dalle colonne operanti sulle tre g randi direttrici: del Ganale (km . 180), di Neg hclli (km. 380) e dc! Dau a (km. 2 2 0), vincendo il nemico in duri combattimenti e superando le difficoltà del terreno ora sabbioso, ora roccioso, spesso intersecato da uidian e torrenti, sempre o stile alla vita ed al mo\·imento. I soli movimenti di auto trasporto truppe comportarono l'impiego di 883 aut oca rri con una percorrenza di 842.000 chilometri. 11 Genio concorse largamente alla battaglia. La manutenzion:: ~tradale al di qua del confine, i riattamenti oltre frontiera, la costruz ion e e l'eserci z io d ei passaggi del fìume, l'allestimento dei centri idrici, i b vori di rafforzamento, le trasmissioni, l'illuminazione d d c:1mpo di battaglia ccc. impegnarono tutte le Unità del Genio. Sui ponti passarono circa 15.000 tonnellate di materiali e 9.oc, , automezzi e, durante la sola azione offensiva, fra 1'11 ed il 20 "en t> naio. 20.000 uomini e 5.000 quadrupedi. . li centro idrico di Dolò dovette distribuire il 12 ::,<.1ennaio 1:10 m ~. t l1 acqua: dall'inizio della preparazione al 28 febbraio furono distribuiti complessivamente 12 milioni di litri di acqua batteriologicamente pura, cli cui 1 .225.000 soltanto fra il 10 ed il 25 gennaio.


L 'Aviazione cooperò molto efficacemente. Oltre le ricognizioni strategiche ed i bombardamenti di Imi, Magalo, Neghelli e l'ardita ricognizione su Harrar, effettuati al lim ite dell'autonomia, su percorsi di 750, 800, 850 chilometri, di cui 6-700 in territorio nemico, oltre il generoso concorso all'azione di Olol Dinlc e la preparaz ione al combattimento di Ddei Ddei, nella quale essa bombardò le difese nemic he 300 metri avanti le nostre line~, nel periodo della battaglia. fra i primi di dicembre ed il 20 gennaio, l'Aviazione della Somalia compì 258 ricognizioni offensive e bombardamenti con apparecchi pesanti e 230 con apparecchi leggeri ; un totale di quasi 500 azioni in 50 giorni, con una settantina di apparecchi in tutto ( T). Nel campo logistico le cifre sono ancora più imponenti, ma non 2: possibile riassumerle. I servizi di spedalizzazione e del vetto,·a;;liamento, i rifornimenti di materiali del Genio ed i trasport i costituirono problemi assillanti: sia per l'entità delle esigenze, sia perchè essi vennero a svolgersi su percorsi enormi, fino a r .ooo chilo m etr i (Mogadiscio - Neghelli), in sit uazioni completamente diverse da un g iorno all'altro. Per dare un'idea sull'attività dei servizi basti accenn :1rc c he h sola A\'iazione dm·ettc trasportare ben 1.500 tonncll.:itc ,li m.1t c 1 i.ili Jcronautici, speciali, ccc. ed oltre 2.000 tonnellate di carhuranri: ma tutto tiuanto fu compiuto lo si potrà valutare soltanto .. quando un g iorno i dati statistici porranno in rii ievo lo sfurzo nen:-~s:1riu per ammassa re su questa fronte. a circa 700 chilometri dal mare . con ~trade di carattere biblico e calore asfissiante. un Corpo operante di (1) Il concorso dell'Aviazione nella battaglia di arresto ebbe sopr::m utto il .:arattere di « azione indipendente », martclbmlo l'::inersario e sconvolgendone ii: orde durante l'avanzata. In tal modo essa pronJCÒ enormi vantaggi: nel cam po materiale perchè rallentò la marcia del grosso (che seguì la tortuosa, ma coperta pista del Canale, a nzichè l'agcrnle e diretta camionabile di Bogol Ma ~no), ne esaurì la principale risorsa al seguito (il bestiame) tc,l i rifornim.:nti alla base (Neghelli); nel campo morale deprimendone l'animo. 1 )urante b fase offensiva le azioni preventive su Galgalò e quelle di diretta cooperazione sull'uadi Ddei Ddei e sulle difese di Neghdli ebbero gran · de effetto materiale; altrettanto nell'in seguimento. durante il quale l'Avinione ,·enne via via stro ncando le successive resistenze nemiche. Si può dire, in sintesi, che \'Cniva così applicato il prin(ipio di ,, resistere alla superficie e far massa nell'aria ;,, prevenendo le offese e di struggendo le resistenze. In complesso l'Aviazione compì durante b battaglia 2000 ore di volo, di cui la maggioranza sugli 8 00 chilom etri di percorso, e lanciò circa 125 ton nellate di esplosivo.


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CJ rca 28.000 uomini , per m età bianchi, se nz a il ~1uale l'Oltre Giuba e la Somalia settentrionale sarebbero sicuramente stati perduti. Si rneucr;1 ancora in evidenza che cosa abbia si_g-nificato costituire yucsta organizzazione autocarrata , che ha pemesso parallelamente di sostenere !n(i altri settori a distan ze altrettan to bibliche " · , Del successo va q uindi dato m erito, oltre c he alle truppe op:.:ranti ed all'Aviazio ne, anche ai repa rti tecnici cd a tutte le Unit?1 dei SefYIZJ.

Le rnnseguenzc politiche e militari della \·ittoria furono enormi , tanto più che tluesu av veni va alla vigilia di una delle tante co nferen ze di Gi nevra. Il nemico ccrcc'i fu orviare l'o pinione europea col diversivo dell'in volontario hombard:imento dell'ospedale svedese e lo stesso ras Dest;1 tenn e celata a ll'Imperatore la grave sconfitta; ma le agenz ie straniere csprimc\'ano le più g ravi preoccupaz ioni circa b possibilità di ulteriore resiste nza all'a\'anzata italiana cd affermavano che l'armata di ras Dest:Ì, forte di 6o.ooo uomini nell'ottobre e ridotta a JO.ooo uo mini per la recen tc disfatta, non contava ormai che 6.000 uomini , diso rganizzati cd in fu ga dinanzi all'avanzata italiana. Il nemico aveva ccr~a to la ,·ìttoria tutti i mezzi più barbari e, fra l'altro, cnn il pili brgo impiego di pallo ttole esplosive e co n la mutilazione Jci nostri feriti; incatenando i suoi armati ai posti di com battimento con ceppi e pe~anti catene, obbligandoli a sfamarsi con radici e bacc he di palme e poi :ibhandonandoli alla sete ed alla fame (1).

rn;

( 1) Cfr. " Relazio ne sulla guerra italo-etiopica, fronte sud », già citata.


Xl.

LA BA TT AOLIA DELL' OOADEN

Dopo la brillante vittoria riportata, nel gennaio 1936, nella zona Ji Neghelli, le truppe della Somalia attesero, per tutto il mese di febbraio, al consolidamento ed alla sistemazione del Lerritorio occupato tra il Ganak Doria ed il Daua Parma, rastrellando l'intera zona mediante successive ricognizioni di colonne autocarrate. Di particolare rilievo fra tutte la ricognizione di una colonna che, partita da Buccurale ai primi di febbraio, sbaragliava il presidio di Lammascillindi, sull'Uèbi Gestro, occupava quel villaggio e vi catturava ingenti depositi di cereali. Altra colonna, in ricognizione lungo il D:m1 P:um::i , incon trava presso Malca Guba un forte reparto di Abissini . che metteva in fuga dopo un vivacissimo combattimento. L'Aviazione eseguì numerose ricognizioni nclk regioni dei Sidamo e ddl'Ogadcn, nonchè efficaci azioni d i bomhardamen10 di nuclei nemici. L 'attività delle nostre truppe, nel mese Ji marzo, fu dedicata alla sistemazione logistica ed all'organizzazione civile dei paesi occupati. Quest'ultima, procedendo secondo un piano organico, conduceva alla istituzione della Residenza di Giarsa, nel territorio sottomesso dei Digodia, mentre la sollevazione dei Galla Borana contro gli Abissini prendeva proporzioni sempre più \'aste. L 'attività logistica venne specialmente dedicata al problema delle comunicazioni. Nel giro di poche settimane, con un prodigioso lavoro tecnico, vennero costruiti vari ponti in cemento armato , tra cui uno ad otto arcate tra Buio Burti e Bclet-Uen. E' da rilevare, in proposito, che il problema delle comunicazioni nello scacc hiere somalo era reso più grave dalla natura del suolo. I vi si era fino allora operato, non solo senza strade, ma su semplici piste tracciate su un terreno polveroso, che diveniva impraticabile per il fango ad ogrn


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2

aCl Juazzone e nel quale le macchine inesorabilmente affondavano. S' impo neva pertanto la costruzione ex novo delle strade prima dcli 'iniz io della stagione delle piogge. In soli venti giorni furono costruiti :200 chilometri di massicciata stradale, con una media giornaliera mai prima raggiunta di km. 10 al giorno. Al problema delle comunicazioni era stretta mente connesso lJUello, non meno grave, dei rifornimenti. Basti ricordare che Ja Mogadiscio a Gorrahei corr<Jllo km. (150, per percorrere i quali ogn i autocarro consumava un ter1.o del Glrico totale di benzina che esso poteva trasportare per l'ul ter io re a\'an zata delle truppe autoc:irrate. Nè m eno complesso era il problema dell'acc.1ua , che importava l'impi ego di centinaia di autobotti. L ·attività aerea si estTinsecò, o ltre che in numerosi voli di ricogni z ione. nei bombardamenti a 111assa dei centri vitali della difesa a,·ver saria : Gobà , Giggiga, Ha r rar. Bullale. li :.?.o marzo una SlFladriglia di piccoli apparecchi da bombardam ento monomo tori, partita all ' alba dall'aeropo rto di Neghelli, ragg iungeva e colpi va con precisione la munit a hase abissina di Gobà. ira Allata e Ghig ncr, infossata in una stretta valle a 2.400 metri <li alt i1udine, in pmiz iunc tale da apparir<.: ~1ua~i i11c~pugn.1bile agli stessi nostri aerei. che g ià più volte avevano invano tentato <li raggiungerla e di colpirla. Il bom bardam ento di G ob~ privava definitivamente cli og ni ba~c le truppe nemiche del settore . Il .2.2 m:1rzo. a soli due gio rn i dal bombardamento di Gobà nel settore o ccidentale, l' A viazi~m: eseguiva un massiccio bombardam ento nel settore orientale: 27 trimotori, levatisi all'alba dal campo di Gorrahci , do po :1vere effettuato una puntata diversiva su Harrar, :1110 scopo di trarre in inganno la vig ilanza antiaerea nemica, raggiungevano e bo mbardava no efficacemente il campo trincerato di Cigg iga. distruggendo caserm e, magazzini, trinceramenti, deposit·i muniz io ni e colonne di autocarri. Il 25 marzo la di stru zione del campo trincerato di Giggiga era completata da una seconda speclizione aerea di 30 apparecchi, g uidata personalmente dal comandante l'Aviaz ione della Somalia, generale Ran za. Il dupli ce bombardamento di Giggiga assestava un grave colpo all'o rganizzazione difensiva del settore. Ma rimaneva ancora intatto il ridotto della difesa: la base di Harrar, città fortificata, centro militare di prim'ordine, sede di magazz1111 e di depositi.


Nella mattinata del 29 marzo 33 aeroplani da bombardamento della nostra Aviazione, percorrendo oltre 1.000 chilometri tra andata e ritorno, effettuavano la distruzione di tu tti g li obbiettivi militari di Harrar. L 'attività aerea sul fronte meridionale si chiudeva, il 30 marzo. col bombardamento del Quartier G enerale dell'armata abissina di Har.rar, presso Bullalc, g rosso villaggio a sud - o,est di Dagabur.

li pas.<11ggio dell'Encr ( battaglit! dell' Ogaden).

Anche guest'ultimo bombardamento era effettuato in massa da un complesso di 33 apparecchi , ad una distanza di circa 450 chilometri dalla base; di par tenza. Se l'attività del mese di marzo fu dedicata, su tutto lo scacchiere somalo, alla sistemazione logistica ed a numerose azioni aeree, nel mese di aprile . le truppe del generale Graziani, rinforzate e riordinate, entrava no in piena attività operativa, col preciso com pito di annientare l'armata del degiac Nasibù, ultima formazio ne militare: ancora efficiente dell'Impero etiopico, e di aprirsi la strada su Giggiga e H arrar, mentre le truppe del fronte sette ntrional e penetra vano decisamente, attraverso l'Uollo, nello Scioa. 34·


Gli ordini per la battaglia vennero emanati il 7 aprile. Il concetto d 'az ione era quello di agire lungo la direttrice del Faf, manovrando per la sinistra e regolando il movimento su determinate linee di attestamento, per isolare e distruggere l'armata del degiac Nasibù, serrandola verso il confine del Somaliland; occupare co nseguentemente Dagabur, Giggiga ed Harrar. Dovevano o perare in prima schiera tre colonne: - colo nna di si nistra (generale Nasi): costituita dal raggrupp:1111cnto celere " Navarra )) (2 gruppi bande e le bande irregolari di Olol Dinle e di Hussein Ailè) e dalla Divisione « Libia '), rinfor1.;1t;1 da 2 compag nie carri armati, I gruppo Artiglieria ed Unità chimiche, del Genio delle va rie specialità ecc. Da Danane doveva muovere lungo le due direttrici Maleico - Segag - Dagamedò e Birk ut - Dukun - Segag - Dagamcdò; - colo nna centrale (generale Frusci): costituita da 7 battaglio ni indigeni, 2 rnmpagnie carri arma ti ed aliquote autoblindo, 2 g ruppi bande, 3 gruppi di Artigli eria cd Unità del Genio, chimiche, lanciatì:tmm e ecc. Da Gabredarrc doveva agire lungo la direttrice di Uarandab- Ha man lei - Sassabaneh - Dagabur; - colonna di destrJ (luogotenente generale Agostini) costituita dalle 4 bande carabinieri , coorte milizia forestale, 4 bande operanti della Migiurtinia ed Unità minori, da Uardere sulla direttrice: Ado - CtirJti - Gunu Gadu - H11lblc. In seconda schiera aliquo te della (( Tevere l' e della <( Peloritana", di entità diversa a seconda delle possibilità consentite dall'autocarramento, dovevano costituire riserva del Comando forze armate, per ag ire in secondo tempo, appena le forze nemiche fossero state tagliate da Addi s Abeba, in modo da serrarle contro il confine del Somal ila nJ. D:1lla fro nte ]);mane - Gorrahci - Uardcrc le tre direttrici asseg nate alle colon ne convergevano sull ' allineamento Dagamedù - Dagabur. D a t]tte~tu allinearnen1 0 tre :1ltre direttrici portavano a quello successi\'C.l Harrar - Hareho - Giggiga. Il nemico aveva sbarrato k direttrici d"avanza ta con due sistemi difensivi: uno sull'allineamento Dagamedò- Dagabur, co n posizioni a\'an zate lino a sud, lungo le strade che adducono all'allineamento stesso : l'altro nella zona Harrar - Hareho - Giggiga. La situazione nemica dava una forza di circa 30.000 armati, dei tJuali due terzi circa schierati sul primo sistema difensivo, un paio di migliaia tra il primo ed il secondo sistema, il resto sul secondo sistema.


Complessivamente l' armata etiopica del Sud dispo neva di circa mitragliatrici, una cint1uantina di can no ni cd un a diecina di autocarri, armati con mitrag liatrici. Sembrav;i dovesse essere rinforzata da contingenti degli Arussi; ma la notizia non era con fermata. I presidi erano dislocati a cavallo del fascio del le comunicaz io ni c he adducono ad Harrar, su ciascuna delle quali erano scagl io nate le organizzazioni difensive. 500

Cauemc abissine

t1

Gia11ogobò .

Tre robusti sbarramenti: uno a Gianagobò, sull ' uadi Korrak; uno ad Hamanl ci (Birgot e Dane), alla confluenza del Faf e del G iarer , ed il terzo a Gun u G adu, ;,nch ·esso sul Giarer , tutti e tre fortemente presidiati, costituivano le posizioni avanzate abissi ne destinate a spezzare l 'urto dell e nostre colonne. A metà strada, fra questi sbarr;1menti e le difese di D aga m cdò e Dagabur, le ro tabili era-no bloccate da un secondo ordine di apprestamenti: la Da nan e - Dagamedò a Birkut, Maleico, Dukun e Segag; la rotabile del Faf a Sass:1baneh: quella del G iarer a Rullale. Q~1c; ti d ue ultimi sbarramenti erano a no"n g rande raggio, ma la tecnica vi aveva profuso ogni accorg imento per raggi ungere lo sco po . Apposta-


5r 6 menti in ca\'crna, fiancheggiarnenti e camminamenti ne facevano dei capisaldi robustissimi, tanto che prendere di viva forza quei passaggi obbligati sarebbe stata durissima impresa e ci avrebbe molto attardato. Nella piana di Dagalmr e sulle colline antistanti era stato ultimato il campo trincerato, al tiualc Wehib pascià aveva dato inizio tìn dalla primavera del 1935: un insieme di opere staccate che dominav:1110 cJ intercettavano le strad e di Dagamedò, di Sassabaneh e di 13ullale su un'ampi ezza di circa 6 chilometri e ci avrebbero obbligato ad investire la piazza su una fronte enorme, superando sotto le offese del nemico il fosso dd Giarer e percorrendo una striscia di terreno di circa 3 chilometri assolutamente scoperto, dove le armi della dife~a a ve v;ino ollilllu giuw è potevano yuindi infliggerci gravi perdite. A Giggiga e ad Harrar altri due campi trincerati sbarravano la strada; il primo proprio a cavallo della rotabile, anch'esso costituito da trin ceramenti discontinui e capisaldi disseminati su tutta la piana, dove erano i pozzi, e sulle colline verso sud e verso ovest (precisamente al così detto passo della Marcia, passaggio obbligato delle comunicazioni fra Giggiga <'"d H arrar) ; il st'rnndo ~ullt' colline sovrastanti Harrar. Ognuna di gucste organizzaz ioni difensive era presidiata da parecchie centinaia di uomini ed an che da 1.000 - 1.500 armati, con un buon armamento di armi automatiche e qualche l;ezzo d' Artiglieria : a Dagabur, Giggiga ed Harrar, ino ltre, si trovavano masse di manovra di t1ualche migliaio di uomini, con le quali Nasibù intendeva operare anche fuori dei campi trincerati. Dappertutto artiglierie contraer ei cd :mticarri, interruz ioni stradali, grandi depositi di viveri e mtmtZIOlll. Nessuna indiscrezione era trapelata sugli intendimenti di Nasibù. Risultava che egli era stato spesso incitato dall'Imperatore a prendere l'iniziativa delle operaz ioni , e forse l'aver rinforzato Birkut co n le truppe del degiac Macon11en Endclaccioù rivelava il suo lYOposito di agire contro il nostro presidio di Danàne ; ma, per i rinforzi da noi inviativi e per i rafforz;:i rnenti compiutivi, Nasihù aveva desistito da ogni proposito offensivo. Era però lecito presumere che, prendendo no i l'ini ziativa delle operazioni, avremmo dovuto tenerci pronti a sventare la m a novra con cui Wehib pascià, avrebbe certamente cercato di opporsi alla nostra ava nzata, ritardando, se non rendendo impossibile la nostra vittoria.


Prima an cor a che si svolges~e la grande offen iva dcl i 'OgaJen. nel settore occidentale dello scacchiere somalo, si combatte\'a il I 3 aprile un breYe, ma accanito fatto d'armi. Un nostro reparto di lancieri « Aosta n in ricognizione raggiungna nei pre~si Ji Uadarà (tra ~eghelli e Allata) forze a\'\'er~arie supe riori, impegnandole: arditamente e costri ngendole a ripiegare, dopo avere in flit1 0 al nemico

Co.,1n1 zio11c Ji .<twdc.

perdite note voli. Noi ebbimo 46 naz ionali posti fuori comhattimento. L'accanita resi~tenza opposta dal nemico nello scontro di Uadarà costituiYa un sintomo ~icuro della nutnolc efficienza delle formazioni m ili tari abissine dislocate sul fronte m eridionale. Ma ta le efficienza do\'eva palesarsi ancora m eglio nei giorni successivi, durante la vittoriosa avanz:lta ncll 'Ogaden. Sotto tale denominazione vanno comprese tutte le o perazio ni o ffensive che, iniziatesi il 14 apri le cun l'avanzata della D iYisione ,. L ibia " da Danane su Birkut, si concludc\'ano il 30 aprile con la rotta dell'armata del degiac Ì\asibù e la caduta del si\tema fortificato: Sassabaneh - Bullak - Dagabur.


La via dcll"Harrarghiè era sba rrata, com 'è noto, dall'armata del dcgi:1c Nasibù, forte di circa 30.000 uommi, moderna mente armati ed eLJuipaggiati, con molte mitragliatrici e numerosi cannoni. Sotto b "uida di un consi!!liere bianco mercenario, il pcncralc Vlehib IJasci:i, .::, C:,po di Stato Maggiore del dcgiac Nasibù, la regione dell'alto Ogadt:n , tra Sassahaneh e D agabur, era stata organizzata. come ;ibbiamo ~i:', detto, ~aldamente a difesa, co n ricove ri e post;17.ioni in caYern:1. Ma, oltre alle truppe destinate ad una strenua resistenza in posto nella regione for tificata, il nemico disponeva sulla sua ala destra di un forte nucleo di alcune migl iaia di armati, agli ordini del degiac Abbedè Damteu (fratello di ras Destà, il vinto di Neghelli). Questo tentacolo :JVanzato, dislocato sul torrente Gianagobò, a circa una sess;rntina di chilometri ad ovest di Gorrahci, base di partenza della nostra imminente o ffensi va, costituiva una seria minaccia sul fianco sinistro delle nostre colonne avanzanti. Risultava, infatti, che il nemico si riprometteva di occupare di ~orpresa con tali forze l'importante nodo carovaniero di O.mane, che riteneva scarsameùte presidiato, e di minacciare, in conscguc::n za, lungo l'Uèbi Sccbèli. le nostre comunicazioni del settore orientale. Ma il ge nerale Graziani, intuita promamrntc la minaccia, decid eva di anaccare senz'altro l'ala destra nemica, per romperla e mi1ucciare a sua volta, con la propria sinistra, la destra dello schierarm:nto aYversario. A tal fine egli predi~pu1H;va la seguente ripartizione delle forze e dei compiti: - colonna di sinistra, al comando del generale Nasi, composta di repart i naz ionali (carri d'assa lto, Artiglieria e Genio), ddla Divisione " Libia ", di rep:irti eritrei, di varie hande di duh;tt, nonchè delle bande irregolari di Olol Dinlc e di Hussein Ailè. Direzione di attacco: D;inanc - Segag - Dagamedù - Dagabur: - una colon na centrale. agli ordini del generale Frusci, composta di reparti naz ionali (mitraglicri autocarrati, autoblindo, carri d 'assal•o, Artiglieria c Genio), raggruppam enti arabo-somali e bande di dubat. Direi.ione dì attacco: Go rrahei - Gabredarre - Sassab:111ch Dagabur ; -- colonna di destra, a!!.li ordini del luo<Yotenente <rc neralc ..~, b ;--. della Milizia Agostini, co mposta di reparti nazionali (carabinieri autocarr:1ti. miliz ia forestale e Genio) e di \'arie bande indiucne del b Mudugh, del Nogal e della Migiurtinia . Dircziom: di attacco: (;herlogubi - Curati - T3ullale - Da2":1bur. V ~

~

.)


