STORIA D'ITALIA 1789 AL 1814 TOMO VIII

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STORIA

D'ITALIA DAL 1789 AL 1814 SCRITTA

DA CARLO BOTTA

ht

TO MO OTTAVO

ITALIA

1824.


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L I BRO

VIGESIMOQUARTO .


SOM MARI O.

Nuova guerra coll'Austria . L'arciduca Giovanni generalis simo degli Austriaci, il principe Eugenio, vicerè, ge neralissimo dei Francesi in Italia . Loro manifesti agli

Italiani. L'arciduca vince a Sacile, e si avanza

verso

Verona. Mossa generale dei 'Tirolesi contro i Francesi

e i Bavari : qualità di Andrea Hofer. Natura singolare della tirolese guerra . L'Austria perisce, prima nei cam

pi, tra Ratisbona e Augusta , poi in quei di Vagria. L'ar ciduca si ritira dall' Italia . Pace tra la Francia e l' Au stria. Matrimonio dell'arciduchessa Maria Luisa con Na

poleope. Fine della guerra del Tirolo ; morte di Hofer. Napoleone upisce loma alla Francia, e manda il papa carcerato a Savona. Il papa lo școmunica. Descrizione

di Roma francese, e quello che vi si fa. Che cosa fos se la Propaganda. Pratiche di Carolina di Sicilia con

Napoleone. Infelice spedizione di Giovacching in Sici lia. Manhes generale mandato a pacificar le Calabrie, le pacifica, e con quali mezzi ,


STORIA

D' IT A L I A. LIBRO VIGESIMOQUARTO.

Er Jra in Europa rimasta accesa la materia di nuove calamità. L'Austria depressa dal vinci tore aspettava occasione di risorgere , allegge rendo le disgrazie presenti per la speranzadel futuro. Nè solo la spaventavano i patti di Pre

sburgo, pei quali tanta potenza le era stata sce mata ,

ma ancora i cambiamenti introdotti da

Napoleone, non che in altre parti di Europa, uel cuore della Germania , e sulle frontiere

stesse dell'Austria . La spaventavano gli atten tati palesi ݇,‫ ܪ‬la spaventavano le profferte segre te , poichè.Napoleone le esibiva ingrandimento nella distruzione di uno stato vicino ed amico, il che le dava cagione di temere, che se i tempi od i capricci cambiassero , avrebbe esibito in

grandimento ad altri nella distruzione dell’Au stria. Ma la potenza tauto preponderaute di Na

poleone per la soggiogazione della Prussia , e per

l'amicizia della Russia non lasciava speranza

all'Austria di riscuotersi : però risolutasi al tirar


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STORIA D'ITALIA

si avanti col tempo, ed all'anteporre il silenzio alla distruzione , aspettava, che il rotto proce dere di Napoleone fosse per aprirle qualche via di raffrenare la sua cupidità, e di procurare a se medesima salvamento. Le iniquità com

messe contro i reali di Spagna , che a tanto sde goo avevano commosso gli Spagnuoli, e che ob bligavano il padrone della Francia á mandare forti eserciti per domarli , le parvero occasione da non doversi pretermettere. Per la qual cosa, non abborrendo dall'entrare in nuovi travagli ,

e dall'abbracciar sola questa guerra , si mise in sull’armare, con fare, che le compagnie di or dinanza non solo avessero i numeri interi, ma la gente fiorita , e bene in ordine : inoltre or

dinava e squadronava tutta quella parte delle popolazioni, che era atta a portar le armi. Si doleva Napoleone di sì romorosiapparecchi, af

fermando , non pretendere coll'imperatore di Austria alcuna differenza : rispondeva Francesco essere a difesa, non ad offesa . Accusava il primo

gli austriaci ministri, se non o quale viennense setta ,

bramosa di guerra , come la chiamava > e prezzolata dall'Inghilterra. Rinfacciava super

bamente a Francesco l'avere conservato la mo

narchia austriaca, quando la poteva distruggere; gli protestava amicizia ; lo esortava a desistere dalle armi. Ma l'Austria non voleva riposarsi inerme sulla fede di colui, che aveva incarce

rato per fraude i reali di Spagna.La confede razione renana, la distruzione dell'impero ger manico , Vienna senza propugnacolo per la


LIBRO VIGESIMOQUAKTO ( 1809)

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servitù della Baviera , Ferdinando cacciato da

Napoli, il suo trono dato ad un Napoleonide, l'Olanda data ad un Napoleonide , Parma ag giunta, la Toscana congiunta, la pontificia Ro

ma occupata davano giustificata cagione alla Austria di correre alle armi , non potendole in modo alcuno esser capace, che a lei altro par tito restasse che armi o servitù . Solo le man

caya la occasione ; la offerse la guerra di Spa

gna , all'impresa della quale era allora Napo leone occupato, e la uso. Ma prevedeado, che quello era l'ultimo cimento per lei , faceva ap parati potentissimi . Un esercito grossissimo mi litava sotto la condotta dell' arciduca Carlo in Germania. Destinavasi alla invasione della Ba

viera, la quale perseverava nell'amicizia di Na poleone. Se poi la fortuna si mostrasse favo revole a questo primo conato, si aveva in ani mo di attraversare la Selva nera , e di andar a tentare le renape cose. Per ajutare questo sfor

zo, che era il principale, Bellegarde, capitano sperimentatissimo, stanziava con un corpo assai grosso in Boemia, pronto a sboccate nella Fran conia, tostochè i casi di guerra il richiedessero.

Grandissima speranza poi aveva collocato lo imperatore Francesco nel moto dei Tirolesi

sempre affezionati al suo nome , e desiderosi e

di riscuotersi dalla sigooria dei Bavari. Era questo moto di grave momento sì

per la

na

tura . bellicosa della nazione , e sì per tener aperte le strade tra i due eserciti di Gerina

pia e d'Italia. Sollecita cura ebbero gli ordi

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STORIA D'ITALIA

natori di questo vasto disegno delle cose di

Italia : perciocchè vi mandarono con un'oste assai numerosa, massimamente di cavalli, l’ar ciduca Giovanni, giovane di natura temperata , e di buon pome presso agl Italiani. Stava Gio vapoi accampato ai passi della Carniola ee della

Carintia, in atto di sboccare per quei di Tar visio e della Ponteba sulle terre veneziane. Coucorreva sull ' estrema fronte a tanto molo con soldati ordinati e con cerne del paese Giu

lay dalla Croazia e dalla Carniola , provincie in cui egli aveva molta dipendenza. Questo pervo di guerra parve anche necessario

per

frenare Marmout , che con qualche forza di

napoleoniani governava la Dalmazia. Stante poi che nelle guerre principale fondamento è sem pre l'opinione dei popoli , aveva Francesco con ogni sorta di esortazioni confortato i suoi, della patria, dell'indipendenza , dell'antica glo ria, delle dure condizioni presenti , del futuro

giogo più duro ancora ammopeudogli : il no me austriaco risorgeva ; concorrevano volentie ri i popoli alla difesa comune. Bande paesane armale stavano preste in ogni luogo ai biso

gni dello stato : maravigliosa fu la concitazio ne, nè mai più promettenti sorti per l'Austria aveva veduto il mondo , coine non mai ella

aveva fatto sì formidabile preparazione. A questi sforzi, se Napoleone era pari, non era certamente superiore. Fece opera di tem

poreggiarsi , offerendo la Russia per sicurtà del

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la quiete. Ma da quell'uomo astuto e pratico


7 LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1809) ch'egli era , don ingannandosi punto sulle in

tenzioni della potenza emola, e certificato del la mala disposizione di lei, che gli parve ir-, revocabile, si preparava alla guerra, con man 3

dar in Germania ed in Italia quanti soldati poteva risparmiare per la necessità d'oltre i pirenei. Ciò non di meno Francesco, che con

disegno da lungo tempo ordito si muoveva , stava meglio armato, e più pronto a cimentar: si . Pensò Napoleone ad andar egli medesimo alla guerra germanica, perchè vedeva, che sulle sponde del Danubio erano per volgersi le de

fioitive sorti, e che nessun altro nome, fuori, chè il suo, poteva pareggiare quello del prio cipe Carlo. Quanto all'Italia diede il governo della guerra, in questa parte importante , al principe Eugenio, mandandogli per moderato re Macdonald . Si riposava l'esercito italico di

Napoleone nelle stanze del Friuli, occupando la fronte a destra verso la spiaggia marittima Palmanova, Cividale ed Udine, a sinistra ver so i'monti San Daniele, Osopo, Gemona, Ospe daletto e la Ponteba veneta sin oltre alla stra

da per Tarvisio. Le altre schiere alloggiavano a foggia di retroguardo a Pordenone , Sacile ,

Conegliano sulle sponde della Livenza. Un al

tro corpo, che in due alloggiamenti si poteva congiungere col primo, ed era in gran parte

composto di soldati italiani agli stipendj del regno italico, stanziava pel l'adovano, nel Tre visano, nel Bassanese e nel Feltrino. Accorre

vano a presti passi dal Bresciano e dalla To


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STORIA D'ITALIA

scana nuove squadre ad ingrossare l'esercito

principale. L'Italia e la Germania commosse aspettavano nuovo destino.

L'arciduca Carlo mandò dicendo al gene ralissimo di Francia , andrebbe avanti , e chi >

resistesse , combatterebbe. L'arciduca Giovanni, correndo il dì nove aprile , al medesimo modo intimo la guerra a Broussier , che colle prime guardie custodiva i passi della valle di Fella, per cui , superate le fauci di Tarvisio , si ac quista l'adito a Villaco di Carintia. Preparate

le armi , pubblicavansi i discorsi. Sclamava Eugenio vicerè parlando ai popoli del regno,, avere l'Austria voluto la guerra : poco d' ora

doversene star lontano da loro : girsene a com

battere i nemici del suo padre augusto , i ne mici della Francia e dell'Italia : confidare , che sarebbero per conservare, lui lontano , quello 3

spirito eccellente , del quale avevano già dato con le opere

sì vere testimonianze : confidare, che i magistrati bene e candidamente fareb

bero il debito loro , degni del sovrano , degni degl'italiani popoli mostrandosi : dovunque e quandunque ei fosse, essere per conservar di loro e stabile ricordanza ed indulgente affetto. Dal canto suo l'arciduca Giovanni , prima di venire al ferro , non se ne stava ' oziando

con le parole , giudicando , che potessero sor gere per tutta Italia per le varie inclinazioni dei popoli, gravi e favorevoli movimenti . Udite , diceva , Italiani , udite , e nei cuo

« ri vostri riponete , quanto la verità , quanto

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LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1809)

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in la ragione da voi richieggono. Voi siete schia « vi di Francia , voi per lei le sostanze , voi la

a vita profondete. È l'italico regno un sogno a senza realtà , un nome senza effetto. Gli scrit

a ti soldati , le imposte gravezze, le usate op

pressioni a voi bastantemente fan segno ,

che

« njuna condizione di stato politico , che niun : vestigio d'indipendenza vi è rimasto. In tan ci

« ta depressione voi non potete nè rispetta « ti essere , nè tranquilli, nè Italiani . Volete u voi di nuovo Italiani essere ? Accorrete col

a « « « «

le mani, accorrete coi cuori , ai generosi sol dati di Francesco imperatore congiungetevi. Manda egli un poderoso esercito in Italia : nou per sete di conquista il manda , ma per difendere se stesso , ma per restituire l'indi pendenza a tante europee nazioni , di cui la

servitù tanto è per tanti segni certa , quan « to per tanti dolori dura . Solo che Iddio se a«

« condi le virtuose opere di Francesco impe « ratore e de' suoi potenti alleati , fia novella « mente Italia in se stessa felice, fia da altri ri spettata ; ayrà novellamente il саро della reli « gione i suoi stati, avrà la sua libertà. Una con

« stituzione alla natura stessa , al vero stato po litico vostro consentanea sarà per prosperare

« le italiche contrade, e per allontanar da loro ogn' insulto di forza forestiera. Promettevi

« Francesco sì fortunate sorti : sa l'Europa , es a sere la sua fede tanto immutabile , quanto pu

« ra : il cielo , il cielo vi parla per bocca di lui. Accorrete, Italiani, accorrete: chiunque voi Botta T. VIII.

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STORIA D'ITALIA

siate , o qual nome vaggiate, o qual setla amiate , purchè Italiani siate, senza temenza u alcuna a noi venite. Non per ricercarvi di quanto avete fatto 2

ma per soccorrervi e

liberarvi siamo in cospetto delle italiane « terre comparsi . Consentirete voi a restarvi , per

' « come ora ora siete siete , disonorati e vili ? Sarete

u voi da meno , che gli Spagnuoli , eroica gen «a te , che altamente dissero , e che più alta « mente fecero , che non dissero ? Meno che

gli Spagnuoli amino , amate voi forse i vo

a stri figliuoli , la vostra religione , l ' onore ee a il nome della vostra nazione ? Abborrite voi

à forse meno ch' essi , il vergognoso giogo , a

a cui v'han posti coloro , che con belle parole v'ingannarono , che con tristi fatti vi ' lace « rarono ? Avvertite, Italiani , e negli animi « vostri riponete ciò , che ora con ragione e

a con verità vi diciam noi, che questa è la sola , questa l'ultima occasione, che a voi si scopre di vendicarvi in libertà , di gettar via

a dai vosti colli il duro giogo , che su tutta Ita 9

u lia si aggrava : avvertite , e negli animi vo

a stri riponete , che se voi ora non vi risenti « te, e se neghitrosi ancora vi state ad osserva « re , voi vi meltete a pericolo , quale dei due a eserciti abbia ad aver vittoria , di non esse

á re altro più che un popolo conquistato , che å un popolo così senza nome, come senza di å ritti. Che se pel contrario con animi forti vi

« risolvete a congiungere con gli sforzi dei vostri

liberatori anco i vostri, e se con loro andate a


LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1809)

II

« vittoria, avrà l'Italia novella vita, avrà suo gra

a do fra le grandi nazioni del mondo, e risalirà fors' anche al primo,come già il primo si ebbe. Italiani , più avventurose sorti or sono nelle

« mani vostre poste , in quelle mani che in al a to alzando le faci indicatrici di dottrina , di

civiltà , di arti tolsero il mondo alla barba rie, e dolce , e mansueto e costumato il ren « derono. Milanesi , Toscani, Veneziani , Pie

montesi, e voi tulli, popoli d'Italia, sovven. gavi dei tempi andati, sovvengavi dell'anti

« ca gloria : e tempi e gloria potranno riastau rarsi, e rinverdirsi più prosperi e più splen « didi che mai , se fia , che voi un generoso

a cooperare ad un pigro aspettare anteponia « te. Volere, fia vittoria ; volere, fia tornarvi più lieti e più gloriosi, che gli antenati vo « stri ai tempi delmaggiore splendor loro non u furono. »

A questo modo l'arciduca spronava gl'Ita liani , acciò non avessero a disperarsi di vedere la patria loro rimanere in altro grado che di ignominiosa e perpetua servitù. Ma le sue esor tazioni non partorirono effetti d'importanza ,

perchè coloro, che avevano le armi in mano, parteggiavano , come soldati, per Napoleone : gl’inermi odiavano bensì la signoria francese ma non si fidavano di quella dell'Austria , nè

che la vittoria di lei fosse per essere la libertà d'Italia pareva lor chiaro ; tutti poi spaventa va la ricordanza ancor fresca del caso di Ul

ma. Nè appariva , che fosse per nascere altera


STORIA D'ITALIA

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zione tra Napoleone ed Alessandro, la quale sola avrebbe potuto dare speranza probabile di buon successo .

Addì dieci di aprile la tedesca mole piom bava sull' Italia . L'arciduca , varcata la soin

mità dei monti al passo di Tarvisio, e supe rato, non però senza qualche difficoltà per la

resistenza dei Francesi , quello della Chiusa , si avvicinava al Tagliamento. Al tempo stesso, con abbondante corredo di artiglierie e di ca

valleria passava l'Isonzo, e minacciava con tut to lo sforzo de' suoi la fronte dei napoleoniani. Fuvvi un feroce incontro al ponte di Digna no, perchè quivi Broussier combattè molto va lorosamente . Ma ingrossando vieppiù nelle par ti più basse gli Austriaci , che avevano passato l'Isonzo , Broussier si riparò per ordine del vicerè sulla destra ; che anzi , crescendo il pe

ricolo, andò il principe a piantare il suo al loggiamento in Sacile sulla Livenza , attenden do continuamente a raccorre in questo luogo

tutte le schiere , sì quelle , che avevano indie treggiato, come quelle, che gli pervenivano dal Trevisano e dal Padovano. Stringevano i Te

deschi di assedio le fortezze di Osopo e di !

Palmanova . Eugenio, rannodati tutti i suoi, ec

cetto quelli, che venivano dalle parti superio ri del regno italico e dalla Toscana, si delibe rava ad assaltar l'inimico innanzi che egli aves

se col grosso della sua mole congiunto le altre parti , che a lui si avvicinavano . Del quale con siglio , non che lodare , biasimare piuttosto si


13 . LIBRO VIGESIMOQUARTO (1809) dovrebbe il principe ; poichè sebbene l'arci

duca non avesse ancora tutte le sue genti adu nate in un sol corpo ,

tuttavia sopravanzava

non poco di forze, e non che fosse dubbio il

cimento, era da temersi, che gli Austriaci sa

rebbero rimasti superiori; che se conveniva al l'arciduca , siccome fornito di maggior forza, il dar dentro, non conveniva al principe, che l'aveva minore : doveva Eugenio in questo ca so anteporre la prudenza all' ardire. Erano i Francesi ordinati per modo nei

contorni di Sacile, che Seras e Severoli occu pavano il campo a destra , Grenier e Barbou nel mezzo, Broussier a sinistra : le fanterie e

le cavallerie del regno italico formavano gran

parte della destra . Fu quest'ala la prima ad assaltar i Tedeschi ; correva il dì sedici aprile : destossi una gravissima contesa nel villaggio di

Palsi , da cui e questi e quelli restarono pa recchie volte cacciati e rincacciati : i soldati italiani combatterono egregiamente . Pure resto

Palsi in potestà dell'arciduca : e già i l'edeschi minacciosi colla loro sinistra fornitissima di ca

vallerie , insistevano ; la destra dei Francesi molto pativa ; Seras e Severoli si trovavano pressati con urto grandissimo , ed in grave pe ricolo. Sarebbero anche stati condotti a mal

partito , se Barbou dal mezzo non avesse man

dato gente fresca in loro ajuto. Avuti Seras questi soldati di soccorso , preso nuovo animo, pinse avanti con tanta gagliardia , che piglian do del campo

scacciò il nemico, non solamente


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STORIA D'ITALIA

da Palsi , ma ancora da Porcia, dove aveva il

suo principale alloggiamento. L'arciduca ve duto , che il mezzo della fronte francese era stato debilitato pel soccorso mandato a Seras,

vi dava dentro per guisa che per poco stette , che non lo rompesse intieramente. Ma entrava

in questo punto opportunamente nella battaglia Broussier , e riconfortava i suoi, che già ma nifestamente declinavano: Barbou eziandio si

difendeva con molto spirito. Spiase allora l'ar ciduca tutti i suoi battaglioni avanti : la bat taglia divenne generale su tutta la fronte. Fu la zuffa lunga, grave e sanguinosa , superando i Tedeschi di numero e di costanza , i Fran

cesi d'impeto e di ardire. Intento sommo de

gli Austriaci era di rieuperar Porcia ; ma con tuttochè molto vi si sforzassero, non poterono

mai venirne a capo. In quest' ostinato combat timento rifulse molto egregiamente la virtù del colonnello Giflenga, mentre guidava contro il

nemico uno squadrone di cavalli italiani. Fuvvi gravemente ferito il generale Teste , guerriero molto prode. Durava la battaglia già da più di sei ore , pè la fortuna inclinava. Pure final

mente rinfrescando sempre più l'arciduca con nuovi ajuti la fronte, costrinse i napoleoniani a piegare , non senza aver disordinato in parte le loro schiere , e ucciso loro di molta gente. Pati molto la cavalleria di Francia : fu anche

danneggiata fortemente la schiera di Brous sier , che servendo di retroguardo alle altre

mezzo rotte , e ritirantisi , ebbe a sostenere


LIBRO viGESIMOQUARTO ( 1809) 15 tutto l'impeto del nemico vincitore. Se la not te che sopraggiunse , non avesse posto fine al perseguitare del nemico , avrebbero i Francesi e gl'Italiani pruovato qualche pregiudizio molto notabile. Perdettero in questa battaglia di Sa cile i napoleoniani circa due mila cinquecento soldati tra morti , feriti e prigionieri : non man

carono dei Tedeschi più di cinquecento . Dopo l'infelice fatto non erano più le stanze di Sa cile sicure al principe vicerè. Per la qual cosasi

ritrasse , seguitato debolmente dai Tedeschi , sempre lenti perseguitatori dei nemici vinti , e perciò perdenti molte buone occasioni, sulle sponde dell'Adige. Quivi vennero a congiun

gersi con lui i soldati di Lamarque , che già staoziavano nelle terre veronesi , e quelli , che sotto Durutte dalla Toscana erano venuti . Ne

piccola cagione di dare novelli spiriti ai napo leoniani fu l'arrivo di Macdonald . Fu egli ve

duto con allegra fronte , ma con animo poco >

lieto da Eugenio , che stimava aver a passare in lui la riputazione di ogni impresa segnalata. Passò l'arciduca la Piave , passò la Brenta

tutto il Trivigiano , il Padovano e parte del Vicentino inondando . Assaltava in questo men tre Palmanova, ma con poco frutto : tentò con

un grosso sforzo il sito fortificato di Malghera per aprirsi la strada alle lagune di Venezia : ma non sortì effetto. Si apprestava non ostante ad andar a trovar il nemico sulle rive dello

Adige, sperando di riuscire nella superiore Loni

bardia, dominio antico de' suoi maggiori. Non


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STORIA D'ITALIA

trovò nelle regioni conquistate quel seguito che aspettava. Vi fu qualche moto in Padova, ma di poca importanza : si levarono anche in arme gli abitatori di Crespino, terra del Pole sine, e fu per loro in mal punto, perchè Na poleone tornato superiore per le vittorie di

Germania, fortemente sdegvatosi, li soggettò al

l'imperio militare, ed alla peba del bastone per le trasgressioni. Supplicarono di perdono. Rispose , perdonare, ma a prezzo di sangue : gli

dessero, per essere immolati, quattro di loro. Per intercessione del vicerè, che tentò di mol

lificare l' animo dell'imperatore , fu ridotto il numero a due : questi comprarono coll'ultimo supplizio l'indennità della patria. Intanto l'arciduca Carlo , varcato l' Oeno, aveva occupato la Baviera , e col suo grosso esercito s' incamminava alla volta del Reno.

Ogni cosa pareya su quei primi principj dar favore allo sforzo, dell'imperatore Francesco. Ma parte molto principale era la sollevazione dei Tirolesi. Annidavansi negli animi di que sto popolo armigero e virtuoso molte male so disfazioni. Assuefatti da lungo tempo al man

sueto dominio della casa di Austria , molto mal volentieri sopportavano la signoria dei Bavari, come non consueta , e come , se non per an tico costume , almeno per gli esempi freschi,

e forse anche pei comandamenti napoleonici , dura e soldatesca. Si aggiungeva, che il re di Bavicra aveva abolito l'antica constituzione del

Tirolo, riducendo la forma politica alla pote


LIBRO VIGESIMOQUANTO ( 1809)

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stà assoluta, anche in materia di tasse. Si ac

cordarono parte segretamente , parte palese mente per secondare con ogni nervo l'impre sa dell'antico loro signore. L'Austria gli ave

va fomentati, mandando per le montagne di

Salisburgo nel Tirolo Jellacich con un corpo di regolari. Il giorno stesso, in cui l'arciduca Carlo ave va passato l'Oeoo, e l'arciduca Giovanni le stret

te di Tarvisio, i Tirolesi mossi da una sola men te e da un solo ardore, si levarono tutti im

provisamente in arni, e diedero addosso alle truppe bavare e francesi, che nelle terre loro era

no poste a presidio. Fecero capo al moto loro un Andrea Hofer, albergatore a Sand nella valle di Passeira. Non aveva Andrea alcuna qualità

eminente, dico di quelle, alle quali il secolo va preso: bensì era uomo di retta mente e d'in

corrotta virtù. Vissuto sempre neile solitudini dei tirolesi monti ignorava il vizio e i suoi allettamenti. I parigini ed i inilanesi spiriti , an

che i più eminenti , correvano alle lusinghe na poleoniche ; povero albergator di montagna per severava Hofer nell'innocente vita. Allignano di ordinario in questa sorte di uomini due doti molto notabili , l'amore di Dio e l'amore del

la patria : l'uno e l'altro risplendevano in An drea. Per questo la tirolese gente aveva in lui posto singolare benevolenza e venerazione.Non era in lui ambizione ; comando richiesto, non

richiedente . Di natura temperatissima , von fa mai veduto , nè nella guerra sdegnato , nè nel Botta T. VIII.

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A


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la pace increscioso , contento al servire od al principe od alla famiglia. Vide vincitori inso

lenti, vide incendj di pacifici tugurj , vide lo strazio e la strage de'suoi; nè per questo ces sò dall'indole sua moderata ed uguale : terribile nelle battaglie , mite contro i vinti , non mai sofferse che chi le guerriere sorti avevano da to in sua potestà , fosse messo a morte ; anzi

i feriti dava in cura alle tirolesi donne , che, e per se , e per rispetto di Hofer gli accomo davano di ogni più ospitale servimento . Di

struggeva Napoleone le patrie altrui , sdegnoso anche contro gli amici : difendeva Hofer la sua , dolce anche contro coloro , che la chiamavano a distruzione ed a morte. Lascio io volentieri

le illustri penne della vile età nostra lodare į colpevoli fatti dei potenti : ma non mi sarà, credo , negato , ch'io col mio basso ed oscuro

stile mi diletti spaziando nel raccontare le ge perose opere di coloro , ai quali più arrise la virtù che la fortuna.

Adunque la naziorre tirolese, al suo antico

signo a schifo lafanciulli signore Ladando, ed avendo, vecchi e ria 'nuova , uomini, donne

da Andrea Hofer ordinati e condotti insorsero,

e dalle più profonde valli e dai più aspri mon ți uscendo, fecero un impeto improviso contro i Bavari ed i Francesi . Assaltati in mezzo a tan

to tumulio i Bavari a Sterchinga , a Inspruck , a Hall , e pel convento di San Carlo , non pote

rono resistere , e perduti molti soldati tra mor

ti e cattivi , deposero le armi , erano circa die


LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1809) 19 cimila, in potestà dei vincitori rimettendosi. Nè miglior fortuna incontrò un corpo di tre mila napoleoniani, francesi e bavari, che in soccorso degli altri arrivava , sotto le mura di

Vildavia. Quindi quante squadre comparivano alla sfilata o degli uni o degli altri , tante era no sottomesse dai sollevati. Nè luogo alcuno si

curo , nè ora vi erano per gli assalitori; perchè da ogni parte , e così di notte come di giorno, i Tirolesi, uscendo dai loro reconditi recessi , e

viaggiando per sentieri incogniti siccome quelli, che ottimamente sapevano il paese, opprimevano

all'improviso gl'incauti napoleoniani. Fu questa una guerra singolare e spaventosa ; conciossia chè al romore delle armi si mescolava il rim

bombo delle campane, che continuamente suo navano a martello, e le grida dei paesani scla manti senza posa : in nome di Dio , in nome della santissima Trinità. Tutti questi strepi ti uniti insieme, e dall’eco delle montagne ri percossi facevano un misto pieno di orrore, di terrore e di religione.

Queste erano le voci di una patria santa ed offesa. Chi con le carabine trapassava da lon tano i corpi degli offenditori , chi con sassi

sparsamente lanciati li tempestava, chi con enor mi massi strabalzati gli ammaccava. Hofer com

posto in volto , e torreggiante per l'alta e for te sua persona in mezzo a' suoi, e solo da lo

ro conosciuto per lei, non per ľabito confor

me in tutto a quello dei compagni, appariva ora incitante contro gli armati, ora råffrenante


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STORIA D'ITALIA

verso glinermi, uccisore ardentissimo di chi

resisteva, difensore magnanimo di deva. Dovunque e quandunque una volontà sola per combattere , sola per cessare, e più poteva ſ

chi si arren andava, era una volontà autorità del

suo pore in quegli animi bellicosi, che in sol dati ordinatissimi l'uso della disciplina ed il timore dei soldateschi castighi. I fanciulli fe

cero da adulti , i vecchi da giovani , le fem mine da uomini , gli uomioi da eroi, nè mai

più onorevole e giusta causa fu difesa da più unanime e forte consenso . Camminavano i vin ti , erano una moltitudine considerabile, per la

strada di Salisburgo verso il cuore dell'Au

stria , gratissimo spettacolo a Francesco . I Ti rolesi vincitori sulle terre germaniche , passate le altezze del Brenner , vennero nelle italiane, e mossero a romore le regioni superiori a Tren to. Propagavasi il romore da valle in valle ,

da monte in monte , e la trentina città stessa era in pericolo . Certo era , che quando l' ar ciduca Giovanni fosse comparso sulle rive del l'Adige , la massa tirolese sarebbe calata aa far gli spalla , il che avrebbe partorito un caso di

grandissima importanza per tutta Italia : que sto era il disegno dei generali austriaci. L'im

peratore Francesco, si per ajutare la caldezza di questo moto , e si per dimostrare, che non ave

va mandato in dimenticanza quelle popolazio ni tanto affezionale , mandava in Tirolo Cha

steler, un generale per arte e per valore fra i primi dell'età nostra, acciocche nelle cose di


LIPRO VIGESIMOQUANTO ( 1809) 21 guerra consigliasse Hofer. Mandava altresì, co me abbiam notato , un corpo di regolari usi

alle guerre di montagna sotto la condotta di Jellacich , capitano esperto , e conoscitore del paese . Come prima le insegne ed i soldați

ria comparirono , sentirono i Tiro dell'Aust lesi una

contentezza incredibile . Entrarono

gl' imperiali a guisa di trionfo ; tante erano le dimostrazioni di allegrezza, che i popoli fa cevano loro intorno. Le campane suonavano a

gloria, le artiglierie e le archibuserie tiravano

a festa ; i vincitori popoli applaudivano , ab bracciavano, si abbracciavano , erano pronti a ristorare i soldati di Austria con le più gradi

te vivande di quei monti : giorni felicissimi per l' eroico Tirolo,

Quì finirono le allegrezze dell'Austria; poi chè nel colmo più alto delle sue maggiori spe. ranze , Napoleone fatale giunto sulle terre ger maniche , e recatosi in mano

governo della

guerra vinse in pochi giorni tre grossissime

battaglie a Taun, a Abensberga , àa Ecmul. Per questi accidenti , fu costretto l' arciduca Carlo a ritirarsi sulla sinistra del Danubio, e

restò aperta la strada sulla destra ai napoleo piani per Vienna. Produssero anche le rotte

dell'arciduca un altro importante effetto , e

questo fu , che oltrandosi Napoleone alla volta di Vienna , fu forza all' arciduca Giovanni il tirarsi indietro dall'Italia affinché non gli fosse

impedita la facoltà di ritornarsene in Austria , e perciò non solo l'Italia si perdeva per lui ,


22

STORIA D'ITALIA

ma ancora il Tirolo. Così per le vittorie acqui state dall'imperatore dei Francesi tra Augusta e Ratisbona si cambiò la condizione della guer

ra. Chi aveva assaltato, era costretto a difendersi; chi era stato assaltato , aveva acquistato fa

coltà di assaltare ; l'Italia si perdeva per l’Au stria , Vienna pericolava , e niuna speranza re

stava a chi aveva mosso la guerra , che quelle dell'Ungheria , della Moravia e della Boemia . Quaudo pervennero all'arciduca Giovanui le novelle delle perdite del fratello , si accorse , e n'ebbe anche comandamento da Vienna,

che

quello non era più tempo da starsene a badare in Italia , e che gli era mestiero accorrere in ajuto della parte più vitale della monarchia.

Ordinava adunque il suo esercito , che già era trascorso oltre Vicenza , alla ritirata , solo pro

povendosi di fare qualche resistenza ai luoghi forti

per poter condurre 'in salvo le artiglierie,

le munizioni e le bagaglie ; opera difficile еe pericolosa con un nemico a fronte tanto sve

gliato e precipitoso . Ritiravasi l'arciduca , per seguitavalo il principe. Fuvvi qualche indugio alla Brenta per la rottura dei ponti. Ferma

ronsi gli Austriaci sulle sponde della Piave, e si deliberarono a contendere il passo. Erano

alloggiati in sito forte , distendendosi colla de stra sino al ponte di Priuli, stato a bella posta arso dall'arciduca , e colla sinistra a Rocca di

Strada sulla via che porta a Conegliano. Nu merose artiglierie rinforzavano la fronte , che occupava le vicine eminenze in faccia al fiu


LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1809)

23

me : i luoghi bassi erano assicurati da alcune

torme di cavalli. Si apprestavano i Francesi al passo , sforzandosi di varcare a quello di Lo vadina , che è il principale. Non ostante che i Tedeschi furiosamente tempestassero colle ar tiglierie poste nei luoghi eininenti , Dessaix ven ne a capo dell'intento. Poi passò il vicerè so pra e sotto a Lovadina con la maggior parte dell'esercito. Ordinò tostamente i soldati sot

to il bersaglio stesso dei nemici, che con pal le e cariche continue di cavalleria l'infestava

no. Pareggiossi la battaglia , che continuava con grandissimo furore da ambe le parti ; perchè

i Francesi volevano sloggiare gli Austriaci dal le alture, gli Austriaci volevano rituffar i Fran

cesi nel fiume. Non risparmiavano nè il prin

cipe nè l'arciduca in questa terribile mischia a fatica od a pericolo , ora come capitani co mandando , ed ora come soldati combattendo. Era il conflitto tra la Piave e Conegliano ; fos si profondi munivano la fronte tedesca. Die dero dentro i Francesi, Abbé a destra, Brous

sier in mezzo, Lamarque a sinistra : secondava li Pully, Grouchy, Giflenga. Dopo ostinato af fronto i soldati dell'arciduca furono costretti

a piegare : la fortuna si scopriva in favor del principe. Restava a superarsi il molino della Capanna, dove i Tedeschi ostinatamente si di

fendevano. Lamarque ajutato da Durutte , su

perati velocemente i fossi, e caricando con le

bajonette, s's' impadroniva finalmente di quel forte sito ; il che fece del tutto sopravanzare


24 .

STORIA D'ITALIA

le sorti di Francia. Si ritirarono gli Austriaci, non senza disordine nelle ordinanze , a Cone

gliano. Poi pressando vienpiù il nemico , cer carono salvainento in Sacile. Fu molto grossa

questa battaglia , e molto vi patirono i Tede schi: tra morti, feriti e prigionieri , i perduti sommarono circa a dieci mila . Morirono fra

gli altri , o vennero in potestà del vincitore i generali Wolskell, Rissner e Hager. Perdet

tero quindici cannoni , trenta cassoni , molte munizioni e bagaglie. Dei napoleoniani man carono tra morti e feriti, circa tre mila . Prin

cipal onore in questo fatto riportarono dalla parte dei Francesi, oltre il principe, Dessaix e Pully, da quella dei Tedeschi, oltre l'arci duca, Wolskell, che finì poco dopo per le fe rite, l'ultimo dì della sua vita con molto riu

crescimento de' suoi, perchè era veramente va

loroso e perito capitano di guerra.

Continuava l'arciduca a ritirarsi, il principe a seguitarlo. Passò il Francese facilmente la Li

difficilmente 'il Tagliamento. Inondando i napoleoniani con la cavalleria il piano e le valli, scioglievano l'assedio di Osopo e di Pal venza ,

manova . Divise il vicere i suoi in due parti , mandando la prima alla volta dei passi di Tar visio verso la Carintia, la seconda sotto la con dotta di Macdonald verso la Carpiola.

L'in

tento era di sospingere con quella, occupando la Carintia e la Stiria , il nemico sino ai re

cessi dell' Ungheria , e di congiungersi in tal modo coi napoleoniani di Germania, con que


1.IBRO VIGESIMOQUARTO (1809)

25

sta di accennare a Lubiana, e di cooperare con Marmont , che a gran passi si accostava ve nendo dalla Dalmazia . L'uno e l'altro dise

gno riuscirono a quel fine, che il capitano di Francia si era proposto ; conciossiacbè Dessaix e Seras prendendo continuamente dei monti, e cacciandosi avanti per le valli di Ponteba , di

Pradele, della Fella e della Dogna í Tedeschi, si avvicinavano al sommo giogo, che disparte

le acque del Mediterraneo da quelle del mar Nero . Incontrarono un primo intoppo nei for ti di Malborghetto e di Pradele. Tentò Seras di corrompere con danari il comandante di Malborghetto . Ricusò il Tedesco contrattazione tanto abbominevole : anzi combattendo valoro

samente , ee confortaudo cou gravi e virili pa role i compagni alla difesa del forte , ed alla salute della patria, vi finì una onorata vita con una gloriosa morte. Duolmi di non aver cono

sciuto il nome di questo virtuoso Austriaco poichè mi sarebbe stato caro il mandarlo ai

posteri in queste mie storie. Ottenevano final mente i napoleoniani i due forti: superava il vicerè il passo di Tarvisio , ed entrava vinci tore nella Carintia , alla volta di Judenburgo di

Stiria incamminandosi . Jellacich

cacciaio

dal Tirolo per le armi del maresciallo Lefe

vre, mandatovi da Napoleone dopo le vittorie di Ratisbona , perdè quasi tutti i suoi a San Michele di Stiria . Seras, passati i monti di So meringa, ed arrivato a Schottvien , si congiun geva con le prime scolte dell'esercito germanico. Botta T. VIII.

4


STORIA D'ITALIA

26

Mentre queste cose accadevano sulla sini stra del vicerè, Macdonald sulla destra aveva occupato, passando per Monfalcone e Duino , Trieste. Da questo luogo si era incamminato

verso la Carniola per impadronirsi di Lubia pa, città capitale, cooperare con Marmont , e quindi per la strada maestra, che da Lubia

na porta a Gratz, condursi in quest' ultima città col fine di essere in grado di menar nuoyi soldați a Napoleone. L'arciduca Carlo teneva ancora il campo grosso e minaccioso.

Trovava Macdonald un duro intoppo in Pre valdo ; ma parte di fronte assaltandolo, e par

te girando ai fianchi, l' acquistava. Colla me desima arte di

accennare ai fianchi ed al

le spalle costringeya alla dedizione quattro mila Austriaci , che difendevano Lubiana , ee

vi entrava trionfando. Acquistata così nobile vittoria , se ne giva , lasciati in Carniola

presidj sufficienti , a Gratz. Quivi fermossi

aspettando , che Marmont lo venisse a tro vare dalla Dalmazia. Come prima il gene. rale dei dalmatici ebbe avviso , che l'arciduca Giovanni , costretto dalla necessità della guerra

di Allemagna, si era mosso dal Vicentino per

ri

tirarsi dall'Italia, si era messo in cammino per

andar a congiungersi a cose maggiori col gros so dei napoleoniani. Partitosi adunque da Za e superati i Tedeschi, che gli vollero con fondere il passo al monte di Chitta ed a Gra

ra ,

cazzo , si approssimava alla terra di Gospizza, >

forte di sito per le molte acque che la cir


LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1809)

23 condano , e per esservisi il nemico molto in

grossato. Erano , la più parte , Croati. Fuvvi un combattere molto fiero sì in una battaglia

stabile , e sì alla campagna sparsa . Vinse, dopo sangue ,, molto sangue

la fortuna dei napoleoniani. Si

apersero per la vittoria di Gospizza, facili le strade al capitano di Francia, perchè da un incontro in fuori, ch'egli ebbe col retroguardo nemico ad Ottossa , non gli fu più oltre con

trastato il passo . Occupò successivamente Se gra e Fiume , e trovati i compagni in Istria ; s'incamminava a gran giornate a Gratz . A questo modo tutto l'antico Illirio venne in po testà di Francia. Il vicerè , raccolte tutte le

squadre , e solo lasciate le güervigioni neces sarie nei luoghi più opportuni, passava i monti di Someringa , e per la valle dell'Arabone o Giavarino, che i moderni chiamano Raab, verso il Danubio calandosi , andava a farsi partecipe delle imprese del padre. L'enfasi napoleonica quivi si spiegava. * O bene vi avvengá , di á ceva in uno scritto mandato fuori a posta, e « siate ben venuti , o soldati miei dell'esercito

« italico : sorpresi da un nemico perfido prima a che le vostre colonne fossero unite , fino al

« l’ Adige ritraeste i passi ; ma quando ordi « naivi di marciare avanti, e quegli essere i cam pi di Arcolo ricordaivi, voi vinceste veati

battaglie, voi conquistaste venticinque' mila prigioni , voi seicento cannoni , voi dieci ban « diere : nè la Sava ,3 nè la Drava , Diè la Mu * ra , nè le strette di Tarvisio , nè gli aspri


28 (

STORIA D'ITALIA

gioghi della Someriuga vi arrestarono : quel Jellacich , primo autore dell'uccisione dei no

á stri nel Tirolo , pruovo di che sapessero le bajonette vostre : voi feste pronta giustizia di (

quegli avanzi fuggiti dallo sdegno del gran

« de esercito : o bene vi avvenga , e siate ben

« venuti , o voi soldati , che operaste ,

che que

gli Austriaci d'Italia , che per poco d'ora (

ebbero contaminato con la loro presenza le

« mie provincie , vinti , dispersi ed annientati a servissero d'esempio della verità di questa divisa , Dio me la diede, guai a chi la u

« tocca : sono , o soldati , contento di voi. » A

queste intonazioni di Napoleone si stringevano nelle spalle gli uomini savj e temperati, i qua li , per amore anche della grandezza di lui , avrebbero desiderata maggior moderazione; nja

Napoleone non conobbe la grandezza della mo destia .

Il giorno quattordici di giugno, anniversa rio della vitioria di Marengo, vinceva il prin cipe Eugenio sotto le mura di Giavarino una

grossissima battaglia contro l'arciduca Giovan

ni, che saliva per le sponde del Danubio in ajuto del suo fratello Carlo. Fu questa batta glia bene e con arte egregia combattuta dal vi cerè. Nè io voglio defraudare della dovuta

laude l'arciduca, che in mezzo a tanto tumul to, a tanti spaventi , a tanlo precipizio delle cose austriache , conservò la mente immota e

le schiere ordinate. Combatté coi retroguardi

valorosamente, tenne rannodati gli antiguard ,


LIBRO VIGESIMOQUARTO (1809)

29

e dopo tante battaglie , ed una ritirata di tanto spazio, risorse più potente di prima nei cam pi di Giavarino , e se non fosse stata la pre stezza del viceré , avrebbe forse cambiato da tristi in liete le sorti del fratello augusto . Pia

cemi in questo luogo dire , di Eugenio e di Giovanni favellando, che giovani ambidue, se furono di età pari, furono anche di valore ; mia Giovanni più modesto per la natura del

la casa ; Eugenio più borioso per gli sproni del padre , degno l' uno di difendere la pro pria patria , non degno l' altro di distruggere le patrie di altrui . Il di sei di luglio periva la mole austriaca vei campi di Vagria. Quivi fu prostrato l' ar

ciduca Carlo : Napoleone divenne padrone di quella antica e grande monarchia . Si trovò fa-' cilmente forma di concordia per la depressione di una delle parti : consentà l'imperatore Fran cesco a condizioni durissime di pace. Consenti

anche, prevalendo in lui ad ogni altro rispetto la salute dello stato , a quello, che era più duro ancora che tutte le altre condizioni , di

co al congiungere la propria figliuola Maria Luisa in matrimonio a colui, che era la ruina

della sua casa , e che , principiante e durante Ja guerra , l'aveva chiamato coi nomi più vi tuperosi. Il di quallordici ottobre si stipulava

in Vienna, per lo stabilimento delle cose inuni, dal siguor di Champagny per parte

CO

di

Napoleone, e dal principe di Lichtenstein per parte di Francesco il trattato di

pace. Cedeva


30

STƠI D'ITALIA

l'imperatore Francesco all'imperatore Napoleo ne, oltre molti altri paesi in Gerinania ed in Po lonia, la contea di Gorizia , il territorio di Mo

falcone, la contea e la città di Trieste, il du cato di Carniola con le sue dipendenze del golfo di Trieste , il circolo di Villaco nella

Carintia con, lulli i paesi situati sulla riva de

stra della Sava dal punto, in cui questo fiume esce dalla Carniola fin dove tocca le frontiere

della Bosnia , nominatamente una parte della

Croazia provinciale , sei distretti della Croazia militare, Fiume, ed il littorale ungherese , la Istria austriaca col distretto di Castua, Picino,

Buccari , Buccarizza , porto Re , Segua ee le iso

le dipendenti dai paesi ceduti , e tutti gli al tri territori qualsivogliano situati sulla destra del fiume , il filo delle acque del quale avesse a servire di limite fra i due stati : perdonasse

Napoleone ai Tirolesi , Francesco ai Polacchi : l'Austria cessasse ogni relazione coll'Inghilter ra. Napoleone sempre intento a torre la ripu taziove a' suoi amici per tor loro poscia lo sta

fece iuserire nel trattato un capitolo , per cui l' Austria si obbligava a cedere all'impe

to

7

ralore Alessandro di Russia , che era stato , contro ogni ragione, oziosamente riguardando il processo di questa guerra , nella parte più orientale dell'antica Galizia un territorio , che conteuesse quattrocento mila anime, non inclu sa però la città di Brodi; il quale capitolo ac

cetiò Alessandro , benchè fosse spoglia di un amico , che ne ricevette grandissima molestia .


LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1809)

31

Di questa stipulazione non merita riprensione l’ Austria , siccome quella , che vi consentì per forza. Dello sforzatore poi e dell'accettatore chi abbia meritato maggior biasimo , facilinen

te il giudicheranno i posteri. Questo fine sor

tirono la presa di armi , ed il poderoso ap dell'Austria , e questa con di accettare. L' Europa vie obbligata fu cordia coufermay maggiormente si a in servitù di Na

parato di guerra

poleone.

L'Austria percossa da tanto infortunio quie

tava per la pace , ma era dolorosa la sua quie te. Oltre la perduta potenza , l'infestava ſ'in solenza del vincitore , e l'aggravavano le gros : sissime imposizioni. Soli i Tirolesi non cedeva e

no al terrore comune e con le armi in mano

continuavano a difendere quel sovrano , che già deposte le sue aveva dato molte nobili parti del suo dominio , e loro stessi in potestà del vincitore. Il principe Eugenio dalle sue stanze di Villaco gli esortava a posare , ma invano. Più volte combattuti dai Francesi, dai Sassoni

e dai Bavari , più volte batterono ; e più volte anco battuti , più volte risorsero . Vinti , si ri tirayano alle selve impenetrabili , ai monti inac

cessibili ; vincitori inondavano le valli , e furio ti , erana samente cacciavano il nemico . Vin Vinti

trattati crudelmente dai napoleoniani ; vinci tori , trattavano i napoleoniaui umanamente ; e siccome gente religiosa , vinti, con segni di grandissima divozione pregavano dal cielo mi

glior fortụna alla patria , vincitori , coi nie


32

STORIA D'ITALIA

desimi segui il ringraziavano. E' furono visti dopo di aver superato con incredibile valore í

soldati di Lefevre, e restituito a libertà coloro che si erano arresi , scorrepte ancora il san 2

gue , e presenti i cadaveri dei compatriotti e dei nemici, giltarsi tutti al punto stesso ,

dato

il segno da Hofer coi ginocchi a terra , ed in tale pietosa attitudine tra lacrimosi e lieti , rendere grazie a Dio dell'acquistata vittoria.

Echeggiavano i monti intorno dei divoti ed allegri suoni maodati fuori da religiosi e forti petti. Infine sottentrando continuamente genti fresche a genti uccise , abbandonati da tutto il mondo , anzi quasi tutto il mondo combat tendo contro di loro, cessarono i Tirolesi , non

dal volere , ma dal potere, e nei montuosi ri im cetti loro ricoveratisi aspettavano occasione , in

cui più potesse la virtù che la forza. Il bavaro dominio si restituiya nel Tirolo tedesco ; cedè

l'italiano in possessione del regno italico. Sal finir del presente anno Andrea Hofer si ritirava con tutta la sua famiglia ad un povero

casale fra montagne e devi altissime , doleats

per la patria,, tranquillo per se. Ma Napoleone era sitibondo del suo sangue. Percio ,

fattolo

con tutta diligenza cercare e ricercare , gli riusci di trovarlo nel suo recondito recesso .

Batlerono alla porta ii napoleoniani soldati , era la notte dei veozette gennajo dell'ottocento dieci . L' a perse Hofer : veduto che era venuto in forza altrui , con semplicità e serenità mi

rabile , « Son’ió , disse , Andrea Hofer : sono


LIBRO VIGESIMOQUANTO ( 1809) 33 « in poter di Francia : fate di me ciò che vi aggrada ; ma vi piaccia risparmiare la mia Il

donna e i miei figliuoli: son' eglino innocen ti , nè de' fatti'miei obbligati. » Così dicen

do , diessi in potestà dei napoleoniani. Diede si con lui un giovinetto di fresca età , figliuolo di un medico di Gratz , venuto , così muoven dolo la virtù del Tirolese , a trovarlo , ed a dedicarsegli , o a vita o morte. Condotto a

Bolzano , l'accompagnarono la madre ed un fi

gliuolo di tenera età. Ultimo destino gli sopra staya. Fu il figliuolo lasciato stare a Bolzano , la madre mandata a Passeira ad aver cura di

tre altri figliuoli ancor bambini, i quali , se ora avevano il padre prigioniero , presto il doveva no aver morto. Pure non se n'accorgevano per

la fanciullezza; il che muoveva

viemaggior

mente a compassione. Accorrevano i popoli

smarriti dovunque i napoleoniani con Andrea legato passavano , o nel Tirolo tedesco o nel l'italiano che si fosse , alzando per dolore gli occhi al cielo , e lacrimaudo ee sclamando , e la memoria del diletto ed infelice loro capitano

benedicendo. Le palle soldatesche ruppero

in

Mantova il patrio petto di Andrea , lui , non

che intrepido, quieto in quell'estrema fine. Ostò ad Andrea l' età perversa , fu chiamato brigante , fu chiamato assassino. Certo , se le

lodi sono stimolo a virtù , lagrimevole e di sperabil cosa è il pensare al destino di Hofer. Acquistata tanta vittoria dell'Austria , e de ponendo ogni simulazione, non conobbe più fre Botta T. VIII.

5


34

STORIA D'ITALIA

no Napoleone: l'antica cupidigia di Roma gli ve niva in mente . Piacquegli per maggiore scorno

dell'Austria , che sul principiare della guerra aveva favellato di liberare e restituire il pa pa, decretare il dì diciassette maggio in Vienna stessa queste cose : considerato , che quando Carlomagno imperatore dei Francesi , e suo augusto antecessore, diede in dono ai vescovi

di Roma parecchi paesi, gliene cedè loro a ti tolo di feudo col solo fine di procurare si

curezza a' suoi sudditi, e senza che per questo abbia Roma cessato di esser parte del suo im

pero ; considerato ancora, che da quel tempo in poi l'unione delle due potestà spirituale e temporale era stata , ed ed ancora ancora era fonte e

principio di continue discordie ; che pur trop

po spesso i sommi pontefici si erano serviti dell'una per sostenere le pretensioni dell' al tra, e che per questo le faccende spirituali,? che per natura propria sono immutabili 9, si trovarono confuse colle temporali sempre mu tabili a seconda dei tempi ; considerato final inente, che quanto aveva egli proposto a con ciliazione della sicurezza de' suoi soldati, della

quiete e della felicità de' suoi popoli, della di gnità e della integrità del suo impero colle pretensioni temporali dei sommi pontefici, era stato proposto indarno, intendeva, voleva ed

ordinava; che gli stati del papa fossero e re stassero uniti all'impero francese;‫ ܪ‬che la città di Roma, prima sede della cristianità, e tanto piena d' illustri memorie, fosse città imperiale


LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1809)

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e libera, e che il suo reggimento avesse forme

speciali ; che i segni della romana grandezza, che ancora in piè sussistevano, a spesa del suo

imperial tesoro fossero conservati e mantenuti ; che il debito del pubblico fosse debito del l'impero ; che le rendite del papa si amplifi cassero sino a due milioni di franchi, e fos

sero esenti da ogni carico e prestanza ; che le proprietà e palazzi del santo padre non fos sero soggetti ad alcun aggravio di

tasse , ed

a

nessuna giurisdizione o visita, ed oltre a que

sto godessero d'immunità speciali ; che final mente una consulta straordinaria il primo di giugno prendesse possessione a suo nomego de gli stati del papa, ed operasse, che il ver no , secondo gli ordini della constituzione vi

fosse recato in atto il primo giorno dell'otto cento dieci. Nè mettendo tempo in mezzo ,

chiamava il giorno stesso dei diciassette mag

gio alla consulta Miollis, creato anche gover nator generale e presidente, Saliceti, Degeran do, Janet, Dalpozzo, e per segretario un Bal bo, figliuolo del conte Balbo di Torino.

A questo modo veniva Roma in potestà im mediata di Napoleone, ed i papi dopo una pos

sessione di mille anni, furono spodestati del dominio temporale. Ad atto così grave ed inso lito sclamava Pio, e con la sua pontificale voce

a tutto il mondo gridava : « Adunque sono adempite le tenebrose trame dei nemici del a la sedia apostolica ? Adunque dopo la violen

« ta ed ingiusta invasione della più bella e più


36

STORIA D'ITALIA -

considerabil parte dei nostri dominj, spoglia ~ ti siamo, solto indegui pretesti, e con ingiu (

stizia somma , della nostra sovranità tempo

K

rale, con cui la indipendenza spirituale no

« stra è strettamente congiunta ! Fra questa

persecuzione barbara consolaci e confortaci « il pensiero dello essere in sì grave calamità caduti non per offesa alcuna , da noi fatta

all'imperatore dei Francesi od alla Francia, alla Francia stata sempre nostro amore e no

« stra cura prediletta, nè per alcuno intrigo di « mondana politica , ' ma per non aver voluto 4

tradire né i nostri doveri nè la nostra co

scienza. Se non lece a chiunque la religione a cattolica professa di dispiacere a Dio per pia a cere agli uomini, molio meno conviensi a

chi di questa medesima religione è capo ed insegnatore supremo. Obbligati inoltre verso ((

Dio , obbligati verso la chiesa a trasmettere

« ai successori nostri intatti ed intieri i nostri

diritti, noi protestiamo contro di questa nuo « va e violenta spoliazione, e nulla dichiaria

« mo e di niun valore la occupazione testè fatta dei nostri dominj. Ricusiamo, e

con

ferma ed assoluta risoluzione rifiutiamo ogni

« rendita o pensione, che l'imperatore dei Fran « cesi pretende fare a noi ed ai membri del a postro collegio. Taccia d'infame obbrobrio

« in cospetto della chiesa incontreremmo , se il vitto ed il viver nostro accettassimo dalle

« mani dell'usurpatore dei nostri beni. Ri u mettiamcene nella providenza , rimettiamcene


LIURO VIGESIMCQUARTO ( 1809)

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nella pielà dei fedeli, contenti al terminare ((

per tale guisa nella mediocrità questa vila oggimai piena di tanti dolori e di tanti affan

« ni. Prosterniamci noi, e con umiltà perfetta i « decreti impenetrabili di Dio adoriamo: pro sterniamci, ed a favore dei nostri sudditi la a sua divina misericordia invochiamo , dei no

« stri sudditi, nostro amore e nostra gloria, i

quali , fattosi da noi quanto nella presente « occorrenza dal debito nostro era richiesto , « esortiamo ad amar la religione, a conservar « si in fede, a pregare, ed instantemente con pianti e con gemiti scongiurare, tra il vesti « bolo e l'altare prostrati, il supremo Padre « della luce , acciocchè si degni cambiare in meglio i consigli perversi di coloro , da cui nostri persecutori mossi. „i sono i nostri Il giorno appresso , in cui mandaya fuori

dal suo pastorale petto queste lamentazioni, fulminava papa Pio la scomunica contro l'im perator Napoleone e contro tutti coloro , che con lui avessero cooperato all'occupazione de gli stati della chiesa , e massimamente della città di Roma . Fulmiud altresì l'interdetto

contro tutti i vescovi e prelati si secolari che

regolari, i quali non si conformassero a quan to aveva statuito circa i giuramenti e le di mostrazioni pubbliche verso il nuovo governo . Data la sentenza, si ritirava nei penetrali del suo palazzo , attendendo a pregare , ed है

aspettando quello , che la nemica forza fosse per ordinare di lui. Fe' chiudere diligentemente


38

STORIA D'ITALIA

le porte , e murare gli aditi del Quirinale, ac

ciocchè non si potesse pervenire nelle interne stanze sino alla sua persona , se non con ma nifesta violazione del suo domicilio. Informa

rono i napoleonianiil loro padrone dello sde papa , e della fulminata sentenza : pre

gho del

garono, ordinasse ciò che avessero a farsi. Ri

spose , rivocasse il

papa

la scomunica , accet

tasse i due milioni : quando no l'arrestassero ed il conducessero in Francia. Duro comando trovò duri esecutori. Andarono la notte dei

cinque luglio sbirri , masnadieri , galeotti , e con loro, cosa incredibile , generali e soldati na

poleoniani alla violazione della pontificia stan za. Gli sbirri , i masnadieri ed i galeotti sca

larano il muro alla panattiera , dov'era più basso , ed entrati aprirono la porta ai napoleo niani , parte gente di armi, parte di grossa or dinanza. Squassayansi le interne porte, scuote

vansi i cardini, rompevapsi i muri : il notturno romore di stanza in istanza dell'assaltato Qui

rinale si propagava :: le facelle accese , che parte

dileguavano , parte vieppiù addensavano la oscurità della notte , accrescevano terrore alla cosa . Svegliati a sì grande ed improviso fra casso tremavano i servitori del papa ; solo Pio

imperterrito si mostrava . Stava con lui Pacca cardinale chiamato a destino peggiore di quel

lo del pontefice per avere in tanta sventura e precipizio serbato fedenteal suo signore : prega vano , e vicendevolme si confortavano. Ed

ecco arrivare i napoleoniani , atterrate o fra


LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1809)

39 cassate tutte le porte , alla stanza dell'inno

cente e perseguitato pontefice. Vestivasi a fret ta degli abiti pontificali: voleva , che rima nesse testimonio il mondo della violazione non solamente della sua persona , ma ancora

del suo grado e della sua dignità. Entrò per forza nella pontificia camera il generale di gen darmeria Radet , cui accompagnava un certo

Diana , che per poco non aveva avuto il

capo

mozzo a Parigi per essersi mescolato in una

congiura contro Napoleone con lo scultore Ce racchi , ed ora si era messo , non solamente a

servir Napoleone, ma ancora a servirlo nel l'atto più condannabile , che da lungo tempo avesse commesso. Radet pensando agli ordini dell'imperatore, venne tostamente intimando al papa , accettasse i due milioni , rivocasse la scomunica ; altrimenti sarebbe preso e con

dotto in Francia. Ricusò , non superbainente , ma pacatamente , il che fu maggior forza ,

il

pontefice la profferta. Poi disse perdonare a lui , esecutore degli ordini : bene maravigliarsi che un Diana suo suddito , si ardisse di com

parirgli avanti, e di fare alla dignità sua tanto oltraggio ; ciò non ostante soggiunse , anche a lui perdonare. Fattosi dal papa il rifiuto , tra passava a protestare , dichiarando nullo

e

di

niun valore essere quanto contro di lui , contro lo stato della chiesa, e contro la romana sede aveva il governo francese fatto , e faceva : poi

disse, essere parato ; di lui facessero ciò che volessero : dessergli pure supplizio e morte ,


STORIA D'ITALIA

40

non avere l'uomo innocente cosa di che te .

mere si abbia . A questo passo , preso con una

mano un crocifisso , coll'altra il breviario , ciò solo gli restava di tanta grandezza , in mezzo

ai vili uomini rompitori del suo palazzo , ed ai soldati napoleoniani , che non avevano abbor rito dal mescolarsi con loro , s' incamminava dove condurre il volessero. Gli offeriva Radet

desse il nome dei più fidi, cui desiderasse aver compagni al suo viaggio. Diedelo , nessuno gli fu conceduto. Fugli per forza svelto dal gremo bo Bartolommeo Pacca cardinale . Poi fu con

presto tumulto condotto , assiepandosegli d'ogni intorno le armi napoleoniche , nella carrozza

che a questo fine era stata apparecchiata, e con molta celerità incamminato alla volta della 1

Toscana. Solo era con lui Radet . Mentre gl'in degni fatti notturnamente si commettevano nel

pontificale palazzo,Miollis sorto a vegliar l'im se ne stava ad udire i rapporti ,

presa

che

>

ad ogni momento gli pervenivano , nel giar dino del contestabile , non so se aa caso o( a

disegno , passeggiando. Certo , in tale accidente il nome di contestabile faceva un suono spa

ventevole ; perciocchè ricordava Clemente set timo. Non era senza sospetto il generale napo leonico di qualche romore. Per questo aveva

scelto la notte, comandato prestezza , chiamato due mila Napolitani soilo colore di mandargli

1

!

nella superiore Italia .

Stupore ed orrore occuparono Roma, quando nato il giorno , vi si sparse la nuova della com

1


LITRO VIGESIMOQUARTO ( 1809)

41

messa enormità. Portavano i carceratori il pon tefice molto celeremente pei cavalli delle poste per prevenir la fama. Tanto temeva il padrone di tutte armi una religiosa opinione. Transmet tevansi l'uno all'altro i gendarmi di stazione in stazione il cattivo e potente Pio. Quel di Genova , temnendo di qualche moto in riviera .

di levante , l'imbarcava sur un debole schifo, che veniva da Toscana . Addomandò il ponte fice al carceratore , se fosse intento del governo di Francia di annegarlo. Rispose negando. Posto

piede a terra , il serrava nelle apprestate car rozze in Genova : pena di morte , se i posti

glioni non galoppassero. Sostossi in Alessandria, come in luogo sicuro per le soldatesche , a de sinare. Poi traversossi il Piemonte con velocità

di volo : a Sant'Ambrogio di Susa , il carce

ratore apprestava i cavalli per partire con mag gior celerità , che non era venuto. Lasso dal

l'età , dagli affanni, dalviaggio, l'addomanda va il pontefice, se Napoleone il voleva vivo o morto. Vivo , rispose. Soggiunse Pio , adunque starommi questa notte in Sant'Ambrogio. Fu forza consentire. Varcavano il Cenisio : gl'ita

liani popoli non avendo potuto per la velo cità venerare il pontefice presente , il veriera

rono lontano , pietosamente visitando i luoghi dove aveva stanziato , per dove era passato , sacri li chiamavano per isventura ,

sacri

per

dignità , sacri per santità. Semi di distruzione

di Napoleone erano questi; già le profezie di Pio si avveravano , già la pienezza dei 6tempi Botta T. VIII.


STOMA D'ITALIA 42 si avvicinaya. Pacca fedele fu mandato , come se fosse un malfatiore, nel forte di Pietraca

stello presso a Belley, funesta stanza di ogni

innocente, che non piaceva a Napoleone. Fu lasciato il papa fermarsi qualche giorno in Gre noble , poi messo di nuovo in viaggio. Come se altra strada non vi fosse , fu fatto passare a Valenza di Delfinato , stanza di morte di Pio sesto, atto tanto più incivile , quanto non ne

cessario. Per Avignone , per Aix , per Nizza di Provenza il condussero a Sayona , strano viag gio da Roma per Francia a Savona. Ma celavasi

la partenza , celavasi il viaggio : salvo coloro , che presenti vedevano il pontefice, piuno sa peva ; perchè delle lettere dei privati poche parlavano, delle gazzette niuna , dove fosse , >

nè dove andasse. I Francesi colla medesima ri n verente osservanza l' onorarono , co cui lo

avevano onorato gl' Italiani : il trattarono i

pre

fetti dei dipartimenti con servimento e rispet 10 : così aveva comandato Napoleone. Napoleone vincitore dell'Austria tornava in

Francia nella imperial sede di Fontainebleau , I deputati italiani , tal era stato il concerto e

l'ordine, già l'aspettavano per le adulazioni, Moscati, Guicciardi e Testi pel regno italico , Zondadari cardinale , arcivescovo di Siena , e

grand'elemosiniere di Elisa principessa , Alliata , arcivescovo di Pisa , un Chigi , un Lucci, un

Mastiani , un Dupouy, un Benvenuti, un Tom maso Corsini per la Toscana ; il duca Braschi ,

il principe Gabrielli, il principe Spada , il duca


LIBRO VIGESIMOQUARTO (1809)

43

di Bracciano , il cavaliere Falconieri, il coule Marescotti, il marchese Salombri, il marche

se Travaglini per Roma. Moscati orando, rin graziò delle date leggi, Zondadari della data Elisa .

