MEMORIE STORICHE 2000

Page 1

STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO

Autori vari

STUDI STORICO-MILITARI

2000

ROMA 2002


PROPRIETÀ LETTERARIA Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione anche parziale senza autorizzazione

By SME - Ufficio Storico - Roma 2002

C.S.R. - Via di Pietralata, 157 - Roma


SOMMARIO

Fiorenza TARICONE

Donne e guerra: teorie e pratiche

Alessio della VOLPE

La diplomazia italiana

e le guerre balcaniche (1912-1913)

Pag.

~

5

169

Ambrogio Spinola Il generale ed il suo tempo

209

La prima !,'Uerra mondiale e l'identità nazionale italiana

383

Oreste BOVIO

Enrico Caviglia

397

Flavio RUSSO

Ingegneri italiani alla goletta di Tunisi

423

Sicurezza e sicurtà. Soldati professioni'iti nella Toscana del XVII secolo

449

Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

525

Marco SEVERINO

Piero DEL NEGRO

Niccolò CAPPONI

Francesco FATUTTA



INDICE GENERALE

DONNE E GUERRA: TEORIE E PRATICHE

(Fiorenza Taricone) CAPITOLO I

• La guerra, le donne ..........................................................................

Pag.

1O

• Dalla storia: le regine guerriere ................................................... • Fra le J10polazioni barbare ............................................................ . • Il mito e la storia: le Amazzoni .................

u

... ........ ..... ........ u

,,

17

19

.... ..

,,

• lJ pensiero cristiano

5

27

CAPITOLO II

• Dal Medio Evo al XVII secolo: castellane, guerriere, strateghe

Pag. 31

• Finzione letteraria e realtà ............................................................

36

• Reggente, stratega, giurista: Eleonora d'Arborea ....................

40

• A fianco dei condottieri di ventura .............................................

43

• Seicento e Settecento: secoli guerrieri e d'emancipazione .. {.emmznt . ·1e ............................................................... .. • 1ìravestitzsmo

50 53

1

CAPITOLO III

• Donne della Rivoluzione e donne del Risorgimento............ • Progetti militari durante la Rivoluzione francese .................. . • Contro la Rivoluzione .................................................................... .

Pag. 55

" ,,

59 6.S

• Travestitismi tra Settecento e Ottocento ..................................

66

• Nel secolo dell'Unità d'Italia .......................................................

66 75

• Vivandiere e cantiniere .................................................................... • Le volontarie della Croce Rossa ..................................................

,,

76


2

Indice generale

CAPITOLO IV

• Per uno studio de/l'interventismo femminile ..........................

Pag.

79

• Alla base del coinvolgimento femminile ...................................

"

81

• Le matrici teoriche de/l'interventismo ..................................... .

• [;interventismo visto dalle donne: funzioni e opportunità .. .

84

,,

94

• La mobilitazione delle associazioni femminili ...................... ..

96

• La manodopera femminile in Italia ......................................... ..

100

• Gli esempi da/l'estero ......................................................................

104

• Le portatrici carniche ......................................................................

• L'esf1erienza bellica per il dopoguerra ...................................... ..

106

,,

107

CAPITOLO V

• Dalla prima alla seconda guerra mondiale ..............................

Pag. 1 13

• Le donne e la Resistenza ................................................................

118

• Alcuni nodi del dibattito negli anni recenti .............................

128

• La legge sostitutiva del servizio militare volontario femminile ........................................................................................................

139

Bibliografia ..............................................................................................

Pag. 143

Indice <lei nomi ......................................................................................

Pag. 155

LA DIPLOMAZIA ITALIANA E LE GUERRE BALCANICHE (1912-1913) (A lessio della Volpe) Premessa ................................................................................................... CAPITOLO

Pag. 171

I

• I Balcani fra Ottocento e Novecento ...........................................

Pag. 173


Indice generale

CAPITOLO

Il

• L'azione internazionale dell'Italia dall'Unità alle guerre balcaniche ........................................................................................... CAPITOLO

3

Pag. 183

IJT

• I!ltalia nelle guerre balcaniche del 1912-1913 ......................

Pag. 195

Fonti e Bibliografia ...............................................................................

Pag. 207

AMBROGIO SPINOLA IL GENERALE ED IL SUO TEMPO (Marco Severino) Introduzione

Pag. 209 PARTE I LA VITA E LE CAMPAGNE

1) 1 prirni anni .................................................................................... .

Pag. 213

2) La prova del fuoco ....................................................................... .

220

3) La nascita di un condottiero ................................................... ..

227

4) L:assedio di Ostenda ................................................................... ..

236

5) Il viaggio a Corte e la CamfJaKna del 1605 ......................... . 6) La Campagna del 1606 .............................................................. .

246

,,

7) Verso la tregua .............................................................................. .. 8) Intermezzo di pace ....................................................................... .

260 272

"

284

9) La guerra del Palatinato ..................................................... ........ .

291

10) La ripresa delle ostilità con le Province Unite .................... .

302

11) [;assedio di Breda e le ultime Campagne nelle Fiandre .. ..

317

12) La Campagna d'Italia e la morte ............................................ .

336


4

Indice generale

PARTE

Il

PER UNA CONCLUSIONE CRITICA .......................................

Pag. 357

Appendici .................................................................................................

Pag. 37·1

Bibliografia ..............................................................................................

Pag. 3 77

LA PRIMA GUERRA MONDIALE E L'IDENTITÀ NAZ IONALE ITALIANA (Piero Del Negro)....................................

Pag. 383

.Bibliografia ..............................................................................................

Pag. 393

ENRICO CAVIGLIA (Oresle Bovio) .............................................

Pag. 397

INGEGNERI ITALIANI ALLA GOLETTA DI TUNISI

(Flavio Russo) La genesi dei Presidi...............................................................................

Pag. 423

li presidio della Goletta di Tunisi ......................................................

Pag. 437

SICU REZZA E SICURTÀ, SOLDATI PROFESSIONISTI NELLA TOSCANA DEL XVII SECOLO (Niccolò CafJ!mni)

Pag. 449

Appendici .................................................................................................

Pag. 507

CONTRIBUTO AD UNA STORIA DELLE TRUPPE D'ASSALTO

(francesco Fatutta) Criteri d'impostazione ......................................................................... 1 precursori...............................................................................................

Pag. 526

"

528

Origini e sviluppo dei Reparli d'Assalto ........................................

531

Cenni storici relativi ai Reparti d'Assalto (1917-1920) .........

Pag. 540


FIORENZA TARICONE

DONNE E GUERRA: TEORIE E PRATICHE CA.PrTOI .O T

La guerra, le donne Riconnettere i fili di una prospettiva storica diacronica che spieghi in parte gli orizzonti mentali, all'interno dei quali si sono venuti configurando i progetti e disegni di legge sul servizio militare femminile, non è certo impresa che può dirsi conclusa con questo testo. Diciamo questo non già per parare nme le eventuali critiche sulle inevitabili aporie dd lavoro, ma perché le stesse mancanze testimoniano di quanto questo campo di ricerca abbisogni di contributi diversi. Ho volutamente rischiato di cadere nella generalità non restringendo cronologicamente l'indagine, ma anzi ampliandola fino a tentare una panoramica su molti secoli; lungi dall'essere una scelta casuale essà si giustifica per più di un motivo: occupandomi da anni di storia dell'associazionismo femminile avevo la possibilità di poter più facilmente cogliere nessi e stabilire relazioni fra epoche diverse, pur non potendo scendere in dettaglio. In oltre, solo un'indagine ad ampio spettro poteva alla fine dare ai lettori e lettrici l'idea di come i diversi ruoli "militari" o paramilitari femm inili avessero avuto in ogni epoca caratteristiche differenti, episodiche ma sempre legati a quella che era la sua condizione sociale, giuridica ed economica nelle diverse società. Non ci vogliamo con ciò riferire limitatamente solo ai ruoli imposti alle donne, ma anche a quelli pienamente condivisi dalle stesse. Infine, l'excursus storico, pur con tutte le pecche della generalizzazione dovrebbe rendere in gran parte conto di come le diverse iniziative di inserimento femminile in compiti militari potessero oggi essere formulate solo nei termini in cui sono state effettivamente proposte. I..?indagine storica, insomma è sollecitata dal contemporaneo, procede a ritroso per poi riapprodare ad un argomento attuale, come quello proposto. Scrivevo nell'o rmai lontano 1985 su "Rivista Militare" ch e il problema di una utilizzazione permanente della donna in compiti di tipo " militare" ha una sua genesi antica cd una continuità storica;


6

Fiorenza Taricone

naturalmente non si parla <li una continuità omogenea o facilmente reperibile, ma piuttosto di carattere episodico. La do nna-soldato, la donna-guerriera, la donna-legionaria, la donna-corsara, la do nnabrigantessa, la donna-patriota, la donna-armata ha nno punteggiato infatti il corso della storia in mo<lo irregolare, lascian <lo zone <l'ombra la cui estensione è <lovuta a vari fattori; il primo si ricollega a quella che negli anni settanta veniva definita "voluta perdi ta di memoria storica". Nello sforzo cioè massicciamente inaugurato dal fe mm ini smo e in particolare dai cosiddetti women's stu<lies <li ricostruire un tessuto semi-sommerso di scritti, pensieri, azioni, vissuti fe mminil i no n a tutti si è voluto o potuto dare pari attenzione, anche perché ogni epoca e di conseguenza ogni clima storico, letterario, filosofico, religioso, subiscono l'esigenza e il fascino d i alcuni t emi rispetto ad altri ; cosicché non m o lto è stato fatto p er ricost ruire il contributo delle donne ad un settore che si potrebbe definire militare-organizzativo. Per lunghi secoli, inoltre, il perno princip;1le delle rivendica zioni femminili è ruotato attorno alla ingiusta escl usione dalle professioni civili, dal diritto allo studio, che pregiudicava anche il di ri tto di voto, in breve d alla vita pubblica, così come essa è stata defin ita e costruita dalla tradizione culturale maschile. Il probl ema d i un inquadramento militare stabile della donna in compiti di tipo Jifcnsivo o ausiliario non po teva in definitiva vivere di vita autonoma, ma solo "eterono ma" fintantoché costituiva solo l'appendice di un più am pio piano di rivendicazi o ni, no n potendo per di più trovare sbocchi finali in istituzioni sanzi onate dal costume e Jalla tradizione come le Accademie o i Collegi militari. Fino all ' Ottocento la nascita di corpi combattenti femmini li si verifica a llora non come la risu ltante di un processo di emancipazio ne che est endeva an che alla do nn a compi ti non tradizionali, ma in connessione con mo menti criti ci dell a storia nazio nale: crisi rivoluzionarie, invasioni del te rrito rio, tumulti, sommosse 1. È stato puntualizzato come queste prestazioni femminili siano state sempre poco remunerative e ritagliate pe r così dire al d i fuori d el quotidiano. "È nella storia delle donne la loro eterna presenza, ma a nche la loro eterna assenza in tutte le rivoluzioni o rotture radi cali"". Nel senso che esse scontano sempre uno scarto tra quello ch e

1

F.

TARICONE,

La donna soldato, "Rivista Militare", n. 1, 1985.


Donne e guerra: teorie e pratiche

7

mettono come speranza, energia, capacità di dedizione totale alla causa e quello che poi ottengono a livello di conquiste materiali, personali, e collettive" 2. Per fare un esempio, se è vero che le donne che combattono in prima persona durante le lotte risorgimentali non hanno più un assoluto bisogno di travestirsi da uomini come era più fre quente nel XVII e XVlII secolo, è altrettanto vero che social mente, a prescindere dalle rivendicazioni paritarie di fine secolo, le funzioni accettate sono limitative e oscillanti tra la mogliemadre e la madre-martire. Le prestazioni più degne di ammirazione sono quelle riferibili all'educazione "destinata ad inculcare alla prole l'amor patriottico" .1. Jn una parola, si preferisce l'azione di sostegno a mariti, padri, fratelli, persino amanti che un ruolo combattente in prima persona, caratteristica che del resto si è mantenuta costante considerando che Israele fra le prime nazioni a rendere obbligatorio il servizio militare anche per le donne, ha ribadito il divieto della "front line". La partecipazione femminile, insomma, è uno specifico <li un complesso fenomeno culturale quale la guerra. Come scrive P. Contamine "la gue rre se trouve comme enveloppée (masquée aussi) par tout un apparcil conceptucl ressortissant à la coLitume, au droit, à la m orale, à la rcligion, appareil destiné dans son principe à l'apprivoiser, à l'o rie nter, à la canaliser. L'idée quc s'en foit une époque, ou une société donnée, retentit de façon plus ou rnoins visible sur son surgisse ment son d éroule ment, sa conduite. La guerre offre l'occasion à l' histo irien, ou au sociologue, d'étudier les rappo rts e ntre réalité et norme, entre pratique et éthique, cntre foit et droit" 4 . A maggior ragione quindi, il problema d ei rapporti fe mminili con eventi o istituzioni di carattere bellico o militare si pone come un complesso prisma. Se la guerra, come scrive C o ntamine, offre a llo storico l'occasione di studiare i rapporti fra realtà e no rm a, è anche vero che la donna è stata per secoli teatro di una scissione tra essere pubblico

2 I. FARE-F. S1•m1To, La donna e la lotta armata, Milano, 1979, p. 8. 3 I~ BARUERA, Le do1111eelaguerra, fircn zc, 1916, p. 9. 4 I~ CoNTAMINE, La Guerre au Moye11 J\ge, Paris, 1980, p. 419.


8

Fiorenza Taricone

(normativo) più o meno imposto, diverso dall'essere privato; tra osservanza dovuta ad una precettistica morale diversa tra i due sessi e trasgressione; tra le libertà sancite <.bi diritto, divino o positivo che fosse e le limitazioni di esse nel diritto consuetudinario. Scendendo ancora di più nei particolari, una storia dei sentimenti e delle qualità dell'animo necessarie alla lotta, o alla difesa, sarebbe indispensabile per poter meglio penetrare lo spessore <li interventi femminili insoliti. In epoche, ad esempio, contrassegnate dall'adozione piena di valori per le donne quali la modestia nel parlare e nell'agire, la morigeratezza all'interno delle mura domestiche, la dolcezza e la malleabilità, qualità come l'arditezza, la costanza, l'orgoglio sono più frequentemente percepite come eccezioni nel quadro della personalità femminile. Anzi, il disprezzo per la esistenza corporea, il coraggio nel dolore fisico, la perseveranza appartengono in genere al decalogo comportamentale della religiosa avviata sulla perfettibile strada della santità e non alla laica. Basta leggere ad esempio la cosiddetta "milizia spirituale" della quattrocentesca Caterina Vigro che usava lessico e concetti militarizzati, o con un balzo di secoli la francese Brigitte Friang partigiana e poi combattente per il resto della vita. Nel suo Guardati morire, scrive che la guerra è una specie di monastero, un Ordine. In esso, le preoccupazioni non sono sempre nobili, ma per lo meno, sono un poco meno meschine che nel mondo di tutti i giorni 5 • In altre epoche, invece, più ricche di fermenti sociali e di nuove prospettive per la donna, i suoi pur occasionali interventi rivoluzionari appaiono come una manifestazione prevedibile, né stupiscono più di tanto taluni suoi gesti e prove di carattere, per esempio nel corso della rivoluzione francese di cui parleremo più avanti. Giustamente P. Contamine parla della necessità di una " histoi re du courage" di una storia dei sentimenti e delle qualità d'animo legate alla guerra, dei loro mutamenti, sviluppo e regressione, che trovano poi il loro corrispondente nei cambiamenti semantici. Purtroppo, egli non sottolinea la proposta ponendola in relazione ad un'indagi ne caratteriale femminile, c he sarebbe invece molto illuminante; no_tiamo infatti che le comuni definizioni linguistiche di "coraggio"

5 B. FRI/\NG, Guardati morire: una donna in xuerra, Milano, ] 97.1.


Donne e guerra: teorie e pratiche

9

così come di altre virtù morali, non sembrano escludere a priori la donna dalla possibilità di applicarle in situazioni di tipo bellico-militare. Anzi, nella gamma di attitudini e requisiti atti a prevalere nelle situazioni di emergenza che richiedono abnegazione e sacrificio di sé, la storia non depone se non in piccola parte a sfavore delle donne. Diciamo piuttosto come prima approssimazione, che a ll'uomo e alla donna non si applicavano gli stessi pesi e misure in tema di caratura morale e specialmente per quello che riguardava la pazienza, la fortezza, la perseveranza; le differenze riguardavano non un primato di appartenenza, ma un diverso campo di applicazione pratica e occorrerebbe quindi una risemantizzazione. Gli esempi additati alle donne del passato, almeno fino al XVIIXVTII secolo erano quelli delle eroine bibliche, ma più che quelle di tipo bellicoso e indomito, le eroine <.:ui si applicava il famoso detto "domum servavit, lanam fecit". Si elogiava insomma la famosa tipologia della donna forte di bibli<.:a memoria, la "femme forte" di domestiche virtù che tanto successo ha avuto nella pamphlettistica del scisettecento e che espletava le virtù <.:ardinali nei ristretti confini accettati dalla società. In definitiva, nel leggere le rnnclusioni del Contamine, sull'esame di testi relativi al coraggio il quale rinvia ad un'arca semantica "où primauté est accordée à l'affectivité, à l'impulsivité prcsque à l'i stinct" 6 , le donne non sembrano esservi totalmente escluse, dato che una intera tradizione di pensiero le riteneva organicamente inferiori all'uomo proprio perché composta di umori freddi invece che caldi e secchi da cui derivava la preponderanza dei sentimenti, dell'affettività ed emozionalità a scapito della razionalità. Per :ipprofondire i referenti morali e la gamma di sentimenti e doveri all'interno dei quali si muovevano uomini e donne del M edio Evo, occorre anche rivolgere uno sguardo "à l'énorme et monotone littérature morale et psychologiquc, d'origine cléricale, produite par la culture savante du Moycn Agc . .. parmi Ics quatres vertus cardinalcs, héritées de l'Antiquité (Platon, Aristotc, Cicéron, les Stoi'ciens) par l'intérmcdiairc dc saint Ambroise et de saint Augustin l'une au moins, la force, recouvrc ou concerne en bonn e partie, la notion <le courage.

6 I~ CONTAMINE, cit., p. 409.


fiorenza Taricone

10

Pour saint Thomas d'Aqui n, la force est à la fois, au sens large, la fermeté de l'ame dans l'accomplissemcnt du dcvoir et, par conséqucnt, la condition dc to ute vertu et, en un sens plus restreint, b vertu qui rend l'ho mme intrépide cn foce dc tout danger, fut-ce le dangcr dc mort, l'améne à le braver sans faiblesse età l'affro nter avec un courage exempt d e t émerité; la farce est do nc rel ative à la crai ntc (principalement d e la mort) età l'audace; conduite du just e milieu, la force est une vertu qui modèrc la craintc et l'audace pour le bien de la chose publique. Elle maitrise la crainte de telle sort qu'on gare.le son sang-froid et porte à agir avec courage, afin d'echapper, si possibile, au danger. La fo rce donne aussi bien l' intrépidité quc la bravourc à la guerre. Certes, la seconde qualité est plus séduisante, mais la première lui est supérieure: cn cffet, quiconquc demeure sur la défcnsivc.: a le scntimcnt d'ctre le plus faible et le plus mcnacé, il n'est soutenu par cette ardeur proprc à l'aggrcsscur. La force se situe entre l'audace et la tim idit é, cli c est <liffércnt <le l'cspoi r, intermédiaire entre le désespoir et la présomption. Ses parties potentielles sont au nombrc dc scpt: magnanimité, confiancc, sécurité, magnificcn cc, consta ncc, tolérance (autrement dit patience et fermeté) et persévérance" 7 •

Dalla storia: le regine guerriere A partire dall'antichità, tra le donne più celebrate in ogni tempo per le virtù condottie re e militari sono sen z'altro da considerarsi Scmiramidc, la regina-sarta degli assiri, e Zenobia, regina dei Palmeridi. La prima, il cui no me era anche Shammuramat, mogli e del re Sharnshiadad V, che regnò tra 1'824 e 1' 81 O a .C. e morì in età a ncora giovane. Alla scomparsa del re, rimase con un figlio minore, il futuro re Adadnirari Jll (809-782) che aveva solo dodici anni e quindi era n ell' impossibilità di governare. Semira mide si assunse così, in q uali tà di reggente, l' inca ri co di governare fin o a ll '806 anno in cui il figlio poteva essere considerato maturo per svolgere le sue funzioni d.i_ re. Tuttavia, la reggente continuò a nche in seguito a tenere nelle

7 lvi, p. 407.


Donne e guerra: teorie e /iratiche

11

mani il potere e la sua presenza alla guida d ello stato fu giustificata dalle difficili lotte che l'Assiria sosteneva in quel tempo. È l' unico caso nella storia dell'Assiria, di una do nna al comando negli affari interni ed esteri dello stato. Le iscrizioni sui palazzi ricordano in fatti solo donne in qu::ilitiì di mogli di re. Semiramide fu reggente o per lo meno associata :il figli o nel governo fin verso il 787 a.C. :inno in cui i documenti non ne m enziona no più il nome. Gli assi ri vivevano in regioni inospitali per l'orografia, il clima e i mezzi di sostentamento, ma sfruttando le miniere di ferro, i re poterono creare un esercito ben armato, composto da fonti e cavalieri dotato di carri da guerra, con soldati che sapevano spostarsi con grande celerità. Semiramide, chiamata signora del suo palazzo, diresse frequentemente attacchi contro i nemici dell'Assiria, adoperandosi al contempo per favorire l'avvicinamento e la fusione assiroaccadica. La reggente consigliò sempre il figlio di instaurare una politica di pace, con la grande città mesopotamica di Babilonia e grazie a questa politica di clemenza le porte dell'Assiria si spalancarono alla cultura babilonese, come dimostra ad esem pi o l'adozione del culto d el dio Nebo. Non fu solo il sangue babilonese a spingere Semiramide ad aiutare la sua terra natale, ma anche il saggio desiderio di realizza re una comu nità economica, religiosa e culturale fra i due stati. Fu perfezionata la rete d ei canali d'irrigazione senza la quale la Mesopo tamia "fertile mezzaluna" sarebbe di ventata un d eserto. Dalla voce degli abitanti del luogo, quattro secoli più tardi, Erodoto ap prese che questa importante opera idrica era stata realizzata da Semiramide di Assur, che nelle sue storie veniva distinta dall'altra Semiramide, Nitocri sposa del re babilonese Nabucodonosor (604-.562). Dopo aver descritto dettagliatame nte Babilo nia egli afferma che la città ebbe molti re, che "abbellirono le mura e i templi d ella città e nel loro numero ci sono pure due donne; la prima, che regnò cinque generazioni prima della seconda, si chiamava Semiramide. Ella costruì nella pianura argini degni di essere visti. In precedenza il fiume usciva spesso dal suo alveo e allagava tutta la campagna" (Erodoto, Storie, I, 184). In seguito, lo storico greco informa che la seconda regi na che si chiamava Nitocri fu in r ealtà la famosa Semiramide dei giardini p ensili, sposa di Nabucodonosor. Per tutto


12

Fiorenza 'Jarieone

il tempo d ella minorità del figlio, periodo in cui Semiramide guidò da sola lo stato assiro le lotte con i vicini non conobbero soste. La pressione sulla Mesopotamia superiore veniva da due lati: dall 'altopiano dell'Armenia dove si erano stabiliti i Mcdi, e dal lago Urmia; la campagna contro i due nemici furono condotte dai generali e anche dalla stessa reggente, ma benché si ripetessero di anno in an no non semb ra dessero risultati posi tivi. Nella preparazione e guida di queste guerre la reggente svolse una parte importante; spesso cavalcò a fianco del marito e del fig lio sull 'inospitale a ltopiano armeno. I..:energica e dinamica Semiramide entrò nelle leggende orientali come sposa dell'eroe Nino, il m itico fondatore dell o stato assiro e della città di Ninive; la figura della leggendaria reggente si diffuse nella letteratura popolare iranica, per passa re poi ad altri popoli. Nella versione di Ctesia di Cnido, Scmiramidc appare come una "donna fata le" . La leggenda del suo irresistibile fascino fu intrecciata al mito della dea Ishtar o Astartc divinità assiro-cal dea dai complessi attributi, tra cui anche quello di essere la protettrice dell'amore. Ctesia racconta che la bella etera Semirarnide incoraggiata dalla sua divina patrona avrebbe conq ui stato cuori di re, terrorizzato gli amanti, e, proprio come la dea, talvolta li avrebbe strangolati. N umerosi esempi dimostrano come la realtà storica di Semiramide abbia spesso lasciato ii posto, anche molti secoli dopo, a versioni che mettono in rilievo la sua immoralità e soprattutto crudeltà, con chi are analogie all e donne-amazzoni. Un autore del XVI secolo ad esempio, così la descrive: "Era tenuta da tanta cupidità di dominare, che avendo mentito il sesso virile la s i simulò e dette a d intendere di essere il figlio lo di N ino e in suo luogo tenne l'impero. Diccsi che costei condusse in India contro a Staurobate un milione e trecentomila di pedoni, e.li sole.lati a cavallo cinquantamila, centomila carri, duemila navi, e huo mini sopra elefanti ch e adoperavano spadini di quattro cubiti. Costei avev::i commercio con i più begli soldati quali poi uccid eva acciò non la palcsassin o. All'u ltimo ricercando il concubito del proprio figliolo fu meritatamente e.la quello uccisa" 8 • Probabilme nte, se non ebbe il primato, fu certamente una c.lclle prime nella stori a, a

8 l'ronluario dei più fulgenti et illustri huomini e donne, Venezia, 1553.


Donne e guerra: teorie e prat iche

13

vedersi attribuire come reato morale l'incesto, categoria della morale sessuale che veniva per le donne mescolata al giud izio e alla capacità politica, così come avvenne molti secoli dopo per Maria Antonietta. Ancora nella prima metà del novecento, Semiramide, appare talmente assetata di orgogli o da inventare il seguente stratagemma: chiese a Nino di concederle di poter regnare per un giorno, ma avuti i pieni poteri ordinò che fosse ucciso. Successivamente mandò a morte anche il figlio dopo averlo sposato. Quello che raramente viene messo in discussione, sono le capacità, più che fuori del comune, fuori d ell a portata del sesso femminile; "do nna di straordinari e qualità, amministrò ben e lo stato, compie ndo mirabili imprese guern.:sche, conquistando molte terre, ampliando i domini, doma ndo ribellioni, fortificando città, scavando canali, d isseccand o palud i, aprendo vie al commercio" 9 • L:oasi intorno cui doveva sorgere la città di Palmira, al centro dell'inospitale deserto della Siria, fu per millenni um zona dotata di acqua potabile e di salgem ma, visitata periodicamente dai nomadi del deserto. Coasi il cui originario nome era Tadmor, fu tradotto da i greci e dai roma ni con Palmira, "città dei palmizi". Tutta la storia della città fu una lotta continua per il manten imento dell' indipendenza nei confronti dei potenti vicini; il suo massimo splendore iniziò quando Traiano la incorporò al l'impero romano (114 d.C.). Da all ora Palmira divenne la città carovaniera per eccellenza. Adriano le aveva accordato allora il t itolo di coloni a, seguito da una forma di autonomia fiscale e amministrativa interna, in modo che ne potessero d erivare vantaggi militari cd economici anche per Ro ma. Isolata in un deserto difficilmente percorribile, Palmira, centro carovaniero veicolo dei commerci, si assicurava enormi profitti . Tutti gli autori antichi sono d'accordo nell'affermare che lo splendore di Palmira era tutto fondato su questo commercio di transito. Le piccole industri e locali de lla città lavoravano pelli e materiali preziosi. Caristocrazia di Palmira porta nelle scult ure f un era rie numerosi gio ielli di produzione locale; quando Aureliano trascinò Z en obia incatenata dietro

9 Si veda su nmo ciò D. TUDOR, Donne celebri del mondo antico, Mi lano, 1980, pp. 27-3 2.


14

Fiorenza Taricone

il suo trionfo, la regin a era sovraccarica di tutti i gio ielli con cu i si era adornata negli anni della sua gloria. Roma condusse una politica di avvicinamento nei confronti dell'aristocrazia mercantile della città del deserto, accordando il titolo di cittadini romani ad alcuni notabi li . Jn seguito a varie vicende, a Odenato era stato accordato il comando supremo di tutte le forze romane in Oriente. Questi, durante una spedizione contro i persiani, al di là del Tigri e dell'Eufrate, in cui accanto a lla cavalleria pesante di Palmira e agli arcieri reclutati in Siria, partecipavano anche contingenti di fanteri a romana, cadde vittima di un complotto con il fi gli o di primo letto, Erode. Era il 266 e di questo avvenimento non si hanno dati molto precisi. Secondo alcune notizie antiche, la stessa Zenobia si proclamò regina e tutrice dei due figli avuti dal matrimonio con Odenato, per conto dei quali intendeva governare. Come per Cleopatra, la fi gura di Zenobia interessò molti sto rici latini e greci. Notizie fantastiche si trovano in modo particolare nella Vita Zenobiae inclusa nella serie dei Trenta Tiranni della Historia Augusta; il padre era membro di una delle più illu stri famiglie di Palrnyra e Zenobia fu agli occhi dei cont emporanei un a ene rg ica guida. Regnò negli stessi luoghi di Serniramide e sembra le piacesse essere paragonata a C leopatra. I retori hanno ingigantito di volt a in volt a storie concernenti l'intelligenza, il coraggio e la sua vita esemplare, tanto che in molte "gallerie" di donne celebri essa è chiamata tout court "la casta Zenobia". La sua figura alim entò tutta una prod uzio ne letteraria e a rti stica, mentre su una caratteristica almeno tutti i biografi si trovano d'accordo: l'ambizio ne smisurata. Appena ottenne il potere, la reggente si atteggiò subito a nemica de ll' impero, alleata d ei Persiani e disposta con le armi in pugno ad affrontare le legioni dell'imperatore; la rottura con Roma privò improvvisame nte i generali di Ze nobia delle legioni roma ne che formavano il nerbo della fanteria palmirena e anche delle perfezionate macchine d 'assedio. Zenobia dette comunque ordine di attaccare il nuovo generale roman o Eracliano. Prese tra due fuochi, le truppe ro ma ne subirono una gra ve sconfitta e pur se dal punto di vista politico questa azione proditoria costituiva un e rrore, rapp resentò comunque per Zenobia un successo personale. Per di p iù, le di fficoltà militari in cui si dibatteva l'impero negli ann i 267-269 le permisero di


Donne e guerra: teorie e pratiche

15

espandersi annettendosi alcune province romane limitrofe. Consigliata dalla corte, Zenobia ordinò al generale Zabda di in iziare le operazioni di guerra per occupare l'Egitto, il granaio di Roma, e punto di partenza delle spedizioni commerciali verso le Indie. La provincia era proprietà personale dell'imperatore, la sua perdita significava la fame per Roma, un aumento vertiginoso del le entrate per l'erario di Palmira e la rottura dei legami econo mici dell'O riente con l'Impero. Uno storico del VI secolo afferma che Zabda partì verso l'Egitto con un esercito di settantamila uomini "formato da contingenti palmireni, siriaci e barbari". In Asia Minore furono occupati in nome della regina del deserto tutti i possedi menti ro mani fin quasi al Bosfo ro e Roma perdeva con le province le vie commercia li e le risorse economiche dall'Oriente. Quando salì al trono Aure lian o nel 270 dopo un periodo di a narchia, Zenobia toccava il suo apogeo. Aureliano preferì sulle prime accettare un trattato e con esso lo status quo creatosi in Oriente mentre Zenobia e il figlio si erano attribuiti i titoli di Augusto e Augusta che il senato concedeva solo agli imperatori di Roma. Alla notizia della rioccupazione dell' Egitto da parte dei romani, Zenob ia presiedette un grand e consiglio di guerra, inviando anche uomini fidati a consulta re o racoli ; dopo che Aureli ano ebbe passato il Bosforo, le forze d i Pa lmira furono conccntrate nci ristrctti passaggi de i monti dcli' Antitauro dove alcuni secoli prima Da rio TTT aveva cercato di impedire il passaggio di Alessandro Magno. La città di Tiana fu un serio ostacolo per Aureliano perché Zcnobia aveva messo in atto una tattica abilc ; d a una parte cercava di manovrare le truppe b en coperte n elle valli dell' Antitauro, dall'a ltra con duceva una specie di guerriglia. Sperava c he nel fratte mpo i barbari avrebbero attaccato nuovamente le fron tiere settentrionali. Se nclla città di Tiana Aureliano non avcssc trovato un traditore che mostrò ai romani il punto debole delle fortificazioni, le legioni sarebbero rimaste molto tempo sotto le mura della città. Sebbene i soldati fossero scontenti, l' im peratore rifiutò di saccheggiare la città conquistata, con lo scopo di abbattere il prcstigio della regina a vantaggio dei roma ni. La città di Antiochia fu il nuovo quartiere generale d i Zenobia che non a bbandonava mai le sue truppe. L'esercito di Zenobia era costituito da settantamila combattenti, cavalicri e arcieri, ma possedeva


16

Fiorenza Taricone

una fanteria debolissima. La cavalleria pesante di Palmira era composta da i cosiddetti "catafratti" o "clibanari", cavalieri coperti completamente coi loro cavalli da una corazza <li ferro e cuoio. Quest'armata che poteva attaccare in forze, era però troppo lenta nelle manovre sul campo di battaglia. L'attacco veniva aperto dal fron te degli arcieri siriaci, piazzato davanti alla cavalleria. Gli arcieri coprivano il nemico con una nuvola di frecce e poi si ritiravano per lasciare il posto ai catafratti; l'urto della massa corazzata era potentissimo, ma una volta esaurito cavalli e cavalieri non avevano più molte forze a disposizione e la fante ria poteva facilmente averne ragione. La formazione delle truppe di Aureliano era impostata diversamente: c'era una cavalleria leggera non molto numerosa, ma compatta, ben addestrata e gu id ata dallo stesso imperatore, che agiva con t:strema rapidità, anche perché era divisa in squadroni. La forza dell'esercito si basava però sulla robusta formazione legionaria, una fantt:ria compatta e disciplinata. Mancavano gli arcieri e la cavalkria pesante, clementi tattici di base dell'est:rcito di Zenobia. Solo la battaglia corpo a corpo della fanteria romana e le manovre d'attacco della cavalleria kggera potevano mettere in difficoltà i "catafratti" e gli arcieri palmi reni. Lo stato maggiore <li Zenobia per contro no n aveva previsto l'assedio perché aveva sperato di poter chiudere l'imperatore al mare o quanto meno nel deserto. Per sfuggire all'accerchiamento, la regina cercò numerose e audaci diversioni, alcune abbastanza pericolose per i roman i. Gli aiuti provenienti dall'esterno trovarono la strada bloccata dai legionari compreso il corpo di cavalleria armeno che Zenobia era riuscita ad assicurarsi sborsand o molto denaro; l'oro di Aureliano lo convinse a passare ~il ne mico. Aureliano inviò una missiva a Zenobia invitandola ad arrendersi con onore, ma la regina avrebbe risposto con orgoglio sm isu rato: "In guerra tutto viene deciso dal coraggio. Hai desid erato che io mi arrenda come se tu non sapessi che la regina Cleopatra preferì morire piuttosto che conservare la vita e gli onori, ma sottomessa ad un padrone ... " (Flavio Vopisco, Vita di Aureliano, in Historia Augusta). Come ultimo tentativo, Zenobia, anima della difesa della città, riuscì ad attraversare le file dei nemici per recarsi personalmcntt: <lai p ersiani a chiedere a iuto; con il favore delle t en ebre,


Donne e guerra: teorie e pratiche

17

s'i no ltrò nel deserto, ma il "servizio segreto" di Aureliano intercettò la notizia della fuga e la fuggiasca fu raggiunta e catturata . Vennero date disposizioni che fosse risparmiata per il trio n fo di Roma e l'imperatore inviò una lettera a Roma nella quale elogiava le qualità di Zenobia e si giustificava per la lunga durata di una guerra contro un a donna: "Sento o senatori che mi si rimprovera come azione indegna per un uomo l'aver trionfato su Zenobia. Ma quelli che mi diffamano non mi rifiuterebbero i loro elogi se avessero conosciuto la sua saggezza nei consigli, la sua perseveranza nel portare a termin e le azioni intraprese, la sua fermezza nel comando mil itare, la sua severità ... " (Trebellio Poli ione, Vita di Zenobia). Nella d escrizione del trionfo accordato ad Aureliano si legge: "Si notavan o dieci donne catturate con le armi in pugno in costume gotico maschile; molte erano cadute in battaglia e un quadro le mostrava allegoricamente vestite da amazwni ... chiudeva la sfi lata Zenobia coperta di pietre preziose e legata con catene d'oro, sostenute da servi" 10 •

Fra le popolazioni barbare Attivo operativamente era " il ruolo delle donne delle popolazio ni barbare. Tacito, nel suo trattato Germania attesta che fra i germani, fin dalla cerimon ia nuzia le viene detto alla donna: tu non dcvi sentirti estranea ai casi della guerra n ella quale soffrirai e oserai quanto tuo marito. E le mogli di german i, galli e traci disposte a lle spalle dell 'esercito e inte nte ad incitare gli uomini sono presenti ancora in Tacito negli Anna/es e nelle Historiae e in Cesare nel De Bello Gallico 11 . G ià d e l resto ne l XIX seco lo era stato sotto lineato come il ruolo della do nna fosse stato spesso rilevante. Seguivano le marce di spostamento tanto che il Contamine afferma che i barbari non costituivano affatto "dcs a rmées, mais des pe uples en marché; les

10 U. pp. 2-8. l1

P.

CAPPUZZO,

Tra focolare e Campo di Marte, "Rivista Militare", n. 6, 1982,

CONTAM INE,

cit., p. 83.


18

Fiorenza Taricone

chariots, les bagages, les fcmmes, les cnfants, Ics vieillards réduisaient leur mobilité ... " 12• L. A. Martin descrivendo la condizione femminile "chez les pcuplcs <le l'antiquité" rileva i privilegi di cui godevano le compagne dei sovrani, anche non legittime. Non era del tutto infreque nte che avessero ai propri ordini eserciti non esigui; Serse "donna à Artaunte des villes et une arméc qui n'obcissant qu'à elle seulc". Dario portava con sé la mogl ie e la madre, cosa che secondo il Martin assimila le persiane alle donne germane. Sembra inoltre che il costume di farsi seguire dalle proprie donne fosse esteso anche agli altri capi e ai soldati stessi. Al seguito <li Dario erano anche trecentocinquanta concubine, non tutte con funzioni guerriere poiché molte di esse erano "musicanti". Ma erano soprattutto le donne delle popolazioni d el nord che, in caso di guerra, "pouvaicnt cxcrccr un noble role aprés dc lcurs epoux et de leurs fils; elles leur montraicnt l'cxcmplc du couragc, prenaient part à leur triomphe ou !es consolaient de leur défaitc. Autant la préscncc des femrnes dans Ics armées des peuplcs d e l'orient et mcme dans cell cs des Roarnins pouvait énerver les hommes et !es rcndre indociles à la discipline, autant lcur préscncc dans les armées des peuples du nord, animait le courage du soldat et le portait à des grands exploits; presso i Bretoni, le sacerdotesse non erano addette solo al servizio <lei templi. Le si vedeva in tempo di guerra "courir de rang en rang avcc des torches, !es cheyeux herissés et poussant de grand cris". Le cronache riportano che i Cimbri e i Teutoni recavano a seguito delle armate delle vecchie sacerdotesse le quali marciavano a piedi nudi, con un velo bianco "rclcvé avec des graffes et una ceinture d 'or". Dopo il combattimento si precipitavano sul nemico con un coltello, trascinandolo su di una impalcatura ai piedi della quale c'era un grande recipiente destinato a raccogliere il sangue. "Pendant la hataillc ccs frmmes frappaient sur des peaux tcnducs, au <levant d es charriots pour animcr Ics soldats". Molti autori tra cui Tacito fanno inoltre fede del valore di tutte le donne dei paesi del nord, le quali 12 Si veda L. A. MARTIN, Histoire de la condition des femmes chez /es peuples de l'a11tiquité, Paris, 1839.


Donne e guerra: teorie e pratiche

19

scongiuravano i mariti e i figli Ji combattere e di non soffrire se esse cadevano in schiavitù; quanJo poi ripiegavano, "!es contraignaient par des prières, des rcproches, des menaces, à retourner au combat pour y chercher la mort ou la victoire". Un aneddoto sulle donne dei teutoni narra che, sconfitti da Mario, chiesero di rimanere caste; a l rifiuto, massacrarono i loro figli contro le roccie e furono trovate il giorno dopo chi impiccate, chi sgo7.7.ate, immerse nel loro stesso sangue 13.

Il mito e la storia: le Amazzoni Sempre oscillanti tra verità storic:1, mito e leggenda ma spesso prese a modello d i virtù guerriere e alfiere della donn:1 em:inci pata sono le amazzoni. Particolarmente in voga, come genere letterario nel seicento, in sintonia con lo spirito asso lutistico e bellicoso del secolo, sono state spesso utilizzate anche come pezze <l'appoggio di rivendicazioni "femmin iste" ne l X Vll e XVIII secolo e, proprio per questo pericolose riv:ili dell'uomo. I:Histoire des Amazones scritta da l'Abbé Guyion ci informa che il nome di ques te donne sciite ora "aeorpmes", cioè nemiche degli uomini. L'etimologia del loro nome è strettamente legata alle loro abitudini di vita: dall'infanzia recidevano la mammella destra, la maggior parte di esse non avevano contatti con gli uomini, non lasciavano mai la loro ci ntu ra, simbolo della rnodestia e della continen za, non vivevano di pane, ma della carne degli animali che cacciava no; infine le madri non nutrivano le figl ie neonate di latte, ma con alimenti insoliti destinati ad irrobustire la tempra fisica. Secondo l'autore, la parola amazzone si presta a tutte queste interpretazioni, ed è stata proprio la singolari tà delle loro abitudini e costumi di vita inusitati che ha fatto spesso dubitare della loro reale esistenza; tutte le incertezze sono però ingiustificate e nascono essem.ialmcnte dal fatto che di sol ito non si attribuisce ::i l sesso femm inile tant::i forza e coraggio. Pregiudizi inveter::iti erano a lla base di un::i err::ita educazione impartita loro nei tempi moderni, mentre uomini e donne ::indavano abituati agli stessi esercizi poiché la funzione fortifica il corpo.

13 l'ro11tuario delle medaglie, cit., p. 47.


20

Fiorenza Taricone

La precipua caratteristica delle amazzoni era quella di rifiutare il matrimonio, reputandolo una schiavitù. Al solo scopo di procreare si recavano quindi tutti gli anni per due mesi nelle province vicine e per dimostrare che non era scaturito nessun tipo di attaccamento dagli occasionali incontri, uccidevano tre uomini prima di riprendere il viaggio. CAbbé Guyion scrive, sulla sorte dei bambini maschi, che erano o privati delle braccia e delle gambe o rispediti ai loro padri; in altri autori invece la sorte dei bambini maschi è descritta diversamente: erano eliminati tout court fisicamente. Una procreazione altrettanto strumentale è narrata dall'autore del l'rontuario delle medaglie dei più illustri e fulgenti uomini e donne edito nel 1553 quindi ben due secoli prima l'Histoire des Amazones. Nel tracciare la discendenza della stirpe amazzonica a partire dalle regine Marpesia e I.ampeda, l'autore del Prontuario cita come ultima regina Talestre che si recò d a Alessandro Magno con trecento donne chiedendo di poter procreare. "Per tredici giorni s'accomodò a sue voglie dicendo che avrebbe tenuto la figliolanza femminile e dato a lui quella rnaschile" 14 . Per spiegare le loro abitudini di vita, l'Abbé Guyion si serve dell'iconografia tradizionale che ritrae le amazzoni prive della mammella scrivendo che ne veniva impedito lo sviluppo oppure veniva amputata nell'età puberale. Fin dall'infanzia le figlie erano abituate alla guerra, con esercizi e lunghi addestramenti al combattimento. 11 mantenimento di uno stato di nubilato, (termine che suona più adatto che non quello di celibato usato dall'autore) era contraddistinto dalla cintura, simbolo di pudore e castità così come lo era della forza e del coraggio e della virtù negli uomini. Era detta "ceste" da cui il nome di incesto nelle unioni illegittime. Crescendo, le amazzoni si impegnavano a ricevere ordini solo da coloro che le due regine avrebbero posto sul trono. P. Perir, nel suo 'Haité Historique afferma che "nell'allargamento delle loro conquiste non è impossibile che, durante le spedizioni, esse non si siano associate ad altre donne che per carattere o per malconten to dei loro mariti domandavano di essere accolte" 15 •

14 I~ PETIT, Traitéhistorique surlesJ\mazones, Leida, 17 18. 15 I'rontuar10, . c1t., . p. 44 .


Donne e guerra: teorie e pratiche

21

Stanziatesi in alcune città dell'Asia, si dice che edificassero Efeso e molte altre città, oltre ad occupare quei territori che oggi definiremmo Crimea o regioni tartare. Presso Efeso, Marpesia fu uccisa durante un'incursione dei barbari e ad essa succedette la figlia Orithia, " la quale pe r l'industria dell'arte militare e per la sua perpetua verginità si rendette a tutti cospicua e mirabile" 16 . A Penthesilea spettò il comando dopo Orithia ed essa prestò aiuto ai troiani contro i greci; è Virgilio nel primo libro dell'Eneide a narrare come fosse uccisa da Achille. Abbiamo scritto poc'anzi come il mito delle amazzoni subisse alterne vicende nel corso d ei secoli ritenuto talvolta una favola avvincente, tal'altra verità il cui nucleo storico era stato arricchito da una serie di leggende. Per fare degli esempi dello "spirito di parte" con cui ci si è talvolta avvicinati alle amazzoni, nella Istoria di mons. De Capissol, opera tradotta dal francese da una donna non meglio identificata, le guerriere pagane diventano alfiere della e m ancipazione femminile. Signific:1tivamente in un secolo in cui comincia a muovere i primi passi il dibattito sull'eguaglianza delle facoltà intellettive femminili rispetto a quelle maschili si legge nella suddetta storia che " i popoli abitatori dcli' Asia godevano gran pace quando furono storditi da tumulti cagionati da donne che bramavano la loro libertà. All'inizio gli uomini non si curarono e lasciarono crescere un fuoco che non poté essere estinto se non con mille rivi di sangue ... " 16 . Le parole sono un chiaro monito al non voler considerare i cattivi frutti che nascono dalla disuguaglianza tra un sesso e l'altro. Più avanti il libro narra J i come le regine Marpesia e La rnpeJa radunassero tutte le donne e l'a rringa che una delle due rivolge alle astanti riunite in assemblea ha un tono anacronistico rispetto al resto del racconto; le parole fatte pronunciare alla regina appartengono infatti di diritto al secolo XVII recando tutti i temi tipici de lla querelle femminile e i modi con cui le ragioni erano fatte valere : "La vendetta non si restringa solo nelle guerre continue che dobbiamo avere coi vincitori dei nostri mariti, ma stendiamola pure sopra gli Sciiti. E sterminiamoli

16 F.

TARICONE, J..:uiupia: la realtà irreale nella storiografia contemporanea, "Rivista di storia della Storiografia Moderna", a. V, nn. 1-2, 1984.


22

Fiorenza ·1arieone

e dichiariamoli nemici irreconciliabili di tutti gli uomini .... Liberiamoci per sempre dal gioco che le leggi del matrimonio impongono al nostro sesso. Consideriamo tutti gli uomini come tiranni e con una impresa che non è maggiore del nostro coraggio, procuriamo di assoggettarli. Poiché infine quali privilegi hanno gli uomini che non possiamo avere anche noi? La loro condizione ha ella qualcosa di superiore alla nostra eccettuatane l'autorità che solo la nostra debolezza gli ha lasciato prendere sopra di noi. Non è vergogna che obbediamo a quelli che con tanta diligenza a!Jeviamo e ai quali pare che la natura stessa ci dia autorità di comandare, ma consideriamo care compagne, fin dove giunge la nostra cecità, osserviamo quelle leggi che gli uomini stessi hanno fatto a loro avantaggio ... E perché pensate che così ci trattino" 17 .

17 F. DE CAPISSOL, Istoria delle Amazzo11i, Fe rrara, I (,88. Si vedano anche organizzato dalla DARS (Donna Arte Ricerca Storia) a Udine, nel dicembre 1987, Donna e Guerra Mito e Storia, in particolare sulle amazzoni, M. MEIORIN, Le amazzo11i dal mito al fumetto e M. CAlTARUZZA, Le amazzoni o del mito rivissulo. Nel libro di F. PRrnARI, Le amazzoni rive11dicate alla verità e alla ragione, Milano, 1839 il testo viene corredato con un elenco delle opinioni degli autori più autorevoli che si sono occupati di co nfutare o meno il mito delle amazzoni. "Str:ibonc, Arri:ino e P:ilefato sono i soli tra gli antichi scrittori i quali abbiano mossa questione alb possibilità di questa repubblica di donne. Ma il primo induce l'i mpossibilità della inverosim iglianza, il secondo del non aver Senofonte fotto cenno di esse nella sua ritirata dei diecimila; il terzo, coll'asserzione nuda di ogni argomento che le amazzoni non fossero st:ite donne, m:i uom ini donncscamcntc abbigliati. Tra i moderni, Bianchini opi n:i non essere state le :im:izzoni che le erme femmi nili che Scsostri faceva ergere ne l corso dell e sue conqui ste :1 contrassegnare le n:izioni che avevano opposto a lui nessuna resistenza e che vigl iaccamente gli si cr:ino sotto messe. GOROl'IO BECANO in De Amazonilms le dice mogli dei Sauromati, 11011 repubblica indipe nde nte di donne. Byranthius segue Palefato (Mythol. tom. IIT, p. 457). Poinsin et de Sivry nelle note a Plinio da lui tradotto in francese, libro VI, p. 658, nota 18, Paris, 177 1, le vuole uomini imbelli. Pcrnctty le vuole muse e baccanti nelle I'ables egyplie1111e el grecques dévoilées, Paris, 1786, Crcuzcr, una favola for mata sulla base di antichi riti religiosi. Visconti, Vinckcl m:111n le hanno per mitologia; tr:i gli :intichi le sostenne ro 57 autori principiando da Omero. Tra i moderni, Petit che vuole provarne l'esi stenza perché hanno esistito l'araba fen icia e la pietra filosofale (Ve Amazo11ib11s dissertatìo, I cd., 1670, Il cd., 1687). Guyio n fece di esse un plagio uscito col titolo Histoire des Amazo11es, nel 1719. Dcs Brosscs le reputa vera storia, come pure Ces:irotti e Pinckerton".


Donne e guerra: teorie e pratiche

23

~: una donna, Emma Grandi, a scrivere nel 191 O, epoca attenta alle virtù militari anche femminili, sensibilizzata a ciò da un effervescente clima colonialista che "i l mito della donna guerriera, diffusissimo presso i popoli antichi, ha seco ndo mc un fondamento fantastico cd un fondamento storico. Un fondamento fantastico pe rché è in parte una creazione dell'anima del popolo che vuole attribuire a certi tip i di donne perfette virtt1 virili, sollevandole al di sopra della ristretta vita propria della donna e le appropria ciò che i popoli primitivi ammirano di più: la forza, la violenza. Coll' ingentilirsi dei popoli, all'idea della forza si accoppia quella della gentilezza, della bellezza, della grazia, e i fieri miti delle guerriere amazzoni si raddolciscono quindi nelle eroine dell'epopea. E sollevando queste donne al livello degli uomini, dando loro la libertà e l'indipendenza che i costumi antichi negavano alla donna nel modo più assoluto e ingiusto il mito della donna guerriera diventa un'aspi razione all'uguaglianza dei diritti dei due sessi, è una prima manifestazione di emancipazione femminile. Ho detto che io credo essere nel mito un fondamento storico. Risalendo ai primordi della civiltà si ritrova presso i vari popoli in vigore il diritto materno o matriarcato ... subentrò poi il diritto paterno e allora la donna fu ridotta alla condizione di schiavitù presso gli antichi. Gli effetti del diritto materno si manifestarono in tutti i rapporti sociali degli antichi popoli presso gli Assiri, i Babilonesi, (Semiramidc), presso gli Egiziani, presso i Greci , le popolazioni italiche prima di Roma, gl i Sciiti, i Galli, i Germani di Tacito. All ora le donne cooperavano gaglia rd amente alla difesa della patria. Erodoto narra che presso gli Sciiti la giovanetta non avrebbe potuto maritarsi senza aver prima ucciso un nemico. Quando poi il diritto paterno venne a pigliare, o violentemente o pacificamente, il posto del materno, riducend o la donna ad una vita rigorosa e ritirata, il ricordo d elle antiche guerriere distintesi nel combattere per la patria, dovette sopravvive re nelle leggende e nelle creazioni mitologiche in cui l'e lemento muliebre ha larga parte. Di qui il tipo della donna guerriera, generalmente rapprese ntata come avversa all'uomo, fo rse come reminiscenza confusa della resistenza che le donne avranno opposto a questa trasformazione sociale. Così le leggende de lle amazzoni che s i ri petono con molteplici


24

Fiorenza Taricone

variazioni nell'antica storia dell'Asia, della G recia, della Germania e anche dell'America del Sud" 18 . Emma Grandi anticipa n ell e sue parole quello che sarà uno dei temi comuni a molti di coloro che si occuperann o d el ruol o femminile nella prima guerra mondiale: l'associazione tra partecipazione al conflitto cd emancipazione da vecchi ruoli o almeno acquisizione di nuovi, nel generale sommovimento di idee e fatti causato dalla grande guerra. Restando alle amazzoni, è evidente la vitalità e il perdurare del mito; tutte le opinioni degli autori citati anche senza averne piena con sapevol ezza, non fanno altro che co nfe rmare come il variare della sensibilità collettiva verso i miti stess i sia legato alla funzion alità e disfum.io na li tà a seco nda delle epoche. Alla do manda se "Penthcsilfr, Sphione, Mélanippe, Tomyris ont elles réellcment ex isté", I~ Lacour nel non lontanissimo I 903 afferma: "Si cc n'est pourtant qu' un mythe il est impé ri ssahle. L'Am azonc est une sorte d'entité, le t ype dc ]'energie et de la vaillance dans la gracc" 19. Quello · che conta insomma n on è accertarne la totale veridicità, ma osscrvan: come esso abbia comunq ue e sempre agito, nei più diversi contesti storici, sulla memo ri a collettiva come an ti tesi possibile alla donna debole e inerme, semplice spettatrice o "fcmmc savante" chiusa nell a torre dell'erudizio n e. E notare ancora come il mito sia servito alla legittimazione sto rica delle virtù guerrie re fe mminili. ''Aux h eures néfastes, quand to ut scmblc désespéré, les coeurs d cs fc mmes sont dcs foycrs de résistence, oùbrille l' étincelle de la foi et où se réchauffe, pour un supreme effort, le courage des hommcs. A travcrs to us les ages, il y a eu et il y a aura des amazones, commc il y a des soldats intrépides. Les reincs d'Orient, Ics no mades guerriéres dc Sarmatie, la farouche Spartiate, l'Athénicnne, la dame romaine, la boémienne du Ville sièclc, la chatelaine du moycn agc, la paysa n n e lorrain e, l'italicnnc tk la Rcna issa nce, !es Amazo n cs dc l'Amcrique du Sud, les duchesscs dc la fronde, ou dc la court du grand roi, le femme forte o u martyre dc la Révolution, la cantinière

18 E. GRANlll, f.a donna guerriera, Alessandria, 19 10, pp. 6 -7. 19 r. LAcrnm, Les Amazones, Paris, 1903, p. 4,


Donne e guerra: teorie e pratiche

25

de nos armées modernes et m0me la sauvage Dahoméenne forment la chaine glorieuse d'une tradition universelle 20 . Spesso associata alle amazzoni greche di cui costituisce per così dire il controaltare latino, troviamo lodata ed esaltata la regina dei Volsci, Camilla, di virgiliana memoria. Nel secolo scorso, così viene descritta: "Noi vedremo una invitta eroina coperta la bionda chioma di un cimo, e armata il fianco di faretra, accesa di ardor marziale le ostili abbattere e sbaragliare da corpo a corpo a singolar certame pugnare e vincere" 20 . Unica figlia di Metabo, ultimo re dei Volsci, quasi neonata seguì il padre che, a causa della guerra decretatagli dal re Latino, in difficoltà per la defezione di alcuni suoi sudditi preferì fuggire e mettere in salvo la figlia. Boccaccio racconta alcuni particolari della fortunosa fuga dei due, come lo stratagemma che Metabo escogitò per salvare Camilla; inseguiti dai nemici e arrivati davanti ad un fiume in piena privo di ponti per arrivare alla sponda opposta, il re dei Volsci utilizzò delle cortecce di sughero che giacevano in terra. "Ravvolse tra esse la bambina, indi annodolla a un forte dardo, che in sua difesa teneva e fatti alcuni prieghi a Diana a cui k dedicò di tutta sua forza, lanciò la freccia all'opposta riva poscia si gettò a guado nel fiume. Come felicemente approdato fu all 'altra parte, trovò confitta la freccia nel luogo in cui aveva dato illeso il suo caro pegno. Abitando tra le spelonche dei monti, il padre nutrì Camil la con il latte di una giumenta e la tradizione la vuole armata fin da piccola d i dardi e faretre, vestita di pelle di tigre. Sentendo approssimarsi la fine, Metabo si recò da alcuni fidati pastori, raccomandando loro sia la figlia, sia la difesa dei legittimi diritti del casato di costei. Morto il padre, Camilla continuò ad esercitarsi al combattimento e alla caccia e il suo valore non tardò a diffondersi fuori dei confini natii; alcuni dei privernati, rimasti fedeli sudditi del padre si recarono ad offrirle i loro serv igi e Camilla "loro duce si fece. Con questo picciol drappello avviassi Camilla contro a Latino, il quale ancor sedeva su quel trono a lei dovuto. Lo straordinario valore dell'illustre donzella, la robustezza delle sue membra ... in breve ne la rendettero vi ncitrice. Meraviglia e stupore n 'ebbero i Volsci, perciò

lO lvi, p. 9.


26

Fiorenza Taricone

non tardarono punto ad offrirle quel regno che più sua conquista nomar potevasi allora che suo retaggio" 21 . Frattanto Enea, in procinto di sposare Lavinia, figlia di Latino, si attirava le ostilità di Turno, re dei Rutuli, il quale, conoscendo il coraggio ed il valore di Camilla, ne chiese l'aiuto; essa si recò incontro a Turno seguita dalle sue ministre e compagne: Larina, Tullia, Acca e Tarpeia. "Saputosi <la Turno spedire Enea sua truppa kggera per intrattenerlo con finto attacco e in questo mezzo muover esso occultamente per la via più erta e scoscesa, tentando sorprendergli la città, così pensò egli appostare in agguato fra le gole del monte parte della sua gente, onde in tal guisa rendere vano l'ostile.: attentato; Camilla, al comando delle truppe, si diresse verso la montagna"; la battaglia divampa furiosamente; " la faretrata guerriera don zella ora un nembo scaglia di frecce, or culla destra impugnata la scure, tra la turba nemica violentemente l'arruota, né di ferir mai cessa e di abbattere chiunqu e colpisce ... " 22 • Numerose sono le sue vittime, né riescono ad ucciderla con l'inganno, come il guerriero che la invita a combattere a piedi; una volta scesa da cavallo Camilla, il traditore sprona invece il suo; l'amazzone lo ripaga però del suo tradimento passandolo da parte a parte con una freccia. Poiché Camilla era quasi riuscita a disperdere i nemici, Tarconte apostrofo duramente i compagni accusandoli di codardia per essere costretti alla fuga da una donna. Arunte più di ogni altro si sentì punto nel vivo e spiò il momento giusto per coglierla di sorpresa. L'occasione propizia fu offerta dall'attenzione che Cam illa dimostrò per l'arco di Licia e i dare.li cretensi che il vate Cloro recava sulle spalle; forse Camilla se ne voleva adornare per la caccia, forse voleva consacrarli a Diana, ma prima che ella potesse rendersene conto, fu colpita dalla frecci a di Arunte, la quale, come scrisse Virgilio, ":1vida il sangue verginal bevendo", la ridusse presto in fin di vita 23 • Cami lla si spense tra le braccia della sua fida Acca, e con la sua sco,nparsa i Volsci, i Rutuli, i Latini si diedero alb fug:1, consentendo la vittoria dei troiani. 21

C. PALTRIN IERI TR1vu1.z1, Le illustri Carni/le italiane, Verona, 181 8, p. 1. 22 IVI,. p.6.

23 Ivi, p. 8.


Donne e guerra: teorie e pratiche

27

Il pensiero cristiano Nel mondo cristiano non mancano netti pronunciamenti contro l'impiego militare delle donne. Basti ricorda re Tolomeo da Lucca (S. Tommaso d 'Aquino De regimine principum, rv, 5-6) e<l Egidio Romano (De regimine principum, TTT, ·t-12). Se però la condan na è decisa nei confronti di un impiego sistematico o continuativo de lle donne, essa non lo è altrettanto nei confronti della gue rra; non stiamo qui a sottolineare l'ambiguità delle sped izioni religioso militari quali furono le crociate, le collusioni tante volte verificatesi tra pote re temporale e religioso, n é ricordare l'abbigliamento guerresco del pontefice Giulio II, m a a rileva re come le stesse scritture abbiano costituito la fonte d e lla legittimità storica de lla guerra. M ons. Mazzella, assistente a l Sogl io pontificio, arcivescovo di Rossano, afferma n e l 1916, quindi in un p eriodo estremamente delicato per la nazio n e, su La guerra nella Bibbia e nella storia della

Chiesa ossia la guerra nel disegno di Dio, nell'insegnamento di Cristo, nell'azione della Chiesa 24 , c h e a pre ndo la Bibbia del Vecchio Testa m ento, la guerra non è un episodio, ma è tutta la storia. L e pag in e sono popolate di re vincitori o vinti, città assediate, battagl ie, stragi e schiavitù di p o p o li. È uno spettacolo di sangue e <li rovi na - si domanda l'arcivescovo - che Dio vuole presentarci nel sacro testo? No; è una scuola in cui attraverso lo scatenarsi delle più viole n te passione uma ne, egli ci ri vela i fin i a ltissimi della provvide nza con la quale gove rna il mondo. Quindi la guerra che impe rve rsa su ll'Europa no n è lo scat enarsi di sfrenate ambizioni sotto l'impulso di una necessità cicca e fa tale, ma è il fl agell o col quale Dio castiga i popoli colpevoli, n on p er d istruggerli, ma per p urificarli. In conclusione quindi la gue rra nel d isegno divin o non è se non una funzione di giustizia e di misericordia, che ben si con cilia con la sapienza e bo ntà di Dio 25 . La man o del Signore det ermina non solo la storia del popolo ebreo, ma anche quella d ei grandi popoli dell'an ti ch ità . Una messe

24 O. MAZZEI.I.A, cit., Rossano, 19 16.

25 l vi, p .5.


riorenza Jàricone

28

di citazioni di profeti biblici comprova come attraverso di loro si preannunci il destino degli antichi regni; tra essi, "Daniele è per eccellenza il profeta delle na1.ioni, lo storico anticipato delle grandi rivoluzioni " 26 . Mentre la parola di Dio nel Vecchio Testamento insegna che cosa è la guerra, ovvero ne indica la funzione, nel Nuovo Testamento ci insegna quando e come si può fare la guerra ossia le sue leggi. "Prima legge de lla guerra è dunque la giustizia, e perciò noi condanniamo tutte le guerre ch e non abbiano una giusta causa. Ora, è evidente che per infliggere ad una nazione un male così grave come è la guerra, causa g iusta non è un vantaggio da procurare ma un diritto leso da rivendicare e perciò la formula evangelica e cristiana che regola il diritto di fare la guerra è questa: nessuna causa può legittimare la guerra se non la violazione di un diritto certo, di cui non si è potuto ottenere riparazione in modo pacifico" 27 . La guerra di conquista è solo brigantaggio in grande, come disse Sant'Agostino "grande latrocinium ". Seconda legge della guerra è la carità che comanda di amare e beneficare il prossimo e perfino i nemici. È lecito quindi nuocere al nemico per legittima difesa e sarà solo un barbaro il soldato che incrudelisce sui feriti o li uccide per solo scopo di odio o vendetta. Terza legge di guerra è la fedeltà ai patti giurati, a lla parola data. S. Tommaso lo espresse dicendo: anche al nemico bisogna serbar fede. Infine, esaminando la storia della Ch iesa, si vedrà co me la teoria s'incarni nella pratica, poiché - scrive l'arcivescovo - la Ch iesa non ha fatto che tradurre n ella pratica l'insegnamento della Bibbia. L'Evangelo non esclude la guerra quando cssa sia mc7.7.0 necessario per ottenere la pace della giustizia e la C hiesa ha sempre benedetto la guerra che s' intraprende per difendere il territorio ingiustamente invaso, la patria insultata, la civiltà messa in pericolo. Essa ha b e n edetto il vessillo della Lega Lombarda a Pontida, di Giovanna d'Arco a Orléans, di Giovanni Sohiéski a Vienna, dei crociati a Lepanto. La Chiesa per contro è sempre stata ostile alla guerra ingiusta la cui prima causa è la passione e anche l'orgoglio con cui si cerca

26 lvi,p.17. 27 lvi, p. 26.


Donne e guerra: teorie e pratiche

29

la glo ri a per sé, l'estensione dei propri domi n i, l'egemonia . Fu la C hiesa ad istituire la pace di Dio, ad impedire cioè in tempo di guerra l'offesa ad un viaggiatore inoffensivo, la violenza inflitta al lavoratore, l'insulto alla do nna senza difesa. La Chiesa istituì la tregua ùi Dio. Con questa istituzione la guerra era inte rdetta ai cristian i dal mercoledì fino al levarsi del sole del lunedì e poi nei tempi di avvento, di quaresima, nelle vigi lie, nelle feste principali. Ha umanizzato la ferocia del soldato pagan o, forgiando gli ideali della cavalleria; ha continuato nei te mpi moderni le tradizioni del passato. "Oggi si vede su i campi di battaglia la Su ora di carità, giovan e donna, che, vincendo la doppia debo lezza dell'età e del sesso, con eroico coraggio e con più eroico sacrificio è l'angelo del conforto ... Chi ha creato questo tipo di donna se no n la C hi esa?" 28 .

28 Ivi, p. 40.



CAPITOI.O Il

Dal Me dio Evo al XVII secolo: castellane, guerriere, strateghe Seguendo il filo delle riflessioni di P. Contamine e della sua opera La guerre au Moyen Àge, condividiamo che, essendo la guerra solo fin o ad un certo limite attività autonoma che obbedisce a leggi proprie cd esigenze specifiche, essa non può comprendersi fino in fondo "sans référence à son environnemcnt historique. l ,es fi gures de la guerre sont filles <le lcur temps ... c'est dire qu'entre 11SO et 1300 la guerre s'est inévitablcment transformée e n meme temps quel l'ensemble de la societé, mais non point tojours au mcme rythme en raison de possibles décalages et <léphasagcs" 1. Con una debita trasposizione e allargamento delle osservazioni di Contamine al ruolo avuto dalla donna nel Medio Evo e nel Rina scimento, ne scaturiscono un a serie di osservazioni: di dover tener conto non solo della normativa morale in genere osservata e imposta a lle donne, ma anch e del pensiero della C h iesa e della scolastica m edioevale in particobre sulla guerra. Da i criteri infatti di guerra giusta o ingiusta derivano tutta una serie di comportamenti e convin zioni personali: la fierezza nei soprusi, la fede negli eroismi, la determinazione nella difesa di valori morali e rel igiosi. G l' interventi militari femminili appaiono naturalme nte legati alle circostanze belliche dell'epoca: lotta tra papato e impero, tra signorie e principati, eventualmente alleati contro lo stato pontificio , resistenza al pericolo tu rco-piratesco. Particolarme nte interessanti sono le mogli o compagne dei condottieri e capitani <li ventura, ma esiste comunque una miriade di cosiddette eroine, passate alla storia, che espletarono compiti d ive rs i di tipo mili tare: dall'azione co mbattente diretta negli assedi ai castelli, a compiti <li sentinella, staffetta, guida e all'occasione stratega. G. B. Billia afferma alla fine dell'ottocen to durante una conferenza: " Ricordo le donne del Medio Evo, castel lane o popolane, che dagli spalti delle te rre assediate erano le più animose e numerose a gettare sassi, po lvere, cenere, acqua e

1

P.

CONTAMINE,

La guerre au Moyen Age, Paris, 1980, p . 227 e ss.


32

Fiorenza Taricone

olio bollente sugli assalitori. Sapevano bene esse qual sorte fosse riserbata alle vinte. Le popolane uccise a fil di spada e dopo violate; le principesse accecate, morte di fame, e di prigioni a, o per suprema dimostrazione di bontà relegate a monastero coatto" 2 • Ruoli militari ebbero le don ne anche in quel tipo particolarissimo di spedizioni ch e furono le crociate. Lo storico bi zanti no Cannamo narra di un battaglione di donne coperte dalle loro armature, con un condottiero del loro stesso sesso, che tutti chiamavano la s ignora dalle gambe d'oro. Gli esempi diacronici riportati nelle pagine seguenti non hanno naturalmente una funzione eruditi va intesa nel suo aspetto più banale, ma nell'intento di chi scri ve dovrebbero a ssolvere ad altre funzioni. La prima è quella puramente conoscitiva, legata ad un dato di rea ltà. Trattandosi di un argomento finora mi sconosciuto, il solo apprendere che la storia offre anche questi esempi su cui riflettere può avere un impatto notevole. In secondo luogo, un percorso che pa rte dall'antichità dà modo di studiare, se ci sono state, le costanti che per le donne si sono ripetute assumendo ruoli militari e politici, per esempio, l'occasione offerta dalla reggenza in luogo dei figli minori, o le accuse ricorrenti d 'incesto una volte cadute in di sgrazia o sconfitte. Così fu per Semiramide, così si ripeté molti secoli dopo per la regina M. Antonietta. Inoltre, ricostruire una continuità non del tutto ep isod ica può aiuta re a capire la fondatezza dell'espressione "donne d'eccezione" con la quale sono state chiamate le donne troppo al di fuori della m edia femminile di ogni te mpo, insomma fuori d ella natu ra. Ancora, con le donne passate alla storia si possono capi re meglio a nche i criteri di trasmissione della fama, della celebrità di cui i posteri si sono fatti carico o anche della volontà di passare alla storia di queste donne. Infine, il loro approfondimento dovrebbe permettere di approfondire meglio di quanto sia stato fatto fi nora due concetti chiave per capi re il tema in oggetto: que llo dell'estraneità femminile alla guerra, alla violenza, al militarismo in ogni sua esp ressione, e il concetto di patria, che diventerà fondamentale con la formazione degli stati nazionali e con il passaggio dal '700 all '800.

2 G. B. BILLIA, La 1;uerra e la do1111a, Udine, 1899, p. 10.


Donne e guerra: teorie e pratiche

33

Per i secoli trattati in questa sezione, la storia ricorda con rela t iva frequenza i nomi di Dianora, di Sofia di Colfosco, di Bronchia Marzia, ma più ancora quello di Cinzica dei Sismondi. La prima, vissuta nel decimo secolo, forlivese, moglie di Pietro Mulcitrelli, difese nel 901 la patria assalita dai bolognesi. Riuscì a penetrare tra le file di Berenga rio e combatté con valore. Scoperta, dichiarò di voler continuare a " pugnare" per la sua patria e morire per essa. Sofia di Colfosco, figlia di G u:1lfredo, conte di Colfosco, e di Ateleta di Porcia, nel 1175 alla testa di sessa n ta cavalieri, accorse a Bologna in a iuto della città minacciata da Federico Barbarossa. Branchia Marzia, pisa na, difese la sua città dagli assalti dei liguri apuani quando questi stavano già per averla vinta. La tradizione vuole che, tolto l'elmo al marito che fuggiva, si mise a capo di un gruppo di armati e tanto li rincuorò che riuscirono a debellare le schiere nemiche. Le gcsta di Cin zica dei Sismondi, anche lei pisana, si collocano al tempo d ella lotta contro le navi corsare di Musetto, l'emiro Al Mughei<l, intorno all 'anno 1000. Un quartiere della città era già in fia mme, il resto dei cittadini addormentati sarebbero periti quando C inzica, messo al sicuro il figlio, si aprì un varco t ra le file nemiche e i fuggitivi. Arrivata a l Palazzo dei Conso li, riesce a dare l'alla rme e a capovolgere le sorti della lotta; per o norare la sua memoria, il no me di C inzica ven ne dato al sobborgo al quale i saracen i avevano appi ccato il fuoco .ì_ Fuori dei confin i italiani, Libussa e Valasca godevano di una certa popolarità come esempio di donne guerri ere. La favorita Valasca, morta Libussa, radunò tutte le do nne e rivolse lo ro un discorso riportato in questi termini: "Noi abbiamo perduta la vera padrona e signora che non ha sopportato mai che noi servia mo agli uomini. Datemi ai uto e vi prome tto l' impero. Tutte congiurarono contro gli uomini e ciascheduno il suo, o pa rente o vicino occidette. Poi , armate delle armi d egli uomini, feciono sempre guerre assai vittoriose e statuirono vivere come vivevano le amazzoni, poi, non mo lto tempo dopo, per gli in ganni e le insidie di Primislao, già marito di Libussa, tutte prese, finirono gli affanni" 4 •

.ì L. PALLINI, Grandi donne italiane, Milano, 1938. 4 Prontuario delle medaglie dei più fulgenti et illustri huomini et donne, cit ., p. 167.


34

Fiorenza Taricone

P. Lacour ricorda la sposa di Roberto il Guiscardo, Gaeta, che seguiva il marito nelle spedizioni militari e combatteva al suo fianco. "En France, le bruit des armécs a toujours battre le coeur des fcmmes. Chaque fois que le sol nata! fut en dangcr, elles se lcvèrcnt tout armées par un de ces miracles de patriotisme qui produit !es héroines aussi bien que les héros. Sous les fils de Mèrovée, nous voyoris frédégonde monter sur un cheval de bataille et, son jeune fils Clotaire entre Ics bras, eon<luire elle-mcme à la victoire Ics troupes neustrienncs. Notrc moycn age se signalc particulièrement". La partecipazione delle donne alle Crociate ha ispirato spesso autori <li opere letterarie; in un poema, un monaco di Froidmont racconta le avventure della sorella Margherita, la quale, durante l'assedio di Gerusalemme da parte degli infedeli si unisce ai combattenti, armata di cimo e fronda. Sfuggita ai musulmani , attraversa tra i più grandi pericoli, la Siria e l'Asia Minore, e si ritira a fi nire i suoi giorni in un chiostro della francia. " Un jour fut où la chcvalcric <léclina, mais non l'hcroismc des femmes. Leurs déquisements sous la cuirase, écrit Lamartinc; donnaient aux guerrcs, mcmc civilcs, un caractérc touchant d c chevalérie et d'aventures, de marveilleux romanesque, qui faisait songer les enfants et d evait produire de fréquentes irnitations" s. Corrispondentemente alla frantumazione del principio d'auto rità e alla situ azione politica italiana vediamo le donne dell'età medioevale impegnarsi n e lla strenua resistenza contro Federico Barbarossa per la difesa dei luoghi di residenza, in breve della propria vita quotidiana; affe rmare che esse agivano sempre e comunque per un saldo amor di patria sarebbe un anacronismo storico, almeno se si pensa ad una coscienza patriottica di stampo moderno, posteriore alla nascita e consolidarnento degli stati nazionali. Stamira e AJdruda di Bertinoro sono due famosi esempi di donne anconetane. La prima era una vedova vissuta al te mpo dell'assedio di Federico Barbarossa. Dopo ripetuti assalti falliti, l'arcivesco vo Cristiano di Magonza alla testa di un esercito composto di italiani e alemanni sferrò un'altra offensiva. Partecipavano anche i ven eziani che in quel periodo per gelosie commerciali erano in aperta

5

P.

LACOUR,

Les Amaz;ones, Paris, 1903, p. 10 e ss.


Vanne e guerra: teorie e pratiche

35

rivalità con Ancona. Assediata dal ma re, neanche l'imperatore di Costan tinopoli, poté far gi ungere i soccorsi. " [n tanta disperazione soccorse alla mente di un anconetano di riempire alcune botti di materie incendiarie e puzzolenti e appiccatovi il fuoco spargerle fra i nemici. lnnanzi a nmo procedeva Stamira abentc in mano fiaccole ardenti e la ferocia nel petto, spingendosi così senza curare i pericoli e insultando la morte dove più ferveva la mischia, dando con le sue foci alimento a lle puzzolenti materie". Di questa valorosa si t rova scritto nelle Cron. Varie. n. 363 0, che "viragi nem rectius quam muli erem appellarim"; mentre il Sismon d i il quale insieme a pochi altri scrittori la salvò dall 'anonimato, ne descrive così: la vedova Stamira prese una fiaccola accesa e slanciandosi verso le torri, passa in mezzo alle frecce che scagliavano le due armate, e non si ri tirò che dopo aver visto che le fiamme ch'ella aveva acceso s' ingrandivano tanto ch'era impossibile spegnerle" 6. La contessa Aldru<la invece a lla testa <lei suoi vassalli d1c marciava no verso Ancona comandò che durante la marcia notturna ciascuno dei suoi uomini portasse s ulla punta de ll a l:mcia due lanterne, provocando l'effetto, per coloro che guardavano dalle alture di Falconara di scorgere un esercito raddoppiato. Ippoli ta degli Azzi, infine, ne l 1289, durante l'assedio dei fi orentini ad Arezzo, impugnò le armi e corse alle mura, iniziò a gettare sui nemici pece, acqua boll ente e "q uadre lla". Fatto prigioniero il figlio, le chiesero in cambio della libertà, le ch iavi della città. Ippoli ta oppose un rifiuto, tenta ndo invece durante la n otte di penetrare nel campo avversa ri o. rl figlio riuscì a fuggire, ma Ippo lita mo rì poco dopo la fine dell 'assedio, per le ferite riportate. Contraddittorio è a volte il giudizio sul le d o nne del Medio Evo, e non raram ente antitetico: castella ne isolate, in stato d i semischiavitù nei ginecei, o donne guerriere spinte a ciò dalla predominante barbarie del secolo, ancora in bilico tra c rudeltà di costumi e raffinate7.7.e umanistiche. R. Caire, autore di uno studio su I,a (emme militaire des o rigines à nus jours, r icco di notizie, ma non per questo riguarda l'Italia,<: dell'opini o ne che il tramonto del fe udalismo segni

6 Delle du1111e illustri italiane dal XVI al XIX secolo, Roma, 1893.


Fiorenza Taricone

36

anche la fine della partecipazione diretta delle donne alle spedizione armate. Secondo il Caire, "la féodalité sous l'influence des troubadours et de la Chevalcrie foisait spontanéament una piace à la fcmme dans le combat et dans l'a rmées" 7 . A partire invece dalla rinascita dell'influenza del diritto romano (in Italia dal XTT secolo, paesi germanici metà del XlII e Francia XV e XVI secolo) si delineerà un processo involutivo che farà considerare al tempo di Luigi XIV la presenza femminile come un fatto eccezionale. Concretamente parlando, le donne saranno addette al cibo e alla lavanderia, oltre a costituire il cosiddetto riposo del guerriero 8. Già una donna, Virginia Pincellotti aveva del resto avuto coscienza di questo ruolo, attivo militarmente, delle donne dell'an t ichità; durante una conferenza nel 191 S affermava nel tentativo di trovarvi una causale storica che "se queste donne dell'antichità e del medioevo tanta parte ebbero nelle guerre e nelle giostre, certo fu percl1é nel tempo in cui vissero primo fra tutto era il mestiere delle armi; le continue guerre e le lotte civili accomunavano la donna all'uomo nella tenzone ... 9 .

Finzione letteraria e realtà Ma anche il 1400 e il 1500 appaiono a loro volta ricchi di esempi particolarmente interessanti di donne che e bbero non solo ruoli occasionali, ma (uni.ioni di consigliere, strateghe, diplomatiche. Così come, nella finzione lettera ria dell'opera cavalleresca, la donna occupa un posto altrettanto rilevante. Bradamante e Marfisa sono le due guerriere che appaiono nei due grandi poemi cavalleresch i del Boiardi e dcli' Ariosto. Quest'ultima potrebbe av e re com e progenitri ce Camilla, incarnando il tipo della donna gue rriera, orgogliosa, valorosa, sempre in armi, "da l sol nascente a l tramontar di se ra". Nell'Orlando Furioso, Marfisa forma un suggestivo contrasto con gradamante, più sensibile e vulnerabil e alle passioni. In Marfisa

7 R. CAIRE, La (emme militaire des origines à 110s jours, Paris, 198 1, p. 1O. 8 Tbidem, p. 1O.

9 V.

PINCEI.I.OTTI

Poe E, La do1111a e la KUerra, Roma, 191S.


Donne e guerra: teorie e pratiche

37

"nessun sentimento di femm inile dolcezza o debolezza può albe rgare nel su o petm, che solo l'amo r d ella gloria infiamma. Con le armi in pugn o dia sa tenere indietro, inflessibile, i troppo audaci amm irarori della sua bellezza. Ella passa in mezzo alle figure del poema che si agitano fra tutte le passio ni e i do lo ri umani, fi era della sua indipen denza, solitaria e sdegnosa, poiché a i sentimenti muliebri non ch iede la ragione della vi ta" 10 . li Tasso n ella Gerusalemm e Liberata dipinge la fi gura di C lorinda. Figlia del re d'Etiopia, sottratta dal servo fedele al sospetto del padre, C lo rinda viene allattata da un a tigre, salva ta dalla furia de ll e o nde, allevata negli esercizi guerreschi come la vergine Camilla Costei gl'ingegni femminili e gli usi Tu tti sprezzo sin dall'età più acerb:1 Ai lavori d'Aracne, all'ago, a i fu si, Inchinar non degnò la man superba, Fuggì g li abiti molli e i lochi chi usi C hé n ei campi o nesta te anco si serba; Armò d'orgoglio il volto e si comp iacqu e Rigido farlo e pur rigido piacqu e

(Gerusalemme Liberata, c. Il, ott. 39) Clorinda è come M a rfisa, desiderosa solo di gloria, intangibile a ll'amo re. La passione di Tancredi, così come altri sentimenti, la raggiungono solo in parte; sensibile soprattutto alla g loria, sfida continua me n te la morte, sprezza nte verso la vi ta, rimane ndo fredda e orgogliosa, temperando forse la sua fierezza nei m o menti in cui, colp it i a m orte inconsapevolmente da chi l' ha invan o amata, ch ia m a "amico" l'avversario di cui riconosce la supremazia. Nella realtà, Maria di Pozzuoli, Beatrice Visconti , C ia Ubaldini, Eleo no ra d'Arborea, le mogli o compagne d e i cond o ttieri ebbero modo di misurarsi con le realtà politiche d el te mpo. È il Petra rca a parlarci d i M a ria d i Pozzuoli nelle Epistole familiari essen done stato testimone d c _visu; " le p rove c he vide coi suoi

IO E_ GRANI>!, La do1111a guerriera, Alessandria, 1910, p. 20.


Fiorenza Taricone

38

propri occhi operar da questa donna, fccer più credibili a lui le imprese che si raccontano Jdlc amazzoni e quanto Virgilio cantò della vergine Camilla. Al par di questa, Maria serbò la sua verginità; fu cima e diremo unica mira di ogn i suo diletto il trattar le armi, sotto il peso delle quali godeva sempre trovarsi a fronte dei nemici ... Quando sola, quando accompagnata da pochi, venne alle mani con l'inimico, fu sempre prima ad avventarsi nelle battaglie, ultima a partirne; coraggiosa nell'assalire, cauta nel tendere agguati; paziente nel tollerare la fame e il freddo e i disagi. Il Petrarca la vide nella rocca di Pozzuoli lanciare lontano sasso e trave ferrata e sfidare gli uomini che non vi riuscivano ed essi pensavano ad un incantesimo ... ". Beatrice Visconti, sposa di Galeazzo Visconti, durante l'assedio pontificio a Piacenza, raggiunse il figlio diciottenne che resisteva nella città . " Parte in una fredda alba settembrina; nel cortile suona il raduno, ella monta il palafreno coperto dalla gualdrappa, con la vipera viscontea; l'alfiere alla sua destra spiega il vessillo di guerra, tutti i labari s'inchinano. Aspra e tenace è la difesa. Beatrice appare ovunque, alle macchine da guerra, sugli spalti del castell o, alle feritoie, presso i tiratori alle.: bertesche". Quando, con l'aiuto <li traditori, s i aprono le entrate segrete della città, Beatrice riesce a far fuggire il figlio con lo stratagemma d i distribuire monete ai soldati dal balcone, monopolizzandone l'attenzione 11 . Marzia degli Ubaldini, detta Zia e poi Cia, apparteneva ad un a ricca e potente famiglia guelfa, di tradizioni guerriere che aveva ten tato di rendersi indipendente e che si era poi sottomessa alla Chiesa senza perdere di fatto la sua libertà. Cia, accanto ad un'educazione prettamente femminile, impara anche a cavalcare, a tirare d'arco e maneggiare le armi. Nel 1334 la chiede in sposa Francesco Ordelaffi, tiranno di Forlì; vivendo su un piede di g uerra, "può serenamente pensare ai suoi piani di battaglia, ad armi ed armati; quello che oggi si chiamerebbe organizzazione di retrovia è nelle mani di lei pronta, decisa e g ià esperta" 12• I Malatesta nel 1356 accerchiano

11

F. serie VII. 12 V.

0RESTANO,

GIGI.IO,

Eroine, ispiratrici e donne d'eccezione, Milano, 1940,

Donne celebri, Milano, 1950, p. 78.


Donne e guerra: teorie e pratiche

39

Cesena, conquistando terreno e castelli servendosi anche dei tradimenti. Saputo che l'Ordclaffi difendeva Forlì e Cia era sola a Cesena, attaccano in forze; alla testa di molti armati, Cia riesce a farli arretrare e vengono fatte prigioniere anche trentacinque donne, insieme agli uomini, le quali non si arrendono e vengono poi rilasciate dietro il pagamento di un fortissimo riscatto. Il grosso dell'esercito nemico marcia su Forlì e accerchia la città dove Francesco, intuito il pericolo, ha fatto murare tre porte. La porta rimasta aperta viene ostruita con materiale umano, lo scontro è durissimo, ma favorevole ai forlivesi. Entrambi i coniugi organizzano nuove fortificazioni: lei a Cesena, ormai suo fortilizio, lui a Forlì. Il Papa ordina la seconda crociata contro il ribelle e Cia, incredula di fronte ai sospetti che le indicavano in precise persone i traditori, esita nel punire, e questa indecisione le è fatale. Sfondata Cesena, essa si ritira con i soldati dentro la "murata", la vera e propria cittadella posta nel luogo più alto; Cia sa che la forza del legato è schierata al completo, sotto le mura: arcieri mandati da Ludovico re d'Ungheria attendono di essere impiegati con nuovi sistemi celeri di offesa, ma tutte le speranze sono poste nell'artiglieria pesante, composta da quattro giganteschi mangani in legname durissimo, che quasi certamente il cardinale ha copiato dai Mori. La battaglia segue i moduli tipici del tempo. I trabocchi lanciano giorno e notte pietre e fuoco contro la murata; dietro di essa, Cia, fra gli armigeri, incita gli uomini, comportandosi come scrive il Villani nelle Cronache da valentissimo capitano. Quando il cardinale di Albornoz riesce nel maggio del 1357 ad accerchiare e prendere il castello, non soltanto con le armi, ma con frecce, verrettoni e bombarde di salnitro e zolfo, Cia, prima che irrompano gli assalitori, esce coi suoi uomini attraverso i sotterranei e arriva alla rocca, cioè al "mastio" circondato dal fossato. Il Cardinale è costretto dunque a ricorrere alla "cavata" cioè a far scavare il terreno sotto le torri finché queste crollino. Dopo il crollo della prima torre, il padre di Cia chiede di poter parlare con la figlia per consigliarle la resa. Un pittore ha dedicato un quadro all'avvenimento, che ritrae Cia scortata dai suoi armati. Oppone un rifiuto alle preghiere paterne dicendo: "Quando mi desti al mio consorte e signore, tu mi esortasti ancora a volermelo ubbidire in ciò che avessi ingiunto, cosa che sempre feci e


foiore11za Taricone

40

farò sinché venga meno per morte. Desso fu dunque che m'impose a non cedere codesta piazza senza di lui ce nno, ed io non preferirò dai suoi voleri, a costo pure di mia vita, e se tu mi volevi obbediente ai tuoi comandi non dovevi all'altrui dominio sottopormi ... " 13 . Alla ripresa della battaglia, Cia concentra tutte le sue forze nclb torre, ma quando i suoi soldati le fanno presente l' inutilità di ogni sacrificio, avendo ormai salvato l'onore ... ella comunica che s i arrenderà alla sola condizione che tu tti i suoi uomini siano liberi , e che lei stessa sia considerata prigioniera insieme a l figlio. La lotta co ntro Francesco ricomincia nel 13.58, col ritorno del cardinale che ne fa ormai una questione di prestigio: o cade la signoria di Forlì o sarà scosso l'onore della Ch iesa. La cittiì messa a fuoco, ridotta all'estremo dalla fame e dalla sete, deve cedere; arrendendosi insieme ad altre concessioni, riavrà la moglie e i figlioli. Umiliato, l'Ordelaffi passa negli anni seguenti al servizio dei Visconti, sempre muovendo guerra al cardinale, ma è ormai senza truppe e autonomia. Lo si ritrova nel 1364 Capitano G enerale della Repubblica di Venezia ; "Venezia non lu dato a C ia il minimo rilievo; qualche volta forse si racconta di lei l' episodio memorabile di Cesena, ma sorvolando e sorridendo come per un qualunque fatto di cronaca. Nell a Repubblica le donne sono adorne di gioielli, intriganti e amorose, le donne soltanto guerriere sono dei fenomeni sgradevoli". Cia muore nel 1374, sembra nel giorno successivo a quello del decesso de l marito avvenuto per una scaramuccia nella strada 14 .

R eggente, stratega, giurista: Eleonora d'Arborea Al tempo di Eleonora d'Arborea, più esattamente dal tempo della caduta dell'impero romano d 'Occidente la Sardegna aveva un ordiname nto giuridico autonomo; l'isola era divisa in giudi cati: Cagliari, Gallura e Arborea. Tutta la storia della Sardegna medievale fu una lotta continua fra una città e l'altra, fra un giudicato e l'altro, ricorrendo ora a Genova, ora a Pisa o servendosi della rivalità fra le due

13 Ivi, p. 84. 14 lvi, p. 88.


Donne e xuerra: teorie e pratiche

41

repubbliche. Alla fine del XIII secolo la C hi esa, c he aveva antichi diritti no m inali sull'isola, proclamò il re d'Aragona re di Sardegna e di Corsica; tre dei quattro giudicati si arresero, solo q uello d'Arborea conservò la propria ind ipe ndenza. Mariano IV, padre di Eleonora, dà inizio al secolo di lotte fra Aragona e Arborea a cui assistette, bambina, la futura "giudi cessa". Si narra che essa ebbe fin da piccola una spiccata tendenza per le armi e che la appassionava lo studi o di cose militari. Andò s posa a Brancaleone Daria, fe udatari o di una terra c he era la ch iave di volt:1 del dominio di cas:1 Dori:1 in terra sarda. Mentre il marito è continuamente occupato in guerre e spedizioni, Eleonora controlla di pe rsona l' amministrazione del pat rimoni o; i documenti notarili fanno testo della sua opera di oculata amministratrice. lnt::into, a Mariano d'A rbo rea era succeduto nel giudicato il figlio Ugone, che aveva ereditato dal padre l'odio per gli ::i r::igonesi. Nel 1383 il giudicato, fo rse istigato dagli aragonesi, si solleva contro il sovrano e Ugone è ucciso a tradimento assieme all a figlia l.k nedetta. Appena Eleonora seppe della uccisione del frate llo che 11 0 11 lasci::iva parole, pensò di domare la ribell ione e di trasmettere al figlio Federico il trono d 'Arborea. Poiché nessuno potesse contest::ire il suo diritto d i crede legittim a del giudicato, si ricollegò alla antica tradizione sarda per cui le donne potevano succedere al trono, e si presentò con i suoi sudditi di sorpresa nella insorta Oristan o. Precedendo di vari secoli il gesto che sarà di Maria Teresa d'Austria di fronte ai magnati d'Unghe ria, presenta il figlio giovanetto ai magistrati, fa proclamare il suo diritto e g iurare fedeltà al figlio, segue ndo la tradizione de i g iud ici sard i che era no soliti p rendere come collaboratore il loro primogen ito, impon endo al popolo di riconosce rl o p er gi udice . Associato il figl io a l regno, sedata la rivolta, sterminati quanti più cong iurati fosse possibile, Eleonora costituisce un esercito numeroso e spinge il marito a reca rsi alla corte di Aragona perché accetti l'avvenuta pacificazione. Suddito fe dele della d inastia aragonese, il consorte è dapprima be n accolto, ma via via si fa strada a corte l'idea c he il fig li o di Eleonora si ritroverebbe, adulto, padrone di quasi due terzi della Sardegna. Optano a ll o ra per il ricatto: a Brancaleone sarebbe stat o consentito il rito rno, ma non in patria bensì a Cagli ari, roccaforte d'Aragona. Lì sarebbe avve nu to lo scambio tra lui e il fi glio che doveva partire poi alla volta di Barcellona per essere educato a corte. TI marito la esorta a


Fiorenza Taricone

42

cedere al ricatto, ma Eleonora decide invece <li <lare battagli a aperta. Messasi a capo dell'esercito, punta su Cagliari. Nella zona di Sanluri, <li grande importanza strategica, dove si trova un munitissimo castello, il 28 ottobre 1384 dà battaglia in campo aperto, sanguinosissima, ma a lei favorevole; mentre i superstiti riparano nel castello ed è imminente l'assalto, le giunge la notizia che il figlio Federico è moribondo a Oristano; Eleonora si reca con quattrocento cavali eri al capezzale del figlio, ma solo per accorgersi che si trattava di uno stratagemma, teso ad alleggerire la pressione delle truppe arborensi. Tornata subito indietro sul luogo <lei combattimento dove già gli spagnoli avevano ripreso l'offensiva, divide le schiere e attacca gli aragonesi in quattro diverse direzioni. Questi ripiegano nel castello, al quale viene dato dopo tre giorni <li pausa, l'attacco definitivo. Lo stesso castellano e il luogotenente aragonese sono colpiti a morte dalla lancia <li Eleonora, paragonata da un biografo a<l una "leonessa ruggente" la quale "squassa l'arborense vessillo, dà di cozzo alla principal porta che è scagliata !unge e penetra nella rocca 15 . Studiosi di cose militari attestano che essa fu una autentica condottiera nel campo tattico e strategico, ardita nella concezione e nell'attuazione della difesa e offesa, sempre mossa da un concetto operativo. Talune sue campagne, studiate strategicamente, rivelano una sapiente elaborazione e complessa manovra; in quella della Goceano, ad esempio, che viene descritta dai competenti come un'azione difensiva, controffensiva, con avviluppamento delle ali e aggira mento a più largo raggio. Soprattutto nelle campag ne Jel 1383-84 risulta chiaro il suo pensiero strategico nel prendere l'offensiva contro fo rze maggiori, nell'occupare i punti militarmente più importanti, nel sostituire elasticamente l'una a ll'a ltra le varie basi di operazione, secondo lo svolgersi dell a battaglia, senza sentirsi mai troppo vincolata dai propri piani. Com e condottiera, oltre a sanzionare il principio degli eserciti nazionali, dette massima importa11Za alla cavalleria. Nel campo tattico, coordina l'azione delle masse ripartite in co lonna, a cui assegna compiti diversi sempre in rapporto al suo concetto operativo" 16 .

15 lvi, p. 13. 16 Tvi,p. 14.


Donne e guerra: teorie e pratiche

43

La pace, solenne, anche se non fu de finitiva, fu stipulata nel 1390, in presenza finalmente del marito Brancaleone che faceva ritorno dopo sette anni di ostaggio e prigionia. Per delineare la figura <li Eleonora nei su oi tratti costitutivi, non potremmo fare a meno di c ita re la sua Carta de logu cioè raccolta d i leggi in cu i sono perfezionate le costituzioni già e manate da Mariano lV e altre ve n e sono aggiunte. Logu significava in antico il territo rio abitato da una certa gente; passò poi a significare non più il luogo, ma gli abitanti <li esso. Carta de logu significa perciò "carta populi". La sua non è opera del tutto originale perché si basa su vari precedenti; gli studiosi sono però concordi nell'affermare che Eleonora mostra di "voler piegare le antiche tradizioni verso nuovi sbocchi indicati dalle esigenze dell'ora storica" 17 . Compose praticamente una codificazione delle consuetudini locali, mista alle leggi romane. Sono stabilite e fissate con il sigi ll o della legge le norme fino ad allora incerte delle formalità giud iziarie, de l diritto c ivile; sono stabilite disposizioni protettive per l'agricoltura e fissate speciali prescrizioni per il commercio, o ltre ad essere un imporrante testo linguistico perché scritto in lingua arhorense, sorta dal vecchio t ronco latino . Emanata 1'11 april e del 1395, la carta fu adottata come legge genera le per la Sardegna n el parlamento solenne, inaugurato dal re Don Alfonso nel 1421 poiché rispondeva alle esigenze del popolo e allo spirito dei tempi. Eleonora si spense di peste nel 1404.

A fianco dei condottieri di ventura Pressoché sconosciute anche all'aneddotica sono le figure femminili che accompagnavano i condottieri, spesso sotto abiti maschili. Margherita Attendala, sorella <li Jacopo Muzio Attendala, detto lo Sforza, dimostrò le sue capacità fin da quando nelle terre di Romagna aiutava il fratello nelle spedizioni armate. Quando dovette trattare con gli ambasciatori la resa del fratello p ri gion iero, si n arra che si avventò contro di essi armata di uno spi ed o arroventato, dichiarandoli prigionieri. Riuscì a respingere il successivo assalto,

17 Tvi , p. 18.


Fiorenza Taricone

44

combattendo in pri ma persona, infranse l'assed io e devastò con scorrerie le terre più ricche,"onde il Re trattò con la bella romagnola". Bona Lombardi Brunoro, di basso linguaggio (sembra che pascolasse le pecore di professione) si unì al capitano Pietro Brunoro e sotto la sua guida iniziò ad esercitarsi con le armi, a cavalcare, a combattere di persona. Vestitasi con abiti maschili, seguì il Brunoro nella campagna che fece sotto la bandiera sforzesca, contro il re di Napoli. Si coprirono di tale gloria che Alfonso cercò di averli dalla loro parte e lo Sforza accusò il capitano Rrunoro di fellonia, tenendolo prigioniero per dieci mesi. Bona si appellò a tutti i principi riuscendo nell'intento di liberarlo e passarono poi al sold o dei veneziani. Dopo infinite peripezie, il capi tano morì di malattia e la sua compagna lo seguì poco tempo dopo, per il "gran cordoglio". li Giovio racconta che dovendosi scolpire sul frontone del Collegio Militare di Milano i nomi di quattro donne va lorose, proponeva quelli di Semiramide, Tomiri, Zenobia e Bona Lombardi. Di Beatrice Tenda (1360-1412), sposa di Facino Cane, si parla come di un carattere fiero e orgoglioso; non solo lo seguì nelle battaglie ma si d ice che insieme al Carmagnola contribui sse a recuperare Alessandria al marito. Dopo la morte di questi, sposò Filippo Maria Visconti. Imprigionata per sospetto di adulterio, confessò sotto tortura e fu infine uccisa 18 . Di Elisabetta Trehiani non abbiamo che fugaci notizie: moglie del capi tano Paolino G risanti, abilissima nell'armeggiare le armi, era solita combattere vestita da uomo. Rimase mortalmente ferita in uno scontro notturno, nel 1426 in circostanze imprecisate. Restando anco ra nell'Ttali a del 'SOO per menzionare esempi singolari pazientemente estrapolati dalla cosiddetta "storia ufficiale", viene riportato sotto la ge ne rica definizione di "donne senesi" un avve nimento singolare: durante l'assedio di Siena per opera di Cosimo dei Medici e degl i spagnuoli, nel 1SS4 le donne concorsero alla fo rti ficazione e alla difesa. Si erano costituite in tre d iversi battaglion i, di cui ciascuno rivestiva una divisa dai colori vi o letto, rosa e bianco. Essi erano rispettivamente sotto il cmnando di tre donne; Piccolomini, Forteguerri e Livia Fausta.

18 A.

FRANC HI,

Do1111e e am ori, Milano, 193 I.


Donne e guerra: teorie e pratiche

45

I,a distribuzione geografica dell'intervento femminile è variegata, ma è un dato innegabile che le notizie frammentarie raccolte riguardano prevalentemente l'Italia nella sua parte centro settentrionale, come la bresciana Brigida Avogadro, moglie di Pietro Avogadro. Nel 1438, Nicolò Fortebraccio, detto il Piccinino, assediava Brescia per toglierla ai veneziani e recuperarla al suo signore Filippo Maria Visconti. La città era ridotta allo stremo, e Brigida assieme ad un drappello di volontarie, esortava a non cedere alla fome e alla peste che decimavano la popolazione. "Adempiti questi atti di cristiana carità, gittò lungi da sé tutti i suoi fcmminili ornamenti ed ella stessa, al pari di ogni gregario, imprigionò le sue belle chiome sotto un elmo pesante cd in militar corazza il molle seno costrinse. Poscia, messasi alla testa di una schiera di Amazzoni che per lei erano arringate e sospinte a non rimarsene neghittose nel cornun periglio, volò sulle pericolanti mura, e di là prese a sfidare il nemico fatto già b:1ldanzoso, empiendo tutti di meraviglia e Francesco Barbaro specialmente che, a nome della serenissim:1 repubblica teneva la città". Dopo aver tentato invano di aprire una breccia al Cantone Mombello, si riuscì ad aprire una breccia con un attacco sferrato da cinquecento lancieri. Nel momento più critico quando i difensori erano sul punto di cedere, sopraggiunse Hrigida "con la sua terribil falange". Mutano le sorti della battaglia, i bresciani inseguono gli assalitori fin nella pianura "e ne fanno macello. Tuttavia, in qualche punto, l'armata di costui teneva ancor forte e là scagliandosi l'invitta donna, dopo di aver fatto memorando macello, vi cadea morta". La città decise come pegno di ringraziamento di collocare nella sala del Maggior Consiglio una tela sulla quale il Tintoretto aveva ritratto l'effige della donna 19 . Oretta Daria, invece fu impegnata a difendersi dal pericolo turco. Nel secòlo XV, Ammuratre aveva inviato un 'armata per occu pare Lesbo e la terra di Molago governata da Luca, consorte di Oretta. "E questa non come femmina, ma come valoroso guerriero, pigliate le armi, corse con tre soli compagni alla difesa e non solamente s'espose a tutti i pericoli, ma inanimando anche quei che inchinavano a rendersi fece l'ufficio di savio capitano e coraggioso soldato" 20 .

19 Delle do1111e illustri italiane, cit., p. 662 e ss. 20 F. 0R1'-~TANO, cit., p. 59.


Fiorenza Taricone

46

Lucrez ia de Bastic i e ra vigevanese. Nel ·t 526 assalì armata il Palazzo <lei Consoli per protesta contro i balzelli. All'arrivo d ei rinforzi, Lucrezia a capo di un drappello femminile.:, vi tenn e testa finché fu uccisa da un colpo di archibugio. 8attistina Zampeschi , sposa di Brunoro Zampeschi, signore di Forlimpo poli , si trovò a difendere la proprietà contro gli attacchi Jdk truppe pontifici e. Impugnò personalmente le armi, e a lla testa delle milizie del consorte, oppose una dura resistenza, finché ottenne da Sisto V il pieno dominio d el feudo, "che amministrò con saggezza fin o alla m orte avven uta nel 1604" 21 . A Orsina Torelli il marito Gu ido aveva affidato la reggenza d i Guastalla e nel 1426 men tre egli si trovava a Genova, era iniziato l'assedio della città <li Brescia. Orsina, raccolto il maggior numero possibile d i soldati, corse a Parma a reclutarne altri; indossati elmo e corazza, si pose alla guida dell'armata e i veneziani così narrano le cronache credendo che alb testa vi fosse Guido, abbandonarono il campo. Secondo Filippo di Bergamo "molti nemici perirono per mano di ki e all'uscir dalla pugna le sue armi grondavano di sangue". Ancora contro i "lìuchi si distinte la più famosa Caterina Segurana, precisamente nella difesa dell;i città di Nizza, assalita nell'anno 1543. I Turchi erano già arrivati alla cima dei bastioni e piantato il loro vessillo, quando Caterina, donna del popolo, alla testa di cittad ini coraggiosi, arrivata ai ma rgini d el parapetto rovesciò con un colpo di scure l'alfi ere e afferrato lo stendardo della mezzalun a rianim ò i difensori esortandoli a non lasciarsi spaventare. Si riuscì q uindi a respingere il primo assalto dei tu rchi e benché non ci sia dato sapere la fine d ella trentasetten ne Caterina, ahhia mo pe rò trovato scritto che si segnalò per valore militare durante tutto il tempo de ll'assedio e quando la città fu costretta a capitolare, si chiuse nel castello dove continuò a resistere 22 . Caterin a Sforza, la fi glia legittimata del duca Galeazzo Maria Sforza Visconti fa scrivere ai biografi pagine e pagine sulla sua vita avventurosa, sulle sue qual ità politiche, tanto da far affermare che essa "si fi ssa nell a storia in modo definitivo com e una condottiera

21 Ibidem, p. 59.

22 P. Bos,, Dizionario storicu lufJuKra(icu militare, Torino, 1884.


Donne e xuerra: teorie e pratiche

47

bellicosa d el Rinascimento con tutti gli attributi dell'e poca, quelli buoni di umanista e di legislatrice quelli cattivi di armigera sanguinaria e <li <lespota pervicace" 2 3. La bambina aveva sempre goduto dalla nascita della predilezione di suo padre, il quale a otto anni la legittima e l'amrnette a corte. Il bisnonno era Nunzio Atte ndolo Sforza, capostipite della famiglia, che da umile marraiuolo era diventato uno dei più stimati capitani di ventura e Grande Coonestabile di Napoli. La presero in cura la no nna Bianca Maria Visconti e la stessa mogli e del duca, Bona di Savoia. È lei che insegna a Caterina a entrare nel ruol o di una principessa del Rinascimento, con il necessario corredo di buone maniere, cultura umanistica e vita <li corte. Ma accanto a ciò, Caterina impara il maneggio delle armi, a cavalcare, la caccia, le esercitazio ni di competenza maschile. Il suo carattere vi si adatta perché dimostra fin da piccola un temperamento coraggioso, il disprezzo del pericolo, la consapevolena del dominio e attitudine al comando. I vari progetti matrimoniali imbastiti per Caterina subiscono una battuta d 'arresto con la morte violenta del padre, Galeazzo, pugnalato in nome della libertà, in una chiesa di Milano, da Girolamo Olgiati, Giannandrea Lampugnani e Carlo Visconti. Le nozze progettate per il quattordicesimo anno di Caterina con Gerolamo Riario, nipote (o figlio) del pontefice e poi effettivamente celebrate, vedono Caterina seguire l'attività del marito, piuttosto oscura negli scopi e nei modi, agli ordini del papa; pare che Girolamo fosse uno <lei più attivi orditori della congiura dei Pazzi che aveva lo scopo d i eliminare i M edici dalla stra<la di Sisto IV. Non o ttenuto ciò il potentissimo zio decise di investire Gerolamo della contea di Forlì dove si era estinta la dinastia degli Ordelaffi nel 1480. Il marito di Caterina però last iò presto la città della Ro magna per gettarsi a Roma nel grovigli o della guerra civile che dissanguava gli Orsini, i Colon na, i Sa velli. Rimasta sola a governare, elimina le tasse per i cittadini, stabilendo di finanziare le spese dello stato con le sole sue rendite. Né abbandona l'amore per l'arte e lo spirito della mecenate, chiamando intorno a sé artisti, pittori, ceramisti. La morte improvvisa del papa, nel 1484 richiama Caterina a Roma e anche se giovane, appena ventunenne, intuisce

23 V. GIGLIO, cit., p. 101 e ss.


48

Fiorenza Taricone

-- - - - - - - -- -

rapidamente la perdita di appoggi che ne deriva. Non appena ii nuovo pontefice Innocenzo VIII riconferma il consorte nell'investitura delle d ue città romagnole è costretta a fare ritorno con lui a Forlì cercando di temperare da buona legislatrice la prepotenza tirannica di Gerolamo, che è odiato dalla popolazione . Nel 1488, nel palazzo degli Ordclaffi, dove egli aveva riunito le delegazioni delle città per dettare nuove leggi viene ucciso a pugnalate proprio da quelli che lo circondavano. Caterina reagisce immediatamente con quella violenza che era forse in lei una componente ereditaria: come prima misura ordina che tutte le case degli Orsi, una delle famiglie più antiche che aveva ordito il piano vengano atterrate "fi no alle fondamenta per memoria della gran vedetta". Anche l'ambasciatore di Bologna la prega di risparmiare a lmeno il più grande palazzo degli Orsi, perché "quando cl venese qualche digno homo in questa nostra città, lui poteria alozare in dito logo .. . ". Ma la Signora è inesorabile e fa radere al suolo questo magnifico palazzo che pare fosse interamente affrescato dal Palmeggiani. Ai grandi palazzi fanno seguito tutte le case dei congiurati e di quelli che hanno in qualche modo preso parte al complotto. ~: rimasto a Forlì, un tratto di strada chiamato Guasto degli Orsi che ricorda la terribile carneficina. le pene furono terribili, come quella che condannò la moglie di un congiu rato ad essere legata con i piedi al do rso di due cavall i impennati che divergevano la loro corsa. Molti colpevoli sono impiccati a lle finestre del suo balcone due per ogni finestra, mentre dal balcone centrale penzolano chiusi in una gabbia, i morituri. Intanto, una parte della popolazione si solleva al seguito dei nobili ribelli. Ma Caterina intende dominare con ogni mezzo. Minacciata in città, si chiude nel castello di Ravaldino, e combatte alla testa dei suoi soldati. Non riuscendo a sconfiggerla con le armi le si fo sapere che, sconfitta, verrà duramente imprigionata e una seconda volta che i suoi figli sono in ostaggio. La sua risposta a quest'ultima minaccia si può dire sia ormai entrata nella leggenda: Caterina, fra gli spalti del castello, dopo aver guardato coloro da cui era partita la minaccia, con un gesto brusco e osceno ostenta la sua possibilità di fare altri figli se gli ostaggi saranno condannati. L:aiuto portato dai suoi parenti Sforza e Bentivoglio sarebbe comunque arrivato in ritardo se non fosse ricorsa all'astuzia: chiama dentro la rocca


Donne e guerra: teorie e pratiche

49

il capo dei suoi nemici per parlamentare, ma una volta in suo potere, lo fa prigioniero insieme alla sua scorta e gli fa emanare degli ordini sbagliati, dopo i quali la battaglia è virtualmente compromessa a suo vantaggio. Arrivati poi gli Sforza e i Bentivoglio e sedata definitivamente la rivolra, Caterina, dopo aver dato prova dclb sua intransigenza offre anche b sua magnanimità: impedisce il saccheggio da parte delle soldatesche giunte in aiuto. Non vuole la rapina e la guerra civile . Desidera governare un popolo soggiogato che ha imparato a temerla. La sua azione politica e militare di comando ha possibilità da questo momento in poi, di espl icarsi con tutta larghezza. Regge praticamente da sola uno stato, presiede un governo, è capitano di un esercito. E se le gesta delle sue contrastanti qualità sono diffuse dalle cronache del tempo come fatti di sangue ç di violenza "se anche la si definisce fcmina, <.1uas i virago, crudelissinu, e di grande animo, sapendo che una buona parte della sua giornata la trascorre fra i soldati, se la si giudica implacabile nelle vendette sfrenata in sanguinolenti e inaudite", ciò nondimeno si serve anche di caratteristiche tipicamente femmi nili, come il dominare la vita di corte o il dedicarsi a ricerche accurate d'erboristeria, da cui trasse uno dei ricettari più ricchi dell'epoca 24 .

24 lvi, p. 114. Altre figure femminili sono note per aver partecipato a combattimenti ma fuori dell'anonimato. Francesca da Casale nell'estate del 1630 durante l'assedi o degli spagnol i a Casale mentre raccogli eva erbe fu presa di mira dai fucili nemici; reagendo all'ingiustizia, tolse di mano il moschetto ad un soldato, ferì a morte due nemi<.:i ed essendosi spi nta quasi ad arrivare ad un combattimento corpo a corpo rimase fer ita al volto. Per il valore dimostrato ebbe dal maresciallo Giovanni di Thoiras comandante in capo dell'esercito fra ncese la paga di quattro soldati e l'impiego in una compagnia di cavalleggeri. Maria Bricca, popola na, nata a Piacenza nel 1650, nella notte fra il 5 e il 6 settembre del 1706 partecipò all'assalto del castello del suo borgo dove i comandanti francesi avevano trincerato convogli e soldati. Era a conoscenza di un andito sotterraneo e si mise a capo della spedizione. Questa ebbe esito talmente felice che per riconoscenza le fu dedicato un monumento nel suo paese natale. La contessa Francesca 'frutti, moglie del capitano Gian Galeazzo Trotti, quando Francesco d'Este occupò Alessandria, raccolse un contingente di trecento donne le armò di sciabole, moschetti e alabarde e prese posto con loro sui bastioni. Riuscirono più volte a respingere il nemico che fu costretto a ritirarsi sull 'opposta riva del Tanaro. 11 bastione fu in loro onore chiamato il cavaliere delle dame e fu successivamente demolito nell'assedio del 1745.


50

Fiorenza Taricone

Seicento e Settecento: secoli guerrieri e d'emancipazione Per la reperibilità delle fonti edite nel '660-'700 relative alle donne distintesi in qualunque ramo del sapere, delle attività pubbliche e in questo caso militari, occorre premettere alcune co nsid era zioni; nel XVII e XVITT secolo è il particolare gen ere letterario dei cataloghi ad offrire delle vere e proprie gallerie muliebri, spesso eterogenee. Il catalogo nacque con Plutarco che scrisse una serie di brevi biografie di letterate e poetesse, con lo scopo di dimostrare le capacità culturali nel campo strettamente letterario. Ripreso da Boccaccio nel XIV secolo, questo genere non cessò mai di esistere, tocca ndo la vetta della produzione appunto tra il '600 e '700. Gli autori dei cataloghi sono di formazione c ulturale e provenienza sociale diversa: letterati laici, ecclesiastici, improvvisati saggisti, donne offese nell'amor proprio dalla misoginia dom inante, galanti eruditi di provincia c he arringano in difesa d el "sesso debole" più per spirito di cavalleria che per convinzione. O anche assertori della superiorità maschile che contro l'incalzante saggistica fautrice dell'uguaglianza tra due sessi, sciorina no luoghi comuni pseudo-scientifici completati da citazio ni aristoteliche e biblic he. La gall eria di donne celebri non necessariamente implicava un criterio di scelta meritocratico; il catalogo era un m ezzo che veniva usato indiffere ntemente e anche un po' spregiudicatamente sia per esaltare ch e per denigrare il sesso femminile. In questa logica, le sante, le vergini, le mogli fedeli, e le poetesse e rano contrapposte a prostitute, incestuose, e streghe assassine. In questo alternarsi di virtù, non ra ra mente p er controbattere all'accusa levata sovente alle donne di vacuità, mollezza fisica e "coquetterie" si citavano esempi tratti dalla storia, vicini o lontanissim i, di donne pugnaci, condottiere, reggenti, gue rriere. In alcuni casi, le eroine hanno pe r così dire, una valenza bifronte. Semiramide, già citata ne è un ese mpio: intrepida combattente per alcuni, lasciva, ambiziosa fuor di misura per altri . " Il catalogo non ricercava e riuniva le celebrità segu endo un criterio esclusivamente qualitativo, ma o ffriva al pubblico e agli avve rsari una lista pedissequa e fredda di nomi. La donna celebre non necessaria mente aveva compiuto delle azion i di merito, o condotto un'esistenza degna di lode e di emulazione. È per questo motivo, per quest'evidente ambivalenza legata alla sua natu ra dimostrativa che il catalogo


Donne e guerra: teorie e pratiche

51

per così dire il catalogo "prova" veniva usato indifferentemente <la femministi e misogini. Venivano collezionate biografie o semplicemente interminabili liste <li nomi, attingendo con facilità e superficialità non solo dalla storia, dalla Bibbia, <lai Vangelo, ma anche dalla letteratura, dal mito greco, dalla leggenda. La selezione diventava così un saccheggio parziale e funzionale di esempi scelti seguendo una linea numerica, meramente quantitativa, più che qualitativa. Dai cataloghi emergeva dunque una figura di donna che riuniva in sé tutte le virtù richieste dalla società contemporanea .. . " 25 . È per questo motivo, come già notato, che alcuni miti-narrazioni come quello delle amazzoni acquistano particolare rilievo nel seicento, secolo assolutista e guerriero. Anzi, nelle connessioni stabilite tra acquisizione di nuovi compiti ed emancipazione, quest'ultima è collegata direttamente a funzioni militari proprio da uno dei più celebri sostenitori dell'uguaglianza fra i due sessi, Poullain dc la Barre 26 . Nato a Parigi nel 1644, esercita la sua influenza nella secon<la metà del secolo; dopo essersi dedicato a studi di teologia, rimane particolarmente colpito dall'impatto con lo studio della filosofia cartesiana. La sua libertà d'interpretazione gli attira frequenti critiche e la coerenza lo spinge a rinunciare alla propria religione per passare al protestantesimo, all'età di 44 anni, dopo aver pubblicato le tre opere rimaste fondamentali nell'evoluzione del pensiero femminista francese: De l'egalité des deux sexes (1673). De l'execellence des hommes (1674), De l'education des dames (1675). Poullain condanna qualunque forma di passività mentale che conduca all'accetta7.ione acritica di pregiudizi, specialmente quelli consolidati dall'abitudine e dal costume sociale. Se la condizione delle donne è quella di esseri inferiori civilmente e socialmente la causa è pro prio nel non sottoporre ad esame critico le radici di tale discriminazione. La donna è ontologicamente ed organicamente atta a tutte le profess ioni, perfino a quelle inusuali di teologo e medico. Da l mo mento che sono in grado di apprendere la fisica, l'eloquenza, il diritto, "il est

25 F. TARICONE-S. cit., p. 144.

Bucc1,

La condizione della donna nel XVII e XVIII secolo,

26 Su Poullain de la Barre si veda lo studio di G inevra l'oullai11 de la JJarre e la teoria dell'uguaglianza, Milano, 1 996.

CONTI ODORISIO,


Fiorenza Tariconc

52

sohutaible qu'elles exercent également Ics professions sur lcsqueìles ces etudes s'ouvre nt mème si cette idée ne s'accorde pas avec l'opinion comune ... " 27 . Poullain apre alle donne il campo della politica e non scorge ostacoli perché esse non possano sedere su un trono; non esclude infine la possibilità che acquisiscano una competenza di tipo militare: "Pour moi, je ne serai pas plus surpris de voir une femme le casque cn tete que de lui voir une couronne: présidcr dans un Conseil dc guerre camme dans celui d'un Etat: exercer cllcs mcme ses soldats, ranger une armée en bataille, la partager en plusiers corps ... Lart militai re n'a rien par-dessus )es autres, dont Ics femmes sont capablcs, si non qu'il est plus rude et qu'il fait plus de bruit et plus de mal" 28 . Insomma non era un caso che gli autori del seicento privilcggiassero le guerriere alle caste, in obbedienza anche a quanto scriveva Thomas nel ·1783: "Vi deve essere in ciascun secolo un carattere distintivo per il merito delle donne" 29. Da Lucrezia Marinelli 30 , a Francesco Agostino Della C hi esa, Zenobia, Semiramide e le Amazzoni spiccarono rispetto alle a ltre celebrità più di quanto non lo fecero nel secolo successivo. Allegando nelle loro apologie sul sesso debole un gran numero di guerriere, questi autori volevano dimostrare che "se la donna fosse a llevata e nutrita fra l'armi e cavalli, come sono gli uomini, senza dubbi o quel]i di fo rtezza e destrezza vincerebbero", indicando nell'istruzione guerriera uno <lei principali fondamenti di potere della società del '600. Attraverso gli esempi, a riprova delle potenzialità marziali fem minili, il catalogo rivendicava così il di ri tto per le donne ad una educazione militare, partendo dalla considerazione che in una società guerriera chi non sapeva tirare di spada era inevi tab ilme nte condannato all'inferiorità.

27 M. A1.111STUR-D. ARMOCAT H I'~ Histoire du feminisme fra11çaise, Paris,

1977, p. 236.

ns.

28 lvi, p. 29 A. THnMAS, Saggi sopra il carattere, i costumi, e lo spirilu delle donne, Cremona, 1792, p. 294. J O Sulla Marinclli, si veda G.

Roma, 1979.

CONTI OnORISIO,

Do1111a e società nel Seicellto,


Donne e guerra: teorie e pratiche

53

Travestitismo femminile Q uasi a indiretta riprova del privilegio accordato alle virtù militari, troviamo uno scritto di B. Croce proprio sulle donne-soldato nel seicento. Il primo esempio citato, ma comunque uno dei più famosi, grazie anche alla curiosità destata in ogni tempo dal travestitismo militare femminile, è quello di donna Catalina de Er:mso, la cosiddetta monaca-alfiere. Fuggì dal convento nel 1600 circa vestita da uomo per sfuggire alle ricerche. Ebbe una vita avve nturosa e battagliera costellata di onorificenze militari 31 • Si macchiò anche di vari reati e Urbano VJTT accolse la sua supplica con un breve nel quale l'autorizzava a conservare per nma la vita vesti maschili, a patto però che "avrebbe paventato la vendetta di Dio e rispettato l' immagine di Dio" 32 . Nel reggimento alemanno, comandato dal colonnello napoletano Ferrante Dclii Monti, si trovava sotto mentite spoglie una donna, in qualità di sottotene nte, durante la guerra in Piemonte mossa <la Tommaso di Savoia. Quando questi, che aveva a disposizione i contingenti napoletani guidati da Carlo della Gatta, tentò nel luglio del 1640 una sortita il reggimento alemanno fu costretto a ritirarsi. "Nondimeno in quel pan ico, non mancò chi tra gli alemanni desse prova di valore e tra questi il capitano tenente Guglielmo Sveivel dei Paesi Rassi, generoso e feroce nei fatti quanto all'aspetto giovane e femminil c~valiere che, dandosi altri alla fuga, con eccessiva bizzarria fece fronte e, tagliato fuor della squadra, offrendogli i nemici la vita, solo che la chiedesse, stimò vile quel dono che si compra con prieghi e stimò meglio perderla che cercarla. Onde, uccisogli sotto il cavall o e rimanendo col destro pié intrigato nella staffa, ricevé sulla testa un colpo di pistoletta e con la sciabola imp ugnata minacciando morì e morto minacciò" 33 • Senonché i nemici nello spogliarlo persero, come troviamo scritto, la gloria di averlo ucciso poiché era una donna, "spettacolo che

31

CATALIN A DE F.ltAUSO,

Storici della monaca alfiere scritta da lei medesima,

Palermo, 199 l.

.n B. Clmr:r., Aneddoti di varia lelleratura donne soldato nel seicento, Bari, 1953 -5 4, p. 215. 33

Campeggiamenti ovvero !storie del l'iemo11le descritte da D. E. Tesauro,

in B. CROCE, c it.


54

Fiorenza Taricone

cagionò a un tempo ammirazione ai fo rti e vergogna ai codardi. Era venuta alla guerra di Mantova in abiti e opinion e di giovanetto e con la sua azione in campo guadagnò i grad i militari fino a quello di capitano dei cavalli, coprendo col rigor dell 'armi, col ruvido di non coltivati capelli, ma più con le azioni vi rili, quel difetto che la voce e il volto faceva palese, coprendolo anche mercé una donna che menava seco, e che faceva passare per sua mogi ie" .H. Ferrante Delli Monti narrò poi a l raccoglitore dell e testimonianze che due soli "contrassegni" non aveva potuto dissimulare: il primo che si risentiva immediatamente e arri vava al d uello con chiunque "avesse motteggiato quel s uo donnesco sembiante". L'altro che talvolta le fuoriuscivano le lacrime, senza ritegno. Un 'altra donna che militava nei panni di un soldato ungaro fu scoperta a Bo logna nel 1664, mentre più romanzesco appare il caso di du e ragazze francesi, figli e di un ugonotto e di una cattolica, Lu isa e Maria Cassier, che il padre, dopo la mo rte della madre, condusse con sé in abiti maschili per sfuggire alle persecuzioni, a Ginevra. Le due ragazze, però, che cond ivideva no la religione mate rna più che la professione di fede del padre, gli sfuggirono durante il viaggio e be nché avesse solo quindici anni l'una e l'a ltra tredici, peregrinarono travestite per tutta l'Jtali a. Luisa aveva assu nto il nome di Fra ncesco e Maria quello di Carlo; cognome di entrambe, Pime ntel. Capitate a Milano qua ndo si indicevano le leve per il se rvizio del re Carlo II, si inserissero a lla compagnia del capitano Don Emanuel de Ariéta e, do po alcuni viaggi, furono inviate alla guarni gione di Messina e poi di Napoli. Di qui, avendo intrapreso il viceré marchese de l Carpio la campagna contro il bri ga ntaggio , partirono per gli Abruzzi dove Luisa morì in combattimento. La sorella riuscì a farla seppellire senza che se ne scoprisse il sesso. Terminata la campagna, tornò a sua volta a Napoli; nel 1688, però, mentre era di guardia all'entrata del Castel Novo, il padre Francesco d i G irolamo la riconobbe mentre predicava e la invitò a confessarsi. Ottenne per lei la protezione della contessa di Santo Stefano, donna Francesca d'Aragona y Sandoval, moglie del nuovo viceré Benides, che le accord ò anche una p ensione di sette ducati addebitati alla cassa militare; morì nel 1727 .

.H Ibidem.


CAl'lTOLO

lll

Donne della Rivoluzione e donne del Risorgimento Durante tutto l'Ancien Regime, in Francia i regolamenti tesero ad eliminare le cosiddette "femmes inutiles", cioè prive di un ruolo e una funzionalità precisa. Il periodo della Rivoluzione e dell'Impero si caratterizza invece come un ritorno all'indietro, perché nuovamente un gran numero di donne seguì le armate in qualità di mogli, legittime e non, amanti, commedianti, a fianco delle consuete vivandiere e lavandaie. Nell'euforia rivoluzionaria le regole si ammorbidiscono e si modificano principalmente perché si vuole che la nazione intera partecipi allo sfo rzo bellico. Le donne d'altro nde hanno diritto ad un riconoscimento perché il contributo alla rivoluzione è stato innegabile, come aveva dimostrato la marcia su Versailles. Ricompensa, diritto, logiche nuove che vengono legittimati in un clima di grandi aspettative variamente mescolate, spiegano in parte la novità del regolamento dei battaglioni volontari, vo tato il 28 dicembre 1791 dall'Assemblea legislativa, che autorizzava esplicitamente i soldati ad essere accompagnati dalle mogli; nella realtà poi era pressoché impossibile accertare se si trattasse di matrimoni regolari o unioni "illegittime", tanto più che le formalità del matrimonio per i militari si erano notevolmente liberalizzate. Un decreto del 1793 permetteva infatti a tutti i militari indistintamente "de se lier par les noeuds du mariage sans le concours de leurs chcfs supérieurs" 1. Nella primavera del 1793, un inviato del governo comunica all a Convenzio ne notizia di un abuso regolarmente commesso: la crescita indiscri minata delle donne a seguito delle armate, per la no rma, o rmai regolarmente perseguita, di sposarsi senza il consenso dei superiori. Occorreva porre un limite numerico preciso alle donne, poiché erano così numerose che rendevano difficoltosa la marcia delle truppe e occupavano un gran numero di carri destinati esclusivamente al trasporto di bagagli e provvigioni. Il rapporto di Carnot alla Convenzione è posto in termini ancora più brutali; una "calamità

1 R.

CAIRE,

La (emme militaire, Paris, 198 1, p. 16.


56

Fiorenza Taricone

distrugge le nostre armate: le donne e i figli che ne sono al seguito. Gli acquartieramenti e le caserme rigurgitano di donne, le quali indeboliscono le truppe e sono nocive con le malattie che trasmettono, dieci volte di più che il fuoco del nemico". Il decreto della Convenzione del 30 aprile sembra ottemperare ai suoi desideri ordinando ai responsabili di escludere dagli acquartieramenti militari le "fernmes inutiles", comprese le donne degli ufficiali, regola che fu quasi sempre evasa. Occorreva, per rendere veramente efficace la prescrizione, rimuovere la causa che determinava il fenomeno. La maggior parte di queste donne era priva di ogni risorsa economica e le scarse paghe militari non equivalevano alla possibilità di partecipare alle ripartizioni periodiche delle armate. A partire dalla campagna d'Italia, il fenomeno s'ingrandì grazie anche all'attrattiva costituita dai saccheggi. Le do nne si recavano ovunque si trovassero i reggimenti: in Germania, in Italia, e in Spagna; alcune riuscirono ad imbarca rsi per l'Egitto. Quando si verificò l'improvvisa partenza per Austcrlitz, le donne rimaste "au camp de Boulognc" non poterono seguire l'esercito e bisognò provvedere alle loro necessità. Ricominciarono a seguire da vicino le armate durante la guerra di Prussia, malgrado le proibizioni. L'ordine del giorno tld 3 ottobre 1806 infatti parla chiaro: "Sa Majesté ordonnc que les femm es et toute espèce d'cmbarras soient dirigés sur Ics places désignécs pour les petits dépòts du corps, de manière à a ce que l'armée soit mobile et légère et ait le moins d'embarras possible" 2 • Alcune donne si vestirono da uomini per evadere gli o rdini; la massa raggiunse i soldati quando, dopo la battaglia di Friedland, l'esercito si ritirò nella Prussia. Le donne sopportarono con coraggio a nche le prove e i disagi dopo Austerlitz e nessuna crudeltà fu lor o risparmiata. Il capitano François, soprannominato "le dromadaire d 'Egy pte", riferisce di aver visto durante la marcia da "lòledo a Mozza delle donne letteralmente sventrate con i seni asportati. Altre ancora furono fatte prigioniere come soldati, subendo analoga prigionia. Un nucleo di donne seguì gli eserciti rivoluzionari in modo se così si può dire, più uffi cia le di quanto non facessero le mogli, le

2 R. ilRICE, Les femmes et !es années de la Ré110/ution el de /'Empire, Paris, 1913, p. 106, in R. CAIRF., cit., p. 18.


Donne e guerra: teorie e pratiche

57

amanti, o le donne soldato travestite: erano le attrici delle compagnie teatrali itineranti che seguivano le armate. La Momansier il 3 settembre 1792 chiedeva alla Assemblea Nazionale di poter formare una compagnia composta di attori, ballerini, musicisti e manovali, per offrire aiuto contro il nemico che minacciava la patria e la sua libertà. La Montansier si ricongiunge presto alle altre attrici della troupe e chiede al generale Dumouriez l'autorizzazione a mettere in piedi un teatro improvvisato. Questo teatro ambulante fu chiamato dalla sua ideatrice "ma propagande"; infatti aveva anche lo scopo di diffondere in Belgio gli ideali di fraternità e rivoluzionari di cui i francesi si facevano portatori. Ma questo tentativo di ufficializzare l'attività teatrale nelle armate non ebbe mo lto successo, infatti le rappresentazioni non durarono che qualche mese, interrotte dall'arrivo degli austriaci. Più tardi, Napoleone riprese l'idea di annettere agli eserciti compagnie di attori. Il progetto trove rà la sua realizzazione concreta solo dopo la pace di Tilsitt, con l'abbandono da parte dei Russi della capitale e l'arrivo a Mosca degli attori francesi; undici rappresentazioni furono date, ma malauguratamente le attrici dovettero poi patire i disagi d ella ritirata. Raoul Brice nel suo Les (emmes et les armées de la Revolution et de /'Em pire ha scritto a proposito che "bien qu'elle, la Grand Armèe n e fut plus qu'une ho rde confus, indisciplinée, torturéc par le froid et la faim, ha ntée par la rnort, elle a protégé quand m em e la faiblesse des femmes. La plupa rt d es actrices de Moscou ont pu revoir la France" 3. Esse furono p erò un'eccezione perché le donne a rru olate nell'esercito come cantini ere, vivandiere, lavandaie morirono in gran numero nelle steppe ghiacciate della Russia. Caso diverso, qualitativamente e quantitativamente, rapp resentaron o le cantiniere e le vivandiere, con una precisazione di fondo: la "cantinière", che significa lettera lmente gerente dello spaccio, o sino nimo di vivandiera, era di stanza nei reparti dislocati, m entre le vivandiere erano domiciliate nei quartier gen erale e men o esposte a l pericolo; il capitano Elzéar Blaze afferma a loro riguardo: "C'etait un beau métier que celui de cantinière. Ces dames commençaient

J R. i3RICE, cit., p. 239.


58

Fiorenza Taricone

par suivre un soldat qui leur avait inspiré des sentiments tendres. On les voyait, d'abord, cheminer à pied avec un haril d'eau de vie en sautoir. Huit jours aprés, elles étaient commodément assises sur un cheval trouvé. A droite, a gauche, par devant, par derriére, Ics barils et les cervelas, le fromage et Ics saucissons habilement disposés, se trouvaient en équilibre. Le mois ne finissent pas sans qu'un fourgon à deux chevaux, rempli de provisions de toute espèce, ne fut là pour prouver la prosperité croissante de lcur entreprise ... " 4 • Le cantiniere rendevano grossi servigi alle armate, perché, dotate di grande energia, resistenti al caldo, al freddo, alla pioggia e alla neve, arrivavano ovunque per procurarsi l'indispensabile per il loro commercio. C'era in esse un miscuglio di qualità e difetti portati all'estremo: forti personalità, badavano soprattutto al loro tornaconto e alcune non esitavano neanche di fronte al sacchegg io o alla ricettazione. Le condizioni di vita erano d'altronde estremamente dure: la violenza, l'alcoolismo, le malattie veneree erano all'ordine del giorno. Ma esse si rivelavano al contempo preziose e insostituibi li nel momento del bisogno. Esistono innumerevoli testimonianze al riguardo che sono concordi nel ritenerle sensibilissime al dolore altrui, alleviatrici di sofferenze e capaci di annullare se stesse all'occorrenza. Molte non esitavano a distribuire l'acquavite per rincuorare i soldati sotto il fuoco nemico, e spesso furono premiate con decorazioni come ricompensa per il coraggio dimostrato. Volta a volta vivandiera, medico chirurgo, suora di carità, soldato nei momenti del bisogno, ma sempre donna, madre, compagna di chi combatte 5 . Alcune figure sono entrate nella leggenda, a cominciare da Catherine Hubscher, che sposa il maresciallo Lefevre e diventa duchessa d e Dantzig, passando alla storia con il nome di Madame Sans-Gene. Thèrése Jourdan fu per così dire la decana delle vivandiere, rimanendo presso l'esercito dal 1796 al 1862, svolgendo fino al 1834 l'attività originaria e poi in pianta stabile presso gli acquartieramenti

4 lvi, p. 278. 5 A. TRANCHANT-J. LAL>IMJR, Femmes militaires de la France depuis /es temps /es fJ/us reculés ;usqu'à nos ;ours, Paris, 1866, p. 437.


Donne e guerra: teorie e pratiche

59

militari, con mansioni di volta in volta diverse. Seguì tutte le campagne di Napoleone e perse il marito nel 1812 alla Moskowa. Assiste alla disfatta di Waterloo poi, quando l'esercito fu riorganizzato, venne trasferita a Ligne dove resterà fino alla morte, dopo un ultimo trasferimento in Algeria dal 1856 al '60. J oséphine Trinquart cantiniera, all'età di venti anni uccide due cavalieri nemici all'epoca della campagna di Russia e si serve di uno dei loro cavalli per ricondurre al campo il capo di battaglione ferito. La più eroica è ritenuta senza dubbio Maria Tete de Bois. "Nèe aux lnv::i.lides", inizia a prestare la sua opera presso l'armata di Sambreet-Meuse e ben presto si accattivò la reputazione di saper combattere come un veterano. Ferita nel 1814 sotto le mura di Parigi, mentre cercava di portar via il corpo del figlio, si ristabilì abbastanza velocemente tanto da poter assistere alla battaglia di Waterloo; resta al suo posto a rincuorare e a distribuire l'acquavite ai soldati, rifiutando di allontanarsi quando vede il panico impadronirsi delle truppe. Muore gridando "Viva l' Imperatore e viva la Francia", dopo aver partecipato a 17 campagne. Le cantiniere, le vivandiere e le lavandaie non solo vivevano in un contesto militare, ma erano anche soggette ad una giurisdizione militare. Infatti, si estendeva non solo ai militari propriamente detti, ma a tutti coloro al seguito delle armate, per i delitti commessi negli acquartieramenti e durante le campagne. A parte quindi gli illeciti perseguiti al cli fuori, le vivandiere, le cantiniere e le lavandaie dipendevano dal coonestabile, dai comandanti della polizia militare, dal consiglio di guerra e dal tribunale dei marescialli di Francia. All'epoca della rivoluzione tutte queste disposizioni scomparvero per lasciare il posto ad una miriade di leggi, decreti, bandi, fino alla promulgazione del Code de Justice Militaire del 1857. Più esattamente Bonaparte, con una serie di ordinanze, stabilì che fossero sottoposte alla giurisdizione del Consiglio di Guerra per qualunque infrazione alla disciplina e al regolamento dei servizi dovuti.

Progetti militari durante la Rivoluzione francese Ma che cosa hanno fatto, detto, organizzato le donne durante la Rivoluzione francese, al di fuori di questi ruoli femminili già citati al


Fiorenza Taricone

60

seguito delle armate? Il panorama è eterogeneo, interessante, ma anche frammentario. Gli studi più famosi che si occupano delle donne della rivoluzione portano i nomi di Michelet, Lamartine, Blanc. È quasi luogo comune citare la frase del primo di essi, Michelet, il quale sosteneva che gli uomini avevano preso la regia bastiglia e le don.n e avevano preso addirittura la maestà del Re, consegnandolo nelle mani di Parigi, ossia della rivoluzione: in breve gli uomini avevano fatto il 14 luglio e le donne il 6 ottobre. Fra i giacobini le donne fin dall'inizio furono ben accolte e fra il moltiplicarsi delle Società Fraterne sorse a Parigi anche il Club delle donne, che univa la politica alla musica; ogni venerdì infatti si teneva un concerto di canti patriottici e si discuteva un periodico del Club stesso. l fatti del giorno erano narrati eia una società di cittadine. Nella sede della Società di Fratellanza dei giacobini, frequentata da operai accompagnati dalle mogli e dalle madri, si discuteva sui problemi più scottanti della vita quotidiana, come ad esempio il caro viveri. In questo crescendo di partecipazione c'è chi vi rintraccia l'origine "dell'unionismo femminile" 6 • Una delle protagoniste attive del periodo rivoluzionario fu senz'altro la famosa Anne Théroigne de Méricourt definita una "stranissima virago della Rivoluzione. Figlia di un agricoltore, sedotta e abbandonata, ritornò dall'Inghilterra in Francia nell'ora fatidica. L'amazzone di Liegi fu una d elle pochissime donne a chiedere la parola durante una seduta d el Club dei Cordiglieri" 7 • Fu arrestata per propaganda rivoluzionaria e successivamente liberata dalla prigione austriaca di Kustein, per ordine dello stesso Leopoldo; si iscrive allora al Club "Focolari di guerra" e il 5 ottobre è tra la folla che invade Versailles vestita, al dire di Carlyle, di una veste scarlatta, con un berretto tondo ornato di pennacchio nero, montando un cavallo e reca ndo in mano una lancia. Quando la folla ad agosto tenta di sfondare la porta delle Tuileries servendosi di un cannone, T héroigne appare seduta a cavalcioni

6 Donne della rivoluzione, dalle storie di Lamartine-Michelet-Hlanc, a cura <li G. Cenzoni, Milano, 193 1, p. 160.

7 lvi, p. 211.


Donne e guerra: teorie e pratiche

61

aiutando a puntarlo contro l'obiettivo. Partecipa all'omicidio del giornalista Francesco Suleau, praticamente ucciso dalla folla in cui spiccava per la violenza delle invettive "la bella liegese". Si dice che l'assassinio fu consumato per motivi estranei alla politica per quanto riguardava Théroigne, ma che fosse dettato soprattutto da rancori personali; infatti il giornalista Suleau aveva attaccato la Mericourt sul giornale «Gli Atti degli Apostoli» attribuendole vari amanti. Dopo il 10 agosto, l"'amazzone democratica" abbandonò il partito della Montagna per diventare girondina, deprecando le stragi di settembre 8 • Théroigne finì male i suoi giorni, interpretando inconsapevolmente il ruolo femminile descritto da Michelet: "Le donne nelle loro politiche manifestazioni colle quali sfidano i diversi partiti rischiano assai più che gli uomini. Era un machiavellismo odioso del tempo della Rivoluzione il metter le mani su quelle il cui eroismo poteva suscitare l'entusiasmo e renderle al tempo stesso ridicole per mezzo di quegli oltraggi che la brutalità infligge facilmente ad un sesso debole" 9• Nel 1817 Théroigne entra all'ospedale di Charenton per malati di mente. Da allora in poi il fisico e la mente segneranno una parabola discendente e pesano su di lei alcuni giudizi poco benevoli come quello di L. Beduzzi che alla fine dell'Ottocento scriverà: "Entrata nella rivoluzione cercò di valersene a sfogo di vendetta, ma sbagliandone i mezzi, lanciata nel turbinio delle passioni popolari, nella sua azione, perdette di vista l'ideale della donna il compito della quale è tutto d'amore, di perdono e di pace" 10• Olympe de Gouges, l'autrice della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, che uno studio di Guillon seguace del Lombroso definì di tipo psichico, isterica, ammalata di delirio paranoico, organizzò il primo battaglione femminile armato; la legione d'amazzoni aveva il compito di sorvegliare la regina. Fu la fondatrice di molte Società Fraterne d'ambo i sessi. In un suo opuscolo

8

L. CAPPELLETrI, Le donne della Rivoluzione, Livorno, 1890, pp. 3-80. 9 Donne della rivoluzione, cit., p. 121. 10 L. Bwuzz1, La donna nella rivoluzione, Parma, 1888.


62

Fiorenza Taricone

La schiavitù dei neri affermava di essere la fondatrice delle società popolari femminili, ma ebbe lo sventurato destino di verificare in persona la frase da lei stessa resa celebre: se le donne avevano il diritto di salire sul patibolo avevano anche quello di salire sulla tribuna 11 . li progetto di armare le donne fu comunque ripreso nel 1793 dalla cittadina Manette Dupont che, in un manifesto, invitava ad organizzare una vera e propria armata al femminile composta di cinque legioni, ognuna di quattro battaglioni costituiti da cinquecento cittadine il che faceva registrare un totale di diecimila donne arruolate. l;uniforme sarebbe stata composta di "braghe" tagliate alla portoghese un casco, o meglio elmo di bronzo, completo di chioma e pennacchio. Quattro legioni dovevano essere armate di sciabole, pistole, picche e moschetti. La quinta, di archi e frecce sulle quali avrebbe dovuto essere inciso: ai tiranni, le loro schiave, ma il progetto non fu mai realizzato 12 . Nessun battaglione si formerà a Parigi, ma solo qualche donna servirà nella Guardia Nazionale. Nelle province la situazione è diversa: numerosi clubs femminili sono sorti e riuniscono in generale le mogli e le figlie dei membri dei clubs maschili. La loro attività si limita soprattutto a manifestazioni pubbliche e a compiti tradizionalmente femminili come l'educazione civica e morale dei giovani, edizione e diffusione di manuali educativi, assistenza ai malati e ai prigionieri. l;attività sembra quindi ristretta ad un ambito fil antropico, ma la dichiarazione di guerra e i pericoli che corre la patria aprono dei nuovi campi <l'azione. Esse intendono condividere gli stessi ri schi e mettere alla prova l'amore patriottico, così come i rispettivi compagni. La lotta si esplicava in due direzioni: lotta armata e lotta contro i nemici interni. La rivoluzione francese vede quindi all'opera esempi moderni delle antiche amazzoni: quelle di Vic-en-Bigorre sono

10 L. CAPl'ELLETl"I, cit., p. 80. 11 Si veda il t esto della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina riportata in M. DE Lw-F. TARICONE, Le donne in Ttalia diritti civili e politici, Napoli, 1992.


Donne e guerra: teorie e pratiche

63

rimaste famose; Lanjuinais all'Assemblea Nazionale esalta la loro bravura, ma d'altra parte la loro decisione e accanimento nel voler combattere comincia a destare anche delle inquietudini. Théroigne de Méricourt così arringava le donne nel Faubourg Saint-Antoine: ''Armons-nous, nous en avons le droit par la nature et merne par la loi. Montrons aux hommes que nous ne lcur sommes inférieurs, ni en vertus, ni en courage ... On va essayer de nous retenir en employant les armes du ridicul e ... Mais, nous nous armerons parce qu'il est raisonnablc que nous préparions à defendre nos droits, nos foyers, ... il est temps que les femmes sortent de leur honteusc nullité ... Armons-nous" 13 . Una categoria ben individuabile è quella delle donne-soldato a tutti gli effetti combattenti. Molte lo furono per necessità, allo scopo di difendere le città assediate. Quando fu indetta la leva, nd luglio del '92, nel grande entusiasmo popolare molte donne si arruolarono; per di più, una legge ulteriore aveva soppresso le condizioni minime richieste, l'età non inferiore a diciotto anni e un'altezza di cinque piedi. Un paziente archivista del Ministero della Guerra ha annotato i nomi di quelle donne delle quali è rimasta una "traccia" ufficiale nei certificati. Una prima lista compilata per il 1793, all'epoca della leva di trecentomila uomini indetta da Beurnonville, comprende ventisette nomi, di cui i più noti sono quelli di Rose Barreau, detta Liberté, Madeleine Petit Jean, Mari e Rose Bouillon et Thérese Figueur. È verosimile supporre che in totale fossero molte di più di quelle finora rintracciate; fatto però degno di nota, molte donne conosciute per la loro bravura furono mantenute negli eserciti, altre ancora, congedate, ricevettero dalla Con venzione premi e gratifiche a seconda della durata del servizio prestato. Esse furono le prime donne militari "pensionate" in Francia dopo "le chevalier Balthazar". Fatto ancora più curioso, Napoleone, ammise la presenza di alcune donne-soldato negli eserciti imperiali. Rose Barreau detta Liberté prestò servizio con su o marito nel secondo battaglione e in seguito presso il 63° reggimento dei granatieri; le fu accordata una pensione 13 M. At.BISTUR-D. ARMOGATI IE, Histoire du (éminisme (rançais, Paris, 1977, pp. 338-339.


64

Fiorenza Taricone

e rimase presso la succursale di Avignone des Jnvalides. Angélique Duchemin veuve Brulon, inizia la sua carriera come cantiniera: dopo la morte del marito viene inserita dal generale Casabianca nel repa rto di fanteria. Fece sette campagne dal '92 al '99 in qualità di " fusilier, caporal, caporal-fourrier et sergent-major". La ferita riportata durante l'assedio di Calvi interrompe la sua attività: furiere durante la campagna d'Italia, fu p oi ammessa "aux Invalides". Nominata sottotenente nd 1822 su proposta del generale Latour-Ma ubourg, le fu conferita anche la Legion d'Ono re con un decreto del 10 agosto 1851 e fu anche la prima donna il cui riconoscimento venisse regolarmente registrato. Lo stato di servizio di Marie-Jeanne Schellinck rende conto del riconoscimento avuto: entrata in servizio presso il battaglione belga il 15 aprile 1792, caporale nel giugno, sergente nel dicembre '93, prigioniera di guerra in Austria 1'8 marzo 1797, rientrata in Francia l' 11 giugno '98, sottotenente il 9 gennaio 1806 pensionata e cavaliere della Legion d'Onore il 20 giugno 1808 . Raggiunge in totale i diciassette anni di servizio, prende parte a 29 campagne ed è più volte ferita: da colpi di sciabola alla battaglia di Jemmapes ad Austerlitz, da un colpo d 'arma da fuoco alla coscia sinistra e ripetutamente colpita a Jena . TI caso di Virginie Ghesquière è invece più controverso. Definita "le joli sergent" le viene attribuito da un giornale d ell'epoca «J ourna l de !'Empire» il titolo di " l'Etoile de l'Honeur". Malgrado però le prodezze a Lisbona, dove salva il suo colonnello e fa prigionieri due ufficiali inglesi, la verità sembra registrare vari tentativi di diserzione. Thèrése Figuer "dite Sans Gene" si arruola il 6 luglio 1793 ; conosce Bonapa rte all'assedio di Tolone e viene mantenuta tra gli effettivi malgrado il già citato decreto. Gli eroismi e le feri te riportate nel corso d elle battaglie non furono s ufficienti a procurarle il riconoscimento della Legion d ' Onore e senza dubbio Napoleone ebbe la sua parte; Madame Ducaud-Laborde, moglie del sergente Poncet, sopra nnominata "Breton-double" fu ussaro, prestando servizio per sedici anni. La sua storia è n arrata in un piccolo volume intitolato La {emme hussard del 1833 e parla della sua condotta eroica a Eylau, a Friedland dove fu decorata della Legion d'Onore e a Waterloo.


Donne e guerra: teorie e pratiche

65

Henriette Heiniken segue il marito, generale Xaintrailles, alla guerra ricevendo, per il coraggio dimostrato dalle mani dell'imperatore un brevetto di "chef d' escadron". Da aiutante di campo del generale Xaintrailles, dopo aver rotto con quest'ultimo, diventa aiutante di campo del comandante in capo dell'esercito in Egitto; due donne furono invece "corsare": Louise Antonini è imbarcata come marinaio all'epoca della spedizione di Santo Domingo; fatta prigioniera e reimpatriata si arruola ottenendo il grado di caporale prima e poi sergente. Fu ferita gravemente in Portogallo e rispedita a casa nel 1810. Julienne David fece anche essa parte della spedizione di S. Domingo, ma rimase prigioniera degli inglesi otto anni prima che venisse scoperto il suo sesso.

Contro la rivoluzione Fra le donne controrivoluzionarie, Maria Antonietta Adams fu

soprannominata dai contadini il cavaliere Adams, e affrontò coraggiosamente la morte dopo essere caduta nelle mani delle truppe repubblicane; fu fucilata all'impic<li, segno <li distinzione e indiretto riconoscimento del proprio valore. Allo scoppio della rivoluzione, Madame de la Rochefaucould "brandisce la spada e a cavallo entra nel villaggio della Garnache al grido di Dio e il Re! Un comitato realista da lei stessa organizzato giudicava i prigionieri repubblicani ... Strane.:, selvagge, talvolta romanzescamentc piacevoli sono le vicende di Madame de la Rochefaucould ... talora è vista nel più folto della mischia irrompere alle reni dei fuggiaschi, coprirli d'ingiuric e colla punta d ella spada ricondurli avanti sotto il fuoco dei briganti azzurri, come erano chiamati i soldati repubblicani e non appena cessato il fuoco scendere da cavallo e baciare la croce; talora la si osserva assistere alla sfilata dei prigionieri e, poco badando all'intervento degli altri capi della rivolta, prevenire i loro decreti ordinando la fucilazione di massa". Viene catturata una notte, dopo essere stata sorpresa da una pattuglia di repubblicani assieme a Thomazeau dc la Coudrie e condannata a morte 14 •

14 L. BEDUZZI, cit., p. 17.


66

Fiorenza Taricone

Travestitismi tra Settecento e Ottocento A cavallo tra il Settecento e l'Ottocento si situa il caso di travestimento più clamoroso insieme a quello della mo naca-alfiere, Catalina de Erauso, del secolo precedente. Francesca Scanagatta nasce a Milano nel 1776, da famiglia patrizia. Cresciuta in un educandato e recatasi successivamente a Vienna, ne approfittò per frequentare, vestita da uomo, l'accademi a militare di Neustadt, facendo le veci di un fratello malato. Compiuti regolarmente i corsi, fu promossa il 6 febbraio del 1797 al grado di alfiere e destinata al 6° reggimen to di frontiera. Nel novembre dell o stesso anno, raggiunse l'armata d 'Italia e prese parte a tutte le guerre della seconda coalizione europea contro la Francia, mentre du e suoi fratelli combattevano col Ronaparte. All 'attacco della posizione di Barbagclata, diede prova d i tanto valore che fu decorata e promossa; nel maggio del 1800 svelato il mistero della sua identità, forse per una delazion e, fu congedata e messa in pensione. Nel gennaio del 1804, sposò il tenente Celestino Spini, da cui ebbe quattro figli, come rassicurano i suoi biografi 15 .

Nel secolo dell'Unità d'Italia Le raccolte femminili italiane dell'Ottocento, quelle che abbiamo altrove definito "cataloghi", sono pressoché tutti ispirati, come è facile supporre, all 'esaltazione degli eroismi che produsse il con nubio donna-patria 16 . Spesso caratterizzate da un marcato to no apologe tico, queste antologie patriottiche decantano sem plicemente gli sforzi di quante si sono rese benemerite nella causa del risorgimento nazionale; il risalto maggiore tuttavia viene dato all e "madri eroiche", quelle che hanno offerto i figli alla Patria, esortandoli a difenderl a e a combattere. Come abbiamo già avuto occasione di sottolineare, il catalogo risente diretta mente dell 'epoca in cui è concepito in una parola ne riflette le esigenze ed è fun zionale, 15 F. Scanagatta, ufficiale delresercilo austriaco, «Rivista d'Italia», voi. li, 1923 . Essai sur l'education et la co11duite de M.me Scanagatta, Milano, 188 1, C. SP IN I, J<: Scanagatta, Milan o, 1875. 16 F. TARICONE-B. PISA, cit., si veda la sezione dedicata ai cataloghi.


Donne e guerra: teorie e pratiche

67

o volutamente disfunzionale all' epoca stessa; in un secolo quin d i in cui bisognava, oltre a ll'Itali a, "fare gl' italiani", i cataloghi sono affollati da una vera pletora di donne-mogli e do nne-madri, tutte fermamente nutrite di alti ideali. Non si mirava più, come nei cataloghi settecenteschi a scovare donne d'eccezione nell a storia affinché, dimostrando come fossero numerica mente no n trascurabili, si capovolgesse l'eccezione stessa in regola, ma ad additare alle future generazioni donne-prototipo già costituenti una regola, aventi qualità morali di sostegno, all'uomo, al padre, al fratello. Nei decenni che vedono l' unità d'Italia e la preparano, la donna è impegnata non a studiare restando nubile come la "fcmme savante" settecentesca, ma a sacrificare senza remore i figli alla Patria , a curare i feriti, viva essa in una villa come Laura Mantegazza o sia una contadina, di cui non è rimasto il nome a cui gli austriaci squarciano il ventre. Il tipo d'azione a cui è chiamata è di intervento "a latere", occorrendo nella guerra, come reci ta un 'espressione dell'epoca, "sia il generale che la sentinella"; ed effettivamente la gamma dei suoi interventi fu svariatissima: "giardiniera", seguace del Mazzini, procacciatrice di d anaro per le cartelle del prestito sempre mazziniano, conversatrice apparentemente disimpegnata nei salotti, vere fucine di idee e progetti insurrezionali, nonché luoghi di reperimento e aggiornamento notizie, realizzatrice di coccarde e divise tricolori, improvvisatrice di pubbliche proteste e manifestazioni contro " l'asservimento allo straniero", staffetta nei momenti cruciali, infermiera sempre presente d opo i fallimenti dei primi moti insurrezion a li e le guerre d'indipendenza, sobillatrice attraverso scritti, opuscoli, pamphlets e tante altre cose ancora. Il dubbio n on è certo quindi relativo alla sua presenza più o meno attiva nel risorgimento nazionale (comprese quelle che osteggiavano il processo, le reazio narie, le aristocratiche, e ·pe rfino le brigantesse), ma alle lacune storiografiche in tal senso. C redo si possa affermare con relativa certezza ch e un'o pera sistematica che riunisca, analizzi e metta in evidenza il ruolo femminile nel risorgimento sia ancora tutta da scrivere. Già Vittorio Cia n, circa cinquant'anni fa, aveva coniato al riguardo il termine femm inismo patriottico: "Bisogna che noi signori uomini abbiamo il coraggio di con fessare che, senza volerlo, solo spinti d al nostro istinto e dalle nostre abitudini di maschi sopraffattori, nello scrivere la


68

Fiorenza 1àricone

storia abbiamo fatto e continuiamo a fare un po' troppo la parte del leone; abbiamo finito cioè con lo scriverlo un po' ad usum non delphini, ma viri, dell'uomo cioè quasi del solo ed unico attore di essa. Bisogna che abbiamo pure il coraggio di rivederla questa storia scritta da noi e di riconoscere col fatto che, quanto più si estendono e si approfondiscono le indagini sul nostro Risorgimento, più vediamo balzar fuori numerose figure di donne ... perciò è tutta un'opera di giusti zia storica distributiva ". Anche Atto Vanucci, memorialista del risorgimento mostrò <l'averne coscienza solo giunto alla quinta edizione della sua classica opera. In quest'edizione egli rilevava che non gli uomini soltanto affrontarono le ire feroci dei despoti e che "anche il sesso che chiamiamo debole sfidò prigioni e torture, anche le donne salirono impavide sul patibolo del tiranno e caddero olocausti della causa del vero ... Numerose già alla fine del 1833 le nuove Ginevre d'Italia, a partire dalla fine del XVIII secolo, cioè agli albori del risorgimento diventano legione quando ci si spinga alla fase ultima e conclusiva di esso che comprende la guerra. E dacché la statistica non dev'essere un'opinione, riconosco che le centinaia di nomi femminili più o meno illustri che finora sono venuti alla luce sono una piccola minoranza in confronto alle migliaia di martiri e combattenti ... E sarà atto non di generosità, ma di giustizia da parte dell'uomo il riconoscere che alla inferiorità numerica o quantitativa è grande compenso la qualità dell'azione femminile" 17 . La distinzione tra un "martirologio" maschile ed uno femminile è semmai da rintraccia re unicamente nel fatto che quest'ultimo è fatto di "riserbo, di soavità fuggitive, di si lenzi, di rinunzie, ma non per questo è una passività trascurabile" 18 . Per di più, non sono poche quelle che potrebbero definirsi secondo il Cian, eccezioni: "cioè le forme donnesche di eroismo virile, tali da implicare quella resistenza anche fisica e quell'audacia e violenza d'impeti che si considerava prerogativa dell'uomo" 19 . Accanto a figure note come la Pimentel Fonseca, e la Sanfelice, Cian pone non a caso la descrizione di una donna definita genericamente "vecchia madre", 17

V. CIAN, Femminismo patriottico del Risorgimento, Roma, 1930, p. 3 e ss. 18 lvi, p. 8. 19 Ibidem, p. 8.


Donne e guerra: teorie e pratiche

69

quasi a simboleggiare la diffusione del sentimento d'italianità, senza bisogno di generalità precise; la donna di Città Sant'Angclo risponde ai borbonici: lo non posso andare appresso agli uccelli che volano, io non so dove sia mio figlio e se lo sapessi, lo rimetterei piuttosto nelle mie viscere che svelarlo a voi. Vi sono delle figure emblematiche citate in rappresentanza di un'intera moltitudine, ma il nodo centrale rimane quello di una conoscenza approssimata del tutto incerta sui contorni di questa moltitudine. Questa "rimozione del femminile" è evidente ad esempio in uno dei personaggi più singolari dell'epopea risorgimentale, definita di volta in volta megalomane, strana, incoerente, ardita, ma quasi mai pensatrice politica, quale fu, innovatrice, benefattrice innovativa, giornalista poliglotta, viaggiatrice coraggiosa: Cristina di Belgioioso. Insolito comunque uno dei documenti firmati di suo pugno che fungono da brevetti di nomina, intestato nel modo seguente: Spedizione napoletana per l'Alta Italia - Divisione Belgioioso: Noi Cristina Trivulzio Principessa di Belgioioso avendo inteso il voto generale dei nostri amatissimi giovani che vengono con noi alla difesa della Patria, confermiamo col grado di Aiutante Maggiore il sig. don Giuseppe Del Balzo e come tale lo riconfermiamo. Ma la sua attività patriottica e il prezzo che ne derivò sono al di sopra di ogni ironia; i sequestri con cui l'Austria colpì i suoi beni al punto di ridurla a vivere di attività precarie all'estero, fanno il paio con la motivazione di quegli stessi sequestri spiegata per esteso negli archivi della polizia austriaca; Cristina è d efinita molto fanatica, in contatto epistolare con i radicali del Canton Ticino; una volta esule a Parigi tentava "i più decisivi passi per favorire la causa italiana. Successa la rivoluzione, assoldò proletari (forse un lapsus per volontari n.d.r.) che personalmente condusse a Milano. Dopo il reingresso delle truppe, invocò l'aiuto dello straniero, ma tornati vani i suoi sforzi, andò vagando per la Grecia e la Turchia ritirandosi dalla scena politica" 20 • Accorse alla difesa di Roma nel '49 e diresse gli ospedali assistendo personalmente Nino Bixio e Goffredo Mameli; l'H anotaux uno dei frequentatori del suo salotto parigino, scrisse che n essuno

20 Ivi, p. I I.


Fiorenza Taricone

70

più della Belgioioso aveva operato "pour la propagation dc l'idèe italienne". Accanto a queste figure d'élite stavano anche realmente e concretamente le combattenti delle Cinque Giornate di Milano. Nei Souvenirs historique della marchesa Costanza D'Azeglio si ricorda la partecipazione femminile in ogni modo possibile: Con lo gettar giù dalle finestre gli austriaci, coll'olio bollente, col vetriolo. Altre "tiraient le pistolet, oppure si servivano "de cruches de grés" (letteralmente bocche di arenaria n.d.r.) a guisa di bombe" 21 • Nel corso dell a p rim a guerra mondiale, nei libri, nelle conferenze per le scuole, le "eroine risorgimentali" sono un tema familiare e discusso, naturalmente per creare un ponte ideale e di riferimento con gli analoghi atti di eroismo delle patriote del conflitto mondiale. È una femminilità "eroica" quella che esprimono le protagoniste del risorgimento, e "poiché ogni più diverso carattere tra esse è espresso, vedremo la sognatrice esperta nell'opera della cospirazione, cui adempi e con mite spirito fedele e quella che alla propaganda d'italianità dedica - splendida avventuriera - una multiforme talvolta fantastica attività, la guerriera ardimentosa - rinato spirito spartano indivisibile dal suo duce o dal suo compagno, t enace nel suo odio contro lo straniero; la madre eroica che offre i figlioli al martirio o alla vittoria, l'anima ardente di sacrificio e di carità, prodiga di cure ai feriti sul campo; la provvidente che appresta ogni aiuto ai cospirat ori e ai combattenti, l'aristocratica e la popolana , la scrittrice e l' inco lta ... " 22 • Fra le protagoniste delle Cinque Gio rnate, Luigia Battistotti, la quale, giovanissima e sposata da poco, si avventò contro un croato e strappatagli la pistola, intimò agli altri cinque di arrendersi ; abbandonato l'abbigliamento femminile per prendere posto tra i fucilieri volontari, combatté per tutte le fatidiche cinque giornate. "Instancabile nel ferire, nell' incoraggiare alla pugna, nel correre a prestare soccorso di viveri a quelli che, chiusi dal nemico, correvano il rischio d i morire di fame" 23 •

21

Souvenir historique de la marquise Constance d'Azeglio, Torino, 1884,

p. 216. 22

G.

23

N. NECHF.RI LUCAITELLI, La donna

SARDIELLO,

Femminilità eroica, Reggio, 1916, p. 7 e ss. nel Risorgimento, Cremona, 1899, p.

22.


Donne e guerra: teorie e pratiche

71

La Battistotti, detta "la brunetta di Borgo Santa Croce" e le altre combattenti milanesi hanno il lo ro equi vale nte, se così si può dire, nelle consorelle bresciane. Fra le valorose delle D ieci Giornate troviamo il n ome di Anna Rogna Contini, che nella notte del 23 marzo 1848, sbalzata dal letto da una cannonata austriaca che aveva fatto crollare le pareti della camera, seguì il marito sulle barricate, armata di fucile, notte e giorno. È la stessa popolana che, ritornata p oi nella sua casa in rovina e sorpresovi un croato nell'atto di razziare, lo afferrò gridandogli: Vattene! Le bresciane non uccidono inermi, caccia ndolo giù per le scale. Vincenza Ausmini Tondi unì capacità m ilitari a doti diplomatic he e politiche. Nata nel 1829, si sposò quattordicenne; nel 1849, il marito, liberale, fu carcerato per attività cospirative e la Tondi si t rovò da sola a te nere le fila del movimento liberale viterbese. Nel '59 assolse il difficile compito di manda re in porto un plebiscito segreto della città e provincia per decretare l'annessione. Alla fine del '60, subì la carcerazione prima e poi lo "sfratto"dal territorio pontificio; raggiunto il marito a Orvieto, continuò a lottare con lui e militarono insieme nei Cacciatori del Tevere. Nella futurn capitale si consumò invece il dramma di Giuditta Tavani Arquati. Nata a Roma nel 1836, vissuta nel rione Trastevere, sposò Francesco Arquari di umile condizione; pressati dalla miseria, i due dovettero temporaneamente emigrare a Ve nezia per cercarvi lavoro; in seguito Giuditta tornò a Roma, d ed icandosi ai suoi nove fig li. Il 25 ottobre del '67, mentre Garibaldi espugnava M onteroto ndo, dopo aver fatto prigioniero il presidio papale, nella fabbrica di Giulio Ajani alla Lungarecca, capo d elle cospirazioni di Trastevere, quaranta patrioti fra i qua li l'Arquati, accompagnato dalla moglie e un figlio, si erano riuniti per organizzare una ri volta. Alcune spie segnalarono all' ispettore di polizia del rione Campitelli, Luigi Rossi, la r iunione; si circondò il luogo, con trecento uomini, tra zuavi e gen darmi. I patrioti, asserragliati, presero le armi e Giuditta p restava aiuto soccorrendo i feriti, porgendo le munizioni. Quando, invece dell'intervento di altri patrioti sopraggiunsero rinforz i zuavi, la sorte d ei combattenti fu segnata e durò fino a che, mancando le armi, i soldati entrarono abbattend o la porta. "Inumana fu veramente la carneficina dei cospiratori che non erano riusciti a fuggire ... Disarmati tutti e barba ramente trucidati, G iuditta, già ferita da piì1 colpi di


72

Fiorenza Taricone

proiettili, venne finita a colpi di baionetta, dopo che avevano già fatto sotto i suoi occhi la stessa morte il marito e il figlio diciassettenne Antonio. Poi, fra quell'ammasso di ossa stritolate e crani rotti, i difensori dello stato pontificio si sedettero a mensa" 24 • Non mancano, come in ogni epoca, travestitismi di vario tipo. Da quelli meno evidenti come Giuseppina Lazzeroni, milanese, che "vestita di un corsaletto con pugnale e pistola alla cintura, si fa onore fra i concittadini che combattevano gli austriaci a fianco di un fratello" 25 . A quello meditato e progettato di Erminia Mannelli, fiorentina: "visto tornar malato dal campo il fratello cui somiglia perfettamente, sta in forse appena pochi dì, poi segue risoluta la sua ispirazione, si veste degli abiti di lui, diserta la sua casa, va a costituirsi al reggimento e così bene si diporta nelle marce ed al fuoco che nessuno si accorge della sostituzione . Ferita a morte e reso palese così l'essere suo ... ella viene trasportata nella sua casa a Firenze dove muore" 26 • Ancora nella futura capitale, trova la morte una combattiva protagonista del risorgimento: Colomba Antonietti, figlia di fornai umbri, costretta a fuggire da casa per il rifiuto dei suoi alla richiesta di matrimonio fatta dall'ufficiale Porzi; l'opposizione era dovuta alla differenza sociale esistente fra i due, aristocratico lui, di modesta estrazione lei, che avrebbe compromesso le sorti dell'unione. Colomba Antonietti combatté vestita da uomo a fianco del marito e venne ferita mortalmente a Porta S. Pancrazio. Le spedizioni e le gesta di Garibaldi suscitarono una serie di consensi femmini li che si concretizzarono se non in arruol amenti veri e propri, in una volontaria offerta dei più svariati servizi da parte delle donne. Le più numerose erano naturalmente coloro che erano sposate ad ufficiali o a semplici soldati delle spedizioni gariba ldine, come Anna Galletti de Cadilhac, moglie dell' ufficiale Bartolomeo Galletti. Nel 1848 promosse una riuscita manifestazione di donne romane; organizzò feste a favore degli ospedali, dei soldati, 24 F. ORESTANO, Eroine, ispiratrici donne d'eccezione, cit., p. 374. P. BARBERA, Le donne e la guerra, cit., p. 8. 25 N. NECHERI LUCAHELLI, cit., p. 25. 26 V. GIGLIO, Vite di donne, Milano, 1957, p. 96.


Donne e guerra: teorie e pratiche

73

e degli asili d'infanzia; era particolarmente sollecita nell'assistere i feriti, meritandosi da Garibaldi l'appellativo di angelo degli ospedali, mentre il popolo l'aveva ribattezzata "la bella Roma". Rosa Strozzi, nata a Roma nel 1830, divenuta moglie del capitano garibaldino Vincenzo Santini, quando Oudinot ruppe le trattative diplomatiche con Roma e Garibaldi assunse la difesa della città, decise di non abbandonare neanche temporaneamente le fila garibaldine, neppure quando il marito cadde a S. Pancrazio. Seguì Garibaldi anche in Sicilia e si guadagnò una medaglia al valore. Prese parte alla campagna del Trentino e fu presente a Mentana; ritiratasi a vita privata si dedicò ad attività benefiche e morì nel 1888. Baldovina Vestri, popolana nata a Siena nel 1842, chiese personalmente a Garibaldi di adibirla alle cure dei soldati. Si rese utile assolvendo ogni tipo di mansione: dallo strigliare i cavalli, al rancio, al curare i feriti. Si avvicinava fino alle file nemiche per prendere acqua e raccogliere erbe medicamentose e trascinare via i caduti. Si

spense alla tarda età di novant'anni. Se in questa sede ometteremo di parlare delle "madri eroiche" che offrirono i loro figli e le loro sofferenze alla patria, come la citatissima Adelaide Bono Cairoli, non è possibile tralasciare per il grande impatto sull' immaginario collettivo la figura di Anita Garibaldi. Infatti, se alle patriote del Risorgimento è stata resa finora una parziale giustizia, alla sua figura è toccata invece una sorte più benigna; non completamente oscurato dalle gesta di Garibaldi, il personaggio di Anita è entrato in un alone mitico, di grande dinamismo, insieme alle sue doti di combattività e tenacia, non disgiunte da una serie di caratteristiche prettamente femminili, come il sentimento che la univa all'eroe dei due mondi; o come la sua stessa immagine fisica, non legata ad un travestitismo maschile, ma a noi tramandata come tipicamente femminile: vesti ampie, capigliatura abbondante, gesti che sono insieme coraggiosi e pudichi, incisivi e morbidi. Narra di lei Garibaldi che "i primi anni della sua vita assomigliano a quelli di qualsiasi fanciulla di natura vivace e pudica, cresciuta all'ombra della famiglia; accompagnava volentieri il padre alla caccia, ma nulla poteva far supporre in lei degli istinti battaglieri" 27. 27 lvi, p. 97. Su di lei, F. TARICONE, Vecchi miti e nuove realtà, in Anita la giovinezza della Rivoluzione, a cura di A. QUERCIA e F. TARICONE, Roma, 2001.


74

Fiorenza Taricone

Nel 1829, Garibaldi, uscito dalla laguna con tre navi corsare per attaccare gli Imperiali sulle coste del Brasile, ebbe modo per la prima volta di apprezzarne il coraggio. Pregata da lui di scendere sulla costa dove senza pericolo avrebbe potuto rimanere spettatrice del conflitto, rispose coll'impugnare una spada e incoraggiare al combattimento, ritta sul cassero. li vento che soffiava favorevolmente al nemico dava modo di bordeggiare e cannoneggiare la piccola flotta repubblicana. Uscita illesa da una cannonata, gridò a Garibaldi di snidare i codardi che si nascondevano, andando lei stessa a colpirli con la sciabola. "Stupenda di coraggio Anita si dimostrò anche in un altro combattimento navale, che riuscì forse ancora più sanguinoso dell'altro. Somigliava in quel giorno - narra Garibaldi - alla dea delle battaglie. Dopo aver distribuito le armi dell'abbordaggio, si pose al cannone. Reso questo inutilizzabile, "diede mano al moschetto e non cessò di sparare fin quando vide nemici, né sbarcare, né approfittare dei ripari, ritta e tutta esposta al fulminare tremendo del fuoco nemico". Prodigi di valore - narra sempre Garibaldi - rinnovò nel combattimento terrestre di Coritilani. Le sorti della battaglia erano sfavorevoli per i repubblicani. Garibaldi era rimasto con soli 73 uomini di fanteria, attorniati da 500 uomini della cavalleria nemica. "Anita doveva provare in quel giorno le avverse ed amare peripezie della guerra. Non sapendo adattarsi al semplice ruolo di spettatrice, essa sollecitava la marcia delle munizioni e a questo scopo si avvicinava alla principale scena del combattimento, quando un nugolo di cavalieri nemici, inseguendo alcuni fuggitivi s'avventarono sui custodi del treno. Anita, franco cavaliere, avrebbe potuto agevolmente fuggire e lasciare uno spazio tra sé ed i nemici incalzanti, ma, inaccessibile alla paura, non volle il cavallo se non qu ando si trovò avviluppata da una frotta di nemici. Così circondata, spiccò uno slancio e forse si sarebbe salvata se il cavallo non fosse caduto morto. Invece dovette arrendersi e fu fatta ·prigioniera". Al combattimento navale di Santa Caterina accende lei stessa la miccia al cannone; altrove, diventa pressoché l'unica infermiera dei soldati e guida la scorta delle munizioni . Impara di fatto sul campo, tutto ciò che è utile nelle battagli e: le tecniche per meglio coprire Garibaldi, ad avere dimestichezza col moschetto, a "bracciare" una vela, a cavalcare nelle marce, a caricare nelle mischie, a passare la notte nei bivacchi, "a durar nelle veglie come un veterano,


Donne e guerra: teorie e pratiche

75

a disprezzare le delicatezze, a dissimulare le necessità, a domar talvolta i tormenti del suo corpo ... " 28 . Quasi sul campo, da fuggiasca, trova la morte che mette fine ad un sodalizio sentimentale-guerresco pressoché unico nella storia itali ana.

Vivandiere e cantiniere Analogamente alla Francia, anche l'Italia ebbe numerose donne impegnate nel ruolo di vivandiere, per motivi analoghi: condivisione degli stessi ideali con il proprio compagno, il voler esercitare un lavoro accettandone i rischi, il rifiuto sottinteso che le lotte per l'indipendenza non riguardassero anche le donne. La romana Adeodata Frigeri Sebastiani seguì Garibaldi nel ruolo di vivandiera. Nel '49 si trovò all'assedio di Roma mentre il marito Giovanni Sebastiani aveva le funzioni di cannoniere. Trasferitasi in Piemonte, nel 1855, seguì l'esercito sardo e fece tutta la spedizione di Crimea; nel 1859 dichiarata la nuova guerra d'indipendenza, passò sempre come vivandiera in Lombardia e il 24 giugno a S. Martino fu ferita alle gambe. Dopo dieci anni di separazione, s'incontrò di nuovo con il marito, che si era nuovamente arruolato 29 . Di Teresa Brussato Antonelli le notizie sono ancora più scarse: si sa solo che, arruolata nella legione bolognese, partecipò nel '48 all'insurrezione di Venezia. Alternò spesso le mansioni di vivandiera con quelle di infermiera. 28 lvi, p. 100. 29 Per chi volesse saperne di più si veda G. DEGLI Azz1, Una vivandiera benemerita della patria, «Archivio Storico del Risorgimento Umbro», a. VIII, 1912. li giornale "La Patria" nel 1917 dedica alle vivandiere francesi un articolo elogiativo, concludendo col dire che alla generazione delle cantiniere dell'Impero che seguirono dal 1792 al 1871 l'Escrcito Francese in tutte le sue campagne, succedeva ormai quella delle vivandiere delle campagne d'Africa e delle guerre di Crimea, d'Italia e del Messico. Sei di queste vivandiere, la signora Rossini, cantiniera della Guardia, Antonietta Tremoreau del 2° Zuavi, Teresa Molher del 34° di linea, Margherita Calvet <lei 1° Z uavi, Pierina Cross dei Cacciatori a piedi della Guardia e la signora Bourget del 1° Tiratori Algerini sono le prime donne decorate con la medaglia al valor militare. Durante la guerra del 1870, venti altre cantiniere ottennero per i loro atti di valore la stessa ricompensa cd una di esse, M.me Janethout, vivandiera dei franchi tiratori di Paris-Chateaudun, si guadagnò anche la Croce della Legion d'Onore, Tra gli eserciti dell'Intesa Le vivandiere francesi, «La Patria», 1917.


76

Fiorenza 'làricone

Maddalena Giudici Donadoni, nata nel 1826, poco più che ventenne, fuggì da Alessandria con un fratello per servire come vivandiera e infermiera le milizie piemontesi, nel '48-'49. Ottenne, come riconoscimento dei suoi servizi, una medaglia d'argento al valor militare e tre medaglie commemorative delle campagne nazionali a cui aveva preso parte 30 . Una patriota che ricorre nei libri di storia a causa del cognome paterno piuttosto che per ricordo delle sue azioni, è Maria Martini Salasco, piemontese, figlia del generale Salasco, legato al celebre armistizio. Viene definita "patriota ardente, per quanto stramba ed o riginale" 3 1. Giovanetta, prese parte alle Cinque Giornate di Milano; sposata al conte Martini Giovio della Torre di Crema, se ne separò successivamente e fu chiusa dal padre in un convento; riparò in Inghi lterra, dove visse a stretto contatto con gli esuli italiani. Appunto a Londra, nel 1854, conobbe Garibaldi ed ebbe per lui una sorta di innamoramento. Nel 1860 era con i garibaldini a Marsala, vestita colla divisa delle Guide e con altre signore a Milazzo si dedicò alle ambulanze militari, dimostrando doti di grande coraggio; un giorno, al faro, durante il carico delle truppe garibaldine, alcune navi borboniche si avvicinarono alla riva aprendo il fuoco. Nello scompiglio generale, la Martini irruppe a cavallo tra gli artiglieri per esortarli a riprendere il loro posto. Lei stessa si pose dietro un cannone puntato verso il nemico. Quando il medico garibaldino Ripari, non essendo d'accordo con lei sui metodi di cura, la fece espellere, si ritirò dalla vita politica e non si seppe quasi nient'altro della sua vita, tranne che si ritirò nel Canton Ticino e vi morì vecchissima.

Le volontarie della Croce Rossa Fu in Lombardia, dopo Magenta e Solferino, che nacque l'idea di istituire un'opera di assistenza ordinata ed efficace. I prodromi di tale iniziativa si devono, come ci viene riportato da R. Barbiera, al

3o Si veda A. JAMALLO, La donna nel Risorgimento, Benevento, 19 11.

31 F. 0RESTANO, b oine, ispiratrici, donne d'eccezione, cit. , p. 256. Si veda anche Martini Benettini Carlotta.


Donne e guerra: teorie e pratiche

77

ginevrino Enrico Dunant. Questi, dopo aver assistito come spettatore alla battaglia di Solferino, scrisse un libro, Souvenir de Solferino che divenne celebre ed ebbe una notevole eco tra gli uomini politici, le corti, le sedi diplomatiche, narrando gli orrori di tutti i soldati feriti privi di assistenza e lasciati in balia del nemico; il libro parlava della ferocia dei croati che si lanciavano sui francesi uccidendoli a colpi di calcio di fucile, né la crudeltà degli algerini era inferiore. Poche ore dopo la battaglia di Magenta, i feriti trovarono già un rifugio n elle case private delle famiglie milanesi che avevano voluto dar loro ospitalità, prevalentemente curati dalle signore lombarde. Svolsero in modo encomiabile il loro compito e Maria Piatti fu premiata da Napoleone TTT con medaglia d'argento per la sua abilità nel dirigere un'ospedale; anche Elisabetta Barrctt Browning esaltò lo spirito di carità delle donne milanesi tra cui si distinsero la marchesa Antonietta Beccaria, zia del Manzoni, la marchesa Pallavicini Trivul zio e la contessa Giuseppina Verri Borromeo, che amministrava nelle Sale della Società del Giardino il magazzi no delle bende e delle filacce, disinfettate e preparate da altre signore, in mancanza della quale molte delle cure prestate risultavano vane. Dopo Souvenir de Solferino, Dunant scrisse anche Fraternità e carità internazionale in tempo di guerra, ma non era il solo a battersi per una iniziativa del genere. Nel 1861, un anno prima della comparsa del libro di Dunant, un medico di Napoli, Ferdinando Palasciano, leggeva alla Accademia Pontaniana una Memoria intitolata La neutralità dei feriti e malati in tempo di guerra, con la quale propugnava la necessità dell a Croce Rossa Internazional e. La M e moria fu acclamata, tradotta e pubblicata a Parigi e il movimento umanitario che si era costituito per la fondazione della Croce Rossa sfociò nella Convenzione di Ginevra del 1864. Nel 1891 il dottor Palasciano muore senatore d el Regno, n e lla sua villa di Capodimonte, quasi ignorato, mentre Enrico Dunant ottiene pochi anni dopo, il premio Nobel per la pace. In un a rticolo scritto dal Dunant sulla primitiva fondazione della Società di soccorso ai feriti, egli afferma che l'idea della Croce Rossa venne formulata per la prima volta una sera del luglio 18.59 a Milano nel salotto della veneranda contessa Verri Borromeo, presidentessa del Comitato milanese di soccorso ai feriti di guerra italiani; in quell'occasione


78

Fiorenza Taricone

il Dunant manifestò il progetto di un Comitato permanente presso tutte le nazioni, una sorta di "internazionalismo della carità". Il segno di riconoscimento doveva essere una specie di labaro, uno stendardo, uno stemma di legno o di metallo, fissato ad un'asta, in modo da poter essere attaccato ad un albero o a un muro, o piantato in aperta campagna; il progetto si concretizzò poi nella bandiera bianca con la Croce Rossa adottata dalla Conferenza di Ginevra nel 1863. A quella prima idea del Dunant s'interessò particolarmente la contessa Giulia Taverna, zia del generale conte Taverna, poi senatore e presidente della Croce Rossa Italiana. Ma i primi tentativi di interessare la stampa milanese alla causa non furono certo felici e se le signore di Milano furono le prime ad incoraggiare il Dunant furono però le contadine di Castiglione delle Stiviere a collaborare praticamente nell'opera volontaria di beneficenza internazion ale. Il loro motto era: Sono tutti fratelli e davano da mangiare e da bere ai feriti di ogni nazione, distesi nelle piazze, nelle strade, nelle chiese 32 •

32 Si veda su tutto ciò R. BARBIERA, Donne e madonne dell'SOO, Milano, 1940, p. 329 e ss.


CAPITOLO

N

Per uno studio dell'interventismo femminile Solo in anni recenti l'interventismo femminile sia teorico che pratico è per così dire uscito da un limbo storico nel quale era stato confinato soprattutto in forza della tesi indiscriminatamente assunta dell"'innato pacifismo femminile": le donne, datrici di vita, erano sempre state irrevocabilmente ostili alla guerra come atto contrario alla vita che esse stesse generavano. Assunta rigidamente, al di fuori di ogni verifica contestuale, questa posizio ne suona in parte metastorica, come il termine pacifismo o pace. Al riguardo, ha infatt i osservato N. Bobbio che questi termini sembrano connotarsi a negativo, come tensioni ideali, o il contrario di guerra che è sempre esistita in quanto realtà effettuale 1 . Ritengo inoltre inadeguato l'uso del termine interventismo come oppositivo di pacifismo, preferendogli forse quello di bellicismo. Considero infatti l' interventismo un concetto articolato e problematico, da contesrual izzare storicamente di volta in volta tale da comportare uno studio analitico sulla partecipazione coinvolgimento a eventi bellici da parte delle donne, n on più semplicemente viste come scomode tessere nella globalizzante teoria dell'"innato pacifismo". Oltre al pacifismo quindi, ciò che potrebbe meglio spiegare il rapporto fra donne e guerra è la categoria dell'estraneità. In una prospettiva diacronica, infatti, pressoché tutto, con scarse eccezioni, estraniava nella pratica quotidiana le donne dalla guerra e dalla preparazione ad essa. La non frequentazione delle sedi politiche e diplomatiche almeno fino a tutto l'ottocento, (la carriera diplomatica fu una delle ultime ad essere consentita, come quella di giudice), dove i conflitti maturavano, dove si stringevano alleanze, si stabilivano tregue, si firmavano trattati, armistizi, rese e si decid evano guerre ad oltranza fu insieme una delle cause ed effetto dell'estraneità. Virginia Woolf affermava ne Le tre ghinee, scritto anche per sollecitazione degli amici affinché Virginia si pronunciasse per la pace, la libertà e la cultura negli anni in cui si affermavano regimi dittatoriali, a lla vigilia di anni bui come quelli antecedenti la seconda 1 Si veda N . BoBmo, J.;idea della pace e il pacifismo, «Il Politico», a. LX, n. 2, giugno 1975.


Fiorenza 1àricone

80

guerra mondiale, che per comprendere le cause della guerra era necessario sapere qualcosa di politica, di rapporti internazionali, avere qualche nozione di economia; anche la filosofia e persino la teologia erano in grado di offrire dei riferimenti. Ma altra cosa era la guerra come fatto umano. La legge e l'esercizio avevano sviluppato nei due sessi notevoli differenze e non aveva importanza appurare se fossero innate o accidentali; la cosa importante era la difficoltà di giudicare ciò di cui non si aveva esperienza. "Come possiamo comprendere un problema che è solo vostro ... È chiaro che dal combattimento voi traete un'esaltazione, la soddisfazione di un bisogno che a noi sono sempre rimaste estranee" 2 • Un rapporto fra donne e guerra segnato dall'estraneità dunque, pur se non genetica, ma anche, storicamente parlando, dal coinvolgi mento e quindi ambiguamente duplice. Considerate parte dovuta del bottino prima che la guerra nel quattro-cinquecento diventasse come si dice "normata", "inutili" negli assedi al pari di vecchi e bambini, le donne hanno prevalentemente subito dalla guerra contraccolpi negativi senza capirne né le ragioni politiche, né ricavarne compensi come i soldati nelle milizie mercenarie, né gratificazioni simboliche riservate in ogni epoca ai combattenti e agli eroi. E se i luoghi, le vicende, i simboli legati al rapporto donna-guerra sono tanti e diversi, non minori sono le differenze, sottospecie quasi, della realtà politica e ideologica della guerra. Da un comune scenario di violenze, la guerra ha assunto volta a volta sembianze diverse: di faida religiosa (così le crociate, così i massacri tra protestanti e cattolici, così la odierna guerra santa islamica), di lotta contro le tirannie e contro lo straniero che nella frammentazione politica italiana del quattrocinquecento poteva essere il regnicolo confinante; di guerra difensiva contro il tiranno austriaco dell'Italia risorgimentale, e quello italotedesco nella lotta partigiana. eanalisi dell'interventismo femminile durante la prima guerra mondiale si presenta ai miei occhi particolarmente ricco di spunti per tutto quello che siamo venuti fin qui dicendo. Si ritrovano alcuni temi che hanno caratterizzato per secoli la questione femminile, ad esempio quello che potremmo definire di tipo "risarcizionista".

2

VIRGIN IA WooLF,

Le tre ghinee, tr. A. Bottini, Milano, 1979, pp. 24-25.


Donne e guerra: teorie e pratiche

81

Il riconoscimento cioè di attitudini e compiti militari era visto come la riparazione di una discriminazione e un passo avanti verso l'uguaglianza, anche in termini fisici. Una delle novità era costituita dal fatto che un'azione comune femminile, portata avanti spesso da organismi collettivi quali le associazioni, si raggruppava attorno all'ideale di una patria già unita e non da farsi come era stato nel risorgimento, non di un regnicolo e staterello come si era verificato quando l'Italia aveva rappresentato un bottino da spartire. Le voci maschili che sollecitarono un contributo femminile alla guerra non furono poche e per evitare rischi di debordaggio delle iniziative femminili facevano rientrare ogni possibile iniziativa nel consueto ambito di esplicazione delle "virtù muliebri". In altre parole, lo scenario di guerra era presentato come una famiglia "allargata" dove i ruoli e i sentimenti erano simili a quelli espletati nel focolare domestico. Dovevano quindi trionfare i sentimenti tradizionali dell' animo femminile quali l'abnegazione, lo spirito di sacrificio, la carità, la pazienza e la dolcezza nel risollevare gli animi e guarire le ferite. Ma come spesso accade nella storia delle d onne, esse non solo utilizzarono spazi inaspettatamente aperti, ma riuscirono anche a dimostrare una volta finito il conflitto e questa fu una novità, di saper uscire dal circolo dell'oblazione assoluta, chiedendo una ricompensa per il lavoro svolto e le prove fornite. Quella maggiore, il diritto di voto, per il quale si lottava già da più di cinquant'anni rimandato ancora una volta nell'immediato dopoguerra, verrà non a caso dopo un'altra guerra, la seconda che, come la precedente, lasciava spazio ad un ordine nuovo.

Alla base del coinvolgimento femminile Soprattutto tre sono gli elementi fondanti per capire quella parte di mondo femminile, non esigua, che si mobilitò in modo consapevole nella prima guerra mondiale: il diritto di cittadinanza, il patriottismo, la nozione di "guerra giusta". Tutti e tre sono in vario modo fra loro collegati, ma soprattutto il primo era costitutivo oserei dire del movimento femminil-femminista tra Ottocento e Novecento. Nell'ideale equilibrio che avrebbe dovuto regnare fra diritti e doveri per un armonico concetto di cittadinanza, le donne si trovavano in un evidente squilibrio. Sovraccariche di doveri imposti dalla mistica


82

Fiorenza Taricone

della maternità, erano peraltro espropriate all'interno della famiglia di ogni diritto reale sulla prole sulla quale "vegliava", in bene o in male, il capofamiglia in base al principio della patria potestà. La moglie era suddita al pari dei figli, senza possibilità di modifica del proprio stato in assenza del diritto di scioglimento del matrimonio. Al di fuori della famiglia, nella quale le donne possedevano come si diceva allora, le chiavi del cuore e della dispensa, non avevano personalità giuridica tale da consentire loro di svolgere funzioni di procuratore pro aliis. Economicamente, tranne le eccezioni rappresentate dalle donne ricche che potevano amministrare in alcune regioni i loro beni dietro precedente consenso del marito, o godere dei beni dotali, alla gran parte del le donne non era consentito avere conti in banca autonomi, fare operazioni finanziarie, vendere o affittare immobili, con qualche eccezione per quelle che esercitavano la mercatura, contrarre mutui e fare ipoteche. Né infine era concesso il diritto di voto passivo e attivo, cioè essere elette cd eleggere, sia nelle elezioni amministrative che politiche, divieto in verità non esplicitato dal codice civile, ma non per questo meno coattivo nella pratica, come si vide quando le richieste dell'associazionismo femminile suffragista si tradussero in iniziative concrete e di largo respiro, senza soluzione di continuità. Infine, nella complicata trama dei diritti civili e politici che le donne rivendicavano rientrava anche quel diritto all'istruzione che rappresentava un po' il sostrato generale del rivendicazionismo, la premessa e la conditio sine qua non sia per i ceti operai femminili, ancora alle prese con l'analfabetismo che limitava considerevolmente l'approccio alla politica, sia per i ceti medi e piccolo borghesi, i quali si rendevano conto di come il diritto all'istruzione fosse stato riconosciuto alle donne a partire dall'unità anche perché considerato funzionale alle esigenze dello sviluppo italiano e alla costruzione sociale della madre-cittadina. Nella acquisizione-rivendicazione di un diritto di cittadinanza da parte delle donne, ruolo notevole avevano avuto la crescente manodopera femminile impiegata nel processo di industrializzazione e in genere il tema dell'occupazione extradomcstica delle donne. Fuori della gratuità del lavoro domestico, le lavoratrici maturavano la consapevolezza di dare un contributo economico alla nazione, consapevolezza accresciuta dalla propaganda socialista di fine secolo,


Donne e guerra: teorie e pratiche

83

che accomunava una valutazione altamente positiva del lavoro manuale alla tesi del plusvalore. Un doppio valore quindi, che proiettava le lavoratrici nella sfera dell'utilità pubblica e dell'economia. Non a caso infatti Ersilia Majno, fondatrice alla fine dell'Ottocento dell'Unione Femminile, di area socialista, in uno dei tanti comizi suffragisti, poneva tra i giusti motivi quello per cui la donna contribuiva col suo lavoro al benessere sociale ed era tassata, quindi implicitamente riconosciuta come cittadina a tutti gli effetti. Mentre per le "emancipazioniste interventiste" i due concetti di diritto di cittadinanza e quello di amore di patria si fusero senza contraddizioni in quanto la patria era un territorio comune che andava difeso e del quale intendevano sentirsi c ittadine a pieno titolo, per le emancipazioniste di tendenza pacifista, in gran maggioranza socialiste, essi rapp resentarono una contraddizione. Senza insistere sulla ben nota tradizione antimilitarista del socialismo non solo italiano, occorre però ricordare che, per le socialiste, le donne er~mo essenzialmente cittadine dell'universo. La patria quindi era ideale, di fatto inesistente, dai contorni irreali come lo stesso concetto di pacifismo, realtà virtuale diremmo oggi, che doveva però misurarsi con la realtà delle guerre "imperialiste". Infine, anche le emancipazioniste non socialiste dovevano far quadrare i conti fra la richiesta reintegrativa di diritti civili e politici e il senso di estraneità, se non di ostilità che aveva caratterizzato fino ad allora il rapporto fra la gran parte delle donne e la patria, descritto molto efficacemente da una delle più lucide emancipazioniste itali ane, Anna Maria Mozzoni. "La patria - scriveva nel 1885 nell'opuscolo intitolato Alle fanciulle la Mozzoni - come spiegare a te con parole che tu possa capire ... che cosa è questa terribile patria .. . Per il re la patria è il trono, è il potere, è il fasto, è il diritto di far piegare tutto quello che esiste nel regno ai suoi interessi, per il ricco la patria è la culla d'oro dove nacque, il palazzo dove alloggia senza lavorare, per l'uomo di qualunque classe la patria è il paese nel quale egli può dare il suo voto per eleggere quelli che amministrano e che governano, è la legge che gli garantisce la padronanza della sua propria persona e della sua casa, che lo fa padrone dei tuoi figli e lo garantisce della tua stessa servitù cd assicura nelle sue m ani la tua catena. Per te - o donna del popolo - che cos'è la patria? È il gendarme che viene a prendere il figlio soldato, è l'esattore che estorce


84

Fiorenza Taricone

la tassa del fuocatico dal tuo focolare, quasi sempre spento, è la guardia daziaria che ti fruga addosso per assicurarsi che tu non abbia risparmiato qualche soldo sul pane sudato per i figli ... è il lenone e la megera che, protetti dal governo, inseguono tua figlia per trarla nelle loro reti, è la guardia di questura che la trascina all'ufficio sanitario, è il postribolo patentato che la ingoia, è la prigione, il sifilo. 1·1 postn"b o1o... " 3 . com10,

Le matrici teoriche dell'interventismo Ritengo, come prima approssimazione, ai fini di una migliore comprensione, che il poliedrico fenomeno dell'interventismo femminile si possa articolare all'interno di uno schema interpretativo con tre diverse matrici: teorica, politica, simbolica. Alla prima come alla seconda sono pertinenti valori irrinunciabili, quali la difesa della patria, percepita non più come il ristretto luogo abitativo o la porzione di territorio direttamente conosciuta, ma come comunità di lin· gua, di tradizioni, usi, costumi, religione, una patria vista anche nella complessità dei rapporti e della diplomazia internazionale, il che giustifica di volta in volta la tedescofilia o la francofilia, nonché il suo contrario; ad un dichiarato amore per la patria da parte delle donne, ritenuto quasi una novità storica poiché si era attribuita spesso al sesso femminile, quasi un portato della struttura ontologica, un'ottica angusta, localistica, che non era mai andata oltre la difesa del proprio "focolare domestico", o l'azione di sostegno a favore dei propri cari durante il Risorgimento, dettato dagli affetti violati più che dal desiderio dell'Italia unita, si sovrapposero, in un bagaglio culturale nuovo, "miti" che coinvolsero intere generazioni, quello della guerra come continuazione del Risorgimento, l'irredentism o, e alla fine del conflitto, la "vittoria mutilata". Personaggio emblematico, anzi la si può considerare l'esponente fondante dell'interventismo teorico in Italia fu Teresa Labriola. Terzogenita del filosofo Antonio Labriola, laureata in Giurisprudenza all'Università di Roma e prima 3 A. M. MozzoN1, Alle fanciulle, in A. M. Mozzoni, La liberazione della donna, a cura di F. Pieroni Bortolotti, Milano, 1975, p. 162.


Donne e guerra: teorie e pratiche

85

donna libera docente in Filosofia del Diritto nella stessa università ai primi del novecento, esponente di rilievo del movimento femminil-femrninista, suffragista, presidente per anni della sezione giuridica d el Consiglio Nazionale Donne Italiane, federazione di associazioni nata a Roma nd 1903, se ne distaccò proprio per le sue p osizio ni accesamente interventiste e nazionaliste. Gli anni del conflitto furono per la Labriola anni di frenetico impegno. Fondò, presiedette o fiancheggiò tutte o quasi le associazioni femminili interventiste, dal Gruppo femminile nazionalista romano, a lla Lega patriottica femminile e alla Pro-patria da lei fondate, al Comitato nazionale femminile interventista antitedesco, al Fascio romano di difesa

nazionale, all'Associazione di madri e vedove dei caduti, all'Unione politico nazionale fra le donne d'Italia. Alle soglie del conflitto, 1a Labriola fa un bilancio della situazione creatasi nel paese in seguito aJlo scontro di "elementi antagonisti'' precedentemente formatisi nell'ambito del quale le donne erano state più spettatrici che attrici rn pnma p ersona. Il fermento psicologico era scaturito da un'alchimia di fattori quali le ingiustizie sociali, la cupidigia, violenze latenti, smanie di dominio, timore per i confini mal difesi dello Stato e insieme il desiderio di salvare la propria stirpe. "1ùtti questi elementi in antagonismo scrive la Labriola - in un'ora g rave che fu decisiva per la storia del genere umano strariparono rompendo le d ighe. E cosa erano mai codeste dighe? Erano le leggi, i patti, le convenzioni. I patti, le convenzioni, le leggi scomparvero d'un tratto ai primi, a nzi primissimi segni di rottura della pacifica convivenza tra gli Stati" 4 . Scompaiono finalmente la parvenzialità e l'opacità ch e avevano contraddistinto il periodo di attesa; ora finalmente si erano create le cond izioni per il formarsi di una " mora le di battaglia e per poter vivere come unità spirituale", in una nazione che per la p rima volta nella storia vedeva riunite in proporzioni mai viste energie spirituali ed energie materiali. Era ormai tramontato per la Labriola un concetto della politica legato unicamente alle "vaste opere di dottrina"

4

T. LABRIOLA, La donna e lo Stato nell'ora della guerra, «La Nostra Rivista», n. Vl, 1915, p. 444.


Fiorenza Taricone

86

o alle "scaramucce del quotidiano gioco della politica spicciola" che aveva sempre interessato poco le donne, le quali abbandonavano ora il riparo delle mura domestiche senza più dubbi e incertezze, spinte sia dall'amore del vento nuovo, sia dal dovere di abbracciare la verità spirituale finora celata nella nazione. Inizia qui, in questi mesi che preludono l'entrata in guerra, il massimo distacco della Labriola da quella parte del femminismo pacifista che riteneva la guerra esclusivo frutto della società maschile e quindi lontana dalle donne. Al contrario, la Labriola proprio nell'ora della guerra vedeva finalmente le sue simili non escluse dalla comunanza politica, ma parte attiva di essa . "Non troviamo quella società maschile che noi abbiamo diritto e dovere di combattere nella vita quotidiana perché a noi avversa e perché particolaristica. Troviamo la società nostra, la nazione nostra, lo Stato che sa dimenticare di essere in gran parte ordinamento di classi privilegiate per assurgere ora a puro esponente della volontà nazionale" 5. Il femminismo pacifista commetteva quindi l'errore storico di negare il valore dello Stato nel momento in cui esso personificava lo spirito delle nazioni ed erano errati anche i termini in cui il "fem minismo dai valori puri" come lo definisce la giurista, impostava il conAitto. Esso negava cioè il valore dello Stato in nome della "natura" che rappresentava le donne molto più della polis, in quanto il fatto stesso della maternità le avvicinava a quell'avvenimento astorico che era la riproduzione della specie. La Labriola ritiene che le donne erano state escluse dalla diretta partecipazione allo Stato e incluse in una sfera importante per l'attività dello spirito qual'era la famiglia, ma collegata in modo insufficiente con la sfera della vita statale. La scarsa "coscienza riflessa" del valore della nazione dimostrata finora dalle donne, frutto della lunga e secolare separazione fra vita privata familiare e vita pubblica e politica, poteva essere radicalmente mutata dalla guerra 6. Al secondo tipo d'interventismo da me citato, quello politico, appartengono invece le posizioni, spesso aspre, che vedono contrapposte fra loro le donne socialiste, divise non solo fra pacifismo

5 lvi, p. 449. 6 F. l ì \RICONE, 'Jèresa

Labrio/a. Biografia politica di un'intellettuale fra Ottocento e Novecento, Milano, l 994.


