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1.4. “La furia della bestia umana”. Ritratti di violenza anarchica
Finer, lo stesso che aveva già fatto scalpore il 7 dicembre denunciando i legami della destra italiana con la Grecia dei colonnelli111 .
Nello stesso giorno si celebrano nel Duomo i funerali delle vittime, ai quali si accompagna nella notte il tragico volo nel vuoto del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, dal quarto piano della Questura di Milano. Peraltro, proprio ora, alle illazioni sulla colpevolezza del movimento libertario, segue effettivamente la notizia dell’arresto di un anarchico: Pietro Valpreda. È la svolta narrativa del 16 dicembre.
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1.4. “La furia della bestia umana”. Ritratti di violenza anarchica.
“Il crimine ha ormai una fisionomia precisa. Il criminale ha un volto.”112
Finalmente il mostro da sbattere in prima pagina ha un’identità concreta e una storia personale da poter utilizzare come prova di bestialità e responsabilità nell’eccidio di tanti innocenti. È davvero una pubblica gogna quella che il giornalismo italiano costruisce, nell’indignazione e nel dolore generali, ai danni di un uomo le cui vicende più intime sono presentate come sintomi di un sordo e rabbioso rancore verso la società tutta.
A dare agli italiani la notizia dell’arresto è la diretta Rai del telegiornale della sera, prima tramite le parole ripetute di Rodolfo Brancoli – “un anarchico appartenente al gruppo anarchico 22 marzo è stato riconosciuto da un testimone” – poi, con assoluta e perentoria certezza, dal giovane inviato Bruno Vespa che in collegamento dalla questura di Roma dichiara: “Pietro Valpreda è un colpevole, uno dei responsabili”. Il giorno successivo, il 17 dicembre, tutte le maggiori testate nazionali fanno da cassa di risonanza alla notizia. In alcuni casi l’enfasi è posta sulla fede politica anarchica di Valpreda113, in altri, come nel caso de “Il Tempo”, alla caratterizzazione dell’accusato si aggiunge l’ulteriore elemento legato alla colpa omicida: “L’assassino arrestato: è l’anarchico Pietro Valpreda”.
111 Sulla ricezione degli articoli della stampa britannica in Italia si veda M. Dondi, op.cit., pp.145-150. 112 M. Cervi, La propaganda del terrore, “Corriere della Sera”, 17 dicembre 1969. 113Cfr. ad esempio i titoli di alcune prime pagine dei quotidiani del 17 dicembre 1969: L’anarchico Valpreda arrestato per concorso nella strage, “Il Corriere della Sera”; Un anarchico arrestato per la strage, “Il Resto del Carlino”; Arrestato un anarchico per la strage di Milano, “Il Popolo”. 20
Anche “La Stampa” ricorre all’aggettivo “anarchico” richiamando i lettori all’avvio di un’inchiesta riguardante la morte del ferroviere Giuseppe Pinelli114; mentre “Il Secolo d’Italia” fa di Valpreda un comunista ed è superato nell’enfasi delle sue scelte retoriche soltanto dal quotidiano monarchico “Roma”: “Il mostro è un comunista anarchico ballerino di Canzonissima: arrestato”. Il più cauto sembra essere “Il Giorno” che esce con un titolo formalmente asciutto - “Incolpato di strage” -, mentre “L’Unità” e l’“Avanti!” fanno riferimento alla notizia dell’avvenuto fermo senza aggiungere nei titoli l’appartenenza politica del soggetto.
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Uno degli articoli che più ferocemente traccia l’identikit di Valpreda (che Giorgio Bocca accosterà a Lee Harvey Oswald, l’uomo accusato di aver assassinato il presidente Kennedy e poi ucciso appena due giorni dopo nel corso di un trasferimento dal carcere), è certamente “Il Corriere d’Informazione”, edizione serale del “Corriere della Sera” di cui vanta la stessa linea editoriale ma con un taglio decisamente meno asciutto, più popolare ed enfatico (nel ’72 Piero Ottone dividerà le direzioni lasciando l’edizione della sera ad Antonio Aliberti). L’articolo di Vittorio Notarnicola, è un susseguirsi di suggestioni violente e ansiogene, cariche di stereotipi culturali e sociali di cui rendiamo conto in alcuni passaggi:
La bestia umana che ha fatto i quattordici morti di piazza Fontana e, forse, anche il morto, il suicida, di via Fatebenefratelli, è stata presa […]. Il massacratore si chiama Pietro Valpreda, ha trentasette anni, mai combinato niente nella vita; rottura con la famiglia; soltanto una vecchia zia, che stira camicie e spazzola cappotti, gli dà una mano; viene dal giro forsennato del be-bop, del rock, un giro dove gli uomini sono quello che sono e le ragazze pure. S’è dimenato sulle piste delle balere fuori porta e sotto le strade del centro, faceva il boy, uno di quei tipi con le sopracciglia limate e ritoccate a matita grassa che fanno ala, in pantaloni attillatissimi, alla soubrette […]. Un passo dietro l’altro, Pietro Valpreda si avvia a diventare la bestia […] Così nasce un Pietro Valpreda. Da questo entroterra arriva al massacro. 116
Nelle pagine interne il giornale sfoggia retoriche cariche di stereotipi sociali per additare come certo colpevole l’anarchico Valpreda, il ballerino fallito, nella convinzione che il mestiere deve pur «entrarci qualcosa nel suo orrendo massacro»,117 perché inequivocabilmente la sua frustrazione deve essere nata nel mondo effimero dello spettacolo.
