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Tra mare e città. L’attività degli arsenali militari italiani nella prima guerra mondiale

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Ringraziamenti

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Maria Grazia Turco

Introduzione

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Il contributo intende mettere a fuoco l’attività e il ruolo svolti dagli arsenali della Marina militare durante il periodo interessato dalle vicende della prima guerra mondiale; si tratta di un importante patrimonio storico, culturale e architettonico che la presente ricerca approfondisce, in prima fase, attraverso un sintetico inquadramento della relativa situazione bellica e, quindi, indagando alcuni specifici casi-studio, tra cui emergono, per il ruolo strategico assunto durante il periodo compreso, gli arsenali di Taranto e Venezia.

L’indagine bibliografica, archivistica e iconografica, fondata sulla raccolta e lo studio del materiale conservato presso l’Archivio storico della Marina militare, ha fornito una base conoscitiva indispensabile e fondamentale per l’articolazione della ricerca finalizzata non solo alla conoscenza delle singole strutture e degli impianti portuali ma anche alla comprensione dei rapporti che tali infrastrutture, durante il periodo storico esaminato, instaurano con i limitrofi contesti urbani e con gli ambiti paesaggistici di riferimento (fig. 1).

Conl’avventodelloStatoUnitario,laRegiaMarinaprovvede, apartiredal1878,adelineareunveroeproprioordinamento1 , articolato da specifici regolamenti, in grado di controllare le diverseattivitàdipertinenzadiportiearsenali;undocumento sostanziale che delinea, tra gli obiettivi primari, l’urgenza e la volontàdiproteggerel’interosistemacostieroitaliano,soprattuttotramiteunarepentinariorganizzazioneecontestualeimpostazione di nuove stazioni semaforiche marittime in modo tale da assicurare il controllo del mare e del litorale oltre che agevolare le comunicazioni tra navi e terra.

Il Ministero della Marina, a tale scopo, sin dai primi mesi del 1887, redige anche un grafico di Difesa delle coste. Servizio semaforico con l’indicazione dei porti, e del loro relativo ambito di competenza lungo il litorale del Regno, con riferimento all’organizzazionedelserviziosemaforicomarittimo.Dallarelazioneallegatasievince,conchiarezzadiriferimenti,ilresoconto dello stato dei fatti, con indicazione delle otto stazioni permanenti in fase di costruzione, oltre che l’intenzionalità di predisporre “materiale … [e] personale” per la futura impostazione di altre “eventuali” ventuno sedi semaforiche2 (fig. 2).

Gli arsenali e i cantieri militari marittimi in attività in questo periodo sono ancora quelli ‘storici’ di Genova, Livorno, Na-

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poli, Castellammare, Ancona e Venezia, vale a dire quattro arsenali e due cantieri che, per la situazione del momento, sembrano non essere completamente utilizzabili soprattutto per il fatto di essere carenti di attrezzature appropriate per la costruzione e l’apprestamento di ‘moderne’ navi da guerra; per insufficienza tecnica e, altresì, per mancanza di un’idonea localizzazione strategica alcuni di questi complessi vengono, infatti, ceduti all’industria privata, tra questi i cantieri di Genova, Livorno e Ancona3 .

Nel 1889, a seguire, vengono individuate anche diverse stazioni torpediniere, dislocate sulle coste nazionali, con l’in-

3 GLI ARSENALI 1940.

4 RB, b. 126, fasc. 9 (“Ordinamento della R. Marina, Arsenali”,1887). Le dicazione del relativo tratto di litorale assegnato alle strutture principali, comprensive queste di sedi secondarie: Spezia, dal confine francese fino a Terracina inclusa; Maddalena, con la Sardegna e le diverse isole; Gaeta, da Terracina a capo Suvero; Messina, con la Sicilia, le isole e il litorale “del continente” fra capo Suvero e capo Spartivento; Ancona, da capo Santa Maria di Leuca alla foce del fiume Rubicone; Taranto, nel tratto costiero compreso tra capo Spartivento e capo Santa Maria di Leuca, con le stazioni complementari di Cotrone e Gallipoli; Venezia, dal Rubicone fino al confine austro-ungarico, con la stazione di Porto Corsini4 (fig. 3).

Ma già a partire dal 1914, con la dichiarazione di guerra tra Francia e Impero austro-ungarico (11 agosto), la Marina rileva immediatamente, con grande consapevolezza, lo stato d’inferiorità delle diverse piazze marittime italiane rispetto alle esigenze di una nuova situazione bellica estremamente difficile e complessa;risultainadeguato,soprattutto,l’assettomarittimo difensivo delle coste del Mare Adriatico dove le singole unità portuali, e in particolare la base navale di Brindisi (fig. 4), non riescono a offrire adeguate garanzie nei confronti delle sempre più probabili offese da parte di navi nemiche.

Si tratta, infatti, di strutture marittime che non dispongono ancora di appropriati ripari in caso di attacchi, soprattutto a opera di sommergibili, armi subacquee queste ormai riconosciute ampiamente efficaci e sempre più utilizzate, oltre che della possibilità e capacità di stazionamento della flotta dell’Armata.Cisitrovadifronteaunasituazionedifficilecheprecipita, improvvisamente, a partire dal 24 maggio 1915, quando anche l’Italia dichiara guerra all’Austria-Ungheria.

LaRegiaMarinaintuisceimmediatamentel’urgenzadiunaggiornamentodelleinfrastruttureindividuateperintraprendere egestirelacomplessasituazionebellicasull’interofronteadriatico; un obbligo, quindi, per i paesi dell’Intesa di prendere le dovute contromisure procedendo, con massima urgenza, al completamento e alla riorganizzazione delle basi marittime principali,specialmentequellepostesulversanteionico-adriatico ancora caratterizzate, come ormai ben noto, da un significativo stato di debolezza organizzativa e logistica5 .

L’Italia inizia, quindi, a elaborare progetti concreti e risolutivi sia in concomitanza dell’entrata in guerra sia, in alcune situazioni, durante il procedere degli eventi bellici, con interventi suggeriti, di volta in volta, da urgenze contingenti ed esperienze sul campo.

La Regia Marina, a questo punto, assume un ruolo fondamentale nel Mediterraneo e, soprattutto, nell’Adriatico; un documento, conservato nell’Archivio della Marina militare, relativo a quest’ambito costiero, il Piano generale delle operazioni marittime in Adriatico, approvato da re Vittorio Emanuele, individua con chiarezza obiettivi e traguardi di questa guerra: la distruzione delle forze da battaglia avversarie, senza alcuna preoccupazione per i danni che queste potrebbero ar- recare alle città costiere adriatiche; il ricorso a forze subacquee per tendere agguati lungo le rotte avversarie; il dispiegamento di dirigibili e idrovolanti per effettuare azioni di ricognizione e contrasto6

Allo scoppiare della Grande guerra, però, nonostante l’importante fervore operativo e strategico, non è ancora stato elaborato alcun piano risolutivo d’assetto difensivo contro le probabili aggressioni aeree; si tratta di un’‘arma di guerra’ questa tra le più nuove e recenti introdotte nel conflitto in corso, utilizzata sia come mezzo offensivo sia come strumento di ricognizione (figg. 5, 6).

Una situazione questa che ben presto spinge la Marina verso l’impostazione di armi adeguate alla risposta di probabili bersagli aerei; una prima forma di difesa contro i bombardamenti comporta, infatti, l’installazione, nelle sedi marittime di Venezia7, Porto Corsini, Taranto e Brindisi, di cannoni di calibro relativamente elevato, come i 76/40 mod. 1916 R.M., vale a dire un livello minore dell’artiglieria italiana diffuso prevalentemente a supporto di unità navali leggere ma che, predisposti su pianali ferroviari, garantiscono la difesa antiaerea anche ai treni armati della Regia Marina.

Nelle altre piazze marittime si procede, contestualmente, alla realizzazione di apposite piazzole preparate per ricevere tali armi, non appena queste saranno in quantità utile per essere definitivamente predisposte; un’organizzazione quella del servizio antiaereo che viene studiata e programmata per gran parte dal capitano di corvetta Pittoni.

Vengono,altresì,organizzate,neimariprospicentidiversiporti adriatici, un gran numero di ostruzioni retali, ovvero di reti anti-siluro,ancorascarsamentepresentinellepiazzemarittime

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Maria Grazia Turco italiane; ma l’ingente e rapida produzione innesca un significativo impegno industriale a livello nazionale anche se spesso si dovrà ricorrere, per far fronte alle urgenti esigenze belliche, ancheamaterialeprovenientedall’estero,soprattuttodall’Inghilterra, nazione che, già dal 1876, con il contributo del British Admiralty Torpedo Committee, aveva individuato e predisposto una serie di accorgimenti per proteggere le coste dallaminacciadi silurie,pertanto,sindal1877,avevainiziato la sperimentazione proprio ricorrendo alle ostruzioni retali. I primi interventi nazionali riguardano, in particolare, l’allestimento di reti para-sommergibili e para-siluri, una serie di sbarramenti predisposti proprio iniziando dalle piazze più a rischio di attacchi, vale a dire i porti di Venezia, Taranto e Brindisi (fig. 7a, b), in modo tale da garantire una certa sicurezza per le navi ivi ancorate; ulteriori sistemi retali vengono preparati per gli scali di Spezia e Messina oltre che per l’imboccatura dei più importanti porti mercantili. Ilmedesimoresocontoannualegiàricordato,relativoalladifesa dellitorale,confermache,sindall’agosto1914,vieneprodottoe utilizzatountipoditorpedine,qualeproiettileesplosivo,adatto sia per difesa delle piazze marittime sia per scopi offensivi8 . Unulteriorecontrollodellalineacostieraedeiporti,compresi tracanaled’OtrantoeRavenna,controlefrequentiincursioni nemiche, viene messo a punto dalla Marina utilizzando i cosiddettitreniarmati,dispositiviallestitidirettamentenegliarsenali e, per lo più, equipaggiati con cannoni da 120 m/m e 152 m/m, con lo scopo di vigilare il tratto della costa interessatodallalineaferroviariaadriatica(figg.8,9);unallestimento che vuole assicurare il controllo mobile del litorale con particolare attenzione per quelle aree maggiormente soggette ad attacchi austro-ungarici, vale a dire la porzione di mare che si estende tra Ravenna e Termoli, tra Barletta e Bari.

1918).

Una condizione piuttosto complessa e articolata per la difesa del litorale italiano che porta il governo dello Stato unitario e la Marina, negli anni che anticipano gli eventi bellici, a rafforzare e riorganizzare, nell’ambito di un ‘sofferto’ piano strategico,soprattuttoiportidiTaranto,chediventabaseprincipale dell’armata della Regia Marina, di Brindisi e di Venezia9

8 RB, b. 307, f. 3 (“Relazioni annuali sulla difesa costiera, dal 1913 al 1917”, 1913-1914).

Arsenale Di Taranto

Al divampare della guerra, i primi provvedimenti elaborati prevedono una più sicura dislocazione per la flotta interalleata – italiana, francese e inglese – lungo le basi della dorsale adriatica, un vero e proprio “nucleo da battaglia”10, la cosiddetta “Armata navale” che, dal 26 agosto 1914, viene affidata al comando di Luigi Amedeo di Savoia Aosta (1873-1933), duca degli Abruzzi.