Donne e guerra: teorie e pratiche

87

e interventismo, ma anche dalla politica generale del partito che rimane pressoché da solo in Europa a sostenere la non belligeranza, disorientato dalla politica di appoggio pieno dato dai socialisti di altri paesi quali la Germania e la Francia. Scriveva sul cadere della prima guerra mondiale Angelica Valli Piccardi: "Le donne in genere sono per sentimento socialiste e pacifiste. Sono pacifiste per orrore della guerra; sono socialiste per orrore della miseria. Ma il socialismo e il pacifismo, se esaltano quei sentimenti che si potrebbero definire i più femminili della specie, tendono a mettere in seconda linea per esempio il sentimento nazionale. Il pacifismo potrà anche essere teoricamente un magnifico ideale, ma praticamente è oggi un pericolo grave per la nazione e che la enorme pressione femminile potrebbe anche rendere più temibile" 7 . In realtà, fra le donne socialiste non ci fu un fronte così compatto contro la guerra. Le spaccature si colgono con grande evidenza nelle pagine de «La Difesa delle Lavoratrici», il primo periodico nazionale delle donne socialiste, che esce nel gennaio del 1912, a pochissima distanza dal cosiddetto suffragio universale da cui le donne furono escluse e a pochi anni dal conflitto. Giselda Brebbia, interventista e sostenitrice dei Fasci di combattimento, scomparsa nel '20, afferma di concordare in genere con il pacifismo, ma bisognava pure tener conto che la provocazione era venuta dall'Austria, consenziente la Germania, in aperta violazione dei patti internazionali ... "La nostra patria - scrive - è il mondo, verissimo, è nei nostri fini; ma ... se un'invasione di eserciti avvenisse sul nostro suolo (nostro per modo di dire) la accoglieremmo bene, fratellevolmente, se p o rtasse dei cioccolatini, ma se come generalmente avviene un esercito arriva ubriacato di conquista, lanciandosi sui nostri averi, pochi o molti che siano, sulle nostre fanciulle, sulle nostre abitudini, la reazione avviene naturalmente e l'internazionalismo diventa teoria troppo astratta per essere invocata" 8 .

7 A. VALLI P1CA1rn1, Le vie del femminismo, «Rassegna Contemporanea», a. VII, fase. X l, 10 giugno 1914, p. 740. 8 G. BREBBIA, Le nostre discussioni intorno alla guerra, «La Difesa delle Lavoratrici», 4 ottobre 191 4.


88

Fiorenza Taricone

Pochi mesi dopo, Maria Perotti Bornaghi distingue invece tra guerra di conquista ed espansione coloniale, quale fu quella della Libia avversata dai socialisti, e altre a cui non si può negare una solidarietà almeno ideale, come quella che opponeva il Belgio e la Francia alla Germania. Chi poteva negare a questi due paesi "il diritto supremo dovere della vita?". Due erano in definitiva i sentimenti contrapposti: l'avversione irriducibile per la guerra di aggressione, simpatia e solidarietà per il popolo che si difende 9• Abigaille Zanetta, pacifista irriducibile, rimprovera invece ai socialisti di aver confuso la rivoluzione con la guerra e che ad essi nessuno aveva mai insegnato il "socialismo di razza o il socialismo patriottico... sovversivi, questa guerra non può essere nostra ... noi siamo del socialismo che deve vivere per fare un'altra storia" 10 • All'interventismo caratterizzato più che dalle riflessioni teoriche, dall'attivismo sociale e dal fervore cli iniziative di vario tipo, appartengono invece numerose associazioni femminil-femministe. Cito fra tutte, per brevità di spazio, il Consiglio Nazionale Donne Italiane, che non fu certo omogeneo nello schierarsi a favore di un nazionalismo intransigente; prova ne furono i contrasti con la Labriola, ma di fatto si fece promotore di innumerevoli iniziative. La spinta ad attività di sostegno a favore della guerra si basò essenzialmente sulla convinzione che la guerra avrebbe accelerato alcune dinamiche emancipazioniste e sulla certezza che occorreva rispettare tanto i diritti quanto i doveri. Se le donne cioè reclamavano dei sacrosanti diritti, non potevano poi respingere i doveri a cui erano chiamate da quella stessa patria di cui ambivano fare parte come cittadine di pari rango degli uomini. A monte dell'impegno profuso nella cosiddetta mobilitazione interna c'era, anche se non in tutte esplicitamente teorizzato, un superamento della concezione classica della guerra riferibile ai soli campi di battaglia, agli avvenimenti bellici, alle sedi diplomatiche, alle istituzioni militari deputate dalla tradizione; il valore attribuito dalle donne stesse alla mobilitazione interna nel dopoguerra non aveva infatti un valore solo risarcitorio, ma tradiva una

9 lvi,Ancora in tema di guerra, 6 dicembre 1914. 10 lvi, La nostra commemorazione dei morti, 1 novembre 1914.


Donne e guerra: teorie e pratiche

89

diversa considerazione delle innumerevoli attività svolte prima durante e dopo la guerra, che non può essere spiegata solo dalla passiva accettazione da parte delle donne di una logica "sostitutiva", quella logica cioè che aveva sempre consentito di fare ricorso alle risorse femminili nei momenti critici e da cui le donne avevano ottenuto elogi circoscritti nel tempo e talvolta la patente di eroine. fin dal 1913, «Attività Femminile Sociale», organo di stampa appena uscito del CNDI, si occupava del servizio sociale femminile, dando una panoranùca di come era concepito all'estero, in Inghilterra e Germania, sottoponendo alle lettrici italiane alcune domande al riguardo. Nell'ottobre del '14, la Federazione Toscana del Consiglio, la più attiva nell'eterogeneo fronte interno della mobilitazione civile, rendeva noto che non sperando più nessuno di salvare l'Italia dagli orrori della guerra sentiva il dovere di organizzarsi e in caso di guerra, essere pronte ad offrire alle Autorità un 'opera veramente utile. Si costituiva quindi un Comitato in caso di guerra o anche solo di mobilitazione generale, suddiviso in piccole commissioni (Uffici pubblici, beneficenza etc.), chiamato, "per la patria", assorbito nel '15 dal Comitato di Preparazione civile, il quale accoglieva solo italiane, allineandosi quindi con coloro che, come la Labriola, avevano richiesto l'allontanamento dagli uffici di quelli che avevano mogli tedesche. I questionari distribuiti tendevano a far partecipare le donne in base alle loro attitudini. Ogni questionario, quando tornava, veniva riempito, numerato e inserito in un registro. La tenutaria del registro era anche incaricata di parlare con le donne per verificare le loro attitudini e dissuaderle nel caso di scelte inadatte. Si propagandava il principio del risparmio di provviste alimentari, di materie prime e di tutto quanto era utile alla patria. La scarsità non era dovuta - come si legge negli opuscoli di propaganda - all'entrata in guerra dcli' Italia, in quanto, se l'Italia fosse rimasta neutrale non solo avrebbe sofferto tutti i disagi attuali, ma assai di più. Chi si rifiutava di ridurre allo stretto necessario i consumi di carbone, di legna, di cibi, di abiti, diventava colpevole di reato di tradimento verso la patria. L'esempio continuo di chi non si assoggettava alle limitazioni "funzionava come eccitatore continuo di malcontento, indeboliva la resistenza morale del paese, perpetrava un vero e proprio sabotaggio della guerra assai più dannoso di quello che può essere praticato da


90

Fiorenza Taricone

veri e propri protagonisti espliciti e consapevoli del neutralismo e della tedescofilia". Quando, nel '16, il Comitato di Mobilitazione Industriale per l'Italia centrale con sede a Roma diramava un appello per la sostituzione di manodopera femminile con quella maschile, per incrementare i risultati ottenuti evidentemente insoddisfacenti, la Federazione Toscana del CNDI e Alleanza Femminile, aggregata al Consiglio, stabilirono di coadiuvare le raccomandazioni della Circolare. Scelsero infatti dall'elenco inviato da Roma delle fabbriche dove era possibile la sostituzione, le industrie di cui ognuna delle socie poteva occuparsi e si recarono personalmente, a due a due, a fare sopralluoghi. S'informavano se vi fossero donne occupate e, in caso negativo, cercavano di persuadere i proprietari e i direttori a servirsi di manodopera femminile. Nel corso di riunioni settimanali, le visitatrici riferivano sulle ditte visitate con brevi informazioni su ciascuna e rimettevano il tutto alla presidente della Federazione, perché potesse farne un estratto da inviare al presidente della Mobilitazione Industriale. La Federazione Emiliana del CNDI promosse invece l'iniziativa di un prestito nazionale, aprendo una sottoscrizione anche per coloro che erano in grado di risparmiare cifre minime. I.:iniziativa dimostra meglio di molte altre come la guerra fosse considerata propulsiva dell'emancipazione femminile e comunque in casi come questo, "piegata" allo scopo. La promotrice dell'iniziativa infatti, una professoressa bolognese, precisava che l'urgenza del momento portava con sé anche necessità di riforma del codice civile perché l'uso del denaro che la donna aveva risparmiato grazie al proprio lavoro urtava contro la realtà della soggezione giuridica in cui essa di fatto era tenuta dalle normative vigenti ll. Alla concretezza di coloro che sostanzialmente condividevano l'entrata in guerra dell'Italia, si affiancava un secondo tipo di interventismo, fattivo come il precedente, ma di segno opposto, in quanto ostile alla guerra. La ricchezza di iniziative e l'intensità dell'impegno sociale era la presa 11 Su ciò, F. TARICONE, Per uno studio dell'associazionismo femminile italiano dall'Unità al Fascismo, Milano, 1996. E il saggio di S. BAlffOLONI, L'associazionismo femminile neLLa prima guerra mondiale e la mobilitazione per l'assistenza civile e La propaganda, in Donna Lombarda 1860·1945, a cura di A. GIGLI MARCI-IEH I e N. TORCELLAN, Milano, 1995.


Donne e guerra: teorie e pratiche

91

d'atto di una situazione in cui i deboli della società, donne e bambini, avrebbero ancora una volta finito per pagare costi altissimi. Venivano messe da parte dunque sottigliezze teoriche e discussioni astratte proprio perché l'urgenza del momento imponeva una mobilitazione delle energie. Tale fu il caso ad esempio di Linda Malnati e Carlotta Clerici, milanesi, propagandiste socialiste, compagne di vita e d'ideali. La Malnati, benché ostile all'intervento in guerra, si occupò di colonie per l'infanzia promosse dal Comune di Milano; questo non le impedì di essere insieme alla Clcrici, nel biennio '16-'17, a capo del Gruppo socialista femminile di Milano che si occupava della propaganda per la pace. Infine, in questo breve e certo non esaustivo tentativo di riflessione sui significati e i limiti dell'interventismo femminile, una ci tazione di riguardo spetta all'ultima tipologia da me menzionata, l'interventismo simbolico rappresentato dal settore del tutto o quasi inesplorato, delle associazioni in onore delle madri e vedove dei caduti in guerra. Le valenze simboliche che rendono queste "donne in nero", specialmente se riunite in corteo, un elemento di grande efficacia simbolica presso l'immaginario collettivo, sono spesso legate ad un sentimento quale il dolore per i lutti subiti e lo stato di vedovanza, pubblicamente ostentati e oggetto di scambio politico. Se, infatti, come per le molte associazioni femminili che avevano reclamato un posto nella società del dopoguerra per il loro contributo, chiedere una ricompensa aveva già significato un pretendere e no n un subire, chiedere per i lutti coreograficamente mostrati all 'opinione pubblica, con lunghi cortei, significava non solo una lezione di patriottismo e coraggio tale da non sfigurare rispetto al sacrificio dei loro cari, ma anche saper dare una misura al dolore. Il lutto per la patria non era più privatizzato fra donne in gramaglie, ma socializzato, anzi politicizzato e vissuto tra donne che talvolta legava no a richieste nuove come il sostegno finanziario per lo status di vedove e madri indigenti, altre di tipo emancipazionista, o quanto meno protestatario. Ad esempio Matclda Pagni, vedova del tenente di vascello Pietro Pagni, autrice fra le tante di richieste scritte inviate al capo del governo, al Re, alla Regina, ai ministeri competenti, per lamentare le tante dimentican ze nei confronti d elle vedove,


Fiorenza Taricone

92

dal trattamento pensionistico alle opportunità lavorative nel dopoguerra, politicamente attento al reimpiego degli smobilitati, ma sensibile anche alle voci che si levano nelle manifestazioni per reclamare lavoro in cui si chiede che le donn e tornino a casa per lasciare d i nuovo il posto agli uomini. Il suo nome ricompare collegato negli anni trenta alla Fìsedd (Federazione italiana per i diritti civili e politici delle donne), versione ammodernata del veterano Comitato Nazionale pro-suffragio, che dall a sua nascita nel 1910 aveva assistito ad almeno due sconfitte: la prima, a seguito del cosiddetto suffragio universale voluto da Giolitti, la seconda, la legge elettorale per il voto amministrativo alle donne promessa da Mussolini nel '23, in base a lla quale il voto era rise rvato a poche categorie di donne, istruite e in grado di pagare tasse, oppure madri e vedove dei caduti in guerra prima approvata poi annullata di fatto dalle leggi p odestarili. Nel '30, dopo che la Fisedd si era mobilitata per la supposta eleggibilità delle donne al Consiglio Nazionale delle Corporazioni, rinnovò le cariche al proprio intern o e Matelda Pagni, dimissionaria, fu sostituita Valeria Benetti Brunelli n_ Per tutto il variegato mondo dell'associazionismo collegato alla celebrazione dei lutti, "l'organizzazione del cordoglio rim ane un o degli scopi principali dell'associazione, dove il riassorbimento del trauma e del lutto viene demandato alla sfera simbolica e il sacrificio può diventare un ritorno alla M adre, alla Patria ... La vedovanza di gu erra e la raffigurazion e della sua sofferenza infatti, ben si adatta a quella immagine tradizio nale che presenta la donna passiva e incompleta cittadina davvero solo se uni ta ad un uo mo. Al contempo però pur non uscendo dallo stesso orizzonte simbolico, il protagonismo delle vedove entro le associazioni combattentistiche e le rivendicazioni delle associate, di fatto presuppongono nuove identità: la pensione vien e rivendicata come risarcimento del debito che lo Stato ha contratto interrompendo il legame matrimoniale" 13 •

12

F. TARICONE, Come le donne arrivarono al voto, «Mondo Operaio», n. 3, marzo 1991 . 13 F. LAGORIO, Appunti per una storia sulle vedove di guerra italiane, «Rivista di Storia Con temporanea», fase. 1-2, gennaio-luglio 1994-95, p. 189.


Donne e guerra: teorie e pratiche

93

Ancora diverso il caso della simbolizzazione individuale di un lutto, collegato sempre alla guerra, fortemente pubblicizzato, ma perfettamente consentaneo fra la persona superstite e l'ordine politico vigente, in questo caso, il fascismo , che inizia la parabola ascendente a breve distanza dal dopoguerra. L'esempio più altisonante fu Margherita Grassini, sposata all'avvocato Sarfatti, come lui socialista, tanto da collaborare attivamente al primo periodico nazionale delle donne socialiste «La Difesa delle lavoratrici», fino al la scelta interventista, condivisa da molte altre donne di assoluto rilievo, come la già citata Teresa Labriola, figlia del divulgatore cattedratico del socialismo scientifico, Antonio Labrio la, o come Giselda Brebbi a, che no n vide nemmeno gli esiti istituzionali del fascismo, poiché si tolse la vita dandosi fuoco nel suo appartamento mil anese 14• Margherita Sarfatti rappresenta l'esempio di come un lutto privato possa assumere valenze politico-simboliche attraverso una finalizzazion e più individuale rispetto agli esempi precedenti; in lei, l'interventismo si legò fin dagli inizi saldamente all'adesione al fascismo e quindi alla condivisione di una teoria politica fondata sullo stato etico, vivificato dalla piccola borghesia. Alla nozione marxista della classe veniva sostituita l'entità in parte astratta del popolo pacificato nell'interesse di uno Stato "organicista", che da un lato doveva poggiare sulla solidarietà di tutti i suoi membri all'interno, ma all'esterno recuperava i miti guerrieri di uno stato-nazione, con velleità imperialistiche via via più concrete. In terventista tanto da appoggiare la scelta di uno dei du e fi gli di partire volontario per la guerra a 18 anni, visse il lutto reale legandolo a valenze simbolico-politiche. Nel momento della perdita del figlio, c'era già infatti in lei la volontà di creare il mito di uno Stato comunità, uno strumento ideologico a cui affiancherà dopo la morte del figlio, il rito ... Come l'intervento e la guerra rappresentavano la prima fase di costruzione di un mito, così la morte di Roberto le offre l'occasione di ritualizzare il mito: Roberto diventa uno dei primi oggetti di culto del fascismo e il contributo della madre alla ideologia e

14 Si veda la voce di M . TAMBORI N I, in Dizionario Biografico delle don ne Lombarde, a cura di R. FARINA, Milano, 1995.


94

Fiorenza Taricone

pratica del fascismo ... dive nta nelle intenzioni materne un mito ecumenico per l'Italia del dopoguerra, che accomuna non solo arditi e reduci, ma legittima trasversalmente il fascismo. Non è solo un mito degli squadristi, è un mito di tutti. È questa l'intenzione dell a madre che unisce alla propria legittimazione di fascista ad honorem quella del fascismo come elaborazione collettiva del lutto 15 .

[;interventismo visto dalle donne: funzioni e opportunità Se Teresa Labriola, per spessore culturale e familiare, per tutto ciò che rappresentò anche in termini personali nell'emancipazionismo e nel fascismo, per il cl amore del suo percorso politico, da socialista a ideologa di regime, rapp resenta un caso a sé nell'interventismo femminile italiano, non fu certo la sola. Donna Paola, pseudonimo di Paola Baronchelli Grosson, già dal 191 0 si era occupata su vari giornali d el tema do nna-soldato, se così lo si può definire 16 • Con lo pseudonimo firma invece qualche anno dopo un ponderoso volume che riuniva osservazioni, resoconti e vicende tutti legati alla partecipazione femminile alla prima guerra mondiale.:. Il testo s'intitola appunto La funzione della donna in tempo di guerra e faceva parte di una Bibliotechina illustrata p er la gioventt1, per i so ldati, per il pop olo. La scrittrice e giornalista afferma che il primo dovere della donna è di ordine morale: deve sapersi sacrificare. Gli esempi che ci vengono dall'età risorgimentale per quanto numerosi rcstano eccezioni ed è proprio per la loro rarità che vengono comunemente registrati; la maggioranza delle donne, in realtà, non h a saputo affro ntare la prova con una consapevolczza della virtù civica. I tempi però sono ormai mutati e, come affcrma Donna Paola, " la mascolinità è giunta al punto di sentirsi insuffi ciente a sospingere il

15 S. URSO, La formazione di Margherita Sarfalli e l'adesione al fascismo, «Studi Storici», a. 35, n. 1, gennaio-marzo 1994, pp. 166-7. Si veda, per le a nalogie biografiche, ma anche pe r le di fferenze d'impostazione, la vicenda personale di Anna Franchi, socialista, p ropagandista del divorzio ai primi del novecento, che, interventista, perse uno dei figli al fronte e fondò una Lega per l'assistenza alle madri dei caduti. 16

P.

BARONCI IELLI GROSSON,

su «La scena illustrata», 1 dicembre 191 o.


Donne e guerra: teorie e pratiche

95

carro della vita ... ". La conferma del mutamento giunge proprio da una constatazione che pone la Baronchelli tra coloro i quali collegano esplicitamente l'emancipazione fem minile alle sue attività paramilitari. "Chi avrebbe mai sognato sino a poco tempo fa addietro che la guerra, cioè quel complesso di fatti e attività che sembravano i più estranei alle capacità fe mminili sareb be stata di tutti gli eventi d ella vita nazionale quello che più avrebbe messo in valore il contribu to della donna?" 17. Tutte le teorie infatti secondo cui sarebbe stato dannoso allontanare le donne dall'ambito domestico erano state sconfitte dalla realtà di un pericolo ancora più gra nde: la rovi na economica <lella nazione. Inoltre, occorre tener conto del fatto che le guerre attuali non sono più come quelle di un tempo circoscritte ad un numero preciso di individui che facevano del mestiere delle armi la loro unica occupazione; le guerre ormai si combattono fra milioni di uomini, con una vera "razzia di mascolinità". I destini di una nazion e non si risolvono pitt grazie esclusivamente a vittorie militari, così come la guerra non si combatte soltanto sui campi di battaglia. Essa si combatte nelle industrie, nei commerci, nell'agricoltu ra, negli scambi marittimi e terrestri, nei corsi del denaro, nella libertà dei traffici ferroviari. Nel quadro di un generale cambiamento, an che il valore sociale della donna doveva necessariamente cambiare. Ogni donna desiderosa, o in grado di dare contributi, avrebbe il suo campo d'azio ne come infer mi e re nella Croce Rossa o n ei Comitati di Preparazione Civile. Per tutte quelle che no n hanno figli o hanno al contrario la possibilità e i mezzi di farli educare e sorvegliare, dovrebbero far capo alle associazioni di assistenza all'infanzia, privata tem poraneamente della tutela d ei genitori. Per razionalizzare, se così si può dire, e ottenere il massimo rendimento dal volontariato femmi nile, la Baronchelli propone che i Comitati di preparazione schedino le volontarie stesse per ogni mansione o ufficio per i quali si sono offerte o si reputino id onee 18 .

17 La funzione della donna in tempo di f<Uerra, firenze, 19 19, p. 8.

18 l vi, p. 14. Si veda anche E. R OCCELL\, li dovere della donna nell'ora presente, Caltanissetta, 1917.


96

Fiorenza Taricone

La mobilitazione delle associazioni femminili In Italia e precisamente a Milano, fin dal settembre 1914 l'Unione Femminile Nazionale, riconosciuti insufficienti i suoi Uffici di Indicazioni e di Collocamento gratuito di personale femminile, istituì un Comitato di soccorso pro-disoccupati; fedele al principio di aiutare col lavoro anziché soccorrere con la carità, fondò un modesto laboratorio dove donne e ragazze trovano macchine a disposizione e il lavoro derivante dall 'accordo stipulato tra l'Unione Femminile e il Comune, compensato con buoni di lavoro che il Comune stesso forniva. All'inizio il laboratorio confezionava con materia prima, offerta da ditte commerciali e da privati, indumenti di prima necessità che venivano regalati ai reimpatriati più bisognosi; in seguito si accettarono commissioni di lavoro da eseguire per conto di privati, successivamente ancora da industriali; infine, il Consiglio del Comitato assunse lavoro direttamente dal Commissario Militare. Nel 1915, l'Unione con la Cassa di maternità creò un laboratorio di maglieria a mano ed a macchina per offrire alle donne gestanti un lavoro meno gravoso che non fosse quello di cucito. Tanto l'uno quanto l'al tro si federarono infine coi Labo ratori istituiti dal Comitato di assistenza per i bisogni della guerra, aprendo in poche settimane nove laboratori ed ottenendo direttamente dall'autorità militare la materia prima da trasformare. Alle lavoranti sarebbe stato corrisposto il prezzo per intero fissato dall'autorità militare, dedotte le poche spese viv e. Provvedendosi di seghe a nastro per tagliare la stoffa, di macchine da cucire e da fare occhielli e reclutando la manodopera per mezzo dell'Ufficio di collocamento, i laboratori furono in grado di fornire decine di migliaia di capi al giorno 19• Sempre all'Unione frmminile va il merito di aver diffuso la fabbricazione del cosiddetto "scaldarancio". Era stato portato in Italia 19 A. SCHIAVI, La guerra e la manodopera femminile, Firenze, 1916, p. 5 e ss. Si ve da anche B. PISA, Una azienda di stato a domicilio: la confezione d i indumenti militari durante la grande guerra, «Storia Contemporanea», a. XX, n. 6, dicembre 1989.


Donne e guerra: teorie e pratiche

97

da Umberto Umerini, fratello di Clara Ferri, presidente della UFN. Consisteva in un rotoletto di carta preparata in modo da fornire calore sufficiente a non far raffreddare il rancio. Bianca Nigra e la contessa Dal Pozzo furono le promotrici della fabbricazione del rotolo di carta paraffinato e l'UFN abbandonò poi per così dire il diritto di primogenitura unendo le proprie con altre forze per il successo completo dell'iniziativa. La marchesa Bianca Viviani della Robbia aprì invece le porte della sua casa per una singolare iniziativa: quella di impiantare un' laboratorio di "coltroni", vecchi giornali spiegazzati, facendo ricorso al principio della carta, cattiva conduttrice di calorico. La Baronchelli scrive che nel primo anno di guerra l'iniziativa ebbe talmente successo da far riprendere la fabbricazione nel 1916. Aurelia Josz, direttrice della Scuola Pratica Agricola Femminile di Niguarda, si rivolse invece a l Ministero Francese della Guerra per avere notizie delle chaussettes, cioè pezze da piedi contro il congela mento degli arti, e del resto la confezione di oggetti di lana fu uno dei primi compiti richiesti dal govern o a ll a popolazione femminile. Vastissima, come si può facilmente immaginare è la gamma dei contributi femminili nell'assistenza sanitaria, non solo nelle funzioni di infermiera, ma anche in quelle di dottore. Nella Sanità Militare prestavano la propria opera il S. tenente Dottoressa Corvini di Chieti e la signorina Maria Preclari di Mantova, la quale aveva svolto la professione per lungo tempo in Carnia. Le volontarie infermiere della Croce Rossa erano stimate da U. Baione in numero di settemila nel 19 17 . Egli cita a caso, tra le molte che avevano perduto la vita, Eugenia Guy, la principessa Luisa Corsini, Bianca di Prampero, Maria Valla; molte tra le infermiere morirono perché si rifiutarono di interrompere la loro opera, pur sapendo di rischiare un contagio mortale. Piuttosto famoso era poi il nome di Diana Stella, che spontaneamente si offriva nelle operazioni per dolorosi innesti cutanei, necessari ad un soldato ferito. Le crocerossine in persona testimoniano spesso nei diari la consapevolezza del loro spirito di sacrificio: Luisa Zeni, che scrive n el '26 un libricino autobiografico dal titolo Briciole. Ricordi di una donna in guerra, chiama se stessa e le a ltre donne


98

Fiorenza Taricone

impegnate nella lotta per le terre irridente, "crociate". Ognuna era impegnata in reparti diversi: nell'Assistenza Militare, Civile, negli Ambulatori e reparti d'assalto; nell'elenco che l'autrice ricorda, di nomi femminili che persero la vita, troviamo non solo i nomi del le decorate al valor militare, ma anche i nomi di quelle che persero Ja vita "per fatiche", come è scritto letteralmente 20 • Non mancano le polemiche. Una in particolare è diretta contro Matilde Serao da Ottorino Modugno, in uno scritto la cui prefazione è stesa da una donna che non firma, ma si dichiara "coscienziosamente e fermamente femminista". La "lettera aperta" si rivolge in particolare all'articolo apparso su «11 Giorno» nel maggio del 1915. Contro le tesi espresse in quella sede, O. Modugno afferma che non era l'ora dei falsi pudori "per scrivere come voi avete scritto ch'è immorale per le nostre signorine studiare da infermiere e ch'è impudico curare i malati in tutte le loro fisiche malattie anche le piì:1 recondite. Sono crn;c queste così enormi, donna Matilde Serao, da farvi ripudiare tutti i vostri libri. A meno che la vostra conversazione con Bened etto XIV non vi abbia convertita a tal segno da suscitarvi scrupoli ... In realtà scrive O. Modugno - nell'ora del bisogno il dovere di ognuno è prestare Ja propria opera senza falsi pudori e sen za esagerazioni di moralità" 21 . Svariatissima era poi la gamma di iniziative che, se non si concretavano in azioni dirette di cooperazione al fronte, avevano però ugualmente valore di sostegno morale. A Bologna, nel 1916, Gilda Allegretti C hiari, che aveva da poco preso la libera docenza in pedagogia, si fece promotrice e propagandista di un prestito nazionale, riuscendo a far acquistare tremilaq uaranta sottoscrizioni alle donne lavo ratrici di Bologna. A Genova, Clotilde Palazzi fonda la Solidarietà femminile e, per assistere quanti più figli di richiamati fosse possibile, escogita un mezzo originale intitolato "dieci per uno". Dieci persone dovevano

20

L. ZF.NI, Briciole. Ricnrdi di una donna in guerra, Roma, 1926; si veda anche su lle infermiere A. C111usou DEI. BIANCO, La ,wslra guerra, Udine, ·1916. 21 O. Monuc.;No, Mn/Jilitazione femminile, Campobasso, 1.916, p. 12 e ss.


Donne e guerra: teorie e pratiche

99

accudire un bimbo, ricavando i mezzi anche dalla vend ita di apposite cartoline. I bambini venivano scelti di preferenza tra i gracili e i malaticci, con soggiorni al mare o in campagna. I.:Alleanza di Palermo oltre ad istituire asili, laboratori, aveva creato una vera e propria calzoleria, ideata e diretta dalla signorina Elisa Pe rrier, nella quale lavoran o solo ragazze. Olga Monsani istituiva a Firenze la Casa del soldato, per confortarli nelle ore di libera uscita. Lorenese era invece la ragazza fondatrice della Lega delle seminatrici di coraggio, la quale aveva fatto suo il motto di S. Caterina: "Non bisogna piangere, bisogna agire. J.:ora di ben fare è subito". J.:iniziativa in Italia era stata accolta da Sofia Bisi Albini; la Lega si basava sul giuramento di combattere il pessimismo sotto qualunque forma si manifestasse e di risollevare nella mis ura del possibile il morale sia di chi combatteva, sia delle donne in lutto per la perdita dei loro cari, per farne delle ferventi patriote. Sofia Bisi Albini dirigeva anche una rivista definita "l'espressione del più fervido cd operoso patriottismo dal principio della guerra europea" 22 . Da quelle colon ne aveva lanciato l'appello della lega, scrivendo: "Uniamoci e diventeremo una forza nel Paese, un esercito femminile che contribuirà anch'esso alla vittoria, sconfiggendo quei subdoli nemici interni che oggi, deprimendo il pubblico, ingannandolo, tentano di spezzare quella santa alleanza delle nazioni che vogliono lottare sino all' estremo per il trionfo della libertà e della giustizia ... A quel Tacete! che la Croce Rossa intima, le Seminatrici di coraggio credono bene contrapporre un Parlate! Il silenzio può esercitare una suggestione deprimente può essere interpretato come un 'acquiescenza" 23 • La Lega per alcune faceva parte di un "meraviglioso ed eroico fronte interno"; in esso, la donna operò mostrandosi "atta all'ordine, alla disciplina vigorosa, instancabi le ... Fu la provvidenza, fu l'anima della Assistenza o Mobilitazione Civile" 24 . Alla Lega aderirono 22 23 24

Lega Nazionale delle Seminatrici di coraggio, Milano, 19 17, p. 4.

lvi, p. 6.

E. FOllA, La donna durante l'ultima nostra guerra vittoriosa, Reggio Calabria, 1923, p. 6.


100

Fiorenza 'Jàricone

a nche numerosi insegnanti che avevano peraltro già propagandato una "mobilitazione scolastica". Essa ebbe il suo apice nella Unione Generale degli Insegnan ti Italiani che cooperò con i Comitati di Mobilitazione Civile. Le insegnanti rurali erano in diretta comunicazione con gli uffici per le notizie di militari di terra e di mare e leggevano pubblicamente i bollettini di guerra. A firma delle donne italiane, edito dalla Unione Generale degli Insegnanti, esce nel ' 16 anche un libricino in cui, come è scritto all'inizio, vengono spiegati alla buona i motivi che hanno portato alla guerra. Nel paragrafo dal titolo Gli ideali della guerra si legge: "Ci sono quelli che dicono che al popolo di tutto questo non importa niente, ma non è vero: noi sapp ia mo che il nostro popolo è anzi pieno di buoni sentimenti e di valore. Tant'è vero che q uando i nostri soldati devono accorrere si fanno sempre molto o no re. Certo cristiani e socialisti sono d'accordo che la guerra non si dovrebbe farl a perché tutti siamo fratelli e perché tutti i proletari dovrebbero fare causa comune. Ma quest~1 g11 crr:1 :1lb q uale siamo condotti per colpa di altri e per cause di giustizia, n on solo n on è mossa da sentimenti cattivi, ma tende a far sparire dal mondo l' ingiustizia e la prepotenza e a salvare il proletariato dei pa esi liberi dall'oppressione germanica ... Anche noi donne cerchi amo di fare il possibile perché non manchino aiuti e assistenza, sia ai feriti e ai malati, sia alle famiglie dei richiamati.. . " 25 .

La manodopera femminile in Italia In Italia, l'occupazione femminile era impo nente; n ei m aglifici Bevilacqua di Torino, p e r fare dei nom i, su 400 persone d i m aestranza gli uomini erano appena poche d ozzine; ne lle più svariate industrie, la percentuale delle operaie era cresciuta ed alcune erano diventate esclusivamente femmin ili come quella del truciolo, n ella quale in Emilia Romagn a erano occupate venticinquemila donne rispetto a circa tremila uomini. La m aggiore novità e sorpresa, se così si può dire, fu offerta da lla mano d'o pera femminile in un settore delicato come la fabbricazione di armi e munizioni. Una c ircolare del 23 agosto d el ' 16 aveva p rescritto la sostituzione graduale

25 Al popolo d'Italia le donne italiane Comitato Lombardo, 19 16.


Donne e guerra: teorie e pratiche

101

di gran parte delle maestranze maschili addette alla meccanica leggera, cioè alle spolette, ai detonatori, ai proiettili <li piccolo calibro. Nel marzo del '17 veniva nominato un Consiglio del lavoro femminile, presieduto <la un membro del Comitato Centrale di Mobilitazione industriale, i rappresentanti del Sottosegretario Armi e Munizioni, una rappresentante particolarmente competente in materia di lavoro femminile ed una operaia, alla quale si demandava l'incarico di tradurre in disposizioni precise i propositi del Sottosegretariato Armi e Munizioni in materia di tutela del lavoro, normativa igienica, limitazione e controllo del lavoro notturno. Furono inoltre istituite delle scuole di formazione professionale a cura del Comitato Centrale di Mobilitazione Industriale o degli Enti Militari, o anche grazie all'iniziativa privata. Alle scuole di Milano, Genova, Napoli furono addestrate migliaia di operaie; a Roma, la scuola istituita col concorso del Comitato nazionale di Munizionamento, d elle Ferrovie dello Stato e del Ministero Armi e Munizioni, fu tra le prime di tal genere, e così quella di Firenze. Per le attitudini dimostrate dalle donne ad imparare oltre le cognizioni necessarie, la scuola di Napoli veniva annessa alla locale Scuola Militare di torneria, dipendente dal Comitato Regionale di Mobilitazione Industriale. Le allieve, dopo ulteriore tirocinio, erano state ammesse anche a funzioni direttive. Frequente era anche il secondo posto, dopo gli operai "borghesi" e prima degli operai militari esonerati all'occupazione femminile in Italia non si riferivano come in alcuni paesi anche a coloro che avessero sostituito gli uomini in qualunque tipo di occupazione; con la locuzione "donne che lavorano per la guerra" s'intendevano infatti non solo quelle dedite ai lavori bellici veri e propri, ma anche le commesse di negozio, le tranviere, le lavoratrici dei campi, le operaie di industrie non aventi alcuna relazione con la guerra e persino le cameriere nelle trattorie o le inservienti di teatro. Per dare un'idea più precisa delle mansioni femminili nelle industrie di armi e munizioni è bene elencare, bench é risulti noioso, i compiti svolti. Troviamo la manodopera femminile nell'affilatura di utensi li e torneria pesante, nell'aggiustaggio basamenti dei motori di aviazione, alla fresa, al trapano, alla punzonatrice, in lavorazioni varie su pezzi di bronzo, al collaudo di pezzi finiti, in lavori di bulloneria, montaggio e collaudo di spolette. Le donne erano impiegate


Fiorenza Taricone

102

anche nel settore della meccanica di precisione (proiettori) e dei pantografi. La lavorazione dei proiettili loro affidata era soprattutto di medio calibro, ma riguardava anche la lavorazione dei bossoli per proiettili da cannone e la tornitura di bombe. Naturalmente eran o addette ai proiettili di picco lo calibro, a lla sgrossatura esterna dei proiettili, alla lavorazione di bossoli e cartucce con relativo collaudo. In fonderia, alla fabbricazione di gavette e come opere di saldatura, a quella dei cilindri dei motori per l'aviazione e saldatura a stagno delle lamiere; nel reparto falegnameria, alla costruzione dell'ossatura delle ali di aeroplano, compresa la verniciatura delle stesse, al la lavorazione delle eliche e delle ruote di atterraggio. Infine addette alle verifiche degli specchi parabolici per proiettori 26 . Le donne venivano sollecitate ad iscriversi ai Comitati di preparazione civile che avevano tra l'altro il compito di disciplinare e organizzare le richieste e le attitudini femminili nei vari campi. I singoli comitati facevano capo al Comitato Nazionale Femminile Italiano per l'aiuto alla patria e anche il Consiglio Nazionale Donne Italiane provvedeva a indirizzare le centinaia di donn e arruolate e a destinarle al rimpiazzo degli uomini nei pubblici servizi 27 . La mobilitazione lavorativa delle donne non trova tutti d 'accordo. C'è chi considera l'invasione femminile una "aberrazion e del femminismo"; l'accusa è rivolta anche da quei modernisti che pur condividendo l'eguaglianza fra i sessi, erano poi costretti ad iscrivere le donne tanto negli elenchi elettorali quanto nei ruoli di leva militare. La donna, scrive R. Biscaglia, occupò tutti gli uffici dell 'uomo, quelli di scaricatore, carpentiere, muratore, calzolaio, "con la scusa del patriottismo". Il Fascio Femminile di Palermo aveva perfino incaricato una donna, Gabriella N eri, di svolgere un 'indagine sulla propaganda giornalistica di guerra nei suoi effetti sociali e patriottici, con particolare riguardo all'evoluzione femminile 28 . Ma che cosa fanno e come agiscono le associazioni e i circoli femminili? Nel 1916 Virginia Treves scriveva che nei circoli "la 26

Le donne d'Italia nelle industrie di guerra, Roma, 1918. 27 Il dnvere della donna nell'ora presente, Padova, 1916, p. 2 1 e ss. 28 R. B1sc AGLIA, Sveglia alle armi, Palermo, 1919, p. 29 e ss.


Donne e guerra: teorie e pratiche

103

rinnovata coscienza sociale" si espresse con il voto che anche la donna dovesse dedicare almeno un anno della sua vita alla patria, voto approvato nel Congresso femminile del 1914 a Roma. La Treves da antesignana, propone anche nel tempo di pace l'idea di servizio civile: solo con una istruzione più completa si poteva sperare che le attitudini femminili non andassero sprecate nel momento di effettivo bisogno della patria. Quella di assistere i feriti era stata fino ad allora la sola funzione permessa ed accettata dalla società, favorita anche dall'indole tradizionalmente generosa della donna, ma non si trattava di una vocazione comune a tutte, come aveva dimostrato la campagna di Libia. "Le forze femminili, per essere adoperate utilmente, devono essere disciplinate, perciò troverei utile che l'idea lanciata in tempo di guerra potesse venir collocata in tempo di pace. Dai diciotto ai venti anni, finita la scuola e non ancora formata la famiglia, che fossero obbligate in qualche opera sociale destinata dalle autorità superiori, secondo le diverse attitudini". Dovevano essere curate l'istruzione e forza fisica, con la divisione in squadre. Si citava l'Inghilterra e il suo reggimento di donne volontarie che chiedevano di combattere a fianco degli uomini e non ottenendo ciò speravano almeno di poter segu ire l' esercito come telegrafiste, telefoniste, messaggere, esploratrici, automobiliste, oppure scortare i convogli dei viveri e di fenderli dagli attacchi nemici. Sarebbe stato quindi opportuno che i positivi slanci della donna italia na per non essere solo una risposta improvvisata nelle ore più tragiche, fossero organizzati con ordine e perseveranti anche in tempo di pace 29 . Anche la Treves quindi, sostiene senza mezzi termini che la guerra era stara un catalizzatore dell'emancipazione femminile. "Se da un lato è dell'opinione largamente discutibil e che con la guerra la donna ha scoperto la gioia del lavoro e s i troverà meno frivola ed operosa perché lo sfruttamento della manodopera femminile era una realtà da anni, dall'altra si trova in buona compagnia nell'affermare a conclusione del suo scritto che la guerra ha fatto fare alla causa femminile passi da gigante" -10.

29

V TREVES, Le donne che lavorano, Milano, 1916, p. 19 1. 30 lvi, p. 202.


104

Fiorenza Taricone

Lo scoppio della guerra rendeva urgente la necessità di provvedere alle famiglie dei richiamati, ma il ricorso alla manodopera femminile in sostituzione di quella maschile anche per poter manda re avanti la famiglia, comportava il risch io di uno sfruttamento indiscriminato delle cottimiste da parte degli appaltatori. In Inghilterra, per poter ovviare, si era costituito un Comitato Centrale per l'occupazione delle donne come sezione del Comitato Nazionale di Assistenza per la guerra.

Gli esempi dall'estero Come esempi cli donne militarm ente organizzate ed efficien ti in una pluralità cli mansioni, quelle inglesi sono fra le più note. Ad esempio, già dal 1910 troviamo sull'«Osservatore Romano» un breve articolo che le riguarda. Vi si legge che le donne in glesi "si danno all'arte d ella guerra", proseguendo il movimento iniziato da Baden Powell, cioè l'istituzion e di un corpo di boy-scouts avente lo scopo di addestrare la gioventù agli esercizi ed alla vita militare. Al corpo di Ladies Scouts veniva data all 'i nizio una preparazione che era essenzialmente di collaborazione al lavoro ordi nario dei medici ed infermieri della C roce Rossa in caso di gue rra . Gli scopi e i compiti si erano però man mano estesi, fin o a formare in varie parti del Regno Unito dei campi costituiti solo da giovani donne di età non inferiore a diciotto anni, che eseguivano m anovre militari sullo stesso tipo di quelle eseguite dai Boy Scouts; esse dovevano provved ere a tutte le esigenze dell'accampamento, come formare il campo, rizzare le tende, provvedere di acqua e legna, fare servizio <li sentinella, escursioni militari, esercizi di segnalazioni, servizi di avanscoperta. I campi erano poi passati in rassegna d alle direttrici del movimento e da alcuni ufficiali dell'esercito 3 1. La viscontessa Rhonda afferma da parte sua che nulla si era visto di più sorprendente negli stati belligeranti de ll'abilità con la quale le

3 1 Le donne inglesi si danno a/l'arle della guerra, «Osservatore Romano», 8 agosto 1910. Su Baden Powell e sulle giovani esploratrici si veda B. PISA, Crescere

per la patria, i giovani esploratori e le giovani esploratrici di Carlo Colombo (19 12 -1 927), Milano, 2000.


Donne e guerra: teorie e pratiche

105

donne avevano affrontato le esigenze belliche. D'altronde, però, nulla vi fu di più stran o della lentezza con cui i vari Governi misero a profitto le risorse femminili. In special modo nella Gran Bretagna, già ai primi echi di guerra, le volontarie venivano arruolate per mezzo degli uffici della Società della Croce Rossa, dell'Associazione St. John Ambulance e della Sezione Femminile della L ega Navale. La larga partecipazione delle donne era in parte il frutto del paziente lavoro organizzativo svolto da società femministe e a ll a Libera Lega delle Attrici spettò in particolare il merito di ave r centralizzato i diversi contributi femminili . Il 5 agosto 19 14 veniva formato l'Emergency Co1p s; nelle domand e di destinazione, migliaia di donne si offrivano per fare da chauffers, da cocchieri, ciclisti , cuoche mil itari, da attendenti ai laboratori di riutilizzazione, da orga nizzatrici di ospedali, segretarie di indu strie tecn iche, distributrici di alimenti, lavoratrici d ei camp i. D a esso sorsero poi tutte le organizzazion i c he si occuparono della cura di mi gliaia di profughi con servizi di ristoro alle truppe, dei d epositi di provv iste per ospedali, di case di lavoro per dare occupazione agli ope rai licenziati dalle mani fa tture, d i oggetti di lusso ed anche della formazione di squadre operaie per le fabbr ich e di munizioni. La Women Legion invece si pro po neva di dimostrare com e le donne p otessero essere applicate in mansioni del tutto nuove, procurando l' ammissione di molte donne a l fro nte e negli ospedali da campo. Le conduttric i di automobili, vestite con un a di visa color kaki, coll e insegne A.S.C. precedettero la formazione dell'Armata Ausiliaria della regina, sorta nel gennaio ·19 17 . ln quest'ultima e n ella sua consorella, il Reale Servizio Navale Femminile, le donne si assoggettavano alle stesse discipline del soldato. Negli ospeda li da campo o nelle navi ospedale, le donne erano esposte al fuoco dei cannoni, sotto i bombardam enti o esposte al pericolo dei si luri 32 . La mobilitazione femminile in Francia n on era da meno: nell'agosto del ' 14, la mobilitazione sottrasse alle attività civili ci rca quattro milioni di uomini e le donne li ri mpiazzarono. Altrettanto nei pubbli ci servizi , in qualità di fattorine tranviere, fattorine commerc ia li,

32 La do1111a nei latJori militari e agricoli, 'forino , 1918, p. 1 e ss.


106

Fiorenza Taricone

cioè con funzione di direzione e di cassa nella metropolitana. E ancora nei servizi amministrativi delle compagnie ferroviarie, negli istituti maschili interamente affidati a donn e; pe rfino nel Ministe ro della Guerra, per volontà del generale Galliani, furono chiamate le donne. Le cifre dell'anno 1917 parlano di un milione e duecentomila donne impiegate nei servizi sussidiari di guerra, nell'assistenza sanitaria, perfino nelle dogane e nei macelli. Afferma l'avvocato Umbe rto Baione che fornisce queste cifre, che "prima del conflitto titanico, p ochi soffermavano la loro attenzione sul progresso fatto dalla donna, pochi si rendevano conto che essa si avvicinava all'emancipazione completa" ·13 .

Le portatrici carniche Fuori dell a teoria sull'opportunità o me no di un contributo femminile alla guerra, esempio di con trib uto diretto e personale a ll a grande guerra furono le p ortatrici carniche. Operarono, come dice il nome, sul fronte della zona Carnia. I contingenti militari si aggiravano su i 10-12 mila uomini, i quali dovevano essere qu otidianamente vettovagliati di muni zioni e medicinali. Dal fondo valle, dove e rano dislocati i magazzini e la linea del fronte, non esistevano però strade che consentissero il passaggio di automezzi o carri; a poter prestare un aiuto erano rimaste solo le donne, poiché gli uo mini validi erano tutti a combattere. Le abitanti di Paluzza si misero a disposizione dei comandi m ilitari, per trasportare a spalla tutto ciò che occorreva agli u om ini della prima linea. Di tempra robusta, le portatrici caricarono quotidianamente sulle gerle e poi sulla testa cartucce, viveri e altro materi ale, portando fino a quaranta chili e olt re. "In breve tempo si costituì un vero e proprio Corpo ausi liario formato da donne giovani e meno giovani, dai quindici ai sessant'anni di età, della forza pari a d una robusta compagnia di circa duecentocinquanta soldati" 34 . Non erano soggette alla disciplina milita re, né costrette in alcun modo, ma si

.B 34

U. BAIONE, La donna e la guerra, Firenze, 19 17, p. 7.

C. DE i'"RANCESCHI, L e portatrici carniche, Vero na, s.d. (edizione fu ori comm ercio).


Donne e guerra: teorie e pratiche

107

presentavano all'alba di ogni giorno presso i depositi per ricevere il materiale e su un libretto personale segnavano le presenze, i viaggi compiuti, il materiale trasportato. Per ogni viaggio ricevevano anche un compenso corrisposto mensilmente. Partivano a gruppi di quindici-venti senza guide, decidendo esse stesse le marce e le soste; ogni gruppo poi si apprestava a scalare "a raggiera" la montagna, sopportando fino alle quattro ore di marcia in salita. Dopo una breve sosta, una volta giunte a destinazione si ricaricavano le gerle sulle spalle e scendevano a valle dove le attendevano le fatiche quotidiane. Qualche volta, durante il viaggio di ritorno, trasportavano in barella i feriti o quelli caduti in combattimento che poi seppellivano nel cimitero di guerra, dopo aver esse stesse scavato la fossa. Tutto ciò si protrasse per ben ventisei mesi e non mancò chi, fra loro, pagò con la vita, uccisa sul colpo o deceduta per le ferite riportate. Per onorare la loro memoria venne intitolata ad una di esse la caserma degli alpini di Paluzza, nel 1955 e Sabaudia ha eretto un monumento all'ingresso della città 35 .

l;esperienza. bellica per il dopoguerra Nell'immediato dopoguerra, infine, molto spazio si dedica a quello che sarà "il nuovo cammino femminile", come abbiamo già avuto occasione di notare a proposito della Labriola, la quale attribuiva al conflitto la capacità di coagulare e catalizzare le energie femminili soprattutto lavorative. O ancora, tra i tanti nomi, Elena Fotia, per la quale la guerra mise in evidenza tutte le grandi energie femminili. "Essa fu quale la volle Mazzini, non solamente l'angelo della famiglia, ma l'angelo del consorzio umano. Se sono venuti meno gli istituti e i servizi in cui quelle energie dettero prova del loro valore, vi sono tanti altri campi come la tutela dell'infanzia infelice, la prevenzione della criminalità, l'istruzione popolare, la difesa della maternità nelle classi povere" 36 . In realtà, poi in questi ultimi campi le

35 lvi, p. 67. 36 E. FOTIA, cit., p.16.


108

Fiorenza Taricone

donne avevano già operato a partire dal fine secolo; la protezione dell'infanzia anzi era stato uno dei compiti che avevano tenuto la donna occupata fin dal periodo risorgimentale e le avevano aperto le porte di incarichi di un certo peso come i consigli di amministrazione delle Opere Pie 37 • Nella sede del Lyceum Romano {luoghi di ritrovo delle intellettuali che durante la guerra si erano spesso trasformati in laboratori) durante l'inverno del ' 18 si tenne un ciclo di conferenze tutte imperni ate sul tema delle donne e il dopoguerra. Dopo l'introduzione di Giannina Franciosi, presidente della sezione insegnante del Lyceum Romano, Eloisa Battaglini parlando su La donna e il lavoro affermava che corrispondeva a verità il fatto che non tutte le donne avevano saputo dimostrarsi all 'altezza di un così grave momento e non tutte avevano portato nel lavoro, oltre alle capacità "quella dignitosa coscienza di sé, elemento prezioso, indispensabile, nella nuova vita a cui la donna si accinge". Ma in realtà quale preparazione era stata data all a donna nella fam iglia, nella scuola, per poter pretendere un simile risultato? Per come era stata formata dall'educazione ricevuta e dall'ambiente, la donna aveva comunque dimostrato come le sue capacità fossero un indispensabile fattore di progresso. "Molti, quando si parla delle en ergie svegliate dalla guerra, delle capacità femminili da essa rivelate, hanno l'aria di ritenere implicitamente che le nuove correnti di pensiero e dell'azione femminile siano in diretto rapporto con l'umano cataclisma che sconvolge il mondo; nulla d i più erroneo. La guerra è stata semplicemente la rivelatrice di forze preesistenti. Se noi osserviamo lo stato del iavoro nei tempi che hanno preceduto la guerra, ci accorgiamo che l'infiltrazione femminile era sensibi lissima fin da allora e ci persuadiamo c he il nuovo orientamento della donna non è uno di quei fatti che si abolisca con un decreto: è una evoluzione storica necessaria, incoercibile ... " 38 . Dalle cifre del censimento del 1911, la Battaglini ricava che le categorie di lavoro da cui la donna era escl usa erano le seguenti:

37 F. TARICONE-B. i'ISA, cit., i capitoli riguardanti l' assistenzialismo. 38 La donna e il suo nuovo cammino, Roma, 1919, p. 85.


Donne e guerra: teorie e pratiche

109

cacciatori, guardacaccie, guardie campestri, carabi nieri e armata. Fra i mestieri manuali : muratori, capimastri, p avimentatori, imbianchini, zingatori. Non erano menzionate donne nelle sal ine, né addette alla produzione di acido solforico, nitrito e clo ridrico; nessuna donna veterinario, avvocato, notaio o ufficiale giudiziario. In compenso, in tutte le altre attività industriali e agricole, la donna aveva occupato dei posti, anche se talvolta in percentuale minima. Perfino nella costruzione delle navi di legno, nei macelli per la lavorazione e conservazione d elle carni, p er l'estrazione e la puri ficazione dei grassi, nelle concerie, nella lavorazione d ella g hisa, del ferro e dell'acciaio, nei lavori da fabbro, nelle fabbriche di ar mi bianche. Nelle manifatture di biancheria e sartoria, poi , la percentuale di lavoro femminile era elevati ssi ma, così pure nelle distillerie di alcool e nelle lavorazioni dei concim i ch im ici. Nella classe dei giornalieri di campagna, specificamente per alcune province erano più numerose le donne che gl i uomini, anche se tanto proliferare di lavoro femminile, prima e durante la guerra, non aveva volu to signi ficare automaticamente il raggiungimento dell'uguaglianza e il riconoscimento di alcuni diritti, primo fra tutti la cura e la difesa d ella maternità 39 . Come sarà allora la donna d i domani, si chi ede Antonia Nitti Persico, visto che come aveva detto la Battaglini, era appena agli inizi del suo tirocinio sociale? " La guerra ha messo in rilie vo tante sue buone energie; ne ha trasformato le attitudi ni e le tendenze; l' ha resa compagna dell ' uomo nel dolore e nella sofferenza; si è sostituita nel lavoro e nell'azione : è possibile che tutto qu esto vad a perduto? L'ambizione nobilissima d ella donna, che ha sospinto la sua mentalità ad accentuare un a ambizio ne collettivamente u tile, potrà essere soffocata dalla ripresa ordinaria d ella vita? " 40 • Del resto gli uomini più preparati no n si oppongono più all'evoluzione della donna nella società e se il lavoro sarà la base del nuovo assetto economico la donna non potrà essere assente. C iò che è importante è ch e il lavoro femmin ile dovrà organizzarsi e di sciplina rsi.

39 lvi, p. 87. 40

lvi, AITTONIA Nrrn PERSICO, 0Rgi e domani, p. 159.


110

Fiorenza 'Jaricone

Vale a dire che, per l'oratrice, la donna dovrà applicarsi a quei lavori per i quali mostra delle spiccate tendenze; quelle addette alle mansioni di spazzine, cli conduttrici di tramway, fattorine postali, generano solo un se nso di pietà mentre grandi benefici verrebbero dai lavori dei campi. ~agricoltura si presta particolarmente all'indole della donna poiché - scrive la Nitti - l'attesa a lungo termine, la pazienza, la facile rassegnazione sono qualità essenzialmente femminili. Il lavoro d'altronde, deve essere considerato come un mezzo di benessere necessario, ma non come un fiore supremo dell'esistenza femminile, perché se il contribuire al bilancio domestico è piacevole e degno di lode, non bisogna dimenticare che spesso la prosperità di una famiglia è dovuta al lavoro assiduo, ma oscuro che la donna svolge. Se gli uomini avessero meglio valutato l'opera della casalinga e l'avessero resa finanziariamente più indipendente, molte madri di famiglia non si sarebbero allontanate dalle proprie case. In definitiva tante erano le donne che lavoravano nelle officine, tantissime le insegnanti, molte le impiegate nei pubblici uffici e "finché la donna non aveva sofferto, non aveva lavorato, non aveva lottato, non poteva sentire imponente il bisogno di partecipare ai diritti civili. Ma la guerra ci ha formato una nuova coscienza ... " 41 . Per Lucy Re Bartlett infine, i bisogn i della guerra avevano fatto sì che tutto ciò che vi era di artificiale e di esagerato fosse eliminato, che la donna scoprisse nuovi poteri e nuove attitudini tali da risvegliare nell'uomo un nuovo rispetto. La politica ha influito quotidianamente sulla vita delle famiglie, chiamando ai lavori di guerra, ma il sommovimento psicologico - sostiene la Bartlett - non è stato minore. Anche il campo del sentimento è stato invaso, rivelando nuovi valori e modificandone a ltri. In questo quadro di generale cambiamento, la donna, educata tradizionalmente a pensare solo alla famiglia, ha personalmente sperimentato l'insufficienza di questa impostazione. In lei, "a parte il dolore per le separazioni penose, si è svegliato spesso un sordo risentimento a sentir chiamare oggi virtù ciò che fino a ieri era chiamato difetto, e viceversa a trovarsi incitata a

41 lvi, p. 170. Si veda anche i doveri della donna nel dopoguerra, Roma, 1919.


Donne e guerra: teorie e pratiche

11 1

non pensare più esclusivamente ai propri cari, mentre fino a ieri tale esclusivismo era considerato come il più bel fiore della femminilità. M olte, m oltissime donne hanno sofferto di un profondo, naturale, ma pericolosissimo ra ncore per questo repentino cambiamento di va lori. Diciamo pericolosissimo, pe rché in moltissimi casi ha impedito loro di acconsentire all a guerra e di raffo rzare l'a nimo dei loro uomini come il momento ric hi edeva. E molti uomini , accorgendosi di questo, hanno capito forse per la prima volta come un'educazione femminile ristretta può non bastare a tutte le esige nze d ell a vita, ne mmeno a quelle della famiglia" 42 .

42

L. RE BARTLEIT, Il nuovo orientamento della donna nella vita familiare e politica, in La donna e il suo nuovo cammino, c it., p. 105.



CAPITOLO

V

Dalla prima alla seconda guerra mondiale Non ci consta che a tutt'oggi vi sia una gran quantità di studi su progetti di militarizzazione femminile durante il regime fascista. Non si vuole intendere le numerose organizzazioni giovanili di regime ch e anagraficamente abbracciavano pressoché tutte le età e i sessi, né la cura prestata all'educazione fi sica nei raduni e nelle accademie, ma di veri e propri progetti che militarizzassero la donna in anni ancora lontani dall'emergenza bellica. Come apporto della donna "combattente", in qualche modo riconosciuta, ci possiamo rifare per i primi anni della rivo luzione fascista alle scarse "pasionari e" della causa fasci sta, Ines Donati, n ata a San Severino nel 1900. Adolescente, partecipava ai comizi socialisti, schierandosi cogli interventisti; di modesta estrazione, figlia di un orologiaio, venne in seguito a Ro ma, ospite di un convento di Trastevere per frequentare la Scuola Superiore d i Belle Arti. La passion e polit ica prese poi il sopravvento e sia per poter avere i mezzi per vivere, sia per potersi dedicare alla causa fascista, si impiegò rinunziando a lla scuola. Partecipò ai combattimenti degli squadristi; così una donna futurista, Bened etta, m oglie di F. T. Marinetti la descrive: "È coi compagni quando sono più in pericolo, non li lascia; se colpiti, va all ' O spedale di S. Spirito per curarli; ma si fe rma al letto di un avversario ferito, gli dice parole di bontà e, ferita, n on s i lamenta, è imprigionata e guarda serena" 1. Le sca rne note biografiche dicono infatti che nel ' 20 subì il processo, la prigione e poi l'assoluzione. eanno seguente fu di nuovo ferita in seguito da un'aggressione, non si sa con precisione se nel combattimento di Borgo S. Lazzaro. li suo motto rimase sempre: "La vita è se non perché si possa offrirla alla patria". Morì a ventiquattro anni, volendo, come ultimo atto di fedeltà alla causa, indossare la camicia nera.

1 BENEDETIA, Donne della patria m guerra, Cata nia, 1942, p. 10. Sulla Donati, anche il saggio di l. RINALDI, Realtà e mito di una eroina fascisla, «Quaderni di resistenza Marche», n. 13, gennaio 1987.


114

Fiorenza Taricone

Se venne a livello personale accettata dagli squadristi e ne fu in un certo senso pubblicamente onorata la memoria, che cosa si progettò a livello governativo per addestrare militarmente la donna? Sull' «Almanacco della donna italiana» <lei '37, quindi in anni lontani dalla marcia su Roma e da un fascismo intransigente e rivoluzionario, troviamo scritto che in un periodo di corsa vertiginosa agli armamenti, il problema di una collaborazione femmini le diventava urgente in tutti i paesi. Non trascurando di ricordare che la missione e il sogno deJla donna rimanevano la famiglia e l'allevamento dei figli, pure si afferma che "il progredire della civiltà aveva allontanato le donne dalle imprese guerresche, ma la stessa civiltà le riporta nuovamente" 2 . Si cita come primo esempio la donna sovietica, ma si condanna una militarizzazion e eccessiva che non teneva conto dei limiti morali e fisiologici della natura femminile. Si definisce invece più aderente all'etica "latina" e fasc ista il criterio adottato in Polonia e in altre nazioni. Nella prima, infatti, la preparazione militare della donna era collegata all'educazione della gioventtt e coordinata da un ufficio nazionale. Un particolare dipartime nto si occupava della preparazione militare, insegnando la difesa dagli attacchi aerei, la preparazione ai servizi sanitari, amministrativi, telefon ici e telegrafici. In Turchia era in fieri un progetto di legge per il servizio militare femminile. Erano previste speciali formazioni da utilizzare nelle retrovie, corsi speciali per l'addestramento militare femminile, con lezioni nelle scuole di "materie guerresche". Jn Germania, " le orga nizzazioni delle donne naziste, anche se come ha dichiarato il Hihrer a Norimberga si mantengono nell 'am bito delle attitudi ni femminili , sono però in condizione di assumere in caso di necessità un inquadramento militare destinato soprattutto alla difesa antiaerea". Nella Francia esistevano organizzazioni di cui la più nota era la Lega delle donne patriottiche, la quale si occupava di addestrare le unità femminili alla difesa antiaerea sia chimica che "irrompente". In Inghilterra "nonostante il pacifismo morboso, che ha invasato le donne, esistono clementi sani che sono ispirati alla tradizione 2 M. CASTEi.i.ANi, T,a donna e il servizio mi/ilare, «Almanacco della donna italiana», 1937, p. 90.


Donne e guerra: teorie e pratiche

11 5

patriottica. Non si ha una vera preparazione militare femminile statale, del resto il servizio militare non è obbligatorio. Le donne sono però per tramite di associazioni specializzate, addestrate nella difesa d egli attacchi aerei. Anche nel lontano Oriente si ha una preparazione delle donne. In Cina, le donne hanno combattuto, assumendo anche il comando delle truppe, in Giappone sono addestrate in forma diversa. Specialmente applicato è l'uso de lla "nagitana " un a specie di lancia dalla lunga lama" 3 • Per ciò che riguardava l'Italia, l'autrice dell'articolo, Ma ria Castellani, afferma che passi notevoli erano stati già compiuti con le leggi del '31 sulla mobilitazione civile, ma l'anno dell'esperienza sanzionista aveva segnato un balzo in avanti nella preparazione femminile. All'UNPA era dovuta una metodica opera di propaganda in tutte le organizzazioni femminili, dall'Opera Balilla ai Fasci Femminili e alle organizzazioni sindacali. Significativo era stato l'esperimento approvato dal partito, della Associazione delle donne professioniste e laureate, che avevano dato inizio in molte città al la formazione di squad re special izzate da porsi in caso di g uerra a disposizione dell' UNPA e di altri organi di difesa territoriale. Le squadre formate dall' Associazione erano : squadre di propagandiste per la difesa antiaerea; squadre tecniche specializzate formate da ingegnere, laureate in matematica, fisica e scienze, in grado di collaborare con i corpi specializzati p er curare la formazione di telefon iste e radiotelegrafiste; squadre ausiliarie di sanità p e r la propaganda del soccorso urgente; squad re di autiste. Gli esperimenti principali erano stati compiuti nelle città più importanti : a Torino e Firenze i corsi per radiotelegrafiste avevano dato buoni risultati, con insegnanti specializzati seguiti da ll e autorità militari. In quest' ultima città le migliori allieve erano state premiate da S. E. il generale Foschini, sottocapo di Stato Maggiore per la Difesa Territoriale. Dato il successo, si prevedeva che i corsi sarebbero stati estesi a tutte le città mentre, semp re a Firenze, si ten evano anche corsi di terapia e pronto soccorso per gli aggressivi chimici. A Torino, invece, avevano avuto luogo d egli esperimenti di servizio pompieristico femminile, definiti riuscitissimi. A Napoli, infine,

3 l vi, p. 93.


Fiorenza Taricone

116

erano stati tenuti corsi per imballatrici di oggetti di Musei, oltre a conferenze di propaganda p er la difesa antiaerea 4 • Qualche anno dopo, si riparla di una più diretta partecipazione della donna alla resistenza nazionale attraverso i Fasci famminili esattamente nel 1941. I doveri familiari e lavorativi potevano beni ssimo essere conciliati con quelli della mobilitazione. "Chi è giovane e ha tempo libero, può iscriversi ai Corsi tenuti dalla Croce Rossa Italiana per fasciste ausiliarie ospedaliere, in collaborazione con le infermiere volontarie della Croce Rossa. Chi non può dedicarsi alla cura dei soldati feriti può compiere il corso di visitatrice ospedaliera (fraterna assistenza morale). Ricordiamo infine la possibilità di far parte dopo il necessario addestramento - delle squadre femminil i di Protezione Antiaerea, nelle quali si sono av ute testimonianze notevoli di coraggio e resistenza". Per le donne non più giovan i che volevano dedicarsi a compiti relativi ad uno stato di emergenza, c'erano i turni di servizio dei Posti di ristoro istituiti nelle stazioni di transito e le varie sezioni dell'Ufficio notizie per i soldati, dove si ricevevano anche i congiunti d ei combattenti. Dopo un breve addestramento, si poteva diventa re anche Visitatrici materne in aiuto dei figl i dei richiamati, nei nidi e negli asili predisposti dall'ONMI. Anche le iniziative della Mobilitazione Civile venivano disciplinate dai Fasci Femminili; in collegamento con i centri federali di Mobilitazione Civile si svolgevano soprattutto corsi di addestramento e istruz ione tecnica, come integrazione ai Corsi di competenza specifica, istituiti dalle organizzazioni sindacali 5 • Un vero e proprio servizio ausiliario fe mminile troviamo n ella breve vita della Repubblica Sociale. Fulvia Giuliani , esponente del movimento futurista, collaboratrice di svariati giornali come «L'Italia Futurista» di Firenze e «Roma Futurista», sostenitrice della politica mussoliniana, cita a ll e origini del SAF un appello del giornalista Concetto Pettinato. Questi, sulla stampa di Torino, chiamava all'intervento diretto le do nne italiane, citando le eroine del Risorgimen to, d a Anita Garibaldi ad Adelaide Cairoli, a Cristina di Be lgioioso. Andava a nzi ancora più lontano segnalando le e roine di ogni tempo, 4 lvi, p. 94. 5 La donna italiana e la

guerra, Bologna, 194 1.


Donne e guerra: teorie e pratiche

117

e scrivendo che l'esercito russo aveva i suoi battaglioni di ausiliarie, come pure l'esercito inglese e quello americano, tutti riconosciuti e regolati da intese internazionali. Pe rché dunque l'Italia non avrebbe potuto chiedere alle donne l'estremo sacrificio per la salvezza comune? "Un battagli one di donne? E perché no ? Ebbene, perché non mandare incontro agli americani queste donne, inquadrate, incolonnate con dei buoni caricatori alla cintola cd un buon fuci le a tracolla? Non ne faremo dei battaglioni di cetnize né tanto meno delle . . ,, 6 part1g1ane. .. . Il giornalista condanna l'attesa come vana cd esorta le donne a non essere atten diste come quelle frances i, che già da tempo non mettevano più al mondo figlioli e che si erano confinate n ella "effimera" felicità della coppia. La Giuliani sostiene che l'articolo suscitò una eco profonda e migliaia di ragazze e di donne si presenta rono all e organizzazioni di partito e a quelle militari, supplicando di essere accolte. A Venezia, quasi tutte le stu dentesse chiesero di arruolarsi. Un secondo articolo di Pettenato, del gennaio ·1944, segnalando il successo ottenuto, chiedeva che si provvedesse a creare un corpo di ausiliarie dell'esercito per far scrivere al volontarismo italiano "ancora una bella pagina che non vede l'ora di scrivere" 7 . Il servizio volontario femminile doveva sostituire gli uomini nei servizi postali, telegrafici, san itari, di vettovagliamento, di uffici stampa. I..:lspettrice nazionale dei Fasci Femminili preparò un piano d' inquadramento e allestì dei corsi p er le nuove dirigenti e le reclute, approfi ttando del fatto che già precedentemente in alcune Federazioni provinciali dei Fasci Femminili erano state prese iniziative del genere; alcuni elementi quindi avevano già superato la prova presso il Comando Provinciale Militare della Guardia Re pubblicana e della G.N.R. confinaria e del Comando della difesa marittima (alcune ragazze erano state già aggregate a l BTG. N.P. della X). La Direzione del Partito, presi gli accordi con il Ministero della Guerra, stabilì con decreto del 19 aprile 1944 il primo corso nazionale "Italia" per comandanti e ufficiali ausili arie. Le donne dovev ano 6 C. l'El T ENATO, Breve discorso alle donne d'Italia, «L1 Stampa», 13 gennaio 1944. 7

F. G1 uuAN1, Le ausiliarie nella RSI, Roma, 195 2, p. 18.


118

Fiorenza Tariwne

essere in possesso di un diploma di scuola media superiore ed ebbe inizio a Venezia il ·1° maggio. Fu ammessa un'eccezione: l'ammi ssione di ragazze sprovviste del diploma, dovuta alle loro insistenze che ne uscirono poi col grado di sott'ufficiale, ma rimase un'eccezio ne. Seguirono al primo corso altri tre: Roma, Brigate nere, Giovinezza, con sede a Como. Contemporaneamente a i corsi, si aprirono gli arruolamenti che si accettavano a seconda del titolo di studio, delle capacità professionali e tecniche. Le mansioni erano all'incirca: telegrafiste, telefoniste, addette stampa, infermi ere, addette alle cucine, ai servizi di caserma, "scritturali". Dal marzo '44, si era poi costituito presso il Comando X Flottiglia MAS il servizio ausiliario femminile Decima, che rimase un corpo scelto per la particolare selezione. Le ausiliarie in grigiove rde che accompagnavano i soldati stampavano anche un loro giornale che in parte F. Giuliani defin isce anche il loro diario, citando n e qualche frase significativa 8 • Ogni corso durò un mese e al termine dell'addestramento le ausiliarie prestavano giuramento. Con esso si affermava di servire e difendere la RSI nelle sue costituzioni, nell e sue leggi, nel suo onore e nel suo territorio in pace ed in guerra, fino al sacrificio su premo. Le ausiliarie giu ravano "innanzi a Dio e ai caduti , per l'un it~, l'indipe nde nza e l'avve ni re della patria". TI primo nucleo dirigente del Servizio Ausiliario femminile si costituì nel gennaio del '44 con la denominazione "Nucleo Comando SAF" con sede presso la federazione fascista di Brescia.

Le donne e la Resistenza Come ha sottolineato recentemente M arina Addis Saba, la storiografia ha per molto tempo continuato a valutare l'appo rto delle donne nella guerra partigiana avendo come unico riferimento le dinamiche di azione maschili ; coglierne quindi l'originalità e la consistenza si è rilevato un lavoro lungo e difficile. "Le azioni delle donne du rante la guerra di liberazione sono state d el tutto sottovalutate, sia quelle necessarie a manda re avanti la famiglia, diventate molto più

8 Ivi, p. 41 e ss. Il giornale delle Ausiliarie. Si veda rmchc G. PISANÒ, Gli ultimi in grigioverde, M ilano, 1967, vo i. I, pp. 2 17-264 e il più recente articolo di M. Fraddosio, Donne nell'esercito di Salò, «Memoria», n. 4, 1982. Sull'educazione fisica femminile, Accademiste a Orvieto, Donne ed educazione fisica nell'Ttalia fascista 1932-1943, a cura di L. Motti e M . Rossi Capo neri, Perugia, 1996.


Donne e xuerra: teorie e pratiche

119

faticose e persino rischiose date le circostanze, sia quelle che eran o propriamente Resistenza, ma che, inserite nella vita quotidiana che la maggio r parte delle donne continuava necessa riame nte a condurre, no n avevano ril evanza di atti di lotta: e neanche le donne le sentivano talvolta come tali. Procurare cibo e vestiti per partigiani, confezionarli e portarli loro p ercorrendo chilometri per raggiungere le postazio n i o i punti convenuti, procurarsi medicine e consigli medici, quindi avere contatto con dottori, farmacisti, infermieri, trovare rifugi sicuri nelle case, in campagna, nei conventi, negli istituti religiosi, q u indi avere contatto con parroci, preti, monach e, madri superiori, raccogliere denaro per aiutare altre donne rimaste sole e con famiglia a carico, e per la n ecessità dei partigiani dentro e fuori le città, e quindi avere contatto con industriali, commercianti, persone rite nute abbienti, perché s i impegnassero a prestare aiuto economico ai combattenti che in cam bio offrivano protezione per le fabbriche e le attività, i depositi, i magazzini, le me rci ... quesLe sono alcu ne <lclle mille iniziative deli cate e importanti che le donne p ortarono avanti in quei due anni, mescolando le alle loro faccende qu otidiane". Tante e tanto diverse furono le mansioni, che l'autrice suddivide Ie donne della Resistenza in quelle che attuarono la protesta nel quotidiano, coloro che si organizzarono formalmente nei Gruppi di Difesa della donna , con stretti legami con i Comitati di liberazione; ma furono molte anche le infermiere, le staffette, le fattorine con la stampa cla ndestina, le "organizzatrici di proteste", che nascevano non solo nei cortei, nelle manifestazioni, negli scioperi , ma anche nei funerali, finalizzati, per così di re, a "politicizzare" i lutti. Portare le armi e usarle è stata senza dubbio una delle scelte più difficili per le donne, perché più estranea alla sua storia privata e pubblica, tanto che ancora oggi è ribadito per le donne-soldato il divieto della frontline, anche nei paesi in c ui il servizio milita re femminile non è d a anni una novità, come Israele. Le donne che entrano nelle formazioni partigiane fanno gli stessi turni di guardia degli uo mini, smontan o e ripuliscono le armi, sottostanno alla stessa d isciplina, partecipano senza alcuna sp eciale tutela alle azio ni e agli assalti. Ma le do nne che fanno

9

M. ADDIS SABA, Partigiane. 'Jìttte le donne della Resistenza, Milano, 1998,

pp. Vll-Vlll.


120

Fiorenza 'làricone

questa scelta sono poche anche perché "le convenienze, le abitudini, i tabù sociali impedivano che una don na condividesse le giornate e le notti con tanti maschi. La scelta di vivere in fo rmazione comportava da parte della donna un carattere straordinariamente deciso e spesso la rottura con la famiglia" 10. Dal 9 settembre 1943 agli ultimi giorni <lell'aprile '45, alla Resistenza molte donne parteciparono, assieme agli uomini, il cui nerbo fu costituito da forze partigiane giovani, mentre gli anziani agivano nelle città come cospiratori. Le d onne furono semplici forze aggiuntive agli uni e agli a ltri, ma uno dei fulc ri della Resistenza, che, più o meno consapevolmente po liticizzata, non avrebbe avuto senza il loro apporto lo stesso esito e lo stesso spessore. Donne di diversissi ma età corsero pericoli di ogni sorta facendo la spola per portare notizie, informazioni ordini, viveri, munizioni, medicinali, stampa clandestina, oltre a prendere in qualche caso parte diretta ai combatti menti. Il periodico Donne della resistenza affermava più di venti anni fa che chi si fosse proposto di scrivere la storia della resistenza femm in ile avrebbe dovuto evidenziarne il carattere collettivo cd anche anonimo. "Non che manchino le eroine, donne a cui le circostanze concessero di compiere gesta eroiche o imposero il sacrificio supremo, ma la loro gloria illumina di una stessa luce l'anonimo eroismo quotidiano delle migliaia di altre donne che, nella resistenza, trovarono modo di esp rimere le virtù trad izio nalmente femminili della devozione, della pazienza, della lunga, tenace, indomabile sopportazione" 11 . Tutti i compiti ausiliari in pratica furono svolti dalle donne, anch e se non è possibile al riguardo avere delle cifre esatte poiché molte di esse, appena conclusa la lotta, tornarono alla loro vita familiare o lavorativa, poco curandosi dei riconoscimenti. Tra le donne attivamente impegnate nella Resistenza, che oscillano da un numero superiore al milione, alle cifre rilevate dalle statistiche ufficiali che parlano di trentacinqu emila pa rtigiane combattenti, vi furono circa 500 commissari poli tici, investite di respo nsabilità di comando. Le prime manifestazioni furono quelle di aiuro e ricovero agli sbandati, ai prigionieri e ai soldati.

lO lvi, p. 95. 11 LA dn1111a italiana dalla H.esistem:a ad oggi, Roma, 1975, p. 11.


Donne e guerra: teorie e pratiche

121

Uno dei centri propulsori fu Milano. Qui, alla fine del '43, furono gettate le basi di una organizzazione che raccoglieva donne di ogni censo ed età: i Gruppi Operativi spingevano la loro azione nelle famiglie e nelle fabbriche, nei municipi e nelle carceri, nelle scuole. In molte città, come Modena, Parma e Forlì le donne presero delle iniziative per far cessare le deportazioni di massa. Molte furono anche le donne che combatterono in montagna e tra i contributi più singolari si ricordano quelle che fecero la spola fra le due parti d'Italia allora divisa dalla Linea Gotica, lanciandosi con il paracadute e assicurando i collegamenti con gli Alleati. Le donne rimaste dentro le pareti domestiche trasformarono talvolta le case in opifici, dove si preparavano indumenti, si raccoglievano vettovaglie, armi e munizioni. È stato scritto che le donne partigiane furono "le degne continuatrici delle portatrici carniche che salivano sui costoni di Monte Terzo, di Pal Piccolo e Pal Grande per portare cibo e munizioni ai loro mariti , ai loro figli e fratelli. Le gesta delle portatrici rivissero nella attività operativa delle staffette partigiane, nella lotta condotta in prima linea da una moltitudine di donne che raccolsero bende e medicinali, che frequentarono corsi per infermiere, che prepararono e trasportarono cassette di pronto soccorso. Però, come si è già fatta una distinzione tra il primo e il secondo risorgimento italiano, è doveroso mettere in evidenza cosa differenzia l'opera delle portatrici carniche dalle donne partigiane. Le prime avevano il compito limitato, anche se eroico, di ausiliarie in una guerra che veniva condotta dagli uomini. Le partigiane, invece vivevano in prima persona la partecipazione alla guerra, assumendo responsabilità cd affermando inoltre tesi di emancipazione femminile ... " 12. In quella parte d'Italia che era rimasta sotto il dominio tedesco, furono costituite formazioni femminili militari, le Volontarie della Libertà, "formate da donne energiche e audaci decise a partecipare attivamente a lle operazioni di guerra". La loro azione comprendeva atti di sabotaggio nelle fabbriche, con il fine di paralizzare la produzione destinata ai tedeschi, interruzione delle vie di comunicazione, occupazione di depositi alimentari dei tedeschi, approntamento di squadre di infermiere e posti di pronto soccorso.

12 lvi,p. 14.


122

Fiorenza Taricone

Le Volontarie della Libertà quindi, oltre ad essere infermiere e staffette presero dimestichezza anche con l'uso delle armi e il loro primo distaccamento si costituì in Piemonte affiancandosi alla formazione garibaldina Eusebio Gambone. Ad esso seguì il distaccamento genovese Alice Nali, mentre le operaie tessili del biellese costituivano un battaglione che nell'inverno del '44-'45 operò nella brigata garibaldina Nedo. Spesso furono le donne del luogo a guidare i primi reparti alleati. Non appena i paesi venivano liberati, le donne staffette si trasformavano in infermiere e i Gruppi di difesa furono presenti ovunque, spesso con azioni dirette; in Emilia organizzarono grandi manifestazioni femminili, assalirono magazzini di viveri, diressero ospedali, distribuirono legna e vettovaglie. Tra i numerosi fogli clandestini nacquero molti giornali femminili, dislocati nelle varie regioni. Nei manifestini stam pati e diffusi dalle donne si leggeva: Anche noi siamo scese in campo ... Tutte le donne hanno preso il loro posto di battaglia... Le motivazioni che spiegano il riconoscimento di decorazioni decretate alla loro memoria infatti, parlano di catture sul campo di battaglia, in fase di combattimento o staffette colte durante il loro lavoro e uccise dopo aver tentato di strappare informazioni. Vale per le lotte partigiane femminili ciò che è stato detto altrove per argomenti diversi. Esistono studi particolari, ma assolutamente sproporzionati rispetto a lle mole degli studi dedicati alla resistenza nei suoi vari aspetti. Tn definitiva, il contributo femminile continua ad essere visto come uno "specifico'' e colto nella sua particolarità, con le consuete valenze dell'insolito e dello sporadico. Fra le ricerche più interessanti, quelle che analizzano il contributo delle donne cristiane alla resistenza, quello delle donne piemontesi, la pubblicazione di diari. Nella prefazione al volume che l'ANPI di Torino dedica alla memoria di trecento cadute fra combattimenti, deportate, cadute civili, Ada Marchesini Gobetti afferma ch e furono tutte combattenti. La differenza non è nella sostanza, ma nella forma, non qualitativa, ma solo quantitativa. "Se quel ch e distingue la vittima dal1'eroe è la consapevolezza del sacrificio, tutte furono eroiche perché tutte accettarono una responsabilità" 13 . 13 Donne piemontesi nella lutta di liberazione, a cu ra dell'ANPI, prefazione di Ada Gobetti, s.d. Di lei si veda anche il suo Diario partigiano, Torino, 1972.


Donne e guerra: teorie e pratiche

123

Dai fogli notizie, a suo tempo compilati e schedati dal C.M.R.P., il prototipo che ne emerge è monotono ed uniforme, così come le funzioni che assolvono; ad eccezione di poche infatti, che ebbero compiti organizzativi e di comando, cinque con il grado di sottotenente e una di tenente, la maggioranza furono informatrici e staffette. La staffetta delle formazioni alpine, quando non era in viaggio, annotava mentalmente i numeri e i contrassegni delle macchine, gli spostamenti delle forze nemiche, attenta a cogliere ogni notizia. La staffetta dei G.A.P. e delle S.A.P. cittadine muoveva da un recapito all'altro, consegnando e ritirando buste, plichi, oggetti; nelle sporte aveva con sé non solo stampe e medicinali o documenti falsi, ma talvolta armi, ordigni per i sabotaggi, campioni d'esplosivo. "Giustamente la staffetta fu ufficialmente riconosciuta "partigiana combattente" perché non solo partecipò il più delle volte alle azioni del gruppo cui apparteneva ma fu lei a rendere possibili queste aziolli, affroI1ta11do i più gravi rischi per provvedere a collegamenti indispensabili. La guerra partigiana - guerra senza uniformi e senza galloni - sarebbe impensabile senza la collaborazione di queste semplici, dimesse guerriere" 14 • Solo in casi eccezionali le partigiane assumono abiti e atteggiamenti maschili e benché la tradizione le dicesse incapaci, hanno appreso a maneggiare un'arma o a conservare un segreto. Quello che più colpisce nei fogli-noti zie è la diversità delle età, dalla quindicenne alla donna anziana, e più in generale la diversità delle condizioni di vita dell'operaia, della contadina, della maestra, dell'impiegata, dell'artigiana e della bottegaia. La trasmissione della loro memoria è al solito dipesa anche da quanto loro stesse hanno provveduto a conservare di quella che fu una stagione breve, ma intensissima, eccezionalmente fon<lativa, poiché prelude alla nascita della repubblica, senza considerare che qualcuna di loro partecipò ai lavori della Consulta Nazionale prima e della Costituente poi 15 .

14 IVI,. p.7.

15 Su questo si veda M. ADDIS SABA - M. DE LEO - F. TARICONE, Al/e origini della Repubblica. Donne e costituente, Roma, 1996.


124

Fiorenza Taricone

Adriana Locatelli, ad esempio come Ada Gobetti, scrisse un diario sulle attività cospirative. Arrestata e torturata, nega i capi d'accusa che le vengono imputati: intelligenza con il nemico, spionaggio, traffico d'armi e di munizioni, occultamento e trasporto di prigionieri, atti di sabotaggio, diffusione di fogli clandestini 16. Tra le donne piemontesi celebre è il nome di Maria Agazzi; cooperava con la 428a Brig. Walter Fontana e aveva tra gli incarichi quello di collaborare con la squadra volante, permettendo con le sue informazioni la cattura di molti ufficiali. Entrò a far parte della squadra dei patrioti di Borgone nel novembre del '43. Prese parte a diverse azioni di guerra e riuscì ad entrare nonostante la pena di morte nel paese di San Giorgio dove era stata collocata una formazione di artiglieria pesante per effettuare bombardamenti. In compagnia del comandante, notò un potente cannocchiale posto su di un treppiede e, ottenuto il permesso di guardare, vide che nella montagna di fronte tutti i movimenti dei partigiani erano sotto controllo. Fu informata che si preparava un attacco contro di essi e quando lei stessa obiettò che potevano rifugiarsi dietro il costone, le fu risposto che altri reparti fascisti sarebbero saliti sulla montagna per prenderli tra due fuochi. A notte alta, la Agazzi lasciò di nascosto l'accampamento tedesco e due ore dopo alla Brigata W. Fontana arrivavano notizie sul prossimo rastrellamento dei nazi-fascisti col numero degli uomini e i mezzi d'armamento. Scoperta dopo qualche tempo, venne "passata per le armi" nel dicembre del '44 dai repubblichini della Folgore. Fonte preziosa infine, sono le testimonianze di donne che, come scrive Teresa Noce, nel suo libro, sono state "rivoluzionarie professionali". Oltre alla suddetta, Camilla Ravera offre un quadro in prima persona della partecipazione delle donne alla lotta spesso armata. Afferma che le donne sono portate naturalmente a sentire orrore per le atrocità e le assurdità della guerra. Solo poste di fronte alla assoluta necessità della difesa, o della liberazione, possono su perare questo naturale orrore. Dalla contraddizione che esiste tra la feroce realtà della guerra e gli ideali di umana fratellan za posti a fondamento dei rapporti umani, dalla difficoltà di risolverla,

16 A. LOCATELLI, Diario di una patriota, Bergamo, 1946.


Donne e guerra: teorie e pratiche

125

nell'isolamento del loro mondo familiare sono spesso portate a rifugiarsi in posizioni fatalisticamente passive" 17 . Nel cosiddetto "secondo Risorgimento Nazionale" però i Gruppi di difesa della donna avevano validamente operato: organizzando nelle fabbriche, negli uffici, nelle scuole, nelle campagne la resistenza alle violenze, il sabotaggio alla produzione di guerra, con la proibizione del lavoro a catena, del lavoro notturno e del lavoro nocivo alle donne. Nelle Volontarie della Libertà erano invece inquadrate donne energiche e audaci, decise a combattere fattivamente con azioni di guerriglia. :Cinquadramento prevedeva distaccamenti di trenta donne divise in squadre di cinque, con una Comandante, una Vicecomandante e una Commissaria Politica per ogni distaccamento. Le donne erano scelte fra quelle che godevano maggior fiducia nei Gruppi di Difesa. Nei compiti erano previsti piani di studio per organizzare atti di sabotaggio e interrompere le vie di comunicazione, la collaborazione con i GAP partigiani, dimostrazioni nelle fabbriche, occupazioni dei depositi e ammassi di generi alimentari dei tedeschi, mobilitazione fra le donne del popolo, colpendo quelle che avevano rapporti con i tedeschi, impedimento delle deportazioni di donne in Germania, di arresti e condanne a morte; era quindi necessario che ogni volontaria prendesse dimestichezza con le armi e si procurasse delle armi leggere, in collaborazione con le SAP. Due gappiste di Castel S. Pietro, Wilma e Teresa, che avevano preso parte ai combattimenti, venivano proposte dal capitano inglese Monty per un'alta decorazione alleata. Nell'agosto del '44, in Val d'Ossola, al momento della costituzione di una Giunta Provvisoria di Governo, Gisella Floreanini fu chiamata a farne parte, prima donna investita di responsabilità politiche. Complessivamente, secondo dati ufficiali non completi, l'Italia ebbe settantamila donne appartenenti ai Gruppi di Difesa, trentacinquemila partigiane, di cui più di seicento fucilate, e dodici decorate dalla Commissione di guerra con Medaglia d'oro. Tra di esse, Carla Capponi, romana, era stata nominata Vicecomandante di una formazione partigiana. Infine, un esempio singolare di attività cospirativa è offerto da Teresa Noce la cui esistenza è stata vissuta per intero all'insegna della militanza e dell'impegno politico. Deportata a Halleischen,

17 C. RAVERA, La donna italiana dal primo al secondo Risorgimento, Roma;

1951, p. 85.


126

Fiorenza Taricone

una cittadina a sud di Pilse, fu addetta alla produzione di guerra. Insieme alle compagne, per rallentare la produzione, fingevano di non riuscire a capire ciò che dicevano loro le SS donne, ribattezzate dalle prigioniere "aspirine". La minaccia di rasare completamente le teste ottenne specie fra le più giovani l'effetto voluto, ma Teresa Noce trovò casualmente la maniera di sabotare la produzione. "Durante il lavoro, ogni tanto avevamo il permesso di bere un po' <l'acqua perché la polvere nera dei proiettili ci seccava la gola. Io tenevo spesso un sorso in bocca perché il sollievo durasse di più. Ma un giorno il prurito in gola mi fece tossire, sicché spruzzai l'acqua nelle scodelline di vernice e acetone che avevo avanti e che servivano per sigillare o aprire le spolette dei proiettili. Mi accorsi subito che l'acqua caduta nelle scodelline impediva di sigillare ermeticamente le spolette. Misi da parte qualcuna di queste e l'indomani provai a svitarla: girava senza sforzo. E non era facile da scoprire, perché i proiettili appena pronti venivano messi nelle apposite cassette ... " 18 . Se alcuni nomi ci sono più familiari perché hanno continuato ad operare nella politica attiva, all'interno dei partiti o dei sindacati, non per questo vanno accantonati il significato e le azioni della mobilitazione collettiva di molte altre donne, che hanno progressivamente fatto proliferare i ristretti gruppi che avevano dato inizio alla Resistenza. Dalle operaie, casalinghe, infermiere, impiegate, artigiane, mondine, intellettuali, alle comuniste, alle socialiste, gielliste, democristiane, liberali, tutte hanno dato un contributo per una nuova dignità della donna 19 •

18 T. NOCE, Rilloluzionaria professionale, Milano, 1974, p. 303 e ss. Si veda anche il libro narrato in prima persona da R. CHIARINI SCAPPINI, dal titolo Storia di Clara, Milano, 1983 e A. GAROFALO, J;italiana in Italia, Bari, 1956, tratto da conversazioni radiofoniche tenute nel settembre '44 dove, tra le prime invitate vi furono le rappresentanti della Unione Donne Italiane, associazione sorta dai Gruppi di Difesa della donna. Infine, Donne cristiane della Resistenza, Milano, 1950 e M. MARINI, Treno Ospedale n. 34, Milano, 1951. 19 Le donne di Vercelli in piazza contro il Fascismo, «Patria Indipendente», luglio 1984, pp. 22-3; la rivista ha spesso ricordato volti e vicende di donne della Resistenza. Si vedano ad esempio i numeri del dicembre 1982 e gennaio 1984 dove vengono ricordate le fi gure di Maria Carrea, che aveva partecipato alla resistenza col nome di Mammina, alle dipendenze del Comando Militare Regionale Ligu re, nella VI zona operativa. E quella di Valle firma, partigiana carnica, la quale, catturata durante un rastrellamento tedesco, venne incarcerata ad Udine e poi deportata nel lager di Regensburg.


Donne e guerra: teorie e pratiche

127

Nel libro, Quell'idea. Storia di detenute politiche 1927-48, si ricorda come per le donne impegnate nella resistenza la partecipazione fu anche una battaglia per l'emancipazione. Per esempio, le contadine che organizzarono "le forme primordiali erano solite provvedere alla cura e al sostentamento dei propri familiari, ma fare quaranta chili di pane al giorno per i partigiani era una fatica diversa da quella dedicata ai pranzi della mietitura. Le donne contadine quindi, nel momento stesso in cui compivano per i partigiani le solite azioni della vita quotidiana, effettuarono anche un rovesciamento dei ruoli tradizionali" 20 . Tanto più colpisce la novità dei ruoli assunti quando dalle mura domestiche ci si sposta all'esterno, in quell'affiancamento ai propri familiari in compiti mai sperimentati. Come Neni Casali Mirarti, una popolare figura della Resistenza lombarda. Figlia di un antifascista ucciso nel 1922, nel periodo '43-'45 partecipò alla lotta clandestina come staffetta <lei GAP milanesi e collahoratrice del marito Aldo Mirarti, perseguitato politico, primo sindaco della liberazione e ufficiale di collegamento delle Brigate Garibaldi del bergamasco 21 . Emblematica delle lotte per la libertà del proprio paese e insieme di una battaglia per l'emancipazione del proprio sesso, non si può non ricordare Maria Rinaldi, nota come "Luisa" nella resistenza modenese. Staffetta della Brigata Mario fece arrivare a destinazione sporte di armi, munizioni e materiale propagandistico a vari distaccamenti. Passata a disposizione del Comando di divisione M.P., assunse compiti di portaordini e depositaria di documenti riservati, superando controlli e posti di blocco. A lei fu affidato il comando di duemila uomini nei giorni dell'insurrezione popolare armata del '45. Per le funzioni di comando assolte in guerra, le fu riconosciuto il grado di capitano e ancora nella società del dopoguerra, come per molte altre resistenti, il suo contributo al progresso civi le continuò come militanza all'interno dell'Unione Donne Italiane.

20 L. MAl(IANI, Quell'idea. Storia di detenute politiche, 1927-48, Bari, 1982. 21 Si veda il suo libro autobiografico Frammenti di vita vissuta 1943-45, a cura del Comune di Casalpusterlengo, J984.


Fiorenz.a Taricone

128

Alcuni nodi del dibattito negli anni recenti Nel dibattito contemporaneo l'istituzione del servizio militare femminile ha dato luogo a vivaci contrasti 22 • I punti più qualificanti del disegno di legge presentato all'inizio degli anni ottanta dall'allora ministro della Difesa Lagorio riguardavano il reclutamento volontario per le categorie degli ufficiali, dei sottufficiali e dei militari di truppa in servizio continuativo. Limpiego si estendeva per le donne a tutti i settori, con la sola preclusione dell'unità di combattimento. Le possibilità di carriera uguali per i due sessi, tranne l'obbligo per le donne dei periodi d'imbarco nella Marina. Uguale lo stato giuridico, anch'esso analogo al personale maschile, tranne talune norme emanate al personale femminile e il trattamento economico, assistenziale, previdenziale. Ma questa legge aveva potuto essere formulata grazie ad un importante precedente legislativo. È forse noto infatti a molti come la possibilità dell'istituzione della leva femminile sia legata alla legge del 1° febbraio 1963, n. 66 che, liberalizzando l'accesso delle donne a tutti gli impieghi pubblici, senza limitazioni di mansioni e di carriera, stabiliva anche la possibilità del loro arruolamento nelle Forze Armate. Le particolari modalità, da definire con leggi speciali, furono affidate ad un Gruppo di lavoro Interforze, che nel 1966 indicò la soluzione di un Corpo femminile unico interforze, volontario, con ruoli ed organici a carriera limitata e separati da quelli maschili. Tale Corpo, posto alle dipendenze del capo di Stato Maggiore della Difesa avrebbe dovuto operare nel settore sanitario, logistico, tecnico, amministrativo e delle comunicazioni. Questa soluzione fu indicata nel 1977 anche nel Libro Bianco, mentre il Centro Alti Studi Difesa proseguiva un proprio lavoro di ricerca; si confrontavano i paesi occidentali e l'est europeo, avvalendosi dei pareri di personalità qualificate del mondo giuridico, politico e culturale, in particolare di quello femm inile. Compreso un esame della condizione della donna in Italia, delle sue esperienze di lavoro e di impiego, il suo contributo alla vita politica, le caratteristiche somatico-funzionali e psico-attitudinali. L'ammiraglio Marulli nel presentare il lavoro svolto dal CASO, sosteneva che esso permetteva di capire cosa

22

F. TARICONE, La donna soldato, «Rivista Militare», cit.


Donne e guerra: teorie e pratiche

129

fosse possibile concretamente fare e quanto fosse lecito attendersi in tempi brevi, aggiungendo naturalmente la necessità di un ampio dibattito a tutti i livelli, tale da stimolare la presa di coscienza di tutti i problemi che sarebbero nati. I pareri negativi che esprimeva il CASO venivano spiegati con le particolari esigenze funzionali delle Forze Armate; per il CASO infatti, occorreva stare attenti a non determinare flessioni di operatività dello strumento militare e avvertiva al contempo che non sarebbe stato facile in tempi brevi realizzare tutte le misure che l'ingresso della donna rendeva inevitabili. Per un'analisi giuridica completa si era anche verificato se l'inserimento della donna fosse compatibile con la legislazione in vigore. La verifica teneva quindi in debito conto gli aspetti fondamentali del "pubblico ufficio" (art. 51 della Costituzione e legge di attuazione 66/1963) della "parità di diritti" (art. 3) e della particolare condizione femminile (art. 4 e 3 7) con le conseguenti leggi ordinarie (n. 1204/71 e 903/77) che fanno carico al datore di lavoro di facilitare le donne durante la gestazione, il parto, il puerperio, l'allattamento e che vietano il licenziamento per maternità. Sulle norme costituzionali e legislative, relazionava per il CASO Giuseppe Motta, il quale affermava che gli orientamenti politici attribuivano al servizio militare femminile le finalità di attuazione della norma costituzionale sulla parità dei diritti fra uomo e donna. Non esisteva invece identità di opinioni sulle categorie in cui inserire le donne: se il servizio militare era inteso come pubblico ufficio e quindi volontario, doveva essere reso possibile. Se inteso come dovere di difesa, una volta accertata la capacità femminile a svolgerlo, doveva, secondo alcuni, essere reso obbligatorio come per il personale maschile. Il Colonnello pilota Lorenzo Giordo, che nella relazione si occupava dell'aspetto organizzativo, evidenziava l'opportunità del reclutamento volontario e l'apertura al personale femminile delle categorie ufficiali e sottufficiali sia perché più qualificate, sia perché non si creassero differenziazioni con il personale maschile volontario. Per l'individuazione dei settori d'impiego e secondo il dettato della legge 66/ 1963, le affermazioni ottenute dalle donne in molti campi indurrebbero a non porre alcuna limitazione. Ma la valutazione doveva essere prudente per le innovazioni da apportare in una struttura tanto consolidata come quella delle Forze Armate; anche perché non


130

Fiorenza Taricone

essendo ipotizzabile un incremento degli organici, le donne avrebbero sostituito altrettanti uomini in mancanza di periodi di prova, prima cioè di conoscerne le reazioni e le capacità di adattamento, senza considerare la realizzazione di a pposite strutture presso tutte le unità. "D'altra parte, la naturale avversione della donna per la guerra e la violenza, la limitata idoneità per incarichi che richiedono un intenso sforzo fisico cd altre considerazioni dettate anche dall 'esperienza maturata presso i Paesi esteri, consigliano di limitare almeno nella fase iniziale, l'accesso delle donne soltanto a quei settori che pur determinanti per l'efficienza dello strumento militare - offrono migliori condi zio ni di vita e cioè in quelli sanitario, amministrativo, logistico, dei trasporti e delle telecomunicazioni". Da un'indagine preliminare, svolta nell'ambito di ciascuna Forza Armata per conoscere quali incarichi potessero essere attribuiti al personale femminile, era emerso che mentre risultavano vari e numerosi quelli da affidare ai sottufficiali, piì:1 limitati apparivano quelli relativi agli ufficiali. In quest'ultima categoria, risultavano accessibili per le tre Forze Armate: il Corpo Sanitario e quello d i Commissariato, il Corpo Veterinario, quello <li Amministrazione, quello Tecnico e il Ruolo Speciale Unico per l'Esercito. Inoltre il ruo lo delle Capitanerie di Porto per la Marina, di ruoli Fisici e Chimici, il ruo lo Servizi e quello degli Assistenti tecnici per l'Aeronautica, con qualche limitazione. Era noto forse, rammentava lo studio del CASO, che nella quasi totalità delle nazioni più sviluppate il servizio militare fosse già in vigore, come ad esempio nei paesi Nato, salvo Lussemburgo e Islanda. Il servizio, in quasi tutti gli stati era a carattere volontario e si estrinsecava nelle tre categorie ufficiali, sottufficiali e truppa. Comune a tutti i paesi, compreso Israele che ha previsto, primo fra i paesi, l'obbligatorietà del servizio militare fem minile, l'interdizione dell' impiego delle donne in funzioni che implichino il contatto diretto con il nemico. I settori d'impiego erano prevalentemente: logistico, sanità, amministrazione, difesa terra-aria, e controllo del traffico aereo. La maternità comportava in alcuni paesi la risoluzione del rapporto d'impiego cd in altri il mantenimento in servizio a partico lari co ndi zioni restrittive. Il generale Onnis sempre per il CASD ricordava come le donne in un arco di tempo relativamente breve, trent'anni circa, avessero fatto passi da gigante nella società italiana, grazie anche al contributo offerto durante la Resistenza. Nel commentare


Donne e guerra: teorie e pratiche

131

i risultati di un'inchiesta compiuta presso alcune organizzazioni particolarmente significative come la Croce Rossa, la Polizia Femminile, i Vigili Urbani, le Ferrovie dello Stato, dove la presenza femminile arrivava fino al 14% circa, si ricordava che esisteva una tendenza generale ad inserire le donne in ruoli maschili preesistenti, con difficoltà riferibili all'aspetto organizzativo e alle infrastrutture. Un bilancio delle capacità fisico-psico-attitudinali portava invece a concludere che esse potevano fornire prestazioni fisiche mediamente inferiori a que lle dell'uomo, mentre dal punto di vista fisiologico non esistevano differenze notevoli. Le giornate lavorative perdute erano più numerose rispetto all'uomo e quasi tutte d ovute al puerperio, alla maternità e all'allattamento, considerando che non si disponeva ancora di tutte le strutture sociali che permettessero alle donne di anteporre l'ambiente lavorativo a tutta quella serie di obblighi, anche morali, come appunto l'assistenza ai minori o agli anziani. Sul piano attitudinale non si riscontravano differenze significative, mentre ai fini dell'apprendimento essa risultava complessivamente migliore. In definitiva, concludeva il generale Onnis, per quanto atteneva a l servizio militare, si poteva presumere che esse in quanto dispensatrici di vita, rifuggissero da tutto ciò che richiamasse alla guerra ed alla violenza anche se avevano dimostrato di saper impugnare le armi per la difesa della libertà e della propria terra. Nell'ambito militare, le donne avrebbero potuto mostrare propensione per i settori in cui operavano già positivamente in campo civile e per le a ttività congeniali alla loro natura. Le soluzioni principali, secondo Giordo, erano due: Corpo Femminile Unico Interforze, alle dipendenze d el Corpo di S. M. della Difesa o un Corpo Femminile di Forza Armata alle dipendenze d ei si ngoli capi di S. M., in alternativa all'inserimento del personale femminile nei ruoli maschili già esistenti; la prima soluzione imponeva la realizzazione cx-novo di una struttura adeguata, con la creazione di nuovi organici da assegnare alle donne. La seconda rifletteva quella in atto ormai nella maggior parte dei paesi e non richiedeva modifiche sostanziali a lle strutture, eliminando il car atter e di complementa rietà del personale femminile. D'altra parte, per le loro possibilità d 'impiego, era stato osservato che le Fo rze Armate dei paesi membri della Nato tra le qu ali rientravano an che le italian e non potevano n o n allinearsi con le


132

Fiorenza Taricone

specifiche funzioni che l'Alleanza veniva espletando nelle relazioni tra Est e Ovest: "funzioni che non possono non tener conto non solo della opzione zero, ma anche di altri accordi che, riducendo determinati tipi di armamenti, produrrebbero in ultima analisi l'effetto di'. dover modificare il numero dei militari addetti all'utilizzazione delle armi, del tipo contemplato dai singoli accordi eventualmente conclusi. Ciò, se da un lato determina in ogni caso una riduzione del numero degli addetti ad un determinato settore delle Forze Armate, dall'altra provoca una richiesta di maggiore professionalità da parte di questi, anche in vista della sempre più avanzata tecnologia delle armi convenzionali e strategiche". Riferendosi al settore femminile, tutto ciò avrebbe potuto anche significare una utilizzazione in special modo "delle più motivate verso l'arte militare" in settori nei quali si richiedeva, invece che il contatto diretto con il nemico, la professionalità e la precisione 2.1. 23 M. R. SAULLE, Donne, leggi e Forze Armate, «Rivista Militare», nn. 1-2, gennaio fehbraio 1984, p. 8. Si veda anche, in anni immediatamente precedenti, R. GUJSCARDO, Forze Armate e democrazia, il quale sosteneva che l'emancipazio ne femminile non poteva non seguire le seguenti fasi: uguaglianza giuridica, possibilità di partecipare al lavoro produttivo, partecipazione politica, riscatto dalla servittl dei lavori domestici e infine lavoro e impegno sociale realmente autonomi. Quindi, un servizio militare femminile sarebbe stato complessivamente un'esperienza costruttiva, "sia come rafforzamento del carattere, sia come esempio di esperienza comunitaria. Essa contribuirebbe a cancellare progressivamente il mito della donna intesa come essere da proteggere e da preservare da date attività, mito, questo, cavalleresco, di un tradizionalismo che, ai nostri tempi, è fondamentalmente ipocrita e razzista", cit., Bari, 1974, p. 28. Nel '77, Rossana Rossanda invitava su il «Manifesto» a discutere il futuro ruolo della donna nell'esercito, in una logica di difesa "totale". La Rossanda condivide parzialmente la risposta che il movimento femminista dava ad Accame: di questa parità non vogliamo saperne, ma poi aggiunge l'opinionista, fugge per la tangente. "Perché non vogliamo saperne delle armi, perché sono terreno di violenza; la violenza è maschile e noi donne non siamo violente. Macho, la guerra te la fai da te. E rieccoci come altre volte nella vicenda femminista, al paradosso dei ruoli t radizionali riconfermati, anche se col segno inverso .... La metà del cielo, fosse davvero femminista, a sentire il comunicato alzerebbe il cartello dell'astensione. L'l guerra è una cosa orrenda, ma come impedirla non ci riguarda". In verità, per la Rossanda, il limite di Accame e non solo suo, era il non vedere l'irriformabilità dell'esercito moderno in strumento democratico popolare. Cesercito moderno era il braccio armato dello stato repressivo, mentre un esercito popolare era la di fesa di massa nelle mani del popolo maschi e femmine, armati e organizzati in modo da decidere della difesa stessa.


Donne e guerra: teorie e pratiche

133

Negli stessi anni ottanta, il Consiglio di Stato annullava la sentenza del TAR della Toscana che riconosceva alle donne la piena capacità giuridica ad accedere alla carriera militare. La decisione concludeva in un certo modo la vicenda della studentessa diplomata presso l'Istituto Nautico di Trieste la quale, nel giugno dell' '81, aveva ch iesto di partecipare al concorso di ammissione alla I classe del Corso Normale dell'anno accademico 1981-82. Il ricorso al TAR della Toscana era imperniato sul fatto che l'Accademia Navale non doveva essere considerata forza armata o corpo speciale, ma solamente una scuola di specializzazione in previsione di un futuro ingresso nella Marina Militare. Né il sesso femminile poteva costituire ostacolo perché non esistevano regolamenti o disposizioni di legge , nel bando di concorso o nello statuto dell' Accademia, che precludessero l'entrata ad un sesso o l'altro. TI TAR, con ordinanza n. 333/8 1 del 28 luglio 1981 accoglieva la domanda incidentale di sospensione proposta dalla ricorrente e ne disponeva l'ammissione con riserva al concorso. Il Ministero della Difesa e l'Accademia Navale - come scrive il Cap. di vascello G. Anfossi rappresentati dall'Avvocatura Generale dello Stato, impugnavano immediatamente davanti al Consiglio di Stato l'ordinanza per una serie di motivi: la mancanza di specifiche disposizioni e di leggi particolari che consentissero l'arruolamento della richiedente. Inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione da parte della

segue nota Ciò significherebbe la fin e della Nato, degli Stati Maggiori dell'esercito profess ionale e della leva così come è ora. "Questo esercito sarebbe un grosso servizio civile, come in Cina munito di strumenti di d ifesa, l'essenziale dei quali non è però l'atomica, ma la impossibilità politica creata al nemico di invadere e sottomettere un popolo intero, salvo il genocidio". Solo in questa concezione di popolo armato ci sarebbe posto per le donne, come era del resto avvenuto nella Resistenza e sarebbe questa la carta che il Movimento di liberazione della donna dovrebbe giocare; "essa è assai più distruttiva della sdegnosa risposta al maschio: la guerra non è mia, io sono dolce e gentile". Ed effettivamente la storia insegna che le donne non sono poi state quell'assol uto di rassegnazione e di dolcezza che alcuni hanno voluto far credere rigorosamente. Basterebbero le menzioni delle mille violenze subite o della ferocia e determinazione dimostrata in tante occasioni. Il rifiuto nobilitante insomma finisce per la Rossanda, per fare il gioco dell'astuzia della storia, che è tipicamente maschile e a trasformarsi in emarginazione, Militari e classe, «Il Manifesto», n. 4, 1977, p. 28.


134

Fiorenza Taricone

ricorrente, del bando di concorso, che presupponeva chiaramente l'appartenenza al sesso maschile. Inadeguata valutazione delle conseguenze derivanti dalla semplice ammissione della studentessa e mancata considerazione dell'interesse pubblico che si con t rapponeva all'accoglimento dell'istanza 24 . La risoluzione del nodo era in definitiva affidata ad una doppi a interpretazione: se l'art. 1, comma secondo, della legge 66 del 1963 nel rinviare all'emanazione di leggi particolari la regolamentazione dell'arruolamento della do nna nelle Forze Armate sanciva nel frattempo un generale divieto di esercizio del diritto di accesso dei cittadini di sesso femminile alla carriera militare oppure se, in carenza di una disciplina positiva della materia, il diritto stesso doveva tro vare piena espansione senza possibilità di compressione 25 . Il ricorso in appello al Consiglio di Stato per l'annullamento della sentenza del TAR fu discusso il 22 giugno dell"82. Cesito è noto, il Consiglio di Stato respingeva le argomentazio ni secondo cui esso avrebbe eliminato dal m ondo giuridico ogn i impedimento all'arruolamento della donna nell e Forze Armate, ritenendo vero esattamente il contra rio. "Il divieto è ora e per intanto indirettamente contenu to nella stessa legge n . 66 la quale nello stabilire l'opposto principio della piena capacità giuridica anche pubblicistica della donna, vi ha mo me nta neamente stralciato (il che non può essere ritenuto aprioristicamente irragionevole) il settore dell'impiego militare p er riservarlo ad una apposita normativa" 26 . Un saggio di un noto studioso italiano di storia militare, Virgilio Ila ri, che ha giustamente de finito il servizio femminile la tela d i Penelope, ha recentemente riassunto i momenti fondamentali che dal ' 43 al '92 hanno scandito le tappe del percorso culminato nella legge : Trentuno anni dopo la dichiarazione di incostituzionalità della legge 24 G. ANFOSSJ, La controversia sull'esclusione della concorrente all'Accademia Navale, «Rivista Marittima», n. 4, 1983. 25 Ivi, pp. 75-6. 26 Ivi, p. 79; si può vedere inoltre sul tema delle donne "a bordo" l'artico-

lo di O. d'Hauthille, Des (emmes à bord?, «Armèes d'aujourdhui», n. 70, maggio 1982. Come retrospettiva storica, A. OrrONEI.LO, Donne a bordo all'epoca della vela, «Rivista Marittima», nn. 8-9, 1983.


Donne e guerra: teorie e pratiche

135

che escludeva le donne dagli impieghi militari, non ci sono ancora donne soldato in Italia. D'altro canto, gli studi tecnici e i progetti di legge presentati sono stati invece numerosi e tutti scaduti per termini di legislatura, prima di essere discussi dai due rami del Parlamento. Ilari forniva anche una cronologia essenziale: - 1943-45: nella Repubblica sociale viene istituito, con seimila effettivi, un Servizio ausiliario femminile (Saf) mentre nel Regno del sud viene istituito, con quattrocento volontarie, un Corpo ausiliare femminile (Caf), a statuto civile, sciolto nel 1946; 1947: alla Costituente vengono respinti gli emendamenti al futuro art. 52, volti a escludere le donne dal servizio militare obbligatorio, rinviando la limitazione alla legge ordinaria; 1967: dopo un lavoro di redazione pluriennale, un gruppo di lavoro dello Stato Maggiore della Difesa istituito per lo studio del reclutamento femminile, termina uno studio tecnico per proporre una soluzione analoga a quella allora in vigore negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, e cioè l' istituzione di un apposito servizio ausiliario con specifico ordinamento e carriera; progetti di legge Dc e Msi-Dn (1974): i primi in materia, prevedono entramhi di inserire il personale femminile in uno specifico corpo o servizio ausiliario (va sottolineato che nello stesso anno, negli Stati Uniti, i corpi ausiliari femminili vengono disciolti e il personale inserito nei ruoli normali, sia pure con restrizioni negli impieghi e incarichi di combattimento). progetti di legge Psdi (1976) e Msi-Dn (1977): prevedono un servizio ausiliario femminile; libro bianco della difesa (1977): per la prima volta prevede l'ingresso delle donne soldato nei ruoli maschili, ma con esclusione dagli incarichi di combattimento e, conseguentemente, dai ruo li maggiormente qualificati; progetto di legge Accame (1979): prevede la riserva del 50% dei posti militari alle donne; studio del Casd (]980): conferma l'orientamento dello Stato Maggiore, prevedendo l'immissione delle donne nei corpi e nei ruoli tecnici, logistici e amministrativi delle Forze Armate, sempre con esclusione da quelli di combattimento; progetto di legge Lagorio (1981, durante il Governo Spadolini): il primo progetto di legge governativo, depositato due giorni dopo


136

Fiorenza Taricone

la sentenza del TAR della Toscana favorevole alla Bussani; evidentemente diretto a dimostrare l'impegno del Governo, senza alcuna reale intenzione di tradurlo a effetto; legge 1° aprile 1981, n. 121: riforma della Polizia, ivi compresa l'ammissione delle donne. Le limitazioni nell'impiego consentite dal-la legge vengono tutte soppresse nella prassi; viene respinta dal Parlamento la proposta di fissare un "tetto" percentuale all'arruolamento di personale femminile; sentenza del Consiglio di Stato a proposito del caso Bussani (7 luglio 1982); libro bianco della difesa (1985); progetto di legge Savio-Scaiola ecc. (a.e. n. 4022, 1 ottobre 1986): corpo unico femminile; progetto di legge Spadolini (a.s. n. 2016, 31 ottobre 1986), identico al progetto di legge Lagorio: ammissione ai concorsi per il reclutamento degli ufficiali e sottufficiali dei ruoli e incarichi tecnici, logistici e amministrativi, con esclusione dai ruoli e dagli impieghi di combattimento; parere della Commissione nazionale per la realizzazione della parità fra uomo e donna (della Presidenza del Consiglio), presieduta dalla socialista Elena Marinucci, sul p.d.l. Spadolini (9 dicembre 1986): pur esprimendo il sospetto che il servizio militare femminile non mirasse alla parità, bensì piuttosto a risolvere la mancanza di personale maschile, in sostanza il parere era favorevole al p.d.l., criticando però, senza troppo insistervi, l'esclusione dagli incarichi di combattimento, considerata fonte di limitazione delle opportunità di carriera. Bisogna sottolineare che quest'ultimo commento denota l'ignoranza della Commissione rispetto alle norme riguardanti l'organizzazione del personale militare, la progressione di carriera fino al rango di generale essendo regolata in maniera indipendente in ciascuno dei ruoli che sarebbero stati aperti alle donne. Il parere dato dalla Commissione denota una divisione nel movimento femminista italiano, nato dai movimenti di sinistra, e fino a quel momento avversario del servizio militare femminile per ragioni di principio o ideologiche: pacifismo, antimilitarismo, specificità della cultura femminile. La difesa della "patria" vince per la prima volta sul pacifismo e sull'antimilitarismo.


Donne e guerra: teorie e pratiche

137

21 gennaio 1987: la Commissione Difesa del Senato inizia l'esame dei p.d.l. del Governo e del Msi-Dn riguardanti il servizio militare femminile. Per la prima volta i media si occupano seriamente del problema, mentre di solito se ne occupavano solo a titolo di curiosità estiva. I sondaggi d'opinione danno una maggioranza favorevole; progetto di legge Costa (Dc), gennaio 1989: più o meno come il progetto di legge del Governo; - 16 novembre 1989: riunione-dibattito sul servizio militare organizzato dal Cespeuro (donne socialiste); 1989-90: il servizio militare femminile e l'ammissione volontaria di donne al servizio nazionale civile (che si prevede di istituire al posto del servizio militare obbligatorio) sono contemplati da numerose proposte di legge relative alla riforma o all'abolizione del servizio militare obbligatorio e all ' incentivazione del reclutamento volontario; - ottobre 1992: primo esperimento, a carattere meramente propagandistico, di apertura delle forze Armate alle donne: ventinove ragazze, selezionate fra quante avevano presentato domanda di ammissione ai concorsi per il reclutamento di ufficiali o sottufficiali, vengono ospitate per meno di quarantotto ore nella caserma romana dei "Lancieri di Montebello" e sottoposte a test psicologici al termine dell'"esperimento", molto enfatizzato dai mass-media (e accompagnato peraltro da numerose critiche e riserve da parte non solo dei movimenti femminili della sinistra, ma anche dei rotocalchi popolari). In seguito, le ragazze residenti a Roma vengono ripetutamente intervistate ed "esibite", mentre l'Ufficio documentazione e "attività promozionali" (propaganda) dello Stato Maggiore dell'esercito commissiona un'indagine sul tema al sociologo Fabrizio Battistelli; - novembre 1992: la previsione di un arruolamento femminile (con esclusione dagli incarichi di combattimento e per la prima volta con la previsione di un "tetto" percentuale) viene inserita nel disegno di legge del ministro della difesa Andò, che prevede la semiprofessionalità delle Forze armate italiane e la drastica riduzione del contingente di leva a un quinto del gettito utile di ciascuna


Fiorenza Taricone

138

classe. Tale norma viene confermata nello schema di d.d.l. in corso di elaborazione da parte del ministro della difesa Previti (giugnoluglio 1994) 27 . Tra i tanti contributi di questi ultimissimi anni offerti al dibattito che, naturalmente, non era limitato solo all'accesso femminile, ma comprendeva anche l'abolizione della stessa leva, sostituita dai volontari professionali e dal riordino del servizio civile, ricordiamo il convegno tenuto a Villa Durazzo Genova nel '98, dal titolo Donne e difesa: situazioni e prospettive, a cui intervennero lo stesso Spini e l'on. Silvia Costa, che, da parte sua, aveva già dato vita ad un Gruppo di studio a Palazzo Chigi, su questo tema, come presidente della Commissione Nazionale Pari Opportunità. Infine, a ridosso ormai della legge, il convegno organizzato dal Soroptimist di Roma, presidente Anna Maria Isastia, sul tema Servizio militare femminile: una opportunità per le donne. I passi che hanno portato la legge sul volontariato militare femminile si possono sintetizzare nell'approvazione della legge 25/97 sui vertici militari, primo firmatario Valdo Spini; subito dopo, la Commissione Difesa della Camera, presieduta dallo stesso Spini, dava il via ad un'ampia Indagine conoscitiva sulla leva e nuovo strumento militare in Italia e all'estero. Di lì a breve, veniva presentata la Delega al Governo per l'istituzione ciel servizio militare volontario femminile, firmata da Spini e altri, approvata dalla Camera il 29 settembre 1999, e divenuta legge n. 380 del 20 ottobre 1999. L'on . Spini sottolineava come l'Italia arrivava ultima nel mondo occidentale al traguardo dell'introduzione delle donne nelle Forze Armate. "Perché siamo ultimi? Direi che questo è avvenuto per due motivi, uno negativo, l'altro positivo. Il motivo negativo è evidente: si è trattato di un pregiudizio retrivo, di un conservatorismo che non voleva affrontare la novità, anche con gli inevitabili problemi che avrebbe comportato. Il secondo motivo è invece positivo: siamo un paese largamente pacifista cd è prevalso finora un sentimento del tipo "almeno le donne lasciamole in pace". Ma anch e questo

27

V. Iwu, La tela di Penelope: il servizio militare femminile in Italia 1945-1993, in E. Aorns-V. Russo-L. SEBESTA, Donne soldato, Roma, 1994.


Donne e guerra: teorie e pratiche

139

motivo viene in buona parte meno se si pensa al nuovo contesto delle missioni di pace e di cooperazione internazionale in cui vengono mobilitate le nostre Forze Armate" 28 •

La legge sostitutiva del servizio militare volontario femminile Ed ecco, infine il testo della Legge sul servizio militare volontario femminile che ha dato l'avvio ad una sperimentazione "storica" tuttora in corso: Legge 20 ottobre 1999, n. 380 "Delega al Governo per l'istituzione del servizio militare volontario femminile" pubblicata nella «Gazzetta Ufficiale» n. 255 del 29 ottobre 1999. ART. 1

1. Le cittadine italiane partecipano, su base volontaria, secondo le disposizioni di cui alla presente legge, ai concorsi per il reclutamento di ufficiali e sottufficiali in servizio permanente e di militari di truppa in servizio volontario, e categorie equiparate, nei ruoli delle Forze Armate e del Corpo della Guardia di finanza. 2. Il Governo è delegato ad emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministero della Difesa, di concerto con i Ministri per le Pari Opportunità, del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione, delle Finanze, dei Trasporti e della Navigazione e per la Funzione Pubblica, sentita la Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna, di cui alla legge 22 giugno 1990, n. 164, uno o più decreti legislativi per disciplinare il reclutamento, lo stato giuridico e l'avanzamento del personale militare femminile, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi: a) assicurare la realizzazione del principio delle pari opportunità uomo-donna, nel reclutamento del personale delle Forze Armate e del Corpo della Guardia di Finanza;

28 V. SPINI, /.:istituzione di Forze Armate professionali, del servizio militare

volontario per le donne e di un servizio civile volontario per ragazze e ragazzi, in "Info Studi e Documenti a cura del Gruppo Parlamentare Democratici di SinistraUlivo della Camera dei Deputati", a. VI, nn. 1-4, 15 gennaio-1 marzo 2000, p. 15.


140

Fiorenza Taricone

b) applicare al personale militare femminile e maschile la normativa vigente per il personale dipendente delle pubbliche amministrazioni in materia di maternità e paternità e di pari opportunità uomo-Jonna, tenendo conto dello status del personale militare. 3. Con decreto del Ministro della Difesa, di concerto col Ministro delle Finanze e con il Ministro per le Pari Opportunità, è istituito, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e per un periodo di quattro anni rinnovabile, un Comitato consultivo composto da undici membri, nel quale è assicurata una partecipazione maggioritaria di personale femminile in possesso di adeguate esperienze nelle materie attinenti ai settori di interesse del Ministero della Difesa e del Ministero delle Finanze, con il compito di assistere il Capo di Stato Maggiore della Difesa ed il Comandante generale del Corpo d ella Guardia di Finanza nell'azione di indirizzo, coordinamento e valutazione dell'inserimento e della integrazione del personale femminile nelle strutture delle Forze Armate e del Corpo della Guardia <li finanza. Sei membri del Comitato consultivo sono scelti dal Ministro della Difesa con proprio decreto e un membro è scelto dal Ministro delle Finanze con proprio decreto. Il Ministro per le Pari Opportunità designa i restanti quattro membri, due dei quali sono indicati dalla Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna; il decreto di istituzione del Comitato consultivo provvede anche all'indicazione di eventuali compensi connessi alla effettiva presenza ai lavori del comitato stesso. Per il funzionamento del Comitato è autorizzata la spesa di lire 80 milioni per il 1999 e di lire 240 milioni annue a decorrere dal 2000. Al relativo onere si provvede mediante riduzione d ello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1999-2001, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato ùi previsione del Ministero del Tesoro, del Bilancio e dell a Programmazione Economica per l'anno 1999, allo scopo utilizzando l'accantonamento relativo a l Ministero della Difesa. Il Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


Donne e guerra: teorie e pratiche

141

4. li Governo trasmette alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 2, al fine dell'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni permanenti, da rendere entro sessanta giorni dalla data di trasmissione. 5. Il Ministro della Difesa e il Ministro delle Finanze per il personale del Corpo della Guardia di Finanza, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 2, adottano, con propri decreti, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, regolamenti recanti norme per l'accertamento dell'idoneità al servizio militare sentiti, per quanto concerne il personale femminile, il Ministro per le Pari Opportunità, la Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna nonché il Ministro dei Trasporti e della Navigazione per il personale del Corpo delle Capitanerie di Porto. 6. Il Ministro della Difesa, acquisito il parere della Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna, d'intesa con i Ministri dei Trasporti e della Navigazione, delle Finanze e per le Pari Opportunità, definisce annualmente, su proposta del Capo di Stato Maggiore della Difesa, ferme restando le consistenze organiche complessive, le aliquote, i ruoli, i corpi, le categorie, le specialità e le specializzazioni di ciascuna Forza Armata in cui avranno luogo i reclutamenti del personale femminile a decorrere dall'anno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge. 7. Agli adempimenti di cui al comma 6, per il personale femminile da arruolare nel Corpo della Guardia di Finanza, provvede il Ministro delle Finanze, sentito il Ministro per le Pari Opportunità il quale acquisisce il parere della Commissione nazionale per la parità e le pari oppornmità tra uomo e donna, su proposta del Comandante generale del Corpo della Guardia di Finanza. 8. In via transitoria per i primi tre anni e salvo quanto previsto dai commi 6 e 7, le prime immissioni di personale femminile nelle Forze Armate e nel Corpo della Guardia di Finanza sono disposte, elevando di tre anni i limiti di età previsti dalla normativa per gli ufficiali o i sottufficiali, nonché limitatamente ai contingenti


142

Fiorenza Taricone

stabiliti annualmente nell'ambito della pianificazione del reclutamento del personale militare, dal Capo di Stato Maggiore della Difesa e dal Comandante generale del Corpo di Guardia di Finanza, sentito il Comitato consultivo di cui al comma 3, mediante reclutamento con concorsi a nomina diretta secondo quanto previsto dal decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 490, ovvero, per il Corpo della Guardia di Finanza, secondo le modalità di cui all'articolo 8, commi 2 a 4, della legge 28 marzo 1997, n. 85, in quanto applicabili. 9. In deroga alle previsioni del comma 1, le cittadine italiane possono partecipare, su base volontaria, anche ai corsi per ufficiali piloti di complemento delle Forze Armate. Questi ultimi devono essere reclutati con le modalità e le procedure di cui all'articolo 3 della legge 19 maggio 1986, n. 224.


BIBLIOGRAFIA La Bibliografia di seguito riportata non intende naturalmente essere esaustiva, ma indicare semplicemente testi e articoli che si sono occupati dell' argomento da punti di vista a volte omogenei, a volte assai differenti. Non sono stati compresi gli innumerevoli articoli apparsi su quotidiani e settimanali, soprattutto femminili, perché ciò avrebbe comportato un allargamento <lella ricerca ed un uso di fonti non pertinenti allo studio in oggetto.

Testi Per l'antichità fino all'Ottocento:

AA. W., Donna e guerra mito e storia, a cura <lella DARS (Donna Arte Ricerca Documentazione), U<line, 1989, in particolare M. Meiorin, Le amazzoni dal mito al fumetto e M. Carraruzza, Le amazzoni u del mito rivissuto. AA. W., Donne, guerra e società, Ancona, 1982. BARBIERA R., Donne e madonne dell"800, Milano, 1940. BEDUZZI L., Le donne nella rivoluzione, Parma, 1888. BOSI P., Dizionario storico, biografico, topografico militare, Torino, 1887.

BRICE R., Les femmes et les armées de la Révo/ution et de /'Empire, Paris, 1913. CAIRER., La (emme militaire des origines à nos jours, Paris, 1981. CAPJSSOL de F., istoria delle Amazzoni, Ferrara, 1688. CAPPELLETTI L., Le donne della Rivoluzione, Livorno, 1890.


144

Fiorenza Taricone

CATALINA DE ERAUSO,

Storia della monaca alfiere scritta da lei medesima, Palermo, 1991. CIAN V.,

rèmminismo patriottico del Risorgimento, Roma, 1930. CONTI ODORISIO G.,

Donna e società nel Seicento, Roma, 1979; Poullain de la Barre e la teoria dell'uguaglianza, Milano, 1996. CROCE B.,

Aneddoti di varia letteratura donne soldato nel Seicento, Bari, 1953-4. DEGU AZZI G.,

Una vivandiera benemerita della patria, «Archivio storico del Risorgimento umbro», a. VIII, 1912. Delle donne illustri italiane dal XVI al XIX secolo, Roma, 1893. Donne della rivoluzione dalle storie di Lamartine-Michelet-Blanc, a cura di G. Vicenzoni, Milano, 193 1. Essai sur l'éducation et la conduite de M.me Scanagatta, Milano, 1881. J<: Scanagatta ufficiale dell'esercito austriaco, «Rivista d' Italia», voi. 11, 1923.

GIGLIO V.,

Donne celebri, Milano, 1950; Vite di donne, Milano, 1957. JAMALLOA.,

La donna nel Risorgimento, Benevento, 1911. LACOUR I~,

Les Amazones, Paris, 1903. MARKALEJ.,

La (emme celte, Paris, 1977. MARTIN L. A.,

Histoire de la condition des (emmes chez /es peu/1/es de l'antiquité, Paris, 1839. NECHERI LUCAITELU, N.,

La donna nel Risorgimento, Cremo na, 1899.


Bibliografia

145

ORESTANO F., Eroine, ispiratrici, donne d'eccezione, Milano, 1940, serie VII. PALLINI L., Grandi donne italiane, Milano, 1938. PETIT P., Traité historique sur /es Amazanes, Leida, 1718. PREDART F., Le amazzoni rivendicate alla verità e alla ragione, Milano, 1839. Prontuario delle medaglie dei più fulgenti et illustri huomini et donne, Venezia, 1553.

SAMUEL P., Amazones, guerrières et gaillardes, Bruxelles, 1975. ROTA E.- SPELLANZON S., Maternità illustri, La donna nel Risorgimento, Milano, 1948. SARDIELLO G., Femminilità eroica, Reggio Calabria, 1916. Souvenirs historique de la marquise Constance d'Azeglio, 'forino, 1884.

SPINI C., F. Scanagatta, Milano, 1875.

TARICONE F.-BUCCI S., La condizione della donna nel XVII e XVIII secolo, Roma, 1983. THOMASA., Saggi so/1ra il carattere, i costumi e lo spirito delle donne, Cremona, 1792. Tra gli eserciti dell'Intesa Le vivandiere francesi, «La Patria», 1917.

TRTVULZT PALTRJNIERI C., Le illustri Camille italiane, Verona, 1818. TUDOR D., Donne celebri del mondo antico, Milano, 1980.


146

Fiorenza Taricone

Dal Novecento ad oggi: ADDIS SABA M.,

Partigiane. Tutte le donne della Resistenza, Milano, 1998; Donne e coscienza femminile, in La cultura della pace, a cura di M. Pacetti, M. Papilli, M. Saracinelli, Ancona, 1988. ADDIS E.-RUSSO V.-SEBESTA L., Donne soldato, Roma, 1994.

Al popolo d'Italia le donne italiane Comitato lombardo, 1916. ALBISTUR M.-ARMOGATHE D., Histoire du feminisme française, Paris, 1977. ALLOISIO M.-BELTRAMI G., Volontarie della libertà, Milano, 1981. ARENDTH., Sulla violenza, Parma, 1970. BAIONE U., La donna e la guerra, Firenze, 1917. BARBERA P., Le donne e la guerra, Firenze, 1916. BARONCHELLI GROSSON P., La funzione della donna in tempo di guerra, Firenze, 1919. BARTOLONI S.,

J..:associazionismo femm inile nella prima guerra mondiale e la mobilitazione per l'assistenza civile e la J,ropaganda, in Donna lombarda 1860-1945, a cura di A. Gigli Marchetti e N. Torccllan, Milano, 1985. BATTISTELLI F.,

Marte e Mercurio Sociologia de/l'organizzazione militare, Milano, 1990; Donne e Forze Armate, Milano, 1997. BENEDETTA, Donne della patria in guerra, Catania, 1942.


Bibliografia

147

BJLLIA B.,

La guerra e la donna, 1899. BISCAGLIA R.,

Sveglia alle armi, Palermo, 1919. BOCCHETTI A.,

Discorso sulla guerra e sulle donne, Roma, 1984. BRUZZONE A. M.- FARINA R.,

La resistenza taciuta, Milano, 1976. CAIHBBO OCCHIPINTI O.,

La donna e la guerra, Ragusa, 1916. CHIUSOLI DEL BIANCO A.,

La nostra guerra, Udine, 1916. CLAUSEWITZ von K.,

Pensieri suila guerra, Milano, 1995. CODRIGNANT G.,

Ecuba e le altre, S. Domenico di Fiesole (Firenze), 1994. CONTAMTNE P.,

La Guerre au Moyen Age, Paris, 1980. D'ESTE I.,

Croce sulla schiena, Venezia, 1953. DEL SOLDATO C.,

Anita Garibaldi, Pisa, 1932.

DI CORI P., Partigiane, repubblichine, terroriste. Le donne annate come problema storiografico, in Guerre fratricide, le guerre civili in età contemporanea, a cura di G. Ranzato, Torino, 1994. Dizionario biografico delle donne lombarde, a cura di R. Farina, Milano, 1998. Donne e uomini nelle guerre mondiali, a cura di A. Bravo, Roma-Bari, 1991.


148

Fiorenza 'Jàricone

FARÉ I.- SPIRITO E,

La donna e la lotta armata, Milano, 1979. ELSHTAIN B. J., Donne e guerra, Bologna, 1987. FTORT C.,

La confinata, Milano, 1979. FOTIA E.,

La donna durante l'ultima nostra guerra vittoriosa, Reggio Calabria, 1923 . FRANCHI A.,

Donne e amori, Milano, 1931. FRIANG B.,

Guardati morire Una donna in guerra, Milano, 1973. GAROFALO A.,

In guerra si muore, Roma, 1945. L'italiana in Italia, Bari, 1956. GIULIANI F.,

Le ausiliarie nella RSI, Roma, 1952. GOBETTIA.,

Diario partigiano, Torino, 1956. GRANDI E.,

La donna guerriera, Alessandria, 1910. GUISCARDO R. ,

Forze armate e democrazia, Ba ri, 1974.

Il dovere della donna nell'ora presente, Padova, 1916. ILARI V.,

Storia del servizio militare in Italia, Cemiss-R.ivista Militare, 1994, I-IV voi!. Indagine sulla propensione delle donne italiane a svolgere il servizio militare, a cura di R. Savarese, Cemiss, Roma, 1994. Inviate al fronte, a cura di N. Condorelli, Catania, 1991.


Bibliografia

149

TSASTIA A. M., Le donne nelle Forze Armate: diritto o dovere?, Roma, 1999. Tdoveri della donna nel doj}()guerra, Roma, 1919. L'altra metà della Resistenza, a cura <li L. Francc.:schi e I. Gaera, Milano, 1978. La donna nei lavori militari e agricoli, Torino, l918. La donna e il suo nuovo cammino, Roma, 1919. La donna italiana e la guerra, Bologna, ·1941. La guerra come fenomeno storico, economico, giuridico, sociale e culturale, Ancona, 1982. Lega Nazionale delle Seminatrici di coraggio, Milano, 1917. Le donne d'Italia nelle industrie di guerra, Roma, 1918. Libro Bianco Ministero della Difesa, Roma, 1977.

LOVALVO O., La guerra e i nuovi diritti della donna, Palermo, 1918.

MERLIN L., La mia vita, a cura di E. Marinucci, Firc.:nze, 1989.

MODUGNOO., Mobilitazione femminile, Campobasso, 1916.

MONTAGNANA R., Le donne italiane nella lotta per la libertà, Roma, 1945.

MOSKOS C., Sociologia e soldati, Milano, 1994. MOZZONI A.M., Alle fanciulle, in A. M. Mozzoni La liberazione della donna, a cura di F. Pieroni Bortolntti, Milano, 1975.

NOCET., Rivoluzionaria professionale, Milano, 1974. Oltre la leva Forze armate professionali, aJ1erte alle donne rinnovamento del servizio civile, Qua<lc.:rni Info Studi c.: Documenti, a cura del Gruppo Parlamentare Democratici di Sinistra - l'Ulivo della Camera dei Deputati, a. VI, nn. 1-4, gennaio-marzo 2000.


150

Fiorenza Taricone

ORESTANO F.,

Eroine, ispiratrici e donne d'eccezione, Enciclopedia biografica e biobibliografica italiana, serie VII, Milano, 1940. Pianto di madri, sangue di eroi, Milano, 1917. PISANÒ G., Gli ultimi in grigioverde, Milano, 1967. POCE PINCELLOTTI V.,

La donna e la guerra, Roma, 1915. RAVERAC.,

La donna italiana dal primo al secondo Risorgimento, Roma, 1951. ROCCELLA E.,

Il dovere della donna nell'ora presente, Caltanissc.:tta, 1917. SARGANT F.-MARSHALL C.-OGDEN C. K.,

Militarism versus feminism, London, 1987. SAYWELLS.,

Women in War, New York, 1985. SCHIAVI A.,

La guerra e la manodopera femminile, Firenze, 1916. SPINI V.-ISMAN F., Naja? No grazie. Un esercito con le donne e non una leva obbligatoria, Milano, 1997. TARICONEF.

Teresa Labriola. Biografia politica di un'intellettuale fra Ottocento e Novecento, Milano, 1994; Vassociazionismo femminile italiano dall'Unità al Fascismo, Milano, 1996. TOSCANO A. M.,

Trittico sulla guerra Durkheim, Weber, Pareto, Roma-Bari, 1995.


Bibliografia

151

TREVES V.,

Le donne che lavorano, Milano, 1916. ZENI L.,

Briciole. Ricordi di una donna in guerra, Roma, 1926. Women, War and Revolution, a cura di C. Berkin-C. Lovett, New York, 1980. WOOLF V.,

Le tre ghinee, Milano, 1979.

Periodici e Riviste ALBANESE W.,

Servizio militare femminile volontario, «Quadrante», a. XVIJI, nn.1-2, gennaio-febbraio 1983. ALVIGINI D.,

Donne con le stellette. Panorama sul servizio militare femminile, «Rivista Aeronautica», n. 3, 1990. ANFOSSI G.,

La controversia su/l'esclusione della concorrente all'Accademia Navale, «Rivista Marittima», n. 4, 1983. ANGELERI M. C.,

Dall'emancipazionismo all'interventismo democratico: il movimento politico delle donne di fronte alla Grande Guerra, «Dimensioni e problemi della ricerca storica», n. 1, 1996. CAIRE R.,

La condition féminine dans /es Armées, «Armèes d'aujourd'hui», n. 56, décembre 1980; La condition féminine dans /es Armées, «Armèes d'aujourd' hui», n. 57, janvier-février 1981; La condition féminine dans !es Armées, «Armées d'ajuourd'hui», n. 58, marzo 1981.


'152

Fiorenza Taricone

CAITI P.,

Donne in divisa: il servizio militare femminile nel mondo, «Rivista Italiana Difesa», n. 2, febbraio 1992. CAPPUZZO U.,

Tra focolare e CamfJo di Marte, «Rivista Militare», n. 6, 1982. D'HAUTHUILLE O.,

Des femmes à lmrd?, «Armécs <l' aujour<l'hui», n. 70, 1982. DE FRANCESCHT C.,

Le fJortatrici carniche, Verona, s.d. (edizione fuori commercio). DI STEFANO G.,

L'accesso della donna alla carriera militare, «Kivista Militare», n. 4, 1990. Donne generali e donne combattenti, «Maquis», n. 2, 1974. FRADDOSIO M.,

Donne nell'esercito di Salò, «Memoria», n. 4, 1982; Aspetti della militanza femminile nel fascismo: dalla mobilitazione civile alle origini del SAF nella Repubblica Sociale Italiana, «Sto ria Contemporanea», n. 6, 1989. GENCHIM.,

Le donne con le stellette, «Rivista Militare», n. 1, 1975; il servizio militare femminile in Ttalia , «Quadrante», a. XVI, nn. 14-15, 30 novembre 198"1. LAGORIO F.,

A/Jflunti per una storia sulle vedove di guerra italiane, «Rivista di Storia Contemporanea», gennaio -lug lio 1994-5. LE BOURG J.-P.,

Les officiers féminins auront-ils une piace au solei/?, «Armées <l'aujourd'hui,,, n. 67, janvier- février 198 2. Le donne inglesi si danno all'arte della guerra, «Osservatore Romano», 8 agosto 1910.


Bibliografia

153

MACIOTI I.,

Donne e esercito: chi sono le aspiranti?, «La critica sociologica», nn . 107-8, 1993-94. MAGINNIS R.L.,

The future of women in the Army, «Military Review», luglio 1992. MANNOR.,

Donne in guerra, «Storia Militare», n. 7, 1994. MINI F.,

Soldato '']oe" e soldato "]ane", «Rivista Militare», n. 4, 1983. OTIONELLO A. e OTIONELLO I.,

Donne a bordo all'efmca della vela, «Rivista Marittima», nn. 8-9, 198.3. PUTJNO A.,

Dall'inaddomesticato alla funzione guerriera, Work-shop 1989. ROSSAN DA R.,

Militari e classe, «Il Manifesto», n. 4, 1977. SAULLE M . R.,

Donne, leggi e Forze Armate, «Rivista Militare», gennaio-febbraio 1984; TI servizio militare femminile e le convenzioni internazionali, «Rivista Militare», n. 3, 1981. TROGU A.,

Donne e Forze Armate, «Patria Tndipendenre», nn. 12-3, 1994. URSO S.,

La formazione di Margherita Sarfatti e l'adesione al fascismo, «Studi Storici», a. XXXV, n. 1, gennaio-marzo 1994. TARTCONE F.,

La donna soldato, «Rivista Militare», n. 1, 1985; La partecipazione femminile a eventi militari, «Patria Indipendente,,, febbraio 1985.


154

Fiorenza Taricone

Nei momenti cruciali la straordinaria capacità della donna, «Patria Indipendente», febbraio 1987; Militare al femminile, «Difesa Oggi», n. 6, 1988. Trente mesures pour /es femmes, «Armées d'aujourd'hui», n. 75, novembre 1982.

VALLI PICARDI A., Le vie del femminismo, «Rassegna contemporanea», a. VIII, 10 giugno 1914.


INDICE DEI NOMI Acca, 26. Accame F., 132 n. Achille, 21. Adadnirari III, 10. Adams M. A., 65. Addis E., 138 n., 146. Addis Saba M. 119 n., 123 n., 146. Adriano, 13. Agazzi M., 124. Agostino sant', 9, 28. Ajani G., 71. Al Mugheid, 33. Albanese W., 151. Albistur M., 52 n., 63 n., 146. Albornoz E. di (card.), 39. Aldruda di Bertinoro, 34, 35. Alessandro Magno, 15, 20. Allegretti Chiari G., 98. Alloisio M., 146. Alvigini D., 151. Ambrogio sant', 9. Ammuratre, 45. Andò S., 137. Anfossi G., 133 n., 134 n., 151. Angeleri C., 151. Antonietti C., 72. Antonini L., 65. Aragona Alfonso d', 43. Arborea Eleonora d', 37, 40, 42. Arborea Federico d', 41, 42, 43. Arborea Ugone d', 41. Arco Giovanna (d'), 28. Arendt H., 146. Ariéta Emanuel de, 54. Ariosto L., 36.


156

Fiorenza Taricone

Aristotele, 9. Armogathe D. 52 n., 63 n., 146. Arquati F., 71. Arriano, 22 n. Artaunte, 18. Arunte, 26. Ateleta di Porcia, 33. Attendola M., 43. Attendola Muzio J., 43. Attendola Sforza M., 47. Aureliano, 13, 15, 16, 17. Ausmini Tondi V., 71. Avogadro B., 45. Avogadro P., 45. Baione U., 97, 106, 146. Barbaro F., 45. Barbera P., 7 n., 146. Barbiera R., 78 n., 143. Baronchelli Grosson P. (pseud. Donna Paola), 94, 95, 146. Barre P. de la, 50. Barreau R., 63. Barrett Browning E., 77. Bartoloni S., 90 n., 146. Bastici L. de, 46. Battaglini E., 108. Battistelli F., 137, 146. Battistotti L., 70. Beccaria A., 77. Beduzzi L., 61, 65 n., 143. Belgioioso C. di, 69, 70, 116. Beltrami G., 146. Benedetta, 113, 147. Benedetto XIV, 98. Benetti Brunelli V., 92. Benides viceré, 54. Berengario, 33.


Indice dei nomi

Bergamo Filippo di, 46. Billia G. B., 31, 32 n., 147. Biscaglia R., 102, 147. Bisi Albini S., 99. Bixio N., 69. Blanc L., 60, 144. Blaze E., 57. Bobbio N., 79. Boccaccio G., 50. Bocchetti A., 147. Boiardo M., 36. Bonaparte Napoleone, 57, 59, 64, 66. Bono Cairoti A., 73, 116. Bosi P., 46 n., 143. Bouillon M. R., 63. Bradamante, 36. Brebbia G., 87. Bricca M., 49 n. Brice R., 56 n., 57, 143. Bronchia Marzia, .H. Brunoro P., 44. Brussato Antonelli T., 75. Bruzzone A. M., 147. Bucci S., 51 n., 145. Bussani D., 136. Byranthius, 22 n. Cabibbo Occhipinti O., 147. Caire R., 35, 36, 55 n., 143, 151. Caiti P., 152. Calvet M., 75 n. Camilla Regina, 25, 37, 38. Cane F., 44. Cannamo, 32. Cappelletti L., 61 n., 62 n., 143. Capponi C., 125. Cappuzzo U., 17 n., 152.

157


158

Fiorenza Tariwne

Carlo IJ, 54. Carlyle T., 60. Carmagnola conte di, 44. Carnot L., 55. Carrea M., 126 n. Casale F. da, 49 n. Casali Mirotti N., 127. Cassier L., 54. Cassier M ., 54. Castellani M., 114 n., 115. Caterina santa, 99. Cattaruzza M., 22 n., 143. Cesare, 17. Cesarotti M., 22 n. Chiarini Scappini R., 126 n. Cian V., 67, 68 n., 144. Cicerone, 9. Clausewitz, von K., 147. Cleopatra, 14. Clerici C., 91. Clorinda, 37. Cloro, 26. Clotario, 34. Codrignani G., 147. Colfosco Gualfredo di, 33. Colfosco Sofia di, 33. Colombo C., 104 n. Condorelli N., 148. ContamineP., 7,8 ,9, 17,31, 147. Conti Odorisio G., 51 n., 52 n. , 144. Corsini L., 97. Costa P., 137. Costa S., 138. Coudrie T. de la, 65. Creuzer G. F., 22 n. Cristiano di Magonza, 34.


Indice dei nomi

Croce B., 53, 144. Cross P., 75 n. Ctesia di Cnido, 12. D'Azeglio C., 70. Dal Pozzo contessa, 97. Daniele, 28 . Dario, 18. David J., 65. D'Este I., 147. De Capissol mons., 21, 22 n., 143. De Franceschi C., 106 n., 152. De Leo M., 62 n., 123 n. Degli Azzi G., 75 n., 144. Degli Azzi I., 35. Del Balzo G., 69. Del Bianco Chiusoli A., 98 n., 147. Del Carpio marchese, 54. Del Soldato C., 147. Della Chiesa F. A., 52. Delli Monti F., 53, 54. Des Brosses C., 22 n. Di Cori P., 147. Di Stefano G., 152. Diana, 25, 26. Dianora, 33. Donati I., 113. Doria Brancaleone, 41. Doria O., 45. Ducaud-Laborde M.me, 64. Duchemin A., 64. Dumouriez C. F., 57. Dunant E., 77. Dupont M., 62. Egidio Romano, 27. Elshtain B. J., 148.

159


160

Fiorenza Taricone

Enea, 26. Eracliano, 14. Erauso Catalina de, 53, 66, 144. Erode, 14. Erodoto, 11. Farè I., 7 n., 148. Farina R., 93 n., 147. Federico Barbarossa, 33, 34. Ferri C., 97. Figuer R., 63, 64. Fiori C., 148. Firma V., 126 n. Flavio Vopisco, 16. Floreanini G., 125. Fonseca Pimentel E., 68. Fontana W., 124. Fortebraccio N., 45. Foschini A., 115. Fotia E., 99 n., 107 n., 148. Fraddosio M., 118 n., 152. Franceschi C., 149. Franchi A., 44 n., 94 n., 148. Franciosi G., 108. Fredegonda, 34. Friang B., 8, 148. Frigeri Sebastiani A., 75. Gaeta I., 149. Galletti B., 72. Galletti Cadilhac de A., 72. Garibaldi A., 73, 74, 116. Garibaldi G., 71, 73, 74, 127. Garofalo A., 126 n., 148. Gatta C. della, 53. Genchi M., 152. Ghesquière V., 64.


Indice dei nomi

Gigli Marchetti A., 90 n., 146. Giglio V., 38 n., 72 n., 144. Giolitti G., 92. Giordo L., 129. Giudici Donadoni M., 76. Giuliani F., 116, 117 n., 148. Giulio II, 27. Gobetti Marchesini A., 122 n., 123, 148. Goropio Becano, 22 n. Gouges O. de, 61. Grandi E., 23, 24, 37 n., 148. Grassini Sarfatti M., 93. Grisanti P., 44. Guiscardo R., 148. Guy E., 97. Guyon (abbé), 19, 20, 22 n. Hauthuille O. d', 134 n., 152. Heineken H., 65. Hubscher C., 58. Ilari V., 134, 138 n., 148. Innocenzo VIII, 48. lsastia A. M., 138. Ishtar, 12. Isman F., 150. Jamallo A., 76, 144. Janethout M.me, 75 n. Josz A., 97. Jourdan T., 58. Labriola A., 93. Labriola T., 84, 85, 86, 93, 94. Lacour P., 24, 34, 144. Ladimir J., 58 n. Lagorio F., 92, 135, 152. Lagorio L., 128, 136.

161


162

Fiorenza Taricone

Lamartine A., 60, 144. Lampeda, 20. Lampugnani G., 47. Lanjuinias J. D., 63. Larina, 26. Latino, 26. Lavinia, 26. Lazzeroni G., 72. Le Bourg J. P., 152. Libussa, 33. Licia, 26. Locatelli A., 123, 124 n. Lodovico re d'Ungheria, 39. Lombardi Brunoro B., 44. Lombroso C., 61. Lo Valvo O., 149. Macioti I., 153. Maginnis R. L., 153. Majno E., 83 . Malnati L., 91. Mameli G., 69. Mannelli E., 72. Manno R., 153. Mantegazza L., 67. Manzoni A., 77. Marfisa, 36, 37. Markale J., 144. Maria Antonietta regina, 13, 3 2. Maria di Pozzuoli, 37, 38. Maria Teresa d'Austria, 41. Maria Tète de bois, 59. Mariani L., 127 n. Mariano IV, 41. Marinelli L., 52. Marinetti F. T., 113. Marini M., 126 n.


Indice dei nomi

Marinucci E., 136. Marshall C., 150. Mario, 19. Marpesia, 20, 21. Martin L. A., 18, 144. Martini Benettini C., 76 n. Martini Giovio della Torre di Crema, 76. Martini Salasco M., 76. Mazzella O., 27. Mazzini G., 67, 107. Medici Cosimo dei, 44. Meiorin M., 22 n., 143. Mélanippe, 24. Méricourt Théroigne A. de, 60, 61, 63. Merlin L., 149. Meroveo, 34. Metabo, 25. Michelet J., 60, 144. Mini F., 153. Mirotti A., 127. Modugno O., 98, 149. Molher T., 75 n. Monsani O., 99. Moskos C., 149. Motta G., 129. Motti L., 118 n. Mozzoni A. M., 83, 84 n., 149. Mulcitrelli P., 33. Mussolini B., 92. Nabucodonosor, 11. Napoleone Ili, 77. Nebo, 11. Necheri Lucattelli N., 70 n., 72 n., 145. Neri G., 102. Nigra B., 97. Nino, 12, 13.

163


164

Fiorenza Taricone

Nitocri, 11. Nitti Persico A., 109, 110. Noce T., 124, 125, 126 n., 149. Odenato, 11. Ogden C. K., 150. Olgiati G., 47. Omero, 22 n. Onnis generale, 130. Ordelaffi F., 38, 39, 40. Ordelaffi G., 48. Orestano F., 38 n., 45 n., 72 n., 76 n., 145, 150. Orithia, 21. Ottonello A., 134 n. Ottonello I., 153. Pagni M., 91, 92. Pagni P., 91. Palasciano F., 77. Palazzi C., 98. Palefato, 22 n. Pallini L., 33 n., 145. Paltrinieri Trivulzi C., 26 n. Penthesilea, 24. Pernetty, 22 n. Peroni Bornaghi M., 88. Perrier E., 99. Petit J. M., 63. Petit P., 20, 22 n., 145. Petrarca G., 37. Pettenato C., 116. Piatti M., 77. Piccardi Valli A., 87, 154. Pieroni Bortolotti F., 84 n. Pincellotti V., 36, 150. Pinckerton, 22 n. Pisa B., 66 n., 96 n., 104 n., 108 n.


Indice dei nomi

Pisanò G., 118 n., 150. Platone, 9. Plinio, 22 n. Plutarco, 50. Poinsinet de Sivry, 22 n. Powell B., 104 n. Prampero B. di, 97. Predari F., 22 n. Predari M., 97, 145. Primislao, 33. Previti C., 138. Putino A., 153. Quercia A., 73 n. Ravera C., 124, 150. Re Bartlett L., 11 O, 111 n. Riario G., 47. Rinaldi I., 113 n. Rinaldi M., 127. Roberto il Guiscardo, 34. Roccella E., 95 n., 150. Rochefaucould M.me de la, 65. Rogna Contini A., 71. Rossanda R., 132 n., 133 n., 153. Rossi L., 71. Rossi Caponeri M., 118 n. Rota E., 145. Russo V., 138 n., 146. Samuel P., 145. Salasco C., 76. Sandoval y Aragona F. d', 54. Sanfelice L., 68. Santini V., 73. Sardiello G., 70 n., 145. Sarfatti C., 93. Sargant F., 150.

165


166

Fiorenza Taricone

Saulle M. R., 132 n., 153. Savarese R., 148. Saywell S., 150. Savio E., 136. Savoia B. di, 47. Savoia T. di, 53. Scaiola deputato, 136. Scanagatta F., 66, 144. Schellink M. J., 64. Schiavi A., 96 n., 150. Sebastiani G., 75. Sebesta L., 13 8 n., 146. Segurana C., 46. Semiramide, 10, 11, 12, 13, 23, 32, 44, 52. Senofonte, 22 n. Serao M., 98. Serse, 18. Sesostri, 22 n. Sforza C., 46, 47, 48, 49. Shammuramat, 10. Shamshiadad, 1O. Sismondi Cinzica dei, 33. Sisto IV, 4 7. Sisto V, 46. Sobiéski G., 28. Sofia di Colfosco, 33. Spadolini G., 135, 136. Spellanzon S., 145. Sphione, 24. Spini C., 66. Spini V., 138, 139 n., 145, 150. Spirito F., 7 n., 148. Stamira, 34, 35. Staurobate, 12. Stella D., 97. Strabone, 22 n.


Indice dei nomi

167

Strozzi R., 73. Suleau F., 61. Sveivel G., 53. Tacito, 17, 23. Talestre, 20. Tamborini M., 93 n. Tancredi, 37. Tarconte, 26. Taricone F., 6 n., 21 n., 51 n., 62

n., 123 n., 128 n., 145, 150, 153.

Tarpeia, 26. Tasso T., 37. Tavani Arquati G., 71. Taverna I\ 78. Taverna G., 78. Tenda B., 44. Thomas A. , 52, 145. Tomyris, 24, 44. Tolomeo da Lucca, 27. Tommaso san, 10, 27, 28. Torcellan N., 90 n., 146. Torelli O., 46. Torelli G., 46. Toscano A. M., 150. Traiano, 13. Tranchant A., 58 n. Trebellio Pollione, 17. Trebiani E., 44. Tremoreau A., 75 n. Treves V., 102, 103, 150. Trinquart J., 59. Trivulzi Paltrinieri C., 145. Trogu A., 153. Trotti F., 49 n. Trotti G. G., 49 n. Tudor D., 13 n., 145 Tullia, 26. Turno, 26.

11.,

66 11., 73 n., 86

11.,

90 11., 92 11., 108


168

Fiorenza Taricone

Ubaldini Cia, 37, 38, 39, 40. Umerini U., 97. Urbano VIII, 53. Urso S., 94 n., 153. Valasca, 33. Valla M., 97. Vannucci A., 68. Verri Borromeo G., 77. Vestri B., 73. Vicenzoni G., 60 n., 144. Vigro C., 8. Virgilio, 21 Visconti B. M., 47. Visconti B., 37, 38. Visconti C., 47. Visconti E. Q., 22 n. Visconti F. M., 45. Visconti G., 38, 47. Visconti G. M., 46. Viviani Della Robbia B., 97. Winckelmann J., 22 n. Woolf V., 79, 80 n., 151. Xaintrailles generale, 65. Zabda, 15. Zampeschi B., 46. Zampeschi Brunoro, 46. Zanetta A., 88 . . Zeni L., 97, 98 n., 151. Zenobia, 10, 13, 14, 15, 16, 17, 44, 52.


ALESSIO della VOLPE

LA DIPLOMAZIA ITALIANA E

LE GUERRE BALCANICHE (1912-1913)*

*

Dalla tesi sintetica di laurea in Storia delle Relazioni Internazionali, discussa all'Università degli Studi di Napoli Federico II nel]' Anno Accademico 1998-99, relatore Ch.mo Prof. Matteo Pizzi gallo



PREMESSA Il problema dei Balcani, più noto come "questione d'Oriente", nasce tra il millecinquecento ed il milleseicento, quando la Russia comincia a guardare alle regioni balcaniche come vettori verso il Mediterraneo ed entra in conflitto con i turchi. Questi, infatti, avevano inglobato i territori balcanici nell'Impero Ottomano, dominando le popolazioni di tutta la penisola orientale europea per circa tre secoli. È comunque nell'800 che esplode la "questione d'Oriente"; essa si sviluppa su due piani e direzioni, diversi ma collegati: uno internazionale o europeo ed uno territoriale delle popolazioni balc~111iche. Sul piano internazionale, la Russia continua a spingere i suoi progetti di espansione politico-territoriale; l'Inghilterra vuole preservare il suo impero coloniale mantenendo in vita l'Impero Ottomano per contenere le mire russe; l'Austria, bloccata a sud, si rivolge a Oriente per estendere il suo impero; la Francia farà leva sulle nazio nalità balcaniche per contrastare Turchia e Austria; l'Itali a, inizialmente legata da affinità id eologica e politica con la "questione d'Oriente", perseguirà per decenni una politica dello "status quo". Sul piano territoriale, più limitato, le genti balcaniche, inserendosi nei contrasti delle potenze, e sull'esempio delle aspirazioni di altre nazioni europee di libertà e di indipendenza, si ribellano alla d ominazione turca. La "questione d'Oriente" è però così complessa che, di fatto, i Balcani, dal congresso di Berlino (1878) alle guerre balcaniche (1912-1913), vissero una conflittualità continua fra guerre, spostamenti di confine e alleanze alterne. E la prima guerra mondiale ebbe, per i Balcani, il significato di continuazione di tale confl ittualità. La nascita della Jugoslavia ed i trattati successivi alla seconda guerra mondiale, infine, non hanno risolto la "questione d'Oriente" che è cronaca d'oggi. I limiti della presente ricerca non consentono però uno spazio temporale così vasto, ed è limitato all'arco di tempo che va dal congresso di Berlino (1878) alla pace di Londra (1913).



CAPITOLO

I

I BALCANI FRA OTTOCENTO E NOVECENTO 1.1 Il Trattato di Parigi del 185 6, che poneva fine alla guerra in Crimea, sembrò assicurare un lungo periodo di pace nelle tormentate regioni balcaniche. Le potenze in conflitto infatti (Impero ottomano, Francia, Inghilterra e Regno di Sardegna da una parte, Russia dall'altra), nell'impegnarsi alla restituzione dei territori occupati durante la guerra, sancivano e ribadivano con il trattato il principio dell 'integrità dell'Impero ottomano e la neutralizzazione del Mar Nero, aperto alle navi mercantili europee ma non a quelle da guerra. Il problema dei Balcani, al di là delle dichiarazioni di principio, restava però sempre ::iperto ed era oggetto di costante attenzione delle cancellerie europee. Persistevano, infatti, nelle popolazioni balcaniche: l'insofferenza verso il dominio turco, particolarmente viva nelle zone dove convivevano elementi cristiani e musulmani; una tendenza all'insurrezionismo consolidata nei secoli; sentimenti ed aspirazioni all'indipendenza che crescevano di pari passo con le concessioni ottenute, per i giochi di politica internazionale che le potenze europee conducevano a tutela dei propri interessi 1. Nell'estate del 1875 l'insurrezione dell'Erzegovina, seguita nei primi mesi del 1876 dalle rivoluzioni in Bosnia e in Bulgaria, riaccese con violenza la questione balcanica. La Serbia, ai cui confini la Turchia aveva schierato un forte contingente a scopo intimidatorio, dichiarò guerra alla Turchia; dopo episodi di guerriglia e scontri con alterne fortune, l'esercito tµrco in ottobre lanciò l'attacco definitivo sconfiggendo i serbi, costretti all'armistizio. eanno successivo, il 24 aprile 1877, la dura reazione deUa Tur~ chia e la mancata concessione di alcune riforme, forniV1lflO il pretesto alla Russia per intervenire, dopo essersi assicurata la neutralità dell'Austria. Le motivazioni dell'intervento addotte dalla Russia erano 1

A. TAMBORRA, I.:Europa centro·orientale nei secoli XIX-XX (1800-1920), in Storia Universale, diretta da E. Pontieri, Voi. VI, tomo TV, 1973, p. 124 e ss.


174

Alessio della Volpe

quelle consuete, per cui essa si erigeva a paladina e protettrice delle popolazioni cristiane dei Balcani; in effetti, la Russia non aveva mai smesso di perseguire le sue mire espansionistiche cd ogni occasione per raggiungerle era buona. Operando in tale direzione, nel 1870 aveva appoggiato la Prussia contro la Francia, ricevendo in cambio un impegno a sostenere sue rivendicazioni territoriali nel caso di future modifiche nei Balcani. Sempre guardando allo stesso obiettivo, durante la conferenza di Londra del 1871, la Russia aveva ottenuto una favorevole modifica delle norme relative alle navi da guerra nel Mar Nero (nel trattato di Parigi il numero dei vascelli da guerra che la Francia vi poteva stazionare era limitato a sci), e la revisione del principio di non intervento nei rapporti tra cristiani e sultano. La Russia, infine, continuava ad affiancare alla politica ufficiale un 'intensa attività, che sul piano ideologico tendeva a consolidare i vincoli di fraternità slava al fine di realizzare un progetto di insurrezione generale; e sul piano religioso cercava di fare proseliti per la chiesa ortodossa, con l'intento di creare vincoli di soggezione spirituale di quei popoli verso lo zar. La guerra russo-turca (1 877-78) vide affianco ai russi prima la Romania, dal cui territorio erano partite le prime operazioni contro i turchi, e poi di nuovo la Serbia, incoraggiata a riprendere le armi dopo la caduta di Plevna nel dicembre 1877. Sconfitto, l'Impero ottomano fu costretto a chiedere la pace il 3 marzo 1878 2 e firmare lo stesso giorno le dure condizioni imposte dalla Russia nel Trattato di S. Stefano. La Porta, con il trattato, riconosceva l'indipendenza del Montenegro, della Serbia e della Romania; la Bulgaria veniva costituita in principato autonomo (nessuna delle dinastie europee poteva regnarvi), tutte le fortezze sul Danubio dovevano essere distrutte; riforme dovevano essere introdotte in Bosnia, Erzegovina e nelle altre parti della Turchia europea. La Turchia d oveva inoltre pagare alla Russia 300 milioni di rubli e cederle numerosi territori, a tito lo di indennità di guerra. 2 A. B1AC.INI, Momenti di Storia Balcanica (1874- 19 14), Aspetti Militari, Stato Maggiore Esercito-Ufficio Storico, Roma, 198 1, p. 19 e ss.


1 Balcani fra Ottocento e Novecento

175

Le condizioni del trattato rappresentavano una ulteriore sensibile crescita della sfera d'influenza dell'Impero zarista, anche con la prevista costituzione di una grande Bulgaria, che doveva comprendere, oltre alla Bulgaria propriamente detta, la Rumelia orientale e la parte della Macedonia adiacente al lago di Ocrida. 1.2 Il nuovo assetto politico-territoriale, che era una spietata consacrazione alla vittoria dello zar Alessandro II, oltre a depauperare l'Impero ottomano, si scontrava con gli interessi cd il bisogno di sicurezza internazionali. Inghilterra, Francia, Austria, Germania, Italia, convocarono le due parti in lotta in congresso a Berlino, al fine di realizzare, nella Penisola balcanica, un assetto territoriale consono alle esigenze di stabilità dell'Europa e, in tale ottica, preservare l'Impero ottomano dal totale disfacimento. Il Trattato di Berlino, firmato il 13 luglio 1878, sanzionò, di fatto, quanto già era stato precedentemente deciso nelle segreterie delle cancellerie, per operare la revisione del Trattato di Santo Stefano concluso in maniera unilaterale dalla Russia. Molti punti fondamentali del trattato erano stati infatti discussi e decisi; si trattava soltanto di definire alcuni particolari. La Russia, ad esempio, si attendeva l'appoggio tedesco per le questioni di confine ancora aperte. La presidenza del congresso fu affidata al Cancelliere del Reich che, grazie alla sua estrema prudenza e riservatezza, era al culmine della sua influenza ed era in grado di intervenire con autorità nelle discussioni politiche degli Stati europei. Bismarck era, inoltre, indicato come la personalità più idonea a garantire la pace, perché era portavoce della Germania, potenza apparentemente priva di ogni interesse diretto nei Balcani. ln realtà, l'estrema cautela e prudenza del cancelliere derivavano dalla collocazione geografica della Germania, situata nel cuore dell'Europa e quindi esposta ad Est come ad Ovest. Il suo fine più urgente era pertanto quello di tenere la Francia lontana da qualsiasi coalizione che potesse alimentare le sue aspirazioni revanchiste. Un'alleanza fra Francia e Russia, infatti, avrebbe potuto stringere la Germania in una morsa pericolosissima. Bismarck, nel perseverare nei propri criteri di stretta neutralità, aveva affermato


176

Alessio della Volpe

che il suo interesse principale "non sta(va) in quella o questa configurazione che assumerà l'Impero turco, ma nella posizione alla quale saranno indotte nei nostri confronti e nei rapporti tra loro le potenze a noi amiche. La questione se a causa delle agitazioni orientali noi ci guasteremo durevolmente con l'Inghilterra, ancor più con l'Austria, ma massimamente con la Russia, è infinitamente più rilevante per l'avvenire della Germania che non i rapporti della Turchia con i suoi sudditi e con le potenze europee... " 3 • Bismarck, secondo molti, si era posto a capo del Congresso come un onesto sensale al quale premeva soltanto portare a buon fine l'affare. La crisi Orientale veniva gestita da un giocatore che perseguiva obiettivi estremamente utilitaristici: essere utile ai propri amici e danneggiare i propri nemici, per ricavarne, indirettamente i massimi vantaggi. Un gioco avviato nel 1873 con l'intesa dei tre imperatori (Austria-Russia-Germania), attraverso la quale aveva cercato di fare in modo che le altre potenze, esclusa la Francia, fossero alleate e interlocutrici della Germania. Gli accordi firmati, infatti, scoraggiavano l'espansionismo russo nei Balcani ed evitavano pericolose alleanze tra Francia e Russia. Successivamente il Cancelliere, sfruttando i contatti con l'Inghilterra, lanciava velate minacce di alleanze contro la Russia per controllarne la politica. Un gioco che Bismarck aveva continuato nel 1882 con la Triplice Alleanza, coinvolgendo l'Italia, verso la quale pur nutriva un profondo disprezzo, tanto da fargli affermare che l'Italia era simile " ...a quei corvi che si nutrono di carogne e aspettano intorno ai campi di battaglia che si lasci loro qualcosa da mangiare ... " 4 • Un "corvo" però che poteva essere molto utile in caso di conflitto con la Francia, perché avrebbe attratto verso un altro fronte forze francesi, distogliendole dal fronte con la Germania. Bismarck inoltre spingeva nel 1887 l'Italia a quegli "accordi mediterranei" con l'Inghilterra al fine di creare un ulteriore ostacolo all'espansionismo russo. Ritornando al congresso di Berlino, esso sanciva definitivamente 3 L. GALL, Bismarck, il Cancelliere di ferro, Milano, 1982, p. 490. 4 P. RENOUVIN, Storia Politica del Mondo, Il secolo XIX. Dal 1871 al 191 4,

Vol. IV, Roma, 1975, p. 95.


I Balcani fra Ottocento e Novecento

177

l'indipendenza della Romania, della Serbia e del Montenegro. Bocciava il progetto di una grande Bulgaria, dividendo quell'area in tre parti: la Bulgaria propriamente detta, costituita in principato autonomo tributario della Porta (una sovranità limitata che aveva soltanto un valore fittizio); la Rumelia Orientale, abitata soprattutto da bulgari, turchi e greci, posta sotto l'autorità politica e militare del sultano, ma con amministrazione autonoma e governata da un generale cristiano nominato dal sultano; la Macedonia, restituita direttamente al sultano, ma con l'impegno a realizzarvi riforme radicali su precise indicazioni del congresso. Riforme che dovevano essere attuate a breve scadenza anche in Armenia. Quanto alle potenze occidentali, veniva deciso che le provincie di Bosnia ed Erzegovina sarebbero state amministrate dall'Austria, che l'Inghilterra avrebbe acquisito l'isola di Cipro, che la Grecia avrebbe allargato i propri confini in Tessaglia ed in Epiro. L'Albania, infine, restava sotto il dominio ottomano 5 • Soltanto la Germania sembrava non aver ottenuto alcun vantaggio dal trattato, pur essendo stato il Bismarck promotore del congresso; di fatto, il suo apparente disinteresse ne accresceva l'influenza in Oriente, poiché aver impedito l'annientamento dell'Impero ottomano, e perseguito la politica dello "status quo", aveva come effetto la riconoscenza del sultano e consentiva di ottenere concessioni ferroviarie ed ordinativi per l'industria tedesca, ovvero di raggiungere i notevoli obiettivi economici che la Germania si era posti. Successivamente, però, Bismarck non si dimostrò entusiasta del congresso e del suo ruolo di mediatore; la pesante sconfitta diplomatica subita dalla Russia, guastò i rapporti fra questa e il Reich, e il Cancelliere ebbe a dire: " ... La più grande follia della mia carriera politica è stato il congresso di Berlino. Avrei dovuto lasciare che Russia e Inghilterra si azzuffassero e si scannassero a vicenda come due leoni nella foresta dei quali rimangono solo le code. Ora come ora avremmo in tal caso più influenza, più tranquillità . 1·r... ,,6. e, cert ament e, meno perrco 5 A. B1AGINI, Storia dell'Albania, Roma, 1998, p. 34. 6 F. HERRE, Bismarck, Ti grande conservatore, Ro ma, 1995, p. 354.


Alessio della Volpe

178

1.3 Le intenzioni delle potenze partecipanti al congresso, in definitiva, erano quelle di mantenere in piedi un Impero ottomano, che fosse in grado di contrastare quello russo, e di non rafforzare troppo i nascenti Stati balcanici, i quali, per evitare ricadute sotto il dominio turco, avrebbero ricercato la loro protezione. Un gioco, quest'ultimo, che si sarebbe rivelato fa llimentare; era infatti inevitabile, come avrebbe scritto il capitano Emilio Bertotti, che " ...data a quei piccoli stati una personalità propria ed affermato come base della loro costituzione il principio di nazionalità, essi avrebbero iniziato una lotta per completare la loro indipendenza e la loro unità, lotta tanto più intensa quanto maggiori sarebbero stati gli sforzi per tenerli soggetti e divisi ... " 7 . La frettolosità e la superficialità con cui vennero condotti i lavori pe r la delimitazione dei confini dei nuovi Stati, previsti dal trattato, l'impossibilità di realizzare praticamente sul terreno i confin i tracciati sulle carte, spesso sbagliate, l'aver messo da parte ogni principio etnografico nel delimitare gli Stati, inoltre, avrebbero dato o rigine a quei confli tti, insanabili ancora oggi, dovuti alle inesattezze e all'improvvisazione dei tracciati stessi degli stati. G li ad detti militari italiani, incaricati di seguire i lavori, rilevarono subito tali erro ri 8 . Per meglio comprendere quanto fosse complicata la questione etnica già al sorgere dei nuovi Stati, e seguire lo sviluppo di alcuni avvenimenti successivi, ricorriamo ancora alle osservazioni del capitano Bertotti, che raggruppava a grandi linee le varie famiglie ed etnie che popolavano il territorio balcanico. I bulgari occupavano la provincia cui avevano dato il nome, la Rumelia orientale ed il versante sinistro del Vardar, dove erano presenti infiltrazioni macedoni. I se rbi erano in sediati nella Bosnia -Erzegovina, nella Se rbi a propriamente detta, nel M o ntenegro ed in parte d el sangiaccato di

7

E. BERTOTII, Alcune note riassuntive sulla questione balcanica, in Rivista Militare, fase. V, aprile, Roma, 1909.

R A. BIAGINI, Momenti... , op. cit., p. 29.


I Balcani fra Ottocento e Novecento

179

Novi Bazar; si estendevano inoltre lungo il versante destro del Vardar fino ai monti popolati dagli a lbanesi. Il bacino inferiore del Vardar era abitato da antichi cllcni, con invasioni turche e valacche. I turchi popolavano il territorio tra la Rumelia orientale ed il Bosforo, con insediamenti nel territorio macedone, dovuti a motivi amministrativi e commerciali. Aggravava la mescolanza di etnie e popoli la religione, poiché i popoli balcanici praticavano credi diversi, ed erano divisi in cristiani (cattolici ed ortodossi) e musulmani; questi ultimi non per origini turche, ma per aver accettato nel passato il Corano, quando dovettero convivere in pace con i nuovi dominatori. Alle difficoltà di natura etnica e religiosa, si affiancarono presto problemi derivati dalla incompleta applicazione delle clausole del Trattato di Berlino, che non ebbe come conseguenza l'auspicato indebolimento della Turchia. I..:Austria, che avrebbe dovuto annettere la Bosnia, incontrò notevoli resistenze all'occupazione, poiché gran parte dei maomettani di Sarajevo (allora in Bosnia-Erzegovina) si sollevò e ben presto la rivolta si estese a tutto il territorio, anche per l'intromissione della Russia che forniva appoggi indiretti a i bosniaci. Il Montenegro a stento riuscì ad occupare le zone ed il litorale che gli erano stati assegnati, grazie ad una dimostrazione navale delle grand i potenze. Una pesante violazione fu commessa qualche anno dopo d alla Bulgaria, che nel 1885 procedette all'annessione della Rumelia orien tale, nonostante le proteste delle grandi potenze e la ferma opposizione della Russia, inizialmente favorevole all'evento. I..:annessione provocò la rottura del precario equilibrio nei Balcani. La Serbia, infatti, irritata della maggiore potenza acquisita dallo stato confinante, chiese in cambio la cessione della vecchia Serbia. Ricevuto l'ovvio rifiuto, adducendo a pretesto uno scambio di fucilate fra truppe di confine, il 14 n ovembre 1885 invase la Bulgaria, ma ne venn e presto ricacciata e dovette a sua volta subire l'invasione avversaria fino a Pirot, dove avvenne l' ultimo scontro della campagna e d ove, il 2 1 dicembre, fu firmato un armistizio, seguito dalla firma della pace a Bucarest, il 2 marzo 1886.


180

Alessio della Volpe

Il successo ottenuto inorgoglì i nazionalisti bulgari, che avrebbero voluto staccarsi definitivamente dalle influenze russe e turche; ma passeranno alcuni anni prima che l'accorta politica di Ferdinando di Coburgo (eletto principe nel 1887) riesca ad accattivarsi prima il beneplacito dello zar e poi del sultano, il quale gli trasmetterà nel 1896 il governo della Rumelia orientale, e farà diventare definitivamente la Bulgaria regno indipendente nel 1908. In Turchia il trattato di Berlino, intanto, aveva avuto come ripercussione una esplosione d'odio contro i cristiani, tanto forte da riunire il partito conservatore e quello liberale dei Giovani Turchi. L'Europa, ingannata dalla propaganda turca sulle riforme avviate, scoprì le atrocità commesse dal governo di Abd ul Hamid soltanto dopo i massacri commessi in Armenia (1894-1896). Negli stessi anni, si riaccendeva il conflitto fra la Porta e la Grecia per l'isola di Creta, che sfociò nella guerra greco-turca (1897); la sanguinosa rivolta avvenuta nell'isola nd febbraio 1897, che seguiva le altre insurrezioni del 1868, 1889 e 1896, aveva convinto la Grecia a venire in aiuto degli insorti e a dichiarare l'annessione dell'isola. Gli stati europei, ma anche la Serbia e la Bulgaria che nell'affare vedevano un presumibile turbamento dell'equilibrio macedone, proclamarono l'autonomia di Creta e, a garanzia, vi inviarono un corpo di spedizione internazionale. Sulla frontiera tessalo-macedone si aprivano intanto le ostilità: dopo numerose sconfitte la Grecia, costretta a firmare un armistizio alle Termopoli, dovette cedere definitivamente ai turchi. Il trattato firmato a Costantinopoli, il 9 novembre 1897, sancì l'autonomia di Creta sotto l'egida di Inghilterra, Italia, Francia e Russia, concedendo scarsissime ricompense alla Turchia. Indubbiamente, decenni di conflittualità avevano avuto come risultato un notevole progresso dello slavismo nella penisola balcanica. Ma proprio tale affermazione, unita a quella del principio di nazionalità ed alla mescolanza di etnie e credi religiosi, di cui è stato accennato, complicò a dismisura la questione d'oriente, ora più propriamente balcanica. L'esempio più eclatante della situazione esplosiva che si era venuta a creare fu la Macedonia, dove vari popoli erano entrati in contatto fra di loro, e dove, per questo motivo, le diverse bande oltre


I Balcani fra Ottocento e Novecento

181

a combattere il turco si combattevano fra di loro. Una situazione tanto complessa da far scrivere a René Pinon: " ... Si può vedere a Monastir un negoziante che nato albanese è stato successivamente bulgaro e poi greco; ora è rumeno ... Egli è dalla parte di chi lo paga. Quanti altri non fanno come lui..." 9. Al progresso dello slavismo faceva riscontro la decadenza del)' Impero ottomano; la decadenza e la crisi consentirono, nel 1908, al partito dei Giovani Turchi di effettuare un colpo di stato, che costringeva il sultano Abd ul Hamid a ristabilire la costituzione del 1876. Era nel programma dei Giovani Turchi l'ambizioso progetto di ricostituire un forte e grandioso impero; progetto subito arrestato, come già scritto, nello stesso 1908 dall'autonomia di Creta, dall'indipendenza della Bulgaria e, soprattutto, dall'annessione della Bosnia ed Erzegovina all'Austria, che vedeva nelle mire turche un ostacolo alla propria penetrazione economica in oriente, poiché aveva investito forti capitali per aprirsi la strada verso Salonicco. Ai fattori di squilibrio già esistenti, se ne aggiungevano così altri. Eppure, nell'intricato tessuto di aspirazioni, di obiettivi diversi e spesso inconciliabili dei vari paesi balcanici, esistevano tuttavia due essenziali momenti unificanti: da una parte il passaggio a stato nazionale indipendente, dall'altra la volontà di "costruire", nonostante le contrapposizioni locali di origine remota, una azione comune anti turca ed anti austriaca 10. Fu questa la molla che fece nascere, sviluppare e concretizzare l'idea di una Lega Balcanica, dovuta all'iniziativa serba, con precedenti nel tentativo operato nel 1868 dal principe Michele Obrenovic.

9 R. PINON, Z.:Europe et /'Empire Ottuman, citazione di Aurelio Ricchctti, in La guerra nella penisola balcanica, Rivista Militare, fascicolo VI, 1915. 10 A. BIAGINI, J..:ltalia e le guerre balcaniche, Stato Maggiore Esercito - Ufficio Storico, Ro ma, 1983, p. 7.



CAPITOLO

Il

L'AZIONE INTERNAZIONALE DELL'ITALIA DALJ;UNITÀ ALLE GUERRE BALCANICHE 11.1 Nel discorso pronunciato alla Camera il 6 febbraio 1855, per l'approvazione della convenzione militare stipulata con Francia e Inghilterra, il capo del Governo Camillo Benso di Cavour insistette con forza sulla necessità della partecipazione del Regno di Sardegna alla spedizione in Crimea, in alleanza con le grandi potenze europee, nella guerra contro la Russia. Occorreva infatti, secondo le dichiarazioni <lei Cavour, evitare che essa acquistasse un ruolo predominante nell'Adriatico e quindi nel M editerraneo, qualora "le aquile dello zar" fossero state portate in Costantinopoli. Il 14 marzo successivo le prime truppe sarde componenti il corpo di spedizione (in totale 18.000 uomini, quasi la metà dell'Armata Sarda) sbarcarono a Balaclava, in Crimea, al comando del generale Alfonso Ferrero della Marmora 1. Il contingente italiano si distinse nella battaglia della Cernaia (16 agosto) e nell'assalto decisivo di Sebastopoli (8 settembre). L'intervento armato in Crimea consentiva al piccolo stato piemontese, che di lì a poco (1861) sarebbe diventato Regno d'Italia, di partecipare alla Conferenza di Parigi del 30 marzo 1856 con voto deliberativo, alla pari delle grandi potenze. La lungimirante politica del Cavour consentiva di raccogliere i primi frutti di politica estera, facendo affacciare l'Italia sullo scenario internazionale e rendendola partecipe della questione d'oriente. In realtà al Cavour, più che affermare una propria linea politica nei Balcani, che non aveva, premeva soprattutto sollevare la "questione italiana" e sostenere la soluzione del problema unitario davanti al consesso delle potenze. Problema che definiva "conforme ai desideri degli italiani e alle necessità déll'Europa"; durante il trattato,

1 Stato Maggiore Esercito - Ufficio Storico, La spedizione Sarda in Crimea, Roma, 1927.


184

Alessio della Volpe

infatti, il Cavour si premurò di raggiungere soltanto tale obiettivo, riuscendo nel suo fine, anche se egli non vide l'unità d'Italia. Nel decennio successivo (1861-1870) gli obiettivi della politica estera dei vari governi furono indirizzati soprattutto al completamento dell'Unità ed al consolidamento del nuovo Stato, per evitare che forzè contrarie all'Unità trovassero sostegno in una o più potenze europee. Il primo obiettivo, il completamento dell'Unità, fu raggiunto a tappe successive: nel 1866, con la terza guerra d'indipendenza che, se ebbe un esito infelice sul piano militare con le sconfitte di Custoza e Lissa, fece guadagnare all'Italia il Veneto; e nel 1870, con la presa di Roma e la fine dello Stato Pontificio. L'unificazione territoriale e l'esclusione di ingerenze e presenze straniere, in particolare francese cd austriaca, offrivano garanzie di sicurezza militare. Restavano aperte, sul piano politico e diplomatico, la questione di Trento e Trieste e, soprattutto, la questione romana, che la presa di Roma e la successiva Legge sulle Guarentigie non avevano risolte. Occorreva, pertanto, realizzare il secondo obiettivo, ovvero raggiungere il consolidamento del nuovo Stato attraverso l'inserimento definitivo nel concerto europeo. Consolidamento che significava, in prima istanza, difesa e riconoscimento dei confini raggiunti. La collocazione politico-geografica dell'Italia al centro del Mediterraneo poneva, infatti, non pochi problemi. Da un lato, l'arco alpino occidentale e l'estesa costa tirrenica e jonica erano soggette alla minaccia francese; dall'altro, l'arco alpino nord-orientale e la costa adriatica erano minacciati dall'eventuale offesa austro-ungarica. L'evidente sproporzione della minaccia, rispetto alle possibilità di difesa ed alle risorse disponibili, fu immediatamente avvertita dal Governo; diventava urgente adeguare sia lo strumento militare, sia mettere in opera un programma di politica estera, inesistente al momento. Sul piano militare, furono adottati tutta una serie di provvedimenti per accrescere e potenziare l'esercito, attraverso l'estensione del reclutamento obbligatorio di massa, l'approntamento di piani di mobilitazione, la preparazione dei comandi, il rinnovamento delle armi e dei materiali. Sul piano politico-diplomatico, la situazione imponeva una scelta in materia di politica estera, che facesse fronte


[;azione internazionale dell'Italia dall'unità alle guerre balcaniche 185

almeno ad una delle due minacce; in pratica, bisognava decidere con quali potenze allinearsi e quali, invece, contrastare. La diplomazia italiana, guidata dal 1870 al 1876 dal ministro Emilio Visconti-Yenosta 2, uno dei leader della Destra al governo, abbandonava la strada della neutralità e dell'isolamento, avvicinandosi alla Germania. Era un primo passo per risolvere la "questione romana"; avvicinarsi alla Germania significava, infatti, garantirsi nei confronti della Francia. Il Visconti non strinse, però, un'alleanza vera e propria, per non accentuare gli squilibri già esistenti in Europa. In fondo, l'obiettivo della Destra era quello di assicurare all'Italia un periodo abbastanza lungo di tranquillità "esterna", perché potesse occuparsi delle questioni interne. Una politica estera quindi prudente, ispirata alla tradizionale idea dell'equilibrio delle potenze, indispensabile per mantenere la pace, nella convinzione cht: Ja qualsiasi gunra l'Italia avrebbe avuto più da perdere che da guadagnare. La stessa Intesa fra i tre Imperatori, stipulata da Austria, Germani a, Russia nel 1873 , pur suscitando preoccupazioni e diffidenza, fu considerato dalla Destra un utile fattore di pace, qualo ra la sua funzione fosse rimasta quella di ridurre, anche se forzatamente, gli attriti ricorrenti fra i tre Stati. In quegli stessi anni, inoltre, veniva abbozzata l'idea che anche l'Itali a potesse partecipare ad una coalizione e nasceva la prima ipotesi di una Triplice Alleanza, che rimase però allo stato di progetto appena accennato. La conflittualità continua nei Balcani, che ad ogni momento poteva tradursi in una guerra tra le potenze, induceva la Destra e Viscon ti-Venosta a perseverare in una pol itica prudente che rispondesse al desiderio di pace dei moderati. Affermava infatti il Visconti: " ...L'Italia, operando in pro della pace, oltre a muoversi nell'am bito dei propri mezzi, potrà anche acquisire credito ed influenza

2 Visconti-Venosta fu Mini stro degli Affari Esteri nel Gabinetto Lanza (14 dicembre 1869-10 luglio 1873) e nel Gabinetto Minghetti (10 luglio 1873-25 marzo 1876); vedi Mario Missori, Governi, A{Le Cariche dello Stato, Alti Magistrati e l're(etti del Regno d'Italia, Archivio Centrale dello Stato, Roma, 1989, p. 49 e ss.


186

Alessio della Volpe

all'esterno, potrà mostrare la sua capacità di mescolarsi ai "grandi affari" e alle "deliberazioni comuni", potrà agire insomma come una grande potenza, e potrà favorire effettivamente l'affermazione di un orientamento utile a tutta la vita europea ..." 3 • La sua visione della politica estera ebbe però numerosi avversari, che, contestandogli l'immobilismo, lo accusavano principalmente di rinunciare alle aspirazioni su Trento e Trieste e a qualsiasi prospettiva o sviluppo di espansione coloniale, mentre le altre potenze facevano a gara per dividersi parte dell'Europa, l'Africa e l'Asia. !;opposizione si fece particolarmente sentire nel 1875, in occasione della rivolta in Erzegovina contro i turchi, che avrebbe poi causato la guerra serbo-turca l'anno dopo. Il governo Minghetti, infatti, non si ritenne abbastanza forte per approfittare della rivoluzione cd inserirsi nella questione d'oriente, che si riapriva; al contrario, l'opposizione riteneva che occorreva intervenire e favorire l'espansione austriaca nei Balcani, per chiedere in cambio la rinuncia ai territori italiani. ~anno successivo, la Sinistra andava al Governo con il Ministero Depretis e fissava, tra gli obiettivi della sua politica interna ed estera, la riunificazione all'Italia delle terre irredente, non nascondendo allo stesso tempo forti sentimenti anti-austriaci. Ma la sua politica, nei primi anni, non fu dissimile da quella della Destra, anche per volontà di Casa Savoia; spettava infatti al re la supervisione in materia di politica estera. Fu Francesco Crispi, Ministro dell'Interno del secondo Gabinetto Dcprctis 4, che incominciò a sostenere nel 18 77 la necessità di una diplomazia aggressiva in politica estera, e di un opportuno potenziamento e riarmo del Paese in politica interna, affinché l' Italia si mostrasse Stato forte agli occhi delle potenze europee. ~Italia, che non godeva dei favori di Austria e Francia, si trovò ancora isolata al congresso di Berlino del 1878. All'epoca, Presidente 3 B. VIGEZZI, L'Italia dopo l'Unità, a cura di J.B. Bosworth e S. Ro mano, Bologna, p. 255. 4 Dal 1876 al 1887 si succedettero ben 11 Governi, nei quali si alternarono come presidenti Agostino Depretis e Benedetto Cairoli; vedi Mario Missori, op. cit., p. 53 e ss.


I..:azione internazionale dell'Italia dall'unità alle guerre balcaniche 187

del Consiglio era Benedetto Cairoli e Ministro degli Affari Esteri Luigi Corti. Entrambi, prima del trattato di Berlino, ricevettero da Giacomo Malvano, Segretario Generale degli Esteri, un accurato rapporto sui precedenti della questione d'oriente 5 • ·[n tale rapporto, veniva sostenuto come la politica di neutralità perseguita dall'Italia non potesse essere abbandonata senza correre pericoli; e come, in fondo, i cambiamenti presumibili del trattato non rappresentassero qualcosa di dannoso o di irreparabile. !.;ingrandimento del Montenegro, anche se il principato era da considerare una longa manus della Russia, era un bene, perché portava una nuova forza a contrastare il predominio austriaco nell' Adriatico. Il regime degli Stretti, qualora modificato a vantaggio della Russia, sarebbe stato anche esso un bene, in quanto avrebbe portato un'altra nuova forza a contrastare, in questo caso, il dominio francese ed inglese nel Mediterraneo. Malvano, inoltre, previde nel suo rapporto l'indebolimento della Turchia e l'occupazione della Bosnia-Erzegovina da parte dell'Austria; e si rammaricava perché l'Italia non disponeva ancora dei mezzi e degli strumenti per poter approfittare a sua volta della decadenza dell'Impero ottomano. A conclusione del rapporto, Malvano esortava ad accogliere tutte le dichiarazioni e sistemazioni, rinunciando per il momento ad ogni pretesa che potesse derivare dagli interessi italiani e rinviandola a tempi migliori. 11.2 Alcuni storici, tra cui Pietro Silva, sono concordi nell'affermare che la conclusione del congresso di Berlino fu la causa fondamentale che avrebbe successivamente spinto, il 20 maggio 1882, Austria, Germania e Italia verso la Triplice Alleanza. Se la Germania fu spinta verso l'alleanza dall'intenzione di raggiungere un equilibrio in Europa, che le offrisse garanzie in un eventuale conflitto con la Francia e contro le aspirazioni russe nei Balcani; 5 M. Rosi, li Congresso di Berlino e Benedetto Cairo/i, in Bollettino dell'Ufficio Storico, Roma, 1927.


188

Alessio della Volpe

e se l'Austria avvertì la necessità di assicurarsi i confini italiani da rivendicazioni irredentistiche, molteplici e complesse furono le motivazioni che avrebbero indotto l'Italia ad aderire alla Triplice. Esse si possono sintetizzare nell'occupazione francese di Tunisi, che ebbe ripercussioni, non solo psicologiche, in Italia per il mancato acquisto di spazi coloniali, per l'isolamento internazionale in cui l'Italia si era venuta a trovare nel Congresso, per la necessità di consolidare la casa regnante in un momento in cui le idee socialiste e repubblicane, peraltro ampiamente rappresentate nella Francia postnapoleonica, rappresentavano un pericolo per l'ordine costituito da non sottovalutare. Tutte motivazioni che spinsero il giovane Stato italiano ad aderire all'alleanza, anche se il trattato non portava grossi vantaggi. In sostanza, con la Triplice Italia, Austria e Germania si assumevano l'impegno reciproco di difendersi da attacchi della Francia; l'Italia però non sarehhe intervenuta a favore dell'Austria se questa fosse stata attaccata dalla sola Russia. I maggiori vantaggi che l'Italia otteneva, erano quelli di uscire dall'isolamento internazionale, poiché acquisiva la veste di grande potenza al fianco dei due Imperi, e di ridurre la questione romana ad un fatto interno, perché erano tolte alla Francia ogni possibilità di intromissione e di intervento armato. Il pregio dell'alleanza era nel s uo carattere difensivo, ben evidenziato nel preambolo e in quegli articoli ch e prevedevano il casus foederis , possibile soltanto nell'eventualità di un'aggressione non provocata da uno dei contraenti l'alleanza. Il trattato, inoltre, prevedeva misure di collaborazione in campo militare, da attuare con reciproche intese; in realtà, esse furono raramente messe in atto, poiché gli Stati firmatari erano ovviamente ciascuno geloso della propria indipendenza in tale campo. Alla fine, su specifica richiesta italiana, vi fu esplicita dichiarazion e di ogni singolo contraente che le stipulazioni del trattato non potevano, in nessun caso, essere dirette contro l'Impero britannico. La precisazione voluta dall'Italia rispondeva, in effetti, alla volontà di concludere un accordo separato con l'Inghilterra sulle questioni mediterranee. Negoziati anglo-italiani in tale direzione, attentamente sorvegliati da Bismarck, portarono ad un accordo segreto stipulato il 12 febbraio 1887.


J..:azione internazionale dell'Italia dall'unità alle guerre balcaniche 189

Con esso, Italia cd Inghilterra si impegnavano non solo a mantenere lo status quo nel Mediterraneo, ivi compreso l'Adriatico, l'Egeo, il Mar Nero, ma anche ad accordarsi su eventuali modifiche da apportare qualora fosse stato necessario. Fu ugualmente previsto che l'Itali a avrebbe appoggiato l'Inghilterra nella questione egiziana e allo stesso tempo essa avrebbe appoggiato la penetrazione italiana in Africa Settentrionale, in particolare in Tripolitania ed in Cirenaica, anche contro altra potenza, cioè contro la Francia 6 • Impegni che si presentavano però di difficile applicazione; secondo gli italiani, infatti il "reciproco aiuto" equivaleva ad intervento armato; mentre il testo inglese intendeva che il carattere della collaborazione sarebbe stato valutato al momento e secondo le circostanze del caso 7 . La Germania, pur conoscendo gli accordi, non vi aderì direttamente, perché Ilismarck non volle associarsi ad aLLiviLà dit:, am:he se segrete, contrastavano chiaramente gli interessi russi; era stato comunque il cancelliere a tirare le fila di tutta la vicenda, nella speranza di parali zzare la politica russa e francese. La rivalità della Germania verso la Francia aveva consentito, alcuni mesi prima degli accordi mediterranei, di rinnovare le clausole della Triplice a favore dell'Italia. Il generale Carlo Felice Nicolis di Robilant, ministro degli Esteri di Depretis, aveva infatti prospettato agli alleati la possibilità di un 'intesa franco-italiana. Tale ipotesi aveva indotto ad un rinnovo degli accordi, che assecondava le condizioni poste dall'Italia. Il 2 0 febbraio 1887, con la firma, e.li Robilant ottenne promesse di aiuti per una politica espansionistica, sia dalla Germania, sia dall'Austria. La Germania, infatti, si impegnava ad appoggiare le ambizioni coloniali dell'Italia, snaturando così lo spirito difensivo originario della Triplice.L'Austria, sulla quale Bismarck dovette operare notevole pressione, alla fine accordò il suo riconoscimento all'Italia

6 I~ R ENOUVIN, Storia Politica del Mondo, Il secolo XIX. Dal 1871 al 1914, Voi. IV, Ro ma, p. 98. ? I~ RENOUV!N,

op. cit., ide m.