114 Anarchico arrestato per concorso in strage. Inchiesta sul suicidio alla questura di Milano, “La Stampa”, 17 dicembre 1969, p.1. 115 Un arresto per la strage,”L’Unità”; Arrestato per concorso in strage,”Avanti!”, 17 dicembre 1969, p.1. 116 V. Notarnicola, La furia della bestia umana, “Corriere d’Informazione”, 17 dicembre 1969, p.1. 117 A. Falvo, La tragica parabola del ballerino fallito, “Corriere d’Informazione”, 17-18 dicembre 1969, p.3. 21
Nella stessa pagina si passa in rassegna la “storia” dell’Anarchia, tracciando un filo «nel tragico panorama dell’azione anarchica» fra gli attentati di Ravachol in Francia e in Spagna nel 1892 e la strage del teatro Diana nella Milano del 1921. La conclusione è netta: «l’utopia anarchica non si rassegna, la sua guerra non conosce che pause di silenzio, è una guerra senza speranza di armistizi, riesplode all’improvviso, alla cieca».
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Quest’ultimo articolo pone chiaramente in evidenza quelle narrazioni reiterate sulla storia dell’ideologia libertaria di cui si è già discusso e funge da riferimento storico per la base di qualsivoglia riferimento di colpevolezza a carico dei militanti anarchici. È necessario ricordare che Valpreda aveva alle spalle vicende in grado di ricondurlo facilmente nell’area dell’estremismo. Nel 1956 era stato condannato dalla Corte di Assise di Milano per rapina a mano armata e nella primavera del ’69 aveva diffuso un volantino e un ciclostilato contro il Papa che gli erano valsi la denuncia per offesa a Capo di Stato straniero e istigazione a delinquere. Inoltre, le sue parole cariche di suggestioni libertarie e inni alla violenza rivoluzionaria erano ben note. Nel mese di marzo aveva pubblicato un articolo dai toni incandescenti: Ravachol è risorto, nel quale si leggeva testualmente: «Centinaia di giovani sono pronti a organizzarsi per riprendere il posto di nemici dello Stato e gridare né dio né padrone, con la dinamite di Ravachol, con il pugnale di Caserio, con la pistola di Bresci, con il mitra di Bonnot, le bombe di Filippi e di Henry. Tremate, borghesi! Ravachol è risorto!”
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Valpreda, che frequentava il Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa di Milano, era stato allontanato dallo stesso Giuseppe Pinelli proprio per la carica violenta delle sue espressioni. A Roma aveva quindi fondato il circolo anarchico XXII marzo, infiltrato dal neofascista Mario Merlino,120 ed era già stato ascoltato dalle Forze dell’Ordine per le bombe dell’aprile e dell’agosto sui treni.
Non era troppo difficile, né del tutto illogico, ipotizzare quindi un suo coinvolgimento nell’attentato dinamitardo. È in un clima di sorveglianza speciale per gli anarchici, sempre guardati a vista dalle Autorità, che il 15 dicembre Pietro Valpreda viene arrestato dopo il riconoscimento effettuato dal tassista Cornelio Rolandi, peraltro ritenuto insospettabile di voler accusare in cattiva fede gli anarchici perché iscritto al partito comunista (“Lotta continua” insinuerà più tardi che il super testimone è stato soggetto nel
118 D. Zannoni, Storia degli anarchici: ideologia e bombe, “Corriere d’Informazione”, 17-18 dicembre 1969, p.3. 119 Ravachol è risorto, da Terra e Libertà, del gruppo anarchico L’Iconoclasta, 21 marzo 1969, cit. p.6. 120 Mario Merlino risulterà poi essere un infiltrato di militanza fascista, inserito appositamente nel mondo anarchico come agente provocatore.