Le tre colonne, partendo dalla larga base: Danane - Gorrahei Gherlogubi (circa km. 200), dovevano restringere sempre più, avanzando, la loro fronte di azione, per attestarsi, nella prima fase, sulla linea: Segag-Gabrehor - Curati (circa km. 150) e convergere, nella seconda fase, su Dagabur. Malgrado l'accanita resistenza del nemico, le diflìcoltà enormi del terreno e le avverse condizioni mctcreologichc, che trasformavano i corsi d'acqua in torrenti di fango inguadabili, lo slancio delle nostre truppe nazionali cd indigene fu tale da assicurare alla geniale manovra la più perfetta e tempestiva esecuzione.

Le operazioni s1 m1ziarono il 14 aprile con la marcia della Div1s10ne <• Libia >> su Birkut, che portò alla battaglia di Gianagobò contro gli armati di Abbcdè Damteu. Dopo circa tre giorni di accanita resistenza, facilitata dalle anfrattuosità dd terreno, l'ala destra nemica, snidata dalle caverne con aspra lotta corpo a corpo e minacciata da un duplice avvolgimento, ripiegò in disordin e. do po a\'cr subìto perdite ingenti. Frattanto la colonna Frusci raggiungn·a Uarandab e la colonna Agostini completava la sua organizzazione, rimanendo in potenza tra Gherlogubi cd Uardere. Il generale Graziani mise allora a dis1X)sizione del generale;: Nasi la colonna autocarrata Vernè, che puntò su Segag per tagliare la ritirata al nemico; nonchè il raggruppamento celere somalo del generale Navarra, che provvide al rastrellamento del campo di battaglia di Gianagobò, catturando numerosi prigion.ieri , armi, munizioni e molto materiale. E' da tener presente, in proposito, che la costituzione organica iniziale delle tre colonne venne più ,·olte moJilìcata, per esigenze operative, durante le varie fasi della complessa manovra, e sarà appunto per effetto di guesti oculati e tempestivi spostamenti di reparti fra le singole colonne che il generale Graziani - pm disponendo nel complesso di forze numericamente inferiori -- riuscirà a presentarsi sempre sui vari campi della battaglia con forze superiori o per lo meno pari a <.1uelle dell'avversario. La Divisione <e Libia >i ix1tè così raggiungere Birkut, dopo avere sopravanzato, con la sua celere marcia, i reparti nemici in ritirata, che invano l'attacca\'ano in coda per aprirsi disperatamente un passag-


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uio verso nord; mentre la colonna Vernè raggiungeva e superava Seoa<r tauliando inesorabilmente la ritirata ai fuggiaschi. b "' b Nel contempo la colonna Frusci raggiunse Seic Hosc, o ve sostò, in attesa che venisse completato il gittamento dei ponti, e la colonna A<TOStini occu 11ò, all'ala destra, Curati. /',

La 11rn11ovr11 dcl/'Ogade11 .

Si inizi<'> allora la seconda fase della manovra, con l'attacco concentrico ddk tre colonne contro il sistema fortificato di Sassabaneh. Nel pomeriggio del 23 aprile b colonna Vernè, alla nostra ala sinistra, occupò di sorpresa Dagamedò, minacciando il fìanco destro dello schieramento nemico. All'alba del 24 le nostre posizioni di Dagamcdò furono attaccate da ingenti forze nemiche autocarratc, provenienti da Dagabur. L'attacco, dopo un accanito combattimento, fu nettamente respinto. Al centro la colonna Frusci, rinforzata da clementi della Di visione " T evere 11 (raggruppamento legioni « F asc i italiani aircstero " e battaglione universitario « Curtatone e Montanara H), dopo una


celere marcia di avv1cmamcnto, attaccò, all'alba del 24, le murntt ssime posizioni di Birgot - Hamanlei. Dopo due giorni Ji aspri combattimenti, il 25 aprile, la stretta di Birgot ve nne superata e Hamanki occupata. Il nemico, attaccato ripetutamente alla baionetta e sloggiato dalle sue caverne, fu battuto e disperso. Nel pomeriggio del 25 la colonna Frusci era tutta raccolta nella zona di Hamanlei, mentre i pontieri iniziavano la costruzione di due nuovi ponti: uno sul Giarer e l'altro sul Fafan. I' vittoriosi combattimenti di Birgot - Harnanlei, contro un nemico numeroso e saldamente appoggiato ad un robusto sistema difensivo, forte di tre successivi ostacoli in uno spazio di 12 chilometri , costituirono uno degli episodi decisivi nel quadro generale della battaglia dell'Ogaden. All'ala destra, intanto, la colonna Agostini attaccò ed occupò, la mattina del 24, la forte posizione di Gunu GaJ u, dopo ave r annientato le forze nemiche che, annidate nelle ank1ttuosità dd terreno, opponevano strenua resistenza, e spime clementi autocarrati ,·erso Bullale.

Completato, tra il 26 cd il 28, il riordinamento (klk colonne e: l' assestamento delle posizioni com1uistate, il gc.: nc.:r:-ik Gra1.i.111i di ramava, nella giornata stessa del 28 aprile, gli ordini per l'attacco decisivo del sistema fortificato: Sassabaneh - Bullale - Dagabur. L 'avanzata convergente delle tre colonne determinava: il :29 aprile l'occupazione di Sassabaneh e di Bullale; il 30 aprile la caduta di Dagabur. La battaglia era vinta. Il nemico, battuto, ripiegava in disordine lungo la carovaniera di Giggiga, dopo aver perduto oltre 5.000 uomini e molto materiale da guerra. Egli a,·eva riposto un eccessivo affidamento sulla inespugnabilità dei campi trincerati di Birgot - Hamanki e di Sassaba neh - Dagabur e si era altresì cullato nella illusione che le piogge avrebbero arrestato il nostro movimento, mettendo le colonne autocarrate in una pericolosa crisi logistica e tattica. Ma le oculate predisposi z ioni del Comando, l'ardore combattivo delle truppe, il fun zio nam ento perfetto dei servizi raggiunsero la vittoria. Alla conclusione vittoriosa della battaglia dell'Ogaden contribuirono particolarmente:


- l'atti \'it:1 instancabile dei pontieri del Genio che, sotto l'imperversare ddla bufera, si prodigarono nel gittamento di ponti e di passerelle sui fiumi in piena; - l'intervento efficace dell'Aviazione che, nei 17 giorni della battaglia, compì 760 voli, riportando 24 apparecchi colpiti, e che, nel corso delle operazioni stesse, effettuò altrcsì il trasporto aereo di oltre 1.000 ton nel Lite di materiale per un percorso di circa I .ooo chi lom etri , da Mogadiscio a Gorrahe.i. Le nostre perdite, dal 14 al 30 aprile, ammontarono a 50 ufficiali e 1.800 uomini di truppa , tra caduti e feriti.

L'occupazione di Giggiga e di Harrar. L 'o crnpazio ne di Dagabur, avvenuta il 30 aprile per effetto del la manovra convergente delle nostre tre colonne operanti ncll'Ogaden, determinava la caduta del sistema fortificato Sassabaneh - Bullalc - Dagabur ed insieme la rotta dell ' armata etiopica del degiac N :1sibù ; armata, i cui superstiti ripiegava no in c.foo rdine lungo la carov:rniera di G iggiga.

Ht1rrar.


L 'occu pazionc di I I arrar.

Non ostante la piena impetuosa dei fiumi e le ~e mpre a\'Ver~e condizioni atmosferiche, le nostre colonne autocarratc si lanciavano subito all'inseguimento; ment re le: tr uppe rim ;11n; nli ~i c u11u : 11 l 1.1 v ,111 c, sulle posizioni com1uistate per riprendere l'avanzata al piL1 presto, non appena le circostanze lo avessero permesso . Intanto numerosi Capi dell'alto Ogaden facevano atto di sottomissione alle nostre autorità militari ecl offrivano la rno pcr;1 z1one dei loro armati contro gli Abissini. Sebbene la pioggia torrenziale, ren<lenJo il terreno l1uas1 11npraticabile, ostacolasse sensibilmente il movimento delle colo nne autocarrate, nel pomeriggio del 3 maggio, i nostri reparti più avanzati raggiungevano, a circa 80 chilometri a nord di Dagabur, un forte nucleo di armati, che attaccavano e di sperdevano dopo accanito combattimento, in cui rimaneva ferito lo stesso comandante nemico, 11 famigerato Omar Samantar, già noto quale responsabile dell'omicidio del capitano Carolei, in una irnh()scata tesa ad un nostro presidio in Somalia nel 1925. Nella mattinata del 5 maggio i pontieri del Genio - c he tante benemerenze avevano già acquistato con la loro opera tenact: ed infaticabile, durante i 17 giorni della vittoriosa battag lia del l' O gadcn - gettavano, con mirabile celerità, sul Giarer in pi ena, un ponte lungo 25 metri e della portata di 26 tonnellate (il 16" dall'iniz io dclk ultime operazioni nell'Ogaden).


Le colonne autocarrate potevano così riprendere il movimentG verso i loro ultimi obbiettivi, incalzando il nemico in fuga. Alla sinistra, sulla direttrice Farso - Harcho, avanzava la colonna Nasi; al centro sulla pista lungo la sponda destra del Giarer, procedeva la colonna Frusci, preceduta da un distaccamento celere autocarrato, comandato dal tenente colonnello Pizzorno. Dopo un;i marcia di circa r7<' chilometri, le truppe del generale Graziani occupavano Giggiga, la sera stessa del 5 maggio, a distanza di poche ore dall'ingresso delle truppe del maresciallo Badoglio nella Capitale etiopica. Raggiunta G iggiga in volo, il comandante delle forze armate della Somalia, informato della presenza di armati nemici al passo della Marda, inviò sul pu~lu un di~taccamento agli ordini del tenente colonnello Pizzorno che, sconfitti g li Abissini, occupò saldamente il passo. Con l'occupazione contemporanea di Addis Abeba, sul fronte settentrionale, e di Giggiga sul fronte meridionale, le operazioni militari vere e proprie potevano co nsiderarsi compiute e la conclusione vittoriosa dell'impresa, iniziata all'alba del 3 ottobre 1935 col passaggio del March, com plct;1111(· nt<' raggiunta, non ostan1e la tenace resistenza abissina. Ma se, alla data del 5 maggio, in seguito all'annientamento totale delle estreme resistenze nemiche su entrambi i fronti, la vittoria definitiva delle nostre armi era ormai decisa, alla consacrazione della vittoria stessa mancava tuttavia il possesso effettivo del centro politico - militare di Harrar, obhietrivo ultimo dell'Annata del generale Graziani; nonchè dell'importante nodo strategico di Dire Daua, che controlla la ferrovia Gibuti - Addis Abeba. A tal fine la colonna del generale Nasi affrettava la sua marcia e. nel pomeriggio dell'8 maggio, occupava Harrar, ristabilendo immediatamente l'ordine nella città, devastata da tre giorni di saccheggio cd in preda al disordine. Trentacinque apparecchi dell'Aviazione somala, al comando diretto del generale Ranza, volteggiavano nel cielo della città, mentre le truppe del generale Nasi ne prendevano possesso. Una colonna :rntocarrata, compasta di elementi della Divisione ,. Tevere " (Fasci all'estero e studenti universitari), agli ordini del generale Navarra, proseguiva su Dire Daua, che raggiungeva nelle primissime ore del giorno successivo,· 9 maggio, accolta festosamente dai Francesi presenti e dagli indigeni.


Un primo rastrellamento della zo na occu pata forni\'a: alcuni cannoni, molti fucili e mitragk1tri ci, non chè un- ingente LJUantitatirn di benz ina, caffè e cereali . Un episodio di altissimo significato dove\'a reo oior :-, istrarsi nella ::, nata del 9 maggio. Alle ore 12 giungc\'a a Dire Daua da Addis Abeba un battaglione ciel 46" reggimento Fanteria, accolto co n gli

Dire Daua.

onori militari da un battag lione della 22 1· legione dei (• Fasci italiani al l'estero ». Il congiung imento dei due fronti era così un fatto compiu to, consacrando nella comune villoria l' unione materiale della Somal ia e dell'Eritrea, fuse in un unico blocco attraverso l'Etiopia italiana. Nel breve g iro di sette mesi, la mirabile impresa -~ destinata a segnare un evento decis ivo nella Storia d' Italia ed un episodio notemie nella Storia del mondo - era \'ittoriosamente compiuta . Scon volgendo i calcoli dei critici e degli esperti militari più quotati in Europa, 1:: fo rze armate del l'ltali ;i superavano ostacoli d i clima e di terreno che avrebbero frenato l'impeto offensi vo di l JUalsia si altro esercito; battevano in campo aperto ed annientava no, uno dopo


l"altro, sette eserci ti nemici , in gran parte addestrati all'europea e muniti di armi modernissime: e, nell'intervallo fra due successive stagioni di piogge, raggiu ngevano la vittoria definitiva, facendo sventolare il Tricolore su tutto il territorio dell'Impero etiopico. Volontà di popolo, energia di Governo, abilità strategica di condottieri, gimta proporzione tra scopi e m ezzi, preparazione tecnica di Quadri, valore indomito e spirito di sacrificio di comandanti e di gregari: ceco i fattori essenziali di yuesta vittoria, che meravigliò il mondo ed affermò il prestigio dell'Italia.


Xli.

CONSIDERAZIONI

Degli avvenimenti della guerra italo - etiopica il maresciallo Badoglio pubblicò nella « Nuova Antologia », nell 'autunno del 1~)36, questa chiarissima sintesi : « La guerra italo - etiopica, esaminata sotto un punto di vista esclusivamente operativo, può, dall'inizio al suo epilogo, essere suddivisa in alcune fasi che caratterizzano i suoi successivi e coordinati sviluppi: ( < li 3 ottobre 1935, in una prima fase i11iziale, l'esercito italiano, forte cli 7 Divisioni, approfittando, mentre ancora fervt:va b pn:parazione, del ritardo della radunata dell 'esercito etiopico. passa\'a il confine e, risolutamente, tJuasi senza colpo ferire, in due momenti successivi, spingeva la sua occupazio ne alla linea Macallè -G hev;1Tacazzè (Acligrat, 4 ottobre ; Aclua, 6 ottobre: Macallè, 8 no vt:mhrc). ,, Riprende\'a tJuindi la sua preparazione, abbinando il prubkma con quello dell'organizzazione e dell'assestamento ddla vast;1 regione occupata, e si completava negli effettivi e nei mezzi. « Intanto l'eserci to avversario, ormai radunato, iniziava il suo graduale spostamento verso il nord, finchè le opposte forze si incontravano. « Aveva così inizio la prc'sa di contatto. e( Nella sua avanzata verso il nord, il nemico, ormai schierato dal Tacazzè al m::irgine dclraltopiano, con preponderanza di forze nel settore orientale, aveva intenzione, e numerose fonti informative lo confermarono, di rompere il nostro fronte in direzione del Tcmbièn, prendere alle spalle Macallè ed attaccarlo contemporaneamente di fronte, investire da est e da ovest Adua ed, aggirando l'ala destra del nostro schieramento, invadere con tutte le forze il territorio della Colonia. « Lo scontro di Dembeguinà (15 dicembre) e quello di Amba Tzellerè -Tembièn (18, 20, 21 dicembre) arrestaro no il nemico ; la


l'' battagli:i del Tembièn (dal 21 al 24 gennaio), la prima grande battaglia della campagna, lo prevenne nel le sue intenzioni aggressive, sorprendendolo in crisi di preparazione dell 'offensi ,·a, im pedendo così il suo attacco, sconvolgendone i piani e fiaccando lo slancio delle sue truppe. " Questa b;ittaglia, di grande importanza nella condotta della guerra, metteva inoltre in luce le deficienze di comando degli avvcrsari, la loro incapacità a svolgere azioni coordinate, :i riunire le forze ed a com·crgerle dove fosse necessario, la rivalità fra i Capi ed i dissrnsi fra i comandanti, portati ad agire isolatamente, in atta cc hi più istintivi che preparati , nei tluali rifulgeva soltanto il va lore indi viduale dei combattenti . .. Appariva così , evidentemente, che rardito e geniale piano offe,1sivo, concepito forse da consiglieri europei, era superiore :11lc possibilità di esecuzione dell'esercito etiopico, forte abbastanza, bene ;1rmato: 111a 11011 in condizioni di reggere il confronto con un esercito modernamente preparato e sagacemente condotto. " La certezza della superiorità spirituale e materiale sull'avvers:irio Liceva, fin d'allora, rit enere sicura la vittoria, mentre le prove fornite d:i i Quadri e chi grepri e l'o rganizzazione raggiunta in ogni campo mi consentivano di agire prontamente e con la più grande riso luzione. " Aveva così inizio la terza fase, la grande h.zttaglia offemiv{j manovrata nel campo ..-tratcgico, la quale, nel campo tattico, prendeva i nomi di battaglie ddl' E ndertà, del secondo Tembièn, dello Scirè. " La battaglia dell'Enclert~ (1n - 15 febbraio), svoltasi con avviluppamento per en trambi k ali, da parte <lei I e del III Corpo, del l"importante massiccio d ell'Amba Ara<lam, conduceva alla distru zione dell'armata di ras Mulughietà, più numerosa, meglio armata ed CLJuipaggiata, alla quale era stato attribuito il progetto della ricon--1uista di M.1callè . " Questa battaglia, mentre confermava le deficienze di comando dell'avversario, consentiva una duplice possibilità operativa: l'avanzata verso sud, a cavallo della grande direttrice Macallè- Ascianghi , la manovra verso ovest, sul tergo dell'armata avversaria nel Tcmbièn. " Senza . indugi, m entre il I Corpo puntava su Amba Alagi (occupata il 28 febbraio), il I l_l volgeva verso occidente, si portava nel Seloà, avanzava poscia verso nord cd, unitamente al Corpo d'Armata eritreo, che scendeva verso sud, serrava in una morsa l'armata


di ras Cassa e ras Sejum, distruggendola (seconda battaglia del Tembièn, 27- 29 febbraio). « Quasi contemporaneamente, nella battaglia dello Scirè (29 febbraio - 3 marzo), i Corpi d'Armata II e IV, provenienti rispettivamente da est e da nord, con azione concentrica, battevano l'armata di ras Immerù e di Aialeu Burrù, la costringevano a ripiegare al Tacazzè ed a disperdersi. « In poco più di tre settimane tre grandi armate nemiche, forti di diecine di migliaia di uomini ciascuna, schierate su circa 250 chilometri di fronte, erano state annientate dai nostri Corpi d'Armata in azioni serrate, alle quali sempre, in ogni momento, potentemente aveva concorso l'Aviazione. ,e Occorreva sfruttare senza indugio il successo; travolgere le residue resistenze nemiche e giungere il più addentro possibile nel territorio nemico. ,e Si passava, c:.1uindi, alla quarta ed ultima fase della campagna, sfruttamento del succeHo, la quale, in paco più di un mese, g iungeva al suo epilogo. « Non era ancora spenta l'eco delle tre grandi battaglie::, che già le nostre truppe, sulle tre grandi vie di invasione dell' Etio pia del nord, raggiungevano Mai Ceu ad oriente::, Socotà al centro, Gondar ad occidente, assicurando, con successiva, immediata organizzazione delle comunicazioni e delle retrovie, nuove basi per un:1 ulterio re avanzata. ,, Frattanto il Negus aveva riunito la sua guardia imperiale ed altri armati nella zona de::II'Ascianghi per tentare di salvare, con l'ultima armata al suo diretto comando, la ormai vacillante fort una delle armi. ,, Il 6 aprile i Corpi d'Armata I ed eritreo avrebbero dovuto affrontarlo e sicuramente batterlo; ma il 31 marzo il Negus, precedendo nel tempo la progettata azione, attaccava le nostre posizioni di Mccan - Bohorà; era decisamente rigettato, sconfitto cd inseguito fino a De::ssiè, dove il Corpo d'Armata eritreo il 15, dopo una celerissima marcia, faceva il suo ingresso. ,, La vittoriosa battaglia difensi\·a e 1'immediata controffensiva, possibile per i preparativi offensivi già in atto, completavano così la vittoria ed anche l'ultima armata avversaria era dispersa. « Davanti all'esercito vittorioso non esistevano altre resistenze organizzate, che potessero contrastare l'avanzata nel cuore delrI~pero. 35.


5 3° .. Una spedizione aulocarrata (10.000 uomm1 e 1.700 automezzi), preventivamente preparata ed organizzata, cominciava il giorno 20 a giungere nella capitale dell'Uollo; il 24, unitamente a due altre colonne a piedi, iniziava il movimento verso Addis Abeba, dove, dopa una marcia tanto celere quanto difficile, superando le difficoltà opposte dal terreno impervio, alleato al maltempo, entrava il 5 magmio, ristabilendovi prontamente l'ordine. « La grande impresa era stata compiuta in paco più di sette mesi ,,.

Il carattere impresso alle operazioni della campagna per adeguare la potenza e l'entità dei mezzi allo scopo risolutivo propostoci, doveva necessariamente riflettersi, prima ancora che negli altri campi , in (1uello organico. Vediamo così mobilitarsi, accanto ai reparti coloniali, intere Divisioni dell'esercito metropolitano. E' questo un provvedimento di carattere organico, che non trova alcun riscontro nelle nostre precedenti campagne coloniali. Noi stessi, che già più volte avevamo efficacemente impiegato in Africa truppe metropolitane, ci eravamo limitati, nelle ca mpagne del 1895 e del 1896, a costituire battaglioni e reggimenti di formazione con compagnie e battaglioni tratti da vari Corpi e, nella campagna lihica degli anni Hìl 1 - 12, facendo appena un passo avanti, ci eravamo anche spinti a costituire brigate e Divisioni di formazione con interi reggimenti orga mc1. La mobilitazione di intere Divisioni per un ' impresa coloniale costituì un provvedimento di notevole valore organico, con riflessi non trascural>ili nel campo spirituale e lattico. I nomi di Peloritana ,,, " Gavinana H , ,, Sabauda ,, , ,, Sila >>, ,, Gran Sasso » e delle altre valorose Divisioni metropolitane mobilitate, sono ormai indissolubilmente legati ai fasti militari della campagna d' Africa degli anni 1935 e 1936. Divisioni metropalitane ed indigene, truppe e servizi di Corpo d'Armata e d 'Armata costituirono un Corpo di operazioni che, per potenza di effettivi e grandiosità di mezzi, rese impossibile ogni paragone con tiualsiasi precedente sped izione d'oltremare. Per emità di masse, come per larghezza e potenza di mezzi ; per l'armamento degli eserciti contrapposti, come per i criteri d 'impiego dei mezzi nuovi e nuovissimi (masse Ji aerei e reparti moto(<


53 1 rizzati), la nostra impresa africana fu ben a ragione definita una guerra coloniale con proporzioni di guerra europea. L'impiego a massa degli aerei nel campo strategico, estrinsecandosi in numerose ricognizioni a largo raggio ed in efficaci bombardamenti di obbiettivi importanti e lonrani ~ come centri militari, basi logistiche, zone di raccolta, Comandi, ecc. - consentì di realizzare la più perfetta cooperazione aereo-terrestre. Il largo impiego di elementi meccanizzati (autoblindo e carri armati veloci) e motorizzati (truppe autocarrate ed artiglierie autotrainate) impresse alle operazioni un ritmo non ancora raggiunto anche sui campi di battaglia europei, realizzando così una condotta di guerra offensiva di movimento, in un terreno di montagna che, per asprezza di forme e per altitudine, non ha nulla da invidiare alla nostra barriera alpina, e che anzi, rispetto a questa ultima, era quasi del tutto privo di comunicazioni rotabili. L'importanza di questa constatazione circa la possibilità di condurre una guerra offensiva, di movimento, con largo impiego di mezzi meccanizzati e motorizzati in un terreno di montag na aspro ed impervio, è tale da far pensare come debbano modificarsi le vecchie idee circa le limitazioni che il terreno impone alla mecc:rnizzazione ed alla motorizzazione <legli eserciti. Il che si è poi sicuramente verificato durante il secondo conflitto mondiale. La nostra dottrina militare del tempo, dottrina dcll'offcnsiv;1 e dell'ardimento - nella quale però raudacia era integrata dall'avvedutezza e la volontà ferma di osare e di agire a fondo non si traduceva mai in temerarietà insensata ---, trovò nell'ultima campag na d'Africa la sua piena applicazione ed il più efficace collaudo. Malgrado le interessate e malevoli critiche di una parte della stampa estera, che prevedeva l'esaurimento del Corpo di spedizione italiano, il Comando Superiore in Africa seppe aspettare (sapere aspettare è spesso più difficile, in guerra, che sapere osare!) e, non appena ebbe raccolti le forze ed i mezzi ritenuti necessari per un potente e decisivo sbalzo in avanti, agganciò il nemico e lo battè, aprendo nuove possibilità alla sua azione. Il disegno strategico guidò sempre la successione degli atti tattici, fino alla conclmione vittoriosa della manovra: dall'Endertà :ilio Scirè; dal lago Ascianghi ad Addis Abeba ; da Gorrahei a Neghelli; da Gianagobò a Dagabur; poichè ciascun atto tattico rappresentò, entro certi limiti, un efficace concorso all'attuazione del disegno strategico, sul quale sarà bene indugiarci per un istante.