190

Alessio della Volpe

ad ottenere vantaggi nei Balcani, sulle isole del\' Adriatico in mano ai turchi e nel'Egeo, qualora vi fossero stati mutamenti nello status quo. Tali vantaggi dovevano essere paritetici a quelli eventualmente ottenuti dall'Austria. 11.3 La politica estera italiana subì una svolta radicale nell'agosto 1887, quando Crispi, morto Depretis, assunse la Presidenza del Consiglio e mantenne gli Interni, assumendo allo stesso tempo gli Esteri ad interim. Il Ministero Crispi fu infatti caratterizzato dalla ricerca di prestigio e da una politica espansionistica. Le conseguenze furono una tensione crescente con la Francia e l'avvio dell'avventura africana; mentre sullo sfondo continuava ad agitarsi la questione balcanica, questa volta a causa di un contrasto austro-russo, sorto per motivi di successione al trono di Bulgaria. Crispi fu comunque attivissimo nell'estate e nell'autunno del 1887. Appoggiò l'Austria nella questione bulgara; sfruttò il conseguente malcontento russo per convincere Austria ed Inghilterra a nuovi trattati che garantissero lo status quo nel Mediterraneo. Ottenne in parte successo, poiché effettivamente vi fu uno scambio di note diplomatiche in tal senso; ma l'Inghilterra alla fine rifiutò la proposta di concludere un'alleanza militare. Crispi ebbe maggiore fortuna nei rapporti con la Germania, almeno in apparenza; dopo una serie di colloqui avviati nell'ottobre del 1887, nel febbra io del 1888 Italia e Germania firmarono una convenzione militare. In essa si stabiliva che in caso di guerra della Triplice contro Francia e Russia, l'Italia avrebbe impegnato i francesi sulle Alpi ed avrebbe inviato cinq uc Corpi d'Armata per rafforzare i tedeschi sul Reno. L1 Francia, venuta a conoscenza della convenzione tràmite i suoi servizi di informazione, avviò una durissima guerra commerciale contro l'Italia, basata su tariffe doganali differenziate ed onerose, che portò i due Stati ad un passo dal conflitto armato. Nel frattempo, Crispi aveva iniziato la sua politica espansionistica coloniale, cercando un "posto al sole" in Africa Orientale; una ricerca, in verità, iniziata in sordina nel 1885 con la spedizione inviata a Massaua per difendere il presidio di Assab. Un territorio del continente africano ancora libero dalla colonizzazione europea.


eazione internazionale dell'Italia dall'unità alle guerre balcaniche 191

Non a caso; era infatti ancora immune da conquiste perché era una regione arida, montuosa ed abitata da popolazioni sufficientemente evolute, ed allo stesso tempo abbastanza organizzate e bellicose per resistere all'invasione ed alla p enetrazione del mondo occidentale. Le conquiste e la politica coloniale di Crispi volsero al fallimento: le sconfitte militari subite, specialmente qu ella di Adua del 1896, indignarono la stampa e l'opinione pubblica al punto tale che egli fu costretto alle dimissioni. Il suo successore, Antonio Starrabba di Rudinì, si affrettò a firmare un trattato con l'Etiopia (ottobre 1896), in base al quale l'Italia rinunciava ad ogni pretesa sull'Abissinia e limitava le sue espansioni coloniali all'Eritrea ed alla Somalia. Con una buona dose di realismo, sostenuta da politici avveduti, si accettava il fatto che l'Italia non era ancora in grado di competere con le altre potenze europee in materia di colonialismo, che richiedeva notevoli sforzi economici e risorse militari, e non soltanto velleitarismi. Ultima nata fra le grandi potenze, l'Italia riprendeva a difendere i suoi interessi con una politica estera moderata, almeno fino alla guerra italo-turca; in tale direzione si mossero i ministri degli esteri che si succedettero dopo Crispi: lo stesso di Rudinì, di nuovo Emilio Visconti-Venosta, Raffaele Cappelli, Felice Napoleone Canevaro, Giulio Prinetti, Tommaso Tittoni, Antonino di San Giuliano, Francesco Guicciardini. TI primo obiettivo del nuovo corso della politica estera fu il riavvicinamento con la Francia. Operando in tale direzione, ViscontiVenosta e Barrére, ambasciatore francese a Roma, concordavano che innanzitutto, questione fondamentale, occorreva mettere in evidenza il carattere difensivo della Triplice Alleanza e la possibilità dell'Italia di avere, all'interno della stessa, una certa libertà nei rapporti con le altre potenze europee. Giulio Prinetti, succeduto a Visconti-Venosta nel febbraio del 1901, non si discostò da questa linea francofila; mirò pertanto da un lato ad ottenere impegni precisi degli alleati tedesçhi, dall'altro a ricevere garanzie della Francia e dell'Inghilterra, affinché rispettassero gli interessi italiani.


192

Alessio della Volpe

.I.:azione diplomatica del Prinetti, però, insospettì ed irritò gli alleati; in primo luogo il cancelliere tedesco Otto von Bulow, il quale si lamentò del comportamento italiano che ondeggiava, secondo una sua espressione, "tra matrimonio legittimo e concubinato". In effetti non aveva tutti i torti, perché l'Italia, nel tentativo di difendere i suoi interessi, cercava <li avere una maggiore indipendenza e libertà d'azione nei confronti degli al leati per poter appoggiarsi di volta in volta, a secondo delle circostanze, all'una o all'altra potenza europea. Un gioco non possibile in un sistema di alleanze che andava sempre più complicandosi. Infatti, durante il rinnovo del trattato della Triplice (28 giugno 1902), non furono accolte le richieste di Prinetti, che voleva far aggiungere una specifica clausola sul carattere difensivo dell'allean za. Il governo italiano volle comunque consolidare i legami con la Francia; reciprocamente, Italia e Francia, in alcune note segrete, si impegnavano a restare neutrali anche nel caso in cui fossero state aggredite da potenze, con le quali avevano stretto vincoli di alleanza, e comunque ad informarsi in anticipo qualora fossero state costrette a dichiarazioni di guerra. I precari equilibri raggiunti nel 1902, si deterioravano nel 1904. La Russia si trovava sempre più impegnata in Estremo Oriente, le nazionalità balcaniche si andavano rafforzando, la Germania continuava ad accrescere la sua influenza, economica e militare, sulla Turchia. Tra Austria ed Italia si accentuavano le mai sopite questioni irredentistiche ed, inoltre, si inasprivano i rapporti per l'opera di penetrazione, economico-commerciale e culturale, che l'Italia stava portando avanti nei Balcani . .I.:ltalia cercò allora di perseguire una intesa con la Russia in funzione anti-austriaca, poiché anche lo zar era interessato a frenare la marcia austriaca nei Balcani. Con molta fatica Tittoni e Giolitti riuscirono a mantenere, apparentemente, buoni accordi con l'Austria . .I.:alleanza continuava e n el 1907 veniva di nuovo rinnovata la Triplice, a nche se l'Austria senza alcuno spirito di a lleata meditava il colpo di mano in Bos niaErzegovina.


L'azione internazionale dell'Italia dall'unità alle guerre balcaniche 193

Nel 1908 la rivolta dei Giovani Turchi, scoppiata sotto l'influsso delle idee di libertà e di democrazia che arrivavano dall'Occidente, fornì all'Austria il pretesto per attuare i propri disegni nei Balcani. In sintesi, per isolare la Serbia, pericolosa qualora avesse tentato di riunire anche gli slavi della Bosnia-Erzegovina, congiunti a quelli della Bulgaria in uno spirito di panslavismo, l'Austria sperava nella piena indipendenza di quest'ultima e nell'annessione della Bosnia -Erzegovina. li 5 ottobre 1908 si realizzò il progetto bulgaro: il principe Ferdinando si incoronò zar della Bulgaria e dichiarò caduta l'alta sovranità turca. Il 6 ottobre l'Austria immediatamente annetteva la Bosnia-Erzegovina. L'Italia, non potendosi più opporre alle manovre austriache, riconfermò la sua amicizia all'Inghilterra e si avvicinò alla Russia stipulando gli accordi di Racconigi, con i quali i due Stati si impegnavano a mantenere lo status quo nei Balcani e, in caso di mutamenti, a sostenere il principio delle nazionalità e l'esclusione di interferenze straniere. Né Russia né Italia avrebbero stipulato accordi relativi all'oriente con altre potenze; inoltre, la prima avrebbe guardato con benevolenza gli interessi italiani in Africa, e la seconda quelli russi negli Stretti. I.:accordo non contravveniva quelli della Triplice, che pure impegnava i contraenti al mantenimento dello status quo nei Balcani e a rispettare il principio delle nazionalità. Di fatto però la Triplice ostacolava l'espansione italiana nei Balcani, ad eccezione della penetrazione economica, già avviata. Nel 1907, infatti, l'Italia esportava in Albania più dell'Austria, capovolgendo la situazione sfavorevole di qualche anno prima; inoltre, mandava notevoli quantitativi di prodotti tessili in Serbia, costruiva ponti e strade in Dalmazia, aveva il monopolio d el commercio montenegrino. I.:Italia quindi, bloccata nei progetti di espansione nei Balcani, per superare la crisi economica rivolse la sua atten zione all'Africa. Non mancarono motivi politici interni, quale l'appoggio della Destra nazionalista a Giolitti. Furono questi i motivi che portarono alla guerra in Libia (19111912), dopo la quale l'Italia, pur vittoriosa, non raccolse grandi


194

Alessio della Volpe

vantaggi né risultati, specialmente per quei lavoratori che speravano di trovare in Libia lo "spazio vitale". Si trovò, infatti, a fronteggiare una lunga e dura rivolta araba, peraltro prevista dalle autorità militari e preannunciata ai politici. Per paradosso, dalla debolezza della Turchia e dalla disgregazione dell'Impero ottomano ne trassero vantaggi altri, ed avvenimenti molteplici cambiarono sostanzialmente, dalla fine del 1912 all'agosto del 1913, l'assetto territoriale e gli equilibri delle influenze degli Stati balcanici. In quel frangente, vi fu un ulteriore rinnovo della Triplice, sotto alcuni aspetti favorevole all'Italia, poiché la Germania si impegnava a garantire lo status quo in Africa e quindi gli interessi italiani in Tripolitania e Cirenaica. L'intreccio degli interessi poneva però l'Italia in una situazione delicata sul piano della politica estera. Da un lato le guerre balcaniche, intese come lotta di liberazione dal dominio turco, richiamavano il Risorgimento e spingevano molti volontari a sostenere gli insorti in Grecia, in Albania, in Montenegro, in Macedonia . Dall'altro, il governo di Roma doveva intervenire per frenare la partecipazione di volontari in Albania, dove gli insorti combattevano un governo legittimo e dove comunque esisteva un divieto dell'Austria, che non consentiva ingerenze italiane. Paradossalmente, nei problemi di frontiera dei territori irredenti, l'Italia era più vicina a Francia ed Inghilterra; in quelli delle colonie doveva assumere atteggiamenti filo-tedeschi. Se nei problemi interni tali contraddizioni pesavano e si aggravavano con il crescere della recessione economica, nei rapporti internazionali esse ancor più ponevano l'Italia di fronte ad una situazione difficilissima, con l'ipotesi di una guerra che avanzava e si profilava sempre più concretamente 8•

8 A. BIAGINI, /;Italia e le guerre balcaniche, Stato Maggiore Esercito - Ufficio Storico, Roma, 1990, p. 62 e ss.


CAPITOLO

III

~ITALIA NELLE GUERRE BALCANICHE DEL 1912-1913 IIl.1 Durante tutto l'Ottocento, come abbiamo visto, la regia nei Balcani era stata tutta delle grandi potenze che, divise fra loro, avevano seguito sostanzialmente due linee: una, quella dell'intervento, dettata dall'interesse per la disgregazione dell'Impero ottomano al fine <li trarne vantaggi soprattutto territoriali; l'altra, quella dell'integrità, tesa a mantenere lo status quo, soprattutto per evitare che Stati concorrenti ricavassero da eventuali cambiamenti vantaggi territoriali, o economici e commerciali, ed in parte per " rispetto" dei principi di nazionalità, sempre più forti ad ogni crisi. L'Italia, che in un primo momento aveva seguito la linea del rispetto dello status quo, raggiunta una stabilità interna e proiettata verso una politica espansionistica, non sfuggì, ai primi del Novecento, alla tentazione di avanzare pretese sui Balcani alla stregua delle altre grandi potenze. E ciò non a caso, come afferma Biagini 1 , dal momento che, in sostanza, il fenomeno dell'espansione territoriale si presentò strettamente legato allo sviluppo economico. I paesi più avanzati sul piano produttivo avevano, in quegli anni, la necessità di reperire materie prime per le proprie industrie, mercati per le proprie merci, nuove aree di investimento per i propri capitali. La corsa all'espansione ed al possesso di colonie rispondeva anche ad un'altra esigenza, cioè quella di consentire l'emigrazione di larghe fasce di popolazione dai paesi a forte incremento demografico. L'Italia non volle né poteva restare esclusa, se si prende in considerazione il fenomeno della forte emigrazione di quegli anni. Incisiva diventò la politica italiana di penetrazione nei Balcani nel primo quindicennio del Novecento, soprattutto sotto la spinta e le esigenze di mercato dell'industria meccanica, che aveva raggiunto una discreta potenzialità.

1

A. B1AGINI, L:Italia e le guerre balcaniche, Stato Maggiore Esercito-Ufficio Storico, Roma, 1990, p. 69.


Alessio della Volpe

196

La vittoria sulla Turchia e l'occupazione della Libia, la penetrazione bancaria in Bulgaria ed in Grecia, furono tra gli indicatori del nuovo ruolo che l'Italia intendeva assumere a livello internazionale. Nello stesso tempo però nei Balcani, negli anni successivi al congresso di Berlino del 1878, si era andata affermando una terza linea, non corrispondente né a quella dell'intervento né a quella dell'integrità, indipendente dalla volontà delle potenze, nuova e interna alla questione balcanica: quella dei movimenti nazionali che, fortemente ispirati dalle lotte per l'indipendenza dal dominio turco, ai primi del Novecento avrebbero trovato un naturale epilogo nella Lega Balcanica. La concretizzazione di tali aspirazioni sarebbe stata causa di una nuova crisi internazionale. A due riprese, nei bienni 1908-1909 e 1912-1913, il "diritto dei popo li" pose in serio pericolo la pace generale. Nel 1908 furono tre gli avvenimenti sostanziali della uisi, <li cui si è già accennato: la rivoluzione dei Giovani Turchi, l'annessione della Bosnia-Erzegovina da parte dell'Austria, la dichiarazione d'indipendenza della Bulgaria. I..:annessione operata dall'Austria ebbe riflessi notevoli in Serbia, dove erano fortemente sentite le dichiarazioni fatte dal primo ministro Pasic nel 1904, secondo il quale Belgrado avrebbe dovuto avere fra gli slavi meridionali una funzione paragonabile a quella avuta dal Piemonte nel processo di unificazione italiana 2 • Al contrario, il colpo di mano dell'Austria chiudeva la porta a qualsiasi speranza di unione della Bosnia alla Serbia. I.:annessione inoltre, chiaramente illegittima secondo il trattato di Berlino del 1878, ledeva gli interessi italiani stipulati con la Triplice, poiché l'Italia, secondo i patti, avrebbe dovuto acquisire qualche compenso per i mutamenti che l'annessione comportava; e invece non ne ricevette alcuno. Come conseguenza, ne derivava l'accordo di Racconigi del 1909, che l' Italia stipulava segretamente con la Russia. Fu comunque il sentimento nazionalistico dei serbi e degli slavi meridionali a spingere all'uso della violenza come risorsa ami-austriaca. 2 A.

CARRIÈ,

Storia diplomatica d'Europa (1815-1968), Roma, p. 295.


J;ltalia nelle guerre balcaniche del 1912-1913

197

La Serbia, come risulta dai rapporti periodici sui Balcani compilati dai militari italiani, nel 1910 giungeva a sobbarcarsi della spesa straordinaria di oltre 200 milioni <li lire a fini militari 3 • Allo stesso tempo, avvertendo per prima la necessità di giungere ad una alleanza fra gli Stati balcanici, avviò con essi una politica interlocutoria. Gli Stati balcanici erano infatti divisi da molteplici e differenti progetti; particolarmente rilevante era il problema della "questione macedone", e difficile e complessa la sua soluzione. Bulgari, greci e serbi avevano infatti tutti grandi mire sulla Macedonia ed erano interessati nella stessa misura a sottrarre ai turchi quel territorio, <li grande interesse per la sua centralità geografica rispetto all'intera penisola balcanica. Ragioni politiche, forti componenti etniche e religiose, pretese di annessioni territoriali, rendevano estremamente precario l'equi librio delle forze nei Balcani. Ma alla fine, in tale clima di sostanziale destabilizzazione, prevalse più forte il momento unificante, rappresentato dai sentimenti comuni ami-turchi e<l anti-austriaci. Proprio in Macedonia, nel 1910, ripresero i movimenti di protesta contro i turchi, e gli Stati cristiani dei Balcani individuarono in tali movimenti l'atLimo aggregante da cogliere; serbi, bulgari e greci pensarono di appoggiarli per liberare le terre "irredente". Per passare all'azione, essi attendevano segnali di debolezza dell'Impero ottomano; l'occasione si presentò con la guerra italoturca in Libia, scoppiata nel settembre 1911. La guerra che l'Italia portò alla Turchia ebbe ripercussioni notevoli sugli sviluppi degli avvenimenti. Le cause del conflitto furono molteplici; per l'Italia non si trattava soltanto di realizzare quell'espansione di cui aveva necessità, ma di compensare anche le annessi on i del Marocco e di parte del Congo fra ncese, operate rispettivamente dalla Francia e dalla Germania in Africa, per ristabilire almeno in parte lo squilibrio che esisteva nel Mediterraneo a suo danno. TI pretesto del conflitto fu offerto dai continui ostacoli che il governo turco frapponeva alla penetrazione commerciale italiana in

3 Archivio Ufficio Storico-Stato Maggiore Esercito (AUSSME), fondo G 33, busta 30, rapporto n. 20 del T. Col. Marafini sulla situazione nei Balcani.


198

Alessio della Volpe

Tripolitania e in Cirenaica, come in ogni altra regione del suo Impero; l'occasione venne da un atto ostile dei turchi, che il 26 settembre, nonostante una notifica diplomatica italiana in materia, inviarono a Tripoli con la nave Derna armi e materiali da guerra. Il 27 settembre l'Italia inviava un ultimatum alla Turchia; ma aveva già pronto un Corpo di Spedizione (era stato mobilitato il giorno 25), per cui il 29 successivo poté dichiarare guerra alla Porta, contando sull'appoggio della Germania e sulla neutralità dell'Egitto. Le operazioni terminarono il 18 ottobre del 1912, con la pace di Losanna; le perdite subite, il calo di prestigio presso le popolazioni arabe dopo l'occupazione italiana delle isole dell'Egeo, la preoccupante situazione delineatasi nei Balcani, indussero la Turchia alla resa 4 • 111.2 La guerra contro l'Italia aveva disorganizzato l'esercito turco,

che aveva impegnato i suoi migliori ufficiali nelle ostilità in Tripolitania, e aveva assorbito le già scarse risorse finanziarie dell'Impero ottomano. Un'occasione che gli Stati balcanici non potevano perdere, favoriti dall'intervento della Russia. Il governo dello zar, infatti, abbandonata l'idea di un accordo con la Turchia per ottenere una revisione favorevole dell'accordo sugli Stretti, idea irrealizzabile perché le potenze europee non avrebbero mai acconsentito ad una tale revisione, si adoperò per appianare gli attriti nazionalistici e le divergenze fra gli Stati balcanici e per favorirne l'alleanza; grazie ai progetti di riorganizzazione balcanica portati avanti, separatamente, dai propri ministri a Belgrado e Sofia. I primi successi furono raccolti il 13 marzo 1912, quando venne conclusa un'alleanza serbo-bulgara, consenziente la Russia. Con il trattato, segreto, i due Stati si impegnarono ad aiutarsi qualora avessero subito un attacco e si accordarono per il futuro assetto della penisola balcanica; in sostanza venne convenuta la spartizione della

4 Per una storia completa della guerra italo-turca, vedasi la relazione uffi -

ciale: Corpo di Stato M aggiore - Ufficio Storico, Campagna di Libia, Roma, 6 volumi, 1922- 1927.


L'Italia nelle guerre balcaniche del 1912-1913

199

Macedonia, in una zona serba a nord ed in una bulgara a sud; una "zona contestata" sarebbe stata assegnata in seguito con decisione arbitrale dello zar. La Francia, conosciuto l'accordo, ne restò fortemente preoccupata, pur confermando la sua amicizia alla Russia; i timori non erano infondati. I..?accordo iniziale di marzo fu seguito da una specifica intesa militare ed il 29 maggio, con la conclusione di un accordo difensivo greco-bulgaro contro la Turchia, si costituì la Lega Balcanica. In Ita lia i segnali di un conflitto imminente non sfuggirono ai vertici militari; già nel mese di marzo il colonnello Marafini aveva redatto un rapporto sulla situazione nei Balcani in cui aveva scritto: " ... ne consegue che, poche volte come nella primavera che sta per aprirsi, si è avuto tale abbondanza di elementi per avvalorare la presunzione di mutamenti nell'odierno assetto della penisola... " 5 • 11 6 ottobre 1912 Serbia, Grecia e Bulgaria conclusero una alleanza, questa volta offensiva, contro la Turchia. Per la prima volta le nazioni balcaniche erano lega te da un sistema di alleanze ed il pericolo reale che esso costituiva fu ben avvertito dalla diplomazia eu ropea . Mentre la Sublime Porta veniva sollecitata a pro mulgare adeguate riforme, gli Stati balcanici furono preavvertiti che nessun vantaggio avrebbero ricavato da una guerra vittoriosa contro la Turchia. Nonostante il lavorio della diplomazia, che per mesi aveva ricercato soluzioni affinché la polveriera balcanica non esplodesse, 1'8 ottobre 19 12 il Montenegro dichiarò guerra a lla Turchia, seguito dalla Lega. Pochi giorni prima, il 4 ottobre, Francia, Russia, Germania e Austria avevano raggiunto l'accordo di opporsi a qualsiasi mutamento nei Balcani; ma la nota finale inviata agli Stati, che doveva fungere da deterrente, non giunse in tempo. Il 16 ottobre, appena furono aperte le ostilità al confine montenegrino, il governo bulgaro con una dura nota informava le potenze europee, anche a nome dei paesi a lleati, che avrebbe dettato una richiesta <li concessioni direttamente alla Turchia, contenente le seguenti condizioni: ''. .. a) autonomia amministrativa e nazionale

5 AUSSM E, fondo G 33, busta 34/3.


200

Alessio della Volpe

delle province macedoni, con governatori cristiani nelle stesse provincie; b) assemblee elettive; e) sostituzione delle truppe turche con milizie locali; d) possibilità di controllo sia da parte delle potenze europee che da parte degli Stati balcanici.. " 6 • La richiesta non ottenne però risposta e provocò la generalizzazione del conflitto; gli scontri alla frontiera montenegrina si estesero rapidamente agli altri fronti . Italia e Russia furono accusate dal governo francese, attraverso la stampa, di aver provocato indirettamente la guerra, preparando e favorendo l'unità dei paesi balcanici. Lftalia, in particolare, fu apertamente ritenuta colpevole di aver spinto il Montenegro a dichiarare la guerra, per facilitare le proprie trattative di pace con la Turchia. Il 17 ottobre bulgari, serbi e greci entrarono in territorio turco; teatri delle operazioni furono la Macedonia e la Tracia. In Macedonia operarono serbi e greci, in Tracia i bulgari. Le armate serbe occuparono la vecchia Serbia, la Macedonia e l'Albania vendicando l'antica sconfitta di Kossovo; i bulgari assediarono Adrianopoli e arrivarono a minacciare Costantinopoli; i greci 1'8 novembre s'impadronirono di Salonicco e, qualche giorno dopo, i serbi occuparono Monastir 7 . A distanza di poco più di un mese dall'apertura delle ostilità, la Turchia, stretta a Scutari, Giannina, Adrianopoli e Ciatalgià, il 20 novembre fu costretta a chiedere un armistizio. li governo turco era infatti disposto a concedere autonomia alla Macedonia, ma intendeva conservare Adrianopoli e Kirk-Klisse; gli avversari, invece, pretendevano proprio Adrianopoli, con Giannina e Scutari. Laccordo, inoltre, era reso comunque improbabile dalle implicazioni internazionali che si profilavano. r.:Austria, che non era disposta ad accettare le vittorie serbe nel territorio albanese e sulla costa adriatica, avviò la mobilitazione; di fronte all'intransigenza dell'Impero asburgico, la Russia si mosse a favore della Serbia. Il pericolo di un conflitto tra Serbia e Austria da un lato, e tra Russia e Austria dall'altro, che avrebbe finito per coinvolgere g ran 6 A. BIAGINI, I.:Jtalia e... , op. cii., p. 22. 7 G. BAJ-MACARIO, Balcani 1912-13, Voi. I, Milano, 1937, contiene una dettagliata ricostruzione delle battaglie.


L'Italia nelle guerre balcaniche del 1912-1913

201

parte dell'Europa, convinse le potenze a sollecitare la Turchia per la ripresa delle trattative. A tal fine, venne indetta un a conferenza a Londra, che si concluse il 22 gennaio 1913; la Turchia era costretta a cedere Adrianopoli e le isole dell'Egeo e conservava, in Europa, soltanto Costantinopoli, oltre ad una breve striscia di territorio lungo lo stretto dei Dardanelli e quello del Bosforo. L'accordo veniva però condotto in una situazione non chiara e tra conflittualità varie. Il successo ottenuto dai paesi balcanici danneggiava la Romania, politicamente e territorialmente; il governo romeno, in cambio della neutralità tenuta nel conflitto, intendeva perciò ottenere dei compensi dalla Bulgaria. Mentre si svolgevano le trattative, le ostilità furono sospese fra serbi, bulgari e turchi, ma non fra turchi e greci; questi ultimi, infatti, non avevano aderito all'armistizio e continuarono le operazioni sotto Scutari. La tensione tra Romania e Bulgaria era destinata ad aumentare; le vittorie bulgare vanificavano la linea politica dello Stato romeno del mantenimento dello status quo, linea che aveva unito la Romania strettamente alla Germania e ali' Austria. Si prospettava sempre più l'ipotesi di un conflitto fra i due Stati, poiché il governo romeno, rimasto inerte per avere sperato in una vittoria della Turchia, sentiva ora come una grave minaccia, per la propria vita economica, il possesso bulgaro del litorale sul Mar Nero. Una questione nata ai tempi del trattato di Berlino del 1878, quando la Romania, pur avendo combattuto con i russi contro i turchi, era stata sacrificata con la sottrazione della Bessarabia in cambio della Dobrugia; inoltre, il suo destino era stato legato alla navigazione sul Danubio (ma i bulgari lo controJlavano perché non avevano distrutto le fortezze lungo il fiume, come previsto dal trattato) ed i suoi confini erano stati disegnati con tali incertezze, da sembrare fatti apposta per far nascere incidenti. A tali frangenti, critici e carichi di tensioni, si sovrapposero e si intrecciarono eventi tumultuosi in Turchia. Il 23 gennaio un colpo di Stato rovesciò il governo di Kamil pascià e portò al potere Enver pascià, il più estremista dei Giovani Turchi, che denunciò l'armistizio e riprese, rovinosamente, la guerra. li 1° marzo ai turchi non restò altro che rimettersi nel le mani delle Potenze; ripresero quindi le trattative ed il 30 maggio, con la


202

Alessio della Volpe

Pace di Londra, si concluse la prima guerra balcanica. La Turchia perse quasi tutti i suoi possedimenti europei, ad eccezione di Costantinopoli, di una parte della Tracia e degli Stretti; il destino delle isole dell'Egeo veniva affidato alle decisioni delle Grandi Potenze; Creta era ceduta alla Grecia, l'Albania diventò uno Stato autonomo. La pace di Londra non poneva fine alla questione balcanica, poiché il trattato non definiva la sistemazione dei confini fra gli Stati vincitori; inoltre la Romania avanzava pretese e l'indipendenza albanese - fra l'altro non riconosciuta ufficialmente dalla Turchia - riaccendeva rivalità, mai sopite, tra Austria, Italia, Serbia e Grecia. Grave era, soprattutto, il problema della ripartizione dei territori fra i vincitori, fra Bulgaria e Serbia per la delimitazione dei confini, e fra Bulgaria e Romania per le rivendicazioni di quest'ultima di retti fiche a proprio favore. Problemi sorsero anche sulla spartizione della Macedonia, fra Serbia e Bulgaria, sulla base del trattato stipulato nel 1912. La Serbia chiese la revisione degli accordi e la Bulgaria, che aveva pretese su Salonicco in concorrenza con la Grecia, stipulò a sorpresa proprio con i greci prima una convenzione militare (14 maggio) e poi un'alleanza difensiva (1 ° giugno), per il controllo della comune frontiera in Macedonia. Il 29 giugno i bulgari attaccarono la Serbia e, inaspettatamente, anche l'alleata Grecia, al cui fianco si schierò la Romania; ebbe così origine la seconda guerra balcanica, poiché l'offensiva scatenò la reazione degli altri ex alleati e dei turchi, i quali speravano di poter rientrare in possesso dei territori perduti. La politica bulgara rompeva l'intesa fra i popoli balcanici e agevolava l'Impero ottomano, che alla fine della prima guerra balcanica sembrava destinato a scomparire. Il sentimento nazionale, che era sorto per far cessare la dominazione ottomana, si era trasformato in nazionalismo e produceva i suoi effetti negativi, vanificando un'alleanza raggiunta fra mille difficoltà. I risultati del conflitto furono rovinosi per i bulgari; attaccata dai serbi nella zona di Pirot, dai greci in Macedonia, dai rumeni diretti sulla stessa Sofia e, autonomamente, dai turchi che in breve occuparono Adrianopoli, la Bulgaria fu costretta a chiedere l'armistizio e a firmare, il 1O agosto 1913, iI Trattato di Bucarest.


J..:Jtalia nelle guerre balcaniche del 1912-1913

203

Gravi furono le perdite territoriali che dovette subire; la Serbia si assicurava la maggior parte della Macedonia, la Grecia quella definita Egea con Salonicco e Kavala, la Romania otteneva un'ulteriore parte della Dobrugia. La Turchia, con il successivo Trattato di Costantinopoli del 29 settembre 1913, recuperava una buona parte della Tracia, incluse le città di Adrianopoli e Kirk-Klisse. Fu soprattutto il rafforzamento della piccola Serbia, la vera trionfatrice dei due conflitti, a riaccendere i timori austriaci. Alla vigilia della firma del trattato di Bucarest, l'ambasciatore austriaco a Roma avvertì il ministro degli Esteri italiano, marchese di San Giuliano, che il suo paese aveva deciso di attaccare la Serbia come atto di difesa. Giolitti fece prontamente rispondere che, trattandosi di un atto di forza, l'Italia non era legata a interventi da alcuna clausola della Triplice 8 . Erano, comunque, tutti segnali premonitori di quanto sarebbe successo l'anno successivo. IIl.3 La questione albanese e la nascita dell'Albania come stato autonomo, pur essendo condizionate dalla crisi dell 'Impero ottomano e dalle guerre balcaniche, seguirono un percorso diverso da quello degli altri paesi balcanici. Per tutto l'Ottocento, in Albania si erano venuti a formare nodi difficili da sciogliere, legati a fattori interni come la presenza di insurrezioni continue, l'estrema povertà della campagna, la rivalità fra le diverse religioni, l'acceso nazionalismo; non disgiunti da timori provenienti da mire esterne, soprattutto austriache e poi italiane, tese a raccogliere l'eredità dell'Impero ottomano in decadimento. A seguito delle modifiche dello status quo avvenuto nei Balcani nel 1908, con l'annessione della Bosnia-Erzegovina da parte dell' Austria, il biennio compreso fra il 1909 e il 1911 fu caratterizzato da uno stato di ribellione permanente contro i turchi. Nel marzo del 1911 la ribellione divenne rivolta; in più momenti, fino al mese 8 Per una dettagliata ricostruzione delle battaglie vedi S. Lrn, I prodromi di tante gue"e: mezzo secolo di politica balcanica, in Memorie Storiche Militari 1977, Stato Maggiore Esercito - Ufficio Storico, Roma, 1977.


204

Alessio della Volpe

di giugno, gli albanesi lottarono nel tentativo di ottenere l'ind.i pendenza, aiutati dal Montenegro e dall'Italia. t:Italia, infatti, pur impedendo interventi diretti e visibili, come la tentata partenza di volontari agli ordini di Ricciotti Garibaldi, non poteva far mancare il suo sostegno politico alla causa albanese, in funzione anti turca e per il controllo dell'Adriatico sud orientale 9 • Nonostante i successi militari, il 13 giugno 1911 il governo della Sublime Porta decise di sospendere le operazioni e tentò una politica nuova, di conciliazione, presumibilmente conseguente a pressioni austriache. Nel gennaio del 1912 accadde però un evento imprevedibile. I Giovani Turchi sciolsero il Parlamento, nella speranza che nuove elezioni portassero ad un governo più malleabile. In Albania, allora, i capi nazionalisti, guidati da Tsmail Qemali, decisero di condurre a fondo la lotta per l'indipendenza organizzando una nuova rivolta. Grazie anche ai contrasti interni allo stesso esercito turco, gli albanesi raccolsero una serie di vittorie; il 22 luglio gli insorti occuparono Prishtina nel Kosovo ed il 12 agosto sconfissero ancora i turchi a Uskub. Il 28 novembre 1912, grazie anche all'andamento vittorioso della guerra condotta dalla Lega Balcanica contro l'Impero ottomano, il Congresso Nazionale Albanese, riunito a Valona sotto la presidenza di Ismail Qemali, proclamò l'indipendenza dell'Albania, in fretta, anche per evitare che la penetrazione delle truppe degli altri paesi balcanici in territorio albanese si trasformasse in occupazione. Tra gli Stati europei, Austria ed Italia erano quelli più avversi all'indipendenza albanese, anche se per motivi diversi, nonostante si fossero impegnati nel 1896 (accordi di Monza tra Visconti-Venosta e Goluchowski) al mantenimento dello status quo nei Balcani e, ove non fosse possibile, alla completa autonomia dell'Albania. L:ltalia, come verrà rivelato da un articolo del Resto del Carlino nel novembre 1912, aveva perso l'occasione di acquisire l'Albania nel 187 7, 9 A. p. 50.

J3JAGINJ,

Storia dell'Albania dalle origini ai giorni nostri, Milano, 1998,


J;Jtalia nelle guerre balcaniche del 1912-1913

205

quando le era stata offerta come compenso per l'occupazione austriaca della Bosnia-Erzegovina 10. Con il termine della prima guerra balcanica e la conferenza di Londra, si pose in prim o piano il problema di disegnare i confini a lbanesi: sulla questione, ovviamente, i pareri erano diversi. I paesi della Lega Balcanica, che ne avevano occupato parte durante il conflitto, intendevano ridurre l'Albania ad una striscia di terra lungo il mare; Valona e Durazzo dovevano essere assegnati rispettivamente alla Grecia (che nel frattempo aveva occupato l'isola di Saseno) e alla Serbia. D 'accordo su tale soluzione appariva la Russia, che però assegnava ali' Albania una maggiore estensione territoriale. Lltalia e l'Austria, che in pratica rispecchiavano le posizioni d ella Triplice, erano per una terza via: occorreva rispettare i confini etnici e geografici esistenti, ovvero, in de fini tiva, que lli tradizional i dell'Albania turca. Secondo questo progetto, il nuovo Stato albanese avrebbe dovuto controllare le coste orientali del mare Adriatico e garantire un equilibrio nei Balcani. Al di là delle dichiarazioni di intenti, la politica austriaca e quella italiana erano dirette ad assumere, in qualche modo, il controllo dell'Adriatico. L'Italia in fatti aspirava al controllo di quell'area sia per motivi economici, sia per motivi di sicurezza militare; un ' Albania indipende nte, con una lunga frontiera marittima cd una consistente superficie territoriale, costituiva un buon avam posto che poteva aumentare la lin ea di difesa dei confini italiani ed era allo stesso tempo un 'ottima via per gli scambi com m ercia li sempre più freque nti con l'Oriente. Con il trattato di pace del 1° marzo 1913 ed il definitivo riconosci mento dell'indipendenza dell'Albania, il Sultano affidò alle grandi potenze la questione della d elimi tazio ne dei confini. L'Italia, con l'intento di realizzare i suoi disegni, propose a llora (in contrasto con la Grecia sostenuta da lla Francia) ch e il con fine albanese arrivasse fino a Capo Stilo, per non lasciare il controllo del Ca na le di Corfù, e conseguentemente del Canale d 'Otranto,

10 A.

BIAGINI,

op. cit., p. 80.


206

Alessio della Volpe

completamente in mano greca. Chiese, inoltre, che l'Albania includesse Korcia, grosso centro fondamentale per la futura prosperità del nuovo Stato. Le forti divergenze esistenti indussero Italia ed Austria a firmare l'Accordo di Roma 1'8 maggio 1913, con il quale esse si impegnavano a rapidi interventi qualora non fossero stati rispettati i patti stipulati a Londra e relativi all'Albania. Ma né l'accordo di Roma, né la ripresa del conflitto nei Balcani, né le successive minacce dell'Austria alla Serbia, né la conferenza degli ambasciatori, servirono a risolvere in qualche modo il problema. Non servì a dirimere gli inestricabili contrasti esistenti neanche il Protocollo di Firenze del 17 dicembre 1913, con il quale erano stati definiti i confini dell'Albania: il Montenegro vide frustrate le proprie aspirazioni su Scutari; la Serbia non ottenne il sospirato sbocco sull'Adriatico, anche se acquisiva Prizren e altre località; la Grecia ottenne Janina, ma restò insoddisfatta. Il 28 febbraio 1914 Guglielmo di Wied, designato Principe d'Albania dalle Potenze, riceveva l'offerta della corona, che avrebbe tenuto per pochi mesi. Ma non sarebbe bastato il riconoscimento delle potenze europee e dei paesi balcanici a creare ipso facto uno Stato.


FONTI E BIBLIOGRAFIA •

Archivio Ufficio Storico - Stato Maggiore Esercito (AUSSME), fondo G 33, busta 30, rapporto n. 20 del T.Col. Marafini sulla siruazione nei Balcani.

• AUSSME fondo G 33, busta 34/3. G., Balcani 1912-13, Voi. I, Milano, 1937.

B AJ-MACARIO

Brn:rcnT1 E., Alcune note riassuntive sulla questione balcanica, in Rivista Militare, fase. V, aprile, Roma, 1909.

B1AGlNI A., Momenti di Storia Balcanica (1874-1914), Aspetti Militari, Stato Maggiore Esercito - Ufficio Storico, Roma, 198 1.

BIAC.INI A., L;Jtalia e le guerre balcaniche, Stato Maggiore Esercito - Ufficio Storico, Roma, 1990.

BIAGINI

A., Storia dell'Albania dalle origini ai giomi nostri, Milano, 1998 .

CARRIÈ

A., Storia diplomatica d'Europa (1815-1968), Roma, 197 0.

Corpo di Stato Maggiore - Ufficio Storico, Campagna di Libia, Roma, 6 volumi, 1922-1927.

GALL

Hrn1u-: F., Bismarck. TI grande conservatore, Roma, 1995.

Lo, S., I prodromi di tante guerre: mezzo secolo di politica balcanica, in Memorie Storiche Militari 1977, Stato Maggiore Esercito - Ufficio Storico, Ro ma, 1977.

MISSORI M., Governi, Alte Cariche dello Stato, Alti Magistrati e Prefetti del Regno d'Italia, Archivio Centrale dello Stato, Roma, 1989.

PINON

L., Bismarck, il Cancelliere di ferro, Milano, 1982.

R., J;Europe et /'Empire Ottoman, citazione di Aurelio Ricchetti, in La guerra nella /Jen isola balcanica, Rivista Militare, fascicolo VT, 1915.


208

Alessio della Volpe

RF.NOUVIN I~, Storia Politica del Mondo, Il secolo XIX. Dal 1871 al 191 4, Voi. IV, Roma, 1975 .

Rosi M., Il Congresso di Berlino e Benedetto Cairo/i, in B0//etti110 de/l'Ufficio Storico, Roma, 1927.

Stato Maggiore Esercito - Ufficio Storico, La spedizione Sarda in Crimea, Ro ma, 1927.

TAMUOKRA A., LEuropa centro-orientale nei secoli XIX-XX (1800-1920), in Storia Universale, diretta <la E. Pontieri, Voi. VI, tomo IV, 1973.

VJGEZZI lt, L'Italia dopo l'Unità, a cura di J.13. Bosworth e S. Romano, Bo logna.


Dedica: A Camilla e Paola, i gioielli de/la corona. MARCO SEVERINO

AMBROGIO SPINOLA IL GENERALE ED IL SUO TEMPO Introduzione La carriera militare e politica di Ambrogio Spinola abbraccia tre decenni, i primi del secolo diciassettesimo, piuttosto poveri di grandi talenti militari. Anche nella seconda metà del secolo precedente i grandi ingegni non erano stati abbondanti, se si eccettuano due comandanti di buon livello quali i grandi avversari della precedente fase della Guerra d'Olanda, Alessandro Farnese Duca di l'arma e Guglielmo d'Orange. Sullo scorcio del nuovo secolo, questo interminabile conflitto infuriava oramai da decenni, e ben presto le sue alterne sorti sarebbero andate ad intrecciarsi con le convulse vicende di quella Guerra dei Trent'Anni che avrebbe alterato ogni equilibrio politico-militare dell'Europa centro-occidentale, dando altresì vita ad un modo completamente nuovo di fare ed intendere la guerra. Non fu pertanto del tutto casuale la comparsa, con il procedere del secolo, di alcuni condottieri davvero dotati : Condé, Turenne e Lussemburgo ben rappresentano le successive generazioni di brillanti generali che fecero del diciassettesimo il secolo d'oro della Francia anche dal punto di vista militare; senza scordare però Raimondo Montecuccoli, il grande Eugenio di Savoia, il quasi dimenticato Francesco Morosini; e poi John Churchill, futuro Duca di Marlborough, il "beau anglais" cresciuto alla scuola di Turenne ... li solo Gustavo Adolfo di Svezia è, fra i grandi capitani, pressappoco contemporaneo dello Spinola, distinto tuttavia da questi in quanto monarca oltre che generale, libero perciò da quei condizionamenti finanziari prima che politici i quali costituivano tanto un elemento caratterizzante ricorrente quanto il principale limite nella condotta delle operazioni dei comandanti militari di questo periodo.


210

Marco Severino

Alcuni dei più grandi condottieri fra quelli espressi da quest'epoca di grandi mutamenti furono italiani, ma per qualche ragione, forse per aver militato al servizio di monarchie straniere e non per uno stato nazionale che ancora non esisteva né si concepiva, raramente hanno goduto degli onori di uno studio loro dedicato, quantomeno in Italia 1. Ambrogio Spinola non sfugge a questo destino: "nemo propheta in patria" recita il detto, e tanto la città d'origine quanto il suo paese natale non hanno saputo esprimere una seria analisi storica del conquistatore di Ostenda e Breda. Uno studio spagnolo dei primi del nostro secolo resta l'unico scrio tentativo in questa direzione 2 , eseguito con metodo e coscienziosità ma inevitabilmente datato ed agiografico, e forse più attento agli aspetti personali e diplomatici che a quelli squisitamente militari della variegata carriera dello Spinola. Collocare il generale genovese fra i supremi comandanti <li tutte le epoche, i geni della guerra, rappresenterebbe una forzatura; egli resta tuttavia un'affascinante e poliedrica figura di gentiluomo, generale, diplomatico ed organizzatore che seppe esprimere nd modo più completo quell'ideale tutto genovese del soldato-imprenditore, nel solco della tradizione di cui resta iniziatore ed insuperato interprete il grande Andrea Doria. La natura del quadro economico e politico-militare dell'Europa di quel tempo era tale da non dar vita a grandi opportunità, per un pur dotato condottiero, di esprimere il proprio talento. La più o meno accentuata immaturità economico-finanziaria degli stati faceva sì che arruolare e mantenere in campagna in modo continuativo eserciti appena adeguati rappresentasse un incubo organizzativo, il che contribuiva a consolidare il predominio tanto strategico quanto tattico della difesa sull'attacco, perché la necessità di risparmiare dall'usura le sempre troppo scarse truppe conferiva 1

Notevole eccezione il recente studio a cura di RAIMONDO LURAGHI, Opere di Raimondo Montecuccoli, Rom a, 1988, che rappresenta non solo una monumentale edizione critica delle opere del grande genera le, ma si trasforma in una completa disamina della sua carriera militare. 2 A. RODRIGUEZ VILLA, Ambrosia Spinola, Madrid, 1904.


Ambrogio Spinola - TI generale ed il suo tempo

211

alle piazzeforti una valenza ancora maggiore di quella derivante da tecniche d'assedio ancora da perfezionare, intendendo le fortezze nella loro duplice natura di depositi e basi di operazioni o ltre che di strutture con funzioni protettive dall'offesa avversaria. D'altro canto, la Spagna non era l'unica nazione a sperimentare difficoltà quasi insuperabili nel mantenere un controllo efficace sui propri eserciti, controllo che dipendeva in larga misura dal riuscire a pagarli con regolarità accettabile: e le guarnigioni, come è noto, costano molto meno degli eserciti di campagna. Sul campo di battaglia, poi, con la cavalleria momentaneamente relegata eia tattiche poco originali ad un marginale e per nulla confacente ruolo di supporto, cd un'artiglieria ancora troppo inefficiente cd immobile per essere davvero efficace, sullo scorcio del secolo il dominio era saldamente detenuto dai ponderosi tercios di fanteria, estremamente lenti e poco manovrieri ma dotati di sconfinata resi lienza specie nella difesa. Sullo sfondo di questo poco incoraggiante panorama, Ambrogio Spinola esibì il suo vero valore, qu ello di supremo interprete dell'arte militare del suo tempo: se egli non fu un innovatore, certamente rappresentò l'ul timo e più grande esempio di una tradizione militare che affonda le sue radici nella raffinata arte della guerra del Rinascimento italiano. Non a caso egli seguì, forse inconsciamente, le orme del grande Doria: lo Spinola non creò molti strumenti nuovi a beneficio dei capitani che l'avrebbero seguito, ma migliorò, affinò e seppe utilizzare nel modo più geniale e completo quelli che la sua epoca e la sua tradizione gli avevano trasmesso. A riprova, restano i suoi ripetuti e convincenti successi contro i migliori antagonisti che il suo tempo sapesse porgli di fronte: a buon titolo si può affermare che il generale genovese venisse alfine sconfitto non dagli avversari ma dalla burocrazia e dai confusi giochi di potere della corte spagnola. Per un condottiero vissuto in un'epoc;a di più o meno grandi mediocrità, si può ritenere un risultato di tutto rispetto.



PARTE 1

LA VITA E LE CAMPAGNE 1 - I primi anni Ambrogio Spinola nacque a Genova nel 1569, figlio primogenito di Filippo, marchese di Sesto e Venafro, esponente di una delle più importanti e ricche famiglie aristocratiche genovesi, più volte membro del governo della Repubblica. La madre era Polissena, figlia di Nicolò Grimaldi principe di Salerno, soprannominato "il monarca" per la sua colossale ricchezza. Rimasto ben presto orfano di padre, Ambrogio ricevette un'educazione completa, dimostrando una particolare affinità all'apprendimento delle discipline storiche e matematiche, ed in apparenza avviandosi, ereditato il titolo paterno, a seguire le orme del genitore nell'ambito dell'élite di governo dello stato genovese. Nel frattempo il fratello Federico, minore di due anni ed inizialmente destinato alla carriera ecclesiastica, dopo aver trascorso un periodo di studi in Spagna abbracciò non del tutto inaspettatamente quella carriera delle armi da sempre desiderata. Il giovane venne infatti accettato come "gentiluomo volontario" nella casa militare del Famese, allora generalissimo spagnolo nel difficile teatro di Fiandra, dove servì per i primi due decisivi anni della sua nuova vita; anni che avrebbero segnato in modo indelebile tanto il suo destino quanto quello del fratello. Fu probabilmente una visita di Federico, avvenuta nel 1589 (o forse nel 1590) a stimolare l'interesse di Ambrogio per le cose militari. Il fratello minore si era dimostrato un soldato per vocazione, facendosi notare dal Farnese per la sua istintiva abilità tattica, oltre che per un coraggio che sconfinava nella temerarietà 1 • Federico era impetuoso quanto Ambrogio era prudente, istintivo quanto il fratello lucido e razionale; tuttavia, i due fratelli erano sempre stati,

1 A. R ODRJGUF.Z VILLA,

Ambrosio Spinola, Madrid, 1904, pp. 14-16.


214

Marco Severino

e sempre rimasero, molto legati, ed i resoconti entusiastici di imprese militari fatti da Federico durante la sua visita a Genova dovettero produrre un'impressione duratura su Ambrogio, che reagì a suo modo. Ripartito il fratello, egli si impegnò infatti alacremente nello stud io della strategia, della tattica e della scienza delle fortificazioni. Fu in qu esto periodo che co n ogni probabilità maturò nel marchese Spinola la decisione di impegnarsi personalmente al servizio di quella monarchia spagnola alla cui sfera culturale, oltre che politica, sentiva di appartenere. Si trattò senza dubbio di una scelta meditata, dettata in primo luogo non da desiderio di avventura ma da quel solido senso dell' onore e del dovere nei confronti di una casa regnante che mai avrebbe abbandonato lo Spinola; pur pervaso da un forte senso di appartenenza alla propria città di o rigine, il marchese non riuscì mai a non sentirsi membro di una più ampia compagine statale ed ideale, nella quale si riconosceva con una sensibilità davvero molto "moderna" 2 • Una volta assunta la decisione, Ambrogio si preparò a porla in atto con la metodicità e la concretezza che lo contraddistinguevano fin dall'infanzia. Nel mentre che si applicava ai suoi studi, si preoccupò quindi, come marchese Spinola, di assicurare la successione. Sposatosi nel 1592 con la nobildonna Giovanna Bassadonna, ne ebbe tre figli maschi e due femmine. N el frattempo, la pratica quotidiana dell'amministrazione dei suoi vasti possedi menti e delle relative rendite ne affinava la naturale capacità che chiameremmo di gestione delle risorse, economiche ed umane, mentre la sua partecipazione con varie cariche al governo della repubblica fornì un'uti le esperienza politica e di utilizzo degli strumenti finanziari dell'epoca 3 • 2

" ... perché se havvi uno re, si è per servirlo come meglio (si) puote, e (se) evvi honore et fidelità, solo puote essere l'eccellentissima Maestà Sua il n: Filippo (Il)... ". Archivio de Simancas-Segretaria de Estado (A.S.-E.), plico 6 16, lettera di Ambrogio Spinola al conte Antonio M endez de Orizgaba, 13 april e 1596. 3 Genova era, in quel tempo, il principale centro finanziario e bancario europeo, e sebbene fosse superata da Amsterdam intorno a lla metà del Seicento, rimase ancora, almeno per tutto il secolo, il punto di riferimento finanziario per i paesi mediterranei europei. F. BRAUDEL, Imperi nel Mediterraneo nell'età di Filippo TI, Torino, 1985.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

215

Fu in questi anni che lo Spinola cercò di opporsi, con i membri del suo "parti to", allo strapotere di quello dei Doria capitanato dal principe Gianandrea, nipote del Grande Ammiraglio di Carlo V e a sua volta comandante in capo delle squadre spagnole nel Mediterraneo nonché delle forze navali della Repubblica. La lotta politica vide un temporaneo successo dello Spinola con l'elezione a doge, nel 1597, del suo candidato Lazzaro Grimaldi. Ma proprio le modalità e le conseguenze di questo successo fecero comprendere al marchese come le reali sorti della Repubblica venissero decise a Madrid più che a Genova, fornendo un'ulteriore incentivo a percorrere fino in fondo la strada intrapresa, ponendosi cioè al servizio della monarchia iberica. Nel frattempo, gli eventi maturavano. Durante quegli anni, infatti, Federico Spinola era rientrato nelle Fiandre ed aveva prestato servizio sotto i successori del Farnese, in particolare l'Arciduca Alberto d'Austria, e formandosi alla dura scuola della guerra, aveva maturato una preziosa esperienza mettendosi in luce presso i suoi superiori. Federico aveva intuito che la chiave del conflitto risiedeva nel dominio del mare e delle vie d'acqua interne: in infinite occasioni, le vittorie conquistate sul campo dagli agguerriti tercios iberici erano state vanificate dalla resilienza e dalla flessibilità strategica e logistica conferita al nemico dal controllo delle rotte marittime e fluviali, attraverso le quali si spostavano agevolmente e rapidamente truppe e rifornimenti, si riapprovvigionavano all'infinito le piazzeforti assediate, si ricevevano rinforzi dall'Inghilterra e dagli stati tedeschi protestanti alleati. Con caratteristica determinazione, Federico Spinola concepì allora un progetto che ben si adattava alla sua natura indipendente ed avventurosa: formare una squadra di galee per il servizio nelle acque costiere ed interne delle Fiandre, dove la loro manovrabilità, unita alla capacità di spostarsi senza dipendere da vento e maree ne avrebbe fatto avversarie formidabili per i duri ed esperti marinai delle province ribelli. Il progetto venne sottoposto all'Arciduca, che convinto dell'utilità dell'impresa dalle lucide e vigorose argomentazioni del genovese, nel 1598 lo inviò a Madrid insieme al suo autore affinché venisse giudicato dal re.


216

Marco Severino

Filippo II valutò di persona tanto l'id ea quanto l'ideatore e, da esperto conoscitore di uomini quale era, a dispetto di un parere contrario del suo Consiglio lo approvò, incaricando lo Spinola di approntare un primo contingente sperimentale di quattro galee, da accrescersi una volta verificatane l'effettiva utilità, e gliene affidò il comando stabilendo che avrebbero fatto base nel canale dell'Esclusa, megl io conosciuta come Sluys sull'estuario del fiume Zwyn, quindici chilometri a nord-est di Bruges. Fra mille resistenze e difficoltà di ogni genere la piccola squadra venne organizzata4 , mentre prendeva forma anche un progetto relativo ad uno sbarco in Inghilterra di entità limitata, che i primi convincenti successi dello Spinola parvero rendere possibile. Nella primavera del 1600, una stesura definitiva del piano di operazioni specificava che la forza d'invasione avrebbe dovuto essere costituita da 6.000 fanti da arruolarsi in Lombardia, a cura del comandante designato del contingente terrestre che su proposta dello Spinola venne per la prima volta individuato nel fratello dello stesso, il marchese Ambrogio 5 • Secondo consuetudine, Federico avrebbe finanziato egli stesso la flottiglia 6, e fin da subito si stabi lì di conferire analogo incarico al fratello per quanto atteneva al contingente di fanteria. Gli ottimi risultati della campagna navale fecero sì che il nuovo re Filippo III assegnasse altre dieci navi al geno vese che, a dispetto delle difficoltà sperimentate nel procurarsi le ciurme, ne fece uso talmente efficace da spingere il generalissimo olandese principe Maurizio di Nassau ad assediare Nieuport, importante piazza non lontana da Sluys cd essa stessa importante base navale.

4 A.S.-E., plico 621. 5 Ibidem; anche A.S.-E., plico 6 17 (24 maggio 1600) e plico 6 1 8 (1 2 maggio 1601). 6 A.S.-E., plico 621; nei primi mesi del 1600 Federico Spinola già aveva anticipato di tasca sua 308.000 ducati, da restituirsi nel seguente modo: 120.000 all'arrivo della (Iota dal Messico, il resto, tratto dalle rendite ordinarie degli anni 1601 , 1602 e 1603 , in due rate, una d i 80.000, l'a ltra di 108.000 du cati, da pagarsi in data non precisata.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

217

TI procedere dell'assedio venne ostacolato con efficacia dalle operazioni delle galee dello Spinola, finché non comparve un forte esercito di soccorso guidato dall'Arciduca Alberto, che riuscì ad interporsi fra gli assedianti e le basi di questi più a nord-est. Le modeste doti militari di Alberto d'Austria non poterono tuttavia reggere il confronto con quelle, ben maggiori, del brillante Nassau e, a dispetto del valore dei soldati iberici ed italiani, la battaglia di Nieuport del 2 luglio 1600, nonostante l'ingannevole successo iniziale al ponte di Leffingen, fu una pesante sconfitta spagnola. Le conseguenze avrebbero potuto essere anche peggiori, se le attività dell'infaticabile Federico contro le esposte comunicazioni avversarie, unite alla testarda resistenza opposta dalla piazzaforte, non avessero costretto il condottiero olandese a levare l'assedio ed a ritirarsi in Z elanda. eArciduca Alberto riconobbe lealmente il valore del genovese, segnalandone le imprese al re che lo convocò a corte, dove lo Spinola giunse nell'aprile del 1601. Qui venne ricevuto con molti onori, ed il vecchio progetto di un'invasione ''a bassa intensità" dell'Inghilterra sud-orientale venne rispolverato, subendo in itinere un'espansione negli scopi e nei mezzi. li re affidò quindi il comando e la realizzazione dell'impresa allo Spinola stesso, con l'ordine di formare una squadra sufficiente alla bisogna e di arruolare nuovi corpi di fanteria, per non indebolire ulteriormente i già depleti eserciti spagnoli nelle Fiandre 7 . A causa delle condizioni nelle quali versava l'erario, ancora una volta l'ini ziale finanziamento della spedizione sarebbe stato a carico dello Spinola, a fronte di un futuro rimborso. Federico confidò l'ardito progetto al fratello il quale, nell'approvarlo per intero, confermò la propria intenzione di associarvisi. Venne richiesta a Filippo llI delega in tal senso, che fu prontamente concessa, oltre che per i meriti acquisiti dal fratello minore al servizio della Spagna, anche per la fama del marchese quale esponente di spicco del partito "spagnolo" in Genova, cd altresì per le sue immense ricchezze che, data la portata dell'impresa e quindi dell'impegno finanziario richiesto, costituivano una solida garanzia.

7 A.S.-E., plico 621, 21 febbraio 1602.


218

Marco Severino

Si stabilì che il marchese Spinola, ricevuto il grado di maestre de campo, avrebbe arruolato in Lombardia un corpo di 6.000 uomini con l'assistenza del governatore degli stati milanesi Conte de Fuentes, il quale avrebbe dovuto fornire inoltre 2.000 fanti veterani per meglio inquadrare le nuove truppe, da trasferirsi quindi in Fiandra senza indugio 8 • Nei primi giorni del gennaio 1602 i fratelli Spinola giunsero a Milano. Il governatore de Fuentes non sollevò ovviamente alcuna difficoltà per l'effettuazione dell'arruolamento, dichiarandosi però impossibilitato a fornire i 2.000 veterani richiesti causa la debolezza delle guarnigioni alle sue dipendenze: proprio agli esordi della sua carriera militare Ambrogio Spinola conobbe per la prima volta l'ostruzionismo ed i particolarismi dell'amministrazione spagnola, contro la quale si sarebbe battuto per la restante parte della sua vita. Al che, Federico partì per la Spagna, per ricevere nuove istruzioni dal re e nel contempo approntare le forze navali. Nell'attesa della risposta, Ambrogio diede alacremente inizio al reclutamento, e ben presto le sue squadre di arruolatori "batterono il tamburo" nelle piazze dei villaggi e delle città di tutta la Lombardia centrale e meridionale fino al corso del Po. Giunse la replica del re, che autorizzava il marchese ad arruolare 2.000 fanti supplementari in luogo dei veterani che ci si rassegnava a considerare non disponibili. La leva fu un vero successo: gli ufficiali scelti dallo Spinola erano tutti noti per esperienza e capacità, e tenendosi per giunta il reclutamento a sue spese, l'abbigliamento delle squadre fu splendido, le armi nuove e luccicanti e, non ultimo, il premio di arruolamento offerto insolitamente generoso. Di conseguenza si poterono accettare esclusivamente uomini giovani e nel pieno delle forze, molti dei quali avevano già conosciuto in precedenza il mestiere delle armi, scartando quelli meno che promettenti: fatto di per sé stesso inconsueto in un'epoca nella quale era spesso difficile reclutare uomini, se non in buon numero, di buona qualità 9 • Per la metà di apri le del 1602 erano stati arruolati circa 9.000 uomini, 1.000 in più di quelli richiesti. Lo Spinola li organizzò in

8 Ibidem, plico 2023. 9 Ibidem, plico 1998.


Ambrogio Spinola -Il generale ed il suo tempo

219

due tercios di circa 4.500 effettivi ciascuno, su 20 compagnie di 200 uomini di truppa oltre ad ufficiali e soprannumerari. Come maestre de campo il marchese mantenne il comando diretto di uno di questi, nominando suo sargento mayor, o luogotenente vicario, Pompeo Giustiniani, un veterano delle guerre di Fiandra. Affidò il secondo tercio a Lucio Dentice quale maestre de campo, nominando sargento mayor Agostino Arconato, ambedue ufficiali di consolidata esperienza. Il novello generale dava così prova immediata di possedere in abbondanza quel solido buon senso che lo avrebbe sempre contraddistinto: conscio della propria inesperienza si circondò di collaboratori esperti, pur senza abdicare a quel ruolo di comando che venne da subito esercitato senza incertezze di sorta. Distaccandosi anche in questo dagli usi prevalenti, lo Spinola fu da subito e sempre rimase convinto infatti che "i consigli di guerra non combattono", e l'unicità ed indivisibilità dell'azione di comando furono fin dall'inizio postulati fondamentali del suo modo di fare la guerra. Ben equipaggiati ed armati, i due reggimenti vennero concentrati a Vercelli negli ultimi giorni di aprile. Qui lo Spinola, con il metodico approccio alle cose suo proprio, promulgò una grida che definiva i suoi "articoli di guerra", o codice di comportamento per le truppe ai suoi ordini. Veniva prescritta una severa disciplina di marcia, con assoluto divieto di rompere i ranghi e di molestare la popolazione, impegnando esplicitamente sé stesso e tutti gli ufficiali a far rispettare con il massimo rigore la lettera dell'editto. Che il marchese facesse sul serio venne ben presto dimostrato: quando nei primi giorni di marcia due gentiluomini volontari lasciarono la colonna senza autorizzazione, lo Spinola li fece inseguire ed arrestare, e dopo un rapido processo i due sfortunati vennero giustiziati per diserzione, benché personaggi influenti cercassero di intercedere a loro favore. Capacità organizzativa, istintivo amore per l'ordine e la c.iisciplina anche fuori dal campo di battaglia, volontà di applicare le regole stabilite sino in fondo: qualità inconsuete fra i comandanti del tempo, che Spinola dimostrava di possedere, in quei primi giorni alla guida del suo nuovo esercito; un "sistema" ancora in embrione, ma già definito e discernibile nei suoi tratti fondamentali.


220

Marco Severino

2 - La prova del fuoco

li 2 maggio 1602 i tercios si misero in marcia per la loro lontana destinazione. I depositi organizzati da Spinola lungo il percorso, la regolarità nella distribuzione delle paghe con la conseguente relativa facilità nel mantenere la disciplina fecero sì che giungendo in Fiandra attraverso la Svizzera, la Borgogna ed il Lussemburgo le perdite sofferte fossero minime, quando si era reputato normale perdere un terzo delle truppe, principalmente per diserzione, nel compiere una marcia simile. Nel frattempo le galere di Federico, dopo ritardi e contrattempi, un duro combattimento contro uno squadrone inglese al largo di Lisbona, ed un secondo scontro davanti a Calais seguito da una tempesta, erano finalmente giunte a Nieuport ridotte a tre sole unità 10. La situazione politica e militare che gli Spinola trovarono in Fiandra non poteva dirsi incoraggiante. Poco prima della morte avvenuta nel 1598, Filippo II aveva rinunciato alla sovranità sugli Stati di Fiandra a favore di sua fi glia, l'infanta Isabella Clara Eugenia, e del di lei marito l'Arciduca Alberto d'Austria; alla loro morte, i territori avrebbero dovuto ritornare in possesso della corona spagnola in assenza di eredi legittimi, che non vi erano né vi furono. Così disponendo, il re confidava che le inquiete province cattoliche sarebbero state rassicurate dalla presenza di un principe governante residente, e nel contempo, per lo stesso motivo quelle "ribelli" più faci lmente riportate al l'obbedienza; speranza che peraltro andò ben presto delusa. l:Arciduca Alberto era infatti persona assai debole, di corpo come di spirito. Esitante, irrisoluto, inesperto ed introverso, egli era stato completamente soggiogato dalla forte personalità di Filippo Il; morto questi poco dopo avergli affidato il difficile incarico, l'Arciduca parve smarrire anche quel poco di personalità che aveva posseduto 11 .

10 VILLA, np. cit., pp. 33-36; R. GRAY, Spinola's Galleys in the Narrow Seas 1599-1603, sta in Mariner's Mirror, voi. 64 , 1978, pp. 71 -83; A.S.-E., plichi 620 e 2224. 11 L:ambasciatore veneziano Pietro Contarini descrisse, in varie gustose lettere, la rassegnata delusione di Filippo lii di fronte alle goffe imprese dell 'Arciduca suo zio. Archivio di Stato, Venezia (A.S.V.), Calendario delle Carte di Stato cart. 4117-4118, p. 8, pp. 161- 165: P. Contarini a l Doge cd al Senato, varie date.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo temfm

221

Messo di fronte all'impegno di condurre un conflitto difficile tanto dal punto di vista militare quanto <la quello politico, e ad un avversario abile ed energico come il Nassau, Alberto d'Austria ben presto rivelò con penosa chiarezza quanto fosse inadeguato al compito. Gli eserciti spagnoli, mal amministrati e demoralizzati, passavano d'insuccesso in insuccesso; costretto alla difensiva, più volte l'Arciduca si era trovato in affanno anche solo a mantenere il controllo del nucleo delle province cattoliche, che comprendevano pressappoco gli attuali Belgio e Lussemburgo oltre all'Artois e le Fiandre francesi 12 • li re ed i suoi ministri erano acutamente consci della necessità improcrastinabile di misure decisive, e già da tempo erano convinti dell'importanza <li affidare la direzione effettiva dello sforzo bellico ad un condottiero abile e risoluto; la disfatta di Nieuport non aveva fatto che confermarli n elle loro convinzioni 13 • li.tttavia nulla era ancora stato fatto al riguardo, e nella primavera del 1601 l'ennesima campagna inconclusiva e disorganica intrapresa dall'Arciduca parve voler ingoiare anche le ultime risorse residue. Nel disperato tentativo di afferrare un successo che sempre più lo eludeva, e a dispetto, o forse a causa di una situazione strategica che appariva irrimediabilmente compromessa, egli aveva deciso di porre l'assedio alla importante piazza di Ostenda, chiave di volta del fianco nord-occidentale delle province cattoliche e degli accessi all'estuario della Schelda, il controllo del quale era tuttora conteso 14 . Il 29 giugno 1601 l'esercito spagnolo si era mosso da Bruxelles in tre colonne, giungendo in vista di Ostenda il 5 luglio. A Madrid l'impresa era parsa disperata: la piazza era munitissima e facilmente approvvigionabile dal mare, tanto che neanche il Farnese, a dispetto della sua abilità e degli eserciti agguerriti <lei quali disponeva, ne aveva tentato la cattura 15 • J più esperti fra gli ufficiali che accompagnavano l'Arciduca parimenti consigliarono di limitarsi 12 A.5.-E., plichi 61 7, 619,620. 13 Ibidem.

14 Ibidem, plico 618. 15 E.

CABRERA DE

Madrid, 1634, p. 112.

CORDOBA, Relaciones sobra l'Estado de la Guerra de Flàndes,


222

Marco Severino

ad un assedio "a bassa intensità", rimandando le operazioni risolutive a tempi migliori 16. Anche l'abile ed esperto Zuniga, ambasciatore del re Filippo III presso gli arciduchi, lamentava con rassegnato pessimismo come fosse opinione comune che l'assedio non si sarebbe potuto sostenere, e che sarebbe convenuto ritirarsi per tempo salvando le apparenze 17 ! Le operazioni furono puntualmente mal condotte fin dall'inizio, e la situazione logistica e strategica del principale esercito spagnolo in campo si aggravò di giorno in giorno 18 : già alla fine di luglio le difficoltà politiche e militari dell'arciduca erano giunte ad un punto tale da far sì che non si riuscissero più ad assicurare, dai banchieri della cattolica Anversa, prestiti sufficienti a garantire almeno l'approvvigionamento del corpo d'assedio 19 . L'investimento della fortezza si trascinò con scarso successo per tutto l'autunno e l'inverno, ma già nei primi mesi del 1602, i continui combattimenti contro l'agguerrita guarnigione anglo-olandese, i rigori del clima, la posizione malsana degli accampamenti e, soprattutto, la scarsità di rifornimenti avevano fiaccato l'efficienza e lo spirito combattivo dell'esercito assediante 20 . I.;abile principe Maurizio di Nassau non aveva tardato a sfruttare la contingenza favorevole: messo l'assedio alla piazzaforte di Rheinberg sul basso Reno, ed ottenutane la resa, era passato a devastare sistematicamente il Brabante spagnolo, aggravando le già considerevoli difficoltà logistiche dell'Arciduca e nel contempo suscitando una vera e propria ondata di panico che aveva attraversato le province cattoliche, spingendo la nobiltà vallona a chiedere insistentemente la sospensione dell'assedio di Ostenda, affinché l'esercito potesse accorrere a difesa del paese. 16 A. S. E., plico 619, "parere dato da don Agustìn Mexia a S.A. sulle cose de/l'assedio di Ostenda (relativamente) alle disponibilità verificate il 2 7 gennaio 1602 ". 17 lbidem, plico 620. 18 L'Arciduca scriveva al re, già all'inizio dell'autunno 1601, "dal campo sopra Ostenda": "ogni giorno crescono la miseria e le calamità in modo tale che tutto sembra volgere alla fine". A.S.-E. , plico 618, 14 sette mb re 1601. 19 Ibidem, plico 620, l'ambasciatore Zuniga al re, luglio 1602.

20

VILLA,

op. cit., p. 49.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

223

I..:Arciduca per sua parte non sapeva risolversi ad agire: l'esercito migliore che la Spagna possedesse negli Stati di Fiandra aveva visto la propria forza dissipata in un mal concepito assedio che durava ormai d a quasi un anno, riducendosi ad una d ebolezza tale da rendere ormai difficoltoso capire quale fosse l'assediante e quale invece l'assediato ; levare l'assedio per affrontare una campagna di manovra con truppe così deboli, mal approvvigionate e sull'orl o della rivolta era quanto non avrebbe probabilmente osato neanche un condottiero ben più risoluto di Alberto d'Austria. D'altro ca,~to, come il Nassau aveva sicuramente calcolato, se i soldati spagnoli avessero abbandonato sconfitti l'assedio, il danno morale arrecato alla causa cattolica sarebbe stato immenso. Se viceversa l'Arcidu ca avesse perseverato nell'impresa, la p rospettiva di vedere il suo esercito dissanguarsi lentamente per le diserzioni e le malattie senza quasi combatt ere diventava sempre più reali stica. Nel contempo il principe Maurizio avrebbe avuto mano libera nell'espugnare piazzeforti minori, nel devastare le province fedeli , ed in gene rale nel minare alla radice il morale e la volontà di proseguire la lotta di queste ultime, che costituivano la base indispensabile e vitale per lo sforzo bellico spagnolo nelle Fiandre. Il dilemma e ra apparente anche all'Arciduca: dopo aver affannosamente tentato senza successo di ottenere dal governatore del Milanese i 2.000 veterani spagnoli già promessi allo Spinola ed in seguito assegnatigli dal re, e pur restando convin to che solo le fanterie iberiche costituissero garanzia di successo 21 , alla metà di maggio Alberto d'Austria si risolse a scrivere direttamente al marchese Ambrogio, chiedendogli senza mezzi termini di affrettare la sua marcia, con le truppe a sua disposizione quali c he fossero 22 . Ancora all'inizio di giugno Filippo III era invece di tutt'altro avviso: nel mentre che comunicava a don Zuniga il suo intento di proseguire nel tuttora prioritario tentativo di sbarco in Inghilterra, al quale erano state in origine destinate le forze raccolte ad opera degli Spinola 23, lo stesso giorno il re scrisse in tal senso anche all'arcidu~a,

2 1 A.S.-E., plico 620, l'Arciduca al re, Nieuport, 23 aprile 1602. 22 Ibidem, plico 621. 23 Ibidem, pl ico 2224, il re a do n Zuniga, dispaccio in cifra, 11 giugno 1602.


224

Marco Severino

tentando per un verso di rassicurarlo circa il prossimo arrivo di non meglio definiti rinforzi, ma in realtà preoccupandosi più che altro <li ammonirlo con una certa fermezza, affinché non condizionasse in alcun modo le importanti operazioni indipendenti dei fratelli Spinola, anzi fornendo loro con sollecitudine ogni assistenza richiesta 24 . Le pressanti necessità della guerra in generale, e particolarmente le condizioni ormai pressoché disperate delle forze arciducali costrinsero tuttavia il re, di lì a poco, a rinviare sine die il progetto d'invasione, e ad ordinare al nobile genovese di assistere con le sue truppe le operazioni dell'arciduca. All'inizio di luglio questi si incontrò con lo Spinola a Gand, e lo convinse, dopo qualche resistenza, ad unirsi con i suoi tercios al contingente che Don Francisco de Mendoza, Ammiraglio d'Aragona, stava concentrando presso Anversa per opporsi alle operazioni del Nassau. Restò inteso che le truppe di Spinola avrebbero continuato a costituire un corpo separato ed autonomo, eventualmente pronto a riassumere in qualsiasi momento il ruolo originario 25 • Il re da parte sua si preoccupò di confermare immediatamente al marchese la sua fiducia, esprimendo l'eloquente speranza che l'entrata in gioco delle sue truppe potesse rivelarsi strumentale nel ribaltare le sorti della guerra: si trattava, insinuava Filippo, di un'ottima occasione per distinguersi, tanto per le truppe quanto per il condottiero ... 26. Alla fine del mese lo Spinola giunse pertanto con i suoi due tercios al campo spagnolo di Diste (Diest), posto sul fiume Demer a metà strada fra Anversa e Maestricht, per dare inizio alla sua prima campagna agli ordini di Don Francisco de Mendoza, Ammiraglio di Aragona e Capitano Generale della Cavalleria degli Stati di fiandra, comandante dell'unico esercito di campagna rimasto agli spagnoli, se si eccettua quello agli ordini diretti dell'Arciduca, sempre impantanato nell'interminabile assedio di Ostenda. Gli ordini del marchese specificavano che egli avrebbe conservato il comando diretto del contingente lombardo, che si accampò 24 25 26

Ibidem, plico 2244, il re all 'Arciduca Alberto, 11 giugno 1602. Ibidem, plico 620, l'Arciduca al re, in cifra, 19 luglio 1602. Ibidem, plico 2224, il re ad Ambrogio Spinola, s.d.


Ambrogio Spinola - li generale ed il suo tempo

225

ed avrebbe marciato distinto dalle altre truppe per tutta la durata delle operazioni 27 . Ai primi d'agosto l'esercito del Mendoza levò il campo, e manovrando a copertura della piccola fortezza di Tillermont (Tilburg), posta una ventina di chilometri ad est di Breda, si interpose fra l'esercito del Nassau e Anversa; quindi si trincerò in attesa del previsto attacco olandese. li Nassau in effetti si presentò davanti alle posizioni avversarie, e giudicatele troppo forti per rischiare un assalto, marciò verso est occupando la cittadina di Helmond; quindi pose l'assedio alla fortezza di Grave, piazza di qualche importanza su l basso corso della Mosa. Con una marcia abbastanza rapida, il Mendoza si portò allora in soccorso di Grave, e giunto nelle vicinanze, decise di tentare un attacco notturno al campo avversario. Stabilì pertanto che nella notte fra il 12 ed il 13 agosto, il tercio napoletano del maestre de campo Spina avrebbe assalito il lato settentrionale del campo olandese, con il supporto del tercio spagnolo del maestre de campo Antunez; contemporaneamente, i due reggimenti italiani dello Spinola avrebbero dovuto compiere una dimostrazione contro l'opposto lato meridionale delle difese. Nella storia delle guerre gli attacchi notturni risoltisi in un fallimento superano di gran lunga quelli coronati da successo, e il tentativo del Mendoza non fu fra questi ultimi. La difficoltà di coordinare i movimenti delle due ali, gli inevitabili ritardi nella marcia causati dal buio e dal terreno rotto da dighe e tratti allagati, fecero sì che fossero le forze diversive dello Spinola a stabilire per prime il contatto con il nemico. La rapida reazione olandese, unita al grave ritardo nella marcia dei tercios della forza principale contribuirono a costringere i due reggimenti lombardi ad impegnarsi per primi, e sempre più a fondo. Per quasi tre ore di confusi combattimenti lo Spinola sostenne la pressione crescente, in attesa di vedere concretarsi l'attacco principale, finché , minacciato di aggiramento, verso l'una del mattino ruppe il contatto sotto

27

A. RODRIGllF.Z VILLA, Don Francisco de Mendoza, Almirante de Aragòn,

Madrid, 1899, pp. 218-221.


226

Marco Severino

la copertura di un violento temporale e di una carica di due squadroni di reiters tedeschi, i cui capitani avevano offerto di loro iniziativa un appoggio che le circostanze resero veramente tempestivo. Limpresa si era risolta in un fiasco, ma una nota positiva era venuta dal comportamento dei due tercios italiani, alla loro prima battaglia come del resto il loro comandante. Le fanterie lombarde si erano battute bene, e a dispetto dell'oscurità e di una situazione tattica confusa ed inaspettata, avevano attaccato e contrattaccato per quasi tre ore, per poi ritirarsi in buon ordine e senza sbandamenti. Lo Spinola da parte sua si era trovato, alla sua prima "prova del fuoco", ad esercitare un comando di fatto indipendente, in un contesto tattico non facile e per di più imprevisto. Il marchese venne con ogni probabilità ben secondato dai suoi sperimentati ufficiali, dimostrando nondimeno di possedere già una sua personale abilità di comando, mantenendo freddamente il controllo delle truppe e conducendo in modo competente una manovra difficoltosa quale un ripiegamento tattico notturno di fronte al nemico. li Mendoza non seppe invece dimostrare pari compostezza: scosso dagli avvenimenti della notte, e probabilmente sopravvalutando le forze del nemico, il giorno seguente levò il campo e si ritirò verso sud, fino ad attestarsi su di una forte posizione fra Roermond e Maestricht, ben protetta dalle paludi e con l'ala destra che si appoggiava al corso della Mosa. li principe Maurizio, a sua volta reso cauto dall'inaspettata quanto effimera aggressività del generale spagnolo, non ritenne prudente inseguirlo 28 . Pochi giorni dopo, avuta notizia dell'ammutinamento di seicento soldati tedeschi della guarnigione di Liegi, il Mendoza si diresse a quella volta. La peraltro modesta ribellione venne rapidamente domata, ma non prima che giungesse la notizia che l'abile Nassau, approfittando delle esitazioni del M endoza e delle sue marce e contromarce, si era infine impadronito di Grave. Persa ormai completamente l'in iziativa strategica, il generale spagnolo marciò nuovamente verso nord seguendo il corso della Mosa,

28 A.S.-E., plichi 620 e 2224.


Ambrogio Spinola -Il generale ed il suo tempo

227

fino ad attestarsi poco a valle di Venlo, a copertura di questa piazzaforte e delle altre fortezze più a sud. Il principe Maurizio, pago dei successi ottenuti, declinò di attaccarlo. La campagna del 1602 giunse così a conclusione senza altre operazioni importanti, e quanto più conta, senza alcun successo che sollevasse la traballante causa cattolica. La prima incoraggiante prova data dallo Spinola e dai suoi tercios italiani fu forse l'unica nota positiva nel desolante panorama costituito dalle ben mediocri prove fornite tanto dall'Arciduca quanto dal Mendoza 29 • 3 - La nascita di un condottiero

Nel frattempo Filippo TTT, tuttora lusingato da schemi e progetti "imperiali" sempre più velleitari, parve ritornare sulle spiacevoli ma realistiche decisioni dell'estate. Prestando probabilmente eccessiva fede ai rapporti dei suoi agenti che parlavano di un crescente sentimento di ribellione diffuso fra i cattolici inglesi, alla fine dell'anno il re riconsiderò il vecchio piano per uno sbarco sull'isola. A tal fine inviò nuovi ordini al recalcitrante Alberto d'Austria, affinché mettesse a disposizione degli Spinola un treno completo di artiglieria, oltre alle munizioni ed i rifornimenti necessari all'impresa; gli ordinò inoltre di assistere il marchese Ambrogio nella campagna di reclutamento che, molto ottimisticamente, ci si aspettava avrebbe fornito altri 20.000 fanti e 2.000 cavalieri, resisi necessari anche a causa delle pesanti perdite subite durante la campagna appena conclusa dal contingente dello Spinola, e dovute in misura prevalente alle malattie 30 • Il mediocre Mendoza venne richiamato in patria all'inizio del 1603, mentre nel frattempo l'arciduca faceva del suo meglio per ostacolare i preparativi d'invasione. Dapprima vietò l'arruolamento di nuovi reggimenti, scrivendo nel contempo al re un fiume di lettere nelle quali, oltre a protestare 19 Ibidem.

JO Ibidem, plico 620, don Zuniga al re, Bruxelles, 4 settembre 1602.


228

Marco Severino

la propria incolpevolezza per il desolante insuccesso della campagna appena conclusa, dichiarava reiteratamente di non poter più assicurare nemmeno l'integrità territoriale delle province cattoliche se privato dello Spinola e delle sue truppe, e fornendo così involontariamente al marchese una reputazione davvero eccezionale per un generale ancora alle prime armi. Filippo III replicò confermando le precedenti istruzioni, con la precisazione che avrebbero dovuto essere eseguite senza indugio; l'arciduca reagì con un raffinato ostruzionismo, fornendo quanto richiesto solo con esasperante lentezza. Per questo motivo, mentre Federico Spinola si incaricò di proseguire le operazioni di leva nelle regioni degli Stati di Fiandra, Ambrogio decise di recarsi di persona prima in Germania e quindi in Italia per reclutare altre truppe. Prima di partire, egli incaricò Jacopo Franceschi, uno dei suoi ufficiali più efficienti, di formare un reggimento di valloni, nel contempo nominando suo generale di cavalleria il conte Enrico di Berg, uno dei principali magnati del paese. Giunto in Renania Meridionale alla fine di febbraio del 1603, il marchese reclutò rapidamente due tercios di 6.000 fanti ciascuno, nominando colonnelli il barone Robert de Barbanzon ed il Conte di Lussemburgo. Delegando quindi ai neocolonnelli il compito di terminare l'inquadramento delle reclute, lo Spinola ripartì, giungendo in Italia alla metà di aprile. Trascorse alcuni giorni a Milano, dove incontrò ripetutamente il governatore per definire le modalità della leva, quindi si mise all'opera per arruolare due nuovi reggimenti italiani. Non si può fare a meno di notare il salto qualitativo e quantit ativo effettuato in quei convulsi mesi dal nobile genovese: da semplice asientista, cioè beneficiario di un appalto per il reclutamento di un contingente limitato e definito, lo Spinola si era trasformato motu proprio nell'organizzatore, e comandante in pectore, di una nuova armata, ad ulteriore conferma delle sue ancora immature ma non per questo meno evidenti qualità, che dovettero brillare ancor più nel desolante scenario rappresentato dalle gerarchie di comando spagnole del teatro olandese. Nel frattempo, Federico si adoperava con l'abituale energia per completare la leva in Fiandra. Palesemente a disagio nel ricoprire


Ambrogio Spinola - TI generale ed il suo tempo

229

questo limitato ruolo organizzativo, l'inqu ieto fratello del marchese concepì un'azione di disturbo, un raid anfibio sull'isola di Walchercn, uno dei territori più ricchi della ribelle provincia zelandese nonché base fra le più importanti per il dominio olandese delle acque costiere e per l'approvvigionamento di Ostenda, il cui dispendioso assedio continuava a protrarsi. Alla metà di maggio otto galee erano pronte ed equipaggiate; imbarcati circa 1.500 fanti, la squadra levò l'ancora da Nieuport la sera del 24 maggio. H giorno seguente, tuttavia, al sorgere del sole venne avvistato uno squadrone olandese composto da cinque velieri. Impossibilitate a manovrare od anche solo a muovere, data la totale calma di vento, le navi nemiche apparivano una facile preda; e con caratteristica impetuosità lo Spinola decise per l'attacco immediato. Le agili galee spagnole riuscirono ben presto a serrare le distanze senza soffrire molto per il fuoco delle artiglierie nla11Jesi, poco efficace per l'impossibi lità d i presentare correttamente la bordata al nemico. Venuti all'abbordaggio, i numerosi cd agguerriti soldati spagnoli si impadronirono di una delle navi, e ne stavano minacciando una seconda, quando l'improvviso levarsi del vento che si sommava all'effetto dell'alta marea di mezzodì diede agli abili marinai olandesi la possibilità di reagire efficacemente. Stringendo al massimo il vento, i quattro galeoni superstiti si allontanarono rapidamente, sciogliendosi dall'abbraccio mortale delle galee spagnole; quindi, formata un'approssimativa linea di fila sopravvento, cominciarono a tempestare la squadra iberica con le loro ben più numerose batterie. Per due ore le galee tentarono di avvicinarsi al nemico, remando invano controvento, i fragili scafi che imbarcavano acqua sotto il martellamento delle artiglierie olandesi mentre i caduti si contavano a decine, quindi a centinaia. Infine, la capitana di Spinola, la "San Felipe", riuscì a portarsi fin quasi sotto la poppa del "Mond", nave di bandiera del viceammi'raglio Cant. Federico si trovava in quel momento sulla piattaforma prodiera, pronto ad abbordare insieme ai suoi so ldati, quando una bordata olandese spazzò la nave. Si vide l'ammiraglio cadere, il braccio destro troncato di netto da una palla di cannone, mentre intorno a lui la coperta della capitana era devastata dalla mitraglia.


230

Marco Severino

Un'ora più tardi, mentre le sue galee nelle quali tanto aveva creduto si ritiravano sconfitte, Federico Spinola rendeva l'anima a Dio. Una delle navi spagnole era stata colata a picco dalle bordate olandesi, un'altra addirittura speronata da uno dei pesanti galeoni. Le sei galee superstiti riuscirono a raggiungere Sluys, gravemente danneggiate e con oltre trecento morti e feriti a bordo, oltre a quelli affondati con le navi e non calcolandosi le perdite fra i galeotti ai remi 31 . Le galee spagnole non avrebbero mai più conteso ai robusti galeoni delle Province Unite il dominio delle acque costiere; sarebbero state le rapide fregate a vela basate a Dunkerque, al comando del leggendario Don Miguel de Orna, a disputare efficacemente, pochi anni dopo, il controllo del mare all'avversario, ma per il momento la Spagna perdeva d'un colpo la contesa navale ed un valoroso e fedele soldato. Ambrogio ricevette la notizia della morte del fratello a Pavia, <love si trovava per proseguire le operazioni di arruolamento. Si trattò di un colpo durissimo, perché i due Spinola erano molto legati, ma la reazione del marchese fu pronta ed intonata alla sua personalità. Abbandonare l'impresa sarebbe stato equivalente, ai suoi occhi, a tradire la memoria di Federico, oltre che la sempre più radicata fedeltà verso il re che aveva deciso di servire. Dopo una breve riflessione, Ambrogio decise di sospendere la leva e di partire immediatamente per le Fiandre; scrisse in tal senso al re, pregandolo di fargli pervenire nuovi ordini a Bruxelles. In Lussemburgo racco lse il reggimento ormai completo del colonnello Barbanzon, e con esso giunse a Bruxelles alla fine di luglio del 1603. La risposta di Filippo III non tardò a giungere. Nel dolersi della grave perdita subita dal marchese e dalle armi cattoliche, il r e riaffermò la sua completa fiducia allo Spinola, conferendogli il grado di generale delle galee di Fiandra appartenuto al fratello; approvata la deci sione del marchese di sospendere la leva, gli chiese, più che ordinargli, di porre senza indugio i suoi talenti a disposizione dell' Arciduca Alberto.

31 GRAY, op. cit., p. 76; VILI.A, Ambrosia Spinola ... , op. cit., pp. 60-62.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

231

Si era nel frattempo aperta la stagione di campagna, ed i prodromi erano stati scoraggianti per la parte spagnola; e quanto più è grave, non a causa della potenza del nemico ma per il disordine e il dilettantismo che regnavano sovrani nell'esercito cattol ico 32 • La guarnigione della fortezza di Hoogstraten, posta una trentina di chilometri a nord-est di Anversa, si era ammutinata ormai da mesi a causa di un ritardo nelle paghe di oltre due anni; e l'inazione dell'arciduca aveva fatto sì che la piazza ribelle fosse diventata il polo di attrazione per i soldati spagnoli che disertavano in gran numero, più ancora che per le sconfitte subite a causa della pessima amministrazione dell'esercito: accampamenti insalubri e mal approvvigionati, paghe aleatorie ed ozio forzato erodevano la forza dcli' esercito spagnolo più di una battaglia perduta. Gli ammutinati ammontavano ormai a 2.000 fanti e 1.000 cavalieri circa; nel luglio, temendo un'imminente rappresaglia, si consegnarono al nemico con la fortezza in loro custodia. Arruolati nel suo esercito i rivoltosi secondo il costume prevalente, il Nassau tentò di allargare il cuneo conficcato nel dispositivo di difesa dell'avversario assediando l'importante piazza di Bois-le-Duc (S'Hertogenbosch). Per una volta l'arciduca reagì prontamente: messo insieme affrettatamente un corpo di soccorso attingendo dalle guarnigioni più vicine, mosse in direzione della fortezza. Giunto nei pressi, constatando che le lince degli assedianti erano ancora incomplete, ne approfittò per introdurvi rinforzi e rifornimenti in quantità tale da garantirne la resistenza, quindi si sganciò dal più numeroso esercito olandese con una bella manovra, per tornare a dedicare tutta la sua attenzione all'impresa più importante, la cui conclusione continuava beffardamente a sfuggirgli: l'assed io di Ostenda. Ormai da ventidue mesi la piazza resisteva infatti agli assalti spagnoli. Il terreno paludoso rendeva quantomai difficoltosa la guerra di mina nonché la realizzazione di efficaci opere d'assedio, in particolare la costruzione delle importantissime batterie. Le malattie e le frequenti sortite dell'attivissima guarn igione minavano la forza ed il morale degli assedianti, esposti nei loro

32 Ibidem, pp. 64-65.


2.U

Marco Severino

insalubri accampamenti ai rigori del tempo e alle privazioni causate da un'organizzazione logistica molto approssimativa. Viceversa la guarnigione, ben alloggiata ed equipaggiata, non mancava di nulla, rifornita come era con regolarità via mare. A dispetto dei molti tentativi e delle molte opere intraprese e poi abbandonate per chiudere la vitale arteria d'acqua, l'Arciduca non si trovava più vicino alla soluzione del problema di quanto non fosse stato quasi due anni prima, tanto che sempre più numerose cd autorevoli erano le voci che si levavano a scongiurarlo, più o meno apertamente, di non consumare invano ciò che rimaneva dell'esercito proseguendo un'impresa considerata ormai senza speranza. In quel frangente, si presentò all'Arciduca una possibilità nuova, che dovette apparirgli come un'ancora di salvezza: affidare la direzione dell'assedio allo Spinola, l'unico fra i comandanti spagnoli che a dispetto dell'inesperien za fosse uscito con qualche credito dalla disastrosa campagna dell'anno precedente. Il marchese reagì alla richiesta con sentimenti contrastanti: da un lato le implicazioni di questa lo lusingavano, poiché si trattava di impresa che, se coronata d a successo, lo avrebbe reso da un giorno all'altro il primo capitano del Re Cattolico; dall'altro, nei circoli militari e politici di tutta Europa l'assed io di Ostenda veniva ormai paragonato, fra il serio e il faceto, a quello di Troia tranne che per la probabile conclusione. Conscio di essere agli inizi della propria carriera militare, lo Spinola comprese appieno la grandezza e la difficoltà del compito che gli si chiedeva di assolvere. Reagì da par suo, con quella tranquilla e metodica determinazione per la qu ale cominciava ad essere noto. Il marchese chiese qualche giorno di tempo per decidere, e si recò immediatamente sulla scena dell'assedio. Esaminò la disposizione d egli accampamenti e delle opere offensive spagnole, si informò sullo stato delle truppe, degli equipaggiamenti e delle scorte logistiche. Parlò con gli ufficiali, e con questi percorse infinite volte, avanti e indietro, le trincee più avanzate, osservando le difese nemiche ed il terreno. Pare si soffermasse in particolare a considerare la posizione e la morfologia delle vie d 'acqua afferenti alla fortezza, e sulle opere


Ambrogio St,inola - li generale ed il suo tempo

233

tentate dagli spagnoli per chiuderle alle imbarcazioni olandesi 33 . Nel contempo incaricò due dei suoi ufficiali più esperti e fidati, i colonnelli Franceschi e Giustiniani, di compiere una ricognizione comprensiva quanto la sua e sottoporgliene le risultanze. In ultimo, conferì a lungo con gli ingegneri addetti alle opere d'assedio, facendo in questa occasione conoscenza con il romano Pompeo Targoni, un tecnico geniale e di grande esperienza con il quale lo Spinola entrò subito in sintonia. Dopo sei giorni di attività frenetica, esaminati tutti i rapporti e sulla scorta di quanto personalmente osservato, il marchese decise di accettare il difficile incarico: sentiva che quella fortezza sarebbe stata sua. Il 28 settembre 1603 Ambrogio Spinola giunse a Bruxelles e si recò personalmente da Alberto d'Austria per comunicargli la sua risoluzione. QuesLi 11011 dissimulò il sollievo e la soddisfazione che la decisione del generale genovese gli recava, e dopo le consuete espressioni di totale fiducia, dichiarò che avrebbe disposto il trasferimento diretto ed immediato al marchese dei fondi che l'erario spagnolo destinava all'assedio. Con il consueto realismo, Spinola propose di anticipare quanto necessario mediante tratte levate a suo proprio nome presso i banchieri genovesi di Anversa, dimostrando come l'educazione ricevuta e le esperienze giovanili gli avessero fatto maturare la convinzione, consolidata dalle recenti esperienze di campagna, che un esercito combatte bene solo con la pancia piena. L'arciduca scrisse immediatamente al re dell'accordo ottenuto, senza nascondere la sua totale soddisfazione al riguardo e dichiarandosi finalmente ottimista sull'esito dell'impresa 34 . Anche lo Spinola si rivolse a Filippo III in termini che non lasciano spazio ad equivoci sulle sue meditate convinzioni. Persuaso che non vi fosse corpo di truppa, per quanto demoralizzato, che non potesse essere reso efficiente da una semplice cura

33 A.S.-E., plico 621. 34 Ibidem, plico 622, l'Arciduca al re, Roermondc, 29 settembre 1603 .


234

Marco Severino

fatta di paghe e razioni regolari, accampamenti salubri insieme ad un addestramento intenso ed una buona disciplina, il marchese andò subito al punto . .Cassedio di Ostenda avrebbe potuto essere forse condotto a termine con successo, ma la prima condizione perché ciò avvenisse era la disponibilità immediata di fondi. Determinata in 120.000 scudi al mese la somma necessaria per condurre l'assedio in modo efficace, lo Spinola propose al re di anticipare la somma sul suo credito per una durata minima di sei mesi, garantendo così una solida base alle necessità delle forze sotto Ostenda, e liberando nello stesso tempo risorse preziose che avrebbero potuto essere impiegate per mantenere in campo con maggior sicurezza guarnigioni e forze di campagna da impiegarsi altrove negli Stati di Fiandra. Pur con tutto il rispetto che sinceramente nutriva per il re, lo Spinola confermò al sovrano in termini piuttosto espliciti di ritenere che questo accorgimento solamente avrebbe potuto puntellare le pericolanti sorti della causa cattolica in Fiandra; e gli chiese di esprimere la sua volontà sulla prosecuzione dell'impresa in questi termini, compreso l'eventuale ulteriore autofinanziamento, nel pitt breve tempo possibile, pena il tracollo. Precisò anche che, secondo gli ordini dell'arciduca e data l'urgenza di provvedere, avrebbe contratto il relativo prestito e messo mano al suo incarico senza por tempo in mezzo, nella speranza che il re volesse poi ratificare l'accordo 35 . A tal fine, già il 29 settembre il marchese aveva contratto con i banchieri Vincenzo Centurione e Francesco Serra, genovesi residenti in Anversa, un prestito di 720.000 scudi, da restituirsi in dodici rate mensili di 60.000 ognuna a partire dal gennaio 1605 36. Lo stesso giorno, l'arciduca Alberto emanava decreto formale che conferiva allo Spinola il comando delle operazioni d'assedio, con i più ampi poteri 37 . 35 Ibidem, Bruges, 7 ottobre 1603. 36 Jbidem, "bozza di contratto" senza data; si noti che il contratto stesso specificava come garanzia i beni e le rendite personali dello Spinola, configurandosi l'erario spagnolo come una sorta di sub-contraente, oggetto di un sepa rato contratto con lo Spinola stesso. 37 Ibidem, Bruxelles, 29 settembre 1603.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

235

Piuttosto prevedibilmente, Filippo III diede con sollecitudine il suo assenso, convalidato da un decreto del suo Consiglio di Stato nel quale si confermava la regia approvazione dei pur onerosi termini finanziari dell'operazione (i corposi interessi erano infatti a carico della corona), osservando inoltre con un freddo realismo, raro nei documenti ufficiali, che anche qualora lo Spinola non si fosse dimostrato granché come generale, il solido credito e le ampie sostanze delle quali era dotato costituivano garanzia e motivo sufficienti per affidargli comunque l'impresa 38 ! Nulla potrebbe illustrare meglio di questo episodio le difficoltà continue e spesso quasi insormontabili nelle quali si dibatteva l'amministrazione finanziaria iberica per assicurare le risorse necessarie allo sforzo bellico. L'affanno con il quale una struttura antiquata ed inadeguata riusciva, o spesso non riusciva a fare fronte alle esigenze crescenti della guerra è evidente. A dispetto della ristrutturazione finanziaria operata nel penultimo decennio del '500, che aveva effettivamente ridimensionato l'indebitamento dello Stato a livelli meno macroscopici, la prosecuzione delle ostilità contro le Province Unite, come del resto qualsiasi altro conflitto di natura poco più che temporanea, era ormai legata sempre più spesso al reperimento di generali-imprenditori, reclutati fra i grandi magnati che soli possedevano sostanze e credito sufficienti a garantire l'erogazione dei finanziamenti necessari da parte dei potenti gruppi bancari di Genova, Siviglia, Anversa o, talvolta, della stessa Amsterdam. Va da sé che in questi termini il controllo esercitato sulla spesa dagli uffici finanziari della corona diventava pressoché nullo. La spesa finale, e la sua incidenza sui bilanci futuri, aumentava ancora a causa del passaggio supplementare fra l'istituzione creditizia cd il condottiero-finanziatore, e da questi al tesoro reale, essendo in realtà quest'ultimo passaggio meramente virtuale in quanto era lo stesso generale a provvedere direttamente a ripartire ed impiegare i fondi da lui stesso procurati. La discrasia è apparente, ma non bisogna tuttavia dimenticare che il rischio cui si esponeva il finanziatore finale era reale, essendo garantito il rimborso sulla base di rendite future

38 Ibidem, Madrid, 2 novembre 1603.


236

Marco Severino

ed aleatorie, mentre per di più il monarca poteva sempre consolidare il prestito in qualsiasi momento con un atto unilaterale. Emerge da questo quadro non solo la evidente precarietà del sistema, aperto per giunta ad abusi e malversazioni di proporzioni colossali (non tutti i generali-imprenditori possedevano le qualità morali dello Spinola: basti ricordare il Wallenstein ... ), ma anche una crescente dipemlenza da personalità tutto sommato estranee alla struttura intima dello Stato e delle forze armate spagnole che non faceva ben sperare per il futuro. 4 - I:assedio di Ostenda Esauriti i preliminari, lo Spinola si mise finalmente in viaggio alla volta di Ostenda, dove giunse il 9 ottobre; il giorno seguente, assunto formalmente il comando, mise mano con energia all'immane compito che lo attendeva. Fedele alle sue convinzioni, il marchese si era preoccupato innanzitutto di provvedere affinché paghe e vettovaglie regolari cominciassero immediatamente ad affluire al campo dell'esercito assediante. Nello stesso tempo diede inizio ad un rigoroso programma di addestramento, nel mentre saggiando le difese della piazzaforte con frequenti azioni limitate che misero fine, una volta per tutte alle aggressive sortite della guarnigione, ora impegnata ben più duramente che in passato. Ancora una volta lo Spinola si dimostrò particolarmente attento a quanto poteva influire sul morale e quindi sulla combattività di un esercito; tutte le testimonianze concordano sulla sua straordinaria attività: fin dai primi giorni egli ebbe cura di mostrarsi alle truppe, visitando continuamente le trincee e le batterie, spesso impartendo personalmente ordini e fermandosi a conversare con i sold ati. Un tale atteggiamento senza dubbio influì non poco sul morale dell'esercito; tutti i grandi generali si sono avvalsi spesso di quel benefico rapporto ravvicinato con i propri uomini nel quale fu maestro insuperato Napoleone, e l'efficacia dovette essere ancora maggiore in un'epoca che vedeva ancora un generalizzato distacco emotivo fra la truppa ed il condottiero. Si può forse affermare che il marchese aveva intuito, con due secoli d'anticipo, i fondamentali postulati


_ Ambrogio S/Jinola - li generale ed il suo tempo

237

organizzativi, se non quelli strategici, della guerra napoleonica: cioè che i soldati combattono bene solo a pancia piena, e quando sono persuasi che qualcuno si prende cura di loro, per giunta motivandoli a battersi in virtù di un legame personale con chi li comanda. Gli effetti di tutta questa attività sull'andamento delle operazioni furono immediati cd evidenti. Già il 10 dicembre l'arciduca scrisse al re che da quando lo Spinola aveva assunto la direzione dell'assedio di Ostenda, "l'espugnazione di questa si sta avvicinando molto velocemente" 39 . Nei primi giorni di dicembre era caduta la controscarpa, e due decise sortite della guarnigione non erano riuscite a sloggiarne gli spagnoli: il primo successo tangibile dopo molto tempo era infine giunto. Lo Spinola si era <la subito convinto che la chiave della fortezza fosse costituita dal canale per mezzo del quale le imbarcazioni olandesi rifornivano dal mare la guarnigione. Si era già tentato di sbarrarlo con una diga, m}1 b hrghezza di quasi duecento metri per una profondità di oltre sei con l'alta marea rendevano l'operazione estremamente ardua, anche a causa delle frequenti tempeste che interrompevano i lavori, spesso provocando estesi danni, data la vicinanza al mare del sito dell'opera. Come se non bastasse, i cannoni della fortezza riuscivano a battere l'imboccatura del canale, anche se con efficacia relativa a causa dell a distanza prossima al chilometro. Alla fine di febbraio il marchese, constatati gli scarsi progressi compiuti nella costruzione della diga ad onta di sforzi erculei, interpellò il Targoni, la cui capacità ed inventiva era giunto a tenere in grande considerazione, al fine di escogitare una soluzione alternativa. In breve tempo l'ingegnere sottopose allo Spinola un'idea davvero geniale: si trattava di costruire alcuni grossi cassoni di legno, che sarebbero stati parzialmente riempiti di terra e sassi al riparo dalle onde e dall'azione nemica in un'ansa del canale sita più a monte, e quindi fatti scendere con il favore del riflusso di marea fino ad essere ancorati in posizione, per essere poi riempiti del tutto ed affondati. li Targoni

39 Ibidem, l'Arciduca al re, Bruxelles, 10 dicembre "J 603; nella stessa lettera l'arciduca sottoli neava ancora una volta come il denaro procurato dal marchese si stesse rivelando d'importanza decisiva per una buona condotta delle operazioni.


238

Marco Severino

calcolava che una mezza dozzina di cassoni sarebbe bastata a creare una diga semi-sommersa che anche con l'alta marea avrebbe sbarrato il canale navigabile a tutte le imbarcazioni più grandi di una scialuppa. Il marchese approvò il progetto, disponendo che venissero erette anche due poderose batterie a copertura dello sbarramento. I lavori ebbero inizio immediatamente 40 . Nello stesso tempo, lo Spinola diede inizio alla costruzione di una seconda diga, che avrebbe sbarrato il canale (non navigabile) che proteggeva il lato orientale della città; una volta stabilita così una testa di ponte sulla riva nemica, meditava di costruirvi un forre i cui cannoni avrebbero dominato la città vecchia, ponendola alla sua mercè 41 . Nelle settimane successive, a dispetto di violenti nubifragi e mareggiate che disfecero tra l'altro uno dei cassoni ancora non interamente zavorrato, le opere procedettero con buona progressione, anche grazie alla preziosa collaborazione dell'esperto personale che Spinola aveva prelevato dalle sue galee. All'inizio di aprile, vennero collocati a dimora gli ultimi due cassoni; contemporaneamente, veniva ultimata la costruzione delle batterie destinate a difenderli 42 : la lunga agonia di Ostenda cominciava. Nel mentre, l'avversario non rimase inoperoso: si tentò di scavare un nuovo canale che dal centro della città giungesse al mare, impresa frustrata dalla troppo scarsa profondità delle acque costiere, costellate di banchi di sabbia. Vi furono anche alcuni tentativi di sbarcare rinforzi e materiali sulla spiaggia di fronte alla fortezza, che si risolsero tuttavia in costosi insuccessi con la perdita quasi totale degli uni e degli altri a causa dell'attenta vigilanza degli assedianti. La chiusura del porto, oltre a rendere ormai assai difficoltoso approvvigionare la piazza, ebbe anche l'effetto di precludere quella continua rotazione, mediante la quale

40 Ibidem, plico 623, 22 febbraio 1604. 41 Per un "diario" dell'assedio, si vedano i rapporti giornalieri dello Spinola al re; ad es. in A.S.-E., plico 623 , per il periodo 12-22 marzo 1604. 42 Ibidem, plico 623, lo S. al re, 8 aprile 1604. Le due batterie "della diga" alloggiavano in totale 28 pezzi, fra i quali 8 da 28 libbre e 11 <la 20.


- Ambrogio S/Jinola - IL generale ed il suo tempo

239

la guarnigione veniva incessantemente rinnovata con unità fresche, che ne aveva mantenuto finora l'efficienza a livelli elevatissimi. Alla fine del mese i cannoni del forte di S. Alberto, appena ultimato, cominciarono a battere le opere difensive della città vecchia, denominate bastione del Petit Pouldre e rivellino verde, che costituivano l'ultima linea di difesa in quel settore. Il dieci di maggio all'alba, una gigantesca esplosione squassò il rivellino. Quando la nube di polvere e di detriti si fu finalmente posata al suolo, al posto dell'opera non rimaneva che un immenso cratere. Una ben condotta operazione di mina aveva aperto la strada verso il cuore della piazzaforte 43 . Le trincee spagnole vennero prontamente spinte in avanti, e così le batterie. Alla metà del mese, i cannoni di Spinola battevano ormai giorno e notte la cortina principale da meno di cento metri di distanza. Non fu pertanto casuale l'evidente cambiamento nel tono dei dispacci inviati al re durante la primavera dal marchese e dallo stesso Arciduca Alberto. Alla rassegnazione e allo sconforto si sostituì via via l'aspettativa, espressa con crescente sicurezza, di un prossimo successo; eloquentemente, il morale delle truppe veniva ora invariabilmente definito ottimo. Il Nassau, da parte sua, aveva seguito i progressi avversari con apprensione crescente. Condotta una ricognizione delle linee di controvallazione spagnole, e reputatele troppo forti per poter essere assalite con successo, il generalissimo olandese optò per una diversione, o meglio per un'operazione alternativa che costringesse l'avversario ad allentare la sua morsa su Ostenda. Decise pertanto di porre l'assedio a Sluys, l'importante base navale dalla quale avevano operato le galee di Federico Spinola. I suoi preparativi non passarono inosservati all'efficiente servizio informazioni creato dal marchese, che avendo ben presto correttamente interpretate le intenzioni operative del principe d'Orange, si affrettò ad informarne l'Arciduca. 43 Ibidem, plico 624, lo S. all'Arciduca, 11 maggio 1604.


240

Marco Severino

Questi agì tuttavia con la lentezza e l'esitazio ne di sempre, inviando di rinforzo alla guarnigione solamente 300 uomini, e tardando tanto a predisporre i necessari rifornimenti che, quando si trattò di introdurli nella piazzaforte, il cerchio attorno ad essa era ormai chiuso. Quanto è più grave, dalla morte di Federico Spinola si era creato un vuoto nella struttura di comando cattolica, e nessun ammiraglio spagnolo aveva più contestato il dominio del mare agli o landesi, che poterono così assicurarsi facilmente che la fortezza non venisse rifornita per questa via. Il 10 maggio, lo stesso giorno in cui le mine spagnole aprivano finalmente la strada verso il cuore delle difese di Ostenda, le operazioni preliminari d'assedio vennero completate, e si diede inizio al bombardamento di Sluys 44 • All a fine del mese, spinto infine ad agire dal tono dei messaggi che pervenivano dalla piazza assediata, l'Arciduca inviò un modesto e mal equipaggiato corpo di truppa a soccorrere la fortezza, al comando del generale di cavalleria Don Luis de Velasco. Giunto di fronte alle linee degli assedianti, questi operò di malavoglia un mal coordinato attacco sul lato meridionale delle difese olandesi, venendo facilmente respinto in una serie di confusi combattimenti (26-27 maggio), ai quali seguì una frettol osa ritirata. La notizia di questo rovescio gettò l'Arciduca in uno stato molto prossimo al panico; seguendo i non disinteressati suggerimenti dei suoi mediocri generali, Alberto d'Austria decise infine di rivolgersi ancora una volta all'unica persona che sempre più doveva apparirgli in grado di sbrogliare qual siasi situazione, per difficile che fosse. Convocò pertanto a Bruges lo Spinola, e gli ordinò di an dare in soccorso della piazzaforte assediata utilizzando a questo fin e truppe prelevate dal suo esercito sotto Ostenda. Il marchese obbiettò vivacemente, fornendo solide motivazioni per il suo dissenso. Pur correndo il rischio di lasciare nelle linee di assedio truppe appena sufficienti a mantenere le posizioni, senza poter quindi, per il momento almeno, dare seguito ai progressi compiuti, non si sarebbero potuti distogliere più di 6.000 uomini senza 44 Ibidem, plico 623.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

241

rischiare che una contromossa avversaria compromettesse d'un colpo quanto faticosamente ottenuto in tanti duri mesi di lotta. Una forza siffatta sarebbe stata per sua parte del tutto inadeguata a contrastare in modo efficace l'esercito dell'Orange. Se non era possibile soccorrere Sluys utilizzando altre forze, ragionava Spinola, sarebbe allora stato preferibile abbandonare la piazza al suo destino, per concentrarsi sull' operazione che costituiva il momento focale dell'intera campagna, cioè l'assedio di Ostenda avviato ormai a felice conclusione. Una volta presa la città, si sarebbero liberate truppe e risorse per riprendere a proprio comodo quanto si era perso nel frattempo. La lucida analisi del marchese, la sua visione "di teatro" e non limitata alle operazioni delle quali era personalmente responsabile, concorrono ad evidenziare quanto egli fosse cresciuto come condottiero; il modelJo operativo che proponeva aveva affinità degne di nota con quello elaborato e poi messo in pratica da Napoleone durante la campagna d'Italia del 1800. Le insistenze dell'arciduca costrinsero tuttavia lo Spinola a muovere comunque; rappresentati pertanto al re i dubbi già espressi ad Alberto d'Austria sull'opportunità dell'operazione, non ultimo il timore che l'inevitabile inattività degli assedianti, indeboliti e privati della sua guida, desse alla guarnigione tempo ed occasione per riattare le opere danneggiate, il marchese raccolse rapidamente circa 6.000 fanti ed un migliaio di cavalieri e marciò verso est 45 . Il corpo di spedizione mosse attraverso pantani e pianure allagate, sotto continui nubifragi che rendevano le strade simili a torrenti. Preso contatto con le difese avanzate della linea di controvallazione avversaria, le truppe di Spinola catturarono la ridotta detta di S. Caterina con un difficile assalto anfibio, ed un'opera minore con un attacco notturno; ma in quel mentre giunse la notizia che Sluys si era arresa a condizioni onorevoli quella stessa mattina del 20 agosto, al che al marchese non rimase altro da fare che sganciarsi e ritornare sui suoi passi. Questa piccola ed inutile impresa gli era costata 500 preziosi soldati fra morti, feriti e disertori, e rendendo giustizia alle sue fondate perplessità, si era rivelata del tutto vana.

45 Ibidem, lo S. al re, 1° agosto 1604.


Marco Severino

242

La perdita dell'Esclusa fu un duro colpo per l'orgoglio spagnolo, ma ben altra era la posta in gioco: come caparbiamente sostenuto dallo Spinola, la partita decisiva della campagna si giocava sotto le mura di Ostenda. Nel frattempo, fra le guarnigioni spagnole si riaccendevano rivolte ed ammutinamenti provocati dal perdurante cronico ritardo delle paghe e degli approvvigionamenti, piaga dalla quale sembrava essere esente solo il ben amministrato esercito del marchese Spinola. Giungeva intanto notizia che l'esercito del Nassau veniva rinforzato con truppe fresche e materiali dai suoi alleati tedeschi, inglesi e francesi, facendo temere che potesse di lì a breve intraprendere l'assedio di qualche piazza importante, oppure che "marciasse a bandiere spiegate a soccorrere Ostenda" 46 . Pressato dai suoi generali, che lo invitavano a far abbandonare l'assedio di Ostenda per concentrare tutte le truppe di fronte al principe Maurizio, e oppresso da tante necessità apparentemente inconciliabilì, l'Arciduca ebbe un guizzo di autorità, assumendo una decisione che avrebbe sortito conseguenze decisive sull'andamento del conflitto per oltre due decenni: convocato lo Spinola a Gand, gli affidò la responsabilità di comando supremo su tutti gli eserciti e le operazioni militari negli Stati di Fiandra. Era il 24 agosto 1604, ma la lettera con la quale Alberto d'Austria esprimeva al re la sua intenzione era stata scritta il 10, giorno di S. Lorenzo ed anniversario della grande vittoria di S. Quintino, ottenuta mezzo secolo prima sui francesi da un altro illustre italiano al servizio delle armi spagnole, il duca Emanuele Filiberto di Savoia: felice presagio di successi futuri 47 . Il marchese si dedicò all'ingrato incarico con l'energia consueta. Per prima cosa, ricorrendo ancora una volta a garanzie personali, chiese ed ottenne dai banchieri di Anversa fondi sufficienti ad approvvigionare le vettovaglie e gli equipaggiamenti così disperatamente necessari. Attinse direttamente al suo patrimonio personale per pagare il soldo arretrato ai soldati, facendo versare alla cavalleria le due paghe dovute (ognuna comprendente le spettanze di un

46

VILLA, op. cit., p. 81. 47 A.S.-E., plico 623, l'Arciduca al re, da Bruges.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

243

trimestre), e a forza di lusinghe alternate a reprimende, convinse i rappresentanti della fanteria ad accontentarsi di una paga, impegnandosi a far corrispondere Je altre due ancora in arretrato entro breve. Fece nel contempo arrestare i caporioni della sommossa, ristabilendo così rapidamente la disciplina e mettendo l'esercito in condizione di opporsi ad un eventuale tentativo dell'Orange di soccorrere Ostenda. Sebbene impegnato allo spasimo, Jo Spinola non rinunciò tuttavia alla conduzione dell'assedio, ma ne mantenne la direzione effettiva, recandosi spesso sul posto; durante queste visite, sembra avesse abitudine di percorrere le trincee, distribuendo di tasca sua ricompense fra i soldati e gli ufficiali più abili e valorosi 48 . I 720.000 scudi inizialmente provveduti dal marchese si erano frattanto esauriti, ed egli era stato costretto a richiedere due nuovi prestiti, uno di 240.000 scudi alla fine di aprile, ed uno ulteriore alla metà di luglio per altri 120.000, a fronte <lei soli 500.000 ducati rimborsati co mplessivamente dalla corona ai primi di luglio 49 ; le necessità insaziabili della Guerra di Fiandra, la voragine senza fondo che stava consumando senza pietà le risorse finanziarie della monarchia iberica, incidevano ormai pesantemente sulle pur solide sostanze del marchese. Questi ne era perfettamente cosciente, ma non c'era che da abbandonare Ja lotta, o andare avanti e sperare per il meglio; e così fece, forte del suo attaccamento alla causa cattolica e con l'appoggio ora incondizionato dell'arciduca, le cui mediocri qualità non gli impedivano di riconoscere un soldato di talento, capace di finanziare il suo stesso sforzo bellico e per giunta leale ed estraneo ai circoli di corte sede di meschini intrighi e sordide lotte di potere. li marchese non era rimasto immune da attacchi e gelosie 50 , ma Ja fiducia di Filippo lll, che sapeva riconoscere chi lo serviva con 48 VILLA, op. cit., p. 82. 49 A.S.-E., s.n., carte del Duca di Lenna, Primo Ministro di Filippo 111, 16 agosto 1604; plico 623, l'Arciduca al re, Bruxelles, 13 aprile 1604 e Rruges, 23 giu gno 1604; lo S. al re, dal campo di Ostenda, 25 a prile 1604. SO Si veda, p. es., CABRERA DE Co,rnollA, Relaciones ... , op. cit., 4 e 31 ottobre 1603 ; A.5.-E., plico 634, lettere del Commendato re di Castiglia al Duca di Lenna, 6 luglio, 8 agosto e 13 settembre 1604.


244

Marco Severino

abilità e, ancor più raro, fedeltà 51 , fece sì che almeno per il momento le trame dei suoi modesti rivali non approdassero a nulla. Nel mentre, lo Spinola si era dedicato anima e corpo alle nuove e ben più ampie responsabilità delle quali era stato investito, il che voleva dire coordinare le operazioni di tre eserciti separati e distinti, e di un'infinità di guarnigioni. Fedele alla propria filosofia di comando, il marchese si spostava in continuazione fra l'accampamento di Blankenberge, sulla costa circa 25 chilometri a nord-est di Ostenda, e quello di Damme, poco lontano da Bruges, per poi tornare quanto più spesso possibile alle linee sotto Ostenda. Lo Spinola si trovava là quando, nella notte fra il 19 ed il 20 settembre, una poderosa mina spianò i resti del Petil Pouldre creando nella seconda cortina una breccia di oltre quaranta metri 52 . Un rapido assalto da parte di tre compagnie spagnole e tre ita1iane si impossessò di un tratto di mura e dei due bastioni che lo delimitavano; gli attaccanti respinsero facilmente un immediato ma poco convinto contrattacco della guarnigione, e prima dell'alba i rinforzi spagnoli diretti personalmente dallo Spinola sciamavano nella breccia: la città vecchia era finalmente caduta in mano spagnola. Solo una debole linea di fortificazioni improvvisate si frapponeva ormai fra gli assedianti e la parte nuova dell'abitato: la sorte di Ostenda era segnata. A mezzogiorno del 20 settembre, alla vigilia dell'assalto generale, il marchese Spinola, seguendo le convenzioni d'uso, intimò all'avversario un'estrema offerta di resa a condizione, che venne accettata. Esaurite le formalità della capitolazione, a mezzodì del 22 settembre 1604 lo Spinola accettava formalmente la resa della piazza di Ostenda dal governatore militare Daniel d'Hertain, signore di Marchet.

51 Ibidem, "Palacio", plico 2209, annotazioni del re in margine a verbali del Consiglio di Stato per gli anni 1603 e 1604; E. H. METEREN, J.;Histoire des Pays-Bas d'Emmanuel de Meteren, CAja, 1618, pp. 240-259, 262, 274, 288-290, 296. 52 A.S.-E., p lico 2229, di spaccio in cifra dello S. al re, da Ostenda, 22

settembre 1604.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

245

Le condizioni della resa furono onorevoli, ed i 4.300 uomini superstiti della guarnigione lasciarono la fortezza il giorno successivo con le proprie armi individuali e le bandiere al vento. In mano ai vincitori restava una piazzaforte e base navale fra le più importanti, oltre ad una grande quantità di pezzi d'artiglieria, armi leggere e munizioni, e magazzini traboccanti di ogni sorta di vettovaglie ed equipaggiamenti 53 . Dopo un assedio durato 39 mesi, e solamente dieci dopo averne assunto la direzione, ad onta delle molte difficoltà e distrazioni lo Spinola aveva conquistato per la Spagna una delle più munite piazzeforti d'Europa. Il clamore universalmente sollevato dalla conclusione dell'assedio fu enorme; Ostenda era reputata assolutamente inespugnabile, e la fama dello Spinola crebbe a dismisura da un giorno ali' altro: a buon diritto tutto il continente lo aveva ormai collocato nel novero dei grandi capitani. Si calcola che durante l'assedio, per gli effetti dell'azione nemica, delle malattie e degli stenti, i difensori avessero perso quasi 60.000 uomini, gli assedianti circa 90.000 54! L'Arciduca Alberto volle recarsi immediatamente a Ostenda per congratularsi di persona con il marchese per quella che veniva giustamente considerata una grande vittoria; e la presa di possesso della piazza da parte spagnola venne celebrata con un sontuoso banchetto cd una grande parata, durante la quale lo Spinola ebbe cura di proclamare pubblicamente i meriti ed il valore dei suoi uomini, p resentando all'Arciduca e all'Infanta quegli ufficiali e soldati che maggiormente si erano distinti. Dopo aver provveduto poi a collocare nella fortezza una adeguata guarnigione, cd impartite disposizioni per la riparazione dei danni da essa sofferti durante l'assedio, il marchese spedì il suo provato ma trionfante esercito nei meritati quartieri d'inverno. Da mol ti 53

Ibidem; Delle Guerre di Fiandra libri Vi, di Pompeo Giustiniano, Anversa, 1609; La Nouvelle Troye par Henry Haestens, Leyden, 1615. 54 A.S.-E., plichi 2229 e 2232 (in cifra): del ibere e relazioni del Consiglio di Stato. Per una stima di parte olandese, largamente coincidente, vedasi Konijklijke Armeè Aarchiv (K.A.A.), CAja, rep. 8b, plichi 101 e 102.


246

Marco Severino

anni il morale della parte cattolica non era più stato così elevato, né così sconcertato l'avversario. Lo stesso giorno della capitolazione lo Spinola inviò al re un breve e sobrio dispaccio, che accompagnava la relazione dettagliata affidata al suo segretario Don Carlos de Robi es 55 . L'immediata risposta di Filippo lll fu redatta nei termini più encomiastici, e pervasa da un sincero riconoscimento delle qualità del marchese 56 . La stima e la fiducia che il re, il suo primo ministro Duca di Lerma ed i membri più influenti del governo nutrivano per il generale genovese ricevettero tale conferma dai fatti di Ostenda da divenire, da allora in avanti, del tutto impermeabili alle sempre più rade critiche che il marchese suscitava nei gelosi ambienti di corte, dando vita ad un mutuo apprezzamento destinato a dare buoni frutti negli anni a venire. 5 - Il viaggio a Corte e la Campagna del 1605

Lo Spinola si era risolto ad anticipare la pausa invernale dei combattimenti, complice l'inattività degli avversari, per concedere alle truppe un necessario periodo di riposo e riorganizzazione. La stagione era del resto ormai avanzata, e secondo i canoni d'uso sarebbe comunque stato estremamente difficile poter approfittare del disorientamento che aveva colpito il nemico a causa della perdita di Ostenda. D'altra parte il marchese pensò di mettere a frutto l'interruzione delle operazioni per impadronirsi compiutamente dei meccanismi di un comando generale che intendeva esercitare nel modo più completo ed efficace, apportando eventualmente le modifiche e le migliorie che avesse ritenute opportune. A questo riguardo, l'immenso prestigio derivatogli dall'impresa di Ostenda avrebbe avuto rilevanza pari o superiore ai pieni poteri conferitigli dall'Arciduca e che sperava il re avrebbe voluto confermargli per la campagna successiva. 55 A.S.-E., plico 623, lo S. al re, "dalle trincee", 22 settembre 1604. 56 Ibidem, plico 2224, il re allo S., l'Escorial 22 ottobre 1604.


Ambrogio Spinola - TI generale ed il suo tempo

24 7

A questo fine, desiderando finalmente incontrare il re di persona, all a metà di novembre lo Spinola ottenne licenza di partire per la Spagna, dove non si era fino ad allora mai recato. Fu accompagnato da lettere di presentazione per il re redatte dagli arciduchi nei termini più lusinghieri, nonostante il timore nutrito da Alberto d'Austria <li vedersi strappare quello che ormai considerava il suo salvatore a favore di più alti e prestigiosi incarichi 57 . L'arciduca, da parte sua, proponeva che il marchese venisse elevato alla dignità di Maestro <li Campo Generale. Mentre il Consiglio di Stato spagnolo dibatteva con veemenza sui riconoscimenti da assegnargli 58 , lo Spinola attraversava la Francia giungendo a Parigi, dove venne ricevuto con tutti gli onori dal re, l'astuto Enrico IV di Navarra. Egli stesso un generale di non disprezzabili capacità, sebbene più o meno attivamente alleato delle Province Unite, il sovrano francese dimostrò grande stima ed apprezzamento per i talenti militari del marchese Spinola 59 • Giunto infine a Valladolid, dove la corte si era trasferita per la stagione di caccia, ed essendo momentaneamente assente il re, lo Spinola venne ricevuto dal primo ministro Duca di Lerma, suo estimatore. Nella sontuosa residenza assegnatagli, il conquistatore di Ostenda ricevette in pochi giorni la visita di molti esponenti della migliore nobiltà iberica; ritornato quindi Filippo III dalla caccia, ebbe finalmente luogo l'attesa udienza reale. TI monarca accolse il marchese con tutta la familiarità che l' etichetta di corte poteva permettere; ed un immediato e franco scambio di vedute ebbe luogo, durante un vero e proprio consiglio di guerra informale nel quale si era spontaneamente trasformata l'udienza. Ben contento di assecondare al riguardo i desideri dell'Arciduca suo zio, Filippo III confermò al marchese la direzione militare del

57 lbidem, plico 634, l'Arciduca al re, Bruxelles 18 e 19 novembre 1604. 58

lbidem, plico 634, verbali di riunione ciel Consiglio cli Stato, 27 e 29 ottobre, 8, 16 e 18 novembre 1604. Di particolare interesse gli interventi del Duca di Lerma, favorevole allo Spinola, e del conte di Miranda, a lui avverso. 59

CABRERA DE CORDOBA,

Relaciones... , op. cit., pp. 229-232.


248

Marco Severino

conflitto contro le Province Unite, procedendo poi a valutare il piano di campagna che questi aveva già elaborato; la t endenza al la pianificazione e la metodicità proprie dello Spinola, insieme all'aver sperimentato durante la campagna precedente i guasti causati da uno sforzo bellico discontinuo e frammentario, spinsero il generale genovese a meditare lungamente sull'an damento da imprimere alle operazioni , e convincendolo della necessità di sottoporre le sue conclusioni direttamente al re, che solo avrebbe potuto conferirgli gli strumenti per implementarle. La perdita di Sluys era stato uno scacco molto sentito in Spagna, che aveva in qualche misura attenuato il trionfo di Ostenda. Il suo possesso dava in effetti all 'Orange un' "entrata di servizio" al cuore delle province fedeli che si temeva avrebbe potuto condurre a difficili campagne difensive, anche a causa del perdurante dominio del mare da parte olandese, fattore che aumentava a dismisura la valenza strategica di una base litoranea così ben situata. Ebbene, ragionava il generale genovese, l'unica soluzione per uscire dalla palude delle costosissime ed inconcludenti campagne difensive, che stavano lentamente collassando le risorse militari dello stato iberico, risiedeva nel trasformare la guerra contro le Province Unite da difensiva in offensiva. Con lucida e meditata a udacia, il marchese propose un piano di modernità davvero napoleon ica, che molto semplicemente consist eva nel creare un esercito mobile il più forte possibile, e con esso invadere il paese nemico, vivendo delle risorse di questo e devastand olo fino a costringere il Nassau ad una battaglia campale decisiva. Riducendo al minimo indispensabile le guarnigioni, si sarebbe potuto costituire un unico esercito di campagna, di potenza inau dita: 30.000 fanti e 4.000 cavalieri. Lasciato un corpo di 15 .000 fanti e 2.500 cavalieri ad osservare l'esercito di campagna olandese, si sarebbero per p rima cosa portati i restanti 15.000 fanti e 1.500 cavalieri a porre l'assedio a Sluys. Appena ultimate le prime, indispensabili opere d'assedio, ed isolata la piazzaforte dall'entroterra, 5.000 fanti e 500 cavalieri sarebbero stati distaccati e riuniti al "corpo di osservazione", che forte ora di 20.000 fanti e 3.000 cavalieri, si sarebbe trasformato in massa di manovra principale; gettati quindi dei ponti sul Reno, l'esercito lo avrebbe varcato entrando nelle opulente province della Frisia olandese.


Ambrogio Spinola - li generale ed il suo tempo

249

Lo Spinola sottolineò con forza che condizione essenziale per la buona riuscita della manovra sarebbe stata l'unicità di comando: il corpo sotto Sluys, l'esercito di manovra, le riserve e le guarnigioni non sarebbero stati altro che corpi distaccati di una sola armata, quale che fosse stata la scelta del re riguardo il comandante in capo 60 . La fiducia che il re ed il suo abile primo ministro nutrivano nelle qualità militari e personali dello Spinola non avrebbero potuto avere testimonianza migliore dell 'approvazione immediata ed incondizionata che ebbe il suo piano da parte del suo reale interlocutore, pur assuefatto com'era a ben più timide proposte operative. Restava l'incognita del comando supremo; dopo breve riflessione, e a dispetto delle voci contrarie, Filippo m si dimostrò un lungimirante conoscitore d'uomini. Riconoscendo nella testarda difesa che lo Spinola faceva dell'unità di comando nel teatro l'interesse stesso del suo Stato, il monarca fece una scelta non priva di coraggio. Il conquistatore di Ostenda venne elevato al grado di Maestre de Campo Generale di tutti gli eserciti spagnoli in Fiandra, con poteri eccezionali, nonché sovrintendente generale, cioè capo della amministrazione civile e militare spagnola nel teatro della guerra. Nella stessa occasione Spinola ricevette anche il cavalierato dell'ordine del Toson d'Oro, ed il titolo di duca di S. Severino nel Regno di Napoli 61 • Pesò senza dubbio sulla decisione del re la recente vittoria di Ostenda, resa tanto piL1 significativa dall 'ininterrotta serie di rovesci che avevano preceduto l'arrivo dello Spinola in Fiandra. Influì tuttavia in modo rilevante anche il desiderio degli Arciduchi di riavere al più presto il marchese, confermato nella suprema carica militare e doverosamente ricompensato per i suoi successi, desiderio reiterato con insistenza quasi ossessiva. 60 A.5.-E., plico 634: verbale della riunione ristretta fra il re, il Duca di Lenna e lo Spinola, sulla strategia da seguire per la campagna dell'anno successivo, 24 novembre 1604. 61

Ibidem, plico 2225, deliberazioni reali del 26 febbraio 1605 in Madrid e del 3 marzo 1605 in Tordesillas.


Marco Severino

250

Il re si era d'altra parte convinto che non avrebbe potuto trovare un condottiero che servisse gli interessi della corona con maggior zelo ed efficacia; in ogni caso, fin dai tempi più antichi si considerava opportuno e ragionevole non sollevare dal suo comando un generale vittorioso, e vista la determinazione del marchese nel non accettare niente di meno che un controllo totale ed effettivo delle operazioni, la scelta divenne quasi obbligata. Filippo III si incontrò più volte con Spinola, precisando i dettagli della campagna del nuovo anno ed approfondendo una stima ed una confidenza sempre più autentiche. Venne deciso, su proposta del marchese, di rafforzare la flottiglia basata a Dunkerque sotto il giovane ed abile ammiraglio Miguel de Orna, per disturbare le rotte commerciali olandesi e disputare al nemico il dominio delle acque costiere per rendere più incisivo l'attacco a Sluys. Con lo stesso scopo si deliberò di distaccare due squadroni a Nie11port ed Ostenda. Confermato il piano operativo dello Spinola, si stabilì di invadere la Frisia, per conquistare un saliente puntato contro la provincia d'Olanda, cuore degli stati ribelli. A questo fine si decise di arruolare non meno di sei nuovi tercios: due in Spagna, due nel regno di Napoli, uno negli stati milanesi ed uno nelle Fiandre composto di veterani 62 . Alla fine di marzo, lo Spinola partì alfine per assumere, con la convinta benedizione del re, il comando di tutti gli eserciti spagnoli negli Stati di Fiandra, accompagnato dalle premesse di una campagna finalmente decisiva. Dopo una breve sosta a Parigi presso il re Enrico 63 , il marchese giunse a Bruxelles il 9 aprile, accolto entusiasticamente dagli 62 Ibidem, plico 2226, verbali in varie date di febbra io e marzo. 63

CAlllffltA DE CORDOBA,

op. cit., pp. 311 -312, riferisce un gustoso a neddo-

to relativo al secondo incontro fra lo Spinola e<l Enri<.:o lV: i11terrogato il marche-

se in merito ai suoi progetti pe r l'imminente campagna, egli rispose al re, notoriamente favorevole alle Province Unite, di avere intenzione di passare il Reno e portare l'esercito in Frisia. Enrico, credendo che il marchese si prendesse gioco di lui, rispose che non lo credeva possibile, in quanto le fo rze spagnole non controll avano né l'una né l'altra sponda del fium e. Quando, mesi dopo, lo Spinola mise effettivamente in pratica il suo piano, pare che il re esclamasse: "Altri ingannano con la mem.ogna, ma questo italiano mi ha ingannato con la verità !".


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

251

arciduchi, cui recò una lettera con la quale il re manifestava la sua precisa volontà che le disposizioni impartite dal marchese Spinola nell'espletamento della sua nuova e prestigiosa carica venissero eseguite e fatte eseguire, nello spirito e nella lettera, con la più ampia e convinta collaborazione da parte di tutti i dipendenti del gove rno arciducale come della corona spagnola; e per questo, si affid ava all'attività ed alla vigilanza dell'Arciduca suo zio 64 . Non era poco per un condo ttiero straniero di fresca nomina, nel "mestiere" da nemmeno tre anni. La stagione di campagna stava per aprirsi, e lo Spinola diede immediatamente inizio ai preparativi. Non venne risparmiato nessuno sforzo per mantenere il nemico nell'incertezza sulle reali intenzioni operative del nuovo generalissimo cattolico: le scorte logistiche necessarie per la imminente campagna vennero raccolte con la maggior dissimulazione possibile, mentre piccoli corpi di truppa effettuavano diversioni nella direzione di Breda, Berg-op-Zoom, Grave ed altre piazze importanti. Una ben orchestrata campagna di disinformazione venne organizzata a beneficio dell'efficiente "servizio informazioni" del Nassau, e lo stesso marchese ebbe cura d i mostrarsi mentre riconosceva ostentatamente le difese di varie piazzeforti fra cui la stessa Sluys 65 . A suggello di tutta questa attività, lo Spinola tenn e il 30 aprile un consiglio di guerra allargato a tutti i suo i principali ufficiali, per definire un piano di campagna in realtà già perfezionato, ed avendo cura che nessuna decisione venisse presa in quell'occasione 66• Com'è comprensibile, anche il pur smaliziato principe Maurizio restò preda dell'incertezza sulle intenzioni di un nemico improvvisamente pervaso di un gagliardo spirito offensivo. Così, rinforzate.ed approvvigionate le piazze che ritenne minacciate, e schierato il proprio esercito sulla riva settentrionale della M osa, si dispose ad attendere gli eventi. 64 A.S.-E. , plico 2225. 65 Ibidem, plico 2226, dispacci a l re in varie date fra il 15 ed il 28 aprile 1605, in cifra. 66

Ibidem.


252

Marco Severino

Alla metà di maggio, sempre più inquieto per l'apparente immobilità dello Spinola, il Nassau decise di tentare un colpo di mano su Anversa. Se coronata da successo, l'operazione avrebbe costretto il marchese ad impiegare il suo esercito per riprendere la città, ganglio vitale delle province spagnole, mandando così all'aria i suoi piani quali che fossero per l'intera campagna, e costringendolo a rimandare ogni intento offensivo a quella seguente. A questo fine, il generalissimo delle Province Unite organizzò un'operazione anfibia: mentre un corpo di truppe avrebbe isolato la città da parte di terra, un secondo avrebbe risalito la Schelda a bordo di battelli. Una volta presa la piazza, con la rottura delle dighe si sarebbero trasformati gli approcci alla città in un'immensa palude, che nelle speranze del Nassau avrebbe frustrato, od almeno resa estremamente difficoltosa la controffensiva dell'avversario. Tutto andò storto fin dall'inizio: il servizio informazioni spagnolo, recentemente riorganizzato dal marchese 67 , per una volta

funzionò meglio di quello olandese, e l'affinato intuito dello Spinola fece il resto. Rifiutando di cadere nel tranello, il generale genovese rinforzò rapidamente la guarnigione di Anversa con un corpo di truppe modesto ma ben provvisto di artiglieria. Collocate quindi ostruzioni in corrispondenza di un'ansa del fiume a valle della città, che coprì con poderose batterie, diede ordine di allagare il paese sul percorso del corpo di terra olandese; poi si dispose ad affrontare l'attacco proveniente dal mare. Otto battelli olandesi vennero colati a picco dal fuoco dei ben situati cannoni spagnoli, mentre altri cinque si incagliarono e dovettero essere abbandonati in gran fretta. La flottiglia dovette ripiegare con poco dignitosa velocità, per poi scontrarsi casualmente presso la foce del fiume con una squadriglia delle temute fregate di Dunkerque, che fecero scempio delle già provate forze olandesi. La branca terrestre dell'attacco, che gravemente ostacolata dalle inondazioni non aveva coperto che la metà del percorso in una settimana, dovette a sua volta ritirarsi precipitosamente per non rischiare di essere tagliata fuori.

67 ibidem.


Ambrogio SfJinola - Il generale ed il suo tempo

25 3

La forza anfibia perse oltre ottocento uomini fra morti e feri ti nella débacle, sul fiume, e altri 400 fra le forze che erano già sbarcate, oltre a circa 600 prigionieri. La forza di terra da parte sua lasciò sul campo, per diserzione ed incidenti, quasi 500 uomini senza aver sparato un solo colpo. Le forze spagnole non persero che un uomo 68 ! Sventate con abi li tà le mosse dell'Orange, lo Spinola distaccò un corpo di riserva forte di 5 .000 fanti e 800 cavalieri, che affidò al conte Enrico di Berg con il compito di rintuzzare eventuali ritorni offensivi contro le province spagnole, quindi partì per Bruxelles per dare finalmente inizio alla sua campagna. Le truppe si erano concentrate nel frattempo intorno all a capitale, compresi i tercios di nuova formazione: i due reggimenti napoletani d el Principe di Avellino e di don Alessandro de Monti, ed il tercio lombardo del conte Guido Aldobrandini; i due nuovi reggimenti spagnoli si trovavano in viaggio per unirsi all'armata più tardi, mentre quello vallone era tuttora in via di organizzazione. Amalga mate le nuove truppe con il nucleo dell'esercito, l'intero corpo di campagna principale venne concentrato attorno a Maestricht, da d ove lo Spinola si mise in marci a verso est ai primi di giugno. Il 20 dello stesso mese raggiunse via Julich il Reno a Kasesuert, l'odierna Leverkusen, nei domini dell'elettore arcivescovo di Colonia all eato della Spagna, ed in tre giorni gettò sul fiume un ponte di barche protetto da fortificazioni su entrambe le rive. Quindi, passato il Reno, con una marcia di 22 giorni attraverso la Ruhr cd i ducati neutrali di Cléves e Wcstfalia pervenne a mettere il campo nel contado di Oldensel (Oldenzaal), nell'Overjissel orientale, il 17 di luglio, senza aver incontrato opposizione 69 . Trovandosi così distante d al consueto teatro di campagna, la piazza non p ossedeva che mediocri fortificazioni, e non era certamente in grado di resistere per molto ad un assalto determin ato.

68 Ibidem, K.A.A., 8c ed, 60. 69 A.S.-E., plico 2230, in cifra; plico 221 1. È d egno di nota come, anche in questa occasione, lo Spinola avesse disposto e fatto rispettare una severa disciplina di marcia, acquartierando l'esercito al di fuori dei centri abitati, facendo acquistare le provviste necessarie e meritando così l'elogio unanime dei principi neutrali i cui territori andava attraversando.


Marco Severino

254

Fatte scavare trincee su tre lati, queste vennero rapidamente spinte fino al fossato grazie alla debole reazione avversaria, mentre le batterie d'assedio cominciavano a battere la cortina. Il 27 luglio, dopo un solo giorno di bombardamento, la fortezza si arrese. L'Orange sembrava essere ancora convinto che la vera e propria manoeuvre sur /es derrières messa in atto dallo Spinola, con una celerità non disprezzabile per l'epoca, non fosse altro che una diversione, e per questo continuava a tenere il suo esercito di campagna schierato sulla riva destra della Mosa, fra Dordrecht e Nimega, a copertura delle province meridionali 70 . Il 28 luglio lo Spinola tenne un consiglio di guerra, durante il quale mise infine i suoi ufficiali pienamente al corrente dei suoi piani. Era infatti sua intenzione levare il campo il 3 O, e con una marcia di due giorni attraverso le paludi dell'Emsland olandese mediante una buona strada rialzata, porre l'assedio alla fortezza di Lingen sull'Ems, vera e propria porta d'accesso alla Frisia meridionale. L'attenta cura con la quale il marchese aveva preparato la sua campagna stava dando i suoi frutti. La piazza era infatti molto ben munita, essendo stata di recente migliorata nelle opere difensive, aumentate dal Nassau con sei nuovi bastioni, un profondo fossato ed una strada coperta; ma risultava essere, quanto più conta, scarsamente approvvigionata e provvista solamente di una guarnigione ridotta e di bassa qualità. La sera del 31 luglio, mentre l'esercito spagnolo si avvicinava alla fortezza, le pattuglie di cavalleria riportarono al campo alcuni prigionieri. Interrogati, questi confermarono che la piazza non era effettivamente in grado di sostenere un assedio, ma anche che rinforzi e rifornimenti erano attesi entro breve tempo: la presa di Oldenzaal aveva finalmente rivelato all'Orange le vere intenzioni dell'avversario, galvanizzandolo ad un'attività frenetica. Di conseguenza, lo Spinola ordinò a Gian Giacomo Trivulzio, comandante della sua cavalleria, di occupare immediatamente con i suoi reggimenti le vie d'accesso alla fortezza per impedirne

7o K.A.A., 8<l, 62 e 63.


Ambrogio Spinola - TI generale ed il suo tempo

255

il soccorso, mentre da parte sua accelerava al massimoJa marcia della fanteria e del vitale treno d'assedio 71 • Il 1° agosto a mezzogiorno il corpo principale dell'esercito spagnolo si accampava davanti alle mura di Lingen. In meno di una settimana la piazza venne circondata con le consuete opere d'assedio, e venne dato inizio allo scavo delle trincee d'approccio in quattro diversi punti. Tn tre giorni, le trincee su i due lati affidati ai veterani italiani e valloni vennero spinte fino alla controscarpa, complice l'inattività della inesperta guarnigione, letteralmente pietrificata dall'inaspettato attacco. Il fossato, molto profondo e ben allagato dalle acque di un rivo, si rivelò un ostacolo formidabile. Ma ancora una volta, l'abile Targoni trovò una soluzione: fece rapidamente costruire una diga che, deviando il corso del torrente nel suo primitivo letto, provocò lo svuotamento quasi totale del fossato; quindi, improvvisando una sorta di ponce volante parzialmente galleggiante, permise ai genieri spagnoli di attraversare l'ostacolo per dare inizio al minamento del rivellino principale che proteggeva la cortina sul lato meridionale. Senza ormai speranza di essere soccorsa in tempo, la guarnigione si arrese il 19 agosto. La porta di servizio al cuore delle Province Unite era ormai aperta, ma anche il Nassau si stava muovendo. D'altro canto, le perdite subite e la necessità di custodire i ponti sul Reno ed in generale le vie di comunicazione, oltre alle guarnigioni che si erano dovute lasciare nelle piazzeforti recentemente conquistate, avevano fatto sì che gli originali 14.000 fanti e 2.300 cavalieri che avevano attraversato il Reno due mesi prima si fossero ridotti a circa 9.000 fanti e 2.000 cavalieri. Nel contempo, l'armata olandese si era concentrata attorno a Tiel, nella Betuwe, marciando poi verso nord dalla riva destra del basso Reno, o Waal, seguendo il corso dell'ljssel fino a Deventer, nodo stradale al confine fra le province di Guelderland e Overijssel, da dove avrebbe potuto minacciare le comunicazioni dell'armata spagnola.

71 A.S.-E., plico 2230, lo S. all'Arciduca, in cifra, "in marcia" 21 luglio 1605.


256

Marco Severino

Quest'ultima era però ben approvvigionata grazie alle requisizioni effettuate, e vivendo agevolmente delle abbondanti risorse del paese nemico, alleviava non poco le perduranti difficoltà finanziarie dell'amministrazione militare iberica 72 . Per questi motivi, lo Spinola si sentì autorizzato a chiedere al re di ordinare che si arruolassero rimpiazzi sufficienti a riportare alla forza di 4.000 effettivi il lercio spagnolo, e che le reclute lo raggiungessero sul posto, in quanto contava di svernare in territorio nemico e a spese di questo 73 ! Ma dopo un'attenta riflessione, il marchese ritenne opportuno accorciare le proprie linee di comunicazione, e con l'approvazione <lei re decise di andare a svernare nella ricca campagna ad est del Reno, protetta a nord dal fiume Lippe che in questo confluisce presso Wescl 74 . Per mettere in pratica quanto deciso, lo Spinola fece costruire due nuovi ponti sul Reno presso Mocrs, 11n'ommtina di chilometri a settentrione del sito originario nonché all'interno dei confini degli Stati di Fiandra, rendendo così più brevi e sicure le proprie linee d i comumcaz1one. Sebbene momentaneamente impedito a proseguire la conquista della Frisia, il generale genovese non era ancora disposto a dichiarare chiusa la campagna di quell'anno. Verificato pertanto che l'esercito dell'Orange non pareva volersi muovere dai dintorni di Deventer, lo Spinola decise di impadronirsi delle piazze di Winterswijk e Wachte ndonk, al fine di meglio proteggere il fianco nord-occidentale del proprio dispositivo, e di procurarsi una migliore linea di partenza per la campagna dell'anno 72 Ibidem , plico 2225, minuta di dispaccio del re allo S., compre nd ente delibere del Consiglio di Stato, del 2 agosto J605; plico 624, delibere del Consiglio di Stato, 17 e 25 ottobre 1605; plico 2225, lo S. al-re, 5 e 28"agosto e 29 settembre 1605; il re allo S., Tordesillas 19 novembre 1605. 73 ' Jl:Jidem, prico222'5, fo S. al-re, dispaccio in ciira'di'Jr-1 settembre 1605. , Nella stessà lettera ii!'marèhese precisa di aver. lasciata uiia''guarnlgionc di l.O'f)O fanti . e 100, 9 .-kpli~i nei fghi. .a, guanlia dei ponti, una di 2.200 UOJ11ini.a qng,en comandata dàfni:Usfr41 de.\ ampo Torrcs, ed.unà dr 2,000 ìron1ini a Olden~ba~i o rslini . del c~p.it;inu di qvalleria,\(erdugo. ~ ! ;;. ~ . " . . ; ' X'·.·'\.~ "

7~~· Tbidem,

pliç_b i}.25, lo S, al re; 29 se,t~e~b-r;

t~S-:,

:{.

.: "


Ambrogio Spinola -Il generale ed il suo tempo

257

successivo, che con caratteristica volontà di pianificazione il marchese vedeva inserita in un continuum con quella quasi conclusa. La prima di queste fortezze si trova infatti nel Guelderland meridionale, al confine con la Renania, e controlla una buona strada diretta che da Deventer conduce alla valle della Lippe ed al Reno. Wachtendonk, che oggi si chiama Zevenaar, si trova una manciata di chi lometri a sud-est di Arnhem, a cavallo della poco più lunga ma ancor migliore arteria che seguendo il corso del fiume Ijssel e poi quello del Reno in direzione sud-est, conduce anch 'essa ad un triangolo che è delimitato ad ovest dal grande fiume, a nord dalla Lippe e ad est dalla grande strada che da Colonia risale verso Munster, per poi attraversare la Selva di Teutoburgo addentrandosi in Bassa Sassonia: la zona scelta dallo Spinola per i quartieri d'inverno dei suoi soldati, una ricca contrada agricola fittamente popolata, poche miglia a nord dei nuovi ponti gettati sul Reno a Moers. La conquista delle due fortezze avrebbe completato un vero e proprio cordone sanitario che da Lingen si stendeva verso sud-ovest attraverso l'Emsland e la contea di Bentheim fino a Oldenzaal e Winterswijk nel G uelderland olandese, piegando poi ad ovest per raggiungere Wachtendonk e il Reno. La presenza delle guarnigioni spagnole restituiva alla parte cattolica il controllo di un'ampia fasc ia di territorio, rendendo altresì più faticose le com unicazioni fra le Province Unite ed i p rincipi protestanti tedeschi alleati. Il marchese inviò pertanto il conte Bucquoy, con un buon nerbo di truppe, ad assediare Winterswijk; la piazza, presa di sorp resa e scarsamente approvvigionata, si arrese dopo due giorn i alla vigilia di un assalto. Quindi, con una marcia di due giorni che costituì per quei tempi un prodigio di mobilità, lo Spinola piombò su Wachtendonk. Questa fortezza si presentava tuttavia come un osso assai più duro: ben protett~ da una piana paludosa e priva di riparo, la piazza era difesa età nn:à.,èinta moderòa che comprendeva sette bastioni con opere avartfa'rè',-. ,q un profondo fossato; la guarnigione era composta di !.3~4i!ni,. ben provvisti ~~.tiyierie e con ampie scorte. , ..j°~ ~ ~nte lo scettiéisn:10 ~rf ~~?i_ uffic}.ali, lo _Spinola' dJ.ede .o rdireJa fortezza. e di dàrtfuu.z1b all mvesttmento. · · , · R~


258

Marco Severino

A dispetto del vivace fuoco d'artiglieria dei difensori, le trincee spagnole raggiunsero in pochi giorni il fossato, dove vennero impiantate tre batterie che cominciarono a battere efficacemente le difese. Infine, dopo una ben condotta operazione di mina al bastione più meridionale, le fanterie vallone ed italiane si lanciarono all'assalto della breccia. Dopo scontri furibondi durati un'intera giornata, i fanti del marchese si erano saldamente alloggiati su un tratto della cortina, preparandosi per l'assalto finale previsto per il giorno dopo. La sera stessa, minacciata di totale distruzione, e senza alcun soccorso in vista, la guarnigione si arrese a discrezione. Non ancora soddisfatto, lo Spinola decise di rendere ancor più sicura la propria posizione, attaccando il forte di Cracove, posto sulla riva sinistra del Reno presso Moers, la cui guarnigione disturbava con incursioni continue le vie di comunicazione spagnole. La fama del marchese ormai lo precedeva, tanto che erano state aperte appena le prime trincee che il castello si arrendeva a condizione. Il Nassau non si era mosso. Terminate con successo queste operazioni, il generale genovese organizzò il suo esercito per l'inverno. · La fanteria venne alloggiata a nord del fiume Ruhr, fra Mulheim ed Essen; la cavalleria comandata dal Trivulzio, insieme a poche compagnie di fanti, davanti a Mulheim sulla sponda meridionale del fiume, mentre un presidio di cavalleria venne dislocato nel castello di Bottrop, poco a nord del fiume, a guardia della strada che conduceva a Mulhcim dove vennero alloggiati il treno d'artiglieria ed il quartier generale. Il principe Maurizio aveva nel frattempo spinta in avanti una colonna volante, composta da 3.000 fanti, 2.000 cavalieri cd un paio di pezzi leggeri, per saggiare le difese avversarie. Nella notte sul 14 dicembre il reparto sorprese il presidio di Bottrop con forze preponderanti, costringendolo a ritirarsi ed avanzando poi in direzione di Mulheim. La reazione del Trivulzio fu però immediata: con una serie di ben eseguite cariche, i tre squadroni che aveva sottomano rallentarono l'impeto del nemico, costretto fra un torrente e le pendici delle colline; nel mentre lo Spinola, che casualmente si trovava nei pressi in visita agli acquartieramenti, portò rapidamente al di là del fiume il tercio più vicino e contrattaccò il nemico con violenza, minacciandolo di aggiramento su l fianco sinistro.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

259

Gli olandesi si disimpegnarono con difficoltà e qualche disordine, e solo grazie ad una dura azione di retroguardia del reggimento corazzieri Steyn Hoornburg pervennero nelle prime ore del mattino a sganciarsi, ripiegando al di là del Lippe 75 . La ricognizione era costata al Nassau un migliaio di perdite, in larga misura per diserzione, ed aveva accertato che, se dubbio vi era in proposito, l'avversario non riposava sugli allori. Gli spagnoli persero da parte loro circa duecento uomini fra morti e feriti, fra i quali vi fu il Trivulzio che venne ucciso alla testa dei suoi cavalieri. Quanto è più indicativo, gli olandesi non presero un solo prigioniero. Dopo questa azione i due eserciti si stabilirono nei rispettivi quartieri d'inverno, gli spagnoli intorno a Mulheim ed il grosso delle forze olandesi fra Arnhem e Nimega. La campagna del 1605 si era protratta così fin quasi a Natale; per la prima volta in tanti anni, oltre 8.000 soldati cattolici avrebbero festeggiato la Natività in territorio nemico. L'esito delle operazioni era stato davvero brillante per le armi spagnole, che dopo tante campagne deludenti avevano riportato la guerra in casa al nemico, vivendo delle risorse di questi e riprendendo saldamente in mano l'iniziativa strategica. l meriti dello Spinola nel propiziare i successi ottenuti furono evidenti a tutti, e la reputazione del generale genovese, già notevole dopo la presa di Ostenda, arrivò alle stelle, meritando il preoccupato riconoscimento dell'abile principe Maurizio. li rischio calcolato di un piano di campagna concepito per strappare l'iniziativa delle operazioni fu accompagnato da un'ormai consumata abilità nel tradurlo in pratica. Il passaggio del Reno ed il successivo spostamento delle linee di comunicazioni venne condotto sotto il naso di un avversario come il Nassau senza alcun inceppamento, lasciando anzi quest'ultimo in una perdurante incertezza sulle intenzioni del marchese.

75 Ibidem, plichi 2225 e 2228, rapporti mensili dello S. al re; K.A.A., 8d, 67 e 68b.


260

Marco Severino

L'efficienza e la disciplina che lo Spinola era riuscito ad ottenere dalle truppe al suo comando è testimoniata dalle marce e contromarce, seguite da assedi fulmineamente condotti a conclusione, che ebbero l'effetto di disorientare completamente un avversario assuefatto a possedere l'iniziativa, e costringendolo per l'intera stagione di campagna a subire passivamente le mosse del generalissimo cattolico. A degno coronamento di un anno davvero eccezionale, la vigilia di Natale la piazza di Sluys, stremata da un assedio durato quasi sei mesi, si arrendeva al conte di Berg, tornando in possesso della Spagna. La struttura stessa del conflitto appariva ora mutata, ed era fermo intendimento dello Spinola proseguire vigorosamente, nella campagna successiva, l'offen siva così brillantemente iniziata.

6 - La Campagna del 1606 Nei primi giorni del nuovo anno il marchese espose all'Arciduca AJberto i suoi piani per la campagna seguente. Lo Spinola pensava di dividere l'armata in due ali. Quella principale, sotto il suo comando diretto, avrebbe mosso dalla zona di Mulheim dove si trovava acquartierata, scendendo la valle del Reno protetta su l fianco destro dalle fortezze recentemente conquistate. Varcato l'Ijssel, avrebbe puntato al cuore della provincia d'Olanda, nucleo dello stato nemico, convergendo con l'ala sinistra che avrebbe nel frattempo varcato il Waal nella Betuwe, entrando in Olanda da sud. Le guarnigioni installate in Frisia l'anno precedente avrebbero mantenuto la pressione da nord-est, imponendo all'avversario la distrazione di preziose forze dal teatro meridionale. Se coronato da successo, l'ambizioso attacco concentrico concepito dallo Spinola avrebbe condotto alla caduta della provincia d'Olanda,.e con essa ad una probabile conclusio11e del conflitto "·éon una vittoria spagnola pressoché completa. · · : Primo principale ostacolo sembrava essere, com~sempr~, la scar-~ità di fondi: si ca~olava c~e sarebbero stati necessaf?JOOf.000 scudi al mese per mantenere in campo l'esercito, oltre àt d~aw necessario pet arruolare un numero sufficiente di rimpiaz~U/ ...,. !,


261

Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

Per cercare di dipanare la matassa, lo Spinola richiese licenza di recarsi nuovamente a corte; così, accompagnato dalla benedizione dell'arciduca, a metà gennaio partì per la Spagna. A Madrid il marchese venne ricevuto con tutti gli onori e le attenzioni che meritava il generale che aveva avuto successo nell'invertire, dopo tanti anni di delusioni, il corso di una guerra che si temeva ormai irrimediabilmente perduta. Dopo averlo cooptato nel suo Consiglio di Stato e Guerra, Filippo JJT richiese allo Spinola di presentargli una relazione dettagliata sui fatti di Fiandra 76 . Il marchese non perse l'occasione, e preparò in pochi giorni un documento che costituisce un modello di lucidità e chiarezza d'analisi, sottoponendo le sue conclusioni al re ed al consiglio 77 . Anche in virtù dell'eccezionale prestigio del quale godeva lo Spinola, queste vennero fatte proprie dal sovrano, quantomeno nella teoria; nella pratica, come al solito mancavano i fondi. La crisi finanziaria appariva infatti ancor più grave del consueto. I banchieri erano a quanto pare riluttanti ad anticipare nuove somme di denaro a causa di una serie di prestiti concessi alla corona e da questa recentemente consolidati o ulteriormente dilazionati <l'autorità. D'altra parte, la (Iota annuale che trasportava l'argento del Perù era quell'anno in considerevole ritardo; e benché i timori riguardo la sua sorte si dimostrassero poi ingiustificati, l'apprensione generata nell'amministrazione spagnola fu considerevole, e certament e non contribuì a migliorare il già scarso credito posseduto ormai dalla corona. La primavera, e con essa l'inizio della stagione di campagna, si avvicinava rapidamente, e ancora nessun provvedimento concreto era stato preso. Così, per l'ennesima volta, lo Spinola mise la propria fortuna personale al servizio della causa çui andava. tutt,a bS,ua lealtà, e offr) le t•

.· ·~

.. .

---~ .

,..

,"

..,, '

\ ..


262

Marco Severino

sue sostanze in garanzia dei prestiti necessari . Si ottennero così 800.000 scudi per l'armata delle Fiandre, da rimettersi immediatamente su lla piazza di Anversa, con esplicita garanzia delle rendite del marchese78 "perché non si riteneva di potersi fidare al riguardo solamente delle cambiali e delle promesse del re" 79 • In virtù di questo espediente l'Arciduca Alberto poté lanciarsi finalmente in un'attività frenetica, reclutando veterani e nuove reclute, cd acquistando armi, munizioni e provviste di ogni genere a destra e a manca. La sorpresa degli olandesi, al corrente del mancato arrivo della fiata che avrebbe dovuto bloccare ogni iniziativa spagnola, fu a dir poco grande. Nel frattempo il marchese, che si era dovuto trattenere in Spagna ben più a lungo di quanto avesse desiderato, partì per Genova, dove venne ricevuto con onori regali e grandi festeggiamenti. Il vero motivo della sosta nella sua città natale era tuttavia rappresentato dalla necessità di mettere ordine nelle sue finanze, così gravate dagli impegni contratti, e da quella di perfezionare gli accordi presi con i banchieri e gli operatori finanziari in ordine al prestito appena negoziato 80• Subito dopo, a dispetto di una persistente febbre che lo aveva assalito, lo Spinola ripartì alla volta delle Fiandre giungendo a Bruxelles negli ultimi giorni di giugno 81 . TI marchese recava con sé un documento riservato della massima importanza, che per i termini nei quali era stato redatto da Filippo III merita di essere esaminato in qualche dettaglio 82 . 78 Ibidem, lo S. al re, Va lladolid, 23 febbraio 160 6. 79

CABRERA DE COJmOBA, op. cit., p. 277. 80 A.S. -E., plico 2226, il re allo S., 10 aprile e 12 luglio 1606; plico 626, verbali del Consiglio Privato dell'Arciduca Alberto d'Austria, Anversa, 8 giugno 1606. 81 Ibidem, l'Arciduca al re, Bruxelles, 2 luglio 1606. L1 pur breve malattia dello

Spinola aveva dato origine alle piu svariate congetture, ed era stata diffusamente utilizzata nei pamphlets propagandistici olandesi di quei mesi, volti ad incoraggiare e rassicurare un "fronte interno" piuttosto scosso, arrivando a dare per certa ed imminente la morte ciel temuto avversario. Si veda, p. es., Meteren, op. cit., pp. 36 1-365; E. Grimestone, A Gene-ra/l Historie o( the Neethe-rlands, Londra, 1609, pp. 401-404. 82 A.S.-E., plico 2226, il re allo S., Aranjuez 16 aprile 1606: "lnstruccìon al marqués Spìnola para e/ negocio secreto de Flandes" .


Ambrogio SJJinola - li generale ed il suo tempo

263

Le istruzioni segrete del re stabilivano minuziosamente come il marchese avrebbe dovuto comportarsi in caso di morte degli arciduchi i quali, come è noto, in mancanza di successione legittima detenevano la signoria sugli Stati di Fiandra in termini vitalizi. Nel caso fosse stato Alberto d'Austria a mancare per primo, il marchese avrebbe assunto immediatamente la carica di governatore per conto della corona di Spagna, in possesso della quale gli Stati di Fiandra sarebbero ritornati al decesso di anche uno solo degli arciduchi; sarebbe stata sua cura assicurarsi che l'Infanta vedova fosse subito riportata in Spagna con pompa adeguata. Nella circostanza invece che fosse deceduta quest'ultima, l'Arciduca sarebbe automaticamente divenuto Governatore per conto della corona, non prima però di aver prestato giuramento di fedeltà al re. In quest'ultimo caso, il sovrano delegava lo Spinola a ricevere il giuramento a suo nome, affidandogli le relative istruzioni che avrebbe dovulo 11d frattempo tenere segrete anche allo stesso Arciduca. In quella circostanza, il monarca conferiva al marchese il controllo diretto ed insindacabile delle forze militari spagnole nella provincia, istruendolo ad effettuare un passaggio di poteri senza scosse, ma non prima di aver specificato che, nel caso l'arciduca "mal consigliato dai suoi ministri male intenzionati" avesse rifiutato di prestare giuramento, o comunque tentato in qualsiasi modo di conservare il potere a titolo personale, lo Spinola avrebbe dovuto impadronirsi della sua persona e confinarlo nella cittadella di Anversa "sotto sicura sorveglianza". In questa evenienza, il marchese avrebbe assunto immediatamente il governatorato della provincia, ricevendo per conto del re il giuramento dei nobili e delle municipalità in attesa di nuove istruzioni da Madrid. Si ordinava infine allo Spinola, in questa eventualità, di aumentare immediatamente le forze militari sotto il suo controllo al fine di renderle superiori "a tutte (le altre) al di dentro ed al di fuori degli Stati, divenendo così maggiormente obbedito e rispettato da tutti" . In generale, Filippo TTI si affidava allo Spinola affinché affiancasse, ed influenzasse, in ogni modo l'Arciduca "per evitargli di concepire pensieri scellerati, ed evitare che le persone a lui vicine lo tentassero a male azioni con vane offerte, indirizzandolo alla sua perdizione ... "! Il re concludeva suggerendo, con notevole buon senso,


264

Marco Severino

che in questi frangenti il marchese si circondasse di una numerosa e fidata guardia del corpo, per impedire che qualcuno tentasse di "imprigionarlo, o commettere peggior violenza sulla sua persona". La portata di queste istruzioni può difficilmente essere sopravvalutata: esse concedevano infatti allo Spinola, in particolari circostanze, po teri enormi, quasi vicereali, che consegnavano nelle sue mani virtualmente la totalità delle leve del potere negli Stati di Fiandra. Che gli ordini del re gli conferissero la potest à di arrestare l'arciduca suo zio dà una misura della completa fiducia che Filippo III ed i suo i ministri nutrivano nelle capacità discrezionali e nell'indiscussa fedeltà del nobile genovese. Durante un primo incontro con l'Arciduca lo Spinola dovette apprendere che questi, alle prese con i consueti problemi di bilancio, era riuscito ad ottenere ad un alto interesse non più di 600.000 scudi, per allora già spesi; fu necessario procurarsi immediatamente un nuovo finanziamento, che il marchese negoziò con il banchiere genovese Francesco Serra, suo abituale corrispondente, per ben 2.260.000 scudi, che si impegnò a restitui re egli stesso qualora il re non avesse soddisfatto nei tempi convenuti l'obbligazione appena contratta. Avendo finalmente assicurato, almeno per il momento, i fondi necessari alla conduzione della campagna, lo Spinola diede inizio alle operaz1on1. Il conte Bucquoy si mise in marcia alla testa di un corpo di 10.000 fanti e 1.200 cavalieri, con l'ordine di attraversare il Waal fra Tic! e Nimega, attestandosi nella Betuwe. Due giorni dopo, il 28 giugno, il marchese partì da Bruxelles diretto a Maestricht, dove giunse il giorno seguente. Intorno alla città era concentrata la massa principale dell'esercito, 12.000 fanti e 2.000 cavalieri, in massima parte veterani, oltre ad un parco logistico composto da oltre 3.000 carri carichi di vettovagli e, armi e munizioni, o ltre a mulini e forni portatili; a Roermond si aggregò alla colonna il reparto di supporto del colo nnello Melzi, comprendente un treno d'artiglieria di otto pezzi e due equipaggi da ponte completi, per un totale di 60 pontoni, il tutto trasportato in sieme ad altri equipaggiamenti su altri 1.050 carri 83 .

83 Ibidem, lo S. all'Arciduca, 30 giugno 1606; l'Arciduca al re, 15 luglio 1606.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

265

Il piano di Spinola prevedeva che l'ala destra marciasse verso nord discendendo la valle della Mosa fino a Venlo, per poi piegare ad est passando il Reno sui ponti gettati l'anno precedente a Moers. Oltrepassata anche la Lippe a Wesel, dove questo fiume confluisce nel Reno, l'esercito avrebbe marciato verso nord, al riparo delle fortezze conquistate nella precedente campagna, fino a concentrarsi sotto i bastioni di Oldencel (Oldenzaal). Da qui, con una rapida marcia verso nord-ovest attraverso il Twente ed il Gueldcrland meridionale, avrebbe schiacciato l'armata del Nassau, concentrata attorno a Deventer, contro il Waal e l'incudine rappresentata dal corpo del Bucquoy. Se la manovra avesse avuto successo, il principale esercito delle Province Unite si sarebbe visto costretto a combattere una battaglia campale contro un nemico superiore di numero cd avvantaggiato dal punto di vista strategico. In questo caso le probabilità di un successo spagnolo sarebbero stare elevare, successo che avrebbe aperto agli eserciti cattolici la strada verso il cuore delle Province Unite e la vittoria definitiva 84 . Ad onta di violenti temporali che resero più difficoltoso del previsto il passaggio dei fiumi, l'avanzata si svolse con ordine e rapidità: a metà luglio l'esercito spagnolo si accampava sulla sponda destra dell'Ijssel, fra Deventer e Zutphen, in vista dei picchetti olandesi. Il Nassau aveva infatti rifiutato di ab boccare alla dimostrazione messa in atto dal Bucquoy, e rassegnandosi per il momento ad abbandonare al nemico la ricca Betuwe, non si era mosso dai suoi trinceramenti attorno a Deventer, sulla riva sinistra del fiume, ritenendo correttamente che il corpo dello Spinola fosse quello destinato a compiere lo sforzo principale. I due eserciti si fronteggiarono per alcuni giorni dalle opposte sponde del fiume senza esito alcuno: il Nassau, conscio della minaccia rappresentata dal corpo del Bucquoy alle sue spalle, non desiderava impegnarsi in uno scontro decisivo. Lo Spinola da parte sua riconosceva l'impossibilità di attraversare un corso d'acqua come lo Ijssel di fronte al nemico senza rischiare un probabile disastro. 84

Tbidem, lo S. al re, Bruxelles, 28 giugno 1606.


266

Marco Severino

Per uscire dall 'impasse, il marchese di ede inizio a due distinte operazioni diversive. Alcune compagnie di fanteria napoletana, al comando del sargento mayor Conte di Sora, avrebbero dovuto passare sulla sponda occidentale dell'Tjssel mediante un guado piuttosto malagevole sito presso il villaggio di Brummen, alcune miglia a monte di Zutphen; di qui, la colonna si sarebbe addentrata per alcune miglia verso ovest, e con un assalto alle prime luci dell'alba del secondo giorno si sperava avrebbe colto di sorpresa il forte di Scrol impadronendosene. Un secondo corpo di 5 .000 fanti, comandato da don Enrico Borgia, avrebbe dovuto impadronirsi del villaggio di Lochem, sito sul fiume Berkel a circa 8 chilometri dalla confluenza di questo nell ' Ijsscl, recentemente fortificato dall'Orange e munito di una guarnigione per disturbare le linee di comunicazione spagnole. II Borgia assolse facilmente la missione assegnatagli in tre gio rni, mentre il Sora si trovò quasi subito in difficoltà. Impossibilitato a guadare l'Ijssel per una piena improvvisa, l'ufficiale tentò di attraversare ugualmente il fiume requisendo tutti i natanti che poté trovare nei villaggi vicini; la corrente si dimostrò tuttavia molto forte, un numero crescente di truppe olandesi guarniva la sponda occidentale mantenendo le imbarcazioni sotto un vivace fuoco di armi leggere, e ben presto una flottiglia di battelli olandesi si unì al combattimento. Con alcun i natanti sul punto di affondare, cd altri danneggiati e pieni di morti e feriti, il Sora tentò di salvare il salvabile, disponendo alcuni cannoni sulla riva per fornire fuoco di copertura alle imbarcazioni che tentavano di riguadagnare la sponda orientale. Incredibilmente, per un inaudito errore del commissariato, i proiettili a disposizione si rivelarono di calibro superiore a quello dei pezzi in dotazione, rendendo così questi ultimi temporaneamente inutilizzabili. La situazione del di staccamento spagnolo si stava facen do se mpre più critica, tanto che gli olandesi cominciarono a sbarcare tru ppe sulla sponda orientale con l' intento di tagliare fu ori il re parto avversari o e distruggerlo. In questo frangente, sopraggiunsero per fortuna alcuni squadroni di cavalleria italiana cd albanese, inviati in tutta fretta dallo Spinol a


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

267

che era stato avvertito degli sviluppi sfortunati dell'azione dai propri picchetti di cavalleria, e si era quindi affrettato a prendere opportune misure per disimpegnare la colonna del Sora. Dopo un breve combattimento, gli olandesi si reimbarcarono lasciando sul terreno un centinaio di uomini; il distaccamento spagnolo ne aveva perso da parte sua oltre quattrocento, e si trovava in uno stato di completa disorganizzazione 85 . Lo Spinola aveva subito un parziale scacco, e nel frattempo era stato informato che l'ala sinistra comandata dal Bucquoy aveva sì passato il Waal senza incidenti, ma una volta giunto nella Betuwe il conte si era limitato ad una prudente avanzata di pochi chilometri, occupando una serie di villaggi che gli permettevano di controllare la grande strada che da Nimega corre verso ovest in direzione di Rotterdam. A questo punto, visto che il Nassau non intendeva farsi sloggiare dalla sua forte posizione, il marchese levò il campo e marciò verso sud seguendo il corso dell'Ijssel. Eseguita una finta su Zutphen, gettò invece un ponte sul Berkel e, coperto da un ben disposto schermo di avamposti mediante il quale simulò abilmente un movimento verso Deventer, marciò invece fulmineamente in direzione sudest utilizzando la buona strada per Winterswjik, con l'intenzione di catturare la piazza di Grol (Groenlo). Sita alla confluenza fra il Berkel e lo Slinge, questa fortezza esibiva una moderna cinta bastionata di pianta triangolare, delimitata su due lati dai due fiumi e sul terzo da un profondo fossato doppio. La sua conquista avrebbe reso completa la catena di piazzeforti che proteggeva a nord-est la linea di comunicazioni fra i territori acquisiti l'anno precedente ed il Reno, costituendo nel contempo un saliente conficcato nel cuore del Guelderland olandese, avente come vertice il castello di Gorssel presso Deventer, per lato occidentale il corso dell'Ijssel da Deventer a Zevenaar sul Reno, e per lato orientale le fortezze di Lochem, Borculo, Winterswjik e Borken, attraverso le quali passava per l'appunto la strada che conduceva verso Wesel e la Lippe, e la sicura testa di ponte di Moers sul Reno. 85 Ibidem, plico 2227, lo S. all'Arciduca, I agosto 1606.


268

Marco Severino

Le linee d'assedio intorno a Grol cominciarono ad essere t racciate il 5 agosto; nove giorni dopo, minacciata d 'assalto, la fortezza si arrendeva. Lasciata una guarnigione, lo Spinola marciò verso sud con la consueta velocità, con l'intenzione di assediare la piazza di Rheinberg, si tuata sul Reno una decina di chi lometri a nord di Moers e dei suoi vitali ponti. Riparata e miglio rata di recente, la fortezza costituiva con la sua forte guarnigione di quasi 4.000 uomini, una formidabile minaccia per il dispositivo spagnolo. Cesercito del marchese era stato duramente provato da una campagna di manovra ricca di marce e combattimenti, ed anche le ma lattie avevano partecipato a ridurre pesantemente la forza dei tercius. Per questo motivo, e correttamente anticipando che questa volta, data l'importanza della piazza, il principe Maurizio si sarebbe mosso in suo soccorso, lo Spi no la concentrò le sue truppe ord in and o al gucquoy di riunirsi al corpo principale. Venne intanto dato inizio alle operazioni d'assedio, al che l'Orange finalmente si mosse: raccogliendo per via le guarnigio ni più vicine pe r aumentare il numero degl i effe ttivi a s ua disposizione, da Zutphen marciò verso sud; gettato un ponte sul Reno presso Wesel, si avvicinò a Rheinberg da nord-ovest, cercando n el frattempo, ma senza successo, di introdurvi ri nfo rzi e rifornimenti finché le linee d'assedio spagno le non fossero ancora state completate. Passarono d ue settimane, e mentr e le operazio ni di assedio progredivano energicamente, il Nassau pareva a ncora una volta intenzionato ad evitare lo scontro ca mpale, continuando a rimanere al riparo del campo trincerato ch e aveva frettolosamente ed ificato in una forte posizione sulla sponda sini stra del Reno, qualch e chilometro a nord di Wesel, protetto su tre lati da un'ampia ansa del fiume e sul quarto da un piccolo lago acquitrin oso e d a fo rtifi cazioni campali. Il 30 agosto tuttavia, avendo saputo che gli assedianti si erano impadroniti della prima linea difensiva di Rheinberg e si preparavano ad un'operazione di mina contro la cortina principale, il principe Maurizio si mosse: lasciato l'accampamento sotto Wesel, con 12.000 fanti e 3 .000 cavalieri marciò verso sud -est.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tem/JU

269

Giunto a poca distanza dalle lince spagnole, l'esercito olandese si schierò in ordine "per battaglioni" e si preparò ad impegnare il nemico, che tuttavia era ben preparato. Ottimamente servito in questa occasione dalle sue pattuglie di cavalleria leggera albanese, lo Spinola aveva avuto tutto il tempo di disporre opportunamente le sue forze. Lasciati nelle trincee un paio di migliaia di fanti a contenere la non troppo aggressiva guarnigione di Rheinberg, ne dispose altri 3.500 al comando del generale di cavalleria Velasco cd appoggiati da tutta l'artiglieria di cui disponeva, su quella parte della linea di controvallazione che guardava verso l'esercito nemico in avvicinamento. Infine, con i 6.000 fanti rimanenti e tutta la cavalleria, circa 2.500 uomini, si dispose ad ovest delle linee del Velasco e con fronte a nord-est, con l'ala destra appoggiata alle trincee e tutta la cavalleria a sinistra, con l'intenzione di avvolgere il fianco destro olandese quando il nemico fosse stato impegnato contro il suo subordinato, e sospingere almeno una parte dell'armata avversaria in una sacca delimitata ad est dal Reno, a sud dai trinceramenti spagnoli e chiusa dalle sue truppe, dalla quale per l'Orange non sarebbe stato facile districarsi. Questi tuttavia non abboccò: arrestata l'avanzata ad un paio di chilometri dalle truppe spagnole, si recò ad osservarle di persona. Il nemico appariva preparato e ben disposto, e lo si sapeva ben comandato. Così, costretto dalla necessità preminente di non arrischiare l'unico esercito di campagna dell e Province Unite, e forse anche scoraggiato dalla assoluta inattività della guarnigione assediata (composta prevalentemente, va detto, da ugonotti francesi), il principe Maurizio ancora una volta non accettò il combattimento, dando ordini di ritirata verso il Ren o ed abbandonando la fortezza al suo destino 86 . Lo Spinola, da parte sua, si accontentò di mandargli dietro qualche cornetta di cavalleria per osservarlo, e riprese con vigore le operazioni d'assedio 87 . 86 K.A.A., 9e, 11, 12 e 13b. 87 A.S.-E., plico 2228, lo S. all'Arciduca, "sotto Rheinherg" 4 settembre 1606.


270

Marco Severino

La piazza resistette ancora quasi un mese, ma senza speranza alcuna di soccorso si arrese "alle condizioni solite" 88 il 26 settembre. Quasi 3.500 prigionieri vennero rilasciati sulla parola 89 . Dedicati alcuni giorni a riparare le fortificazioni ed organizzarne la guarnigione, che fu di 2.000 uomini, e lasciati nella fortezza appena conquistata feriti e malati, il 3 ottobre il marchese levò il campo e con 8.000 fanti, 2.000 cavalieri ed un treno di 8 cannoni marciò verso nord per seguire i movimenti del Nassau. Lo Spinola dovette domare in itinere un ammutinamento dovuto al ritardo nella corresponsione della paga, provocato a sua volta dalla scarsa puntualità nell'erogazione del prestito a suo tempo contratto con i banchieri genovesi. A metà del mese lo Spinola si trovava con le sue truppe a Borken, una quindicina di chilometri a sud di Winterswjik, dove ebbe notizia che il Nassau, dopo aver tentato infruttuosamente di sorprendere la guarnigione di Lochem, aveva posto l'assedio a Groenlo. La piazza deteneva grande importanza nel quadro strategico divisato dal marchese, che senza esitare si mise in marcia per soccorrer la con una velocità che avrebbe fatto invidia alle armate napoleoniche. La forza del suo esercito era stata pesantemente erosa da una campagna molto intensa, ma d'altra parte la prospettiva della battaglia, ed una presenza assidua dello Spinola a fianco delle colonne in marcia ebbero un effetto esplosivo sul morale delle truppe: ovunque passasse, il marchese veniva gratificato da ovazioni ed acclamazioni da parte dei suoi veterani. Oltre tutto, egli sapeva che il suo compatto ma ben organizzato esercito godeva in quel momento di una superiorità qualitativa ed anche di un ascendente morale sul nemico che da solo valeva più di varie migliaia di soldati 90 . Così, varcato lo Slinge a Lichtenvoorde, circa 6 chilometri a sud di Groenlo, il generale genovese schierò i suoi 8.000 veterani spagnoli, italiani e valloni in tre tercios. I 1.200 cavalieri vennero divisi

88 Ibidem, plico 624, lo S. al re, dal campo di Wesel, 27 settembre 1606. 89 Ibidem.

9o I. Heath,Armiesof the Sixteenth Century 1487-1609, Guernsey, 1997, p. 137.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

271

sulle due ali, supportati da compagnie di tiratori comandati "all'uso svedese" 91 per meglio opporsi alla più numerosa cavalleria olandese. Il principe Maurizio disponeva di circa 11.000 fanti e 3 .000 cavalieri, ma come il suo avversario era ben conscio dell'inferiorità delle sue truppe, in parte tratte da guarnigioni e comprendenti anche unità di milizia poco affidabili; il Nassau era un soldato esperto, e come i suoi soldati nutriva un salutare rispetto per le qualità delle truppe e del generale che si trovava di fronte. La guarnigione spagnola conduceva per parte sua una difesa attiva e vigorosa, con frequenti pericolose sortite, e andava perciò controllata da un robusto nerbo di truppe, che non sarebbe stato così disponibile per affrontare lo Spinola. Infine, le opere d'assedio olandesi erano ben lungi dall'essere complete, in particolare la linea di controvallazione. Considerati tutti questi fattori, il Nassau ritenne di poter perdere più di quanto avesse da guadagnare in uno scontro, e tolto rapidamente il campo, si ritirò verso nord varcando lo Slinge su un ponte di barche che fece saltare alle sue spalle. Otto cannoni e cinque mortai dovettero essere abbandonati insieme a parte delle salmerie 92. Il marchese spedì alcune compagnie di cavalleria all'inseguimento, le quali non poterono però varcare il fiume a causa della distruzione del ponte; entrò quindi in Groenlo alla testa dei suoi reggimenti fra le acclamazioni della guarnigione 93 . La piazzaforte era stata soccorsa con successo, ma ancora una volta la battaglia decisiva alla quale lo Spinola_anelava 94 gli era sfuggita all'ultimo momento. Nel frattempo il conte Solre, al quale lo Spinola aveva affidato il mantenimento delle conquiste di Frisia, aveva respinto con successo due poco convinti tentativi olandesi di riconquista del Bentheim 95 . 91 A.S.-E., plico 2226, lo S. al re, 22 e 23 novembre 1606. 92 K.A.A., 9h e j, 13-18. 93 A.S.-E., plico 624, l'Arciduca al re, 18 novembre 1606.

94 Ibidem, plico 2226, lo S. al re, 10 gennaio 1607. 95 Ibidem, plico 624, lo S. al re, 8 novembre 1607.


272

Marco Severino

La campagna del 1606 si concluse così con alcuni buoni successi ma senza quella azione campale decisiva nella quale il marchese sperava e che continuava a sfuggirgli. li campo invernale venne stabilito nella zona di Wesel, mentre le guarnigioni spagnole controllavano ormai una linea di fortezze che da Haren sull'Ems, nelle paludi della Bourtange, arrivava a sud-ovest fino a Zevenaar sul basso Reno. Tuttavia, con l'approssimarsi della stasi invern ale, il più vecchio cd accanito avversario della causa spagnola, la bancarotta, tornava a mostrarsi con preoccupante pervicacia. Abbandonata temporaneamente la spada per la penna, il marchese Spinola si preparò ad una campagna invernale di tipo differente ma comunque assai difficile e dagli esiti incerti.

7 - Verso la tregua Nelle ultime fasi della campagna appena terminata si erano evidenziati preoccupanti sintomi di deterioramento della già difficile situazione nella quale da tempo versava l'erario spagnolo. Per la prima volta, in quattro anni di intensa attività operativa, anche fra le truppe dello Spinola si erano verificati ammutinamenti con frequenza e di dimensioni preoccupanti. Ad un attento esame, si riporta l'impressione che mentre l'efficacia combattiva delle truppe restava elevata, vi fosse stato uno scadimento negli standard di disciplina finora imposti, o meglio ottenuti dal generale genovese. l..:amministrazione finanziaria spagnola era senza dubbio prossima al collasso: le rendite in metalli preziosi dei possedimenti americani erano state negli ultimi anni notevolmente inferiori alle attese, mentre la voragine della guerra contro le Province Unite ingoiava risorse sempre crescenti. La capacità di spesa della monarchia iberica diventò pertanto sempre più incerta, con una conseguente progressiva erosione del già meno che eccellente credito del quale la corona godeva presso i banchieri genovesi, suoi principali finanziatori. Si spiega quindi come il ricorso alle risorse personali di veri e propri intermediari quali lo Spinola, ed alle garanzie che essi potevano prestare ai banchieri, divenisse via via più frequente.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

2 73

Tuttavia, le risorse finanziarie individuali, per quanto vaste, restavano un misero sostituto dei meccanismi di gestione della spesa dei quali uno stato moderno non poteva più fare a meno; ma la Spagna ne era tuttora priva, non trovandosi pertanto più all'altezza di soddisfare le incessanti necessità di un conflitto di questa portata. È fuori di dubbio che sul finire dell'estate del 1606 la capacità di spesa ed il credito dello Spinola, messi a dura prova, fossero ormai prossimi ad esaurirsi; cosa della quale il marchese si premurò di informare, con grande dignità, il re in persona 96 , più preoccupato com'era della paventata impossibilità di proseguire la lotta che delle conseguenze sulla sua fortuna personale. Il monarca spagnolo non seppe in questa occasione mostrarsi pari alla sfida, e le sue argomentazioni convogliano un'assenza di reale comprensione per l'ampi ezza d el problema. È pur vero che, ad onta delle sue ormai verificate qualità di soldato, diplomatico ed amministratore, sullo Spinola pesava la grave

colpa di non essere spagnolo, e quindi di rappresentare un corpo estraneo per molti dementi della corte e della burocrazia iberica, che nei momenti di più grave crisi invariabilmente se ne lamentavano con insistenza crescente. l:amarezza e la sensazione di impotenza che dovettero assalire il marchese di fronte alla malcelata ostilità cd alle tante promesse disattese sono facilmente percepibili nel suo carteggio. Poco desideroso di un incontro destinato a creargli disagio, e sicuramente consigl iato in tal senso, il re arrivò al punto di vietare espressamente allo Spinola, con scuse pretestuose, di recarsi a corte, almeno per il momento 97, incaricando addirittura il generale Velasco, per m ezzo di un messaggio segreto, di osservare e riferire le reazioni del suo comandante al divieto 98 ! Il marchese reagì ancora una volta da par suo, obbedendo senza proferire verbo all'ordine reale e limitandosi a riproporre, in una

96 Ibidem, lo S. al re, Wesel, 24 agosto 1606; la risposta del re alla precedente,

s.d. 97 Ibidem, il re allo S., Ventosilla, 8 novembre 1606. 98 Ibidem, plico 2226, il re a l Velasco, Ventosilla, 8 novembre 1606.


Marco Severino

274

risposta che è un esempio di dignitosa essenzialità, la disamina della disastrosa situazione del bilancio dell'armata sotto il suo comando, paventando i mali a venire 99 . Questi non tardarono a concretarsi: la vigilia di Natale ebbe inizio fra i soldati acquartierati attorno a Maastricht una rivolta che in pochi giorni si estese come un fuoco nella paglia fra le truppe disseminate, senza paga, nei loro tristi e freddi quartieri d'inverno. Con gli accrediti da parte dei banchieri in abituale ritardo, cd i trasferimenti di denaro dalla Spagna fermi da mesi, il marchese si trovò sulle braccia una situazione pressoché disperata. Già alla fine dell'estate alcune centinaia di soldati, esasperati dai continui rinvii nella corresponsione del soldo arretrato, avevano disertato al nemico, consegnandosi armi e bagagli alla guarnigione olandese di Breda 100 ; ma adesso erano più di 3.000 gli ammutinati che, riuniti in ben organizzate bande, seminavano la desolazione nel paese. Così lo Spinola dovette per la prima volta venire a patti con i rivoltosi. Messi insieme con uno sforzo supremo 400.000 scudi, prestatigli sulla parola ed a condizioni gravosissime dai banchieri d i Anversa, il ma rchese riuscì a soddisfare almeno in parte le pe raltro legittime richieste dei dissidenti 101 , che rientrarono nei ranghi senza troppa difficoltà. Solo a questo punto lo Spinola poté assumere misure che ristabilissero un livello almeno accettabile di disciplina, facendo disperdere gli ex-ammutinati fra i vari corpi ed espellendo dal paese alcune centinaia dei più turbo len ti. È tuttavia rivelatore della precarietà e pericolosi tà della situazione il fatto che solo una minoranza de i

99 ibidem, plico 624, lo S. al re, Bruxelles, 22 dicembn: 1606. 100 Vi lia, op. cit., p. 139. 101

Nel 1607, il totale delle paghe arretrate dovute alle armate spagnole di Fiandra ammontava a 4. 750.000 escudos, una somma enorme ma che rappresentava comunque un notevole migli oramento rispetto ai 17.500.000 raggiun ti ne l 1573, cifra superiore al P.I.L., calcolato in quegli anni a circa 13.000.000 di escudos. Fra il 1567 ed il 1608, la corona spagnola spese circa 110 milioni di escudos per la guerra contro le Province Unite, con una media annuale di circa 3.500.000. Heath, op. cit., p. 135.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

275

rivoltosi venisse effettivamente dismessa dal servizio 102 ; ancor più significativo, non venne convocata una singola corte marziale! Fu in questa congiuntura che lo Spinola cominciò ad adoperarsi attivamente per concordare una tregua con il nemico 103 . Già nelle famose "istruzioni segrete" redatte dal re per lo Spinola nell'aprile dell'anno precedente, il monarca raccomandava al marchese di sfruttare, od addirittura di ricercare l'occasione adatta per intavolare con le Province Unite trattative finalizzate alla stipula di una tregua di lunga durata, posto che almeno formalmente fossero queste ultime a richiederla. La necessità impellente fece sì che quest'ultima condizione venisse ora se non rinnegata apertamente, quantomeno implicitamente fatta cadere. Negli ultimi mesi del 1606 lo Spinola aveva ripetutamente sollecitato il re ed i suoi ministri ad ottenere un momento di respiro nella lunga contesa, non sottacendo il fatto che i debiti da lui contratti per conto o a favore della corona raggiungevano oramai tale entità da rendergli impossibile assumerne di nuovi, con la sua pur vasta fortuna personale in uno stato prossimo alla bancarotta 104. I primi, discreti contatti per mezzo di intermediari non ufficiali evidenziarono che l'avversario nutriva pari interesse all'ipotesi di una tregua. Anche le Province Unite erano state duramente provate dal conflitto, in particolare da quando sotto la guida dello Spinola si era concretata una preoccupante ripresa offensiva spagnola. 102 Villa, op. cit., p. 150, afferma che tutti gli ammutinati fu rono espulsi dal paese sotto pena di morte nel caso non avessero ottemperato entro 24 ore dal bando, ma i diaristi, e lo stesso Spinola (A.S. ·E., plico 624, al re da Bruxelles, 22 gennaio 1607) concordano su lla limitata efficacia delle grida di inizio gennaio, peraltro immediatamente modificate per comprendere solamente una frazione e non la totalità dei sediziosi. 103 A.S.-E., plico 2299, lo S. al re, Bruxelles, 28 gennaio 1607. 1o4 Ibidem, plico 2025, verbale del Consiglio <li Stato del 13 febbraio 1607, n el quale si certifica l'ammontare dei debiti del marchese: una quota capitale di 800.000 scudi dovuti alla banca Cenmrione, piu altri 800.000 circa alla banca Serra; con gli interessi si superavano i due milioni di scudi, circa lo stesso ammontare delle entrate bimestrali della corona spagnola!


276

Marco Severino

La rinnovata attività navale iberica stava dal canto suo creando notevoli diffico ltà a lle rotte commerciali olandesi, vitali arterie indispensabili per l'alimentazio ne dello sforzo bellico, e l'importante alleato inglese, con la successio n e al trono dello Stuart Giacomo I, si faceva via via più tiepido nel suo supporto milita re e finanziario. Tanto è che i negoziati preliminari, attivamente patrocinati dal marchese, si svolsero con eccellente concretezza e rapidità: alla metà di marzo lo Spinola poteva scrivere al suo re di "sperare, ent ro otto o dieci giorni, di concertare una sospensione delle ostilità per otto mesi, durante i quali si incontreranno i delegati per concordare la pace od una tregua di mo lti anni" 105 . Per la prima volta la parola " p ace", con tutto il suo significato letterale di atto definitivo, compariva eloquentemente in una corrispondenza ufficiale della diplomazia spagnola. Non è una coincidenza che proprio in questi mesi il marchese facesse nelle sue lettere incessanti riferimenti alle mai soddisfatte necessit à delle es:mste c;:issc milir::iri, n on stancandosi di rima rcare con accenti quasi dispe rati il costante pericolo nel quale versava la causa spagn o la, minacciata d a l rischio incombente di dissoluzione dall'interno delle sue forze armate 106 . Il 13 marzo 1607 i negoziatori spagnoli e ra no partiti da Bruxelles con un'ampia delega degli a rciduchi a trattare una sospensione <.i ' armi di otto mesi, propedeutica alla negoziazione di una tregua "di 12, 15 o 20 anni ... o pace p erpetua" 107 . Il 18 aprile la sospen sione delle ostilità per otto mesi diventava efficace, in un primo tempo limitatamente alle operazioni terrestri 108. Lo Spinola era tuttavia persuaso dell ' importanza, per la Spagna, della

105 Tbidem, pl ico 2289, lo S. al re, Bruxelles, 18 marzo 1607. 106 " ... tutto sarà destinato a perdersi se 11011 si provvederà a quanto è necessario e con la rapidità richiesta dalla gran necessità nella quale ci troviamo, in q uanto dei 300.000 scud i che V.E. ha inviato alla fine del mese scorso non resta un solo maravedì, e il credito non esiste più , e se le t ruppe si amm utineranno, come d i certo succederà se non si provvede (a pagarle), si perderà tutto quanto abbiamo". Thidem, lo S. al Duca di Lenna, Bruxelles, 12 aprile 1607. 107 A.S .-E., plico 2289, Mandato degli Arcid uch i, dato in Bruxelles il 13

ma rzo 1607. 108 Ibidem, lo Spinola al re, 18 aprile I 607; l'Arciduca al re, Bruxelles, stessa data; lo S. al re, in cifra, Bruxelles, 19 agosto 1607.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

277

sicurezza delle rotte atlantiche come della relativa debolezza della flotta se messa a confronto con la numerosa ed agguerrita marina da guerra olandese. Essendo parimenti convinto de lla rilevanza che per l'avversario aveva il commercio marittimo, ed ancor p iù il dominio militare del mare, il marchese si impegnò di person a e p er tramite dei negoziatori, anch'essi largamente scelti su sua indicazione 109, per estendere il "cessate il fuoco " anche al teatro marittimo. Dimostrando di possedere anche una grande sensibilità cd abilità diplomatica, lo Spinola ottenne infine, il 5 giugno, la desiderata globalizzazione della tregua, con decorrenza dal 24 giugno per il teatro europeo e dal 10 o 12 agosto p er quello coloniale, a causa del tempo necessario per comunicare l'entrata in vigore dell'accordo alle unità in navigazione ed alle basi più lontane 11 0 . Nel frattempo, lo Spinola vedeva accrescersi costantemente le solite difficoltà finanzia rie: la sospensione delle ostilità paradossalmente contribuiva ad aggravare il problema, in quanto costringeva all'ozio forzato gli induriti veterani dell 'Armata delle Fiandre, alloggiati in scomodi quartieri e momentaneamente privati di quella prospettiva di azione e bottino che rendeva più tollerabile l'attesa di una paga sempre più in ritardo. L'inattività non ha mai giovato agli eserciti, e casi di indisciplina, viol enza co ntro la popolazione civi le e d ammutinamenti localizzati cominciarono ad intensificarsi in modo preoccupante. Nell 'aprile il marchese aveva reiterato le sue disinca ntate previsioni sull o stato dell'esercito, calcolando che sarebb ero occorsi, in te mpo di pace, non m eno di 200.000 scudi al m ese per il suo man tenimento 111 , ed osservava con la p acata competenza del generale espe rto che era, che un'oculata gestion e "sa rebbe stata imprescindibile, perché in caso contrario non ho dubbi ch e invece di ristabilire l'ordin e in questi Stati, lo si distrugge rà del tutto ... '' 112. I09 Si veda a questo proposito: ibidem, l'Arciduca a l re, Bruxelles, 4 e 18 aprile 160 7; CAl{RERA DE COR DOLIA, oµ. cii., pp. 301 -305. l lO A.S.- E., plico 2289, lo S. al re, Bruxelles, 5 giugno 16 0 7. 111 Ibidem, 8 aprile 1607. 11 2 ibidem.


278

Marco Severino

In una lettera riservata, scritta a Filippo III il giorno successivo, lo Spinola andava al punto in modo ancora più esplicito, dicendo che "tutto quello che si sta negoziando e che si negozierà andrà in frantumi se, per mancanza di denaro, scoppierà una rivolta generalizzata, come non ho dubbio che succederà se (il denaro) verrà a mancare" 113 . Il marchese si spinse fino a sollecitare il sovrano a far sì che non venissero ulteriormente ritardati i pagamenti arretrati dovuti al banchiere Serra per i ben noti prestiti, confermando ancora una volta che pur avendo impegnato tutta la sua fortuna e quella di parenti ed amici al servizio della Spagna "senza ricavare un solo maravedì di interesse", non era per la sua sorte personale che nutriva apprensione, bensì per l'estrema difficoltà di ottenere nuovi finanziamenti ... La corona non godeva ormai di alcun credito, e purtroppo i suoi mezzi personali, diceva lo Spinola, non rappresentavano più un'alternativa 114• In ogni caso, essere riusciti ad estendere la sospensione delle ostilità al teatro navale costituiva per il marchese un successo personale di notevole portata, ed egli poté ora dedicarsi alla laboriosa scelta dei delegati da inviare nelle Province Unite a trattare la tregua vera e propria od addirittura una pace definitiva. Un ostacolo di notevole portata era rappresentato in primo lu ogo dalla comprensibile riluttanza, da parte spagnola, a riconoscere de iure, oltre che di fatto all'avversario lo stat us di poten za indipendente e sovrana. I negoziati si preannunciavano difficili, ma la situazione disastrosa nell a quale l'armata spagnola di Fiandra stava precipitando per m ancanza di fondi spinse il marchese a perorare con insistenza la causa della pace, o almeno della tregua 11 5 , come del resto fece l'Arciduca 116 .

113 Ibidem , lo S. al re, in cifra, Bruxelles, 19 aprile 16 07. 114 Ibidem, in cifra, 18 aprile 1607. 11 5 Ibidem, 10 e 19 luglio 1607. 116 ibidem, l'Arciduca al re, Bruxelles, 20 e 30 luglio 1607.


Ambrogio Spinola - li generale ed il suo tempo

279

Dopo alcune incertezze, il re diede la sua approvazione al tentativo di intentare una seria trattativa con le Province Unite, recependo il sensato consiglio dello Spinola di non affrontare, per il momento almeno, la spinosa questione del riconoscimento, limitandosi ad un atteggiamento diplomatico che assumesse tuttavia come un fatto implicitamente accettato 117 la sovranità delle Province Unite con tutte le conseguenze del caso. Anche in questa occasione viene davvero da chiedersi se la corte di Spagna avesse voluto mettere alla prova la fedeltà e la pazienza dello Spinola, con i ministri ed il re stesso che sembravano con la loro passività cd indecisione fare del loro meglio per creare ogni sorta di ostacoli all'inizio di negoziati davvero costruttivi, nel mentre poi che negavano al generale genovese i mezzi più elementari per poter eventualmente riprendere le ostilità. In questi frangenti, come era scontato, venne richiesto allo Spinola di far parte o meglio di capeggiare la delegazione spagno la; dopo qualche comprensibile resistenza il marchese accettò, con evidente sollievo degli Arciduchi. Il 25 gennaio 1608, esaurite le formalità preliminari e contemporaneamente composto in qualche modo il problema degli ammutinamenti 118 , la delegazione spagnola finalmente partì per l'Aja, dove giunse il primo febbraio passando per Breda, Rotterdam e Delft 119 . Nella città o landese, lo Spinola incontrò per la prima volta faccia a faccia il suo grande avversario, il principe Maurizio d i N assau-O range. 11 7 ibidem, plico 625, lo S. al re, in cifra, 8 novembre 1607. 118 Ibidem, delibera del Consiglio di Stato, 11 dicembre 1607.

11 9 L, delegazione spagnola era composta dallo Spinola, dal presidente degli Stati Generali d i Fiandra M. de Richardot, dal segretario don Juan de Mancicidor, dal Commissario Generale fr ancescano p. Jean Noyen, e dal consigliere dell' Arciduca M. Louis de Verreyken. La delegazione delle Provi nce Unite consisteva del conte Guglielmo Luigi di Nassau, cugino di Maurizio, e dal signor di Brederode per gli Stati Generali; dal Sr. di Leowen per la provincia di Guelderland; dal Barneveldt per l'Olanda; dal Sr. di Moldcrs per la Zelanda; dal Sr. Dc Bccrck per l'Utrecht; dal Sr. Van Sloot per l'Overijssel; dal Sr. Hillema per la Frisia e dal Sr. di Cuenders per Groninga. l/Jidem, plico 2290, l'Arciduca al re, 31 d icembre 1607; lo S. al re, 18 gennaio 1608 e, dall'Aja, 5 marzo 1608.