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tempo a molteplici «conversioni»121 che dalla Dc lo avrebbero spinto prima al Movimento Sociale Italiano e infine al Pci) . L’arresto mette in discussione gli stessi gruppi dell’Anarchia italiana, che, se non mancheranno mai di accusare lo Stato per la morte di Pino Pinelli, non si dimostreranno troppo solidali con chi ritengono un personaggio ambiguo e «circondato da un gruppetto di giovani esaltati, di un circolo sedicente anarchico dove pullulavano elementi squadristi, feticisti del culto della violenza distruttiva». Si aggiungono a queste considerazioni, nello stesso articolo del più noto giornale anarchico, quelle sulla fumosità delle prove contro Valpreda, tratteggiato comunque, in qualche misura, come un possibile esecutore materiale.
L’affrettata indagine poliziesca e giudiziaria, seguita dalla stampa che subitamente ha organizzato la “caccia all’anarchico” - si dice - non ha altro da offrire all’opinione pubblica che un miserabile relitto umano per configurare la mostruosa tragedia milanese? Perché, con altrettanta prontezza, stampa e polizia non fanno parola sui sicuri mandanti ben attrezzati, in grado di “organizzare” e di manovrare gli esecutori degli atti terroristici?
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D’altro canto, la stampa periodica neofascista, nell’edizione de “Il Borghese” del 21 dicembre, forte dell’accusa e dell’arresto di Pietro Valpreda, annuncia trionfalmente che i risultati delle indagini «indicano tutti massicciamente, come colpevoli, gli anarchici»123 e nel farlo appronta una lunga invettiva contro il PCI e il suo quotidiano “L’Unità”, reo, secondo il direttore missino Mario Tedeschi, di aver realizzato negli ultimi mesi una campagna informativa contro le destre. Nello specifico, il riferimento è all’impianto degli articoli che l’organo di stampa comunista avrebbe redatto dopo le bombe del 25 aprile, dipingendo gli anarchici come «vittime» designate di una «nuova polizia segreta» (della quale aveva segnalato l’esistenza in un articolo del 28 aprile) attiva per realizzare nel Paese «manovre autoritarie». Alla fine del mese di dicembre, il settimanale lancia una forte provocazione, con un concorso per il titolo Carogna dell’anno. I lettori sono invitati a inviare il tagliando precompilato dalla redazione a chi credono si sia distinto come calunniatore dei fascisti incolpandoli della strage di Milano. L’elenco delle “carogne” suggerite, un vero e proprio atto di accusa della testata diretta dal futuro senatore del Msi, Mario Tedeschi, incontra in primo luogo gli esponenti del PCI, passando poi ad
121 L’angolo di Calabresi, «Guardatevi dai falsi profeti», in “Lotta continua”, 10 marzo 1970, p. 12. 122 Non ci difendiamo. Accusiamo!, Umanità Nova, 27 dicembre 1969, p.1. 123 M. Tedeschi, Assassini e protettori, Il Borghese, 21 dicembre 1969, p. 1019. 23
alcune penne del giornalismo e della letteratura italiana: Indro Montanelli, Vittorio Gorresio, Albero Moravia, Pier Paolo Pasolini124 . Tedeschi si preoccupa inoltre di dimostrare che non esiste incompatibilità ideologica fra comunismo e anarchismo; che vi sono legami fra l’anarchismo contemporaneo e la contestazione di origine francese e tedesca e, infine, che il PCI difende, aiuta e controlla i contestatori di ogni provenienza, avallando la violenza125. Per farlo parte esattamente, anche lui, dal precedente dell’attentato al Teatro Diana che adduce come prova della datata complicità fra comunisti e anarchici, evidente, secondo il giornalista, negli articoli di Antonio Gramsci, reo di aver suggerito «insinuazioni» sulla condotta delle indagini e sui «mandanti reazionari» della strage al teatro. C’è un altro periodico di riferimento per la destra italiana, il “Candido”, che sfrutta l’orrore e il dolore per le vittime dell’attentato alla Banca dell’Agricoltura in chiave anticomunista. La copertina del 25 dicembre titola LA MANO ASSASSINA DELL’EVERSIONE HA COLPITO ANCORA126 e la
suggestione offerta ai lettori è una connessione fra la morte dell’agente di Polizia Annarumma a le vite infrante di Piazza Fontana, auspicando che il sangue versato possa almeno costituire il cemento per una nuova “diga anticomunista”. In generale, la colpevolezza dell’anarchico Valpreda è strutturata, narrativamente parlando, attorno a dei temi specifici: l’essere al di fuori dei convenzionali canoni sociali rispetto alla famiglia e al lavoro (non è sposato, non ha figli, non ha una residenza fissa né un lavoro “rispettabile” e certo); il soffrire di una malattia degenerativa (il morbo di Buerger) che diviene simbolo e conferma di una malattia interiore e di un sicuro rancore verso la società che lo circonda; la tendenza a frequentare i più giovani e a comportarsi come loro, indice di una probabile volontà di corrompere e soggiogare nuove menti.