532 Il difficile problema della conquista dell'Etiopia presentava b possibilitl1 di dare alle nostre operazioni offensive tre direzioni diverse: la prima oltre il Mareb, da nord a sud, attraverso l'aspro e difficile terreno, sul quale si svolsero effetti vamente le operazioni principali del nostro Corpo di spedizione; la seconda da Assab attraverso la Dancalia e la terza da sud - ovest verso nord - ovest, dalla Somalia attraverso la regione dell'Ogaden. La prima offriva il vantaggio di fare della colonia Eritrea, gi~ da molti anni ordinata e pacificata, la nostra base per le operaz ioni ; base, pcr la 1.1uale si prestavano, dovo conveniente preparazione, ·ì porto di Massaua, la baia di Archico, le nuove strade , tracciate con infaticabile lena, nell'imminen za della campagna ; nonehè tutti gli organi di go vcrno e di comando già stabiliti nella Capitale dell'Eritrea. La costituzione della nostra base d'operazione nella Colonia primogenita offriva, inoltre, il considerevole vantaggio di facilitare il gr:-idualc allenamento delle nostre truppe alle considnevoli altitudini dell"Etiopia settentrionale: nonchè quello, ancora più importan te, di usufruire di comunicazioni più pronte, di approdi più sicuri e di poter ridurre di circa la meù, rispetto alla Somalia, la durata dei trasporti. La direttrice nord - sud offriva, inoltre, il grande vantaggio mor:ile cli permetterci di (• regobrt' più rapidamente i vecchi conti n e di riportare le nostre bandiere nei luoghi già consacrati dal sangue italiano nelìe campagne del 1895 e del 1896, ritornando ad Adua, Adigrat, Macallè, Amba Alag i. Fra tutti i vantaggi materiali e morali offerti da questa direttrice di attacco, il più importante dove va però essere quello derivante dal fatto che, per le formidabili posizioni offerte dal terreno alla difesa, s:-irebbe stato senza dubbio più probabile che il nemico si fosse la sciato raggiungere, raccolto in masse considerevoli, dalla nostra ;l\·:111z a1:1 \Trsn sud e che esso, allettato dalla saldezza delle pos.izioni stesse cd il Iuso di potervi resistere, preferisse la resistenza alla tempestiva ritirata, la battaglia alle azioni di guerriglia, offrirsi alla nostra rnlo11tJ di combattere, invece di sfuggire alle nostre minacce. La scelta per le nostre operazioni principali di questa direttrice di :ittacco veniva, infatti, suggerita :-inche dallo schieramento nemico; schieramento che, per quanto a cordone, dimostrava più probabile incontrare le maggiori resistenze e quindi batterne le forze più importanti , attaccando da nord verso sud, come, infatti, venne successi-


533 vamente attuato, con le brillanti manovre a tenag lia, effettuate dal maresciallo Badoglio nel campo tattico, con le b~ttaglie successive dell' Endertà, del Tembièn e dello Scirè. E' ben vero che la direttrice nord - sud poteva rendere le nostre operazioni offensive assai più lente: sia per le gravi diffi coltà oppo7

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ste dalla scarsezza delle comunicazioni e dal terreno montuoso ; sia per la presenza di considerevoli corsi d' acqua, aventi tutti , dal Mareb al Tacazzè, il loro corso in direzione perpendicolare a quella della nostra avanzata. Ma, pur apprezzando in tutto il loro valore le suddette difficoltà, il nostro Comando Superiore ebbe fede nella consapevolezza della necessità di conquistare al nostro popolo le terre indispensabili


534 alle sue innumerevoli vite ed al suo lavoro fecondo, che guidava i nostri combattenti, e ben si può dire che questa fede non fu ripasta invano nei nostri soldati che, marciando impazienti verso il nemico, seppero superare tutti gli ostacoli e dar prova di una resistenza morale e materiale, che rivelò al mondo intero le virtù della nostra stirpe. La seconda direzione, da Assab attraverso la Dancalia, offriva il Yantaggio di puntare più direttamente verso Dessiè ed Addis Abeha e di potere, sviluppando la nostra azione lungo il confine della Somalia francese, pervenire più presto alla ferrovia Gibuti -Addis Abeba, in modo da troncare questa importantissima arteria dei rifornimenti nemici. A questi vantaggi si opponeva, però, l'impossibilità di fare attraversare il deserto dancalo a grandi masse di truppe, date le difficoltà opposte dal clima, dalla temperatura, dalla scarsezza delle comunicazioni e soprattutto dalla mancanza di risorse idriche. L'impresa compiuta dalla nostra colonna che, partita da Assab, riuscì a raggiungere Sardò, ben dimostrò la gravità degli ostacoli, superati soltanto dalla tenace volontà e dalla concorde decisione dei nostri soldati. La terza direttrice offriva anch'essa notevoli vantaggi, tra i quali tiuelli: - di contrapporre la maggior parte delle nostre forze ad uno schieramento nemico relativamente debole, per quanto le due armate etiopiche che fronteggiavano le nostre truppe della Somalia avessero saìdamente rafforzato le loro posizioni; - - di distaccare l'Etiopia dalla Somalia inglese, come dal Kenya è dal Sudan, donde provenivano al nemico rifornimenti di ogni sorta; - d' incontrare minori difficoltà di terreno; vantaggio, questo, in g ran parte a nnullato: sia dalla necessità di attraversare la pianura somala, dati il clima , la temperatura, la scarsezza delle comunicazioni; sia dalb necessità di assicurarsi l'act-.ua con la bara-, duale e tempestiva ccmtruista dei pnzzi . Questa direzione di attacco offriva inoltre la possibilità di controllare più prontamente la linea ferroviaria Gibuti - Addis Abeba e di pervenire alla Capitale etiopica: o direttamente, attraverso l'Harrar, od indirettamente, puntando, con lunga manovra avvolgente, su Addis Abeba da sud - ovest, lungo i grandi laghi; ma, attaccato dalla Somalia, il nemico avrebbe potuto più facilmente sottrarsi alla nostra stretta e più fruttuosamente ricorrere alla guerriglia, negandoci la possibilità di conseguire nel campo tattico i successi decisivi a noi


535 necessari, oppure usufrue::ndo di linee fortificate successive, atte a rallentare la nostra avanzata. La Somalia non si prestava pni, per i suoi approdi difficili e per la sua distanza dall'Italia, alla costituzio ne di una base di o perazioni sufficiente per lo sforzo principale. A malgrado di tutte q ueste considerazioni, pur avendo attribuito alla direzione nord - sud la maggiore impartanza, il nostro Comando Superiore seppe avvalersi di tutte e tre le direzioni di attacco, coord inando con le sue direttive gli sforzi, in modo da farli tutti concorrere tempestiva mente al successo finale e da impedire al nemico l'effettuazione di una manovra centrale, resa difficile dalle distanze cd impossibile dalle discordie dei Capi abissini. Il nostro Comando volle, infine, tener presente il principio basi lare che primo obbiettivo da raggiungere in guerra è il nemico da battere, più che occuparne il territorio; principio che, nelle guerre coloniali, ha subìto spesso qualche eccezione ; ma al quale noi restammo costantemente fedeli in questa campagna. E, poichè nei primi m esi di operazioni , le armate nemiche tendevano continuamente a sottrarsi al combattimento, il Comando italiano manovrò in modo da costringere il n emico aJ accettare battaglia, mentre prepar:wa in silenzio il mo mento e l'ambiente più favorevoli all'azione. In tale situazione maturò la grande manovra del Tigrai che, attraverso le tre fasi tattiche dell'E nderd, del Tembiè n e de llo Scirè, rovesciò la situazione strategica sul fron te settentrionale ed :iprì il varco alla nostra vittoria. Giunto il momento di agire, la nostra azione tattica, <lestinata a dare sviluppo al disegno strategico, fu sempre pronta, decisa e tale da non lasciare respiro al nemico, fino all'esaurimento delle sue forze. Continuità e<l intensità di azione che, integrata da una perfetta e ripetuta manovra di attanagliamento, consentì. di raccogliere tutti i frutti della battaglia, sfruttando efficacemente il successo. Abbiamo così avuto su entrambi i fronti, ma specialmente su <.1uello settentrionale, una serie di battaglie di ann ientamento che hanno sconvolto ogni previsione nemica ed impresso un r:ipido ritmo al progressivo croll o dell'avversario. Fattori essenziali di tale tattica sono stati: l'azione di coordinamento da parte dei Comandi, l' intima cooperazione delle truppe operanti, la perfetta cooperazione aereo-terrestre. Specialmente nel campo tattico il concorso dell'Aviaz ione è stato assai efficace ed a volte anche decisivo.


L'intervento in massa degli aerei prima, durante e dopo la battaglia, ha trovato, in questa campagna, la sua più larga e feconda applicazione, integrando razione dell'Artiglieria nelle fasi di preparazione e di appoggio, sostituendo in pieno le truppe celeri nell'esplorazione, nello sfruttamento del successo e nell'inseguimento. Ma un nuovo impiego tattico del mezzo aereo, non previsto nè prevedibile, si è affermato durante la campagna: la possibilità, cioè, dì un vero e proprio servizio aereo di sicurezza, sia in marcia che in st:izione, come è avvenuto, ad esempio, durante la faticosa e diffi cile marcia, attraverso il deserto dancalo, della nostra colonna spinta da Ass;ib su Sardò, nel cuore del!' Aussa.

Se la condotta strategica e tattica della campagna fu feconda di utili insegnamenti e si impose all'ammirazione del mondo, la soluz ione del problema logi stico - di cui, nel corso della nostra narrazione, abbi:11110 esaminato qua e là alcuni aspetti - assunse proporzioni veramente g randiose. 11 problema log istico comincic'i :i prospettar si in tutta la sua. YJ stit;1 fin dal momento in cui fu decisa l'impresa, quando si trattava di traspo rtare e sbarcare in Eritrea ed in Somalia centinaia di migliaia di uomini, oltre ad un ingente (1uantitativo di munizio ni e mezzi vari, disponendo di insufficienti mezzi da sbarco in mar Ro~so e con condiz ioni quasi proibitive lungo l'oceano Indiano. I primi sforzi logistici do vettero essere dedicati all'attrezzatura delle località di sbarco. Come è noto, noi non potevamo disporre in Africa Orientale che dei modesti approdi di Massaua e di. Mogadiscio. I1 p<>rto di Ma ssaua era appena sufficiente al limitato traffico locale (circa 2 .000 to nn. mensili di merci). A Mogadiscio non esisteva neanche il porto. I m ezzi di approdo si ri<lui:evano ad un pontile sul mare aper to , periodicamente battuto dai monsoni; sicchè i piroscafi dovevano sostare al 1:irgo per sbarcare, con numerosi ripieghi e tra no n lievi difficoltà, alcune tonnellate al giorno. La Marina, forte della lunga esperienza acquisita in materia di organizzazione portuale durante la campagna di Libia e la grande guerra, affrontò il difficile problema dell ' attrezzamento e dell'organizzazione dei porti di sbarco, contemporaneamente a quello, non meno importante, ckll'approntamento dei m ezzi di trasporto.


537 Il porto di Massaua venne così migliorato cd ingrandito, mediante il prolungamento delle banchine esistenti, la costruzione di nuovi moli, il dragaggio cli ampi specchi di an1ua, la costruzione di piazzali, di strade e di binari di racconlo. L'approdo di Mogadiscio venne attrezzato con un adeguato numero di rimorchiatori e di natanti di vario genere. Mezzi da sbarco furono approntati anche in altre località, opportunamente scelte lungo la costa somala (Alula, Bender - Cassin, Chisimaio, Obbia). Fu così possibile trasportare e sbarcare in pochi m esi : 36o.ooo uomini ; 6.500 automezzi; 30.000 quadrupedi; 300.000 tonnellate di materiale vario. E, poichè anche le comunicazioni fra gli scali marittimi ed il rispettivo retroterra facevano difetto, si diede rna110, con un'alacrità meravigliosa, durante la preparazione <lella campagna , alla costruzione della camionabile Massaua - Nefasit - Decamerè - Asmara, in Eritrea, e della Mogadiscio - Buio Burti (prolungata poscia, nel corso stesso delle operazioni, fino a Gorrahei), in Somalia. All'espletamento di tali complessi ed urgenti lavori si provvide con una soluz ione geniale: l'inquadramento di operai italiani volontari che, organizzati in centurie, sotto b rlirr·1ionc d i ing<'gni>ri civili e di ufficiali del Genio, raggiunsero in breve la cifra di circa 70.000, costituendo un vero e proprio esercito di lavoratori, al seguito immediato dei combattenti. Anche questo esercito ebbe i suoi caduti, vittim<: delle avwrsità climatologiche e dell'insidia nemica; anche questo esercito ebbe il suo peso determinante nel conseguimento della vittoria finale. Sbarcati e trasportati sulle basi di partenza uomini e m ezzi, si trattava di alimentare la vita e l'attività operativa di una massa di alcune centinaia di migliaia di uomini, operanti ad una distanza di 4-000 - 8 .000 chilometri dalla Madrepatria, di oltre 400-500 dalle basi marittime del mar Rosso e dell'oceano Indiano, in un terreno impervio, povero di acyua e di risorse. A mano a mano che le truppe progredivano, sorgeva la necessità di spostare in ava nti l'attrezzatura logistica, trasformando le semplici piste in strade camionabili ed impiegando per il trasporto tutti i mezzi: dall'autocarro pesante all'autocarretta, dal mulo al cammello, dal portatore all'aereo. Anche nel campo log istico il m ezzo aereo si affermò, nel corso d1 questa campagna, come un potente ausilio dei mezzi di trasporto terrestri, che sostituì quasi del tutto l:'1 dove il terreno non ne permetteva il tempestivo impiego .


Il parziale rifornimento aereo del III Corpo d 'Armata, durante la crisi del cambiamento della linea di comunicazione nella seconda battaglia del Ternbièn, fu presto superato dal rifornimento aereo di viveri, munizioni cd acqua alle truppe del IV Corpo d'Armata durante la battaglia dello Scirè. Mirabile fu poi il rifornimento aereo a favore della colonna marciante su Sardò, attraverso un terreno desertico e prcssochè inesplorato, dove la temperatura torrida impediva il rifornimento e l' utilizzazi,one di carni macellate. Fu così necessario che gli aerei, destinati a scortare, proteggere, collegare e rifornire la colonna, trasportassero giornalmente anche capi di bestiame vivi (numerose pecore ed alcuni buoi). Quando lo sforzo logistico dell 'esercito italiano durante la campagna sarà conosciuto in tutti i suoi particolari ed esaminato nei suoi molteplici aspetti, una nuova, inesauribile fonte di insegnamenti si aprirà agli studiosi, che vorranno rendersi conto dell'entità e della complessità dell'organizzazione logistica di un'impresa coloniale, condotta con grandi masse e con mezzi moderni, in una regione di alta montagna, priva di strade e di risorse.


Xlii.

LA f ANTERIA NELLA GUERRA ITALO-ETIOPICA La genialità delle soluzioni organiche, la potenzialità dcli' attrezzatura logistica, la sapienza strategica dei Capi, l'abilità tattica dei comandanti e dei gregari, non avrebbero potuto offrirci l'ambita vittoria, senza le eroiche virtù dimostrate dai nostri soldati. Il prodigio fo possibile ~ scrisse efficacemente il maresciallo Badoglio - perchè vibrava in ogni combattente il palpito dell'Italia; perchè ogni combattente sentiva l'orgoglio di essere Italiano cd era conscio della gravità dell'impresa, nella quale la Patria era impegnata; perchè trovava in questi suoi sentimenti la forza per affrontare ogni fatica e superare ogni ostacolo, ritraendo sollievo e riposo nel pensiero volto all'Italia immortale >>. Alle considerazioni sulla guerra italo - etiopica del 1935 - 193<> nel campo organico, strategico, tattico e logistico, vorremmo aggi un gerne altre, la più importante delle quali, dati i particolari scopi d i quest'opera, è senza dubbio quella che si riferisce alla resistenza fisica, alla disciplina ed al valore dimostrati ancora una volta in Africa dalle nostre Fanterie. Purtroppo, non ci è ancora possibile avere dati precisi sulle perdite (r), con le quali i Fanti offrirono, come sempre, per la vittoria il maggior contributo di sangue. Nè possiamo riportare dati sicuri - che pure sarebbero eloquentissimi - sulle ricompense individuali meritate dai combattenti della nostra Arma. Ci limitiamo, quindi, a ricordare, a titolo di onore, le grandi Unità, le gloriose brigate, gli eroici reggimenti di Fanteria, che parteciparono più efficacemente alla memoranda impresa ed i reparti che meritarono ricompense collettive al valor militare. (<

( t) Circa le perdite, i dati finora pubblicati danno, per tutta la g uerra italo-etiopica: 1367 nazionali caduti, r66 morti in seguito a fer ite; 2854 indigeni caduti.


5-f o A lJUCsto scopo ci rassegniamo a riportare soltanto e semplicemente l'ordine di battaglia di tutte le nostre forze in Africa Orientale, alla firn.· delle operazioni, ordine di battaglia che, per quanto r iguarda la Fanteria, fu il seguente:

Co mando Superiore: Comandante: maresciallo d' Italia Badoglio. C:1po di Stato Maggiore: generale di Corpo d' Armata Gabba. Sottocapo di Stato Maggiore: generale di brigata Cona. I nrendcnte: generale di Divisione Dall 'Ora. Comandante dell 'Artiglieria: generale di brigata Garavelli . Comandante del Genio: generale di Divisione C1ffo.

Comandanti dei Corpi d'A rmata dell'Eritrea:

I

Corpo d ' Armata: generale· Santini.

Il Corpo d'Armata: generale Mara vigna. II [ Corpo d"A rmata: ge nerale Bastico. IV Corpo d ' Armata: generale Babbini. Corpo d 'Armata indigeni: generale Pirzio Biroli.

Divi.--ioni metropolitane : Divisione

«

Gavinana )) : generale Villasanta.

X IX brigata F antcri:1 (reggimenti 70°, 8_f

e

84"): gene rale

Giac hi no. Divisione « Peloritana ,, : ge nerale lkrtoldi. XX IX briga ta Fanteri:1 (reggimenti 3\ 4° e 75"): ge nerale Bcrgo nz.oli. Di vi$io ne " Gr:m Sasso ,,: Adalberto di Savoia - Genova, Duca

di Berga mo. XXIV brigata Fanteria (r eggimenti

13", 14°'

e :n5°): generale

Broglia. Divisione << Sila r, : generale Bertin.i. XX Vl[ brigata Fanteria (reggimenti 16", Spatocco.

1</

e 20"): generale.:

Divisione << s~1bauda )) : generale Gariboldi. XXX brigata Fanteria (reggimenti 46", 6o0 e fo"); generale

Dc Bias<.> (1). ( 1) li 3~ reggimento bersaglieri passò :dia colonna S1arace.


54 1 Divisione (< Cosseria i,: generale Olivetti. V brigata Fanteria (reggimenti 41°, 42° e 49°): generale Ra imondi. Divisione (< Assietta ,, : generale Riccardi. XXVI brigata Fanteria (reggimenti 29°, 44° e 63"): generale Romero.

5• Divisione ~lpina " Pustcria " : generale Negri-Cesi. V brigata alpina (reggimenti i' [battaglioni (' Feltre 1, , (< lntra », (< Exilles" I; TT I battaglioni " Pieve di Teco ", « Saluzzo », <, Trento n l): generale Paolini. 0

Divisioni camicie nere: r• Divi sione <' 23 Marzo,,: generale Siciliani. Legioni 135', 192" e 202•. 2' Divisione ,, 28 Ottobre .. : _1~enerale Somma. ., Legioni 114\ n6' e 180.._ 3• Divi sione <• 21 Aprile": generale Appiatti. Legioni 230", 252" e 263"' . 4" Divisione ((

Legioni

3 Gennaio " : grnc.rale Tr:iditi. e n5".

101", 104"

5' Divisione " r" Febbraio " : generale Teruzzi.

Leg ioni rnt, 128" e 142 '. 6" Divisione ,.. T evere " : grnerale Boscardi. Legioni 219\ 2:20", 221' e 231 ' .

I Gruppo camicie nere: console generale Diamanti. Battaglioni I, _TI, IIT e IV. VI Gruppo camicie nere: console generale Montagna. Battaglioni LXXI, LXXXII, CXI e XLXXI. Corpo d'Armata i11digrni: 1'

Divisione indigeni: generale Pesenti.

I brigata eritrea (I gruppo rbattaglioni I, VI e XVI]; V gruppo [battaglioni VII, XV e XVIII I ; Ul gruppo (battaglioni I I. X III e XXIVl): generale Gallina. Divisione indigeni: generale Dalmazzo. II brigata eritrea (Il gruppo rbattaglioni V, X e XXI I; IV gruppo !battaglioni IX , XII e XVII] ; VII g ruppo rbatt:iglioni IV. XIX e XXIIl): generale Trucchi. 2 ·'


54 2 Truppe indigene in assegnazion~: al I Corpo d'Armata: VIII gruppo (battaglioni XX e XXV); al II Corpo d 'Armata: lii brigata eritrea (battaglioni III, XI e X LI II; gruppo spahis della Libia): generale Cubeddu. al Ili Corpo d'Armata: Gruppo squadroni eritrei. Truppe della Somalia: Comandante: generale designato d'Armata Graziani. Capo di Stato Maggiore: colonnello Ollearo. Grandi Unità di truppe regolari: Divisione « Peloritana >>: generale Bertoldi. Divisione <• Tevere >> : generale Boseardi. 1• Divisione libica: generale Nasi. I brigata libica (reggimenti 1", :?'' e 4"): generale Berio. Comando truppe indigene della Somalia: generale Frusci. Settore Somalia ocàdcntalc: generale Geloso. lfa1tagl10111 somali X, X l e Xil.

Le ricompense al valore collettive. Benchè le notizie al riguardo non possano dirsi Yeramente complete, tuttavia reputi:-imo o pportuno ricordare le Unità di Fanteria che, per la guerra italo - etiopica del 1935 - 1936, vennero insignite di ricompense al valo re. Meritarono la croce di cavaliere dell 'Ordine Militare di Savoia i reggimenti: - Fanteria di linea: 3°, 4'", 13°, 14°, 16°, 19°. 20", 38", 41°, 42", 46", 6o'', 63°. 70\ 75", 83", 84", 225"; - granatieri: 3° (I battaglione); - bersaglieri: 3"; - alpini: 7" ed 11°. Conseguirono la medaglia d'argento al valor militare: - il 16° reggimento Fanteria; - il battaglione ( < Pieve di Teco » del 7° reggimento alpini; - il battaglione (< lntra )> dell'n" reggimento alpini.


