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Ringraziamenti
Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza l’infinita disponibilità di quanti hanno supportato i nostri studi in ogni loro fase. I nostri ringraziamenti vanno quindi alle persone seguenti: al contrammiraglio Fabio Agostini, capo dell’Ufficio Pubblica informazione e comunicazione dello Stato maggiore della Marina militare, per averci affidato l’incarico; ai due capi dell’Ufficio storico della Marina che si sono alternati durante il nostro lavoro, il capitano di vascello Giosuè Allegrini il capitano di fregata Leonardo Merlini, che ci hanno seguito in tutta la nostra impresa insieme al contrammiraglio Giuliano Manzari, al capo Sezione musei e capitano di fregata Marco Sciarretta, al capo Sezione archivi e capitano di fregata Claudio Rizza, alla signora Rita Micheli con i signori Marco Cormani, Romeo Perini, Franco Senatore, all’archivista dottoressa Ersilia Graziani, e alla bibliotecaria signora Antonella Marotta. Alla Fototeca del medesimo Ufficio storico, un ringraziamento particolare va al primo luogotenente Francesco Matrone e al primo maresciallo Salvatore Grasso, per la loro pazienza infinita. Siamo inoltre debitori per consigli e tanto altro verso il comandante del Genio dell’Esercito italiano, il generale di brigata Francesco Bindi, il direttore dell’Istituto storico e di cultura dell’arma del Genio, colonnello Giulio Milone, il colonnello Cristiano Maria De Chigi, a capo dell’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’Esercito nel 2017, e il suo successore, il colonnello Filippo Cappellano.
È per me un grande piacere fare alcune considerazioni in occasione di questa importante iniziativa scientifica ed editoriale frutto di un accordo di collaborazione scientifica tra la Sapienza – Università di Roma, e l’Ufficio pubblica informazione e comunicazione della Marina militare insieme al correlato Ufficio storico.
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L’importanzadellegamedellaForzaarmatacolmondouniversitario è, oggi come in passato, sempre importante e lo sarà sempre più nel futuro. Ciò è in virtù soprattutto dell’ampio spettro di risposte che la Marina militare italiana si trova oggi esitroveràpiùavantiadoverfornire,sianell’ambitodelladifesa del Paese intesa in senso più ampio come protezione dei mari e degli interessi nazionali, sia – a una scala diversa – di quello della cooperazione con le altre Marine dell’Alleanza atlantica e non solo, in funzione della custodia della pace nei tanti teatri internazionali di crisi militare, diplomatica e umanitaria in essere oggi e in divenire. A tutte queste sfide solo risposte di tipo multidisciplinare e condiviso con le migliori espressioni del mondodellascienzapossonogiàoggiepotrannonelprossimo futuro affrontare in maniera sostenibile le tante questioni che la nostra Marina militare è chiamata ogni giorno ad affrontare nei suoi tanti scenari d’operazioni, in Mediterraneo e altrove. In questo quadro più generale, questo volume ha uno scopo duplice. Da una parte quello, per prima cosa, di celebrare eventi del passato fondamentali per la vita del Paese.
Ammiraglio di squadra Valter Giradelli
Capo di Stato maggiore della Marina militare
L’opera è infatti pubblicata a conclusione del quadriennio di celebrazioni nazionali avviate nel 2015 e concluse nel 2018 per il centenario della partecipazione dell’Italia alla prima guerra mondiale. Da noi come in tutto l’Occidente le celebrazioni in questione sono state ricche di iniziative in tanti settori della vita civile, non solo nell’ambito della storia militare. L’Italia in questo – e così la Marina – non sono state da meno. Allo stesso tempo, valutata da un diverso punto di vista, questa stessa opera ha anche un altro significato, proprio in funzione del discorso di cui sopra della collaborazione tra Forze armate in generale e mondo della ricerca scientifica universitaria. Dico questo perché il libro in oggetto tratta per la prima volta in maniera ampia e sistematica il tema delle basi navali e aree della Marina militare italiana: un tema sostanzialmente inedito tra gli interessi storiografici più recenti della Forza armata. Ciò nonostante, il tema è strategico per la sua vita quotidiana per mare, per terra e in aria, perché è da queste infrastrutture, dalla loro complessità, dalla loro posizione nei diversi mari del globo che dipendono uomini, navi e politiche di tutti i Paesi che per mezzo del loro sea power, grande o piccolo che sia, proiettano e mantengono forze e insieme difendono i loro interessi di qualsiasi tipo.
Nel rimarcare, quindi, il mio pieno sostegno all’iniziativa auspico che essa possa in futuro aprire nuovi orizzonti di lavoro per altre generazioni di studiosi delle nostre cose di mare.
Prof. Carlo Bianchini
Sapienza Università di Roma
Direttore del Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura
Non è una frase di circostanza in questo caso affermare che è per me un piacere ed un onore presentare il pregevole volume che oggi vede la luce grazie all’opera tenace ed instancabile del gruppo di ricerca coordinato per quanto riguarda il Dipartimento di Storia, disegno e restauro dell’architettura di Sapienza dal prof. Piero Cimbolli Spagnesi.
