PARTE PRIMA
STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO U FFICIO STORICO
MARIO MONTANARI
LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE VOL. III - EL ALAMEIN (Gennaio - Novembre 1942}
PARTE PRIMA
ROMA 1989
PROPRIETÀ LETTERAIUA Tutti i diritti ritm111ti. Vietata la riproduzione 11nche p11nillle seni.a a11torin11ziom:.
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By Ufficio Storico · SME • J\cma 1989
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Finito ste.mp3rc nel clic.aà~ 198, nell'Imlustria Grafica Laterza • Bari
PRESENTAZIONE A seguito dei due volumi «Sicli el Barrani>> e «Tobruk» viene ora pubblicato «El Alamein», il terzo dedicato alla guerra in Africa Settentrionale negli anni 1940-1943. Come espresso dal significativo titolo, si tratta del momento culminante della lotta svolta oltremare dalle truppe italo-tedesche contro quelle del Commonwealth britannico. Da un lato Rommel, ormai leggendario; dall'altro prima Auchinlek e poi Montgomery. Per un istante la vittoria sembrò a portata di mano dell'<<Asse», ma ben presto fu giocoforza riconoscere che l' audacia e la spregiudicatezza da sole - non potevano superare le difficoltà e gli ostacoli frapposti alle operazioni eia una logistica insufficiente. E se nella tarda primavera ciel l 942 il dilemma Malta o Tobruk fu risolto a favo re cli questa piazza'ròrt~ - ~a cori più af una riserva mentale da parte cli qualche protagonista - , ,a luglio , dinanzi alle posizioni della stretta di El Alamcin, caddero 1.e i)lusioni e cominciò un amaro rimpianto per l'abbandono della pur .prevista. ope~azio1~e C IÙn1p ianto che affiorerà in ogni consideraz_ione sulla condotta della guerra nel teatro del Mediterraneo e che originèd1 una l~mg~\erie di polemkhe è cii aspre critiche. È comunque indubbio che, al di là delle polemiche e delle critiche postume - tanto inutili, ·~oìché .pri:-;.e di yerifica, ,quanto speculative, e quindi fini a se stesse - , iFbinomio El 'Ah1me·i11-(sùUfronte africano) e Stalingrado (sul fronte orie ntale) costituì nel cont1itto uno spartiacque fra l'iniziativa strategica dell'«Asse», che qui si arenò, e quella alleata, che da qui prese fiducia e vigore. Lo studio del generale Montanari - al quale l'Ufficio Storico esprime il suo ringraziamento - è molto accurato e, sia pur basandosi eminentemente sulla documentazione ufficiale degli opposti belligeranti, tiene debito conto ànche delle relazioni e delle memorie dei protagonisti ai vari livelli. Sottolineare l'importanza della battaglia di El Alamein è supernuo, data la sua enorme risonanza e - come ho detto - le sue notissime e riconosciute conseguenze strategiche. L'abbiamo perduta, ma, come l'acuta analisi compiuta dal!' Autore pone in evidenza, l'abbiamo perduta onorevolmente. Ne possiamo parlare a testa alta.
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IL CAPO DELL'UFFICIO STORICO
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LE OPERAZIONI rN AFRICA SETTENTRIONALE
INDICE DEGLI SCHIZZI 1. Lo schieramento italo-tedesco ad el-Agheila il 17 gennaio 1942 ................ 2. La presunta situazione britannica il 17 gennaio secondo .............. il Panzergruppe Afrika .......... ................................................................... 3. Il disegno di manovra esposto da Rommel il 19 gennaio ............................... 4. Il dispositivo avanzato britannico il 18 gennaio ........ 5. La situazione la sera del 21 gennaio .......................... 6. Gli avvenimenti del 22 gennaio ........................................................... ........................... 7. Gli avvenimenti del 23 gennaio ....... ................................................. 8. Gli avvenimenti del 24 gennaio ...... 9. Gli avvenimenti del 25 gennaio ................................. 10. Gli avvenimenti del 28 e 29 gennaio ........... . ............................................... 11. La situazione della Panzerarmee la sera del 4 febbraio ...................................... 12. La situazione italo-tedesca la sera del 12 febbraio ................ ......... 13. La riconquista della Cirenaica occidentale nel 1941 ............................................ 14. La riconquista della Cirenaica occidentale nel 1942 ............................................ 15. Lo schieramento della Panzerarmee alla fine di aprile ....................................... 16. Il piano di battaglia di Rommel ...................... 17. Il progetto per l'attacco speditivo a Tobruk .................................... .............. 18. Lo schieramento del XXI corpo la sera del 25 maggio ... 19. Lo schieramento del X corpo la sera del 25 maggio .......................................... 20. Lo schieramento del XX corpo la sera del 25 maggio ...................................... 21. Il dispositivo italo-tedesco ed il presu¡nto schieramento britannico alla data del 20 maggio ................................................................................................................. 22. La variante Venezia al piano di Rommel ..................................................................... 23. Lo schieramento britannico ed il presumo dispositivo italo-tedesco .......... il 20 maggio ...... ..................................................................................... 24. Lo schieramento dell'8â&#x20AC;˘ armata britannica il 26 maggio .... ........ 25. L'inizio dell'offensiva italo-tedesca (26 maggio) ....................................................... 26. Movimento del XX corpo per raggiungere la zona A (26 maggio) ........ 27. I combattimenti di Rugbet el-Atasc e di Bir Hacheim (27 maggio) ....... 28. Il caposaldo di Bir Hacheim ..................,................................................................................. 29. La battaglia di Ain el-Gazala (27 maggio) .......:.. .................................................... .... 30. La battaglia di Ain el-Gazala (28 maggio) . 31. La battaglia di Ain el-Gazala (29 maggio) ........... 32. La battaglia di Ain el-Gazala (31 maggio) ................................ ................. 33. Il piano dell'operazione Aberdeen (5-6 giugno) ........................................................ 34. Lo svolgimento dell'operazione Aberdeen (5 giugno) ........ ........ 35. Bir Hacheim (8 giugno) ........................................................... 36. Il fronte di Ain el-Gazala (7 giugno) ........ 37. La lotta attorno a Knightsbridge (11 giugno) ... 38. La lotta attorno a Knightsbridge (12-13 giugno) 39. La situazione la sera del 15 giugno .......................................................................... 40. L'avvolgimento di Tobruk .......................,........................ .............................................. 41. Il dispositivo italo-tedesco il 19 giugno . 42. L'organizzazione difensiva di Tobruk nel giugno 1942
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24 26 30 39 43 48 54 56 64 72 77 85 86 118 163 165 170 171 172
p. p.
175 178
p. 183 p. 190 p. 197 p. 200 p. 207 p. 210 p. 214 p. 220 p. 224 p. 233 p. 241 p. 244 p. 254 p. 258 p. 270 p. 273 p. 284 p. 311 p. 313 p. 318
INDICI
43. L'organizzazione difensi va di Tobruk nel gennaio 1941 ................................. p. 44. La rottura delle difese di Tobruk .................. ............................................ p. 45. La conquista di Tobruk (20 giugno) ....................... .............................................. p.
1033 319 322 327
INDICE GENERALE PRESENT AZIONE SEGNI CONVENZIONALI USATI
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3
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28
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37 59 80
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93 120
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157 194 231 260
CAPITOLO I - Il quadro generale 1. 2. 3.
La situazione politico-milì tare nel gennaio 1942 Le forze e le intenzioni italo-tedesche Le forze e gli intendimentì britannici .....
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CAPITOLO II - La seconda controffensiva italo-tedesca 1. 2. 3.
I combattimenti di Agedabia (21-25 gennaio) ....... .
La riconquista della Cirenaica occidentale . Considerazioni .......... ........................
CAPITOLO III - La pausa operativa primaverile 1. 2.
3.
Gli intendimenti operativi italo-tedeschi ..... Malta o Tobruk? .......................... ...................... Gli orientamenti operativi britannici
··························
CAPITOLO IV - La battaglia di Ain el Gazala Gli opposti disegni di manovra .................. Il parziale fallimento della variante Venezia 3. I combattimenti del Calderone e di Bir Hacheim ............ 4. La crisi del!'&• armata britannica 1.
2.
CAPITOLO V - La riconquista di Tobruk 1.
2. 3.
L'investimento della piazza ....... La vittoria .. .................................. Considerazioni .......................................
p. 293 p. 310 p. 331
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SEGNI CONVENZIONALI usati negli schizzi e nelle carte
Sono stati impiegati i segni convenzionali in uso attualmente nell'esercito italiano, e precisamente:
1. Simboli base: . ' unita,
Comando installazione logistica Comando logistico
2. Simboli d'arma:
fanteria bersaglieri
>< çs:)
carnst1
e=)
cavalleria
(Z)
artigEeria
â&#x20AC;˘
gemo
r-r-1
truppe motorizzate
000
3. Simboli di rango: reggimento armata XXXX battaglione-gruppo corpo d'armata XXX compag~ia-batteria divisione XX brigata X Per indicare un complesso tattico si usa il simbolo pra il simbolo di rango.
lii Il I
so-
4. Indicativo delle unità:
Alla sinistra del simbolo base si pone l'indicativo numerico corrispondente al simbolo di rango rappresentato ed alla destra l'indicativo dell'unità nella quale è inquadrato il reparto in questione. Es. 2 ~ 5 indica il II btg. del 5° rgt.f. 5. Indicativo di nazionalità:
Ove necessario, a destra del simbolo base sono usate le sigle IT: Italia; GE: Germania; UK: Gran Bretagna; AU: Australia; NZ: Nuova Zelanda; FR: Francia; PO: Polonia.
Capitolo primo IL QUADRO OPERATIVO NEL GENNAIO 1942
1. LA SITUAZIONE POLITICO-MILITARE
Il 1941 si era chiuso con l'entrata in campo del Giappone e la serie sbalorditiva dei suoi successi nel Pacifico e nell'Asia sud-orientale, tanto clamorosi da provocare l'euforia di Mussolini e fargli chiudere gli occhi sulla realtà. Dopo l'improvviso attacco a Pearl Harbour, Roosevelt aveva chiesto al Congresso la guerra al solo Giappone. L'11 dicembre, Mussolini, accogliendo l'esplicita richiesta formulata dall'ambasciatore nipponico una settimana prima, e contemporaneamente a Hitler, annunciava dal balcone di palazzo Venezia la propria decisione di dichiarare guerra agli Stati Uniti. Per essere sinceri, questi ultimi si erano già posti attivamente al fianco della Gran Bretagna almeno dal 27 maggio precedente, allorché Roosevelt aveva proclamato lo stato di emergenza nazionale illimitato, comunque adesso cadeva ogni remora. Se i trionfi giapponesi potevano far presa sull'emotività dell'uomo della strada, nei teatri d'operazione in cui.I' Asse era impegnato le cose andavano male. In Russia il Blitzkrieg tedesco aveva mancato l'obiettivo. Di stretta misura, ma l'aveva mancato. Ed era cominciata la controffensiva sovietica. La gravità ,dell'andamento strategico della campagna era apparsa in tutta evidenza il 18 dicembre, quando Hitler aveva rimosso dall'incarico il maresciallo von Brauchitsch, comandante in capo dell'esercito, ed assunto il comando in prima persona. In Africa settentrionale le forze italo-tedesche si erano arrestate all'estremità occidentale della Cirenaica e sembrava che per il momento non ci fosse altro da fare. Anche nei paesi occupati la situazione lasciava a desiderare: la Croazia appariva agitata, il Montenegro in fermento, l'Albania scontenta. Né il fronte interno, per così dire, dava segni migliori. La nomina del ventiseienne Vidussoni a segretario del partito nazionale fascista (26 dicembre 1941) aveva sollevato commenti sarcastici ovunque. Nel settembre era stata imposta la tessera annonaria per quasi tutti i generi alimentari. Il provvedimento era perfettamente logico e lecito, trattandosi di una nazione in guerra, e già dall'anno precedente lo si sarebbe dovuto adottare, ma è noto che Mussolini non aveva voluto, di proposito, dare al paese la sensazione della durezza del conflitto, cosa che lascerà stupefatto il mar. Kesselring al suo arrivo in Italia:
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
«Le operazioni venivano dirette da Roma, ma l'Ital ia non risentiva troppo le conseguenze degli eventi bellici. Avevo l'impressione che la guerra non venisse presa troppo sul serio da molti italiani, i quali non sentivano abbastanza la loro responsabilità verso i soldati combattenti sul fronte. Ogni provvedimento veniva applicato con esitazione, e dove sarebbe stato necessario il maggiore impegno da parte di tutti si usavano soltanto mezze misure. A che era dovuto questo stato di cose? Io ero convinto che si trattasse di un'utilizzazione insufficiente del potenziale bellico» 1•
Tornando al razionamento, forse a compensare il ritardo nell'adozione della misura Mussolini dichiarò improvvisamente al Consiglio dei ministri: «Nessuno pensi che la tessera annonaria sarà abolita alla fine della guerra. Essa durerà finché esisterò io. Perché così i vari Agnelli e Donegani mangeranno come il loro ultimo operaio>/. Sta di fatto che ai vari motivi di depressione apparsi nella popolazione durante l'infelice campagna di Grecia, si aggiunse questo, con gravi ripercussioni sul morale e, soprattutto, sul rendimento degli operai dell'industria pesante. Quanto alle scorte, se in taluni settori esse apparivano di relativa consistenza, in altri esistevano fondati motivi di allarme. Il gen. Favagrossa, sottosegretario per le Fabbricazioni di guerra, con un promemoria in data 31 dicembre 1941 segnalò a Mussolini che per il piombo e lo zinco «si hanno preoccupazioni a causa della mancanza di mano d'opera e della difficoltà di trasporto dalla Sardegna», per la gomma la situazione era grave e così dicasi per la soda ed il carbonato sodico, per la lana ed il cotone e per i pellami. Nel campo degli armamenti si poteva fare assegnamento su ottimi impianti. Anzitutto quelli metallurgici: le acciaierie di Cornigliano Ligure, di Aosta e di Terni. Poi gli impianti meccanici: gli stabilimenti Ansaldo di Sampierdarena, lo stabilimento della Vittoria di Cornigliano, i cantieri Savoja e di Sestri Ponente, le officine Fossati di Sestri, lo stabilimento Odero-Terni di Spezia, quello di artiglieria di Pozzuoli ed altri minori. A tutti questi complessi era da aggiungere un grosso numero di officine meccaniche e di fonderie esistenti in tutta Italia e perfettamente idonee, previo il necessario adattamento, alla lavorazione di singoli pezzi. Quindi la produzione delle artiglierie in teoria poteva essere considerata con tranquillità. In pratica, però, il discorso era più complesso. Favagrossa aveva comunicato a Mussolini che «la defu:ienza di materie prime non consente neanche di sfruttare in pieno gli impianti di primo programma»\ ma, per sua esplicita ammissione, la frase tendeva a presentare un quadro pessimistico, tale da frenare le velleità mussoliniane. In realtà, come precisò al gen. Cavallero in un appunto dei primi di gennaio 1942:
IL QUADRO OPERATIVO NEL GENNAIO 1942
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«Se(...) la produzione non è conforme alle legittime aspettative•, la ragione è da ricercarsi in una deficienza di metodo e di coordinazione industriale che impediscono una razionale distribuzione del lavoro. Esistono, ad esempio, delle officine che sono completamente ferme. Si è così determinato un fenomeno assai dannoso: da una parte, vi sono stabilimenti sovraccarichi di lavoro che non possono smaltire; dall'altra, officine che stanno ferme - e sono parecchie - o che non vengono affatto utilizzate».
Nel settore dei carri armati, l'Italia possedeva sei grandi fabbriche di automobili e due di mezzi corazzati (l'Ansaldo e la Temi), molte altre minori con laminatoi capaci di laminare corazze nonché parecchi cantieri navali dotati di macchinari e mano d'opera in grado di attendere a t,de tipo di mezzi. «Non è chi non veda - proseguiva Favagrossa - come anche in questo campo il nostro paese disponga di un'attrezzatura capace di raggiungere un'altissima produzione. Non si esagera affatto quando si afferma che si potrebbero raggiungere facilmente mille carri armati al mese, dal momento che una sola fabbrica di automobili ha saputo raggiungere la produzione di duecento macchine al giorno. Anche qua si verificano gli stess_iinconvenienti, che si sono accennati a proposito delle artiglierie. Uno dei luoghi comuni più diffusi è la nostra povertà in fatto di materie prime, in particolare dell'acciaio. Ma qui non si tratta di vedere se il nostro Paese è ricco o povero di acciaio; ma di stabilire se esso possiede o no l'acciaio sufficiente per le necessità belliche. Poniamo un esempio. Quanti cannoni occorrono all'Italia? Diciamo una cifra qualunque, tanto per esemplificare. Cinquantamila? Ebbene si faccia il conto. Cinquantamila cannoni del peso medio di una tonnellata fra grossi medi e piccoli, richiedono circa cinquantamila tonnellate, cioè la quarta parte dell'acciaio che l'Italia produce in un solo mese. Si faccia il conto dei carri armati. Ventimila carri armati - la cifra è puramente esemplificativa - del peso medio, tra grandi e piccoli, di quindici tonnellate ciascuno, richiedono circa trecentomila tonnellate di acciaio. Si distribuisca questo fabbisogno in due anni e si vedrà che esso può essere tranquillamente soddisfatto dalla produzione normale. Si faccia per il munizionamento il medesimo calcolo e si vedrà che non si può fondatamente parlare di mancanza di materie prime, che renderebbero inattuabili i programmi richiesti dalle diverse necessità della difesa nazionale (...). Questi dati di fatto e queste considerazioni autorizzano a concludere che l'Italia è in grado di soddisfare pienamente le sue esigenze belliche. Occorre soltanto metodo e coordinazione nelle singole intraprese industriali»s.
Cavallero era perfettamente persuaso che gli inconvenienti più inaccettabili fossero di carattere organizzativo. Il 27 settembre aveva indirizzato una lettera molto significativa al gen. Ago, presidente del Comitato superiore armi e munizioni;
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LE OPERAZIONI IN AFRJCA SETTENTRIONALE
«Ho avuto ieri occasione di far constatare ad un'autorità responsabile come, nel corso della definizione di un tipo dì alzo semplificato a collimatore per il pezzo da 47, sia accaduto quanto segue. Dopo che tutti gli enti hanno dato parere favorevole a detto tipo, si è proceduto all'ordinazione di 20 esemplari per nuovi esperimenti, il che probabilmente comporterà l'intervento di una nuova commissione con conseguente ritardo nell'adozione del tipo, mentre è urgente averlo disponibile. Ulteriori segnalazioni mi fanno ritenere che nelle indispensabili esperienze che si vanno compiendo nei molteplici campi della nostra tecnica, si proceda tuttora con un ritmo non molto diverso da quello del tempo di pace, mentre è necessario, anzi indispensabile e vitale che, pur assicurando alle esperienze le necessarie garanzie, si stringano al massimo i tempi e dovunque possibile non si attenda il risultato perfetto per marciare, sempre quando la necessaria prudenza non escluda che ulteriori migliorie possano essere definite e adottate marcia durante (...)» 6•
L'importanza dell'argomento e degli interrogativi suscitati da questi pochi cenni è tale da giustificare uno studio analitico spinto a fondo, il che condurrebbe però troppo lontano rispetto allo sviluppo delle operazioni in Africa settentrionale. Certo si è che Kesselring, sia pure a occhio, aveva visto giusto. E maggiore è l'amarezza nel pensare a quello che non è stato fatto, almeno durante l'anno di non belligeranza. Per tardi che fosse, la successiva campagna di Graziani avrebbe potuto sortire un andamento forse risolutivo. Ma comunque si guardi la vicenda, al di sopra di una politica estera a casaccio, di una organizzazione del paese per la guerra gravemente carente, di una miope e gretta amministrazione delle forze armate, di una limitata concezione strategica, dei difetti di carattere di molti fra i massimi esponenti della vita politica, pubblica e militare, al di sopra di tutto ciò sta una realtà incontestabile: l'Italia è entrata in guerra nel giugno 1940 perchè Mussolini e non solo lui! - era convinto che la Germania avesse già vinto il conflitto. A fine 1941 era in corso di definizione con il Terzo Reich la posizione di Kesselring. Nel pensiero di Hitler l'Oberbefehlshaber Sud (OBS = comandante superiore nel Sud) doveva assicurare e migliorare le possibilità di rifornimento delle truppe in Africa settentrionale, mediante un'azione aerea contro Malta esercitata con estremo vigore. Kesselring arrivò a Roma nel pomeriggio del 28 novembre. Sia Cavallero sia l'amm. Riccardi, capo di Stato Maggiore della R. Marina, ed il gen. Fougier, capo di Stato Maggiore della R. Aeronautica, si erano preoccupati di chiarire con molta precisione le attribuzioni del maresciallo. Si voleva evitare che egli si rivolgesse alla R. Marina tramite l'amm. Weichold, rappresentante della Seekriegsleitung (SKL = Direzione della guerra navale, cioè il Supermarina germanico) e dal 15 ottobre coman-
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dante in capo della Marina tedesca nel Mediterraneo, scavalcando il Comando Supremo, cosa che invece era desiderata da parte tedesca. Il 29 mattina, un'ora prima del colloquio Cavallero-Kesselring, il gen. von Rintelen, addetto militare e capo della missione militare tedesca a Roma, si presentò a palazzo Vidoni. Cavallero fu pronto a cogliere l'occasione per anticipare il pensiero italiano: «Il gen. von Rintelen ·- scrisse nel suo diario - torna sull'argomento dello schema di collaborazione con la Luftwaffe nel senso che il Comando Kesselring dovrebbe poter dare ordini alla nostra Marina. Rispondo che desidero ottenere la collaborazione ad ogni costo, ma che il Comando Supremo non può e non deve abdicare alla sua funzione e che la Marin~ italiana dipende dal Comando Supremo. È il mio dovere verso il Duce e verso il mio Paese far presente questo. Aggiungo che la sorpresa che mi fa non mi è gradita, che io devo interpretare il pensiero del Duce e che la mia collaborazione col Maresciallo sarà ugualmente fraterna e devota nella sostanza, che è quella che più conta. Noi non possiamo mettere tutta la Marina alle dipendenze dell'OBS perché il Paese stesso non lo permetterebbe. Il Comando Supremo deve comandare lui; la Marina non può avere ordini dall'OBS. Lo schema che ho concretato è approvato dal Duce ed io non posso accettare modifiche. Per parte mia asseconderò l'opera del mar. Kesselring in tutti i modi, ma bisogna lasciarmi fare. Chiedo se ha nulla in contrario che io presenti al mar. Kesselring loschema da me preparato; comunque affermo che i compiti che io ho non possono essere trasferiti ad altra persona. Collaboreremo in modo che tutta la sua esperienza sia sfruttata in pieno, ma non è possibile che il Comando Supremo, dopo aver fatto un lungo lavoro per garantire l'unione di tutte le forze armate, rinunci ai risultati conseguiti. Sarebbe una perdita di prestigio di fronte al Paese».
Tutto ciò fu poi ripetuto a Kesselring, con l'assicurazione che il Comando Supremo non avrebbe diramato direttive circa le operazioni sui teatri d' operazioni del Mediterraneo e dell'Africa settentrionale senza aver prima partecipato il proprio pensiero all'OBS. La posizione di Kesselring era invero delicata. La carica affidatagli - sottoposta solo alla persona di Mussolini - gli consentiva di disporre direttamente o indirettamente di tutte le forze tedesche dislocate in Italia, Grecia e Libia, il che giustamente Cavallero poteva accettare fino ad un certo punto. D'altra parte l'OKW, attraverso von Rintelen, intendeva conservare il contatto immediato con il Com~ndo Supremo, specialmente in relazione alle operazioni del Panzergruppe Rommel, e la SKL, attraverso Weichold, non pensava affatto a rinunciare alla condotta della guerra nel Mediterraneo. Quindi, in un certo senso, da più parti sorse interesse a limitare, almeno in un primo tempo, la vera e propria attività di Kesselring all'ambito della 2a Luftflotte. Di questo voluto stato di cose approfitterà Rommel, che avrà un altro personaggio cui appel-
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
larsi per scavalcare il gen. Bastico, il comandante superiore delle forze armate in Africa settentrionale . Kesselring si rese conto della situazione e non volle forzare la mano. Perciò non insistette e limitò l'attività di comando sulla za Luftflotte, composta dal II Fliegerkorps (gen. Loerzer) di stanza in Sicilia, dal X Fliegerkorps (gen. Geissler) in Grecia ed a Creta e dal contingente del Fliegerfuhrer Afrika (gen. Froelich) in Libia. I lineamenti della lotta nel bacino del Mediterraneo dovevano venir determinati d'intesa fra Comando Supremo e OBS e sanzionati da Mussolini. Le direttive per la cooperazione aeronavale in genere competevano al Comando Supremo, presi gli ordini daf Duce, con la collaborazione dell'OBS e dei capi di Stato Maggiore della R. Marina e della R. Aeronautica. Su tali basi si addivenne, il 19 gennaio, alla definizione delle intese operative: organi di collegamento fra Comando Supremo e OBS, Aeronautica Sicilia e II Fliegerkorps, Aeronautica Egeo e X Fliegerkorps, 5 a squadra aerea e Fliegerfuhrer Afrika; collaborazione e cooperazione a tutti i livelli. In particolare, per l'Africa settentrionale era ammessa, in casi di urgenza, l'azione autonoma delle unità dipendenti dalla 5 a squadra e dal Fliegerfuhrer Afrika, senza preventivo accordo e, tenendo conto che le operazioni aeree nel campo tattico dovevano essere armonizzate con quelle terrestri, alla 5 a squadra ed al Flieger· fuhrer era lasciata autonomia sufficiente - da Superaereo e OBS - per realizzare una cooperazione permanente la più efficace possibile. Quanto alla guerra sul mare, il Mediterraneo era ripartito, per le ricognizioni, tra R. Marina, R. Aeronautica e OBS, con vincolo di pronto scambio dei risultati fra tutti i Comandi interessati. Rientravano nei compiti specifici della 2 a Luftflotte le ricognizioni sistematiche e la neutralizzazione di Malta e gli attacchi contro forze navali in qualunque zona del Mediterraneo avvistata. Erano di pertinenza della R. Aeronautica il concorso alle operazioni per la neutralizzazione di Malta, le azioni di aerosiluramento contro unità navali ovunque avvistate e le ricognizioni sulle basi aeree e navali a Cipro, in Siria ed in Palestina. Le sco"rte antiaeree ed antisommergibili furono suddivise, seppure non rigidamente. Dal canto suo Supermarina aveva esaminato le esigenze della lotta sul mare anche con la Seekriegsleitung. Nei giorni 14-15 gennaio si erano incontrati a Garmisch l'amm. Riccardi e l'amm. Raeder, in una serie di riunioni e di colloqui personali. Il programma preventivamente concordato contemplava lo studio a seduta plenaria della situazione strategica in Mediterraneo, dei trasporti marittimi e dell'approvvigionamento di nafta. I colloqui personali vennero riservati alle questioni
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più delicate, fra le quali i rapporti con la Francia e l'eventuale concorso di forze italiane nel Mar Nero. Concordi sul fatto che il mantenimento ed il rafforzamento delle posizioni in Africa settentrionale costituissero l'obiettivo primario da conseguire, e quindi sulla necessità di neutralizzare Malta pur studiandone le possibilità di occupazione, i due interloc~tori manifestarono punti di vista differenti sugli altri due argomentl.
In merito al primo, Raeder sostenne la convenienza di consentire al governo di Vichy la possibilità di riarmarsi per difendere la Corsica, il N ordafrica e l'Africa occidentale da eventuali attacchi britannici o degaullisti, mentre Riccardi obiettò che un simile orientamento non poteva IJ.On destare preoccupazione in quanto sussisteva il fondato dubbio che le forze francesi potessero far causa comune col nemico in qualsiasi momento. Il secondo punto si traduceva nel rafforzamento del dominio navale nell'Egeo, e fin qui nulla da dire, ma soprattutto in funzione dell'offensiva che la Germania intendeva sferrare in primavera contro l'Armata rossa. Al riguardo, Riccardi rispose francamente che l'Italia non era in grado di fornire le navi desiderate per i prevedibili rifornimenti, a causa della penuria di tonnellaggio in cui si trovava la sua Marina mercantile. Ma l'elemento che affiorò ad ogni esame di possibilità operative fu il vitale problema della nafta. Entrambe le parti denunciarono serie difficoltà, pur avendo ridotto i consumi al minimo. La R. Marina necessitava di 75.000 tonnellate mensili per assicurare i trasporti in Libia, con esclusione di qualsiasi importante impegno delle squadre navali. Calcolando anche il quantitativo già promesso dal Terzo Reich, le sue disponibilità al 10 gennaio potevano coprire il fabbisogno di gennaio e di metà febbraio. Raeder comunicò, o meglio confermò che la Kriegsmarine aveva rinunciato alla propria quota di nafta a favore della R. Marina, che perciò poteva e dovev.a regolare le proprie operazioni sulla base delle importazioni dalla Romania. Peraltro, visto che il ritmo attuale di tali rifornimenti faceva ritenere molto dubbia la reale possibilità di raggiungere i quantitativi occorrenti, almeno nel futuro immediato (in dicembre l'importazione era stata pari a 21.549 tonnellate, di cui soltanto 9.469 di qualità idonea all'impiego), le delegazioni concordarono sul principio che le due Marine dovessero appoggiarsi a vicenda con le rispettive riserve a favore dell'operazione che di volta in volta fosse stata ritenuta più importante. Tutto sommato, il convegno non condusse a decisioni specifiche e tanto meno risolutive. Si limitò ad una panoramica ed a uno scambio di opinioni, ma d'altronde non si riprometteva molto di più. Riccardi ne riferì e chiuse la relazione affermando che, dato il valore strategico
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LE O PERAZIONI lN AFRICA SETTENTRIONALE
delle posizioni che ciascuno dei belligeranti occupava nel Mediterraneo, «Il compito fondamentale che la Marina italiana deve assolvere rimane quello dei rifornimenti libici: se tale compito non potesse svolgersi per deficienza di nafta, tutta la situazione mediterranea risulterebbe gravemente compromessa».
L'attività di Cavallero nella seconda decade di gennaio, quando gli avvenimenti della Cirenaica lasciarono sperare un po' di respiro e la diminuita pressione nemica nel Mediterraneo indusse a ritener probabile una stasi britannica di almeno un paio di mesi, si concentrò essenzialmente sul problema dei trasporti oltremare nei suoi due aspetti: rotte e Malta. Il 10 gennaio, il col. Shimizu Moriakira, addetto militare giapponese a Roma, gli aveva fornito alcune informazioni di fonte svizzera. Nel Pacifico gli angloamericani si sarebbero limitati alla difesa dell'Australia, Nuova Zelanda e India. Il loro sforzo principale doveva essere diretto contro Germania e Italia alimentando il teatro africano e potenziando la guerra navale nell'Atlantico, impiegando l'Armata Rossa per distruggere la Wehrmacht, approfittando della menomata capacità difensiva tedesca per attaccare da nord, intensificando la propaganda per rendere possibile il crollo interno dei vari paesi nemici. L' offensiva contro il Giappone era rimandata ad una seconda fase e sarebbe stata condotta a forze riunite. Le informazioni erano sostanzialmente esatte. Il 22 dicembre, Churchill, con l'amm. Pound, Primo Lord del1'Ammiragliato, il maresciallo dell'aria Portal, capo di S.M. della Royal Air Force, il mar. Dill, che aveva appena lasciato la carica di capo di Stato Maggiore Generale Imperiale al gen. Alan Brooke, e lord Beaverbrook, membro del gabinetto di guerra, giunse a Washington, dopo un viaggio via mare di dieci giorni. Per tre settimane rimase alla Casa Bianca, impegnato in quella serie di conversazioni e contatti che venne denominata Arcadia. In viaggio aveva molto riflettuto, sì da poter consegnare al presidente americano tre distinti promemoria concernenti il futuro sviluppo della guerra, così come si presentava ai suoi occhi. Il primo era relativo al fronte atlantico e, più precisamente, alla campagna del 1942 che avrebbe dovuto consentire l'acquisizione dell'intero Nordafrica; il secondo si riferiva al fronte del Pacifico, ove l'obiettivo strategico principale doveva essere quello di costituire nel giro di cinque mesi una flotta da battaglia superiore alle forze navali del Giappo-
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ne e di costringere l'Impero del Sol Levante a rientrare entro i limiti dei suoi confini; il terzo riguardava la campagna del 1943 in Europa per vincere la guerra contro la Germania. La parte più interessante del primo appunto (scritto il 16 dicembre) rifletteva la situazione in Libia. La vittoria di Auchinleck era data per scontata entro la fine del mese, con la disfatta delle unità italo-tedesche in Cirenaica e due conseguenze: per l'Asse sarebbe stato un durissimo colpo, per la Gran Bretagna la sospirata sicurezza di Alessandria e del canale di Suez. Auchinleck avrebbe poi subito proseguito su Tripoli e raggiunto la frontiera tunisina. Contemporaneamente, occorreva compiere ogni sforzo per guadagnare alla causa degli Alleati l' Africa settentrionale francese, adoperando qualsiasi allettamento e forma di persuasione nei confronti del governo di Vichy e delle autorità militari di Rabat, Algeri e Tunisi. «Ora è il momento - scrisse Churchill - di offrire a Vichy ed all'Africa settentrionale francese una benedizione o una scomunica)), Però, anche se il Nordafrica francese si fosse schierato a fianco degli Alleati con la connivenza di Vichy, si rendeva comunque necessario l'invio di forze considerevoli. A prescindere dall'8a armata proveniente dalla Cirenaica, in Gran Bretagna erano disponibili due divisioni di fanteria ed una corazzata (in tutto circa 55.000 uomini), che - sostituite da altrettante unità americane nell'Ulster - potevano sbarcare in Algeria e Tunisia entro tre settimane dall'ordine. A queste truppe era auspicabile si aggiungessero 150.000 uomini che gli Stati Uniti avrebbero potuto far arrivare a Casablanca e ad altri porti della costa atlantica nel giro di sei mesi. Entro il 1942 occorreva occupare anche Dakar ed altri porti dell'Africa occidentale francese. «Per concludere: lo sforzo principale offensivo della guerra in Occidente durante il 1942 - terminava Churchill - sarà rivolto all'occupazione ed al controllo, da effettuarsi dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti, di tutti i possedimenti francesi nell'Africa settentrionale ed occidentale, e al successivo controllo, ad opera della Gran Bretagna, dell'intero litorale nordafricano da Tunisi all'Egitto, assicurando cosl, se la situazione navale lo permetterà, il libero transito attraverso il Mediterraneo, verso il Levante e il Canale di Suez. Questi grandi obiettivi potranno essere raggiunti solo se la superiorità aeronavale britannica ed americana sarà mantenuta nell'Atlantico, se le linee di rifornimento continueranno ad assolvere il loro compito senza interruzioni e se le Isole britanniche saranno efficacemente protette contro un'invasione,/.
Roosevelt ed i suoi consiglieri concordarono di massima sulle idee di Churchill. I lavori di Arcadia proseguirono in una notevole unitarietà d'intenti. Sul piano più propriamente politico, il 1° gennaio Roosevelt (U.S.A.), Churchill (U.K.), Litvinov (U.R.S.S.) e Soong (Cina)
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firmarono per primi la Dichiarazione comune delle Nazioni Unite: ventisei Stati, che accettarono il programma ed i principi contenuti nella cosiddetta Carta Atlantica, sottoscritta da Roosevelt e Churchill il ·14 agosto 1941, si impegnarono a condurre guerra a fondo contro i paesi del Tripartito ed ai loro alleati ed a non concludere separatamente armistizio o pace con essi8• Sul piano militare il risultato più significativo fu l'istituzione del Comitato interalleato dei capi di Stato Maggiore con sede a Washington. A dire il vero questo fu uno dei «fittizi provvedimenti di Washington», come si espresse con molto scetticismo il gen. Brooke, ed infatti per parecchio tempo il Comitato ebbe una funzione puramente nominale. Tuttavia nel prosieguo del conflitto l'organismo si rivelò efficiente e idoneo allo scopo. Ma è doveroso almeno un cenno alla mobilitazione industriale americana. Sentite le necessità e le previsioni di lord Beaverbrook, Roosevelt ordinò l'attuazione di un programma di produzione bellica che prevedeva l'approntamento dei seguenti quantitativi di materiali: Mezzi aerei da combattimento .................................... carri armati .................................................................... cannoni contraerei ................................................. . cannoni controcarri .............................................. mitragliatrici .................................................................
1942
1943
45.000 45.000 20.000 14.900 500.000
100.000 75.000 75.000
non fissato non fissato
Le costruzioni di navi mercantili dovevano raggiungere gli 8 milioni di t.s.l. nel 1942 ed i 10 milioni nel 1943. Se Mussolini avesse conosciuto gli Stati Uniti probabilmente non avrebbe mai firmato il Patto d'Acciaio. Gli americani si dettero subito a studiare la spedizione oltremare. L'operazione, denominata Super Gymnast, veniva ad assorbire quella . inglese in Tunisia (Gymnast) e si basava sull'ipotesi di una sufficiente · collaborazione da parte francese, tale da lasciare spazio solo a qualche •lieve e non coordinata resistenza locale. Il primo obiettivo era costituì. to da una salda e sicura affermazione nel Marocco, poi l'avanzata avrebbe proseguito verso la Tunisia. Naturalmente molto dipendeva dall' offensiva condotta dall'8a armata. Tenuto conto dell'impegno americano, l'operazione era posta sotto comando e pianificazione statunitensi. La data provvisoria fu stabilita al 25 maggio. Diciamo subito che già a fine gennaio sorsero a Londra molti dubbi a causa delle crescenti
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necessità per l'Estremo Oriente e del sempre più improbabile aiuto francese. Il 1° febbraio Churchill si rassegnerà a lasciar cadere la cosa ed un mese dopo i capi di Stato Maggiore britannici informeranno Washington che a loro avviso nessuna iniziativa del genere appariva possibile prima dell'autunno, opinione subito condivisa anche oltre Atlantico, visto come andavano le operazioni in Libia. Il 5 gennaio anche la Persia e l'Iraq passarono sotto l'autorità di Auchinleck e le forze ivi dislocate dettero vita alla 10a armata (gen. Quinan), ma la situazione in Medio Oriente non migliorò affatto, giacché, come è facile intuire, gli avvenimenti in Estremo Oriente provocarono un notevole assorbimento di unità aeree e terrestri. Proprio in quel periodo a Londra venne deciso di fronteggiare le nuove esigenze con sei divisioni di fanteria ed una brigata corazzata, attingendo appunto al Medio Oriente od ai rinforzi previsti per esso. Dovevano perciò partire il corpo d'armata australiano (con la 6a e 7a divisione) dalla Siria, la 7a brigata corazzata (con 110 Stuart) dall'Egitto, la 17a divisione indiana dall'India, due altre divisioni dal Medio Oriente o dall'India, mentre la 18 a divisione britannica, in viaggio sulla rotta del Capo di Buona Speranza, sarebbe stata dirottata al nuovo frorite. Sia Auchinleck sia Tedder, il comandante in capo delle forze aeree, assicurarono che tali movimenti non avrebbero influito sull'operazione Acrobat, però la situazione ai confini settentrionali del Medio Oriente sarebbe rimasta fortemente alterata. E che in primavera la Germania potesse riprendere l'offensiva in Russia o invadere la Turchia, con la conseguente prospettiva di vedere i Panzer affacciarsi in Persia o in Siria già a fine maggio, era timore fortemente sentito. Auchinleck calcolò l'onere della difesa delle basi in Egitto e degli approdi nel golfo Persico. Vi aggiunse quello di un aiuto alla Turchia, ove aggredita e ne derivò un fabbisogno complessivo di 15 divisioni di fanteria e 4 corazzate. A parte le grandi unità in Cirenaica e non considerando più le due divisioni australiane, egli disponeva di 2 divisioni corazzate e mezzo e 9 divisioni di fanteria. Rendendosi conto delle circostanze, chiese di ricevere una divisione corazzata ed una di fanteria entro metà maggio. Il 22 gennaio Auchinleck si recò a Haifa per discutere con i generali Quinan e Wilson (comandante della 9 a armata in Siria) la situazione quale si prospettava. Tornò al Cairo il 23, in tempo per ricevere le prime notizie della controffensiva italo-tedesca in Cirenaica.
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2. LE FORZE E GLI INTENDIMENTI ITALO-TEDESCHI
A metà gennaio 1942 il Panzergruppe A/rika era sistemato a semicerchio attorno ad el-Agheila, fronte ad est, con la destra spinta fino a sud di Maaten Giofer ed un distaccamento italo-tedesco a Marada. In particolare, Rommel aveva schierato il XXI corpo (gen. Navarini) tra Marsa el-Brega e l'uadi el-Faregh, con la D.f. Sabratha (gen. Soldarelli) a diretto sbarramento della via Balbia9; la D.f. Trento (gen. Gotti) a chiusura dello spazio esistente fra la sebcha es-Seghira e Bu Mdeues compreso10 ; la D.f. Pavia (gen. Franceschini) sull'uadi el-Faregh a controllo del nodo di piste di Maaten Belcleibat e quale appoggio d'ala per la Trento n_ Il X corpo (gen. Giada) era invece disposto con la D.f. Brescia (gen. Lombardi) da Maaten Giofer a Sidi Tabet compreso 12 e la D.f. Bologna (gen. Gloria) da Sidi Tabet a Hatiet es-Sorra13: dovevano impedire avvolgimenti a breve raggio della posizione difensiva. Lungo il tratto dell'uadi Faregh esistente fra Maaten Belcleibat e Maaten Giofer si era inserito il gruppo tedesco Burkhardt costituito da un battaglione paracadutisti, a saldatura dei corpi d'armata XXI e X. Molto più a sud, a Marada, il distaccamento Deumiller, di costituzione mista, controllava le provenienze desertiche. A tergo stavano raccogliendosi le forze mobili. Il corpo d'armata di manovra (CAM) del gen. Zingales, con la D.cor. Ariete (gen. De Stefanis)14 e la D.mot. Trieste (gen. Azzi)15, si trovava a sud di el-Agheila; il Deutsches A/rikakorps (DAK) del gen. Criiwell, con la 15a Panzerdivision (gen. von Vaerst) 16 e la 21 a Panzer· division (gen. von Bismark) 17 era leggermente più arretrato. In riserva, la 90a leggera (gen. Veith) 18 ed il nuovo raggruppamento Marcks 19, dislocati ad oriente di el-Agheila. Durante l'assunzione del dispositivo, che dal 14 gennaio era venuta modificandosi e completandosi sino al 16 (schizzo n. 1), un'altra e più complessa operazione aveva avuto principio. Attorno ad el-Agheila erano rifluiti dalla Marmarica circa 34.000 uomini - 24.000 italiani e 10.000 tedeschi - palesemente insufficienti a rendere valide le dieci divisioni dell'Asse ed i relativi supporti tattici e logistici. Subito era iniziato l'arrivo di rinforzi dalla madrepatria e dalla Tripolitania, era stata data mano ad un riordinamento strutturale adeguato al momento ed all'ambiente. Il Comando Superiore aveva deciso l'adozione del modulo «divisione fanteria A.S.42}> per le divisioni Brescia, Bologna, Pavia, Sabratha e Trento. Si trattava di un adattamento delle tabelle diramate nel 1941 dallo Stato Maggiore dell'Esercito per la «D.mot. tipo A.S.»,
LO SCHIERAMENTO ITALO-TEDESCO AD EL-AGHEILA IL 17 GENNAIO 1942 Schizzo n. 1
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LE OPERAZIO N°! IN AFRICA SETTENTRIONALE
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sulla base di criteri suggeriti od imposti dalle circostanze: riduzione della forza a circa 7.000 uomini per limitare il peso logistico della grande unità; assegnazione omogenea delle armi controcarri alle compagnie di fanteria, quindi due reggimenti su due battaglioni (di quattro compagnie ciascuno) ed una compagnia mortai da 81; incremento del fuoco di artiglieria ed aggiunta di un gruppo specificatamente idoneo al tiro contraerei e controcarri, quindi un reggimento su due gruppi da 75/27, due da 100/17 ed uno da 88/55; nessuna variante per il genio; servizi limitati drasticamente, quindi solo la sezione sanità e la sezione sussistenza. Per le divisioni del corpo d'armata di manovra - il cui raggruppamento esplorante si era «fuso)) durante la ritirata - era stata studiata una soluzione diversa per le unità di fanteria e di artiglieria. La Trieste, divisione motorizzata, doveva disporre di un battaglione autoblindo, un battaglione carri medi, 65° e 66° reggimento fanteria su due battaglioni, 21 ° reggimento artiglieria, per un totale di 6.700 uomini circa. L'Ariete, divisione corazzata, doveva essere formata da un battaglione autoblindo, un battaglione semoventi da 47/32, 132° reggimento carri medi, 8° reggimento bersaglieri su due battaglioni bersaglieri ed uno controcarri da 47 /32, 132a artiglieria su due gruppi da 75/27, due gruppi semoventi da 75/18, un gruppo da 105/28 ed uno da 90/53, per circa 9.000 uomini complessivi. Naturalmente il nuovo ordinamento non poteva che realizzarsi con gradualità in relazione all'arrivo di complementi e del materiale. Così, inizialmente la situazione ordinativa cambiò di poco ed il 7° e 9° reggimento bersaglieri, che sarebbero dovuti passare a disposizione del X e XXI corpo per dar vita sotto altra veste ad un elemento meccanizzato di corpo d'armata, rimasero alle rispettive divisioni, Trento e Trieste. Tuttavia, pur attraverso notevoli ed immaginabili difficoltà, il riassetto procedeva con soddisfacente alacrità. Di particolare valore l'arrivo di nuovi carri e la rimessa in efficienza dei mezzi danneggiati: il 20 gennaio il CAM aveva in linea 89 carri M 13 efficienti ed il DAK presentava 23 autoblindo e 111 Pzkw Mark III e IV, più altri 28 in arrivo. Bastico aveva agito anche nel campo del pe.rsonale, decidendo la sostituzione di qualche comandante di divisione, e dell'ordinamento delle retrovie, ossia della Tripolitania, istituendo il Comando Difesa della Tripolitania (gen. Armando) articolato nei settori di Castelverde, Zuara e Garian e nella Piazza di Tripoli; il Comando Sahara libico a Hon; il Comando settore sirtico articolato nei sottosettori di Sirte e di Misurata2°.
Il QUADRO OPERA'l'fVO NEL GENNAIO 1942
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Anche la 5 a squadra aerea (gen. Marchesi) era stata riordinata. Era suddivisa in due aliquote: Settore Ovest, nella Tripolitania occidentale, e Settore Avanzato, nella Tripolitania orientale. Quest'ultimo, il cui Comando era a Sirte, aveva schierato i reparti da combattimento su tre campi. A Tamet c'era un gruppo da caccia su MC 202, ad en-Nofilia un secondo gruppo da caccia su MC 200, presso l'Ara dei Fileni altri tre gruppi da caccia (uno su MC 202 e due su MC 200) e due squadriglie di bombardieri a tuffo su Ju. 87 e CR 42.
In materia operativa, il pensiero del comandante delle truppe fronteggianti gli inglesi, cioè di Rommel, stava acquistando fisionomia in base a quanto via via riusciva a conoscere del nemico. Sotto la data del 21 gennaio egli annotò sul suo diario: «Avevo tenuta segreta la controffensiva del Panzergruppe da Marsa el-Brega verso oriente e non avevo informato né il Comando Supremo italiano né quello tedesco. Sapevamo per esperienza che il Comando Supremo italiano non poteva tenere per sé le cose e che tutto ciò che veniva trasmesso via radio a Roma finiva alle orecchie britanniche. Comunque, avevo disposto con il Quartiermastro [l'Intendente del Panzergruppe] che l'ordine del Panzergruppe fosse affisso ad ogni cantoniera della Tripolitania [orientale] il 21 gennaio, il giorno stabilito per l'azione. L'Ecc. Bastico, a Homs, venne a conoscenza della mia intenzione in questo modo, naturalmente, e si infuriò per non essere stato informato prima. In questo senso riferì a Roma ed io non fui sorpreso quando Cavallero venne personalmente a Marsa el-Brega pochi giorni dopo»21•
Anzitutto, appare evidente che il testo fu collocato alla data del 21 gennaio, ma scritto successivamente. In secondo luogo, Rommel ignorava - e, per la verità, la questione fu ignorata da tutti sino al 1974 che i messaggi cifrati dai tedeschi con la macchina cifrante Enigma, una volta intercettati dagli inglesi, venivano tranquillamente decrittati nei pressi di Londra con un esemplare trafugato in Polonia nel 1939 ed utilizzati sotto la voce di codice Ultra22• Tale mancata conoscenza non solo rafforzò fra i nostri alleati la convinzione che gli italiani fossero disastrosamente «chiaccheroni» ma fece ritenere, perfino da qualche italiano, che uno o più traditori facessero parte degli Alti Comandi e specialmente di Supermarina. Infine, la compiaciuta soddisfazione del colorito racconto non sembra molto appropriata. Che Rommel abbia ben presto mirato a reagire contro un avversario necessariamente in difficoltà dopo l'attraversamento di quasi tutta la Cirenaica, è indubbio. L'allora magg. von Mellenthin, capo ufficio informazioni del Panzergruppe, il 12 gennaio, nel corso di una riunione tenutà per fare il punto della situazione, fornì
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIO N ALE
al comandante una ricostruzione attendibile del dispositivo britannico. Non solo, ma precisò che, secondo i propri calcoli, il Panzergruppe avrebbe goduto di una certa superiorità in mezzi corazzati sino al 25 gennaio, poi la bilancia sarebbe tornata a favorire gli inglesi. Ciò posto, e considerando i difetti delle posizioni di Marsa el-Brega ed il logorio delle divisioni di fanteria italiane, poteva diventare pericoloso rimanere sulla difensiva. Rommel rimase colpito da tali argomentazioni e comprese subito la necessità di puntare molto, se non tutto, sul fattore sorpresà. Ne derivarono le rigide precauzioni assunte. «Il comandante dell'Afrikakorps - scrisse von Mellenthin - non venne informato del piano sino al 16 gennaio ed i suoi divisionari ricevettero istruzioni verbali
il 19 13». Nella sostanza tutto questo risponde a verità e d'altronde era inevitabile procedere per approssimazioni successive, anche perché il pericolo di un possibile ulteriore sforzo britannico si era profilato probabile fin dal 13 gennaio. Alle 10 di quel mattino, infatti, il XXI corpo aveva ricevuto un eloquente quanto stringato fonogramma: «La batta-
glia è imminente, perciò sollecitare invio di tutto quanto disponibile di personale e materiali. Rommel» e, più tardi, il bollettino serale del Panzergruppe presentava la situazione in questi termini: «Impressione generale: fra breve si dovrà contare su un attacco nemico con punto di gravità presso e a sud di Bir es-Suera [cioè immediatamente a sud della Trento], con puntate contemporanee a cavallo della via Balbia [settore della Sabratha]». Il giorno 14 nuova precisazione: «Sembra che il nemico si prepari all'attacco», ma in serata l'ipotesi si allontanò leggermente: «Il giorno 16/1 si dovrà contare sull'inizio della battaglia - avvisò il Panzergruppe - . Gli stessi incarichi per i corpi d'armata come finora. Nel resto, approfittare intensamente della giornata per prepararsi alla battaglia
(. •.}»24. Il 15 gennaio il pensiero di Rommel venne a maturazione. Alle 11 del mattino egli arrivò al Comando del CAM ed ebbe un colloquio con il gen. Zingales, nel corso del quale, dopo aver accennato in termini eufor ici ai successi riportati dai giapponesi ed ai loro riflessi nei confronti della disponibilità delle forze britanniche in Medio Oriente, disse: «La situazione nel nostro scacchiere è buona; tuttavia forse domani il nemico attaccherà tra il Faregh e la Balbia. Il CTA [corpo tedesco d' Africa] ed il CAM contrattaccheranno e distruggeranno la massa nemica manovrando e serrandola contro il mare. Sarà così vinta la battaglia cominciata il 19 novembre», e prescrisse che i comandanti tenessero i 25
reparti alla mano e con le dotazioni al completo • Se in tal modo si espresse con Zingales è impensabile che non avesse già parlato dell'ar-
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gomento con Criiwell. Piuttosto vale la pena di sottolineare come a questo punto, ed ancora per un paio di giorni, egli pensasse non già ad un'offensiva, bensì ad un contrattacco risolutivo contro un nemico cui egli lasciava la prima mossa. In altri termini, era orientato ad una bat-
taglia difensiva. Fu il 17 che il disegno operativo cambiò, probabilmente apparendo ormai improbabile un'iniziativa britannica a causa delle non brillanti condizioni in cui risultavano trovarsi le forze fronteggianti il Panzergruppe: la divisione corazzata ben lungi dal grado di addestramento della 7a; i servizi mal funzionanti; la cooperazione aeroterrestre cattiva; il morale basso26• Fatto si è che alle 15,15 del 17 Rommel tornò al Coman'do del CAM e conferì a lungo con Zingales: aveva in animo di agire controffensivamente «fra pochissimi giorni» per annientare il complesso nemico a sud-ovest di Agedabia fra la via Balbia e l'uadi el-Faregh (schizzo n. 2) agendo con il DAK da sud ed il CAM da nord. La ridotta di el-Gtafia doveva rappresentare il teorico punto di congiunzione delle due branche. «Eliminato l'avversario che si trova in tale zona, si vedrà in seguito se le operazioni dovranno procedere o se i reparti dovranno ritirarsi sulle basi di partenze». Il concentramento del CAM a Sidi Hmuda, una ventina di chilometri ad est di el-Agheila, avrebbe avuto luogo probabilmente il giorno 18. Due erano le cose da fare subito, conservando la segretezza sull'operazione: riconoscere le piste adducenti alla Balbia ed individuare i passaggi attraverso i campi minati sul fronte del XXI corpo. Questa volta si trattava di battaglia offensiva. Ultimato il colloquio, Zingales convocò i comandanti delle divisioni Ariete e Trieste e si limitò a prescrivere lo studio della dislocazione nella 21 zona di Sidi Hmuda nonché la ricognizione delle piste e dei passaggi • Il 18 mattina il gen. Navarini ricevette disposizioni di tenere la zona davanti alla Sabratha sgombra dal nemico e per la maggior profondità possibile, e fu preavvisato per una riunione ad alto livello presso il Comando tattico del Panzergruppe prevista per il giorno seguente. Ed il 19, alle ore 10, Rommel impartÌ ai comandanti di grande unità interessati gli ordini per l'attacco28• Premesso che l'avversario era, al momento, inferiore di forze e che probabilmente attendeva l'arrivo di nuove truppe 29 - prevedibile tra la fine del mese ed i primi di febbraio - per riprendere lo sforzo verso la Tripolitania, il Panzergruppe poteva chiudere il nemico nella sacca compresa fra Melah en Nogra-ridotta el Gtafia-Maaten Bettafal-uadi el Faregh e distruggerlo con un'azione concentrica. La sacca doveva essere determinata dal raggruppamento Marcks a nord, con obiettivo iniziale Melah en-Nogra e riserva di decisione se proseguire verso sud-est o nord-est, e da un gruppo tattico
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dell'Afrikakorys a sud, con obiettivo la ridotta di el-Gtafia. Le branche per l'annientamento, invece, erano costituite dal CAM a nord, con obiettivo Bir Bilal e successivamente il restringimento verso sud e sudovest della zona di accerchiamento di competenza, e dal DAK a sud, con obiettivo Bir Bu Gedaria e poi la riduzione verso nord e nord-ovest della sacca. In un secondo tempo il DAK aveva il compito di contrattaccare il possibile intervento della za brigata corazzata inglese proveniente da Agedabia. L'uscita dei corpi motocorazzati dalla posizione difensiva doveva essere agevolata da un paio di battaglioni della 90a leggera, incaricati di scavalcare la Sabratha e formare una barriera, fronte a sud-est, oltre la Balbia, per impedire una puntata in direzione nord da parte del nemico intrappolato, e dalla Pavia, dal cui settore dove uscire l'Afrikakorys. L'appoggio di fuoco era compito del Comando artiglieria 104 (tedesco), del Comando artiglieria del XXI corpo30 e del Fliegerfuhrer Afrika (schizzo n. 3). La riunione terminò alle 11,30 e due ore dopo Rommel ordinò lo spostamento delle unità nelle zone di raccolta approfittando del ghibli che, soffiando con violenza, avrebbe nascosto i movimenti all'osservazione aerea britannica. Poi, più tardi, la precisazione: l'inizio dell'operazione era fissato per le 8,30 del giorno 21. Da quel momento tutto fu orientato verso l'attacco. La sera del 20 il servizio di intercettazioni tedesco captò comunicazioni avversarie secondo le quali «l'attività nemica è normale». Da quanto precede emerge chiaramente come il disegno di Rommel sia venuto a concretizzarsi nella forma nota solo negli ultimi giorni e come le misure di segretezza assunte rientrassero nelle normali precauzioni da adottare in simili circostanze. Il 17 sera aveva scritto alla moglie: «La situazione sta sviluppandosi a nostro vantaggio ed io ho la testa piena di progetti di cui non faccio cenno ad alcuno qui intorno. Penserebbero che sono pazzo. Ma non lo sono. Semplicemente vedo un po' più lontano di loro ( ..}»31 .• In realtà, proprio quel pomeriggio ed almeno con Zingales (ma sicuramente anche con Criiwell), aveva parlato con la massima franchezza. Secondo una versione, avrebbe mandato a chiamare il ten. col. Heggenreiner, ufficiale di collegamento presso il Comando Superiore, e, comunicatogli con un sorriso che stava per aver luogo un attacco, gli avrebbe proibito di farne cenno con Bastico; anzi avrebbe dovuto dare a questi l'impressione di una sua intenzione di ritirarsi ancor più ad ovest32 • La cosa, cosl come riferita, è priva di attendibilità. Le misure poste in atto erano intese ad affrontare e vincere una battaglia difensiva che tutti si aspettavano fin dal giorno 14,
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e l'idea di un altro passo indietro non poteva essere formulata tramite un ufficiale di collegamento: basti ricordare gli assillanti e ripetuti interventi personali di Rommel prima delle ritirate da Tobruk-Bir el Gobi e da Ain el Gazala. Anche Rommel nel suo diario si compiace del silenzio usato nei confronti del Comando Supremo, dell'OKW e di Bastico, ma che al Comando Superiore fosse già pervenuto un orientamento sembra convalidato dal fatto che il giorno 18 Bastico mandò il proprio capo di Stato Maggiore, gen. Gambara, da Rommel per sentire come stessero le cose. Il resoconto del colloquio fu poi trasmesso a Cavallero: $<Ieri inviato da Rommel generale Gambara. In lungo cordiale colloquio Rommel espressi calorosi ringraziamenti per rapidità ricostituzione Divisioni, di cui è vivamente ammirato per altissimo spirito offensivo da cui tutte sono animate. Come da me previsto, anche Rommel è del parere che nuova offensiva progettata da nemico abbia ancora a subire qualche ritardo. Egli ha altresì manifestato intenzione procedere con CAM e DAK operazione offensiva scopo sconvolgere schieramento nemico a sud Marsa Brega. At richiesta parere, ho fatto da generale Gambara rispondere che suo parere collima perfettamente col mio. Est stata subito disposta, in relazione dette intenzioni, urgente affluenza batterie et altri mezzi mobili di cui era già predisposta organizzazione. Rommel si è altresì molto compiaciuto organizzazione servizi, che tra l'altro provvedono esigenze anche sue truppe. Nel complesso, ho il piacere di dire che tutto va molto bene» 33 •
Peraltro, bisogna riconoscere che, pur avendo parlato e discusso con il Comando Superiore della prossima mossa, Rommel aveva taciuto il momento deciso per l'inizio dell'offensiva, evidentemente dando l'impressione che questo fosse imminente, sì, ma non immediato. E questo comportamento, impossibile, almeno entro certi limiti, con le grandi unità dipendenti, fu conservato persino con lo Stato Maggiore italiano di collegamento. Al riguardo, un episodio è profondamente significativo. All'alba del 21, il gen. Calvi fu convocato al Comando del Panzergruppe. Giunto verso le 8 all'autocarro dell'ufficio operazioni tedesco, « Westphal, da perfetto ufficiale di cavalleria - raccontò un testimone - ci accolse con un saluto ed un leggero inchino e consegnò una busta. Conteneva poche righe dattiloscritte: 'Alle ore 7 di questa mattina è iniziato l'attacco per annientare il nemico in Cirenaica'» 34• Diciamo, dunque, che quello che Rommel aveva custodito gelosament nel proprio animo era soprattutto l'intenzione - se appena appena i combattimenti si volgessero al bello, e vedremo che egli sarà cauto nei primi giorni - di sviluppare un'altra galoppata almeno sino a Tobruk, analogamente a quanto fatto l'anno precedente.
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Circa, poi, la diffidenza nei confronti dei Comandi Supremi italiano e tedesco, si può ragionevolmente ritenere che Rommel, segretezza a parte, non avesse alcun desiderio di interferenza dall'alto. Abbiamo già constatato che egli si rivolgeva a Berlino o a Roma soltanto quando gli faceva comodo per ottenere aiuti materiali o sostegno nelle sue decisioni, ed ora che il comando di tutte le truppe operanti ai margini della Cirenaica gli consentiva in certo modo di «neutralizzare» Bastico, non poteva rischiare un veto di Hitler o Mussolini. E se a Roma c'era sostanzialmente acquiescenza nei suoi confronti, a Berlino il discorso cambiava. Il 20 gennaio il gen. Marras, addetto militare italiano in Germania, telegrafò al Comando Supremo che l'Oberkommando der Wehrmacht (OKW) stimava in atto, in Africa settentrionale, la metodica preparazione di un ulteriore tentativo britannico da sferrare a rinforzi affluiti. Però «vengo privatamente pregato da ufficio situazione OKWfar convscere apprezzamento situazione da parte codesto Comando Supremo. Detta richiesta sembra dettata da contrasti qui esistenti fra cor35 rente ottimista et altra meno ottimista» •
3. LE FORZE E GLI INTENDIMENTI BRITANNICI
Il 13 gennaio Churchill aveva scritto ad Auchinleck: «Senza dubbio avete ogni ragione per cercare la decisione in una battaglia sul fronte di Agheila-Marada. Vi appoggerò qualunque sia il risultato» 36• Ma le sue aspettative dovevano rimanere deluse. Proprio il giorno successivo il gen. Ritchie, comandante della 8a armata, si rivolse ad Auchinleck chiarendo di reputare impossibile l'inizio di un'offensiva contro le posizioni italo-tedesche prima del 15 febbraio. I problemi erano d'ordine logistico ed organico. Il primo si mostrava letteralmente condizionante. A conti fatti, il 13° corpo (gen. Godwin-Austen) aveva bisogno di circa 1.500 tonnellate giornaliere solo per i rifornimenti ordinari e, poiché a Tobruk giungevano complessivamente appena 1.150 tonnellate, il disavanzo era sensibile, specialmente considerando la necessità di rifornimenti straordinari e la lunghezza delle linee di comunicazioni terrestri sino ad Agedabia. La piena rimessa in funzione del porto di Bengasi non era impresa agevole, questa volta, date le distruzioni operate dall'Asse prima della ritirata. Naturalmente, sin dal 29 dicembre era stata posta mano ai lavori di riattamento, che procedevano bene, ma occorreva tempo. In sostanza, l'alimentazione di un· grosso complesso di forze ai limiti della Cirenaica occidentale presentava molte difficoltà.