9 CIOLA 2015, p. 395.

10 DE NINNO 2014, p. 3.

I fatti delineano immediatamente una situazione complicata che richiede, come primo atto, l’abbandono delle strutture costiere preesistenti, ormai obsolete, come quelle di Genova e Ancona11 (fig. 10), complessi caratterizzati da una modesta efficienza militare che avrebbe reso le due città facile bersaglio per attacchi provenienti da navi nemiche; contestualmente,sidefiniscel’allestimentodinuovebatterieantisiluranti proprio nei porti di Taranto e di Brindisi12, ormai basi di rife-

11 Così succede ad Ancona, il 24 maggio 1915; RB, b. 307, fasc. 3 (“Relazioni annuali sulla difesa costiera, dal 1913 al 1917”, 1913-1914).

12 A Taranto viene approntata, presso la masseria Gennarini, una batteria di 4 pezzi da 152 mm; per rinforzare il fronte sul mare di Brindisi vengono inviate batterie galleggianti (Dandolo, pontone armato semovente Valente) e organizzate ostruzioni (ex Doria). I pontoni armati rappresentano un’innovazione per la prima guerra mondiale nel caso di difesa delle zone costiere dell’alto Adriatico caratterizzate da bassifondi. RB, b. 307, fasc. 3 (“Re-

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rimento sul mare Adriatico e limitrofe ai due centri urbani maggiormente minacciati dalla flotta austriaca che, a causa del blocco del canale di Otranto, staziona proprio all’interno della limitata area adriatica. La chiusura del canale deve, infatti, impedire alle navi di superficie austro-ungariche di abbandonare l’Adriatico, anche se tale strategia tattica non riuscirà a bloccare i sottomarini presenti nella base di Cattaro, centro navale, insieme a Pola, dell’impero austro-ungarico sulla sponda orientale del mare.

In tale contesto bellico la piazza marittima di Taranto assume il ruolo di fulcro all’interno delle operazioni navali italiane, insieme al porto di Brindisi che, in contemporanea, riesce a offrire un valido approdo per navigli leggeri e siluranti.

lazioni annuali sulla difesa costiera, dal 1913 al 1917”, 1913-1914).

Durante la prima guerra mondiale, infatti, l’arsenale militare di Brindisi, per la ristrettezza del suo specchio d’acqua e per la scarsa profondità, viene riconosciuto soltanto come base per le forze secondarie, seppure in continuità e armonia con la vicina struttura tarantina (1905)13; il porto viene, quindi, destinato a luogo di riparazione e appoggio per le navi (Vulcano e Lombardia) oltre che per la sistemazione dei navigli. In tale situazione, le operazioni militari rendono urgente, quindi, la riorganizzazione del porto di Taranto con una prima serie di opere importanti. Gli interventi iniziali riguardano l’ampliamento del cantiere navale (a partire dal 1913) oltre che l’impostazione di alcune opere indispensabili per rispondere alle esigenze belliche: vengono, infatti, scavati e drenati i due seni di ponente e levante, per permettere l’ingresso alle navi più grandi14; viene organizzata una stazione per gli idrovolanti (fig. 11); vengono costruiti la diga di Costa Morena e l’acquedotto pugliese15, struttura quest’ultima, che oltre ad assicurare l’approvvigionamento d’acqua potabile per navi e truppe, assolve anche la funzione di rifornimento per la città tarantina. Il potenziamento del territorio lungo la costa adriatica ha, infatti, inizio anche con la costruzione di dighe, opere già da tempo programmate sia per Brindisi sia per Taranto.

13 L’arsenale di Taranto viene completato nel 1910 negli spazi del castello svevo della città.

14 Navi monocalibro con cannoni da 305 mm: Dante Alighieri, Conte di Cavour, Caio Duilio; pre-dreadnought: Regina Margherita, Regina Elena; incrociatori: Giuseppe Garibaldi, San Giorgio, Pisa. Completano la squadra i cacciatorpedinieri (Indomito, Soldato e Pilo), oltre a una ventina di sommergibili. Le principali basi della Regia Marina sono: La Spezia, Taranto e Napoli,

15 L’acquedotto pugliese viene inaugurato il 7 febbraio 1916.

I documenti conservati presso l’archivio della Marina militare, e in special modo il Riassunto dell’opera compiuta nell’anno 1915-191616, confermano che il complesso tarantino viene ben presto ad assumere un’importante posizione strategica, tra i mari Jonio e Adriatico, un ruolo che richiede l’immediata predisposizione di piani d’aggiornamento tecnico oltre che d’adeguamento amministrativo.

UnaletteradelMinisterodellaMarina,GabinettodelMinistro, indirizzata al capo di Stato maggiore e datata 27 maggio 1915, aventecomeoggettogliArsenalidellaR.Marinaelaguerra,confermacome,dopopochigiorniladiscesaincampodell’Italia,la principalepreoccupazionedeldicasterosiarivoltaproprioall’arsenale di Taranto, organismo in condizione poco adeguata a rispondere alle esigenze di una situazione strategica, soprattutto, per l’insufficienza delle sue risorse locali.

Il ministro, in conseguenza, recluta

“[...] un buon numero di operai avventizi ed operai permanenti, degli ultimi dei quali in questi giorni … [viene] disposto una nuova ammissione in numero di 100, per la Direzione delle Costruzioni Navali …[vengono] pure trasferiti colà operai, principalmente da Napoli, provvedimento che potrà applicarsi su più vasta scala, appena se ne manifesti la necessità. Giova considerare che a sussidio di quell’Arsenale, fra non molto tempo, potrà essere adibito il locale cantiere della Ditta Tosi … Ad alleggerire alquanto il compito dell’Arsenale di Taranto potrà giovare anche la organizzazione delle risorse esistenti nella piazza di Brindisi e nelle località vicinori … Allo stesso scopo contribuirà pure l’esercizio del bacino in muratura di Messina, del quale … ho disposta la requisizione e che tra breve potrà entrare in funzione. Non dal sottoporre al Consiglio dei Ministri la proposta di assumere subito, per un anno, da 500 a 600 avventizi, complessivamente, ripartiti fra le diverse specialità di mestieri ed i vari Arsenali. Tali avventizi potranno costituire, poi in avvenire, la fonte di reclutamento degli operai permanenti, che potranno risultare necessari in un organico riordinamento degli Arsenali”17 .

La riorganizzazione dei macchinari di strutture marittime rappresenta, infatti, lo scopo primario del Ministero; tra queste, per esempio, “L’Arsenale di Spezia ormai … non ha più da invidiare ai più progrediti stabilimenti”, altresì, “Napoli ha ricevuto pure un buon assetto e molto si è fatto a Venezia. A Taranto poi si è fatto tutto il possibile, ed è un grado soddisfacente di organizzazione si è raggiunto anche colà nel limite che è consentito dagli spazi disponibili nelle officine. Non credo perciò che per questo lato si debbano avere pre- occupazioni dopo la soddisfacente prova fatta dall’Arsenale di Taranto nello assolvere, durante gli ultimi mesi, il gravissimo compito di sopperire alle ingenti necessità di lavoro delle navi dell’Armata”18 (fig. 12).

17 RB, b. 435, fasc. 6 (“Cantieri e Arsenali”, 1915).

18 Ibidem.

Il cantiere tarantino, infatti, dovrà fornire nuove armi, provvedere alla riorganizzazione dei sistemi protettivi, dedicarsi alle continue riparazioni necessarie al naviglio silurante oltre che impostare, già a partire dal 25 aprile 1915 con la costituzione del Comando del Genio della Piazza di Taranto, operazioni e lavori previsti dal piano di difesa del territorio: dalla tinteggiatura delle murature dei fabbricati militari, allo scopo di occultarli alla vista, alla preparazione delle linee telegrafiche e telefoniche; dall’organizzazione difensiva del muro di gola della batteria Saint-Bon al restauro e riordinamento dei parapetti per fucileria, in vista della difesa delle batterie di San Vito (fig. 13), San Pietro e Rondinella; dall’adattamento a caserma per 450 uomini, con paglia a terra, dell’ex stabilimento Viola, in contrada Solito, alla definizione di un complesso sistema trincerato.

In previsione dell’entrata in esercizio di un nuovo bacino in muratura e avendo ben presente il ruolo che il Regio Arsenale di Taranto avrebbe presto raggiunto, viene predisposto anche unprogettoperilriordinamentodelleofficineperlaDirezione CostruzioniNavaliproprioperessereingradodiarginaretutte le possibili ed eventuali necessità; nello specifico, i laboratori perlalavorazionedelferroedegliapparatimotori–organizzati incostruzioniinferro,calderai,congegnatorieforni–vengono avvicinate e raggruppate nell’area centrale dell’arsenale, fra i duegrandibacinidicarenaggio:il Benedetto Brin,edificatonel 1889,elacostruendastrutturadiraddobbo,dedicataaEdgardo Ferrati, che diventerà una delle installazioni cantieristiche tra le più grandi in Europa (fig. 14).

L’arsenalevienecosìacaratterizzarsi,durantegliannidiguerra, perun’intensaattività,lapiùdiversificata,concentrata,soprattutto,nel1916,comeattestanoiresocontieconomicideiprimi due anni di conflitto, messi a confronto in un documento archivistico rintracciato presso l’archivio della Marina: dal 1° marzo1915atuttoilmesediaprile1916vengonoerogate,per la Direzione Artiglieria e Armamenti, lire 2.188.639,93; per la Direzione Costruzioni, lire 4.529.026,42; nel corrispondente periodo1914-1915,invece,perlaprimastrutturavengonosal-

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soprattutto nel periodo compreso tra 1901 e 1911, anche l’impostazione e la crescita di numerose imprese di cantieristica navale, legate direttamente all’arsenale; uno sviluppo industriale che inevitabilmente determina l’aumento del numero di lavoratori collegati all’attività bellica e marittima, oltre che la crescita demografica, sociale e culturale della comunità tarantina.

All’inizio del secolo, quindi, il sistema economico, inesorabilmente legato alle vicende dell’arsenale e al relativo comparto navalmeccanico, comincia a manifestare importanti segnali di cambiamento e, indi, di progresso economico per la comunità. Si moltiplicano, infatti, anche le piccole officine meccaniche a cui la Regia Marina commissiona importanti lavori di manutenzione e riparazione di battelli oltre che l’allestimento di navi militari e sommergibili.

dati poco più di un milione di lire mentre per le costruzioni navali circa due milioni di lire.

L’impostazione del Regio Arsenale di Taranto ha inizio nel 1883 secondo un progetto, elaborato dal generale Domenico Chiodo (1823-1870)19, che impegna le sponde meridionali del primo seno nel mare Piccolo (fig. 15). Si tratta di un insediamento marittimo dove vengono predisposte attrezzature per navigli con armamenti e depositi di materiale bellico, cannoni e armi di vario tipo; le rimesse per confezionare e conservare sia le munizioni sia gli esplosivi, localizzate nel secondo seno del mare Piccolo, vengono predisposte in apposite aree dell’arsenale, in zone ben riparate, sfruttando, nel migliore modo possibile, le irregolarità del terreno per poter ottenere un’adeguata difesa e un valido riparo dagli attacchi provenienti dal mare.

Una scelta strategica quella di Taranto che, trovandosi nel mezzo del mare Mediterraneo di fronte all’Africa, dove l’Italia possiede, nel versante orientale, alcuni insediamenti coloniali, ben si lega con gli obiettivi nazionali d’espansione territoriale verso la Libia; già nel 1911, infatti, la guerra libica incoraggia un ulteriore accrescimento dell’arsenale tarantino. Un ampliamento della struttura pugliese che innesca e favorisce,

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Alla vigilia della Grande guerra s’insediano a Taranto, sulla spiaggia a nord del mare Piccolo, i cantieri navali Tosi, nucleo famigliare proveniente dalla città di Legnano, organizzati, già a partire dal 1914, come “Società Cantieri navali Franco Tosi”, per supportare l’attività nautica tarantina della Marina, in una produzione strettamente collegata all’evoluzione delle vicende belliche.