Gli esempi sulla carta stampata di questa criminalizzazione degli aspetti più privati e intimi sono innumerevoli e se nei primissimi giorni seguiti alla strage il mondo dell’informazione si è diviso fra i sostenitori della pista anarchica e quelli della pista nera, l’arresto di Valpreda finisce in qualche caso con avvicinare le posizioni di testate molto lontane per tendenze politiche, unite ora dal comune capro espiatorio. Ad esempio, la redazione del maggior quotidiano socialista si lascia
124 Le carogne dell’anno, Il Borghese, 28 dicembre 1969, p. 1087. Il testo della “cartolina” recita: «Egregio Signore, Lei è fra coloro che subito dopo la strage di Milano del 12 dicembre scorso hanno sostenuto la tesi dell’ “attentato fascista” e successivamente, quando la Polizia ha identificato i responsabili degli attentati in alcuni anarchici protetti dal PCI, ha parlato della necessità di «evitare una caccia alle streghe», all’evidente scopo di evitare fastidi ai comunisti ed ai loro alleati. Perciò, per me Lei ha pieno diritto al titolo di CAROGNA DELL’ANNO» 125 M. Tedeschi, Terrorismo e comunismo, “Il Borghese”, 28 dicembre 1969, p. 1088. 126 Il “Candido”, 25 dicembre 1969.
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trasportare in questa corsa alla torbida descrizione dell’anarchico, soffermandosi su particolari che nulla hanno a che vedere con la sua condizione di indagato127 . “L’Unità” palesa più volte i suoi interrogativi sulla figura di Valpreda - «Il cliché dell’esaltato può adattarsi benissimo alla oscura figura dell’ex ballerino dal passato burrascoso, ma proprio per questo è lecita l’ipotesi che si tratti di una pedina manovrata»128 - ponendo inoltre in evidenza le pratiche d’infiltrazione nei gruppi anarchici e della sinistra da parte di fascisti e Forze dell’Ordine, le contraddizioni nelle versioni ufficiali e la “LA CACCIA AI MOSTRI”129 come alibi per
giustificare l’offensiva contro le manifestazioni di piazza e di dissenso. La testata torinese “La Stampa” è stata, con Carlo Casalegno, fra quelle che hanno più volte manifestato dubbi rispetto alle indagini e alle accuse mosse a Valpreda. Scrive il noto giornalista che la tragedia per la strage di Milano non deve innescare una «caccia alle streghe», giacchè «non esistono delitti di opinione, ed il codice civile o penale è il solo limite ai diritti di libertà.»130
Dalle stesse pagine però, emerge l’immagine del mostro Valpreda costruita sulla vita intima e privata di un uomo che si appaga «nel predicare la bellezza purificatrice delle bombe» e si eccita nel clima di tensione sociale (suggerendo quindi, ancora una volta, continuità fra le manifestazioni dell’autunno caldo e l’esplosione della violenza stragista del 12 dicembre), affermando che la svolta nelle indagini avrà effetti positivi sull’umore del Paese e della Politica perché se «la polizia riuscirà a provare che le vittime di piazza Fontana caddero per mano di pochi e incoerenti criminali, verranno spazzati via molti sospetti e molte diffidenze che attualmente inquinano l'atmosfera politica italiana». I sospetti cui il giornalista fa riferimento riguardano le ipotesi di possibili colpi di Stato paventate in Italia e all’estero, evidenziando che il clima di incertezza che grava sul Paese e l’immagine pubblica di uno Stato e di una Democrazia in pericolo non corrispondono alla realtà di una nazione in cui «mancano molti presupposti, siano essi economici o sociali, politici o psicologici, per rovesciare la repubblica» 131 .
127 Cfr. a riguardo, L’«anarchia» di Pietro Valpreda, “l’Avanti!”, 18 dicembre 1969, p. 3. 128 M. Del Bosco, Ancora una rete fitta di mistero, “L’Unità”, 18 dicembre 1969, p.1. 129 “La caccia ai mostri”: un pretesto per colpire la democrazia italiana, “L’Unità”, 28 dicembre 1969, p.2. 130 C. Casalegno, E adesso piena luce, “La Stampa”, 17 dicembre 1969, p.1. 131 N. Adelfi, Lo sfondo del crimine, “La Stampa”, 18 dicembre 1969, p.1. 25