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Per questo motivo, principalmente, il 13° corpo era disseminato da Marsa el-Brega a Tobruk. A contatto con il Panzergruppe c'era la 1a divisione corazzata, comandata adesso dal gen. Messervy37, con la 2a brigata corazzata ed il 1° gruppo di sostegno, nonché la 200a brigata delle Guardie (schizzo n. 4). Delle unità citate, due fronteggiavano lo schieramento italo-tedesco: la 200a brigata delle Guardie (gen. Marriott), che aveva appena cambiato il proprio numero indicativo da 22a in 200a38, era dislocata fra la via Balbia e Bir es-Suera; il 1° gruppo di sostegno (gen. Vallentin),, che porterà a termine la sostituzione del 7° gruppo di sostegno della 7a divisione corazzata solo il 19 gennaio, si 9 trovava a cavallo dell'uadi el-Faregh, ad ovest di Maaten BettafaI3 • In avanti, su tutto il fronte da Marsa el-Brega a Hatiet es-Sorra, agivano tre reggimenti autoblindo: il Central India Horse, il 1° King's Dragoon Guards ed il 12° Lancieri, reggimenti che peraltro fu giocoforza ritirare quasi completamente per rimessa in efficienza, a causa della fortissima percentuale di mezzi in avaria. La 2a brigata corazzata (gen. R. Briggs) era stata concentrata a nord-est di Antelat affinché i suoi tre reggimenti carri - ognuno dei quali contava in media 26 cruisers e 18 Stuart completassero l'addestramento nel deserto"°. Ancor più a tergo, la 4a divisione indiana (gen. Tuker) aveva la 7a brigata a Bengasi, la 5a a Barcee l'lP a Tobruk, e la 22a brigata corazzata (gen. Scott Cockburn), fortemente scossa dai combattimenti sfortunati di fine dicembre, era stata addirittura ritirata a Tobruk per rimettersi in sesto41 • Il rimanente dell'8a armata, cioè il 30° corpo, si trovava a T obruk ed al confine egiziano. Il Comando di Ritchie era impiantato a Tmimi, sul golfo di Bomba, a 360 chilometri in linea d'aria da Marsa el-Brega, e quello di Godwin-Austen a Msus. L'appoggio aereo era assicurato dalla Desert Air Force (vicemaresciallo dell'Aria Coningham) con nove gruppi da caccia di base ad Antelat; quattro suddivisi fra Benina, Derna, el-Adem e Tobruk per la sicurezza dei porti; due gruppi da bombardamento a Gambut e Bu Amud. Complessivamente, su 445 aerei 280 erano disponibili per il combattimento, all'incirca quanti gli apparecchi efficienti del Settore avanzato della sa squadra italiana e del Fliegerfuhrer Afrika. La situazione dell'Asse era apprezzata al Comando dell'8a armata come segue: le divisioni Sabratha, Brescia e Pavia schierate fra Marsa el-Brèga e l'uadi el-Faregh; le divisioni Ariete, Trieste e Trento da Maaten Giofer a Hatiet es-Sorra; un'aliquota della 90a leggera con il battaglione paracadutisti Burkhardt e reparti italiani a Marada; il grosso della 90a leggera nella zona di Sidi Hmuda per fronteggiare eventuali penetrazioni e le due Panzerdivisionen raggruppate leggermente più a
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sud. Non era una ricostruzione esatta, ma, tutto sommato, accettabile nel suo complesso difensivo. La valutazione della forza stimava presenti 17.000 tedeschi e 18.000 italiani, con una settantina di carri medi in tutto, di cui 25 tedeschi. Un'altra ventina di Panzer poteva essere considerata ulteriormente disponibile42• Questo carente apprezzamento dei mezzi corazzati forse fu l'elemento che dette maggiore tranquillità all'sa armata. Ritchie era, come sempre, molto ottimista. Sembra che sia stato consigliato di studiare una possibilità di difesa ad Ain el-Gazala, per il caso, sia pur remoto, di un'improvvisa controffensiva di Rommel, ma egli rifiutò la proposta come inutile43• Invece prospettò a Godwin-Austen le linee generali di un disegno di manovra contro el-Agheila, basato sull'azione frontale di una brigata di fanteria fra Marsa el-Brega e l'uadi el-Faregh, sull'avvolgimento delle posizioni italo-tedesche da sud ad opera di una divisione corazzata, e sul contemporaneo sbarco di un'altra brigata di fanteria sulle retrovie del Panzergruppe, cioè ad occidente di el-Agheila44• Il comandante del 13° corpo disse a Messervy, per il momento, di acquisire una sicura conoscenza del terreno e di disturbare l'avversario con colonne mobili di piccola entità, il che condusse la 200a brigata delle Guardie ed il 1° gruppo di sostegno ad operare con gruppi tattici di fanteria e artiglieria al livello deJla compagnia: quattro delle Guardie con un battaglione in riserva ad Agedabia ed altrettante del gruppo di sostegno, anch'esso con una riserva arretrata. Di conseguenza, davanti alle posizioni italo-tedesche e per una profondità di oltre 120 chilometri non esisteva alcuna «massa» da accerchiare, contrariamente a quanto ritenuto da Rommel. Il servizio informazioni britannico dava per certo che Rommel non potesse impostare una qualunque mossa consistente prima della metà di febbraio, però, anche alla luce degli avvenimenti di fine dicembre, considerava possibili iniziative locali. Accettata siffatta ipotesi peraltro a puro titolo di scrupolo - Messervy era stato incaricato di porsi in condizione di condurre un'eventuale azione ritardatrice sino all'allineamento Agedabia-el Haseiat, dove tutto il 13° corpo sarebbe rapidamente affluito. Naturalmente, Messervy non reputò molto tranquillizzanti né il proprio dispositivo, molto rarefatto, né i rapporti di distanza e, a dispetto del presunto stato di impotenza del Panzergruppe, pose in rilievo la convenienza di portare avanti il corpo d'armata: la 4a divisione indiana ad Agedabia e la 2 a brigata corazzata a Giof el-Matar. Il suggerimento venne respinto da Godwin-Austen non già perché reputato cattivo, bensì per le difficoltà di alimentare tanti reparti in una zona
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
così avanzata. Perciò la situazione si protrasse qual'era sino al 21 genna10. Auchinleck era molto preso dai problemi che investivano il Mediterraneo (Malta compresa) e l'intero Medio Oriente. Dopo aver soppesato attentamente la situazione, il 19 gennaio diramò la direttiva n. 110 a Ritchie ed al gen. Holmes, comandante delle truppe britanniche in Egitto: «l. È mia intenzione continuare l'offensiva in Libia e l'obiettivo ril]lane
Tripoli. 2. Vista, comunque, la fluidità della situazione strategica generale, dobbiamo considerare l'eventualità di non poter continuare detta offensiva in Libia e di dover passare alla difensiva sul fronte occidentale. 3. Qualora fossimo costretti a questo, è mio intendimento fermarmi sulla linea Agheila-Marada ed impedire ogni tentativo nemico di sfondare verso est. Direttive di massima per la difesa di tale linea saranno impartite separatamente. 4. Ove non fossimo in grado di occupare detta linea, oppure, occupatala, di tenerla, intendo effettuare una ritirata verso nord-est e poi verso est sino alla linea Sollum-Giarabub, dove il nemico deve essere arrestato. Durante la ritirata deve essere compiuto ogni sforzo per ritardare la progressione avversaria, così da impedirgli quanto più a lungo possibile di usare le strisce di atterraggio avanzate. 5. L'asse di ritirata sarà Agheila-Agedabia-Bir Ben Gania-Bir Hacheim-Sidì Omar. La strada costiera Bengasi-Derna-Tobruk-Sollum può essere utilizzata per lo sgombero del materiale e delle scorte, ma non dovrà essere percorsa dalle truppe, eccezion fatta per i reparti dislocati a nord della linea Bengasi-Mechili (località comprese). · 6. Non è mia intenzione cercar di tenere permanentemente Tobruk o qualsiasi altra località ad ovest della frontiera. 7. La difesa della linea Sollum-Giarabub deve essere impostata sui seguenti criteri{...). 8. Il campo trincerato di Marsa Matruh sarà tenuto (...). 9. Le posizioni di Maaten Baggush e di Bardia saranno smantellate( ...). 10. Continuare il lavoro relativo ai piani originali circa la posizione di el-Alamein, quando si presenti l'occasione, finché non saranno completati»•s.
Le direttive di cui sopra sono molto interessanti per due motivi. Il comandante in capo del Medio Oriente, pur prendendo in esame tutte le eventualità, non nutriva preoccupazione alcuna circa le mosse di Rommel, tanto che dava per scontato il poter scalzare il Panzergruppe dalle attuali posizioni per poi occuparle a fronte rovesciato. Il suo assillo era il fronte settentrionale, Cipro compresa. Comunque se il fronte occidentale avesse trovato gravi difficoltà., egli non avrebbe esitato ad abbandonare tutta la Cirenaica, T obruk inclusa, allo scopo, fondamentale, di difendere il Canale di Suez e l'area del Golfo Persico.
IL Q UADRO O PERATIVO NEL GENNAIO 1942
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Secondo motivo: per la prima volta la posizione difensiva di el-Alamein appare concretamente negli studi operativi britannici. Il 21 gennaio il gen. Brooke scriveva da Londra ad Auchinleck: «(...) Ci si presenta un problema imbarazzante con Acrobat. La mancata distruzione delle forze di Rommel, il tempo guadagnato da questi con azioni di retroguardia, l'inevitabile ritardo per organizzare Acrobate la riduzione delle forze navali nel Mediterraneo orientale, tutto rende seria la situazione(...)»,
e continuava accennando al grave inconveniente di dover soggiacere a vincoli di natura logistica per riprendere l'avanzata su Tripoli. «Contro gli italiani tutto andrebbe bene - tenne a specificare - ma contro i tedeschi, soprattutto con sei settimane a disposizione per ricevere rinforzi, le probabilità possono giocare pesantemente a nostro sfavore ( ..)»46• In sostanza, volle chiarire che non lo avrebbe sollecitato ad attaccare Rommel senza una ragionevole probabilità di successo. Sembra sia stata l'unica voce ad esprimere cautela nei confronti di Rommel. Proprio quel giorno, 21 gennaio, «l'improbabile accadde e, senza alcun 7 segno premonitore, le forze dell'Asse cominciarono ad avanzare>/ •
È stato detto che la sorpresa in campo britannico fosse dovuta anche e soprattutto ad una serie di misure poste in atto da Rommel per dar credito all'imminenza di una sua ritirata: autocolonne muoventisi verso ovest (e di notte rit0rnanti sulle posizioni), incendi di fabbricati e di imbarcazioni nella notte sul 21, ecc. Si possono considerare fantasie tendenti a maggiormente scolpire l'immagine della Volpe del deserto. In realtà, l'unica notizia circa le predisposizioni per un ripiegamento del Panzergruppe verso ovest fu fornita il giorno 20 da alcuni arabi alle truppe avanzate della 1a divisione corazzata inglese, ma lasciò il tempo che trovò. Per il nemico ogni attività italo-tedesca si svolgeva normalmente ed il primo sommario informazioni dell'8a armata, diramato il 21 riportava senza commenti l'esistenza di un gran numero di automezzi rilevata ad est ed a sud di el-Agheila il giorno precedente. Nessuna, fra tutte le informazioni raccolte dall'lntelligence Service, offrì un attendibile spunto per pensare ad una ritirata o ad un imminente attacco. Se voce si era sparsa fra il 16 ed il 19 gennaio, riguardava invece un possibile sbarco a Malta~.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA S.ETTENTRIONALE
NOTE AL CAPITOLO PRIMO
1
AL6ERT KESSELRING, Memorie di guerra, Garzanti, Milano 1934, p. 99. GALEAZZO CIANO, Diario 1937-1943, R izzoli, Milano 1980, p. 539. 3 CARLO FAVAGROSSA, Perché perdemmo la guerra, Rizzoli, Milano 1946, p. 166. • Per esempio, alla fine del 1941 la produzione dei pezzi da 90/53 nei cantieri Ansaldo di Genova era di trenta cannoni al mese per il R. Esercito su una commessa di 1.116 pezzi. Peraltro la produzione di 110 crociere non poteva aver corso perché le prove finali non erano state ultimate (mentre allo Stato Maggiore dell'Esercito risultava che il materiale era completamente definito) e sarebbero occorsi sette-otto mesi dalla data di consegna delle materie prime. Per il materiale da 75/ 46 la produzione mensile si aggirava sulla trentina di pezzi da parte dell'Ansaldo Pozzuoli, ma esistevano difficoltà per le apparecchiature elettriche ed ottiche da parte della Galileo. 5 DIARIO CAVALLERO, data 7.1.1942. 6 Ibidem, data 27.9.1941. 7 WINSTON CHURCHILL, La seconda guerra mondiale, parte III, voi. II, Mondadori, Milano 1950, pp. 306-307. 8 Le Nazioni firmatarie furono: Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica, Cina, Australia, Belgio, Canada, Costarica, Cuba, Cecoslovacchia, Repubblica Dominicana, San Salvador, Grecia, Guatemala, Haiti, Honduras, India, Lussemburgo, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Nicaragua, Norvegia, Panama, Polonia, Sudafrica, J ugoslavia. 9 La D.f. Sabratha era costituita da 85° e 86° fanteria, raggruppamento Giovani Fascisti, battaglione S. Marco, due gruppi di artiglieria di medio calibro e unità minori. 10 La D.f. Trento era costituita da 61° e 62° fanteria, 7° bersaglieri, 46° artiglieria e unità minori. 11 La D.f. Pavia era costituita da 27° e 28° fanteria, 3° artiglieria celere e unità minori. 12 La D.f. Brescia era costituita da 19° e 20° fanteria, 1° artiglieria celere e u nità minori. 13 La D.f. Bologna era costituita da 39° e 40° fanteria, 205° artiglieria e unità minori. 14 La D.cor. Ariete era costituita da 8° bersaglieri, 132° fanteria carrista, 132° artiglieria e unità minori. is La D.mot. Trieste era costituita da 65° e 66° fanteria, 9° bersaglieri, 21 ° artiglieria e unità minori. 16 La 15• Panzer era costituita da 8° Panzerregimem, 15• brigata fucilieri (su 115° e 200° reggimento fucilieri), 33° artiglieria motorizzato, 33° gruppo esplorante, 33° gruppo controcarri e unità minori. 17 La 21' Panzer era costituita da 5° Panzerregiment, 8° battaglione mitraglieri, 155° arti· glieria motorizzata, 3° gruppo esplorante, 3° gruppo controcarri e unità minori 18 La 90" divisione leggera era costituita da 361° fanteria, 155° fucilieri (col raggruppamento Marcks), gruppo paracadutisti Burkhardt, un gruppo contraerei e controcarri. 19 Il raggruppamento Marcks era costituito da 155° fucilieri (della 90' leggera), II/104° fanteria, 605° gruppo Panzerjaeger, I/2° artiglieria celere italiano (magg. Pardi), una batteria da 88/56. 20 Il riordinamento territoriale della Tripolitania entrò in vigore il 20 gennaio 1942. 21 BASIL H . LIDDELL H:\RT, The Rommel Papers,, Harcourt, Brace e Co., New York 1953, p. 181. Vedasi anche E. ROMMEL, Guerra senza odio, Garzanti, Milano 1959, pp. 101-102. 22 FR.EDERICK \V. WJNTERBOTHAN, Ultra Secret, Mursia, Milano 1976. 2) FRIEDRICH W. VON MELLENTHlN, Panzer Battles, Futura Publications Ltd., London 1977, pp. 100-101. 24 Diario storico del XXI corpo d'armata alle date citate. 25 D iario storico del corpo d'armata di manovra. Giova pr~cisare che normalmente il Deu· tsches Afrikakorps (DAK) nella corrispondenza italiana era indicato nella traduzione italiana: corpo tedesco d'Africa (CTA). 2
IL QUADRO OPERATIVO NEL GENNAIO 1942
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Diario Storico del XXI corpo d'armata, sommario informazioni del 17.1.1942. Diario storico del corpo d'armata di manovra, data 17.1.1942. Il giorno dopo giunse al CAM l'ordine per cui il gen. De Stefanis lasciava la Trento e sostituiva il gen. Balotta nel comando dell'Ariete. Il comando della Trento passava al gen. Gotti. 2a Da parte italiana erano presenti i gen. Navarini, Zingales, Gioda, De Stefanis e Azzi. 29 Secondo il servizio informazioni tedesco, la 22• brigata corazzata, fortemente provata, era stata ritirata a nord di Msus. I possibili rinforzi erano rappresentati dalla 4a D. indiana e dalla brigata polacca dislocate fra Bengasi e Barce, dalla 70• divisione britannica di Tobruk e dalla 2 • divisione sudafricana. ;o Fra le artiglierie di supporto erano il 5° e 1'8° raggruppamento d'armata. Mentre il primo era dotato di antiquati e poco mobili pezzi da 149/35, il secondo fu l'unico di questa specialità a disporre di materiali modernissimi: due gruppi da 149/28, uno da 149/40 ed uno da 152/37. Questo raggruppamento offrirà un validissimo concorso al CAM per tutta l'offensiva. 31 B.H. LIDDELL HART, op. citata, p. 179. n D~vm IRVING, La pista della Volpe, Mondadori, Milano 1978, p. 169. Paul Care!! fornisce una versione ancor più pittoresca ed irreale (Le volpi del deserto, Baldini e Castoldi, Milano 1961, pp. 206-209). 33 Diario storico Comando Superiore Africa settentrionale (DSCSAS), tele 314/G data 19.1.1942, ore 19,55. 34 GIUSEPPE MARIO BL'I.NCHI, Con Rommel nel deserto, Ciarrapico, Roma 1981, pp. 120121. 35 Diario storico Comando Supremo (DSCS), tele 236/S data 20.1.1942, ore 17,04. Il 19 Rommel scriveva a casa: «Gause ha scritto da Roma. Sembra che il Fuhrer abbia approvato tutto ciò che ho fatto, e sia turco lodi ed ammirazione» (B. Liddell Hart, op. citata, p. 180). 36 JOHN CONNELL, Auchinleck, Casse!, London 1959, p. 424. 37 La 1• divisione corazzata era comandata dal gen. Messervy, per l'urgente sostituzione del gen. Lumsden, ferito nel corso di un attacco aereo. 3~ La 200 3 brigata delle Guardie era costituita da: III battaglione Coldstream Guards, Il battaglione Scots Guards, due reggimenti artiglieria da campagna, una batteria di medio calibro, tre controcarri, due contraerei ed uno squadrone di ussari. 39 Il l O gruppo di sostegno era costituito da: I battaglione Rifle Brigade, II battaglione King's Royal Rifks, uno squadrone misto del 3° e 4° County of London Yeomanry, 11° artiglieria da campagna ed alcune batterie di artiglieria di vario tipo. "° La 2• brigata corazzata era costituita da: The Queen's Bay, IX lancieri, 10° ussari, 9° battaglione della Rifle Brigade, tre reggimenti artiglieria da campagna, uno controcarri ed uno contraerei. • 1 La 22• brigata era ritenuta dal servizio informazioni italiano tuttora ad eSt di Maatcn Bettafal, e da quello tedesco a nord di Msus. 42 CLAUDEJ. E. AVCHINLECK, Operations in the Middle Eastfrom 1st November 1941 to 15th Augusc 1942, Despatch pubblicato come supplemento a The London Gazette del 13. 1.1948. 43 CORRELLI BARNETT, I generali del deserto, Longanesi, Milano 1950, p. 189. •• I.S.O. Playfair, The Mediterranean and Middle East, H.M.$.0., London 1960, voi. III, p. 135. 43 C. AUCHINLECK, Despatch citato, Appendice 6, pp. 377-378. ·~J. CONNELL, ap. citata, p. 432. 47 C. AUCHINLECK, Despatch citato, p. 348. 48 F.M. H INSLEY, Bricish /ntelligence in the Second World War, voi. II, H.M.S.0., London 1981, pp. 33)-332. 26
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Capitolo secondo
LA SECONDA CONTROFFENSIVA ITALO-TEDESCA 1. I COMBATTIMENTI DI AGEDABIA (21-25 gennaio).
Poco prima dell'ora X, Rommel scrisse alla moglie: «L'armata lancerà la sua controffensiva fra due ore. Dopo aver attentamente soppesato il pro ed il contro, ho deciso di correre il rischio. Ho assoluta fiducia che Dio stenderà la protezione della sua mano su di noi e che Egli ci conceaerà la vittoria»1•
Il bollettino affisso quel mattino alle cantoniere rendeva noto a tutti che lo scopo da conseguire si traduceva nell'annientamento del nemico. Del nemico, beninteso, che si trovava di fronte al Panzergrup· pe, cioè a sud-ovest di Agedabia: nessuno poteva immaginare qualcosa di diverso. Neanche Rommel che, tuttavia, era probabilmente il solo a nutrire speranza di poter acciuffare al volo qualunque possibilità gli venisse offerta dal caso o dall'avversario. Il bollettino suonava così: «Soldati tedeschi e soldati italiani, Voi avete già sostenuto dure battaglie contro un nemico di superiorità schiacciante. Il vostro spirito aggressivo però è intatto. Attualmente siamo superiori di forza al nemico che sta avanti alle nostre posizioni. Ed è per annientare questo avversario che oggi stesso l'armata muove ali' attacco. Attendo che ogni soldato dia tutto se stesso in queste giornate decisive. Viva l'Italia! Viva il grande Reich tedesco! Viva i nostri condottieri!».
Il dispositivo d'attacco,.raccolcosi sulle basi di partenza durante la notte, si mise puntualmente in moto alle 8,30 del 21, preceduto dall'intervento dell'aviazione. Nel corso della riunione del 19 gennaio, Rommel aveva spiegato le modalità dell'accerchiamento, pur ritenendo impossibile indicare a priori dove si sareb~e chiusa la tenaglia. Perciò si era riservato di impartire tempestivi ordini azione durante, ferma restando l'assoluta necessità di non lasciare varchi attraverso i quali il grosso avversario - sembrava che anche la 2 a brigata corazzata si fosse spostata nella zona di el-Gtafia - potesse sfuggire. Ma qualcosa si palesò ben presto differente da quanto immaginato. Non si incontrava reazione. Le piccole colonne britanniche, operanti fra il mare e l'uadi el-Faregh, avevano visto con stupore apparire le
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
divisioni corazzate dell'Asse. Appena furono sicure che si trattava di un attacco, iniziarono un celere ripiegamento verso nord-est senza molte preoccupazioni di resistenza e di contrasto dinamico. Non che la cosa fosse peraltro facile. Il gruppo di sostegno, estremamente a disagio nel deserto, cominciò subito a perdere veicoli e pezzi di artiglieria (al cadere della notte contò sedici cannoni da campagna perduti) e le Guardie non stavano molto meglio. Ciò considerato e dato che non era stato possibile far affluire altre truppe e rifornimenti sulla linea Agedabia-el Haseiat, il gen. Messervy concluse che la difesa di tale posizione non aveva più senso, perciò comunicò a Marriott ed a Vallentin di attenersi ad un'azione ritardatrice. Verso mezzogiorno, il corpo d'armata di manovra si trovava a cavallo della via Balbia, una quindicina di chilometri oltre le linee, mentre l'Afrikakorps incontrava qualche difficoltà nel terreno dunoso a nord dell'uadi el-Faregh. Rommel, che seguiva attentamente l'avanzata, decise di concludere ed ordinò a Zingales ed a Cri.iwell di spingere rispettivamente l'Ariete e la 15a Panzer su Bir Bilal. Alle 14,45 il gen: De Stefanis raggiungeva un allineamento pochi chilometri ad occidente di Bir Bilal, materializzante il proprio obiettivo, mentre von Vaerst si fermava a cinque chilometri a sud della località. L'accerchiamento era compiuto, ma il nemico era sfuggito al getto della rete. E, purtroppo, anche l'anello esterno stava trovando il vuoro: nel tardo pomeriggio il raggruppamento Marcks arrivava a Melah en-Nogra ed il distaccamento del DAK si spingeva oltre Maaten Bettafal senza riuscire a stabilire il contatto con i reparti britannici (schizzo n. 5). A questo punto, Rommel dovette rivedere i progetti. Le intercettazioni stavano delineando un quadro consolante. Sembrava che la 2 a brigata corazzata fosse in angustie, forse per motivi logistici; le Guardie segnalavano la progressione italo-tedesca e comunicavano i propri, frequenti, passi indietro; i servizi divisionali avevano ricevuto ordine di predisporre l'arretramento. Dunque, a conti fatti, davanti ai due corpi motocorazzati c'erano soltanto i tre complessi noti, di cui due (le Guardie ed il gruppo di sostegno), anche se dotati di qualche carro, non potevano evidentemente destare preoccupazioni, infatti non stavano offrendo resistenza degna di questo nome. Rimaneva la 2a brigata corazzata, probabilmente raccoltasi a sud di Agedabia. Quanto alla 22 a brigata corazzata, essa risultava oltre Msus, quindi fuori portata d'intervento. Al momento si poteva ipotizzare uno scontro nella zona di Agedabia, con le Guardie ed il gruppo di sostegno a difesa della località (perno di manovra) e la 2a brigata corazzata preparata alla reazione dinamica. Prima di Agedabia non c'era da attendersi confronti per vo-
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LE O PERAZIO NI IN AFRICA SETTENTRIONALE
lontà del nemico. Visto che tutto confortava la valutazione di un'inferiorità britannica, valeva la pena, anzi occorreva fare un altro passo sì da eliminare la 1a divisione corazzata. Ma un secondo accerchiamento diventava problematico perché avrebbe separato troppo le due branche della tenaglia (fra l'altro, adesso non c'era più l'appoggio dell'artiglieria del XXI corpo), esposto i Panzer ad un logorante attraversamento della plaga desertica ad oriente di Agedabia e richiesto troppo tempo. In definitiva, appariva preferibile far massa sulla Balbia, superare Agedabia ed avvolgere da ovest verso est, con un semicerchio in senso orario, quanto si trovava in zona. Altre truppe avrebbero protetta l'operazione e fronteggiato l'eventuale afflusso da Bengasi della 4a divisione indiana. Questo dovette essere il ragionamento di Rommel, che, nel tardo pomeriggio, ordinò al raggruppamento Marcks di spingersi con la testa sino ad una trentina di chilometri da Agedabia; al CAM, di raccogliersi sulla via Balbia; al gruppo tattico della 90a leggera, di lasciare Bir el-Ginn, ove si era fermato, ed accodarsi alla Trieste; all'Afrikakorps, di abbandonare Bir Bilal e di portarsi verso la Balbia per entrare in azione davanti al CAM. Ma c'era dell'altro. Ove le cose si fossero volte al meglio, diventava possibile acquistare spazio a nord di Agedabia sino all'allineamento Beda Fomm-Antelat-Saunnu e portare avanti a scaglioni anche il X ed il XXI corpo. A tal fine, Rommel chiese al Comando Superiore 6.000 tonnellate di benzina ed un sostanzioso rinforzo di automezzi per il trasferimento, intanto, della Sabratha e della Bologna. Nel contempo, avvisò i due corpi d'armata che le predette divisioni si tenessero pronte a muovere il mattino del 23 con automezzi forniti dalla Delegazione d'Intendenza. Tutto ciò suscitò l'immediata diffidenza di Bastico. Conoscendo Rommel, egli capì che al benché minimo successo il tedesco non si sarebbe fermato nella zona di Antelat, ma avrebbe proceduto aggressivamente verso nord, trascinando il Panzergruppe più o meno alla ventura. Non che Bastico fosse per principio ostile ad una vera e propria controffensiva, ma non riteneva possibile lanciare in profondità una puntata, inizialmente concepita come manovra limitata davanti alla posizione difensiva, senza una conveniente organizzazione. E poi, sapendo quali fossero le condizioni delle divisioni di fanteria, non si sentiva di buttarle allo sbaraglio ancora incomplete. E poi mancavano gli autocarri. Ed infine se, dopo un'avanzata di qualche centinaio di chilometri, queste divisioni fossero state costrette a ripiegare, si sarebbe perso quanto raggranellato a fatica. Inizialmente Messervy non si era scomposto: evidentemente la
LA SECONDA CON"TROFFENSNA ITALO-TEDESCA
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mossa italo-tedesca su ampio fronte era intesa a saggiare l'entità del dispositivo britannico ed a scrutarne le intenzioni. Però, alla fine della giornata, quando tirò le somme cominciò ad avvertire qualche motivo di preoccupazione. Se le Guardie ed il gruppo di sostegno, che già si erano raccolti separatamente per naturale tendenza dei reparti, si fossero riuniti, avrebbero presentato all'avversario un ghiotto boccone, quindi occorreva che Marriott rimanesse a sud di Agedabia e Vallentin prolungasse la sua sinistra in direzione di el-Haseiat. Nel frattempo, Briggs doveva portare la 2a brigata corazzata a Giof el-Matar, preparandosi ad intervenire su un fianco del nemico. Il mattino del 22 gennaio, alle 7,30, Rommel fece comunicare a Navaririi gli orientamenti operativi. Al XXI corpo assegnava il compito di sistemarsi a difesa con il grosso sulla linea Beda Fomm-Antelat ed un'aliquota ad Agedabia. Perciò la Sabratha doveva tenersi pronta a muovere autocarrata sin da quello stesso mezzogiorno; unità della Pavia dovevano immediatamente portarsi a piedi a nord di Sidi Hmuda, sulla Balbia; la Trento, passando attraverso i campi minati, doveva raggiungere la Balbia ad oriente della sebcha es-Seghira. Poi Rommel andò al Comando del CAM e dispose verbalmente che l'Ariete si concentrasse ad ovest di Agedabia, fronte a sud-est, e la Trieste, girando a nord dell'abitato, si schierasse a Chor el-Bidan, all'inizio della pista per Saunnu. Tutto si mise in movimento. Alle 11 circa, il raggruppamento Marcks occupò Agedabia dopo breve combattimento con le Guardie e proseguì per Antelat, mentre l'avversario piegava verso sud-est. A mezzogiorno la Trieste sfilò a sua volta attraverso Agedabia, diretta verso nord-est. Con la divisione c'era anche Zingales. Rommel, già sul posto, ordinò subito che 1'8° raggruppamento artiglieria d'armata fosse avviato al più presto ad Agedabia, dando la precedenza al gruppo da 149/40. L'Ariete, invece, aveva perduto tempo a raccogliere i mezzi corazzati e si trovava alquanto indietro. Alle 14, nuova visita di Rommel al CAM: la Trieste aveva imboccato la pista per Antelat anziché quella per Saunnu, comunque, per non complicare i movimenti, la divisione poteva arrestarsi dov'era, fronte a sud-est. Quanto all'Ariete bisognava sollecitarla ad assumere la difesa di Agedabia. Cri.iwell, per suo conto, aveva superato la Trieste e stava accorrendo con le due Pan· zerdivisionen. Naturalmente Messervy si era accorto della minaccia ed aveva disposto che le Guardie sbarrassero la via Balbia, senonché le unità di Marriott erano troppo intervallate e non risultavano in condizioni di porre ostacolo all'avvolgimento. Allora modificò la destinazione della
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LE OPERAZIONI IN AFIUCA SETTENTRIONALE
2a brigata corazzata: anziché a Giof el-Matar, doveva tenersi ad una ventina di chilometri più a nord. Al cader della notte la 200a brigata della Guardia (meno il II Scots, arretrato ad Antelat) ed il gruppo di sostegno si trovavano sull'allineamento Agedabia-el Haseiat (schizzo n. 6). A Bengasi ed a Tmimi, anche Godwin-Austen e Ritchie stavano cercando di formarsi un'opinione sugli avvenimenti in corso. Il più impensierito era il comandante del 13° corpo. La la divisione corazzata correva due pericoli: il primo, di essere accerchiata ed eliminata di forza; il secondo, di vedersi tagliare le comunicazioni con il deposito di Msus, cui si appoggiava, e di venir eliminata per mancanza di rifornimenti. Di conseguenza, ordinò a Messervy di farsi strada e di portarsi a nord di Antelat e Saunnu. Si profilava però l'eventualità di un pericolo ben maggiore: la perdita di Bengasi. A tale scopo, il gen. Tuker fu incaricato di chiamare a Bengasi l'l la brigata indiana e di inviare la 7a a Ghemines-Soluch, per sbarrare gli accessi alla città, orientandosi, nel contempo, a proteggere l'evacuazione del porto e dei magazzini. Oltre a ciò lo stormo n. 262 fu autorizzato a trasferirsi dall'aeroporto di Antelat a Msus. Ritchie tornò a Tmimi nel pomeriggio del 22. Aveva lavorato, al Cairo, sui piani per Acrobat e già sapeva dell'iniziativa di Rommel. Non credette ad alcunchè di serio, in quanto il Panzergruppe era notOriamente ancora troppo debole per tentare un grosso sforzo. Doveva trattarsi, dunque, di una ricognizione in forze, destinata a non superare Agedabia. Anzi, era convinto che gli si sarebbe presentata <<come un dono del cielo, l'opportunità di colpirlo [il nemico] duramente quando avesse spinto avanti il suo collo, come sembrava possibile che già stesse facendo» 2 • Alle 16,30 Rommel apparve di nuovo al CAM. Era pienamente soddisfatto. «Ritiene - è scritto nel diario storico del corpo d'armata - che il nemico non potrà più sfuggire. Nella saccaformata vi sono circa 2.000 automezzi». Ad esser sinceri, la sacca non era ancora formata, ma gli ordini per realizzarla erano già stati impartiti. Un'ora prima il raggruppamento Marcks, abbandonata la via Balbia, aveva occupato Antelat e, senza fermarsi, si era diretto verso Saunnu. I movimenti non incontravano resistenza di rilievo. Molti erano i piccoli gruppi o reparti che venivano catturati; molti quelli che fuggivano in disordine a nord. All'imbrunire, Saunnu era occupata e poco più tardi la 15a e la 21 a Panzer costituivano a nord-est di Agedabia una barriera fronte a sud; il gruppo Warrelmann si organizzava a caposaldo ad Antelat e l'Ariete si riordinava a sud-ovest di Agedabia, dove si stava schierando l'intero 8° raggruppamento artiglieria d'armata. Alle 19 il servizio intercettazioni tedesco colse questo messaggio
GLI AVVENIMENTI DEL 22 GENNAIO
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LE OPERAZIONI IN ,o\f RfCA SETIENTRIONALE
della 1a divisione corazzata al Comando del 13 ° corpo: «Situazione molto difficile presso il I battaglione della Rifle Brigade [che era tradotto in 1a brigata fucilieri] ... rimasto insabbiato. Non si conoscono ancora i particolari» ed alle 21,05 il seguente ordine impartito da Messervy a Marriott: «I vostri reparti non sono schierati su posizioni idonee. Dovete anzitutto contrastare l'avanzata nemica a cavallo dell'asse Agedabia-Antelat. Nulla deve distogliervi da questo compito di primaria importanza. La risposta di Marriott fu trasmessa alle 22,55: <<Eseguo l'ordine ricevuto, ma non ave·vo benzina per iniziare il movimento prima del sopraggiungere dell'oscurità. Arthur [probabilmente lo squadrone ussari della brigata] ed il gruppo saranno domattina all'alba nella zona di Heasly [ = Maaten el-Baghlia, a nord-est di Agedabia, sulla pista per Antelat}>'. Intanto, alle 12,45, era arrivato all'aeroporto di Castel Benito Cavallero. Delle operazioni in corso sapeva poco o niente. Secondo Kesselring, egli era «in uno stato di esterna agitazione per il timore di un possibile insuccesso», sì da aderire subito alla proposta di recarsi insieme in Libia\ ma, per la verità, nessun appunto o documento conferma simile citato stato d'animo. A spingerlo al viaggio era stato invece un altro motivo di fondo: il dissidio fra il Comando Superiore ed il Panzergruppe e, in particolare, la tensione fra Gambara e Rommel. Il 17 gennaio era rientrato a Roma il ten. col. Montezemolo, dell'ufficio operazioni del Comando Supremo, inviato in Africa settentrionale per rendersi conto della situazione, e le notizie fornite dall'ufficiale nonché una lettera di Bastico avevano convinto Cavallero dell'opportunità di una visita in loco. Era accompagnato dal gen. von Rintelen e dal ten. col. Montezemolo e proseguì immediatamente con un altro apparecchio per Misurata. Nel colloquio che in serata ebbe luogo al posto tattico del Comando Superiore, Bastico, spalleggiato da Gambara e da Marchesi, si espresse in termini di serio dubbio sulle vere intenzioni di Rommel. Mostrò tutti i dati sul riordinamento in corso del X e XXI corpo d'armata e cercò di convincere i visitatori della necessità di arrestare l'azione. Per quanto Cavallero accettasse il suo punto di vista, anzi gli fornisse un ulteriore motivo di cautela con l'accenno a possibili interventi inglesi e degaullisti in Tunisia, Bastico dovette temere di non essere stato sufhc1entemente eloquente oppure che Rommel, nell'incontro del giorno successivo con Cavallero, avrebbe saputo avvicinare quest'ultimo al proprio punto di vista. Infatti preparò un appuno per Gambara, incaricato di accompagnare il capo di Stato Maggiore Generale, ribadendo i concetti già espressi:
LA SECONDA CONTROFFENSIVA ITALO-TEDESCA
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«1. La situazione attuale impone un atteggiamento difensivo-attivo di vigile attesa, sulle posizioni attualmente occupate (Marsa el Brega-Agheila-Marada). 2. Quanto ha fatto presente l'Ecc. Cavallero su possibili azioni nemiche nella Tripolitania rende ancora, pel momento, più necessario tale atteggiamento. 3. Avevo approvato la puntata offensiva a raggio limitato proposta dal gen. Rommel, perché tendeva ad allontanare nel tempo evemuali azioni offensive nemiche, ed a sa~iare, tenendolo desto, lo spirito combattivo delle noste truppe. 4. La "puntata" minaccia di mutarsi in una «corsa in avanti», che io non approvo, né posso approvare perché: - porrebbe in nuova crisi le unità, che non hanno ancora superato quella del ripiegamento; - non potrebbe avere obiettivi lontani, perché non abbiamo i mezzi per alimentare un'azione offensiva a largo raggio; - potrebbe creare una nuova situazione assai più debole della presente. 5. Ciò posto, reputo necessario di richiamare indugio alcuno il gen. Rommel ad una più realistica valutazione della situazione, ed ordinargli , al caso, di sospendere ogni ulteriore avanzata e ritirarsi sulle posizioni di partenza»s.
Rommel, intanto, stava diramando gli ordini per il giorno 23: l'annientamento della 1a divisione corazzata, ad est di Agedabia, era compito dell'Afrikakorps, che avrebbe chiuso con il raggruppamento Marcks lo spazio fra Saunnu e l'uadi el-Melah (prosecuzione dell'uadi el-Faregh) e risolto la situazione con le due Panzerdivisionen. Il CAM doveva impedire che gli inglesi sfuggissero verso nord e nord-est, controllando il tratto Agedabia-Bir Bu Fettah. Nel caso in cui si profilasse un movimento britannico da Bengasi verso sud, il CAM doveva partire, entro un'ora dall'ordine, verso Solluch-Ghemines per prendere il nemico in contropiede. Del pari il DAK si sarebbe mosso lungo la direttrice Antelat-el Abiar. Come si vede, e come è logico, persistevano incertezze nella mente di Rommel circa la dislocazione delle truppe avanzate di Godwin-Austen. Era sicuro che fossero «in pieno ripiegamento» 6; ignorava esattamente quanti reparti fossero rimasti intrappolati ad est di Agedabia; riteneva, secondo le ultime intercettazioni radio, che un'aliquota delle Guardie avrebbe attaccato all'alba «da nord e nord-ovest,/ per rompere il cerchio; poteva arguire che il nemico ormai era costretta a scegliere fra una battaglia nella zona di Agedabia od una ritirata probabilmente su larga scala. Ma nessuna certezza. Ad ogni modo, poco dopo mezzanotte, volle che il X e XXI corpo si preparassero a muovere verso Bengasi. Nelle prime ore del 23 gennaio, sulla 1a 'divisione corazzata inglese incombeva la minaccia dell'annientamento. Consapevole della vitale
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SEl. rENTRIONALE
importanza rivestita dal deposito di Msus, Messervy decise di farsi strada e ordinò alla 2 a brigata corazzata di puntare a nord-est di Antelat, spingendo però il Queen's Bays a Saunnu per rendersi ben conto dello stato di fatto. Il gruppo di sostegno e le Guardie, che si trovavano adesso nei pressi di Giof el-Matar, dovevano anch'essi dirigersi su Saunnu o più ad oriente, se imposto dalle circostanze. La manovra riuscì (anche se in un notevole disordine), ma grazie ad un errore commesso dal Comando dell'Afrikakorps. Rommel passava dall'uno all'altro dei Comandi in sottordine e faceva bene, visti i fortissimi ritardi che si verificavano nelle trasmissioni radio. Alle 8,25 si presentò al Comando del CAM. Cominciò con l'informare che il Panzergruppe Afrika era diventato, per ordine del Fi.ihrer, la Panzerarmee Afrika, poi precisò che probabilmente la Trieste sarebbe stata attaccata da sud con la 2a brigata corazzata e da nord con elementi delle Guardie, perciò, non appena fosse arrivata la Sabratha, l'Ariete si sarebbe disimpegnata dalla difesa della località e disposta fra la Trieste e l'Afrikakorps. Ciò detto, ripartì. Nel contempo, il Comando della Panzerarmee trasmetteva l'ordine di avanzata per quasi tutte le truppe rimaste sulle posizioni di Marsa el-Brega: l'intero XXI corpo, nonché il X con la Bologna e tutti i supporti, dovevano avviarsi verso Agedabia. Per le fanterie appiedate era fissata la tappa di 36 chilometri, con sosta e riposo notturni. Solo la Brescia rimaneva ancora a Maaten Giofer8. Alle 5 il raggruppamento Marcks si mise in moto per Maaten el-Grara, sul Trigh el-Abd. A Saunnu sarebbe stato sostituito dalla 21 a Panzer, ma per una carente diramazione degli ordini da parte del Comando del DAK, il gen. von Bismark non si mosse, cosicché poco dopo le 9 i Bays trovarono la località sgombera e si resero conto del1' esistenza del varco. Peraltro, quasi contemporaneamente, il grosso della brigata si imbatté nella 21 a Panzer. Dopo un breve scontro, Bismarck ritenne di trovarsi sulle braccia l'intera divisione inglese e chiese aiuto alla più forte 1sa Panzer, situata più ad occidente, e Briggs temette di vedersi arrivare addosso l'intero Afrikakorps. Motivo per cui, l'uno si fermò e l'altro cercò di poggiare verso Saunnu. Rommel però aveva percepito la situazione. Passò ancora dal CAM e sollecitò l'Ariete a tenersi pronta all'intervento, poi corse al DAK e spinse Cri.iwell ad attaccare verso Saunnu con tutto quel che aveva. Nel primo pomeriggio iniziarono combattimenti piuttosto confusi, che si protrassero sino all'imbrunire. La 2a brigata corazzata riuscì a concentrarsi a Saunnu verso le 17, ma, sopraggiunta la 21 a Panzer, pervenne a fatica a disimpegnarsi perdendo molti carri9. Il 1° gruppo di sostegno, inve-
LA SECONDA CONTROffENSIV A ITALO-TEDESCA
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stito dalla 15a Panzer, fu cacciato verso oriente e soltanto con molta pena riuscì a sfuggire in direzione nord. La 200a brigata delle Guardie fu, invece, più fortunata: salvo un trascurabile scontro con reparti della 15a Panzer, arrivò oltre Saunnu senza molti danni (schizzo n. 7). Adesso Messervy era più sollevato e Ritchie, che nella mattinata aveva fatto una visita al Comando del 13° corpo, comunicò ad Auchinleck che la situazione era sotto controllo e che egli stava preparandosi a spazzare le poche colonne isolate che Rommel poteva spingere oltre Antelat. Mentre l' Afrikakorys si lasciava sfuggire la 1a divisione corazzata inglese, Rommel era raggiunto ad Agedabia da Cavallero e Kesselring. Dopo la soddisfatta esposizione degli avvenimenti del fresco Oberbefehlshaber10 della Panzerarmee Afrika, Cava1lero si congratulò per il successo e chiese di conoscere i disegni per il futuro. La domanda era tendenziosa, perché da indiscrezioni o da considerazioni personali di fonte tedesca erano affiorati gli obiettivi di Barce e di Ain el-Gazala. Rommel si espresse piuttosto genericamente, accennando al palese disorientamento esistente nelle file britanniche ed alla possibilità di sfruttare gli eventi senza molte remore, poi, di fronte alle obiezioni di Cavallero, ripiegò sull'arresto dell'avanzata in corrispondenza di una linea non ben definita a nord di Agedabia. <<Sue idee mi sono apparse ancora in formazione - telegrafò Cavallero a Mussolini il giorno dopo - ma mi sono reso conto esser ben fisso in lui pensiero portare sue truppe su quella qualsiasi linea avanzata che avesse raggiunto» 11 • Anche Kesselring era convinto di questo, ma lo vedeva secondo un'ottica differente: «Nonostante l'accordo con gli italiani, sapevo benissimo - scrisse più tardi - che Rommel, quando avesse ottenuto un successo iniziale, non si sarebbe arrestato se non quando avesse incontrato una forte resistenza da parte del nemico, concetto che a me sembrava giusto>> 12• Tuttavia non si sbilanciò apertamente. Fatto accettare - con molte riserve mentali da parte di Rommel - il principio di fermarsi poco oltre Agedabia, Cavallero sostenne l'opportunità di non sguarnire le buone posizioni di el-Agheila e di sospendere quindi il già disposto raduno delle divisioni del X e XXI corpo nei pressi della via Balbia. Rommel sembrò accontentarsi della Sabratha, che stava ultimando l'afflusso ad Agedabia, ed accolse la richiesta13. «Ho inoltre espresso al gen. Rommel - proseguì Cavallero nel suo messaggio a Mussolini - il mio avviso motivato che scopo della sua azione deve essere battere il nemico, disorganizzarlo, anche annientare, se possibile, le unità avversarie che sono a portata, ma non di conseguire progressi di territorio che per ora almeno si convertirebberò in nostra debolezza».
GLI AVVENIMENTI DEL 23 GENNAIO Schizzo n. 7
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A parte la concezione operativa, sulla quale si ritornerà, non pare obiettivo accusare Rommel di avere mire territoriali, proprio quando poche settimane prima era stato accusato di non aver riguardo per il terreno (Cirenaica) che era pronto a cedere. La versione di Rommel è, naturalmente, assai diversa e la si riporta per un utile confronto: «Il gen. Cavallero portò direttive del Duce per le ulteriori operazioni. Tutto stava ad indicare che Roma era tutt'altro che soddisfatta del contrattacco della Panzeramiee. Durante la discussione, Cavallero disse: «Fare semplicemente una sortita e poi tornare indietro». N on accettai questo e gli risposi che ero deciso a fare i comi col nemico finché me l'avessero consentito le mie truppe ed i rifornimenti; la Panzerarmee era di nuovo in movimento ed i suoi primi colpi erano andati a segno. Noi ci saremmo diretti prima a sud e distruuo il nemico a sud di Agedabia; poi verso est ed infine verso nord-est. Avrei sempre pocuto ripiegare sulla linea di Marsa el-Brega se le cose fossero andate male, ma quesco mi interessava poco: il mio obiettivo era molto più alto. Cavallero mi scongiurò di non procedere oltre. Gli risposi che nessuno, tranne il Fiihrer, poteva farmi cambiare la decisione, perché la lotta sarebbe stata condotta principalmente da truppe tedesche. Alla fine, dopo qualche tentativo di Kesselring per appoggiarlo, Cavallero se ne andò brontolando. Trattenni il gen. von Rintelen per fargli dare un'occhiata al campo di battaglia, l'indomani. Egli non si era mai mosso da Roma ed io cercai di fargli comprendere le necessità di questo teatro d'operazioni. Cavallero si prese la rivincita bloccando parte dei corpi italiani a Marsa el-Brega e parte ad Agedabia, sottraendoli cosl al mio comando. Ciò nonostante, le truppe tedesche ripresero la Cirenaica»".
Anche queste righe sono state scritte chiaramente ci posteriori. A parte ciò - e tralasciando l'ingrata ed ingenerosa frase finale - è facile osservare, che probabilmente ambo le parti hanno fornico un resoconto di comodo. Per quanto condiscendente, Cavallero non avrebbe potuto tollerare un così aperto atteggiamento di sfida e le ,,Direttive del Duce», da lui compilate quella sera stessa, sarebbero state caratterizzate da un riferimento, implicico od anche esplicico, a quanto emerso nel colloquio; e Rommel, per quanto ruvido e deciso, certo doveva osservare un minimo di forma, specialmente in presenza di Kesselring, tanto più che nel pomeriggio del 23 non aveva ancora la certezza di un successo pieno. D'altra parte, si può dare per scontato una esposizione di Rommel senza peli sulla lingua. Il volo di ritorno, sullo Storch pilotato personalmente da Kesselring, fu iniziato al crepuscolo, cosicché l'atterraggio ebbe luogo ad el-Agheila, di notte. A C·onferma di quanto aveva detto, Cavallero stilò subito le seguenti «Direttive del Duce}>:
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«La condotta della guerra in Tripolitania [?] è in dipendenza della situazione in Mediterraneo. È da prevedere che, a causa della scarsità di nafta, a partire dalla metà di febbraio i convogli subiranno un rallentamento e forse una sospensione. tuttavia da prevedere che gli effetti dell'azione intensificata su Malta fa. ciliteranno dì molto l'avviamento, già in corso, di navi singole per la rotta di ponente; però con questo mezzo si riuscirà difficilment,e ad assicurare l'alimentazione normale della colonia e sarà escluso l'invio di nuove truppe e di nuovi mezzi. Vanno anche tenute presenti le seguenti possibilità: a) sbarco di truppe britanniche e degaulliste sulla costa libica od in Tunib) avanzata di truppe avversarie nel Sahara libico. Perciò, almeno fino a che la crisi dei trasporti non sia superata, è necessario mantenere le forze del fronte est raccolte per poterne completare la riorganizzazione e per non esporle ad un nuovo logoramento, che non sarebbe possibile di rapidamente ripianare. Così pure occorre economizzare mezzi e rifornimenti in previsione del periodo di crisi. Tenuto presente quanto sopra, il Duce ha disposto che fino a nuovo ordine: 1. la nostra posizione di resistenza verso est è rappresentata dall'allineamento Marsa Brega-Marada. Marada deve essere rinforzata; 2. la situazione generale del Mediterraneo non consente per ora di pensare ad uno spostamento in avanti del nostro schieramento; 3. sulla posizione di resistenza indicata al n. 1, le truppe di fanteria sono l'elemento che assicura l'integrità della difesa; le forze mobili sono l'elemento di manovra, nel quadro del compito tattico assegnato al n. 4; 4. per dare alla nostra difesa un carattere di spiccata attività e per disorganizzare i preparativi di attacco del nemico, le forze mobili eseguiranno, quando se ne presenti l'opportunità, operazioni offensive a raggio limitato per battere l'avversario che si avvicini a conveniente portata; a questo compito coopererà in modo particolare l'arma aerea; 5. le unità di fanteria non dovranno essere distolte dalla posizione di resistenza e quivi dovranno attendere alla loro completa riorganizzazione. Il Duce si riserva di modificare questa direttiva in relazione ai possibili mutamenti della situazione generale. Zona d'operazioni, 23 gennaio 1942».
È già stata fatta una severa critica alle soprariportate direttive1°, critica sulla quale non si può che concordare. Non si vede il motivo di attribuire a Mussolini direttive che il capo di Stato Maggiore Generale aveva tutti i titoli per diramare in proprio; l'intensificarsi della offesa su Malta nulla aveva, evidentemente, a che fare con il problema della scarsità di nafta; è difficile accettare l'affermazione circa l'impossibilità di spostare avanti il dispositivo a causa de.Ha «situazione generale nel Mediterraneo», quando ormai a Roma si conoscevano i gravi danni inflitti il 19 dicembre dai mezzi speciali della R. Marina alla Valiant ed alla Queen Elizabeth, nel porto di Alessandria, e quando proprio Caval-
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lero aveva detto a Kesselring, il 10 gennaio: «Ritengo che questa diminuita pressione del nemico nel Mediterraneo possa durare almeno due mesi» 16• Inoltre, le ipotesi sulle intenzioni nemiche in Libia o in Tunisia o nel Sahara, se pur possibili, non potevano essere considerate, almeno al momento, realistiche. Al riguardo è bene· spiegare che in tema di informazioni, l'Italia aveva al proprio attivo un ottimo colpo messo recentemente a segno dal SIM. I primi di dicembre 1941, questo era riuscito a fotografare il Black Code, custodito nella cassaforte del col. Norman E. Fiske, addetto militare americano a Roma, con tutte le tabelle di sopracifratura, il che consentì di ,<leggere» ogni dispaccio cifraro con quel codice. Ora, l'addetèo militare statunitense al Cairo, ten. col. Frank Banner Fellers, era molto scrupoloso nel segnalare a Roma le notizie di interesse militare del Medio Oriente assunte per visione diretta durante i viaggi al fronte o nel corso di colloqui con i capi militari britannici (sembra che i rapporti fra inglesi ed :americani fossero, specie dopo Pearl Harbour, di una schiettezza addirittura sorprendente) e naturalmente i suoi dispacci erano intercettati e «letti». In tal modo il SIM era quotidianamente in grado di tenere al corrente sia il Comando Supremo, sia il Comando Superiore A.S., sia l'OBS (che a sua volta informava Rommel direttamente). Tutti i dati concernenti la forza, l'atteggiamento, la disponibilità e le perdite in mezzi corazzati dell'8a armata pervenuti al Comando della Panzerarmee fra il gennaio ed il 29 giugno 1942 traevano origine dai rapporti Fellers17 • Quanto alla visione operativa di Cavallero e di Bastico, pur riconoscendo fondate le preoccupazioni per le fanterie italiane, bisogna ammettere due gravi carenze: la scarsa sensibilità alle possibilità connesse con la guerra dei -corazzati nel deserto e, soprattutto, una eccessiva tendenza alla difensiva. In pratica, ovunque l'avversario avesse fat to arretrare o arrestare le nostre forze, si determinava un istintivo bisogno di aggrapparsi a posizioni, il cui valore intrinseco era notoriamente relativo perché sempre aggirabili. Se questo era giustificato da evidenti necessità di riordino del dispositivo tattico o logistico, molto meno lo era dall'attesa di «tempi migliori» o, secondo l'espressione usata in questo caso, di <,possibili mutamenti della situazione generale», quando si sapeva benissimo che il tempo giocava a favore del nemico. Non si riscontra una scintilla di volitivo proposito nelle direttive, bensì periodi più o meno ben torniti che tuttora lasciano un senso di penoso disagio. Forse la questione trascendeva i singoli personaggi e bisogna parlare di modo di pensare; in fin dei comi, le direttive diramate dal Comando Supremo per l'entrata in guerra im ponevano la difensiva.
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LE OPER.AZJONl IN AFRICA SETTENTRIONALE
Era la mentalità di chi, trovandosi in difficoltà materiali e giudicando tali difficoltà non imputabili a se stesso, assume una tranquillità assai più vicina al fatalismo che non al fermo desiderio di risolvere il problema che lo riguarda da vicino. Ma i problemi difficili non si risolvono ponendoli sulle ginocchia di Giove, specie in guerra, altrimenti ci pensa il nemico a risolverli. Per completezza d'indagine, è doveroso precisare che esiste agli atti, nel carteggio del Comando Supremo, un appunto interno (probabilmente, di base per informazione di Mussolini) dall'oggetto «Operazioni in A.S.», compilato in data 27 gennaio, al rientro a Roma di Cavallero. In detto appunto le «Direttive del Duce» trasmesse a Rommel e Bastico vengono mostrate come derivanti da una valutazione della situazione ben diversa da quella che invece risulta da altri documenti18 e soprattutto dalle stesse <<Direttive». Sembra evidente l'aggiunta di elementi noti il 27 e non il 23, nonché l'influenza del dispaccio che il 26 Mussolini manderà a Cavallero, ancora in Libia, per lasciare a Rommel «una certa latitudine per l'ulteriore movimento,,19 • Infatti il 27 Cavallero autorizzerà lo sviluppo delle operazioni e l'eventuale occupazione di Bengasi. Come se non bastasse, c'era nei confronti dell'alleato (il quale, peraltro, non era esente da gravi torti nei nostri riguardi) un atteggiamento talvolta sibillino. A titolo di esempio si riporta, senza commento, la risposta di Cavallero a Marras che, da parte dell'OKW, chiedeva l'apprezzamento italiano sulla situazione in Libia: «Questo Comando Supremo concorda nel ritenere che i britannici stiano facendo affluire verso la Sirtica tutte le forze disponibili per un attacco a fondo delle posizioni di el-Agheila, senza peralcro escludere attacchi parziali preventivi. La nostra difesa, facilitata dalla natura del terreno, è essenzialmente legata alla rapidità della riorganizzazione delle nostre divisioni. Per questa e per l'indispensabile potenziamento dell'attrezzatura logistica, elemento fondamentale è il gettito dei trasporti dall'Italia, a sua volta vincolato dalle disponibilità di nafta. In definitiva, se le assegnazioni di nafta saranno adeguate ai bisogni, questo Comando Supremo è orientato a valutare con fiducia i futuri sviluppi della situazione in Africa settentrionale. Cavallero» 20 •
La sera del 23 la sistemazione del corpo d'armata di manovra non era ancora completata. Il grosso della divisione Sabratha era stato rallentato dalla difficoltà di rimuovere le molte mine esistenti sulla Balbia ed a sud di Agedabia; quindi non poté disimpegnare l'Ariete se non durante la notte. Ne derivò l'inconveniente di una inevitabile confusione provocata dall'incrocio, in quelle condizioni, fra le unità della Sa·
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bratha in arrivo e quelle dell'Ariete in partenza. Ciò che contribuì a consentire ad altri reparti britannici di sfuggire verso nord. Il 24 gennaio fu una giornata praticamente sprecata per Rommel. Convinto com'era che buona parte della 1a divisione corazzata fosse ancora ingabbiata nella zona di Giof el-Matar, nelle prime ore del mattino diramò gli ordini per lo sperato annientamento: il CAM, il DAK ed il raggruppamento Marcks dovevano puntare con movimento concentrico sulla località e liquidare la partita (schizzo n. 8). La carenza di fuoco delle divisioni italiane e della 90a leggera era colmata con il decentramento della maggior parte dei gruppi dell'8a artiglieria d'armata. L'inizio del movimento era scaglionato nel tempo per conseguire la contemporaneità dello sforzo sull'obiettivo. L'Afrikakorps, da Antelat e Saunnu, doveva partire alle 7, il corpo d'armata di manovra alle 9. Rommel sarebbe stato con l'ala sinistra dello schieramento. Puntualmente i due corpi corazzati iniziarono l'avanzata. ««Il movimento procede con graduale celerità - riporta il diario storico del CAM - ma del nemico nessuna traccia. Piste freschissime di automezzi inglesi con andameno sudest-nordovest danno la sensazione che anche questa volta sia riuscito a sfuggire. Interrogatori di arabi confermano questa sensazione, in quanto tutti concordemente affermano che il nemico ha ripiegato nella notte,). Verso le 14 Rommel, giunto a Giof el-Matar,
dovette ammettere di aver fatto un buco nell'acqua, visto che i pochi scontri avvenuti non potevano considerarsi risolutivi. Rientrò in volo al proprio Comando e, mentre i corpi corazzati ritornavano sulle posizioni di partenza, studiò il da farsi. Al punto in cui stavano le cose, non rimaneva che gettarsi alle calcagna dell'avversario e coglierlo in movimento. Perciò dispose che il mattino seguente il CAM completasse lo schieramento per tenere le località di Antelat ed Agedabia, mentre il DAK si sarebbe diretto su Msus. Il bollettino diramato dalla Panze· rarmee era però trionfante: «L'attacco concentrico delle forze corazzate italo-tedesche nella zona nord-est di Agedabia ha avuto pieno successo. Dal 21 al 2411, almeno 143 carri armati ed autoblindo e 80 pezzi sono stati catturati o distrutti e fatti circa 1.000 prigionieri)>.
Da parte britannica gli umori erano contrastanti. I recenti avvenimenti avevano persuaso Godwin-Austen che la situazione nella Cirenaica occidentale cominciava a farsi pesante. Ormai saltava agli occhi che la capacità combattiva della Panzerarmee era stata sottovalutata, ma questo sarebbe stato inconveniente relativo. Il peggio era che la 1a corazzata non sembrava in grado di bloccare un'avanzata nemica su Msus né di proteggere il fianco sinistro della 4 a divisione indiana. Di conseguenza, egli chiese al Comando dell'sa armata libertà d'azione
GLI AVVENIMENTI DEL 24 GENNAIO Schizzo n. 8
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per portarsi a Mechili, nel caso si fosse profilata una grave minaccia. Ritchie non fu d'accordo. A suo avviso, esisteva ancora margine di manovra contro un avversario che non poteva non essere prossimo all'esauriment0. Perciò il 13° corpo doveva raccogliersi attorno a Msus ed a Bengasi, pronto a reagire dinamicamente. Tuttavia Ritchie non doveva sentirsi, in fondo, molto sicuro, perché finì per concludere autorizzando Godwin-Austen a sottrarsi all'avversario, se proprio necessario; e addirittura invitando a dare inizio al ripiegamento degli organi dei servizi delle due divisioni, nonché a preparare un piano delle demolizioni. Nel contempo, il gen. Norrie, comandante del 30° corpo d'armata, ricevette disposizioni di individuare una linea di resistenza temporanea fra Ain el-Gazala e Tobruk. Naturalmente Godwin-Austen continuò a temere che la sua carta più alta, la divisione corazzata, finisse per trovarsi impegolata in una serie di combattimenti logoranti che alla fine l'avrebbero travolta. In definitiva, orientò Messervy a ritardare quanto più possibile la progressione italo-tedesca ma senza rischiare di perdere le sue brigate; anzi, se le circostanze fossero diventate pericolose, poteva ripiegare fino ad elMechili. In questa evenienza, Tuker avrebbe abbandonato Bengasi rifugiandosi nel gebel. Dal canto suo, Ritchie riferì ad Auch inleck che l'ipotesi di ripiegamento aveva carattere puramente cautelativo. Fu per questo che il comandante in capo del Medio Oriente telegrafò a Churchill in t0no rassicurante: «(...) Il nemico è stato in grado evidentemente di mantenere in prima linea effettivi superiori al previsto e la sua avanzata ini:.tiale sembra abbia disorganizzato, in ogni caso temporaneamente, i nostri reparti avanzati. Questi ultimi, i quali, cofl',e già sapete, erano assai deboli, furono spazzati via dalla strada principale ( ...). Ancora una volta Rommel ha compiuto un colpo temerario ( ...). Probabilmente l'inatteso successo iniziale lo incoraggiò, come accadde lo scorso anno, a spingersi più lontano di quanto avesse in animo originariamente. Scavolta la situazione dei suoi rifornimenti non è però in alcun modo paragonabile con quella dello scorso anno, quando, oltre al resto, egli disponeva di truppe fresche. La situazione non ha assumo gli sviluppi che certamente io avrei desiderato, ma spero che possa volgersi infine a nostro vantaggio»2' .
Al sorgere del sole del 25 gennaio, le divisioni del CAM si misero in moto (schizzo n. 9).. Alle 10 la Trieste era allungata sulla pista di Antelat, fra il km 8 ed il km 36, fronte ad est-nordest; l'Ariete si trovava fra il km 36 ed Antelat (ma aveva molti carri disseminati, per avarie, tra Marsa el-Brega ed Agedabia); la Sabratha, passata agli ordini di Zingales, teneva Agedabia. Il primo ad incontrare il nemico fu l'Afrika-
GLI AVVENIMENTI DEL 25 GENNAIO
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Schizzo n. 9
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korps, partito alle 7, su due colonne, per cercare dì agganciare una buona volta i carri britannici. La 21 a Panzer trovò scarse resistenze ad oriente della pista per Msus, ma, sulla sinistra, la 15a Panzer si imbatté nella za brigata corazzata inglese, ad una diecina di chilometri a nord-ovest di Saunnu. La parte del leone fu appannaggio dell'8° Panzerregiment, che investì l'avversario a tutta velocità, avendo buon gioco sui reparti di Briggs, privi di seria esperienza di combattimento e presto demoralizzati dal veemente attacco. Sgominate, «le colonne britanniche fuggivano pazzamente per il deserto in una delle più straordinarie rotte della guerra» 22 • Alle 11 la 15a Panzer raggiungeva l'aeroporto di Msus, travolgendo nella sua corsa autocolonne di vario tipo e catturando sull'obiettivo una ventina dì apparecchi intatti. Fa buona ventura che l'intera brigata delle Guardie non venisse circondata, comunque la corsa britannica si arrestò solo ad el-Charruba, più di sessanta chilometri a nord di Msus, ove le truppe di Messervy si raccolsero in stato di completo disordine. La za brigata corazzata era rimasta con una quarantina di carri ed altrettanti cannoni23. Godwin-Austen aveva visto la conferma dei propri timori. In serata, dunque, ordinò a Messervy di proseguire sino ad el-Mechili ed a Tuker di abbandonare Bengasi. Ma, nel pomeriggio, Auchinleck era giunto in aereo a Tmimi, intenzionato a vedere le cose da vicino, così come a novembre era corso alla ridotta Maddalena quando l'operazione Crusader parve sul punto di fallire fin dalle prime battute. Era con lui il maresciallo dell'Aria Tedder, comandante in capo della Royal Air Force in Medio Oriente. I due generali esaminarono con Ritchie la situazione e la conclusione concorde fu che Rommel era pervenuto a Msus sull'onda di un successo superiore alle sue stesse aspettative e che esistevano ancora modo e tempo per respingerlo fin sulle posizioni di Marsa el-Brega. Ritchie allora annullò gli ordini diramati da GodwinAusten per la ritirata del 13° corpo ed assunse alle dirette dipendenze la 4a divisione indiana. Poi concretò un piano di attacco: la 7a brigata indiana da ovest e la 1 a divisione corazzata, con l'l 1 a brigata indiana, da nord dovevano convergere su Msus, dov'era accertato il grosso del1'Afrikakorps. Poiché la za brigata corazzata non sarebbe stata pronta se non nel pomeriggio del 28 o nel mattino del 29, sino allora la 7a brigata indiana avrebbe disturbato le linee di comunicazione avversarie a «nord-est di Agedabia» con colonne mobili e la 1 a divisione corazzata avrebbe protetto la sinistra di Tuker lungo gli oltre 60 chilometri intercorrenti fra Chaulan ed el-Abiar. Ritchie dispose inoltre che la brigata polacca lasciasse Derna ed occupasse Mechili, ove sarebbe stata
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raggiunta dalla 1a brigata dei francesi liberi, e che la 1soa brigata britannica si portasse a Bir Tengeder. Godwin-Austen, che aveva basato la propria decisione di cedere spazio sulle condizioni delle truppe, fu ferito dall'ordine del superiore, tanto da inviargli un messaggio di protesta contro il nuovo piano e contro la mancanza di fiducia dimostratagli. «Ritchie - osservò più tardi - aveva una certa tendenza a chiedere il vostro parere e ad agire, dopo averlo ricevuto, in maniera del tutto opposta>/4. Ma il comandante dell'8a armata non sentÌ obiezioni e sostenne che Rommel era in gravi difficoltà logistiche e quindi occorreva «prendere la più energica offen· siva senza badare ai rischi» in essa impliciti. Quanto alla Panzerarmee una sosta ormai era davvero necessaria: bisognava raccogliersi, rifornirsi, recuperare i carri in avaria e radunare il grosso bottino abbandonato sul campo di battaglia. Intanto Cavallero era andato a Tripoli per esaminare la situazione colà esistente e proprio quel giorno fu raggiunto da due dispacci provenienti da Roma. Il primo era del gen. Magli, addetto al Comando Supremo: «Dalle note intercettazioni di Amé risulta comunicato in data 18 (dico diciotto). Comincia. Inglesi non habent né la forza corazzata et neanche le facilitazioni logistiche necessarie per progredire ulteriormente in Libia. Q uindi Rommel può facilmente mantenersi dove trovasi. Finisce. Quanto sopra comunico per conoscenza»25 •
L'altro era di Mussolini: «Ricevuti vostri telegrammi. In base elementi situazione generale, uno dei quali molto importante vi è stato trasmesso telegraficamente dal generale Magli, et se le vostre direttive al generale Rommel sono antecedenti alla situazione quale risulta dai dati dell'odierno bollettino (25 gennaio), ritengo et Voi converrete che sia bene di lasciare al generale Rommel una certa latitudine per l'ulteriore movirnento» 26 ,
La risposta di Cavallero fu la seguente: «Per il Duce. Mi fo premura comunicarvi che generale Rommel ha condiviso direttive impartitegli vostro nome et vi si conforma nel seguito sua azione. Riferirò verbalmente particolari>/7 • Non risulta abbia preso contatto telefonico con Bastico. Il mattino seguente tornò a Roma in aereo.