280

Marco Severino

I diaristi concordano sull'emozione profonda che entrambi i condottieri ebbero a provare, emozione che si trasformò immediatamente in una comprensione e stima reciproca. La lunga lotta aveva generato un mutuo rispetto privo di animosità fra i due capitani, accomunati da doti e storie personali diverse ma comunque eccezionali. Il confronto è, e fu allora, inevitabile. Entrambi provenienti da famiglie antiche ed illustri, nati ed allevati nell'opulenza, non avrebbero potuto essere più diversi. Il Nassau era per così dire cresciuto alla scuola della guerra; divenuto generale a soli sedici anni, aveva formato la sua scienza con la pratica quotidiana delle armi e delle campagne militari. Lo Spinola, invece, era arrivato tardi alla professione del soldato, provvisto però di una mente agile e pronta, oltre che di una solida ed ampia cultura che ben lo avrebbe servito. La considerazione, si è detto, era reciproca. li Nassau chiamava lo Spinola "il diavolo volante" per la rapidità che riconosceva all'avversario nelle decisioni come nelle marce, e quanto successo avesse avuto il generale genovese nel risollevare le traballanti sorti del partito cattolico, giunte al punto più basso dopo la disastrosa sconfitta di Nieuport 120, era evidente al principe come del resto a tutti. Allo Spinola da parte sua sarebbe bastato quest'ultimo episodio per confutare quanti proclamavano l'Orange un buon generale solo per condurre una guerra d 'attesa fra fortezze e pantani 121 : l'esperienza diretta gli aveva più volte dimostrato che vi era ben più di questo in Maurizio di Nassau. A differenza di molti suoi contemporanei, il marchese aveva infatti ben compreso il fine ultimo della deliberata strategia temporeggiatrice abilmente utilizzata dal principe Maurizio, che ben si adattava agli scopi finali di una filosofia militare e politica organica e consapevolme nte mirata al lungo termine. Poco o nulla avrebbero potuto gli

I20 li 2 luglio 1600, dopo un'azione preliminare al ponte di Leffingen favorevole alle armi spagnole, l'armata dell'Arciduca Alberto venne pesantemente battuta dal Nassau nella battaglia di Nieuport, detta anche "delle Dune". 121 Per i giudizi espressi dallo S. sul Nassau, si veda ad es., A.S.-E., plico 625,

lo S. al re, 18 novembre 1606.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

281

agguerriti, ed ora anche ben guidati tercios spagnoli contro un nemico che combatteva una guerra di logoramento, ben sicuro del supporto formidabile di un'economia moderna e vivacissima, a sua volta madre di un sistema finanziario svi luppato che interagiva con una compagine statale dal credito ben saldo, opposto ad un avversario invece fragilissimo sotto questo aspetto 122. Anticipando in modo più o meno completo e consapevole un modulo di strategia globale che l'Inghilterra del secolo seguente avrebbe perfezionato con risultati eccellenti, mentre da un lato contenevano e logoravano l'avversario nel teatro europeo utilizzando a questo fine il minimo indispensabile di risorse, dall'altro le Province Unite avevano dato vita ad una controffensiva navale e coloniale destinata a soffocare lentamente l'impero "su cui non tramontava mai il sole". Virtualmente cancellata dagli oceani la marina mercantile spagnola, stra ngolato il già asfittico commercio iberico conquistando il dominio delle rotte commerciali, attaccando le colonie meno difese e mettendo costantemente a repentaglio le flotas del Nuovo Mondo, poderose flotte olandesi spadroneggiavano dal Brasile all e Molucche, dalle Filippine alle Antille. Nomi quali Tromp, Dc Witt e, più tardi, Ruyter avrebbero fatto da sigillo al dominio olandese d ei mari 123 . Pa radossalmente, questa vera e propria rivoluzione strategica recò in sé i germi della pace. Il partito della borghesia mercanti le, ogni giorno più forte specialmente nelle province "marittime" quali Olanda e Zelanda, sempre più cominciava a considerare la guerra un'intollerabile perturbazione dei traffici e, quindi, dello svi luppo. Se la marina da guerra spagnola non era in grado di contendere alle Province Unite il dominio dei mari, poteva tuttavia provocare danni catastrofici attaccando il commercio, linfa vitale del paese. Gli approcci ai pochi porti importanti della nazione erano obbligati, e le temute fregate che operavano da Dunkerque spesso esigevano un pesante tributo fra le flotte mercantili olandesi dirette in patria.

122 Si veda, ad es., A.S.-E., plico 2290, lo S. al re, I' Aja, 5 marzo ·1608. 123 P. PADFIELD, 'Ilde uf l!,mµires, voli. 1 e 2, London, 1979 e 1983, rappresenta forse il miglior studio disponibile sull'argomento.


282

Marco Severino

Non è casuale che proprio nel momento in cui il trionfo fin ale pareva a portata di mano nascesse nelle Province Unite un forte "partito della pace" che riuscì ad imporre il negoziato ai riottosi rappresentanti delle province "continentali", dove era più radicata la fazione aristocratica che faceva capo agli Orange, maggiormente dedicata ad una strategia di consolidamento ed ingrandimento territoriale. A dispetto di qualche inevitabile reciproca diffidenza, gli incon tri ebbero inizio in un clima tutto sommato positivo; e fu proprio il marchese Spinola ad insistere che le questioni commerciali e coloniali venissero da subito inserite nell'agenda, dimostrando fin dalle prime riunioni di essere, volente o nolente, anima e portavoce della delegazione 124. Il negoziato si rivelò in effetti molto arduo, e pii:1 volte si giunse vicini ad una rottura delle trattative; anche in questo frangente, la sagacia diplomatica cd il chiaro prestigio dello Spinola si dimostrarono strumentali nell'evitarla. Dopo mesi di sforzi estenuanti, il negoziato sembrò tuttavia arenarsi, tanto che la delegazione spagnola rientrò a Bruxelles, ostentatamente per "consultazioni", lasciando agli ambasciatori inglese e francese l'incombe nza di proseguire le trattative in qualità di mediatori. La situazione sembrava ormai compromessa tanto che, esasperato, lo Spinola scrisse al re di volergli fornire finalmente gli stru menti necessari per prepararsi alla ripresa delle ostilità, considerata probabile 125 . Con grande lucidità, il marchese argomentò altresì che, in questo caso, un ritorno alla strategia difensiva non avrebbe avuto altro risultato che quello di accelerare la rovina delle province di Fiandra. Si decidesse pertanto di proseguire la guerra in

124 A.5.-E., plico 30 12, co rrispondenze dei Commissari con il duca di Lerma, in particolare quelle del p. Jean Noyen, varie date della primavera 1608; ibidem, il presidente Riehardot all'Arciduca, l'Aja, 4 marzo 1608. 125 Ibidem, plico 2290, lo S. al re, Bruxelles, 7 ottobre 1608, due lettere nella stessa data: la prima informava il monarca sull'andamento e sull'interruzione dei negoziati, la seconda tracciava un quadro dettagliato della s ituazione militare, ill ustrando le misure ritenute necessarie al riguardo.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

283

modo globalmente offensivo, oppure, fatta salva l'integrità territoriale, si concludesse la pace quali che fossero le condizioni 126. Mentre il re e la corte spendevano mesi preziosi in interminabili dibattiti su questioni spesso di mera forma, scivolando verso una ripresa delle ostilità che non era sostenibile, a conferma della risoluta volontà di rompere gli indugi che invece animava l'avversario gli Stati Generali delle Province Unite votarono il 22 dicembre 1608 una risoluzione che confermava come termine ultimo della sospensione d'armi, già più volte prorogata, il 15 febbraio 1609, ribadendo in maniera solenne la volontà di continuare a combattere in caso di fallimento delle trattative od anche semplicemente in assenza del riconoscimento delle Province Unite come "terre libere, sulle quali né il re di Spagna né gli Arciduchi pretendono diritto alcuno", riconoscimento ormai divenuto condizione imprescindibile per la conclusione di un accordo. Il documento venne notificato al governo arciducale 127 . Qualche giorno prima l'Arciduca Alberto era stato convinto dalle preoccupate insistenze dello Spinola e da una situazione finanziaria definitivamente compromessa ad esperire un estremo tentativo. Venne spedito a Madrid il suo confessore, che godeva della stima e della confidenza del re, al fine di scuotere il sovrano palesandogli nel modo più esplicito e completo i motivi che rendevano imperativa una decisione rapida e, si sperava, positiva. In una lettera del 29 dicembre indirizzata al re, lo Spinola tentò a sua volta di far pressione sul governo confermando con accenti ultimativi la necessità di addivenire ad una soluzione, ponendo l'accento sulla minacciosa ostilità del re di Francia, che pareva deciso a schierarsi apertamente con le Province Unite in caso di ripresa delle ostilità 128 . Fu probabilmente quest'ultima minaccia a vincere le ultime resistenze di Filippo III e dei suoi ministri: ottenuta conferma dai mediatori francese ed inglese di poter ottenere almeno le "condizioni

126 Ibidem. 127 Ibidem, determinazione degli Stati Generali delle Province Unite, Amsterdam, 22 dicembre 1608. 128 Ibidem, lo S. al re, Bruxelles, 29 tlicembre 1608.


Marco Severino

284

minime", il re diede il suo assenso alla conclusione della tregua per una durata di 12 anni. l.:accordo venne promulgato all'Aia il 9 aprile 1609, e ratificato da Filippo lll il 7 luglio successivo 129 . Le Province Unite uscivano senza dubbio vincitrici dallo scontro. Dopo quarant'anni di lotta incessante, esse vedevano riconosciuta la propria indipendenza in termini più espliciti di quanto si potesse sperare, ottenendo per di più concessioni commerciali di grande rilevanza 130. Per la Spagna, il mantenimento delle posizioni rappresentava, almeno sul continente, un risultato di tutto rispetto soprattutto in virtù delle recenti conquiste dello Spi nola; il momento di respiro così faticosamente ottenuto avre bbe potuto consentire un'ormai indifferibile ricostruzione delle esauste risorse finanziarie della corona, in vista di un'eventuale ripresa delle osti li tà. Le ponderate osservazio ni ed i progetti che il marchese Spinola sottopose al suo re nei mesi successivi rimangono ad eloquente testimonianza dei sentimenti di rivincita che animavano la classe dirigente iberica, e di un diffuso stato d'animo che, forse un po' velleitariamente, era tuttavia lontano dalla rassegnazione 131 . 8 - Intermezzo

di pace

Piuttosto eloquentemente, uno dei primi atti compiuti dal marchese Spinola dopo la conclusione della tregua consistette in una meditata ma consistente riduzione delle forze militari della provincia e delle relative spese 132. 129 Ibidem, plico 2291: il plico consiste interamente del testo del trattato di tregua e dei documenti accessori. 130 Ibidem: vedasi per i particolari.

131 Ibidem, plico 2294, lo S. al re e all'Arciduca, varie date dell a primavera ed estate 1609; A.S.V., Relazioni dagli Stati Europei lette al Senato dagli ambasciatori veneti, plichi 8104-8106, anni 1608-1 609- 1610. 132 Vennero smobilitati per primi i reggimenti tedeschi, considerati di minor valore bellico, e 2.200 cavalieri, ovvero circa metà della cavalleria in serv izio, in quanto meno necessaria per un servizio di guarnigione, con un risparmio totale previsto di 102.000 scudi al mese. Si prevedeva di mantenere in servizio 15.259 effettivi di fanteria e 2.888 di cavalleria. A.S.-E., plico 2291, lo S. al re, Bruxelles, 26 aprile 1609.


Ambrogio Spinola - li generale ed il suo tempo

285

Tuttavia, i contrasti che già si andavano annunciando a causa della tormentata successione di Cléves confermarono l'esigenza di mantenere in servizio attivo un buon nerbo di truppa, privilegiando i veterani spagnoli, italiani, valloni e borgognoni, in quest'ordine. I primi anni di pace trascorsero comunque in una relativa calma: considerata ormai indispensabi le la sua presenza a fianco degli arciduchi, lo Spinola ebbe qualche difficoltà ad ottenere il permesso di lasciare le Fiandre per recarsi a corte ed a Genova, dove sempre più spesso si rendeva necessaria la sua venuta per curare gli affari di famiglia, disperatamente ingarbugliati a causa dei debiti contratti a beneficio della corona negli anni precedenti, e che quest'ultima ripianava solo con estrema lentezza cd irregolarità ed a seguito di estenuanti solleciti 133 . Lo Spinola aveva nel frattempo dato ancora una volta prova delle sue eccellenti doti diplomatiche gestendo con abilità la delicata crisi provocata, negli ultimi mesi del 1609, dal l'affare Condé 134, crisi peraltro definitivamente disinnescata dall'assassinio di Enrico TV di Francia. Nel 1611 il marchese si recò finalmente in Spagna e poi a Genova, ritornandovi l'anno seguente; durante questa seconda visita venne elevato alla dignità di Grande di Spagna, mentre già da tempo entrambi i suoi figli maschi erano stati ammessi a corte come paggi della regina, ed il maggiore, Filippo, si apprestava ormai a raggiungere il padre per intraprendere a sua volta la carriera delle armi. Lo Spinola tornò infine a Bruxelles nel giugno 1612, accolto calorosamente dagli arciduchi, dai suoi capitani e dalla popolazione 135 .

133 Si veda a questo proposito l'inte ressante commento del Bentivoglio, fedele am ico dello Spinola e Nunzio Pontificio presso il governo arciducale, che dice testualmente: " ... possedeva (lo S.) centomila scudi di rendita annua oltre a quattrocentomila in contanti, e oggidì non gli resta più nulla di quest'ultima somma, e la sua rendita si è ridotta a tal punto che raggiunge a malapena i quarantamila". Card. G. Bentivoglio, Relazioni di Fiandra, Parigi, 1645, p. 18 1. 134 Una bella cronaca di quest'incidente, che sembra tratto da un romanzo di

cappa e spada, si trova in: Villa, op. cit., pp. 258-275; la parte avuta dallo Spinola è qui ben riassunta e corredata con ampiezza di documenti. 135 A.S. -5. P., libro 2369, foglio 316 e seguenti.


286

Marco Severino

Gli anni seguenti trascorsero tranquillamente. Lo Spinola dedicava il suo tempo a ispezionare con regolarità le guarnigioni, disponendo riparazioni e mi gli orie alle opere di fortificazione e promuovendo esercitazioni regolari per mantenere le truppe in buona efficienza. Nel 1612 lo Spinola era stato altresì incaricato di rappresentare il re all'incoronazione del nuovo imperatore Mattia, al quale il generale genovese risultò assai gradito. Anche il 1613 passò senza scosse: il marchese diede inizio, con l'approvazione del re, ad una riorganizzazione dell 'Armata di Fiandra, e dopo una visita ad Ostenda, ad un programma di aggiornamento delle fortificazioni della città e del suo porto, indicando l'opportunità di dislocarvi uno squadrone cli dicci navi da due o trecento tonnellate 136• La riorganizzazione dell'esercito non procedette tuttavia senza scosse, in quanto andava a ledere pratiche e privilegi consolidati; le resistenze furono molte, tanto che a d un certo punto si diffuse la voce, poi rivelatasi infondata, che lo Spinola avesse rassegnato le dimissioni dalla sua carica di generale in capo 137• Al principio del 1614 la relativa pace che sembrava regnare venne brevemente turbata dal non inatteso scoppio dell a guerra di successione di Cléves e Juliers. Il piccolo stato, composto in realtà d a due distinti ducati, entrambi tecnicamente feudi imperiali, era stato governato congiuntamente dal Duca di Naumburg, cattolico, e dal marchese di Brandeburgo, protestante, fin dal 1609, anno nel quale si era estinta con la morte del duca Guglielmo, suocero di entrambi, la linea dinastica al potere. li condominio forzoso aveva in qualche modo retto per cinque anni, finché entrambi i pretendenti non decisero di risolvere una volta per tutte la questione con le armi. Forte dell'appoggio politico e militare delle Province Unite, il marchese d i Brande burgo si impadronì in breve tempo di buona

136 137

A.S.·E., plico 2294, lo S. al re, Bruxelles, 29 e 30 giugno 1613. CABRERA DE CORDOBA,

op. cit., p. 525.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

287

parte del territorio dei ducati, spingendo il rivale ad appellarsi all'imperatore ed al re di Spagna. Lo Spinola aveva seguito con preoccupata attenzione lo sviluppo della crisi, e non perse quindi tempo nel sottolineare al sovran o l'esigenza di conservare quantomeno la neutralità dei ducati, considerata l'importanza strategica di questi per il controllo del basso Reno, e quindi degli approcci al fianco orientale delle Provi nce Unite, teatro principale delle sue ultime campagne 138 . Falliti i tentativi di comporre la vertenza per via diplomatica, alla metà di luglio Filippo lll ruppe gli indugi, ordinando allo Spinola di entrare nei ducati alla testa del suo esercito per contrapporsi all e truppe olandesi presenti in buon numero, avendo tuttavia cura di mettere in atto ogni sforzo possibile per evitare uno scontro diretto che avrebbe potuto condurre alla denun cia della tregua con le Province Unite 139. Eletta pertanto Maastricht a propria base d i operazioni, il generale genovese mosse il 10 agosto verso Acquisgrana, accompagnato da l nunzio pontificio mons. Bentivoglio e d ai commissari imperiali incaricati dell'arbitraggio in merito alla disputa. Giunto dinanzi all'antica capitale di Carlo Magno in soli due giorni, dopo ave r intimato l'osservanza delle deliberazioni imperiali e ricevutone un rifiuto, lo Spinola investì la piazza. I difensori erano tuttavia divisi sull'opportunità di resistere, appartenendo ad ambedue le fazioni, così dopo due soli giorni, di fro nte a lle batterie spagnole che si preparavano ad iniziare il bombardamento, la città aprì le porte al generalissimo del Re Cattolico. Oppo nendosi con fermezza all a compren sibile sete di bottino della tru ppa, lo Spinola assicurò con successo la pacifica occupazione di Acquisgrana, restituendone il governo ai magistrati di parte cattolica, e lasciandovi una gua rnigione di 1.200 fanti tedeschi del tercio del Conte di Emden.

138 A.S.-E., plico 2296, lo S. a l re, Bruxelles, 14 aprile; 9 e 24 maggio; 1 giugno 1614 . 139 Ibidem, il re allo S., in cifra, 15 luglio 1614.


288

Marco Severino

Occupate quindi senza difficoltà le piccole fortezze di Duren, Bergheim, Gravenbroich ed Orsoy (?), il marchese proseguì la sua passeggiata militare verso nord e, gettato un ponte di barche sul Reno, si impadronì di Mulheim e dei suoi ponti, espellendo una piccola guarnigione olandese che con lodevole pragmatismo si ritirò senza combattere. La città si trovava nei domini dell'elettore di Colonia, ed era stata occupata all'inizio dell'estate. Per evitare il ripetersi della circostanza, lo Spinola provvide a "demilitarizzare" Mulheim facendone demolire le fortificazioni, ed utilizzando a questo scopo 2.000 contadini locali come mano d'opera; vi lasciò quindi una guarnigione di 500 tedeschi tratti dallo stesso reggimento 140. Marciando ancora rapidamente verso settentrione, lo Spinola pose quindi l'assedio all'importante piazzaforte di Wesel, che già tanta parte aveva avuto nelle sue precedenti campagne, la quale pur facendo parte del ducato di Cléves, aveva approfittato dei torbidi originati dalla successione per dichiararsi città libera. Tale era la fama dello Spinola e delle sue truppe che i maggiorenti della città, visto comparire davanti alle mura l'esercito cattolico, vennero ad offrire la resa della formidabile fortezza dopo tre soli giorni d'investimento. I rappresentanti del governo arciducale, dell'imperatore e delle Province Unite, riuniti a convegno con gli ambasciatori di Francia ed Inghilterra che ancora una volta erano stati chiamati a fungere da mediatori, avevano nel frattempo deciso che i due ducati avrebbero dovuto essere divisi, ricevendo il candidato cattolico quello di Juliers ed il marchese di Brandeburgo quello di Cléves. Il marchese si impegnò a sgomberare Wesel non appena fossero state soddisfatte le condizioni dell'accordo, pur non celando al re il proprio disappunto per dover restituire una piazza così meravigliosamente adatta a fungere da base di eventuali operazioni contro l'avversario di sempre, il quale ne reclamava infatti a gran voce la neutralizzazione.

140 Ibidem, plico 628, lo S. al re, dal campo di Wesel, 19 settembre 1614.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

289

Lo Spinola vi aveva nel frattempo posto una guarnigione di 1.000 affidabili fanti spagnoli, ai quali si era proposto di aggiungere entro pochi giorni 1.000 fra valloni e tedeschi; nello stesso tempo, si era impadronito di parecchie piazze minori 141 . Durante l'intero corso della breve campagna l'esercito del principe Maurizio aveva costantemente ombreggiato quello spagnolo, mantenendosi però ad una certa distanza ed avendo cura di evitare scontri anche fortuiti che avrebbero potuto precipitare il rinnovarsi delle ostilità. Perduta che fu Wesel, il Nassau stabilì il campo presso Reesfeld, una ventina di chilometri a nord-est di Wesel e dell'esercito cattolico, e si dispose ad attendere gli eventi. 11 23 settembre 1614, con i negoziati in fase ormai avanzata, entrò in vigore una sospensione delle ostilità; i termini dell'accordo richiedevano che tutte le forze armate straniere venissero ritirate dal paese, ma senza stabilire un calendario preciso. Tanto lo Spinola quanto il suo avversario, da soldati esperti quali erano, temevano con qualche ragione che chi si fosse ritirato per primo avrebbe dato all'altro l'opportunità di migliorare le proprie posizioni con una fulminea azione dell'ultima ora. Così per il momento nessuno s1 mosse. A decidere fu ancora una volta la natura: ai primi di dicembre un'improvvisa piena del Reno seguita a piogge straordinariamente abbondanti ruppe gli argini ed alcune dighe, allagando un ampio tratto di pianura ad est di Wesel dove si trovava accampata l'armata olandese, che dovette pertanto ritirarsi con una certa sollecitudine. Constatato poi che la stagione avanzata e le condizioni meteorologiche avverse non avrebbero comunque permesso di sfruttare la circostanza, il marchese Spinola diede a sua volta ordine di andare ai quartieri d'inverno, la maggior parte delle truppe nelle piazze conquistate nei ducati ed il rimanente in Fiandra. 141 Ibidem, lo S. al re, plico 2326, 21 settembre 1614; plico 2296, 16 dicembre 1614; plico 2028, Bruxelles, 15 ottobre 1614; plico 2526, 20 dicembre 1614; Relacion de la insigne vitoria que Dius nuestro senor fue servido dar al exercito del Rey D. Felipe nuestro senor en Flandes contra los hereges de Alemania este ano de 1614, dal manoscritto del padre carmelita Geronimo Gracian de la Madre de Dios, Granada 1614.


290

Marco Severino

La guarnigione di Wesel rimase per il momento al suo posto 142 , come del resto quella olandese a Juliers. La campagna era stata breve e ben condotta: dispiegando al meglio la sua capacità di muoversi rapidamente e sorprendere il nemico, lo Spinola era andato molto vicino a conquistare il controllo effettivo <li entrambi i ducati, subendo perdite insignificanti e riuscendo nel contempo ad evitare uno scontro diretto con gli olandesi dalle conseguenze imprevedibili. Il marchese era d'altra parte conscio che ben difficilmente si sarebbero potute conservare le conquiste effettuate senza provocare il riaccendersi del conflitto generale 143 , ed attese pertanto con ansia la conclusione dei negoziati. Questi ultimi terminarono finalmente con una soluzione di compromesso, che riconfermando la spartizione dei ducati in via definitiva, li divideva a tutti i fini pratici fra le rispettive sfere d'influenza. Nella primavera del 1615 le truppe spagnole avrebbero di conseguenza dovuto sgomberare Wesel, e quelle olandesi Juliers: ma causa le diffidenze reciproche per il momento non se ne fece nulla, e la questione rimase aperta. Gli anni successivi trascorsero tranquillamente, a parte che per la morte della moglie avvenuta agli inizi del 1615. Ormai stabilito nel suo ruolo cli principale consigliere degli Arciduchi, e tramite fidato del sovrano iberico, il marchese dovette a tratti lottare contro la pervicace inerzia ed ostilità di parte dell'amministrazione, che non gl i perdonava tanto i suoi successi quanto soprattutto l'origine straniera. Il suo patrimonio era ormai irrimediabilmente compromesso, e dal carteggio traspare spesso una viva preoccupazione per il futuro dei suoi figli, a favore dei quali lo Spinola sempre più spesso doveva rivendicare l'aiuto di quel re che tanto disinteressatarnent~ aveva servito e serviva. La tregua sarebbe spirata a metà ciel 1621, ma già nel 1619, con due anni d'anticipo il marchese delineava con la consueta

142 A.S.-E., plico 2296, lo S. al re, Bruxelles, 16 dicembre 16 14. 143 Ibidem.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

291

precisione un piano di campagna che testimonia la sua incessante ricerca dello scontro decisivo. Presupposto imprescindibile per un successo definitivo sarebbe stato l'impiego per due anni di campagna risolutiva delle risorse normalmente dedicate a quattro: così facendo, la spesa complessiva sarebbe in realtà risultata inferiore, e sostenib ile. Ben tre eserciti avrebbero operato contemporaneamente coordinati da un unico generale in capo. Il primo, composto di 10.000 fanti e 1.000 caval ieri avrebbe creato una diversione dal Brabante settentrionale, minacciando di attraversare il Waal ed invadere la Betuwe, come nello schema rimasto incompiuto durante la campagna del 1605. I due corpi principali, forti ognuno di 15.000 fanti e 2.000 cavalieri, operando di concerto sulle due sponde opposte del Reno, avrebbero da Moers risalito il fiume convergendo su Arnhem e, quivi passato lo Ijssel, forzato l'esercito da campo olandese a combattere una battaglia "a fronti rovesciati" sul terreno fermo e sgombro della Vcluwe meridionale contro un nemico presumibilmente superiore di numero, e con la minaccia incombente di vedersi arrivare alle spalle il corpo d'osservazione spagnolo. Unica alternativa, lasciare aperta agli eserciti del Re Cattolico la via verso il cuore delle Province Unite 144. Il piano era audace e ben congegnato: ma prima ancora che la tregua terminasse, la Spagna avrebbe avuto nuovamente bisogno della spada dello Spinola.

9 - La guerra del Palatinato La morte dell'imperatore Mattia, avvenuta al principio del 1620, e la tormentata elezione del suo successore coincisero con l'allargamento a tutta l'area germanica, cd oltre, del sanguinoso conflitto 'scaturito dalla rivolta boema di due anni prima, conflitto che avrebbe preso il nome di Guerra dei Trent'Anni.

144 Ibidem, plico 2308, don Carlos Colorna al re, Cambrai, 8 giugno 1620; plico 2306, lo S. al re, Bruxelles, 12 agosto 1619.


292

Marco Severino

Senza voler scendere nei particolari dei confusi avvenimenti che segnarono l'evolversi di questo epico confronto, basti ricordare che, eletto al soglio imperiale Ferdinando d'Asburgo con il concorso non solo degli elettori cattolici ma anche di alcuni protestanti, il candidato di parte avversa, l'Elettore Palatino Federico V, quello stesso "re d'un inverno" cui i boemi insorti avevano offerto la corona, non perse tempo nell'opporsi al neo-imperatore. Questi si trovava, more solito, privo di un esercito suo proprio; e dal momento che la principale armata a sua disposizione, quella di Massimiliano di Baviera comandata dall'abile Tilly, era già impegnata a fondo in Boemia, Ferdinando si appellò al governo arciducale. Ravvisando l'opportunità di soccorrere l'alleato rafforzando nel contempo la posizione della casa d'Austria nel suo complesso, e forte di istruzioni reali in questo senso, Alberto d'Austria decise l' intervento. Come suo primo atto, conferì allo Spinola il comando del corpo di spedizione, ottenendo che gli venisse finalmente conferito il grado di Capitano Generale, limitatamente però all'esercito che sarebbe entrato in Germania 145. Nel mentre che la corte ed il governo arciducale argomentavano con pomposa prolissità sulle minuzie formali del titolo da conferirgli, il generale genovese si era gettato in una vera febbre di attività: era già la metà di giugno, ed il tempo stringeva se si voleva concludere qualcosa prima dell' interruzione invernale delle ostilità. Essendo come al solito in ritardo i trasferimenti di fondi dalla Spagna, a dispetto dell'ormai cronica precarietà delle proprie finanze lo Spinola si fece anticipare dai banchieri di Anversa le somme necessarie a soddisfare le prime necessità, e si mise quindi di buona lena ad impartire le disposizioni per l'apprestamento dell'armata. La recente campagna dei ducati, per il suo esito positivo, aveva paradossalmente assottigliato le truppe a disposizione a causa della necessità di munire di adeguate guarnigioni le piazzeforti conquistate, in primo luogo l'importante fortezza di Wesel, tuttora in mano spagnola. 145 Tbidem, plico 20.14, l'arciduca al re, 16 giugno 1620; plico 634, deliberazioni del Consiglio di Stato, 18 lugl io 1620; plico 2232, decreto reale di nomina, data in bianco sull'originale, anno 1620.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

293

La frontiera con Je Province Unite, a dispetto della tregua ancora in vigore, andava comunque presidiata, così come non si potevano sguarnire completamente le fortezze degli Stati. Si rendeva pertanto necessario radunare forze fresche. Il duca di Aerschot ed il colonnello Sebastian Bauer ricevettero così l'incarico di reclutare due nuovi reggimenti tedeschi, il primo di 3.000 uomini, il secondo di 2.000. Il conte di Emden avrebbe dovuto a sua volta arruolare rimpiazzi per riportare il suo reggimento veterano tedesco alla forza di 3.600 effettivi; il Signore De Gulzin, maestre de campo dell'omonimo reggimento vallone, avrebbe fatto lo stesso fino a raggiungere i 3.000, come per il reggimento borgognone del barone di Balanzon. Ben trentasette ufficiali diversi ricevettero l'incarico di arruolare non meno di 3.600 cavalieri valloni e 600 borgognoni. Su ordine reale si mossero dall'ltalia 10.000 fanti, per lo più veterani, divisi fra i 3 .000 del tercio spagnolo de l maestre de campo don Gonza1o Fernandez de Cordoba, i 4.000 di quello napoletano del marchese di Campolataro, e 3.000 lombardi. Dal Portogallo venne inviato il reggimento di nuovo arruolamento del colonnello Don Luis de Oliveira, forte di 2.000 uomini. L'esercito sarebbe così arrivato a contare, almeno sulla carta, quasi 21.000 fanti ed oltre 4.000 cavalieri 146. Nel contempo, le Province Unite si affrettavano a loro volta ad allestire un corpo di spedizione forte di 10.000 fanti e 2.000 cavalieri, d a spedire in soccorso del Palatino al comando di Enrico di Nassau, fratello minore del principe Maurizio. La necessità di coprire adeguatamente gli Stati di Fiandra venne soddisfatta allestendo un corpo di osservazione con truppe prelevate dalle guarnigioni più lontane oppure arruolate di fresco, il quale

146 F. IBARRA, La Guerra del l'alatinadu, Kierberg 1621, pp. 28-.14; A.S.-E., plico 2309, deliberazioni del Consiglio d i Stato del 18 e 21 giugno, 8 e 14 lu glio 1620. A proposito della forza effettiva degli eserciti del tempo, si vedano la PARTE Il e le Appendici. Anche l'incidenza del logorio strategico, i cui effetti si facevano già sentire precedentemente all'entrata in campagna, non va sottovalutata: il lercio portoghese giunse nelle Fiandre con poco più di 1.000 effettivi presenti; Ibarra, op. cit., p. 35; A.S.-E., plico 2309, il governatore di Cambrai don Carlos Coloma al re, da Marimont, 2 agosto 1620.


294

Marco Severino

sarebbe arrivato a contare 10.000 fanti e 2.500 cavalieri . li comando venne affidato all'esperto capitano generale della cavalleria, Don Luis de Velasco, ora divenuto marchese di Belvedere. Posta la base di operazioni a Wesel, il Velasco ebbe ordine di mantenere le sue truppe fra il Reno e la M osa, per osservare i movimenti dell'armata del principe Maurizio, schierata attorno ad Arnhem 147. Le colonne spagnole si mossero da Bruxelles all'alba del 2 agosto, ed il 9, dopo aver verificato il buon andamento della marcia, lo Spinola le seguì. Attraversata la Mosa a Liegi, con una difficile ma rapida marcia attraverso le Arden ne settentrionali e l'Eifel Renano, il 18 agosto l'armata del Re cattolico raggiunse la valle del Reno a Coblenza, nei territori del neutrale elettore arcivescovo di Treviri 148 , dove nel grande fiume confluisce la Mosella. Qui lo Spinola trovò ad aspettarlo la flottiglia che aveva risalito il Reno da Moers trasportando l'artiglieria, e poté così di stribuire il 20 agosto le p aghe e le armi che ancora difettavano ad a lcuni reparti; quanto più conta, trovò come previsto un treno da ponte al completo 149 . In una sola giornata, con un vero prodigio di e fficienza gli esperti genieri spagnoli gettarono effettivam ente un ponte di barche sul Reno qualche chilometro a valle della confluenza fra i due fiumi . Il giorno 21 all'imbrunire, l'avanguardia comandata dal conte di Berg forte di 4.500 fanti, 1.500 cavalieri ed alcuni p ezzi di artiglieria leggera iniziò ad attraversare il fiume, fanteria e cavalleria per mezzo del ponte mentre i cannoni venivano trasportati da chiatte 150• In meno di quattro ore le truppe del Berg superarono l'ostacolo, e per la sera d el 22 occupavano come previsto il nodo stradale di Limburg, 35 chilometri ad est e a cavallo di due strade che conducevano l'una a Magonza e l'altra a Francoforte.

147 i bidem. 148 Ibidem, lo S. al re, Magonza, 30 agosto 1620. 149 Ibidem, lo S. al duca di Uceda (figlio, rivale e successore del duca di Lenna nella carica di Primo Ministro) , Magonza, 29 e 3 1 agosto 1620. lSO Ibidem, plico 2309, il marchese di Bedrnar (ambasciatore di Spagna presso l'arciduca) al re, 1 settemb re 1620.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

295

Nello stesso momento, gli ultimi reparti dell 'esercito spagnolo mettevano piede sulla sponda d estra del Reno, avviandosi verso Limburg "come se avessero avuto il diavolo alle calcagne" 151 . Radunato in questa città l'esercito, la sera del successivo 23 agosto lo Spinola fece una rapida finta incamminando alcuni reparti sulla strada per Francoforte sul Meno; quindi, caduta la notte, ritracciò rapidamente i suoi passi, ed attraversato il Taunus con una marcia di due giorni condotta ad un ritmo forsennato, la sera del 25 l'esercito spagnolo piombava su Magonza impadronendosi della città e dei suoi vitali ponti senza sparare un colpo 152 . TI comandante deH'esercito dell ' Unione Evangelica era il ma rchese di Anshach. Gettato nell'incertezza dalla rapida marcia dello Spinola attraverso l'Eifel Rena no, quindi nella confusione più completa dalla rapidità delle mosse successive l'Ansbach si trovava ancora, il 24 agosto, a Ingelheim, qualche chilometro ad ovest di Magonza, disposto a sbarramento della strada che scendeva d a Coblenza costeggiando la sponda si nistra del Reno . Avver tito appena in tempo che l'esercito cattolico stava invece per calare su Magonza dai passi del Taunus, il generale protestante vide infine squarciarsi il velo. Spingendo le sue truppe ad una velocità furibonda, abbandonati il carriaggio, i rifornimenti e gran pa rte dell'artiglieria, l'Ansbach riuscì appena in tempo a passare il Reno su quegli stessi ponti che i soldati spagnoli avrebbero calcato di lì a poche ore, ma provenienti dalla direzione opposta. Ritiratosi con poco dignitosa rapidità fin o a Francoforte, e rinforzata la guarnigione di questa città che controllava gli unici ponti sul Meno nel raggio di oltre 80 chilometri, l'Ansbach passò sulla riva sinistra del fiume per attestarsi intorno ad Oppenheim, tre ore di marcia a sud di Magonza, d a dove osservare le mosse dell'esercito spagnolo al quale era sfuggito per il rotto della cu ffia 153 •

151 Tbidem. 152 Ibidem, lo S. al duca di Uceda, Magonza, 1 1 agosto 1620. 153 Ibidem.


296

Marco Severino

Il corso del Reno fra Coblenza e Magonza era ancora bloccato per il momento dalle fortezze gemelle di Bacharach e Kaub; in mani avversarie, queste dominavano il fiume da rive scoscese che, in quel tratto, formano una vera e propria gola. Non potendo pertanto far giungere per via d'acqua da Coblenza il treno da ponte indispensabile per passare il Meno ed avvicinare Oppenheim da nord-est, ed essendo fuori discussione il trasportarlo via terra causa la lunghezza e difficoltà del pe rcorso, fu giocoforza procurarsi localmente chiatte e legname per improvvisare invece un ponte sul Reno a monte della confluenza, per portare l'esercito sulla riva destra del fiume qualche miglio a nord dell'accampamento avversario 154 . Nel frattempo, a riprova della saggezza delle misure difensive assunte il principe Maurizio sembrava volersi muovere dai dintorni di Arnhem con i suoi 12.000 uomini; alcune spie affermavano che si preparasse a gettare un ponte sul Reno per passare sulla riva sinistra, e che intendesse avvicinarsi cautamente a Wcsel per investire la piazza . Per il momento i real i intenti <lei generalissimo olandese rimanevano sconosciuti, ma la sua innata prudenza era certamente incentivata d alla presenza del corpo del Velasco a poca distanza 155 . Raccolto finalmente un numero di imbarcazioni sufficienti a formare un ponte, questo venne gettato una decina di chilometri a nord di Oppenheim, presso il villaggio di Nack, senza che il nemico tentasse di disturbare l'operazione. Il 5 settembre l'esercito dello Spinola mise nuovamente piede sulla sponda destra del Re no, cd il giorno seguente si presentò davanti alle trincee avversarie per offrire b attaglia. Ma il marchese di Ansbach era di tutt'altro avviso: nutrendo il massimo rispetto per le capacità dello Spinola e dei suoi esperti soldati, conscio ch e fino all'arrivo dei rinforzi o la ndesi le sue truppe raccogliticce restavano irrimediabilmente surclassate dall'avversario per efficienza e 154 Ibidem; il marchese rivela anche, con sorr idente accondiscendenza, d i aver ricevuto un preoccupato messaggio dal vescovo di Spira: il buon prelato faceva sapere in gran segreto che l'esercito nemico, ben addestrato da istruttori olandesi, contava fra "gente pagata" e "villani" oltre 50.000 uomini! 155 Ibidem, plico 2035, il marchese di Bed mar al re, 2 settembre 1620.


Ambrogio Spinola - li generale ed il suo tempo

297

combattività, egli mantenne una stretta difensiva, restando al riparo della forte posizione che occupava in attesa di sviluppi, limitandosi a far uscire solo qualche pattuglia <li cavalleria. Lo Spinola deliberò pertanto di far sloggiare gli avversari con la manovra ; occupati a tal fine i villaggi di Odernheim e Alzey, lungo la strada che reca a Worms, cominciò a spingere le sue truppe in direzione della città come se volesse impadronirsene; al che l'Ansbach evacuò in gran fretta i suoi trinceramenti e si ritirò ancora, per chiudersi in Worms. All'alba del 7 settembre, dopo una marcia durata tutta la notte, l'esercito spagnolo occupò l'accampamento deserto e la città di Oppcnheim, dove vennero fatti prigionieri 800 moschettieri della retroguardia palatina e catturato molto materiale, fra cui la cassa del1' esercito avversario. Anche in questa occasione lo Spinola si preoccupò di far gettare immediatamente un pome Ji barche 156 per conservare buone comunicazioni laterali. Nei giorni successivi, punteggiati solo da schermaglie fra le opposte pattuglie, il marchese Spinola elaborò le mosse successive. Era ormai indifferibile occuparsi delle due fortezze <li Bacharach e Kaub, unico ostacolo rimasto all'apertura del Reno fino a Magonza. Vista la necessità di compiere l'operazione in fretta, ed essendo ormai prossimo l'arrivo dei rinforzi olandesi, sarebbe stato necessario per l'armata cattolica ottenere consistenti rimpiazzi. Il logorio strategico provocato dalle rapide manovre era stato piuttosto pesante: <lei 4.000 cavalieri che avevano partecipato alla parata di Coblenza no n ne rimanevano per il 15 settembre che circa 2.500, principalmente a causa delle perdite di cavalcature, falcidiate dalle dure marce più che dall'azione avversaria. Anche la fanteria, la cui forza era stata diminuita dalla necessità di presidiare le fortezze conquistate, non contava ormai che circa 8.000 uomin i dispo nibili per operazioni mobili 157 . 156 Ibidem, plico 2309, il marchese di Bedmar all'arciduca, Oppenheim, 15 settembre 1620, due lettere con la stessa data. 157 Ibidem, l'arciduca al re, 26 settembre 1620; il marchese di Bedmar al re, Bruxelles, 14 ottobre 1620.


298

Marco Severino

Il 9 settembre si erano finalmente mossi dal basso Reno 2.500 fanti inglesi e 500 valloni, oltre a quasi 2.000 cavalieri 158 , messisi in ma rcia per andare a rinfo rzare l'esercito dello Spin ola; ma privi dell'energica guida dd generale in capo, per il 15 sette1nbre questi erano giunti solamente nei pressi di Colonia, e il marchese di Belvedere, da parte sua, era restio a priva rsi di molte a ltre truppe, considerato il minaccioso agitarsi dell 'armata del principe Maurizio al di là del Reno. l:csercito del Palatino continuò a far mostra di una notevole inattività per tutto settembre e l'inizio di ottobre, accontentandosi di restare a l ripa ro dell e sue ben trincerate posizioni in attesa del corpo di rinforzo o landese che, a l comando del conte Enrico di Nassau, stava marciando verso sud attraverso le aspre colline della Ruhr e dell'Assia settentrio nale, per la verità senza mostrare eccessiva fretta. Il controllo della valle del Reno, saldamente in mani spagnole fra Wescl e Magonza, costringeva infatti l'avversario ad utilizzare questa via molto meno diretta e rapida rispetto all'agevole pe rcorso lungo il grande fiume. N ella prima settimana cli ottobre, infatti, lo Spinola aveva finalmente inviato un contingente di 3.000 moschettieri spagno li e valloni, quasi tutti quelli di cui disponeva, appoggiati da quattro pezzi di artiglieria da campagna, ad impadronirsi di Bacharach e Kaub, affidando la missione a l maestre de campo del suo lercio spagnolo, don Gonzalo Fernandez de Cordo ba. Pur essendo fortissimi per posizione, i due castelli erano isolati o rma i da settimane, e pertanto scarsam ente approvvigio nati e con guarnigioni ma lridotte dalle malattie: in du e gio rni , entrambi capi tolarono di fronte ad un ben condotto assa lto a nfibio 159 • All a fine cli settemb re e ra no fratta n to giunti n ell e Fia n dre gli attesi tercios provenienti da ll'I talia; si rendeva quindi possibile aumentare il flusso di rinforzi ch e andava ad a limenta re lo sfo rzo bellico in Ge rmania.

158 Divisi questi ultimi in 37 compagnie. Ibidem, lo S. all'arciduca, Oppenheim, I S settembre 1620. 159 Ibidem, il marchese d i Bedmar al re, 14 ottobre 1620. Un migliaio d i fan ti venne imbarcato su battelli per investire le trincee verso il fi ume, gli altri attaccarono da terra su un terrt:no mol to difficile. A r1acharach vennt:ro t rovati 80 inglesi ammalat i, che lo S. procurò fossero ben trattati.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

299

Lo Spinola non aveva comunque imitato l'avversario in quanto ad inattività. Rivelatisi infruttuosi i molti tentativi volti a far uscire l'Ansbach dalle sue trincee, il marchese si era dedicato ad acquisire con metodo il controllo del paese; alla metà di ottobre, tutto il Palatinato centrale e settentrionale compreso in un grande triangolo delimitato dalla Mosella a nord-ovest, dal Reno ad est e dall'altopiano della Selva Palatina a sud era saldamente in mani cattoliche 160. Il marchese aveva anche cercato di intercettare i rinforzi olandesi diretti a sud, ma senza successo. Individuata la direttrice sulla quale marciava il conte Enrico, lo Spinola lasciò un modesto corpo di truppa nelle fortificazioni di Oppenheim per osservare l'esercito dcll'Ansbach, che sembrava inchiodato alle sue posizioni attorno a Worms, mantenendolo immobilizzato con vigorose dimostrazioni. Con il rimanente, circa 8.000 fanti e 2.400 cavalieri, marciò verso nord attraversando il Reno a Magonza e procedendo poi verso quegli stessi passi del Taunus attorno a Idstein che aveva utilizzato in precedenza per calare sulla città. Il conte di Nassau si trovava a Limburg; ma il 2 ottobre, dispiegando qualcuna delle qualità militari del fratell o maggiore, riuscì a rubare una marcia all'avversario. Rimandato indietro il carriaggio sotto scorta di 500 cavalieri, ben provvisto di guide locali dai suoi alleati, il generale olandese deviò verso nord-est con una rapida marcia notturna e, giunto a Wcilburg, imboccò una pessima ma poco conosciuta strada che attraverso Usingen cd il Taunus lo portò in un giorno e mezzo a Francoforte, con i suoi ponti m mano protestante. Attraversò quindi il M eno e per mezzo dell 'ottima strada che correva direttamente verso sud costeggiando il piede delle colline dcll'Odenwald, il 6 ottobre entrò a Worms 161 .

160

Ibidem; nella stessa lettera il Bedmar ri ferisce al suo re un gustoso episodio, nel quale un capitano degli archibugieri a cavallo vall oni si impadronisce della cittadina di Kirchberg con uno stratagemma, " ... enviando algunos sol dados vestidos de villanos, los cuales mataron à los que estaban de guardia à la puerta y dieron lugar para que antes de cerrarla, llegase la gente que tenia de emboscada". La traduzione è superflua! 161 Ibidem, plico 2309, il marchese di Bedmar al re, 14 ottobre 1620; K.A.A., 81, 46-54.


Marco Severino

300

Il difficile terreno fu di grande utilità nel mascherare le mosse del conte, che venne anche aiutato non poco dal trovarsi in un paese amico, dove l'attività di ricognizione rimase sempre faticosa per la cavalleria spagnola; ma il guizzo di genialità del Nassau sorprese cd irritò comunque lo Spinola, che in questa occasione venne indubbiamente superato nella manovra. Si potrebbe osservare che un Napoleone avrebbe probabilmente esibito maggiore tenacia nel ricercare lo scontro, come la sua cavalleria nell'acquisire informazioni; ma d'altra parte tanto Spinola quanto il suo esercito vanno collocati nel tempo cui appartennero, e del resto in quei giorni la salute del marchese era pessima 162. E quanto questo fattore possa pesare sulle azioni e sulle decisioni di un condottiero è ben dimostrato dalle mediocri performances dell'imperatore a Borodino o durante la campagna dei Cento Giorni. I.:csercito protestante contava ora 15-16.000 fanti e 5-6.000 cavalieri 163 , ma ciò non fu sufficiente ad aumentarne l'aggressività o a diminuire quella dello Spinola. Punto sul vivo dall'insuccesso, durante ottobre e nov embre il marchese dispiegò un'attività febbrile, soggiogando decine di capisaldi ed acquisendo il controllo totale delle regioni collinose dell' Idarwald e del Soonwald nel Palati nato centro-occidentale, fino a controllare anche l'intero corso della Mosella dall'alleata Treviri fino alla confluenza col Reno a Coblcnza, e stabilendo così una nuova linea di comunicazioni con le Fiandre attraverso l'Eifel Renano e le estreme propaggini orientali delle Ardenne 164. In due sole occasioni gli alleati parvero uscire dalla loro passività : il 10 ottobre marciarono infatti contro la fortezza di Alzey con l'intenzione di riprendere il controllo della città, dove si trovava

162 Tbidem, il confessore dell'arciduca al re, 28 ottobre 1620. Il mard1 ese Spino la soffriva cli violenti attacchi di gotta, e probabilmente a nche di una malattia reumatica piuttosto grave. 163 Ibidem, l'arciduca al re, 24 ottobre 1620; il marchese di Bedmar al re, 22

ottobre 1620; K.A.A., 8d, 8 e 8m, 4-6. I.a stima di 7.000 cavalieri, attribuita dall'arciduca all'ese rcito avversario, è sicuramente parecchio eccessiva. 164 Ibidem .


Ambrogio Spinola -Il generale ed il suo tempo

301

una guarnigione di J .600 fanti valloni e italiani, nella convinzione di riuscire nell'impresa prima che l'esercito da campo spagnolo, che si trovava impegnato sul basso Nahe, potesse intervenire. Ma ritrovando tutta la sua rapidità di reazione, con una marcia forzata lo Spinola piombò su Alzey in due giorni; al che, gli alleati si ritirarono in gran fretta fino ad una forte posizione su terreno elevato che il marchese, il cui esercito era in netta inferiorità numerica, saggiamente declinò di attaccare; a questo punto gli alleati si ritirarono nelle loro linee 165 . li giorno 24 un corpo alleato fece un altro tentativo, questa volta contro la piccola fortezza di Kirchberg, difesa da 150 valloni. Ma anche in questa occasione, I' Ansbach ripiegò all'approssimarsi dello Spinola alla testa dei suoi tercios, lasciando davanti alle mura di Kirchberg 40 morti ed un paio di centinaia di feriti 166. A metà dicembre, a causa del freddo intenso e di copiose nevicate, il marchese si rassegnò ad inviare le truppe nei quartieri d'inverno 167, ma solo a malincuore: il 26 ottobre erano infatti giunti a Magonza i rinforzi spagnoli, condotti dal barone dc la Motèrie 168 : l'esperienza delle precedenti campagne aveva fatto sì che lo Spinola avesse richiesto rinforzi con buon anticipo, e l'Arciduca era stato per sua parte sollecito nell'inviarli, tanto che le buone condizioni dell' armata facevano desiderare il prolungarsi della stagione di campagna. In ogni modo, l'esercito cattolico poté munire di forti presidi le piazzeforti conquistate, conservando nondimeno un consistente corpo per operazioni mobili, e apprestandosi per il momento a trascorrere un ben meritato riposo invernale in mezzo a tutte le comodità offerte da un paese davvero ricco.

165 Jbidem. 166 i bidem. 167 ibidem, plichi 2035 e 2309, il marchese d i Bedmar al re, Krcutznach, 22 dicembre 1620, due lettere. I tercios recentemente aggregati all'esercito sof· frivano assai di più per i rigori della campagna che non gli induriti veterani del nucleo originario. I reggimenti napoletani in particolare sembra fossero falcidia· ti dalle malattie, ed il Bedmar osservò, con una certa ovvietà, che "Questo paese è molto più rigoroso (in quanto a clima) del Regno di Napoli". 168 Ibidem.


Marco Severino

302

La campagna appena conclusa era stata un indiscutibile successo, a dispetto del fallimento nell 'impedire la riunione fra il co rpo di spedizione olandese e l'esercito del Palatino, i quali comunque, una volta congiunti, non fecero alcunché <li serio per disputare allo Spinola il controllo del paese. All'inizio Jcll'inverno i cattolici mantenevano saldamente il possesso <li due terzi del paese nonché de lle principali vie di comunicazione terrestri e fluvi a li, mentre l'avversario era tornato a chiudersi nelle sue trincee attorno a Worrns dalle quali non dava l'impressione di volersi muovere: quando il Langravio d'Assia a metà dicembre propose una tregua di due o tre mesi con i principi protestanti, il marchese Spinola poté rifiutare l'offerta senza neanche prenderla in seria considerazione 169 . Nelle Province Unite e fra i principi protestanti tedeschi lo sconcerto causato <lai successi spagnoli nel Palatinato fu notevole. Lo Spinola trascorse l'inverno a M agonza , ma all'inizio della prim:ivera Jdl'anno successivo, approssiman<losi la scadenza della tregua con il vecchio avversario che <lurava o rma i da dodici anni, il m:irchese venne richiamato a Hruxelles. 11 4 marzo 1621, passato il comando dell'esercito di Germania al de Cor<loba, lo Spinola partì per le Fiandre alla testa di quasi metà d elle truppe 170.

10 - I.a ripresa delle ostilità cnn Le Province Unite Già da tempo negli ambienti politici e militari spagnoli si discuteva sull'opportunità di ri prendere o meno la guerra contro le Province Unite a llo scadere della tregua. Dagli clementi in suo possesso, la diplomazia iberica era pressoché unanime nel ritene re che l'avversario avesse ogni intenzione di ricominciare a combattere, e tutto lascia credere che l' impressione fosse corretta. Durante la tregua, ed a dispetto di essa potremmo dire, l' impero coloniale cd il commercio olandese avevano con osciuto una crescita 169 Ibidem.

170 ibidem, plico 2313, lo S. al re, 8 marzo 1621. La tregua con le Province Unite sarebbe scaduta il 9 aprile 1621.


Ambrogio Spinola -Il generale ed il suo tempo

303

vertiginosa; e poiché la sospensione dell e ostilità, a dispetto di nttti gli sforzi dei negoziatori spagnol i, non si estendeva come era costum e " beyond the line", detta crescita avvenne in larga misura a danno dei sempre più precari cd anacronistici monopoli ispano-portoghesi, laddove la potenza navale olandese non fece sì che il dominio delle Province Unite sop piantasse tout court, fisicamente, q uello iberico. Fu di per sé un risultato non da poco che la Spagna riuscisse in questi anni a non veder diminuire il proprio PIL, che otten ne invece una lieve crescita. Ma nello stesso decennio 1610-1620 il già robusto tasso di c rescita dell e Province Unite conobbe un'accelerazione senza precedenti, vedendo il PIL quasi raddoppiare 171. La tentazione d i liberarsi una volta per tutte del vecchio nemico, andando per giunta ad ereditarne più o meno interamente la sfera d'influenza econornica, doveva essere forte negli a mbienti finanziari e commerciali <li Amsterdam ch e conservavano l'effettivo controllo della politica estera degli Stati G e nerali. Non è casuale che la città fosse passata dai 100.000 abitanti del 15 85 agli oltre 300.000 del 1620, e d'altra parte la sola provincia d'Olanda produceva il S8 per cento del reddito complessivo dello Stato. E poi, con una tendenza tipi ca dell e o li garchie mercantili, i politici o landesi probabilmente sovrastimavano l'incidenza negativa che le difficoltà di bilancio avrebbero avuto, a breve o medio term ine, sull'efficienza militare dell'avversario: per chi opera esclusivamente in un 'ottica d i profitti e perdite anche in campo militare, è sempre stato arduo comprendere come si possa talvolta combattere ed anche vincere una guerra pur mancando di tutto o quasi, se vi è tenacia e talento nel battersi 172 : e di questi ultimi, la Spagna ne possedeva ancora in abbondanza.

171 K.I-1.D. HAI.EY, The Dutch in the Sevenleenth Century, London 1972,

pp. 41 -44. Le Province Unite, pur opera ndo aggressivamente nel teatro coloniale e nava le, e tenendo contemporaneamente in campo forze di terra pari a quelle spagnole, erano riuscite a ripianare gran parte dei debiti di guerra, ammon tanti a quattro mi lioni di scudi. 172 Basti per tutti l'esempio della Confederazione durante la Guerra Civile Americana, in particolare della sua marina; ai fini di un interessante studio comparativo sono insostituibili: R. LURAGHI, Storia della Guerra Civile Americana, Torino, 1966; Marinai del Sud, Milano, 1993.


304

Marco Severino

La monarchia iberica da parte sua aveva fatto un convinto sforzo per rimettere in piedi la p ropria dissestata amministrazione delle finanze, in verità con un certo successo. Agli inizi degli anni '20 l'indebitamento era effettivamente sceso, complice la tregua con le Province Unite, a livelli quasi fisiologici. Ancor più significativo, il governo aveva individuato la necessità di sviluppare più moderni strumenti per la raccolta fiscale e per un allargamento delle fonti di credito, nonché per la gestione del debito dello Stato, che si cominciava confusamente a riconoscere come fatto "pubblico". D 'altro canto, la progressiva erosione dell'impero coloniale da parte olandese, erosione senz'altro più incisiva e preoccupante sotto il profilo del controllo dei traffici piuttosto che del territorio, imponeva misure urgenti e risolutive. E dal momento che le ultime campagne precedenti la tregua, nonché la breve guerra dei ducati e quella del Palatinato, avevano visto convincenti successi spagnoli rivelando per giunta ne ll o Spinola un generale aggressivo ed affidabile in grado di opporsi con costante successo a qualsiasi avversario, negli ambienti della corte di Madrid si fece strada con forza crescente il desiderio di chiudere la p artita con le Province Unite una volta per tutte. Pur sottacendolo, nessuno negli ambienti di governo spagnoli si illud eva più di poter riconquistare le province perdute da oltre sessant'anni, cd ormai del tutto estranee alla sfera culturale, prima che politica, dell'impero di Filippo TII; ma la possibi li tà di tratta re una pace da posizioni di forza non appariva po i così peregrina in quei primi mesi del 1621 densi di aspettativa 173 .

173 Si veda, ad es., la relazione di don Carlos Colo ma al re, in: A.A.R.H.M., plico 866, p. li, B, datata in Madrid, marzo 1621. Solo in Estremo Oriente, gl i o landesi avevano tolto agli ispano portoghesi 23 forti con i rispettivi fondachi e colato a piu;u " inn umerevoli" vascelli, conquistando in dodici anni presso le popolazioni loca li "tanto prestigio quanto gli ispano -portogh esi avevano acquistato in centoventi". Gli olandesi avevano inoltre costantemente fornito armi, muni zion i e supporto tecn ico agli stati barbareschi, fo rnendoli delle prime navi a vele quadre ed addestrandone all'uso i marinai. L:avversario si era poi impadronito dell'importante porto di Emden, cacciandone il conte alleato della Spagna, cd aveva fornito un appoggio decisivo alla Repubblica di Venezia, impegnata a combattere contro l'Impero nel 1617-18; e così via.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

305

Nella primavera di quell'anno si cominciarono a stendere piani concreti in vista della ripresa delle ostilità. Le Province Unite avevano ben utilizzato il periodo di pace, durante il quale imponenti risorse erano state dedicate a quello che fu un vero e proprio assalto all'impero coloniale ispano-portoghese; e si è visto con quale successo. Da vera "blue water power 174 ", la giovane nazione non aveva perseguito conquiste territoriali, di incerta realizzazione e costoso mantenimento, bensì una sistematica acquisizione di basi che avrebbe conferito per alcuni decenni all'Olanda il dominio assoluto delle rotte commerciali più importanti precludendone nel contempo l'uso all'avversario. Si trattava della stessa strategia mediante la quale il grande Al fonço d e Albuqucrque aveva fatto in pochi anni dell' Oceano Indiano un lago portoghese, spazzando via con un pugno di uomini, di navi e di fortezze ogni avversario, ed incanalando l'intero traffico delle spezie dall'Estremo Oriente nelle nuove rotte create dai portoghesi, che dalle "Isole delle Spezie" portavano all'India e quindi, circumnavigando l'Africa, fino in Europa: e tutto ciò, esclusivamente per mezzo di navi portoghesi 17.S. Ormai solo i convogli più grandi e meglio scortati potevano sperare di eludere la vigilanza delle squadre olandesi, provenissero dalle Indi e Orientali o dalle Americhe; nemmeno la flota annuale dell'argento del Perù, composta da navi veloci e ben armate, cd invariabilmente scortate in modo pesante, si sarebbe dimostrata al riparo dalle attenzioni degli audaci ammiragli olandesi: la celeberrima impresa di Piet Hein 176, sebbene rimasta unica, andò vicina a ripetersi altre volte. Dal momento che un'interruzione, anche momentanea, del flusso di metalli preziosi dalla Nuova Spagna avrebbe provocato il tracollo definitivo ed irreversibile delle finanze iberiche, non stupisce che le prime misure proposte fossero di carattere navale 177. 174 A. MAHAN, The Influence o( Sea Power upo11 History, London, 1897; Padficld, op. cit., voi. I. 175 Padfield, op. cit., voi. I. 176 Ibidem. 177 Per questa e altre notizie sui preparativi spagnoli, vedasi: A.S.-E., plico 2311, consistente per intero di verbali di riunione del Consiglio di Stato, dicembre 1620-giugno 1621.


306

Marco Severino

Le spese affrontate per opporsi in qualche maniera all'offensiva coloniale olandese non erano state inferiori di molto a quelle di un conflitto convenzionale nel teatro europeo: appariva pertanto conveniente restringere quanto più possibile la futura zona di guerra, magari impegnando tanto a fondo le Province Unite nella difesa della propria integrità territoriale da render loro impossibile la messa in atto della consueta strategia di attacco alla periferia dell'impero, dando così a quest'ultima una possibilità di recupero 178 . A tal fine, rinunciando con realismo ad impiegare un' unica poderosa flotta come quella che tante speranze aveva deluso durante la sfortunata campagna del 1588, si progettò di costituire tre distinte sq uadre, munite di navi quanto più possibi le di tipo mod erno ed omogeneo. La prima di queste, forte di venti galeoni, sarebbe stata dislocata ad Ostenda e Dunkerque, per contendere a lle navi olandesi il dominio delle acque costiere, nel contempo disturbando le rotte commercial i che attraverso i passaggi obbligati della Manica e del Flemìsh Bight terminavano nei porti delle Province Unite, ed impedire l'esercizio delle importanti campagne di pesca all'aringa e al merluzzo sui bassi fondali fiammin ghi. Le altre due squadre, formate anch'esse da venti galeoni ciascuna, sarebbero state dislocate al Ferro! la prima e a Cadice la seconda, con l'intento di controllare le rotte commerciali che attrave rsavano rispettivamente il Golfo di Biscaglia e lo stretto di Gibilterra. Non si fa menzione di una strategia di confronto del iberato con la flotta da guerra olandese 179.

178 Coloma, due. cii., Ili foglio; è tuttavia indicativa, e non necessita di commento, un'affermazione dell'arnba<;eiatore; il Coloma sostiene infatti che il cessare della necessità di imponenti misure difens ive in ambito colo ni ale avrebbe permesso di inviare in Spagna un quantitativo superiore d 'argento, con un aumento di controvalore superiore al milione di ducati all'anno. Nello stesso tempo, l' ambasciatore si sente in dovere di precisare che quanto detto si sarebbe effettivamente realizzato " ...si los Virreycs y ministros dc allà ayudan como dehen y es de creer que ayudaran ... "! 179 È in teressan te un para llelo con l'identica strategia di guerra al traffico commerciale posta in essere da ll a Francia del Re Sole nel 1692-94, dopo la grave sconfitta subita da Tourville a La Hogue, e di nuovo durante la Guerra di Successio ne Spagnola, come del resto da Napoleone dopo Traf:ilg;1r. l'iù avanti, la Spagna di


J\mbroxio Spinola - li generale ed il suo tempo

307

I pianificat ori spagnoli arrivarono ad ipotizzare, con notevole ottimismo, un " Blocco Contin ental e" ante litteram, da attuarsi concludendo con le potenze alleate trattati che ne precludessero i porti al commercio olandese. Quale vantaggio potessero qu este ultime trarre da un' interruzione di con tatti commerciali spesso indispensabili, o quale contropartita si prevedesse per questo, non è specificato ! Per quanto attiene a lle o perazioni terrestri, si pensava piuttosto ovviamente di concentrare ogni sforzo nel teatro dei Paesi Bassi. Rispolverando il vecchio piano di Spino la si progettava di costituire due corpi principali composti ognuno di 12.000 fanti e 2.000 cavalieri , il primo dei quali avrebbe dovuto penetrare ne lla Betuwe attraversando il Waal, ed il secondo nella Veluwc passando lo Ijssel, e serrare quindi in una morsa l'esercito o landese costringendolo a battersi in campo aperto o a ritirarsi, ap rendo la strada verso il nucleo vitale delle Provi nce Unite. Un terzo corpo d i 6.000 fanti e 1.000 cavalieri sarebbe rimasto presso Anversa a mo' di riserv:-i e :-i G\1ardia delle province cattolicht:. La spesa necessaria sarebbe ammontata a circa 250.000 ducati mensili, doppia rispetto a quella corrente, ma si sperava che una rapida offensiva avrebbe permesso di vivere sul paese nemico. Si sarebbero anche richieste contribuzioni straordinarie all a nobiltà cd al clero, o ltre alle somme d:i realizzarsi mediante un a "ristrutturazione" di molti settori della hu rocr:izia, le cui cariche erano co me è noto soggette a compravendita . Nella primavera del 1621, me ntre il clima diventava via via più bell icoso, tanto il re quanto l'Arciduca Alberto restavano tuttavia contrari alla ripresa delle ostilità. Ma il 31 marzo moriva improvvisamente

segue 110/a Filippo IV, recuperate risorse e maggior confide nza, avrebbe tentato di nuovo nel 1639 una stratcgi:i di confronto milirnre sul mare, con esiti disastrosi. Come osserva il Padfield, op. cit. , voi. I, p erseguire una strategia navale coe rente è sempre stato difficile per quelle potenze, definite "ibride", che come la Francia o la stessa Spagna erano pesantemente distratte da impegni continental i, e non poterono mai quindi adotta re una coerente politica di potem.a navale pura, possibile solamente a lle autentiche blue water powcrs, delle qua li resta esempio insuperato l' Inghilterra; acuta l'osservazione che alle Province Unire mancava l'elemento essenziale, quell'isolamento geografico che, una volta acquisire le altre caratteristiche fondamenta li della potenza marinara, avrebbe permesso alla nazione britan nica di vincere il confronto diretto con l'alleato di un tempo e poi con la Fram:ia.


308

Marco Severino

Filippo Ili, cd il giovane Filippo IY, spinto dal suo a mbizioso primo min istro Conte di Olivarcs, il futuro Conte Duca, appena asceso al trono si dichiarò senza mezzi termini a favore de lla guerra. CArciduca Albe rto si oppose con inconsueta energia alla ripresa di un conflitto che vedeva foriero solamente di sciagure per la causa spagnola, ben conscio come era delle precarie condizioni finanziarie della corona e presentendone, grazie alla lunga esperienza di governo locale, i devastanti effetti sullo sforzo militare nelle Fiandre. Durante il corso d egli ultimi mesi della primavera e dei primi dell'estate l'arciduca intervenne reiteratamente presso il giovane monarca, riuscendo in qualche misura a controbilanciare le velleità belliciste dell'Olivares e, almeno temporaneamente, ad evitare il riaccendersi della guerra. L'l recente ripresa della causa cattolica, culminata nella ben condotta campagna del Pa lati nato, aveva consolidato i vincoli d i alleanza fra le Province Unite e la Lega Evangelica dei principi protestanti tedeschi, le une e g li altri ugualmente allarmati dalla ritrovata capacità della Spagna di intervenire efficacemente a difesa dei propri a lleati ed in generale di passare a ll 'offensiva; ma per questi stessi motivi, gli avversari della monarchia iberica non si dimostravano del tutto insensibili a lle profferte di una pace più o meno definitiva, così caparbiamente proposta dal governo arciducale. Ma proprio quando i negoziati, condotti da Alberto d'Austria con i delegati delle Province Unite, sembravano avviarsi verso una fe lice conclusione con la p roroga della tregua, il B luglio 1621 l'Arciduca morì improvvisamente. Con lui scesero nella tomba le residue speran ze di preservare la pace. In base a quanto a suo tempo deciso da Filippo II, gli Stati di Fiandra rito rn arono in possesso diretto della coro na; ma contraria mente a quanto precedentemente stabilito, sarebbero stati almeno per il momento governati ancora dall'Arciduchessa vedova, sebbene per conto del re di Spagna. Filippo IV confe rmò lo Spinola nella sua p osiz io ne di principale con sigliere tanto per gli affari politici quanto per quelli militari, comunicand ogli tuttavia nel contempo la sua decisione di riprendere quanto prima le ostilità. Ccspcrto generale, senza preoccuparsi di destare le ire del sempre più potente Olivares, esp ose al monarca tutti i suoi dubbi sull'opportunità di riaccendere il conflitto; ma di fronte ad un ulteriore


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

309

ordine reale, redatto in termini che non ammettevano replica, non poté far altro che iniziare con la consueta energia ad approntare l'esercito, affinché almeno scendesse in campagna nelle migliori condizioni possibili 180 . I contingenti rientrati con lo Spinola dal Palatinato erano del tutto insufficienti a formare un esercito di forza bastante, così il marchese si vide costretto ad una febbrile attività di reclutamento, tanto per arruolare nuovi reggimenti valloni e tedeschi come per procurare rimpiazzi ai tercios veterani spagnoli, italiani e germanici, attività che dimostrò, se ve n'era bisogno, lo stato di impreparazione da lui stesso denunciato con preoccupata insistenza. Trascorse così gran parte dell'estate; fortunatamente anche l'Orange non poté o non volle dare inizio ad operazioni di qualche rilevanza, e solo a metà settembre si videro le prime reali azioni di guerra. Posta la propria base di operazioni a Maastricht, lo Spinola marci ò verso est ponendo l'assedio alla piazza di Juliers, che a suo tempo era stata ceduta dal marchese di Bra nd eburgo alle Province Unite e da queste munita di nuove fortificazioni e di una consistente guarnigione. Respingendo senza difficoltà i poco convinti tentativi del principe Maurizio di soccorrere la pianaforte, e a dispetto delle vigorose sortite dei difensori, lo Spinola mantenne l'assedio ad onta di un inverno insolitamente rigido, compiendo veri e propri prodigi logistici. A ricompensa della sua ostinazione, Juliers gli aprì le porte il 22 febbraio 1622. Il 17 dicembre precedente Filippo lV aveva onorato lo Spinola con quel titolo di marchese de los Balbases del quale ancora oggi si fregiano i suoi discendenti 181 . Disposte quindi le truppe nei quartieri d'inverno, il marchese si dedicò ad una completa riorganizzazione dell'esercito in vista della 180

A.S. -E., plico 2035, verbale di riunione del Consiglio di Stato, aprile 1621; plico 23 10, lo S. al re, Bruxelles, 30 novembre 1621; il re allo S., Burgos 8 e 11 giugno 1621. 181 Archivio privato del Marchese di Alcaniccs y de los Balbases, III, B, 6. Documento datato in Mad rid, 17 novembre 162 1.


310

Marco Severino

campagna successiva e, nella sua qualità di comandante di teatro, a pianificare le mosse del corpo schierato nel Palatinato al comando del Cordoba, 14.000 fonti e 2.500 cavalieri, destinato a cooperare con l'esercito imperiale del Till y. Nell a successiva campagna del 1622 l' atten to lavoro organizzativo dello Spinola diede già in apertura buoni risultati . Nei primi giorni di giugno l'esercito della Lega Evangelica aveva attraversato il Meno ad H anau, dirigendo su Darmstadt forte di 90 compagnie di cavalleria e 13 reggimenti di fante ria, circa 6.000 cavalieri e 13.000 fanti. Si era quindi diretto ad ovest per qualche ch ilometro, per poi imboccare la buona strada detta ancor oggi 13ergstrasse, o "pedemontana", che passando per Darmstadt prosegue diritta verso sud ad una certa distanza dal Reno e sfiorando le prime propaggini delle colline dcll'Odcnwald, per varcare il Neckar a H eidelberg e continuare verso Karlsruhc e l'al to corso del grande fiume. li grosso del corpo di spedizione spagnolo si trovava ancora sulla sponda sinistra del Reno insieme a l dc Cordoba, ma le pattuglie di croati imperiali, mandate in avanscoperta con il concorso di due squadroni albanesi "prestati" al Tilly affi nché si avvalesse della loro conoscenza del paese, fecero un ottimo lavoro soprattutto grazie alla competenza dei cavalieri del dc Cordoba. Qualch e c hil ometro a sud di Darmstadt, presso il villaggio di Scchcim, la 13ergstrasse attraversa una stretto ia chiusa fra le colline ad est cd un tratto di terre no paludoso a d ovest, solcato da fiumi ciattoli che si gettano nel Reno distante circa quattro chil ometri. I generali del Palatino erano esperti e prud enti, ma gli esplorato ri non avevano avvistato c he pochi cavalieri avversari ch e si erano dati prontamente alla fu ga. Rassicurato, l'ex-elettore mise in marcia il s uo esercito a ll'alba del 1O giugno, giungendo ad impegnare la strettoia verso mezzodì. Pareva non esserv i segno dell'a rmata imperia le, e que ll a spagn ola la si sapeva ancora al di là del Reno. Venne ord inata una sosta, cd i soldati cominciarono a prepara re il pasto di mezzogiorno; le pattuglie mandate in avanscoperta riferirono che non vi era segno del nemico, e tutto appariva tranquillo. Improvvisamente, la quiete innaturale si dissolse in una cacofonia di urla, spari e cavalli lanciati a l gran trotto: grazie principalme nte


Ambroxio Spinola - Il generale ed il suo tempo

311

alla conoscenza del terreno dei cavalieri spagnoli, l'intera cavalleria del Tilly, cento squadroni per quasi 6.000 uomini, si era imboscata fra le forre e le pinete ad est della strada, senza essere scoperta dal nemico sul quale si gettava ora con impeto e cogliendo lo del tutto impreparato, seguita dappresso da 11 reggimenti di fanteria imperiale. Con i due squadroni spagnoli all'avanguardia, i corazzieri imperiali spezzarono l'esercito avversario in due tronconi. La parte minore, rimasta isolata verso sud , venne spinta nelle paludi cessando di esistere come unità combattente; il grosso, ricacciato a sua volta verso nord e minacciato di annientamento, venne salvato da una dura azione di retroguardia ad opera di due reggi me nti di corazzieri, che subendo gravissime perdite riuscirono a rallentare l'avanzata della cavalleria imperiale, aiutati dal terreno che non permetteva a quest'ultima di spiegarsi e sfruttare la sua superiorità numerica. La fanteria i mperialc venne ritardata a sua volta dal terren o difficile, e l'esercito protestante riuscì pertanto a sfuggire in qualche modo alla trappola. Costretto a gettarsi ne i boschi, inseguito dalla cavalleria cattolica alla quale si erano aggiunte altre cinque compagnie spagnole mandate avanti da de Cordoba, che nel frattempo aveva passato il Reno a Gernsheim e marciava rapidamente verso nord per chiudergli il passo, l'esercito del Palatino si disintegrò in un'orda di fuggiaschi. Persa tutta l'artiglieria ed il bagaglio, persino la cassa d ell'armata cadde nelle rapaci mani dei feroci croati del TilJy. La sera del 13 giugno i superstiti riattraversarono il Meno a Francoforte, lasciando in mano all'esausta cavalleria ispano-imperiale oltre 3 .000 prigionieri, 6 0 bandiere e molti ufficiali, fra i quali il fratello minore del Palatino; lo stesso Federico V sfuggì a stento alla cattura. In tre giorni di combattimenti il suo esercito aveva perduto, oltre ai prigionieri, circa 2.500 fra morti e feriti mentre a ltri 3.000 u omini avevano disertato. Ridotta quasi alla metà, privata dell'artiglieria e delle salmerie, e disorganizzata in modo irrimediabil e, l'armata protestante si rinchiuse dietro i bastioni di Francoforte, cessando di rapp resentare un fattore di qualche rilevanza.


312

Marco Severino

Lo stesso 13 giugno, don Gonzalo de Cordoba con il grosso del1' esercito spagnolo di Germania si congiunse con il Tilly a nord di Darmstadt. Il generale iberico aveva con sé i reggimenti spagnoli, parte dei valloni e dei borgognoni, il tercio napoletano del Campolataro e nove compagnie di fanti tedeschi, oltre a 14 cornette di cavalle ria in aggiunta alle 7 che accompagnavano l'armata della Lega Cattolica 182 . Dal momento che l'esercito del Palatino non sembrava volersi staccare da Francoforte, venne deciso che il corpo del Tilly avrebbe continuato ad operare sulla sponda destra del Reno, mentre quello del de Cordoba si sarebbe mantenuto su quella sinistra, mantenendo però il coordinamento operativo grazie al quale la campagna tedesca si era aperta sotto ottimi auspici. Nel frattempo, pur ostacolato com'era dalle perenni difficoltà di bilancio che gli impedivano di rinforzare adeguatamente il suo esercito 183, avendo assicurato con la campagna dell'anno precedente il fianco orientale degli Stati, lo Spinola scese in campo facendo base di operazioni ad Anversa, con l'intenzione esplicita di concentrare l'azione militare nel teatro e nella direzione che riteneva potenzialmente decisivi. Il primo obbiettivo fu la città di Bergen-op-Zoom, importante piazzaforte che controllava gli accessi alla Schclda. Ai primi di luglio, la piazza venne investita dall'esercito spagnolo; per un paio di settimane tuttavia non vennero aperte che poche trincee od altre opere d'assedio significative, in quanto lo Spinola confidava in un accordo segreto che suoi emissari avevano concluso con il Sergente Maggiore dell a guarnigione olandese, il quale aveva 182 Biblioteca Nacional, Madrid, Sala dc Ms., IZIB, 420. Relazione anonima, datata Bruxelles, 22 giugno 1622: Relacio11 de lo sucedido en la venida y retirada del ejercito del Palatino à Dàrmestal y Rergestrate à los 10 de Junio de 1622. Reca un "visto" del marchese Spinola. 183 A.S.-E., plico 2312, lo S. al Consiglio di Stato, Bruxelles, 6 luglio 1622; plico 2036, verbale di riunione del Consiglio di Stato, Madrid, 3 agosto 1622. Interessante l'affermazione dello Spinola che, nel reiterare la propria preferenza per i soldati spagnoli ed iLaliani, od in subordine valloni e borgognoni, si dichiarò tuttavia soddisfatto dei rimpiazzi che aveva ricevuto, composti da inglesi e scozzesi cattolici, dichiarando di preferirli ai tedeschi, poco affidabi li e riottosi.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

313

accettato di aprire una porta agli assedianti in cambio di una cospicua somma di denaro. Sfortunatamente il potenziale traditore cadde ucciso in una delle scaramucce preliminari, e lo Spinola si vide costretto ad im provvisare un assedio in piena regola. Ai primi di ottobre, dopo sforzi erculei imposti fra l'altro dal terreno acquitrinoso che favoriva la difesa, le o pere esterne della fortezza erano ormai in mani spagnole e ci si preparava ad attaccare la cortina, quando le pattuglie di cavalleria riportarono la notizia che ben due eserciti di soccorso si stavano avvicinando. Il principe Maurizio si trovava infatti attestato sull a sponda settentrionale dell'Hollands Di ep, l'estuario della Mosa a sud-ovest di Dordrecht, già dall a metà di settembre, ed attendeva con il suo esercito di 9.000 fanti e 3.500 cavalieri una buona opportunità per intervenire. Questa si presentò alla fin e del mese sotto forma dell'alleato esercito tedesco al coma ndo del conte Mansfeld, forte di 11.000 uomini, che varcata la Mosa a nord d i Hrcda il 24 settembre, stava marciando verso sud-ovest. Venne rapidamente con certato un piano d'azione per intrappolare l'armata dello Spinola che, falcidiata dalle malattie e dalle diserzioni, non contava ormai che 7.000 fanti e 2.000 cava li eri in grado di combattere 184 . L?armata olandese avrebbe dovuto piombare su Bergen dal nord, via Steenbergen e Halsteren, mentre il Mansfeld si sarebbe avvicinato da nord-est provenendo da Ettcn-Leur e Roosendaal-en-Nispen, seguendo un percorso più lun go rn a potendo usufrui re di strad e migliori. Se tutto fosse andato secondo le previsioni, nel pomeriggio del 2 ottobre i due eserciti alleati avrebbero impegnato conte mpo raneamente su due fronti l'armata assediante, da nord e da est, schiacciandola fra di essi e le mura di Bergen e minacciando di gettarla in mare. 1 distaccamenti spagnoli comandati dal conte di Anhalt e dal conte di Berg, che avrebbero dovuto prevenire il verificarsi di eventua lità simili, si mossero con indole nza ed approssimazione, finendo per lasciarsi sfuggire gli avversari senza sparare un colpo.

184 I bidem, plico 2036, ve rba le di riunione del Co nsi gli o di Stato, 27 ottobre 1622; K.A.A. , 160a e 161c, <l, f.


314

Marco Severino

La sera del 1° ottobre, informato dalle sue pattuglie di cavalleria che il Mansfeld si stava avvicinando a Roosendaal mentre l'Orange aveva già occupato Halsteren, distante solo tre chilometri e mezzo da Bergen, lo Spinola prese l'unica decisione che poteva ancora salvare il suo esercito dalla distruzione, deliberando di levare immediatamente l'assedio e ritirarsi verso Anversa finché la via restava aperta. Per tutta la notte, coperte dalla cavalleria, le colonne spagnole marciarono verso sud, portando con sé tutta l'artiglieria, le salmerie, malati e feriti in gran numero. All'alba le pattuglie alleate non poterono far altro che constatare che il nemico gli era sgusciato fra le mani; a metà mattina l'armata cattolica era ormai saldamente attestata su nuove posizioni attorno al villaggio di Puten, a m e tà strada fra Bcrgen ed Anversa, con il fianco sinistro coperto (.bile dune costiere ed il destro da invalicabili acquitrini. JI principe Mauri zio ritenne che non valesse nemmeno la pena di organizzare un inseguimento. La ritirata da Bergen-op-Zoom fu un vero capolavoro tanto di organizzazione quanto di esecuzione, e tale venne stimata anche <lai contemporanei 185 • Pur avendo dovuto rinunciare alla presa della fortezza, lo Spinola si era sottratto con consumata abilità ad un accerchiamento insidioso, reso possibile dalla scarsa abilità dei suoi subordinati, il quale minacciava di costringerlo ad affrontare una battaglia con prevalenti possibilità <li un esito disastroso. Al contrario, il generale genovese riuscì a conservare intatto il suo comando, e già il 4 ottobre, ricongiuntosi con i due corpi distaccati, diede inizio muovendo su Hoogstraten ad una manovra che minacciando le linee di comunicazioni dell'esercito tedesco, locostrinse a ritirarsi precipitosamente verso nord-est. Il principe d'Orange da parte sua, saputo che i forti di Anversa e quello di Hulst erano stati migliorati nelle opere e approvvigionati con larghezza, e le guarnigioni rinforzate, abbandonò per il momento ogni velleità offensiva e, a sua volta approvvigionata Bergen, si ritirò su Breda.

185 Ibidem, plico 2037, deliberazioni del Consiglio di Stato, 17 febbraio 1623.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

3] 5

In quegli stessi giorni con un colpo di mano una colonna spagnola si era impadronita ddla fortezza di Goch, sita fra la Mosa ed il Reno .10 chilometri ad ovest di Wcscl; un'altra rapida azione aveva portato alla cattura del forte che gli olandesi avevano costruito poco a sud di Bonn per disturbare il traffico fluvial e sul Reno. La campagna del 1622 si chiuse senza altre azioni di rilievo, se si eccettua un riuscito raid anfibio spagnolo sulle isole di Walcheren e Schonwen in Zelanda. Anche la flottiglia spagnola basata ad Ostenda e Dunkerque riuscì a contendere agli olandesi il dom inio degli accessi alla zona di guerra, riportando buoni successi anche grazie all'attenta gestione logistica cd ammin istrativa dello Spinola 186. Dove quest'ultima ebbe tuttavia assai minor successo fu nel contenere i torbidi e le diserzioni di massa provocate dallo stato ormai cronico Ji virtuale bancarotta dell'impero spagnolo. La campagna appena conclusa non aveva visto, quantomeno nelle Fiandre, scontri o manovre di grande entità, tuttavia lo stato dell'armata spagnola nei Paesi Bassi destava considerevoli e fondate preoccupazioni. A dispetto degli a nni di tregua di cui aveva beneficiato, il tesoro spagnolo rivelò fin dalle prime fasi del rinnovato conflitto tutta la sua irrimediabile fragilità: le paghe cominciarono da subito ad arrivare in maniera irregolare ed incompleta, cosicché le malattie e le diserzioni imperversarono durante l'inverno fra i soldati dell'armata. Già nel gennaio, con l'esercito ai quartieri, "i tercios di fanteria spagnola di questo esercito sono stati tanto falcidiati dalla guerra, dal tempo e dalle diserzioni che di quattro che sono non se ne potrebbe formare la metà di uno completo ... 187". Nella tarda primavera del 1623 apparve finalmente chiaro che non sarebbe stato possibile, per quell'anno, scendere in campagna con un eserci to d egno di questo nome. Nel mentre che l'Infanta Governatrice e lo Spinola reitera vano senza posa i loro angosciati (ed inascoltati) appelli affinché Madrid inviasse denaro 186 Filippo IV ricompensò il genovese elevandolo, il 24 gennaio 1624, alla dignità di Capitano Generale delle flotte delle Fiandre. Ibidem, plico 2040, deliberazioni del Consiglio di Stato, stessa data. 187 Ibidem, plico 2313, il cardinale dc la Cueva al re, Bruxelles, 21 gennaio 1623.


316

Marco Severino

e truppe 188 , ci si preparò a<l affrontare in qualche modo, con le scarse forze a disposizione, l'atteso assalto nemico. L'armata dei principi protestanti tedeschi, formata dal consolidamento <lei contingenti del Mansfel<l e dcll'Halberstadt, contava già circa 30.000 uomini, e stava arruolando gente a ritmi furibondi; e l'esercito olandese dell 'Orange, sebbene ancora a nord del Waal, non poteva certo essere ignorato 189 . Per giunta, la tregua di quindici mesi appena conclusa fra l'imperatore ed i suoi avversari protestanti era limitata al teatro tedesco, e non comprendeva le forze di Mansfeld e Halbcrstadt. Pertanto i veterani dell'esercito del dc Cordoba sarebbero per il momento rimasti impegnati in Palatinato ad osservare il nemico, compito reso quantomai indispensabile d alla ventilata partenza del Tilly e del suo esercito per la Slesia e la Boemia 190• Nel contempo, la Francia di Richelieu forniva un appoggio sempre pii:, energico e scoperto ai nemici della Spagna: quattro reggimenti di fanteria si imbarcarono a Calais il 15 giugno alla volta delle Province Unite, cd altri erano in corso di formazione 191 . Gli Stati Generali proseguivano intanto l'ormai sperimentata strategia di attacchi periferici: il 22 maggio 1623 una flotta olandese prese il mare diretta in Brasile, recando a bordo due principi della deposta dinastia portoghese dei Braganza. Una seconda spedizione partì dall'Europa nel dicembre al comando dell'ammiraglio Willekens, avendo per viceammiraglio Pictcr Pieterszoon Hein, che avrebbe occupato di lì a poco nell'immaginario collettivo olandese lo stesso posto accordato a Francis Drake in quello britannico 192• 188 Sì veda, ad es., ibidem, plico 2313, verba li di riunioni del Consigl io di Stato, aprile, maggio e giugno 1623. Tale era la necessità da far sì che si proponesse al re, fra l'altro, dì permettere la vendita di alcuni feudi tedeschi appetiti da nobili fiamminghi. 189 ibidem; la forza dell 'armata dei principi protestanti era stimata a 23.000 fanti e 7.000 cavalieri con 30 cannoni, probabilmente pe r eccesso. 190 Ibidem. 191 Ibidem. 192 PADl'IELD, op. cit., voi. 1, pp. 166-167.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

317

Entro il maggio 1624 la capitale coloniale di Rahia era in mani olandesi, ma questa volta la risposta spagnola fu pronta cd efficace: messa insieme con sforzi indicibili una spedizione di 52 navi che trasportavano 12.000 soldati, Filippo TV ne vide la partenza da Cadice nell'ottobre dello stesso anno. In pochi mesi il Brasile ritornò per intero in mano spagnola, cd un tentativo olandese contro S. Juan de Portorico terminò ugualmente con un pesante in successo 193 , a conferma del fatto che una strategia come quella perseguita dalle Province Unite era condannata al fallimento quando, invece di limitarsi a ricercare il controllo degli oceani, tentava la strada della conquista territoriale, seppure in ambito coloniale. L'impresa sarebbe riuscita, oltre un secolo più tardi, e mettendo in campo risorse infinitamente più ampie, all'Inghilterra nata e plasmata dalle risultanze politico-economiche di un vero e proprio colpo di stato messo in atto, guarda caso, da un principe della casa d'Orange. Fortunatamente per la Spagna, il sostenimento dell'offensiva colonial e nonché la sospensione delle ostilità fra l'Impero e la Lega Evangelica impedirono anche alle Province Unite di mobilitare le risorse necessarie per compiere operazioni importanti, cosicchl la stagione di campagna del 1623 giunse al termine senza praticamente aver mai avuto inizio.

11 - Eassedio di Breda e le ultime Campagne nelle Fiandre Nella primavera dell'anno seguente, migliorata un poco la situazione finanziaria anche in virtù della virtuale stasi operativa del 1623, lo Spinola pianificò il ritorno ad una strategia più aggressiva. Vincendo le resistenze dei suoi riottosi subordinati 194 , il marchese decise di porre l'assedio alla grande piazzaforte di Breda, chiave del Brabante settentrionale, che il principe Maurizio aveva utilizzato come base <li operazioni nelle due ultime campagne.

193 Ibidem, pp. 162-163. 194

V11.1.A,

op. cil., pp. 421-423 .


Marco Severino

318

Alla fine di giugno si diede inizio alle operazioni: il conte di Berg, con un corpo volante di 4.000 fanti e quasi 2.000 cavalieri, avrebbe dovuto muovere a nord varcando il Waal a Gorinchem mediante un ponte di barche, ed avanzare su Utrecht per attrarre l'attenzione dell' Orange che stava concentrando il suo esercito intorno a Dordrecht. Una colonna mobile di un paio di migliaia di uomini, tratti dalle guarnigioni delle fortezze sulla frontiera frisona quali Lingcn e Oldenzaal, avrebbe compiuto una serie di incursioni in Frisia cd Overijssel, comandata dal colonnello Cayro. Nel frattempo l'armata principale, che era stata rinforzata come mai in precedenza anche prelevando truppe veterane dal tranquillo fronte tedesco, raggiungendo così una forza <li 13.000 fanti e 4.000 cavalieri, avrebbe posto l'assedio a Bred a. Il 21 luglio lo Spinola si mosse dai dintorni di Turnhout, e due giorni più tardi era a meno di 10 chilometri dal suo obbiettivo 195 . La città risultava ben approvvigionata, le fortificazioni in ottimo stato, e la difesa era affidata ad una guarnigione di oltre 7.000 uomini comandata dal fratello naturale del principe Maurizio, Giustino di Nassau. TI 24, mentre lo Spinola si preparava ad organizzare l'investimento di Breda, nmi i piani così accuratamente elaborati vennero sconvolti dalla notizia che il Berg, le cui avanguardie si erano spinte fino ad una decina di chilometri da Utrecht, si era inspiegabilmente e precipitosamente ritirato senza nemmeno aver preso contatto con il nemico. Nello stesso tempo giunsero messaggi dell'arciduchessa che, paventando la difficoltà dell'impresa, esortava alla prudenza. Fossero dovute ad innata timidezza o a gelosia professionale, le diatribe che seguirono ebbero l'effetto di immo bilizzare pe r oltre un mese l'esercito dello Spinola. Finalmente il 28 agosto il marchese ruppe gli indugi e, assumendosi la responsabilità di forzare le resistenze tanto dei superiori quanto dei subordinati mettendo gli uni e gli altri di fronte al fatto compiuto, giunse il giorno successivo davanti alle mura di Breda, dando immediatamente inizi o alla predisposizione delle opere d'assedio.

195

PADRE G. H uco, Sitio de Breda, rendida a las armas del Rey Don Felipc N, à la v irtud de la Infanta Dona Jsabela, al va/or del Marqués Amhrosio Spinola, traduz. spagnola di don Manuel Sueyro, Anversa, 1627, p. 6.


Ambrogi~, S11inola - Il generale ed il suo tempo

3 19

Il terreno si presentava difficik, pantanoso e solcato da una rete di canali, ed il tempo piovoso non contribuiva a faci litare il compito dei soldati spagnoli. Ai primi di ottobre le opere estern e cadde ro in mani ibe riche, il che spinse l'Orange a muoversi. Marciando da Dordrecht verso sud, ed attraversato l'Hollands Diep, il principe si attestò attorno a Meede, l'odierna Made-en-Drimmelen, nove chilometri a nord di Breda. Da qui, sfruttando la rete di canali e tratti allagati, l'Orange sperava di poter faci lmente rifornire la guarnigione mediante barche, nel contempo minacciando l'esercito assedia nte. Lo Spinola tuttavia non si fece sorprendere, e muovendo con la rapidità fulminea che sapeva esibire nei momenti di crisi, occupò l'unico tratto di terreno solido fra Breda ed il campo nemico, fortificandolo e sbarrando ogni accesso alla piazzaforte. Quindi venne avanti con lS.000 uomini per offrire battaglia. L'Orange, che per una volta si t rovava in inferiorità numerica avendo a sua disposizione 10.000 fanti e 2.000 cavalieri, declinò il combattimento e rimase al riparo delle trincee frettolosam ente scavate. Dopo alcun i giorni di scaramucce e scontri d i cavalleria, lo Spinola trasse le sue conclusioni: non riuscendo a forzare il nemico allo scontro risolutivo, lasciò forze adeguate a copertura del "cordone sanitario" eretto fra i villaggi di Teteringhen e Terheyden e ritornò a dedicarsi alla prosecuzione dell'assedio. Alla fine di ottobre, constatata l' impossibilità di soccorrere la piazza, il Nassau si ritirò dopo aver trascorso 22 giorni nel campo di Mcedc. Un colpo di mano sulla cittadella di Anversa, tentato poch i giorni più tardi a scopo diversivo, fallì ugualmente grazie alla vigilanza d elle sentinelle spagnole 196 • Nel frattempo, il corpo del Berg si era se non altro attestato sulla M osa presso Walwijk, fra Breda e 's- Hertogenbosch, rendendo vieppiù rischioso un eventuale tentativo ulteriore di socco rrere la piazzaforte 197 . 196 A.S.-E., plico 2038, l' Infanta al re, Bruxelles, 24 ottobre 1624. 197 Ibidem.


320

Marco Severino

La principale linea di comunicazione dello Spinola correva verso sud-ovest per quasi cinquanta chilometri fino alla base di operazioni di Anversa, ben riparata fra i fiumi Mark e Weerjis. La buona strada che collegava la città alla zona di operazioni era percorsa quotidianamente da oltre 400 carri che trasportavano i rifornimenti necessari all'esercito assediante: non una sola volta il nemico riuscì ad interrompere o disturbare i ben organizzati e scortati convogli. La forte guarnigione di Rreda si difendeva con spirito, ma le ben concepite misure dello Spinola fecero sì che presto i rifornimenti cominciassero a scarseggiare; cd ora appariva anche sempre più improbabile che la piazza potesse essere soccorsa. Falliti ulteriori tentativi di approvvigionare la città, gli olandesi deviarono il corso del fiume Mark per tentare di allagare il campo spagnolo, impresa che si rivelò mal concepita e peggio eseguita, evidenziando la loro crescente impote nza: la piazzaforte si trovava infatti ad un livello più basso, e bastò allo Spinola far aprire alcune dighe e costruire un modesto argine per far defluire le acque che an<larono invece ad allagare Breda, rendendo per alcuni giorni impraticabili strade e cantine e rovinando gran quantità di provviste e munizioni 198 • Il cerchio si stri ngeva inesorabilmente, le opere difensive della città cadevano una ad una, ma l'agonia di Breda si protrasse fra ogni genere di orrori per tutto l'in verno e la primavera seguente, po iché mai lo Spinola allentò la sua morsa sulla sfortunata piazzaforte. Finalmente, stremata dalla fame e dalle malattie, con gli assedianti ormai prossimi a sferrare l'assalto all'ultima linea difensiva, il 5 giu gno 1625 Breda si arrendeva a condizione dopo quasi nove mesi d i durissimo assedio 199• I 3.5 00 superstiti della guarnigione poterono lasci are la città con l'onore delle armi, mentre il governatore Giustino di Nassau

198 Per questo episodio si veda, tra l'altro, la lettera del p. Arnoldo Fleming, scritta da Anversa, ii 9 febbraio 1625 e diretta ai suo Procuratore Generale p. Fabian Lopez, conservata ir: A.A.R.H.-M., C ons. C. II, L, 411. 199 A.S.-E., plico 2038, rapporto di don Carlos Coloma al Consiglio di Stato,

29 giugno 1625.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

321

ne consegnava le chiavi allo Spinola, scena imm orta lata nel celebre qua<lro del Velasquez 200 . Secondo i termini della capitolazione, rimasero in mano ai vincitori o ltre cento pezzi d'artiglieria da fortezza e quaranta da cam pagna, 150.000 libbre di polvere, 6.000 moschetti ed a ltri rifornimenti mili tari in gran quantità. La positiva conclusione dell'assedio <lestò in tutta Europa un' impressione paragonabi le a quella suscitata dalla presa di Ostenda avvenuta tanti anni prima; lodi più o men o sincere e meravigliate piovvero <la ogni parte e lo stesso Olivares non poté non riconoscere il talento dello Spinola cd il valore <li un successo così significativo e conquistato questa volta senza tante ansie o sofferenze 201 • Il principe Maurizio <li Nassau, il grande avversario dello Spinola in tante campagne, era morto poco prima della caduta <li llre<la ossessionato fino a ll 'ultim o dal la sorte della piazza, tan to che si dice che con le sue ultime parole chiedesse ancora una volta se Breda fosse stata infine soccorsa o si fosse dovuta arrendere. Proprio nei giorn i immediatamente successivi a lla conclusi one vittoriosa dell'assedio, era giunta la notizia della vittoria di Ba hi a: nell'estate <lei 1625 la fortuna sembrava sorridere alle armi spagnole. T recenti successi cattolici ed il venire a mancare dell'energica guida dell'Orange contribuirono a rendere ancor più prudente, nelle campagne successive, la già cauta strategia terrestre delle Province Unite. Tuttavia, lo sforzo supremo messo in atto con l'assedio di Breda esaurì anche le residue risorse degli Stati di Fiandra, cosicché la successiva campagna del 1626 si rivelò da subito inconcludente, condotta come fu <la ambo le parti con intenti puramente difensivi, forze ridotte e risorse limitate, per obbiettivi egualmente minimi. Quasi per un tacito accordo, tanto la Spagna quanto le Province Uni te concentrarono i loro sforzi nelle operazioni navali: gli oland esi perseguendo un disegno strategico o rmai consolidato, mentre da parte loro i responsabili della politica spagnola, pur recalcitranti,

200 Conservato al Musco del Prado in Madrid, il quadro è detto de las lan zas per la folta siepe di picche che funge da sfondo ai due protagonisti del dipinto. ZOl A.S.-E., plico 201 9, il Co nte Duca al Consiglio di Stato, Madrid, 5 Jugìio !625 .


322

Marco Severino

si stavano lentamente convincendo che la riconquista delle province perdute era da lungo tempo divenuta una chimera. Certamente non si trattava più di domare una ribellione, ma di intraprendere una vera e propria guerra di conquista ai danni di una potenza straniera, guerra che avrebbe imposto uno sforzo militare e finanziario ben al di là delle residue forze dell'impero in difficoltà. Tanto valeva, facendo propria la lezione impartita dall'avversario, cercare di arrecare a questi il massimo danno con il minor dispendio possibile di risorse. In qualità di Capitano Generale della flotta basata nei porti delle Fiandre il marchese Spinola dedicò pertanto molte energie a trasformare la relativa minaccia costituita dalle sue navi in un fattore che andasse a pesare sugli equilibri strategici della guerra nel suo complesso; i risultati non tardarono a venire, e furono incoraggianti. Convinto com'era che una strategia di confronto con la flotta olandese non fosse in quel momento possibile per l'inadeguatezza delle risorse disponibili, il marchese impostò una convincente campagna di guerra al traffico che negli anni 162.5-1629 avrebbe suscitato l'allarmata reazione degli ambienti mercantili olandesi che, deceduto il principe Maurizio, dominavano più che mai la scena politica delle Province Unite. La flotta spagnola nelle Fiandre era stata divisa in tre squadroni, basati a Dunkerque, Gravelines cd Ostenda; il primo era forte in origine di 10 galeoni e 10 fregate (dette pataches dagli spagnoli), me ntre gli a ltri due contavano ciascuno cinque navi di ognuno dei due tipi 202 . La catena di comando elaborata dallo Spinola, agile e pratica in modo sorprendente, vedeva il comando operativo delegato ai comandanti di squadra, operanti in piena autonomia nell'ambito di direttive generali che diremmo strategiche impartite dal marchese stesso. Un ulteriore affinamento venne nel 1626, quando Miguel dc Orna, l'esperto ed abilissimo viceammiraglio al comando della squadra di Dunkcrque, ricevette l'incarico di coordinatore tattico di tutti e tre gli squadroni, i cui contrammiragli divennero suoi subordinati.

202 Ibidem, plico 2316, lo S. al re, Bruxelles, 16 febbraio, 28 marzo e 3 giugno 1626.


Ambrogio Spinola - li generale ed il suo tempo

323

Le fregate di Dunkerque in particolare si guadagnarono ben presto il rilutta nte rispetto dei duri marinai olandesi: nella prima crociera che vide de Orna al comando, due <li questi agili velieri catturarono in cinque giorni <lue trasporti olandesi, affondarono un fluyt zelan<lese e<l un mercantile scozzese costringendo un quarto bastimento delle Province Unite ad andare in costa su ll e secch e dell e Goodwin Sands per sfuggire alla cattura, andando conseguentemente perduto corpo e beni. La notte del 6 giugno, eluso uno squadrone o landese che, mandatogli appresso, nel tentativo di intercettarlo perse un galeone che si era arenato sotto le batterie spagnole e venne distrutto a cannonate, il <le Orna entrò a Nieuport con le sue prede 203 • Le contromosse adottate dagli o landesi da nno la misura della se rietà con la quale venne affrontata la min accia : una squadra di 20 galeoni venne assegnata al blocco permanente di Dunkerque, mentre altre più piccole furono destinate a svo lgere lo stesso servizio davanti a Ostenda, Ni euport e Gravelines 204 . Ciò fu forse sufficiente ad impedire ai galeoni spagnoli di uscire, quantomeno durante le brevi e luminose notti estive; ma non bastò certamente a trattenere le rapidissime e manovriere fregate <lai continuare a seminare la distruzione fra i mercanti] i olandesi ed alleati 205 • Fu nel duro e monotono servizio di blocco che fece preziosa esperienza un capitano, poi contrammiraglio olandese destinato a personificare poco più avanti la supremazia delle Province Unite sui mari, qu el Maarten Tromp che tredici anni p iù ta rdi avrebbe nuo vamente affrontato i Dunquerquois di dc Orna durante la decisiva campagna navale del 1639 , che suggellò la sconfitta defin itiva della Spagna sul mare, da quel momento dominio incontrastato dell e Province Unite 206 .

203 Ibidem, plico 231 7, 13 luglio 1626. 204 ibidem, K.A.A., 1011b, II e III. 205 A.S. -E., plico 2317, lo S. al re, Du nk erque 18 luglio 1626. Nel suo rapporto lo S. richiese anche al re di inviare altre fre gate (dette gallizabras), come più adatte per proseguire l'offensiva contro il commercio olandese. 206 Per una bella e completa descrizione di questa poco studiata ca mpagna, vedasi Padfield, op. cit., voi. I, pp. 17 1-179.


324

Marco Severino

Alla fine di luglio del 1626 parve che le Province Unite volessero compiere uno sforzo supremo sul fronte terrestre. Il principe Federico Enrico d'Orange, successore di Maurizio al comando dell'esercito, cominciò infatti a concentrare le sue truppe nella Betuwe. Lo Spinola si vide costretto a fare altrettanto, ma con estrema cautela, essendo "orma i molto tempo che non si sono più pagati i soldati, né al momento si ha denaro da poter dare loro ... " 207 ! La lettera terminava con l'ennesima, disperata richiesta di fondi ... Cercando di sloggiare l'esercito spagnolo dalle sue posizioni a sud del Waal, il principe Federico Enrico pose l'assedio a Oldcnzaal, una delle piazzeforti a suo tempo conquistate in Frisia; mal approvvigi onata, la piazza si arrese il 20 agosto, dopo soli dicci giorni di assedio. Dopo averne smantellato le fortificazioni, gli olandesi si ritirarono senza occuparla; il corpo principale del loro esercito era tuttora concentrato intorno ad Utrecht, pronto a calare su Anversa se lo Spinola si fosse fatto attirare al soccorso di Oldenzaal con la sua armata: non avendo il generale genovese abboccato al tranello, non vi era luogo a disperdere le forze per occupare una piazza che poteva essere ripresa e rifortificata con facilità dalle altre guarnigioni spagnole nei dintorni. Il conte Ernesto di Nassau venne a sua volta inviato a compiere una dimostrazione sotto Groenlo a beneficio di Enrico di Berg, con risultati ancora più deludenti 208, in quanto il generale spagnolo non si mosse dai dintorni di C léves, la fortezza respinse facilmente i poco convinti assedianti e quando il grosso dell'esercito olandese ritornò quatto quatto ad Arnhem per varcare il Reno ed aggirare il fianco sinistro del Berg trovò schierati sulla riva meridionale i tercios del corpo principale con lo Spinola alla testa; al che, il principe Federico Enrico saggia mente rinunciò a tentare l'attraversamento del fiume 209 . Con questa sequenza di manovre fiacche ed inconcludenti, durate meno di due mesi, si esaurì la campagna sul fro nte terrestre. Ma nel frattempo la guerra navale veniva condotta da ambo le parti

2 07 A.S.-E., plico 2316, lo S. al re, Bruxelles, 25 luglio 1626. 2 08 ibidem , plico 23 17, lo S. al re, Bruxelles, 29 agosto 1626.

209 Ibidem , K.A.A., 1021-1024, Be C.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

325

con energia ben superiore: è indicativo, e non casuale, che la maggior parte della corrispondenza ufficiale dello Spinola di questo periodo fosse scritta da Dunkcrque. Da un'analisi di quest'ultima è agevole rilevare la cadenza e le lince operative delle operazioni navali. Fra il 17 setcembre e 1'8 ottobre, per esempio, le navi spagnole armate nei porti delle Fiandre, reali e corsare insieme, presero ben 23 navi merca ntili olandesi ed inglesi, delle quali 11 vennero affondate e 12 portate con successo in un porto amico e dichiarate successivamente buona preda. Venne anche catturato un patache olandese da 12 cannoni, ed in due diverse occasioni le navi spagnole malmenarono e dispersero le importanti flotte pescherecce che operavano sul Dogger Rank, costringendo gli ammiragliati olandesi a levare, almeno temporaneamente, il blocco ai porti spagnoli ridislocando le squadre ivi impegnate a protezione d elle pesch erie e per compiti di ricerca degli elusivi avversari 210 . Fra la metà di ottobre e quella di novembre 4 navi alleate vennero affondate e 16 catturate, fra queste un galeone o landese. Nello stesso periodo, 4 navi spagnole erano rie ntrate dalla loro crociera mentre altre 11 erano state preparate; tre di queste erano anzi già salpate. Anche una nave corsara aveva fatto vela in quei giorni, e se ne stavano approntando altre 2 ·11 • Nel mese di dicembre uscirono dalla sola Dunkerque B navi del re e 5 corsare, mentre altre 3 erano pronte a salpare. N ello stesso mese 4 navi olandesi ed inglesi erano state affondate, mentre 7 prede erano state riportate con successo nei porti degli Stati di Fiandra 212 • Lo schema operativo messo in pratica vedeva pertanto piccoli squadroni di navi regie, oppure navi corsare isolate, violare il blocco o landese per raggiungere il mare a perto ed insidiare le rotte commerciali ottenendo nel complesso buoni successi 213 .

210 Delle 12 navi affondate, 7 erano olandesi e 4 inglesi; A.S.-E., plico 2317, lo S. al re, 11 ottobre 1626; idem .al Segretario del re Villcla, 14 ottobre 1626, entrambe da Dunkerque. 211 Ibidem, lo S. al re, Dunkerque, 15 novembre 1626. 212 Ibidem, lo S. al Conte Duca, Dunkerque, 24 dicembre 1626. 213 Per un comment o sulla strategia navale, vedasi la PARTE H.


326

Marco Severino

Sempre nel 1626, nella sua continua ricerca di nuovi mezzi per colpire l'avversario, lo Spinola propose lo scavo di un canale fra Rheinberg e Venloo, per unire il Reno alla Mosa; un secondo canale più piccolo avrebbe dovuto poi collegare a sua volta Venloo con il fiume Demer, che sfocia nella Schclda poco a monte di Anversa. Il progetto era ingegnoso : a pa rte gli evidenti vantaggi che offriva dal punto di vista strettamente milita re, la nuova via d'acqua, alternativa a quelle tradizionali, avrebbe nuociuto non poco ai commerci o landesi. Copera, conosciuta come Fossa Eugenia dal nome dell'Arciduchessa Governatrice, venne iniziata e portata avanti con una certa energia a dispetto dell'opposizione avversaria; venuta a ma ncare in seguito la vigorosa guida dello Spinola, il canale non venne mai completato 2 14 . Per quanto non andato a buon fine, il progetto rafforza l'im pressione suscitata dalla strategia navale elaborata dal march ese, rivela ndone l'intuizione e la duttilità. Egli aveva individuato chiaram ente, da diplomatico di razza quale era oltre che da soldato, il commercio come linfa vitale per l'alimentazione dello sforzo bellico avversario; forzato da cause non militari ad accettare una virtuale sospensione delle operazioni terrestri, lo Spinola si era gettato anima e corpo in un'offensiva condotta con strumenti diversi ma avente lo stesso obbiettivo, cioè colpire a l cuore la capacità stessa del nemico di sostenere un conflitto. La cronica inadeguatezza dei mezzi lo costrinse a limitarsi al raggiungimento di successi paniali, ma la rigorosa lucidità del suo modus operandi è indubitabile: sarebbero passati ancora due secoli prima che Clausewitz individuasse co me obbiettivi di un conflitto la forza militare, il paese, la volontà del nemico, ma l'approccio adottato dal generale genovese almeno concettualmente non si discosta molto dal suo celebre dettato 215 se non per l'intensità delle operazioni, ridotta per cause generalmente indipendenti dalla volontà dello Spinola. 214 A.S.-E., plico 2040, l' Infanta al re, Bruxelles 8 dicembre 1626; "circolare" del Vescovo di Liegi, Ferdinando di Baviera, in: Recueil des instructions générales aux Nonces de Fiandre, a cura di A. Cauchic e R. Macrcs, Bruxelles, 1904. 215 Clausewitz, op. cit., Libro I, II, p. 42.


Ambrogio Spinola - li generale ed il suo tempo

327

Fu la solita mancanza di denaro, se mpre aggravatasi con il passare degli anni, a consumare in una lotta persa in pa rtenza le migliori energie dello Spinola; molto semplicemente, la struttura approssima tiva dell'impero spagnolo non riusciva più a far fronte agli impegni crescenti, in assenza di strumenti finanziari e legislativi che avrebbero permesso di mobilitare tutte le risorse de lla nazione a favore di quella che era ormai diventata una lotta per la sopravvivenza. "Venivano dalla corte di Spagna tito li e riconosc ime nti, ma <la essa non arrivava più un solo scudo": n elle efficaci parole d e l Villa ben si riassumono la tragedia ed il rovello dello Spinola 216 . La pausa invernale nelle operazioni terrestri vide ancora buoni risultati dell'offensiva naval e contro il traffico mercantile delle Province Unite: ma era ormai chiaro a tutti che solo potendo contendere alle flotte o landesi il dominio del m are si sarebbero otte nuti risultati decisivi, e tale strategia era semplicemente al di sopra delle possibilità della marina spagnola, disperatamente a corto di navi e di uomini , se non di coraggio ed abilità 2 17 . In u na lettera del 7 marzo 1627 lo Spinola reiterava i suoi disperati appelli, con argomenti inoppugnabili: l'avversario si stava preparando ad entrare in campagna, ma "non avendo Vostra Maestà ordinato di erogare quanto dovuto per l'anno passato, non si sono potuti restitui re a i banchieri i 773 .000 scu d i ch e si d evono loro per rate scadute, cosicch é si è perso quel poco di credito c he rimaneva, sen za il qual e n on c'e n essuno che s i arrischi ad a nticipa re un solo maravedì.. . ed esse ndo trascorso m olto t empo da qua ndo è stato effettuato l'ultimo pagamento alle tru ppe ... son o costretto a chiedere a V.M. come si pensa che l'esercito possa sopravvi vere anche solo fino alla metà di maggio ... e se il nemico avanzerà, si po trà solo essere in sua completa balìa, subendo tutto quanto

216 V11.1.A, op. cil., p. 459. 217 Per esempio, dal novembre 1626 al 22 marzo 1627 le navi reali e quelle armate da corsa avevano catturato 38 navi avversarie, affondandone nel contempo 18. Una sola nave spagnola, delle 18 impiegate, era andata perduta. A.S.-E., plico 2318, lo S. al re, Bruxelles 17 aprile 1627.


328

Marco Severino

deciderà di fare .... " 218 . A questo punto erano ridotte le orgogliose armate del Re Cattolico! E come previsto, nel corso della primavera le sommosse e le rivolte si intensificarono a dismisura fra i soldati laceri e affamati dell'Armata di Fiandra: solo il prestigio personale dello Spinola e dell'Infanta, che insieme ai suoi ministri e consiglieri giunse ad impegnare gioielli ed argenteria personale, valsero a scongiurare ancora una volta il disastro totale 219. Solo negli ultimi giorni di aprile giunse infine dal tesoro reale una modesta somma, che allontanò per un breve momento lo spettro del tracollo definitivo. I piani di campagna formulati dal marchese furono tuttavia forzatamente limitati ad una stretta difensiva, e non venne nascosta la speranza che l'avversario non intraprendesse a sua volta operazioni importanti. In tal modo si sarebbe potuto inviare un corpo di truppe in Germania ad assistere gli imperiali e la Lega Cattolica contro Cristiano IV di Danimarca, cosicché le paghe e le spese di queste truppe fossero sostenute, almeno per un po', dall'Imperatore, allontanando nel contempo dagli Stati di Fiandra una parte almeno dei possibi li , o probabili futuri ammutinati: a tali meschini stratagemmi doveva ricorrere il grande generale durante il suo ultimo periodo nelle Fiandre 220! La primavera trascorse senza azioni di rilievo: l'armata olandese del principe Federico Enrico rimaneva tuttavia schierata a nord del Waal fra Arnhem e Tiel, costringendo lo Spinola a mantenere le sue truppe recalcitranti e mal approvvigionate fra Ti lburg e 's-Hertogen-bosch a copertura di Anversa e Bruxelles. Il piccolo corpo del conte di Berg si trovava a Goch, coprendo il basso Reno e la vitale piazzaforte di Wesel. Alla fine di luglio tuttavia, rubando abilmente una marcia all'avversario, Federico Enrico d'Orange spostò il grosso delle sue truppe verso est mettendo l'assedio a Groenlo. 218 Jb.d . . a I cornen: . t em; per poter pagare I·t v1agg10 c he recava questa e a 1tre missive ufficiali, lo S. dovette improvvisare una colletta! i bidem, plico 23 17, lo S. al re, Bruxelles 12 marzo 1627. 219 Ibidem, plico 23 18, lo S. al re, Bruxelles, 7 marzo 1627. 220 Ibidem, 23 maggio 1627; la spesa complessiva per la guerra navale e quel· la terrestre, limitata quest'ultima ad una srretta difensiva, ammontava a circa 300.000 scudi al mese. Ibidem, plico 2319, lo S. al re, Bruxelles, 22 luglio 1627.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

329

I mesi che seguirono videro lo Spinola s ingolarmente passivo cd incerto: la salute in declino, minata da anni di sforzi incessanti, e la perenne mancanza di risorse si combinarono infine, rendendolo in questa occasione non all'altezza della sfida. Almeno in parte ingannato dagli ostentati preparativi delle forze olandesi rimaste sul confine, il marchese differì l'intervento fino agli ultimi giorni di agosto, perdendo un mese prezioso; quindi si risolse ad affidare il tentativo di soccorso al corpo del Berg, inadeguato tanto per effettivi disponibili quanto per il calibro del comandante. È singolare osservare come per la prima volta lo Spinola non si occupasse personalmente di un'operazione tanto difficoltosa ed importante. Il Bcrg infatti, non certamente conosciuto per ardimento cd energia, giunse ad una ventina di chilometri dalla fortezza; quindi, riconosciute le posizioni degli assedianti e trovatele a suo dire fortissime, si ritirò senz'altro al di là del Reno 221 . La piazza cadde il 20 ottobre, senza che venissero fatti altri seri tentativi di soccorrerl a 222 . Le moti vazion i addotte dallo Spinola avevano qualche fondamento: in effetti, un forte corpo olandese era rimasto in posizione p er minacciare le province spagnole, e la scarsità di mezzi restava disperata; ma solo un anno prima, in condizioni non molto differenti, lo Spinola era andato in soccorso della stessa Groenlo, pur con forze molto inferiori al nemico, ottenendo con la sua baldanza di far levare l'assedi o. Nel rapporto del marchese si percepisce una pesante sfumatura giustificativa che, pur ben argomentata, lascia l'invincibile impressione che queste righe venissero scritte da un soldato conscio di non aver fatto tutto quanto in suo potere per evitare l'insuccesso. Colpisce l'affermazione che qualora il nemico non fosse stato impegnato a prendere Groenlo, av rebbe probabilmente assediato (e preso) Wcscl o forse la stcss;:i Anve rsa: al di là dell'ammissione di impotenza chiaramente espressa, questa a ffe rmazione r;:ippresenta

221 Ibidem, plico 2041, l'Tnfanta al re, Bruxelles, 28 agosto 1627; lo S. al re, 28 agosto e 5 settembre 1627. 222 Ibidem, l'Infanta al re, Bruxelles, 6 novembre 1627 .


330

Marco Severino

un allarmante indizio di come le forze e la capacità di giudizio d e l marchese stessero entrando in un Joloroso declino 223 . Le operazioni militari si conclusero comunque per quell'anno senza a ltri fotti <l'arme degni di nota, e gli eserciti andarono ai quartie ri su posizioni sostanzialmente immutate. Lo Spinola, approfittando della licenza di tre mesi concessagli dal re a tale scopo, partì da Bruxelles il 3 gennaio 1628 <liretta a corte 224 . Passato in Francia, dove venne ricevuto ovunque con grandi onori, il marchese si recò a visitare Luigi XIII al campo davanti a La Rochelle, che il re teneva sotto assedio con la collaborazione di una squadra di galeoni spagnoli. Il re di Francia, che teneva in alta considerazione le capacità professionali dello Spinola, dopo avergli fatto visitare le opere d'assedio gli chiese un parere in proposito: fu in questa occasione che il marchese concluse le sue osservazioni con la celebre frase "È necessario chiudere il porto cd aprire la mano", volendo significare che le due condizioni imprescindibili per prendere la ben munita piazza erano da un lato sbarrare la via ai soccorsi che regolarmente arrivavano dal mare, dall'altro aver cura che i soldati venissero stipendiati con puntua lità : tanto avevano inciso le tristi esperienze di oltre venticinque anni <li campagne alla testa di un esercito tanto valoroso qua nto abbandonato a sè stesso 225 ! Lo Spinola giunse a Madrid ai primi di febbraio: i primi giorn i a corte trascorsero fra banchetti e festeggiamenti, nel corso dei qua li il re riconfe rmò con pubblica ostentazione la stim a e la fiducia che dichiarava di nutrire nei confronti del generale genovese; poi vennero i giorn i del confronto. Nel corso di alcuni incontri ristretti con il re ed i suoi più vicini collaboratori, il marchese tracciò un quadro dettagliato cd impietoso della difficile situazione politico-militare nella quale versavano le Fiandre spagnole, preoccupandosi assai maggiorm ente di ottene re

223 Ibidem, relazioni dello S. al re, 20 e 3 0 ottobre 1627. 224 Ibidem, plico 2041, decreto reale del 6 novembre 1627; plico 2320, l'Infanta al re, Bruxelles, 2 ge nnaio 1628. 225 Ibidem, il Marchese di Legan és al re, Bordeaux, 30 gennaio 1628.


Ambrogio S/1inola - Il generale ed il suu tempo

331

aiuti indispensabili piuttosto che di giustificare il proprio operato, peraltro difficilmente censurabile. All'inizio di marzo, vista anche la persistente opposizione del Conte Duca di Olivares alle tesi del prestigioso generale, venne finalmente riunito il Consiglio di Stato, del quale entrambi facevano parte, al fine di decidere una linea di condotta. Con stringente realismo, nella sua relazione introduttiva lo Spinola ritenne di individuare due sole possibili soluzioni alla crisi che attanagliava le province di Fiandra: negoziare una nuova tregua di lunga durata, od addirittura la pace, oppure mobilitare finalmente le risorse necessarie per condurre operazioni offensive con energia e dare una soluzione militare all'annoso conflitto 226 . Il marchese ricopriva ormai da molti anni il ruolo di supremo comandante militare per le tormentate province di Fiandra, e le responsabilità politiche connesse erano di fatto di pari livello; non vi era probabilmente in tutto l'impero, con l'eccezione del defunto Alberto d'Austria, persona più intimamente informata, competente cd esperta riguardo le cose di Fiandra del generale genovese. Fu quindi con cognizione di causa, e dopo debita e cauta riflessione, che contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere da un militare, lo Spinola si propose come il più convinto sostenitore della necessità di porre fine alla guerra, facendo sue le tesi significativamente condivise con l'arciduchessa Governatrice ed argomentandole con puntualità ed efficacia 227 • È rivelatore il fatto che proprio i responsabili "sul campo" della politica spagnola nelle Fiandre si rivelassero i più decisi sostenitori di una soluzione diplomatica "ad una guerra che la esperienza di 60 anni ha dimostrato impossibile da risolvere con la forza" 228 . Di ben altro avviso era il potentissimo e temuto Olivares, Conte Duca di San Lucar, primo ministro ed anima nera della politica

226 ibidem, plico 2042, verbali di riunione del Consiglio di Stato, marzo 1628; plico 2321, relazione conclusiva dello S., apri le 1628. 227 Ibidem , plico 2042, Parecer del Sr. Marques de los Balbases al Consiglio di Stato, aprile 1628 (senza data). 228 Ibidem.


332

Marco Severino

spagnola, dalle cui labbra pendevano il giovane ed inesperto sovrano e la corte intera. einsaziabilc ambizione e la personalità dominatrice non si sposavano tuttavia in lui con un senso politico di eguale statura; e la presuntuosa cd arrogante prosopopea del personaggio, notevole pur in un'epoca di caratteri singolari ed "eccessivi", lo portò nientedimeno che ad elargire pedanteschi consigli in materia di strategia cd amministrazione delle forze armate ad un condottiero del calibro e dell'esperienza dello Spinola 229 ! La primavera trascorse così inutilmente fra discussioni, richieste e controproposte, con le impietose e realistiche analisi del marchese che si contrapponevano alle tesi belliciste dell'Olivares in uno scontro di durezza crescente, che l' in esperto ed ondivago sovrano non seppe in alcun modo risolvere 230 . Nel corso di quei mesi lo Spinola si persuase che le speciose argomentazioni del Conte Duca celassero in primo luogo una precisa volontà di abbandonare le province di Fiandra al proprio destino, per poter dirottare ogni risorsa su quel velleitario intervento in Italia settentrionale che attirava in modo irresistibile il Primo Ministro. einsistenza nel voler rinviare il marchese al suo comando nasceva pertanto non solo dalla volontà di liberarsi di una voce critica, pericolosa per il prestigio e l'autorevolezza di cui godeva, ma anche dalla speranza inespressa che l'abilità professionale ed il senso del dovere dello Spinola si rivelassero ancora una volta all'altezza del compito e bastassero ad evitare il peggio nelle Fiandre, lasciando libero l'Olivares di <ledicarsi ad inseguire i suoi sogni italiani.

229 Si vedano, ad es., le repliche dcll'Olivares all e misurate relazioni del gen erale genovese della primavera 1628. A.S.-F.., plico 2321, Madrid 3 aprile 1628; ibidem, "Respuesta à los puntos del ga>:el segimdo del Sr. Marques de lus Ralbases", senza data; " Primer gagel del tanteo para la Gente y Provisiones de F/andes", senza data. 230 Si vedano, p. es., i verbali di riunione in: A.S. -E., plico 2042, 3 e 6 giugno 1628; cd anche lo S. a don Gaspar de Guzrnan, 13 giugno 1628; verbale di Giunta, Madrid, 17 giugno 1628; lettera del re all'Infanta, 28 giugno 1628. Va rilevata l'attenzione dedicata dallo Spinola nei suoi interventi agli aspetti piu squisitamente politico-economici della tregua (o pace che fosse) tanto desiderata, quali una sorta d i neutralizzazione di Anversa e della Schclda a fini com merciali, e la effettiva e rigorosa applicazione dell'eventuale trattato al contesto coloniale.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

333

li marchese oppose una forma resistenza alle cervellotiche manovre del primo ministro, avvalendosi delìa sola arma efficace che pareva rimanergli, rifiutando cioè di ritornare in Fiandra e riassumere il comando finché non fossero stati concessi almeno quegli aiuti minimi da lui reputati indispensabili. In una serie interminabile <li riunioni lo Spinola oppose la sua esperienza cd il suo solido buon senso alle approssimative analisi degli avversari 231 , fra continui violenti disaccordi che minarono definitivamente la sua salute vacillante. La sorte degli Stari di Fian<lra, dai quali quotidianamente giungevano notizie di crescente malcontento, restava tuttavia il primo e principale pensiero del marchese, che nel suggerire di limitarsi a<l azioni di disturbo nell'attesa di tempi migliori, propose anch e di affidare in sua assenza il comando supremo <li teatro ad un generale di provata esperienza , quale il Tilly che si trovava in quel momento " disoccupato". I...:Olivares ed i suoi partigiani non seppero far altro, in quei giorni, che reiterare la richiesta che lo Spinola ritornasse comunque immediatam ente a Bruxelles, e nell'attesa si deliberava di affidare il comando congiuntamente a don Carlos Coloma cd al conte Enrico di Berg, con il proviso che qualora l'esercito si fosse trovato al di qua della Mosa l'autorità suprema sarebbe spettata al primo, mentre se avesse varcato questo fiume sarebbe passata al secondo. Una soluzione più strampalata, in barba ai più elementari principi sull'unicità <lcl comando tanto cari allo Spinola, difficilmente si sarebbe potuta escogitare, cd il paragone con il sistema di comando ro mano <lclle più buie fasi della Seconda Guerra Punica balza agli occhi. 23 1 In A.S. -E., plico 2321 , relazione dello S. al Consiglio <li Stato, del 15 febbraio 1628 , si trova la bella frase, riferita all 'esercito di Fiandra, che potrebbe essere considerata una sul'nrna del pensiero del generale genovese: "Concluyo con decir que si yo gudiese hallar {orma de sustentar aquella màquina con poco, ben conozco que podria te11er satisfaccion de hacer un grandissimo servicio à S.M. y dar gusto al Sr. Conde Duque; pero decirlo. y despues. lleqada la ocasion. no efectuarlo. seria qrandisimo desaquierto". Gli equilibrismi verba li dell ' Olivares, che tentava di confutare le solide cifre del marchese con artifici contabili quali lo sfoltimento a rotazione delle guarnigioni o la contabilizzazione degli invalidi ed ammalati come effettivi per l'esercito mobile, sono di una sconcertante mode rnità, nel se nso piu deteriore.


334

Marco Severino

Di fronte all'ostinata resistenza dello Spinola, i suoi avversari arrivarono a proporre di inquisirlo per insubordinazione; poi, di fronte all'immenso prestigio internazionale dell'unico condottiero spagnolo vivente che potesse dirsi invitto, dovettero scendere a più miti consigli, adattandosi a pe rm ettere che al marchese fosse concesso di trattenersi ancora a corte, con il pretesto ufficiale delle cattive condizioni di salute, non potendo o volendo soddisfare nemmeno allora le richieste dello Spinola a favore dell'Armata delle Fiandre. All'Infanta Eugenia si mandò a dire, senza eccessivi complimenti, che per quell'anno almeno avrebbe dovuto cavarsela come meglio poteva 232 ! A coronamento di un anno davvero deludente per la causa spagnola, giunse nell'autunno la notizia di un avvenimento che meglio di ogni altro simboleggiava l'impotenza dell'impero in difficoltà. Nel settembre infatti, al largo della Baia di Matanzas, sulla costa settentrionale di Cuba circa 80 chilometri ad est dell'Avana, Piet H ein aveva realizzato il sogno di generazioni di marinai di tutta l'Europa protestante, sorprendendo e catturando l'intera flota annuale che trasportava i tesori del Perù e della Nuova Spagna. I suoi piani erano stati accurati: la flotta olandese era forte di 31 navi, contro 9 mercantili armati e 4 galeoni di scorta, che soccombettero quasi senza combattere. La causa decisiva fu tuttavia rappresentata dalla contemporanea scom parsa della navigazione locale spagnola da quelle acque, complici le precedenti attenzioni di altri squadroni olandesi, cosicché la flota, priva di avvertimenti, era caduta inconsapevole ne ll'abile agguato. Oltre 80 tonne llate d'argento, 60 chili d'oro ed una montagna di preziosi prodotti coloniali rappresentarono il colossale bottino, a mmontante a 15 milioni di guldern, che venne sbarcato a Goeree nei primi giorni del 1629 233 . A rendere ancor più inesplicabile la pervicacia del Conte Duca nel non voler trattare la pace od una tregua, r estano le ripetute avances fatte a tale scopo dalle Province Unite in quei difficili mesi.

232 A.S.·E., plico 2042, il re all' Infanta, Madrid, 28 giugno 1628. 233 Padfickl, op. cil., pp. 166-167.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

335

Con assoluta mancanza di realismo, l'Olivares non volle perseguire qu ell a soluzione che, anni dopo, sarebbe stata comunque imposta allo stesso Filippo IV dalle circostanze, a condizioni senz'altro ben più gra vose e disonorevoli: nel 1648, al Congresso di Munster che chiuse fin almente la terribile Guerra dei Trent'Anni con tutti i suoi orrori, la Spagna dovette rinunciare formalmente a qualsiasi pretesa sui t erritori costituenti le Province Unite, ricon oscendo solennemente l'indipendenza e la sovranità di queste e dando così piena giustifi cazione postuma alle tesi de llo Spinola. Frattanto, con l'approssimarsi della stagione di campagna, leprevisioni di disastro imminente e le invocazioni d'aiuto ch e provenivano dalle Fiandre si arricchivano di toni sempre più <lispcrati: orfani della rassicurante presenza dello Spinola, milita ri e diplomatici spagnoli scivolavano verso il più nero pessimismo sulla sort e che attendeva " le migliori e più fedeli provin ce" 234 della monarchia iberica. Se un soldato esperto come il C o lo ma arrivava a creder e, cd a sostenere nella corrispondenza ufficiale, che "entro il 15 di marzo (1629), giorno stabilito dal n emico p er ap rire la campagna, questo m etterà in campo 40.000 fanti e 6.000 cavalieri(!)" 235 , ciò significava che i nervi dei responsabili d ella politica spagnola nell e Fia ndre dovevano cominciare ad essere davvero scossi. Non è casuale che, nel concludere che " non si sono mai visti questi Stati così in perico lo come ora", proprio il Coloma affermasse che "se no n torna il Marchese (Spinola) ... il Re perderà le Fiandre" 236 • Il duro contrasto fra lo Spinola e l'Oli va res n on sembrava tuttavia volersi risolver e : nell'argomenta re per l'ennesi ma volta la sua decisione, ai primi di ma rzo il march ese osservava, non senza ra gione, che un suo rito rno n elle Fiandre a mani vuote avrebbe avuto conseguenze dirompenti, da ndo l'avvio ad una treme nda serie di so mmosse militari che non erano per il m omen to scoppiate

234 A.S.-E. , plico 2322, don Ca rl os Colo ma al Segretario del re Villcla, Bruxelles, 24 gen naio 1629. 235 Ibidem, Il febbraio 1629. 236 Ibidem.


336

Marco Severino

p rincipalmente a causa della diffusa speranza negli aiuti che egli av rebbe immancabilmente portato con sé 237 . Alla fine di marzo, la diatriba giunse infine ad una conclusione di natura inaspettata: non volendo o non potendo accedere alle richieste dello Spinola, il re, segu endo con ogni probabilità i consigli del to rtuoso Olivares, conferì al generale genovese la pesante responsabi lità delle operazioni in Italia settentrionale, dove, come si è ricordato, si stava giocando contro la Francia una partita assai importante. Durante la sua assenza, prevista come temporanea, la responsab ilità interinale del teat ro fiammingo venne conferita al Berg 238 . Non per questo, tuttavia, lo Spinola si disinteressò degli avvenimenti delle Fiandre: ne costituisce testimonianza la fitta corrispondenza intrattenuta fino alla morte con ì'Infanta, alla quale il generale era accomunato dal tentativo di pervenire ad una pace od una tregua con le Province Unite, unica soluzione realistica in un quadro pressoché disper:ito 239_

12 - La Campagna d'Italia e la morte Ancora nei primi mesi del 1629, sarebbe stato difficile prevedere che una nuova guerra, più pericolosa di quella contro le Province Unite, e di ancor maggiore impegno per la corona spagnola, av rebbe infine rappresentato la causa del mancato ritorno dello Spinola nelle Fiandre. ~: certo che uno dei m o tivi p rincipali per cui il Cont e Duca procrastinava l'erogazione dei fond i necessari ali' Armata delle Fiandre fosse rappresentato dai progetti <l'intervento, che ormai da tempo meditava, n ella disputa esistente fra Spagna, Franci a,

237 Ibidem, pl ico 2042, lo S. al Segretario del re Villcla, Madrid, 7 marzo

1629. Lo S. conclude con l' elegante affermazione che " ... non sarebbe un buon servizio per S.M. farmi tornare (in Fiandra) ora, dopo aver solamente proposto tante cose senza ottenerne nessuna". 23 8 Tbidem, plico 2043, decreto di nomina del re, 2 1 marzo 162 9; il re all' Infanta, Madrid, 5 aprile 1629. 239 Fra il ricco carteggio di questo periodo, si veda in particolare la lettera dell' Infanta allo Spinola, Bruxelles 18 maggio 1629, in A.S.-E., plico 2322.


Ambrogio SfJinola -Il generale ed il suo tempo

337

Ducato di Savoia ed Impero sulla successione del Ducato di Mantova e del Monferrato. Quivi infatti, morto senza eredi nel dicembre del 1627 il Duca Vincenzo II Gonzaga, se ne disputavano l'eredità Carlo Duca di Nevers, sostenuto dalla Francia, e Ferrante II, duca di Guastalla, appoggiato dall'i mperatore Ferdinando e, successivamente, per l'appunto dalla Spagna, dalla cui parte si schierò anche Carlo Emanuele I di Savoia nella speranza di soddisfare infine le sue mire sul Monferrato. Le complesse vicende di questa guerra, precedenti all'arrivo in Italia dello Spinola, esulano dagli scopi di questa trattazione. Basti ricordare che, nella primavera del 1628, mentre l'esercito savoiardo iniziava ad assoggettare metodicamente il Monferrato, il governatore pro tempore del Milanese, il brn conosciuto don Gonzalo de Cordoba, poneva l'assedio alla piazza di Casale, considerata una delle più forti e moderne d'Europa. Su richiesta del Cordoba, durante l'estate del 1628 un contingente della Repubblica di Genova, forte d i due piccoli reggimenti napoletani e di uno composto di 700 tedeschi, si unì alle forze spagnole impegnate nell'assedio 240 . Mentre le operazioni contro Casale proseguivano con scarsa energia, le forze ispano-savoiarde occuparono gran parte del Monferrato, incluse Alba e Nizza; ma dopo aver respinto in Val Varaita un primo corpo di spedizione francese al comando dell'Uxellcs (febbraio 1629), Carlo Emanuele si trovò a dover affrontare, nel marzo, un nuovo esercito guidato dal re Luigi XIII. Sconfitto a Susa, il duca dovette abbandonare temporaneamente le ostilità, dichiarando la neutralità dei suoi stati, mentre il re di Francia concludeva un trattato di alleanza con Venezia, il papato cd il duca di Mantova Carlo di Nevers, con l'intento dichiarato di garantire e difendere l'integrità dei domini ed i diritti di quest'ultimo, mentre le forze francesi rioccupavano gran parte del Monferrato, mettendo presiJi nelle piazzeforti del territorio inclusa Casale, il cui assed io aveva dovuto essere temporaneamente abbandonato. Fu in questa congiuntura che Filippo IV, comprendendo un po' ta rdivamente la complessità e difficoltà <ldl'imprcsa n ella quale si era

240 M . BARGELLINI, Storia Popolare di Genova, Genova 1870 (r. 1983), p. 21 7.


338

Marco Severino

fatto attirare dagli entusiasmi del suo Primo Ministro, si rese conto di quanto il Cordoba fosse in adegua to a l compito, e decise di sostituirlo pur essendo questi un favorito dell'Olivares. Tornare indietro non era ormai possibile; si rendeva pertanto necessario stanziare cospicu i finan ziamenti, organizzare un esercito degno di questo nome e nominare un generale di provata capacità per comandarlo. A queste condizioni, la scelta non potè cadere che sullo Spinola: di conseguenza, con decreto reale del 16 luglio 1629 il condottiero genovese fu nominato Governatore degli Stati Milanesi e Comandante in Capo degli eserciti spagnoli in Italia, con poteri di un 'ampiezza senza precedenti 24 1. Il 19 settembre 1629 lo Spinola sbarcò a Genova, e si apprestò al difficile compito che lo attendeva; intanto, ne lle Fiandre, Federico Enrico <l'Orange aveva g ià preso 's H ertogenbosch, ed un mese prima, il 19 agosto, anche Wesel era caduta in mano agli olandesi: mentre il condottiero genovese stava per impegnarsi in un conflitto che aveva vivacemente d eprecato, la sua paziente opera stava già a ndando in frantumi 242 . Al suo arrivo nel teatro d e lle o perazioni, lo Spinola trovò una situazione a dir poco compromessa: l'esercito spagnolo minato dall' inattività, non contava ormai che circa 7.000 fanti e 1.800 cavalieri, indisciplinati, male equipaggiati e peggio approvvigionati; il morale era tutt'altro che elevato, anche perché le operazioni d'assedio contro Casale, che si trascinava no o rmai da o ltre un a nno, non avevano compiuto alcun progresso, e le o pere fatte predisporre dal Cordoba erano tanto approssim ative che la piazza veniva regolarmente e

24 1 A.S.-S.P., 2377, Madrid, 16 luglio 1629. 242 Nd novembre 1629 la situazione nelle Fiandre era talmente compromessa che il re effe ttivamente chiese all o Spinola di recarvisi immediatamente per salvare il salvabile, usando accenti permeati quasi d i servilismo; solo le vicende della guerra avrebbero reso impossibile allo Spinola lascia re il teatro ita liano. A.S.-F.., plico 2236, il re allo S., Madrid 27 novembre 1629; plico 2044, l'Infanta al re, Bruxelles 9 marzo 163 0. Proprio in quell'anno, militava nel corpo imperiale nei Paesi Bassi, 17.000 uo mini inviati a rinforzo degli spagnoli, il giovane M o ntccuccoli, che si <listinse in varie azioni, e fu primo nell a breccia alla presa di Amersfoort. Luraghi, Le Opere di Raimondo Montecuccoli..., op. cit., p. 14.


Ambrogio Spinola -Il generale ed il suo tempo

339

facilmente approvvigionata. ln queste condizioni, se i francesi avessero effettuato un serio tentativo di liberare la piazza, il dilapidato corpo d'assedio ben difficilmente avrebbe potuto resistere. Lo Spinola si era da subito accorto che il conflitto nel quale stava per impegnarsi era assai diverso dalla guerra ndlc fiandre: pur restando la difesa e la cattura delle piazzeforti il cardine delle operazioni, lo schema strategico era molto più variegato, in parte per la presenza di una molteplicità di eserciti e contingenti, ognuno dei quali agiva in base a priorità politiche e militari non sempre concordi con quelle dei supposti alleati; in parte perché gli eserciti del principale avversario, cioè la Francia, esibivano uno spirito aggressivo molto lontano dalla competente ma prudente condotta delle operazioni propria dei generali olandesi. Correttamente interprctando i molti indi zi a sua disposizione, lo Spinola considerò fin dall'inizio il duca di Savoia un alleato inaffidabile cd infido; e gli avvcnimcnti successivi gli avrebbero dato ragione.:. A complicare..: il già confuso quadro, afla fine di settembre un'armata impcrialc forte di 22.0 00 fanti e 3.500 cavalieri guidata da Rambaldo contc <li Collaltn, calò in Italia dalla Valtellina per difendere gli intcrcssi cesarei nella regione (il ducato di Mantova era, tccnicamentc, un feudo imperiale); sebbene teoricamente alleato, l'esercito tedesco poteva in realtà costituire un fattore di minaccia p er gli interessi spagnoli nella penisola, e lo Spinola ben sapeva quanto sia facile chc un territorio cada sotto l'influe nza di una potenza strani era, e quanto difficile ritornare in seguito allo status quo ante. Fedele alla triste fama dei suoi predecessori, l'esercito imperiale scese verso il Mantovano lasciando dietro di sé una scia di devastazione, portando in aggiunta qudla peste così magistralmente descritta dal Manzoni ne"/ Promessi Sposi" 243 . In virtù dei poteri plenipotenziari conferitigli, lo Spinola tentò freneticamente di negoziare con il Ncvcrs un accordo diplomatico accettabile per le parti prima che il Collalto terminasse la sua marcia; ma la posta in gioco non era tanto il piccolo ducato quanto il

243 Ye<lasi in APPENDICE l'organico dell'esercito imperiale.


340

Marco Severino

controllo dell'Italia Settentrionale, cd in questa fase tanto gl i imperial i quanto i francesi non avevano alcuna intenzione di abbandonare il campo. Le trattative finiro no in un nulla di fatto, tri ste presagio data la debolezza della posizione spagnola, soprattutto dal punto di vista militare. Vista la sin1azione, fu giocoforza fare buon viso a cattiva sorte, ed elaborare una strategia comune con l'ingombrante alleato. l.?esercito tedesco aveva ormai occupato il Mantovano e posto l'assedio alla capitale; lo Spinola si incontrò con il Collalto ai primi di ottobre, e si stabilì ch e, mentre l'armata imperiale avrehhe condotto l'assedio di Mantova, nel contempo rintuzzando le eventuali iniziative veneziane, l'esercito d ello Spinola si sarebbe occupato di prendere Casale e, con il dubbio appoggio di Carlo Emanuele, di tenere d'occhio i passi alpini attraverso i quali avrebbe potuto scendere in Piemonte un esercito di soccorso francese. Secondo il suo costume, nel mentre che rendeva le linee d'assedio sotto Casale degne di q uesto nome, lo Spinola si mise di buona lena a rinforzare ed addestrare il suo esercito, validamente assistito dal suo staff perso nale di ufficiali, alcuni dei quali lo avevano nel frattem po raggiunto dalle Fiandre. More solito, la cura fece miracoli, e già alla fine dell'anno l'Armata d'Italia contava 16.000 fanti e quasi 4.000 cavalieri spagno li, tedeschi, nap o leta ni e lombardi, ben addestrati e combattivi 244 • Nel frattempo, p er impedire la con ce ntrazione dello sfo rzo militare francese sul fronte italiano, si decise c he il Wall en stein, Capitan o Gen erale d elle armate imperia li, avrebbe invaso la Lorena con i suoi aggue rriti veterani; la Spagna, da parte sua, avrebbe attaccato ne l R.oussillo n, ed a questo fine si cominciò a raccogliere intorno a Harcellona un nuovo esercito, sotto il com ando del Duca di Feria, il cui nucleo fu costitui to da tre o quattromila fanti e mille cavalieri spagnoli. Negli ultimi giorni del 1629, lo Spinola diede inizio a lle o perazioni di campagna, approfittando del bel te mpo che permetteva di

244 A.S.-E., pli co 2322, ra pporto Jello S. al Co ns igli o di Stato, Milano 15 dicembre 1629.


Ambrogio Sf,inola - Tl generale ed il suo tempo

341

rinviare la pausa invernale. Affidata quindi una parte dell'esercito a suo figlio don Filippo, generale di cavalleria, la dislocò a Valenza per controllare gli approcci a Casale da sud e da est; quind i distaccò da questo corpo una forza di 4.000 fanti con la quale rioccupò Nizza, Acqui e Ponzone. Assicurate queste località, spostò la base di operazioni ad Alessandria, e da qui inviò distaccamenti ad impadronirsi di S. Sal vatore Monferrato, Tubine, Vignale ed altre località vicin e. Seguendo lo schema della felice cam pagna del Palatinato, ed operando con la rapidità dei giorni migliori, entro la fine di gennaio l'intero Monferrato era di nuovo in mano spagnola, con la sola eccezione di Casale e di una stretta striscia Ji ter ritorio lungo il corso del Po che faceva capo alla piazzaforte, delimitata dalle fortezze di Pontestura, Rosignano e S. Giorgio. I fra ncesi, sca rsi di numero ed ingannati da alcune finte su Casale, non o ffri rono ch e una debole e frammen taria resistenza. Ai primi di febbraio, tuttavia, il tempo si fece improvvisamente freddo e piovoso, cd un improvviso riacutizzarsi dell'epidemia fra le truppe spagnole costrinse il marchese ad interrompere le opcrnzioni; nel frattempo, il Duca di Savoia proseguiva la sua ambigua politica, concludendo con la Francia patti segreti che non aveva probabilmente nessuna intenzione di rispettare, ma nel lo stesso tempo allarmato dalla concreta possibilità di vedere, dopo la conclusione delle ostilità, il Monferrato entrare a far parte degli Stati spagnoli; da cui la sua proclamata fedeltà ai capitolati di Susa, che lo obbligavano ad assicurare il passaggio attraverso i suoi domini e gli approvvigionamenti ad un corpo francese che avesse voluto soccorrere Casale. Lo Spinola aveva compreso, più di ogni altro, il gioco di Carlo Emanuele, cosicché, dopo avergli caparbiamente negato gli aiuti finanziari che questi richiedeva in contin uazione, subordinò infine la concessione di qualsiasi supporto alla consegna di alcune fortezze piemontesi a titolo di garanzia. La richiesta, ragionevole ed opportuna, non procurò al generale gen ovese altro che le reprimende dcli' Olivares; poi il problema venne superato dagli eventi. Si concretava infatti la controffensiva francese: Capitano Generale del corpo d i spedizione che era stato concent rato a Briançon non era altri che lo stesso Richclicu, il che dava una misura dell'importanza da q uesti assegnata al fro nte italiano, a nche per il mancato


342

M arco Severino

concretarsi della minaccia avversaria nel Roussi ll on ed in Lorena. li Cardinale partì da Parigi il g iorno d i Natale del 1629; il 10 gennaio 1630 era a Briançon, dove passò in rivista il suo esercito, forte di 17.000 fanti e 2.000 cavalieri 245 . Nel frattempo, il Collalto proseguiva con alacrità le operazioni, perseguendo con feroce energia gli obbiettivi della politica imperiale in rta lia; assoggettato quindi completamente il Mantovano fra saccheggi e violenze di ogni genere, stri nse il cerchio attorno alla città, nella quale si era asseragliato il Nevers, e respingendo nel contempo alcuni poco convinti tentativi di soccorso da parte ven eziana. Carlo Emanuele p ersisteva intanto nel suo rischioso doppio gioco, incerto sul partito da abbracciare: nel mentre che tentava infatti di ritardare l'arrivo dell'esercito del Richelieu, arrivando a diffondere la notizia, fa lsa, della imminente conclusione di una tregua, nello stesso tempo inviava i suoi diplomatici a trattare con lo Spinola e con il Collalto, esortandoli a bloccare i p assi Jellc Alpi nella ce rtezza che i francesi, vistisi negare gli approvvigionamenti da lui promessi, e trovandosi davanti le forze ispano-imperiali , sarebbero ritornati sui propri passi. Le cose erano tuttavia giunte ad un punto tale che, come era prevedibile, nessuno si fidava più <lei Duca, che si era nel fratte mpo acquartierato ad Avigliana, allo sbocco della Val <li Susa, con 10.000 fanti e quasi 3.000 cavalieri, ed attendeva gli eventi. All'inizio della primavera il Richclieu ruppe gli indugi: passato il Monginevro, scese lungo la Val di Susa fino ad acquartierarsi in Rivol i. La situazione dell'esercito francese non era però delle migli ori: il Duca di Savoia continuava a non dichiararsi ape rtamente, e b sua posizione di Avigliana si trovava direttamente a cavallo delle vie di comunicazione con la Francia. I rifornimenti promessi arrivavavano con il contagocce, ed il Cardinale contemplò la possibi lità di interrompe re la campagna. Lo sa lvò una fe li ce intuizione: informato che Pin erolo era scarsamente difesa, il Ri chelieu inviò in fretta e furia il maresciallo

24 5 R. QUAZZA, ta Guerra per la Successione di Mantova e del Monferrato, M:rntova 1926 (2 voli.), voi. I, pp. 20-21.


Ambrogio SJJinola - Il xenerale ed il suo tempo

343

De Cn:quy ad occuparla con un buon nerbo di truppa. La sorpresa riuscì completamente: le truppe francesi si impac.lronirono della piazza ed anche della c ittadella, ed il Richelieu acqu istò con essa una comoda alternativa alla Val e.li Susa sbarrata dai piemontesi. Attraverso la Val Chisone, si arrivava infatti tanto al Monginevro quanto al Frejus, e da qui a Briançon; i problemi di approvvigionamento furono risolti e.l'un colpo, e l'utilità dell'ondivago Savoia per la Francia si ridusse ad essere vicina allo zero. Carlo Emanuele poteva anche essere inaffidabile, ma rimaneva uno stati sta esperto; pesati quindi con attenzione i pro e i contro, nell'aprile il duca si dichiarò infine per il partito asburgico. Dopo essersi impadronito di quasi tutto il M o nferra to, lo Spin ola si e ra dedicato, nelle settimane precedenti la presa di Pinerolo, a consolidare il suo dispositivo: fortificati i luoghi che giudicava più importanti, fece gettare vari ponti sul Po, sul Sesia e sull'Agogna per migliorare le comuni cazioni col Milanese; quine.li organizzò l'arruolamento di nuovi contingenti tedeschi e napoletani. ~: interessante no tare come, per n1tto il corso della campagna, lo Spinola no n lamentasse mai mancanza di fondi 246, se no n in modo tan to blanc.lo ed occasionale d a parere quasi retorico; conferma, se bisogno ve ne fosse, che i devastanti problemi finam.iari e.Idi ' Armata dell e Fiandre n ascevano spesso da scelte politiche più ancora ch e c.lalle ostentate diffico ltà dell'e rario spagnolo. Q uando gli giunse la notizia d ella cac.luta di Pinero lo, e della quasi contemporanea scelta di campo effettuata e.lai Savoia, lo Spinola si trovava al campo sotto Casale. Reagendo con prontezza, il marchese inviò la sua divisione d'avanguardia, 4.000 fanti e 600 cavalieri al comando di don Martino d'Aragona, ad osservare le mosse dell'esercito francese, e cominciò a concentrare ad Alessandria tutte le altre truppe che fu possibile distogliere dalle operazioni d'assedio . Proseguivano nel frattempo gli inco ntri e le trattative per una composizione pacifica della vertenza, ma la scarsa volontà di pace

246 Non per nulla, lo Spinola era sbarcato a Genova nel se::ttembrc precedente con ben 700 casse piene:: di denaro! A.S.-E., plico 2322; A.A.R.H., Madrid, Relazione di notizie da Roma 1628-29, C, 411fAl. 2.


344

Marco Severino

delle parti rimaneva evidente: solo lo Spinola pareva sinceramente interessato ad un accordo diplomatico. Alla fine di aprile, terminata con un nulla di fotto l'ennesim a tornata di trattative, lo Spinola, il Collalto cd il Duca di Savoia si incontrarono in Carmagnola con l' intento di elaborare una strategia comune. In questa occasione, Carlo Emanuele chiese con insi stenza che si procedesse innanzitutto a riprendere le piazze piemontesi occupate dal Richelieu, in particolare Susa e Pinerolo, offrendosi di procedere poi ad invadere il Delfinato con k sue truppe per alleviare la pressione francese sugli alleati. Il Collalto sembrava concordare, in linea di massima, con le richieste del Duca, ma incontrò la ferma opposizione dello Spinola. li generale genovese aveva correttamente individuato nel possesso di Casale, più che di Mantova, la chiave dell'intera campagna; d'altro canto, il Richelieu sembrava molto più interessato ad impadronirsi, un pezzo alla volta, del Piemonte che a correre in soccorso del Nevers. Ad onta delle proteste del Savoia, lo Spinola fu irremovibile, e d alla fine la sua linea prevalse: il Collalro avrebbe proseguito l'assedio di Mantova, e nel contempo tenuto d ' occhio i francesi, mentre l'esercito spagnolo avrebbe portato avanti con energia quello di Casale, fino alla sua conclusio ne. Lo Spinola inviò pertanto il figlio don Filippo, con 5 .000 fa nti e 500 cavalli, ad occupare Pontestura, San Giorgio Monferrato e Rosignano, ultimi avamposti rimasti in mano ai francesi fuori dall e mura di Casale. Nello stesso tempo, le confuse trattative n1ttora in atto, e ancor più i tortuosi maneggi del Savoia, fecero sì che venisse addirittura avanzato il sospetto dell'esistenza d i accordi segreti fra lo Spinola ed il Richclieu, ovviamente a danno di Carlo Emanuele. Unico risultato per così dire positivo della squallida vicenda fu il ritorno del Richeli eu a Parigi, dove il cardinale rientrò in tutta fretta per rinsaldare la sua posizi o ne personale, lasciando l'esercito in mano ai suoi generali. Per il resto, il solco di diffidenza recip roca che separava gli alleati non fece che approfo ndirsi, mentre gli ambienti delia corte spagnola vi cini all'Olivares ricominciavano a rumoreggiare contro lo Spinola.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

345

Le operazioni tuttavia procedevano. Ai primi di maggio don Filippo Spinola mise l'assedio a Pontestura: aperte in due giorni le trincee, diede inizio al bombardamento; i comandanti francesi a Casale decisero di tentare una sortita per soccorrere la piazza, ma prima che si potesse mettere in atto il progetto, Pontestura capitolò dopo soli cinque giorni dall'investimento. Le condizioni di resa stabilirono che la guarnigione sarebbe stata trasportata in Francia, e non avrebbe più potuto prestare servizio in Italia per la durata della guerra; d i conseguenza, i soldati francesi, dopo aver consegnato equipaggiamento e vettovaglie, furono condotti a Finale da dove si imbarcarono per Marsiglia. Pochi giorni dopo si arrese, alle medesime condizioni, anche S. Giorgio. A Rosignano, difesa da 300 fra francesi e monferrini, la guarnigione si batté con maggiore decisione, ma dopo una settimana di combattimenti anche questa fortezza dovette soccombere, arrendendosi alle condizioni consuete. Casale era ormai stretta su tutti i lati da un cerchio di ferro. Sospese per il momento le trattative di pace, lo Spinola si preparò dunque a dare nuovo impulso alle operazioni d'assedio della piazza, le quali avevano fatalmente languito mentre gran parte dell'armata spagnola era impegnata altrove. Lasciati pertanto a disposizione del principe Vittorio Amedeo di Savoia i tercios dei maestre de campo d'Aragona, del Tufo, Doria e Gambacorta, nonché la cavalleria tedesca del barone Schaumburg, 5-6. 000 fanti e 1.000 cavalieri in tutto, lo Spinola portò finalmen te il corpo principale sotto Casale per dare nuova efficacia alle operazioni d'assed io: alla metà di maggio, vi erano ormai nelle trincee che rin se rravano la piazza tp1asi l 0. 000 fanti e 2.500 cavalieri dell'Armata d' Italia. Oa parte sua, anche il Collalto stava concentrando i suoi sforzi nell 'assedio di Mantova, pm ave ndo lasciato ad Avigliana un corpo di circa 4.000 uomini, comandato dal Galasso, per assistere il contrariato Savoia. Assunta finalmente di persona la direzione dell'assedio, lo Spi nola dovette elaborare una strategia d'attacco. Si può affermare che l'operazione cominciasse in realtà solo allora: il primo investimento della piazza, ai tempi del Cordoba, era stato condotto senza convinzione né peri zia, e del resto interrotto nella primavera dell'anno


346

Marco Severino

precedente; anche dopo l'arrivo dello Spinola, la scarsità di forze derivante dalle contrastanti necessità della guerra aveva fatto sì che, più che d'assedio, si potesse parlare di un blocco parziale ed intermittente della fortezza. Le possibili alternative che si offrivano adesso al marchese erano due: condurre un assedio in piena regola, costruendo lince di circonvallazione e controvallazione complete di tutte le opere, e lasciando fare principalmente alla fame ed alle malattie; oppure utilizzare il metodo favorito dallo Spinola nelle Fiandre, preparando cioè solo un minimo di postazioni per l'artiglieria nei luoghi prescelti per la concentrazione dello sforzo, per affidarsi poi a qualche veloce operazione di mina ed a un bombardamento concentrato per aprire la strada ad un eventuale assalto, solitamente non necessario. In questo caso, ci si sarebbe affidati alla rapidità stessa dell'operazione, cd alla sorveglianza dei corpi di campagna, per evitare le attenzioni di un eventuale esercito di soccorso. Deponevano a favore del primo sistema la grande forza delle difese di Casale, e la relativa debolezza del corpo d'assedio, che comprendeva un gran numero di reclute fra le quali l'epidemia continuava ad imperversare. Ma, almeno in apparenza, ben più convincenti erano gli argomenti a favore di un approccio più aggressivo. Le difese di Casale erano, è vero, fortissime; ma la guarnigione, anch'essa falcidiata dalle malattie, non contava ormai che circa 2.500 uomini, probabilmente non tutti in grado di combattere: troppo pochi per guarnire adeguatamente le estese fortificazioni della piazza e, soprattutto, mantenere nel contempo anche solo una ridotta riserva mobile. Anche la relativa fragilità dell'armata spagnola deponeva a favore di una strategia magari più cruenta ma di breve pe riodo: uno sforzo violento ma non prolungato meglio si adattava alle caratteristiche ed alle condizioni dei soldati dello Spinola, rimuovendo inoltre la possibilità di vedersi piombare a ll e spalle un'armata di soccorso francese. Infine, si trattava del metodo favorito del generale genovese, consono al suo temperamento e alla sua esperienza di comando, e che tanti successi aveva procurato sui campi di Fiandra. Ci si sarebbe dunque potuto attendere che sarebbe stata quest'ultima la strategia prescelta: ma non fu così.


Ambrogio Spinola - li generale ed il suo tempo

34 7

Tanti anni di dure campagne avevano lasciato il segno sullo Spinola: travagliato dalla gotta e dall'artrite, incerto dell'appoggio di un governo che pareva più ansioso di vederlo fallire piuttosto che vittorioso, oppresso dalle pesantissime responsabilità della sua carica, il marchese non era più, a dispetto di qualche sprazzo dell'antica genialità, lo stesso soldato che aveva meritato il soprannome di "Diavolo Volante". Sempre più spesso egli si affidava al parere di collaboratori mediocri e timorosi quando non ostili, a quei consigli di guerra che aveva in passato irriso e bollato come inutili: e fu così che si decise pe r un assedio in piena regola. TI comando nominale del presidio di Casale era stato conferito al Duca di Maine, figlio del Nevers, poco più che adolescente e privo di esperienza bellica; ma la direzione effettiva della difesa era nelle competenti mani del maresciallo Toràs, comandante dei 2.000 fornccsi in forza alla guarnigione, un veterano duro cd esperto. I 500 soldati monferrini che presidiavano la cittadella erano comandati dal marchese di Rivara, un soldato abile e di grande esperienza. Gli assedianti mi sero in opera quattro app rocc i principali: il primo e più pericoloso, posto sotto il bastione di S. Carlo, venne affidato ai napoletani del Filomarino; un secondo agli spagnoli del giovane Duca di Lenna; un terzo ai tedeschi comandati dal luogotenente dello Schomberg; ed infine un quarto, dove operavano le fan terie lombarde del Trotti e dello Sforza. Mentre le trincee venivano spinte avanti con alacrità, lo Spinola fece fortificare una posizione sulla riva sinistra del Po al fine di isolare ermeticamente la piazza, e vi collocò un paio di migliaia di uomini al comando del maestre de campo don Gerolamo Agusrìn. Di fronte alle sue posizioni si trovava, in mezzo al fiume, una ben fortificata isola che alloggiava gran parte dei mulini da grano a disposizione degli assediati, e che dominava le difese a settentrione della piazzaforte; con un improvviso assalto, l'intraprendente ufficiale si impadronì della posizione, passando a guado il braccio del fiume con fanteria e cavalleria, a dispetto del pesante e preciso fuoco dei difensori; gli spagnoli persero un centinaio di uomini, mentre i francesi n e lasciarono sul campo quasi trecento, in gran parte affogati nel tentativo di riguadagnare la sponda meridionale. L'isola era saldamente in mano spagnola.


348

Marco Severino

A dimostrazione dello spirito combattivo che animava il To ràs, la ri sposta francese fu tuttavia immediata. La sera del 24 giugno, approfittando della mediocre vigilanza delle sentinelle di un lercio lombardo, una ben condotta sortita si impadro nì del relativo approccio; le opere avanzate e due batterie, cadute in mano ai francesi, vennero fatte saltare, mentre anche la seconda linea di trincee spagnole veniva conquistata. La terza, e ultima , linea stava pure per essere presa quando una violenta carica di un paio di compagnie di corazzieri, comandate dal conte di Soragna, arrestò l' impeto delle fanterie francesi, e le costrinse a riti rarsi entro le mura. Le p erdite spagn ole furono pes~mti, diverse centinaia di uomin i, cd il m orale del reggimento lombardo ne uscì parecchio scosso; la vigilanza venne da quel mom ento aumentata, ma ciò non valse a trattenere l':iggressivo Toràs dal mo lestare giorno e notte gli assedianti con continue sortite. Il Duca di Savoia, da parte sua, non stava con le mani in mano. Nell 'attesa che la sua pervic:ice offensiva diplomatica sortisse qualche effetto, Carlo Emanuele d iede inizio alla sua campagna. [I principe To mmaso venne pertanto inviato a presidiare la S:ivoia con il grosso delle truppe piemontesi, circa 9.000 fanti e 1.000 cavalieri, me ntre il duca organizzava un secondo esercito, amalgamando le truppe lasciategli dallo Spinola e dal Collalto con i contingenti di nuovo arruolamento. Alla metà di giugno, quest'ultimo corpo contava già circa 15 .000 fanti e 3 .000 cavalli, che vennero concentrati attorno alla base di operazio ni di Moncalieri, da lle cui trincee il duca lanciò alcune o perazioni di poca importanza nel m entre che osservava le mosse dei francesi attestati intorno a Pine rolo 247. A movimentare il quad ro pensarono p erò, alla fine del m ese, i soliti fr:incesi: un corpo di rin forzo, forte di 10.000 fanti e 2.500 cavalieri, entrò in Savoia spingendo inna nzi a sé le truppe d el poco abi le principe Tommaso, puntando sul M oncenisio con l'inten zione di forzare la Val di Susa e riunirsi all'armata a Pinerolo. Cobbiettivo primario degli eserciti fra ncesi, una volta riuniti, sarebbe stato il soccorso n on di M antova, ben sì di Casale.

247 A.S.-E., plico 2237, relazio ne dello S. al re, 30 giugno 1630; A.S.T., Sez. I, Materie Militari, levata truppe straniere, 1630, m. 3, 1111. 7, 8 e 9.


Ambrogio Spinola - Il xenerale ed il suo tempo

349

Constatando l'incapacità dd figlio di arrestare la marcia dell'avversario, Carlo Emanuele gli ordinò di sganciarsi e ripiegare su Avigliana; nel mentre, paventando un nuovo e maggior pericolo per i suoi già travagliati domini, richiese assistenza urgente allo Spinola, dal momento che il più malleahile Collalto si trovava troppo lontano per poter intervenire in breve tempo. TI generale genovese non fu meno allarmato del Savoia per la rinnovata offensiva nemica: ritenendo correttamente che la presenza francese in Piemonte potesse essere tollerata, al più, nei pressi degli immediati approcci ai passi alpini, e che non si dovesse permettere il materializzarsi di un'avanzata in Jirezione di Casale, per giunta con forze preponderanti, lo Spinola accedette questa volta alle richieste di Carlo Emanuele, inviandogli immediatamente 6.000 fanti tedeschi appena giunti da Milano, e sci compagni e di cavalleria, cir<.:a 500 uomini comandati da Pagano D oria, fratello del genovese Principe di Tursi. Il depauperamento dell'esercito spagnolo, ulteriormente aggravato dal protrarsi di una persistente cpi<lemia fra le truppe, costrinse il marchese a rallentare il progrcsso dell'assedio fin quasi a sospendere l'avanzata degli approcci; nello stesso tempo, egli si vedeva negare i rinforzi richiesti in sostituzione delle truppe inviate al Savoia, tanto i 1.000 fanti che aveva richiesto al Collalto quanto quelli il cui invio aveva invocato presso l'alleata repubblica genovese 248 . Ancora una volta, si cvi<lcnziavano i divergenti, per non dire opposti, ohbiettivi della mal assortita a lleanza fra Spagna, impero e Ducato di Savoia: il Collalto, ben interpretando gli interessi di Vienna nella penisola, dedicava ogni sua risorsa all'assedio di Mantova, ormai vicina a capitolare; in quest'ottica, l'integrità territoriale del Piemonte aveva per lui scarsissimo interesse, mentre poteva essere addirittura preferibile che Casale restasse in mano francese piuttosto che spagnola. Per questo stesso motivo, quanto più a lungo i francesi fossero rimasti impegnati ad ovest di Milano, tanto meglio sarebbe stato. Carlo Emanuele, da parte sua, badava come è naturale a salvare il salvabile dei suoi domini, in parte occupati e percorsi in lungo e in

248 A.S.-E., plico 3444, lo S. al Doge, 24 giugno 1630.


3.50

Marco Severino

largo da eserciti stranieri; per il duca, ancor più che per l'lmpero, una Casale in mano agli spagnoli sarebbe stata una spina nel fianco. Gli obbiettivi della corte di Madrid erano invece molto meno definiti: la sicurezza del Milanese non richiedeva tassativamente il possesso della fortezza, e cos'altro si avesse da guadagnare da quella guerra resta un mistero; forse neppure lo stesso Olivares, prigioniero dei suoi sogni di gloria, avrebbe saputo spiegarlo. Ancora una volta, comunque, i francesi poterono avvalersi della disunione fra gli avversari: alla fine di giugno i due corpi si riunirono a Pinerolo, da dove procedettero all'occupazione di Saluzzo e del suo marchesato, ad onta dei tentativi di impedirlo messi in atto dal principe ereditario Vittorio Amedeo. Si potrebbe dire che era stata persa un'occasione irripetibile di sconfiggere separatamente i due tronconi dell'armata francese finché si trovavano separati , in quanto le truppe ispanosavo iarde occupavano, od avrehhero potuto facilmente occupare, una posizione cen trale da manuale; ma una manovra come questa andava al di là delle concezioni strategiche dell'epoca, e poi, d'altra parte, l'obbiettivo della campagna non era la distruzione dell'esercito avversario. Ai primi di luglio, e contro il parere dello Spinola 24 9, Carlo Ema nuele concentrò infine le sue forze a Savigliano, con l'inten to di ricercare quella battaglia campale che, a suo avviso, avrebbe potuto liberare una volta per tutte i suoi stati dall'occupazione francese. Il generale genovese aveva obbiettato che le forze "prestate" al duca, e prelevate dal suo esercito e da quello imperiale, sarebbero dovute servire a ostacolare le manovre dell'esercito francese, impedendogli soprattutto di avvicinarsi a Casale, ed a coprire le piazze più importanti rimaste in mani savoiarde, non certo per avventurarsi in una battaglia campale di esito a dir poco incerto. La minaccia di ritirare dall'esercito ducale il contingente spagnolo fece il suo effetto, ed almeno per il momento, l'esercito del

249 Ibidem, plico 2648, lo S. al Duca di Savoia, "dal ca mpo di Casale" 30 giugno 1630.


Ambrogio Spinola - li generale ed il suo tempo

35 ·1

Savoia e quello francese si accontentarono <li guardarsi in cagnesco dalle opposte sponde del Varaita 250 . In quegli stessi giorni, sembrava peraltro nuovamente possibile un accordo tra Francia e Savoia, sulla falsariga delle Capitolazioni di Susa; alla fine, però, le ben avviate trattative vennero interrotte dall'arrivo della notizia, poi rivelatasi infondata, della prossima calata in Italia di un nuovo esercito imperiale, capitanato nientemeno che dal Wallenstein. Ma quel mese di luglio del 16.10 era evidentemente destinato ad essere comunque ricco di colpi di scena: il 18 giunse infatti al campo spagnolo sotto Casale la notizia della caduta di Mantova, avvenuta quattro giorni prima. Le robuste fortificazioni della piazzaforte, la sua forte posizione naturale e l'eroica difesa ispirata dal Nevers non erano state sufficienti a stornare dalla sfortunata città il terribile fato che l'attendeva: dopo una resistenza ad oltranza, Mantova aveva infatti capitolato di fronte ad un ultimo, furioso assalto dell'implacabile Collalto e di conseguenza, come d ' uso era stata sottoposta ad un'orgia di saccheggi e violenze innominabili, protrattesi per tre giorni in mezzo all'impervers:ire della pestilenza 251. La notizi:1, per quanto non del tutto inaspettata, colpì lo Spinola come un fulmine :1 ciel sereno: delle sue riserve sulle mire dell'alleato già si è detto, e non si può che provare comprensione per l'uomo e per il soldato, entrambi feriti nell'amor proprio dalla consapevolezza di aver contribuito, impegnando le forze francesi, a far sì che l'impresa del Collalto andasse a buon fine, mentre Casale continuava a sfidarlo invitta, simbolo di un fallimento difficile da accettare. La caduta di Mantova fu probabilmente fatale ad un altro protagoni sta di questa tormentata campagna: per il duca di Savoia Carlo Emanuele, essa rappresentava il crollo della politica di una vita intera. Gli eserciti stranieri che imperversavano in tutta l'Italia settentrionale, i suoi domini in mano al nemico o devastati da esso come dagli eserciti alleati: le disillusioni dell'estate furono troppo

250 Ibidem, lo S. al Segretario <lei re, da Casale 20 giugno 1630. 25 1 Q UAZZA,

op. cit., voi. ll, pp. 145-1 5 1.


352

Marco Severino

crudeli anche per la sua forte fibra, e dopo una breve malattia, l'anziano duca si spense in Savigliano il 29 luglio del 1630. Morendo, lasciava una difficile eredità al quarantenne Vittorio Amedeo, sovrano di un paese framm entato e distrutto; e come a voler coronare la serie di difficoltà del nuovo duca, l'esercito franc ese scelse que l momento per tentare il soccorso di Casale. Seguì una confusa serie di scontri, finché il eforo combattimento <li Carigna no risultò in una netta sconfitta per il Savoia, con pesan ti perdite in particolare fra le fila del contingente spagnolo, che lasciò sul campo oltre 500 uom ini fra i quali molti ufficiali veterani. Anche i francesi uscirono tuttavia piuttosto scossi dallo scontro, ed abbandonato il tentativo, marciarono verso nord-ovest, impadronendosi di Avigliana . Do po una pausa di riorganizzazione durata qualche giorno, alla metà di agosto l'esercito fra ncese passò la Dora Riparia nonostante l'opposizio ne di reparti di cavalleria inviati in tutta fretta da l Savoia, e mentre l'armata del duca ripi egava lentamente su C:1salc seguendo la riva destra del Po, il nemico si avvicinò alla piazza attraverso il Canavese. Lo Spino la aveva seguito con crescente apprensione gli sviluppi del confronto fra i due opposti eserciti, apprensione peraltro giustificata da lla consapevolezza di non poter più sottrarre un solo soldato dall'assedio di Casale: Vittorio Amedeo avrebbe quindi dovuto cavarsela d a solo, e le operazioni contro la fortezza si stavano trasformando sempre più in una lotta contro il tempo, a maggior ragione in quanto stavano per riprendere, e questa volta seriamente, le trattative di pace; nel contempo, i francesi ricevettero un rinforzo di 4.000 fanti e 500 cavalieri a l comando del maresciallo Schomberg, mentre il Collalto passò a sua volta in Piemo nte con 8.000 fanti e 1.200 cavalli: la scena era pronta per l'atto finale d el futile e feroce conflitto che insanguinava da due anni l'Italia no rd-occidentale. Il generale genovese si accinse comunque a fare quanto in suo potere per difendersi dal duplice pericolo, militare e politico. Riguardo al primo, fece costruire lungo il corso del Po due nuove trincee, l'una che guardava ve rso il fiume, l'altra verso la città, rinforzando nel contempo il presidio e le fortificazioni d ell'isola conquistata in precedenza dall' Agustin. Proprio sul lato settentrionale delle mura, che si affacciava sul fiume, si trovava la cittade lla; contro di essa e


Ambrogio Spinola -Il generale ed il suo tempo

353

l'adiacente bastione di S. Carlo erano diretti gli approcci cui lavoravano k fanterie spagnole, che alla fine di luglio avevano ormai superato il fossato e stavano attaccando la cortina, spingendo avanti le trincee in una crescente frenesia indotta dall'accelerazione delle pratiche di tregua. In un curioso e beffardo rovesciamento delle posizioni precedenti, tanto la Francia quanto l'Impero, protagonisti principali del congresso convocato in Ratisbona, inclinavano oramai ad una rapida conclusione delle ostilità: l'una per poter concentrare i propri sforzi sui fronti dclk 1--'iandre e dei Pirenei, dove si giocava una partita ben più importante; l'altro, per aver raggiunto, con la presa di Mantova, l'obbiettivo desi<.krato: con la minaccia svedese che si andava addensando in Germania, ben altri pensieri agitavano ora la mente dell'imperatore Ferdinando. Anche il duca di Savoia anelava alla pace, per mettere mano alla ricostruzione dei propri stati devastati dalla guerra e dalla pestilenza. Pure la corte di Madrid, con l'Olivares in testa, propendeva ormai per la fine delle ostilità in Itali:1, con gli Stati di Fiandra prossimi al collasso definitivo, stretti com'erano fra gli eserciti francesi e quelli olandesi, e con la Catalogna minacciata da una promettente offensiva che dal Roussillon si stava sviluppando con preoccupante efficacia. Paradossalmente, il solo Spin ola si opponeva all'immediata sospensione delle operazioni: Casale era ormai prossima a cadere, e la possibilità di veder andare sprec:iti tutti gli sforzi e le perdite sostenute durante l'assedio doveva riuscire intollerabile al marchese. Per opposti motivi, tanto Vittorio Amedt:o quanto i responsabili de lla politica imperiale non avrebbero visto di buon occhio la Spagna installarsi nella importante piazzaforte. Da esperto diplomatico qual era, lo Spinol a si rassegnò comunque a dichiararsi pronto ad abbandonare l'asse dio in cambio di un completo ritiro delle forze francesi :il di là ddlc Alpi, con la conseguente restituzione al Duca di Savoia di tutte le piazzeforti da questi occupate, Pinerolo per prima. Passi in tal senso vennero fatti per mezzo del legato pontificio, che fungeva da intermt:diario fra le parti, ma quando la tregua pareva ormai prossima ad essere st ipulata, sulla base Jdl'offerta del marchese, nuove istruzioni provenienti da Madrid a lteraro no ancora una volta il quadro, ed in modo drammatico.


354

Marco Severino

Gli insistenti intrighi degli inviati savoiardi alla corte di Filippo

IV avevano infine ottenuto il loro scopo, in questo aiutati dal fertile terreno costituito dal Conte-Duca e dai suoi seguaci. Insinuando abilmente il sospetto <li inverosimili accordi segreti fra lo Spinola e gli inviati francesi, volti a favorire il mantenimento dell'influenza della corte di Parigi negli affari italiani, gli avversari del marchese ottennero facilmente <lai debole sovrano la revoca della plenipotenza a suo tempo conferitagli, sostituita da più limitati p oteri fra i quali non v'era quello di concludere la pace. Tutte le trattative condotte fino a quel momento dal marchese furono cance llate d'un colpo: secondo le nuove istruzioni, ogni iniziativa di pace sarebbe stata gestita dagli inviati imperia li, e la Spagna si sarebbe semplicemente conformata agli accordi da essi conclusi, senza peraltro partecipare al negoziato 252 . Il marchese Spinola accusò gravemente il colpo, interpretando il ritiro della plcnipotenza come l'affronto definitivo da parte di superiori mediocri ed invidiosi, più interessati a coprirlo di vergogna che a metterlo in condizione di sostenere gli interessi della sua patria adottiva. Per alcuni giorni, il marchese tentò addirittura di non divulgare il contenuto dei nuovi ordini; poi, pressato dai belligeranti affinché ratificasse la tregua da lui stesso caldeggiata, dovette confessare pubblicamente il ritiro dei poteri plenipotenziari: non è difficile immaginare quanto quest'atto dovesse risultare penoso per il vecchio soldato 253 . Nel frattempo, i negoziatori imperiali, francesi e savoiardi riuniti in Ratisbona avevano convenuto i termini della tregua: ogni atto di guerra sarebbe cessato, compresa ogni alterazione alle opere fortificate offensive o difen sive; la città ed il castello di Casale sarebbero stati consegnati allo Spinola, mentre la cittadella sarebbe rimasta in mani francesi, e la si sarebbe ri fornita di giorno in giorno degli approvvigionamenti necessari per l' immediato. Qualora entro il 15

252 A.S.-E., plico 2648, deliberazione del Consiglio di Stato, 4 settembre 1630. 253 A questo proposito, si veda il carteggio del giovane Mazzarino, in quel tempo segretario del Commissario Apostolico in Lo mbardia e Piemonte mons. Sacchetti; A.B., Roma, Cancellerie di Stato, anno 1620: plico 431 C e D.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

355

di ottobre non fossero stati definiti i termini J ella pace, la tregua sarebbe scaduta, e da quel momento i francesi avrebbero potuto tentare di soccorrere la cittadella, come gli spagnoli <li prenderla. Nel caso questa non fosse stata liberata dall'assedio entro la fine dello stesso mese, essa pure avrebbe dovuto essere consegnata alle trupp e spagnol e; in caso contrario, avrebbero invece d ovuto essere quest'ultime a restituire il possesso della città e del castello alle forze francesi. Il To ràs si dichiarò tuttavia impossibil itato a firmare la tregua senza aver consultato il suo re, in quanto non riteneva di poter resistere oltre la fi ne di settembre a causa d ell'orma i disperata scarsità di uomini come <li vettovaglie. Il governo di Pa rigi non ebbe difficoltà a dare il suo assenso: si voleva guadagnare tempo in ogni caso, possibilmente al fine di raggiungere un accordo alla conferenza di pace che si stava svolgendo a Rati sbo na; se in vece i negoziati fossero falliti, le settima ne così guadagnate sarebbero state preziose p er o rganizzare il soccorso Jdla fortezza. Questo andirivieni di dispacci richiese tuttavia un certo tempo, dura nte il q ua le le fanterie spagnole dello Spinola avevano ormai superato il foss:ito de lla cittadella e si preparavano ad attaccarla, mentre i napoletani stavano per completare due mine che avrebbero senza dubbio provocato il crollo di un lungo tratto della cortina, lascian do la città alla mercé di un assalto. Vo lendo pertanto il marchese, come e ra natura le, cogliere per intero il frutto di tante fatich e, a maggior ragion e si dimostrava contrario a qualsiasi pratica di pace, tregua o sospensione d'armi, in particolare alle clausole che impon evano la sospensione dei lavori o l'ap provvig io na mento della cittadella. M a il 5 settembre g iun sero infine a l campo di Casal e i fatali ordini provenienti dalla Spagna, e la g ià in debolita fibra dello Spino la non resse a quest'ultimo colpo: il giorno seguente, me ntre i suo i so ldati manifestavano rumo rosamente la loro di sapprovazione per una tregua anche da loro re putata ignominiosa, il marc hese si mise a letto, colpito probabilme nte da un ictus 254 .

254

H. BENEDETTI, Histoire de France sous le Mìnìstere dù Card. Mazarin, Parigi, 1897, p. 36; A.B., 4 32, il M azzarino al ca rd. Rngn i, Campo d i Casale, 7 settembre 16.rn.


356

Marco Severino

Le sue condizioni peggiorarono rapidamente, finché, semiparalizzato e quasi privo della parola, lo Spinola riuscì ancora ad ordinare l'apertura delle istruzioni segrete del re che trasferivano le sue cariche civili e militari, in un'evenienza del genere, al marchese di Santa Cruz, che era stato nel frattempo convocato con urgenza, trovandosi a Genova. Giunto questi sotto Casale il 14 settembre, il marchese trovò ancora la forza di scongiurarlo un'ultima volta di non accettare una tregua così svantaggiosa per la Spagna e per il suo re; poi si arrese finalmente al destino. Fattosi trasportare nel suo feudo di Castelnuovo Scrivia, Ambrogio Spinola, Marchese dc los Halbases, Governatore degli Stati di Milano e Capitano Generale delle armate d'Italia del Re Cattolico, si spense il 25 settembre 1630 all'età di sessantun'anni, invocando fino all'ultimo quell'"onore e reputazione" che aveva speso così liberalmente a favore della Spagna e che credeva ormai perduti 255 .

255 Ibidem, 30 settembre 1630.


PARTE

Il

PER UNA CONCLUSIONE CRITICA Il periodo storico che vide le gesta di Ambrogio Spinola fu, come già si è detto, relativamente statico per quanto attiene all'evoluzione dell'arte della guerra. Il secolo compreso fra l'ultima fase della Guerra dei Ccnt'Anni e la prima del lungo confronto tra Francia e Spagna per la supremazia in Europa aveva visto mutamenti drammatici e davvero epocali nel modo di fare e concepire la guerra: il primato tattico della cavalleria era stato eroso in modo rapido e decisivo dalla comparsa prima dell'arco lungo inglese, e poi definitivamente da quella di armi da fuoco relativamente evolute. La superiorità di 4ucstc ultime non risi edeva infatti tanto in superiori caratteristiche di letalità, quanto in fattori meno evidenti ma in realtà di rilevanza complessiva molto superiore: un a rciere necessitava infatti di un minuzioso addestramento e di una pratica costante, anche al fine di sviluppare la considerevole forza fisica necessaria per tendere il potente longhow; un archibugiere, viceversa, non doveva possedere alcuna prestanza fisica, perché lo sforzo richiesto per usare l'arma da fuoco è ovviamente irrisorio, poteva essere addestrato in poche ore a colpire bersagli di massa alle distanze pratiche di battaglia e, a differenza dell'arciere, poteva far fuoco continuativamente finché aveva polvere e palle a disposizione, senza apprezzabile affaticamento. Le sue munizioni erano molto m eno ingombranti, pote ndo pertanto essere distribuite in quantità maggiore; cd infine, nessuna armatura in u so resisteva ad un colpo di archibugio, quantomeno a distanza ravvicina ta. Proprio durante il periodo di transizione dall'arma ad energia meccanica a quella ad energia chimica, individuabile n egli ultimi tre decenni del Quattrocento, comparve sui campi di battaglia d'Europa una formidabile combinazione, ben rapp resentata dalle fanterie svizzere e, poco più avanti, da i landsknechte, che avrebbe una volta per tutte fatto della fanteria "la regina delle battaglie". Il rapporto interattivo esistente fra l'arma (la picca) e chi la usa (il fante disciplinato} costituisce un paradosso, straordinariamente simile alla morale della celebre storiella popolare sull'uovo e la gallina.


358

Marco Severino

Senza voler scomodare i precedenti d 'epoca ellenistica, troppo lontani cronologicamente e culturalmente, si può tuttavia ricordare che l'asta lunga (da 3 a 3,5 m.) costituì occasionalmente, durante il Basso Medioevo, l'arma <li fanterie invariabilmente ben disciplinate, provenienti da contesti che per motivi economici (come in Scozia, per esempio) oppure socio-politici (nel caso delle c ittà-stato comunali italiane o fiamminghe, dominate da lla borghesia mercantil e) non potevano o volevano mettere in campo forze significative di cavalleria pesante. Alla fine del Rinascimento, il diffondersi capillare di armi da tiro sempre più micidiali portò con sé l'obsolescenza dello scud o, il cui abbandono con ogni probabilità fu causa p rima di un progressivo allungarsi dell'asta, ora impugnata a <luc mani, ch e divenne così la picca, lu nga da 5 a 6 metri. Non ci volle molto per realizzare ch e solo soldati ben addestrati potevano usare la nuova arma senza trasformarsi in un orrendo guazzabuglio a lla mercé del nemico, e gli exploits delle fa nterie elvetiche durante k Guerre 11orgognone, se da un lato fecero sensazione per la brutalità che li contraddistinse, dall'altro evidenziarono con ch iarezza le enormi potenzialità di una truppa così equipaggiata. L'impenetrabilità difensiva di una ben ordinata unità di picche era da tempo evidente; ora se ne rivelava d'un colpo anche l' immensa potenza offensiva, perché fu subito chiaro che solo un avversario equipaggiato nello stesso modo, e pertanto anche cquivalcntc come livell o di addestramento, poteva opp orsi con successo alla nuova fanteria. Fu giocoforza adeguarsi, e nel giro di pochi decenni un inevitabile processo di adattamento spontaneo fece sì che , già agli inizi d el Cinquecento, l'assoluta maggioranza delle forze di fanteria di tutti gli eserciti europei fosse costituita da ben addestrati picchieri. Per la cavalleria, i quadrati irti di picche era no del tutto impcm:trabili; di consegucnza, il declino del ruolo dell'arma montata fu rapido, cd ulteriormente accelerato dal modesto costo dell'equipaggiamento della fanteria, ch e permetteva di mettere in campo un gra n numero di picchi eri, cd il progressivo aumentare de lla percentuale di tiratori, armati con i letali archibugi, il che rendeva sempre più a rduo avvicinarsi a ll e formazioni di fanteria. La compl eta rielaborazione del ruolo d ella cavalleria sul campo d i battaglia avrebbe richiesto tempo, cd esperimenti infel ici quali il


Ambrogio Spinola - li generale ed il suo tempo

359

tentativo di trasformarla in una specialità di tiratori montati; di conseguenza, non deve stupire se gli anni compresi fra il 1 S-1 O ed il ] 620 vedessero negli eserciti europei le più basse percentuali di cavalleria di tutta l' Età Moderna. Furono le esperienze maturate durante la Guerra dei Trent'Anni, in particolare grazie alle tattiche inusuali cd innovative adottate dal magnifico esercito svedese del geniale Gustavo Adolfo, a provocare finalmente una ridefi nizione dei compiti della cavalleria, riportando in auge la tecnica d'urto che ad essa è connaturata, e deputandola nel contesto tattico al contrasto della corrispondente arma avversaria ed allo sfruttamento del successo, e solo in situazioni particolari e definite ad affrontare la fanteria. Anche il ruolo dell'artiglieria ebbe una prima, decisiva evoluzione ad opera degli svedesi, ma l'impiego di quest'arma avrebbe tuttavia conosciuto un'evoluzione molto più lenta, in parte per motivi tecnici. Solo durante la Guerra dei Sette Anni, a metà Settecento, l'artiglieria avrebbe cominciato a rivelare appieno le sue potenzialità, e si sa rebbe dovuto aspettare il genio riformatore dell'ex-artigliere Napoleone per vederle ricoprire il ruolo di arma decisiva, ruolo reso finalmente possibile dalla buona mobilità tattica raggiunta, che ne facilitava la concentrazione per missioni di fuoco ben definite. Nei primi anni del Seicento, quando ehbe inizio la carriera militare dello Spinola, il quadro era comunque ancora quello di una totale subordinazione delle altre armi alla fanteria, a maggior ragione nel peculiare contesto della Guerra di Fiandra, con il suo difficile terreno disseminato di fortezze, e due avversari l'uno permeato di una pragmatica mentalità difcnsivistica, l'altro perennemente oppresso da una penuria di cavalleria, oltre che di fondi. Anche il modello strategico prevalente era pesantemente influenzato dalla geografia e dagli scopi e caratteristiche dei due avversari: il ruolo delle fortezze, e delle fortificazioni in genere, ne risultò grandemente amplificato, con la conseguenza di conferire al conflitto un carattere enfaticamente schematico cd apparentemente formalizzato. La perenne incapacità della Spagna di fin anziare coerentemente il proprio sforzo bellico, incapacità resa ancor più drammatica dalla strategia temporeggiatrice delle Province Unite, costituì il fattore che, più di ogni altro, fece della Guerra di Fiandra un caso unico, condizionando pesantemente le scelte politiche e strategiche della parte cattolica e, talvolta, di riflesso quelle dell'avversario.


360

Marco Severino

Com'è facile intuire, lo Spinola non fu, se non sporadicamente cd inconsciamente, un innovatore. La caratteristica che viceversa colpisce nel generale genovese è la sua incrollabile solidità, nel senso più ampio del termine. li marchese fu davvero, in ogni senso, un figlio della sua epoca, alieno per cultura cd inclinazioni dagli arditi cspcrimenti di un Gustavo Adolfo. Lo stesso Nassau, che re non era, fu stimolato ad imboccare la via del cambiamento; questa opportunità non si presentò mai allo Spinola, inserito com'era in una struttura politico-militare molto più rigida e conformista di quella olandese, ma nulla lascia pensare che cgli avrebbe comunque ravvisato l'esigenza di un'evoluzione. Dopo tutto, il marchese costituiva una perfetta espressione dell'universo culturale ed ideale della Spagna asburgica, fondato nel bene e nel male sul culto di una tradizione, anche militare, vissuta in primo luogo come rifugio da fermenti e istanze nuove ma estranee. Dove in primo luogo lo Spinob si rivelò un autentico genio fu nel campo dell'organizzazione e dell'amministrazione delle forze armate. La sua mente acuta e metodica, naturalmente portata all'ordine, fece di lui uno dei migliori amministratori militari di tutto il secolo: finché le sue sostanze private glielo permisero, egli fece dei suoi eserciti un modello di efficienza e disciplina, e se col passare del tempo la situazione progressivamente peggiorò, questo fu dovuto a cause estranee; anche allora, comunque, lo Spinola riuscì a mantenere le truppe sotto il suo comando ad un livello di efficienza molto superiore a quanto ci si sarebbe potuto aspettare, grazie a miracoli gestionali che hanno pochi parago ni. La duttilità intellettuale del marchese, e la bontà del suo modello amministrativo non potrebbero trovare migliore conferma di quella costituita dal complessivo (cd inatteso) successo della sua stratcgia in campo navale. In pochi mesi, lo Spinola assicurò alla flotta un supporto organizzativo e logistico perfettamente funzionale, ed una catena dicomando straordinariamente efficace, propiziando pur con risorse pateticamente limitate una stagione di successi senza precedenti. Anche la stratcgia di guerra al traffico commercia le, da lui largamente istigata, discendeva pur con le inevitabili limitazioni dall'approccio pragmatico e realista che lo contraddistingue. Che poi una strategia siffatta non potesse conseguire risultati decisivi è, c d era evidente; tuttavia,


Ambrogio Spinola - li generale ed il suo tempo

361

con i mezzi a disposizione , difficilmente si sarebbe potuto fare meglio, e d'altra parte la mal concepita (e peggio condotta) campagna navale di tipo tradizionale del 1639 dimostrò ad usura che voler condurre, contro un avversario del calibro dell'Olanda, una blue water policy senza possedere mezzi adeguati costin1isce una sicura ricetta per il disastro. Non va poi sottovalutata l'importanza della lealtà e del disint eresse che sempre distinsero lo Spinola n ei suoi rapporti con la patria adottiva: in un'epoca di personaggi peculiari ed eccessivi, dove l'interesse particolare, che spesso giungeva al nepotismo cd alla corruzione più sfacciate, era la norma, il marchese costituisce un'eccezione davvero notevole. La concezione della strategia posseduta dallo Spinola era anch ' essa nel complesso tradizionale, costretta com'era entro limiti oggetti vi ben precisi; dove si contraddistingueva, era in im'interpretazionc vicina a l virtuosismo, e non priva di alcuni caratteri fortemente di stintivi recanti il segno della novità. La cattura delle piazzeforti avversarie, e la contemporanea difesa delle proprie costituiva senza dubbio il primo e principale obbiettivo delle campagne condotte dal generale genovese; ciò premesso, in moltepl ici occasioni si evidenziò nello Spinola una prepotente tendenza a ricercare lo scontro campale decisivo, e quantomeno nelle prime campagne, e durante le ben condotte operazioni in Palatinato, le mosse pianificate dal marchese erano volte, innanzi tutto, a questo fine. Fu la sempre più disperata penuria di risorse finanziarie a far sì che, con il trascorrere del tempo, la strategia d ell'Armata delle Fiandre fosse concepita per o bbiettivi sempre più modesti e limitati; ma in più di una occasione, come si è visto, il pur abile Nassau rifiutò lo scontro in campo aperto, a dimostrazione di quanto lo Spinola venisse ritenuto un avversario pericoloso. Quando nel 1600 il principe Maurizio si era trovato di fronte presso Nieuport l'armata spagnola al completo, egli non aveva avuto esitazioni ad affrontare lo scontro campale, ripo rtando una convincente vittoria: ma non a caso, in quell'occasione il suo avversario era il modesto Arciduca Alberto, contro il quale evidentemente si riteneva di poter rischiare quanto non si sarebbe invece osato avendo di fronte il marchese di los Balbases.


362

Marco Severino

~: rimasta famosa la rapidità nelle marce che lo Spinola riusciva ad ottenere dai suoi soldati, meritando da avversari riluttanti ma ammirati il lusinghiero soprannome di "Diavolo Volante". Un'attenta pianificazione delle mosse, ed una ferrea disciplina di marcia costituivano il segreto che permise al generale genovese di spremere dai suoi soldati ritmi napoleonici, forse non a livello di quelli dei primi anni dell'Impero ma sicuramente paragonabili alle ottime medie della campagna del 1814 1. Soprattutto se lo si considera nel contesto della sua epoca, il modello strategico favorito dallo Spinola era quindi sicuramente aggressivo, almeno quando le circostanze lo permettevano. Anche negli assedi, il generale genovese favoriva un approccio il più possibile determinato, che consisteva nell'erige re poche batterie in punti selezionati dove concentrare lo sforzo, integrate da un simulacro di linee d'assedio. Lohbiettivo era quello di sconcertare l'avversario con un intenso bomb:ir<l:imcnto, se possibile inwgrato da operazioni di min:i, per ottenerne rapidamente la resa ponendolo sotto la minaccia di un prossimo assalto; è il marchese stesso a dirci che questa sua concezione ossidionale, che recava inoltre il me rito di non sfibrare con dcfatiganti hmgaggini il morale e la forma fisica delle truppe, richiedeva un risultato decisivo entro dieci-quindici giorni al massimo perché un'operazione fosse considerata di successo 2• Dimostrando di possedere un'altra delle qualità del grande condottiero, lo Spinola esibì di norma una buona capacità nel valutare i collaboratori, e si circondò comunemente di ufficiali capaci e fidati, dei quali dimostrò in più occasioni di sapersi servire; basti per tutti il geniale T::irgoni, compagno del marchese in tanti assedi coronati d a successo, da quello di Ostenda a quello di Breda. Dove vicevers:1 egli fu poco fortunato, fu invece nella scelta dei suoi "marescialli ": a questo riguardo lo Spinola non ebbe peraltro 1 Un semplice computo rivela che in molte occasioni gli eserciti comandati

dallo Spinola riuscivano a coprire anche 25-28 chilometri al giorno, per una giornata di marcia di 5 o 6 ore. In un paio di occasioni, in particolare durante la campagna del Palatinato, si arrivarono a superare i 30 ch ilometri giorn ali eri. Si noti che nella prima metà del Seicento una marcia di 10-14 chilometri era reputata una buona giornata. 2 A.S.-E., plico 2461, lo S. a Filippo III, Bruxelles 21 dicembre 1607.


Ambrogio Spinola -il generale ed il suo temfJo

363

mano libera, influenzato come fu da pesanti pressioni politiche o da fattori personal i; il suo errore consistette forse nel non rivendicare una maggiore autonomia, perché in molteplici occasioni illustri mediocrità quali il Bucquoy od il Verdugo, od inetti completi come il Berg, contribuirono non poco alla cattiva riuscita dei piani tanto accuratamente elaborati. Il suo stesso figli o maggiore Filippo dimostrò di non aver ereditato, se non in misura molto modesta, i talenti del padre. Il solo de Cordoba avrebbe esibito, in particolar modo durante la campagna del Palatinato, qualche parvenza di talento, peraltro scomparso per l'epoca del suo impiego in Italia, ma la sua qualifica di protegé dell'Olivares non lo rese mai particolarmente trattabile . È difficile dimostrare che lo Spinola avesse afferrato compiutamente concetti così alieni alla sua epoca cd alla sua cultura come que lli che definirono, secoli dopo, gli obbiettivi ultimi di una guerra ; ma sicuramente, il generale genovese dovette intuire qualcosa in questa direzione, più per istinto che per ragionamento. Egli non disgiunse mai, infatti, l'azione politica da quella militare, e la sua comprensione delle problematiche economico-commerciali connesse alla guerra fu sempre sicura ed evoluta; in questo senso, non è possibile negare che lo Spinola avesse capito che "la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi", a l punto tale che, ben lontano dall'essere un "militare" in quel senso deteriore del termine spesso adoperato dai politici, egli seppe dimostrarsi un ottimo esempio di soldato-statista, con nma la flessibilità intellettuale e metodologica che il ruolo richiedeva, sempre pronto a trasmigrare senza complessi da un'offensiva militare ad una diplomatica, come ad essere fautore di una strategia clausewitziana ed un momento dopo avvocato delle trattative di pace. Lo Spinola arrivò con ogni probabilità a convincersi piuttosto presto ch e la guerra contro le Province Unite non poteva in realtà essere vinta, benché paradossalmente la Spagna potesse anche prevalere da un punto di vista strettamente militare, a lm eno sulla terra. Egli comprese appieno che i fattori decisivi per l'esito della contesa esulavano dalla sfera propriamente militare, dal momento che le Province Unite, con l'impagabile supporto di istituzioni finanziarie moderne e di una solida economia, conducevano una vera e propria strategia d'attrito, che logorò spietatamente l'avversario fino a provocarne il tracollo.


