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3.4. “Bologna un anno dopo: spezzare la trama feroce”. Il primo anniversario

3.4. “Bologna un anno dopo: spezzare la trama feroce”574. Il primo anniversario.

“Alle ore 10,25 del 2 Agosto 1980 - alla stazione di Bologna – scoppiava una bomba. L'infame strage massacrava e uccideva 85 persone […] Erano tutti innocenti. Oggi, 2 agosto 1981, alle ore 10,25, per loro vi è solo silenzio poiché dopo un anno non gli è stata ancora resa giustizia.”575

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A un mese dalla prima ricorrenza dell’eccidio, la carta stampata si anima di polemiche politiche in relazione a quella che, parafrasando i giornali nazionali, possiamo definire la “liturgia diversa”, prevista per la commemorazione della strage di Bologna. La controversia nasce dal programma, del tutto incurante del tradizionale cerimoniale: dal 31 luglio al 2 agosto Bologna ospiterà infatti convegni, concerti di musica medievale e jazz, l’esibizione del pianista Pollini in omaggio a Chopin e un recital di terzine dantesche di Carmelo Bene dall’alto della Torre degli Asinelli. Certo, il giorno della strage sarà celebrato nel raccoglimento alla stazione, ma le quattro giornate bolognesi suscitano più di una perplessità, tanto da far scrivere al sempre pungente e critico Indro Montanelli che si sarebbe finiti col «ballare il rock sul cadavere degli 85 morti della strage».576 I democristiani vogliono più austerità, maggiore rigore e compostezza; i socialisti votano a favore ma denunciano la strumentalizzazione della ricorrenza da parte del Pci. Dal canto suo, con fermezza, Zangheri dichiara che l’idea di una commemorazione alternativa nasce «dalla stanchezza e dal fastidio morale per i riti vuoti e inutili, o utili solo a nascondere la sostanza dei problemi».577

Negli stessi giorni, il capo dello Stato consegna alla città di Bologna la medaglia d’oro al valor civile, per la “prova di democratica fermezza e di civile coraggio”. Nonostante l’autorevole riconoscimento, in città il clima non è sereno.

574 R. Imbeni, Bologna un anno dopo: spezzare la trama feroce contro la libertà e la vita di tutti, “L’Unità”, 02 agosto 1981, p.4. 575 T. Secci, discorso tenuto a nome dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna, il 02 agosto 1981. Tutti i discorsi dei presidenti dell’Associazione sono reperibili al sito internet www.stragi.it. 576 In R. Bellato, Concerti, rock e poesie per la strage di Bologna? Infuriano le polemiche, “Stampa Sera”, 13 luglio 1981, p.1. 577 M. Chierici, A Bologna crescono le polemiche sulla commemorazione spettacolo per l’anniversario della strage, “Corriere della Sera”, 15 luglio 1981, p.1.

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Oltre alle opposizioni politiche, anche i reduci del movimento del ’77 si spaccano sull’adesione ai quattro giorni di Bologna: anche fra loro, in molti, colgono nel programma l’autocelebrazione dell’egemonia comunista e del potere politico. La commemorazione diviene spunto per una riflessione sui problemi della città, specialmente dei giovani. La ricorrenza della strage ha innescato la miccia di una discussione pubblica che mette al centro la condizione giovanile, l’emarginazione sociale, le dipendenze, la partecipazione politica, la realtà dei centri sociali e il distacco dalle Istituzioni.

Gli effetti della bomba hanno travalicato i confini dell’immane dolore privato e delle fumose inchieste giudiziarie. La lotta al terrorismo diviene simbolo di un’esigenza di rinnovamento politico e sociale, nondimeno morale. Una moralità di cui scriverà anche Nilde Jotti in un messaggio indirizzato al sindaco Zangheri: «la strage è divenuta il simbolo della capacità morale di reggere anche i colpi più iniqui in nome della vita e della dignità dell’uomo e della solidarietà umana».

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Il 2 agosto, alla stazione, un breve e sofferto discorso del Presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime, Torquato Secci (cui la bomba ha sottratto il giovane figlio, Sergio), rende pubblica l’immagine di una strage d’innocenti cui è seguita la vergognosa beffa di una Giustizia manchevole. Sulle nuove generazioni insiste ancora il quotidiano del Pci, riflettendo sul rapporto fra queste e il terrorismo, sulle conseguenze della violenza stragista nella formazione dei giovani degli anni Ottanta.