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2. LA RICONQUISTA DELLA CIRENAICA OCCIDENTALE
La giornata del 26 gennaio, dominata da un forte ghibli, fu dedicata alla riorganizzazione della Panzerarmee ed alla raccolta di informazioni sul nemico. I resti della 1a divisione corazzata inglese erano segnalati nella zona di el-Mechili, ove sembrava dislocato anche il Comando del 13° corpo. Sull'allineamento Ghemines-Soluch-Sceleidima risultavano elementi avanzati della 7a brigata indiana, mentre sulla linea el Abiar-el Charruba pareva fossero spinte pattuglie della sa brigata indiana. Inoltre si aveva notizia, per la pr ima volta, della 1 a divisione leggera francese ad ovest di Derna. In base a questo quadro, vennero effettuate ricognizioni da parte tedesca a nord-ovest di Msus e sino ad una trentina di chilometri ad ovest di el-Mechili e di Bir Tengeder, ma senza rinvenire traccia dell'avversario. Rommel era tentato di adottare nuovamente il piano che nel 1941 l'aveva portato, in una corsa vertiginosa, sino al confine. Puntando con rapidità su el-Mechili avrebbe isolato Bengasi ed il gebel, ma questa volta c'erano troppe difficoltà per il rifornimento di carburante. Perciò, a malincuore, rinunciò all'idea e ripiegò su un'alternativa minore: Bengasi. Il disegno di manovra era piuttosto semplice, ma comprendeva una mossa destinata ad ingannare il nemico, come in effetti accadde. In un primo tempo si trattava di bloccare Bengasi da sud con il CAM e da est con il raggruppamento Marcks, mentre il DAK avrebbe fatto una finta in direzione di el-Mechili per far credere ad una ripetizione della precedente controffensiva. In un secondo tempo, si sarebbe proceduto all'occupazione della città, in relazione agli eventi. Alle 8, dunque, convocò Zingales per dirgli che entro il giorno successivo la Sabratha doveva portarsi ad Antelat, allo scopo di disimpegnare totalmente il corpo d'armata di manovra, e che il 28 l'Ariete e la Trieste si sarebbero dirette prima su Sceleidima e poi su Soluch-Ghemines, ove si sarebbero attestate. Quindi chiamò Cri.iwell e l'orientò per la parte di competenza. Nel frattempo la sa squadra aerea ed il Fliegerfuhrer Afrika approfittavano della pausa per portare avanti un'aliquota di caccia, essendo ormai superato il limite di autonomia degli apparecchi. A Roma, Cavallero si era affrettato a mettere al corrente Mussolini sui contatti con Bastico e Rommel e sull'indirizzo imposto alle operazioni. Poi presiedette una riunione cui parteciparono i capi di Stato Maggiore della R. Marina e della R. Aeronautica, il capo ufficio trasporti dello Stato Maggiore del R. Esercito (col. Di Raimondo) e, dal lato tedesco, Kesselring, von Rintelen e Weichold. L'argomento era
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scottante: i trasporti oltremare. Cavallero premise che la situazione in Libia poteva offrire da un momento all'altro possibilità che dovevano essere assolutamente sfruttate. L'amm. Riccardi formulò due grosse obiezioni: difficoltà di nafta e preclusione della rotta di levante. La prima, ovviamente, non potendo essere risolta iinteramente, rendeva necessario stabilire una priorità ed i rifornimenti per l'Africa settentrionale avevano la precedenza su tutto. La seconda poteva e doveva essere risolta con l'intervento dell'aviazione per la scorta e particolarmente per battere i campi del bengasino. E così fu stabi lito. Ci sarebbe stata anche un'altra soluzione: puntare per via terrestre su Bengasi ed i suoi aereporti. Ma Cavallero non ci sentiva molto da quell'orecchio. «Informo Ciano - scrisse nel suo diario-. Le cose vanno bene e si potrebbe andare anche più avanti, ma non conviene( ..). Non conviene spingere il nemico troppo verso le sue basì, altrimenti ci troviamo noi in crisi per i rifornimenti». Al Comando dell'8a armata britannica, a Tmimi, l'atmosfera non era troppo calma. All'incertezza delle operazioni si era aggiunto un veemente messaggio di Churchill diretto ad Auchinleck: «Sono angustiato per un rapporto che ci viene dall'8a armata, in cui si parla di sgomberare Bengasi e Derna. Certamente, io non sono mai stato indot· to a supporre che una situazione simile potesse verificarsi. Tutto questo movimento verso est del personale non combattente e l'affermazione che a Bengasi non si è ordinato finora di procedere a demolizioni danno all.t campagna in corso un aspetto assolutamente inatteso; quale non abbiamo mai preso in considerazione. Avete realmente subìto una grave disfatta nella zona di Ancelar? I nostri nuovi mezzi corazzati sono stati incapaci di competere c,m i resuscitati carri armati tedeschi? Sembra questa una crisi assai grave e per me del tut tO imprevista. Perché mai dovrebbero trovarsi in difficoltà così rapidamente? Perché la 4a divisione anglo-indiana non ha resistito a Bengasi, come hanno fatto gli unni ad Halfaya? Un ripiegamento come quello in corso. evidentemente concepito da ufficiali subalterni, implica il fallimento dell'operazione Crnsa der e la rovina dell'operazione Acrobat»18•
Auchinleck era seccato, specialmente per l'incapacità della 1a divisione corazzata ad opporsi alle Panzerdivisionen con una certa continuità. Non gli andava che essa fosse stata respinta ben oltre Msus senza aver giocato tutte le sue carte. Non gli andava il troppo rapido, a suo avviso, sgombero di Bengasi, sia pure limitato agli organi dei servizi più pesanti. Comunque condivideva il pensiero di attaccare: capiva che l'Sa armata correva un grosso rischio, ma - come confidò in una lunga lettera al gen. Dorman-Smith, suo capo di Stato Maggiore rimasto al Cairo - anche il nemico lo correva ed in maggior misura. Occorreva assolutamente riprendere l'iniziativa il più presto possibile ed un'azio-
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ne di forza era l'unico modo per ottenerlo. Però a livello più basso l'opinione era diversa. Quel giorno i comandanti dalla 1 a corazzata e della 4 a indiana rappresentarono a Ritchie serie perplessi cà. Messervy dichiarò che con i quaranta carri efficienti che gli rimanevano era in grado, al massimo, di restare ad el-Charruba e di pattugliare la pista per el-Abiar con le autoblindo; e Tuker osservò che con l'unica brigata a portata di mano non riteneva di poter conseguire un gran successo nell'azione progettata. Naturalmente Ritchie confermò ancora gli ordini impartiti. Il mattino del 27, Rommel convocò il gen. Gambara al proprio Comando. Alla presenza di ufficiali di Stato Maggiore dei due Comandi, italiano e tedesco, si limitò a tratteggiare la situazione ed a puntualizzare come l'avversario sembrasse incerto sul da farsi. Avrebbe potuta raccogliersi a Charruba per attaccare l'Afrikakorps, se questo si fosse diretto su Mechili. «Per noi sarebbe bene andarci ugualmente, ma non ci andremo - disse -. Non v'è dubbio che in seguito alla sorpresa della nostra iniziativa, il nemico ha perduto ogni velleità offensiva; ha perduto ingenti depositi, molti automezzi e 46 carri in corso di riparazione. Vi erano anche carri americani fabbricati nel 1941. Per contro le nostre perdite sia in carri) sia in uomini sono minime». Poi espresse un vivo compiacimento per l'opera del CAM e chiese per Zingales un reparto esplorante29. Rimasto solo con Gambara, Marchesi ed il gen. Calvi di Bergolo, di collegamento con la Panzerarmee, Rommel espose brevemente il suo pensiero operativo. Tenuto conto del palese disorientamento esistente nei Comandi britannici e della tendenza a costituire una linea difensiva nel gebel, da Derna a Mechili, proseguendola sino a Bir Tengeder, aveva deciso di avanzare con le forze mobili, il giorno dopo, in direzione di Bengasi, per battere la 4a divisione indiana e catturare i grossi depositi di materiali ivi esistenti. La Sabratha e la 90a leggera si sarebbero schierate sull'allineamento Beda Fomm-Antelat-Saunnu, mettendo in posizione, come centri di fuoco, tutti i mezzi corazzati di preda bellica. Assicurò anche che, ad operazione ultimata, avrebbe fatto ripiegare il CAM ed il DAK a tergo di questa linea, per procedere alla loro ricostituzione e consentire l'indispensabile riposo agli uomini. Qualora il nemico avesse evacuato tutta la zona di Bengasi, egli si sarebbe limitato a mantenere il contatto con elementi esploranti, mentre con altre unità (i reparti paracadutisti) avrebbe proceduto all'occupazione dell'oasi di Gialo, che risultava debolmente difesa. Il X ed il XXI corpo non dovevano lasciare le posizioni di Marsa el Brega-Marada30• È lecito nutrire molti dubbi sulla sincerità di Rommel di ripiegare
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dopo aver preso Bengasi. E certo anche Gambara, che era stato autorizzato da Bastico a decidere seduta stante in base alle direttive di Cavallero, fu piuttosto scettico, però, o perché convinto che comunque Rommel avrebbe agito a modo suo o perché incline ad una vera e propria conquista di Bengasi, ritenne opportuno dare l'assentimento del Comando Superiore. Tornato ad el-Agheila riferì a Bastico, il quale approvò la linea di condotta citata. Senonché alle 21 arrivò un cifrato da Roma. Durante la notte, il servizio informazioni aveva raccolto una nota dell'Agenzia Reuter diramata alle 23,40 del 24 gennaio dal Cairo, secondo la quale era manifesta l'intenzione di Rommel di riprendersi tutta la Cirenaica occidentale e ricacciare l'8a armata nel deserto della Marmarica. «Bengasi è minacciata - soggiungeva il comunicato-. Le due strade che corrono tra Bengasi e Barce sono minacciate (..) non dovrebbe destare stupore se venisse annunciata prossima una nostra ritirata da Bengasi». Presa conoscenza della nota, Cavallero ricevette von Rintelen. Sapendolo poco propenso alle «avventure», ribadì la convenienza di conservare «il centro di gravità» della Panzerarmee ad Agedabia, anche se il nemico avesse sgombrato Bengasi, e di mantenere la salda occupazione della posizione difensiva di el-Agheila. «Il Duce vede volentieri l'occupazione di Bengasi dal punto di vista politico» ammise tuttavia31. In definitiva, mandò al Comando Superiore un'autorizzazi6.ne con vincolo: «(...) Duce autorizza occupazione zona Bengasi con limitata aliquota forze mobili, senza però spostare da Agedabia il centro di gravità della massa corazzata, cui compito rimane quello stabilito nelle direttive in data 23 gennaio, direttive che vengono confermate. Dopo occupazione zona Bengasi, dare subito inizio nella misura possibile at lavori sgombero porto (...)»n.
Francamente, la direttiva appare molto opinabile. Tenere la città - e per iniziare i lavori portuali occorreva «tenerla» - con una «limitata aliquota di forze mobili» è espressione che si presta a diverse interpretazioni: una divisione più o meno rinforzata? Un raggruppamento ad hoc? Un forte gruppo tattico? Molto più chiaramente definito era stato il pensiero di Rommel: «mantenere il contatto con elementi esploranti». In secondo luogo, da Bengasi ad Agedabia corrono oltre 150 chilometri in linea d'aria e poco meno da Agedabia alle posizioni di el-Agheila. Il sostenere, anzi il confermare che, nella situazione operativa creatasi e con quanto si conosceva dell'avversario, la massa corazzata continuasse ad eseguire «operazioni offensive a raggio limitato per battere l'avversario che si avvicini a conveniente portata)), quale «elemento di manovra)> della organizzazione difensiva di el-Agheila, è concetto difficilmente accettabile sui piani strategico, tattico e perfino logistico.
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Il fatto è che Cavallero voleva rimanere ad el-Agheila, ma non osava scontentare Mussolini che desiderava Bengasi (specie sapendone probabile l'abbandono da parte inglese), né sapeva imporsi su Rommel, per il_ quale il ritorno ad el-Agheila era da considerarsi come l'ultima spiaggia. La direttiva venne trasmessa anche a Rommel direttamente da von Rintelen, ma non ebbe influenza sullo sviluppo degli avvenimenti 33 • Alle 17,30 di quel 27 gennaio cominciò la marcia di avvicinamento del CAM per raggiungere nell'arco notturno le basi di partenza: il quadrivio di Cardasi el-Oti, circa 18 chilometri a sud di Sceleidima. Il movimento, con l_a Trieste in testa, si compié entro la mezzanotte, superando le sensibili difficoltà opposte dai frequenti piovaschi che provocano l'impantanamento degli automezzi. Il raggruppamento Marcks .rinforzato dal 3° e dal 33° gruppo esplorante si portò a Siret el-Maezil, una trentina di chilometri a nord-est di Sceleidima. Le violente tempeste di sabbia di quei giorni avevano fortemente limitato la ricognizione aerea, ma due Tomahawk avvistarono il movimento di inganno tedesco in direzione di el-Mechili e dettero l'allarme; più tardi fu colto anche l'inizio dello spostamento del CAM, ritenuto però sforzo secondario. Comunque, Ritchie si convinse che la Panzerarmee stava attaccando su due direttrici divergenti. «Il nemico ha diviso le sue forze - scrisse - ed è più debole di quanto non lo siamo noi nelle due zone. La parola d'ordine è offensiva ovunque»34 • Ed ordinò che la 4a indiana attaccasse la colonna italiana e la 1a corazzata si gettasse alle spalle di quella tedesca. Il 28 gennaio, all'alba, il corpo d'armata di manovra si mise in marcia su due colonne, l'Ariete a sinistra e la Trieste a destra (schizzo n. 10). Verso mezzogiorno, in vista della ridotta di Sceleidima, si stabilì il contatto balistico. Contemporaneamente, la 90a leggera, che si era portata sulla via Balbia, cominciava lentamente a risalire verso nord ed il raggruppamento Marcks puntava su Regima. Sulle posizioni di Ghemines, Soluch e Sceleidima era pronta un'aliquota della 4a divisione indiana. Il gen. Tuker, infatti, aveva alla mano soltanto la 7a brigata, ed un gruppo tattico meccanizzato di formazione ceduto dalla 5 a. Non era orientato alla difesa di Bengasi, bensì ad attaccare verso Antelat, come prescritto da Ritchie (l'azione era in programma per il 29), perciò aveva costituito tre colonne motorizzate sottraendo buona parte dei mezzi di trasporto alla 5 a brigata, che in tal modo rimaneva immobilizzata, o quasi, a Barce. Elementi esploranti si trovavano ad el-Abiar. Quando la Trieste cominciò a dispiegarsi per avvolgere Sceleidima,
GLI AVVENIMENTI DE
L 28 E 29 GENNAIO
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e l'Ariete si fermò per muovere dalla parte opposta, Tuker si fece un'idea abbastanza precisa di come stessero mettendosi le cose e chiese al Comando dell'8a armata, da cui ora dipendeva, di affidare alla 1a divisione corazzata il compito di arrestare la formazione nemica incamminata, a quanto egli riteneva, verso el-Abiar. L'armata accolse o mostrò accogliere la richiesta, senonché la 1 a divisione corazzata, rimasta agli ordini del 13° corpo, si stava muovendo contro la presunta offensiva. dell'Afrikakorys, cioè in altra direzione. Che esistesse scarsa percezione degli eventi in corso nei. Comandi britannici sembra indubbio e lo stesso Auchinleck non sfuggiva alla tendenza di maggioranza. Proprio quel mattino si era rivolto a Churchill in tono di piena fiducia: «Il nemico ha diviso le proprie forze, evidentemente per tentare tanto la conquista di Mechili quanto quella di Bengasi. È una mossa audace, tipicamente nello stile di Rommel, la quale può essere indice di una sottovalutazione da parte sua della nostra capaci tà di resistere e di attaccare. Probabilmente, la maggior parte dei suoi carri armati appoggia la puntata verso oriente. I suoi movimenti, salvo forse quello in direzione di Bengasi, non hanno scompaginato i piani di controffensiva precedentemente concepiti dal generale Ritchie»ls
Per calmare Churchill ci voleva altro. Commentò: «A questo punto era perfettamente chiaro per me che il generale Auchinleck non aveva 36 compreso sino a quel momento che cosa fosse accaduto nel deserto,} e, pur rinnovando il proprio appoggio morale, chiese nuovamente ragguagli sulla «disfatta)) subita dalla 2a brigata corazzata. Fu poco prima delle 13 che Tuker, parlando con Ritchie, apprese l'impossibilità di contare sul concorso di Messervy e giustamente propose di rinunciare alla lotta e di evacuare la piazza, posto che la 7a brigata indiana lo aveva informato di avere di fronte il CAM a Sceleidima ed unità della 21 a Panzerdivision (in realtà si trattava di un battaglione del raggruppamento Marcks) ad est, ad una trentina di chilometri da elAbiar o da Regima. Ritchie acconsentì a malincuore e Tuker dette il via al piano delle demolizioni portuali, che, peraltro, ebbe appena un inizio di attuazione. Intanto, però, Sceleidima era caduta: dopo breve combattimento il 9° bersaglieri occupava la ridotta alle 14,30 e ne catturava il presidio. Zingales allora dispose che 1'8° bersaglieri dell'Ariete proseguisse subito su Soluch inseguendo i reparti sfuggiti all'azione aggirante dell'Ariete. Alle 17 ripartiva tutto il corpo d'armata di manovra, con la Trieste in seconda schiera. Meno di tre ore dopo Soluch era raggiunta ed entro mezzanotte le due divisioni vi si raccoglievano. Se a sud la 7a brigata indiana era riuscita a ritirarsi su Bengasi senza grosse perdite, ad est la situazione volse rapidamente al peggio. Rom-
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mel in persona era apparso a fianco del col. Marcks, sollecitandolo ad occupare l'aeroporto di Benina (ore 16) ed a bloccare la rotabile Bengasi-e! Abiar, che correva su un argine fiancheggiato da due profondi fossati, che rendevano impossibile uscire fuori strada. Alcune unità, compreso il Comando di divisione ed il gruppo tattico della sa brigata, erano già sfuggite ma gli scaglioni B della 7a brigata furono colti da una grandine di fuoco che sconvolse la testa della colonna immobilizzando ed incendiando automezzi, rovesciandoli nei fossati e paralizzando qualsiasi m:anovra degli autocarri nonché la possibilità di arrivo di reparti di fanteria. Il comandante della brigata, gen. H.R. Briggs37, privo di collegamento con il Comando di divisione, prese allora una decisione radicale: ordinò alle sue tre colonne (complessivamente circa 4.100 uomini) di dirigersi a sud-est di Bengasi, verso il deserto, attraverso il ·dispositivo italo-tedesco, nei larghi intervalli esistenti fra le direttrici di movimento seguite dalle truppe dell'Asse. Partenza a mezzanotte, divieto assoluto di usare la radio. Anche se questo fece dare per perduta la brigata ai Comandi superiori, le colonne riuscirono a passare, n:onostante . sporadici . . scontri, ed a raggiungere Mechili e Bir Tengeder dopo vane penpez1e. Il 29 gennaio la partita per Bengasi era conclusa. Alle 4,30 un gruppo tattico dell'Ariete partiva da Soluch ed arrivava a Ghemines alle 7,30, senza incontrare resistenza indiana né traccia della 90a leggera, attardatasi sulla Balbia. Privo di ordini da parte del Comando della Panzerarmee per la distruzione della stazione radio nel corso del combattimento di Sceleidima, Zingales decise di avviare l'Ariete su Bengasi e di impiegare la Trieste per un grosso rastrellamento della zona compresa fra Ghemines e Soluch, ove.si aveva notizia della presenza di elementi motorizzati avversari (le colonne della 7a brigata indiana). Ma nel frattempo il raggruppamento Marcks aveva forzato le poche difese, entrando in Bengasi (ore 11,30) e catturando un migliaio di prigionieri. Rommel aveva vinto, ma ancora una volta gli era sfuggita di mano la posta. Persa la città, Ritchie non si scoraggiò. Pensava che l'inseguimento del 13° corpo non avrebbe avuto inizio tanto presto e, d'altra parte, non aveva affatto rinunciato a reagire. Anzitutto sperò di poter realizzare una difesa statica consistente da Derna a Mechili ed a Bir T engeder. Il fianco meridionale era affidato alla 1a divisione corazzata. Quel giorno Auchinleck scrisse a Dorman-Smith: «(...) Noi dobbiamo affrontare il fatto che, a meno di non conquistare la superiorità sul campo di battaglia con una migliore cooperazione fra le armi e con una condotta delle forze corazzate migliore di quanto non sembri essere al
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presente, possiamo dimenticare ogni idea di montare un'offensiva, perché le nostre forze corazzate sono tuttora incapaci di circondare il nemico in terreno ape.no, anche quando a lui superiori numericamente. Un altro aspetto molto serio che si sta imponendo sempre di più è il crescere di un complesso di inferiorità fra le nostre forze corazzate(...). Questo è pericolosissimo e sarà assai difficile sradicarlo, una volta che sia attecchito, come temo stia accadendo (...). Prima che noi possiamo realmente fare qualcosa contro i tedeschi per terra, essi avranno tutto il tempo per rimettersi a posto in equipaggiamento, organizzazione e addestramento(...). Come sapete, non sono incline al pessimismo, ma vedo la nostra situazione attuale con apprensione, per quanto concerne le nostre possibilità di prendere l'offensiva su vasta scala. Comunque, dobbiamo fare del nostro meglio per mettere le cose a posto. Per favore, fate venire Gott ed anche Lumsden e discutete la faccenda con loro francamente o brutalmente, a vostra scelta. Non è tempo di belle maniere!»)s.
Per l'Asse il ritorno a Bengasi segnava evidentemente una tappa ed il modo col quale era avvenuta induceva a guardare oltre, tanto più che era diffusa l'impressione di una tendenza all'abbandono dell'intera Cirenaica da parte inglese. Peraltro Rommel era assai meno avventato di quanto taluno credesse. Certamente, adesso si sentiva ben sostenuto. Hitler aveva fatto conoscere al Comando Supremo di ritenere necessaria l'occupazione di Bengasi e dei campi di aviazione viciniori, nonché 39 conveniente il raggiungimento di una linea «ad est di Derna)> e, felicè per l'iniziativa del suo generale, ne aveva annunciato, in un grande discorso alla radio, la promozione a colonnello-generale. Ad ogni modo, obiettivamente, urgeva riordinare le unità corazzate e motorizzate ed il bottino di quei giorni veniva a proposito; in secondo luogo, le notizie sul nemico forn ivano un quadro che - sulla carta - non poteva non essere considerato con una certa attenzione. Sul gebel era indicata la presenza di due reggimenti autoblindo, della 4a divisione indiana (con la sa e 11 a brigata) e dell'8° Royal Tanks nella zona centrale, più o meno all'altezza di Cirene; della tsoa brigata inglese e di una brigata sudafricana nell'area di Derna; di un reggimento autoblindo, della divisione leggera francese e della brigata polacca ad el-Mechili; della 29a brigata indiana a Bir Tengeder, del 1° gruppo di sostegno, del 1° Royal Tanks e della 200a brigata delle Guardie nei pressi di Tmimi; dei resti della 2 a e della 22 a brigata corazzata ad Ain el-Gazala. In afflusso, poi, erano accertate la 2a divisione sudafricana e la 1a brigata carri. Anche dando per buona la identificazione delle unità, evidentemente quel che più contava era la reale consistenza di esse. Ora, l'affrettato ripiegamento, il molto materiale abbandonato, la manifesta disorganizzazione prodotta nell'8a armata, erano innegabilmente con-
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solanti, ma un calcolo sommario dava come probabili 150-200 carri britannici ed altrettante autoblindo contro 186 carri (di cui 80 italiani) e 30 autoblindo della Panzerarmee. Però era sbarcato a Tripoli, e già avviato verso la Cirenaica, un altro contingente di un centinaio di carri italiani e tedeschi. Il raffronto fra le opposte aviazioni si basava su una stima di 300 caccia e 250 bombardieri britannici contro 150 caccia e 100 bombardieri dell'Asse (a parte la 2 a Luftflotte). Tutto considerato, Rommel decise di limitarsi, per il momento, a premere contro l'avversario sul gebel, agendo con il raggruppamento Marcks ed il 33° gruppo esplorante sulla direttrice Barce-Cirene-Derna e con il nuovo raggruppamento Geissler40 ed il 3° gruppo esplorante sulla Maraua-Berta-Derna, e conservare l'Afrikakorps a Msus, in modo da lasciare Ritchie nell'incertezza. Il controllo della zona occupata venne affidato all'Ariete (Bengasi, con elementi a Tocra e Barce), Trieste (Ghemines, Soluch e Sceleidima), Sabratha (Antelat e Saunnu) e 90a leggera (Maraua), però il problema era risolto a metà. La sera del 31 gennaio Bastico indirizzò a Cavallero un risentito telegramma: «Eccellenza Calvi comunicami in questo momento che generale Rommel avrebbe telegrafato at Duce chiedendo consenso portare avanti divisioni fanteria in relazione nuova situazione. Prescindendo dalla questione puramente tecnica che, date note gravi deficienze mezzi di trasporto, ci pone innanzi problema assai complicato, non posso a meno di rilevare atteggiamento poco riguardevole che si collega anche al fatto di non avere generale Rommel mai inviato dirette comunicazioni at Comando Superiore circa svolgimento azioni, circa suo posto Comando ignorato non solo da noi, ma persino da Comandi da lui direttamente dipendenti. Comprendo che allo stato attuale delle cose sia necessario spostare tra Saunnu-Antelat-Giof el Matar et Bengasi truppe fanteria, come sembra sia intendimento Rommel, peraltro sarei grato se l'Eccellenza Vostra volesse far presente at chi di dovere che tale decisione, in considerazione della responsabilità che mi compete, sempre nell'orbita delle direttive di Vostra Eccellenza, spetterebbe a me esclusivamente»•1•
Sulla forma Bastico aveva ragione, tuttavia la cosa suona un po' strana, anche perché non esistevano precedenti del genere da parte di Rommel. Forse questi aveva manifestato tale intenzione con il proprio Stato Maggiore o, più probabilmente, voleva arrivare a Mussolini per interposta persona. Il 28 gennaio, infatti, era giunto a Roma per una visita di una settimana un personaggio di gran rilievo, Hermann Goering, il quale non si peritò di sollecitare Mussolini e Cavallero affinché ordinassero alla Panzerarmee di correre a prendere T obruk. Il primo, sottoposto ad una serie di grandiose assicurazioni sull'apporto della Luftwaffe in tema di trasporto di materiali per la conquista della piazza,
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si allineò volentieri all'idea. Il secondo, invece, si oppose recisamente a causa della situazione logistica. Lo stesso von Rintelen cercò di convincere Goering della pratica impossibilità di proseguire l'avanzata e, in modo specifico, di sperare nella rapida caduta di T obruk. «Gli feci inoltre presente - ricordò - che l'aggressività di Rommel andava frena· ta, non spronata. Egli mi disse che Mussolini sarebbe ringiovanito di due 42 anni se Tobruk fosse stata riconquistata» •
In questo clima, Cavallero rispose immediatamente a Bastico, smentendo che telegramma alcuno fosse pervenuto a Mussolini ed inviando, a buon conto, nuove direttive. Il compito principale delle forze in Libia rimaneva quello di «assicurare in qualunque momento ed in qualunque situazione la difesa della Tripolitania», di conseguenza la posizione di el-Agheila doveva essere mantenuta con almeno due divisioni di fanteria. Le altre grandi unità potevano essere spostate a scaglioni, assicurando però la continuazione del loro riordino. L'occupazione della Cirenaica occidentale era limitata al solo scopo di «dare protezione a Bengasi», perciò le forze motocorazzate potevano sfruttare la situazione in atto con un manovra ad ampio raggio, a condizione che al termine dell'operazione, assumessero una dislocazione in linea con quanto detto in precedenza. Nello spiegare che il vincolo era provocato dal fatto che «nostri rifornimenti attraverso Mediterraneo sono e rimarranno assai difficili, specie per quasi totale esaurimento disponibilità naf ta,/3, Cavallero espresse il desiderio che Rommel indicasse a chiare
lettere cosa intendeva fare e dove pensava di raccogliere la massa corazzata. I due raggruppamenti tedeschi, intanto, si inoltravano nel gebel senza nutrire molte preoccupazioni né incontrare seria resistenza. La sera del 1° febbraio Marcks era al villaggio D'Annunzio e Geissler a Maraua, mentre, ancor più avanti, il 33° gruppo esplorante toccava Beda Littoria ed il 3° raggiungeva il villaggio De Martino. Cirene veniva ripresa il mattino del 2 ed alle 13 circa aveva luogo il primo scontro di rilievo con reparti della sa brigata indiana nei pressi di Garn el-Garmusa (circa 20 chilometri a sud-ovest di Derna). Il combattimento si risolveva ben presto a favore dei tedeschi e l'avanzata continuava senza molta storia. Nel tardo pomeriggio del 3 veniva raggiunta e superata Derna, già sgomberata dal nemico; in serata i due raggruppa· . menti si arrestavano presso Tmimi. Rommel aveva buoni motivi per essere contento. Dall'inizio della controffensiva le perdite inflitte all'avversario ammontavano a 377 mezzi corazzati, 192 pezzi di artiglieria, 1.220 automezzi, 50 aerei e
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3.300 prigionieri44 , il tutto con poca spesa. Dalle intercettazioni, poi, risultava che Ritchie stava organizzando una posizione difensiva nel triangolo Tobruk-Ain el Gazala-Bir Hacheim e dovunque erano segnalate unità britanniche in ripiegamento. Il mattino del 2, Bastico era partito in aereo da Misurata per recarsi a Bengasi con le direttive del Comando Supremo. Costretto ad un atterraggio di fortuna nei pressi dell'Arco dei Fileni, giunse al Comando dell'armata il giorno dopo. Rommel però si trovava a Martuba, al seguito del raggruppamento Marcks per dirigere personalmente la riconquista di Derna, ed aveva lasciato detto di non essere in grado di stabilire il giorno del suo ritorno. Molto deluso e data l'assenza per licenza del capo di S.M., gen. Gause, Bastico si adattò a sentire il ten. col. Westphal, dichiaratosi a conoscenza delle intenzioni del proprio comandante ed autorizzato a rappresentarle. Il capo ufficio operazioni della Panzerarmee, dunque, premise di aver ricevuto le direttive di Mussolini da von Rintelen e spiegò che proprio in relazione all'autorizzazione da esse concesse - occupazione di Bengasi e trasferimento in avanti di due divisioni di fanteria - il Comando tedesco era stato indotto a chiedere la disponibilità totale delle divisioni di fanteria. Quanto al dispositivo da adottare, si presentavano due soluzioni. Quella minima si traduceva nell'organizzare una posizione difensiva all'altezza di Maraua, tenendo una divisione a Bengasi e le rimanenti nella zona di Agedabia, mentre il DAK ed il CAM si sarebbero concentrati fra Bengasi ed Agedabia. La soluzione massima consisteva nel portare le divisioni di fanteria sull'allineamento Ain el Gazala-Segnali Nord-Segnali Sud-Bir Tengeder e dislocare a tergo dell'ala destra i corpi corazzati. Bastico sorvolò sulla questione dell'autorizzazione del Comando Supremo - erano evidenti sia i contatti diretti con Roma, forse determinati dalla presenza di Goering, sia il solito eccesso di iniziativa da parte di Rommel - e si limitò a considerare la situazione. Innegabilmente, questa era molto favorevole, più di quanto non si fosse sperato, ed offriva la opportunità di realizzare uno schieramento dell'aviazione più aderente alle circostanze. Inoltre si era riscontrata la possibilità della rapida riutilizzazione del porto di Bengasi, anche se inizialmente in misura limitata. E, infine, sul piano psicologico e della sicurezza, n_o n si poteva lasciare la Cirenaica occidentale esposta alle eventuali puntate nemiche e la popolazione nazionale alla mercé degli arabi 45• Di conseguenza, pur senza concludere sull'una o sull'altra alternativa, autorizzò lo spostamento della Pavia a Bengasi e della Trento e Sabratha tra Bengasi ed Agedabia, in modo che il CAM fosse impiegabile dove
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e come Rommel volesse. Il X corpo, con la Brescia e la Bologna, doveva invece, almeno per il momento, restare sulle posizioni di el-Agheila. Naturalmente il ritmo delle operazioni sarebbe stato soggetto al metodico adeguamento dei servizi al nuovo dispositivo. Il giorno dopo, 4 febbraio, Bastico riferì al Comando Supremo per le decisioni. Nel contempo, Marcks e Geissler raggiungevano Gasr el-Amhar, ad occidente di Ain el-Gazala, il 33° gruppo esplorante toccava el-Mechili (schizzo n. 11) ed un reparto di paracadutisti tedeschi, diretto via terra a Gialo, occupava l'oasi. A questo punto Rommel stabilì di fermarsi. Se l'avversario avesse all'improvviso contrattaccato, i due raggruppamenti potevano ripiegare sino all'allineamento D'Annunzio:Maraua. Il 5 febbraio diramò gli ordini per uno schieramento temporaneo molto profondo. Su una linea avanzata, da Tmini a el-Mechili, i perni erano costituiti dal raggruppamento Marcks nella prima località e da un reggimento italiano nella seconda. Su una linea inter· media, a D'Annunzio-Maraua, la difesa era affidata alla 90a leggera. Su una linea arretrata, il XXI corpo doveva dislocare la Pavia da Bengasi a Sceleidima, la Sabratha da Sceleidima ad Antelat e la Trento da Saunnu a Giof el-Matar. Il CAM, a sud di Bengasi, ed il DAK, attorno a Barce, rappresentavano la massa di m3:novra. Il X corpo restava sulle posizioni di el-Agheila, ma doveva raccogliersi a cavallo della Balbia, con la Brescia ad est di el-Agheila e la Bologna ad ovest di Marsa el-Brega, lasciando presidi in località chiave: un battaglione rinforzato a Maaten Giofer, un altro a Marsa el-Brega, una compagnia sahariana a Marada e il IX battaglione guardia alla frontiera a Gialo. Naturalmente Rommel scrisse a von Rintelen e, altrettanto naturalmente, lo pregò di caldeggiare presso il Comando Supremo la convinzione di portare le divisioni di fanteria sull'allineamento golfo di Bomba~Bir Tengeder. La comunicazione si incrociò, peraltro, con la risposta di Cavallero a Bastico, una risposta facilmente prevedibile, conoscendo il punto di vista del capo di Stato Maggiore Generale, ma anche influenzata da un a presa di posizione personale. Il 5 febbraio Cavallero aveva ricevuto von Rintelen, esprimendo il proprio disappunto per il fatto che Rommel si fosse «sottratto» all'incontro con Bastico e specificando, da parte di Mussolini, che «così non si può andare avanti>>. Poi aveva comunicato che la scelta operat,iva era caduta sulla soluzione minima e concluso «proponendo di attendere gli eventi ancora qualche giorno, comunque le divisioni del X corpo non si muoveranno per nessun moti'V0> >46 • Evidentemente sentiva aria di fronda, perché il giorno successivo inviò di nuovo in Libia il ten. col. Montezemolo per spiegare, ove necessario, e soprattutto sostenere (?) il pen-
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siero del Comando Supremo. Nel contempo spedì al Comando Superiore la risposta ufficiale: «1. Duce approva soluzione minima lasciando beninteso at comandi responsabili di disporre nel modo migliore delle forze dipendenti, tenendo però presente quanto est detto at numero 3; 2. Duce ritiene che soluzione massima potrà essere considerata solamente quando divisioni saranno costituite et dotate mezzi di movimento et quando porto Bengasi sarà rimesso in efficienza; 3. Duce si riserva determinare quando movimento in avanti X corpo d'armata potrà essere autorizzato, in relazione quanto detto at numero precedente; 4. Frattanto X corpo d'armata attenda sua riorganizzazione et rafforzamento posizione resistenza. Su detta posizione fate affluire lavoratori et mezzi dispoh ibili»".
Sin dai primi contatti Montezemolo si rese conto che il Comando Superiore era favorevole alla soluzione massima. Invitato da Rommel a raggiungerlo, egli si recò in volo a Bengasi, unitamente con Gambara e Marchesi, che vollero approfittare dell'occasione per un contatto personale con il comandate della Panzerarmee. Rommel espose la situazione brevemente. Riteneva che l'avversario non avesse alcuna possibilità di iniziare una consistente offensiva almeno per due o tre mesi; peraltro, poteva benissimo osare puntate con elementi meccanizzati perché si era accorto di essere stato inseguito con forze minime e molto lontane, attualmente, dal grosso. Con qualche esagerazione, affermò che dette puntate, nelle circostanze contingenti, avrebbero anche potuto costringerlo ad abbandonare la Cirenaica occidentale, il che, vista la risonanza politico-militare della recente riconquista, diventava ormai inaccettabile. Dovendosi, dunque, proteggere la regione, era d'avviso d'impostare l'organizzazione difensiva nel modo seguente: il X corpo, schierato sulla linea golfo di Bomba-Bir T engeder; i due corpi corazzati a tergo, quale messa di manovra; la 90a leggera a Maraua, in seconda linea ed a presidio del gebel; la Pavia a Bengasi, da organizzare come piazzaforte; la Sabratha e la Trento davanti ad Agedabia per sicurezza di tale zona e della via Balbia. L'impiego del X corpo, che ad el-Agheila era del tutto inutilizzato, derivava dal pericolo di lasciare a contatto col nemico le sole forze corazzate. Cogliendo lo spunto, Rommel tenne a sottolineare di ritener «molto strano che un comandante d'armata non potesse disporre delle truppe che erano state messe ai suoi ordini>> ed affermò apertamente di esser in grado di ottenere altri successi, ma non nelle condizioni in cui veniva posto, condizioni che, perdurando, lo avrebbero posto nella necessità di declinare l'incarico di «comandante delle forze operanti>>.
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In definitiva, intendeva chiedere al Comando Supremo la piena disponibilità del X corpo, sia attraverso il Comando Superiore sia attraverso van Rintelen. Montezemolo si era subito accorto che la sua missione era più ardua del previsto, perché Gambara, intervenendo durante l'esposizione ed al termine di essa, si era mostrato decisamente d'accordo con Rommel contro la tesi di Cavallero, rendendo a Montezemolo più difficile sostenerla contro due avversari. E mentre alle prime obiezioni formulate aveva replicato Rommel, in seguito era stato lo stesso Gambara a rispondere. Così, quando Montezemolo prospettò l'opportunità di conservare il contatto col nemico per mezzo di un profondo ed elastico schieramento di truppe mobili, tenendo arretrate le fanterie per dare, se del caso, battaglia con queste lontano dalle basi britanniche, Rommel aveva ribattuto che non poteva mantene,re il contatto con gli elementi corazzati, troppo preziosi per lasciarli quotidianamente esposti al cannone nemico. All'argomentazione, sempre di Montezemolo, del pericolo che invece avrebbero corso le fanterie, se portate avanti sprovviste di mezzi di trasporto, Rommel aveva risposto che durante il precedente ripiegamento, in condizioni pur molto difficili, non aveva perso alcuna divisione di fanteria. Alla richiesta di dati sulle possibilità logistiche di servire uno schieramento tanto più lontano dal porto di Tripoli, aveva invece replicato Gambara che «la logistica deve adattarsi a servire le esigenze tattiche e che si troverà modo di risolvere i problemi logistici», assicurando che il carburante non sarebbe mai mancato. Poi questi concluse il colloquio, decidendo il rientro di Montezemolo a Roma al più presto per rappresentare il concorde parere del Comando Superiore e della Panzerarmee48 • Tornato a Misurata, Montezemolo riprese l'argomento e suggerì una soluzione intermedia: il XXI corpo con due divisioni davanti ad Ain el-Gazala ed una ad ovest di Agedabia; il X corpo ad el-Agheila. Per la verità, una soluzione del genere era assai più da vedersi sotto il profilo dell'accomodamento che della tattica, comunque fu accettata da Bastico e Gambara. Montezemolo fu perciò incaricato di esporla a Roma anche a loro nome, cosa che fece, ammettendo peraltro che «anche tale soluzione presenta gravi inconvenienti»49 • Rommel poteva, a ragione, lamentarsi che altri venisse ad interferire sull'impiego delle unità affidategli, però non era tipo da scoraggiarsi. Mentre si trovava in riunione, il X corpo dava inizio all'esecuzione del suo ordine di abbandonare la posizione difensiva (a parte il presidio delle note località) e raccogliersi a cavallo della via Balbia. Né il telegramma che, appena messo al corrente, Cavallero spedì immediata-
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mente a Bastico: «Duce conferma ordine che decimo corpo non deve com-
piere alcuno spostamento da posizione resistenza sulla quale deve rimanere. Von Rintelen ha avvertito direttamente Rommel. Informate Montezemolo»5\ interruppe il movimento. Però il Comando Supremo volle eliminare ogni possibilità di travisamento delle proprie intenzioni e 1'11 febbraio trasmise a Bast:ico nuove esplicite disposizioni. Per prima cosa ribadl il concetto informatore delle precedenti direttive: «assicurare in qualunque momento et in qualunque situazione la difesa della Tripolitania,>; poi definl gli scopi dell'occupazione della Cirenaica: assicurare la disponibilità del porto di Bengasi e dei principali aeroporti, consentire la reazione manovrata contro •nuove offensive britanniche e facilitare la preparazione per la successiva avanzata su Tobruk. Ciò posto, dal 14 febbraio, il X corpo passava alle dipendenze del Comando Superiore, che doveva curarne la rimessa in efficienza (essenzialmente sotto l'aspetto della motorizzazione), senza abbandonare la posizione di resistenza di el-Agheila. In ultimo, una raccomandazione: l'ampliamento dell'occupazione della Cirenaica e la libertà di azione concessa alla Panzerarmee dipendevano dalla condizioni logistiche che il Comando Superiore era in 51 grado di assicurare • Bastico prese atto delle direttive e le inoltrò a Rommel, il quale non fece commenti. Si limitò a comuni.care che verso la metà del mese avrebbe riferito al Comando Supremo a Roma ed al Quartier Generale di Hitler sulla situazione. In tale occasione avrebbe chiesto una licenza di qualche settiman~ per motivi di salute. Il 14 diramò un ordine all'armata per l'ulteriore condotta delle operazioni, impostato sullo spirito delle direttive di Cavallero, ed il 15 partl in aereo alla volta di Roma. Il giorno seguente anche Bastico si recò a Roma per una diecina di g10rm. Intanto i movimenti già disposti erano in corso di svolgimento. L'unica variante riguardava i corpi motocorazzati. Alle 18 del 6 febbraio il 9° bersaglieri, con il 11/21 ° artiglieria ed una compagnia del XXXII battaglione guastatori, aveva raggiunto Mechili, incontrando elementi esploranti nemici. L'isolamento della colonna e le condizioni in cui si sarebbe trovata se avesse spinto, come ordinato, un reparto sino a Bir Tengeder, avevano però indetto il gen. Zingales a chiedere a Rommel che tutta la Trieste o almeno un raggruppamento dell'Ariete affluisse a Mechili. Inizialmente Rommel non ritenne opportuno aderire, ma l'atteggiamento aggressivo di elementi meccanizzati britannici sia a Mechili, ove l'intervento del 11/21 ° artiglieria era stato sufficiente
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a sventare il tentativo, sia a T emrad, ove un distaccamento esplorante tedesco era stato costretto a ripiegare con sensibili perdite, gli fece cambiare idea, tanto più che il servizio informazioni dava come probabile una puntata in forze proprio contro Mechili. Di conseguenza, la sera dell'8 febbraio il CAM ricevette ordine di lasciare un battaglione della Trieste a presidio di Sceleidima, in attesa di sostituzione da parte della Sabratha, e di affluire al gran completo a Mechili', mentre il DAK doveva dirigersi verso la zona Martuba-Tmimi. Entro il 12 febbraio tutti gli spostamenti delle divisioni dell'armata furono completati (schizzo n. 12), sotto la cortina di una intensa attività di ricognizione. Era, infatti, intenzione di Rommel di suscitare l'impressione di una prossima ripresa offensiva dell'armata, il che, provocando nell'avversario la preoccupazione di rafforzare le proprie posizioni, avrebbe dato a lui tempo per organizzarsi convenientemente a difesa. Se i reparti avevano subìto un inevitabile logorio, non bisogna credere che fosse necessario un riordino sul tipo di quello affrontato al termine della ritirata su el-Agheila. Al contrario, esistevano ottime condizioni di base: morale elevatissimo, spirito di iniziativa, nutrito bottino. Basti pensare che il solo CAM, partito da Marsa el-Brega con circa 700 autocarri, giunse a Mechili con 1.300 automezzi, viveri abbondanti e riserve di carburante per un migliaio di chilometri. Con la posa di mine su tutto il fronte, dal mare a Mechili, ultimata il 16 febbraio, iniziava un lungo periodo di stasi operativa che si sarebbe protratto sino alla fine di maggio. Da parte britannica, l'idea di una reazione era l'ultima cosa cui si potesse pensare in quel momento. Come sappiamo, Ritchie si era risolto alla ritirata col proposito di cedere meno terreno possibile, anche perché convinto che Rommel avrebbe lanciato sul gebel poche forze leggere. Senonché, il mattino del 30 gennaio, il gen. Messervy gli riferì che la 1a divisione corazzata poteva affrontare, con speranza di successo, al massimo venticinque Panzer ed il gen. Tuker, operante sul gebel rappresentò che a suo avviso l'arrestare il nemico sull'altopiano avrebbe presentato assai più pericoli che vantaggi. Benché a malincuore, Ritchie dovette arrendersi alle proposte di Godwin-Austen ed accettare il ripiegamento su Ain el-Gazala. Le critiche condizioni della 1a divisione corazzata, carta determinante nel gioco britannico, erano oggetto di attento esame anche da parte di Auchinleck. Il 29 gennaio egli aveva scritto a Churchill accennando a qualche speranza che la divisione non fosse del tutto a terra
LA SITUAZIONE ITALO-TEDESCA LA SERA DEL 12 FEBBRAIO
Schizzo n. 12
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e negando che, in generale, il quadro apparisse cupo: «Non si può parlare di disorganizzazione - aveva commentato - né di confusione né di scoraggiamento, per quanto almeno ho potuto constatare» 52• Però due giorni dopo il tono cambiò. Prima di tutto si soffermò sulla «disfatta» della 1 a divisione corazzata. A prescindere dalla sua iniziale dispersione su un'area troppo vasta, esistevano cause di natura tecnica, al momento non rimediabili, quali la gittata ed il rendimento del pezzo da 2 libbre, e l'insufficienza dei cruisers. Inoltre l'impiego tattico dei reparti carristi non era tale da annullare i vantaggi tecnici dei mezzi tedeschi, ed anche a questo inconveniente non si poteva porre rimedio in breve tempo. Ed aggiunse: «Sono a malincuore costretto a concludere che, per affrontare le forze corazzate tedesche con qualche ragionevole speranza di successo decisivo, le nostre forze corazzate, nelle condizioni in cui sono presentemente equipaggiate, organizzate e guidate, devono godere dì un vantaggio numerico per lo meno nel rapporto di due a uno; e anche in tal caso debbono contare sulla possibilità di agire in strettissima collaborazione con la fanteria e l'artiglieria le quali, invece, salvo forse per quanto riguarda ì pezzi anticarro, sono perfettamente in grado di competere con le analoghe forze nemiche. Si cercherà di applicare questi principi nella maniera più rigida consentita dalle circostanze, temo però che ci siano segni che i soldati dei reparti corazzati stanno perdendo in certe occasioni la fiducia nei mezzi di cui dispongono. Si farà tutto il possibile per ovviare a questo grave inconveniente (...)»5J.
Auchinleck ritornò al Cairo il 1° febbraio molto perplesso. Per quanto sicuro che la crisi dei rifornimenti avrebbe pur dovuto bloccare Rommel, non esitò a prendere in considerazione persino l'eventualità di dover proseguire la ritirata alla frontiera. Ad ogni modo, l'ordine che lasciò a Ritchie fu di difendere T obruk per servirsene come base per una nuova offensiva. Il ripiegamento britannico ebbe luogo senza inconvenienti e si concluse il 6 febbraio con la 1 a brigata sudafri~ana ad Ain el-Gazala, la brigata polacca immediatamente a sud, la brigata francese ad Alam Hamza ed infine la 1soa brigata inglese e la brigata delle Guardie a Bir Hacheim. La 1a divisione corazzata controllava l'intervallo fra Alam Hamza e Bir Hacheim e la 4a divisione indiana doveva allestire una posizione a tergo, per conferire profondità al sistema difensivo 54• Ma intanto, appena arrivato al Cairo, Auchinleck si trovò di fronte ad un problema delicato: la sostituzione del comandante del 13° corpo. Il 2 febbraio, quando la situazione risultava ormai chiarita, Godwin-Austen aveva chiesto l'esonero dall'incarico, motivando la richiesta col fatto che Ritchie aveva dimostrato scarsa fiducia in lui e ciò era stato notato dal personale del suo Comando e dai principali sottordini.
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LA SECONDA CONTROFFENSIVA 1TALO-TEDESCA
Auchinleck, ovviamente, fu costretto ad accettare le dimissioni. Il 13° corpo fu affidato al gen. Gott. Il 4 febbraio Auchinleck sintetizzò in una nota per il comitato di difesa del Medio Oriente le sue riflessioni sugli avvenimenti recenti e sulle decisioni da prendere. Fermo nel ritenere necessaria una superiorità numerica di carri pari almeno al 50%, per riprendere e portare a compimento la campagna libica, egli mise sul tavolo le seguenti cifre relative al confronto presumibile tra carri medi dell'Asse e britannici, escludendo i carri leggeri e quelli per fanteria: Gran Bretagna
Asse Date
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1° febbraio
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1° marzo
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1° aprile
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1° giugno
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252° 1° maggio
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Data di arrivo non nota e riserve per la 10a armata non comprese
Limitando la riserva ad un 25% del totale, l'8a armata poteva contare, presumibilmente, al 1° aprile su circa 620 carri contro 550 nemici ed al 1° maggio su circa 770 contro 550. Quindi era ipotizzabile la ripresa delle operazioni forse per i primi di aprile, sicuramente per i primi di maggio. Un secondo problema era il sostegno logistico: se Bengasi non risultava pienamente disponibile, diventava impossibile alimentare nella zona di Agedabia più di una divisione e di un centinaio di carri. Questo comportava non soltanto la definizione di Bengasi come primo obiettivo, ma altresl uno sforzo rapido ed intenso per · impiantarvi una base efficiente. Ad ogni modo, per il momento occorreva stabilire un fronte sicuro, al cui riparo si potesse rimettere a punto un complesso di forze tale da garantire al più presto la ripresa delle operazioni. Al riguardo, egli propose di confermare le istruzioni già impartite a Ritchie: garantire
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LE OPERAZIONI IN AFRJCA SETTENTRIONALE
una linea ad ovest di T obruk per difendere la piazza; tenere Giarabub per proteggere il fianco meridionale dello schieramento; allestire, a titolo prudenziale, una linea fra Sollum e Maddalena55• Tale scelta fu pienamente condivisa dàgli altri comandanti in capo.
3. CONSIDERAZIONI
Le operazioni che riportarono le truppe italo-tedesche da Marsa el-Brega a Tmimi-Mechili sono state considerate da molti storici soprattutto tedeschi - come l'ultimo atto della campagna d'inverno; i primi due essendo costituiti dalla battaglia di Marmarica e dalla ritirata da Tobruk ad el-Agheila. Trattandosi di una sequenza di eventi senza molta soluzione di continuità, si può anche accettare questo punto di vista, pur se l'oscillazione del pendolo a favore degli inglesi raggiunse il punto massimo a gennaio ed a fine gennaio ebbe inizio la successiva oscillazione a favore dell'Asse, destinata ad arrestarsi non ad Ain el-Gazala, bensì ad el-Alamein. Comunque è indubbia la verità di un'osservazione di Bayerlein: «(...) La battaglia d'inverno della Marmarica ha un'importanza del tutto particolare, perché qui nacquero e furono fissati e sperimentati i principi tattici fondamentali della guerra del deserto. Tutti i successi delle azioni che seguirono si fondano su queste esperienze e conducono infine al punto culminante dell' offensiva d'estate, nella quale la tattica del deserto ed il comando di Rommel riportarono inverosimili trionfi» 56•
Il commento tedesco fu, non a torto, molto orgoglioso. Nella relazione compilata a seguito degli avvenimenti svoltisi fra il 18 novembre 1941, inizio dell'operazione Crusader, ed il 6 febbraio 1942, compimento della riconquista della Cirenaica occidentale, il Comando della Panzerarmee così si espresse: «L'offensiva britannica dell'autunno 1941 si riprometteva di distruggere le forze italo·tedesche in Africa, di occupare tutta la Libia e di prendere contatto con le truppe francesi del generale De Gaulle. Il raggiungimeno di questi obiettivi avrebbe assicurato il possesso di tutta la costa nordafricana, da utilizzare come base per successive operazioni contro l'Europa meridionale. L'offensiva britannica tendeva quindi a conseguire uno scopo militare e politico di ben vasta portata. Nel corso di un'attività organizzativa durata diversi mesi, il Comando britannico aveva riunito tutte le forze disponibili in Medio Oriente al fine di
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assicurarsi il successo. Le grandi unità già impiegate in combattimento, e quindi esperte del deserto libico, vennero riportate ai loro livelli organici, ricevendo inoltre notevoli rinforzi di artiglierie. Furono fatte affluire in zona altre tre divisioni di fanteria ed una divisione corazzata, tutte dotate di numerose bocche da fuoco. All'inizio dell'offensiva 1'8 3 armata aveva una superiorità di forze rispetto allo schieramento italo-tedesco che può essere messa in evidenza dalle seguenti percentuali: carri da combattimento: 75%, carri esploranti: 75%, artiglieria di piccolo calibro: 180%, artiglierie pesanti: 30%, battaglioni di fanteria: 30%. La Royal Air Force aveva raggiunto un livello mai sino allora riscontrato e la suà superiorità può essere cosl definita: caccia: circa 200%, bombardamento: 50%, esplorazione: 50. La Mediterranea Fleet con le sue numerose unità anche del massimo tonnellaggio, era pronta ad Alessandria a sostenere le operazioni delle forze terrestri. Le navi garantirono la sicurezza dei trasporti di materiali e di truppe lungo la costa libico-egiziana ed intervennero nei combattimenti di Tobruk, Bardia ed Halfaya senza incontrare una qualsiasi resistenza degna di nota. La radunata di tutte le forze partecipanti all'offensiva dell'autunno 1941 venne abilmente mascherata (anche con l'inganno attuato con le trasmissioni radio) e favorita dalle condizioni atmosferiche. L'avversario riusci in tal modo a garantire la sorpresa. Ma il Comando britannico, così abile e circospetto durante la fase organizzativa, ha avuto poi una mano meno felice nella condotta delle operazioni. In pieno contrasto con il principio di gravitare con le forze nella zona prescelta per lo sforzo decisivo, impiegò il 18 ed il 19 novembre solo una parte delle grandi unità dipendenti dall'8a armata. Ciò ebbe come immediata conseguenza che i singoli complessi di forze vennero sconfitti così duramente da essere costretti a ritira.re dalla zona dei combattimenti alcune loro unità, prive ormai di ogni efficienza operativa. Durante la battaglia di Libia il Comando britannico non ha mai impartito disposizioni incese a concentrare gli sforzi in un dato momento ed in un qualsiasi tratto del fronte per ottenere una vittoria decisiva. E questo errore di base è sicuramente una delle cause che impedirono all'offensiva avversaria di conseguire il successo finale. In particolare, si è potuto constatare quanto segue: il Comando britannico ha fatto il possibile per trarre profitto dalle esperienze sino allora acquisite durante le battaglie nel deserto. Ma era anche convinto di essere meno capace del Comando tedesco ed ha cercato di apprenderne i metodi. In pratica, però, non si è molto discostato da quella condotta lenta e sistematica che aveva caratterizzato le precedenti attività operative. Gli ordini emanati si basavano essenzialmente su schemi e precisavano ogni particolare dell'atto tattico. Ai Comandi di grande unità è stata in tal modo praticamente negata ogni libertà d'azione. N el corso dei combattimenti è mancata, di conseguenza, la capacità di adattarsi ad ogni nuova situazione. Il soldato britannico si è battuto in genere bene, anche se non ha mai eguagliato quello tedesco per spirito offensivo. Gli ufficiali hanno dimostrato
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
di essere valorosi e pronti a sacrificarsi, ma anche piuttosto restii ad agire d'iniziativa. Del tutto positiva l'impressione riportata dai sottufficiali. I reparti esploranti, numericamente forti e con capacità combattiva accresciuta dalle artiglierie mobili in dotazione, hanno assolto molto bene e con spirito manovriero i loro compiti. L'attacco è stato condotto da diversi, spesso numerosi, complessi, provocando così una notevole dispersione di forze. Le unità attaccanti hanno potuto avvalersi di un forte concorso da parte dell'artiglieria, che ha talvolta appoggiato le singole divisioni con cinque o sei reggimenti. È probabile che il nemico abbia voluto compensare con il volume di fuoco l'inferiorità dei propri carri nei confronti di quelli tedeschi. Per la difesa, i britannici hanno preferito le posizioni in çontropendenza, protette in genere da un robusto dispositivo di carri esploranti, disponibili in numero decisamente superiore. Da citare, infine, le caratteristiche particolari del Long Range Desert Group - un'unità che per organico ed addestramento si è rivelata oltremodo idonea a svolgere missioni esplorative e di disturbo nelle retrovie - e dei Commando( ... ). La condotta della Panzerarmee si è ispirata al principio di impiegare le proprie forze, numericamente inferiori, a massa e possibilmente in azioni offensive nelle zone più idonee a garantire il successo. L'attuazione di questo principio è stata ostacolata dagli aspetti propri della guerra di coalizione [ = contrasti con i Comandi italiani] e della situazione logistica [ = colpa dei Comandi italiani, responsabili dei trasporti marittimi e terrestri], che ha creato talvolta delle vere crisi. Ma nonostante queste difficoltà si è sempre ritenuto che solo un atteggiamento offensivo avrebbe consentito di bilanciare l'inferiorità numerica e di raggiungere il successo. Per tale motivo, anche nel periodo in cui si è stati costretti a subire l'attacco avversario, la difesa è stata improntata ad elevato dinamismo. Nell'applicare siffatto principio, il Comando si è ripromesso soprattutto di sconfiggere, e possibilmente distruggere, l'avversario. In tale quadro, il possesso di posizioni o il guadagno di terreno non avevano alcuna importanza. Per l'esito della battaglia era del tutto indifferente che il nemico si trovasse in Marmarica o in Cirenaica. Assumeva, invece, un valore determinante poter disporre di forze sufficienti per lanciarle al contrattacco al momento più opportuno. La riconquista del territorio in precedenza abbandonato è stata soltanto l'inevitabile conseguenza del successo ottenuto con l'azione controffensiva (...)» 57•
Nulla contro a riconoscere la sostanziale validità di queste conclusioni, anche se l'esposizione appare troppo ridotta allo stretto ambito germanico per essere considerata esauriente. Il Comando del Panzergruppe prima e della Panzerarmee dopo, pur essendo tedesco, aveva alle dipendenze anche il CAM ed il XXI corpo e, successivamente, anche il X corpo d'armata. L'ignorare tutte le divisioni italiane non è sicuramente obiettivo, ma, per limitarci alla controffensiva di fine gennaio, bisogna ammettere che la parte del leone è stata affidata all'Afrikakorps e da questo svolta molto bene, aggiungiamo, pur se - per difetto di coordinamento della manovra - si era lasciato sfuggire la brillante occasione di annientare la 1a divisione corazzata inglese.
LA SECONDA CONTROFFENSIVA 1TALO-TEDESCA
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Le analogie e differenze fra la controffensiva italo-tedesca del 1941 e quella del 1942 sono facilmente individuabili. Entrambe cominciarono con la caratteristica del colpo di sonda, volto ad accertare la consistenza delle forze nemiche contrapposte, sconvolgerle ed acquistare un po' di spazio (per utilizzare posizioni migliori nel primo caso, per disporre di più vasto campo di manovra per i corazzati nel secondo). La spinta a procedere audacemente venne dall'avversario: sorpreso e disorientato per la celerità e decisione dell'avanzata, credette di trovarsi di fronte ad una vera e propria operazione in forze e, sopravvalutando l'entità dei carri dell'Asse, si adattò più o meno presto ad una ritirata per evitare di perdere le truppe della Cirenaica occidentale. E sostanzialmente vi riuscì, perché la prima volta i prigionieri catturati ammontarono a poco più di 2.000 uomini, la seconda volta a circa 3.000, di cui 2.000 nei combattimenti svoltisi nella zona di Agedabia fra il 21 ed il 23 gennaio. Nel 1941, Rommel giunse a Tobruk in nove giorni, nel 1942 ad Ain el-Gazala in quindici. In ambedue i casi egli impiegò soltanto truppe meccanizzate: la 5a leggera, l'Ariete ed elementi motorizzati della Brescia nel 1941; la 15a e la 21 a Panzer, l'Ariete e la Trieste nel 1942. La differenza sostanziale risiede nel tipo di manovra, e su questo influì ovviamente l'entità delle forze britanniche. Premesso che la spregiudicatezza della progressione di Rommel fu sempre, specialmente agli inizi, molto calcolata e che gli sviluppi operativi si tradussero in sostanza in uno sfruttamento del successo ottenuto nei combattimenti dei primi giorni, occorre sottolineare una situazione generale di favore a fattor comune, anche se per ragioni diverse. A fine marzo 1941, la Gran Bretagna aveva spostato tutta l'attenzione sugli avvenimenti balcanici e le due vittorie riportate sugli italiani - la distruzione della 10a armata ed il felice esito della battaglia al largo di Matapan - l'avevano indotta a concentrarsi sull'aiuto militare alla Grecia (operazione Lustre). Cosicché il gen. Neame, comandante delle truppe britanniche in Cirenaica, era rimasto con la 2a divisione corazzata (priva di una brigata corazzata), la 9a divisione australiana e la 3a brigata motorizzata indiana ad assolvere un compito non di tutto riposo, ma neanche proibitivo: difendere il fianco sul deserto finché non fosse risolta la partita balcanica. Nel 1942, la vittoriosa operazione Crusader e l'entrata in campo degli Stati Uniti avevano fatto considerare possibile continuare l'avanzata su Tripoli. Sul mare l'assenza della Mediterranean Fleet questa volta non era determinata da un divergente gravoso impegno, bensì da una sconfitta: l'incursione dei mezzi speciali della R. Marina ad Alessandria. Ad ogni modo, sullo scacchiere libico
LA RICONQUISTA DELLA NEL
. CIRENAICA OCCIDENTALE 1941
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bastava difendere il fronte nel deserto finché la macchina bellica non si fosse spostata avanti di quel tanto sufficiente a spazzar via i resti del Panzergruppe. Perciò di tutte le truppe dell'sa armata, davanti a Rommel era rimasto il 13°corpo di Godwin-Austen con la 1a divisione corazzata (meno una brigata corazzata), la 200a brigata delle Guardie e la 4a divisione indiana. La 7a divisione corazzata e la 22a brigata corazzata erano state ritirate, l'una per rientrare in Egitto e riordinarsi dopo la vittoriosa galoppata dal confine. ad Agedabia, l'altra per rifugiarsi a T obruk e riordinarsi dopo la batosta subito a sud di Agedabia a fine dicembre. Le informazioni fornivano ai Comandi dell'Asse un quadro sufficientemente valido; a quello che mancava od era incerto suppliva lo straordinario intuito di Rommel. Così, nel 1941, raggiunta Agedabia ed avendo eliminato dalla scena la 3 a brigata corazzata inglese, egli non ebbe esitazioni ad avvolgere l'intero gebel puntando sul el-Mechili ed Ain el-Gazala (schizzo n. 13). Invece nel 1942, non essendo riuscito ad accerchiare davanti alle posizioni di Marsa el-Brega o ad avvolgere a nord-est di Agedabia la ia divisione corazzata (o meglio la 2a brigata corazzata), si limitò ad impegnare i corpi corazzati nella protezione del fianco esposto, prima il DAK a Msus mentre il CAM ed il raggruppamento Marcks puntavano concentricamente su Bengasi; poi il CAM a Mechili mentre i raggruppamenti Marcks e Geissler arrivavano al golfo di Bomba (schizzo n. 14). Le due irruenti avanzate furono praticamente «improvvisate» da Rommel, che le guidò circolando, in aereo o in macchina, ovunque si dirigessero le sue colonne. Da Agedabia a Bengasi si può dire che ogni giorno apparisse presso quasi tutti i Comandi delle unità del DAK e del CAM. Dopo Bengasi concentrò l'attenzione sulla progressione dei raggruppamenti tedeschi attraverso il gebel. Ma - pur se obiettivamente il posto di un comandante d'armata non si può ravvisare presso le colonne di testa - a differenza di quanto rilevato durante la sua corsa alla frontiera, all'inizio di Crusader, egli non fu .irreperibile durame i combattimenti: quasi sempre un sistema delle trasmissioni radio efficientissimo, anche in movimento, lo tenne collegato al Comando del1'armata. Da parte italiana, salta agli occhi la stessa reticenza dei Comandi ad alto livello ad avanzare <<troppo>> e lo stesso entusiasmo delle truppe partecipanti alla controffensiva. Sembra si possano indicare come le due caratteristiche salienti in alto ed in basso. Secondo il pensiero britannico le cause del rovescio furono la difficoltà di alimentazione di molte forze oltre Agedabia, la sostituzione
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delle vecchie esperte unità corazzate con altre di recente afflusso. Sulla motivazione di carattere logistico si può convenire, ma soltanto in parte. Alla fin fine noi abbiamo rifornito tre corpi d'armata italiani ed uno tedesco per otto mesi fra Tobruk e la frontiera, superando difficoltà ben maggiori in fatto di trasporti terrestri e marittimi e di disponibilità di materiali. Sul secondo motivo c'è qualche osservazione da formulare: fra la za D.cor. del 1941 e la 1a D .cor. del 1942 la differenza era notevole. La divisione di Creagh aveva notoriamente un insufficiente addestramento e si trovava in difetto anche di mezzi, perché devoluti all'intervento in Grecia; ma la sorte toccata alla divisione di Messervy era assolutamente imprevedibile per gli occhi inglesi. A detta di Churchill la 1a divisione corazzata era una delle migliori unità britanniche: formata in gran parte da personale con più di due anni di addestramento, «aveva raggiunto un livello di preparazione altissimo, quale non era dato di trovare in nessun 'altra delle nostre unità regolari>>; i suoi automezzi erano stati adattati alle esigenze dello specifico ambiente naturale già in Gran Bretagna; era sbarcata in Egitto in novembre e, dopo un nuovo controllo ai mezzi, aveva attraversate il deserto con i carri montati su carrelli, giungendo ad Antelat in perfetto ordine. Eppure senza neanche essere stata impegnata in una battaglia, aveva perso un centinaio di carri. Auchinleck accennò anche ad un'inferiorità tecnica di fronte ai Panzer, ma Churchill si espresse brutalmente ponendo in primo piano la condotta del combattimento: «Quando si pensi al costo, al tempo ed alla fatica necessari alla creazione di un'unità come 1:1na divisione corazzata, con tutti i suoi uomi ni esperti e addestrati (...) è davvero increscioso vedere quali meschini risultati si siano ottenuti a causa della pessima direzione (...)»~s.