543 Ebbero la medaglia di bronzo i reggimenti: - Fanteria di linea : 19°, 20°, 46", 60° (III battaglione), 83",

840, 225•; - bersaglieri: 3° reggimento ; - alpini: 7° ed II Conseguì la croce di guerra al valor militare: il 70° reggimento Fanteria. Fra le truppe di colore, ottennero: - la medaglia d'oro al val or militare: il Corpo truppe coloniali dell'Eritrea , il Corpo truppe coloniali della Libia, il Corpo truppe coloniali della Somalia , il IV battaglione ascari eritrei ; - la medaglia d'argento al valor militare: i battaglioni ascari-eritrei: V, IX , X, XIX e X XII, il VI battaglione arabo-somalo ; - la medaglia di bronzo al valor militare : i battaglioni ascari-eritrei: VI, XII, XIII, XVII e XXI, i gruppi spahis della Libia; - la croce di guerra al valor militare: i battaglioni ascari-eritrei : II, VII e X VIII , la banda dello Scimenzana. 0



APPENDICE

LE FANTERIE DI COLORE



I.

I BATTAGLIONI ERITREI

li Corpo delle Truppe coloniali si componeva, come è noto, di truppe bianche in servizio permanente, comp<>ste di ufficiali e di militari di truppa tratti dall'esen:ito, prderibilmente volontari , e di truppe indigene (battaglioni eritrei, misti, libici , del Renàdir, reparti e bande diverse). Anche le Fanterie di colore, dai primi reparti cost ituiti in Eri trea ai dubat somali, meritano una particolare m enzione per il valore dimostrato in ogni circostanza, per la loro feclelt;'1 all ' Italia, per il devoto affetto che legava i gregari ai loro uftici:ili. Per rn m eg uem:a ci sc--mhra dovc--roso parlarne :illa fìne di q,w~t0 vnlimw . ,kdicato alle imprese coloniali.

battaglioni eritrei. Quando, nel dicembre del 1885, il Kedivè d'Egitto ritirò le sur truppe da Massaua e sciolse il Corp<> dei suoi basci-buzuk, il colonnello Saletta, allora comandante le nostre truppe d'occupazione, ritenne opp<>rtuno arruolare alcuni di questi uomini e formò così un primo reparto d'armati eritrei. A titolo d 'esperih1ento vennero costituiti tlue plotoni di 100 uomini ciascuno, che si trasformarono ben presto in due compagnie e quindi in due bande: una, detta esterna, di 500 uomini, ed una, di soli 100 uomini , incaricata dei servizi di polizia all'interno della Colonia. Nel 1886 la forza dei reparti indigeni ascese a 2.000 uomini e ne ebbe il comando il colonnello Begni. Nel novembre del 1887, all'arrivo dd Corpo di spedizione comandato dal generale Asinari di San Marzano, tali bande, al comando dei nostri ufficiali, parteciparono alle operazioni contro il Negus GiO\·:inni.


548 \ -isti i risultati soddisfacenti e b fedeltà dimostrata dalle pnmc: F :rnterie di colore, guando, nel 1889, il Governo dell'Eritrea \'enne ammto dal gene ral e Baldissera, si stabilì di portare la forza delle truppe indigene ad 8 battaglioni, dei quali, però. non avendo dato Lirruobmento rnlontario un contingente sufficiente. ne furono co.<tituiti soltanto 4, che ,cnnero chia'mati " battaglioni ind igeni del l'fritrea " . Soltanto nel 1895 fu possibile portare i battaglioni ad 8 e, nel 1c11 2, durante la guerra italo-turca , a 12. Un anno dopù, esteso il rcdut:1menw ,·o lontario anc he alle genti d'oltre confine. fu poss ibile (O~tituire altri 3 battaglioni indigeni eritrei , destinati a risiedere p::rm:rnenremente in L ibia. ed altri ancora ne furono formati in scguno. T utti i h:ittaglioni dettero ottima pro,·a, combattendo con valore e ( On fedeltà alla nostra Bandiera, ed ottennero ricompense al valore militare: dalb croce di guerr:i (I\' e X.I battaglione) alla medaglia <.Lugcnro (battagl ioni Ili, \·. \'J. VII, IX) ed alla medaglia d 'oro conferita. nel 1929. :i tutto il Corpo delle truppe coloniali dell"Eritrea. Riporti:imo. in propmito. i dati forniti dal ~falizia (1): Per qmr.ro il primo tent::iti,:o di o rganizza re bande arma te ind 1§:COC. pe r integ rare l"opera dei nostri soldati, non a\·esse avuto un fel ice risultato (i l 9 maggio 1885 una banda, :il comando del sangiac .\ga Osm~rn . in,iata in ri cognizio ne. ~i era lasciata disarmare) , l'c sperimento ,·enne continuato cd il ~5 gennaio 1887, a Saati, gli ascari eritrei. col nuggiore 13orett i. compirono il proprio dovere. comba ,. tendo ,·alorosa mente. Per conseg uenza il generale di San Marzan0 ne incoraggiò il reclutamento e divi:-ce. come abbiamo già detto, questi armati in due bande. Q uella esterna. al comando del colonnello Begni. fu di,·i~a in due lwia/a (battaglioni). Quella interna venne impiegata per i , ari scn ·izi di presidio. Dopo l'ottima pro,a fatta da ljllesti reparti nella campagna del 1881, il generale Baldisscr.1 pron·ide a quell'ordinamento che ci pro(urÒ ottimi battaglioni eri trei. Con elementi accuratamente scelti. pazientemente istru iti e disciplinati, \'ennero, infatti, organizzati i primi quattro battaglioni, che il R. D. del 30 giugno 1889 riunì in un solo reggimento col nome di " Reggimento Fm,teria Indigeni ,,, al comando del colonnello th ogadro . Ma rordinamcnto reggimentale venne Poi giudicato troppo pesante per truppe che dovevano l I) '.\I.ILtZ1.\ :

Op. cit.


549 normalmente ague frazionate. Apparve preferibile considerare il battag lione come la maggiore unità tattica , logistica, amm1mstrat1va ed , infatti , col R. D. del 3 settembre 1890, il reggimento fu sciolto ed i quattro battagl ioni r estarono auto no mi . Dal colore del fiocco e della fascia i battaglio ni assunsero poi una parti colare denominazione e furono chiamati : " rosso " il L « azzurro ,, il II, ,, cremisi " il Ili e " nero " il IV.

U 110 sciumba;ci eritreo.


Il t'' febbraio 1895 ai llUattro battaglioni se ne aggiunsero altri lJUattro, che presero il nome sempre dal colore del fiocco e della fa. sci;i: il V "scozzese » , il VI " verde " , il VII " rosso e nero n , J'VII[ " giallo .. e poi " rosso-azz urro " · L' eroismo di questi reparti , validi strumenti di guerra, è sancito. per i soli combattimenti sostenuti in Eritrea, dalle seguenti ri compense indi viduali: 1 m edaglia d 'oro, no medaglie d'argento e 645 di bronzo. Ecco la superba moti vaz io ne della medaglia d 'oro conferita all a Bandiera del R. Corpo Truppe Coloniali dell 'Eritrea: .. In centocim1uanta combattimenti, gloriosamente sostenuti al serviz io di S. M. il Re e dell'Italia , dava costanti, eroiche prove di salda disciplina militare, di fiero spirito guerriero, di inconcussa fedeltà e di alto valore, prodigancJo il proprio sangue con uno slancio cd una devoz ione che mai ebbero limiti. - Eritrea - Somalia Tripo litani:1 - Cirenaica , 1889- 1929 "·

Si è det to più volte, a prupu~ito degli a~.:an eritrei s..:riss<.: il Cesari (r) - che l"Italia potev:1 vantare una delle più belle truppe coloniali del mondo. La k1.~e non è esagerata e la motiva zione, co n Li l1uale il Re conceJ cva , il 29 ottobre 1923, la medaglia d ' argento al \':ilor militare al Corpo indi geno dell' Eritrea, riassume l'opera m eravigliosa che quelle truppe di colore hanno prestato per 40 anni, con impareggiabile fedeltà alla no~tra Bandiera. . Tale moti vazione così. infatti, si esprime: ,, Per speciali e nobili prove di salda di sciplina militare, di fiero spirito guerriero, di alto valo re, di indiscussa fedeltà, date in cento combattimenti». Brevi parole che sinteti zzano un lungo passato di gloria, scg11:1to nel suo c:1mmino da innumerevoli sacrifici serenamente affrontati e da una nobi le serie di attestazioni di valore, ottenute individualmente o concesse ai gagliardetti di lluegli eroici battaglioni . L'o rigine di lJUCs te truppe coincide nel tempo col nostro primo sb:u co a Massa ua . li colonnello Saletta intravide per primo l 'opportunità di sussidiare l'opera dei soldati italiani, valendosi di alcune bande locali, dette di basci-buzuk, già assoldate dal Governo ClTi. ~ ( 1) C F.SARI : " Le tradi zioni dj ,·:tlort· 1nilit:He delle nosrn: truppe colo niali "·


·z iano, ed un primo esperimento fu fatto con due reparti di 100 uomini ciascuno, al comando di un sangiac. Reclutati poco dopo alcuni indigeni di Saati e migliorato l'elemento già raccolto, si organizzarono poscia due compagnie , complessivamente forti di 178 ascari, armate <li fucili Rcmington e poste al comando di due bumbasci, che rapidamente crehbero di num ero, sì da raggiungere un nucleo di 6oo uo mini , dei L\uali 500 formarono

A..-rnri eritrei.

poi la band;1 co,idcktta e~tern;i e 100 l:i h,rnd:i intern:1, incari c:1t:i dei servizi di polizia. Giu nto in Colonia, nel nove mbre del 1885, il generale Gc nè e abbassata per sempre, il 2 di cembre successivo, la bandiera kcdivale, parve opportuno di incorporare tutti g li elem enti che a,·evano scr,·ito g li Egiziani e fo rmare r eparti indigeni , al coma ndo d i ufficiali italiani. Se no n che, il Ministero della Guerra, reputando che questi ufficiali non fossero ancora sufficientemente esperimentati nel guitbrc truppe specialissime e con caratteristi che d i eccezionale mobilit :i, acconsentì alb sola costituzione di due ba nde che, armate di Wetterl y e divi se in 68 buluc, si formarono, infatti. fra il marzo e l'aprile 1887. E ssendo, però, il totale di questi contingenti giun to alla cifra di quasi 2.000 uomini, si pensò di dar loro un Capo unico, che ck , ·asse di fronte agli indigeni il presti gio italiano. Si no minò al CO· mando di essi il co lonn ello Bcgni , un ufficiale in congedo, prati co di costumi africani e conoscitore della ling ua e delle abitudini delle tribù costiere del m::ir Rosso.


55.2 Durante questo primo ordinamento il generale Genè ebbe a lodarsi dell'opera degli irregolari, manifestatasi in vari piccoli scontri contro ribelli e predoni e più particolarmente contro la banda dt Debeb e Zula. Cosicchè l'occupazione di Uaà, che fu la causa determinante dell'ostilità aperta di ras Alula (già latente fino dalla prim;, occupazione di Saati), fu fatta il 23 novembre 1886 dai basci-buzuk, allorchè le minacce del ras si fecero più gravi e perentorie. Quelli di essi che si trovarono a Saati il 25 gennaio 1887, col maggiore Boretti, compirono con valore il proprio dovere, combattendo assieme alle due compagnie italiane. Con l'arrivo in Africa della spedizione del generale <li San Ma rzano, le due bande furono organizzate. Il comando di esse fu lasciato ai capi indigeni, sotto la direzione rispettivamente del magg iore D ' Aste e del maggiore Barberis. · A complemento di guesti reparti fu inoltre costituito un piccolo gruppo di esploratori, detto orda Kaiala, comandato da due ufficial i italiani e composto di 35 soldati bianchi, montati sopra muletti o ca mmelli. Esso fu incaricato specialmente dell'esplorazione e venne poi, l'anno seguente, affidato ad un capitano di Stato Maggiore (Toselli) e riformato con elemen1i esclusivamente indigeni , così da costituire il primo nucl eo del futu ro squadrone di Cavalleria eritrea. Tutti c1ucsti reparti diedero ottima prova nella campagna del 1 H87, cosicchè il generale lbldiss<:ra , succeduto :il generale di Sa n Marzano, ix1tè iniziare con essi yudl'ordinamento c he fu la ha,t: de i nostri battaglioni eritrei. Oltre lo sy~1adronc indigeno, si formò una batteria da montag na e, per la Fan1eria, si arruolarono 8 battaglioni , dei quali però, come abbiamo ricordato, non se ne poterono costituire subito che 4 soltanto e si ricorse a l rinforzo di una banda, detta del Mareb, clic fu affidata al maggiore Di Maio e concentrata ad Otumlo. Più tardi , come abbiamo già detto, il generale Baldissera riuni\':1 questi 4 battaglion i in un reggimento, col nome di (, Reggimento Fanteria Jndi!!eni », al comando del colonnello Avooadro di Vi!!lianu. Ciascu n battaglione, progressivamente numerato, conservò il nome originario di halai; ogni halai ebbe · quattro compagnie, dette tabur. Ogni compagnia fu divisa in due mezze compagnie (mustabur) e ciascuna di gueste in <pJ::Ittro squadre (buluc). Tutti i reparti superiori al buluc furono comandati da ufficiali italiani. Gli ufii ciali erano tutti montati. La forza totale del reooimento al 1° )u,~l io bb ' ~ 1889, era di 95 ufficiali, 3.265 uomini di truppa e 238 cavalli. '-J

~

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553 La mobilità grandissima di queste truppe ed il frazionamento continuo dei diversi reparti che, per le esigenze particolari della Colonia, dovevano agire autonomi e spesso lontani , mal si adattavano - continua il Cesari - al funzionamento di un ordinamento reggimentale. L'esperienza aveva dimostrato che, tanto per le necessità di pace come per l'impiego in guerra, in Africa, maggiore Unità tattica, logistica ed amministrativa doveva essere il battaglione, che rappresentava con efficacia le tradizioni e stimolava lo spirito di Corpo.

Ascuri in marcia.

Perciò, col Decreto 3 settembre 18<)0, il reggimento fu sciolto ed i 4 battaglioni restarono autonomi, rispettivamente agli ordini Jei maggiori Cortese (I), Fadda (Il), Bosco di Ruffino (III) e del capitano Turitto (IV). Dal colore del fiocco e della fascia i 4 battaglioni assunsero Ja lJUell'epoca una speciale IÌsonomia. L'aumento di nuoYi contingenti, incorporati nella primavera del i890, offriva intanto la possibilità di iniziare la costituzion e cli un altro battaglione provvisorio , agli ordini del maggiore Hidalgo, e di sdoppiare la batteria e lo sguadrone esploratori in due Un it:'1. Si ebbero così due batterie e due sL1uadroni indigeni. In totale, nel giugno 1891 , il Corpo speciale cl"Afric:i contava 90 ufficiali italiani, 49 sottufficiali indigen i e 4-8(io asc:1ri, più le bande (altri 2.000 uomini).


554 li V battaglione si costituì più tard i, cioè il 1" febbraio 1895, al comando del maggiore Ameglia cd il VI il 25 dello stesso mese, al comando del maggiore Cossu. Il VII e !'VIII , rispettivamente agli ordini dei maggio ri V :illì e Gamerra, si aggiunsero il 1" novembre. Successivamente, in occasione della guerra italo-turca, altri battag lio ni furono costituiti , nell'ordine cd a lle date seg uenti: IX h:1ttaglio 11e ,, bi;rnco-rosso n (1" maggio 1913): X battaglione " bianco-az zurro ,, (1" giugno 1913) : XI batta_glione " nero-azzurro " (20 febbraio 1914); X.li battaglione " nero-verde ,, (20 febbraio 1914); X lii ba ttag lio ne ,, rosso-giallo " (15 giugno 1<)14): XIV bat tag lione <• giallo-azzurro" (26 giugno r914); X\ ' bauaglione "giallo" (luglio 1914, distrmto il 18 giugno 19 15 a T :1rlrnna e ri costituito il 18 maggio 1916): XV I battaglione " bianco-verde" (1921): X \ '11 battaglione ,, bianco-nero» (20 luglio 1920): XV III battaglione " bianco-giallo n (192 1); XIX battaglione v verde-azzurro n (ricostituito nel luglio dell'anno 1921); XX battaglione ,. verde-cremi si ,. (1° settembre 1921); XXI b:mag lione " nero-verde" (1 ° gennaio H)25); XXV battaglione ,, cremisi-nero» (aprile 1925). Coi su persti ti del disciolto Vll battaglione, il 2 novembre 1925, , -e 1rnc costituito il XX VI battag lione eritreo misto. I battag lio ni dal XIII :il XXVI assunsero la denominazione di battaglioni eritrei-misti, pcrchè vennero composti Ji ascari eritrei e di libici.

Le g lorie di yueste truppe - rirnrda il Cesari - pur e ssendo precedut e da numerose prove individuali e di piccoli repani , cominciano dì fatto col combattimento di Saganeiti ddl '8 agosto r888; combatt imento che non fu fortunato, ma che diede al generale Baldissera la sensaz ione precisa dell'affidamento che si sarebbe potuto fare sugl i ascari eritrei. U n dista ccamento di 400 indigeni doveva impadronirsi del f:1m oso Dcbcb, che aveva defez ionato. Il capitano Cornacchia aveva con sè t]u:1ttro valorosi ufficiali: i tenenti Viganò, Brcro, Poli e Virg ili.


555 Durante l'assalto al villaggio di Saganeiti, le alture circostanti si coronarono di ribelli, precludendo agli assalitori o g ni \'ia di scampo. Tutti si batterono magnificamente fino ag li estremi, nonostanèe la perdita completa dei loro comandanti. Soltanto 40 uo mini d i truppa poterono salvarsi, facendo ritorno a Massaua, quasi tutti feriti. Un altro fatto d'armi degnissimo di menzione avveniva due anni dopo. Nel giugno del 1890 il maggiore Cortese, comandante il I battaglione i~digeni , muove va da Cheren con 2 compagnie , r sezio ne cl ' Artiglieria ed r plotone di esploratori a cavallo, comandato dal tenente Airoldi, contro i Dervisci che avevano r:izziato un a tribù di Beni Amer, a noi soggetta, nei pressi di Agonbt. Questi Reni Amer si erano eroicamente difesi, il loro Capo era stato ucciso cd occorreva dare un ' immediata prova della nostra effettiva protezione. Perciò, mentre il maggio re Cortese si prefigge va d i attaccare i razziatori a Dega, ordinava al capi tano G ustavo Fara di muovere con le altre due compagnie (1 ' e 3") da Aderdè, per ragliare la strada ai Dervisci. Questa colonna chhe, infatti , l:i for1un a di sorprendere i Dervisci mentre erano in marci.i. Il capi tano Issei (1a compagnia), con risoluto attacco alla retroguardia , ed i tenent i Sprcafico e Pcnnazzi, con irruenti assalti alla baio nctt:i, r ius..:iro no ;1 disperdere i nemici, togliendo ad essi le bandiere, i fu cili ed il bottino razziato, infliggendo loro perdite gra vissime e liberando tutti i Beni Amer fatti prigionieri. Il mag giore Cortese, avuta notizia del rnmhattimento, ra ggiumc Dega e vi lasciò un presidio al comando del capitano Mic hclini . Al Fara fu concessa la croce: di cavaliere dell'Ordine Militare di Sa\'o ia. L'anno seguente, cioè il 22 febbraio 1891, la compagnia Pinclli , assieme ad una banda assaonina, partiva da Aràfali per Halai per uno scopo quasi eguale a quello pd quale si era mosso il battaglione Cortese, cioè la protezione di una tribù razziata dagli Abissini. Il Pinclli aveva con sè il tenente Morelli e 260 fucili; la banda contava 90 fucili e 60 lance. Giunto ad Halai, e venuto a contatto coi razziatori in numero di circa 700, in gran parte a cavallo, aprì il fuoco contro di essi , obbligandoli a ritirarsi. Con abilissima manovra girò allora sul loro fianco, li attaccò, li disperse, ricuperando circa 2.500 capre, 75 fucili e tutti i prigionieri. Anche il Pine lli fu decorato della croce di cavaliere dell'Ordine Militare di S:ivoia cd il Morelli ebbe la medaglia d'argento al valor militare. Un ultimo fatto d'armi, degnissimo di ricordo, è l! uell o di Serobeiti, del 16 giugno 1892. I Dervisci a\'evano incendiato il villag -


55 6 gio di Bcria. 11 capitano Hidalgo, comandante la 4 compagnia del I Indigeni, coi tenenti Spreafico e Ressone e 300 ascari, mosse da Agordat in direzione di Duaro. Giunto alla piana di Serobeiti, fu avvisato che i Dervisci erano in posizione sulla sinistra di un tor rente, con la Cavalleria sulla loro destra. Il tenente Spreafico spicgt\ subito k bande ai suoi ordini. Questo movimento fu accolto da viv1ss1mo fuoco di fucileria , ma il nemico si trovò ben presto fra due

.-/gari eritrei.

fuochi e fu costretto a f ugg irc , lasciando sul terreno molti m o rti . (, bandiere e gran quantità di dura. L ' inseguimento fu tuttavia di fti . cile ed :isprame ntc contrastato. Tutti fecero mirabilmente il loro dovere. I D ervisc i lasci:-irorni sul campo due Capi e 150 morti. li nome di Agonlat deve inoltre essere ricordato una volta an cora per la brillante az ione del 21 dicembre 18<)3, condotta dal colonnello Arimondi, con poco più di 2.000 ascari contro 12.000 Dervisci. Davanti all'irruenza degli indigeni, il nemico cedette e si ri tirò da Cass:ila, che fu da noi occupata. · ì\"d 1894 avemmo in Eritrea l' insurrez ione dell 'Acchele-Guzai . Gli ascari si distinsero di nuovo ad Halai e l'anno dopo diedeni mag nifiche prove di valore a Coatit ( 13- 15 ge nnaio 1895), a Scn:1f~ e soprattutto poi ad Amb;;1 Alagi e a Macallè, eternando i nomi J r.: 1


557 IV e del Ili battaglione, rispettivamente agli ordini del maggiore Toselli e del maggiore Galliano. Non occorre ricordare tiuesti due episoJi: il primo rimasto leggendario in tutta l'Abissinia; il secondo m otivo c1·orgog lio per la meravigliosa resistenza di quel forte, dal quale i superstiti uscirono con l'onore delle armi. Come pure è superfluo menzionare l'eroismo di quei battaglioni alla battaglia di Adua, dove :?.ooo indigeni morirono per la nostra Bandiera. Nuove glorie gli ascari raccoglievano anche a monte Mocram cd a Tucruf, nell'aprile del 1896, e nella successiva liberazione di Cassala, per la quale 600 ascari rimanevano morti o feriti. Con l'ultima breve campagna contro i Dervisci del 1897 si chiude questo primo ciclo glorioso che, nel suo complesso, in G anni di guerra, contò fra gli ascari 5.000 caduti e fu ri cordato dalla concessione di 400 medaglie d'argento e di 650 medaglie cli bronzo al \·alor militare. Cifre, queste, tanto più eloquenti, allorchè si consideri con quanta parsimonia si concedessero allora k onorilicenze alle truppe di colore.