Il capostipite, Franco, a cui sono intitolati gli stabilimenti, considerato un innovatore nel campo delle macchine a vapore, dà inizio, infatti, alla produzione di prototipi di dispositivi utili per l’arsenale; sin dal dicembre 1914, per esempio, viene ordinata alla ditta la fornitura di un grande numero di torpedini tipo ‘Bollo’20 .

L’arsenale, infatti, non è ancora organizzato per rispondere completamente alle diversificate e inedite esigenze belliche che richiedono, fin dal primo momento, di accentrare, nella sede tarantina, quasi tutta l’armata italiana, compresi i navigli requisiti, noleggiati e alleati, oltre che di mantenere in efficienza la flotta e di fornire i diversi servizi logistici di una piazza marittima in espansione21 .

Gli impianti risultano, infatti, inadeguati per la riparazione e la costruzione di navi, così come le strutture, i mezzi per il rifornimento di materiali, tra cui carbone e nafta, di acqua, e di tutto quanto necessita un’armata navale ‘moderna’; sottodimensionati anche maestranze, personale operaio e tecnico per le officine, incaricati dell’esecuzione dei lavori e delle riparazioni.

Chiodo, ufficiale del Genio Militare, progetta gli arsenali navali di Spezia e Taranto, oltre a coordinare l’ampliamento della struttura di Venezia.

20 RB, b. 307, fasc. 3 (“Relazioni annuali sulla difesa costiera, dal 1913 al 1917”, 1913-1914).

21 RB, b. 489, fasc. 1 (“Riassunto sull’opera compiuta negli anni 1915-1916 dai vari Comandi terrestri e Arsenale di Taranto”, Allegato D, 19151916).

100

18 - Arsenale di Taranto, Tabella dei principali lavori realizzati alle navi da battaglia nel secondo anno di guerra (23 maggio 1916- 23 maggio 1917) (RB, b. 684, fasc. 2, “Riassunto sull’opera compiuta negli anni 1915-1916 dai vari Comandi terrestri e Arsenale di Taranto”, 1915-1916).

19 - Arsenale di Taranto, riparazione del timone della nave Cavour (RB, b. 684, fasc. 2, “Riassunto dell’opera presentata durante il secondo anno di guerra”, 1916-1917).

20 - Schema delle comunicazioni telegrafiche e telefoniche della piazzaforte diTaranto,maggio1916(RB,b.489,fasc.1,“Riassuntosull’operacompiutanegli anni 1915-1916 dai vari Comandi terrestri e Arsenale di Taranto”, 1915-1916).

21 - Schizzo delle linee telegrafoniche della piazzaforte di Taranto, 8 giugno 1917 (RB, b. 684, fasc. 2, “Direzione costruzioni navali Arsenale Taranto, riassunto sull’opera prestata durante il 2° anno di guerra”, 1916).

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Tali esigenze rendono impellente un ingrandimento dell’arsenale e un’adeguata sistemazione di cantieri, laboratori e magazzini, dovendo la struttura tarantina fornire come attività prevalente quella relativa alle opere per grandi interventi, vale a dire un arsenale moderno con comode darsene circondate da officine (fig. 14).

Un’attività che diventa ben presto frenetica e che coinvolge non solo il dicastero, finanziariamente, con la realizzazione di strutture logistiche e tecniche, ma anche il personale, emotivamente, con un’attività impegnativa e costante che cerca di colmare deficienze e lacune portando a compimento l’aggiornamento di un arsenale risalente alla guerra italo-turca e che, dopo un breve intervallo, è nuovamente oggetto di rinnovamento proprio “nel periodo di preparazione che precedette l’intervento dell’Italia alla Grande Europa”22 .

Durante il periodo bellico, insieme all’ampliamento dell’arsenale si procede, di pari passo, anche alla realizzazione, da parte delle Ferrovie dello Stato, del collegamento CircumMare Piccolo, connessione che deve legare la sede militare con la stazione ferroviaria per il rifornimento di materiali, provenienti per via terra, occorrenti per i lavori23

Si tratta, infatti, di una linea d’interesse prevalentemente militareemercantilechecircondailmarePiccolo,collegandoildeposito munizioni della Marina, l’arsenale e la base navale, ma contestualmente utilizzata anche per il servizio viaggiatori del personale militare. Il primo tratto, da Nasisi al bivio Arsenale (2,51 km), viene aperto nel 1916 come parte del raccordo Nasisi-Buffoluto;successivamente,nel1917,iltracciatoferroviario viene prolungato al bivio Arsenale fino a Taranto Arsenale. Si tratta della costruzione di un sistema di connessione e di rete chiamato a gestire la fornitura degli approvvigionamenti e delle scorte all’interno di un territorio a carattere agricolo dove le installazioni militari cominciano, ancora prima dell’industria, a impostare strutture necessarie per garantire la movimentazione di materiali e persone24, oltre che d’infrastrutture che rimarranno a servizio della comunità e diventeranno parte integrante del territorio limitrofo e del paesaggio circostante25

La documentazione archivistica conferma, infatti, che, in questa fase di guerra, l’arsenale procura direttamente diversi

22 RB, b. 489, fasc. 1 (“Riassunto sull’opera compiuta negli anni 1915-1916 dai vari Comandi terrestri e Arsenale di Taranto”, Allegato D, 1915-1916).

23 Ibidem

24 Ivi, Allegato B approvvigionamenti sia per le basi passeggere, durante la loro formazione a Taranto, sia per quelle d’oltremare. Lo stabilimento marittimo, altresì, provvede alla realizzazione di opere varie: l’impianto di nuove stazioni dedicate agli idrovolanti e l’aeroscalo di Grottaglie (fig. 16), dedicato a Marcello Arlotta (1886-1818), giovane tenente di vascello pilota scomparso nel mare Adriatico26; per le officine di Brindisi e Messina; per i piroscafi-trasporto delle truppe; per il servizio delle ostruzioni; per le opere e i magazzini nella sede di Brindisi; per le esigenze costruttive e l’entrata in esercizio del nuovo grande bacino di carenaggio in muratura.

25 La ferrovia Circum-mare Piccolo è attualmente una strada che permette di percorrere i due seni del mare Piccolo di Taranto, lungo un percorso che si sviluppa nella natura, tra ulivi, canneti, campi e paludi.

L’arsenale si trova, in tal modo, coinvolto in un’importante attività che moltiplica decisamente gli oneri a suo carico, soprattutto rispetto alle funzioni esplicate in condizione di pace, preesistenti alla guerra e alla fase di allerta bellica. Un dinamismo che comporta, peraltro, la crescita del numero di operai e addetti ai lavori che provengono, spesso in forma di missione, dalle sedi di Napoli e Castellammare; si assiste, infatti, a un incremento delle responsabilità del personale che, come viene documentato nelle relazioni, opera con zelo e alacrità sin dal periodo precedente l’entrata in guerra27

Durante il periodo bellico nei mari di Taranto stazionano le flotte italiane, francesi e inglesi; nei tre anni di fase bellica in arsenale vengono, infatti, effettuati lavori di carenaggio per 93 navi da battaglia, 373 esploratori, siluranti e sommergibili, 244 imbarcazioni ausiliarie e 689 piccoli natanti.

Le attività svolte all’interno della struttura sono, pertanto,

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Maria Grazia Turco molteplici e diversificate, si procede: dall’approvvigionamento di carbone e nafta, con piroscafi requisiti o noleggiati o tramite la strada ferrata, dei porti di Brindisi, Barletta e Gallipoli (fig. 17), ai lavori di riparazione delle navi; dalla realizzazione di opere di carpenteria in ferro e in legno alla predisposizionedicollegamentitelegrafici;dalleprovedilaboratorio con esperimenti diversi ai progetti di architettura navale.

Figg. 26, 27 - Trincea rinforzata in rilevato; Tipo adottato per trinceramenti in genere, scala 1:20, maggio 1916 (RB, b. 489, fasc. 1, “Riassunto sull’opera compiuta negli anni 1915-1916 dai vari Comandi terrestri e Arsenale di Taranto”, 1915-1916).

Numeroseleopereeseguitealnaviglio,intrapreseconilrapido succedersiepermaneredinaviinbacino,comedocumentaun resoconto conservato nell’archivio della Marina (fig. 18); tra queste si ricordano le imbarcazioni: Cavour (fig. 19) e Duilio; la Regina Margherita, battello che in soli quattro mesi è oggetto di radicali interventi di trasformazione; e navi inglesi come la Dublin, silurata proprio in Adriatico. Considerevole anche l’impegno e l’organizzazione delle artiglierie antiaeree su navigli leggeri e piroscafi requisiti o noleggiati28 .

Nell’archivio storico sono documentati, con grafici e schemi, anche i complicati apparati per le comunicazioni telegrafiche e telefoniche militari per la difesa terrestre, con una linea piuttosto intricata ma sicuramente difficile da sabotare (figg. 20, 21). Nel corso della guerra, infatti, tra gli impianti di comunicazione in dotazione il telefono insieme con il telegrafo ricoprono un ruolo significativo e determinante; tecnici e ingegneri esperti di telecomunicazioni organizzano, infatti, il sistema per seguire il comandante durante le diverse ricognizioni o per intercettare e sabotare le comunicazioni nemiche, così come documenta la trasmissione per l’intendenza speciale delle truppe di Albania (fig. 22).

La Marina comincia, infatti, a rappresentare una giustificata preoccupazioneancheperlasituazionealbanese,specialmente per la parte meridionale di quel territorio dove sono presenti le forze francesi impegnate sul fronte della Macedonia.

La Puglia costituisce, infatti, la retrovia lontana dei fronti albanese e macedone, dove reparti dell’Esercito italiano combattono a fianco delle altre potenze dell’Intesa. Si procede, pertanto, alla fortificazione delle infrastrutture logistiche in una guerra essenzialmente marittima, intrapresa dalla Marina italiana per impedire alla flotta austro-ungarica l’uscita dal canale di Otranto. A tale scopo l’armata navale stabilisce un’intensa ed efficiente rete di controllo sull’Adriatico meridionale che trova nei porti di Brindisi e Otranto il centro organizzativo e logistico; si teme, infatti, di perdere la possibilità di vigilare il canale, quale porta d’accesso al mare Adriatico. Le autorità italiane decidono, in quel momento, d’instaurare presidii anche a Saseno e Valona29

Il dominio di questo mare diviene non soltanto il primo obiettivo delle operazioni belliche, ma anche punto di riferimento per la politica e le aspirazioni della Marina italiana. Con la convenzione navale di Londra, del 10 maggio 1915, che definisce il rapporto di collaborazione tra la flotta italiana e quelle dell’Intesa, la Regia Marina reclama e, quindi, ottiene la piena responsabilità delle operazioni nell’Adriatico dove l’Italia si è assicurata il possedimento del territorio di Valona e il protettorato sullo Stato autonomo albanese. All’interno di tale strategia operativa, un capitolo importante interessa le comunicazioni telegrafiche e telefoniche oltre che i relativi collegamenti proprio con le truppe di Albania (fig. 22); altresì, il piano dei trinceramenti realizzato nel territorio tarantino (palude Erbara, località tra Cimino e Patrovaro vicino al secondo seno del mare Piccolo, Talsano, Cascina Dorè-Blandamura) (figg. 23-25) secondo un programma ben documentato da numerosi dettagli grafici e progettuali per la realizzazione di trincee coperte, fosse rinforzate in rilevato o in ‘escavo’, camminamenti riparati, ricoveri di attesa (figg. 26, 27). Altrettanto interessanti i complessi trinceramenti impostati nella palude Erbara (figg. 28, 29), una depressione sita attualmente a destra della statale 7ter per Lecce, documentati da approfondimenti tecnici ed esecutivi.