La commemorazione anima così il confronto sul terreno scivoloso dell’«intreccio terrorismo –realtà giovanile - democrazia». La strage di Bologna, un anno dopo, è la simbolica rappresentazione di una nuova consapevolezza delle forze di sinistra: per uscire dalla crisi appare indispensabile «favorire un nuovo rapporto positivo, seppure critico, con una larga parte di giovani allo scopo principale di sconfiggere il terrorismo». Questa relazione, che l’organo di stampa del Pci ritiene un punto focale della lotta alla violenza politica, non è contemplabile «se non si farà della domanda di verità e di giustizia, una piattaforma di lotta politica, un criterio di giudizio per chi governa l’Italia».

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La redazione offre qui una lettura degli anni Settanta e Ottanta schiacciata sulla categoria di terrorismo, facendone la “questione italiana” del decennio e vedendo nella risposta a esso la cartina tornasole dell’operato dei Governi e della Politica. Propone inoltre, nella stessa pagina, una riflessione sulle espressioni più frequentemente utilizzate per descrivere la strage di Bologna – “terrorismo indecifrabile”, “terrorismo allo stato puro”,

578 In Da oggi le manifestazioni per ricordare la tragedia, “Corriere della Sera”, 30 luglio 1981, p.1. 579 R. Imbeni, La verità che si deve ai giovani, “L’Unità”, 02 agosto 1981, p.4. 179

“terrorismo fine a se stesso”- contestandole in virtù del fatto che vi sarebbe invece una logica chiara e inequivocabile al fondo della strategia stragista: quella della destabilizzazione del sistema democratico, della rinnovata strategia anticomunista elaborata all’Hotel Parco dei Principi di Roma già nel ‘65, della messa in pratica dalla violenza neofascista che godeva e gode di alte protezioni in un sistema in cui «la finestra è sinistramente aperta su un panorama di corruzione, di complicità, di connivenza di uomini del potere.»580

Anche il “Corriere della Sera” fa della strage di Bologna un simbolo, un “promemoria”, citando il titolo dell’editoriale del primo anniversario. Cosa deve ricordare all’Italia l’eccidio di innocenti del 2 agosto 1980? Qual è il monito? Si richiama alla mente quell’interrogativo sul “dove sta la speranza?” che aveva animato il giornale nell’immediatezza dell’attentato. Si ripercorrono i fatti più inquietanti degli ultimi dodici mesi: il tragico terremoto emblema «della vergognosa inefficienza operativa dei governi clientelari»; il rischio che il garantismo si riveli essere una «spirale di cedimenti al terrorismo»; lo scandalo della P2 come evidenza di una crisi dai «sottofondi sconcertanti»; la Magistratura che si appella al Quirinale perché minacciata da «pressioni oscure (ma non tanto) se le sue indagini si avvinano a un tema agghiacciante: il rapporto tra politica e violenza mafiosa»; la lotta tra bande nell’Alta Finanza, con Sindona, Ambrosoli e un mondo dove davvero pare di sentire riecheggiare il «grido manigoldo di “o la borsa o la vita”». In tutto questo si inserisce la consapevolezza che la promessa di fatti e non di sole parole pronunciata dalla classe politica all’indomani della bomba alla stazione, non è stata mantenuta. E che la speranza risiede ormai soltanto nel Capo dello Stato, nella sua «lotta solitaria». I cittadini sono descritti stanchi, delusi del costume politico, dello sbando della vita pubblica, inermi di fronte alla «strage morale» venuta dopo la strage materiale di Bologna. Il promemoria, in questo torvo panorama, è insito nella richiesta declamata a gran voce dall’“Italia onesta”, dai cittadini che cercano di resistere al vuoto politico: attuare nel Paese una vera e propria «rivoluzione morale». 581

La testata segue il cerimoniale nella piazza antistante la stazione. La carta stampata riporta la cifra di circa centomila cittadini accorsi in omaggio alle vittime e registra le presenze delle più alte cariche dello Stato: dal Presidente del Consiglio, Spadolini, alla presidente della Camera, Nilde Jotti.

580 G.P. Testa, Il terrore non è indecifrabile, ha complici e padrini, “L’Unità”, 02 agosto 1981, p.4. 581 Promemoria, “Corriere della Sera”, 02 agosto 1981, p.1. 180

Ci sono alcuni ministri, c’è il sindaco di Bologna, e autonomamente è giunto anche il presidente della Repubblica, l’amato Sandro Pertini che si è recato di fronte alla lapide commemorativa della strage stringendo mani, abbracciando superstiti, incoraggiando i familiari delle vittime. Tutti, inevitabilmente, ricordano che non è stata ancora fatta giustizia e che le indagini sembrano sospese, rallentate, ostacolate. La Rai manda in onda, il 3 agosto, uno speciale sulla strage in cui si intervistano i feriti, coloro che per puro caso sono stati risparmiati dall’ordigno. Il pubblico discorso sull’eccidio di Bologna si arricchisce sempre più della voce delle vittime. Il costituirsi dell’Associazione dei familiari ha aperto l’intensa stagione degli “operatori della memoria”, che in queste battute iniziali svolgono però un’altra funzione: incalzare la pubbliche Autorità perché sia fatta chiarezza e luce sui colpevoli. La loro è una domanda di giustizia, formalizzata nello statuto che riporta testualmente l’impegno assunto dai suoi aderenti: “Ottenere con tutte le iniziative possibili la giustizia dovuta”.