Con decreto del 14 novembre 1902 quelle truppe. ridotte a 4 ;Jattaglioni, uno squadrone, una battnia e una compag11i;1 <..a 11nonieri, presero il nome di R. Corpo di truppe coloniali dell'Eritrea. Se le azioni in Colonia ebbero una sosta dopo la cessione di Cassala, gli indigeni non rimasero tuttavia inoperosi, poichè 2 cumpag nie partirono nel 1896 per il I3enàdir e altre 4 presero parte alle o perazioni che si svolsero, due anni dopo, contro i Bimàl. Ri costituiti più tardi, 11cl 1912, i vecchi battaglionj, ed aumentati poi fino al numero di 19, diedero altre prove di ardimento t di fedeltà nella guerra per la conquista della Libia. Dal 1° febbraio r912, cioè dal giorno in cui salpò da Massaua il V battaglione, gli ascari eritrei diedero, in successivi turni, alla Tripolitania e alla Cirenaica, un concorso di 68 battaglioni e 6 batterie, cioè per un totale di 60.000 uomini, riportando, a compenso dell 'opera loro, 1.200 med agli e e 60 croci di ~uerra al valore. E' ben( che gli Italiani ricordino queste cifre, accanto a quelle dei caduti e dei decorati nei primi 25 anni della Storia eritrea. Il V battaglione, l'antico battaglione scozzese del maggiore Ameglia, ebbe in Libia il suo battesimo di fuoco a Gargaresc, prese


5 )~8 parte all'occupazione di Misurata de11'8 luglio 1912 e l' u :i.gosto tornò a ~[a~saua. Dopo di esso g-11 altri si susseguirono, coprendosi

Jj gloria a Sidi Said, a Zeltcn, a Sidi Bilal, nelle varie offensive delle Division i D'Alessa ndro e T:issoni, con la famosa colonna nera del colonnello Latini , poi col colonnello Cantore e con la spedizione :vtiani. Una pagina eroica scrisse il XV Eritrei a Tarhuna, sacrifica ndosi intero col suo comandante, il maggiore Hillia, decorato di medag lia d'oro. Nel 19 17 g li ascari eritrei si battero no con la colonna Cassinis: po i, negli anni 1922 - 24, con le colonne Graziani, Pizzari e Mezze tti per b riconLJUista della Tripolitania ; mentre in Cirenaica, nel 192 3, partecipavano alla lotta contro la Senussia. E' sacro il ricordo del Vll battaglione, :il comando del valoroso maggiore Melelli. Due b:1ttaglioni. infine, co ncorrevano all' occ upazio ne della Somalia set tentrionale. I battaglioni e ritrei decorati in Libia porlano nelle stesse moti\·azioni dell e rico mpense una nota che si può dire costante, per affermarne la mirab ile di sciplina :il fuoco, lo spirito aggressivo, l'effìc:1cia d ecisiva nell'azione. Il I cd il II battaglione d,bcro la m edagl ia di bronzo pei falli d 'armi dd magg io 19ry il Jll. o ltre :1tl una m edag lia di bronzo pn avere impegnalo e tratten u to il nem ico, assai superiore di numero. nel comhauimento di El Agelitt del 4 settembre 19r 7 cd a ve r resi~tito in diftìcili co ndi zioni. rwnosta ntc la perdita del suo rnm:in dantl'. , il 20 settembre succcssi\'O, a Fondugh hm Gascir, fu in signito anche della m edaglia t1·:1rgento per l'intrepida energia dimostrata in numerose cirrnsta n zc.:. I I I V ebbe la croce di guerra per la camp~1g11a dd HJ:?.2 , il V la m edag lia d'argento pe r la splendida cond o tta alla liatt:1g lia di Za n z ur ddl'8 giugno 1912; il Vl una med:iglia d ':1rgc11 to ed un a di bronzo: la p rima per i predetti combattim e nti di Fondugh ben (; asè ir e di El AgcE1t, do ve gli ascari eritrei attaccarono con mcravigliov> slancio posi z io ni fone111ente difese; la seconda per le ope razio ni compiute con insuperabile ardimento in CirenaÌG•. li V Il ebbe la m edaglia d ' arg ento per il fatto d'armi di Sidi Said ed i successi\'i del 1912 , sostenuti con mirabile valore; il IX , inhne, una m edaglia d'arg~nto perchè il 12 marzo 1914, a Zuctina, resiste va, di notte, :1d 1111 violento attacco nemico, respingendol o d a pprima col fuoco e poi con due impetuosi attacchi alla baionetta. Ebbero, inoltre, la croce di g u erra i battaglioni XVIll, XIX e XX (hatiaglionc misto ) per :iver d ebellato le mehalle di Misurata nel


559 1926 e per le sublimi prove di resisten za date, nella stagione incl emente , durante la lotta contro i ribelli. Da uno stato di servizio così lungo, così complesso, così glorioso, è facile comprendere quanti epi so di si potrebbero ricordare, a giustificare il particolare orgoglio de ll ' Italia per L)llei suoi soldati coloniali, che portano sui loro petti cicatrici e medaglie, le une e le altre segni tangibili di un valore e di una fedeltà., affermatisi costantemente per oltre 40 anni , attraverso ce ntinaia di durissime prove. A conclusione di quanto abbiamo già detto a proposito dei hattaglioni ascari eritrei, ricordi am o in sintesi le benemerenze del Cor po Truppe Coloniali dell'Eritrea, il Lluale prese parte con o no re alle campagne 1887- 88 in Eritrea, 19n - 12 in Libia , 1913 • 27 in Lihia, 1935 - 36 in Etiopia, 1940 - 45 nell a seconda g uerra mondiale. Mentre all ' intero Corpo ven nero con fe ri te 2 medaglie d'oro al valore, i battaglioni meritarono, complessivamente, 13 medaglie d'argento, 22 di bronzo e 21 croci di g uerra; mentre ag li ufficial i cd agli uomini di truppa vennero conferite, complessivamente , V medag lie d'oro, 1.891 d'argento, 4-056 di bronzo e 2.41 ') croci di ,!!;t1 Crr;1. Le perdite subìte in combattimento dal Corpo, nr lu ~c tju clk deìla g uerra 1940 1945, clic non è- , t.lto fì n'0 1.1 1,0ssibilc .;:t k o l:t rc, furono d i 391 uHìciali caduti e di 7) fer iti: d i rn -4-;6 uomini di truppa caduti e di 3.376 feriti. Tali cifre dimostrano eloquentem ente l'eroismo del Ct1rp" e I., sua costante fedeltà all'Italia. Aggiung iamo inoltre che, pn la campagna italo-etio pi ca 1935 1936, il Cor po Truppe Coloniali dell'Eritrea si mobilitò, co~titucndo un Corpo d'Armata eritreo su due Divisioni, con 27 battaglioni ri uniti in g ruppi , 6 gruppi d'Artig lieria, :2 dei lJUali autotrainati, 1 luttaglio ne costiero, 1 compagnia carri veloci, 1 gruppo squadroni. Le truppe del Corpo parteci parono a tutti i fatti d'arme delle guerre coloniali; alla guerra 1887 - 1888 ; ai com battime nti dal 1888 al 1895 contro i D ervisc i e con tro i ribelli ; al la guerra 1895 - 189<>, compiendo il più eroico sacrificio nella battaglia di Adua; alla g uerra italo - turca 1911 -1 9 11.; alle suceessi,·e operazioni in Libia e ndb Somalia; alla g uerra italo - etio pica 1935 - 1936; dando, in centocinquanta combattimen ti, g loriosamente sostenuti al ~ervi zio dcll'!t :di:1 e nelle gra ndi battaglie del la conq uista imperiale dell'anno 1935, innumerevoli prove del più fulgido eroismo. Il Corpo combattè inoltre in Africa Orientale.: negli anni 1940 1943, serba ndosi sempre fedele alle sue no bili , glo riose tradizio ni.


Il.

REPARTI

SOMALI

Quando l' Italia prese in affitto i porti del Benàdir, vi trovò 300 :1scari, detti chirobotos, male armati e male equipaggiati, i quali dipendevano dal Sultano di Zanzibàr, ma erano in realtà alla m crcè di alcuni Capi indigeni, detti aghida, che li impegnavano essenzialmente nelle razzìe e nelle riscossioni dei tributi, compensandoli con percentuali che bastavano appena per vivere. La Compagnia Filonardi non modificò questo ordinamento provvisorio, ma, per provvedere meglio ai propri interessi, curò soltanto di aumentare il numero dei componenti le bande, cosicchè, tino a quando il prohlem;i delh difcs;i s'impose urgt"nte ed indero!-l:1hile, nessuno pensò di cambiare le basi sulle quali l'ordinamento mabmente si appoggiava. Cosicchè, da l 1898 al 1 <J02, pur apportando qualche lie\'e miglioramento nelle paghe e nelle g:ircnzie richieste dai singoli Capi per g li arruolamenti, nulla si fece: di scrio e di importante per dare al Benàdir qudl'organizzazione militare che gli era necessaria. La prima pro\'a di tale organi zzazione fu tentata da due tenen.ti dell'esercito italiano: il Marchini del reggimento Guide ed il Petrini del 2 ° Fanteria, i quali , nel novembre del 1902, riunirono gli indigeni sotto il loro comando, formanJo un Corpo di 6oo ascari, più una compagnia mobile di altri 200 e, coadiuvati poi da altri due uffici:1.li , i tenenti Liotta e Ragusa, e dal furiere Petri, provvidero alla istru zione di nuovi contingenti, al loro armamento col fucile W ettcrly, all'impianto in Mog:idiscio di un deposito capace <li mezzo milione di cartucce ed, infine, alla sistemazione delle forze, che raggiunsero in breve un totale di 1.100 uomini, sufficientemente atti per la difesa delle località costiere, sulle quali già sventolava la Bandiera italiana. Se non che, l'anno seguente , e precisamente nel dicembre del 1903, a\'endo la Società, su proposta dei membri della Commissione


d'inchiesta, nominato il capitano Sapelli alla carica di governatore, c1uesti, valendosi della lunga esperienza acquistata in' Eritrea, pensò subito ad epurare le forze che erano state frettolosamente reclutate ed a sostituirle con elementi nuovi e più fidati, formando il CorPo delle Guardie del Benàdir, costituito su 6 compagnie, il comando delle quali fu affidato al capitano De Vita. Queste 6 compagnie, sdoppiate poi in 12 nuclei più piccoli, rimasero tali fino al 1906, cioè fino a quando il capitano di corvetta Cerrina Feroni assunse il governo della Colonia. I 12 nuclei furono allora raggruppati di nuovo in 3 compagnie di 400 uomini, il comando dei reparti fu assunto da ufficiali italiani ed il nuovo Corpo perdette il nome di Guardie e fu chiamato « Corpo truppe indigene del Benàdir l> . Spetta tuttavia alle antiche guardie indigene il merito di aver iniziato le prime operazioni vittoriose della Somalia perchè, insorti i Bimàl nella primavera del 1904 e bloccata Merca , 2 compagnie, accorse da Mogadiscio, liberarono la città e batterono i ribelli che, dopo due altri scontri a Gelib (26 agosto 1905) e a Mell èt ( 14 ottobre 1905) a noi favorevoli , furono costretti a sottomettersi o ad allontanarsi. Tornati però, nei primi mesi del 1907 coi nuovi rinforz i ri cevuti dal Mullah, i Bimàl misero nuovamente a dura prova le nostre poche, ma oramai provate e fedeli truppe indigene che, dopo le operazioni su Merca e la marcia fino allo Scebèli guidata d a un nostrn valoroso ufficiale, il capitano Pantano, ebbero a sostenere, nella memoranda giornata del 10 febbraio 1907, un combattimento acca nitissimo a Danane, nel quale gli ascari somali ed i loro ufficiali, i tenenti Pesenti, Streva, Hercolani e Taramasso, salvarono la Colonia. Una nuova prova di valore davano dopo poco, il 15 dicembre, le due valorose centurie dei capitani Bongiovanni e Molinari, sacrificandosi contro i razziatori abissini , nello scontro di Bahalle, nei pressi di Lugh.

Le forze della Colonia erano intanto salite a 5 compagnie. Mediante il reclutamento di arabi dello Yemen, si era formata una batteria di 8 pezzi e si era costituito il primo reparto di 170 za ptiè pei servizi di polizia, cosicchè quando, nel 1908, avemmo una nuova minaccia contro Merca , essa venne arrestata da due colonne di 600 , 7.


ascari , che occuparono Danane, centro di capitale importa nza per la vic inanza dei pozzi, ed eliminarono ogni ulteriore possibilità di sorprese. ApproYato finalmente l'ordinamento del Benàdir, per il quale la Colo nia assumeva, il 5 aprile 1908, il nome di Somalia italiana ed aumentate fino a 10 le compagnie indigene, con l'aiuto di 600 ascari eritrei comandati da 1 2 ufficia li italiani, il maggiore Di Giorgio,

Asrnri somali.

succeduto al m:1gg1ore Mozzoni, venn e ad avere ai suoi ordini circa 3.500 uon1lnl , coi c1uali procedette all 'occupaz ione del basso Sceuèli. Rientrata b spedi zione a Mogadiscio, si seppe poco dopo che a I3alàd , a circa 40 chilometri da Afgoi , si stavano riunendo alcuni gruppi di Somali , armati di fuci li. Allora le compagnie eritree e la 3' compagnia del la Somali:1 p:utirono da Mogac!i~cio, si riunirono ad Afgoi con la batteria e, pa~sato l'Uèbi Scebèli sopra zattere, assieme a ton lance comandate dal Su ltano di Ghelèdi, giunsero ad Ararè il giorno dopo. Qui il buluc d'avanguardia fu improvvisamente attaccato e tre uomini caddero morti. La colonna, avanzando risolutameme, iniziò allora il fu oco, disperse i ribelli e procedette scnz 'altro su Baiad. Un intero villaggio venne, per puniz ione, incendiato.


Dopo queste operaz1orn la Colonia s1 mantenne abbastanza tranquilla. Il maggiore Di Giorgio partì il 3 novembre dal Benàdir ed il comando delle truppe fu assunto dal magg iore Rossi, il quale ebbe a respingere una invasione Ji Dervisci a Bulàlo, valendosi anche della banda di Ghelèdi, a noi fedele. Un altro scontro avveniva ne! luglio de! 1909 a Fecai , dove il capitano Ginocchio rimaneva ferito. Nel 1910 le forze della Colonia ammontavano già a 3.600 uomini con 56 ufficiali, più 500 ascari di milizia mobile ed i 280 zaptiè, comandati da un ufficiale dei Carabinieri. Avvenimenti di qualche rilievo si ebbero nell'autunno di quell 'anno per opera della compagnia del capitano Mazzucco sullo Scehèli, per il combattimento di Deimont, per la marcia di due colonne su Antalc\, per le perlustra zioni oltre Lugh e per la dispersione dei ribelli a Bullalc . E, negli anni seguenti (191 r e .1912), gli ascari somali si distin sero nuovamente a Balàd, combattendo agli ordini del c:1pita no C:is:ile contro una tribù ribelle; nell'occupazione dello Scidlè, condotti dal colonnello Alfieri e, finalmente, nelle operaz ioni din:ttc d:il m:1ggiore Pantano contro i D ervi sci a nord di M ah ad<ki-l h: 11 . Lo ~•c~:,u ui" li ciale superiore, partendo da Mogadisc io nel ma rzo dt'l H ) T.3 alla testa del I battaglione Renàdir, porta,·a a Tri poli anche il contributo di 750 indigeni della nostra Colonia dell'oct:ano Indiano . Q uesto contributo si esplicò validi ssimo contro le trihi'i ch-gli Orfcll:t e poi in Cirenaic::1, particolarmente nei fatti d' armi di Zuetin a e di Gedalia. Un secondo battaglione partiva per Bengasi nel gennaio dell'anno seguente al comando del capitano Cimino t , nel marzo successivo, ne partiva un terzo per sostituirvi coloro che ultimavano la ferma, passando poi nel 1920 a far parte, coi rimanenti, del XVI battaglione mi sto di libici-eritrei. Queste formazioni occasionali precedettero le formazioni rego· lari venute poi in vigore, giacchè il 1° agosto 1925, in vi sta delle operazioni decise dal governatore D e V ecchi per l'occup:izio ne della Somalia settentrionale, si procedette alla ricostituzione dei due primi battaglioni somali (il ,, cremisi n ed il •<verde »), riunendo le compagnie, fino allora autono me, e formando poi con nuovi clem enti un terzo battaglione, che si costituì il r" dicembre 1925. A lluesti furono , inoltre, aggiunti altri due battaglioni (il IV, rosso; il V , azzurro) e, finalmente , con le 6 compagnie che aveva no


preso parte all'occupazione dell'Oltre Giuba, fu costituito un sesto battaglione (viola). Tutti i battaglioni portavano nei gagliardetti un motto latino.

Oltre alle prove date in Libia, dove gli ascari-somali si distinsero in vari fatti d'arme e specialmente a Zauia Umrn esc Scechàneb (26 febbraio 1914), ad esc Scleidìma (28 febbraio), a Zuetina (12 marzo), ad Agedabia (15 aprile), a Zauia e! Gtafia, nelle operazioni del Fezzàn e durante il ripiegamento del 1915 in Tripolitania, essi acquistarono nuove benemerenze nelle operazioni che si svolsero dall'ottobre 1925 nel Sultanato di Obbia, dal quale tre colonne avanzarono fino ai confini del Benàdir ed altre sbarcarono in Migiurtinia. Mentre, però, nel territorio di Obbia, non si ebbero che episodi isolati di ostilità, i Migiurtini . insorsero in massa guidati dal loro Sultano e le valorose truppe della Somalia, dopo una dura campagna ed a costo di infiniti disagi e di dolo:,ose perdite, riuscirono a domarli, ricacciando i ribelli nella Somalia inglese. Nei numerosi e viuoriosi ~..:untri w stenuti (Bargal, 28 - 29 otto· bre 1925 ; El Hur, 19 novembre; Hordio, 2 - 3 dicembre; Gullulè, 18 aprile r926 ; Eil , 15 maggio; Carcar, 19 agosto), le truppe della S0malia si mostrarono degne delle tradizioni delle nostre Fanterie di colore. Intanto, il 1" luglio r926, l'Oltre Giuba veniva unito alla Somalia itali:ma e yucl Corpo di occupazione veniva fuso nel (< Corpo di truppe coloniali della Somalia ». Questo, nell'agosto successivo, veniva poi riorganizzato, risultando così costituito: 1 Comando ; 6 battaglioni di Fanteria; 2 squadriglie autobl.indate: , compagnia presidiaria; 1 reparto deposito; 7 sezioni di Artiglieria cammei lata ; I compagnia cannonieri su 10 scziorn di Artiglieria da pos1z1one; 1 Corpo zaptiè: Servizi vari. Il Corpo degli zaptiè, del quale abbiamo visto l'origine e le successive trasformazioni, era composto di dementi sceltissimi, al co-


mando di ufficiali dei Carabinieri, istruiti. con corsi speciali e rispondente perfettamente al servizio di rolizia e di scorta. Forte di 650 somali, arabi e 50 eritrei, esso ebbe il battesimo del fuoco nelle azioni dei Sultanati, dando prove di eccezionale valore, cli magnifica disciplina, di impareggiabile fedeltà. I segni di valore che brillano sui petti di quegli uomini di colore e la lunga lista dei gloriosi episodi che possono ricordare con orgoglio le nostre truppe della Somalia, costituiscono i migliori titoli di merito, pei quali, anche in questa Colonia, l' Italia poteva fare su di esse il più sicuro assegnamento.

I dubat. Le bande dei dubat furono istituite nel 1925 dal governatore De Vecchi. Il colonnello Bechi formò questa specialità come un vero strumento di guerra. Vennero chiamati dubat (turbanti bianchi) dal colore del copricapo (at = bianco: dub = turbante). Pochi mesi dopo la loro istituzione i dubat iniziarono quegli attt di valore che li resero leggendari. Citiamo: Al posto di Goriale, compos10 di 35 dubat, il 5 giugno 1925 si presentava minaccio.so il htaurari Tesamma, chiedendo libero il passo all'orda che comandava. Il nostro sciumbasci rifiutò con tale ewrgia, che il fitaurari credette opportuno di non insistere e si ritirò, proponendosi di ottenere con l'astuzia quello che .non aveva potuto ottenere con la forza. Egli , infatti, finse che i suoi armati fossero semplici commercianti. Ma lo stratagemma non \'al se . e, Non si passa! Chiedo ordini all'ufficiale che è a Dolò ", rispose il graduato alla richiesta di passare. In attesa dell'autorizzazione, gli Abissini cercarono di passare ugualmente il confine; ma furono inseguiti e ne nacque un conflitto. Lo sciumbasci e 15 dubat caddero in difesa della consegna. I razziatori subirono gravissime perdite, tra cui quella dello slesso fìtaurari. Un mese dopo, il 5 luglio 1925, si ebbe un altro episodio. Un gruppo di predoni abissini chiedeva <li passare la frontiera a Dermengit. Il posto era presidiato da due dubat. G li Abissini erano dieci volte più numerosi e, forti della loro superiorit::,, tentarono di sconfinare, a malgrado del rifiuto opposto dai due dubat. Questi, allora, non esitarono un istante ;id accettare il combatti-


mento. pur di fa re rispeLtare Li consegna e combatterono a _lungo: Uno cadde ucciso; ma l'altro, pur essendo gra\'ememe fento, s1 porto al posto più vicino a chiedere soccorso. La repressione _del tentativo nemico ru im mediata e gli Abi ssini lasciarono IO morti sul terreno, un centinaio di c:1111111elii ed un ricco bottino.

{)11/Jat .

A H cnindr\ nel Nogal , lo sciumbasci Osmàn Mahmùd, comandante un posto d i fromicra, accettò la morte p:r far rispc!larc Li omsegn;1. A Ganlò, sull'altupi:1110 di Sori, di (>2 dubat ne caddero 52 e 3, gra,·cmL·nte k rm, raggiunsno, a 70 chil ometri , il Comando più V ICJJlO .