· 364

Marco Severino

Acquistano così senso compiuto i t entativi messi in opera dal marchese, in varie occasioni, per colpire alla radice la capacità stessa de ll'a vversario di continuare a combattere, intervenendo con iniziative atte a provocare danni alla sua struttura economica . Fra queste, la più fortunata fu senza dubbio la campagna navale contro il commercio e le :itti vità di pesca olandesi, mentre la più originale rest:i il te ntativo di scavare un canale fra Schckla e Reno per dirott:ire su Anversa import:inti flussi commerci:ili. Infine, lo Spinola ebbe cura costante di stabilire un rapporto diretto con la trupp:i, :iccompagnando le colonne in marcia, visitando in conti nuazione gli :iccampamenti e le trincee durante gli assedi, e conquistando di conseguenza la fiducia e b stima dei soldati, tanto per l'in te resse che comunemente mostrava (e dimostrava) per il loro benessere quanto per la su:i solida reputazion e di generale vittorioso. Nell'immaginario colletti vo il genera le genovese giunse :i ricoprire un ruolo quasi mitico, di salvatore invitto della causa cattolica: the Saviour of Spanish Flanders, lo chiama il d iarista inglese Matth ew Paris, e come tale egli veniva senza dubbio veduto dalb maggioranza dei contemporanei. Anche sul nemi co l'ascendente dello Spinola era considerevole, tanto che in più di un'occasione il pur abile cd esperto Nassau d eclinò lo scontro diretto; la capacità di muoversi rapid:rn1cnte, che gli fece meritare l'appellativo di " Diavolo Volante", e la sua propensio ne per una strategia aggressiva, lo resero sempre un avversario estremamente pericoloso, da sfuggire se possibile ; "la velocità di Cesare", come la chiama Malory, riviveva appieno nel capitano gen ovese. E con ciò, la celeberrim a triade d i Clausewitz può dirs i tutto sommato completa, seppur discernibile non tanto come un "sistema" deliberato ed organico, ma m eglio come una somma inconsapevole di elementi concettua li indipendenti: obbietti vo primo restavano infatti le forze armate del nemico, da distruggere con una battaglia campale sempre ricercata con insistenza; ven iva quindi il paese, cioè il te rritorio, da conquistarsi mediante una strategia offensiva audace e ben coordinata; infine, la volontà stessa di battersi avrebbe abba ndonato l'avve rsario, colpito anche in quelle infrastrutture economiche che ne sorreggevano lo sforzo bellico . Non è poco, per un generale del prim o Seicento.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

365

Dove lo Spinola fu invece decisamente conservatore, è in campo strettamente tattico. Raramente i gran<li generali furono degli innovatori in questo senso: il genio <lei più famosi condottieri della storia si rivelò sempre nel contesto strategico, al limite in quello logistico e organizzativo, ma la gestione minuta d ello scontro, una volta che vi s i arrivava, era invariabilmente demandata a i collaboratori, come una rifinitura che non abbisogna del tocco del maestro. Si potrebbe dire, per essere ancor più precisi, che qua ntomeno nell'età moderna i grandi generali (urono invariabilmente prodotti da un sistema militare, e specificamente tattico, ormai maturo, raccogliendo in sé e rappresentando la sintesi di un'esperienza evolutiva precedente variegata e comp leta: in breve, una sorta di eredità. Le gesta del duca di Marlborough sui campi della Guerra di Successio ne Spagnola furono possibili anche grazie alle superlative fanterie britanniche cd olandesi, che praticavano il micidiale "fuoco per plotone" elaborato durante l'ultimo decennio del Seicento da ignoti addestratori olandesi. 11 grande rcderico comb:1tté le sue prime battagli e con i superbi reggimenti ereditati dal "Re Sergente" suo padre, la cui filosofia d'impiego non subì mutamento alcuno nel convulso periodo fra il 1744 ed il l 763, periodo che vide la Prussia salire alla ribalta d'Europa come protagonista, grazie alle virtù strategiche del suo caustico sovrano. Ancor più emblematico il caso di Napoleone, che altro non fece, in campo tattico, che far applicare dai suoi marescialli in modo coerente gli schemi elaborati dagli eserciti rivoluzionari, il cui sistema tattico discendeva a sua volta, in linea ininterrotta, dal rinnovato dibattito sui relativi meriti dell'ordre mince (la linea) e l'ordre prufond (la colonna), che negli anni '8 0 aveva ancora una volta spaccato in due il corpo ufficiali dell'Armée Royale. Interpretando magistralmente il suo ruolo, l'imperatore difficilmente interveniva sull'andamento delle operazioni già a livello grande tattico, delegando p er intero questi compiti ai suoi subordinati; possiamo arrivare ad affermare che, mentre il genio di Napoleone diede vita motu proprio alla moderna strategia, in ca mpo tattico l'imperatore si dimostrò del tutto tradizionalista. Altrettanto si può dire, nelle dovute proporzioni, per lo Spinola. La separazione della funzione di comando tattica da quella strategica non era ancora tuttavia così netta, nel diciassettesimo secolo, come in


366

Marco Severino

quelli successivi, le dimensioni degli eserciti ancora molto contenute e lo stesso teatro di operazioni incomparabilmente meno esteso. Anche in questo, il Seicento fu un secolo di transizione: lo dimostra lo zelo riformatore, e le conseguenti innovazioni tattiche che esibirono tanto Gustavo Adolfo quanto il Nassau, entrambi collocati peraltro in un ruolo eminentemente strategico. Con eserciti composti da poche migliaia di uomini, il rapporto condottiero-truppa era senza dubbio piuttosto ravvicinato, il che doveva favorire un'attcnuarsi della differenziazione fra i due ruoli; a questo riguardo, lo Spinola fu senza dubbio avanti rispetto al su o tempo, limitando come fece, salvo rare eccezioni, la sua azione di comando agli aspetti strategici o, al limite, grandi tattici. Può stupire che un soldato coscienzioso come lo Spinola, una volta acquisita la necessaria esperienza, non sentisse l' impulso di aggiornare la filosofia d'impiego dei reparti sotto il suo comando, come d'altra parte vi è la prova che fece, almeno in una qualche misura, riguardo alle tecniche d 'assedio. La natura del teatro e quella dell'avversario dovettero evidenziare quasi subito le inadeguatezze del sistema tattico di tipo spagnolo, comunque sorpassato cd antieconomico nell'utilizzo delle truppe, e particolarmente inadatto a confrontarsi con un avversario come il Nassau, che oltre ad aver aggiornato in modo decisivo l'organizzazione e le tattiche dei suoi eserciti, poteva contare su di un terreno favorevole come nessun altro alla difesa. I problemi tattici incontrati durante la Guerra di Fiandra erano del tutto unici e limitati a questo conflitto: la prevalema degli assedi sulle azioni in campo aperto non fu così netta in nessun altro conflitto europeo del diciassettesimo secolo, e la stessa Guerra dei Trent'Anni vide un ampio numero di battaglie campali, che ne costituirono le azioni decisive. Durante la sua lunga permanenza ne lle Fiandre, lo Spinola non riuscì una sola volta a forzare l'avversario alla battaglia decisiva. Gli strumenti a sua disposizione, per prima la sua stessa concezione strategica, erano con ogni probabilità insufficienti a costringere un avversario riluttante come il Nassau ad impegnarsi in uno scontro campale; l'altern ativa sarebbe stata rappresentata da un consenso a battersi che non fu evidentemente mai presente nel suo antagonista.


Ambrogio Spinola - Il generale ed il suo tempo

367

D'altra parte, la conduzione di un conflitto, una volta stabilitine gli obbiettivi, si fonda su una semplice comparazione di profitti e perdite, e la gestione più produttiva dello sforzo bellico è sempre quella che, nel perseguire ed ottenere i risultati previsti, lo fa nel modo più economico, tanto in termini di risorse quanto di vite umane. In quest'ottica, l'approcci o pragmatico del principe Maurizio assume senso compiuto: la forza economico-finanziaria del suo paese rappresentava, insieme all'interconnesso dominio del mare, il punto di forza sul quale fondare il conflitto contro la Spagna. Superata con un misto di abilitiì e fortuna la crisi <lei primi anni d ella rivolta, le Province Unite acquisirono una crescente confidenza nella propria capacità <li poter tenere testa all'avversario, perfezionando nel contempo uno schema strategico a lungo (o lunghissimo) termine, mediante il quale si sa rebbe provocata, in sintesi, la sconfitta dell'avversario per ;:i::.fi ssia finanziaria. A questo fine, risultò subito chiaro che sarebbe staro necessario prolungare quanto più possibile il conflitto, sottoponendolo ad un processo di "diluizione", nel quale l'uso delle fortificazioni era strumentale, che avrebbe fiaccato la forza dell'avversario, uso a combattere campagne relativamente brevi ed "attive", dove meglio si poteva esprimere la valenza dei suoi soldati professionali e, viceversa, minimizzare il fardello rappresentato da un sistema economico-finanziario fragile e poco efficiente. In questa luce, la strategia difensiva e temporeggiatrice del Nassau diventava obbligata, avendo come esigenza primaria evitare scontri campali se non in circostanze assolutamente favorevoli; questi requisiti, contro un avversario del calibro dello Spinola, evidentemente non furono mai soddisfatti, ed il principe d'Orange possedeva abbondanti strumenti per evitare uno scontro indesiderato. I:esperienza della Guerra di Fiandra dovette essere davvero frustrante, per le armate spagnole quanto per i generali che le comandarono 3; d'altro canto, l'ambito culturale nel quale operavano e vivevano i condottieri cattolici non era certamente favorevole ad

3 Si veda, p. es., uno dei più misurati ma al tempo stesso amari sfoghi dello S. riguardo l'inafferrabilità degli eserciti olandesi in: ibidem, plico 2444, lo S. al Duca di Lerma, Bruxelles, 16 dicembre 1608.


368

Marco Severino

una revisione critica del pensiero tattico, revisione che sarehhe comunque stata loro poco congeniale, tanto che il rifiuto dell'avversario di battersi "secondo le regole" veniva vissuto, anche dagli spiriti comparativamente più elevati, più come una manc:rnza della principale virtù militare, c ioè il coraggio, c he come una scelta strategica e tattica consapevole e pragmatica, alla quale era necessario trovare delle contromisure. I ,o stesso Spinola non seppe reperire in sé g li strumenti intellettuali necessari e, forse, la motivazione a tentare il cambiamento; ma dove il contesto tattico permise ancora un uso redditizio delle pur sorpassate formazioni spagno le, come durante la fortunata campagna del Palatinato, combattuta su un terreno più aperto e contro un nemico meno esperto e quindi più avventuroso, le doti del marchese ehhero agio di esprimersi al meglio. Pur vedendosi rifiutare an che in questa occasione lo scontro deci sivo, le brilLmti manovre del generale genovese portarono in pochi mesi tre quarti della regio ne a cadere in mano spagnola, a conclusione di una campagna che fu un modello di pu lizia concettuale ed un vero esempio, incidentalmente, di quella guerra condotta in economia di risorse nella quale era reputato maestro l'avversario olandese. Dove lo spirito offensivo dello Spinola avrebbe potuto trovare modo di esprimersi sarehbe forse stato nella campagna italiana che si incentrò sulle operazioni attorno a Casale; l'avversario francese era infatti posseduto da una volontà aggressiva notevole per l'epoca, d'altra parte abituale per g li eserciti transalpini, e ben superiore a quella di qualsiasi esercito obndcse. Sfortunatamente, il marchese era ormai preda di un irrimediabile declino, e le molte occasioni per una battaglia decisiva andarono sprecate; lo Spinola di dieci anni prima non avrebbe mai commesso l'errore di insist ere con maniacale pervicacia sull' operazione di Casale, quando u na convincente vittoria in campo aperto avrebbe fatto cadere anche la piazzaforte in mano sua come un frutto maturo. Le difficoltà erano molte, ma non più grandi di quelle che in tante occasioni, in Fiandra od in Germania, il marchese avrebbe superato <li slancio e senza tante esitazioni, in particolare se si fosse trovato di fronte un avvers:uio che non rifiutava lo scontro potenzialmente decisivo.


Ambrogio Spinola - li generale ed il suo tempo

369

Ma del resto la storia, quella militare in particolare, non ammette i fotili esercizi speculativi sulle occasioni perdute: e come il Napoleone della campagna del 18 J5 non e ra più quello del 1796 o del 1805, e t utto finì come sappiamo, così lo Spinola del 1630 " was well beyond his time as a generai " 4 : non si potrebbe trovare un epitaffio migliore, per il condottino genovese, d elle parole del Chandl er riferite al grande còrso.

4 D.

C HANDLER,

The C',ampaigns o( Napuleon, London, 1966, p. 1283.



APPENDICI APPENDICE

I

ORDINE DI BATTAGLIA DELL'ARMATA DELLE FIANDRE - AGOSTO 1608 Uf{iàali

Soldati

Tercio del M.d.C. Antunez (11 compagnie} Tercio del M.d.C. Borja (11 compagnie} Tercio del M.d.C. Meneses (11 compagnie}

105 110 108

1.051 1.325 1.075

Totale

323

3.451

101 99 200

882

Fanteria Spagnola

Fanteria Italiana

Tercio del M.d.C. Brancaccio (10 compagnie} Tcrcio del M.d.C. Giustiniani (10 compagnie} Totale

1.492 2.374

Fanteria Irlandese

Tercio del M.d.C. O'Neill (13 compagnie}

101

1.236

Totale

101

1.236

84 70 44 71

1.173 560

269

3.064

2 compagnie indipendenti

16

190

Totale

16

190

2 compagnie indipendenti

22

282

Totale

22

282

Fanteria Vallona Tercio del M.d.C. Darchicourt (1 O compagnie} Tercio del M.d.C. de Toricourt (9 compagnie} Reggimento liegcsc del col. dc Thilly (5 compagnie} 8 compagnie indipendenti

Totale

322 1.009

Fanteria Inglese

Fanteria Borgognona


372

Marco Severino

fanteria Tedesca Reggimento del col. Barbanzon (8 compagnie) Reggimento del col. de Barlimont (12 compagnie) Reggimento del col. Van<lenbergh (12 compagnie) Reggimento del col. conte di Em<lcn (2 compagnie) 13 compagnie indipendenti "Marinai del Reno» Totale

Guarnigioni delle cittadelle di: Anversa Cambrai Gand Totale

Fanteria spagnola di guarnigione a: Liegi (1 compagnia) Thoermond (1 compagnia) Gan<l (1 compagnia) Dunkcrque (2 compagnie) Nienport (2 compagnie) Rheinberg (1 compagnia) Totale

Cavalleria di varie nazionalilà 1O compagnie spagnole 6 compagnie italiane ed una albanese 4 compagnie vallone La compagnia di giustizia del Prevosto Generale Totale

rà nteria distaccata in Frisia Tercio vallone <ld M.d.C. de la Mothcrie Tercio borgognone del M.d.C. de Balanzon Reggimento tedesco del Conte di Emden (12 compagnie) più 3 compagnie indipendenti 3 compagnie indipendenti scozzesi Totale

Ufficiali

Soldati

141 216 213 36 234 23 863

1.248 2.524 1.834 498 2.738 88 8.930

80 88 88

496 469 442

256

1.407

22 16 22 26 31

188 141 91 234 219 101 974

11

128

13

1.097 l.038 783 62

212

2.980

64 74

690 521

267 26 431

3.076 159

86 74 39

4.446


373

Appendici

Ufficiali

Soldati

2 compagnie e mezza vallone

21

411

Totale

21

411

2.842

29.745

Cavalleria distaccata in Frisia

TOTALE GENERALE

I..?armata comprendeva pertanto un totale di 32.587 effettivi, la cui paga mensile ammontava a 241. 775 escudos. (A.S.-E., plico 2445, relazione di S. al re, Bruxelles, agosto 1608).

APPENDICE

II

O RDI NE DI BATTACLIA DFLl?ARMATA OLANDESE

surro

JULIERS - ESTATE 1610 Consistenza

Furza effettiva

De Vier Garden Un reggimento frisone Un reggimento vallone

4 c.:ompagnie 8 <.:ompagnic 16 compagnie

800 760 1.210

Totale

28 compagnie

2.770

Il reggim ento Jcl col. Horac.:c Vere Il reggimento Jcl c.:ol. Cccii li reggimento <lei col. Hollis

15 compagnie 10 compagnie 10 compagnie

1.320 920 760

Totale

35 compagnie

3.000

li reggimento del col. Hcndcrson

10 compagnie 19 compagnie

720 1.360

To tale

29 compagnie

2.080

Fanteria olandese

Fanteria inglese

Fanteria scozzese

li reggimento del col. nrog


374

M arco Severino

Consistenza

Forza effettiva

Fanteria francese Il reggimento del col. Chati llon Il reggimento del col. Bethune

19 compagnie 19 compagnie

1.660 1.660

Totale

38 compagnie

3.320

Fanteria tedesca Un reggimento

6 compagnie

1.()50

Totale

6 compagnie

1.050

Cavalleria Il reggimento del conte Enrico Il reggimento del col. Marquette Il reggimento <lei col. Starkenbroek Il reggimento del col. Wagheman Il reggimento <lei col. Ryhuven Il reggimento del col. Marcellis Il reggimento del col. I.a Salle Il reggimento del col. Smeltzing Il reggimento <lei col. Quaet Il reggimento <lei col. Johann Bacx Il reggimento del conte Johann La compagnia di dragoni del cap. Otmarson Totale

3 4 4 3

cornette cornette cornette cornette cornette cornette cornette cornette cornette cornette

470 310 310 210 210 280 210 210 210 210 210

1 compagn ia

165

36 cornette e 1 compagnia

3.005

3 cornette

4 3 3 3 3 3

Artiglieria 4 cannoni, 8 mezzi-cannoni e 3 pezzi da campagna L'esercito olandese contava in totale 12.220 fanti e 3.005 cavalieri, 15.225 uomini in tutto, con 15 cannoni. Va detto che il numero <li effettivi citato era teorico; in realtà, probabilmente hen poche unità mettevano in campo realmente questo numero di uomini. (W.H. Schukking, The JJrinci/)al Works o(Simon Stevin: Voi. NThe Art. of War, Bristol, 1964).


Af,pendici

APPENDICE

375

lii

ORDINE DI BATTAGLIA DEL CORPO DI SPEDIZIONE IMPERJALE IN LOMBARDIA - SEITEMBRE 1629 -

rànteria Reggimento del Generale (ten. col. Chiesa) Reggimento del Tenente Generale (ten. col. Colloredo) Reggimento italiano del col. Torquato Conti Reggimento Colloredo-Mannsfeld (ten. col. Belgiojoso) Reggimento Duca di Sassonia (ten. col. Zasrrow) Reggimento Duca di Lowenburg (ten. col. Zecchi) Reggimento Duca di Brandeburgo (ten. col. Itzenplitz) Reggimento del col. Aldringher Reggimento italiano del col. Cerboni Reggimento del col. Sulz Reggimento del col. Galasso Reggimento vallone del col. conte de Merode

Consistenza

Forza effettiva

6 compagnie

1.680

13 compagnie

3.010

7 compagnie

1.490

7 compagnie

1.530

14 compagnie

2.940

5 compagnie

850

3 6 7 5 7

compagnie compagnie compagnie compagnie compagnie

640 L150 1.410 1.0 ·1O 1.550

4 compagnie

990

Totale

84 compagnie

18.250

Cavalleria Reggimento del Tenente Generale Reggimento Principe di Anhalt Reggimento Duca di Sassonia Reggimento vallone de Merode

4 6 9 10

cornette cornette cornette cornette

120 320 500 550


376

Marco Severino

Consistenza

Forza effettiva

Reggimento del Duca <li Lowenburg Reggimento Duca di Savoia Reggimento vallone de Merode Reggimento del Duca di Lowenburg Reggimento italiano del col. Ferrari Reggimento italiano del col. Castrati Reggimento conte Montecuccoli Reggimento del col. Haussmann Reggimento del col. dc Vittevort Reggimento del col. Piccolomini Croati del conte Isolani

3 9 10 3 7 6 3 3 2 5 5

cornette cornette cornette cornette cornette cornette cornette cornette cornette cornette cornette

120 500 550 120 480 440 270 3 10 130 100 300

Totale

63 cornette

3.640

TOTALE GENERALE

21. 890 effettivi

Si noti la considerevole diminuzione nella forza della fanteria, cht: contava quasi 4.000 uomini di meno che all'inizio della campagna. La cavalleria, viceversa, era stata rinforzata dai due forti reggimenti italiani, e contava pertanto qualche effettivo in più che nel luglio; è tuttavia indicativo lo scarso numero di effettivi di gran parte delle cornette dell'armata, alcune delle quali non contavano che circa 20 uo mini. (A.G., F, II, 8, 2785; A. von Wrede, Geschichte der k .u.k. Wehrmacht , Die l<egimenter, Corps, Branchen und Anstalt von 1618 bis Ende des 19Jahrhunderls, Vienna, 1898 -1905, pp. 41-48) .


BIBLIOGRAFIA ARCHIVI E RACCOLTE DI FONTI CONTEMPORANEE Archivio Nacional - Castillo Jc Siman ças: - Segretaria de Estado (Archivio d e Simanças-FstaJo, A.S.-E.) - Segr etarias Provinciales (Archivio de Simanças - Segretarias Provincialcs, A.S.-S.P.) Archivio di Stato di Torino (A.S.T.) Archivio <li Stato Ji Genova (A.S.G.) Archivio di Stato di Venezia (A.S.V.) Archivio Barberini, Roma (A.B.) Archivio dc la Acadc mi a Real dc la Historia, Madrid (A.A.R.11.-M.)

Archivio Gonzaga, Mantova (A.G.) Arc hivio del M inistére d e l'Erranger, fondi antichi, Parigi (A.M.E.) Arch ives de l'Arm ée, Chateau de Vincennes, Parigi (A.A.V) Archives Je l'Armfr Beige, Bruxelles (A.A.B.) Biblioteca Reale di Torino, FonJo Manoscritti (B.R.T.-M.) Kaise rlich u nd Koniglich Kriegsarch iv, Vienna (K.K.K.) Ko nijkl ijkc Armee Aarchiv, t:Aja (K.A.A.)

LIBRI ANON., Relatione dell'Assedio della Fortezza di Ostenden .. . , Roma e Ferrara, 1604. ANON., Relàtion Veritable de ce qui c'est passé a Cazal.. . ensemble de la mort du Marquis de Spinola, 'lroyes, 1630. ALLMAYER-BECK J.C. E LESSING E., Die Kaiser/ichen Kriegsvo/ker 1479-1 718, Monaco di Bavi era, 1978. BARRET R., The Theorike and Practike of Moderne Warres, Londra, 1598. BAUDART G., Les Guerres de Nassau, Parigi, ] 616. BENTIVOC. LIO card. G., Guerre di Fiandra, Venezia, 1702.


378

Marco Severino

BENTIVOCLIO card. G., Relazioni di Fiandra, Parigi, 1645. BLOK l~J., History of the Peo/1/e o( the Netherlands, voi. III, Amsterdam, 1900. BOURNE W., The Art o{Shootinx in Creai Ordnaunce, Leyden, 1587, r. 1969. BOXER C.R., The Dutch Seaborne r.mpire, New York, ] 965. BOXER C.R., The Journal o( Maarten H arpertszoon Tromp, 1639, Cambridge, 1930. BRAUOEL F., Im/Jeri nel Mediterraneo nell'età di Filippo II, lòrino, 1985. BROUCEK E, Feldmarschall 11ucquoy als Armeekommandanl 1618-20, Vienna, 1976. BuENO J.M., Soldados de Espana, Madrid, 1978. CABRERA DE CORDOBA E., l<elaciones sobra l'Estado de la Guerra de Flandes, Madrid, 1634. CAREY sir G., Animadversions o(Warre, Londra, 1657. CASONI F., Vita del marchese Ambrogio Spinola, Genova, 1691. COCKLE M.,Bibliography ofMilitary Ilooks up to 1642, Cambridge, 1900. CONTARINI I\ Calendario delle Carte di Stato, Missive dexli Ambasciatori al Doxe, Venezia, 1600-20. CORVISIER A., Armées et Societés dans l'Euro/1e 1494-1789, Parigi, 1979. VAN CREVELD M., Supplying War - Logistics {rom Wallenstein to Patton, Cambridge, 1977. CRUICKSHANK C.G., Elizabeth's Army, London, 1946. DAVIS R., The Rise o{ the Atlantic Economies, New York, 1978. DEISS F., Das Deutsche Soldatenbuch, Berlino, 1932. DELBRUCK H., Geschichte der Kriegsarte, voi. TY, Amburgo, 1985 (r.). D11.1.1NGHAM W., The Comentaries o( Sir Francis Vere, Londra, 1657. DUFFY C., Siege

Warfare: The Fortress in the Early Modem world 1494-1 660,

Poolc, 1979. ELDRED W., The Gunners' Glasse, Oxford, 1646. Fazio A., Ambrogio Spinola all'impresa di Fiandra, in: "Annali del R. 1st. Tecnico di Sampierdarena", Genova, 1927-28.


Bibliografia

379

FELO M.D., Middle-Class Society and the Rise of Military Professionalism: The Dutch Army 1S89-1609, Londra, 1975.

Papers lllustrating the History of the Scots Brigade in the Service o( the United Netherlands, vol. I, Londra, 1899. FERGUSON ].,

FERNANDEZ ALVAREZ M., Don Gonza/o Fernandez de Cordoba y la Guerra de Sucesiòn de Mantua y del Monferrato , Madrid, 1955.

J.W., A History u( the British Army, vol. I, Londra, 1910.

F ORTESCUE GARRARO GEYI.

W., The Arte ofWarre, Leyden, 1591.

P., The Revolt o( the Netherlands 1555-1609, Groningrn, 1962.

DE GH EYN

J., Wapenhandelingen van Roers, Musquett ers ende Spiessen,

1606- 1607 . C ilA MATICA C: IUI I.O

F., Ambrogio Spinola, in "A Compagna", Genova, 1930.

I.. , Elogi dei Liguri Illustri, Genova, 1836.

( ; ,uM ESTONE c_;u s H

E., A Generai/ Historie o( the Netherlands, l .ondra, 1609.

G., Renaissance Armies, Poole, 1975.

HALEJ.R., The Captain's H andbook

o/ H enry Barrett, 1984.

HALEJ.R., War and Society in Renaissance Europe 1450-1620, 1985. H ALEY HEATH

K.H .D., The Dutch in the Seventeenth Century, Londra, 1972.

I., Armies of the 16th Century 14 87-1609, Gucrnsey, 1997.

G., The lrish Military Community in Spanish Handers 15 86-1621, Dublino, 1982.

HENRY

H., Relations, Londra, 16 16.

H EXHAM KLARWILL

V. (ed.), The Fugger News-Letters: Second Series, Oxford, 1926.

LENDERS

P. , The Highty Years' War, in: "Arquebusicr ", vol. XVIII-XXI,

1990-95. Lor F., Recherches sur /es effectifs des Armées Françaises des Guerres d'Jtalie aux Guerres de Richelieu, Parigi, 1968. LLJRAG HI LYNCH

R. (ed.), I.e Opere di Raimondo Montecuccoli, Roma, 1988.

J., Spain under the Habsburgs, voi. I, Londra, 198 1.

Mc:CAFl'R EY MARKHAM

W., Elizabeth 1: War and Politics, Cambridge, 1993.

C.R., The Fighting Veres, 1888.


380

Marco Severino

DE MF.NDOZA B., La Theoria y la Practica de la Guerra, Anversa, 1614. MERRIMAN R.B., The Rise of the Spanish Empire in the Old World and in the New, voli. TI-IV, Londra, 1918-34. METEREN, E. dc, I;Histoire des Pays-Bas d'Emmanuel de Meteren, eAja, 1618. MonEY J.L., History o( the United Netherlands, 4 voll., Londra, 1860-67. NICKLE B.H., The Military Re(orms of Prince Maurice o( Grange, tesi <li laurea non pubblicata, 1975. DE LA NOUE E, Politicke and Military Discourses, (trad. ingl.), 1587. OMAN sir C., A History o( the Art o(War in the Sixteenth Century, Oxford,

1937. 0RTIZ DOMINGUEZA., Espana: El Siglo de Oro 1516-1659, Madrid, 197"1. PADFIELD l~, Tide o( Empires, voli. I e II, Londra, 1979-82. PARKERG., TheArmyo{FlandersandtheSpani.,h Road 1S67-16S9, Lon<lra, 1972. PARKER G., The Dutch Revolt, Londra, 1977. PARKER G., Spain and the Netherlands 1559-16S9, Lon<lra, 1979. PARKER G., The Military Revolution: Military Innovation and the Rise o( the West 1500-1800, Cambridge, 1988. QuATREFAGES R., Los Tercios, Madrid, 1983. QUAZZA R., La Guerra per la Successione di Mantova e del Monferrato (1628-31), Mantova, 1926. RANKE L., The Ottoman and the Spanish Empires in the Sixteenth and Seventeenth Centuries, Oxford, 1843. REDUCI-I F., The German Military Enterpriser and his Work Force, Wiesbaden, 1964-65. RICH B., A Path-way lo Militarie Practise, Londra, 1587 (r. 1898). RORERTS

M., The Military Revo/ution 1560-1660, New York, 1956.

RODRIGUEZ VJL.LA A., Ambrosio Spinola, Madrid, 1904. RODRIGUEZ VILLA A., Don Francisco de Mendoza, Almirante de Aragòn, Madrid, 1899. ROGERS H.C.B., The Mounted Troops o( the British Army 1066-1945, Londra, 1959.


Bibliografia

381

RusTOW K., Geschichte der Tnfanterie, 4 voli., Monaco di Baviera, 1884. SCHUKKING WH. (ed.), The Principal Works o( Simon Stevin: voi. IV, The Art o(War, L'Aja, 1964. SHun,: W,

The Triumphs of Nassau, Lcydcn, 1613.

SMYTHEJ. ,

Certain Discourses Military, 1590,

SMYfHE J.,

Instructions, Observations and Orders Militarie, 1595.

r.

1964.

SOTO OE CLONAROE S.M., Historia Organica de las Armas, 1 O voli., Madrid, 1951-1962. STRAOA

F., De Bello Belgico, Anversa, 1640.

S1YWARD

T., The Pathwaie to Martiall Discipline, Londra, 15 81.

TAVANNES

R., Discourses Militaires, Parigi, 1627.

TEN RAA F.T.G. E DE BAS F., Het Staatsche Leger, 5 voli., Amsterdam, 1911-21.

I.A.A., War and Government in Habsburg Spain 1560-1620, Boston, 1976.

THOMPSON

VON WALLHAUSEN J.J., WtLLIAMS

Die Arte vom Kriegschaft zu Fuss, Amsterdam, 1616.

R., The Actions of the Low Countries, ed. D.W Davies, 1618,

r. 1964. WILLIAMS

R., The Works of Sir Roger Williams, ed. J.X. Evans, Cambridge,

1972. WILSON C., Queen Elizabeth and the Revolt ofthe Nether/ands, WIJN J.W.,

Krijgswezen in den Tijd van Prins Maurits, Utrecht, 1934.

ZwtEDENECK-SllDENHORST

1884.

Londra, 1970.

G., Kriegsbilder der deutschen Soldaten, Stuttgart,



Intervento alla tavola rotonda del Professore:

PTERO DEL NEGRO

LA PRIMA GUERRA MONDIALE E L'IDENTITÀ NAZIONALE ITALIANA (Vittorio Veneto, 3 novembre 1998) Nell'Italia liberale i limiti e le difficoltà del radicamento di un'identità nazionale mediante l'esercito derivarono soprattutto dal sostanziale fallimento del tentativo d ei Savoia di omologare al Piemonte il resto della penisola, di "fondare" anche nel nuovo regno, come erano riusciti nei loro antichi stati con uno sforzo plurisecobre, "la propria forza militare sopra la più alta e consapevole concordia <lei sovrano, <lei ceto dirigente e <lei sudditi" (Pieri 1934: 535-36) . Nel caso italiano il fallimento della strategia sabauda si può cogliere non tanto o non soltanto sul terreno delle traumatiche scon fitte, dalla seconda Custoza a Lissa, da Adua a Caporetto, che costdlaruno la storia militare <ld n:gno, quanto ndla contraddizione <li fondo, che quelle sconfitte s'incaricarono di far emergere, tra il "militarismo artificiale", la "politica megalomane di grande potenza", che l'Italia aveva inseguito soprattutto a partire dal 1882 (Olivieri Sangiacomo 1905: 295) e i mezzi, più o meno carenti a cominciare dallo stesso esercito, che il paese era in grado di mettere a disposizione per realizzare quella politica. Di qui, tra l'altro, la divaricazione tra la celebrazione d ei miti fondatori del nuovo stato (la dinastia sabauda, gli eroi del Risorgimento, il primato civile dell' Italia ecc.) ad uso delle élites e la loro pragmatica sostituzione con moduli reto rici adatti a popolani che, come riconosceva Edmondo De Amicis, erano "digiuni affatto d'ogni idea di patria e di nazionalità e inetti a rendersi ragione, nonché della necessità del rigor militare, neanco d i quella dell'esercito" (cit. in Del Negro 1979: 146). Nei bozzetti <lella Vita militare scritti a beneficio degli ufficiali inferiori incaricati, all'indomani della poco esaltante campagna del 1866, di gestire la truppa di leva lo stesso De Amicis rappresentava la società milita re come una società


384

Piero Del Negro

civile debitamente potenziata nei suoi istituti fondamentali: da una parte la casa, la famiglia, la madre ecc.; dall'altra l'Italia (la grande casa), l'esercito (la grande famiglia), la patria (la grande ma dre). Come segnala, tra gli altri, un Nuovo abbecedario e sillabario militare stampato nel 1879, le autorità militari adottarono dopo la duplice 'rivoluzione' avvenuta pochi anni prima (militare, vale a dire la ricezione di un modello prussiano temperato, e politica, l'avvento della Sinistra a l p oter e) moduli pedagog ici men o sofisticati di quelli indicati dal "capitan cortese", ma che ne accoglievano di fotto le premesse e gli obiettivi. Se il vero e p roprio sillabario ospitava, o ltre alla nomenclatura d e ll e armi, un e lenco di nomi geografici, che evocavano altrettante tappe della storia militare italiana (un inventario sorpre ndente men te ecumenico, che ricordava tanto le vittorie [Crimea, M agen ta, "Zo lfcrino" ecc.] quanto le sconfitte [Custoza, Lissa ecc.I, tanto le gesta dell'armata sa rda qua nto quelle d<.:i garibaldini !Marsala, Aspromonte, Mentanal) insisteva tuttavia sui d overi d ella bassa forza, su una riproposizione del regolamento di disciplina destinata a far sì ch e l'a lfabe tizzazio ne (in quegli anni l'eserc ito combatteva una battagl ia importante su questo fronte) corroborasse il processo di o mo logazione del soldato di leva non ta nto a d un'ideo logia nazionale, che si continuava a riten ere fuori della sua portata, quanto all 'istituzione militare. li "lavoro di fusione fattosi nell'Esercito" lungo "meno secolo da lla costituita unità nazio n ale", un "lavoro" su cui avrebbe insistito in età giolittiana una commissione parlamentare d'inchiesta per l'esercito con l'obiettivo di esorcizzare quelle "preoccupazioni contro il regionalismo" (Commissione 1909: 84), che avevano impedito fino ad allora a ll'Italia - e che avrebbero continuato ad impedire che fosse accolta questa indicazione della commissione - di mutuare dal modello pru ssiano il sistema di reclutamento territoriale, si ri solse sostanzialmente in una militarizzazion e burocratica delle classi popola ri, un processo simile a quello della nazionalizzazione studiato da George L. Mosse, ma la cui efficacia fu in questo caso garantita non tanto da un'adesione a simboli e a riti quanto dalla dinamica dei p iccoli gruppi e dalla rete di rapporti interpersonali prodotta dalla logica istituzionale. Non stupisce quindi che, quando la commissione si dichiarava convinta che "i l sentimento patriottico [... ] degli Italiani "


La prima guerra mondiale e l'identità nazionale italiana

385

fosse "ormai saldo e adulto" (Commissione 1910: 43-44), presentasse di tale sentimento una versione quanto mai elementare, lo incardinasse, come aveva suggerito Dc Amicis, nella natura, se non nell'istinto sociale: "il cemento dell'unità nazionale fcral ormai assicurato dalla spontanea solidarietà <li nitti nel sentimento di difesa contro lo straniero" (Commissione 1909: 87). Da sempre si sosteneva che l'esercito rafforzava "il sentimento nazionale" "col mezzo del reclutamento nazionale": mescolando nei corpi soldati provenienti <la diverse regioni, erano rapidamente scomparse, constatava un avvocato nel 1877, tanto le "vergognose avversioni" tra i settentrionali e i meridionali quanto le rivalità di campanile (Vismara 1877: 3). Secondo uno studioso di fine Ottocento le dinamiche interne alla caserma conducevano ad esiti affatto opposti: "l'affratclbmento avviene tra i coscritti della medesima regione, affratel lamento che si compie quasi sempre a danno degli altri, giacché ciascuna massa no n fa che guarda re in cagnesco l'altra e gli individui di essa, fatti p iù audaci dal numero, am mazzano gli ozi e le noie della caserma col perseguitare, angariare, deridere, berteggiare, mettere in una parola alla disperazione gl'individui dell'a ltra: di qui le gare, le baruffe, le scene di sangue" (C. Villani cit. in Oliva 1986: 46). In una certa misura, come doveva spiegare Emilio De Bono, che confessava anch'egli che "buona parte" dei soldati "non aveva mai sentito parlare d'Italia" e che "al reggimento stesso questo sentim ento d'ita lianità non lo si sapeva instilla re sufficie ntemente", "un certo spirito <li regionalismo" - che soprattutto "marcava la differenza tra settentrionali e meridionali con poche sfumature per le varie regioni" - connotava lo stesso corpo ufficiali. "L?intonazione regionalistica, dirò così, predominante era in fondo data dal colonnello. Il dialetto più usato era il piemontese o il napoletano a seconda del colonnello settentrionale o meridionale" (Dc Bono 1931: 13 2-35). Che la nazionalizzazione (nel significato di superamento delle stimmate regionali o municipali) dei soldati di leva non avesse fatto grandi progressi dopo "mezzo secolo di unità nazionale", lo aveva ammesso prima della grande guerra anche la commissione d 'inchiesta, quando aveva constatato che "ciascuna parte <l'Italia presenta nell'indole dei suoi abitanti differenze caratteristiche tali che difficilme nte comportano identità <li metodo nell'educazione e le brevi


386

Piero Del Negro

ferme non consentono di plasmare un tipo unico di soldato", che, in altre parole, perfino sul terreno della formazione militare ci si doveva rassegnare al regionalismo. Quanto al "culto del sentimento unitario", esso doveva essere "sempre ed essenzialmente assicurato colla buona costituzione dei quadri", vale a dire da un reclutamento e da una "distribuzione nazionale e non regionale" degli ufficiali e dei sottufficiali di carriera. Ma anche riguardo ai quadri la commissione era disposta a concedere che in ogni reggimento la metà degli ufficiali potesse appartenere alla circoscrizione del corpo d'armata, nella quale il reggimento aveva sede (Commissione 1909: 87). li territorialismo temperato concesso agli ufficiali teneva realisticamente conto del fotto che nell'Italia liberale gli ufficiali provenivano soprattutto dalle regio ni tirreniche: questa distribuzione alquanto irregolare delle vocazioni alla carriera delle armi sul territorio nazionale rispecchiava in notevole misura il peso delle più robuste e radicate tradizioni militari (piemontese, innanzitutto, ma anche napoletana e toscana) nell'esercito italiano. La persistenza - lungo i decenni - di aree sociali e geografiche inclini alb professione militare era stata del resto favorita dalle notevoli facilitazioni offerte dai collegi e dalle scuole militari ai fi gli dei quadri dell'esercito: di qui la tendenza, tipica della società militare, all'autoriproduzione (Del Negro 1984: 263-86). Senza dubbio la mappa delle proven ienze degli ufficiali - così come quella, altrettanto, se non maggiormente, squilibrata, tracciata in base ai tassi di reclutamento registrati nelle diverse regioni in occasione della leva - non può essere utilizzata per infirmare il perentorio postulato ufficiale, enunciato nel corso d ella grande guerra, ma da sempre cardine dell'ideologia nazionalista, che "n1tte le regioni hanno dato prova di illimitato amore alla Patria" (Livi 1917: 22). Riesce peraltro difficile stabilire delle correlazioni convincenti tra il 'militarismo' (inteso come inclinazione alle spalline) e lo spirito nazionale in un esercito, come quello italiano, che si considerava - e si comportava di conseguenza, ignorando affatto, se si esclude una pattuglia sempre più ridotta man mano che trascorrevano i decenni, il mondo della politica - innanzitutto una struttura tecnico-burocratica e dava per scontato che i legami che connettevano le gerarchie militari alle istituzioni nazionali, monarchia in testa, garantissero una volta per tutte l'identificazione e la comunione con il paese.


La prima guerra mondiale e l'identità nazionale italiana

387

Mentre tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del Novecento sorgevano, di regola sulle ceneri di preesistenti musei d'artiglieria, dei musei di storia militare nazionale o statale in non pochi paesi europei, tra i quali la Francia e l'Austria-Ungheria, in quegli anni l'esercito italiano preferiva invece moltiplicare i musei d 'arma e di corpo, sceglieva di rifugiarsi, sfuggendo al confronto con una società civile che Adua e la crisi di fine secolo avevano ancora maggiormente alienato, nel culto delle glorie e delle tradizioni delle istituzioni 'primarie' di appartenenza. D 'altronde già nel 1884 l'Esposizione generale italiana di Torino aveva riservato la recente storia patria - vicende militari comprese - ad un Padiglione del Riso rgimento nazionale imperniato su Vittorio Emanuele II e sul suo esercito, mentre la galleria della guerra era stata costruita come una diramazione della galleria del lavoro e aveva ospitato una raccolta di "materiali moderni" in grado di illustrare non la storia, ma b tecnica dei "vari rami <lei servizio militare" (Del Negro 1994: 17-22; dr. sul profilo 'debole' dell'istituzion e militare nella mitologia nazionale se non in quanto piedistallo della monarchia sabauda ciò che si ricava con profitto da Tobia 1991, Levra 1992, 1'àre gli italiani 1993, Baioni 1994, Isnenghi 1994). Più di sessant'anni fa Pieri coniò per la grande guerra degli italiani una formula suggestiva e, fatta salva un'indi spensabile precisazione circa il rapporto tra la borghesia e il popolo, in linea di massima condivisibile: "la guerra vittoriosa del popolo in armi guidato dalla borghesia in armi" (1934: VIII). Una guerra nazionale, quindi, anche perché combattuta da tutta la società italiana, da una vera nazione armata ("la guerra ha veramente portato tutti gli italiani con una dedizione suprema per il trionfo di un'unica causa", era la tesi che accomunava l'ufficiale di complemento e interventista democratico Pieri all'ufficiale di carriera e quadrumviro fascista De Bono) (1931: 19); nello stesso tempo una guerra che aveva saldato la società civile alla società militare, riconducendo ad un' unica, riconosciuta gerarchia, i binomi borghesia-popolo e ufficiali-soldati. Ma quale era stato il ruolo dell'esercito nella genesi di questi due fenomeni (guerra di massa e mobilitazione ideologica della società in armi) entrambi inediti nella storia del regno cd entrambi di primaria importanza nel processo di costruzione di un 'identità nazionale all'ombra delle bandiere?


388

Piero Del Negro

Fin dalle riforme di Ricotti, vale a <lire fin dai primi anni 1870, l'esercito italiano era diventato un esercito - potenzialmente - di massa: se, ad esempio, nel 1863 l'esercito di caserma protagonista delle campagne per l'unità annoverava poco meno di 400 mila uomini, tre quarti dei quali presenti nei ranghi dell 'armata attiva, vent'anni più tardi l'esercito voluto dall'ala 'prussiana' dei militari e politici italiani raggiungeva i due milioni e mezzo di uomini, una cifra salita a tre milioni e mezzo alla vigilia della grande guerra. Il primo confli tto mondiale non si limitò a dilatare ulteriormente questa massa, facendole superare quota cinque milioni (oltre i quattro quinti dei quali inclusi nell'esercito operante), ma soprattutto trasformò delle forze armate "piuttosto figurative che reali", in quanto composte in prevalenza da militari "iscritti nei ruoli, ma non mai sole.lati perché mai o pochissimo istruiti" (Arbib 1891: 124 e 126-27), in un efficiente organismo militare. Se l'esercito di massa italiano era prima della guerra "una forza in gran parte sulla carta" (Chapperon 1921: 383}, era perché, nonostante che fin dal 1875 fossero stati approvati dal parlamento "i l principio e l'applicazione dell'ohhligo generale e personale al servizio militare di tutti i cittadini :ltti alle armi" (cit. in Del Negro 1979: 198), in effetti soltanto un'aliquota limitata delle classi di leva {che si può valutare, nel lungo periodo, intorno ad un terzo dei "cittadini atti alle armi", qualora si utili zzino, per calcolare questi ultimi, i filtri sanitari adoperati in tempo di guerra) aveva indossato la d ivisa e perché istituti come il richiamo per periodi d'istruzione avevano trovato assai di rado un'attuazione. Quel che è forse peggio, ci si era accontentati di accumulare numeri concernenti dei soldati in maggioranza "figurativi" senza preoccuparsi del loro inquadramento. Il volontariato di un anno, l'istituto mutuato dal sistema militare prussiano che doveva, in linea del principio, fornire i quadri delle truppe di riserva, in Italia era stato utilizzato dalla borghesia più abbiente per accorciare la durata e alleviare il peso del servizio militare, ma aveva dato un risultato deluc.lentc sotto ogni profilo, quantitativo e qualitativo. Anche i plotoni allievi ufficiali di complemento non avevano fatto fare molti passi in avanti. Nel 1914 l'esercito italiano aveva in congedo meno di 28 mila ufficiali, mentre ne sarebbero stati necessari, per conservare un rapporto ragionevole con i soldati iscritti n ei ruoli, almeno quattro volte tanti.


La prima guerra mondiale e l'identità nazionale italiana

389

I.:emarginazione degli ufficiali di complemento - non solo erano troppo pochi, non solo ricevevano una formazione che in larga misura ricalcava quella dei sottufficiali, ma erano "tenuti in nessun conto", mentre la maggioranza di essi "non aveva nessuna propensione, nessuna ambizione e nessuna volontà per quel che fosse mestiere delle armi" (De Bono 1931: 47) era un sottoprodotto di una logica corporativa imperniata sul duplice postulato che la gestione degli spazi militari spettasse in esclusiva ai professionisti delle armi e che questo ruolo potesse essere assolto unicamente da un numeroso corpo ufficiali di carriera. In sintesi, una nazione armata di Stato concepita quale paravento quantitativo ("numerista" era, più esattamente, l'aggettivo impiegato dai critici dell'epoca) di un esercito di caserma, costruita in larga misura sulla sabbia e, come indica anche la storia delle associazioni dei com battenti e d'arma nell'Italia liberale (Del Negro 1995: 13-16), separata dal paese dalla muraglia cinese dei complessi di persecuzione e della diffidenza burocratica. La grande guerra impose all'Italia, come agli altri belligeranti, una metamorfosi dell'assetto militare che n1ttavia, quanto meno fintanto ché Luigi Cadorna rimase a capo dello stato maggiore, continuò a seguire una strategia tradizionale basata su presupposti, che il ruolo delle trincee e, più in generale, i vantaggi concessi alla difensiva dallo sviluppo tecnologico avevano messo in crisi . Guerra di massa quanto ai numeri fatti scendere in campo, la grande guerra non permise tuttavia di superare se non in parte, quando non le approfondì, le faglie, che dividevano l'Italia militare sotto i profili geografico e sociale. Mentre le caratteristiche classiste della selezione di leva si attenuarono a causa del conflitto (ma la borghesia continuò a godere di un'evidente rendita di posizione), rimasero invece molto marcati gli scarti tra le aree di militarizzaziòne totale o quasi (l'Italia centrale, in modo particolare) e quelle contrassegnate da tassi assai ridotti {le isole e alcune regioni del meridione). " La spontanea solidarietà di tutti nel sentimento della difesa contro lo straniero", il coinvolgimento ideologico del "popolo in armi" maturò soltanto dopo Caporetto e sulla base ·di parole d'ordine 'elementari' (la "guerra per il pane quotidiano" ccc.: cfr. Isnenghi 1977, Melograni 1969, Sabbatucci 1980) estranee alla dottrina nazionalista ufficiale. In ogni caso, se la "borghesia in armi" riuscì a conservare


390

Piero Del Negro

lungo il conflitto la guida del "popolo in armi", non fu tanto in forza di un'egemonia nazionale, per la sua capacità di far condividere al popolo i propri valori (la crisi del dopoguerra s'incaricherà puntualmente <li sottolineare i forti limiti della propaganda bellica nel medio periodo), quanto grazie alla sua notevole capacità di far funzionare, nonostante tutto, la macchina statual-militare. Senza dubbio buona parte della borghesia vide nella grande guerra la prova del fuoco dell'identità nazionale e, di conseguenza, una fase storica che imponeva alle classi dirigenti un'entusiastica mobili tazione. Ma questa mobilitazione fu incanalata dalle strutture militari tradizionali: nel primo conflitto mondiale i garibaldini furono esclusivamente un genere d'esportazione e lo stesso volontariato nelle file dell'esercito fu di regola scoraggiato (un'eccezione fu fatta, come è ovvio, per gli oltre ottomila irredenti). Certo, nei primi due anni di guerra le spalline di ufficiale di complemento furono assegnate a dii e::ra in poss<.:sso di un titolo di studio più o meno elitario cd era ammesso, su sua domanda, a frequentare uno degli appositi corsi allievi, ma agli inizi del 1917 tutti coloro che av<.:vano terminato gli studi secondari furono obbligati a 'denunciarsi' alle autorità militari, mentre fu data facoltà al ministero della gu<.:rra di ammetterli "<l'autorità" ad un corso d'istruzione. Cimmissione nell'esercito di circa centocinquantamila ufficiali di complemento e della milizia territoriale, in larga maggioranza giovani e di origini sociali mediamente inferiori (Angelo Gatti parlerà a questo proposito, semplificando un quadro assai variegato, di "piccolissima borghesia") (cit. in Melograni 1969: 229) sia a quelle degli ufficiali di carriera che a quelle della classe poli tica dell'Italia liberale, fu la comprova ad un tempo della decisione, con cui la classe dirigente guidava lo Stato, della sua capacità d'attrazione anche nei confronti di strati sociali ri masti fino ad allora ai margini dell'establishment e della sua tendenza a scaricare il peso della guerra sulle generazion i più giovani. Da sempre ha avuto notevole fortuna la tesi che l'unità <l'Italia sia stata grandemente cementata dal melting-pot della grande guerra. Che le trincee abbiano favorito la conoscenza reciproca di fanticontadini che, quando n on erano stati travolti dalla valanga dell'emigrazione, avevan o di regola circoscritto i loro rapporti sociali


La prima guerra mondiale e l'identità nazionale italiana

391

all'interno di spazi geografici ristretti, va senza dubbio riconosciuto. M a non va dimenticato che la brigata più famosa della grande guerra fu la brigata Sassari e che il corpo, che nel 1915-18 ricevette in proporzione il maggior numero di decorazioni al valore, fu quello degli alpini: in entrambi i casi l'efficienza militare premiò un reclutamento di tipo territoriale. In altre parole, la guerra nazionale assegnò paradossalmente la palma del rendimento sotto le armi proprio ai pochi frutti, che al regionalismo era stato concesso dare all'ombra del tricolore dei Savoia.



BIBLIOGRAFIA

ARBIB

1891

E. ARBIB, ~ordinamento dell'esercito e la leva del 1869, "Nuova antologia"', XXVI, marzo BAIONI 1994

M. BAIONI, La "religione della patria". Musei e istituti del culto risorgimentale (1884-1918), Treviso, Pagus CHAPPERON 1921

A. CHAPPERON, ~or~anica militare tra le due guerre mondiali 1814-1914, Roma, Stahilimcnto tipografico per l'amministrazione della guerra Commissione 1909 Commissione d'inchiesta per l'esercito, Quarta relazione (26 maggio 1909), Roma, Tip. delle Mantellate Commissione 191 O Commissione d'inchiesta per l'esercito, Settima relazione (28 maggio 1910), Roma, 1ìp. delle Mantellate DE BONO 1931

E. DE BONO, Nell'esercito nostro prima della guerra, Milano, Mon<ladori DEL NEGRO 1979 I~ DEL NEGRO, Esercito, stato, società. Saggi di storia militare, Bologna, Cappelli

DEL NEGRO 1984 I~ DEL NEGRO, Ufficiali di carriera e ufficiali di complemento nell'esercito italiano della grande guerra, in Les fronts invisibles. Nourrir - fournir - soigner, Nancy, Presses universitaires de Nancy

DEL NEGRO 1994

P. DEL NEGRO, Da Marte a Clio. I musei militari italiani dalle origini alla Grande Guerra, ''.Annali del Museo storico italiano della guerra", III


394

Piero Del Negro

DEL NEGRO 1995 P. DEL NEGRO, "Nota introduttiva", Generazioni in armi, E Ferrandino, G. Lenci, G. Segato eds., Padova, Il Poligrafo

hàre gli italiani 1993 Fare gli italiani. Scuola e cultura nell'Italia contemporanea, S. Soldani e G. Turi eds., 2 voll., Bologna, li Mulino

ISNENGHI 1977 M. ISNENGI-II, Giornali di trincea (1915-1918), Torino, Einaudi

ISNENGHI 1994 M. ISNENGHI, Utalia in piazza. I luoghi della vita pubblica dal 1848 ai gior-

ni nostri, Milano, Mondadori

LEVRA 1992 U. I .EVRA, Fare gli italiani. Memoria e celebrazione del Risorgimento, Torino,

Comitato di Torino dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano LIVI 1917

L. I.IVI, li contributo regionale degli ufficiali di fanteria durante la guerra (Cenni statistici sugli allievi della Scuola militare di Modena), "Giornale degli economisti e rivista di statistica", serie 111, XXVIII, voi. LIV MELOGRANI 1969 P. MELOGRANI, Storia politica deLla grande guerra 1915- 1918, Bari, Laterza Nuovo abbecedario 1879 Nuovo abbecedario e sillabario militare, Siena, Tip. dell'Ancora di G. Bargellini

OLIVA 1986 G. OLIVA, Esercito, paese e movimento operaio. L:antimilitarismo dal 1861 all'età giolittiana, Milano, Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia - F. Angeli OLIVIERI SANGIACOMO 1905 A. OLIVIERI SANGIACOMO, Psicologia della caserma, Torino-Roma, S.T.E.N.


Bibliografia

PIER!

395

1934

l~ PIER!, La crisi militare italiana nel Rinascimento nelle sue relazioni con la crisi politica ed economica, Napoli, Ricciardi SAF\BATUCCI

G.

SABBATUCCI,

TOBIA

B.

1980

La stampa del combattentismo, Bologna, Cappelli

1991 Una patria per gli italiani, Roma-Bari, Laterza

TOBIA,

VISMARA

18 77

A. VISMARA, L:avvocato del soldato di terra e di mare ossia la legislazione

militare commentata e spiegata, Cremona, presso l'autore



ORESTE BOVIO

ENRICO CAVIGLIA Enrico Secondo Cavigli a nacque a Finale Ligure, allora denominata Finalmarina , il 4 maggio 1862 da Pietro, commerciante, e da Antonina Saccone, casalinga. Giorgio Rochat, nel profilo di Caviglia scritto per il Dizionario Biografico degli Italiani, voi. XXIII, Roma 1979, definisce la famigli a "di media fortuna". Caviglia, nel 1938, in una lettera al direttore d el Corriere della Sera, rivendicò al proprio casato antiche origini cd antiche fortune: "Signor Direttore, vi sono a Roma delle fo111i glic israelitiche che portano il cognome Caviglia. Non so quale or igin e esse abbiano. Tutti i Caviglia della Liguria, delle Langhe, del Monfe rrato, del Sud-America e del Nord-America, e sono numero~iss imi , hanno origine da due località abitate da liguri. La Costa Cavigli a del Comune di Morbello in provincia di Alessandria, fra O vada cd Acqui; la regione montana Caviglia a nord di Ventimiglia, sulla d estra della Raia. Verso il 1550 un Caviglia scese dalla costa omonima a Savona, si sposò con Antonietta Mantello e si stabilì a .Finalmarina. JI Marchesato del Finale dipendeva dalla Spagna. Da allora ad oggi i Caviglia di questa branca hanno sempre vissuto a Finalmarina. Nel 1700 un ramo si trasferì a Pietra Ligure. Un membro di questo, che fu console di sua Maestà sarda in Egitto, fu il primo ad esplorare l'interno delle Piramidi. Mi pare che Oriani accenni a lui nella Rivolta Ideale . Nella basilica di Finalmarina, costruita nel 1700, vi è la tomba di Giorgio Caviglia "et successorum suorum"; è la prima a destra davanti all'altare maggiore. Durante du e o tre secoli di dominazione spagnola i Caviglia ebbero epoche di prosperità; dettero a lla Spagna comandanti di navi e di squadra. Nel Catasto napoleonico, esistente in Torino, si vede che erano tra i più forti proprietari del paese. Dopo la Rivoluzione francese caddero in miseria. Non ne conosco le ragioni. Lo stemma sulla tomba in chiesa fu scalpell ato dalle truppe francesi del 1796. Noi non conosciamo il nostro stemma. Alcuni anni or sono il Comune di Morbello, per un gentile riguardo verso la mia modesta persona, deliberò di mettere al Comune il nome di Caviglia-Morbello, quasi ad attestare


398

Oreste Bovio

la mia appartenenza a quella terra. Le autorità provinciali di Alessandria si opposero. Così un atto gentile di quella gente andò perduto. Io sono ligure dalla creazione del mondo, e me ne vanto. La mia famiglia ed io siamo sempre stati cattolici osservanti, e speriamo d'esserlo, con l'aiuto di Dio, fino al giudizio universale". Maresciallo d 'Italia Caviglia. Allievo del collegio Militare di Milano a quindici anni, il primo ottobre 1880 il giovane Caviglia entrò nell'Accademia Militare di Torino uscendone sottotenente nello Stato Maggiore d'Artiglieria il 5 gennaio 1882. Dopo la frequenza della Scuola <l'Applicazione, nell'agosto del 1885, promosso tenente, fu inviato al 20° reggimento da campagna dove rimase fino all'ottobre del 1888 quando, effettivo alla Brigata Cannonieri del Corpo Speciale d'Africa, si imbarcò per l'Eritrea. Rimpatriato a domanda nel 1890, dopo un breve periodo di servizio all'8° reggimento artiglieria, fu ammesso alla Scuola di Guerra. Al termine del corso biennale, superato brillantemente, il capitano Caviglia prestò servizio nel 16° reggimento artiglieria e nel Comando della Divisione Militare di Perugia fino al 2 febbraio 1896, quando fu nuovamente inviato in Eritrea. Entrato a far parte il 28 febbraio del comando del generale Baratieri, fu testimone della battaglia <li Adua del giorno successivo. Come per altri giovani ufficiali destinati a salire nell'ordinamento gerarchico, l'infelice giornata fu sempre per Caviglia un ricordo amaro ed un'esperienza drammatica. A caldo, comunque, Caviglia reagì con un'impennata del suo fiero carattere: chiese che il suo comportamento fosse sottoposto ad un'inchiesta, dato che era uscito incolume dalla battaglia. L'inchiesta riconobbe la correttezza del suo comportamento, di cui nessuno per la verità aveva mai dubitato, e così il rasserenato Caviglia potè partecipare alle operazioni contro i Dervisci condotte con grande energia dal nuovo Comandante Superiore in Africa, generale Antonio Baldissera, nel biennio 1896-97. Al termine delle operazioni Caviglia ricevette un encomio solenne "per essersi distinto durante la campagna contro i Dervi sci . Gennaio-febbraio 1897" (R. Decreto del 16 genna io 1898), segno evidente che le sue qualità d'intelletto e di carattere, unite alla seria preparazione professionale, erano state apprezzate.


Enrico Caviglia

399

Al suo rientro in Italia Caviglia fu assegnato al comando della Divisione Militare di Catanzaro. L'incarico di routine gli offrì la possibilità di osservare con grande interesse e con notevole acume la società locale. Frutto delle sue osservazioni fu un corposo articolo, pubblicato dalla Nuova Antologia (n. del 1° ottobre 1905), nel quale con grande spregiudicatezza denunciò le durissime condizioni di vita dei contadini calabresi, obbligati a coltivare una terra sempre meno produttiva a causa della mancanza assoluta di adeguate opere di sistemazione territoriale. Caviglia, inoltre, non si perirò di chiedere - nel 1905 - l'esproprio degli assenteisti proprietari di latifondi cd una coraggiosa e lungimirante opera del Governo per bonificare le zone p::iluJose e per la sistemazione dei corsi d 'acqua, responsabili di frane e di smott:1mcnti continui. Cli interessi dell'ormai maturo capitano si rivolsero a nche all'art1.: arc hi tettonica ed un suo saggio su La R occella del vescovo di S1111illace fu pubblicato nell'aprile <lei 1903 nella Rassef:na d'arte di Co rr:1do Ricci, periodico di grandissimo prestigio. L;cclettismo dimostrato come scrittore d a Enrico Caviglia non deve essere motivo di stupore. Come ha osservato Vincenzo Gallinari, Cavig,lia " discendente da molte generazioni di marinai, ma attento colti vatore di certi suoi piccoli possedimenti a rinale Marina, saprà combin are egregiamente una notevole cultura umanistica, maturata negli ann i del lento avvio della sua carriera militare, con un vivace senso del concreto che sempre lo guiderà, nell'esercizio del comando come nella contingenza della vita civile". Promosso maggiore a scelta, nel 1904 Caviglia fu nominato addetto milita re straordinario a Tokio, con l'incarico di seguire gli svi luppi della guerra russo-giapponese in Manciuria, e poi anche addetto militare a Pechino. Caviglia, aggregato con altri ufficiali europei alla 1a Armata giapponese, seguì da vicino tutti gli scontri e le battaglie più importanti, da Liao-Yang a Mukden. l?interesse professionale per il conflitto non gli impedì Ji approfondire gli aspetti umani e di osservare con attenzione le qualità caratteriali del soldato giapponese e del contadino cinese, vittima della guerra che truppe straniere conducevano sul territorio. Caviglia infatti nel suo libro Il segreto della pace, scritto pochi mesi prima della morte tra il 1943 cd il 1945, verosimilmente sulla


400

Oreste Bovio

base di un vecchio diario, e pubblicato postumo nel 1968, annota con simpatia l'attività dei contadini mancesi che tentavano, tra i disastri della guerra, di riaffermare le perenni esigenze dell'umanità. Osserva ancora il Gallinari: "sembra quasi, lo si può dedurre anche da molti altri scritti di Caviglia, che più del ricordo di un conflitto sanguinoso, per tanti aspetti precorritore <li quello che dieci anni dopo avrebbe funestato l'Europa, il soggiorno in Estremo Oriente abbia lasciato nel suo animo una costante ammirazione per la c iviltà cinese, i cui tratti più notevoli erano per lui la paziente labo riosità e la serena accettazione delle avversità". Richiamato in Italia nel 1911 effettuò un singolare viaggio di rientro attraversando l'Asia dalla Cina a l Mar Nero a cavallo, impresa sportiva di grande rilievo, quasi un'emulazione dei viaggi di Marco Polo. L'ambasciatore italiano a Tokio, marchese Guiccioli, così segnalava il trasferimento al ministro per gli Affari Esteri: "è partito oggi, 25 marzo 1911, dal Giappone per l'Italia il Tenente Colonnello Enrico Caviglia, durante sette anni addetto militare presso questa Regia Missione. Poiché egli intende nel suo viaggio di ritorno visitare il Turchestan ed il Caucaso, ritengo giungerà costì soltanto nella seconda metà di maggio. Tempra di soldato, ingegno vigoroso, cultura svariata, spirito eminentemente critico, egli si era reso ben conto di questo ambiente nel quale annoverava parecchi amici provati, così tra gli europei che fra i giapponesi. Mi è riuscito penoso il perderlo, ma mi conforta il pensiero che egli si trovi in condizioni di poter rendere a ll a patria segnalati servizi" . E l'avvenire confermerà le previsioni dell'attento ambasciatore. Assegnato al Comando del X corpo d'armata di Napoli il tenente colonnello Caviglia riprese a scrivere articoli informati e brillanti su lla Nuova Antologia e sul quotidiano Il sole riguardanti la scuola elementare in Giappone, la rivoluzione cinese, il commercio della seta. Ancora una volta: cultura e concretezza. Inviato in Libia nel 1912 collaborò al Corriere della Sera con vari articoli sulla natura geologica della costa tripolina, sulla possibilità di trovare acqua nel sottosuolo, sull'avvenire agricolo della regione costiera.


Enrico Caviglia

401

Promosso colonnello, nel 1914 divenne comandante in seconda dell'Istituto Geografico Militare <li Firenze, nell'estate <lei 1915 promosso maggior generale fu a capo dell'Intendenza della Y Armata ma già 1' 8 agosto ebbe il comando della brigata Bari, impegnata in aspri combattimenti sul Ca rso. Iniziò così il periodo più intenso della vita militare di Caviglia che in soli tre anni lo po rterà al comando <li una armata. C om e ha scritto Giorgio Rochat, durante settantacinque giorni consecutivi, nell'autunno 1915, Caviglia condusse la sua brigata nei di sperati combattimenti del Carso, perdendo 6.500 uomini, più <li q uanti ne co ntasse all'inizio delle ostilità. Sin dal primo momento Cavi glia co nfermò di possedere un rigido senso del dovere, che lo ind usse a co mandare assalti sanguinosi senza prospettiva di successo, rn:1 che lo stimolò alla continua ricerca di grandi e piccoli migliora me nti tattici per ottenere guad::igni te rritoria li anche limitati ma un risp:irmio di perdite per i suoi soldati, per i quali ebbe sempre un profon do rispetto ed un tenace attaccamento. Nella riorganizzazione del l'esercito dell a primavera del 1916 ebbe il comando della 29a divisione, con la quale lasciò nel giugno il fronte dell 'Isonzo per con correre a ferm are l' offensiva austriaca sugli Altipiani. Il suo comportamento gli valse allora la nomina a cavaliere dell'Ordine Milita re <li Savoia. Rimase sull'altopiano di Asiago fin o a l giugno 1917, prendendo parte anche alla battaglia dell'Ortigara, di cui pure aveva decisamente criticato l'impostazione. Nell'aprile era stato promosso tene nte generale per merito <li guerra. li generalissimo Cadorna aveva infatti a pprovato la proposta del Sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Carlo Porro: "Il Maggior Generale Enrico Caviglia è ufficiale di vivace intelligenza, di carattere forte e retto, dalle solide qualità militari, di sentimenti elevatissimi. Nell'attuale campagna, capo di S.M. dell' Intendenza della 3'1 Arm ata, dedicò tutta la sua grande ed indiscussa abilità professionale al perfetto funzionamento <lei servizi, portando sempre larghissimo contributo di operosa attività, di ordine, e di non comune resistenza fis ica e mentale alle vicissitudini della guerra. Nominato comandante della brigata Bari la guidò in battaglia con mano ferma e sicura cattivandosi la cieca fiducia dei suoi dipendenti in mezzo ai quali quotidianamente viveva.


402

Oreste Bovio

Con la 29a divisione, incaricato <li risalire la Val Frcnzcla per sbarrare il passo al nemico invadente, giunto fin presso il Busu, seppe su perare gravissime difficoltà logistiche, cd il giorno seguente - con competenza non comune e perfetto criterio tattico - riuscì a dislocare le sue truppe in modo da opporre sicura resistenza al nemico incalzante. Pronto nell'apprezzare le situazioni di guerra, a impiegare senza esitare le sue truppe e nell'offesa e nella difesa: di ciò diede prova nell'avanzata sull'Altipiano di Asiago cui contribuì brillantemente con la divisione ai suoi ordini. Unanimamente giudicato da tutti i superiori ufficiale generale di grande valore, il generale Caviglia racchiude in sé le doti più elette per poter aspirare al grado ambito cd onorifico di tenente generale, doti che risultano da tutto il suo passato e che trovano decisiva conferma nei lunghi mesi in cui tenne con speciale competenza il comando della 29a divisione. Al generale Caviglia è già stato affidato il comando superiore e però per premiare l'azione complessa e continuata di organizzazione, di condotta di sì prezioso ufficiale, che su gli altri eccelle per il complesso armonico delle sue doti di carattere e di energia, di intelligenza e di cultura, mi onoro proporre all'E.V. la firma dell'annesso decreto col quale il maggior generale Enrico Caviglia viene promosso tenente generale per merito di guerra, con decorrenza dal 5 aprile 1917, data della presente proposta". Nel luglio 1917 Caviglia ricevette il comando del XXIV corpo di armata, schierato lungo l'Isonzo, che con le divisioni 47a e 60a doveva passare di forza il fiume e penetrare sull'altopiano della lhinsizza nel quadro dell'undicesima battaglia dell'Isonzo. Una preparazione accurata e lo sfruttamento della sorpresa permisero al XXIV corpo di passare il fiume la mattina del 19 agosto con parte delle truppe, poi, dopo una prima manovra di fianco che spazzò via la difesa austriaca, il 20 con le altre forze, dando inizio a una rapida penetrazione nell'interno. Una manovra laterale ampliò lo sfondamento, provocò la caduta del monte Oscendrik e aprì la via al lI corpo d'armata schierato più a sud. TI 22 agosto cadde anche lo Jelcnik e dinanzi al XXIV corpo si creò un vuoto nello schieramento austriaco. La mancanza di truppe di riserva impedì tuttavia lo sfruttamento strategico del vantaggio e diede agli Austriaci il tempo di ricostruire la lo ro linea.


l!,nrico Cavixlia

403

Tra il 25 e<l il 28 agosto la spinta <lelle truppe di Caviglia si esaurì al vallone di Chiapovano: non si era ottenuta la rottura del fronte austriaco, ma era stato conseguito un notevole successo tattico, evidenziato dai guadagni territoriali insolitamente ampi e dal rapporto tra le perdite del XXIV corpo d'armata (6.400 tra morti, feriti e dispersi, su una forza di quasi 100.000 uomini) e quelle inflitte agli Austriaci (11.000 prigionieri e 150 cannoni, oltre ai morti e feriti). Si trattava della maggior vittoria italiana <lei 1917, forse la più interessante fra tutte quelle ita lian e per l'uso della sorpresa e della manovra su scala inusuale nella guerra di trincea. La p enetrazione italiana nell'altipiano della Bainsizza allarmò grandemente il Comando austriaco, certo di non poter sostenere ulteriorme nte offensive italiane di analoga potenza cd intensità. Il 25 agosto, infatti, quando la battaglia era ancora in pieno svolgim ento il Com:mdo austriaco decise di far appello alla Germania. G rave umili:izione per il giovane imperatore Carlo, ma egli era ben consapevole che il suo esercito non av rebbe retto ad un altro colpo d'ariete! M aturò così il concorso delle forze germaniche a sostegno <li quelle austriache sul fronte giul io. Cinattività sullo scacchiere francese, dopo il fallimento dell'offensiva Nivelle e gli ammutinamenti che ne seguirono, ed il crollo pressoché totale dell'esercito russo, diedero luogo ad una disponibilità, sia pure temporanea, di riserve tedesche da impiegare a favore dell'Austria nell'intento di far massa contro l'Italia e ridurla alla resa. Sette divisioni tedesche furono fatte affluire nel massimo segreto in Italia e costituirono, con 8 divisioni austriache, la 14a armata, al comando del brillante generale tedesco Otto von Bclow. Dopo la battaglia il XXIV corpo, su tre divisioni, era rimasto sulla Bainsizza a presidiare il terreno conquistato, avendo alla sua sinistra il XXVII corpo comandato dal gener:ilc Badoglio. TI 24 ottobre 191 7 la grand e offensiva austro-tedesca investì marginalmente le truppe di Caviglia, che respinsero con fermezza gli attacchi, ed investì con violenza la 19a divisione di Ba doglio, schierata dinanzi a Tolmino. Cirruenza dell'attacco austro-tedesco travolse la divisione, dilagando su Caporetto e oltre la testata dello Judrio. La sera dello stesso giorno il comando della 2a armata affidò a Caviglia la responsabilità delle tre superstiti divisioni di Badoglio e gli ordinò di iniziare il ripiegamento dalla Bainsizza. Lo sgombero <lell'altopia no, condotto sotto


404

Oreste Rovio

la pressione nemica, diede luogo a dolorose perdite e sbandamenti. Caviglia riuscì però a salvare il grosso delle sue truppe, nonché altri reparti affidatigli nel corso d ella ritirata, schierandosi il 31 ottobre sul Tagliamento con otto divisioni e portandole tutte sul Piave il 6 novembre, ancora in buona efficienza. Il suo comportamento di quei giorni gli valse una medaglia d'argento con una lusinghiera motivazione; ma il 22 n ovembre, nel corso del riordinamento dell'esercito, con grande amarezza di Caviglia, il XXIV corpo venne sciolto. Il provvedimento fu da lui interpretato come una ritorsione di Badoglio, che avrebbe approfittato della nomina a sottocapo di Stato Maggiore dell'esercito per conservare in vita il suo XXVII corpo, travolto e disfatto, sacrificando invece il XXIY, che ne aveva assorbito forze e compiti. L'episodio inasprì la rivalità fra i due grnerali, che avrebbe avuto maggiori ripercussioni negl i ann i segu enti . Caviglia si separò dalle sue truppe con un orgoglioso e vigoroso Ordine del giorno: "Ora, ufficiali, sottufficiali, caporali e soldati del XXIV Corpo, che avete conservato le vostre gloriose armi, in qualunque corpo d'armata vi troverete a combattere, la vostra fronte sia alta, la vostra coscienza tranquilla, il vostro cuore sincero, voi avete sempre fatto il vostro dovere e nessuno lo ha fatto meglio di voi. Il sacrificio, che oggi compiamo della nostra anima collettiva, no n diminuisca il nostro valore, ma lo accresca e sia di buon augurio alla Patria". Cavigli a ebbe il comando dell'VIII corpo d'armata sul Piave, poi, dal febbraio al giugno 1918, del X corpo della I armata sull'Astico. li 15 giugno 1918 l'intervento d ell 'artiglieria del suo corp o permise al contiguo corpo d 'armata inglese della VI a rmata di respingere l'attacco austriaco. Subito dopo Caviglia fu messo alla testa dell'Sa armata sul Piave, unità che no n aveva resistito con fermezza all'offensiva austriaca cd il cui comandante, generale Guido Pennella, era stato destituito. Caviglia si died e a riordinare truppe e comandi con rigore e con lucidità ed in breve l'8a armata ridiventò un affidabile strumento operativo. Si palesava intanto la c risi degli lmperi centrali e il governo italiano, fino ad a llora sostenitore della difensiva ad oltranza, cominciava a chiedere al generale Armando Diaz un'offensiva risolutrice p rima dell'inverno, anch e per le pressioni del comandante interalleato Foch. Diaz dovette accettare.


Enrico Caviglia

405

Il piano operativo predisposto dal Comando Supremo prevedeva la rottura del fronte avversario tra la 5a e la 6a armata austriaca, agendo a cavaliere della direttrice <li Vittorio Veneto, centro logistico di notevole importanza per l'esercito austriaco, con lo scopo di separare le due armate, rompere il fronte ed aggirarne i tronconi. Il comando della massa di attacco fu dato a Caviglia che, presa visione del piano operativo, lo approvò, ma chiese e ottenne l'ampliamento del fronte d'attacco fino ai ponti di Vidor a nord e alle Grave di Papadopoli a sud, per sfruttare la prevista superiorità di forze con una molteplicità di tentativi, tenendo conto delle difficoltà create dalle prossi me piene autunnali. Complessivamente erano disponibili per l'offensiva 23 divisioni di fanteria e 4 di cavalleria, ripartite in tre armate (la 12a sotto comando francese, la 103 sotto comando inglese e l'8;1 che avrebbe avuto il ruolo maggiore), inizialmente sotto il comando unico di Caviglia. Restava da prendere la decisione finale dell'offensiva; il precipitare degli avvenimenti sul fronte francese, la crisi ormai palese dell'Austria-Ungheria e l'insistenza del Presidente del Consiglio decisero Diaz ad attaccare. La paternità del disegno operativo, correttamente attribuita dalla storiografia militare al generale Diaz, comandante dell'esercito, è stata più volte messa in discussione. eallora colonnello Ugo Cavallero, capo dell'ufficio operazioni del Comando Supremo, fu indubbiamente il primo estensore del documento ma certo non spettò a lui l'approvazione e la messa a punto definitiva del piano operativo, tanto che Vittorio Emanuele III, almeno in quel periodo attento osservatore di quanto avveniva al Comando Supremo, rifiutò al Cavallero, divenuto sottosegretario al ministero della Guerra, il titolo di conte di Vittorio Veneto, tanto desiderato e tanto richiesto. Per chiudere l'argomento ricordo che alla fine degli anni Sessanta Maurizio Parri, nel 1918 maggiore di complemento assegnato all'ufficio operazioni del Comando Supremo, sulle colonne di L'Astrolabio (n. 44 del 10 nov. 1968) rivendicò il merito di essere stato il primo ideatore della manovra in quanto avrebbe suggerito al suo superiore Cavallero di "concentrare gli sforzi sulle direttrici di massimo rendimento operativo e strategico. Lasciare fermi i settori di montagna, impegnati solo a fissare le forze nemiche ed impedire spostamenti di riserve; unificare i piani della 3a e della ga Armata


406

Oreste Bovio

convergendone gli sforzi sulla direttrice Conegliano-Vittorio, puntando sulla sella di Fadalto e sulla conca di Belluno, sul rovescio dello schieramento nemico". Come si vede, se la disfatta è orfana, la vittoria ha molti genitori ... ! La battaglia, che avrebbe preso il nome di Vittorio Veneto, iniziò il 24 ottobre 1918 con attacchi insistiti della 4a armata sul Grappa che riuscirono a richiamare in quel settore le riserve del nemico. La piena del Piave costrinse Caviglia a rinviare il gittamcnto di gran parte dei ponti previsti alla notte tra il 26 e il 27, e poi spazzò via la maggior parte di quelli costruiti, isolando le teste di ponte costituite a Pederobba ed a Sernaglia. Le artiglierie austriache, inoltre, con un fuoco nutrito e ben diretto ostacolavano grandemente il gittamento di nuovi ponti, 1'8a armata rischiava la paralisi. Caviglia spostò allora il XVlll corpo d'armata, che costituiva la su::i riserva, :i sud, lo fece passare sui ponti delle Grave <li Papa<lopoli, che avevano resistito alla piena e risalire a nord il 28, in modo da eliminare le batterie austriache che battevano frontalmente il Piave ed impedivano il gittamento di nuovi ponti, operazione necessaria per far passare il fiume al grosso dell'8a armata. La manovra riuscì completamente, determinando il crollo del dispositivo di difesa austriaco. Il 29 ottobre I'8a armata passò in forze il Piave e penetrò in profondità rea lizzando una rottura strategica, facilitata dalla crisi morale e politica delle unità austro-ungariche. Lo stesso giorno il comando nemico chiese di aprire le trattative di r esa, prolungate poi sino a permettere alle truppe italiane di arrivare a Trento e Trieste. La vittoria era stata certamente facilitata dalla netta superiorità italiana; non fu però piccolo merito per Caviglia averla perseguita con ampiezza di vedute e con fermezza. Terminato il conflitto n o n mancarono a Caviglia numerosi cd ampi riconoscimenti al suo brillante operato: Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Militare di Savoia con una motivazione superba: "Capo insigne di truppe per rapidità d 'intuito, genialità di concezione, energia di azione durante tutta la guerra rese eminenti servizi; nell'ul tima battaglia, comandante di un gruppo di armate incaricato della manovra decisiva, giunse a spezzare il munitissimo fronte n emico oltre Piave ed a determinare, con pronta percezione delle possibilità strategiche, l'imparabile rotta: onde egli fu uno dei maggiori artefici


Enrico Caviglia

407

della vittoria"; promosso generale d'esercito; nominato senatore del Regno cd, infine, Ministro della Guerra. Succeduto nell'incarico al generale Zupdli nel gennaio del 1919 Caviglia proseguì le operazioni di congedamento, adottando anche nei confronti dei reduci alcune modeste provvidenze, compatibili con le dissestate finanze statali: un premio di 100 lire per il primo anno di guerra e di 50 lire per gli anni successivi, la liquidazione della polizza Nitti, un pacco vestiario ed il prolungamento per tre mesi dopo il congedo del sussidio alla famiglia. Per gli ufficiali di complemento un trattamento migliore: due mesi di stipendio per il primo anno di guerra, un mese per ciascun anno successivo, un'indennità vestiario di 250 lire. Pe r sostenere le rivendicazioni territoriali italiane in Dalmazia alla co nferenza di pace di Versailles molto osteggiate, apertamente J::il presidente statunitense Wilson e più subdolamente dalla Francia, gr::inc.l c paladina della nascente Jugoslavia, Caviglia decise di rallenta n: il ritmo dei congcdamenti, decisione rafforzata dalle pressioni del Consiglio di guerra interalleato, sempre molto preoccupato del permanere alle armi di circa 800.000 soldati ted eschi e della fluida situazione nei Balcani. I..:atteggiamento responsabile e pragmatico di Caviglia suscitò ampie rimostranze sul la stampa ed ebbe forte risonanza nel Parlamento, clamore eccessivo se si tiene presente che alla data del 15 maggio 1919 erano state congedate le classi 1885, 1886, 1887 con il conseguente scioglimento di 3 comandi d'armata, 7 di corpo d'armata e di 17 divisioni. N el successivo mese di giugno fu poi congedata la classe 1888 e furono sciolti un comando di corpo d'armata e 2 divisioni. Alla fine di giugno, quando al Presidente Orlando successe Francesco Saverio Nitti, più preoccupato del precedente del forte disavanzo della spesa statale, Caviglia dovette rassegnare le dimissioni e ritornare al servizio attivo. Ma lo attendevano ancora incari chi delicati e prestigiosi. II 21 dicembre 1919 Caviglia assunse il comando dell'8a armata e fu nominato Commissario Straordinario per la Venezia Giulia, sostituendo nell'incarico il generale Badoglio che doveva rientrare a Roma perché no minato Capo di Stato Maggiore dell'esercito. Caviglia, con la consueta energia, provvide subito ad elevare il tasso disciplinare della grande unità che doveva fronteggiare da un lato gli Jugoslavi e dall'altro la sedizione dannunziana di Fiume.


408

Oreste Bovio

Caviglia, come si è già detto, possedeva un forte senso della disciplina ed era rispettosissimo d eJle decisioni governative, adottò pertanto nei riguardi di Gabriele D'Annunzio molta fermezza e quando, dopo il trattato di Rapallo, il Presidente Giolitti ordinò di porre termine alla secessione non ebbe esitazione. Dal 24 al 28 dicembre 1920 le truppe regolari si scontrarono con i legionari fiumani e ne ebbero facilmente ragione, contenendo al massimo lo spargimento di sangue. Caviglia si dimostrò un buon servitore dello Stato e dimostrò anche che l'esercito era sempre uno strumento disciplinato e fedele alle istituzioni, ma gli animi erano esacerbati e Caviglia fu oggetto di forti denigrazioni dall'estremismo nazionalista che d efinì quegli avveni menti, con espressione drammatica e trucule nta, il "Natale di sangue". Caviglia volle reagire e scrisse su quegli avvenimenti un volume che avrebbe dovuto essere pubblicato nel 1925 se il Ministro degli Interni, I ,uigi Federzoni, non ne avesse vietato la stampa. !?autore ne conservò gelosamente le bozze, affidando ai fami liari ed agli amici più intimi il compito di dare alb luce il volume appena la situazione politica lo avesse reso possibile. Intanto, nel 1935, ne aveva ampliato il contenuto illustra ndo le premesse di politica interna e di politica internazionale dell'impresa di D'Annun zio. Soltanto nel 1948 il libro potrà finalmente venir pubblicato. Con il suo stile ancora acerbo e le sue affermazioni nette e talora rudi, esso resta a testimoniare con quanta fermezza e con quanta umiltà Enrico Caviglia avesse affrontato il doloroso dovere che la tutela degli interessi dell'Italia gli aveva imposto. In pratica quello di Fiume fu l' ul ti mo comando effettivo di truppe tenute da Caviglia. Membro del Consiglio dell'Esercito e dal 1926 Maresciallo d'Italia e Collare della S.S. Annunziata, Caviglia godette di grande prestigio e ricevette grandi onori ma in effetti non esercitò più alcuna influenza sull'organizzazione e sulla vita dell'esercito, ormai saldamente in mano al generale Badoglio dal quale lo divideva una quan to mai aspra e duratura a ntipatia. Come ha scritto Giorgio Rochat nel già citato Dizionario Biografico degli italiani, Caviglia accettò il suo emarginamento con dignità e con contenuta amarezza, senza cedere alla tentazione di guadagnare terreno trescando negli ambienti fascisti o cercando facili successi di pubblicità.


Enrico Caviglia

409

Fedele a l suo alto concetto di disciplina mantenne verso il regime fascista un atteggiamento pubblico di assoluta lealtà, esercitando però in privato una critica anche aspra e mantenendo rapporti di amicizia con alcuni antifascisti dichiarati come lvanoe Bonomi, Luigi Albertini, Marcello Solcri. La forzata inattività spinse Caviglia a riprendere l'attività di scrittore, pubblicando tra il 1930 ed il 1934 nella mondadoriana collana sulla grande guerra diretta da Angelo Gatti, tre interessanti volumi: La batta1;/ia della Bainsizza, La Dodicesima Battaglia: Caporetto, Le Tre 13attaglie del Piave. Questi volumi costituiscono un trittico che ricostituisce, pur con una sottolineatura degli avvenimenti cui l'aur-on.: aveva partecipato, la storia dei combattimenti sul nostro fronte Lla ll'agosto 1917 in poi, non mancano però riferimenti critici ai primi :11111i di guerra ed agli orientamenti generali delle Potenze intervc n111 c nel conflitto. Ai rapporti fra Governi cd Alti Comandi è dediL :lt :1 quasi la metà del primo <lei volumi citati. M:iggior respiro storico ha tuttavia La dodicesima battaglia, quella che portò, dopo Caporetto, l'esercito italiano dall'Isonzo al Piave. frutto di quasi sci anni di lavoro, quest'opera è ancora oggi pienamente valida sul piano scientifico. Essa è una argomentata e docume ntata rivendicazione della tesi, negli anni più recenti generalmente accolta dalla storiografia, che smentisce la stolta e ingenerosa accusa al comportamento delle truppe, lo "sciopero militare" di cui tanto si parlò nei primi anni dopo gli avvenimenti. "Un modesto atto di gratitud ine al glorioso fante maltrattato, sospettato, dimenticato" : così l'autore sintetizzò questo aspetto fondamentale del suo libro. Causa prima della sconfitta fu invece, per Caviglia, un inadeguato apprezzamento della situazione da parte del Comando Supremo e di quello della 2a Armata. Così, "lo sfondamento ebbe luogo per una somma di errori, di manchevolezze e, anche, di fatal ità più che sufficienti pe r spiegare la nostra sconfitta". Nel ripartire le responsabilità fra Cadorna e Capello, Caviglia si dimostra senza preconcetti cd estremamente equi librato, riconoscendo in entrambi errori e meriti. Generalmente assai severo è invece con Badoglio, comandante del XXVII Corpo d'Armata, che però, per riguardo formale al Capo di Stato Maggiore Generale di quegli anni, non viene mai nominato. Per avere un'idea dell'indipendenza di giudizio cui si ispira il libro basterà ricordare che, quando questo


410

Oreste Bovio

fu pubblicato, Cadorna era ufficialmente rivalutato cd esaltato, Badoglio ricopriva, come si è visto, la più alta carica militare e Capello era in prigione per motivi politici. Caviglia, che vi ebbe personalmente parte assai importante conducendo in salvo le sue truppe e la maggior parte di quelle del XXVTI corpo, dedica alla ritirata fino al Piave a lcune delle sue pagine migl iori. Non ne esce diminuita la saldezza morale di Cadorna nelle avversità, ma emerge chi aramente c he, anche per la sfasatura fra gli o rdin i del Comando Supremo e la situazione in continu o e rapido mutamento, i corpi d'armata e le divisioni manovrarono spesso in modo pressoché autonomo, in relazione alle possibilità effettive ed alla necessità suprema di resistere. Dalla narrazione di Caviglia appare chiaramente come fu, grazie soprattutto alla ferma determin azione dei comandanti ad ogni livell o e dei soldati, che l'esercito salvò se stesso e con se stesso il Paese. Questi volumi, specie l' ultimo, provocarono una violenta reazione dei vertici militari e po litici. Non erano infatti apparse in linea con la politica del momento alcune coraggiose affermazioni del generale ligure: il rifiuto di addossare a ll a politica giolittiana l'impreparazione dell'esercito all'inizio della guerra, l'esaltazione del valore e dello spi rito di sacrificio dei soldati in contrapp osizione alla p ochezza dei comandi, la svalutazione dell'opera del Comando Supremo durante l'ultimo anno di guerra. Anche uno studioso non certo tenero nei riguardi di Cad orna e di Badoglio , Piero Pieri, osservò che il volume sulle tre battaglie de l Piave "è ricco di osservazio ni interessanti, di notizie a volte preziose, ma scarso di documentazione e con un tono spesso cattedratico, accompagnato talora da una non adeguata valutazione dell'opera altrui". Indubbiamente Caviglia non riuscì nei suoi scritti a mantene re sempre l'equilibrio e la serenità che dovrebbero contrad distinguere l'opera d ello storico, era e rimase di quegli eventi un protagonista, ma nel complesso i suo i volumi costitui scono una sicura testimonianza ed ancora oggi si leggono con grande interesse. M a è n ella prefazione ad un volume di Alberto Cappa, La guerra totale e la sua condotta politica e strategica nel XX secolo, pubblicato nel 1940, che il pensiero di Caviglia emerge con grande chiarezza e che la sua ostilità al regime dittatoriale appare motivata e profonda.


Enrico Caviglia

411

L.:importanza del pur breve scritto per comprendere il pensiero di Caviglia ci induce a riprodurlo integralmente: "Or sono due anni avevo preparato alcune note riflettenti la strategia pura e le relazioni fra la strategia e la politica, con l'intenzione di ordinarle in due conferenze, destinate agli ufficiali allievi del nostro Istituto Superiore <li studi militari. Contemporaneamente Alberto Cappa, noto per varie sue pubblicazioni storiche e politiche, studioso di storia e d'arte della guerra, ha preparato un suo lavoro inteso specialmente a collocare nel piano d ella vita dell e nazioni il fenomeno della guerra - fenomeno principalme nte morale. È uno studio meritevole d'essere letto e meditato da chi si occupa di ::i rte militare e di politica generale: estranea, cioè, alla politica tr:111 sc1111tt: dell'interno della nazione. Chi ha una responsabilità qualsiasi, poli tica o militare, non può oggi ignorare gli eli:mi:11ti <.klla guerra totale che investono tutte le forze d e lla nazione. Alberto Cappa si propone qui di rispondere a t::i li esigenze. Vi antepongo alcune delle mie note sulla strategia, quale prefazio11e. La strategia è proteiforme; ha innumerevoli faccie, trasformantesi nei vari momenti della situazione politica e bellica. Come l'opale cambia colore ad ogni movimento. Non è definibile perfettamente in senso generale, ma in ogni situazione assume un valore particolare e concreto. Non vi sono principi, norme, dottrine che servano di guida n elle decisioni strategiche. Vi sono però regole istintive o di buon senso, eterne come l'uomo e come la lotta fra gli animali nella foresta. Sono regole di vita di guerra, che troviamo descritte nell'Iliade e formulate da Senofonte. Provvedi alla tua sicurezza; attacca i punti più deboli del nemico; la sorpresa è essenziale; quando hai deciso un'azione non perdere tempo, agisci. Tutte regole della lotta nella foresta, che furono spesso violate da tutti gli eserciti nella Grande Guerra. Una r egola, che forse non è conosciuta nelle foreste, è quella dell'economia delle forze; intendendo quel sentimento naturale che guida il banchiere a non compromettere un milione di lire per


412

Oreste Bovio

guadagnarne mille; che trattiene un ge nerale dal lanciare un'offrn siva con centinaia di migliaia di uomini per prendere una trincea. Se non vi sono ne lla strategia né principi n é dottrine che possano servire di gu ida, esistono sempre tuttavia in ogni situazione elementi positivi che il Condottiero deve conoscere o cercare di conoscere e valutare. I propri o rdinamenti milita ri e quelli d ell'avversario, il carattere e l'intelligenza dei Capi nemici, le loro tende nze teoriche e pratiche, i loro regolamenti e loro sistemazioni difensive, le forze geografich e e topografiche del teatro d 'operazione, le vie ordina ri e, le vie ferrate e la loro portata logistica etc.; tutti questi sono eleme nti noti o conoscibili. E q uanto più il Condottiero con osce delle qualità, difetti, condizioni morali, mezzi, armi, abitudini e tc. d ell'avversario, tanto più facilmente potrà prende re le su e dec isioni. Scientia rerum . Vi sono altri clementi che in linea generale non si possono conoscere in modo sicuro, così le intenzioni cd il piano d'operazioni de l nemico. Si possono però limitare ad alcune possibilità, le quali, esaminate cd :mali zzate sepa ratamente, possono portare verso la comprensione del caso più probabile. In fi ne le combinazioni create dal caso, imprevedibili, s pesso hanno un'influenza grandissima sul risultato delle operazioni. Lo studio analitico, a cui ho accen nato , è sempre possibile in tempo di pace, nella preparazione d'un pian o d'operazione. M a, a guerra di movime nto iniziata, dopo il primo sco ntro col nemico, son o l' intuizione e la sensibilità del Condottiero a decidere sull'apprezzamento della situazione e sull e conseguenti decisioni. Ho detto che il Coma ndante deve cercare con tutti i mezzi di cui dispone di valutare bene le forze ne miche, sotto tutti i punti di vista: num e ro qualità, armamento, abilità d i comando, abitudini, difetti, condizioni morali etc. Se vi sono difficoltà per valutarle bene, è preferibile il sopravvalutarl e, anziché disprezza rle. Invece deve cercare d i infondere nelle sue truppe la convinzione della loro superiorità sul nemico, specialm ente quando si tratta di truppe novizie o impressionate da qualche recente successo de l nemico. Nell 'invasione del Tre ntino nel 19.16, la z9a Divisione, formata con due brigate provenienti da diverse parti, fu inviata di rinforzo


Enrico Caviglia

4 13

sull'Alti piano di Asiago dalla parte di Val Frenzela. Al Comandante della divisione, frequentando gli ufficiali d 'una sua brigata, non sfuggì una loro sp eciale demoralizzazione, come se ritenessero le truppe nemiche superiori alle nostre. Allora egli scrisse ai suo i due briga dieri così: "Prego i signori com andanti di brigata di voler assicurare i loro ufficiali che gli austro-ungarici hanno soltanto d ue testicoli come noi". Questa è una delle numerose facce che presen ta il governo delle truppe. li governo degli uomini n ella g ue rra ha la massima importanza. La strategia e la tattica ne sono influ enzate. La rapidità dei movimenti, l'en ergia degli attacchi, la resistenza nella difensiva, le perdite quotidiane per malattie etc. I battaglioni, i reggimenti cd anche le divisioni non debbono essere considerati come numeri ma come enti dotati di un'anima collettiva. Con unità di morale alto, piene di fiducia nei loro Capi e specie in se stesse, si può osare qua lsiasi azione consentita dalla situazione e dalle armi che esse posseggono. C urare il benessere delle truppe, confortarle nei momenti di depressione, freque nti nelle guerre lunghe, è un dovere degli ufficiali di ogni grado. L'appa rire fra le truppe nel m om ento del pericolo dà al Capo un potere divino, che supera anche l'effetto deprimente del fuoco n emJCo. Il Capo che ama le sue truppe sarà abbastanza sensibile per intervenire nel momento opportuno. Sono numerose e continue le occasioni che gli si presentano per afferrare nella sua forte mano l'anima delle sue unità. Ma il non provocare perdite inutili e sacrifi ci sproporzi onati ai risultati tangibili ch e se ne ottengono e soprattutto il portare le truppe alla vittoria, rendono il Capo simile a Dio. La strategia non solo guida gli eserciti alla battaglia, ma li prepara p er la guerra, li governa nella guerra. La guerra, stile 1900, assorbe t utta la vita della nazione. Cesercito in guerra è la più grande e principale parte d ella nazione armata. Tutti i proble mi scientifici, t ecnici, morali e materia li interessano l'esercito, gli ufficia li più elevati in grado no n debbono ignorarli. Non per filosofare, ma per realizzarli.


414

Oreste Bovio

Gli uomini di guerra sommi impiegheranno lo strumento loro affidato (qualunque esso sia - terrestre, navale, aereo-) adattandosi a tutte le circostanze cd approfittandone. Non si legheranno a<l uno schema o ad un metodo tattico prestabilito, proprio od altrui. Essi studieranno il nemico, e cercheranno di imporgli le proprie volontà; gli faranno subire le condizioni da essi prescelte. Gli altri avranno sempre bisogno di uno schema. La politica e la strategia non furono mai separate da limiti ben definiti. La strategia, secondo la sua etimologia greca, avrebbe compiti e responsabilità precisi. Invece la politica, come arte e scienza <li governo <ldlo Stato, non ha limiti e penetra anche nel campo della strategia. Perciò si verificarono spesso invadenze dall'uno all'altro campo, a seconda <ld carattere delle persone che in essi operavano. Quando la politica ha esaurito tutti i suoi mezzi diplomatici per ottenere i risultati che si è proposti, allora ricorre alla guerra. Allora cerca di ottenere e conservare alleati; di provvedere i mezzi per vivere e combattere; di mantenere alto il morale della nazione perché sia decisa a perseguire la vittoria a costo dei più grossi sacrifici. Ma la responsabilità maggiore è dello stratega; la sconfitta o la vittoria sono a lui attribuite. Onde nella storia della guerra si verifica più spesso l'invasione dello stratega nel campo della politica. La storia del piano d'operazione tedesco Schlieffen-Moltke, attuato all'inizio della Grande Guerra coll'invasione del Belgio, è un esempio classico di un'a rte militare di second'ordine che, incapace di risolvere il problema strategico militarmente, cerca la soluzione violando la politica. eesperienza del conflitto mondiale ha mostrato l'importanza dei vantaggi che le armi ed i materiali moderni accordano alla difensiva nella guerra terrestre. Allora fu creata la linea Maginot, a cui seguì q uella Siegfried. Sono linee profonde varie decine di chilometri ed appoggiate ad ostacoli invulnerabili. Allo stato attuale dei mezzi d'offesa conosciuti, esse sono intransitabili. In tale guerra, esclusivamente difensiva, il compito dell'eserci to consiste nel trattenere l'avversario finché, per esaurim ento economico sia costretto a domandare la pace. Quanto alla marina il suo compito è di difendere le proprie coste e, se vi sono colonie, di assicurare anch e queste, nonché le


Hnrico Caviglia

415

vie marittime fra esse e la metropoli, infine i rifornimenti della patria per via marittima. I compiti dell'aviazione si possono riassumere così: Distruggere le forze aeronautiche nemiche; distruggere gli stabilimenti di produzione dei mezzi di guerra; disturbare, ritardare, impedire la mobilitazione dell 'esercito avversario; collaborare col proprio esercito e con la propria marina. Escludo i bombardamenti delle città indifese. A mio modo di vedere oggi non sono che dispersioni <li energia e distruzioni inutili per i fini <lella guerra. All'animo dei veri soldati ripugna la distruzione di donne, di bambini, di vecchi perpetrata senza affrontare pericoli. Analogamente erano inutili prove di vigliaccheria i bombardamenti che le navi da guerra di nazioni civili si permettevano in altri tempi contro città e villaggi costieri indifesi ed inermi. Ai fini della guerra non servono. Si ripete che così si infliggono danni ai nemici. Ignorando i sentimenti e giudicando scetticamente, non pare sia un danno per il nemico la distruzion e di bocche inutili nelle guerre tendenti a costringere l'avversario ad arremkrsi per esaurimento economico. La sconfitta della Germ ania nella Grande Guerra per il suo esaurimento economico ci permette di stabilire un aforisma di valore teorico assoluto nelle condizioni attuali dell'Euro pa. Nessuna potenza o gruppo di potenze è arbitro dei suoi destini ed in grado <li fare sia una politica indipendente sia una lunga guerra, se non è economicamente e finanziariamente indipendente, se non può procurarsi in guerra lunga le materie prime per vivere e combattere. N elle guerre totalitarie europee d'oggigiorno è questo il problema supremo. La strategia politica e la strategia militare dipendono dalla sua soluzione. E la soluzione si prepara durante la pace con la politica economica all'estero e all'interno. Buone alleanze e sicure amicizie per essere certi dei rifornimenti; politica economica e finanziaria all'interno ed all'estero per arricchire le proprie risorse di valuta, per acquistare credito, per avere forti de positi di materie prime e <li oggetti lavorati, perché tutte le case private e stabilimenti privati e pubblici abbiano scorte di ogni genere di consumo individuale e collettivo.


416

Oreste Bovio

N e consegue questo aforisma: uno Stato può fare una politica indipen dente cd essere arbi t ro dei su o i destini, qu and o t utte le conJizioni interne ed estere gl i siano così favorevoli da consentirgli piena libertà d'azione. H Capo politico eu ropeo, conscio delle su e respo nsabilità, non lancerà il su o paese in una guerra con gran di p ot enze, se non ha la possibili tà di continuarla fi no a ll'esau rim ento dell'avversario. Nel suo calcolo le for,.e mi lita r i non avran no il valore p rinci pale, bensì ie forze economiche e fi na nziarie. La possib il ità d i procurarsi i rifor:1im enti per vivne e com battere durante una lunga guerra dev'essere b sua prim a preoccupazione. Vi potrà p r ovvedere colla scelta delle allcam.e. La strategia si fo nde con la politica perché fin dal te mpo di pace :'uomo pol itico p repara la vittoria n la scon fi tta. Perciò la strategi:1 dovd esser fin dal te mpo di pace una parte della politica. PiL1 csattamcnw la politica dev'essere strategia . La costituzione sociale, b pol itica internaz io nale e nazio nale, l'eco nomia e la fi nanza statal i e mondial i, la n:.wigazione, l'in dustria cd il commercio, le scienze esatte cd appl icate in fl uenzano e dete rrninano i c:iratteri delle organizzazion i militari, della preparaz ione strategica, degli a r mamenti, del le forme t:ittiche etc. Tutto ciò deve essere compreso dagli organ i che regolano la po litica d'una nazione. In tempo di pace il Capo politico de ve stabi lire lo scop o dell e forze armate e, d'accord o col Capo m ilita re, far preparnre i mezzi propor7,ionati al raggiungime nto del l'obiettivo. Egli solo può p roporzio na re forze e mezzi d elle risorse materiali e morali della nazione, ciò ch e influisce anche ne lla scelta e defin izio ne del l'obiettivo. Tutti q uesti eleme nti non debbono essere ignorati da l Capo mili tare. Quan do scoppia la guerra, il probl ema si capovolge. Dati i mezzi disp onibili qu ale scopo ci possiamo prefigge re? Allora è il Cap o mili ta re ch e decide. Se no n si sono preved uti in tempo gli obiettivi politici e mi lita ri della guerra, lo scopo n on pu ò essere scelto. È imposto dai mezzi d isponibili, almeno in p r imo te mpo; fi nché cioè no n siano organ izzate le forze necessar ie pe r lo sco po voluto d al Capo politico. Ma no n se mpre ciò sarà possibile dura nte la guerra. La parte esclusivame n te militare della strategia d ir ige e gu ida le fo rze armate dalla mobilitazione a lla battaglia, attraverso la radu -


Enrico Caviglia

417

nata lo schieramento e l'avanzata; secondo le indicazioni generali della parte politica. Cazione àelb st rategia si sp inge fino a l campo tattico. Spesso vi è u na 7.ona intermedia in cui l'idea e l'azion e strategica si compenet:-::no con l'esecuzione tattica. 1n questa zona, come p ure nel campo tattico, è bene che la politica arresti le sue interferenze". Uno scritto breve, abbiamo detto, ma attentamentt: pomkrato perché servisse di monito all'azio ne del Governo e che riassume in modo completo ed inequivocabile le convinzioni matur:1te tbll'an ziano Maresciallo circa le responsabilità dell'uomo politico n ella preparazione e nell'ind irizzo ge nerale della guerra, la dipendenza de lle soluzioni strategiche dall e cond izion i politiche genera li, b determinante importa nza degli approvvigionamenti prima e sopratru tro durante :l conflitto, il rifiuto di indiscrimin ati e terroristici homb:irdame nti sulle popolazioni inermi. Una affermazione coraggiosa e lineare di un pensiero lontano da suggestioni autoritarie e contra rio ad una condotta della guerra improvvisata, basat;:i su H10mentance emozioni e priva di motivazioni p rofonde. Una conJanna senza appello de ll'avventurismo mussoliniano che stava per precipitare la N;:izione in una gu erra immane per dimensioni t: per l'efficacia delle armi moderne. l?andamento disastroso del secondo conflitto mondiale accentuò in Caviglia il dissenso sulla lin ea politica del governo. M ona rch ico convinto e fedele, fautore d i un o rdiname nto statuale ordinato e gerarchico, preoccupato che l'esito in fe lice della guerra potesse compromettere la stessa struttura dello Stato, Caviglia si illuse che l'Italia potesse uscire dal conflitto su lla base.: di accordi diplomatici sia con gli Anglo-americani sia con i Ted eschi. Caviglia fu colto di sorprt:sa dall'armistizio. li m attino dell'8 settembre 1943 il M aresciallo era giunto a Roma in treno per motivi privati cd aveva richiesto un'udienza al Sovrano, ud ienza che era stata stabilita per la mattina del giorno dopo. La sera dell '8 Caviglia apprese dalla radio la stipulazione de ll 'armistizio con gli Angloamericani, ne fu stupito ed impressio nato ma non comprese che l'avvenim ento av rebbe comportato l'immediato croll o de lle stru t ture statali cd il mattino successivo, quando constatò che il Quirinale era deserto e sepp e che il Sovrano ed il Presidente del Consiglio,


418

Oreste Bovio

l'odiato Maresciallo Badoglio, avevano abbandonato la capitale, si diresse al ministero della Guerra, dove cercò di mettere ordine, considcramlosi la più alta autorità militare presente in Roma. Il generale Sorice, ministro della Guerra, qualche tempo dopo giunse anch'egli al ministero e Caviglia poté incontrarsi con lui e altri ministri rimasti a Roma, con i Marescialli De Bono, Graziani, Bastico e con alcuni generali. Convocò il gen. Calvi di Bergolo, comandante di divisione, e il gen. Soddu. Ricevette la visita tardiva del gen. Carboni, comandante della piazza militare di Roma, assentatosi dal suo ufficio per un'inutile ispezione alla zona ci rcostante della Capitale, e considerò giustamente prive di valore le speranze che egli espresse circa un possibile, imminente aiuto americano. Ebbe colloqui con Bonomi e poi con Lussu, Pertini e altri uomini politici antifascisti. Inviò un radiogramma a Vittori o Emanuele lii in navigazione verso Brindisi, chiedendogli di formalizzare la propria iniziativa con un conferimento di comando. 11 Re rispose affermativamente, ma il dispaccio partito dalla "Baionetta" e giunto a Roma venne recapitato quando il maresciallo era ripartito. In quei giorni il Maresciallo Caviglia s'incontrò due volte con il Maresciallo tedesco Kesselring al Quartier generale germanico di Frascati, cercando di mitigarne i propositi. Quando gli venne comunicata la minaccia del bomba rdamento aereo di Roma, che sarebbe avvenuto se le truppe italiane non avessero deposto le armi e la notizia che la rappresaglia poteva essere evitata con la loro resa, mitigata dalla promessa degli onori alle bandiere e del congedo dei milita ri d isarmati, Caviglia consigliò al gen. Calvi di Bergolo di accettare l'ultimatum. li vecchio Maresciallo aveva compreso l'impossibilità della difesa della Capitale. I Tedeschi non rispettarono le promesse e si limitarono a sospendere il bombarda me nto aereo. Caviglia ritornò amareggiato alla sua Finalmarina, senza esercitare influenza alcuna sulle nuove formazioni militari che Graziani stava organizzando per continuare la lotta contro gli Anglo-americani a fianco dei Tedeschi. Fu però un osservatore attento degli avvenimenti e nel Diario, che Caviglia compilava fin dal 1925 , non mancano annotazioni puntuali e lungimiranti, come quelle che si riportano sul movimento partigiano: "15 settembre 1944.


Enrico Caviglia

41 9

Parlo ora dei partigiani, i quali resteranno dopo la scomp arsa <lcl fascismo. I primi gruppi furono costituiti con gli clementi dell'Esercito e della Marina che non vollero riconoscere il governo repubblicano cd ebbero a lottare contro le SS tedesch e cd italiane e contro le guardie repubblicane. Essi furono rinforzati via via da quei giovani avventurosi che non vollero arruolarsi nelle truppe repubblicane, e vanno acquistando la simpatia del paese, perché si regolano correttamente, disciplinati, rispettano la proprietà privata e le persone e liberano, dove p ossono, i centri agricoli vicini dalle angherie dei battaglioni Muti, Rersaglicri, San Marco, Brigate Nere. Le odiosità commesse da tali truppe, favoriscono la p opolarità dei partigiani, i quali assumono la figura di liberatori. Mancano e scarseggiano, armi, munizioni, vestiario, ma a poco a poco si vanno rivestendo e a rmando. Vi è una debolezza nella loro rudimentale orga nizzazione, perc hé il partito comunista vorrebbe <lar lo ro la sua tinta politica sul tipo del fascismo, mentre altre organizzazioni partigiane che combatton o il fascismo repubblicano, non voglion o tinte politiche di alcun genere. Così vi è nelle forze una scissione deplo revo le, che si manifesterà violenta in seguito, se i capi comunisti non si persuaderanno, che la loro azione è deleteri a. Essi vogliono forze p er il partito, come Mussolini p er il fascismo, e non per l' Italia". "20 dicembre 1944. ~: s upe rfluo dimostrare come s ia p ericoloso ricorre re alla violenza. li partito socialista, per aver ricorso alla violenza, fu la principale causa efficiente della rivoluzione fascista. Non si crea ch e qualche nuovo guaio a ll'Italia con la violenza. TI partito comunista, prendendo esempio dalla Russia, si sta o rganizzando ed armando per imporsi con la violenza. Finché ci sarà questo governo provvisorio, non lo farà. Bisogna essere decisi a mantenere l'o rdine e a dare a tutti i partiti politici la stessa facoltà di diffondere le proprie idee. Piena libertà di parola, di stampa e di riunione, vietando a tutti i partiti di a rmarsi. Vogliamo però che ogni partito rispetti gli altri partiti nelle loro azioni <li propaganda". Caviglia, sempre coerente con i suoi convincimenti, approvava quindi e condivideva l'azion e partigiana intesa come guerra d i


420

Oreste Rovio

liberazione contro l'invasore tedesco ed i suoi manutengoli italiani , era invece fortemente critico nei confronti di coloro che erano intenzi onati a trasformare b lotta patriottica in guerra civile. Per b verità non sempre il Diario registra gl i avvenimenti con uguale obiettività, non mancano infatti, per quanto non numerosi, ap prezzamenti e giudizi poco equilibrati e poco rispettosi del reale andamento dei fatti, ispirati a Caviglia dal risentimento per torti veri e p resunti subiti anche molto addietro nel tempo e ingigantiti dall'e marginazione dalla vita politica cui era costretto, come questo infelice ritratto Jcl generale Diaz, stilato il 22 marzo 1928: "Due settimane or sono è morro Diaz e sono andato ai suoi fu nera li c he sono riusciti grandiosi , forse superiori ai suoi meriti p rofessionali. Ieri ho saputo che danno alla vedova un milione, oltre alla rendita vitalizia di centomila lire. Trattano ia vedova meglio di lui. Diaz era un brav'uomo e un buon soldato e si orientava sui principi morali e disciplinari in noi instillati nell'Accademia militare. Possedeva un carattere grigio, adattabi le, come b pasta, a qualsiasi altro carattere. Per tutta la vita aveva svolto funzioni da segretario e quello era il suo posto; non aveva idee proprie ma ripeteva con garbo ciò che aveva imparato a scuola. Non intese mai bene perché l'Italia abbia vinto a Vittorio Veneto e al Piave, cd è morto senza saperlo. Ma aveva la più grande qualid che un uomo possa desiderare: era fortunato! Se a ll'inizio della guerra fosse stato al Comando Supremo, col suo carattere debole, non av rebbe saputo imporre al Governo i sacrifici necessari e avremmo condo tto una guerra di ripieghi; ma egli suc cedette a Cadorna in una situazione mediocre in cui altro non v'era da fare che aspettare, in un atteggiamento di difensiva passiva che bene si adattava al suo carattere". Giudizio acido, sostanzialmente ingiusto, indubbiamente frutto di risentimenti e forse di invidia, un giudizio in definitiva che costituisce un'ombra più per il giudice che per il giudicato. Da rimarcare, inoltre, che Caviglia si espresse in ben d iversi termini n ei confronti di Cadorna: "Tl general e Cadorna, sconfitto sull'Isonzo, affrontò a testa alta il colpo della fortuna; ritirò l'esercito dietro il Piave, scelse la nu ova fronte difensiva con la completa conoscenza dei suoi caratteri strategici e tattici; schierò con


Enrico Caviglia

421

rapidità e precisione le nostre rimanenti forze sulle nuove posizioni. Q uesto fu il suo capolavoro" 1• Nel complesso però anche dal Diario, che verrà pubblicato pos tumo nel 1952, a cura di Mario Zino, Caviglia emerge come una figura di grande rilievo, come un uomo di forte carattere, permea to di buona cultura e nato per l'azione e per il comando, un comandante prima ancora che un generale. Il Maresciallo Caviglia si spense a Finale il 22 marzo 1945. Nel giugno 1952 la salma fu traslata in un mausoleo ricavato da un antico torrione di guardia, situato sullo sperone di San Donato a Finale. Alle solenni onoranze rese alla salma p resenziò il Presidente della Repubblica Luigi Einaud i e Vittorio Emanuele Orlando, il Presidente della Vittoria, tenne il discorso commemorativo. La città di Finale 2, inoltre, nella centrale Pia zza Vittorio Emanuel e II ha collocato una grande lapide, o pera dell' a rchitetto G. Denegri, a ricordo del "Maresciallo d'Italia Enrico Caviglia conquistatore della Bainsizza e di Vittorio Veneto". Sotto il busto del M aresciallo nella iapide sono incise alcune frasi dell'incitamento rivolto da Caviglia ai suoi soidati al le ore 12 del 25 ottobre 1918: "È necessario che stanotte tutti i ponti siano nuovamente gittati. È necessario che il maggior numero possibile di unità passino su lb sponda sinistra del fiume. È necessario infine che le truppe che si trovano oltre Piave attacchino violentemente, rendano con ogni ardore a l raggiungimento degli obiettivi prefissi. È l' Italia che ordina, noi dobbiamo obbedi re. Generale Caviglia comandante l'Vlll armata".

1 ENRICO CAVIUIA, Le tre battaglie del Piave, Milano, Mondadori, 1935, p. 3. 2 Nella cittadina ligure è nato anche un distinto generale dell'armata sarda, ricordato da una lapide apposta sulla pregevole facciata barocca di un palazzo nobiliare sito nel centro storico del Borgo vecchio: "Nacque in questa casa il 21 gennaio 180 I/il generale Ma neo Annibale Arnaldi/coman<lantc della brigata Cuneo/M edaglia d'argento a Goito (1848) e a Novara (1849)/ 0rdine dei SS. Maurizio e Lazzaro (Crimea 1855)/0rdine Militare di Savoia (Vinzaglio 1859)/Morì a Brescia il 20 luglio 1859/ per le ferite riportate nella battaglia di San Martino''.



FLAVIO RUSSO

INGEGNERI ITALIANI ALLA GOLETIA DI TUNISI La genesi dei Presidi Nell'aprile del 711, Gebd cl Tarik, condottiero musulmano, forse berbero, forse arabo, traversato lo stretto che da allora tramanda il suo nome - Gibilterra - sbarcò in Spagna. Ai suoi ordini, con buona probabilità, almeno 10-12.000 combattenti, in parte mori in parte arabi. Da l punto di vista strategico, non si trattò di una ennesima massiccia incursione ma della punta avanzata ed avanzante della fulminea espansione islamica ad occidente conseguente alla morte di Maometto nel 632. Quasi certamente neanche lo stesso Tarik si rese conto della differenza fin quando, verso la fine di luglio, sbaragliò, in una epica battaglia protrattasi per otto giorni, Rodrigo il re dei visigoti 1• Da quel momento nessun temibile avversario poteva impedirgli la conquista stabile dell'intera penisola iberica. Pertanto, suddiviso il suo esercito in distinte unità, le lanciò contro Cordova, 1 R. Fo tz, A. Gu1u.ou, L. M ussET, D. Sou1mE1., Origine e formazione dell'Europa medievale, Bari, 1975, p. 240, ricostruiscono così la conquista : "In realtà l'invasione della Spagna non fu premeditata, ma improvvisata e cominciata per giunta all'insaputa del governatore della nuova provincia maghrebina, Musa ibn Nusair, dal capo berbero chiamato Tariq ibn Ziyàd, scelto dallo stesso governatore come luogotenente della regione orientale. Alla testa di 7.000 Berberi islamizzati, T.·uiq (il cui nome sarà poi associato a quello del promontorio roccioso presso il quale approdò la flotta, Gebcl Tariq, divenuto Gibilterra) sbarcò nell'odierna baia d 'Alghesiras e iniziò un'incursione rapida che, dopo la vittoria riportata sulle rive del lago Janda, nel luglio del 7 11, sulle truppe del re Rodrigo, lo condu~se fino a Siviglia. l)i là T.1riq, dirigendosi verso il nord, oltrepassò Carmona, sconfisse di nuovo i resti dell'esercito visigoto presso Ecija, espugnò questa località e cinse d'assedio Cordova, dove lasciò un suo luogotenente. Ancor prima della capitolazione della città, avvenuta in capo a due mesi, Tariq si dirigeva verso Toledo, capitale del regno, che era stata disertata dalla popolazione cristiana e che subito capitolò. Egli proseguì ancora la sua strada verso il nord fin nella regione di Burgos... Nel giugno del 712, Musa sbarcò a sua volta ad Alghesiras con quasi 18.000 uomini, per la maggior parte arabi questa volta. Egli si mise ad occupare definitivamente le città dell'interno, tralasciando però le fortezze del litorale, e seguì un itinerario piÌI rapido <li quello <li 'fariq: da Siviglia, attraversava la Sierra Morena e cingeva d'assedio Merida, che riusciva ad espugnare nel giugno del 713 ... Questa vittoria gli permise di diventar padrone dell'altopiano d' Estremadura e di schiacciare i resti <lcll'esercito del re Rodrigo presso Salamanca ... ".


424

Flavio Russo

Malaga, Elvira e Toledo. D opo le prime vittorie un secondo e più cospicuo contingente di circa 18.000 uomini, sopraggiunse dall'Africa, rendendo irreversibile l'intera operazione. La popolazione cri stiana, sc::impata alla cattura, si rifugiò atterrita nella regione montuosa settentrionale, organizzando, sotto il comando di qualche irriducibile barone, piccoli regni autonomi. Gli invasori dal canto loro evitarono di impelagarsi nella prevedibile guerriglia tra quelle aspre contrade e diressero, invece, verso le pingui regioni della Francia. Valicati i Pirenei, superate con facilità le insignificanti resistenze locali, continuarono ad avanzare: ma sui campi di Poitiers, nd 732, i soldati di Carlo Martello stroncarono ogni loro ulteriore illusione. Lo straordinario successo rinfocolò le speranze degli spagnoli: i mori non erano imbattibili e, sebbene improbo, sarebbe stato possibile ricacci::irli in mare. Ovviamente la sola tattica disponibile contemplava spallate progressive e l'::istuto sfruttamento dell e loro discordie interne, <li giorno in giorno, sempre più devasla11ti e suicide 2 • Quale corollario operativo ogn i recupero territoriale avrebbe impli c::ito la costruzione di un caposaldo avanzato, un 'presidio', onde radicare il nuovo assetto e fornire una base per la successiva iniziativa. N ell'antico castigliano il tcrmine presidio 3 possiede un signi ficnto letterale di poco divergente Jall' i<lentico italiano: fortezza, guarnigione, difesa. Da un punto di vista, invece, strettamente militare la valenza risu.l ta notevolmente diversa, riecheggiando b tattica di conquista

2 R. Foi z , A. Gun .wu, L. M u~sET, D. SmmnE1., OriKii1e... , cit, p. 64 J: " Dopo b caduta del c1 liffato le imprese di riconquista conohlwrn un;i nuova ripresa, mentre in cene zonc i nuovi Stati islamici d'Andalusia accettavano una specie di protettorato dei sovran i cristiani per difendcrsi contro le :1111hizioni dei loro vicini. Gli Stati cristiani si rafforzarono allora progressivamente: la contca di 13::trcellona, dopo aver imposto la sua autorità all'intera Catalogna, fece pagarc un tributo al reuccio musulm:rno di Saragozza ... Quanto al re di Navarra, Sancio il Grande (1001-1035), egli riuscì ad estendere:: la sua autorità sullc Asturie, b C 1stiglia e l'Aragon:i ... ma la divisione c he ebbe luogo dopo b sua morte fccc riappa rire d ei principati indipendenti, b Navarra, l'Aragona e la Castigli a; qu est'ultima, divcntara poco dopo un regno, si mise a capo dt:I movimento contro l'Jslam ... ". 3 L. FRJ\NCJOSJN I, Vocabolario Espanol, e Jtaliano, nel quale con la facilità, e copia che in altri manca, si dichiarano, e con proprietà convertono tutte le voci Toscane i11 Castigliano, e le Castigliane in Tosca110, Roma, 1620, seconda parte

alla voce.


lngegneri italiani alla Goletta di Tunisi

425

medievale, in particolare crociata 4, derivazione a sua volta dall'etimo latino. Per i romani, infatti, la 'presenza' stabile in armi su di un territorio nemico, evidenziata e sintetizzata dall'insediamento di un presidium, costituiva la tangibile conferma della sua sottomissione, ovvero, più in generale, l'esito vittorioso di una campagna militare. Il presidio, pertanto, pur rispondendo, senza dubbio, ad una finalità difensiva nei confronti di un eventuale contrattacco nemico, tradiva una altrettanto evidente connotazione repressiva sui residenti limitrofi, non ancora sottomessi o integrati pienamente. Il suo impianto, in ultima analisi, serviva per incutere e ribadire costantemente lo stato di soggezione agli sconfitti, od agli annessi, scoraggiandone, e nei casi peggiori frustrandone, ribellioni e rivendicazioni indipendentistiche. Tale peculiarita sarà, in età moderna assolta dalle 'cittadelle'. Avviatasi con un simile viatico la riconquista della Spagna, nessuna meraviglia che si protrasse per quasi otto secoli, in un interminabile stillicidio di razzie, rappresaglie ed atrocità fra le due etnie. Per diversi aspetti può considerarsi come una sorta di antesignana crociata, e per il fanatismo religioso che la contraddistinse e per la reciproca volontà di annientamento tra cristiani e musulmani 5 . 4 Non a caso S. RuNc.JMAN, Storia delle Crociate, rist. Torino, 1970, voi. Il, p. 1085, afferma: "Nell'arte del la guerra, ad eccezione della costruzione di castelli, l'Occidente mostrò di non aver imparato nulla dalle crociate". Più in particolare circa la causa di tale evid ente evoluzione dell'architettura militare, precisa S. LANc.;È, i\rchitettura delle crociate in Palestina, Como, 1965, p. 91: "I problemi erano innumerevoli e di difficile soluzione, da que ll o dell 'acclim.ttamcnto degli uomini ... a quello dell'adattamento della tecnica costrutti va ... a quello dell'ancora i111perfe tta conos<.:enza dei luoghi ... ed infine alla necessità di dover affrontare eserciti che, oltre ad aver sempre a disposizione forze fresche erano in possesso di una tec nica molto raffinata che il mondo dell'Islam aveva ricevuto dalla tradizion e greca e bizantina. A tutti questi problemi i crociati risposero con una rapida evoluzione delle fortificazioni ... [chej nel volgere di circa mezzo secolo sarebbero diventate ... modello per t"Utta l'architt:ttura militare dell'Occidente". 5 H. PIRENNE, Maometto e Cc1r/omag110, Bari, 1976, p. 140, approfondisce le ragioni della non integrazione fra le due nuove componenti etniche della Spagna evidenziandone le singolarità: "Il grande problema che si pone a questo punto è d i sapere perché gli Arabi, i quali non erano certamente più numerosi dei Germani, non furono assorbiti come loro dalle popolazioni dei paesi di civiltà superiore, dei quali s' impadronirono ... Non c'è che una risposta ed è di online morale. Mentre i Germani non ebbero niente da opporre al cristianesimo dell'impero, gli Arabi erano esaltati da una fede nuova. Questo e questo solo li rese inassimilabili ... ".


426

Flavio Russo

Secolo d opo secolo, strage dopo strage, il lento ed inesorabile progredire della riconquista moltiplicò a dismisura il numero d ei presidi, tanto che la principale promotrice della riconquista finì per essere per antonomasia la Castiglia, la terra dei castelli 6 • Per l'esattezza, tra: " ...i monti Cantabrici si gettarono le fondamenta di uno dei nuclei cri stiani, il regn o d i 'Astur'. Popolazione proveniente dalle Asturie e 'mozarabi' che emigravano da El-Andalus [attuale Andalusiaj verso le terre cristiane del nord, colon izzarono, nel corso <lei secoli che vanno <lai IX al XII, le pianure della conca del fiume Due ro. Nella zona o rien tale di tale bacino, lì dove furono più frequenti le lotte dei cristiani contro le razzie islamich e, andò prendendo corpo la contea di Castiglia: dove si svi luppò un t ipo di società a datta alle condizioni della vita di frontiera. Come dice E. Lourie, si mise in moto una società 'preparata per la guerra'. Ebbene, quel carattere militare impregnò in qualche modo nttta la vita dei castigliani del Medioevo. In tali condizioni, come non mettere in rapporto le mura con l' idea ossessiva della sicurezza? Occorre, tuttavia, tener conto del fatto che ci troviamo di fronte ad un processo che subì dei cambiamenti nelle varie epoche. l.?altopiano del fiume Duero, territorio-asse <lei regni di Leòn e di Castiglia ... era stat o, sin dalla metà dell'VIIJ secolo , una zona scmideserta ... la cui ocupazione da parte dei cristiani avvenne secondo le possibilità demografiche ... Le truppe islamiche difficilmente lvij si spingevano da El-Andalus ... Solo le grandi razzie d i Almanzor, nella seconda metà del X secolo interruppero tale tendenza. Questo contesto spiega il fatto che occorre rà aspettare la fin e dell'XI secolo perché vengano costruite grandi mura urbane in terra di Castigli a e di Leòn ... Dalla metà dcll'XI secolo assistiamo ... ad un sostanziale cambiamento nel rappo rto di fo rze tra la Cristianità e l'Islam. La fine del califfato di Còrdoba segnò l' ini zio di un 'offensiva general e da parte dei regni cristiani. La linea del Duero fu

6 T. CELOTII, Storia di Spagna, Milano, 1940, p. 186, puntualizza al riguardo: "La Castiglia che prima si chi amava Rardulia e doveva il suo nome ai numerosi castelli, fu la sentinella avanzata degli Stati cristiani contro gli infedeli ... la Castiglia soltanto fece della riconquista lo scopo supremo della sua esistenza ... ".


Ingegneri italiani alla Goletta di Tunisi

427

attraversata e il territorio compreso fra il fiume ed il sistema centrale ... [Extremaduras] fu occupato dai cristiani nella seconda metà dell'XI secolo: nell'anno 1100, costituiva una vera frontiera, essendosi i musulmani stanziati sull'altro lato della Sierra, nella valle del fiume Tajo. Ciò spiega come le città e i borghi delle Extremaduras siano nati soprattutto in funzione del loro ruolo militare e come il ruolo dirigente sia stato nelle mani dei cavalieri che erano un gruppo sociale dedito alla guerra. Da qui si organizzavano sortite a cavallo verso il territorio nemico, e se il nemico attaccava, le mura delle città e dei borghi costituivano un sicuro riparo. Il che spiega l'importanza delle mura cittadine in questo territorio ..." 7• Rappresentavano, a ben riflettere, un paradosso tattico. Da un lato, infatti, evidenziavano la concretezza del successo della riconquista, dall'altro, però, la sua altrettanto innegabile debolezza. Il proliferare di centri abitati di modestissima entità demografica cospicuamente fortificati lascia intuirne pienamente la precarietà, per cui il surdimensionamento delle difese sembra dettato da un programma di affermazione futura piuttosto che contemporanea. Ma forse fu quella la vera peculiarità della concezione castigliana dei 'presidios', ovvero di controllare loro tramite con poche forze una regione non ancora totalmente sottomessa, potendovi in caso di necessità concentrare ingenti aiuti. Una identica impostazione del resto si ravvisa anche per i castelli eretti in Terrasanta nel corso delle crociate 8•

7

J. V. BARUNQUE, Le cinte murarie urbane nella Castiglia medievale, in La città e le mura, a cura C. DE SETA e J. LF. GoFF, Bari, 1989, pp. 60-61. 8

La costruzione ed il ruolo <li m olti di questi castelli non può essere confusa con il contemporaneo ed equivalente fenomeno dell' Europa medievale. Intorno ad essi infatti non risiedeva una popolazione sostanzialmente fedele e docile, ma al contrario una emia ostile e sempre pronta a combattere. Nuovamente risalta il ruolo repressivo ed oppressivo di queste fortificazioni, difensive soltanto per i pochi che racchiudevano a dispetto dei molti che le circondavano. ln epoca successiva le due tipologie sembrano trovare, almeno per la Spagna, una sorta di chiara divaricazione con una diversa nominazionc. Precisa infatti A. CAMARA MUNOZ, Città e difesa dei regni peninsulari nella Spagna imperiale, in La città e le mura... , cit., pp. 84-85: "Vincente Mut, nel suo trattato di Architettura militare (Mallorca 1664) dedicava un capitolo a Castelli, Cittadelle e Fortezze Reali di frontiera. fino a quel momento le differenze tra 'castello' e 'cittadella' non erano apparse molto chiare. A tutto era stato


428

Flavio Russo

L'infittirsi della trama delle fortificazioni con il trascorrere dei secoli, infatti, giovò notevolm ente alle operazioni campali della riconquista, stabilizzandone i successi e favorendone le ulteriori avanzate 9 • Per i pianificatori militari castigliani fu la piena conferma della rispondenza strategica della prassi che, nei periodi successivi, no n subì p iù sostanziali alterazioni tranne quelle imposte in funzione difensiva e, soprattutto, offensiva dall 'avvento dell'artiglieria. La caduta di Costantinopoli nel 1453 diede nuovo slancio alla riconquista e tra il 1455 ed il 1457 ben sei campagne vennero intraprese contro Granada 10, principale città moresca, altrettanto puntualmente fallite. La determinazio ne d ei casti gliani, aizzata anche d all a grande scorreria compiuta nel 1466 dall'emiro Muley-Abu lHacen nel loro territorio , e la eccezion ale disponibilità di uomini e

segue nota

dato il nome di 'castello' , ma la differenza non è d i poco conto, se si pensa che la co struzio ne delle cittadelle· aveva sempre comportato le proteste della popolazione. Una buo na defini zione risa le alla metà del XVI secol o: " la cittadella è un castello che tiene assoggetta to un paese e al tempo stesso lo di fe nde dai suoi nemici ". Questo spiega pe rché, d urante il periodo in esame, i due termini fossero utilizzati indistintamente ... Le ci ttade lle respinte sempre dai cittad ini - come riferivano gli stessi trattatisti - perché rapprese ntavano il dom inio militare e politico sul loro te rritorio ... era no presenti ... co n q ueste caratteristiche .... Il te rmine 'cittadella' im plica va il controllo da parte della mo narch ia, dei territori dell a cui fedeltà si poteva d ubitare... [e veniva] associato a ll ' idea del controllo con la forza" .... Fu questa in definiti va la concezione matura d e i 'presidios'. 9 Acutamente il p rocesso è sintetizzato da E. GUIDONI, La città dal medioevo

al rinascimento, Ba ri, 1981, pp. 44-49: "L1 politica territo riale seguita dai regni di Leòn, Castiglia, Aragona e da l regno del Portogallo consiste nell'attaccare le rispett ive fronti ere con i musulman i secondo la d irettrice nord-sud : in tal modo si evitava il sorgere di nuovi regni , me ntre tutti q ue lli che a vevano una fromi era e ran o destinati a ingrandirsi progressivamente ... In genera le si favorisce cmi particol ari p rivilegi il ripopolamento, cerca ndo di attrarre le popol azioni del territorio circostante che si dispongono in aree piuttosto vaste in piccoli bo rghi separati , raccolti into rno alla chiesa parrocchia le ... solo più ta rd i riuniti entro una grande cinta muraria ... M a questo tipo di aggregazione poco compatta, a carattere nettamente agricolo-pastorale, rispecchia una situazione diffusa: la creazio ne 'artificiale' della c ittà, che sorge per iniziativa reale, la fa assimilare, nel suo fo rmarsi per nuclei, a un microterritorio, circondato ... da una gigantesca muraglia ... ". 10 Nelle campagne seguenti che portarono alla conquista di Granada, le forze cristia ne nel 1484 espug narono Alora: era la prima volta nel corso della 'reconquista' che le artiglierie d'assedio decretarono la cadu ta di una piazza.


Ingegneri italiani alla Goletta di 'limisi

429

mezzi conseguente al matrimonio di Isabella con ferdinando 11 , che significò in pratica la fusione della Castiglia con l'Aragona, alla fine decretarono la sconfitta della città. Non mancò a fanatizzare l'ultima fase delle riconquiste il tradizionale sp irito di crociata, abilmente canalizzato dai due sovrani. Infatti: "l'idea della crociata, con le sue implicanze religiose cd emotive, era - per così dire - a pronta disposizione di Ferdinando e di Isabella. E proprio una vigorosa ripresa della guerra contro Granada sarebbe stata più di ogni altro un mezzo efficace nell'u nire il paese dietro i nuovi sovrani e nell'associare Corona e popolo in un'impresa eroica che avrebbe fatto risuonare il nome della Spagna per tutta la cristianità. Cattacco iniziò nel 1482 con la presa di Alhama da parte delle forze castigliane. Successivamente fu proseguito con una serie di metodiche campagne di guerra con cui si volle rosicchiare un boccone <lopo l'altro il regno moresco, fino a che questo non si ridusse alla sola città di Granada. Questo tipo di guerra ... fornì un 'esperienza consid erevole ... " 12 . Il 6 gennaio del 1492, Ferdi nando ed Isabella varcarono trionfalmente le nmra di Granada, ultima roccafone musulmana di Spagna,

11 Ferdinando d'Aragona aveva sposato Isabella di Castiglia il 19 ottobre del 1469 a Vallodolid in una residenza privata. Erano entrambi giova nissimi, per l' esattezza 18 ann i la sposa l 7 lo sposo e si erano conosciuti per la prima volta soltanto quattro giorni prima. La loro situazione contingente al momento delle nozze risultava estremamente critica tanto che per contrarle dovettero chiedere un prestito. Al di là dell'apparenza il loro matrimonio però scaturiva da una serie di ponderate valutazioni, non tutte cerrame m e personali, ma che gli interessati finirono per condividere pienamente. Solo dal 1479, però, dopo la morte del padre di Ferdinando, Giovanni li d'Aragona, la loro sovranità entrò nella pienezza del potere. I due consorti passarono alla storia sotto la definizione di Re Cattolici. Da un punto di vista politico l'unione dell'Aragona e della Castiglia fu una sorta di simbiosi mutualistica. La Corona d'Aragona al momento della fusione appariva debole ed esausta sotto il profilo militare, ma notevolmente esperta ed evoluta nel settore amministrativo e burocratico. Dal canto suo la Castiglia ostentava un eccezionalt: dinamismo cd intraprendenza. Lt: due corone che si sart:bbero ufficialmente riunite solo su l capo di uno dei leggittirni eredi, consentivano però già da allora la fusione, dopo molti secoli, dell e forze dei due rispettiv i regni p remessa fondamentale per la conquista dell'ultimo baluardo della potenza moresca in Spagna. 12 Da). H. Eu.101-r, La Spagna imperiale 1469-1716, Bologna, 1982, pp. 48 -49.


430

Flavio Russo

ormai arresasi alle armi cristiane 13 . Sembrò così che l'interminabile crociata fosse finalmente esaurita ma, in breve, fu chiaro che tanto la fascia costiera mediterranea, quanto l'area montuosa interna, apparivano estremamente esposte a prevedibili razzie. La vittoria, infatti, appena conseguita non aveva ancora potuto trovare sul piano civile un'adeguata gestione. Sia i mori riparati in Nordafrica sia quelli rimasti in Spagna, rifugiatisi tra le montagne, costituivano per la corona una crescente preoccupazione. Dai primi si temevano ritorni vendicativi, dai secondi banditismo e guerriglia. Il timore, peraltro non privo di emblematici riscontri, che dall'opposta sponda del Mediterraneo i musulmani con l'aiuto dei correligionari regnicoli potessero avviare incursioni e razzie contro le località rivierasche divenne l'incubo dei sovrani. Infatti la: " ... Spagna moresca e l'Africa settentrionale moresca che avevano fruito per tanto tempo di una sola civiltà si erano trovate d'un tratto e per imposizione esterna divise. Temendo una collusione tra i mori africani e quelli spagnoli, renitenti ad accettare la nuova frontiera, Ferdinando ed Isabella fecero di tutto per proteggerla e a tal fine costruirono torri di guardia lungo la costa andalusa e insediarono diverse guarnigioni costiere ... " 14. La conquista di Granada si riguardò, in definitiva, non diversamente dall'acquisizione di un ennesimo caposaldo musulmano, posto sulla sponda di un fiume di notevole larghezza fungente da temporanea frontiera tra le due etnie. Sull'altra pertanto restava, sempre intatta e minacciosa, la potenza nemica pronta ad approfittare di qualsiasi ribellione interna per attaccare. L'unica maniera, quindi, per stornare radicalmente l'angosciante esposizione sarebbe consistita, non tanto nel chiudere la costa con opere fortificate quanto, piuttosto nell'eliminare innanzitutto i mori di Spagna 13 Secondo la tradizione, tra la popolazione plaudente all'ingresso dei sovrani in Granada si trovava anche Cristoforo Colombo. Di sicuro il grande navigatore ottenne, tramite l'intervento di padre Pérez, un colloquio con la regina Isabella verso il Natale del 1491 al campo di Santafé dove risiedeva in attesa della caduta, reputata ormai imminente, di G ranada serrata dall'assedio. In merito cfr. A SOLMI, 1 conquistatori degli oceani, Novara, 1984, pp. 61-62.

14 Da J. H. ELuorr, La Spagna ... cit., p. 53.


Tngegneri italiani alla Goletta di Tunisi

431

e poi quelli nordafricani. Il che significava in ultima analisi continuare la crociata, e soprattutto estenderla al di là del Mediterraneo. In pratica la prima parte del programma, ebbe l'avvio gia nel 1493 quando, con intuibili metodi persuasivi, moltissimi musulmani vennero convinti a lasciare la Spagna. Di lì a poco la permanenza dei restanti fu subordinata alla conversione, spesso eseguita forzatamente in massa con un corollario <li abiezioni e crudeltà ripugnanti. radiosa imposizione, ed era facilmente prevedibile, innescò violenti rivolte ed incessanti ostilità. Per quanto prontamente represse parvero confermare la sensatezza della paventata aggressione dei mori nordafricani e la non procrastinabile attuazione della seconda fase. Ma quella anacronistica crociata entro quali limiti si sarebbe dovuta estrinsecare ed, in particolare, a quali effettivi traguardi mirare ? La visione più radicale prospettava una conquista militare permanente del Nordafrica, da Gibilterra alla Palestina. La più pragmatica, invece, contemplava una semplice riapplicazione della strategia della riconquista, ovvero il controJlo territoriale della sola fascia costiera attraverso l'imposizione di numerosi presidios. Nel 1494, auspice la benedizione di Alessandro VI 15 e l'istituzione di una immancabile tassa destinata a finanziare le operazioni militari, se ne intraprese l'attuazio ne. I risultati, per la verità, apparvero subito estremamente modesti, limitandosi alla conquista del porticciolo di M elilla nel 1497. 15 Da J. N. D. KELLY, Vite dei papi, Alessandria, 1995, pp. 425-28: "Rodrigo dc Borja y Bo rja (in italiano 13orgia) era nato 1'11 gennaio 1431 a Jàtiva, presso Valenza. Lo zio materno ... d ivenuto poi papa (1455) col nome di Callisto Ili... lo mandò a studiare a Bologna e nel feb braio del 1456 lo nominò cardinale diacono ... [divenne nel] 1457 cancelliere della santa sede, carica redd itizia che... Lgli permise di accumulare] un tale patrimonio che fu considerato il secondo dei cardinali in quanto a ricchezza... Nel 1460 il suo comportamento immorale gli attirò un aspro rimprovero da parte di Pio TJ ••• Nel conclave [dell'agosto del 1492]... risultò vincitore ... Esperto amministratore::, Alessandro iniziò il suo pontificato in modo promettente ristabilendo l'ordine in Roma, attuando la giustizia con fermezza, assicurando inoltre la riforma della curia in un serio tentativo di unificare rune le forze per combattere il pericolo turco. Ma presto divenne evidente che ... era dominato dalla brama di ricchezze e dalla depravazione morale ... Coinvolto sino alla fine in intrighi politici e fa miliari, si ammalò improvvisamente... nell'agosto del 1503 ... [e] morì. La sua morte è di solito attribuita alla malaria, ma vi sono validi motivi per ritenere che ... [fu per errore vittima] di un veleno destinato a un cardinale ... ospite a cena ... ".


432

Flavio Russo

Nel 1499 a segui to ad una enn esima ribellione d ei mori 111 Spagna, ai quali si applicò sistematica mente la conversione coatta, si decise di in c re me nta re la campagna nord africana, ravvisa nd osi ormai solo nel successo m ilitare la soluzione final e del secolare problema. La stessa regina Isabella ne divenne la fanatica fautrice ed alla sua morte nel 1504 il Cisneros 16 , a rciv esco di Toledo, già fervente ispiratore, ne raccolse l'eredità propulsiva istigando incessantemente il sovrano a concretizzare l'estrema volontà della consorte.

16 Da l ~ CELOlTI, Storia di Spagna ... cit., p. 374 e sgg.: "[Il CisncrosJ... era nato nel 1436 a Torre Laguna, in territorio di Madrid, ed aveva fatto i suoi studi ,tll'Uni versità di Salarn;rnca, ottenendovi il titolo di haccelli ere in diritto canonico e civile. Recatosi a Roma nel 1459, per un momento gli sorrise il sogno di salire i più alri gradi della gerarchia ecclesia~tica, ambizione comune a molti reiigiosi del suo tempo. Ma b morte del padre e i dissesti finanzia ri de lla sua fam iglia lo costrinsero a ritornare in patria, non senza aver ottenuto una bolla che gli conferiva il primo benefic io vacante nell'arcivescovado di Toledo. Alcuni anni dopo, essendosi resa vacante l'arcipretura di Uceda, egli ne prese possesso. Ma l'a rcivescovo Carrillo voleva nominare a quel posto una sua creatura , e perciò il Cisneros fu rinchiuso nell;i torre di Santorc;iz, in territorio di M;idrid, prigione destinarn ::igli ecclesiastici ribel li. li Cisneros non si piegò e sostenne sci anni di dura prigionia ... Led a lla fine ottenne] l'arcipretu ra. Dall'a rcipretura passò a ll a cappellan ia maggiore della cattedrale di Siguem.a, ... [di venne qui nd i] vicario generale .. . vestì in un convento di 'li_,ledo il rozw saio dei M inori Osservanti, prendendo il nome di Francesco ... Aveva allora 48 anni. La sua rigidezza nell'osservanza della regola lo rese caro alle fo lle ... [fu nominato quindi I guardiano del convento di Salceda. Aveva allora raggiumo i 55 an ni... fNel 1493 la reginaJ Isabella ... In nominò suo confessore ... Nel 1494 il C isneros fu nominato provinciale ... [e) poté allora dedicarsi a lla sospi rata riforma ... Nel 1495 morì il cardinale Mendoz;i, arcivescovo di Toledo ... Costretro da llo stesso Pontefice ad accettare una carica ... il Cisneros condusse nel palazzo del primate della Castiglia una vita umile... [Nel 1497 il papa] nom inò il Cis neros commissario apostolico, insieme a l nunzio pontificio, pe r la riforma degli ordini religiosi ... [Resosi all;i fine conto dell'impossibilità di attuare la sua visioneJ di libera zione del Santo Sepolcro... vol le almeno che fosse continuata al di là dello stretto di Gibilterra la campagna contro i mori ... A questo scopo offerse a re Ferdinando una grossa somma risparmiata sulle rendite del suo arcivescovado... [e] fu a llestita una spedizione ... [che salpò) il 3 settembre 1505 ... [in seguito) il cardina le si offe rse a prestare il denaro occorrente, ed anche a guidare la spedizione ... Aveva allora 72 a nn i. La proposta fu accettata e fu sottoscritto il capito lato il 29 dicembre 1508, nel quale fu convenuto anche che turte le terre da conquista rsi nel regno di Tremecén


Ingegneri italiani alla Goletta di Tunisi

433

Un apposito corpo di spedizione si destinò al1'impresa nel 1505 e la rapida conquista di Mers-el-Kebir confermò, se non altro, la praticabilità d el programma. Seguì quindi nel ]509 l'occupazione di Orano, successo che lungi dal placare le richieste del Cisneros, sembrò ulteriormente acutizzarle. Ma la linea strategica del sovrano si era vistosamente allontanata da quella dell' alto prelato intervenendo nella divaricazione nuove ambizioni imperiali, Ferdinando infatti, coinvolto nelle guerre europee con la Francia, in particolare in Italia, riguardava il teatro nordafricano, nella migliore delle ipotesi, come un settore secondario, assolutamente incapace cioè non solo di gen erare ricchezza ma persino di remunera re strategicamente le spese d elle campagne, per cui forse: " ... soltanto le preoccupazioni dell'Aragonese, troppo tentato dalle ricchezze d ell'Italia, impedirono alla Spagna di impadronirsi del retroterra marocchino. Ma l'occasione perduta non si ripresentò mai piti ... " 17• Il massimo impegno concesso fu perciò l'impianto di una catena di caposaldi fortificati, che ribadendo la potenza spagnola, avrebbero frustrato, almeno secondo la logica ricordata, future azioni ostili

segue nota fossero sono la giu risdizione ecclesiastica dell'arcivescovo di Tol edo ... l Veterani della campagna d'lrnlia fo rmarono il nucleo pricipal e dell'esercito destinato all'impresa ... Mentre si raccoglievano gl i uomini , l' instancabile ca rdinale provvide a preparare un un poderoso parco di artiglieria e munizioni da bocca e da fuoco per quattro mesi... Nella primavera de l 1509 dieci ga lere ed 80 navi minori erano concentrate a Cartagena ... 111 6 maggio la flnua salpò e il giorno ùopo gettò le a ncore davanti a Mazalquivir... li fiero prelato, salito sopra una m ula vestito dei paludamenti pontificali e con la spada al fian co, percorse ... le file dell'esercito ... eccitando i soldati a libera re le migliaia di fratelli cristiani che gemevano nelle carceri di Orano ... Dnpn vivo combattimento i mori dovettero ritirarsi ... gli Spagnoli gi unsero sotto le mura della fortezza, e ... salirono facilmente sugli spalti al grido SantiaKO y Cisneros! ... fAl cardina lel toccò la gioia suprema di aprire di sua mano i sotterranei dove giacevano 300 prigionieri cristiani e di restituirli alla libertà ... ". Su quell'abbrivio seguirono altre conquiste trasformate poi in stabi li presidi. Il Cardinale, dal canto suo, dovette difendersi da accuse volgari, e dopo no n molto mo rì, dando origine ad una leggenda circa la presenza del suo fantasma su lle mura di Orano, appa rso per l' ultima volta nel 1643. 17

F. BRAUDEL, Civiltà e imperi del Mediterraneo 11el/'età di hlippo ll, 'forin o, 1976, voi. li, pp. 907-08 .


434

Flavio Russo

contro il territorio metropolitano ad opera di corsari, la cui aggressività cresceva rapidamente. In conclusione, il: " ... motivo più ovvio per spiegare come mai gli spagnoli non riuscissero a mettere effettivamente piede nell'Africa settentrionale va ricercato nei troppi impegni che essi dovevano sostenere altrove. Ferdinando, Carlo V e Filippo II furono tutti e tre assillati da altri problemi urgenti per poter dedicare altro che una episodica attenzione al fronte africano. Ma quella mancata occupazione dell'Africa costò moltissimo, basti pensare al riguardo all'accresciuta potenza dei corsari in tutto il Mediterraneo occidentale. Tuttavia, a ben guardare, la natura dei luoghi e la scarsità numerica delle forze spagnole ebbero il loro peso nel rendere comunque impossibile un'effettiva occupazione spagnola. È anche lecito supporre che le formidabili difficoltà naturali non sarebbero state insuperabili se i castigliani avessero portato e fatto la guerra in Africa settentrionale in modo diverso. Infatti, furono inclini ad impostare quella guerra come se fosse la semplice continuazione della campagna militare contro Granada. Ma questo significava che, come già nella reconquista, pensavano di agire con spedizioni di razzia col fine di saccheggiare i luoghi invasi e di stabilire in essi dei presidios, ossia guarnigioni di fronti era. Non ci fu allora nessun piano di conquista totale, né venne approntato alcun progetto di colonizzazione. La parola conquista all'orecchio del castigliano significava sostanzialmente l'impianto di una 'presenza' spagnola e cioè l'occupazione di posti fortificati, la soddisfazione di pretese rivendicazioni, l'acquisto di una signoria su una popolazione sconfitta. Questo modo di fare la guerra, già provato e collaudato nella Spagna medievale, venne ovviamente adottato anche ne11' Africa settentrionale, anche se la natura dei luoghi e altre circostanze dovevano far dubitare fin dall'inizio della sua positiva efficacia. E poiché il paese era ingrato e il bottino deludente, l'Africa, al contrario dell'Andalusia, fu poco allettante agli occhi dei combattenti, più preoccupati di ottenere ricompense materiali alle proprie fatiche che il premio spirituale promesso dal Cisneros. Quindi, l'entusiasmo per la guerra in Africa si afflosciò ben presto e le conseguenze militari di tale illanguidimento furono quelle che ci si doveva attendere ... Proprio in Africa il modo di fare la guerra di crociata, così come era stato praticato dalla


Ingegneri italiani alla Goletta di Tunisi

435

Castiglia medievale, si dimostrò inadatto ..." 18 . Finirono così 'presidiate', nel 1510 Buda e Tripoli di Libia, nel 1511 Tenes, Dellys, Cherchel, Mostaganem, e quindi l'isolotto dinnanzi ad Algeri, detto 'Penon', ed altre località ancora negli anni immediatamente successivi. Disgraziatamente la soluzione si rivelò ben presto non solo strategicamente inadeguata ma addirittura controproducente. La presenza delle fortezzze spagnole, e delle loro guarnigioni, incapace di controllare il territorio, provocava invece i barbareschi, determinandoli quasi a riscattarsi dalla umiliante imposizione fornendogli, in ultima anal isi, quella concordia d 'intenti che non apparteneva nel passato alla loro tradizione. Per i 'presidi' significò la più assoluta segregazione e per i loro uomini il più inumano dei soggiorni. Infatti la: " ... vita dei presidi non poteva non essere miserabile. Nei pressi dell'acqua, i viveri imputridiscono, gli uomini muoiono di febbre; il soldato alla lunga muore di fame. Per molto tempo il rifornimento avvenne per mare; poi, ma solamente ad Ora no, il paese circostante fornì carne e grano, apporto che divenne regol are sulla fine del secolo. Le guarnigioni vivevano dunque generalmente come equipaggi di navi, non senza rischi ... Inoltre, la loro organizzazione interna non era affatto favorevole al buon andamento dei presidi. Lo lascia intravedere il regolamento del 15 64 a Mers-el-Kebir. La fornitura dei viveri ai soldati veniva fatta dai magazzinieri, al prezzo fissato dai bollettini di spedizioni delle merci, e spesso a credito: era il dannoso sistema degli anticipi sul soldo, occasione di terribili debiti per i soldati, che comperavano sempre a credito dai mercanti in transito. Talvolta, in caso di difficoltà o di complicità delle autorità locali, i prezzi salivano smisuratamente. Per non estinguere i loro debiti insostenibili, certi soldati disertavano e passavano all'Islam. La cosa più grave era che il soldo era meno alto in Africa che in Italia: motivo di più, quando s'imbarcavano truppe destinate ai presidi, di non dire loro in anticipo la destinazione, e, quando vi si trovavano, di non dar più loro il cambio ... Solo i malati, e non sempre, potevano ritornare agli

18

J. H. ELLIOTI, La Spagna imperiale ... , cit., pp. 58-59.


Flavio Russo

436

ospedali di Sicilia e di Spagna. In realtà, i presidi erano località di deportazione: nobili e ricchi vi andavano ad espiare le loro colpe ..." 19• Nonostante ciò i 'presidios' rimasero nella concezione e nella pratica militare spagnola a lungo subendo, tuttavia, diversi adeguamenti e moltiplicandosi ulteriormente nei decenni successivi. Infatti: " ... tra il 1560 e il 157 0 con una politica continua, senza clamore, ma efficace con l'andar del tempo, si rinforzò pazientemente e si sviluppò la massa dei presidi. Mortai, calce, mattoni, travi, assi di legno, pietre, vasi per il trasporto di terra, pale zappe: ecco ciò di cui parlano la maggior parte delle lettere dei presidi. A fianco dell'autorità dei capitani del posto, ecco ingrandirsi la funzione e l'autorità del veedor, l"economo', il tesoriere pagatore; e anche quella dell'ingegnere ... Il presidio nondimeno s'ingrandiva: attorno al primitivo rettangolo bastionato ... tutta una corona di nuove fortificazioni ... Si aggiungano un molino a vento, magazzini, cisterne, dei 'cavalieri' sui quali vien sistemata una potente artiglieria di bronzo: perché l'artiglieria è la forza, la ragion d'essere delle fortezze ... Ai tempi di Filippo II, dunque i presidi s'ingrandiscono, si muniscono di nuove fortificazioni, divorano materiali di costruzione,

19

F. I3RAUDEL, Civiltà e imperi..., cit., pp. 9 14-16. Nonostante ciò dal punto di vista militare il servizio nei presidios garantiva alcuni vantaggi. Precisa R. Puoou, Il soldato gentiluomo, Bologna, 1 982, p. 185: "In un'epoca in cui la strategia difensiva predominava su quella offensiva, in cui si trattava di proteggere dall'eresia e dalla ribellione un immenso patrimonio di stati ereditari più che di conquistarne di nuovi, l'incrollabile fedeltà dei castigliani alla corona appariva la giustificazione più valida della loro posizione di privilegio. Così, tra gli esempi del valore spagnolo, venivano ricordate con particolare fierezza le tante strenue resistenze di piccole guarnigioni in piazze assediate, e si sottolineava la necessità 'che i soldati cui viene affidato un presidio siano veterani di provate qualità, dei quali siano noti la fedeltà e il valore, e che per nessuna ragione al mondo si macchierebbero di tradimento o di slealtà, né passerebbero al nemico'. Quei presidios ove gli uomini dei tercios trascorrevano una gran parte della loro lunghissima ferma, erano molto più che dei solidi baluardi contro il nemico esterno ed interno: centri d'addestramento delle reclute, quartieri di transito delle truppe verso i fronti di guerra, depositi del nucleo dell'esercito stabile gravanti su lle finanze di quei regni sulla cui tranquillità avevano il compito di vigilare, costituivano per la fanteria castigliana degli autentici santuari ove, sotto la campana di vetro della solidarietà nazionale e del corporativismo militare, i bisonos venivano rapidamente acquistando la mentalità, i valori e gli atteggiamenti tipici della loro professione.. .".


Ingegneri italiani alla Goletta di Tunisi

437

spesso portati da molto lontano ... richiedono incessantemente nuovi zappatori, dei gastadores ... Il soldato al pari del volgare gastador vi maneggia pala e picco ..." 20 • Il che significò una sottrazione ingentissima di uomini e di risorse. Quale fosse la rilevanza militare di un presidio intorno alla metà del XVI secolo, lo dimostra il dato che le opere difensive realizzate in un trentennio ad Orano ed a Mers-el-Kebir costarono la cifra immensa di circa 3 milioni di ducati e la sola guarnigione di Orano si attestava su 2.700 soldati più 90 cavalleggeri allorquando l'intero regno di Napoli era custodito e difeso da 5.000 21 . Sebbene il mantenimento dei presidi comportasse oneri economici immensi, sebbene la loro validità, militare non risultasse, persino allora, eccessiva, sebbene infine richiedessero guarnigioni numerosissime trovarono, soprattutto nel decennio 1560-70, continue riproposizioni e non solamente in Nordafrica. Anche in Italia, nel 1557, un insieme di presidi contigui ubicati sulla costa Toscana nei pressi di Orbetello, fu riunificato in un particolarissimo stato, dei Reali Presidi di Toscana, appunto.

Il presidio della Goletta di Tunisi La guerra di corsa che i sovrani spagnoli temevano potesse intensificarsi dopo la conclusione della riconquista, ad onta dell'insediamento dei primi presidi ben presto confermò le loro più fosche previsioni. I prodromi si manifestarono inequivocabili a partire dal 1516, dopo la conquista da parte del Barbarossa di Algeri. Fu la volta quindi, sempre ad opera dello stesso personaggio, di quella di Tunisi conseguita nel 1534. Perfettamente conscio che la reazione spagnola non si sarebbe fatta attendere e che le mura della città non fornivano alcuna apprezzabile difesa, stimandone illusoria la rifortificazione, concentrò la sua attenzione sulla Goletta, ideale per una rapida trasformazione in munita base navale. lO F. BRAUDEL, Civiltà e imperi... cit., pp. 909-1121. Archivio Generale di Simancas, Estado Nàpoles, d'ora in poi A.G.S. E, 1052, 18. 21 A.G.S., Esta<lo, Nàpoles, 1049, 145.


438

Flavio Russo

Stando ai diversi grafici pervenutici, vi esisteva già allora una torre, ubicata sulla riva settentrionale <lel canale che collegava lo stagno di Tunisi con il mare. È molto probabile che si trattasse della struttura di supporto per la catena che, secondo la prassi corrente all'epoca, chiudeva l'imbocco dello stesso per evitare incursioni nemiche. E proprio intorno a quell'elementare opera il Barbarossa fece erigere un fortino. Per quanto possibile accertare aveva una pianta quadrilatera con quattro torri quadrate agli spigoli: concezione giubilita ed assolutamente incapace di sopportare qualsiasi cannoneggiamento 22 . Come il corsaro aveva supposto, la conquista di Tunisi, inserendosi nello scontro che divampava tra Spagna e Francia alterando i delicatissimi equilibri della recentissima composizione negoziale stabilitasi a Cambrai, non poteva restare senza conseguenze. Per alcuni studiosi l'intera operazione fu proprio una ponderata provocazione mirante a distrarre l'imperatore in Nordafrica, profilandosi una ripresa del conflitto. La pace, infatti, non ebbe vita lunga. Carlo V, peraltro aveva perfettamente intuito la portata strategica dell'alleanza, relativamente segreta, tra Francesco I ed il gran sultano, i cui preliminari diplomatici si erano sviluppati nel corso del 15 33, con una serie di abboccamenti ad Algeri ed a Costantinopoli. eascesa del Barbarossa a comandante in capo della flotta ottomana, e la piena disponibilità delle basi di Algeri, di Marsiglia e di Tunisi, costituivano un incubo insostenibile per la Spagna ed i suoi stati mediterranei. Pertanto l'imperatore, ponderata la situazione, individuò una astuta contromossa. Proseguendo da un lato la vecchia politica dei presidi nordafricani e dall' altro quella della crociata: " ... fece bandire la guerra santa contro il Barbarossa, la fece bandire in Italia, in lspagna, in Germania, annunziò solennemente che egli stesso sarebbe partito per l'Africa ed avrebbe condotto la crociata contro i nemici della fede, contro gli insidiatori del Mediterraneo. Per quanto spregiudicato fosse Francesco I non av rebbe osato così apertamente rivelare la sua intimità coi Turchi, bandire la guerra 22

In merito dr. J. AKA<.:1 IA, M. GARULLI, Architetti e ingegneri militari italiani al presidio della Goletta di Tunisi (1535-1574), in Architetti e ingegneri militari italiani all'estero da/XV al XVIIJ secolo, a cura di M. Viganò, Livorno, 1994, pp. 79-101.


Ingegneri italiani alla Goletta di Tunisi

439

in Europa a Carlo V, mentre questi, con Dio e col mondo, combatteva in Africa per la fede; non avrebbe osato scoprirsi amico di quei barbari che avevano saccheggiato Reggio e contro i quali da ogni parte si erano levate tante maledizioni ... Poteva sembrare un pazzia abbandonare l'Europa in un momento così pericoloso, l'andare in Africa, mentre in Italia, in Germania, nelle Fiandre, in Ispagna stessa poteva aspettarsi da un momento all'altro una rivoluzione o una guerra; invece era un calcolo ardito, una prova di sapienza politica... " 23 . Trovato rapidamente quale credibile pretesto la recentissima conquista di Tunisi del Barbarossa, ricevuta la pronta benedizione di Paolo III 24, incassati i debiti finanziamenti, ad iniziare dal gennaio del 1535 si attivarono i preparativi per la spedizione anfibia. Andrea Daria logicamente assunse il comando della immensa flotta, mai vista fino ad allora nel Mediterraneo. Il 12 giugno la grande armata al completo e alla fonda nella rada di Cagliari, dove attende di salpare alla volta del suo obiettivo preciso che, almeno fino a quel momento, pochissimi conoscono. 1113 le navi lasciano gli ormeggi ed il giorno dopo sono dinanzi a Tunisi. I dintorni della città vengono subito investiti: la Goletta è presa intorno alla metà di luglio. Poco dopo anche Tunisi è costretta a capitolare: ben 21.000 schiavi cristiani vengono liberati. Tra loro diversi francesi che Carlo V invia al suo rivale con una ironica missiva: " ...Senza alcun dubbio vi farà piacere sapere questa lieta novella tanto propizia alle sorti della Repubblica cristiana ... " 25 •

23 C.

MANFRONI,

Storia della Marina ... , cit.,

vm, p. 309.

24

Da J. N. D. KELLY, Vite ... , cit., p. 439: "[Alessandro Farnese nacqucj ... a Canino il 29 febbraio 1468 da una famosa famig lia di condottieri di ventura ... ricevette una raffinata educazione umanistica a Roma e a Firenze ... ordinato prete solo nel 1519 ... prima ... fu padre di tre figli e una figlia. "Alla morte di Clemente VJl era il più anziano dei cardinali (sessantasette anni)... e fu eletto all'unanimità L1534] ... Durante il suo pontificato si adoperò... per inserire la famiglia Farnese fra le potenti casate d'Italia... cercò di mantenersi neutrale tra Carlo V e Francesco T, pur considerando la Francia il naturale contrappeso al predominio dell'imperatore in Italia; la persistente rivalità fra queste due potenze fu il principale ostacolo a una efficace lotta contro i Turchi ottomani... [morì il 10 novembre del 1549] ". 25 La lettera è citata da C. Manfroni, Storia della Marina ... cit., voi. III, p. 314 nota n. 2. È tratta da 'Carte Granvelle', II, 362.


440

Flavio Russo

La conquista obbligò anche gli Spagnoli ad innalzare con la massima solerzia adeguate fortificazioni, per resistere ad un affatto improbabile contrattacco. E, come già il Barbarossa, anche gl'ingegneri imperiali individuarono nei resti del suo forte alla Goletta il sito ottimale per )'eri gendo presidio. Non a caso proprio quel malconcio caposaldo aveva estrinsecato una ragguardevole resistenza, nel corso d ella conquista. Il contingente italiano, co mandato dal Marchese del Vasto, infatti era stato particolarmente provato da: " ... una torre grande, munita attorno di forti bastioni armati di grossa a rtiglieria... Ariadeno vi aveva preparato alla difesa un suo creato, valorosissimo uomo, per nome Synam: più volgarmente noto col nomignolo di giudeo ... il Marchese del Vasto mediante gli approcci si accostò ai bastioni ... [ma] dopo un'ostinata battagli a gl'italiani presero a cedere terreno ... !finché il] Doria, il giorno dopo con i cannoni d elle sue nove galere, spazzava definitivamente i difensori dalle mura ... " 26 . Deciso quindi il sito, per renderne rapidi i lavori , ed al contempo per stabilirvi già un discreto concentramento di truppe, l'imperatore vi lasciò 1.200 soldati agli ordini di don Bernardino d e Mend oza, nominato nell'occasione comandante della piazza, no nché una squadra affatto trascurabile di ben dodici galere al comando del Doria. Per megl io chiarire i suo i in tenti, agli inizi di agosto in procin to di salpare a lla volta della Sicilia, Carlo V lasciò al M endoza il seguente promemoria: "Dovete porre molta diligenza e cura nel fare la fortificazione di ripari che ora è da incominciare nella Goletta perché si ponga e stia in termini di difesa e possa custodirsi e difendersi in qualsiasi necessità, che la presente potesse offrirsi; e appena quella sia terminata si deve incom inciare l'opera della fort ificazione permanente di calcina e di pietra secondo l'ordine e il progetto che per nostra mano ha fa tto Ferramolino, e nel far ciò con grande sollecitudine guardando e provvedendo che l'intera opera sia fatta con la massima perfezione .. ." 27 .

26 Da F. D.

27

GUERRAZZI ...

1863, p. 294.

A.G.S., 7-192, citata da G. TADINI, Ferramolinu da Bergamo. L'ingexnere militare che nel '.500 fortificò la Sicilia, Bergamo, 1977, p. 41.


Ingegneri italiani alla Goletta di 1imisi

441

Le parole dell'imperatore lasciano intu ire che la riqualificazione del caposaldo della Goletta si programmò in due distinte fasi. La prima, molto veloce, consisteva nel ripristinarne la validità con opere campali, in modo da poterne sfruttare, nell'arco di poche settimane, l'apporto difensivo. La seconda, invece, contemplava la progressiva sostituzione delle strutture provvisorie con permanenti in muratura. Come previsto, alla fine di agosto l'ingegnere Ferramolino notificava all'imperatore che già: " ... ad ora si ha lavorato in modo che siano chiusi come vostra maestà vedrà dal disegno ... e ogni giorno si lavora nella riparazione e nel mettere in ordine l'artiglieria e sistemarla nei suoi posti e se i tempi ci serviranno per tutto il mese di settembre sarà finito . Se verrà la pietra e calcina la prima cosa che si farà [saranno/ le cisterne e i forni e poi i magazzini per custodire le munizioni. Ho trovato difficile fare le fondamenta ... " 28 . Esaurita perciò la prima fase, senza ind ugio si mise man o alla seconda. I lavori ricevettero un avanzamento febbri le, al punto c he a distanza di pochi mesi già si iniziavano ad intravedere le mura fuori dal terreno. Ma si iniziavano a intravedere p ure le notevoli difficoltà del reperimento dei materia li . li Ferramolino, di lì a breve, partì per la Sicilia, dove occorreva urgentem ente la sua qualificata prestazione 29 . Su sua indicazion e, cd al suo posto, rimase alla Goletta un altro tecnico, forse con la semplice mansione di consigl iere. Per valutare quali difficoltà vennero superate, basti pensare che tanto la pietra quanto la calce do vevano giunger e dalla Sicilia, dalla Sardegna e persi no dall a Spagna! Il progetto del Ferramolino, che contem plava originariamente un a fortificazione t ri angolare, Ja più elementare ed economica d el repertorio bastionato, nel fratte mpo subì reiterate modifiche ed alterazioni, avvicendandosi alla direzione dei lavori tunisini una miriade di tecnici, diventando così un forte quad rilatero. Dissolvendosi con il t rascorrere degli an ni la min accia turca, si dissolveva contestualmente l' urgenza per l' ultimazione del forte. Del resto congiurava alla

28 A.G.S., E 463/2, citata da G. TADINI, Ferramoli110 ... , cit., p. 42. 29 Al riguardo dr. F. Russo, La difesa costiera del regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo, Roma, 1994, tomo I, p. 52 e sgg.


442

Flavio Russo

medesima dilazione il problema della carenza dei materiali, cui si aggiunse anche quello degli uomini, ammutinatisi nel corso del 1538, che provocò la rimozione del Mendoza. Il nuovo governatore, inviò poco do po il suo insediamento, un dettagliato rapporto all'imperatore nel quale tra l'altro, per giustificare l'abbandono della pianta triangolare sosteneva che per: " ... la muraglia a triangolo, sarebbe infatti necessaria molta gente per guardarla e dentro il triangolo rimarrebbe troppo poco spazio per tutte le cose che sarebbe necessario collocarvi... La punta andrebbe proprio dalla parte dove si dovrebbro sistemare le artiglierie e così la fortezza lascierebbe scoperte le traverse che guardano il fianco del canale e quelle che guardano il mare... " 30 . Le critiche ostentavano una indubbia fondatezza, ma non erano certamente destinate ad abbreviare i tempi di costruzione risapendosi perfettamente dell'incremento espo nenziale delle cubature provocate da un forte quadrilatero, senza contare l'esigenza di scavare nuove fondazioni e nuovi fossati. Nonostante ciò la variante dovette essere accettata, con il previsto subitaneo aggravio de lle difficoltà. Ed infatti in data 9 giugno 1539, un altro dispaccio informava Madrid che: " ... ci siamo trovati e ci troviamo di fronte alle difficoltà degli scavi per le fondamenta ... Per la difesa permanente si debbano fare le fondam enta nell'acqua, e poiché a Venezia le fondamenta sono nel['acqua ... sarebbe bene che di là venisse un ufficiale... " 31. Seguirono innumerevoli altre richeste di pietra, di calce, di uomini, di carrette di muli, di scalpellini, di fabbri, di carpentieri, in un crescendo inesorabile ed insaziabile, con la fabbrica ormai troppo avanzata per essere arrestata. Il completamento dei lavori, mese dopo mese, si procrastinava, mentre la situazione geopolitica peggiorava. Il disastroso esito della spedizione di Algeri nel 154 l , ne fu il primo scioccante avvertimento: in seguito a quella disfatta persino il sovrano tunisino non si riguardò più dall'ostacolare il grande cantiere. 3 o A.G.S., Lettera del Tova r del 19 giugno 1535, citata da G. TADINI, Ferramolino ..., cit., p. 46. 31 A.G.S., Lettera del Tovar, E., leg. 113, b. 76.


Ingegneri italiani alla Goletta di Tunisi

443

Trascorsero così diversi anni, e nel 1556, ad onta della immancabile lapide commemorativa apposta al portale della fortezza, i lavori erano ben lontani dalla conclusione, anche per le frequenti varianti, sempre di ulteriore ampliamento. Agli inizi degli anni '60, nonostante tutto, la fortezza si era ritagliata la fama di inespugnabile, con quanta fondatezza è difficile accertarlo. Dai suoi rilievi, però, non sembrerebbe una notevole realizzazione architettonica né concettualmente né strutturalmente, ma, piuttosto, l'assemblaggio di interventi disparati. Del resto anche ai tecnici imperiali tale fama dovette risultare immotivata, poiché convinsero Filippo Il a sollecitare, in data 13 ottob re 1561, l'ingegnere Francesco Paciotto da Urbino a compiere un sopralluogo per verificarne, e magari correggerne, eventuali difetti e debolezze. I rilievi e i suggerimenti del tecnico, tuttavia, non ebbero seguito immediato, e solo nel 1565, e dopo un ulteriore ispezione, questa volta dell'ingegnere Escrivà, si stabilirono i definitivi rimedi. A dirigere i lavori fu inviato l'ingegnere Giacomo Paleari, megli o noto come il 'Fratino', originario di Lugano, che secondo la prassi vigente, redasse dopo una accurata ispezione un ennesimo progetto. L:elaborato, sottoposto al parere di una commisione di altissimi ufficiali e di rinomati ingegneri militari, fra i quali don Garzia di Toledo, figlio del più celebre don Pedro, e Gabrio Serbelloni, condottiero ed ingegnere rinomatissimo, trovò alla fine incondizionata accettazione e stentato finanziamento. E, come al solito, l'attuazione si dimostrò irta di difficoltà e di imprevisti: i lavori ancora agli inizi del 1573 non potevano affatto considerarsi conclusi. Conclusa, invece, era la relativa tranquillità di cui aveva, fino ad allora, goduto la Goletta, come a Madrid appresero con significativo anticipo. Già dall'ottobre del 1570, infatti, i servizi d'informazione imperiale avevano notificato, con notevole precisione, i preparativi che il corsaro Ulagh Alì, rinnegato calabrese di nome Giovanni Galeni e quindi ammiraglio del sultano, stava compiendo per attaccare Tunisi. Le notizie furono confermate verso la fine del m ese, quando, evitando di utilizzare le sue navi, il celebre corsaro aveva ormai lasciato Algeri alla volta della città con un seguito di 4-5.000 giannizzeri. Il mese dopo entrava in Tunisi, senza alcun combattime nto, accolto amichevolmente dalla popolazione: non t entò però di attaccare il forte della Goletta.


444

Flavio Russo

In Spagna la gravità della vicenda fu immediatamente recepita ed esattamente valutata: sarebbe occorsa una immediata reazione ma la situazione contingente non lo consentiva. Una gravissima ribellione degli ultimi moriscos che ancora popolavano le regioni interne non permetteva alcuna distrazione delle forze, temendosi da un momento all'altro un intervento turco in favore dei correligionari. Soffocati tutti i focolai di resistenza dopo mesi di guerriglia, l'imponente macchina militare imperiale si trovò a quel punto impegnata con i preparativi di una grandiosa operazione navale, la cui estrinsecazione sarebbe passata alla storia come 'battaglia di Lepanto'. La riconquista di Tunisi, pertanto, fu rinviata a momenti migliori : il presidio della Goletta avrebbe dovuto difendersi e magari ultimare i suoi interminabili lavori. Nel frattempo l'ingegnere Gabrio Serbelloni, presago forse di una sua imminente destinazione nordafricana, scriveva, dai Presidi di Toscana n ell'inverno del 1572, una accorata lettera all'imperatore: "Gionsi qua il primo del presente si stracco del viaggio et consumato dal freddo che non potevo reggermi in piedi, et perché in effetto non essendo più atto à poter supportar li disaggi et stenti et incomodi del armata si per la età come per debiltà ch'io patisco alla testa per ogni minima muttatione di tempo et diversità di aere, per quale resto spesse volte cuon puoco o/dito da un'orechia sola che io h o buona, per questi rispetti torno anca di novo à supplicarla, con questa mia, come li supplicai anca con un'altra del'ultimo di agosto de Messina, che la resta servita farmi grazia di concedermi licentia che me ne stia à vivere nella patria; et non habbia di andar più in armata, che o/tra che la mi concederà cosa honesta et necessaria per mia salute, spero non riuscìrà manco utile la persona mia, al/i ss.ri suoi ministri, dove appresso mi ritroverò di quello sia reuscito per il passato. Raccordando alla M.tà sua che dal anno 1536 in quà, mi sono sempre ritrovato alle Guerre che la Gloriosa mem.a del Imperatore suo padre fece, et da poi in qua occupato sempre in servitio di V.M.tà et tanto più dal anno '66 in qua continuo come si sa, e, in diverse parte, dove è convenuto far molti viaggi longhi di spese grande e incomodi, de quali non havendone mai reportato recognitione, ò mercede alcuna, come è solita la Generosa M.tà sua restar seguita tenerne alcuna


lngegneri italiani alla Goletta di Tunisi

445

memoria e, non essermi, men gratiosa di quello, è statta con tanti altri de mia casa, havendo al mio partire lassato appresso del ser.mo Don Gioanni, Gio Paulo mio figliolo, acciò che seguita servendo v.ra M.tà come ho fa tto anch'io, quale se ritrovato sempre appresso di me servendola, e in Fiandra, e nella Vittoriosa Impresa passata, e, questa dove 11011 ha mancato de suo debito, e vacando qua il governo de Dondosola se la si degnerà di farmene mercede, 11011 la se retroverà, men ben servita di me, di quel è statta in tanto governo servita da altri, e, con hasciarle le valorose, e, sacre mane, prego l'onnipotente Iddio, che la tenga in sua protetione ella conserva et exalta come desea Di Milano a/li 9 di Gennaro 1573 ... Gabrio de Serbelone" 32 La richiesta dell'illustre tecnico trovò parziale accoglienza. Non venne, infatti, autorizzato al congedo ma destinato alla Goletta, mentre n essun ostacolo fu frapposto all'assunzione del figlio, ovviamente al suo segu ito. Il nu ovo incarico ebbe la prestigiosa definizione di governatore generale di tutti i presidi. 'li:-ascorse così la primavera e l'estate del 1573 ed il giorno 8 ottobre la flotta di don Giovanni d'Austria giunse davanti alla Goletta con l'intento di riconquistare finalmente la città. I.:op crazionc si rivelò insperatamente facile essendo, memori deUa precedente efferatissima conquista, tutti gli abitanti fuggiti. A questo punto occorreva però mantenerne il possesso, il che rappresentava un problema irto di difficoltà. I.:imperatore colse immediatamente gli aspetti negativi d i quella inopinata, e per tanti versi inopportuna vittoria: impossibile mantenervi un adeguato contingente e troppo umiliante, a quel punto, abbandonarla. Fu allora, come già quasi quaranta anni prima, deliberata una rapidissima fortificazione campale, da ubicarsi fra lo stagno e la città, da erigersi sotto la guida del vecchio e stanco Serbelloni, aiutato dal figlio. I lavori, subito avviati, conobbero una ennesima fase febbrile, sia alla Goletta, sia al nuovo forte, risapendosi perfettamente della prossima controffensiva ottomana.

32 i\.G.S., E 1065, f. 41.


446

Flavio Russo

La flotta turca comparve 1'11 luglio del 1574: la Goletta cadde, o meglio cessò di resistere il 25 agosto, dopo appena un mese di assedio, riprova più che della violenza dell'investimento della trascurabile resistenza opposta dalla sua guarn igione. Quanto al recentissimo forte, difeso dallo stesso Serbelloni, capitolò il 13 settembre, dopo aver sostenuto ripetuti assalti nemici nel corso dei quali perì pure suo figlio. In un periodo successivo alla capitolazione, l'ingegnere-governatore redasse una sorta di memoriale sullo stato di consistenza di quella fortificazione, quasi a volerne giustificare la caduta. Così le sue parole: "La fortezza nuova che si cominciò in Tunis, era di sei baluardi di XVJTT canne di Napoli di spalla e fianco, di XXV][ canne dal fianco dell'angolo interiore del baluardo; con le due cortine verso il Stagno di LXXX canne l'una più lunga dell'altre quattro: qual circuito era come due volte la Goletta. Si cominciò questa fortezza a/li Xl novembre, giorno di S. Martino, 15 73, et anco se li sia usato ogni diligentia, vigilantia et sollecitudine, con haver sempre lavorato li soldati [8.000 uomini] ogni giorno tre hore, quando non erano di guardia, essendo opera grande, et passando diversi mancamenti di denari, maestranza, legnami e simili cose, si trovò alla venuta dell'esercito turchesco (che fu a/li XTTI de luglio 1574), con /'infrascritte imper(etioni. Era la costrutione di questa fortezza di terra, parte di tappia, cioè terra pesta fra due tavoloni a/l'usanza moresca, et parte con treccioni di ginestra, et dentro terra spianata ugualmente. Secondo s'alzavano le parti di (uora si trovò la parte dinanzi verso Tunisi, circa una canna /m.2/ manco alta dalla sua altezza; le due parti del/i lati, circa una canna e mezza [m. 3] manco d'altezza, et la parte verso lo Stagno, circa 2 canne [m.4] manco dell'altezza senza cavatura alcuna di fosso. E per non trovarsi in alcuna parte della debita altezza sua, non se li era fatto parapetto alcuno in nessuna parte. Le larghezze et profondità de sua fossa, nella parte verso la campagna, erano cominciate ma non finite; così le strade coperte et spalle appena spianate e disegnate. Quattro revellini fuora de' fossi congiunti con la strada coperta, dalla parte delle quattro cortine verso la campagna, principiati ma alti solamente come una alabarda. Le muraglie della città che escludevano la fortezza et la


Ingegneri italiani alla Goletta di Tunisi

447

superavano et la dominavano. S'erano rovinate ma non compite di levare tutte le alture vicine, grandi et gran copia. Et oltre l'avanzamento ordinario in tutto il circuito di detta fortezza, si composero due grandi cavalieri, molti corpi di guardia, molti maghazzini per vittovaglie et munitione per soldati, e molini et molte belle cisterne, et se li provedde di portarli dell'acqua, et tanta in poco tempo, che non mancò mai, ma ne avanzò alla perdita sette piene. Si portò tutte le vettovaglie, minitioni et legnami dallo Stagno al forte nel/i maghazzini, et ogni altra materia manuale per le fabbriche. Che essendosi fatte tutte quelle cose in otto mesi, non ostante tanti mancamenti, si potrà molto ben considerare non essere stato possibile provvedere a quell'imperfetioni, ne far maggior lavoro di quello si fece ... " ·13 • Il Serbelloni, dopo la cattura, finì schi avo a Costantinopoli dove venne rapidamente riscattato per interessamento dello stesso pontefice. Circa la sorte della Goletta e di quel forte campale va ricordato che: "Arresisi, dunque, la Goletta e il forte [di Tunisi], i Turchi stabilirono di smantellare la Goletta (perché il forte era ridotto in condizioni tali, che non c'era ormai più nulla da abbattere), e che per far più presto la minarono da tre parti; ma con nessuna delle tre mine si poté far saltare ciò che sembrava che avrebbe resistito di meno, e cioè le antiche muraglie [quelle del progetto del Ferramolino], mentre tutto quello che era rimasto ancora in piedi della recente fortificazione che aveva fatto il Fratino [Giacomo Palearo], venne giù con grande facilità ... " ·14 • Spianatala parzialmente, i turchi la sostituirono con una nuova, concepita in forma di un unico bastione, strettamente finalizzato alla difesa del porto e dell'imbocco dello stagno. Nei suoi paraggi trovò stanza un presidio di circa cinquanta miliziani ed un deposito molto capiente, destinato a contenere le vele del naviglio catturato - e dei mercanti in visita - onde stornare qualsiasi tentativo di fuga da parte degli schiavi.

33 La citazione è tratta da A. FARA, li sistema e la città, Genova, 1989, pp. 34-36. 34 !h. , p. 37.



NICCOLÒ CAPlJONI

SICUREZZA E SICURTÀ. SOLDATI PROFESSIONISTI NELLA TOSCANA DEL XVII SECOLO* 1. Il periodo che va dal Cinquecento alle guerre Napoleoniche, vide l'affermarsi del concetto di profession ismo militare secondo I' accezione odierna, che cominciò a prendere una forma riconoscibile nel corso delle guerre del secolo XVII quando ci si rese conto che la sicurezza d i uno stato dipendeva innanzitutto dalla sua capacità di mettere in campo una forza armata consistente, composta da persone che, come ha soctolineato Geoffrey Parker, «conoscevano a fondo il loro mestiere ed erano divenuti soldati di professione» 1. Anche nella Toscana del Seicento un ruolo importante fu giocato da quei soldati di professio ne che nel corso dei secolo furono al servizio <lei Medici, sia per un pe riodo di tempo limitato che in modo permanente, i granduchi facendo capitale dei soldati che avevano imparato il mestiere d i Marte negli eserciti stranieri 2 . Tuttavi;:i la Toscana non dispose mai di abbastanza risorse per potersi permettere un numero consistente di professionisti su base permanente, ed in tempo di pace ra ramente

• I simboli usati nel testo sono: 9. = scudo; E..= lira; s. = soldo; d. = denaro. I.a suddivi sione della moneta era : 1 scudo = 7 lire; 1 lira = 20 soldi; 1 soldo = 12 denari. Vi erano anche il giulio (s. 13, d. 4), la crazia (d. 20), ed il quattrino (d. 4). Le misure di capacità e di peso erano: 1 moggio = 8 sacchi (584,7 litri ); 1 sacco = 3 staia (73,08 litri); 1 staio = 24,35 litri; 1 libbra = .H9,5 grammi. Abbreviazioni. AABF: Archivio Antinori di Brindisi, Fi renze; ACRF: Archivio Capponi alle Rovinate, firenze. ASF: Archivio di Stato di firenze. BNCF: Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. CG: Covoni-Giro/ami. DG: Depositeria Generale, parte Antica. GCS: Guicciardini-Corsi-Salviati. MM: Miscellanea Medicea. MP: Mediceo del Principato. PC: Palatino-Capponi. RV: Rondi11elli-Vìtelli. SS: Soprassindaci e Sindaci. YUBNH: Yale University, lkinecke Library, New Havcn. 1

G. PARKER, La rivoluzione militare. Le innovazioni milita,·i e il sorgere dell'Occidente, Bologna, 1990, p. 90. 2 Cfr. C. SODINI, Ercole Tirreno. Guerra e dinastia Medicea nella prima metà del Seicento, Firenze 2001.


450

Niccolò Capponi

i militari stipendiati superavano il numero di 3.000 3; ragion per cui il granduca dovette affidarsi alla milizia delle Bande per riuscire a mettere in campo in tempi brevi un esercito numeroso dai costi contenuti. Per questo motivo i Medici utilizzarono di continuo i propri miliziotti p er un consistente numero d'attività, dal servizio sulle galere a quello nelle guarnigioni, per non parlare delle spedizioni militari vere e proprie, nme cose considerate fondamentali per mantenere in efficienza le Bande «acciocché occorrendo vedere li nemici non resti la gente stupida com'è solito di soldati novitii» 4 • Ciò nonostante, le autorità toscane erano ben coscienti della necessità di "aggiungere un nervo" di professionisti qualificati perché la milizia funzio nasse efficacemente 5, e per questo motivo una huo na fetta delle entrate annuali erano destinate al pagamento delle truppe in servizio permanente del granducato . Ma se sono chiare le ragioni che spingevano i Medici a reclutare dei soldati di professio ne, i metodi e le dinamiche lo sono un po' m eno. Tanto per incominciare: ch i era no i professionisti che entravan o al se rv izio d ei granduchi? Erano semplici mercenari desiderosi solo «di avere beni ed onori, risch ian do la vita e la p ersona p er riuscire ad ottenerle, essen do dispos ti addirittura a se rvi re il G ran Turco pur di no n rimanere disoccupati»6 ? Se è pacifico che il reclutamento di professionisti fosse essenziale per la sicurezza d el granducato, è necessario anche domandarsi cosa ricevessero in camhio in termini di "sicurtà" gli stipend iati medicei, un concetto che va in teso in un senso più esteso del semplice compenso m onetario. A tutte queste domande si cercherà di dare una risposta in questo saggio, che però non pretende di esauri re l'argome nto quanto essere un punto di partenza per studi futuri. 3 ASF, MM, 370, ins. 40, segn. S2, "Ristretto della Banca fotto al primo dicembre 16 11 ", c.n.n. Il costo totale di tutti gli sti pend iati ascese quell'anno alla somma <li 193.656 scudi, mentre nel periodo in questio ne le entrate medie del granducato furo no di circa 1.200.000 scudi. L:auto re di questo saggio sta completando una monografia sull'organizzazione militare toscana nel Seicento. Cfr. Appendice, 11 . I . 4 ASF, MM, 370, ins. 41 , "Relazione della Milizia di S.A.S." (1 621), c. lr. 5 Cfr. ASF, MP, 2330 (Alessand ro dal Borro a Giova n Battista Gondi, 12 febbraio 1642), c.n .n. 6 Blaise de M onluc, a proposito della carri era militare dei suoi figli; cit. in : A.W. WHITEHEAD, Gaspard de Coligny, Admiral o( France, London 1904, p. 334.


Sicurezza e sicurtà

451

2. Non c'è dubbio che Galeazzo Gualdo Priorato avesse la tendenza ad esagerare le virtù guerresche dei sudditi dei Medici, affermando che: "più che le altre 11ationi sogliono cercar impieghi altrove" 7; ma è pur vero che il "Serenissimo granduca" poté sempre disporre di un numero consistente di toscani esperti in faccende militari. Non che mancassero occasioni per farsi le ossa: le Fiandre, l'Italia, la Germania, la Spagna, la Francia, l'Ungheria, il Mediterraneo e, in qualche caso, l'Inghilterra, formarono sui loro campi di battaglia intere generazioni di soldati per tutto l'arco del secolo XVII. Inoltre, a parte le guerre europee, i M edici avevano a propria disposizione l'Ordine di S. Stefano per fornire a giovani di belle speranze ottime possibilità di imparare il mestiere delle armi, anche quando il mutamento della strategia difensiva portò ad una riduzione delle attività navali del granducato 8 • La milizia stefaniana di per sé non era però sufficiente come scuola di guerra, non solo per il limitato campo d'azione, ridotto al Mediterraneo, ma soprattutto perché il tipo di operazioni che conduceva erano del tutto particolari, caratterizzate da campagne brevi e colpi di mano, nonché condizionate dal mare e dagli altri elementi, combattendo contro le forze, militarmente molto sui generis dei vari potentati musulmani 9 • Inoltre, il servizio sulle galere stefaniane non dava delle possibilità concrete di fare carriera, soprattutto quando l'attività bellica dell'Ordine andò scemando dopo il 1620, anche perché la concorrenza era nutrita, i posti pochi e la vita a bordo scomoda, mentre i lunghi mesi di mare non permettevano di coltivare adeguatamente quei necessari contatti personali utili per il successo professionale Hl. Ragion per cui, erano pochi i 7

G. GUALDO PRIORATO, Relatione della Cillà di Fiorenza e del Granducato di Toscana sotto il Regnante Granduca Ferdinando Il, Colonia, 1668, p. 85. 8 Per il tirocinio e l'addestra mento dei caval ieri stefaniani, cfr. Statuti dell'Ordine de Cavalieri di S.to Stefano, Pisa, 1746, tit. Xli , cap. IV, p. 268. 9 Per le caratteris ti che della guerra nel Mediterraneo, vedi in particolare: S. BONO, Corsari nel Mediterraneo: cristiani e musulmani fra guerra, schiavitù e commercio, Milano, 1997. S. R ONO, Corsari europei contro il Maghreb, «Islam, Storia e C iviltà», 3, 1984, pp. 201 -205. R.C. ANL>ERSON, Naval Wars in the Levant, 1559-1853, Liverpool I 952. V. B ORGHESI, Il Mediterraneo tra due rivoluzioni nautiche (secoli XJV-XVII), Firenze, 1976. 10 Cfr. M .T. LEONI ZANOBINI, La vita a bordo delle galere del S.M.O. di S. Stefano nel tardo seicento attraverso le illustrazioni grafiche di lgnazio Fabroni, «Quaderni Stefaniani», 6, 1987, pp. 109-154.


452

Niccolò Capponi

cava lieri che realmente prestavano servizio s ulle galere ed ancora meno queHi che lo facevano in maniera continuativa, per questi signori l'Ordine di S. Stefano essendo in primis un mezzo d'avanzamento sociale e pol itico, piuttosto che un'isti tuzione militare 11 . Per il giovane toscano intenzio nato ad intraprendere seriamente la carriera delle armi non esisteva altra possibilità che l'espatri o, co n la speranza di sopravvivere abbastanza a lungo ed ottenere sufficiente notorietà per guadagnarsi un posto nell'establishment granducale una volta rientrato in patria. 1 precedenti in questo senso non mancavano: il celebre amm iraglio Iacopo Tnghirami militò per tre anni in Francia, p rima à i riuscire ad o ttenere al suo ritorno il comando di una galera 12 ; Ottaviano Ricasoli subito dopo aver ricevuto l'abito di S. Stefano si recò a combattere nell'Impero, dove scr'vì per ventiquattro ann i cd otte nendo in seguito importanti incarichi civili e militari presso b corte toscana, tra cui la nomina nel 1640 a G ran Contestnbile dell'ordine rossocroci:1ro 1.3; infine, Aless:111dro d:11 Rorro d opo una iunga militanza in Germania divenne co mandante in capo d elle fo rze di terra del gran ducato dal 1643 a l 1648 14 . Esistevano degli esempi ancora più eclatanti di questi. Ottavio Piccolomini, figlio del Gran Contestabile Silvio, non solo arrivò ai vertici dell'esercito

11 C fr. C. M ANFRONI, La m arina da guerra del gmnducato mediceo, «Rivista Marittima», 29, 1896, pp. 89 e sg. E A NGIOI.IN I, / cavalieri e il principe: l'ordine di Santo Stefano e la società toscana in età moderna, rirenze, 1996, pp. 67-82, 168- 17 1. 12

M. GEMJGNANI, li Cavaliere Jacopo foxhirami al Servizio dei Granduchi di Toscana, Pisa, 1996, pp. 17-18. 13 L. PASSERINI , Genealogia e storia della famiglia Ricasoli, Firenze, 18 6 1, pp. l(B -204. D. BARSANTI, Organi di governo, dignitari e impiegati dell'Ordine di S. Stefano, dal 1562 al 1859, Pisa, 1997, p. 128. Il fratello di Ottaviano, Bettino, fu meno fortunato, morendo nel 1634 all'assedio di Wolfenbiittel. 14 ASF, MP, 2422 (Bozza della patente di nomina di Alessandro dal Borro a

Maestro di Campo generale, 4 giugno 1643), c.n.n. J\Sl~MP, 1006 (Il conte Maximilian von Trauttmannsdorf a Ferdinando 11, 17 gennaio 1643, da Vienna), c. 11r. ASF, Manoscritti, n. B6, SETIIMANNI, Diario, X, c. 15 1v. BNCF, Magliabechiano, CL. XXV, 264, Istoria della Guerra di Castro (Rinalducci), p . 465, «[l'esercitol sotto la generale condotta del Principe Mattias, [... ] coll'assistenza d'Alessandro del Borro, Aretino, che con lo sperimentato valore giunto gradatamente in Alemagna al comando sovr;ino della Artiglieria, gli fu posto appresso con carica cli Maestro di Campo generale». Le carte di Alessandro dal Borro, contenenti numerose noti zie sulla sua carriera, si trovano in: BNCF, PC, 206-212.


Sicurezza e sicurtà

453

imperiale, ma riu scì anche ad accumulare una fortuna notevole; e pur declinando l'invito del granduca di comandare le forze toscane dur~mte la guerra d i Castro, in quell'occasione fu prodigo di consigli e suggerimenti su come organizzare e dirigere le truppe granducali 1.5. Ma oltre ai 'pezzi da novanta', i granduchi potevano fare affidamento su molti dei loro su dditi che rientravano nella categoria degli onesti artigiani <ldla guerra: Pietro Zang:melli di Castiglion Fiorentino, nel 1621 <ldinito "huomo benché d'età risolutissimo e bravo", si fece le ossa in Francia come luogotenente di fanteria, "et poi sempre per quindici anni continui a cavallo", servendo a Mantova e con i vcncziani come capitano di corazze 16• Una delle fortune dei Medici fino a Cosimo ìII fu di poter disporre di alcuni dei migliori ralenti che il mercato militare potesse offrire, in un momemo in cui Beilona era. anche un fenomeno culturale oltreché sociale 17 . C hi ritornava in Toscana dopo aver prestato servizio all'estero poteva aspirare ad ottenere qualche forma d 'impiego all'interno del

15

T . BARKER, Ottavio l'iccolomini (1599-1659); a (air historical judgement? in: Army, aristocracy, monarchy: essays on war, socìety and govemment in J\ustria, 161 8- 1780, a cura di T. BARKER, Boulder, 1982, pp. 61-111. 16 ASF, MM, 47.5, ins. 3 (Nota di Antonio Simoni al Granduca, c. 1621), c.n.n.

17 La riprova di questo fe nomeno sta nel gran numero di opere d' arte, poemi lihri riguardanti la guerra com missionate dai Medici, o a loro dedicate; ma la stessa cosa si può riscontrare per quanto riguarda le famiglie aristocratiche tosca ne. Ad esempio, nel 1692 la collezione del Senatore Ferrante Cap poni, il cui frat ello Vincenzio era mono nella battaglia di Allerheim nel 1645, comprendeva quadri di battaglie eseguite dal Borgognone, pitture di galere, stampe della Rocmia, come dell'assedio <li Vienna. Cfr. ACRF, X lii (B), Tutela di Ferrante Mariti (;apponi, n . .1, "Inventario dei mobili del Cav. Sen. Cammillo Capponi" (1692). Parimenti, la serie di stampe sulla guerra di Castro venne dedicata ad un membro della famiglia Corsini. Vedute e battaglie seguite in Toscana t ra gl'eserciti guerreggianti l'anno 1643. All'Tfl.mo Sig.re et Pron Coli.mo il Six. Neri Corsini. Humilissimo e Devotissimo, Servitore Fran.co Cecchi Conti D.D.D. (1643). Tuttavia, non bisogna dimenticare che questa moda era stata iniziat:i dagli stessi Medici, sia attraverso la glorificazione delle imprese dei cavalieri di S. Stefano, 111:1 anche grazie alla committenza del Principe Mattias di opere d'arte a soggetto militare, tipo quelle realizzate, ancora una volta, dal Borgognone. Cfr. S. RuDOLPH, A Medici generai, Prince Mattias, and his batt/epainter, il Bo7Kog11one, «Studi Secenteschi», 3, 1972, pp. 183 -191. Per un 'analisi della guerra cÒme fenomeno letterario nel secolo XVII, dr. G. BENZONI, I "frutti dell'armi: Volti e risvolti della guerra nel '600 in Italia", Roma, 1980. e


454

Niccolò Capponi

sistema militare mediceo, in genere come "vantaggiato"; o, se fortunato, come ufficiale delle truppe permanenti, oppure delle Bande. Girolamo del Testa Piccolomini, Senese, militò in Germania, nel Milanese, ed in Ungheria, tornando in Toscana nel 1668; due anni più tardi diventò Castellano della fortezza di Grosseto 18 . Alderano Malaspina, nel 1624 Capitano e Castellano della Randa e della Fortezza d'Arezzo, poteva vantare un passato di mercenario in Francia ed in altri posti, oltre ad aver servito sulle galere pontificie e granducali 19 . Un caso a parte è quello di Agnolo Maria della Stufa, la cui attività bellica a quanto sembra fu sempre confinata al granducato, esclusa una possibile parentesi di militanza nel Regno di Napoli, terminando la sua carriera come governatore della Contea di Pitigliano; in precedenza aveva serv ito con l'Ordine di S. Stefano, e non c'è dubbio che la sua ascesa sia stata facilitata dal cognome, nonché dalla presenza di un fratello nelle file dell'esercito spagnolo 20 . Ancora più eccezionale è il caso di Paolo Peroni, di Empoli, Sergente Maggiore Generale nel 1684, che entrò al servizio dei Medici nel 1634 come soldato semplice, facendo tutta la carriera nell'esercito granducale; in questo fu sicuramente avvantaggiato dal fatto che suo fratello Francesco, dopo essere stato un ricco mercante ad Amsterdam per o ltre un trentennio al suo ritorno in Toscana divenne Depositario Generale di Cosimo lll 2 1• Ma il della Stufa ed il Peroni erano delle eccezioni, perché altrimenti la mancanza di servizio all'estero poteva essere un handicap per uno stipendiato mediceo: fabiano Càmpani da Lucignano nel 1626 fu promosso da luogotenente della fortezza 18

ASF,MP, L156, reg. n. 2, "Ruolo di tutti gli ufficiali in piedi" (1 684), c. 113r.

19

ASF, MM, 597, ins. 1, reg. intitolato "Ruolo di tutti i Capitani delle Rande, etc." (circa 1624), p. 8. 20 ASt~ GCS, 94, n. 27, b. 9 (Curriculum di Agnolo Maria della Stufa, s.c.l. 1630?), c.n.n. 21

ASF, MP, 2356, rcg. n. 2, "Ruolo di tutti gli ufficiali in piedi", cit., c. 22rv. Per quanto riguarda Francesco Feroni e la sua famiglia, cfr. I~ BENIC.NI, Francesco Feroni, empolese negoziante in Amsterdam, «Rassegna degli Archivi di Stato», 48, 1988, pp. 488-5 17. EAI\ Francesco Peroni: da mercante di schiavi a burocrate nella Toscana di Cosimo Ili. Alcune anticipazioni, in La Toscana nell'età di Cosimo lll, a cura di F. ANC.IOI.INI, V. BECAGLI, M. VER(;A, Firenze, 1993, pp. l 59-183.


Sicurezza e sicurtà

455

d i Portoferraio a capitano, come ricompensa dei molti anni di servizio "tanto per mare, quanto pe r terra" n elle truppe granducali; tuttavia, il nuovo grado non comportò per il Campan i un incarico più prestigioso ma solo un aumento de ll a paga 22 . Coloro che ricevevano un p osto di comando potevano dirsi fortunati, soprattutto quando per o ttenerlo non erano stati costretti a vegetare tra le file dei "vantaggiati" (in Inghilterra chiamati gentlemen rankers ed in Spagna particulares), cioè quelle persone di una certa qualità sociale 'ed esperienza nel maneggio del le a rmi' che stavano comi nciando la carriera militare, oppure impossibilitati a permettersi uno stile di vita consono al rango di gentiluomini o d'ufficiali, e perciò costretti ad accontentarsi di qualche scudo in più della paga di un soldato scmplice 23 . I "vantaggiati" facevano comodo al gra nduca, che così poteva disporre di persone militarmente esperte a basso costo, gl i ammin istratori granducali, da bravi toscani, essendo notoriamente taccagni. A volte il "vantaggio" veniva usato a guisa di pensione, pe r ricompensare in qualche modo dei veterani meritevoli ma con scarse possibilità economiche : «Il Luogotenente Catanio Catani da lesi ha servito molto bene per Tenente d'una compagnia d'In fanteria, ma hoggi ch 'è d'età grave, non pnò piÌl continuare le fatiche della Compagnia; però essendo stato graziato Ja me Jella licenza, se ne vie n costà p er sup-

plicare il Ser.mo Gra n Duca di servire a Livorno in una piazza avvantaggiata» 24 .