28 RB, b. 489, fasc. 1 (“Riassunto sull’opera compiuta negli anni 1915-1916 dai vari Comandi terrestri e Arsenale di Taranto”, 1915-1916).

29 I piani e gli interessi italiani, nel 1914, s’indirizzano verso l’occupazione di Valona e dell’isola di Saseno. Con l’Accordo di Londra, 26 aprile 1915, l’Italia si assicura il possedimento del territorio di Valona e il protettorato sullo Stato autonomo albanese. MARKU 2006, p. 17.

Si tratta di accorgimenti tattici che interessano direttamente il territorio e la cui esecuzione viene a concentrarsi, soprattutto, durante il mese di maggio 1916.

Un coinvolgimento nelle vicende belliche che induce la Marina ad approntare opportune difese con uno sforzo organizzativo non indifferente; i grafici illustrano, infatti, i sistemi

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semaforici di Vieste30 (fig. 30), le batterie di artiglieria destinate al contrasto antinave e antisommergibile (con nove batterie da 76/40, 28 cannoni), e di Gallipoli (con due batterie da 76/45, 4 cannoni) entrambe assegnate al Comando Difesa Marittima, con l’indicazione delle posizioni dei cannoni e dei relativi raggi di azione, localizzazioni che interessano per lo più la costa in prossimità degli arenili.

La Marina predispone, quindi, un compatto sistema di batterie costiere e contraeree destinate alla difesa sia dei centri abitati sia delle attrezzature militari; si tratta di una fitta rete di controllo nell’Adriatico meridionale che trova nei porti pugliesi il cuore organizzativo e logistico. Un sistema difensivo che comporta, il 26 ottobre 1916, la predisposizione di un assestamento protettivo, esteso anche alle isole Tremiti, attraverso la costituzione di “un Comando di Spiaggia” e assegnando “a difesa di quell’ancoraggio 4 cannoni da 120/40 e 2 cannoni da 76/40 a.a.”31. Un ambito di azione, quindi, che riesce a controllare tutto l’arcipelago adriatico comprensivo delle tre isole di: San Domino, San Nicola e Caprara. Una difesa con batterie armate di cannoni sufficienti per assicurare il traffico costiero e impedire incursioni avversarie; d’altra parte, già il 24 maggio 1915 la flotta austro-ungarica aveva preso di mira la costa pugliese bombardando Vieste e Manfredonia, Barletta e le isole Tremiti.

Un grafico, conservato nell’archivio della Marina, riporta la suddivisione di competenze e ambiti d’influenza oltre che il controllo in terra di Puglia: all’Esercito viene affidato il rafforzamento della sorveglianza costiera per garantire la protezione di strutture militari e civili nel territorio di Gallipoli, Manfredonia, Margherita di Savoia e Vieste; alla Marina, invece, viene assegnata la protezione delle batterie di Otranto, Vieste e Tremiti.

30 RB, b. 528, fasc. 3 (“Batterie della costa, schizzi”, 1916). Il Gruppo di Vieste dispone di 4 pezzi da 120 G.

31 Ibidem, (“Sistemazione difensiva di Tremiti”, 1916).

La difesa viene organizzata con mine e ostruzioni; di particolare interesse, infatti, il programma della piazza di Taranto, essenzialmente impostato sull’inserimento di due linee di sbarramenti pressoché parallele, anche in seguito all’avviata costruzione di blocchi (dighe foranee) fra le isole Cheradi, San Pietro e San Paolo, ossia fra la dorsale naturale sottomarina a forma di arco di punta Rondinella e l’isola di San Pietro, fino ad allora unica barriera di protezione naturale del porto che permette solo il passaggio di piccole imbarcazioni (fig. 31). Viene contemplato anche lo sbarramento di passo Rondinella, prima interruzione realizzata, nel mese di maggio, utilizzando per lo più cavi in acciaio flessibili, vale a dire un’ostruzione leggera para-sommergibili che deve estendersi per una profondità di 8 m32

Una seconda interruzione retale, anch’essa para-sommergibili, vieneinserita,nelgiugnosuccessivo,perimpedirel’accessoverso ilmarePiccolo,attraversoilcanalenavigabile(fig.32),ponendo un semplice cavo d’acciaio flessibile (14 cm) “lungo 100 metri e diviso in tre pezzi. Il pezzo di levante si ammanigliava ad un penzolo in catena murato nella banchina del Canale, quello di ponente si ricuperava mediante falso braccio e si tesava per mezzodialtropenzoloincatenalavorantesuarganoabraccia”33 IpassaggisottolearcatedelpontePrincipediNapolivengono ostruitemediantetravidilegnoereticosiddette‘Fornara’(fig. 33);lachiusuranelpassaggiocentraleèmanovrabiledaunappositopontone“ancoratosulposto…[che]consenteiltraffico delleimbarcazioniduranteilgiorno”34.Tuttelestruttureretali inserite sono del tipo ‘Bullivant’ e ‘Fornara’.

Per il passaggio di navi “amiche” vengono inserite delle speciali “porte retali a filaggio, manovrate da appositi pontoni ancorati al passo”35; ma ben presto, visto il grande traffico di siluranti e piccoli natanti, viene prevista anche la costruzione di una porta retale più piccola per una maggiore sicurezza

32 L’ostruzione di passo Rondinella è costituita da due tratti: un primo per una lunghezza di 1.100 m; il secondo, con ostruzione di tipo ‘Capricci’, per una lunghezza di 1.000 m. La struttura retale si estende dalla costa di Rondinella fino a punta Loscanno nell’isola di San Pietro.

33 RB, b. 684, fasc. 2 (“Direzione Costruzioni Navali Arsenale Taranto, Riassunto sull’opera prestata durante il 2° anno di guerra”, 1916).

34 RB, b. 489, fasc. 1 (“Riassunto sull’opera compiuta negli anni 1915-1916 dai vari Comandi terrestri e Arsenale di

35 Ibidem, Allegato D, 1915-1916.

B,

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nel caso di forzata aggressione da parte di sommergibili. Il piano di difesa, legato a materiali di produzione nazionale e, incasieccezionali,d’importazionedall’estero–soprattuttodall’Inghilterra – non contempla altre strutture di ostruzione. Si trattadiunsistemadiprotezioneretaledivenutonecessarioaseguito dei “progressi dei mezzi subacquei di difesa, resi specialmente evidenti dalla guerra europea”, una vera contingenza che costringe a dare il “massimo sviluppo al sistema delle ostruzioni retali, e fu quindi necessario, oltre che modificare opportunamente le ostruzioni esistenti, estendere altresì l’adozione delle reti al passo principale della Piazza [di Taranto], perché fosse chiuso ai sommergibili ed al siluro”36; reti anti-siluro, quindi, quali protezione passiva contro l’attacco condotto con siluri.

Diventa, pertanto, necessario, oltre che modificare opportunamente le chiusure esistenti, estendere l’adozione delle reti al passo principale della piazza marittima, in modo tale da impedire l’ingresso a sommergibili e siluri. Si progetta, quindi, di stendere, fino all’estremità di levante dell’isola di San Paolo, un sistema d’interruzione retale su due linee, pressoché parallele, costituite: da strutture leggere e pesanti parasommergibili37; da sbarramenti, soprattutto, con torpedini di tipi ‘Harlé’; da batterie antisiluranti; da difese antiaeree. Il pianodi protezioneproponetreseriedi sbarramentilocalizzati lungo la costa del porto di Taranto: un primo sistema, a proteggere il passo fra San Vito e l’isolotto di San Paolo, viene composto,dal26al28aprile1915,daquattrolineedinumero

130 torpedini di tipo ‘Harlé’; una seconda struttura, disposta su due linee parallele ciascuna con venti torpedini, 3 maggio 1915, nell’area della batteria da costa Ammiraglio Saint Bon, fortezza costruita poco tempo dopo la costituzione del Regno d’Italia;un ulterioreblocco,vieneprevistosu duelinee,dal10 al5settembre1915,incroce,alargodellaspiaggiadiChiatona per impedire alle navi nemiche di avvicinarsi e investire la batteriadiobicilocalizzataapuntaRondinella.Aseguire,vengono progettati altri due sbarramenti per ostacolare i sommergibili nelle rotte di avvicinamento alle acque di sicurezza; si tratta di due linee di 50 torpedini ciascuna (‘Harlé’ e ‘Bollo’), messe a dimora il 4 e il 30 dicembre 1915. Per la manutenzione di tali strutture viene istituita una squadra di torpedinieri minatori localizzata, in maniera stabile, presso l’isola di San Paolo.

Ulteriori sbarramenti di torpedini vengono inseriti dinnanzi ai porti di Bari, Barletta e, successivamente all’aprile 1916, saranno realizzati anche a Termoli e Ortona38 .

Con l’introduzione del sommergibile le tecniche belliche subiscono grandi cambiamenti; il controllo del mare, infatti, non è più esercitato solo in superficie, ma è diventato più complesso e pericoloso visto che molte delle unità marittime nemiche si nascondono in profondità.

Una nuova officina sommergibili, all’interno dell’arsenale, viene impostata durante il secondo anno di guerra, con lo scopo di rendere la struttura tarantina idonea a svolgere i numerosi servizi riguardanti proprio la manutenzione e riparazione di tali apparati bellici (fig. 34)39 .

Sempre nello stesso anno (maggio 1915), vengono, altresì,

38 RB, b. 599 (“Disposizioni per il traffico del personale nell’Arsenale di Venezia”, 1916).

39 RB, b. 684, fasc. 2 (“Direzione Costruzioni Navali Arsenale Taranto, Riassunto dell’opera prestata durante il 2° anno di guerra”, 1916).

TRA MARE E CITTÀ. L’ATTIVITÀ DEGLI ARSENALI MILITARI DURANTE LA PRIMA GUERRA MONDIALE

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avviati lavori per la predisposizione di difese antiaeree nel territorio, opere queste localizzate soprattutto nelle limitrofe aree di Punta Penna, nel settore di restringimento dei due seni del mare Piccolo, e in località Casa Pantaleo oltre che a San Vito e nel piccolo arcipelago delle Cheradi. Nell’isola di San Paolo viene anche realizzata la costruzione di un’infermeria e l’edificazione di alloggi per ufficiali agli arresti di fortezza; mentre a Martina Franca, centro posto tra Brindisi, Bari e Taranto, sono quasi ultimati i lavori per la sistemazione di un ospedale convalescenziario destinato ad accogliere 350 ricoverati40

L’arsenale, oltre a provvedere ai rifornimenti e ai servizi per le “basi passeggere durante la loro formazione a Taranto … [e] alle basid’oltremare”41,fornisceanchenuovestazioniperidrovolanti (fig.35)eunaeroscaloaGrottaglie,officineperlesedidiBrindisi e Messina, piroscafi-trasporto delle truppe, magazzini per la piazza marittima di Brindisi oltre che un grande bacino in muratura(figg.36,37);sivengonocosìaconcentraretuttaunaserie di nuove prestazioni che rendono indispensabile l’ingrandimento dell’intera struttura tarantina compresa la sistemazione di officine e magazzini visto che l’attività del cantiere navale si concentreràsoprattuttoneilavori pergrandiriparazioni.