Per Roma vi fu maggior magniloquenza. Bra schi, oratore della città dei sette colli , favellò degli Scipioni, dei Camilli, dei Cesari, del pa dre Tevere . « Sussiste ancora , soggiunse Bra

schi , nipote che era di Pio sesto perseguita « to, sussiste quel Campidoglio, sul quale asce

« sero tanti illustri conquistatori : sussiste , e « addita a voi , sire , gloriose vestigia , .e seggio á degno del vostro nome immortale. Quivi ri

• sorge, quivi si rinverde quel serto di alloro; che Nerva depose nel tempio di Giove. Voi « solo potete con l'ombra vostra renderlo si

« curo da qualunque insulto nemico , come « l'aquila di Trajano dalle offese del Germa « no, del Parto, dell'Armeno e del Dace il « preservava . »

Braschi a Napoleone signore parlò di Ce di Nerva e di Trajano ; avrebbe anche potuto toccare di qualche altro, e non ayreb be spiaciuto a Napoleone , che accusaya Tacito sare ,

di aver caluppiato Nerone . Ma come e perchè

parlasse di Camillo e di Scipione , io non lo so ; perciocchè Napoleone era solito dire , che i tempi di Roma da Tarquinio a Cesare era no episodio, e che i veri e legittimi tempi ro mani solo erano gli scorsi sotto i re e sotto gl'imperatori : così non re dei Romani, ma di


44

STORA D'ITALIA

Roma chiamò poscia il figliuolo, che ebbe da Maria Luisa austriaca . A tanto di pazzia era

giunto quest'uomo, che dopo di aver distrut to le repubbliche moderne, voleva anche di

struggere le antiche. Pure i moderni repubbli cani fecero cose di fuoco,, e guerre incredibili per

lui. Dal canto loro i re, per quel suo

odio contro le repubbliche , il fomentarono , e se lo tennero caro credendo , ch' ei fosse venu to loro in concio ad un bel bisogno. Ma gliene

cosse loro, e il mondo lo sa, ed eglino i pri mi per modo che io spesso ne risi, e più spes so ancora ne piausi .

Rispose il sire ai Romani , sempre pensare alle famose geste dei loro antenati : passerebbe le alpi per dimorarsi qualche tempo con esso loro : gl'imperatori francesi suoi predecessori

avergli scorporati dall' impero, e dati in feudo ai loro vescovi, ma il bene de'suoi popoli non ammettere più alcuna divisione. Sotto le me desime leggi, sotto il medesimo signore aver a

vivere Francia ed Italia : del resto, aver loro bisogno di un braccio potente, e lui avere que sto braccio, e volerlo usare a benefizio loro : ciò non ostante non intendere, che alcun cam biamento fosse fatto nella religione dei loro

padri : figliuolo primogenito della chiesa non voler uscire dal suo grembo : non avere mai Gesù Cristo creduto necessario dotare San Pie

tro di una sovranità temporale : la romana se de essere la prima della cristianità , essere il

vescovo di Roma capo spirituale della chiesa,


LIBRO VIGESIMOQUARTO (1809)

45

lui esserne l'imperatore: voler dare a Dio ciò che è di Dio, a Cesare ciò che è di Cesare. Ora ho io a descrivere Roma francese. La

romana consulta , come prima prese il magi strato , pensò alla sicurezza del nuovo stato ,

sapendo quanti mali umori e quante avverse opinioni covassero : parvegli bene spiare sul bel principio i pensieri più segreti degli uomini :

ordinava la polizia ; creonne direttor generale. att a que car , di Piranesi,-uomo molto

o

sto

ico

rettori particolari Rotoli , il conte Gherardi , Visconti, Delup -Verdun , Pesse e l'imetei , uo 2

mini, nei quali i Francesi avevano fede. Ciò

quanto ai detti ed ai fatti segreti : quanto agli scritti, anche segreti , fu tolta agl'impiegati del papa la posta delle lettere , e data al diretto

re della posta di Francia .. Nè la cosa fu solo in nome ; perchè con dannabilissima licenza si

aprivano e si leggevano le lettere , massime

quelle, che s'indirizzavano a Savona , dov'era il

papa. Si usava in questo un rigore eccessi

vo. I duchi di Otranto e di Rovigo , e tul

ti gli agenti loro fino agli ultimi erano in que sta bisogna affaccendati che dentro alle roma ne lettere spiassero. Ne lessero delle innocen

ti , ne lessero delle colpevoli contro la nuova signoria : ne lessero anche delle ridicole , per chè i begli umori , che ve n'erano in Roma

molti malgrado delle disgrazie , scrivevano a posta lettere indiritte a Savona piene di beffe contro chi le spiava , e contro il maledetto mo

do di spiarle. Importaya , che a confermazione


46

STOKIA D'ITALIA

della quiete si unisse potendo i soldati di luogo , si crearono le ma , provinciali nelle

la forza alle notizie , nè Francia essere in ogui guardie , urbana in Ru provincie , legioni chia

mandole. Della legione di Roma fu eletto ca

po il conte Francesco Marescotii , uomo de dito aa Francia. Questi ordini furono buoni

per impedire i moli politici , non a frenare gli uomini di mal affare, che infestavano lo agro romano e le vicinanze stesse di Roma.

Trapassossi a partire il territorio con fare due dipartimenti, di cui chiamarono l' uno del Te vere, e l'altro del Trasimeno;; nominaronsene a tempo i due prefetti, un Giacone ed un Oli veli. Trassersi gli ufficiali municipali: furono

le elezioni di gente buona e savia; faceva la

consulla presto , ma faceva anche bene, salvo quella peste della polizia, e gli ordini fiscali, entrambi inesorabili: in questo Napoleone non rimetteva mai della sua natura . Ostava alla puo va amininistrazione dei comuni l' ordine del

buon governo, il quale creato da Sisto quinto , ed attuato da Clemente ollavo, aveva l'ufficio di amministrar i comuni, nè senza grande uti lità loro. La consulta l'abolì ; sostituivvi le for

une francesi. Il consiglio municipale di Roma chiamò sepaio : elessevi personaggi di gran voine,

i principi Doria, Albani, Chigi, Aldobrandini, Colonna, Barberini , i duchi Altieri , Braschi , Cesarini, Fiano. Braschi docile a quanto Na poleone volesse fu nominato maire , o vogliam dire sindaco di Roma . Cosi andavano persua


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LIBRO VIGESIMOQUATTO (1809)

dendosi, che con un maire di fatto alla francese, ed un seuato di noine alla romana , Roma sa rebbe contenta . Intanto si scrivevano i soldati

per le guerre forestiere, anche nella città im

periale e libera di Roma. Nè le leggi civili e criminali di Francia si omettevano ; che anzi ordinazione della consulta si promulgavano quanto alle persone , sì quanto alle cose sì

per sì

quanto ai diritti, e si quanto agli ordini giu diziali. Fu chiamato presidente della corle di appello Bartolucci , un uomo di mente vasta e e profonda, di non ordinaria letteratura , e di giudizj e di stato molto intendente. Cono sceva Napoleone, prediceva la sua ruina ine vitabile. Chiamato consigliere di stato a Parigi

vi diede saggi di quell' uomo dotto e pruden te ch'egli era.

Le casse intanto più di ogni altra cosa pre mevano : Janet ne aveva cura . Conservò la

imposizione dativa , che doveva gettare un mi lione e mezzo di franchi , la tassa del sale , il cui ritratto si supputava circa ad un milione, ed il dazio sulla mulenda, che si estimava ad

una valuta circa di ciuquecento mila franchi, Fra il lusso dei primi magistrati , la miseria del paese, i debiti di ognuno, il frutto di que ste tasse non poteva bastare a dar vita alla

macchina politica. Miollis si godeva quiodici mila franchi al mese , come governator gene

rale , diecimila franchi

pure al mese

come 2

presidente della consulta . Se poi oltre a tutto q!iesto , toccasse i suoi stipendj di generale di >


49.

STORIA D'ITALIA

Francia con tutte le sue giunte, io non lo so.

Lemarrois, comandante della divisione , aveva per se quindicimila franchi al mese , e per la sua polizia quattromila, pure al mese. IImem bri della consulta avevano ciascuno tremila franchi al mese . Ma Saliceti non se ne volle

stare al ragguaglio dei colleghi , ed otten ne quattromila ciascun mese . Questi aggravj seguitavano le lunghe disgrazie di Roma. Pu re buon uso faceva la consulta di un'altra

parte del denaro del pubblico . Propose a Na poleone , e da lui impetrò anche facilmente , che si pagasse sufficiente devaro alla duchessa

di Borbone parmense , ed a Carlo Emanuele re di Sardegna , che tuttavia se

ne viveva

in Roma tutto intento alle cose della reli

gione ; nobile atio , e da non tralasciarsi nel le storie .

La parte più malagevole del romano governo : era l' ecclesiastica:aveva il papa , già fin quando

le Marche erano state unite al reguo italico , proibito i giuramenti: confermò questa proibi zione per lo stato romano nell'atto stesso della

sua partenza di Roma. Richiedeva Napoleone del giuramento anche gli ecclesiastici. Ne nac que uno scompiglio, una disgrazia incredibile,

Consisteva la principale difficoltà nel giurare la fedeltà ; dell'obbedienza non dubitavano.

Ripugnavano alla parola di fedeltà, perchè cre devano, che importasse il riconoscere l'impe

rator Napoleone come loro sovrano legittimo ; al che giudicavano di non poter consentire ,


1

LIBRO VIGESIMOQUARTO (1810) 49 non avendo il papa rinunziato. Nè si poteva pretendere , che uomini privati, dediti solamen te agli uffici religiosi , la maggior parte senza letteratura, alcuni anche senza lettere, investi

gassero tutte le antiche storie per giudicare da loro medesimi, se la donazione o di Carloma gno o di Pipino fosse valida o no, assoluta o restrittiva, e se fossero validi o no i motivi,

con cui Napoleone l'impugnava. Solo questo sapevano , che il papa era sovrano di Roma da più di dieci secoli, come tale riconosciuto da tutto il mondo , e da Napoleone stesso. Anco ri papa ,, non che avesse ci ra sapevano , che il papa

nunziato, aveva fortemente, e nel miglior mo do possibile protestato contro la spoliazione. Imprendeva a giustificare i giuramenti Dal pozzo , uno della consulta , uomo di gran sa pere , e di maggiore ingegno. Ando discorren do , la legge divina prescrivere la obbedienza ai magistrati statuiti dalle leggi dello stato : non avere questo precetto altra limitazione, se non quella , che è sempre e di pieyo diçitto

sottintesa , quella cioè che non si debbe pre stare obbedienza alle cose in se stesse ed as

solutamente illecite : non potere l'autorità ec clesiastica derogare nè in tutto nè in parte ad

precetto divino conseguitarne adunque evi un dentemente , che debbesial sovrano un giura

mento puro e semplice di obbedienza e di fe deltà senza alcuna esplicita restrizione , avere l'antico sovrano di Roma preteso proibire ogni

giuramento daquello in fuori, di cui diede eglia Botta T. VIII.

2


STORIA D'ITALIA

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stesso la formola : non potersi certamente que

sta proibizione stimare precetto della chiesa , e che quandanche fosse, ella non obbligherebbe i sudditi ad esporsi , per osservarla, allo sdegno del sovrano , ed alle pene che il rifiuto del

giuramento seguiterebbero; perciocchè le leggi della chiesa , secondo le regole comuni, non obbligano mai sotto grave incomodo; ma nel fatto una tale proibizione altro non essere, che

un mezzo concetto dallo spodestato principe di Roma con mire del tutto umane , cioè per

turbare il possesso al nuovo governo , e per ricuperare il dominio temporale : non avere in sa ,

il

papa operato, come capo della chie nè come vicario di colui , che disse , non

questo

essere il regno suo di questo mondo , é che insegnò co' suoi precetti e col suo esempio , che sempre si debbe obbedire ai magistrati sta biliti : adunque, ed unicamente dalla confusio

ne delle due potestà temporale e spirituale in una sola mano essere nata la opinione erro

Snea, che oggidì importava oltre modo di di

struggere pel buon ordine e per la quiete pub blica; le formole del giuramento prescritto agli abitatori dello stato romano essere quelle stes se, che erano in vigore in tutto l'impero fran cese ee nel regno italico , e secondo le quali più di quaranta milioni di sudditi cattolici non

esitavano punto a prestar giuramento ogni qual

volta che l'occasione si appresentava. La for mola particolare prescritta ai vescovi ed ai cu rati essere stata accordata nel concordato tra


LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1810)

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il governo francese ed il papa Pio settimo : i dubbj sparsi nel popolo , che giurando obbe dienza alle constituzioni dell'impero , si venisse ad appruovare il divorzio , e così ancora altre insinuazioni di simil sorta non avere fondamen

to : solto il nome di constituzione dell'impero venire le leggi politiche, che constituiscono la forma del governo, e queste leggi sempre es

sere distinte dalle leggi civili : oltre a questo , non essere il divorzio comandato dalla legge civile : solo per esse permettersi a coloro , che

credevano poterlo usare secondo i loro princi pj religiosi : già parecchi vescovi dello stato

romano , già un gran numero di curati, di ca nonici e di altri religiosi , tacendo dei magi

strati civili , avere dato uu esempio di som messione e di obbedienza , ch ' altri doveva se

guitare : importare , che tale esempio si pro pagasse e dilatasse : volere il governo, ed in ciò porre grandissiina cura , che gli ecclesiasti. ci, i quali già si erano uniformati , 0o sareb bero per uniformarsi a' suoi ordini fossero ono rati con manifesti segni di sodisfazione eе di con fidenza .

Sani ed irrefragabili erano i principj del Dalpozzo , quanto all'obbedienza , e siccome gli ecclesiastici non dubitavano di giurarla al nuovo stato , ee di più di giurare di non par tecipar mai in nessuna congiura o trama qua

lunque contro di lui , così un governo giusto poleone esigeva il giuramento di fedeltà , sì

1

!

e buono avrebbe dovuto contentarsene. Ma Na

i


52

STORIA D'ITALIA

perchè gli pareta , che un tal giuramento im plicasse la riconoscenza di sovrano legittimo , ed in tal modo effettivamente , come abbiam detto , l'intendevano l'intimatore e gl' intima ti , si perchè voleva fare scoprir i renitenti , per avere un pretesto di allontanarli da Roma

dove li credeva pericolosi. Vi era in questo , troppa scrupolosità da una parte , troppo rigore dall'altra. Perciocchè gl' intimati potevano in

tendere la parola fedeltà non oltre il senso della obbedienza , e Pío sesto medesimo nel novan

tötto , aveva definito , che si potesse giurare fe deltà a quel governo , che era stato creato da gli oceupatori del suo stato , e che era incom 2

patibile con la sua sovranità temporale, cioè 1

alla répubblica. Del resto, noi non intendiamo

dannar " coloro , che sinceramente credendo di non potere senza trasgressione , prestar il giu ramento , anteposerò la coscienza al carcere ed all'esiglio ; la materia aveva in se molta diffi coltà. La romana consulta procedeva cauta

mente. Operando alla spartita , cominciò dai vescovi. Alcuni giurårono, altri ricusarono . Giu rarono quei di Perugia, Segni e Anagni: ricu

sarono quei di Terracina, Sezze, Piperno, Ostia, Veletri, Amelia, Terni , Acquapendente , No cera , Assisi ; Ałatri. Aveva il vescovo di Ti

voli giurato ; ma pentitosi e condottosi a fa re il pontificale nella chiesa del Carmine il giorno di San Pietro , con molte lagrime fece,

dopo il vangelo , la sua ritrattazione : i gen darmi se lo pigliarono, ed in Roma carcerato

1


LIBRO VIGESIMOQUARTO (1810)

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alla Minerva il portarono. Tutti i non giurati suonando loro d'ogn'intorno le armi dei gen

darmi napoleonici , chi in Francia, chi a To rino, chi a Piacenza, chi a Fenestrelle furono

condotti. Fu anche portato via da Roma , co

me non giurato, e troppo divoto al papa un Baccolo veneziano, vescovo di Famagosta, uo mo molto nuovo , e di natura facetissima. I

carceratori non sapevano darsene pace ; per

ciocchè più lo sprofondavano nell'esiglio e nel la miseria, e più rideva e si burlava di loro,

tanto che per istracchezza il lasciarono andare, come pazzo. Ma ei tornava in sul dire e in

sullo scrivere cose tanto singolari a Genova, a Milano , a Venezia, che era forza ai napoleo niani di spiare continuamente quello che si

facesse. Insomma era questo Baccolo una gran molestia agli spiatori di Napoleone, e diè che fare a tutti dal duca di Rovigo fino all' umile Olivetti, che era stato surrogato a Piranesi :

solo che udissero nominar Baccolo , tosto si scuotevano e risentivano. Spedita la faccenda

dei vescovi, richiederonsi dei giuramenti i ca

nonici. Sperava Janet , che giurerebbero facil mente, avendo grossi benefizj e morbida vita.

Molti giurarono ; molti ancora non giurarono. Dei capitoli di San Giovanni e di San Pietro in Roma, tutti ricusarono, salvo Vergani e Do

ria : quei di Tivoli e di Viterbo , tre soli ec cettuati, giurarono. Giurarono quei di Subiaco ad instigazione dei Tivolesi: ma si ritrattarono.

Ricusarono quei di Canepina, ricusarono quei


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STORIA D'ITALIA

di Cori : i gendarmi si affaccendavano. Molto maggiore difficoltà avevano in se i giuramenti dei curati, massimamente di quei di Roma, uo mini d'innocente vita, e di evidente vantaggio

dei popoli, non solamente pei sussidj spirituali, ma ancora pei temporali. Rappresentò la con sulta , che in questo opinava saviamente , che s'indugiasse. Napoleone, che per la sua natura pertinace amava meglio usare ogni estremo, che allentare un punto solo delle sue delibe

razioni, mandò loro dicendo, che voleva i giu ramenti da tutti, ed obbedissero. Delle pro vincie la maggior parte ricusarono : i gendar

mi se li portarono . Dei Romani, i più si asten nero : tre giurarono , quei della Traspontina, di Santa Maria del Carmine fuori di porta Portese, della Madonna della Luce in Traste vere : i renitenti portati via , o se infermi ed

impotenti all'esiglio, serrati in San Calisto ; i consenzienti accarezzati. Nasceva dagli esigli una

condizione lagrimevole ; che gli ufficj divini per la mancanza dei pastori s'interrompevano.

Napoleone, posta la falce nella messe ecclesia stica , a suo modo vi rimediava . Sopprimeva

di propria autorità i vescovati e le parocchie dei vescovi e dei parochi non giurati , e se condochè gli aggradiva, gli univa ai vescovali e parocchie dei giurati , turbando in tale modo, di per se ,

la giurisdizione spirituale, come vo A questo tempo furono soppressi nello sta

leva, ed a chi voleva .

lo romano i conventi și di religiosi che di re:


LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1810) 55 ligiose , i forestieri mandati al loro paese , i pae sani sforzati a depor l'abito. Mandaronsi i sol

dati a far uscire le monache , tempo ventiquat tr ore ; le valide di età e di salute mandate

alle case loro , le vecchie ed inferme in quat tro conventi. L'aspetto di Roma a questi gior

ni compassionevole : gendarmi , che si portava no vescovi , canonici, parochi giovani , parochi vecchi , sani o malati , o dal contado a Roma, o da Roma all'esiglio . Piangevano gli esuli piangevano le famiglie degli esuli : i romani

colli risuonavano di querele e di pianti. Intendeva la consulta a consolare la deso

lata Roma, Ciò s'ingegnava di fare ora con ordinamenti convenienti al luogo , ora con or dinamenti non convenienti , e sempre con ani mo sincero e buono. Pensava alle scienze, alle lettere, all'agricoltura , al commercio, alle ar

ti. Ordinò , che con denaro del pubblico si procacciassero gli stromenti necessarj alla spe cola del collegio romano ; condusse a fine i

parafulmini della basilica di San Pietro, stati principiati da papa Pio ; ebbe speciale cura del le allumiere della Tolfa , e delle miniere di ferro di Monteleone nell' Umbria , nelle quali si era cessato di cavare ai tempi delle ultime

guerre civili , quantunque il ferro sia assai più arrendevole e dolce di quello dell'isola di Elba. Gente perita, denaro a posta addomandava; due allievi romani mandava alla scuola delle mi ne ,

due a quella della veterinaria , due a quel

la delle arti e mestieri in Francia , semi di utili scienze nell' ecclesiastica Roma.


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STORIA D'ITALIA

Temevasi , che la presenza dei Francesi in Italia , massimamente in Toscana e nello stato

romano , giunta a quella loro lingua tanto snella

e comoda per gli usi famigliari, avesse a pre giudicare alla purezza ed al candore dell'ita liana favella ; timore del tutto vano , percioc

chè quale cosa si potesse ancora corrompere in .

lei , non si vede. Tuttavia Napoleone, il quale, non so per quale strana fantasia, aveva unito Toscana e Roma alla Francia, ed introdottovi,

negli atti pubblici l'uso della lingua francese,

aveva , già fin dall'anno ultimo, decretato pre mj a chi meglio avesse scritto in lingua toscana. Lá consulta di Roma a fine di cooperare con

quello , che l' imperatore aveva comandato , a ciò muovendola Degerando , statuiva , che la lingua italiana si potesse in un colla francese usare negli atti pubblici ; benevola , ma strana permissione in Italia. Volle altresì che l'acca

demia degli Arcadi si ordipasse in modo che e la letteratura italiana promuovesse, e la lin gua pura ed incorrotta conservasse, con premj à chi meglio l'avesse scritta o in prosa o in versi : Arcadia sedesse sul Gianicolo nelle stan

ze di Sant'Onofrio . Ordinamento conforme alla

fama antica , alle influenze del cielo , alla na tura degli uomini, alle romane usanze fu quel lo dell'accademia di San Luca, chiamata, per conforto di Degerando, a più magnifico stato. La consulta le dava più copiosi sussidj, l'im peratore più convenienti stanze, e dote di cen tomila franchi .

1

i


LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1810)

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Parlando io dei benefizj delle lettere, non voglio passar sotto silenzio l' arporevolezza usata dalla consulta verso il convento di San Basilio

di Grottaferrata , unico residuo dell'antico or dine di San Basilio , che primo fra le tenebre del medio evo portò in Europa la cognizione della lingua greca , e con lei lo studio delle lettere. Nel coro e negli uffizj avevano questi monaci conservato la lingua ed il canto greco ,

ma piuttosto per tradizione orale, che per let tera scritta. Ogni vestigio del canto greco si

sarebbe spento, se il convento fosse stato sop presso , ed i monaci dispersi. Supplicato l'im peratore dalla consulta , conservò il convento .

Ciò non ostante l'ordine si spense , perchè il secolo a tutt'altro portava , che a farsi frate ed a cantar greco .

Colla medesima mansuetudine opinò la con sulta del convento dei Camaldolesi di Monteco rona1 , Benedettini riformati da San Romualdo.

Mi fía dolce raccontare qualche particolarità di Montecorona , poichè in quella tranquilla sede

riposerassi alquanto l'animo stanco ed inorri dito dalla rappresentazione di tanti tradimenti, espilazioni e morti. Conservava Camaldoli sin

cera e pura , dopo tanti secoli , la regola di San Romualdo. Tengono i Camaldolesi del ce nobita e dell' eremita. Come cenobiti, vivonsi

solitari, come romiti, attendono alle opere ma nuali si agrarie che domestiche senza differen

za alcuna di padri o di fratelli, di superiori o d'inferiori . Servonsi tra di loro a vicenda , Botta T. VIII.

8


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STORIA D'ITALIA

usano la ospitalità, esercitano la carità : la vi ta loro, anche ai tempi napoleonici, pacifica e dolce: divoti a Dio , divoti al sovrano, divoti agli uomini pregavano , obbedivano , soccorre vano. Siede il convento sulla sommità di un

monte , ha all'intorno folta foresta , dista da Perugia a quattordici miglia : deserti una vol

ta, campi fioriti adesso per opera delle ceno bitiche mani. Naturarono su per quegli aspri monti l'abete ; fecerne selva vastissima, magni

fici fusti per le più grosse navi. ÈÈ il conven to stimolo a virtù, fonte di proventi, ricovero di uomini fastiditi del mondano lezzo, ospizio di viaggiatori , largimento di soccorsi : è vita

di deserto, testimonio di pietà. Rovinavano i regni, odiavausi gli uomini, infiammavansi gli appetiti, ammazzavansi le generazioni: Monte

corona quieto , dolce , umano e benefico per severava ; e se la caduta del papa pose in for se la conservazione di lui, molto è da deplo

rarsi, che l' ambizione dei tempi sia arrivata a turbare quelle sante solitudini. Bene meritò

degli uomini infelici e pii la romana consul ta , a ciò muovendola Janet , coll' aver ad domandato la conservazione di quel pietoso secesso.

Emmi caro lo spaziare alquanto sull'ordine

della Propaganda. Napoleone imperatore , al

quale piacevano le cose, che potevano muovere il mondo , volle, mettendola in sua mano, con

servar la Propaganda : Degerando, siccome que gli, che si dilettava di erudizione letteraria, e 1


LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1810)

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di gentilezza di costumi, con l'autorità sua la favoreggiava. Dalla narrazione delle cose ap partenenti a quest' ordine, chiaramente si verrà a conoscere, che ei non meritava nè le lodi dei

fauatici, nè gli scherni dei filosofi. Ancora ve

drassi, quanta sia la grandezza degl'italiani con cetti. Era principal fine di questo instituto la propagazione della fede cattolica in tutte le

parti del mondo : ma l' opera sua non era tal mente ristretta a questa parte, che non mi rasse a diffondere le lettere , le scienze e la

civiltà fra genti ignare , barbare e selvagge: che anzi una cosa ajutava l'altra, poichè la fe de serviva d'introduzione alla civiltà, e questa a quella . Poteva anche mirabilmente ajutare la

diplomazia e la politica: cid massimamente ave va piaciuto a Napoleone; perciocchè un caposo

lo reggeva e muoveva infiniti subalterni posti in tutte le parti del mondo. Il trovato parve bello a Napoleone, nè era uomo da non volersene prevalere, e siccome aveva usato la religione per acquistare la signoria di Francia, così vo

leva servirsi della Propaganda per acquistar quella del mondo. Seppeselo Degerando, il qua le scriveva , che per quanto alla politica si ap

parteneva , la Propaganda , recando in quelle lontane regioni coi semi del nostro culto i no stri costumi , le nostre opinioni, le radici delle

idee di Europa , la narrazione del regno il più glorioso , qualche cognizione delle nostre leggi e delle nostre instituzioni , preparando gli spi riti a certi avvenimenti , che solo si apparte


бо

STORIA D'ITALIA

neva alla vastità dell'imperial mente a conce

pire procacciando amici tanto più fidati, quan to più stretti da vincoli morali , e così ancora offerendo tanti ee così variati mezzi di corrispon denza in contrade, in cui il governo manteneva nessun agente, procurandoci notizie esatte sulla natura dei paesi , nei quali imissionarj soli po

tevano penetrare, aprendo finalmente una via, e quasi un condotto a farvi scorrer dentro coi lumi civili le iufluenze di un sistema , la cui

grandezza doveva abbracciare tutto il mondo , era un edifizio piuttosto di unica che di som

ma importanza. Queste cose erano di per se

stesse molto chiare, e se alcuni filosofi, massi mamente francesi, tanto hanno lacerato Roma per avere , come dicevano , fatto servire la re

ligione alla politica , si vede , ch' essi non fu

rono alieni dall' imitarla; poichè, divenuta Fran

cia padrona di Roma, indirizzarono i loro pen sieri al medesimo fine. Certo è bene , che Na poleone di nessuna cosa più si compiacque, che

di questa Propaganda. Ora per dire qual fosse, ella fu creata dal papa Gregorio decimoquin to, e da lui commessa

al governo di una con

gregazione di quattro cardinali ee di un segre tario. Suo ufficio era mandar missionarj in tutte le parti del mondo . Gregorio la dotò di ren

dite del proprio , e di assegnamenti conside

rabili sulla camera apostolica ; le conferì im munità e privilegj ; volle , che ciascun car dinale nella

sua esaltazione le pagasse un

censo . Ma Urbano ottavo , considerato che


LIBRO VIGESIMÓQUARTO (1810) 61 sé era utile il mandar missionarj europei a propagar la fede , maggiormente utile sa rebbe il mandarvi uomini del paese conver

titi, ed ammaestrati nelle pratiche romane , ag giunse il collegio della Propaganda , in cui a spese pubbliche erano ricoverati ed arnmae strati giovani forestieri > massime di origine

orientale, acciocchè fatti grandi , e addottrina

ti, ritornassero nei propri paesi a secondare i missionarj apostolici. Sommava il numero degli allievi per l'ordi nario a settanta ;; i Cinesi, essendo loro riuscito

contrario l'aere di Roma , furono trasportati in un seminario e collegio fondati per questo fine a Napoli. Innocenzo duodecimo ed altri

pon

lefici furono liberali verso la Propaganda di puovi beneficj: uomini privati altresì con do

nazioni e legali l'arricchirono. Le diede mon signor Vires il bellissimo palazzo in Roma : il cardinal Borgia , morto a Lione nell'ottocen tuno le lasciò una parte de' suoi beni. Quattro

erano gli ordini della Propaganda , destinati alla propagazione della parola del vangelo : occu

pavano il primo i vicarj apostolici , o arcive scovi, o vescovi, o prefetti delle missioni , il cui carico era lo scrivere le lettere, e la dire zione delle fatiche apostoliche. Subordinati ai

vicarj collocayansi nei secondi i semplici mis sionarj. Venivano in terzo luogo i collegj , le scuole , i monasteri. Cadevano nel quarto i semplici agenti amministrativi od economici . La Propaganda, diede principio alla sua opera .


62

STORIA D'ITALIA

col fondare arcivescovi e vescovi nelle anti

che chiese , due patriarchi , l' uno pei Caldei,

l'altro pei Siriaci , vescovi e vicarj apostolici nelle isole dell' Arcipelago , nell'Albania , nella

Servia , nella Bosnia , nella Macedonia , nella Bulgaria , nella Mesopotamia , nell' Egitto , a Smirne , ad Antiochia , ad Anticira. Mandava

due vescovi, vicarj apostolici, a Constantinopo li, uno pel rito latino , l'altro per l'armeno. Un gran numero ne destinava in Persia , nel

Mogol, nel Malabar , nell' India oltre e quà del Gange , nei regni di Siam , di Java , di Pegù , in Cochinchina , nel Tonchino , nelle diverse

provincie della China. Nè ometteva , parendole che fosse messe d'importanza , gli Stati uniti di America . Vicarj apostolici e vescovi inan

dati dalla Propaganda seminavano le dottrine del vangelo in quelle regioni di Europa, che dalla chiesa romana dissentivano. Questi ' ten

tativi e questi sforzi della comunanza cattolica stimolavano le dissidenti a pruovarsi ancor esse a propagare la religione e la civiltà fra le na zioni ancor barbare e selvagge. Mandarono

pertanto , gl’Inglesi massimamente, agenti loro .

nelle Indie orientali e nelle isole del mare Pa

cifico; dalla quale pietosa opera molte nazioni furono dirozzate e ridotte alla condizione ci

vile. E se i papi mescolarono la politica , come

fu scritto , in questi conati religiosi , resterà a vedere , se la Russia e l'Inghilterra siano esenti da

questa pecca. Per ajutare i vescovi ed i

vicarj apostolici si erano instituiti a luogo a /


LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1810)

63

luogo, e più numerosi là , dove i cattolici vi vevano in più gran numero i prefetti ed i

parochi : questi avevano sede fissa e gregge permanente : i missionarj , che erano il secondo grado , comprendevano nel mandato loro vaste

provincie , conducendosi ora in questo luogo ed ora in quello , ma sempre nella provincia destinata a ciascun di loro , secondochè i biso

goi della fede da loro richiedevano. La ele

zione dei missionarj si faceva ordinariamente fra i sacerdoti del clero secolare. Era a loro

raccomandato , e specialmente comandato dalla Propaganda, che a niun modo , nè sotto pre testo qualsivoglia si mescolassero o s'intromet tessero negli affari temporali, meno ancora nei politici dei paesi , cui erano destinati ad in dagare e ad ammaestrare. Solamente era soli

ta la Propaganda ad insegnarvi le scienze pro fane e le arti utili, affinchè con esse potesse volgere a se gli animi, e cattivarsi l'attenzio

ne e la benevolenza degli uomini ignari di

quelle incolte regioni. Dipendevano i missio narj del tutto da lei, ed ella gli spesava con le sue rendite. Aveva creato sei scuole o col

legj in Egitto, quattro nell' Illirio, due in Al bania, due in Transilvania, uno a Constantino poli , parecchi in diverse contrade non catto liche di Europa. Erano questi collegj mante

nuti col denaro della congregazione: mille scudi all'anno pagava ai vescovi d'Irlanda per

le scuole cattoliche di quel regno ; i collegj irlandese, scozzese, greco e maronita di Roma


64

STORIÀ D'ITALIA

da lei medesimamente dipendevano. Finalmen te siccome ciascun ordine di religiosi aveva un

collegio separato pe' suoi missionarj, così que sti stessi missionarj avevano dipendenza dalla

Propaganda, in quanto spettava alla bisogna delle missioni. Gli allievi dei collegj, ciascu no secondo il suo merito , erano creati sul fi

nire degli studj o vescovo, o prefetlo, o cura to o semplice missionario. Gli agenti o pro curatori a niuna bisogna religiosa attendevano, ma solamente , essendo distribuiti nei luoghi più opportuni, al mandar le lettere e i fondi

necessari per tener viva dappertutto macchina si vasta .

Quanto alla congregazione in Roma, aveva cinque parti, la segreteria, dove si scrivevano le lettere, ed a questa parte appartenevano an

che gl'interpreti; gli archivi, che comprende vano la libreria ed il museo, entrambi pieni di cose curiosissime; la stamperia tanto celebre per

la varietà e la bellezza de' suoi caratteri ;

il collegio degli allievi ; la computisteria: in quest'ultima si tenevano i conti e le ragioni della congregazione. Le rendite sommavano a trentatre mila trecento novantasei scudi romani all' anno > che sono centoseltantottomila sei

centosessanta franchi. I fonti erano i luoghi dei

monti, i livelli pagati da Napoli , da Venezia

e dai corpi religiosi, e finalmente i censi dei cardinali novellamente creati. Ma la ruina uni

versale aveva addotto la ruina di questa insti tuzione con avere o del tutto annientato parte


LIO VIGESIMOQUARTO ( 1810 )

65

delle rendite, o ritardato la riscossione delle sussistenti: si aggiunse la rovina del palazzo

devastato nel milleottocento. Adunque ella sus sisteva piuttosto di nome che di fatto , quan . do Napoleone s' impadroni di Roma ; poi , i frutti dei monti non si pagavano , la computi steria per comandamento imperiale sotto si gilli , gli archivj portati a Parigi. Volle De gerando rimetterla in istato, e che si aprissero

intanto i pagamenti : l'imperatore stesso aveva dichiarato per senatus consulto , volere la sua conservazione , e doterebbela coll'erario im

periale. Ma distratto primieramente dai gravi pensieri delle sue armi, poscia dai tempi sini

stri , che gli vennero addosso , non potè nè or dinare la macchina , come era necessario , ne

far sorgere quello zelo a propagazione degl’in teressi politici , che per amore della religione ,

per le esortazioni dei papi , e per la lunga consuetudine era sorto nei membri della con

gregazione ai tempi pontificj. Così sotto Napo leone ella ' non fu di alcuna utilità nè

per la

religione nè per la politica : solo le sue rui ne attestavano la grandezza dell'antico edifizio , e la rabbia degli uomini , che l'avevano di strutto . Portati via gli archivj per arricchirne

Parigi, si voleva privar Roma anche dei tipi delle lingue orientali , che si trovavano raccolti nella sua stamperia : eranvi i tipi di ventitre lingue di oriente. Domandava la stamperia im periale di Parigi , che le si mandassero le ma

dri per supplire con loro ai punzoni alterati, Botta T. VIII. 9


66

STORIA D'ITALIA

Grave perdita sarebbe stata questa per Ronia, dove l'erudizione e la lelteratura orientale era

no , come in sede propria, coltivate. Pregò De gerando, che o si gettassero con le madri i punzoni a Roma , o si mandassero a Parigi,

non tutte , ma solamente quelle dei punzoni alterati. Fu udito benignamente ;‫ ܪ‬a lui restò la città obbligata della conservazione di opere di gran valore per la erudizione e per Je lettere. Le opere di musaico , peculiar pregio di Ro

ma , perivano ;. perchè pei danni passati poco si spacciayano, ed anche mancavano i fondi

per. le spese degli smalti e degli operai. La principale: manifattura che serviva di norma alle altre , era attinente a San Pietro , e si so stentava con le rendite, della sua fabbrica: per la necessità dei tempi , mancando la più gran parte delle rendite non che il musaico si con servasse , pericolava la basilica. Fu proposta

di commetterlo all'erario imperiale, ma perchè Napoleone , che non amava lo spendere a cre-, denza , non si tirasse indietro , fa d'uopo alla consulta l'inorpellare la cosa con dire , cheil

musaico pagato dall'imperatore non servirebbe più solamente ad abbellire San Pietro , ' ma che protetto dal più grande dei monarchi,. ador

nerebbe il palazzo del principe, ed i monu menti dell'imperiale Parigi. « Che bel pen « siero sarebbe , diceva la consulța , l'immorta

« lạre con opere di musaico il quadro 'dell'in « coronazione dipinto da David , ' é i gli altri « ,tre , che dalle maestrévoli mani di questo (

1


LIBRO VIGESIMOQUANTO (1810) 67 grande artista erano per uscire ? » A questi suoni Napoleone si calava e pagava. Restava , >

che poichè si era proveduto all'opera , si aves

se cura degli operai. Essendo la lavorerta lo ro addossata al colle del Vaticano , ed in parte sotterranea , e perciò molto malsana , troppo spesso in fermavano ; e sovente il vedere per

devano. Oltre a ciò gli armadj e gli scaffali , in cui si conservavano gli smalti , infracidaya

le tele dipinte , che si portavano a copiar si , dall'umidità si guastavano. A questo mo

no ,

do era testè perito con rammarico di tutti un

bel quadro del pittore Camuncini. Decretò la

consulta ?, trasportassersi gli opifici nelle stanze del Sant' Officio . Concedutosi dall'imperatore un premio di ducentomila franchi ai manifattori di Roma

9

volle la consulta, che fossero spartiti a chi me glio filasse o tessesse la seta o la lana , a chi

meglio conducesse le opere dei merletti, a chi ineglio addensasse i feltri, a chi meglio con ciasse le pelli, a chi meglio stillasse 1acquar zente a chi meglio lavorasse di majoliche, o di vetri , o di cristalli o di carta

‫و‬

aa chi più

e miglior cotone raccogliesse sulle sue terre ‫و‬ a chi piantasse più ulivi , a chi ponesse più semenzaj di piante utili. Si venne anche sul capriccio dello zucchero delle uve e della sag

gina di Caffreria. Ma papa Pio , che conosce va Ronia ed i Romani suoi, si stringeva nel le spalle , quando udiva queste novelle , e dal suo carcere di Savona sclarnava, che bene e con

1


68

STORIA D’IBLIA

frutto si sarebbero favoreggiate in Roma le ma nifatture attinenti alla erudizione ed alle belle

arti ; ma che sarebbe tempo ed opera perduta il dar favore alle altre ; perciocchè la natura degli uomini, le consuetudini , le opinioni , il cielo stesso ripugnavano. I musei espilati ai tempi torbidi ora con cura si conservavano : i preziosi capi di arte , che adornavano i conventi, ed erano molti e belli ,

diligentemente si custodivazo. Fu anche creata a conservazione loro dalla consulta una congre

gazione di uomini intendenti, e giusti estimato ri , che furono Lethier pittore , Guattani , da

Bonnefond , l'abbate Fea e Tofanelli , conser vatore del Campidoglio. Conservando Roma odierna , si poneva mente a scoprire l'antica : almeno così deside

rava la consulta ; la Francia potente e ricca il poteva

fare. Si ordinarono le spese del ca vare nei luoghi più promettenti. Sarebbesi anche , come pare , falto gran frutto se i

tempi soldateschi non avessero guastato l' in tenzione .

Discorreva Napoleone di volere visitar Ro ma sua. Se di fatto non voleva andarvi , lo essere aspettato faceva a' suoi fini: la consulta

pensava al trovar palazzi , che fossero degni

dell'imperatore. Castelgandolfo le parve ac il Quirinale per la

concio per la campagna ;

città , il Quirinale grande e magnifico per se, sano per sito, e con bell'apparenza da parte

di strada Pia : ogni cosa all'imperial costume 1


tibro VIGESIMÓQUANTO ( 1810)

69

si accomodava. Nè la bellezza o la salubrità

și pretermettevano. Disegnavano di piantar al

beri all'intorno , di aprir passeggiate , special mente alla porta del Popolo da riuscire a Tri

nita del monte , di trasportare i sepolcri fuo ri delle mura, di prosciugar le paludi. Le pon

tine massimamente pressavano nei consigli im periali. Proni francese , Fossombroni italiano 9 idraulici di gran nome e di scienza pari al nome le visitavano, e fra di loro consultavano.

Si fece poco frutto a cagione dei tempi con trarj ; e se le pontine non peggiorarono sotto il dominio francese, certo non migliorarono. Così vivevasi a Roma; con un sovrano pri gioniero a Savona, con un sovrano prepotente a Parigi , con dolori presenti, con isperanze ayvenire, diventata, stravagante caso , provin cia di Francia , non poteva nè conservare le forme proprie, nè vestirsi delle aliene: tratta in

contrarie parti lagrimava e si doleva , nè po

teva la consulta , quantunque vi si affaticasse , di tante percossé consolarla e racconfortarla. Nuovi , strani e lamentevoli casi mi chia mano nel regno.. Era venuto a noja a Carolina di Sicilia, che voleva comandare da

se, il do

minio degl' Iuglesi ; nè sperando di riconqui stare il regno di terraferma , desiderava alme

no di essere padrona di quello che le restava.

Napoleone, che conosceva bene gli umori de gli uomini, e quelli delle donne ancora, aveva

penetrato quel di Carolina, e per mezzo di sue pratiche le persuase , che era pronto a secon


STORIA D'ITALIA

70

dare le sue intenzioni. Vennesi ad un negoziato tra l' imperatore e la regina, il fine del quale era,

che il re aprisse i porti di Sicilia ai sol

dati di Napoleone , e permettesse, che gli oc cupassero , si veramente che l'imperatore aju tasse il re a cacciar gl' Inglesi dalla Sicilia.

Mentre questi negoziati pendevano , entrò in Murat il desiderio di conquistar la Sicilia , sperando, che la durezza del governo caroli niano , procurandogli aderenze negli scontenti , gli aprirebbe l'occasione di far frutto con le

spalle loro. Già le truppe francesi si erano con dotte nella Calabria ulteriore; al che aveva consentito Napoleone per dar gelosia agl’In glesi , acciocchè non potessero correre contro

Corfú. Ad esse si erano accostati i Napolitani: la costa di Calabria da Scilla a Reggio piena di soldati. Vi concorrevano altresì le forze na

vali del regno , non senza aver prima combat tuto onorevolmente contro le navi d'Inghilter ra , che per vietar loro il passo le

avevano

assaltate nel golfo di Pizzo , al capo Vatica no e sulle spiagge di Bagnara. S'ingiungeva a Lutti i comuni posti sul littorale del Mediter raneo , che somıninistrassero legoi armati in guerra per l'impresa di Sicilia. Murat, che a

Scilla voleva imitar Napoleone a Bologna di mare , spesso imbarcava , e spesso anche sbar cava le genti per addestrarle . Ognuno crede 9

va , che la spedizione si tenterebbe : i più con fidavano nella fortuna di Napoleone , afferman do, che finalmente poi lo stretto di Messina,

www

-


LIBRO VIGESIMOQUARTO (1810) 71 non era più difficile a passarsi, che il Reno od il Danubio : I Ma siccome il nervo principale della spedizione consisteva ' nei Francesi , così aveva Murat " pregato l'imperatore, affinchè or

dinasse , che eglido cooperassero co' suoi Na politani alla fazione. Napoleone , che a que sto tempo negoziaya' colla " regina , nelle sue

solite ambagi ravviluppandosi', rispose nè ap pruovando nè disdicendo , contento al moto, o che riuscisse , o che solo spaventasse. Nes sup ordine miando a' suoi acciocchè si congiun 1

2 .

+

gessero con quei del re! Ma Giovacchino ac 意

ceso ' per se stesso da incredibile cupidità al

l'acquisto di Sicilia, e persuadendosi di 'tro várvi gran seguito e facile mutazione , volle tentar la fazione da se , e con le sole sue fora

ze. Cinque 'mila Napolitani ‫ " ;ܕ‬fra i quali era il reggimento diReale-Còrso‫و‬, partivano di pot

tetempo Pen vicinanze alla di Reggio timela ,' dalle volta edidisimilia e si avviavano con intento di approdare tra Scaletta e Mes sina. Al tempo stesso Murat , standosene sulla

reale gondola riccamente addobbata , dava ope

ra ad imbarcare le genti francesi, come se an ch'elleno dovessero andare alla conquista , an. corchè sapesse , ed elle tnegliò di lui, che non si attenterebbero. Ma avevano consentito ad .

ajutar l'impresa con'un po' di'romore, e con quelle vane dimostrazioni. Sbarcarono nel de 3

stinato luogo i Napolitani condotti dal gene rale Cavagnac ; ma non cosi tosto posero pie de sulle terre siciliane , che in vece di cor


72

STORIA D'ITALIA

rere uviti a qualche fatto importante, si sban darono per vivere di sacco. La qual cosa ve duta dai paesani e dalle milizie , accorsero col le armi ed in folla, ed oppressero facilmente

quegli uomini sfrenati e dispersi: chi non fu morto, fu preso ; alcuni dei presi , uccisi per la

rabbia civile. Accorreyano gl’Inglesi al romore dalle stanze di Messina ; ma arrivarono quando

già la vittoria era compita. Dopo questo fatto , che non fu senza diminuzione della riputazione

del re, deposta, non senza querela controNapoleo speranza concepita, ritirava Giovacchino i soldati verso Napoli , e con pubblico scritto annunzjava, essere terminata la spedizione di ne , la

Sicilia ; il che era verissimo. Ma rimasero nel l'ulteriore Calabria miserabili vestigia del fu rore dei papoleoniani. Tra il guasto fatto per

accampare, e quello dei soldati scorrazzanti per le campagne, ne furono guastate vaște tenute di ulivi e di viti, sole ricchezze, che il paese si avesse. Così il regno di là dal Faro non fu

1

conquistato, quello di quà desolato. Intanto i negoziati tra Napoleone e Caro lina non poterono tanto restar segreti, che non venissero a cognizione degl' Inglesi : de intra presero anche le lettere certissime. Ciò fu ca

gione, che Carolina a loro, e principalmente à lord Bentinck mandato in Sicilia a confermar

vi il dominio della Gran - Bretagoa , tanto ve

nisse in odio, che per allontanarla del tutto dalle faccende, la confinarono in una villa lon

tana a qualche miglio da Palermo, e poco da


LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1810) 73 po l'obbligarono anche a partire dalla Sicilia, accidente molto singolare e strano, che sarà da noi raccontato a suo luogo. Partito l'esercito , i facinorosi della Cala

bria di nuovo uscendo dai loro ripostigli, ri pullulavano , ed ogni cosa mettevano a ruba ed a , sangue. Niuna strada, non che maestra

rimota, niun casale sparso, niun campo riposto erano più sicuri. Divisi in bande, e sottomessi a capi si erano spartite le provincie. Carmine Antonio e Mescio infestavano coi loro seguaci Mormanno, e Castrovillari ; Benincasa, Nierello, Parafanti e Gosia il distretto di Nicastro ed i

casali di Cosenza; Boja, Giacinto Antonio ed il Tiriolo la Serra stretta ed i borghi di Ca tanzaro ; Paonese, Massotta : e il Bizzarro le rive dei due,mari e la estremità dell'ulteriore

Calabria. Spaventò il Bizzarro specialmente, e lungo tempo la selva di Golano e le strade da Seminara a Scilla. Questi erano gli effetti del le antiche consuetudini e delle guerre civili !

presenti. Si temeva, che alla prima occasione i capi politici contrarj al governo , i Carbonari massimamente ed i loro aderenti di nuovo pro

rompessero a moti pericolosi. Si sapeva , che i

Carbonari, sempre nemici dei Francesi , quán junque se ne stessero quieti, fomentavano non le, ruberie e gli assassinj, che anzi cercavano di frevarli, ma la incitazione , e l'empito , per

voltarlo, quando che fosse , contro quella na zione, che tanto odiavano. Si rendeva adunque per ogni parte necessario a Murat l'estirpar del Botta T. VIII.

10


74

STORIA D'ITALIA

tutto quella peste dei facinorosi di Calabria, e lo spegnere, se possibil fosse, la setta tanto im

portuna dei Carbonari.Varj per questo fine era no stati i tentativi ai tempi di Giuseppe, varj al tresi ai tempi di Murat, ma sempre infruttuosi , non tanto per la forza della parte contraria, e per la difficoltà dei luoghi , quanto pei consi gli spartiti , e la mollezza delle risoluzioni. A ciò fare era richiesto un uomo inesorabile con

tro i malvagj ed un autorità piena per punir li. Un Manhes generale , ajutante di campo di Murat , che già aveva con singolar energia

pacificáto gli Abruzzi, parve al re uomo ca pace di condurre a buon fine l'opera più diffi cile delle Calabrie. Il vi mandò con potestà

di fare come e quanto volesse. Era Manhes di aspetto grazioso , di tratto cortese , non senza

spirito , ma di natura rigida ed inflessibile , nè stromento più conveniente di lui poteva scegliere Giovacchino per conseguir il fine che si proponeva.. Arrivava Mavhes nelle Calabrie,

a questo solo disposto , che le Calabrie pacifi casse ;

del modo , qualunque ei fosse , non si

curava :: ciò si pose in pensiero di fare , e fe celo , ferocia a ferocia , crudeltà aa crudeltà , in sidia ad insidia opponendo ; e se questi rime

dj sono necessarj, che veramente erano in Ca labria , per ridurre gli uomini a sanità , io ve ramente della umana generazione mi dispero. Primierameute considerò Manhes , che l' opera

re spartitamente avrebbe guastato il disegno, per

chè i facinorosi fuggivano dal luogo , iu cui si


1

LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1810) 15 usava più rigore , in quello , in cui si procedeva più rimessamente: cosi cacciati e tornati a vi

cenda da un luogo in un altro , sempre si man

tenevano. Secondamente andò pensando, che i proprietarj, anche i più ricchi, ed i baroni stessi, che vivevano nelle terre, ricoveravano, per pau ra di essere rubati e morti, questi uomini barba ri. Dal che ne nasceva , che se non si trovava

modo di torre loro questi nascosti nidi , inyano

si sarebbe operato per ispegnerli. Si aggiungeva, che la gente sparsa per le campagne , per non essere manomessa da loro , dava loro , non che

ricovero , vettovaglie , e così fra il rubare, il nascondersi ed il vagare era impossibile il so praggiungerli. Vide Manhes convenirsi , che

con qualche mezzo straordinario, giacchè gli ordinari erano stati indarno, si assicurassero gli abilatori buoni , i briganti s' isolassero. Da ciò

de cavava quest'altro frutto , che i giudizi sa rebbero staii severi , operando contro i delin quenti l'antica paura ed i danni sopportati. Ferro contro ferro , fuoco contro fuoco abbiso gnava a sanare tanta peste , e medicina di ferro e di fuoco usò Mambes. Per arrivare al suo fine quattro mezzi mise in opera , notizia esatta del

numero dei facinorosi comune per comune ,

in

tiera loro segregazione dai buoni , armamento dei buoni, giudizj inflessibili. Chi si diletta di

considerare le faccende di stato , ed i mezzi

che riescono , e quelli che non riescono, vedrà nelle operazioni di questo prudente e rigido Francese, quanto i mezzi suoi quadrassero col

གནས 1

I


STORIA D'ITALIA 96 fine , e ch'ei non andò per le chimere e le astrazioni, come fu l'uso dell'età. Ordinò , che ciascun comune desse il novero de' suoi facino

rosi, pose le armi in mano ai terrazzani, par

tendogli in ischiere , fe'ritirare bestiami e con tadini ai borghi più grossi , che erano guardati

da truppe regolari, fe' sospendere tutti i lavori di agricoltura , dichiarò caso di morte a chiun

que , che ai corpi armati da lui non essendo .

ascritto , fosse trovato con viveri alla campagna, mandò fuori a correrla i corpi dei proprietarj armati da lui comune per comune , intimando loro, fossero tenuti a tornarsene coi facinorosi

o vivi o morti. Non si vide più altro nelle

selve , nelle montagne , nei campi, che truppe urbane , che andavano a caccia di briganti , eе briganti che erano cacciati. Quello che rigi damente aveva Manhes ordinato , rigidamente ancora si effettuava. I suoi subalterni il secon

davano , e forse non con quella retta inflessibi lità , ch'egli usaya , ma con crudeltà fantasti ca e parziale. Accadevano fatti nefandi : una

madre , che ignara degli ordini, portava il so lito vitto ad un suo figliuolo , che stava lavo rando sui campi , fu impiccata. Fu crudelmen

te tormentata una fanciulla >, alla quale fu ron trovate lettere indiritte a uomini sospetti.

Nè il sangue dei Carbonari si risparmiava . Ca pobianco loro capo , tratto per insidia , e sot to colore di amicizia nella forza , fu ucciso. Un curato ed un suo nipote entrati nella setta ,

furono dati a morte, l'uno veggente l' altro, il 1


LIBRO VIGESIMOQUARTO ( 1810)

77

nipote il primo, lo zio il secondo, Rifugge l'ani mo a me, che già tante orrende cose raccon

tai, dal raccontare i modi barbari , che contro >

di loro si usarono. I Carbonari spaventati dal le uccisioni, perchè molti di loro perirono nel

la persecuzione , si ritirarono alle più aspre montagne.

I facinorosi intanto , o di fame , per essere

paese tutto deserto e privo di vettovaglie perivano , o nei combattimenti, che contro gli il

urbani férocemente sostenevano, morivano , >

preferendo una morte pronta alle lunghe ango sce , o da se medesimi si uccidevano , o si da vano volontariamente in preda a chi voleva il

sangue loro. I dati o presi, condotti innanzi a tribunali straordinarj composti d'intendenti

delle provincie, e di procuratori regj , erano partiti in varie classi , quindi mandati a giudi care dai consigli militari creati a posta da Man hes. Erano o strangolati sui patiboli, o sof focati dalla puzza in prigioni orribili: gente fe roce e barbara , che meritava supplizio , non pietà. Nè solo si mandavano a morte i malfat tori, ina ancora chi li favoriva , o poveri, o ricchi , o quali fossero o con qual nome si .

chiamassero; perciocchè , se fu Manhesinėso , incorruttib rabile , fu anche

ile. Pure , per opera

di chi aveva natura diversa dalla sua ,

si me

scolavano a pene giuste fatti iniqui. Succede vano vendette , che mi raccapriccio a raccon tare. Denunziati dai facinorosi, che

per ultimo

misfallo usavano mortali calunnie, alcuni inno


.78

STORIA D'ITALIA

centi furono presi e morti. Talarico di Car lopoli, capitano degli urbani, devoto e pruo vato servitore del nuovo governo , accusato, per

odio antico, da un facinoroso , piangendo ed implorando tutti la sua grazia, fu dato a mor te. Parafanti donna, per essere, come si disse, stata moglie del facinoroso di questo nome, ar

restata con tutti i suoi parenti, e dannata con loro all'ultimo supplizio , perì. Posti in fila nel destinato giorno, l'infelice donna la prima, parenti dietro , preti e boja alla coda , mar ciavano in una processione distendendosi, ch'io non so con qual nome chiamare. Eransi po ste in capo ai daunati berrette dipinte a fiam me , indosso vesti a guisa di San -Benito ; ca valcavano asini a ritroso ed a bisdosso. A que sto modo si accostarono al patibolo : quivi una morte crudele pose fine ad una commedia i

fantastica ed orribile . Nè davano solamente

supplizj coloro , che a ciò fare erano coman dati, ma ancora i paesani spinti da rabbia e da desiderio di vendetta infierivano contro i

malfattori: insultavano con ischerni ai morti>

straziavano con le unghie i vivi , dalle mani

dei carnefici togliendoli per ucciderli. Furo no i Calabri facinorosi sterminati da Manhes

fino ad uno. Chi non mori pei supplizj , mo rì per fame. I cadaveri di molti nelle vecchie

torri, o negli abbandonati casali, od anche sugli aperti campi si vedevano spiranti ancor minacce , ferocia e furore : la fame gli aveva

morti. Dei presi , alcuni ammazzavano le prigio

1


*

LIBRO VIGESIMOQUARTO (1810)

79

ni prima dei patiboli. Le torre di Castrovillari

angusta e malsana videne perire nell' insop portabile tanfo gran moltitudine.

La contaminazione abbominevole impediva ai custodi l'avvicinarsi ; i cadaveri non se ne ritiravano , la peste cresceva, i moribondi si brancolavano per isfinimento e per angoscia

sui morti , i sani sui moribondi , e se stessi , >

come cani , con le unghie e coi denti lacera

vano. Infame pozza di putrefatti cadaveri di ventò la castrovillarese torre; sparsesi la

puzza

intorno , e durò lunga stagione; le teste e le membra degl' impiccati appese sui pali di luo in luogo rendettero lungo tempo orrenda la strada da Reggio a Napoli. Mostrò il Crati ca go

daveri mutilati a mucchj : biancheggiarono e forse biancheggiano ancora le sue sponde di abbominevoli ossa . Così un terror maggiore

sopravanzó un terror grande. Diventò la Cala bria sicura, cosa più vera che credibile, sì agli abitatori che ai viandanti; si apersero le stra de al commercio, tornarono i lavori all'agri

coltura, vestì il paese sembianza di civile, da barbaro ch'egli era . Diquesta purgazione ave vauo bisogno le Calabrie ; Manhes la fece : il

suo nome saravvi e maladetto e benedetto per sempre.

Fine del libro vigesimoquarto.


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LIBRO

VIGESIMOQUINTO .

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SOMMARIO.

Papa Pio prigione in Savona, e come trattato . Sue di scussioni con Napoleone circa l'esecuzione del con cordato , e l'instituzione dei vescovi . Ragioni addotte dalle due parti contro, ed in favore della facoltà dei

pontefici romani del delegare l'autorità spirituale ai vescovi . Prelati francesi mandati a trattar col papa a

Savona. Il papa non si mostra alieno dal dar l'insti tuzione fra sei mesi ai vescovi nominati , e di consen

tire, che fosse data in nome suo dai metropolitani, so

lo astenendosi da questa concessione pei vescovi subur bani . Concilio di Parigi. Breve del 26 settembre . Il

papa ricusa costantemente di rinunziare alla sovranità

temporale. Minacce che gli si fanno. Come e quando condotto da Savona a Fontainebleau .


STORIA

D ' I TALI A. LIBRO VIGESIMOQUINTO.

A veva Napoleone per mezzodel concorda

7

to confermata la sua potenza , sì sodisfacendo al desiderio dei popoli, e si tenendo coll' im perio degli ecclesiastici in freno la parte con

traria , alla quale non piaceva quella sua im moderata cupidigia di dominare, Nè trovò in questo la materia renitente : gli ecclesiastici non solamente accorrevano chiamati, ma ancora si

offerivano 'non chiamati , molti per amore del la religione, e molti ancora per ambizione e speranza dei premj. Restava , che la religione

romana stessa domasse con depressione dell'au torità pontificia : aveva in ciò un desiderio

molto ardente , siccome quegli , che era impa ziente di ogni potenza forte, che a lui fosse vicina. A questo fine, occupate le Marche, si era avvicinato alla pontificia sede di Roma, e sotto colore delle cose di Napoli , mostrava spesso i suoi soldati agli attoniti Romani. A questo fine ancora aveva occupato la romana

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STORIA D'ITALIA

città , e trasportato il papa in condizione cat tiva a Savona, retribuzione certamente inde

gna di tanti benefizj. Si accomodavano gli ac cidenti a' suoi pensieri : perchè , allettati con le ricchezze ee colla potenza i prelati più rag guardevoli, si accorgeva facilmente , che , se per lo innanzi gli era venuto fatto di voltare il

papa contro Porto Reale e contro Voltaire,

presentemente voltare i prelati contro poteva il papa.. Più oltre anzi mirava ; e già si moti vaya , che а a lato dell'altar maggiore delle chiese anconitane la sua immagine si dovesse

esporre alla divozione dei fedeli. Da un papa prigione ad un papa spento , da un papa spento ad un auiocratore in tanta forza e grandezza pareva facile il passo , Liberato per le vittorie

del Danubio da ogni timore , si accingeva all'

insolito e pericoloso tentativo. I russi ed i bri tannici modi gli venivano in mente, e gli pa reva gran fatto , che quello , che Alessandro e Giorgio erano, egli non fosse. Ma non con

siderava , che la opinione cattolica è inflessibi le ed indomabile , e che ancor più impossibi

le è il cambiarla, che lo spegnerla : gli ordi ni papali poi alla natura sua stessa , e per co

sì dire , alle viscere sue più vitali sono ine renti secondo la credenza della maggior parte dei fedeli.

Era arrivato papa Pio prigione a Savona il

dì quindici agosto dell'ottocentonoye, se per caso o pensatamente , perciocchè quello era

giorno festivo di Napoleone, il lettore giudi

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LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1810 )

85

cherà. Gli furono date sull'arrivare le stanze

in casa di un Sansoni, sindaco della città. Ac

correvano d'ogni intorno i popoli per vedere il pontefice. Pure gli agenti imperiali osserva vano , non senza contentezza , che o fosse ti

more o fosse opinione, era quivi la moltitudi ne meno fervorosa , e minore fanatismo, cosi il chiamavano, mostrava verso il sovrano pon

tefice, che in Francia , e che la presenza del papa cattivo non alterava punto la obbedienza

verso il governo. Parlossi lungamente nei con sigli imperiali, se si dovesse permettere, che il papa comparisse in cospetto del pubblico, sì

coll uffiziare pontificalmente in chiesa , e si col dare le benedizioni. Si temeva lo sdegno

aperto degli uomini, se vedessero il papa pri gioniero, le ire segrete ancor più pericolose ,

se nol vedessero. Prevalse l' opinione , che il papa si mostrasse : ma i soldati erano nume

rosi nelle savonesi terre, le spie ancor più nu

merose , il castello pronto a ritorlo alle genti, Insino a che Napoleone comandasse, erano via tate le udienze al papa , ed a nessuyo si per metteva, che gli favellasse, se non presenti le

guardie. Poco dopo il principe Borghese , go vernatore del Piemonte ee del Genovesato , avu tone comandamento da Parigi, ordinava , che

il palazzo dove abitava il papa, trasferito nelle stanze nuove del prefetto , si circondasse di guardie, avesse un solo luogo per uscire >, non si permettesse a nessuno di entrare ;

il papa

non desse nessuna udienza ; su quanto facesse.


86

STORIA D'ITALIA

nelle interiori stanze, diligentemente si vigilas se e. sopravigilasse ; fra i suoi servitori e segre tarj segretamente s'inframmettessero uomini de

diti a sua maestà. Ordinava oltreacciò Napo leone per mezzo di un Vincent, soprantenden

te sulla italica polizia a Parigi, che si guardas se bene agli atti di chi venisse a visitar il

papa, e di più, che ogni lettera, che gli fosse indiritta , si copiasse e mandasse al ministro

della polizia generale, e che medesimamente tutte quelle, che da sua santità, o da chi ap

presso a lei serviva, fossero scritte, si copias sero e mandassero al ministro medesimo.