La vita d i un "vantaggiato" se nza mezzi propri poteva essere grama, ricompensata dopo lunghi anni d i rischi e sacrifici con una 22 ASF, MP, 2354, rcg. V (Motu Proprio di Ferdinando Il, 21 marzo 1626), c. 5'Jr. 23 Cfr. G. PARKER, The Army of Flanders and the Spanish Road, 1567-1659, Cambridge, 1990, pp. 40-41. Da notare che anche il celebre Raimondo Montecuccoli avrebbe iniziato la sua brillante carriera come "vantaggiato". T. SANDONNINI, Il gene-

rale Raimondo Montecuccoli e la sua famiglia, note storiche biografiche di Tommaso Sandonnini, M odena, 1913, pp. 57-59. 24 ASF, MP, 2422 (Mattias de' Medici ad Alessandro Nomi, 22 febbra io 1644, da Arezzo), c. n.n.


45 6

Niccolò Capponi

misera mensilità. Nel 1646 nc:l presidio di Livorno ve n'erano 85, l'età d ei quali andava da un massimo di 70 anni (tre individui) ad un minimo di 28, e hen quarantasette di loro aveva superato la cinquantina; il primato di trentotto anni di servizio apparteneva ad un sessantaquattrenne, mentre all'opposto un capit:rno di trentatré a nni aveva militato solo per due ne lle forze granducali. Tutto questo per una paga massima mensile di 12 scudi (uno de i settantenni) ed un minimo di .5 25 . Nonostante ciò, in tempi di contrazione delle forze armate erano i "vantaggiati" i primi a farne le spese, e nel 1621 , fu proposto di ridurre a cinquanta il numero di quelli di stanza a I .ivorno, galere e presidio, per un rispa rmio annuale di 1.000 scudi 26 • In questi casi poteva succedere che il posto dei licenziati venisse preso da qualche ufficiale "riformato", come tre anni più tardi venne proposto per il luogotenente di Terra del Sole 27. Secondo la logica contabile medicea l'esperienza e l'ahilità militare avevano un peso re lativo, rispetto alla nuda e cruda real tà monetaria. Il problema del "posto fisso " tra gli ufficiali professionisti sarebbe diventato più pressante nel corso del XVII secolo, procedendo di pari passo con l'aumento dei costi legati al mestiere de lle armi, che rese difficile per delle persone con pochi denari intraprendere con profitto la carrie ra militare ; tale proble ma fu aggravato dal feno meno crescente dei cadetti de lle famiglie aristocratiche, uomini abituati a d un rispettabile livell o di vita e che contribuirono a saturare il mercato nazionale dei professio nisti della gue rra, costrin gendo molti di loro ad accontentarsi essere impiegati anche in una condizione di precarietà 28 : nel 1669 il senese Ventura Nieri supplicò il 25 ASr, MP, 2331 (Not;i dei Vantaggiati di Li vorno con le provvigioni, età, ed an ni di servizio fl646]), cc. 583r-584v. 26 ASI:~ MM, 370, ins. 40, segn. 53 (Nora di Antonio Simoni, 1621), c. n.n. 27

c.n.n. 28

Ivi (Memoriale dei Collaterali Antonio Simoni e Filippo Pandolfini [1624?]),

Un fenomeno simile si sarebbe verificato anche nell'Inghilterra di Carlo II, con una massa di uomini in lotta per i pochi posti di ufficiale disponibili, visto e considerato che le forze di terra inglesi in tempo d i pace contavano all'epoca circa 6.000 u01nini; <li conseguenza, l'unica alternativa per molti militari di professione era di cercare fortuna all'estero. Cfr. J. CHll.llS, The Army o( Charles 11, London, 1976, pp. 38, 162-183.


Sicurezza e sicurtà

457

granduca di dargli una mano "per potersi mantenere", essendo rimasto ferito a C:rndia mentre serviva come alfiere nelle forze toscan e inviate in aiuto a Venezia; più specificatamente il Nieri chiedeva che, nonostante la sua infermità, il Serenissimo gli desse un impiego nel corpo di spedizione allora in Da lmazia, affermando che gli sarebbe bastata una paga mensile di cinque o sci scudi 29 . Parimenti, nel 1642 Francesco Dondi da Prato supplicò di essere fotto Alfiere della Compagnia di Porta di Terra di Portoferraio, dato che per quattordici anni aveva se rvito come Tenente sulle galere, ma sem.a stipendio e con solo una "piazza" di .9. 5 il mcsc 30. Un incarico permanente anche se scarsamente remunerativo rappresentava l'obbiettivo finale di molti militari di carriera, specie se con pochi mezzi. Nel 1650 la lunga lista di candidati alla successione di Antonio Speroni, "che haveva la Bandiera d ella Compagnia di Porta di Mare" a Portoferraio, comprendeva moltissimi "vantagg iati ", diversi dei quali erano veterani della guerra di Castro e tutti con a nni d ' impieghi precari alle spalle 31 . In ogni caso la concorrenza per gli incarichi militari era spietata: quando nel 1623, in segui to dei disordini avvenuti a Pietrasanta, rimase ucciso il Capitano Losio, "un bravo, et honorato soldato", subito il Capitano Pietro Offredi avanzò la propria candidatura per il posto rimasto vacante, rimanendo però d eluso nell e sue aspettative in quanto gli fu preferito il senese Alfonso Saracini, che aveva il vantaggio di essere una dell e Lance Spezzate granducali 32 • Esisteva anche un 'altra faccia de ll a medaglia: nel 1637, il gr~mduca, attraverso il prim o segretario Andrea Cioli, chiese a suo fratello Leopoldo, allora governatore di Siena, di informarsi discretamente se Fra Volumnio Piccolomini fosse disposto ad accettare il comando della fortezza e della Handa di Arezzo,

29

AABF, IX, n. 24 (Alberto Antinori al fratello, 13 aprile 1669, <la Vienna),

C.11.11.

30 ASF, MP, 2422 (Francesco Dondi ad Alessandro Nomi, 14 dicembre 1642, da Livorno), c.n.n. 31 ASF, MP, 2331 (Lista datata 27 settembre 1650), c. 972rv. 32 ASF, MP, 17 16 (Andrea Cioli a Demiurgo 1.ambardi, 2 marzo 1623; lo stesso al Cioli, 4 marzo 1623), c.c.n.n.


458

Niccolò Capponi

"riconoscendo per honore la stima che l'A.S. verrebbe in questa maniera a fare della sua fedeltà e del suo valore" 33 . Lungi dal voler imporre il suo volere in maniera arbitraria, il granduca prendeva atto della suscettibilità di un gentiluomo che poteva vantare due papi tra gli ascendenti, cd uno dei comandanti dell'esercito imperiale tra i suoi parenti. Le spese elevate per imparare l'arte militare, e soprattutto per mantenere uno status adeguato al grado ricoperto, facevano sì che solo poche persone fossero scelte a ricoprire certi incarichi nelle forze armate granducali. 11 Sergente Generale di Battaglia Alfonso Hracciolini, pistoiese, poteva vantare dei beni famigliari del valore di quasi 13.000 scudi, mentre il Sergente Maggiore Giovan Battista Sergiuliani, da Borgo Sansepolcro, aveva abbastanza denari per fondare una commenda stefaniana di 40 luoghi nel Monte del Sale di Firenze 34 . Allo stesso tempo, un provinciale aveva bisogno di agganci nella capitale per cominciare ad affermarsi nel mondo militare toscano: quando Vincenzio Capponi reclutò la sua compagnia durante la guerra di Castro, scelse come Alfiere il diciannovenne empolese Giovan Battista Pancetti, "di buonissima presenza, e de più comodi e ricchi di quella terra, essendosi obbligato a darli venticinque soldati, pagati a mtte sue spese, per have re la sua Bandiera" 35 . Tra il Capponi, un aristocratico fiorentino con pochi mezzi, ed il Pancetti, un provinciale ricco, si veniva a creare una specie di simbiosi, l'uno usando i vantaggi dell'altro per la propria carriera.

33 ASF, MP, SS 18 (Andrea Cioli a Leopoldo de Medici in Arezzo, 30 settembre 1637, da Pisa), c. I lr. 34 ASF, MP, 2356, reg. n. 2, "Ruolo di tutti gli ufficiali in piedi", cit., c. 5r. R. CASINI, I cavalieri di Pistoia, Prato e Pescia membri del Sacro Militare Ordine di S. Stefano Papa e Martire, Pisa, 1997, pp. 177-178. B. CASIN I, T cavalieri di Arezzo, Cortona e Sansepolcro membri del Sacro Militare Ordine di S. Stefano l'af,a e Martire, Pisa, 1996, p. 409. 35 ACRF, VII (A), Proposto Francesco Capponi, n. 7 "Ricordi dal 1631 al 1643" (29 ottobre 1641), c. 29v. Quando Vincenzio Capponi ricevette da Ferdinando li l'i ncarico di arruolare una compagnia durante la guerra di Castro, suo padre dovette farsi garante di un prestito di 500 scudi che il Capponi aveva fatto con la tesoreria granducale per poter far fronte alle spese dell'arruolamento.


Sicurezza e sicurtà

459

3 . Il motivo della massiccia presenza di non fiorentini n elle forze armate granducali è spiegabile in parte con il desiderio da parte d i certe fami glie di provincia di ottenere una maggiore affermazione sociale, ch e da un lato portava a cercare l'ingresso nell 'Ordine di S. Stefano, magari attraverso la fondazione <li una commenda di giu spadronato 36, e dall'altro, soprattutto n ei casi in cui i soldi non fossero abbondanti, cercando di fa re fortuna con il mestiere delle a rmi. N el 1621 su quindici candidati a l comando delle va rie Bande solo uno era fiorentino, tra l'altro un M edic i, mentre su sed ici capitani di fanteria quelli provenienti da Firenze erano appena due 37 . Questa ten denza non avrebbe subìto variazioni di r ilievo nell 'arco del secolo: nel 1644 su trentuno comandanti di Bande solo quattro erano c hiaramente identificabili come fiorentini, me ntre gli altri erano per la maggior parte provinciali, assieme a qualche stran iero 38 . Quaranta anni dopo, sotto Cosimo III, la percentuale degli ufficiali provenienti da Firenze era meno del 25%, cioè 21 su 96, ma occupavano più della metà nei grad i maggiori della gerarchia militare; d'altro canto, gli ufficiali p rovinciali erano 45 di cui poco più di un quarto (12) con incarichi di comando s uperio ri (uno dei due Generali era l'aretino Marco Alessandro <lai Bo rro); <li converso, i senesi erano appena il 7,3%, mentre quindici anni prima toccavano quasi il 10% . Il numero degli uffici ali forest ieri, italiani e stranieri, era circa un quarto del totale, un aumento non disprezzabile rispetto al 18% dell'epoca di Ferdinando Il, e quattro di loro avevano il grado di M aestro di Campo o Colonndlo 39 . Caumento dei provinciali ed 36 Cfr.

ANGIOLINI, l cavalieri e il principe, cit., p. 101. 37 ASI·~MM, 475, ins. 3. (Nota di Anto nio Simoni al Granduca, cit.), c.n.n. Nel 1628 erano numerosi gli ufficiali provenienti da posti come Pratoven:hio, Marradi, Bibbiena, Firenzuola, Carmig niano, tutti luoghi non molto popolosi, per non parlare di quelli originari di Empoli, Sansepolcro, Arezzo e Pistoia, dove accanto a persone di famiglie antiche, come gli Albergotti, figuravano anche tanti illustri sconosciuti. Cfr. ASr, MM, 597, ins. 1, reg. senza titolo datato 1628, "Sig. Capitani et altri simili Intrattenuti". 38 ASF, MP, 233 1, "Nota de ll e spese della Banca e.lupo la riforma e licenza

dello esercito secondo le Resoluzioni, e Arrolamenti fatti per o rdine di S.A.S." (1644), cit., c. 308r. 39 ASF, M l ', 2356, reg. n. 2, "Ruo lo di tutti gli ufficiali in piedi", cit. Cfr. Appendice, n n. 2, 3, 4.


460

Niccolò Ca/1/mni

il calo dei forestieri appare più evidente nei comandi delle varie Bande: nel 1628, gli ufficiali provenienti dalle provincie toscane erano poco più del 27%, mentre nel 1684 avevano raggiunto quasi i due terzi del totale. Per contrasto, il numero <lei senesi era cabro <lai 18 a poco più <lell'8%, ed ancora più significativo era stata la discesa dei professionisti originari degli altri stati italiani, passati da un 50% secco alla stessa percentuale dei sen esi. La propon.ione dei fiorentini al comando di Bande risultava immutata, ma nel 1684 la loro presenza nell'esercito era aumentata rispetto a sessant'anni prima, passando dal 12 al 22% 4 0. La tendenza di affidare incarichi militari di prestigio a degli stranieri si fece più accentuata nel corso del XVII secolo, quando divenne più difficile trovare dei sudditi medicei con l'esperienza necessaria per esercitare il comando delle truppe granducali, tant'è che negli anni Trenta <lei '700 su tredici ufficiali superiori solo tre avevano cognomi toscani, e di questi i fiorent ini erano due 4 1 . Non è chiaro il perché di questo fenomeno, e probabilmente fu causato da più di un fattore, non ultimo, come ha sottolineato Gregory Hanlon, da ll 'osti li tà degli ufficiali oltramontani verso i loro colleghi provenienti dal sud delle Alpi 4 2, che quindi avrebbero avuto minori possibilità di impiego . Ma non si può escludere la possibilità che l'Italia stesse comi nciando a perdere la reputazione di esse re una buona fucina di talenti militari, oltre al fatto che i legami degli ufficiali italiani con i propri stati di origine non deponeva a favore della loro fedeltà. Nel 1641 Mattias de' Medici avrebbe così riassunto i termini del problema: «[ ... ] Nel rimettere a V.$. gl'avvisi mandatimi con la sua del 24 le <lirò ancora confi<lcntemenre il mio parere circa la lettera di

4o J\Sr~ MM, 597, ins. 1, rcg. senza titolo datato 1628, "Sig. Capitani", cit., c. lr. ASF, MP, 2356, rcg. n. 2, "Ruolo di nmi gli ufficiali in piedi", cit. Cfr. Appendice, nn. 5, 6. 41 L. VtVJANJ DELLA ROBlllA, "Compendio Civile, ~conomico e Militare della Toscana" (1734), in: Gli ordinamenti del Granducato di 'lbscana in un testo settecentesco di Luigi Viviani, a cura di S. Dt NOTO, Milano, 1984, pp. 256-257.

42 G. l lANLON, The twilight o( a military tradition. Jtalian arist ocrats and European con{licts, 1S60-1800, London, 1998, p. 98; cfr. p. 204 e sg.


Sicurezza e sicurtà

461

favore, c he brama dal Ser.mo Gran Duca il sig. Giovan Battista Visconti. Quest'è Cavaliere di qualità, spiritoso, et di pru<lcnza non ordinaria; ma non ha però pratica tale del Mestier dell'Armi, ne meno ha tanto servito all'Armata, che non possa esserli fatto molte opposizioni, alla pretensione, che tiene d'esser ammesso attualmente al Consiglio di Guerra di Sua Maestà Cesarea; oltre che dubito ancora, che la raccomandazione di S.A., et l'esser egli Italiano (nazione hoggi sfuggita in quei governi) sia piì:1 tosto per Jifficul tarli maggiormente l'humore che sconcia dalla Maestà Cesarea, perché sospetteranno forse quei ministri, che nelle dependenze, che mostrerà <li qua, siano per sapersi i fatti loro l... ] » 43 •

I?elcmento più interessante di quest'ultima affermazione è che gli Italiani erano considerati scars:imente affidabili nei circoli imperiali, e nel caso dei sudditi tosca ni, o comunque le p er sone vicine al granduca, la diffidenza nasceva con tutta probabilità dalla politi ca d'indipendenza perseguita dai granduchi verso gl i Asburgo 4 4. Comunque stia la faccenda, le possibilità di fare carriera all'estero, con l'idea di tornare a servire i M edici in un secondo mome nto, si fecero più scarse per i sudditi toscani: nel 1660 Enea Silvio Piccolomini fu più che contento del posto di cornetta in un reggimento dell 'esercito imperiale, conside rata la scarsità di posti allora disponibili, cosa che per <lue suoi concittadini significò la disoccupazione, costringendo uno di loro a cercare impiego nell'arm ata spagnola in Portogallo; il Piccolomini era ancora in servizio imperiale diciassette anni più tardi con il grado di tenente colonne llo, continuamente lottando per ottenere promozioni , o semplicemente per conservare il proprio posto, intrigando e sforzandosi di mantenere uno status adeguato al suo rango 45 . Vista la situazion e, nonché la sca rsità <li incarichi di un certo prestigio in Toscana, non

43 ASF, MP, 547·1 (Mattias de' Medici a Giovan Battista Gondi , 26 maggio 1641, <la Siena), c. 55r. 44

Cfr. D . MARRARA, J rapporti giuridici tra la Toscana e l'Impero (1.G0-1576), in: Firenze e la Toscana dei Medici nell'Europa del Cinquecento, Firenze, 1983, I, p. 247 e sg. 45 G. H ANI.ON, The Decline o( a Provincia/ Military Aristocracy: Siena 1.5601740, «Past & Present», 155, 1997, pp. 87-89.


462

Niccolò Capponi

meraviglia che Enea Silvio abbia d eciso di restare a Vienna, pur con tutti i problemi che ciò comportava. I problemi per i suJditi granducali di reperire l'esperi enza mili tare cd un posto aJcguato alle loro aspettativc, provocò verso la finc del Seicento un calo del numero di toscani intenzionati aJ intraprendere la carriera militar<.:, e di consegucnza i Medici si trovarono costretti ad arruolare sempre più spesso ufficiali provenienti dagli altri stati italiani o d'oltralpc. Ciò non vuol dire che in precedenza gli stranicri fossero stati assenti dalle file degli stipendiati granducali fissi: nel 1628 su ventiscttc "vantaggiati " della compagnia Colonnella del presidio di Livorno, solo scttc erano toscani, altrettanti provenivano dagli Stati Pontifici, cinque e rano corsi, ma ben o tto o riginavano dalla Francia 4 6; parimcnti, nel 1644 la compagnia <li corazze di Cortona, un reparto toscano, era al comando di un tal capitano L:1 Pi erre, c he l'anno successivo al momento della riforma della c:iva llcria nazionale sarebbe finito alla testa ddle corazze di Montalcino 4 7 . Tuttavia, ciò non <.kvc po rtare a <ldlc conclusioni affrettate, dato che i Medici pcrscgu ivano una po litica mirantc ad assimilare gli stranieri nel gr:inducato, che a volte finiva per diventare un a utentico assorbimento. Il Capitano O ttavio Adami, da Fermo, Jopo aver servito in Ungheria e nello Stato di Mila no, entrò nel ] 60 7 a far parte dell'Ordinc di S. Stefano militando sulle galere cd i galeoni granducali ; nel 1628 era al comando della Banda di Cascina "con privilegio di non risiedere, ma star in Pisa", visto c he in qucl pe riodo era anche me mbro del Consiglio d ell'Ordi ne di S. Stcfano 48 . In tal caso, come in altri sim ili, 46 ASF, MM, 597, ins. 1, rcg. senza titolo datato 1628, "Sig. Capitani", cit., e.e. 2v-3r. 47 ASF, MP, 233 1, "Nota del le spese della Banca" (1644), cit., c. 309r. BNCF, PC, 207 (Programma di riorganizznzione della cavall eria, s.d . ma 1645-1646), e.e. 369r-414r. 48 ASF, MP, 2356, reg. n. 6, " Ruolo di tutti li Capitani di Bande, Castellani, Governatori (...11624", p. I. ASF, MM, 597, ins. 1, reg. senza titolo datato 1628, "Sig. Capitani ", cit., c. I 11 . B. CASIN I, T cavalieri degli stati italiani membri del Sacro Militare Ordine di S. Stefano Papa e Mart ire, J, Pisa, 1998, pp. 3 40-34 1. RARSANTJ, Organi di governo ... , cit., pp. 124-127. Tra le benemerenze c.lell'Adami figuravano anche la sua partecipazione nel 1607 all'i mprese di Famagosta e Bona, e nel 1612 a quella di Kcramos dove aveva comandato un reparto da sbarco. Cfr. GEM1GNAN1,Jacopo Jnxhirami, cit., pp. 152, I 64, 227.


Sicurezza e sicurtà

463

considerare certi personaggi degli stranieri sic et simpliciter, in quanto non nativi del granducato, può essere non solo semplicistico ma anche fuorviante vista la varietà dei vincoli di dipendenza esistenti in tutti gli stati dell'ançien régime, tra i quali rientrava anche l'appartenenza ad un ordine cavalleresco. La " toscanizzazione" dell'apparato militare granducale risulta evidente proprio esam ina ndo la composizione del vertice dell'Ordine di S. Stefano dal 1620 al 1671: fino a circa il 1650 la presenza di persone originarie degli a ltri stati italiani risultò più c he consistente, con delle punte di oltre il 48% negli anni 1641-1644, mentre nello stesso periodo i toscani nel consiglio della Religione erano poco più dd 33%; ma dopo la metà del secolo, si assistette ad una sensibile rimonta dei sudditi granducali, così che alla fine del regno <li Ferdinando II gli "italiani" erano meno dell'8%, mentre negli anni 1665-1668 il vertice dell'Ordine fu toscano al cento per cento 49 • Naturalmente, anche in questi casi vale il discorso già detto, cioè che dopo lungh i anni di militanza tra le file dei cavalieri stdaniani erano moltissime le persone che pur non essendo native dei Serenissimi Stati finivano per essere assimilate nel sistema militare mediceo 50 . Indubbiamente i granduchi preferivano usare i propri sudditi per il comando delle loro truppe. Nel 1645 di cinque compagnie di cavalleria tedesca, quattro erano comandate da toscani 51 ; al tempo dell'invio del "Soccorso" in appoggio allo Stato di Milano nel 1630 (a cui i granduchi erano obbligati dalle Capitolazioni di Siena del 1S.57), quindici su venti comandanti di compagnia erano sudditi medicei, come anche nove dei quattordici membri dello stato maggiore, e quattro su sette comandanti di cavall eria; inoltre, benché il Maestro di Campo fosse il napoletano Annibale Filangeri, il Sergente Maggiore era Torquato da Montauto, il "governatore" delle truppe a cava11o il

49

i3AR5ANTI, Organi di governo ... , cit., pp.

125-133. Cfr. Appendice, n. 7.

SO C fr. B. CASINI, Tcavalieri degli stati italiani membri del Sacro M ilitare Ordine di S. Stefano f'apa e Martire, Pisa, 1998, voi. I, passim. 5 1 ASF, MP, 2331, "Nota delle spese della Banca" (1644), cit., c. 310r. 13NC F, l 'C, 207 (Nota delle compagnie alemanne, agosto-settembre 1645), e.e. 283r-284r. Una compagnia di dragoni era comandata d al francese Jacques Longville (... Longva le).


464

Niccolò Capponi

March ese Cosimo Riccardi, mentre il collaterale ed il pagatore erano rispettivamente Gino Capponi e Cammillo Lanfredini , tutti membri di famiglie nobili del granducato 52 • Parimenti, durante la spedizione nel Milanese del 1635-1636 perlome no dodici comandanti di compagnia su venti erano toscani, ancora una volta era Cosimo Riccardi a com::mdan: la cavalleria, mentre a capo del corpo di spcdizione era il M aestro d i Campo Cammillo <lei Monte, che non solo e ra membro d i un'antica fam iglia feudale toscana, ma fino a due an ni prima comandante della gua rdia dei Trabanti 53 . Anch e durante la guerra di Castro, quando le necessità costrinsero il granduca a dare incarichi militari a numerosi forestieri, i vertici dell'esercito furono esclusivamente toscani cd anche una huona fetta degli ufficiali superio ri, mentre per ciò che riguardava i comandanti di compagn ia si preferì sempre sceglie rli tra i sudditi medicei 54 . Facendo ciò Ferdinando Il non solo s i tutelava dal pericolo di dover dipendere csdusiva111e11Le da persone disposte a servirlo solo per mo tivi mercenari, ma allo stesso tempo era in grad o, attrave rso atti di benevolenza, d i favori re a suo vantaggio alcuni su o i sottoposti. Quando divennc chiaro che la Toscana sarebbe a ndata in g ue rra co ntro gli Stari Pontifici , il g randuca fece stilare una lista di venti gentiluomini fiorentini ed a quattro <li essi, Vincenzio Cappon i, G iuli o del Be ne, Bettino Ricasoli, e Domenico Bardi, dimost rò subito il proprio favore dando loro di persona l'o rdine "per batter la cassa e dar pr incip io a fa re una compagnia di 200 fanti per ciasch ed uno". Il comportamento d el principe n o n e r a casuale, in quanto sperava che qu esto suo gesto invogliasse a ltr i

52 ASF, Ml', 3250, ins. 12 (Nota delle 20 compagnie mandate a M ilano, datata 25 maggio 1630), c. n.n. 53 ASI~ MP, 2359, "Nota all'Tll.mo Sig. Conte Orso Dclci mio Signore di tutta b soldatesca così a Piedi come a Cavallo, che è al presente per tutto febbraio 1635, ab. inc. del Ser.rno d i Toscana nostro Padrone nello Stato di M ilano [...]", e.e. n.n. ASF, Stmzziane, I, XXV Nomi e Cognomi di tutti i Capitani della Guardia de Tedeschi a piedi de Ser.mi Gran Duchi di Toscana dal principio del lor Principato fi no a questo anno 1666, c. 61v. 54 Cfr. ASF, MP, 55 19 (Desiderio Montemagni a Leopoldo dc' Medici, 10 ottob re 1643), c. 62rv.


Sicurezza e sicurtà

465

personaggi di buona famigl ia a farsi avanti p er "dimandarli le patenti per esser fatti Cap itani di 30 Compagnie" 55 . Elargire nei momenti di bisogno degli incarichi mi litari a memhri dei ceti dirigenti fu una costante del regno di Ferdinando li: ad esempio , nel ma rzo 1630, "viste le turbo len ze d ' Italia", Cammillo Attavanti si ritrovò al comando di una compagnia di pedoni 56. Ma ciò non voleva dire che queste persone fossero d igiune dell'arte della guerra, visto che l'Attavanti era Cavalie re di S. Stefano dal 1623, e quindi aveva almeno un minimo di infarinatura militare da permettergli di esercitare il comando. I .o stesso è vero per quanto riguarda i succitati Od Ben e, Ricasoli, e Capponi 57 , il granduca avendo "particolar mira no n di elegger persone inabili, ma ancora che habbino comanda to altre volte et che siano sta ti Capitani" 58 . Di certo il "Serenissimo" preferiva elargire le sue patenti a quei sudditi con una p iù solida esperienz:1 nelb pratica delle armi, per cui non meraviglia trovare al comando di una compagnia Agnolo Maria della Stufa, veterano del servizio sulle galere, quando nel 1625 si temette una p ossibile invasione da parte dei franco-savoiardi 59 . Bartolomeo Liuti, da Lucignano , otte nne nel 1648 la carica di alfiere nella compagn ia del ca p ita no Agostino Teri, non so lo p e r avere a ll e spalle und ici anni di servizio, ma soprattutto per l'assenza nel reparto di sergenti che potessero vantare diritti di precede nza, «e tanto più per essere [il Liutil del lo Stato, scndo detta Com pagnia composta tutta di so ldati suddetti » 60.

55 ACRF, V II (A), Proposto francesco Capponi, n. 7 " Ricordi", cit. (20 settembre 164 1), c. 28r. ASF, Ml', .B 99 (A lessandro Nom i a Matti:is dc' Medici, 27 settembre 164 1), c. 377r.

56 ARCHIVIO RICASOLI-FIRmOLFI, Firenze, 236 (n.s.), n. 42 (Patente di Cammillo Attavanti, 1 marzo ] 630), c.n.n. 57 G. GUARNIFIU, L'Ordine di Santo Stefano nella sua organizzazione inter-

rv, Pisa, 1966, pp. 32, 42, 63, 179. 58 ASF, MP, 5399 (AJessandro N omi a Mattias de' Medici, 5 ottobre 1641 ), c. 323,. 59 ASF, GCS, 94, n. 27, h. 1O, segn. 13 (Patente di Capitano di J\gnolo M aria dell a Stufa, 10 maggio 1625), c.n.n. 60 ASF, MP, 2330 (Supplica di Bartolomeo I .iuti da Lucignano, .10 aprile 1648, na, volume

con postilla di mano d iversa; sottolineatu re nel testo originale), c.n.n.


Niccolò Capponi

466

Questo elemento era considerato importante, visto che spesso esisteva un rapporto territoriale tra dei militari di truppa ed il loro comandante, e di frequente questa connessione riguardava un ambito geografico limitato; pertanto, nell'affidare a qualcuno il comando di un reparto il granduca non solo compiva un atto di largesse, ma allo stesso tempo attingeva in modo indiretto alle risorse del beneficiato. Il corpo di spedizione inviato nel 1635-1636 in aiuto allo Stato di Mil ano comprendeva la compagnia del pistoiese Carlo Galli, che aveva all'inizio 104 sudditi toscani su 160 effettivi 61 ; nella stessa occasione la compagnia di Alberto Antinori contava 109 toscani, su 151 tra ufficiali e soldati, 4 7 <lei quali provenivano da Firenze, la città natale del loro comandante 62 . Questa cosa non era eccezionale, e logicamente un ufficiale tendeva ad arruolare persone del posto dove più forti erano i suoi legami famigliari: dei 295 effettivi, ufficiali e soldati, che nel corso di un anno transitarono per la compagnia di Vincenzio Capponi, appena venti, compreso il capitano, erano fiorentini, ma diciannove provenivano <la Pescia o dalla Valdinievole, <love quel ramo dei Capponi aveva una commenda dell'Ordine di S. Stefano; tuttavia, i contatti risalivano alla metà del Quattrocento, a causa del gran magistero dell'Ordine dell'Altopascio che i Capponi avevano goduto per quasi un secolo 63 • La vicinanza di Pescia con Lucca spiegherebbe anche il discreto numero di soldati (16) provenienti da quella città, nonché i trentotto origin ari di Barga e dintorni. In totale erano novantatré gli uomini, cioè il 3 1,5%, sicuramente originari da luoghi in qualche modo connessi con il ramo della famiglia Capponi a cui apparteneva Vincenzio 64 . Nella stessa maniera, nel 1635 la compagnia di Ottavio Corsini era composta esclusivamente di fiorentini fino ai caporali, ma su 138 soldati reclutati fino al marzo 1636 quarantaquattro (32%) almeno

61 ASF, Ml-', 2359 (Ruoli del capitano Galli, ottobre 1635), c.c.n.n. 62 AABF, IX, n. 20, "Ruolo del Sig. Capitano Alberto Antinori" (1635-1636),

c.c.n.n. 63

Cfr. ACRF, XI (A), Altopascio e Uzzanu; XIII (A), Altopascio.

64 ACRf, VI (A), Capitano Vincenzio Capponi, n. 4, "Ruolo del Sig. Capitano

Vincenzio Capponi" (1641-1643), c.c.n.n.


Sicurezza e sicurtà

467

provenivano dall'Umbria, dove la famiglia Corsini aveva molti feudi e proprietà, sessantadue uomini in totale (45%) erano originari degli Stato Pontificio 65 • Un quadro simile è fornito dalla compagnia del pistoiese Sebastiano Ccllesi, reclutata durante l'emergenza del 1625 : di 220 tra ufficiali e truppa segnati nel ruolo, 134 soldati erano sicuramente toscani (61 %), di cui 35 provenienti da Pistoia (16%) e molti altri originari da zone intorno alla città; inoltre, i cinque ufficiali erano tutti pistoiesi, tre della famiglia del capitano, come anche sei dei sette "venturieri", incluso Paolo di Teodoro Cellesi 66 : in questo caso, un reparto diventava una faccenda famigliare, più che locale. Naturalmente c'erano delle eccezioni alla regola dell'arruolamento territoriale, soprattutto per quanto riguardava la cavalleria che per la sua stessa natura poteva contare su di un bacino di reclutamento più esiguo, valutabile per la Toscana in meno di l.500 uomini 67 . Nel 1635 la compagnia di corazze di Cosimo Riccardi contava appena sei toscani ed un romano, su <li un totale di 76 tra ufficiali e soldati per la stragrande maggioranza lombardi, mentre le corazze del capitano milanese Guidantonio Arcimboldo erano lombarde quasi nella loro totalità 68 • Va detto che siccome queste compagnie facevano parte del corpo di spedizione per Milano era più conveniente reclutare in loco d ei cavalieri, piuttosto che non dover spendere per trasportarli dalla Toscana; ma è anche vero che certe uni tà di specialisti tendevano ad essere per loro natura cosmopolite in misura maggiore o minore: nel 1645 <li 388 uomini presenti in otto compagnie di corazze "di leva" gli italiani erano 324, 65

ASF, MP, 2.159 (Ruolo del Capitano Ottavio Corsini, ottobre 1635), c.c.11.11. L'estensione dei possedimenti della famiglia in Umbria e nel L·1Zio era tale, che si diceva i Corsini potessero andare da Firen ze a Roma "dormendo sempre sul loro". 66 BNCF, Rossi Cassigoli, 248, "Ruolo del Sig. Capitano Cavaliere Bastiano Cellesi", s.d. (ma 1625), c.c.n.n. 67 Cfr. ASF, MP, 2360a, "Ristretto dc' Presidi, Fortezze, Compagnie di Cavalli, Bande e loro Uffiziali degli Stati di S.A. Reale di Toscana. Messo insieme da Antonio Torchiani l'anno 1718", c. 240v. 68 ASr, MP, 2359 (Ruoli del Marchese Cosimo Riccardi, e del Cap itano Arcimholdo, ouobre 1635), c.c.n .n.


468

N iccolò Capponi

assiem e a 3 1 tedeschi, 29 fra ncesi, 3 spagnoli cd uno svizzero 69 . N atu ralmente anch e il repa rto più o mogeneo da l punto di vista della prove nienza dei soldati dopo qualche mese di campagna t endeva a pe rdere questa sua peculiarità, oppure ne assumeva una in carattere con il luogo d ove o perava: le ultime pagine del già citato ruolo del Capitano Galli contengono i no mi d i dieci soldati tutti provenienti da Vigevano, che assieme agli altri rimpiazzi in evitabilmente avevano finito per annacquare l'originaria toscanità del reparto 70 • Anch e per questo all' inizio della sped izione del 1635-1636 furono emanate de lle precise di sposizio n i s u come gestire le truppe da in via rsi nel Milanese, descrivendo in dettaglio come a ndavano reclutati i sold ati, te nuti i registri, fatte le rassegne e co lmati i vuoti che si sarebbero venuti a creare ne ll e varie unità, in particol a re proibendo ai co ma ndanti di arruo la re nuove trup p e dop o l'imbarco a Livo rno senza prima aver ricevuto o rdini precisi in pro posito 71 . 4 . La preferenza di Ferdina ndo II nel dare impieg hi militari agli abitanti dei suoi stati no n si lim itò agli ufficia li . In questo senso è emblem atico un e pi sodio del 1647: quando, durante una parziale smobilitazio ne, avvenne il licenziamento di un certo n umero di soldati professionisti, il granduca si racco mandò che si ritenessero quei mil itari che "con la parentela, amicizia, e buo na ma ni era di trattare", avreb bero potuto essere d 'aiuto per fu tu re leve; tuttavia, chiese espressamente di t ra ttenere soprattutto q uei sudditi medi cei " buoni et abili al se rvizio " dei quali si p o teva fare "capita le" 72 . Durante la guerra

69 BNCF, PC, 207, "Nota de Soldati delle Orto Compagnie di Corazze et di loro Na tione" (1645), e.e. 256r-257r. Cfr. Appendice, n. 8. 7o Allo stesso modo tra i rinforzi della c.:umpagnia di O ttavio Corsi n i reclu tati il 19 marzo 1636, sette su nove risulta rono esse re tedeschi, 11 110 svizzero ed un ital iano d i Vigevano. ASF, Ml', 2359 (Ruoli dei Cap itani Galli e Corsini, cit.), c.c.n.n. Nel ruolo originario del Corsini figuravano già undic i tedeschi. 71 YUBNH, Gen. Mss. 109, Spinelli, Box 311, fld. 5604 (Istruzione di Ferdinando II, 14 ottobre 1635, controfirmaro da Lo renzo Usimbardi), c.c. n.n. 72 ASF, MP, 233 1, " Istruzioni per il da fa rsi con il M aestro di Campo Roti " (dataro, 15 ottobre 1647), c. 74r.


Sicurezza e sicurtà

469

di Castro, quando si trattò di arruolare i contingenti nel Tirolo la raccomandazione fatta agli ufficiali recl u tatori fu di assoldare dei veterani, preferibilmente italiani e possib ilmente "vassalli " d i Ferdinando II, il che getta qualche dubbio sulla effettiva composizione etnica delle "truppe a lemanne" 73 . Questo atteggiamento era dettato sia da motivi <li opportunità che di sicurezza, e per la stessa ragione era espressamente proibito arruolare nelle guarnigioni persone che non fossero sudditi del granduca, dando la preferenza coloro che avessero già prestato servizio nelle Bande 74 . Indubbiamente esisteva l'opinione che l'impiego di soldati stranieri alla lunga avrebbe minato lo spirito bellicoso degli abitanti del granducato 75 , un'idea che era anche debitrice a quella particolare ideologia, in auge fin dal tempo di Cosimo I, esaltante le "virtù" della nazione toscana rifacendosi ad un immaginario retaggio etrusco 76 . Oltre che per motivi di sicurezza, l'arruolamento nelle guarnigioni solo di individui che fossero sudditi del granduca aveva anche un'altra funzione: i presidi erano utili per piazzare persone meritevoli o bisognose, diventando in altre parole un modo per elargire pensioni senza che i riceventi fossero un peso morto per 73

ASF, MP, 2.BO (Alessandro Dal Borro al Segretario Giovan Battista Gundi, 12 febbraio 1642, da lnnsbruck?), c.n.n. Nonostante ciò, le richieste di licenza dei soldati della cavalleria alemanna, dopo la fin e della guerra di Castro di mostrerebbero che perlomeno la maggioranza dei soldati erano di lingua tedesca. Cfr. BNCF, PC, 207, passim. 74

Cfr. ASF, MP, 2362, "Instruzione di S.A.S. per il Sig. Orazio Tornabuoni Castellano della Fortezza <li Pisa" (12 febb raio 161 7), c.n.n. Cfr. anche: lvi (Simone Roti al Segretario Ferdinando Bardi, 15 settembre 1655, da Pisa), c.n.n. Nel 1642 diversi soldati della compagnia di Vinccnzio Capponi , allora di stanza a Sansepolcro, in quanto «su dditi del Papa» ve nnero trasferiti ad altri reparti, lontano dalle frontiere del granducato. Cfr. ACRF, VI (A), Capitano Vi11ce11zio Capponi, n. 4, "Ruolo del Sig. Capitano Vincenzio Capponi" cit., c.c.n. n. 75

ASF, MM, 370, ins. 40, scgn. 46 (Patente di Cosimo Il ad Antonio Simoni f1620]), c.n.n. il documento menziona esplicitamente la "multa quantità di soldati soprannumerali stranieri a particu lar e manifesto detrimento della Nostra Mili tia delle Rande", che prestavano servizio sulle galere e nei presidi di Livorno. 76 A questo proposit o, cfr. G. CIPRIANI, Il mito etrusco nel rinascimento fiorentino, Firenze, 1980, pp. 71 -1 12.


470

Niccolò Capponi

l'erario granducale. Siccome stava al governatore, o al capitano, di una certa piazzaforte a "eleggere a suo gusto i soldati", salvo il parere contrario dei Collatera li de lla Banca Militare 77 , chi coman dava una fortezza aveva ampie possibilità di favorire ch i ne aveva effettiva necessità, anche perché la sua presenza in un Òeterminato posto gli permetteva di avere il polso della situazione locale. Il caso seguente è emblematico in questo senso: «Francesco Petretti di età di 26 a nni , figlio de ll 'Oratore, e con un figlio <li 7 a nni incirca, abbandon<Ì la casa sua, e si messe vagabondando andare per il mondo, <loppo aver fatto diverse scapp a te da g iovani, tirato più <la poco cervello t:t insensatamente che p er altro, ridottosi in ulti mo mise rabile, e t infelice preso da disperazione si condussi a vendersi Buonavoglia nelle Galere <lei Ser.mo Gran Duca. Venuto a n otizia al Padre, coll'autorità di V.A. lo liberò, e ricondo rtolo a casa per dargli an imo di fa r bene, e pe r rispl:ttO del Padre, p ersona honorata e ch e in vita sua ha fa tto sempre attioni tali, e per consola rlo in tante sue afflittioni mi contentai rimette rlo sold ato in questa Rocca, a dove lo !assai a lla mia partenza quand o venni cosrì per il Viaggio di Spagna. Doppo certo tempo si cassò, e scorsi poiché su che fussi preso di nuovo d a lstigatione Diabolica, c he così pare a m c si possa giudicare, ha ven<lo in casa sua ogni commo<lità, to rnò <li nuovo andare fuora. Dice haver servito p er soldato l'a nno passato sotto liirino, e lavato una moschcttara, a che n e mostra il segno, e provato infiniti stenti , e patimenti si ridussi a casa, dove fu c1ccolto dal Pc1<lre, e suoi , quale per tenerlo mortificato, e per fare nuovo cimento del suo cervello lo rim esse soldato pagato n ella fortezza di Ra<licofa ni nel mese di novembre passato con pregare quel castellano a non lo tassare uscir fuora come è seguito, e tuttavia si trova alla sua piazza. Da qualche mese in qua da segno di volersi ridurre a ben fare, perciò oggi gliè permesso c he va<lia innanzi, e n<lreto e se ne stia per più giorni a casa, e poi se ne torna al suo servizio, a diversi ha <lato parola volere in a vvenire mutar vita, e costum i[ ...]» 78 •

77 ASF, MM, S97, ins. 1, " Ruolo di nini i Capitani" cit., p. 30. 78 ASF, GCS, 94, n. 27, b. 6, 4 (Supplica di Agnolo Maria della Stufa a favore del padre di f-rancesco Pctrctti, 16 giugno 164 1, da Pitigliano), c.n.n.


Sicurezza e sicurtà

471

I ,a ragione per cui il padre del Petretti supplicava il granduca, attraverso il governatore Agnolo Maria della Stufa, era per ottenere che il figlio potesse accedere agli "stessi Offizi, e dignità come gl'altri terrieri", una cosa vita le per l'onore della famiglia soprattutto in un centro piccolo come Pitigliano, benché la possibile esclusio ne dello scapestrato Francesco dai pubblici uffici fosse legata a l suo passato di vagabondo più che a l fatto che avesse fotto il soldato. Del resto il della Stufa gli aveva già fatto il favore di arruolarlo nella sua guarnigione, nonostante le leggi che vietavano agli abita nti di un certo luogo di essere reclutati nei presidi de lla loro comunità; tuttavia, nella pratica tali disposizioni ven ivano sistematicamente disattese, come anche quelle che proibivano e.li arruolare nelle guarnigioni soldati che non avessero a lle spalle un certo numero di anni di servizio nelle Bande 79 : i comandanti delle fortezze n on potevano ignorare certe realtà di carattere famigliare, o sociale nella scelta degli uomini dei loro presic.li. Persino i Coll aterali della Banca Militare, cui sarebbe spettato correggere questi abusi, spesso erano costretti a prendere atto della difficoltà di applicare la legge, cerc:rndo per quanto possibile e.li trovare una soluzione equa p er certe situazioni: «Nella Fortezza di Volterra[ ... ] si trovò arrolato soldato, Benedetto Bongianni, nativo di detta fortezza, figlio di mastro Fcderigo Bongian n i Fiorentino bombardiere. E per ma ntenere i buoni ordini si sospese la paga in avvenire a detto soldato, quale supplica la benignità di V.A.S.ma a concederli la grazia che sia manten uto la sua piazza in riguardo della lunga servitù del Padre d'anni cinquanta seguiti, e del servi zio reso lui nella passata campagna di soldato, e bombardiere ancora, come per li sua ben serviti si è visto [...1»80 .

79 ASF, MP, 1801, n. 3, "Bando perché non siano arruolati nelle fortezze soldati novizi" (1645, a stampa), c.n.n. In cui si specificava che gli arruolati dovevano aver servito per almeno cinque nnni nelle bande, e risiedere a non meno di dieci miglia dalla fortezza in cui prestavano servizio. 80

ASF, MP, 2330 (Relazione del Collaterale Tommaso Spinelli sulle ispezioni fatte durante i pagamenti, f 164S]) c. 183r. A Siena lo Spinelli aveva trovato i 60 soldati erano deboli e vecchi, ma non aveva vol uto li cenzia rli in virtù del loro lungo servizio.


472

Niccolò Capponi

In questo caso venivano a coincidere l'esperienza bellica del Bongianni (veterano della guerra di Cast ro), le sue necessità fisiche, ed il fatto che fosse suddito granducale; in casi del genere si preferiva soprassedere a certe di sposizioni in nome della sicurezza militare e della pace socia le. La preferenza per i toscani era anche basata su lla fondata opin ione ch e la diserzione sarebbe s tata più d ifficile per i sudditi del granduca, se no n altro per le conseguenze che un atto del gen ere avrebbe potuto provocare al colpevole ed alla sua famiglia: pena capitale per lui, infamia perpetua e confisca dei bcni 81 . In un mondo dove la n.:putazione pubblica era una cosa seria, certi provvedimenti avevano la loro efficacia; ma proprio perché limi tati agli abitan ti del granducato facevano poco, o punto, effet to sui soldati provenienti dal resto d'Itali a o dai paesi europei . In ogni caso i governanti toscani si dimostrarono un po' troppo ottimisti su lla fedeltà dei soldati provenienti dai "Serenissimi Stati", che se in tempo di pace avevano interesse a conservare un lavoro poco rischioso, in caso di guerra potevano avere altre priorità: nc.:I 1645 la compagnia dei dragoni del Capitano Montagnia contava 25 uomini, ma i disertori toscani eran o 24, cioè il 2.5% di un reparto che in teo ria avrebbe dovuto avere 100 soldati, ufficiali compresi; ancora peggio era la situa zione.: della compagnia del Capitano Scocco, ndla quale i fuggitivi provenienti dal granducato erano ventotto, e, ancora più grave, tutti erano scappati con le armi e d i cavalli, provoca ndo così un da nno economico di non poco conto al "Serenissimo" 82 . M a altri dati porterebbero invece alla conclusione che la fiducia del granduca nei suoi sudditi non fosse poi così malriposta: di 280 tra soldati egraduati, toscan i per circa tre quinti, che servirono nella compagn ia di Vin cenzio Capponi dall'ottobre 1641 a l giugno 1643, i di sertori furono sessantotto, il 24% del totale; ma solo sei di essi provenivano dagli stati medicei, e pe r uno la fuga fu motiva ta dal fatto c he

81 Cfr. ASF, MP, 2355 (Decreto dì Ferdi nando Il, s.d. [1 643?]), c. 86rv. li dec reto era rivolto soprattutto aì sole.lati delle Bande, ma per estensione e ra app licabile a tutti i s uddi t i del granduca che militavano ne l suo ese rcito. 82 BNCf, PC, 207 (Ruoli delle compagnie <lei Capitani M ontagnia e Scocco (1645]), e.e. 2 1Sro, 220ro, 222ro.


Sicurezza e sicurtà

471

me ntre in licenza aveva ammazzato la mog lie 83 . Anche se sarebbe rischioso tirare delle conclusioni in un modo o in un altro, bisogna considerare che per un soldato a cavallo la diserzione era più facile, senza scordarsi che essendo il Capponi suddito granducale poteva far leva sulla fedeltà dei suoi connazionali, cosa che invece non era possibile per i Capitani Montagnia e Scocco che come gli altri comandanti di dragoni non erano toscani, dovendo il loro incarico al fatto che la fanteria montata 11011 figurava tra le specialità dell'esercito mediceo prima della guerra di Castro. 5. I militari stipendiati del granducato comprendevano i sudditi naturali dei Medici, quelli che lo erano diventati indirettamente attraverso l'ingresso nell'Ordine di S. Stefano 84, ma anche personaggi, italiani e non, il cui unico vincolo di dipendenza con il "Serenissimo Principe" era la paga che percepivano stando al suo servizio. Fin dal tempo di Leone X i Medici avevano mantenuto buoni rapporti con i Cantoni Svizzeri, e già sotto Cosimo I era invalso l'uso di pagare una provvisione ad un colonnello elvetico, che pur rimanendo a casa propria in tempo di pace a ll'occorrenza reclutasse truppe per la difesa della Toscana 85 . Ferdinando I aveva ulteriormente ce mentato questo accordo nel 1592, permettendo all'ufficiale sudd etto di designare un suo collega co me tenente della Guardia di Palazzo, 83 ACRF, VI (A), Capitano Vincenzio Capponi, n. 4, "Ruolo del Sig. Capitano Vincenzio Capponi" cit., c.c.n.n. A scanso di equivoci, va sottolineato che i disertori non erano sempre mil itari di truppa: il 12 agosto 1644 fu condannato a morte in contumacia il capitano Carlo Rodingo, di Brescia, per essere scappato con Se. 200, ed «armi, cava lli, danari e soldati spettanti alla medesima A.S.», abbandonando la propria compagnia a Pistoia. ASF, MP, 2357, ins. titolato: "Qui inclusa riceverà V.S. Ili.ma alcune memorie di condennationi seguire nel tempo della mia carica [... ]". Giuseppe Casoli (Auditore Generale), 12 aprile 1645, c. n.n. 84 Di tutti i cavalieri entrati nell'Ordine dal 1562 al 1737, oltre il 30% non erano toscani. ANGIOLINI, I cavalieri e il principe, cit., p. 100, nt. 17. 85 La stessa politica, sebbene senza impiega re un ufficiale-imprenditore in servizio permanente, veniva utili zzata anche per reclutare soldati tedeschi. Cfr. ASF, 3 155 (Il Collaterale Antonio Simoni al Grand uca ed a lle Tutrici, s.d., ma settembre 1624), c.n.n. «[... ] onde potendosi elegger di qua gli uffic iali et un Comandatario confidente come si fece col Colonnello Zampier in Alemagna».


474

Niccolò Capponi

e l'importanza di questa convenzione fu sancita dal fatto che da quel momento in poi si decise che la guardia a piedi fosse " mezza di Svizzeri e mezza di Tedeschi", quest'ultimi la maggioranza della scorta perm anente del granduca 86 . All'epoca di Ferdinando II, il colonnello elvetico era Giovan Corrado Berlingher, di Uri, che aveva ereditato il posto da suo zio con una provvisione annuale d i:.». 100 d'oro, di f. 71/2 l'uno 87 , pagatigli per mezzo ciel residente toscano a Milano e la stessa somma fu sbo rsa ta al suo successore, tal Colonnello Zuger 88 . La necessi tà dei Medici di avere un potenziale contingente di truppe a propria disposizione , per quanto caro ciò potesse essere anche in tempo di pace, rientrava nello schema diplomatico del granducato, cioè non do ver dipendere da nessuna delle maggiori potenze europee, e la Svi zzera, a parte fo rnire buo ni soldati, non creava preoccupazioni in quel senso 89 . Tuttavia, nell'arco del XVII secolo la Toscana non impiegò che saltuariamente contingenti numerosi di soldati elvetici: nel 1614 e nel 1625, per il "Soccorso" a Milano 90 , e po i nel 1647 al tempo della spedizione francese contro lo Stato

86 ASr: MP, 41 75, ins. 8, c. 108rv. 87 ASF, DG, 648, n. 95 (Ricevuta del Colonnello Giovan Corrado Berlingher, 3 I dicembre 1621, in Bellinzona), c.n.n. ASF, MP, 1820, "1622. Lista de Provvisionati che paga la Depositeria Generak di S.A.S.", c.n.n. ~l... ] Al Colo nnello Corrado Berlingher, Svizzero, :7. 100 di Lire 7 1/2 l'anno, !:/. I 07, f. 1 J», 88 ASF, MP, 1838 (Ord ine di Cosimo TI al Depositario Gem:rale, .1 ottobre

r...

1620), c. 7 1r. ASF, MP, 1820 (Mandato a favore di Gasparo Colla per 107 scudi, 26 luglio 16.19), c.n.n. 89 Per motivi un po' diversi anche tra i ve neziani sarebbe in valso l'uso distipendiare in modo permanente d egli ufficiali svizzeri, con l'accordo che in caso di necessità avrebbero reclutato truppe per la Serenissima Repubblica, e nel 1589 fu addirittura stipulato un trattato con i Grigio ni , che fo rmalmente no n faceva no parte della Confederazione, per la fornitura di 6.000 solda ti a richiesta di Venezia. J.R. HAI.F., L.:organizzazione militare di Venezia nel '500, Roma, 1990, pp. 144-146, 152-159. l veneziani ed i toscani non erano i soli in Italia ad im piegare gli svizzeri, che potevano essere reperiti tra le truppe permanenti di molti stati. Cfr. ad esempio: I-IANLON, t wilight, cit., p. 199. 9 o ASF, Struzziane, P, XXV, "Memo rie Cavate da Negoziati sopra i soccorsi dello Stato d i Milano", c. 63,.


Sicurezza e sicurtà

475

dei Presidi, in quest'ultima occasione gli svizzeri venendo utilizzati per rinforzare le guarnigioni di Portoferraio e Livorno 91 • La disponibilità di un ufficiale forestiero all'estero in servizio permanente poteva avere i suoi vantaggi, risparmiando al granduca di dover reclutare truppe di persona ed evitandogli così il rischio di subire le esosità ed i ricatti degli imprenditori militari, il che invece era successo di continuo al tempo della Repubblica Fiorentina 92 ; tra l'altro, permetteva di avere un esercito addestrato, armato ed equipaggiato in tempi relativamente brevi, il che nei periodi d'emergenza non era cosa da poco 93 • Questo in teoria. In realtà le cose potevano essere ben diverse, come dimostrato dal rapporto del 1625 di Ippolito Buondelmonti, il residente toscano a Milano che ebbe l'incarico di ispezionare le truppe svizzere inviate dal granduca in "soccorso" agli spagnoli secondo le capitolazioni di Siena del 1557. Tanto per incominciare, il Buondelmonti notò che "la gente non è riuscita molto hclb, per esser mal vestita, e con arme cattive", anche se, perlomeno, le tre compagnie di stanza ad Alessandria non avevano carenze d'equipaggiamento; buoni soldati erano invece quelli acquartierati a Novara, ma male armati, "insolenti e sediziosi", avendo minacciato di ammutinarsi a causa di "interessi privati" che avevano con i comandanti. In genere la qualità degli uomini lasciava molto a desiderare e l'unica consolazione era che, perlomeno, i loro ranghi risultavano completi al 98%, mancando solo settantasette uomini su 4.000. 91 ASF, MP, 2330 (Richiesta e negozio di 500-600 soldati svizzeri fatta ai Cantoni cattolici. Maggio-Agosto 1647), c.c.n.n. lvi, ffommaso Spinelli al Segretario Domenico Pandolfini, 3 aprile 1647, da Livorno), c. 130r. 92

Cfr. M . MALLEIT, Preparations for War in Florence and Venice in the Second l lalf of the 15th Century, in: Florence and Venice. Comparisons and Relations, Firenze, 1979, I, pp. 149-1 64. ID., The Military Organization of Florence and Venice in the 15 th Century, in : Gli aspetti economici della guerra in Europa (secoli XIV-XVIII), XVI settimana di studi dell'Istituto Internazionale di Storia Economica "Francesco Datini", Prato, 5 maggio 1984. 93 Ad esempio, nel 1572 il Duca d'Alba riuscì con questo sistema a mettere insieme nel giro di un mese un esercito sufficientemente grosso, permettendogli così di affrontare i ribelli dei Paesi Bassi. W.S. MALrnY, Alba: A Biography of Fernando Alvarez de Toledo, Third Duke of Alba, 1507-1582, Berkeley, 1983, pp. 229-230.


476

Niccolù Capponi

D'altro canto quest'esercito non di prima scelta era costato caro alle casse del granduca, che per due mesi di paga aveva dovuto sborsare g, 54.499, l. 2, s. 13, d. 10 94 , cioè una media di quasi sette scudi mensili per ogni soldato, ufficiali compresi, e quasi 2. 100 scudi al mese per ogni compagnia di trecento uomini, quella del Colonnello avendone cento in più e costando in proporzione 95 . Che gli svizzeri fossero particolarmente cari è dimostrato dal fatto che nel 1635 l'esborso totale per pagare una compagnia italiana di duecento fanti fu di 3.900 scudi in cinque mesi e m ezzo, la paga mensile di ogni soldato sem plice aggirandosi intorno a ~- 3, f. 3, s. 14, d. 2, circa 96 ; inoltre la spesa complessiva della spedizione fu di 129.445 scudi, in contrasto con quella di dieci anni prima che per un periodo di tempo di poco superiore aveva toccato la cifra di 9 . 210. 792 97 . Un simi le aggravio per le casse granducali finiva per mettere in dubbio tutti gli eventuali vantaggi derivanti dall'avere un imprenditore militare in servizio permanente, soprattutto considerando che nello stesso periodo si stava cercando di risparmiare sulle spese di guerra, fin o al punto di considerare la s militarizzazione di alcune fortezze in Toscana. Forse a causa dei costi eccessiv i d elle truppe e lvetiche, nonché per i problemi , logistici e diplomatici c he si potevano inco ntrare

94 ASF, DC, 65 1, " Piè di lisrra fatta dare da lpoli to Buondcl monti Genrilomo residente del Scr.mo Gran Du ca di Toscana al reggi m ento dc 4.000 svizzeri, sotto il comando del Colonnello Giovan Corrado 13c rlingh er, che sta al soldo di S.A. Se r.ma per la dift:sa de llo Stato di Milano, addì 12 Giugno 1625", c.c.11. 11. Anch e levand o le paghe degli ufficiali , ogni so lda to deve aver percepito non m eno di c inque scudi mensili. L'esosità degli elvetici era proverbiale: nel 1647 Alessandro dal 13orru si lamentò delle pretese di ce rti capitani, "c he ci trattano peggio che alla Svizzera". ASF, Ml>, 2357 (Domenico Pandol fini l?l a Mattias de' M edici [?], 7 aprile 1646), c. n.n.

95 Durante il "soccorso" de l 1625 il corpo di spedizione svizzero al servizio del granduca era organizzato in 13 compagnie di 300 uomini ed una di 400, quella del Colonnello, pit1 o meno seguendo lo schema tipico delle unità tedesche urili zzate dagli spagnoli in Fiandra. Cfr. PARKER, Army o( Fla11ders, cit., pp. 274-275. 96 ASF, Ml', 23S9 (Nota del costo della Compagnia di Antonio 13abbi ["per mesi 5 1/2"J, 1635), c.n.n. I soldari pigliavano cinque scudi il mese, ma di cinqu e lire, l' uno mentre lo scudo toscano era di sette lire. 97 ASF, MM, 40, ins. 3, pp. I, 8.


Sicurezza e sicurtà

477

cercando di far arrivare dall'estero in Italia corpi di spcdizione di una certa consistenza 98 , le due spedizioni nel M ilancsc successive a quella d el 1625 furono fotte con soldati italiani. La questione del trasporto s i ripresentò ncl 1647, quando si trattò di far passare per lo Stato di Milano le truppc rcclutate in Svizzera pcr il servizio del granduca: per evitare che gli spagnol i potessero rifiutarsi di farle transitare attraverso i loro domini, Ferdinando II de' Medici scrisse personalmente al Connestabile di Castiglia, governatore di Milano, chiedendogli di autorizzare il passaggio "alla sfilata e senz'armi" di circa 500 fanti, motivando la sua richiesta con il fotto che le "congiunture correnti" lo avevano costretto ad arruolare soldati stranieri 99 . Il granduca, in realtà, pensava di reclutare un numero doppio di soldati, ma aveva tutte le ragioni per agire con prudcnza, visto che gli spagnoli avrebbero potuto nutrire sospetti sulle su e intenzioni dopo il comportamento politicamente ambiguo da lui tenuto durante l'attacco francese contro lo Stato <lei Presidi. Per questo motivo, Ferdinando inoltrò una scconda domanda per il passaggio delle truppe solo dopo che il Conn estabile ebbe acconsentito alla sua prima richiesta, spiegando c he a causa dei ben noti eventi si era "risoluto di accrescere la suddett:1 lev:1 fino al numero di mille" 100. In tal modo, per male che potesse :rndare, il "Serenissimo" avrebbe potuto perlomeno disporre di tre comp:1gnie di svizzeri per rafforzare il suo esercito. Purtroppo le aspettative in questo senso furono deluse, perché quando i funzi onari toscani vidcro che razza di soldati er:1no gli elvetici si misero le mani nei capelli dalla disperazione. Dopo un anno la compagnia del capitano Aribergh risultava ancora armata in modo incompleto, mentre trentasette uomini, provenienti da un altro reparto, erano "malie alla via: stracciati, e quasi nudi " 101 ; ma già qualch e 98

Cfr. ASF, Strozziane, P, XXV, "Memorie Cavate da Negoziati", cit., c. 63r,

«r... l Il C;ipitan Bianca dori vi condusse 2.000 fanti ra Mil:1110, IH.:I 1614J perché d:11

Segretario Giovan Francesco G uidi non si credevano p oterli have re Svizzeri». 99 ASF, MP, 166 (Ferdinando II al Connestabile di Castiglia, 29 april e 1647), c. 65r. lOO l vi (Ferdinando II al Connestabile di C;istiglia, 19 n1:1ggio 1647), c. 72r.

lOl ASF, MP, 233 0 (Tommaso Spinelli al Grnnduca, 23 maggio 1648 da Livorn o), c. 134rv.


478

Niccolò Capponi

mese prima il G enerale Al essandro dal Borro si era lamentato che in numero e la qualità degli svizzeri era "da non stimarsi punto per esser rimasto il rifiuto " 102 . Ad o nor del vero i soldati erano così male in arnese perché i loro uffic iali li defraudavano d ella paga, costringendoli a vivere d'espedienti a danno della popol::izio ne, in quanto "pe r i loro cattiv i portamenti no n trova no più chi li creda, c he sempre si fanno pagare per forza" 103 . N onosta nte ciò, il costo complessivo dei di eci mesi e mezzo in cui le quattro compagnie elveti che furono al servizio della Toscana fu , tra leva, paghe e buonuscite, di 60.856 scudi e spiccioli 104 . Perdinando TI pagava così le conseguenze della guerra che Francia e Spagna stavano combattendo sui suo i co nfini, che lo aveva costretto a reclutare ciò che la piazza o ffriva al mom en to per la difesa dei suoi stati, non importa di c he qualità fossero i soldati purché in numero suffici ente 105 • Il granduca era talmente bisognoso di professionisti esperti <la accettare l'offerta di un reggim ento di mille fanti inglesi fattagli da un certo colo nnello Thomas Plater, senza preoccuparsi del fatto che questa "gente agguerrita" probabi lmente proveniva tu tta dai rangh i d el New Mude/ Army, e quindi sospetta per religione cd idee politiche 106. N o n ci è dato di sap ere se questo abbia assillato o meno i sonn i del granduca visto che l'offe rta d el Plater non ebbe seguito, p robabilm ente a causa degli sconvolgimenti politici che accaddero in In ghilterra nel 1647, eventi in cui il N ew Model Army ebbe una parte considerevole 107 .

102 ASF, MP, 101 6, ins. 7 (li Cardinal Giova n Carlo de' Medici al Granduca, 1'8 gennaio 1648), c. 33r. 103 ASF, MP, 2330 (Tommaso Spinelli a Domenico Pandolfini , 3 aprile 1648, da Livorno), c. 130, . 1o4 lvi (I Collaterali Battista r andolfini e To mmaso Spinelli al Granduca, 6 settembre 1648), c. 120,. 105 Cfr. ASF, Ml', 166 (Ferdinando II al Doge di Venezia, 9 febbraio 1647), c. 20r. Il granduca chiedeva l'autorizzazione per l'eventuale tra nsito di 1.500 soldati o ltramontani attraverso il territorio della Repubblica. 106 ASF, Ml', 2.B 1 "Propos izioni d el Colonnello Tommaso J'later, fatte al Scr.mo Gran Duca di Toscana. In Firenze, 2 Aprile 1647'', c. 48,v. 107 Cfr. J. K F.NYON, The Civil Wars o( Engla11d, London, 198 9, pp. 164-1 69.


Sicurezza e sicurtà

479

6. La del udente esperienza con gli svizzeri nel 1647 non provocò l'abbandono della politica di arruolare oltramontan i, anc he perché oltre agli elvetici i granduchi fin dal tempo di Cosimo J avevano fatto uso di truppe alemanne: i contingenti germanici al soldo di Firenze avevano giocato una parte notevole durante la guerra di Siena 108, e dopo ciò i Medici avevano continuato ad usare occasionalmente re-parti di lingua tedesca 109• Fu la guerra dei Trent'Anni a trasformare questi episodi saltuari in un aspetto permanente della difesa toscana, la durata del conflitto contribuendo a creare una consistente massa di veterani mitte leuropei, una merce assai pregiata per tutti gli stati dell'epoca, incluso il granducato 110. Inoltre, non va dimenticato che Ferdinando II aveva un rapporto ·privilegiato con l'Impero, sia perché i fratelli Francesco e Mattias avevano servito sotto le bandiere della Maestà Cesarea, ma soprattutto per i rapporti di parentela che aveva con gli Asburgo tedeschi, visto c he sua zia Claudia era Arciduchessa del Tirolo, e sua madre era Maria Maddalena d'Austria, sorella dell'imperatore e strenua fautrice della collaborazione tra la Toscana e l' Impero 111 . Già nel 1630, in occasione dei preparativi per l'ennesimo "Soccorso" allo Stato di Milano, si era pensato di fare una leva di ale marrni in Alsazia, evidentemente non volendo affidarsi nuovamente agli svizzeri; ma siccome i tempi erano stretti, fu giocoforza

108 Cfr. I. Toc.NARINI, La "guerra di Maremma", in: I Medici e lo stato senese, 1555-1609. Storia e territorio, a cura di L. Rombai, Roma, De Luca, 1980, pp. 23, 31 -32. M. G11JJ.JANI, La campagna per la conquista di Siena, in: La fortuna di Cosimo I. La battaglia di Scannagallo, Arezzo, 1992, pp. 44-65. Va detto ch e durante la guerra di Siena entrambi gli schieramenti ebbero d ei reparti tedeschi, che vennero a battaglia tra di loro durante la giornata di Scannagall o.

109 Cfr. ASF, MM, 124, ins. 2, (Patente di Cosimo Il per la leva cli un reggimento tedesco [ 1619]), c. 21r. l lO Per quanto riguarda la richiesta di soldati veterani, cfr. PARKER, Rivoluzione

militare, cit., pp. 90-92. 111 Per Maria Maclclalena J' Austria, vedi: E. GAI.ASSO CALnF.RARA, La granduchessa Maria Maddalena d'Austria: un'amazzone tedesca nella Firenze medicea del '600, Genova, 1985. F. ANG IOI.INI, Principe, uomini di governo e direzione politica nella Toscana seicentesca, in: Ricerche di Storia Moderna, N, in onore di M. Mirri, Pisa, 1995, p. 471.


480

Niccolò Capponi

reclutare truppe italiane 112 . Al contrario, il lungo periodo che precedette la dichiarazione di guerra contro Urbano VIII 113 permise al granduca di assoldare con tutta comodità un certo numero di so ldati tedeschi, ed in quest'occasio ne si vide quanto potevano essere importa nti i buoni rapporti famigliari e di pl o matici. Benché in quel momento l' Impero fosse a corto di uomini, l'Arciduchessa Claudia fece tutto il possibile per aiutare il nipote a trovare le truppe necessarie , pur facendo presente ch e da i suoi stati erano stati arruolati 20.000 uomini negli anni precedenti e che quindi sarebbe stato d iffici le trovarne i mille ri ch iesti da l grand uca, se non per il fatto c he " il suon delle paghe effettive ti rasse in vicinanza del nemico dall e bandie re d ell ' istesso, buon numero di solda t i"; in quanto a l contingente di 300 cavali eri , il suo co nsiglio fu di rivolgersi al Duca di Bavie ra cd ali'Arcivescovo di Sa lisb urgo, essendo molto di ffici le trovarne da lle sue parti 114 . Non erano semp lici parole, poi c hé l'appoggio dcli' Arciduchessa permetteva a Fe rd ina ndo Il di accedere a delle ri sorse mi litari, c he, visti i tempi , altrimenti sarebbero srn re molto più difficili da ottenere. Il granduca l'aveva già previ sto, dato che nella lettera inviata a lla zia per ottene re l'a uto rizzazione alla leva si era p remurato in anticipo di richiedere i suoi buo ni uffici

112 Cfr. ASF, MP, 264 0, (Informativa sulla speJizi one a Milano fl 630J), e.e. 88rv e rr. In tait: oce;1sione, in previsione di uno sbarco franct:se negli Stati J ei Presidi, gli spagnoli aveva no anche preteso che Ferdinando II ma ndasse lì le truppe che aveva all' Elba e nel sud della Toscana. La risposta del granduca fu che quello no n era co mpito suo, d ovt:ndo egli già pt: nsare ai suo i stati, e che il re di Spagna s'accontentasst: del "soccorso" . 113 Dal momento dell'occupazione del Ducato di Castro, alla dichiarazione di guerra contro il P;ipa da parte di Toscana, Venezia e Modena passarono circa due anni. Cfr. ASF, MM, 9 ins. 45, (Capito lazioni tra Venezia, la l oscrna e Modena per la vicenda del Ducato di Castro Ls.d., ma 1642]), e.e. 22r -23v. C. PAOI.F.TTI, La prima guerra di (',astro, (1640-1644). Gli aspelli navali della lolla cont ro l'espansione papale da parte dexli Stati italiani del Centro N ord, «Rivista Marittima», 130, 1998, pp. 89-9 1. 114 ASF, MP, 233 1, (CArciduchessa C laudia a G io van Carlo dc' Medici, 19 febbraio 1642, da lnnsbruck), e.e. Urv -14rv. L-1 possibilità di accedere al mercato dei merct:nari tedeschi era considerata importante da quasi tutti gli stati europei, con la possibile eccezio ne dell ' Inghilterra, e fo una delle ragio ni per cui gli svedesi ritenevano vitale il possesso dei porti del la Germania, quali Hrema, Stettino e Wismar. Cfr. M . Rmmrrs, The Swedish Imperia/ Experie11ce, 1560-1718, Cambridge, 1979, p. 125 .


Sicurezza e sicurtà

481

presso l' Imperatore ed i due principi suddetti, :mchc se solo per la fornitura di un certo numero di rimo nte per la caval leria 115 • La ragione per cui il governo granducale aveva deciso di reclu tare un totale di 1.300 soldati tedeschi, era da ricerca rsi nel desiderio di rafforzare con dei professionisti qualificati le rni li1.ic e le altre tru ppe di mest iere che la Toscana stava mettendo insieme per fronteggia re i pontifici 116, cd alla fine gli alemanni ammontarono a circa il 10% dell a fa nter ia ed il 25'¾J della cava ll er ia dell'esercito che Mattias dc' Medici condusse nel Perugino durante 1a campagna d ell'estate 1643 117 . L'an no successivo cin que com pagnie montate professioniste su undici risultarono formate da tedesc hi, i t1uali erano q uasi il 20% di tutta la cavalleria granducale.: 11 8 , ma queste cifre sono parziali, visto che dur:rntc la guerra di Cast ro c'er:1110 di ve rsi soldati gcrm:rn ici nelle unità ital iane dell'esercito toscano; il tenente della compagnia del capitano Vinccnzio Cappon i era l'alemann o Andrea Accolzcr, che evid entemente possed eva sia b. capacit?i di com:rnd o che b pratica della guerra, qualità che dife ttava no al Capponi, la cu i esperienza militare era limi tata al servizio sulle galere dell ' ordine di S. Stcfa n o 119 . Allo stesso modo, nel marzo 1641 l'unica compagn ia efficiente d el Terzo d el Maestro di Ca mpo, composto da uom ini delle Bande, era quella di C1stig lion Fiorentino comandata cd addestra ta dal capitano R uter 120• 115

AS f.: MM, l24, ins. 2, (rerdinando Il all'Arciduchessa Claudia ad Innsbruck, del 12 febbraio 1642, per mano del Capitano Cellesi), e.e. 1v -3r. Invio però a V./\. una mia lctter:1 per 5. M a es Là con la copia, an:iò I'/\. V. poss;1 farla mandare, o no, secon<lo che alla sua prudenz:1 p:1rrà. Alli Signori Elerrore di 13:iviera, et Arcivescovo d i Salzh urg scrivo pregandoli a contentarsi, che ne' loro stati si po ssino da' miei offiziali provvedere cava lli per montare le mie Comp:1gnie, come ne prego anche l'/\.V. medesima per quelli, che si dovessero cav;ire dal Ti rol o [... ] ».

«r...)

116

· ASF, MP, 233 0 , (Alessandro dal Bo r ro a Giovan Battista Condi , 12 febb raio 1642}, c. n.n.

1

"17 RNCr, Maxliabechiano, CL. XXV, 264 , Istoria della Guerra di Castro, cit., p. 466. 11 8 ASF, M P, 2331, "Nota d elle spese d ella R;i nca" (1644), cit ., e.e. 309,-3 1Ov. l l ') ACRF, VI (A}, Capitano Vincenzio Capponi, n. 4, " Ruolo d el Sig. Capitano Vincen zio Capponi", cit. , c. n. n. 120 ASF, MP, 2422, (Filippo Pandolfini ad Alessa ndro Nomi, 18 marzo 1643), C.11.11.


482

Niccolò Ca/J/JOni

I buoni risultati forniti dalle truppe alemanne nella guerra di Castro 121 , nonché dur:mte le successive emergenze che il granducato si trovò ad affrontare fino al 1649, portarono al trattenimento in servizio di alcune di esse, al punto che quando nel 1647 per motivi d'economia si decise di ridurre il presidio di Livorno a 700 uomini, questo fu fotto licenziando tutti i soldati italiani e ritenendo solo gli "ab il i e veri nazionali " tedeschi 122 . Questo n urnero fu ridotto ulteriormente a 200, più altri 100 effettivi alemanni a Portoferraio, durante la riforma del 1659, ma anche dopo queste contrazioni la maggior parte dei 300 soldati dell'Isola d'Elba e gl i altrettanti di Livorno rimase d'origine germanica 123, per quanto l'elemento tedesco parrebbe essere totalmente scomparso nell'ordinamento militare toscano, con l'eccezione delle truppe della Guardia, al tempo del passaggio del granducato dai Medi ci ai Lorena 124 . Per quanto efficienti i soldati alemanni costavano cari, anche se meno degli svizzeri, ma a volte potev:rno risultare più convenienti per le casse granducali che gli italiani . Nel 1624 in prevision e del "Soccorso" da mandare a Milano il Collaterale Antonio Simoni calcolò c h e 4 . 000 fanti e 400 c:1valli a rruolati in Toscana avrebbero comportato un esborso di 60.000 scudi il primo mese, cioè 44.000 per la fanteria e 16. 000 per i reparti montati, ed a nche se questa spesa sarebbe andata sceman do, "mancando la Gente per morte, o per altro", tuttavia bisognava prendere in considerazione i donativi, le "imprestanze", le armi, le munizioni e gli imprevisti, per cui l' importo complessivo delle paghe sarebbe ammontato mensilmente a 9 . 26 .000. Di converso, reclutare lo stesso numero di svizzeri sarebbe

121 Cfr. ad esempio: ASF, MP, 3712, ins. 4, "Relation e della Vittoria ottenuta dall'Arme Toscane contro le Ecclesistic he a dì 6 di settembre 1643 in Mongiovino", e.e. 11 r- 12v. 122 ASF, MP, 2331, "Istruzione ai Collaterali e Pagatori" (1647), c. 201 r. A quel tempo c'era anche una compagnia tedesca a guardia di Terra del Sole. Tvi, "Nota delle spese della Banca", (1644) cit., c. 3 12v. 123 ASF, CG, 726, ins. "Riforma de ll'anno 1659", (Proposta di riforma delle compagnie alemanne), c.n.n. l vi, "Nota della considerazione da farsi per ristringere la spesa che presentemente fa la Banca Militare di S.A.S", c.n.n. 124 VIVIANI llEI.IA Rom11A, "Compendio Civile,

Economico e Militare", cit., p. 252.


Sicurezza e sicurtà

483

venuto a costare 50.000 scudi per la leva e la prima mesata, per poi scendere a 9. 24.000 ogni trenta giorni, mentre nel caso dei tedeschi le cifre suddette sarebbero calate rispettivamente a 42.000 e 20.000. li vantaggio degli stranieri era che sarebbero arrivati con il loro armamento cd equipaggiamento, evitando al granduca di dover spendere in questo senso; tuttavia, arruolare degli alemanni comportava altri problemi, quali le "molte difficoltadi della stagione, de' Passaggi, delle Condotte, con gente facile a sollevarsi et fuggirsi", per non menzionare il fatto che il costo della cavalleria era aumentato, e quindi l'unica ragione per cui si consigliava di reclutarli era motivata dal risparmio e "per non haver in ogni caso a dar delle proprie genti con maggior danno, et spesa di tutto lo stato" 125 • le difficoltà di trasportare i tedeschi nel Milanese dovettero essere troppe perché alla fine si preferì optare p er gli svizzeri, che pur con tutti i problemi che potevano dare per lo meno risolsero al granduca una serie di problemi logistici, come la fornitura di armi e munizioni, entrambe le cose in quel momento necessarie per la difesa della Toscana, in previsione di una possibile invasione da parte dei francosavoiardi 126. Ma il perdurare della guerra in Germania e la sempre maggiore richiesta di truppe in quel paese, finì per annullare la convenienza economica delle truppe alemanne. AI tempo della guerra di Castro un fante tedesco percepiva al mese 9 . 4, E. 10, s. "I , contro i quattro scudi di un suo equivalente ita liano, mentre il costo di una compagnia a piedi germanica era mensi lm ente di circa cento scudi superiore rispetto ad una nazionale 127. la tendenza in questo senso non era chiara al tempo del "Soccorso" a Milano del 1630, quando il costo totale della spedizione, con truppe italiane fu di ,<fi. 269.812, l. 6, s. 10, d. 6, cioè circa 38.545 scudi mensili, comprese la leva e le buonuscite, mentre ne

125

ASF, 3155, (I l Collaterale Antonio Sim oni al Granduca ed alle Tutrici, cit., [1624]), c.n.n. 126 Cfr. ad esempio: J\SF, SS, 71, n. 12S (segn. 2), c.n.n. 127 ASF, MP, 233 1, "Nota delle spese della Banca" (1644), cit., e.e. 312r313v. Per esempio, la compagnia del Capitano Pesciolini e quella del Capitano "Fraidongo", rispettivamente di 166 e 166 soldati, costavano Se. 805 e 893, ma l'unità italiana conteneva anche numerosi "vantaggiati" a vari stipendi.


484

Niccolò Capponi

erano stati previsti al massimo 205.400 in totale 128 , una cifra comunque superiore a quella calcolata nel 1624 per lo stesso numero <li soldati tedeschi, e di poco inferiore per quanto riguardava gli svizzeri. Il va lo re di mercato dei professionisti italiani sarebbe sceso negli anni successivi: il caso del 1636 è già stato citato, ed una decade più tardi 47.3 tedeschi comportavano una spesa annuale di 9. 10.776 in eccesso rispetto al costo di "altrettanti Italiani" 129. 7. I soldati ad ingaggio breve non erano le uniche truppe germaniche impiegate dai Medici. Fin dai tempi di Cosim o I la guar<lia granducale era composta prev::ilcntemente di tedeschi uo, e l'elemento n::izion ale era considerato t::ilmcnte import::inte che il primo granduca non esitò a licenziare in tronco la sua scort::i a piedi, ritenendo che il suo comandante l'avesse inquinata troppo con e lementi che di germanico avevano poco o nu lla 131. AJ tempo <li Ferdinando 11 la guardia era divisa in due parti: una a piedi, forte di un centinaio di uomini, ed un'altra a cavallo, che oscillava da circa quaranta clementi fino ad un massimo d i centocinquanta 132. Inizialmente queste truppe

128 ASF, SS, 71, n. 120 (Revisione <lei conto di Cammillo Lanfredini, pagatore della spedizione fatta a Milano nel 1630, datato settembre 1637), c.n.n. Il costo mensile netto della spedizione fu di scudi 35.670. ASF, MM, 3 13, ins. 21, (Nota dei "soccorsi" mandati a Mibno, cit.), c.n.n. 129 ASF, MP, 233 1, "Della Banca, 1645", c. 304r. UO Cfr. ASF, MP, 2355, "Relazione sopra l'lntroduzione del Magistrato delle Hande" (di R.1ffoello de Medici, s.d. fl6 22?]), c. 129v. 131 ASF, Strozzia11e, I, XXV, "Nomi e Cognomi di tutti i Capi tani della Guardia", cit., c. 61v, «[ .. .J Questo Capitano [Michele Panelli, da Trentol per aver rimesso in Guardia ogni sorte di nationi pur ché parlassero un poco Todesco, imbastardì talmente la Guardia che il minor numero erano i Todeschi onde sospettandosi di questo S.A.S. fece venir un' altra Compagnia d 'Alemanni veri e naturali, e licenziato il Capitano Panelli con la sua Compagnia fece dare a ciascheduno un mese e mezzo di paga per lor benmandata che fu nel mese d'agosto 15 64 [...),., 132 ASl:-~MP, 2331, "Sunto de' Roli della Banca di S.A.S." (1633), c. 317v. ASF, Manoscritti, n. 135, SETilMANNJ, Diario, IX, c. 417r. ASF, CG, 726, ins. " Riforma dell'anno 1659", (Nota della compagnia delle corazze granducali della Guardia f1659]), c.n.n.; il numero dei soldati a cavallo in quell'anno era di ottanta, tra ufficiali e soldati.


Sicurezza e sicurtà

485

erano state composte di "lancie" (chiamate anche "cappelletti", "gendarmi" o "cavalleggieri") e tale struttura durò almeno fino al 1632, visto che quattro anni dopo la scorta montata d el granduca era già rutta di "corazze", soldati con armature di "tre quarti" armati con spada e pistole 133 , il che provocò un certo risparmio per le casse granducali <lato che il costo delle corazze era inferiore rispetto a quello degli uomini d'arme. Sia le guardie a piedi che a cavallo avevano l'incarico di proteggere il granduca e la sua famiglia durante le cerimonie di stato e religiose, scortarlo quando s i spostava da Firenze, sorvegliare Palazzo Pitti e Palazzo Vecchio 134, ed inoltre svolgere assieme alle Lance Spezzate compiti di ordine pubblico nella città di Firenze, soprattutto in occasioni particolari, come quando durante la peste del 1630 si trattò d'impedire che la ge nte si accodasse alla processione <lei 5 dicembre, per morivi sanitari limitata ad una parte del clero fior enti no, al granduca, alla corte ed al Senato dei Quarantotto 135. Nel 1639 un caporale e sei soldati della Guardia a cavallo scortarono il segretario del granduca al convento di S. Croce pe r liberare un servitore laico di Ferdinando Jl, che il Nunzio

133

ASF, Leggi e Bandi, 37, "Capitoli e Privilegii della Milizia Equestre", cit., c. ]52v. ASt~ Manoscritti, n. 135, SETIIMANNI, Diario, IX, c. 21 lr. Il G iorgctti (N. G!ORGETn, Le armi toscane e le occupazioni straniere in Toscana, 3 volumi, Città di Castello, 1916, p. 48), confonde le " lance" con i "cavalleggieri" creati da Cosimo I, come già notato da Franco Angiolini (AN<.;IOLINI, J cavalieri e il principe, cit., p . 23, nt. 9 1). Tuttavia, a parziale difesa del Giorgetti è anche vero che nel 1632 itermini suddetti erano ormai divenuti intercambiabili, a caus:1 del fatto che per quella data portavano armanlfe ed armi simili. C fr. WAI.IACE COLLECTION CATALOGUES, European Arms and Armour, a cura di J. MANN, 2 volumj, Lo ndon, Trustees of thc Wallaee Collection, 1962, Tpp. 6 7-69. WAU.ACE COLLECTION CATALOC.lJF_\ European Arms and Armour Supplement, a cura di A.V.B. NORMAN, Lo ndon , Balding & Mansell, 1986, pp. 28-29.

134 ASF, RV, 41, n. 6,"Lettere di diversi Principi e l'atenti del Capitanato della Guardia Ferma di S.A.S., al Sig. Marchese Pier Francesco Vitelli, dal 1633 al 1696", (Istruzione al Capitano Pier Francesco Vitelli [1 6641), c. 82r. Cfr. ASF, Manoscritti, n. 133, SETIIMANNI, Diario, VII[ (1), c. 43r; l vi, n. 135, IX, e.e. 2 I 1r, 41 7r. Tvi, n. 136, Xl, c. 148v. 135

F. RONDINELLI, Relazione del contagio stato in Firenze l'anno 1630 e 1633, Firenze, 1634, pp. 93-94.


Niccolò Capponi

486

aveva fatto arbitrariamente ar restare con l'accusa di "fornicazione", i militari tenendo le armi pronte per evitare tumulti da parte dei frati, che però non opposero alcuna resistenza 136 . Considerato che i soldati della guardia dovevano proteggere la persona del "Serenissimo", stupisce un po' scoprire che la loro efficienza spesso lasciasse a desiderare. Nel 1668 i soldati vecchi o malati della Guardia a piedi erano quattordici: uno di essi aveva la be llezza di novantadue anni, era stato nei ruoli per quarantasei e da venti non prestava più servizio; il più giovane ne contava appena cin(_1uantaquattro, ma da sci mesi non era più in attività, afflitto com'era dal "mal caduco"; un altro, cinquantasettenne e con alle spalle trentatré anni sotto le armi, si faceva "tutte le guardie" ma aveva le gambe grosse e piagate, tant'è che gli altri soldati non volevano dormire sul suo materasso. Infin e a ltri tre, la cui età media era intorno ai settanta, avevano " le g:1 mbe deboli e la sera non ve<lono troppo bene" 117 . La situazione della Gu:1rdia era addirittura peggiore di una decina d'anni prima, quando su 11 2 uomini otto erano ridotti troppo male per servire, essendo afflitti da infermità come il "mal francese", il "mal caduco", e via dicendo, e c'era la proposta di cassare in tutto ventisei clementi "che si giudicano li peggiori della compagnia" 138 . Ciò detto, bisogna anche considerare che la presenza di tanti scarti umani tra le truppe di scorta d el granduca potrebbe essere in parte spiegato dal passaggio di alcuni degli elem enti migliori della Guardia nelle a lt re unità permanenti del granducato 139 . li m a ntenere in servizio nella Guardia uomini vecchi o inutili aveva una sua logica, in quanto spesso diventava un modo per dare

136 ASF, M./', 149 1, (Nota del Segretario Giovan Battista Gondi, s.d. ma 1639),

c.n .n. 137 ASF, RV, 40, (Nota su alcune guardie tedesche [s.d., ma ·1668]), c .n.n.

138 ASF, CG, 726, ins. "Riforma dell'anno 1659", Ruolo dell a Compagnia della Guardia fe rma di S.A.S. come si t rova di presente effettivamente a dì 20 gennaio 1659 (1 (,{,0)", c.n.n. Per i casi nell 'esercito spagnolo in Fiandra, cfr. PARKER, Army o( Flanders, cit., p. 169. 139 ASF, MP, 2324, ins. 2, (Supplica al Granduca del soldato Matteo Posch, s.d. [1 648 ?]), c. 248r.


Sicurezza e sicurtà

487

loro una qualche specie di pensione, soprattutto se avevano una famiglia a carico: nel J 660, tra i soldati a piedi della scorta granducak gli sposati erano quarantasette, per un totale di settantasei figli 140. Ma nonostante tutto, si cercava sempre <li prestare una certa attenzione alla qualità dei militari addetti alla persona del granduca e cinque anni prima si era proceduto ad un repulisti generale tra le Guardie a cavallo, arruolandone quattordici al posto di ventisei morti o licenziati, oltre a prendere in considerazione la possibilità di eliminarne altri per arrivare al numero di cento uomini precisi 141 . Un secondo tentativo di rimettere le cose a posto avvenne nel 1664, quando furono rinnovate le disposizioni del 1633 riguardanti l'arruolamento ed il portamento delle unità della guardia: i soldati a piedi della scorta <lei "Serenissimo", conosciuti anche come "Trabanti" 142, dovevano avere "bella presenza, quella maggiore lindura che si possa nel vestire, et abilità e coraggio nell'operare"; inoltre, si ordinava che non bestemmiassero, portassero rispetto alle donne, tenessero le armi pronte ed in ordine, ed osservassero nelle loro case "la modestia, e decoro che conviene". Soprattutto, dovevano possedere "buona nascita, et educazione nella religione cattolica", cosa che al momento della loro iscrizione ai ruoli andava subito comunicata al Cappellano, e do po aver prestato giuramento dovevano promettere di vivere in maniera conforme alla loro fede, pena la cassazione in tronco 143 . Per i tedeschi della Guardia essere trasferiti ad un'altra un ità in genere equivaleva ad una promozione, e dopo la guerra di Castro furono diversi gli alemanni a comandare truppe italiane del granduca: nel 1649 il comandante della Banda di Poppi era un te desco

140 ASF, CG, 726, ins. "Riforma dell'anno 16S9 ", "Ruolo della Compa gnia della Guardia ferma", cit., c.n.n. Per sin1azioni simili in Inghilterra, dr. CH ILDS, Army of Charles Il, cit., pp. 54-55. 141 ASF, Ml', 2499, " Informativa sulla guardia a cavallo", (senza data, ma aprile 1655), c.n.n. 142 Termine mutuato da tedesco (Trabanl = satellite; oppure Trabe, cosn1me diviso a strisce di colore alternato), con cui in origine si designavano gl i uomini addeni alla scorta dell'Imperatore. 143 i\SF, RV, 41, n. 6, "Lettere di diversi Principi ...", cit., (Istruzione al Capitano Pier Francesco Vitelli, cit.), c. 82rv.


488

Niccolò Capponi

dal nome di Georg Vaile r 144 , e quando nel 164S si trattò di licenziare la cavalleria alemanna fu deciso di te n ere 80 uomini per la Guardia, sceglie ndoli tra i più bravi nel montare a cava llo, "più discreti e più scapoli ", e con una buo na conosce n za <lella lin gua itali~ma di modo c he all 'occasione si potessero assegnare a dell e unità montate locali, "con diverse cariche secondo la loro intdligenza" 145 . Qu esto discorso non era solo teorico: J o ha nn Adam Leister dopo aver servito in Germania sotto Mattias de' M edici passò al servizio granducal e nel 1643, venendo poi arruolato nella Guard ia con il grado di c:iporalc; passato sergente nel 16SS, o tto anni più tard i fu nominato capitano dei Cavalli della Scoperta di Livorno , finendo la sua ca rri era sotto Cosimo lii come comandan te d elle Carabine di Grosseto con uno stipendi o di 24 scudi il mese 146 . Per forza di cose, quindi, gli e lem enti migliori della scorta principesc:1 finivano per essere d estinati ad alt ri in carichi , lascia ndo a Firenze i loro coll eghi . . meno cap:1c1, o meno sam. Pe r ciò che riguarda i comandanti della G uardia tedesc:1 la scel ta cadde quasi sempre su persone provenienti dalle zone di confine della Toscana, come Camrnillo Rourbon del M o nte, Fabrizio M alaspina, G iulio e Pi er Francesco Vitelli; oppure su coloro che possedevano una tradizione famigliare di serv izio verso la dinastia medicea pur essendo sudditi di altri stati, tipo Girolamo Montecuccoli. L'eccezione a questa regola l: rap present:1 t:1 dal caso di Francesco Piccolomini, comandante dei Trabanti dal 1639 al 1661 , che era u n suddito toscano a tutti gl'effetti, ma anche parente del più celebre Ottavio, oltre ad ::ivere molti membri della sua fan1iglia presenti negli eserciti di mezza Europa; questo lo re ndeva un elemento prezioso per quanto riguardava il mercato d ei professionisti mili ta ri, in particolare per ciò che ri guard ava i suoi concittadini senesi c he per t radizione famigliare, o indo le, avevano intrapreso la carri era d ell e

144 ASF, Manoscritti, n. 136, SF.TIIMANNI, Diario, X , c. 162v. 145 13NCF, l'C, 207, (Al essand ro dal Florru a Fra ncesco Cellesi [?), 25 aprile 1645), c.c 31 1 r-312r. 146 ASF, MP, 2356, rcg. n. 2, "Ruolo di tutti gli ufficiali in piedi", cit., c. 48r.


Sicurezza e sicurtà

489

armi al se rvizio di qualche potentato straniero 147 . I..:intento del granduca di favorire l'elemento sen ese nel suo esercito non si limitò alla nomina dcl Piccolomini: nel 1647 il lu ogoten ente della Guardia a cavall o era Trismegisto Beccherini di Siena 148 . Uno degli clementi che portavano alla scelta di un individuo per il comando della guardia a lemann a era la sua conoscenza e.lei tedesco, Iingua che t utti i personaggi suc.ldetti avevano acquisito durante il loro servizio nell'Europa d el nord, spesso e durante la G uerra dei Trent'Anni 149. Ma molto spesso questa dote acquisita era coll egata ad un a signoria feudale; la presenza di feudi indipendenti sul proprio territorio non era di vantaggio per i granduchi, che dovevano confrontarsi con delle rea ltà al di fuori del loro controllo; siccome questa situazione, con i relativi problemi che comportava, non venne rn::ii <lei tu tto risolta fino al Congresso di Vienna, si comprende molto bene come i M edici fossero disposti ad impiegare di continu o membri d ella fa miglia Malaspina, o Del Monte. ln campo militare non c'è dubbio che le vecchi e fami glie fe udali possedessero una tradizione consolidaw, tant'è che a lla fine del '500 un commentatore poteva affermare che "S.A. fha l assai feudata ri e raccomandati, uomini va lorosi per servirsene in guerra" 150 ; ma allo stesso tempo l' indole bellicosa di questi personaggi, unita ad antichi privilegi che spesso si trovava no a detenere, poteva essere fonte di problemi. 8. Oltre a i posti di comando nella sua scorta a le manna, il grandu ca aveva anche un altro mezzo per ave re a portata di mano de i militari capaci , oppure per favorire dei personaggi che in un modo o in un a ltro sa rebbero potuti tornare utili : inserirli n ei ruoli d elle

147 ASF, Strozziane, I, XXV, " Nomi e Cogno mi di tutti i Capitani della Guardi;i ", c it., e.e. 6 1v-62r. Cfr. H ANION, Decline o( a Provincia/ Military Arist ocracy, cit., pp. 64-108. 148 ASF, Manoscritti, n. 136, SETIIMANNI, Diario, X, c. I 08r. ASF, MM, 124,

ins. 1, (Rattista Pandolfini J Giovan Ranista Gondi, 26 maggio 1642, da lnnsbruck), c. 83rv. AS F, MP, 233 1, "Nota delle spese della Banca" (1644), cit., c. 3 1Or. 149 Cfr.

SODINI ,

Ercole Tirreno, ciL, passim.

l SO ASF, MM , 5 13, ins. 23 "Rclation e di Toscana" (1 598), c. 202r.


Niccolò Capponi

490

"Lanze Spezzate", il te rzo repa rto della guardia medicea. Il corpo aveva in parte un valore "po litico", nella misura in cui comprendeva un certo numero di gentiluomini italiani di antica casata e con buo ne possihi litiì economiche, in grado, almeno in teoria, di reclutare truppe velocemente in caso di bisogno 151. M a sarebbe sbagliato considerare il reparto soltanto una collezione di si necure: anche se esisteva una distinzio ne tra le Lance Spezzate "d 'Hon ore" e quell e "di Servizio", nel 1624 le prime a nnoveravano tra le lo ro fila personaggi come Girolamo ed Ernesto Montecuccoli, Cosimo dell'Antella, Lore nzo de' M edici Bernardo Vecchietti e Ricca rdo "Irlandese" (Richard de Burgh), tutti provenienti da famiglie altol ocate ma allo stesso tempo con all e spalle un solido passato militare; ciò contrastava con l'inespe rienza di diversi membri della famiglia Malaspina, iscritti nei ruoli solo per motivi di oppo rtunità 152. La presenza di nomi altisonanti non deve trarre in ing:mno. Nel 1628, su ventidue tra "Cap itani et altri simili intrattenuti", un altro nome con cui si designavano a volte le Lance Spezzate ad hunurem, circa un quarto provenivano dalla provincia del granducato, e quattro dagli Stati Pontifici, tra cui un paio di Perugia e due da cittadine delle Marche. La discriminazione, se di ciò si può parlare, stava nella corresponsio ne dello stipendio, consid erat o che il Ma rchese Lion a rdo Mala spina percepiva .<Jf. 25 mensili sta ndosene a casa, mentre nella st essa situazione Giovan Battista Tolomei di Pistoia ne riceveva solo 6; tuttavia la stessa cifra era corrisposta anche al sedentario Orazio Malaspina, per cui generalizzare potrebbe essere rischioso. Anche Marcantonio Rartolani aveva una provvisione di 10 scud i al mese standosene a casa sua, ma si prev edeva che ne ri cevesse d iciotto quando in servizio 153 . Spesso il tito lo di Lancia Spezzata era semplicemente onorifico, nel senso che veniva dato a persone con altri incarichi all 'interno dell'organi;,.zazione militare toscana: nel 1620 molte Lan ce Spezzate

151 H A LON, twr·1·h · p. 63 . rg t , Clt., 152 ASF, MP, 2356, rcg. n . 1, (Registro di nitri gli stipendiati nl servizio del granduca, con i loro stnti di servizio [c. 16241), pp. 8-9. 153

ASF, MM, 597, ins. 1, rcg. senza titolo dntato 1628, "Sig. Capitani", cit., c. 1r.


Sicurezza e sicurtà

491

ad honorem erano anche capitani di Bande, pe rsone come Bernardo Rondinelli, Cammillo Martelli, Bettino Ricasoli e So1.1.0 Bardi, nessuno di loro ricevendo più dei 18 scudi mensili previsti per un comandante di reparti della milizia 154 • In effetti si ha l'impressione che durante il regno di Ferdinando 11 il titolo di Lancia Spezzata venisse spesso elargito assieme ad un incarico di prestigio: nel 1624 Ruberto Obizzi oltre ad essere Lanza Spezzata era anche Cavallerizzo Maggiore del granduca 155 • Questa pratica sarebbe continuata anche dopo: Giovan Battista Sergiuliani da Borgo Sansepolcro, entrato permanentemente al servizio del granduca nel 1659, fu fatto Lancia Spezzata nel 1668 e spedito a comandare la Banda di Arezzo; il senese Dionisio S4uarci, ascritto ai ruoli nel 1660, due anni più tardi ebbe il titolo di Lancia Spezzata assieme al comando della piazza di Portoferraio. Bisogna aggiungere che entrambi i suddetti personagg i ricevettero assieme ai titoli e gli incarichi summenzionati anche la patente <li Sergente Maggiore, che evidentemente garantiva loro una paga più elevata; questo invece non successe all'aretino 1-'abiano Ricciardi che nel 1668 ebbe il titolo di Lancia Spezzata ed il comando della fortezza di Siena, ma niente di più 156 . Iscrivere un individuo nel ruolo delle Lance Spezzate ad honorem era anche un modo per tenerla legata al granduca in attesa di altri incarichi, permettendo così al Serenissimo di avere a disposizio ne d egli uomini capaci in caso di bisogno, persone come Pietro Lavallc, spedito nel 1645 a comandare la Banda di Massa Marittima in seguito all'incarcerazione del capitano precedente 157. Il nume ro delle Lance Spezzate, sia d'onore che effettive, non fu mai eccessivo: circa trenta nel 1668 secondo il Gualdo Priorato 158, 154 ASF, MM, 370, ins. 40, segn. 50, "Ruolo de Provvisionati Della Ranca, con l'informe dc Collaterali per restringere le spese. Di 20 Dicembre 1620", e.e. 5v-7v. 155 ASF, MP, 2356, rcg. n. 1, (Registro di tutti gli stipendiati, cit.), p. 9. Cfr. A. ZANE1.1.1, Una relazione inedita dello stato del granducato di Toscana nel 1607, in «Bullettino Senese di Storia Patria», 58, 1926-1927, p. 198. 156 ASF, MP, 2356, reg. n. 2, "Ruolo di tutti gli ufficiali in piedi", cit., e.e. 25r, 27r, 114,.

157 ASF, MP, 2331, «Ai Collaterali» (4 luglio 1645), c. 294r. 158 GUALOO P1uoRATO, Relatione della Città di Fiorenza, cit., pp. 85, 100.


492

Niccolò Capponi

(più o meno quanti ne erano nel ·1624, di cui solo otto ac.ldetti alla scorta del principe) 159 , con compiti simili a quelli degli altri reparti Jdla Guardia granducale, anche se i loro doveri d 'ordine pubblico s i limitavano all'ambiente di Palazzo Pitti; più che altro venivano usate per delle operazioni di polizia di carattere delicato all'interno della corte medicea, come l'arresto nel 162.S del M archese Ruberto Capponi, un episodio che fece scalpore a Firenze 160. Per compiere operazioni d el genere, urtando il men o possibile la suscettibilità di personaggi a ltolocati, era necessario usare dei gentiluomini con esperienza di coma ndo ma che allo stesso tempo non avessero legami di parentela con l'aristocrazia fiorentina; fo rse per questo motivo, secondo i ruoli del 1624, le Lance Spezzate effettive proven ivano tutte dalle provincie del gran<lucato: Francesco San Martini da Pisa, Rinie ri Spadi da S. Miniato, Raffaello Benincasa da Pescia, e Marsilio Ficini da Fucecchio, tanto per citarne qualcuno, persone <li un certo spicco nelle loro città d'origin e e con anni di mi litanza alle spalle, avendo combattuto in Fiandra, Ungheria, Francia, C ipro e con l'O rd ine di S. Stefano 161. Dato il prestigio che la carica comportava, nonché il fatto che poteva essere un trampolino per impieghi (uturi, b nomina a Lancia Spezzata era appetita dagli ufficiali provinciali. Nell'ottobre 1645 il lunigi:mcse Ventura Bravieri supplicò il granduca <li includerlo nei ranghi della sua scorta, visto che non era stato possibile impiegarlo in altro modo; interpellati in materia dal Segretario di Guerra, i Collaterali della Banca Militare risposero che il Bravicri aveva un ottimo passato militare alle spalle, che, in effetti, gli era stato promesso un incarico, e, soprattutto, oltre ad essere un buon soldato era anche "facultoso" 162.

159 ASF, MM, 597, ins. 1, reg. «Ruolo <li tutti i Capitani», cit., p. 28. 160 G. LETI, Ceremoniale historico, e politico. Opera utilissima a lutti gli

Ambasciatori, e Ministri, e particolarmente à quei che vogliono pervenire à tali Carichi, e Ministeri. Amsterdam, 1685., 5, p. 230. Cfr. P. LllTA-L. PASSERINI, [ Capponi di Firenze, Milano, 1870-1872., tav. XX. li Lcti esagera nel dare il numero di 100 Lanze Spezzate. 161 ASF, Ml', 2356, rcg. 11. 1, (Registro di tutti gli stipcn<liati, cit.), p. 1O. 162 ASF, MP, 2330, (Supplica del Capita no Ventura Rravicri e risposta dei Collatcrnli, 7 ottobre 1645), c. n.n.


Sicurezza e sicurtà

493

Quest'ultima qualità del postulante era considerata importante quanto il suo curriculum militare, visto che i soldi permettevano di mantenere uno stil e di vita degno di un gentiluomo, caratteristica essenziale per chiunque volesse frequentare la corte di Palazzo Pitti 1 1'> ·1. Si può quindi affermare che certi incarichi milit:.ui avessero per gli ufficiali provinciali un valore simile, anche se personale piuttosto che famigliare, delle commende di giuspadronato dell'Ordine di S. Stefano, permettendo loro da un lato di uscire dal ristretto mondo della periferia e dall'altro di essere qualcuno a casa propria 164, benché la commenda di giuspadronato fosse più prestigiosa di un incarico militare. Tuttavia quest'ultimo era la prova tangibile del riconoscimento del valore di un individuo, e non va dimenticato che nel caso delle Lance Spezzate la loro vicinanza fisica al gran du ca diventava un modo per ostentare il favore del principe, manifestato cbllo stretto contatto con la sua persona 165 . Per uno proveniente dalla provincia del granducato entrare nei ranghi della guardia granducale poteva rappresentare un'occasione importante per otte nere un avanzamento sociale, professionale e politico. 9. Se far parte della guardia poteva essere un onore, tutti coloro che entravano al servizio del 'serenissimo' guardavano in particolare all'utile. Ma la paga tanto appetita non era mai stab ile, dipendendo da tutta una serie di fattori, inclusi il luogo, il modo dell'erogazione e la disponibilità monetaria del granduca. Per gli arruolatori toscani fu un vantaggio che al tempo della guerra di Castro il ducatone milanese, con cui furono inizialmente pagate le truppe alemanne, valesse nel nord lta lia sci soldi in più che non in Germania 166 ; questo senza

163

Cfr. G. M. MECArn, Storia genealogica della nobiltà, e cittadinanza di Firenze, Napoli, 1754, p. 7. 164 A N C.IOI.INI, J cavalieri e il principe, cit. , p. 95. 165 Cfr. A. DE GUEVARA, Aviso de' favoriti, et dottrina de CortiKiani, Venezia, 1562, pp. 28r-29v. 166 ASF, MM, 124, ins. 1, (Battista Pandolfini a Giovan Battista Gon<li, 3 aprile 1642, <la Verona), c . 67,.


494

Niccolò Capponi

contare che la suddetta moneta era di 115 soldi, rispetto ai 140 dello scudo fiorentino, il che voleva dire che lo stipe ndio mensile di dieci ducatoni per ogni corazza equivaleva a circa 91. 8, E. 1, s. 8 in moneta toscana 167. Inoltre, le prime paghe dei tedeschi furono fatte in talleri, un guadagno non da poco per le casse granducali considerando che la retribuzione di un soldato di fanteria nell'Impero era di 6 talleri e mezzo, che però corrispondevano a ci rca 91. 3 , f. 4, s. 4 168 . Questa situazione venne a cessare una volta che le truppe arrivarono in Toscana, e da quel momento in poi gli alemanni ricevettero il loro stipendio in moneta medicea, secondo il ra pporto di 9. 1 per ogni ducatone pattuito 169 . Il pagamento in ducatoni era già tornato comodo durante la spedizione nel Milanese del 1636, il cambio favorevole essendo una delle voci che aveva permesso al granduca di risparmiare quasi 33.600 scudi 170• La flutt11,1zione della paga riguardò anche i soldati della guardia granducale, i Trabanti ricevendo quattro scudi al mese nel 161 1, ma solo tre ventidue anni più tardi, per rimanere su questi livelli per il resto del regno di Ferdinando II 17 1• Parimenti, le guardie a cavallo ricevevano uno stipendio mensile di dieci scudi all'inizio del secolo, ma solo 9. 7, f. 6 cinquant'anni dopo 172• La ragione di questo calo

167 ASF, D C, 38, n. 6, (Cammillo Lanfredini al Depositario Generale, 6 agosto 1630, da Alessandria), c.n.n. 168 ASF, MM, 124, ins. 1, "Sunto del Denaro dato fuo ri per servitio della Gente Alemanna" (s.d., ma agosto 1642), c. 122,. lvi, "Specificatione fatta nella ultima dieta di Ratisbona, di quanto deva havere una compagnia d' infante ria dal Capitano sino al Moschettiere" (datato 1642), c. 6r. 169 ASF, Acquisti e Doni, 254, (Nota di spesa e della forza della compagnia del Cardinal Carlo de' Medici, 1643), c.n. n. 170 ASF, Acquisti e Doni, 15, n. 4 "Dimostrazione degli Avanzi fatti dal Granduca di Toscana nell'occasione della Spedizione dell e Sue truppe in Lombard ia", c.c.n.n. 171 ASF, MM, 370, ins. 40, segn. 52, "Ristretto della Banca" ( 16 11), cit., c.n.n. ASF, MP, 2331, "Sunto de' Roli della Banca di S.A.S." (1 633), cit., e.e. 317,. l vi, "Nota delle spese della Banca" (1644), ci t., c. 3 llr. 172 ASF, MM, 370, ins. 40, segn. 52, "Ristretto della Banca", cit., c.n.n. ASF, CG, 726, (Nota della compagnia di corazze della Guardia [1 659]), c.n.n.


Sicurezza e sicurtà

495

di stipendio era dovuto alla trasformazione della scorta montata granducale da "lancie" a corazze, per cui ci fu anche un calo dei costi per la manutenzione delle armi e dell'equipaggiamento, tant'è che alla fine del regno di Ferdinando II le truppe a cavallo della sua guardia prendevano l'equivalente della "mezza paga" delle corazze professioniste nel 1644 173 ; tuttavia il compenso dei soldati della scorta granducale finiva per essere più elevato, in quanto esente dalle trattenute di una crazia per scudo applicata a tutte gli stipendi e donativi che venivano elargiti ai militari toscani 174; inoltre, le guardie ricevevano tutta una serie di benefici oltre a quelli monetari, che andavano dall'alloggio al vestito, mentre le vedove dei militari della scorta avevano anche diritto ad un quartiere abbastanza grande per accomodare la famiglia del defunto 175 . Gli uomini della guardia erano dei privilegiati rispetto a<l altri militari al servizio dei Medici. All'inizio del secolo XVU un soldato a piedi prendeva da uno fino a quattro scudi mensili, a seconda del presidio e la fortezza in cui prestava servizio 176 ; nel 1633, la paga minima era rimasta invariata, ma in compenso molti più soldati ricevevano tre scudi o più al mese, i moschettieri della Compagnia di Porta di Mare di Portoferraio prendendo fg_ 4, f... 3, s. 8, rispetto ai tre scudi al mese degli archibusieri della stessa unità 177• Anche se per i tiratori queste differenze finirono presto grazie all'adozione generalizzata 173 ASF, MP, 2331, "Provvisioni ridotte, e da Mantenersi alla Cavalleria Alemanna in tempo di pace" (1644), c. 1070r. Cfr. Appendice, n. 9. 174 ASF, MP, 2330, (Ordine di Domenico Pandolfini, 13 novembre 1646), c. 199r. 175 ASF, Ricasoli, Parte Antica, Filze, 205 "Notizie concernenti l'istituzione della Guardia de Trabanti" (173 7), c.c.n.n. 176 ASI·~ MM, 597, ins. 1, rcg. "Ruolo di tutti i Capitani", cit., p. 30. «Nelle fortezze di Fiorenza, Presidii di Livorno, Portoferraio e Grosseto e loro fortezze, i soldati ordinarii si pagano a ~ 4 per uno il mese, come ancora quelli delle galere, e soprannumeri. I.:altri de gl'altri luoghi dello Stato hanno .'11. 3 solamente». Cfr. ASF, MM, 370, ins. 40, segn. 52, "Ristretto della Banca", cit., e.e. n.n. L'unico soldato della rocca di Montalcino percepiva ~ 1 al mese. 177 ASF, MP, 2331, "Sunto de' Roli della Banca di S.A.S." (1633), cit., e.e.

3 18r-322v.


496

Niccolò Capponi

del moschetto, per i picchieri, considerati specialità più prestigiosa, fino alla guerra di Castro e oltre la paga mensile fu di cinque scudi, almeno nel caso dei reparti arruolati ad hoc per fronteggiare qualche emergenza 178 . Tuttavia, si ha l'impressione ch e già intorno alla fine degli anni Trenta si fosse arrivati ad uniformare la paga d ei soldati, computandola normalmente in tre scudi al mese per ognuno in tempi normali, che salivano a quattro in caso di missioni esterne, "salvo li giorni spezzati d'alcun i, che per morte, malattie, o altri legittimi impedimenti non hanno servito il mese in tutto" 179 . Anche con la paga uni forme per tutti, c'erano pur se mpre gli extra rappresentati dai "capi soldi", elargiti di volta in volta ai soldati delle varie specialità: nel 1636 i soldati di Pitigliano prendevano tre scudi al mese 180, mentre al tempo della spedizione a Milano del 1635 era previsto che lo stipendio mensile della truppa fosse di tre scudi in una compagnia di duecento uomi ni, ma ch e ino ltre 80 "corsaletti" ricevessero uno scudo in p iù, e che 40 altri militari non meglio specificati ne pigliassero addirittura tre, per quanto essendo questi scudi di E. 5 ognuno, secondo il computo toscano il totale ven iva ad essere di ~ 2, f. 6 per i primi, e circa .CJ,. 4, E. 2 per i secondi, i soldati ordinari prendend o appena </i. 2 E. 1 181 . Ma queste cifre sono incomplete, visto che nel Milanese, "all' usanza del Re ldi Spagna]", i soldati avevano "la commodità del quartiere", mentre le truppe montate ricevevano la biada ed il fi en o pe r cia scu n

178 Cfr. i\CRF, VI (A), Capita11u Vi11ce11zio Cappu11i, n. 4, "Ruolo del Sig. Capita no Vi ncenzio Capponi", cit., c.c.n.n. Durante la spedizione del 1636 a Mi lano fu prev isto che: «La paga d i cinque scudi si manten ga a tutti qu elli ch e l';wevano in Livorno, non passando però nelle Co mpagnie il numero prefisso dclii quaranta per Cento per compagnia». ASF, MP, 2359, (Sunto degli ordini de l Gra nduca, redatto da Filippo Pandolfini, 4 maggio 1636), c. n.n. 179 AS F, MP, 2330, "Spesa della levata delle Soldatesche per Soccorso delle Marine, e Rinforzo d'altri luoghi per l'occasio ne dell'Armata fran cese f... 1", (30 settembre 1640), c.n.n. ISO J\SF, CCS, 95, n. 27, b. 6, 4, segn. 7, "Nota della paga dell'Offizial i, Soldati, et Bo mbardieri" (20 luglio 1636), c. n.n. 181 ASF, DG, 673, n. 240 (4 ), "Nota de ll;i pai:;a di 4.000 fanti pretesa da Ministri Regi a ragione di 200 fanti per compagnia e di 20 compagnie" (1635), c.n.n. C fr. Appendice, n. 10.


Sicurezza e sicurtà

497

cavallo con una spesa di solo s. 11 1/i 182 ; inoltre, il potere d'acquisto di certe monete variava a seconda dei posti: ufficialmente la piastra fiorentina valeva quanto il "ducatone" milanese, cioè ·1·1S soldi, nel ·16.10 nella zona di Alessandria, dove erano di sta nza le truppe toscane, la piastra era stimata un 4,3% in più del suo valore nominale, cosa che creò qualche problema con gli spagn oli i quali pretendevano che tutte le monete, incluse quelle medicee, valessero 11 S soldi 183 . La paga degli ufficiali era sensibilmente più elevat:i rispetto J quella dei soldati, in quanto o ltre agli emolumenti normali potevano benefi ciare di tutta un:i serie di "rig:iglie": ne l 1624, Mmio Montauto prendev:i ~ 18 il mese come comandante della Banda e rortezz:i di Arezzo, più le tasse della comunità; ma ne ricevev:i :iltri cinquanta mensili come gener:ilc e 1.000 l'anno in quanto governatore di Po rtoferraio, un tot:ilc di oltre ] .800 scudi in dodici mesi, e questo nonostante tutti i tentativi delle auto rità g randucali di abolire gli stipendi multipli 184 . Comunque, per ovviare a certi prnhlcm i e ra sempre possibile d:ire gradi o incarichi onorari a persone con mmi d i servizio a lle spalle che non comportassero aggravi per le casse granducali: nel 1674, Simone Roti, al servizio <lei Medici da un quarantennio, fu fatto Sergente Generale di Battagli:i ":id honorem", ma continu:indo a prendere la paga di comandante de l Terzo di Prato rns . Normalmente lo stipendio di un capitano in servizio permanente andava da rx_ 18 a 40, a seconda dei suoi incarichi: ne lla fascia più alta stavano i comandanti di corazze, i Maestri di Campo con Banda e fortezza, oppure chi guidava una compagnia di fanteria professionista;

182 ASF, MP, .1 180, (Andrea Cioli a Domenico Pandol fini, 15 settembre 1635), c. 70rv. 183 ASF, DG, 38, n. 6 (Cammillo Lanfred in i al De posita rio Generale, 6 agosto 1630, da Alessandria), c.n.n. li ducntonc di hli ppo IV ( 1622), conteneva g. 3 1,711 d'argento cd equivaleva a 6,66 lire italiane. Cfr. A.. MART I N!, Manuale di met rologia, ossia Misure, pesi e monete in uso attualmente e a11ticamente presso tutti i popoli, Torino, 1883, p. 361. 184 Per il Montauto ed i problemi creati dal dop pio, o addirittura il triplo stipendio, d r. N. CA l' l'ONI, L'organizzazione m ilitare del gra11d11cat o di Toscana sotto Ferdinando Il de' Medici, (1621-16 70), Dottorato di Ricerca in Storia Militare, Università degli studi di Padova, 1999, p. 26. 185 ASF, MP, 2322, ins. 30, (Patente di Simo ne Roti, 30 aprile 1674), c.n.n.


498

Niccolò Capponi

in quella intermedia stavano i Capitani di un reparto della milizia e di una rocca, oppure <li una compagnia di carabine, mentre al livello più basso c'erano i sol i capitani di Banda. Oscillazioni simili esistevano anche per ciò che riguardava gli ufficiali inferiori, un tenente <lclle corazze percependo una paga mensile di 25 scudi, ma quello <legli archibusieri a cavallo non più <li cinque, c<l un o di fanteria professionista <lai 12 ai 18 al mese 186. Questi stipendi venivano spesso integrati dalle comunità locali, c.: nel 1626 si decise che <la quel momento in poi non dovessero essere i Nove Conservatori a versare ai capitani delle corazze l'intc.:grazione dello stipendio ricavato dalle tasse locali, ma che questi soldi dovessero invece essc.:re versati alla Depositeria Generale, che avrebbe provveduto a passarli alla Banca Militare "per il medesimo effetto" 187 • Gli stipc.:ndi dei militari subivano delle impennate in tempo di guerra, un capitano delle corazze alemanne.: percependo f;g, 80 il mese, il tenente 40, c.:<l ogni soldato 10; un capitano di fanteria tedesca prendeva 140 talleri equivalenti a circa 70 scudi toscani, quasi il doppio di un suo collega italiano 188. A questo andavano aggiunte le "robe", cioè il valsente versato a<l ufficiali e soldati, in proporzione, per il cibo, i foraggi e gli alloggiamenti, tant'è che nel 1646 le sole truppe alemanne provocavano alle comunità del granducato un aggravio mensile di 1.200 scudi; questo quando le.: soldatesche erano a mezza paga 189, e tale cifra non riguardava quei Comuni che non volevano, o non potevano, contribuire le "robe" e quindi dovevano invece sborsare tre crazie a l giorno per ogni soldato 190. Chi ci guadagnava da questa situazione era la Banca Militare,

186 ASF, MP, 2331, "Nota delle spese della Ranca" (1644), cit., e.e. 306,-314,. 187 ASF~ DG, 653, n. 244, (Decreto di Ferdinando Il, 9 luglio 1626), c.n.n. 188 ASF, Acquisti e Doni, 254, (Nota di spesa e della forza della compagnia del Cardinal Carlo dc' Medici, cit.), c.n.n. ASF, MP, S399, "Provvisioni il mese alla prima piana" (164.1), c. 740r. ASF, MM, 124, ins. 1, "Specificatione fatta nella ultima dieta di Ratisbona", cit., c. 6r. ACllt~ Vl (A), Capitano Vìncenzio Capponi, n. 4, "Ruolo del Sig. Capitano Vincemio Capponi" cit., c.11.11. 189 ASF, MP, 2330, (Supplica dei Nove Conservatori al Granduca, 17 dicembre 1646), c. 103v. 190 ASF, MP, 5399, (Nota sulle provvisioni da fornire alle truppe (I 6441), c. 170.


Sicurezza e sicurtà

499

che risparmiava sg_ 50 l. 5 al mese per ogni compagnia <li cento corazze tedesche, fÀ 16 l. 1 per le "porzioni" di cibo mentre sui foraggi si arrivava ad un guadagno complessivo di 9. 22 l. 4 191. Inoltre, nello stipendio di ogni soldato si computava il costo del pane, del vino e della carne, a ragione di ,r_$. 1, f. 3 ogni trenta giorni, mentre altre l. 13 venivano detratte dalla paga di chi aveva un cavallo del granduca 192 . Teoricamente lo stipendio di un militare toscano, ufficiale o soldato, non era disprezzabile, se comparato ai prezzi dei beni di prima necessità. Tra il 1630 ed il 1648 con otto sol<li si potevano comprare a Firenze e.la ottocento grammi fino a quasi due chili di pane bruno, a seconda dei prezzi del momento, mentre tra il 1630 ed il 1637 otto soldi compravano in media circa quattro libbre fiorentine e.li pane "venale"; allo stesso modo, il prezzo della carne oscillava tra i sette cd i quattro denari per libbra, a seconda <lei periodi e la qualità della merce, me11Lre l'olio costava in me<lia intorno ai 12 sol<li la libbra 193. Perciò, con una spesa giornaliera <li quattordici soldi era possibile comprare pane e companatico, il che voleva dire che la paga mensile <li tre scudi percepita da un soldato a piedi, pur non essendo faraonica, bastava per mantenerlo in vita. Questo in teoria. Tanto per incominciare c'erano le trattenute, note anche come "rigaglie", a ragione di una crazia per scudo su ogni stipendio che elargiva la Banca Militare 19 4; inoltre, in posti come Livorno o Portoferraio le ritenute erano più alte, nel 1644 il medico

191

ASt~ MP, 2331, (Nota sui risparmi delle corazze tedesche L1644]), c. 1071r.

192

ASr, Acquisti e Doni, 254, (Decreto di Ferdinando Il, 18 settembre 1642), c.n.n. ASF, MP, 2331, "Provvisioni ridotte" (1644), cit., c. 1070r. Nel 1645 ai soldati tedeschi che entrarono nella guardia granducale fu permes.~o di scegliere tra il privarsi di quattro mesi e mezzo di paga, o restituire il cavallo. Cinquanta su cento scelsero la seconda opzione. Cfr. BNCF, PC, 207, (Nota sul licenziamento delle corazze tedesche, 15 novembre 1645), c. 304r. 193

Cfr. A. M. PULT QuM;uA, "Per l'ruvvedere ai Popoli". Il sistema annonario nella Toscana dei Medici, hrenzc, 1990, pp. 152-15.1, tabel la 4; 215-218 e tabella 9; 245, tabella 10.

194 ASF, Ml', 1801, "Ristretto di quanto rendeva l'Anno la Carica d i Collaterale della Banca di S.A.S. [... ]'' (1681 ), c.n.n.


Niccolò Capponi

500

del presidio elbano percependo s. 5 mensili da ogn i soldato, mentre i militari nella città labronica contribuivano sei crazie al mese per mantenere il cancelliere, l'ospedale ed il dottore del presidio, metà di queste ritenute, cioè dieci soldi, finendo nelle casse della Banca Militare 1 95 . Questo potrebbe non sembrare molto, ma c'erano anche altre spese per il povero stipendiato: durante la guerra di Castro un certo numero di militari di truppa fu rivestito dalla testa ai piedi per un costo di g_ 1, f. 2, s. 6, d. 4 a persona, a condizione che il prezzo fosse trattenuto dallo stipendio dei soldati 196 , fortunati che il granduca avesse insistito per dare gli abiti solo a chi ne avesse avu to bisogno e soprattutto scegliendo un colore economico come il bigio, e non il rosso come aveva suggerito qualcuno 197 . Per completare il quadro, le munizioni erano a carico del soldato, la polvere costando due giuli al mese (f. ·1, s. 6, d. 8), come anche il cibo fornito dalla "cantina" del presidio 198 . Inoltre, c'erano sempre le "imprestanze", cioè gli anticip i sulla paga versati al soldato per sopperire alle sue

195 ASF, MP, 2330, "Nota di quello habbia il medico di Porto Ferraio" (1644), 266r. ASF, Ml', 23.1 1, (Nota delle "rigaglie" da detrarsi ai soldati d i Livorno l1646]), c. 720r. Al tempo della spedizione del 1630 a Milano, le trattenute per la Banca erano di mezzo scudo al mese sulla paga di ogn i soldato. C fr. ASF, SS, 60, n. 14 7, (Informativa dei Sindaci del 1.5 novembre 1634), c. n.n. 1%

ASF, DG, 671, n. 25, (Conto di Giovan Battista Pasci, 1'8 gennaio 1644), c.n.n. ASI·~ Ml', 2330, (Copia d'ordine del Segretario Alessandro Nomi, 18 gennaio 1644), c. 187r. Nel 1648 l'appaltatore Benedetto Puccini spese .180 scudi per rivestire "dalle scarpe al cappello" la compagnia tedesca di stanza a Pistoia, mentre quaranta giorni di "soccorsi" di un giulio al giorno, corrisposti in pane e vin o, comportarono una spesa di .' /. 496. Cfr. ASP, Ml', 2357, (Benedetto Puccini a Battista Pandolfini [?], 24 aprile 1648), c.c.n.n. 197 ASF, MP, 5399, (Miniato Miniati a Mattias de' Medici, 28 ottobre

1642, da Firenze), c. 624r. 198 Cfr. ASF, MI', 2110, (Battista Pandolfini a Domenico Pandolfini, 1'8 maggio 1646, da Livorno), c.n. n. ASF, MP, 2324, ins. 2, (Supplica di Cesare Cagnani, da Radicofani, s.d. [1648 ?l), c. 379r. Nel 1648 nel presidio di Livorno c'erano tre cantinieri, «arruolati per soldati, per gratia mettono il cambio e lo pagano del loro». ASF, Ml', 2322, ins. 1, (Nota di Cosimo Riccardi, maggio 1648), c.n.n. Nel caso di ricovero in ospedale ogni soldato doveva dare s. 8, d. 4 al gio rno, più l'eventuale razione di pane, come rimborso per le spese di degenza. Cfr. BNCF, PC, 207, "Nota dei soldati ospedalizzati", c. 299r.


Sicurezza e sicurtà

501

esigenze immediate al mom ento dell'ingaggio, capitale che il militare doveva restituire a rate p ortando così ad una riduzione ulteriore del suo stipendio m ensile 199 • In definiti va, se la paga era di quattro scudi il mese, era fo rtunato quel militare che ne vedeva due; ma q uesto n on bastava per mantene re una famiglia, tant'è che molti soldati praticavano u n lavoro quando non erano di servizio 200 , un 'abitudine comune negli eserciti de ll 'antico regime e ch e per a lcuni p oteva essere l'unico modo per sopravvivere 2°1 : nel maggio del 1648 i soldati della fortezza di S. M artino supplicarono il grand uca di da re lo ro trentasei delle staia di gra no conservate nella piazza, visto che no n potendo "spacciare la loro opera manuale n on possono vivere per il prezzo del grano in questi tempi" 202 . Nel 1655 Giovanni Contron i da Barga, "vassallo descritto", supplicò il granduca di dargli " un poco di riconoscimento" visto che aveva servito per otto anni a Porto Ferraio ed a Livorno con quattro scudi al mese di paga, e siccome non possedeva "altro che la propri a vita e senza alcun mesti e re" chi edeva aiuto per riuscire a vivere "senza far disonore al suo parentado" 203 • Raramente lo stipendi o dei soldati era versato tutto in una volta, in genere venendo elargito con il sistema del soccorso di un giulio

199 Ad esempio, nel 1636 i soldati della compagnia di Alberto Antinori davano l. 3, s. 10 al mese al loro comandante «per sconto dcll'im presra nza». Cfr. AABF, F. X l, n. 20, "Ruolo del Sig. Capitano Alberto Antino ri" (1635-1636), c.c.n.n . lOO ASf, MP, 2362, "lnstruzione di S.A.S. per il Sig, Orazio Tornabuoni" (1 617), cit., c.11.11. Nel 1643 nella fortezza di S. G inv;m ni di Firenze su 114 uomini di guarnigione gli sposati erano 63, mentre le vedove erano quattro e 100 i «fanciulli maschi e fe mmine di maggiore età». In tota le, compresi i d icci lavoranti della fonderi a, tra «soldati e particulari» si arrivava ad un totale di 281 persone, tra cui «Orario Faciscopi, con la sorella e tre nepoti». Cfr. AS F, Scrilluiu delle R egie Possessioni, 3807, "Rolo del Castel S. Giovanni et altra gente c he in essa habita sotto il Governo dell'Ecc.mo Sig. Don Paolo dc' Medici" (1643), c.c. n. n. 201 Cfr. J. Ci11ws, J\rmies a11d Warfare in Europe, 1648- 1789, New York,

1982, p. 190. 202

ASF, ScritLuiu delle Fortezze e Fabbriche, 1928, ins. 4 , n. 1, (Supplica del Maestro di Campo RoLi, per conto dei soldati di S. Martino, 3 maggio 1648), e. n.n. 203 ASF, MP, 2499, (Supplica di G iovanni Controni da Barga, s.d. ma aprile 1655), c. n. n.


502

Niccolò Capponi

(s. 13, d. 4) al giorno 204 . Questo era un modo per pagare gli uomini senza dover preoccuparsi di avere sempre a disposizione delle somme ingenti, che in certi periodi potevano essere di difficile reperimento, specie al tempo della crisi finanziaria del 1645-1650; inoltre, i "soccorsi" pur permettendo ai soldati di vivere li rendevano dipendenti dal loro datore cli lavoro, in quanto l'attesa della paga arretrata li rendeva meno propensi a disertare, oltre a rendere i loro capitani più guardinghi, perché il rimborso dei "soccorsi" sarebbe stato a carico loro, nel caso che uno degli uomini fosse scappato prima che una nuova compagnia fosse a ranghi completi 205 . A volte i ritardi nei pagamenti potevano assumere delle dimensioni drammatiche, specialmente se riguardavano tutto lo stipendio: nel 1648 Marcantonio Landini, tenente delle corazze di Montalcino, supplicò che gli venissero dati ventidue mesi di paga arretrata, non avendo ricevuto «da Sig.ri Pagatori soccorso alcuno» e trovandosi «in grandissimo bisogno» 206 . Del resto, il Jenaro di sussistenza dava da vivere, ma niente di più: nel 1648 molti soldati svizzeri di Livorno erano ridotti senza vestiti o armi, giustificandosi col dire che non avevano avuto "comodità di monirsi non havendo ricevuto da loro Ufiziali, che il semplice soccorso à ragione di un giulio il giorno per ciascuno" 207 . In certi casi invece di dare ai soldati il soccorso in denaro si preferiva elargirlo in natura, in genere sotto forma di pane o farina; ma questo creava non pochi problemi dal punto di vista amministrativo, la fluttuazione dei prezzi dei generi alimentari non permettendo di stabilire quale fosse la paga esatta, a parte il fatto che nei momenti di scarsità di certi

204 ASF, MM, 370, ins. 40, segn. 41, "Che le provvisioni che ricevono listipendiati si della Ser.ma Casa come della Ba nca no n possino essere sequestrate" (1620), c.n.n. 205 Cfr. B. DL, V1GEN ÈRE, L'Art Militaire d 'Onosender, Autheur Grec. O u il lraicle de l'office et deuoir d'un bon chef de guerre. Mis en Langue Françoise el il/ustré d'anotations par B. de Vigenére, Bourbonnois, Paris, 1605, p. 272rv. ASF, MP, 233 1, "Capitolazioni per levare una Compagnia, da darne notizia a tutti i capitani e soldati levati." (c. 1645), c. 95r. 206 ASF, MP, 2324, ins. 2, (Supplica di Marcantonio Landini, s.d. ma 1648), c. 408r. 207 ASF, MP, 2330, (Tommaso Spinelli a Ferdinando II, 23 maggio 1648, da Livorno), c. 134r.


Sicurezza e sicurtà

503

prodotti i soldati avevano la tendenza a specularci sopra, quelli di Portoferraio vendendo il loro pane "a Gente forestiera, che vengano di nascosto" 208 . Ciò poteva rappresentare un notevole guadagno per i militari, visto che, ad esempio, nel 1643 il grano della Maremma era quotato f. 103, s. 10 il moggio, rispetto al prezzo ufficiale di f. 87 209 . I "soccorsi" creavano altri inconvenienti. Nel 1646 i funzionari della Banca Militare a Livorno chiesero di ricevere un quattrino per giulio dai soldati ad integrazione del loro stipendio "per non si dare le Paghe formalmente ai soldati", essendo venuto cioè a mancare il loro emolumento di una crazia per ogni scudo dato ai militari, oltre a tutta un'altra serie di "rigaglie" legate alle paghe del presidio 210 . Questo ulteriore calo di valore del soccorso non poteva che essere fonte di guai, e nel luglio 1646 il Segretario di Guerra chiese al governatore di Livorno se fosse vero che alcuni soldati locali avessero costretto dei fornai a dare loro il pane gratis «con dire che vogliono vivere»21 1. Evidentemente la situazione non era migliorata rispetto all'anno precedente, quando l'intero presidio labronico era in tale stato di necessità per la mancanza di paghe che molti "vantaggiati" si erano impegnati i vestiti buoni, le cantine dei reparti non avevano pane perché i fornai non erano più disposti a fare credito, le compagnie alemanne erano creditrici di circa 2.830 scudi, e<l a luglio si era dato loro soltanto la paga di aprile 2 12 . Situazioni come queste provocavano l'allentamento della disciplina, specie quando i soldati non ricevevano neanche il soccorso. Nel marzo 1647 la situazione a Prato era

208 ASF, MM, S5, ins. 4, "Con sideratione da darsi al Sig. Governatore di Portoferraio acciò ne dica il suo parere, e quello che sia d i buon servizio del Ser.mo Padrone", (s.d. ma c. 1650), c. 91rv.

209 ASF, MP, 5396, (Stima dei prezzi del grano della Maremma, dal 1620 al 1644 [giugno 1645]), c. 422r.

21 O

ASF, MP, 2331 , (Memoria di.Battista Pandolfini a Domenico Pandolfini,

9 lug lio 1646), c. 721r. 211 ASr~Ml', 3807, (Domenico l'andolfini a Don Paolo de' Medici, 14 lugl io 1646), c.n.n. 212 ASF, MP, 2330, (Battista Pandolfini al Segr etario Domenico Pandolfini, 10 luglio 1645), c. 43rv e rr.


504

Niccolò Capponi

divenuta talmente critica che non si sapeva più come impedire ai militari di disertare, certe compagnie non avendo ricevuto "soccorsi" eh quindici giorni, mentre gli osti tormentavano di continuo il rappresentante della Ranca esigendo i crediti che vantavano con le truppe 2 13 • In questi casi, l'unica soluzione che rimaneva ai comandanti era di anticipare i soldi necessari sperando in un successivo rimborso, il che non sempre avveniva: ne l 1647 il capitano Matteo Ghirlandi supplicò il granduca di compensarlo dei seicento scudi da lui spesi ne ll'anno in cui aveva amministrato diverse unità alemanne, anche perché nei sci mesi che aveva passato a Firenze in attesa di ricevere soddisfazione, i suoi debiti "tra la osteria con servitori e cavalli et havendo una casa aperta al quartiere, e per le continue e superflue spese", erano arrivati a .100 scudi 214 . Ancora più disgraziato era il caso del Tenente Andrea Gradini, che nell'ottobre del 1648 ri sultava creditore di undici mesi di paga, ma essendo di stanza a Sovana non poteva recarsi a Firenze per richiedere i suoi soldi, dato che sul confine con gli Stati Pontifici tirava aria <li guerra 2 15 • Nel dicembre ·164.1 il principe Mattias fu informato che i soldati di Pitigli:mo non avevano visto un soldo da tre mesi, il soccorso veniva dato dalla cantina in natura cd il castellano era costretto a provvedere sotto la sua "gravezza", mentre i soldati vendevano il pane di munizione per "sovvenire di qualche poco la lor povera casa"; gli ufficiali non erano in grado di aiutarli in quanto non avevano "del loro", oltre ad essere anch'essi in credito de lla paga 216 . Nonostante tutti questi probl emi, molti soldati preferivano la sicurtà che veniva data loro d all'avere un impiego fisso, evitando così di dover "andare a vagare per l' ig noto e seguendo gli sconosciu ti", come avrebbe detto il veterano della guerra dei Trent'Anni

213 ASf·~ Ml', 1488, (Giovan Battista Rovelli ai collaterali, 1' 11 marzo 1647), C.n. n. 214 ASF, MP, 2:BO, (La Ranca Militare a Ferdinando JJ, s.d., ma 1647), c.n.n.

21S ASf,~ MP, 2427 (Giovan Battista Paganucci a Domenico Pandolfini, I O ottobre 1648, da Sovana), c. 309r. 216 ASF, MI', 3713, (Pietro Grifoni a Mattias de' M edici, 19 dicembre 1643, da Pitigliano), c. 738r.


Sicurezza e sicurtà

505

Sydnam Poyntz 217 ; ma non c'è dubbio che nell'immaginario comune dell 'epoca il militare di truppa non possedesse una buona reputazion e, se non altro per la vita grama che conduceva. Di ciò era ben cosciente il già citato Giovanni Controni da Barga, la cui richiesta di aiuto al granduca era motivata da lla pa ura di perdere il suo onore 218 . Il Controni evidentemente aveva il senso d ella propria dignità , non come "Serafino Portelli et un suo compagno", che dopo essersi volontariamente fatti cassare dal presidio di Livorno, avevano esercitato " il lo r proprio mestiere, che è di fare il Cagnotto a quest'e a quello", ragion p er cui Tommaso Serristori, comandante del presidio, 11011 intendeva a rruolarli nuovamente, perché ciò avrebbe significato "cassare in questa stagione e senza de me riti due altri Galant' huomini " 219 . C'è da credere che la maggior parte d e i s udditi del granduca fosse ro poco propensi a chiamare "galantuomini" dei soldati; ma nonostante ciò era no be n coscienti de l ruo lo vitale giocato dai professionisti medicei per evitare alla Toscana le conseguenze d ella gue rra 22°.

217 S. P OYNTZ, The Relation of Sydnam Poyntz, 1624-1636, a rnra di T. S. GoOllHICK, in «Camden Society Pubblications», 3"1 Scrics, 14, 1908, p. 128. 218 ASF, MP, 2499, (Supplica di Giovanni Controni da Harga, s.d. ma aprile

1655), ò t., c.n.n. 219 ASF, CC, 726, (Fra Tommaso Serristori a Battista Pan<lolfini, 3 dicembre

1662), c.n.n. 220 Pe r l'aiuto datogli durante la ricerca e la stesura de l testo, l'autore desidera ringraziare i chiarissimi, professori: Piero Del Negro, Vi rgilio Ilari, Marcello Verga, Anna M aria Pult, Franco Angiolini, John Gooch, Carla Sodini, Rita Mazzei 1.ouis Wal<lman, e llumphrey Butters; i dottori, Ross Brooke Ettle, Ciro Paolett i e Alessandra Contini ; la Baronessa Elisabetta Ricasoli-Firi<lolfi cd il principe Giovanni degli Aldobrandini.



APPENDICI 1. Rapporto spese militari/entrate: 1625-1650

Anno 1625 1626 1627 1628 1629 1630 163 1 1632 1633 1634 1635 1636 1637 1638 1639 1640 1641 1642 1643 1644 1645 1646 1647 1648 1649 1650 Totale

Spese per soldati

Spese militari complessive

Entrate del granducato

496.908 30 1.627 160.889 152.810 217.978 375.089 178.465 167.594 179.185 197.129 329.043 457.198 295.752 249.241 238 .493 254.013 324.260 688.344 896.060 776.390 222.836 359.425 364.502 278. 177 257.070 256.329

742.511 586.257 408.051 372.500 450.565 644.523 459.691 461.423 553.800 558.978 7 12.08 1 868.244 745.26 1 583.379 558.836 518. 160 596.333 1.056.120 1.169.064 994.382 401.289 515.334 471.679 381.202 343.437 341.182

1.233.981 1.349.422 899.804 1.254.336 1.112.914 1.129.769 2.053.374 1.()36.365 1.098.431 1.114.679 1.165.846 1.463.965 1.693.686 1.054.7 18 1.037. 132 1.011.402 1.095.814 1.575.806 1.823.760 1.478.402 930.246 1.004.65 1 825.895 743.084 724.959 926.002

8.674.807

15.494.282

30.838.443


Niccolò Capponi

508

2. Provenienza degli ufficiali di carriera ( 1684) 221 Grado

FI

%

Generali Sergenti Generali Maestri di Campo Colonnelli Tenenti Colonnelli Sergenti Maggiori Cap. e.li Corazze Cap. e.li Carabine Cap. di Rane.le Cap. di Quarti Cap. di Presidi Cap. di fortezze Cap. senza obblighi

I 2 I I 2 4 I 2 I

50,0

Totale

66,6

20,0 33,3 66,6 26,6 25,0 18,2 7, 1 0,0 2 22,2 I 11,1 3 37,5

o

21 21,9

SI

%

o o.o o o.o o 0,0

PR

%

I I I

50,0 33,3 20,0 0 ,0 33,3 53,3 25,0 18,2 57,1 90,0 33,3 66,6 50,0

33,3

o

o o.o

I 8 I 2 8 9 3

I I

6,6

o o.o o 0,0 2

14,3

o o.o I I I 7

11, 1 11 , 1 12,5

6 4

IT

%

ST

%

Tot

o o.o o 0,0 o o.o o o.o 3 60,0 o 0,0 o o.o I 33,3 o o.o o o.o 2 13,3 o o.o 2 50,0 o 0,0 5 45,4 7, 1 I 10,0 I 2 22,2 I 11 , I

2 2

2 3 5 3 3 15 4 18,2 I l 14,3 14 IO 11 , 1 9

o o.o I

o

0,0

9

o o.o o

0,0

8

6,2

96

%

Tot

7,3 45 46,9 17 17,7

6

3. Ufficiali entrati in servizio sotto Ferdinando II Grado Sergenti Generali Maestri di Campo Colonnelli Tenenti Colonnelli Sergenti Maggiori Cap. e.li Corazze Cap. di Carabine Cap. di Bande Cap. di Quarti Cap. e.li Presidi Cap. di fortezze Cap. senza obblighi Totale

FI

o/o

I 50,0 I 33,3 o 0,0 2 100 2 18,2 I 25,0 I 20,0

SI

o/o

o o.o o o.o I

100

o o.o 1

9,1

o o.o o 0,0

o o.o I o o.o o 2 66,6 o o o.o I 3 42,8

I

13 24,5

5

33,3 0,0 0,0 25,0 14,3

PR

%

1 50,0 I 33,3 o 0,0 o 0,0 6 54,5 I 25,0 I 20,0 2 66,6 7 87,5 o 0,0 3 75,0 3 42,8

9,4 25 47,2

IT

%

ST

o o.o o o.o I 33,3 o 0,0 o o.o o 0,0 o o.o o 0,0 2 18,2 o 0,0 2 50,0 o o.o I

20,0

2

40,0

o o.o o o.o

o 0,0 o o.o o o.o o 0,0 o 0,0 o 0,0 I I

12,5 33,3

8

15,1

2

3,8

2 3 I 2 11 4 5 3 8 3 4 7

53

221 Lei:enda: AL: Altro; AR: Arezzo; rt : Firenze; IT: Itali a; LG: Lunigiana: PI: Pisa; l'R: Provinciali; PT: Pistoia; SI: Siena; ST: Stranieri; TO: Toscana. Questa legenda riguarda le tahelle fino alla n. 9 inclusa.


Appendici

509

4. Provenienza degli ufficiali provinciali (1684)

Grado

AR % I

Generali Sergenti Generali Maestri di Campo Colonnelli Tenenti Colonnelli Sergenti Maggiori Cap. di Corazze Cap. <li Carabine Cap. <li Bande Cap. di Quarti Cap. <l i Presidi Cap. <li Fortezze Cap. senza obblighi

PI

%

PT

o

I I I

o o.o 8

o 0,0

o

0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 12,5 0,0 50,0 25,0 22,2 0,0 16,6 0,0

ll,1

8

17,7

o o o

o I

100 0,0 0,0 0,0 66,6 12,5 0,0

o

o I

o I

o o o o.o 1 2 25,0 o 0,0 o 0,0 I 16,6

Totale

5

2 2

o 1

%

0,0 0,0 0,0 o 0,0 o 0,0 3 37,5 o 0,0 o 0,0 o 0,0 o 0,0 I 33,3 I 16,6

17,7

LG

%

AL

%

o

0,0

o

0,0

o 0,0 o o.o o o.o I 100 o 0,0 o 0,0 o 0,0 I 0,0 o 0,0 3 37,5 I 100 o 0,0 o

o

0,0 0,0

l

11

o

0,0

o

0,0

I 25,0 3

1 4 6 2 3 3

50,0 50,0 66,6 66,6 50,0 75,0

Tot I

I

I

o I

8 I 2 8 9 3 6 4

6,6 24 53,3 45

5. Provenienza dei Capitani di Bande, 1628 e 1684 222

Anno

FI

%

SI

%

PR

%

IT

%

ST

%

Tot 22 46

1628

1

4,5

4

18, 1

6 27,2

11

50,0

o

1684

I

4, 1

2

8,3

17 70,8

2

8,3

2

0,0 8,3

Totale

2

4,3

6

13,0

23 50,0 13 28,2

2

4,3

24

6. Provenienza degli ufficiali pe rmane nti, 1628 e 1684

Anno

FI

1628 1684

12 12, 1 21 21,9

Totale

SI

%

7 7

7, 1 7,3

33 16,9 14

7,2

%

PR

IT

%

ST

%

Tot

22 17

22,2

2

17,7

6

2,0 6,2

99 96

101 51,8 39

20,0

8

4,1 195

%

56 56,5 45 46,9

222 Si includono anche i capitani dei "Quar1i" delle Bande, che non esistevano nel 1628.


Niccolò Capponi

510

7. I vertici dell'Ordine di S. Stefano sotto Ferdinando II %

TO

Anni

20 19 17 17 15 15 15 15 16 21 24 20 21 23 24 24 24

7 1,4 70,4 65,4 63,0 60,0 55,5 5 1,7 57,7 59,2 77,7 88,8 80,0 84,0 88,5 92,3 92,3 92,3

330

73,3

1620- 1623 1623-1626 1626-1629 1629-1632 1632-1635 1635-1638 1638- 1641 164i-1644 1644-1647 1647- 1650 1650- 1653 1653-1656 1656-1659 1659-1662 1662- 1665 1665-1668 1668- 167 1

Totale

%

Tot

0,0

o o

0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0

28 27 26 27 25 27 29 26 27 27 27 25 25 26 26 26 26

1

0,2

450

%

ST

o o o o o

Il 14 11 li 6 3 5 4 3 2 2 2

28,6 29,6 34,6 37,0 40,0 40,7 48,3 42,3 40,8 22,3 11,2 20,0 16,0 11 ,5 7,7 7,7 7,7

119

26,4

IT 8 8 9 IO IO

o.o

I

0,0 0,0 0,0 3,8

o

o.o

o o

o o o

o o o

8. Provenienza dei soldati delle corazze (I 645) Compagnia

Effettivi

Giaranlino Mantovani

36 58

Marciani Lodi Rodengo

48 57 53

Schinchinelli Sciampagnia Lunati

43 39 52

Totale

388

Nazionalità Tutti Itali ani I svizzero, 3 tedeschi, 2 spagnoli, 1 francese, 5 I italiani 3 francesi, 45 italiani 2 tedeschi, 5 francesi, 50 italiani I spagnolo, 2 francesi, 7 tedeschi, 43 italiani Tutti Italiani 8 tedeschi , 15 francesi, 16 italiani 3 francesi, I I tedeschi, 38 italiani

1 svizzero, 29 francesi, 31 tedeschi, 3 spagnoli, 324 italiani

% Italiani 100,0 88,0 93,7 87,8 81,1 100,3 41,0 73,0

83,5


Appendici

511

9: ASF, MP, 2331, e.e. 306r-314r. "Nota delle spese della Banca dopo la riforma e licenza <lello esercito secondo le Resoluzioni, e Arrolamenti fatti per ordine di S.A.S." (1644) r.Nfil;!: le cifre sono espresse in scudi, lire, soldi e denari.]

Stipendiati diversi e lance spezzate: Maestro di Campo, Marchese Alessandro dal Borro: 333, 2, 6, 8 Marchese Fabrizio Coloredo: Marchese Bartolomeo del Monte: G. Giulio Vitelli: Col. Piero Capponi:

83, 83, 82, 50,

2, 2, 2, O,

6, 6, 6, O,

8 8 8 O

[...]

o o o, o, o o, o, o

Stipendi diversi: Stipendi con mezza paga: Stipendi senza obbligo: Lanze spezzate:

2.260, 5, 10, 242, o, o,

(Totale, al mese):

2.785, 5, 10,

43, 240,

o

["stipendianti a casa con mezza paga": dai 9 ai 3 scudi mensili; "stipendiati diversi senza obbligo di servire": dai 22 ai 2 scudi mensili; "lance spezzate di .Firenze": dai 24 ai 1 O scudi mensili]

Bande e Capitani Prato: Maestro di Campo Guido Bonelli:

40

Luni&iana: Maestro di Campo Paolo Pestalozzi, pagato alla fortezza di Lusuolo. Valdelsa: Maestro di Campo Niccolò Brandolini:

40

Valdarno: Maestro di Campo Antonio Malavolti:

40

Arezzo: Maestro di Campo Simon Ruoti:

40

Monte Pulciano: Maestro di Campo Puteanus:

40


512

Niccolò Capponi

Castrocaro: Maestro di Campo Lelio Buzzi, pagato alla fortezza di Castrocaro. Castel del Piano: Maestro d i Campo Francesco M a ria Bardi:

40

Montagna di Pistoia: Sergente Maggiore Settimio Gherofani: 23 Pescia: Sergente Maggiore Antonio Lippi, pagato alla fortezza di Montecarlo. Cascina: Sergente Maggiore Giovan rrancesco Careschini:

23

Colline di Pisa: Sergente Maggiore Scipione Fiorenti ni :

23

Bor~o S. Sepolcro: Sergente Maggiore Raffaello Conversini, pagato alla fortezza di l~orgo. Casti~lion Fiorentin o: Sergente Maggiore frrdinando Semini : 23 Cortona: Sergente Maggio re Lionardo Pezzoni, pagato alla fortezza di Cort ona. Lucignano: Sergente Maggiore Francesco Martinelli:

23

Casentino: Sergente Maggiore Gian Paolo Antola :

2.1

Rocca di S. Cascia no: Sergente Maggiore Benedetto Giudici:

23

Pietrasanta: Sergente Maggiore Antonio Campiglia:

23

Montalcino: Sergente Maggiore Gregorio Tedeschi :

23

Rad icofani: Sergente Maggiore Gherardino Sostegni, pagato alla fortezza detta. Cortine di Pistoia: Sergente Maggiore Pietro Lopez:

23

Empoli: Capitano Tommaso Giovannetti:

23

Barga: Capitano Francesco Sanmartini:

18

Volterra: Capitano Ruonaccorso Adimari, pagato alla fortezza d etta. Massa (Marittima): Capitano Francesco Baldelli:

18

Sasso di Simone: Capitano Giulio Parigini, pagato aHa fortezza detta. Pontassieve: Capitano Alessandro Bassi: Casole: Capitano Ridolfo Carnesecchi :

18 18


513

Appendici

Mu&ello: Capitano Alessandro Marmorai, pagato alla fortezza <li S. Martino. Chiusi: Capitano Francesco Benci:

18

Pisa: Inon men7.ionatoJ:

l8

Piti&liano: Governatore di Pitigliano, e quivi pagato. Livorno: Capitano di Livorno Grosseto: Governatore di Grosseto ,, Portoferraio Portofcrra io: Casti~lio n della Pescaia: " Castiglione

" ,,

,,

" "

"

Monta la spesa delle Sopraddette Bande. li Mese: 601 Cavalleria d'ordinanza dello Stato Cinque Compagnie di Corazze Pagate. Calculate di n. Cento l'una e di più Capitano, Tenente, e Alfiere.

Pisa: Capitano: Tenente: Alfiere: Cento Piazze:

40

25

20 306 391

Pistoia : 371. Arezzo: 3 7 1. M o ntepulciano (Capitano Camillo del Nero): 371. Cortona (Capitano La Picrre): 371. Grosseto (compagnia di Corazze senza p aga di n. !non specificatoJ si paga solo: Capitano Francesco Maria Forteguerri: 40 Cancelliere e Trombetta: (Totale):

24


514

Niccolò Capponi

Rosignano: Compagnia di Carabine Pagate dalla guardia di marina, cioè: Capitano: Tenente: Alfiere: Cancelliere: Tromba: Marcscalco: 37 Soldati a fg_ 4 l'uno:

25 5 5 4 7 4 148

(Totale):

178

Sedici Compagnie di Carabine di n. 200 l'una, una senza paga cioè: Valdinicvole: Capitano senza stipendio Alfiere (Annibale Sandigliano da Turino) Montagna di Pistoia: Capitano ,, Colline di Pisa: (Francesco Medici) ,, Volterra: ,, Cam12iglia: Massa (Marittima): " Grosseto: Tenente Sovana: Capitano ,, Radicofani: Pieve S. Stefano: Sinalunga: " Casentino: Valdarno: Romagna: Pircnzuola: Yak.li chiana:

Tenente Capitano Tenente Capitano

,, ,, ,,

22 30 30 30 30

30 20 30

30 30 30 28 30 28 30 30 30 30


Appendici

515

A queste compagnie si deve pagare un cancelliere a 9. 4, una tromba a 9. 7, e un maniscalco a .<'JJ. 2; [totale] al mese 9. 208. Corazze Pagate: Corazze di Grosseto: Rosignano: 16 Compagnie di Carabine:

1.855 54 178 724

(Totale):

2.811

Cavalleria Alemanna Cap. " " " "

Jacopo Guicciardini e Francesco Spinaci Jacopo Logovalli Trimegisto Beccarini Francesco Cellesi

sua Compagnia: " " " " " " ,, "

Al mese:

850 750 860 800 800 4.060

Forma di Pagamento di detta Compagnia: Capitano: Tenente: Alfiere: Sergente: Furiere: Scrivano: Trombetta: Caporali: Cerusico: Ciascun Soldato:

83,3 38,6 27,1 12,6 10,4

9,2 8,3 20,1 8,0 7,6

Presidio di Portoferraio: Fortezza della Stella: Fortezza di Falcone: Comp. di Porta di Terra:

186 178 400


516

Niccolò Capponi

Comp. di Porta di Mare: Comp. Straordinaria: Gov. Cansacchi e suoi stipendiati: (Totale):

454 500

120 1.838

Presidio di Grosseto: Gov. Giovanni Nacci e suo presidio: Fortezza di Grosseto: Archibusieri della Scoperta, n. 7:

530

(Total e) :

826

247 49

Presidio della Terra del Sole cd altri luoghi: (;ov. Della ·terra del Sole e sua presidi: Una Comp. Alemanna dd Col. Miniati: Rocca di Castrocaro:

98 J.000

(Totale):

1.156

59

Presidio di Borgo S. Sepolcro: Fortezza del Borgo: Una Compagnia Alemanna dd Cap. Siktti:

62 840

(Totale):

902

Presidio di Pitigliano e Sorano: Fortezza di Sorano: Rocca di Pitigliano: Cap. Sinibaldo Gabrielli, con Tenente, Alfiere, e Sergente: Cap. Gianfrancesco Danusio, e Tenente, Alfiere, e Sergente:

131

(Totale):

273

54 44 44


Appendici

Fortezza di Siena: Cap. M.se Lorenzo e.le' Medici e suoi ufficiali e sole.lati: Fortezza di Pisa: Capitano Alessandro Lodi: Fortezza di Pistoia: Capitano Averardo Serriscori: Fortezza di Arezzo: Capitano Curzio Salvani: Fortezza di Volterra: Capitano Buonaccorso Adimari: Fortezza <li Cortona: Capitano Lorenzo Pezzoni: Fortezza di Montecarlo: Capitano Antonio Lippi : Forten.a di Martino: Capitano Alessandro M armorai: Fortezza <li Losuolo: Cap. M. di Campo Paolo Pestalozzi: (Totale):

517

279 224 208 124 132 45 39 58

79 1.078

Presidi di Firenze: Castello di S. Giovanni, senza Cappellano: Fortezza di S. Miniato: Fom:zza di Belvedere: Guardia Tedesca di Alabardieri: (Totale):

433 '14 213

467 1.127

Torri n. 11 su la Marina del Salto della Cervia a Grosseto e monta la spesa tutto di esse il mese: .~ 115.

Bargelli: di Firenze: di Campagna: di Pisa: di Pistoia: d'Arezzo: di Volterra: dcli' Abetaia: (Totale}:

206 386 102

74

56 47 9

890


518

Niccolò Ca/)/Joni

"Livorno Presidio e Fortezze" (1645) Sergente Maggiore con due aiutanti e venti vantaggiati: Un Luogotenente con Dodici Archibusieri a Cavallo:

249 108

(Totale):

357

Compagnia Colonnella: 1 Alfiere: 1 Sergente: 8 Caporali: 7 Bombardieri: 130 Vantaggiati tra Capitani e altri ufficialiai riformati e vantaggiati, da ,~ 5 a g_ 12: 171 Soldati a !JJ. 4 l'uno: (Totale): 318

12 9 48 28 728 694 1.509

Compagnia alla Porta Pisana:

25

Capitano Pesciolino Pesciolini: Alfiere Francesco Bracciolini: Sergente Crescenzio Surannini: 2 Caporali a fg_ 7: 2 Caporali a 91. 6: 67 Vantaggiati a vari stipendi: 92 Soldati a 9. 4:

365 368

(Totale): 166

805

12 9

14 12

Compagnia di Porticciolo:

25

Capitano Niccolò Cappelli: Alfiere Santi Passeri: Sergente Cesare Lunoro: 4 Caporali, due a !JJ. 7, due a ,~ 6: 27 Vantaggiati come sopra: 114 Soldati a ,~ . 4:

456

(Totale): 148

680

12

9· 26

152


519

Appendici

Fortezza Vecchia: Capitano Francesco Bruni: Tenente Capitano Guido Guidetti: 1 Alfiere: 1 Sergente: 2 Caporali a {,g_ 6 16 Vantaggiati come sopra: 49 Soldati a {,g_ 4:

40 12 8 7 12 96 196

(Totale): 91

412 [371]

fortezza Nuova:

Capitano: Tenente: Alfiere: Sergente: 4 Caporali a S. 6 10 Bombardieri e il Capo Bombardiere: 12 Vantaggiati come sopra: 120 Soldati a -~- 4

25 14 12 8 24 44 62 480

(Totale): 150

669

Per Livorno (Totale Generale), al mese: 4.462

"Compagnie Alemanne nel Presidio di Livorno" Ufficiali dello stato Colonnello: Colonnello: Sergente Maggiore: Aiutante: Auditore: Cappellano: Provosto: Quartkr 1\'tastro: Tamburo Maggiore: (Totale):

50 40 14 14 10 18, 4, 13, 4 21, 5 8 176, 2, 13, 4


520

Niccolò Capponi

Compagnia del Capitano Gallen: Capitano: Tenente: Alfiere : Sergente: Banderale: 8 Caporali a ::;g_ 8: 2 Sottoscrgcnti: 32 Appuntati a !,g. 5, 2 Furiere: Cerusico: Scrivano: 2 Sonatori a g_ 5,2 95 Soldati a 9J. 4, 1, ·1O:

68, 26, 22, 12, 8, 64, 17, 169, 8, 8, 8, 10, 39·1,

4 3 4 6 5

(Totale): 145

9l6, 6, 10

o 3 1 5

o o 4 6, 10

Compagnia di Fraidongo (?): Capitano: Tenente: Alfiere: Sergente: Band erale: 8 Caporali a !Jt 8: 2 Sottosergcnti: 29 Appuntati a ,çg_ 5, 2: Furiere: 2 Sonatori: Cerusico: Scrivano: 115 Soldati a f;g_ 4, 1, 1 O:

64, 17, 153, 8, 10, 8, 8, 484,

(Totale:) 164

893, 2, 10

68, 26, 22, ·12,

4 3 4

6

8, 5

o 3 2 5 4

o o 1,

4


Appendici

521

Compagnia del)' Armeria: Capitano: Tenente: Alfiere: Sergente: Banderale: 8 Caporali a 9; 8: 2 Sottosergenti: Furiere: Scrivano: 3 Sonatori: Cerusico: 34 Appuntati a g. 5, 2: 108 Soldati a _c.,g_ 4, 1, 1 O: 1 Luogotenente Riformato:

5 4SS, 1 8, o

(Totale:) 164

904,

68, 26, 22, 12, 8, 64, 17, 8, 8, 15, 8, 179,

4 3 4 6 5

o 3 5

o 6

o

o

Per Livorno (Totale Mensile) Alemanni: 2790, 4, 13, 4 "Ristretto delJa Presente Cassa espressa" (al mese): Stipendiati diversi e lanze spezzate: 2.485, 5, 10 Bande e lor Capitani: 601 Cavalleria <lello Stato: 2.811 Cavallerie Alemanne: 4.060 Presidi, Fortezze, e Torri e Guardia Fedele: 7.315 Bargelli: 880 Presidio Livorno Italiani (4.4.U): 7.222 Detto di Gente Alemanna (2.790): Al mese: 24.374 Sono l'anno: 292.488 A questa spesa si <leve aggiungere quella d elle Galere, la quale per essere di più, e minori numero di Galere, e per più o menu spazio di tempo non da somma certa. Ma si calcula nondimeno


522

Niccolò Capponi

25 .000 l'anno a ,~ 500 il mese per Galera, per sei Galere armate otto mesi all'anno, cioè 9. 24.000 per le paghe e 9J. 1000 incirca per la leva dei soprannumerali per dette Galere che si suol fare anticipatamente. !,g_

Somma l'anno per la spesa di terra: E per le Galere come sopra:

292.488 25.000

In tutto l'anno:

317.488

10: YUBNH, Gen. Mss. 109, Spinelli, Box 311, fld. 5605, c.n.n. "Modo per formare una compagnia d'infanteria, e distribuire le piazze vantaggiate di 9: 5 a ragion di 40 per cento, et il capo soldo a ragion di 9. 20 per cento" [1643 I 1 Capitano 1 Paggio 1 Tenente 1 Alfiere 1 Sergente 1 Banderale 1 Secondo Sergente 1 Cancelliere ] Furiere a g_ 5 col cavallo 1 Cappellano 2 Tamburi a 9J. per ciascuno 4 Caporali a 9. 7 l'uno 40 Soldati vantaggiati con la piazza di !.if. 5 a ragion di 40 per cento 44 Soldati con la piazza di !fi. 4 per ciascuno 100

9J. 40 4 ~

20 ::g_ 18 sg_ 10 7 ,CA 4 9. 5 (;g_ 7 9J. 5 <~

<~

9.

10

28

sg_ 200

-~ 176 9. 534

Il capo soldo da dispensarsi a ragion di ,~ 20 per ogni 100 soldati Al Secondo Sergente Al Cancelliere

9. 9.

3 2


Appendici

Al Furiere a cavallo Al Cappellano

523

9. 9.

2 2

-~ 20

,e»_ .534 ~

554

A n. 44 soldati che hanno la piazza di 9. 4 se li deve dare 1/4 di ,e»_ per ciascuno .

.e».

11

9. 20



FRANCESCO FATUTTA

CONTRIBUTO AD UNA STORIA DELLE TRUPPE D'ASSALTO La storia del primo conflitto mondiale è stata il tema di un gran numero di pubblicazioni, studi e saggi, di carattere ufficiale e non, che hanno sviscerato, con contributi diversi, quasi ogni suo aspetto. Tra gli argomenti poco trattati o affrontati in maniera disomogenea, non organica e soprattutto non ufficiale, si evidenzia però quello relativo alle Truppe <l'Assalto, comunemente ancor più note con la denominazione di ''Arditi". La lacuna è stata più volte sottolineata e trova certamente una sua spiegazione nell'assenza <li una relazione ufficiale, simile a quelle redatte, per quasi ogni specialità del Regio Esercito, tra la metà degli anni Venti e l'inizio degli anni Trenta. Che in origine vi fosse l'intenzione di dedicare alle Truppe d'Assalto un volume della monumentale opera intitolata "Riassunti storici dei Corpi e Comandi nella Guerra 1915-1918", è chiaramente rilevabile nella prefazione <lei volume dedicato ai Bersaglieri 1, ove si afferma: "Si tace invece dei riparti d 'assalto, dai bersaglieri formati, detti "Fiamme cremisi" le cui vicende saranno esposte in altra pubblicazione, assieme a quelle delle fiamme nere e delle verdi". E analoga affermazione si può trovare nella prefazione del volume dedicato agli Alpini 2 • TI motivo della mancata pubblicazione di un volume dedicato alle Truppe d'Assalto è da ricercare probabilmente in ragioni politiche,

l

Cfr. MINISTERO DELIA GUERRA, STATO MAGGIORE CENTRALE, UFFI<.10 STORIO )

- Riassunti Storici dei Corpi e Comandi nella Guerra 1915-1918, Volume 9°, Roma, 1929, p. 7. Opera d'ora in avanti citata come: RIASSUNl'I. 2

Cfr. RIASSUNTI,

Volume 10°, Parte Prima, op. cit. , p. 5.


526

Francesco Fatutta

visto il ruolo svolto dalle stesse, o loro assegnato in seguito dalla propaganda di regime, nel delicato periodo postbellico. Non si può negare, inoltre, che influì anche una scarsa attenzione da parte militare per una Speciali tà che trovava una sua difficile giustificazione e collocazione in tempo di pace, come pure influì, molto probabilmente, una larvata osti lità riscontrabile presso numerosi esponenti dell'alta gerarchia militare, i quali vedevano gli Arditi principalmente come un impoverimento portato alla massa delle fanterie convenzionali. Tutti questi aspetti e soprattutto il ruolo politico svolto dagli Arditi sono stati trattati in una pubblicazione curata da Giorgio Rochat 3 l'unico in p ratica che, in tempi recenti, abbia cercato di affrontare in maniera organica il difficile tema riguardante gli Arditi. Nel la sua opera, rifacendosi alle pubblicazioni ufficiali ed anche alla miglior memorialistica esistente, l'Autore offre diversi spunti storici anche se, come più volte da Lui ripetuto, non si addentra nella ricostruzione storica vera e propria, considerate le manifeste difficoltà documentative. E sono state proprio tali difficoltà a suggerirci l'idea di tentare una ricostruzione de lla storia dei singoli Reparti d'Assalto attraverso i numerosi, anche se episodici, frammenti di storia, reperibili su numerose pubblicazioni, ufficiali e non. Siamo consci dei limiti di questa nostra ricerca, ma riteniamo comunque che essa, intesa quale "contri buto ad una storia dei Reparti d'Assalto", possa essere di qualche aiuto a chi, in un futuro, intenda dedicarsi ad uno studio più approfondito sull 'argomento.

Criteri d'impostazione Prima di addentrarci nell'argomento storico vero e proprio, riteniamo sia necessario spendere alcune parole per fornire informazioni

3 Cfr. GIORG IO ROCHAT, Gli Arditi della Grande Guerra, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia, 1997. Opera d'ora in avanti citata come : ROCHAT.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

527

riguardanti le tecniche informatiche e le metodologie utilizzate per questa specifica ricerca. Allo scopo di analizzare tutte le informazioni che è stato possibile reperire nell'ambito delle diverse fonti di documentazione, di cui in nota daremo man mano conto, abbiamo proceduto a costruire un apposito "data-base" su supporto informatico, costituito da sci clementi fondamentali: il Reparto, la data in cui veniva rintracciato, la sua dipendenza organica, la localizzazione geografica, una sintetica nota relativa all'avvenimento descritto e gli elementi bibliografici di riferimento. Completata questa lunga attività <li ricerca e memorizzazione, attraverso opportune selezioni siamo stati in grado di raggruppare in ordine cronologico gli avvenimenti riguardanti la storia di un singolo Reparto. Ciò ha consentito di identificare con una certa facilità gli errori e le inesattezze più evidenti quali, ad esempio, refusi di stampa, inversioni nell'identificazione numerica, ubiquità temporali o altre inesattezze di questo genere. Eliminato questo primo gruppo di errori, si è potuto passare ad una più analitica fase di verifica che imponeva ragionamenti e deduzioni, magari rileggendo con maggior attenzione le notizie inizialmente reperite, oppure ampliandole attraverso altre che, pur non identificando esattamente il Reparto, risultavano pertinenti per data, dipendenza organica e/o localizzazione. Un'ultima fase di analisi e di riscontri incrociati, sempre ottenuti grazie alle infinite potenzialità del supporto informatico, combinata ad una ulteriore fase deduttiva, hanno consentito la stesura di un "sunto storico" di Reparto, sia pur in forma schematica. Quest'ultimo è stato poi trasferito su un sistema di videoscrittura, che ha permesso di rielaborare le informazioni schematiche, trasformandole in testi, mantenendo comunque, per ogni informazione di una certa importanza, la relativa nota bibliografica. Ovviamente, anche per una questione di tempo, è stato pressoché impossibile una totale riscrittura del materiale documentativo così ottenuto; la revisione effettuata ha quindi riguardato soltanto l'eliminazione di quelle "spigolosità lessicali" derivanti dai limiti imposti dal sistema informatico di base, <lai quale la ricerca è scaturita.


Francesco Fatutta

S28

Nonostante ciò, potrebbe essere riscontrabile una rigidità d'impostazione dei cenni storici cd una certa ripetitività di termini, legata proprio alle scarne frasi "informatiche" che lo hanno origina to. Di ciò chiediamo venia ai Lettori, nell a certezza che Essi comprenderanno le difficoltà c he sono state alla base dell a metodo logia di ricerca adottata e quindi accetteranno di buon grado questo piccolo scotto da pagare nei riguardi della "forma letteraria" che caratterizza la ricerca medesima.

I precursori Quantunque sia ormai accertato che le Truppe d'Assalto nascono ufficialmente, nell 'ambito della 2a Armata, nell'estate 1.9 17, semb ra giusto ricordare che, d uran te il conflitto, erano stati in precedenza costituiti repa rti che potremmo d efinir e "speciali ", destinati a svol gere compiti per i quali le normali unità di fanteria risultava no inadatte. Tra questi la più nota è certamente la Compagnia comandata dal Capitano Cristoforo Raseggio, il quale nel primo dopoguerra cercò di farsi accreditare nel ruo lo di "p:idre degli Arditi" 4 • In realtà, e senza null a togliere al suo operato, egli può a nostro avviso essere considerato soltanto un precursore, non esistendo alcuna derivazione organica tra la sua unità ed il Reparto d' Assalto conce pito d al Tene nte Colonnello Giuseppe Bassi. Ed altrettanto si può dire per le diverse "Compagnie della Morte" costituite in periodi diversi nel corso del primo conflitto mondiale 5 •

4

Cfr. R OCH AT, op.cit., p. 26. 5 C fr. Enciclopedia Militare, Volume III , Casa Edi trice Popolo d ' Ita lia, Milano, 1929, p. 166. Opera d'ora in avanti citata come: ENCICLOPEDIA. Vi si legge: "Compagnie della Morte furono denominate, durante la grande guerra, quelle organizzate con uomini risoluti dei diversi reparti ed armi, per supera re ostacoli, vincere insidie, ed opporsi a quanto di più pericoloso aveva escogitato il nemico. Soldati e ufficiali erano coperti da cimi ed armature di tipo medioevale, ed aveva11u inoltre stivaloni e guanti di gomma, onde isolarsi da lle evenmali correnti elettriche immesse nei reticolati; avevano inoltre lance tagliafili, pure munite d'isolatori, per tagliare trasmissioni elettriche".


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

529

La Compagnia Baseggio, costituita ne ll'ottobre 1915 con la denominazione ufficiale di Compagnia Volontari Arditi Esploratori, rimase a nche conosciuta con il nome di Compagnia della Morte. Creata nell'ambito della 15a Divisione, il cui comandante era il Generale Farisoglio, per compiere "ardite imprese", era composta da 13 ufficiali e 450 uomini, più due sezioni mitragliatrici, che furono posti al comando del Capitano Baseggio, un ingegnere, che sebbene già cinquantenne si era arruolato volontario nel 1915 con il grado di Tenente. La Compagnia, che era tale solo di nome in quanto riuscì a raggiungere ben presto la forza di 1.500 uomini tra AJpini, Bersaglieri, Artiglieri, Genieri e Guardie di Finanza 6 , finì per godere, nell'ambito divisionale, di un'ampia autonomia operativa, distinguendosi in numerose a1,ioni condotte in Val Sugana. L'impresa più gloriosa cui prese parte, e che risultò anche l'ultima, ebbe quale scenario l'altura di Sant' Osv:1ldo 7 , sulle prop:1ggini orientali della Panarott:1, dominante la valle del Brenta. La posizione costituiva un caposaldo della linea nemica e la sua conquista divenne un obiettivo primario. Il comando della 15 3 Divisione ne studiò quindi l'attacco, che, per l'esecuzione, fu affidato al C:1pitano Baseggio e alla sua Compagnia . TI Baseggio , tra il 4 e il 5 aprile 1916, riuscì a impadronirsi del trincerone di Volto, decidendo l'assalto al Sant' Osvaldo per il giorno 6. Chiesto che due Battaglioni di rincalzo si portassero sotto Volto per sostenere l'azione, e fatto eseguire un intenso fuoco di preparazione, ordinò poi l'attacco alla sua unità e alle cinque Compagnie dcll'84° Fanteria Venezia che aveva a disposizione. Due di queste attaccarono la posizione lateralmente, mentre gli "Arditi" del Haseggio, sostenuti da due Compagnie di rincalzo, l'assalirono frontalmente, riuscendo a penetrare nella prima trincea nemica, ove però subirono gravi perdite. Giunta una Compagnia di rinforzo, la trincea, che nel frattempo era stata perduta, fu nuovamente ripresa e ciò si ripetè per ben sette volte, senza che gli effettiv i della

6 Cfr. ENCICJ.Ol'ElllA, Volume III, oµ. cii., p. 167. 7 Cfr. E NC1r.t.orrn1A, Volume VI, op. cit., p. 823.


530

Francesco Fatutta

"Compagnia deJla Morte" o i loro rincalzi potessero resistervi stabilmente. Viste le gravissime perdite subite, il Baseggio fu costretto ad ordinare la ritirata. Caduti o feriti tutti gli ufficiali e con solo 5 4 superstiti, la Compagnia venne disciolta d al suo comandante in data 12 aprile ed i suoi effettivi fecero rientro ai reparti di origine. La Compagnia Baseggio non rappresentò una eccezione cd altri esempi analoghi sono rintracciabili . Si tratta quasi sempre di costituzioni di breve durata temporale, finalizzate a compiti ben specifici. Un tipico esempio è rappresentato dalla Compagnia della Morte, costituita nell'ambito del 2 10° Fanteria Bisagno e comand ata dal Tenente Filippo Guerrieri 8 • l?unità fu formata su ordine del Colonnello Brigadiere Antonio di Giorgio e composta in gran parte da clementi del IIl/210° Fanteria. L'esigenza della sua costituzione fu dovuta alla necessità di ritirare dalle sue posizioni sul Monte Cimone il Battaglione Alpini Monte Clapier; la Compagnia fu pertanto schierata in posizione avanzata rispetto alle trincee del 210°, che si trovavano nella zona di Velo d'Astico. Durante la sua breve esistenza, la Compagnia operò continui assalti e contrassalti sino a quando, term inata l'emergenza, 1'11 giugno fu disciolta ed i suoi effettivi riassorbi ti dal IIl/210° 9• La consuetudine di costituire piccoli reparti destinati a svolgere compiti "speciali" ebbe larga diffusione in particolare in ambiente montano. Le difficoltà proprie del terreno, la buona conoscenza dello stesso ed altri specifici fattori, portarono alla formazione, quasi spontanea, di numerosi nuclei di esploratori o di guide, che operarono con tecniche ben diverse da quella delle normali unità organiche. Questi precursori, come già ricordato, non ebbero un ruolo determinante nelle scelte che portarono alla costitu zione dei Reparti d'Assalto, ma le esperienze maturate nel loro a mbito finirono quasi certamente per avere una certa influenza nello sviluppo dell e tattiche d'impiego di tali Reparti.

8 Testimonianza orale fo rnita dal figlio del comandante la Compagnia, ingegner Enrico Guerrieri. 9 Cfr. FRANCESCO FA'lV ITA, Cepopea degli Arditi, apparso su RTD-Rivista Italiana · Difesa, dicembre 1991, pp. 90-97.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

531

Origini e sviluppo dei Reparti d'Assalto ~ enorme logoramento provocato alle Grandi Unità del Regio Esercito dalle massicce operazioni offensive in cui erano state ripetutamente e spesso inutilmente coinvolte, impose nel corso del 1917 la ricerca e la sperimentazione <li nuove tecniche d'assalto, portando contemporaneamente alla costituzione di nuovi tipi di unità, formati da personale sottoposto a particolare addestramento, in grado di appli care tali tecniche in maniera proficua. Convinto della validità di tali scelte, il Maggiore Giuseppe Bassi propose al Generale francesco Saverio Graziali, comandante la Brigata Lambro e successivamente la 4ga Divisione e.li Fanteria, la costituzione di speciali nuclei, armati di pistole-mitragliatrici, c.lestinati ad incunearsi nelle c.lifese nemiche, al fine di facilitare gli attacchi della fa11tt:ria. A partire e.lai 12 giugno 1917, il Bassi, promosso nel frattempo Tenente Colonnello, addestrò presso il campo di Russig, nelle retrovie di Gorizia 10, una Compagnia di fanteria su quattro Plotoni, rinforzata <la una sezione mitragliatrici e una di artigli eria someggiata. I volontari, secondo fonti memorialistiche, sarebbero stati forniti dal 64° Fanteria Cagliari, dal 143° Fanteria Taranto, dal 150° Fanteria Trapani ed al 205° Fanteria Lambro. Dopo due settimane di intenso addestramento, la Compagn ia effettuò una esercitazione a fuoco presenti il Generale Grazioli e il Generale Luigi Capello, comandante la 2a Armata, che ne rimasero favorevolmente impressionati. Le loro relazioni ebbero quindi effetto positivo sulle decisioni che il Comanc.lo Supremo si apprestava a prendere. Quest'ultimo, infatti, già dal 14 marzo 1917 con apposita circolare Nr. 6230, aveva attirato l'attenzione dei singol i Coma ndi sui "riparti d'assalto dell'esercito austro-ungarico, affinché la conoscenza dei metodi d 'azione seguiti dall'avve rsario o ffra il mezzo,

10 C fr. ROCHAT,

op. cit., p. 35.


.532

Francesco Fatutla

non solo di opporvisi con adeguati procedimenti, ma altrcsì di adottare, ogni qualvolta se ne prese nti la convenienza, analoghi sistemi " 11 . Quantunque venga quasi sempre negato il fatto che i Re pa rti d'Assalto siano stati costituiti a somiglianza di analoghe unità austroungariche (Sturmtrupp en) , almeno nel la fase iniziale non si può negare che il Comando Sup remo, nell'emanare disposizion i relative alla formazione dei cosiddetti "Riparti d'Assalto", abbia assunto come modello di riferimento proprio tali unità n em iche 12 • Ben presto, però, i Reparti d'Assalto italiani conobbero una loro specifica evoluzione che li rese mo lto di ssimili, sia per struttura che per impi ego, dalle.: unità avversarie, pu r mantene ndo in comune alcun e finalità operati ve. Comunque, l' Ufficio Ordinamento e Mobilitazione del Comando Supre mo, a firma del Generale Carlo Po rro dei Conti di Santa Maria della Bicocca, sottocapo di Stato Maggiore, con circolare N r. 111600 del 26 giugno 1917, d isponeva che: "Con riferimento a quanto ho già avuto occasione di far presente colla circolare Nr. 6230 del 14 marzo 1917 (U.A.V.S.) e a complemento delle disposizioni date circa l'impiego dei militari ardi ti, presso ciascuna armata si dovrà costituire per cura dell'armata stessa, a datare dal 1 ° luglio p. v., uno speciale riparto d'assalto formato, per ora, da soli clementi volontari, tratti a preferenza dalle unità di bersaglieri dell'armata, coll'avve rtenza che le sottrazioni all 'uop o necessarie no n vengano a danneggiare la compagine della si ngola unità, riducendo eccessivame nte in talune di esse l'elemento che o ra costituisce la parte più solida [... ]" 13 •

11

Cfr. UrFICIO STOR ICO STATO MAGGI ORE Esrncrro - !,'Esercito italia11u nella G rande Guerra 1915-1 8 - Relazione Ufficiale - Volume VI, Tomo 2° - Le istruzi oni tattiche del Capo di Stato Maggiore dell' Esercito 1917-1918 - Roma, 1980, p. 8.1. Opera d'ora in avanti citata come: USSME - Relazio ne - VI - 2 - Istruzioni. 12 Cfr. Rou IAT, op. cit. , pp. 28 -30. 13 Cfr. USSME - Relazione - VI - 2 - Istruzio ni , p. 243.


Contributo ad una storia delle tru/J{Je d'assalto

5 33

Era in pratica l'atto di nascita del I Reparto d'Assalto, che la 2a Armata, a differenza delle altre, grazie ad una serie di favorevoli circostanze, poté costituire già in data 5 luglio. Ormai non più sufficiente il campo di addestramento di K.ussig, il Tenente Colonnello Bassi scelse quale sede per il nuovo centro di addestramento la località di Sdricca di Manzano, sulla riva destra del fiume Natisone, che in pratica divenne la "c ulla" dei Reparti d 'Assalto. Rapida, almeno nell'ambito della 2a Armata, l'evoluzione dell a Specialità, con la costituzione già in agosto del II Reparto, seguito, tra settembre e ottobre, da altri quattro. Molto più lento e di difficile documentazione il processo di sv iluppo nell'ambito della la Armata; più so llecito invece quello avvenuto nella .3a Armata la quale, presso il centro di addestramento di Borgnano, era in grado, a fine ottohre, <li schierare 3 Reparti. Più rapida anche la 4a Armata, che già ad agosto disponeva presso il centro di Zortea di un IV Reparto, subito sciolto il mese successivo per dare vita ad altri 4 Reparti 14 . Questo repentino scioglimento potrebbe essere anche da imputare a l fatto che contemporaneamente esisteva presso la 1a Armata un IV Reparto, mentre un altro IV era in costituzione presso la 2a Armata. T;:ilc confusione era c;:iusata dal fatto che non erano state impartite precise disposizioni a livello di Comando Supremo, e perta nto la questione identificati va dei Repa rti era stata affrontata con criteri diversi dalle singole Armate o anche da Comandi di live llo inferiore. Difficile, se non impossibile, fornire l'elenco preciso dei Reparti costituiti 15 . Ad esempio nell'ottobre 1917, secondo la Commissione d'inchiesta su Caporetto, esistevano 2.3 Reparti d'Assalto; la Relazione Ufficiale dello Stato Maggiore Esercito, nel volume dedicato all'amplia mento dell'Esercito nel corso del 19 ·17, ne e lenca invece 22.

14 Cfr. ROCHAT, op. cit., p. 53. 15 Cfr. ROCHAT,

op. cit., pp. 16 e 24.


534

Francesco Patutta

L'ordine di battaglia del Regio Esercito in data 24 ottobre 1917 16, ne segnala soltanto 17, alcuni dei quali ancora in fase di formazione o di preventivata costituzione, ma ne omette diversi altri quali, ad esempio, quelli della 3a Armata. Analizzando quest'ultima fonte e confrontandola con il corrispondente tomo riguardante la "narrazione degli avvenimenti" 17, oltre che con altre fonti ufficiali 18, nel periodo agosto-dicembre 1917 è stato possibile identificare 27 Reparti, tra operativi, in fase di formazione o di preventivata costituzione, così ripartiti per Armata o altro tipo di Grande Unità: 13 Armata: IV, IX e XXIV Reparto d 'Assalto; 2" Armata: I, II, Ill, IV, V, VI, X, Xl, Xli, XTII, XIV e XV Reparto d'Assalto; 3a Armata: XIX, XX, XXI e XXTT Reparto d'Assalto; 4a Armata : JV, V, VI, VII e Vlll Reparto d'Assalto; III Corpo d'Armata: XVII Reparto d 'Assalto; Comando Truppe Altipiani: XVI Reparto d'Assalto; Zona Carnia (Xll Corpo d'Armata): XVIII Reparto d'Assalto. Le tragiche giornate seguite alla disfatta di Caporetto ed il confu so periodo della ritirata sul Tagliamento prima e sul Piave poi, rendono particolarmente complesso segui re le vicende dei singoli Reparti. Alcuni subiron o perdite molto pesanti e furono disciolti; altri, ugualmente provati , furono in breve tempo ricostituiti,

16

Cfr. Ul'l'ICIO STO RICO STATO M Ac.;G IO RF. E SERCITO - L'Esercito italiano nella Grande Guerra 1915- 18 - Relaz ione Ufficiale - Volume IV - Le operazioni del 191 7 - Tomo 3bis - Gli avvenimenti dall'onobre al dicembre - (Documenti) - Roma, 1967, pp. 181-226. Opera d'ora in avanti citata come: USSME - H.elal.ione - IV - 3bis - Documenti. 17 Cfr. Urnoo STORICO STATO MAG<.;IORE ESERCITO - I.;Esercilo italiano nella Grande Guerra 1915-18-Relazionc Ufficiale- Volume IV- Le operazioni del 1917 - Tomo 3 - Gli avvenimenti dall'ottobre al dicembre - (Narrazione) - Roma, 1967. Opera d ' ora in avanti citata come: USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione. 18 Cfr. RIASSUNTI, Volume dal I O al 10° Parte Seco nda, op. cit. Sarà bene precisare che il riepilogo qui presentato, così come i successivi, è da ritenere indicativo, vista la quasi impossibilità a far coincidere tutte le assegnazioni organiche con una data precisa, senza tcnt: r conto di diversi elementi specifici cht: vengono invece dellagliati nei cenni storici de i singoli lk parti e delle innum1.:revoli inesauezz1.: che sono state rintraccial1.: e, o ve possibile, s1.:gnalate.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

535

sia pur a organici ridotti. Impiegati per compiti di arresto, molti Reparti si logorarono e subirono perdite inutili. Per un breve periodo successivo, il disinteresse cadde quasi sulla Specialità e solo verso la fine dell'anno, con la stasi delle operazioni, iniziò un lento processo ricostitutivo. Contemporaneamente, con Circolare Nr. 139698, datata 5 dicembre 1917, il Comando Supremo ordinò lo scioglimento <li alcuni Reparti <lella 2a Armata 19, la cui costituzione non era probabilmente mai stata completata ed i cui effettivi potevano complementare altre unità, dagli organici momentaneamente incompleti. All'inizio del nuovo anno il Comando Supremo iniziò a prendere provvedimenti per una ricostituzione <lei Reparti <l'Assalto su organici e tipo di addestramento omogenei, indipendentemente dal!'Armata di pertinenza, assegnando loro una numerazione unica e progressiva per tutto il Regio Esercito 2°. Con Circolare Nr. 141005, datata 8 gennaio 1918, il Comando Supremo riassumeva la situazione dei Reparti d'Assalto, costituiti o in ricostituzione 21 , ripartendoli così per Armata o Grande Unità di livello inferiore: 13 Armata: I, II, III, IV, IX, XVI, XXIII e XXIV Reparto d'Assalto; 2 3 Armata: X Reparto d'Assalto; 3a Armata: XIX, XX, XXI e XXII Reparto d'Assalto; 4 3 Armata: V, VI, VII e VIII Reparto d'Assalto; 5 3 Armata: XI, XII e XIII Reparto d'A<;salto; III Corpo d'Armata: XVII Reparto d'Assalto. Il farraginoso sistema identificativo dei Reparti d'Assalto avrebbe però riservato ancora una sorpresa nella primavera successiva quando, nell'intento di cementare ulteriormente il legame che univa i Reparti d'Assalto ai Corpi d'Armata di appartenenza 22, il Comando 19 Cfr. Ul'FICIO STORICO STATO MAGGIORE ESERCITO - I.:Esercitu italiano nella Grande Guerra 1915-18 -Relazione Ufficiale - Volume V -Tomo lbis - Gli avvenimen ti dal gennaio al giugno J918 - (Documenti) - Roma, 1980, p. 24. Opera d'ora in avanti citata come: USSME- Relazione - V - lbis - Documenti. 2 Cfr. RocHAT, op. cit., p. 15. , 21 Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., pp. 24-25. 22 Cfr. Roc.HAT, op. cit., p. 64.

°


536

francesco Fatutta

Supremo ordinò, con Circolare Nr..150/RS, datata 10 maggio J 918, che i Reparti assumessero il numero identificativo del Corpo d'Armata e.li appartenenza. Facevano eccezione il Reparto assegnato alla 35a Divisione, operante in Macedonia, e quello della 52 3 Divisione Alpina, che assunsero rispettivamente i numeri identificativi XXXV e LII 23 . Nel frattempo era stata decisa la costituzione di appositi Reparti d'Assalto di marcia, in ragione di uno per Armata, della quale peraltro recavano la numerazione, con il compito <li fornire com plementi ai Reparti d'Assalto operanti nell'ambito dell'Armata stessa. Con l'evoluzione del conflitto da una fase prettamente difensiva ad una offensiva, il Comando Supremo c.lecise di modificare il concetto <l ' impiego dei Reparti d'Assalto elevandolo da tattico a strategico. In altre parole, si sviluppò l'idea di riunire più Reparti d'Assalto in appositi Gruppi, da assegnare ad una unità a livello divisionale. Era così possibile, estendendolo ad aree più vaste, ampliare il settore di sfondamento, creando quindi i presupposti per una significativa rottura del fronte, attraverso la quale dovevano dilagare le tradizionali Divisioni di Fanteria, schierate immediatamente a ridosso de lle posizioni avanzate, tenute dalla grande Unità e.I ' Assa lto. Pertanto il 1O giugno venne ufficialmente costituita la cosiddetta Divisione ''N' 24 strutturata su 3 Gruppi, ognuno formato da 3 Reparti <l'Assalto; in tutto 9 Reparti ceduti da altrettanti Corpi d'Armata CV, VIII, X, XII, XlJI, XIV, XX, XXII e XXX). Per sostituire i Reparti ceduti e ripristinare quindi le capacità operative da loro offerte nell'ambito dei singoli Corpi d'Armata, iniziò immediatamente la costituzione di nuovi Reparti sostitutivi. Questi ultimi, per no n crea re confusio ni di identificazion e, vennero designati con una numerazio ne sempre basata su quella propria del Corpo d'Armata, alla quale però venne aggiunto il numero "50"; così ad esempio il XXII Corpo d'Armata, al posto del suo originario XXII Reparto d'Assalto ceduto alla costituenda Divisione "N' , ricevette in sostituzione il LXXII Reparto d'Assalto. Nella realtà, comunque, molto spesso questi nuovi Re parti anziché rimanere a disposizione dei singoli Corpi, furono

23 Cfr. USSME - Relazione - V - ]bis - Docuincnti, op. cii., p. 25. 24 Cfr. USSME - Relazione - V - l bis - Documen ti, op. cit., p. 286 e RoCHAT, op. cit., p. 68.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

537

invece assegnati alle dirette dipendenze delle Armate, in qualità di truppe di supporto 25 . Comunque, non hltti i Reparti sostitutivi furono mobilitati, soprattutto per carenza di effettivi, e diversi di loro furono sciolti prima di essere stati completati. Pertanto la situazione riepilogativa dei Reparti d'Assalto, costituiti o in via di costituzione, alla data del lS giugno 1918, suddivisa p er Armata o altra Grande Unità di appartenenza, risultava la seguente 26 : 1" Armata: XXIX, XXXI, LV, LX Reparto d'Assalto e I di marc ia; 3a Armata: XI, XXTJJ Reparto d'Assalto e III di marcia; 4a Armata: I, VI, IX, XVTTT Reparto d'Assalto e IV <li marcia; 6 3 Armata: LXIII, LXX Reparto d'Assalto e VI di marcia; 7a Armata: lii, LXIV Reparto <l'Assalto e VII di marcia; ga Armata: XXVII, XXVfll Reparto <l'Assalto e II di marcia; 9a Armata: XXV, XXVI, LXII, LXXlf Reparto <l'Assalto e V di marcia; Il Corpo d'Armata: II Reparto d'Assalto; XVI Corpo d'Armata: XVI Reparto d'Assalto; Divisione d'Assalto "N': V, Vlll, X, XII, XIII, XIY, XX, XXII, XXX Reparto d'Assalto e Reparto <li marcia ''N.'; 35 3 Divisione: XXXV Reparto d'Assalto; 52 3 Divisione: LII Reparto d'Assalto. TI 25 giugno, ossia solo pochi giorni dopo la sua formazione, la Divisione "N' assunse la nuova denominazione di 1a Divisione d 'Assalto, mutando nel contempo la sua struttura organica, ciò alfi ne di consentire la costituzione della 2a Divisione d'Assalto. A tale scopo cedette alla costituenda unità tre dei suoi Reparti (V, XIV e XXX), sostituendoli con altrettanti Battaglioni di Bersaglieri Ciclisti . Contemporaneamente altri tre Corpi d ' Armata, più precisamen te il I, VI e XXV, cedettero alla nuova Grande Unità i rispe ttivi

25 Cfr. UrH( :1c) ST< >HICO STATO MAGGIORE EsERCITO - L'Esercito italiano nella Grande Guerra 191.5-18 - Relazione Ufficiale - Volume V -Tomo 2 - La conclusione del conflitto - (Narrazione) - Roma, 1988, p. 148. Opera d 'ora in avanti citata come: USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione. 26

Cfr. GIORGIO ROCHAT, I reparti d'assalto esistenti al 1S giugno 19"18, Memorie Storiche Militari 1982, Ufficio Storico S.M.E., Roma, 1983, pp. 5 15-520. Ope ra d'ora in avanti citata come: R OCHAT-MEMORIE.


538

Francesco Fatutta

Battaglioni d'Assalto, ai quali, anche in questo caso, si aggiunsero 3 Battaglioni Bersaglieri Ciclisti 27. Con la riunione delle due Divisioni nell'ambito del Corpo d'Armata d'Assalto, la Specialità raggiunse la massima espansione organica. Come già ricordato, non tutti i Reparti sostitutivi furono costituiti, ma si provvide piuttosto a complementare quelli già esistenti. Nel periodo che intercorre tra la battaglia del Piave e quella di Vittorio Veneto, non vennero costituite nuove unità, con l'eccezione del XXXTT Reparto d'Assalto, formato in rrancia nell'ambito del II Corpo d'Armata. Pertanto la situazione riepilogativa <lei Reparti d'Assalto esistenti all'epoca della battaglia di Vittorio Veneto, ripartiti per Armata o altra Grande Unità di appartenenza, risultava la seguente 2 8 : - P Armata: XXIX, XXXI Reparto d'Assalto; 3a Armata: XXVI, XXVITT Reparto d'Assalto e TTl di marcia; 4a Armata: III, IX, XVTIT, XXIII, LV Reparto d'A.,salto e IV di marcia; 6a Armata: LII, LXX Reparto d'Assalto e VI <li marcia; 7a Armata: Vll di marcia; ga Armata: XXVII, LXXII Reparto d'Assalto e TT di marcia; 9a Armata: V di marcia; 10a Armata: XI Reparto d'Assalto; li Corpo d'Armata: J1 e XXXII Reparto d'Assalto; XVI Corpo d'Armata: XVI Reparto d'Assalto; Corpo d'Armata d'Assalto: X e XI Reparto d'Assalto di marcia; P Divisione d'Assalto: VIII, X, X Il, XIII, XX, XXJI Reparto d'Assalto; 2a Divisione d'A<;salto: I, V, VI, XIV, XXV, XXX Reparto d'Assalto; 35" Divisione: XXXV Reparto d'Assalto; 52a Divisione: LIT Reparto <l'Assalto. 27 Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., p. 286 e RocHAT, op. cit., p 68. 28 Cfr. Urnc10 STORICO STATO MAGGIORI,: EsERCITO - [;Esercito italiano nella Grande Guerra 1915-18 - Relazione Ufficiale - Volume V -Tomo 2bis - La conclusione del conflitto - (Documenti) - Roma, 1988, pp. 402-404 e pp. 854-895 . Opera d'ora in avanti citata come: USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti. Da notare che fra i due documenti citati sono riscontrabili alcune diversità di assegnazione, specie per ciò che riguarda i Reparti d'Assalto di marcia; in particolare risulta impossibile stabilire l'assegnazio ne del I Reparto d 'Assalto di marcia, che pertanto in questa elencazione è stato omesso.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

539

Con la conclusione del conflitto, avviata la smobilitazione e.Id Regio Esercito, ebbe inizio un periodo piuttosto confuso per le Truppe e.l'Assalto, destinate ad un progressivo sciogli mento. Tra il gennaio e il febbraio 1919 furono disciolti tutti i Reparti non indivisionati, mentre il 26 febbraio era il turno della 2" Divisione d'Assalto e di tutti i Reparti <la questa dipendenti 29 • Rimanevano però anco ra in vita i 6 Reparti d'Assalto in forza alla 1a Divisione, che fu inviata ad o perare in Tripolitania. Il personale, reso disponibile dallo scioglimento dei Reparti d'Assalto, venne rinviato all'arma o specialità di origine. Una parte però dovrebbe essere confluita presso i cosiddetti Reparti Arditi Territoriali, costituiti su disposizione del Ministro Caviglia presso i Corpi d'Armata e le Divisioni territoriali. Di questi Reparti poco o nulla si è po tuto conoscere, a parte la nomina, il 1° maggio 1919, del generale Alessandro Pirzio Ri roli a Ispettore dei Reparti Arditi del Territorio 30• Per quanto riguarda la 1a Divisione d'Assalto, 4uest'ultima, dopo l'impiego libico, fu rimpatriata ed infine disciolta nel gennaio 1920 31. Nel mese e.li marzo rimanevano in vita, pur se ignorati dall'Ordinamento Albricci, che rimase in vigore tra il 21 novembre 1919 e il 20 aprile 1920 32, soltanto 6 Reparti d'Assalto 3 3 . Di questi, il TX, X, XX e XXII ebbero ancora moc.lo di venir impiegati in Albania nell 'estate successiva, prima di essere disciolti tra il novembre e il dicembre 1920 34 . Con il loro defi nitivo scioglimento, è da considerare conclusa l'epopea delle Truppe d'Assalto. 29 Cfr. UFFICIO STORICO STATO MAGGIOI\I'. EsERCITO - L·Esercito italiano nel primo dopoguerra 1918-1920 - Roma, 1980, pp. 69-70. Opera d'ora in avanti citata come: USSME - Dopoguerra.

°

3

Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cit., p. 70. 31 Cfr. OTTAVIO ZOl'l'I, Due volte con gli Arditi sul Piave, Nicola Zanichclli Editore, Bologna, 1938, p. 113. Opera d'ora in avanti citata come: ZOPPI. 32 Cfr. UFFICIO STORICO STATO MAGGIORE ESERCITO - CEsercito italiano tra la

1a e la za Guerra mondiale - Roma, 1954, pp. 26-35 e 21.5. 33 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cit., p. 153. 34 Cfr. RoCHAT, op. cit., pp. 130 e 135.


540

Francesco Fatutta

CENNl STORICI RELATIVI AI REPARTI D'ASSAITO (191 7-1920) Dei criteri d ' impostazi o ne con i qua li sono stati ricostruiti questi "cenni storici", abbiamo già parlato in un paragrafo precedente. Riteniamo però opportuno ricordare che alcuni di essi presenteranno lacun e temporali anche piuttosto ampie, mentre altri saranno caratterizzati da una disomogen eità in formativa, nel senso che il grado di approfondimento risulterà piuttosto limitato rispetto a quello di altri Reparti. In entrambi i casi, ciò è dovuto a lla frammentazione dell e in formazioni di base. li fenomeno è molto piì1 marcato per il 1917 che non per il 1918 e diviene, purtroppo, quasi la norma per il periodo del dopogue rra. Sempre rifacendosi al 19 17, spesso le fonti consultate parlano genericamente di "un Repa rto d'Assalto", senza fornirne la relativa numern1.ionc. A volte è stato possibile identific:1rlo deducendone la nume razione dal Comando superiore Ja cui dipendeva, ricavandola attraverso la storia di altre unità che cooperavano con il Reparto, oppure grazie alla sua dislocazione geografica. Qualche volta ciò non è stato possibile, come ad esempio nel caso di un Reparto d'Assalto che 1'8 ottobre ·t 91 7 risultava operante nell 'ambito della 49" Divisione e che riuscì ad occupare q. 814 nord e sud di Koprivsce, coadiuvaro <la un Battaglione del 220° Fanteria Se/e .ìS . Un altro esempio di un ità non identificate può essere fornito dai Reparti d'Assalto dislocati in località Castelli e assegnati alla 18" Divisione c ui, il 22 novembre 19'17, il Com:rndo del IX Corpo d'Armata aveva affidato l'occupazione e l'evennialc difesa della linea di massima resistenza da Castelli sino a lk lvede re, a nord <li Vcttorazzi Jf;. Rifacendosi invece a ll e difficoltà incontrate nell 'esa me delle Relazioni Uffi ciali e dei Riassunti Storici, 11011 si può non far rilevare la difformità di denominazione con la quale i Re parti vengono indicati. Nonostante la deno minazione ufficial e fosse quella di "Reparti d'Assalto", 11011 mancano i casi in cui gli stessi vengono citati come " Battaglion i d'Assalto'·, " Reparti Arditi" o " Battaglioni Arditi ".