La presenza del collegamento ferroviario, che permette il traffico delle munizioni tra la polveriera e il tratto BrindisiTaranto, richiede la costruzione di spazi adeguati per il rico- vero e la conservazione dei materiali, quali magazzini e tettoie, oltre che per lo scarico del carbone; altresì, per l’impostazione di installazioni retali si reclama l’acquisto, e il relativo deposito, di travi di legno e di sughero, a causa della scarsità di legname reperibile nell’arsenale, si tratta di circa: 3.000 m3 di legno di abete e 500 tonnellate di sughero, necessari per ottenere 2.000 travi, insieme a tutto il materiale occorrente per gli sbarramenti locali, per quelli di Messina, Brindisi, Valona, Barletta e Bari42

40 Ibidem.

La Direzione del Genio per la Regia Marina, durante il periodo di preparazione bellica e, soprattutto, nel primo anno di guerra, intensifica e completa molte opere già in corso d’esecuzione sin dall’inizio del 1915 e, contestualmente, ne intraprende di ulteriori; tra questi impegni emerge la costruzione di un adeguato bacino di carenaggio in muratura, a Carrieri, per la riparazione e manutenzione delle navi all’asciutto, compresa la realizzazione di un tratto di banchina provvisoria di approdo per il traffico del materiale e del personale, in grado di facilitare l’avvicinamento dei piroscafi da carbone verso il nuovo piazzale43 .

Altreopereriguardano:ilprolungamentodell’attracconellafrazionediBuffoluto,pressoildepositoditorpedini,elacopertura deivicinimanufatti;l’ampliamentodelgabinettochimicodella Direzione di Artiglieria e Armamenti; la sistemazione per approdoaiduelatidelcanalenelmarePiccolodigalleggianti;tratti

41 RB, b. 489, fasc. 1 (“Riassunto sull’opera compiuta negli anni 1915-1916 dai vari Comandi terrestri e Arsenale di Taranto”, Allegato D, 1915-1916).

42 Ibidem. 43 distradaoltreallariorganizzazionedelpiazzaled’ingressodalla partedelmare,sempreversoBuffoluto;lalocalizzazionedellaboratoriootticonelterrazzosuperioredelcastelloSant’Angelo; l’ampliamento della darsena sommergibili attraverso il prolungamentodell’antemuraleconcostruzionediunlocaleperl’officina del Reparto Sommergibili; un nuovo pontile per il lancio di siluri con una gittata di circa 4 km.

Nel primo anno di guerra, l’attività della direzione dell’arsenale di Taranto, nei lavori alle navi da battaglia, si svolge, oltre che per opere di manutenzione e migliorie generali, principalmente sullo studio e l’approfondimento di sistemi per il bilanciamento longitudinale e trasversale delle imbarcazioni oltre che per la preparazione dei materiali occorrenti per una razionale distribuzione dei pesi di bordo e per cor-

Maria Grazia Turco reggere l’assetto delle imbarcazioni44 . Nella seconda fase bellica si tende, invece, a migliorare alcuni importanti servizi, soprattutto per riuscire a soddisfare le varie esigenze richieste per le navi da battaglia, quali: la direzione del tiro, l’insufflazione d’aria alle caldaie di qualche unità e la difesa contro attacchi dall’alto.

Il diffondersi della guerra aerea consiglia, inoltre, l’installazione di cannoni antiaerei; si procede alacremente, come dimostra il riassunto riportato nella Tabella dalla quale risultano i principali lavori fatti alle navi da battaglia nel secondo anno di guerra (23 Maggio 1916 al 23 Maggio 1917) et periodi di tempo in cui i lavori stessi sono stati eseguiti45 , anche nei lavori di manutenzione e riparazione di grandi navi, tra queste si ricordano: Varese, Napoli, San Marco, Giulio Cesare, Duilio, Conte di Cavour (con una spesa per la sola mano d’opera di lire 800.000). Vengono intrapresi anche servizi per i natanti da guerra, i cosiddetti ‘esploratori’ (classe Agordat d’incrociatori protetti, Marsala, Tripoli46, con spesa di lire 170); alle torpediniere (l’arsenale lavora anche ai cacciatorpediniere francesi tra cui: Bory nel 1916, sinistrato dallo scoppio di una torpedine; Bouterfeunel 1917, la cui prora, danneggiata da un investimento in mare, viene completamente ripristinata); ai sommergibili, navi sussidiarie, piroscafi (Polcevera, Marsala) e dragamine. Grande impegno tecnico esigono gli interventi di recupero e ricostruzione dei sommergibili: il francese Le Verrier, il ‘W’ acquistato in Inghilterra, l’‘H’ dall’America, e l’‘X.1’, sommergibile posamine tedesco, recuperato nelle acque di

44 RB, b. 684, fasc. 2 (“Direzione delle Costruzioni Navali del R. Arsenale di Taranto, Riassunto sull’opera prestata durante il 2° anno di guerra”, 1916).

45 Ibidem

46 La nave Tripoli viene costruita, nel 1885, come incrociatore torpediniere, su progetto dell’ispettore navale ingegnere Benedetto Brin, ma viene rimodellata nel 1897 e ricostruita, e quindi riarmata, nel 1907; durante la prima guerra mondiale viene utilizzata, soprattutto, come posamine nel Basso Adriatico con base a Taranto.

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Taranto, che a seguito dell’esplosione di una mina viene totalmente ricostituito recuperando gran parte del materiale e commissionando al R. Cantiere di Castellammare di Stabia la parte centrale dello scafo (figg. 38-41); il 3 dicembre 1916 il sottomarino viene rimesso a galla con una spesa, per la mano d’opera svolta dall’arsenale, di lire 144,13247 . Le attività interessano anche la trasformazione in vedette di due piroscafi piccoli e quattro baleniere, adattando le stive ad alloggio per l’equipaggio e deposito munizioni e organizzando, a prora e a poppa, i cannoni (con la spesa di lire 484,121); vengono, altresì, riparati 229 battelli, 88 pirobarche, 87 lance, 13 barche a vela, 11 jole, 8 baleniere e 7 zattere. Il nuovo bacino di carenaggio, in muratura, ancora in fase di costruzione48, alla fine del primo anno di guerra risulta ancora inattivo perché sprovvisto di ogni dotazione per il suo esercizio; si tratta di una struttura, tra le più capienti d’Europa, in grado di accogliere grandi navi (figg. 42, 43). Un bacino imponente, lungo 247 m e largo 40 m, che viene definitivamente concluso nel 1916 con la titolazione al generale del Genio navale Edgardo Ferrati (1862-1918), personaggio noto per il recupero della corazzata Leonardo Da Vinci affondata, nella notte tra 2 e 3 agosto 1916, in seguito all’esplosione dei depositi di munizioni di poppa e ricondotta, nel 1919, in bacino capovolta, con un’operazione difficile e pericolosa (figg. 44-46).

Una volta ultimato il bacino, verso il lato a mare, con il collaudo del galleggiante d’acciaio, la cosiddetta ‘barca-porta’ (fig. 47), il 6 giugno 1916 viene effettuata la prima immissione con la nave Anteo (fig. 42), un pontone semovente con due gru per il recupero dei sommergibili, e, successivamente, il 10 giugno, con la prima nave da guerra, la corazzata inglese London (fig. 43). Da quel momento il servizio del bacino, articolato in controlli, manutenzioni e riparazioni, continua ininterrottamente tanto che, in un solo anno, vengono introdotti nella vasca 115 natanti da guerra, fra cui le navi inglesi London, Venerable, Prince of Wales, Liverpool, Queen, Dennou, Topaze, e le rr. nn.

47 RB, b. 684, fasc. 2 (“Direzione Costruzioni Navali Arsenale Taranto, 1916, Riassunto dell’opera prestata durante il 2° anno di guerra”, 1916).

48 I lavori del bacino Edgardo Ferrati iniziano nel 1906 ma proseguono molto lentamente a causa della mancanza di finanziamenti costanti; GRAZIANI 1995.

T

Mare

San Giorgio, San Marco, Nino Bixio, Marsala oltrealtrinatanti, peruntotaleditonnellate192.000circadidislocamento;nello stessospecchiod’acquavengonoimmessi32piroscafimercantili per tonnellate 80.000 di stazza lorda.

La grande larghezza di questa nuova struttura per il raddobbo non permette, però, l’inserimento di piccole unità; per questo motivo viene organizzato un espediente per mettere a secco piccoli scafi senza puntellatura; si costruiscono, infatti, alcune slitte, precisamente sei unità, “composte di due vasi longitudinali collegati da 10 traversoni … Con queste slitte è possibile mettere all’asciutto navi di piccole dimensioni nelle zone laterali della platea riservando le taccate centrali alle grandi navi”49 (fig. 45).

Il bacino denominato Principe di Napoli, approntato nel

188950 e in seguito denominato Benedetto Brin (fig. 48), nonostante una scarsa capacità e una parziale dismissione viene ancora ugualmente utilizzato per il carenaggio e manutenzione delle grandi navi da battaglia; le altre strutture di riparazione ‘G.O.8’ e ‘G.O.2’ vengono sfruttate, principalmente, per il naviglio silurante, piroscafi e torpediniere costiere. Contestualmente, si procede alla riorganizzazione dell’arsenalesecondoledirettivediunpianoregolatore,impostatonel 1915, rivolto, essenzialmente, alla revisione di alcuni manufatti, officine, magazzini e uffici, quasi tutti adiacenti il nuovo bacino51;manel1916,vienepropostounulterioreprogramma di ampliamento che, rispettando i concetti di massima della proposta precedente e senza modificare quanto realizzato, o in corso di attuazione, rende più economico il rinnovamento.

49 RB, b. 684, fasc. 2 (“Direzione costruzioni navali Arsenale Taranto, Riassunto sull’opera prestata durante il 2° anno di guerra”, 1916).

50 Il bacino viene collaudato nel giugno 1889, sotto la direzione dell’ingegnere del Genio navale Antonino Calabretta (1855-1836).

51 Le vicende relative ai piani regolatori dell’arsenale di Taranto sono numerose e complesse; dopo varie proposte (progetti di: Simone Antonio Pacoret De Saint Bon 1865, Cesare Prato 1869, Domenico Chiodo 1883, Genio Militare 1887) si giunge a un nuovo progetto, elaborato da Giacinto Pullino, approvato dall’Ufficio del Genio del Ministero della Marina che sostituisce il precedente programma, del 1887. Segue un’ulteriore revisione, nel 1905, che prevede anche l’organizzazione di un ospedale militare marittimo, fino a giungere all’ammodernamento dell’arsenale del 1915 rivolto all’aggiornamento dei servizi; GRAZIANI 1995.