Naturalmente, sia il Comando Supremo sia il Comando Superiore si affrettarono a raccogliere dati ed informazioni di carattere tecnicotattico derivanti dalle esperienze di combattimento delle unità corazzate italiane, tedesche (poche notizie) e britanniche (documenti di preda bellica, fra cui una relazione compilata dal gen. Norrie, comandante del 30° corpo). Trascurando il carro L 3, assolutamente inidoneo per corazzatura, velocità e motore, il carro M 13, benché molto migliore del tipo M 11, non soddisfece le speranze, né lo poteva. Il complesso motore era di insufficiente potenza, il che provocava una serie cospicua di frequentis-
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simi guasti (ancor superiori nei carri di recente arrivo col X battaglione carri del 133° reggimento carristi della Littorio e ceduti in blocco al IX battaglione carri dell'Ariete); i difetti di funzionamento del filtro della nafta erano normali nel corso di lunghi trasferimenti ed in combattimento, con conseguente arresto del carro in circostanze critiche e, per giunta, trovandosi il filtro all'esterno, il personale doveva uscire all'aperto per pulirlo anche durante lo scontro; l'autonomia, infine, appariva limitata. Ma soprattutto si rendeva indispensabile la realizzazione di tutta una serie di veicoli corazzati, che già figuravano nelle file tedesche, britanniche ed americane: un carro comando per i comandanti di battaglione, reggimento e divisione, con una stazione radio la cui portata raggiungesse il centinaio di chilometri59 ; un trattore cingolato con blindatura leggera o, meglio ancora, un carro per il recupero dei mezzi inefficienti sul campo di battaglia; un mezzo blindato magazzino per il trasporto a pié d'opera dei ricambi di maggior consumo per le riparazioni sommarie ed urgenti; un'officina blindata per battaglione, in grado di seguire il reparto ovunque. L'assenza di mezzi del genere dalle file italiane fa immaginare senza sforzo le difficoltà incontrate dall'Ariete in movimento ed in combattimento.
In tema di armi controcarri, il fucilone Solothurn da 20 e Hotchiss da 25 (di preda bellica) erano chiaramente ripieghi. Il tipico pezzo controcarri era il 47 /32, le cui prestazioni apparivano ormai inadeguate. Come armamento dei carri, costringeva i carristi a portarsi al di sotto dei mille metri dal bersaglio per poter sparare, quando il pezzo britannico da 2 libbre apriva il fuoco ai 1.500 metri. Come armamento della fanteria risentiva di tre grossi difetti: il traino meccanico su terreno vario era impossibile (perfino per il mod. 39 «autotrainabile>>) e quello a braccia da parte della fanteria appiedata proibitivo; mancava di uno scudo di protezione per i serventi ed il settore orizzontale di tiro risultava troppo ristretto. Anche il cannone da 88/55, che come materiale rispondeva benissimo, non era esente da inconvenienti nel campo dell'impiego: era trainato dal Lancia 3 Ro, assolutamente inidoneo al rimorchio celere su qualunque terreno. Invece stava già fornendo buona prova il nuovo materiale da 75/18 semovente. All'inizio della battaglia in Marmarica, in appoggio alle unità carri erano stati impiegati pezzi da 100/17 ad installazione fissa su autocarro Lancia 3 Ro, da 75/27 su trattore TL 40 e da 65/17 su autoprotetto Morris di preda bellica da parte italiana (batterie volanti); nonché batterie da 20 e da 50 mm su semicingolati da parte tedesca.
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I risultati avevano risentito nell'un caso delle limitazioni poste dal mezzo di trasporto, nel secondo caso dal calibro della bocca da fuoco. Nella controffensiva, vennero impiegate vere e proprie artiglierie semoventi: pezzi da 75/18 su scafo del carro M 40 (il DLI e DLII gruppo dell'Ariete) e pezzi da 76,2 sovietici su scafo del Mark IV (605° gruppo Panzerjaeger). L'efficacia del binomio carro-artiglieria semovente si palesò immediatamente di tutto rilievo, senonché, specie per i reparti italiani, il limitato numero dei carri in linea e la scarsa potenza del cannone da 47 /32 indussero ad utilizzare i semoventi più o meno con gli stessi criteri dei carri armati, rinunciando allo sfruttamento del maggior braccio dell'artiglieria (8-9 chilometri). Per le artiglierie da campagna, i pezzi da 65/17, .da 75/27 e da 77/28, di cui esisteva maggiore disponibilità, erano superati per deficienza di potenza, di gittata e di mobilità. I pezzi da 75/27 e 100/17 con ruote electron avevano dimostrato di non sopportare il prolungato traino meccanico talché, nei lunghi trasferimenti, si era reso necessario il trasporto su autocarro per evitare irreparabili degradazioni. Unica artiglieria di corpo d'armata impiegata, il cannone da 105/28 era stato assoggettato a forti celerità di tiro con una conseguente elevatissima percentuale di inconvenienti agli organi del freno. Buona la prova, invece, dei pezzi dell'8° artiglieria d'armata: 149/28, 149/40 e 152/37 che, impiegati con una certa spregiudicatezza, avevano messo in luce una soddisfacente mobilità.
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NOTE AL CAPITOLO SECONDO B. LIDùELL HART, ap. citata, p. 180. I.S.O. PLAYFAIR, op. citata, p. 142. «Questa era una lettura coraggiosa della situazione commentò la relazione ufficiale - ma non una lettura accurata. Se un colto si era mostrato, si 1
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trattava di un collo britannico che il nemico stava ora minacciando con poderose forze». 1 HANs-Orro BEHRENDT, Rommel kenntis vom Feind im Afrika Fetdzug, Rombech, Freiburg 1980, p. 164. ' A. KESSEUUNG, op. citata, p. 115. 5 D iario Cavallero, data 23.1.1942. 6 Diario storico del corpo d'armata di manovra, data 23.1.1942. 7 Comunicazione del Panzergruppe al XXI corpo, data 23.1.1942, ore 1,45. 8 Il messaggio, spedito alle 8,45 del 23, fu ricevuto dal XXI corpo alle 12,40 e, poco dopo, rit rasmesso al X corpo. N avarini ordinò che il mattino successivo, all'alba, un raggruppamento della Pavia ed uno della Trento partissero autocarrati. Sarebbero poi stati effettuati altri viaggi, a scaglione. Gli ultimi avrebbero iniziato il movimento a piedi sulla Balbia. 9 Il 10° ussari rimase con 8 cruisers ed il 9° con 28. I Bays ebbero perdite insignificanti. 10 Sia il nuovo rango attribuito al Panzergruppe, che in fondo era già una piccola armata, sia il nuovo titolo, Oberbejèhlshaber(comandantc in capo), erano stati decisi da Hitler, che intendeva così maggiormente far risaltare la presenza tedesca in Africa. Il titolo avrebbe potuto conferire maggiore autorità a Rommel, ma solo se legato esplicitament,e ad uno scacchiere, il che non fu né poteva essere. Perciò Rommel continuava a dipendere operativamente da Bastico, comandante superiore in A.S., e, sotto alcuni aspetti, da Kesselring, comandante superiore per il Sud. Il Comando dell'armata aveva la denominazione di Panzerarmee Oberkommando (PzAOK). 11 DSCS, tele 241821, data 25.1.1942, ore 2. 12 A. KESSELRING, op. citata, p. 116. n La formulazione dell'ordine diramato dalla Panzerarmee alle ore 21 ai due corpi italiani è significativa: «Sospendere in un primo tempo [temporaneamente] i movimenti in direzione di
Agedabia, ad eccezione della divisione Sabratha. Segnalare per radio le zone attualmente occupate. Seguirà ulteriore ordine» (diario storico del XXI corpo d'armata, data 24.1.1942). Peralt ro, nel pomeriggio del 23 Bastico aveva tenuto rapporto ai comandanti d i corpo d'armata e disposto la sospensione del trasferimento delle d.ivisioni nonché il ritorno dei reparti sulle posizioni precedenti il più presto possibile. 14 B. LIDDELL HART, op. citata, pp. 181-182. is ANTON10 TEDDE, Fiamme sul deserto, !se. Ed. Cisalpino, Varese 1962, pp. 57-61. 16 D iario Cavallero, data 10.1.1942. 17 CESARE AMÉ, Guerra segreta in Italia, Casini, Roma 1954, p. 96; CARLO DE Rls10, Generali, servizi segreti e fascismo, Mondadori, Mi lano 1976, p. 111 e segg. Vds. anche H.O. BEHRENDT, op. cùata, p. 176, secondo il quale il SIM avrebbe ceduto all'Abwehr copia del cifrario, cosa non vera. 18 Carteggio Comando Supremo, racc. 140, cart. 2 - allegato n. 1. 19 Ad esempio, vedasi il citato tele 241821, data 25.1.1942, ore 2. 20 DSCS, tele 30077/0p. data 21.1.1942. 21 W. CHURCHILL, op. citata, p. 49. 22 F.W. VON MELLENTI-IIN, op. citata, p. ,104. 21 Alla data del 25 gennaio, la l 3 divisione corazzata aveva perduto circa 215 carri ed autoblindo, 130 pezzi di artiglieria di vario tipo e molte centinaia di automezzi (B. LIDDELL HART, op. citata, p. 181). 24 C. BARNETT, op. citata, p. 194. 25 DSCS, tele 30095/0p. data 25.1.1942, ore 14,15. Le note intercettazioni si riferiscono ai cifrati Feller. Il gen. Amé era il capo del SIM
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DSCS, tele 30094/0p. data 25.1.1942, ore 14,15. DSCS, tele SM/546 data 25.1.1942, ore 20. 28 W. CHURCHILL, op. citata, parte IV, vol. I, p. 50. Il messaggio di Churchill traeva origine da una comunicazione fatta dall'ufficiale di collegamento navale al Comando in capo della Ro)'al Navy in Medio Oriente, finita in copia ali' Ammiragliato a Londra. Secondo Churchill la visita di Auchinleck al Comando dell'8• armata fu provocata dal citato messaggio, ma l'affermazione non risponde a realtà. Il dispaccio del Premier fu spedito da Londra alle 23,34 del 25 gennaio e giunse al Cairo alle 01,40 del 26 (T. CONNELL, op. citata, p. 439}. Auchin leck era invece arrivato a Tmimi il mattino del 25. 29 Verbale della riunione allegato 2. 30 D a notare che questo pensiero di Rommel non era sfuggito, come ipotesi, agli inglesi. In un dispaccio ad Auchinleck, inviatogli il 28 gennaio, Churchill scrisse: «Certamente avrete visto 27
il rapporto sulle presunte intenzioni di Rommel, cioè rastrellamento del triangolo Bengasi-Msus-Mechili e poi ripiegamento sulla linea di attesa intorno ad Agedabia» (W. C HURCHILL, op. citata, p. 53}. 31
Diario Cavallero, data 27.1.1942. DSCS, tele 30101/0p. data 27.1.1942, ore 15,30. 33 Neanche a farlo apposta il telegramma con l'autorizzazione di Cavallero ad occupare Bengasi pervenne a Rommel nel pomeriggio del 29, in Bengasi stessa. È facile immaginare con quanto sarcasmo sia stato accolto da parte tedesca. 34 I.S.0. PLAYFAIR, op. citata, p. 149. 35 CHURCHILL, op. citaia, pp. 52-53. 36 Ibidem. Il giorno prima Churchill si era presentato alla Camera fornendo ai deputati un breve resoconto dell'operazione Crusader e soggiungendo: «Non posso dire quale sia nell'attuale 32
w..
momento la situazione ml fronte occidentale in Cirenaica. Abbiamo davanti un avversario assai audace e abile e, se posso dirlo al di sopra delle stragi della guerra, un grande generale» (W. CHURCHILL, op. citata, p. 92). 37 Il brigadiere H .R. Briggs (poi maggior generale) non deve essere confuso con il brigadiere Raymond Briggs, comandante della 2• brigata corazzata. 38 J. CONNELL, op. citata, p . 445. 39 DSCS, f. 333/S data 29.1.1942 dell'addetto militare a Berlino. 40 Il raggruppamento Geissler era costituito dal 115° fucilieri, una compagnia Panzerjaeger, una compagnia pionieri ed una batteria da campagna. "DSCSAS, tele 2391/0p. data 1.2.1942, ore 1,09 (ora di trasmissione). 42 E. VON RlNT.ELEN, op. citata, p. 152. Von Rintelen racconta anche che Goering, invitato a colazione in casa di Cavallero, s.i presentò salutando l'ospite con il grido «Tobruk!». Il che urtò profondamente Ciano, presente. 43 DSCS, tele 30128/0p. data 1.2.1942. 44 Secondo fonte britannica le perdite fra il 21 gennaio ed il 6 febbraio ammontarono a 1390 uomini (morti, feriti e dispersi), 72 carri medi e 40 pezzi da campagna (I.S.O. PLAYFAIR, op. citata, p. 152). 4s I coloni e la popolazione nazionale del gebel, malmenati e depredati di tutto dagli arabi, vivevano in condizioni miserrime. 46 Diario Cavallero, data 5.2.1942. 47 DSCS, tele 30160/0p. data 6.2.1942, ore 20,45. ' 8 DSCSAS, f. 01/2826 Op. data 9.2.1942 del comandante superiore - allegato 3. Rommel aveva espresso il desiderio che Montezemolo per il momento telegrafasse a Roma e rimanesse qualche giorno con lui per rendersi conto de visu dell'organizzazione difensiva prospettata sulla linea golfo di Bomba-Bir Tengeder, ma cedette all'insistenza di Gambara. ' 9 DSCS, tele 804, data 9.2.1942, trasmesso il 10.2.1942, ore 01, del ten. col. Montezemolo. 50 DSCS, tele 30166/0p. data 8.2.1942, ore 21.
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DSCS, tele 30188/0p. data 11.3. 1942, ore 21,30. w. CHURCHlLL, op. citata, p. 54. 53 Ibidem, pp. 54-55. 4 $ Secondo i servizi informazioni italiano e tedesco, la linea di Ain el-Gazala era tenuta da uno scaglione di sicurezza (4° e 6° reggimento autoblindo sudafricano), mentre la posizione difensiva era leggermente arretrata, all'altezza di Acroma-Bir Hacheim, e tenuta, dal mare verso sud, dalla 4• divisione indiana, 1• divisione sudafricana, tso• brigata britannica, 1• divisione corazzata. A tergo, la 1a divisione leggera francese e la 200' brigata delle guardie. A Tobruk erano date presenti la 70 3 divisione britannica e la 32• brigata carri. Al confine, il 30° corpo d 'armata aveva la 2 • divisione sudafricana, la 1• brigata carri e la 22 • brigata çorazzata. 55 C. AUCHINLECK, Despatch citato, appendice 8. 56 E. ROMMEL, op. citata, p. 112 57 H. 0. BEHRENDT, op. citata, pp. 170-173. 58 w. CHURCHILL, op. citata, p. 57. 59 Le stazion i radio RF 2/3, in cofani, per il Comando di reggimento carri erano prive di qualsiasi utilità: limitata portata, collegamento solo in telegrafia e necessità di funzionamento a terra. ;i
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Capitolo terzo LA PAUSA OPERATIVA PRIMAVERILE
1. GLI ORIENTAMENTI OPERATIVI ITALO-TEDESCHI
Il 1942 si era aperto per l'Italia sotto prospettive assai poco brillanti. Su un migliaio di stabilimenti controllati dal Fabbriguerra, ben 729 avevano dovuto interrompere le lavorazioni in tutto od in parte. In febbraio Favagrossa aveva ripetutamente segnalato che la disponibilità di materie prime per l'anno in corso - ritenuta pochi mesi prima vicina a quella del 1941 - sarebbe stata sicuramente inferiore a causa della crescente mancanza di energia elettrica e della deficienza di carbone ed altresì in seguito alla riduzione delle forniture da parte della Germania (a prescindere dalle notevoli pendenze arretrate del 1941 accumulate dal Terzo Reich). Quando, poi, Favagrossa seppe, indirettamente, del progettato invio in Russia di nuove forze per trasformare il corpo di spedizione in armata, si allarmò. Ai suoi tentativi di dissuasione, Cavallero <<mi af fermò che nessuna preoccupazione dovevo avere per i rifornimenti dato che, all'infuori delle armi e delle munizioni, a tutto avrebbero provveduto i tedeschi (. ..). Assicurava che, occupati i territori assegnati all'armata, questa avrebbe raccolto i molti materiali abbandonati dai russi ed anche materie prime utili per incrementare i rifornimenti destinati alle forze armate dislocate negli altri teatri d'operazioni (...)» 1• Allora Favagrossa preparò un appunto per Mussolini. Aveva calcolato, tanto per limitare l'indicazione a materie prime particolarmente significative, che nel settore della ghisa, la cui produzione in gennaio e febbraio era scesa a zero, il deficit ammontava a 130.000 tonnellate ed in quello degli acciai il solo mese di febbraio aveva riscontrato una contrazione di circa 20.000 tonnellate, pari al 25% del totale. La relativamente favorevole situazione del dicembre 1941 aveva consentito di superare l'inverno senza gravi conseguenze, ma adesso si rendeva indispensabile una riduzione del 15% alle normali quote assegnate ai vari Ministeri nei corrispondenti mesi dell'anno precedente, senza alcuna possibilità di aumenti extra-quota. E sempre che nuove sorprese nel1' approvvigionamento del carbone non costringessero a contnizioni ancor maggiori.
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«Sull'argomento - concluse - mi permetto di insistere nel richiamare la Vostra personale attenzione onde evitare tendenze, in parte giustificabili, di formulare programmi spesso eccessivi, e pertanto inattuabili. Per le FF.AA. an-
cor più che per gli altri dicasteri è indispensabile, data la mancanza di scorte in mezzi di offesa e di difesa, di affrontare le operazioni programmate con la materna· tica certezza di poter alimentare, qualunque cosa arrivi, la battaglia. Nessuna maggiore possibilità mi è consentita e pertanto ogni ottimistico apprezzamento sulle mie disponibilità potrebbe avere tragiche conseguenze. Ripeto che non sono da escludere, come ho già accennato, eventuali maggiori riduzioni»2•
Mussolini lesse il promemoria in presenza del suo compilatore, il quale, alla fine, sostenne l'impossibilità di mandare un'armata in Russia. <<Avete ragione!» rispose il Duce3 • E l'armata partì. E naturalmente fu rifornita dall'Italia in tutto, eccezion fatta per carne, farina (in parte), foraggio e carburante. E nel nostro vero teatro d'operazioni le difficoltà non erano mai superate. Non è difficile comprendere la posizione assunta da Cavallero. Ben si rendeva conto di come stessero le cose, però, evidentemente, indulgeva a determinati aspetti politici della guerra - che sapeva visti di buon occhio da Mussolini - e tendeva ad attenuarne gli aspetti negativi. La campagna di Russia è un classico esempio di ciò. Non soltanto, in quei primi mesi del 1942, Favagrossa delineava una prospettiva molto seria, ma lo stesso sviluppo del piano di potenziamento dell'esercito fissato nel settembre 1941 era insoddisfacente. Il piano in questione prevedeva, molto ottimisticamente, di aggiungere alle 64 divisioni allora esistenti altre 16 grandi unità, cosl da pérvenire per la fine di aprile, e con le note trasformazioni, ad un totale di 80 divisioni, e cioè: 9 divisioni di fanteria,
12 divisioni motorizzate tipo A.S., 5 divisioni di fanteria autotrasportate, 6 divisioni corazzate, 2 divisioni celeri, 6 divisioni alpine, 1 divisione paracadutisti, 1 divisione aviotrasportabile, 8 divisioni da occupazione. Più precisamente, si contava di poter provvedere, nei limiti di tempo citati, al completamento al 100% di 33 divisioni esistenti, alla costituzione di 4 nuove divisioni complete e di 12 nuove divisioni con organici e mezzi ridotti. Le rimanenti 31 divisioni sarebbero rimaste
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incomplete. In parallelo, e quindi al di fuori del programma, era prevista l'alimentazione degli scacchieri operativi ed il rafforzamento delle frontiere marittima (costituzione di divisioni costiere, costituzione e completamente dei battaglioni territoriali e territoriali mobili, ecc.). Adesso si doveva constatare che né la scadenza né gli obiettivi potevano venir rispettati. Le cause principali erano da ricercarsi nelle difficoltà della produzione (deficienza di materie prime, energia elettrica); affondamento di notevoli quantitativi di materiali; insoddisfaçente requisizione quadrupedi (solo 17.000 invece dei 28.000 previsti); diminuzione della disponibilità di autocarri (appena 4.000 invece di 7.000); esigenze operative impreviste (soprattutto per il corpo di spedizione in Russia) che avevano assorbito 1.740 autocarri, 3.500 quadrupedi, ecc.; sviluppo delle operazioni in Africa settentrionale. In sostanza, al momento esistevano solo sei divisioni «complete o quasi» 4, che potevano diventare 23 in giugno allorché fossero affluite ai reparti le reclute classe 1922 (seconda quindicina di maggio). Nessuna speranza per la costituzione di due altre divisioni corazzate, data la mancanza di carri ed il ritardo nel completamento delle tre divisioni esistenti (Ariete, Littorio e Centauro) provocato dalla sopravvenuta necessità di inviare in Libia aliquote mensili di carri (<sfusi». Un quadro del genere è, bisogna ammetterlo, sconsolante. Non si è in grado di esaminare le basi sulle quali era stato varato il programma, tuttavia appaiono evidenti errori di previsione e di impostazione o eccessi di ottimismo immotivati. Quasi tutte le cause di alterazione nel regolare svolgimento del piano citato - e che <<spiegarono» la spiacevole situazione in un appunto interno del Comando Supremo - erano, in fondo, elementi che potevano e dovevano essere apprezzati in sede di programmazione: le perdite di materiale per affondamento di piroscafi, il rifornimento ordinario e straordinario di personale e mezzi, le difficoltà nella produzione. Altri motivi lasciano perplessi: 17.000 quadrupedi requisiti invece di 28.000, 4.000 autocarri anziché 7.000. Una, infine, è inaccettabile: l'acquiescenza alla decisione politica di inviare un corpo di spedizione in Russia. Si trattava di mentalità. Una nota di Ciano, proprio di quei giorni, è bruciante: «Il Duce è - come d'uso - inquieto con i militari. Per mandare in Russia, a maggio, tre divisioni dobbiamo farci dare dai tedeschi i pezzi anticarro, l'artiglieria antiaerea e gli automezzi. Nonostante ciò, Cavallero ha presentato a Mussolini una tabella. dalla quale risultava che noi produciamo 280 pezzi anticarro al mese. Messo alle st;rette, ha confessato che ciò non era vero in realtà, ma corrispondeva alle nostre possibilità teoriche e, a matita, davanti allo stesso Duce, ha corretto il 280 in 160»5• ·
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Ad ogni modo, il panorama completo circa l'impiego e le condizioni delle divisioni italiane a metà febbraio 1942 era il seguente: 8 divisioni in Libia: 1 D.cor., 1 D.mot., 5 D.tipo A.S. 42, tutte in corso di riordinamento e completamento di personale e mezzi. In afflusso una seconda D.cor.; 4 divisioni in Montenegro: 2 D.alp. e 2 D.f., in parte non complete; 12 divisioni in Croazia: 1 D.cel., 9 D.f., 1 D.alp., 1 D.f. di occupazione, in parte non complete; 6 divisioni in Albania: 6 D.f. in parte non complete; 8 divisioni in Grecia: 1 D.alp., 7 D.f. in parte non complete. La D.alp. era in corso di rimpatrio per successivo approntamento per la Russia; 3 divisioni in Egeo: 3 D.f. in parte non complete; 3 divisioni in Russia: 2 D.f. ed 1 D.cel., in corso di riordinamento e completamento di personale e mezzi; 3 divisioni in Sicilia: 3 D.f. in parte non complete; 3 divisioni in Sardegna: 3 D.f. in parte non complete; 6 divisioni alla frontiera francese: 2 D.alp. e 3 D.f. in corso di completamento per l'invio in Russia ed 1 D.f. incompleta; 21 divisioni nella penisola: 2 D.mot. complete di previsto invio in Libia, 2 D.f. ed 1 D.par. complete, 1 D.cor. ed 1 D.cel. incomplete, 4 D.f. incomplete, 3 D.autotrasp. e 7 D.f. di occupazione da costituire. Oltre queste 77 divisioni, esistevano 9 divisioni costiere, di cui 5 in Sicilia, 2 in Sardegna e 2 nella penisola. La questione venne ripresa in esame nella prima decade di marzo. A prescindere da deficienze di vario tipo e misura, gli argomenti principali erano sempre gli stessi: artiglieria, munizioni, mezzi corazzati ed automezzi. Come constatò amaramente Cavallero, «la soluzione integrale dei problemi è prevista per gli anni 1943 e 1944. Occorre, invece, fissare in modo deciso che è il corrente 1942 quello entro il quale occorre potenziare al massimo tutte le energie onde raggiungere risultati più concreti»6 • Ovviamente le migliori intenzioni non bastavano, specialmente per il primo argomento. Dopo lungo e deprimente esame, il programma di assegnazione delle artiglierie alle grandi unità fu determinato in questi termini: D.celeri: tre gruppi da 75/32; D.alpine: un gruppo da 75/13 per ogni reggimento alpino più un gruppo da 105/11 di preda bellica;
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D.fanteria: due gruppi da 100/17 e due da 75/13 o 75/18-34 o 75/18-35 o 75/27; D.tipo A.S. 42: quattro gruppi divisionali motorizzati ed uno contraerei; D.corazzate: due gruppi da 75 T.M., due da 75/18 semoventi, uno da 105/28 o 105/32 ed uno da 90/53. Per i corpi d'armata venne stabilito un raggruppamento su due gruppi da 105/28, due da 149/13 o 149/19 e due da 75/32 o 75/18-35. La crisi per i medi e grossi calibri era più acuta. Non era stato ancora definito il materiale per la sostituzione del 105/28 ed attualmente si faceva fronte al fabbisogno ritirando i pezzi già destinati alla difesa costiera, alla quale andava il 105/27 o 105/29 di preda bellica. Al pezzo da 149/13 doveva gradualmente subentrare il 149/19, di cui erano in commessa 532 esemplari. Per i materiali d'armata nuovi, esistevano quattro gruppi da 149/40 ( uno per l'Africa settentrionale e tre per la Russia) ed uno da 210/22 (per la Russia) e basta: la produzione era praticamente irrilevante e non consentiva di far entrare in servizio . . nuovi reparti.
In Libia il problema da affrontare, e a due mani, era quello della riorganizzazione generale. Non si trattava soltanto di riordinare sulle note basi le divisioni, ma anche di cercare di risolvere la questione dell'avvicendamento, dell'addestramento centralizzato, dell'apparato logistico. Il riassetto delle grandi unità era già avviato. Non si poteva certo parlare di organici adeguati ai compiti: molto semplicemente, il Comando Superiore aveva cercato di dare veste migliore ad uno strumento che in partenza sapeva di limitate possibilità7. D'altra parte, voler irrobustire la divisione con un battaglione esplorante ed uno di carri sarebbe stato utopico. In sostanza, il nuovo ordinamento sembrava presentare soddisfacente capacità difensiva e buona capacità offensiva; compensava col volume di fuoco la scarsa attitudine al movimento in campo tattico ed all'urto; in poche parole era quanto di meglio si potesse realizzare in quelle condizioni. È naturale che presentasse anche aspetti negativi, il principale dei quali consisteva nella mancata motorizzazione della fanteria: senza il concorso degli autogruppi di livello superiore la divisione era appena in grado di compiere piccoli spostamenti, laddove ormai si sapeva che nelle regioni desertiche la truppa, a piedi era non impiegabile o destina-
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ta al sacrificio sterile. Si noti che l'organico del corpo d'armata tipo A.S. 4l8 contemplava solo un autoreparto misto in luogo dei due autogruppi di cui avrebbe avuto bisogno per i movimenti delle divisioni. Secondo il calcolo compiuto dal Comando Superiore occorrevano: 1.000 autocarri per ripianare le deficienze dei vari reparti esistenti;
1.400 per completare le unità organiche; 800 per completare i servizi d'Intendenza; 250 trattori leggeri per l'artiglieria divisionale.
In totale 3.450 automezzi, cui si doveva aggiungere un altro quantitativo, più o meno pari: 1.200 automezzi per la costituzione di un autogruppo per ciascuno dei corpi d'armata X e XXI, sì da rendere possibile il trasporto di una divisione per volta; 2.000 automezzi per completare il fabbisogno per la ripresa delle operazioni oltre T obruk ed oltre confine.
Complessivamente, dunque, le esigenze ammontavano a 6.650 automezzi. Inviandone mensilmente in Libia un migliaio (di cui 300 per ripianare i consumi) il programma richiedeva circa nove mesi; con 1.200 automezzi mensili, il tempo si sarebbe ridotto a sette mesi. Da notare che il 6 marzo von Rintelen dichiarerà pronti per la spedizione in Africa settentrionale 10.630 automezzi destinati alla Panzerarmee: 3.075 appartenenti a reparti di previsto afflusso e 7.555 quale completamento per le unità già in sito. Nel quadro del riordinamento spiccavano i problemi del personale e del materiale. Occorrevano ufficiali, sottufficiali e truppa psicologicamente e fisicamente idonei per affrontre la dura prova della guerra nel deserto. Non era possibile tenere in Africa unità per più di un anno; ma, mentre i tedeschi, convinti di tale principio, effettuavano sostituzioni regolari, prima ancora di toccare i dodici mesi, molti militari italiani raggiunsero i quattro anni di permanenza oltremare. Anche a tal riguardo il Comando Superiore aveva abbozzato un programma articolato in un primo tempo per il completamento delle divisioni ed in un secondo tempo per le truppe di corpo d'armata, nonché comprendente un piano di avvicendamento. In tutto occorrevano 55.000 uomini. Considerando un trasporto di 10.000 uomini al mese (di cui 2.500 per normale rimpiazzo), il compimento del programma comportava sette mesi. Da parte tedesca, secondo le richieste di von Rintelen
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del 6 marzo, erano pronti per la Panzerarmee 10.800 uomini di nuovi reparti e 8.000 complementi. Poi c'era la questione qualitativa. Le gravi deficienze di vario genere riscontrate nei quadri ufficiali e sottufficiali, specialmente richiamati, perduravano e la situazione si aggravava per l'invio di complementi dalla madrepatria con un addestramento molto carente, anche se in reparti organici (battaglione, compagnia). Basti dire che molti autieri non erano in grado di condurre un automezzo con sufficiente garanzia. Naturalmente, come già fatto nel 1941, si istituirono apposite scuole, fra cui il Centro e la scuola di specializzazione del genio a Tripoli ed il Centro carristi, che dettero buoni risultati. Anche per le derrate ed i materiali vari era stato fatto un computo delle necessità. Le scorte d'Intendenza ammontavano in media ad una quindicina di giornate, livello che bisognava portare a due mesi sia per le esigenze operative sia per prudenza (interruzione trasporti marittimi). Le 150.000 tonnellat e all'uopo occorrenti potevano essere ammassate in sette mesi, cioè in un periodo di tempo pari a quello considerato sufficiente per il personale e gli automezzi. Naturalmente erano da tener presenti le esigenze di rifornimento ordinario, pari a 65.000 tonnellate mensili, quantitativo peraltro già al momento insufficiente, e da considerare a parte il trasporto degli autoveicoli, auto~lindo, carri armati, artiglierie e materiali calcolati a numero e non a peso. L'organizzazione logistica era stata riordinata non appena la posizione difensiva di Marsa el-Brega risultò in grado di fermare la spinta britannica. 1'11 gennaio l'Intendenza della Tripolitania aveva assunto la denominazione di Intendenza A.S., estendendo la giurisdizione a tutta la Cirenaica ancora in mano italiana. Tenendo conto della situazione operativa era stata predisposta un'organizzazione arretrata a carattere statico nella zona di Tripoli, in cui il funzionamento dei singoli servizi era regolato dai rispettivi vicedirettori d'Intendenza; un' organizzazione avanzata mobile fra en-Nofilia ed el-Agheila a sostegno del Panzergruppe prima e della Panzerarmee poi, regolato da una Delegazione d'Intendenza; un complesso intermedio di centri logistici, quale volano, lungo l'asse dei rifornimenti e sgomberi, a Sirte, Buerat, Misurata e Homs. Il rifornimento andava dall'indietro all'avanti. Il centro logistico di Sirte, il più avanzato, provvedeva al reintegro delle scorte con le quali la Delegazione d'Intendenza giornalmente aveva alimentato a domicilio le grandi unità. Ciascuno degli altri centri logistici riforniva quello antistante, le truppe di passaggio e quelle in posto. Il 28 febbraio l'organizzazione venne completata. Sempre allo scopo di ridurre la durata-percorso di un intero ciclo di rifornimento,
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l'asse dei rifornimenti e sgomberi venne portato sino a Berta; i centri logistici, situati a distanza di una tappa l'uno dall'altro, costituivano una catena di successivi anelli. Inoltre erano stati costituiti posti rifornimento intermedi, con il compito di alimentare le truppe viciniori e fo rnire assistenza ad autocolonne in transito, nonché, eventualmente, di potersi trasformare facilmente in centri logistici, qualora la situazione lo avesse richiesto. Si ebbero così i centri logistici di: Misurata ........................................................................................ a 211 km da Tripoli, Sirte ................................................................................................ a 252 km da Misurata, el-Agheila ............................................................................................. a 283 km da Sirte, Bengasi ................................................................. ............. a 286 km da el-Agheila, Berta ................................................................................................. a 257 km da Bengasi. Sirte era l'elemento di manovra fra la base di T ripoli e quella di Bengasi; quest'ultima costituiva la base dei rifornimenti e sgomberi per tutte le grandi unità operanti in Cirenaica a nord di Agedabia ed il punto di partenza dell'organizzazione dei servizi verso oriente. I posti di rifornimento erano dislocati a: Homs ...................................................... a 120 km da Tripoli e 91 da Misurata, Buerat ............................................................ a 166 km da Misurata e 87 da Sirte, en-Nofilia ........................................... a 136 km da Sirte e 146 da el-Agheila, Agedabia ..................................... a 126 km da el-Agheila e 160 da Bengasi, Barce ................................................................. a 99 km da Bengasi e 154 da Berta. Il sistema - uno dei possibili - derivava dalle modeste disponibilità di mezzi di trasporto e dalla conseguente necessità di un loro impiego accentrato, ma presentava un difetto non trascurabile: i rifornimenti potevano considerarsi realizzati in modo soddisfacente in periodi di scarso impegno operativo o per azioni debitamente pianificate, in altri termini quando l'esigenza era prevista. Allorché, invece, come ormai si sapeva, il ritmo dei combattimenti diventava convulso e gli sviluppi della battaglia imprevisti, difficilmente l'organizzazione dei servizi riusciva a fronteggiare gli eventi. Perciò i comandanti di grande unità non si sentivano in grado di muoversi con la indispensabile sicurezza, e di ciò avevano ormai amara esperienza. L'organizzazione tedesca aveva caratteristiche differenti. Essa prevedeva che le divisioni si rifornissero con mezzi propri presso i depositi d'armata e potessero avere al seguito, su ruote, dotazioni tali da consentire il superamento delle temporanee interruzioni dei rifornimenti.
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Com'è naturale, questo sistema poggiava su una larga assegnazione di automezzi alle unità. Tuttavia, l'inconveniente di maggior portata era probabilmente un altro. La condotta delle operazioni era affidata al Comando della Panzerarmee, la direzione logistica (per le unità italiane) al Comando Superiore. Ne risultava che Rommel, da un lato non poteva farsi una precisa idea delle difficoltà logistiche provocate dal proprio disegno di manovra, dall'altro aveva il pieno diritto di ignorare e di considerare risolto da parte italiana il pesante problema dei rifornimenti. Proprio questo argomento fu uno dei primi toccati dal col. Mancinelli - nuovo capo dello Stato Maggiore di collegamento con la Panzerarmee - con il Comando Superiore. Avendo, nei suoi primi contatti con le divisioni italiane dell'armata corazzata, raccolto commenti che evidenziavano l'incertezza del sostegno logistico nelle operazioni del deserto, prospettò la convenienza di porre la Delegazione d'Intendenza alle dipendenze del capo dello Stato Maggiore di collegamento con l'Armata. «Trovai - egli scrisse - una netta opposizione. Si temeva, evidentemente, che Rommel, sempre in crisi con i propri servizi tedeschi (o, per dirla con altre parole: sempre orientato ad impegnare le sue forze oltre i limiti consentiti dalla capacità dei servizi) potesse arrivare a mettere le mani sulle nostre poche cose, specialmente sugli automezzi, già così scarsi, e sui depositi di carburante, lasciando in sofferenza le eruppe italiane, ad esclusivo vantaggio delle proprie unità (...). In definitiva riportai l'impressione che questo fermo atteggiamento negativo fosse influenzato soprattutto dalla preoccupazione di privarsi di un mezzo efficace per agire sulle velleità operative, eventualmente esorbitanti, di Rommel attraverso il flusso dei servizi, in quei casi in cui si rivelasse inoperante il canale naturale della gerarchia di comando (...)»9 •
Ma occorreva anche conferire alla riconquistata Cirenaica un robusto aspetto territoriale. In questo intento, il 5 marzo si ripristinò il Comando della difesa Cirenaica (gen. Papini), alle cui dipendenze vennero posti la piazza di Bengasi, il «settore Agedabia» ed il «settore Barce». I limiti di giurisdizi9ne orientali coincidevano con quelli della provincia di Bengasi (allineamento Maraua-Bir Ben Gania). La zona ad est di tali limiti era attribuita al Comando della Panzerarmee. Peraltro il settore Barce, comprendente i territori di Barce, Derna e T ocra, presentava problemi particolari e si ravvisò l'opportunità di conferirgli una fisionomia atipica: fu mutato, perciò, quasi subito nel «Comando politico-militare del gebel cirenaico» (gen. Umberto Piatti dal Pozzo), preposto a ricondurre alla normalità la zona ed incaricato della condotta delle operazioni contro i nuclei arabi rivoltosi in attività nel gebel.
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Il settore Agedabia estese la propria competenza sino a Gialo e venne affidato alla divisione Bologna (gen. Gloria), dal 20 marzo rimasta sola sulla posizione difensiva di el-Agheila e passata alle dirette dipendenze del Comando Superiore. Più a tergo fu rafforzato il «settore sirtico>> per consentirgli la protezione dei servizi dislocati in quel tratto (il centro logistico di Sirte ed i posti di rifornimento di Buerat e di en-Nofilia), nonché del campo di aviazione di Tamet, contro incursioni di pattuglie meccanizzate. In Tripolitania, infine, fu istituito il Comando della piazza di Tripoli (gen. Zarri), alle dipendenze del Comando della difesa di Tripoli (gen. Armando). La Tripolitania presentava aspetti peculiari. Il fatto stesso che il Governatore Generale fosse in Cirenaica, pressoché assorbito dalle cure richieste dalle operazioni, aveva provocato una certa rilassatezza. <<Manca in Tripolitania un polso fermo, capace di continuare ad approfondire sempre di più l'opera fin qui svolta» scriverà il 5 maggio il capo di gabinetto del Governatore in via privata a Bastico, e questi annoterà a margine: <<Me ne sono accorto anch'io». A prescindere dalla reale efficienza della «piazza» di Tripoli, che non poteva non risentire dello sforzo di dare ogni priorità all'armata italo-tedesca in Cirenaica, colpisce il duro giudizio emesso dal gen. Armando sul personale: «Morale delle truppe. Abbastanza elevato, per quanto l'inazione, lo snervante servizio dovuto alla scarsezza di forze, il desiderio di rimpatrio, ecc. influiscano poco favorevolmente sulla preparazione morale. ·· La quasi totalità degli ufficiali - in massima parte richiamati dal congedo-, scarsamente addestrata e più incline alla vita tranquilla, mancava di spirito combattivo e si era adagiata in un comodo assetto, discordante col periodo che in quel momento si attraversav-a (...)».
E se ciò concerneva la piazza di Tripoli ed i due settori occidentali di Zuara e di Garian, non migliore era la situazione nel settore Sinico, che era sempre stato alle dirette dipendenze del Comando Superiore. Non che nella primavera del 1942 vi fossero dislocate molte truppe (esso disponeva di un battaglione libico, un battaglione mitraglieri, due compagnie libiche da posizione, quattro batterie di piccolo calibro e quattro batterie da 20 mm), ma «L'addestramento e la sistemazione difensiva dì quest'ultimo settore proseguiva il gen. Armando - davano la più chiara dimostrazione dell'assoluto abbandono nel quale il settore stesso era stato lasciato, prima del passaggio alle dipendenze della Difesa Tripolitanìa. Tutto colà dava la sensazione di trovarsi in un territorio dal quale la guerra si svolgesse a distanze astronomiche: completamente nullo l'addestra-
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mento; sistemazioni difensive cadenti ed organizzate con criteri ormai sorpassati da tempo; indisciplina della truppa; completo assenteismo degli ufficiali in ogni campo; tenore di vita comodo da parte di tutti, specie dei quadri, dai minimi ai più elevati, orari di ufficio neanche ammissibili in tempo di pace (...)»•o.
Né l'amministrazione civile dava meno a pensare. In primavera affluì da Roma una trentina di funzionari per sostituire quelli rimpatriati: «tutta gente senza fam iglia, abbandonata a se stessa, che ha giustamente lamentato la mancanza di un 'organizzazione anche minima per la loro vita». In particolare, la situazione dell'apparato civile della Cirenaica era fonte di preoccupazioni ed urgeva la necessità di chiarirla designando un responsabile al quale attribuire mansioni ben precise e definite in ogni senso: « Vi sono responsabilità di molti milioni - aggiungerà il capo di gabinetto - e di tutto un complesso organizzativo. E un tasto molto pericoloso ed è necessario mettere le cose a posto». Poi c'era il problema operativo. Come sappiamo, non appena diramate le istruzioni conseguenti alle direttive del Comando Supremo, Rommel e Bastico partirono per Roma, uno dopo l'altro. Cavallero aveva appena studiato e discusso la situazione del R. Esercito quando il 16 febbraio ricevette Bastico ed esaminò con lui «l'azione progettata su Tobruk ed un progetto di offensiva verso il Nilo». Il primo argomento si traduceva nella messa a punto del CAM, del X e XXI corpo d'armata, nonché, in modo particolare, delle artiglierie di medio e grosso calibro. Il secondo, invece, si limitava a qualche orientamento di carattere generale senza precisi punti fermi. C'è da chiedersi che cosa sarebbe stato detto ove si fosse conosciuta la disponibilità dei carri prevista da Auchinleck: 650 carri al 1° giugno, 770 al 1° maggio, 1.020 al 1° giugno. Durante il colloquio sopraggiunse Rommel accompagnato da von Rintelen, ma l'inevitabile accenno alle operazioni in Libia fu breve e generico. Anche la visita a Mussolini era stata inconsistente e Westphal la ricordò semplicemente sul piano della cortesia: «accoglienza riservataci a palazzo Venezia fu come sempre amichevole ed affettuosa, ma, ciononostante, dalle conversazioni non scaturirono accordi sul piano militare. Mussolini si guardò bene dal prendere particolari decisioni sulla condotta della guerra». La cosa è, del resto, spiegabile. Mussolini aspettava di ricevere Bastico per esaminare prima in separata sede il problema operativo. Infatti, tre giorni dopo Bastico ebbe ampio modo di esporre la situazione. Le forze del nemico erano numericamente equivalenti a quelle dell'Asse, con leggero vantaggio di carri per gli inglesi. Le divi-
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sioni italiane stavano ricostituendosi su sei battaglioni di fanteria bene armati (26 pezzi da 47/32 e 145 armi automatiche di reparto per reggimento), ma presentavano un deficit sensibilissimo nel settore della motorizzazione. Su un complesso di 100.000 uomini esistevano 5.200 autocarri (4.000 delle unità e 1.200 dell'Intendenza), mentre su 50.000 tedeschi si contavano 14.000 automezzi. Mussolini ascoltò, poi ribadì l'importanza delle posizioni di elAgheila (da dove una divisione poteva essere portata avanti a metà marzo) e l'impossibilità, al momento, di proseguire; peraltro affermò la necessità di mettersi al più presto in grado di riprendere l'iniziativa, tenendo presente che, quando ciò avvenisse, si doveva puntare decisi al Nilo senza soste. Bastico non fece commenti, però il 21 - prendendo spunto dall'opinione di Kesselring circa la possibilità di una mossa offensiva britannica - presentò a Cavallero un promemoria significativo: dalla linea Tmimi-Mechili a quella Marsa el Brega-Marada correvano circa 650 chilometri. Evidentemente una tale profondità, se consentiva di fronteggiare puntate nemiche di limitata entità, non permetteva di opporre la massa delle forze ad un'operazione in grande stile, talché, in simile evenienza, sarebbe stato inevitabile arretrare ordinatamente l'intera armata per dare battaglia ad el-Agheila. E bisognava anche tener conto del fatto che Rommel al primo insuccesso, sia pur di fronte ad una puntata di ridotta entità, sarebbe stato indotto a ripiegare addossandone la responsabilità al Comando Superiore. Ciò posto, Bastico propose di costituire al più presto una linea difensiva all'altezza del golfo di Bomba con due divisioni; in modo da consentire il disimpegno dei due corpi motocorazzati per azione di manovra. A questo scopo, anziché a metà marzo, una divisione del X corpo avrebbe trovato un più utile impiego - insieme con altra del XXI - sulla posizione avanzata ad occidente di Ain el-Gazala. Ma Cavallero non concordò (il Comando della Panzerarmee, disse, poteva ricorrere ad una divisione del XXI corpo) e Bastico non insistette, né lo fece Gambara da Misurata. Questi era in disgrazia. Alla tensione dei suoi rapporti con Rommel, a dire il vero quasi scomparsa nelle ultime settimane grazie all'intenzionale allineamento di Gambara, si erano aggiunti altri due motivi di non trascurabile peso. Aveva mandato a Ciano copia della relazione compilata in dicembre in qualità di comandante del CAM e siffatto modo di riferire a personalità politiche su argomenti militari non poteva essere ben accetto; in secondo luogo aveva apertamente preso partito a fianco di Rommel contro la tesi del Comando Supremo, sostenuta dal col. Montezemolo, dando - come gli contestò più tardi Ca-
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vallero - «al nostro alleato un esempio di manchevole disciplina delle intelligenze, disciplina che, nei rapporti fra Comandi elevati ha la stessa importanza che per il combattente ha la fedele esecuzione degli ordini ricevuti. Questo episodio di indisciplina intellettuale è, a mio avviso, di una eccezionale gravità»; ed infine era coinvolto in una questione che stava richiedendo indagini di carattere disciplinare da parte del Ministero della Guerra 11 • In conclusione, il suo richiamo in patria, già deciso 1'8 gennaio e tenuto in sospeso perché proprio in quei giorni Rommel aveva ricevuto le spade e le fronde di quercia sulla croce di cavaliere e non si voleva creare un confronto imbarazzante, ebbe una definitiva conferma, nonostante un ultimo tentativo di Bastico a suo favore compiuto il' 24 febbraio prima di ripartire. Così, il 1° marzo il gen. Barbasetti di Prun subentrò nella carica di capo di Stato Maggiore del Comando Superiore. Tornato a Misurata, Bastico si dedicò al lavoro di riordinamento e poco dopo anche Cavallero trovò modo di raggiungerlo con un nutrito seguito: Fougier, Kesselring, von Rintelen e Weichold. Arrivò il 9 marzo e subito prese contatto con i principali comandanti italiani e tedeschi. A parte le visi te ai coloni del gebel ed alle truppe di alcune divisioni, gli argomenti da prendere in considerazione erano parecchi. In Libia si trovavano, in cifra tonda, 128.000 uomini delle tre forze armate e della MVSN, di cui 110.000 nazionali e 12.500 libici appartenenti al R. Esercito. In Cirenaica operavano sette divisioni italiane, per 39.000 uomini, e tre divisioni tedesche, per 25.000. A questi 64.000 uomini si opponevano, secondo il servizio informazioni, 49.000 britanmc1: a contatto ..... .. ................................... ........................................... ................ 2.000 u. sulla linea di Ain el-Gazala ........................................................ ... 12.000 u. sulla linea Tobruk-Bir el Gobi ..................................................... . 21.000 u. alla frontiera .................................................................................../,............... 14.000 u. L'incremento delle forze dell'Asse era-le{ato al piano dei trasporti marittimi che, come sappiamo, nel giro di sei-sette mesi avrebbe completato l'armata. Cavallero espose il programma preparato a Roma e, pur tenendo a sottolineare l'inevitabile condizionamento imposto da corso delle operazioni nel Mediterraneo (questione Malta), lo considerò rispondente sia all'ipotesi, in un futuro ancora lontano, dell'avanzata su Alessandria, sia a quella di uno sforzo limitato a Tobruk, sia, nel caso peggiore, ad una difesa in posto. A fattor comune, occorreva realizzare un forte e sicuro appoggio logistico, che avrebbe rivestito una funzione primaria nell'alimentazio-
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ne dell'armata sino alla conquista di Tobruk. Il centro logistico di Bengasi non poteva superare determinate dimensioni perché tuttora esposto alle fluttuazioni di una battaglia. Cavallero perciò decise di imperniare sul centro logistico di el-Agheila - al coperto della posizione Marsa el Brega-Marada - la costituzione di una grossa base per il sostegno di 150.000 uomini e 15.000 automezzi. La sua consistenza doveva ammontare a 45 giornate di scorte (105.000 tonn.) da ammassare in 75 giorni (entro il 15 giugno) o 126 giorni (entro il 6 agosto), secondo che i materiali provenissero da Bengasi (per la maggior parte) e da Tripoli oppure interamente da Tripoli. Era ovvia l'importanza della sollecita rimessa in piena efficienza del porto di Bengasi per ottenere al più presto una potenzialità di 1.000 tonn. giornaliere e, progressivamente, di 3.500 tonn. al giorno. Il compito specifico venne affidato al consigliere nazionale Medici del Vascello, che fece venire il miglior tecnico italiano, con brillantissimi risultati. Uno degli argomenti più spinosi era quello delle riparazioni. Cavallero volle parlare con i rappresentanti locali della Fiat e della Lancia, che furono convocati dall'intendente A.S., col. Palma, il 13 marzo. La situazione era la seguente: esistenza autoveicoli in avaria ..................................................... 1.000-1.300 entrate mensili nelle officine ................. ... ...................................... 450-500 riparazioni mensili nelle officine militari .......................................... 400 riparazioni mensili nelle officine civili ..................................................... 100 Evidentemente bisognava cominciare con lo smaltire in qualche modo l'eccedenza ed evitare che si ripetesse a breve scadenza. In altre parole, oltre ad un rinforzo dei parchi del servizio automobilistico, occorreva incrementare le possibilità delle organizzazioni civili facendo affluire dall'Italia maestranza, parti di ricambio e materiali. La Fiat disponeva di tre officine fisse (Tripoli, Misurata e Bengasi) e di una officina mobile (villaggio Crispi) ed operava SO revisioni generali al mese. Poteva triplicare il rendimento. La Lancia disponeva di due officine fisse (Tripoli e Bengasi) con una capacità di 60 automezzi mensili, ma di sola produzione propria. Poteva, al massimo, raddoppiare il lavoro. In definitiva, si era in grado di raggiungere circa 270 grandi revisioni mensili, dopo due mesi dalla data di arrivo dei macchinari. Fu anche portata molta attenzione al Sahara libico. Le scorribande delle pattuglie del Long Range Desert Group avevano causato un serio
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disagio nelle retrovie, ma ancor più consistenti si rivelarono le incursioni effettuate dalle forze francesi del col. Ledere. Verso la fine di febbraio le azioni di disturbo acquistarono un ritmo sempre più frequente ed impegnativo; il 1° marzo furono attaccati i presidi di Gatrum, Tegerhi, Tanessa, Umm el-Araneb, e sopraffatti, tranne quest'ultimo. Nei giorni successivi anche Tuilia e Uan el-Chebir subirono improvvisi attacchi. Le pattuglie francesi avanzavano per molti chilometri, evitando il combattimento e sfruttando la sorpresa. Le loro incursioni si basavano sulla mobilità ed erano dirette più alla cattura ed all'eliminazione dei presidi che all'occupazione dei fortini. A conti fatti, i risultati furono limitati, però i primi successi indussero il nemico a propdrsi mete più importanti, quali Murzuk ed i campi d'aviazione italiani più meridionali. Cavallero, molto sensibile anche agli aspetti psicologici di tale attività, ordinò di rioccupare i posti perduti e di dotare in permanenza il Comando del Sahara libico (col. Guido Piatti dal Pozzo) di altri elementi mobili, atti a reprimere prontamente il rinnovarsi di analoghi tentativi, nonché di sfruttare al massimo il concorso dell'aviazione. Tutto sommato il capo di Stato Maggiore Generale rimase soddisfatto della situazione, ma non del gen. Zingales, che volle sostituire con il gen. Baldassarre, vecchio comandante dell'Ariete. Nel provvedimento ebbero un certo peso alcuni attriti con il Comando Superiore e, sembra, con i tedeschi. All'atto della sua partenza per Roma, Rommel aveva lasciato il, comando interinale dell'armata al gen. Criiwell, assai meno anziano in grado di Zingales, provocando l'aperto disappunto di questi. Messo al corrente della lagnanza, Cavallero giustamente rispose che, essendo il Comando della Panzerarmee interamente tedesco, non vedeva come il comandante del CAM potesse porsi alla testa di esso 12 • I rapporti fra alleati presentano sempre qualche incomprensione o attrito. Stava sorgendo una nuova polemica. Crilwell, messo al corrente che dal 15 marzo avrebbe potuto contare sul Comando del X corpo e sulla Brescia, aveva fatto conoscere lo schieramento che l'arml ta doveva assumere. La 90a leggera avrebbe tenuto il settore di Tmi~ i, la Brescia quello di el-Mechili e la Pavia si sarebbe collocata fra le due. A tergo, il DAK nella zona di Apollonia-Cirene ed il XX corpo d'armata - denominazione assunta dal CAM il 10 marzo, dopo lo scioglimento del preesistente XX corpo in Tripolitania - a sud-ovest di Berta, sul gebel. Saputo questo, Bastico aveva scritto al Comando Supremo lamentando che le divisioni italiane venissero dislocate lontano dalla via Balbia, in zone inospitali per gli uomini e servite solo da piste
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logoranti per gli automezzi. Non solo, ma, nel quadro generale dell'attività bellica, alle unità italiane sembravano sistematicamente riservati i compiti più ingrati e gravosi, mentre quelle tedesche avevano beneficiato di lunghi periodi di riposo e poi erano state ,chiamate ad assolvere i compiti più brillanti. A sostegno di questa tesi, gli avvenimenti del 1941 e dell'inizio 1942 erano presi in esame, uno per uno, sino agli ultimi. La controffensiva aveva portato il CAM nella zona di Bengasi e il DAK a Msus; sarebbe stato dunque logico che il CAM, proseguendo l'avanzata lungo la via Balbia, dovesse raggiungere Tmimi e che il DAK, continuando nella zona gebelica, si portasse a el-Mechili. Invece, nello sviluppo della manovra le direttrici di avanzata furono incrociate e portarono le unità italiane nel deserto e quelle tedesche verso la costa. Miglior sorte non avevano avuto le artiglierie italiane di corpo d'armata e d'armata, dislocate a sud di Berta. Ne derivava che «La sensazione che nella ripartizione dei compiti non si segua un criterio di equanimità è avvertita da vari comandanti, da molti ufficiali e, se pure non confessata, certamente anche dai reparti; ed è evidente che, se questa sensazione dovesse diventare certezza, essa eserciterebbe un'azione deprimente sullo spirito dei combattenti. In molti è semita l'amarezza di avere sostenuto la parte più onerosa nei combattimenti e nel ripiegamento e di non avere poi partecipato all'avanzata che costituirà, in seguito, una gloria delle sole unità tedesche( ...),,".
Ritenendo inopportuno trattare l'argomento direttamente con Crliwell per non creare un dannoso clima di freddezza e di diffidenza, Bastico lo aveva prospettato al Comando Supremo per l'eventuale cenno, come di constatazione propria, a Rommel nel suo secondo passaggio da Roma. È difficile dire dove finisca il giusto risentimento per fatti reali e dove cominci «un inconfessato sentimento di mortificato orgoglio nazionale, di gelosia verso l'alleato che, disponendo di mezzi adeguati, aveva potuto raggiungere risultati a noi preclusi dalla insufficienza delle nostre povere forze», per dirla con le parole usate dal col. Mancinelli nel descrivere l'impressione riportata nei suoi primi contatti con il Comando Superiore14. Cavallero, comunque, ne parlò a voce con Bastico durante la visita del 9-15 marzo e lasciò cadere la cosa. E fece bene. Rommel rientrò il 19 e due giorni dopo chiese un abboccamento con il Comandante Superiore, senonché un'iniziativa britannica gli impedì di recarsi a Misurata: proprio il 21 il nemico sferrò l'operazione Fullsize, studiata dai comandanti in capo per distrarre l'attenzione dal1'importante convoglio diretto a Malta, di cui parleremo in seguito e che darà origine alla seconda battaglia della Sirte. Dunque, nel corso
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della notte sul 21, pattuglie del Long Range Desert Group si lanciarono in profonde incursioni contro i campi di aviazione di Barce, Benina e Bengasi (ove distrussero tre apparecchi e ne danneggiarono altrettanti), ed il mattino seguente il 13° corpo dette il via ad una serie di puntate su tratti diversi del fronte italo-tedesco. Colonne della 1a divisione sudafricana e della soa britannica mossero contro il settore tenuto dalla 90a leggera per raggiungere rispettivamente i campi di Tmimi e di Martuba. I sudafricani vennero subito arrestati, ma gli inglesi riportarono qualche successo, riuscendo ad occupare il caposaldo tedesco di Gabr el-Aleima e catturando 150 prigionieri. Tuttavia poco dopo anch'essi furono costretti a desistere dallo sforzo, a una ventina di chilometri dì Martuba. Più a sud un'altra colonna, della 1a divisione corazzata, essenzialmente incaricata di coprire il fianco esposto delle precedenti, incise sull'ala sinistra della Pavia, senza ottenere alcun risultato. Il 22 l'intervento di reparti dell'Afrikak01ps e dell'Ariete, sostenuti dall'aviazione, ripristinò la situazione, tuttavia agli inglesi rimase l'impressione che l'entità delle forze italo-tedesche schierate sulle posizioni avanzate potesse risultare insufficiente a respingere sul posto un eventuale grosso sforzo. Non potendo muoversi, Rommel inviò al Comando Superiore il col. Mancinelli per riferire sul rafforzamento che intendeva attuare: il XXI corpo sulla sinistra, appoggiato al mare; la 90a leggera in corrispondenza di Bir Halegh-el Eleba, giuntura fra il XXI ed il X corpo, che sarebbe rimasto nel settore di el-Mechili. Quanto sopra, riferl Mancinelli, trovava origine in direttive che Rommel dichiarò aver ricevuto da Mussolini il 18 marzo, durante la breve sosta nella capitale. Bastico chiese immediatamente delucidazioni a Roma e venne così a sapere che Rommel e von Rintelen il 18 marzo si erano presentati da Cavallero, il quale aveva riflettuto sull'idea inizialmente ventilata da Rommel, di poter, una volta presa Tobruk, continuare sullo slancio oltre frontiera, ed affermata la necessità di una sosta in corrispondenza del ciglione di Sollum. Rommel ne aveva convenuto, specialmente perché una dura battaglia campale con le forze corazzate britanniche appariva inevitabile e probabilmente anche per lo scarso interesse mostrato dall'OKW per il teatro d'operazioni africano. Il neo colonnello generale era rimasto molto deluso dalla sua visita al Quartier Generale del Fiihrer. Giunto con Westphal a Rastenburg il 17 febbraio, era stato ammesso davanti a Hitler credendo di trovare in questi interesse ed entusiasmo per la nuova campagna libica. Hitler era certamente assai lieto del modo con il quale la Panzerarmee aveva superato un difficile momento. Ne aveva parlato con calore dodici
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giorni prima al gen. N ehring, destinato al fronte africano, esprimendo il desiderio di un'avanzata quanto più possibile verso oriente e tale da inchiodare le maggiori forze britanniche. Però le preoccupazioni derivanti dalla situazione in Russia avevano di nuovo preso il sopravvento, ed egli ascoltò con sostanziale indifferenza. Rommel assicurò che con sei divisioni motorizzate avrebbe potuto spazzare via dall'Africa gli inglesi, ma Hitler respinse la richiesta e nemmeno volle stare a sentire i progetti circa la prosecuzione dello sforzo verso il Nilo. Rommel propose l'occupazione di Malta per eliminare la concreta minaccia ai rifornimenti marittimi, ma Hitler si limitò a qualche generica osservazone. Rommel chiese direttive per l'ulteriore condotta delle operazioni in Africa settentrionale, ma ricevette una risposta degna della Sibilla. Quella sera ed il mattino seguente Westphal parlò a lungo con il gen. Jodl, cercando lumi o appoggio, ma non ricavò di più. Rappresentò che, al più tardi per l'inizio dell'estate, Auchinleck avrebbe nuovamente attaccato; ma non smosse l'indifferenza per il teatro africano. Certo Hitler e l'OKW non avevano compreso l'importanza della partita che si giocava in Libia, specialmente dopo l'intervento degli Stati Uniti, tuttavia esisteva qualche attenuante. La direzione della guerra in Russia aveva provocato un terremoto: nel giro di due mesi il comandante in capo dell'esercito, von Brauchitsch, era stato esonerato, ed i tre comandanti di gruppo d'armate sul fronte russo, von Rundsted, von Bock e van Leeb, si erano dimessi. La controffensiva sovietica, iniziata in dicembre, non era ancora terminata, anche se con risultati sempre più scarsi, e l'usura delle divisioni tedesche appariva tremenda, tanto che l'OKW stimava necessari altri 800.000 uomini per riprendere l'offensiva nel 1942. Stando così le cose fu un Rommel rassegnato a dover battersi da solo - un po' come Annibale rispetto al senato cartaginese - per le proprie idee, quello che, accompagnato da Cavallero, si presentò il 18 marzo da Mussolini per proporre di prendere Malta e poi conquistare Tobruk. Qualora i preparativi per Malta avessero richiesto tempi più lunghi del previsto, egli era disposto a cambiare l'ordine degli obiettivi ed attaccare T obruk per prima. Mussolini non si sbilanciò, ma Rommel trasse la convinzione di averlo convinto. Ad ogni modo, per il momento, il problema operativo poteva limitarsi ad impedire il consolidamento del fronte avversario e, per contro, ad irrobustire quello dell'armata. Il primo scopo era conseguibile entro breve tempo (due o tre mesi) in relazione alla messa a punto dell'apparato logistico, mediante un vero e proprio attacco condotto dal DAK e dal XX corpo per l'eliminazione delle forze corazzate britanniche. Il secondo scopo,
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la sicurezza terrestre, richiedeva una adeguata densità di fanteria sulla posizione di resistenza, al cui riparo i corpi corazzati potessero rimanere pronti a stroncare qualunque penetrazione o mossa aggirante. Tutto ciò, spiegò Cavallero nella sua risposta, rientrava pienamente nello spirito delle direttive dell'l 1 febbraio, così come l'avanzata verso oriente, una volta presa Tobruk15 • Che questo fosse esatto è molto discutibile, e probabilmente l'affermazione voleva minimizzare la mancata tempestiva comunicazione del colloquio del 18 marzo a Roma. Comunque, ci pensò Rommel a puntualizzare le cose. Pregò Bastico di mandargli il gen. Barbasetti ed a questi 16 illustrò una lunga lettera indirizzata al Comando Superiore, in cui aveva esposto ampiamente il proprio maturato pensiero, naturalmente ... in base al noto colloquio: «Mentre il suo [dell'armata] compito finora era di proteggere la Tripolitania con una condotta di guerra mobile in Cirenaica - in caso di necessità abbandonando anche la Cirenaica stessa - ora, secondo le direttive del Duce del giorno 18 marzo, l'armata deve: a) mantenere solidamente il possesso del margine sud-est della Cirenaica come trampolino, b) iniziare i preparativi per l'attacco stesso(...). Per tenere saldamente in mano, secondo gli ordini, questo trampolino e per raggiungere una favorevole situazione di partenza per la continuazione del1'attacco, l'armata corazzata intende occupare un fronte lungo la linea sud di Mechili-Der Bu Sciahra-sud di Tmimi, portando avanti a tale scopo il XXI corpo d'armata e le truppe finora impiegate per la difesa della Cirenaica centrale e tenendo pronti per l'impiego mobile dietro il centro (...) i due corpi motorizzau. Poiché in tal modo l'armata corazzata avrà riunita la massa delle sue forze sul margine sud-est della Cirenaica, per l'esecuzione dei suoi nuovi compiti, il Comando Superiore è pregato di assumere la sicurezza della zona di Agedabia. Inoltre è pregato di fare affluire la divisione corazzata littorio nella zona di Chaulan e di metterla alle dipendenze del Comando armata corazzata. In linea generale, il Comando armata corazzata prega mettere, possibilmente presto, alle sue dipendenze, tutte le truppe che si trovano già in Africa e previste per la continuazione dell'attacco, per rendere possibile un addestra· mento unitario per l'impiego previsto.