35 C fr. RIA~~UNTI, Volume 7°, op. cit. , p. 130. 36 C fr. USSME · Re lazion e - IV - Narrazione, op. cii., p. S72.


Contributo ad una storia delle truJJl,e d'assalto

541

Per meglio evidenziare la vastità del fenomeno, abbiamo indicato in nota tali difformità identificative che, per i Reparti d'Assalto, traggono probabilmente origine dalla mancanza di un Comando u n ico o <li una amministrazione propria 37, oltre che dall'essere stati m obilitati da normali Depositi di Reggimenti di Fanteria, Alpini e Bersaglieri, a nziché da De positi autonomi. Data la vastità del fenomeno, si è invece evitato, salvo casi particolari, di far rilevare l'identificazione numerica effettuata con cifre arabe anziché rom:rne, come in realtà prescritto, salvo sotto] ineare in questa sede come ciò contribuisca ad aumentare la confusione, rendendo più difficile una rapida consultazione dei testi. Per ciò che concerne il criterio di elencazione dei Reparti, abbiamo ritenuto opportu no utilizzare la numerazione progressiva adottata da ll ' Annuario Ufficiale delle Forze Armate del Regno d'Italia 38 • Quest'ultimo riprende in pratica l'ultimo ordinativo adottato, ossia quello previsto dalla Circolare del 1 O maggio 1918, integrando lo con gli ordinativi mancanti relati vi all e due precedenti numerazioni. Fanno eccezione al criterio base Ja noi adottato i Reparti che non hanno continuità storica e che, avendo spesso una numerazione già esistente, vengono identificati anche con l'indicazione dell'Armata di dipendenza. La continuità storica tra Reparti che, a prescindere da scioglimenti e ricostituzioni, trova una sua logica attraverso il mantenimento dell'identificativo numerico, è stata verificata attrave rso fonti memorialistiche attendibili 39 • È stato così possibile, su piì:1 Reparti,

37 Cfr.

RnCHAT, op. cit., pp. 15 e 24. 38 Cfr. A111111ario Ufficiale delle Forze Armate del Regno d'Italia - MINISTERO DEI.LA lTlJERRA, COMANDO l)EI. CORl'O ])( STATO M ACGIORr., Urr!C:10 STORICO, EsERCITO,

I - R i:(;10

Volume I - Parte 3", Sunti storici <lei Corpi e <lei Servizi - Roma, 1938,

pp. 679-690. Opera d'ora in ava nti citata co me: ANNUARIO. 39 C fr. PADl(E RE(;INAl.l)O G1UL1ANI, Gli Arditi, Fratelli Treves Editori, Milano 1936, pp. 40-241. Opera d'ora in avanti citata come: GIUI.IANI. l:Autore racconta brevemente la storia dcll'XI, XXVI e XXVlll Reparto d'A~salto, identific:111doli proprio con l'ultima numerazione ricevuta, ma face ndo chiaramente riferimento nel testo anche a quella originaria.


542

Francesco Fatutta

appurare la stretta corrispondenza tra la numerazione originaria del 1917 e quella in vigore all' inizio del 1918 e, pertanto, adottare tale continuità come concetto base di questa ricerca. Ricordiamo poi che in nota ai cenni storici abbiamo inserito le motivazioni delle Medaglie d'Oro assegnate e le citazioni avute sui Bollettini di Guerra, ovviamente nei casi in cui è stato possibile rintracciarle. Infine ci scusiamo anticipa tamente per le eventuali inesattezze riportate, purtroppo quasi inevitabili se si adotta, come in questo caso, una tecnica di ricerca "a mosaico". I REPARTO D'ASSALTO (già X Reparto della 2a Armata) N e lla situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 risulta un X Reparto d'Assalto assegnato alle dirette dipendenze del Comando Reparti d'Assalto della 2 3 Armata 40 . Probabilmente si tratta di un Reparto in fase di formazi o ne o di preventivata costituzion e. Non si trovano tracce del Reparto all'epoca di Caporetto e dei successivi ripiegam enti al Tagliamento e al Piave. Per la prima volta viene segnalata la presenza del X Reparto d'Assalto a fine novembre in Val d'Astico 41 , mentre una fonte memorialistica non verificabile lo indica schierato a Pedescala, sempre nel mese di novembre. In data 5 dicembre 191 7, su disposizio ne della Circolare del Comando Supremo Nr. 139698, presso la zona di dislocazio ne di Cartigliano (Bassano del Grappa), il X Reparto vien e disciolto cd i suoi effettivi contribuiscono alla ri costituzione d el I e II Reparto <l'Assalto 42 . T..:8 gennaio 19 18, in una situazio ne riepilogativa 43 , un X Reparto d 'Assalto risulta in ricostituzio ne, nell'ambito della Armata. Non si h anno notizie di un suo impiego operativo tra l'inverno e la

za

4o

C fr. USSME - Relazione - IV - Jbis - Documenti, op. cit. , p. 199.

41 C fr. ROCHAT, op. cit., p. 66. 42 Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., p. 24 . 43 Cfr. USSMF. - Relazione - V - Ibis - Documenti, op. cit., pp. 24-25.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

543

primavera 1918. 1110 maggio assume la numerazione di l Reparto, in quanto facente parte delle truppe suppletive del I Corpo d'Armata della 4a Armata 44 • Il 15 giugno risulta sempre inquadrato nel I Corpo d'Armata della 4a Armata 45 ed è dislocato nella zona di Posa (Treviso) . li giorno 26 viene però assegnato al 5° Gruppo della costituenda 2 3 Divisione <l'Assalto. Segue da allora le vicende divisionali. Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1918 viene confermata la sua dipendenza dal S 0 Gruppo della 2a Divisione d'Assalto 46 . Continua a seguire le vicende di quest'ultima e il 3 novembre, insieme ad altri reparti divisionali, raggiunge Longarone 47 . Non se ne hanno tracce dopo la data dell'Armisti1.io, come pure non è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avvenuto il 26 febbraio 1919, in concomitanza con lo scioglimento della 2 3 Divisione d'Assalto 48 , o comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, come per tutti gli altri Reparti d'Assalto non in<livisionati.

44

Cfr. ROCIIAT, op. cit., p. 68 .

45

Cfr. UH'JCIO STORICO STATO MAGGIORE ESERCITO - J;l!,sercito italiano ne/la Grande Guerra 19 15-1 8 - Relazione Ufficiale - Volume V - Tomo 1 ter - Gli avvenimenti dal gennaio al giugno 1918 (Carte) - Roma, 1980, n. 34. Opera d'ora in avanti citata come: USSME - Relazione - V - Iter - Carte. Cfr. anche USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., pp. 267 e 278. Da notare che questa fonte a p. 267, indicando il I Reparto d'Assalto, intende riferirsi, visto il livello di assegnazione, al I Reparto d'Assalto di Marcia. Ciò è comprovato dall 'esatta assegnazione, indicata a p. 278, del I Reparto, che vede l'unità inquadrata nell'ambito del I Corpo d'Armata. Cfr. ROCHAT-MEMORIE, op. cit., p. 516. 46 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 886. Da notare che la medesima fonte lo indica inoltre, a p. 876 come facente parte delle truppe suppleti ve del 1Il Corpo d 'Armata della 7" Armata e a p. 894 come facente parte delle truppe suppletive del I Corpo d 'Armata della 12" Armata. Si tratta ovviamente di una inesattezza, in quanto ci si voleva riferire, con molta probabilità, al I Reparto d'Assalto di Marcia, senza peraltro poterlo identificare con precisione. 47

Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 731.

48 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cit., p. 69.


544

Francesco fatutta

Forse, in segui to, l'unità viene ricostituita come I Reparto Arditi Territoriali, nell'ambito del I Corpo d'Armata di To rino. Lo si deduce dal tentativo di defezione di una settontina di Arditi, che il 12 ottobre 1919 tentano di abbondonare lo coscrrna e raggiungere Fiume. Soltanto 17 di questi vi riescono, mentre gli altri desistono; una trentina vengono poi trnsfcriti ad un oltro Reparto Territoriale con sede a N:ipoli 49 . li suo Centro di mobilitazione 50 aveva sede presso il deposito del 2° Reggimento Fanteri a Re, a Firenze, ed è accertato che i suoi effettivi si fn.:giavano delle "Fiamme Nere". I R EPARTO D'ASSALTO della 2a Armata (vedi XX Reparto) II REPARTO D'ASSAI TO (già XIII Reparto della 2a Armata) Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 risulta un Xlll Reparto d'Assa lto assegnato alle dirette dipendenze del Comondo Reparti d 'Assalto della 2a Armata 51 • Probabilmente si tratta di un Reparto in fase di formazione o di preventivata costituzione. Non si trovano comunque tracce <li questo Reparto a ll'epoca di Caporetto e dei ripiegamenti sul Tagliamento e sul Piave, e neppure nel n:stante periodo del 1917. Risulta inesatta la notizia che riporta la sua presenza il 4 dicembre 1917 nell 'ansa di Z enson 52 . In data 5 dicembre, su disposizione della C ircolare del Comando Supremo Nr. 139698, presso la zona di d islocazione di Cartigliano

49

C fr. LtJ1c;1 EMII.IO I.ONCO,

L'Esercito Italiano e la Questione Fiumana

(19 18-1921 ), Tomo I - Na rrnione, Stato Maggiore Esercito - Ufficio Storico, Roma, 1996, pp. 341-343. Opera d'ora in avanti c itata come: LONGO, Narrazione. Da notare che l'unità viene <la questa fonte citata come l Reparto d'Assalto.

SO Cfr. A NNUAR IO, np. cit., p. 682. 51 Cfr. USSME - Relazione - IV - .1bis - Documt:nti, 52 Cfr. ROCHAT, np. cit., pp. 66-67.

op. cit. , p. 199.

La fonte riporta tale notizia, premettendo peraltro la scarsa attenclibilit?i di alcune numerazioni citare dalla memorialistica. In questo caso potrebbe trattarsi del XXI Reparto (che si t rovava in quei giorni proprio nell 'ansa di Zenson) citato con la numerazione di XIII che andrà ad assumere nel maggio 1918.


Contributo ad una storia delle lru/JfJe d'assalto

545

(Bassano del Grappa), il X [ Il Reparto viene disciolto c d i suoi effettivi contribuiscono alla ricostituzione del I e JI Reparto d'Assalto 5 3. Nei primi giorni del gennaio 1918 54 un XIII Reparto d'Assalto risulta in ricostituzione nell'ambito della 5" Armata, che lo assegna al Il Corpo d'Armata. Sempre per disposizione dcli' Armata viene inviato a Madesano (Parma) ove, riunito insi eme all'Xl e al Xl I Reparto nell'ambito di un unico Raggruppamento, viene sottoposto ad istruzione speciale, sotto l' alta direzione del Generale Albricci 55 • Nel mese di aprile, più precisamente il giorno 15 56 , il Comando Supremo prende la decisione di in viare il II Corpo d'Armata ad operare sul territorio francese, e pertanto il XIII Reparto, che all'epoca risulta al comando del maggiore Guasco 57, ne segue le sorti. Il trasferimento sul fronte francese viene completato entro il mese di aprile, e il Rep:nto si stanzia nella zona di Viaprès le Pctit 58 . In data 4 1mggio il Comando di Corpo d'Armata stabilisce che il XlIT Reparto d'Assalto passi successivamente a disposizione di entrambe le Divisioni che !o compongono (3" e 8a), in qualità di riserva per piccole operazioni e per eventua li contrattacchi 5 'J.

53 Cir. USSM F. - Rdazione - V - lbis - Documenti, op. cit., p. 24. 54 Cfr. USSME - Relazione - V - I bis - D0rn111 c11t i, vµ. cii., pp. 24-25 e UFFICIO STORICO STATO MACG IO RE Esrncrro - L:Esercit o italiano nella Grande Guerra 191.5 -18 - Rc/azirJne Ufficiale - Volume VII - Tomo 2 - Le operazion i fuo ri dal territorio nazionale - Soldati d'Italia in te rra di Francia (Narr;izione) - Roma, 195.I, pp. ]6-1 7. Opera d 'o ra in avanti citata come: USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione. Quest' ultima fonte precisa che il Reparto viene costiruito su 3 Compagnie (4 Plotoni) e 1111a Sezione (6 armi) lanciatorpedini; ogni Compagnia (291 uomini e 7 ufficiali) risulta forn ita di 2 Sezioni p istole mitragliatrici (4 armi), di una Sezione mitragliatrici (2 armi) e una Sezione di lanciafiamme portatili (12 apparecchi).

55 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 17. 56

Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 19. 57 Cfr. TENENTE ANON IMO, Glorie e miserie della trincea, Omero Marangoni Editore, Milano, 1934, p. 191. Opera d'ora in avanti citata come: TENENTE ANONIMO - 2°. 58 Cfr. TIWPl'E, op. cit., p. 26S. 59 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione,

op. cit., p.

28.


546

Francesco Fatutta

TI 1° maggio risulta dislocato a Le-Meix-Tiercelins 60 , mentre in una successiva situazione datata 16 maggio risulta invece acquartierato a Passavant en Argonne 61. Nella seconda metà <li maggio il Reparto assume la numerazione di "II", in quanto facente parte delle truppe suppletive del Il Corpo d'Armata 62 . Una prima azione operativa effettuata dai suoi effettivi è segnalata il 2 giugno, quando nuclei di Arditi fanno irruzione in un posto avanzato nemico e, messo in fuga il presidio, riescono a catturare materiali vari d'armamento e d'equipaggiamento, che consentono di identificare la Divisione avversaria 63 . li 20 giugno risulta dislocato a Champillon 64 , mentre quattro giorni dopo due sue Compagnie vengono avvicinate alla linea tenuta dalla Brigata Alpi, per essere impiegate a ricacciare elementi tedeschi rimasti annidati nei pressi e sventare possibili ritorni offensivi nemici. A sera una Compagnia, insieme a reparti <lei 51 ° Fanteria Alpi, riesce a contrastare un attacco scatenato contro le pendici orientali della Montagna di Bligny 65 . li 3 luglio la sua Y Compagnia, insieme al Plotone Arditi del 51° Fanteria e ad altre unità della Brigata Alpi, effettua un colpo di mano sulla Montagna di Rligny; dopo aver raggiunto le posizioni previste, le unità vengono però investite dal

6 0 Cfr. UfflCIO STORIC:O STATO MAGGIORE ESERC:ITO • /;Esercito italiano ne/la Grande Guerra 1915-18 -Relazione Ufficiale - Volume Vll -Tomo 2bis - Le operazioni fuori dal territorio nazionale - Soldati d'Italia in terra di Francia (Documenti) - Roma, 1951, p. 2. Opera d'ora in avanti citata come: USSME - Relazione - VII - 2bis - Docwnenti.

61 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2bis - Documenti, op. cit., p. 7. 62 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. "17 e USSME Relazione - VII - 2bis - Documenti, op. cit., p. 2.

63 Cfr. USSME - Rela7.ione • VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 33. 64 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2bis - Documenti, op. cit., p. 16. 65 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 49 e MAIUO CARACCIOLO, Le Truppe Italiane in Francia, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1929, p. 79. Opera d'ora in avanti citata come: TRUPPE. La seconda fonte riporta che le azioni di contenimento, avvenute la notte del 24, costarono alla Brigata Alpi e al II Reparto d'Assalto la perdita di 16 ufficiali e 376 uomini di truppa.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

547

contrattacco avversario e sono costrette a ripiegare sulle posizioni di partenza 66 . Data la delicatezza del momento, in data 8 luglio, il Comando del 11 Corpo d'Armata emette un apposito "Piano di Difesa" che prevede anche il caso di ripiegamento forzato cd a tale scopo assegna 2 autocarri al Il Reparto d'Assalto 67• Il giorno 15 risulta a disposizione del TI Corpo d'Armata, in qualità di riserva, concentrato nei pressi di Courton 68 , quando riceve l'ordine di porsi alle dipendenze della 120a Divisione francese. Nel pomeriggio è chiamato ad effettuare un attacco in direzione di Neuville-aux Larris, che riesce a ristabilire la continuità della linea difensiva interrotta da un precedente attacco nemico 69 . Il giorno successivo, con un travolgente attacco, riconquista a Bois dc Courton postazioni abbandonate dalle truppe coloniali francesi 70 • Più dettagliatamente il IJ Reparto <l'Assalto, con l'azione di una sua Compagnia, riesce a chiudere la falla apertasi fra il I/52° Fanteria Alpi e il TT/408° francese; con un'altra compagnia respinge un già riuscito attacco nemico lungo le linee del T/52° Fanteria Alpi e infine, accorso

66 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 50. 67 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2bis - Documenti, op. cii., p. 84. La cifra può sembrare esigua ma ricordiam o che gli autocarri forniti dalla Sezione lappe e dal 3° Autoreparto e destinati all' intero II Corpo d'Armata erano in totale 125. 68 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 76 e UFFICIO

L'Esercito italiano nel/a Grande Guerra 1915-18 - Relazione Ufficiale - Volume VII -Tomo 2ter - Le operazioni fuor i dal territorio nazionale - Soldati d ' Italia in terra di Francia (Carte) · Roma, ·1951, Schizzo n 6. Opera d'ora in avanti citata come: USSME - Relazione - VTI · 2ter - Carte. Dalla seconda fonte la dislocazione è ancor più chiaramente indicata presso il Bois de Sarbruge. Cfr. anche Ror:HAT-MEMORIE, oµ. cit., p. 516. 69 Cfr. USSME - Relazione · VII · 2 - Narrazione, op. cit., pp. 92-93. STORI CO STATO MAGGIORE ESERCITO -

7o Cfr. USSME · Relazione - VII· 2 · Narrazione, op. cit. , p. 97, USSME Relazione· VII· 2ter · Carte, op. cit., Schizzo n. 9. Dall a seconda fonte si ricava chiaramente la dislocazione del Reparto a Corton Ruines.


Francesco fotutta

548

sul fronte tenuto dai Senegalesi, che avevano dovuto ripiegare, riesce a ristabilire b situai.ione, infliggendo gravi perdite a i Tedeschi 7 1. Il giorno ·17 72 concorre, insieme a reparti del 76° Fanteria Napoli a contrattaccare nella zona di Cuitron , ove forze nemiche sono riuscite ad incunearsi. Sempre in gio rnata, su disposizion e del Comando di Corpo d 'Armata, viene fatto affluire con autocarri a Sermiers, per rafforzare la .3" Divisione, mentre il gio rno successivo si porta nell e vicinanze di Ville-Domman gc 73 . In questo periodo il Reparto risulta ancora al comando del Maggiore Guasco 74 • Il giorno 19 entra a far parte del Reggimento di Manovra, destinato ad operare con la 2a Division e Colo niale fran cese 75 . JI 23, sch ierato quale primo scagli o ne del Reggimento, effettua un riusc ito attacco contro postazio ni nemiche al Hois de Vrigny 76 ; nel pomeriggio, a d o biettivi raggiunti, il Reparto, passato in posizione arretrarn, viene ritirato da ll a linea e avviato verso Oiry. Due giorni dopo però, ve nuta a c essare l'emergenza e scio lt o il Reggim e nto d i Manovra, il Il Reparto da Oiry si porta in treno a Arcis-sur-Aube e il 27, su autocarri, raggiunge Prcmierfa it 77 • A seguito dei diversi

71

Cfr.

TRUl'l'E,

op. cit., pp. 112- 113.

I .1 fonte riporta un brano tratto dalla n:lazionc del Comando della 120" Di visione francese:" [... ] A gauchc le batail1011 Arditi qui était à lisière o uest du Hois dc Courton co11tre attaque pour rctablir la sit11atio11 des élémcnts sénégalais un in stant com promise r... ]". 72 Cfr. USS ME - Relazione - VII - 2rer - Carte, op. cit., Schizzo n. 1O. Nell a m~minata de l giorno 17 luglio il Il Re parto risu lta di slocato nel Bo is d c Pi anteuil. 73 C fr. USSME - Relazio ne - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p p. 113-115. 74 Cfr. TiUJl'l'E, op.

cit., p. 120.

75 Cfr. USSME - Relazione - VI I - 2 - N a rrazione, op. cii., p. 1n e USSME - Relazione - VII - 2bis - Documenti, op. cit., p. 184. La prima fonte precisa che il Reggimento d i Manovra, oltre che dal II Reparto d'Assalto era costituito dal 1/76° Fanteria Napoli e dal 1/8 9° Fanteria Salerno, pe r una forza complessiva di circa 1.300 uomini. La seconda fonte vi inserisce anche le Compagnie Mitraglieri 1616", 16 17", 1618" e Hi19", il che induce a ritenere che tutte le unità fossero alquanto al disotto degli nrg;rnici previsti. 76 Or. lJSSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cii., pp. 125-134. 77 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, - Relazio ne - VII - 2bis - Docu menti, op. cit., p. 2 14.

op. cit., p. 135 e USSME


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

549

successi conseguiti, il Reparto viene decorato con la Medaglia d'Argento al V.M. e anche gli Alleati francesi decidono di premiare il suo eroismo. Infatti il Presidente Poincarè, nel corso di una cerimonia svoltasi il 26 agosto a Futeau, decora il gagliardetto del Il con la Croce di Guerra con Palme 78 . Da notare che nell'ultimo mese, ed in particolare nei combattimenti di Bligny e Vrigny, il II Reparto ha perduto 211 uomini 79 . Il 24 setten1bre 1918, in base ad una situazione riepilogativa delle unità che costituiscono il H Corpo d'Armata, risulta schierato a Mareuil-en Dole 80 . li 13 ottobre, assegnato quale riserva di Corpo d'Armara, viene dislocato a Festieux 81 , mentre una situazione riepilogativa datata 17 ottobre lo indica per dislocato tra le località di Montaigu e Mauregny 82 • Il giorno 20 una pattuglia di 18 uomini, sotto 1111 vio lentissimo fuoco di mitragliatrici e a rtiglieria, sbucando dalle ultime case di Sissonne, riesce a penetrare nelle posizioni avanz:lte ne mi che a Chauffour, annientandone il presidio e catturando alc uni prigionieri. Contrattaccati da soverchianti forze avversarie, appoggiate anche da aerei operanti a bassa quota, gli Arditi, resisi conto dell'impossibilità di te nere la posizione conquistata, ripicg:1no sulle posizioni di parter11.:1 83 . All'inizio di novembre, su disposizione del Comando del TI Corpo d'Armata, il Reparto viene posto alle dipendenze organiche dell'8" Division e, :11 fine di favorire la rot:1zione dei reparti divisionali tra

78 79

Cfr. USSME - Rela~.ione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 146.

C fr. TRUl'l'I', o/J. cit., pp. I 12-1 13 e 276. Da uno stralcio della relazi one del Comando " Reggimento di Manovra" sugli avvenimenti svoltisi tra il 20 e il 24 luglio, si precisano le perdite subite in quel periodo da l li Reparto, c he furono: uffic iali I n1orto e 19 feriti, uomini di truppa 10 mo rti, 11.1 feriti e 33 dispersi. 8 Cfr. USSME . Rel azione - VII - 2bis - Documenti, op. cii., p. 242 e USSME - Relazione - VII · 2ter - Carte, uµ. cit., Schizzo n. 1S. 81 C fr. USSM E - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 183. 82 C( r. USSME - Relazione - VII - 2bis - Documenti, op. cit., p. US e USSME - Relazio ne - VI I - 2ter - Ca rte, up. cit., Schizzo n. 25. 83 Cfr. USSME - Rela~.ione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 192.

°


550

Prancesco ràtuua

prima linea e retrovie 84 . TI giorno 5, accertato che il nemico ha iniziato a ripiegare, il Il Reparto inizia a muovere quale avanguardia <lcll'8 3 Divisione; la sua 2 3 Compagnia raggiunge uno Squadrone appiedato dei Cavalleggeri di Lodi ccl insieme a questo impegna il nemico e conquista Le Thucl 85; il giorno successivo elementi del Reparto, con apposite puntate offensive, cercano <li vincere la resistenza nemica lungo il corso <lei fiume Hurtaut 86, mentre in seguito altri elementi occupano, dopo vivace lotta, Noircourt e Coloru 87 . Dopo l'arm istizio, in data 12 novembre, risulta dislocato nella zona di Rlanchfosse 88 , mentre successivamente una situazione riepilogativa datata 30 novembre indica la sua dislocazione a Maissin 89 . In base a disposizioni emesse dal Comando del II Corpo d'Armata, che intende ripartire fra le sue due Grandi Unità i reparti non indivisionati, il 11 Reparto rimane assegnato all'8a Divisione 90 • Non se ne hanno notizie per tutto il mese <li dicembre, mentre in base a<l una situazione riepi logativa delle unità dipendenti dal Il Corpo d'Armata, datata 10 gennaio ·t919, risulta dislocato a Flamierge 91 • Tra il febbraio e il marzo 1919 il II Reparto rimpatria

84 Cfr. USSME - Relaziom: - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 189. 85 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cii., p. 197. 86 C fr. TRUPPE, op. cit., p. 179. 87 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 198.

88 Cfr. USSMF.- Relazione - VII - 2bis - Docw11enti, op. cit., p. 349 e USSME - Relazione - VII - 2ter - Carte, op. cii., Schizzo Nr. 30. Dall'esame della sewnda fonte si ricava che nel pomeriggio dcll'l 1 novembre 1918 il II Reparto d'Assalto si trovava nella zona di Rimogne, m entre a Blanchefossc si trovava il XXXH Reparto d'Assalto. Visto che i due documenti sono stati emessi, il primo in data 12 novembre e il secondo, come già visto 1' 11 , e che la distanza tra le due località supera di poco i 20 km, il II Reparto avrebbe ponno effettuare un trasferimento notturno. Rimane però valida anche l'i potesi di una inversione numerica nell' identificazione dei H.eparti d'Assalto del Il Corpo d'Armata, in quanto proprio la seconda fonte indi ca il XXXII Reparto per stanziato a Blanchefosse il _pomeriggio dell'l 1 novembre. 89 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2bis - Documenti, op. cii., p. 355.

°

9

Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 212. 91 Cfr. USSMF. - Relazione - VII - 2bis - Documenti, op. cit., p. 363.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

55 l

insieme a tutte le altre truppe suppletive del Il Corpo <l 'Armata 92 . Il giorno 9 marzo una Compagnia del II Reparto d'Assalto, assieme ad altre rappresentanze del li Corpo <l'Armata, prende parte a Torino ad una cerimonia commemorativa 93 • Da no tare che il 14 luglio successivo, anniversario della Presa della Bastiglia, una ra ppresentanza del Il Reparto d'Assalto sfila a Parigi insieme alle truppe francesi e alleate 94 • Non è nota la data del suo scioglimento, ma si presume sia successiva al luglio 1919. Il suo Centro di mobilitazione 95 aveva sede presso il deposito del 36° Reggimento Fanteria Pistoia, a Modena 96, cd è accertato che i suoi effettivi si fregiavano delle "Fiamme Nere". T1T REPARTO D'ASSALTO (già XVII Reparto del Hl Corpo <l'Armata)

Viene costituito, con la numerazione <li XVII, in data impreci sata, probabilmente tra l'agosto e il settembre 1917, nelle retrovie del III Corpo <l'Armata 97 , in un campo di addestramento presumibilmente dislocato in Valcamonica. Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 risulta alle dipendenze del III Corpo d'Armata, inquadrato nell'ambito della 6a Divisione 98 . Non è stato possibile rintracciare alcuna notizia riguardante l'impiego operativo del XVTI Reparto dopo Caporetto e sino alla fine del 1917.

92 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cil., pp. 216-217. 93 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 218. 94 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 223. 95 Cfr. ANNUARIO, op. cit., p. 683. 96 C fr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 402. La sede del Ce ntro di Mob ilitazione del 36° Reggimento viene indicata in firenze e non Modena, come indicata invece in altre fonti ufficiali.

97 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 72. Vi si precisa che in data 1° ottobre 1917 il 111 Corpo ù'Armata aveva pertinenza sul territorio compreso tra lo Stelvio e il Lago di Garda e inquadrava la 5" e la 6" Divisione. 98 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3his - Documenti, op. cit., p. 182.


.5.52

Francesco Fatutta

Alb data dell'8 gennaio 1918 99 un XVTI Re parto d' Assalto risulta esistente nell 'ambito del III Corpo d'Armata. Lo compone a ll'inizi o soltanto un a Compagnia di Alp in i, la l ", comandata dal Capitano Barbieri, mentre le altre due Compagnie vengono completate soltanto all'inizio del mese di giugno. I ?unità riceve un addestramento specifico e risulta composta da nuclei di arditi-rocciatori, specializzati a scabre falde rocciose, anche sotto il tiro di mitragliatrici o artiglieria. li 1O maggio assume la num erazione d i III Reparto, in quanto facente parte delle truppe suppletive del III Corpo d'Annata della 7a Armata 100 • Il 25 maggio è destinato, insiem e a 5 Battaglioni Alpini 10 1, ad effettuare nella zona del Tonale, sul fronte tenuto dalla 7a Armata, la conquista d ella cn:sta dei Monticelli. Ne ll a notte del 26, il III si impadronisce di Passo Paradiso 102, supportato nell'azione dai Ploton i Arditi dei Batt:iglioni Alpini Monte Rosa_. Val Brenta e Tolm ezzo. Successi-vamente, in concorso con una Compagnia d el Battaglione Edolo 103, il TII riesce a conquistare, in p iù fasi e con alterne vicende che hanno per sce nario in particolare q . 2582 e q. 2863 104, alcune posizioni fondamentali su lla cresta dei M o nticelli, meritando per questa azione di essere citato sul Bollettino di Guerra n. ·1098 del

99 Cfr. LUCIANO V1Azz1, Quei fegalar.à con le Fiamme Verdi, apparso su " L'Alpino", Apri le 1990, pp. 7-8. Opera d'ora in ava111·i citata come: YIA:t.1/.1.

IOO Cfr. Roc:HAT, oµ. cil., p. 68. 10 l Cfr. UFFICIO STORICO STATO MAc;c ;10RE Esrncrro - / :F.sercito italia110 11ella Grande Guerra 1915-18 - /~e/azione Ufficiale - Volume V - 'tomo I - Gli avvenimenti dal gennaio al giugno 1918 (Narrazione) - Roma, 1980, p. 265. Opera d'ora in avanti citata come: USSMF. - Relazione - V - I - Narrazione. 102 Cfr. RIASSUNTI - Volume 10°, Parte Prima, op. cit., p. 564. 103 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., pp. 268-269 e RIAS~UNTI - Volume 10° Parte Prima - oµ. cii., p. 57. La seconda fonte precisa trattarsi della 52" Com pagnia del Battaglione Edolo. l 04 Cfr. RIASSUNTI, Volume 10°, Parre Seconda, op. cii., pp. 564-565 e EMII.IO FAI.DEI.I A, Storia delle Truppe Alµi11e 1872-1972, Cavalloni Editori - Edizioni Landoni, Volume Secondo, Milano, 1972, p. 92.S. Opera d 'ora in avanti citata come: FAI.DEI.I.A.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

553

27 maggio 19 18 105 • All'epoca dell'azio ne, il III Reparto è coman dato dal Capitano Arturo Barbieri 106. Il 9 giugno successivo risulta assegnato alla 5" Divisione, operante nell 'ambito della 7" Armata, quak riserva per l'azione diversiva nella zona del Tonale 107 • li giorno 1.3, operando insieme al Battaglio ne Alpini Monte Clapier, ri esce a respingere un ennesi mo contrattacco ne mico n ella zona di Cima Cady 108. Il 15 giugno risul ta assegnato al III Corpo d'Armata della T1 Armata 109 ; lo stesso giorno effettua un ri uscito attacco a q. LS03

105

Cfr. RIASSUNTI, Volume 10°, Parte Seconda, op. cit., pp. S66-567 . Dal Bollettino di G u erra del Comando Supre m o 11. 1098 (27 maggio 1918, ore 13): "Nella regione del Tonale i nostri al pi ni, comb:mendo in m ezzo a difficoltà di terren o r eso ::ispri~simo dai ghiacci e d:ill 'acca nit::i resistenz:1 nemica, hanno co nsacrato con b vittoria l'alba del quarr':111110 cld b nostra gu erra: l'operazione, ini zia ta il g iorno 25, è prosegu ita in imerrotta mente nella n otte sul 26 e nella gio rn:ir:i di ieri. La cim:i dello Zigolò n (3040 m.), quattro volte attaccat:i con estrema bravura; la rnnca dei laghi di Presena; il Passo d el Monticello (2250 111.) ed il costone a<l oriente di esso vennero strappati al n emico e so no in nostro possesso. Le 11o~tre truppe moslr:1110 tutte grande ardime nto e valore: meritano sp ecia-

le menzione il 11T reparto d 'assalto cd i fhuaglioni Alpini Cave11to, Edolo e Ma11dro11e. I.e p erdite inflitte all'avversario sono gravi: l'a 111111 irevolc cooperaz ione delle artiglierie e lo slancio dell'attacco ha nno reso assai lievi quelle subite da noi . Vennero finora contati 870 prigio nieri tra i quali 14 ufficiali, 12 canno ni, 14 bombarde e mortai dJ trincea, 25 mitrag liatrici, mo lte centinaia di fucili. Abbandonati mate riali d 'ogni genere sono rimasti n elle nost re ma ni . [... ]".

i or, Cfr. 1··Al.DEI.I.A, 0/J. crt., . p . .07 2 1 • 107

Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Na r razion e, op. cit., p. 349. Da notare che in questa sede il Reparto vien e definito 111 Barraglionc d'Assa lto. 108 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 35]. 9 I0 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p . .566 e USSME Relazione - V - l bis - Documenti, op. cit., pp. 264 e 282. Rig uardo tali citazion i va nno effettuate alcune precisazioni. La p rima fo nte, indicando le forze in riserva d'Armata, parla di III Rcp:ino, volendo intendere, visto il livello cui era assegnata l'unità, il III Reparto d'Assa lto d i M arcia. La seconda fo nte cita tra le truppe suppletive d'Armata sia il lii Reparto d 'Assalto che il Ili Re parto d 'Assa lto di M::irci:i, ma per il prim o d e i due Re parti deve tr:ittarsi di u 11 errore di compi lazio n e in qu:111to la stessa fo nte a p. 264 lo assegna, correttamen te, alle truppe suppk:tivc del lii Corpo d "Arma ta della 7" Armara .


Francesco fotulla

554

della Val Cesilia, operando di concerto con il 239° Fanteria Pesaro 110, mentre è tutta da verificare la notizia che indica una sua Compagnia operante sul Montello il giorno 20 111 , analogamente a quella che lo vede, il 26 giugno, assegnato in supporto all'8 3 Armata, schierato fra Volpago e Selva 112. TI 19 luglio la sua 13 Compagnia, unitamente ai Plotoni Arditi dei Battaglioni Alpini Monte Cavento, Edolo e Munte Tonale, effettua con successo un attacco alla cresta del Monte Stablel 113 . JI 13 agosto il Reparto si trova in riserva per supportare un attacco che deve svolgersi nella zona del Tonalell4 • Il 3 ottobre, la sua 2a Compagnia effettua un riuscito colpo di mano a Coston del Mascio, sotto il Monte Nozzolo, in Val di l.edro 115 . Nella situazione riepi logativa datata 24 ottobre 1918, il lll risulta essere alle dipendenze della 4a Armata 116, mentre altre fonti riportam, con più precisione che nel mese di ottobre opera nell':imhito del XXX Corpo d'Armata della 4a Armata 11 7. Sempre il giorno 24 la sua P Compagnia 118 , agli ordini del Capitano Barbieri, opera in supporto a reparti della Brigata Lombardia impegnati in una azione offensiva contro la dorsale dei Solaroli 119 . Giunta in ritardo sulle basi di partenza, la Compagnia non è in grado di prendere parte all'azione dall'inizio, ma viene impiegata

110 Cfr. R1A,SUNTI - Volume 7°, op. cit., p. 257. 111 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narraziom:, op. cit., p. 550. Viene indicato che la mattina del giorno 20 giugno la 57• Divisione riprese l'avanzata in direzione di Sovilla, sul Montdlo, con 5 Battaglioni della Brigata Mantova ed una Compagnia del lii Reparto d' A,;salto. 112 Cfr. USSME - Relazione - V - I - Narrazione, op. cil., p. 702. 113 C fr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 213. 114 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione,

up. cit., p. 224.

115 C f r. FAI.DELLA, up. cit., p. 954. 116 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 863. 117 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 402.

op. cit., pp. 7-8. 119 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, up. cit., pp. 450-451.

l lS Cfr. VIAZZI,


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

555

per sostenere l'assalto portato dal 1/74° Fanteria Lombardia. Contrattacchi nemici costringono ad abbandonare le posizioni raggiunte e causano gravi perdite. Il giorno successivo i resti della 2a Compagnia, insieme al IIl/39° Fanteria Bologna, tentano inutilmente di muovere all'attacco del Col del Cuc 120, mentre le altre due Compagnie, unitamente al I e IIl/74° Fanteria Lombardia, effettuano un nuovo attacco alla selletta fra q. 1672 e il Valderoa. L'attacco viene però respinto dalla decisa reazione difensiva avve rsaria 121 . Il giorno 26, suoi elementi appoggiano la rinnovata azione del 111/39° Fanteria Bologna contro il Col del Cuc, che questa volta riesce 122, mentre i suoi resti resistono nelJa zona della Selletta del Valderoa ad un improvviso quanto violento contrattacco nemico 123 . Il 27, causa i gravosi compiti svolti nelle giornate precedenti, i nuclei residui dd III Reparto d'Assalto hanno perduto ogni efficienza operativa 124 , e pertanto non possono opporsi con successo al contrattacco austro-ungarico che porta alla riconquista del Monte Valderoa. Allorché la sera del 26 ottobre il Ill Reparto d'Assalto viene ritirato dalla prima linea, risulta ridotto a pochi superstiti, poiché ha perduto 21 ufficiali (4 morti, 14 feriti e 3 dispersi) e 303 Arditi (27 morti, 172 feriti e 104 dispersi); da notare che i dispersi vanno considerati quasi tutti morti 125 . A quest'epoca il Reparto è comandato dal Capitano Santacatterina 126 . Successivamente al termine delle ostilità, una situazione riepilogativa datata 17 gennaio 1919 lo indica per schierato a Gomagoi

l 20 Cfr. USSME- Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 468 e FALDELLA,

op. cit., p. 965. 121 Cfr. USSME - Relazione - V 122 Cfr. USSME - Relazione - V 123 Cfr. USSME - Relazione - V 124 Cfr. USSME - Relazione - V 125 C fr. 126 Cfr.

FALDELLA,

ViAZZI,

2 - Narrazione, op. cit., p. 471. 2 - Narrazione, op. cit., p. 485. 2 - Narrazione, op. cit., p. 488. 2 - Narrazione, op. cit., pp. 545-546.

op. cit., p. 936.

up. cit., p. 8.


Fra11ccsco Patulla

556

(Boh.a no), con probabile dipendenza dalla .5:1 Divi sion e 127 . Non è nota la da t:.1 d el suo sci oglimento, ma si presu me lo stesso sia avvenuto, com e per tutti g li ~dtri Rerarti d' J\ss:.1lto non indivi sionati , tra il genna io e il febbraio 1919 12 . TI suo Centro di mobili t:.1zionc 129 aveva sede presso il deposito del 18° Reggime nto Fanteri:1 Acqui, a Chi eti. È accertato c he i suoi effettivi si fregiavano pertanto d el le "Fi:imme Verdi " in qua n to alpini 1.rn, a nche se originari:i mente g li effettivi della 1" Compag nia, pur portando il caratteristico c:ippello da alpino, recav:.1110 le " Fiamm e Nere". Le "Fiamme Ve rdi " s:i re bbero st::ite assegnate all'atto della costinizione della 2:1 e 3a Co m pagnia, agli inizi del giugno 19'18 13 1, e proba bilmente adottate in seguito anche della 1a Compagn ia. 111 R EPARTO D'ASSALTO d ella 2a Armata (vedi V Repa rto}

rv

REPARTO D'ASSJ\ITO della J ·1 Ar mata (vedi XXVI Rep:.1rtn}

TV REPARTO D'ASSJ\l:TO del la 2.1 Armat:1 Viene costituito, tra il sette mbre e l'ottobre 19 '17, con la numernz io ne di IV presso il cam po d i addestr:i me nto d ella 2a Arm:ita a Sdricca di Manzan o 1.n. Tra settembre e ottobre si ~11.kkstr:1, insieme ad altri due Reparti dell ' Armata, ad una azio ne offensiva su Tcrnova, in cooperazione con alcune squadriglie di auto mitragli ::itrici, m a l' azione non ha luogo 133 . C uriosa me nte non si trova traccia del IV Rep:.irto d'Assalto n ella pur dettagliatissima situazione riepilogativa (btata 24 ottobre ·19 L7 134 .

127 Cfr. Ut+ICIO STORICO STATO M A<;c;10RE Esrnc rm - I ,'Esercito ilalia,w 11ella

Grande Guerra 1915- 18 - Relaziu11e Ufficiale - Volume V - Tomo 2te r - La co nd usio ne del con flitto (Carte) - Ro ma 1988, n. 47. Opera d'ora in :ivallli citata come: USS ME - Rcl:izio nc - V - 2 tcr - C arte. 128 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cit., p. 70. 129 C f r. ANNUAlllO, up. cit., p. 683. 13 Cfr. FAI.DEI.I.A, op. cii. , p. 965. l31 C fr. VIAZZI, op. cit., pp. 7-8. 132 C fr. JlOCHAT, op. cii., pp. 36 e 53 .

°

JJJ Cfr. RoCHAT, op. cii., pp. 5 1 e 56. 134 Cfr. USSME - llclazionc - IV - 3bis - Documenti,

op. cit., pp. 18 1-227 .


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

557

TI 26 ottobre, su disposizione del Comando d elb 2a Armata, il IV Reparto viene probabilmente 135 posto alle dipendenze del XXIV Corpo d'Armata, per costituirne la retroguardia. La sera del 29, tutti e 5 i Reparti, quindi anche il TV, s i aggiu ngono alle unità schierate a difesa <lei ponti di Pinzano e Comino sul Tagliamento 1311; successivamente inizia il ripiegamento verso il Piave. TI giorno 3 novembre, ciò che rimane del IV Reparto viene concentrato a Pieve d i Soligo, per il riordinamento organico, il recupero <lei dispersi e il riarmo, in maniera da poter essere subito riutilizzato in battaglia 137• Il 6 novembre il IV Reparto, su ordine del Comando Supremo, viene posto, insie me ad altre truppe, al le dipen denze della 4a Armata, per far fronte , dopo il ripiegamento, a possibili minacce che si possano verificare prima del completo schieramento dell'Armata stessa su nuov e posizioni 138 . 1,'8 novembre il generale Montuori emette l'ordine in base :11 quale è richiesto ai Reparti d'Assalto, tra cui il lV, di ripiegare a protezione del ponte di Vidor. Durante la notte si completa il passaggio delle truppe in ritirata sulla destra del Piave; il mattino del 9 quindi

135 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 374 e USSME - Relazione· IV · 3 - Narrazione, op. cit., p. 376. È stato utilizzato di proposito il termine "probabi lmente" in qualllo le fonti ufficiali non indicano esattamente l'unità assegnata al XXIV Corpo d'Armata ma parlano genericamelllc di "[ ... Jqu:ittro battaglioni al X XV II Corpo d'Armata, un o al XX IV[... ];" l'intero hrano è comunque riportato nell'ambito delL.1 Nota n. 464 posta in calce ai cenn i storici dd XX Reparto d'Assalto. Il IV Reparto è stato designato per deduzione, in qua nto, come si vedr:ì pi ù avanti, nel 111011H:nto in cui il Comando della 2" Armata decise di mettere a disposizione della 4" Armar:i alcuni Corpi d 'Armata, fra questi è rintracciabile il XX IV, mentre fra le al t re unità assegnate in rinforzo è rintracciabile anche il IV Reparto d'Assalto (Cfr. USSMF. - l{elazione - IV - 3 - Narra'/,ionc, op. cit., p. 469). Da notare, infine, che le fonti citate parlano sempre di Battaglioni di Arditi o Battaglioni d 'Assalto. 136 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cii. , p. 4 14. Da n o tare che, per ciò che concerne il periodo susseguente a Caporetto, si è dovuto fare ricorso ad una forma in gran parte comune ai vari l{eparti interessati, data l'impossibi lità di scindere le singole vicende. 137 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cii ., p. 482. 138 Cfr. USSME - Relazio ne - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 469 e USSME - Relazione - IV - 3bis - Docu menti, op. cii ., p. 374.


558

Francesco Fatutta

solo i Reparti <l'Assalto rimangono sulla sinistra del fiume, schierati sulle alture di Conegliano, per coprire ancora l'ultimo momento di ritirata <lell'ala destra della 4" Armata e dei reparti di retroguardia in movimento verso il ponte della Priula 139. Il IV presidia, insieme a<l altre unità, un ridotto difensivo a 300 m dalla testa di ponte di Vidor; dopo alcuni iniziali scontri di pattuglie, il giorno successivo tre violenti attacchi investono il caposaldo, tanto che a sera la testa di ponte deve essere abbandonata 140. Il Reparto viene poi ritirato nelle retrovie, ma essendo ancora efficiente può venir impiegato per altri compiti 141 . Vale la pena di ricordare che, di tutti i Reparti d'Assalto della 2a Armata, il 12 dicembre rimangono circa 2.000 superstiti sui 5.000 partiti da Sdricca di Manzano sei settimane prima; questi ultimi vengono poi concentrati a Debba e Longara, nel vicentino, alle dipendenze della l a Armata, per essere riorganizzati 14 2. Nel dicembre 1917 il IV Reparto viene sciolto per consentire di riportare ai livelli organici previsti il I Reparto d 'Assalto della 2a Armata 143 e pertanto esso non ha continuità storica nel corso del 1918 . Dato che in base alla riorganizzazione <lei 10 maggio 1918 nessun Reparto d'Assalto adotta questo identificativo numerico, per la numerazione di "IV", relativa all'ordinamento <lei gennaio J91 8, si veda il XXVI Reparto d'Assalto. TV REPARTO D'ASSALTO della 4a Armata Viene costituito nel mese di agosto del 1917 presso il campo di a<l<lcstramento della 4a Armata a Zortea. Nel mese di settembrc, però, il TV viene disciolto in quanto ognuna delle sue Compagnie è destinata a formare il nucleo costitutivo attorno al quale devono formarsi

139 Cfr. USSME - Relazio ne - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 484. 140 Cfr. USSME - Relazio ne - IV - 3 - Narrazione, op. cit., pp. 557-558. 141 Cfr. ROC.HAT, op. cit., p. 59.

142 Cfr.

ROCHAT, op. cit., p. 61. 143 Cfr. ROCHAT, op. cil. , p. 63.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

559

il V, VI, VII e VIII Reparto d'Assalto 144, e pertanto non ha continuità storica nel corso del 1918. Dato che in base alla riorganizzazione del 1 O maggio 1918 nessun Reparto d'Assalto adotta questo identificativo numerico, per la numerazione di "IV", relativa all'ordinamento del gennaio 1918, si veda il XXVI Reparto d'Assalto. V REPARTO D'ASSALTO (già III Reparto della 2a Armata) Viene costituito, tra il settembre e l'ottobre 1917, presso il campo di addestramento della 2 3 Armata a Sdricca di Manzano, con la numerazione di III 145 . Il 6 ottobre un suo Plotone effettua un colpo di mano nella zona di Tolmino, con lo scopo di catturare prigionieri e ottenere informazioni sullo schieramento nemico 146 . Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 risulta alle dirette dipendenze del Comando Reparti d'Assalto della 2 3 Armata 147• L'unità viene però indicata insieme ad altre che, nel prosieguo delle vicende, non hanno avuto un impiego operativo. Ciò potrebbe far supporre che il III Reparto sia rimasto a Sdricca di Manzano per fornire elementi già addestrati da inserire nei Reparti di nuova costituzione, ma non vi sono conferme ufficiali in merito. Comunque, per motivi più avanti esposti, riteniamo che il III non faccia parte dei 5 Reparti d'Assalto ceduti dalla 2a Armata al XXIV e XXVII Corpo d'Armata, in data 25 ottobre 148. Fonti memorialistiche non identificabili lo danno per impegnato nella difesa di Udine il 28 ottobre, ma nelle fonti ufficiali non è rintracciabile alcuna notizia di impiego operativo dell'unità. Ammesso comunque che anche i suoi effettivi siano stati coinvolti nelle operazioni di ripiegamento e di arresto,.la prima notizia ufficiale inerente 144 Cfr.

op. cit., p. 53. op. cit., pp. 36 e 53. 146 Cfr. Roc HAT, op. cit., p. 55. 145

147

Cfr.

ROCHAT, ROCHAT,

Cfr. USSME - Relazione - IV - 3bis - Documenti, op. cit., p. 199. 148 Per un chiarimento riguardo i criteri deduttivi che hanno portato alla decisione di non includere il III tra i Reparti ceduti dalla 23 Armata, si veda la Nota n. 170 posta in calce ai cenni storici del V Reparto d'Assalto della 2" Armata.


S60

Fran cesco Fatutta

il Ill Reparto riguarda il suo scioglimento, che s:m .:bbe avvenuto nel la zon::i di <lisloc::izione di Ca rtigl ian o (Bassa no c.Jd G rappa) in c.J::ita 5 dicembre, su disposizione d e lla C ircolare Nr. 139698 emessa dal Comando Supremo. Gran parte dei suo i e ffettivi sarebbero stati ut ilizzati per riportare ai livel li o rganici previsti il TT Reparto d' Assalto della 2" Armata 149 . Sempre con suo i effettivi cd altro personale eccedente dallo scioglimento del IV, V e VI Reparto d'Assalto, viene poi costin1ito a S:rnta Cate rin a di Schio un nuovo Ili Repa rto <l'Assalto 15 0. Alla data dell'8 gennaio 1918 15 1, un III Repa rto risul ta in ricostituzio ne nell'ambito della 13 Arma ta. N o n si hanno notizi e di un suo impiego operativo nel co rso dell' inve rno 19 18. Nel mese di aprile il Ili viene più volt e impegnato in Va llarsa contro posizioni fortificate austriache 152• Tra le azio ni merita di essere ricordato l' attacco del 25 aprile in Valmo rhia, condot to da 2 Plo to ni del III Reparto e da un Plo ton e Arditi dell a Brigata Murge, i qu;.1 li dopo ave r superato tre o rd ini d i trincee nemiche, :mn ientano gran parte del presid io e cattu rano 25 prigioni eri 15 J . Ndla notte del 9 maggio 1918 b sua 2" Compagnia, insieme ad una C o mpagnia di formaz ione costituita dai Plotoni Arditi de l 259° e 26 0° Reggim ento de lla Brigata Murge e da u11 Pl otone ge n ieri, muove all a conquista del M o nte Corno di Vallarsa 154 . Cazio ne riesce, anche se un ritardo nei tempi di attuazione contribuisce a limitare i va ntaggi conseg uibil i con la sorpresa. Dopo un co mprensibile smarrimento gli Austro-unga rici passa no al contr::ittacco, costringendo gli :m accanri sulla di fe nsiva. Viene a ll o ra presa la decisione di raffo rza re le truppe impegn ate nell 'azione, coin volgend o tra l'a ltro

·i 4 9 Cfr. USSM E - Re lazione - V - I bis - Documenti, n/1. 15 0 C fr. Rnr.HAT, op. cii., p. 63.

cit., p. 24.

15 1 Cfr. USSME - Rcl:1zionc - V - 1b is - Documenti, op. cii ., pp. 2 4-25. 152 Cfr. R OCIIAT,

np. cit., p. 94 .

15 3 C fr. l'OMl'II.IO SCI IIARI N I, !.:Annata del Trentino 1915-1 9 19, Arno ldo

M o ndad o ri Editore, M il:ino, 1926, pp. 341-342. Opcr:i d 'orn in :1 v:1nti citata come SCHIARIN I. 154 Cfr. lJSSME - Rcl:izionc - V - l - Na rra~.io nc,

op. cii., p. 224.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

S6 1

anche le altre d ue Compagnie del Il[ Reparto 155 . Di q ueste la 1a riesce a respingere, nella serata del giorno 1O, un violento contrattacco nemico, mentre la 3", nella notte del 12 fatica ad assesta rsi sull e posizioni p iì:1 a lte, causa la presenza di singo li clementi anni da ti tra le rocce. La situazione vie ne d efinitivamente risolta da quattro Arditi, agl i ord ini del comandan te la 3" Compagn ia 156 , i quali adottando tecnich e da rocciato ri riescon o ad aggirare e sorprendere i difensori. L'intero Monte Corno rimane quindi saldamente in m::ino italiana, ad eccezione di q. l 801, mentre l'attacco, che è costato 12 morti e 113 feriti 157, consente la cattu ra di 84 prigionie ri, 4 ca nnoni di piccolo calibro e 2 111itragliatrici. Per l'audacia dimostrata nel l'azione, viene concessa la Medaglia d'Oro al Sottotenen te Carlo Sabatini 158 . In h;1se alle disposizioni em esse il 10 maggio 1918 il III Reparto assu111e la numer;1zione di V in qua nto facente parte delle t ruppe suppletive del V Corpo d'Armata della 1a Armata 15 9 . Tr;1 1'8 e il 9 giugno

15 5 Cfr. USSME · Rebzione - V - 1 - Narrazione, op. cit. , pp. 260-26 1. I S(; Cfr. RIASSUNTI - Volume 8°,

op. cii., pp.

108-109.

IS7 C fr. SU !IARINI, op. cit., p. 34 5. I.a font e indica che i caduti austro-ungarici furono 58 e fornisce cifre lieve111cntc di verse riguardo i prigionieri, che sarebbero stari 2 aspiranti ufficiali e 9 1 110111i11i di truppa, mentre le armi catturate sarebbero state un cannonci n o, 2 111itragliatrici e 2 lanciafiamme.

158 Cfr. ERRA RDO DI Al<:HF.I.BUR<;, Medaglie /)'uro , I Vo lume, Stabili mento Cartotec nico EJiroriale Società Ano nima A. Savoldi, lkrgamo, dara imp r ecisata, Biografia n. 4 1. Opera d'ora in avanti citata come MEDACI.IE. M o ti vazione de lla Medaglia d 'Oro co ncessa al Tenente Sahatin i Ca rl o, d a Alessandria, classe 1891, in forza inizialmente a l 34° Fanteria Livorno, poi all'l 1° Reggimento Bersaglieri, alla 579" Compagnia M itraglicri, volontario nel V Re parto d ' Assalto : " Pri m o sempre ai ci m enti, personificazione vera delle più elette virtù militari, co n alto spir ito di abnegazione e rnagni fico ard ire, con una scalata che ebbe del prod igioso potè primo, esempio ai q uattro arditi che lo seguirono, sotto i vigili occhi de lle vedett e nemiche, audJcem ente p io m h;1rc su numeroso presidio avversario, col quale ingaggiò v iolento co rpo a corpo. Nessuno de i ne mi ci fu salvo, i più furono uccisi e ne ll a misch ia roto laron o per i d iru pi. Sci ne catturò compre!'.o l' uffi ciale comandan t e del presidio. Fattosi poscia r aggiu ngere da fo rte nucleo d e i s uoi, si affermò saldJ111cn1c sulla posizione. (Monte Corno, 13 maggio 19 18)'',

159 Cfr. R.OCHAT, op. cit., p. 68.


562

Francesco Fatutta

passa <li di pendenza organica 160 e viene trasferito dalla P alla 9a Armata. Il 10 giugno viene però trasferito da quest'ultima al 1° Gruppo d'Assalto, in forza alla costituenda P Divisio ne d'Assal to. Il giorno 15 ri sulta dislocato n ei pressi di Arlesaga (Padova), inquadrato nel 1° Gruppo 161, e al suo comando vi è il Capitano Giulia, in seguito deceduto 162. Durante l'azione controffensiva sul Piave, opera a partire dal giorno 17 nella zona <li Capo <l'Argine, sempre inquadrato n el suo Gruppo e, una volta cessata l'emergenza, viene ritirato nelle retrovie per la necessaria riorga nizzazion e che interessa l' intera 1 a Divisione <l'Assalto. Il 27 giugn o viene passato di dipend enza e assegnato al 5° Gruppo della costituenda 2a Divisione d'Assalto di cui segue le vicende. Nella situazione riepilogativa datata 24 o ttobre 1918 viene indicato come dipendente del 5° Gruppo della 2" Divisione d 'Assalto 163 . 11 26 ottobre, operando sempre con ta le gra nde unità nel settore dell'VIII Corpo d'Armata (8a Armata}, inizia a forzare il Piave di fronte a Casa Pastrolin . Causa ritardi nella costruzione dei ponti, che avrebbero dovuto permettere l'afflusso dei rincalzi, 254 Arditi, 9 d<.:i quali ufficiali, rimangono isolati sulla riva d estra del fiume, e<l un tentativo di recuperarli fallisce. Disperatame nte si difendono sino alla sera del 27 164 , quando viene effettuato un nuovo tentativo d i libera rli, che questa volta riesce; parte degli Arditi, però, ne l frattempo è caduta, parte è s tata presa prigioniera (ma viene liberata due giorni dopo) e pertanto solo pochi riescono a rientrare sull'altra sponda del Piave. Non se ne hanno tracce dopo la data dell'Armistizio, come pure non è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo

°

16 Cfr. USSME - Relazione - V - l bis - Documenti, op. cit., p. 204. 161 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 344 e USSME - Relazione - V - lter - Carte, op. cit., n. 3 4. Da notare che la prima fonte lo cita come V Battaglione d'Assalto. Cfr. anche R oCHAT-MEMORII'? op. cit., pag. 5 17. 162 Cfr. ZOPPI, op. cit., p. 110. 163 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 886. 164 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 526.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

563

sia avvenuto il 26 febbraio 1919, in concomitanza con lo scioglimento della 2a Divisione d'Assalto, o comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, come per tutti gli altri Reparti <l'Assalto non indivisionati. Il suo Centro di mobilitazione 165 aveva sede presso il deposito del 2° Reggimento Fanteria Re, a Firenze, ed i suoi effettivi si fregiavano probabilmente delle "Fiamme Nere". V REPARTO D'ASSALTO della 2a Armata Viene costituito tra il settembre e l'ottobre 1917 presso il campo di addestramento <ldla 2a Armata a Sdricca di Manzano 166• Tra settembre e ottobre si addestra, insieme ad altri due Reparti <ldl'Armata, ad una azione offensiva su Ternava, in cooperazione con alcune squadriglie di autom itragliatrici, ma l'azione non ha luogo 167. Curiosamente, non si trova traccia del V Reparto d'Assalto nella pur dettagliatissima situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 168. li giorno 26 169 il V Reparto, insieme ad altri tre appartenenti alla 2" Armata, viene posto a disposizione del XXVU Corpo <l'Armata, per costituirne la retroguardia 170. All'epoca è comandato dal Capitano Turotti. Il giorno successivo, assieme a tutti gli altri Reparti, viene avviato a Cusignacco, alle spalle <lcl fiume Torre, ove è tenuto in 165

Cfr. ANNUARIO, op. cit., p. 683.

166

Cfr. ROCHAT, op. cit., pp. 36 e 53. 167 Cfr. RornAT, op. cit., pp. 51 e 56. 168

Cfr. USSME- Relazione - l V - 3bis - Documenti, op. cit., pp. 18 1-227 .

169

Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 374 e USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 376. Da notare che i testi citati parlano sempre di Battaglioni di Arditi o Battaglioni d'Assalto. 170 Mancano purtroppo gli elementi per poter identificare con precisione i Reparti in questione, dato che quelli operativi nell'ambito della 2" Armata dovrebbero essere stati 6 (I, Il, III, IV, V e VI), mentre soltanto 5, secondo la Relazione Ufficiale, vengono assegnati al XXIV e XXVII Corpo d'Armata. Ritenendo ovviamente attendibile questa fonte, si è costretti allora a cercare di scoprire gli altri Reparti per logica deduzione. Identificato il IV Reparto come quello assegnato al XXIV Corpo d'Armata, per le ragioni esposte nella Nota n. 620 posta in calce ai cenni storici del XXVI Reparto d'Assalto, rimangono da identificare gli altri 4 Re parti.


Francesco Fatutta

564

riserva di Corpo d'Armata 17 1. Si riporta che il giorno 28, con due Reparti d' Assaito, viene costitu ita una retroguardia (alla quale poi si aggiungono uno Squadrone dei Lancieri di Aosta e due batterie a caval lo della 13a Divisione) che opera lungo la strada di Mortigl iano, rna non è stato possibile appurare, data la caotica situazione del momento, se il V Reparto sia una delle unità destinate a tale compito 172 . La sera del 29, tutti i Reparti d'Assalto, quindi anche il V, si aggiungono alle unità schierate a difesa dei ponti di Pinzano e Comino sul Tagli amento 173 ; successivamente inizia il ripiegamento verso il Piave. Il giorno 3 novembre, ciò ch e rimane del V Reparto viene concentrato a Pie ve d i Soligo, per il riordiname n to organico, il recupero dei di spersi e il riarmo, in maniera da

segue 11ota Occorre rilevare a quesro proposito che la si tuazion e riep il ogativa uffi ciale da tara 24 ottobre 191 S elenca ben 7 unit,ì (III , X, XI, Xli, X l Il, X IV e XV) assegnate al Comando Reparti d'Assalto della 2" Arma ta, Reparti c he non trova no però un riscontro operativo nelle successive fasi di ripi egam ento e di arresto, il che fa sup porre che si tratti di unirà in riorg;rnizz;v.ione, addestramento, forma zione o di ipoti zzata costitu zione. Mancano invece 5 Reparti (I, H, IV, V e VI), il che indu ce a ritenere che sia no quelli g ià distaccat i dall 'A rmata per essere assegnati ai Corpi d'Armata. A questo proposito vale la pena sottolineare che ne lle situazioni riepilogative in genere, data la co mplcssi t?i della loro stesura, spesso sono riscomrabili error i di data nell'ordine di qualch e g iorn o, riferiti a p;1ssaggi d i dipendenza organica. Considerando qui nd i che la sit11;1zio11e riepilogativa è datat:I 24 0 1tohre e che l'ordine di cessione dei Reparti d'Assalto è datato 25 ottobre, il lasso d i tempo risult ;1 acceirahilmente ridotto per aver inJOLtn ad omettere dall'elencazione q uesti 5 Reparti, non più in fo rza nella 2" Armata, ma non ancora giu111i ai Corpi d'Armata di perti nenza. Pertanto, escluso il IV, cui prima si è accennato, rimangono esauamente 4 reparti, ossia il I, Il, V e VT, e in essi identifichere mo quindi i Re parti ceduti a l XX VII Corpo d'Armata, ovviamente con il beneficio della deduzione. Infine, per ciò che concerne il periodo susseguente a Caporctto, si è dovuto fa re ricorso ad una forma in gran parte com une ai vari Reparti interessati, data l' impossibilità d i scindere le si ngole vicende. 17 1 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 402. 172 Cfr. USSME - Relazio ne - IV - 3 - Na rrai.ion e, 173 Cfr. USSME- llelazione - lV - 3 - Narrazione,

O/J.

cit., p. 403.

op. cii., p. 4 14.


Contributo ad una storia delle lrujJ/Je d'assalto

565

poter essere subito riutilizzato in battaglia 174 . I;8 novembre il generale Montuori ord ina che i Reparti d'Assalto, tra cui il V, ripiegh ino a difesa del ponte <li Vi<lor. Durante la notte, si completa il passaggio delle trupp<.: in ritirata sulla destra <le i Pi ave; il mattino del 9 so lo i Reparti d'Assalto rimangono sulla sinistra d el fiume, schierati sulle alture di Conegliano, per coprire ancora l'u ltimo momento di ritirata de ll'ala d estra della 4" Armata e dei reparti di retrogua rdia in movimen ti verso il ponte d ella Priul a 175 . Il V viene poi ritirato nelle retrovie, ma essendo ancora efficient<.: è tenuto a dispos izion e per a ltri <.:vrntuali impieghi 171'i_ Ricordiamo ancora una volta che <li tutti i Reparti d'Assalto della 2a Annata, il '12 dicembre rimangono circa 2.000 superstiti su i 5.000 partiti sci settimane prima <la Sdricca di Man zano, che ve ngono concc nl r:Jti a D<.:bba e Longara, in provincia di Vicenza, a lle dipenden;,.c de ll a 1'1 Armata, per essere riorganizzati 177 . Nel dicembre 1917 il V Reparto viene sciolto per consentire di riportare ai livelli organici p revisti il II Reparto d'Assalto della 2a J\rmata 178 e pertanto esso non k1 continuità storica nel corso del 191 8 . V REPARTO D'ASSALTO della 4 " Armata (vedi XXVII Reparto) VI REPARTO D'ASSALTO (già V III Reparto della 4" Armata) Viene for mato, nel mese <li settembr<.: del 19 1 7, presso il campo di addcst ram <.:nto della 4a Armata a Zortea, con la numerazione di VIII, basandosi sul nucleo costitutivo rappresentato da una Compagnia

174

Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - NJrrJz inne, op. cii., p. 482. Ad esempio il 7 novembre il comando dclb 2" Annata avvia a Folina un Reparto d'Assalto per sb:1rrare la Val Marcno; non è stato possibile appurare il Reparto, che comunq ue avrebbe potuto essere il V. 175 Cfr. USSME - Rcb zionc - IV - 3 - N arrazione, op. cit., p. 484. 17 6 Cfr. ROCHJ\T, op. cit., p. 59. l ?7 Cfr. ROCH/\T,

178

op. cit., p. (, 1.

C fr. Roc:HAT, op. cit., p. 6.1


566

Francesco Fatutta

<ld disciolto IV Reparto <l'Assalto 179 . Diviene operativo nel corso del mese <li ottobre, sia pur con forza ridotta 180 • Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 risulta alle dipendenze della 1a Armata, inquadrato nell'ambito <lei cosiddetto "Settore Val Costeana" 181 . Dopo Caporetto, il Reparto ripiega dalle rocce <lcl Falzarego sino al Ponte di Vidor sul Piave 182, operando in retroguardia al VI Raggruppamento Alpini. Dopo aver preso parte diretta alla difesa della testa di ponte di Vidor 183 , e aver protetto il ripiegamento degli ultimi di fensori oltre il Piave, opera a novembre sul Monfenera e successivamente, nella seconda metà di dicembre, sul Monte Asolone 184 . Per l'eroismo dimostrato nei combattimenti al ponte di Vidor, viene concessa la Medaglia d'Oro al Tenente Arduino Polla 185 , il quale si distinse fra gli Arditi "Fiamme Verdi" impegnati

17 9 Cfr. Awo RASERO, "5° Alpini", Manfrini Editori, Rovereto, 1963, p. 259. Opera d 'ora in avanti citata come RASERO.

!.:Autore afferma: " Il VI Reparto d' Assalto si costituisce in zona di guerra nel settembre del 1917 a cura del D eposito <lei 5° Alpini col numero VIII che co nserva sino al maggio del 1918". Tale affermai.ione serve a comprovare la continuità storica, oltre che di identificazione numerica, che spesso esisteva tra Reparti esistenti nel 1917 e quelli del 191 8. 18 Cfr. ROCHAT, op. cit., p. 53 e VIAZZI, 0/J. cii., p. 8.

°

Da notare che la seconda fonte, come dive rse altre, lo indica per costituito anche con volontari provenienti dal 7° Reggimento Alpini e già nel 1917 lo identifica con la numerazione di " VI" che andrà ad assumere soltanto nel maggio 1918. 181 Cfr. USSMF. - Relazione - IV - 3bis - Documenti, op. cit., p. 195 e AHNAI.I){) FRACASSINI, Fiamme Verdi, apparso su "La Nostra Penna", periodico del-l'Associazione Nazionale Alpini, Sezione di Firenze, s.i.d.p., p. 5 . 182 Cfr. M EDAGLIE, Volume I, op. cit., Biografia n. 137.

l S3 Cfr. fRACASSINI, op. cit., p. 5. Da notare che, per un probabile refuso di stampa, il nome del Tenente Polla, viene storpiato in Bolla. 184 Cfr. F.NCICLOl'EDIA, Volume VI , op. cit., p. 183. 185 Cfr. MEOAGLIE, Volume I, op. cit., Riografia n. 137. M otivazione <lella Medaglia d'Oro concessa al Tenente Polla Arduino, da Venezia, classe 1884, organizzatore del Reparto di Volo ntari Alpini di Longarone, poi in furt.a all' VIII Rt:parto d 'Assaho, gi;ì decorato di Medaglia d'Argento:


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

5 67

in lotta corpo a corpo contro i nemici infiltratisi fra i reparti in ripiegamento 186 • Non se ne hanno poi notizie fino alla fine dell'anno, periodo nel quale il Reparto <lovrebbe essere interessato <la un ciclo di riposo e riorganizzazione. Alla data dell'8 gennaio 1918 187 un VTTT Reparto d'Assalto risulta esistente nell'ambito <lella 4a Armata. Nel marzo 1918 prende parte a numerosi combattimenti sul Piave, nella zona compresa fra Nervesa e Cavazuccherina 188 • 11 10 maggio 1918 assume la numerazione di VI Reparto in quanto facente parte delle truppe suppletive del VI Corpo <l'Armata della 4a Armata 189 . Operante sul fronte del Grappa, il giorno 18 la sua 3a Compagnia esegue un brillante colpo di mano a Cà Tasson 190. L'azio ne viene citata sul Bollettino di Guerra del 19 maggio 19 1, mentre al comandante della Compagnia, Capitano Ettore Viola, per l'eroismo <limostrato nell'azione, viene concessa la Croce di Cavaliere

segue nota "Ferito non lievemente due volte nella stessa azione, disdegnò ogni cura, animato dal solo pensiero di offrire alla Patria ciò che ancora gli rimaneva di forze Fulgida figura di eroe, rimase imperterrito sulla posizione sotto l'infuriare dell'ira nemica, esempio di meravigliosa tenacia, finché, colpito una terza volta e gravemente, trascinato al posto di medicazione trovava l'energia di gridare dì voler tornare tra i suoi soldati. Audace fra gli audaci, temprato dal pericolo mortale più volte affrontato, abituato a voler per sè l'impresa più rischiosa e ardita, in nmi ì combattimenti fu espressione di vero eroismo trasfo ndendo col suo valoroso contegno, con la costante audacia, la forza e l'energia nei suoi dipendenti. (Ponte di Vidor Monfcncra - Monte Asolone, 10 novembre - 20 dicembre I 9 17)". lS 6 Cfr. FALDELLA, op. cit., p. 791. 187 Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., pp. 24-25. 188 Cfr. ROCHAT, op. cit., p. 94. 189 Cfr. ROCHAT, op. cit., p. 68.

190 C fr. RASERO, op. cit., p. 260. 191 Nel Bollettino di Guerra del Comando Supremo N° 1090 del 19 maggio 1918 è rintracciabile un brevissimo accenno all 'azione; manca peraltro l'i dentificativo numerico del Reparto, ma comunque non vi sono dubbi che si tratti del colpo di mano effettuato dal VI Reparto: "A no r<l del Monte Grappa nostri arditi irruppero su l costone di Cà Tasson, infligge ndo perdite all'avversario e riportando pri gion ieri " .


568

f.ra11cesco Fatutta

ddl'OrJ in e Militare Ji Savoia 192 • A quell 'epo<.:a il Reparto risulta comandato dal Capitano AnJriolo Stagno 19 \ li 1.5 giugno risulta stanzi ato nella zona di Borso del Grappa (Treviso), sem pre a di sposiz ione del VI Corpo d'Armata de lla 4a Armata 194 . S<.:attata l'offensiva austro-ungarica, il g io rno successi vo nuclei del VI Reparto, insieme ai resti del 2:,9° Fanteria Pesaro, cd appoggiati dal fuoco della 68" Batteria da montagna e dalla 3a Batte ria del 50° l{cggimentu Artiglieri a da C.'.lm pagna, contengono l'avversario sul Monte Costun, infliggendogli pesa ntissime perdite 195 • Sempre lo stesso gio rno, una sua Compagnia, insieme ad clementi del 25 ] ° Fanteria Massa Carrara e della Brigata Rari, rico nqu istano q. 1503 del M unte Coston ed effettuano il rastrellamento dclb Val D a moro 196 .

192 Cfr. RA~l·.lm, . op. o ·t., p. 260. Moti vazio ne de lla C roce di Cavaliere d ell'Ordi n e Mili ta re di Savoi:i, rnncessa al Capitano 1-'.norc Viola, "Co mandante di Co mpagnia di assalto, preparò accu ratam e nt e e diresse con perizia un \irdita :nin ne di sorpresa coni ro un munitissimo salie nte nemico. Sprezzante di oi;ni d ifficoltà, alla testa de i suoi uomini nei quali aveva saputo 1rasfo11dere il suo ardenrc entusi~ismo, supe r;iri i re ticobti nemici si slanci:iva con impelo irresistibile e cor:1ggio mirabile nella trincea, che, rapidame nte e co n inte nso lancio Ji bombe sco nvo lse, anni entandone il presid io. Fallo seg no a inte nsissim o fu oco d i mitr,1gli atric i e di f1 1cilc ria , cd attaccato da fo rze superiori, dopo una lo tta a corpo a corpo fu costretto a ritira rsi riportando dei prigio ni eri. Rimasto ferito n o n legge rmente, si ra mm aricava solo d i dover abba ndo nare per qualch e tempo il proprio reparto. Mira bil e suscitatore di e nergie cd esempio costa nte di a rdi m e nto e d i alto se ntimento del dove re. C:i Tasson (G rappa), JR maggio 19 J8". 19 ·1 Cfr. YI/\ZZI, np. cii., p . 8.

La fonte indica erroneamente la data del 16 novem bre 19 1R al posro del 18 maggio, e no n si pur neppure ipotizzare che si confonda qu esta azio ne con la seconda del Re parto a Cà 'fasson, in q uanto avve nuta il 16 sette mbre. 194 C fr. USSM F. - Relazione - V - I tc r - Carte, op. cii., n. 34 e Cfr. USSME - Relazione - V - 1bis - D oc.:umenti, op. cil., p. 276 . Da notare che la seco nda fonte cit a, erroneame nte, il VI Reparto anc he a p. 27 1, ind icando lo come inquadrato nell'a mbito della (,A Armata. In questo caso si voleva probabilmente intend ere il VI Reparto di Marcia d ell a C," Armata . Cfr. anche ROClt AT-M EMORIE, up. cit., p. 5 1 7. 195 Cfr. USSM E - Re lazione - V - l - Narrazione, op. cit., p. 480. 196 Cfr. USSME - Relazion e - V - l - Narr:11.ione, op. cil., p. 4 81.


Contributo ad u11a storia delle truppe d'assalto

S69

li 27 giugno il Reparto viene assegna to al 6° Gruppo d'Assal to della costitue nda 2:1 Division e d'Assalto, di c ui segue le vicend e. Successivamente il Reparto si distingue il 1 O luglio, qua ndo conquista le posizioni di q. 1443 alla testata di Val Seren 197 e il 15 luglio, quando una sua Compagnia concorre ad effettuare un attacco riuscito contro q. 1503 del Roccolo 198. ll 16 settembre l'intero Reparto, assegnato alb 59a Divisione e raffo rzato dai 2 Plotoni Arditi della Brigata Mude11a, conquista mo mentanea mente q. 1443 sul Coston e d i Ciì Tasson 199 • Per queste azioni, e per quelle avvenute nella stessa zona nel mese di giugno, il Reparto virne decorato di M edaglia di Bronzo al V.M.; inoltre, per l'eroico comportamento tenuto nel corso dei combattimenti, v ie ne concessa la M edagli a d'Oro al capitano Ettore Viola 200 . Nella situazione riepilog:1tiva dat:ita 24 ottobre 1918 viene indi cato come dipendente dal 6° G ru ppo della 2a Divisione d'Assalto 20!.

197 Cf . r. RA~l élUl, op.

198

cit., p . 261.

Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrar.ione, uJJ. cit., p. 2 17. 199 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, up. cii., pp. 251 -2S2 . 200 Cfr. Medaglie, Voh11ne li, uµ . cit., Biografia 11. 232. Motivazione della Medagl ia d'Oro concessa al Capitano Viola Errore, da Villa fran ca Lunigiana, classe 1894, in forza all'88° ranteria Friuli, in seguiro al 75° Fanreria Napoli, poi al 149° Fanteria Trapani, asseg nato al VI Reparto d 'Assalto, già decorato di 2 Medaglie d'Argento e no111inato Cavaliere dell'Ordine Milit;ire di S;ivoia: "Comandante di una compagnia di arditi, la condusse brillantemente all' attacco di importanti posizioni , sotto l'inrenso tiro d i :1rtiglieria e mitragk1trici avversarie. Avute ingenti perdite ne ll a co111pagnia, magnifico esempio d i au~bcia e di ardimento, con un piccolo nucleo <li uomini continuò nell'attacco e giunse per primo con tre soli dipende nti, nella posizio ne da occupare. Caduti molti ufficia li di altri reparti sopraggiu111 i, assunse il comando di quelle truppe e con esse e con pochi superstiti della compagnia respinse in una no tte ben undici furiosi contratta cchi nemic i, sempre primo nella lotta. Rimasto solo, circondato dagli avversari, e fatto prigioniero, dopo tre ore si liberò co n viole nto corpo a corpo con la scorta che lo acco mpagnava, e rientrato nell e nostre lince con mirabile entusiasmo riprese irn rnedi atam entc il comando di truppe, respingendo con ful gida tenacia nuovi e forti contrnttacchi del nemico, incal 7.J ndol o per lu ngo tratto di terreno e infl iggend og li grav issime perdite. (M o nte Grappa, 16-17 settembre 1918)". 20 1 Cfr. USSME - Rela zione - V - 2bis - Docume nti, op. cii., p. 886.


570

Francesco ràtutta

Il giorno 28 e ffettua un colpo di mano al Colle Belvede re, me ntre il 3 fo rza il Piave a Ponte della Priula . In quei gio rni cade il sotto tenente Angelo Parrilla, decorato di M edaglia d'O ro alla memoria 202 • Nei giorni successivi, nella stretta di Serravalle, a I .ongarone, affro nta cd a nnienta retrogua rd ie nemich e 203. Proseg ue per la Va lle di Z o lfo cd è infine fermat o d a ll'Armistizio a Santa Lucia d i Livinallo ngo. In questo pe rio do al suo comando vi è il Tenen te Colonnello M a rio Re 204 • Terminate le ostilità, è rintracciabile nel dicembre 19 18 nei pressi di Trieste 205 e qui, il 28 febbraio 19 19, viene sc io lto. Il suo Centro di mo bilitazio ne 206 aveva sed e presso il d ep osit o del 7° Reggimento Alpini, a Be lluno 207 • I s uo i effe ttivi avrebbero d ovuto fregia rsi delle "Fiam me Verdi", m a risul terebbe c he a partire dal maggio 19 18, il Reparto fosse formato da 3 Compagnie,

202 Cfr. MEl>AGI.I E, Volume 11, op. cit., Biografia n. 364 . Motivazione della Medagl ia d'Oro concessa al Sotto te nente Parrilla Angelo, da Longobucco (Cosenza), classe 1899, in forza al 113° fa nteria Mantova, volo nta rio nel VI Reparto d'Assalto : "Chiesto ed ottenuto il com ando <lella pattuglia di punta, com posta di cinque ard iti, alla testa <li essa precedeva il proprio reparto <l'assalto. Avuto sentore della presenza <li imprecisate forze nemic he in un fabb ricato, dopo averne mandato sollecito avviso al proprio comandante, risolutamente e per primo si slan ciava nel fa bbricato stesso, affrontandone, con insuperabile au<lacia, a colpi di bombe a ma no, i d ifensori di gran lunga più nume rosi. Alla viole nta reazione <li questi, impegnava, insie m e a i suoi, un'accanita mischi a corpo a corpo, abbatte ndo un ufficiale avversario. Pugnalato a sua volta, continuava disperatamente, con i suoi arditi, nella stren ua ed impari lotta, mette ndo fuori combattimento numerosi nemici, finché, cri vellato di colpi, gloriosamente cadde, fulgido esempio di eroico valo re. (Caste llo di Susegana, 29 ottobre 19 18)". 203 Cfr. RASERO, op. cit., p. 262. 204 Cfr. VIAZZI, op. cit., p. 8. 2 05 C fr. RASERO, op. cit., p. 262. 206 C fr. ANNUARIO, op. cit., p. 684.

l07 C fr. RASERO, op. cit., p . 260. Com e peraltro già indicato nella nota n 179, il Reparto sarebbe stato costiniito a cura del 5° Reggimento Alp ini di Edolo. Ciò comunque 11011 esclude che, in seguito, da un punto di vista amministrativo il Centro di M o bilitazio ne abbia avuto sede presso il 7° Reggimento Alpi ni d i Belluno.


Contributo ad una storia delle trufJl,e d'assalto

571

che adottavano rispettivamente le "Fiamme Nere", le "Fiamme Cremisi" e le "Fiamme Verdi" 20 8, queste ultime per i provenienti dal 7° Reggimento Alpini 209 • VI REPARTO D'ASSALTO della 2a Armata Viene costituito, tra il settembre e l'ottobre 1917, presso il campo di addestramento della 2a Armata a S<lricca <li Manzano 210 . Tra settembre e ottobre si addestra, insieme ad altri due Reparti dcli'Armata, ad una azione offensiva su Ternova, in cooperazione con alcune squadriglie di automitragliatrici, ma l'azione non ha luogo 211 . Curiosamente non si trova traccia del VI Reparto d'Assalto nella pur dettagliatissima situazione riepilogativa datata 24 ottobre 19] 7 212 . li giorn o 26 2 1.ì il VI Reparto, insieme ad altri tre appa rten enti alla 2a Armata, viene posto a dis posizione del XXVII Corpo d'Armata, per costituirne la retroguardia 214 . All'epoca risulta al comando del Maggiore Ambrogi. Il giorno successivo, assieme

20R Cfr. Flv\CASSINI, op. cit., p . 5. 209 Cfr. MARIO RIZZA - Reggimenti delle 'Jruppe Alpine - Tomo TI - Dizionario

Essenziale, La Rosa Editrice, Cavagnolo (To) 1997, p. 331. Opera d'ora in avanti citata come: RIZZA. Anche questa fon te afferma che il Centro <li Mobilitazione aveva sede presso il 7° Reggimento Alpini.

° Cfr. RornAT, op. cit., pp. 36

21

211 Cfr. ROC:HAT,

e

53.

op. cit., pp. 51 e 56.

212 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3bis - Docu menti, op. cit., pp. 181-227. 213 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 374 e USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 376. Da notare che i testi citati parlano sempre <li Battaglioni di Arditi o Battaglioni d'Assalto. 214 Per un chiarimento riguardo i criteri <li identificazione dei Reparti assegnati al XXVII Corpo d'Armata si rimanda il Lettore alla Nota n. J70, posta in calce ai cenni storici del V Reparto d'Assalto della 2a Armata. Per ciò che concerne invece il periodo susseguente a Caporetto, si è dovuto fare ricorso ad una forma in gran parte comune ai vari Reparti interessati, data l'impossibilità di scindere le singole vicende .


sn

Francesco l·àiurta

a tutti gli altri Reparti, viene avviato a C usignacco, dietro il fiume Torre, ove è tenuto in riserva d i Corpo d'Armata 215 . Risulta che il giorno 28, con due Reparti d'Assalto, viene costituita una retroguardia (alla quale poi si aggiungono uno Squadrone dei Lancieri d i Aosta e due batterie a cavallo della 13a Divisione) che opera lungo la strada di Mortigliano, m a non è stato possibile appurare, data la caotica situazione del momento, se il VI Reparto sia una delle unità destinate a tale compito 216 • La sera del 29, tutti e 5 i Reparti, quindi anche il VI, si aggiungono alle unità schierate a difesa dei ponti di Pinzano e Comino su l Tagliamento 217 ; successivamente inizia il ripiegamento verso il Piave. Il giorno 3 novembre, i superstiti del VI Reparto vengono concentrati a Pieve di Soligo, per il riordinamento organico, il recupero dei dispersi e il riarmo , in maniera da poter essere subito riutilizzati in battaglia 218 . l:8 novembre il Generale Montuori ordina che i Reparti d'Assalto, tra cui il VI, ripieghino a copertura del ponte d i Vidor. Durante la notte si completa il passaggio delie truppe in ritirata sulla destra del Piave; il mattino del 9, quindi, solo i Reparti <l'Assalto rimangono sulla sinistra del fiume, schierati sulle alture d i Conegliano, per coprire ancora l' ultimo momento di ritirata del l'ala destra della 4a Armata e dei reparti di retroguardia in ripiega mento verso il ponte della Priula 219 • Il VI è poi ritirato nelle retrovie, ma essendo ancora efficiente viene tenuto a disposizione per eventuali impieghi 220 • A livello statistico, è bene ricordare che il 12 dicembre rimangono circa 2.000 superstiti sui 5.000 Arditi della 23 Armata partiti <la Sdricca di Manzano

215 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 402. 216 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 403. 217 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 414. 218 Cfr. USSME- Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 482.

Ad esempio il 7 novembre il comando della 2 3 Armata avvia a Folina un Repano d'Assalto per sbarrare la Val Mareno; non è stato possibile appurare il Reparto, che com~que avrebbe potuto essere il VI. 219 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, Oop. cit., p. 484. 2l0 Cfr. ROCHAT, op. cit., p. 59.


Co11tributo ad una storia dei le truppe d 'assaito

573

sei settimane prima. Essi vengono concentrati a Debba e Longara, nel vicentino, alle dipendenze della 1a Armata, per essere riorganizzati 221 . Nel dicembre 1917 il VT Reparto viene sciolto, per consentire di riportare ai livelli organici previsti il I Reparto d'Assalto della 2a Armata 222 e pertanto non ha continuità storica nel corso del 1918. VI REPARTO D'ASSALTO della 4a Armata (vedi IX Reparto) VII REPARTO D'ASSALTO della4a Armata Dato che in base alla riorganizzazione del 10 maggio 1918 nessun Reparto d'Assalto adotta questo identificativo numerico, per la numerazione di "VII", relativa all'ordinamento del 1917 e del gennaio 1918, si veda il XXX Reparto d'Assalto. VIII REPARTO D'ASSALTO (già XXII Reparto della 3a Armata) Viene costituito nell'ottobre 1917, con la numerazione di XXII, presso il campo di addestramento della 3a Armata a Borgnano 223 . Curiosamente non si trova traccia del XXII Reparto d'Assalto nella pur dettagliatissima situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 224 . Il mattino del 27 ottobre il Reparto è schierato nella zona di Pordenone alle dipendenze della 4a Divisione del XXIII Corpo d'Armata 225 . Il 2 novembre viene assegnato, insieme al XX Reparto, ad una forza di retroguardia, che comprende anche le Briga te Granatieri di Sardegna, Pinerolo e Tevere, destinata a proteggere il ripiegamento della J3 Armata sul Piave 226 •

221 Cfr. 222 Cfr.

op. cit., p. 61. op. cit., p. 63. 223 Cfr. R OCHAT, op. cit., p. 53. ROCHAT, ROCHAT,

224 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3bis - Documenti, op. cit., pp. 181-227. 225 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 407. Per un probabile refuso il XXII Reparto viene qui indicato come XII. Da notare inoltre che la fonte usa sempre la denominazione di XX II Battaglione d'Assalto o Arditi. 226 Cfr. USSME - Relazione - IV - .1 - Narrazione, op. cit., p. 488.


Francesco Fatutta

574

Il giorno 5 viene chiamato a difendere il ponte di Meduna di Livenza e prende posizione lungo l'argine destro del fiume 227• Dopo aver operato insieme ad altre unità in retroguardia della 4a Armata 228, il 9 novembre è schierato sulla nuova linea di difesa sulla destra del Piave, più precisamente nella zona di Povegliano, inquadrato nell'ambito della 4a Divisione, dipendente direttamente dalla 3" Armata 229. All'epoca i suoi effettivi risultano ridotti ad un centinaio di uomini, sugli 800 circa con i quali aveva iniziato il ripiegamento 23 0 • In data 14 novembre, su disposizione del Comando della 3 a Armata, tutte le sue forze d'assalto ancora esistenti, ossia i resti del XXIJ Reparto, il XIX e il XX ridotto a 2 Compagnie, si imbarcano a San Giuliano di Mestre e, attraverso i canali della laguna, raggiungono Cavazuccherina, ove i Reparti vengono posti al comando del Colonnello Giuseppe Pavo ne 2-11 • Successivamente, mentre il XX Reparto si incarica di creare una testa di ponte nel settore Sile-Cavetta, il XXII rimane in posizione di rincalzo insieme al XIX Reparto 232 . Non si hanno poi notizie del Reparto nell'ultimo periodo del 1917. ~: noto soltanto che i suoi superstiti, nel gennaio 1918, contribuiscono a ricostituire a Pero (Treviso) la l" Compagnia del XX Reparto 2.n. Quasi contemporaneamente, però, il Reparto viene ricostituito con la medesima numerazione. Alla data dell'8 gennaio 1918 234 un XXTT Reparto d'Assalto risulta esistente o in ricostituzione nell'ambito della 3" Armata.

227 Cfr. G1u1.1ANI, op. cii., p. 57. 228 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3bis - Documenti, op. cit., p. 418. 229 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - N arrazione, op. cii., p. 499 e USSM E - Re la7.ione - IV - 3bis - Documenti, 0 /1. cit., p. 410. 23 0 Cfr. H.OUIAT, op. cit., p. 59. 23 1 Cfr. Gnn.lANI, op. cit., p. 6 1. 2 32

Cfr. ROCHAT, up. cit., p. 67. La fonte parla di "[... ] XXII reparto della Y Armata in azione sul basso Piave, tra Capo Sile e il mare[... ]". 233

Cfr. G1u1.1ANI, op. cit., p. 70. 234 Cfr. USSME - Relazione - V - 1bis - Documenti, up. cii., pp. 24-25 .


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

575

Non si hanno notizie di un suo impiego operativo tra la fine dell'inverno e la primavera 1918. Il 1O maggio assume la numerazione di VIII Reparto in quanto facente parte delle truppe suppletive dell'VIII Corpo d'Armata dell'8 3 Armata 235 • Tra 1'8 e il 9 giugno passa di dipendenza organica 236 e viene trasferito dall'8a alla 9a Armata. Il giorno successivo viene però assegnato <la quest'ultima al 3° Gruppo d'Assalto della costituenda 1a Divisione e.I' Assalto di cui segue le vicende. Il 15 giugno risulta dislocato a Taggi di Sopra (Padova), alle dipendenze del 3° Gruppo d'Assalto 237 . In questo periodo al suo comando risulta il Maggiore Vagliasindi 238 . Durante l'azione controffensiva sul Piave, opera a partire dal giorno 17 nella zona di Fossalta, sempre inquadrato nel suo Gruppo e, una volta cessata l'emergenza, viene ritirato nella zona di Montebelluna 239 ; da qui, nella notte del 26 giugno, viene avviato per ferrovia nelle retrovie per la necessaria riorganizzazione che interessa l'intera 1 a Divisione d'Assalto. Non si hanno notizie di un suo eventuale impiego nel periodo estivo. Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 19] 8 viene indicato come dipendente dal 3° Gruppo della la Divisione d'Assalto 240. A quell'epoca il Capitano Giuseppe Vianello ne ha il comando 235 C f r. ROCHAT, op. cit. , p. 68. 236

C fr. USSME - Relazione - V - ]bis - Documenti, op. cit., p. 204. 237 C fr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 344, USSME Relazione - V - l bis - Documenti, op. cit., pp. 280 e 286 e USSME - Relazione - V - ltcr - Carte, op. cit. , n. 34. Da notare che la prima fonte lo cita come Vlll Battaglione d'Assalto. Per ciò che rigua rd a la seconda fonte, va fatto notare che l'unità viene assegnata contemporaneamente all'VTII Corpo d'Armata (p. 280) e a lla P Divisione d'Assalto (pag. 286). [;assegnazione esatta è quest'ultima, in quanto I' VIII Reparto d'Assalto era stato cedu co alla costituenda 1" Divisione d'Assalto il 10 giugno. C fr. anche RoCHAT-MEMORIE, op. cit., p. 517. 238 Cfr. ZOPl'I, op. cii., p. 110. 239 C fr. USS ME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 701. 24 C fr. USSM E - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit. , p. 886.

°


576

Francesco Patutta

inte rinale 241 . Il giorno 26 ottobre passa il Piave, insieme a tutto il 3° Gruppo d'Assalto, transitando sul ponte "B" nella zona di Fontana del Buoro 242, nel settore di pertinenza dell'VIII Corpo d'Armata <lcll'8 3 Armata. Il giorno successivo libera Sernaglia 243 . Dopo il termine delle ostilità, una situazione riepilogativa datata 17 gennaio 1919 lo indica per schierato a Fiume, alle dipendenze <lei XXVI Corpo d'Armata 244 • Nel marzo 1919 l'VTII Reparto, seguendo le vicende della 1a Divisione d'Assalto, parte da Venezia per la Tripolitania 245 , da dove rimpatria nel luglio successivo. In questo periodo il comandante risulta essere il Maggiore Raffaele Repetto. CVlII si stanzia dapprima nell'Emilia e successivamente nella zona <li Postumia, nei pressi della linea di armistizio 246 • N el settembre 1919, insieme al 3° Gruppo d'Assalto, viene fatto affluire sul tratto più orientale di tale linea 247 , in pratica nei dintorni <li Fiume, ove st:iva maturando la crisi. li giorno 8 il Reparto risulta d islocato a Mattugiie, con la 2a e 3a Compagnia stanziate aJussici 248 • li giorno 12, al passaggio della colonna proveniente da Ronchi, guidata da D'Annunzio, quasi tutto il Reparto, ossia 8 ufficiali e 2.SO Arditi con aib testa il Maggiore Giuseppe Nunziante, si unisce ai " legionari" 249 •

241 Cfr. ZOPPI, op. cit., p. 111. 2 4 2 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 5 17. 243 Cfr. ZUPPI, op. cit., p. 86. 244 Cfr. USSME - Relazione - V - 2ter - Carte, op. cit., n. 47. 245 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cit. , p. 74. 246 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cit., p. 119. 247 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cit., p. 142. 248 Cfr. LONGO, Op. Cit., Narrazione, p. 204. 249 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cii ., p. 143 e LONGO, op. cit., Narrazione, p. 207. Q uest'ultima fonte indica che, nella sola giornata del 12 settembre, in base ai dati ufficialmente comunicati dal coman<lo della 13 Divisione d'Assalto, avrebbero defezionato 450 uomini appartenenti all'Vlll Reparto e 180 del XXII, guidati da 38 ufficiali. Cfr. LONGO, op. cit., Narrazione, p. 255. Da una sintesi statistica fornita <lai Comando del1'8" Armata risulta che in data 28 settembre 19 l 9 gli effettivi dell'VIII Reparto che avevano defezionato risultavano 275, 22 dei quali uflìciali.


Contributo ad una storia dei/e truppe d'assalto

577

Nel novembre 1919 una sua Compagnia 2·50 , al comando deì Maggiore N unziante, segue D'Annunzio a Zara e s uccessivamente suoi elcme mi, comandati dal Capitano Vianello, ri mangono a presidiare ia d ttà dalmata. L'VIII Reparto trascorre a Fiu me rutto il periodo della " Reggenza del Carnaro", e nel frattempo viene ribattezzato "Legione Are.liti di Sernaglia". il 4 maggio 1920, suot clementi cercano di imped ire ad un gruppo di 300 uo m ini, pur se amorizzati d a D'Annunzio, J i a bbandonare b città. Nei tumulti seguiti muoiono 2 Carabinieri e 4 Arditi rimangono feriti 25 1. Nei giorni della difesa di Fiume, nel d icembre 1920, il Reparto opera appoggiandosi ai capisaldi delb Caserma Diaz e della Torretta, esplicando la propria azione fron taic in modo da arrestare l'avanzata delle truppe regolari dalla strada di Stefoni e c.lalla V:1lscu rigne 252 • No n è nota la data dello scioglimento dell'VIII Reparto. Si presume che quest'ultimo sia rimasto operativo, sia pur .lÙ o rga nici ridotti, inquadrando gl i elementi rimasri f edeli, e che il suo scioglimento sia avvenuto nel gennaio 1920, in concomitanza con q u ello della l a D ivisione d'Assalto. Per quanto riguarda invece gii effettivi presenti a Fiume, !'VIII Reparto lascia il capoluogo giulia no ii giorno 6 gennaio 1921 25 3 . Non è nota la destinazione degli effettivi e la loro sorte successiva. Il suo Centro d i mobi litazione lS 4 aveva sede presso il deposito del 55° Reggimento di fanteria Marche, a Siena, ed è acce rtato che i suoi effettivi si fregiavano d elle "fiamme Nere".

25

° Cfr.

LONGO,

op. cit., Narrazione, p. 387.

La fonte parla soltanto di: "una compagnia arditi", ma all'identificazione dell'unità si è giunti attraverso altre fonti attendibili.

25 1 Cfr. I.oN(;o, op. cii., Narrazione, p. 488. 252 Cfr. LUIGI EMILIO LONGO, J;faercitv llaliano e la Questione Fiumana (191 8-1921), Tomo Il - Allegati, Stato Maggiore Esercito - Ufficio Storico, Roma, 19%, p. 190. Opera d'ora in avanti citata come: LONGO, Allegati. 253 Cfr. LONGO, op. cit. , Narrazione, p. 556. 254 Cfr. ANNUARIO, op. cit., p. 684.


578

Francesco Fatutta

VIII REPARTO D'ASSALTO della 4" Armata (vedi VI R EPARTO) IX REPARTO D'ASSALTO (già VI Reparto dell a 4 a Armata) Viene formato nel mese di settembre 1917 presso il campo di addestramento della 4 a Armata a Zortea, con Ja numerazion e di VI, basandosi sul nucleo costitutivo rappresentato da una Compagnia del disciolto IV Reparto d'Assalto. Diviene operativo nel corso del mese di ottobre, sia pur con forza ridotta 255 . Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 risulta alle dipendenze del IX Corpo d'Armata della 4a Armata, inquadrato nell'ambito della 18a Divisione, ed è definito "ancora in formazione" 256 . Dopo Caporetto, ripiega in buon ordine e sostiene piccole azioni di retroguardia 257• Nei p rimi giorni di dicembre il VI Reparto, per ripianare le perdite subite, assorbe i superstiti del XVTTI Reparto della Zona Carnia e quelli del V Reparto della 4a Armata 258 • Presumibilmente in quest'ultimo scorcio del 19 17 lo attende un periodo di riposo e . . . norgamzzaz1one. Alla data dell'8 gennaio 1918 259 un VI Reparto d 'Assalto risulta esistente nelJ'ambito <lella 4a Armata. Tra il 14 e il 15 gennaio opera quale riserva del IX Corpo d'Armata 260 , il qua le è impegnato con alcune sue unità nell'azione di riconquista del Monte Asolane. Elem enti del VI prendono parte al colpo di m ano con l'obiettivo di fare alcuni prigionieri , ma gl i Austriaci catturati vengono uccisi. Dopo l'azione il Repa rto rientra a Pove e non sembra ch e la situazion e disciplinare e l'efficienza in genere sia no in questo momento delle migliori 261 . Nel mese di febbraio viene però posto al com ando

255 C"fr. ROCHAT, op. cit., p 53. 256 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3bis - Documenti, op. cii., p. 194. 257 Cf r. R OCHAT, op. cit., p. 59. 258 Cf r. ROCHAT, op. cit., p. 66. 259 Cfr. USSME - Relazione - V - Ibis - Documenti, op. cit., pp. 24-25. 26 Cfr. USSME - Relazione - V - 1bis - Documenti , op. cit., pp. 239-241. 26 1 Cf r. ROCHAT, op. cit., p. 63.

°


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

579

del Maggiore Giovanni Messe 262 , il quale si impegna a riaddestrarne gli effettivi secondo le esperienze di Sdricca e l'unità in breve diviene un eccellente strumento bellico. Il 10 maggio 1918 assume la numerazione di IX Reparto in quanto facente parte delle truppe suppletive del IX Corpo d'Armata della 4a Armata 26\ TI 15 giugno risulta sempre a disposizione del coma ndo <lei IX Corpo d'Armata della 4a Armata 264 , cd è dislocato nell a zona di Pove del Grappa (Vicenza). Lo stesso giorno, iniziata l'offensiva austriaca, viene disposto il suo trasferi mento a Col del Gallo, al fine di contrattaccare sul fianco il nemico, nel settore Val Damoro - Col Spiazzoli, in preparazione di un attacco. Il IX attacca immediat::im en te e con veemenza, mettendo in fuga il nemico dal Col Fagheron 265; una volta riordinatosi passa a supportare l'attacco al Col Feni lo n, che entro ser::i viene espugnato 266 . li giorno 16, alle ore 7, con in rincalzo il I Battaglione del 92° Fanteria Basilicata, il fX prende d'assalto il Col Moschin 267 , irrompendo nelle trincee ne miche. Lazione consente la cattura di 250 prigionieri, 25 dei quali uffi ciali, cd un ricco bottino di armi, tra le quali anche due nostre Batte rie da montagna cadute in mano nemica il giorno precedente. Pe r questa azione, il IX Reparto viene citato sul Bollettino di Guerra

262 Cfr. YIITORIO LUONI, Reparti D'Assalto - 70" della fondazione, apparso su "Rivista Militare", n. 4/198 7 , p. 133. Opera d'ora in avanti citata come LUONI.

26J Cfr. ROCHAT, op. cit., p. 68. 264 Cfr. USSME - Relazio n e - V - 1ter - Carte, op. cit., n. 34, USSME- Relazione - V - l bis - Documenti, op. cit., p. 276 e ROCHAT-M EMORIE, op. cit., p. S 17. 265 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., pp. 470-4 75. Per la precisione è da rilevare ch e a pp. 470 e 473 si parla di IX Battaglione d'Assalto, mentre a pp. 472 e 474 lo si cita p iù correttament e come IX Rep arto d'Assalto. 266 Cfr. TEN ENTE ANONIMO, Arditi in guerra, Omero Marangoni Editore, Milano, 1934, p. 2 15. Opera d 'ora in avanti citata com e TENENTE ANONIMO. Vi si afferma che nell'azio n e furono catturati 98 prigionieri, di cui 7 ufficiali, e 4 mitrag liatrici. 267 Cfr. RIASSUNTI - Volume 3", op. cit., p. 128 e RIASSUNTI - Volume 4 °, op. cit., p. 199.


580

Francesco fatut/.a

N. 1120 <lei 18 giugno 1918 268 e successivamente decorato di Medagl ia <l'Argento al V.M. per l'azione sul Col Moschin. li giorno 24 il IX Reparto viene lanciato all'attacco contro le hen munite d ifese <lcl Monte Asolonc; al prezzo di pesantissime per<lite, quasi metà c.kgl i organici, il IX riesce :.1 giungere sino a lla vcrt:i, ma non h:.1 forze sufficienti per resistere ai contrattacchi austriaci c<l è costretto a cedere il terreno conquistaro 269 . Per l'eroismo <limmtrato nel corso del combattimento viene concessa la Medaglia d'Oro alla memoria dell'Ar<lito Ciro Scianna 270 . Non si hanno poi notizie d i attività de! Reparto per tutto il resto <lei periodo estivo. Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 19'18, il Reparto risulta assegnato alle dipenJem.e della 4·' Armata 271. li giorno 25, nell'ambito dell'attacco contro ii Monte Asolane condotto dalla l 8 3 Divisione (IX Corpo d'Arrnnta, 4 :1 Armata), viene incaricato, insieme a lla 6" Compagni a del 139° Fanteria Bari, di prendere <l'assalto q. 1496 e di an nientare le diverse postazion i Ji mirrngliarrici nemiche esisten ti nella V:ille delle Sal ine 272 . L'azione ha un buon successo

268 Cfr. RIASSUNTI, Volume 1~, op. cii., pp. 185-186. Dal Bollettino di Guerra del Comando Su premo n. J 120 {18 giugno ] 9 J 8, ore 13): " [ ... Dallo Stelvio al mare ognuno h.1 compreso che il nemico non deve assolutamente passare; ciascuno dei nostri bravi che difendono il Grappa ha se nti to che ogni palmo dello storico monte è sacro alla Patria. Per le grandi giornate del 15 e del 16 giugno e per l'attacco al Tonale del giorno 13, fa llito tentativo d' inizio dell'offensiva nemica, meritano specia le menzione ad esponen te del valore di tutti gli altri riparti: [...] il IX Ri parto d'Assalto[... )". 269 Cfr. ROCIIAT, op. cit., p. 97.

°

27

Cfr. MF.UACLIE, Volume 11, op. cit., Biografia n. 362. Motivazione della Medaglia d 'Oro concessa alla memoria dell'Ard ito Scianna Ciro, <la ~agheria (Palermo), in forza inizialmente al 3° Reggimento Bersaglieri, poi al I 0° e al 16°, volontario prima nel XVIII Reparto d 'Assalto e successivamente nel IX Reparto, già decorato di Medaglia d'Argento e una di Bronzo: "Soldato di altissimo ardimento, in aspra battaglia, sotto micidialissimo tiro di fucileria e di mitragliatrici nemiche fra le tragiche lotte corpo a corpo, portava con irresistibile slancio lo stendardo del battaglione d'assalto alla testa delle o ndate, infiammando i compagni entusiasti del suo coraggio. Sulla vetta raggiunta, colpito in pieno petto, cadeva nell'impeto della sua superba audacia, dando al tricolore l'ultimo bacio ed alla Patria l'ultimo pensiero col grido di: "Viva l'Italia". (Monte Asolone, 24 gi ugno 191 8)". 271 Cfr. USSM E - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 863. 272 C fr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione,

op. cit., pp. 463-464.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

58 1

ini ziaic, che porra alJa cattura d i diverse centinaia d i prigionieri nemici (600 secondo 273 alcune fonti), e ii IX, dopo aver inviato 2 Plotoni :.i rafforzare colonne contigue, prosegue su Casera Spadoni e C asera Spalazzari, <love cattura altri 200 prigionieri austro-ungarici. Un vi olento contrattacco nemico annulla però il successo e il Rcparro è costretto a retrocedere combattendo furiosamente. Nei combattimenti il IX lamenta 35 caduti, S dei quali ufficiali, 148 fe riti e 6 dispersi. Per l'alÌone il IX viene citato sul Bollettino d i Guerra N . 1252 del 26 ottobre 1918 274 . Per l'eroismo dimostrato nei combattimenti di quei giorni, viene concessa la Medaglia d'Oro al Sottotenente Dario Vitali 275 . Quattro giorni Jopo il Reparto, su 2 C ompagnie, è destinato ad effettuare un .macco sui Col d ella Berretta condotto insieme al li e

273

Cfr. RoU-J:\T, op. cìt. , p. 104. . I _, Ctr. RIAS~UNTI, Vo urne 1°, oµ. et. , pp. 92-93 . Dal Ho llettino <l i Guerra del Comando Supremo n. 12S2 (26 o tto bre 191 8,

1~4

ore 12): " Nella regione nord o ccidentale del mas.~ iccio del G rap pa, i combatt imenti ripresi all'::i iba, sono continuati l'intera giornata d i ieri. Sul terre no conquistato da noi il giorno precedenre, la iotta iw fluttuato accanita, ma alla fine la tenacia delle brave truppe della 4" Arm ata ha avuto ragione dei disper::ni contrattacchi nemici ed il possesso delle contese posizioni è stato manten uto ed in più tratti am pliato. Nelle ultime 24 ore vennero catrnrati 4 7 uificiaii e 2102 uomini d i truppa. Il 9° reparto d'assalto si è particolarm ente distinto. Alla brigata Pesaro, al 18° e 23° reparto d'assalto spetta il merito di ave r compiuro la difficile conquista di M onte Pertica form idabilmente apprestato a difesa dall'avversario; alla brigata Aosta quello di aver occupato di slancio il Monte Valderoa a nord-ovest dello Spinoncia. [...]". 275 Cfr. M EDAGLIE, Volume TI, op. cit., Biografia n. 23S. Motivazione della Medaglia d'Oro concessa al Sottotenente Vitali Dario, da l .ucca, classe 1899, in forla ad un reparto Zappatori del Genio, =gnato al IX Reparto d'Assalro: "Porta-stendardo di un flattaglionc "fiamme nere", in un fierissimo combattimento fece sventolare alto il Tricolore alla testa della prima ondata, infiammando ed entusiasmando i soldati. Convinto dell'importanza morale del sacro segnacolo di vittoria, lo tenne spiegato nei punti più pericolosi e più minacciati anche quando attorno a lui imperversava la d istruzione e la morte. Ferito gravemente con la perdita di un occhio, rifiutò di lasciare il combattimento. Accerchiato con altri pochi compagni da forze superiori, con sublime slancio si scagliò in violenta ed impari lotta, riuscendo col suo eroico ardimento a far abbassare le armi al reparto nemico, che gli aveva tagliata la ritirata. Solo a combattimento ultimato si sottopose alle cure mediche. Fulgido esempio di eroismo e di alte virtù militari. (Munte Aso lo ne - Col della Berretta, 25 ouobre 1918)".


582

Francesco ràtutta

lIT/60° Fanteria Calabria e a 2 Compagnie mitraglieri 276 . La sua 3a Compagnia, insieme al XXIII Reparto d'A<;salto e ai Plotoni Arditi <lellc Brigate Basilicata, Bari, Calabria, Forlì e Siena, supporta l'azione principale muovendo contro q. 1486 e q. 1440 e da queste verso Valle delle Saline. Con azione rapida e decisa vengono raggiunti i primi obiettivi, ma contrattacchi nemici provenienti dalla Valle delle Saline costringono i reparti di supporto a ripiegare e il IX perde uno dei suoi Plotoni lanciafiamme nel tentativo <li contrastare l'azione nemica. In seguito anche il grosso del IX è costretto a sospendere l'azione e a ripiegare, combattendo. L'azione <li conquista del Monte Asolone fallisce con gravi perdite e il IX Reparto viene inviato nelle retrovie per essere ricostituito. Infatti, partito con 30 ufficiali e 400 uomini, dopo due giornate di combattimenti il IX ha perduto 28 uffi- · ciali e 41 O uomini, cd è rimasto con 3 ufficiali e 100 uomini 277 . li ] 0 novembre riceve l'ordine dal Comando del IX Corpo d'Armata di muovere, su 2 Compagnie, quale avanguardia della 21 a Divisione, destinata a<l avanzare in Val Sugana 278 , e con essa opera a Tezze e Grigno. Le perdite subite dal TX Reparto d'Assalto in quest'ultima fase delle operazioni sono indicate in 4 caduti (1 ufficiale), 9 feriti e 1 disperso 279 . Al termine delle ostilità, nel novembre 1918 risulta dislocato a Risano (Udine). Una situazione riepilogativa datata 17 gennaio 1919

276 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., pp. 605-608, RIASSUNTI. Volume 3°, op. cii., p. 147 e ENCICLOl'El>IA, nfJ. cit., Volume 1, p. 769. 277 Cfr. RocHAT, op. cit., p. 104. Le cifre così come esposte risulterebbero inesatte in quanto il Reparto sembra aver perduto più uomini di quanti non ne avesse inizialmente in forza. In realtà, nei due giorni di combattimenti, potrebbe aver ricevuto dei complementi o dei suoi Plotoni non schierati inizialmente, nel qual caso le cifre indicate avrebbero una loro logica. 278 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 709. 279 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cii., p. I 169. Secondo la fonte le perdite si riferirebbero all'intero periodo 24 ottobre-4 novembre, ma l'esiguità delle stesse fa ritenere che i valori riportati si riferiscano unicamente agli ultimi due giorni di guerra. Non sembrano infatti credibili pen.lite talmente esigue per un Reparto così massicciamente e duramente impiegato. D'altra parte diverse altre fonti riportano perdite ben maggiori, peraltro già citall:.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

583

lo indica per schierato nei pressi <li S. Maria la Longa, sempre alle dipendenze del IX Corpo <l'Armata 280 • Ciò sembra essere in contraddizione con quanto si apprende da altre fonti 28 1 che citano il dicembre 1918 quale <lata del suo scioglimento. Viene poi ricostituito tra il marzo e il giugno 1920 a Roma (ed anche questa <lata sembra essere controversa) con personale tratto dallo scioglimento di diversi Reparti Arditi Territoriali, essendo destinato ad assolve re la funzione di Reparto complementi per il Reggimento d'Assalto 282 • All'epoca il suo comandante è il Maggiore Parisi. Nel giugno 1920 viene inviato in Albania con il Reggimento d'Assalto; parte da Trieste ed i I 16 giugno sbarca a Valona 283 • Il 19 giugno partecipa alla conquista di Drascioviza. Il 23 luglio contrattacca vittoriosamente, insieme al XX Reparto e ai Battaglioni Alpini Dronero e Intra, i circa 4.000 insorti albanesi che attaccano la cinta fortificata di Valona e li respinge verso la Sciusciza 284 • Rimane in 28 0 Cfr. RornAT, op. cit., p. LU. Vi si afferma che il IX Reparto è uno dei pochi per i quali si conoscono le vicende storiche; le date di scioglimento, di ricostin1zione è di definitivo scioglimento sono

state tratte dal volume di Salvatore Aponte, J;A vanguardia del Grappa. Il IX Battaglione d'assalto "fiamme nere", edito dalla Tipografia dell' Unione, Roma, 1921. 28 1 Cfr. USSME - Relazione - V - 2ter - Carte, op. cit., n. 47. 282 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cit., p. 184.

La fo nte non indica una data precisa per la ricostituzione del IX Reparto, ma l'ambito in cui ne parla fa riferimento alla riduzione di 106.000 effettivi del Regio Esercito chiesta dal Ministero della Guerra nel marzo 1920. Riferisce però che dallo scioglimento di alcuni Reparti Arditi Territoriali vennero tratti complementi per il Reggimento cl' Assalto e che tali complementi vennero riuniti in un nuovo Battaglio11e, il quale prese il numero distintivo IX. Considerato il fatto che si conosce la data di partenza per l'Albania del IX, si può desumere che la sua ricostituzione sia avvenuta, almeno secondo questa fonte ufficiale, tra il marzo e il giugno 1920. Cfr. ROCHAT, op. cit., p. B5. Sempre facendo riferimento al testo di Salvatore Aponte, viene in vece indi ca to il gi ugno 1919 come data di ricostituzione del IX Repart o. 283 Cfr. USSME - Dopoguerra, up. cil., p. 176. 284 Cfr. U!+JCIO STORICO STATO MAC.C.JOl(E foEHCITO - T,'Esercilu italiano nella Gra11de Guerra 1915- 18 - Relazione Ufficiale - Volume Vll - Tomo 3 - Le operazio-

ni fuori dal territorio nazionale - Albania - Macedonia - M edio Oriente - (Narrazione) - Roma, 1983, p. 146. O pera d'ora in avanti citata come: USSME - Relazione - VII - 3 - Narrazione.


584

Francesco Fatutt.1

Albania sino all'agosro 1920 285 , viene rimpatriato nel settembre successivo e concentraro nel Friuli, ove viene definitivamente disciolto nel mese di novembre . l i suo Centro di mobilitazione 28l· aveva sede presso il deposito del 4S Reggimento Fanteria ReKgio, a Ozieri, cd è accert:lto che i suoi effettivi si fregiavano <lell e " fiamm e Nere". 0

IX REPARTO D'ASSALTO dello 1a Armata (v<.:d i XVllI Reparto ) X REPARTO D'ASSALTO (già XXJX Reparto della ·p Armata) Vi ene costituito in <lata imprecisata, probabilmente nel settembre

191 7, con la numerazione <li XXI\~ ncll ' arnhico delia "I" Armata in un campo di addestramento situato nel Vicc11t111 0 2!>7. N ella situazione ri epilogativa d:nata 24 ottobre] 917 risulta alle dirette d ipendenze del X Corpo d'Armala delb J a Armata 288 . Il 7 dicembre 191 7 il Co mand o d ella l a Armata 289 mette a d isposizione dd co mand ;1 11te delle Truppe Altipiani, insie me al 21 7° Fanteria Volturno, il XXTV Reparto d'Assalro del X Corpo d'Armata, o rdin ando il loro trasferimento in giornata nella regione di Magn aboschi. Dopo una stasi nelle operazioni si ritrova traccia del Re parto soltanto il 2.1 dicembre quando , dopo la penetrazione del nemico sino al Col del Rosso 290 , il comandante le Truppe Altipiani informa b 1'1 Armata di aver fatto conccntr;-ire il XXIV Reparto e il

28S Cfr. ROCHAT, op. cit., p. 135. 286 Cfr. ANNUAH IO, 0/J, cii., p. 684. 287 Cfr. G1u1.1AN1, op. cii., p. 155 . Per ciò che concerne la dislocazione dei cnmpo di addestramenro si mn anda alla Nota Nr. 425 riportata in calce ai cenni storici del XVIII Reparto d'Assal to 288 Cfr. USSM E - Relazione - IV - 3b1s · Documenti, op. cit., p. 186 . 289 Cfr. USSME - Relazione - rv . 3. Narrazione, op. czt. , pp. 594-.595. Da notare che la fo nte lo indica sempre come XX IV Battaglione d'Assal to.

z9o

Cfr.

ROCHAT,

op. cit., p. 67.

La fonte parla di "l---l un XXIV reparto m azione a fine dicembre sul Col d el Rosso, Col d'Echele, Mont e Mclago L... ]".


Contributo ad una storia delle truppe d 'assalto

585

2 17° fonteria a Osteria Granezza 291 • Nelle prime ore del giorno 24, il XXIV Reparto supporta l'azione di riconquista del Monte M elago, effettuata dal X LVI l~attaglione Bersaglieri e dal Ul/9° fanteria Regina 292 e prende poi parte alle successive azioni nel settore. Complessivamente n ei rre giorni de i cos iddetti "combattim e n ti di Natale", il XXIV Battaglione d'Assalto perde 8 ufficial i e 180 Arditi 293 . Gli ul ti mi giorni del 1917 dovrebbero coi ncide re, per il Reparto, con un periodo di riposo e riorga nizzazione. Alla data Jell'8 gennaio 19·1g 294 un XXIV Reparto risulta esistcnre o in ricostituzione nell' ambito della 1·' Armata 295• Il 14 ap ri le una sua pattuglia effettua un colpo di mano in località Conca Laghi, annientando una postazione di mitragliatrici nemica 296. Il 10 maggio il XXTV assum<.: la numerazione di X Reparto in quanto facente parte delle truppL' suppletive del X Corpo d'Armata delìa ·1'1 Armata 2 'J 7. All'ini7.io d i giugno, più esatta mente tra i giorni 8 e 9, passa d i dipenden7.a organica 298 e viene trasferito dalia 1a alla 9 3 Armata, la quale il giorno 10 lo assegna al 1° G ruppo d'Assalto delb costituen da 1a Divi sione d'Assalto . Il 1 S giugno ri sulta dislocato ne i pressi

291 Che si rrarti del XXIV Reparto lo si comprende solr:rnr0 dal fon ogramma del comandanre Truppe Altipian i, che lo indica come XXIV Battaglione d'Assalro, mentre nelle disposizioni del Comando della 1·' Armara si parla generi camente di Battaglione d'Assalto del X Corpo d'Armara. Cfr. S CHIAR IN!, op. cii., p. 302. La fonte conferma trattarsi del XXIV Battaglione d 'Assalto. 292 C fr. S CHIJ\RINI, op. cit., p. 302 .

Da notare che la fonte lo cita corne 24° tiattagl ione. 293

Cfr.

294

Cfr. USS ME- H.clazione - V - lhi s - Doc umenti, op. cit., pp. 24-2S .

S c 111ARINl,

op. cit. , p. 105.

295

Cfr. MAST!HWINI, op. cit., p. 53. Secondo questa fonte la Scuoia Reparti d'Assalto della 1·' Armata, nel gennaio del 191 8 aveva sede a Vittaroìo di Lusiana. 296 Cfr. SCHIAIUNI, op. cii., p. 342. La fonte lo cira ''r, .. ] una pattu giia del Reparto d'Assalto de! 10° Cor po d 'Armata j ..•]". 297 Or. · R OCHAT, op. cit., p. 68. 298

Cfr.

U SSM E -

Relazione - V - lhis - Documenti, op. cit., p. 204.


586

Francesco Fatutta

di Lissaro (Padova), inquadrato nel 1° Gruppo d'Assalto 299 ; al suo comando vi è il Capitano Gualtieri 300• Durante l'azione controffensiva sul Piave, opera a partire dal giorno 17 nella zona di Capo d'Argine, sempre inquadrato nel suo Gruppo e, una volta cessata l'emergenza, viene ritirato nelle retrovie per la necessaria riorganizzazione che interessa l'intera 1 a Divisione d'Assalto. Nel mese di agosto viene prescelto, assieme a l XX Reparto, per partecipare ad una azione offensiva sul Monte Tonale, insieme a 2 Battaglioni alpini; azione iniziata male e poi sospesa, sembra per il malcontento serpeggiante tra gli Ardici, chiamati a svolgere un ruolo secondario e non l'azione principale 301 • Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1918 viene indicato come dipendente dal 10° Gruppo della l 3 Divisione d'Assalto 302, di cui segue le vicende. Nella medesima giornata risulta al comando del Maggiore Alessandro Parisi 303 . Terminato il conflitto, il X l<.eparto continua a seguire le vicende della la Divisione d'Assalto, che viene inizialmente schierata lungo il confine orientale. Nella seconda decade di marzo del 1919 parte da Venezia per la Tripolitania 3o4, da dove rimpatria nel luglio successivo. Si stanzia dapprima nell'Emilia e successivamente nella zona di Postumia, nei pressi della linea di armistizio 305. Visto il comportamento del Reparto allo scoppio della crisi fiumana, nel novembre 1919 il generale Badoglio, prevedendo di dover ricostituire la 1a Divisione d'Assalto su nuove basi, lo sceglie

299 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazio ne, op. cit., p. 344, USSME Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., p. 286 e USSME - Rdazione - V - ltcr Carte, op. cit., n. 34. Da notare che la prima fonte lo cita come X Battaglione d'Assalto. Cfr. anche ROCHAT-MEMORIE, op. cit., p. 517. JOO Cfr. ZOPPI, op. cit., p. 110. 301 Cfr. ROCIIAT, op. cit., p. 103 . 302 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 886 . 303 C fr. ZOPPI, op. cit., p. 111. 304 Cfr. USSME - Dopoguerra - up. cii., p. 74. 3 o5 Cfr. USSME - Dopoguerra - op. cit. , p. 119.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

587

insieme al XX e al XXII, considerati anch'essi "sicuri", per l'eventuale costituzione di un nuovo Raggruppamento d'Assalto 306. Nel giugno 1920 il X Reparto, secondo alcune fonti 307 , viene inviato in Albania nell'ambito del Reggimento d'Assalto; vi rimane sino alla metà di agosto, dopo aver subito sensibili perdite soprattutto a causa della malaria. Rimpatriato, viene poi stanziato in Venezia Giulia, lungo il confine iugoslavo. Non è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avvenuto tra il novembre e il dicembre 1920, in concomitanza con lo scioglimento del Reggimento d'Assalto 308 . Il suo Centro di mobilitazione 309 aveva sede presso il deposito del1'8° Reggimento Bersaglieri, a Verona, ed i suoi effettivi si fregiavano probabilmente delle "Fiamme Nere". X REPARTO D'ASSALTO della 2" Armata (vedi I Reparto d'Assalto) Xl REPARTO D'ASSALTO (già XX Reparto <lclla 3a Armata) Viene costituito il 16 ottobre 1917 presso il campo di addestramento della 3a Armata a Borgnano 310 con la numerazione di XX Reparto. T suoi effettivi provengono dai seguenti reparti: 49° e 50° .Fanteria Parma, 69° e 70° Fanteria Ancona, 215° e 216° Fanteria Tevere, 227° e 228° Fanteria Rovigo, 259° e 260° Fanteria Murge,

306 Cfr. USSME - Dopoguerra - op. cit., pp. 130-131. 3 o7 Cfr. ROCHAT - op. cit., p. 135. Secondo l'opera di Salvatore farina, il Reggimento d'Assalto sarebbe stato composto in Albania da 4 Reparti d'Assalto: IX, X, XX e XXII. Cfr. LONGO, op. cit., Al legati, p. 158. Viene confermato il fatto che il Reggimento d 'Assa lto nell'agosto 1920 si trovava a Valona con il IX, X, XX e XXII Reparto d'Assalto (peraltro definiti " lfattaglioni" dalla fonte). Cfr. USSME - Dopoguerra - op. cit., p. 176. Questa fonte indica invece il Reggimento d'Assa lto composto da solo 3 Reparti d'Assalto, ossia il IX, XX e XXII. 30 8 Cfr. ROCHAT - op. cit., p. 130.

.rn 9 Cfr. ANNUARIO, op. cit., p. 684. 31

° Cfr.

R OC.HAT,

op. cit., p. 53 e GIULIANI, op. cit., p. 41.


588

Francesco f.atutta

265° e 266° fanteria Lecce, 78° Fanteria di Marcia, 44° Artiglieria da Campagna, 11° Cavalleggeri di Foggia, 23° Cavalleggeri Umberto T311 • Al comando del XX Reparto, destinato ad opera re con l'XI Corpo d'Armata, vi è il Maggiore Tani. Cu riosamente, non si trova traccia del XX Reparto d'Assalto nella pur dettagliatissima situazione riepilogativa d:itata 24 ottobre 191 7 312. Nella notte del 25 il Reparto riceve l'ordine di :ivviare il carreggio verso il Tagliamento e di portarsi al completo sull' lso11zo, per schierarsi a difesa del ponte di Peteano. Passate le ultime retroguardie, il ponte vi ene fatto saltare e il XX ini zia a ripiegare attraverso Gradisca, ove giunge il 28, e successivamente Romans, Crauglio, Faugliis e Aris 31 -1. Al mattino del 30 viene destinato alla difesa del ponte di Madrisio sul Tagliamento, assumendo, su ordine del la 4a Divisione, il seguente schieramento: Comando :i San Pietro, 1" Compagnia a Camino di Codroipo, 2a a Gori1.zo e 3a a Mulino della Siega. Investito dall'avanzata ne mica, della 1" Compagnia si salvano soltanto 3S uomini 314, mentre anche le altre Compagnie subiscono perdite per contenere l'azione avversaria 3 ·i.s. Il 2 novembre il XX viene assegnato, insieme al XXII Reparto, ad una forza di retroguardia, che co mpren de anche le Brigate Granatieri di Sardegna, Pinerolo e Tevere, destinata a proteggere il ripiegamento della Y Armata su l Pi ave 31 6 • Ridotto a poco più di

.H 1 Cfr. G n JI.IANI,

op. cii., p. 41. Da notare che la fonte lo cita sempre come Battaglione d'Assalto. Inoltre, stranamente, pur r icordando che la sua denominazione origi naria era quel la d i XX Rcpano, lo identifica se mpre come Xl, ossia con la numerazione che il Reparto a ndrà a<l assumere soltanto ne l maggio 191 8. Tale scelta risulta inspiegabile, anche alla luce <lei fotto che nelle stt:sse pagine altri Reparti della 3" Armata vengono identificati con la numerazione originaria (ad esempio XIX e XXII), rischiando in tal modo di ingenerare ulteriore confusione nel Lettore. 312 Cfr. USSME- Relazione - IV - 3his - Documenti, op. cit., pp. 181 -227. 313 Cfr. GIULIA 1,

op. cit., pp. 46-50.

3 l 4 C fr. GIULIANI,

op. cit., p 70.

3 15 Cfr. GIULIANI,

op. cii., pp. 51-56. 3 16 Cfr. lJSSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 488. Da notare che la fonte lo cita come XX Battaglione Arditi.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

589

200 uomini, viene chiamato a difesa della testa di Ponte di Meduna di Livenza, ove si schiera il giorno 5. Resiste sulla posizione sino al giorno 7, poi ripiega su Fossalta Maggiore ove sosta tutto il giorno successivo; riprende poi la marcia, svolgendo compito di retroguardia per la Brigata Granatieri di Sardegna; all'alba del 9 a Ponte di Piave passa il fiume 31 7. Assolto il suo compito in retroguardia alla 3a Armata 318 , lo stesso giorno risulta schierato sulla nuova linea di difesa sulla destra del Piave, più precisa mente nella zona di Povegliano, inquadrato, quale riserva, nel l'ambito della 4" Divisione, direttamente dipendente dalla 3a Armata 3 19 . All'epoca può contare soltanto su circa 200 effettivi 320. In da ta 14 novembre, su disposizione del Comando della J3 Armata, tutte le sue forze d'assalto ancora esistenti, ossia il XX Reparto, ridotto a 2 Compagnie, il XIX e i resti del XXU, si imbarcano a San Gi uliano di Mestre e, attraverso i canali d ella laguna, raggiungono Cavazuccherina ove i Reparti vengono posti al comando del colonne llo Giuseppe Pavone 32 1. Il giorno successivo, gettata una passerella sul canale Cavetta, la 3a Compagnia si incarica di creare una testa d i ponce nella zona Sile-Cavetta, prendendo collegamento con le unità di Marina schierate nel settore contiguo, mentre la 2a Comp agnia si porta in direzione opposta verso Capo Sile. Approntate le trincee, il Reparto rimane a presidiarle sino al 16 dicembre, anche se questo compito risulta contrario al normale impiego delle unità d'assalto. Tuttavia l'esigenza di bl occare ad ogni costo l'avanzata austriaca e la difesa di Venezia risultano priorità assolute.

3 17 Cfr. GIULIANI, op. cit., pp. 57-5 9. 318 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3his - Documenti, op. cìl., p. 418.

Da notare che la fonte lo cita come XX Batraglione d'Assalto. 3 I 9 Cfr. USSM E - Relazione · TV - 3 . Narrazione, op. cii., p. 499 e USSME - Relazione - lV - 3bis - Documenti, op. cii., p. 410. Da no tare che entrambe le fonti lo citano come Battaglione d'Assalto, la prima con il numero ro mano, la seconda con il numero a rabo. 32 0 Cfr. ROCHAT, op. cit., p. 59. 321 Cfr.

G1uuAN1,

op. cìt., p. 6 1.


590

Francesco Fatutta

Cede le linee alla Il[ Brigata Bersaglieri 322 e da Cavazuccherina il XX ritorna alla dipendenze dell'Xl Corpo d'Armata, stanziandosi a Pero, un piccolo borgo fra Treviso e il Piave, per un periodo di riposo e riorganizzazione ·123 • Alla data de11'8 gennaio 1918 324 un XX Reparto risulta esistente, nell'ambito della 3" Armata. Con i resti del XXll Reparto viene costituita la 1 a Compagnia, perduta sul Tagliamento, mentre i complementi contribuiscono a completare gli organici delle altre Compagnie 325 • Comandante all'epoca è il Maggiore Umberto Augusti . Nonostante gli ordini del Comando Supremo che proibiscono attività di corvé pe r i Reparti d'Assalto, nel mese di febbraio singoli Plotoni vengono adibiti a tale attività nell'Isola Caserta, in terra di nessuno. Dopo le proteste degli Arditi, il loro compito viene mutato cd assumono la protezione di reparti di fanteria impegnati in quei compiti, sempre nell'Isola Caserta. A fine febbraio il Reparto viene posto alle dipendenze tattiche del XXIII Corpo d'Armata ed avviato ad Altino, ove esiste un vasto poligono per esercitazioni. Qui il XX si addestra in vista di una operazione destinata a rioccupare il territorio esistente tra il Piave Nuovo e il Piave Vecchio. 1..?operazione, che avrebbe dovuto svolgersi nella prima decade di marzo, viene poi annullata, e il Reparto ritorna a Pero. Un colpo di mano viene effettuato il 5 aprile, quando tre nuclei passano sull'isola San Pietro; scoperti dal nemico, devono però ripiegare s ubendo alcune perdite 326 • Il 10 maggio 1918 assume la numerazione di XI Reparto in quanto facente parte delle truppe suppletive d e ll'XI Corpo d'Armata della 3a Armata 327• JI giorno 15 giugno, sempre assegnato 322 Cfr. RIASSUNTI, Volume 9°, op. cit., p. 50 e ROCHA'I', op. cii., p. 67. La seconda fonte parla di "[... J XX reparto della 3• Armata in azione s ul basso Piave, tra Capo Sile e il mare [...]". 323 Cfr. GIULIANI, op. cit., pp. 62-70. 324 Cfr. USSME - Relaziom: - V - lbis - Documenti, 325 Cfr. GIULIANI, op. cit., pp. 69-71.

op. cit., pp. 24-25.

Da notare che l'Au tore lo cita sempre come XJ Battaglione d'Assalto e non come Reparto. 326 Cfr. GIULIANI, op. cit., pp. 77-90. 327 Cfr. R oc:HAT,

op. cit., p. 68.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

591

all'XI Corpo d'Armata della 3a Armata 328 , risulta dislocato nei pressi di San Giacomo di Musestrelle (Treviso), ed è al comando del Maggiore Fedozzi 329 • Su disposizione del Comando viene però trasferito a Cavrié, quale rinforzo alla 45a Divisione 330. Nei giorni successivi, le sue Compagnie sono distaccate in settori diversi; la 1a, ad esempio, viene inviata sull'Argine Regio, a disposizione del IH/202° Fanteria Sesia; la 2a viene fatta affluire sulla strada Le Crosiere-Molino Vecchio-Saletto, per tentare un contrattacco tra San Bartolomeo e Villa Nova, ove è penetrato il nemico. La 3\ invece, viene inviata a rinforzare il caposaldo di Casa Verduri. Al mattino del 17, le 3 Compagnie sono raccolte tra Casa Pastori e Casa Verduri, per predisporre un contrattacco, ma un improvviso assalto austriaco costringe ad impiegarle in prima linea con scopi difensivi. Bloccato l'attacco, gli Arditi inseguono il nemico spingendosi sino ad 800 metri o ltre le linee avversarie, ma la mancanza d i rincalzi li costringe poi al ritiro 3 31 . Il giorno 18, l'XI Reparto viene massicciamente coinvolto nei combattimenti. La 2a Compagnia viene assalita ai fianchi ed è costretta a difendersi ad o ltranza subendo perdite considerevoli; la 3a Compagnia riesce invece a rioccupare la sponda del Meolo sino presso il Mulino N uovo: quel giorno le perdite del Reparto assommano a 150 uomini. li 19, con il concorso di pattuglioni del 5° Reggimento Bersaglieri, l'XT attacca Mulino Nuovo e lo conquista, ma nei due giorni successivi gli Arditi devono respingere numerosi assalti nemici. Alla sera del 21, il Reparto viene ritirato a Carbonera di Treviso per un ciclo di riposo e riordin amento. Nel pomeriggio del 23, però, la _1a Compagnia viene impiegata per inseguire le forze nemiche che si stanno ritirando lungo la strada di San Biagio di Callalta 332. Segue un nuovo periodo in retrovia. 328 Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., p. 283, USSME Relazione - V· lter - Carte, op. cit. n. 34 e ROCHAT-MEMORIE, op. cii., p. 517. 329 Cfr. G I ULIANI, op. cit., p. 92. 33

°

Cfr. USSME - Relazione - V - 1 · Narrazione, op. cit., p. 570. 331 Cfr. GIULIANI, op. cit., pp. 93-101. 332 Cfr. G1uuAN1, op. cit., pp. 1O1-104.


592

Francesco Fatutta

Il 3 luglio il Reparto, insieme agl i a ltri della 3a Armata, viene assegnato in rin fo rzo al XXIII Corpo d'Arma ta , essendo quest'ul timo destinato a ll'operazione di riconquista del delta del Piave 3.u. L'XI e ntra in azio ne la mattina seguen te e riesce a raggiungere gl i obiettivi che gli e rano stati affidati, contri buendo alla buona riuscita d ell'operazione di rettifica delle nostre linee 334 . Non si han no in formazioni riguardanti l'XI Reparto nel periodo estivo, eccezion fatta per la no tizia che in q uel peri odo la malaria praticamente decima i suoi effettivi 335 . All'inizio del mese di o ttobre risulta assegnato all'XI Corp o <l'Armata della 3" Armata 3.1 6 . Il giorno 22 risulta alle dipendenze della 3 7·1 Divisione (XI Corpo d'Armata della 10a Armata), p er partecipare alle azioni divisiona li nel settore delle G rave di Papadopoli .B 7 _ Nella situazion e ri epilogativa datata 24 orrobre viene invece indicato sia tra le truppe a disposizio ne della 3'1 Armata che fra quelle della 10a Armata33 8, nonostante che la relativa mappa Io ind ichi dislocato nei pre ssi di Breda d i Piave, nel settore di pertinenza della 10:-1 Armata .B 9 _

333 Cfr. USSME - Rclnione - V - J - Na rrazio ne, up. cit., p. 722. Da no tare che la fonte continua a cita re i Rcparri come Battaglioni d'Assalto.

134 Cfr. Gi u1.1ANt, op. cii., pp. 104- 105. 335 Cfr.

GIULIANI,

np. cit., p. 11 7.

Da notare che la fonte lo cita quale X l Barraglio ne d'Assalto. 336 Cfr. USSM E - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 402. 337 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit. , p. 37.1. Da notare che in questa ~ede il Reparto viene defin ito X I Battagl ione d' Assalro. 338 C fr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, up. cit. , pp. 860, 890 e 892. Nella prima citazione vie ne indicato come foce nte parte delle truppe a d isposizione della 3a Arma ta, mentre la seconda, se mpre relativa alla medesima situazione, lo indica una prima volta tra le truppe a disposizio ne della I o• Armara, cd una seconda tra quelle suppletive dell'XI Corpo d'Armata. La confusione può essere stata ingenerata dal recente passaggio di dipendenze de ll'X I Corpo d 'Armata dalla 3" al la 1O" Armata. Quest'ultima, definita "tattica" in quanto desti nata a compiti escl usivamente operativi, era stata costitu ita in data 14 ottobre 1918. 33 9 Cfr. USSME - Relazione - V - 2tcr - Carte, op. cit., n. 18.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

593

Lo stesso giorno, insieme al I e Il/122° Fanteria Macerata e U/280° e Il/2 81° Fanteria Foggia, riesce a raggiungere l'Isola Castrta, prossima a quelle delle Grave di Papadopoli. Questi reparti vengono però ritirati a sera per non esporli ad eventuali reazioni o ffen sive avversarie 3 40 . Tl giorno 25 riprende l'azione e l'XI Reparto, insieme al 111/122° Fanteria Macerata e al III/28 1° fanteria Foggia, riesce ad occupare gran parte delle Grave di Papadopo li 341 . All'alba del giorno 27 attraversa il canale, che separa le Grave di Papadopoli dalla riva sinistra del Piave 342, insieme a reparti della Brigata Macerata e, nonostante la violenta reazione avversaria riesce ad avanzare. Il 28 si trova a Borgo del Molino, all'estrema destra dello schieramento della 2Y Divisione dell'XI Corpo d'Armata 343 . Viene assegnato alle dipendenze tattiche della VI Brigata Bersaglieri, che opera un attacco nella zona Borgo del Molino-Casa Stringhella-Roncadelle 344 . fl giorno 30 si trova a San Po lo di Piave, a disposizione del Comando dell'XI Corpo <l'Armata 345; si porta poi fra Borgo del Molino e Fornace 346, per operare in supporto alla 23" Divisione. Nell'ambito di un 'azione di alleggerimento della ma novra, svolta dalla 5Y Divis io ne, riceve l'ordine di spingersi in direzione di Ponte di Piave e, nell'arco della medesima giornata, libera quest'ultima località, favorendo il passaggio dell'intera 23a Divisione sulla sponda sinistra del Piave 347 . fl .1 ·1 viene assegnato, quale rinforzo, alla .37" Divisione, schierata sul fiume Monticano 348 . Viene citato sul Bollettino di Guerra N. 1260 del 31 ottobre 349 e successivamente decorato di .\1edaglia di Bronzo al V.M., per le azioni sopracitate .

.HO Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., pp. 458-459. 341 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 476. 342 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., pp. 534-535. 343 Cfr. USS ME - Relazione - V - 2 - Narrazio ne, op. cit., pp. 565-56 7 e Cfr. USS ME - Relazione - V - 2tcr - Carte, oµ. cii., n. 3 0. Quest'ultima, quale località di dislocazione, indica Straniuzzo, a brev issima d istanza da Borgo del Molino. 344 Cfr. R IASSUNTI - Volume 9°, op. cit., p. 84 . 3 45 C fr. GIULIANI, op. cit., p. 150. 346 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 629. 347 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 637. 348 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 639. 349 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 671.


594

Francesco Fatutta

Dopo un tentativo di superare la Livenza, peraltro non riuscito causa la mancanza di ponti e la resistenza delle retroguardie nemiche, il 2 novembre l'XI Reparto d'Assalto, attraverso il ponte sul Meduna appen a riattivato 350, riesce a superare il fiume, spingendosi immediatamente verso oriente, all'inseguimento delle forze avversarie . .CArmistizio del giorno 4 trova il reparto ad Azzano Decimo 35 1. Nel corso della battaglia di Vittorio Veneto, o forse più precisamente nelle sue ultime fasi 352 , le perdite subite dal Xl Reparto d' Assalto sono indicate in 9 caduti (1 ufficiale), 53 feriti (3 ufficiali) e 2 2 dispersi. Successivamente il Reparto si porta a Podgora, di fronte a Gorizia e quindi a Liga nella Valle dello ludrio; qui il 25 gennaio 19 19 lo raggiunge l'ordine <li scioglimento comune a tutti i Reparti <l'Assalto della 3a Armata 353 • li suo Centro di mo bilitazione 354 aveva sede presso il deposito del 55° Reggimento Fanteria Marche, a Siena, cd è accertato che i suoi effettivi si fregiavano delle "Fiamme Nere". XI REPARTO D'ASSALTO della 2a Armata (vedi Xll Reparto) Xll REPARTO D'ASSALTO (già XI Reparto della 2a Armata) Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 risulta un XI Reparto d'Assalto assegnato alle dirette dipendenze del Comando

35 0 Cfr. RtASSU!'m - Volume 5 °, op. cit., p. 3 14. Dal Bollettino di Guerra n. 1260 (31 o ttobre 19 J 8, ore 12): "Il succes.~o delle nO!>ire armi si delinea grandioso. li nemico è in rotta ad oriente <lei Piave e riesce stentatamente a contenere la incalzante pressio ne delle nostre truppe sulla fronte mo ntana. [...] La 10• Armata ha portato il suo fronte alla l.ivenza. L1 Y si spinge in avanti travolgendo e catturando il nemico che di fronte ad e= si accanisce nella resistenza. [... l La Brigata Campania (135° - 136°), la 6a Brigata Bersaglieri (8° - 13° reggi mento), 1'11° reparto d'assalto hanno meritato l'onore di particolare citazione.[...]". 35 1 Cfr. USSME - Relazion e - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 827. 352 Cfr. USSME - Relazione - V - 2his - Documenti, op. cit., p. J 172. Valgono in pa rte le considerazioni espresse nella Nota n. 279 riportata in calce a lle vicende del IX Reparto d'Assalto. 353 Cfr. G 1uuAN1, op. cit., p. 150. 354 C fr. ANNUARIO, op. cit., p. 685.


Contributo ad una storia delle truJ,pe d'assalto

595

Reparti d'Assalto della 2a Armata 355 • Probabilmente si tratta di un Reparto in fase di formazione o di preventivata costituzione. Non si trovano comunque tracce del Reparto all'epoca di Caporetto e dei ripiegamenti sul Tagliamento e sul Piave. In data 5 dicembre 1917, su disposizione della Circolare del Comando Supremo Nr. 139698, presso la zona di dislocazione di Cartigliano (Bassano del Grappa}, l'XT Reparto viene disciolto ed i suoi effettivi contribuiscono alla ricostituzione del I e II Reparto d'Assalto 356 . Alla data dell'8 gennaio 1918 357 un XI Reparto d'Assalto risulta in ricostituzione, nell'ambito della 5a Armata. Per disposizione della stessa viene inviato a Madesano (Parma) ove, riunito insieme al XII e al XIII Reparto nell'ambito di un unico Raggruppamento, viene sottoposto ad istruzione speciale, sotto l'alta direzione del Generale Albricci 358 . 11 1 O maggio 1918 assume la numerazione di Xli Reparto in quanto facente parte delle truppe suppletive del XII Corpo d'Armata della 9a Armata 359 . In questo periodo è com andato dal Maggiore Ottanclli 36 0 • All'inizio del mese di giugno, più esattamente tra i giorni 8 e 9, passa di dipendenza organica 36 1 e viene trasferito alla 9a Armata, la quale il giorno successivo lo assegna al 2° Gruppo d'Assalto della costituenda P Divisione d 'Assalto. Il 15 giugno risulta dislocato nei pressi di Mestrino (Padova), inquadrato nel 2° Gruppo d'Assalto 362.

355 C fr. USSME - Relazione - IV - 3bis - Documenti, up. cit., p. 199. 356 Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Docu men ti, op. cit., p. 24. 357 Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, up. cit., pp. 24-25.

358 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 17. 359 Cfr. ROCHAT, up. cit., p. 68. 36

° Cfr.

361

TENENTE ANONIMO,

op. cit., p. 207 e

ZOPPI,

op. cit., p.

11 O.

Cfr. USSME - Relazione - V - l bis - Documenti, op. cit., p. 204.

362 Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., p. 286, USSME Relazione - V - lter - Carte, op. cii., n. 34 e R oCHAT-M F.MORI E, op. cit., p. 51 7. È da ril evare come il Reparto non venga citato su USSME - Relazio ne - V I - Narrazione, op. cit., p. 344, a differenza di t utti gl i altri Reparti in forza alla 1" Divisio ne d 'Assalto.


Francesco Fatutta

596

Durante l'azione controffensiva s ul Piave, opera a partire dal giorno 17 nella zona di Fosso Palombo, sempre inquadrato nel suo Gruppo e, una volta cessata l'emergenza, viene ritirato nella zona di Montebelluna Jl>l_ Nella notte del 26, per via ferroviaria, viene tuttavia ritirato nelle retrovie per la necessaria riorgan izzazione che interessa l'intera 1'1 Divisione d'Assalto. JI JO agosto partecipa al fallito attacco sul Col del Rosso 364, nel territorio di competenza del XIII Corpo d'Armata della 6" Armata, ed in tale occasione opera in supporto alla 28" Divisione. Ciò farebbe presupporre che il Reparto sia stato momentaneamente assegnato al XIII Corpo d'Armata, che peraltro già disponeva di un suo Reparto d'Assalto organico. Cimportanza dell'azione giustifica però tale assegnazione temporanea e la presenza è comunque confermata anche da altre fonti Jl>S, che tra l'altro riportano come le 3 Compagnie del XJJ siano partite da Sossano (Vicenza) e abbiano raggiunto il Col del Rosso su autocarri. All'epoca il comandante era a ncora il Maggiore Ottanelli. Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1918, il Reparto viene indicato come dipendente dal 2° Gruppo delia 1 a Divisione d'Assalto 366 . Nella medesima giornata risulta al comando del Maggiore Alarico Manescalchi 367 . Tre giorni dopo, assegnato in rinforzo a l 3° Gruppo d'Assalto ìl>R, infrange di sorpresa le difese nemiche, impadronendosi di Linea dei Molini e proseguendo l'attacco alla Linea dei Villaggi 369 . Dopo il termine delle ostilità, una situazione riepilogativa datata 17 gennaio 1919 lo indica per schierato a Fara Vicentina, probabilmente alle dipendenze della 27a Divisione del Xll Corpo d'Armata 370 .

363 C fr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 701. 164 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 236. 365 Cfr. TEN!iNTE ANONIMO, op. cit., p. 208.

366 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 886. 367 Cfr. ZOPPI, op. cit., p. 11 l. 36& Cfr. Zorr1, op. cit., p. 68. 3 69 C fr. USSME - Relazione - V - 2 - Narra zione, op. cit., pp. 518-5 19.

° Cfr. USSME - Relazione - V - 2rcr - Carte, op. cit., n. 47.

17


Contributo ad una storia delle truppe d'assa lto

597

Successivamente il XII R eparto, seguendo le vicende della l3 Divisione d'Assalto, vie ne schierato lungo il confi n e orientale. N ella seconda d ecade di marzo del 19 19 parte da Venezia per la Tripolitania 37 1, da dove rimpatria nel luglio successivo. Si stanzia dapprima nell'Emilia e successivamente nella zona di Postumia, n ei pressi d ella linea di armistizio 372 . Nel settembre 1919, insieme al 2° Gruppo d'Assalto, viene fatto affluire sul tratto più orientale di tale linea 373 , ossia nella zona di Aidussina, proprio mentre stava maturando la crisi fiumana. I suoi effettivi vengono però coinvolti solo in ma n iera marginale 374 dalla propaganda dannunziana e il grosso del Reparto rimane organicamente co mpatto. In questo periodo l' unità è comandata dal Maggiore Carissimo. Defezionano l 7 u fficiali e 169 Arditi che, grazie ad a utocarri messi a disposizione dal 53° Autoparco di Opicina, si avviano in d irezione di Fiume; durante il percorso però desistono dall' impresa 5 ufficiali e 17 Arditi. Il 13 novembre 1920, 150 uomini del XJI sbarcano nell'isola di Arbe, ed il comandante dell'isola diviene il Capitano Tangiorgi 375 • Altri clementi del Xll, insieme ad Arditi del XIII, sbarcano il 29 novembre nell'isola di Veglia 376 • Non è nota la data di scioglimento del X II Reparto; si presume che quest'ultimo sia avvenuto nel gennaio 1920, in concomitanza con q uello della l a Divisione d'Assalto. Per q uan to riguarda invece gli Arditi presenti ad Arbe, gli elementi del X II raggiungono Fiume nei primi giorni del gennaio 1921 e lasciano definitivamente la città il giorno 13 377 . Non è nota la d estinazio ne degli effettivi e la loro sorre successiva.

371 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cit., p. 74. 372 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cit., p. 119. 373 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cìt., p. 142. 374 Cfr. LONGO, op. cit., Narrazione, pp. 271-272. 375

Cfr. LONGO, 0/1. cit., Na rrazione, p. 517.

176 Cfr. LONCO, 177 Cfr. LONGO,

op. cit. , Allegati, pp. 211-212. op. cit., Narrazione, p. 556.


Francesco Fatutta

598

Il suo Centro di mobilitazione 378 aveva sede presso il deposito del 36° Reggimento di Fanteria Pistoia, a Modena 379 , ed i suoi effettivi si fregiavano probabilmente delle "Fiamme Nere". XII REPARTO O' ASSALTO della 2a Armata (vedi XIV Reparto) XIII REPARTO D'ASSALTO (già XXI Reparto della 3a Armata) Viene costituito nell'ottobre 1917, con la numerazione di XXI Reparto, presso il campo di addestramento della 3a Armata a Borgnano 380. Curiosamente non si trova traccia del XXI Reparto d'Assalto nella pur dettagliatissima situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 381 . Mancano notizie del Reparto nel periodo immediatamente successivo a Caporetto; la prima risale al 9 novembre quando, dopo aver operato con altre unità in retroguardia del XIII Corpo d'Armata della 4a Armata 382 , viene schierato lungo la nuova linea di difesa sulla destra del Piave, nella zona del ponte della Priul a, inquadrato nell'ambito della 58a Divisione dell'Vlll Corpo d'Armata della J3 Armata 383 • Il 18 novembre, schierato nell'ansa di Zenson respinge, insieme ad altre unità, un tentativo nemico di forzare il Piave; per l'azione

378

Cfr. ANNUARIO, op. cii., p. 685.

379 Cfr. USSME. Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cii., p. 402. La sede del Centro di Mobilitazione del 36° Reggimento viene indicata in Firenze e non Modena, come in altre fonti ufficiali. 38 0 Cfr. ROCHAT, op. cii., p. 53. 381 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3bis - Documenti, op. cit., pp. 181-227. Un motivo potrebbe essere dato dal fatto che l'operatività del Reparto sia stata raggiunta soltanto nei giorni successivi, anche se qualche caso analogo viene indicato nella situazio ne riepilogativa con il commento "ancora in formazione" . 382 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3bis - Documenti, op. cii., p. 418. 383 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 499 e USSME - Relazione - IV - 3bis - Documenti, op. cit., p. 409. Da notare che le fonti lo indicano sempre come Battaglione d'Assalto.


Contributo ad una storia delle tru{J/1e d'assalto

599

viene citato sul Bollettino di Guerra N. 909 del "J 9 novembre 384 . Viene ancora segnalato il 4 dicembre, sia pure con numerazione assunta successivamente, in azione sempre nell'ansa di Zenson 385 . Non si hanno notizie successive <lei Reparto che si ritiene interessato ad un periodo di riposo e riorganizzazione. Alla data dell'8 gennaio 1918 386 un XX I Reparto risulta esistente nell'ambito della 3'1 Armata. Non si hanno notizie di un suo impiego operativo tra la fine inverno e la primavera 1918. 11 10 maggio assume la numerazione di XlJl Reparto in quanto facente parte delle truppe suppletiv e del XIII Corpo d'Armata della 6a Armata 387 .

384 Cfr. RIASSUNTI, Volume 1O°, Parte Seconda, op. cit., p. 92. Dal Bollettino di Guerra Del Comando Supremo n. 909 (19 novembre 191 7, o re 13): "Nella scorsa notte si ebbero vivaci azioni di a rtiglieria tra Garda ed Astico. Sull'altopiano di Asiago l'avversario eseguì violenti concentramenti di fuoco sulle nostre posizioni di M. Tonderecar-M. Badenecche senza però effettuare alcun attacco di fanteria. Nostri riparti in parziali difese offensive rioccuparono clementi avanzati di trincee e catturarono 6 ufficiali e 202 uomini di truppa. A sud di Quero, poderose forze nemich e attaccarono le nostre lince di M. Monfc nera-M. Tomba. Nella pianura la vigilanza delle nostre truppe, tra le quali per il valore dimostrato negli scorsi giorni meritano ancora speciale menzione i battaglioni bersaglieri 64°, 68° e 69°, nella zona di Fagarè, ed il 21° battaglione d 'assalto e riparti della briga ta Granatieri (1 ° e 2°) e Catania (145° e 146°), nell'ansa di Zenson, ha impedito al nemico di rinnovare qualsiasi tentativo di passaggio del Piave. [.. .]". 385 Cfr. RoCI-IAT, op. cit., pp. 66-67. La fonte parla di "L...J un Xlll reparto in azione a Zenson di Piave il 4 dicembre [...]". Probabilmente si tratta del XXI Reparto, che viene qui indicato con la numerazione che assumerà nel maggio 1918; d'altra parte lo stesso Autore segnala l' inattendibilità di alcune citazioni di fonte memo rialistica. A comprova del fatto c he no n poteva trattarsi del XIII Reparto, si rimanda a quanto ind icato nei cenni storici dedicati a tale unità, che sarebbe stata sciolta il 5 dicembre, cioè il giorno dopo, nella zona di Bassano del Grappa. Peraltro la stessa fonte (ROCHAT) poco dopo parla di "[... ] un XX I reparto della 3" Armata in azione sul basso Piave, tra Capo Sile e il mare [... ]". 386

Cfr. USSME - Relazione - V - 1bis - Docume nti, op. cit., pp. 24-25.

387

Cfr. RocHAT, op. cit., p. 68.


600

Francesco Fatutta

Il giorno 7 giugno, sue unità e reparti della Brigata Lecce effettuano un riuscito colpo di mano a norc.l del Monte Valbella, catturane.lo 50 prigionieri, 6 mitragliatrici, 3 lanciabombe ed altro materiale 388 . Tra 1'8 e il 9 giugno passa di dipendenza organ ica 389 e viene trasferito dalla 6a alla 9a Armata, la quale il giorno successivo lo assegna al 2° Gruppo d'Assalto c.lclla costituenda l" Divisione d'Assalto. In questi giorni il suo comandante è il Maggiore Giorgio Moro Lin 390. Il 15 giugno risulta dislocato nei pressi di M o ntegalda (Vicenza) ed inquadrato nel 2° G ruppo d 'Assalto 391 . Durante l'azione controffensiva sul Piave opera, a partire dal giorno 17, nella zona di Capo d'Argine, sempre inquadrato nel suo Gruppo; una volta cessata l'emergenza, viene ritirato nelle retrovie per la necessaria riorganizzazione ch e interessa l'intera la Divisione d'Assalto. li 9 agosto prende parte all'attacco al Monte Valbella nel settore della 14" Divisione 392 del XIII Corpo d'Armata; l'azione, mancando la sorpresa, fallisce e il Reparto subisce pesanti perdite 393 . Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1918 viene indicato come dipendente dal 2° Gruppo della 1a Divisione d'Assal to 394 . All'epoca il suo comandante risulta ancora il Maggiore Giorgio Moro Lin 395 • Terminato il conflitto, il X 111 Reparto segue le viccnùe della 1a Divisione d'Assalto, che viene inizialmente schierata lungo il confine orientale. Nella seconda decade di marzo del 1919 parte da Venezia per la Tripolitania 396 , da dove rimpatria ne l luglio successivo.

388 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Na rrazione, up. cit., p. 425. 389 Cfr. USSME - Rt::lazione - V - lbis - Documenti, up. cit., p. 204. 390 Cfr. ZOPPI, up. cit., p. 11 O. 391 Cfr. USSME - Rt::lazione - V - 1 - Narrazione, up. cit., p. 344, USSME Relazione - V - I bis - Documenti, op. cit., p. 286, USSME - Relazione - V - lter Carte, op. cit., n. 34 e ROCHAT-MEMORIE, op. cit., p. 5 17. Da notare che la prima font e lo cita co me XIII Battaglione d'Assalto. 392 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., pp. 236-2.17. 393

Cfr. Roc1IAT, op. cit., p. 112.

394

Cfr. USSME - Relazione - V - 2his - Documenti, op. cit., p. 886.

395 Cfr. ZOPPI,

op. cit., p. 111. 396 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cii., p. 74.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

601

Si stanzia dapprima nell'Emilia e successivamente nella zona di Postumia, nei pressi della linea di armistizio 397 . Nel settembre 1919, insieme al 2° G ruppo d'Assalto, viene fatto affluire s ul tratto più orientale della linea d 'armistizio 398 , ossia nei dintorni di Fiume, ove stava maturando la crisi. I suoi effettivi vengono coinvolti soltanto marginalmente dalla propaganda dannunziana e il Reparto rimane sufficientemente compatto. Ad esempio una quarantina fra ufficiali e soldati, convocati a Fiume dal Capitano Host-Venturi 399, vengono convinti a ritornare agli acquartieramenti dal Generale Ferrari, comandante la 5" Divisione, che casualmente li aveva incontrati 400 . Elementi del XTTT si uniscono comunque ai "legionari" di D'Annunzio e rimangono a Fiume per tutto il periodo della "Reggenza del Carnaro". Negli ultimi e confusi giorni del dicembre 1920, tali elementi operano a difesa dell'isola di Veglia e d ello scoglio di San Marco. Non è nota la data di scioglimento del Xlll Reparto; si presume che sia avven uto nel gennaio 1920, in concomitanza con lo scioglimento della l a Divisione d'Assa lto. Pe r quanto riguarda invece gli elementi del XIII Reparto presenti a Fiume, questi ultimi lasciano il capoluogo giuliano 1'11 gennaio 1921 401 . Non è nota la destinazione degli effettivi e la loro sorte successiva. Il suo Centro d i mobilitazione 4 02 aveva sede presso il deposito del 55° Reggimento Fanteria Marche, a Siena 403 , cd i suoi effettivi si fregiavano probabilmente delle "Fiamme Nere".

397 Cfr. USSME - Dopoguerra, O/J. cit. , p. 119. 398 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cit., p. 142. 399 Cfr. LONGO, op. cit., Narrazione, p. 204. Da notare che il Capitano Giovanni Host Venturi era stato comandante della 2" Compagnia del XIIT Reparto d 'Assalto. 4oo Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cit., p. 143. 401 Cfr. ANN1JA1uo, op. c,t., · p. 685. 402 Cfr. LONGO, op. cit., Na rrazione, p. 556. 4o3 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 402. Quale Centro di Mobilitazione viene indicato, probabilmente per errore, il 36° Reggimento Fanteria Pistoia di Firenze (in realtà Modena secondo altre fo nti ufficiali) e non il 55° Reggimento Fanteria Marche di Siena.


602

Francesco ràtutta

XIII REPARTO D'ASSALTO della 2a Armata (vedi Il Reparto) XIV REPARTO D'ASSALTO (già Xll Reparto della 2a Armata) Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 risulta un XII Reparto d'Assalto assegnato alle dirette dipendenze del Comando Reparti d'Assalto della 2a Armata 4o4 . Probabilmente si tratta di un Reparto in fase di formazione o di preventivata costituzione. Non si trovano comunque tracce del Reparto all'epoca di Caporetto e dei ripiegamenti sul Tagliamento e sul Piave. In data 5 dicembre 1917, su disposizione della Circolare del Comando Supremo Nr. 139698, presso la zona di dislocazione di Cartigliano (Bassano del Grappa), il Xli Reparto viene disciolto ed i suoi effettivi contribuiscono alla ricostituzione del I e II Reparto d'Assalto 405 . Alla data dell'8 gennaio 1918 406 un Xli Reparto risulta in ricostituzione nell'ambito della 5a Armata. Per disposizione dell'Armata viene inviato a Madesano (Parma) ove, riunito insieme all'XI e al XIII Reparto nell'ambito di un unico Raggruppamento, viene sottoposto ad istruzione speciale, sotto l'alta direzione del Generale Albricci 407 . 1110 maggio 1918 assume la numerazione di XIV Reparto in quanto facente parte delle truppe suppletive del XIV Corpo d'Armata della 7a Armata 408 . All'inizio di giugno, più esattamente tra i giorni 8 e 9, passa di dipendenza organica e viene trasferito dalla 7a alla 9a Armata 409 , la quale il giorno successivo lo assegna al 2° Gruppo d'Assalto della costituenda P Divisione d'Assalto. Il 15 giugno risulta dislocato nei pressi di S. Maria Cervarese (Vicenza),

4 o4 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3bis - Documenti, op. cit., p. 199. 4o5 Cfr. USSME - l{elazione - V - 1bis - Documenti, up. cii., p. 24. 406 Cfr. USSME - Relazione - V - l bis - Documenti, op. cit., pp. 24-25. 4o7 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 17. 408 Cfr. Roet1AT, op. cit., p. 68. 4o9 Cfr. USSME - Relazione - V - Ibis - Documenti, op. cii., p. 204.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

603

inquadrato nel 2° Gruppo 410 • In questo periodo risulta al comando del Maggiore Ambrosetti 411 • Durante l'azione controffensiva sul Piave opera, a partire dal giorno 17, nella zona di Capo d'Argine, sempre inquadrato nel suo Gruppo; una volta cessata l'emergenza, viene ritirato nelle retrovie per la necessaria riorganizzazione che interessa l'intera l3 Divisione d'Assalto. Il 23 successivo, viene passato alle dipendenze del 4° Gruppo della costituenda 2'1 Divisione d'Assalto, di cui segue le vicende organiche. Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1918 viene indicato come dipendente dal 4° Gruppo della 2a Divisione d'Assalto 412 , di cui continua a seguire le vicende organiche. Non se ne hanno tracce dopo la data dell'Armistizio, come pure non è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avvenuto il 26 febbraio 1919, in concomitanza con lo scioglimento della 2a Divisione d'Assalto, o comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, come per tutti gli altri reparti non indivisionati. Il suo Centro di mobilitazione 413 aveva sede presso il deposito del 36° Reggimento Fanteria Pistoia, a Modena 414 , ed i suoi effettivi si fregiavano probabilmente delle "Fiamme Nere". XIV REPARTO D'ASSALTO della 2a Armata Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 risulta un XIV Reparto d'Assalto assegnato alle dirette dipendenze del Co mando Reparti d'Assalto della 2a Armata 415 . Probabilmente si 41 0 Cfr. USSME - Relazione - V - I - Narrazione, op. cit., p. 344, USSME Relazione - V - ltcr - Carte, op. cit., n. 34 e RocHAT-MEMORII',, op. cit., p. 5 17. Da notare che la prima fonte lo cita come XIV Battaglione d'Assalto. 411 Cfr. ZOPPI, op. cit., p. 110. 412

Cfr. USSME - Re lazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 886.

413

Cfr. ANNUARIO, op. cit., p. 685. 414 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 402. La sede del Centro di Mobilitazione del 36° Reggimento viene indicata in Firenze e no n Modena, come in altre fonti ufficiali. 415

Cfr. USSME - Relazione - IV - 3bis - Documenti, op. cit., p. 199.


604

Francesco Fatutta

tratta di un Repa rto in fase di formazione o di p reventivata costi tuzione. Non si trovano tracce di questo Reparto all'epoca di Caporetto e de i successivi ripiegamenti sul Tagli amento e sul Piave . Per la prima volta viene segnalata la presenza del X IV Re parto d'Assalto a fin e novembre sul M on te Cengio 41 6 • In data 5 dicembre 19·17, su disposizione della C ircolare de l Comando Supremo Nr. 139698, presso la zona di dis locazione di Cartiglia no (Bassano del Grappa), il XIV Reparto viene disciolto cd i suoi effettivi contribuiscono a lla r icostituzion e del I e II Reparto d'Assalto 41 7 . Pertanto il XJV non ha contin uità storie.i nel corso del 19 18 e il XIV Reparto d'Assalto (poi divenuto LII), costitui to ne l maggio 19 18, av rebbe in comune con il XIV Reparto della 2" Armata unicamente l'identificéltivo nume rico . X V REPARTO D' ASSALTO della 2" Armata

Nella situazion e ;·iepilogativa datata 24 ottob re 1917 risul ta un XV Reparto d 'Assalto assegnato alle dirette dipend enze de l C omando Reparti d'Assalto della 2a Armata 4 18 . Probabilmente s i tratta di un Reparto di preventivata costituz ione, in rea ltà m ai g iunto alla fase operativa. In data 5 dicembre 1 9 17 , su di sposi zione dell a C ircolare d el Comando Supremo Nr. 139698 , presso la zona di di slocazione di Ca rtig liano (Bassano del Grappa), il XV Repa rto vie ne disc iolto ed i suoi effettivi contribuiscono alla ricostituzione del I e lJ l{eparto d 'Assalto 4 1~. La numerazione XV no n viene poi utilizzata da alcun Reparto d ' Assalto, si a in base all 'o rdiname nto de l ge nn aio 1918 che a quello del 10 maggio 191 8 . Da notare ch e, proba bilme nte p er

416 Cfr. Roe11,n, op. cit. , p. 67. 41 7 Cfr. USSME - Relazione:: - V - Ibis - Documenti, op. cit., p. 24 . 4 18 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3bis - Docu menti,

op. cit. , p. 199. 41 ~ Cfr. USS ME - Relazione:: - V - I bis - Documenti, op. cit., p. 24 .


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

605

u n erro re di stampa, la numerazione XV, al posto di XVI, vien e ripor tata all'epoca della battaglia dei Tre Monti 420 , tra l'altro con la denom inazione di Battaglio n e. XVI REPARTO D'ASSALTO (già XXV Reparto) Vie ne costi tuito in data imprecisata, probabilmente nella primavera del ·191 s, con la numerazione Ji XXV Reparto, destinato al XVI Corpo d'Armata operante in Albania. Il 10 maggio 19 18 assume la numerazione di XVI Reparto in quanto facente parte delle truppe suppletive del XVI Corpo d'Armata 421 . In data 15 giugno risulta semp re assegnato al XVI Corpo d'Arm ata operante in Albania 422 . Il 27 lugli o 19 18, a conclu sione della cosiddetta "battaglia di Fieri-Bcrat" e nel quadro delle operazion i di consolidamento nel sa liente d el Devoli , il Reparto vie ne posto alle dipe n denze de l Colonnello Sardi che lo impiega, insieme ad un Battaglione del 10 1° Fanteria di Marcia e bande albanesi, per attaccare q. 712 a cavallo dell a strada Gageler-hasari 4 23 . Non se ne han no tracce dopo la data dell ' Armistizio, come pure non sono note la data del suo eventuale rimpatrio e q uella dei suo sciogl im enro; si presu me che quest' ultimo sia avven uto t ra il gennaio e il febbra io 1919, come p er tutti gli altri Reparti d'Assalto non indi visionati. Il suo Centro di mobili tazio ne 424 aveva sede presso il deposito del '15 ° Reggimento Fanteria Savona, a Caserta, ed i suoi effettivi si fregiavano probabilmente delle "Fiamme Nere".

°

42 Cfr. USSME - Relazione - V - I - Narrazione, O/J. cit., p. 249. 421 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Docum enti, O/J. cit., p. 402. 422 Cfr. R OCHAT-M EMORIE, op. cit., p. 5 17. 4 23 Cfr. Urnc 10 STOR ICO STAT O MAGGIORE ESERCITO - L'Esercito italiano

nella Grande G11erra 1915-18 - Relaz ione Ufficiale - Volume VII - To mo 3his - Lt: operazio ni fuori dal territorio nazio nale - Albania - Macedonia - Medio O riente - (Docume nti) - Roma, 198.3, p. 87. Opt:ra d' ora in avanti ci tata come: USSME - Relaz io ne - VII - 3bis - Documenti. 424 C fr. ANNUARIO, op. cit., p. 685.


606

Francesco Fatutta

XVI REPARTO D'ASSALTO del Comando Truppe Altipiani (vedi XXV Reparto) XVII REPARTO D'ASSALTO del III Corpo d'Armata Dato che in base alla riorganizzazione del 10 maggio 1918 nessun Reparto d'Assalto adotta questo identificativo numerico, per la numerazione di "XVII", relativa all'ordinamento del 1917 e del gennaio 1918, si veda il III Reparto d'Assalto. XVIII REPARTO D'ASSALTO (già IX Reparto della l3 Armata) Viene costituito con la numerazione di IX, in data imprecisata, probabilmente nel settembre 1917, nell'ambito della 1a Armata in un campo di addestramento situato nel Vicentino 425 . Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 risulta alle dipendenze del V Corpo d'Armata della 1 a Armata, inquadrato nell'ambito della 69a Divisione 426 • La prima notizia operativa che lo riguarda risale al 17 novembre, quando l'unità risulta schierata nella zona di Malga Lora 427 • Lo stesso giorno, nell'ambito dell'azione di riconqu ista del Monte Fior e della testata di Val Miela, il comando della 29a Divisione (XX Corpo d'Armata - 1 a Armata) ordina al suo Reparto d'Assalto di muovere dal torrione a nord-ovest del Monte Fior, per aggirare la testata della Val Miela e aprire la strada ad altre unità 428 . Il mattino successivo, insieme al Battaglione Alpini Monte Saccarello, con un improvviso attacco riesce a strappare all'avversario le posizioni

425 Cfr. GIULIANI, op. cit., p. 155. La dislocazione nel Vicentino del campo di addestramento della 1a Armata è desunta facendo riferimento a quanto precisato dalla fonte per ciò che concerne il TV Reparto d'Assalto, ossia: "L...] Le campagne di Maglio e di Novale, venivano battute dall'agile tallone delle compagnie che passavano e ripassavano sempre di corsa con le penne o i fiocchi al vento. [...]". 426 Cfr. USSME - Relazione - TV - 3bis - Documenti, op. cit., p. 185. 427 Cfr. RIASSUNTI, Volume 10°, Parte Seconda, op. cit., pp. 101-102. 428 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 554. Da notare che la fonte lo cita sempre come IX Battaglione d'Assalto.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

607

del "Torrione" del Monte Fior (q. 1736), tra la testata della Val Micia e la "selletta" Stringa, facendo numerosi prigionieri 429 . All'inizio di dicembre, poco prima dell'attacco austro-ungarico scatenato contro la 2a Divisione (XXII Corpo d'Armata - 1a Armata) schierata dal Sisemol al Monte Zomo, il IX Reparto d'Assalto, insieme al XIX Reparto, risulta presente nelle retrovie divisionali 430 • Il giorno 4 riceve l'ordine dal Comando della contigua 29 3 Divisione (XX Corpo d'Armata - 1a Armata) di unirsi al 10° Fanteria Regina e reparti Alpini e di portarsi sulle pendici del Badenecche per attaccare, il giorno successivo, le posizioni avversarie. eazione non ha luogo in quanto prevenuta dal violento attacco nemico. Nella notte del 5, da una relazione del Comando della 29 3 Divisione si apprende che il IX è schierato, con altre unità, lungo il costone Foza-Miela 431 . Più precisamente fa parte del 10° Gruppo Alpini, che ha il compito di sistemare a difesa lo sbarramento della Val Vecchia, all'altezza della seconda galleria della strada FozaValstagna 432 . Nella mattinata del giorno 5, la 29 3 Divisione è 429 Cfr. RIASSUNTI, Volume 10°, Parte Seconda, op. cit., pp. 101-102, p. 643 e p. 853 e Set IIARINI, op. cit., p. 265. Quest'ultima fonte precisa che al seguito del IX Reparto d'Assalto e cld Battaglione Alpini Monte Saccarello, vi erano anche i Battaglioni Alpini Monte Stelvio e Monte Pasubio, oltre che reparti del 10° Fanteria Regina.

°

43 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 586. La fonte identifica come XlX l'altro Reparto, ma si tratta probabilmente di un errore in quanto il XIX, appartenente alla 3" Armata, stava nello stesso periodo operando nel settore meridionale del fronte e rimane nella zona di Cavazuccherina sino al 16 dicemhre. Cfr. SCHIARINI, op. cit., p. 271. Riporta la medesima informazione, basandosi quasi sicuramente sulla stessa documentazione ufficiale che ha dato origine al probabile errore. Cfr. FALDELLA, op. cit., p. 873. La fonte cita invece soltanto il IX Reparto d'Assalto, identificandolo come "Battaglione". 431

Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 592.

432 Cfr. RIASSUNTI, Volume 10°, Parte Prima,

op. cit., p . 150 e

ROCHAT,

op. cit., p. 66. La prima fonte precisa che il 10° Gruppo Alpini inquadrava, oltre al IX Reparto d'Assalto, il 10° fa nteria Regina, i Battaglioni Alpini Stelvio e Monte Baldo e nuclei di Bersaglieri. La seconda fonte parla di "L... Jun IX reparto sugli Altipiani in dicembre[... ]" sem..a alcuna altra specifica riguardante l'Armata di appartenenza.


608

Francesco fatutta

costretta a ripiegare con pesantissime perd ite (quasi 15 .000 uomini) e si pres11llle che il IX sia rimasto coinvolto in raie ripiegamento, con relative perdite. Presumibilmente alla fine dell 'a nno lo attende un periodo di riposo e riorganizzazione. Alla data dell'8 gennaio 1918 433 un IX Reparto risulta esistente nell'ambito della 1~ Armata 434 . li giorno 12 gen naio risulta assegnato :11 IX Corpo d'Armata, con funzioni di riserva. Non si hanno notizie di un suo impiego operativo rra fine inverno e la primavera 1918. li lO maggio assume la numerazio ne di XVIIl Reparto in quanto facente parte delle truppe suppletive del X VIII Corpo d'Armata della 4 ·1 Armata 435 . Il giorno ·15 giugno risulta schierato nella zona di Farra <li Soligo (Treviso), sempre a disposizione del XVUI Corpo d'Armata della 4~ Armata 436 . Due giorni <lupo viene spostare nella zona del Monte Medata, a disposizione della l ·1 Divisione, che aveva l'incarico di ristabilire la situazione in Val Archeson, dopo l'inizio d el l'o ffensiva austro-ungarica 437 . Ne lle prime ore del 17 giugno, la P e 2a Compagnia del XVIII Reparto d'Assalto, insieme ad unità del 24° Fa nteria Como, dopo aspra lotta conquistano la q. ·167 1, senti nella avanzata ed indispensabile organo di fia ncheggiamen to della nostra linea di resistenza Col dell'Orso-Calcino ·438 . Non si ha nno notizie di un suo impiego operativo nel periodo esrivo. Nella situazi o ne riepilogariva datat::i 24 ottobre 1918, il Repa rto risu lta assegnato al le dipendenze del la 4a Armata 4 39 ; altre fonti riporta no più precisamente che, sempre nel mese di ottobre,

4 33 Cfr. lJSSME - Relazione - V - Ibis - Documenti, up. c,L. , pp. 24-25. 434 Cfr. MASTRO flNI, up. cii ., p. 53.

Secondo quc~ta fonre la Scuola Repart i d'Assalto della J·' Armata, nel gennaio del 1918 aveva sede a Vi trarolo di Lusiana. 435 Cfr. ROCflAT, np. cit., pp. 68-69. 436 Cfr. USSME - Rt:lazione - V - l ter - Carte, op. ciL., n. 34, USSME - lldazione - V - l bis - Do<.:11111enri, op. cit., p. 277 e Roc 1IAT- M F.MO RI E, up. cii. , p. 517. 4.1 7 Cfr. USSME - Relazione - V - I - Narrazione, np. cit., p. 486. 438 Cfr. Rl,\SSUNTI, Volume 2°, op. cit., p. 58. 439 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 863.


Contributo ad una storia delle lnt/J/Je d'assalto

609

ri su lta inquadrato nell'ambito del VI Corpo d'Armata della 4 " Armata 440 e dislocato, il giorno 24, nei p ressi d i Farra di Soligo (Treviso) 441 . Il giorno 25, insieme al 240° Fanteria Pesaro, effettua un assalto al Monte Pe rtica, nel territori o d i pertinenza del la 15" Divisione 442 . Nonostante la violenta reazione avversaria, l'assalto riesce e l'importante posizione viene conquiscata. A segu ito d i qu esta az ione il Repa rto vie ne decorato con ia Medaglia cl' Argento al VM. e vien e inoltre cirnto nel Bollettino di Guerra Nr. 1252 de l 26 ottobre 1918 443 . Per l'eroismo dimostrato nel corso dei combattimenti venne concessa la Medaglia d'Oro alla memoria del Capitano Vittorio Leonardi 444 . Ancora il giorno 26 il XVIII Reparto effettua un assalto al Col della Mart ina insieme ad un Battagli one misto del 239° Fanteria l'esaro, sempre nd settore di pertinenza della 15a Divisione. Mancando un sufficiente appoggio di artiglieria e pressati da contrattacchi avversari, all'imbrunire, i reparti ripiegano sulle linee di partenza 44 S, subendo sensibili perdite. Il giorno successivo, rendendosi necessaria ad ogni costo la riconquista dd Monte Pertica 44 6, il X VI 11 H.cparto

44

0 Cfr. USSM E - Re lazione - V - 2 bis - D0cu 111emi, op. cii., p. 402. 441 Cfr. lJSSMF. - Relazione - V - 2tcr - Carte, op. cìt., n. 18. 442 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, up.

cit., pp. 465-467.

443

Per la letrura del t esto del llollcttino di Guerra n. 1252 de l 26 ottobre 191 8, si rima nda alla No ta n. 274, relativa al IX Reparto d'Assalto. 444 Cfr. MrnAGLIE, Volume I, 0/1.

cit., Riografia n. 193. Motivazione della M edaglia d'Oro concessa alla memoria del Capi tano Leonardi Vinorio, da I.a Spezia, classe 1895, in fo rza a l 212° Fanteria Pescara, appartencnre al XVIII ReparLO d'Assalto, gi~ decorato di Medaglia d'Argento: "Capitano in un reparto d' assalto, dotato di ahissimo a rdimento e di nobilissime virtù di patriota, in aspra lotta, sotto fuoco micidialissimo e in tragic he azioni di corpo a corpo, conquistava con i suoi arditi munitissima posizio ne nemica. Ferito alla testa non si allontanava da l suo posto di combattimento, rimane nd o sempre l'anima e la forza incitatrice per respingere rei terati cnnt ratLaccl,i nè:miò. Colpito mortalme nte non cessò di incitn rc l'impeto dei suoi finché esa lò l'ultimo respiro. (Cima Pcrcic:1, 25 ouobre 19 18)". 445

Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 483. 446 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., pp. 542-544.


610

Francesco Fatutta

viene gettato nella mischia insieme a tutte le forze disponibili; l'azione riesce sia pur a prezzo di pesanti perdite per tutte le unità impegnate. Il mattino del 27 il nemico torna deciso al contrattacco e solo dopo sei ore di mischia furibonda, grazie agli sforzi dei resti del XVIII Reparto e del XXIII, oltre che di unità delle Brigate Pesaro e Firenze, gli Austro-ungarici vengono definitivamente ricacciati dalla vetta 447 • Il giorno 31, nel quadro dell'azione offensiva assegnata dal VI Corpo d'Armata, il Reparto effettua l'aggiramento di Case Tasson, in maniera da favorire l'avanzata della 59a Divisione 448 . Sempre lo stesso giorno, suoi elementi, insieme a reparti del 252° Fanteria Massa Carrara e del 42° Modena, travolgono le difese nemiche sul Monte Prassolan, raggiungono e superano le posizioni di Monte Fredina e Col del Baio e infine occupano Monte Ronco ne 449 . Il 3 novembre, operando alle dipendenze del IX Corpo d'Armata della 4a Armata, raggiunge Borgo 450 • Nel corso della battaglia di Vittorio Veneto, presumibilmente nelle ultime fasi 451 , le perdite subite dal XVlll Reparto d'Assalto sono indicate in 15 caduti (7 ufficiali), 177 feriti (15 ufficiali) e 66 dispersi. Successivamente al termine delle ostilità, una situazione riepilogativa datata 17 gennaio 1919 lo indica per schierato nei pressi di S. Giovanni al Natisone 452 . Non è nota la data del suo scioglime nto; si presume che quest'ultimo sia avvenuto comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, come per tutti gli altri Reparti d'Assalto non indivisionati. 447 Cfr. ENCICLOPEDIA, Volume VI, op. cit., p. 23. 448 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 683. 449 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 686 e

RIASSUNTI

- Volume 8°, op. cit., p. 41. 45 o Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 728. 451 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 11 69. Valgono in parte le considerazioni espresse nella Nota n. 279 riportata in calce alle vicende del IX Reparto d 'Assalto. 452 Cfr. USSME - Relazione-. V - 2ter - Cart~, op. cit., n. 47.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

611

Il suo Centro di mobilitazione 453 aveva sede, sino al 21 aprile 1918 presso il deposito de l 13° Reggimento Fanteria Pinerolo, a l'Aquila, e successivamente presso il deposito del 65° Reggimento Fanteria Valtellina a Cremona 454 , ed i suoi effettivi si fregiavano probabilmente delle "Fiamme Nere". XVIII REPARTO D'ASSALTO della Zona Carnia (vedi XXVIII Reparto) XIX REPARTO D'ASSALTO Dato il fatto che in base alla riorganizzazione del 10 maggio 1918 nessun Reparto d'Assalto adotta questo identificativo numerico 455 , per la numerazione di "XIX", relativa all'ordinamento del 1917 e del gennaio 1918, si veda il XXIII Reparto d'Assalto. XX REPARTO D'ASSALTO (già I Reparto della 2a Armata) Viene costituito con la numerazione di I il 5 luglio 1917 presso il campo di addestramento della 2a Armata, situato a Sdricca di Manzano (Udine) 456 • Il battesimo ufficiale dell'unità avviene, 453 Cfr. ANNUARIO, op. cit., p. 686. Cfr. USSME · Relazione - V - 1bis - Documenti, op. cit., p. 24. 454 Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cii., p. 24. La fonte indica come sede per il deposito del 65° Reggimento Fanteria la città di Bergamo anziché Cremona, come indicato da diverse altre fonti ufficiali. 455 Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cii., p. 267.

Viene indicato, probabilmente a causa di un refuso di stampa, un XIX Reparto d'Assalto al posto del XXIX operante nell'ambito delle truppe suppletive del XXIX Corpo d 'Armata. 456 Cfr. AUGUSTO MASTROFINI, Palmanova Fortezza d Europa 1593-1993, 0

Quaderni della "Rivista Militare", Roma, 1993, p. 53. Opera d'ora in avanti citata come MASTROFINI. A differenza di tutte le altre fonti, viene indicato come luogo di costituzione Pradis, nei pressi di Moggio Udinese. Subito dopo la creazione il Reparto sarebbe stato trasferito a Sdricca (San G iovanni di Manzano), ove era stata creata la Scuola Reparti d'Assalto della 2• Armata.


Francesco fatulla

612

alla presenza del Re 457, il 29 successivo e molte fonti indicano tale data come quella di costituzione della Specialità 458 . Al suo comando viene posto il Capitano Giuseppe 8 assi . Inizialmente il Reparto risu lta formato da 2 Compag nie "Fiamme Nere", poi portate a 3 , rispettivamente comandate dai Capitani Radicati di Primeglio , Porcari e Pedercini 45 ~. 11 battesimo del fuoco ha luogo, nel corso della battaglia del la Bainsizza, la notte del 18 agosto successivo, quando la 1:i e la 2" Compagnia hanno il compito d i ap rire la via a ll 'avanzata della 22:i Divisione del XXVII Corpo d'Armata, forza ndo l' Iso nzo a Loga e Auzza e conquistando il sovrastante Monte Fratta. l:azione riesce sin dall'inizio alla P Compagnia che travolge, sube ndo lievi perdite, le posizioni nemiche e conqu ista poi di slancio il Monte Fratta. Più difficile l'azione della 2'1 Compagnia, fortemente contrastata dall'artigl ieria :iustriaca, che solo all'alba riesce a forzare il fiume e a portarsi poi sul Monte Fratta, dopo aver subito sensibili perdite. Vengono catturati .500 prigionieri e 8 mitragliatrici, ma il successo no n viene sfruttato per la lentezza dei reparti di fanteria che seguono gli Arditi e che solo il 20 mattina danno loro il ca mbio sul monte. Sempre nella notte tra il 18 e il 19, la 3:i Compagnia effettua un attacco a sorpresa a Belpoggio, sul Monte San Marco, ad est di Gorizia. Anche questa azione riesce: vengono espugnaci di slancio due ordini di trincee, ma il mancato sopraggiungere dei rincalzi limita il successo e causa sensibili perdite 460 . All'inizio di settembre il T Reparto vien e impiegato sul Monte San Gabriele, quale avanguardia di una complessa azione offensiva. Inizialmente sarebbe previsto un attacco unitamente al Il Reparto, ma le resistenze opposte dai comandanti dei due Corpi d 'Armata coinvolti nell'azione, limitano il ruolo degli Arditi. Vengono impiegate solo 3 Compagnie del T Reparto (23, 3:i e 4a) e una sezion e

457 C~f r. Rou IAT, op.

cit., p . .1S.

458

Cfr.

45 9

crr. MASTROFIN I, op. cit. , p. 53.

TENENTE ANONIMO,

460 Cfr. ROCHAT,

op. cit., p.

op. cii., p. 23 l. 4 7.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

613

lanciafiamme, in tutto 475 uomini , che operano al la testa delle tre colonne di fanteria chiamate a effettuare l'assalto. Ancora una volta l'attacco riesce, ma la lentezza dei rincalzi e la reazione avversaria causano grav i perdite. Nonostante tutto gli Arditi riescono a tenere il Monte San Gabriele, pur perdendo alcune posizioni, sino a quando la fanteria a sera non li rileva. M età circa degli uomi ni impiegati sono fuori combattimento, 61 dei quali caduti, ma gli Arditi del I Re pa rto catturano 3 .100 prigionieri, 55 mitragliatrici e 26 cannoncini da trincea 461 . Da notare, in quanto già segnalata, che nel corso del mese di settembre il Reparto riceve una 4" Compagnia "Fiamme Cremisi", comandata dal Capitano Chirabi si, costi tuita sin dal 6 luglio a Lavisce, a cura della 47'1 Divisione, con Bersaglieri volo ntari tratti dal 4°, 6°, l2° e 21° Reggimento Hersaglieri 462 . Curiosamente non si trova traccia del I Reparto d'Assalto nella pur d ettaglia tissima situazione riepi logativa datata 24 ottobre I 9'17463 . TI 26 ottobre 464 il I Reparto, insieme ad altri tre appartenenti

46 I Cfr. ROCHI\T, 0/J. cit,, p. 48 e TENFNTI( ANONll\10, op. cit. , p. 2.10. La seco nJa fo nte indica una forza di circa 700 uomini, volenJo intendere pro· babilmente la forza dell ' inte ro T Reparto non soltanto que lla di 3 Compagnie. Dive rsità anche per ciò che concerne le perdite inflitte al nemico, in quanto viene indicato che nei due giorni di combatti menti gli Arditi del I riescono a cattura re 1.450 prigionieri e ad uccidere un n umero eq uivale nt e di nemici. 462 Cfr. JM ASTROHNI, · op, crt., . p, 53 .

463 Cfr. USSMF.. Relazio ne - IV . .1 bis · Documenri, op. cit., pp. 181-227. Si veda a raie proposito il Documento conm1ddistin to dal 11, 93, il quale riporta la "Composizione particolareggiata delle grandi u nirà italiane di ordine divisionale schier.ite sull 'intero fronte (d:1110 Stelvio al mare) alla data del 24 o ttobre 1917". 464 Cfr. USSME ·Relazione· IV · 3 · Narrazione, uµ, cii., p. 374 e USSMF. ·Relazione· TV· 3 · Narrazione, op, cit., p. 376. Da notare innanzitutto che i testi citati parlano sempre di Battaglioni di Arditi o Battaglio ni d'Assalto. La prima fonte riporta che il 26 ottobre il XXVII Corpo d'Armata d ella 2" Armata ri ceve in rinforzo, tra l'a ltro, qu;ittro Repn rti d 'J\ss;i lto, mentre uno viene assegnato a l XX IV Corpo d 'Armata, La seconda fo nte ripo rta l'ordine in que· stio ne che, per complctezz;i informativ;i, riportiamo:


614

Francesco Fatutta

alla 2a Armata 465 , viene posto a disposizione del XXVII Corpo d'Armata, per costituirne la retroguardia. Il giorno successivo, assieme a tutti gli altri Reparti, viene avviato a Cusignacco, dietro il fiume Torre, ove è tenuto in riserva di Corpo d'Armata 466 • Il I Reparto, al comando del Maggiore Radicati, viene poi fatto rapidamente affluire, prima su autocarri e successivamente a piedi in direzione di Udine; il giorno 28, assieme ad altri Reparti, assume la difesa della città. Privi di mitragliatrici (quelle in dotazione sono state avviate in altra località) e dotati unicamente di armamento e munizionamento individuale, i suoi effettivi resistono disperatamente all'avanzata nemica per mezza giornata, poi vengono travolti. Il I Reparto lascia sul terreno 390 tra morti e feriti e 70 prigionieri, mentre un centinaio di Arditi riescono fortunosamente a sfuggire all'accerchiamento 467 . I superstiti confluiscono nel II Reparto d'Assalto 468 e da quel giorno ne seguono in pratica le

segue nota "COMANDO 2" ARMATA AL TEN. CoL. BAss1 G 1usEPPE AL CoMANDO DEL XXVII CORPO D'ARMATA AL COMANDO DELLA 25" DIVISIONE T reparti d'assalto partano immediatamente per Senico ove saranno a disposizione di S. E. il Generale Badoglio il quale li impiegherà come meglio crederà sia per difendere il Korada s·ia per operare un attacco travolgente dal Korada stesso stop Il reparto d'assalto dislocato a Cosson, se non ha raggiunto i rimanenti, li dovrà raggiungere immediatamente stop Generale M ONTUORI". Da notare che sempre la stessa fonte, parlando della cessione di questo tipo di Reparti, commenta sempre a p. 376: "Fu una cessione per semplice rinforzo, benché i due Corpi d 'Armata avessero già abbondante disponibilità di Battaglioni, senza uno scopo preciso rispondente ai caratteri dei Reparti d'Assalto e senza una chiara visione dell'utilità che essi avrebbero potuto avere in un impiego più opportuno di quello che "meglio avrebbe creduto" il Comando cui vennero ceduti con questo ordine". 465 Per un chiarimento riguardo i criteri di identificazione dei Reparti assegnati al XXVII Corpo d'Armata si rimanda il Lettore alla Nota n. 170, posta in calce ai cenni storici del V Reparto d'Assalto della 23 Armata. Per ciò che concerne invece il periodo susseguente a Caporetto, si è dovuto fare ricorso ad una forma in gran parte comune ai vari Reparti interessati, data l'impossibilità di scindere le singole vicende. 466 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 402. 467 Cfr. ROCHAT, op. cit., p. 59. 468 Cfr. TENENTE ANONIMO,

op. cit., p. 78.


Contributo ad una storia delle tru/1pe d'assalto

615

sorti, anche se fonti memorialistiche non verificabili 469 danno il I Reparto per schierato il 9 novembre tra Corbanese e Follina, nel Trevigiano. Di tutti i Reparti d'Assalto della 2 3 Armata, il 12 dicembre rimangono circa 2.000 superstiti, sui 5.000 partiti sei settimane prima da Sdricca di Manzano, che vengono concentrati nel vicentino a Debba e Longara, alle di pendenze della 1a Armata, per essere riorganizzati 470. Nel corso del mese, quindi, il I Reparto viene riordinato e riportato ai livelli organici previsti grazie all'inserimento di personale ottenuto mediante lo scioglimento de l IV e VI Reparto d'Assalto della 2 3 Armata 471 , e probabilmente anche di altri Reparti. Alla data dell'8 gennaio 1918 472 un I Reparto risulta in ricostituzione o esistente presso la Scuola Reparti d'Assalto della 1a Armata di Yittarolo di Lusiana 473 . Nella notte tra il 26 e il 27 gen naio, in preparazione della cosiddetta battaglia dei Tre M onti, il I Reparto d'Assalto viene fatto affluire sul Monte Melago 474 , insieme alla Brigata Sassari e a un Battaglione 469 Con la frase "fonti memorialistiche non verificabili" intendiamo riferirci a testimonianze orali, documenti <l'epoca, scritti e appunt i <li vario genere e natura, forniti in un ampio lasso di tempo da fonti ritenute attend ibili. Nel corso della stesura di questa ricerca, per diversi motivi, non è stato possibile ricontattare alcune di tali fonti, al fine di ottenere una conferma scritta, o perlomeno dementi informativi di riscontro, atti a confermare gli elementi in nostro possesso. In ogni casò abbiamo ritenuto opportuno mantenere traccia d i alcune di tali informazioni e pertanto le abbiamq riportate nel testo, accompagnandole comunque con la frase riportata all 'inizio di questo paragrafo. 470 Cfr. ROCIIAT, op. cit., p. 6 1. 471 Cfr. ROCHAT, op. cit., p. 63 e USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., p. 24. La seconda fonte confe rma il passaggio avvenuto nel mese d i dicembre dalla 2a alla 1a Armata; rivela inoltre che alla ricostituzione del I Reparto avrebbero contribuito anche elementi provenienti dai H.eparti d 'Assalto lll, X, Xl, XH, XlH, XIV e XV, già appartenenri alla 2" Armata e disciolti con circolare del Comando Supremo n. 139698. 472 Cfr. USSME - Relazione - V - 1bis · Documenti, op. cit., pp. 24-25. 473 Cfr. MASTROFINI, op. cit., p. 53. 474 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 246 e RIASSUNTI - Volume 4°, op. cit., p. 246.


616

Francesco J:àtutta

del 45° Reggimento fanteria Reggio . L'obiettivo è la conquista del Col del Rosso e del Col d'Echelc, nel settore di p ertinenza del XXII Corpo <l'Armata della 'I" Armata. Il giorno successivo inizia l'attacco al Col del Rosso, che non riesce 475 nell e prime fasi, ma successivamente viene conquistato, grazie anche al valore d el I Reparto, citato insieme ad altre unità dal Bollettino di Guerra del Comando Supremo Nr. 981 476 . Dopo l'azione il Reparto rientra a Longara 477 . Il 2 marzo passa di dipendenza organica e viene ceduto dalla la alla 6~ Armata 478 . L'8 maggio viene trasferito a Marsan, nei pressi di Marostica 479, mentre

475 Cfr. USSMF. - Relazione - V - l - Narrazione, op. cit., p. 248. Da notare che la fonte lo indic.1 q uale T lhttagli one d'Assalto. 476 Cfr. RIASSUNTI, Volume 9°, op. cii., pp. 70-7"1. Dal Bollettino di Guerra del Comando Supren10 n. 98 l (30 gennaio 1918, ore 16): "I ... I Conquistati sin dal giorno 28 e mantenuti con grande valore il Col del Rosso, ed il Col d' Echelc, premuto e sospinto l'avversario nella regione di Sasso Rosso, ributtati all 'arma bianca i numerosi suoi contrattacchi, nella giornata di ieri il successo venne ampliato con l'espugnazione del Monte di Valbclla. Fortissime furono le perdite inflitte al nemico che ebbe due divisioni quasi completamente distrutte; notevole il bottino di guerra, non del tutto calcolato, ma comprendente finora: oltre "100 ufficiali e 2.500 uomini di truppa prigionieri; 6 cannoni di vario calibro; circa 100 mitragliatrici; numerosissime bombarde; parecchie migliaia di fucili; ingentissime quantità di munizion i e materiale di varia specie. Violenta fu la reazione de ll'a rti glieria nemica su ll e posizioni conquistate: rapidi e potenti i concentramenti del nostro fuoco fin sui più lontani o bi ettivi . Numerosi i tentativi di ricognizione e d'offesa dei velivo li nemici; pronta l' agg ressività dei nostri ed aggiustato il tiro antiaereo, che nelle d ue giornate abbatterono 17 apparecchi avvers;iri. Durante le azioni dei giorni 28 e 29 l'eroica Brigata Sassari (151° - 152°) cd in particolar modo il 151° Regg. fanteria riconfermò il valore della sua gente e la gloria delle sue Bandiere; i riparti d'assalto 1°, 2°, e 16°, la IV Brigata Bersriglieri (14° e 20° Reggimento) col suo riparto d'assalto (4j, il 5° Reggimemo Bersaglieri, i Battaglioni Alpini Val d'Adige, Stelvio, Monte Baldo e Tirano, assolsero magnificam ente il loro compito e furono all':1hczz;1 del loro nome e delle proprie fu lgide tradizioni". 477 Cfr. ROCHAT, op. cii ., p. 63. 478 Cfr. USSME - Relazione - V - 1bis - Documenti, op. ciL., p. 202 e SCH IAIUNI, op. cii., p. 335 . 479 Cfr. ROC HAT, op. cii., p. 63.


Co11trifmto ad una st oria delle truppe d 'assalto

617

il giorno l O assume la numerazione di XX Reparto in q uanto facente p a rte d clk truppe suppletive d el XX Corpo d'Armata dell a 6" Arm ata 480 . All'inizio di giugno, più esattamente tra i giorni 8 e 9, passa di dipendenza o rganica 481 e viene trasfe rito dalla 6" alla 9 3 Armata la quale, due gio rni dopo, lo assegna al 1° Gruppo della costitue nda 1" Divisione d 'Assalto. Il 15 giugno risulta dislocato nei pressi d i Veggia no (Padova), inquadrato nel 1° G ruppo d'Assalto 482 ; in quei giorni al suo coma ndo vi è il Maggiore Enrico Porzio 483 . Durante l'azione controffensiva sul Piave opera, a partire dal giorno 17, nella zona di Capo d'Argine 48 4, sempre inquadrato nel suo Gruppo ; una volta cessata l'emergenza, viene ritirato nella zona di M ontehelluna 485 . Ne lla notte del 26, è però riportato via treno nelle retrovie, per la necessa ria riorganizzazione che interessa l'intera 1a Di visione d'Assalto. Nel mese di agosto viene prescelto, assieme al X Reparto, p er partecipare ad una azi one offensiva sul Monte Tonale,

480 C f r.

R OCHAT, op. cii., p. 68. 481 Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documc:nri, up. cii ., p. 204.

