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3.4 Morti e prigionieri, le piccole ma dure realtà locali
in cambio di altre specie di premi che in atto vengono conferiti per la campagna granaria. Debbo aggiungere, per quanto tardi oramai, che il prezzo del grano più o meno adeguato ai tempi non può non influire sull’andamento dell’ammasso di esso, in quanto i contadini-mi riferiscono almeno in questa Provincia- quando vedono la convenienza del prezzo dell’ammasso sono meno tentati a collocare sottomano il loro prodotto, ma proclivi, invece, a cedere all’ammasso anche parte del grano che hanno diritto di ritenere per la loro alimentazione, alla quale provvedono ugualmente alla meno peggio, specie nel periodo invernale, che è più riposante per i lavori dei campi”57 .
In questo clima di incertezze, umiliazioni, paure, fame e continue frustrazioni per tutti i molisani, ma soprattutto per i ceti popolari, una notizia positiva arrivò, come sempre fu in questo triste periodo, dalla Chiesa con il ripristino della tanto amata Solenne Messa di mezzanotte per le Funzioni del Santo Natale, dopo una lunga e pesante assenza, dettata da motivi di pubblica sicurezza per evitare luci sulla città ed eventuali attacchi aerei, durata quattro interminabili anni:
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“È stata ripresa, dopo quattro anni di interruzioni, e dietro tante lotte sostenute con la Curia Vescovile, la Funzione della Messa di Mezzanotte, alla quale è intervenuta moltissima folla di popolo”58 .
Una folla che aveva sete di fede e speranza ma che, soprattutto, attendeva la pace tra i popoli per il gran ritorno alla vita quotidiana, una pace per la quale aveva a lungo pregato ed invocato l’intercessione di Dio.
3.4 Morti e prigionieri, le piccole ma dure realtà locali
Il Molise ebbe i suoi morti? Il Molise ebbe i suoi campi di concentramento? Il Molise ebbe i suoi prigionieri? Si, il Molise ebbe, al contrario di quanto si pensa, la sua Guerra Mondiale, così come tutte le altre regioni italiane, portando, a lungo, con sé lo spettro di quel passato. Il Molise, terra piccola oggi come ieri, mandò in guerra tanti suoi figli, molti dei quali non tornarono più in patria. Tanti furono, poi, i molisani
57 ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Divisione Affari Generali e Riservati 1942, b. 73, Oggetto: Relazione provinciale sulla situazione politico – economica e prospetti degli episodi sovversivi per il trimestre ottobre - dicembre 1942 - XXI, Campobasso, 28 dicembre 1942. 58 Libro Cronistorico Convento S. Cuore, Oggetto: Funzione di Natale 1945, 26 dicembre 1945.
che trovarono la morte, nelle proprie case, a seguito dei bombardamenti e del fuoco nemico. Ben 1600 molisani persero la vita durante la Seconda Guerra Mondiale: 700 i morti di Isernia, 140 quelli di Venafro, 100 tra Termoli, Montecilfone e Montenero di Bisaccia, altre 100 anime lasciarono la loro vita tra Campobasso e Bojano tra cui, ricordiamo, il giovane Vescovo della Diocesi di Campobasso – Bojano, Mons. Secondo Bologna, infine, ancora altri 400 molisani morirono tra l’Alto Volturno ed il Trigno. 3500 furono i feriti, 41 i fucilati di cui 32 in un solo giorno, il 22 ottobre 1943. Con la fine della guerra non terminarono però le uccisioni e i morti. Nel 1945, la già martoriata terra molisana, subì le prime quattro vittime e i primi undici feriti nell’opera della sua redenzione di bonifica dei territori:
“Domenica 2 Dicembre 1945 è stata celebrata una Solenne Messa e fatta la Benedizione della Bandiera dei bonificatori dei campi minati, alla quale sono intervenute altissime autorità, come Prefetto, Questori, Comandanti di Corpo armato, i rappresentanti di tutte le armi e delle associazioni delle città […]”59 .
L’operazione di bonifica, iniziata nel gennaio 1945 e terminata a novembre 1948, toccò tutto il territorio regionale e, in particolar modo, i comuni attraversati, durante l’inverno e la primavera 1943/44, dalla cosiddetta “linea Gustav”. Le condizioni di lavoro risultarono, ovviamente, molto pesanti anche e soprattutto per l’elevato tributo di sangue pagato dai bonificatori: alla fine delle operazioni si contarono 26 caduti, 63 feriti e 5 mutilati grandi invalidi. Un periodo lungo e buio, quello della Seconda Guerra Mondiale, per il Molise ma che, fortunatamente, costò un numero minore di vittime rispetto alla Grande Guerra che, nei suoi lunghi 41 mesi di atrocità, fece molte più vittime: tra il 1915 e il 1918 la terra molisana contò 5245 morti, 2312 mutilati, 22.000 feriti e 4020 orfani. D’altra parte, anche nel Molise, tutt’altro che paradiso terrestre lontano dalla guerra, come i più pensavo, nell’estate del 1940, da giugno ad agosto, furono installati 5 campi di concentramento. Una pagina triste della nostra storia che segnò i comuni di Bojano, Isernia, Vinchiaturo, Casacalenda ed Agnone. Lì furono ospitati circa 300 ebrei di varie nazionalità e molti sfollati:
59 Libro Cronistorico Convento S. Cuore, Oggetto: Solenne Funzione militare Religiosa 2 Dicembre 1945, 2 dicembre 1945.
“Nessuna appariscenza di attività di elementi ebraici, che qui mancano del tutto, fatta eccezione dei numerosi internamenti nei Campi di concentramento e nei luoghi di isolamento”60 .