Il progetto revisionato – rappresentato in un disegno allegato al documento d’archivio (fig. 14) – prevede la revoca della costruzione di un nuovo laboratorio congegnatori, prevista nella precedente proposta, visto che con il cantiere sommergibili, ormai in funzione, con l’officina mista e con quella per i servizi elettrici, tutte localizzate presso il bacino, è possibile fare fronte alle necessità presenti e future. Nel dettaglio, quest’ultima soluzione contempla la creazione di: un piazzale per il ferro vecchio, rivolto verso la banchina, per favorire le operazioni d’imbarco; uno slargo per il ferro nuovo, in lamiere e verghe, per la conservazione del metallo minuto; due recinti per il legname proveniente dalle demolizioni; un parco eliche, dotato di binari, per un’organica sistemazione dei tanti elementi in quel momento sparsi nella zona di Carrieri; una tettoia per la lavorazione del ferro e per l’impianto di laminatoi; una pensilina per il deposito materiali diversi, da crearsi sulle linee delle coperture aperte esistenti per depositimateriali;unmagazzinopersvariatiprodotti;duefabbricatiperglispogliatoideglioperai(n°Ien°III).Nell’ottobre

1916,hainiziolacostruzionediun’officinamistadiraddobbo per il nuovo bacino comprensiva di un fabbricato, articolato in tre campate, per un’area complessiva di 1.540 m2

Un programma, quindi, che non apporta numerose varianti al piano regolatore precedente in quanto inserisce solo alcune opere, come la demolizioni di tettoie, cambiamenti di funzioni (depositi per aviazione adattati a spogliatoi e laboratori); nel dettaglio, i fabbricati per spogliatoi vengono progettati per dare uniformità funzionale riunendo tutti gli spazi destinati a questo ruolo, ambienti per lo più ricavati all’interno dei vari laboratori, e, altresì, per permettere agli operai, una volta entrati in arsenale, di procedere al cambio necessario per poi raggiungere le rispettive officine. Una serie di opere che, nella realtà, dovrebbero portare “vantaggi notevoli per l’ordine, per la pulizia e per la sicurezza”52 . L’arsenale, quindi, viene ampliato e migliorato fornendo tutti i nuovi servizi e strutture richiesti dall’incremento di funzioni, incarichi e responsabilità, tra questi emergono: un’adeguata difesa del litorale di riferimento e del traffico

TRA MARE E CITTÀ. L’ATTIVITÀ DEGLI ARSENALI MILITARI DURANTE LA PRIMA GUERRA MONDIALE Maria Grazia Turco

marittimo, soprattutto, a seguito della crescita di una guerra impostata sull’uso di sommergibili e dell’aumento, sin dall’agosto 1916, delle spedizioni di truppe e materiali in Albania e Macedonia. Azioni rese più gravose per effetto della scelta di Taranto come base d’imbarco e sbarco anche delle truppe francesi.

Il completamento della struttura tarantina, infatti, prosegue anche nell’anno successivo, il 1917, specialmente per quanto riguardal’aggiornamentoelarevisionedifabbricheeofficine53 Nell’ottica del miglioramento dei servizi già esistenti si cerca di provvedere anche a nuove necessità; tra queste esigenze emerge, soprattutto, una più efficiente difesa del litorale e del traffico marittimo in seguito alla rafforzata guerra di sommergibili, oltre che in una politica di rinnovamento e adeguamento nei confronti d’inediti sistemi bellici. L’arsenale propone, altresì, nel 1916, un grafico progettuale che presenta la proposta per una stazione per sommergibili (fig. 34)54, un manufatto da collocare, probabilmente, nell’area compresa tra l’attuale molo di ponente e la banchina nord. Oltre all’industria militare, anche le infrastrutture, come le ferrovie, sono oggetto di un notevole incremento durante tutto il primo conflitto mondiale; il riordino della rete ferroviaria,conlasistemazionedell’allacciamentodell’arsenalecon la strada ferrata del mare Piccolo, rende necessario l’aggiornamento dei binari esistenti per collegare i treni dalla stazione di Colle Basso ai punti più importanti dello stabilimento militare, quali l’ufficio spedizioni e i magazzini sussistenze. Sempre durante il 1917 si provvede alla realizzazione di opere di manutenzione dei trinceramenti già eseguiti e della viabilità militare, in particolare nel tratto San Giorgio-Roccaforzata (fig. 49); si procede, inoltre, alla costruzione di un percorso rotabile tra il pontile in legno, in località Buffoluto, con la provinciale di Taranto, e la strada che unisce la batteria San Francesco con l’unità di tiro in zona Blandamura. Grande attenzione viene riservata anche al mantenimento e all’aggiornamento degli accantonamenti, degli alloggiamenti per il personale militare nel centro abitato e per i baraccamenti delle truppe. Accampamenti che vengono localizzati, soprattutto, nel secondo seno del mare Piccolo, in corrispondenza delle località Buffoluto e Cimino.

All’interno dell’arsenale gli alloggi sono, infatti, assoluta- mente insufficienti per ricevere l’intero personale assegnato allo svolgimento delle diversificate attività, tenendo conto che, nel passato, sono stati costruiti edifici per accogliere massimo 200 persone. L’esubero di organico e la scarsità di residenze portano, inevitabilmente, a una condizione igienica difficile e compromettente; spesso tre persone vengono distribuite “per ogni ferro”55, all’interno di semplici baracche di legno. Per questo motivo viene approvata, dal Ministero, la proposta di costruire una nuova caserma, capace di contenere 400 persone (30 giugno 1917).

53 Ibidem.

54 RB, b. 528, fasc. 4 (“Organizzazione Basi di Brindisi e Taranto”, 1916).

Le opere di ammodernamento proseguono anche durante tutto l’anno 1917, soprattutto, nella definizione e completamento di lavori già iniziati come: la conclusione della costruzione di un nuovo pontile di lancio, con l’occupazione della stazioneperleproveditirodeisiluri;ilprogettoperunaveleria da collocare al primo piano dell’officina siluri; di un laboratorio ottico, oltre che l’ampliamento dei magazzini direzionali, per un’area di circa 5.000 m2. Si prosegue anche con: il riordinamento delle ferrovie dell’arsenale; il miglioramento delle strade rotabili e la riorganizzazione dei servizi sanitari. Per assicurare le comunicazioni stradali fra la città e le posizioni del fronte terrestre, oltre al collegamento fra queste e le opere costiere, il Comando del Genio provvede alla revisione e alla compattazione di grande parte dei tracciati esistenti (campestri, comunali o consorziali).

55 RB, b. 685, fasc. 2 (“Relazione sull’opera e sui lavori eseguiti durante il 2° anno di guerra”, 1916).

Un problema importante riguarda anche il riordino dell’amministrazione dell’arsenale; la mole di lavoro affidata agli uffici amministrativi aumenta notevolmente durante gli anni di guerra e per far fronte ai nuovi incarichi si recluta personale avventizio, vale a dire giovani “senza pratica di ufficio o di vecchi impiegati o funzionari della Marina, già collocati a riposo. Il personale di età intermedia, che in gran parte, era appunto quello che aveva acquistato pratica ed allenamento … è stato chiamato a prestar servizio militare”56 .

Ilmagazzinodeiviverièoggetto,anch’esso,diunarivisitazione dato l’incremento delle dotazioni che da un iniziale approvvigionamento,dal1915,di460.000razioniraggiunge,nel1916, 1.100.000 porzioni anche perché vengono ad aggiungersi ulteriori sedi da rifornire, come quella di Valona; un’emergenza chevienearginataconlapropostadiusufruireanchedellacantina del castello visto che il Ministero, per ragioni di spesa e tempo,nonapprovalapropostadicostruirenuovilocaliinterrati nella scarpata retrostante il vecchio deposito.

Nel periodo compreso tra 1915 e 1916 si provvede all’abbigliamento per ben 2.408 militari di leva compresi i volontari e, in periodi diversi, si procura vestiario per 3.214 soldati richiamati; per quest’ultimi si ricorre a un corredo economico cercando di recuperare “2000 sacchi e brande che si dovettero in precedenza riordinare e classificare, e l’impiego di tali capi di corredo portò non indifferente economia”57 .

Dal lungo e dettagliato Riassunto dell’opera prestata durante il secondo anno di guerra (23 maggio 1916-23 maggio 1917), elaborato dalla Direzione delle Costruzioni Navali del R. Arsenale di Taranto, emerge un’attenzione non solo verso gli aspetti logistici, distributivi, operativi e architettonici della struttura militare ma anche nei confronti dell’educazione, del rispetto e della salute fisica degli addetti ai lavori; una cura e un’attenzione rivolta ai soldati che vengono ben

56 RB, b. 489, fasc. 1 (“Riassunto sull’opera compiuta negli anni 1915-1916 dai vari Comandi terrestri e Arsenale di Taranto”, Allegato D, 1915-1916).

57 Ibidem

TRA MARE E CITTÀ. L’ATTIVITÀ DEGLI ARSENALI MILITARI DURANTE LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Maria Grazia Turco

delineate in un capitolo del resoconto, Insegnamento Morale -Addestramentofisico-Igiene-Disciplina;purfornendounvalido

“[...] insegnamento teorico pratico si è avuta a particolare cura, nell’istillare nelle menti degli allievi principii sani di morale e di igiene, seguendo l’adagio «Mens sana, in corpore sano». Così per facilitare il miglioramento fisico degli allievi a lato dello spogliatoio si è erettaunapiccolapalestraginnasticaall’aperto,dovegli allievi possono, dopo la lavanda personale, nudi secondo gli usi di bordo, ottenere una pronta reazione con esercizi ginnici. Nello spogliatoio, nell’aula scolastica,nelleofficinettetrovansicartelloniconleseguenti scritte: «Igiene, pulizia, ordine, nettezza» - «Per ogni

58 RB,

2 (“Direzione cosa un posto e ogni cosa a suo posto» -«Chi festeggia illunedìrinunciaamigliorarelasuaposizione»-«L’alcolismoèilpiùpotentepropagatoredellatubercolosi» - … «L’esempio è la più bella forma di autorità» - «La pulizia è prova di civiltà e di educazione» … «Lavoro ed onestà formano la disciplina dell’uomo»”58 .

59 CAROPPO, PORTACCI 2017, p. 11.

Durante la fase bellica l’attività dell’arsenale viene sostenuta e integratadaiCantieriNavaliTosiche,tra1915e1920,costruiscono6sommergibilie16rimorchiatoridragamineinsequenza con la precedente attività di supporto per la Marina nella produzione di motori navali nei suoi cantieri di Legnano59 Particolarmente impegnativa risulta anche l’opera di sorveglianza dell’arsenale nei confronti degli stabilimenti indu- striali privati, un sistema che gravita attorno alla grande struttura della Marina e che trae beneficio dalle sue iniziative; tra questi hanno un rapporto molto serrato con l’arsenale tarantino, oltre al ben noto e strutturato cantiere navale Tosi, anche altre imprese meccaniche, seppure di modeste dimensioni, come l’industria Salerni (1906-1915)60 .

Dopo la fine delle vicende belliche, una relazione, datata 10 gennaio 1923 e firmata dal sottoammiraglio direttore generale G. Notarbartolo, relativa all’assetto e al funzionamento dell’arsenale di Taranto, documenta le operazioni di sgombro di tutte le innumerevoli masse di prodotti residuati dalla guerra o dalla demolizione di unità varie, si tratta di un ingente materiale che viene riunito a Carrieri oppure rivenduto a probabili compratori61

Un’azione importante e una presenza significativa quella dell’arsenale di Taranto e dei connessi sistemi industriali che segnano non solo lo sviluppo urbanistico della città limitrofa ma anche il territorio circostante con la trasformazione del litorale e della morfologia dei luoghi, oltreché con l’abbandono o il cambiamento di destinazione d’uso delle numerose tenute agricole e ville presenti sul territorio.