La lettera.continuava con richieste specifiche, il cui soddisfacimento era collocato nelle mani del Comando Superiore e del gen. von Rintelen. Fra le esigenze a carico italiano figuravano il completamento di tutte le divisioni (per l'Ariete occorrevano 200 carri almeno), la costituzione di due battaglioni autoblindo per il XX corpo, dotazioni divisionali e di corpo d'armata su ruote e l'aumento delle batterie da 88. Von Rintelen era interessato per quanto concerneva il DAK e merita rilievo - per un intervento presso il Comando Supremo inteso
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ad ottenere l'invio della D .cor. Centauro, la motorizzazione di due D.f. (una del X ed una del XXI corpo) e quella integrale delle artiglierie di medio e grosso calibro; a sollecitare i trasporti marittimi ed a garantire <,rifornimenti delle truppe italiane nella stessa misura come previsto per le truppe tedesche,, 17 • Barbasetti era stato ad ascoltare, limitandosi a poche obiezioni. Riteneva, il comandante della Panzerarmee, osservata la direttiva del Duce di «assicurare la protezione di Bengasi contro attacchi da sud e sud-est, mediante l'occupazione della zona ·innanzi ad Agedabia?». Sì, rispose Rommel, la predetta protezione era fornita indirettamente dal dispositivo spinto sino a Bir Tengeder. Barbasetti non rimase convinto e propose di formulare un quesito al Comando Supremo, ma il suo interlocutore rifiutò categoricamente, affermando trattarsi di questione per lui fuori discussione e che egli non aveva bisogno di chiedere più nulla e che aveva già deciso. Non era eccessivo lo spostamento di 500 chilometri imposto al XXI corpo nelle presenti condizioni logistiche? chiese ancora Barbasetti. Questa osservazione venne accolta ed ottenne che il movimento venisse effettuato con molta gradualità. Quando ricevette la lettera di Rommel ed ebbe il rapporto di Barbasetti (26 marzo), Bastico riferì a Cavallero, ma senza manifestare opposizione al punto di vista del generale tedesco. In fondo, più o meno era d'accordo: ben sapeva che esprimersi in termini di divisioni era un conto, di forza un altro. La situazione delle grandi unità italiane, a fine marzo, era infatti la seguente: Divisioni a disposizione del Com. Sup.: D.cor. Littorio Df. Bologna X corpo: D.f. Brescia D.f. Pavia XX corpo: D.cor. Ariete D .mot. Trieste XXI corpo: D.f. Sabratha D.f. Trento
uom1m
btg. f.
btg. cr.
2.400 2.900
3 4
3
3.800 4.300
5 4
4 3
3.700 5.700
3 4
4.700 4.700
4 6
2
gr. art.
4
5 4 4
Anche sull'argomento meno convincente, Bastico finì per consentire: «Dato grado et personalità di Rommel et compito a lui affidato, io non posso escludere et debbo quindi accettare la tesi da lui sostenuta della
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difesa indiretta di Bengasi-Agedabia>> 18, però prese alcune precauzioni con reparti disponibili in zona. La risposta di Cavallero giunse il 1° aprile: «Dopo di aver esaminato quanto riferito con vostro 01/4863 del 28 marzo circa proposte generale Rommel, Duce ha stabilito quanto segue: 1) un rinforzo della linea avanzata verso oriente è opportuno e utile; 2) peraltro occupazione zona innanzi Agedabia con forza adeguate rimane sempre condizione perentoria che deve essere soddisfatta con protezione diretta; 3) tale occupazione deve anche proteggere prevista costituzione base logistica avanzata, senza la quale nessuna ulteriore operazione verso oriente può essere compiuta; occorrono per essa non meno di due divisioni; 4) per soddisfare esigenze di cui numero uno, Duce autorizza spostamento in avanti della divisione Bologna, ciò che consentirà portare tale divisione ovvero una di quelle del XXI corpo armata sulla linea avanzata; 5) inoltre, per dare maggiore consistenza allo schieramento avanzato sulla linea Tmimi-Mechili, Duce dispone sia data precedenza alla ricostituzione delle divisioni di fanteria colà dislocate; 6) Comando Supremo provvede inoltre accelerare invio reparti autoblindo già programmati; 7) le due divisioni che rimarranno dislocate zona Agedabia passeranno alle dirette dipendenze Supercomando et dovranno rimanere sotto unico comando. Fate proposte per impiego comando XXI corpo armata»'?.
Quanto precede e quanto segue è la pratica dimostrazione del disordine che può essere provocato da direttive poco chiare o poco ponderate. Allorché un comandante in sottordine, sia pure ad alto livello, fraintende il pensiero del superiore o trova spazio per interpretazioni di comodo, è buona norma attribuirne la responsabilità al livello superiore. Esaminare in un confronto critico le concezioni operative di Rommel e di Cavallero - Bastico, saggiamente, si era messo un po' in disparte, vedendosi scavalcato con tanta disinvoltura in alto ed in basso - è qualche volta, sul piano storico, sterile esercizio essendo noti gli avvenimenti successivi, ma sembra innegabile che, se Rommel avesse avuto un altro temperamento, con ogni probabilità la Panzerarmee sarebbe rimasta per mesi sulle posizioni di el-Agheila e si sarebbe mossa - ammettendo che non fosse stata preceduta dall'avversario - troppo tardi per nutrire speranze di successo. Ricevuto il messaggio di Cavallero, Bastico fu costretto a mettere in evidenza che quanto da lui riferito «trattasi non già di proposte bensì di decisioni che Rommel ha già ritenuto prendere, prima ancora del noto colloquio del 25 marzo con Barbasett~ valendosi facoltà concessegli da direttive 11 febbraio et 24 marzo» e chiese se fosse il caso di puntare i piedi, visto che i movimenti del XXI corpo d'armata erano comincia-
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ti2°. Più tardi, in serata, fece un seguito. Dando per scontata l'insistenza di Rommel per non modificare gli ordini impartiti e per non cedere un Comando di corpo ed una divisione già ai suoi ordini, allegando anche una questione di prestigio personale nei confronti dei comandanti di corpo d'armata dipendenti, desiderava conoscere come comportarsi nel colloquio fissato con Rommel per il mattino del 3 aprile a Barce: «Se ( ...) io debba mostrarmi intransigente (ciò che con tutta probabilità condurrebbe ad una netta reciproca presa di posizione) ovvero se, facto ogni sforzo perché Rommel muti suoi ordini in piena conformità al telegramma 30460, io possa alla fine - come sarei d'avviso - transigere sulle disposizioni già da lui date et già in parte attuate( ...)».
Per conciliare gli opposti punti di vista, Bastico avanzò la proposta di considerare garantita la protezione di Agedabia con la dislocazione in zona della Bologna e di altri elementi di forza pari complessivamente ad una divisione21• Cavallero si irrigidì e pretese la letterale osservanza delle direttive del 31 marzo22 • Esistevano dunque tutte le premesse per uno scontro frontale tra alleati, invece l'incontro di Barce si rivelò inaspettatamente privo di asprezza. Rommel prese atto di quanto riferito da Bastico, cedette la Sabratha e trattenne il Comando XXI corpo, al quale aveva già assegnato la Trento (ora comandata dal gen. Scotti) e la 90a leggera tedesca. L'accordo durò assai poco. Un'errata interpretazione di Rommel circa le intenzioni britanniche provocò una contromossa e questa, una volta chiaritasi la situazione, condusse ad una modifica di schieramento che suscitò un nuovo vespaio. La sequenza cominciò il 5 aprile. L'osservazione aerea aveva segnalato un intenso traffico stradale, nei due sensi, ad oriente di T ohruk nonché la presenza di un migliaio di vagoni sulla linea ferroviaria Bir Misheifa-ridotta Capuzzo, costruita dall'8a armata dopo l'arresto d1 Crusader. Altre notizie ed intercettazioni radio indussero, quel giorno, a credere che il nemico stesse predisponendo un'imminente offensiva. In serata, però, ulteriori dati ed una più attenta analisi fecero ricredere il Comando della Panzerarmee: i movimenti rilevati probabilmente tendevano allo sgombero delle posizioni di Ain el-Gazala, sotto la protezione di elementi di copertura disposti sull'allineamento Gasr el Ambar-Bir Temrad-Segnali Nord-Bir Tengeder. Di ciò convintosi, Rommel ordinò, per il mattino seguente, un'azione su tre colonne aventi il compito di occupare le predette posizioni: la 90a leggera su Gasr el-Ambar; il raggruppamento Marcks su Bir Temrad ed il XX corpo su Segnali Nord. Il fianco meridionale doveva essere protetto dal 288° reparto speciale tedesco23•
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Il mattino del 6 le colonne si mossero senza incontrare difficoltà, raggiungendo i rispettivi obiettivi entro mezzogiorno e consolidandovisi. Senonché, l'andamento delle operazioni e la ricognizione aerea della giornata non confermarono le previsioni circa il ripiegamento del 13° corpo britannico e fecero, invece, pensare che esso avesse stabilito la linea di sicurezza lungo l'allineamento Ain el Gazala-Mteifer el Chebir-Bir Hacheim e la posizione di resistenza sull'allineamento Acromael Adem. Rommel era incerto. Pur volendo (o sembrando volere) conservare la posizione di resistenza a Tmimi-Halegh el Eleba-Mechili, i punti raggiunti (Gasr el Ambar-Bir Temrad-Segnali Nord) non gli sembravano convincenti come avanstrutture: a nord si poteva migliorare la situazione spingendosi sino ad Ain el-Gazala, se fosse stata debolmente guardata; a sud occorreva cautelarsi spingendosi fino a Bir Tengeder, anche se questa località fosse ancora 'in mano nemica. Così, il 7 aprile la 90a leggera puntò su Ain el-Gazala, ma di fronte all'inaspettata resistenza incontrata, si fermò; invece, la ssoa compagnia esplorante tedesca trovò sgombero Bir Tengeder, che risultava tenuta dall'l 1° ussan. A quest0 punto, Bastico, che seguiva sulla carta gli spostamenti delle truppe italo-tedesche e vedeva delinearsi uno sparpagliamento di reparti, che poco aveva di dispositivo difensivo - la 90a leggera ad ovest di Ain el-Gazala, la Trento a sud di Tmimi, il raggruppamento Marcks a Bir Temrad ed a Sidi Breghisc, il XX corpo nella zona di Segnali Nord, la Brescia ad el-Mechili, la Pavia ad el-Ezzeiat ed il grosso del DAK ad ovest di Tmimi - chiese di conoscere le intenzioni della Panzerarmee e, con l'occasione, trasmise un telegramma del Comando Supremo, con il quale Mussolini (cioè Cavallero) ammoniva: «Attenti a non fare il gioco del nemico, che potrebbe avere interesse ad attirarci avanti per poi contrattaccare nelle direzioni pericolose» ed invitava a prestare attenzione alle retrovie24 • Mancinelli comunicò di non essere ancora riuscito ad ottenere una esplicita risposta da Rommel, però sapeva della decisione di trasferire la massa dell'armata sulla linea Gasr el Ambar-Bir Tengeder, che sembrava migliore sia come posizione di resistenza sia come base per l'ulteriore avanzata. Infatti, il bollettino diramato il 7 dalla Panzerarmee era significativo: «Organizzazione difesa con elementi avanzati su linea raggiunta, che est di particolare importanza per 25 la difesa della Cirenaica e per la preparazione dei futuri interventi,> • È vero che non si sbilanciava ancora; ma la replica di Rommel al Comando Superiore, in relazione al dispaccio di Roma, lasciava pochi dubbi: «Ho tenuto conto delle direttive del Duce col fatto che armata non ha
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avanzato oltre linea Temrad-Segnali-Bir Tengeder, ove si sta sistemando a difesa( ...)». Bastico era seccato e pentito di non aver subito «centrato» Rommel. Un po' perché fra Ain el Gazala-Tobruk e Bir Hachein sembravano accertati 4-5.000 automezzi nemici, un po' perché a suo avviso lo spostamento non era reso indispensabile da speciali ragioni, ma in particolar modo a causa della situazione logistica. Come si è detto, Rommel era incline a trascurare nei suoi disegni la questione servizi, soprattutto nei confronti italiani, ma, per obiettività, occorre ricordare che non era il solo: Gambara, poco tempo prima, aveva zittito Montezemolo, affermando con una certa sufficienza che «la logistica deve adat· tarsi a servire le esigenze tattiche»! La lettera di Bastico fu molto chiara. Premesso che il Comando Superiore non era in grado di provveden alla sostituzione del notevole numero di automezzi logoratisi negli ul timi giorni, e richiesti dagli allarmatissimi comandanti italiani; viste , che la delegazione d'Intendenza non poteva spostare in avanti i propr organi, come auspicato dagli stessi comandanti, per il mancato tempe · stivo preavviso circa lo spostamento della posizione di resistenza, di ventava «indispensabile che oggi si faccia fronte con ripieghi et sacrifici alla situazione logistica derivante da uno spostamento non predisposto>:. In effetti, era stata compiuta una specie di ampia conversione: limitai a a nord (circa 25 chilometri, da Tmimi a Gasr el-Ambar), sensibile a sud in terreno desertico (circa 70 chilometri, da el-Mechili a Bir Tengeder ). Gioda aveva dichiarato di non essere in grado di risolvere la «gra11e situazione logistica>, del X corpo determinata dal movimento, sem,a un'assegnazione di automezzi «necessari garantire vita in pieno deserto mie truppe» nonché per le esigenze di combattimento; Baldassarre, incaricato dal Comando armata dell'autotrasporto della Brescia e della Pavia, aveva chiesto almeno un centinaio di autocarri; lo stesso Rommel aveva toccato il tasto automezzi sollecitando l'afflusso dei rimanenti reparti della Trento. Già il 3 aprile Bastico aveva sottolineato come il tuttora incompleto assetto dei servizi imponesse una certa progressività in campo operativo, a meno di pressioni belliche dipendenti dalla volontà dell'avversario, perciò tornò sull'argomento in tono secco: t
«È necessario che io vi informi - scrisse a Rommel - che situaziom· automezzi et carburante, dati anche i consumi ora effettuati, non si e-st potuta migliorare come era nel nostro programma, il quale rimane altresì ritardato dal nuovo allungamento dei rifornimenti et può essere ora più facilmente disturb~to dall'avversario, causa la maggiore vicinanza ad esso della nuova linea di resistenza da voi scelta. Vi prego tener presente quanto sopra, considerando che
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ogni ritardo non impostoci dal nemico nel programma di riordinamento che voi ed io auspichiamo et che est rivolto ad apportare a noi ogni giorno un vantaggio sull'avversario, si risolve in un beneficio per il nemico» 26 •
Poi scrisse due lettere a Roma: una ufficiale al Comando Supremo ed una ufficiosa a Cavallero. Nella prima espose i fatti e dichiarò che avrebbe compiuto ogni sforzo per superare gradualmente le ulteriori difficoltà createsi27• Nella seconda criticò duramente Rommel: <<Anima· to da un 'ambizione più che manifesta, da questa si fa spesso guidare e poiché non lo sorregge la pratica di comando di grandi unità, cade in eccessi di cui credo che egli stesso non comprenda la portata»; chiese che fosse richiamato ad una più serena valutazione della situazione ed osservò che sarebbe stato opportuno che qualsiasi ulteriore direttiva gli pervenisse «non direttamente», bensl per il tramite del Comando Superiore28. Giova aggiungere che egli si rivolse anche ai comandanti di corpo d'armata, ammonendoli seriamente in merito alle continue richieste rivolte al Comando Superiore: mezzi e reparti di completamento erano avviati alle divisioni a mano a mano che sbarcavano dalla madrepatria, perciò, a parte qualche aiuto temporaneo, ogni corpo doveva contare sulle sole forze di cui disponeva. E aggiunse: «Est preciso dovere comandanti di corpo d'armata far presente in tempo tutti consumi ad autorità da cui ricevono ordini operativi, esponendo loro esattamente possibilità propr.ie e chiedendo loro esplicitamente concorsi che est necessario vengano concessi da parte predette autorità per raggiungimento eventuali maggiori compiti conquiste operative da tali autorità loro eventualmente affidate. Dare at predette autorità affidamento di possibili aiuti da parte di que· sto Comando est inammissibile et si est dimostrato sinora completamente errato perché chi li ha dati si est basato su elementi incompleti( ...)».
Gli spostamenti furono conclusi entro il 25. Il XXI corpo aveva la 90a leggera sulla Balbia, il 7° bersaglieri un poco più a sud, la Trento nel tratto Bir T emrad-Sidi Breghisc (ove era dislocato un gruppo tattico della 90a leggera); il X corpo era raccolto a cavallo del Trigh Capuzzo, con la Pavia (ora comandata dal gen. Torriana) e la Brescia. I distaccamenti inizialmente inviati a Bir Tengeder e Segnali Sud erano stati ritirati e sostituiti dal 33° gruppo esplorante. In seconda scliiera si trovavano il DAK, a nord-ovest di Bir Temrad, ed il XX corpo nella zona di el-Cherima. A Mechili, inizialmente affidato al III/20° fanteria, era rimasta una compagnia complementi della Brescia (schizzo n. 15). La nuova linea, se aveva i vantaggi di dominare per lunga estensione il terreno antistante, di essere più breve della precedente (circa 65
LO SCHIERAMENTO DELL.i a fine:
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PANZERARMEE AFRIKA
aprile
Schizzo n. 15
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chilometri contro un centinaio), di proteggere efficacemente gli accessi alla Cirenaica, di seguire meglio le intenzioni e le mosse dell'avversario e di accorciare sensibilmente il primo balzo in caso di offensiva, rendeva tuttavia più difficoltosi i rifornimenti a cau.sa della superiore distanza dai centri logistici, offriva un ambiente naturale più disagiato alle truppe, ritardava il compimento del progr~mma di apprestamenti. Tale ultimo inconveniente si appalesava più sensibile per il fatto che il nemico, dopo aver data l'impressione di subire la spinta in avanti delle forze italo-tedesche, aveva iniziata un'ardita reazione a base di puntate contro le nuove posizioni. Difatti, fin dal pomeriggio dell'8 aprile reparti meccanizzati avevano attaccato l'XI/7° bersaglieri ed occupato la q. 112 (sei chilometri ad ovest di Gasr el-Ambar), ma il giorno successivo ne erano stati ricacciati con un contrattacco. Altri complessi meccanizzati avevano ripetuto il tentativo il 14 aprile in diversi tratti dello schieramento del XX corpo, ed ulteriori attacchi si erano verificati, con eguale esito negativo, il 27 aprile, in zona Segnali Sud e Bir Tengeder. I mezzi corazzati efficienti ammontavano a 419 carri (268 tedeschi e 151 italiani) e 58 autoblindo tedesche. Era stato chiesto l'afflusso dell'XI battaglione carristi (52 carri) e di una compagnia del XII, appartenenti alla Littorio e dislocati in Tripolitania, ma il Comando Supremo aveva risposto negativamente. Gli inglesi ci attribuivano, stando a concordi dichiarazioni di prigionieri, 350 carri e, dal canto nostro, si presumeva che l'avversario disponesse in Cirenaica di 555 carri efficienti e 375 autoblindo, e nel Delta di altri 125 carri e 25 autoblindo. Il 29 aprile si incontrarono a Berchtesgaden Hitler e Mussolini, entrambi con un largo seguito. Per la parte militare erano presenti Keitel e Cavallero. Il 30, dalle 11 alle 14, fu esaminata la situazione strategica. In particolare, in Libia occorreva tenersi preparati anche contro la Tunisia, per l'evenienza che la Francia assumesse un atteggiamento apertamente ostile ali' Asse. Il punto principale, però, era un altro. Si trattava di decidere se dare la precedenza alla conquista di Malta oppure a quella di T obruk, comprendendo in tale operazione la battaglia campale contro l'8a armata. Dopo un maturo esame, la scelta di Hitler - basilare, perché senza la partecipazione della Germania l'impresa di Malta diventava impossibile - cadde su Tobruk: inizio a fine maggio o primi giugno.
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2. MALTA O TOBRUK?
Il 14 ottobre 1941 Cavallero aveva scritto nel suo diario: «Invio al gen. Roatta l'ordine di studiare un'azione per l'occupazione di Malta: esigenza C 3. Data l'impossibilità di potersi valere di Biserta, tale azione diventa indispensabile». Dunque, una scelta obbligata, vista la riluttanza di Hitler a forzare la mano alla Francia. Che in quel momento abbia avuto origine un concreto ed organico progetto per la conquista dell'isola, non significa che prima il problema non fosse stato preso in attenta considerazione. Tutt'altro. Però circostanze varie avevano, di volta in volta, indotto ad accantonare l'idea; anche perché - è bene dirlo subito - la questione era vista da molti con scetticismo e da tutti come assai ponderosa. Il primo accenno in proposito si riscontra nella riunione tenuta da Graziani, capo di Stato Maggiore del R. Esercito, il 5 giugno 1940, in cui l'amm. Cavagnari, capo di Stato Maggiore della R. Marina, si espresse negativamente circa il successo di una simile operazione, evidentemente sulla base di un progetto approntato qualche mese prima e degli studi tuttora in corso. Il nuovo elaborato presentato da Supermarina il successivo 18 giugno, con il titolo «Investimento di Malta,,, prevedeva due condizioni preliminari: un bombardamento aereo di molti giorni consecutivi per <<produrre le massime devastazioni e far esaurire il munizionamento contraereo» ed uno strettissimo blocco da parte di sommergibili, siluranti e mas. A tali premesse doveva seguire lo sbarco di un corpo di 20.000 uomini «dotati esclusivamente di armi leggere automatiche, di bombe a mano e pugnali, di reparti lanciafiamme, di carri armati leggeri», utilizzando natanti a fondo piatto, tipo bragoz-
zo, ed il lancio di paracadutisti. Il tutto sostenuto dal fuoco dell'intera flotta e dall'intervento a bassissima quota di stormi aerei. Il progetto appariva abbozzato chiaramente «per dovere d'ufficio», tanto era pervaso da riserve e da approssimatività, e conduceva a conclusioni in linea col pensiero espresso da Cavagnari: «Date le eccezionali difficoltà dell'impresa e le forze che dovrebbero esservi dedicate, essa sarebbe giustificata soltanto se Malta rappresentasse un obiettivo decisivo. Ma, avendo da tempo l'Inghilterra rinunciato a servirsene come base principale di operazioni, la minaccia che da Malta può essere esercitata contro le nostre comunicazioni e contro le nostre basi navali è d i secondaria importanza. È sufficiente che con bombardamenti aerei, con agguati di sommergibili e (quando occorre) con crociere notturne di siluranti, continui ad essere resa impossibile la permanenza a La Valletta di importanti forze navali, ad essere
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insidiato il movimento di quelle poche che ci sono, ad essere impedito il rifornimento dell'isola. Malta cadrà nelle nostre mani come conseguenza della vittoria finale, ottenuta concentrando tutte le energie negli scacchieri contenenti obiettivi risolutivi»29.
In parte per tali considerazioni, in parte per il convincimento che la guerra fosse già vinta della Germania, e quindi non valesse la pena di impegnarsi a fondo in operazioni particolarmente spinose, venne presa la decisione di <<sterilizzare» Malta mediante un continuo martellamento affidato alla 2a squadra aerea, di base in Sicilia. Sono noti il fallimento della predetta sterilizzazione e, per converso, il continuo potenziamento della difesa maltese in tutti i settori. Nel gennaio 1941 Hitler reputò necessario aiutare Mussolini, visto il critico andamento della guerra in Albania ed in Libia. Oltre all'invio del X Fliegerkorps in Sicilia e del Deutsches Afrikakorps in Africa settentrionale, il Filhrer fu persuaso dall'amm. Raeder a prendere in serio esame l'opportunità di impadronirsi di Malta per risolvere gran parte dei problemi del Mediterrraneo. Inizialmente l'impresa fu considerata tutta tedesca, perciò la sua esecuzione venne rimandata a dopo la sconfitta dell'Unione Sovietica. Comunque il piano, preparato in febbraiomarzo 1941, si fondava su uno sbarco dall'aria, con una divisione paracadutisti ed una aviotrasportata; uno sbarco dal mare era previsto semplicemente come azione sussidiaria. Le pesanti perdite subite dalle truppe paracadutiste nella conquista di Creta lasciarono cadere per qualche mese ogni intenzione nei riguardi di Malta. Peraltro, per quanto efficaci fossero le incursioni condotte dal X Fliegerkorps, anche la «neutralizzazione,) dell'isola rimase un desiderio inappagato. Se per Berlino ogni attenzione era rivolta all'imminente apertura del teatro d' operazioni russo, a Roma, naturalmente, ogni pensiero si concentrava sui rifornimenti oltremare e quindi su Malta (nonché Biserta). Il 7 maggio il gen. Guzzoni, sottocapo di Stato Maggiore Generale, chiese agli Stati Maggiori di forza armata una nuova valutazione del problema. L'amm. Riccardi, che da qualche mese aveva sostituito l'amm. Cavagnari e che teneva sempre aggiornati lo studio S.M. 71 S. relativo all'impresa, rispose che la presa di Malta avrebbe rappresentato un deciso miglioramento della situazione e le perdite che essa avrebbe comportato sarebbero state ampiamente compensate dal termine delle assillanti e gravose difficoltà - visibilmente crescenti - del traffico marittimo con la Libia. Tuttavia, l'incremento delle difese dell'isola esigeva adesso un corpo di sbarco di 30.000 uomini, dotati di imbarcazioni ad hoc fornite possibilmente dalla Germania, e l'operazione, nel
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suo insieme, appariva difficile e complessa sì da richiedere una preparazione di almeno sei mesi e da presentare rischi assai gravi. Tenuto conto dell'importante concorso aereo e navale, nonché della limitata possibilità di realizzare la sorpresa, il promemoria di Riecardi concludeva: «7. Comunque si consideri l'operazione, ne appaiono tutte le difficoltà nel campo tecnico, organico ed esecutivo. In ogni caso non sarebbe eseguibile prima della fine dell'anno per le necessità di preparazione dei mezzi e di addestramento degli uomini. Vien fatto di chiedersi se si debba affrontare l'arduo problema, tenendo specialmente conto del tempo richiesto per avere buona probabilità di risolverlo a nostro favore»30.
La risposta di Pricolo, da pochi mesi capo di Stato Maggiore della R. Aeronautica, fu piuttosto generica: prevedeva di poter disporre di cinque stormi da bombardamento, cinque gruppi da caccia e due squadriglie di aerosiluranti, oltre ad aliquote di bombardieri dislocati in Puglia ed in Libia31 • Non vi fu un confronto fra esigenze e possibilità, né garanzia o dubbio di essere in grado di fornire l'appoggio aereo necessario. Per il R. Esercito il discorso era differente ed il punto principale consisteva in un probante addestramento delle truppe incaricate dello sbarco dal cielo. In generale, tutti concordavano nel ritenere possibile prendere Malta soltanto con un'operazione in «grandissimo stile». Con il che, il problema Malta venne nuovamente messo da parte, anche se non abbandonato. In autunno, prima ancora che la Forza K britannica di base nell'isola cominciasse la sua attività, la questione tornò di prepotenza sul tappeto. Fu Cavallero a porla con un intervento deciso: avocò a sé l'alta direzione organizzativa, attraverso un comitato di studio interforze (gen. Gandin, amm. Girosi e gen. A.A. Cappa), e sollecitò e seguì gli Stati Maggiori di forza armata. La R. Marina intraprese la costituzione della Forza Navale Speciale destinata all'operazione, al cui comando prepose l'amm. Turr, e di una Forza Navale di sbarco (il reggimento S. Marco, un raggruppamento di Camicie Nere e reparti paracadutisti della Marina). Il R. Esercito mise in addestramento la D.par. Folgore, la D.aviotr. La Spezia e le D.f. Livorno e Superga. Da parte tedesca, il mar. Kesselring, sin dai primi voli di ricognizione, si convinse dell' «intollerabile minaccia che Malta rappresentava per le nostre vie di rifornimento e mi fecero comprendere l'importanza decisiva del bacino del Mediterraneo per l'andamento della guerra,/2, perciò si mostrò d'accordo non soltanto sulla necessità che «Malta sia resa
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inefficiente e questo per assicurare i trasporti fra l'Italia e l'A.S.I. e la supremazia aerea in tale spazio,>, come si espresse nel definire il compito del II Fliegerkorps, affluito in Sicilia in sostituzione del X 33, ma altresì nel riservare alla 2a Luftflotte, più potente e tecnicamente meglio attrezzata, la neutralizzazione della capacità offensiva aerea e marittima dell'isola. Durante il mese di gennaio 1942 tutto sembrò procedere per il meglio, grazie anche al gravissimo colpo inferto dai nostri mezzi speciali alla Mediterranean Fleet, la vigilia di Natale, e le perdite marittime scesero dal 70-80% al 20-30%. Per quanto il progetto di massima fosse completato, restavano in piedi alcuni aspetti la cui soluzione non si presentava affatto agevole: lo sbarramento con mine del canale di Sicilia, il blocco dell'isola con campi minati, la disponibilità dei mezzi da sbarco (la scelta era caduta sulle motozattere tedesche Siebelfahr e su appositi pontoni italiani a tre eliche), la disponibilità di paracadutisti. E, soprattutto, si profilava sempre più forte l' utilità di un concorso tedesco. L'atteggiamento di Hitler e dell'OKW era stato noncurante all'inizio, negativo poi. Come sappiamo, l'avviso contrario era stato determinato dalle considerevoli perdite subite dal corpo aviotrasportato a Creta e dalla previsione che Malta sarebbe stata un'impresa ancor più dura. Ma in febbraio, all'indomani della felice fuga da Brest degli incrociatori da battaglia Gneisenau e Scharnhorst insieme con il Prinz Eugen verso il Mare del Nord, nonostante la guardia inglese, Raeder e Kesselring tornarono alla carica, separatamente. Raeder aveva partecipato al convegno dei Comandi navali dell' Asse a Garmisch (14-15 gennaio), nel corso del quale era emerso l'unanime accordo sull'importanza dell'occupazione di Malta, secondo il piano del Comando Supremo, non appena consentita dalle circostanze. Il 13 il Grande Ammiraglio venne ricevuto da Hitler e, dopo un breve sguardo panoramico sui vari fronti marittimi, si fermò sul Mediterraneo: «La situazione in questo mare è definitivamente favorevole nel momento attuale. Se la esaminiamo in connessione con gli avvenimenti dell'Estremo Oriente, ne ricaveremo delle indicazioni sulla possibilità di lanciare un attacco contro l'Egitto ed il Canale di Suez(...). Oramai, le forniture di nafta per l'Australia e la Nuova Zelanda devono arrivare o dal golfo Persico o dall'America (...). Suez e Bassora sono i pilastri delle posizioni britanniche in Medio Oriente: se queste posizioni cadono sotto il peso di una pressione concertata dell'Asse, le conseguenze per l'impero britannico saranno disastrose. Secondo informazioni attendibili, gli inglesi sanno bene.a quale grave pericolo sono esposti in Egitto. Essi temono che le forze italo-tedesche possano prendere contatto con i
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giapponesi. Questi, dal canto loro, stanno onestamente sforzandosi di prendere contatto con i tedeschi per mare e per terra( ...). La vittoria nel Mediterraneo dipende da due fattori: il potere marittimo e la cooperazione aeronavale-terrestre. La Marina non può operare senza le basi che l'esercito deve espugnare e tenere; l'esercito non può operare senza l'aiuto e la protezione dell'arma aerea; e questa, a sua volta, dipende dalla Marina per i rifornimenti e dall'esercito per le basi. La strategia nel Mediterraneo, dunque, deve coordinare questi tre fattori, per assicurare il successo: il potere marittimo che assicura i rifornimenti, i rifornimenti che assicurano le basi, le basi che assicurano il potere marittimo. La chiave di questo circolo è una base centrale da cui partire, e la base di gran lunga più importante nel Mediterraneo è la fortezza insulare di Malta»; 4•
La conclusione di Raeder fu che riteneva indispensabile impadronirsi di Malta al più presto e lanciare un'offensiva contro il canale di Suez entro l'anno in corso. Però, conoscendo la riluttanza di Hitler nei confronti della operazione, aggiunse che, nel caso in cui non fosse decisa l'occupazione dell'isola, era indispensabile la prosecuzione del bombardamento aereo. Hitler, che confidava, per l'appunto, nell'esaurimento di Malta mediante un'ininterrotta offesa dal cielo, ammise la validità di quanto esposto da Raeder, ma con molte riserve mentali. Anche Kesselring intervenne, senza sapere dell'iniziativa. del Grande Ammiraglio. Proprio in febbraio, al Gran Quartiere Generale del Filhrer, sostenne con estremo vigore la tesi dell'indispensabilità dell'operazione, tanto che il dittatore gli disse: «Stia tranquillo, maresciallo Kesselring, agirò appena possibile»35 • Tuttavia si limitò, per il momento, ad ordinare un rafforzamento del blocco aereo ed a rassicurare Mussolini: «Il Fuhrer è pienamente d'accordo con il Comando italiano comunicò Kesselring a Roma - per un'azione definitiva contro l'isola di Malta (..) darà tutto l'appoggio possibile». L'appoggio doveva essere cospicuo: una divisione paracadutisti, alianti ed aerei da trasporto. In un rapporto del 12 maggio, Raeder tornò con vigore sulla necessità di operare in sintonia con il Giappone, il quale sembrava in condizioni di poter attaccare da oriente la zona di Suez, qualora l'Asse avesse attaccato da occidente, ed invitò a sfruttare «un 'occasione che non si sarebbe più ripetuta» 36• Hitler convenne su questa tesi, tuttavia mantenne più di una riserva circa Malta. Pur riconoscendo giuste le implicite aspirazioni dell'Italia, non credeva gli italiani in grado di condurre siffatta operazione e d'altronde, reputandola assai difficile in effetti, non se la sentiva di decidere su una determinante partecipazione tedesca senza matura riflessione. A Roma le idee si facevano, intanto, sempre più chiare ed anche i giapponesi, interpellati, avevano espresso il loro modo di vedere, sulla
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base delle esperienze nel sud-est asiatico e nel Pacifico: segretezza rigorosissima, discussione accurata di ogni singolo aspetto del piano (da eseguire ad ogni costo, una volta approvato), utilità di truppe da montagna, entità delle forze tale da garantire una notevole superiorità sul nemico, impiego a massa delle truppe senza alcuna esitazione (cioè senza badare a perdite), opportunità di sbarco anche sulle isole minori di Gozo e di Comiso. Anzi, la collaborazione offerta dalla missione giapponese guidata dall'amm. Abe si spinse sino al punto di redigere un separato piano di invasione, sì da consentire uno studio comparato con quello italiano. Il confronto ebbe luogo nelle riunioni del 5-6 marzo e si riscontrarono notevoli divergenze. In pratica, su quasi tutti i punti di principale importanza le opinioni differivano: disegno di manovra, entità del corpo di sbarco, orario e durata dell'operazione, armonizzazione del concorso aereo. Comunque, tale dissenso aveva peso unicamente teorico, non essendo vincolativo il pensiero nipponico. Invece fra OKW e Comando Supremo affiorava, attraverso il silenzio dubbioso o distaccato del primo, una mancanza di intesa sostanziale. Era, infatti, allo studio la grande offensiva estiva in Russia, il cui appoggio aereo richiedeva il richiamo di aliquote dei corpi aerei impegnati nel Mediterraneo. Fu, così, pressoché inevitabile che le grandi preoccupazioni per il teatro d' operazioni russo provocassero nuovamente l'adozione di mezze misure nel Mediterraneo e che Hitler approvasse senza vera convinzione la bozza del progetto per la conquista di Malta. Ad ogni modo, ciò non influì sul grande bombardamento aereo al quale si stava preparando Kesselring. Questi il 12 marzo tenne rapporto all'aeroporto di Catania a tutti i comandanti tedeschi interessati, sino al livello di gruppo. «Lo scopo è quello di neutralizzare totalmente l'isola - precisò - Naturalmente una completa neutralizzazione potrà essere assicurata solo con L'occupazione dell'isola stessa. Per ora, come primo obiettivo da raggiungere, rimane La distruzione di tutte Le sistemazioni offensive e difensive dell'isola» 37 • Il gen. Loerzer, comandante del II Fliegerkorps, illustrò il proprio piano, articolato in tre tempi, e l'OBS, nel concordare in linea di massima, non fissò un termine entro il quale conseguire lo scopo, pur esprimendo la speranza che quattro settimane fossero sufficienti. Qualche giorno dopo, il 17, Kesselring si recò con von Rintelen da Cavallero e mise in evidenza che nel giro di breve tempo l'azione di forza su Malta sarebbe terminata, dopodiché i compiti della 2a Luftjlctte sarebbero stati rivisti. Cavallero replicò che la preparazione per lo sbarco procedeva alacremente e che «si ha il fermo -proposito di essere
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pronti a fine luglio». Le unità destinate all'azione erano: una divisione paracadutisti, una divisione aviotrasportata, due divisioni da sbarco, reggimento S. Marco (su due battaglioni), un raggruppamento CC.NN. (su quattro battaglioni), aliquota di carri armati. Per i paracadutisti era in atto la collaborazione del gen. Ramcke, ma sarebbe stato utile un rinforzo di qualche battaglione tedesco. Quanto ai tempi, evidentemente occorreva impedire una soluzione di continuità fra la fine del bombardamento aereo intensivo (grosso modo collocabile a metà aprile) e la messa a punto definitiva dello strumento di sbarco (all'incirca: fine luglio), non soltanto per la sicura riuscita dell'operazione, ma altresì a beneficio dei nostri trasporti oltremare. A questo punto von Rintelen «chiede se, verificandosi una situazione particolarmente favorevole, l'operazione per la conquista di Malta non si può far prima dell'epoca prevista>>. Kesselring"si inserì ed affermò che «bisogna essere sempre pronti ad agire, anche con pochi mezzi», alludendo ad un tentativo da sud, dove le difese maltesi erano pressoché inesistenti, e che «se si presenta l'occasione, sarebbe un delitto non sfruttarla», prospettando, in tal caso, «l'opportunità di tentare anche un semplice colpo di mano». Cavallero rispose che «la preparazione completa comprende di per sé anche il caso di un 'azione a preparazione incompleta, da compiersi qualora specialissime circostanze lo dovessero suggerire» ed aggiunse che avrebbe fatto studiare pure un tipo di intervento con carattere di colpo di mano, sebbene non si sentisse di reputare verosimile tale ipotesi. Che su tutta la questione aleggiasse un indefinibile senso di sfiducia tedesca, può essere suffragato da un'ultima domanda posta da von Rintelen: l'OKW desiderava sapere se il Comando Supremo considerava seriamente l'operazione contro Malta38 • Naturalmente ricevette conferma. Il mattino del 21 marzo si concluse, alla presenza di Cavallero, una serie di riunioni iniziata il 19, relativa all'esigenza C 3. Si trattava di esaminare gli studi presentati dall'amm. Turr e dal gen. Sogno e di esporre il disegno del Comando Supremo per il colpo di mano. A parte l'occupazione di Gozo, giudicata indispensabile da Turr e non altrettanto da Sogno, il parere ultimo fu concorde: lancio di paracadutisti e poi sbarco nelle ultime ore della notte; scelta della zona sud dell'isola per l'invasione dal mare; sbarco totale del primo contingente (24.000 u. con i 32 pezzi e 30-60 carri) con i soli mezzi da sbarco semoventi al momento pronti o in preparazione; afflusso di rinforzi con piroscafi dopo l'occupazione di Marsa Scirocco o di altra baia adatta. Un colpo di mano, da realizzare a breve scadenza, esigeva, a giudizio del Coman-
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do Supremo particolari condizioni dell'isola nonché un morale dei difensori assai basso e si basava sul lancio di almeno una divisione paracadutisti e sullo sbarco di elementi ad hoc. Poiché i mezzi da sbarco disponibili erano quelli approntati per l'esigenza C 2 (Corsica), ne derivava la sola possibilità di impiego del reggimento S. Marco e del raggruppamento CC.NN. con pochissimo materiale. Cavallero osservò che la necessità di un colpo di mano poteva presentarsi in maggio, in seguito al bombardamento intensivo e nell'eventualità che si profilasse il richiamo di una forte aliquota della 2a Luftflotte per le operazioni sul fronte russo. Ora, in quell'epoca era da escludere la disponibilità di paracadutisti italiani e questo avrebbe comportato i'l ricorso a reparti' solo tedeschi; soluzione che ovvie considerazioni suggerivano di evitare. Non restava che proseguire lo studio, tenendo conto della mancanza di paracadutisti. Nel diario, però, Cavallero commentò che «non si può parlare di colpo di mano né di azioni prima della fine di giugno [probabilmente intendasi luglio]»39, e nel pomeriggio, all'aeroporto di Ciampino, ebbe modo di ribadire tale punto di vista. Di ritorno da Rastenburg, ove si era recato ancora per mettere il Fi.ihrer al corrente della situazione nel Mediterraneo, Kesselring portava la conferma dell'approvazione di massima di Hitler al piano, l'assicurazione della partecipazione di un paio di battaglioni tedeschi e di un certo numero di carri armati leggeri e di alianti. Inoltre informò che l'offensiva aerea della 2a Luftflotte, iniziata il 20 marzo, sarebbe durata dieci o quindici giorni in forma massiccia, poi quattro gruppi aerei sarebbero stati distolti per altri incarichi. Cavallero, che vedeva l'eventuale fallimento dell'operazione di sbarco «un vero disastro morale» per l'Italia, si limitò a replicare che le truppe italiane sarebbero state pronte soltanto a fine luglio. Due giorni dopo, Kesselring tornò sull'argomento: «Kesselring in· siste per Malta - annotò Cavallero sul diario - mediante l'attuazione del colpo di mano. Preciso: l'azione ha dato risultati così completi da poter sbarcare come si vuole? E poi: con che cosa si sbarca? I nostri paracadutisti non sono pronti». L'offensiva aerea si e.ra scatenata con violenza tremenda. Le ondate di apparecchi giungevano su Malta tre volte al giorno, alle 8,30, alle 12,30 ed alle 18 ed ogni volta per un'ora imperversavano con effetti devastanti, ponendo a Londra gravissime preoccupazioni per la sorte dell'isola. A fine marzo le scorte del gen. Dobbie, governatore di Malta, erano considerate sufficienti per tre mesi in viveri e benzina e solo
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un mese e mezzo in munizioni; perciò Cunningham volle fare un supremo sforzo per effettuare un grosso rifornimento via mare con il convoglio M.W.10. Quattro piroscafi, scortati da quanto disponibile ad Alessandria - quattro incrociatori leggeri e dieci cacciatorpediniere, costituenti la Forza B agli ordini dell' Amm. Vian - dovevano salpare da Alessandria il 20 marzo. Poiché Cunningham si aspettava l'incontro con la squadra italiana nella giornata del 22, Vian era orientato a cercare di sfuggire il combattimento sino all'imbrunire, lasciando poi proseguire il convoglio nottetempo su Malta con sei piccoli cacciatorpediniere di scorta, e rimanendo quindi libero di affrontare lo scontro. Il concorso alla riuscita della missione doveva essere generale: la Forza H, al comando dell'amm. Syfret, si sarebbe mossa da Gibilterra contemporaneamente al convoglio con la nave da battaglia Malaya, le portaerei Eagle e Argus, l'incrociatore leggero Hermion e otto cacciatorpediniere, per creare una minaccia e per rinforzare l'aviazione di Malta con velivoli lanciati dalle due portaerei; la Royal Air Force avrebbe attaccato con la massima violenza gli aeroporti della Cirenaica e di Creta; 1'8a armata avrebbe messo in atto il secondo giorno (22 marzo) l'operazione Fullsize, un simulacro di avanzata per distrarre l'attenzione della sa squadra aerea italiana e del Fliegerfuhrer Afrika; la ridotta Forza K (un incrociatore ed un caccia) sarebbe uscita da Malta la sera del 22 in modo da rinforzare la residua scorta del convoglio il mattino del terzo giorno (23 marzo). La prima notizia giunse a Roma il mattino del 20: era stata avvistata la Forza H, uscita da Gibilterra. Alle 16,30 del 21 vennero segnalati la Forza B di Vian ed il convoglio. Immediatamente Supermarina e Superaereo emanarono, d'intesa, gli ordini per l'eventuale intervento aereo contro la Forza H e per l'intercettazione aeronavale del convoglio. La prima rimase fuori del raggio d'azione delle unità aeree dislocate in Sardegna, il pomeriggio del 22 lanciò una trentina di Spitfire verso Malta e nella notte seguente invertÌ la rotta per tornare a Gibilterra. Alle 5 del 22 marzo l'amm. Vian fu certo di essere stato scoperto in mare; non conosceva però l'entità della formazione italiana segnalata in uscita da Taranto da un sommergibile britannico nelle primissime ore del mattino e, per converso, Supermarina non sapeva che egli era al corrente della cosa, in quanto il messaggio del sommergibile non era stato captato. In mattinata, alle 9,40 ed alle 11,10, ebbero luogo due attacchi da parte di aerosiluranti della sa squadra. La scorta di caccia, che aveva accompagnato Vian sino all'estremo limite dell'autonomia, era tornata indietro: per la prima volta una Forza navale britannica si
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~rovav.a p_riva di protezione aerea. Ma uscì indenne da queste prime mcurs1om. Intanto la squadra italiana, al comando dell'amm. Jachino, si avvicinava assumendo rotta di collisione. Era costituita dalla corazzata Littorio, dagli incrociatori pesanti Gorizia e Trento, dall'incrociatore leggero Giovanni dalle Bande Nere e da quattro cacciatorpediniere. Poco dopo mezzogiorno, nel golfo della Sirte, Vian assunse la formazione prevista per il combattimento, lasciando cinque caccia con il convoglio. Verso le 14,30 le navi di testa d'ambo le parti segnalarono «nemico in vista». La sorte di Vian sembrava segnata: erano cominciati gli attacchi del II Fliegerkorps che durarono sino alle 18,30, prolungati poi da dodici S. ·79 partiti da Catania, e stava per iniziare il contatto balistico navale, con due ore di anticipo rispetto ai calcoli britannici. Ma in quel mentre l'ammiraglio inglese ricevette due alleati: il tempo sempre peggiore ed un mare le cui condizioni rapidamente diventavano cicloniche. Il primo, incrementato dalle vaste masse di nebbia distese senza interruzione dalle navi britanniche, rese la visibilità pessima anche per gli aerei; il secondo tolse efficacia al tiro delle artiglierie di grosso calibro. Verso le 19 il combattimento, denominato seconda battaglia della Sirte40, cessò per il sopraggiungere dell'oscurità. Il nemico mise a segno un solo colpo sulla Littorio, provocando danni lievi. La squadra italiana e gli aerei dell'Asse ritennero di avere ottenuto parziali successi, ma in realtà le perdite del nemico furono irrisorie: un cacciatorpediniere affondato da un sommergibile in mattinata; due incrociatori e tre cacciatorpediniere danneggiati non seriamente durante lo scontro. Il convoglio, che aveva sublto ben 28 attacchi uscendone indenne, prosegul in formazione diradata per Malta, scortato da un incrociatore leggero ed otto cacciatorpediniere, cui più tardi si unirono le due navi della Forza K provenienti da Malta. Se il giorno 22 non aveva dato frutti diretti, provocò per contro un notevole ritardo nella navigazione del convoglio, che il 23 mattino si trovava ancora a qualche distanza dall'isola. Avvistato alle 7,30 fu attaccato dagli aerei tedeschi: un piroscafo venne affondato ed un secondo, il Breconshire, immobilizzato e costretto ad essere rimorchiato. Per impedire lo scarico dei rifornimenti, a partire dal 24 tutte le unità aeree tedesche si impegnarono a fondo, ma soltanto il 26 gli altri tre piroscafi furono centrati e colati a picco. Su 26.000 tonnellate appena 5.000 poterono essere scaricate; altre 2.500 vennero recuperate in seguito da appaltatori specializzati. «Indescrivibile fu il nostro sollievo scrisse l' amm. Cunningham - quando sapemmo che gli italiani si stava-
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no ritirando>> la sera del 22 e Vian, al rientro ad Alessandria, fu fatto segno a calorose e meritate accoglienze. Ma, tutto sommato, lo scopo dell'operazione non era stato conseguito che in piccola parte. In campo italo-tedesco la seconda battaglia della Sirte lasciò un'impressione negativa, specialmente nei tedeschi, e Raeder riuscì a convincere Hitler che soltanto la conquista di Malta avrebbe potuto eliminare la presenza britannica nel Mediterraneo. Riprese le proposte di Rommel ed accettata come inevitabile la piena partecipazione tedesca ad una soluzione di forza, cioè allo sbarco, il «Grande Piano» fu articolato in due distinte fasi: l'operazione Hercules contro Malta e l'operazione Aida contro l'Egitto: «Finché la prima non fosse stata condotta a termine, le truppe in Africa avrebbero dovuto sospendere la loro avanzata: con la conquista di Malta sarebbero stati assicurati i rifornimenti a Rommel ed egli sarebbe stato in grado di agire con tutto il peso delle sue forze contro il bastione egiziano»41 •
Il mese di aprile fu tremendo per Malta: i bombardamenti da essa subìti sono stati reputati pari a quello di Coventry ripetuto ogni 18 ore per l'intero mese. Il 10, Kesselring riferì che a suo avviso Malta era eliminata come base navale e che intendeva continuare sino al 20 aprile; ma il giorno successivo «calcola che con tre settimane di simile attenzione
e con l'enorme impiego di munizioni, l'isola potrà essere neutralizzata del 42 tutto» • Sulla base di queste considerazioni, ed anche sotto l'assillo di von Rintelen che lo ammoniva dell'incognita sulla partenza di aliquote della 2 a Lufiflotte, Cavallero tornò a riflettere: «Quindi bisogna orien-
tarci sul colpo di mano. Se ciò si verificasse in maggio, i paracadutisti dovrebbero essere forniti dalla Germania» 43 ed accelerò i preparativi. Il 13 fu costituito uno Stato Maggiore preposto allo studio dell'azione accelerata ed in pari tempo alla continuazione del programma completo. Il gen. Favagrossa ricevette ordine di attribuire priorità assoluta a quanto necessario per l'esigenza C 3. Lo Stato Maggiore del R. Esercito compilò le «Norme di impiego per Grandi Unità di assalto e di sbarco>>; la R. Aeronautica decise di inviare in Sicilia, tra il 14 e il 18 aprile, il 4° stormo da caccia su MC 202, già destinato all'Africa settentrionale. La R. Marina, invece, pur portando avanti studi ed approntamento, sembrava assai poco convinta. Il 15, l'amm. Turr scrisse a Supermarina: «Dall'esame dei mezzi navali sopraelencati appare evidente che il loro impiego è del tutto subordinato al presupposto di trovarsi nei punti di sbarco davanti ad una ben limitata reazione (...)»",
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ed il 17 Supermarina tenne a precisare che sino al 15 maggio la C 3 non era attuabile nemmeno come colpo di mano; dal 15 al 31 maggio lo era, escludendo però un'eventuale contemporanea attuazione della C 2 (Corsica); dal 1° giugno al 31 luglio si sarebbe potuta realizzare la C 3 con mezzi navali sempre crescenti; dal 1° agosto, infine, ci sarebbe stata la possibilità di dar pieno corso all'operazione. Questa puntualizzazione valse ad orientare il Comando Supremo ad attingere alle predisposizioni per l'eventuale occupazione della Corsica, sgomberando in tal modo il tavolo da un impegno che non poteva non intralciare i preparativi per Malta. Però ci volle una spinta più forte. Proprio quel giorno von Rintelen aveva comunicato di attendere il riscontro dell'OKW circa i desideri italiani, da lui inoltrati; così, il 21, Cavallero si recò all'aeroporto di Ciampino a ricevere Kesselring. «Il Fuhrer - fu la risposta - è in linea di massima favorevole all'attua-
zione dell'esigenza C 3 ed è propenso a fornire i mezzi. Invieranno senz'altro degli alianti e dei carri armati, muniti di cannoni da 88, che possono dominare il campo di battaglia»45 • Francamente, il «linea di massima» ed il «propenso» non appaiono molto convincenti, specialmente perché l'Italia non aveva ancora presentato una specifica nota di richiesta, ma evidentemente Kesselring si espresse in modo da non lasciare dubbi e d'altronde anche von Rintelen fu esplicito: «Solo il 21 aprile l'OKW si dichiarò pronto ad appoggiare i preparativi italiani per la conquista del-
l'isola>> 46 • Dopo tutto, per quanto fosse difficile un esatto apprezzamento dei risultati dell'offensiva aerea su Malta, era ampiamente evidente lo sconquasso provocato dal passaggio giornaliero di 170 bombardieri ed altrettanti caccia e tuttora in corso. Le incursioni contro aeroporti, depositi, officine, bacini di carenaggio duravano anche diverse ore. A fine mese sui tre aeroporti risultavano colpiti al suolo non meno di 126 aerei, di cui un quarto completamente distrutto; altri 20 vennero abbattuti in combattimento; di 46 Spitfire lanciati dalla portaerei americana Wasp il giorno 20, 17 furono distrutti a terra appena giunti e 29 danneggiati. Nei porti furono affondati tre cacciatorpediniere, tre sommergibili, tre dragamine, cinque rimorchiatori, una cisterna d'acqua e la gru galleggiante. È anche vero che, a giudizio di Kesselring, gli obiettivi essenziali del piano non sembravano raggiunti o lo erano solo parzialmente, sia perché non si era potuto rispettare la prevista successione di tre incursioni giornaliere, sia per la perdurante efficacia del fuoco contraerei47• Su 37 apparecchi perduti in aprile (35 tedeschi e 2 italiani), 24 vennero abbattuti nel cielo -di Malta e di essi 13 ad opera dell'arti-
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glieria contraerei. Da aggiungere che proprio tale reattività induceva a reputare conseguita la neutralizzazione della capacità offensiva dell'isola, ma non quella difensiva, talché, fra l'altro, vennero a mancare quelle condizioni di menomazione che concordemente erano state valutate necessarie per un utile impiego degli aerei italiani. Ma l'errore grave fu quello di non aver saputo individuare le stazioni radar: «Ogni giorno che sorgeva - commentò il maresciallo dell'Aria Lloyd - mi attendevo un attacco in grande stile a ciascuna delle stazioni radar ed ogni giorno passava invece senza che si verificasse tale attacco; ed io non potevo credere alla nostra continua buona fortuna: poche incursioni ci avrebbero resi quasi «ciechi». I caccia sono pressoché inutili per la difesa senza radiolocalizzazione ed è sorprendente che l'Asse non capisse il valore di questo fatto semplice e fondamentale» 48• Ad ogni modo, Cavallero prese per definitiva l'adesione di Hitler e preparò il «preventivo di spesa», che inserì in un promemoria destinato a Keitel: «{...) Però, anche supponendo conseguito un notevole esaurimento della volontà di resistenza dei difensori, è indispensabile poter contare su un'alta quantità di forze e di mezzi che si può tentare di determinare a priori. Questa determinazione è stata già da noi fatta in linea di massima. Un esame approfondito e particolareggiato è in corso con la cooperazione dei camerati germanici. Si può, però, anticipare fin d'ora che, oltre alle forze ed ai mezzi di cui noi possiamo disporre, occorrerebbero prevedibilmente da parte germanica (astrazion fatta dai minori elementi che saranno precisati in seguito): 1) mezzi da combattimento: una divisione paracadutisti, carri armati, bombe anticarro; 2) mezzi di trasporto marittimi: una cinquantina di semoventi o natanti similari da 100/200 uomini; 3) mezzi di trasporto aerei: 200 Junkers, 52 alianti; 4) carburanti: 40.000 tonnellate di nafta, per dar libertà di manovra alla flotta contro probabili reazioni delle squadre navali inglesi; 12.000 tonnellate di benzina e 500 tonnellate di lubrificanti per l'aviazione, che non possiede la benché minima scorta. Premessa necessaria è naturalmente, la permanenza in Sicilia del grosso della 2• Luftflotte, le cui aliquote in partenza l'Aeronautica italiana riuscirà in parte a sostituire, mentre per la rimanente parte potrà provvedere l'aviazione dell'Africa. Si tratta ora di determinare: se questi mezzi potranno essere dati; quando potranno essere a pié d'opera. In b~e a questi dati si potrà prevedere l'epoca dell'operazione. Da parte nostra tutto si fa per esser pronti al più presto, consci della gravità dell'ora e delle possibili iniziative perturbatrici dell'avversario».
Ognuna delle richieste poteva essere relativamente ragguardevole per la Germania, ma per l'Italia in pratica costituiva una conditio sine
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qua non, in particolare l'ultima. Nel primo trimestre si erano consumate 54.000 tonnellate, più del quantitativo ricevuto, motivo per cui in aprile fu dato fondo alle scorte. Il 20 aprile la partenza di un convoglio era subordinata alla disponibilità di nafta e tre corazzate avevano i serbatoi vuoti. In simile situazione lo scetticismo della R. Marina non si poteva dire mal collocato. Cavallero si preparò a sostenere di persona il promemoria ed intanto fece assegnare alla C 3 il reggimento S. Marco, il gruppo CC.NN. da sbarco, il distaccamento spiaggia, 30 motovelieri, 3 motocisterne ed un posamine ipotecati per la C 2. Il 29 aprile ebbe luogo a Klessheim l'incontro con Keitel, il quale, com'era da prevedere, obiettò subito l'impossibilità di fornire in brevi margini di tempo la divisione paracadutisti, i mezzi navali e le 40.000 tonnellate di nafta. Di conseguenza, poiché non si poteva neppur pensare di attuare l'impresa a metà giugno, tanto valeva dare la precedenza alla conquista di T obruk. Messe le cose in questi termini, a Cavallero non rimaneva che convenire. E così fece, a malincuore e non convinto ed insistendo che, almeno, la C 3 non fosse rimandata oltre la prima quindicina di luglio. Il giorno seguente, la riunione venne tenuta a Berchtesgaden da Hitler, presente anche Mussolini. Dopo uno sguardo alla situazione sul fronte russo fatto dal gen. Jodl, H itler prese la parola esprimendo la piena fiducia nella vittoria e facendo qualche osservazione su ogni scacchiere. In questo quadro, espresse l'avviso che occorresse prevedere l'eventualità di un intervento contro la Francia. Poiché le truppe tedesche erano limitate, l'Italia avrebbe dovuto tenersi pronta « con forze adeguate, fra le quali almeno una divisione corazzata». D opo la replica di Mussolini che le grandi unità disponibili per tale scopo sarebbero state otto, compresa una divisione corazzata, il Fi.iher affermò che, per fronteggiare ogni possibile caso, riteneva opportuna la presenza di due divisioni corazzate italiane nella zona di Tripoli. Questa volta fu Cavallero a rispondere che si stava già agendo in questo senso e che «una divisione corazzata è già a Tripoli (/,a Littorio) e sarà al completo fra due o tre mesi». Hitler non fece commenti in proposito e passò alla questione di Malta: doveva essere tolta alla Gran Bretagna. Subito Cavallero prese la palla al balzo e mostrò l'elenco di quanto l'Italia aveva e di quanto la Germania avrebbe dovuto dare. «Il Fuhrer promette di venire incontro alle nostre richieste ed in particolare di darci 12 carri T 34 pesantissimi (da 52 tonn.) tolti ai russi, con i quali ottenere la sorpresa assoluta. Un carro di questo genere vale un reggimento»•9• L'operazione, secondo Hitler, era da vedersi imperniata sull'im-
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piego di truppe sbarcate da alianti, a premessa del lancio di paracadutisti. Cavallero assicurò che il piano ed il fabbisogno di truppe e di mezzi erano allo studio da parte italiana, con la partecipazione di esperti tedeschi, fra i quali il gen. Student, comandante dell'XI Fliegerkorps. Fin qui il colloquio scivolò senza contrasti. La discussione invece nacque sull'epoca da scegliere per l'esecuzione del progetto. Cavallero rinnovò la proposta di dare la precedenza a Malta piuttosto che a Tobruk, ma il primo a mostrarsi contrario fu Kesselring. Mentre inizialmente proprio lui aveva caldeggiato la conquista di Malta con priorità uno e convinto Hitler, adesso mutò opinione: «Mi rendevo conto abbastanza delle necessità belliche, per comprendere le insistenze di Rommel. Del resto, i preparativi per un attacco contro Malta non erano ancora abbastanza progrediti per permettere un rapido inizio dell'azione (...)» 50•
In effetti, il ragionamento con il quale motivò la tesi era convincente: iniziata la C 3, quasi sicuramente l'sa armata si sarebbe mossa in Libia e le forze aeree dell'Asse, fortemente impegnate su Malta, non sarebbero state in grado di reggere il confronto con la Royal Air Force in Africa. Per contro, attaccando e conquistando prima T obruk si sarebbe posta 1'8a armata nelle condizioni di non poter agire per tutta la durata dell'operazione contro Malta. Keitel e Jodl concordarono in pieno. Cavallero si rassegnò a consentire l'offensiva di Rommel con l'obiettivo limitato di conquistare T obruk e raggiungere la frontiera (durata prevista dallo stesso Rommel: due settimane). Anche Mussolini accettò e Hitler concluse che: «Ritardare le operazioni in Libia significherebbe consentire al nemico di rinforzarsi troppo, mentre l'offensiva su Malta, se differita, non consentirebbe nessun vantaggio all'avversario purché fosse continuamente tenuto sotto pressione. Ed allora occorre fare l'azione in Libia a fine maggio o ai primi di giugno e rimandare l'azione su Malta a metà luglio (...)»; 1•
A questo punto sembrava che le esitazioni di Hitler fossero veramente cadute e che non sussistessero obiezioni sostanziali per il concorso tedesco. Sia lecita qui un'osservazione critica. Nessuno ritenne impossibile sul piano pratico mantenere Malta nelle condizioni precarie in cui versava a fine aprile ancora per due mesi e mezzo, pur ritenendo, a quell'epoca, che gli obiettivi principali dell'offesa aerea non fossero stati raggiunti (Kesselring), che la capacità difensiva dell'isola fosse stata solo parzialmente menomata (l'OKW), che la carenza di nafta ponesse la flotta italiana nella estrema difficoltà di ostacolare, alla lun-
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ga, i rifornimenti via mare da parte britannica (Cavallero). E pur sapendo (tutti) che a brevissima scadenza gran parte della za Luftflotte avrebbe lasciato il Mediterraneo. Il comandante Junge, rappresentante di Raeder alla conferenza, scrisse ad un collega della Seekriegsleitung: « ( ... ) Impressione generale: molto soddisfacente, specie l'atmosfera (la volta scorsa, l'estate passata, non era proprio così). Ci si è messi finalmente d'accordo sulle operazioni in Libia e su Malta. Prima la Libia (alla fine di maggio o al principio di giugno) e poi Malta (a metà luglio)(...) Malta: il Fiihrer approva che la Germania partecipi su larga scala (...) ma, malgrado tale intenzione, la 2 3 flotta aerea deve essere trasferita (...). Kesselring era di opinione che si possa effettuare tale trasferimento senza rischio che gli inglesi riacquistino la supremazia aerea. Bene, staremo a vedere: lui dovrebbe saperlo...»'2•
Proprio Kesselring, molto più tardi, ebbe a dire che il 10 maggio considerò raggiunto il compito assegnato al Il Fliegerkorps: «Sarebbe stato facile - commentò - impossessarsi dell'isola dopo i bombardamenti
aerei. IL non averlo fatto fu un gravissimo errore del Comando italo-tedesco, che dovemmo scontare più tardi»;'. In effetti, la prima decade di maggio rappresentò il punto più basso delle fortune di Malta, ma, a prescindere da questa conoscenza a posteriori, non si vede quale responsabilità possa venir attribuita al Comando Supremo italiano dopo quanto è stato sin qui esposto. Lo sbaglio del Comando Supremo italiano è un altro: l'immenso errore di valutazione strategica di non aver studiato e preparato l'occupazione di Malta almeno durante l'anno di non belligeranza, per eseguirlo il 10 giungo. Cavallero, dunque, appena rientrato a Roma, ordinò al gen. Vecchiarelli, comandante superiore per l'operazione C 3, di ultimare la preparazione entro il 20 giugno.