Da LJUando la lin ea di frontiera era presidiata d:1i dubat, le incursioni , un tempo rimaste impunite, tro vavano un ostacolo insormontabile. Ma i dubat, piì:1 clic .montare di guardia, :1mavano marciare e combattere. Marci:uc significa compiere, per i dubat, anche 80 chi lometri al giorno, data la mancanza assoluta di ogni impedimento ed il loro allenamento. Combat tere significa immolarsi su l posto,


come a Goriale , a Dermengit, a (3ardò, a Karùm , a H enindrà, a Ual-Ual, ad Afdub, pur di conseguire la vittoria. La motivazione della concessione della meda~lia d' argento al valor mili tare allo jusbasci Alì Agi-Mereh an, meri ta di essere ricordata: « Comandante di una banda armata d i confine, condusse i suoi uomini al combattimento con grande valore. Da solo si spi nse sotto una mitraglia trice nemica che, a costo della vita, aveva giurato di prendere. Tre volte crivellato dal fuoco della mitragliatrice, tre volte egli persistette nel suo eroico atteggiamento. Giunto a pochi passi dall'arma, alla quale si era trasci nato con grande sofferenza fisica, riprese a far fuoco col proprio fucile, uccidendo il tiratore, i serventi e col pendo la stessa mitragliatrice che rese inservibile. Colpito nuovamente, morì sul posto. Raro esempio di sprezzo del pericolo, slancio e fedeltà. - Scillave (Somalia), 14 gen naio 192G "·

Sulle nostre Fanterie di colore e specialmente ~ui battag lioni <.:rÌ trei, i I maresciallo De Bono che, nello svolgere tutta la preparaziont: delle nostre fortunate operazioni, s1 occupò anche delle nostn: U nit i1 coloniali, scrisse quanto segue (r): L ' Eritrea è stata sempre per noi una miniera di ottimi soldati. Ottimi sotto tutti i punti di vista, ma specialmente da l1ucllo dell' affettuoso attaccamento al proprio superiore. L'ascaro-eritreo h:1 profondo il senso ed il culto della g iust17.u. Disciplinato nel più rigoroso senso della parola, si ribella di frontt: a ciò che egli stima ingiusto . Per lui l'arruolamento è un co ntratto bilaterale col Governo ; entrambe le parti debbono mantenere i patti; essi non vengono a transazioni e sul punto diritti e doveri non accettano nè imposizioni e tanto meno discu ssioni. Un reparto, comandato ad un servizio che non gli spetta, trattenuto in una local ità più del tempo stabilito, fa un abièt, che non è se non un atto passivo di protesta, per fare cessa re il q uale, occorre la persuasiva az ione del comandante, che in q ualche gui sa deve riparare alla cau sa determinante l'avvenuto abiì:t. Occorrono, quindi, per comandare reparti eritrei, uffic iali dotati di speciali qualità che, in massima, possiedono solo coloro che ( 1) Cfr. Emuo D r Bo:-.o: « La conq ui sta dd l'l mpcro. La preparazione e le prime operaz ion i " ·


568 sentono il fascino della Colonia e delle truppe di colore. L'ufficiale di reparto indigeno 11011 si improvvisa, anche quando possiede la passione coloniale ed ha elevati lo spirito ed il senso militare. Occorre un tirocinio fatto sotto i vecchi del mestiere, che hanno acquistato il fiuto delle truppe che comandano. Quelli che i conoscitori chiamano con dispregio gli ùuabbiati sono, in fondo, gli ufficiali che più rendono. Poco danno se hanno in loro qualche cosa del lanzichenecco ; al momento huono sono quelli che si prestano a qualungue più pazza impresa, sicuri che i loro ascari li seguono, senza che essi, in testa sul muletto, sentano il bisogno di voltarsi indietro per verificare se qualcuno si ferma. Studi sulla possibilità di mobilitazione di reparti eritrei si erano fatti sin da quando il generale Baldissera regolarizzò gli indigeni, trasformando le irregolari orde di basci-buzuk nei primi quattro bei battaglioni, onusti, da m ezzo secolo, di eroismo e di gloria. Tutto rimase, però, allo stato di studio lìno allo scoppio della nostra g uerra libica . Come è noto, nel 1911 - 12, la guerra colà si potè dire stabiliz1.:ita alla costa. Nel 1913 si ebbe l'occupazione del Gebel per parte ddla lulunna L:y_uio, composta (JUasi esclusivamente da truppe naz ionali, dopo la bella battaglia di Assab, ed in Cirenaica il raid Tassoni. Ma giustamente si pensò che, se si doveva penetrare nell'interno per imporre la nostra sovra nità, occorrevano colonne leggere, composte di eccezionali marciatori ed aventi pochi bisogni logistici. Necessitavano Lluindi truppe di colore. li contegno tenuto in <.Jllcl torno di tempo dalla popolazione araba non ci permetteva ancora di fare affidanza su un reclutamento locale, ma se ne inizi<"> l'esperimento. Intanto lo Stato Maggiore volle usufruire anche del contingente eritreo. Si cominciò con l'invio nelle due Colonie di battaglioni permanenti dell'Eritrea; ma, siccome non era prudente sguarnire militarmente (~uclla Colonia, si formarono colà nuovi battaglioni che, per distinguerli dai permanenti, furono chiamati battaglioni misti. Questi -- che dettero sempre ed ovunque ottima prova - furono, all'inizio, formati con ascari reclutati in Eritrea; ma le aumcnt:inti necessità indussero poi a reclutarli oltre frontiera, verso I' Abissinia ed anche nello Y cmen. Nel 1914, allorchè la Colonia eritrea fu minacciata dal Tigrai , il Comando del Corpo mobilitò, senza nessuna difficoltà e con una celerità sorprendente, 22.000 uomini.


Le minacce non ebbero conseguenze, ma valsero a tenere desta la nostra attenzione, a migliorare l'assetto difensivo della Colonia e, soprattutto, furono l' indice sicuro della possibilità di mobilitare un rispettabile numero di uomini. La grande guerra distolse la nostra attenzione dalle Colonie, le quali - si può dire - furono lasciate a loro stesse. Ma, specialmente per opera del nuovo comandante del Corpo (l 'allora colonnello Gabba, che fu poi capo di Stato Maggiore del Comando Su-

(

Fa11ta.<Ìa

di dubat.

periore in Africa Orientale), gli studi per la mobilitazione furono ripresi ed essa fu preparata ottimamente, con criteri pratici. Il calcolo, fatto su dati positivi, dava la possibilità di mobilitare 50 - 55.000 uomini, due terzi dei quali aveva già servito nel Corpo e circa un terzo da reclutarsi cx novo. Nel computo, con retto criterio militare e p olitico, non si tenne conto degli ascari extra confine, perchè non era prudente fidarsene nel caso di conflitto con l'Etiopia. Nel 1932- 33 i dati furono controllati nuovamen te; con l'ausilio dei Commissariati si rifece il computo del possibile rendimento di nuove reclute ed il risultato promise la possibilità di giu nge re a mobilitare fino a 65.000 uomini. Non fu mai neppure pensato di ricorrere alla coscrizione.


Per la guerra italo - etiopica del 1935, attorno al nucleo dei battaultoni ., batterie e so.uadroni esistenti, si dove,·a mobilitare e for] mare una Grande Unit:ì con tutti i servizi relativi. Oltre a tiuesto, bisognava provvedere alle necessità territoriali: presidi delle fortezze, protezione delle lince di comunicazione, presidi ordinari, comandi di tappa e di stazio ne ecc. Questo fino a quando non fossero :1rriv:tti in Colonia clementi m etropolitani. Fu decisa Li form az ione di un Corp::> d 'Armata indigeni su due Divi sioni a due brigate.:, ciascuna con le volute a liquote di Artiglieria e di reparti del Gen io. l i Corpo d'Armata t: la Divisione erano Unità pesanti per le c1rattnisticht: delle truppe indigene. Ma si prevedeva di non dovere s,olgere operazioni del tipo di quelle svolte dalla Francia nel Marocco cd , in scala minore, da noi in Tripolitania ed in Cirenaica : ma Ji fare una guerra di masse, con Grandi Unità metropolitane a fì:i neo di quella indigena. L 'idea del Corpo d'Armata di colore era sorta nell'ipotesi gù accennata -- che la Colonia avesse dovuto pensare a difendersi ~:o n le sue sole forze. In ogni modo, hilanci;i ti i pro cd i contro e considerato che le predisposizioni per la formazione di tiuesto Corpo d'Armata erano già pronte, esso fu graduatamente formato. Nel corso poi delle operazio ni, tiucsto Corpo d'Armata subì molte trasformazio ni. e da esso si distolsero parecchi battaglioni , per assegnarli. con grande profit~o. alle Unità metropolitane:. La mobilitazione fu compiuta metodicamente, con tutta calma. ffoog na notare che buona parte degli elementi che si dovevano m obilitare fo rnivano la mano d'opera per i la vori stradali, dai guaii non potevano essere distratti , essendo essi allora i soli lavoratori di cui si disponeva. Funzio narono da centri di mobilitazio ne, oltre lo speciale D epositu es ìstcntc ìn Asmara, i Comandi di r eparto, verso i quali affluiq no i num· i arruolati che, in un primo tempo, erano incorporati n ei reparti stessi, g ià stati :1utorizzati ad aumentare di 1 / 4 la loro forz a organica. lvi '-l uelli che erano gi:ì stati sotto le armi prendevano senz'altro servi z io: coloro che non avevano ricevuto akun:1 istruzione militare venivano istruiti al repa r to. A mano a mano che dall'ltalia arrivavano i quadri necessari, si forma va no le nuove compagnie ed i nuovi battaglio ni, con elementi presi sul totak del reparto, in modo da a,-crc, nel complesso, la vo~


57r Iuta omogeneità fra reparti vecchi e nuovi. Questi ultimi battaglioni presero il numero dei battaglioni misti, sciolti a mano a mano che non furono più necessari in Libia, e col numero ne ereditarono le tradiz ioni. Lo stesso sistema usato per i battaglioni lo si impiegò per le batterie. Più difficile riuscì la formazione dei reparti specialisti del Genio e quella dei servizi di sanità; gli uni e gli altri furono, a tempo giusto, integrati con militari nazionali.

Di pari passo e con ugual sistema, ma con assai minore estensione, si procedette alla mobilitazione in Somalia. Quel teatro di operazione, dato che non erano colà ancora successi i fatti che lo misero in primo piano; ma soprattutto nella considerazione che era nostra intenzione di stare sulle difese, era da considerarsi in principio come a ffatto secondario. I calcoli fatti permettevano di mohilitare colà una forza p:1ri :1d una grossa brigata, con una forte aliquota di Artiglieria. La Somalia poteva inoltre fare assegnamento su un 'i ~t ituz ionc militare dovuta all'iniziativa del governatore Oc Vecc hi ; intendo dire dei dubat: bande di volontari, bene armate da noi e comandat e da nostri ufficiali. Il Somalo, se pur di minore spirito guerriero dell 'F.ritrrn, è un soldato con un forte sentimento cli disciplina , anch'egli attaccato al suo superiore, sobrio e resistente alle fatiche. Ci si può piename11te fidare anche di lui. Mussulmano nell' animo, accetta la comunio ne con elementi arabi, ma non sta volentieri con lluelli cristiani; perciò nessuna possibilit,Ì di promiscuità cli elementi nei reparti, b l]Ua.lc, del resto, non era da considerare fra le cose possibili, mancando .in Somalia una c.p1alsiasi alil1uota di .indigeni cri stiani. Per raccogl ierc tutto il contingente sul quale si face va assegnamento, bisognava ricorrere alla chiamata col clzitct. Ora mol ti di questi elementi vi sarebbero affluiti senza avere alcuna istruz io ne militare e, probabilmente, con poco tempo e mezzi per dar Io ni quella sufficiente. Furono allora fatte col chitet chiamate parziali , per la durata di un mese, a scopo di dirozza re gli elementi cht: n ano dig iuni di ogni istruzione militare. Gli uomini del chitet a vrebbero avuto solo un segno distintivo, senza uniforme, e ricevuta la paga dell 'ascaro per il tempo della chiamata.


57 2 11 risultato Ji t]uesto provveJimento fu ottimo. Gli uomm1 accorsi furono superiori ai bisogni; essi attesero all' istruzione con entusiasmo e ne trassero buon profitto, come dimostrarono poi nelle lunghe marce e nei numerosi combattimenti, svoltisi in Africa Orientale nel 1935 e nel 1936. Prima di concludere questo capitolo, riteniamo opportuno ricordare che il Corpo Truppe Coloniali della Somalia partecipò alle campagne Ji g uerra 19 11 - 191 2 contro la Turchia, 1913-1927 in Libia , 1935 - 1936 in Etiopia e 1940- 1945 nell'Africa Orientale. Alla Bandiera del Corpo venne conferita una medaglia d'oro al ,a lor milita re; ai battaglioni 2 medaglie d'argento, 8 di bronzo e 7 croci di guerr,1; m entre, fra le ricompense individuali ottenute dagli ufficiali e dagli uomini di truppa, dobbiamo ricordare 4 medaglie d'oro, 209 d'argento, 479 di bronzo e 713 croci di guerra. Le perdite del Corpo dal 19n al 1936 furono di 51 ufficiali morti e di 6 feriti; di 1.095 uomini di truppa morti e di 1.303 feriti. A completare le notizie già date, riteniamo doveroso ricordare che, per la guerra italo - etiopica 1935- 1936, il Corpo mobilitò 5 Com andi di ragg ruppamento, 12 battaglioni, 5 reparti mitraglieri, 6 gruppi di dubat. 15 compagni e presidiarie, I battaglione carri veloci , 1 compagnia Genio, 1 g ruppo di batterie autotrainate, 7 batterie cammcllate, 8 sezioni c:rnnoni da 70, 1 autoreparto.


lii.

I

BATTAGLIONI LIBICI

Con ordine del giorno del 27 febbraio 191 2, il Comando del Corpo d'occupazione autorizzava la costituzione dei primi reparti indigeni in Tripolitania. Prescindendo da qualunque considerazione d'indole militare e. per conseguenza, dall'assegnamento maggiore o minore che il Comando stesso potesse fare su quelle milizie, composte esclusivamente di clementi locali, il concetto informativo di tale disposizione si basava su considerazioni essenzialmente di opportunità politica. Occorreva, infatti, dimostrare al più presto alla popolazione ljllanto fossero calunniose le voci sparse dai Turchi sui metodi di governo che avrebbe adottato l'Italia nelle provincie libiche e stabili re una corrente di reciproca fiducia con l'affidare agli stessi indigeni, nel loro paese, la tutela dell'ordine e la protezione della religione e della proprietà. Per raggiungere questo scopo non si poteva ricorrere ad arruolamenti che sarebbero stati accolti con diffidenza, ma conveniva favorire, invece, il raggruppamento di volontari .intorno ad alcuni Capì - essi pure indigeni - senza alcuna restrizione circa le famiglie, senza vincoli di ferma, senza norme tassative per la costituzione organica dei vari reparti. Naturalmente, quando il Governo della Colonia emanò le di sposizioni per iniziare praticamente l'esperimento, non mancò di concedere una certa autonomia ai comandanti, non lesinò nelle paghe, non prescrisse uniformi e soltanto si limitò a pretendere che in nessun modo si operasse, per parte dei Capi e dei gregari , contro i sentimenti dei <..1uali g li arabi si mostrarono sempre maggiormente gelosi. L'applicazione di tali criteri ebbe un risultato eccelle n te e nel giugno 1912 si avevano di già tre bande completamente formate: la 1• <letta del « Garina », forte di 120 uomini riuniti sotto la dire-


57-1 zio11e del tenc1He Si rolli; h :!' del « S:ihel ,,, organizzata dal capitano Andreini, coadiuvato dallo sceicco Mohammed Sued-Sueda, mudir della stessa regione del S:ihel, forte di 200 uomini, e b :f del "Tarhun:.i ,-, dlC' ne contava 230. Oltre a queste, se ne stava formando una lJllarta che raggiunse poi la forza di 100 uomini. I volontari che componevano queste bande. ricevevano L. I ,25 al giorno, erano armati di Wctterly e non avevano altra uniforme che il « baraccano " ed il "fez », sul lJUale era cucito un fregio metallico e talvolta sventolava una piccola bandierina tricolore. Approfittando della tendenza e della naturale abilità dei Tripolini nell"equitazion e, si tentò anche di fare una speciale banda a cavallo, ma, poichè pochi possedevano un cavallo di loro proprietà, il Colll;1ndo si vide costretto a formare uno squadrone con cavalli tunisini e sardi. Si ottenne così rapidamente un nucleo di roo cavalieri , che però, non avendo dato la buona prova che si sperava, fu necessario sciogliere, per ri costituirlo qualche tempo dopo, cioè nell'aprile del 19 13, reclutando nuovi elementi, con gara nzie speciali. Le b:111lk, invece, - incaricate del servizio di polizia dell'oasi r isposero subi to molto bene :il loro compito, dimostrando un così vil'n dc~idcrin di c·~~nc romidn:1tr- ,omc i-ruppe amiliarie, che non tarda rono ad olle nere, l]U:dc pro, a di fiducia, di essere condotte al fuoco al fianco deì reparti eri trei e cki · h:ittaglioni italiani. Tale concessione ebbe. inoltre, un effetto benefico perchè, spars:isi la voce dclrorganizzazione t dell'impiego di questi primi reparti libici, numerosissime furono le domande di arruolamento, non solo a Tripoli, ma anche negl i altri presìdì. Difatti in settembre si formò Lt banda di Zanzur, forte cli 80 individui; a Misurata se ne ebbe un 'altra, quasi altrettanto numerosa, e ad Horn s l'affluenza dei volontari fu tale, che il Comando, dopo :t\'t:r armato 600 uomini, dovett e incorporarne altri 400. ·

L'esperimento si poteva dire quindi brillantemente riuscito; ma poichè occorreva, per le aumentate esigenze della Colonia, provvedere nello stesso tempo ad un 'organizzazione più solida, si pensò sulle prime di fare quanto era stato praticato in Eritrea nel 1887; di affidare cioè ad un ufficiale superiore il comando supremo <li tutte le bande. Esaminate, tuttavia, le speciali condizioni della Libia, assai più v:1sla della Colonia del mar Rosso, e considerata la possibilità


575 di valersi del risultato già ottenuto per m!Zlare la costituzione di battaglioni regolari sul tipo eritreo, si decise di aprire senz 'altro un arruolamento per un primo battaglione volontari indigeni, agli ordini . del maggiore De Marchi , il quale aveva comandato brillantem ente, durante la guerra, il V b:iÙaglione eritreo . G li arruolamenti per i reparti organici regolari incontrarono, però, maggiori difficoltà di quanto si sarebbe potuto prevedere e ciò per quel sentimento di diffìdcnz:i che era così radicato negli Arabi.

Il li batJaglionc libico.

Si dovettero aumentare le paghe, fare non poche concessioni e, linalmente, si potè costituire un nucleo, c he non tardò a dive nire una compagnia e poi due, fino a raggi un gere la forza di un battaglione, utilizzando anc he gli uomin i di tre ba nde. Così, nello stesso mese di settem b re del 1912, nel quale si affermava in di versi e lontani centri della Tripolitania la costitu zione di nuovi nuclei di mili zie indigene, si aveva finalmente a T r ipuli u11 primo battaglione libico, forte di 600 uomini, ordinato su quattro compagn ie, con uniforme speciale e con ufficiali e sottufficiali italiani , sul tipo cioè dei vecchi e gloriosi battaglioni della Colonia E ritrea. Q uesto reparto <.: ra appena fo rmato , quando, il gio rn o .20, trova ndosi in riserva :1 Sidi Bila! , ebbe subito occasione di dare col propno contegno mirabile prova di d isciplina. sì da mer itare uno speciale encomio da parte del Comando.


Oltre al maggiore De Marchi, facevano parte del battaglione i capitani Hcrcolani-Gaddi, Ardinghi ed Alessi, rispettivamente comandanti delle compagnie; 12 tenenti, T aiutante maggiore, 2 tenenti a disposizione, 2 tenenti medici ed I tenente comandante la colonna munizioni. Dopo la giornata di Sidi Bilal, la forza di questo reparto salì rapidamente e, pei successivi arruolamenti volontari che si fecero in ottobre, esso raggiunse, alla fine di questo mese, la forza di 1.100 uomini , parte dei quali fu distribuita tra le quattro compagnie esistenti e parte andò a costituire una quinta compagnia di nuova formazio ne. La pace di Losanna aveva avuto, in questo aumento di contingente, un immediato e benefico effetto. Molti Arabi, che si erano trovati improvvisamente disoccupati o che le imposizioni e le minacce dei Turchi non paventavano più, non trovarono di meglio che di presentarsi alle autorità italiane, chiedendo di essere incorporati nei reparti volontari. Non essendo ancora organizzato un altro battaglione ed essendo completati, come si è detto, gli effettivi del I, fu opportuno non respingere gli uomini eccedenti e favorirne anzi. l'arruolamento, permettendo loro di far parte delle bande di Zuara, di Zavia e di Misurata. Con tutti questi clementi . il Comando potè iniziare, nello stesso m ese di ottobre, la forma zione della prinu batteria libica e procedere nel dicembre successivo alla costituzione di altri quattro battaglioni di Fanteria e di due squadroni di Cavalleria. L'aumento effettuato in proporzioni così rilevanti era consigliato dalle circostanze predette, assai favorevoli al reclutamento, ed anche dal desiderio di togliere senza violenza molti uomini dalle bande per inquadrarli in Unità regolari, poste agli ordini di ufficiali italiani. Se non che, essendo gli Arabi assai mal disposti ad abbandonare anche tempor:rneamente le loro famiglie e non avendo, come in Eritrea, una passione così viva per le armi da sollo}X>rsi ad una coscrizione a ferma fissa, anche se volontaria e di breve durata, l'esodo dalle bande fu meno numeroso di <-iuanto si sperava. Per cui la costituzione delle nuove Unità presentò difficoltà non lievi. Pertanto si venne alla decisione di non imitare in tutto la costituzione militare delle altre nostre Colonie africane, ma di procedere gradatamente alla diminuzione delle bande senza sopprimerle e di eliminare contemporaneamente gli clementi meno buoni nei reparti regolari.


57ì Per far ciò si raccolsero in campi militari le diverse Unità indigene organizzate, lasciando ai gregari il diritto di impiantarvi tende per sè e per le loro famiglie, in modo da formare come altrettanti villaggi arabi militari, sedi di deposito dei vari battaglioni. Con tale sistema, nel marzo del 1913, si formò anche un VI battaglione, si costituì una sezione cli Artiglieria montata su cammelli e si organizzò uno squadrone di meharisti.

Z aptiè· a piedi.

Per conseguenza il I'' giugno la Colonia disponeva delle ~cguenti Unità indigene: I battaglione indigeni (maggiore De Marchi), 850 uom1n1 , al Garian; II (Brighenti), 7 00 uomini , a Tarhuna; III (Versace), 500 uomini, ad H om s; IV (Riveri), 550 uomini, a Misurata ; V (Nigra), 400 uomini a Zuara ; VI , con altri 400 uomini, a Sirte. Erano, inoltre, stati costituiti: 3 squadroni indigeni (savari) ed T squadrone meharisti; , batteria da mo ntag na; 2 sezioni cammella te; 8 bande di forza variabile; il Corpo degli zaptiè. A questa forza considerevole si aggiunsero . in seguito, 4 compagme leggere miste, destinate a presidiare ed a sorvegli are zo ne


interne e lontane, e si provvide a preparare tutto il necessario per costituire i battaglioni VII, VIII e IX, per altri _d ue squadroni di meharisti e per un quarto squadrone di Cavalleria indigena. Per la scelta delle -uniformi, o meglio dei colori, fu necessario interpellare i Capi indigeni. E' opPortuno ricordare che i primi 6 battaglioni costituiti ed i due progettati ebbero i seguenti colori: il I fascia nera con guarnizioni bianche ; il Il bleu; il III viola; il IV cremisi; il V scozzese con guarnizioni verdi; il VI venie; il VII a righe cremisi; e l'Vlll a righe gialle e bleu. L'Artiglieria ebbe il colore arancione con guarnizioni nere; gli squadroni ebbero rispettivamente i colori gia11o, cremisi, viol a e turc hino. I meharisti ebbero la fascia color caffè, differendo fra i vari SL]tladroni il colore delle stelle. Questi colori furono Poi in parte modificati, m a gli uomini di og ni battaglione li conservarono, come nelle altre nostre Colonie dell'Africa Orientale, in una fascia speciale, che rievocava la tradizione. Ricordiamo, a questo proPosito, quanto sia dannoso per ogni reparto militare cambi:ir<'. i cfotintiYi, come purtroppo si fece per il VII e l'Vlll battaglione eritreo (rispettivamente bianco e giallo, mutati poi, dopo Adua, in rosso nero e rosso azzurro), Poichè ciò equivale a distruggere il ricordo di un intero passato di gloria. Intanto il I battaglione libico aveva preso parte all'occupazione di Tarlrnna (gennaio 1913), si era segnalato in operazioni al confine tunisino e, nel giugno seguente, aveva occupato la regione del Garian fino a Mizda. Parimenti si era distinto il 1° squadrone libico, caricando i ribelli, assieme ai cavalleggeri di Lodi, nel combattim<:nto di Caf-Mantruss, e la l'' batteria aveva dato eccellenti prove J,i cayacità e di disciplina a Maharuga, durante !'occupazione del hc:zzan. Più tardi, cioè nel periuJo più infausto per le nostre Colonie meditnranee del 1914-1915, le truppe libiche ebbero occasione di mostrarsi degne della maggiore considerazione. Il I battaglione a Tarliuna, il 1I (decorato con la croce di guerra) a Beni Ulid, il llI a Cs;ir Bu Hadi. il IV nel combattimento di Nufì.lia, il V sul Gehel cd il VI, decorato anch'esso con la croce di guerra, a Marsa el Luegia; i reparti montati in altri e numerosi scontri fecero prodigi di valore, ebbero perdite ingenti e si mantennero costantemente fedeli, disciplinati al fuoco, resistenti alle più dure fatiche.