L’ARSENALE DI VENEZIA

Nell’alto Adriatico e nella piazza di Venezia, aree poste sotto il comando dell’ammiraglio Paolo Thaon di Revel (18591948), si provvede, contestualmente alla sistemazione del 60 MACCHIONE 1990, p. 15. 61 RB, b. 2770 bis, fasc. 19 (“Storia Arsenali”, s. d.).

Maria Grazia Turco

della città lagunare, “snodo tra l’Europa centrale e quella dell’Est”64, dagli attacchi della Triplice Alleanza.

A Venezia, visto che già poco tempo prima dell’inizio della guerra si è proceduto nella riorganizzazione della difesa della piazza marittima, si prosegue principalmente nella sostituzione dell’armamento delle batterie antisiluranti dotandole di armi più aggiornate; in considerazione, poi, dell’importanza che avrebbe assunto l’ancoraggio del vicino Porto Corsini (attuale Marina di Ravenna), come base secondaria per siluranti e sommergibili, viene organizzata la costruzione, in quella stessa località, di alcune artiglierie collocate direttamente sulla linea di costa65 .

porto e dell’arsenale di Taranto, a definire un’importante difesa marittima delle coste e del litorale, assicurando la protezione delle linee logistiche e di rifornimento nazionale. Con la disfatta di Caporetto, nel novembre 1917, la Marina si attesta sul fiume Piave dove viene organizzata una concentrazione di armi da guerra di grosso calibro e pontoni armati (figg. 50, 51), imbarcazioni a basso pescaggio, con artiglierie e pezzi contraerei62, spesso convertite all’uso militare o costruite direttamente nell’arsenale veneto.

Venezia diventa, quindi, la base dei siluranti per la vigilanza della flotta nemica; a queste si aggiungono vecchie navi da battaglia per concorrere al controllo dell’estuario e all’appoggio dell’ala destra del nostro esercito. Vengono anche rinforzate le batterie costiere esistenti, contro gli attacchi di motoscafi o sommergibili63, in un’area compresa tra l’arsenale di Venezia e la città di Chioggia (dicembre 1916).

Agli inizi del XX secolo, infatti, le ostilità, confluite poi nella Grande guerra, inducono a ispezionare e aggiornare il sistema di controllo veneziano già esistente attraverso l’impostazione di un nuovo circuito fortificato, localizzato piuttosto verso l’interno del territorio e articolato in sette nuove strutture difensive; appare immediatamente importante, infatti, sotto il profilo strategico, geografico e politico, procedere nella difesa

62 POZZO 2018.

Porto Corsini, infatti, fin dal maggio 1915, diviene caposaldo militare di rilevanza strategica per il controllo aereonavale dell’Alto Adriatico, per la presenza di MAS e sommergibili, oltre che come base per idrovolanti; una posizione cruciale che induce la flotta austriaca ad attaccare immediatamente l’area militare nella notte del 24 maggio, spingendosi fin dentro il canale con l’obiettivo di distruggere mezzi, installazioni belliche e depositi di carburante.

L’Ammiraglio Thaon di Revel ben comprende l’importanza, in tale contesto, del ruolo che la Regia Marina può assumere pretendendo che “la difesa della città e della laguna fosse affidataintoto,anchesulfrontecostieroterreste,agliuominidella Marina, alla sua gente, in cui confidava e che credeva in lui”66 Il territorio lagunare, caratterizzato da una costa frastagliata e da una miriade di isole e isolotti, rappresenta, infatti, un approdo ottimale soprattutto per i sommergibili. In quest’ottica, la Marina ripone particolare interesse nei confronti dell’infrastruttura dell’arsenale veneziano che diventa subito oggetto di un adeguato aggiornamento soprattutto attraverso la dotazione di nuovi mezzi, l’incremento di personale in grado di affrontare tutte le diversificate emergenze belliche e con opere sul territorio compresi lo scavo e il dragaggio di “un’infinità di nuovi canali” in un ambito già caratterizzato da una fitta rete di fossi e vie d’acqua; in mare vengono, infatti, collocate oltre 5.000 mine, in seguito diventate 14.000 alla fine del conflitto67

63 RB, b. 528, fasc. 6 (“Comando MM. Venezia: Rapporti di efficienza della difesa marittima”, 1916).

64 GRIENTI 2014 (consultato il 10 giugno 2018).

65 RB, b. 307, fasc. 3 (“Relazioni annuali sulla difesa costiera, dal 1913 al 1917”, 1913).

66 ALLEGRINI 2016 (consultato 10 giugno 2018).

67 Ibidem.

L’Ufficio del capo di Stato maggiore della Marina, in un promemoria datato 1° dicembre 1916, segnala di avere negoziato, con il Magistrato alle Acque, modalità e schemi per l’esecuzione di alcune opere sul territorio riguardanti una via navigabile interna fra Venezia e Grado; la nota documenta anche la realizzazione dei lavori necessari per l’impostazione del tratto di linea compreso tra Porto Buso e Grado, oltre che l’allargamento di canale Cavetta, opere queste eseguite mediante draghe a scarico diretto, senza bisogno di mezzi ulteriori. Un argomento questo che richiede approfondimenti e sperimentazioni, tanto è vero che, nel febbraio 1917, viene studiato uno speciale congegno per il dragaggio, di tipo francese, creato dalle officine locali; si tratta di una macchina costruita con la finalità di “far prestare servizio di dragaggio anche ai vaporetti lagunari di limitate dimensioni e di piccola potenza di macchina, e funziona regolarmente sino alla velocità di Mg 8 del rimorchiante”68 (fig. 52). Per mancanza di rimorchiatori e di bette, invece, non si può, almeno per il momento, dare inizio ai lavori compresi nel tratto Porto Lignano-Porto Buso visto che devono svolgersi in aperta laguna; in questo caso non è, quindi, conveniente ricorrereugualmenteascavatriciascaricodiretto,contrattempo ovviato con l’ausilio di due rimorchiatori per il dragaggio costituitidallemacchineDerna,VulcanoeAudacegiàoperative, per conto della Marina, all’interno della laguna di Grado69 Il Dipartimento marittimo di Venezia procede, tra 10 ottobre 1915 e 30 gennaio 1916, nell’allestimento e svolgimento dei lavori sulla cannoniera Faà Di Bruno, un cosiddetto “monitore” per ricevere un impianto da 381/40 S 1914, costruito a Sampierdarena dalla ditta Ansaldo & C. (figg. 53-55)70; nave corazzata questa costruita, insieme al pontone gemello Alfredo Cappellini, dai cantieri dell’arsenale ed entrata in servizio alla fine di luglio 1917. Sempre nell’anno 1915 si svolgono le opere di allestimento della batteria Amalfi, installazione militare sita a Punta Sabbioni sul litorale di Cavallino Treporti, che richiede, da parte della sezione staccata del Genio Militare per la Regia Marina, un’opera di palificazione del terreno, in calcestruzzo armato (circa 8.000 pali), vista la natura sabbiosa dei luoghi, su cui deve sorgere la platea della stessa batteria, nonché il lavoro di mascheramento della struttura e delle centrali elettriche (fig. 56). La struttura è articolata in una costruzione che ospita la torre corazzata e altri due ambienti destinati alla centrale elettrica costituita da un motore diesel e un gruppo elettrogeno. L’energia elettrica viene utilizzata per azionare i vari movimenti della torre, elettrici e idraulici. La costruzione della batteria costiera denominata Amalfi rientra nel piano per la riorganizzazione del sistema difensivo veneziano impostato dall’ammiraglio Thaon di Revel sin dall’inizio dell’evento bellico; la struttura militare viene dotata di un impianto da 381/40 mod. 1914 e di un cannone contraereo a doppia canna da 76/40 per la difesa ravvicinata. In questa stessa occasione vengono eseguite opere di risanamento del suolo circostante la batteria e dei locali per abitazione del personale spianando il terreno e aprendo fossi e canali per lo scolo delle acque provenienti dalla zona costiera. Nel luglio e agosto 1916 vengono proseguiti i lavori per la realizzazione di una falsa duna attorno alla struttura difensiva attraverso la movimentazione del terreno71

68 RB, b. 684, fasc. 1 (“Direzione Artiglieria ed Armamenti di Venezia - Svolgimento dei servizi”, 1916).

69 RB, b. 528, fasc. 6 (“Comando M. M. Venezia”, 1916).

70 RB, b. 684, fasc. 1 (“Direzione Artiglieria ed Armamenti di Venezia - Svolgimento dei servizi”, 1916).

Altre opere, di carattere ordinario, continuano a essere impostate anche durante il 1918, tra queste gli scavi condotti: nel canale Baseggia e di un segmento del canale Fosso con la finalità di agevolare i rifornimenti per via d’acqua lungo la riva destra del Piave (fig. 57); nel bacino di approdo al forte di Marghera, per facilitare l’attracco dei natanti, in particolare dei ferry-boats per lo scarico e carico del materiale bellico; nello specchio d’acqua presso la stazione ferroviaria di Chioggia per permettere ai natanti e ai ferry-boats dell’Amministrazione Militare di avvicinarsi alle banchine72 .

La realizzazione di queste opere richiede una consistente mole di lavori che contribuiscono nella trasformazione profonda dell’assetto della navigazione interna di questo territorio, soprattutto con il dragaggio, il ripristino e l’allargamento dei canali che già caratterizzano le lagune costiere73

Adifesadegliattacchidicontraereas’impostanonumerosebatteriedicannonilocalizzateperlopiùall’internodistrutturefortificate,preesistentiedesistenti,osuipotetici‘scenari’diguerra.

È questo il caso del campo trincerato di Chioggia oggetto di particolare attenzione da parte della Marina che programma, accantoaifortiesistenti,operedifensivecosiddette‘finte’come più volte indicato in alcuni grafici: in successione alle esistenti fortificazioni dei forti San Felicee Barbarigo (o Caroman) (fig. 58), quest’ultimo manufatto di difesa costiera costruito nel 1912conlafunzionedicontrollarel’entratadellenavinelporto di Chioggia e il litorale di Pellestrina74, viene inserito in una struttura fittizia, una scenografia in tela; un’invenzione di cui, però,benprestosenelamentaildegrado(7dicembre1916),richiedendo una necessaria, continua manutenzione, e proponendo, in alternativa, la costruzione in legname sia delle coperture sia dei cannoni in essa installati75 . Siprocede,inoltre,nellarealizzazionediunprogettoperl’impiantodiunareteferroviariaall’internodellastrutturamilitare veneziana76, con tutte le problematiche legate alla topografia del luogo che “troppo risente dell’antico”77; una situazione complessa e preesistente che induce a riflettere sulla convenienza dell’operazione, vista anche l’innovazione delle azioni belliche aeree, di rafforzare e migliorare l’arsenale veneziano posto, peraltro, a ridosso di una città d’importante valore storico come quella di Venezia (fig. 59). Una condizione di pericolo, quindi, per monumenti e uomini che richiede l’evacuazione dei civili a partire dal 7 novembre 1917, a ecce-

71 RB, b. 684, fasc. 1 (“Direzione Artiglieria ed Armamenti di Venezia - Svolgimento dei servizi”, 1916).

72 Ibidem

73 IL RICICLO STRATEGICO 2017, p. 58.

74 Il forte Caroman risale al 1800-1801, il ridotto al 1860.

75 RB, b. 528, fasc. 6 (“Comando MM. Venezia, Rapporto di efficienza della difesa marittima”, 1916).

76 Ibidem.

77 Ibidem zione degli operai che lavorano nell’arsenale.

Uno dei fascicoli conservati presso l’archivio della Marina militare fornisce alcune interessanti informazioni relative a un progetto di ingrandimento dello stabilimento pirotecnico veneziano78, comprensivo della costruzione di nuovi laboratori e il trasferimento dell’officina Artificieri nell’isola di Certosa, struttura quest’ultima che necessariamente deve essere oggetto di un opportuno accrescimento (primavera 1917)79(fig. 60).