Del resto Borghese principe , e Vincent so prantendente volevano e comandavano , che il рара

fosse intieramente libero della persona ;

il che , se pure qualche cosa significa , a chi considera gli ordini precedenti, vuol dire, che ei non fosse legato con corde. A questo si vo

leva, perchè si temeva di qualche concistoro segreto, che nessun cardinale in Savona , sal vo lo Spina, potesse dimorare : fosse vietato

allo Spina stesso di parlare al pontefice, se non

presenti le guardie ; anzi desiderando mandar gli certe delicature di cibi , non gli era per messo , se non con licenza del governo. Un umile uomo, che Ostengo aveva nome, ed

era

ai servigj del pontefice , per avere scritto un viglietto con lettere di piombo di vetro , fu cacciato nelle segrete, nè gli furono concessi i

giudizj. Esitava il papa a nominar le perso ne, che dovessero allendere a' suoi servigj, es-.


LIBRO VIGESIMOQUINTO (1910)

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sendo stimolato a farlo da chi aveva mezzo

di frenare così gl' infedeli come i fedeli. Tes meva, che l'amor suo fosse ad altri cagione di

disgrazie, nè in ciò s'ingapnò. Pure nomipo

il prelató Doria- Pamfili, maestro di camera , Soglia, cappellano, Porta, medico, Ceccarini, chia

rurgo, Moiraghi e Morelli, ajutanti di camera, un Campa, giovane di floreria, ed alcuni altri di minor condizione. Se ne viveva il ponte fice nel suo savonese carcere con molta sem

plicità, nè mai si mostrava sdegnato, quantun que avesse tante cagioni di sdegnarsi. Vedeva volentieri il conte Chabrol , prefetto di Monte

notte , perchè il conte usava con lui molto umanamente, temperando con dolci modi l'acer

bità degli imperiali comandamenti ; della qua le dolcezza ed umanità ne ebbe anche le male

parole da Parigi. Offertogli, se gli piacesse pas seggiare a diporto per la campagna , s'intende

va con le guardie, rispondeva , non poter di vertirsi, quando la chiesa piangeva. Mandava

Napoleone imperatore il conte Sarmatoris di Cherasco a metter grandi mense, a fare addob

bi, a mostrar magnificenze, a condur servitori

in livrea attorno al papa, e pel papa. Con qual nome chiamare questo imperiale scherno con tro il pontefice prigioniero, io non so. Nè so nenimeno perchè Sarmatoris conte , che buon uomo era, accettasse un carico tanto derisorio.

Si appresentava lusingando, e con le imperiali

profferte. Toccò, sperare, poichè sua beatitudi ne aveva aggradito i suoi servigj a Parigi, sa


88

STORIA D'ITALIA

rebbe per aggradirgli anche in Savona . Rispo se pacatamente esser cambiati i tempi : allora come a principe e sovrano essersi convenuto l'apparato esteriore, ora come prigioniero dis dirsi : fuori del suo seggio , in paese straniero ,

stretto da guardie arinate, privo de' suoi servi

tori e consiglieri più intimi e più fidi, pri gioniero essere, prigioniero tenersi, da prigio niero voler essere trattato : sciogliessero prima

le catene, che le pontificie membra strigueva no, nella sua pontifical sede il rimettessero , ii suoi cardinali' gli rendessero , ed accetterebbe i sovrani onori: del resto provederebbero i fedeli , provederebbe Iddio, che mai non ab bandona i servi suoi devoti. Le medesime cose

asseriva , ma con maggiore forza , come a sol dato , a Cesare Berthier , generale mandato a Savona da Napoleone per ajutare le spie con le armi.

Giovami spaziare alquanto sui sentimenti del papa carcerato. Fulminava Ugo Maret da Pa

rigi, tentava di spaventarlo. Si facesse , coman dava , bene capire al papa ed a' suoi fami gliari, che dopo la scomunica, il cui fine evi

dente era di eccitar i popoli alla ribellione, e di far ammazzare con le coltella sua maestà

l'imperatore, aveva il governo pontificio fatto l'estremo di sua possa , e consumato tutte le sue armi : se gli facesse osservare , quanto pregno

fosse quel capitolo della pace , col quale l'im peratore di Austria si era obbligato a ricono scere tutte le mutazioni fatte o da farsi in


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1810)

89

Italia : se gli facesse riflettere , che ugualmente dai trattati di Amiens e di Tilsitt si deduce va

che l'imperator Napoleone poteva fare

quanto gli piacesse e paresse per impedire , che il papa s'intromettesse negli interessi ter reni , e nell'amministrazione interna de' suoi stati : spesso facessero salire alle sue orecchie

questo suono, che le cose temporali non hanno comunanza alcuna colle spirituali; che i so vrani da Dio acquistano la potenza loro , non

dai papi ; che la chiesa gallicana aveva accet tato , come dottrina invariabile, le dichiara

zioni dell'assemblea del clero del 1682 , e che finalmente una scomunica era contraria a tutti

i principi della chiesa gallicana : se gli ricor dasse , che Pio sesto , ancorchè al suo pon tificale seggio fosse stato tolto , ed i suoi stati

invasi, ancorachè a' tempi di lui la religione fosse sbandita di Francia , ed il sangue dei ve scovi scannati bruttasse gli altari , non era ve

nuto a quell'estremo passo di usare un'arma,

che la religione , la carità , la politica e la ragione del pari condannavano. Cosi Ugo Maret predicava in nome di Napoleone iinperatore la

religione , la carità a papa Pio. Ma il prigio niero in contesa tanto disuguale , in cui gli avversarj ajutavano le ragioni loro con tutto ľ apparato delle europee armi , non se ne stava

tacendo , ed opponeva costanza a forza. Dello aver voluto eccitare i popoli alla ribellione , asseverantemente negava , poichè in tale forma aveva scritto l'atto della scomunica , che la Bolta T. VIII.

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go

STORIA D'ITALIA

sommessione e l'obbedienza alle polestà teni

porali , la salute delle persone, e la conserva zione delle sostanze ne fossero specialmente rac comandate ; che non era stato badando , se ful minando la scomunica consumasse tutte le ar

mi sue e tutta la potenza ; che solo aveva in

teso a far il debito suo , e che del resto per la salute della chiesa si rimetteva nella pro videnza di Dio : che finalmente la politica ec

clesiastica non era punto come quella dei go

verni ;; che là si trattava sempre secondo la

verità e la giustizia , quà secondo le passioni umane. Aggiungeva , che se presto non si ac conciassero le faccende , e l' imperatore colla Santa Sede non convenisse, vedrebbe il mondo

quanto papa Pio fosse capace di fare , nè più oltre spiegava i suoi pensieri : le quali ultime parole tenevano in sentore continuo i palazzi delle Tuilerie e di San Clodoaldo . Raccoman davasi di nuovo alle spie si affaccendassero.

Nè a queste protestazioni si ristava il papa, nè all'accordo dei potentati di Europa . Simo strava persuaso , che non più si trattava di se parar le cose temporali dalle spirituali , ma bensì di ruinar le une per mezzo delle altre; che i potentati se ne pentirebbono ; che già i tentativi erano stati pregiudiziali a quelli , che gli avevano fatti, massimamente all'Austria ;

che del resto , ed intanto in occorrenze di tal forma, come capo e rettor supremo

di quanto

allo spirito ed alla religione si apparteneva pon doveva e non voleva starsene ozioso ; che

1


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1810 )

gy

anzi suo debito e volontà era di usare contro

i perniziosi disegni tutta la sua pontificale po tenza , riposandosi colla speranza in Dio , che supplirebbe a quanto la debolezza sua non po teva effettuare. Affermava poscia , che i sovra ni sono eletti dai popoli, e che dopo la loro elezione tengono la loro potenzı da Dio , che male si era interpretato l'uso che una volta avevano i vescovi ed i papi di mettere nelle 9

cerimonie delle sagre la corona in capo ai so

vrani;‫ ܪ‬conciossiachè quest'atto uull' altro volesse significare , se non se , che , stantechè la >

po

tenza , dopo la elezione fatta dagli uomini , ve

niva da Dio medesimo, egli stesso era quello che per mano de' suoi ministri incoronava i so

vrani. Queste erano le dottrine della scuola ro mana spiegate massimamente , dopo il celebre Gravina , dallo Spedalieri , siccome da noi fu raccontato nel libro secondo delle presenti stó rie . Che certamente , ed egli il sapeva , sog

giungeva il pontefice , le cose di quaggiù so no sempre solite a trascorrere oltre i termini

della natura loro , e che per questo spesso di venivano necessarie le riforme, cambiando e mutandosi continuamente i tempi e gli usi ; che in questo Roma aveva sempre mostrato molta agevolezza, consentendo di buon grado alle riforme medesime ; che solo si rendeva necessario di non operare a caso ed alla spar

tita , ma bensì con procedere pensato e me todico ; che così l' Austria , dopo alcuni er

rori a lei funesti , aveva con somma sua uti


g2

STORIA D'ITALIA

1

lità operato sotto Pio sesto di santa memoria; che del riroanente egli biasimava ed altamen te dangava quel desiderio sfrenato d'innova zioni , che a quei tempi regnava , desiderio , che invece di riformare ordinando, contamina va rovinando.

Quanto alle quattro proposizioni del clero gallicano, affermava, che erano opinioni ancora in pendente, e che Ionocenzo undecimo, al qua le si atteneva per diritto pontificio di giudica re , era stato in punto di condannarle ; che il

cléro di Fraucia , siccome quello , che era , non tutta la chiesa, ma solamente una parte di lei, non aveva diritto di giudicare da se della po testà della sedia apostolica , nè di limitarla , nè di modificarla ; che del rimanente non aveva

difficoltà di ammettere la prima , che in ciò consiste , che Dio diede alla Santa Sede il go

verno delle cose spirituali , non delle tempo rali ; che i re ed i principi non sono soggetti delle temporali alla potestà ecclesiastica , e che non si possono per l'autorità delle chiavi di

San Pietro deporre , nè dal giuramento di fe

deltà esimere i sudditi. Ma quindi passando papa Pio a quello , che era il soggetto della controversia , distingueva il diritto di deporre i sovrani, e di dispensare i sudditi dal giu ramento di fedeltà , da quello di fulminare una scomunica contro ii principi, quando egli no secondo le leggi ed i canoni della chiesa

l'hanno incorsa ; che conseguentemente qui non

cadeva la dottrina della chiesa gallicana ,

1

.


LIBRO VIGESIMOQUINTO (1810)

93 che mai la chiesa di Francia aveva preteso ,

che il papa non avesse autorità di fulminar lá scomunica contro chi l'avesse meritata ‫ ;ܪ‬che egli aveva bensì scomunicato Napoleone , ma

non deposto , nè sciolto i sudditi dal giura mento ; che se poi per effetto della scomuni ca alcuni dei sudditi di lui rimettessero della

divozione e fedeltà loro , ciò non al ponte

fice, giusto castigatore, ma al priocipe, colpe vole prevaricatore , doveva unicamente atiri

buirsi ; che tale dottrina , bene il sapeva , era del tutto consentanea ai pensieri di Bossuet , quantu uque non in tutto con lui consentisse, e che bene era persuaso , che se tutto il clero

di Francia fosse assembrato , la dottrina mede

sima accetterebbe ed appruovereble ; che a lui a

non era ignoto , che ai tempi andati avevano

qualche volta i vescovi ed i papi liberato i sudditi dal giuramento , ma solamente quando il sovrano era stato deposto dagli stati del re gpo e dai grandi per modo che la dispensa dal giuramento altro non era , se non se la conse guenza di una deposizione fatta da coloro , ai quali spettava il diritto di farla. Pertantó la

deposizione non proveniva dalla dispensa 9, ina bensì la dispensa dalla deposizione , opera non dei papi, ma di altrui. Venendo poi all'esem pio allegato di Pio sesto , si spiegava con di

re , che la tempesta aveva sorpreso improvi samente quel generoso pontefice , e quando già vecchio e paralitico non aveva più in lui

spirito che intiero fosse ; che perciò la debo


STONI D'ITALIA 94 lezza del corpo già più vicino a morte che a

vita, aveva in lui nociuto alla prontezza del l'animo; che se dal costume di tutta la sua vita si avesse a giudicare , non si poteva da

bitare , che alle novità introdotte da Napoleo

ne nelle cose ecclesiastiche, ed alle usurpazio ni di lui nel patrimonio di San Pietro si sa rebbe più presto e più acerbamente risentito , che egli stesso non aveva fatto ; che per veri tà Clemente settimo era stato condotto aa duro

passo, ma che fu persecuzione , che ben presto ebbe fine , e che quegli stessi , che l' avevano perseguitato, e cacciato dalla sua apostolica se de , si erano raumiliati , ed avevano da lui

chiesto perdono ; come le parole avevano suo nato, così essere succeduti i fatti, poichè tan tosto fu rimesso nella sua romana cattedra , e

restituito alla pienezza dell'apostolica potestà ,

mentre Napoleone nella durezza e persecuzio ne sua ostinatamente perseverando , non solo non faceva alcuna dimostrazione di volersi ri

tirare da quanto aveva fatto in pregiudizio dell'autorità ecclesiastica , e dalle sue usurpa

zioni contro il patrimonio di San Pietro , ma ancora pertinacemente affermava, ed apertamen

te dichiarava , volere di per se stesso, e senza intervento dell'autorità pontificia turbare le sedi vescovili e parocchiali, e far violenza al pontefice sulle nomine dei vescovi, e tener Ro ma suddita in sua mano.

Tornando quindi all' esempio di Pio sesto , aggiungeva , che egli aveva avuto a fare col


LIBRO VIGESIMOQUINTO (1810 ) 05 direttorio , che fuori della chiesa essendo, alle

leggi della chiesa nè obbediva, nè si protestava obbediente, ma che egli, Pio settimo, aveva a

far con Napoleone imperatore , il quale nella sua qualità di figliuolo primogenito della chiesa,

qualità, che continuamente assumeva, e di cui si vantava , si trovava soggetto a tutte le sue

regole e leggi ; apparire, nè il taceva, che mai nessuno de' suoi antecessori era stato ridotto a

quelle ultime strette, in cui era egli, e quanto al patrimonio di San Pietro aveva giurato di di fenderlo sino a sparsione di sangue , e che così si era risoluto di fare ; che i canoni avevano

decretato , che chi esso patrimonio offendesse e toccasse , incorresse incontanente delle cen

sure ecclesiastiche; che ad esse Napoleone im peratore si era confessato soggetto, poichè aveva fatto professione di cattolico ; che egli le censure medesime fulminando, aveva adempito quell'ob

bligo, al quale per le ecclesiastiche leggi con sentite da tutta la chiesa era tenuto ; che non solamente il doveva fare , ma che non poteva von farlo ; bene dolersi, e nell'interno del pa

ternale suo animo compiangere , che le prese deliberazioni potessero offendere la Francia, sua figliuola prediletta, e sopra la quale con tanto

amore si era versato ; ma giudicherebbe ella , se fosse per amare meglio un papa prevarica

tore ‫و‬, o un papa osservatore de' suoi doveri, un papa innocente ed oppresso , od un impe

ratore colpevole e persecutore : della elezione non conservare dubbio alcuno ; ricordarsi ah

1


96

STORIA D'ITALIA

1

1

cora con infinita allegrezza le grate accoglien ze , l'affezionato concorso dei popoli , quando

in quel nobile reame se n'era andato ad un ministerio , che ogni altra cosa protendeva piut

tosto che ruine ; ricordarsi comefra quell'im menso apparato di armi ee di soldati avesse tro

vato luogo , per la francese pietà , uu umile pre ticciuolo inerme, solamente perchè la comu nanza dei fedeli nella persona sua rappresenta va ; ricordarsi , che dove concorrevano , se non

supplici , almeno umili i primi potentati di Eu- . ropa , una opinione solamente fondata sul con

senso dei popoli devoti a Dio , devoti al suo vicario in terra , devoti all'apostolica sedia tan

to avesse potuto , ch'egli non potente fra mez zo ai più

potenti, il principale e più onorato

seggio si vendicasse: gisse pure onorata , gisse contenta , gisse felice la Francia ; che quanto a lui , memore della pietà dimostrata , ogni co sa fuori dell'impossibile avrebbe e consentito

ed operato , perchè ella quella pace di coscienza

godesse , che pei meriti suoi le era giustissi mamente dovuta .

Desiderava Napoleone, solito a fare prima le cose, poi a volere che gli si consentissero , che il senatus consulto dell'unione dello stato

romano al suo impero sortisse il suo effetto ,

anche per consentimento del papa. Non gli era nascosto,, che ove il pontefice accettasse le con dizioni proposte , facendosi abitatore di Pari gi, e suo pensionario, ayrebbe dovuto finalmen

le consentire a quanto egli volesse nell'argo


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1810)

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mento della giurisdizione ecclesiastica ; percioc chè la forza del pontefice tutta era fondata

sull' opinione, e quando diventasse vile in co spetto degli uomini, avrebbe perduto coll' opi nione quell'unico suo fondamento ; che certa mente avrebbe avuto parte di viltà, se , in vece di viversene padrone con isplendore a Roma , o carcerato con onore in Savona , avesse acco

modato l'animo a vivere suddito in Parigi. Per la qual cosa gli agenti imperiali continuamente e con esortazioni vivissime cercavano di muo

verlo, acciocchè rinunziasse al dominio tempo rale , accettasse i milioni, abitasse il palazzo arcivescovile di Parigi. Certamente pareva a

quei tempi la potenza di Napoleone inconquas sabile : le paci di Tilsitt e di Vienna , il ma trimonio coll'arciduchessa, l'esercito invitto , vincitore , innumerabile la fondavano. Niuna

speranza rimaneva al pontefice di risorgere ; il scienza: ricusò Pio le imperiali proposte. Che

sapeva, il credeva, il diceva ; ma vinse la co

sapeva ben egli , affermava, ciò che volevano fare; che questi disegni , e se n'era accorto

già fin d'allora covavano , quand'egli era an dato a incoronar Napoleone aa Parigi; che già fin d'allora yi si racconciava il palazzo arci vescovile per la stanza dei papi; che vedeva chiaramente , che era nato il pensiero di fare

i papi viaggiatori, e fors' anche primielimosi nieri degl'imperatori; papi di Francia volersi, non papi di cristianità : del resto non volere, protestava , il palazzo di Parigi : sarebbe uu Botta T. VIII. 13


STORIA D'ITALIA

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nuovo carcere ; non la potestà temporale , ma San Pietro avere fissa la sua sede in Roma ; avere ciò dimostrato colla sua venuta inquel la veneranda città , averlo dimostrato colla sua

dimora, averlo dimostrato col suo martirio , il sangue dell'apostolo avere indicato e santifica

to il luogo dell'apostolica sedia ; volere Pio successore quella , o nessuna; non disfarebbe col consenso suo Pio ciò , che Cristo stesso Salva

tore per mezzo di Pietro aveva fatto ; che nè

giurainento presterebbe, nè pensione accette

rebbe , sarebbe vile agli occhi suoi, vile al mon do , se quel prestasse, sé questa accettasse: es sere il senatus- consulto la servitù della chiesa: volersi mandar ad effetto le macchinazioni dei

filosofi , rendere il papa tanto suddito , quanto i vescovi in Francia ; che si mirava evidente

mente alla distruzione della religione ; che non potendo assaltarla di fronte , perchè l'impresa era troppo difficile , la volevano assaltar di fian

co; non mai i sacerdoti del paganesimo essere stati tanto dipendenti dalla potestà temporale, quanto i preti d'oggidi; volersi anche mettere .

.

sotto il giogo il papa : presumere, che tali di segni non provenissero dal consiglio ecclesiastico raunato in Parigi, perchè se ciò fosse, tosto il separerebbe dalla comunione sua , in mezzo aa tante turbazioni, a tanti sovvertimenti sperare,

che Dio fosse quello , che avesse a salvare la sua chiesa ; che del resto non poteva più ri conoscere , qual figliuolo primogenito , l'usur patore dei beni della Santa Sede: che già , e


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1810)

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pur troppo aveva sopportato , che già gli era venuta a schifo la sua pazienza , che la sede di Roma non poteva operare, come gli altri

sovrani : ch'ei potevano rinunziare, secondo gli accidenti à parte dei loro dritti col pensiero

di riacquistarli, quando che fosse, ma che do veva il papa operare in coscienza ; i trattati 1

di Roma spirituale essere santi, e di buona fe de ripieni .

Così papa Pio tormentato dai napoleonici i suoi pensieri spiegava. Quanto poi a quello,

ch'egli in quei tempi tanto per lui lagrimevoli desiderasse" fare, i ricordi dell'età non lasciano luogo a dubitazione. L'animo suo era di addo

mandar sempre i beni temporali della Santa Sede, ma di non mai far cosa, che tendesse a vo

lerli riacquistare per forza:: solo questo clie deva e richiedeva , che libero fosse , e libero lasciato tornare a fare il papa nella sua Roma ;

che farebbe anche il papa in una grotta , che farebbelo nelle catacombe; che se alla parsi

monia ed ai pericoli della primitiva chiesa gli fosse d'uopo tornare, con piena rassegnazione vi tornerebbe, nè ciò fora anco grave a chi

non mai tanto felice era stato, quanto, quando semplice fraticello essendo, in un umile chio

stro le dottrine teologiche insegnava. In cotal modo si raffermava , quanto alle sue particolari sorti, l'animo del pontefice: ma bene piangeva , ed amaramente deplorava le

novelle discordie. Deploravale principalmente perchè laceravano le viscere più intime e più


100

STORIA D'ITALIA

vitali della cristianità cattolica : deploravale per

chè impedivano l' unione , della quale aveva allora speranza delle parti dissenzienti ; imper ciocchè aveva concetto il pensiero, che alcuni

paesi addetti alle dottrine di Lutero aves sero presto a ritornare nel grembo della chie

sa. Solo disperava dei calvinisti, siccome quel li, che egli riputava più induriti , e che ave vano voluto introdurre nel governo ecclesiasti co gli ordini democratici . Queste erano le tribolazioni di Pio settimo.

Ma ecco oggimai avvicinarsi il tempo , in cui la sua virtù doveva esser messa a più duri ci menti . Posciache si era tentato di spaventarlo

coi soldati, di osservarlo colle spie, di

sgomen

tarlo colla segregazione, di scuoterlo con le mi nacce , si faceva passaggio ad assalirlo con le

dottrine e con le persuasioni di coloro, che o per antica amicizia, o pel carattere di cui era no vestiti , si credeva , potessero avere molta autorità nelle sue deliberazioni. La mancanza

dell' ufficio pontificale, che il papa ricusava di compiere già da parecchi anni, principiava a farsi sentire fortemente nella cristianità catto

lica ; la condizione peggiorava ogni giorno. Mol te sedi vescovili,, ricusando il papa le bolle di investitura , erano vacanti tanto in Francia ,

quanto in Italia ed in Germania. Altre vacan ze si scoprivano alla giornata, ed era per estin

guersi l' episcopato. L'imperatore, avendo da to favore col concordato all' opinione cattolica,

vedeva non potersi esimere dal ricorrere alla


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1810) 101 autorità pontificia . Pensò sulle prime di usar l'autorità del cardinal Caprara, arcivescovo di Milano, e legato della sania sede a Parigi, di cui conosceva la condiscendenza. Scrisse il car dinale supplicando al papa,, desse le bolle per

le sedi vacanti ai vescovi nominati dal consi

glio dei ministri dell'imperatore. Aggiunse che Napoleone consentiva , che in esse il

pon

tefice non facesse menzione delle nomine im

periali, purchè egli non v' inserisse la clausula del moto proprio, od altra equivalente. Rispose risolutamente il pontefice , maravi gliarsi , che Caprara queste cose proponesse : esser evidente , ch' ei non poteva accomodarvi

l'animo: non mai la cancelleria apostolica ave

re ammesso simili istanze da parte dei laici : del resto , a chi concederebbonsi le bolle , se alle instanze del consiglio e dei ministri si con

cedessero ? Non esser loro l'imperator medesi mo ? Non gli organi de' suoi ordini , non gli stromenti della sua volontà ? Ora dopo tante

innovazioni funeste alla religione fatte dall'im peratore, contro le quali egli si era sì spesso

è sì inutilmente querelato , dopo tante vessa zioni commesse contro tanti ecclesiastici dello

stato pontificio , dopo l'esiglio dei vescovi e della maggior parte dei cardinali , dopo la car cerazione di Pacca cardinale , dopo l'usurpa zione del patrimonio di San Pietro , dopo di essere stato assalito lui medesimo da uomini

armati nei penetrali stessi del suo pontificale palazzo , dopo di essere stato forzatamente di


1

102

STORIA D'ITALIA

terra in terra sotto strette guardie condotto per modo che i vescovi diparecchi luoghi non ave

vano potuto avvicinarsi a lui , o parlargli senza testimonj ; dopo tanti attentati sacrileghi , ta cendone anche, per amor della brevità , altri

infiniti , contro i quali i concilj generali e le constituzioni apostoliche fulminavan l'anatema, che altro avere lui fatto , se non uniformarsi ,

com'era suo dovere , ai decreti di questi con cilj, se non obbedire ai termini di queste con stituzioni ? Come adunque potrebbe oggidì ri conoscere nell'autore di tante violenze il diritto

di nominar i vescovi, come consentire , ch'egli

l'usasse ? Il potrebbe forse senza farsi reo di prevaricazione , senza contraddire a sė mede simo, senza dare, con iscandalo ,gravissimo , materia ai fedeli di credere , ch'egli sbattuto e vinto dalle disgrazie a tanto di abjezione fosse venuto , che potesse tradire la sua coscienza

e fare quello , ch'essa con terribil voce l'am moniva di dannare ? Pesasse bene , e queste ra 1

gioni ponderasse, non secondo la sapienza uma na , ma prostrato nel santuario il cardinale, e

vedrebbe, quanto vere, quanto inconcusse, quan to incontrastabili fossero. Chiamare tuttavia Dio

in testimonio di quanto egli in inezzo a și cru deli tempeste desiderasse provedere alle sedie vacanti della chiesa di Francia , di quella chie sa di Francia , suo primo amore e suo supremo

diletto : con quanto piacere abbraccerebbe egli un consiglio , che gli permettesse di sodisfare ad un tempo ed al suo pastorale uffizio ed ai

1


LIBRO VIGESIMOQUINTO (1810)

103

suoi doveri sacrosanti ! ma come potere come risolversi solo e senza soccorso in un affare di >

tanta importanza ? Toltigli essere tutti i con siglieri suoi, toltagli la facoltà di comunicare con loro, nessuno restargli, da cui pigliar lu me in sì spinosa discussione. Se vera affezio

ne avesse l'imperatore alla cattolica chiesa, in cominciasse dal riconciliarsi col suo capo : to

gliesse le innovazioni funeste , rendessegli la sua libertà, la sua sede, i suoi ufficiali; re

stituissegli il patrimonio, non suo, ma di San Pietro ; riponesse sulla cattedra dell' Apostolo il suo capo supremo, il suo capo di cui ella

era vedova e priva dopo la savonese cattività ; rimandassegli i quaranta cardinali dal suo grem bo divelti pei crudi comandamenti suoi; ri. chiamasse alle diocesi loro tanti esuli vescovi : pregare incessantemente e ferventemente fra

tante sue tribolazioni quel Dio, che tiene in sua mano tutti i cuori, incessantemente e fer

ventemente pregarlo per l'autore di tanti ma li: esaudisselo, piacessegli spirare al duro cuore di Napoleone più salutevoli consiglj; ma se per segreto giudizio di chi tuttosa e tutto

puote, altrimenti accadesse, piangerebbe egli le presenti calamità , certo e sicuro, che nessuno

a lui imputare le potrebbe, In questo mezzo tempo Napoleone per inti morire il papa, ee farlo consentire a quanto egli desiderava con dargli sospetto , che se non con sentisse, ei farebbe da se, aveva convocato un

consiglio ecclesiastico a Parigi , chiamandovi i


104

STORIA D'ITALIA

cardinali Fesch e Maury, l'arcivescovo di Tours,

i vescovi di Nantes, di Treveri, di Evreux, dí Vercelli, ed un Emery, prete superiore del se minario di San Sulpizio a Parigi. L'imperatore, per mezzo del ministro dei culti Bigot di Prea ineneu personaggio di buona e posata natura, ma che ciò non ostante procedeva con molto

calore in questa faccenda contro il papa , pro pose loro certi quesiti, acciocchè li dichiaras sero. Erano questi prelati , o tutti, o la mag gior parte, nemici dei seguaci di Porto Reale ; 1

ma la fortuna e la napoleonica ambizione gli avevano condotti a questo duro passo, o0 di opi

nare , circa la potestà della sedia apostolica , conforme alle dottrine di quella famosa scuola, o di dispiacer a Napoleone. Una sola risposta dovevano e potevano dare, ed era quest'essa : che si rimettesse il pontefice della condizione,

in cui era quando concluse il concordato , ed allora, se ricusasse le bolle, opiperebbero ; ma

non la diedero, perchè quelli non erano tempi da Ambrogj. Certamente se il рара debb'essere assicurato contro i principi in materia religiosa

e spirituale , i principi debbono essere assicu

rati contro il papa in materia politica e tem porale. A quest'ultimo fine mirava la neces sità nel papa del dar le bolle in un dato tempo, salvo i casi d'impedimenti canonici nei nomi

nati ; ma la prigionia del pontefice rendeva im

possibile ogni negoziato , é Napoleone voleva non solamente la indipendenza per se , ma an cora la servitù negli altri . Il governo della chie


105 LITRO VIGESIMOQUINTO ( 1810) sa , portavano i quesiti , è egli arbitrario ? Pud >

il papa per cagioni temporali ricusare il suo

intervento negli affari spirituali ? Conviensi , che solamente prelati e teologi trascelti nei picco li luoghi del territorio romano giudichino de gl'interessi della chiesa universale ? Conviensi, che il concistoro , consiglio particolare del pa pa , sia composto di prelati ditutte le nazioni ? Quando no , l'imperatore non ha in se rac colti tutti i diritti, che ai re di Francia , ai duchi del Brabante , e ad altri sovrani dei Pae

si-Bassi , al re di Sardegna, ai duchi di To scana , e simili si appartenevano ? Ancora , ha

Napoleone imperatore, o i suoi ministri violato il concordato . Essi migliorata o peggiorata la condizione del clero di Francia dopo il con cordato ? Se il sovrano di Francia non ha vio

lato il concordato , può il papa di suo proprio arbitrio , ricusare l'instituzione agli arcivescovi

e vescovi nominati , e perdere la religione in Francia come l'ha perduta nell'Allemagna sen za vescovi da dieci anni ? Non avendo il go

verno di Francia violato il concordato , se dal canto suo il papa ricusa di eseguirlo , inten zione di sua maestà è , ch'esso si abbia , e si

tenga per abrogato : ma in tale caso , viensi fare pel bene della religione?

che con

A questi quesiti, che risguardavano special mente la Francia e l'Italia se ne aggiunse un altro per l'Alemagna, desiderando l'imperator

Napoleone sapere , quale cosa gl' incombesse >

di fare per la salute della religione in questa Botta T. VIII.

14


106

STONA D'ITALIA

parte di Europa, a lui , che era il cristiano il più potente di tutti, signore dell'Allemagna , erede di Carlomagno , vero imperatore di oc cidente , figliuolo primogenito della chiesa. An cora ha bisogno la Toscana di nuove circo

scrizioni di diocesi , e se il papa non vuol coo perare , che farà sua maestà ?

Ancora , e finalmente èssi questa bolla di scomunica stampata e sparsa per tutta Euro

pa : che farà Napoleone imperatore per impe dire, che in tempi di turbazioni e di calami

tà , non diano i papi in questi eccessi di

po

tenza tanto contrarj alla carità cristiana, quan to all'indipendenza ed all'onore del trono ? Intanto Napoleone costretto dalla necessità ,

perchè la vacanza delle sedi episcopali turbava la coscienza dei fedeli , essendoaa ciò consigliato da coloro , che appresso a lui trattavano delle faccende ecclesiastiche , si deliberava ad usare

un rimedio , che poteva dargli , secondo che credeva , tempo ad aspettar tempo e conclu sione definitiva delle differenze nate colla San

ta Sede. Aveva egli udito , che dopo la morte del vescovo la giurisdizione episcopale si trasfe riva nel capitolo della chiesa cattedrale, e che a questo si apparteneva il nominare vicarj ge

nerali, che governassero la diocesi durante la sede vacante. Oltre a ciò fu fatto sapere

a

Na

poleone, che i capitoli investiti alla morte del vescovo della potestà episcopale , conferivano , secondo gli antichi usi di Francia, la potestà medesima all' ecclesiastico nominato dal sovra


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1810) 107 no alla sede vacante. Quest'ultimo pensiero gli fu suggerito dal consiglio ecclesiastico. Ma

al tempo medesimo il consiglio aveva mitigato il concetto con dire , che lo spediente propo sto non poteva essere che transitorio, che solo

per l'ultima necessità, e per non lasciar peri re l' episcopato in Francia dovevano i capitoli

delegare la giurisdizione ai nominati, che, ces sata la necessità, si rendeva necessario tornare

ai metodi consueti ; clre sebbene i vescovi no

minati e delegati avessero potestà di reggere le diocesi, non potevano esercire tutta la pie nezza dell'autorità episcopale, perciocchè , se avevano la giurisdizione, non avevano l'ordi ne ; che i vescovi instituiti possono fare certe funzioni, che i vescovi delegati non possono; che pure era richiesto per la salute dei fedeli,

e pel perfetto governo delle diocesi, che l'au. lorità episcopale tutta intiera in loro si racco gliesse ; che del resto non pareva conveniente, che lungo tempo i vescovi esercessero le fa coltà loro, e governassero le diocesi come sem

plici delegati dei capitoli ; altro maggior de coro, alıra maggior indipendenza essere richie sta ad un vescovo, perchè si possano aspettare dal suo ministerio i debiti frutti .

Certamente non piaceva neppur a Napoleo ne , che era d'indole assoluta , questa condi zione, che i vescovi , come delegati , esercesse

ro, perchè voleva, che i capi fossero padroni , non servi . Ciò nondimeno il guadagnar tem

po gli pareva cosa d'importanza . Deliberossi

.


108

STORIA D'Italia

pertanto, insino a che da Savona migliori po velle gli pervenissero , a servirsi del tempera mento proposto dal consiglio ecclesiastico. Era no in Francia e nell'Italia francese diocesi

vacanti da lungo tempo , in cui governava do i vicarj capitolari. A volere , che i capito

li delegassero l'autorità vescovile ai nomina ti dall'imperatore,, era d'uopo , che i vicarj ripunziassero ; conciossiachè non vi potessero essere due delegati. A questo fine indirizzava i pensieri il governo napoleonico ; dal che nac quero accidenti di nonpoca importanza. Aveva

Napoleone nominato vescovo di Asti in Pie monte il prelato Dejean , fratello di un suo ministro. Richiesti del rinunziare , i vicarj del capitolo ricusarono. Avute le novelle , Napo leone sdegnosamente decretava : fosse il capi tolo di Asti ridotto a sedici, i beni spettanti

ai canonicati soppressi cadessero in potestà del fisco , i renitenti fossero arrestati e processati, come di crimenlese. Aggiungeva Bigot di Prea meneu , che sua maestà si era risoluta ad uni

re al fisco i beni dei vescovati , dove sorges

sero erbe di ribellione. AvevaNapoleone no minato Osmond , vescovo di Nancy , uomo di nobile tratto e di pulitissima favella, all' ar civescovato di Firenze. Scrisse risolutamente

il pontefice al vicario capitolare, comandan do , che non ripuoziasse , che era Osmond illegittimo secondo i canoni. Seguitarono ef fetti conformi: non ebbe mai Osmond quieto vivere in Firenze.


LIBRO VIGESIMOQUINTO (1810)

109

Ma a questa amarezza serbava il cielo Napo

leone imperatore , che il prigioniero di Savona gli turbasse i suoi pensieri nella capitale stessa del suo impero. Aveva egli nominato arcivesco vo di Parigi il cardinale Maury, surrogandolo al Fesch, che nominato ancor esso alla medesima sede non aveva voluto accettare . Maury , pa

rendogli un bel seggio il parigino , l'accetiò. Seppelo il santo padre per avviso mandato dal

cardinal Dipietro , che confinato a Semur ,

fa

ceva una mirabile polizia a suo modo. Scrisse un breve ai vicarj capitolari di Parigi della

colpevole audacia del cardinale, e del debilo loro gravemente ammonendoli. Essere , ram mentava , il cardinale Maury un intruso , esse re irremissibile la sua temerità ; calcare lui i

sacri canoni , calcare le decretali dei papi,

calcare tutte le leggi dell' ecclesiastica discipli na : avessero i vicarj per nulli tutti gli alii , che il cardinale facesse : niuna qualità , niuna giurisdizione l'intruso avere , tutte a lui essere negate , tutte tolle : essere legato Maury alla chiesa di Montefiascone; niuno poternelo sciorre, che la Santa Sede : le sue risoluzioni gli co

municassero , e dell'esecuzione l'ammonissero.

Intanto Maury , che non era uomo da sgomen tarsi così alla prima, nè solito a cambiarsi in viso pei rabuffi , scriveva al papa informandolo della sua nomina ed accettazione dell'arcive

scovil sede di Parigi. Rispose il pontefice, ma ravigliarsi dell'audacia sua , ma maggior dolore ancora sentirne, che maraviglia : inaspettato e


To

STOMA D'ITALIA

deplorabile accidente, sclamava, ch'egli tanto da

se stesso disforme fosse divenuto , che ora quel la causa della chiesa abbandonasse , che si de guamente aveva patrocinata nei calamitosi tem ,

pi della rivoluzione . Adunque, continuava , la potestà civile questo punto vincerà , ch'ella al

governo delle chiese chi più le pare e piace , instituisca ? Adunque sarà cassa la libertà ec clesiastica , le elezioni invalide , lo scisma pre sente ? Tali essere gli effetti , tali i risultar

menti dell'esempio detestabile ch'egli dava. Per tanto comandava al cardinale , pregavalo , scon giurayalo , incontanente cessasse dal governo

della parigina chiesa , si ritirasse dagl'imperiali doni: quando no , procederebbe rigorosamente contro di lui .

Non erano le opinioni conformi nel capi tolo di Parigi ; chi amava meglio l'imperio che la chiesa, e chi la chiesa meglio che l'impe rio. Più erano i primi che i secondi: quegli avevano accettato Maury, questi gli contrasta

vano. Degli ultimi Paolo Dastros, canonico e vicario generale, preso occasione del mandare al vescovo di Savona certe dispense, aveva sup

plicato al papa, affinchè il consigliasse di quel lo, che si avesse a fare nelle congiunture pre

senti. Il santo padre rispondendo, tornava ia sul, chiamare Maury intruso, disubbidiente, uo mo di audacia intollerabile: ordinava , ed in virtù della santa obbedienza comandava a Das tros, incontanente mostrasse al cardinale la sua

lettera, e gl'imponesse da parte sua, che dalla temeraria impresa si ritirasse.


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1810) III Seppesi Rovigo, che sapeva tutto , queste cose ; le disse all'imperatore. Sdegnossene Na poleone : prima cosa , fatto arrestare a furia Dastros, il cacciò nelle segrele al solito : poi fece rimproveri e minacce tali aa Portalis, con sigliere di stato, perchè le lettere del papa a Dastros erano venute sotto sua coperta, che il povero giovane se ne tornò tutto smarrito

e lacrimoso a casa . Ma le savonesi cose pres

savano. Scrutaronsi diligentemente dalla poli zia napoleonica i fogli ai servitori del papa, a Paolo Campa, a Giovanni Soglia, a Carlo Por ta , al prelato Doria , al prelato Maggiolo , ad Andrea Morelli , a Moiraghi , a Targhini, cuo chi e valetti . Trovarono lettere del papa per

le astigiane, fiorentine e parigine controversie ; trovarono lettere di Dipietro al papa , trova

rono suppliche per dispense , modi di con dursi ai Romani, descrizioni ed attestazioni di miracoli, Le ferrate porte di Fenestrelle sor birono Morelli, Soglia, Moiraghi, ed un Cec

carini chirurgo, ed un Bertoni valetto : anche un Petroncini domestico del Doria , fu cacciato

nelle segrete. Porta se la passò con una buo na ammonizione , e che, se vi tornasse,

mal per

lui : speravano ,, che scoprirebbe qualche cosa degli affari del papa.. Doria fu mandato a star sene co' suoi a Napoli, e badasse a non guar dar indietro. Nè Dipietro potè fuggire lo sde

gno imperiale: preso a Semur, cambiò l'esiglio in carcere .

Dispersi i minori, Rovigo e Napoleone pen.

1


U12

STORIA D’Italia

savano a quello , che fosse a farsi del pontefi ce ; perchè se gli altri avevano fatto fallo a Napoleone, il papa , pensavano , l'aveva fatto maggiore , e maggiore anche da lui veniva il

pericolo. Non sapevano darsi pace , come tra quelle folte tenebre , che avevano con tanta cura addensate intorno al pontefice , avesse trovato uno spiraglio a vedere, ed a far veder

lume : il prefeito di Montenotte sentì qualche

sprazzo della collera suprema. Incominciava a fulminare con grandissimo sdegno contro il papa Bigot di Preaméneu : sapere l'imperato he ilil re , c che

papa aveva scritto al capitolo di

Firenze , acciocchè non conferisse la potestà all'arcivescovo nominato ; recarsi l'imperatore

quest'atto a grave offesa. Adunque vuole il papa tutto sovvertire ee mandar sossopra ? Adun que non vuol nemmeno , che le diocesi siano

transitoriamente amministrate dai prelati , che l'imperatore giudica degni della sua confiden

za , ed ai quali secondo l'uso i capitoli con feriscono le potestà al tempo delle sedi vacan ti ? Adunque danna il papa uno stato transi torio , che è in facoltà sua di far cessare dan. do le bolle , incontanente ? Crede egli , che sua maestà sia subordinata ad un capitolo per

forma che il vicario, che esso capitolo ha elet to non abbia bisogno di esser riconosciuto dall'imperatore , e che , se riconosciuto non 9

è , o cessasse d'essere , ei conservi il diritto di far funzioni , che sono ad un tempo stesso e

lemporali e spirituali ? Un vescovo canonica

-


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1810)

113

mente instituito non può nominare un vicario generale senza l'intervento di un decreto im

periale : come può il capitolo avere maggior diritto che il vescovo ? I sudditi dell'impe

ratore , che il capitolo compongono non ren derebbersi forse colpevoli , se un vicario altro

che quello , che il loro sovrano loro indicasse o nominassero o mantenere volessero ? Questo

vicario capitolare non dovrebbe egli forse per

la pace della chiesa cessare di per se medesi mo l' ufficio , o se questo motivo , più sacro

certamente dell'autorità arbitraria del pontefice a ciò fare nol risolvesse , la volontà del sovra

no non gli torrebbe fur.e ogni potenza dell'at, to , e se ribelle si constituisse , non dovrebbe egli portar la pena della sua ribellione ? Avere

veduto il papa i sovvertimenti prodotti dalle instruzioni , ch' ei non aveva diritto di dare

sulla formola del giuramento di un suddito al

suo sovrano ; nè poter non prevedere quelli, che potrebbero nascere dalla sua lettera al ca pitolo di Firenze. Nessuna violenza , nessun oltraggio del papa l'imperatore lascerebbe im punito: essere tuttavia parato l' imperatore a, venire a giusti termini di accordo , solo che il papa , scrivendogli , il facesse cerlo della sua volontà. Ma se al contrario , da una parte perseverasse nel voler lasciar le chiese senza

capi instituiti, dall'altra nell' impedir i capi toli, e nel mettergli in caso di ribellione con tro il sovrano loro , non vedrebbe più sua mae stà in questi atti le funzioni del governo pon Botta T. VIII.

15


STORIA D'ITALIA

114

tificale , che tutte sono di pace e di carità, non

vedrebbe più sotto un titolo rispettabilissimo , che un nemico protervo ; obbligo suo sarebbe di torgli ogni mezzo di nuocere coll' interdir

gli ogni comunicazione col clero del suo im pero ,

e con isolarlo , qual ente pericoloso: non

potere il prelato Doria aspettarsi altro destino,

che quello di Pacca cardinale. Le quali ulti me parole dette , non so per qual rispetto,

non

di Pio , ma di Doria , chiaramente significava DO , che di Doria si dicevano , perchè Pio co me dette di se le riputasse. Crebbero a dismisura gli sdegni quando si

scoverse l'affare di Dastros. Sclamava il pari gino ministro , la pontificia lettera esser fonte

di ribellione, girare il papa le incendiarie faci all'intorno ; parlare di concordia , suscitare la discordia. Poi per bocca imperiale comandava al prefetto di Montenotte badasse bene a non lasciare 'trapelar lettere nè per dentro , nè per

fuori della papale stanza

>

e non mancasse ; par

lasse più risolutamente al papa ; gl' intuonasse

alle orecchie, che dopo la fulminata scomunica ed il procedere suo a Roma, che tuttavia con tinuava a Savona, l'imperatore il tratterebbe, come meritava ; che tanto era oramai il se .

colo oltre nei lumi , che sapeva distinguere le dottrine di Gesù Cristo da quelle di Gre gorio settimo.

I fatti seguitavano le minacce. Per dispetto e per speranza di ottener concessioni col ter rore

ordinava l'imperatore , che ogni appia


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1811 )

115

rato esteriore si sbandisse dall'abitazione pon

tificia : trovarono i rigidi comandamenti dili genti esecutori. Camillo Borghese principe to

glieva le carrozze al papa , toglievagli Sarmato ris e gli altri servitori, sopprimeva ogni segno

di rispetto, gl' interdiceva penna ed inchiostro,

gl’intimava per ordine di Napoleone impera tore , che gli era fatta inibizione di comunica

re con alcuna chiesa dell'impero, nè con al cun suddito dell'imperatore sotto le pene di disubbidienza tanto per lui , quanto per loro;; che cessava di essere l'organo della chiesa co lui, che predicava la ribellione, colui, che ave

va l' anima tinta di fiele ;; ché poichè niuna cosa il poteva far savio , se gli faceva a sapere, che sua maestà abbastanza era forte , perchè potesse fare quello , che i suoi antecessori avez vano fatto , e deporre un papa.

Si credeva a Parigi , che i comandamen ti ripetuti avessero maggior forza. Per la qual cosa Bigot di ·Preameneu novellamen

te inculcava , s' intimasse a Pio , che per cagion sua i cardinali ed i vicarj generali perdevano la libertà , i canonici le prebende ; che queste occulte trame erano indegne di un

papa ; ch 'egli sarebbe cagione delle disgrazie di tutti coloro , che avrebbero a far con lui ; che dichiarato nemico dell'imperatore doveva quietamente starsene > e poichè da se si chia mava carcerato ‫و‬, operare , come se fosse car cerato , nè avere con nessuno pratica o corri

spondenza; che gran disgrazia era per la cri,


116

STORIA D'ITALIA

stianità lo avere un papa così ignorante di

quanto è dovuto ai sovrani: che del resto , non sarebbe la pace dello stato turbata , e che il bene si farebbe senza di lui .

Oltre i comandamenti del ministro dei culti , e del principe governatore del Piemonte , per ciocchè tutto il governo napoleonico era mosso contro il prete di Savona , intuonaya dalle spon de dell'investigatrice e dispotica Senna la po

Jizia si guardasse bene dentro e fuori della pontificia abitazione ; si stillasse tutto, si spias se tutto ; niuna cosa , per minima che fosse >

trapelare , o , per usare le parole stesse , filtra re potesse , senza che la polizia la sapesse ; si guardasse attentamente al grande , si guardasse colla medesima gelosia al minuto ‫ ;ز‬non si pre štasse fede di tutto a tutti , ma solo ai più fi

di ; se alcuno mentisse , fosse punito ; se alcu ño dicesse la verità , fosse ricompensato ; vigi lante fosse la investigazione , e continua , ma in 2

visibile; fosse anche proteiforme; fossero gli agen ti di tutte le lingue, di tutte le forme, di tut ti i mestieri ; varj ed infiniti prelesti , ina sem

pre naturali, perchè il lambiccato svela l'arte ; si usasse ogni astuzia , ogni stratagemma , ogni scaltrimento ; superassersi in astuzia , queste parole stesse portavano le lettere , i preti anche i più maliziosi ; si avesse l'occhio massimamen

te alle strade da Savona a Torino , perchè là era il marcio ; si guardasse addosso ai pedoni molto diligentemente , e per ogni parte si ri cercassero ; non mancherebbero i pretesti per

nom

1


-

LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1811 )

117

non dar sospetto ; ora si motivasse di un vaga bondo, ora di uno scappato di galera, quì si cer

casse un soldato fuggitivo , là un truffatore condannato ; poi un po' di scusa velerebbe il

segreto : le savonesi terre desolate dalla polizia. Voleva ancora , essa polizia, si procurasse , che pei concorsi di uomini o di alta o di bassa

condizione , gli autorevoli , e di buona favella intendessero alle persuasioni dicendo , che l'im peratore aveva ragione , il papa torto ; che più

amaya l'imperatore la religione , che il papa l'amasse . Insinuava altresì , che le sacristie ed i confessionali farebbero servizj grandi , se si facesse sentire ai curati instrutti ed ai preti

giurati , che la loro obbedienza e sommes sione erano conosciute , e che sarebbero anche

premiate ; se qualche canonico o se qualche regolare passato a vita secolare compiangesse o titubasse, se gli facesse tosto suonare alle orec chie l'interesse personale , la perdita delle pensio ni, e che la polizia sapeva tutto ; se qual cheduno ricalcitrasse, si mettesse in luogo , do 1

ve gli passerebbe voglia ; finalmente con ogni sorta di cortesi dimostrazioni, tanto in pubbli co quanto in privato si accarezzassero , ed al ministro dei culti si raccomandassero gli ec

clesiastici , che si mostrassero più fedeli , che usassero l'autorità loro per ridurre i compagni

a fedeltà, e che predicassero che ogni potestà temporale viene da Dio , e che il vangelo in segna e raccomanda l'obbedienza e la sommes

sione verso i principi; ponessesi mente ad ope-,


18

STORIA D'ITALIA

rare, che tutti gli spiriti s'imbevessero di que sta opinione, che l'imperatore non tornava mai indietro , che per la sua munificenza infinita

sempre premiava chi fedelmente e devotamen

te il serviva, ma che per la sua giustizia mai non perdonava a chi denigrasse, a chi ricalci trasse, a chi dissidj e discordie seminasse. Queste, che abbiamo raccontate , furono le cautele poste in opera dai napoleonici per mu rare il papa,, e per fare, che nessuno sapesse , o dicesse o facesse altro che quello , che pia

1

ceva a Napoleone. Arti veramente perfette era no queste, e da servir per esemplare a chi ama il comandare da se . L'imperatore, veduto, che

nè le persuasioni, nè le minacce, nè gli spa venti, nè la strettezza del carcere non avevano potuto piegare l' animo del pontefice, e cre

dendo perle opinioni dei popoli, di non po tere da se, e senza che gli estremimezzi priina

si fossero tentati, fare questa gravissima mu tazione , che i vescovi di Francia e di tutti i

paesi sudditi a lui più non ricevessero la in stituzione canonica dalla Sede apostolica, si era

risoluto ad usare più efficacemente il sussidio del consiglio ecclesiastico adunato in Parigi. Opinava, che il parere di ecclesiastici di gra

do o di dottrina fosse per operare fortemente

in favor suo sulla mente dei popoli, caso che per la necessità delle cose si avesse a rom

pere quel legame, che congiungeva l'episcopa to francese alla chiesa di San Pietro.

Inoltre, a ciò consigliato e stimolato prin

1


LIBRO VIGESIMOQUINTO (181 ) 119 cipalmente dal consiglio ecclesiastico , si era deliberato a convocare un concilio nazionale a

Parigi, acciocchè considerasse la necessità pre sente, e proponesse i mezzi di rimediarvi . Dava

favore a questo suo pensiero, oltre la maggior autorità di un concilio, la speranza, che i ve scovi italiani chiamati all'asseinblea , siccome

nutriti , la maggior parte, nelle dottrine, che ab bracciate in Italia da molti dotti canonisti , avevano negli ultimi tempi trovato una prin cipal sede in Pistoja, avrebbero deliberato in

favor di un'opinione, che, quanto alla transmis sione dell'episcopato, pareva conforme agli usi antichi della chiesa primitiva. Ordipate in tal modo le cose , e sicuro di

quello che dovesse avvenire,, Napoleone sti molava il consiglio ecclesiastico , acciocchè des se principio a quanto si era ordinato. In pri mo luogo rispondeva il consiglio , non senza molt’arte a quesiti fatti con maggior arte. Quan to all'articolo , se il governo della chiesa fosse arbitrario , dichiarò , che non era ; che quanto alla fede, la santa scrittura , la tradizione ed

i concilj servivano di regola , e quanto alla disciplina, l'universale reggevano i decreti del la chiesa universale , la particolare quelli del

le chiese particolari; il che il consiglio non diceva senza cagione. Aggiunse , che la disci

plina particolare era sempre stata rispettata dal la chiesa universale , piena di carità e di con

discendenza. Ragionò , che Dio aveva dato a San Pietro ed a'suoi successori il primato di


120

STORIA D'ITALIA

onore e di giurisdizione ; ma i consiglieri ec

clesiastici , procedendo con questa generalità , e non venendo a nessuna particolarità , non si spiegavano , in che cosa consistesse questo pri mato di giurisdizione , perchè in ciò appunto stava tutta la difficoltà della materia venuta in

controversia ‫ ;ܪ‬che Dio diede al tempo stesso agli

1

Apostoli , continuavano i consiglieri , la facoltà di reggere le chiese , con subordinazione però al capo degli Apostoli: dal che ne risultava , che ove questa subordinazione non si offen desse , avevano i successori degli Apostoli pie no mandato di governar le chiese.

Non potere , statuirono, il papa ricusare il suo intervento negli affari spirituali per cagio ne dei temporali, quando questi di tale natu ra non siano , che non impediscapo il ponte fice di far uso della sua autorità liberamente,

e con piena indipendenza : convenirsi, che nei concistoro intervengano cardinali di ogni na zione , ma dello speciale modo non convenir si definire , dovendosi lasciare qualche libertà al papa nella elezione de' suoi consiglieri; nè in ciò potersi andar più oltre , che il conci

lio basileense ebbe prescritto , cioè eleggesse il papa cardinali di tutte le nazioni , quanto più comodamente fare si potesse , e secondochè se ne trovassero dei degni. Ma i prelati tosta

mente contraddissero a questa soluzione, nè potevano fare altrimenti, dichiarando, veramen te avere l'imperatore raccolti in se stesso tutti i diritti del richieder cardinali , che compete


LIBRO VIGESIMOQUINTO (1811) 121 vano ai re di Francia, ai principi del Braban te , ai sovrani della Lombardia , del Piemonte e della Toscana; dal che ne conseguitava, che, eccettuati i cardinali degli stati ereditarj di Au

stria , dovendo presto aggiungersi i diritti di Spagna , tutti i cardinali gli avrebbe nominati

egli; e che indipendenza di papa e di conci

storo fosse quella , ponendo eziandio, che il papa si restituisse a Roma ed al dominio tem

porale, nessuno è , che nol veda. Il concordato, opinarono , non essere stato violato in piuna essenziale parte dall'impera tore ; quì i prelati si trovarono a un duro ci

mento , perchè sapevano , che il papa aveva protestato contro gli articoli organici" di Fran cia , e più ancora contro quei d'Italia. Tro

varono per iscampo , che parecchi articoli, di cui si era il pontefice querelato, erano massi me ed usi della chiesa gallicana. Assai miglio rata essere, risposero, la condizione del clero

in Francia dopo il concordato , ed in questo avevano i prelati ogni ragione , nè tanto non dissero, che non potessero dire molto più.

Per sentenziare, se il papa di suo proprio arbitrio potesse rifiutare le instituzioni, i pre lati si aggirarono per molti ragionamenti ; im perciocchè in questo giaceva tutto il nodo della difficoltà : che il concordato , esposero, era un contratto sinallagmatico tra il capo del lo stato e il capo

della chiesa , pel quale cia

scuno di loro si era obbligato verso l'altro ‫ܪ‬ che era anche un trattato politico di sommo Botta T. VIII.

16


1 22

STOKIA D'ITALIA

momento per la nazione francese e per la chie-, sa cattolica ; che per lui sua inaestà era inve ştita del diritto di nominare gli arcivesco, vi ed i vescovi , di cui prima godevano i re di Francia pel concordato concluso tra Leone decimo e Francesco primo, ed era riserbato al

papa quello di dare l'instituzione canonica agli arcivescovi e vescovi nominati da sua maestà,

secondo le forme accordate, rispetto alla Fran

cia , prima del cambiamento di governo : ma

che il papa, non di proprio arbitrio , ma se condo i canoni doveva dare la instituzione ;

che a termini del concordato del millecinque cento quindici egli era obbligato a darle bolle, od allegare motivi canonici del suo ri

fiuto ; a volere, che egli potesse rifiutare sen za cagione ed arbitrariamente le bolle , e' bi sognerebbe supporre , che da nessun trattato

fosse obbligato , neanco da quello , al quale aveva solennemente ratificato , e potesse man car della fede data all'imperatore, alla Francia ed alla chiesa tutta , alla quale il concordato

dell'ottocento uno assicurava la protezione del più potente sovrano del mondo . Aggiungevano

prelati, sapersi il papa queste cose, confes sare la verità dei narrati principi , ma negare le instituzioni pei motivi addotti nella sua let >

tera al cardinal Caprara : insussistenti essere

questi motivi, non avere l'imperatore alcuna offesa d'importanza fatta al concordato : dei

motivi politici non poter loro giudicare : diverse

essere le temporali cose , diverse le 'spirituali :


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1811 )

123

il senatus consulto , che uni Roma alla Frari

cia, non avere offeso l'autorità spirituale del papa, nè il temporale dominio essere necessa rio all'esercizio della potestà pontificia : non avere

la

presa di Roma violato il concordato;

nè il concordato aver dato sicurtà al papa di

Romna : non come principe temporale, ma co ine capo della chiesa avere quel solenne atto stipulato : il principe non esser più, ma essere il pontefice, e la pontificia autorità rimanersi intatta : avere potuto il papa protestare; potuto

richiamarsi della romana possessione , ma non

potere usar mezzi per ridurre in atto le pro teste ed i richiami, non iscomunicare: dichia

rare l'imperatore , che nulla voleva innovare nella religione : protestarsi , che voleva l' ese cuzione dei patti convenuti: non potere per motivi temporali tirarsi il papa indietro : nè

Clemente settimo da Carlo quinto oltraggiato essere venuto a tale estremo. Restava , che i prelati parlassero della libertà violata, della per

fetta segregazione del pontefice; posciachè il papa di tali ingiurie si era doluto nella sua

Jetiera al Caprara , e sopra di esse principal mente fondava il rifiuto delle bolle. A que sto passo cou brevissime parole osservarono ,

che facilmente l'imperatore si accorgerebbe di tutta la forza e giustizia delle lagranze del

papa. Con questo freddo discorso favellarono

prelati cattolici, prelati, cheda Pio tenevano i seggi loro, dell'atroce caso del pontefice, nè in ciò sono a modo alcuno scusabili; conciossia


V

124

STORIA D'ITALIA

chè, posto eziandio, che circa la questione ca Donica l' imperatore avesse ragione, ilpapa tor-. to, il fatto solo della carcerazione del ponte fice rendeva dal canto loro ogni opipare im

possibile. Il concordato, che era un vero trat tato, supponeva egualità di condizione nelle

due parti , e libertà di deliberazione sì nell'una

che nell' altra : ma quale libertà di delibera zione fosse in un papa prigioniero e quale egua lità di condizione tra un papa carcerato ed un

imperatore carcerante, ciascuno potrà facilmen te da per se stesso giudicare. Certamente deb

be stare inconcussa la libertà dei principi, deb bonsi troncar le strade agli abusi pontifici, e chi arrivasse a stabilir bene questo punto,me riterebbe bene del mondo cattolico , anzi di

tutta l'umanità . Ma la carcerazione del ponte ſice turbaya ogni cosa, e prima di trattare la

questione cauonica , si doveva definir quella della liberazione.

La materia , quanto più si va oltre , tanto più si stringe. Non potere, risposero i prelati, aversi il concordato per abrogato ,, perchè non era già esso una transazione meramente per

sonale fra l'imperatore e il papa , bensì un trattato , che constituiva parte del dritto pub blico di Francia , ed in cui si contenevano i principj fondamentali, e le regole del governo

della chiesa gallicana ; importare adunque, che quand' anche il papa perseverasse, in quanto a lui si atteneva, nel non volerlo eseguire, la sua esecuzione continuamente si addomandasse , e


Libro VIGESIMOQUINZO (181 )

125

della medesiına il sovrano pontefice si richie desse : ma se il papa tuttavia perseverasse nel ricusar le bolle , doversi protestare contro que

sto rifiuto illegale , ed appellarne o al papa meglio informato , o al suo successore. Quivi

i prelati erano arrivati all'estremo passo ; per cbe , o che il concordato come abrogato , o so

lamente come sospeso si riputasse , un rimedio diveniva necessario . Ora, stantechè la religio de cattolica non può sussistere senza l' episco

pato , e l' episcopato von si può avere senza la instituzione canonica , nè senza la giurisdi zione unita all'ordine , e stante ancora che la

chiesa gallicana , parte tanio nobile e tanto essenziale della cristianità cattolica ; venuta ,

non per sua colpa , in queste fatali strette, non doveva e non poteva nè abbandonare se stes sa , nè lasciarsi perire , nè non trovar modi

di conservazione , i prelati opinarono , e cosi all' imperatore rappresentarono , che si ricer

casse , quanto negli antichi tempi della chiesa,

ed in quelli più vicini si fosse praticato. De scrissero nei primi secoli della chiesa , i vescovi essere stati nominati dai suffragj dei vescovi

comprovivciali, dal clero e dal popolo della chiesa , che del vescovo abbisognava ; essere

stata lá elezione confermata dal metropolitano, o se del metropolitano si trattasse , dal conci

lio della provincia : nella serie dei tempi po steriori poi , avere gl' imperatori e gli altri principi cristiani grandemente partecipato nelle nomine dei vescovi: di grado in grado non


1 26

STORA D'ITALIA

essersi più chiamati alle elezioni il popolo ed il clero della campagna , ee devolule essere le elezioni al capitolo della chiesa cattedrale, ferma sempre però stando la vecessità del consenso del

principe, e della conferma del metropolitano o del concilio provinciale: la disusanza di que ste assemblee , le contese frequenti , che na scevano dalle elezioni , la difficoltà di termi

narle sui luoghi , il vantaggio che trovavano i principi di trattare immediatamente col papa, avere introdotto l'uso di promuovere queste cause innanzi alla Santa Sede , e per tal mo

do essere i sovrani pontefici appoco appoco ve nuti in possessione del confermare la mag gior parte dei vescovi : tale essere stata la con dizione delle cose ai tempi del concilio basi leense , di cui la chiesa di Francia accettò i

decreti relativi alla nomina ed alla conferma

zione dei vescovi , e statuiti per la sanzione

prammatica di Bourges nel millequaltrocento trent ' otto ; per lei essersi mantenute le elezioni capitolari, e la confermazione o instituzione

lasciata ai metropolitani : così colla prammati ca di Bourges essersi rimediato alla mancanza

dell' instituzione pontificia : essere poscia circa un secolo dopo , sorto il concordato fra Leone

decimo e Francesco primo , dal quale la no mina del re fu sostituita alla elezione capito lare , e la conferma od instituzione canonica riservata al papa :: per tale forma essersi trasfu

sa la potesta dell'instituzione dai metropolita ni e dai concilj provinciali nel sovrano ponte

1


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1811 )

127

fice, e le elezioni capitolari nel capo tempora. le dello stato. Ora adunque, ristringendo il di scorso loro , dicevano i prelati , poichè la ne cessità non ha legge, e la conservazione della

chiesa gallicana da ogni umana e divina legge è non solo raccomandata, ma comandata , vo

lersi, persistendo il papa nei rifiuti , tornare 9

all'antico dritto dei metropolitani non per sem

pre, nè definitivamente , ma temporaneamento e transitoriamente, insino a che piacesse a chi muove a posta sua gli umani cuori , voltar

quello del pontefice in meglio verso di quel la grande, affezionata e zelante gallicana chie sa : la prammatica disusata di Bourges avere ad essere il rimedio dei mali presenti. Grave ed estreno passo era questo : però aggiunse ro al parer loro i prelati , opinare, che si convocasse

un

concilio nazionale :

pon

VO

lere i prelati giudicare anticipatamente del le risoluzioni del concilio, ma presumere ,

che nel caso , in cui egli sentenziasse di ri

suscitare la prammatica, supplicherebbe pri ma il pontefice, e scongiurerebbelo, che della gallicana chiesa gli calesse , ed a lei la vita coi vescovi ridonasse ; ma se nè le preci nè le sup

plicazioni potessero vincere l’ostinazione del pontefice, decreterebbe il concilio , per ultima necessità, e per non perire, che la prammatica rinnovasse si

.