3. GLI ORIENTAMENTI OPERATIVI BRITANNICI
Il Comitato di difesa del Medio Oriente aveva approvato concordemente la concezione operativa di Auchinleck ed il 7 febbraio comunicò a Londra l'intenzione di arrestare la spinta nemica in corrispondenza di Ain el-Gazala oppure, nel caso peggiore, alla frontiera egiziana. Durante la messa a punto di un robusta posizione difensiva, sarebbe stata organizzata un'offensiva alimentata da T obruk. Però la data approssimativa di inizio dell'offensiva non venne nemmeno adombrata, ed i criteri sui quali si basava l'approntamento della forza d'urto non
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concedevano indicazioni concrete. Occorreva raggiungere una superiorità numerica di carri nel rapporto di 3 a 2, apportare modifiche ai carri di recente arrivo, diminuire i tempi delle riparazioni, disporre di un maggior numero di officine, ecc. Tutte cose che si prestavano a molte discussioni, come infatti accadde. Comunque, le direttive che Auchinleck inviò a Ritchie 1'11 febbraio furono chiare: «Intendo riprendere l'offensiva in Libia non appena possibile, allo scopo di sconfiggere le forze nemiche e di occupare la Cirenaica e, subito dopo, la Tripolitania (...)».
Il documento si dilungò in un'accurata disamina della situazione. Rommel avrebbe potuto attaccare e respingere }'ga armata da Ain elGazala ed anche da Tobruk, precedendo nel tempo la mossa britannica. Ora, Tobruk era essenziale ai fini della riconquista della Cirenaica occidentale; quindi le attuali posizioni dovevano essere tenute ad ogni costo. Nella malaugurata ipotesi che ciò non fosse possibile e si rendesse inevitabile una ritirata, occorreva far di tutto per difendere la piazzaforte, «ma non è mia intenzione continuare a tenerla una volta che il nemico sia in condizioni di investirla efficacemente». In sostanza, nel caso di ripiegamento generale, la progressione dell'Asse sarebbe stata fermata sulla linea Sollum-Maddalena-Giarabub, come precisato nelle direttive 110, diramate il 19 gennaio54• L'atteggiamento difensivo non doveva essere inteso rigidamente. Per la Western Desert Air Force era auspicabile la riutilizzazione degli aeroporti nella zona Derna-Martuba per evidenti motivi; questo, peraltro, avrebbe comportato il raggiungimento ed il saldo possesso della linea Lamluda-Mechili-Bir Tengeder. Ritchie, di conseguenza, doveva studiare un'operazione del genere per effettuarlo non appena consentito dalle circostanze. Si ponevano due soli vincoli: la sicurezza di Tobruk non doveva essere compromessa e non si doveva rischiare il logorio di una serie di insuccessi parziali, pregiudicando in tal modo l'offensiva maggiore. Nel frattempo, un ricorso intenso all'impiego di colonne mobili sarebbe stato opportuno per impedire l'uso delle striscie d'atterraggio avanzate da parte avver. sana. «I vostri compiti - concludeva Auchinleck - sono comunque: a. tenere il nemico più ad ovest possibile di Tobruk, senza correre il pericolo di essere battuti frazionatamente; b. organizzare una forza d'urto con la quale riprendere l'iniziativa per distruggere il nemico in combattimento e poi occupare la Cirenaica quanto più presto possibile;
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c. studiare le possibilità di riconquistare gli aeroporti della zona di DernaMartuba-Mechili ( ...); d......... ; e. evitare che le vostre forze siano investite in Tobruk, nel caso di una ritirata ad est della piazza; f. completare la sistemazione della lìnea difensiva Sollum-Maddalena-Giarabub al più presto ( ...)»;;_
Allegato alle direttive era uno specchio delle forze sulle quali Ritchie poteva presumibilmente contare per la futura offensiva: Comando 13° corpo ........................................... ..... .. . ................................. già disponibile, Comando 30° corpo ........................................... ................................................ già disponibile, 1 a divisione corazzata su: un reggimento autoblindo .................................................................... già disponibile, · ., d'1spom·b'l corazzata ............... ........................................... ..... ................. g1a 1 e, 2 a bngata 22 a brigata corazzata .................................... ............................................ ........... fine maggio, 201 a brigata Guardie ................ ................................................. già disponibile, 7a divisione corazzata su: un reggimento autoblindo ................................................................ fine febbraio, 4 a brigata .corazzata ................ ... .. .. .... ........................................................ primi marzo, · · motorizzata ............ ........................................................................ meta' apn'le, 7 a bngata 10a divisione corazzata su: un reggimento autoblindo ........................................................................ fine marzo, 1 a brigata corazzata .................................................................................................. metà aprile, 8 a brigata corazzata ........................................ ................................................... metà maggio, · ., d'1spom·b'l carn· ...................................................................................................... g1a 1 e, 1 a bngata una brigata motorizzata (ev.) ............................... ..... ... ................... non precisabile, 3a brigata mot. indiana ................................ ..... .................................. ..... ..... metà marzo, 4° reggimento autoblindo sudafr. .................................. ................ già disponibile, 6° reggimento autoblindo sudafr .................. .. .. ................................... ... . fine aprile, soa divisione britannica ............................... ... ......................................... ..... fine febbraio, ·· · ., d'1spom·bile, sudaf ncana ...................................................... ........................... g1a 1 a d'1v1s1one 2 a divisione sudafricana ......... ............................... ......... già disponibile, · ., d.1spom'b'l mot. f rancese .......................................... ... .................................. g1a 1 e. 1a bngata In una lettera personale di accompagnamento Auchinleck prospettò l'eventualità di un errore di valutazione da parte di Rommel. Questi aveva annunciato ai quattro venti di aver messo in fuga le forze britanniche e fatto capire di star preparando una nuova mossa contro i resti della 8a armata. <<Può trattarsi di un bluff - osservò Auchinleck - ma egli può veramente ritenere che noi siamo stati così pesantemente battuti da non essere in grado di opporre una efficace resistenza ad un
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ulteriore sforzo avversario (... )». In tal caso, non era irrazionale sperare che l'errore di valutazione inducesse Rommel ad attaccare con forze inadeguate, offrendo così a Ritchie l'occasione di sfruttare la sorpresas6. Ma il 17 febbraio - due giorni dopo la caduta di Singapore - il gen. Brooke, capo di Stato Maggiore Generale Imperiale, ordinò al comandante in capo del Medio Oriente di mandare la 70a divisione britannica e la 9a australiana a Ceylon ed in Birmania ed avvisò che probabilmente, data la situazione in Estremo Oriente, un'altra divisione della 10a armata sarebbe dovuta tornare in India. «(...) La perdita di tre o quattro divisioni - scrisse - e la consapevolezza di non ricevere più di una divisione dal Regno Unito nei prossimi sei mesi, renderanno il vostro compito molto più difficile. So che i vostri piani per riconquistare la Cirenaica dovranno forse essere abbandonati in favore della difesa della frontiera egiziana(...). L'indebolimento del Medio Oriente non significa che noi minimizziamo la potenziale minaccia sui vostri fronti occidentale e settentrionale durante il 1942. Si tratta di rinforzare le zone dove siamo più immediatamente minacciati (...)» 57 •
Proprio in quel periodo, il governatore di Malta segnalò ai capi di Stato Maggiore le disastrose condizioni in cui versava e chiese che un'iniziativa in Cirenaica alleggerisse la pressione dell'Asse sull'isola. L'interdipendenza fra Malta e lo scacchiere libico era evidente, e Londra venne rapidamente nella determinazione di accelerare la ripresa dell'azione in Africa per concedere ossigeno a Malta. Questa convinta decisione complicò le relazioni fra Churchill ed Auchinleck e condusse presto ad un aspro attrito. Il 26 febbraio, il Premier, che non si capacitava come l'esercito del Medio Oriente, «il quale aveva ormai raggiunto la forza di 630.000 uomini e riceveva continuamente rinforzi, dovesse starsene ozioso così a lungo, gravando in tal misura sul nostro bilancio»58 , pose un esplicito interrogativo ad Auchinleck: «Non vi ho molto importunato in questi giorni critici, ma ora vi debbo chiedere quali siano le vostre intenzioni. In base ai dati che possediamo, voi disponete d'una notevole superiorità in fatto di aerei, di mezzi corazzati e di altro materiale rispetto al nemico. Sembra che ci sia il pericolo che quest'ultimo possa ricevere rinforzi alla stessa vostra velocità o anche più in fretta. Il rifornimento di Malta è causa per noi di crescenti preoccupazioni; ognuno poi può rendersi conto dell'imponenza delle nostre sconfitte in Estremo Oriente. Vi prego di farmi sapere qualcosa. Con i migliori saluti» 59 •
Auchinleck «.allineò in un documento di 1.500 parole», per dirla con Churchill, i motivi che gli imponevano di non affrettarsi. Premes-
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so che le posizioni da Aio el-Gazala a Bir Hacheim consentivano ampia sicurezza e coprivano ottimamente T obruk, base indispensabile per la ripresa dell'iniziativa, si addentrò in un esame comparativo delle opposte forze e possibilità, per finire con l'affermazione che solo a partire dal 1° giugno sarebbe stata raggiunta una ragionevole superiorità e che, pertanto, una mossa prima di tale data appariva irragionevole e pericolosa per l'intero Egitto. Poi riepilogò in quattro punti le sue intenzioni: continuare a riunire ingenti forze corazzate; rafforzare al massimo le posizioni avanzate (Ain el-Gazala-Bir Hacheim-Tobruk) ed arretrata (Sollum-Maddalena) e portare il capolinea ferroviario sino ad el-Adem; ammassare nella zona di Tobruk scorte sufficienti per l'offensiva; cogliere la'prima occasione per un'operazione intesa a rioccupare i campi d'aviazione della zona Derna-Mechili, purché senza pregiudizio per l'integrità del grande sforzo destinato a riconquistare la Cirenaica e senza mettere a repentaglio il possesso di T obruk. La lunga lettera di Auchinleck venne esaminata attentamente dai capi di Stato Maggiore e tutti si mostrarono dell'avviso di non poter accettare un'inerzia che si sarebbe protratta sino a luglio. Il rifornimento di Malta da Gibilterra era diventato proibitivo e quello da Alessandria era legato ad un'avanzata in Cirenaica. D'altra parte, si prevedeva per Malta una gravissima crisi nei primi di maggio, qualora non fosse giunto almeno un convoglio. Soprattutto, non si giustificava il fatto che l'Asse riuscisse a riprendersi dopo un rovescio, mentre il Comando del Medio Oriente incontrava difficoltà. Churchill, poi, era furente: «Un altro br utto lunedì - annotò Brooke nel suo diario, il 2 marzo (...) il Primo Ministro ha compilato un telegramma per Auchinleck con cui lo copre di rimproveri per non aver deciso di attaccare più presto. Pur non potendo conoscere tutti gli aspetti della situazione (...) egli cerca di costringerlo ad attacc;ire prima del momento opportuno e, quel che è peggio, cerca di raggiungere lo scopo con un messaggio offensivo. Grazie al cielo siamo riusciti a fermarlo ed a rivederne il testo»60•
Fra le frasi tolte da Brooke figuravano espressioni come «le armate non sono create per star senza far niente>) e «i soldati son fatti per combattere,): Churchill non stava a pesare molto le parole. In definitiva, il dispaccio «purgato)> ribadiva l'assoluta necessità di far giungere a Malta almeno un convoglio entro marzo-aprile e rilevava che l'apprezzamento della situazione fatto al Cairo era probabilmente viziato da una supervalutazione delle disponibilità di carri da parte italo-tedesca. Secondo i capi di Stato Maggiore, un'offensiva contro Rommel nelle settimane seguenti era «imperativa», non soltanto per la salvezza di Malta,
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ma altresì perché l'Asse era inferiore in risorse. Senza dirlo, si temeva che.nel Comando in capo del Medio Oriente prendesse piede una mentalità difensiva. Il fatto era che esistevano anche problemi di persone. Il 21 febbraio, Brooke era tornato, su pressione di Churchill, sulla proposta di un cambio del capo di Stato Maggiore, il gen. Dorman-Smith, avanzata sin dal-6 febbraio. L'incarico, aggiunse, poteva essere affidato a Ritchie od al gen. Galloway, e l'sa armata, per esempio, al gen. Beresford-Peirse. Per quanto concerneva Dorman-Smith non sussistevano molte difficoltà. Benché assolutamente contento del suo operato, Auchinleck conveniva sull'opportunità di un avvicendamento, ma in suo luogo chiedeva il gen. Corbett, comandante del 4° corpo d'armata indiano in Iraq. «Non voglio togliere Ritchie dall'8a armata - spieghò - nelle attuali circostanze. Egli ha preso in pugno la situazione, sa cosa fare ed ha la capacità di farlo, penso. Beresford-Peirse non ha la levatura di un comandante di armata e presenta decise limitazioni (. ..)».61 • Ma Auchinleck
non conosceva l'esito della missione da lui stesso affidata a DormanSmith. Il 16 lo aveva inviato all'sa armata ufficialmente per controllare la tecnica di Stato Maggiore nei Comandi, ma in realtà per formarsi un'idea chiara dell'atmosfera. Dorman-Smith si trattenne per parecchi giorni fra le divisioni e ricavò dal suo giro un quadro poco consolante; in altri termini: «uno scontento generale tra gli alti gradi per la condotta di Ritchie ed un modo di trattare l'organizzazione e la tecnica sciatto e dilettantistico)). Tornato al Cairo, ebbe modo di parlare con Godwin-
Austen e conoscere anche i retroscena della richiesta di dimissioni. Quindi si presentò a riferire. Auchinleck lo invitò ad una colazione a due sulle rive del lago Fayum, per trattare l'argomento in assoluta libertà. Il resoconto di Dorman.-Smith fu assai esplicito, così come lo fu il suo giudizio: Ritchie, a suo avviso, non aveva «una mente sufficientemente agile né immaginazione adeguata per un Comando come quello»
e ne propose l'esonero, richiamandolo al Cairo come sottocapo di Stato Maggiore. Auchinleck, che non si aspettava un quadro tanto poco brillante, rimase molto scosso, ma si trovò con le mani legate: «Ho già liquidato un comandante d'armata. Liquidarne un altro nello spazio di tre mesi potrebbe ripercuotersi sul morale»62 • E Ritchie rimase. Un'altra
sostituzione importante fu quella del capo servizio informazioni, il molto criticato (anche a Londra) per il suo ottimismo gen. Shearer, al cui posto venne chiamato il col. de Guingand. All'arrivo del gen. Corbett (30 marzo), Dorman-Smith rimase come sottocapo di Stato Maggiore.
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C'era da rispondere a Brooke, ed Auchinleck lo fece con meticolosità polemica, rifacendosi anche ad un precedente dispaccio, col quale era stato sollecitato a tentare di impossessarsi delle strisce di atterraggio della Cirenaica occidentale nel successivo periodo di luna piena, per cooperare al felice arrivo di un convoglio a Malta: «( ..) Il para. 2 del vostro messaggio del 27 febbraio è assolutamente gratuito ed implica che
io ed i miei ujfu:i.ali si.amo incompetenti. Per vostra informazione, i fatti sono questi ( ..)». I «fatti» erano costituiti dalla situazione dei carri armati. In gennaio il Medio Oriente aveva ricevuto 126 tanks: 48 Grant, 76 Stuart, 2 Crusader, nessun Matilda e nessun Valentine. I mezzi abbisognevoli di riparazione erano 528, di cui 273 già in officina; complessivamente, quindi, i carri esistenti, efficienti o non, ammontavano a 1.315. « Voi sapete - continuava - che molti altri fattori(..) influiscono
sulla preparazione delle unità per la battaglia ed io vi sarò grato se lo spiegherete ai capi di Stato Maggiore ed al Ministro della Difesa» 63 • A questa risposta personale seguì la nota ufficiale dei comandanti in capo: dal punto di vista navale ed aereo nulla c'era da guadagnare e molto da perdere aspettando; ma la battaglia in argomento era essenzialmente terrestre e l'8a armata non era pronta. Una offensiva prematura, per salvare Malta, avrebbe potuto condurre alla distruzione delle unità corazzate in corso di approntamento e, di conseguenza, mettere a repentaglio la sicurezza dell'Egitto e quindi del Medio Oriente. Valeva la pena? Era inevitabile il determinarsi di una forte tensione. I capi di Stato Maggiore si urtarono e Churchill trovò il loro assenso a convocare subito Auchinleck a Londra per fornire chiarimenti, specialmente in fatto di mezzi corazzati. L'interessato replicò bruscamente che nelle presenti circostanze non si sentiva di lasciare il Medio Oriente. La situazione strategica era, infatti, così fluida e suscettibile di rapidi cambiamenti che egli non poteva delegare la propria responsabilità a chicchesia. D'altra parte, aveva fornito tutte le indicazioni atte a lumeggiare le disponibilità ed il suo viaggio a Londra non avrebbe certo reso possibile l'anticipo dell'offensiva. Se ritenuto inutile, avrebbe inviato in sua vece il capo ufficio operazioni per spiegare gli aspetti particolari. Poi, qualche giorno dopo, avanzò l'idea che Brooke e, possibilmente, anche il maresciallo dell'Aria Portai, capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, venissero loro al Cairo od a Bagdad per una conferenza, alla quale sarebbe stata opportuna la partecipazione di Wavell, comandante in capo dell'India. Il rifiuto di Auchinleck ed il suo suggerimento furono visti piuttosto negativamente dai capi di Stato Maggiore e formarono oggetto di
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comunicazione a Churchill. «Comunque egli mi ha telefonato dai Chequers - annotò Brooke - ed ho dovuto parlare personalmente con lui della cosa. Era su tutte le furie ed ancora una volta ha proposto di rimuo· vere A uchinleck dal comando»64 • Nonostante l'azione frenante di Brooke, che dal 9 marzo era diventato anche presidente del Consiglio dei capi di Stato Maggiore, Churchill non era il tipo da non voler far pesare la propria irritazione e mandò al Cairo due dispacci, uno più aspro dell'altro. Il 15 marzo telegrafò: «Il vostro rapporto del 27 febbraio continua ad essere causa qui al centro delle più varie preoccupazioni sia per i capi di Stato Maggiore sia per il Comitato di Difesa. Mi spiace perciò vivamente che non possiate venire in patria per consultazioni. Il rinvio cui pensate metterà in pericolo la sicurezza di Malta; inoltre non è affatto certo che il nemico non possa ricevere rinforzi più rapi· damente di noi, così che dopo aver tanto atteso vi troverete in una situazione su per giù identica, o magari peggiore. Le vostre perdite sono state assai inferiori a quelle del nemico, il quale tuttavia continua a combattere; per esempio, la 7• divisione corazzata è stata ritirata nella zona del Delta per riorganizzarsi, sebbene le sue. perdite siano state inferiori a quelle della 15 a e della 21 a divisione tedesche, che vi inseguirono con tanta energia. È attesa tra breve una violentissima controffensiva tedesca sul fronte russo; si riterrà perciò intollerabile che i 635.000 uomini (senza contare quelli di Malta) in forza alle vostre dipendenze debbano rimanere inoperosi per prepararsi ad un'altra grossa battaglia per il mese di luglio. Una limitata offensiva contro Derna, per la quale lasciate qualche speranza, avrebbe anche il vantaggio in ogni modo di impegnare il nemico, costringendolo a consumare vite umane, munizioni, carri armati ed aerei. In tal caso, se le vostre forze corazzate sono sconfitte, voi vi ritirate nella vostra zona difensiva. Se invece sconfiggete le forze corazzate nemiche, nessuno qui al centro riesce a capire perché non dobbiate sfruttare il successo, spingendovi più avanti (...). Ho fatto il possibile per fornirvi durante tutta la guerra aiuti continui, anche se a carissimo prezzo. Sarebbe per me motivo di dolore profondo dover constatare che l'intesa reciproca è venuta meno. Per evitare ogni malinteso, ho chiesto a sir Stafford Cripps di sostare per un giorno al Cairo verso il 19 od il 20 di questo mese, durante il suo viaggio alla volta dell'India, e di sottoporvi il punto di vista del Gabinetto di guerra. Sarà con lui il generale Nye che si reca al Cairo per proprio conto ed è perfettamente al corrente dell'opinione dei capi di Stato Maggiore. Per il momento il capo di S.M.G.I. non può lasciare l'Inghilterra»61.
Non soddisfatto, il 17 fece un seguito: «Al mio messaggio del 15 marzo avrei dovuto aggiungere la seguente con· siderazione. Se, in seguito a tutte le nostre discussioni, si deciderà che dobbiate rimanere sulla difensiva sino a luglio, sarà necessario prendere immediatamente in considerazione il trasferimento di almeno quindici squadriglie [recte: gruppi] aeree dalla Libia nel Caucaso, per sostenere l'ala sinistra russa»66 •
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Cripps inviò il suo rapporto il 21 marzo. Comunicò di essere
«assai soddisfatto dell'atmosfera che regna al Cairo dopo i nostri colloqui» e cercò di versare molta acqua sul fuoco: forse Auchinleck aveva esagerato le incertezze della situazione, ma adesso era deciso a superare le difficoltà. Aveva bisogno di tranquillità e... di «un breve telegramma
amichevole per assicurarlo che riceverà tutti gli aiuti necessari per colpire l'obiettivo al momento stabilito»67 • Il rapporto conteneva anche un importantissimo elemento, la data che, secondo Auchinleck, avrebbe segnato l'inizio della sospirata offensiva: metà maggio. Seguiva una lunga nota di particolari tecnici elaborata separatamente dal gen. Nye, sottocapo di Stato Maggiore Generale Imperiale, il quale aveva portato seco
«una formidabile lista di questioni relative a quasi tutto, dal potenziale delle forze corazzate all'età media dei loro comandant/>8• Quanto l'esito della missione abbia soddisfatto Churchill, si può desumere dal messaggio che il 22 marzo indirizzò a Nye, ancora al Cairo: «Ho avuto notizia dal Lord del Sigillo Privato. Non mi meraviglio affatto che tutto vada così liscio; pare infatti che abbiate approvato tutto ciò che vi è stato detto, col che tutti noi veniamo ad accettare l'inattività dell'esercito e la probabilità di perdere Malta, mentre i russi resistono disperatamente alla controffensiva tedesca e mentre il nemico sta ricevendo rinforzi in Libia più rapidamente di noi. Non affrettatevi a ritornare, ma andate a fondo nelle questioni dell'efficienza e dell'armamento dei carri armati, e dell'impiego della mano d'opera nel Medio Oriente (...}»69 •
Il 24 Brooke annotò sul diario: «È davvero estenuante questo dover proteggere continuamente Auchinleck! » . Churchill era sempre più furibondo: aveva pensato di sostituire Auchinleck con il mar. Gort, governatore di Gibilterra (che il 7 maggio sarà invece mandato a Malta a succedere all'esausto gen. Dobbie), con Nye, con il gen. Alexander, comandante delle truppe inglesi in Birmania, oppure di richiamare Wavell dall'India, ma Brooke lo persuase a rimandare ed a pazientare. «Non è stato facile - mise poi in guardia Auchinleck - convincere il
Primo Ministro ed il Comitato di Difesa della necessità di una dilazione e sono certo che qualsiasi ulteriore rimando non verrebbe accettato senza schiaccianti motivi da parte vostra»70 • Tuttavia, allo Stato Maggiore Generale Imperiale c'era chi dubitava della reale intenzione di Auchinleck di dare battaglia: leggendo fra le righe dei telegrammi di Auchinleck commentò il 7 aprile il gen. Kennedy, capo reparto operazioni - io non credo che lo farà, quanto meno in maggio»71• Fu un buon profeta. Auchinleck sapeva di dover affrontare anche un non semplice problema di carattere psicologico. Lo fece con un tocco di senso dell'umo-
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rismo. Il 30 marzo indirizzò ai principali comandanti e capi servizio una lettera singolare che cadrà in mano tedesca solo alla fine di luglio: «Sussiste il grave pericolo che il nostro amico Rommel diventi uno spauracchio per le truppe britanniche e solo perché si parla tanto di lui. Per quanto energico e capace, Rommel non è un superuomo e, ammesso pure che lo sia, sarebbe veramente spiacevole se i nostri soldati gli attribuissero doti soprannaturali. Io vi esorto ad intervenire con tutti i mezzi disponibili per sfatare questa leggenda. Rommel non è altro che un normale generale tedesco, ed anche piuttosto scomodo, come si è potuto apprendere dalla viva voce dei suoi ufficiali. Anzitutto bisogna accuratamente evitare di nominarlo, quando si vogliono indicare le forze nemiche in Libia. Ci si potrà riferire ai tedeschi, alle Potenze dell'Asse, all'avversario, ma senza mai citare Rommel. Vi prego di assicurarvi che questo mio ordine venga eseguito e che tutti i comandanti ed i capi di Stato Maggiore siano convinti di quanto da me disposto. C.J. Auchinleck P.S. Personalmente non sono affatto geloso di Rommel».
* ·~ * L'indirizzo strategico anglo-americano tracciato nella conferenza Arcadia prevedeva la difensiva nel Pacifico e l'offensiva oltre Atlantico, nel presupposto che i giapponesi fossero tenuti lontani da aree vitali, come il golfo del Bengala, e che le perdite di naviglio fossero contenute. La necessità di fronteggiare con urgenza la dilagante avanzata nipponica e le forti perdite dei trasporti marittimi in acque americane ad opera degli U-Boote, indussero ad accantonare l'operazione Super Gymnast. Il nuovo piano fatto preparare dal gen. Marshall, capo di Stato Maggiore dell'esercito e presidente dei Capi di Stato Maggiore riuniti, prevedeva l'invio in s::;.ràn Bretagna di due o tre divisioni corazzate entro l'estate. Nella primavera del 1943 era programmato l'afflusso di altri 400.000 uomini; tuttavia, se le condizioni dell'URSS fossero apparse gravissime si poteva tentare di metter piede in Francia già nell'estate 1942 (operazione Sledgehammer). La testa di sbarco così creata sarebbe stata tenuta tutto l'inverno 1942-43, sino all'invasione in grande stile (operazione Round-up). È noto che il pensiero britannico si trovava molto lontano dal condividere un'idea del genere: la carenza di navi da trasporto e di mezzi da sbarco escludeva che non solo il 1942, ma persino il 1943 potesse offrire possibilità di attuazione. E quanto alla resistenza tedesca, ove questa non fosse stata prima seriamente indebolita, un'invasione della Francia avrebbe avuto ben poche probabilità di successo.
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Durante l'intero mese di aprile tutta l'attenzione di Churchill e dei suoi collaboratori si concentrò su due argomenti (a parte Malta): lo sbarco oltre Manica proposto da Marshall per il prossimo settembre e l'apparizione della flotta giapponese nell'Oceano Indiano. L'apertura del fronte occidentale, alla quale inclinava anche Churchill che avrebbe attaccato ovunque72, era vista con estremo scetticismo da Brooke: «(...) tutta la forza che [gli USA] potranno trasportare per quell'epoca - annotò nel diario il 9 aprile - consiste soltanto in due divisioni e mezzo. Non un grande contributo, in verità. Inoltre non hanno la minima idea 3 delle complessità che il loro piano comporta (..),/ • Ad ogni modo il 14 aprile ebbe luogo una riunione fra i principali esponendi britannici e gli invi·ati americani, nella quale venne accettato, in linea di massima, il proposito di realizzare l'invasione «probabilmente nel 1942, certamente nel 1943»74 • Se Churchill ed Harry Hopkins, rappresentante personale di Roosevelt, si mostrarono convinti di aver raggiunto il pieno accordo, Marshall non si lasciò ingannare, sia perché Brooke gli aveva fatto comprendere a chiare note come la difesa dell'Oceano Indiano stesse al primo posto, sia perché i capi di Stato Maggiore britannici si erano, con intenzione, limitati a prendere in considerazione la possibilità di sbarcare in Francia nel 1942 o nel 1943 all'esplicita condizione che le circostanze apparissero tanto favorevoli da garantire il successo. «Marshall (. ..) - commentò Brooke - sta diventando popolare presso tutti i militari che smaniano per una politica di attacco. Ma, e questo è veramente un gran male, il suo piano non va oltre lo sbarco sulla costa. Se poi non si debba giocare a baccarat o a chemin-defera Le Tot,14t,1.et non è stabilito. Questo pomeriggio gli ho domandato: «Dopo sbarcati dove 75 andiamo, a ovest, a sud o ad est?». Non ci aveva ancora pensato» • Fu così che, almeno per il mese di aprile, Auchinleck poté attendere con calma ai suoi preparativi. Il 21 marzo aveva compilato per Ritchie una nota sull'offensiva in Libia, ponendo in evidenza alcuni concetti, ormai praticamente scontati: primo obiettivo era la conquista della Cirenaica occidentale; per raggiungere tale obiettivo occorreva prima distruggere l'armata nemica e poi tenere la zona di el-Agheila con sufficienti truppe; l'offensiva doveva essere sferrata non appena possibile, ma affinché esistesse una raginevole probabilità di successo era necessaria una superiorità in carri del 50%; un'offensiva limitata al raggiungimento dei campi di aviazione della zona Derna-Martuba comportava ugualmente una superiorità in carri del 50% ed era da vedersi 76 soltanto se realizzabile prima di quella in grande stile • Il confronto stimato dal Comando in capo dava questi elementi:
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al 1° aprile: caso migliore ......................................... 300 caso peggiore ......................................... 300 al 15 maggio ................................................. 450 al 1° giugno .................................................. 600
cruisers cruisers cruisers cruisers
contro contro contro contro
350 500 650 650
carri carri carri carri
Asse Asse Asse Asse
Dalla situazione britannica erano esclusi 150 Matilda e 'Valentine, perché non sufficientemente manovrieri. Dopo molte discussioni si convenne sull'assoluta necessità di impedire che Rommel potesse sfuggire in Tripolitania. Egli doveva essere indotto ad attaccare dove più conveniente per i britannici, anziché viceversa. La contromossa dell'8 a armata, diretta a sud delle posizioni italo-tedesche sì da costringere il nemico a battersi lontano dagli organi di rifornimento, mirava a Bengasi. Non esistevano problemi per le forze di fanteria reputate occorrenti; le difficoltà sorgevano, invece, per quelle corazzate, volendosi disporre di una superiorità di 3 a 2, e partire col 50% di mezzi in riserva. Naturalmente, se l'avversario avesse ricevuto più carri di quanto previsto, c'era il rischio che egli attaccasse prima che l'8a armata avesse raccolto la massa di cruisers desiderata. Una seconda nota di Auchinleck in data 20 aprile tracciò un piano sommario. Anzitutto venivano contemplate tre azioni d'inganno preliminari: una contro Tmimi (già svolta il 21-22 marzo), una contro Bir T engeder e la terza contro il tratto Bir T emrad-Tmimi. L'operazione vera e propria si articolava in quattro fasi. Fase A: attacco al settore Bir Temrad-Gasr el Ambar con una D.f. rinforzata da carri I, allo scopo di inchiodare l'avversario sulle sue posizioni e distrarne l'attenzione dalla fase successiva. Fase B: costituzione di due o tre «aree difese» a livello di brigata, ad opera di un'altra D.f., anch'essa rinforzata da carri I, con un leggero sfalsamento di tempo rispetto alla precedente, allo scopo di realizzare perni di manovra per l'intervento delle unità corazzate. Se il nemico avesse prodotto il suo sforzo durante la fase B, le cose non sarebbero cambiate. Naturalmente le unità corazzate britanniche avrebbero, sin dall'inizio, assunto una dislocazione tale da consentire il contrattacco in condizioni di favore. Fase C: completamento della Fase B con una terza D.f., sempre rinforzata da carri I, per assicurare una base avanzata nei pressi di Bir Ben Gania, sul Trigh el-Abd. Fase D: afflusso di riserve e rifornimenti a Bir Ben Gania per consentire ad una forza d'urto di volgere su Bengasi o verso la zona Antelat-Saunnu oppure, se suggerito dagli eventi, su el-Mechili.
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A conti fatti, occorrevano: una D.f. ed una B. carri I per l'azione a nord; una D.f. con un battaglione carri I a protezione della linea dei rifornimenti; una D.f. con una B.f. ed un battaglione carri I per tenere l'area Ain el Gazala-Tobruk-Bir Hacheim; un distaccamento di fanteria ed autoblindo a Giarabub; una B.f. motorizzata a protezione dei campi di aviazione avanzati; due o tre D.cor. ed una D.f. per la forza d'urto. In totale: 4 divisioni di fanteria, 2 brigate di fanteria ed una motorizzata, 2-3 divisioni corazzate77• Tale il calcolo fatto da Auchinleck. Ma a questo punto scoppiò una bomba. Il 23 aprile i capi di Stato Maggiore inviarono a tutti i comandanti in capo oltremare un apprezzamento della situazione generale dal quale risultava l'eventualità che, prosegu'endo rapidamente verso occidente la vittoriosa progressione nipponica, l'India venisse a trovarsi in grave pericolo e le comunicazioni marittime, nonché la stessa sicurezza del Medio Oriente, minacciate. Auchinleck discusse il documento al Comitato di difesa del Medio Oriente: «Questo mi sembra - esordì - che ci imponga un completo riesame del nostro attuale orientamento strategico». E cominciò ad elencare una serie di fattori negativi del teatro d' operazioni: le forze navali così deboli da reputare molto dubbio che fossero in grado di fermare l'imminente supremazia navale nemica nel Mediterraneo orientale; le forze aeree nelle condizioni di non poter assicurare la superiorità sui fronti settentrionale ed occidentale, ove questi diventassero attivi contemporaneamente, e nemmeno di opporsi con successo ad un seriò attacco dell'aviazione dell'Asse contro le basi egiziane; le possibilità veramente problematiche di salvare Malta e, di conseguenza, di impedire l'afflusso di rinforzi all'armata italo-tedesca in Libia; le forze terrestri ancora troppo incomplete per parare un potente sforzo contro la Siria o l'Iraq e nello stesso tempo tenere il fronte cirenaico.contro un attacco di Rommel; l'inevitabile certezza che il Medio Oriente avrebbe dovuto contare semplicemente su quel che aveva, visto che ogni disponibilità sarebbe stata avviata in India. «Questa esposizione della situazione - disse Auchinleck - può essere considerata pessimistica, ma è reale e bisogna farvi fronte» e, dopo una lunga dissertazione su varie ipotesi relative all'intero teatro, venne al dunque: «Sono costretto, quii ndi, a concludere con estrema riluttanza che nelle presenti critiche circostanze noi non possiamo permetterci di sferrare un'offensiva in Libia, ma al contrario dobbiamo concentrare tutti i nostri sforzi per incrementare gli apprestamenti difensivi nell'intero Medio Oriente, e nello stesso tempo cedere le risorse di cui possiamo fare a meno a beneficio dell'India (...)»78.
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Poi sottopose al Comitato una bozza di telegramma per i capi di Stato Maggiore, riepilogante quanto detto. La bozza non fu approvata ed il 3 maggio venne spedito un altro testo, ma con le stesse conclusioni. A complemento del dispaccio, Auchinleck mandò a Brooke una lunghissima lettera di spiegazioni, però non immaginava neppure lo scalpore che il telegramma avrebbe suscitato. Churchill era furibondo. La prima cosa che fece fu di pretendere la sua immediata sostituzione con Alexander. Brooke riuscì a calmarlo con molta fatica, pur concordando nel giudicare inappropriate le risultanze della valutazione fatta al Cairo. La posizione di Malta si era aggravata e le misure in corso per difendere Ceylon e l'India sembravano sufficienti, perciò l'inizio di un'offensiva in Libia era ancor più desiderato. Churchill si frenò e rispose ad Auchinleck ringraziando per «l'of
/erta di indebolire ulteriormente il Medio Oriente per far fronte al pericolo indiano», sottolineando che il maggior contributo che egli potesse dare alla guerra nel suo complesso consisteva nel battere il nemico in Cirenaica, e confidando che le direttive in materia trasmesse da Londra avrebbero avuto «·piena esecuzione per la data da voi citata>> a Sir Stafford Cripps79• Stava diventando un dialogo fra sordi. Il 6 maggio, quando giunse la replica del Cairo, Churchill esplose nuovamente e per l'ennesima volta chiese la testa di Auchinleck. Le argomentazioni di questi, in effetti, non potevano riuscire gradite: il confronto più recente fra le opposte forze corazzate rendeva ingiustificabile l'offensiva prima di metà giugno. Iniziando in anticipo esisteva il grosso rischio di logorarsi in successi parziali ed andare incontro ad un grave rovescio finale a causa dello sfavorevole rapporto di carri. Lo stesso Brooke fu scontento di un discorso basato «esclusivamente sul numero dei carri armati» e che non teneva conto della situazione strategica. Comunque 1'8 maggio, alla riunione pomeridiana del Gabinetto di guerra, sostenne di non reputare opportuno ordinare ad Auchinleck di muovere il 15 maggio contro il suo parere. Piuttosto, gli si poteva dare tempo sino al 15 giugno, invitandolo a coordinare l'operazione con l'invio di convogli a Malta ed a tenersi pronto a trarre vantaggio da un'eventuale offensiva di Rommel. Questa ipotesi, infatti, stava facendosi lentamente strada. Fino a metà aprile le autorità di Londra, benché al corrente e preoccupate dal ritmo col quale l'Asse incrementava i rifornimenti alla Libia, non avevano pensato che Rommel potesse diventare così forte da riprendere presto l'iniziativa. Qualche notizia era stata colta da documenti diplomatici intercettati circa una grandiosa operazione italo-tedesca dalla
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Libia e dal Caucaso, ma sempre che l'URSS fosse stata annientata e Malta occupata. Inoltre, il 10 marzo la macchina decifrante Ultra «tradusse>> un dispaccio tedesco cifrato con la codificatrice Enigma con il quale il Fliegerfuhrer ordinava di fotografare le fortificazioni di T obruk e comunicava che il Comando della Panzerarmee chiedeva informazioni su tutte le fortificazioni, le postazioni controcarri, le installazioni di depositi d'acqua esistenti fra la frontiera e Suez. Tuttavia, si trattava di dati informativi ancora non probanti perché isolati. Fu nella seconda metà di aprile che il servizio informazioni militare britannico a Londra si persuase, studiando i rapporti situazione provenienti dal Cairo, ch e Rommel stava preparando un'offensiva che avrebbe potuto anche lanciare prima di quanto fosse possibile immaginare. L'ipotesi venne seguita con la massima attenzione sfruttando le decrittazioni dei messaggi Enigma. Il 24 aprile fu conosciuto un commento di Kesselring circa l'impossibilità britannica - riferita dall'addetto militare americano al Cairo a quello di Roma - di riprendere l'avanzata su Bengasi prima dell'inizio di giugno: « Visto che ciò non è possibile prima di giugno - diceva Kesselring - dopo sarà troppo tardi»; il 25 aprile si seppe che una brigata paracadutisti tedesca doveva essere pronta per la fine di maggio per «operazioni contro l'armata britannica e l'attacco a Tobruk»; il 22 aprile era stata intercettata la notizia che l'Afrikakorps avrebbe ricevuto 80 Panzer entro maggio; il 30 aprile fu conosciuto l'elenco dei rifornimenti chiesti dalla Panzerarmee con le rispettive priorità e la precisazione che essi giungessero in Cirenaica prima della fine di maggio. Tutto ciò poteva anche indicare un'operazione contro Malta, ma che proprio si riferisse allo scacchiere libico-egiziano fu presto evidenziato dalla notizia del ritiro di reparti della Luftwaffe dalla Sicilia. Rimaneva qualche dubbio sull'entità dei rifornimenti ammassati dall'armata italo-tedesca, tuttavia il 2 maggio anche questa incertezza venne rimossa. Si seppe che l'unità di consumo carburanti della Panzerarmee sarebbe stata aumentata in modo sostanziale a partire dal 1° giugno. Il servizio informazioni britannico ne trasse la conclusione che i tedeschi attendevano altri mezzi corazzati e ruotati e sufficiente carburante per essi e, a conti fatti, stimò che Rommel avrebbe avuto benzina sufficiente per 38 giorni di operazioni. Da allora si susseguirono le conferme. L'8 maggio era accettata la previsione che l'attacco contro Tobruk avrebbe avuto luogo probabilmente nella terza settimana di maggio e che un'avanzata verso il Delta sarebbe stata impossibile durante l'estate a causa della limitata disponibilità di benzina rimasta a Rommel dopo la metà di giugno80•
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Churchill dunque, in base a tutto questo, redasse personalmente una lettera per Auchinleck: «(...) Siamo unanimi nel ritenere che, nonostante i rischi da voi citati, sarebbe bene che attaccaste il nemico e lo impegnaste in una battaglia di grandi proporzioni, se è possibile durante il mese di maggio e tanto meglio se prima. Siamo pronti ad assumerci la piena responsabilità per queste istruzioni di carattere generale, lasciando a voi la necessaria libertà per la loro esecuzione. Nel far ciò, voi terrete certamente conto del fatto che può darsi che il nemico stia pensando esso pure di attaccare nei primi giorni di giugno»81 •
Ma il Comitato di difesa del Medio Oriente non volle ancora cedere e ribatté che l'eventuale caduta di Malta non avrebbe necessariamente influito sulla sicurezza dell'Egitto, purché i rifornimenti attraverso l'Oceano Indiano non fossero stati interrot ti. D'altro canto, era da discutere se la riconquista della Cirenaica avrebbe restituito a Malta il suo potere offensivo, dopo i tremendi bombardamenti aerei subiti. A parte ciò, gettarsi contro le truppe dell'Asse con insufficienti forze corazzate poteva tradursi nella quasi completa distruzione di queste ultime e senza di esse l'Egitto non poteva essere garantito: «Noi riteniamo ancora - terminava il dispaccio - che il rischio per l'Egitto, costituito dalla distruzione alla spicciolata delle nostre forze corazzate che può risultare da una prematura offensiva, possa essere più serio e più immediato di quello conseguente dalla possibile perdita di Malta, per quanto grave questo risulti» 82 •
Peraltro il Comitato riconosceva l'esistenza di indizi che facevano considerare possibile un attacco avversario alle forti posizioni difensiva di Ain el-Gazala: ebbene, in tal caso non era da escludere un logorio della massa corazzata italo-tedesca tale da consentire alle unità carriste britanniche un contrattacco risolutore. Di fronte a simile presa di posizione i capi di Stato Maggiore si convinsero che la visione strategica del Cairo non era la più corretta. Decisero, comunque, di concedere una dilazione in modo da consentire di giocare la carta del contrattacco di sorpresa ove Rommel avesse anticipato il proprio tentativo di prendere T obruk. La partenza del convoglio per Malta programmata per giugno doveva segnare, però, il termine ultimo. Il 10 maggio Churchill spedì un neppur troppo velato ultimatum: « 1. I capi di Stato Maggiore, il Comitato di Difesa ed il Gabinetto di Guerra hanno esaminato nuovamente l'intera situazione. Siamo decisi ad impedire che Malta cada senza che prima tutto il vostro esercito abbia combattuto strenuamente per la sua difesa( ...). Il suo possesso offrirebbe al nemico un ponte
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sgombro e sicuro per le comunicazioni con l'Africa, con tutte le conseguenze che ne derivano. La sua perdita interromperebbe la rotta dalla quale tanto il Medio Oriente, quanto l'India devono dipendere per una parte cospicua dei loro rinforzi aerei. Inoltre, essa comprometterebbe qualsiasi offensiva contro l'Italia e i piani per future operazioni, come l'Acrobat ed il Gymnast. A paragone di questi disastri, noi consideriamo i rischi che voi potreste affrontare per_ la sicurezza dell'Egitto decisamente inferiori, e pertanto li accettiamo. 2. Insistiamo perciò sul punto di vista già illustrato, con questa specificazione: la data più remota che noi possiamo accettare per impegnare il nemico dev'esser tale da favorire il passaggio del convoglio previsto per il periodo di giugno senza luna (...)»82 •
Era la scelta fra l'esecuzione dell'ordine o le dimissioni. Passò una settimarta di silenzio e Churchill, che mordeva il freno, il 17 maggio sollecitò un chiarimento. Due giorni dopo, Auchinleck inviò la risposta: «1. Intendo eseguire le istruzioni contenute nel para. 2 del vostro messaggio del 10 maggio. 2. Presumo che il vostro telegramma non voglia chiedere soltanto un' operazione diversiva intesa a favorire il convoglio di Malta, ma che l'obiettivo principale di un'offensiva in Libia continui ad essere la distruzione delle forze nemiche e l'occupazione della Cirenaica come premessa per l'eliminazione finale del nemico dalla Libia. Se la mia interpretazione è errata, io dovrei essere informato subito, poiché i piani per un'offensiva di grosse proporzioni sono del tutto diversi da quelli destinati semplicemente a creare un'operazione diversiva. Io continuo nel presupposto che la mia ipotesi sia esatta. 3. (...) la scelta del momento per l'inizio dell'offensiva sarà dominata da tre considerazioni: primo, la data di partenza del convoglio; secondo, l'attività del nemico da questo momento sino allora; terzo, il rapporto di forze aeree tra il nemico e noi. Tutti questi elementi sono ora oggetto, al mio Quartier Generale, di attento e continuo esame. 4. Ci sono molti segni che il nemico intenda attaccarci in un prossimo futuro. Se egli attacca, la nostra azione futura dovrà essere determinata dai risultati della battaglia e non può essere prevista in questo momento. 5. Supponendo che il nemico attacchi per primo, è mia intenzione che il generale Ritchie scateni l'offensiva in Libia alla data che meglio si accordi con l'intento di distrarre il massimo di forze nemiche per aiutare il convoglio di Malta e che contemporaneamente assicuri il massimo grado di preparazione da parte delle forze impiegate nell'attacco(...)».
Auchinleck aggiunse che si riservava di determinare la «misura di compromesso» tra le due contraddittorie esigenze e che, considerato l'esiguo margine di superiorità in fatto di aerei e mezzi terrestri, il successo non poteva essere considerato sicuro e, comunque, non sarebbe stato né rapido né spettacolare. Perciò chiedeva che nessuna pubblicità circondasse l'operazione, se non dopo il suo inizio84• A Londra c'era una sostanziale tranquillità: pur dando ormai scon-
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tata l'offensiva di Rommel, si reputava che questi, con le risorse disponibili, potesse sperare al massimo di respingere 1'8a armata alla frontiera egiziana e nulla più. Di conseguenza, il Premier assicurò immediatamente circa l'esattezza dell'interpretazione data al suo dispaccio: era gi.unto il momento per una prova di forza. Pur rendendosi conto, naturalmente, che la vittoria non poteva essere garantita, la fiducia in Auchinleck e nell'8a armata rimaneva intatta, ma... «Personalmente sarei ancor più fiducioso qualora assumeste voi stesso il comando diretto, come avete già fatto a Sidi Rezegh. Su questo punto, però, non intendo premere su di voi in alcun modo>>85 • Le cose non erano andate affatto così all'inizio di Crusader: Churchill cercava di essere convincente. Com'è ovvio Auchinleck rifiutò: «(...) Sebbene desideri vivamente assumere di persona il comando in Libia, ritengo che ciò non sia opportuno. Ho esaminato la possibilità con la massima attenzione ed ho concluso che sarebbe per me difficilissimo mantenere un giusto senso delle proporzioni se mi trovassi sommerso dai problemi tattici sul fronte libico. Ritengo che possa verificarsi quasi in ogni momento una situazione in cui dovrò decidere se potrò continuare a rafforzare e ad alimentare l's• armata senza seri ostacoli o se piuttosto non dovrò costituire riserve nelle retrovie e prendere in considerazione il rafforzamento del nostro fronte settentrionale, che sto ora indebolendo per fornire al generale Ritchie tutto l'aiuto possibile. Nel dubbio ritengo che il mio posto sia qui; spero tuttavia che voi possiate contare sulle mie capacità di adattarmi alla situazione e di afferrare il timone in caso di necessità. Mi mantengo in strettissimi rapporti col generale Ritchie e perciò sono sempre al corrente della situazione. Spero che tutto vada bene ( ••• )»86.
Fu solo dopo la disfatta dell'8a armata che Churchill riconobbe l'eccessiva estensione del teatro d' operazioni del Medio Oriente e le troppo diverse esigenze dei suoi scacchieri: «Non credo - scriverà dal Cairo al vice Premier - che saremmo andati incontro a tanti disastri nel Deserto Occidentale se il generale Auchinleck non fosse stato distratto dalle preoccupazioni contraddittorie di un fronte eccessivamente esteso (...)»87 •
A partire dal 22 maggio nessuno ebbe più dubbi sul fatto che l'offensiva italo-tedesca sarebbe iniziata entro i pochi giorni successivi. Ultra aveva rivelato due comunicazioni di Kesselring: la convocazione dei principali comandanti d'aviazione a Derna per il mattino seguente e l'ordine che i reparti della Luftwaffe fossero pronti per il giorno 24. Inoltre era stata decrittata la notizia che il gen. Criiwell sarebbe rientrato in Cirenaica il 24 o il 25. Il 25 maggio · Ultra consentÌ a Londra di «leggere» tre dispacci
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tedeschi dai quali si poteva arguire che l'inizio dell'offensiva di Rommel era ormai questione di ore. Solo uno di essi poté esser trasmesso al Quartier Generale del Medio Oriente, ma fu sufficiente, anche perché il 26 pomeriggio, verso le 18, il servizio intercettazione dell'8a armata captò l'ordine Venezia e lo interpretò correttamente come il segnale convenuto per il via all'operazione88• Il commento finale di Churchill fu tipico. Ricordò la storiella dell'uomo che voleva dare la purga all'orso e che, preparata con ogni meticolosità la polverina, si accingeva a soffiarla con un imbuto nella gola dell'animale. Ma l'orso soffiò per primo 89•
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NOTE AL CAPITOLO TERZO
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C. FAVAGROSSA, op. citata, p. 170. Ibidem, p. 275, prom. 11637/S.P. data 29.3.1942. Ibidem, p. 171. Il 6 febbraio il mar. Keitel aveva indicato i tempi di radunata: un corpo
d'armata su tre divisioni a partire dal 1° maggio, il Comando d'armata ed un altro corpo d'armata dal 1° giugno. Nella prima decade di aprile lo Stato Maggiore R. Esercito stabilì la formazione organica dell'S• armata. • D. alp. Taurinense, D. cor. Littorio, D.mot. Pistoia, D. mot. Piave, D.f. Livorno, D.f.
Granatieri di Sardegna. 5 G. CIANO, op. citata, p. 590. 6
Dal verbale della riunione tenuta il 6.3.1942. L'organico della D.f. tipo A.S. 42 era stato stabilito dal Comando Superiore in: due reggimenti fanteria su tre battaglioni, un reggimento artiglieria su cinque gruppi, un battaglione misto genio, una sezione sanità ed una di sussistenza. Complessivamente: 7.000 uomini, 400 automezzi, 150 moto, 146 fucili mitragliatori, 96 mitragliatrici, 72 fuciloni e.e., 72 pezzi da 47/32, 18 monai da 81, 60 pezzi artiglieria e 20 mitragliere da 20. 8 L'organico del corpo d'armata tipo A.S. 42 prevedeva: due o tre D.f., un reggimento bersaglieri su due battaglioni, un reggimento artiglieria su tre gruppi da 105/28, un battaglione artieri, un battaglione collegamenti, un autoreparto misto, un nucleo assistenza. 9 GIUSEPPE MANCINELLI, Dal fronte dell'Africa Settentrionale, Rizzo]i, Milano 1970, p. 48. Il col. Mancinelli aveva assunto l'incarico 1'8 marzo, in luogo del col. Piacenza che temporaneamente aveva sostituito il gen. Calvi di Bergolo, rientrato in Italia il 7 febbraio per prendere il comando della D.cor. Centauro. 10 Relazione del gen. Armando, F. 40/R data 22.4.1943 del Comando Generale Unione Nazionale Protezione Antiaerea. 11 Diario Cavallero in data 2 e 6 marzo e 9 aprile 1942. Inoltre, secondo una voce corsa in Libia ed a Roma, un giorno a mensa Gambara avrebbe detto che sperava di vivere sino al giorno in cui avesse potuto comandare un'armata contro i tedeschi .. La voce è riportata da Ciano (op. citata, p. 598) e da Rommel (LIDDElL HARr, op. citata, p. 187). 12 Cavallero aggiunse che la regolamentazione italiana, del resto, ammetteva casi simili. In Etiopia, egli stesso, generale di corpo d'armata, comandante superiore delle forze armate dell'Impero, aveva avuto alle dipendenze un generale di corpo d'armata designato d'armata, comandante delle truppe di un governo dell' AOI 13 DSCS, f. 01/3868 Op. data 5.3.1942 del Comando Superiore. 14 G. MANCINELLI, op. citata, p. 17. 15 DSCS, tele 30419/0p. data 23.3.1942 - allegato n. 4. 16 «Il nuovo capo di S.M. del Comando Superiore è venuto a trovarci ieri - scrisse Rommel alla moglie il 26 febbraio - Gambara è tornato in Italia a prendere un cornando; in altre parok è in disgrazia. Il nuovo ha fatto 11na buona impressione» (LIDDElL HART, op. citata, p. 186). 17 DSCSAS, f. 17/42 Segreto della Panzerarmce data 24.3.1942- allegato n. 5. 18 DSCSAS, f. 01/4863 Op. data 28.3.1942- allegato n. 6. 19 DSCS, tele 30460/0p. data 31.3.1942, ore 21,40. 20 DSCSAS, tele 01/5018 Op. data 1.4.1942, ore 10,35 - allegato n. 7. 21 DSCSAS, tele 01/5105 Op. data 1.4.1942, Ore 23,25 - allegato n. 8. 22 DSCSAS, tele 30466/0p. data 1.4.1942, ore 21,30 del Comando Supremo - allegato n. 9. 2 ' In marzo il gruppo Burckhardt era rimpatriato. In suo luogo era arrivato il 288° repano speciale. 24 DSCS, tele 30504/0p. data 6.4.1942, ore 20,24. 25 DSCSAS, tele 1778 data 8.4.1942, ore 11,30, di Mancinelli. 7
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26 DSCSAS, tele 01/5680 Op. data 10.4.1942, ore 22,40. Lo spostamento mise in ampia evidenza la sofferenza delle divisioni di fanteria in tema di mezzi di trasporto. Ma è doveroso affermare che esistevano gravi carenze di organizzazione e di funzionamento in campo logistico. A titolo di esempio si può citare il caso della Brescia. Per il movimento ebbe in rinforzo anche un'autosezione leggera di 24 autocarri. Il reparto si trovava in tal i deplorevoli condizioni meccaniche che 19 veicoli, dopo il loro stentato arrivo, non furono più in grado di muoversi. Il Comando della divisione segnalò subito l'inconveniente, anche perché, privo com'era di autofficine, non poteva provvedere alle riparazioni. Ebbene, non solo non riuscl ad ottenere l'intervento superiore né a versare i mezzi inefficienti, ma «la divisione giungerà ad el-Alamein e terrà ancora a Tmimi questi 19 automezz~ sempre in attesa che si realizzi ima promessa più volte ricevuta• del ritiro degli autocarri da parte degli organi competenti (Relazione del gen. Lombardi). 27 DSCSAS, f. 01/5708 Op. data 11.4.1942 - allegato n. 10. 28 DSCSAS, lettera s.n. data 12.4.1942 - allegato n. 11 29 DSCA, promemoria n. 103 di Supermarina data 18.6.1941. Per una più ampia ed asauriente disamina dell'argomento si rimanda essenzialmente a MA.RIANO GABRIELE, Operazione C 3: Malta, Ufficio storico Stato Maggiore della Marina (USSMM), Roma 1965. V ds. anche ALB.ERTO SANTONI e FRANCESCO MATTESINI, La partecipazione tedesca alla guerra aeronavale nel Mediterraneo, ed. dell'Ateneo e Bizzarri, Roma 1980; KURT AsSMANN, Anni fatali per la Germania, USS.MM, Roma 1953; EMILIO F,\WELLA, L'Italia nella seconda guerra mondiale, Cappelli, Bologna 1959. lo M. GABRIELE, op. citata, pp. IV. l i Ibidem, app. V. n A. KESSELR!NG, op. citata, p. 102. 33 G. SANTORO, L'Aeronautica italiana nella seconda guerra Mondiale, voi. II, ed. Esse, Roma 1957, p. 263. 3 ' Riportato da M. GABRIELE, op. citata, pp. 135-136. n A. KESSELIUNG, op. citata, p. 102. 36 K. ASSMANN, op. citata, p. 265. 37 M. GABRIELE, op. citata, p. 153. 38 D iario Cavallero, data 17 marzo e sintesi colloquio. 39 Ibidem, data 21 marzo. 40 Per la seconda battaglia della Sirte vds. ANGELO JACHINO, Le due Sirti, Mondadori,Milano 1953; GIUSEPPE FIOR.,\VANZO, La guerra nel Mediterraneo, voi. II, tomo 2°: Le azioni navali dal 1.1.1941 all'S.9.1943, USSMM, Roma 1960, pp. 152-220; ANDREW CUNNINGHA..\.1, L'odissea di un marinaio, Garzanti, Milano 1952, pp. 342-353; I.S.O. PLAYFAIR, op. citata, pp. 163-172. 41 ANTONY 11ARTIENSSEN, Hitler e i suoi ammiragli, Garzanti, Milano 1950. 42 Diario Cavallero, data 11 aprile.
,; Ibidem. 44
M. GABRIELE, p. 174, nota 14, Diario Cavallero, data 21 aprile. 6 ' ENNO VON RINTELEN, Mussolini, l'alleato, Corso, Roma 1952, p. 156. 47 A Malta si trovavano la 7a brigata artiglieria e.a. leggera con 144 pezzi e la 10' brigata artiglieria e.a. pesante con 80 pezzi. Le munizioni erano razionate ma, al sicuro, erano custodite riserve di 100 colpi per pezzo per il momento dell'invasione. 48 Riportato da G. SANTORO, vp. citata, p. 271, nota 1. 49 Diario Cavallero, riassunto della riunione al Bcrghof il 30.4.1942 dalle ore 11 alle ore 14. In realtà il carro T 34 pesava 32 tonn., ma aveva un pezzo da 76,2 mm. lungo 30,5 calibri. Forse Hitler alludeva al T 35 da 50 tonn. con un pezzo da 76 lungo 100 calibri, costruito dai sovietici solo in qualche diecina di esemplari dati i mediocri risultati. 50 A. KESSELR!NG, op. citata, p . 121. 51 Diario Cavallero, cit. riassunto della riunione. 45
LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
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s2 Riportato da M. GABRIELE, op. dtata, p. 182. » A. KEssElRING, op. citata, p. 119. ;, C. AUCHINLECK, Despatch cit., app. n. 6. 55 Ibidem, cit., app. n. 9. 56 J. CONNELL, op. citata, p. 453, lettera in data 11.2.1942. 57 Ibidem, p. 454. 58 W. CHURCHILL, op. citata, p. 340. 59 Ibidem, p. 341. 60 J. CONNELL, op. citata p. 461 61 Ibidem,. op. citata, p. 476, lettera di Auchinleck a Brooke in data 23.2.1942. 62 C. BARNETT, op. citata, pp. 19S-196. 6 J J. CONNELL, op. citata, p. 463, lettera in data 4.3.1942. 64 ARTHUR BRYANT, Tempo di guerra, voi. Il, All'attacco, Longanesi, Milano 1966, p. 332. 65 W. CHURCHILL, op. citata, pp. 343-344. Nel dispaccio, Churchill contestò la situaz.ione carri. Secondo il Cairo, il 1° marzo l'Asse poteva mettere in linea 475 carri medi ed il 1° aprile 1630. Invece, a Londra si riteneva che la Panzerarmee contasse, 1'11 aprile, 159 Panzer e 87 carri M 13 efficienti, ciot quasi la metà di quanto stimato al Cairo. Contro di es.si, secondo il War Office, c'erano 174 carri in Cirenaica, 197 nel Delta, più 167 di nuovo afflusso; per un totale di 538 carri. A ciò bisognava aggiungere 252 carri per fanteria. Complessivamente, dunque, si raggiungeva il numero dì 790 carri efficienti. Invece, secondo il Cairo per il 1° aprile dovevano essere considerati disponibili per la battaglia 330 carri medi e 100 Valentine Q. CONNELL, op. citata, p. 467). 66 67
68
Ibidem. Ibidem, p. 345.
