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Vent'anni dopo 1937
Prossimo al gra do di Te n e nte Colonnello fui nel 1937 tra s ferito a ll'ospedal e militare di Udin e. Appen a mi fu po ss ibile mi recai a S. Daniele d el F riuli , a cu i ero legato a tanti ricordi della mia prigionia. li grosso pae e mi si presentò n elle stesse co ndizioni in cui lo avevo lasciato circa ve nt'anni o r s ono. Soltanto un ma gg ior num ero di abitanti e div e rs i nego zi di mode s ta es t e tica con so mmari a e dozzinale merce, tra questi però spiccava un accoglient e e b en messo caffè, la farmacia e l'Albergo Italia dove si poteva, come ai bei tempi, gustare il famoso e d e li ca to pro sci utto di S. Daniele.
L' os pedale e il manicomio sono s ta ti trasformati secondo nuo vi e moderni concetti. Qui non ritrovai più né la stanza ne lla quale consumavamo i pasti, né la mia camera, del pari era sparito quell'andito c h e era stato te stimone, quasi giorn a liero, d ei miei colloqui con Micael a e di q u elli fugaci e s altu ari con Tuere se e con Katte. Più n on esis teva la primitiva porta d'ingresso d ove su di una panca si faceva Ja siesta con il collega Campagna . Suor Ciriaca e suor Dorot ea av evano già la sc ia to que s t a terra e gli infermi e ri e rano d e l tutto nu ovi Ne u sci i ra ttr istato!
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La mia prima vis ita fu per le "zie" che mi accolsero così affe ttu osamente da essere profondamente commosso. La z ia Elena da alcuni anni era rimasta vedova e la mia improvv isa ap p arizione risv eg liò in l ei il co cente do lore, p erché non poch e vo lte dur an te la prigio nia la conso la vo a non disperare del marito che s i trovava a l di là del Piave. La zia Amalia, nonostante che l a sua artrite deformante l'avesse ridotta curva e piena di dolori, si aggirava ancora per la casa ed era rimas ta la solita e ia rli e ra linguacciuta.
on ebb i bisogno di domandare delle persone che a suo tempo avevo conosciuto ché le "zie", quasi a gara, mi ragguagliarono di quanto era accaduto in ques ti lung hj venti an ni. La siora Teresute morì poco dopo la liberazione per la grave infe rmità di cui l'avevo curata, una ca rdi o patia. Il Cielo le fu benigno perché poté riabbracciare il marito e i figlioli che, fuggiti dal paese al momento deIJ'invasione, riuscirono ad attrave rs are il ponte di Pinzano e ripara re al d i là del Piave.
E Micaela? Da alcuni anni era sposa a Codroipo di un villanzone che si era arricchito fornendo scarpe con suole di cartone all'esercito. Micaela così fragile e sentimentale in mano ad un simile uomo!
"Chez Elle" non tardò a scomparire improvvisamente, si diceva che fosse ri tornata in Francia, dove avrebbe preso il velo in un convento delle Orsoline . Questa sua decisione, se vera, non mi sorprese, ben conoscendo il soggetto. Del marito catturato dai germanici non si seppe più nulla.
Notizia oltremodo dolorosa fu per me quella di apprendere la morte per cancro alla gola del caro amico Corradini, che speravo di poter riabbracciare. Monsignor Grillo, orma i pieno di anni, si era ritirato nel seminario vescovile di Udine, mentre don Valentino, dopo aver espiato e meditato a lungo in un convento con gli esercizi s pirituali la tentazione della carne, era stato trasferito in un lontano e alpestre paese della Carnia.
Nel conversare con le "zie" venne in visita la s ignora M. che io avevo lasciato bambina di 8-9 anni, allorché curavo la madre per una grave dissenteria bacillare e che non so come potei salvare. La s ignora mi pregò di gradir e un tè in casa sua nel pomeriggio, prima che io ripartissi. Le "zie" ins istettero perché la domenica successiva mi recassi da loro a pranzo con la mia famiglia, che desideravano tanto conoscere.