Intanto le dottrine dei partigiani dell'anti

ca disciplina vieppiù si spargevano, le italiane contrade principalmente ne risuonavano. Colo :


128

STORIA D'ITALIA

ro , che a queste opinioni erano addetti, cre devano , essere venuto il tempo , che elleno avessero a prevalere, si rallegravano della di

minuzione dell'autorità pontificia, ed afferma vano, ma

ch'ella era medicina non solamente utile,

ancora necessaria al corpo infermissimo,

come il chiamavano , della chiesa . La ricor

danza del milleottocentuno , e ciò che era ac caduto al concilio di Parigi in quell'anno, non li rendevano accorti del procedere e delle intenzioni di Napoleone : che il corpo, sparge

vano, dei vescovi esercenti , rappresentasse la chiesa, e fosse per rappresentarla finchè ella durasse ; che attentato condannabile dei papi

degli ultimi tempi fosse l' aver voluto dimi nuire e frenare la potestà divina dei vescovi ‫;ܪ‬ che la potestà inerente al carattere dei vescovi immediatamente, ee senza che nessuna uinana

potestà potesse arrogarsi il diritto di alterarla , derivasse da Gesù Cristo ; che non mai potesse

la giurisdizione episcopale perire ; che i conci lj prima del mille non avessero mai voluto rico noscere per veri e legittimi vescovi , se non

quelli, che dai rispettivi metropolitani erano stati ordinati ; che così avevano statuito , così definito i concilj niceni tanto venerati in quei primi e purissimi tempi della cristiana comu nità ; che le massime contrarie solamente dai

coucilj lateranensi , concilj quasi domestici dei papi , erano state introdotte ; che insomma ,

continuavano , i metropolitani dovessero dare la giurisdizione ai vescovi; che l'arrogarsi i


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1811 )

129

papi di volerla dar soli, fosse usurpazione; che avesse Dio dato a Pietro il primato di ono re , e la potestà suprema di regolare e man

tener sana la disciplina, sana la fede in tutte

le chiese , che la universale compongono , ma non il privilegio di giurisdizione nel caso di cui si tratta; che la potestà di giurisdizione, per quanto spetta alla transmissione della po testà ecclesiastica , fosse in ciascun vescovo ,

per diritto ed ordinazione divina, piena come

piena era nel supremo pontefice ; così avere or dinato Cristo Redentore nel dare ai vescovi la

facoltà di reggere le chiese , così richiedere la sicurezza degli stati e l'indipendenza della po

testà temporale. È giusto forse, sclamavano , è conveniente , è consentaneo alla divina vo

lontà , che i papi possano , con mettere l'in terdetto , o la continuazione dell'episcopato ri cusando , turbare le coscienze dei fedeli, scon

volgere le provincie e i regni ? Non è assurdo il

supporre , che Dio non abbia dato a cia

scuna società il mezzo di conservarsi sana e salva da se stessa ? E che sicurezza e che sa

lute può esservi , se elleno , da un forestiero

dipendono ? Varj e diversi essere stati i modi

immaginati dai principi per preservare gli stati propri dai pericoli , che a loro sovrastavano pei decreti della romana sede, ora prammati che , ora appelli , ora concordati : ma tutti es

sere stati insufficienti , perchè sempre si lascio sussistere la radice del male , cioè l'eccessiva

ed illegittima potenza dei papi : ripullulare i Botta T. VIII.

17


130

STORIA D'ITALIA

pericoli e le turbazioni ad ogni romano ca priccio , concepir timor gli apimi ad ogni ele vazione di

papa , un cardinale di più o di

meno del pontificio concistoro poter mandar sosso pra una provincia intiera : essere oggimai tempo di strigarsi da questi fino allora inestri cabili lacci ; la romana tirannide doversi con culcare , ora che un principe potentissimo il voleva ; restituissesi all' episcopato tutta la sua

dignità , tutta la sua potenza; l'indipendenza da Roma sarebbe la libertà universale ; sareb be altresì la purezza delle dottrine cattoliche;

perciocchè l' avere mescolato le cose tempora li con le spirituali, che fu fonte di tanti scan dali e di un deplorabile scisma , essere stato

opera di Roma : fosse la religione tutta spiri

tuale, e non turberebbe gli stati , nè darebbe cagione ai malevoli di denigrarla, e più impe rio avrebbe, e quegli stessi, che in lei non cre devano, rispettata l'avrebbero : la cristianità cattolica tuttavia piangere la perduta Germa nia, la perduta Inghilterra : tale doloroso smem bramento alla prepotenza di Roma,, alle usur

pazioni dei papi, alle temporali cupidigie loro doversi certa ed unicamente ascrivere : tornas

sesi adunque, predicavano , a quel sistema, che

stabilito da Cristo e dagli Apostoli aveva du

rato per tanti secoli nella primitiva chiesa, che gli uomini più pii , più dotti, più esemplari avevano sempre inculcato , e coi più intensi 1

desiderj loro chiamato : dá lui solo poter de rivare la purezza della religione e la incolu


LIBRO VIGESINOQUINTO ( 1811 ) 131 mità degli stati. Vivevano ancor fresche, mas sime in Italia, le onorate memorie di Leopol do e di Ricci: uon pochi ecclesiastici, anche di prima condizione, e per dottrina e per vir tù compitissimi, vi seguitavano le medesime

vestigia, e sostenevano le medesime dottrine,

non per ambizione, nè per desiderio di servi re a chi allora tutti servivano, e principalmente gli avversarj loro, ma per convinzione propria, per ritirar la chiesa , come credevano , all'an iica sua constituzione , e per riformarne gli

abusi, per rinstaurare é confermare la libertà dei principi offesa dalla potenza immoderata dei papi .

Queste sparse dottrine piacevano a Napoleo ne , perchè gli davano occasione d'intimorire il

papa , e speranza di ridurlo a sua volontà ;

nè dispiacevano agli arcivescovi ed ai vescovi amatori dell'indipendenza ; quel romano gio go già pareva loro grave ed intollerabile ‫ܪ‬

quel diventar papi essi sommamente a loro arrideva. Le cose andavano a satisfazione di

Napoleone in quanto si atteneva agli ecclesia stici de' suoi stati.

Vinceva il papa non solamente

c per la o

stanza, ma ancora per la disgrazia, sempre po tente nel cuore degli uomini. Nè i suoi teolo

gi tacevano, benchè Napoleone si fosse sforzato di por loro un duro freno in bocca. Difende

vano la sedia apostolica e romana, non solamen te contro le dottrine di Porto Reale e di Pisto

ja, ma ancora contro le allegazioni del consiglio


132

STORIA D'ITALIA

ecclesiastico. Avere, andavano ragionando, Cri sto fondatore sopra Pietro fondato tutto l'edi fizio della religione : a lui avere dato primato

di onore, a lui primato di giurisdizione, per lui tutta l'autorità della chiesa, e per lui solo po tersi e doversi tramandare e trasfondere in al

trui : avere per verità Cristo Salvatore posto i vescovi a governar la chiesa, ma non per se medesimi, nè indipendentemente da Pietro, ma per mandato suo , e sotto la sua dipenden za : Pietro essere il fonte di tutti i rivi, lui

il fonte di ogni ecclesiastica potestà ; avere per

la necessità dei tempi in quei primi secoli, fra una religione contraria , fra le persecuzioni con tinue , fra un popolo padrone del mondo , che altri Dei confessava ed adorava , fra tante na

zioni diverse , e pel vasto campo di Asia , di

Africa e di Europa, avere prima gli Apostoli per instituzione divina , poscia i vescovi per instituzione apostolica usato la loro autorità

senza mandato espresso di Pietro , ma però lui consenziente; imperciocchè non è da credersi, che per condurre una sì gran mole gli Aposto li ed i loro successori non si siano accordati ,

acciocchè a questo ed a quello senza confusio

ne e senza conflitto questa o quella provincia fosse di consenso comune devoluta : ciò non ostante rimanere fisso ed inconcusso questo

principio ; che Pietro aveva un mandalo ordi

nario e perpetuo , gli Apostoli un mandato straordinario e caduco da finirsi in loro o nei

successori loro immediati ; chè quegli aveva

1


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1811 )

133

avuto un mandato per istabile fondamento , e perpetuo governo della chiesa, questi un man

dato temporaneo per la necessità dei tempi ; che , cessata questa necessità, tornava il man dato sparso negli Apostoli e loro successori im mediati al fonte comune , vale a dire ai suc

cessori di Pietro ; che così la chiesa nata da un solo tornava in un solo , mirabile e divino ar

tifizio : del rimanente anche nella più rimota antichità apparire ii segni della trasfusione del mandato di Pietro nei rettori delle altre chie

se del mondo: l'ordine stesso dei metropolita ni confermare questa verità ; perchè a quei tem pi antichissimi era il mondo diviso per ri spetto alla cristianità in oriente ed occidente :

due erano nel primo i metropolitani , quei di Alessandria e di Antiochia, uno nel secondo ,

>

quel di Roma ; comunicavano il mandato eccle siastico , cioè l'ordine ee la giurisdizione , la qua lità e il luogo , i due metropolitani di oriente ai vescovi delle loro rispettive provincie , il metro politano di occidente , successore di San Pietro a quelli di occidente ; ma i primi da Pietro nel

l'origine prima avevano ricevuto le potestà loro; imperciocchè Pietro aveva governato egli stesso la chiesa di Antiochia, ed a lei dato un succes

sore, quando venne a fondare e governare quel la di Roma : rispetto alla chiesa di Alessandria , avere Pietro mandato a governarla San Marco, suo discepolo ; ma se la origine scopre il man

dato , gli accidenti posteriori il confermano ;

perchè i romani pontefici, successori di Pie 1

-

---

1


134

STORIA D'ITALIA

tro, ai metropolitani di oriente mandavano il pallio, segno della conferita autorità; essi me tropolitani addomandavano la comunione ai pontefici di Roma, e senza la ottenuta coinu nione non si credevano legittimi . Sonsi anche

veduti romani pontefici deporre metropolitani

di oriente , o patriarchi, perchè con questo nome poscia si chiamarono : a tutti questi se

gni, affermavano i curialisti di Roma, ricono scersi la superiorità romana fin dai teinpi pri mitivi ; dal che si deduce la pienezza e la

perpetuità del mandato nei papi, la dipenden za e la delegazione nei metropolitani. Ne con

seguita altresi, che poichè tutta l'autorità spi rituale consiste nella facoltà del trasmettere il

mandato di Cristo, il diritto di confermare e d'instituire tutti i vescovi della chiesa è su

premo ee divino, e conseguentemente inalienabile, imperscrittibile, non soggetto a interruzione , ad eccezione, a cessazione alcuna, e che a lui niu

na potenza che sia, nemmeno quella della chiesa può portar diminuzione; che se qual

che modificazione fu introdotta in qualche tem po, massime nei primitivi, ciò o per

determi

nazione o per consentimento dei sommi pon tefici avvenne .

Rispetto poi alla Francia particolarmente, i romani teologi insistevano dicendo , assai più manifesta essere la trasmissione del mandato di

San Pietro nelle chiese di questo reame, che in qualunque altro ; perchè i papi, rispetto a lui, non solamente erano papi, ma ancora me


LIBRO VIGESIMÓQUINTO ( 1811 ) 135 tropolitani, essendo metropolitani di occiden te, e se qualche metropolitano particolare pel

miglior governo delle chiese di questa vasta provincia fu creato , lui essere stato creato per

autorità pontificia : della nominazione ed in stituzione di vescovi fatte dai papi nelle Gal lie, anche senza l'intervento dei metropolitani

e dell'autorità regia stessa, aversene esempi, e se si vedono nominazioni, vedersi anche depo sizioni ; il che dimostra la pienezza dell'auto rità pontificia in Francia in tutti i tempi. Nè più si ristavano i difensori dell'apostoli

ca sedia all' argomento addotto della prammatica di Bourges, perchè lei nulla e di niun valore per essenziale vizio della sua origine, predica vapo , siccome quella , che per l'autorità se colare ed incompetente del re era stata con

certata e pubblicata : che se poi nulla la chia mavano per vizio originario , nulla maggior

mente la predicavano per decreto della chiesa universale, perchè il quinto concilio lateranen se l'aveva abrogata, annullata, ed anzi dichia rata scismatica . Ora mettendo anche caso che

non fosse viziata di origine , e che tutta si potesse riferire all'autorità ecclesiastica , cioè ad un concilio nazionale di Francia, l'autorità

di un concilio nazionale può forse prevalere a

quella di un concilio universale ? Può la deci sione di una parte più forza avere , che la de cisione del tutto ? Forse nei concilj particolari risiede la infallibilità ? Forse non negli ecume

nici ? La chiesa gallicana stessa

il .

clero del


i 36

STORIA D'ITALIA

1692 è forse mai trascorso a dire una simile

enormità? Non ha egli forse definito al con trario , che la infallibilità risiede nel concilio

universale unito al papa ? Se questo è vero , come è verissimo , come si potrà sostenere la proposizione, che la prammatica di Bourges non sia scismatica ? Come ciò sostenere il clero di Francia senza contraddire a se medesimo ?

La lateranense condanna pruovare l'errore del

consiglio ecclesiastico, e la necessità del man dato pontificio per acquistare la giurisdizione episcopale. Del resto avere il concordato di Leone decimo e Francesco primo abolito la

prammatica , nè potersi a modo piuno risusci

tare : avere il concilio tridentino, cioè la chiesa universale appruovato il concordato medesimo, e l'autorità pontificia, come indispensabile per l'instituzione canonica dei vescovi in soleone

modo confermata e definita. Nè valere il di re, che il concilio tridentino non sia stato accet

tato in Francia , quanto alla disciplina , perchè il mandato immortale dei successori di San

Pietro non è regola di disciplina , bensì insti tuzione divina , e perciò attinente al dogma. Oltre a ciò il re di Francia , cioè la potestà >

secolare sola non volle accettare, cioè pubbli care il concilio di Trento , ma il clero galli cano l' accettò veramente, e presso ai re con tinuamente insistè , perchè il pubblicassero. Nè maggior valore avere , continuavado ,

l'allegazione della necessità , perchè egli è evi dente , che per ministrare un rimelio straor


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1811 ) 137 dinario , anche nel caso di necessità , si richiede la facolta di ministrarlo : senza una tale facoltà

il rimedio sarebbe veleno , ee darebbe mor

te , non vita. Ora certamente il clero gallicano non ha facoltà di modificare , molto meno di

annullare quello , che, supponendo eziandio, che non fosse d'instituzione divina , è stato dichiaralo , definito e decretato dalla chiesa

universale : in simili casi non da se, ma dalla providenza si debbono aspettare i rimedj. Dicono e sostengono i prelati del consiglio ecclesiastico, che il governo della chiesa non è arbitrario, che il papa debbe uniformarsi ai

canoni, e ne appellano al concilio. Ma quando il

papa per venirne all'esecuzione del concor

dato fatto con Napoleone non avuto riguardo alcuno ai canoni, usava un'autorità insolita

ed inudita, e non ostante , come dichiarò egli

medesimo, i concilj, anche i generali, depo neva senza accusa , e senza processo tutti i

vescovi di un regno, cioè della Francia, questi

medesimi prelati , ora tanto gelosi delle galli cane libertà , non esse libertà invocarono , non

dei papali arbitrj si lamentarono , non al con cilio appellarono; che auzi benissimamente e volonterosissimamente si assisero sui seggi dei

deposti, ed ora si servouo dell'autorità, che il papa, a pregiudizio dei deposti, loró die de , per impugnarlo , e per predicare , che niu na potestà è indipendente dai canoni. Allora non domandarono un concilio ecumenico , al 9

lora non l'assenso della chiesa , quando si trat 18

Botta T. VIII. 1


138

STORIA D'ITALIA

tava di acquistar cariche , emolumenti ed ono ri ; ma se allora errarono, e se sono inconcussi

i canoni , inconcusse le libertà gallicane , co me non sono eglino o ignoranti o impostori,

poichè per errore e partecipazione loro non vi sarebbe più in Francia, da dieci anni in dietro , giurisdizione legittima, e tutti i vesco vi e tutti i curati intrusi vi sarebbero ? Ri

nunziarono per l'adesione loro al concordato ,

alle loro libertà , riconobbero implicitamente la superiorità del papa sui canoni; riconobbe

ro la sua infallibilità , ed ora l'impertinente viso loro alzano contro quel medesimo papa ,

di cui predicarono sì altamente la potenza

!

Credono essi adunque , che il papa debba , a grado della cupidigia e dell'ambizione loro, ora

condannare ciò che appruovava , ed ora appruo vare ciò che condannava ? Si lamentano del pro

cedere arbitrario del papa. Adunque credono , che solo il loro imperatore , da essi tanto adu

lato , abbia questa facoltà al mondo di essere arbitrario ? Piacciono loro gl'imperiali capricci, non piacciono le pontificali sentenze: nemici del loro capo innocente sono , adulatori del loro tiranno sono : amano meglio uno scomunicato, che un papa .

A ciò , e che vogliono significare, conti nuavano gli avvocati dell'apostolica sede, quelle parole , che i vescovi rappresentano la chiesa universale ? Sono eglino forse , i vescovi , i deputati dei fedeli ? Forse il mandato di go vernar la chiesa , non lo hanno da Dio sotto


LIIRO VIGESIMOQUINTO (180 )

139

la superiorità del successore di San Pietro ? Non sono eglino i mandatarj del popolo , ma i deputati del Signore. Che può dare di spi rituale il popolo ? Chi ha dato al popolo la fa coltà di reggere la chiesa di Dio ? Certo nessu

no. L'avvilupparsi in parole subdole giova ai nemici della Santa Sede. Infatti , che voglion

dir essi con quelle parole , che la potestà ine rente al carattere dei vescovi da Gesù Cristo

immediatamente deriva, senza che nessuna uma na potestà si possa arrogare il diritto di alte rarla in alcun modo ? Ma chi non sa , solo che

abbia toccato i primi principi della scienza ca

nonica , che altra cosa è il potere dell'ordine, ed altra il potere della giurisdizione ; per l'or dine possono i vescovi conferire la cresima, con

ferire l'ordine , consecrar le chiese , consecrar gli altari ; possonlo sempre validamente, quan tunque non sempre legittimamente : per la giu

risdizione, quando l'hanno ricevuta dalla santa sede , possono governar le chiese , far regole

pel governo loro, appruovar confessori, decre tare segregazioni di fedeli, e statuire altre si inili cose, che si appartengono al governo della

chiesa confidata loro dal papa. L'ordine è in delebile, la giurisdizione caduca : questa si dà e si toglie da chi ha dritto di dare e di tor

re, nè alcuno di questi audaci impugnatori della sedia apostolica sarà tanto audace , affer

mavano i teologi di Roma, che pensi e dica , che un vescovo, a cui il papa ha tolto la fa coltà di governare una data chiesa , la possa


!

140

STORIA D'ITALIA

ancora governare legittimamente ; il che

pruova

la necessità del mandato pontificio. Non perisce

la giurisdizione episcopale ! ma non perisce ella, continuavano a sclamare i romani canonisti, in un vescovo eretico, non in un vescovo scisma

tico, non in un vescovo scomunicato ? Chi si ardirà sostenere la contraria sentenza ? Da quan

to si è ragionato, opinavano , segue , che l'au

torità stessa dei metropolitani era delegata e derivata dai sommi pontefici: tal essere , ag giungevano, la monarchia cristiana stabilita da

Cristo Salvatore; tali gli ordini cattolici , che non si possono impugnare senza eresia ; con ciossiache e le meinorie antiche ed il coacilio

tridentino ugualmente li confermano.

Del rimanente, a qual fine si narrano tut te queste cose , e che voglion significare ? Sia no pur salve le gallicane libertà. Forse ne con seguita, che fuori di Francia abbiano ad aver

forza, e ad obbligare le genti ? Serbinsi in

Francia, se tale è l'umore di quel clero e di quei popoli; ma con quale diritto e con qua le ragione volerle trasportare in Italia ! Forse I per l'Italia stipulava il clero gallicano del 1682? E chi lo dice, еe chi lo fa ? un decreto di Na poleone , un senatus-consulto di napoleonici ! adunque perchè Napoleone disse, voler Torino, Genova, Milano, Firenze e Roma, tosto hanno queste provincie a diventar soggette delle gal licane libertà , e l'assemblea del 1682 tenuta ?

in Parigi ad esser legge per loro ? dov 'è il mandato di Napoleone per turbare le ecclesia


LIBRO vigesimoQUINTO (1811) 141 stiche cose in Italia, massimamente in Roma ? Chi si ardirà dire , che un decreto civile ab bia effetti ecclesiastici ?

Molte cose si son dette, e molte ancora si

dicono, si continuava a discorrere dalla parte di Roma , sull'abuso dell'autorità pontificia.

Certamente errarono i pontefici , che turbaro no le provincie per rispetti temporali , come errarono i principi , che le turbarono per ri spetti spirituali : da qual parte in questa sia maggiore il torto , e più si sia errato , non è luogo ogo di dire , e le storie il narrano. questo il lu Bene non si sa vedere , quali sinistri effetti ab bia prodotto negli stati della casa di Austria , ed in tutta l'Italia, e così anche nella Spagna

e nel Portogallo l'autorità del papa dell'insti tuire i vescovi. Neppure si sa vedere , qual male sia nato da questa stessa autorità , poi che di questa sola è nato dissidio , e si tratta , in Francia , in Inghilterra , ed in altri paesi

della cristianità ; imperciocchè, se si eccettua no le discordie pate ai tempi di Luigi decimo quarto , le quali veramente versavano su que sto punto della instituzione

>

non si scorge ,

che alcuna da questa medesima cagione sia nata. Altre ed assai più ampie radici ebbero le controversie germaniche dalle quali sorse la eresia di Lutero. Similmente per altre maggiori

questioni , e da quella dell'instituzione assai diverse, discordò Arrigo ottavo dalla santa se de , donde risultò la separazione dell'Inghil lerra. Senza entrare nei meriti di quelle anti


}

142 1

STORIA D'ITALIA

che e dolorose cause , nè definire , da qual parte fosse la ragione o il torto , questo è cer to , che l'instituzione ne è stata o innocente o

piccola parte. Del resto , qual segno , quale apparenza era , che Pio settimo fosse per abu sare della facoltà dell'instituzione a fine di tur

bare lo stato quieto della Francia ? Come sareb be potuto 'cadere in lui la volontà di turbare

la Francia di Napoleone, in lui , che nella sua vecchia età , per aspri monti , nella stagione

più rigida dell'anno, a malgrado dei principi di Europa, contro la sentenza di molti cardinali

se n'era andato a Parigi per incoronarlo ? Qual presagio aveva dato Pio di se , che altri potesse credere , che volesse assumere o in Francia od altrove un'autorità eccessiva , una dominazione

intollerabile ? Dicono guardate nell'avvenire ;; ma per guardar nell'avvenire , e' bisogna prima

guardar nel passato : guardate in questo, e ve..

drete, dove sia stato l'incomportabile dominio. Nè quì si parla di libertà ecclesiastica , perchè questo discorso non potrebbe piacere a prelati, che la vogliono dar in preda all'imperio : solo

si osserverà , quale sarà essa per diventare , se la nomina dei vescovi ai principi secolari , ee

l'instituzione loro ai metropolitani, o ad altri vescovi sudditi di essi principi si appartenesse ro . Correggevasi la nomina dei principi dal la instituzione pontificia : se l'una e l'altra so no in mano loro, quella immediatamente, que sta per mezzo di prelati sudditi, la religione è serva, ed in caso di voglie a lei contrarie,


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1811 )

143

anche in materia di fede dei priucipi, non rimar rebbe altro scampo a' suoi ministri, che l'ab bominazione dell'eresia , o i tormenti del mar tirio. Resiste papa Pio, resiste ad un' incom

portabile tirannide : la chiesa debbe restar gli obbligata per sempre, i principi ancora ; poichè vinto il papa, la cristianità, il mondo è servo : trattare il papa la libertà di tutti. Già il disegno ordito contro un papa car ceralo era pronto a colorirsi : i soldati e le

spie facevano l'opera loro in Savona , i pre Jati si accingevano a farla da Parigi . Erano quindici o cardinali, o arcivescovi o vescovi , Fesch , Maury , Caselli , cardinali , gli arcive scovi di Tours , di Tolosa , di Malines , i ve scovi di Versailles , di Savona, di Casale , di Quimper, di Monpellieri , di Troja, di Metz, di Nantes e di Treveri. Si aggiunse il vescovo

di Faenza. Comandava l'imperatore , che man dassero una deputazione a muovere il

papa a

ed Savona . Elessero l'arcivescovo di Tours i vescovi di Nantes e di Treveri . Il concilio

nazionale convocato in Parigi pel dì nove giu

gno , parte ancor egli della macchina imperia le per intimorire il papa ,, stava pronto a pro

porgli i termini d'accordo voluti dall'impera tore. Comandava Napoleone ai deputati , che annunziassero al papa , essere convocato il con cilio , essere abrogato il concordato a cagione

che il papa , una delle parti contrattanti, ricu sava di osservarne le clausole ; dovere in av venire i vescovi, come avanti al concordato di


STORIA D'ITALIA 144 Francesco primo, essere instituiti secondo le for

ine , che saranno regolate dal concilio , ed

ap

pruovate dall'imperatore : tuttavia mandare l' imperatore i prelati con facoltà di negozia re a Savona ; ma queste facoltà non usasse se non nel caso , in cui trovassero il pon tefice disposto a convenire : due convenzioni ro

>

doversi fare, l'una indipendente dall'altra, e con atti separati : nella prima si trattasse del la instituzione dei vescovi, ed in questa con

sentirebbe l'imperatore a tornarne all'esecu zione del concordato , con ciò che però il

pa

pa instituisse i vescovi già nominati, ad in av venire le nomine fossero comunicate al papa a

fine diconseguirne l'instituzione canonica; e che se il papa non avesse instituito nel termine di

tre mesi , fosse la nomina comunicata al metro

politano, il quale dovesse instituire il suffraga neo , e questi ugualmente instituisse l'arcivesco vo se si trattasse dell'arcivescovo . Nella seconda

voleva l'imperatore , che si accordassero gli affari generali , ferme stando le condizioni se

guenti : il papa tornasse a Roma , se consen tisse a prestare il giuramento prescritto dal concordato ; se ricusasse il giuramento , potesse

risiedere in Avignone : quivi avrebbe gli onori sovrani , quivi due milioni per onoranza e per vivere, quivi residenti delle cristiane po tenze, quivi finalmente libertà di governar le 1

faccende spirituali , ma tutto sotto condizione espressa , che promettesse di fare niuna cosa

nell'impero, che fosse contraria ai quattro arti


LITRO VIGESIMOQUINTO ( 1811 ) 145 · coli del 1682. Se il papa accettasse le narrate condizioni, l'imperatore proponeva molte . spe ranze , e faceva molte offerte : s'inclinerehbe

volentieri ad accordarsi col papa, sì pel libero esercizio delle sue funzioni spirituali, come per

fondare nuovi vescovati, tanto in Francia, quan to nei Paesi-Bassi : farebbe inoltre ogni sforzo

per proteggere i religiosi della Terra-Šanta, per riedificare il santo sepolcro, per dar favore al

le missioni, per ordinar la dataria , per resti tuir gli archivj pontificj; ma prima e sopra tutto si tagliasse interamente la speranza al papa di ricuperare la sovranità temporale di Roma ; se gli facesse sentire, che il concilio

era convocato , e la chiesa di Francia capace

di fare quanto richiedessero la salute delle anime ed il bene della religione, Gran fede aveva Napoleone in se, nei pre lati, nella forza, poichè si potè persuadere, che un papa a tanto di abjezione potesse venire , che consentisse a tornar suddito là dove ave

va regnato sovrano , che consentisse a giurar

obbedienza e fedeltà a Napoleone imperatore con quello stesso giuramento, che, sovrano es sendo, aveva, come sovrano, coll' imperatore me desimo accordato e statuito ; che consentisse a

servirgli, per obbligo di giuramento , di dela tore e di spia, non eccettuati nemmeno i casi

di confessione . Che Napoleone una tale pro posizione abbia fatto , certo nessuno sarà per maravigliare; ma che prelati, che portavano in fronte il nome di cattolici, abbiano assunto il Botta T. VIII.

19


146

STORIA D'ITALIA

carico di significarla , se muove a maraviglia , muove ancora più a sdegno. I deputati ecclesiastici arrivati aa Savona con le cose digerite, ed avuto licenza dal ministro

dei culti di favellare al papa , posciachè appun to di questa licenza abbisognavano, se gli ap presentarono e con rispettosi modi Ss'ingegna rono di renderselo benevolo. Introdotti, ed ac

colti con significazione grande di amore, ven nero nel primo giorno e nei seguenti sul ne

goziare. Militando sempre la difficoltà della sua carcerazione, rispose, nessuna deliberazio ne poter fare, nessuna bolla dare , se prima non fosse restituito alla sua libertà , poichè

nella condizione , in cui era , privo de' suoi consiglieri naturali, privo de' suoi teologi, pri vo di libri , di carta , di penne , privo in fino del suo confessore, che aveva domandato

indarno , nè potendo prendere alcuna infor mazione sulla idoneità dei soggetti nomina ti , non poteva nulla non che concedere , esaminare.Non ostante queste prime caldezze

del pontefice , speravano i prelati , che

appoco

appoco o per fastidio della situazione presen

te , o per timore della condizione avvenire , o finalmente per disperazione di poter cambia re i destini napoleonici l'animo suo si sareb be mitigato , consentendo , se non a tutto , al

meno a parte di quanto si domandava . Il mo do del negoziare era artifizioso , dal canto dei

delegati; maggiormente ancora artifiziose erano le fondamenta , sulle quali voleva l'imperato


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1811 )

147

re, che si negoziasse. Tutta l'importanza del fatto in questo consisteva, che si provedesse all'instituzione dei vescovi con fare, che quan

do in un dato tempo il papa non gli avesse iòsti tuiti , ii metropolitani avessero facoltà d'insti tuirli. Faceva anche un gran momento , che se

il

papa avesse convenuto coll'imperatore,

l'avrebbe purgato dalla scoinunica, se non espli citamente , almeno implicitamente , e pel fat to stesso.

Il рара

assalito e conquiso da ogni parte ,

ritirandosi dalla sua risoluzione di non voler

trattare , se primanon fosse libero , incomin

ciò a manifestare le sue intenzioni. Quanto al

giuramento , risolutamente nego ; quanto alle quattro proposizioni , dalla prima non si mostrò alieno, le tre altre costantemente rifiutò, siccome

quelle ,‫ و‬che gli parevano condannabili. Aggiun se ,

che se accettasse , la chiesa il chiamereb

be vile e traditore per fastidio di cattività , che il nome suo ne sarebbe contaminato, che ne concepirebbe un'amarezza incredibile; che del

resto , per amor della quiete , nulla avrebbe operato in contrario. Ma venendo al principal soggetto del negoziato, cioè all'instituzione, scla maya ,

che il termine di tre mesi fosse troppo

breve ; se consentisse l'imperatore sarebbe giu

dice dell' idoneità dei soggetti ; che in ultimo il metropolitano sarebbe giudice dei rifiuti della

Santa Sede; che troppo eccessiva mutazione era questa ; che un pover uomo , com'era egli , solo e senza consigli non poteva assumersi di

X

?


143

STORIA D'ITALIA

farla. Ricordava altresì, e con parole efficaci

ed affettuosissime protestava, che sarebbe trop po enorme deviazione , se rinunziasse ai dirit ti particolari sui vescovi d'Italia ; che la sua coscienza ripugnava ; che altri sovrani avreb bero domandato le medesime prerogative ed eccezioni ; che potrebbe darsi , che si nominas

sero oggetti indegni , o di opinioni sospelte nella fede; che la Santa Sede non sarebbe più la San ta Sede; che perirebbe il mandato dato da Dio a San Pietro ; che nascerebbe l'anarchia uella

chiesa; ch'ella del tutto si governerebbe a pia cere della potestà secolare. ,

Gli rappresentavano i deputati i mali immia nenti della chiesa , le perdite irreparabili delle prerogative della Santa Sede , le calamità di tanti suoi aderenti. Rispondeva Pio , alzando

gli occhi al cielo, e esclamando , pazienza : nol permettere la coscienza , non avere con chi consigliarsi, il capo della chiesa essere in vin coli. Per far novella pruova di vincere gli scru

poli e la costanza del pontefice , i deputati vescovo di Nante pregarono il vescovo Nantess , siccome que

gli , che aveva maggior dottrina e fermezza in queste materie che gli altri , distendesse uno

scritto da presentarsi al papa.. Il fece in lingua francese , il tradusse in italiano il vescovo di Faenza . Era la sostanza

che , poichè Napo

leone non voleva cedere , il papa doveva di necessità cedere egli. Insomma i deputati in questo loro scritto ammonivano , e fortemente richiedevano il papa della clausola dei metro


Libro VIGESIMOQUINTO ( 1811 ) 149 politani : pretendevano , che non era necessaria una lunga discussione , nè bisogno di consiglie ri per decidere , se la Santa Sede conservereb

be, o perderebbe per sempre , rispetto ai ve scovi di Francia , il diritto d'instituzione. In

tendevano per vescovi di Francia , non sola mente quelli di Francia, ma ancora quelli del regno d'Italia , del Piemonte , di Parma , di Toscana e dello stato romano stesso. Offeriva

no finalmente , vedesse sua beatitudine , se dei

luoghi vicini fosse qualche prelato , in cui aves se fede: specificavano dello Spina, come se in quei tempi, e nel carcere di Savona qualche duno potesse libero essere , e liberamente con

sigliare. Mossero , oltre la cattività ee la

segrega

zione , i ragionamenti dei deputati l' animo del pontefice per l'aspetto dei mali avvenire , e sebbene sempre

fosse titubante 9, ed ora si

ritraesse , ed ora tornasse , cominciava a non mostrarsi alieno dall'accordar con loro la clau

sola domandata : solo voleva allargare il tem po dell'instituzione da darsi dai metropoli tani fino a sei mesi , che l'imperatore aves se un termine necessario per le nomine , sic

come egli l' aveva , parendogli , che se que sta necessità s' imponesse a lui , non al prin cipe , l'egualità fra le due parti fosse rotta ; nel che aveva ragione, anche secondo i depu tati ‫ ;ܪ‬conciossiachè se l'interruzione dell'epi

scopalo non debb' essere in potestà del papa , non debb’essere nemmeno in potestà dei prin cipi.


150

STORIA D'ITALIA

Restava l'impedimento della scomunica , per

la quale l'imperatore era stato separato dal consorzio della chiesa. A questo passo ii depu tati , che già vedevano incerto e vacillante il

pontefice ,siccome quelli che bene avevano alla scuola napoleonica i tempi mor imparato bidi per incalzare e temendo di dare causa d'indegnazione a Napoleone, se non riuscis sero a fare la sua volontà a Savona , si get tarono tutti addosso a Pio , e il pressarono e

l'aggirarono , e gli diedero di mano da tutte

parti. Che cosa essere , dicevano , questa sco munica ? Non autentica in Francia , non accet

tata, nè da accettarsi mai ; non mai la Fran cia si scosterebbe dalle massime gallicane: pes simi effetti avere lei prodotti fra ii popoli, an che le persone più aderenti e divote alla se

dia apostolica : a tutti esserne doluto, come di cosa molto pregiudiciale al papa ed alla chie sa ; i cardinali, non solo i rossi, ma ancora i

neri, con questo nome chiamavano i cardinali

o esiliati o carcerati, non avere mai cessato di comunicare in divinis con sua maestà , aver

loro cantato in memoria delle imperiali vitto rie , avere cantato ogni festa nell' imperiale cap

pella. Già il pontefice titubava: per espugnar lo del tutto , i deputati se gli pararono in

panzi , ammonendolo , che partivano: badasse bene ai mali soprastanti; solo , sarebbe tenuto verso Dio e verso gli uomini : per lui essere stato, che le piaghe della chiesa non si sanas sero : partivano ; farebbe il concilio ; avrebbe nuove da Parigi,


7

LITRO VIGESIMOQUINTO ( 1811 )

1

151

Insomma il papa tentato da ogni parte

>

e

separato dal consorzio del mondo , promise di venire ad un accordo , il cui importare fosse

questo : che sua santità , considerato i bisogni ed i voti delle chiese di Francia e d'Italia a

lui rappresentati dai deputati , e deliberatosi a mostrare con un nuovo atto la sua paterna af fezione verso le chiese medesime , darebbe l'in stituzione caponica ai soggetti nominati da sua maestà con le forme convenute nei concordati di Francia e del regno d'Italia ; che si pieghe

rebbe ad estendere con un nuovo concorda

to le medesime disposizioni alle chiese di To scana , di Parma e di Piacenza ; che consen tirebbe , che s'inserisse nei concordati una

clausola , per la quale prometterebbe di spedir le bolle d' instituzione ai vescovi nominati da

sua maestà in un certo determinato tempo ,

che egli stimava non poter esser minore di sei mesi; e caso che ella differisse più di sei mesi

per altri motivi, che per quelli dell' indegnità personale dei soggetti , investirebbe , spirati i sei mesi, della facoltà di dar in suo nome le bolle il metropolitano della chiesa vacante, o, mancando lui , il vescovo più auziano della provincia ecclesiastica. Aggiunse , che sua san

tità a queste concessioni aveva inclinato l'ani mo per la speranza concetta nei colloquj avuti

coi vescovi deputati, che elleno fossero per ap pianar la strada ad accordi, che ristorerebbe

ro l'ordine ee la pace della chiesa , e restitui-. rebbero alla Santa Sede la libertà , l' indipen


152

STORIA D'ITALIA

denza e la dignità , che le si convenivano. Fu aggiunto allo scritto contenente queste pro

messe del pontefice , i deputati affermarono per consenso di lui , il papa per sorpresa , un ca

pitolo concepito in questi termini : che i di versi aggiustamenti relativi al governo della chiesa ed all'esercizio dell'autorità pontificia ,

sarebbero materia di un trattato particolare , che sua santità era disposta a negoziare, to stochè a lei fossero restituiti i suoi consiglieri e la sua libertà .

Il pontefice, pensando alla larghezza delle concessioni fatte, e ricorrendogli nella mente le solite dubitazioni, non ebbe dormito tutta la

notte. Massimamente gli dava grande angustia il capitolo aggiunto , temendo , che

per lui si

fosse obbligato a venire ad un negoziato, trat

tato o compromesso intorno al governo della chiesa, ed all'esercizio dell'autorità pontificia,

quanto alla parte spirituale. Per la qual cosa, presa il giorno seguente la penna restituitagli a tempo pel negoziato, scrisse di proprio pu gno sullo scritto queste stesse parole: che con sorpresa aveva veduto aggiunte alla bozza delle

domande, che gli erano state fatte , le parole, i diversi aggiustamenti, con quello che segui tava sin alla fine del capitolo. " Continuò, sem

pre di proprio pugno scrivendo, che le dette domande erano state da lui ammesse , nè come

un trattato, nè come un preliminare , ma sola mente per dimostrare il suo desiderio di so

disfare alle provisioni delle chiese di Francia,


153 LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 181 ) allorquando le cose bene considerate, si potes

se di loro convenire in un modo stabile, ob

bligandosi a fare le dette provisioni transito riamente, e caso che ciò non si volesse o po.

tesse, si obbligava a trattare di un altro modo di provisioni. Questa sua protesta non conten

lando ancora l'animo del pontefice , fatti a se chiamare il prefetto ed il gendarme Lagorsse, gendarme che era del palazzo pontificale, as severantemente affermò loro, che non ammet teva l'ultima frase dello scritto accordato tra

lui ed i vescovi . Dichiarò loro oltre a questo , che il giorno precedente, non avendo dormito tutta la notte, era, come se fosse , mezzo eb bro , e che conseguentemente non aveva po

tuto fare in quel giorno alcuna promessa ; che ‫ ܪ‬ato del rimanente non intendeva essersi obblig

Lè per un trattato, nè per preliminari di un trattato ;; che desiderava , che ciò fosse chiara

mente conosciuto, perchè non voleva esporsi a strepitarne, -nè a parere manc di far par parola ; ebbe ario, sse necessar che del resto, se diveniere

ne romore, e voleva ', che fosse bene inteso , che di nulla dal canto suo si era definitiva

mente convenuto . Poco importava ai vescovi deputati , che questa giunta fosse o no nello scritto consentito dal papa, perciocchè l'impor 1

tanza del fatto era nell'instituzione da darsi

dal papa o dai metropolitaui nel caso d'indu

gio da parte della Santa Sede. Per la qual cosa consentirono facilmente al cassare dallo scrito

Botta T. VIII. 20


154

STONA D'ITALIA

to quell'ultima parte, ed il mandarono al mi nistro da Torino.

Non senza allegrezza annunziarono i depu tati all' imperiale governo le concessioni fatte dal papa : al tempo stesso lo accertarono , che

pareva impossibile l'indurre il santo padre a promettere per iscritto , che nulla tenterebbe contro le tre ultime proposizioni del clero del 1682 ; che solo assicurava , sua intenzione esse re di nulla tentare ; che ancora era impossibi

le , che prestasse il giuramento , o che rinun ziasse al dominio temporale ; quanto ai due

milioni , dichiarare, non volergli accettare , po co bastargli per vivere, e di poco voler vivere : soccorrerebbelo, diceva, la pietà dei fedeli. Fra mezzo a tutto questo i deputati si accorsero, e ne informarono il governo, che fissa ed incon

cussa deliberazione del pontefice sopra tutte le

altre era questa, che non voleva consentire, che l'imperatore nominasse i soggetti destinati alle sedi vacanti negli stati pontifici, ed affermava, che dei medesimi a lui solo siappartenesse la nomina e l'instituzione. Come , sclamaya con

infinita commozione il santo padre , i titoli dei cardinali vescovi, i titoli delle chiese più sub urbane saranno , o in parte o in tutto, di strutti senza il consenso della Santa Sede ! Vo

lersi adunque, ch' ei consenta ad un concordato , nel quale l'imperatore nominerebbe a tutti que

sti vescovati , anche a quelli , che di accordo comune sarebbero conservati ! Bene terribil co

sa sarebbe questa , soggiungeva , se in tutta la


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1811 ) 155 cristianità il papa non potesse di suo proprio moto nominare un solo vescovo , e nulla avesse

in suo potere per ricompensare i suoi servitori, che bene e fedelmente ľavessero servito nella

pontificale amministrazione. Grande allegrezza sorse, per le agevolezze promesse dal pontefice, negl' imperiali palazzi, in cui si stava aspettando con molto desiderio

quello , che fosse per partorire l'andata dei prelati a Savona: piacque a tutti la scomunica abolita, la instituzione assicurata. L'imperatore domato in parte il papa ,

si spinse avanti a sog

giogarlo del tutto. Insorse adunque con mag

giori richieste, volendo, che quanto nelle instru zioni date ai deputati aveva ordinato , avesse il suo effetto per modo che nessuna eccezione

di vescovi si potesse fare ,

il papa rinunziasse

al dominio temporale , e se ne tornasse servo a Roma , o se n'andasse più servo ancora ad

Avignone , ed accettasse lo stipendio impe riale. A questo fine si deliberava di usar il concilio . Mandò primieramente al pontefice al cuni cardinali , non già i neri , ma i rossi , e

di questi neanco tutti , ma solo quelli , che gli parvero meno alieni dal secondar le sue inten

zioni , Roverella , Dugnani , Fabrizio Ruffo : gran de fondamento poi faceva principalmente sul cardinal Bajana ,siccome quello, che era mol to entrante , ee di risoluta sentenza , e sempre

era stato nel concistoro consigliatore di delibe

razioni quiete verso l'imperatore. Aggiunse monsignor Bertazzoli , arcivescovo in partibus


1

156

STORIA D'ITALIA

di Edessa , timida ed accomodante persona ,

congiunto per antica famigliarità col pontefice,

ed in grandissima fede ee favore appresso a lui.. Così Napoleone minacciava, Bajana parlava risolutamente , Bertazzoli persuadeva con pre ghiere e con lagrime . Intanto il ministro dei culti comandava, che nessuna persona , che fosse

al mondo, salvo i mandatari, il prefetto ee La gorsse gendarme , potesse parlare al papa . Fe cero bene i mandatarj la parte loro : solo Du

gnani e Ruffo diedero in qualche scappata, fa vellando della libertà del papa; ma furono dette

loro certe parole , che fu loro forza pensare ad

ogni altra cosa piuttosto che a questa di pro curare la libertà del carcerato . Intanto il con

cilio di Parigi faceva un decreto conforme alle ultime promesse del santo padre; portasselo a Savona una deputazione del concilio , acciocchè il papa ratificasse , e desse un breve conforme.

Furono deputati, e portatori della conciliare de liberazione l'arcivescovo di Tours, l'arcivescovo di Malines , il vescovo di Faenza nominato pa triarca di Venezia , l'arcivescovo di Pavia , i

vescovi di Piacenza, d'Evreux, di Treveri, di Nantes e di Feltre. Li vide umanamente

e >

volentieri il papa : ottennero facilmente il dì venti settembre il breve, che appruovava il de creto conciliare : le sedi arcivescovili e vesco

vili più di un anno non polessero vacare ;

l'im

peratore nominasse , il papa instituisse; se fra sei mesi non avesse instituito, il metropolitano od il più anziano instituissero essi. Solo ai no


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1811 ) 157 tati capitoli aggiunse il pontefice il seguente , che se spirati i sei mesi, e se alcuno impedi mento canonico non vi fosse, il metropolitano o il più anziano, innanzi che instituissero, fos

sero obbligati a prendere le informazioni con suete, e ad esigere dal consecrando la profes sione di fede, e tutto, che dai canoni fosse ri

chiesto. Volle finalmente , che instituissero in nome suo espresso, od in nome di colui , che suo successore fosse, e tantosto transmettessero

alla sedia apostolica gli atti autentici della fe dele esecuzione di queste forme. L'avere sta

tuito un termine alle instituzioni pontificie, ol tre il quale, se il papa non avesse instituito, po tessero instituire i metropolitani , era cosa piut tosto di estrema‫وا‬, che di grande importanza per la sicurezza e quiete degli stati , e in questo aveva Napoleone bene meritato della potestà secolare : imperciocchè in così stretta congiun

zione delle cose temporali e spirituali possono nascere facilmente tra le due potestà gravi con troversie , per terminar le quali a suo vantag .

gio Roma potrebbe usare contro i principi il rimedio dell'interruzione dell'episcopato per

mezzo della negazione delle instituzioni. Il ter

mine prefisso di cuisi tratta, suppliva , in quanto spetta all' indipendenza della potestà temporale, agli ordini spenti dell'antica disci

plina , o legittimi che si fossero e d'instituzione

divina secondo l'opinione di molti dotti teologi, o solamente tollerati per tacita od espressa de legazione dai successori di San Pietro secondo

i

1

der

mukaan

.

----

.


158

STORIA D'ITALIA

l'opinione della curia romana. Beato Napoleo ne se ciò avesse domandato ed ottenuto dal

pontefice per amor della libertà , non per cupi digia della dominazione ! Beato egli ancora , se in ciò si fossero contenuti i suoi pensieri. Ma quanto maggiore si mostrava la condiscendenza

pontefice, tanto più egli osava. Bajada , l'arcive scovo di Tours con tutti gli altri si serrarono addosso al prigioniero, acciocchè consentisse alle del

altre richieste dell'imperatore. Facilmente si vede , quale libertà ecclesiastica potesse ancora sussistere, se il papa prestasse il giuramento ,? se vivesse in Roma o in Avignone cinto dai soldati napoleoniani, e salariato dall'imperatore ,

se l'imperatore nominasse tutti , o quasi tutti i cardinali, se tutti i dispacci del papa si tra mandassero per le poste imperiali. Certamente

in questo i prelati facevano piuttosto la parte di avvocati dell'imperio , che della chiesa , ee procuravano la libertà intiera della potestà se colare. I principi avrebbero dovuto restar loro obbligati , se tale fosse stata la loro intenzione

qual era il fatto. Del resto quì era un caso straordinario , dal quale non si poteva argo mentare agli ordinarj ; perciocchè tutte le po testà secolari erano a questo tempo serve diuna sola , la quale, per l'intiera soggiogazione della potestà ecclesiastica diventava padrona assoluta del mondo. Caso strano , ma vero : la llibertà

ecclesiastica era parte e sostegno della libertà universale, e caduta quella , che di tutti i fre ni era il solo che fosse rimasto , anche questa


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1812)

159

se n'andava in precipizio per dar luogo ad una universale tiranpide .

A tutta la tempesta , che gli si faceva in torno , domandava primamente il papa la sua libertà : al che rispondevano i deputati conci liarj , il narro , perchè la posterità conosca l'età , ch'egli era libero. Del giuramento , del 2

rinunziare ai vescovi di Roma, del tornare a

Roma o dell'andar ad Avignone in qualità di suddito con fermezza grandissima negava. Il dolce Bertazzoli , che aveva paura , non se ne

poteva dar pace : pietosamente sclamava : « Spe « riamo in Dio , ubbidienza

« speranza , preghiamo Dio ,

al

governo , ho

e così tra que

ste speranze , e questa obbedienza il buon e

pre

lato passava tempo, ma nulla fruttava col pon tefice ; anzi finalmente il papa gl'intimò, non

gli parlasse più di faccende. Napoleone, vedu to,, che non si approdava a nulla, volle pruo vare, se una solenne e subita minaccia potes se far effetto. Comandò ai deputati , ed il fe cero , che si appresentassero al pontefice, e ad aperte parole gli dichiarassero , esser loro per

ordine dell'imperatore in sul partire da Savo na, lui essere cagione, che l'imperatore si ri

tirasse dai concordati, lui operare, che i vin coli della chiesa gallicana colla Santa Sede si rompessero , lui fare, che di tanto notabile di minuzione della cattedra di San Pietro potes

sero giustamente i posteri , e massimainente i

suoi successori accagionarlo ; pensasse bene quello essere l'ultimo momento, romana chie


160

STORIA D'ITALIA

sa perduta, imperio trionfante. Aggiungevano molte altre cosesul benefizio, che riporterebbe

ciascuna delle parti dalla condiscendenza del papa. Rispose, non potere contro coscienza, Dio

provederebbe, non curarsi di quanto dicesse il mondo, manco di quello, che cardinali e pre lati contaminati a Parigi dicessero. Pariirono disconclusi.

Per ultimo cimento , e per ordine risoluto del ministro dei culti , il prefetto , venuto in cospetto del pontefice gravemente lo ammo

niva dell'importanza dei fatto , delle calamità sovrastanti , dei pentimenti che ne avrebbe , dell'opinione di tutto il clero , anzi del mon do, contraria alla sua . Aggiunse, che se non si

piegasse, ed in meglio non voltasse le sue ri soluzioni, aveva carico di notificargli cosa, che porterebbe grave ferita al suo cuore. Rispose, nol permettere la coscienza ;‫ ܪ‬che Dio mostre

rebbe la sua potenza. Il prefetto gli significa va allora da parte del governo , .che il breve dei venti settembre non essendo stato ratifica-,

to, l'imperatore teneva i concordati per abro gati, e non soffrirebbe più , che il

papa inter

venisse nell'instituzione canonica dei vescovi.

Le minacce di lontano non avendo prodotto .

impressione, si volle far pruova , se da vicino fossero più fruttuose. Oltre a ciò già i tempi

incominciavano a stringere , e i fati a dar di mano a Napoleone : quel papa renitente e lon

tano dava qualche timore. Deliberossi l'im peratore a tirarlo in Francia , dove potesse e

1


LIBRO VIGESIMOQUINTO ( 1812) 161 vederlo e minacciarlo egli medesimo. La se

gretezza parve più sicura della pubblicità , la notte più del giorno. Diessi voce, che Lagorsse,

capitano de' gendarmi, che doveva accompa gnare il papa cattivo nel suo viaggio , fosse venuto in disgrazia dell'imperatore, per essersi inostrato troppo agevole ed amico con Porta ,

medico del papa , e che il principe Borghese

il chiamasse a Torivo per udire da lui gl' im periali comandamenti. Tant'oltre andò la si

mulazione , che i Savonesi ingannati compati vano Lagorsse, e davano attestati di buona vita a copia per discolparlo : la cosa alligrava .

L'ingegnere capo dei ponti e strade appresta va ogni cosa alla partenza. La notte dei nove

giugno, era scurissima per accidente , al tocco della mezzanotte , messogli addosso una sotta na bianca , un cappello da prete in capo , la

croce vescovile in petto, lui non ripugnante , anzi serbante serenità , spingevano il capo della cristianità nella carrozza apprestata , e l'in

camminavano alla volta di Alessandria . Spar gevano ,

che fosse il vescovo di Albenga ,

che

andasse a Novi. Passarono per Campomarone non per Genova , per sospetto . della città. Niu na cosa cambiata in Savona : ogni giorno , e

durò ben quindici dopo la partenza,9 i magie strati andavano in abito al palazzo pontificale

per far visita al pontefice , come se fosse pre sente : i domestici preparavano le stanze , ap parecchiavano e sparecchiavano le mense , an

davano a mercato per le provisioni , ciloce Botta T. VIII.

21


162

STORIA D'ITALIA

vano le vivande : Fenestrelle in vita , se par lassero . Le guardie vigilavano al palazzo , i gen darmi attestavano a chi il voleva udire ed a

chi nol voleva , avere testè veduto il papa con

gli occhi loro o nel giardino , o sul terrazzo o in cappella ; Suard , luogotenente di Lagors se , che era consapevole del maneggio , com

piangeva il povero Lagorsse per aver perduto

la grazia dell'imperatore . Chi non sapeva, par lava , chi sapeva , non parlava . Ma si voleva , che niuno parlasse : un pover uomo della ri viera ebbe a dire per sua disgrazia, che aveva

veduto il papa a Voltri : gli fu intimato si ri trattasse , quando no , mal per lui : si ritratto , e fu lasciato andare con le raccomandazioni :

fece proponimento di non nominar mai più papa. I napoleonici stavano in sentore , se mai qualche voce in Savona o nei luoghi vicini sorgesse : i magistrati scrivevano , ogni cosa esser sicura ; nessuno addarsi. Insomma già era

il pontefice a dugento leghe ; che ancora si credeva , che fosse in Savona. Tanto erano per

fettamente orditi i disegni dei napoleonici ! Ar riyava il pontefice a nuovi soldateschi insulti

in Fontainebleau : poco dopo vi arrivava anche Napoleone. Caso fatale , che là , dove otto an ni prima era Pio arrivato trionfante , ora pri gióniero arrivasse , e di là , dove ora Napoleo

ne signore del mondo arrivava , prigioniero due anni dopo se ne partisse.

Fine del libro vigesimoquinto.

-

1

1


LIBRO

VIGESIMOSESTO.


SO MM ARI O.

Accidenti di Sicilia. Constitazione data dal re Ferdinan

do ai Siciliani ai tempi di Bentinck. La regina Caro hina , costretta dagl' Inglesi , si ritira dalla Sicilia , e muore a Vienna. Guerra tra Francia e Russia. Sono

giunti i tempi fatali per Napoleone. Perisce comparisce la sua po tenza in Russia. Fa un nuovo sforzo , e sui campi di Germania. È prostrato a Lipsia : tutta la >

Germania sdegnata insorge contro di lui. Concordato di Fontainebleau . Pratiche di Giovacchino , di Euge

nio e di Beptinck per le sorti d'Italia . Eugenio sulla

Sava , l'Italia assalita da parecchie parti. Siavvicina il fine della tragedia .

7


STORIA

D ' IT ALI A. LIBRO VIGESIMOSESTO.

1

ReSicili ovaciachinMolt gnavaCarol onidvae,, in Nainapoli GiAustr o Naopoleopera in

a

di

.

Napoleone nel regno di quà dal Faro per la sua potenza , molto gl' Inglesi in quello di là dal Faro per la presenza : molti evarj furono gli effetti ed in chi regnava di nome , ed in

chi regnava di fatto , ma una la cagione, cioè anche alle donne il comandare ? Parte degli ac l'ambizione. Tanto è dolce agli uomini , ed

cidenti che seguirono, già furono da noi rac contati , parte accennati : ora è ragione, che

coll' ulterior narrare quelli si terminino, questi maggiormente si spieghino; poi presto verrassi al fine di questa mia troppo lagrimevole nar razione. Da più rimoto principio s'ha per noi da cominciare. Era Giovacchino, siccome que gli, che si nutriva facilmente con vane spe rapze, tutto intento a turbare le cose di Sici

lia sì colle dimostrazioni guerriere , sì colle in- .

stigazioni e colle spie. Carolina dal canto suo


STORIA D'ITALIA

166

in ciò ajutata dagl' Inglesi , si era in lutto di . rizzata a questo disegno , che la dominazione dei Napoleonidi nel regno di terraferma mal

quieta e mal sicura rendesse. Il sangue sparso a copia nelle Calabrie , i fiumi biancheggianti di umane ossa attestavano le napolitane e le palermitane instigazioni, e già furono da noi

in queste carte vergati. Raccontammo ancora , come i tentativi armati di Giovacchino finis

sero : resta , che il seguito delle siciliane mu lazioni , facendo principio dall'esito delle insi

die dei Napoleonidi, da noi si descriva , crudi accidenti , e degni dei tempi. Tentavano prin cipalmente i Napoleonidi Messina per la vici nanza ed importanza del luogo. Vi avevano segrete intelligenze con alcuni uomini di umile

condizione, il cui fine era di operare moti con

trarj al governo . I congiurati , come gente di basso stato, non avevano alcuna dipendenza 9

d'importanza ; ma si temeva , ch'essi fossero gli agenti di uomini più potenti, non potendo si restar capace , come i Napoleonidi , per fare una rivoluzione in Sicilia , adoperassero gente

di così piccole condizioni, come calzolari,ma rinari e pescatori. Per la qual cosa per isco

prire fin dove il vizio si stendesse, il governo mandava da Palermo sul luogo un marchese Artali, uomo non solo inclinato a fare quanto

il governo volesse , ma capace ancora di far

degenerare la giustizia in sevizia. Terribile fu il suo arrivo, terribile la dimora . Pose in car

cere non solamente i rei, ma ancora i sospetti,


LIVRO VIGESIMOSESTO ( 1912) 167 e pon che plebei e poveri , magnati e ricchi. Condotti i carcerati in sua presenza, faceva lo ro udire , che sarebbe meglio per loro , che confessassero ; quando no , avessero a sapere , che egli era Artali marchese, che ministrerebbe giustizia alla palermitana, che avrebbero ceppi ai piedi , manette alle mani , che li farebbe tirare sulla colla , arroventare coi ferri , che solo, che una sua parola parlasse, conoscerebbe Messina, ch'egli era Artali . I fatti poi consen zienti , anzi peggiori delle parole ; perchè ser rati in una segreta così bassa e stretta

9

che

nè stare in piedi , nè giacere alla distesa po

tevano , eran lasciati per ben cinquanta giorni a dimenticanza , solo un misero panicciuolo al giorno essendo loro ministrato. Sorgeva l'ac

qua tutto all'intorno , il suolo aspro di acuti sassi. Non lume avevano ) nè aria : fra breve

divenne l' aria pestilente. A questi erano lace rate le carni con nerbi , a quegli scottate con

ferri; a questi davansi droghe da procurar loro sogni spaventevoli, da cui solamente erano sve gliati con brace accesa

o con piastrelle arro

ventate. Fuyvi chi ebbe le membra tirate dalla

colla orribilmente , e chi la pelle tagliata fino al cranio da funicelle strettissimamente avvinte.

Scioglievansi , perchè le carni davano in mor tificazione ; temevano i carnefici, che la morte

togliesse le vittime ai nuovi ed apprestati tor

menti. Fora pur troppo dolorosa narrazione lo andar raccontando minutamente il lungo e mol tiſorme martirio. Solo dirò , che le messine e


168

STORIA D'ITALIA

si carceri furono come le verrine ; la siciliana

terra rispondeva alla napolitana , furore a fu rore, crudeltade a crudeltà opponendo: infausto cielo, che vide quanto possa l'eccessiva natura dell'uomo. Di Manhes e di Artali parlando , mostrano le calabresi terre , mostrano le sici

liane la terribile natura loro ; ma il primo fu

inesorabile , il secondo crudo ; quegli pacato ,

questi sdegnoso; l'uno sanò un paese ,

l' altro

fece un paese infermo e pregao di vendetta; Messina tutta piangeva , tremaya , fremeva ;

niuna cosa più sicura a nessuno : imprecavano e chi comandava e chi tollerava , un gran vi

tuperio ne nasceva per gl' Inglesi andati là per difendere le popolazioni ,e che le vedevano stra ziare. Gridarono i Messinesi , venne avviso della

tragedia a Giovanni Stuart , generale dei sol dati britannici . Mandò un lord Forbes aa visi

tare le segrete dolorose: gli diede per compa

gno parecchi chirurghi , perchè sapeva , che abbisognayano . per sanare le vestigia impresse

dal furore dei carnefici. Seppesi queste cose il governo del re Giorgio : gliene fu fatta anche fede indubitata. Non so , se gl'importasse dei tormentati , bene gli calse dell'odio , che ne veniva contro il governo siciliano , e contro

l'Inghilterra : indebolivasene la difesa dell'isola . Di gran momento era agl'Inglesi la conserva

zione della Sicilia , si per se medesima, come pel sito opportuno a difendere Malta, ed a

percuotere nel cuore del regno di Napoli.Non poca molestia dava loro il vedere, che l'im


1JBRO VIGESINO ESTO (1812)

169

perio violento della regina, perciocchè a lei massimamente attribuivano i popoli la direzione

delle faccende, tendeva ad alienare gli animi

da lei e dagli alleati: perciò pensarono ai ri medj. Per verità i Siciliani, che con molta al legrezza avevano veduto la corte venire in Si cilia nel novantotto , ora mutatisi intieramente,

alla medesima erano avversi. Della qual muta zione , oltre i rigori eccessivi, molte e gravi

furono le cagioni. Morto Acton, col quale la regina principalmente si consigliava, era stato chiamato ministro delle finanze il cavaliere Me

dici, uomo, come già abbiam detto altrove , - di singolare destrezza d'ingegno, ma che amava il governare assoluto. Per questo aveva piaciuto alla regina , e la regina a lui. Della sua ele zione si mostrarono male sodisfatti i Siciliani ,

sì per questa stessa sua natura molto tirata ,

come perchè Napolitano era. A queste male so disfazioni se ne aggiunsero delle altre di non

poco momento. La regina , che sapeva , che a volta a volta tornava al re il desiderio di pren

dersi nel goverto tutto l'imperio , che gli si convcniya , aveva fatto opera , per fermare que

sti rigogli, che fosse eletto a primo ministro il duca di Ascoli , nel quale Ferdinando aveva molta affezione, e che molto ancora da lei

del dipendeva. Confidava in questo disì essere l'im

tutto padrona dell'animo del

re,

per

perio proprio , come per quello del duca. Ma oltre che Ascoli era uomo d' intelletto incapace a sopportar tanto peso , e neppure gli dispiace Botta T. VIII.

22


170

STORIA D'ITALIA

vano i piaceri, di cui tanto si dilettava Fer

dinando , avvenne , che appresso a lui acqui stò grande autorità una donna , che chiamava col nome di sua amica. Costei traendo, contro il dovere , ad utilità propria il credito del du ca , fa cagione , che un gran romore si levas se contro di lui con diminuzione del suo no

me presso i popoli. Il mal umore si accese an che contro la corte , massimamente contro la regina , che per tenersi il duca benevolo, ac carezzava l'amica di lui.

Cagione molto forte di disgusto furono i Na politani venuti colla corte in Sicilia. Costoro ,

se pochi si eccettuano , o messisi a grandeg a

giare fra un popolo povero , od a fare spie

fra un popolo sdegnato , accrescevano, l'odio

naturale dei Siciliani contro i Napolitani, e gli umori già mossi viemaggiormente pervertivano. Il denaro del pubblico , cavato a grande sten lo dai sudditi spolpati , si profondeva con gra ve scandalo in Napolitani o Calabresi , parte

insolenti, parte viziosi, immoderati tutti nella quantità delle spese : intanto i soldati ridotti quasi nudi, e colle paghe corse da mesi ed anche da anni attestavano colla miseria loro la

pessima amministrazione del regno. Nè la corte rimetteva dal consueto lusso , come se il regno

solo oltre il Faro potesse da se solo sopperire a quella voragine , alla quale appena bastarono i due regni uniti. Quindi accadeva, che seb

bene alcune terre appartenenti alla corona col si

fine di sostenere le esorbitanti

spese

vendes.