I.S.O. PLAYFAIR, op. citata, p. 201. W. CHURCHll.L, op. citata, pp. 345-346. 70 J. CONNELL, op. citata, p. 471. 7 1 Ibidlm , p. 484. 72 Marshall pensava di assegnare come obiettivo ali' operazione Sledgehamrner Brest o Cherbourg o entrambe. Churchill aveva in mente anche altre alternative: lo sbarco nel Nordafrica francese (operazione Super Gymnast) o nella Norvegia settentrionale (operai.ione Jupiter). Tutto ciò con profondo disappunto dei capi di Stato Maggiore. n A. BRYANT, op. citata, p. 345. " Ibidem, p. 346. 15 Ibidem, p. 348. 76 C. AUCHINLECK, Derpatch cit., app. n. 12. n Ibidem,. Despatch cit.., app. n. 13. 78 J. CONNELL, op. citata, pp. 486-488. 79 W. CHURCHILL, op. citata, p. 359, lettera in data 5.5.1942. 80 F.H. HINsLEY, British Intelligence in the Second Wor/;;J War, voi. Il, p. 358 e segg., H.M.S.0., London 1981. 81 W. CHURCHILL, op. citata, p. 359, lettera in data 5.5.1942. 82 I.S.0. P LAYFAIR, op. citata, p. 203, lettera in data 9.5.1942. u W. CHURCHILL, op. citat, pag. 360-361. 14 J. CoNNELL, op. citata, pp. 498-499, lettera in data 19.5.1942. 85 Ibidem, p. 499, lettera in data 20.5.1942. 86 W. CHURCHILL, op. citata, pp. 363-364, lettera in data 22.5.1942. 87 Ibidem, parte IV, voi. II, p. 68. 88 F. H. HINSLEY, op. citata, p. 366. 19 W. CHURCHILL, op. citata, parte IV, voi. I, p. 365. 69
Capitolo quarto LA BATTAGLIA DI AIN EL-GAZALA 1. GLI OPPOSTI DISEGNI DI MANOVRA
Il 30 aprile, a Berchtesgaden, era stato deciso di dare la precedenza all'offensiva in Cirenaica, stabilendone l'inizio tra la fine di maggio ed i primi di giugno. Ma due giorni prima Bastico si era recato ad Umm er-Rzem e Rommel gli aveva anticipato il proprio disegno, ormai a fuoco: un progetto molto chiaro - annientamento delle forze britanniche ad ovest di Tobruk e conquista della piazza - che il 30 aprile venne messo per scritto e comunicato formalmente al Comando Superiore, a Kesselring e von Rintelen (per il Comando Supremo italiano) ed a Weichold. La concezione operativa si traduceva in un attacco frontale condotto dalle grandi unità di fanteria fra la costa e Mteifel el-Chebir, inteso ad impegnare lo schieramento difensivo britannico, ed una manovra avvolgente sferrata con i corpi corazzati in direzione di Bir Hacheim, per punt are, ivi giunti, a nord e portarsi alle spalle del dispositivo statico nemico. Un'ala motorizzata avrebbe agito sul fianco esposto, raggiungendo el-Adem e poi Acroma. L'azione era scandita in tempi successivi, ma strettamente ravvicinati, il cui calcolo orientativo prevedeva l'annientamento del grosso dell'sa armata entro la sera del secondo giorno; la conquista di T obruk sullo slancio, senza soluzione di continuità, oppure con un attacco speditivo concluso entro il quarto giorno. Considerando indispensabile un paio di giorni ancora per il riordino ed il rifornimento delle unità, al sesto giorno la Panzerarmee sarebbe stata in grado di proseguire verso la frontiera. Naturalmente il progetto si basava su alcune premesse. Rommel, come Bastico, ignorava ancora le decisioni prese in merito a Malta. Avrebbe voluto attaccare nei primi giorni di giugno, cioè in un periodo lunare favorevole, approfittando del rapporto di forze del momento, che appariva accettabile, ma previa l'eliminazione di Malta. Ove, per contro, tale impresa fosse stata rinviata, si sarebbe adattato, intanto, a dare il via alla sua offensiva. Perciò occorreva conoscere con urgenza cosa fosse stato stabilito a Roma ed a Berlino. Poi era necessaria la realizzazione completa del previsto programma di completamento e di rafforzamento: afflusso entro il mese dei rinforzi tedeschi già annunciati (fra cui 57 Panzer del tipo III e IV) e dei reparti e mezzi destinati a portare a livello organico le grandi unità italiane; disponibilità in loco
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LE OPERAZIONI IN AFRlCA SETTENTRlONJ\lE
di 25 unità carburante, 5 un/oc e 30 giornate di viveri; sicuro e massiccio intervento aereo ·italiano e tedesco. Inoltre il Comando Superiore doveva assegnare almeno una delle divisioni tuttora ad Agedabia e colà non più indispensabili, per evitare l'impiego di unità motorizzate nell'azione frontale, ed altresì costituire un autogruppo per il trasporto di un'intera divisione alla voltai. Bastico trasmise subito il progetto a Roma e dedicò il 2 ed il 3 maggio ad un'attenta ispezione, con Rommel, allo schieramento. Il 5 maggio, nel pomeriggio, arrivò Cavallero. Il capo di Stato Maggiore Generale atterrò a Bengasi, dopo un viaggio ostacolato dal maltempo. Approfittò della circostanza per visitare i lavori portuali, già così avanzati da consentire lo scarico giornaliero di circa 2.500 tonnellate. Poi proseguì per Barce ed esaminò con Bastico e Barbasetti la situazione generale, con particolare riguardo all'atteggiamento della Francia ed ai possibili rivolgimenti nel Nordafrica francese, agli sviluppi della guerra hel Mediterraneo ed all'impresa di Malta. Quindi mise sul tappeto il progetto Rommel. Sulla concezione operativa non c'era alcuna osservazione sostanziale; le obiezioni sorgevano, invece, circa le richieste formulate, giacché, con ovvio rincrescimento, si era costretti ad ammettere l'impossibilità di dare loro pieno esaudimento. In linea generale, molto era realizzabile a favore delle unità tedesche, grazie ai provvedimenti già adottati ed alle favorevoli percentuali di tonnellaggio assegnate all'alleato nei trasporti per Bengasi; per converso, il completamento delle unità italiane entro maggio poteva essere conseguito solo in parte: le deficienze, notevoli, avrebbero riguardato le divisioni di fanteria, soprattutto nel settore automobilistico. Nulla contro a portare avanti una delle due divisioni di Agedabia ed alla costituzione di reparti trasporti per le fanterie appiedate, reperendo, nei limiti ben noti, automezzi in Cirenaica, vista la materiale impossibilità di trasferire anche un solo autogruppo dalla madrepatria entro il mese 2• Quanto al concorso delle altre forze armate, un rinforzo consistente alla 5 a squadra ed al Flieger· fuhrer era già previsto e predisposto, mentre minimo poteva essere l'apporto navale, consentito soltanto per qualche mezzo insidioso. Ciò posto, Cavallero volle precisare che «lo scopo generale a cui deve tendere la condotta della guerra in Libia è quello di rag,giungere la possibilità di attuare operazioni risolutive in Egitto» 3• Era la prima volta che si sbilanciava, sia pure in linea di principio. Le direttive del 23 marzo, che confermavano esplicitamente quelle dell'll febbraio, approvavano l'operazione contro T obruk «oltre l'estate» e prevedevano l'avanzata «verso oriente» in un tempo successivo (dopo l'afflusso di
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LA BATIAGLIA DI AIN EL-GAZALA
altre due divisioni corazzate, una tedesca ed una italiana). Le direttive dell'11 febbraio, assai impropriamente chiamate in causa, ponevano in primo piano che «alla base di ogni nostra disposizione operativa sta il concetto di assicurare in qualunque momento et in qualunque situazione le difesa della Tripolitania>> e limitavano lo scopo dell' «occupazione della Cirenaica» a facilitare la preparazione, a tempo debito, per la successiva azione su Tobruk. Che ci fosse un'evoluzione nelle direttive è più che normale; che esistesse una lungimirante e ferma ampiezza di vedute operative - come Cavallero vorrà far apparire nelle direttive che impartirà a Bastico al termine del colloquio - è tutto da dimostrare. Si noti, anzi, il giro di parole per significare lo scopo: <<••• raggiungere la possibilità di attuare operazioni risolutive in Egitto». Molto più chiaro sarebbe stato un «annientare le forze britanniche in Egitto», naturalmente a prescindere dal come. Il fatto è che Cavallero pensava a tempi lunghi. Esiste un appunto interno del Comando Supremo circa la «situazione in A.S., compilato «in treno» il 29 aprile e rispondente sicuramente al punto di vista di Cavallero perché è da lui corretto a matita, nel quale viene sintetizzato il fabbisogno mensile dello scacchiere cirenaico per sopperire alle perdite, provvedere agli avvicendamenti e ripianare i consumi: Forze armate
uom1m
automezzi
materiali
italiani ........................................... ..... tedeschi ...... ..... ...... ........ .... ....... ...... ....
5.500 1.200
300 150
52.500 tonn. 22.500 tonn.
totali mensili ............................. ........
6.700
450
75.000 tonn.
Inoltre, per il completamento delle grandi unità italiane e tedesche già in Libia e la realizzazione dell'autonomia minima prevista, occorrevano complessivamente: Grandi unità
uomm1
automezzi
materiali
italiane ............................................... tedesche ·············································
40.000 12.000
10.000 10.000
85.000 tonn . 40.000 tonn.
..............................
52.000
20.000
125.000 tonn .
totali complessivi
In definitiva, calcolando di effettuare tale completamento entro il dicembre 1942, bisognava trasferire in Libia una media mensile (ripia-
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
namento più aliquota completamento) di 12.700 uomini, 2.700 automezzi e 90.000 tonnellate di materiali. Posto che in aprile i trasporti avevano raggiunto le cifre massime di 18.000 uomini, 3.000 automezzi e 90.500 tonnellate di materiali, l'appunto concludeva: «Se riusciremo a non incontrare grosse perdite ed a superare i quantitativi trasportati in aprile, potremo avere le G .U. italiane e tedesche perfettamente a punto a fine autunno anziché a fine anno. Per fine anno potremo in tal caso portare oltremare altre G.U. (per la frontiera tunisina o per alimentare operazioni verso oriente)».
D i tutto ciò, però, Cavallero non fece cenno. Si limitò ad evitare iniziative non gradite e si preoccupò di non lasciare dubbi in proposito. L'operazione in programma poteva ripromettersi di distruggere o logorare l'Sa armata di Ritchie, di togliere all'avversario il porto di Tobruk, di raggiungere la linea Sollum-Halfaya, utile sia come posizione difensiva sia come base di partenza per ulteriore offensiva; ma doveva astenersi in modo assoulto dal provocare una profonda usura dell'armata italo-tedesca, tale da compromettere il laborioso lavoro di ricostruzione e potenziamento delle nostre divisioni. Di conseguenza, bisognava evitare di invischiarsi in un logorante investimento di Tobruk o, peggio ancora - qualora Ritchie rifiutasse la battaglia ed arretrasse le sue unità mobili - di lasciarsi trascinare nuovamente nel duplice pericoloso ed oneroso impegno di assediare Tobruk da un lato e fronteggiare forze corazzate britanniche ad oriente. Non solo, ma l'offensiva non doveva incidere sulla preparazione e l'esecuzione dell'operazione C 3, essenziale per gli ulteriori sviluppi della guerra nel Mediterraneo. Perciò si poneva il limite tassativo del 20 giugno alla disponibilità dei rinforzi aerei, che, dopo tale data sarebbero stati ritirati in Sicilia. A chiusura del colloquio, Cavallero concretò e consegnò a Bastico le direttive scritte del Comando Supremo: «l. Obiettivo: battere le forze mobili avversarie schierate ad occidente di Tobruk. In caso di esito favorevole, attacco speditivo contro Tobruk. La presa di Tobruk è condizione categorica per lo spostamento in avanti del nostro schieramento; verificandosi tale condizione, lo schieramento sarà portato sulla linea Sollum-Halfaya-Sidi Omar, linea che la massa dell'armata corazzata non dovrà oltrepassare. Qualora l'occupazione di Tobruk non riuscisse, lo schieramento da assumere dopo la battaglia non dovrà oltrepassare la linea di Ain el-Gazala (...)»•.
Il giorno successivo, Cavallero si recò con Bastico da Rommel che mise al corrente delle conclusioni cui era pervenuto, e col quale sorvolò
LA BATIAGLIA DI AIN El-GAZALA
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in aereo tutta la fronte del dispositivo italiano-tedesco sino a Segnali Nord, ove tutti atterrarono e visitarono alcuni capisaldi. Nel pomeriggio, a Derna, presenti anche Kesselring e Fougier, vennero stabiliti i rinforzi aerei da trasferire in Cirenaica entro il mese: un gruppo e mezzo di Stuka, uno di caccia, uno di Messerschmitt, un reparto contraerei ed un'unità di paracadutisti (da precisare) per parte tedesca; uno stormo di Macchi 202 ed uno di CR 42 da parte italiana. Il mattino del 7 Cavallero partÌ dall'aeroporto di Barce per rientrare a Roma. Sulla base di quanto concordato, Bastico fece proprie le direttive ricevute e le passò a Rommel, ponendo a sua disposizione - ma a tempo determinato - la D.f. Sabratha, un battaglione S. Marco della R. Marina, il XXXI e XXX battaglione guastatori, e reparti nebbiogeni in misura ancora da definire. Inoltre espresse fiducia di poter assicurare quanto richiesto, eccezion fatta per gli automezzi, e precisò che la Trieste sarebbe stata rinforzat a organicamente con l'XI battaglione carri medi5. Posti in chiaro scopo e limiti dell'offensiva, da ambo le parti, italiana e tedesca, si procedette ad un intenso lavoro di messa a punto delle unità. Rommel aveva un quadro del dispositivo britannico sufficientemente indicativo, ma approssimato per difetto. Secondo i servizi informazioni, dalla costa sino poco a sud del T righ Capuzzo si succedevano le truppe del 13° corpo d'armata: la 1a divisione sudafricana, la soa divisione britannica e la 1 a divisione Francia Libera, con la 1a brigata carri in seconda schiera nella zona di Sidi Daud, a cavallo della via Balbia. Sul fronte di dette divisioni agivano tre unità esploranti: il 3° e 4° battaglione sudafricano ed un reparto francese. A tergo, a Tobruk, era raccolta la 2a divisione sudafricana. A sud, sparsa fra Bir Tengeder ed el-Adem, sembrava dislocata la 7a divisione corazzata, protetta dal 1 ° King's Dragoon Guards, appartenente al 30° corpo. Le rimanenti unità di Norrie erano ritenute ad oriente di Tobruk: 1a divisione corazzata e 200a brigata Guardie. Secondo questa ricostruzione, lo schieramento del 13° corpo britannico aveva una fronte di una quarantina di chilometri (da Ain elGazala a Bir B. Belafarit). Il 30° corpo, invece, era dislocato su ampia zona a sud e ad oriente, a protezione del fianco meridionale dell'armata. Prendendola per buona, Rommel cominciò a rivedere l'assetto della Panzerarmee, poi lo completò, affinando nel contempo, in più riprese, la propria concezione operativa. I primi ordini vennero impartiti il 5 maggio, il giorno precedente il colloquio con Cavallero. In mattinata, Rommel convocò ad el-Cherima, sede del suo Comando tattico, i co-
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Schizzo·n. 16
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
mandanti di corpo d'armata e dispose l'inserimento del X corpo fra il XXI ed il XX. Entro il 10 la nuova linea doveva comprendere: a nord, il XXI corpo con la 15a brigata Schutzen (col. Menny) e la D.f. Trento; al centro, il X corpo con la D.f. Brescia e la D.f. Pavia; a sud, all'altezza di Segnali Nord, a cavallo del Trigh Capuzzo, il XX corpo con la D.cor. Ariete e la D.mot. Trieste; all'estremità meridionale, in zona Segnali Sud, la 90a D. leggera (meno la 15a brigata); a tergo il DAK, ora comandato dal gen. Nehring, giunto dalla Germania per sostituire Cri.iwell, in licenza. Il giorno 8 Rommel ordinò l'inserimento della D.f. Sabratha fra la 1sa Schutzen e la Trento entro-il 20 ed anticipò che l'offensiva avrebbe avuto inizio alle 14 di un giorno ancora da determinare e che il X e XXI corpo avrebbero investito le posizioni da Ain el-Gazala a Bir Belafarit in due sbalzi, di cui il secondo, su ordine esplicito, già all'imbrunire dello stesso giorno x o, al più tardi, all'alba successiva. Il 12 maggio nuovo rapporto ad el-Cherima. Ormai il concetto di manovra era venuto completandosi anche nei particolari (schizzo n. 16). Il mattino del giorno xi corpi d'armata X e XXI dovevano iniziare l'avvicinamento. Raggiunte le basi di partenza per l'attacco, avrebbero proseguito impegnando le forze antistanti e determinando nel nemico la sensazione di un imminente sforzo frontale contro la linea di Ain el-Gazala. A generare tale sensazione avrebbero contribuito alcuni provvedimenti specifici, quali l'impiego di reparti corazzati (che nella stessa serata sarebbero rientrati alle divisioni di appartenenza) sul fronte dei due corpi; la gravitazione del fuoco di artiglieria pesante nel settore del X corpo; l'intervento dell'aviazione concentrato sui rovesci delle posizioni britanniche e sulle linee di comunicazione; il ripiegamento della 90a leggera dalla zona di Segnali Sud al tergo del XX corpo; la presenza del DAK dietro il dispositivo del X e XXI corpo. Soltanto alle 14 il XX corpo, il DAK e la 90a leggera dovevano partire per raggiungere le rispettive zone A, che alle 21 avrebbero abbandonato per muovere in direzione delle zone B (circa SO chilometri da coprire). Contemporaneamente, i due corpi di fanteria dovevano serrare sulla linea raggiunta (una quindicina di chilometri dal margine anteriore delle attuali posizioni) e portare avanti tutte le artiglierie. Alle loro spalle alcuni carri di preda bellica ed altri veicoli sarebbero stati incaricati di effettuare una specie di carosello, ben visibile, allo scopo di simulare lo spostamento di unità corazzate.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
All'alba del giorno x+ 1 i corpi corazzati dovevano proseguire dalla zona di Bir Hacheim sui rispettivi obiettivi C, mentre la 90a leggera aveva il compito di impadronirsi di el-Adem ed ivi organizzarsi a difesa, contro probabili provenienze da nord e da est. Provveduto a questo compito fondamentale, la 90a leggera doveva spingere elementi ad Acroma. In tal guisa, verso mezzogiorno si sarebbe realizzato l'accerchiamento delle forze nemiche operanti ad occidente di T obruk. Nel caso in cui la 90a leggera non fosse riuscita ad espletare questa seconda parte del compito, il XX corpo e il DAK si sarebbero allargati convenientemente. Durante tutto il movimento, da compiersi con la destra leggermente più avanzata, si doveva cercare di spingere l'avversario verso nord-ovest, inibendogli di sfuggire verso est e sud. Allo scopo di rendere più appariscente l'azione dell'ala destra, ad oriente della 90a leggera e parallelamente ad essa, dovevano muovere nuclei esploranti dotati di veicoli appositamente attrezzati per «sollevare polvere>>. Analogamente occorreva provvedere per ingannare il nemico nell'intervallo fra la 90a leggera ed il DAK. Una volta conseguito e completato l'accerchiamento, con l'eventuale partecipazione di reparti da sbarco, avrebbe avuto inizio l'annientamento sistematico delle truppe britanniche intrappolate, con un movimento armonico e regolato da est verso ovest. Ogni unità doveva opporsi accanitamente ai probabili tentativi di rottura della sacca da parte britannica. Particolarmente importante poteva risultare, in questa fase, il ruolo del X corpo d'armata, incaricato di impedire al nemico di sfuggire dalla zona di Mteifel el-Chebir verso sud. Secondo il Fliegerfuher von Waldau la caccia inglese sarebbe stata distrutta entro il secondo giorno. Quindi la battaglia di annientamento poteva essere condotta a temine entro il terzo giorno. Rommel intendeva spostare successivamente il proprio posto comando, mantenendosi nell'intervallo fra il XX corpo e l'Afrikakorps, mentre Kesselring aveva deciso di guidare personalmente l'intervento dell'aviazione e, perciò, di stabilirsi in prossimità del fronte. Quanto a Tobruk, l'attacco speditivo (schizzo n. 17) era presumibilmente già attuabile entro il quarto giorno; ad ogni modo, non appena realizzato l'annientamento. Naturalmente, rinvestimento da occidente sarebbe stato condotto solo dagli elementi del X e XXI corpo che potessero essere autotrasportati. Secondo ogni previsione, l'attacco avrebbe indotto l'avversario alla capitolazione nel giro di un giorno, date le truppe assai limitate che risultavano a presidio della piazza. Il disegno fu illustrato anche al gen. Barbasetti, il quale, a dire il vero, non rimase del tutto convinto della «scorrevolezza)) del piano.
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LE OPERAZlON1 IN AFRICA SETTENTRIONALE
Espose i propri dubbi a Bastico, che li condivise e li comunicò al Comando Supremo. In sintesi: l'accerchiamento poteva riuscire e nel tempo previsto se il 13° corpo britannico non si fosse sottratto alla presa e se la 7a divisione corazzata inglese fosse stata agevolmente travolta. Ma c'era di peggio: un semplice ritardo nell'esecuzione della m·anovra di avvolgimento avrebbe consentito il tempestivo arrivo sul campo di battaglia delle unità nemiche individuate ad oriente di T obruk, fra cui la 1a D. cor., che la 90a leggera non sembrava in grado di fermare e respingere. A parte, poi, le incognite sulla reale distruzione della caccia inglese (che si sapeva consistente), il passaggio dalla battaglia d'annientamento all'attacco speditivo a Tobruk, senza soluzione di continuità, presentava difficoltà logistiche forse insuperabili. Secondo Barbasetti, Rommel si era, in fondo, limitato a dare le grandi linee dell'operazione, quindi probabilmente - e sperabilmente - avrebbe ritoccato e perfezionato il progetto iniziale. Diciamo pure che anche in campo tedesco esistevano contrasti. Uno degli ufficiali più insoddisfatti era Bayerlein, il quale commenterà: «Non ho mai avuto simpatia per questo piano e come capo di Stato Maggiore dell'Afrikakorps non mi stancai di esporre a Rommel le mie riserve. Mi sembra troppo rischioso procedere all'azione senza aver prima tolto di mezzo Bir Hacheim» 6•
Ma a Bir Hacheim Rommel non sembrava dare molta importanza, probabilmente per l'incertezza su livello e qualità del suo presidio. All'inizio si era parlato di reparti della 7a D. cor. poi della 1 a divisione leggera francese, infine di una brigata francese. Sta di fatto che costituiva un caposaldo suscettibile non soltanto di resistenza ad oltranza ma altresì di costituire un punto di appoggio per la reazione dinamica della 7a D. cor. Come è naturale Rommel stesso si rendeva conto dei vari interrogativi, ma aveva fiducia di riuscire ad imporre, e nei tempi previsti, la propria volontà al nemico, facendo affidamento - come ammise francamente - «su una buona dose di fortuna». Il 16 furono convocati ad el-Cherima Gioda, Navarini, i divisionari ed i comandanti di artiglieria dei due corpi d'armata, nonché il comandante della 15a brigata Schutzen (col. Menny). Rommel voleva approfondire tutti gli aspetti dell'azione frontale con gli interessati. Itempi erano previsti con un leggero sfalsamento. Il XXI corpo doveva attaccare tra la costa e Sidi Breghisc alle ore 14 dell'x-1, preceduto su ampia fronte da un battaglione carri tedesco; il X, invece, muovere alle 11 a nord del Trigh Capuzzo, preceduto da un battaglione carri del XX corpo, assicurando la protezione del fianco sud dello schieramento
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d'attacco. Raggiunte in serata le posizioni stabilite, i due corpi d'armata si sarebbero sistemati a difesa approntando una scacchiera di capisaldi speditivi. Dalle 21 alle 23 del giorno x e dalle ore 1 alle 3 del giorno x + 1 un continuo rumore provocato con carri armati di preda bellica ed altri veicoli doveva dare al nemico l'impressione che unità corazzate serrassero a ridosso della fronte. In sostanza, Rommel aveva bisogno che l'avversario credesse per tutto il pomeriggio del giorno x e fino al mattino successivo alla minaccia di uno sfondamento in corrispondenza del tratto Ain el Gazala-Mteifel el Chebir. I convenuti rappresentarono la difficoltà di raggiungere gli obiettivi nel tempo programmato, dovendo portare al seguito le armi pesanti con sufficiente dotazione di munizioni e dovendo altresì provvedere ai rifornimenti, specialmente idrici, con la scarsissima disponibilità di automezzi efficienti presso le divisioni. Rommel promise un centinaio di autocarri per corpo d'armata, e sottolineò che lo sforzo richiesto alle truppe di fanteria si esauriva d'altronde quasi completamente entro il giorno x per il XXI corpo. Le divisioni di Giada, invece, il mattino del giorno x + 1 dovevano muovere verso nuovi obiettivi, ma il movimento sarebbe avvenuto per scaglioni progressivamente scavalcantisi, risultando quindi assai meno gravoso del precedente. Comunque, era soltanto grazie a questo sforzo iniziale, nel quale tutti dovevano offrire il loro totale contributo, che sarebbe stato possibile conseguire l' annientamento fulmineo del nemico, a prezzo di perdite relativamente modeste, specialmente per le fanterie. Passando all'esame del successivo investimenta di Tobruk, Rommel indicò i settori d'impiego: sul fronte occidentale della piazza per il XXI corpo, su quello sud-occidentale per il X. Anche a tale riguardo il compito di Navarini e Gioda era limitata: consisteva semplicemente nell'impegnare la difesa dei settori predetti allo scopo di favorire l'attacco risolutivo dei corazzati. Al momento debito i due corpi dovevano far affluire in automezzo, al più presto, elementi sempre più consistenti sul nuovo fronte. Tuttavia, una divisione del X corpo, di seconda schiera, avrebbe partecipato all'azione, penetrando nella piazza attraverso le brecce aperte dal contiguo XX corpo. La colonna Menny (cioè la 15a brigata Schutzen, che il Comando della Panzerarmee riteneva di poter motorizzare) e la 90a leggera sarebbero presumibilmente poste sotto il comando del gen. Nehring, al rientro di Crliwell, previsto per il 18 maggio. Il 17 fu la volta della definizione dell'impiego delle forze aeree e dei mezzi navali. La riunione fu tenuta ad Umm er-Rzem e, oltre gli interessati, vi partecipò anche Kesselring, giunto inaspettatamente.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
Per le forze aeree era prevista, prima della battaglia (notte sul giorno x e mattino dell'x), un'azione a fondo contro le basi avanzate della Desert Air Force al precipuo scopo di mettere fuori causa il maggior numero di caccia britannici. Il giorno x gli attacchi dovevano essere sferrati in successione: dalle ore 9 contro elementi corazzati nemici a sud e suçl-est di Segnali Sud; dalle ore 14 contro lo schieramento nemico a nord del Trigh Capuzzo, gravitando nella zona a sud di Ain el-Gazala, e sulle linee di comunicazione adducenti da Ain el-Gazala verso Tobruk ed Acroma; dalle 22 sul capolinea ferroviario portato dal nemico a sud-est di Tobruk e sugli uidian esistenti nella zona di Ain el-Gazala; dalle 23 con bombe illuminanti ed incendiarie su Bir Hacheim per segnalare la direzione alle unità corazzate. Fin dalle prime luci del giorno x + 1 gli interventi dovevano essere diretti sulla zona di Gambut (Comando avanzato dell'sa armata) e sui centri trasmissioni già individuati, contro le forze nemiche esistenti a sud-est di Ain el-Gazala, sulle linee di ritirata da Ain el-Gazala e contro le riserve britanniche eventualmente affluenti verso el-Adem. La ripartizione dei compiti e degli obiettivi tra le aviazioni italiana e tedesca doveva esser fatta di comune accordo fra i gen. Marchesi e von Waldau. Naturalmente, operazione durante, Rommel si riservava di richiedere gli interventi ritenuti di volta in volta necessari. Alla sa squadra italiana spettava, inoltre, la protezione degli approdi dei convogli a Tripoli e Bengasi e della navigazione costiera da Tripoli a Derna e viceversa. Per le forze navali l'amm. Weichorn metteva a disposizione dell'armata una quarantina di mezzi tedeschi: nove sommergibili, otto mas da 80 tonn., otto vedette, nove motozattere, sei vapori. Con tale complesso di unità si voleva realizzare - e proteggere contro attacchi di piccoli elementi provenienti da T obruk e da Alessandria - uno sbarco dal golfo di Bomba sulla costa ad oriente di Ain el-Gazala, sul rovescio delle linee britanniche. Lo sbarco era affidato al battaglione S. Marco ed a reparti tedeschi, specialmente pionieri. Inoltre si intendeva proteggere i rifornimenti costieri da Bengasi a Derna, durante la battaglia, nonché costituire un primo nucleo per l'uso immediato del porto di T obruk. Alla R. Marina competeva la protezione del traffico costiero fra Tripoli e Bengasi; il concorso alla difesa costiera di Derna con due pezzi da 102, una batteria da 76/30 e cinque mitragliere da 37 (tutti pezzi che in un secondo tempo sarebbero stati spostati a Tobruk); il co.ncorso per la utilizzazione del porto di T obruk, con quattro dragamme.
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Altri due argomenti vennero toccati da Rommel in questo periodo: la segretezza ed il bottino di guerra. Sul primo di essi anche Bastico ebbe a richiamare tutti ad un severo controllo del traffico radio e telefonico, visto che dagli interrogatori dei prigionieri risaltava l'attesa di un attacco italo-tedesco. L'8 maggio Rommel scrisse ai Comandi dipendenti: «Ho saputo che, specialmente nelle retrovie, vengono divulgate insensate voci di un'offensiva imminente. Tali voci sono prive di ogni fondamento. Al contrario è da prevedere un prossimo attacco britannico, per il quale vengono prese le necessarie misure di difesa( ...)»',
ed invitò a denunciare alla magistratura militare i casi gravi. Aveva ben ragione di pretendere la riservatezza, ma è dubbio che lettere del genere risultassero convincenti. Anche il riferimento all'operazione ALFA, cioè ad una esercitazione difensiva con i quadri (sigla E.D.C.Q. da riportare in tutta evidenza su tutti i documenti «di esercitazione») non era tale da ingannare occhi esperti. Non per niente Radio Londra alle 20,30 del 20 maggio annunciò: «Le odierne informazioni dalla Libia fanno ritenere che sta per terminare
il periodo di calma relativa. Dispacci giunti oggi dal fronte libico informano che l'attività delle forze dell'Asse in Cirenaica è fortemente aumentata(...)».
Più efficaci, sul piano tattico, gli ordini limitati di volta in volta all'indispensabile, generalmente in stralcio e senza cenni alla situazione generale ed ai compiti delle grande unità laterali, almeno per quanto possibile. Così la sequenza della diramazione degli ordini scritti da parte del Comando Panzerarmee fu la seguente: 11 maggio: ordine per l'attacco n. 42/42 (preavviso operativo); 20 maggio: ordine per l'attacco n. 50/42, completo di nove allegati.
I Comandi di corpo d'armata, a loro volta, frazionarono la diramazione dei propri ordini, verbali e scritti, fra il 21 e il 25 maggio, ovviamente insieme con il raffittirsi delle informazioni sul nemico. Il 25 maggio tutto lo schieramento difensivo (schizzi n. 18, 19 e 20) era pronto a passare all'offensiva. Quel giorno il Comando del XX corpo scrisse sul proprio diario storico: <v4 tarda sera l'A.O.K. [Comando in capo dell'armata corazzata Africa] comunica che il giorno x è il 26 maggio. Se ne dà immediata comunicazione, a mezzo ufficiale, alle divisioni». Il secondo argomento riguardava il materiale conquistato sul campo di battaglia. Il 23 maggio Rommel invierà un ordine estremamente
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esplicito: tutto il materiale di preda bellica era proprietà delle forze armate e, data la situazione dei rifornimenti nel Nordafrica, diventava indispensabile utilizzarlo al massimo grado e nel migliore dei modi. Di conseguenza, era vietato danneggiare e distruggere alcunché. I militari potevano prendere seco ciò che ritenevano utile, senza peraltro appensantirsi troppo. Tutto ii resto, compresi e soprattutto i grossi depositi (che occorreva difendere con una guardia appositamente lasciata in posto), sarebbe stato ritirato o gestite da uno speciale reparto recuperi dell'armata. Ad evitare equivoci, l'ordine specificava che «tutto il bottino afferrato da tale reparto, sarà segnato con tinta blu chiara: TEDESCOBOTTINO AFFERRATO,/'. Non c'è da stupirsi se poi nascevano discuss1on1. Sull'impiego delle artiglierie intervenne direttamente il Comando Superiore. In proposito c'era stata qualche divergenza d' opinioni tra italiani e tedeschi; i primi più inclini ad attenersi ai canoni classici, i secondi più portati a considerare il problema della difesa controcarri. La grande deficienza di cannoni controcarri aveva finito per condurre alla dissoluzione di reggimenti e gruppi, a favore di schieramenti per batteria (e perfino di sezione) in capisaldi anche di modeste dimensioni, rendendo in tal modo impossibile la manovra del fuoco con azioni a massa e privando cosl il comandante di divisione di uno dei più importanti elementi di diretta influenza nel combattimento. Già in febbraio Bastico aveva fatto impartire dal gen. Manca di Mores, comandante superiore d'artiglieria, direttive intese appunto a conservare accentrata la maggior parte delle artiglierie. Adesso il riordinamento era stato quasi completato e le divisioni dotate di un numero di cannoni controcarri più che sufficiente per un'efficace azione d'arresto (alla data del 20 maggio risultavano in Cirenaica circa 800 pezzi da 47 /32) perciò si imponeva un'inversione di tendenza. Lo schieramento doveva permettere alla massa dell'artiglieria inizialmente l'azione a distanza e successivamente l'azione vicina controcarri. Qualora, peraltro, l'azione a distanza e quella vicina risultassero inconciliabili (ipotesi da considerare eccezionale), quest'ultima doveva avere la prevalenza e ad essa occorreva sacrificare la prima. La convenienza di non dislocare reparti di artiglieria nei capisaldi, specie se piccoli, derivava anche dall'opportunità di evitarne il convolgimento nelle prime fluttuazioni della lotta. Inoltre, uno schieramento esterno ai capisaldi, sempre che convenientemente protetto, consentiva una più libera manovra del fuoco nonché il tiro di repressione. Queste direttive erano inquadrate nel generico invito a restituire ai comandanti di artiglieria le attribuzioni loro pertinenti, compreso
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LE OPERAZJONJ TN AFRICA SETTENTRIONALE
l'inquadramento del terreno, «mezzo indispensabile per il raggiungimento di un'organizzazione capace di garantire un immediato efficace intervento dell'artiglieria contro obiettivi improvvisi e mobilissimi, quali i carri armati». Nulla da qire evidentemente sul principio dell'azione a massa delle artiglierie divisionali, specialmente data la scarsità di artiglieria di medio e grosso calibro; tuttavia, non era facile trovare una linea di compromesso in quanto il pezzo da 47/32 era ormai superato e, per di più, il suo munizionamento perforante non era ancora distribuito in quantità adeguata. Rommel era sicuro di sé, era convinto che il piano avrebbe avuto successo, ma... qualche dubbio persisteva, tanto più che prigionieri dell'8a armata si dichiaravano certi di un'imminente offensiva dell'Asse e dell'attacco principale sferrato fra Bir Hacheim e Bir el-Gobi. Inoltre, dagli interrogatori si desumeva che il Comando britannico intendeva resistere sulla linea Ain el Gazala-Bir Hacheim, di pieno affidamento, e manovrare con le divisioni corazzate nella zona fra Bir Hacheim e Bir el-Gobi9 (schizzo n. 21). Il gen. Gause, capo di Stato Maggiore dell'armata, non era ottimista; esitazioni e perplessità affioravano anche tra i comandanti in sottordine, italiani e tedeschi. Prima di tutto bisognava risolvere il problema dell'azione di comando. Rommel intendeva, come è facile immaginare, seguire da vicino i corpi corazzati ed ormai ben sapeva quali difficoltà potessero insorgere a causa di interruzioni dei collegamenti radio. Per ovviare all'inconveniente di abbandonare praticamente a se stessi i due corpi di fanteria italiani, egli decise di affidare entrambi a Criiwell. Questi era appena rientrato dalla Germania profondamente turbato per l'improvvisa morte della giovane moglie e desideroso di pensare solo alla guerra, perciò Rommel lo incaricò del coordinamento del X e XXI corpo (Navarini, molto più anziano, seppe non sollevare difficoltà) a partire dal 25 maggio e per tutta la durata della manovra. L'Afrikakorps restava, per il momento, a Nehring. Il Comando tattico del gruppo Cri.iwell si stabilì a Tmimi, vicino a quelli del Fliegerfuhrer e del Settore aeronautico Est italiano. L'individuazione delle unità nemiche era rimasta, più o meno, a quanto ricostruito i primi del mese e le differenze con la realtà non erano poche (vds. specchio alla pagina seguente). «Probabilmente, per fortuna, noi sottovalutammo le forze britanniche osservò a posteriori von Mellenthin - perché se avessimo conosciuta l'intera realtà, perfino Rommel avrebbe rinunciato ad un attacco contro un avversario cosl superiore( ...).
IL DISPOSITIVO ITALO-TEDESCO ED IL PRESUNTO SCHIERAMENTO BRITANNICO ALLA DATA DEL 20 MAGGIO
Schizzo n. 21
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
' LE FORZE BRITANNICHE PARTECIPANTI ALLA BATTAGLIA DI AIN EL-GAZALA Secondo il servizio informazioni della Panzerarmee (*)
13° corpo: 1a D.f. sudafricana su 1 a, 2 a e 3 a brigata, soa D .f. britannica su 69a 1soa e 151 a brigata, 1 a brigata carri, 2a
D.f. sudafricana su 4a e 5a brigata (a Tobruk)
30° corpo: 1 a D .cor. su 2a brigata corazzata, 7a
D.cor. su 4a brigata cor., 7 a brigata moc. e 1 a brigata francese
Ad est di T obruk: 200a brigata Guardie,
22 a
brigata cor. (della 1 a D. cor.).
In realtà
13° corpo: 1 a D.f. sudafricana su 1a, 2a e 3 a brigata, soa D.f. britannica su 69a, 1soa e 151 a brigata, 1 a brigata carri, 32a brigata carri, 2 a D .f. sudafricana su 4 a e 6a brigata e 9a brigata ind.
30° corpo: 1 a D.cor. su 2a e 22a brigata cor. e 201 a brigata Guardie, 7a D.cor. su 4a brigata cor., 7" brigata mot., 3 a brigata moc. indiana, 29a brigata indiana e 1 a brigata francese. Ad est di Tobruk: sa D.f. indiana su 10a, e 11 a brigata indiana e 2 a brigata francese, gruppo Dencol (forze eterogenee di varia nazionalità).
('}) Informazioni risultanti alla data del 20 maggio.
LA BATTAGLIA DI A!N EL-GAZALA
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Noi non sapevamo che la 22• brigata corazzata e la 32• brigata carri fossero a ridosso della linea di Gazala, né eravamo consapevoli dell'esistenza del caposaldo di Knightsbridge tenuto dalla 201 • brigata delle Guardie. La 29• brigata indiana a Bir el-Gobi e la 3a brigata motorizzata indiana a sud-est di Bir Hacheim erano anch'esse sfuggite alla nostra attenzione e nemmeno avevamo capito che il principale campo minato di Gazala si prolungava molto a sud del Trigh el-Abd fino a Bir Hacheim»10•
Secondo gli allegati al piano d'operazione, era accertata l'esistenza di campi minati che dalla costa scendevano sino a Mteifel el-Chebir e poi proseguivano sino a Bir Belafarit. Altri erano presumi attorno a Bir Hacheim. In effetti a parte la loro enorme estensione, mai vista in Africa settentrionale, detti campi minati continuavano fino a Bir Hacheim è poi risalivano ad ovest di Bir Harmat. Tre potevano considerarsi i punti chiave per la riuscita dell'offensiva: il settore di Got el-Ualeb, la difesa di Bir Hacheim e la reazione delle unità corazzate di Ritchie. L'importanza del primo era totalmente sfuggita. Mentre a Rommel risultava un vuoto da Mteifel el-Chebir (estremo sud della soa D.f. inglese) a Bir Hacheim (tenuta dalla 1 a brigata France Libre), a Got el-Ualeb, tra il Trigh Capuzzo ed il Trigh el-Abd, esisteva un caposaldo costituito dalla tsoa brigata inglese: «Tutto dipese dal caposaldo della 150a brigata a Got el-Ualeb - ebbe a com11 mentare Bayerlein -. Noi non sapevamo nemmeno che esistesse>> • Quanto a Bir Hacheim, il suo presidio era valutato sui 5-6.000 uomini e non tale da reggere ad un urto pesante. Infine, l'incognita di un contrattacco con unità corazzate era reputata risolta con la minaccia di sfondamento creata a nord e che avrebbe attirato la 2a e la 4a brigata corazzata, uniche pedine della 1 a e 7a divisione corazzata conosciute in posto. Era soprattutto la 4a brigata corazzata, la più forte, che occorreva far spostare. Dopo qualche titubanza, Rommel decise di cautelarsi con una variante ( Venezia) al piano: se il primo giorno di azione la 4 a brigata corazzata fosse segnalata ancora ad oriente di Bir Hacheim, il movimento della massa di manovra sarebbe stato sensibilmente allargato in modo da far passare la sinistra del XX corpo a circa sei chilometri a sud della località. E con la variante Venezia, Rommel mostrò di non essere del tutto convinto del vuoto fra Mteifel e-Chebir e Bir Hacheim. Infatti dispose che il XX corpo spingesse un forte gruppo esplorante in quel tratto nella notte sul giorno x + 1 (schizzo n. 22). Come si vede, per quanto saputo circa lo schieramento britannico, il piano di Rommel era corretto. Conteneva dell'audacia perché troppi tasselli eranno sfuggiti al mosaico o non erano stati collocati al giusto posto, però obiettivamente l'inconveniente rientra nella normalità. Di-
LA VARIANTE «VENEZIA
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AL PIANO DI ROMMEL Schizzo n. 22
LA BATTAGLIA DI l\JN EL-GAZALil.
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ciamo, per inciso, che il Comando Superiore aveva interpretato meno ottimisticamente le risultanze dei servizi informazioni: a suo parere erano presenti anche la 22 a brigata corazzata della 1a divisione corazzata e parte della 5a divisione indiana. In compenso riteneva che Bir Hacheim fosse difesa dalla 1 a divisione France Libre. Il calcolo complessivo dei carri armati fatto dal Comando della Panzerarmee era il seguente:
1a D. cor.: Comando: 18 cruisers 2a B. cor.: 124 cruisers e 36 Grant 2'.2a B. cor.: 124 cruisers e 36 Grant 7a D. cor.:
Comando: 8 cruisers 4a B. cor.: 82 cruisers e 72 Grant. 1 a B.carri: 4 cruisers e 150 fra Matilda e Valentine. Royal Tanks: 100 Stuart.
38° e 101 °
In definitiva, l'8a armata sembrava disporre di 100 carri leggeri, 494 carri medi e 150 carri per fanteria, per un totale di 744 carri, riducibili a circa 650, considerando un 10% di mezzi inefficienti. Ad essi la Panzerarmee poteva opporre 333 Panzer (53 Pzkw II, 242 Pzkw III e 38 Pzkw IV) dell'Afrikakorps e 2_28 carri M 13 ed M 14 del XX corpo per complessivi 560 mezzi efficienti. Quanto alla qualità, secondo il servizio informazioni tedesco i carri medi americani Grant (chiamati M. 3 Pilot) davano poco affidamento ed avevano provocato molte critiche da parte britannica: bocca da fuoco girevole a mano; tiro possibile solo da fermo perché in movimento, a 300-400 metri, esso risultava impreciso; munizionamento insoddisfacente, giacché i proiettili del cannone da 75 con spoletta M46 ad una distanza di tiro superiore ai 700 metri rimbalzavano senza esplodere; mancanza di pezzi di ricambio 12 • Ne derivava una scarsa preoccupazione per i Grant. Rommel dirà che il 27 maggio, giorno x + 1, le unità corazzate tedesche ebbero una spiacevole sorpresa: «il nuovo car1 ro armato Grant, impiegato per la prima volta dal nemico,> 3, ma la sorpresa è da ascriversi alla efficienza dimostrata da tale mezzo sul 4 campo di battaglia, piuttosto che alla sua non ignorata presenza1 • Anche la 5 a squadra aerea era stata potenziata con nuovi arrivi e talune sostituzioni. Alla vigilia dell'offensiva il Settore Est (gen. D'Aurelio) disponeva dei seguenti reparti da combattimento:
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LE O PERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
1° e 4° stormo caccia su Ma. 202 a Martuba 2° stormo caccia su Ma. 200 a Martuba 35° stormo bombardamento su Cant. Z 1007 bis a Barce 50° stormo d'assalto su CR 42 a el-Ftèjah 150° gruppo caccia Ma. 200 a Bengasi 131° e 133° gruppo aerosiluranti su S. 79 a Bengasi per 392 aerei
complessivi. Il collegamento con il Comando Superiore era tenuto dal gen. Marchesi, quello con il Flìegerfuhrer dal gen. D'Aurelio, quello con il Comando della Panzerarmee da un nucleo di collegamento dotato di radio. Per armonizzare i criteri d'impiego, venne affidato ai Macchi 202 il controllo del cielo dal campo di battaglia, mentre ai Macchi 200 ed ai CR 42 fu devoluto l'attacco al suolo contro unità terrestri in movimento. Ai CR 42 venne altresì assegnato il compito degli attacchi notturni sulle vie di comunicazioni avversarie. Ai Cane. Z 1007 bis competeva il bombardamento, essenzialmente notturno, della piazza di T obruk, mentre agli aerosiluranti fu riservata la protezione dei convogli in arrivo a Bengasi nonché dei rifornimenti costieri da Bengasi a Derna azione durante. Naturalmente si sapeva che anche la Desert Aìr Force era stata rinforzata. La ricognizione aerofotografica dell'Asse aveva rivelato un sensibile aumento degli aerei da caccia dislocati nei campi avanzati di Ain al-Gazala, di el-Adem, di Sidi Rezegh, di Gambut, di Gasr el-Arid e di Bir el-Hanascia. Sulla base di tali informaziioni era stato calcolato che alla data del 24 maggio il nemico disponesse in Marmarica di oltre 230 velivoli da caccia, compresi gli ultimi tipi di Hurricane (armati di due cannoncini e sei mitragliatrici) ed i potenti Kittyhawk (armati di quattro cannoncini e due mitragliatrici) pienamente in grado di tener testa ai Me. 109 tedeschi. In sostanza, il rapporto delle opposte forze appariva leggermente sfavorevole. La valutazione della Panzerarmee indicava 50 battaglioni fanteria dell'Asse contro 55 britannici; 560 carri contro 650; 148 autoblindo contro 3-400; circa 700 aerei contro un migliaio. Il mattino del 24 Bastico si recò ad U mm er-Rzem, ove ebbe un colloquio con Rommel. L'organizzazione logistica era a punto: le dotazioni si trovavano ad un livello mai raggiunto fino allora, l'autonomia ammontava a cinque un/oc, tre mesi di viveri, 12.000 tonnellate di carburante. Erano stati ammassati, inoltre, ingenti quantitativi di materiali del genio e sanitario. Le divisioni, benché striminzite, erano state rimesse in sesto (questione automezzi, naturalmente, a parte). Talché
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«il colonnello generale Rommel - riporta il diario storico del Comando Superiore - nel ricevere gli auguri delle Ecc. Bastico e Barbasetti per le prossime operazioni, ha esplicitamente dichiarato che mai come ora aveva avuto a sua disposizione una così forte armata italo-tedesca. Se nell'inverno, con proporzione di carri 1 a 7 aveva riconquistato la Cirenaica, ora con proporzione di 1 a 1 avrebbe potuto avere risultati assai più sensibili, che la ricchezza di mezzi di aviazione disponibili avrebbe reso ancora maggiore» 1;.
* * * Contemporaneamente alla diramazione dell'ordine di Rommel, Auchinleck inviava le proprie direttive a Ritchie con una lunga lettera recata personalmente dal gen. Corbett, nuovo capo di Stato Maggiore del Comando in capo. Sotto la pressione di Londra, Ritchie aveva approntato il piano per l'operazione Buckshot, l'offensiva incaricata di perseguire gli obiettivi di Crusader. Ormai l'esperienza aveva insegnato che regolarsi su una metodica avanzata lungo la via Balbia, cioè attraverso il gebel, era impresa difficile ed assai lenta. Per una rapida e vittoriosa manovra occorreva tagliare fuori tutto l'aspro gebel: su ciò non poteva sussistere dubbio alcuno. Ottima base di partenza per un'offensiva condotta con il 30° corpo di Norrie sembrava Bir Hacheim. Da tale località Norrie poteva puntare verso el-Mechili, minacciando l'avvolgimento da sud della Panzerarmee, mentre il 13° corpo di Gott avrebbe premuto frontalmente le fanterie dell'Asse. Era, in certo modo, il rovescio del piano di Rommel. Ma mentre questi desiderava che l'azione del X e XXI corpo italiano trattenesse a nord le unità corazzate britanniche, Ritchie intendeva offrire un'alternativa. Se il DAK e il XX corpo fossero scesi verso sud, Norrie avrebbe dato loro battaglia appoggiandosi ad una serie di capisaldi di brigata, costituiti rapidamente durante l'avanzata a 50 chilometri l'uno dall'altro. Se invece Rommel non avesse reagito e si fosse mantenuto a nord con il grosso delle truppe corazzate, Norrie avrebbe proseguito in direzione di Bengasi e di Msus per tagliare-la via di ritirata dell'Asse. Che simile progetto fosse convincente è difficile affermare, infatti tra coloro che lo ritenevano inattuabile c'erano proprio Gott e N orrie. Ad ogni modo, l'atteggiamento di Rommel si faceva tanto minaccioso - a dispetto delle misure di segretezza adottate - che l'irrobustimento della linea di Ain el-Gazala ricevette giusta priorità. Ma Buckshot ebbe involontariamente riflessi negativi sullo schema difensivo. In vista della nuova spinta verso Bengasi e Tripoli, erano stati presi numerosi ed importanti provvedimenti di carattere logistico. Non si trattava tanto dei depositi campali a sostegno immediato dei due corpi d'arma-
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DATA DEL 20 MAGGIO
Schizzo n. 23
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I.E OPER,>,ZJONJ lN ,>,FRICA SETTENTRIONALE
ta: il Field Supply Depot n. 71 fra Acroma ed el-Adem; il n. 70 fra el-Adem e Belhamed; il n. 83 ad una decina di chilometri a nord-est di Bir el-Gobi. Di ben maggiore importanza erano le due grosse basi avanzate di Tobruk (circa 10.000 tonnellate di materiali) e di Belhamed (25.000 tonnellate di rifornimenti), oltre a quella, assai più limitata di Giarabub con un migliaio di tonnellate. Di queste basi, Belhamed aveva particolare valore sia per l'entità dei suoi depositi, anche se non al 100% alla data del 26 maggio, sia per la prossimità della testata ferroviaria che da Bir Misheifa, in Egitto, ove si trovava all'inizio di Crusader, era stata portata avanti a tempo di record non appena cadute le difese italo-tedesche di frontiera. Ora, la necessità di conferire una certa protezione a siffatto apparato logistico portò all'allestimento di numerose posizioni non insistema e sensibilmente sparpagliate. Per giunta, ciò non basterà ad alleviare le preoccupazioni di Ritchie, trovandosi la base di Belhamed in mezzo al campo di battaglia. Anche la costituzione di un caposaldo pressoché isolato a Bir Hacheim, ad una quarantina di chilometri da Mteifel elChebir, dipese in buona parte proprio da Buckshot. Auchinleck era convinto che le possibili linee di azione per il nemico si riducessero a due, fondamentali (schizzo n. 23). La prima si traduceva nell'avvolgimento del fianco meridionale del dispositivo britannico, prendendo o superando Bir Hacheim strada facendo, e, di seguito, nell'avanzata su Tobruk. Il tutto sarebbe stato probabilmente accompagnato da un attacco diversivo condotto con abbondanza di artiglieria, bombardieri in picchiata e nebbiogeni contro il fianco settentrionale, e forse anche agevolato da sbarchi dal mare sui rovesci di Ain el-Gazala per conseguire, fra l'altro, l'interruzione della via Balbia. La seconda linea d'azione era ravvisata in un pesante, concentrato attacco su fronte ristretta contro il centro dell'8a armata, per consentire l'immediata prosecuzione dello sforzo su Tobruk. In tale quadro era probabile una finta contro Bir Hacheim attuata dai carri italiani, allo scopo di indurre la massa corazzata inglese ad affluire verso sud e lasciare così via libera all'attacco principale tedesco. Anche in questo caso era da prevedersi uno sbarco dal mare nella zona di Ain el-Gazala. «Ricengo - proseguiva Auchinleck nelle sue direttive - che la seconda alternativa sarebbe proprio quella che adotterei io e che si presenterebbe per certo come la più pericolosa per noi, in quanto taglierebbe a metà le nostre forze e con ogni probabilità condurrebbe alla distruzione dell'aliquota settentrionale. Naturalmente dobbiamo esser pronti ad affrontare l'avversario qualora scelga
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la prima soluzione, e comunque dovete stare molto attento a non impegnare le vostre unità corazzate finché non abbiate chiarito, oltre ogni ragionevole dubbio, dove il grosso dei carri nemici stia attaccando (...)».
Per meglio esporre il proprio pensiero, Auchinleck si dilungò a tratteggiare lo svolgimento dell'alternativa considerata più probabile e più pericolosa. A suo avviso Rommel avrebbe spinto la massa delle sue divisioni corazzate lungo la direttrice Sidi Breghisc-Acroma, cioè più o meno in corrispondenza del limite di settore fra la 1a D.f. sudafricana e la soa D.f. britannica. Accettando l'ipotesi di uno sfondamento, nonostante gli ampi e vasti campi minati, diventava ovvia da parte italotedesca la costituzione di due fianchi difensivi per proteggere la breccia e portare avanti i pezzi controcarri, l'artiglieria da campagna ed i rifar. nimenti. Se, come presumibile, detti fianchi difensivi fossero stati appoggiati alla scarpata sovrastante la via Balbia a nord ed ai rilievi collinosi snodantisi lungo il Trigh Capuzzo ed immediatamente ben presidiati, sarebbe stato assai difficile tagliarli, specialmente tenendo conto dell'attuale dislocazione, piuttosto gravitante verso sud, delle divisioni corazzate inglesi. Nel frattempo, la finta dell'Asse contro Bir Hacheim, esercitata con decisione, sarebbe sfociata in un vero e proprio attacco secondario se appena avesse ottenuto qualche successo. «So che avete preso e state prendendo - continuava Auchinleck - numerosi provvedimenti per fronteggiare un'eventualità quale vi ho descritta, ma debbo dirvi che (...) mi domando se non potreste portare i vostri carri un bel po' più a nord, dove siano in grado di colpire il nemico non appena sbuchi dalla breccia e prima che possa approntare un fianco difensivo, come l'esperienza ci insegna che egli cercherà sicuramente di fare( ...)»
Ed indicò la migliore dislocazione delle divisioni corazzate: a cavallo del Trigh Capuzzo, ove si sarebbero trovate in condizioni soddisfacenti per intervenire come richiesto dalla situazione. D'altronde, i numerosi reparti da ricognizione avrebbero dato informazioni in tempo utile sulle mosse italo-tedesche. Nessuna unità corazzata doveva essere distolta per l'immediato sostegno di Bir Hacheim: a tale scopo era sufficiente la già disponibile 3a brigata motorizzata indiana. «Considero - ammonì Auchinleck - della più alta importanza che non rompiate il complesso delle due divisioni corazzate. Esse sono state addestrate a combattere come divisioni, spero, e come divisioni debbono combattere. Norrie deve disporne come comandante di corpo d'armata ed essere capace di trar vantaggio dalla flessibilità conferitagli dalle due formazioni».
La lunga lettera terminò con un invito esplicito più che con un suggerimento
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«Per una battaglia difensiva penso che dobbiate avere una riserva mobile, quale la vostra forza corazzata, esente da qualsiasi incarico statico. La vostra armata si divide a mio modo di vedere, in due parti, una con il compito di cenere il forte - cioé il quadrilatero Gazala-Tobruk-el Gobi-Bir Hacheim - e l'altra con quello dì colpire l'avversario mentre cerca di farsi strada e dì distruggerlo. Penso che Gote sarà responsabile solo della prima e Norrie della seconda. Io solleverei immediatamente quest'ultima da ogni responsabilità per Bir Hacheìm»1&.
Dei due punti sui quali si erano soffermate l'attenzione e la raccomandazione del comandante in capo - che le due divisioni corazzate combattessero riunite e non per aliquote e che, sconfitto il nemico, l'8a armata non perdesse tempo per passare alla controffensiva - Ritchie non volle raccogliere il primo e non poté neppur pensare al secondo. I preparativi condotti in campo britannico riguardavano, com'è naturale, anzitutto la riorganizzazione dell'armata e della Desert Air Force, poi l'assetto difensivo per parare il sempre più probabile attacco di Rommel. Auchinleck aveva studiato gli avvenimenti di Crusader, cercando di individuare le cause degli insuccessi parziali e finale. Specialmente per confronto con le formazioni tedesche, egli si convinse dell'insoddisfacente ordinamento delle divisioni e brigate corazzate e motorizzate. A suo avviso era mancata una cooperazione tra carri, artiglieria e fanteria capace di produrre risultati di concreta soddisfazione. A parte una certa sensazione diffusa fra le altre armi - ma anche a Londra - che i corazzati non avessero fatto sentire il loro peso come era lecito sperare, il ricorso in via' normale a complessi tattici misti si presentava come la soluzione migliore in simile ambiente: «Mi sembrò - egli scrisse più cardi - che il nostro ordinamento divisionale d'anteguerra fosse troppo rigido e mancasse di flessibilità per essere adatto alle vicissitudini di una moderna guerra di rapido movimento nel deserto, od anche · altrove, visto che le grandi battaglie sono combattute e vinte in terreni di pianura e non in montagna» 17•
Inoltre, Auchinleck si era convinto che il concetto di costituire grosse divisioni corazzate, ricche di carri armati e relativamente deboli in fanteria, fosse errato, anche perché tendeva a radicare il convincimento che l'Arma corazzata fosse un qualcosa di indipendente. Ai fini della duttilità dello strumento appariva invece preferibile disporre di un maggior numero di divisioni meno forti in carri ma adeguatamente dotate di fanteria motorizzata. Perciò decise di trasformare le brigate in «gruppi di brigata,> 18• A base di tale revisione organica pose due principi: ogni gruppo di brigata doveva essere pluriarma, ogni brigata corazzata doveva avere una propria aliquota di fanteria motorizzata.
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LE OPERAZlONI IN Af!UCJ\ SETTENTRIONALE
Di conseguenza, una divisione corazzata veniva a disporre di un reggimento autoblindo, un gruppo di brigata corazzato (su tre reggimenti carri, un battaglione motorizzato ed un reggimento artiglieria da campagna e controcarri), di un gruppo di brigata motorizzato (su tre battaglioni motorizzati, un reggimento artiglieria da campagna e controcarri, reparti del genio, delle trasmissioni e dei servizi) e di unità divisionali. Le brigate carri, ognuna su tre reggimenti carri per fanteria, continuavano ad essere escluse dall'organico divisionale: per esse era prevista l'assegnazione come elemento di rinforzo in relazione alle necessità del momento. Quanto alla divisione di fanteria, il suo ordinamento prevedeva tre gruppi di brigata di fanteria, ciascuno dei quali su tre battaglioni, un reggimento artiglieria da campagna e controcarri ed unità minori. Da notare che l'idea del «gruppo di brigata» non era cosa nuova per gli ordinamenti britannici, in quanto già realizzata in precedenza per compiti particolari anche in quello stesso scacchiere19• Ciò detto, si precisa che, per ragioni di semplicità, si continuerà ad usare la dizione brigata anche perché il 20 maggio 1942 verranno diramate da Londra nuove tabelle organiche che aboliranno il Brigade Group in ambito divisionale e ripristineranno la <<brigata». Questa modifica ordinativa comportò varianti in altri settori. Il battaglione di fanteria ebbe una compagnia comando, tre compagnie fucilieri ed una compagnia armi di accompagnamento, quest'ultima su un plotone mortai da 3 pollici, un plotone cannoni e.e. da 2 libbre ed un plotone cingolato su Bren-carrier. Il battaglione motorizzato fu costituito da una compagnia comando, tre compagnie motorizzate ed una compagnia controcarri su sedici pezzi da 2 libbre. Il reggimento artiglieria da campagna e controcarri ebbe tre batterie da campagna su otto pezzi da 25 libbre ed una batteria controcarri su sedici pezzi da 6 libbre (57 mm). Per i reggimenti carri il discorso fu influenzato da motivi particolari. Era giunto il primo scaglione di carri americani M. 3 o Grant, armati con una bocca da fuoco da 75 praticamente in casamatta, con proietti ad alto esplosivo (H.E.) e perforanti dotati di cappuccio (A.P.C.), e con un pezzo da 37 in torretta. A prescindere da taluni difetti (scarsa velocità in terreno vario, delicatezza del congegno di puntamento, tendenza del congegno della torretta a bloccarsi), si trattava di un carro fornito di eccellente corazzatura (spessore massimo, in torretta, 57 mm), possibilità di tiro a distanza superiori a quelle consentite dai mezzi britannici e possibilità di impiego di proietti sia H.E. sia A.P.C. (unico carro in grado di far ciò). Era superiore allo Stuart, adesso impiegato più correttamente come carro leggero; al Cru-
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sader che, spinto nella fase di produzione prima di un adeguato collaudo del prototipo, aveva mostrato sul campo di battaglia diverse deficienze meccaniche; nonché al Valentine, che aveva sostituito quasi del tutto il Matilda, e che pur poteva essere utilizzato, all'occorrenza, anche come carro medio. In sostanza, contrariamente a quanto ritenuto dal servizio informazioni tedesco, il Grant era il miglior carro di cui disponesse !'sa armata. Ne derivò che il motivo psicologico di assegnare ad ogni reggimento carri i Grant prevalse sul principio organico dell'omogeneità dei mezzi in dotazione ad ogni reggimento. Fu così deciso di dare ad alcuni reggimenti due squadroni di Grant ed uno di Stuart, ad altri due squadroni di Crusader ed uno di Grant2°.
Non tutti questi provvedimenti tuttavia vennero portati a termine prima del 26 maggio. In particolare, erano arrivati all'8a armata solo 112 pezzi da 6 libbre, cosicché molte batterie controcarri disponevano ancora dei cannoni da 2 libbre e molti battaglioni di fanteria erano privi di pezzo controcarri. Partito il gen. Corbett con le direttive per Ritchie, Auchinleck ripensò all'intera situazione e volle mandare ancora qualche riga al comandante dell'8a armata: «(...) Il nemico è impaziente ed il suo attacco può giungere da un giorno all'altro. Come sapete dalla mia precedente lettera, sto affrettando i rinforzi per voi con tutta la mia energia! Ritengo che se voi riuscite a convogliare armonicamente quanto avete e quanto state per ricevere in un grande colpo contro l'avversario, noi lo manderemo all'inferno! Ho piena fiducia nella vostra capacità per fare questo (...)» 2 1,
e minimizzò le concrete possibilità di uno sbarco dal mare o dall'aria. Ritchie rispose tre giorni dopo rassicurando il comandante in capo e spiegandogli che le sue preoccupazioni circa la dislocazione delle divisioni corazzate erano infondate, perché causate da un banale errore di trascrizione di segni convenzionali sulle carte topografiche. Poi volle riepilogare il proprio apprezzamento della situazione: «(...) 2. Tutte le indicazioni, credo, suggeriscono che.possiamo attenderci l'attacco del nemico molto presto(...). Il suo recente notevolissimo aumento dei mezzi di trasporto ed il fatto che le possibilità di scarico del porto di Bengasi lo metteranno in grado di ridurre i trasporti per via ordinaria tra Tripoli e lo schieramento, gli consentiranno un grande raggio d'azione per la sua massa d'urto. lo sono ancora convinto che, se il sostegno logistico lo consentirà, egli cercherà di aggirare il nostro fianco meridionale. In ogni caso vi sarà laggiù un'azione diversiva e probabilmente sarà attuata dal corpo mobile.