482 Cfr. USSME - Relazione - V - I - Narrazione, op. cii., p. 344, USSME Relazione - V - 1bis - Documenti, O/>. cit., p. 286, USSME - Relazione - V - I rer Carte, op. cit. , 11. 14 e Roet IAT-MEMO IUI'., op. cit. , p. 5 I 7. lb notare che la prima fonte lo ind ica come XX Batraglione d'Ass,1lro. 41U

Cfr. ZOPPI, op. cil., p. 11 O. 484 Cfr. -r·ENENTF. · · ANONIMO, op. Cll. . , p. 73 . Viene ripnrtnto 1111 brano della relazione ufficiale del Comando della 3" Armata sull'azione svol ra in quei gio rni dal XX Reparto d'Assalto: "Gli arditi punraruno in direz ione dello Scolo Palombo, di Ro nche, di Capo d'Argine e di Fosserra. La incursio ne fu una corsa fulminea; la resistenza ne mica, che si affidava specialmente ai vespai delle mi tragliatrici, fu sgominata; il Colmello d i Ronc he, il paese di Fnssalra, le case dell 'Osre ri a di Fossalra, le case di Capo d'A rgi ne fu rono occupate di sba lzo. Fossalra venne rico nquistala senza che vi si sparasse un colpo di moschetto: gli arditi vi si sono gettati a raffiche d i bo mbe a mano e po i a colpi di pugnale. La lorra contin uò nella notte: più di mill e prigionie ri, I 5 ufficiali, 25 mitraglia trici, 4 ca nn o ncin i da trincea . Sono srati ripresi cin que nosrri ca nnoni da campagna che si erano dovu ti a bbando nare il prim o giorno". 485 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. ciL., p. 701.


618

Francesco Fatutta

insieme a 2 Battaglioni Alpini; azione iniziata male e poi sospesa, sembra per il malcontento serpeggiante tra gli Arditi, chiamati a svolgere un ruolo secondario e non l'azione principale 486 . Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1918 viene indicato come dipendente dal 1° Gruppo della 1a Divisione d'Assalto 487 , di cui segue le vicende. All'epoca il suo comandante risulta essere ancora il Maggiore Enrico Porzio 488 . Terminato il conflitto, il XX Reparto continua a seguire le vicende della 13 Divisione d'Assalto, che viene inizialmente schierata lungo il confine orientale. Nella seconda decade di marzo del 1919 parte da Venezia per la Tripolitania 489, da dove rimpatria nel luglio successivo. Si stanzia dapprima nell'Emilia e successivamente nella zona di Postumia, nei pressi della linea di armistizio 490 • Visto il comportamento del Reparto allo scoppio della crisi fiumana, nel novembre 1919 il generale Badoglio, prevedendo di dover ricostituire la l3 Divisione d'Assalto su nuove basi, lo sceglie insieme al X e al XXII, considerati anch'essi "sicuri", per l'eventuale costituzione di un nuovo Raggruppamento d'Assalto 491 . Nel giugno 1920 il XX Reparto viene inviato in Albania nell'ambito del Reggimento d'Assalto; parte da Trieste e il 16 giugno sbarca a Valona 492 . Il 23 luglio contrattacca vittoriosamente, insieme al IX Reparto e ai Battaglioni Alpini Dronero e Tntra, i circa 4.000 insorti albanesi che attaccano la cinta fortificata di Valona e li respinge 493 . Rimane in Albania sino alla metà di agosto, dopo aver subito sensibili perdite soprattutto a causa della malaria. Rimpatriato, viene

486 Cfr. ROCHAT, op. cit., p. 103.

487 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 886. 488 Cfr. ZOPPI, op. cit., p. 111.

489 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cit., p. 74. 490 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cit., p. 119. 491 Cfr. USSME- Dopoguerra, op. cii. , pp. 130-131. 492 Cfr. USSME - Dopoguerra,op. cii., p. 176. 493 Cfr. USSME - Relazione - VII - 1 - Narrazione, op. cit., p. 146.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

619

poi stanziato in Venezia Giulia, lungo il confine iugoslavo. Non è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avvenuto tra il novembre e il dicembre 1920, in concomitanza con lo scioglimento del Reggimento d'Assalto 494 . Da notare che un suo ufficiale, il Tenente Alessandro Tandura, fu decorato di Medaglia d'Oro per essersi offerto volontario in una rischiosissima missione oltre le linee nemiche 495 • Il suo Centro di mobilitazione 496 aveva sede presso il deposito del 2 ° Reggimento Fanteria Re, a Firenze, ed è accertato che i suoi effettivi si fregiavano delle "Fiamme Nere". XX REPARTO D'ASSALTO della 3a Armata (vedi XI Reparto) XXI REPARTO D'ASSALTO Dato che in base alla riorganizzazione del 10 maggio 1.918 nessun Reparto d'Assalto adotta questo identificativo numerico, per la numerazione di "XXI", relativa aJl'ordinamento del 19 17 e del gennaio 1918, si veda il XIII Reparto d 'Assalto.

494 Cfr. ROCHAT, op. cit., p. 130. 495 Cfr. MEDAGLIE, Volume T, op. cii., Biografia n. 147. Motivazione della Medagli a d'Oro concessa al Tenente Tandura Alessandro, da Serravalle di Vittorio Veneto, classe 1893, in forza al 1° Fanteria Re, in seguito alla 333" Compagnia Mitraglieri e poi al 163° Fanteria Lucca, volontario nel XX Reparto d'Assalto, già decorato di Medaglia di Bronzo: ''Animato da più ardente amor di Patria, si offriva per compiere una missione estremamente rischiosa" da un aeroplano in volo si faceva lanciare con un pa racadute al di là delle linee nemiche nel Ve neto invaso, dove, con alacre intelligenza ed indomito sprezzo di ogni pericolo, raccoglieva nuclei di uffi ciali e nostri soldati dispersi, e, animandoli con il proprio coraggio e con la propria fede, costituiva con essi un servizio di in formazioni che riuscì di preziosissimo ausilio alle operazioni. Due volte a rrestato e due volte fuggito, dopo tre mesi di audacie leggendarie, integrava l'avveduta e feconda opera sua, ponendosi arditamente alla testa delle s ue schiere di ribelli e con esse insorgendo nel momento in cui si delineava la ritirata nemica, ed agevolando così l'avanzata vittoriosa delle nostre truppe. Fulgido esempio di abnegazione, di cosciente coraggio e di generosa, intiera dedizione di tutto se stesso alla Patria. (Piave - Vittorio Veneto, agosto-ottobre 1918)". 496 Cfr. ANNUARJO, op. cit., p. 686.


620

Fra11ccsco Fatutta

XXI REPARTO D'ASSALTO della 3a Armata (vedi X III Reparto) XXJI REPARTO D'ASSALTO (già II Reparto della 2 3 Armata)

Vie ne costitu ito ne l corso dell'agosto 191 7 presso il campo di addestramento della 2" Armata a Sdricca di Manzano 497 con la nu merazione di IL Il 4 settembre, assieme a l I Reparto, viene schi erato sul Monte San Gabriele, ma non viene im piegato per l'opposizion e.; cki comandanti dei due Corpi d'Armata coi n volti nell 'azione, i quali intendono limi tare il ruolo degli Arditi ne ll 'ambito di qu esta operazione offensiva 498 . li giorno 29 settembre la sua 2" Co mpagn ia effettua un' azione offensiva a Madoni, insieme a reparti dell e Brigate Venezia e Tortona. Sfruttando il fattore sorpresa gli Arditi con quistano tre ordini di trincee e li difend ono dai successivi contrattacchi ne mi ci. I.e p erdite risultano pesanti ma l' attacco ha successo: vengono catturati 2 .4 00 prigionieri e 2S mi t ragliatrici. L'az io n e viene c itata su l Bollettino di G uerra n . 859 del giorno 30 499 • L'8 di ottobre, du e Squadre del Il portano a termine un colpo di mano sul la Bains izza, con l'obiettivo di catturare prigionieri e r:lCcogliere informazi o ni sull o schieramen to nemico soo. C uriosamente non si tro va traccia del II Reparto d'Assalto nel la pur dettagliatissima situazione riepilogativa datata 24 ottobre 19 17 5 01 .

49 7 Cfr. ROCHAT, op. cit., p p. 15-36 e 53. 498 Cf r. Rou IAT, op. cit., pp. 15-16. 499 Cfr. R1Ass1w 11, Volume 8°, op. cit., p. 9 3 . Dal Bollettino di Guerra del Coma ndo Su premo n. 859 (30 sette mb re 191 7, o re 13): "Ieri, cc>n improvvisa cd ardita azione svolta da un a compagnia d 'assalto d ella 2" Armata e dalle Brigate Venezia (83° e 84°) e Tortona (25 T e 258°) miglior;i m mo la nostra occupazione verso l'orlo sud-orien tale dell'altopiano di Bainsin.a, strappand o all'avversario alcune quote a sud di Podlaka e a sud -est di Madoni . Catturammo 4') ufficiali e 1.360 uomini d i truppa. Successiv i violenti contrattacchi nemiò, accompagnati da furio so bo mbardamcnro, furono respinti e le posizio ni manten ute L... J". soo Cfr. J,..oc > HAI, .• op. crt., . pp. 5-:i - 56 • SOJ Cfr. USSME · Relazione - IV - 3bis - Documenti, op. cit., pp. 18 1-227.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

621

Il giorno 26 502 il Il Reparto, insieme ad altri quattro appartenenti alla 2a Armata, viene posto a disposizione del XXVII Corpo d'Armata, per costituirne la retroguardia 503 . Il giorno successivo, assieme a tutti gli altri Reparti, viene avviato a Cusignacco, dietro il fiume Torre, ove è tenuto in riserva cli Corpo d'Armata 504 . Il 28 ottobre il li Reparto, comandato dal Capitano Abbondanza, opera alle porte di Udine per contenere l'avanzata nemica. Va aggiudicata agli Arditi e ai Bersaglieri Ciclisti che li affiancano, l'uccisione del Generale tedesco Berrer, avvenuta proprio quel giorno alla periferia d i Udine 505 . Successivamente, i suoi effettivi si accingono a difendere Porta Pracc hiusa, che conduce alla città, ove molti cadono nei combattimenti che seguono 506 . In giornata vengono anche assorbiti i superstiti del I Reparto 5 07 _ La sera del 29, tutti e 5 i Reparti, quindi anche i! Il, si aggiungcrno al le un ità schierate a di fesa dei ponti d i Pinzano e Comino sul Tagliamento 508 ; successivam ente inizia il ripiegamento verso il Piave . Il 3 novembre ciò che rimane del II Reparto viene concentrato a Pieve di Soligo, per il riordinamento organico, il recupero dei dispersi e il riarm o, al fine di poter essere sub ito riutilizzato

SOl Cfr. USSME · Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cii., p. 374 e USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, np. cit., p. 376.

Da nocare, innanzitutto che i testi <.:itati parlano sempre di Battaglioni d'Arditi o Battaglion i d'Assalto. 503 Pe r un chiarimento riguardo i criteri di identificazione dei Reparti asseg nati al XXVII Corpo d'Armata si rimanda il Lettore alla Nora n. 170, posta in calce ai cenni storici del V Reparto d'Assalto della 2" Armata. Per ciò che concerne invece il p eriodo susseguente a Caporetto, si è dovuto fare ricorso ad una fo rma in gran parte comune ai vari R eparti interessati, data l'impossibilità di scindere le singole vicende.

5o4 Cfr. USSME - Relazione - IV - .1 - Narrazione, op. cit., p. 402. S05 Cfr. TENENTE ANONIMO, op. cit., pp. 78 -79. SO(,

507

C f r.

T F.N ENTF. ANONIMO,

op. cit., pp. 80-82.

Cfr.

TENENTE ANONIMO,

op. cit., p. 78.

SOS Cfr. USSME - Relazione - IV - .1 - Narrazione,

op. cit., p. 414.


622

Francesco Fatutta

in battaglia 509 . L'8 novembre il Generale Montuori ordina che i Reparti d'Assalto, tra cui il II, ripieghino a difesa del ponte di Vidor. Durante la notte si completa il passaggio delle truppe in ritirata sulla destra del Piave e al mattino del 9 solo i Reparti d'Assalto rimangono sulla sinistra del fiume, schierati sulle alture di Conegliano, per coprire ancora l'ultimo momento di ritirata dell'ala destra della 4a Armata e dei reparti di retroguardia in movimento verso il ponte della Priula 510 . Il II è poi ritirato nelle retrovie ma, essendo ancora efficiente, continua ad essere impiegato, insieme agli altri Reparti dell'Armata 511 . Di tutti i Reparti d'Assalto della 2a Armata, il 12 dicembre, sui 5.000 Arditi partiti da Sdricca di Manzano sei settimane prima, rimangono circa 2.000 superstiti che vengono concentrati nel vicentino a Debba e Longara, alle dipendenze della 1a Armata, per essere riorganizzati 512 . Nel corso del mese, quindi, il Il Rep:irto viene riorg:inizz:ito e riportato ai livelli organici previsti grazie all'inserimento di personale ottenuto mediante lo scioglimento del III e V Reparto d'Assalto della 2a Armata 513 , oltre che probabilmente di altri Reparti. Alla data dell'8 gennaio 1918 514 un li Reparto risulta esistente o in ricostituzione nell'ambito della 1a Armata 515 . Nella notte 5 o9 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 482. Ad esempio, il 7 novembre il comando della 2• Armata avvia a Folina un Reparto d'Assalto per sbarrare la Val Marcno; non è stato possibile appurare il Reparto, che comunque avrebbe potuto essere il II. 510 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 484.

511 Cfr. Roc, JAT, op. cit., p 59. 512 Cfr. ROCIIAT, op. cit., p. 61. 513 Cfr. RoCHAT, op. cil., p. 63 e USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., p. 24. La seconda fonte conferma il passaggio avvenuto nel mese di dicembre dalla 2" alla 1a Armata; rivela inoltre che alla ricostituzione del 11 Reparto avrebbero contribuito anche clementi provenienti dai Reparti d'Assalto JJJ, X, Xl, XII, XIII, XIV e XV, già appartenenti alla 2" Armata e disciolti con circolare del Comando Supremo n. 139698. 514 Cfr. USSME - Relazione - V - 1bis - Documenti, op. cit., pp. 24-25. 515 Cfr. MAsTROFINI, op. cit., p. 53. Secondo questa fonte la Scuola Reparti d'Assalto della 1• Armata, nel gennaio del 1918 aveva sede a Vittarolo di Lusiana.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

623

tra il 26 e il 27 gennaio, in previsione della cosiddetta battaglia dei Tre Monti, il Il Reparto d'Assalto, insieme al 5° Reggimento Bersaglieri, viene fatto affluire su Costalunga per tentare l'assalto al Monte Valbella 5 16 . Il giorno seguente inizia l'attacco, che in una prima fase non riesce 5 17 , ma che successivamente ha successo grazie anche al valore del II Reparto, che viene citato insieme ad altre unità dal Bollettino di Guerra del Comando Supremo n . 981 518 . Dopo l'azione il Reparto rientra a Debba 519 . Il 2 marzo passa di dipendenza organica e viene cedu ta dalla Palla 6a Armata 520 . I.:8 maggio viene trasferito a Marsan, nei pressi di Marostica 521 , mentre il giorno 10 assume la numerazione di XXII Reparto in quanto facente parte delle truppe suppletive d el XXII Corpo d'Armata della 9a Armata 522 . All'inizio di giugno, più esattamente fra i giorni 8 e 9, passa di dipendenza organica 523 e viene trasferito alla 9a Armata. Quest'ultima, però, il giorno successivo lo assegna al 3° Gruppo d'Assalto della costituenda P Divisione d'Assalto. Il giorno 15 risulta dislocato nei pressi di Limena (Padova), inquadrato nel 3° Gruppo 52 4 .

516 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit. , p. 246 e RIASSUNTI - Volume 9°, op. cit., p. 234. 517 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 248. Da notare che in questa sede viene indicato come H Battaglione d'Assalto. 518 Cfr. RIASSUNTI, Volu me 9°, op. cit., pp. 70-71. L'estratto dal Bollettino di Guerra del Comando Supremo n. 981 (30 genna io 1918, ore 13), è riportato nella Nota n. 476 inserita nell'ambito dei cenni storici riguardanti la storia del XX Reparto d 'Assalto. 519 Cfr. RocHAT, op. cit., p. 63. 52 Cfr. USSME - Relazione - V - I bis - Documenti, op. cit., p. 202 e Sc HJARJNI, op. cit., p. 335. 521 Cfr. RocHAT, op. cit., p. 63.

°

522 Cfr. RocHAT, op. cit., p. 68. 523 Cfr. USSME - Relazio ne - V - lbis - Documenti, op. cit., p. 204. 524 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 344, Cfr. USSME - Relazione - V - lter - Carte, op. cit., n. 34 e ROCI-IAT-M EMORIE, op. cit. , p. 518. Da notare che la prima fonte lo indica come XXll Battaglione d'Assalto.


624

Francesco Fatutta

li 17 giugno viene temporaneamente assegnato alla 25" Divisione e, insieme al XXV Reparto d'Assalto, respinge il nemico oltre Fosso Palombo 525 . In quei giorni al suo comando risu lta esservi il Capitano Abbondanza 526 . Una volta cessata l'emergenza, viene ritirato nel le retrovie per la necessaria riorganizzazio ne che interessa l'intera ·1a Divisione d'Assalto, della quale segue le vicende organiche. Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1918 viene indicato come dipendente dal 3 ° Gruppo del la 1'1 Divisione d'Assalto 527 . All'epoca il comandante risulta essere il Maggiore Ra ffaele Ji Orazio 528 . Due giorn i dopo, su una decina di barconi, forza il Piave 529 nella zona di Fontana del 8uoro e del saliente di Falzé, nel territorio di pertinenza ciel XXII Corpo d'Armata dell'8" Armata. La sua azio ne consente.: il gittamcnto, da parte dei pontieri, cli un ponte a Fontana del Buoro, sul quale trans itano diverse unir~ tra le quali il 3° Gruppo d'Assalto, di cui ii XXII fa pa rte . li giorno successivo , scindendosi in nume rosi piccoli nuclei per sottrarsi al fuoco delle numcrose mitragliatrici nemiche 510 , libera, dopo violenti combatti menti, una partc di Moriago (Treviso). Tale è l'impero degli Arditi che, aggirata la località, essi rendono a proscguire nell'avan zata e soltanto l'energia dei comandanti riesce a bloccarl i e ricondurli a Moriago pcr snidarvi gli Austriaci che erano riusciti a rioccuparne la pane meridionale del paesc : 31 . Terminato il conflitto, il XX II Repa rto segue lc vicende della l ~ Divisione d'Assalto, che viene inizialmente schierata lungo il confine orientale. Nel la seconda decade di marzo del 1919 parte da Venezia

525 Cfr. USSME - Relazione - V - I - Narrazione, up. cit., p. 595. Da nornre che la fonte continua ad indicarlo come XXII Battaglione d'Assa lto. 526

Ur. Z OPPI, op. cit., p. I I O. 527 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 886. 528 Cfr. ZOPPI, op. cit. , p. I I I. 5 29 C fr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit. , p. 5 17. 530

Cfr. USSME - Relazion e - V - 2 - Narrazione, op. cii., p. 519. 53 1 Cfr. Zor•f'J, op. cit., pp. 86-87.


Contributo ad una storia delle truJ,pe J'assaltu

625

per la Tripo li rania 532 , da dove rimpatria ne l lu glio successivo. Si stanzia dapprima nell' Emilia e successivamente nella zona di Postumia, nei pressi della linea di armistizio 533 . Nel settembre 19 19, insieme al 3° Gruppo d'Assalto, viene fatto affluire su l tratto più orientale della medesima linea 53 4, ossia ne i dintorni di Fiume, ove sta matu rando la crisi. li giorno 12, al passaggio della colonna proveniente da Ronch i, gu idata da D'Annunzio, l'intera 2" Compagnia, schierata a Cantrida, si unisce ai "legionari" 535 , mentre il resto d el Reparto no n subisce coin volgimenti. Ele menti prove ni e nti da Fiume, ri escono comunqu e il g iorno 13 ad impossessarsi del gagliardetco di Reparto 536 . Visto il comportame nto te nuto d al resto del XXH allo scoppio della crisi fi umana nel novembre 1919, il generale Badoglio, prevedcndo di do ver ricostituire la L:1 Divisione d'Assa lto su nuove basi, lo sceglie insiem e a l X e al XX , considerati a nch'essi "sicuri ", per l'eventuale costitu zion e di un nuovo Raggruppamento d 'Assa lto 537 .

532 C fr. USSME - Dopo1;uerr:1,

op. cit., p. 74.

53.l C f r. USSME - Dopoguerra, op. cit. , p. J 19.

rr uss

534 , , r. . ME - Dopoguerra, op. cit., p. 142. 5 ì5 Cfr. USSME - Dopoguer ra, op. cit. , p. 143 e LoNc;o, op. cit. , Narrazione, p. 207.

Quc::s t'ultima fo nte indica che::, nella sola gio rnara del 12 seu emb re, in base ai dati ufficial 111e nrc comu nicati dal coma ndo d ella I·' Div isione:: d 'Assa lto, avrebbero cldezionato ! SO uom in i .1ppartem:nti ,11 XX II Reparto d 'Assa lt o e 4S dcl l'VIII Rc::parto, guidati da JS uffi ciali. Cfr. LONGO, op. cit. , Na rral.ione, p. 255. Da u na si nresi statistica fo rnita dal Cnmando ddl'8·' Armata risulta che in data 28 senembre 19 19 g li efft:rti vi de l XX II Rcparro che avc::vano d e fezionato risultavano 176, 13 dei q uali uffi ciali. 5 -> 6 Cfr. Lo;s;c;o, op. cit., Narrazione, pp. 2 11-2 12. Si appre nd e che il Tenente Italo Pcrrdla, uffici.ile d el XX II Reparto, giunse il gio rno 13 a Casrua da Fiume, con due ,rnt, 11.:,1 rri ..:.1riclti di Ardiri e armari co n una mitragliatrice. Penet rati nel locale del Comando d1 Reparto, ove er.1 custodito il gagli:mlc::tto, g li Ard iti se ne impossess.1 rono e, neutraliu.tta l'opposizione d el pe rsonale presente, lo t rasferi rono a Fiume. SJ? Cfr. USSME - Dopogu cr r:i,

uJJ. cii. , pp. U0-1.1 I.


626

Francesco Fatutta

Nel giugno 1920 il XXII Reparto viene inviato in Albania nell'ambito del Reggimento d'Assalto; parte da Trieste e il 16 giugno sbarca a Valona 538 ; rimane poi in Albania sino alla metà di agosto, dopo aver subìto sensibili perdite soprattutto a causa della malaria. Rimpatriato, viene poi stanziato in Venezia Giulia, lungo il confine iugoslavo. Gli elementi del XXII presenti a Fiume, all'epoca dell a difesa della città nel dicembre 1920, vengono schierati da Grohovo al Mulino a Vapore, lungo il corso della Fiumara (Recina), con l'ordine di ripiegare eventualmente su Cosala, occupando materialmente la quota del Calvario e del Belvedere 539 . Non è nota la data del suo scioglimento; si presume soltanto che sia avvenuto tra il novembre e il dicembre 1920, in concomitanza con lo scioglimento del Reggimento d'Assalto 540 . Per quanto riguarda invece gli elementi del XXII presenti a Fiume, questi ultimi lasciano il capoluogo giuliano il giorno 4 gennaio 1921 541 . Non è nota la destinazione degli effettivi e la loro sorte successiva. Il suo Centro di mobilitazione 542 aveva sede presso il d eposito del 2° Reggimento Fanteria Re, a Firenze, e<l è accertato che i suoi effettivi si fregiavano delle "Fiamme Nere" . XXII REPARTO D'ASSALTO della 3a Armata (vedi VIII Reparto) XXIII REPARTO D'ASSALTO (già XIX Reparto della 3a Armata) Viene costituito con la numerazione di XIX nell'ottobre 1917 a Morgnano, un piccolo borgo situato tra Medea e Cormons, a pochi chilometri dall'Isonzo, scelto quale centro di addestramento

538 Cfr. USSME - Dopoguerra, op. cit., p. 176. 539 Cfr. ROCHAT, op. cit., p. 74. 540 Cfr. LONGO, op. cit., Allegati, p. 190. 541 Cfr. LONGO, op. cit., Narrazione, p. 556. 542 Cf r. ANNUARIO, op. cit., p. 687.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

627

dei Reparti d'Assalto della 3a Armata 543 . Diviene operativo, nell'ambito di quest' ultima, entro lo stesso mese 544 . Curiosamente non si trova traccia del XIX Reparto d'Assalto nella pur dettagliatissima situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 545 . La prima citazione che riguarda il XIX Reparto è datata 9 novembre e lo indica per schierato sulla nuova linea di difesa sulla destra del Piave, inquadrato nell 'ambito della 45a Divisione, appartenente all'XI Corpo d'Armata della 3a Armata 546 . Due giorni dopo è sempre schierato lungo il Piave e opera in qualità di rinforzo della brigata Venezia 547. Nel quadro dell'avvicendamento delle forze, sostituisce il presidio del 265° Fanteria Lecce, che il giorno precedente ha occupato l'isola Grave di Papadopoli 548 . Il giorno 13 contribuisce a frustrare un tentativo nemico di forzamento del Piave sempre alla Grave di Papadopoli 549 . Più precisamente, gli Austro-ungarici attaccano di fronte alla Grave, obbligando la Compagnia di testa del Reparto a ripiegare; più tardi il resto del XIX viene ritirato dall'isola 550 • ln data 14 novembre, su disposizione del Comando della 3a Armata, tutte le sue forze d'assalto ancora esistenti, e tra queste il 543 Cfr. GIULIANI, up. cit., pp. 40-41. 544 Cfr. GIULIANI, op. cit., p. 151. Da notare che la fonte lo cita sempre come XIX Battaglione d'Assalto. 545 Cfr. USSME- Relazione - IV - 3bis - Documenti, op. cit., pp. 181-227. Un motivo potrebbe essere dato dal fatto che l'operatività del Reparto sia stata raggiunta soltanto nei giorni successivi, anche se qualche caso analogo viene indicato ne lla sit uazione riepilogativa con il commento "ancora in formazione". 546 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit. , p. 499 e USSME - Relazio ne - IV - 3his - Documenti, up. cit., p. 409. 547 Cfr. RIASSUNTI, Volume S0 , op. cit., p. 74. Vi si afferma che la Brigata in questione era la Veneto, a lla quale il giorno ] O e ra stata affidata la difesa dell'isola Grave di Pa padopoli e pe r tale motivo aveva ricevuto quale rinfo rzo il XIX " Battaglione" d'Assalto, una Batteria da montagna e una Compagnia Pontieri. 548 Cfr. RIASSUNTI, Volume S 0 , op. cil., p. 154. 549 Cfr. USSME - Relazione - TV - 3 - Narrazione, op. cii., p. 578. 5SO Cfr. RIASSUNTI, Volume 8°,

up. cit., p. 74.


628

Francesco Fatutta

XIX Reparto, si imbarcano a San Giuliano di M estre e, attraverso i canali d ella laguna, raggiungono Cavazucche rina, ove i Repa rti ven gono posti a l comando del Colonnell o Giuseppe Pavo ne 55 1. Successivam ente, mentre il XX Reparto si incarica di creare una testa di ponte nel settore Sile-Caverta, il XIX ri man e in posi zione di rincalzo insieme al XXII Reparto. Rimane poi in lin ea s ul Piave nella zona di Cavazuccheri na, si no a l 16 dicem bre, quando v ie ne ri levato dal 18° Reggimento Bersaglieri, a ppa rtenente a lla III Brigata ss 2 . Ri sul ta pertan to in esatta l'informazione che, all 'inizio di dicem bre, lo indica sc hi erato nelle retrovi e dell a 2a Divisione d ella 1a Ar mata o pe rante tra il Sisernol il Monte Zomo, unitamente al I X Repa rto d'Assalto 553 . Il XIX vie n e quindi avviato nell e r etrovie per u n peri o do d i riposo e . . . no rga 111zzaz10ne. Alla data dell'8 genna io 19 l 8 554 un XIX Reparto risulta esistente o in ricostituzione nell'ambito de lla Y Armara. No n si hanno notizie di u n suo impiego operativo tra la fine dell'inve rno c la primavera 19 18. Il 10 maggio assume la n umerazione di XX III l{eparto in quanto facente parte delle truppe suppletive d el XX III Corpo d'Armata della Y Armata 555 . All'epoca il Reparto risulta al comando del Maggiore Allegretti 556 . Il giorno 19, 130 "fiamme cremisi" dopo una breve preparazione di artiglieria, effettuano un attacco di sorpresa a Capo Silc, penetra ndo nelle trincee tenute dagli Unghe resi e catturando 3 1 p rigionieri 557 . Data la p recarietà d elle nuove posizio ni, nella n otte del 27 maggio una unità di formazione d el XXIII Rep a rto d'Assalto, . . , p. 6 1. .5.'i I C-f r. GIULIANI, op. crt. 552

Cfr. RI ASSIJNTI, Volu me 9°, 0 /J. cii., p. 50 e ROCHAT, op. cii., p. 6 7. I.a seconda fo nre parla d i "[... J XIX reparto della Y Armata in azione su l basso Piave, tra Cap o Sile e il mare f... ]". 553 Cfr. USSME - Relazione - I V - 3 - Narrazione, op. cii. , p. 586. 554 Cfr. USSM F. - Relazione - V - 1bis - Docu menti, op. cii. , pp. 24-25. 555 Cfr. R OCHAT, op. cil., p. 68. 556 Cfr. R ou-1AT, op. cit., p. 95. SS? Cfr. USSM.E - Relazione - V - l - N:1rrazio11e, o/>.

cit., p. 238.


Contributo ad una storia delle truppe d'assa lto

629

forre di 250 uomini, effettua, con il rinforzo del II/13° Reggimento lkrsaglieri, un riuscita attacco a Capo Sile e conquista circa 500 m. di trincea nemica 558 , tenuta da reparti del 12° Ussari. Nell'azione vengono catrnrari 424 soldati nemici, 4 bombarde, 1 cannoncino da trincea, 20 mitragliatrici e 2 lanciafiamme 559 . Alla memoria del Sottotene nte Leopoldo Pellas, caduto nel corso del combattimento, viene concessa la Medaglia d'Oro 560 . Il 15 giugno il Reparto risulta dislocato a Portegrandi , quale riserva del X X 111 Corpo d'Armata della Y' Armata 56 1• Lo comanda

558 Cfr. USSM E - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 225 e RIASSUNTI - Vol u me 9°, op. cii., p. 46 6. Da notare che qu est' uitirna (onte lo cita inizia lmente come XXIII Battaglione d'Ass,1lto e successiva111c111e lo i11d ic.1, per 1111 p robabi le refuso, ..:ome X III Battaglio ne d'Assalto. 559 Cfr. USS ME - Relazione - V - I - Narrazione, op. cit., p. 2.18. Minime Jifferem.e nume riche si leggono nd 13ollerrino d i guerra del Co111andn Sup re1110, riportalo ancora dall.1 medesima fonte: "[ ...] A Capo Sil e, 11elia none d ei 27, nostri n:parri di bersaglieri e d'assalto, con perfetta cooperazione delle a rtiglierie ed efficacissimo ausi lio di sezioni lanciafiam me irruppero con grande ardire nelle linee nemiche antistanti il setto re nord della testa d i ponte, travolgendo le successive difese per una profondità d i 750 m. Il nemico s ubì norevol i perdite: vennero catturati ì ufficiali, 433 uomini di truppa, 4 bomba rde, 190 mirragliatrici, parecchie centinaia di fuci li, a rm i da trincea di vario tipo, :ibbonclanri munizio ni e materia li va ri. [... ]". 56

°

C fr. Mrn,,c.1.1 1-:, Volume li, uµ. cii., Biografia n. 263. M o tivazione della M eJag li:~ d'Oro concessa al Sotto tenente Pellas Leopoldo , da Peru gia, classe 1897, in forza a l 18° Reggimento Bersag lieri, passato poi al XXITl Repa rto d 'Assalto: "l'er profonda coscienza del dove re, per alto spirito di vendetta contro il nemico che g li aveva ucciso il fratello, capitano d ei Bersaglieri, attaccava fra i pri111i , benché fe ri to, ed incalzava l'avversari o, e prosegue ndo quind i con fulgid o valore nell'ardita e fortun ata azione, assaltava successivamente tre linee, infliggendo a l nem i..:o grav i perdite e facendo dei p rigionieri. Raggiunto l' ul ti mo obietrivo, con mirabil e tenacia si sla nciava ancora ava nti; circondato dagli avversa ri, rifiutava di a rrendersi e si d ifend eva co n straordinaria costanza e con magni fico eroismo fino alla mo rte, impone ndosi all 'ammi razio ne dello stesso nemico, che d ue giorni dopo, per mezzo di un messaggio lanci:uo da un velivolo, annunciò d i aver farro seppellire con gli o nori militari il valoroso caduto. (Capo Sile, 26 maggio 1918)". 5 61

C fr. USSME - Rel azione - V - ·1 - Na rrazio ne, op. cit., p. 566, USS,'vl E - Relazione - V - I bis - Document i, op. cii., p. 284 e ROCHAT-MEMORIE, op. cii ., p. 5 18 .


630

Francesco Fatutta

il Maggiore Allegretti 562 . Per disposizione di tale Comando, viene poi assegnato alla 61a Divisione e schierato tra Capo d'Argine e Scuole 563 . li giorno successivo prende parte all'attacco che si sviluppa nella zona Losson-Meolo 564 ; alla memoria dell'Aiutante di Battaglia Soccorso Saloni e del Caporale Attilio Verdirosi, per l'eroi smo dimostrato durante l'azione, viene concessa la Medaglia d'Oro 565 • Il 24 giugno viene impiegato per effettuare ancora un attacco nella zona di Capo Sile 566, che ha per obiettivo l'eliminazione di una testa di ponte nemica a Paludello 567 . Per tale azione e per le numerose 562 Cfr. LuONI, op. cit., p. 134. 563 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., pp. 610-612. 564 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 615 e RIASSUNTI - Volume 9°, op. cit., p. 169. 565 Cfr. MEDAGLIE, Volume TI, op. cit., Biografia n. 308. Motivazione della Medaglia d'Oro concessa alla memoria dell'Aiutante di Battaglia Saloni Soccorso, da Lecce, classe 1895, in forza al 7° Reggimento Bersaglieri, volontario nel XXIII Reparto d'Assalto, già decorato di Medaglia d'Argento: "Allo squillo <li battaglia, ancora dolorante per una recente ferita, volontariamente usciva dall'ospedale e raggiungeva la prima linea. Alla testa della compagnia, balzava all'attacco, e, primo fra tutti, superava i reticolati avversari. Ferito ad un braccio, si slanciava ancora avanti, finché, colpito in pieno da una raffica, cadeva, consacrando col suo puro sangue di eroe la posizione conquistata. (Losson, Basso Piave, 19 giugno 1918)". Cfr. MEDAGLIE, Volume Il, op. cit., Biografia n. 230. Motivazione della Medaglia d'Oro concessa alla memoria del Caporale Verdi rosi Attilio, da Longone Sabino (Roma), classe 1873, in forza prima al 2° Reggimento Bersaglieri e poi all '8°, volontario nel XXIII Reparto d'Assalto, già decorato di Medaglia d'Argento: "A quarantacinque anni, volontario di guerra in un reparto d 'assalto, avendo lasciato famiglia e interessi, per giovanile fede, per coraggio indomabile, sempre primo in ogni ardita impresa per virtù di parola e di esempio, animatore e suscitatore di eroismi, trascinò con se gli arditi della prima ondata in un fulmineo contrastato attacco, ricacciando in disordine il nemico. La morte lo colpì nell'impeto dell'assalto, troncandogli sulle labbra il grido di incitamento e di esultanza: Viva l'Italia! (Losson, Basso Piave, 19 giugno 1919)". 566 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p . 636. Da no tare che la fonte lo indica come XXIII Battaglione d'Assalto. 5 67 Cfr. TOURTNG CLUll ITALIANO, Sui campi di battaglia: Il Piave e il Montello,

Volume IV, Ed. T.C.I., Milano, 1929, Volume rv, p. 115. Opera d'ora in avanti citata come: T.C.l.


Contributo ad una storia delle truppe d 'assalto

631

perdi te subite a causa del continuo impiego in linea, viene concessa al XXlll, unico tra i Reparti d'Assalto, la Medaglia d'Oro al V. M. 568 ed il Reparto viene citato nel Bollettino di Guerra n. 1128 del 30 giugno 1918 569 • Il 3 luglio il Reparto, insieme agli altri 570 della 3a Armata assegnati in rinforzo al XXIII Corpo d'Armata, viene destinato all'operazione di riconquista del delta del Piave ed opera sino al giorno 7. Non si hanno informazioni riguardanti l'attività del Reparto nel periodo estivo con l'eccezione del suo trasferimento, insieme al XXIII Corpo d'Armata da cui dipendeva, dalla 3a alla 9a Armata 571 e del fatto che, dopo le perdite subite tra giugno e luglio, ritorna in efficienza soltanto ad agosto con effettivi quasi completamente rinnovati 572 . 568 Cfr. I BERSAGLIERI 1836-1936 - Numero unico commemorativo puhhlicato da ll'Associazione Nazionale Bersaglieri in occasione del Primo Centenario del Corpo - Edizioni L. Alfieri, Milano-Roma, 1936, p. 57. Motivazione della Medaglia d' Oro concessa al XXIII Reparto d'Assalto con Regio Decreto del 5 giugno 1920: "Si scagliò con impeto fu lmineo su colonne nemiche irrompenti dal Piave, inchiodandole in una improvvisata linea difensiva, per ben cinque giorni di mischie furibonde e sanguinose. Richiamato poco dopo alla lotta vi ritornava con abnegazione sublime, dando validissimo contributo alla conquista di Capo Sile. Logoro ma non domo, rinserrava successivamente le sue diradate file in ferreo nucleo di volontari, che il suo nome riportavano sull'ardente campo di battaglia, conquistandovi un formidabile caposaldo. (Piave - Capo Sile Cà del Bosco, 15 giugno-5 lugl io 1918)". 569 Cfr. RIASSUNTI, Volume 4°, op. cit., pp. 301-302. Dal Bollettino di Guerra del Comando Supremo n. 1128 (25 giugno 1918, ore 13): "[ ...] Fra Silc e Piave, continuando l'azione brillantemente iniziata dagli a rdi ti marinai del Battaglione Caorle, abbiamo allargato la nostra occupazione. Durante la giornata di ieri e nella notte scorsa gli aeroplani hanno eseguito efficaci bombardamenti, nei giorni 23 e 24 vennero abbattuti 9 velivoli nemici. Per l'ardita condotta tenuta sul Piave meritano particolare menzio ne i Reggimenti di Fanteria 222° (Rrigata Ionio) e 225° (Brigata Arezzo) ed il XXIII Reparto d'Assalto [...]". 57 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 722. Da notare che la fonte continua a citare i Repa'rti come Battaglioni d'Assalto. 571 Cfr. G IULIANI, op. cit., p. 15 1.

°

Da notare che l'Autore lo cita come XXIII Battaglione d'Assalto e non Reparto. 572 Cfr. ROCHAT, 0/). cit., p. 112.


632

Francesco Fatutta

Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1918, il Repa rto risulta assegnato alle dipendenze della 4" Armata 573 . Sempre il giorno 24 la sua 2" Compagnia 574 supporta l'azione del II e III/22° Fanteria Cremona a Osteria del Forcellctto, nel settore di pertinenza della 15a Divisione (VI Corpo d'Armata della 4" Armata). 'li-avolte le difese avversarie, viene raggiunta q. ·1482 del Prassolan, mentre elementi avanzati eliminano una Batteria di medio calibro e proseguo no in direzione di Casera Campigolo. Causa l'arresto delle unirà di rincalzo da parte dei tiri di sbarramento nemici, le forze che erano riu scite a sfondare sono però costrette a ripiegare su lle posizioni di partenza, subendo sensibili perdite. Per queste azioni, che fann o parte del ciclo di conquista del Monte Pertica, il Reparto viene c itato nel Bollettino di Guerra n. 1252 del 26 ottobre 19 18 5 75, mentre per il valore dimostrato viene concessa la Medag lia d 'Oro al Sottotenente .M ario Ponzio di San Sebastiano 576 . li mattino del 2ì ii n emico torna deciso al contrattacco sul Monte Pe rtica e solo dopo sei ore di mischia furibonda, grazie agli sforzi del XXTIT Reparto e dei res ti d el XVlll, oltre che di uni tà

573 Cfr. USSME - Relaziolle - V - 2bis - Dornmenti, up. cit., p. 863. 574 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., pp. 446-447. 575 Per la lettura del testo del Bollettino di Guerra n. 1252 del 26 ottobre

1918, si rimanda alla Nora n. 274, relativa al IX Reparto d'Assalto. 576 Cfr. ENCICI.Ol'El>I A, Volum e VI, op. cit. , p. 221. .l\,1otiv::izionc della .Medag lia d'Oro concessa al Sottotenente Ponzio di San Sebast iano Mario, da Novara, classe 1899, in forza prima al S0° Fanteria l'arma e poi al 39° Fanteria Bologna, passalo po i al XXIII Reparto d'Assalto, già decora to di due Medaglie d'Argento: "Aiutante Maggiore di un reparro d'assalto, scorgendo che l'intenso fuoco avversario di artiglieria e mitragliatrice a ffi ev oli va l'ardore dei soldari, spontaneamente si slanciava più volte alla testa di essi all'attacco di una molto difficile ed importante posizione nemi ca, raggi ungend o la coi pri mi cd ingaggia11Ùo violenta lo tta co11 pugnale e bombe a ma no con g li s1re11ui difensori di essa e coi sopraggiunti al contrattacco. Rimasto gravemente ferito da pa llottola che gli fratturava un femore, non volle essere allon tanato dalla lotta ormai ridotta attorno a lui; ma con fulgido valore, mirabile forza d'animo ed ardore esemplare, seppe infondere nei pochi rimastigli tanta e sì efficace tenacia da resistere fi eramente fino all'arrivo dei rinforzi, salvando così l'importante posizio ne con tanto sangue conquistata e difesa. (Monte Pertica, Grappa, 2S o nobre 1918)".


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

633

d ell e Brigate Pesaro e Firenze, g li Austro-ungarici vengo no d efini tivamente r icacciati dalla vetta 577 . Il 28 578 passa all e dipendenze del IX Corpo d'Armata, sempre della 4" Armata, e il giorno su ccessivo è destinato a supporta re l'attacco principale contro il Col della Berretta, operando insieme alla Y Compagnia del IX Reparto d'Assalto e ai Plotoni Arditi delle Brigate Basilicata, Bari, Calabria, Forlì e Siena, contro q. 1486 e q. 1440 e da queste verso Vall e dell e Saline 579 • L'azione di sostegno riesce inizialmente, ma violenti contrattacchi nemici costringono le unità d'Assalto a ripiegare e l'attacco al Monte Asolone fa llisce con gravi perdite . li XXIII Reparto viene poi inviato nel le re trovie per essere ricostituito. Nel corso della battaglia di Vittorio Veneto, presumibilmente nella fase finale, le perdite subite dal XX III Reparto d'Assalco sono indicare in 63 caduti(] ufficiale), 170 feriti (10 ufficiali) e 4 dispersi 580 • Al termine delle ostilità, una situ azione riepilogativa datata 17 gennaio 1919 lo indica per schierato nei pressi di Buttrio, alle dipendenze del XXIII Corpo d'Armata 581 . Non è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'u ltimo sia avve nuto comunque tra il gen naio e il febbraio 1919, come per tutti gli altri Reparti d'Assalto non indivisionari. Il suo Centro di mobilitazione 582 aveva sede presso il deposito dell '8° Reggimento lkrsaglieri, a Verona, ed è accertato che i suoi effettivi si fregiavano delle "Fiamme cre misi".

577 C f r. ENCICLOPEDIA, Volume VI, U/J. 578

cit., p. 23.

Cfr. lJSSM E - Relazione - V - 2bis - Doc umenti, up. cit., p. 403.

579

Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Na rrazione, op. cit., pp. 605-608 e Volume 3°, 0/J. cit., p . 147.

RIASSUNTI -

58

° Cfr. USSME - Relazio ne - V - 2bis - Docu menti , op. cit., p. 1 J 69.

Valgono in parte le <.:onsiderazioni espresse nella Nota n. 279, riportata in ca lce all e vi<.:end c del IX Reparto d'Assalto. 58 1

582

Cfr. USSME - Relazione - V - 2rer - Carte, up. cit., Cfr.

ANNUARIO,

0/J. cit., p. 687.

11.

4 7.


634

Francesco Fatutta

XXIV REPARTO D'ASSALTO della 1a Armata Dato che in base alla riorganizzazione del 1O maggio 1918 nessun Reparto d'Assalto adotta questo identificativo numerico, per la numerazione di "XXIV", relativa all'ordinamento del 1917 e del gennaio 1918, si veda il X Reparto d'Assalto. Eventuali riferimenti a tale numerazione sono da imputare a probabili errori di stampa 583 . XXV REPARTO D'ASSALTO (già XVI Reparto del Comando Truppe Altipiani) Viene costituito con la numerazione di XVI in data imprecisata, probabilmente tra l'agosto e il settembre 1917, nelle retrovie del Comando Truppe Altipiani 58 4, in un campo di addestramento presumibilmente dislocato nel vicentino. Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917, inquadrato nell'ambito della 57a Divisione, risulta alle dipendenze del XXII Corpo d'Armata del Comando Truppe Altipiani 585 . La prima notizia operativa risale al 6 novembre 1917, quando il XVI opera alle dirette dipendenze del XXII Corpo d'Armata della la Armata, unitamente al Battaglione complementare del 5° Bersaglieri, con funzioni di riserva nel corso dell'arretramento della linea difensiva 586 . li giorno 1O respinge un furioso assalto nemico all'abitato e all'altura di Ferragh; gli Austriaci non desistono e attaccano ripetutamente in giornata 583 Cfr. Rou lAT, op. cil., p 68. In questo caso l'Autore voleva riferirsi al XXIX Reparto e.l'Assalto, facente parte del XXIX Corpo d'Armata della 1" Armata. Infatti nella successiva elencazione di Reparti d'Assalto manca proprio il XXIX. D'altra parte all'epoca non aveva alcun senso assegnare il numero XXIV ad un Reparto d'Assalto in quanto il XXIV Corpo <l'Armata era stato disciolto il 22 novembre 1917. 584 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 72.

Vi si precisa che il Comando Truppe Altipiani, alla <lata <lei 1° ottobre 1917, era inquadrato nell'ambito della 1" Armata e disponeva del XX Corpo <l'Armata (29" e 52" Divisione), XXII Corpo d'Armata (2" e 57" Divisione) e XXVI Corpo d'Armata (11" e 12• Divisione). 585 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3bis - Documenti, op. cit., p. 188. 586 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 545. Da notare che la fonte lo cita sempre come Battaglione d'Assalto.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

635

cercando di irrompere in Val Frenzela. Continui contrattacchi, portati sia dal XVI Reparto che dal Battaglione complementare, portano alla riconquista dell'abitato di Gallio e alla cattura di 80 prigionieri 587 . Per tale azione viene citato sul Bollettino di Guerra n. 901 dcll' l 1 novembre 588 , mentre viene decorato con la Medaglia d'Oro alla memoria il Sottotenente Lamberto de Bernardi, per l'eroismo dimostrato nel corso dei combattimenti 589 •

587 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 550, RIASSUNTI, Volume 9°, op. cit., pag. 228, Roci IAT, op. cit., p. 67 e SCHIARINI, op. cit., p. 257. I.a terza fo nte parla di "l... J un XVI reparto che si copre di gloria sugli Altipiani nella prim a metà di novembre L•• •j" senza alcuna altra specifica riguardante la dipendenza organ ica. 588 Cfr. RIASSUNl'I, Volume 2°, op. cit., p. 126. Dal Bollettino di Guerra del Comando Supremo n. 901 (11 novembre 191 7, ore 13): "All'a lba di ieri, dopo preparazione di artiglieria cominciata la sera precedente, il nemico , o ltrepassata la nostra linea di osservazione nei pressi di Asiago, attaccò i retrostanti posti avanzati di Gallio e Monte rerragh (q. 111 6) riuscendo dopo viva lotta ad impadronirsene. TI XVI Riparto d 'assalto e riparti della brigata l'isa (29° e 30°), Toscana (77° e 78°) e del 5° reggimento bersaglieri con successivo risoluto contrattacco riconquistarono le posizio ni ricaccia ndo l'avversario e facendo un centinaio di prigionieri. Una avanguardia nemica spintasi fin o all'abitato di Tezze in Val Sugana venne prontamente attaccata e catturata. Sul Piave, le nostre truppe di copertura, respinti riparti nemici che le avevano attaccate sulle altu re di Valdobbiadene, passarono sulla <.lestra del fiume, di struggendo poscia il po nte di Vidor. Lungo il medio e il basso corso del fiume, scambio di cannonate e raffiche di mitragliatrici. Generale D1Az". 589 Cfr. MEDAGLIE, Volume I, op. cit., Biografia n. 36. Motiva zione della Medaglia d'Oro concessa al Sottotenente De Bernardi Lamberto, da Tori no, classe 1898, arruolatosi appena diciassettenne nei Volontari Ciclisti ed assegnato poi al 5° e al 13° Reggimento Bersaglieri, volontario nel XVI Reparto d'Assalto, già decorato di Medaglia di Bronzo: "Volontario sin dall'inizio della guerra, già due volte ferito, caduti due suoi fratelli sul campo, volle tornare ancora in prima linea. Comandante di un plotone d'assalto, alla testa dei suoi arditi affrontava per primo e respingeva il nemico che, forte di numero, tentava forzare le nostre difese. Ferito, rifiutava ogni soccorso e continuava a guidare il proprio reparto in ostinati e ripetuti contrattacchi, finché colpito nuovamente a m orte, baciava il sacro suolo della Patria, e spira va incitando anco ra una volta con la parola e col gesto i suoi che, esaltati dal fulgid o esempio, coronavano l'azione con la vittoria. (Gallio, Altipiano di Asiago, 1ONovembre 1917)".


Francesco Fatutta

636

Due giorni dopo, nei pressi di Camona, ad est di Asiago, il XVI attacca un reparto nemico, ne cattura gli effettivi e libera alcuni p rigionieri italiani precedentemente catturati . Per tale azione viene nu ovamente citato sul Bollettino di Guerra n. 903 del 13 n ove mb re 1917 590 . Il giorno 13, vista la pressione ne mica, i I XXII Corpo d'Armata inizia il ripiegamento, al termine del qual e il XVI Reparto d 'Assalto risulta dislocato a Case Gianesin i 591 . Il 22 novembre un nucleo del XVI Reparto, insieme a elementi del 5° e 14° Reggimento Bersaglieri conquista la trincea bassa del Sisemol, che in mano al n emico costit uiva un' ottima base di partenza per un possibile attacco 592 . Nel corso dei cosiddetti "combattimenti di Natale", nella zona del M onte Valbella, una Compag nia del XVI viene tardivamente gettata nella mischia, assieme al 5° Reggimento Bersaglieri 59 .1_ Nell e prime ore del 24 dicembre, la Compagnia cd i resti del 78° Fanteria Toscana temano, inutilmente, di riprendere il Col del Rosso e cima d'Echele, ma vengono arrestati soprattutto dall'azione dell'artiglieria nemica 594 . Non si hanno più notizie del XVI Reparto sino alla fine del ·19 17; si presume soltanto che gii ultimi giorni di dicembre corri spondano per il Reparto, ad un periodo d i riposo e riorganizzazion e.

59 0 Cfr. RI ASSUNTI, Vo lume ·1°, op. cit., p. 138. Dal Bolletti no di Guerra d el Comando Supremo n. 903 (13 n ovem bre 1917, o re 13): "Sull'altopiano d i Asiago, la notte sul 12, il n emico con ri nno vate e maggiori forze ritentò l'attacco sulla fronte Gallio-M. Longara-Melctta di Gallio . Dopo aspris· sima lotta l'avversa rio, in un definitivo eontrattacco venne respinto eon gravissime perdite. Si distinsero per grandi h ravure valida mente sostenute dalle artig li erie di tutti i calibri il 9" reggimento fanteria (brigata Reginaì e il battag lione alpini Verona. Nel pomeriggio <li ieri intensi movimenti nemici a preparazione d i un nuovo attacco vennero e ffi..:acemente hattut i d alle nost re artigli erie ed arrestati . Presso Camona (est di Asiago) il 16° riparto d'assalto attaccò un reparto nemico eattu ran<lo lo e liberarn.Ìo alcu n i nostri mili tari fatti prigionieri in azion i preced enti [. .. ]". 591 C fr. USSME · Relazion e - IV - 3 - Narrazio ne, ufJ. cit., p. 55 1. 592 C fr.

R1ASSlJNTI,

Volume 9°,

O/J.

cit., p. 64.

593 Cfr. S c l-UAIUNJ, U/J. cii., p. 301. 59 4 Cfr. Su-11 AR1N1, op. cit., p. 302.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

Alla data dell'8 gennaio 1918 595 un XVI Repa rto risulta esistente o in ricostituzione nell'ambito della l " Armata 596 . Il 29 gennaio viene assegnato al XXII Corpo d'Armata della 1" Armata per rafforzare lo schieramento destinato a prendere parte alla battaglia dei Tre Monti 597 . L'attacco al Monte Valhella avviene su tre colonne, con il XVI impegnato su quella centrale insieme a reparti del 5° Reggimento Bersaglieri, e riesce dopo aspra lotta 598 . Il Reparto viene citato nel Bollettino di Guerra n. 981 del 30 gennaio 19 18 599 . Il 2 marzo viene passato d i dipendenza organica e trasferito dalia 1a alla 6a Armata 6° 0. Il 1 O maggio 1918 ass ume la numerazione di X X V Reparto in quanto facente parte delle truppe suppletive del XXV Corpo d'Armata dell a 9" Armata 601 . Il giorno 15 risulta a lle d irette dipendenze d el XXV C orpo d'Ar mata dell a 9a Arm ata, schierato n ella zona di Z elarino (Venezia-Mestre) 602 , con l' incarico di supportare, eventua! mente, le azioni controffensive in concorso con 1'1 ·1a Divisi one 603 .

595 Cfr. USSME - Rel azio ne - V - I bis - Docu me nti, op. cii ., pp. 24-25. S 96 Cfr. MAST ROFINI, 0 /1. cit., p. 53. Second o quesr:.i fonte b Scuola Reparti d'Assalto <ldla 1" Armata, nel gennaio

del 1918 aveva sede a Vittarolo di Lusiana. 597 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - N arrazione, op. cit., p. 24 9. In rea ltà la fo nte cita un XV Battagl io ne d'Assalto, ma un Reparto con caie numerazione non è mai esistito nel corso del ] 9 18. Si tratta proba bilmente di un errore di stampa, visto che poche pagi ne dopo sì pa rl a d1 XVI Reparto d'Assalto . Da notare c he la numerazione di XVI viene confermata anche dal Bollettino d i Guerra del Comando Su premo n. 98 1 del 30 gennaio 191 8. 598 C fr. SCHIARINI, np. cit., flP· 32.1 -324 e FALDELLA, op. cit., p. 904 . 599 Cfr. RIASSUNTI, Volumt: 9°, op. cit., pp. 70-7 1. J..:estratto dal Bollettino di G uerra del Comando Supremo n. 98 1 (30 genna io

191 8, ore 13), è riportato nell a Nota n. 476 inserita nel l'a mbito dei cenni sto rici riguardanti la storia del XX Reparto d'Assalto. 600

Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., p. 202 e SCHIARIN!,

op. cit., p. 33S. 60 1

C fr.

R oCI-IAT,

op. cit., p. 6 8.

602

C fr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 342, USSME Relazì011(! - V - l tcr - Carte, op. cit., 11. 34 e Ro u IAT-M EMORIE, op. cit., p. 5 18. G0.3 C fr. USS ME - Relazione - V - l - Narrazione, op. cit. , p. 592.

Da nota re che la fo nte lo indica quale XXV Battaglione d'Assalto.


638

Francesco Fatutta

Due giorni dopo passa alle dipendenze dell'XT Corpo d 'Armata della

3'1 Armata e viene fatto affluire a S. Pietro Novello 604; viene inoltre autorizzato il suo impiego, n ell'ambito della 25a Divisione, p er ristabilire la situazione a seguito di contrattacchi ne mici nella zona di Fosso Palombo 605 . Qui infatti è impiegato, unitamente al XXII Reparto e ai superstiti della Brigata Ferrara, per ricacciare il n emico oltre Fosso Palombo. Al Sottotenente Giuseppe Albertini, per l'eroico comportamento tenu to n ell'azione a S. Pietro Novello, viene concessa la Medaglia d'Oro 606 .

604 Cfr. USSME - Relazione - V - I - Narrazione, op. cit., p. 595. Da notare che la fonte continua ad indicarlo quale XXV Battaglione d'Assalto. 605 Cfr. USSME - Relazione - V - l - Narrazione, op. cit., p. 595. Da notare che la fonte continua ad indicarlo quale XX V ltmagl ione d'Assalto. 606 Cfr. MEDAGLIE, Volume I, op. cit., Biografia n. 90. Motivazione della Medaglia d'Oro concessa al Sottotenente Albcrtini Giuseppe, da Milano, classe 1892, in forza al 159° Fanteria Milano, volontario nel XVI Reparto d'Assalto, poi divenuto XXV, già decorato con 2 Medaglie di Bronzo ed una d'Argento: "Magnifica figura di ufficiale, in campagna sin dal suo inizio, provato in numerosi com battimenti in cui brillarono costantemente il suo fulgido eroismo ed il suo altissimo spirito di sacrificio, comandante di una sezio ne di mitragliatrici d'assalto, con irresistibile slancio, alla testa dei suoi uomini, moveva all'attacco di una ben munita posiz.ione nemica e vi a rrivava per primo distruggendone il presidio. Concentratosi sulla linea conquistata il fuoco di 4 mitragliatrici avversarie che cagionavano forti perdite, po rtava le proprie armi in sito sprovvisto di ri paro e, manovrandone una personalmente le controbatteva efficacemente, riducendole al silenzio. Contrattaccato da forti masse, unico ufficiale in linea e con la sezione rido tta a pochi uomini, persisteva con disp erata tenacia per oltre due ore, infliggendo forti perdite a ll 'avversario e dando agio ai rincalzi di sopraggiungere. Il giorno dopo, costretta la linea a ripiegare per uno sfondamento laterale, di propria iniziativa proteggeva la ritirata con le proprie armi, infliggendo al nemico nuove fo rtissime perdite e contrastandone per lungo tempo l'avanzata. Esaurite le munizioni ed accerchiato, all 'avversario che gli intimava la resa, rispondeva fieramente "no, son fiamma nera!" ed a colpi di bombe s i apriva la strada pone ndosi in salvo con le armi. Incontrati i rincalzi, tornava con essi al contrattacco, giungendo tra i primi sulla posizione, contribuendo validamente a riconquistarla e respingendo poi i furiosi contrattacchi" ferito non abbandonava il suo posto di combattimento, cd in un'azione di pattuglia di struggeva a colpi di bo mbe una mitragl iatrice nem ica, mettendone fuori combattimento i serventi. Fulgido esempio di tenacia e valore . (S. Pietro Novello, rosso Palombo, 17-19 giugno 1918)".


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

639

Il 18 giugno il Reparto risulta concentrato a Fornaci 607 , insieme ad altri Reparti appartenenti alla 1a Divisione d'Assalto. Il giorno successivo, insieme ad unità del 70° Reggimento Fanteria, tiene la Iinea tra S. Pietro Novello e il Palombo 608 • Il 26 risulta schierato tra Volpago e Selva del Montello (Treviso), quale riserva dell'8a Armata 609 . Il giorno successivo viene assegnato al 4° Gruppo della 2a Divisione d'Assalto, della quale segue poi le vicende organiche. li 29 settembre effettua un attacco nella zona del Monte Oro e dopo l'azio ne viene rilevato sulle posizioni di q. 1503 dal LV Battaglione Bersaglieri 610 . TI successivo 4 ottobre viene chiamato ad effettuare un colpo di mano sul Monte Pertica 61 1 , ritenuto esemplare per rapidità, risultati e perdite ridotte. La situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1918 lo indica come dipendente dal 4° Gruppo della 2a Divisione d'Assalto 612 . Il 1° novembre, entra a far parte della colonna celere che funge da avanguardia alla 2 3 Divisione d'Assalto, e che ha per obiettivi Pieve di Cadore, Selva di Cadore e Borea, nel settore di pertinenza dell'VIII Corpo d'Armata dell'8a Armata 613 . Il giorno 3 raggiunge Podenzioi e lancia una sua colonna su Olantreghe, mentre altri nuclei costringono all a resa reparti nemici nella zona di Castel Lavazzo, spingendosi poi su Lavazzo 61 4, ove costringe alla re sa un forte distaccamento avversario. Non se ne hanno tracce dopo la data dell'Armistizio, come pure non è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo

607

Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti,

op. cit., p. 437.

608

Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., pp. 599-600. Da notare che la fo nte continua ad indi carlo quale XXV Battaglione d'Assalto. 609 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 702.

°

61

Cfr. R1ASSllNTI - Volume 9° - op. cit., p. 609. 6 11 Cfr. R oCHAT, op. cit., p. 103. 61 2 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 886. 61 J C fr. USSM E - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 718. 614 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 73 1.


640

Francesco Fatutta

sia avve nuto il 26 febbraio 1919, in concomitanza con lo scioglimento della 2" D ivisione cl' Assaito, o comunque tra il gennaio e il feb braio 1919, come per tu tti gli altri reparti non indivisionati. Il suo Centro d i mobilitazione 615 aveva sede presso ii deposi to del 5° Reggimento Bersagl ieri, a Savona, ed i suoi effettivi si fregiavano probabilmente delle "Fiamme Nere". X XVI REPARTO D 'ASSALTO (già IV della 'I" Armata)

Viene costit uito all'inizio del luglio 1917 nell'ambito del V C o rpo d'Armata della la Armata con la nu merazio ne di IV. Lo forn~ano i Nuclei Ard iti della [V Brigata Bersaglieri e volontari proven ienti dal 14° e 20° Reggimento Bersaglieri, anch'essi dipendenti d alla medesima Brigata 616 . A comandarlo è chiamato il Capitano Aminro Carretto, che già aveva comandato la Compagnia costituita <lai Plotoni Arditi reggi m ental i, men tre la zona <li addestramento risulta essere tra Magl io e Novale. nei Vicentino 6 17. Il primo impiego operativo avviene il 21 agosto, con l'ordine d i espugnare i roccioni del Monte Majo. Il primo tentativo, iniziato alle 01.00 di notte, viene sventato da un pattuglione nemico e il ]V rie ntra alle lince avendo subito perdite. A sera l'attacco viene ri nnovato e, grazie a una manovra diversiva, il grosso del Reparto riesce a conq uistare il Roccionc e a insediarvisi, estendendo poi l'occupazione anche al le cosiddette "gobbe del Roccio ne" 6 18 . Mancano n otizie di impieghi successivi; nell'ultima settimana dell'ottobre '1917 troviamo il IV schierato sui colli tra Cividale e Caporetto, privo del suo comandante malato di tifo 6 19. Mancano inoltre informazioni rigua rdan ti i passaggi di dipendenza organica, eccezion fatta per la s ituazione riepilogativa, datata 24 o ttob re 1917, nella quale risulta operare, schierato a Cepletischis,

615 Cf r. ANNUARIO, op. cit., p. 687. 616 Cf 'r. GIULIANI,

617 Cfr.

GIULIANI,

op. cit., p. 152. op. cit., pp. 153-155.

618 Cf , r. GIULIANI, op. cit., pp. 156-158. 619 Cfr. G1tJ1.IAN1, op. cit., pp. 158-159.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

641

nell'ambito del VII Corpo d'Armata della 2" Armata, assegnato alla 62a Divisione 620 q uale riserva divisiona le 621 . JI giorno 24 viene raggiunto dall'ordine di trasferirsi da Cepletischis :1 Goboli, per rinforzare il 20° Reggimento Bersagl ieri. Il IV attacca a sera le trincee nemiche poste a nord-est del paese, ma viene respi nto con pesami perdite da un violento fuoco di mitragliatrici. 11 mattino successivo è il nemico ad attaccare, ma il IV riesce a respingere l'attacco; un nuovo assalto, portato all'imbrunire, lo costringe però a riti rarsi sul Monte Maggiore. 11 26, d ue sue Compagnie tenta no di co ntenere l'avanzata nemica sul Monte Ylaggiore, mentre la 3 3 tenta di resistere a Cepletischis. L'ava nzata nemica è inarrestabile e i pochi superstiti del IV vengono incorporati nel 20° Reggimento Bersaglieri e con esso rip iegano verso ii Tagì iamenro e il Piave. In pratica, il Reparto risulta sciolto non per ordi ne ufficiale ma per man(anza di effettivi, essendo tutti g!i ufficial i e g ran parte degli Arditi morti, feriti o dispersi 622 . :Jer o pera del Capita no Carretto, a ncora convalescente, il TV viene ricostituito il 17 novembre e solo tre g iorni dopo il Reparto è nuovamente in linea alle Mclctte di Gallio, impegnato ad arginare e logorare le avanza nti forze nemiche 623 . 11 6 dicembre viene tardiva mente destinato, insieme ad altre unità , a rafforzare lo schieramento sul Monte Sisemol, pesantemente attaccato d al nemico, ma lo sfavorevole evolversi della battaglia impedisce il suo impiego 624 .

°

62

Cfr. USSME · Relazione - IV· 3bis - Documenti, op. cit., p. 2 14. Data la presenza di hen tre unit?i identificate come IV Reparro d'Assalto, una lettura no n ragionata potrebbe far pensare che si tratti del IV Reparto della 2" Armata. In realtà la presenza nell'ambito della 62" Divisione della TV Brigata Bersaglieri, con la quale il IV Reparto d'Assalto aveva stretti rapporti (tanto che nel Bollettino di Guerra n. 98 1 si parla di IV Hrigata " ... col suo riparto d'assalto (4°}", dovrebbe consentire l'identificazione del Reparto in questione nel IV della 1" Armata. 62 1 Cfr. USSME - Relazione · IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 3 11. 622 Cfr. 623

GIULIANI,

op. cit., pp. 159-161.

C fr. G1tJ1.IAN1, op. cii., pp. 162-163 e RocHAT, op. cit., p. 66. La seconda fonte parla di"[...] un TV reparto in azione sulle Melette di Gallio [...]" senza alcuna altra specifica riguardante l'Armata. 624 Cfr. $CHIARIN I, op. cii., p. 289.


642

Francesco fatutta

Mancano, a partire da questa data, notizie sulle vicende proprie del Reparto, anche se si presume che la fine dell'anno coincida per il IV con un periodo di riposo e riorganizzazione, eccezion fatta per una notizia che lo da per schierato, sia pur con numerazione adottata in tempi successivi, alla fine del mese di dicembre sul Col del Rosso 625 . Alla data dell'8 gennaio 1918 626 un TV Reparto risulta esistente nell'ambito della 13 Armata 627 . Nella notte tra il 26 e il 27 gennaio, il IV Reparto d'Assalto, privo di una Compagnia, in previsione della cosiddetta battaglia dei Tre Monti, viene schierato a sud d i Busa del Termine con funzioni di riserva nell'ambito della JY Divisione, insieme ad un Battaglione della Brigata Liguria e ad uno del 14° Reggimento Bersaglieri 628 . La Compagnia distaccata è destinata invece ad effettuare un'azione di supporto nel concomitan te settore Sisemol-Ronco di Ca rbon, insieme a reparti del 20° Reggimento Bersaglieri 629 . L'attacco inizia all e 9 del mattino, con la 3" Compagnia che precede il LXX Battaglione Bersaglieri; l'azione ha un successo iniziale in quanto vengono raggiunte e superate le prime difese nemiche, ma la reazione avversaria e il mancato sopraggiungere dei rincalzi, costringe i reparti al ripiegamento. Dei 180 uomini della 3'1 Compagnia partiti all'assalto, ne rientrano a 625

La fonte parla di"[ ...] un X XVI reparto in azione a fine dicembre sul Col del Rosso, Col <l'Echele, Monte Melago J..• ]". Considerando che tra i Repart i Arditi costituiti nel corso del 1917 non si è mai trovata traccia di un XXVI Repa rto e che quest'u Itimo appare con tale numerazione so ltanto il 28 aprile 1918 nella Circolare 173725 del Comando Supremo che lo a ssegna alla 35" Divisione operante in Macedonia, rimane aperta soltanto l'ipotesi dell ' inesatta numerazione identificativa. In altre parole la fonte memorialistica da cui si è attinta l' inform azione po trebbe aver utilizzato la numerazione del TV Repa rto d'Assalto adottata in base alla riorganizzazione del maggio 1918, che era proprio quella di XXV! Reparto. 626 Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., pp. 24-25. 627 Cfr. MASTROFINJ, op. cit., p. 53. Secondo questa fonte la Sc uola Reparti d'Assalto della 1a Armata, nel gennaio d el 1918 aveva sede a Vittarolo di Lusiana. 628 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 246 e Cfr. R1A~SUN"ll - Volume 9°, op. cit., p. 68. 629 Cfr. USSME - Relazione - V - lter - Carte, op. cit., n. 2 1, RIASSUNTI Volu me 2°, op. cit., p. 68 e RIASSJJNTJ - Vo lume 9°, op. cit., p. 2.14.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

613

sera una quarantina 630 . Le altre due Compagnie partecipano invece, il giorno 29, all'attacco del Monte Valbella, che riesce dopo aspra lotta 631 ; la 1a Compagnia opera con la colonna di sinistra, insieme al LXI Battaglione del 14° Bersaglieri e ai resti del XIV Battaglione del 5° Bersaglieri, mentre la 2a Compagnia opera con la colonna di destra, insieme al XLIV Battaglione del 14° Bersaglieri, ai resti del XXIV del 5° e del LXXII del 20° Bersaglieri 632 . li giorno 31 il IV Reparto 633 effettua un attacco a Casera Melaghetto, nel tentativo di saldare la linea fra il Monte Valbella e il Col del Rosso. Le posizioni avversarie sono occupate di slancio, ma un violento contrattacco nemico impedisce all'unità di congiungersi con le Brigate Bisagno e Sassari e la costringe ad attestarsi sulle pendici meridionali 634 • Proprio per questa azione, il Reparto viene successivamente decorato di Medaglia di Bronzo al V.M., o ltre ad essere citato, insieme ad altri reparti impegnati nella battaglia dei Tre Monti, sul Bollettino di Guerra n. 981 635 . 63 0 Cfr. GIULIANI, op. cit., pp. 16.1-164. Da notare che l'Autore lo cita se mpre come XXVI Battaglione d'Assalto e non come Reparto. 631 Cfr. FAI.DEI.I .A, op. cit., p. 904. 632 Cfr. 633 Cfr.

SCHIARINI,

.

SCJ-IJARINI,

op. cit., pp. 323-324. · pp. 326-327. op. ctt.,

Da notare che la fonte lo cita come "24° Reparto d'Assalto", assegnandogli cioè la numerazione definitiva che avrebbe ricevuto soltanto nel mese di maggio. La stessa fonte comu nque, a p. 323, lo cita giustamente come "4°", definendolo però Battaglione. 6 ·14 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 252 e RI ASSUNTI - Volume 2°, op. cit., p. 68. È interessante rilevare che entrambe le fo nti, basandosi probabilmente sulla medesima documentazione indicano un XX IV Reparto, ma verifiche effettuate su altri testi negano l'esistenza di un Reparto con tale numerazione e confermano che il Reparto d'Assalto aggregato alla IV Brigata Bersaglieri era il lV, informazione peraltro contenuta anche sul Bollettino di Guerra N. 981 del 30 genna io 1918 (vedi nota seguente). 635 C fr. RIASSUNTI, Volume 9°, op. cit., pp. 70-71. L'esrrarto dal Bollettino di Guerra del Comando Supremo n. 98 -1 (30 gennaio 19 18, ore 13), è riportato nella Nora n. 476 inserita nell'ambito dei cenn\ storici riguarda nti la sto ria del XX Reparto d'Assalto.


644

Francesco Fatutta

Il 2 marzo passa di dipendenza organica e viene trasferito dalla Palla 6a Armata r,.1r, . Il giorno 10 a Villa Verla, presso Thiene, viene passato in rassegna dal Re e la cerimonia s i ripete per altre due volte nei mesi successivi, per la precisione il 26 aprile e il 'J 3 maggio, quest' ultima con la presenza anche di Re Nicola di Montenegro (,J?. l i 1 G ,naggio 1918 assume la numerazione di XXVI Reparto in quanro facente parte delle truppe suppletive del X X VI Corpo d'Armata della 9a Armata r,.1s . Nella prima metà di g iugno la sua 2" Compagnia viene distaccata dal Reparto, in quanto destinata a dar vita al LXXII Reparto d ' Assalto; all'epoca la forza del XXVI viene pertanto ridotta a poco più d i 300 uomini 639 • Il giorno ·15 risulta a disposizione del XXVI Corpo d'Armata del la 9" Armata, schierato nella zona di Morgano (Treviso) 640 . Il giorno successivo, dopo essersi spostato in zona Quinto d i Treviso 641 , effettua un contratt acco, peraltro fallito, sul Montello , quale avanguardia della na Divisione nella zona di pertinenza dell'VIII Corpo d'A rmata deli'8a Armata 642 , cui era stato momenraneamente assegnato insieme a lla Divisione. Il 17, il Reparto viene posto a disposizione della 48'1 Divisione e trasferito in nottata a Fornace di Calce, da dove raggiunge poi, una Compagn ia per volta, Casa Pin. Q ui viene assegnato al 111° Fanteria Piacenza, con il compito di proteggere le sue p osizio ni a te rgo e rastrellare il terreno a sud, durante l'azione c he la mattina del 18 sa rebbe stata svolta dalla Brigata Aosta 643 . La prima Compagnia,

636

Cfr. USSMF. - Relazione - V - I bis - Documenti,

637

Cfr. G1uuANI, up. cit., p. 165.

6.18

op. cit., p. 202.

Cfr. GIULIANI, op. cit., pp. 165-166. 639 Cfr. RocHAT, op. cit., p. 68. 64 Cfr. USSMI:-: - Relazione - V - ·1 - Narrazione, op. cit., p. 342, USSME Relazione - V - lter - Carte, op. cii., n. 34 e ROCHAT-MEMORIE, op. cit. , p. 518. 64 1 Cfr. USSMF. - Relazione - V - I bis - Documenti, op. cii,, p. 330. 642 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p, 526. Da notare che la fonte lo indica come XXV l Battaglione d'Assalto. 643 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op, cit., pp. 5.12-5.14,

°


Co1Ttributo ad una storia delle truppe d'assalto

645

appena giunta, entra subito in azione per disimpegnare il Comando e il II/111 ° Fanteria, ma viene duramente investita dal fuoco nemico; in breve tempo cadono 3 ufficiali e una ci nquantina di uomini. Solo con l' arrivo dell'altra Compagnia è possibile costituire una linea di difesa, contro la quale si infrangono alcuni attacchi nemici. Il giorno 21 il Reparto, seguendo l'argine del Piave, si avvicina a Nervcsa; alcune pattuglie scoprono una mun ita trincea avversaria a Fornace, ma non giunge l'ordine di attaccarla, in q uanto il XXYl viene destinato a prendere posizione fra le due ferrovie che vanno al ponte della Priu la. All'alba del 23, tre pattuglie si spingono nella te rra di nessuno e raggiungono Nervesa, scoprendo che il nemico si era ritirato, dopo una settimana di continui quanto massicci attacchi lungo il Piave 644 . Per l'azione sul Montello il Reparto è decorato con Medaglia di Kronzo al V.M. e viene citato nel Bollettino di Guerra n. 1123 del 2·1 giugno 1918 645 . Alla memoria de l Teneme Ivo Lollini , per l'azione a Sovilla-Casa Pin, viene concessa la Medaglia d'Oro 646 .

644 C fr. C 1uu ANl, op. cii., pp. l67-l 7 l. 645 C fr. R!ASSUNT!, Volume 1°, op. cit., pp. 9 1-92. Dal Bolle rtino di Guerrn del Comando Supremo n. 1123 (21 giugno 1918, ore 13): "Sul Montello nella giornata di ieri la pressione avversaria è continuata forte ma venne ovu nque contenuta dalle nostre truppe c he, contrattaccando, guadagnaro no terre no. Tentativi nemici d'avan zata verso occidente e verso sud animarono particolarmente la lotta ad oriente della linea Casa Ghcilcr-13ava ria e nei pressi della stazio ne di Nervesa. [... ] Nella lotta che da più giorni si combane sull 'aspro terre no del M ontell o si sono parricolarmeme distinte, oltre la Brigata Pisa, le Brigate di Fanteria Aosta (5° - 6°) e Mantova (113° - 114°), i Reggimenti di Fanteria 68° (Brigata Palermo), 215'' (llrigata Tevere), 270° (llrigataAquì/a), il XXVI e XXVII Riparto d 'assalto, ed il 79° Battaglione zappatori che combattendo a fianco della Fanteria, confe rmò ancora una volta Io spirito di sacrificio cd il valore dell'Arma del Genio r... l"-

646 Cfr. MEDAGLIE, Volume Il, op. cit., Biografia n. 190. Motivazione della Medaglia d'Oro concessa alla memoria del 'lenente Lolli ni Ivo, da Castel d'Aiano (Bologna), classe 1897, in forza al 6° Reggimento Bersaglieri, poi passato a l XXVI Reparto d'Assalto, già decorato di Medaglia d 'Argento: "Già pre miato per atti di segnalato valore, ferito e fatto prigioniero, affrontando quasi s icura morte, si liberava e, non ancora guarito, tornava a sua domanda al co ma ndo del la sez ione mitraglieri, tenendolo con singola bravura. Tn una prima azione, dando prova di perizia e d i coraggio mirabili, distruggeva e costringeva a lla resa numerose mitragliatrici avversarie. Procedendo innanzi con la sua sezione, ricu pera va due nostre batterie cadute ne lle ma ni del nemico e, ricev uto ordine di rip iegare, si ritirava per ultimo. Due giorni dopo dava nuove fulgide prove di eroismo,


Francesco Fatutta

646

Il 14 luglio, seguendo il XXVI Corpo d'Armata, il Reparto viene assegnato alla 3a Armata e si accantona a San Michele del Quarto, mentre dicci giorni dopo viene trasferito a Cà Gamba, presso Cavazuccherina; il Reparto, che risulta ancora comandato dal Capitano Caretto 647 , non viene poi impegnato in azioni di rilievo per tutto i1 periodo estivo. Ncl1a situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1918 viene indicato tra le truppe a disposizione della Y Armata 648 e dislocato nei pressi cli Casale sul Sile, mentre il 28 risulta dislocato tra Le Quattro Case e Molinato 649 . Nel corso de1la battaglia di Vittorio Veneto opera, insieme al suo Corpo d'Armata, nell'ambito del1a 3a Armata 650 . Il 30 ottobre il XXVI Reparto d'Assalto, impiegato quale avanguardia della 54a Divisione, forza il Piave a Grisolera (Eraclea) 651 ; per l'eroico comportamento dimostrato in questa azione viene concessa la Medaglia d'Oro al Sottotenente Giulio Lusi 652 .

segue nota:

snidando il nemico che ostacolava l'avanzata delle nostre truppe. Caduti alcuni dei suoi serventi, ed avute inutilizzabili le armi, con una decina di superstiti si slanciava all'assalto al grido di "Savoia". Rimasto con pochissimi uomini, continuava a combattere accanitamente. Circondato dai nemici, rifiutava di arrendersi, finché colpito a morte esalava sul campo la sua anima eroica. (Sovilla, Casa Pin, 16-18 giugno 1918)". 647 Cfr. Giuliani, op. cit., p. 173. 648 Cfr. USSME- Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 860 e USSME - Relazione - V - 2ter - Carte, op. cit., n. 18. 649 Cfr. USSME - Relazione - V - 2ter - Carte, op. cit., n. 30. 65

°

Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti , op. cit., p. 403. 651 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., pp. 644-647 e RIASSUNTI - Volume 5°, op. cit., p. 162. 652 Cfr. MEDAGLIE, Volume Il, op. cit., Biografia n. 316. M otivazione della Medaglia d 'Oro concessa alla memoria del Sottotenente Lusi Giu lio, da Ariano di Puglia, classe 1899, in forza al 2° Reggimento Bersaglieri, volontario nel IV Re pano <l'Assalto, poi divenuto XXVI, già decorato <li Medaglia d'Argento: "Costante, mirabile esempio di slancio, coraggio e puro amor patrio, volontario di guerra, benché inabile alle fatiche per grave ferita riportata in combattimento, volle dare tuttO se stesso alla Patria ritornando alla fronte. Passato il Piave tra i primi, si slanciò alla testa del suo reparto coraggiosamente contro un caposaldo accanitamente difeso. Colpito a pochi passi da mitragliatrici avversarie, benché morente, fece sventolare il tricolore in faccia al nemico, e spirò inneggiando alla Patria. (Grisolera, Basso Piave, 30 ottobre 19 18)".


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

647

Nell'arco della giornata, poi, sue pattuglie si spingono sino al Ponte di Crepaldo, sul Collettore Principale Terzo, mentre il Reggimento Marina, risalendo la sponda sinistra del Piave, riesce a prendere contatto con le sue postazioni; nel tardo pomeriggio il XXVI Reparto risulta stanziato a Sant'Elena 65 3; i prigionieri fatti in quel giorno dal Reparto ascendono a circa 400, 15 dei quali ufficiali, mentre le perdite del XXVI assommano a 6 morti e 22 feriti 654 . Il 1° novembre opera ancora alle dipendenze della 54a Divisione ed è attestato sul fiume Livenza, nella zona di Torre di Mosto 655 ; un pattugliane riesce a catturare, con altri prigionieri, anche 9 minatori austriaci che avevano il compito di far saltare il ponte di Ceggia e il deposito di munizioni esistente nei pressi 656 . Per l'impegno dimostrato, il Reparto viene citato nel Bollettino di Guerra n. 1264 del 2 novembre 1918 657 . Il giorno successivo, ripresa l'avanzata, dopo aver forzato il Lemene il XXVI Reparto d'Assalto riceve l'ordine di forzare il Tagliamento e costituire, assieme a l 1° Reggimento Granatieri di Sardegna e ad altre unità, una testa di ponte a Latisana. Nel pomeriggio il Reparto risulta attestato lungo le sponde del fiume, a sud di San Michele al Tagliamento 658 ; fo rzato il fiume, una parte degli effettivi del XXVI, trasportati su autocarri e automitragliatric i,

653 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cii., p. 680. 654 Cfr. GIULIANI, op. cit., p. 177. 655 C fr. USSM E - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 816. 656 Cfr. GIULIANI, op. cit., p. 178. 657 Cfr. lBOUITrINI DI GuF.RRA 1915-19 18, Edizioni Alpes, Milano, pp. 586-587. Opera d'ora in avanti citata come: Bou.F.n·1N1. Dal Ro llettino di Guerra Del Comando Supremo n. 1264 (2 novembre 1918, ore 13):

"L... J Più a sud la X e la III Armata ripresa l'avanzata, proseguono verso oriente. Per l'ardimento e lo slancio dimostrati, hanno meritato l'onore della citazione l' intera 23" Divisione, il reggimento della Regia Marina e il 26° riparto d'assalto, appartenenti alla 111 Armata, il 72° riparto d'assalto appartenente alla VlH. L••• J". 658 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., pp. 844-845.


648

Francesco Fatutta

prosegue nell'azione e combatte a Palazzolo, Muzzana e San Giorgio di Nogaro, prendendo numerosissimi prigionieri 65 9 . Dopo il termine delle ostilità, una situazion e riepilogativa datata 17 gennaio 1919 lo indica per schierato ad Abbazia (Fiume), alle dipendenze del XXVI Corpo d'Armata 660 . Il 25 gennaio successivo il XXVI viene raggiunto dall 'ordine di scioglimento comune a tutti i Reparti d'Assalto della 3a Armata 661 . li suo Centro di mobilitazione 662 aveva sede presso il deposito del 2° Reggimento Bersaglieri , a Roma, cd è accertato che i suoi effettivi si fregiava no delle "Fiamme Crem isi". XXVII REPARTO D'ASSALTO (già V della 4.1 Armata) Viene formato nel mese di settembre del ·1917, presso il campo di addestramento della 4:1 Arm ata a Zortea, con la numerazione di V, basandosi sul nucleo costicutivo rappresentato da una Compagnia del disciolto IV Reparto d'Assalto. Diviene operativo nel corso del mese di settembre, sia pur con forza ridotta 663 . O Il J ottobre si trasferisce a Santo Stefano di Cadore e passa alle dipendenze del IX Corpo d'Armata 664 . Una ventina di giorni dopo viene inviato sul Monte Pian a, nei pressi del lago di Misurina, per riconquistare alcune posizioni precedentemente perdute. A ll'epoca i suoi organici sono estremamente scarsi, in quanto risulta composto da soli 190 effettivi, ufficiali compresi. Nonostante ciò, nella notte tra il 21 e il 22, effettua con successo l'attacco al Monte Piana. Nell'azione cadono 65 uomini fra i quali 3 ufficiali 665 , 659

Cfr. GniuANf, op. cit., p. 150. 660 Cfr. USSME - Relazione - V - 2rer - Ca rte, op. cit., 661

Cfr. 662 Cfr .

663 C f r. 664 C f r.

GIUUANI,

ANNUARIO,

ROCHAT,

11.

47.

OfJ.cit., pp. 178-18 0.

OfJ. cit., p. 68 7.

OfJ. cit., p. 53.

TENENTE ANONIMO, op. cit., p. 21.1. 665 Cfr. T ENENrE ANONIMO, op. cit., p. 213 e R o CI-IAT, op. cit., pp. 48-49. La seconda fo nte parb di una forza di 180 uomini e co nferma le perdi te in oltre 60 fra morti, fe riti e dispersi.


Contributo ad una storia delle lru/1/1e d'assalto

64 9

mentre per l'eroismo dimostrato nel combattimento, alla memoria del Tenente Ruggero De Simone, viene concessa la Medaglia d'Oro 666 . Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 risulta essere alle dirette dipendenze del I Corpo d'Ar mata della 4" Armata 667• Rientrato agli accantonamenti, dopo solo pochi giorni viene chiamato a prendere parte alle azioni di contenimento in Val Frisone a Monfe nera, ove s ubisce altre perdite 668 . Il 16 novembre presidia, insieme alla Brigata Como, lo sbarramento di Qu ero, nel settore di p ertinenza della 17a Divisione (XVIIT Corpo d 'Armata - 4a Armata). Favorito dal possesso del Monte Cornella, il nemico cerca di forzare lo sbarramento con un attacco simultan eo dall'aìro e lun go il fondo vall e. Nonostante la strenua resiste nza, il V e gli altri reparti devono cedere e ripiegare sulle posizioni di Monte Tomba-Monfcncra 66 '>. Pro pri o sul Monte To mba, contrastando un attacco nemico, in una so la o ra perde 82 uomini, 5 dei qu ali u fficiali, ed ha inoltre un centi naio d i fe riti 670 . Ca usa le sensibili perdite subite anc he n e l successivo ripi egame nto, essendo la sua forza ridotta a 4 u fficiali e 70 Arditi, nei p r im i g iorni di dicembre il V Reparto d eve essere sciolto 67 1 . 666 Cfr. M EDAGLIE, op. Cit., • . 0111ogra r·la n. 301 . Motivazione della Medaglia d'Oro concessa al Tenente De Simone Ruggero, da S. Pietro Vernorico, dasse 1896, in forza al 54° Fanteria Umbria, assegnato al V Reparto d'Assa lto: "Comandante di plo to ne d'assa lto accorso in difesa di una posi1.ione fortemente attaccata dal nemico, ferito alla bocca da una scheggia di grana ta, continuava a tenere il comando del proprio reparto, incitando e trascinando coll 'esempio, sotto un fuoco violento, i propri soldati. Ferito una seconda volra ne lla lotta corpo a corpo che ne seguì, cd intimatagli la resa, rispose scaricando la rivolte lla, gridando: " Viva l' ltali:i!". Ferito una terza volta, <.:adeva a terra, ed alla nuova intimazione di resa rispondeva "No, Viva l' Italia!". Una quarta ferita al cuore lo uccise. Sublime esempio di valore e amor patrio. (Forcella Monte Piana, 22-23 ottobre 19 17)". 667 Cfr. USSME - Relazio ne - IV - 3bis - Documenti, op. cii., p. 195. 668 Cfr. TENENTE À.NONI MO, op. cit., p. 213. 669 Cfr. USSME - Relazione - IV - J - Narrazion e, op. cit., p. 569 e Ror:HAT, op. cii., p. 66. La seco nda fo nte parla di "(... ] un V reparto il 16 novembre sulle posizioni di M o nte Tomba e Mo nfcnera [...]" se nza alcuna altra specifica riguarda nte l'Armata. 67 0 Cfr. ThNENT E /\.NONIMO, 0/J. cit. , p. 213. 6 71 Cfr. ROCI IAI, U/J. cit., p. S9.


650

Francesco Fatutta

Successivamente i suoi superstiti confluiscono nell'ambito del VI Reparto d'Assalto della 4a Armata 672 . Alla data dell'8 gennaio 1918 673 un V Reparto risu lta in ricostituzione nell'ambito della 4a Armata. Per la precisione il Reparto viene ufficia lmente ricostituito in data 10 gennaio, nell'ambito del XXVII Corpo d'Armata con elementi tratti da sette diversi Reggimenti di fanteria. Quando il 6 febbraio il Maggiore Freguglia ne assume il comando, lo trova in una situazione critica, in quanto buona parte degli effettivi è stata assegnata con criteri inadatti dai Corpi di appartenenza. L'energia e la capacità del comandante, lo trasformano però ben presto in una unità estremamente efficiente 674 . Non risultano impieghi operativi tra la fine dell'inverno e la primavera 1918: il 10 maggio assume la n umerazio ne di XXVII Re-parto, in quanto facente parte delle truppe suppletive del XXVH Corpo d'Armata 675 . Il 15 giugno risulta a disposizione del XXVII Corpo d ' Armata dcll'8 a Armata 67 6 , stanziato n ella zona di Casa Zuc-careda (Treviso) ed è al comando del Maggiore Freguglia. Lo stesso giorno il comando dell'8a Armata costituisce , quale riserva operativa 677 , il Gruppo tattico " Giacchi", composto dal XXVII Reparto d'Assalto, dal 2 ° Re ggim e nto Bersaglie ri e da alcuni Squadroni di cavalleria; il Gruppo viene poi dislocato tra S. Marco e Albaredo (Treviso) . Sempre il giorno 15, piccoli nuclei del XXVII Reparto, insieme ad altre unità, contrattaccano di sorpresa il nemico a Giavera, prendendo

672 Cfr. ROCIIAT, 673

Cfr. USSME - Relazione - V - lbis · Documenti, op. cit., pp. 2 4-25.

674 C f r. ROCHAT, 675

op. cit., p. 66.

op. cit., p. 63.

Cfr. R OCHAT, op. cit., p. 68.

676

Cfr. USSME - Relazio ne - V - lter - Carte, op. cit., n. 34, USSME - Relazione - V - l bis - Documenti, op. cii., p. 279 e ROCHAT-MEMOR1E, op. cit., p. 5 18. Da notare che, per un refuso di stampa, la seconda fonte lo cita come XXXVII Reparto <l'Assalto (numerazione pt: raltro mai assegnata ad un Reparto di questo tipo). 677 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit. , p. 496.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

651

alcuni prigionieri e liberando varie decine di soldati italiani caduti in mano nemica. Nel pomeriggio viene lanciata al contrattacco contro la dorsale della Madonnetta, a Casa Bianca, una sola Compagnia del XXVII Reparto; l'azione però non ha successo e deve intervenire l'intero Reparto per riconquistare la posizione 678 . Successivamente, insieme al 45° Reggimento Fanteria Reggio e al 2° Reggimento Bersagli eri, il XXVII 679 , trasportato su autocarri a Selva, assale le posizioni nemiche situate tra il Piave e Casa Carpenedo, operando alle dipendenze dell'VIII Corpo d'Armata. Pur se l'azione riesce parzialmente, in quanto il nemico non viene respinto, consente tuttavia di costituire alcuni punti di resistenza di quella che sarebbe divenuta la nuova linea di difesa italiana. Il giorno 18, due pattuglie rastrellano l'area alla ricerca di elementi nemici sbandati dopo un fallito contrattacco austriaco, catturando 18 prigionieri 680 . Per le azioni sopra descritte viene decorato con la Medaglia d'Argento al V.M. ed inoltre viene citato nel Bollettino di Guerra n. 1123 del 21 giugno 1918 681 e nell'Ordine del Giorno n. 87 de l 22 giugno 1918, emesso dal XXVII Corpo d'Armata 682 . 678 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 522. Da notare che la fonte, nell'ambito del medesimo paragrafo, parla inizialmente <li:" ... XXVII Reparto d'Assalto", e la riga successiva lo definisce:" ... intero lfattaglione". Inoltre a p. 525 parla ancora di: " ... XXVII Battaglione d'Assalto". Ciò a ri prova della confusione riguardo le denominazioni utilizzate nella documentazione ufficiale dell'epoca. 679 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., pp. 50 1-503 . 680

Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., p . .360.

68 1

Cfr. RIASSUNTI, Volume 1°, op. cit., pp. 91-92. Cestratto dal Bollettino di Guerra del Comando Supremo n. 112.3 (21 giugno 191 8, ore 13), è riportato ne lla Nota n. 645 inserita nell'ambito dei cenni storici riguardanti la storia del XXVI Reparto d'Assalto. 682 Cfr. TENENTE ANONIMO, op. cit., pp. 85-86. Estratto dall'Ordine del Giorno n. 87 del 22 giugno 1918: "TI 16 corrente il 27° battaglione d'assalto, lanciato appena scaricato dagli autocarri nell'azione, conquistò di primo impeto al canto dell' inno degli "arditi" l'obiettivo assegnatogli; strappò al nem ico parecchi pezzi della nostra artiglieria, già caduti in sua mano; cam1rò molte mitragliatrici, due lanciabombe e numerosi prigionieri. Si a rrestò nella sua avanzata solo quando ne ricevette l'ordine; e il suo impeto fu così travolgente che ne fu investito il po.sto di coma ndo del Comandante


Francesco Fatulla

65 2

Da notare che anche 40 de i suo i Arditi, per le azioni portate a termine in quei giorni, so no d ecorat i con la M edaglia d'Argento 683 . D ato il costante impegno in prima linea l'uni tà subisce sensibili perd ite 684 e p erra nto, a l termin e della battaglia di giug no , deve essere ricompletato medi ante comple menti 685 . Viene com u nque chi amato a effettuare colpi d i man o, t ra 1'1 e il 2 luglio, nella zona di Fo nti go 686 . Non si ha nn o poi n o tizie de l Repa rto pe r t utto il periodo estivo , in q uanto p resumi bilmen te impegnato a rio rd ina re gli o rganici e add estrare i complementi . Il 21 ottobre risulta asseg nato, con compici di riserva 687 , al XXVII Co rpo d'Arma ta dell' 8a Armata, mentre nell a situazione ri ep ilogativa datata 24 otto bre 1918 vi ene indicato tra le truppe a d isp osizione del1'8a Armata 688 . Il giorno 27 risul ta conce ntrato nei pressi d i Asolo 689 , se mpre alle d ipend enze d el XXV IJ Co r po d 'Armata, e lo stesso giorno riceve ordine dal Comando di questa

segue nnta della 132" brigata " ho nved ", ge nerale von Kron~taJ1 , d 1e cadde sorto i col p i di un ;i nostra m itragliatrice a ppostata ;i pochi merri. Pe r raie:: v;iloroso comegno S. E. il Com,rn<lante dc ll 'Vlll Corpo d'Arma ta alla cui di pe ndenza il 27° battaglio ne era staro messo, mi espresse soddisfazione; molti a ltri general i di altri Corpi me ne scrissero co n parole cli fervida lode. li Co ma ndo Supre mo lo segnalò nel suo boll ettino del 2 1 corre nte, ed io lo addito con quesro o rdine del gio rno alla riconoscenza e all'c:~empio dei compagni che sono fi c:ri di esso. [...J Il Te nen te Gene rale Comand;i nte D1 G1oitc.;10" . 683 Cfr. R OCHAT, op. cit., p. 95 . 684

Cfr. T ENENTE A NONIMO, op. cit., p. 2 14 . Vi si affe rma che l' un irà dd Maggio re Fregugli;i, c he a veva 22 uffi cia li, ne e bbe 13 fu or i combatt imento, mentre <lupo tre giorni di assalto all'a ppello non rispose ro 187 ard iti. 685 Cfr. USSM E - Relazione - V - 2hi s - Documenti , op. cit., p. 40.L 686 Cfr. R OCHAT, op. cit. , p. 103. 687 Cfr. USSME - Relazio ne - V - 2 - Narrazio ne, op. cit. , p. 361. Da notare che in qucsra seJ e viene cita to cume XXV II Ratrnglione d'Assa lru. 688 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 878. 689 Cfr. USSME - Rdazio ne - V - 2ter - Carte:, op. cit. , n. 18. Per b precisio ne ra ie fon te lo da per sch ie r;ito ne i din torni di Aso lo , g i?i il gio rno 24 o ttobre:.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

G53

grande unità di costruire una passerella in corrispondenza delle Grave di Ciano, da realizzare nella notte del 28 690 . In realtà il completamento dell'opera avviene con quasi ventiq uattr'ore d i ri tardo, per d ifficoltà di varia natura 691 . Il giorno 31, non esistendo su I Piave passaggi di alcun genere fra Busche e Belluno, riceve dal Comando della 51 3 Divisione l'ordine di gittare una passerella nella zona di San Felice 692 . La viol enta corrente del fiu me e l'intenso fuoco d'artiglieria n emico , impediscono tuttavia ta le compi to nei tempi previsti. Il 1° n ovembre, p e r fac ilitare l'avanza ta del XXVII Corpo d 'Armata, riceve l'ordin e di forni re persona le al fin e di consentire il gittamenro di una passerella sul Piave a ll 'a ltezza di Nave 693 . Passato all'offensiva, il giorno 4 costringe alla resa a Ponte Alto, insieme al II/46° Fanteria Reggio, il 2° Reggimento bosniaco, catturando un gran numero d i prigionieri (17 ufficiali e 55 0 uomini di truppa). La firma dell'Armistizio lo coglie a C encenig he 694 . Dopo il termine delle ostilità, una situazio ne riepilogativa datata 17 gennaio 1919 lo indica per schie rato a 'frichiana (Belluno), alle dipendenze del XXVII Corpo d 'Armata 695 . Non se ne hanno tracce successive, come pure non è n ota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avvenuto comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, così come p er tutti gli altri Reparti d'Assalto non indivisio nati . li suo Centro di mobili taz ione 696 ave va sede presso il deposito del 23° Reggimento Fanteria Como, a Novara, cd i suoi effettivi s i fregiavan o probabilmente delle "Fiamme N er e".

°

69

Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit. , p. 515. 691 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 662. 692 C fr. USS MF. - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 662. Da nota re che, probabilmente a causa di un refuso di sta mpa, il Reparto viene indicato come XXII e non come XXVII. In realtà il XXII stava operando in altra zon;i, inquadrato nel 3° Gru ppo delb 1a Divisione d'Assalto. 693

Cfr. USSME- Relazione - V - 2 - N;irrazio ne, op. cit., p . 7 15. 694 Cfr. USS ME - Relazio ne - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 73 4. 695 Cfr. USSME - Relazione - V - 2ter - Carte, op. cit., 11. 47. 696 C f r. A NNlJAR IO, 0/J. cit., p. 688.


654

Francesco Fatutta

XXVIII REPARTO D'ASSALTO (ex XVIII della Zona Carnia) Viene costituito con la numerazione di XVIII in data imprecisata, probabilmente tra l'agosto e il settembre 1917 n elle retrovie del Comando Zona Carnia 697 , in un campo di addestramento di cui si ignora la dislocazione. Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1917 risulta alle dipendenze del XII Corpo d'Armata del Comando Zona Carnia, inquadrato nell'ambito della 36a Divisione 698 . Lo stesso giorno risulta schierata nei settori Degano e But 699 . La sera del 26 la Divisione è invece schierata dal Monte Peralba al Monte Zermula 7 00 . Secondo fonti memorialistiche non documentabili nel corso del mese di ottobre, dopo Caporetto, resiste alla stretta di Meduna e alla Forcell a Claudana. Sempre operando nell'ambito del XII Corpo <l'Armata, la sera del 4 novembre, insieme al LVIII Battaglione Bersaglieri, difende il ponte di Novarons attaccato da forze nemiche che, dopo breve e vivace combattimento, vengono respinte 701 . Il giorno successivo il nemico rinnova l'attacco; il Battaglione Bersaglieri viene praticamente annientato, mentre il XVlll Reparto d'Assalto perd e oltre la metà dei suoi effettivi 702 . Causa le pesanti perdite subite, il XVlll Reparto viene disciolto 703 e nei primi giorni di dicembre, i suoi superstiti confluiscono nel VI Reparto d'Assalto della 2a Armata 704 •

697

Cfr. USSME - Relazion e - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 73. Vi si precisa che in data 1° ottobre 1917 il Comando Zo na Carnia aveva pertinenza sul territorio compreso tra la Val Sesis e la Val Racco lana e inquadrava il XII Corpo d'Armata (26a e 363 Divisione). 698 699 7

oo

701

Cfr. USSME - Relazione - IV - 3bis - Documenti, up. cit., p. 198. Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Narrazione, op. cit., p. 311. Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - N arrazione,

op. cit., p. 392.

Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - Na rrazione, op. cit., p. 4 77.

702

Cfr. USSME - Relazione - IV - 3 - N arrazione, op. cit., p. 311 e FA LDELLA, op. cit. , p. 791. Da notare che qu est'ultima fo nte, probabilme nte a causa di un refu so di stampa, lo identifica come XXVII e lo definisce "battaglione d 'assalto". 7o3 Cfr. ROCHAT, op. cit., p. 59. 704

Cfr. ROCHAT, op. cit. , p. 66.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

655

Il XVIII Reparto d'Assalto viene ricostituito il 21 febbraio 1918 a Cendon, sul Basso Piave, con Arditi della Il Armata e reclute volontarie della classe '99; la forza dell'unità risulta essere di 13 ufficiali e 765 uomini, che sono posti al comando del Capitano Vivai di Pasqua 705 • li 16 aprile, una dozzina di Arditi al comando di un tenente, forza il Piave su una imbarcazione del 4° Reggimento Genio Pontieri e penetra nei trinceramenti nemici, rimanendovi un paio d'ore. Durante l'azione vengono uccisi 2 soldati austriaci e rilevate preziose informazioni sulle difese avversarie 706 . Il 10 maggio 1918 assume la numerazione di XXVIII Reparto, in quanto facente parte delle truppe suppletive del XXVIII Corpo d 'Armata della 3a Armata 707 • Cinque giorni dopo, essendo state notate, su alcuni isolotti delle Grave di Papadopoli, vedette austriache incaricate di ascoltare i movimenti notturni delle nostre linee, il Comando di Corpo d'Armata ne ordina l'eliminazione 708 •

705 Cfr. TENENTE ANONIMO, op. cit., p. 222 e GIULIANI, op. cit., p. 183 . La prima fonte riporta per gli organici iniziali cifre diverse, ossia 52 ufficiali e 752 uomini, forst: meno attendibili, in particolar modo per ciò cht: concerne il numero degli ufficiali. Da notare che la seconda fonte cita sempre l'unità come XXVlll Battaglione d'Assalto e non Reparto. 706 Cfr. TENENTE ANONlMO, op. cit., pp. 222-224 e GIUUANI, op. cii., p. 193. L'azione viene anche ricordata nell'Ordine del Giorno del XXVlll Corpo d'Armata: "Ieri 16, nelle prime ore del mattino, una pattuglia del ventottes imo battaglione d'assalto, a mezzo di barca condotta da soldati del quarto genio pontieri passava il Piave in corrispondenza dell'ansa di Gonfo. Penetrata in trinceramenti nemici vi rimaneva per ben due ore, e dopo aver ucciso col pugnale due austriaci ripassava il fiume riporta ndo utili informazioni sulla occupazione nemica in quel tratto di fronte. Lieto di segnalare alle truppe del Corpo d'Armata questa azione di valore, tributo l'encomio solenne al comandante della pattugli a e a tutti g li altri militari che hanno preso parte all'operazione. Questo encomio sia anche il mio saluto augurale al giovane battagl ione d'assalto che così brillantemente ha iniziato la sua ardime ntosa vita di g uerra. li 'lenente Generale comandante del Corpo d'Armata. F.to CROCE". 7 o7 C fr. ROCHAT, op. cit., p. 68. 7 og

Cfr. TENENTE ANONIMO, op. cit. , p. 225. Se ne occupano con efficacia alcune coppie di Arditi, uno dei quali è destinato ad accecare la vedetta con un apposito riflettore portatile, l'altro ad eliminarla con il pugna le.


656

Francesco Fatutta

Segue il 2 giugno un 'azione dimostrativa o ltre le lince nem iche atta a saggiare la loro consistenza 709 . li 15 giugno risu lta a ncora alle dipende nze del XXVIII Corpo d'Arm ata dell a 3'1 Arm a ta, ed è d islocato ne i pressi di Biancade {Treviso) 710 . [I Repa rto, che ha una forza di 18 ufficiali e circa 500 uomini riceve l'ordine di portarsi a Madonna del Vall io e a sera viene portato in linea con autocarri nella zona d i Cascin a O livotto 7 11 . Sostiene il prim o urto degli Austriaci a San Marco e perde in meno di mezz'ora 12 ufficiali e 170 uom ini 7 12 ; ferito g ravemente il comandan te Vivaldi Pasq ua, c he viene sostituito dal Capitano Giuseppe Costa, già comanda nte d ella 2:1 Compagnia. Nei combattimenti che seguono tra il 15 e il 16 intorno al caposaldo di Villa Prcmuda, il Reparto subisce pesanti perdite; un centi naio sono gli Ard iti feriti, oltre a dive rsi ufficiali. Rima ne ferito anche il Capitano Costa, sostituito dal capitano Pagani e dopo il ferimento di q uest'ultimo i poch i s11perstiti vengono guidati dal Tenente Bocaccini 71.,. Il 17 gi ugno, dal caposaldo di Ronche ove si trovava schierato, causa un violento contrattacco nemico il Repa rto è costretto ad arretrare 7111 • Decimato, viene aggregato alla l" Divisione d'Assalto e il giorno successivo mandato ad a rginare la fal la di Meolo 715 . Perduti circa 6 00 uomini sugli 800 in organ ico e ridotto q ui nd i ad una forza di 8 u fficiali e 200 uomini 71 6 , viene richia mato a Biancade

709 Cf , r. T ENENTE ANONIMO,

op. cit. , p. 226 e GIULlANI, up. cit., p. 194. La seconda fonte precisa che l'azione vie ne condott;i da quattro squad re. 71 O Or. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, up. cit., p. 56 6, USSME Relazione - V - lbis - Documenti, up. cit., p. 285, USSME - Relazione - V - 1 ter Carte, op. cii., n 3 4 e ROCHAT-MEMORIE, op. cit., p. 518. Da nornre che la prima fo nte lo cita come XXVIII Battaglione d'Assalto. 7 11 c··t· ,, · p. 206 . r. vlULIANI, op. Cli., 712 C f r. TENENTE ANONIMO, op. cit., p. 226. 713

Cfr. G 1ULIAN 1, op. cit., pp. 207-211.

7 14

Cfr. USSME - Relazione - V - I - N;mazione, op. cit. , p. 595. Da notare che la fonte continua a citarlo quale XXVTII Battaglione d'Assalto.

? lS

Cfr. TENENTE ANONIMO, op. cit., p. 226.

7 6 l

Cfr. ROUIAT, up. cit., pp. 96-112.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

657

per un ciclo di riposo e riorgani zzazione. Riceve nuovi complementi dal llJ Reparto di Marcia 71 7 , ma t ra il 22 e il 23 giugno è nuovamente in azione sul Piave 7 18 . Il 3 luglio il Reparto, insieme agli a ltri della Y Armata, viene assegnato in rinforzo al XX IIT Corpo d'Armata 7 19 , essendo q uest' ultimo destinato all 'operazione di riconquista del delta del Piave. La sua forza organ ica è d i 6 ufficiali e 35 J uomini, molti d ei qual i non ancora gu ariti dalle fe rite, e t ra questi il Cap itano Costa. Ed è proprio quest' ultimo a muovere per primo all ' assalto con un'ottantina di Arditi, contro Cà del Bosco, obiettivo principale dell'azio ne. L'assalto riesce: vengono snidati oltre 300 nemici e asportate dal caposa ldo 14 mitragliatrici e 5 bombarde 720 . Non risultano azioni di rilievo effettuate dal XXV lll Reparto d'A ssa lto nel periodo estivo. Ne lla situazione riepi Ioga ti va datata 24 o ttob re 19 18, il Reparto viene ind icato tra le tru ppe a disposizione della Y i\rmata 721 e risulta dislocato nei pressi di Castello d i Biancade (Treviso). li giorn o 27 risulta a disposizione del XXVIII Corpo d ' Armata dell a 3" Arm ata 722 . Il 30 otto bre fo rza il Piave n ell'ansa di Romanziol 723 sotto l'infuriare del bombardamento nemico, e nei combattimenti ch e seguono perde una cinquantina di uom ini 724 . A seguito di questa az ione il Reparto viene deco rato di Medaglia d'Argento al V.M.

7 17 C (r. llOCHAT, op.

cit., p. 112.

7 18 Cfr. G IULIANI, op. cit. , p. 2 11. 7 19 Cfr. USSME- Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cii., p. 722. Da no tare che la fo nte co nrimw a cita rlo Battag lio ne.

no

Cfr.

ltl\JLIANI,

op. cit. , pp.

2 12-213.

ì2 l C fr. USS ME - Relazione - V - 2bis - Documenti , op. cit., p. 860 e USSME - Relazio ne - V - 2ter - Carte, op. cit. , n. 18. 722 C fr. USS ME - Relazione - V - 2 - Narrazio ne, op. cit., p. 6 3 2 e USSME Relazione - V - 2bis - Docum enti, op. cit., p. 403. 723 Cfr. RIASSUNTI - Volume 4°, op. cit., p. 322. Il XXVIII Repa rto (che la fon te ci t a come Hattagli o ne d 'Assalco) opera in conco rso a repa rti del 23 1° e 232° Fanteria Avellino. 724 Cfr. G1uu AN1, op. cit., p. 227.


658

Francesco Fatutta

Il 2 novembre forza il fiume Livenza insieme alla 2Y Divisione, cui era stato assçgnato, e si attesta con le avanguardie divisionali a Frattina e Annone 725 , mentre nelle prime ore del 3 riesce a raggiungere Casa Ronchetto e Persiana. Nel corso della battaglia di Vittorio Veneto, o almeno nella sua ultima fase, le perdite subite dal XXVIII Reparto d'Assalto sono indicate in 47 caduti (2 ufficiali), 125 feriti (10 ufficiali) e 17 dispersi 72 6 . Dopo il termine delle ostilità, il 9 dicembre il Reparto lascia il XXVIII Corpo d'Armata e viene trasferito a Fiume per rafforzare il locale presidio 727 . Una situazione riepilogativa datata 17 gennaio 1919 lo indica ancora schierato a Fiume alle dipendenze del XXVI Corpo d'Armata 728 . Non è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avvenuto comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, così come per tutti gli altri Reparti d'Assalto non indivisionati. Il suo Centro di mobilitazione 729 aveva sede presso il deposito del 5 5° Reggimento Fanteria Marche, a Siena, ed è accertato che i suoi effettivi si fregiavano delle "Fiam me Nere". XXIX REPARTO D'ASSALTO (ex XXIII Reparto) Alla data dell'8 gennaio 191 8 730 un XXIII Reparto risulta in fase di costituzione nell'ambito della 1a Armata 731 . Secondo alcune fonti, gran parte dei suoi effettivi provenivano dal Battaglione Alpini Monte Pelmo 732• Il 5 marzo, suoi elementi tentano una azione verso 725

C fr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., pp. 829-830.

726

Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 1168.

727

Cfr. USSME- Dopoguerra, op. cit., p. 35 e GIULIANI, op. cit., p. 228.

728

Cfr. USSME - Relazione - V - 2ter - Carte, op. cit., n. 47. 729 Cfr. ANNUARIO, op. cit., p. 688. 73 o Cfr. USSM E - Relazione - V - I bis - Documenti, op. cit., pp. 24-25. 73 1 Cfr. MASTROFINI, op. cit., p. 53. Secondo questa fonte la Scuola Reparti d'Assalto della 1• Armata, nel genna io del 1918 aveva sede a Vittarolo di Lusiana.

732 Cfr.

RIZZA,

op. cit., p . 332 e VIAZZI, op. cit., p. 9.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

659

Tierno ma, dopo aver sorpassato due ordini di reticolati elettrizzati, vengono bloccati dal tiro nemico e costretti a ripiegare con la perdita di 2 uomini e il ferimento di altri 1O73·1. Il 2 aprile un suo nucleo effettua un colpo di mano in Val Lagarina 734 contro un posto avanzato nemico, il cui presidio viene in parte annientato (11 morti) e in parte catturato (15 prigionieri). Il 20 successivo , suoi elementi annientano una piccola guardia nemica ad ovest della località di Sano 735 , mentre nei primi giorni di maggio, an cora un suo nucleo, utilizzando motoscafi, effettua un colpo di mano sulla sponda orientale del Lago di Garda, nella località di To rbo le, trovandola però non presidiata 73 6 . Il 1 O maggio assume la numerazione di XXIX Reparto in quanto face nte parte delle truppe suppletive del XXIX Corpo d'Armata della 1" Armata 73 7. A quell'epoca il Reparto risulta comandato dal Maggiore Gastone Gambara 738 . Il giorno 23, il Reparto, insieme a unità della 27"- Divisione <li Fanteria, effettua un attacco a Zugna Torta, che si inquadra nelle azioni offensive predisposte dal la 1 a Armata nella zona della Val Lagarina. La prima ondata del XXIX, seguita da una Sezione lanciafiamme, da una Sezione mitragliatrici e da una Squadra di lanciatori di bombe, si getta all'attacco delle posizioni nemiche conosciute con i nomi di "Roccione Cuboide" e "Baracchino", mentre il I Reparto d'Assalto di marcia attacca posizioni contigue. Entrambi sono pesantemente contrastati dal tiro dell'artiglieria e delle mitragliatrici nemiche. 11 XXIX rinnova per ben quattro volte l'assalto, ma senza successo, pertanto a sera, visti i risultati conseguiti anche dalle altre unità impegnate, il comandante del

733 Cfr. Sc HtARINI, op. cit., p. 334.

734 C fr. 73

5

736

SCH!ARIN I,

op. cit., pp. 341-342.

Cfr. Su IIARlNI, op. cit., p. 342. C fr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 224.

737

Cfr. R OCIIAT, op. cit., p. 68. Da notare che per un refuso <li stampa il Reparto viene indicato con l'inesistente numerazione di XXIV anziché XXIX. 738 C fr. RocHAT, op. cit., p. 94.


660

Francesco Fatutta

Corpo d'Armata decide di sospendere l'azione 739 . Nel co rso di q uesta o perazio ne cade il Sottoten en te S::i nte Dorigo, che viene decora to di M ed agli a d 'Oro per l'eroismo dimostrato 740 . Il 15 giugno risulta sempre a disposizione del XX I X Corpo d'Armata de lla l " Armata, schierato nella zona di Stazio ne d 'Av io 741 . Nella no tte sul 18, una sua Co mpagnia 742 , raffo rzata con ele menti della Brigata Pistoia, e ffettua un attacco a q. 703 del Dosso Alto di Z urez; l'azione, be nché energicamente condotta, non riesce 743 . Il 3 agosto, 2 Compagnie del XXIX Repa rto, ra fforzate con 5 Sezio ni mitragliatrici, nucle i volontari di a ltre Compagnie e del

739

C fr. SCHIARINI, op. cit., pp . .146-347. La fonre indica le perdi te sub ite dallt: unità impegna t e nel colpo d i mano d i Zugna Torta in 6 ufficiali caduti e U feriti e 69 uomini d i trnppa cadu ti e 274 reriti, oltre ad una novantina d i dispersi; non viene però precisata la ripa rtizione tra le diverse unità impegna te, pe rtanto le perd ite potrebbero rigua rd are n o n soltan to effettivi dei 2 Reparti d'Assalto e membri dei Plotoni Ardi ti reggimentali, ma a nche altro persona le. 74 Cfr. MrnAGLJE, Volume I, op. cit., Riografia n. 139. Motivazione Jella Medagl ia d'Oro concessa alla mem o r ia del Sottotenen te Dorigo Sante, da Farra di Suligo (Treviso), classe l 892, in forza a l 7° Reggimento Alpini, volon rnrio nel VJ e successivamente XXl X Reparto d'Assalto, già dewrato di Medaglia d'Argento: "Comanda nte la prima ondata, si slanciò co n deciso im pero all'assalto d i forti posizio ni, sup era ndole coi s uoi uomini , so rto il t iro della m itrag lia nemica. Gravemente ferito, rimase al suo posto, al la testa di p ochi supe rstiti, e, strappati all'avversa rio degli spezzoni esplosivi, gliel i lan ciò contro, infl iggendogli g ravi perd ite. Colpito una seconda volta, ed avuta spezzata una gamba, vo lle rimanere ancora con i suoi soldati per an ima rli alla lott:i. Soccorso d a uno di essi, che cercava di trascinarlo al riparo, e travolti e ntrambi dallo sco ppio d i una bom ba nemica, benché n uovamente fer ito in pit1 parti e morente, lanc iò fino a ll 'estremo parole di incita men to ai suoi uo mini, fu lgido esempio di valo re e te nacia. (Zu gna Torta, 23 maggio 1918)". 74 1 Cfr. USSME - Relazione - V - Iter - Carte, op. cit., n. 32, USSME - Relazio ne - V - Ibis - Documenti, op. cit., p. 267 e ROCHAT-MF.MDRIE, op. cit., p. 5 18. Da notare c he la seconda fo n te, a causa d i u n p robabi le er rore d i st am pa, indica ii Reparto co me XIX e n on come XXIX . li refuso v iene ri portato a nch e dalla terza fo n te. 742 C fr. FALDELLA, op. cit., p. 936.

°

743

C fr. RIASSUNTI - Volu me 2°, op. cit., p. 190.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

661

Battagli one Alpino Exilles, effettuano nuovame nte un attacco a q. 7 03 ciel Dosso Alto cli Z urez 744 ; l'azione, co ndotta di sorpresa e con grande slancio, riesce dopo quattro ore di violenti com battimenti. Una tre ntina i caduti nemici, mentre 163 Austro-ungarici vengono presi prig ioni eri; le perdite ital iane ammontano a 14 caduti, tra cui 2 ufficiali, e 27 feriti 745 . Per questa azione e per quella precedente di Z ugna Torta, vie ne decorato di Medaglia di Bronzo a l V. M. e inoltre il Reparto viene citato nel Bol lettin o di Guerra n. 1169 del 4 agosto 1918 746 .

744 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Na rrazione, - Volume 2°, op. cit. , p. 190.

op. cit., p. 230 e RIASSUNTI

745 Cfr. USSME- Relazione - V - 2his - Documenti, op. cit. , p. 637 e SCHIARINI, op. cii., p. 363 . l.,ev i d iffere nze sono risco nrrabili nel d ocume nto cita to dalla prima fonte e inricolaco .. Piccole operazioni offensive" , emesso dall' Ufficio OperaLio11i del Co111a11do Supremo. Vi si legge: " Lo stesso i;iorno alle ore I 1,.rn un reparto del 29° battaglione d'assalto (1 a armata) senza prepa razione d 'artiglieria ha di sorpresa attaccato e conq u ista to la q uota 70 .1 di Dosso Alto (p endici n o rd Altissimo) catrurando 166 prig io n ieri fr a cui 6 ufficiali, 8 mitragliatrici, 1 lanciafiamme, ! riflettore cd infliggendo fort i pe rdite all'avversario (furono contati o ltre 30 cadaveri nemici) . Perdite subite 14 u ccisi e 3 1 fer iti" , Not a re, ancora in data 8 agosto l918, l'uso della numerazione araba e della d eno minazio ne di "battaglione" per identific;1re il XXIX Reparto d'Assa lto. C fr. RI ASSUNTI - Volume I 0° Pane Seco nda, op. cit., p. 303. Viene confermata la cifra di 166 prigionieri. Cfr. SCHIARINI , op. cit., pp. 362-363. La fo nte conferma le perdite italiane in 14 caduti, 2 dei quali ufficiali, e 31 ferii-i , mentre indici in 6 gli ufficiali e in 172 i so ldati nemici catlll rati. Da nota re che g li uffici<lli po trehhero essere stati computali due volte, nel qual caso verrebbe confe rma to in 166 il numero degli Austro-ungarici prigionie ri. ì 46 C fr. BOLLETTINI, op. cil. , pp. 538-539. Dal Bollettino d i G uerra del Comando Supremo n. 1169 (4 agosto 1918, ore 13): "A sud Ji N ago il nostro 29° riparto d 'assalto, ri confermando ìa sua fama d'ardi re e d i va lore , ha st rappato ieri di sorpresa al nemico la Quota 7 03 di Dosso Alto, d ove il J 5 g iugno ultimo scorso l'avversari o, dopo violenta azione di artigl ieria, era riuscito a mettere piede e a mantenersi a costo gravi perdite . L'occupazione venn e pron tame nte conso lidata, sotto l'efficace protezione delle a rtiglierie. Grossi nucle i avvc rs.i ri, a nnida ti nelle caverne, tentarono vivaci resistenze lo cali, ma ve nnero sopraffat ti. Il ne mico subì sensibili perdite ed ebbe catturati 4 ufficiali, 172 soldati e rilevante qu:111 ri1 :ì di armi e materiali bellici. [.. ]".


662

Francesco Fatutta

I.:11 settembre, alcune sue pattuglie, rafforzate da volontari del 34° Reggimento cecoslovacco, effettuano un riuscito colpo di mano a Palù, a nord di Sano 747. Do po aver deviato la corrente elettrica dai reticolati, gli Arditi assalgono un posto di guardia, uccidono 6 soldati austriaci che lo presidiano e ne prendono prigionieri 12. Nell'azione cade un Ardito, mentre 4, tra cui un ufficiale, rimangono feriti 748 . Il 15 ottobre un Plotone del XXIX ed uno del 36° Fanteria Pistoia effettuano un riuscito colpo di mano contro le linee nemiche a Sano; il presidio avversario viene sopraffatto ed i due reparti rientrano nelle linee senza aver subìto perdite, dopo aver catturato 16 prigionieri 749 . Il 10 ottobre un Plotone del XXIX Reparto, rafforzato da una pattuglia di Arditi dell'87° Fanteria Friuli e da alcuni militari cecoslovacchi, tenta un colpo di mano sulla linea nemica a sud di Marco 750 • Il giorno 15 un Plotone del XXIX e Arditi del 35° Fanteria Pistoia, in avverse condizioni atmosferiche, eseguono una incursione nel paese di Sano, catturandovi 16 ussari ungheresi 751 • Nella situazione riepilogativa datata 2 4 ottobre 19 18 il Reparto è elencato tra le truppe a disposizione della 1a Armata 752 , ed al suo comando risulta ancora il Maggiore Gastone Gambara 753 • 11 31 ottobre il XX IX Reparto d'Assalto risulta assegnato al XXIX Corpo d'Armata della 1" Armata; in base a ordini ricevuti si pone con una sola Compagnia a disposizione della 26a Divisione, destinata a svolgere un'azione offensiva in direzione del nodo di Castellano, mentre assegna le altre 2, autocarrate, alla 32a Divisione, im pegnata lungo il costone di Zugna Torta - Costa Stenda, entrambe con obiettivo finale la liberazione di Trento. Il 2 novembre, il XXIX effettua, quale avanguardia di una colo nna della 32" Divisione, un rapido assalto 747 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 24 6. 748 C f r. 5CHIARINI, op. cit., p. 364. 749 Cfr. RIASSUNTI - Volume 2°, op. cit., p. 19 1. 75 0 Cfr. 5CHIARINI, op. cit., p. 365. 75 1 Cfr. SCHIARINI, op. cit., p. 366. 752 O r. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit. , p. 856. 753 C f r. FALDELLA, op. cit., p. 987.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

663

che travolge lo sbarramento avve rsario a Serravalle e porta alla cattura di un centinaio di prigionieri; il Reparto prosegue poi in direzione di Marco, seguito dalle forze del 4° Gruppo Alpini 75 4, alle cui dipendenze è destinato ad operare. :razione prosegue e alle 20.45 la colonna, della quale fanno anche parte elementi del XXIX, raggiunge Rovereto, ove cattura il presidio della cittadina tenuto dal 36° Reggimento Schi.itzen 755 . Infine il 3 novembre, proseguendo nell'avanzata, viene raggi unta Trento, ed il Reparto entra in città subito dopo i 3 Squadroni del Reggi mento Cavalleggeri di Alessandria 756 • Sempre nell a stessa giornata, una Compagn ia del XX IX, insieme al 11/36° Fanteria Pistoia e a 2 Plotoni Arditi Reggimentali, effettua un riuscito colpo di mano a Villa Salvotti, ove cattura numerosi prigionieri e diverse mitragliatrici 757 . Per le azioni di questi giorni, il Reparto viene citato nel Bollettino di Guerra n. 1266 del 3 novembre 1918 758. Dopo il termine delle ostilità, una situazione riepilogativa d atata 17 gennaio 1919 lo indica per schierato a Caldaro (Bolzano) 759. Successivamente non se ne hanno tracce, come pure non è nota la 754 Cfr. ScHIARINI, op. cit., p. 375. 755 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cii. , pp. 766-768, USSME - Relazione - V - 2ter - Carte, op. cit., n. 36 e RIAsSUNTI - Volume 10° Parte Prima op. cii ., pp. 110-111. 756 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 770 e FAI.DEI.I.A, op. cit. , p. 960.

757 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 771 e RIASSUNTI - Volume 2°, op. cit., pp. 191-192. La seconda fonte parla di 200 prigionieri catturati a Villa Salvotti e un'altra cinquantina a Mori Vecchio. 758 Cfr. RIASSUNTI - Volume 9°, op. cit., p. 635. Dal Bollettino di guerra n. 1266 del 3 novembre 1918, ore 12: J.•. J Truppe della 1• Armata hanno occupato Rovereto e Mattarello in Val Lagarina; hanno forzato la Val Vallarsa e preso il Col Santo a nord di Pasubio J... j . "Per l'ardimento e il valore dimostrato meritano l'onore della citazione il 1° Gruppo Cavalleggeri di l'adova (21°) della 4" Armata, il 4° Gruppo alpino ed il 29° riparto d'Assalto del XX IX corpo d'armata primi entrati a Rovereto [... ]". 759 Cfr. USSME - Relazione - V - 2ter - Carte, op. cit., n. 47.


664

Francesco Fatutta

data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avvenuto comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, così come per tu tti gli altri Re parti d'Assalto non indivisionati. li suo Centro di mobilitazione 760 aveva sede presso il d eposito dell'80° Reggimento Fanteria Roma, a Ve ron a; è accerraro che i suoi effettivi si fregiavano delle "Fiam me Nere" sino al mese di settem bre 191 8 e successivamente delle " Fiamme Vcrdi " 761 . XXX REPARTO D'ASSALTO (cx VII della 4a Armata) Viene formato nel mese di settembre 1917 presso il campo di addestra mento della 4a Armata a Zortea, con la numerazione di VII, basandosi sul nucleo costitutivo rappresentato d a una Compagnia del disciolto IV Repa rto d'Assalto. Strutturato su 3 Compagnie, di cu i una di "Fiamma Verdi" 762 , di viene operativo nel corso del mese di ottobre, sia pur con forza rid otta 763 . Nella situazio ne riepilogativa datata 24 ottobre 1917, definito "ancora in formazion e" 764, ri sul ta alle dipendenze del XVIII Corpo d 'Armata della 4a Armata, inquadrato nell'ambito del1a 563 Divisione. Fonti memorialistiche non confermabili lo indicano schi erato in data 9 novembre n ei pressi di San Pietro di Feletto. TI g iorno 12 è rintracciabile nella zona del Grappa, mentre opera ancora all e di p enden ze de lla 5 63 Divisione 765 . Tra il 21 e il 22 novembre, il VII opera nel settore Spinoncia, ancora inquadrato nell'ambito della 56 3 Di vision e (XVIII Corpo d'Arma ta - 4a Armata), dopo essere passato, proprio il giorno 21, all e dirette dipendenze del cosiddetto "Gruppo Siroll i", destinato alla difesa del fronte, fra il Monte Sola rolo e il Monte Fontane! 7 66 .

760 Cfr. ANNUARIO, op. cit., P- 68 8. 7 61 C f r. FALDELLA, op. cil. , p. 955. 762 Cfr. V IAZZI, op. cit., pp. 8-9. 763 Cfr. R OCHAT, op. cit., p. 53. 764 Cfr. USSME - Relazione - IV - 3his · Documenti, op. cit., p. 19.1. 765 Cfr. USS ME - Relazione - IV - 3ter · Carte, op. cit., n. 25. 766 Cfr. R IASSUNTI, Volu me 10° Parte Pri ma, op. cit., p . 207.


Contributo ad una storia delle lrufJfJe d'assalto

665

Dopo aver tentato in altri settori, il nemico attacca sul M. Fontana Secca, costringendo il Battaglione Alpini Va/camonica ad abbandonarlo e il VII Reparto ad entrare in azione, per t entarne la riconquista 767 . Infatti quest'ultimo viene impegnato, a sorpresa, in un contrattacco, sostenuto anche da clementi del Gruppo "Sirolli" che comprende i Battaglioni Alpini Monte Pavione e Cividale. La sera del 2I le "Fiamme Verdi" del VII, dopo un furioso combattimento, riescono a raggiungere la cima del monte ma, causa la forte reazione avversaria, sono costrette a ripiegare e a fortificarsi su l costone che dal Monte Avien scende alla Valle C inespa 7r, 8 . All'epoca, al suo comando vi è il Maggiore Luigi Lama 769 , che cu ra la riorganizzazio n e del Reparto decimato nel corso del duro combatti1nento. Risulta ancora operativo nella prima metà del mese di dicembre 770 poi, presumi bilmente lo attende un periodo di riposo e riorganiz7.a7.ione. Alla data dcll'8 gennaio 191 8 771 un Vll R eparto risulta esi stente nell'ambito de ll a 4" Armata. Non si hanno noti zie di un suo impi ego operativo tra la fine dell' inverno e la primavera 1918. Il 10 maggio assume la nume razio ne di XXX Reparto in quan to face nt e parte delle truppe suppierive dei XXX Corpo d'Armata. All ' ini zio di g iugno, più esattamente tra i giorni 8 e 9, passa dì dipendenza organica 772 e viene trasfe rito dall'8 3 alla 9 3 Arm ata, la quale il giorno s uccess ivo lo assegna al 3° Gruppo della costituenda 13 Division e d'Assalto. li 15 giugno risu lta dislocato a

767 Cfr. USSME - Relazione - lV - 3 - Narrazione, op. cii., p. 570 e FALDELLA,

op. cii., p. 854. 768 Cfr. RIASSUNTI, Volume 10° Parte Prima, op. cit., pp. 42 e 207. 769

Cfr. MEDA<.;UE, Vo lume I, op. cit., Biografia n. 46. 770 Cfr. ROCI-IAT, op. cii., p. 66. La seconda fonte parla di"[ ... ] un VII reparto su Monfe nera, Tomba e Fontana Secca il 22 e 25 novembre e il 12 dicembre[... ]" se nza alcuna a ltra specifica riguardante l'Armata di appartenenza.

77 1 772

Cfr. USSME · Relazione - V - lbis · Documenti, OfJ. cit., pp. 24-25. Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cii., p. 204.


666

Francesco ràtutta

Villafranca Padovana, inquadrato nel 3° Gruppo d'Assalto 77 3; al suo comando vi è il Maggiore Marotta 774 . Durante l'azione controffensiva sul Piave opera, a partire dal giorno 17, nella zona di Capo d'Argine, sempre inquad rato nel suo Gruppo e, una volta cessata l'emergenza, viene ritirato nelle retrovie per la necessaria riorganizzazione che interessa l'intera ia Divisione d'Assalto. Il 27 giugno viene assegnato al 6° Gruppo della 2a Divisione d'Assalto 775 , della quale segue le vicende. Non è stato possibile rintracciare notizie riguardanti l'impiego operativo del XXX Reparto nell'estate del 1918. Nella situazion e riepilogativa datata 24 ottobre viene indicato come dipendente dal 6° Gruppo della 2a Divisione d'Assalto 776 . Il giorno 29 ottobre forza il Piave presso Ponte della Priula 777 e si dirige in direzione di Susegana (Treviso). Non se ne hanno tracce dopo la data dell'Armistizio, come pure non è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avvenuto il 26 febbraio 1919, in concomitanza con lo scioglimento della 2 3 Divisione d'Assalto, o comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, come per tutti gli altri Reparti d'Assalto non indivisiunati. Il suo Centro di mobilitazione 778 aveva sede presso il deposito del 3° Reggimento Bersaglieri, a Livorno. Gli effettivi del Reparto, 773

Cfr. USSME - Relazione - V - 1- Narrazione, op. cit., pp. 343-344, USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., p. 286, USSME - Relazione - V - Iter Carte, op. cit., n 34 e ROCHAT-MEMORJE, op. cit. , p. 518. Da notare che, sempre alla data del IS giugno, la prima fonte a p. 343 inquadra il XXX Reparto ancora nel XXX Corpo d'Armata, mentre a p. 344 lo assegna giustamente al 3° Gruppo d'Assalto, definendolo però XXX Batr.iglione d'Assalto. Per ciò che concerne la seconda fonte bisogna rilevare che il XXX Reparto d'Assalto viene indicato nell'ambito del 3° Gruppo con l'ordinativo di XX (peraltro già giustamente assegnato al 1° Gruppo). Si tratta, senza ombra di dubbio, di un refuso di stampa. 774 Cfr. Zorr1, op. cit., p. 110.

775 C f r. 776 Cfr. 777 Cfr. 778 C f r.

ROCHAT, op. cii., p. 68. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 88 6. RIASSUITTI - Volume 9° - op. cit. , p. 609. ANNUARIO,

op. cit., p. 689.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

667

a seconda delle Compagnie in cui erano inquadrati 779 , adottavano rispettivamente le " Fiamme Cremisi", "Fiamme Nere" e "Fiamme Verdi" 780 .

XXXI REPARTO D 'ASSALTO Viene costituito, con tale numerazione, nel corso della primavera del 1918 781 , nell'ambito della 1a Armata ed è assegnato direttamente al Comando di quest'ultima, come risulta da una situazione datata 15 giugno 782 . TI 30 agosto, il XXXI, rafforzato da un Nucleo Arditi del 20° Reggimento Bersaglieri, dalla 7a Compagnia, sempre del 20°, da tre Sezioni mitragliatrici e una lanciafiamme, effettua un attacco al Monte Majo 783 , nella zona di pertinenza del V Corpo d'Armata della la Armata. I..:azione, che avrebbe dovuto portare alla conquista delle posizioni tra il "dente di Cane" e "quota Gemella", ha un buon esito all'inizio, in quanto i reparti riescono ad avanzare. Successivamente però, causa la forte pressione avversaria, sono costretti a ripiegare sulle posizioni di partenza, subendo sensibili perdite. Complessivamente nell'azione cadono 6 ufficiali e 10 rimangono feriti, mentre tra la truppa si contano 170 tra morti, feriti e dispersi, i più effettivi del XXXI Reparto d'Assalto 784 .

779 Cfr. RIZZA, op. cit., p. 332. 780 e·l r. VIAZZI, op. Clt., . p. 9 . Conferma la presenza Ji una Compagnia " Fiamma Verdi".

781 Cfr. V!AZZI, op. cit., p. 8. 782 Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., p. 267, USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 403 e RocIJAT-MEMOIUF., op. cit., p. 518. 783 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 233 e RIASSUNTI - Volume 8°, op. cit., pp. 69-70. Quest'ultima fonte indica anche la presenza di nuclei del LI Reparto d'Assalto, unità che secondo altre fonti non sarebbe mai stata completata e quindi non avrebbe avuto impi ego operativo.

784 Cfr. Su IIARINI , op. cit., p . .363.


668

Francesco Fatutta

Nell'ottobre 1918 viene assegnato alle dirette dipendenze dell'80a Divisione Alpina 785 . Il 18 ottobre una sua Compagnia, in rinforzo a due del LV Reparto, effettua un attacco, peraltro fall ito, al Monte Corn o-Battisti 786 . Da notare che secondo alcune fonti 787 , in questo periodo viene a volte indicato come 3 ia Compagnia d'Assalto 788 . 785

Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 158. Vi si legge che 1'8Q3 Divisione si completò progressivamente con reparti della l" Armata, tra i quali il XXXI Reparto d'Assalto, e che nell'imminenza della battaglia di Vittorio Veneto la Divisione, e quindi il XXXI, vennero assegnati alla 4" Armata. Questa precisazione serve a chiarire un probabile errore di trascrizion e esi ste nte nel Documento n. 241 (Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 760) ne l quale si legge: " [... ] Metto a disposizione Coman do 4a Armata un Battaglione Assalto della 1• Armata e XXX ll Battaglione Assalto della 9" Armata stop. 1... J". Considerando che il XXXII Reparto d'Assalto era stato costituito in Francia dal Il Corpo d'Armata e che stava operando in quel periodo presso lo stesso, la cirnzione deve contenere di sicuro un errore di identificazione. Probabilmente si voleva indicare il XXXI Reparto d'Assalto, che dalla 1" Armata e ra stato trasferito alla 4" ed un'altra unità che all'epoca era passata di dipende nza da lla 9" alla 4" Armata, presumibilmente il XXIIJ Reparto d'Assalto. Una banale inversione numerica (XXIH al posto di XXXII) sarebbe pertanto all'origine dell'errore. 786 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit. , pp. 255-256. 787 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 652. Nella relazion e emessa dal Comando della 1" Armata in data 19 ottobre 1918, intitolata "Colpo di mano giorno 18", a fi rma del Generale Pecori Giraldi, si legge: "[... J Poco prima dell 'a lba giorno 18, 55° Reparto e 3 1• Compagnia assalto col concorso compagnia mitragliatrici Cesare Battisti e arditi 157° fanter ia, tentarono il colpo di mano sboccando dalle gallerie di Monte Corno di Vallarsa aperte durante la notte e dalla testata della lloale Zocchi. L1 colonna principale sboccante da sommità Corno accolta subito da tiro mitragliatrici non riuscì a progredire verso selletta sottostante a quota 1801; la co lonna risalente Boale Zocchi mancatole appoggio della sovrastante non poté avanzare. Più tardi protette efficace tiro nostre artiglierie ripiegarono nel le posizioni partenza. Reazione nemica pronta con mitragliatrici non fu molto vivace coll'artiglieria. Perdite: uccisi truppa 4; feriti ufficiali 5, truppa 26; dispersi N.N. [.. .]". Notare l'uso dei numeri arabi per il LV Repa rto e la denominazione di "31a Compagnia" per il XXXI Reparto. 788

Cfr. ScHIARINI, op. cit., p. 366. Una ragione potrebbe essere r icercata nel ridotto numero di effettivi in fo rza, il che po trebbe far pensare organicamente piit ad una un ità a livello di Compagnia che di Battaglione.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

669

Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 191 8 risulta tra le truppe a disposizione della l" Armata 789 . Il 3 novembre, dopo essere stato assegnato quale rinforzo alla 6" Divisione del X Corpo d'Armata, attacca di sorpresa i tre forti di Luserna; ne trova due già sgomberati mentre, dopo dura lotta 790 , cost ringe il presidio del terzo alla resa 791 . Vengono così presi prigionieri 3 ufficiali e 60 soldati e catturati 4 cannoni e 2 mitragliatrici. Dopo la data dell'Armistizio, il giorno 10, elementi del XXXI Reparto d'Assalto e unità della Brigata Valtellina raggiungono il passo del Brennero 792 , che viene sgomberato dai reparti bavaresi che lo presidiavano. Non è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avven uto comunque tra il gennaio e il febbraio 191 9, così come per tutti gli altri Reparti d'Assalto non indivisionati . Il suo Centro di mobilitazione 793 aveva sede presso il deposito del 6° Reggimento Alpini, a Verona, ed è confermato che i suoi effettivi si fregiavano delle "Fiamme Verdi" 794 .

XXXJJ REPARTO D'ASSALTO Viene costituito in data 20 settembre 1918 in Francia, con volontari provenienti dai diversi Reggimenti del II Corpo d'Armata ivi operante, e cioè 19° e 20° Fanteria Brescia, 51° e 52° Fanteria Alpi, 75° e 76° Fanteria Napoli, 89° e 90° Fanteria Salerno 795 . Non risulta possibile identificare la zona ove il Reparto risulta stanziato a ll'atto della costituzione, in quanto anche la situazione riepilogativa delle unità in forza a l TI Corpo d'Armata, datata 24 settembre 1918, evidenzia come non sia stato possibile precisarne la primitiva dislocazione.

789 79

Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 856.

o Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, up. cit., p. 773.

79 1 C f r. S CHIARJNI, op. cit., p. 388. 792 Cfr. SCI IIARIN I, op. cit., p. 395. 7 93

Cfr.

A NNUARIO,

op. cit., p. 689.

794 C f r. VIAZZI, OfJ. cil., p. 9. 795

Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 171 e USSME - Relazione - VII - 2bis - Documenti, op. cit., p. 242.


670

Francesco Fatutta

Il 4 ottobre una sua Compagnia, precedendo il III/89° Fanteria Salerno, effettua un attacco al Bois Quartier; l'azione riesce inizialmente, ma in seguito la reazione nemica vanifica gli sforzi e a sera l'operazione viene sospesa 796 , anche a causa delle sensibili perdite subite 797. Una situazione riepilogativa datata 17 ottobre, lo indica per dislocato a Parfrondru 798 . All'inizio di novembre, su disposizione del Comando d e l li Corpo d'Armata, il Reparto viene posto alle dipendenze organiche della 3a Divisione, al fine di favorire la rotazione dei reparti divisionali tra prima linea e retrovie 799 . Il giorno 5 novembre, accertato che il nemico ha iniziato a ripiegare, il XXXII opera quale avanguardia di una colonna della 3a Divisione lungo la rotabile LiesseChivres. Superata la resistenza in quest'ultima località, prosegue nella marcia in direzione di Bucy-les-Pierrepont, raggiungendo a sera S.te Acquaire 800 , mentre il giorno successivo s'impegna in un aspro combattimento <lavanti a Lislet 801 . Successivamente all'armistizio, il giorno 12 risulta dislocato a Bay 802, mentre in una situazione riepilogativa datata 30 novembre la sua dislocazione viene indicata a Sohier 803 . In base a disposizio ni 796

797

Cfr. USSME- Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 171. Cfr.

TRUPPE,

op. cit., p. 166.

798

Cfr. USSME - Relazione - VII - 2bis - Documenti, op. cii., p. 325 e USSME - Relazione - VII - 2ter - Carte, op. cit., Schizzo n. 25. 799 Cfr. USSME - Relazione - Vll - 2 - Narrazio ne, op. cii., p. 189. SOO Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, 801

802

OfJ.

cit., p. 197.

Cfr. USSM E - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 198 .

Cfr. USSME - Relazione - Vll - 2bis - Documenti, op. cit., p. 349 e USSME - Relazione - VII - 2ter - Carte, op. cit., Schizzo n . .10. Dall'esame della seconda fon te che presenta una situazione relativa al pomeriggio dell'l 1 novembre, il XXXII Reparto risulterebbe dis locato a Blanchefosse. Considerando la differenza di ore fra i 2 documenti, in e ffetti il Reparto avrebbe potuto aver effettuato un trasferimento notturno, anche se non è stato possibile verificare la distanza tra lllanchefosse e Bay. Rimane però da non scartare l'ipotesi di una inversione numerica nell 'iden tificazione dei Reparti d ' Assalto del II Corpo d'Armata, in quanto proprio la prima fonte indica il Il Reparto per stanziato a Blanchefosse il giorno 12 novembre. 803 Cfr. USSME - Relazione - V II - 2bis - Documenti, op. cii., p. 355.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

671

emesse dal Comando del II Corpo d'Armata, che ha intenzione di ripartire fra le sue due Grandi Unità i reparti non indivisionati, il XXXll rimane assegnato alla 3a Divisione 804 . Non se ne hanno notizie per tutto il mese di dicembre, mentre in base ad una situazione riepilogativa delle unità dipendenti dal II Corpo d'Armata, datata 10 gennaio 1919, risulta dislocato a Froidfontaine 805 . Tra il febbraio e il marzo '1919 il XXXII Reparto rimpatria insieme a tutte le altre truppe suppletive del II Corpo d'Armata 806 • li giorno 9 marzo una Compagnia del XXXII Reparto d'Assalto, assieme ad altre rappresentanze del II Corpo d'Armata, prende parte a Torino ad una cerimonia commemorativa 807 . Non è nota la d ata del suo scioglimento, anche se si presume che possa essere il 10 marzo 1919, giorno nel quale fu ufficialmente disciolto il Il Corpo d'Armata 808 . ll suo Centro di mobilitazione 809 aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, ::i Reggio Emilia 8 Hl, ed è accertato che i suoi effettivi si fregiavano delle "Fiamme Nere".

804 Cfr. USSME - Relazione - VII 805 Cfr. USSME - Relazione - VTI 806 Cfr. USSME - Relazione - VII 807 Cfr. USSME - Relazione - VII

- 2 - Narrazione, op. cit., p. 212. - 2bis - Documenti, op. cit., p. 363. - 2 - Narrazione, op. cit., pp. 216-217.

- 2 - Narrazione, op. cit., p. 218. 808 Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 2 18. 809 Cfr. ANNUARIO, op. cit., p. 689. 810 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 403. Sarà bene precisare che nell'ambito del Documento n. 105 vengono forniti alcuni elementi informativi che non trovano riscontro in altra documentazione ufficiale consultabile e che, con molta probabilità, sono da attribuire ad una concatenazione di refusi e imprecisioni. Ad esempio viene indicato un XXXXIT Reparto d 'Assalto costituito presso il II Corpo d'Armata in Francia, quando è ben noto che la seconda unità di questo tipo assegnata al II Corpo d'Armata, operante sul suolo francese, recava il numero ordinale XXX II (Cfr. USSME - Relazione - VII - 2 - Narrazione, op. cit., p. 171). Inoltre viene indicato il Centro di Mobilitazione presso il 6° Reggimento Alpini di Verona. A parte il refuso di stampa (XXXXTT al posto di XXXII), l'errata assegnazione del Centro di Mobilitazione potrebbe derivare dal fatto che il 6° Alpini era il Centro di Mobilitazione del XXXI Reparto d'Assalto, Centro peraltro omesso nella riga sov rastante e pertinente il XXXI Reparto d'Assalto.


Francesco Fatutta

672

XXXV REPARTO D'ASSALTO (ex XXVI Re parto) Vi e ne costituito in data imprecisata, probabilmente nella primavera del 1918, con la numerazione di XXVI Reparto d' Assalto. In data 28 aprile 811 viene assegnato alla 35 3 Divisione, schierata in Macedonia. Il 10 maggio 19 18, assume la nume razione di XXXV Reparto in quanto facente parte delle tru p pe suppletive de lla 35a Divisione. Il successivo 15 g iugno viene confermata la sua dipendenza dalla medesima Divisio ne, operante in Macedonia 812 • È r intracciabile su di una situazione riepilogativa dei reparti dipendenti dalla 35:1 Divisione, relativa all'agosto 1918 813 . 11 5 settembre 1918, in previsi one de l ripiegamento nemico, su disposizione del Comando divisionale, il Reparto viene assegn ato al "settore est" del Generale Garruccio, destinato ad operare insieme alla Brigata Sicilia cd altre unità minori 8 14 . Il giorno 26, insieme ad una forte colonna divisionale che comprende tra l'altro la Rrig::ita Cagliari, partendo da Krisevo e percorrendo l'accidentata mulattiera di Divjak, punta su Kar Kriska e Sop. Due giorni dopo, il XXXV Reparto viene lanciato all'attacco di forti contingenti nemici, allo scopo di favorire la manovra aggirante cond otta su Sop 8 15 da reparti divisionali.

segue nota Alla successiva esalta c::lt:ncazio ne del XXXII Reparto d'Assalto, corrisponùt: ancora una volta l'errato Centro di Mobilitazione presso il 6° Reggimento Alpini di Verona, mentrt: rig ua rdo la Grande Unità nell'ambito della qualt: il XXXII Reparto d'Assalto avrebbe opt:rato, compare la scritta: "della 9 3 Armata, assegnato alla 4a Armata per Vittorio Veneto", che chiaramentt: si ri fe risce ad altra unità (probabilmente il XXTII Reparto d'Assa lto per una banale invt:rsione dell'identificativo numerico). È presumibile che alcune di queste inesattt:zze derivino da un e rrore di bast: riscontrabi le sul Docu mento 241 (Cfr. USSME - Relazione - V - 2his - Docu me nti, op. cit., p. 760), di cui si i: parlato più diffusamente nella Nota n. 78S, riportata in calce ai cenni storici relativi al XXXI Repart o d'Assalto. 811 Cfr. USSMF. - Relazione - V - l bis - Docu mt:nti, op. cit., p. 25. 812 Cfr. R OCHAT-MF.MORIE, up. cit., p. 5 18. 813 Cfr. USSMF. - Relazione - VII - 3bis - Documenti, op. cit., p. 3 16. 8 14 Cfr. USSME- Relazio ne - VH - 3 - Narrazione, op. cit. , p. 303 e USSME - Relaz iont: - VII - 3his - Documenci, op. cit., p. 328. 815 C fr. USS MF. - Relazione - Vll - 3 - N a rrazione,

up. cit., p. 308.


Contributo ad una storia delle truppe d·'assalto

673

Dall'esame di alcune fonti 816, si desume che il Reparto nel 1919 sia ancora in Macedonia, ma non è stato possibile appurare la data del rimpatrio così come quella del suo scioglimento, che si presume essere avvenuto nel 1919, e ntro comunque il 1° giugno. Lo si deduce dal fano che una dettagliata situazione riepilogativa delle forze dipendenti dal Comando del Corpo di Spedizione Italiano in Oriente (ossia la 35a Divisione), c he elenca addirittura la dislocazione dei Plotoni d'Assalto reggimentali, relativa alla data del 1° giugno 1919, non riporta il XXXV Reparto d'Assalto 817 . Il suo Centro di mobilitazione 818 aveva sede presso il deposito del 6 1° Reggimento Fanteria Sicilia, a Parma, ed i suoi effettivi si fregiavano probabilmente delle "Fiamme Nere". LI REPARTO D'ASSALTO Ufficialmente il Reparto non sarebbe mai stato costituito ed infatti non è rintracciabile nel Documento n. 105, intitolato "Reparti d'Assalto costituiti e loro impiego" 819 . La sua costituzione era prevista nell'estate del 1918, con assegnazione al I Corpo d'Armata della 1a Armata. I..?unità avrebbe dovuto prendere il posto del I Reparto, ceduto al 5° Gruppo della costituenda 2a Divisione d'Assalto, ma probabilmente non fu mai completata, anche se avrebbe avuto un impiego operativo. Lo si deduce dall'esame dei Sunti Storici della IV Brigata Bersaglieri 820, che in data 30 agosto 1918 indicano il LI Reparto impegnato, insieme al XXXI Reparto d'Assalto e al LXXII Battaglione Bersaglieri, nell'azione principale che avrebbe dovuto portare alla conquista delle posizioni di Monte M ajo, tra il "dente di Cane" e "quota Gemella". In un primo tempo i Reparti riescono ad avanzare, ma successivamente, causa la forte pressione avversaria, sono costretti a 816

C fr. ANNUARJO, up. cìt., p. 689. Nell'elencazione delle campa g ne di guerra effettuate <lai XXXV Reparto d'Assalto compare la scritta: "19 18-19: Macedonia". 8 17 Cfr. USSME - Relazione - VII - 3bis - Documenti, up. cit., pp . .144-349. 818 Cfr. ANNUARIO, op. cit., p. 689. 819

Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 402.

° Cfr. RIASSUNTI - Volume 9°, op. cit. , pp. 69-70.

82


674

Francesco Fatutta

ripiegare su lle posizioni di partenza. Non si hanno più notizie dell'unità e pertanto si ignora anche la d ata del suo scioglimento. I suoi effettivi avrebbero dovuto probabilmente fregiarsi dell e "Fiamme N ere". LII REPARTO D'ASSALTO Viene costituito, specificatamente per la 52a Divisione Alpin a, il 5 maggio 1918 82 1 utilizzando suoi effettivi 822 ed adottando la nu merazione di XIV Reparto. Il giorno 10 823 assume la numerazione d i LII Reparto in quanto facente parte delle truppe suppletive della 52·' Divisione Alpina. Nei primi giorni di giugno il Reparto risulta schierato a S. Pietro lntrigogna, a sud di Vicenza 824 ed il giorno 14 viene trasferito a Conco sull'Altopiano; il giorno successivo ri sulta schierato a Quartier Pre 825 , nei pressi di Marostica, sempre inquadrato nella 52a Divisione del XX Corpo d'Armata dell a 6a Armata. Il giorno 17, il LII Reparto viene messo a disposizione della 143 Divisione del XIII Corpo d 'Armata e le 2 Compagnie che lo formano vengono trasportate mediante autocarri, la 1a sul versante meridionale di Cima Echart e la 2a a Busa del Termine, da dove raggiunge la q . 1282 (a est di Costalunga), a disposizione del 3° Bersagli eri 826 • N el pomeriggio dello stesso giorno, due colonne che comprendono unità del 3° Reggimento Bersaglieri e della Brigata Pinerolo, oltre che le Compagnie del LII, effettuano un attacco al ridotto di Costaiunga, riuscendo a penetrarvi, senza però poterlo occupare completamente 827•

821

C fr. USSMF. - Relazione - V - tbis - D ocumenti , op. cit., p. 25. Da notare che sia YIAZZI, op. cit., che FRACASSINI, op. cit., indicano il 15 maggio quale data di costituzione del LU Repa rto d'Assalto, confondendo probabilmente tale d ata con quella di rinumerazione. 822

Cfr. FALL>ELLA, op. cit. , p. 935.

823

Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., p. 25. Cf r. FALDELI.A, 0 /J. cit., p. 935 .

824 825

Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit. , p. 33 1, USSM E Relazione - V - I - Carte, op. cit., n. 32 e RoCHAT- MEMORIE, op. cii., p. 518. 826 827

Cfr. FAl.l>I\LLA,

op. cit. , p. 935.

C fr. USSMF. - Relazione - V - 1 - Narrazione,

op. cit., p. 443.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

675

l:azione consente tra l'altro di catturare 80 prigionieri, fra i quali 2 ufficiali, e 8 mitragliatrici. Pesanti le perdite subite quel giorno dal Reparto: 7 ufficiali (4 morti e 3 feriti) e 107 Arditi (14 morti e 93 feriti), mentre vengono decorati sul campo 3 ufficiali e 9 Arditi. In questo periodo il suo comandante è il Tenente Colonnello Carlo Rossi 828 . Successivamente, in ottemperanza a disposizioni emesse dal XX Corpo d'Armata per adattare il proprio schieramento alle nuove esigenze connesse all'offensiva austriaca, il LII Reparto si sposta da Nove a Conco 829 . Del LII Reparto non si hann o poi più informazioni sino al 10 ottobre quando, insieme al LXX Reparto, risulta stanziato nella zona Molvena-Placa, alle dipendenze della 6a Armata830 . Il giorno 11, assegnato in rinforzo alla 28a Divisione del XIII Corpo d ' Armata, sempre della medesima Armata, porta a termine alcuni colpi di mano, peraltro parzialmente riusciti, sulle Portccche 831 . In segu ito il LII Reparto, operando sempre alle dipendenze della 6 3 Armata, viene saltuariamente impegn::ito in azioni di pattuglia 832. Il giorno 21 risulta ancora ,a ssegnato al Xlll Corpo d'Armata della 6a Armata 83 3, mentre la situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1918 lo assegna co~Ì:e~poraneamente sia alle truppe a disposizione della 6 3 Armata che a quelle presenti in organico alla 52a Divisione alpina, anche se quest' ultima assegnazione risulta essere all'epoca superata 834 . A riprova di ciò viene data anche la

828 C f r. FALDEl.1.A, op. cit., pp. 936 e 984. 829 Cfr. USSME · Relazione · V · 1 · Narrazione, op. cit., p. 451. 83 C fr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, n/1. cit. , p. 776. 83 1 Cfr. USSME - Rel azione - V - 2 - Narrazio ne, op. cit., p. 257. 832 Cfr. FALDELLA, op. cit., p. 957.

°

833

Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, u/1. cit., p. 347 e USSME Relazion e - V · 2bis - Documenti, op. cit., p. 78 1. Da notare che queste fonti citano il Reparto co me LII Battaglione d'Assalto. 834 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 869. L1 doppia assegnazione del Reparto può aver avuto o rigine dalla cessione dell o stesso effettuata dalla 52" Divisione Alpina al XX Corpo d'Armata, cessione che dovrebbe essere avvenuta proprio in quei giorni. Comunque le successive citazioni, in occasione di impieghi operativi, concordano ne ll'assegnazione del LII Reparto d'Assalto al XX Corpo d ' Armata della 6a Armata.


Francesco Fatutta

676

conferma che, nel corso della battaglia di Vittorio Veneto, è destinato ad operare con il XX Corpo d'Armata della 6 3 Armata 835 . Il 31 ottobre, il LII e il LXX Reparto d'Assalto, oltre a reparti del 5 0° Reggimento francese e a 2 Compagnie della Brigata Lecce, attaccano lungo la linea Monte Ferragh - pendici settentrionali dei Monte Sisemol - Stenfle - Melaghetto, la riconquistano e raggiungono la linea Torrente Ghelpach - Ech - Covola - Stenfle, ove catturano 250 prigionieri 836 . I.:indomani il LII opera ancora insieme al LXX Reparto d'Assalto e conquista di slancio il Monte Meletta di Gallio S.ì?, scompaginando lo schieramento nemico; l'azione prosegue quindi sulla direttrice Sbarbata! - Fiara - Colombara - Val Galmarara - Monte Galmarara, allo scopo di tagliare la via della ritirata ai reparti nemici. Il giorno 2, sempre operando in avanguardia insieme al LXX Reparto d'Assalto, il LII prosegue lungo la direttrice Val Galmarara - Cima Portule e Cima Vezzena, sostenendo aspri combattime nti contro forti retroguardie n emiche. A sera, dopo aver raggiunto Bocchetta di Portulc e Monte Zingarella, avendo assolto il compito assegnato dal Comando del XIII Corpo d'Armata, il Reparto ridiscende su Asiago 838 . Nel pomeriggio del 4 novembre risulta schierato all'imboccatura deJla Val Chiama, a sud -ovest di Valstagna, con probabile dipendenza dalla 24 3 Divisione 839 . ln questo periodo al comando del Reparto risulta ancora il 1ènente Colonnello Carlo Rossi 840 . Non se ne hanno tracce dopo la data dell'Armistizio, come pure no n è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avvenuto comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, così come per tutti gli altri Reparti d'Assalto non indivisio nati.

835 Cfr. USSME - Relazion e - V - 2bis - Documenti, op. cit. , p. 403. 836 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., pp. 742-743. 837 Cfr. USSME - Relazion e - V - 2 - Narrazione, up. cit., pp. 745-746 e RIASSUNTI - Volume 8°, op. cit., pp. 156-157. 838 C fr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 750. 839 C fr. USSME - Relazione - V - 2ter - Carte, op. cii. , n. 42. 840 C f r. FALDELLA,

op. cit., p. 988.


677

Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

11 suo Centro di mobilitazione 841 aveva sede presso il deposito del 6° Reggimento Alpini, a Verona, ed è accertato che i suoi effettivi si fregiavano delle "Fiamme Verdi". LV REPARTO D'ASSALTO La sua costituzione viene decisa nel giugno 19 18 per sostituire, nell'ambito del V Corpo d'Armata, il V Reparto, ceduto al J Gruppo della costituenda 13 Divisione d'Assalto. li 15 giugno l'unità risulta ancora in fase di formazione nella zona di Lugo di Grezzana (Verona), nell'ambito della l" Armata 842 • li 30 agosto un suo Plotone viene destinato a fungere da riserva per l'attacco al Monte Majo, nel settore di pertinenza del V Corpo d' Armata della 1a Armata 843. Il 18 ottobre, due Com pagnie del LV Reparto, rafforzate da una del XXXI, dalla Compagnia Mitraglieri "Cesare Battisti" e da Arditi del 157° Fante ria Liguria, effettuano un attacco a l Monte Corno-Battisti 844, attacco fa llito per mancanza del fattore sorpresa e che costa lievi perdite, valu tate in .5 ufficiali feriti e 26 uomini di truppa, era caduti e feriti 845 . Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1918, il Reparto risulta assegnato alle dipendenze della 4a Armata 846 . Sempre il giorno 24, la sua 3a Compagnia 847 supporta l'azione offensiva del I e Ill/21 ° Fanteria Cremona contro 0

841 C fr. ANNUARJO, up. cit., p. 689. 842 Cfr. USSME - Relazione - V - lter - Carte, op. cit., n. 34, USSME - Relazione - V - l bis - Documenti, up. cit., p. 267 e ROCHAT-MEMORIE, up. cit., p. 518. 843 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 233 e RIASSUNTI - Volume 9°, op. cit., p. 69. 844 C fr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit. , pp. 255-256. 845 C fr. SCHIARJNJ, op. cit., p. 366. Da nota re che la fonte, per un refuso di stampa, lo identifica come 53° Reparto. 846 C fr. USSME - Relazione - V - 2bis - Docume nti, op. cii., p. 863. 847 C fr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., pp. 446-44 7.


678

Francesco Fatutta

Malga Bocchette di Mezzo, nel settore di pertinenza del VI Corpo d'Armata della 4a Armata. Dopo alcuni successi iniziali che consentono di raggiungere le pendici del Pressolan e prendere numerosi prigionieri, le unità impegnate sono costrette a ripiegare ca usa l'intenso fuoco di artiglieria e mitragliatrici, subendo sensibili perdite. Il giorno 28, il Reparto viene posto alle dipendenze del IX Corpo d'Armata della 4a Armata 848 . Quello successivo, due Compagnie del Reparto, insieme ad un Battaglione del 59° Fanteria Calabria e a due Compagnie mitraglieri, svolgono compiti di rincalzo nel corso d ell'attacco portato dal IX Reparto d'Assalto sul Col della Berretta 849 . Cazione, riuscita nella sua fase iniziale, fallisce causa la reazione nemica e gli Arditi del LV Reparto sono costretti a ripiegare combattendo, al fine di contenere la pressione avversaria. Nel corso della battaglia di Vittorio Veneto, o almeno nella sua fase finale, le perdite subite dal LV Reparto d'Assalto sono indicate in 6 caduti (2 ufficiali), 82 feriti (5 ufficiali) e 25 dispersi (1 ufficiale) 850. Dopo il termine delle ostilità, una situazione riepilogativa datata 17 gennaio 1919 lo indica per schierato a Strigno (Trento), alle probabili dipendenze del V Corpo d'Armata 851 . Successivamente non se ne hanno tracce, come pure non è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avvenuto comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, così come per tutti gli altri Reparti d'Assalto non indivisionati. Il suo Centro di mobilitazione 852 aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, a Reggio Emilia, ed i suoi effettivi si fregiavano probabilmente delle "Fiamme Nere".

848 849

Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 403.

Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., pp. 605-608, RJASSUNTI - Volume 3°, op. cit. , p. 147 e ENCICLOPEDIA, op. cit. , Volume I, p. 769. 850 Cfr. USSME - Relazio ne - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 1169. Valgono in parte le considerazioni espresse nella Nota n. 279 ripo rtata in calce alle vice nde del IX Reparto d ' Assa lto . 85 1 Cfr. USSME - Relazione - V - 2ter - Carte, op. cit. , n. 47. 852 Cfr. ANNUARIO, op. cit., p. 68 9.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

679

LVIII R EPARTO D'ASSALTO La sua costituzione viene decisa nel giugno 1918 per sostituire, nell'ambito dell'VJll Corpo d'Armata, l'VIII Reparto, ceduto al 3° Gruppo della costituenda 1a Divisione d'Assalto. Il 15 giugno l' unità risulta ancora in fase di formazione nell'ambito d ell'8a Armata 853 . In data 21 giugno 854 viene disciolto ed il suo personale è destinato a completare i ranghi del costituendo LXXTT Reparto d 'Assalto. li suo Centro di mobilitazione 855 aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, a Reggio Emilia, ed i suoi effettivi avrebbero dovuto probabilmente fregiarsi delle "Fiamme Nere". LX REPARTO D 'ASSALTO La su a costituzione viene d ecisa nel giugno 1918 per sostitu ire, nell'ambito del X Corpo d'Armata della 1a Armata, il X Reparto, ceduto al 1° Gruppo della costituenda 1a Divisione d'Assalto. Il 15 giugno l'unità risulta ancora in fase di formazione nella zona di Lugo di Grezzana (Verona), nell' ambito del X Corpo d'Armata della 1a Armata 856 . Nel corso del mese di giugno v iene disciolto 857 ed il suo personale è destinato a completare i ranghi del X e XI Reparto d'Assalto di marcia. Il suo Centro di mobilitazione 858 aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, a Reggio Emilia, cd i suoi effettivi av rebbero dovuto probabilmente fregiarsi delle "Fiamme N ere".

853

Cfr. USSME - Relazione - V - lte r - Carte,

op. cit., n. 34.

854

Cfr. USSME - Relazione - V - 2his - Docum enti, op. cit., p . 403.

855

Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - D ocumenti, op. cit., p. 403.

856

Cfr. USSME - Relazione - V - lter - Carte, op. cit., n. 34, USSME - Relazio ne - V - lbis - Documenti, op. cit., pp. 267 e 270 e ROCHAT-MEMORIE, op. cit., p. 518. 857 858

Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit. , p. 404. Cfr. ANNUARIO,

op. cit., p. 690.


Francesco Fatutta

680

LXII REPARTO D'ASSALTO La sua costituzione viene decisa nel giugno 1918 per sostituire, nell'ambito del XII Corpo d 'Armata della 9a Armata, il Xli Reparto, ceduto al 2° Gruppo de lla costituenda l a Divisione d' Assalto. Il 15 giugn o l' unità risulta ancora in fase di formazione ne lla zona di Rosegaferro (Verona), nell'ambito del XII Corpo d'Armata della 9a Armata 859 . Nel corso del mese viene però disciolto 860 ed il suo personale è destinato a completare i ranghi del X e XI Reparto d 'Assalto di marcia. Il suo Centro di mobilitazione 86 1 aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, a Reggio Emilia, e<l i suoi effettivi avrebbero dovuto probabilmente fregiarsi delle "Fiamme N ere". LXIII REPARTO D'ASSALTO La sua costituzione viene decisa nel giugno 1918 per sostituire, nell'ambito del XIII Corpo d'Armata della 6 3 Armata, il XIII Reparto, ceduto al 2° G ru ppo della costituenda l 3 Divis ione d'Assalto. Il 15 giugno l' unità risulta ancora in fase di form azione nella zona di S. C roce Bigolina (Vicenza), nell 'ambito d ella 6a Armata 862 .

859 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 · Narrazione, op. cit.. p. 340, USSME Relazione - V - lter - Carte, op. cii. , n. 32 e Rou IAT-MEMORIE, op. cii., p. 5 l 9. 86 Cfr. USSME - Relazione - V - 2his - Documenti, op. cii., p. 404. Da notare che questa fo nte affianca alla numerazione di LXII anche quella di XII, omettendo, molto probabilmente, la precisazio ne " bis". Infatti, second o alcune tt:stimonianze raccolte, si e ra inizialmente pensato di sostituire i Reparti assegnati alle Divisioni d' Ass., lro con altrettanti " Reparti bis". 'fole soluzione, che avrebbe potuto ingenerare facilmente errori di identificazione, venne quasi subito abbando nata in favore dd più s icuro accorgimento di aggiungere "50" al numero originario del Reparto. Così il V diveniva LV, il X diveniva LX, il Xli diveniva LXII, e così via. 86 1 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404.

°

862 Cfr. USSME- Relazione - V - lter - Carte, op. cit., n. 34, USSME - Relazione - V - 1bis - Documenti, op. cit., pp. 271 e 274 e RocHAT-MEMORIE, op. cit. , p. 51 9. Da no ta re che la seconda fo nte cita il LXlll Reparto d 'Assalto con la numerazione esarta a p. 27 1, mentre a pag. 274, inquadrandol o nell 'ambito del XIII Corpo d'Armata lo indica, probabilmente causa un refuso di stampa, come LIII Reparto d 'Assalto.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

681

Nel corso <lei mese di giugno viene disciolto S1,J ed il suo personale è destinato a completare i ranghi del X e X I Reparto d'Assalto di marcia. Il suo Centro di mobilitazione 864 aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, a Reggio Emilia, e<l i suoi effettivi avrebbero dovuto probabi lmente fregiarsi delle " Fiamme Nere". LXIV REPARTO D'ASSALTO La sua costituzione viene decisa nel giugno 19 18 per sostituire, nell'ambito dcll'XIV Corpo d'Armata della 7a Armata, il XIV Reparto, ceduto al 2° Gruppo d ella costituenda 1a Divisione d'Assalto. II 15 giugno l'unità risulta ancora in fase di formazione in zona imprecisata, nell'ambito del XIV Corpo d'Armata della 7a Armata 865 • Nel corso del mese di giugno viene disciolto 866 ed il suo personale è destinato a completare i ranghi del X e Xl Reparto d'Assalto di marcia. li suo Centro di mobilitazione 867 aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, a Reggio Emilia, ed i suoi effettivi avrebbero dovuto probabilmente fregiarsi delle "Fiamme Nere". LXX REPARTO D'ASSALTO La sua costituzione viene decisa nel giugno 1918 per sostituire, nell'ambito del XX Corpo d'Armata della 6a Armata 868, il XX Reparto, ceduto al 1° Gruppo della costituenda l3 Divisione d'Assalto. Il 15 giugno l' unità risulta ancora in fase di formazione nella zona di S. Croce Bigolina (Vicenza), nell'ambito della 6a Armata 869 • 863 Cfr. USSME · Relazione - V · 2bis · Documenti, op. cit., p. 404. 864 Cfr. ANNUARIO, op. cit., p. 690. 8 5 1> Cfr. USSME - Relazione· V · lbis · Documenti, op. cit., p. 265 e RoCHAl~ M ™ORIE, op. cit., p. 5 19. 866 Cfr. USSME • Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404. 867 Cfr. ANNUARIO, op. cit., p. 690. 868 Cfr. USSME · Relazione · V - lter - Carte, op. cit., n. 34, USSME · Relazione ·V · ·1bis - Documenti, op. cit., pp. 271 e 274 e ROCHAT-MEMORIF.., op. cit., p. 5 19. 869 Cfr. USSME · Relazione - V - 2bis · Docume nti, op. cit., p. 404.


682

Francesco Fatutta

Il 4 agosto la sua 1a Compagnia 870 , insieme al IH/259° Fanteria Murge, viene coinvolta nella difesa del Monte Cornone di Valstagna, nel territorio di pertinenza del XX Corpo d'Armata della 6a Armata. Il 14 settembre effettua un attacco alle posizioni di Col Carpenedi e Grottella, nel territorio di pertinenza del XX Corpo d'Armata della 1a Armata 871 . L'attacco, condotto con reparti della Brigata Livorno, riesce, e consente di catturare 350 prigionieri nemici, a prezzo di lievi perdite da parte nostra. Il 10 ottobre risulta schierato, insieme al LII Reparto d'Assalto, nella zona Molvena-Placa, sempre a disposizione della 6 3 Armata 872 . L'l 1 ottobre, assegnato alla 143 Divisione, effettua colpi di mano sul versante sud della Val Frenzela, nel territorio di pertinenza del Xlll Corpo d'Armata della 6" Armata 873 . Più dettagliatamente due sue Compagnie e una del 13° Fanteria Pinerolo agiscono davanti al Monte Valbella, mentre la terza e due Compagnie del 14° Fanteria Pinerolo operano in direzione di Casera Melaghetto. In particolare in quest'ultima località, gli obiettivi sono raggiunti e vengono catturati diversi prigionieri, ma la reazione avversaria costringe al ripiegamento su lle posizioni di partenza. Nell'azione il LXX Reparto perde un terzo dei suoi effettivi 874 . Il 23 ottobre risulta ancora assegnato al XIII Corpo d'Armata della 6 3 Armata 875 , mentre nella situazione riepilogativa datata 87

° Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 239.

871 872 873

Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cii., pp. 249-250. C fr. USSME - Relazion e - V - 2bis - Documenti, op. cii., p. 776. Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cii., p. 257.

874

Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., pp. 257-2.58 e ROCHAT, op. cit., p. 112. Vi si precisa che l'insuccesso fu dovuto al ritanlo con cui gli Arditi seguirono il bombardamento d'artiglieria e alla mancata distruzione dei reticolati della seconda linea a ustriaca, oltre che alla consueta mancanza di rincalzi. 875 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 347 e USSME Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit. , p. 78 l. Da notare che tal i fonti citano il Reparto come LXX Battagli one d'Assa lto.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

683

24 ottobre 1918 viene indicato tra le truppe a disposizione della 6a Armata 876 .11 giorno 31, una sua Compagnia ed elementi della Brigata Lecce irrompono sulle posizioni nemiche ad ovest del Monte Melaghetto, scompaginano il battaglione d'assalto della 53 3 Divisione austro-ungarica che le presidia e catturano 81 prigionieri e 3 mitragliatrici 877 . A sera, il LXX e il LII Reparto d'Assalto, oltre a reparti del 50° Reggimento francese e a 2 Compagnie della Brigata Lecce, attaccano lungo la linea Monte Ferragh - pendici settentrionali del Monte Sisemol - Stenfle - Melaghetto, la riconquistano e raggiungono la linea torrente Ghelpach - Echar - Covola - Stenfle, catturando 250 prigionieri 878 . t:indomani, sempre insieme al LII Reparto d'Assalto, il LXX conquista di slancio il Monte Meletta di Gallio 879 , scompaginando lo schieramento nemico; l'azione prosegue poi lungo la direttrice Sbarbata! - Fiara - Colombara - Val Galmarara - Monte Galmarara, allo scopo di tagliare la via della ritirata ai reparti austro-ungarici. Il giorno 2, sempre operando in avanguardia insieme al LII Reparto d'Assalto, il LXX prosegue lungo la direttrice Val Galmarara - Cima Portule e Cima Vezzena, sostenendo aspri combattimenti contro forti retroguardie nemiche. A sera, dopo aver raggiunto Bocchetta di Portule e Monte Zingarella, avendo assolto il compito assegnato dal Comando del XIII Corpo d'Armata, il Reparto ridiscende su Ac;iago 880 . Nel pomeriggio del 4 novembre risulta schierato all'imboccatura della Val Chiama, a sud-ovest di Valstagna, con probabile dipendenza dalla 243 Divisione 881 . Dopo il termine delle ostilità, una situazione riepilogativa datata 17 gennaio 1919 lo indica per schierato nei pressi di Marostica, alle probabili dipendenze della 22a Divisione (XIT Corpo d'Armata

876 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 869. 877 C fr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., pp. 690 e 74 1. 878 C fr. USSME - Relazione - V - 2 - Narraz io ne, op. cit., pp. 742-743 e RIASSUNTI - Volume 8°, op. cit., pp. 156-157. 879 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazio ne, op. cit., pp. 745-746. 88 C fr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazio ne, op. cit., p. 750. 88 1 Cfr. USSME - Relazione - V - 2ter - Carte, op. cit., n. 42.

°


684

Francesco Fatutta

della 6" Armata) 882 . Successivamente non se ne hanno tracce, come pure non è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avvenuto comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, così come per tutti gli altri Reparti d'Assalto non indivisionati. Il suo Centro di mobilitazione 883 aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, a Reggio Emi lia, ed è accertato che i suoi effettivi si fregiavano delle "Fiamme N ere". LXXII REPARTO D'ASSALTO La sua costituzione viene decisa nel giugno 1918 per sostituire, nell'ambito del XXII Corpo d'Armata della 9a Armata, il XXII Reparto, ceduto al 3° Gruppo della costituenda l3 Divisione d'Assalto. Il nucleo costitutivo è rappresentato dalla 2 3 Compagnia del XXVl Reparto d'As.salto 884 alla quale, nel corso del mese di giugno si aggiungono effettivi provenienti dal LVIII e LXXX l{eparto, sciolti prima di essere completati 885 . Il 15 giugno risulta a disposizione del XXII Corpo d'Armata della 9 3 Armata 886 . Il giorno 26 risulta schierato a Fornace, operando sempre alle dipendenze del XXII Corpo d'Armata 887 . Non vengono pit1 riportate notizie del Reparto per tutto il corso dell'estate. Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1918 il Reparto viene indicato tra le truppe a disposizione dell'8 3 Armata 888 e risulta dislocato tra S. Gaetano e Falzè di Piave. Operando in concorso con unità della 603 Divisione 889 , il 27 ottobre 150 Arditi <lei LXXII 882 Cfr. USSME - Rdazione - V - 2ter - Carte, 883 Cfr. ANNUARIO, op. cit., p. 690. 884 Cfr. GnnJANI, op. cit., p. 165.

op. cit., n. 47.

885 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., pp. 403-404. 886 Cfr. USSME - Relazione - V - I - Narrazione, op. cit., p. 341 e ROCHATM EMORIE, op. cii., p. 519. 887 Cfr. USSME - Relazione - V - 2his - Documenti, op. cit., p. 878 e USSME - Relazione - V - 2ter - Cartt:, op. cit., n. 18. 888 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - N arrazio ne, op. cit., p. 701. 889 Cfr. USSME - Relazione· V· 2 - Narrazione,

op. cit., p. 516.


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

685

Reparto, a mezzo di barche, forzano il Piave a Falzè 890 e irrompono nelle trincee nemiche situate a Casa Mira, luogo dell'approdo; un'altra Compagnia rimane bloccata causa il fuoco di sbarramento nemico in mezzo al fiume, sull'isola Luserna 89 1. Intanto il nucleo di 150 Arditi, asserragliatosi a Cao di Villa, resiste per tutto il giorno 27 a violenti contrattacchi nemici 892. Il passaggio del Piave da parte degli elementi del LXXII Reparto, rimasti sulla riva destra del fiume, avviene tuttavia il giorno 28 grazie al gittamento di un ponte nei pressi di Fontana del Buoro 893 . Per queste azioni il Reparto viene decorato con Medaglia d'Argento al V. M. Il 30 riceve l'ordine di ritiro dalla prima linea e viene avviato a Pieve di Soligo (Treviso), per essere riordinato 894 . Ritorna in linea il 10 novembre, sempre con il XXII Corpo d'Armata dell'8a Armata 895 , e raggiunge Revine Lago, con il compito di punt;ire poi su Belluno; viene però coinvolto nei combattimenti accesisi nella zona di Fadalto, zona di pertinenza dell'VIII Corpo d'Armata; dopo il termine di questi ultimi, è la prima unità ad entrare in Belluno 896, e per tale azione viene citato sul Bollettino di Guerra n. 1264 del 2 Novembre 1918 897 .

°

89

Cfr. RIASSUNTI - Volume 8°, op. cit., p. 60 e Cfr. T.C.L, op. cit., pp. 80 e 88. Secondo quest'ultima fonte, due monumenti, rispettivame nte a Falzé di Piave e a Montebelluna, ricordano il passaggio del fiume da parte degli arditi del LXXII Reparto, azione che valse loro, sembra da parte del nemico, l'appellativo di "caimani del Piave". 891 Cfr. USSME- Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 518. 892 Cfr. USSME - Relazione 893 Cfr. USSME - Relazione 894 Cfr. USSME - Relazione 895 Cfr. USSME - Relazione

- V - 2 - Narrazione, op. cil., p. 516. - V - 2 - Narrazione, op. cit., p . .558. - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 620. - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404.

896

Cfr. USSME - Relazione - V - 2 - Narrazione, op. cit., p. 7 16. 897 Cfr. BOLLETIINI, op. cit., pp. 586-587.

L:estrarto dal Bollettino di Guerra del Comando Supremo n. 1264 (2 novembre 1918, ore 13), i: riportato nella Nota n. 657 inserita nell'ambito dei cenni storici riguardanti la storia del XXVI Reparto d'Assalto.


686

Francesco ràtutta

Nel corso della battaglia di Vittorio Veneto, o nelle sue fasi finali, le perdite subite dal LXXII Reparto d'Assalto sono indicate in 23 caduti (3 ufficiali), 57 feriti (2 ufficiali) e 42 di spersi 898 . Non se n e hanno tracce dopo la data dell 'Armistizio, come pure non è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avvenuto comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, così come per tutti gli altri Reparti d'Assalto non indi visionati. Il suo Centro di mobilitazione 899 aveva sede presso il deposito del 5° Reggimento Bersaglie ri, a Savona, cd è accertato che i suoi effettivi si fregiavano delle "Fiamme Cremisi". LXXX REPARTO O' ASSALTO La sua costituzione viene decisa nel giugno 1918 per sostituire, nell'ambito del XXX Corpo d'Armata, il XXX Repa rto, ceduto al 3° Gruppo della costituenda l" Divisione d'Assalto. Il 15 giugno l'unità ris ulta ancora in fase di formazione n ella zona di Albaredo (Treviso) , n ell'ambito della 9a Armata 900 . T1 giorno 21 viene disciolto 901 ed il suo personale è destinato a completare i ranghi del costituendo LXXII Reparto d'Assalto. Il suo Centro di mobilitazione 902 aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, a Reggio Emilia, ed i suoi effettivi avrebbero dovuto probabilmente fregiarsi delle "Fiamme N ere". I REPARTO D'ASSALTO di marcia La sua costituzione viene decisa nella primavera 1918, nell'intento di fornire alla 1a Armata un Reparto d'Assalto di marcia, destinato ad inquadrare i complementi da fornire ai diversi Repa rti d 'Assalto operanti nell'ambito della stessa Armata .

898 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 117 1. Valgono in parte le considerazioni espresse nella Nota n. 279 riportata in calce a lle vicende del TX Reparto d'Assalto. 899 Cfr. A NNUARIO, op. cit., p. 690. 9 oo C fr. USSME - Relazione - V - 1 ter - Carte, op. cit., n. 34. 901 Cfr. USSME - Relazio ne - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404. 902 Cfr. USSME - Relazio ne - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 40/4 .


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

687

li giorno 23 maggio, il Reparto, insieme a unità della 273 Divisione di Fanteria, effettua un attacco a Zugna Torta, che si inquadra nelle azioni offensive predisposte dalla 1a Armata nella zona della Val Lagarina. Il I di marcia si getta all'attacco delle posizioni nemiche conosciute con i nomi di "Roccioni Piramidali" e "Trincea Gialla", mentre il XXIX Reparto d'Assalto attacca posizio ni contigue. Entrambi sono pesante mente contrastati dal tiro dell 'artiglieria e delle mitragliatrici avversarie. li I rimane ben presto immobilizzato e deve tra l'altro contenere un forte contrattacco nemico, anche con il concorso del Plotone Arditi della Brigata Taro . Pertanto a sera, visti gli scarsi risultati conseguiti anche dalle altre unità impegnate, il comandante del Corpo d'Armata decide di sospende re l'azione 903 . Alla data del 15 giugn o risulta direttamente assegnato alla J•1 Armata 904; n ella situazione rie pilogativa datata 24 ottobre 19 ·t 8 viene invece indicato sia come facente parte delle truppe suppletive del l1J Corpo d'Armata della T 1 Armata, sia delle truppe suppletive del T Corpo d'Armata della 12 3 Armata 905 , senza che sia possibile stabil ire quale delle due sia esatta. 9 0J Cfr. SCHIARINI, op. cit. , pp. 346-347. I.a fonte indica le perdite subite dalle unità impegnate nel colpo di mano di Z ugna 'forta in 6 uffic iali caduti e 13 feriti e 69 uo mini di truppa caduti e 274 feriti, oltre ad una novantina di dispersi; non viene però precisata la ripartizione tra le diverse unità impegnate, pertanto le perdite potrebbero riguardare non soltanto effettivi dei 2 Reparti <l'Assalto e membri dei Plotoni Arditi reggimentali, ma anche altro personale. 9o4 Cfr. USSM E - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., p. 267.

Da notare che questa fo nte lo cita semplicemente co me I Reparto d'Assalto senza indicare la definizione "di Marcia", ma l'esatta assegnazione del vero I Reparto d'Assalto al I Corpo d'Armata (p. 278) consente di ri levare l'inesattezza. Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404. Conferma l'assegnazione <lei I Reparto d'Assalto d i Marcia alla 1• Armata. Cfr. anche ROCHAT-M EMORJE, op. cit., p. 5 19. 9o5 Cfr. USSME - Relazione - V - 2 bis - Docume nti, op. cit., pp. 876 e 894. Da nota re che la fonte, in entrambe le citazioni, omette di indicare la specificazion e "di marcia" e lo indica la prima volta come " 1° re parto d 'assalto" e la seconda come " I reparto d'assalto". Peraltro la medesima fonte, a p. 886, assegna giusta mente il I Reparto al 5° G ruppo della 2• Divisione d ' Assa lto, a comprova che le altre ci1azioni e ra no inesatte c intendevano rife rirsi in alme no un caso, purtropro seni.a poterlo ide ntificare, :11 l Re parto d 'Assalto di marcia.


688

Francesco Fatutta

Non si hanno più notizie riguardo questa unità dopo la data dell'Armistizio, come pure non è nota la data del suo scioglimento. Si presume che quest' ultimo sia avvenuto comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, così come per tutti gli altri Reparti d'Assalto non indi visionati. li suo Centro di mobilitazione aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, a Reggio Emilia 906, ed i suoi effettivi si fregiavano probabilmente delle "Fiamme Nere". Il REPARTO D'ASSALTO di marcia La sua costituzione viene decisa nella primavera 1918, nell'intento di fornire alla 2a Armata un Reparto d'Assalto di marcia, destinato a d inquadrare i complementi da fornire ai dive rsi Hepa rti d'Assalro operanti nell'ambito della stessa Armata. Il giorno 1.5 giu gno risulta assegnato all'8a Armata 907, nuova denominazione assunta d alla 2a Armata in data 1° giugno 1918. Successivamente non si ha nno pili notizie dell'unità, come pure non è nota la data del suo scioglimento. Si presume che quest'ultimo s ia a vvenuto comunque tr:1 il gennaio e il febbraio 1919, così come per tutti gli altri Reparti d'Assalto non indivisionati. Il suo Centro di mobilitazione 908 aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, a Reggio Emilia, ed i suo i effettivi si fregiavano probabilmente ddle "Fia mme Nere", anche se quelli di una delle sue Compagnie avrebb ero potuto avere le "Fiamme Cremisi" in quanto tra i Reparti d'Assalto della ga Armata risulta presente anche il LXXII "Fiamme Cremisi".

segue nota Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit. , pp. 402-404. L'l fonte assegna genericamente il I Reparto <l'Assalto di marcia alla 1;, Armata, senza indicare possibili e quasi sicuramente avvenuti riassegnamenti. 906 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404. 9 o7 Cfr. USSME - Relazione - V - 1bis - Documenti, op. cit., p. 279, USSME Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404 e Rnu IAT-MEMOIW-:, op. cit., p. 5 I 9. 908 Cfr. USS ME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cii., p. 404.


Cuntrihuto ad una storia delle truppe d'assalto

689

III REPARTO D'ASSAITO di ma rcia La sua costituzione viene decisa nella primavera 19 ·18, nell'intento di forni re alla .3" Armata un Reparto d'Assalto di marcia, destinato ad inquadrare i complementi da forn ire ai diversi Rep arti d'Assalto operanti nell'ambito della stessa Armata. I primi scagli oni di reclute giungono, da l deposito di Reggio Em ilia, a ll a Malcontenta, ove il reparto ha sede, a ll a fine di marzo. Lo comanda il Capita no Dcgeronimi 909 . Alla data del 15 giugn o risulta direttamente assegnato alla 3" Armata 9 10 . Il giorno successivo, assieme ad altre unità, viene posto alle dipendenze del XXIII Corpo d'Armata per contrastare l'azione offensiva che si p resume il nem ico intenda svilu ppare lungo le direttrici Ponte di Piave-Treviso e San Donà di Piave-Mestre 911 • Dislocato al bivio di San Mauro e Sovilla, resiste accanitamente agli attacchi nemici, subendo sensibili perdite; vie ne fe rito tra l'altro il comandante, che viene sostituito dal Capitano Bragatto 912 . O ltre all'attività operativa, verso la fine di giugno il Reparto cede numerosi comple menti a l p rovatissimo XXVIII Reparto d'Assalto 9 13 . Alla fine di agosto cede i suoi effettivi ai diversi Reparti della 3" Armata, ma riceve poco dopo le reclu te della classe ·1900 da addest rare. Durante la battaglia di Vittorio Venero, il Repa rto invia complementi alle unità in prima linea ma, a differenza di quanto

909 Cfr. Gilll.lANI, 0(1. cii., pp. 230-23 I. Da norare che l'Autore lo indica nel tirolo del capitolo come Reparto d'Assali o e nel testo come Battaglione. 910 Cfr. USS ME - Relazione - V - lbis - Documenti, op. cit., p. 282, USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404 e Rn r: HAT-MEMOlm:, o{J. cii. , p. 519. L'l terza fonte, per quanto riguarda l'impiego operativo de l Reparto, ipotizza che ciò possa essere avvenuto: " [...] probabilmente perché non aveva dovuto contribuire a lla forma zione di nuovi reparti, poiché nessuno dei suoi reparti d'assalto fo sottratto alla III armata per la costituzione della di visione d'assalto". 911 Cfr. USSME - Relazione - V - 1 - Narrazione, op. cit., p. 6 13 . 9 12

Cfr. G1uL1A.i' il, op. cit., pp. 233 -234. 913 Cfr. R OCHAT, op. cit., p. 112.


690

Francesco Fatutta

accaduto nel mese di giugno, non viene impiegato come unità operativa. Nella seconda metà di novembre giunge a Trieste e viene qui impiegato per prestare servizio di vigilanza nel Punto Franco. All'epoca il suo comandante è il Capitano Genduso. Nei primi giorni del gennaio 1919, improvvisamente, giunge l'ordine di scioglimento del III di Marcia, che deve cedere i suoi effettivi agli altri Reparti della J3 Armata 914 . Il suo Centro di mobilitazione 9 15 aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, a Reggio Emilia, e d è accertato che gli effettivi di due delle sue Compagnie si fregiavano delle "Fiamme Nere", mentre quelli della terza adottavano le "Fiamme Cremisi", per complementare il XXVI Reparto d'Assalto "Fiamme Cremisi". IV REPARTO D'ASSALTO di marcia La sua costituzione viene decisa nel giugno 19 .18, nell'intento di fornire alla 4a Armata un Reparto d'Assalto di marcia, destinato ad inquadrare i complementi da fornire ai diversi Reparti d'Assalto operanti nell'ambito della stessa Armata. Alla data del 15 giugno risulta direttamente assegnato alla 4 a Armata 916 , mentre successivamente non si hanno più informazioni riguardo l'impiego dell' unità. Si ignora inoltre la data del suo scioglimento, anche se si presume che quest' ultimo sia avvenuto comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, così come per tutti gli altri Reparti d'Assalto non indi visionati.

9 14 Cfr. G1uuAN1, op. cit., pp. 234-240. 915 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404. 916 Cfr. USSME - Relazione - V - lbis - Documenti, up. cit., p. 275 e ROCHATop. cit., p. 5]9.

M EMORIE,

Da notare che la prima fonte lo cita semplicemente come IV Reparto d'Assalto senza indicare la definizione "di marcia", ma il fatto che nell'ordinamento del giugno 1918 non fosse previsto l'ordinativo ]V per i Reparti d'Assalto e la citazione dell'unità fra i Reparti di marcia a disposizione della 4• Armata consentono di rilevare l'inesattezza (Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, up. cii., p. 404).


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

69 I

Il suo Centro di mobilitazione 917 aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, a Reggio Emilia, cd i suoi effettivi si fregiavano probabilmente delle "Fiamme Nere", anche se quelli di una delle sue Compagnie o di alcuni Plotoni avrebbe potuto avere le "Fiamme Verdi" e le "Fiamme Cremisi", in quanto tra i Reparti d'Assalto della 4a Armata sono presenti anche il III "Fiamme Verdi" e il XXIII "Fiamme Cremisi". V REPARTO D'ASSALTO di marcia La sua costituzione viene decisa nel giugno 1918, nell'intento di fornire alla 53 Armata un Reparto d'Assalto di marcia, destinato ad inquadrare i complementi da fornire ai diversi Reparti d'Assalto operanti nell'ambito della stessa Armata. In data 15 giugno il Reparto risulta inquadrato 918 nell'ambito della 9a Armata, nuova denominazione che la 5a ha assunto in data 1 ° di giugno. Successivamente non si hanno più notizie riguardo a questa unità, come pure non è nota la data del suo scioglimento. Si presume che quest'ultimo sia avvenuto comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, cosl come per tutti gli altri Reparti d'Assalto non indivisionati. 11 suo Centro di mobilitazione 919 aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, a Reggio Emilia, ed i suoi effettivi si fregiavano probabilmente delle "Fiamme Nere". VI REPARTO D'ASSALTO di marcia La sua costituzione viene decisa nel giugno 1918, ndl'intento di fornire alla 6a Armata un Reparto d'Assalto di marcia, destinato ad inquadrare i complementi da fornire ai diversi Reparti d'Assalto

91 7 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404. 918 Cfr. USSME - Relazione - V - I - Narrazione, op. cit., p. 340, USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404 e ROCHAT-MEMORIE, op. cit.,

p. 519. 9 19 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404.


692

Francesco Fatutta

operanti nell 'ambito della stessa Armata. Alla data del 15 giugno risulta direttamente assegnato alla 6a Armata 920 , mentre successivamente non si hanno più notizie riguardo a questa unità, ad eccezione di una notizia relativa agli ultimi giorni della battaglia di Vittorio Veneto, che lo indica impegnato, assieme ai Reparti della 6 3 Armata (LJl e LXX), in operazioni di sfondamento e inseguimento delle forze austriache in fase di ripiegamento 921 . Si ignora inoltre la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avvenuto comunque tra il gennaio e il fe bbraio 1919, così come per tutti gli altri Reparti d 'Assalto no n indivisionati. Il suo Centro di mobilitazione 922 aveva sede presso il deposito d el 66° Reggimento Fanteria Valtelli11a, a Reggio Emi lia, cd i suoi effettivi si fregiavano probabilmente delle " J-iiarnme Nere", anche se quelli di una delle sue Compagnie avrebbe potuto avere le "Fiamme Verdi" in q uanto tra i Reparti d 'Assalto d ella 6 3 Armata risulta presente anche il LI I "Fiamme Vere.li". VI I REPARTO D'ASSALTO di marcia La sua costituzione viene decisa nel giugno 19 18, nell'intento di fornire all a 7" Armata un Reparto d'Assalto di marcia, destinato a d inquadrare i complementi <la fornire ai diversi Reparti d'Assalto operanti nell 'ambito de lla stessa Arma ta. Alla data del 15 giugno risulta direttamente assegnato alla 7a Armata 923 , mentre successivamente

°

92

C fr. lJSSM E - Relazion e - V - Ibis - Documenti, up. cit., p. 271. Da notare che la prima fonte lo cita semplicemente <.:ome VI Reparto d'Assalto senza indicare:: la de finil.io ne " di Marc ia", ma l' esatta asseg na zione <lei vero VI Rt:parto d'Assa lto a l VI Corpo d'Armat:i conse nte <li rilevare l'in esattezza. Cfr. USSME - Re lazione:: - V - 2his - Documenti, up. cit., p. 404. Fornisce ulteriore co nferma de ll 'assc::g nazio11 t: del VI Reparto d'Assalto di Marcia a lla 6" Armata. Cfr. anc he R OCHAT-MEMORIF., op. cit., p. 5 19. 92 1 Cfr. RoCHAT, op. cit., p. 104. 922

Cfr. USS ME - Relazione - V - 2bis - Documt: nti,

up. cit., p. 404.

923 Cfr. USSME - Relazione:: - V - 1bis - Documenti, up. cit., p. 264, USSM E - l{elazione - V - 2 bis - Documemi, p. 519.

op. cit., p. 404 e

Roc 1tAT-MEMORIE,

up. cit. ,


Contributo ad una storia delle truppe d'assalto

693

non si hanno pit1 notizie riguardo a questa unità, come pure non è nota la data del suo scioglimento. Si presume che quest'ultimo sia avvenuto comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, così carne per tutti gli altri Reparti d'Assalto non indivisionati. Il suo Centro di mobilitazione 924 aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, a Reggio Emilia, ed i suoi effettivi si fregiavano presumibilmente delle "Fiamme Nere". X REPARTO D'ASSALTO di marcia (ex REPARTO di marcia "N') La costituzione del Reparto di marcia "N.', viene decisa nel giugno 1918, nell'intento di inquadrare i complementi da forni re ai diversi Reparti d'Assalto opera nti nell'ambito della 1 3 Division e d'Assalto. Concorrono alla sua costituzione i disciolti Reparti d'Assalto

LX , LXII, LXIll e LXIV 925 . Al 15 giugno risulta inquadrato nell'ambito del Corpo d'Armata d'Assalto, schierato nel Padovano 926 . Sempre nel corso del mese di giugno, cambia la denominazione in X Reparto d'Assalto di marcia. Nella situa1.ione riepilogativa datata 24 ottobre 1918 viene indicato come dipendente dal Gruppo d'Assalto di marcia del Corpo d'Armata d 'Assalto 927 . Successivamente non se ne hanno tracce, come pure non è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avvenuto co munque tra il gennaio e il febbraio 1919, così come per tutti gli altri Reparti d'Assa lto non indi visionati. Il suo Centro di mobilitazione ha sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, a Reggio Emilia 928 , cd i suoi effettivi fregiavano probabilmente delle "Fiamme Nere".

924

Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404. 925 Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404.

'Jl.6

Cfr. USSME - Relazione - V - J - Na rrazione, op. cit., p ..144 e Rnet1ATcit., p. S 19.

MEMORIE, op.

927 928

Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documemi, op. cit., p. 886.

Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404. Precisa che non è accena10 il Centro di Mobilitazione per tale unit;), ma lo indica presumibilmente nel 66° Reggimento.


694

Francesco Fatutta

Xl REPARTO D'ASSALTO di marcia La costituzione del Reparto viene decisa nel giugno 1918, nell'intento di inquadrare i complementi da fornire ai diversi Reparti d'Assalto operanti nell'ambito del Corpo d'Armata d'Assalto. Concorrono alla sua costituzione i d iscio lti Reparti d'Assalto LX, LXJJ, LXIII e LXIV 929 . Nella situazione riepilogativa datata 24 ottobre 1918 viene indicato come dipendente dal Gruppo d'Assalto di marcia del Corpo d'Armata d'Assalto 930 . Successivamente non se ne hanno tracce, come pure non è nota la data del suo scioglimento; si presume che quest'ultimo sia avvenuto comunque tra il gennaio e il febbraio 1919, così come per tutti gli al tri Reparti d'Assalto non indivisionati. li suo Centro di mobilitazion e aveva sede presso il deposito del 66° Reggimento Fanteria Valtellina, ;i Reggio Emilia 9-11 , cd i suo i effettivi si fregiavano probabilmente delle "Fiamme N ere", anche se quelli di una delle sue Compagnie o di alcuni Plotoni avrebbe potuto avere le "Fiamme Verdi", in q uanto tra i Reparti d'Assalto della 2 3 Divisione risulta anche il VI "Fiamme Verdi ".

929 Cfr. USSM E - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404. 93 o Cfr. USSME - Relazio ne - V - 2bis - Documenti,

93 1

op. cit., p. 886.

Cfr. USSME - Relazione - V - 2bis - Documenti, op. cit., p. 404. Precisa che non è accertato il Centro di Mobi litazione per tale unirà, ma lo indica presumibilmente nel 66° Reggimento.


COP IA ANASTAT ICA FORN ITA DALL'ENTE


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.