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1812)

igi

sero , nondimeno sempre l'erario penuriava , e

inentre la corte spendeva e spandeva , ogui servizio del pubblico mancava . Le strade mas simamente , per le quali il parlamento aveva conceduto proventi particolari, rotte e mal conce dimostravano , che ciò , che per loro si era dato, in altri usi si convertisse. Si aggiun

sero a sprofondar l'abisso gli enorıni dispendj fatti per

le fazioni della Calabria , per la di

fesa di Gaeta , per le spedizioni contro Ca stellamare , e contro le isole di Procida ,

di

Ischia e di Capri . Già si era dato fondo alle

· ricchezze portate via nella fuga di Napoli, av vegnachè fossero di non poca entità, ee le cose erano ridotte a tale , che la regina , per

ul .

timo sussidio , mandò ad impegnar le gioje do tali e sopraddotali per cavarne diecimila on ce , che sono circa cinquemila luigi di Fran cia. Crescevano gli sdegni, pensando che l' In ghilterra pagava alla corte di Sicilia trecento mila sterlini all'anno di sussidio, nè potevano

i popoli restar capaci come tant' oro napolita no, siciliano ed inglese in una e medesima

voragine senza nessuno , o con debole frutto si gettasse : ricchezza certa , dispendio enorme, povertà rea, dicevano . Gl’Inglesi stessi perde

vano di riputazione appresso ai popoli e per l'uso e per l'abuso del sussidio . Adunque , i

Siciliani gridavano, fan le spese gl' Inglesi alla Sicilia , perchè ne siano pagate le napolitane spie , i calabresi sicarj ? Adunque gli sterlini di Londra vengono a Palermo , perche l'amata 1


1

172

STORIA D'ITALIA

di Ascoli, ed il dispotico doininio di Medici ne sieno protetti e sicuri ? Adunque perchè un duro giogo sul collo dei Siciliani , miseri colla corte assente , ancor più miseri colla corte presente , si aggravi , i britannici salarj sulle si ciliane terre sono chiamati ? Adunque perchè

dei Napoleonidi ogni ora si tena , tanti dome stici e forestieri tesori si profondono ? Inco minciavano gl' Ioglesi ad accorgersi, che ave

vano a fare con un alleato , il quale dopo di aver procurato odio a se ,

il procurava anche

a loro. Già se ne gettavano motti aperti nei

giorvali di Londra : il governo stesso pensava ai rimedj. Il fine era questo , che si togliesse alla regina l'autorità, che si era arrogata nelle faccende, e che la parte popolare si accarez zasse, si conciliasse, si fortificasse .

Ma prima che gl’Inglesi comandassero , si sperava in un rimedio domestico : quest' era il parlamento siciliano. Lo aveva il re convocato nell'ottocento dieci. Aveva Medici dato molte

speranze di questo parlamento, come se fosse per essere molto liberale di sussidj: donativi li chiamano in Sicilia . Era Medici uomo mol

to ingegnoso ed inframmettente, nè mancava di ardimento : perciò sempre confidente in quanto imprendesse a fare, sperava di volge re a suo grado il parlamento. Fece suoi bro

slj appresso ai rappresentanti , questi sono il braccio demaniale, nè senza frutto. Alcuni de

gli eletti liberamente dalle città tirò a se col

le promesse e coi doni, altri fece eleggere a


LITRO VIGESIMOSESTO ( 1812) 173 sua posta; che anzi ottenne, che parecchie cit tà, bruttissimo vizio della constituzione sici

liana, dessero il mandato parlamentario ad una

medesima persona. Erano moltiplici questi rap presentanti, ed al favore di Medici obbligati, e da lui dipendenti. Si era anche destramen te insinuato , ed aveva acquistato credito nel

braccio ecclesiastico : non pochi vi erano incli pati a secondare i suoi disegni . Bene considerate

erano tutte queste cose da Medici ; ma errò

per

altra partein due modi, perchè credendosi si curo dei due braccj demaniale ed ecclesiasti co, omise di accarezzare il baronale più po

tente di tutti, ed oltre a questo usò l’ opera di certe persone, le quali avvengadiochè fosse ró dotate di singolare abilità, erano nondime no venute in odio ai popoli, perchè nel parla mento dell'ottocentosei si erano adoperate con

molto calore, acciocchè si aumentassero ii dazj . I baroni , parte per amor di bene, e parte per

odio di Medici, che gli aveva o trascurati od aspreggiati , fecero tra di loro un'intelligenza per isturbare i disegni al ministro . Fra gli av-. versarj, per essere stato offeso, ed allontanato

dalla corte per opera di lui, risplendeva il principe di Belmonte , uomo assai ricco , di

famiglia nobilissima, e di molta dipendenza in Sicilia: nè l'ingegno maucava in lui nè la liberalità ; perchè amico ai letterati , cortese ai forestieri mostrava , che di buoni frutti non era sterile la Sicilia . Quest'erano le sue virtù:

i vizj , un orgoglio intollerabile. Assunse im


574

STONA D'ITALIA

presa di vendicarsi di Carolina e di Medici. I baroni si collegarono con Belmonte. Il mi nistro si accorse, che se era stato buono il ti

rare a se i dipendenti , sarebbe stato meglio il tirare gl' indipendenti. L'esito fu , che il parlamento concedè un piccolo aumento di do nativi, ma interpose tante difficoltà alla distri buzione e riscossione loro , che fu impossibile

di esigerli. Maggiori segni sorsero del mal umo re parlamentario , perchè , essendo solito il par lamento a domandare molte grazie al re , gra

zie , che si concedevano a ragguaglio della lar gizione dei donativi , a questa volta i baroni, domandarono , come per inodo d'ironia , la grazia di sua maestà : l' esempio fu efficace anche i due altri braccj risposero nella me desima sentenza : solo gli ecclesiastici richie sero il re facesse prigioni separate pei preti. 1 Siciliani secondo la natura dei popoli , che sempre pagano mal volentieri , e peggio quan

do sono entrati in opinione , che chi maneggia il denaro loro, lo sperge, alzarono voci di plau so in tutta l'isola a favor dei baroni : pel con trario con discorsi acerrimi lacerayauo il no

me di Medici , e di coloro , che nel parlamen to l'avevano secondato.

Fu molto memorabile il parlamento siciliano

dell'ottocentodieci , di cui abbiamo fin qui toc cato. Imperciocchè le terre obbligate a feudo furono ridotte all'allodio , ed aboliti molti ba

ronaggi , consentendo volentieri , e con singo !ar lode i baroni ad una riforma , che recaya


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1812)

175

loro , quanto alle rendite , notabile pregiudizio . A ciò si aggiunse, che per la più acconcia di stribuzione dei dazj , si crearono nuovi ordini di gabelle , e le terre , affinchè il terratico fos

se stanziato con più egualità, si accatastarono, facendo stima dai contratti di affitto , o dalle

confessioni dei possidenti sul fruttato di dieci anui ;; dal che ne sorse un censo o catasto

che , sebbene imperfetto , diè non pertanto qualche utile norma in una faccenda intrica

lissima. Migliorò anche il parlamento gli or dini giudiziali , cosa in quei tempi di estrema necessità per la frequenza intollerabile , che era invalsa dei furti e delle rapine ; perchè sicco

me per lo innanzi i capitani di tuite le città e villaggi erano obbligati a compensare del proprio i rubati , il che di rado aveva effet 10 , essendo per : lo più i predetti capitavi uo to, mini poveri , che amavano meglio o fuggire

o andar carcerati, che pagare , così il parla

mento 'creò tante compagnie di gendarmi, quan ti erano distretti , volendo , che ciascuna com

pagnia purgasse il distretto proprio dai la dri , e fosse tenuta dei furti , che vi succedes

sero. Le strade ed i casali sparsi, che prima erano molto infestati, diventarono più sicuri ,

i popoli lodavano il parlamento del prudente consiglio ; i baroni sorgevano in maggior cre

dito pel favor dell'opinione. La regina , che si recava a diminuzione di potenza il favor

acquistato dal parlamento e dai baroni, molto mal volentieri sopportava questa variazione,


176

STORIA D'ITALIA

Medici , o che il facesse da se, perchè sapeva che è come Napolitano , e come aderente alla regina , aveva perduto la grazia dei Siciliani, o che Carolina gliel comandasse , rinunziò alla carica di ministro delle finanze. Greossi in sua

vece il principe di Trabia , come Siciliano, per conciliare : s'intendeva piuttosto di commercio che di stato. Piacque un tempo , dispiacque fra breve , perchè pensava a torre le spese inutili , ed a formare migliori ordini per la ca mera . Intanto le tasse a mala pena si riscuo tevano , ogni cosa in ruina . Per ultimo rime

dio si chiamava un secondo parlamento. Die maggiore agevolezza nel riscuotere le tasse ; nego più grossi donativi : ogni promessa o mi naccia della corte indarno ; i baroni non si

lasciarono piegare nè alle lusinghe delle

paro

le, nè alle profferte di onori : lo stato periva, e' bisognava uscirne . Un Tommasi chiamato

nelle consulte regie trovò questi due rimedj: pagassesi una tassa dell ' un per centinajo del

valsente di tutti i contratti , stromenti e carte private , che si facessero dai particolari , e per

chè nessuno potesse far fraude , si mandò or dine ai notaj ed ai banchi pubblici di Paler mo e di Messina , che avessero cura dell ' ese cuzione . L'altro trovato del Tommasi fu, che si vendessero alcuni beni stabili appartenen

ti a luoghi pii , a possessori forestieri , ed al la religione di Malta : perchè la vendita non

riuscisse vana per mancanza di avventori , si facesse per mezzo di lotto . Non fu consenta


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1812)

10

neo alle speranze l'effetto dei due decreti ‫ܪ‬ perchè essendo gli umori mossi , e l'opinione avversa,, i rimedj si cambiayano in veleni. Pri

mieramente la nazione recandosi a dispetto e ad oltraggio un atto , che stimava essere ar bitrario, e contro gli ordini della constituzio

ne; fece risoluzione, che tutti gli atti privati , come vendite di beni si stabili che mobili

affitti, pigioui , pagamenti e tutt'altro con tratto , dove la natura del negozio il permet

tesse , di buona fede e senza rogito di notajo si facessero. Quanto al lotto , malgrado del

guadagno ingordo , che vi si poteva fare, nes suno accorse alle polizze , e riuscì vano il ten

tativo. Tanto quei popoli amarono meglio pe ricolare nelle sostanze , e rinunziare al lucro ,

che sottoporsi ad una tassa, che riputavano il legale e contraria agli statuti del regno , ono rata risoluzione dei Siciliani. La regina dispen

sd le polizze a' suoi cortigiani, magistrati, par tigiani ed aderenti , debole sussidio in tanta angustia .

Questa condizione non era tale, che lungo tempo potesse durare senza variazione. La re

gina non rimetteva dal solito procedere, da lo darsi per costanza, da biasimarsi pei mezzi e pel fine. I baroni instavano, nè erano uomini da non usar bene il tempo. Gl’Inglesi ci met

tevano la mano, perchè vedevano , che gli an damenti di chi reggeva , precipitavano le cose in favor dei Francesi per la mala sodisfazione dei popoli , e giacchè avevano pruovato , che Botta T. VIII.

23


198

STORIA D'ITALIA

i consigli dati alla regina non avevano prodot to frutto , si erano risoluti a prevalersi della nuova inclinazione di animi , che era sorta ,

Tutti volevano comandare , regina, Inglesi, ba roni, chi per superbia,, chi per interesse , chi

per desiderio di regolate leggi. In questo nacque un accidente, dal quale doveva avere la sua origine il cambiamento delle siciliane sorti. Fe cersi avanti i baroni, cui più muovevano il fa

stidio dell'imperio caroliniano, e la voglia di

veder ridotto a migliore forma il governo, ee si appresentarono con una rimostranza al re ,

supplicandolo della rivocazione dei due decre ti , come contrarj alla constjluzione siciliana

fino allora inviolata nel diritto di porre le contribuzioni.

Portarono la medesima rimo

stranza alla deputazione del regno, la quale dal 1

parlamento eletta , sedeva , secondo i siciliani ordini, tra l'una tornata e l'altra del parlarnen to. Capo di questa mossa fu il principe di Belmonte. La regina , che non era donua da lasciarsi sopraffare dai venti contrari, non so lameute non si piegò a questo assalto dei ba

roni, ma persuase ancora al re, che li facesse arrestare e condurre in luogo , dove fosse loro mestiero di pensar ad altro piuttosto che a ri mostrare . Furono arrestati , condotti in varie

isole, serrati in prigioni diverse, e trattati con

sevizia cinque dei primarj baroni del regno , che furono quest'essi, il principe di Belmon tę sopraddelio , i principi di Aci , di Villar miosa, di Villafranca, e il duca di Angiò, Par


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1812)

179

lossi anche nelle più segrete consulte della re gina, che si uccidessero: i suoi aderenti più stretti credendo di andarle a' versi , domanda

vano la morte loro. Ma Medici, col quale prin cipalmente ella restringeva i suoi consigli, con

traddisse, allegando , che un fatto tanto grave sarebbe certamente occasione di rivoluzione.

Queste cose davano gran sospetto agl' Ingle si , perchè nulla di certo si potevano promet tere da un moto popolare , nè maggior fede avevano uella regina , dappoichè per lo spo

salizio di Maria Luisa nell'imperator dei Fran cesi, era divenuta parente di Napoleone; e sic come quelli , che ottimamente conoscevano la natura di lei, sapevano, che ella si sarebbe get

tata a qualunque più strano partito, ed anche nell'amicizia di Napoleone , purchè continuasse in a comandare , nè era solita a guardare più ia viso Inghilterra che Francia ; tanto era l'indo

le sua altiera ed indomita ! Adunque gl’Ingle si , non potendo più comandare con la regina, nè fidandosi del popolo , si vollero pruovare , trattando restringimento coi baroni, di comanda re per mezzo loro.

A questo fine , richiamato a Londra lord Ainherst, ambasciadore d'Inghilterra alla corte di Palermo , mandarono in sua vece lord Ben tinck, uomo di natura molto risoluta : preten

deva parole di libertà. Ora 's' ha a vedere una testa forte contro una testa forte. Non così to

sto pervenne Bentinck in Palermo, che si mise

a negoziare streltamente con la Regina , am


180

STORIA D'ITALIA

monendola dei pericoli che correvano ,

rap

presentandole la necessità di cambiar di con

dotta, e proponendo la riforma degli abusi in trodotti nell'amministrazione e nella constitu

Insisteva principalmente, ama rissimo tasto a Carolina , affinchè si rivocasse zione del regno.

ro i due decreti , e si richiamassero dalle car

ceri e dall'esiglio i cinque baroni. Aggiungeva che se ella non si uniformasse ai desiderj della

Inghilterra , ei direbbe e farebbe gran cose. La regina , non usa a sentirsi parlare di

que

sto suono , meno ancora a sopportarlo , non

che si piegasse , viemaggiormente si ostinava e lei essere padrona in Sicilia , non Bentinck affermaya. Pure l’Inglese la stringeva , e vo leva venirne alla conclusione. A cui finalmente

la regina per vederne la fine , e levarselo d'in nanzi, gli ebbe a dire apertamente , con quale diritto s' ingerisse nelle faccende del regno , ee quale audacia fosse la sua di uscire dai ter mini del suo mandato ? Dove fosse , richieselo,

e mostrasselo , il mandato d'intromettersi nel governo del regno di Sicilia ? Badasse bene a farla da ambasciatore , non da padrone , molto manco da re ; che Carolina di Austria non era donna da divenir serva di chi era mandato a farle riverenza non a comandarle . Sentissi

Bentinck toccar sul vivo , perchè veramente

aveva avuto dal re Giorgio potestà di consi gliare , non di comandare. Tuttavia non si ti

rava indietro , e con pertinacia contrastando , disse , che se non aveva mandato , lo ande


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1812)

131

rebbe a cercare : e come disse , così si met teva in punto di fare. Carolina , veduto il pes ricolo , pensò ad essere una seconda volta con Bentinck , non che volesse rimuoversi dal suo

proposito , perciocchè perseverava nella mede sima durezza , ma sperava di rimuovere l'av

versario. Consentiva , non senza qualche diffi coltà , l' Inglese all'abboccamento : all' ultimo , trattandosi l'affare tra due ostinati , non si potè

venire ad alcuna conclusione per forma che l'ambasciadore disse alla regina per ultima ri sposta : o constituzione , o rivoluzione. Nè in

terponendo dilazione , partì , andò a Londra ,

in tre mesi torno con mandato amplissimo. Ma i ministri d'Inghilterra , avvisandosi che le parole non basterebbero , diedero aa Bentinck potestà suprema sopra tutte le truppe inglesi . raccolte nell'isola , acciocchè quello , che pei

consigli non potesse, colla forza il potesse . Ten tò Bentinck di nuovo la regina colle persuasio vis

di nuovo la regina nella risoluzione di vo

ler fare da se

2

e non a posta di altri , o In

glesi si fossero, o parlamento , persisteva . Mi naccioso allora venne sul dire, arresterebbe

il re ' , arresterebbe la regina , li manderebbe in Inghilterra , lascerebbe in Palermo a go

vernare il regno il figliuolo del principe ere ditario Don Francesco , fanciullo di due an ai con assistenza di una reggenza , alla quale chiamerebbe , come capi il duca di Orliens , ed il principe di Belmonte. Perchè poi le sue pa

role avessero l'efficacia necessaria , i dodici


182

STORIA D'ITALIA 1

mila soldati inglesi, che stanziavano sparsi in

varj e lontani luoghi dell'isola , chiamò nelle vicinanze di Palermo. La regina , veduto un caso tanto estremo , nè ancora rimettendo della

sua costanza , chiamati i suoi più fidi a con

siglio , e con loro i ministri, sulle afflitte cose se ne stava deliberando. Disse , non esser punto per

cedere ad una prepotenza forestiera. Chia

massero i soldati , volere contro la forza di fendersi colla forza. Le fu tosto ridotto in con

siderazione, poco sicure essere le truppe per la miseria, ad esse mancare le vestimenta , ad es se i viveri , ad esse insino le armi ; non po

tervisi far capitale, là anderebbero , dove una prima mostra di pane a loro si facesse. La re

gina , cedendo alla fortuna, ma non vinta nel l'animo , si ritirava ad un suo casino

росо di

stante dalla città. L'evento finale si avvicina

si rompevano le trame napoleoniche in Sicilia , la parte inglese trionfava, contrade in felicissime , che non potendo vivere da se , cer cavano di sostentar le cose loro col patrocinio altrui. Bentinck, recatosi in mano la somma va

dell'autorità , operò primieramente ,

temendo

non il re per se , ma la regina per mezzo del che Ferdinando ,> sotto colore di malat tia , rinunziasse alla potestà reale , ed inve

re

stisse di lei pienamente il principe ereditario suo figliuolo , con titolo di vicario generale del regno. Bentinck fu eletto capitan genera

le della Sicilia , accoppiando in tal modo in se l' imperio militare e sopra i soldati del re

Giorgio, e sopra quelli del re Ferdinando.

1

-


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1812)

183

Atti primi e principali del nuovo reggimento furono il richiamare i baroni carcerati , il li

cenziare i ministri della regina , l' abolire il dazio dell’un per centinajo , il chiamare mi

nistri Belmonte degli affari esteri , Villarmosa delle finanze , Aci della guerra e marina. Vo levano alcuni, che si apprestassero gli esigli, le carceri , i supplizi contro coloro , che si era no mostrati aderenti a chi aveva sino allora

retto lo stato , massimamente contro le spie ,

tanto più detestate, quanto la maggior parte erano forestieri venuti dall'altra parte del Fa ro . Ma i nuovi ministri , conoscendo , che il modo di governare tanto sarebbe migliore ,

quanto più si discosterebbe dal precedente , prudentemente procedendo, si risolvevano ad usare mansuetudine: puniti pochi più in odio al popolo , mandavano i rimanenti in dimen

ticanza. Volevano cambiamento , non rivolu zione : protestavano , non voler andar a forme insolite e nuove , solamente tornare alle anti

che , adattandole alle condizioni presenti. Fece

il popolo grandi allegrezze per la mutazione : quell' esser liberato dalle spie , gli pareva un gran fatto : dicevano , rinascere le sorti in Sicilia .

Intanto il principe vicario convocava

il par

lamento . Era il mandato dei membri , prove dessero , che la Sicilia avesse un buono e li

bero governo, rimediassero agli abusi, creassero nuovi ordini di constituzione. Erano in que

sta assemblea partigiani della regina, come ama


1

184

STORIA D'ITALIA

tori del governo assoluto , e come obbligati a

lei per potenza , o per ricchezze o per onori,

ma il tempo era loro contrario. Erano parti giani di statuti liberi, pendendo molti verso le

forme inglesi, ed a questi era il tempo favo revole. Erano infine, ma in poco numero ,

partigiani francesi: questi si accostavano agli aderenti della regina, e poichè non potevano predicare apertamente il dominio assoluto per l'opinione contraria , pubblicavano dottrine di

una libertà eccessiva , sperando , che dalla li cenza nascerebbe il dispotismo. I baroni avevano maggior autorità degli al tri . Bentinck era accesissimo in questo, che pro

mulgasse libertà e statuti generosi in ogni luogo. Incominciossi dagli ordini supremi della consti tuzione. Statuirono, che la religione cattolica, apostolica, romana fosse sola religione del re

gno; che il re la professasse ; quando no, s'in tendesse deposto ; la potestà legislativa fosse in vestita'nel solo parlamento, e solo il parlamento ponesse le tasse ; i suoi decreti appruovati dal

re avessero forza di legge ; l'appruovare od il vietare del re in questa forma si esprimesse, piace al re , o vietā il re ; la potestà esecutiva fosse investita nel solo re , e sacra ed invio labile la sua persona ; i giudici avessero intiera ·

indipendenza dal re e dal parlamento : i mi nistri fossero tenuti di ogni atto , e fosse in fa

coltà del parlamento l'esaminargli , il

proces

sargli , il condannarli per crimenlese; due ca mere componessero il parlamento , uno dei co


LIBRO VIGESIMOSESTO (1813) 185 muni o dei rappresentanti del popolo , l' altra dei pari del regno ; i rappresentanti fossero

eletti dal popolo a norma di certe forme pre stabilite ; fosse pari del regno chiunque avesse avuto seggio del braccio ecclesiastico ,

O

ba

ronale , o chiunque il re chiamasse a tale di

gnità ; stesse in facoltà del re il convocare il parlamento , ma fosse obbligato di convocarlo

ogni anno ; la nazione desse al re dote splen dida , e con ciò i beni della corona cedessero in amministrazione della nazione ; niun Siciliano

potesse essere turbato nè nelle proprietà nè nella persona, se non conforme alle leggi sancite dal

parlamento ; s'instituissero forme giudiziali pe culiarie pei pari del regno; la camera dei co mnuni sola avesse facoltà di proporre i sussidi,

o vogliam dire i donativi ; il parlamento vedes se , quali e quante parti della constituzione del la Gran -Bretagna convenissero alla Sicilia , ed esse ad utilità comune si accettassero .

Questi furono i capitoli principali della constituzione siciliana data da lord

Bentinck

circa gli ordini primitivi dello stato. Ne con cepirono i popoli grande contentezza , perchè

quella egualità di dritti, e quella sicurezza delle persone sono condizioni che piacciono a tutti. Furono inoltre dal parlamento per mo

tivo espresso dei baroni statuiti certi patti fou damentali, dai quali ne veniva un grande sgra vio ai popoli, e il nome dei baroni sali in opore, certo meritamente, appresso ai Siciliani. Perciò all'allegrezza comune cagionata dai ca Botta T. VIII.

24


186

STORIA D'ITALIA

pitoli principali , si aggiunse una maraviglia non senza molta parte di gratitudine per cer ti capitoli aggiunti, essendone posto il partito

1

dai baroni. Il fecero per generosità di animo, il fecero per conciliarsi i popoli. Offerirono

spontaneamente , e fu dal parlamento statuito; che il sistema feudatario fosse e restasse abo

lito in Sicilia, che tutti i privilegj provenienti dall'origine medesima fossero cassi, e tutte le terre libere ed allodiali. Fossero altresì abolite

le investiture, i rilievi, le devoluzioni al fisco, ed ogni peso che derivasse da feudo. Quanto alle angarie, o siano dritti angarici , potessero i comuni od i particolari riscattarsene sotto

condizione di debito compenso. A voler com prendere quanta agevolezza ed amore del ben pubblico fossero in queste offerte e decreti dei baroni siciliani, basterà far considerazione , che gran parte delle loro rendite consisteva in que

sti diritti feudatarj: furonvi famiglie, che a ca gione delle rinunzie perdettero insino a settan tamila franchi di entrata. L'annullazione mas

simamente delle bandite , o vogliam dire dei dritti proibitivi di caccia, riservandone soltan to l' uso a guisa degli ordini inglesi sulle ter re circondate da mura, diede la vita a molti villaggi condotti all'ultima ruina dalle fiere o

regie o baronali. Dirò anzi in questo , perchè dimostra lo spirito di quella nazione , che il re, al quale incresceva l' astenersi dalle solite cacce, fece opera di persuader ai villani , che

abitavano vicino a'' suoi barchi e foreste, che 1

1


LIBRO VIGESIMOSESIO ( 1913)

137

rinunziassero alla libertà largita dal parlamen to : ne ebbe ripulsa. Giubbilavano i Siciliani dell'ottenuta liber

tà, la generosità dei baroni, ed i nuovi ordini con somme lodi esaltando. Restava , che il re ,

cioè che il principe-vicario appruovasse. Fuvvi qualche soprastare. Si disse, che la regina strin gesse il figliuolo, affinchè vietasse : mormoros si, ch'ella per por le cose in confusione, mac chinasse sollevazioni in Palermo. Si andava ol tre a ciò vociferando un caso più orrendo , e

fu, ch'ella con un artifizio di polvere chiusa in grossa e forte boccia, aggiuntovi scheggia ed altri stromenti mortalissimi, e gettato ,

ed

acceso improvisamente nella stanza del parla mento , si fosse sforzata di mandar l'assemblea

a confusione ed a ruina. Certo, scoppiò il fe rale ordigno , ma all' entrare di una finestra per modo che dal terrore in fuori , non fece effetto. Queste cose si dicevano della regina ,

non perchè se le facesse, ma perchè la crede vano capace di farle.

Duro pareva a chi regnava , lo spogliarsi

dell'autorità ; infine tanto operarono Bentinck , il parlamento ed i segni dell' impazienza po polare, che il principe vicario dichiaro, piacer

gli i capitoli. Ne fu lodato da molti, biasima lo da pochi. La regina non potendo più resi. stere , costretta anche da Bentinck, che cono

scendo quel suo spirito indomabile, ed avendo l'animo alieno dal confidarsi di lei, mal yolen tieri la vedeva vicina alla sede del governo ,


188

STOMA D'ITALIA

si ritirava a Castelvetrano, terra distante a ses santa miglia da Palermo. Aspettava Bentinck .la stagione propizia per mandarla a Vienna, cer to e sicuro, che, finchè ella restasse nell'iso

la, il nuovo stato non potrebbe quietare, non che radicarsi e fiorire.

Ed ecco che nel mese di gennajo dell'otto

cento tredici il re, corse fama in quel tempo, che Carolina regina , avendo l' animo sempre

pieno di mala sodisfazione, di nottetempo , ee celeremente venendo da Castelvetrano fosse an data a trovarlo e ad esortarlo a recarsi di nuo

vo la somma del governo in mano, compariva all'improviso in Palermo, e fatti a se chiama re i ministri, dichiarava, che essendo tornato in salute, suo intento era di riassumere l'autorità

regia. Parve caso strano, e che potesse portar con se accidenti molto gravi . Bentinck, avver

tito a tempo, mandò prestamente suoi messi a chiamar le soldatesche , che alloggiavano nei

paesi circostanti. Tanta fu la celerità usata, che a mezzanotte dodicimila Inglesi , armati di tut to punto , come in presente guerra , entrarono in Palermo, e rendettero le cose sicure al nuo

vo stato. Fu assai subito Bentinck in questa fac cenda , e se avesse tardato , non sarebbe più

stato a tempo , perchè già i partigiani dell'an tico reggimento alzavano la testa , e si vanta vano di aver vinto la novella constituzione. Era intento di Ferdinando di cambiare i ministri ,

non terminare la constituzione, annullare i ca

pitoli accordati, rimettere in piede lo stato an


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1813)

189

tico , richiamare la regina ; il fine ultimo con sisteva nel liberarsi dall'imperio d'Inghilterra 2

dalle molestie dei democrati . Si cantarono con

pompa nel duomo le prime grazie all'Altissi

mo per la salute ricuperata del re. Si aspetta vano plausi : nessuno si scoprì. Se da una par te si sopportava mal volentieri il dominio de

gl'Inglesi , dall'altra si temeva quello della re gina e dei Napolitani. Intanto il capitano ge nerale aveva condotto a fine i suoi preparaa

menti ; soldati in armi occupavano Palermo , un romor di cannoni e di mortai tirati per le

contrade faceva un terrore grandissimo. I Pa lermitani gridavano , che guerra fosse quella, e si lamentavano che si fosse dato occasione a

quest'insolito apparato. Mandava Ferdinando il comandante domandando a Bentinck, che cosa

significasse quella mostra guerriera. Rispose ve nezianalmente l'Inglese, avere udito la ricupe rata salute del re , volere anche lui palesare la sua contentezza ; quelle armi e quei soldati es sere venuti ad allegrezza ee ad onoranza. Stette

alquanto sopra pensiero il Siciliano, perchè gli pareva, che il parlare di Bentinck fosse piut tosto da burla che da vero. Poi gli disse , se avesse pensato agli accidenti, che potevano na scere. Îl capitano del re Giorgio rispose , che il re Ferdinando l'aveva chiamato suo capita no generale , che a lui aveva affidato la quiete di Palermo ee del regno ; che per adempire l'in >

carico aveva apprestato quelle armi e quei sol dati. Ferdinando in questo mentre caduto in


1

190

STORIA D'ITALIA

malattia o per accidente fortuito , o per an

gustia di animo, riconfermò il figliuolo nella carica di vicario -generale , e tornossene in villa ,

portando con lui diminuzion di riputazione per un tentativo male cominciato , e peggio ter minato.

Volle Bentinck usar l'occasione dello sgomen

to concetto per l'esito infelice , facendo opera di persuadere al re , che rinunziasse intieramente all'autorità regia in favor del figliuolo ; mandò

anche soldati , per ajutar le parole coi fatti, a romoreggiare tutto all'intorno della villa abi

tata da Ferdinando ; ma egli non si lasciò tirare

a questa risoluzione , perchè i fuorusciti napo-: litani, tutti o la maggior parte , seguaci della regina , il dissuadettero efficacemente da questa finale rinunzia. Temevano , nè senza ragione ,

che se il principe vicario fosse divenuto re

pei consigli dei baroni siciliani , che in lai molto potevano, ed erano nemici al nome lo TO ro

,

li conducesse a qualche mal partito. Non

potevano tornare nella patria loro , che tut

tavia si trovava in potestà dei Napoleonidi , e se fosse loro stata vietata la Sicilia , non

avrebbero più avuto alcun ricovero o scampo. Intanto il tentativo fatto per riassumere l'au torità regia , rendè del tutto chiaro Bentinck

dell'animo della regina. Laonde , temendo non >

poco ch'ella facesse qualche precipitazione , si persuase , che era meglio vedere una regina

esule , che in pericolo l'autorità d'Inghilterra. Fatte adunque le sue diligenze , costrinse Ca


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1813 )

191

rolina ad abbandonar la Sicilia . Dal che nac que ,

che portata dai venti e dall' avversa for

tuna in istrani é barbari lidi , non potè 9 se non con disagj incredibili , rivedere la sua

Vienna , riabbracciare i parenti , e respirare l'aere natìo , donde solo poteva sperar con

forto della perduta potenza . Ma non fu lungo il sollievo , perchè presa da subita malattia ,

passò poco tempo dopo da questa all'altra vi ta . A questo modo finì di vivere Carolina di Austria e di Sicilia

>

prima desiderosa di ri

durre il governo a forme più larghe , poi sosteni trice tenacissima di governo stretto , prima favo

revole ai filosofi, poi nemica acerbissima di loro, contrastatrice violenta un tempo di Napoleo ne imperatore per la soverchia potenza di lui, poi sua aderente per troppo amore della po tenza propria ; conservata dagl Inglesi, poi fat ta esular da loro ; questo solo lasciò incerto ,

se i tempi o ella cambiassero ; che anzi se si dee , non da qualche atto della vita , ma da tutti della natura di alcuno giudicare , parrà certo, che ella piuttosto costante e for te , che volubile e debil donna chiamare si debba . Nè in mezzo alle tante ambizioni mo

derne la sua cupidigia del dominare io ripren derei, se non l'avesse condotta ad una rigi

dezza eccessiva. Di questo nè io , nè , credo , altri sarà mai per iscusarla perragione alcuna, nemmeno per l'orrendo caso della regina so rella ; conciossiachè, se di vendetta in vendetta sempre dovesse andare il mondo, non si vede,

1


STORIA D'ITALIA 192 che allo straziarsi colle unghie, ed al mangiarsi

coi denti gli uomini al fine non dovessero per venire. Mise , chi ci creò , nei nostri cuori la

pietà verso i miseri , ed il piacere del perdo. nare ai rei , acciocchè l'umana razza si arre stasse in mezzo al corso del tormentare uma ne membra , еe del versare umano sangue ; e

se una pazzia incomprensibile od un desio spa ventevole ci vi spinge , almeno una salutevole pietà ci rattenga dal correre sino all'estremo termine di lui .

Rintegrato il principe vicario nel regno , e partita la regina , insistendo i ministri , massi mamente Bentinck, che interveniva a tutte le

consulte, continuò il parlamento le sue politi che fatiche. Diessi compimento alla constitu zione , si mise in atto , rimanendone i popoli con molta satisfazione. Così fu felice il princi pio ; il seguito non corrispose. Nacque tosta mente la peste dei governi liberi, dico le in soleoze popolari: nacque il vizio dei paesi co mandati dai forestieri, dico i favori conceduti dai dominatori ai più vili , ai più ignoranti ,

ai più ridicoli uomini: la parte popolare più forte, e sempre intemperante ne' suoi desideri, principiò a non serbar più modo verso i no bili, contro di loro con parole e con fatti im

perversando. Era in questo procedere, non che l' avvenire, ingratitudine pel passa to, perchè dei nobili, chi era stato autore del la constituzione, e chi l'aveva accettata volen tieri. Per la qual cosa eglino , non trovando

cecità

per

>

i


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1813)

193

più sollo l'imperio di lei rispetto e quielo vi vere ,

diventarono avversi, e desiderarono il

cambiamento di quello , che coi desiderj e col be

opere avevano mandato ad effetto. Pessime

furono la maggior parte delle elezioni alla ca mera dei comuni, fatte principalmente per ma

neggio di Bentinck, più avendo potuto nel suo animo i servigi particolari fatti à lui medesi

che quelli fatti o da farsi al pubblico. La viltà degli eletti portò disprezzo al con sesso : da spie e ligj di Carolina a spie e li

mo ,

gj di Bentinck non facendo i popoli differen za , concepirono la opinione, che gli scritti di penna non sono altro che scritti di penna ,

e

che gli atti ed i risultamenti sono sempre

i

medesimi, cioè di dare a chi meno merita , e di torre a chi più merita : chi aveva disprez zo , chi odio , chi freddezza verso la nuova con stituzione , e tutto in un fascio mettevano Ca

rolina , Acton e Benlinck . Torno sull'antica

inia querela , che le leggi portanti a libertà in Europa son sempre guaste dal cattivo costume, massimamente dall'ambizione. Si arrose a que

sto , che i dazi posti ai tempi del parlamento bentiniano secondo gli ordini della constitu

zione , avanzarono di gran lunga quelli che si pagavano prima , ed in virtù degli antichi statuti del regno. Del quale effetto la cagione si fu , parte la necessità del pagare i soldati

altrui , parte quella disupplire con nuovi dazj alle rendite dei dritti feudatari soppressi. A que sti aggravj si risentivano i popoli, che gene Botta T. VIII.

25


194

STORIA D'ITALIA

ralmente piuttosto dal non pagare , che dal fa

re gli squittinj giudicano della libertà. Le per suasioni degli uomini in carica non fruttavano,

perchè gli stimavano complici; gli altri scon ienti : perivano i fondamenti della recente con

stituzione, e le cose del nuovo governo molto s'indebolivano. Ciò nondimeno durò qualche tempo ; perchè , morta la regina , niuno era rimasto , che le potesse dare un primo urto. Ma non così tosto il re Ferdinando , pei casi

dell' ottocento quattordici , tornossi a sedere sul trono di Napoli , che con un cenno solo l'aboliva , non solamente senza sommossa di

popoli, ma ancora senza mala contentezza. Dal

che ne seguita , che non le magnifiche parole, ma solo la felicità presente possono essere sta

bile fondamento alle constituzioni. I popoli di inetafisica non sanno , e la felicità loro misu

rano , non da quello che odono , ma da quel lo che sentono .

Insomma Ferdinando disse , che la constitu

zione era stata data per forza , Bentinck che era stata chiamata di volontà , Castelreagh an do per le ambagi. Vero fu , che fu desiderata

prima , poco amata dopo , colpa più dei popo lani , che dei nobili, più dei forestieri , che dei paesani. Del resto , anche quì si vide' il vizio

dello aver commesso in quest'Europa ciarlie ra ed ambiziosa la potestà popolare ", cioè la potestà che debbe servire di moderatrice al go

verno , e di guarentigia al popolo , ad assem blee numerose. Nella natura attuale degli Eu


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1813)

195

ropei, questo è un pessimo rimedio ; nè so quel

lo, che diventerebbe l' Inghilterra stessa , se non avesse i borghi compri : per un vizio enor me solamente , cioè per questi borghi ella vi

ve. L'antica sapienza italiana seppe trovare mi gliori rimedj , e se quello , che nelle constitu zioni degl’Italiani antichi , ed anche in qual cheduna dei moderni, era solamente un prin cipio non ordinato o male ordinato , con buo ni statuti si ordinasse , il che sarebbe non che difficile , agevole , sarebbero sicuri la libertà e l'imperio.

Mentre Guglielmo Bentinck dominava in Si cilia , Edoardo Pellew signoreggiava į mari Mediterraneo ed Adriatico. Era la terra in ma

no di un solo , il mare in mano di un solo. Nacquero accidenti , ora in questo mare , ora

in quell'altro , ma di poco momento per la su periorità tanto notabile diuna delle parti, e la e

depressione dell'altra. Predarono gl'inglesi già sin dall'ottocento undici molte onerarie alcapo Palinuro . Nell'Adriatico poi , per istringere il presidio di Ragusi, s' impadronirono , presso a

Ragonizza , di una conserva di navi, anch'esse cariche di vettovaglie. Fatto di maggior im portanza fu una battaglia navale combattuta aspramente nelle acque di Lissa , una delle isole antemurali della Dalmazia. Vinse la fortuna

britannica : le fregate francesi la Corona e la Bellona vennero in poter degl' Iaglesi ; la Flora si condusse in salvo , la Favorita andò di tra

verso . Per questa fazione Lissa cadde in po


196

STORIA D'ITALIA

testà degl'Inglesi. Vi fecero una stanza ferma ed un nido sicuro, dove e donde potevano ri

tirarsi ed uscire a dominar l’ Adriatico. Fu

per Napoleone dato avviso al pubblico della fazione di Lissa, ma a modo suo , servendosi del nome del generale Giflenga, che era stato

presente alla battaglia. Se non si poteva dire,

che l'imperatore perdesse quando vinceva ,mol to meno si poteva, quando perdeva. Giflenga

stette queto, perchè non poteva parlare, quan tunque il fatto fosse assai diverso del come su fri

nella patente lettera di lui descritto.

Già i fati' assalivano Napoleone; l'ambi zione , che mai non dormiva in lui, gli to

glieva l' intelletto. Dome la Francia, la Ger mania, l'Italia, non poteva capirgli nell'animo, che di tutta Europa signore non fosse. La Russia e l'Inghilterra gli turbavano i son

ni , quella amica poco fedele, questa nemica costantissima ; nè poteva pazientemente soppor

.

tare, che

queste due potenze gli fossero osta

colo al salire dove i suoi desiderj fossero non dico sazj, perchè a ciò la patura sua smisu

rata ripugnava , ma più sodisfatti: mezza Eu ropa non gli bastando , come non mai si fer mava la sua cupidigia , la voleva tutta . Pare

vagli , che due grandi imperi, quali erano il suo e quel di Alessandro non potessero ' sussi

stere insieme nel mondo. Per questo aveva di latato i suoi confini insino alla Russia , per que

sto unito alla Francia Amburgo e Lubecca ,

per questo fortificato Danzica , per questo crea


LIBRO TIGESIMOSESTO ( 1813)

197

to il ducato di Varsavia , per questo teneva ostinatamente stretta ne' suoi artigli la miseran da Prussia , piuttosto ombra di potenza, che

potenza. Ne Nè ignorava , quanti sdegni contro di lui covassero , massimamente in Germania

pel suo insopportabile dominio : l'estrema for za della Russia li nutriva. Questi pensieri ,

giunti alla cupidigia dell' esser solo , tanto più gli turbavano la mente , quanto più prevede va , che non poteva domar l'Inghilterra, se prima non domasse la Russia. Quì anche co vava , secondochè appare , un pensiero gran dissimo nè a lui ostava , per mandarlo ad effetto , l'amicizia , che allora aveva col sulta no di Turchia. Napoleone vincitore della Rus sia mirava al farsi padrone di Constantinopo >

9

per rintegrare nella sua persona l'imperio di oriente , ed anzi tutta la pienezza del ro mano impero. Appetiva anche le Indie orien tali a distruzione dell'Inghilterra , e ad acqui li

sto di fama pari a quella di Alessandro ma cedone. Nè che io narri cose fantastiche , al cuno sarà per

dire : perchè dell'andare per

cammino terrestre nelle Indie non solamente si

parlò in quei tempi ma eziandio ne furono prese deliberazioni, e i luoghi esplorati, e le stanze notate , e la lontananza accertata , e te nute pratiche colla Persia. Anzi gli adulatori già spargevano , che l'impresa non aveva in se e

tanta difficoltà, quanta il volgo credeva. Solo ostava la Russia : per questo Napoleone ambi

--

1

va di soggiogarla , confidando , che il vincerla


198

STORIA D'ITALIA

gli metterebbe in seno l' imperio del mondo. Sapevaselo ľ’ Inghilterra , che continuamente staya ai fianchi di Alessandro , acciocchè dal le infauste e mortali mani si strigasse. A

que

sto fine ayeva anche mandato un ambascia

1

tore straordinario ad Ispahan , affinchè tenes se il sofi di Persia bene edificato verso l' In

ghilterra. Dall'altro lato la Russia , che vedeva il ci mento inevitabile , pensava , che il più presto sarebbe stato il meglio : mezzo mondo era vi cino a marciare in guerra contro mezzo mondo,

i due imperj apprestavano le armi con tutte le forze loro. Favoriva l'uno un esercito fioritis

simo, massime di Francesi usi aa vincere in tante

guerre, una esperienza di tanti anni, una pe rizia finissima, una fama maravigliosa di ca pitano invitto in chi tanta mole da se solo muoveva : il favorivano la maestria delle insi

die nel corrompere , e l' arte squisita di ade scar gli uomini : il favorivano la guerra di Tur chia già suscitata contro la Russia , quella di Persia prossima a suscitarsi.

In pro della Russia inclinavano altre sorti : le regioni lontane , e solo assaltabili di fronte la vastità loro , i deserti immensi , i freddi or

rendi. A ciò una infinita divozione dei popoli verso l'imperatore Alessandro, e la costanza dei e

{

suoi soldati, dei quali si prevedevano i primi impeti buoni, gli ultimi migliori. Nè gran peso

0

i

non recava la potenza dell'Inghilterra , che a lei si sarebbe congiunta. Efficace ajuto ancora,

1


per

LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1813) 199 la diversione e per l'esempio, recava alle

cose di tramontana la guerra di Spagna e di

Portogallo. Le spagnuole geste risuonavano nel cuore dei Prussiani, ed accendendo ogni animo anche più quieto , li chiamavano alla libera

zione della patria. Gli Spagnuoli, dicevano , .

gente in questi ultimi tempi poco usà alle guerre, avere volto il viso e le armi contro il

comune tirando, i Prussiani famosi giacersene inoperosi ed inonorati: cattolici assuefatti alla

obbedienza servile insorgere e combattere , pro

testanti più usi alla libertà quietamente e pa zientemente obbedire': niuna in Ispagna mara

vigliosa fama essere , avere in Prussia , i più veduto , in tutti vivere Federigo secondo : la

spada sua lasciata a rispetto del vincitore ; essere stata dal medesimo tradotta a scher

no , vile trionfo di capitano barbaro , essa chiamare i Prussiani a vendetta : sorgere dalla tomba la voce di Luisa oltraggiata, rimprove rare ai Prussiani la loro ignavia: Nè la restante

Germania quietava. L'Austria stessa tanto tem perata titubava , aspettando il tempo propizio. Che anzi la Baviera , . sempre aderente alla

Francia per emolazione e paura dell'Austria ,> seguitava la medesima inclinazione. Tanto era venuta a fastidio la potenza napoleonica , con culcatrice si degli amici come dei nemici , e

forse più ancora dei primi , che dei secondi. Quanto all' Assia , oltre la comune servitù , era

sdegnata dal procedere puerile e superbo di Girolamo Napoleonide. Così nessuno voleva star


200

STOMA D'ITALIA

ozioso a vedere l'esito della guerra e tutti aspettavano l'occasione di scoprirsi . Queste era no le speranze della Russia .

Quanto all' Italia gli umori vi erano di versi, nè sì grande il suo momento, per esser

troppo lontana dai campi, in cui si doveva no combattere le battaglie, nè dava timore di un moto alla Spagnuola. Inoltre nelle regioni

superiori di lei la lunghezza del dominio na poleonico vi aveva, parte assuefatto gli animi, parte posto in dimenticanza gli antichi sovra

ni. Nella inferiore poi le crudeltà commesse

vi avevano alienato gli spiriti, e se i popo lani, specialmente nelle provincie, non amava no Giovacchino, i nobili l'amavano, grande sus sidio al suo governo. Roma e Toscana nel mezzo fremevano, ma impotenti : i Piemonte

si, uomini armigeri, si contentavano di quelle guerriere sorti. Del regno d'Italia, la parte milanese dipendeva piuttosto con lieto animo, che mal volentieri dal capitano , invitto , per

avere una capitale fioritissima, un nome edun esercito proprio , magistrati ed impiegati del paese, una immagine d'indipendenza. Del re sto la gloria militare di Napoleone quivi ave

va cominciato, quivi continuato, i pubblici se gni magnifici , eravi sorta una certa nazionale

altezza. La parte veneziana avversa ; ma che sperare avesse, e per cui combattere non sape . Solo sapeva, che per se non poteva com va.

battere: niuna speranza avevano i Veneziani della loro nobil patria , o preda sempre, o com penso di preda.


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1813)

201

Risolutisi i due potenti imperatori al ve nirne al cimento delle armi, ed al contendere fra di loro dell'imperio del mondo , cominciaro

no, come si usa,a gareggiar di parole, allegando l'uno contro l'altro piccoli fatti , certamente

molto abjetti, e molto indegni di tanta mole. Essi sapevano il motivo vero della guerra : tut

to il mondo se lo sapeva ; questo era l'impossibi lità del vivere insieme sulla vasta terra . Napo

leone, come più impaziente e più ambizioso ,

tirandolo il suo fato , assaltava primo : infieri la guerra in regioni rimotissime; desolò prima

le sponde del Boristene, poi quelle del Volga: combatteroņo i Russi á Smolensco , combatte rono a Borodina sulla Moscova : prendeva Na poleone Mosca, la prendeva, ed insultava: fol

le, che non vedeva, che Dio già gli dava di mano ! Era fatale, che sui confini dell'Asia

pe

risse la fortuna napoleonica : arse Mosca, in mensa città ; cagione e presagio di casi funesti.

Una rotta toccata da Murat avvertiva Napoleo ne, che il nemico si faceva vivo, e che quello non era più tempo da starsene nel fondo del le Russie. Gli restava l'elezione della strada per Ca al ritirarsi . Pensò di ridursi , passando per

luga e Tula, a svernare nelle provincie meri dionali della Russia : vennesi al cimento ter

minativo di Malo-Yaroslavetz , in cui mostra rono un grandissimo valore i soldati del regno

italico . Quivi perirono le speranze di Napoleo

de, quivi si cambiarono le sorti del mondo, quivi rifulse principalmente la virtù di Kutu Botta T. VIII ,

26


202

STORIA D'ITALIA

sof, generalissimo di Alessandro, Napoleone ri buttato con ferocissimo incontro , fu costretto a voltarsi di nuovo alla desolata strada di Smo

lensco : il russo gelo spense l'esercito : piange e piangerà eternamente la Francia, piange e

piangerà l'Italia il suo più bel fiore perduto per l'ambizione di un uomo, che con la sua

superbia volle tentare il cielo ;; il cielo inostrò la sua potenza; questa fu la pienezza dei tem pi profetizzata da papa Pio. Imparino modera zione e giustizia gli ambiziosi , che si dilettano delle miserabili grida degli straziati uomini. Al suono delle rotte napoleoniche, la Prus sia, procedendo impetuosamente contro l'insop portabile signore, nè aspettato nemmeno d'in tendere la volontà del re, insorgeva , e si ven dicava cupidissimamente in libertà. Napoleone ritornava nella sua sede di Parigi ; ma pei re eenti fatti molto era rallentata la fama della

sua gloria militare, Murat, sbalordito da ac cidenti tanto straordinarj, abbandonato l'eser

cito , se ne veniva a Napoli; presene il gover-, no Eugenio vicero. Aveva Murat mala sati

sfazione di Napoleone, ed era maravigliosa mente commosso contro di lui, perchè gli ave

va attraversato i suoi disegui sopra la Sicilia, e perchè non gli era ignoto, ch' egli aveva ne goziato con Carolina di cose pregiudiziali al

suo dominio napolitano. Dall'altra parte gli alleati, massimamente gl' Inglesi, si erano de

liberati a pretendere ed a metter fuori certe voci , che sapevano esser gradite agli Italiani,


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1813)

203

sperando con esse di commuovere facilmente tutta la penisola : queste erano, che oggimai era venuto il tempo di dare all'Italia l'essere indipendente. Pingevano con vivi colori la ti rannide di Napoleone, e con iınınagini lusin

ghevoli si sforzavano di voltare gli animi a questo pensiero della liberazione. Bentinck , o tentativamente o sinceramente che sel facesse ,

si spiegaya di questo disegno con parole inci tatissime, e dimostrava la Gran -Bretagna pa rata a secondarlo. Conosceva Giovacchino tutti

questi umori. Per questo , tornando da Mosca, passò per Milano, dove più che in altri paesi

d'Italia questi desiderj si erano accesi , a fine di scoprire , che cosa portassero i tempi. Ma siccome leggieri uomo ch'egli era , quantua . que portasse ancora impressi in volto i segni del passato terrore si mise a far gran pro messe ‫و‬

ch' egli farebbe e direbbe , e che era

tempo da far l'Italia indipendente , e che egli era uomo da farla , e che la farebbe. Con que

sti vanti , che pure lasciavano semi , se ne tor pava nel regno. Bentinck, conosciuto l' uomo , e volendo concordarlo con gli alleati per tur bare fin dalla bassa Italia le cose a Napoleo ne , il confortava ad assumere le insegne di

campione dell'italica libertà. Lodava il suo vaa

lore , le armi , i soldati ;‫ و‬l' empieva di

spe

ranze; affermava, che dove egli consentisse a

congiungerli con quei de'' confederati , si to A

glierebbe ogui dubbio sull' esito finale dell'im presa ; che il turbatore e tiranno del mondo


204

STORIA D'ITALIA

sarebbe vinto ; che i confederati il salutereb

bero re ; che sempre il suo trono di Napoli vacillerebbe , se non fosse conosciuto e rico sciuto dall'Inghilterra e dalla Russia ; che a voler esser tenuto e conservato re novello in

mezzo a tanti re antichi, e nel cospetto stesso del naturale e legittimo sovrano a cai era sempre parata l'azione sopra il regno di Na poli, abbisognava il consenso libero di tutti e che perciò era necessitato a fondarsi con nuove congiunzioni. Che momento recare ,

che

ajuto porgere a lui ancora potevano Napoleone vinto ed i suoi gelati soldati ? Badasse bene , 9

che colla conservazione propria ne andava la salute ee la libertà d'Italia : sarebbe il suo

+

nome immortale , cambierebbe l'odioso nome di re intruso in quello di re legittimo e li

beratore. Impugnasse adunque quelle napo litane armi , si separasse dall' amicizia di Na

poleone , assumesse quella degli alleati , ban disse ed asseverasse l'indipendenza italiana. Of ferirgli l'Inghilterra la volontà pronta ad aju tarlo

;. e siccome comune sarebbe l'impresa

>

che avrebbe facilmente felice successo COSÌ comuni ancora sarebbero l'onore e il frut

to. A A questo modo Bentinck tentava Murat,

affinchè venisse a questa congiunzione : il ne gozio andò tant’oltre, che l' inglese già si era condotto , non a Messina , per non dar sospetto a Ferdinando , ma a Catenea a fine di avere maggior comodità di certificarsi dell'animo del novello re ,

di attendere alla pratica , e di con


31

LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1813)

205

cludere l'accordo. Nè era senza speranza di

venirne a conclusione, quando Giovacchino ri. cevè lettere da Napoleone: portavano, magni ficate le cose , che i soldati scritti in Francia

con volontà obbedientissima marciavano , che gli eserciti s'ingrossavano , che i popoli gli de liberavano con pronto animo grosse sovvenzio ni di denari , che la Francia sarebbe presto

uscita a campo più formidabile che mai, che insomma il nome e la fortuna dell'imperatore risorgevano. Queste novelle , aggiunta anche la natura facilmente mutabile di Murat , furono

cagione , ch'egli tagliò inopinatamente ogni pra tica , e si deliberò a perseverare nell'aderirsi a Napoleone. Bentinck l'ebbe per male, e rimaso senza speranza di averlo congiunto seco ,

s'in

dispettì talmente, che non ostante che per mi tigare con qualche onesto modo l'animo suo Giovacchino gli mandasse poi in presente una

ricca e forbita sciabola , l’Inglese non volle più trattar con lui , nè udire le nuove propo ste , ch' ei gli venne facendo , quando soprag

giunsero ii tempi grossi per Napoleone in Ger mania. Il che fu cagione, che Murat, deposto ogni pensiero dell'indipendenza d'Italia, si vol tò finalmente tutto verso l'Austria , sperando, in tal inodo di fondare la propria grandezza sulla dipendenza altrui.

Napoleone, che riayutosi dagli accidenti di Russia, era rientrato in se medesimo, ed at

tendeva e provedeva gagliardamente ad ogni cosa , essendogli diventato buon maestro il ti


206

STORIA D'ITALIA

more , e considerato , che il rendersi benevolo il papa , e l'accordarsi con lui avrebbe fatto

fondamento grande ai suoi pensieri , e molto giovato a tener fermi nella sua dominazione in

si grave pericolo gli animi degl' Italiani , si ri tirava dalle domande di Savona, ed inclinando alla concordia concluse un concordato il dì ven

ticinque gennajo in Fontainebleau. I principali capitoli furono , che sua santità esercerebbe l'uf

ficio del pontificato in Francia e nel regno d'Italia in quel modo e conformità , che i suoi antecessori l' avevano esercito ; che manderebbe ai potentati i suoi ministri, e da loro ne rice verebbe con le solite immunità e privilegj del

corpo diplomatico; che gli si renderebbero í be ni non venduti , e che i venduti gli si compen serebbero con una rendita di due milioni di fran chi all'anno ; il papa, fra sei mesi dalla notiſica

ta nomina dell'imperatore instituirebbe canoni camente , in conformità del concordato , ed in

virtù del presente indulto , i nominati agli arci vescovati ed ai vescovati dell'impero di Francia e del regno d'Italia ; che il metropolitano preo

derebbe le informazioni preliminari ; se fra sei mesi il papa non avesse instituito , il metropo

litano instituirebbe egli , o se di metropolitano si trattasse, l'anziano dei vescovi l'instituirebbe ; che le sedi mai più di un anno non potessero va

care ; che il papa nominerebbe tanto in Francia

quanto in Italia , a sei vescovati, che di comune consenso si sceglierebbero ; che i sei vescovati

suburbani si restituirebbero , e che il papa ad >


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1813)

207

essi nominerebbe ; che i beni non venduti a

loro si restituirebbero, ed i venduti si ricupe rerebbero ;‫ ܪ‬che i vescovi assenti dallo stato ro mano si rintegrerebbero nelle loro sedi ; che di mutuo consentimento si ordinerebbero i ve. scovati della Toscana e del Genovesato ; si con

serverebbero, dove il papa sederebbe, la pro paganda, la penitenzeria , gli archivi ; che sua maestà rimetterebbe nella sua grazia quei car

dinali, vescovi, preti e laici, che ne erano ca duti ; che s'intenderebbe, che il santo padre consentiva ai sopra narrati capitoli a cagione dello stato attuale della chiesa, e della speran

za datagli dall'imperatore , che soccorrerebbe con la sua potente protezione ai numerosi bi

sogni che stringevano la religione nei tempi presenti. La sede futura del papa lasciossi in pendente ; chi parlava di Avignone, chi di Ro ma. Se in questo trattato, oltre le concessioni ottenute, il papa ricuperò, come pare verisimi

le , per un capitolo segreto , la sua Roma ,

ei

sarà manifesto che il carcerato yinse il carce

ratore. Affrettossi Napoleone di pubblicare lo accordo di Fontainebleau , e ne levò anche , sa

pendo di quale importanza fosse, un gran grido. Querelossi il pontefice dell'affrettata pubblica zione gravemente ; perchè avrebbe voluto, che

allora solamente fosse pubblicato, quando aves se avuto in ogni parte la sua esecuzione.

La benignità della stagione permetteva oggi mai il guerreggiare: Napoleone, fatta con gran prestezza , una nuova congregazione di soldati, 1


208

STORIA D'ITALIA

e promettendosi più che mai del futuro , ricom

pariva forte ed audace sui campi germanici. Combatte i Russi , combatté i Prussiani in duri

incontri ; combatte anche con estremo valore gli Austriaci voltatisi contro di lui per gli sde gui antichi, e per le disgrazie nuove. Ma la rotta di Lipsia pose fine alla sua potenza :: la

Germania intera , mutato procedere con la for tuna , corse con impeto infinito aa libertà : i po

poli alemanni facevano a gara in quest'impresa , che santa chiamavano, e colle armi in mano delle lunghe ingiurie si risentivano . Le francesi terre solo furono ricovero al vinto Napoleone . Così

il lungo fastidio dell'imperio napoleonico, e lo sdegno universale avevano tolto di mezzo le

difficoltà, che altre volte avevano disturbato il desiderio comune . Una gran tempesta cambiatri ce di destini sovrastava all'Italia . Aveva Napo

leone , che non si era punto ingannato dell'av venire, mandato il principe Eugenio in Italia, perchè ordinasse le cose alla imminente guerra.

Era il principe veduto con qualche amore dai popoli del regno, non che si mostrasse acceso

nel desiderio dell'indipendenza , che anzi in questo era assai docile nel servire alla volontà

del padre , ma perchè era di natura facile e temperata . Pure in quest'ultimo caso tanto si

mostrò acerbo nell'eseguire il mandato di Na poleone, si nel far correre i soldati delle nuo ve leve, sì nel riscuotere i denari dai popoli , che l'amore convertissi in odio . Prima però di narrare i successi delle armi in Italia , è


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1813) 209 mestiero descrivere i maneggi politici, che spe cialmente rispetto a lei si trattavano in questi tem

pi. Primieramente quando ancora Napoleone era

àa Dresda,, gli alleati, ai quali l'Austria già si era accostata , gli proponevano , che restituisse le provincie illiriche, che ristorasse a libertà le

città anseatiche , che consentisse a nominare

d'accordo con gli alleati, sovrani indipendenti pei regoi d'Italia e di Olanda . Domandaya

no altresì, che evacuasse la Spagna, e riman dasse il papa a Roma : susseguentemente cre dendo, che per le rotte ayute si fosse renduto

più facile alla concordia, il richiedevano, sen za però, che questa fosse condizione indispen sabile, che rinunziasse alla confederazione rena na ed alla mediazione della Svizzera. Quello

spirito altiero ,

che sempre

si empiva di pen

sieri vani, e presumeva della sua fortuna so pra il consueto degli uomini ragionevoli, non

volle piegar l' animo ; risolutamente ricusò le proposte . Quanto all'Italia, corse fama, che i confederati , non avendo potuto persuadere il >

desiderio loro a Napoleone, si voltassero a ten tar l'animo di Eugenio vicerè , offerendogli di riconoscerlo re del regno d'Italia , se volesse congiungersi con loro ad impresa comune per

la liberazione di Europa: cosa, che il principe non avrebbe potuto fare senza voltar le armi

contro la Francia , e contro il padre. Voglio no, che Eugenio rispondesse, non esser padrone di se medesimo, non avere la potestà sovrana ;

solo essere delegato e mandatario , non potere Botta T. VIII.

22


210

STORIA D'ITALIA

senza taccia d'infamia, non che accettare, udire le proposte ; non avrebbero gli alleati né stima

nè fede in lui, se a quello, che da lui richie

devano, acconsentisse. Se fu vera , bella rispo sta fu certamente questa ; e se Eugenio avesse

perseverato sino alla fine nella medesima illi batezza di posporre l'utile all'onesto, non po

trebbero i posteri dargli biasimo d'importanza. Ma peggiorando vieppiù per la rotta di

Lipsia le condizioni dell'imperatore Napoleone in Germania , Eugenio cominciò a pensare ai casi suoi , e procedendo con

dubitazio

frutto o della lunga servitù , o di di segni più cupi , o di affezione verso Fran ne ,

cia , metteva fuori parole , che dinotavano in lui' la volontà di abbracciar l'indipenden za : essere cambiati i tempi , spargevano i suoi

più fidi; dover esser l'Italia indipendente , ma unita a Francia, non unita ad Austria, non

ad Inghilterra ; ciò volere , ciò desiderare Na poleone; salvassersi le sorti di Francia, fossero

quelle d'Italia quali e quante dovevano esse re; Napoleone tocco da sventura, non esser

più Napoleone trionfatore‫ ;ܪ‬lui. la prosperità avere fatto rigido signore dei popoli, lui l'av

versità fare spontaneo comportatore di libertà ; pigliassero gl' Italiani quella occasione , che la fortuna offeriva

loro di vendicarsi a libertà

sotto il potente e temperato dominio della Francia .

Spaziavano poscia i fomentatori di questi pensieri sull'odioso , come dicevano , dominio


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1813)

2II

dell'Austria ; venirne l’Austria con brame di

vendetta, venirne con fini di assoluta potenza ; il lungo dominio avere immedesimato col nuo vo governo le persone e gl' interessi; non po tere questa comunanza rompersi, il che l'Au

stria farebbe, senza infiniti dolori e ruine ; al tra essere la natura dei Francesi, altra quella

dei Tedeschi; quella più uniforme agl' Italiani, questa più disforme; del resto poiere gl' Ita liani stare, se l'indipendenza fondassero , senza i Francesi ; il dominio austriaco nel regno non potersi fondare senza la presenza dei soldati: eleggessero gl' Italiani tra lo essere stato pro

prio o provincia altrui: quei magnifici palazzi

novellamente sorti, quei valorosi soldatisì nu merosamente formati, quei magistrati si indis

solubilmente radicati, quelle abitudini sì gene ralmente allignate, quel nome d'Italia si lun gamente in fronte portato assai indicare, che,

proprietà di se, non di altrui, che insegne li bere , non serve , che dominazione propria ,

non forestiera doveva il regno , doveva l' Ita lia avere, nè comandare agľ Italiani altri che gl' Italiani : essere Eugenio, non Italiano di na scita , ma Italiano di elezione e di affetto : of

ferirsi parato a fare quanto in lui fosse per

dimostrare ai popoli, quanto la libertà e l'in

dipendenza loro amasse, purchè in termini non pregiudiziali a Francia si consistesse : essere in

lui sperienza di stato , sperienza di armi , età

giovenile, ma matura, corpo forte ed esercita to ;

le moleste cose averle volute Napoleone

a


212

STORIA D'ITALIA

rigido, le dolci lui ; e chente fosse il principe, averlo dimostrato con quella sua risoluzione stessa di conservarsi fedele nell'avversa fortu

na a colui, dal quale era stato innalzato nella prospera .

