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3.2 L’arrivo degli alleati in Molise
ridicolo al tempo stesso. Nutrivo invece sentimenti di profondo affetto per Pio XI. Nei suoi discorsi si poteva leggere la condanna delle dittature. Quando, nel 1929, il Papa chiamò Mussolini «uomo della Provvidenza», non ritenemmo che esaltasse il Duce, ma che constatasse come la Provvidenza si servisse per il bene degli uomini, anche di strumenti apparentemente inadeguati” (pp. 95-96). Ancora, Piero Giacobbo, ordinato sacerdote nel 1940, alla stessa domanda rispose “Mussolini era considerato una figura mitica che impersonificava il desiderio di grandezza militare e politica, particolarmente sviluppato durante la guerra d’Africa. L’immagine del Papa era quella tradizionale” (p. 99). Aquilino Molino invece disse “Sulla figura del Duce… che posso dire; all’inizio era stato quasi un idolo. Poi ci siamo accorti che era un buffone, a cominciare da come si atteggiava, con quel petto diritto e lo sguardo fiero. Pio XI lo ricordo come una figura forte, dura, autorevole, uno di quelli che all’occorrenza sapeva anche battere i pugni sul tavolo. Dopo il concordato, che molti videro come una resa del Vaticano al fascismo, non abbassò mai la guardia; anzi, fra il Vaticano e Mussolini vi fu più di uno scontro” (p. 105). Pietro Morelli alla domanda “Com’era visto il Papa?” rispose “Era idealizzato. Ricordo che alla vigilia di Natale tutte le famiglie ascoltavano il suo messaggio perché volevano sentire una parola di libertà e di speranza” (p. 222). Franco Demarchi invece “Il Duce era visto come un pagliaccio, un istrione capace solo di fare grandi discorsi. Lo si apprezzava unicamente perché aveva stipulato il Concordato con la Chiesa. Pio XI fu molto ammirato, soprattutto perché fu considerato un «papa scienziato». La sua enciclica, scritta in tedesco perché rivolta proprio al popolo tedesco che esaltava la razza ariana, “Mit brennender Sorge” (Con viva preoccupazione) suscitò qualche apprensione, sebbene in Italia non ci fossero stati episodi clamorosi di persecuzione contro la Chiesa. Pio XII era reputato un santo” (p. 291) (W. Crivellin, Cattolici, Chiesa, Resistenza. I testimoni, Il Mulino, Bologna).
3.2 L’arrivo degli alleati in Molise
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Con la firma, obbligata, dell’armistizio, l’Italia fu presto invasa dagli alleati ed i primi ad arrivare furono gli Inglesi che sbarcarono in Sicilia per poi diramarsi sull’intero territorio. I Canadesi furono i primi a raggiungere il Molise, precisamente a Campobasso. Ai Canadesi seguirono gli Inglesi e poi i Polacchi del 2° Corpo d’Armata, comandato
dal generale Anders, i quali presidiarono a lungo il capoluogo. I Marocchini e gli Indiani furono solo di passaggio come anche gli Americani, fatta eccezione per il personale addetto al Truch Pool – consorzio di autocarri – dotato di una cinquantina di automezzi destinati all’approvvigionamento della città. Non mancò la banda degli Scozzesi, i quali si esibivano, con le caratteristiche cornamusa, in piazza Prefettura per il tipico rituale del Cambio della Guardia e, sfilando lungo il corso, quando arrivava qualche autorità. Sembra che anche il maresciallo Montgomery sia stato di passaggio a Campobasso. Primo compito delle forze alleate fu la rimozione del materiale esplosivo, disseminato dai tedeschi, a cominciare da quello collocato davanti il Santuario del Monte e al Convento Francescano di Campobasso. Intanto, con l’arrivo degli alleati, a tutto il popolo fu ordinato di consegnare, in Caserma, le armi in proprio possesso. Il Largo della Libera diventò, in poco tempo, una grande area di deposito, ovviamente inaccessibile ai civili e gestita dai soldati. Quando in Molise, dopo la firma dell’Armistizio, entrarono gli eserciti alleati, per mettere così fine all’Asse Roma-Berlino, l’Italia si presentava deformata e sfigurata dallo scoppio delle bombe e del fuoco nemico. Il Molise era una terra ormai allo stremo delle forze che, però, andò completamente alla deriva proprio con la stipula dell’armistizio, peggiorando, ulteriormente, la situazione della terra molisana con morti e feriti, paesi distrutti e anime vaganti in cerca di riparo. La fine del 43 per il Molise, come abbiamo già visto precedentemente, rappresentò, difatti, il culmine della guerra con le incursioni aeree sulle due città più grandi della regione, Isernia, il 10 settembre, e Campobasso, il 10 ottobre, e con le bombe e le mine che fecero saltare in aria tanti piccoli paesini soprattutto quelli alto molisani. Intanto c’era, positivamente, chi non perdeva la speranza e, a ragion veduta, cercava di rialzarsi dalle proprie ceneri:
“[…] Con la più viva esultanza i Molisani hanno appreso la restituzione della loro terra all’Amministrazione del Governo Italiano. Essi sanno che il ritorno della Provincia alla libera autonomia li impegna più che mai nell’opera di ricostruzione spirituale e materiale della Patria e sono fermamente decisi a dare – a tal fine – tutto il proprio contributo di braccia, di mente e di cuore. Per ora, un’ansia, più di ogni altra, pervade l’anima di tutti: scacciare il tedesco dal resto d’Italia. Le condizioni generali di vita, malgrado anche il generoso aiuto del
Governo Alleato, sono tuttora angustianti per quel complesso di cause dipendenti dalla situazione attuale […]”23 .