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Ai familiari delle vittime dà spazio anche “La Stampa”, che riporta un commento del vicepresidente dell’Associazione, Paolo Bolognesi (attuale Presidente): “Le polemiche di questi giorni […] sono tutte cose inutili, dannose. Invece noi ci chiediamo come lavorano i servizi segreti, come i magistrati”.

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In ogni caso, nell’arena pubblica, Bologna è una stazione ferita a morte e prontamente ricostruita da una cittadinanza attiva e vigile. È una città simbolo.

Un luogo di confronto fra generazioni, culture politiche e pratiche sociali. La studiosa Anna Lisa Tota, cui abbiamo già fatto riferimento in questo capitolo, ha preso in esame anche le cerimonie di commemorazione che dal 1981 hanno scandito il ritmo della giornata del 2 agosto. Scrive a tal proposito che:

Dal 1981 in poi Bologna è diventata città simbolo delle vittime delle stragi in Italia: il genere commemorativo e le forme di comunicazione pubblica che si sono consolidate in questo contesto, rappresentano un vero e proprio modello di elaborazione della memoria pubblica.

582 Art. 2, titolo II, Statuto di Associazione, reperibile al sito internet dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, www.stragi.it 583 P. Bolognesi, in V. Tessandori, Pertini tra i familiari delle vittime: «State certi, troveremo gli assassini», “La Stampa”, 02 agosto 1981, p.5.

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Tale modello si è formato […] grazie ad alcuni fattori: in primo luogo, la presenza di un gruppo di imprenditori morali della memoria, che ha saputo riconoscere la dimensione pubblica del proprio dolore e, conseguentemente, ha potuto transitare negli anni dalla dimensione del «fare memoria» a quella del «fare etica pubblica»584 .

Gli altri elementi che hanno contribuito alla realizzazione di questo modello sono il contesto politico locale (stabile al punto di offrire risorse economiche e sociali) e, sopra ogni altra cosa, la società civile bolognese, percorsa da una vibrante tradizione di vita culturale, civile e politica. Nel tempo il ruolo e l’attività dell’associazionismo e della società civile muteranno sempre più i loro profili e la “politica della memoria” diverrà strumento di una visibilità politica e istituzionale capace di attrarre l’attenzione sulle grandi questioni che interessano il dibattito nazionale. Al ricordo del primo anniversario si uniscono voci di ogni tipo: sopravvissuti, familiari delle vittime, cittadini bolognesi, giovani e meno giovani giunti da tutta Italia e anche dall’Estero per le quattro giornate. Chi non riesce a partecipare fisicamente invia lettere, come quella giunta dalla Lombardia al sindaco bolognese, scritta da una donna che ha lasciato l’Emilia per ragioni familiari: «Ora, nella prima triste ricorrenza, nella quale si vuole giustamente sensibilizzare l’opinione pubblica e ricordare a chi osasse avere della codarda indifferenza, con tutta modestia vorrei far sentire nuovamente la mia voce: “La mia Bologna piange, ed io la sento e pur lontana, odo il suo lamento”.

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La prova cui l’Italia è sottoposta in questo tornante storico non anima soltanto le riflessioni dei salotti intellettuali, delle piazze nostrane, della stampa nazionale e dell’opinione pubblica italiana. Il Bel Paese è oggetto di osservazione internazionale e l’eco di una importante testata statunitense arriva alle pagine del “Corriere della Sera”. L’Italia è come la torre di Pisa, che pende pericolosamente ma non cade: questa è l’immagine che giunge d’oltreoceano, più precisamente dalle pagine del “Time”. L’analisi è tutta focalizzata sulle contraddizioni di una Nazione in cui l’economia versa in seria difficoltà, con l’inflazione che corre e l’emergere del lavoro nero; in cui il terrorismo attanaglia il paese fra la strage di Bologna e l’esecuzione di Roberto Peci da parte delle Brigate Rosse e gli scandali della P2 alimentano il rifiuto della classe di governo. Eppure, è proprio la situazione politica a dare, nell’ottica statunitense, un’aria nuova alle cose. L’avvento del governo Spadolini è ben accolto e la forza dell’Italia risiederebbe nel suo stesso

584 A. Lisa Tota, La città ferita, op. cit., cit. p. 215. 585 Ivi, p.152.

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