Queste insinuazioni dei fidati di Eugenio producevano pochi effeui, perchè i contrarj al nuovo stato non si lasciavano svolgere, naas simamente nell'imminenza dei pericoli presen ti , i favorevoli poco confidavano nelle pro messe francesi. Costoro vedevano occupare tut

lavia il primo luogo nella grazia del principe, intromettersi nei consigli più segreti , e l'au torità solo arrogarsi coloro , che nella servitù

verso Napoleone più erano stati sprofondati , che al nome d'indipendenza sempre si erano

spaventati , che delle più dure deliberazioni e dei più rigidi comandamenti dell'imperato

re e re erano stati i principali autori ed i più attivi esecutori. Sapevano, ch'essi erano sem

pre stati consigliatori di amare risoluzioni con tro coloro , che per generosità di animo e per

amore di franchigia , della loro patria altamen le sentendo , erano divenuti sospetti : l' aver pruovato il loro giogo acerbo nuoceva alla cau sa , che pretendevano. Due uomini principal mente erano venuti in odio dei popoli nel re gno italico , il conte Prina , ministro delle fi

nanze , carissimo a Napoleone per la sua natu ra sottile ed inesorabile nel riscuoter le tasse,

ed il conte Mejean , segretario del principe , uomo di tratto cortese e soave, ma che, come


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1813)

213

di scuola napoleonica , credeva , che a volere , che gli uomini siano bene governati, convenga metter loro un duro freno in bocca. Questi

discorsi davano grandissimo nocumento alle co se del vicerè : alcuni però speravano , che ri mossa quella mano di Napoleone dalle viscere

del regno, si avessero anche a rimuovere quei due consiglieri acerbi, e ad avere più in con siderazione i consigli di quelli , che più ama vano la moderazione e la libertà d'Italia. Tan

to poi si era fatto per l'attività del vicere , che si era creato un esercito giusto, composto

parte di Francesi raccolti dai presidj , e dagli

scritti dell'Italia francese, parte di soldati del regno, alcuni veterani, molti novelli. Il vede

re queste genti dava qualche sicurtà ai popo li, se non di vincere , almeno di negoziare , e

non si disperava dello stato franco. La tem pesta intanto di verso

il mare , ee di verso il

Tirolo e l'Illirio si avvicinava.

Eugenio confermandosi più l'un dì che l'al tro ne' suoi disegni e nelle sue titubazioni , e

vacando sempre ai negozj cogli antichi consi glieri , aveva dato ordine al suo ministro di

polizia , che scrivesse una circolare a tutti i prefetti , esortandogli a far sorgere destramente nei popoli il pensiero , che fosse arrivato il tempo di fondar l'indipendenza : insinuassero

altresì , ch' egli si sarebbe fatto capo dell'im presa , e che Napoleone imperatore l'avrebbe veduta volentieri. Ma poscia , avendo paura

di

se stesso , e temendo , che il moto che si vo

--


214

STORIA D'ITALIA

leva suscitare, tornasse in pregiudizio della Francia, diede ordine, che le lettere s'intrat tenessero. Così tra il volere e il disvolere non +

riusciva a nulla, non accorgendosi, che chi si mette a simili imprese, non solamente non può regolarle a volontà sua , ma

non deve nem

meno curarsi , che a volontà sua si possano regolare. A voler fondare la franchezza d'Ita

lia, che era un fatto grandissimo, e'bisognava volerla senza mescolanza di altro effetto , e il

voler serbare fedeltà a Napoleone ed a Fran cia , quando il fine della liberazione d'Italia

esigesse altri pensieri , se era cosa onorevole ? era certamente puerile. A chi si getta a questi partiti straordinarj è d’ uopo il non pensare alle indiavolate cose , che ne possono seguire. Odo , che si dice , che a queste cose gli uomini onesti non possono consentire. A questo sto cheto , solo dico, che , se così è , gli uomini onesti non si debbono gettare a tali partiti, e nemmeno far vista di volervisi gettare. Questo poi so di certo, che Eugenio, o fosse onestà o fosse mancanza di cuore , perdè l'impresa.

Giovacchino anch'egli si era travagliato di questa materia , quando ebbe veduto le cose di Napoleone andare in fascio in Germania. Ma varj ed incerti erano i suoi pensieri. Sul

principio, quantunque non amasse il vicere , ed emolasse la sua grandezza , gli aveva man dato proponendo: dividessersi fra di lor due

l'Italia , facesserla indipendente ; ch' essi so li , se operassero d'accordo , la potevano pre


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1813) 215 servare dai Tedeschi ; che non si sarebbe re

cato alcun pregiudizio alla Francia , la quale

avrebbe avuto l'Italia per alleata. Aggiungeva, che in caso di deliberazione contraria da parte

del vicerè , ei sarebbe obbligato di fare quelle

risoluzioni, che avrebbe stimate più convenieuti alla salute sua.

Prestò il vicerè poco orecchio alle propo ste del re di Napoli, o che non si fidasse di lui per le antiche emolazioni , o che volesse

far da se, o che temesse di pregiudicar Na poleone e la Francia. Caduto Giovacchino dal le speranze di Eugenio, si era deliberato, già

insin da quando aveva condotto l'esercito nella Marca di Ancona, ad appiccare nel regno d'Ita lia qualche pratica segreta : anzi giungendo i

suoi vanti a quei dei Napolitani , pareva,

che

volesse far gran cose. Il generale Pino , antico

amico di Lahoz , e soldato di pruovato valore, era venuto in qualche disfavore in corte , si perchè si sapeva , ch'egli era amatore del vi. ver patrio , si perchè erano tra lui e Fontanel

li, ministro della guerra , emolazioni di fama e di potenza. Vivevasene , dopo le prime bat taglie dell'Illirio e del Friuli , che nel seguen te libro racconteremno , in condizione privata ,

alle faccende pubbliche non badando , se non per saperle. Parve stromento opportuno al re

di Napoli; il fece tentare , prometteva di con durre i suoi Napolitani all'impresa. Molti en. trarono nell'intelligenza. I capi, disperando del

vicerè , come troppo francese, si gettavano alle


2:6

STORIA D'ITALIA

parti di Giovacchino , il quale come più au

dace, e meno cauto , era capace di fare qual che strepitosa alzata d'insegne. I congiurati tanto operarono, che Pino fu mandato al gover no militare di Bologna , luogo atto a poter

consuonare coi Napolitani, che , già occupate le Marche , si trovavano vicini .

Mandò Giovacchino un Pignatelli ad abboc

carsi con Pino a Bologna. Il richiedeva , che col nome ed autorità sua, che era grande fra i soldati italiani , ne tirasse a se quanti potes

se,, ed improvisamemte si scoprisse, quando il re si mettesse a cainmino per assaltar l'Italia

superiore. Queste trame non si poterono ordi re tanto copertamente, che Fontanelli, che già sospettava del governator di Bologna, non ne avesse qualche sentore ; perciò diede lo scam bio aa Pino. Giovacchino si trovò ingannato del la speranza concetta di fare un moto nel regno

d'Italia malgrado del principe-vicerè. Andos sene Pino a Verona , dove il principe, quan do fu risospinto dai confini per le armi austria

che , aveva ridotto i suoi alloggiamenti. Vedu to con poco lieta fronte dal principe, anzi in terrogato , come sospetto , dal ministro di po lizia Luini , se ne venne molto di mala voglia,

e dimostrando dispiacenza grandissima, a Mi lano. Quivi visse privatamente ed anche oscura mente sino alla commozione , che terminó con funesto fine un regno più lietamente in cominciato . Giovacchino si gettava alla parle dell' Austria .


S.IBRO VIGESIMOSESTO ( 1813)

217

Le armi potenti seguitavano le macchina

zioni impotenti. Aveva l'imperatore Francesco, che con grandissima prontezza si era allestito alla guerra,, mandato un forte esercito, in cui si noveravano meglio di sessantamila buoni

soldati, ai confini per modo che cingeva tut to il regno italico da Carlobado di Croazia

insino al Tirolo. Obbedivano tutte queste gen

ti al generale Hiller , uomo di grande sperien za per essere già molt' oltre con gli anni , ee vecchio ancora di milizia . Militavano con lui

nou pochi generali di nome, tra i quali prin cipalmente si notavano Bellegarde e Frimont capitani esperti nelle italiche guerre. Mandava fuori Hiller un suo militare manifesto , con cui

descritte primieramente le forze e le vittorie della lega, esortava gl' Italiani a levarsi con tro il tiranno a generale liberazione dell' Eu ropa conquassata sì lungamente da tanti mo

vimenti , ed a cooperazione dei poderosi eser citi, che accorrevano in ajuto loro da ogni banda.

Quest'era il nembo , che minacciava il re gno italico dai paesi di settentrione e di oriente: Vers’ostro i confini non gli erano sicuri; perchè gli alleati , facendo grande fondamento sulle

sollevazioni dei popoli , si erano accordati, che mentre gli Austriaci l' assalterebbero dalla parte loro , gľ Inglesi , o coi soldati proprj o con

soldati di ogni paese , massimamente Italiani raccolti in Malta ed in Sicilia , o finalmente

con qualche mano di Austriaci, infesterebbero Botta T. VIII.

28


218

STORIA D'ITALIA

i due littorali dell'Adriatico, tanto dalla parte della Dalmazia e dell' Istria, quanto da quella

d'Italia, Sapevano , che , massimamente nella Dalmazia e nell' Illirio si annidavano male di

sposizioni contro la dominazione napoleonica, pella prima per le crudeltà usate da qualche generale, e per la cessazione del commercio nel secondo per l'antica affezione alla casa di

Austria, e per la superbia di Junot governa

tore,, che già pazzamente vi procedeva prima che pazzo diventasse . Intendevano anche a per cuoter nei lidi italiani , entrando per le boc che del Po, per far diversione in favore dello sforzo principale, che calava dalle alpi rezie , giulie e noriche. Avevano anche speranza, seb bene il vedessero incerto e titubante, che Gio vacchino di Napoli si sarebbe congiunto a lo TO ,

sì perchè allora sempre più precipitavano

le cose di Napoleone, sì perchè si persuadeva no, che avrebbe creduto un gran fatto, che i governi antichi con lui trattassero, lui ricono scessero , ed in luogo di alleato accettassero. Le

forze del re di Napoli erano di grande momen

to all'Austria, perchè andavano a ferire il re le ,, e dove gno italico a fianco ed alle spal spalle

aveva minor difesa : perchè dei futuri casi nes nemmeno Napoleone previdentissimo avrebbe potuto immaginare questo, che Gio vacchino di Napoli fosse un giorno per muo vere le armi contro il regno italico di Napo

suno , e

leone di Francia ,

Nè dovevano restare senza disturbo le spon


LIBRO VIGESINGSESTO ( 1813)

219

de del Mediterraneo, perchè gl'Inglesi, essens do oramai certi delle intenzioni di Giovacchia

no, si proponevano di far impeto con quei lo ro soldati moltiformi , e racimolati da ogni nella Toscana, provincia, che credevano non senza ragione , avversa al nuovo stato , ee

paese,

desiderosa di tornare all'antico. Venivano con

loro Bentinck e Wilson generale colle loro pub blicazioni di libertà e d'indipendenza , dico

Bentinck, che intendeva la libertà, ma pendeva al tirato, essendo di natura piuttosto signoreg gevole, e Wilson , che amava la libertà, ma pen

deva al largo, essendo di natura piuttosto tri bunicia. Avevano essi trovato non so che ban

diere con suyvi scritto il motto Indipendenza

d' Italia, e dipinte due mani, che si toccava no in segno di amicizia e di colleganza. A questo modo suonava d'ogu' intorno un forte nembo al regno italico, ed a tutta Italia. Le antiche ricordanze dell'Austria, le nuove pa

role di libertà, l' allettatrice mostra della pa dronanza propria, gli epifonemi di pace, di con cordia, di felicità, le promissioni di tasse tem peratissime, e di abolizione delle leve solda tesche si mettevano in opera per far muovere

l'Italia ; ma gl' Italiani, che già ne avevano vedute tante 9 non credevano nè agli uni nè agli aliri.

Il vicerè forbiva ancor egli le sue armi. Aveva circa sessanta mila soldati, nei quali erano i veterani italiani venuti di Spagna , i

soldati di nuova leva , e la guardia reale ita


4

220

STORIA D'ITALIA

liana , bella e valorosa gente : sommavano gli italiani circa ad un terzo . I Francesi anche

essi, o raccolti prestamente dai presidj, o chia mati dalla Spagna, con celeri passi accorreva

no al sovrastante pericolo. Li partiva in tre

principali schiere ; la prima, che obbediva a Grenier , aveva le sue stanze sulle rive del

Tagliamento e dell'Isonzo , terre tante volte già combattute , e tante volte ancora gloriosa mente conquistate dai Francesi ; la seconda retta da Verdier alloggiava a Vicenza, Castel franco , Bassano e Feltre. La terza , quest' era l' Italiana , posava a Verona ed a Padova : la

governava Pino, non ancora stato al governo di Bologna. Una parte di lei sotto l'obbedien za dei generali Lecchi e Bellotti era mandala

a custodire l'Illirio: la cavalleria stanziava a Treviso. Per vigilare intanto sugli accidenti

del Tirolo, parte, che dava grandissima gelo sia, una schiera di soccorso alloggiava in Mon Lechiaro : quando poi divenne il pericolo più imminente, fu mandata , sotto il governo di Giflenga, a combattere in Tirolo contro un cor po di Austriaci condotto dal generale Fenner .

Secondavano tutto questo sforzo dalla Dalma zia, ma piuttosto per difendere, che per offen dere, pel picciol numero dei soldati,i presidj, la maggior parte italiani, di Zara, Ragusi Cattaro . Ora, diventando ad ogni momento la

guerra più imminente, pensò il vicerè a spin gersi più innanzi , andando a porre il campo principale a Adelsberga, terra poco distante


LIBRO VIGESIMOSESTO ( 1813)

22 1

dalla sponda destra della Sava sulla strada per a Carlobado di Croazia , e per a Lubia

na di Carniola. Al tempo stesso, allargandosi sulla sinistra, mandava una forte squadra a çu

stodire i passi di Villaco e di Tarvisio, aven do avuto avviso , che Hiller , fatto un assem

brainento molto grosso a Clagenfurt, minaccia va di farsi avanti, si per isforzare quei forti

passi, e sì per condursi, montando per le rive della Drava, alle regioni superiori dell' affezio nato Tirolo .

Quest' era l'ultima fine della tragedia , che rappresentava da venti anni addietro , tolto ne pochi intervalli pieni ancor essi , se non di sangue, almeno di rancori , di minacce e di

si

ambizione , nella dolorosa Italia. Straziata da >

gli uni, straziata dagli altri, tutti pretendevano promesse di felicità per lei ; e peggio , che l'una parte e l'altra si lamentavano , ch'ella non si muovesse a favor loro , come se fosse obbligo di lei di rendere amore per dolore. Ora infi . ne si aveva a definire a chi dell'Austria o del.

la Francia dovesse rimanere l' imperio d'Italia: se dovessero prevalere le nuove o le antiche

sorti ; se il dominio acerbo di Napoleone si do vesse mitigare o no ; se l’ Austria tornasse a

Milano mansueta' , come ne era partita , o se sdegnosa per le ingiurie ; se Francia od Aus stria dovessero far dimenticare con le dolcezze di pace

le insolenze e le rapine di guerra ; se venti anni di novità dovessero produrre secoli simili a loro , od immergersi , senz'altri segni


STORIA D'ITALIA

222

che quelli delle storie , nel corso rintegrato dei secoli consueti ; se a favellar francese o tedesco

dovessero apparar gl' Italiani ; se finalmente le parole soavi , che si dicevano agl' Italiani ,

fossero per loro o pei padroni ; che l'allettare i popoli colle lusinghe per soggettarli fu sem

pre , ma più nei nostri tempi , che in altri , astuzia di coloro , che intendono ad appropriar si l' altrui.

Fine del libro vigesimosesto.

!


LIBRO VIGESIMOSETTIMO .


SOMMARIO .

Gli Austriaci condotti da Hiller cingono con forze potenti

tutto il regno italico . I Dalmati ed i Croati insorgono contro i Francesi. Eugenio si tira indietro. Battaglia di Bassano. Eugenio sull'Adige. Mala sodisfazione dei generali e soldati italiani verso di lui . Nugent coi Te deschi romoreggia alle bocche del Po . Giovacchino si

scopre controNapoleone, ee fa guerra al regno italico.. Battaglia del Mincio tra Eugenio e Bellegarde. Bentinck,

sbarca a Livorno , parla d'indipendenza agl’Italiani, prende Genova , e promette ai Genovesi la conserva zionedello stato. Sopraggiungono novelle funestissime per Napoleone , avere i collegati occupato Parigi , lui essere ridotto colle reliquie de'suoi battaglioni in Fon tainebleau , avere rinunziato avere accettato per ulti

mo ricovero l'Elba, isola . Eugenio pattuisce con Belle garde , e si ritira in Baviera. Stato degli spiriti in Mi lano. Tutti vogliono l'indipendenza , ma chi con Eu genio re , chi con un principe austriaco . Discussioni nel senato in questo proposito. Sommossa popolare ; il senato è disciolto ; si convocano i collegj, che creano una reggenza , e mandano deputati a Parigi all' im perator Francesco per domandar l'indipendenza con un principe austriaco . Esito della loro missione. Ge

nova data al re di Sardegna. Conclusione dell'opera,,


STORIA s D ' I TALI A. LIBRO VIGESIMOSETTIMO.

Glili

Austriaci cignendo con largo circuito

tutta la fronte dell'esercito italico , avevano un

grandissimo vantaggio , il quale ed all'occor renza presente , ed alla natura loro sempre circospetta molto bene si conveniva. Sicura era

la loro ala destra pei fatti succeduti in Ger mania , ed ultimamente per l'adesione della

Baviera alla lega dei principi uniti contro Na poleone. In questo ancora molto momento re cavano i Tirolesi pronti ad insorgere contro il nuovo dominio, per modo che l'Austria stessa per rispetto della Baviera , nuovo alleato , era costretta a tenergli in freno, acciocchè non fa cessero qualche incomposta variazione. Ma la >

inclinazione loro rendeva sicuro il loro paese

alle forze austriache, e dava sospetto al vice rè, perchè potevano offenderlo a mano manca

ed alle spalle. Nè ineno avvantaggiata condi zione avevano gli Austriaci sulla loro sinistra,

posciachè sapevano, che le popolazioni dalma te e croate , essendo infense ai Francesi ed .

Botta T. VIII.

29


STORIA D'ITALIA

226

agl' Italiani loro confederati, erano pronte a sorgere contro i presenti dominatori ; popola

zioni armigere, e però di non poca importan za , massimamente in una guerra , alla quale

i popoli , non che i soldati, si chiamavano. Hiller avvisava di condurre per modo la guer ra, che facendosi innanzi con le sue ali estreme ,

mentre il grosso seguitava nel mezzo a secon

da , ma più tardamente e più prudentemente, desse continuamente timore al vicerè di essere

circuito ed assaltato alle spalle. Questa forma .

di guerreggiare doveva necessariamente far pre valere la fortuna degli Austriaci, perchè pro cedendo cautamente nel mezzo , non davauo

agli avversarj occasione di venire ad una bat taglia campale , dalla quale solamente poteva no sperare , se la vincessero , di redimersi da

quel pericoloso passo , al quale erano ridotti. Da questo anche ne risultava , che si richie

deva, a voler riuscire a buon fine , nel capi tano francese maggior prudenza che audacia ,

piuttosto arte di andar costeggiando l' inimico per impedirgli la campagna ,e difficoltargli , in quanto si potesse fare senza tentar la fortu

na, i passi, che coraggio di affrontarlo, insom ma piuttosto volontà di conservar l'esercito

intatto, in qualunque luogo ei si fosse , che de siderio di avventurarlo , perchè in lui , non nei paesi occupati , consisteva la salute , o se non la salute , almeno le condizioni più onorevoli >

del regno .

Ma il vicerè , siccome giovane , fi

gliuolo di Napoleone, e tocco ancor egli dal


LIBRO VIGESIMOSETTIMO (1813) 227 vizio dei tempi , cioè di far chiaro il suo no me con fatti sanguinosi, disprezzando il con

siglio più salutifero, amò meglio fare sperien za della fortuna , consumando inutilmente i sol

dati in piccole fazioni, che poco o nulla im- ! portavano alla somma della guerra , che fug gendo l'occasione di combattere, ritirargli in teri a'luoghi più sicuri, ed interi ancora con servargli insino a che la fortuna avesse defini to , che cosa volesse farsi di Napoleone in Ger mánia ed in Francia. Quel sangue francese ed italiano spar60 nell'ultima Croazia e nell'estre

ma Carniola accusano Eugenio ó di ambizio

ne, o d'imperizia o d ' imprudenza . Correvano i Dalmati , inclinava verso il suo

fine agosto , contro i presidj , i Croati contro gl' Italiani. Zara, Ragusi e Cattaro tenuti da

deboli guernigioni , romoreggiando nimichevol mente i popoli d'intorno , e tenendo infestata la campagna , cedettero facilmente. Una presa di Croati, avvalorata da qualche battaglione >

di Austriaci , urtando contro Carlobado, facil mente se ne impadroniva. Gli Austriaci ed i

Croati più oltre procedendo, s'insignorirono di Fiume , ritiratosene il generale Janin, impoten te al resistere. I Croati, che erano stati arro

lati sotto le insegne francesi, dai loro signori segregandosi, ritornavano alle antiche insegne

di Austria. Mentre a questo modo felicemen te si combatteva per gli Austriaci verso l'Adria tico , mandavano pel corso della superiore Dra va grossi squadroni verso il Tirolo sotto la con


228

STONA D'ITALIA

dotta di Fenner . Giunti a Brissio scendevano

le rive dell'Adige con intento di andar a battere nelle veronesi e nelle bresciane regio

per

ni . Al tempo stesso si veniva alle mani sul

mezzo : fu preso e ripreso Crinburgo con mol

to sangue da ambe le parti. In questi fatti mostrò molta arte e molto valore Pino, molto valore e pocà arte Bellotti : combatte felice mente il primo a Lubiana , infelicemente il se

condo a Stein. Sorse un gravissimo contrasto

a Villaco , donde gli Alemanni volevano aprirsi l'adito al passo di Tarvisio per scendere a se conda della Fella nel cuore del Friuli. Era

no i Francesi accorsi al pericolo , e dopo un

ri feroce combattere , in cui la città fu presa e . presa parecchie volte, еe finalmente arsa per ope ra dei Tedeschi, restarono vincitori : corse il vi cerè con molta virtù in soccorso della città

consumata. Gli Austriaci , seguitando il consi glio loro , si allargavavo sulle corna. Trieste ,

preso e ripreso più volte , venne in potestà loro ‫ ;ܪ‬già tutta l' Istria loro obbediva . Dalla

parte superiore precipitandosi dalle alpi tiro lesi minacciavano di far impeto contro Bel

luno , e più alle spalle le armi loro suonava no nelle regioni vicine a Trento. Conoscendo

ed usando il vantaggio , avevano passato la Sava a Crinburgo ed a Ramansdorf, per do ve facevano sembianza di condursi per Tol

mino nelle regioni superiori del Friuli. An che contro Villaco preparavano un grande as salto .


LIBRO VIGESIMOSETTIMO ( 1813)

329

Non era più in potestà del vicerè il resiste re , ed appariva, che se più oltre si fosse ostina to a starsene sulle sponde della Sava e della

Drava, correva pericolo , che gli fosse vietato il ritorno. Avevano gli avversarj maggior nu mero di soldati , ed i popoli amici ; erano al vicerè minori forze , ed i popoli avversi. Fer

qualche giorno, poscia mossi prima sull'Isonzo do sulla Piave , combatten

sempre valorosamen

te , sempre inutilmente . A questo modo l'Illi rio , staccato per la forza delle armi napoleoni che dal suo antico ceppo di Austria , se ne tornava per la forza delle armi di Francesco

imperatore alla consueta dominazione. I costu mi a niun rispetto si convenivano coi Francesi, poco con gl' Italiani. Oltre a ciò vi aveva Na

poleone conservato i diritti feudatarj, dandogli piacquero a quegli antichi repubblicani , e li

in preda a' suoi soldati o magistrati più fidi: e

riscuotevano con duro imperio , senza lasciar neppure scattare un soldo.

Le stanze della Piave non si potevano con

servare. Già gli Austriaci scesi a Bassano sotto la guida del generale Eckard vi avevano fatto

una testa grossa , ed insistendo alle spalle da vano timore di estrema rovina al vicerè , se

presto non si ritirasse. Quivi comparve evi

dente l'imprevidenza del principe del non es sersi ritirato più maturamente ; perchè per avere la ritirata sicura , fu costretto di com

battere a Bassano una battaglia molto gra

ve. Durò due giorni , il trentuno ottobre ed


230

STORIA D'ITALIA

il primo novembre . Rifulse in questo fatto egregiamente il valore di Grenier. Vinse la for: tuna francese ed italiana . Entrarono i vinci

tori, e pernottarono nella sanguitosà città. Per

dettero i Tedeschi circa un migliajo di soldati, nè fu senza sangué la vittoria agli eugeniani , perchè i Tedeschi combatterouo acerbamente.

Acquistò Eugenio facoltà di ritirarsi più quie tamente sull'Adige :: marciava indietro , parte

per Padova, parteper Vicenza, áridando ad al

loggiarsi á Verona ed a Legnago. In mezzo a questa ritirata , grave in se stessa , é che por tendeva cose ancor più gravi , perchè già più deHa metà del regno italico era signoreggia

ta dalle armi austriache , i soldati francesi ed italiani, má più i primi che i secondi , si

portarono molto lodevolmente, astenendosi dal le rapine e dagli oltraggi; procedere tanto più da commendarsi, che la maggior parte crede vano, che più non sarebbero tornati là donde venivano. Ne è da ' tácersi , che i Tedeschi a

questo tempo stesso, se si eccettuano le parti rannodate, in cui erano preste le munizioni, vivevano di rapina, ora quà ora là scorazzan

do, secondochè li portava o la necessità della guerra , o la cupidità del sacco ;; frutti tante volte calpestati della feconda Italia, tante volte

riprodotti, tante volte ricalpestati. Resta ,

che

siccome la sua bellezza e fertilità destano gli appetiti forestieri, desiderino gl' Italiani , che

ella fera e selvaggia diventi; perchè forse i

deserti preserveranno quello , che l'innocenza non preserva .


LIBRO VIGESIMOSETTIMO ( 1813) 231 Sulle veronesi sponde incominciavano a ma

nifestarsi fra gl' Italiani mali semi contro il vi cerè , colpa piuttosto sua che di loro . Euge

nio , o che prevedesse dai nugoli minacciosi, che giravano attorno , che più gli convenissé mostrarsi francese che italiano , o che troppo .

facili orecchie prestasse ad alcuni , che presso a lui in molta grazia , e suoi consiglieri più

intimi essendo, intendevano ad innalzar se me desimi a pregiudizio degl' Italiani , si era la sciato uscir di bocca, già insino in Prussia do

po le disgrazie di Russia, parole di cattiyo con cetto verso i generali italiani. Nè il suo dis

prezzo nelle semplici parole contenendosi, era

trascorso sino agli atti: delle quali cose tenen dosi eglino molti offesi, siccome quelli, che non erano parati a tollerare alcuna ingiuria o in degnità , massimamente Pino , che siccome di

maggior nome , sentiva più vivamente degli al tri , avevano appoco appoco sparso una mala contentezza fra i soldati, dal che ne seguiva no nel campo sinistre mormorazioni, ed anche atti aperti di sdegno contro il principe. Le dis grazie ipasprivano viemaggiormente le ferite in quegli apimi fieri e bellicosi. Gľ’imputavano il contaminato opore delle armi italiane, ed il sangue inutilmente sparso . Già il nome di fo restiero , pessimo augurio, nelle bocche dei sol

da ti apdavą sorgendo , ed i consiglieri, dete stavano . Intanto non rimetteva in Eugenio il deside

rio di farsi famoso in guerra per battaglie in


1 STORIA D'ITALIA

232

utili, angue con fama cambiando . Corse in Ti rolo ; vi fece fazioni onorate, ma senza frutto : libero Brescia dal nemico , ma indarno , rup pelo in una grossa e bene combattuta batta

glia a Caldiero , ma tornossene poco dopo là dond’era venuto : il nemico , che era stato rin

cacciato sin oltre all' Alpone , venne fra breve a rinsultar San Michele di Verona. Appena la fronte dell'Adige , fiume grosso e munito dalla fortezza di Legnago , sopra dai castelli di Verona , si poteva tenere : tanto superava pel numero delle genti il nemico! Dal che si con clude con evidenza , che era necessità al vice >

rè , non di assaltare , ma di difendersi , non di uscire dai luoghi sicuri , ma di annidarvisi ?

non di far guerra viva , ma di temporeggiarsi ee di aspettare . Ogni ruina si accumulava sull'Italia : ecco

un secondo nembo approssimarsi al Po , non

più pel dominio di Venezia o di Alfonso, ma per quello di Francia o di Austria ; nè questo nembo fia l' ultimo da raccontarsi , ancorchè sia prossimo il fine della mia tragedia. Aveva

il generale austriaco Nugent combattuto viril mente in Croazia ed in Istria contro gl' Ita

liani , che occupavano quella parte del regno.

Ma quivi ogni cosa era oggimai divenuta si cura a lui , sì per la ritirata di Eugenio , co >

me perchè le fortezze di Lubiana e di Trieste si erano arrese alle armi tedesche. Sola restava dell'antico austriaco o veneziano dominio in

mano del vicerè la città di Venezia. Per la


LIERO VIGESIMOSÉTTIMO ( 1813) 233 qual cosa Nugent, ' preso ordine con Bellegar de , chiamato generalissimo in Italia in luogo di Hiller, e messosi sulle navi a Trieste , era venuto sbarcare a Goro con una grossa mano

di accogliticci , inglesi, istriotti, croati, e fuggi tivi Italiani. Nè volendo indugiare, perchè sa peva che il tempo è nemico degli assalti ino pinati, si spingeva tostamente innanzi, é s'im

padroniva di Ferrara, abbandonata dai pochi difensori , che vi erano dentro. Quivi correva il paese co' suoi soldati leggieri, chiamando in ogni luogo i popoli a sollevazione. L'impor tanza del fatto , era , che si congiungesse con

le schiere di Austria , che venute col grosso dell'esercito , già si erano condotte a Padova.

A questo fine , Nugent, passato il Po con una parte de' suoi , e preso alloggiamento in Cre spino, si era accostato all'Adige. Dall'altro la. to Bellegarde, per consentire coi movimenti di Nugent, aveva avviato a Rovigo una presa di tremila soldati sotto la condotta del generale Marshall,

Come prima il vicerè ebbe avviso del tenta tivo di Nugent , aveva speditamente mandato un corpo sotto il governo del generale Decou

chy a Trecenta, acciocchè facesse opera' d' im pedire la congiunzione delle due squadre nemi che. Al tempo stesso Pino , che governava Bo logna , assembrava quante genti poteva , e le spingeva avanti alla guerra ferrarese. Ripresesi Ferrara, ma indarno per gli accidenti, che se

guirono. Aveya bene Decouchy , fortemente Botta T. VIII.

30


: 234

STORIA D'ITALIA

combattendo, cacciato Marshall da Rovigo con non poca strage, e costrettoa ritirarsi alponte di Bovara padovana. Ma gli Austriaci conti

nuamente ingrossavano coll'intento di congiun gersi con Nugent, che tuttavia era in posses sione di Crespino. Mandava perciò il vicerè

nuovi ajuti col generale Marcognet verso il basso Adige, acciocchè cooperassero al fine co mune con Decouchy. Uscirono i Tedeschi da

Bovara padovana ; Decouchy e Marcognet gli assaltavano. Sorgeva un'ostinata zuffa : combat

terono i Francesi felicemente a destra , infeli cemente a sinistra ; si ritirarono i Tedeschi nel

loro sicuro nido di Bovara padovana ; ma col to il destro, che offerivano loro la notte e la

inala guardia, a cui stavano i Francesi con un impeto improviso li ruppero, e li costrinsero a ritirarsi, prima a Lendinara ed a Trecenta , poi a Castagnaro. Riacquistarono Rovigo: fu tolto ogni impedimento alla congiunzione di Nugent e di Marshall. Nugent, fatto sicuro per la congiunzione, s'incamminava a Ravenna, e da Ravenna a Forlì. Usava le armi , usava le

įnstigazioni, « Assai, scriveva agl' Italiani, assai

« foste oppressi, assai posti adun giogo insop portabile : ora più liete sorti vi aspettano ; * restituite colle armi in mano la patria vostra : « avete tutti a divenire una nazione indipen * dente. » Poi faceva un gran romore con pro

mettere , che non si scriverebbero più gli an nuali soldati, che le consumatrici tasse si alle

vierebbero, Intanto i suoi saccheggiavano aspra


LIBRO VIGESIMOSĖTTIMO ( 1813) 235 mente il Ferrarese ed il Bolognese, poco lielo principio all' indipendenza , che si prometteva. Ora un nuovo inganto ed una terza illuvie hommi a raccontare ; ma questi furono di un

Napoleonide. Trovavasi Giovacchino di Napoli molto perplesso, e siccome le novelle di Ger

mania , di Francia e d'Italia giravano fauste od infauste, si appigliava a questa parte ed a

quella, a questo partito od a quell'altro. Molio in lui poteva il desiderio di conservare il suo

reale seggio, molto la paura di Napoleone. Per ciò procedendo con la sua naturale varietà ave va negoziato, come già abbiam descritto , ora

coll' Austria, ora con Bentinck, ora con Euge nio, qualche volta con tutti insieme, nè si ac corgeva, che tuuli il conoscevano. Intanto, già

sicuro dell'Austria e dell'Inghilterra , ma non ancora sicuro di se medesimo, si avviava verso l'Italia superiore. Già occupava Roma; già oc

cupava le Marche, nè ancora l'animo suo sco priva. Pretendeva parole di amicizia verso il regno italico.

Le casse del regno, contro il quale

si apprestava a muovere le armi, sotto spezie di amicizia, addomandava, e gli si aprivano, e vi attingeva denari : richiedeva il regno di vetto

vaglie, di vestimenta, di armi, ed il regno gliene somministrava. Lasciato passare iu Ancoua ed

in Roma amichevolmente dai presidj francesi, }

gettava gioconde e pacifiche parole di Francia e di Napoleone. Non so a che cosa pensasse ? ma certamente la dissimulazione era grande,

e peggiore anche del fine che si proponeva .


236

STORIA D'ITALIA

Infine, veduta la ritirata del vicerè, udite le no velle dell'avvicinarsi i confederati inolto grossi

al Reno per invadere la Francia , ed aspettato Bentinck oramai vicino a tempestare in Toscana, rimossa finalmente ogni dubitazione , si risol veva a scoprirsi del tutto , ed aa fare quello , che

il mondo non avrebbe potuto pensare , e di che si perturbò più d'ogni altra cosa Napoleone. Fermava i suoi casi coll' Austria , stipulando con

lei un trattato , per cui l' imperatore Francesco si obbligava a mantenere in Italia , insino a almeno cinquantamila

che durasse la guerra ,

soldati, ed il re Giovacchino a mantenerne al

meno ventimila : con ciò promettevano ee si ob bligavano entrambi ad operare d'accordo , e ad accrescere il numero delle rate rispettive , se bisogno ne scadesse ; oltreacciò Francesco gua rentiva a Giovacchino ed a' suoi eredi la pos

sessione dei dominj attualmente tenuti da lui in Italia , e prometteva d'intromettersi , come mediatore , affiuchè gli alleati si facessero sicur

tà della inedesirna possessione.

Bellegarde annunziaya pubblicamente agl'Ita liani la congiunzione di Giovacchino colla lega,

ammouendoli delle perdute speranze dei na poleonici. Giovacchino scoprendosi nemico in quei paesi dov'era entrato, e stato accolto co me amico, sforzava il generale Barbon, che cu stodiva in nome di Francia la fortezza di An

cona , e Miollis , che teneva Castel Sant An

gelo , alla dedizione. Tutto lo stato romano ve niva all'obbedienza dei Napolitani , i quali , e .


tisto vidESIMOSETTIMO ( 1813)

237

Giovacchino con loro, ora del papa favellando, ed ora dell'indipendenza d' Italia non sapevano ciò che si dicevano. Bene ovunque passavano

ogni cosa rapivano , ripassata seconda pei mi seri Ferraresi e Bolognesi. I vanti poi che si davano , e le millanterie che facevano, erano grandi. Il primo ad uscir fuori fu il re medesimo con dire a' suoi soldati avvertissero bene , che

insinoachè egli aveva potuto credere, che Na

poleone imperatore combatteva per

la pace e

per la felicità della Francia , aveva a favor suo

combattuto ; ma che ora si era chiarito di tutto , e che bene sapeva , che Napoleone non voleva altro che guerra ; che tradirebbe gl'interessi

della sua antica patria , quei de' suoi stati , quei de' suoi soldati , se tosto non separasse le sue armi dalle napoleoniche , se non le congiungesse a quelle de'principi intenti con magnanimo di segno a restituire ai troni la loro dignità , alle nazioni la loro indipendenza : due sole bandiere

esservi, ammoniva , in Europa; sull' una legger si le parole religione , costume , giustizia , mo derazione, leggi, pace , felicità ; sull'altra per

secuzioni , artifizj, violenze , tirannide, guerra e lutto di famiglie: scegliessero . Queste cose di

ceva Giovacchino Napoleonide . Carascosa , na politano generale, arrivando a Modena , più en faticamente parlaya agl' Italiani : prometteva loro indipendenza a nome di Giovacchino , che già

si era accordato coll’Austria per ajutarla a sog gettare il regno ilalico .


233

STORIA D'ITALIA

Le forze preponderanti di Bellegarde , i progressi di Nugent sulla sponda destra del Po , l'accostamento del re di Napoli alla lega, e la presenza delle sue numerose schiere nei

Modenese , toglievano al vicerè ogni possibili tà di conservare gli alloggiamenti dell'Adige.

Fatti perlanto gli apprestamenti necessarj, si tirava indietro, e andava a porsi alle stanze assai più sicure del Mincio. Il dì otto febbra

jo usciva ottimamente ordinato a campo per combattere in una campale battaglia Bellegar

de. La principale schiera,, in cui risplendeva la guardia reale, sortendo da Mantova , s'in camminava alla volta di Valeggio : la cavalle ria , traversato il fiume a Goito , accennava a Roverbella ; e perchè il nemico fosse anche in festato alle spalle , il generale Zucchi colle gen

ti più leggiere muoveva i passi verso l'isola della Scala. Per non lasciare poi libero campo

a Bellegarde dalla parte superiore , il vicerè ordinava a Verdier , che congiuntosi prima con Palombini , varcasse il Mincio a Mozambavo , e gisse ad urtare il nemico a Valeggio. Ognu. no

, passato il fiume, correva ai luoghi desti

nati , quando la fortuna per un accidente im proviso ridusse il disegno bene ordinato ad un

moto disordinato . Nel momento stesso , in cui Eugenio si proponeva di assalire Bellegarde sul la sinistra del Mincio, si era Bellegarde riso

luto ad andar a trovare Eugenio sulla destra. Dal quale impensato accidente nacque , che il vicerè , in luogo di trovare tutto l'esercito ne


LIBRO VIGESIMOSETTIMO ( 1813) 239 mico a Roverbella, non ebbe più a combat. tere che col suo retroguardo, per modo che la vanguardia francese era venuta alle mani

col retroguardo tedesco. Appoco appoco, ee l'una dopo l'altra tutte le schiere delle due parti

, sì quelle che avevaņo passato , come quelle che erano rimaste sulla sinistra , ingaggiavano la battaglia ; combattevano furiosamente. Ave

, ma vano i Francesi e gl' Italiani il vantaggio a

per poco stette , che una rotta di cavalleri dalla

parte loro non mandasse le cose alla peggio , Pure , fatto un nuovo sforzo , si rannodavano ,

e si pareggiò la battaglia . L'esito fu, che Bel legarde fu costretto a tornarsene sulla sinistra

del Mincio , ma intero e ristretto ; il che ob

bligò anche il vicerè à ritirarsi con tutta la sua forzà sulla destra.

Intanto Eugenio si accorgeva , che non era

più in sua facoltà d'indugiar a soccorrere als le cose d'oltre Po, che per l'invasione dei Na politani diventavano ogni ora più difficili. Ave va già proveduto , che con qualche maggiore fortificazione si munisse Piacenza, alla guardia

della quale aveva preposto con soldati di nuo va leva, e con qualche veterana banda italiana i generali Gratien e Severoli. Ma aggravandosi il pericolo, yi mandava con qualche ajuto di

nuove genti Grenier , nella perizia del quale consisteva massimamente la condotta e la som

ma della guerra in quegli estremi momenti, Formava l'antiguardo del nemico Nugent co'

suoi Tedeschi , Istrioçti ed Itaļiani; il retro


240

STORIA D'ITALIA

guardo Giovacchino co' suoi Napolitani. Come prima Grenier arrivaya , rincacciava con forte

rincalzo all'ingiù Nugent, e lo sforzava a tor

narsene più che di passo al Taro. Quivi es sendo sopraggiunti i Napolitani, faceva vista di volersi difendere; ma tanto fu audace e destro

Grenier, che , passato in tre luoghi il fiume, di nuovo sforzava gli avversarj alla ritirata si

no all'Enza. Nugent però, sperando di arresta re l’impeto di Grenier, si era fermato con tre mila soldati a Parma. Il Francese, urtando la città da ogni parte, vi entrava per viva for za, ritirandosene a tutta fretta colla minor par

te de' suoi soldati il Tedesco. Combattessi in que

sto fatto molto aspramente a ferro ed a fuoco con gran terrore dei cittadini . Il re di Napo li, tornato più grosso , e sforzato finalmente il passo del Taro già si avvicinava a due miglia

a Piacenza. Quivi l' arrestavano , non la forza degli avversarj , ma più alte e più strepitose sorti.

Pellew e Bentinck comparivano in cospetto di Livorno : avevano molte e grosse navi con

seimila soldati da sbarco italiani , siciliani, in glesi. Il governatore vuotò la città per patto : vi entrarono gl'inglesi il dì otto marzo. Suo

navano le armi, suonavano le parole, si scri vevano i manifesti, si sventolavano le bandiere

dell'italiana indipendenza. Bentinck in questo si mostrava molto acceso, Wilson il secondava,

Bentinck a questo inodo parlava con pubbli co manifesto agl' Italiani : « Su , diceva , Ita


Libro viGESIMOSETTIMO ( 1814) 240 liani : su ; ecco ecco

che siam quì noi per aju

tarvi ; ecco che siam quì noi per levarvi dal « collo il fero giogo di Buonaparte. Dicanvi il Portogallo, la Spagna , la Sicilia , la Olanda

quan to a generosità intenda l’Inghilterra , « quanto l'interesse non curi. Libera è la Spa “ gna per suo valore , libera (c

per l'assistenza

nostra: per l'uno e per l'altra ella condusse a fine un'opera fra le belle bellissima. Cac

« ciato dai felici suoi campi il Francese , fer movvi la sua sede l'indipendenza, fermov « vela la libertà. Sotto l'ombra dell'Inghilterra

(C

(G

fuggì la Sicilia le comuni disgrazie; poscia

u per beneficio di un giusto principe da ser

C

« vitù a libertà passando, ora dimostra quanto un vivere non soggetto, a gloria ed a feli

CC

a cità conferisca. L'Olanda ancor essa intende a libertà . Or sola l'Italia rimarrassi in cep

pi? Or soli gl' Italiani le sanguinose spade gli uni contro gli altri volteranno per fare,

che la patria loro sia serva di'un tiranno ?

« A voi spezialmente questo discorso s'indi rizza, o guerrieri dell'Italia , à voi , in cui mano ora sta il compire la generosa impre a « sa. Questo da voi non si chiede, che avoi

venghiate : solo le voci nostre vi'ammoni « scono, che i vostri diritti rivendichiate, che « a libertà vi restituiate. Applaudiremo lonta

ni, accorreremo chiamati, e se le vostre con giungerete alle forze nostre, fia, che l'Italia

risorga alle sue antiche sorti, fia, che di lei « suoni quant'ora della Spagna suona. » In que Botta T. VIII.

31


242

STORIA D'ITALIA

sta forma l'Inglese allettava gl' Italiani : drap pellava intanto le insegne delle mani giunte , sperando con queste parole e dimostrazioni di >

1

far muovere i popoli.

Ma siccome quegli, che era uomo audace ed operoso, tosto giungeva alle parole i fatti. Ebbe avviso a Livorno , che Genova si guar daya solamente da duemila soldati. Parvegli

occasione propizia , perchè era sito di unica importanza, si per la sua grandezza , sì per la comodità del porto, e sì per l'agevolezza, che acquista chi ne è signore , di scendere nelle pianure del Piemonte e della Lombardia . In oltre abbondava di armi e di munizioni na

vali. Pertanto Bentinck si accingeva ad espu gnarla. Suo pensiero era di mandar le fanterie

per le strade difficili del littorale, le munizio ni pei bastimenti sottili, le armi e gl'impedi menti più gravi per le navi grosse. Giunto à Sestri di levante udiva , che nuovo soccorso

era entrato a custodir Genova per forma che il presidio sommava a,a seimila soldati, presidio insufficiente alla vastità delle fortificazioni, ma

bastante a rendergli molto dura l'impresa ; il reggeva Fresia. Si era egli , per opporsi agli sforzi di Bentinck, ordinato per modo che di stendendosi dai forti Richelieu e Tecla , occu

pava col centro il villaggio di San Martino ,

e quindi arrivaya colla destra per uno spazio

di giardini e di ville, sino al inare. intricato Non aveva ľavversario speranza di poter im padronirsi della piazza per una lunga oppugna


LIBRO VIGESIMOSETTIMO ( 1814) 243 zione con sì pochi soldati : pure molto gl' im portava, che in mezzo a tanti romori, e per non lasciarli raffreddare, Genova si prendesse. Da questo conseguitava , che gli era necessità d'insignorirsene per un assalto vivo. A questo ordinava i suoi , che mostravano un grandissi mo ardire, ed una prontezza incredibile a fare

quanto egli volesse. Mandava gl' Italiani con dotti dal colonnello Ciravegna , soldato pratico ed animoso , che ancor egli sventolava le ban diere dell'indipendenza , aa far opera contro una punta di monte , che sta a sopraccapo ed a fronte del forte Tecla. Spediva un'altra par.

te degl' Italiani contro il forte Richelieu ,men tre un Travers colonnello dal monte delle Fa

scie scendendo con Greci e Calabresi , se ne

giva a guadagnare un'eminenza , che al forte medesimo sovrastá. Quest'era lo sforzo , che fa ceva a dritta e nelle parti di sopra ; ma sot to e più accosto al mare mandava i fanti in

glesi sotto la condotta dei generali Montresor

e Macfarlane con ordine di sgombrare , quanto possibil fosse , ' gl' impedimenti del paese , e di assaltar l' inimico. Succedevano i fatti a secon .

da de' suoi pensieri. Ciravegna, che combatte va sulla punta estrema a destra , spintosi avan

ti con singolar valore , cacciava il nemico dal

l'altura, e s'impadroniva di tre cannoni di mon tagna. Il quale accidente vedútosi dai difensori del forte Tecla , l'evacuarono , in potestà del vincitore lasciandolo. Anche l'eminenza supe

riore al forte Richelieu fu presa dai Greci e

..

..

1


STORIA D'ITALIA

244

Calabresi :: gl' Italiani ancor essi già si avvici navano al forte. Non volendo il presidio aspet

tare l'ultimo cimento', si arrese a patti. Sulla sinistra dei confederati si sostenne la battaglia

più lungo tempo , sì per la natura dei luoghi opportuna alle difese , come per la valorosa dei difensori: pure gl'Inglesi guada resistenza o

gnavan

del

campo.. Finalmente gli assediati ,

vedendo, che per la perdita dei forti Tecla é

Richelieu correvano pericolo di esser presi al le spalle, fecero avviso di ritirarsi del tutto den trole mura, lasciando le difese esteriori in poter dei confederati. Già per opera di Bentinck ,

și piantavano le batterie per fulminare la cit tà. In questo , ad accrescere il terrore 2 arri vava sopra Genova Edoardo Pellew.con tutta la sua armata , attelandosi a froute di Nervi.

Ai piccoli cannoni di Bentinck si aggiungevano i grossi e le bombarde di Pellew per modo che

nell'assalto, che si vedeva imminente , ogni co sa presagiva un successo prospero a chi assalta va . Si venne in sul convenire : Fresia si arrese

il di diciotto aprile.

Bentinck , acquistata la possessione di Genova diallettamento in allettamento passando, faceva sorgere speranze di franco stato nei Genovesi.

Forse credeva, che i confederati avrebbero avu

to più rispetto a questa condizione , se fosse e

fatta sperare con parole , e cominciata col fat to , che s'ei fosse stato sul severo , e non avesse

parlato d' altro che di conquista. Ordinava per tanto un governo preparatorio : voleva ch'egli


LIBRO VIGESIMOSETTIMO ( 1814 ) 245 reggesse i dominj genovesi secondo gli ordini della constituzione del novantasette

e insino

a che si statuissero quelle modificazioni , che

l' opinione , l ' utilità , lo spirito della constitu zione del 1576 richiedessero ; che il governo si spartisse in due collegj , come nella forma

antica ; che durasse in ufficio sino al primo gennajo dell'ottocentoquindici, tempo in cui i collegj ed i consigli fossero adunati a norma dellaconstituzione. Questi erano i fatti dal ca

pitano d' Inghilterra : i motivi poi pubblica mente detti suonavano , che stantechè i sol

dati d'Inghilterra retti da lui avevano scacciato dalle terre di Genova i Francesi, e che im

che alla quiete ed al governo dello stato si provedesse , considerato ancora , che

portava ,

a lui pareva , che universale desiderio della na

zione genovese fosse il tornare a quell'antica forma', alla quale era stata si lungo spazio obbligata della sua libertà , prosperità e in dipendenza , é considerato finalmente , che a questo fine indirizzavano i pensieri e gli sforzi Toro i principi collegati , che ognuno fosse rin

tegratone' suoi antichi diritti e privilegj vo leva 'ed ordinava che quello , che i popoli ge novesi desideravano in conformità dei principi espressi dai collegati si risolvesse in atio, e si mandasse ad effetto. Alle quali cose dando

esecuzione , chiamava al governo Girolamo Serra, in qualità di presidente , e con lui Francesco Antonio Daguino , Ippolito Duraz * 20 , Carlo Pico , Paolo Girolamo Pallavicini ,


246

STORIA D'ITALIA

Agostino Fieschi, Giuseppe Negrotto , Giovan ni Quartara , Domenico Demarini , Luca Sola

ri, Andrea Deferrari, Agostino Pareto , Gri maldo Oldoini .

Da tutto questo si vede, se i Genovesi non dovevano concepire speranza di conservare lo onorato' nome , e l' essere antico della patria lo

ro ; e se qualcheduno dalle parole di Bentinck ario ,, che Genova avesse dedotto quest questoo coroll corollario avesse fra breve ad esser data in potestà del re di Sardegna , certamente sarebbe stato te nuto piuttosto scemo di mente che falso loico .

Ma Castelreagh trovò non so che dritto di con quista e l' utilità della lega, motivi appunto di senatus -consulti napoleonici. Bene era spe gnere Napoleone , e meglio sarebbe stato il >

non imitarlo.

Già tutta l'Italia era sottratta dall'imperio

di Napoleone: solo restava la parte , che si comprende tra il Mincio , il Po e le alpi. Ma la somma delle cose per lei si aveva piuttosto

a decidere sulle rive della Senna , che su quelle del Po. Già sinistri, romori si spargevanu per

Napoleone : poscia le certe novelle arrivavano, essere i confederati, conducendo con esso loro tutto lo sforzo di Europa, entrati trionfalmen

te in Parigi , compenso dato da chi regge il cielo a chi regge la terra delle conquistate Torino, Napoli, Vienna, Berlino e Mosca. Era

oltreacciò vociferazione in ogni luogo, che Na poleone errasse colle reliquie dell'esercito per

le sciampagnesi campagne. A ciascuna ora a


LIBRO VIGESIMOSETTIMO (1814 )

247 cose immense aggiungeva la fama cose immen

se ; nè ugual peso di umane moli si era agi tato nel mondo, dappoichè Scipione vinse An nibale , Belisario Totila , Carlo Martello i Sa raceni, Subieski i Turchi. Poco stanle si udi

va, restituirsi i Borboni in Francia, Napoleone ridotto in Fontainebleau rinunziare all'imperio , dire l'ultinio vale a'suoi veterani soldati, ac

cettare per estremo ricetlo l' umile rupe di Ella isola. Raccontare ai contemporanei si fat

ti accidenti fora opera superflua, poichè la pie na fama ne risuona ancora frescamente nelle

orecchie loro : raccontarli degnamente ai po

steri, fora opera superiore alla eloquenza, nè io mi vi accingerei, che conosco l' umile mio sti

le ed il mio tarpato ingegno. Solo dirò , che per le armi più si fece , che si sperasse , che colle parole più si promise, che si attenesse , che la prosperità fe' dimenticare le affermazio

ni della paura, e che le vecchie voglie sormon tarono le necessità nuove. Pure si liberò l'Eu

ropa da una volontà sola e da un dominio

soldatesco ; e chi guarderà indietro insino al

principio di queste storie, e tutti gli accidenti da noi raccontati, andrà nella memoria sua

riandando , sentirá maraviglia , terrore , pietà , dolore e contentezza insieme. Gli uomini stra

ziati, le opinioni stravolte, le società sconvolte, la forza preponderante, la giustizia offesa, la innocenza condannata, le adulazioni ai malva gj , le persecuzioni ai buoni , la licenza sotto nome di libertà , la barbarie solto nome di


248

STORIA D'ITALIA

umanità , la politica sotto nome di religione, e con questo virtù civili eminenti , ma rare, >

esempj lodevoli, ma scherniti, valore di guer ra egregio, ma in favore del dispotismo, l' Eu

ropa infine divenuta scherno e vilipendio a se stessa. Se rinsavirà , non si sa, perchè ancor si sente la puzza degli andamenti napoleonici ; vive l'ambizione in chi comanda, vive in chi

obbedisce, e se fia possibile l' unire la libertà al principato, è incerto. Da tutta questa lagri

mevole tela, come dai ricordi antichi, almeno questo utile ammaestramento si avrà, che chi,

come Buonaparte , da suddito și fa padronę della sua patria per farla serva, o il ferro an cide o la forza atterra .

Come prima pervennero in Italia le novelle della presa di Parigi, e della rinunziazione di

Napoleone, pensò il vicerè a pattuire per la sicurezza delle genti francesi, nè si conveniva, che poichè i Borboni, ai quali erano le poten ze amiche , si trovavano rintegrati in Francia, i Francesi combattessero contro di loro. Inol tre desiderava il vicere ?, con facilitare le con

dizioni ai Borboni ed ai potentati, ayvantag giare le proprie , e fare in modo che gli allea ti usassero contro a lui meno inimichevolmen

te la vittoria. A questo fine uscito da Manto va ,

si abboccava con Bellegarde , l'uno e l'al tro accompagnati da pochi soldati. Conyen nero , che si sospendessero le offese per otto giorni ; che intanto i soldati francesi, che mi litavano col vicerè , passate le alpi , ritornasse


LIBRO VIGESIMOSETTIMO (1814)

249

ro nelle antiche sedi di Francia ; che le fortez

ze di Osopo ‫ܕ‬, Palmanova , Legnago , e la città di Venezia si consegnassero in mano degli Au striaci ; che gl' Italiani continuassero ad occu pare quella parte del regno ,, che ancora era in poter loro ; che fosse fatto facoltà ai dele

gati del regno di andar a trovare i principi confederati per trattare di un mezzo di con

cordia , e che se i negoziati non riuscissero a felice fine , le offese tra gli alleati e gl' Italici non potessero rincominciare , se prima non fos

sero trascorsi quindici giorni , da che i primi si fossero scoperti delle intenzioni loro. La con venzione di Schiarino -Rizzino , che in questo luogo appunto si concluse addì sedici aprile , spegneva del tutto il regno italico . Perchè , se gregati i Francesi dagl' Italiani , nasceva una

tale disproporzione di forze tra gl'Italiani ed i Tedeschi, che il capitolo, il quale dava quiu dici giorni d'indugio alle ostilità , era piullo slo derisione , che sicurezza. Era giunto il momento dell'ultimo vale fra

gli antichi compagni: i soldati di Francia sa lutavano commossi , abbracciavano piangenti i

soldati d'Italia ; a loro migliori sorti augura vano; ultimo grado di disgrazia chiamavano

che la disgrazia li separasse ;; offerivano gli umili abituri loro in Francia ;‫ ܪ‬venissero , si ricorderebbero dell'avuta amicizia , delle co

muni battaglie , della con le medesime armi

acquistata gloria ; fuorichè Italia non sarebbe, tutto parrebbe loro Italia ; la incdesima ..ami Botia T. VIII.

32


250

STORIA D'ITALIA

cizia, la medesima fratellanza troverebbero ; voler essi con le povere facoltà loro pagare all' Italia il debito di Francia . Così con mili

tare benevolenza addolcivano i soldati di Fran

cia le amarezze dei soldati d'Italia. Questi al l'incontro ai loro partenti compagni andavano dicendo : gissero contenti , che se le alpi li se

parerebbero, l' affezione e la ricordanza dei glo riosi fatti insieme commessi li congiungereb bero : conforto loro sarebbe il pensare , che

chi conservava la patria si ricorderebbe di chi

la perdeva; la disgrazia rinforzare l'amicizia , avere per questo l'amore dei soldati italiani

verso i soldati francesi ad essere immenso ; ve

drebbero quello , che in quell'ultimo eccidio fosse per loro a farsi per satisfazione propria , e per onore delle insegne italiche , ma bene questo credessero, e nel più tenace fondo del animo loro serbassero, che, come gli avevano veduti forti nelle battaglie, cosi li vedrebbero

forti nelle disgrazie : questo speravano di mo strare al mondo , che se più patria non ave vano, patria almeno di avere meritavano. Che

Eugenio e che Napoleone a noi, dicevano ? Gloriosi li servimmo, benefici gli amammo, in

felici, fede loro serbammo; ma per l'Italia i nomi diemmo, per l'Italia combattemmo, per l'Italia dolore sentimmo: il dolerci per si dol ce madre fia per noi raccomandazione perpe

tua a chi con animo generoso a generosi pen sieri intende.

Partivano i Francesi, alla volta del Cenisio


LIBRO VIGESIMOSETTIMO ( 1814)

250

e del Colle di Tenda incamminandosi : gli ul

timi segni di Francia appoco appoco dall' Ita lia scomparivano ; ma non iscompariyano nè le ricordanze di sì numerosi anni, nè il bene fat

to, nè anco il male fatto, quello a Francia , questo a pochi Francesi attribuendosi : non iscom parivano nè i costumi immedesimati, nè le pa rentele contratte, nè gl' interessi mescolati : non

iscomparivano nè la suppellettile dell'accresciu

ta scienza, nè gli ordini giudiziali migliorati, nè le strade fatte sicure ai viandanti, nè le aperte

fra rupi inaccesse , nè gli eretti edifizj magni fici, nè i sontuosi tempi a fine condotti, nè

l'attività data agli animi, nè la curiosità alle menti, nè il commercio fatto florido, nè l'agricol tura condotta in molte parti a forme assai migliori, nè il valor militare mostrato in tante battaglie. Dall'altro lato non iscomparivano nè

le ambizioni svegliate , nè l'arroganza del giu dicare, nè l' inquietudine degli uomini, nè l’in gordigia delle iasse, nè la sottigliezza del trar le, nè la favella contaminata, nè l'umore sol

datesco : partiva Francia, ma le vestigia di lei rimanevano. Non venti anni, ma più secoli cor

sero dalla battagliadi Montenotte alla conven zione di Schiarino-Rizzino . La memoria ne vi

vrà, finchè saranno al mondo uomini.

Il vicerè, acconce le cose sue coll’Austria ,

già faceva pensiero di ritirarsi negli stati del re di Baviera, col quale era congiunto di pa rentado pel matrimonio della principessa Ame lia. Ma ecco arrivar novelle, o vere o suppo


STORIA D'ITALIA 252 ste , che Alessandro imperatore consentirebbe

a conservargli il regno , sì veramente che i

popoli il domandassero. Accettava Eugenio le liete speranze: fecersi broglj ;; incominciossi dal l'esercito ridotto in Mantova. L'intento, parte ebbe effetto e parte no ; ma l'importanza con

sisteva in Milano , capitale. Viveva in questo momento il regno diviso in tre sette : alcuni desideravano il ritorno dell'Austria con niuna

o poca differenza dall'antica forma : gli altri pendevano per l'indipendenza, ma chi ad un modo e chi ad un altro ; conciossiachè chi

l'amava çon avere per re il principe Eugenio, e chi l'amava con avere per re un principe di un altro sangue, quand' anche fosse di casa au

striaca ; quest' era la parie più potente. Aveva mandato il vicere , certamente con poca pru

denza, il conte Mejean a Milano a trattare coi capi del governo, affinchè in fayore di lui si dichiarassero. Molto anche vi si affaticava un

Darpay, direttore delle poste, personaggio po co grato ai popoli. Ad accrescere disfavore alla cosa si aggiunse, che a secondare le intenzioni

del vicerè si erano intromessi , per opera

di

Mejean, e per inclinazione propria i Transpa dani o Estensi, come li chiamavano, Bologne

si, Ravennati, principalınente Modenesi e Reg giani, che erano venuti in disgrazia dei Mila

nesi, perchè questi si erano persuasi, che nelle faccende eglino si fossero arrogata molto mag

gior parte di quanto si convenisse. Melzi fa voriva il disegno, il propose in senato . Vi sorse


LIBRO VIGESIMOSETTIMO ( 1814) 253 un gravissimo contrasto , principalmente intorno a quella parte, in cui si trattava del principe

Eugenio. Paradisi, Oriani ed altri Estensi, uo mini d'inveterata fama , di gran sapere ee di molta autorità con efficacissime parole insta vano in favor del principe. Nei cambiamenti politici, dicevano , più facilmente ottenersi il

meno, che il più , essere consueto l'imperio di Eugenio, già dai principi di Europa riconosciu

to : solo volersi, che fosse indipendente da Fran

cia , e questo appunto essere il fine della presen te deliberazione; abbenchè intorno a questo non

occorresse, allegavano, molto travagliarsi; per chè spento Napoleone, la franchezza del paese nasceva da se, e chi volesse credere , che Eu

genio da Francia borbonica ancora dipendesse, come da Francia napoleonica , massimamente se tra la Lombardia e la Francia s' interpo

nesse il Piemonte tornato , come già si moti

vava, sotto il dominio dei principi di Savoja, meriterebbe di essere tenuto piuttosto scemo ,

che acuto. Adunque l'indipendenza, continua vano, essere non solo sicura, ma ancora neces

saria con Eugenio : queste considerazioni la na tura stessa dettare, le parigine novelle confer mare. Se un altro principe si addomandasse che sicurtà si avrebbe d’impetrarlo ? In deli berazioni di tanto momento, meglio dover fi darsi i collegati in chi è già per loro pruova to, da loro conosciuto , che in chi per loro fosse ignorato : nell' uscire da sconvolgimenti tanto stupendi, in tanta tçnerezza di un fresco or


254

STORIA D'ITALIA $

dine in Europa, come sperare, che in un re gno

d'Italia , pieno di umori diversi, importan

te per la sua situazione, un principe di natura ignota sia per essere accordato ? Udire all'in torno , continuavano a discorrere gli oratori fa vorevoli al vicerè , susurrarsi il nome di un

principe austriaco: ma quivi appunto avvertis sero bene , e bene considerassero gli avversari, massime coloro che favellavano di libertà e

di signoria paesana , a qual partito si mettes sero . Da un principe austriaco adunque aspet tavano il viver libero e franco , da un principe austriaco congiunto di sangue coll'antico so vrano del regno , nodrito nelle massime del co

mandare assoluto , timoroso necessariamente di Vienna , sovrano di Milano solamente in appa

renza ? Di chi sono questi soldati , che ora ci minacciano ? Austriaci. Quali soldati in Milano il condurrebbero ? Austriaci . Quali soldati sulle frontiere nostre sovrasterebbero ? Austriaci. Co

noscono essi queste terre , le conoscono e le bramano. Se mancheran le cagioni , non man

cheranno i pretesti , e ad ogni piè sospinto l'il luvie tedesca inonderà il regno : cagioni e pre

testi saranno il non obbedire puntualmente e sommessamente a quanto da Vienna si sarà co

mandato . Ora quale indipendenza vi possa es sere con un timore perpetuo non si vede. A

chi ricorrerebbero questi partigiani di Austria, a chi ajuto domanderebbero ? Forse all'Inghil terra avara , che fa traffico di tutti ? Ai prin cipi assoluti di Europa , che più temono una


LIBRO VIGESIMOSETTIMO (1814) 255 constituzione , che un esercito ? Alla Francia indebolita , e che non vuol camminare se non con Napoleone , e che con Napoleone più cam minare non può ? Concorrerebbero al principe austriaco tutti gli amici dell'antico reggimento di Austria ; concorrerebbero gli amatori dell’im

perio illimitato ; concorrebbero i malcontenti , e se gl' interessi nuovi , se la libertà nascente, se le opinioni radicate da vent'anni in mezzo a tanto diluvio di elementi contrarj si potes

sero conservare salve, ogni uomo prudente po trà giudicare. Chi sarebbe naturalmente , quasi per intima necessità nemico della libertà

del regno? Certo sì veramente l'Austria. A qual modo puossi la libertà difendere dagli assalti forestieri ? Certo sì veramente coi soldati

e

colle armi. Ora , chi affermare potrebbe , che un principe austriaco fosse per apprestar armi e soldati italici per ostare alle cupidigie dell'Au stria ? Parere , anzi esser certo , che il regno

di un principe austriaco sarebbe , non indipen denza , ma dipendenza , non libertà, ma servitù, non quiete , ma discordia e lurbazione. Vienna, non Milano reggerebbe. Con Eugenio re ogni

via appianarsi, con un principe forestiero non austriaco ogni difficoltà crescersi, con un prin cipe austriaco molte difficoltà torsi , ma fon

darsi la servitù . Valessero adunque , conclu devano , le virtù di Eugenio , valesse il suo amore per l'Italia , valesse la contratta abitudi

ne di lui , valessero i felici augurj testè venuti

da Parigi : essere pazzia in tante tenebre pon se

..