Le ragioni che fanno di questo volume un’opera importante e decisamente originale nel panorama della storiografia che si dedica alla cosiddetta Architettura militare sono diverse.
Innanzi tutto la sua impostazione scientifico-metodologica: non si tratta infatti di una «semplice» analisi storicocritica, cronologica, tipologica o funzionale delle strutture e infrastrutture oggetto dello studio, ma di un tentativo (molto ben riuscito a mio avviso) di tratteggiare il quadro generale delle strategie, pianificazioni, indirizzi operativi e anche politiche che la Regia Marina in particolare, ma direi il Regno d’Italia in generale, ha avviato ben prima del 1914 al fine di prepararsi a situazioni di conflitto.
In questo quadro, la storia «materiale» dei manufatti e delle infrastrutture emerge dalle pagine del libro per così dire «arricchita» proprio in virtù delle evidenze e degli spunti trasversali che solo questa chiave di lettura generale e contaminata è in grado di assicurare. Come un attento lettore potrà apprezzare, il risultato è molto interessante poiché restituisce chiaramente la dimensione dello sforzo (politico, economico, industriale e infine popolare) che il Regno d’Italia ha sistematicamente profuso a partire dagli ultimi decenni dell’ottocento toccando il suo picco più straordinario proprio nel periodo della Grande guerra. Per questo (assieme alle molte altre ragioni di cui il lettore si accorgerà soffermandosi sui vari capitoli) il presente volume costituisce a mio avviso un modo degno ma nello stesso tempo originale e pertinente di celebrare ancora una volta il centenario della prima guerra mondiale.
Da un punto di vista più istituzionale, inoltre, devo con soddisfazione sottolineare come esso sia anche il frutto concreto di una «buona pratica» di collaborazione paritetica sviluppata in questi ultimi anni tra il Dipartimento in questione di Sapienza e lo Stato Maggiore della Marina, a dimostrazione tangibile che il valore di progetti di questo tipo eccede sempre la somma delle singole competenze. Voglio però concludere rimarcando un ultimo aspetto, forse il più importante: in maniera puntuale ma non per questo meno rilevante, questo volume «celebrativo» concorre infatti ad inquadrare con il dovuto distacco (e quindi con forse maggiore obiettività) un pezzo doloroso ma essenziale della storia italiana: quello in cui si è certamente fattal’Italia ma in cui soprattutto si sono fattigliItaliani
La Grande guerra nell’immaginario collettivo viene ricordata come un conflitto combattuto nel fango e nelle trincee. Nei quattro anni dedicati alle commemorazioni del Centenario, la Marina militare, attraverso l’Ufficio storico, con la pubblicazione di numerosi volumi, l’organizzazione di mostre tematiche e la partecipazione a vari convegni, ha ampiamente dimostrato come la Regia Marina giocò un ruolo importantissimo e fondamentale per la vittoria finale. L’impegno degli uomini e dei mezzi della Regia Marina si concretizzò nel garantire e salvaguardare - allora come oggi - gli interessi della nazione e dell’Intesa sui mari del mondo. Tale compito fu realizzato attraverso l’esercizio del Potere Marittimo, assicurando i rifornimenti via mare agli alleati e negandoli nel contempo ai paesi degli Imperi Centrali. Il concetto di Potere Marittimo è stato ed è tuttora oggetto di studi approfonditi da parte di storici ed esperti del settore che regolarmente aggiornano e revisionano teorie e dottrine. Tutti convergono però nell’affermare che, per poter esercitare pienamente il Potere Marittimo, una nazione ha bisogno necessariamente, fra le atre cose, di adeguate basi navali.
Tutto ciò era a piena conoscenza del Grande Ammiraglio Paolo Thaon di Revel, Capo di Stato Maggiore della Regia Marina e artefice della vittoria sul mare, che proprio nel consolidamento e nell’ammodernamento delle basi navali italiane diede massimo impulso prima, durante e dopo il primo conflitto mondiale.
Argomento difficile da trattare, sia per gli aspetti tecnici che per quelli storiografici, soprattutto legati al reperimento e allo studio delle fonti, quello delle basi navali è stato opportunamente approfondito attraverso una collaborazione fra il Dipartimento di Storia, disegno e restauro dell’architettura della Sapienza Università di Roma e lo Stato Maggiore della Marina, Ufficio Storico.
Un anno di studi, ricerche, confronti, riunioni e altro hanno consentito di poter giungere al traguardo della pubblicazione di questo volume inedito che sicuramente susciterà l’interesse sia di storici e ricercatori, sia di appassionati del settore. Un libro, mai realizzato prima, che vuole essere il capostipite, si spera, di un nuovo filone storico, soprattutto per quel che riguarda la Marina militare. Ad Maiora!