La gita a S. Daniele finì in un modo de l tutto imprevisto e un po' conturbante. Mi recai dalla signora M . e questa, ricordandomi le assidue cure che prodigai alla s ua defunta mamma, che tanta stima aveva di me, volle me ttermi al corrente, come medico mi dis se, della sua infelice situazione . Sposata ad un vedovo di età a lquanto maggiore della sua, facoltoso indu st ri ale di calzature, il suo ma trimoni o era stato una vera delusion e, pur avendo due figli . Non si peritò a confidarmi che nonostante nutrisse affetto e stima per il marito ne aveva una ripug na nza fisica per i loro contatti e da tempo non gli s i concedeva. Rimasi sbalordito di questa confidenza intima, anche se ella insistesse di vo lere da me un consiglio come medico p er stornare questa sua "deviazione":
Volle entrare anche in particolari più scabrosi e non mi attardai a comprendere co me costei fosse una "frigida" e nulla fosse da imputarsi al marito. Le suggerii di consultare un celebre clinico che da anni si era dedicato allo studio delle sec rezioni interne e degli ormoni, diavolerie, queste, che non esistevano ai tempi dei miei studi in medicina.
Recatomi una volta da Udine per servizio a Pordenone incontrai Fiordaliso, quantum mutata ab illa 1! Precocemente invecchiata, i s uoi occhi che un tempo erano faville, smorti e nebulosi, la bocca già fresca, avvizzita quasi deforme, il suo abbigliamento denotava trascuratezza e poca proprietà in lei che tanto teneva, una vo l ta, alla s ua toilette! Lei "dall'ascoso e picciol seno" ! Le dissi del mio matrimonio e dei miei tre figli, anche lei era sposata con un ufficiale ed aveva due figlioli. Ambedue si ebbe il buon senso di non ricordare il lontano passato, però porgendomi la mano nel salutarmi e volgendo volutamente la testa in basso, mi disse che Mi t zi, la canina che le avevo regalato in un drammatico momento della ri tira ta aus t riaca, era morta di vecchiaia.
1 L'autore fa riferimento ad una frase dell'Ene id e di Virgilio, Libro II: "Quan t um mutatus ab ili o". Tradu ce ndo: "Quanto è diversa da quello che è s tata!"
Per ultimo conviene che io ricordi Geneviève, la figlia di Madame la Comtesse di Siena. Divenuta amante e poi sposa di un ufficiale mutilato francese, si era stabi l ita g ià da anni in Algeria. Così mi assicurò Aldo Gati, il "Pater" senese degli s tudi poliziani in quella città .
Le sorprese di "venti anni dopo" quando i miei capelli sono già brizzolati, ancora continuano. Nell'estate del 1938, a!Jorché la mia famiglia si trovava al Lido di Venezia, mi recai a Lignano di cui tanto avevo sentito magnificare quella "sabbia d'oro", sebbene la spiaggia non abbia mai avuto per me alcuna attrattiva, per il mare e le scottature. Indeciso su dove pranzare mi attirò la scri tta Pensione Paolini, che mi ricordava una famiglia poliziana. Entrato mi assisi ad un tavolo, dal quale un cameriere molto cerimoniosamente mi fece sgo mbrare additando un cartello con la sc ritta "riservato", e automaticamente mi sedetti al tavolo accanto.
Avevo da poco finito la minestra quando vidi entrare una signora bionda, alta e s lanciata, con grandi occhi azzurri che mi ricordavano le donne slave ammfrate alcuni anni or sono a Varsavia e a Craco via. El egantemente ves tita con un ab i to celeste e co n ricchi monili ai polsi e al collo, era accompagnata da due figli, un giovanetto ed un a bambina di minore età. Si sedettero al tavolo riservato e con immenso stupore credetti di riconoscere nella bionda signora Micaela, che avevo lasciato poco più che sedicenne a S. Daniele, co n ancora le trecce sulle spalle, e che ora mostrava i segni di una ben acconciata permanente.