Una realtà difficile, quella dei campi, che toccò molto da vicino anche la nostra regione con queste 5 strutture. Quello che successe nei campi di concentramento del Molise fu però diverso da quello che successe nei più conosciuti e tristi campi di sterminio come furono quelli di Auschwitz o di Mauthausen. Purtroppo, però, molti degli internati in Molise furono poi trasferiti proprio in quei campi dell’Europa centrale, lì dove il ricordo vola da solo senza ulteriori spiegazioni. I campi di concentramento del Molise furono, per gli confinati, una sorta di prigionia momentanea per attendere le proprie sorti future. Qui alcuni preti locali prestarono, volontariamente, la loro opera di assistenza morale e spirituale agli internati:
“Un’altra opera di bene venne compiuta dal Rev.do P. Simeone da Toro, il quale dal giorno 15 novembre al giorno 18 dicembre 1943 ha prestato la sua opera sacra nei due campi di concentramento degli sfollati, ossia della gente di diversi paesi del Sangro, la quale veniva ogni giorno di passaggio a quei due campi, parlata dagli Inglesi, non avendo più casa e parenti e masserie. Il numero era di 100, 200, 300 e anche 500 al giorno”61 .
Il Molise fu scelto perché, con la sua posizione geografica e con la mancanza di infrastrutture importanti di collegamento, garantiva l’isolamento agli internati. Ad Agnone62 addirittura fu un Convento Benedettino, quello di San Bernardino, ad ospitare gli ebrei e gli altri sfollati. Il Convento era di proprietà del Vescovo di Trivento, dal 1931 sede del Seminario Vescovile, il quale lo cedette al Regime, non si sa però se per scelta o per obbligo. Qui inizialmente furono internati solo uomini, ma dal 1941, con l’arrivo dei rom provenienti dalla Jugoslavia, divenne misto (con donne e uomini). Il campo, affidato ai Carabinieri, fu diretto da un Commissario di Polizia.
60 ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Divisione Affari Generali e Riservati 1941, b. 50, Oggetto: Relazione sulla situazione politico – economica della provincia, Campobasso, 27 settembre 1941. 61 Libro Cronistorico del Convento Sacro Cuore di Campobasso, Oggetto: Aiuti nei campi di concentramento, novembre 1943. 62 ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Mobilitazione civile, b. 117, f. 16/11.
A Bojano63 il campo fu allestito, nell’estate 1940, in un ex tabacchificio, alla periferia del paese, vicino alla ferrovia. I primi internati, rom, cinesi ed ebrei stranieri, arrivarono qui nel settembre 1940. Anche a Casacalenda64 il campo fu preparato nell’estate 1940 nell’ex Convitto della Fondazione Caradonio - Di Blasio, nel centro storico del paese. Qui furono internate solo donne, appartenenti alle categorie dei sudditi nemici (inglesi), degli ebrei stranieri (tedesche e polacche) e degli ex Jugoslavi. La Direzione fu affidata ad un Commissario di Polizia, coadiuvato da una Direttrice, mentre la vigilanza era prerogativa di Carabinieri e Poliziotti. Anche ad Isernia65 il campo di concentramento era un ex Convento, chiamato in seguito “Antico Distretto”. L’ex Convento delle Benedettine, sulla strada principale della cittadina, ospitò ebrei stranieri, sudditi nemici, ex Jugoslavi, forestieri della Venezia Giulia ed alcuni italiani pericolosi. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, il Campo non fu chiuso ed alcuni internati vi persero la vita in seguito ai bombardamenti che si verificarono su Isernia nel settembre 1943. A Vinchiaturo66, poi, il campo fu predisposto in un edificio privato, quello della famiglia Di Nonno, nel centro storico del paese. Anche qui, come per Casacalenda, furono imprigionate solo donne. Le internate erano quasi tutte straniere tra cui ebree, ex jugoslave, prostitute slave, ma ci furono anche alcune antifasciste italiane. Gli internati in Molise, soprattutto ebrei, erano segregati dalla società e vivevano sottoposti a rigidi controlli da parte della polizia o dei carabinieri, spesso anche in cattive condizioni igienico-sanitarie e malnutriti, ma la loro vita fu completamente diversa da quella degli prigionieri costretti nei campi oltre i confini italiani, dove venivano attuate le più cruente operazioni di sterminio. Gli internati in Molise ricevevano anche un sussidio giornaliero, diverso tra uomo e donna, che, però, nel tempo fu ridotto a causa della crisi economica che la guerra aveva portato in tutta Italia e soprattutto nei piccoli e già disastrati
63 ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Mobilitazione civile, b. 117, f. 16/11. 64ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Mobilitazione civile, b. 116, f. 16/11. 65 ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Mobilitazione civile, b. 117, f. 16/11. 66 ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Mobilitazione civile, b. 116, f. 16/11.