E i meno pessimisti, rimpiazzato l’alleato tedesco con quello inglese, riuscivano a vedere nei soldati britannici la soluzione ad ogni tipo di sofferenza e la fine del conflitto, anche se così non fu da subito. Intanto, con l’arrivo degli alleati canadesi, Campobasso si trasformò, in breve, diventando “Canada town”. La massiccia presenza dei canadesi in Molise, ma soprattutto a Campobasso, fece nascere, infatti, il mito della “Canada town” (città canadese) facendo cambiare la propria veste ai centri molisani. Tutto divenne, fortemente, inglesizzato: il 14 ottobre del 1943, infatti, le truppe nordamericane, guidate dal generale Roben, entrate a Campobasso, per meglio orientarsi e per ragioni strategicomilitari, cambiarono i nomi di strade, edifici, piazze, bar, ristoranti, cinema e teatri. Furono gli stessi canadesi che denominarono Campobasso “Canada Town” o “Maple Leaf City” (Città della foglia d’acero, con riferimento al simbolo della bandiera canadese). Piazza Gabriele Pepe divenne Scarth Street da un lato e Picadilly Circus dall’altro, la Villa dei Cannoni mutò in Hyde PK, corso Vittorio Emanuele II Portage AV, King ST prese il posto di Via De Attellis, Piazza della Vittoria si trasformò in Trafalgar Square, via Milano fu Dental Center, il bar pasticceria Lupacchioli diventò il “Crown and Stripes Club” 24, quello di Brisotti invece “Brisotti’s Bakery”25, il cinema Molisano divenne Picadilly Cinema”, il teatro Savoia fu il “Savoy Theatre”, il Grand Hotel Del Greco “Royal York Hotel”, “Off's Club” per il Circolo Sannitico. L’unico locale il cui nome rimase italiano fu il Gran Caffè e Arena Adua26 , bar centrala amato da tanti campobassani. Non solo i canadesi, ma un po’ tutte le truppe alleate presero dimora in Molise, in alcuni casi convivendo bene con il popolo. Come abbiamo già visto precedentemente, addirittura i tedeschi chiesero ospitalità e ricovero nelle chiese e nelle famiglie molisane. Al Convento S.
23 ASCB, Prefettura di Gabinetto II, b. 62 f. 393, Relazione mensile, Situazione generale della Provincia - Nota inviata dal Prefetto di Campobasso, Cocuzza, al Ministero degli Interni, 29 luglio 1944. 24 ASCB, Intendenza di finanza. Danni di guerra, b. 146, f. 205, Denuncia di Alfredo Lupacchioli. 25 ASCB, Intendenza di finanza. Danni di guerra, b.109, f. 166, Denuncia di Nicola Brisotti. 26 ASCB, Intendenza di finanza. Danni di guerra, b. 113, f. 170, Denuncia di Nicolino e Guido Colitti.
Cuore di Campobasso furono ospitati soldati tedeschi e alleati angloamericani che portarono totale rispetto ai Cappuccini e alle genti molisane, un po’ meno però alle strutture che li ospitarono.
“Il giorno 18 Agosto 1944, le Autorità anglo-americane hanno inviato al M. Rev.do P. Guardiano il decreto con cui dichiaravano libera la parte del Convento del S. Cuore occupata dal 21 Dicembre 1943 dalle truppe angloamericane. Già da un mese e più le truppe avevano lasciato il Convento di cui, come dicemmo a suo luogo, era stata occupata tutta la parte grande, eccettuata la Biblioteca, e il piano superiore 1° e 2° dell’ala sinistra del Convento, nonché le officine, rimaste a noi. Il Convento è stato consegnato in pessimo stato: vetri rotti, finestre e porte malmenate, pavimenti rovinati, pareti affumicate, impianto elettrico quasi completamente rovinato. È la guerra, e uomini senza civiltà, e pudore che sono passati ovunque, anche nei chiostri!”27 .
Addirittura, una truppa inglese, dopo aver sfondato con una granata il tetto della Chiesa medievale di San Giorgio, la utilizzò come cucina. Anche il Convento dei Cappuccini, come risulta chiaro dalle stesse testimonianze giunte fino a noi, fu riconsegnato in pessimo stato ma, molto probabilmente, non furono solo la guerra e le condizioni vissute in quegli anni a distruggere e rendere mal concio il S. Cuore di Campobasso ma, la colpa, come si evince da altre testimonianze, fu proprio degli stessi alleati che vissero, in modo del tutto brado, lì per alcuni mesi, senza nessuna cura per la Chiesa che li ospitava:
“Per causa della pulizia e del riattamento intero del Convento, devastato in parte dalle truppe alleate occupanti, l’inaugurazione dell’anno scolastico si è protratta fino a questo giorno, sabato 4 Novembre 1944”28 .
Analoga situazione si visse in molte altre Chiese della regione come fu anche per quelle isernine e venafrane. La Chiesa di San Nicola di Bari a Venafro, ad esempio, fu preda dei tedeschi, i quali ne fecero razzia di ogni tipo come si può ben capire attraverso la testimonianza del parroco di tale Chiesa, Carmelo Vendettuali:
“Con i primi di ottobre questo paese fu occupato dai tedeschi, che perquisirono diverse volte la casa del parroco, il quale non abbandonò per alcun giorno il paese e la Chiesa Madre nonché la Chiesa della SS. Annunziata, anzi questa fu
27 Libro Cronistorico del Convento S. Cuore, Oggetto: Restituzione del Convento del S. Cuore alla Comunità, da parte delle Autorità Alleate, 18 agosto 1944. 28 Libro Cronistorico del Convento S. Cuore, Oggetto: Inaugurazione dell’anno scolastico 4 Novembre 1944, sabato, 4 novembre 1944.