256

STORIA D'ITALIA

guitar quel lume solo , che la fortuna appre sentava davanti. Se qualcheduno desiderasse di viaggiar senza filo in un laberinto , senza bus senza lume in un abisso , si

sola in un mare >

il facesse ; ina nè desiderarlo , nè volerlo fare gli Estensi , i quali credevano , che con dan no sempre si fa spregio della fortuna. Dalla parte contraria acerbissimamente con

trastavano i senatori Guicciardi e Castiglioni , principalmente quest'ultimo , che con molto empito procedeva in queste cose , e mescolava doglianze gravissiine degli Estensi : a loro si accostavano molti altri Milanesi di nome

di

ricchezza e di alto legnaggio. Non potere re

star capaci , dicevano , come con Eugenio si potesse aver la indipendenza , come si potesse aver la libertà. Sarebbe Eugenio più ligio e

più dipendente dall'Austria , che un principe austriaco stesso : perchè non avendo parentela

nè connessione con altro potentato di Europa di primo grado , là sarebbe obbligato a cercare

per l'interesse della conservazione propria , gli appoggi, dove li troverebbe ; nè altro potreb

be esservene per lui , che nell'Austria, perchè in lei sola potrebbe sperare , come vicina e po tente , di lei sola temere. Credere forse gli av.

versarj, ch'ei nol farebbe per altezza di ani mo ? Ma, oltrechè non mai i principi credono

di derogare alla dignità loro , in qualunque mo

do soggettino i popoli, purchè li soggettino, quali sono i segni del pensare onorato di Eu genio ? Forse lo aver dato la metà del regno


LIBRO VIGESIMOSLTTINO ( 1814)

25 ๆ in potestà di Bellegarde ? Forse i secreti ab boccamenti avuti con lui , di cui più si sa

che non si dice ? Forse lo avere spogliato il reale palazzo di Milano ? Forse i donativi pro messi per queste stesse perniziose e fatali tra me ? Forse Mejean e Darnay quà mandati a subornar .gli spiriti, Mejean e Darnay, non so lo sostenitori acerbi e tenacissimi di tiranni

de , ma ancora denigratori assidui di quanto havvi nel regno di più alto, di più nobile, di più generoso ? Forse la elevazione dell'animo

di Eugenio pruova lo sprezzo fatto di quei sol dati , di cui egli era capitano pagato e richie dente ? Gl’Italiani fatti scherno di un giovane

di prima barba, e che nome non ha, se non da chi ne ha uno odiosissimo ! Dicano l'altezza

di Eugenio le prezzolate ed udite spie, dicanla gli esigli dei più generosi cittadini , dicanla la ti ranpide sul parlare e sullo scrivere usata. Nou

è punto da dubitare adunque, che siccome egli non abborrirebbe per natura dal più dimesso partito, così ancora per necessità il piglierebbe, e più sarebbe certamente goveroato austriaca mente il reguo da Eugenio , che da un prin cipe austriaco. Certo si , che i comandamenti arriverebbero da Vienna, non dal reale palaz zo di Milano. Di ciò già manifesti segni essere le umili cortesie usate a Bellegarde, le cedute

fortezze, i messi mandati al campo dell'impe ratore Francesco, i messi mandati alle parigine

trattazioni; dimostrarlo quelle medesime pro poste, che allora andavano su per le panche Dulia T. VII .

33


253

STORIA D'ITALIA

senatorie . Che se poi di austriaco principe si trattasse, ancorachè questo fosse l'estremo par

tito , che solo la necessità dovrebbe indurre , non visse beata e da se medesima la Toscana

solto un principe austriaco lungo tempo ? Du ri e renitenti certamente essere i principi au

striaci, sclamavano i sostenitori di questa senten

za, al giurare liberi patti, ma esserne anche fedeli osservatori, se giurati gli abbiano ; i Na poleonidi non del pari, perchè corrivi al giu

rare, corrivi al violare, delle promissioni non si curano, se non per l'utilità. Udite , udite , vociferavano , che di Prina si parla per man

darlo delegato , che di Paradisi si parla per mandarlo delegato ! Si per certo, Prina, ama tore tanto tenero di libertà, si per certo, Para

disi, che a qualunque più pericoloso partito si

getterebbe piuttosto che sentir odore austriaco, e ben sanne il perchè ! Questi sono i messi

dell'indipendenza, questi i difensori della li bertà. Del resto, le nazioni, non le parti o le sette fanno le mutazioni degli stati nelle im

portanti ed uniche occorrenze. Chi potrà af fermare, che gl' Italiani vogliano Eugenio per re ? Forse i soldati che lo odiano ? Forse i cit

tadini che non lo amano ? Il chiamarlo sarebbe stimato macchinazione di pochi, non volontà di tutti , nè tanto sono i principi collegati igno ranti degli umori che corrono, che queste evi denti cose non sappiano.

Tutta la nobiltà milanese Eugenio impugna, ed un vivere libero pretende: tutto il popo


LIBRO VIGESIMOSËTTIMO ( 1814) 259 lo mosso,, che a queste mura grida intorno e minaccia, solo perchè ha udito susurrare della confermazione di Eugenio, della continuazione, se non del dominio, almeno delle consuetudini di Francia . Generose armi stanno in mano dei

principi collegati, generose cagioni li muovo

no, a generose cose intendono, nè questo mo mento ad alcun' altra età si rassomiglia. Pro

ponete loro , non quello , che pochi vogliono , ma quello, che vogliono tutti, proponete loro una risoluzione grande, non la domanda di un principotto, docile allievo di un tiranno, pro ponete loro un vivere largo e generoso , non una vita piena di spie e di carceri, e sarete

esauditi. Questo vogliono gl' Italiani , questo vogliono i principi alleati , questo vogliono i cieli, che non han sommosso il mondo , per

chè continui a regnare in Milano Napoleone Buonaparte sotto nome di Eugenio Beauhar

nais. No, sclamavano vieppiù infiammandosi , non vogliamo Eugenio, no, non vogliamo Pri na, nè Mejean vogliamo, nè Darnay: bensì vo

gliamo un principe, che collegato di sangue con qualche ceppo potente di Europa non ab bia bisogno di adulare e di concedere per sus

sistere ; vogliamo un principe, che giuri libertà

per conservarla, non per ispegnerla ; vogliamo un principe, che conosca , e sappia e senta quanto nobile sia questo italico regno, quanto generosi questi italici abitatori, quanto alte sor ti a lui ed a loro siano dai cieli favorevoli

preparate : assai e pur troppo di Francia avem


5

60

STODIA

D

TALII

mo, assai e pur troppo di napoleonici capricci : pruovammo : ora in tanta aspettazione di cose ,

in tanta sollevazione di mondo, altrove si vol gano gli italiani consigli; che lo avere sofferto dee dar luogo al godere, non a nuovo sofferire. Decretava il senato, che si mandassero tre .

legati ai confederati, supplicandogli, ordiñasse ro , che cessassero le offese : domandassero i

legati, che il regno d'Italia fosse ammesso a godere l'indipendenza promessa e guarentita

dai trattati ; testificassero , quanto il senato am mirasse le virtù del principe vicerè , e quanta gratitudine pel suo buon governo avesse . Seppesi la deliberazione. Fece la parte con

traria, che abborriva dal nomedi Eugenio, un concerto. Entraronvi i capi principali delle ar mi, le case più eminenti di Milano, principal mente Alberto Litta, che accarezzato da Buo paparle , non aveva mai voluto accettar cari

che , preferendo un vivere privato onorevole

ad un vivere pubblico abjetto. Si aggiunse ro i negozianti più ricchi, e fra gli scien ziati e letterati i meno paurosi. Il nome della indipendenza era in bocca a tutti , l' amore nel cuore ; nè mai in alcun moto, che abbian

fatto le nazioni in alcun tempo nelle più im portanti faccende loro , tanto ardore e tanta unanimità mostrarono , quanta gl' Italiani in questa. Domandavano , che si convocassero i

collegj elettorali. Era il venti aprile, quando, essendo il senato raccolto nella sua solita se

de, una gran massa di gente , gridando , a lui


LIBRO VIGESIMOSETTIMO ( 1814) 261 traeva : era il cielo nuvoloso e scuro, pioveva

leggermente, un' apparenza sinistra spaventava gli spiriti tranquilli. I commossi non si rista vano. Eranvi ogni generazione di uomini, ple be, popolo , nobili , operai , benestanti, facol

tosi. Notavansi principalmente fra l'accolta moltitudine Federigo Gonfalonieri, i due fra telli Cicogna, Jacopo Ciani, Federigo Fagnani, Benigno Bossi , i conti Şilya , Serbelloni, Du

rini e Castiglioni. Le donne stesse , e delle

prime , partecipavano in questo modo gridando ancor esse patria e indipendenza, non Eu genio , non vicere, non Francesi ; una donna

De-Capitani, una marchesa Opizzomi , ed al

ire non poche. Era tutta questa gente volta a bene , ed il male , non che avesse fatto , non

l'avrebbe neppure pensato. Ma , come suole , incominciavano ad arrivare e da Milano e dal

contado uomini ribaldi , che volevano tutt'altra

cosa piuttostochè l'indipendenza.Queste paro « Hanno la Spa u gna e l'Allemagna gittato via dal collo' il giogo dei Francesi ; halle l'Italia ad imita

le scritte andavano attorno :

(

re .

Gonfalonieri a tutti avanti gridava :»

Noi vogliamo i collegj elettorali , noi non vogliamo Eugenio. Fuggirono i senatori »

partigiani del principe, il senato si disciolse . Entrò il popolo a furia nelle sue stanze, il con te Gonfalonieri il primo , e tutto con estrema

rabbia vi ruppero e lacerarono. Gridossi da al cuni uomini di mal affare mescolati col popolo ,

Melzi, Melzi , e già si mettevano in via per


202

STORIA D'ITALIA

andarlo a manomettere. Un amico di lui gridò Prina : era Prina più odiato di Melzi , ed ec CO , che corsero a Prina, e flagellatolo prima crudelmente, l'uccisero con insultar anco al

suo sanguinoso cadavere lungo tempo . Cerca ronu di Mejean e di Darnay ; non li trova rono . La folla frenetica , messe le mani nel sangue , le voleva mettere nelle sostanze. Già le case si notavano , già le porte si rompevano ,

già le suppellettili si recavano ; la opulenta Milano andava a ruba. Aquesto passo i possi denti ed i negozianti , ordinata la guardia na

zionale , frenarono i facinorosi, e preservarono la città .

Il vicerè , che tuttavia sedeva in Mantova ,

uditi i moti di Milano , indispettitosi, diè la fortezza in mano degli Austriaci , atto vera

mente biasimevole , del quale perpetuamente la posterità accuserà Eugenio; imperciocchè gli uomini giusti e grandi non operano per dispetto, nè Mantova era di Eugenio ,' ma degl' Italia

ni : miserabili calate dei Napoleonidi. Napoleo ne tutto stipulava per se , nulla pe' suoi a Fon

tainebleau , Eugenio non solo nulla stipulava pei suoi, ma ancora tutto quel maggior male fece loro , partendo, che potė. Partiva da Man tova per la Baviera , le italiche ricchezze seco

portando. Per poco stette , che le inemorie di Hofer nol facessero uccidere in Tirolo, nuovo

dolore mandatogli dal fato, che chiamava a di struzione i Napoleonidi.

I collegj elettorali , adunatisi , crearono una

!


LIBRO VIGESIMOSETTIMO ( 1814) 263 reggenza. Decretarono, che le potenze alleate si richiedessero dell'indipendenza del regno, di

una constituzione libera , e di un principe au striaco , ma indipendente : alzavano le loro speranze le parole pubblicate dai confederati del volere l'indipendenza delle nazioni. Si

ap

presentarono Fè di Brescia ,Gonfalonieri, Cia ni , Litta , Ballabio , Somaglia di Milano, Som mi di Crema, Beccaria di Pavia, legati, a Fran cesco imperatore a Parigi. Esposte le doman de , rispose , anche lui essere Italiano , i suoi

soldati avere conquistato la Lombardia : udi rebbero a Milano quanto loro avesse a coman dare. Entrarono gli Austriaci in Milano il di ventotto aprile : Bellegarde ne prendeva pos sessione in nome dell' Austria il di ventitre di

maggio. Così finì il regno italico. Continuava Genova in potestà d'Inghilterra; vivevano i Genovesi confidenți della conserva

zione dell'antica repubblica. Li confortayano la rintegrazione promessa dagli alleati di cia scun nel suo , e le dimostrazioni bentiniane.

Ma ecco il congresso di Vienna decretare , do ver Genova cedere in potestà del re di Sars degna .

A questa novella il governo temporaneo nel

seguente modo favellava ai popoli genovesi ; Informati, che il congresso di Vienna ha disposto della nostra patria , riunendola agli « stati di sua maestà il re di Sardegna , ri

« -soluti da una parte a non lederne i diritti « impreteribili , dall'altra a non usar mezzi


264

STORIA D'ITALIA

a inutili e funesti, noi deponiamo un'autori (

tà , che la confidenza della nazione e l'ac quiescenza delle principali potenze avevano comprovata.

Ciò , che può fare pei dritti e la re « staurazione de' suoi popoli un governo non d'altro fornito , che di giustizia e ragione e le sanno , tutto fu ten

« tutto , ee la nostra coscienza lo attesta

corti più remote lo

« tato da noi senza riserva e senza esitazio

« ne. Nulla più dunque ci avanza

se non di

« raccomandare alle potestà municipali , am « ministrative e giudiziali l'interino esercizio dell'ufficio loro , al successivo governo la « cura dei soldati , che avevamo cominciato a

formare, e degl' impiegati , che hanno leal « mente servito , a tutti i popoli del Geno

« vesato la tranquillità , della quale non è alcun « bene più necessario alla nazione. Dalla pubbli i ca alla privata vita ritraendoci , portiamo con « esso noi un dolce sentimento di gratitudine

« verso l' illustre generale, che conobbe i confi * ni della vittoria, ed un'intiera fiducia nella providenza divina , che non abbandonerà mai « i Genovesi. »

Queste furono le ultime protestazioni, le ul me querele e le ultime voci dell'innocente Ge

nova. Il giorno susseguente, che fu addì ven zette dicembre , un Giovanni Dalrymple, co mandante dei soldati del re Giorgio, ne assun

se il governo : la diede poscia in inano ai le gati del re Villorio Emanuele.


LIBRO VIGESIMOSETTIMO ( 1814)

20 ).

Così l'Italia, dopo una sanguinosa e varia

catastrofe di venti anni, della quale dieci ter remoti, e non so quanti volcani sarebbero sta ti per lei migliori, si ricomponeva a un di pres so nello stato antico . Tornava Vittorio Ema

nuele io Piemonte , Francesco in Milano , Fer dinando in Toscana, Pio in Roma : passò Par ma dai Borboni agli Austriaci : conservò Gio vacchino il real seggio di Napoli, ma nou per durare; le italiane repubbliche spente: l'acume del secolo trovò, che la legittimità è nel numero

singolare , nel plurale no. Solo fu conservato l' umile San Marino, forse per un tratto d'imi tazione di più degli andari napoleonici: la sua

esiguilà e povertà non eccitavano le cupidità di nessuno . Cedè Venezia a Francesco , Genova a Vittorio. Nè furono i governi di Francesco,

di Vittorio, di Ferdinando e di Pio sdegnosi: solo non misurarono la grandezza delle muta zioni fatte nelle menti e nel cuore degli uo inini da si grandi e si lunghi accidenti ; im perciocchè se esse mutazioni erano , come al cuoi pretendono , malattie , richiedevano con venienti rimedj. Giudicheranno i posteri, se i mali che seguirono , debbano agl' infermi od a chi li doveva sapare , attribuirsi . Felici Giu

seppe e Leopoldo, principi santissimi, che vol lero consolar l'umanità colle riforme , non

ispaventarla coi soldati ! Nè ai principi italiani noi qui parlando, intendiamo accennare insti tuzioni all' Inglese, alla Francese od alla Spa Botta T. VIII.

34


266

STORIA D'ITALIA

gnuola, le quali a modo niuno si convengono all'Italia; ma bensì riforme che facessero sor

gere a maggior quiete e felicità dei popoli di questa penisola, siccome già abbiamo notato nel precedente libro, instituzioni peculiari ac comodate alla natura degl' Italiani , cosa del

pari facile a concepirsi, che sicura ad eseguir si. Oltre a ciò la nobiltà esiste in Europa, ed

è indestruttibile. E' bisogna pertanto farne sti ma in un ordinamento sociale tendente allo

stato libero, come di un elemento necessario ,

e darle, come a corpo coustituito, quella par

te di potestà politica , che le si conviene , non tenti usurpa perchè sia contenta zioni nelle altre potestà della macchina so e

ciale. Ciò eseguito , fia necessario da un altro

lato inibirle l'ingresso, e qualunque ingerenza nella potestà popolare , instituita , quanto al l'Italia, a modo antico, ma bene e prudente >

mente inteso , non a modo moderno , che non

può esser buono . La divisione tra la nobiltà

ed il popolo è nella natura stessa delle cose , e debh' essere ancora nella legge politica. Que sta è condizione indispensabile si per la liber

tà, e sì per la quiete dello stato , e ad esse niuna cosa è più perniziosa che una nobiltà in

aria, ed una potestà popolare composta di con ti e di marchesi . Questi principi sono veri e possibili ad esser ridotti all'atto , o che si viva

in monarchia, o che si viva in repubblica . La chimera dell' egualità politica ha fatto in Eu


LIBRO VIGESIMOSETTIMO ( 1814)

267

ropa più male alla libertà che tutti i suoi nemici insieme. L'egualità debb' essere nella

legge civile, non nella politica. I principj astrat ti ed assoluti in proposito di ordinamento so

ciale son fatti solamente per indicare i fonda menti delle cose, non per esser posti in atto

senza modificazione ; perchè le passioni, che sono la parte attiva dell'uomo, generano mo vimenti disordinati , che bisogna frenare. Sono

essi principj in economia politica ciò che sono i geometrici nella meccanica , le passioni , in quella, ciò che l'attrito delle macchine ed al tri accidenti prodotti dalla natura della mate ria in questa ; e così come si tien conto del l'attrito nell'ordinar le macchine, si dee tener conto delle passioni nell' ordinar la società. L'effetto che si desidera , è la libertà , cioè

l'esatta e puntuale esecuzione della legge civi le uguale per tutti, ed un' uguale protezione della potestà sociale per ciascuno , si quanto

alle persone, come quanto alle sostanze. Purchè si ottenga questo fine, non si dee guardare alla qualità dei mezzi , e mezzi di diversa natura , >

secondo la diversità delle nazioni , vi possono

condurre. Chi risolvesse bene questo problema ,

a sino a qual segno ed a qual parte dell'egua (<

lità politica si debba rinunziare per me. glio assicurare la libertà e l'egualità civile »

farebbe un gran servizio all'umanità. Ma di’ ciò più ampiamente altri più capaci di noi. Noi intanto, terminata questa gravosa fati


268

ca ,

STORIA D'ITALIA

alla quale piuttosto per desiderio altrui che

nostro ci mettemmo, quì deponiamo la penna,, e qui diamo riposo alla mente oggimai troppo travagliata e stanca .

Fine dell'ottavo ed ultimo tomo.


TAVOLA GENERALE DELLE MATERIE.

( I numeri romani indicano il tomo, gli arabici le pagine )

A ABDICAZIONE sforzata del re di Sardegna, tom . V , pag. 151 . ABRIAL mandato dal direttorio a Napoli , V , 232. Vi crea un

governo,

e quale , 233. Sua generosità verso i discendenti del Tasso , ibid. ABOCHIR ( Battaglia d' ) , V , 21 . >

- Acqui (molo incomposto d' ) contro il governo repubblicano in Piemov te , V 7, 244.

ACTON, ministro di Napoli, Sue insinuazioni alla regina , I , 308 e 309. Adige. Descrizione del suo corso III , 118.

ALBA ( sommossa d' ) , 1 , 49.Si solleva contro i Francesi , V , 288. ALBANI-VILLA. Come spogliata, IV , 223. ALBANI (cardinale). Suo parere sul concordato del 1802, VII, 101. ALBAREY ( marchese d' ). Suo discorso del consiglio del re di Sardegua a persuasione della guerra con la Francia , I, 323 . Alciati. Sao fatto contro i sollevati del Piemonte , V, 124.

ALESSANDRIA ( cittadella di ). Oppugnata dagli alleati, VI , 63.

ALESSANDRO , imperatore di Russia. Sua discordia con Napoleone , VII ,

215. È vinto , e fa la pace con lui , 259. Il va visitare a Erfurt, 276. Sua guerra con Napoleone, VIII, 196. Vince, 201. >

Ali, pascià di Janina. Sua natura, VI, 4. Assalta i Francesi a Nicopoli, e li vince, 6. Come li tratta, 12 . ALLEATI, Minacciano Genova, I, 251. Loro speranze e timori, 273. Lo

ro situazione sulla riviera di ponente, 298. Loro disegni, 300. Perdo no la battaglia di Loano , 331. Tentano l' animo del re di Sarde 9

gna , III', 8. Come ordinati in Italia sul principio del 1796, ibid. Loro conforti a Buonaparte, 125.

ALTAMURA , città del regno di Napoli presa dal cardinal Ruffo , e come trattata, VI, 131 .

Alyinzi , generalissimo di Austria , III, 101. Combatte prosperamente a

Caldiero, 114. Sua condizione vittoriosa, 115. È vinto ad Arcolo, 121. Si apparecchia a nuova guerra, 141. Suoi disegni penetrati, e per ope

ra di chi, 149. È vinto a Rivoli, 150. Si ritira alla parte più aspra del Tirolo, 156 . AMORE ( cavalier di sant' ). Condannato e morte a Torino, e perchè , I, 235 .

Ancona , difesa dai Francesi , oppugnata dagli alleati, VI, 184. Si arren de , 197,

ANDRIA ( città della Puglia). Presa di assalto e come trattata. V , 222. Angioi (cavaliere). Suo moto in Sassari per ottener gli stamenti, I, 314. Suoi pericoli in Livorno, II, 183.


1 | 1

TIVOLA GENERALE 270 ANSELMO, generale di Francia. Invade il paese di Nizza, I, 108. Aosta ( duca di ). Accompagna il re suo padre nella spedizione di Niz za , e sue qualità, I, 190. Come sottoscrive l'atto di abdicazione del re suo fratello ,.V , 151. Valle di, tentata dai Francesi, I, 226 .

ArcIDUCA ( Carlo ). Mandato dall' imperatore a governar l'esercito itali lico, III, 200. Come lo dispone , 201. Sue qualità, e modo di far la guerra, 202. Si ritira dal Tagliamento , 205. Spera di vincere alla

Ponteba ed a Tarviso, e perchè gli venga rotto il disegno, 212, Sue risoluzioni dopo di questo sinistro, 213, Come risponda ad una lettera

di Buonaparte, 215. Generalissimo in Italia, VII, 219. È vinto a Cal diero, 227. Generalissimo in Germania, VIII, 5. Perde le battaglie di

Taun, Abensberga e Ecmul, 21. E quella di Vagria , 29. ARCIDOCA (Ferdinando ) obbligato a lasciar Milano , e sue provisioni prima di lasciarlo, II, 32 .

ARCIDOCA ( Giovanni ) , generalissimo di Austria in Italia, VIII, 6. Suo manifesto agl'Italiani, 8. Vince a Sacile, 13. Si ritira dall'Italia, 24. Perde la battaglia di Giavarino . 28 . Arcolo ( battaglia di ) III, 121 .

Ardente. Battaglia del colle, I , 234 . ARENA. Vedi Saliceti .

Arezzo, città della Toscana, si solleva contro i Franccsi, VI , 27. Corne

minacciata da Macdonald, 29. Presa di assalto dai Francesi ,> VII , 59. ARGENTEAU , generale austriaco , suoi errori nella battaglia di Loano , I, 333. Ed in quella del Dego, II, 40. ARNAULD , letterato di Francia , va a Corfù , IV , 151. Come pensa dei

Greci , 156. Quali esortazioni faccia a Buonaparte rispetto a Vene zia , 161 .

ARTALI ( marchese ). Suo procedere in Messina , VIII, 166. AsseMBLEA nazionale di Francia . Vedi Francia .

Assia ( principe d' ). Ditende Gaeta contro i Francesi , VII, 238.

AUGEREAU , generale di Francia , combatte valorosamente alla baliaglia >

di Loano, I, 337. Conforta Buonaparte sbigottito II, 192 e 196. Gra ve battaglia tra lui e Quospadowich sulla Brenta , III, 110. Suo va

lore nella battaglia d'Arcolo , 130. Sue generuse querele sul modo , con cui è trattata Verona , 292.

Austria, Sua costanza maravigliosa , III , 144. Stato miserabile del suo esercito in Italia , 200. Manda l'arciduca Carlo a governarlo , ibid . Manda legati per trattar la pace con Buonaparte , 220. Sue nuore di

sposizioni contro la Francia , VI >, 31. Si oppone al ritorno del re in Piemonte, V , 306. Nuova discordia tra lei e la Francia, VII, 218. Nuova guerra , VIII , 3 .

AUSTRIACI. Lor modo di guerreggiare rispetto a quel dei Francesi, III, 216 . Occupano le provincie venete del levante , III, 141. Ed i Grigioni , V , 248. Come ordinati verso l'Ilalia nell'ultima guerra contro Napo >

>

leone , VIII, 218. Occupano Milavo , 263.

Azzeretto , fuoruscito' genovese. Sue esortazioni a' suoi compatriotti , VI, 227. Assalta Genova con turbe collettizie , 242.

1


271

MATERIE

DELLE

B

170. ( Pasquale ). leSuo supplizioa in Napoli , VI, Baffi lone , genera di Franci . Come prenda il piccolo San Bernar Bagne , 225 e 226 , iadore te ). Ambasc BALdoBO, (Icon del re di Sardegna a Parigi , e suo di

scorso al direttorio , II, 27 e 29. Sue astute insinuazioni al governo francese , IV, 51. Si adopera efficacemente per la rivocazione di Gin

guené , ambasciator di Francia a Torino , e l'ottiene , V , 137. Non riconosce il governo nuovo , e sue qualità , 239. BALLAND , generale comandante in Verona al momento della sollevazione i,

dei Verones III, 270. Baracuer d'Hilliers , generale di Francia. Sua condotta in Venezia, IV , 158. Vi pianta l'albero della libertà, 166 . BARBARESCHI, Danni che fanno a Genova , IV. 39. Bareetti, Loro operare sulle montagne di Nizza , I, 298. BARD ( forte di ), Come osta ai Francesi , VII , 14.

BARI ( terra di ), Si solleva contro il governo repubblicano , V , 212. BARONI del regno di Napoli , come trattati , V, 204. Baroni in Sicilia , contrarj al ministro Medici , e perchè , VIII , 173. Loro atto , e come

trattati , 174. Loro generosità , 185. BARRAS . Sue pratiche cogli agenti dei Borboni , IV. 122. BARTELEMY. Ministro di Francia in Isvizzera. Suoi negoziali, JI. 4 . BARZONI. Suo libro contro i Francesi , IV, 163.

Basilea. Pratiche per la pace , II , 4. Bassano ( congresso di ) IV, 171 . Basseville. Segretario della legazione di Francia a Roma, come ammaz zato ,IAI , 243. BATTAGL . (navale). Del capo di Noli , I , 294. Di San Giacomo e di Melogno, 300. Di Loano , 331. Di Montenolle , II , 25. Di Magliaoi , 28. Del Dego. 37. Di Mondovi, 47. Di Fombio e di Codogno , 71. Del

ponte di Lodi , 77. Di Lonato , 197. Di Castiglione ( prima ) 199. Di Castiglione ( seconda ) 203. Di Roveredo , 213. Di Primolano e Bas sano , 218. Di Caldiero, III, 114. D'Arcolo >, 123. Di Rivoli , 153. Del Senio , 175. Del Tagliamento , 206. Della Ponteba e di Tarvisio , 2 : 3. D’Abuchir ( navale ), V, 21. D’Ornavasso , 96. Di Verona, 257 e 259. Di Magnano , 264. Di Cassano , 273. Di Nicopoli , VI , 4,

Della Trebbia , 42, 44, 50. Di Novi , 96. Di Savigliano , 113. Della Chiusella , VII, 18. Di Casteggio , 22. Di Marengo, 26. Del Mincio , >

69. Di Campotenese , 239. Di Maida, 246. Di Sarile, VIII , 13. Di Giavarino , 28. Di Maloyaroslavetz , 201 . BATTAGLIA ( Francesco ) proveditor , dei Veneziani. She insinuazioni a Venezia ,5 III , 43. Come senta la rivoluzione di Bergamo, 230. Scrive a Buonaparte , e qual risposta ne riceva , 231. Sua condotta nella ri voluzione di Brescia , 233. Carcerato dai novatori, 234. Manifesto ap

postogli con fraude, e perchè, 250. Opinione sopra di lui, 252. Smen tisce il manifesto, 253. Suoi maneggi in Venezia per cambiarvi l'an tico governo , 319. Beaulieu , generalissimo dei confederati in Italia , e sue qualità , II , 7. >

>


272

TAVOLA GENERALE

Sue disposizioni per impedir ai Francesi l'invasione d'Italia , 24. É vinto a Montenotte , 25. A Magliani , 28. A Fombio ed a Cudo gno , 21. Al ponte di Lodi , 77. Mette presidio in Peschiera forlezza dei Veneziani , 138.

Bellegarde. Perde una battaglia al Mincio contro Brune , e si ritira, VII , 69. Sua tregua con Brune, 73. Sua convenzione di Scbiarino-Rizzi no col vicerè, VIII , 249. Entra in Milano e l'occupa io nome del l'Austria , 263.

BELMONTE Pignatelli, inviato di Napoli a Parigi , conclude la pace , >

III. 23 .

BELMONTE ( di Sicilia ) principe. Capo della parte dei baroni , e suoi atti , VIII, 173, 178 e 183 .

Benoni (frate). Sue prediche democratiche a Napoli, VI , 141 . Bentinck . Mandato dall'Inghilterra in Sicilia, e perchè, VIII, 179 . Induce il re a rinunciare all'esercizio dell'autorità regia , jovesten dove il figliuolo >, 182, Constituzione che dà per mezzo del parla mento alla Sicilia, 184. Come calma un molo del re contrario alla

constituzione, 188. Suoi conforti a Murat a favore dell'indipenden za d'Italia, 203. Sue esortazioni agl' Italiani, 219. Suo manifesto, 240. Prende Genova, 242. Di che dia speranza ai Genovesi, 244.

Bergamaschi. Si ordinano in compagnie armate, III, 68. Bergamo ( rivoluzione in). Da chi procurata, III, 226. Berthier. Combatte valorosamente a Rivoli, II, 152. Marcia contro Roma, IV, 203. Se ne impadronisce, 212. Bigot de Préameneu, ministro dei culti di Napoleone, sue lettere con tro il papa, VIII , 113 .

Bisagro (sollevazione di) contro Genova , IV, 41 , 42 e 43. BOLOGNA. Occupata dai Francesi, I , 156. Comizj di, IV, 17. Buonapar te vi prepara la guerra contro il papa, 182. Bonelli (fuoruscito corso). Solleva la Corsica contro gl'Inglesi, II, 230 . Borghese (principe), governatore del Piemoute . Suoi ordini circa il pa >

pa prigioniero a Savoua, VIII, 86 . Bossi (Carlo) , membro del governo provisorio del Piemonte . Sue qualità, V, 241. Procura l'unione del Piemonte alla Francia, 242.

BOTTON di Castellamont, intendente generale della Savoja. Sue qua lità, 1, 103 .

Bouder . Suo valore della battaglia di Marengo , VII, 26 . Bourder ( capitano di nave). Mandato a Corfù, e con qual missione , JV, 150 .

Bourges. ( Prammatica di ) invocata dal consiglio ecclesiastico di Pari gi , VIII, 126 .

Borer (medico). Giustiziato in Piemonte, e perchè, IV , 84. Braganza (casa di). Spodestata da Napoleone, VII, 264. BRANDALUCCIONI , nfliciale d'Austria . Suoi eccessi nel Canavese, V , 292. Brascu (duca), deputato di Roma. Come parli a Napoleone, VIII, 43. Brescia. Rivoluzione in Brescia, e da chi procurata , III, 232. BRIGIDO, colonnello d'Austria. Come contrasti ai Francesi in Arcolo, Ill, 120.

Broers, ainmiraglio di Francia . Vinto ad Abuchir, V, 21 .

Brune, generale di Fraucia a Milano, V, 72. Suoi pensieri contro il


DELI.

MATERIE

273

re di Sardegna, 107. Gli domanda la eitladella di Torino, 112, Suo manifesto ai sollevati piemontesi , 120. Vidue la battaglia del Min. cio , e passa questo fiume , VII , 69. Sua legua con Bellegar. de, 73. BOLGARI, nobile corfiolto . Da favore ai Russi, VI, 6.

BUONAPARTE (Giuseppe). Ambasciator di Francia a Roma, IV, 194. Du . plot è ucciso nel suo palazzo, come e da chi , 198. Entra trion Salmenle in Napoli, VII, 242. Crealo re di Napoli da suo fratello Napoleone, ibid . Re di Spagna, 275.

BUONAPÁRTE (Napoleone). Surrogato a Scherer della carica di genera. lissimo dei repubblicani, e perchè, ll, 20. Sue qualità, ibid. Sue disposizioni per invadere l'Italia, 22. Vince a Montevotte, 25. A Magliani, 28. Al Dego, 37. Mezzi che osa per costringere alla pa . ce il re di Sardegna, 44. Vince a Mondovi, 47. Suoi sentimenti fa vorevoli per la casa di Savoja, 62. Sua prima allocuzione a' suoi soldati, ibid. Ioganna Beaulieu, e passa il Po a Piacenza, 68. Vince a Fombio ed a Codogno, 71. Al ponte di Lodi , 57. Entra in Mi. lavo, e

come, 87. Sua seconda allocuzione ai soldati, 89. Sue ni

pacce à Genova, 98. Occupa Brescia, e suo manifesto dato da que .

sla città, 137. Minaccia il proveditor generale Foscarini, 146. En . tra in Verona, 154. Occupa Bologna, e quello che vi fa, 156. Occu. pa Ferrara, 162. Sue operazioni per opporsi a Wormser, 192. Si sbigottisce per le mosse di Wurmser ; Augereau ed i soldati il con

fortano, 196. Vince a Lonato , 197. Vince a Castiglione , 199. Si trova in grave pericolo a Lonato, e come se ne libera, 203. Vince

a Roveredo , 213. Seguita Wurmser per la valle della Brenta,. 217.

Vince a Primolano ed a Bassano, 218. È vinto, poi vince sotto le mura di Mantova, 226 e 227. Solleva la Corsica sua patria , e la loglie agľ Inglesi , 228 e 229. Dichiara la guerra al duca di Mode

na, e gli fa rivoltar lo stato , III. 14. Arriva in Modena , e quel che vi fa, 18. Sue intenzioni rispetlo al re di Sardegna, 26. Come

giudichi dei popoli cispadani, 34. Come risponda al congresso della Cispadana, 89. Sue querele contro i rubalori dell'esercito , 91. Si oppone ad Alvinzi e con quali forze, 103. Si ritira a Verona, 112. Combatle con infelice successo a Caldiero, 115. Sua pericolosa con dizione, e sinistre parole, 116. Si riscuote con mirabile artifizio,

117. Vince ad Arcolo, 137. Ed a Rivoli, 152. Prepara la guerra contro il papa, 169. Sue generose lodi di Wurmser, 175. Sua uma. nità verso gli ecclesiastici dello stato pontificio , 180. Fa la pace

col papa a Tolentino, 183. Manda Monge a far onorevole allicio presso la repubblica di San Marino, 185. Suoi pensieri nell' ordinar una puova guerra contro l'Austria, 193. Come disponga l'eserci to, 195. Suo bando ai soldati, 198. Paragouato all' arciduca Carlo, 202. Pussa il Tagliamento, 205. Entrą villorioso delle metropoli della Stiria, della Carpinla e della Carintia, 216. Scrive all'arciduca , 218. Suo pericolo , 219 e 220. Couclu le una tregua , poi i preli. mioari di pare coll'Austria, 222. Rivolta la terraferma veneta, 223, 253. Come risponde ai legati mindati a lui dal senato veneziano, 235. la sidia Verona, 243. Mapda Junot a fare un violento ufilcio a Venezia

254. Sue parole furibonde contro di lei, 295. Le dichiara la guerra,

Botta

T. VIII.

35


274

TAVOLA

E

GENERAL

297. Vuol cambiare l'antico governo di lei, con qual fine, e con qna. li diezzi, 300. Suo crudo parlare a Giustiniani, 310. Vuole, che il gran consiglio di Venezia abolisca il patriziato, e si sprgli della sovra vità , e perchè, 317. Oitiene questo suo intento, e come, 322. Suo trattato con Venezia, 328. Sue insidie contro Genova, lv, 3. Fa una muta

zione nel govervo di lei, e quale, 24. Da favore al re di Sardegna, e come, 59 e 6o. Sua opinione sui Cisalpini, ibid. Oidina la Cisalpina,

90. Suo ultimo vale alla Cisalpina, 119. Sue macchivazioni per arri. vare alla somma potestà in Francia , 121. Manda la sua moglie a Ve Dezia , e come vi è trattata, 169. Suoi discorsi a Verona, 173. Sue

leltere a Villelard , segretario della legazione di Francia a Venezia, 174. Coosegna Veveria agli Alemanni, 187. Acrella la condolta del la spedizione di Egitto , e con quai fiui, V, 9. Parte per l'Egitto, e prende Malta, 13. Sbarca in Egittn, e s'insignorisce ui Alessandria, .. 19. Quanto desiderato in Francia dopo le rotte d'Italia, VI, 203. Vi arriva, e con quale allegrezza ricevuto dai popoli, 207. Distrugge il governo del diretlorio , e si fa primo coosolo, 208.

Bocavo , generale di Napoli, cccupa Roma, VI, 181. Buronzo ( del signore ) , arcivescovo di Torivo. Sue pastorali in lode

del governo repubblicato, V, 289. Bosca ( cardinale ) , segretario di stalo . Sue lettere intercette da Buona parte, III, 168. с

Cacaolt, ministro di Francia a Roma. Sue insituazioni contro il papa , III, 166, e IV, 192. CAGLIARI di Sardegna assaltato dai Francesi, e come si diſende , I, 164, e 165.

CALABRESI ( repubblicani). Loro coraggio indomito, VI, 144. CALABRIE ( le ). Si sollevano cortro il grver no repubblicano, V, 214. Fat ti sanguinosi nelle , VII, 244 , 259 e 260. Con quali mezzi pacificate , e da chi, vill, 74.

CALDIBRO ( battuglia di ) , II , 114, e VII, 227 . Calliano ( hattaglia di ) III, 105. Campo-Fornio ( trallato di ) , IV , 132.

CAMPOTENEZE ( battaglia di ) , VII, 239. Canavese so!levato da un Brandaluccioni, ed accidenti' parte ridicoli , parte tremendi, che vi si vedono , V , 292.

CAPOBIANCO . Capo dei Carbonari in Calabria, VII, 284. Perisce , e co me, VIII, 76.

CAPO ( d'Istria ). Famiglia nobile di Corfù, favorevole ai Russi, VI , 6. CAPPUCCINO ( singolari predicazioni di un ) in Verona contro i forestie ri , III , 278. Dannalo all'ultimo supplizio, e sua costanza, 291 . CAPRAKA ( cardinale ). Conclude un concordato a nome del papa per la repubblica italiana, VII, 157. Sua lettera al papa , VIII , 101 . >

Capua. Assediata dai Francesi, v, 154. È loro consegnata, 184. CARACCIOLI (Francesco) principe. Giustiziato io Napoli, e perchè, VI, 173. CARAFFA ( Ettore ) fuoruscilo napolitano, sure qualità, V, 185. Sua spe dizi'ne in Puglia, 218. Preso , condollo a Napoli, è punito coll'ultimo supplizio : suo estremo coraggio, 173 .


DELLE

MATERIE .

.

275

CARBONARI. Si sollevano in Genova contro i novatori, e conservano l'an . tico stalo, IV, 11 .

CARBONARI. Setta nel regno di Napoli, come nala, suoi riti e fui , VII , 283. Perseguitati dal re Giovacchino. VIII, 73 . CARDINALI . Come trattati, Iv , 229.

CARLETTI ( conte ) . Inviato a Parigi dal granduca di Toscana , I , Copclude

283.

pace , 285. Suo discorso al consesso nazionale, e risposta

del presidente, 286. Rivocato, e perchè, II, 97. Carlo, arciduca. Vedi Arcidnca .

Carlo Emanuele, re di Sardegna , assunto al trono , sue qualità , ed in quale stalo trovi il regno , III, 25. Manda il conte Balbo suo amba sciatore a Parigi, 27. Offerte che gli fa la Francia per congiunger selo in amicizia, 36. Suo procedere , & suoi fini con Buopaparle e colla Francia, IV, 51. Suo trattato di alleanza colla Francia , 61 . Congiure e sollevazioni in Piemonte, e come vi rimedia , 68. Donia i sediziosi ,

80. Sue condizioni nel 1798, V, 71. Come risponda all' ambasciator di Francia, 77. Sua costanza, e suo editio contro i dovatori, 83. La repubblica ligure gli dichiara la guerra, e perchè , 107. Cessa la guer ra, e perchè, 122. I Francesi gl' invadono ostilmente il regno , 144. Sua prima protesta, 147. Sua rinunzia al regno , 151. Parte dal Pie. monte, e sua illibatezza del partire, 155. Sua seconda protesta, 158. CARMAGNOLA , città Jel Piemonte. Si solleva contro i Francesi , e cru deltà che commelte , e che sono commesse contro di lei , V , 292. .

CAROLINA , regina di Napoli . Suo sdegno contro i novatori , 1 , 308 , Pacifica il regno col coosolo , e come VII, 80, Tratta con Napoleo ne , e di che, VIII, 69. Viene in sospetto degl' Inglesi , 72 e 179 >

Come risponda alle intimazioni di Beplinck, 180. Si ritira da Palerno, e percbè, 182. Va ad abitar Castelvetrano , e perchè, 188. Suo tenta . tivo per riassumere l'autorità , ibid. Costretta dagl'Inglesi ad abban donar la Sicilia , arriva a Vieona >, e muore : sue qualità, 191 .

CARROSIANI. Assaltano le uruppe regie , V , 103. Faodo un moto nella Fraschea , e macello che ne segue , 122.

Carrosio. Nido di repubblicani piemontesi in, V , 104. Preso , poi ab. . bandonato dei regj, 107 .

CARTBAU. Generale contro i Marsigliesi , I. 193 . CASABIANCA . Ved. Salicetti.

CASSANO (battaglia di) , V , 273 . CASTEGGIO ( battaglia di) , VII , 22 .

Caterina di Russia. Stimola alla guerra contro la Francia . I , 82. CASTELCICALA ( principe ). Membro di una giunta sopra le congiure in Napoli , I , 3.8. Castellenco (conte) , vicario di polizia a Torino. Sue qualità , IV, 68 . Mandato a Grenoble , e che vi fa , V , 237. Castello di Milano. Si arrende ai Fraocesi . II, 156 .Castel-Bulognese , restituito ai Bolognesi , 159. CASTIGLIONE (battaglia di ) , I 202. CATTARO ( bocche di), in poter dell'Austria , IV, 145. Cenisto ( monte ). Sua descrizione , I , 228. Preso dai Francesi , 2'9.

CERVoni. Suo dello a Napoleone imperatore , e risposta di lui , IV, 190 CHABOT. Generale di Francia difende Cortà , e le altre possessiooi joui


TAVOLA

276

GENERALE

che contro gli alleati , VI , 3. Ricusa le offerte inſami di Ali , pascia

di Janina , 5. Difende egregiamente Corfù , 15. Poi è costretto alla >

>

resa . 20.

CHAMBERY. Buona natura del suo popolo , I , 107. CHAMPIONNET. Geveralissimo di Francia in Roma , respinto dai Napo

litani , V. 44. Poi li respinge , 167. Gli scaccia del tutto , e ricon quista Roma , 174. Marcia contro Capua , ibid . Condizione pericolo sissima , in cui si trova , 182. Suo accordo coi deputali del regno

184. I lazzarnui usciti da Napoli lo combattono asprameote e lo met mo tono in gravissi

pericolo , 191. Pure finalmente li rince , 193.

Assalta e prende Napoli, 194. Vi crea un governo provisorio , 197 . Sue operazioni per consolidare la sua impresa , 201. Rivocato , e per che , 210. Preposto all'impresa contro il Piemonle superiore , VI , 8a .

È vinto a Savigliano , 113. Muore a Nizza , 119. CILASTELER generale d'Austria . Ha principal parte nella vittoria di Cas

sano ,> ed in qual modo , V , 273 - Mandato in ajuto dei Tirplesi . -

>

.

VIII , 20 . CALARAMONTI , cardinale , e vescovo d'Imcla . Sua omelia in lode della

democrazia , IV , 109. Creato papa , VII , CHIUSELLA (battaglia della) , VII , 18.

50.

Ciccone ( frate ). Trasporta il vaugelo in volgar napolitano , e perché, VI , 141 . Cicogna , provveditor del Veneziani a Salò. Lodato , e perchè , III , 247 . .

Cicognara, mivistro di Cisalpina a Torino, V , 73. Che scritto porga all'ambasciator di Francia Ginguené , 93. CIMAROSA (Domenico ). Carcerato in Napoli , e perchè , liberato , e da chi ; VI , 176.

Cirillo, Suo supplizio io Napoli , e sua virtù , Vi , 167 . CISALPINA (repubblica). Sua creazione , IV , go. Festa magnifica per que. sla creazione nel campo del Lazzaretto , 101. Sua constiluzione , 98 e 106. Le potenze la riconoscono , 12 , e 115. Suo trattato d'alleanza colla Francia, V,9 48. Sua constiluzione violentemente riformata da

Trouvé e da Rivand , agenti di Francia, 54 , e 61 62. Sdegni pro. donti da queste riforme . 56 e 63. luvasa , e distrutta dai confede >

rali , 282.

CISALPINI. Come gindicati da Buonaparte , IV, 60 , 65. Fanno un moto contro il papa . 116. CISPADANA ( repubblica ) III, 19. Congresso della , 84. Arma soldati, 57. Sue

lettere a Buonaparte , e risposta di lui , 88. >

CITTADELLA di Torino rimessa ai Francesi , V, 119 e I 21 . Pericolosi disordini sotto le sue mura , 128. Schiſa mascherata , che n'esce, 130. Presa dagli alleati , 306 . CLARKE. Mandato dal direttorio in Italia , e con quali fioi . III , 31. Trat

ta la pace col general San Giuliano 3, ministro dell'imperalore , 81 . Conclude un trattato d'alleanza col re di Sardegna , IV, 61 .

CLAUZEL , generale di Francia. Tratia l'abdicazione del re di Sarilegna, V , 150. Sua condiscendenza verso la famiglia reale , 152. C : vvent , generale francese. Difende Cuneo contro gli alleati, vi , 120. S'arreude , 132 .

CLERO ( aliu ). Suvi costumi in Francia nel 1789 , 1 , 69.


DELLE MATERIE 277 COLEGNO ( cavalier di ) ,> comandante di Chambery. Sue qualità , 1 , 102.

Colli , generale del re di Sardegoa. Come si ritiri, I, 235, e II. 47. Ge

nerale del pontefice. Vinlo al Senio , III , 175. Si ritira dietro a Fo ligno , 180. CONCLUSIONE dell'opera , VIII , >

265 .

Concordato . Tra il consolo e Pio settimo , VII , 98. Altro tra il presi dente della repubblica italiana e Pio settimo. 157. Altro concluso a Fontainebleau , VIII , 206 .

CONDULMER. Preposto alla difesa delle lagune di Vevezia , III , 71 .. Co me peosi di dette difese , 319. CONFEDERATI. Vedi alleati .

CONFEDERAZIONE ( festa della). A Milano ,9 IV , 101.Nuova contro la Fraucia , e sue cagioni , V.5 , 38, 248, e VII, 217 .

Conforti. Suo supplizio in Napoli , VI , 168. Consiglio suprenio creato da Suwarow in Piemonte ; sue operazioni , V, 299. e segg.

Consolo ( primo ). Sue artimaravigliose dopo la sua creazione, VI, 208. Scrive al re d'Inghilterra , 215. S'accorda coll' imperator Paolo , 216. Come animi i soldati alla guerra contro l'Austria , 222 e 223. Suoi discorsi in Ginevra , VII, 5. Suo mirabile passaggio del gran San Ber

nardo , 6. Vince a Marengo , 26. Suoi ordinamenti circa università di Pavia, 39. Crea governi provisorj in Cisalpina , a Genova ed in Piemonte , 40 e 41. Unisce parte del Piemonte alla Cisalpina , 46. Accarezza papa Pio settimo , 53. Fa la pace con Napoli , 81. E colla Austria , 82. Suo concordato con Pio settimo , 98. Altro concordato,

157. S' avvicina al compimento del suo supremo desiderio , 160. E chiamato imperatore , 162 , ConstitUZIONE della Corsica >, I , 256. Consulta creata a Roma da Napoleone. Da chi composta , e sue operazio. ui, VIII , 35.

CONTINO , accusato d' assassinio . L'ambasciator di Francia a Torino do manda la sua liberazione , e perchè , V , 91 . CORFIOTTI. Come ricevano i Francesi , IV , 152. Si sollevano contro di loro , VI, 6.

Corfù ( isola ). Viene in poter dei Francesi , 4 , 151. Sette ed umori in , 155 e 156. Assaltata dai Turchi e Russi , VI, 6 e 15. Si ar rende , 20. Come ordinata in repubblica sollo tutela della Porta otto mana , VII , 57.

CORNER. Legato per Venezia a Buonaparte , III >, 234. CORSICA. Disegni degli alleati e di Paoli sopra di lei , 1 , 142. Si sol leva contro i Francesi , 167. Esorbitanze dei Corsi contro i Geno vesi , 258. Si sollevano contro gl'Inglesi , e li cacciano , Il . 234. ' CORVETTO , Membro del goveruo riformato di Genova , mandato a Buo

naparte , IV , 41. Presidente, 48. Sue qualità , ibid . Suo complimento >

a Napoleone , VII. 199. Fatto consiglier di stato , 200 . COSSERIA ( fatto d'arme di ) , 11, 30.

Costa , cardinale , arcivescovo di Torino. Consiglia la ace al re , U. 52. CREMA. Fatta ribellar dai Francesi , Ill . 240. Conxo. Assediato e preso dagli alleati , VI. 120 e 122.


278

TAVOLA

GENERALE

D.

DALLAZIA , crudeltà della guerra in , VII , 253. >

DalPozzo , uno della consulta di Roma. Come giustificbi i giuramenti pre .

scritti agli ecclesiastici , vill , 49. Damas ( conte Ruggiero di ). Sbarca ad Orbitello con truppe napolitane, V, 165. Costretto a ritirarsi combatte , capitola con onore ,

e

si rim

barca , 171. Si accosta al cardinal Rullo a riostaurazione della pote stà regia in Napoli, Vi, 130. Sua guerra in Toscana , e come respinto da Pino , VII , 78 .

DANDOLO , municipale di Venezia , IV , 138. Sue promulgazioni in Dal mazia , VII, 254 .

DASTROS ( affare di), vicario generale della diocesi di Parigi , Vill ,3 110. Daurou. Mandato a dar una constituzione a Roma , IV.231.

DAVIDOWICH , generale d'Austria. Caccia i Francesi dall'alto Tirolo , Ill, 105. Vince a Calliano , 106. Sua leatezza dopo la vittoria , molto falale all'Austria , 109 e 138. De-ANGIOLI presidente a Verona. Come risponda a Buonaparte , IV, 173 . DeGerando. Membro della giunta in Toscana , e quello che vi fa ,> VII, 266. Membro della consulta ju Roma >, dà favore alla Propaganda , VIII , 58 .

Dego ( battaglia del ) , I , 262, II, 37. Deposizione dei principi , fatta dai papi , come spiegata da Pio seltimo, vill , 92

Dessaix , generale di Francia , ucciso a Marevgo , VII ,

33.

Devins . Generalissimo degli alleati in Piemonte, sine qualità, e disegni, 1 , 146. Vince a San Giaconio ed a Melogno', 301. Sue disposizioni per la battaglia di Loano , 331. Affitto da grave malattia lascia l'eser cito , 334. Rivocalo cop surrogazione di Beaulieu , 11, 7 ,

D' Eymar , ambasciator di Francia a Torino jo vece di Ginguené, V, 137 . Dieta militare convocata dai Francesi prima della battaglia di Novi , e

pareri che vi sorgono, VI , 87. Simile , convocato nella medesima oc casione dai confederati, e pareri che vi sorgono, 91. >

DIRETTORIO cisalpino. Riformato da Trouvé, V, 60. Costretto dai confe derati a lasciar Milano, 281.

DIRETTORIO francese. Come risponda alle proposte di pace fatte dall' In ghilterra, II, 4. Sua domanda al senato veneziano rispello al conte di

Lilla, 13. Si risolve del tutto all'invasione d'Italia , 19. Suoi disegni sopra di lei , e suo desiderio di rapina , 20 e 95. Ordina lo spoglio >

delle belle arti in Italia, 105. Condizioni di pace , che vuol imporre al pontefice, III, 20. Taccia

londo la fede italica , 22. Fa pace con

Napoli e con Parra, 24, Come risponda all'ambasciator di Sardegna, 29. Suo trattato con Genova , 33. Offerte che fa al re di Sardegua

per congiungerselo in alleanza, 36. Offerte che fa all'Austria per aver la pace con lei, 37. Cop qual fine proponga un trattalo di alleanza aa Venezia ,

38. Come senta il rifiuto di lei di entrare in questa alleanza, 51. Opera rivoluzioni nella terraferma veneta , e con qual fine , 223. Suo trattato

di alleanza col re di Sardegoa, IV, 61. Fa il diciotto frullidoro, 124.


DELLE MATERIE 279 Suo costume dei paesi conquistati, V, 47. Suo trattato di alleanza col la Cisalpina , 48. Sua riforma nella constituzione cisalpina , e sdegni che ne nascono, 61 , Sue ragioni , 64. Sue risoluzioni rispetio al Pie

monte, 98. Mutazione falla in lui dopo le rotte d'Italia nel 1799, VI, 81. Suoi nuovi pensieri circa l'Italia, 82. Distrutio da Buonaparte, 208. DISCOLATO , Che cosa fosse il discolato a Lucca, 1, 55. Doce di Genova . Va a Milano, perchè, e come parli all'imperator Na poleone, VII, 190. Di Venezia, III, 302, Suoi sentimenti nell'ultima fine della repubblica, 305. DOLCEACQUA. Preso dai Francesi. 1, 219. DONATO ( censore ). Mandato dal sedalo veneziano a Buonaparte, III, 263.

Come gli parli , e quale risposta de ottenga , 295. Suoi maneggi per .

cambiar il governo vevelo, 319. Duria ( Andrea). Sua statua alterrala Jai novatori, lll, 30.

Doria ( Filippo). Uno dei capi della rivoluzione io Genova , IV , 7. Uc ciso , e come, 14. Drake , ministro d'Inghilterra a Genova. Sue superbe intimazioni ai Genovesi, I, 180 e 251 . Donesme, generale di Francia . Sua spedizione in Puglia, V, 217. Corne combatta della battaglia di Savigliano, VI, 113. Dumas, generale di Francia, prende il Moncenisio, 1 , 229. Duphor, generale di Francia in Genova . Vivce i sollevati, IV , 42.Ucci so a Roma, come e da chi, 198. Dopont. generale francese. Come combatta alla battaglia del Mincio , VII , 69.

Durazzo, doge di Genova. Suo discorso a Napoleone per doipandar la unione di Genova alla Francia, VII, 196 . DUTILLOT, primo mivistro in Parma. Sua buopa amministrazione. e sue lodi, I, 38. E

Eccessi dei repubblicani ,> e degl' imperiali sui territorj genovese e pie montesc , 1, 338, ell, 41. E nella terraferma veneta, III , 57, EGITTO ( spedizion di ) , V, 8.

Elba isola . Occnpata dagl' Inglesi, II, 232. Poi perduta, 237. Elisa, sorella di Napoleope. Governatrice di Toscana, VII, 268. Elliot. Vicerè in Corsica, per parte dell'Inghiltea, I, 255. Sue esor tazioni ai Corsi, 311. Obbligato ad abbandonar l'isola, II, 237. Emilia ( l' ). Si muove a libertà, ill, 12. A qual fine siano indirizzati i suoi moti, 83. Umori che vi regnano, 87 . Emilio degli Emilj ( conte da Verona ). Qual carico abbia avuto dai

Veneziani , II, 245. Muove i Veronesi contro i Francesi , 267. Con daduato all'ultimo supplizin, 291 . Emma Liona Hamilton, a Napoli, VI, 160 e 174 .

ENTRAIGUES ( conte di ), agente del conte di Lilla, II, 15. Fatto arresta IV , 129 . re, poi rilasciare da Buonaparte, e per

Ercole Rinaldo ( duca di Modena ). Sue qualità , previdenza e maniera e

di governare, 1 , 58. Come trattato, 11, 105. Se glinvola no ro io Venezia, IV , 162.

suo teso


280

TAVOLA

GENERALE

Erizzo , proveditor dei Veneziani a Venezia, III, 245. ESERCITO francese in Italia. Sue minacce contro i nemici del governo repubblicano in Francia, IV, 124.

Esnitz, geverale di Anstria. Come combatta nella battaglia di Savigliano, VI, 112. Sua guerra in Liguria , 230. Suoi errori nella battaglia di Marengo, VII, 30 e 36 .

Eugenio (Beauharnais ), creato vicerè d'Italia , Vll , 183. Suo manifesto contro gli Austriaci, 221 , e Vill, 7. Regge l'esercito francese ed italiana

in Italia, 8. È vidlo a Sacile, 13. Vince sulla Piave, 22. Ed a Giavarino, a

28. Tentativi de' suoi aderenti per farlo nominare re d'Italia , 209.

Sue titubazioni circa l'indipendenza d'Italia , 213. Come prepari la guerra, 219. Male disposizioni degl' Italiani verso di lui , 232. Aspira >

inutilmente al regno d'Italia, 252. Sua convenzione di Rizzipo-Shiari no, 249. Parte per la Baviera, 262.

EUROPA ( timori di ) per le vittorie dei Francesi, I, 123 e 124. F

FAIPOULT, ministro di Francia a Genova. Favorisce i povalori , IV, 4. Sue insinuazioni al senalo genovese , 10. Scusa i Genovesi presso a Buonaparte, 17. Poi gli accusa, 18. Vuole, che si riſormi lo stalo di Genova , 19. Si lagna di Serra, uno dei membri del governo, 45. Cam

biato con Sortio, 49. Mandato commissario a Napoli, e che vi faccia, V, 207. Cacciato da Chanipioonet, 208. Vił torpa, 210. FEBBRE gialla di Livorno. Sua descrizione, VII, 146. FFDERIGO Guglielmo, re di Prussia. Sue deliberazioni rispetto alla Fran cia. 1, 84. Fa la pace con lei, 297. Vinto da Napoleone, VII, 259, FBRDINANDO, duca di Parma Sue qualità , I, 38. Suo trallato di tregua con Francia , ll, 110. Sua pace, Ill , 24 .

FERDINANDO, granduca di Toscava. Sue deliberazioni rispetto alla Fran cia, 1, 87. Fa accordo, ed assicura la sua neutralità con lei , 280. Map da il conte Carletti suo inviato a Parigi, 283. Allegierze in Toscana per la pace, 285. Manda Don Neri Corsini a Parigi in vece del Car.

letti, 11, 97. Ree intenzioni di Buonaparte sopra di lui, 182. FERDINANDO, re di Napoli. Opinioni e vicende nel suo regno, l, 29, 241 , 307. Sue deliberazioni rispetto alla Francia , 87. Sue preparazioni di guerra contro di lei, 11, 172. Sua tregua con la medesima , 177. Sua

pace, Ili, 24. Suo desiderio di acquistar nuovi paesi, e quali, IV, 96. Suo trattato colla Francia, V, 34. Si risolve alla guerra contro di lei,

39. Suoi ordinamenti guerrieri, 41. Entra trionfando in Roma, 55. É costretto a lasciarla, 171. Ed a partir da Napoli per la Sicilia , 179. Sollevazioni terribili nel regno, 181. Ed io Napoli stessa , 186. Sue - speranze per ricuperare il regno, e suoi trallati colle polevze , VI, 128. Sua pace col consolo, VII, 80, 81. Suo trattato , con Napoleone, 220 .

Napoleone gli toglie il regno, e perchè, 232 e 236. Parte per la Sici lia, 237. Nomina il suo figliuolo vicario generale del regno, VIII, 182.

Suo tenlativo per riassumere l'autorità ,

188 .

pata dai Francesi, 11 , 162. Si muove a stato popolare, III, 17 . FERRI ( Marco ). Discorso solto il nome supposto di, diretto contro Trou vé, ambasciatore di Fraucia in Cisalpina, V, 56. FFRRADA,


281 DELLE MATERIE Feudi imperiali. Si sollevano contro i Francesi, II, 164. Fombio i battaglia di ) , ll, 71 . Fonseca ( Eleonora ) Suo monitore napolitano , VI , 140. Sue virtù , supplizio e coraggio, 172 . Foscarini, proveditor generale dei Veneziani in terraferma, II , 135. Mi nacciato aspramente da Buonaparle , e quel che gli restava a fare , 146. Quello che fa , 150. FIORELLA, generale di Francia , difende la cittadella di Torino , V, 304. Si arrende, 305.

Francesco, imperator di Allemagna. Sue deliberazioni rispetto alla Frane cia, 1 , 84. Esortazioni de ' suoi ministri al senato veneziano, 125. Vuol

ricuperare le sue possessioni d'Italia, 1, 186. Fa la pace colla Francia a Campo -Formio, IV, 132. Ed a Luneville, VII, 82. Ed a Presburgo, 232. Prepara la guerra contro Napoleone, Vin, 5.

Francesi . Lor modo di guerreggiare rispetto a quel degli Austriaci , 111 , 216. Loro benevolenza verso i repubblicani italiani ricoverati in Fran .

cia, V, 309.