579 Basterebbe ricordare il l libico, il quale, soltanto nei combattimenti del 28 ottobre 19r 4 ed in quello dell'Uadi Marsitt del 6 aprile 1915, ebbe u8 morti, fra cui cinque ufficiali, e meritò 8 medaglie di bronzo e 90 croci di guerra al valore (1uali ricompense individuali. Ritirate in Sicilia per alcuni mesi durante la grande guerra, inviate a combattere in Cirenaica e finalmente, dopo il 1919, ritornate nei loro paesi, queste truppe furono sempre disciplinate e si mostrarono instancabili nelle lunghe e difficili operazioni per la riconquista della Libia.

Mentre in Tripolitania si andavano così costituendo e si affermavano con prove di indubbio valore e di fedeltà le nostre truppe indigene, la Cirenaica, per le particolari sue condizioni etniche e naturali, concorreva alla formazione di reparti di colore in diversa maniera e con non minore intensità. Il primo nucleo di truppe cirenaiche era stato costituito nd gennaio 191:2 dall'allora ca pitano D ho, con una centuria, che diede })Oi origine a due compagnie dette " bengasine" e con un gruppo di Sudanesi , coi quali il tenent e Piscicdli formò il primo reparto di savari , mentre il tenente Diana C rispi creava quella banda di cavalieri Auaghir che, guidati dal famoso curdo, si resero celebri per le loro prodezze. Una batteria era st:i t:1 parimenti costituita dal capitano Cavandoli. Questi nuclei presero parte a tutte le operazioni degli anrn 1913- 1915 e si disti.nsero ad Ettangi, a Bu Scimàl ed in altri im portanti fatti d'armi. Attorno alle compagnie bengasine si raccolsero poi gradatamente i nuovi elementi, coi quali si costituirono i battaglioni libici VII, VIII, IX e X; dai savari ebbero origine jl 4" e s" squadrone indigeno; un nucleo di essi formò a Misurata lo squadrone che si comportò così valorosamente a Nufilia; e quando, per le condizioni politiche della Colonia , mancarono gli uomini per !e nere a numero i battagl ioni di nuova formazione, solo rimase il VII , g loriosamente fedele e continuatore intrepido, fino agli ultimi scontri, di una tradizione gloriosa. Allorchè si considerino i due periodi di guerra, per la conqu.ista e poi per la ricom1uista della Libia, e si ricordi anche so mma riamente la serie lunghissima di combattimenti sostenuti in , 5 anni della nostra Storia coloniale, è facile dedurre il numero degli episodi di valore, che si potrebbero ricordare per dimostrare lo sforzo com -


piuto dal!e truppe italiane, dagli ascari eritrei e dalle stesse truppe libiche, che prestaro1J.0 il loro concorso nelle ultime operazioni svoltesi tra il 1921 ed il r92.5. La rioccupazione di Misurata, le avanzate sul Gebel delle colonne Pizzari . Graziani, Gallina e Relly, l'entrata in Tarhuna nel 1()23, le operazioni su Zliten e Misurata, l)ttelle fra gli Orfella, su Gadames, nella Sirte, compendiate in 35 mesi di dura campagna,

Md1,,,.isti libici.

rappresentano, anche nei loro essenziali e decisivi fatti d'armi, un insieme così rilevante di gloriosi ricordi coloniali, da poter rendere la nazio ne orgogliosa e superba. L'llalia lia oramai LJUasi mezzo secolo di Storia militare nelle Colonie, ha compiuto, durante questo lungo periodo di tempo, esperienze durissime, alternando gioie e dolori, sacrificando moltissimi dei suoi figli per la sua affermazione di grande Potenza . .In E ritrea, in Somalia. in Libia, essa seppe creare un esercito coloniale degnissimo della madrepatria. La guerra libica, determinando la venuta in Italia dei magnifici battaglioni eritrei, rivelò agli Italiani, fino allora purtroppo inconsapevoli od indifferenti alle nostre glorie coloniali, l'esistenza di


guelle truppe, sul petto delle Lluali le m edaglie al valore coprivano le cicatrici di Adua e di altri gloriosissimi fatti d'armi. Eguali segni coprono oggi centinaia di petti di indigeni delle nostre <.]Uattro Colonie africane del passato e quei segni ricordano gli eroismi ed i sacrifici, attraverso i quali le nostre Fantnie <li colore meritarono la nostra fiducia. Molto si distinsero le nostre Fanterie di colore anche durante !:1 guerra italo -etiopica del 1935- 36 e nel difendere strenuamente nostri possedimenti africani nel secondo conflitto mondiale.

Circa i reparti libici, la loro forza e la loro efficienza dopo il

1913, il generale Arturo F errara, scriveva tiuanto segue ( 1). Nel gennaio 1914 fu costituito il " R. Corpo cli Truppe Coloniali della Tripolitania e della Cirenaica .. , col criterio cli dare a ciascuno dei due Governi ~ pur rimanendo unico l'ordinamento amministrativo della Libia - forze coloniali proprie. I due com:1ndanti militari della Cirenaica e della Tripolitania continuarono pc1Ù a prendere g li ordini d;1l rispetti\"o governatore, per qu:rnro rn nccr neva l'impiego delle forze. Durante la guerra 1915 - 1918 si ebbero alcune modifiche nel complesso dei reparti, dovute alle condizioni speciali del 1110111 c 1110 , e- si giunse così all'ordinamento ckl 4 gennaio r923, col lJUalc fu anche concesso ai Corpi delle Truppe Coloniali della Tripolitania e della Cirenaica l'uso della bandiera nazionale. Il R. Corpo di Truppe Coloniali dell <1 Tripolitania fu costituito come segue: - r Comando delle truppe del.la Tri1x)litania, da cui dipendeYano anche r Comando truppe sud-tripoline, 1 Comando zo na orientale, I Comando Carabinieri e 3 Comandi, rispettivamente, di Cavalleria, Artiglieria e Genio; Truppe: 1 Divisione carabinieri, 2 battaglioni cacciatori (volontari nazionali), 6 battaglioni Iibici, (1) Cfr. Rassegna di Cultttrn militare, anno IV, fascicolo Xl, novembre.: ·41. l dati riportali prima sono stati tratti Jallo stut!io, gi~ c i1ato, del colonnc.:llo Cesare Ccsa;·i.


6 battaglioni eritrei « nmt1 1; (1), 1 legione libica M.V.S.N. (su due coorti), 1 squadriglia autoblindo mitragliatrici, 1 reparto deposito coloniale, 7 squadroni savari (Cavalleria regolare libica), 4 gruppi sahariani (Unità speciali per il desérto), , Sl)uadrone spahis (Cavalleria irregolare libica), j batterie libiche someggiate, 4 compagnte cannomen , 3 compagnie Genio delle varie specialità, I autogruppo, 3 squadriglie di aviazione, reparti e servizi vari. Nel 1929, per la riconquista del Fezzàn, fu aumentato il numero delle Unità atte ad operare nelle zone desertiche (gruppi sahariani). Nel dicembre 1931, a completata occupazione territoriale della Libia, l'ordinamento del R. Corpo Truppe Coloniali della Tripolitania fu modificato come segue: 1 Comando, 18 Comandi territoriali (4 di zona, 8 di sottozona , 4 di presidio e 2 di tappa), r Divisione carabinieri, 1 battaglione Gicciatori con deposito, 4 battaglioni libici, 2 battaglioni eritrei mi sti, 1 compagnia autonoma entrca (per i servizi), 7 gruppi sahariani, 1 comando di Cavalleria libica con 2 squadroni savan e 3 gruppi sciuadroni spahi s, 1 Comando e reparti e serv1z1 vari di Artiglieria libica (1 g ruppo cammellato, 2 compagnie cannonieri, 2 sezioni Artiglieria sahariana, 1 compagnia treno, ecc.), 1 comando e reparti e servizi vari del Genio, 1 gruppo SlJUadriglic autoblinde, 1 autogruppo, altri servizi e servizi vari. ( 1) Si tr;Hta,·a di batt;1glioni rnstillliti in Libia . ..:on c:lemcnti arruolati in Eritrea. Questi reparti erano denominati eritrei-misti pcrchè, pur essendo costi tuiti J .i dementi dcll".·\fri,a Oricnt:ilc. facevano parte organica delle tnipp~ della Libia .


. Nel 1934 i gruppi sahariani furono dotati di automezzi e successivamente di Aviazione, ma poi furono trasformati in (< compagnie sahariane », costituite ciascuna da un plotone auto-sahariano, un plotone meharisti, una sezione avio e relativi servizi. Però, per non perdere le vecchie tradizioni delle Unità sahariane e, nel contempo, per avere disponibile una Unità che potesse agire nei terreni inadatti agli automezzi, fu conservata una compagnia cammellata, che fu chiamata " compagnia meharisti del Fezzàn >1 • Infine, nel 1935, il R. Corpo Truppe Coloniali della Tripolitania fu riunito a quello della Cirenaica col nome di R. Corpo Truppe Coloniali del la Libia. Il R. Corpo Truppe Coloniali della Cirenaica, secondo il gi;1 citato ordinamento del gennaio r923, era così costituito: I Comando truppe della Cirenaica (con i dipendenti Comandi di Divisione Carabinieri, di Cavalleria, di Artiglieria e del Genio); - Truppe: 3 battaglioni cacciatori (nazionali volont:1ri), I battaglione libico, 5 battaglioni eritrei misti, 1 legione libica M.V.S.N. (su 2 coorti), 1 squadriglia autoblindo-mitragliatrici (nazionali), 1 reparto deposito coloniale, 3 squadroni savari, 3 compagnie cannonieri fisse, 1 batteria libica someggiata, 1 batteria eritrea someggiata, 2 compagnie Genio (zappatori-minatori e teleg rafisti), 1 sezione Genio radiotelegrafisti, 1 atttogruppo, 2 squadriglie di Aviazione, 5 bande irregolari, 1 squadrone ~-mehari sti, altri reparti e servizi vari. Nel 1927- 28, i battaglioni libici furono portati a tre, che successivamente furono disciolti nel 1930 e ricostituiti nel 1933. Nel r930, in vista delle operazioni per b conquista della lontanissima Cufra, furono costituiti speciali Unità s:1hariane, :itte alle operazioni in quelle ,·a"stissime e lontane zone desertiche. Perciò. disciolti i tre squadroni meharisti, furono costituiti il I cd il II g rup-


po sahariano e, nel 1931, anche il III gruppo. Tali Unità furono disciolte tra il 1932 ed il 1936. In sostanza si verificarono, in Cirenaic:i come in Tripolitania, numerosissi me trasformazioni organiche, dettate da ragioni operative o di carattere finanziario, le quali qualche volta non poterono non influire sulla ,, continuità >> di addestramento dei reparti.

Nel 1935 . il R. Corpo Truppe Coloniali della Cirenaica venne, com e si t· dello, riunito con t]ucllo della Tripolitania in un unico R. Corpo Truppe Coloniali ddla Libia , il cui nuo\'o ordinamento fu così stabil ito: - Comando del R. Corpo Truppe Coloniali della Libia, con i dipendenti Comandi della Libia orientale, di Artiglieria della Libia e del Genio della Libia ; - Trnppe: Carabinieri (a quell'epoca con reparti non determinati), 2 reggimenti Fanteria d.Africa (metropolitani), 5 reggimenti di Fantcri:1 colo niale, 1 deposito truppe sahariane, 1 g ruppi sahariani, 2 com pagnic auto-sahariane, 1 ploto ne presidiario, 2 gruppi squadroni di Cavalleria coloniale, 2 reggimenti Artiglieria coloniale, 1 reggimento Genio. Ciascun reggimento di Fanteria d ' Africa. era formato da un Comando, un battaglione cacciatori carristi , un battaglione camicie nere permanente e un deposito coloniale. Ogni reggimento di Fanteria coloniale aveva un numero v:mabik di hat1aglioni libici cd un deposito. A nalogamentc ciascun reggimento di Artiglieria e del Genio aveva un numero vario di gruppi o di battaglioni ed un deposito. Ciascun gruppo di squadroni di Cavalleria aveva un numero vario di SlJUadroni savari o spahis. Esistevano }X)Ì i Distretti militari ed i vari Servizi (Artiglieria, Genio, Sanità, Commissariato, Automobili stico. Veterinario, ecc.). Questo ordinamento subì successivamente parecchie trasformazioni anche in dipendenza dell 'influsso diretto o-J indiretto che eser-


citarono sull'organizzazione militare della Libia la guerra italo - etiopica e la contemporanea tensione internazionale, così minacciosa per la nostra Patria. Furono costituiti nuovi reparti ed effettuati ritocchi in quelli già esistenti; furono costituite Grandi Unit;1 coloniali come la Divisione << Libia 11 (che fu poi inviata in Africa Orientale, dove si segnalò per resistenza ed elevatissime virtù militari , durante le più

.Heh,msti !,bici nel de.,erto.

cruente battaglie del fronte sud, all a dipendenza del m:1rcscia l10 Graz iani) e la Divi sione ,, Eritrea » (con i battaglioni eritrei mi sti ). Vennero inoltre inviati in Africa Orientale ., gruppi di SLJUaclroni spahis libici ,, che si distinsero fra il Mareb ed il T acazzè e che dimostrarono anche nel 1935 la loro fedeltà all'Italia. I principali ritocchi apportati al l'ordinamento del 1935 riguardarono l'aholiz ione dell'Unità " reggimento » ed il ritorno al sistema di tenere indipendenti i battaglioni libici, salvo a riunirli , in caso di bisogno, in Unità maggiori (gruppi di battaglioni - Divisioni), e nella proporzione ritenuta conveniente, a seconda degli ohhiettivi da raggi ungere. Si venne così all'ordinamento I°' lug lio 1938 che prevedeva. pn le truppe " locali » dell a Libia: - un Corpo Truppe Libiche, - truppe del Territorio militare del Sud (111 ~cgu1to <k nominato Sahara libico).


586 Il Corpo Truppe Libiche comprendeva:

Comandi. 1 Comando Corpo Truppe Libiche, con sede a Tripoli (con Comandi di Artiglieria e Genio), 1 Comando Truppe Libiche della Libia orientale, con · sede a Bengasi, 2 Comandi di Fanteria libica, 1 Ispettorato di C1vallcria libica.

Truppe. Fanteria libica: 8 battaglioni libici, 1 compagnia mitraglieri presidiaria, 4 compagnie automitragliatrici, 1 compagnia scuola graduati libici, 2 Depositi Fanteria libica, reparti libici per il presidio delle opere. Cavalleria libica: 1 gruppo squadroni spahis, I gruppo squadroni · ~avari, 1 Deposito Cavalleria libica. Artiglieria libica: 8 gruppi di Artiglieria libica delle vane specialità, 2 Depositi di Artiglieria. Genio militare libirn: 2 battaglioni del Genio militare, 1 deposito del Genio militare libico.

Dùtretti militari. 2

Distretti (ciascuno con una compagnia distrettuale).

Seruizi. Servizio cli Sanità: 2 sezioni libiche del servJZ10 sanitario militare (una a Tripoli e l'altra a Bengasi), 2 plotoni di Sanità militare libica. Servizio di Commissariato : 2 sczion'i libiche del servizio di Commissariato militare (una a Tripoli e l'altra a Bengasi),


plotoni di Sussistenza militare libica, stabilimenti vari di Commissariato. Servizio di Artiglieria: 2 sezioni libiche del servizio di Artiglieria (una a Tripoli e l'altra a Bengasi), magazzini e laboratori di Artiglieria libica. Servizio del Genio : 2 sezioni libiche del Genio militare (una a Tripoli e l'altra a Bengasi), uffici e magazzini del Genio militare libico. Servizio automobilistico: 2 sezioni libiche del servizio automobilistico militare (una a Trìpoli e l' altra a Bengasi), 2 autogruppi, officine, magazzini e depositi di materiali. Servizio di Ippica e Veterinaria: 1 centro rifornimento quadrupedi. 2

Le Truppe del territorio militare del Sud comprrnd c\";11111 :

Comandi. 1

Comando del territorio militare del Sucl.

Truppe. battaglione sahariano, compagnia meharisti del Fezzàn, r compagma libica presidiaria della Giofra. Il battaglione sahariano era formato da r Comando, 1 reparto comando e 4 compagnie sahariane. Al battaglione sahariano erano assegnati, per l'impiego, reparti dell'Aviazione coloniale. Il comandante del battaglione era un ufficiale dell'Aeronautica. 1

1

Servizi: centro amministrativo del territorio militare del Sud, sezione autonoma di Sanità militare, sezione autonoma di Commissariato militare, sezione autonoma di Artiglieria, servizio autonomo del Genio, sezione autonoma di Veterinaria militare.


Dal 1938, in seguito ai suggerimenti dell'esperienza cd anche alla sopravvenuta decisione di mantenere definitivamente in Libia Grandi Unità metropolitane con i relativi servizi, furono attuate altre modifiche all'organizzazione delle truppe « locali ». Esse riguardavano principalmente: - b fusione c.ki servizi delle truppe libiche con quelli delle Grandi Unità metropolitane: ciò per realizzare maggiore semplicità di funzionamento ed economia. In base a tale fusione , la maggior parte dei servizi, che già dipendevano dal R. Corpo, furono assorbiti da l)tH.:lli tielle Truppe metropolitane, pur facendo gravare le relative spese sull'amministrazione coloniale ; - la costituzione di un reparto libico « Fanti dell'aria )>: creazione reali zzata ed opportunamente curata e perfezionata; - la riorganizzazione dei centri di reclutamento e di mobilitaz ione per valorizzare al massimo le risorse umane della Libia. Queste modifiche non furono Jìssate in alcun nuovo ordinamento e riguardavano l'organizzazione di pace, che è naturalmente di,·ersa ed inferiore, per forze, all 'organizzazione di guerra.

Per chiudere queste note è bene ricordare che il Corpo delle Truppe Libiche: venne decorato di una medaglia d'oro e- di due d"argento al valor militare con le seguenti motivazioni: Medaglia d'oro: « Con l'ardimento proprio della razza - alimentato dall'amore per la Bandiera e dalla fede nei più alti destini delrltalia in terra d'Africa - dava, durante la guerra, innumerevoli prove del più fulgido eroismo. " Con generosità larga, lluanto sicura è la sua fedeltà, offriva il proprio sangue per la consacrazione dell'Impero italiano. Guerra italo - etiopica, 3 ottobre 1935 - 3 maggio 1936 )1. Medaglia d'argento: " Armonico e perfetto strumento di gue~ra, composto di truppe metropolitane cd indigene fuse nel sentimento del dovere e nella salda disciplina militare, cementata dal sangue generosamente profuso da cinyuemila Caduti, sintesi di lealtà e di valore, seppe, in vent'anni di vita e con cento combattimenti, conquistare, difendere e conservare all' Italia la maggiore Colonia. - Tripolitania, 1912 - 1932 ». ~ Medaglia d'argento: « Magnifico strumento di guerra, in nove anni di lotta dura, aspra, difficile, tenacissima, portò di vittoria in


vittoria il nome e la civiltà di Roma dalla costa fino nel cuore del l ' inviolato deserto libico (Cufra), compiendo gesta che rimarranno memorabili nella Storia delle imprese coloniali ed assicurando all'Italia il sa ldo possesso della sua quarta sponda. Circn:iica.

1923 - 1932 n . Occorre inoltre ricordare che il Corpo delle Truppe Libiche, dopo avere partecipato con molto onore alla guerra 191 I - 12 contro la Turchia, alle campagne 1913- 32 in Libia, 1935 - 36 in Etiopia, combattè eroicamente negli anni 1940 - 43 in Africa. Ad esso, oltre alle ricompense assegnate all'intero Corpo e delle quali abbiamo già riportato le motivazioni, furono conferite complessivamente ai singoli battaglioni: 4 medaglie d'argento, 7 di bronzo e 10 croci di guerra. Gli uUìciali e gli uomini di truppa del Corpo meritarono complessivamente: 1 2 medaglie d'oro, 321 d'argento, 759 di hrunzo cd 891 croci di guerra. Durante tutte le campagne dal 191r al H)/ i il Cor po subì le seguenti perdite: ufficiali: morti: 12-3 e feriti 287: tl (>rni ni ili 1rnp· pa: l..f91 caduti e 4.539 feriti. Il Corpo Truppe Coloniali ddla Lil,ia ~i di111u.,1,.', ~Ll"l" L IL dele alla tradizione delle truppe di colore della ·rripol11 :1n1.1 <' drll :1 Cirenaica, che si batterono valorosamente, estende nd o b 110~1r :1 occupazione hno ai più lontani centri abitati: sostc nm:ro a ~l'ri u, 111 battimcnti nel periodo 1915 - 18 ; partecip:mino alla rincci 1p:11.ionc di Misurata nel 1922; all'occupazione di AgcJabia nel 1923 c di Giarabub nel 1926; alle operazioni nel Sud Bengasino; alla co nquista del Fea.an nel 1930; all'occupazione di Cufra il 20 gennaio HJ3 ' , combattendo fino alla completa pacificazione della Libia. Parteciparono, inoltre alla conquista dell'Etiopia ed alla seconda guerr:.1 m ondiale, dimostrando costantemente la loro fedeltà all'Italia, la loro disciplina cd il loro valore. La nostra Patria, pur avendo avute sottratte le Colonie, alle quali- come continua ancora a fare nella lontana Sornali:i - :tvt:l'a offerto, per il progresso di quelle popoL1zioni , tanto sangue generoso e tante energie, non dimenticherà mai le sue belle truppe coloniali, che la servirono fedelmente per tanti anni, compi endo anc h 'css~ non facili sacrifici e memorandi eroismi.



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La camp:1.gna s,1hariana ddla Libia " ·

Cihuti c,l Assah '>. « li Mullach ed i suoi seguaci' ndla Soma!Ì:J. italiana >•.

Rnso:

Etiopi:1. "· hali:1 e Scnussia ,•. "L'Afri,a Orientale Italiana ed il .:onflillo italo - etiopico».

«

SArHO: SF.RRA: ,, S11.L~N1:

«

SL•zZ.\RA:

Sl'ARACE: "

S·r.Ho

L:1 spedizione egiziana contro l'Abissinia )1 •

L'l mar, ia su Gon<lar ».

MAGGIORF. - UFFI C IO ST0111co:

"Storia milit,ire della Colonia Eritrea».

- : ,, Campagne di Libia "· s,-~v ..,

«

:.":1:

cJS,s;.,hl ,,.

TE1wzz1: ,, Cirenai,;1 ,·erùc "· Tmusnu: " Con le colonne celeri dal Marcb allo Scioa ». "Pren1rsori dcll'I1npcro afric:1no )>,

TRl'TTI:

V .n 1 •,w: ,,

L: campagne ddl'escrcito italiano

VAN:su nu.1 e CnERNI: VARANlNI:

111

Etiopia "·

« L'Omo,,.

"Le forze armate dcli ' Ahissinia ».

- : " Le strade ddl'lmpero "· V oLl'E: " Le nostre prime campagne <l 'Africa. Ammonimenti e vaticinii di eroi Vo1-r1

DI

Vm.TA:

MtsUR.H.\ : « La rinas.-ita ddb Tripolitania "·

"Graziani a Ncghelli " ·

WAni::v1nE: «

X11..\XllF. R:

«

Italia ed .\hissinia ».