Un programma edilizio, però, che viene ben presto abbandonato in favore di un più economico aggiornamento, ricorrendo a pochi, e non dispendiosi, lavori dell’officina pirotecnica localizzata sempre sull’isola di Certosa; si tratta di una fabbrica di munizioni, con relativo poligono di tiro, ricavati all’interno dell’ex monastero della comunità dei Certosini ivi insediatasi nel XV secolo80

L’isola, destinata a usi militari sin dall’inizio dell’Ottocento con opere che comportano anche la costruzione del laboratorio pirotecnico della Certosa, possiede tutti i requisiti desiderabili per una sede di munizioni, anche perché ha un’estensione tale da permettere futuri, necessari ingrandimenti (figg. 61, 62).

Questo progetto viene, però, subito abbandonato proponendo il trasferimento dei depositi di munizioni della piazza

78 RB, b. 684, fasc. 4 (“Direzione d’Artiglieria ed Armamenti del Dipartimento di Venezia, 2a Sezione tecnica munizionamento”, 1917).

79 Finoal1997,l’ampiaradurasabbiosadell’isola,chedall’iniziodell’Ottocentovieneconvertitaausomilitare,èutilizzata comepoligonoditirooccasionale dalReggimentoLagunari‘Serenissima’;l’opificiopirotecnicoèdefinitivamentedismessonel1958mentreleresidenzedeimilitarivengonochiusenel1968.

80 La struttura pirotecnica della Certosa viene abbandonata definitivamente negli anni sessanta del Novecento; dal 2015 su parte dell’isola è stato insediato il Polo Nautico Vento di Venezia, mentre dal 2007 il Comune ha realizzato una prima area destinata a parco urbano.

TRA MARE E CITTÀ. L’ATTIVITÀ DEGLI ARSENALI MILITARI DURANTE LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Maria Grazia Turco marittima, e la stessa pirotecnica, in località Malcontenta; ma anche in questo caso non si giunge alla realizzazione preferendo ritornare a un concetto più economico attraverso il miglioramento e l’ingrandimento del preesistente stabilimento.

D’altrapartelazonaindividuatarisultaesseremalarica,deserta e lontana da ogni centro abitato, una localizzazione, quindi, che renderebbe impossibile far abitare sul posto le maestranze che giornalmente dovrebbero essere, quindi, trasferite da VeneziaodaMestre,connotevoledispendioeperditaditempo; oltretutto, l’isola della Certosa possiede i requisiti adatti per la localizzazione di una struttura pirotecnica oltre a essere dotatadiun’areaabbastanzaampiaperimpostarequalsiasifuturo ampliamento81 (fig. 60).

La Marina riprende, pertanto, il progetto originario con alcune varianti secondo le nuove indicazioni impartite dal Mi- nistero che prevedono di articolare l’isola, con recinzioni o cancelli di separazione, in tre distinte aree: una dedicata alle lavorazioni che non implicano l’uso di esplosivi (officina artificieri), alle abitazioni del personale e agli uffici della direzione; un secondo settore destinato alle lavorazioni con esplosivo (pirotecnica); e, infine, un terzo ambito riservato ai depositi per miscele deflagranti. I compartimenti destinati a ogni reparto sono ampi e ben individuati per avere la futura possibilità d’ingrandimenti, tenendo anche presente che il luogo è caratterizzato da strutture storiche preesistenti da conservare “nei limiti del possibile, ed anche a scapito dell’estetica”82 .

Nell’isola sono presenti, a tutto gennaio-ottobre 1917, tre nuovi casotti per lavorazioni pirotecniche, un laboratorio destinato all’innescamento delle granate e un rifugio, in cemento armato, quale ricovero per il personale durante gli attacchi aerei. Si è, inoltre, provveduto all’ingrandimento del pontile d’accesso, collocato in prossimità dell’entrata principale dello stabilimento, e all’adattamento e destinazione a nuovi usi di parte dell’ex convento.

Dalla documentazione archivistica è possibile definire che i materiali ceramici utilizzati per la costruzione degli edifici in muratura vengono formati in fornaci requisite lungo il fiume Po, nei pressi di Donada, Corbola, Santa Maria e Serravalle, un prodotto necessario per costruire depositi arretrati per le riserve delle batterie sul fronte del fiume Sile e per magazzini di rifornimento.

L’ammiraglio Thaon di Revel si trova, inoltre, ad affrontare un argomento decisamente nuovo e inaspettato, vale a dire la difesa dei monumenti veneziani; egli, infatti, organizza un complesso sistema di tutela del patrimonio architettonico e delle opere d’arte ricorrendo a un massiccio impiego di sacchi di sabbia e impalcature lignee che avrebbero completamente isolato le opere di pregio (fig. 63). I dipinti di valore artistico vengono imballati, trasferiti o nascosti nei sotterra- nei degli edifici veneziani (figg. 64-66). Oggetto di protezione sono anche gli elementi d’arte conservati nell’arsenale, tra questi le sculture dei due leoni posti nel portale d’ingresso che vengono difesi con particolare cura e attenzione. Dalla fine del 1917, visti i pesanti e continui problemi bellici, anche il materiale d’arte conservato nel Museo Dipartimentale dell’arsenale veneziano – compreso il monumento dedicato all’ammiraglio Angelo Emo di Antonio Canova (1792) – viene convenientemente imballato e inviato, tramite convogli ferroviari, parte nella sede della Marina di Spezia e parte, invece, viene protetto in locali esterni e lontani dall’arsenale, tra questi il reclusorio maschile della Giudecca che, con un minimo di adeguamento, viene messo in condizione di ospitare tele, stoffe, cavi, ecc.; provvedimenti questi resi necessari e urgenti dalle numerose incursioni aree nemiche, soprattutto notturne, che provocano continuamente incendi e conseguenti distruzioni83 (figg. 67, 68).

La Direzione d’Artiglieria ed Armamenti del Dipartimento Marittimo di Venezia, a seguito delle vicende, comprese tra fine ottobre e primi di novembre1917, che determinano l’arretramento del fronte orientale fino al fiume Piave, imposta una notevole trasformazione dell’arsenale con il trasferimento delle lavorazioni e dei materiali non necessari per la difesa e il funzionamento della piazza marittima (figg. 69-71). Si procede, infatti, ad assegnare alla Direzione di Artiglieria ed Armamenti di Spezia materiali, macchine e maestranze per la lavorazione dei con- gegni ridotti e per le artiglierie da 37 e 47; vengono, altresì, affidati alla Direzione del Munizionamento a San Bartolomeo-Spezia materiali, macchine e manodopera per il trattamento delle munizioni da 37, 47 e per pistole mod. 99 (figg. 72-74). Viene, invece, spostata sotto la Direzione del Munizionamento di Buffoluto (Taranto) la lavora- zione degli inneschi e delle munizioni da 25, nonché dei fuochi da segnali.

Un ingente movimento di materiali in partenza, corrispondente ad altrettanto di artiglieria, munizioni ed elementi vari in arrivo, per la ricostituzione del nuovo fronte a terra, tenuto dalle Forze Mobili della Reale Marina84 (figg

Maria Grazia Turco

L’ARSENALE DI AUGUSTA

Inconclusione,sivuolericordare,conpochenote,l’arsenalemilitare di Augusta che, nel corso della prima guerra mondiale, vienepredisposto,seppurtemporaneamenteapartiredasettembre191185,perfornireunricoverosicuroaidirigibilichehanno il compito di avvistare i sommergibili tedeschi (tipo U-boote) di passaggio nello stretto di Messina e che insidiano le rotte dei convogli alleati lungo le coste orientali siciliane (fig. 77)86. Per tentare in modo efficace di contrastare tale pericolosa situazione e non potendo disporre di motoscafi antisommer- gibili, vale a dire i MAS, reclutati per la difesa delle coste adriatiche, lo Stato maggiore della Marina, su indicazione del Comando aereo francese, ricorre all’impiego del mezzo aereo, vale a dire del dirigibile, sicuramente più adatto dell’idrovolante nel controllo anti-sommergibile per la sua azione di ricognizione, per la possibilità di operare a bassa velocità e per la grande autonomia di volo.

85 RB, b. 214, fasc. 9 (“Base Navale di Augusta, 1911”).

86 RB, b. 256, fasc. 2 (“Carte di Augusta, Bengasi e Derna, 1912”).

Ed è proprio nella sede di Augusta che, nel momento in cui si provvede a potenziare l’apparato bellico difensivo, viene individuata la base per un nuovo aeroscalo per dirigibili; si procede, infatti, nella costruzione di una rimessa, in grado di ospitare aerostati di tipo ‘M’ da 12.000 metri cubi, che ancora oggi rappresenta un’opera di grande valore storico, costruttivo e tecnico87 (fig. 78).

La sua struttura in cemento armato, infatti, rappresenta, per i primi anni del novecento, un lavoro di alta ingegneria; nel 1987, infatti, il complesso viene dichiarato, dall’Assessorato Regionale ai Beni Culturali, opera d’interesse storico-monumentale e, recentemente, ne è stato proposto l’inserimento fra i beni patrimonio Unesco.

La costruzione, iniziata nel novembre 1917 e completata in soli tre anni (1920), viene predisposta per il ricovero di dirigibili per addestramento e ricognizione, funzioni che mantiene fino al 1925, quando tutta l’area riceve una nuova destinazione a idroscalo88 .

Il manufatto ha un ingombro massimo di 105,5 m di lunghezza, 45,2 m di larghezza e 37 m di altezza; la struttura portante è costituita da quindici telai in calcestruzzo con in- terasse di 6,60 m, con pareti di tamponamento realizzate in mattoni su travi di collegamento orizzontali poste a 4,50 m l’una dall’altra. La copertura con volta a botte, sostenuta da una serie di centine ‘a falce’, si sviluppa, esternamente, per tutta la lunghezza del manufatto, mentre, all’interno, grazie all’inserimento di telai esterni, presenta un unico grande ambiente per accogliere dirigibili fino a 12.000 m3 .

La progettazione della rimessa viene affidata allo studio brindisino dell’ingegnere Antonio Garboli di Milano, specializzato nel campo delle strutture portuali e delle infrastrutture per la difesa nazionale89 .

Il complesso viene, quindi, rafforzato nelle sue funzioni, fino a giugno 1918, anche con l’aiuto dei prigionieri, come testimoniano alcuni documenti della Regia Marina che richiede di aumentare “la potenzialità dell’officina onde renderla capace di lavori più complessi e di produzione maggiore di quelle comunemente stabilite per gli altri aeroscali”90. Opere

87 L’edificio viene realizzato dalla Società Anonima Cementi Armati e Costruzioni ingegnere Antonio Garboli; l’impresa realizza, negli stessi anni, altri due hangar per dirigibili, sempre in cemento armato, a San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi; SACCOMANNO 2007.

88 BORZELLIERI 2008.

89 L’HANGAR PER DIRIGIBILI 2010.

90 RB, b. 970, fasc. 2 (“Aeroscali di Grottaglie … Augusta …, 1918”).

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