Mi sentii un po' a disagio e questo crebbe ancor più quando la signora che s tava a me di faccia, dop o avermi osservato fugacemente, disse alla bambina che stava assaporando un gustoso intingolo: <<Micaela, ti sei macchiata il vestitino». Non vi era più alcun dubbio, supposi che la madre rivolgendosi alla figlia, vo le sse farmi capire che era proprio lei e che mi aveva riconosciuto a tanta distanza di anni anche in abito borghese. Cercai di darmi un contegno e con os tentata indifferenza finsi di addentrarmi nella lettura del giornale. Volevo affrettare il pasto e andarmene, ma la tentazione di poter scambiare due parole con lei fu più forte dell'incerto d eside rio di abbandonare la sala .
Finito il pranzo l a madre, rivolgendosi ai figli d isse: «Ora si va a riposare» e passatami vici no con un fi l di voce mi sussu rrò: «M i aspetti» . Non tardò a riapparire e a sede rsi in una poltrona dell 'a mpio parco che circondava la pens ione. La raggiunsi e le sedetti accanto: «Si ricordi ch e per lei sono sempre
Micaela come allora mi chiamava, considerandomi una sua sorellina minore. A tanti anni di distanza ho sempre fiducia e stima in lei e nella sua discrezione».
Così a poco a poco mi aprì l'animo suo. Già avevo saputo dalle "zie" del suo poco felice matrimonio e Micaela non tardò a confidarmi tutta la sua delusione per aver trovato un uomo che, per la sua volgarità e bassezza d'animo, non ha mai saputo comprenderla spiritualmente dedito unicamente a far denari e ad accumulare ricchezze. Di lei s i curava poco o nulla perché di continuo in mezzo agli affari e alle speculazioni, mentre lei avrebbe desiderato un uomo che le stesse più vicino e non la imbonisse di continuo con cifre, con operazioni di borsa, di mercatura, e sulla solidità dei titoli azionari.
«Nulla mi manca per la mia vita quotidiana. Vivo in perfetta agiatezza, qualunque mio desiderio è appagato, ma lui non sa comprendere il mio disagio spirituale, mi considera materialmente alla pari dei suoi preziosi magazzini e null'altro. Il mio unico conforto è nei figlioli e nel mio orgoglio per cui, lo creda, sono del tutto fedele a mio marito, che da alcuni mesi si trova in Africa orientale per una sua nuova speculazione».
Ne fui rattris tato, specie quando ad una sua domanda dovetti sinceramente dirle che ero pienamente felice della mia vita matrimoniale. Con pari sincerità lei proseguì: «A lei ho voluto un po' di bene p erché nel grigiore e nella tristezza della nostra v ita, con il nemico che ci angariava e con i nostri cari dispersi, apportava a me e alla povera mamma tanto conforto e fiducia nell'avvenire. Il mio sogno di fanciulla non si avverò e così sposai mio marito e in ricordo di un'epoca per me tanto cara a mia figlia ho imposto il nome che lei mi aveva dato ».
Insistette per farmi accompagnare ad Udine con una s u a lussuosa automobile, ma la distolsi dal pensiero perché non avrei voluto che i solit i sfaccendati delle spiagge marine avessero poi mormorato su di lei, specialmente avendo il marito così lontano.
Quando, nel congedarmi, molto affettuosamente le strinsi la mano notai che una lacrima scendeva lentamente e dolcemente s i adagiava sulla rorida guancia. Me ne ritornai tris te e conturbato, anche io avevo voluto un po' di bene a Micaela e ciò che si legge nei romanzi, e che se mbra un'irrealtà dovuta alla fantasia dello scrittore, può invece avverarsi nella vita di ognuno.
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