L'l guerra

Z1scHTF.: "Abissinia:

111

Abissinia "·

l'ultimo problema in soluto ddl'Africa "·

Zou: « Cronache etiopiche». « La conquista dell'Impero ,,. - : " Nel Fezzan, impressioni di viaggio ,,.

11.


INDICE DEL TESTO

l'ag,

V

Prefazione

Vll

ERITREA I.

- L'espansione coloniale nel s,xolo XIX Le prime conquiste coloniali italiane H

L'acquisto di Assab L'ocn1pazione Lii Ma~saua

li.

11

- L'inizio Jelb ca mpagna 1887 - 1888

1,, 2 1

Il comba ttime nto di Saati

li combattimento di Dogali

lii.

Le operazioni <lai 1888 al 1894.

II

trattato di Uccialli

36

L'opera J el generale Baklissera

39

li .:ombattjmento di Saganeiti

41 42

L'occupazione di Asmara

IV.

3h

La spedizione di San Marzano

Il trattato di Uccialli Le operazioni contro i Den·is,:i

45

li combatti men to di Agor<lat

51

L 'occupazione di Cassala I combattimenti di Coatit e di Senafr

57 60

50

La campagna del 1895 ed i precedenti d.i A<lua

r,5

Le operazioni contro Mangascià La denunzia <lei trattato <li Uccialli

70

Il combattimento di Amba Alagi

74

L'assedio del forte di Macallè

82

72


596 l'ag.

\".

La hattaglia di Adua

88

Le

91

Ìor.lc ,ontrapposte

L"ordine tli operazione

95 99

La h:111:1gli:1 \ · I.

L'upcra dd

gt' ll. Baldisscra l .-c,rnh:inimenti di Cassala L:1 pace di Addis Ahcba

e e

gli ultimi a\'\'enimenti

lll

Etiopia

di Tunuf

103 104 108

Li ,cssionc di Cassala :1gli Inglesi

109

Gli ultimi a,,Tnimcnti in Etiopia .

112

\' l I. . L1 F:1n1ni:1 di linea nell e prime conquiste coloniali

l l

4

SOMALIA I.

- L ·cspansion<" italiana in Som:ilia [ prccc-dcmi politici e militari l."c.~1);lnsionr ir:1lia11:1 sull'ncenno Indiano e l':icquisto del Bcn:'idir L1 .. Soc"ict:Ì lt:tlian:1 del Ben'.,clir ,,

IL

qS 15 4

L1 lotta contro il Mullah e contro le tribt1 rihdli L"insurrezwuc dei Bim;1J L 'organizza,ionc ci"ilc e rnilitarc della Colonia

IIL

L"on:upaz ion<' d cll'Uèbi S,diè li

[\ '.

Cli ultimi ancn imc:nti

170

Le trall:tti\"l· it:ilo-inglesi per l'Oltrcgiuba I Sulta n:iti di Ohhia e dei Migiurtini progressi ;1g ricoli cd industriali

LIBIA I.

L1 iucrra italo - turca per la rnnquist:1 della Libia I p~eccdcnr.i e le cause dclb . guerra

19 9

La preparazione militare Le forze italiane

206

Le forze turche in Lihia

210

1 99

207


597

II.

111.

Le operazioni in Tripolitania

212

Lo sbarco a Tripoli .

212

Il combattimento di Sciara Sciat Il comb:ittimento del 26 onobre

:216

219

- L"occup:izione di Ain - Z:ira e di Tagiura Ain .- Zara . L'occu pazione di Tagiura

IV.

Le nuo,·e operazioni Yerso !"interno e lungo la costa L'occupazione del Garian La ricognizione di Bir Tobraz L'occupazione di Gargaresc L'occupazione di Zuara .

V.

Le altre opera,.ioni nell'Egeo e nella zona tripolin:i La battaglia di P sitos Le altre operazioni ndb regione tripolina La battaglia di Zanz.ur La conquista di Sidi Ahd e! Geli! L'occupazione di El Maamura L 'imptego delle rist:n-c Il combattimento di Sidi Ribl

VI.

Le operazioni nella zona di Homs e l'occupazione di Misur:Ha I primi combattimenti sul Mergheb La contiuista di El Merghch

270 271 276

L·occupazione di Lebda . L'occupazione di 1'·1isurata

278

VII. - Le operazioni in Cirenaica Lo sbarco a Bengasi

La banaglil delle Due Palme L'occup:12.ione di Derna I combattimenti intorno a Derna I combattimenti per Csar e! Lchen JI combat1imento di Bu Msafer Lo sbarco a T obruk combattimenti intorno a Tobruk

277


598 Pag.

V III.

Le opnazioni dopo b conclusione Jclla pace Li p;Ke di Losanna Il cornb,mimcnto di Sidi Garb;1a Il comhattimrnto di Ettangi

IX.

Le Fanterie nella conquista della Libia

3I

X.

Le nostre Colonie durante e dopo la prima g uerra mondiale

322

X!.

LJ ri, onquist,i d ella Libia

33 1 33 2 337

Li rirnnt1uist;i della Tripolitania La ricm1t1uis1a della Ciren;1k;1 Le opcra:1.ioni lungo il 29" parallelo L'occupazione del Fezzan

I

L'o,n11x11.ionc di Cufra .

ETIOPIA I.

l p1c,nlcnt1 e le cause del conflitto italo· l'.tiopico

35 1

Il progetto r\. O. Il disegno opcratiYo II.

L;1 prq1ar:1:1.io11e 1 porti. le strad e.

,ampi di a\'iazionc

Le forze contrapposte Il I.

V.

Il tGitro delle opera zioni ()rowatìa ldrogral1a Clima Fauna Flora

39 1 39 2 393

Le p:·imc operazioni sul fromc settentriona le

395

L·:1,·:1nzata su Macall~:

408

L1 preparazione logistica

4°9

Il tnreno e le ,ic cli comunicazione

41 4

Il concetto operatirn e le fnrzc jmpiegate L"occup:i zionc di Mac;1llè

4 16

4 17


599 Pag.

VI.

l tentativi etiopil·i e la prima bJttaglia tic] Tembien

I nuovi invii di truppe, <li :mni, e di matcri:1li I tentativi etiopici li tentativo di Dembeguinà II combattimento di Abbi Addi La prima battaglia dd Tembien La difesa di passo Uaricu

VII. - La manovra <lei Tigrai . La bJttaglia dell'Endertà e la conquista dell'Amba Aradam La seconda hartaglia del Temhien La battaglia dello Scirè . 0

VIII. - L a\'a11zata generale Yerso il centro dell"Etiopia L'occupazione dcll"Aussa L'a vanzata su Socotà e su Gondar

IX.

X.

42 5 426 43°

43 1 433 43 9 441

444 445 450 45 2

459 4(,0 4ti3

La battaglia del lago Ascianghi

465

Lo sfruttamento del successo L"occupazione d el lago Tnna L'occupazione di Dessiè .

4 4,9 -lìll

La marcia su Addis Aheha

·l 7 I

La guerra sul fronte meridionale

47 1•

La si1uaziu11c ini/,iale Le nostre forze in Somali;,

47(, 478

La preparazione militare

41! 0

Il teatro delle operazioni

Le popolazioni indigene .

485 487

La manovra del Ganale DoriJ

49 1

L'occupazione di G orrahci L 'azione su T.ammasL·illindi

493 496

47 1

Neghelli

Xl.

La hattaglia Jell'Ogaden

5I

L"on:upazione di Giggiga e di H arrar

522

I

XII. - Considerazioni . XIII. - La Fanteria nella guerra italo - etiopica Le ricompense al valore colleui,,e .

5.39 54 2


600

APPENDICE

LE FANTERIE DI COLORE Pag.

I.

· I banaglioni eritrt"i . bana~lioni eritrei

I!

· I reparti somali dubat

111.

- I. h:ma~lioni libici

Hibliografia

.

;47 547

573 593


INDICI

INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

l'.,,g:.

:\ssab (e.bila « Storia militare della Colonia Eritrea " dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito)

9

Fante in partenza per l'Eritrea (da " Italica Vinus ••)

1o

Massaua (dalla « Stor.ia militare della Colonia Eritrea " dell'uffic io Stori(o dello Stato Maggiore dell'Esercito)

11.

)J campo trincerato di Massaua (dalll " Storia militare della Coloni :1 E ritrea " dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Escn:ito)

14

li generale Saletta ( dalla

« Storia militare della Coloni:, Eritre:1 " dd l'Ufficio Storirn dello Stato Maggiore dell'Esercito) .

1

5

Le baie di As,ab e di Heilt1l (dalla "Storia militare della Coloni:, F.ri m :a " dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore de11'F.serci1n)

,

f..

1

g

torri interni della zuna di Massaua nel 1887 (dalla ,, Storia mili1 arc ti ella Coloni:1 Eritrea " dell'Ufficio Storirn dello Stato Maggiori: ,klr Eserei to)

Un

;1scaro dei

primi batwglioni

22

La zona fra Saati e Dogali (dalla u Storia militare Jdla Co loni a E.i itrea " dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito) Il tenente colonnello De Criscoforis (Disegno di A. Coen) Dogali . li comh:mimrnto di Dogali (Disegno di E. X inmu:s) Monumento a i Caduti di Dogali Il generale rii San Ma rzano (Disegno di A. Coen) !! generale Antonio Raldisser:1

34

37 4o

A smara nel 1889 . .\smara ne( r940 . li generale Oreste B:ir:nieri Il fone di Agordat (dalla « Storia militare della Colonia Eritrea " dell' Ufficio Storiro dello Stato 1''1aggiore dell'Esercito) li i.:ombattimentu di Agordat (1• fase) li combattimento d i Agordat (2• fase)

43 47 5t

I) combattimento di Coatit .

59

52 55 S fi


602 PaJ?.

]J comb.11time1110 di Co,nit (Disegno di A. Beltrame)

Campagna del 1895 :\mha Alai-:i

La zona d elle oper:izioni

li maggiore Tl•selli

i5

:\mb,1 :\!agi

77

Il comh:mimento di :\mha Alagi (da lla " Storia milit;ire della Colonia Erit rc:1 " dell'Uflido Scorico dello Sta to Maggiore del l'Esercito)

81

11 tcncnl t' ,olonncllo Calliano Il iortc di M:i,allè (dalla ,, Storia milit:irc della Colo nia Eritrea,, dcl('Ufticio Storico dello Stato i\faggiorc dcll'Escn:ito) . G li ordini per la marcia n :rso Ad u:i (J :i uno schi no tkll'cpoG1) L1 h:111agk1 ili Adu,1 (Quadro di E. Xìmcnes) Il generale R1ldissera . .-\cGlmpa 111c1110 nell:1 co1Ka di Adigr:11 Il tenente rnlonncllo Dc C ristoforis e g li eroj di Dogali (da un 'in,·1sione dell'epoca) Il generale Arin1ondi (Disegno di A. Cocn)

1 07

1 17

I -_) ~'

Il Mo numt'nto Ossario :ii Caduti di Adua ad Adi Q ualà Il gcner,1lt" l h hormida . L1 Sonu lia i1,1liana .-\uronio C<'cchi (da " lrali, :1 Virrus u) Il Hcnàdir li é:lpitano Vittor io Hòtt<·go (da

«

k1lic.1 Virtus ,,)

Il capitano Ugo Ferrandi. (R itr:mo esegu.ico nella \"e.:.:hi:iia Virt usuj }

I da

1 55

" hali.:a

~[ogad is.:io (d a ,, Vittorie ") Il G iuha (da « Vittorie ,. ) G uerrieri 13im:ìl Lugh (da ,, Vittorie ») .

L1 confluenza del Daua Parma col G iuba (da «V ittorie") L"lJèbi !-cclxii (d;1 ,., \'i1to1 ic ,, ) L'Uèbj Scd)èli a Buio Buni (da "Vittorie u)

li forte di Lugh (da " \'ittoric ») Il " Bur " di Acaha (d a " V ittor ie ,, ) . G li ar:111.:cti di Genalc (tb « Vittorie ») TI cotone Yicne messo nei sa.:d1i (da " Vittorie ,,) Tripoli nel 1911 (da « Vittorie»)

201

L1 Bandiera Ìtal ì:i na inalber,11:1 sul c:istdlo di Tripoli (Disegno di .\ . Bdt:-am::-) .

2 03


603

Il generale C:irlo Caneva

205

Tripuli: Le tombe dei Carnrnanli

210

Lo sbarco a Tripoli (Disegno di. A. Beltrame) I primi combattimenti contro i Turchi (Disegno di E. Ximenes)

214 21 7

Il colonnello Gustavo Fara .

2 20

La linea difensiva intorno a Tripoli alla data del 6 novembre 19 11 (d:illa « Camp:igna di Libia ,. dell'Ufficio Storico dello Siato Maggiore dell 'Esercito) .

22 1

Un accampamento presso Ain-Zara.

227

Il generale Pecori - Giraldi .

2

L'occupazione di Ain - Zara (dalla "Campagna di Libia " Jell'Uffic io Storico dello Stato fvlaggiorc dell'Esercito) .

23 3

Il Marabutto di Sidi Said (da ,, Vittorie •·) Il combattimento di Gargaresc (dalla ,, Campagna di Lihia " dc.:ll'Ut'ticio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito)

29

239

243

Gli ;1scari - eritrei in Libia Lo sbarco di Kalitheas (da ,, L'azione dell"eserci LO itali:ino n ella guerra italo· turca ») .

246

Psitos {da « L 'azione dell'esercito italiano nell:i g unr:i 11alo 1111 , :i " ) I prigionieri turchi di Psitos (da ,, L'azione dell'csen:ito i1:ili.11111 nel l:1 gucrr:i italo - turca ») L'oasi di Zanzur (da ,, L 'azione dell'esercito italiano nella g 11 n 1.1 11 :d n turca ») L:i h:itt;i~lia di Z:rnzur

i 51

Il soldato Ermenegildo C:rntoni, i\frdaglia d"Oro (Disegno di A . C orn )

26.i

Il generale Ragni .

2

h7

Homs Il colonnello Maggiotto (Disegno di A. Coen) Le alture di El Mcrgheb

25,>

2

5J

~55 l~8

2

74

L'8° reggimento bersaglieri sul Mcrghcb { Diseg no di A. Bcltramc) Il battaglione alpini ,, Mondovì n sul Merghcb (Di segno di E. Ximencs) Un fortino aj Monticelli di Lebda Lo sbarco delle n ostre truppe a Capo Zarrùgh Il generale Briccob (Disegno di A. Coen)

2

75

Il generale A1neglio L'oasi delle Due Palme

2 87 289

277 27 9

2l!:?

286

9 .>

T combattimenti intorno a Dern:i

2

Confluenza dell'uadi Dernina nell'uadi D erna (da ,, L':izio ne dell'esercito italiano nella guerra italo - turca ")

295

li generale Tommaso Salsa .

296


604 1-'ag.

La r;1da di Tohruk (da " l.'nionc ,lcll'eserdto italiano nella guc:rra itab - tur.:,1 ») . :'vlunurne11to :1i ( \ 1du1i di Sidi <.;arba:1 L"ingròso tiella ,0!01111,1 Miani a Murz uc h (tb " L ':iz iom: dell 'esercito it:ili:1110 ndb guc:r:1 italo - wr,a ") .

li tri,olorc ,111 Castr um ,li Apulloni,1 (da " L",1zione dell'esercito nali:1110 m:lb gm:rra italo · rur,a ») . :S-:ell"oasi di Zuar:1 (l)isc,i.:nu dj :\. Rchr,11rn: )

Lo sl>:1•·, :,

.1

Tohruk ( Di , cgno t!i :\. 13cl1ra111e)

300 304 306 308 312 315

11 m:m11111,·n10 - ossa rio d ei Caduti in Cirenai ca innalzato sulla Punta 317

della Ciuklna il ) 1 gcnn:iio HJJ5 li c11npo d ell a colo nna Tassoni :l Cire ne (da "L"azione Jdl 'esrrcito italiano nella guerra italo - turca »)

325

\1d1;1risr i in un:i mar,:i,1 11:1tt11rn:1

_:p 8

Obhia (da "\'inoric ••)

332

:'vli sur,11a (,b .. \ ' inorie ••)

334 3 39

Bir Tigrif {da " \-iuoric ,, )

La 111:ir,·ia , ·erso Sehh:1 (da " \"itrori c »)

3 41 345

Giado (d :1 " Vittorie

1• )

li al . I ' al (d:1 ·• \" ittorie .. )

354

Il g e m:r:1le Emi lio Dc Bono

357

La pr<"parazio nc.: delle strade::

3 59 :;63

lrnh:1r, o d, truppe a :'!apuli

La ferro,·i,1 ~fass:wa - :\smar:i L1 difh,ile ,ostru7..i:mc.: delle strade (da ,,

3 65 <)

Maggio XXI,,)

Il pnno di i\las~au,1 dur;inte la prqx1r:1z io11c (da "Viuorie ,,) I rifornimenti nel po rlo di ;\fogadis,·io (tb " Vittorie») trasponi nri di n:rsi mesi ddl:i guerra (da « L 'opera <lell 'escn:ito p<"r «

\ ' ittorit· "i

374 3 77

l"esig... 11;, :1 A. O. ») Amhc dÌopid1e (da

369 372

.

Il Tacanì: (da " \ ' iuoric ,,) .

385 389

L1 ,cgct:1zione nd Tl'mbi.'.·n (d:1 " \ 'i1to;·ic "; Fameric in marcia (da "9 \faggio XXI »)

393

li Il Corpn d ' Armata t'lllra in Ad ua (da "V ittorie ") Il llH>lllllllCIHo ai Caduti di :\du:1 r monoliti d i :\xum Le F,rnteiie in 111:1 ,·ci,1 ,·c::rso Adigr,11

402 404 407 4 ro

Le, Sp<>-tamcnto delle basi logistiche Jop::i il raggiungimento <lei fronte Adigrat -A(iu:1 · Axum (d,1 "La ,onquista <ldl'Etiopia ,, )

412

li termw delle opcrnio11i nel Tigrai (da " La rnnquista dell'Etiopia »)

415

397


605

I servizi per l'avanzata su Ma.:a lli: (da " La gue rra italo - e tio pic:i t rn111t·

suJ ,,) La Bandiera sul forte di Macallè (da

41 9 42 2

« Vittorie ")

Il maresciallo Pietro Ha doglio Le operazioni sul T:irazz~ (da ,. L1 conquista <lcll'Etio pi:1 .. ) Salmerie in marcia (da ,, La conquista d e ll'Etiopia " )

42 ì 432 455

Le operazioni nel Tembien (<la " La conquista Jcll'Etiopia ,, ) La battag lia c.lell'En<lcnà (da "L:i conquista <lell'Etiopia .. )

44 o

Gli alpini sull'Amba .-\raJ;im (da " La conquista Jcll'Etinpia .. )

44 8

44 fi

La Bandiera sull'Amba Aradam (da ,, Vittorie ,,) L'alza - bandiera ad Amba Alagi (da " Vittorie") L'a,a11zata generale (da ,. L.1 conquista Jcll"Etiopia ·,-ì La regione c.Jell',,\ussa (da "La conquista dell'Etiopia ") La marcia su Gon<lar (da " La conquista ,lell'Etiopia ••) .

451

455 4 60 41>2 41>3

4<14 407 4 72

Gondar .

La battaglia Jel !:i.go Ascianghi (<la " La conquista dd l'E1iup i;1 " L'l marc ia su ,.\ddis Aheba (da " La conquisca dcll'Etiopi.1 .. )

4ì 4 47 7

Ad<lis Abeba (<la " La conquista dell'Etiopia " )

Il gcner:ik Roclolio Graziani Il dii lici le impiego degli automez zi ( da

«

L1 gut: rr.1 ,ub uiop1, ., I, 1111 , ,,,i " )

4 li 2 -1X ti

Le operazioni sul fronte meridionale (da " L1 g11e rr,1 i1 al11 - <'I i11p1, ., front e sud ») .

49.!

Lo St-hierarnento al 1" n,lYCmbre 1935 e l'occupazione di (;orrahc i (d:1 « La guerra italo - etiopica fronte su<l " )

+9 5

La manona dei Gan;ile Doria (da

497

tt'

sud " ) .

Il teatro delle opcr:1z.io 11i (da " La guerra it:tlo - c1i, ,pi,:1 f,

Traghetto sul Giuba (da

«

«

0

111 ('

La guerra italo-etiopica front e sud •·)

La guerra italo - ctiop_ica fronte sud ,, ) .

500

I p ~eparati\'Ì per l'arnnzata su Neghelli (da " La guerra ital o - etiopic;1 Dubat in mar..:ia (da " L.1 guerra italo · ctiopic;1 fronte , ud " )

front e sud .. ) .

50 _; '.i 07

La battaglia dell'Ogaden: 11 pass.1ggio dell'Errer (da ,. La guerra i1 a l11 . etiopica fronte sud ,,)

5I3

Ca,·crne abissine a Gia11;1gobò (battaglia dell'Ogadrn )

5 15

Costruzione di stra<le ( da " La gue rra italo - c ti o pi..:;1 from c sud ,, )

'i 1 7

La manoHa ddl'Ogadcn (da " La guerra ita lo - et io pica f, 11111 ,· , ud .. )

5 20

Harrar (da «V ittorie .. )

512

L'occupazione di Harrar (da " La g uerra it .ilo · c1io pi,a I 111111 c , 11d .. )

51 J

DirC' Daua (da

'525

«

La ..:011quis1a dell'Etiopia .. )


606 Pag.

Quadro riassunti,·o ddle operazioni della guerra italo · etiopica (da "La guerra italo· etiopica fronte sud ») L'no s.:iumbasci eritreo (da « Italica Virtus ")

As.:ari Ascari A s,a ri As,ari

eritrei . in mar,i:1 ,:-ritrc.-i . so111ali

Dubat F:rniasia di d11ha1 Il Il hauag lio nc lihi(o (da ,, Vittorie ,,) z~1 p1iè a pii:Ji Meharisti libit"i (J;1 " Italica Virtus .. ) i\kh:iristi lihici nel deserto (da " Italica Virtus »)

5 33 549 55 1 553 556 562 566 569 575

577 580 585


UN'INVOLONTARIA OMISSIONE NEL TESTO DEL IV VOLUME DI QUEST'OPERA

Nel capitolo XIII della parte riguardante l'Etiopia, che si riferisce alle nostre forze in A. O., e precisamente a pagina 542, siamo incorsi in un'involontaria omissione, alla quale riteniamo doveroso riparare. Alla fine dell'elenco delle nostre Unità in A. O. abbiamo detto, infatti, che il generale Carlo Geloso, al comando del Settore della Somalia occidentale, disponeva dei battaglioni somali X, Xl e Xli. Invece il generale Geloso, comandante la Divi sione Special<.: « S " (Somalia), (vice comandante ne era il generale Annibale lkrgo nzoli), aveva in realtà alle sue dipendenze le Unità che facevano parte della Divisione Speciale, e più precisamente: Raggruppamento col. Zambon: battaglioni mitraglicri naz ionali XIII, XIV, CCXXV; battaglione carri L; squadrigli:1 autoblin do; gruppo cannoni da 77; gruppo ohici da 100. Raggruppamento col Micheli: due gruppi squadroni ,, Aosta ·> e ~ue gruppi squadroni « Genova » nazionali, mitraglieri, autocarrau. ,· Raggruppamento somalo (col. Martini): battaglioni X,

XI, XII.

5° Raggruppamento somalo (col. Molincro): battaglioni VII, VIII, IX; una batteria camcllata. 1°

Gruppo Bande Dubat (ten. col. Scttanni).

Errata corrige originariam e nte pubblicato in c11/ct· 11 / v11/11111c V " /, e f11111cl'lc nella Prima guerra mondiale''.


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