territori locali come fu per il Molise. Comunque i prigionieri di questi campi erano persone tranquille che non crearono mai particolari problemi:
“Nessuna appariscenza di attività di elementi ebraici, che qui mancano del tutto, ad eccezione di quelli qui avviati per internamento nei campi e in determinati Comuni senza nessuna violenza”67 .
Dall’altra parte, però, c’erano anche i molisani nei campi di concentramento, prigionieri di guerra in terre lontane dalla propria casa, come fu per il soldato Angelo Gargano68 di Baranello, a lungo detenuto in Sud Africa, da dove, ovviamente pregava Dio per la libertà e il ricongiungimento con la propria famiglia:
“Poi io prego sempre al Signore che presto ci riabbracceremo tutti in famiglia”69 .
O ancora, seppure a distanza di alcuni anni, sempre nelle stesse condizioni, si continuava a pregare il Signore, nell’attesa della salvezza, che, dopo tanti anni di prigionia, poteva arrivare solo dal Cielo:
“Carissimo amato padre è da molto e molto tempo che non ci possiamo scrivere più, ma non fa niente preghiamo solo al Signore che siamo tutti vivi, e ci fa riabbracciare presto”70 .
67 ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Divisione Affari Generali e Riservati 1942, b. 73, Oggetto: Relazione sulla situazione politico – economica della provincia, Campobasso, 27 marzo 1942. 68 Il soldato molisano Angelo Gargano fu prigioniero in un campo di concentramento in Sud Africa dal 1939 al 1945. 69 APG, lettera del soldato Angelo Gargano, prigioniero in Africa, inviata alla madre, Antonia Melone, 20 agosto 1942. 70 APG, lettera del soldato Angelo Gargano, prigioniero in Africa, inviata al padre in America, Michele Gargano, 19 luglio 1944.
La famiglia, benché lontana, rappresentava, insieme alla fede in Cristo, per i soldati prigionieri, l’unica fonte di speranza di vita e per la quale si pregava di tornare a casa, il prima possibile, sani e salvi:
“Carissimo fratello Nicola era da tanto che ti dovevo inviare le mie buone notizie ma pazienza, sono contento, non posso scrivere a tutti ma Preghiamo Iddio che fa stare bene e di venire presto quel bel giorno della nostra vicinanza”71 .
Ma non sempre le lettere dei soldati, seppur infarcite di uno strano ottimismo – “sono contento” scriveva il Gargano ai suoi congiunti – tranquillizzavano le proprie famiglie, le quali si interrogavano su come fosse la vita nei disperati e lontani campi di concentramento:
“Carissimo fratello io con molto piacere ti rispondo sulla tua cara cartolina. Voi mi dite che è molto tempo che non ricevete una lettera da me ma io vi scrivo sempre, siete voi che non le ricevete. Carissimo fratello mi fate sapere che cosa fate al giorno nel campo insieme ai vostri compagni”72 .
Provvidenziali, a tal caso, erano le risposte dei soldati, che, sebbene sopravvivessero di stenti e difficoltà nella tristezza dei campi di concentramento, riuscivano a non far trapelare le loro situazioni,
71 APG, lettera del soldato Angelo Gargano, prigioniero in Africa, inviata al fratello, Nicola Gargano, 15 giugno 1943. 72 APG, lettera inviata al soldato Angelo Gargano, prigioniero in Africa, dal fratello, Nicola Gargano, 8 novembre 1944.
obbligati, com’erano, anche dalla censura, a non rivelare niente sulle loro missioni ed azioni di guerra:
“Carissima madre con molto piacere vi vengo a dare le mie notizie che mi trovo bene di salute e così spero anche di voi di famiglia. Cara madre quindi vi prego di non fare male pensiero verso di me che mi trovo lontano da voi perché io sto molto bene e sto assieme con 6 paesani”73 .
Una realtà triste, quella dei campi di concentramento, che il Molise ebbe il dispiacere di conoscere molto da vicino nella sua duplice veste: quella dei molisani prigionieri in terre lontane e quella del Molise con le sue strutture dove deteneva ebrei, zingari e sfollati. Ovviamene con la presenza costante della Chiesa che cercava di sollevare con la fede, seppur in minima parte, le sofferenze degli internati.
73 APG, lettera del soldato Angelo Gargano, prigioniero in Africa, inviata alla madre, Antonia Melone, 16 agosto 1941.