Francia. Stato, opinioni ed inclinazioni di questo paese nel 1789, 1, 65. Opinioni e rimproveri vicendevoli delle due parti contrarie , 92. Stato degli animi in Francia dopo le rotte d'Italia nel 1999, VI, 77. Slalo della religione cattolica in Francia, VII, 87. Parlari tendenti all'assuo zione del consolo alla dignità imperiale, 160 . FrascuEA ( fallo orribile della ) V, 124 . Fresia, generale piemontese, combatte con valore, ed è fatto prigioniero nella battaglia di Cassano , V, 277. Difende Genova contro Beolinck , VIII, 242. Costretto ad arrendersi, 244 .

Froelich , generale d'Austria. Come combatta nella battaglia di Novi, VI, 100. Fa guerra nella Romagna, 178. Pena al sottoscrivere all'ac cordo fulto coi francesi in Roma >, e perchè , 181. Va all'assedio di Ancona , 190. La prende, 197 . Foorusciti francesi. Loro fuga compassionevole dalla Savoja , 1, 112.1 FUOROSCITI sardi. Come trattati da Buonaparte, ll, 183 . G

Gaeta, presa dai Francesi , V, 175. Assediata dai Francesi, VII, 238 .

GAMPONI, patriarca di Venezia . Suo parlare adulatorio a Napoleone , VII, 261 .

Garat, ambasciator di Francia a Napoli, V, 30. Suo disc 0160 al re, 31 . Conclude un trattato con lui, 34. Rivocato, 37. Gardanne. Difende Alessandria contro gli alleati, VI, 63, Obbligato ad arrendersi, 66. Combatte valorosamente a Caldiero, VII, 223. GARNIER. Diſende Roma contro gli alleati, VI, 179. Capitola onorevol mente, 180 .

Gast , colonnello di Francia. Come difende Tortona dagli alleati, VI, 106 .

Genova , Notura del suo governo, e de' suoi popoli, I, 53. Paragone tra Venezia e Genova, 54. Sue deliberazioni dopo l' invasione di Nizza fatta dai Francesi, 142. E dopo le intimazioni di Drake, ministro d loghilterra, 182. In pericolo, Ill, 30. Insultata dagl' Inglesi, 31. Si

Botta T. VIII.

36


TAVOLA GENERALE 282 getta alla parte francese, 32. Suo trattato colla Francia, 33. Insidiata da Buonaparte, IV, 3. Sommossa in lei, 7. Battaglie feroci dentro le sue mura , 12. Perplessità del senato , 17. Suo manifesto ai sudditi, 30 e 24. Delibera, che si muti lo stato , e manda a questo fine ati a Buonaparte, 24. Si fa la mutazione, e quale, 27. Umori e sette ,

31 e 38. Suo corpo municipale, 34. Semi di discordia, 35. Atto con dannabile del suo governo, ibid. Sua constituzione, 47. Sua descrizio ne, VI, 240. Difesa da Masseua, ed oppugnata dagli alleati, 241. Estre mità a cui è ridotta , 246. Si arrende, 250. Mossa a cose nuove da Napoleone, VII, 194. Domanda la sua unione a Francia, 196. Gran festa in , per l'arrivo di Napoleone, 200. Governo provisorio creato.

vi da Bentinck, VIII, 244. Sua protesta , 263. Data al re di Sarde gna , ibid .

Gentili, generale per Francia . Sbarca in Corsica, o ne caccia gl' Iugle. si, 11, 237. Mandato ad oecupar Corfù, IV, 151 .

Gesuiti. Perchè soppressi, I, 8. Come piegarono la religione, 60. Loro astute insinuazioni, VII, 210. Rinstaurati nel regno di Napoli, 213. Gualla , febbre di Livorno, sua descrizione, VII, 146 . Gianni, poeta. La Cisalpina gli dà la naturalità, IV, 118. GravariNO (battaglia di), VIII, 28. ' Gingubné, ambasciatore di Francia a Torino, V. 73. Suo discorso al re, 75. Domanda un indulto a favor dei novatori, 99. Vuol far ri vocare il conte Balbo da Parigi, 100. Sue querele sul passo preso dai regj sulle terre della repubblica ligure, 107. E sulla condotta

del governo piemontese, 109. Conclude un indulto col ministro del re , 112. Domanda al re la cittadella di Torino , 113. Domanda il cambiamento dei ministri regj , 134. Scena ridicola in sua casa , 135 ,

È rivocato , 137. Sue qualità, 138. Giovanelli, proveditor dei Veneziani a Verona , III , 245. Patluisco per Verona coi Francesi , 289. GIULIANI, municipale di Venezia, IV, 138. GIUNTA sopra le congiure in Napoli, e suo procedere, I, 308. In To scana, e sue operazioni , VII, 266 . GIURAMENTI prescritti da Napoleone nelle Marche, e loro effetti, VII,

313. Ed in Roma, e quali lagrimevoli effetti ne seguono, VIII, 48 . Giurati, preti. Loro opinioni in Francia, VII, 88 . Giuseppe II imperator d'Allemagna . Sue lodi, ed utili riforme fatte da lui, I, 10. Papa Pio sesto il va trovare a Vienna, 12. Giustiniani (Angelo ). Sie generose risposte a Buonaparte, III, 310, GiustiniANI (Leonardo ). Mandato dai Veneziani legato a Bonaparte , III, 263. Come gli parla , e risposta che ne ottiene, 295. Goveano , giustiziato in Piemonte , e perchè, lv, 82. Governo provisorio in Piemonte, V, 153. Sue operazioni, 236. Do manda l'unione del Piemonte alla Francia ,> 242. Sua bella provi sione circa l'università degli studj, VII , 46 . Governo provisorio in Napoli , e sua condizione, V, 207. Che faccia al

l'approssimarsi dei regj, VI, 135. Governo provisorio in Genova, Sue deliberazioni, VII , 47 . GRANDUCA. Vedi Leopoldo e Ferdinando di Toscana, Grecia (guerra in), VI, 6.

1

1 1


MATERIE

DELLE

283

GRENIER , generale di Francia . Come combatta della battaglia di Savi gliano , VI, 114 GROUCHY. Sue operazioni in Piemonte , V, 142. Sottomette gli Acque sani insorti, 246. Ferito, e preso nella battaglia di Novi, VI, 102.

GUIDOBALDI , membro di una giunta sopra le congiure in Napoli , I. 308. H

HADDICK , generale austriaco. Suo valore alla battaglia di Marengo VII, 29 . HAquin , generale di Francia. Si trova fra i sollevati di Pavia, e come n'è trattato , II, 121 .

HAUTEVILLE ( conte ), ministro del re di Sardegna. Congedato, e perchè, Ill, 27 .

HERVEY , ministro d'Inghilterra in Toscana. Sue superbe intimazioni al granduca , 1 , 178.

HILLER , generale austriaco , invade l'Italia , VIII , 225. Hofer (Andrea ), tirolese. Sue virtù , VIII , 17. Incita i suoi compa triotti contro Napoleone , ed in favor di Francesco , 19. Preso dai Napoleoniani >, 32. Morto da loro , 33. Houenzollern , generale d'Austria. Sua guerra nel Modenese contro Macdonald , VI, 31. Ed in Liguria , 231. Forma un governo proviso rio , e raffrena le vendette in Genova , 251 .

Hompesch , gran • maestro dell'ordine di Malta. Come ceda l'isola ai Francesi , V , 15.

HOTHAM , vice-ammiraglio d'Inghilterra. Vince i Francesi al capo di No. li , I , 292. I

IMPERATORE d'Allemagna. Vedi Francesco . IMPERATORE dei Francesi . Vedi Napoleone . IMPERATORE di Russia . Vedi Paolo e Alessandro .

INCORONazione di Napoleone , come imperator dei Francesi , VII , 173. Come re d'Italia , 193. INSTITUZIONE canonica dei vescovi. Pareri e discussioni diverse intorno

alla , VII, 89, e VIII, 127 e 129 .

ITALIA. Specchio dello stato d' Italia nel 1789, 1 , 59. Parti , sette e fa zioni in , 153. Si appropinquano le sue calamità, 11 , 17. Spoglio di lei , 105 , e 178. Calunvie di alcuni agenti di Francia contro i suoi principi , 185. Nuovi pensieri , che vi sorgono per le vitlorie dei Fran

cesi, Ill, 3. Moltiformi maniere di robar lei ' ed i soldati , 91. In quale stato la lasci Buonaparte , IV, 135. Pensieri che vi nascono per le riforme violente falle della Cisalpina da Tronvé e da Rivaud , V , 55. Miserie incredibili di , VII, 268.

ITALIANI s'appresentano a Napoleone per chiamarlo loro re . VII , 168. Loro puove adulazioni verso di lui , 261.


284

TIVOLA GENERALE

J

JOUBBRT, combatte valorosamente a Rivoli , III , 153. Suoi ſalti in Tiro

lo , 207. Combattuto ed accerchiato dai nemici , come e dove si riti ri, 211. Invade il Piemonte , e procura l'abdicazione del re , V, 1/1 . 2

Rivocato dall'Itaka , e perchè, 250. Rimandatovi dopo le rotte del 1799 , suoi pensieri rispetto a lei , VI, So. Arriva al campo di Liguria, e sua modestia , 83. Vuol combattere , e convoca una dieta militare per deli

berare, 86. É ucciso nella battaglia di Novi, 95. JADENBURGO ( tregua di ), III, 220 .

Jonot, Mandato da Buonaparte a fare un violento ufficio a Venezia , Ill, 254 . K

KEIM , generale di Austria. Combatle valorosamente nelle baltaglie di Verona, V, 257. Prevde la cittadella di Torino , 304. Come comballa nella battaglia di Savigliano, Vi, 118. Suo valore in quella di Maren go, VII , 28 ee 36 .

Kerr, ammiraglio d'Inghilterra, stringe d'assedio Genova , VI, 241 .

Kellerman , generalissimo di Francia sulle Alpi, e sue preparazioni di guerra, 1, 150. Assedia Lione, e si oppone ai Piemontesi, 191. Li re spinge, 196. Sue disposizioni sulla riviera di ponente, 299. Comhalte a San Giacomo ed a Melogno, 302. Si ritira a Borghelto, 305. KELLERMAN ( liglio ). Suo valore nello stato romano, e sue lodi, V , 167. Fa capitolare il conte Ruggiero di Damas, generale dei Napolitani , e sua umanità, 173. Combatte con molto valore, e contribuisce efficace mente alla vittoria di Marengo, VII, 29 e 35. Parole che gli dice il consolo dopo il fatto, e sua risposta, 36. Kerpen, generale austriaco. Fa la guerra nel Tirolo, III, 207 . KILMAINE. Sua lettera in occasione della rivoluzione di Bergamo , m , 239. Sforza i Veronesi a capitolare, 290.

Klenau, generale di Austria. Romoreggia sul Po , V, 262 e 268. Sua guerra nel Modenese contro Macdonald, VI, 31. Suoi movimenti nella riviera di levante, 55. Kray, generale di Austria in Italia, V, 248. Vince a Verona, 256. Ed a Magnano, 265. Assedia Mantova, 285. Allarga l'assedio per cagione delle mosse di Macdonald nel Modenese, VI, 34. Vi torna , l'oppu -

goa gagliardamente, e la prende , 04. Come combatta nella battaglia di Novi, 88. Lascialo da Melas sulle rive della Scrivia e della Bormi

da, e perchè, 112. L

LACOMBE San Michel, generale di Francia in Corsica contro Paoli, I, 168. Ambasciatore di Francia a Napoli, V , 36. Lanarpe. Prende Vado, I, 301. È ucciso a Codogno e sue lodi, il, 74 . Lavoz. Suo manifesto contro Venezia , III, 252. Volta l'armi contro i

Francesi, e perchè, VI, 189. Conduce i collettizj di Romagna contro

1

!


285

DELLE MATERIE

Ancona, è ferito mortalmente, 193. Sue ultime parole e sua morte, 194. LALLEMAND , ministro di Francia a Venezia , e suo ingresso , 1 , 250. Sue insinuazioni contro il duca di Modena , II, 105. Che cosa proponga

al governo veneto , ill , 42. Domanda al senato la cagione de' suoi ar mamenti , e sue contraddizioni , 74.Legge al sebato lettere acerbissi me di Buonaparte , 257. Fa ,> per mandato del medesimo , un violen to uflizio al senato , 295. Landrieux. Sue rivelazioni sulle trame >, che si ordivano contro Vene >

zia, 111 , 223 .

Lannes. Occupa militarmente Genova , IV. 47. Come combatta alla Chiu sella , VII , 18. Ed a Montebello , 23. Ed a Marengo , 28. LASALCETTE . Suo valore nella battaglia di Nicopoli , V1,7. Come tratla to dai Turchi ed Albanesi , 9.

LATOUR- Foissac. Difende Mantova contro gli alleati , V!. 74. Obbligato ad arrendersi 76.

LATTERMAN , generale austriaco. Sua guerra nella riviera di ponente , VI , 229

Laudon. Come combatta in Tirolo , III , 207. Romoreggia alle spalle dei Francesi >, 211 , Pressato nel Tirolo , come scampa , VII >, 74.

LAUGIER , capitano di una nave francese. Ucciso in Venezia ,

come >

perchè , III. 284. LAVALLETTE. Mandato da Buonaparte a fare un piolento ufficio a Geno. va, IV , 16 .

LAZZARONI. Loro terribile sommossa in Napoli, e battaglia contro i Fran . " si in campagna , V , 187. Vinti , combatlono di nuovo i Francesi in Napoli , 193.

Lebrun , principe -arcitesoriere. Ordina Genova alla francese , VII . 204. LEGAzioni . Si danno alla Cisalpina , IV , 107 . Legione calabra. Suo coraggio indomabile , VI, 150. LEMARRois. Porta i trofei di Arcolo a Parigi , lll , 140. Leoben ( preliminari di ) III , 221 .

Leopoldo, granduca di Toscana. Sue lodi, ed utili riforme ſatte da lui, I, 16. Sua morte , ed effetti di lei , $3 .

Lerbak ( conte di ) Muove i Tirolesi alle armi contro i Francesi , III , 209 .

LevAscew , generale rus so in Italia , e con qual missione , VII, 80. 9

Leucio ( San ) . Singolare colonia fondata dal re Ferdinando di Napoli , 1, 32. LIBERTINI. Fanno una sommossa pericolosa in Genova , IV , 8. Sono

vinti dal populo , e come , 12.

LICHTENSTEIN ( privcipe di ). Assedia e prende Cuneo . VI, 120 e 122. LIGURE (repubblica ). Dichiara la guerra al re di Sardegna , V, 107. Linguadoca . Moti in questa provincia contro il consesso nazionale , 1, 188. Lione. Si solleva contro il governo repubblicano , e suo assedio, I, 189.

Si arrende ai repubblicani, e come trattato da loro, 197. Liptay , generale di Austria. Vinto a Castiglione , 11, 199. Combatte va lorosamente a Rivoli, III, 154 .

Lissa ( fazione navale di ) , Vill, 195. Livorno. Occupato dai Francesi, II, 280. Febbre gialla di. Sua descrizio ne, VII, 146.


286

TAVOLA GENERALE

Loano ( battaglia di ) ,1 , 331 . Lodi ( ponte di ). Battaglia del , ll, 77. LONATO (battaglia di ) , 11 , 197. Fatto mirabile accaduto a Buonaparte iu, 203. Lucca , Natura del suo governo

de' suoi popoli , 1, 55. Rivoluzione in

Lucca, V, 234. Cambiata da Napoleone, e data da Baciocchi, VII, 205. Lucchesini ( marchese ) Suoi consigli al re di Prussia, Vll. 163. Lugo. Si solleva contro i Francesi , ed effetti di questa sollevazione , II, 162. Luigi XVI. Vedi Francia .

Luigi XVIII . Accettato in grado di ospite dai Veneziani , e sua condot ta, 1, 148. Sua espulsione domandata al senato veneziano dal diret

torio, ll, 12. Come riceva questa nuova ingiuria della fortuna, 15, Do. ve si ritiri, 16.

Luneville ( pace di ) , VII, 82.

Lusignano, generale austriaco , fatto prigioniero dai Francesi, III, 156. M

MACDONALD. Combatte valorosamente dello stalo romano, V, 167. Assal

ta Capua invano , 183. Succede a Championnet del governo dell'eser cito in Napoli. 210. Suo manifesto contro la corte di Napoli , 229. Sua generosità verso i discendenti del Tasso, 233. Parte da Napoli per l'Italia superiore, VI, 22, Arriva in Roma, 26. Vince alcune città sol

levate in Toscana , ma non può sottomettere Arezzo , 29. Varca gli A pennini, ed entra nel Modenese , 33. Sue battaglie in questo paese contro Klebau, Hohenzollern e Otto , 35. Entra in Modena, 38. Si con duce in Piacenza, 39. Sua prima battaglia alla Trebbia , 42. Seconda, 44. Terza, 49. Si ritira, 54 e 57. Sue qualità, 58. Suo mirabile pas . saggio della Spluga, VII, 62. Suoi disegni in Tirolo, e come gli ven

gano rotti, 76. Occupa Lubiana, VIII, 24. Mack , generale del re di Napoli. Sua guerra nello stato romano , V ,

163. È Vinto da Championnet , e si ritira a Capua, 170. Poi a Na )

poli , 178. Finalmente al campo di Championnet , 187. £ vinto da Napoleone in Germania , VII , 223 >, e 224, MAGLIANI ( battaglia di ), II, 28. Magnano ( battaglia di) , V , 264. Maida ( battaglia di ) , Vll ,9 246. MALMESBURY. Mandato dall'Inghilterra a trattar la pace in Francia III, 82. MALO -YAROSLAVETZ (Cimento terminato di) fatale a Napoleone, VIII, 201 . MALTA. Presa dai Francesi , V., 10. Presa dagl'Inglesi , VII , 56.

Mammone ( uomo crudele ). Solleva la Campania contro i repubblicani ., V , 215 , e VI , 130.

Mannes , generale francese. Mandato dal re Giovacchino a pacificar le Calabrie , ottiene l'intento e per quali'mezzi , VIII , 74. >

Manin. Vedi doge di Venezia.

Mantonè , ministro della repubblica partenopea. Come ordini la gnerra contro il cardinale Ruffo , VI , 142. Va contro il cardinale ed è vioto 147. Suo supplizio in Napoli , ed estremo coraggio , 171 .

Mantova ( descrizione di ) , 11 , 219. Fazioni importanti sotto le sue mu >


DELLE MATERIE

287 ra , 221 , Sua condizione miserabile al tempo dell'assedio , ill , 171. 3

Si arrende alle armi francesi, 174. Oppugnata gagliardamente, e pre sa dagli alleati , VI, 74.

Marche. Unite al regno italico da Napoleone , VII , 309. MAREMME ( sanesi ). Loro descrizione , e lavori fattivi dal granduca Leopoldo , 1 , 21 .

MARENGO ( battaglia di ) Vil, 26. Festa a , 185. MARESCALCH . Inviato a Vienna della repubblica Cisalpioa , e sue qua lità , IV , 117.

MARET ( Ugo ). Sne minacce al papa prigioniero in Savona , VIII , 88 . Marmont . Mandalo da Buonaparte in Cispadana, e perchè, III, 87. Suo viaggio dalla Dalmazia a Gralz , VIII, 26.

Marsiglia. Si solleva contro il governo repubblicano , ed in ajuto di Lione , 1 , 188. Presa e saccheggiata dei repubblicani , 193 . Martin , ammiraglio di Francia. Vinto dagl'Inglesi al capo di Noli , 1 , 292.

Massa e CARRARA , ( ducato di ). Occupato dai Fravcesi, 11 , 184. MASCHERATA. Molto schifosa , che esce dalla cittadella di Torino, e pe. ! ricolo , che ne nasce , V , 130.

Massena, generale di Francia, sue qualità, I, 219. Prende il ponte di Nava, 223. Suo invito ai Piemontesi, 224. Con quali parole animi i suoi soldati, 333. Ha principal parte nella vittoria di Loano, 334 . Vince Provera sulla Brenta, III, 111. Suo valore nella battaglia di Arcolo, 137 e 141. Combatte terocemente presso Verona, 152. Ed a Ri voli, 159. Vince un fatto importante alla Ponteba ed a Tarvisio , 212. Rimprover verato e disobbedito da' suoi ufficiali, IV, 228. Mandato

in Liguria dal consolo, VI, 221. Come ordinato, 224. Come combat ta fuori delle mura di Genova , 229, 232 e 235. Come si difenda dentro, 236. Costretto alla resa, 250. Vince l'arciduca Carlo a Cal. diero, VII, 225.

Mathieu (Maurizio ). Suo valore nella guerra dello stato romano, V, 167. Ferito a Capua, 183 .

Martei , cardinale. Mandato dal pontefice a traltar la pace con Buona parte, III, 182. MAULANDI , capitano nelle truppe piemontesi. Sue lodi, I, 234. Maury, cardinale. Grave riprensione che gli fa il papa, VIII, 109 . Medici, ministro del re Ferdinando in Sicilia. Sue operazioni , VIII, 169. Rinunzia, e perchè, 176. Melas, generalissimo d'Austria in Italia, V,> 248. Vince a Cassano, 273 . Entra vittorioso in Milano, 282. Vi frena le intemperanze popolari ,

283. Con quale abilità contribuisca alla vittoria di Novi , VI, 99 . Vince a Savigliano, 114. Assedia Cuneo, 120. Ingannato da Buona

parte, 224 e 238. Suo bando ai Genovesi , 227. Sua guerra sulle ri viere di Genova, 228. Striuge Genova, 244. Accorre alla difesa della

Lombardia, VII, 15 e 21. È vinto a Marengo, 26. Capitola della re sa dell'Italia superiore col consolo, 37 . Melogno (battaglia di), I, 300,

Melzi, vice- presidente della repubblica italiana. Suo decreto ad esecu zione del concordato concluso con Roma, VII, 158. Si appresenta i

Napolone cogl' Italiani per chiamarlo re d'Italia, 158.


288

TÁVOLA GENERALE

Menard, generale di Francia . Fa cessare colla sua prudeusza un grave pericolo in Torino, V, 132. MERENDA, commissario del sant’officio in Roma . Suo parere sul concor dato del 1801 , VII, 101 . Messina, ( congiure in), VIII, 166. Micheroux, generale del re di Napoli. Come contribuisca alla rinstaura zione della potestà regia, VI, 133 .

Milanes . Vanno a congratularsi coi Cispadani , III, 86. Vogliono far un moto per l'indipendenza, e come è sentito dai Francesi, go. Loro

amministrazione generale soppressa, e perchè, IV, 97 . Milano . Viene in poter dei repubblicaui, II, 84. Opinioni 3, selte ed umori che vi regnano, 85. Festa della confederazione, che vi si cele

hra, IV, 101. Riconquistato dai confederati, V, 282. Magnifica festa in, per l'incoronazione di Napoleone, VII, 189. Discussioni nel suo senato circa l'indipendenza del regno, VIII, 252. Cominozione popo

lare, 258. Occupato dagli Austriaci, 263 . Mincio (battaglia del) , VII , 69 .

Miollis, generale di Francia a Lucca, V, 234. Sua guerra in riviera di levante, VI, 213. Vince i Napolitani in Toscana, VII, 78. Come oc cupa Roma, 3or . Presidente della consulta di Roma, VIII, 35. Miot, ministro di Francia a Firenze. Come parli degl' Italiani, II, 231 . Modena. Moto in lei contro il duca, III, 15. Congresso , 16. Modenese (guerra vel), tra i Francesi

gli alleati , VI, 35 .

Modesta. Fregata francese presa dagl' Inglesi con uccisione di molti nel porto di Genova, I, 180 .

Moliterni. Principe eletto capo dal popolo di Napoli, V , 188. Mac china di dar Napoli ai Francesi, 190. Assicura loro la possessione dei castelli , 191 e 194. Sue operazioni in Calabria , VII , 286 .

Mondovi (battaglia di), JI, 47. Si solleva contro i Francesi , V. 289. MONFERRATO (duca di). Governa le truppe piemontesi in Savoja, e sue qualità, I, 190. Difende la valle d'Aosta, 226.

Monge. Mandato da Buonaparte a fare un onorevole ufficio presso la re pubblica di San Marino, III, 185. Mandato a dare una constituzione a Roma, IV, 230.

Monnier, generale di Francia . Sua forte difesa in Ancona, VI, 184. Si arrende con

onore , 197. Suo valore nella battaglia di Marengo,

VII, 26.

MONTECORONA (convento di). Sua descrizione , vill , 57. MONTENEGRINI . Loro guerra coi Francesi , VII, 253. Montenotte (battaglia di), II, 25. MontesquIOU , generale di Francia. Tuvade la Savoja , I, 104. ,

Morando . Uno dei capi della rivoluzione di Genova , 1V, 5. È vinto dai carbonari, 15 .

Moreau. Suo valore nella battaglia di Verona, III, 256 e 258. Ed in quella di Magnano, 265 e 266. Assuine il comando supremo del

l'esercito in vece di Scherer, 270. É vinto a Cassano , 273. Si ritira al Ticino, 276. Poi ad Alessandria, 284. Vince i Russi a Bassignano ,

287. Si ritira a Cuneo, poi oltre gli Apennini, 289 e 290. Suoi pen sieri per resistere agli alleati, VI , 22 e 32. Scende dagli Apendini,

soccorre Tortosa, e vince gli Austriaci a San Giuliano, 59. Di nuovo


DELLE

289

MATERIE

si ritira alle montagne, 61. Destinato al Reno, ma resta al campo di Liguria per instanza di Joubert, 83. Perde la battaglia di Novi, 97 . MURAT. Come combatta a Marengo, VII, 20. Nominato re di Napoli da

Napoleone, 276. Prende possesso del regno , 277. Toglie l'isola di Capri agl' Ioglesi. VII , 278. Spirito del suo regnare, 279. Tenta inva no una spedizione contro la Sicilia, VIII, 70. Suoi vanti per l'indi

pendenza d' Italia, 202. Sue pratiche al medesimo fine, 215. Y'accor da coll' Austria , e fa guerra a Napoleone, 236 . Musaico (opere di) . Come incoraggiate in Roma dalla consulta, VIII, 66 . Museo Pro -CLEMENTINO. Vedi Pio sesto . N

Nani, proveditore delle lagune e lidi a Venezia, III, 21 .

NAPOLEONE, incoronato imperator dei Francesi, VII, 173. Vuol farsi

chiamar re d'Italia, 177. Gl' Italiani il fanno pago di questo suo de siderio, 178. Risposta che loro fa, 181. Suo discorso al senato di Francia , ibid. Suoi discorsi in Torino, 183. Grao sua festa a Maren go, 185. Incoronato re a Milano, 193, Unisce Genova alla Francia , 197. Va a Genova, e feste che gli si fanno , 198. Cambia Lucca ,

dandola a Baciocchi ed alla sorella Elisa, 205. Unisce Parma, ibid. Minaccia l'Inghilterra, 215. S'incammina a nuova guerra contro l'Au. stria, 218. Fa un accordo con Napoli, 221 , Vince in Germania, 223 e 224. Fa la pace a Presburgo, 232. Suo terribile mauifesto contro il

re di Napoli, 234. Crea suo fratello Giuseppe re di Napoli, 242. Uni sce la Toscana alla Francia, 265 e 263. Sue opere magnifiche, 273. Toglie la Spagna ai Borboni, e ne nomina re suo fratello Giuseppe,

275. Nomina Murat re di Napoli, ibid. Si volta contro il papa, 289. Gli contende la possessione delle Marche , e vuole che il papa faccia una lega difensiva ed offensiva con lui, 291 e 296. Vuole aver facol

tà d'indicar la nomina del terzo dei cardinali, 299. Occupa con in ganno Roma, 301. Unisce le Marche al regno italico, 30g. Di nuovo

in guerra coll'imperatore Francesco, VIII, 3. Suo parlar borioso ai soldati dopo la vittoria , 27. Vincitore a Vagria, 29. Costringe France sco alla pace, ibid. Unisce Roma alla Francia, 34. Scomunicalo dal papa, 37. Fa carcerare il papa, poi condurlo a Savona, 38. Riceve i

Romani, e come lor parli, 44. Suoi disegni sopra la religione, 83. Proposizioni che fa al papa, 143 e 155. Il fa condurre a Fontaine

bleau, 160. Sua guerra contro la Russia, 196. È vinto, 201. Fa un nuovo concordato col papa a Fontainebleau, 206. Rotto a Lipsia, 208. Perisce, e va all'isola d'Elba, 246 . NAPOLI. Tumulto orribile in, V, 186. San Gennaro vi fa il miracolo in presenza dei Francesi, 202. Male disposizioni verso il governo nuo

vo, 211. Suo stato quando cominciò ad esser minacciato dai regj, vi, 135. Preso, 151. Crudeltà orribili, che vi si commettono, 152. Suppli zj lagrimevoli, 165. Occupato dai Francesi, VII, 238. Giuseppe re di, 242. NAPOLITANI. Loro condotta nello stato romano , V, 164. Loro natura 198. Loro eccessi in Roma, VI, 183. Naselli, generale del re di Napoli, sharca a Livorno, V , 165. Costretlo

a rimbarcarsi, 177. Occupa Roma, e quello che vi fa, 181.

Botta

T. VIII.

37


290

TAVOLA GENERALE .

Nava ( ponte di ). Combattimento ostinato tra Francesi e Piemontesi al , I, 223,

Nelson . Vince ad Abuchir, V, 23. Trasporta il re da Napoli in Sicilia ,

179. Rompe la fede in Napoli, ed è cagione di supplizi lagrimevoli, VI , 162. Come onorato e premiato dal re Ferdinando , 197. Prende

Malta , VII, 53 .

Neri-Corsini, mandato dal granduca come ministro a Parigi in vece del Carletti, II, 98.

NICOPOLI ( battaglia di ) , VI, 4. Nizza ( contea di ) , invasa dai Francesi, 1, 108.

NIZZARDI. Loro opinioni e procedere, 1, 148. Noeili in Francia. Loro opinioni nel 1789, I, 67. arli con Buonaparte , II, 6o.

Premontesi ; loro

Novi ( baltaglia di ) , V1, 97 . Nugent, generale austriaco, l'omoreggia , e fa gnerra sul Po inferiore , VIII, 238. O

Ocsacow , ammiraglio di Russia. Oppugna e prende Corfi, VI, 20. Ocskay, generale di Austria . Fa debol difesa alla Ponteba ed a Tarvi

sio con grave danno dell' Austria, IN , 211 .

Olivier. Sua spedizione in Calabria, V, 217 . Omelia del cardinal Chiaramonti, vescovo d' Imola, in lode della demo crazia . Vedi Chiaramonti .

Oseglia, presa dai Francesi, 1, 220. Ondini feudali. Come nati, I , 5 . Ornavasso ( battaglia di ) , tra Piemontesi repubblicani e regj, V, 96. Orsini, cardinale. Sue opinioni singolari, 1 , 42. Ostermann , ministro di Russia. Come parli del re di Sardegna, 11, 57 . OTRANTO . Si solleva contro il governo repubblicano, V , 212 . OTTIMATI ( setta degli ) , l, 160. Otro, generale di Austria. Sua guerra nel Modenese contro Macdonald,

VI , 35. Ed in Piemonte, 114. E nel Genoresato, 228. È vinto a Casteggio, VII, 24. Suo valore nella battaglia di Marengo, 27 . OTTOLINI, podestà di Bergamo pei Veneziani. Arma la provincia, e per chè, III, 68. Cacciato dalla sua sede, e da chi, 228 . P

Pace di Tolentino, lll , 183. Di Campo -Formio , IV, 132. Di Luneville , >

VII , 82. Di Presburgo, 232. Parano ( Mario ) , membro del governo provisorio di Napoli, V , 197. Sue qualità , 199. Suo modello di constituzione ,9 202. Suo supplizio , 3

VI, 166,

Pallanza. Moto in questa città contro il re di Sardegna, V, 82. Paoli. Suoi disegni contro la Corsica, 1 , 142. Sue esortazioni ai Corsi , 166. Suoi eccessi contro i Genovesi, 258. Chiamato a Londra , e pora 1

che, 313 .

Panze , imperator di Russia , fa la pace col primo consolo , VI, 299.


DTLLE

MATERIE

291

Parini. Suo motto sulla libertà, III, 77 . Parlamenti in Francia. Loro opposizione al re, I , 51 . PARLAMENTO di Sicilia. Vedi Siulia.

Parma. Opinioni ed utili riforme uel ducato di, I, 37. Ceduta alla Fran cia, VII, 83. Unita a lei, 250.

Partigiani dell'antica disciplina della chiesa. Loro opinioni e ragioui , VIII, 126. Dell'autorità di Roma, loro opinioni e ragioni, 129. Patriz) veneti. Come si spogliano della loro sovranità, III, 323. PATRIZIATO misto colla democrazia, desiderato dagl' Italiani , III, 8. Pavetti passa col consolo il gran San Bernardo, VII , 4. Ajuta efiicace mente la vittoria dei Fraucesi alla Chiusella , i8. Pavia . Sommossa e sacco di, II, 119 e 127. Complimento dell'università

di, a Napoleone, IV, 166.

Peculato all'esercito d'Italia descritto , III , 91 , e IV , 220. Perrone ( conte ) , governatore della Savoja. Sue qualità , , 102. Pesaro , procurator di San Marco in Venezia. Sno discorso al senato ve neziano per persuadere la neutralità armata , I , 129. Suoi sentimenti nell'ultima fine della repubblica , III , 304. Pescara. Piesa dai Francesi , V , 156 .

Peschiera. Occupata dagli Austriaci , e suo stato , II , 139. Pico ( il capitano) , incaricato da Buonaparte di far ribellar Verona con tro i Veneziani , Ill , 243.

PIEMONTE. Stabilità della sua monarchia , 1 , 47. Opinioni in questo pae se nel 1589, 51. Congiure in –, e lodi de' suoi magistrati, 238. Stor mo in , 239. Nuove sollevazioni e supplizj in, V, 95, 96, 101 e 123. I Francesi l'invadono , ed obbligano il re a rinunziare il regno, 147. Sue condizioni dopo la mutazione di governo, 236. Ripreso dagli allea

ti, e suo stato sotto di loro, 299 e 302. Suo stato dopo la vittoria di Marengo, VII , 41 .

Piemontesi. Scendono in Savoja per correre in ajuto di Lione , 1, 190. Respinti dai Francesi, 195. Assaltano la contea di Nizza , e sono re spinti, 197

Pignatelli ( principe ). Creato vicario del regno di Napoli, V, 179. Sua debolezza, ed accordo che fa con Championnet, 183. Pilnitz, vera natura del trattato di, 1, $2.

Pino, generale di Cisalpina. Difende Ancona contro gli alleati , V, 188 e

193. Respinge i Napolitani dalla Toscana, VII , 78. Divenuto sospello al vicerè, e perchè, VIII, 215. Pro sesto . Suo viaggio a Vienna, e sue esortazioni all'imperatore Giu

seppe secondo, l, 12. Perchè eletto papa, 40. Sue qualità, 41. Proscin . ga parte delle paludi pontine, 43. Suoi abbellimenti in Roma, 45. Suo deliberazioni rispetto alla Francia , 87. Suoi provedimenti , 242. Do mande che gli fanuo i repubblicani di Francia, II, 104. Rifiuta la pace col direttorio, III, 20. Sue gravi esortazioni ai principi, 22. Tratta col l' Austria, 168. Buonaparte gli fa guerra, 169. È vinto al Senio , 175. Sua costanza in tanto pericolo , 181. Manda legati a Buonaparte per. trattar le pace, 182. Conclude la pace , e con quali condizioni, 183 Sua generosità , IV, 191. Cagioni, che operano contro di lui, 192. Suoi

pericoli per l' uccisione di Duphot, 199. La Francia gli dichiara la guer ra , 203. Vede entrar i Francesi in Roma , 212. Come trallalo , 216. ,


TIVOLA GENERALE

292

Fatto partir da Roma, e ricoverato in Toscana, 217 e 218. Sne in struzioni circa i giuramenti , 233. Condotto in Francia , dove muore , V, 255 .

PIO SETTIMO ( creazione di ) , VII , 5o. Sne deliberazioni dopo il suo in gresso in Roma, 51. Suo concordato col consolo, 97. Altro col presi dente della repubblica italiana , 157. Sta sospeso alla domanda di Na. poleone dell'essere incoronato imperatore da lui , 165. Vi si risolve

finalmente, 168. Sua allocuzione ai cardioali in questo proposito, ibid. Suo viaggio in Francia , ed incoronazione di Napoleone , 173. Torna in Italia, 184. Riceve in grazla il de' Ricci , vescovo di Pistoja, e co me, 206. Rinstaura i Gesuiti nel regno di Napoli, 219. Ricnsa di en >

trare in una lega difensiva ed offensiva con Napoleone, 291. Sue ra gioni, 292. Ricusa di ricouoscere in Napoleone il diritto d'indicar la ali, 299; Suoi lamenti sull'occupazione di nomina del terzo dei

Roma fatta dai napoleoniani, 305. È sforzato il suo palazzo, 307 , Sue provisioni in ordine ai giuramenti delle Marche , 313. Sua protesta contro l' unione delle Marche al regno italico, 318. Sua protesta con tro l'unione di Roma alla Francia , vill, 35. Scomunica Napoleone , 37. Preso e condotto in Francia, poi a Savona, 38. Come risponda al

le minacce dell'imperator Napoleone , 89. Come pensi sulle quattro proposizioni del clero gallicano, 92. Come spiegbi la scomunica , 93. E la deposizione dei principi fatta dai papi, ibid. Suoi sentimenti verso la Francia, 95. Rifiuta le offerte di Napoleone, 97. Come risponda al cardinal Caprara, 101. Tentalo dai deputati ecclesiastici a Savona, 143. 3

Concessioni che fà all' imperatore , 151. Suoi rifiuti , 153. Breve del 9

20 settembre 18u , 156. Nuove molestie che gli si danno, 160. Con

dotto a Fontainebleau , ibid. Suo concordato di Fontainebleau, 206 , Pistoja ( dottrine di ) , I, 27, e Vill, 131 . 3

Pirt, ministro d'Inghilterra. Come ordisca una nuova confederazione contro la Francia, V, 5.

PIZZAMANO. Fatto tra lui ed il capitano Laugier al lido di Venezia , III, 284 .

POLCEVERA ( sollevazione della Polcevera contro Genova ) , IV, 43. Polizia di Parigi, come fulmini contro il papa, VIII, 88. Pontefice. Vedi Pio sesto e Pio settimo.

PONTINE ( paludi ). Loro descrizione, storia e prosciugamento fatto da papa Pio sesto , 1, 43.

Porto-FERRAJO, occupato dagl' Ioglesi, II, 232. Poi perdulo, 237 . PORTOGALLO , tolto ai Braganzesi da Napoleone, VII, 264. PRAMMATICA. Vedi Bourges.

Precy, mandato dai Lionesi in Piemonte per accordar i disegni con gli alleati, 1, 146. PRELATI del consiglio ecclesiastico di Parigi. Come rispondano ai quesiti

dell'imperatore, VIII, 143. Mandati a Savona per trattar col papa, 148. PBESBURGO (pace di), VII , 232.

Prevezza ( feroce mischia in ), tra Francesi e Turchi, VI, 9. PRIMOLANO ( battaglia di ), II, 218.

Priocca, ministro del re di Sardegna. Sue istanze perchè la Francia di chiari le sue intenzioni circa il Piemonte , V, 85. Conie risponda a

Ginguené, ambasciatore di Francia, circa i fuorusciti e gli stiletti , 88.


DELLE MATERIE

293

Suo principj sul passo sui territori neutri, 106. Come risponda a certe querele dell'ambasciador di Francia, 109. Negozia e conclude un in dulto con lui a favore degl' insorti, un e 119. Sue proteste contro la

domanda della cittadella di Torino, 115. Consente a metterla in pos sessione dei Francesi, 118. Come difenda il governo pel fatto della Fraschea, 126. Sua generosa rassegnazione ed amor patrio , 135. Suo manifesto nell'invasione ostile fatta dai Francesi del Piemonte , 147.

Va a porsi nella cittadella in mano loro, 154. Sue lodi, 155. Mandato à Grenoble, 237 . Procida , isola . Supplizj in, VI, 134 .

Proni, uomo feroce, solleva l’Abruzzo contro i repubblicani, V, 215, e VI, 130.

PROPOSITO dell'opera , 1, 3.

PROPAGANDA ( instituzione della ), Sua descrizione, VIII, 58. Provenza . Moti in questa provincia contro il consesso nazionale, 1, 187" PROVENZA ( conte di ). Vedi Luigi decimottayo.

Provera, generale di Austria. Vinio da Massena sulla Brenta , IV , VII .

Vince Dupbot a Bevilacqua, 146. È vinto a Mantova, 160. Prussia ( re di ). Fa la pace colla repubblica di Francia, 1, 297. Fomen ta l'assunzione di Napoleone alla dignità imperiale, VII, 162. PRussiani, insorgono contro Napoleone, yill , 199

Q

Querint, inviato della repubblica di Venezia a Parigi , 1 , 288. Suo die scorso al consesso nazionale, e risposta del presidente , 289. Sue que rele al direttorio per le rivoluzioni della terraferma veneta , e come

gli si risponda, 117, 236. Si tenta di sottrargli denaro solto specie di salute della republlica, 264.

Quesiti dell'imperator Napoleone al consiglio ecclesiastico, VIII , 104. QUOSNADOWICI , generale di Austria. Vince a Salò, e sulla destra del la

go di Garda, II, 188. Costretto a ritirarsi da Buonaparte, 194. Scende

di nuovo, e s'impadronisce di Lonato, 197. Poi lo perde, 198. Grave battaglia tra di lui e Augereau sulla Brenta, III, 110. R RAAB. Vedi Giavarino ,

RAMPON. Suo bel fatto , ll, 26. Sue lodi, 41 .

Ranza. Suo procedere in Alba, II, 49. Sue intemperanze in Piemonte , VII, 45.

Reccio. Si muove contre il governo ducale, III, 12 e 18. Congresso in , 19 e 85.

Regnault de Saint- Jean D'ANGELY. Stromento principale della presa di Malta, V, 14 e 18.

Regnier, generale di Francia, vince la battaglia di Campotenese , VII , 239. Perde quella di Maida, 245. RELIGIONE CATTOLICA. Sno stato in Francia , vil, 87 . REPUBBLICA. Vedi Cisalpina. Cispadana.


TAVOLA GENERALE

294 Francesi e Francia . Genova .

Ligure. Lucca .

Napoli. San Marino . Venezia

REPUBBLICANI PIEMONTESI vinti dai regi a Oroavasso, V, 95. Corne trattati a Domodossola ed a Casale, 96 e 101. Viuti e straziati nella Fraschea, 124. Come trattati in Piemonte dagli alleati, 302. I repubblicani ita liani si ricoverano in Francia , e benevolenza dei Francesi verso di lo

ro , 30g. Loro discorso ai consigli legislativi di Francia , 310. Napoli tani . Come si consigliano all'approssimarsi dei regj, VI , 135. Con quanto valore

difendano dal cardinal Ruffo, 148. Capitolano con

lui, 158. Loro supplizj, 165. Rewel, quinqueviro di Francia. Suo detto enorme rispetto ai Venezia ni, III, 65.

Rey . Combatte egregiamente a Rivoli , lll , 155.

Ricci ( Scipione de' ) , vescovo di Pistoja . Sue opinioni , l, 27. Suo ab . boccamento col papa, e ritrattazione, VII , 208. RIVAROLA . Mandato dai Genovesi a Parigi, e perchè , IV, 24.

Rivaup . Sue operazioni in Cisalpina, V, 64. RIVAUD , generale . Contribuisce efficacemente alla vittoria di Casteggio , vil , 23 . Rivoli, ( baltaglia di ) , HI , 153. Ritrovi politici in Napoli. Che male facciano', V , 205. VI , 136 . Rocco San-FermO , mandato dai Veneziani a Basilea , e con qual fine, 3

I , 246 . Roma ( corte di ). Sue opinioni , 1, 28. Stato di , nel 1789 , 46. Spaven.

to in , per le vittorie dei Francesi, II, 165. Presa , e come trattata dai Francesi, IV , 212. Presa , e come trattata dai Napoletani , V ., 45 . Ripresa dai Francesi , 174. Di nuovo presa dai Napolitani , ed eccessi che vi commettono, VI , 183. Pio settimo in, e sue prime deliberazio ni , VII , 51. Accarezzato dal consolo , 52. Roma occupata dai Napo leopiani, 304. Unita alla Francia , VIII, 34 . Romani in Grecia . Libro scritto contro i Francesi , e da chi , IV , 163 . Loro moto per la libertà in Campo - Vaccino , 213. Loro sommossa con tro i Francesi , 228. Loro disposizioni verso i Napolitani , V , 163, Lo . ro deputati a Parigi , come parlino a Napoleone , VIII , 43. 9

ROVEREDO ( battaglia di ) II , 213 .

Ruffo ( cardinale ), solleva le Calabrie contro il governo repubblicano , V , 213. VI , 131. Prende Altamura , e crudeltà che vi commettono i suoi , 132. Sottomette la Puglia, ibid . Viene a Nola per istringer Na

poli , 134. Prende Napoli, 151. Capitola coi repubblicani , padroni dei castelli, 158. Esorta Nelson a serbar la fede data, 161. Come riconosciu to dal re Ferdinando, 177. Riceve il re Giuseppe napoleonide sotto il

baldacchino , VII , 243. Russia . Discordia tra lei e la Francia , VII , 217 . Russo ( Vincenzo ). Suo supplizio io Napoli, VI, 168 .

-


DELLE

295

MATERIE

S

Sacco di Pavia , II , 127. SACILE ( battaglia di ) , VIII , 13. SALICETI , commissario di Francia in Corsica ,> e sue esortazioni ai Corsi, 1 , 142. Altre esortazioni di lui, II, 238.

SARMATORIS ( conte ). Sue offerte al papa a Savona , VIII , 87 . Salò ( fatto d'armi di ) , III , 247 . Sant' Agata. Fatto d' armi ostinato tra' Francesi e

Piemontesi

a ,

I , 221 .

SANT'ANDREA ( Thaon di ) , governator di Torino , scampa, per la sua prudenza , la città da un gran pericolo , V , 128 .

San BernaRDO ( il piccolo ) preso dai Francesi , I , -

225 .

- ( il gran ) , passato dai Francesi condotti dal consolo ,

>

VII ,> 6.

San -Cyr (Gouvion ) , generale di Francia. Sua continenza in Roma, IV , 224.

Come combatta nei contorni di Novi , VI , 97 . ( Cara ). Suo valore nella battaglia di Marengo , VII , 30 e 35 . - (Gouvion ) , marcia da Napoli verso l' Adige , VII , 220. Vince un bel fatto a Castelfranco , VII.229. Sandoz -ROLLIN , ministro di Prussia a Parigi . Quale proposizione faccia ai Veneziani , III , 53 . >

San Giacomo ( battaglia di ) , I , 300 . San GIULIANO , ministro dell'imperatore. Di che cosa tratti con Clarke , ministro di Francia , JII , 81 .

SAN MARINO ( repubblica). Nalura del suo governo , e de' suoi popoli, I , 57. Trattata onorevolmente da Buonaparte , e sua risposta alle offerte di lui , II , 185 e 186 .

San Severo. Si solleva contro i repubblicani , preso , e .

come trattato ,

V, 216 e 219. SAORGIO , minacciato dai Francesi , I , 235. Preso , 237. Sardi . Come si difendano dai Francesi , 1 , 164. Sassari di Sardegna. Fa qualche moto , e dimanda gli stavienti , I , 314. SAVIGLIANO ( batlaglia di , VI , 113 . SAVOJA , invasa dai Francesi , I , 103. Miserabile fuga dei fuorusciti fran . cesi da lei , 113 .

SAVUJARDI. Loro opinioni, e procedere , I , 147 e 192. Savona. Importanza del suo sito , e disegni dei belligeranti sopra di lei , 1 , 299. Papa cattivo a , VIII , 84. SCHERER , generalissimo di Francia sulla riviera di ponente , I , 33o. Con

forta il suo governo a far l'impresa d'Italia , ibid. Vince la battaglia di Loano , 336. Scambiato da Buonaparte, e perchè, II, 20. - Nomi nato generalissimo in Italia , V , 249. focomincia , nuova guerra , >

251. Occupa la Toscana, e come, 254. E vinto a Verona, 255. Suo er

2016 , 258. È vinto a Magnano , 265. Si ritira sull'Adda , e lascia il J

comindo a Moreau , 270.

SCHIARINO -Rizzino ( convenzione di ) tra il vicerè d' Italia ed il genera lissino zustriaco Bellegarde , VIII , 249.


TAVOLA GENERALE

296

Semipani , mandato dal governo napolitano in Calabria, e sue qualità, V , 218. Rotto dai regj , VI , 147 . SCIARPA , uomo feroce , solleva la provincia di Salerno contro i repubbli. cani , V , 214, e VI , 130 .

SCOMUNICA.Come spiegata da Pio settimo , VIII , 93, SEMONVILLE , mandato ambasciatore dal 'governo di Francia al re di Sardegna , rifiutato dal re , I , 99 . Senato bolognese. Vedi Bologna. genovese . Vedi Genova. veneziano . Vedi Venezia .

Senio. (battaglia del) , III, 175.

SERBELLONI , presidente del direttorio cisalpino. Suo discorso nella festa della confederazione, IV , 103. Senra , membro del governo provisorio di Genova , imputato dai patriot

ti , e perchè, IV , 34 e 40. E da Faipoult , e perchè , 45. Accusa Faipoult , e perchè, 46. Serra (Gerolamo), presidente del governo provisorio ordinato da Ben tinck in Genova , VII, 244 . SeravaLLE , fortezza del Piemonte presa dai Liguri, V , 108. Presa dai confederati , VI , 6 .

SERRISTORI , ministro del granduca di Toscana. Come risponda alle su perbe intimazioni di Hervey , ministro d' loghilterra , I , 178.

Serrurier. Consegna Venezia agli Alemanni, IV, 185. Fa rivoluzione in Lucca, V , 235. Combatte con valore, ed è fatto prigioniero nella battaglia di Cassano , 273 e 277.

Sicilia. Suo parlamento, come composto, I , 35. Il

re Ferdinando si

ritira in , V, 179. Accidenti in, VIII, 165. Cagioni di mala contentez

za in, 166. Parlamento, suoi atti, 174. Constituzione , che dà alla Si cilia , 183. Vizj , che la fanno perire , 191 . SICILIANI . Loro onorata risoluzione , VIII , 197 . Silea (marchese). Suo discorso nel consiglio del re di Sardegna per per suader la pace colla Francia , I , 316..

Smit , ( Sidney ). Suoi fatti nel regno di Napoli , VII , 244. Societa' di pubblica instruzione in Milano. Sua composizione , o discor si , che vi si fanno , IV , 91 .

SOMMARIVA (marchese di). Muove i Toscani contro i Francesi, VII, 58. È vinto , e si ritira , 79.

Sorrento ( la città di ), preservata dal sacco per la memoria del Tas SO ,

V , 233 .

Soult. Combatte valorosamente nella riviera di ponente, VI, 223. Ferito e fatto prigioniero, 244. Spada. Suoi maneggi per cambiar il governo di Venezia, III , 319. Spagna . Fa la pace colla repubblica francese , I , 315. Tolta ai Borboni da Napoleone , VII , 275. Giuseppe re di , ibid . Spedalieri. Sua opera singolare , I , 89.

Spinola, inviato straordinario di Genova a Parigi , III , 31 e 33. Rivo. cato ,

perchè , IV , 37 .

Spluga (mirabile passaggio della) , eseguito da Macdonald , VII ), 62. STAMENTI di Sardegna, Che cosa siano , I , 314 . Stato ed opinioni d' Europa nel 1789 , I , 6.


DELLE

Stari generali, come nati , I ,

MATERIE

297

5.

Stuart , generale d'Inghilterra. Vince la battaglia di Maida , VII , 245.

Suchet. Sila guerra in riviera di ponente , VI , 232. Come difenda il territorio francese , 234.

SUWAROW , generalissimo dei confederati in Italia. Vince a Cassano, V, 273. Entra in Milano , 282. Respinto da Bassignana , 286. Suo mani. festo esortatorio ai Piemontesi , 290. Attende all'espugnazione di To

rino , 295. Vi entra , e come ricevuto , 298. Vi crea un governo inte rinale , e quale , 300. Prega il re a tornar nel

regno , 306. Si dispone

a combattere Macdonald, VI, 35. Sua prima battaglia contro di lui alla Trebbia , 44. Seconda, 46. Terza, 49. Perseguita i Francesi vinti, 54. Cinge d'assedio Alessandria, 63. Vuol combattere a Novi malgra. >

do dell'opinione contraria degli Anstriaci, VI , 92. Vince, 94. Prende Tortona , 107. Parte per la guerra elvetica, 108. Sue qualità, ibid. T.

TAGLIAMENTO . Passo del Tagliamento eseguito dai Francesi , III,

205.

TALEYRAND , ministro di Francia . Suoi sentimenti sul Piemonte , IV, 64.

Suo motto inconveniente sugl' Italiani , 134. Sne lettere all'ambascia dor di Francia in Torino circa certe congiure in Italia , V. 98. TANUCCI , ministro del re Ferdinando. Sua buona amministrazione in Na poli, I, 30 .

Tenda (colle di) , preso dai Francesi , e sua descrizione , I , 236. Tenivelli , storico. Suo supplizio in Piemonte , e ue lodi , IV ,

Tirolo (battaglia nel), III , 212. Moto de' suoi abitatori contro i Fran . cesi, 218. Altro moto , e sua natura singolare, VIII , 17 e 31 . Tissot , capitano francese. Suo estremo valore a Preveza ed a Nicopo . li, VI, 9 . Tolentino (pace di) , III , 183 .

Tolone. Si dà ai confederati , I, 194. Oppugnato , ed espugnato per un fe.

roce assalto dai repubblicadi , 200. Spoglio che ne fanno i coufederati nell'atto di abbandonarlo , 204. Misera condizione dei Tolonesi, 205.

Torino (corte di). Vedi Sardegna . Preso dagli alleati , V , 295. Terrore che vi regna , 298. Sua cittadella presa , 305. Tortona liberata dall'assedio di Moreau, VI, 59. Di nuovo assediata e presa dagli alleati, 104. Toscana, Suo felice stato sotto Leopoldo granduca , I, 16. Livorno oc

cupato dai Francesi , II, 180, Espilazioni, 181. Occupata dai Francesi, .

V, 253. Sollevazioni terribili contro di loro, VI, 27, e VII, 58. Di nno vo occupata dai medesimi, 59. Nuova guerra in lei colla meglio dei

repubblicani, 79. Ceduta all'infante di Parma con titolo di re d'Etru ria, 83. Unita a Francia, 265 .

Toscano (Antonio). Sua maravigliosa fortezza a Viviena presso Napoli, VI, 148 .

Trans, città del regno di Napoli. Si solleva contro i repubblicani , pre sa, e come trattata, V, 213 e 224.

Trebbia . Prima battaglia tra Macdonald e Suwarow alla, VI, 42. Se conda, 44. Terza, 49.

Trento. Preso dai Francesi, II, 214.


299

TAVOLA

GENERALE

Trorivé, ambasciatore di Francia in Cisalpina. Suo discorso l'ingresso al direttorio, V, 51. Sua lettera contro i fuorusciti francesi, 52. Sua

riforma nella constituzione cisalpina, 54 e 60. Discorso di Marco Fer ri contro di lui , 56 .

Truguer, ammiraglio di Francia. Assalla la Sardegna , c balluto, I, 163 .

come è com

U

Urfiziali di Francia . Loro solenne risentimento coutro i rubatori den soldali e dell'Italia, IV, 226.

Ulloa, ministro di Spagna a Torino. Offre la mediazione di Spagna al re di Sardegua, I, 316. UTOPisti in Italia, I, 156. V

VALE (ultimo) dei soldati francesi ed italiani, VIII, 219 . Valenziana . Trattato di Valenziana tra l'imperator d'Allemagna e il re di Sardegna, I, 213 .

Vallaresso (Zaccaria), savio del consiglio. Suo discorso al senato

vene

ziano per persuadere la nentralità disarmata, I, 136 . Valtellina (la). Si dà alla Cisalpina, IV, 96 . VANNI (marchese ), membro di una giunta sopra le congiure in Napoli, I , 308. Congedato, e perchè, 310. Vaticano. Come spogliato, IV, 221 .

Vaubois, generale di Francia. Costrelto a ritirarsi elal Tirolo, e da chi,

III, 105. È vinto a Calliano , 108. Lasciato da Buonaparte a comandar a Malta , V, 18. Come difenda Malta , e come costretto ad arrendersi, VII, 56 . Venezia ( repubblica di). Sua maravigliosa stabilità , e natura del suo

governo e de' suoi popoli, 1 , 51. Comparazione tra Venezia e Geno va, 54. Sue deliberazioni rispetto alla Francia, 91. Sue deliberazioni dopo l'invasione della Savoja fatta dai Francesi , 128 e 129. Altre

sue deliberazioni, 243. Manda un agente a Basilea, 246. Accetta in grado di ospite il conte di Provenza, e come lo tralla , 247. Accetta il ministro di Francia Lallemand, 250, Manda il nobile Querini, co me suo inviato a Parigi, 288. Prennozj della sua distruzione, II, 11 . Sua brutta risoluzione rispetto al conte di Provenza , 15. Domande

esorbitanti, che le si fanno dai Francesi, 102. Nomina Niccolò Fo. scarini suo proveditor generale in terraferma, 135. Le vien proposto un tratlato d'alleanza dalla Francia, e come deliheri, III, 38. Come

deliberi intorno ad un'alleanza coll'Austria, 52. E colla Prussia, 53. Come trattati i suoi territori si llai Francesi che dagli Anstriaci , 57 . Sue querele a Parigi ed a Vienna , 59. Squallore e devastazione del la terraferma, 65. Arnia l'estuario, e perché, 7o. Come senta le ri

voluzioni della terraferma, 233. Manda deputati a Buonaparte, 23.4. Fraude usata contro di lei, 218. Come minacciata da Buonaparte per mezzo di Junot, e sua risposta , 254. Lettere acerbissime di Buonapar to al senato, e grave risposta di lui , 257. Manda nuori legati a Buo


DELLE

MATERIE

299

naparte , 263. Le giungono funeste novelle da Vienna e da Parigi, ibid. Grave fatto del capitano Laugier, 284. Buonaparte le dichiara la guerra, 298. Ragioni di Venezia, 299. Adunanza in casa del doge, di scorso di lui, e risoluzione fatta, 302. Allocuzione del doge al gran

consiglio, 305. Risoluzione falla da questo, 308. Macchinazioni in Ve nezia, 312. Il gran consiglio consente a modificazioni nella forma dell'antico governo, 317. Il gran consiglio si spoglia della sovranità ,

ed accetta il governo rappresentativo, 3:23. Sommossa popolare , 325. Venezia occupata dai Francesi, 327. Vi si crea un municipio, 328.

Suo trattato con Buonaparte, 330. Suo stato dopo il cambiamento, IV, 137. Disposizione degli animi nella terraferma verso di lei, 158. Spo

gli, 159. Festa allegra e compassionevole ad un tempo, 165. Conse gnata dai Francesi agli Alemanni, 186.

Verona, insidiata, e da chi, III, 244. Sua terribile sollevazione contro i Francesi, 267. Predicazioni che vi fa contro i forestieri un frate cappuccino, 279. Si arrende ai Francesi , ed a quali condizioni, 290: Suo monte di pietà espilato , 292. Battaglia di , 268 e 250.

Veronesi molto sdegnati contro i Francesi , e perchè, III, 244. Fanno una terribile sollevazione contro di loro, 267 .

Victor , generale di Francia. Buonaparte lo manda a far guerra al papa, III, 171. Vince i pontificj al Senio, 175. Sue esortazioni contro Ve nezia , IV, 140. Come combatta nella battaglia di Savigliano, VI, 113 . Suo valore nella battaglia di Marengo, VII, 28 e 36. VIDIMAN , muoicipale di Venezia, III, 138. Suo elogio, 177 . VIDIMAN, proveditore di Corfù, Sue qualità, III, 147. Vido (scoglio di), una delle difese di Corlì. Come assaltato e preso dai Russi e Turchi, VI, 17. VIENNA , Umori e parti in, III, 197. Villanova , cercata da Buonaparte , e perchè, III, 121 .

Villetard . Segretario della legazione di Francia a Venezia. Sue quali tà e condotta, III, 314. A quali condizioni voglia che si cambi il

governo di Venezia, 321. A chi attribuisca un tumulto popolare nalo in Venezia , 327. Come annunzi il loro destino ai Veneziani, IV, 175 . Sue generose lettere a Buonaparte, 179 e 184 . VINCENT, soprantendente dell'italica polizia. Suoi ordini circa il papa prigioniero a Savona, VIII, 86. VISCONTI (Ennio Quirino ). Sua bella descrizione del museo Pio - Clemens tino, 1, 45.

Visconti (Galeazzo ), ambasciatore della Cisalpina' a Parigi. Suo discor so al direttorio, e risposta del presidente, IV, 113 . VITALIANI, Napolitano, mescolato nelle rivoluzioni, IV, 6. VITTORIO AMEDEO, re di Sardegna. Sue qualità, e modo di governare, I, 48. Propone una lega italica per opporsi ai tentativi dei Francesi, 58. Suo desiderio di guerra contro la Francia, 85. La Francia gli dichiara

la guerra, ee perchè, 101. Sue deliberaziovi dopo la rolla di Savoja, 117. Suoi disegni sopra le provincie meridionali della Francia, 144. Nou si

accorda col generalissimo Devins, e perchè, 146. Scende in ajuto di Nizza, 190. E respinto, 192. Fa un trattato coll' imperator d'Allema.

gna per ismembrar dalla Francia le provincie meridionali, 212. Suoi provedimenti si civili che militari per resistere ai Francesi, 238. Co


300

TAVOLA

GENERALE

me riceva la mediazione di Spagna per la pace colla Francia, 316. Tentato dagli alleati pel caso dell'invasione dei Francesi io Piemon te, e sua animosa risposta, II, 7. Fa tregua, poi pace colla Francia, e considerazioni in questo proposito, 51 e 65. Sua morte, ed in quale stato lascia il regno , III, 24.

Viviena ( forte di ). Come difeso dai repubblicani di Napoli, VI, 148. W

Wallis, tenente -maresciallo di Austria , manda soldati in Piemonte , 1 ,

239. Sua perizia nella battaglia del Dego, 263. Perde la battaglia di Loano, 331.

WICKAM , ministro d'Inghilterra in Isvizzera . Sue proposizioni per la pace, ll. 4.

Wilson, generale inglese. Si travaglia per l'indipendenza d'Italia , Vill, 219 .

Worsley, residente d'Inghilterra a Venezia. Sue ' moderate insinuazioni al senato , 1, 183.

Wocassowicu, colonnello di Austria. Suo bel fatto al Dego , 11, 37. Sue lodi, 41. Romoreggia sul Bresciano , V, 262, 268 e 269. Come com. batta nella battaglia di Cassano, 272. Muove a romore il Novarese, il Vercellese ed il Canavese, 284 e 287. Prende Torino , 296. Pressato

dai Francesi nel Tirolo come scampa, VII, 73. WURMSER , maresciallo , generalissimo degli Austriaci. Suoi disegni per la ricuperazione d'Italia, 11, 188. Fa risolvere l' assedio di Mantova , e vi entra vittorioso, 195. Come ordini i suoi alla battaglia di Casti >

glione, 199. È vinto nella battaglia di questo nome, 208. Ed a Rove a

redo, 212. Rompe a Buonaparte il disegno di condursi in Germania ,

e con qual arte, 216. È vinto a Primolado ed a Bassano , 218. Si ri tira in Mantova, 219. Vince, poi è vinto sotto le mura di questa for tezza, 227. Fa una sortita, e con qual successo , III , 142. Si arrende , 6 come lodato da Buonaparte, 175 . 2

Zach, generale di Austria. Suo valore ed imprudenza nella battaglia di Marengo, VII ,> 31 , 33 e 36. e

Zara, capitale della Dalmazia veneta. Come venga in poler dell'Austria , IV, 143 .

Zorzi. Suoi maneggi per cambiar il governo veneto, III, 319.

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Quest'opera trovasi vendibile in Livorno

presso i tipografi Fratelli Vignozzi , ed in tutte le altre

città d'Italia e di Francia

presso i principali Librai.

Prezzo per gli Associati Paoli 5 .

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