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ORDINE DI BATTAGLIA DELL'sa ARMAT A BRITANNICA alla data del 26 maggio 1942 Comando dell'sa armata (gen. N.M. Ritchie): 13° corpo d'armata (gen. W.H. Gott) su: soa D.f. britannica (gen. W.H. Ramsden): 69a B.f. (gen. L.L. Hassel) 1soa B.f. (gen. C.W. Haydon) 15P B.f. (gen. J.S. Nichols) 1a D.f. sudafricana (gen. D.H. Pienaar): 1 a B.f. (gen. J.P. Furstenburg) 2a B.f. (gen. W.H.E. Poole) 3a B.f. (gen. R.J. Palmer) 2a D.f. sudafricana (gen. D Klopper): 4a B.f. (gen. A.A. Hayton) 6a B.f. (gen. F.W. Cooper) 9a B.f. indiana (gen. B.C. Fletcher) 1 a B. carri (gen. W.O.L.O'Carroll) 32 a B. carri (gen. A.L. Willison) truppe e servizi di corpo d'armata 30° corpo d'armata (gen. W.M. Norrie) su: 1a D.cor. (gen. H. Lumsden): 2a B.cor. (gen. R. Briggs) 22a B.cor. (gen. W.G. Carr) 201a B.mot. Guardie (gen. J.C.O. Marriott) 7a D.cor. (gen. F.W. Messervy): 4a B.cor. (gen. G.W. Richards) 7a B.mot. (gen. J.M.L. Renton) 3a B.mot. indiana (gen. A.E. Pilose) 29a B.f. indiana (gen. D. Reid) 1a B.f. France Libre (gen. P. Koenig) truppe e servizi di corpo d'armata sa D.f. indiana (gen. H.R. Briggs): 10a B.f. indiana (gen. C.H. Boucher) 2a B.f. France Libre (gen. Cazaud) Destinati all'ga armata: 10a D.f. indiana (gen. T.W. Rees) 11a B.f. indiana (gen. A.A. Anderson) 1a B.cor. (gen. F. Brown) Truppe e servizi d'armata
LA llA'Iì AGLIA DI AIN EL-GAZALA
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Esistono sicuri sintomi di un interesse avversario sulla zona Sidi BreghiscAlam Hamza e lo sforzo principale può naturalmente essere esercitato qui. Ma sarà un'operazione costosa e difficile per lui, perché i nostri campi minaci sono estesi e le nostre posizioni ben salde, ben sostenute dall'artiglieria e ben trincerate. Qualunque direzione scelga, la nostra carta migliore risiede nel contr.atcacco con i mezzi corazzaci per distruggerlo. Siamo pronti per questo (...), il terreno attentamente studiato e sono sicuro che le nostre unità sono preparate per intervenire a sud oppure a nord-ovest (...). 3. Ieri ho passato tutta la giornata con Norrie a studiare il terreno e la dislocazione dei reparti in vista della battaglia, dopo una conferenza con Strafer [ = Gott] per coordinare l'azione delle sue diverse colonne corazzate nella battaglia. Avrei facto tutto ciò il giorno prima ma ho preferito rimandare tenuto conto della visita di Corbett. Sono assolutamente convinto che una forza corazzata avversaria che si avventurasse in questa 'arena' si esporrebbe a battersi in condizioni di pesante inferiorità e ci offrirebbe ogni possibilità di distruggerlo complecamente»22 •
Secondo il gen. Messervy, Ritchie era «fiducioso e deciso nel parlare, ma dava l'impressione di non essere altrettanto fiducioso e deciso nell'intimo»23, comunque prima di discutere della bontà dello schieramento, converrà esaminarne le linee fondamentali (schizzo n. 24). Il 13° corpo di Godwin-Austen aveva la responsabilità del settore compreso fra il mare ed il Trigh el-Abd. Più precisamente, dalla costa ad Alam Hamza, cioè per un tratto di venticinque chilometri circa, erano disposte le truppe della 1a D.f. sudafricana: la 3a brigata sul ciglione a sbarramento della via Balbia, la 2 a a sbarramento della pista per Acroma, la 1 a ad Alam Hamza. A tergo era disposta la 3za brigata carri, in rinforzo. Seguiva la 50 3 D.f. britannica appoggiata ad un semicerchio di una cinquantina di chilometri con la concavità ad occidente. Contrariamente ai sudafricani, il cui dispositivo si poteva considerare sufficientemente compatto, la soa D.f. aveva due brigate a sud-est di Alam Hamza - la 15P e la 69a - pressoché a contatto di gomito; poi iniziava un'ampia cortina protetta da campi minati irregolari; quindi, tra i Trigh Capuzzo ed el-Abd, c'era la 150 3 brigata, saldamente sistemata nella zona di Got el-Ualeb ma isolata. Dietro le tre brigate britanniche si trovava la 1 a brigata corazzata, in riserva. A sud del Trigh el-Abd cominciava il settore del 30° corpo, in cui l'unica struttura statica avanzata era il caposaldo di Bir Hacheim, affidato alla P brigata France Libre. Fra Got el-Ualeb e Bir Hacheim correva una trentina di chilometri di campi minati non presidiati. Mai finora erano stati posti campi minati in sì grandi proporzioni, anche se cortine di rilevanti dimensioni erano lasciate indifese. Inoltre, ben cinque reggimenti di autoblindo avevano ricevuto il compito di pattugliare la terra di nessuno ed altresì di impedire che elementi dell'Asse
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individuassero i margini anteriori dei campi minati. Si trattava del 3°, 4° e 6° reggimento autoblindo sudafricano, del 1° King's Dragoon Guards e del 12° lancieri. Le divisioni di Norrie erano in parte diluite fra Segnali Nord e Bir el-Gobi, essenzialmente per opporsi al tentativo di avvolgimento (la 7a D.cor.), ed in parte raccolte fra Bir el-Harmat e Bir Lefa per opporsi ad un tentativo di sfondamento lungo il Trigh Capuzzo od il Trigh el-Abd (la 1a D.cor). Il gen. Messervy, comandante della 7a D .cor. aveva alle dipendenze numerose unità: la 7a brigata motorizzata (exgruppo di sostegno) ad ovest di Bir Hacheim; la l3 brigata francese a Bir Hacheim; la 3a brigata motorizzata indiana a q. 171, pochi chilometri a sud-est di Bir Hacheim; la 4a brigata corazzata, unica unità corazzata della divisione, nei pressi del Trigh el-Abd; la 29 3 brigata indiana a Bir el-Gobi. Non appena avvistate le colonne dell'Asse, era previsto che la 7a brigata motorizzata ripiegasse subito sulla posizione predisposta di Retma, rendendo così meno sparpagliata la dislocazione d'attesa della grande unità. Invece il gen. Lumsden, comandante della 1a D.cor., aveva la 22a brigata corazzata a Bir el-Harmat, la 2a brigata corazzata sul Trigh Capuzzo e la 201 a brigata motorizzata delle Guardie (nuova denominazione assunta dalla 200a brigata delle Guardie) schierata a caposaldo in prossimità dell'incrocio· fra la pista Bir Hacheim-Acroma ed il Trigh Capuzzo. La posizione venne chiamata Knightsbridge e rivestirà un ruolo importante nella battaglia imminente. A tergo della linea c'erano tre piccoli capisaldi: uno ad el-Adem, con il Comando del 13° corpo; un secondo ad Acroma, costituente, fra l'altro, l'appoggio meridionale di un campo minato posto a sbarramento della via Balbia; il terzo a q. 209 (ovest di Acroma), denominato
Commonwealth Keep. Infine, la guarnigione di Tobruk era composta dal Comando 2a D.f. sudafricana con la 4a e 6a brigata sudafricana e la 9a brigata indiana. La divisione aveva inoltre dislocato due gruppi tattici - Stopcol e Seacol - rispettivamente nella fascia costiera ad est di Ain el-Gazala e sulla scarpata ad ovest di Acroma, in funzione antisbarchi dal mare e dal cielo. Più ad oriente, nei pressi di Gambut, si trovavano il Comando avanzato dell'8a brigata indiana. Possiamo dunque dire che la 1a D.cor. era in condizioni di fronteggiare uno sfondamento centrale od a nord, come un avvolgimento da sud; ma che la 7a D.cor. poteva semplicemente intervenire contro l'avvolgimento (anche se con una dislocazione iniziale che tutto era fuorché raccolta): un suo tempestivo spostamento verso nord appariva chiaramente illusorio.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
Non che l'inconveniente fosse sfuggito ai comandanti interessati, a Ritchie per primo. Premesso che un certo peso venne esercitato dalla convenienza che le forze corazzate non fossero mai troppo lontane dalle brigate di fanteria (ricordo della sorte capitata alla sa brigata sudafricana ed anche ai neozelandesi durante l'operazione Crusader), fu calcolato che uno sfondamento al centro del 13° corpo avrebbe trovato sul posto la 32 a brigata carri e concesso tempo all'accorrere della P D.cor.. Se invece lo sfondamento fosse accaduto in corrispondenza del Trigh Capuzzo, cosa tutto sommato più probabile per la minore densità dei campi minati e l'ampia cortina indifesa a nord del Trigh, l'intervento della 1 a brigata carri e della 1 a D.cor. sarebbe stato rapido ed anche la 4a brigata corazzata non avrebbe trovato molte difficoltà a superare i venticinque chilometri che la separavano dalla 1 a D.cor. Se infine Rommel avesse deciso l'avvolgimento, la distanza da superare (un'ottantina di chilometri da Segnali Nord e Bir Hacheim ed un'altra cinquantina sino ad el-Adem) e le necessità di rifornimento di carburante avrebbe consentito l'azione della 4a brigata corazzata, nonché l'arrivo almeno della 22a brigata corazzata, se non di tutta la 1a D.cor. A dire il vero, il gen. Lumsden era assai poco favorevole a cedere per il combattimento la sua 22 a brigata corazzata a Messervy, sia perché tra i due non correva buon sangue sin dalla ritirata da el-Agheila, sia perché la sola 4a brigata possedeva tanti Grant quanti ne avevano complessivamente la 2 a e la 22 a. Perciò egli sostenne con vigore il maggior pericolo derivante da uno sfondamento centrale e la conseguente necessità di tenere la 1a D.cor. bene alla mano, attribuendo scarsa attenzione all'ipotesi dell'avvolgimento da sud24 • Conoscendo le idee ben precise e le raccomandazioni di Auchinleck, bisogna ritenere che egli abbia accettato la situazione sulla base di un equivoco: «(...) sono pienamente soddisfatto - egli rispose il 23 maggio alla citata lettera di Ritchie di quello stesso giorno circa i preparativi per la battaglia della dislocazione delle divisioni corazzate e sono contento di constatare che siamo dello stesso ordine di idee; questo è sempre un conforta!».
Secondo la programmazione fatta dal Ministero dell'Aria nel luglio 1941, la Royal Air Force in Medio Oriente avrebbe dovuto raggiungere nel marzo 1942 i 62 squadrons [ = gruppi] da combattimento. Successivamente, nel dicembre 1941, il fabbisogno venne portato a 85 gruppi, poi ridotti a 80, da conseguire nell'agosto 1942. In realtà, nonostante il logorio, le perdite ed i trasferimeni a Malta od in Estremo Oriente, l'esistenza si avvicinò molto al previsto. In particolare, la We-
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stern Desert Air Force alla vigilia dell'offensiva di Rommel schierava le seguenti unità da caccia e da bombardamento: un gruppo cacciabombardieri ad Amiriya su Blenheim IV due gruppi bombardieri a Baheira su Boston III un gruppo bombardieri a Baheira su Baltimora I due gruppi caccia a Gambuc su Tomahawk sei gruppi caccia a Gambut su Kittyhawk I tre gruppi caccia a Gambut su Hurricane un gruppio caccia a Gambuc su Spitfire VB un gruppo caccia ad el-Adem su Hurricane
In totale si trattava di 384 caccia e 160 bombardieri di vario tipo. Erano, però, disponibili in r inforzo, anche se non sotto l'autorità del Comando della Western Desert Air Force: cinque gruppi bombardieri ad el-Daba su Wellington un gruppo bombardieri a Maaten Baggusch su Wellington. Molta importanza venne inoltre attribuita al controllo aereo, alle comunicazioni radio, alla copertura radar, all'addestramento dei piloti ed alla pratica del bombardamento eseguito fino a 5.000 metri di quota, anziché dai 2.500-3.000 metri usuali. Nel campo della cooperazione aeroterrestre, invece, non vi furono sostanziali cambiamenti: le procedure già adottate si erano dimostrate valide, a parte la difficile questione del riconoscimento delle truppe dall'alto. In conclusione, l'8a armata aveva sul posto 850 carri, più altri 120 pronti ad intervenire, contro i presunti 550 carri dell'Asse, di cui 200250 italiani, con un rapporto immediato di 3 a 2. La superiorità in artiglieria era all'incirca di 2 a 1 e quella di aerei di 1,5 a 1. Auchinleck ' commento: «Ero soddisfatto che l'S• armata avesse sufficiente fanteria per affrontare qualsiasi possibile situazione si presentasse; una maggior quantità di fanteria probabilmente sarebbe stata d'impaccio. Ma io avrei voluto avere più artiglieria da campagna perché non esistevano riserve di pezzi a disposizione dei due comandanti o dello stesso Ritchie (...). Non è facile fare un appropriato confronto tra le forze corazzate nemiche e le nostre. Numericamente l's• armata godeva indubbiamente di una considerevole superiorità, ma i nostri carri per fanteria erano troppo lenti per impegnarsi in combattimento contro i carri medi nemici, e, malgrado noi avessimo in linea un notevole numero di carri medi americani Generai Grant, i nostri carri erano ancora inferiori in potenza di bocca da fuoco ed affidabilità meccanica rispetto all'avversario(...)» 25 •
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LE OPERAZIONI IN AFRlCJ\ SETTENTRJONALE
L'inferiorità di cui faceva cenno Auchinleck è stata nettamente contestata. Il pezzo da 2 libbre che armava Crusader, Valentine e Matilda aveva una capacità di penetrazione superiore del 50% rispetto a quella del 50 corto dei Pzkw III, che costituivano la massa dei carri tedeschi. Il pezzo da 37 degli Stuart aveva anch'esso una migliore capcità di penetrazione, oscillante dal 15 al 30%. È vero che l'Afrikakorps disponeva di diciannove Pzkw III O) Special con un pezzo da 50 lungo, assai superiore, ma da parte britannica c'erano 167 Grant con il cannone da 75, senza rivali all'inizio della battaglia perché i soli quattro Pzkw IV Special non avevano munizioni. Quanto alla corazzatura, il confronto era tutto a favore dei carri per fanteria britannici e dei Grant: «In sostanza - concludeva Liddell Hart nel suo esame comparativo - i carri britannici avevano un vantaggio di base qualitativo (oltre ad una grande superiorità quantitativa) sui carri tedeschi. Ma il vantaggio di partenza fu diminuito, se non proprio controbilanciato, da un certo numero di altri fattori» 1•.
Gli altri fattori erano rappresentati da minore rapidità di puntamento, minor disponibilità di munizioni, maggior tendenza ad incendiarsi e minore regolarità di funzionamento. Anche per i pezzi controcarri non si può affermare che 1'8 a armata fosse in difetto: disponeva di 112 nuovi cannoni da 8 libbre (superiori al pezzo da 50 tedesco) contro solo 48 cannoni da 88, ottimi ed insuperati ma un po' troppo visibili. È tuttavia da dire che Rommel stava ricevendo i primi pezzi da 76 sovietici. 2. IL PARZIALE FALLIMENTO DELLA VARIANTE «V ENEZIA»
Il 25 maggio il gen. Crilwell aveva preso contatto con Navarini e Gioda, da quel momento alle sue dipendenze. Ormai l'organizzazione era a punto e non esistevano incertezze. Alle 14 del 26 la Panzerarmee iniziò il movimento in avanti. A nord il XXI ed il X corpo d'armata lasciarono le basi di partenza preceduti da un massiccio bombardamento aereo. Non incontrarono che una debole reazione di artiglieria. Il 3° battaglione esplorante ed il 6° reggimento autoblindo sudafricani si limitarono ad osservarli e ripiegarono sulla propria posizione di resistenza. Sulla fronte del XXI corpo operava un battaglione carri della 21 a Panzerdivision; davanti al X agivano il X battaglione carri dell'Ariete ed una compagnia autoblindo dell'VIII battaglione bersaglieri corazzato della Trieste. Alle 16 le divisioni superarono la prima linea di attestamento; fra le 18 e le 20
(.A BATTAGLIA DI AIN EL-GAZALA
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ORDINE DI BATTAGLIA DELLA PANZERARMEE AFRIKA all:a data del 26 maggio 1942
Comando della Panzerarmee Afrika (gen_ E. Rommel) X corpo d'armata (gen. N. Gioda) su: D.f. Brescia (gen. G. Lombardi) D.f. Pavia (gen. A. Torriano truppe e servizi di corpo d'armata XX corpo d'armata (gen. E. Baldassarre) su: D.mot. Trieste (gen. A. Azzi) D.cor. Ariete (gen. G. De Stefanis) truppe e servizi di corpo d'armata XXI corpo d'armata (gen. E. Navarini) su: D .f. Trento (gen. C. Gotti) D.f. Sabratha (gen. M. Soldarelli) 15a B. Schutzen (col. Menny) truppe e servizi di corpo d'armata
Deutsches Afrikakorps (gen. W. Nehring) su: 15a Panzerdivision (gen. G. von Vaerst) 21 a Panzerdivision (gen. G. von Bismarck) truppe e servizi di corpo d'armata 90 3 divisione leggera (meno 15 3 B.) (gen. U. Kleemann) Comando artiglieria 104 Comando artiglieria italiano (gen. Nicolini) raggruppamento Hecker truppe e servizi d'armata
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LE OPERAZIONI IN AfRJCA SE'l"rENTRIONALE
circa furono raggiunti gli obiettivi della giornata, sull'allineamento Gasr el Ambar-Bir Bu Usceica (schizzo n. 25). Solo allora i reparti corazzati rientrarono alle rispettive divisioni, che - contrariamente a quanto previsto - furono in grado di raggiungere fra le 3 e le 4 del mattino. Più a sud la massa corazzata e motorizzata aveva cominciato a raccogliersi per il grande avvolgimento. Prima di entrare nel vivo degli avvenimenti sembra opportuno soffermarsi sulle divisioni Ariete e Trieste, costituenti il XXI corpo ed uniche granelli unità italiane in grado di affrontare la guerra meccanizzata, sia pure con mezzi e materiali inadeguati. «Anche le due deboli divisioni italiane - ebbe a dire Rommel - per il loro cattivo armamento poterono essere impiegate solo sotto protezione tedesca» 27 • Se avesse detto «con il concorso», anziché «sotto protezione», sarebbe stato probabilmente più obiettivo e sicuramente più generoso. L'Ariete era stata rimessa a pieno organico. Il 132° reggimento carristi, sciolto il semidistrutto VII battaglione, era rimasto con l'VIII ed il IX su M. 13/40, anch'essi assai mal ridotti. Si trattava di completarlo, ma, tenuto conto delle condizioni in cui versavano gli altri reparti, il problema investiva l'intera divisione. Ricostituirla o sostituirla? Per la prima soluzione occorreva attingere a quanto stava affluendo dall'Italia, compresi i reparti della D. cor. Littorio, ovviamente i più pronti; per la seconda, bisognava attendere che l'intera Littorio fosse sbarcata a Tripoli. Naturalmente, ogni alternativa presentava il pro e il contro. Dapprima si cercò di non toccare la Littorio, in modo da disporre con essa di una seconda divisione corazzata, per giunta nuova di zecca, e di sostenere alla meglio l'Ariete con l'invio di complementi e di mezzi sfusi. Ben presto, però, le esigenze della controffensiva e le insistenze di Rommel consigliarono di attingere alla Littorio per riportare in piena efficienza l'Ariete, che ormai aveva acquisito una grossa esperienza bellica nel deserto. Così, il X battaglione carri M. 14 era passato all'Ariete e l'XI battaglione carri M.13 alla Trieste. A maggio il 132° carristi, agli ordini del ten.col. Maretti - un ufficiale che aveva mostrato doti di comandante di tutto rispetto, segnatamente a Bir el-Gobi, all'inizio dell'operazione Crusader - contava 172 carri: 52 carri per battaglione più un plotone di sei carri al Comando di reggimento, oltre ad un carro senza torretta per il comandante di reggimento28• L'8° reggimento bersaglieri aveva il V ed il XII battaglione autoportati ed il V battaglione controcarri. Le artiglierie dell'Ariete formavano un complesso degno di nota. Esse comprendevano il 132° artiglieria (due gruppi da 75/27-06, uno da 105/28 ed uno
L'INIZIO DELL'OFFENSIVA ITALO-TEDESCA (26 maggio)
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di autocannoni da 90/53 e numerosi gruppi di rinforzo: il II/24° artiglieria da 105/28 (per completare il livello organico del reggimento), il DLI e DLII gruppo semovente da 75/18, tutti su tre batterie, nonché il V/ 1° artiglieria contraerei e controcarri con due batterie degli splendidi 88/56 tedeschi. I due gruppi semoventi (ciascuno su dieci semoventi, primi veri semoventi di artiglieria) erano stati appena approntati. Disponevano di granate H.E. e perforanti ed erano previsti anche i proietti E.P. La carica era unica e la gittata massima si aggirava sugli otto chilometri. L'autonomia raggiungeva i 200 chilometri su strada e le dieci ore su terreno vario. Velocità massima pari a 32 chilometri orari. Per l'azione di accompagnamento le batterie venivano decentrate ai battaglioni carri, tenendosi sulle ali e negli intervalli, ed agendo di solito per iniziativa del capopezzo contro i carri nemici (distanza massima 1500 metri) e contro i centri di fuoco anticarro. Per l'azione d'arresto controcarri, l'impiego era per batteria o per gruppo. Per l'accompagnamento e l'appoggio alla fanteria, come per l'azione lontana, valevano i normali criteri d'impiego dell'artiglieria da campagna. Con i pezzi 88/56 ceduti in piccolo numero dalla Germania nel1' estate 1940, erano stati subito costituiti due gruppi (il XVIII ed il XXIX), avviati in Libia come reparti contraerei dopo un breve corso di addestramento. Per quasi tutto il 1941 rimasero a Tripoli; poi, nel novembre, il XVIII gruppo venne motorizzato e portato in linea. All'inizio del 1942, nel quadro del riordinamento dei reggimenti di artiglieria divisionale, il gruppo assunse la denominazione di V gruppo e.a. e e.e. del 1° artiglieria celere della Brescia. Poco più tardi passò in rinforzo al 132° artiglieria dell'Ariete. Altri due reparti divisionali meritano un cenno: il IV gruppo carri L. 6 Lancieri di Novara, su due compagnie, ed il III gruppo autoblindo Nizza Cavalleria, su due squadroni. Il primo era dotato di 40 carri leggeri da 6 tonnellate con un cannone da 20 ed una mitragliatrice da 8 in torretta. Il mezzo era stato anch'esso, a suo tempo, progettato per la guerra in montagna e, per quanto adesso impiegato in compiti di ricognizione, apparirà subito troppo modesto come armamento e prestazioni. Il secondo era fornito di 40 autoblindo AB 41, armate con un cannone da 20 e due mitragliatrici da 8, con 400 chilometri di autonomia ed una velocità su strada di 80 chilometri orari. Si trattava di un mezzo di buone prestazioni, ma piuttosto complicato e di difficile manutenzione. Anche la Trieste era stata rimessa a punto. I suoi reggimenti di fanteria (ciascuno su Comando di reggimento, una compagnia mortai
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da 81 e due battaglioni di fanteria) erano in verità molto smilzi (un migliaio di uomini ognuno), ma la disponibilità di fuoco e di mezzi corazzati ne facevano un complesso efficiente. Il 21 ° artiglieria aveva due gruppi da 100/17, due da 75/27 ed uno da 75/50 (su una batteria), nonché due gruppi del1'8° artiglieria d'armata in rinforzo: uno da 149/28 ed uno da 149/40. Quanto all'organizzazione logistica del XX corpo, essa conservava le basi delle grandi unità nella dislocazione in atto: quelle del corpo d'armata e della Trieste ad oriente di Martuba, in prossimità della via Balbia, e quella dell'Ariete ad est di Umm er-Rzem. Ogni divisione avrebbe portato seco l'indispensabile. Rifornimenti e sgomberi a cura delle divisioni stesse sulle formazioni di Intendenza, che aveva impiantato un centro ospedaliero di smistamento, con 200 posti letto, ad Umm er-Rzem e frazioni di magazzino dei vari servizi a Derna ed a Sidi Hussein (sud-est di Martuba). In caso di urgente od ingente fabbisogno di rifornimenti, le richieste - tramite il corpo d'armata - sarebbero state esaudite a domicilio con mezzi dell'Intendenza. Le dotazioni al seguito erano previste nella seguente misura: 5 giornate viveri; 3 giornate acqua, più una con i reparti; 2 un/oc per le artiglierie divisionali, una per i medi calibri, due per i pezzi contraerei e controcarri ed 1/4 per le armi della fanteria. Anche il XX corpo lasciò le zone di racc~lta alle 14 del 26 maggio. Il gen. Baldassarre segnalò di partire con 228 carri, 78 autoblindo e 18 semoventi. All'inizio tutto andò bene. In colonne parallele l'Ariete e la Trieste avanzarono a nord del Trigh Capuzzo respingendo facilm ente pochi elementi esploranti avversari e si fermarono in sosta protetta nelle posizioni indicate come Ce D (schizzo n. 26) sino all'imbrunire, poi si raccolsero nella zona A. Più o meno contemporaneamente anche il DAK affluiva nella propria zona A. Aveva incrociato le colonne del XX corpo e determinato qualche intralcio, ma, tutto sommato, la macchina si era mossa con precisione. Alle 18,15 il Comando del XX corpo ricevette dalla Panzerarmee il messaggio convenzionale Venezia, che subito diramò alle divisioni a mezzo ufficiali. Si ignora quando esattamente sia stato recapitato all'Ariete; sta di fatto che il diario storico di questa riporta: «ore 19: la divisione riprende la marcia verso la zona B (sud·est di Bir Hacheim) con la rotta 142 ° per 37 km e 82° per 12 km». Per l'esattezza, alle 19 la divisione lasciò la posizione C per entrare nella zona A. Aggiungiamo che a quell'ora probabilmente assunse il dispositivo «per ala» che avrebbe tenuto in
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marcia verso la zona B. Infatti, per diminuire quanto più possibile la profondità, ogni divisione doveva articolarsi in più colonne sino a saturare l'ampiezza del settore di movimento (circa tre chilometri). Il collegamento tattico con il DAK era affidato all'Ariete. Quanto alla Trieste, l'ordine le pervenne alle 20,30, cioè ben due ore dopo il suo invio, e non poté essere recapitato in tempo alle unità dipendenti. Alle 21 il 65° fanteria, seguito dalle artiglierie e dal 66° fanteria, si mise in marcia su due colonne secondo la rotta prevista dall'ordine originale. La seconda parte della divisione - Comando della grande unità, servizi e autocarreggio - prese invece la direzione relativa al caso Venezia. Azzi in persona si precipitò in avanti sulle tracce dei suoi reggimenti, ma dopo vane ricerche desistette: «Il Generale comandante - è scritto sul diario storico - (. ..) non trova il Comando del 65° rgt. ftr. e le due colonne [recte: le due parti, avanzata ed arretrata, della divisione] marciano così nella notte, con rotte divergenti».
Come spiegare tale contrattempo? Il 25 maggio il XX corpo aveva trasmesso alle divisioni tre documenti pervenutigli dalla Panzerarmee: il documento F <<Disposizioni per la defluenza dalle attuali zone di schieramento, per lo schieramento nella zona A e per il movimento verso la zona B>), il documento G «Mezzi corazzati per il X C.A.» ed il documento H «Variante Venezia». Il documento F, basato sull'ordine di operazioni d'armata del 20 maggio, indicava la seguente rotta dalla zona A alla zona B: 27 km per azimut 132° - 7 km per azimut 63° - 15 km per azimut 26° - 9 km per azimut 347°. Il documento H, relativo a Venezia, conteneva l'indicazione della nuova zona B, la nuova rotta (37 km per azimut 142° - 12 km per azimut 62° - 15 km per azimut 29° - 25 km per azimut 336°), i compiti dei reparti esploranti, l'ora di partenza dalla zona B (ore 4,30 del giorno x+ 1) ed il dispositivo di avanzata del corpo d'armata (uguale a quello previsto dall'ordine iniziale). La Trieste, ricevuto alle ore 1 del 26 l'avviso che proprio quello era il giorno x, diramò il proprio ordine d'operazione n. 1 «a seguito e conferma ordini verbali)> dati da Azzi nel pomeriggio precedente. Però modificò leggermente l'indicazione della zona B, precisando con uno schizzo che era rappresentata da un'area sita con la base (el-Abiad) a quattro chilometri circa a ovest di Bir Hacheim e con una fronte di una diecina di chilometri (da el-Abiad verso nord). Si trattava pur sempre della zona B prevista dall'ordine iniziale. Per il movimento dalla zona A alla zona B dette la rotta prescritta dal documento F e per la variante Venezia allegò copia integrale del documento H. L'ordine di operazio-
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ni fu mandato, per conoscenza, anche al Comando del XX corpo ed all'Ariete 29 • L'Ariete invece trasmise, per la parte di competenza, ai reparti il solo documento F 30• Del documento H non esiste traccia alcuna, però la rotta stabilita per andare dalla zona A alla zona B fu di «37 km per azimut 142 ° - 12 km per azimut 82 °», cioè le prime due direzioni della rotta per Venezia. Anche quest'ordine fu inviato, per conoscenza, al XX corpo ed alla Trieste, senza - giova rilevarlo - suscitare né sorpresa né interrogativi. Nulla esiste che aiuti a spiegare questa differenza di comportamento fra i due comandanti di divisione. È stato affermato che Rommel fece comunicare la parola convenzionale Venezia nel tardo pomeriggio, dopo aver constatato che l'azione del XXI e del X corpo, eccessivamente diluita sull'ampia fronte, non aveva indotto l'avversario a spostamenti di forze corazzate 31• Ma la tesi non persuade, anche se basata sull'ordine d'operazione di Rommel del 20 maggio: «Nel caso che la situazione alla sera del giorno X richieda un'ulteriore spinta dei reparti motorizzati verso sud ed est dopo il movimento dalla zona A, andrà in vigore l'ipotesi Venezia».
Anzitutto una decisione di importanza così determinante non poteva essere presa all'ultimissimo momento, basandola sulle reazioni del nemico ad una avanzata nella terra di nessuno, prima ancora che venisse stabilito il contatto con la posizione di resistenza britannica. Chi poteva ragionevolmente sperare che Ritchie modificasse la dislocazione delle riserve alla prima avvisaglia italo-tedesca? Soltanto il giorno x+ 1 poteva essere illuminante: «Ero in uno stato di grande tensione - confesserà infatti Rommel aspettavo con impazienza il giorno successivo. Che cosa farà il nemico? Che cosa ha già fatto? Queste domande attraversavano la mia mente. Il giorno se· guente doveva portare la soluzione»n.
In secondo luogo, è vero che il XX corpo ricevette l'ordine di applicare il caso Venezia alle 18,15, ma è altrettanto vero che la 21 a Panzerdivision era stata avvisata dal DAK sino dalle ore 1433• Sull'affermazione di Rommel, poi: «Alle 20,30 [del 26]/u da me ordinato il caso Venezia» 34 si può sorvolare, trattandosi palesemente di frase ad effetto. Perciò si è indotti a ritenere che il 25 mattina Rommel abbia anticipato - in sede di rapporto ai comandi di corpo d'armata e di divisione, i quali ultimi nel pomeriggio dovevano, a loro volta, convocare
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i comandanti di reggimento - la propria decisione a favore della variante Venezia (così come sicuramente preavvisò che il giorno dopo era il giorno x), invitando tuttavia, come spesso avviene, ad attendere il formale ordine esecutivo. Molto probabilmente Rommel finì per preferire la variante, anche perché essa gli garantiva una sorpresa che, per quanto relativa, mai gli sarebbe stata concessa dal piano iniziale. Non era infatti pensabile di superare di slancio i campi minati individuati a nord di Bir Hacheim, e ciò si sarebbe tradotto in tempo regalato a Ritchie per la parata ed il contrattacco. Il 26 mattina, ricevuta la comunicazione ufficiale circa il giorno x, è plausibile che De Stefanis abbia dato per scontata la modifica al piano e, quindi, impartito gli ordini esecutivi per Venezia; e che, per contro, Azzi si sia attenuto ad un più rigido criterio di osservanza formale (in analogia, del resto, al Comando del XX corpo) ed abbia rispettato l'ordine originario, lasciiando l'ipotesi Venezia allo stadio di eventualità. Tale spiegazione parrebbe l'unica accettabile, in quanto suffragate anche dal fatto che Baldassarre non mosse alcuna obiezione all'ordine di De Stefanis, pur avendone avuto ampia possibilità per tutta la giornata del 26. Ma quel che maggiormente lascia interdetti è il riscontrare che Baldassarre fu, a quanto sembra, tenuto all'oscuro di quanto stava accadendo. Sul diario storico del XX corpo si legge: «Alle 21 del giorno 26 si inizia il movimento dalla zona A verso la zona B. Appare subito che l'ampiezza del fronte del corpo d'armata è eccessiva per una marcia notturna. L'Ariete, per mantenere il contatto col C.T.A. [=DAK], deve serrare a destra, allontanandosi così dalla Trieste; anche quest'ultima (che marcia su due colonne) accosta verso destra, ma non sufficientemente. Il movimento prosegue fino alle 2 del 27».
Raggiunta la zona B, a sud di Bir Hacheim, e mentre le unità si raccoglievano, Baldassarre volle vedere la situazione. Continua il diario storico del corpo d'armata: «Viene preso contatto a mezzo pattuglie con entrambe le divisioni. Da tale ora [ = poco dopo le 2 di notte] viene perduto ogni collegamento con la Trieste. Il Comando del C.A. serra pertanto verso l'Ariete, continuando a mandare invano pattuglie alla ricerca della Trieste»
Quindi, Azzi avrebbe taciuto del grave disguido non soltanto al suo verificarsi (ore 21 del 26), ma altresì una volta arrivato in zona B (ore 2-3 del 27). Solo nella tarda mattinata (ore 11,30) egli si farà vivo di persona al Comando di corpo d'armata e «comunica che i reparti di testa della divisione non hanno potuto ricevere la parola Venezia, e per-
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tanto, attenendosi al piano previsto, sono sfilati a nord di Bir Hacheim»35.
Ora, che l'organizzazione dei collegamenti italiani (come materiali) offrisse scarsa affidabilità era purtroppo una spiacevole realtà, ma è assai difficile giustificare ciò che è successo alla Trieste: esistono cose che non debbono accadere e la perdita di contatto in ambito divisionale del 26 maggio era proprio una di quelle. Siccome la guerra è ricca di imprevisti di tutti i generi, diremo subito che il disguido ed il conseguente errore di direzione della Trieste a suo tempo si riveleranno provvidenziali per le sorti della battaglia. 1L27MAGGIO
Alle 4,30 del mattino il XXI ed il X corpo d'armata ripresero l'avanzata. La progressione fu assai lenta a causa del forte tiro di interdizione vicina, che provocò perdite sensibili in uomini ed automezzi. Per giunta, lo stesso andamento della posizione di resistenza britannica provocò la separazione dei due corpi. Il primo ebbe un parziale successo iniziale ad opera della Trento, che fu in grado di raggiungere i propri obiettivi nella tarda mattinata; peraltro la Sabratha e la 15a brigata tedesca trovarono forte ostacolo nel fuoco intenso e nell'azione degli elementi esploranti nemici. Comunque il punto fondamentale consisteva nell'accertare se l'avversario avesse o non avesse intenzione di ripiegare. Allo scopo, Cruwell ordinò che alle 18 la 1sa brigata simulasse un vigoroso attacco in corrispondenza della via Balbia, ma ne ricavò poco. All'imbrunire anche la Sabratha e l'unità tedesca toccarono gli obiettivi e tutta la linea si arrestò. Il X corpo, invece, incontrò difficoltà d'altro genere. Dirigendosi verso sud-est, scivolò sotto la grande ansa descritta dalla posizione di Alam Hamza, cosicché la Brescia dovette guardarsi il fianco settentrionale e la Pavia quello meridionale. Da ambo i lati c'era il vuoto. La partenza dell'ala marciante dalla zona A fu densa di sensazioni e di significato. Si misero in moto diecimila mezzi ruotati e cingolati. Non si può non dare la parola al col. Mancinelli, che seguiva Rommel: «La successiva marcia notturna della massa motocorazzata (due divisioni corazzate ed una motorizzata tedesche, una corazzata ed una motorizzata italiana più due gruppi esploranti ed un raggruppamento autonomo tedeschi 36) verso la zona B rimane certamente come un ricordo incancellabile per quanti vi parteciparono e costituisce senza dubbio una delle imprese più brillanti dell'ultima guerra. Migliaia e migliaia di macchine potenti avanzavano regolarmente a luci
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spente nella chiara notte di plenilunio, lungo una rotta ideale segnata dall'ago della bussola, in formazione compatta, come un blocco gigantesco spinto irresistibilmente da una superiore forza misteriosa sulla sterminata pianura bianca del deserto. L'ampia volta del cielo era piena del rimbombo cupo dei motori e il terreno sembrava irradiare all'infinito il fremito dei mille e mille colossi d'acciaio in marcia verso la battaglia, mentre in alto la caccia vigilava, incrociando senza sosta sopra la colonna. Per uno strano contrasto si aveva l'impressione di essere avvolti dal silenzio e si parlava sottovoce, quasi ad evitare che il nemico potesse cogliere il suono della nostra voce»)7•
Esisteva anche la sensazione di un avvicinamento compiuto all'insaputa del nemico. Il diario di guerra dell'Afrikakorps registra: 0
«Nel chiarore lunare il DAK corre verso il nemico. Il morale è superbo ed ognuno è teso nella aspettativa del primo scontro con gli inglesi. A mezzanotte non risultano rapporti circa la presenza dell'avversario, né le truppe alla nostra destra [ = la 90 leggera] né quelle alla nostra sinistra [ - il XX corpo] avevano avuto alcun contatto con il nemico».
Ma si trattava di un'illusione. La ricognizione aerea britannica e lo schermo di autoblindo del 4° reggimento sudafricano avevano avvistato lo spostamento del XX corpo e del DAK verso la zona A sin dalle 16, anche se dovettero limitarsi a comunicare il concentramento di una rilevante massa di veicoli. Quando, alle 21, venne ripresa la marcia per raggiungere la zona B, di nuovo le autoblindo sudafricane e pattuglie del II battaglione King's Royal Rifle Corps dettero informazioni, pur trovandosi nell' impossibilità - sia per l'oscurità sia perché dislocati più a sud - di valutare con una certa approssimazione l'entità delle colonne. La 7a brigata motorizzata (gen. Renton), che come sappiamo, si trovava piuttosto sparpagliata ad ovest di Bir Hacheim, prese per buone le notizie e si diresse rapidamente su Retma. Il Comando della 7a divisione corazzata, invece, rimase alquanto scettico su un cosl grosso movimento italo-tedesco verso sud, tanto più che i messaggi provenivano da un reparto che stava ripiegando di notte, perciò Messervy desiderò veder più chiaro nella situazione. Di questa diffidenza Renton avvertì i sintomi e pensò di aver suscitato l'impressione di lasciarsi «un
pò troppo trascinare dal panico nel segnalare l'avanzata nemica: infatti erano tutti [ = i Comandi superiori] convinti che l'attacco dovesse venire da nord»38 • Ad onor del vero, Messervy trasmise le comunicazioni di Renton al 30° corpo «chiedendo il permesso di prendere i posti di combattimento
previsti in caso di attacco sul fianco sinistro. Ma il permesso mi fu negato
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da Norrie, che voleva aspettare finché non fosse nota la direttrice dell'attacco principale di Rommel» Tuttavia, come misura precauzionale, Messervy alle 2 avvisò, sia pur molto genericamente, la 4a brigata corazzata di tenersi pronta ad intervenire all'alba. Per inciso, e per mostrare come la lentezza nella trasmissione degli ordini fosse diffusa, i reggimenti della brigata ricevettero il preavviso fra le 2,30 e la 4,30. Alle 3 del 27 maggio la massa di manovra italo-tedesca cominciò a sistemarsi nella zona B ed a fare rifornimento. Alle prime luci dell'alba le autoblindo del III gruppo Nizza riferirono che il dosso di Rugbet el-Atasc (schizzo n. 27) risultava occupato dal nemico. Di chi esattamente si trattasse non era ancora dato sapere. L'unico elemento sicuro fornito da sommarie informazioni riguardava l'esistenza della 1a brigata France Libre a Bir Hacheim, oltre a colonne della 7a B.mot. fluttuanti nella zona. Con l'ordine di operazioni del 20 maggio Rommel aveva precisato: «Il nemico che si trovasse nella zona di Bir Hacheim deve essere attaccato e battuto». Questa frase era rivolta al DAK, giacché secondo il piano originario ad esso era affidato il compito di girare attorno alla «meta» costituita da Bir Hacheim. L'adozione dell'ipotesi Venezia modificò quasi automaticamente gli impegni dei corpi corazzati e bene avrebbe fatto il Comando dell'armata a scendere a qualche precisazione in merito, ma l'importanza del caposaldo francese più che sottovalutata era letteralmente sfuggita. Baldassarre, trovatosi davanti quel primo imprevisto ostacolo, si orientò ad eliminarlo con quanto disponeva, vale a dire l'Ariete, che proprio allora aveva recuperato il X battaglione carri, di ritorno dal X corpo. Rendendosi però conto dell'opportunità di un coordinamento con il DAK, ai fini essenzialmente della prosecuzione della manovra avvolgente, cercò il contatto alla sua destra: non riuscì ad avere notizie dell'Afrikakorys, ma trovò la 21 a Panzerdivision. Il gen. von Bismarck si dichiarò pronto a partire secondo la tabella di marcia fissata da Nehnng. Verso le 6,40, dunque, l'Ariete, già sotto il fuoco delle artiglierie della 3a brigata motorizzata indiana del gen. Filose - di essa, infatti, si trattava - , attaccò il Rugbet el-Atasc mentre la 21 a Panzer descriveva un semicerchio verso nord, non venendo pertanto in alcun modo coinvolta nel combattimento, come erroneamente ritenuto39 • Il dispositivo di attacco comprendeva !'VIII ed il IX battaglione carri in primo scaglione, ciascuno rinforzato da un gruppo semovente da 75/18, ed il X battaglione carri in secondo scaglione. Seguivano il V e poi il XII battaglione bersaglieri.
I COMBATTIMENTI DI RUGBET EL-ATASC E DI BIR-HACHEIM (27 maggio)
Schizzo n. 27
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Il gen. Filose era sull'avviso sin dalle 20 del giorno precedente ma, pur sentendo nel silenzio della notte il rumore dei motori lontani, non fu in grado di formarsi idee precise se non alle 6,15, allorché il chiarore mattutino gli consentì di scorgere una linea di carri a circa 3.000 metri. La prima comunicazione per radio a Messervy fu molto espressiva: «Ho di fronte un'intera maledetta divisione corazzata tedesca!»"°. Ma i tedeschi si trovavano più a sud e chi si accingeva ad annientare la brigata era l'Ariete. La prima ondata di M. 13 avvolse il perimetro del caposaldo sui tre lati esposti, perché le direzioni di attacco del IX battaglione carri (a sinistra) e dell'VIII si erano fatte divergenti - in parte per l'andamento delle forme del terreno, in parte per l'intenso fuoco aperto dal 2° artiglieria da campagna indiano - e nei sette-ottocento metri di intervallo creatosi fra i due battaglioni il comandante del 132° carristi aveva inserito una compagnia del X battaglione. L'impatto ebbe luogo alle 7,15, la linea di resistenza venne travolta rapidamente ed i carri M. 13 ed M. 14 cominciarono ad imperversare. Ben presto i pezzi controcarri da 2 libbre indiani - 60 secondo taluni41 , 30 secondo altri42 vennero distrutti, le postazioni sconvolte e molti difensori si dichiararono png1omen. Benché vittoriosi, l'VIII ed il IX battaglione si trovarono presto in imbarazzo perché, separati e con i carri alquanto dispersi, non erano in grado di controllare le centinaia di indiani girovaganti sul campo di battaglia, i quali, benché arresisi, cominciavano a riprendersi con il morale e con le armi. Finalmente, verso le 8 la situazione venne sbloccata dall'arrivo del X battaglione, il cui comandante (magg. Pinna) aveva assunto il comando interinale del reggimento. Il lunghissimo momento di seria incertezza era stato provocato da un infortunio capitato alle 7,45 al ten. col. Maretti e dal conseguente vuoto di una ventina di minuti nell'azione di comando reggimentale 43• La seconda ondata di trentacinque carri44 , seguita verso le 10 dagli automezzi del V e del XII battaglione bersaglieri, concluse rapidamente lo scontro. Il gen. Filose riuscì a sganciarsi con i resti della brigata. Le perdite del 132° carristi e dei due gruppi semoventi si aggirarono su una trentina di morti, una quarantina di feriti e qualche disperso. I carri colpiti furono ventitre (quasi tutti dell'VIII battaglione), di cui solo una quindicina non riparabili sul posto. Furono catturati più di 1.000 prigionieri, fra cui i comandanti dei tre reggimenti di cavalleria e... un ammiraglio45 • Il nemico abbandonò inoltre tutti i pezzi da 2 libbre, due batterie da 25 libbre e molte decine di automezzi efficienti.
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La mattina era dunque cominciata benissimo; purtroppo stava per concludersi con una nota amara. Quando il magg. Pinna giunse al Rugbet el-Atasc, prese subito contatto con l'VIII battaglione ma non poté fare altrettanto col IX. Il battaglione era sparito né dava segno di vita a mezzo radio. La difficile attesa del secondo scaglione e dei bersaglieri era stata fatale. Il comandante del IX battaglione, ten. col. Prestisimone, trovatosi in frangenti difficili da controllare, si era risolto ad uscirne ripartendo con rotta 29°, in direzione della zona C, senza attendere nessuno 46. Il primo inconveniente fu di non aver riordinato le compagnie prima di proseguire; il secondo, l'interruzione della maggior parte dei collegamenti radio. Dopo pochi chilometri superati a velocità sostenuta, il carro di Prestisimone iniziò una decisa conversione ad ovest, presumibilmente per un errore di direzione. Giova precisare che Prestisimone aveva perduto il proprio carro, l'unico del battaglione dotato di bussola compensata. Alle 8 la formazione si trovò di fronte al lato orientale del caposaldo di Bir Hacheim. Su questo incrocio di piste desertiche si era da tempo saldamente sistemata a difesa la 1 a brigata France Libre (gen. Koenig). Il suo ordine di battaglia comprendeva la 1a mezza-brigata della Legione Straniera, la 2 3 mezza-brigata coloniale, il 1° reggimento artiglieria da campagna ed unità minori. In totale 3.800 uomini, compreso un distaccamento ed un nucleo di collegamento inglesi, con 16 pezzi da 75, 60 pezzi controcarri di vario calibro, 30 pezzi contraerei da 40 e da 20, 6 complessi binati e quadrinati da 13,2, 40 mortai da 81. Il caposaldo era articolato in tre settori: a sud-ovest, il I battaglione del Pacifico sbarrava le piste da Segnali Nord e da Balta; ad est, il II battaglione della Legione Straniera chiudeva la pista da Bir el-Gobi; a nord, il II battaglione di marcia dell'Ubangui-Chari sbarrava le provenienze dal Trigh el-Abd. In riserva e per il pattugliamento, il III battaglione della Legione Straniera (schizzo n. 28). Dopo tre mesi di accanito lavoro, la brigata si era quasi completamente interrata. Gli accessi all'interno erano stati ridotti a tre: uno a nord-ovest, uno a sud-ovest ed il terzo ad est. Esternamente ai reticolati ed ai campi minati perimetrali (50.000 mine) erano state impiantate vaste zone minate (marais), allacciate ai grandi sbarramenti che da Got el-Ualeb scendevano sino a Bir Hacheim e poi tornavano verso nord-est, descrivendo una gigantesca V. A quanto pare, considerato il brevissimo lasso di tempo intercorso fra l'abbandono del Rugbet el-Atasc e l'incontro con i francesi, Prestisimone non si rese conto che si trattava di Bir Hacheim e, soprattutto,
IL CAPOSALDO ~
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di una diversa struttura statica (ricordiamo che la rotta prescrittagli lo conduceva ad oriente di Bir Hacheim). Oppure lo comprese ma ritenne di aver a che fare con un'organizzazione difensiva tipo quella della 3a B. mot. indiana. Certo, come ebbe poi a dichiarare al gen. Koenig, non si aspettava assolutamente un simile sistema di campi minati, specie sul fronte di gola della posizione. La situazione venne segnalata al Comando di reggimento a mezzo radio, si ignora con quali esatte parole. La risposta, data da un ufficiale subalterno (!), sarebbe stata di proseguire. Al che il ten. col. Prestisimone ordinò: «Testa sotto e avanti/»47 • Evidentemente né il Comando di reggimento né il comandante di battaglione avevano pensato all'esistenza di un ostacolo minato così rilevante. I francesi erano stati messi sull'avviso dal rumore del combattimento sul Rugbet el-Atasc e dal Comando della 7a D. cor., che alle 7,30 aveva avvisato per radio dell'imminente offensiva italo-tedesca e dei preparativi della 4a B. cor. per contrattaccare. Quando dunque apparve il IX battaglione carri, dapprima Koenig ritenne possibile trattarsi dei mezzi corazzati britannici, poi, dopo un quarto d'ora, non ebbe più dubbi: «C'était la division Ariete!». Prestisimone aveva quattro compagnie in linea: le sue tre con una cinquantina scarsa di carri e la 1a compagnia del X battaglione, che l'aveva seguito dal Rugbet el-Atasc con una quindicina di carri; ma solo gli M. 13 di quest'ultimo reparto e quelli della 2a compagnia del IX seguirono il mezzo del comandante di battaglione nell'assalto carrista contro il settore del II battaglione della Legione Straniera, sotto un fuoco concentrato. Le altre due compagnie, rimaste distanziate, ebbero modo di vedere il disastro. Secondo un commento francese, gli uomini del primo scaglione attaccarono «en enfants perdus/»48 • Il gen. Koenig, ricordando .il combattimento, scrisse: Le colonne nemiche hanno preso l'avvio di una carica e si avvicinano. Le nostre granate perforanti sollevano intorno ai carri zampilli di polvere ocra(...). Si rettifica il tiro (...). Di tanto in tanto un carro è colpito e si immobilizza, una fiammata l'avvolge. Si sviluppano diversi incendi provocando uno schermo di fumo nero e denso che si disperde verso sud. Altri carri emergono da questo schermo opaco e continuano ad avanzare malgrado il fuoco, malgrado le perdite. La carica si mantiene esattamente sulla sua direzione iniziale. Abbiamo potuto accertare con il binocolo che si tratta di italiani (...)»49 •
I primi carri penetrarono nel settore della Legione dopo le 8,30. Per oltre un'ora e mezzo la lotta degli M.13 fu drammatica. Prestisimone cambiò tre volte carro, perché colpito. Da ultimo fu tirato fuori gravemente ferito dall'ultimo carro armato a ottanta metri da una batteria francese. Poi, finalmente, venne via radio l'ordine reiterato del
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Comando di reggimento di ripiegare su Rugbet el-Atasc. Alle 10,15 i resti del IX battaglione abbandonarono Bir Hacheim, lasciando sul terreno 31 carri, di cui 18 danneggiati dalle mine, ed un semovente. Le perdite in personale ammontarono a 4 morti ed 87 prigionieri, molti dei quali feriti. I francesi sembra abbiano lamentato un solo ferito leggero. Stupiscono alcune righe del comandante della brigata francese. Sul corpo di Prestisimone furono rinvenuti documenti e carte: «Il mio 2° ufficio ha esaminato questi documenti in cui figura la manovra nemica ( ...). Leggiamo che nello schema orario di attacco in possesso del col. italiano, noi figuriamo sotto la voce: «Ore 9·9,15: distruzione della divisione gollista da parte della 2a brigata Ariete». Quanto disprezzo! Ma quale sbaglìoh,;0.
La cosa è sbalorditiva. Prima di tutto era ormai noto che a Bir Hacheim si trovava la 1a brigata francese e non «la divisione gollista»; in secondo luogo non esisteva una 2a brigata Ariete; in terzo luogo l'attacco a Bir Hacheim non era pianificato né dal Comando del XX corpo né dall'Ariete e nemmeno da colui che l'eseguì impulsivamente; in quarto luogo, che una «brigata» corazzata potesse pensare di eliminare in un quarto d'ora una divisione organizzata a difesa è semplicemente assurdo. Quanto all'episodio - ed indipendentemente dal coraggio mostrato sul campo di battaglia - occorre ammettere senza molte perifrasi che esso derivò da una non meditata linea di condotta. Complessivamente, nei due combattimenti della mattinata, il 132° carristi ebbe 34 morti, 49 feriti, 102 dispersi e 45 carri fuori combattimento. Verso mezzogiorno la situazione del XX corpo italiano era la seguente. L'Ariete aveva ultimato il rastrellamento dei prigionieri sul Rugbet el-Atasc, recuperato il IX battaglione carri, si era riordinata ed aveva fatto rifornimento. Proprio allora la Trieste dette notizie di sé. Alle 11,30 il gen. Azzi si presentò da Baldassarre per cercare di spiegare l'accaduto: il Comando di divisione con i servizi erano fermi a circa otto chilometri a sud-ovest di Bir Hacheim, mentre il grosso presumibilmente si trovava all'altezza di Bir Belafarit, davanti alla grande fascia minata. Date le circostanze, Baldassarre gli ordinò di riunirsi a De Stefanis e «lo lascia arbitro di decidere, in base alla situazione, se compiere
solo un movimento verso est o retrocedere e passare a sud di Bir Hacheim, accodandosi all'Ariete per poi affiancarlesi»51 • Francamente, simile scelta lasciata ad un divisionario, i cui reggimenti si erano smarriti e tuttora non avevano preso collegamento, sorprende. È molto probabile peral-
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tro che Baldassarre, dovendo partire con l'Ariete verso la zona Ce non volendo o meglio non potendo attendere in posto la Trieste, il cui recupero avrebbe comportato sicuramente alcune ore, abbia prospettato ad Azzi la soluzione di muovere direttamente ad oriente, alcuni chilometri a nord di Bir Hacheim, per ricongiungersi al XX corpo in movimento verso nord. Così si sarebbe recuperato un po' di tempo. È evidente l'estrema insufficienza delle informazioni raccolte sullo schieramento britannico a sud del Trigh el-Abd e l'eccessiva sottovalutazione dei grandi campi minati. Alle 12 l'Ariete si mise in marcia, seguita alle 14,30 dal Comando del corpo d'armata. Fu allora che Baldassarre conobbe, da un messaggio radìo indirizzatogli alle 9 dalla Panzerarmee, gli ottimi sviluppi dell'attacco condotto dalla massa tedesca. L'ampio movimento sino alla zona B aveva avuto luogo regolarmente. Portat isi molto a sud di Bir Hacheim, il DAK e la 90a leggera sostarono e si rifornirono. Alle 4,30 puntarono in direzione nord-est allargandosi a ventaglio e dirigendosi - senza intenzione, perché le idee sulla dislocazione delle riserve britanniche erano poche e confuse - la 2P Panzer sulla 22 a B.cor. a Bir el-Harmat, la 15 a Panzer sulla 4a B.cor. fra Bir el-Harmat e Bir el-Gobi e la 90 a leggera sulla 7a B.mot. a Retma (schizzo n. 29). Non sembra che il contatto preso attorno alle 6,30 dal XX corpo - stando al diario storico di quest'ultimo - con la 21 a Panzer abbia avuto per von Bismarck più significato di un'informazione in corrispondenza di una linea di attestamento, perché la divisione tedesca proseguì rapidamente sino al Trigh el-Abd, pochi chilometri a sud-est di Bir Harmat, ove alle 7,45 avvistò un grosso assembramento di mezzi nemici in sosta. Nehring, posto subito al corrente, ordinò un tempo di arresto in modo da consentire alla 15a Panzer, che si era staccata verso est, di accorrere, ma von Bismarck preferì sfruttare la palese sorpresa e di impedire all'avversario di orientarsi. Per quanto subitaneo, lo scontro fu aspro e durò quasi un paio d'ore. Alle 10 l'unità britannica - era la 22a brigata corazzata del gen. Carr - ripiegò disorganizzata verso nord-est lasciando una trentina di carri ed alcuni pezzi di artiglieria sul campo. Dal canto suo, la 15a Panzer arrivò a tutta velocità sulla 4a brigata corazzata del gen. Richards che, su ordine della 7a D.cor. ma senza essere informato sulla gravità della situazione, si dirigeva a sud-ovest, in appoggio alla 3a B.mot. indiana. L'8 ° ussari fu praticamente distrutto ed il 3° Royal Tanks sconquassato, ma le perdite tedesche risultarono considerevoli. Rotto il contattò, Richards ripiegò verso el-Adem.
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Attorno alle 8 la 7a B.mot., a Retma, stava ancora facendo colazione, dopo la lunga ritirata notturna. Secondo un testimone «D'improvviso alcuni artiglieri cominciarono a sparare come macci. Pensai che si volessero divertire e scavo per farli smettere, quando vedemmo qualcosa muoversi nel deserto, a sud, a sei chilometri circa. Era l'intero esercito di Rommel che caricava diritto su di noi»52 •
Era, invece, semplicemente la 90a leggera, un'unità dotata di uno slancio eccezionale. Essa piombò sulla brigata inglese, prima che questa potesse riaversi dalla sorpresa e la disperse. I resti si diressero a Bir el-Gobi. Ma' la mattinata era appena a metà. Il 33° gruppo esplorante, proseguendo sullo slancio, arrivò su Bir Bueid, cioè sul Comando della 7a D.cor., prendendo prigionieri anche Messervy ed il suo capo di Stato Maggiore (che tuttavia poco dopo riuscirono a fuggire). Ripresa la corsa, la 90a leggera raggiunse il bivio di el-Adem alle 10, dopo aver mancato di poco un'altra preda: il Comando del 30° corpo d'armata britanmco. Norrie ormai aveva perso il controllo della situazione a sud del Trigh el-Abd. La cautela con la quale aveva accolto le informazioni durante la notte - cautela condivisa anche da Messervy - aveva impedito di spostare immediatamente la 4a B.cor. a sud-est di Bir Hacheim. Ma il rapporto di un ricognitore inviato all'alba fugò le incertezze: non si trattava di una finta condotta dalle sole forze italiane, bensì di un vero tentativo di avvolgimento operato da Rommel con tutte le truppe corazzate e motorizzate. Norrie allora (ore 7,30) dispose che la 4a B.cor. andasse subito a rafforzare il fianco meridionale e che la la 1 a D.cor avviasse la 22a B.cor a sostegno della 4a_ Senonché, il gen. Lumsden si affrettò a dichiarare che 22 a B.cor. non era in grado di muoversi prima di un'ora e mezzo almeno, data la mancanza dell'indispensabile preavviso. Così, in breve tempo la 7a D.cor. venne messa in ginocchio e la 22a B.cor. ebbe a sopportare l'attacco tedesco senza neanche spostarsi. La cattura del Comando della 7a D.cor. fu un grave colpo, anche 53 perché Norrie rimase all'oscuro di quanto stava accadendo • Pensò di recarsi, per prudenza, nel caposaldo di el-Adem, ove già si trovava Gott con il Comando del 13° corpo, e fu buona ventura per lui se non fu catturato dalla colonna del gen. Kleemann. A mezzogiorno, la 21 a Panzer era a nord di Bir el-Harmat, la 15a Panzer alla sua destra, ma più indietro, e la 90a leggera al bivio di el-Adem. I risultati conseguiti in poche ore erano veramente sfolgoran-
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ti: messo in fuga il Comando del 30° corpo, catturato quello della 7a D.cor., disperse due brigate corazzate, posta fuori combattimento una brigata motorizzata e semidistrutta un'altra, catturati molti materiali di vario tipo e perfino trovato il cifrario inglese. Rommel credette di aver disfatto le forze corazzate di Ritchie. Si sbagliava ancora una volta e proprio a mezzogiorno, quando stava congratulandosi con se stesso e con i comandanti di corpo d'armata, venne crudelmente deluso. Lumsden aveva fatto ripiegare la 22 a B.cor. con l'intenzione di ributtarla nella mischia insieme con la 2a B.cor.. Verso le 14, mentre il DAK si accingeva a riprendere la marcia in direzione nord con la 21 a Panzer e mentre la 15 a Panzer completava il proprio riodinamento, le due brigate corazzate inglesi irruppero sul fianco destro e la 1a B.carri (con il 44° Royal Tanks) attaccò la 21 a Panzer sul fianco sinistro, del tutto inattesa per i tedeschi. «L'intero DAK - riporta il Kriegstagebuch dell'unità - è assalito da forze nemiche da est, da nord e da nord-est>>. Non è facile descrivere il combattimento che imperversò per tutto il pomeriggio, sminuzzato in mille episodi, nel tratto desertico compreso nel triangolo el Adem-Bir el HarmatEluet el Tamar. Basti dire che la 21 a Panzer riuscì a pervenire al Maabus Rigel dopo aver respinto l'urto dei Matilda del 44° Royal Tanks, ma praticamente perduto il II/104° fucilieri e, purtroppo, dopo essere stata separata dal proprio scaglione dei servizi con i rifornimenti al seguito. La 15a Panzer dovendo rinunciare al tentativo di proseguire verso Acroma, si limitò ad accostarsi alla 21 a, poi, rintuzzato con fatica un ulteriore attacco della 1 a D.cor. britannica verso le 19, si attestò anch'essa al Maabus Rigel, ad ovest della pista per Acroma. Al calar della sera la situazione dell'armata corazzata non poteva dirsi molto brillante. Sul fronte di Ain el-Gazala il XXI corpo si era plasmato sulla posizione di resistenza della 1 a divisione sudafricana, mentre il X corpo era scivolato nel grande rientrante tenuto dalla 50a divisione britannica sino a Mteifel el-Chebir, dilatando a dismisura il fronte d'investimento. A metà strada fra Mteifel el-Chebir e Bir Hacheim, e precisamente all'altezza di Bir Belafarit, si trovava, sola, la Trieste54, il cui comandante aveva deciso di aprirsi la strada fra i campi minati in linea retta e congiungersi con il grosso del XX corpo a nord-est di Bir Hacheim. In mattinata il 65° fanteria e l'XI battaglione carri avevano sostenuto un combattimento con elementi esploranti avversari perdendo 12 carri. L'Ariete, giunta verso le 17 a sud di Bir el-Harmat, si era arrestata. De Stefanis rinunciò a proseguire subito: durante la notte sarebbero stati aperti i varchi e la divisione sarebbe stata in grado di continuare
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ad ovest del campo minato parallelo al Trigh Hacheim. Intanto avrebbe provveduto ai rifornimenti. Tale decisione, condivisa da Baldassarre, non mutò all'arrivo di un ufficiale del DAK, il quale rappresentò l'opportunità di un immediato intervento a favore dell'Afrikako,ps, seriamente impegnato. Non è ben chiara la posizione dell'Ariete55, ma certamente ebbe un peso non indifferente il conto delle perdite: 30 carri distrutti e 40 inefficienti. Ad ogni modo, alle 20 giunse un ordine del Comando d'armata: l'indomani, all'alba, il XX corpo doveva portarsi nella sua zona Be collegarsi con il DAK. L'Afrikako,ps, come si è detto, aveva toccato il Maabus er-Rigel lasciando sulla destra il caposaldo di Knightsbridge. Le divisioni si erano disposte a «riccio>), ma la 21 a Panzer era rimasta con 80 carri efficienti e benzina per poche ore di combattimento, mentre la 15a Panzer disponeva soltanto di 29 carri intatti ed era a secco di carburante e di munizioni. La 90a leggera, poi, appariva del tutto isolata. Andato a vuoto il suo tentativo su el-Adem, aveva ripiegato di poco disponendosi anch'essa a riccio, avviluppata dalle unità della 4a brigata corazzata. Nel primo pomeriggio Rommel aveva cercato di portarsi personalmente presso la 90a leggera. Riuscì ad evitare di essere catturato da una formazione corazzata inglese (probabilmente dalla 4a B.cor.), ma dovette rinunciare ad abboccarsi col gen. Kleemann. All'imbrunire si fermò con il Comando dell'armata a circa tre chilometri nord-est di Bir el-Harmat. Il ten. col. Westphal, invece, si era fatto strada fino a Nehring con parecchie stazioni radio. Rommel riconobbe il fallimento del tentativo di ingabbiamento del 13° corpo inglese ed ammise la sua profonda preoccupazione per la sorta della 90a leggera, le perdite subite in mezzi corazzati (più di un terzo dei Panzer era fuori combattimento) e l'interruzione del canale dei rifornimenti, elemento essenziale per la manovra. D'altro canto era convinto di aver inflitto danni pesantissimi alla 1a e 7a divisione corazzata, a dispetto dei temibili Grant. Perciò «nonostante questa situazione, che la sera del 27 maggio ci poneva davanti a gravi problemi, guardavo all'ulteriore sviluppo della battaglia con grande fiducia» 56• Il suo disegno operativo per il 28 fu coerente con siffatto modo di vedere: portare la 90a leggera ad ovest di el-Adem e congiungerla con il DAK, poi, a forze riunite, riprendere l'azione verso Acroma. Probabilmente avrebbe fatto meglio a riordinarsi, recuperare le colonne dei servizi e spazzare i carri inglesi che ancora circolavano e dei quali si poteva temere un rinnovato contrattacco per l'indomani. In campo nemico «il giorno finì con l'Alto Comando britannico più soddisfatto dei combattimenti della giornata di quanto non lo fosse Rom· mel»57 • ·
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In realtà, tutti ritenevano che il grosso della 90a leggera ed un centinaio di Panzer fossero rimasti di fronte ad Ain el-Gazala. Solo la sera del 28 maggio, quando fu catturato l'ordine di operazione di Rommel, fu compresa la portata della manovra. Comunque la sensazione dello sparpagliamento delle divisioni dell'Asse risultava abbastanza chiara. La 1a D.cor. e la 1a B.carri erano pienamente efficienti, pur avendo subito qualche danno negli scontri con i Panzer; la 7a D.cor. aveva recuperato buona parte della 4a B.cor. e della 7a B.mot. Nel bel mezzo del campo di battaglia c'era la 20P brigata delle Guardie, a sud-ovest la 1 a brigata francese ed a sud-est la 29a indiana, tutte intatte. Il 13° corpo aveva fronteggiato l'offensiva di Criiwell senza molte difficoltà. Dunque era possibile un intervento coordinato per schiacciare Rommel.
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Raggiunto il Comando del DAK, il ten. col. Westphal si avvide dell'estrema serietà delle condizioni in cui versavano le due Panzerdivisionen. Avevano assoluto bisogno di ossigeno - viveri, acqua, carburante e munizioni - e non si scorgeva una chiara via d'uscita. Scartata una ritirata intesa ad aprirsi il passo sino alle colonne dei rifornimenti perché avrebbe rischiato di compromettere definitivamente le sorti della manovra (ma soprattutto perché contraria al modo di pensare di Rommel), restava l'attacco da parte dell'Ariete verso nord, già ordinato al Comando del XX corpo la stessa sera del 27. Questo poteva fornire il doppio risultato di raccogliere gran parte delle forze corazzate e di aprire la strada ai rifornimenti. Ma c'era anche un'altra possibilità, beninteso da ricercare in concomitanza e non in alternativa alla prima: lo sfondamento del fronte del 13° corpo inglese ad opera del gruppo Criiwell. Così Westphal «ordinò» a Criiwell di attaccare a botta dritta. Fece certamente bene, ma evidentemente sottovalutò la robustezza della linea di Ain el-Gazala. Criiwell diramò subito il preavviso: occorreva esercitare uno sforzo violento per ottenere «un rapido successo d'ordine strategico», perciò il XXI corpo doveva ricercare la rottura nel tratto a sud di Ain el-Gazala per aprire la via Balbia ed il X corpo doveva rompere la posizione di resistenza della soa D.f. britannica muovendo da Mteifel el-Chebir in direzione di Eluet et-Tamar, dove si tro~ava la 21 a Panzer. «Segnalare quando è ultimata la preparazione per l'attacco di rottura. Fare presto!» incitò Criiwell58, ed alle 10,45 impartì le dispo-
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sizioni esecutive: intervento preliminare dell'aviazione, preparazione di artiglieria di un quarto d'ora, inizio dell'attacco alle 13. Senonché un'ora dopo vi fu un ripensamento. Il XXI corpo si sarebbe limitato ad una rettifica del fronte, occupando entro le ore 14 una posizione determinante ai fini dello sfondamento nel settore costiero. Tale incarico veniva affidato alle 15a brigata Schutzen, che passava alle dirette dipendenze di Crliwell. Sul tergo della linea di Ain el-Gazala il XX corpo fu impegnato in due azioni indipendenti (schizzo n. 30). All'Ariete era assegnato il compito di superare la zona di Bir el-Harmat puntando verso nordovest. Tenuto conto delle difficoltà di trafilamento attraverso i campi minati, non poteva attaccare prima delle 11. Per quanto riguarda la Trieste, l'intenzione di Azzi era di raggiungere direttamente la zona C, su un'unica colonna divisionale a piedi, preceduta dal battaglione autoblindo. Apertasi facilmente la strada nella cortina minata che da Got el-Ualeb scendeva sino a Bir Hacheim, la divisione sbucò nella grande V. Stentando ad orientarsi in quel labirinto, essa saggiò verso sud, trovandosi subito a contatto con una formazione del III battaglione della Legione Straniera, accorsa a fronteggiare quell'avversario che a Bir Hacheim non si comprendeva da dove venisse. Chiaritasi la situazione, Azzi fece aprire un varco nella bretella minata tra le gambe della V e mosse in direzione nord per congiungersi con l'Ariete. Incontrò peraltro l'inattesa resistenza di un battaglione della 1soa brigata, sì che, dopo un nuovo tentativo svolto alle 18,30, rinunciò a superare per il momento il Trigh el-Abd. Il DAK rimase sostanzialmente fermo, ma cercò di mandare elementi verso nord e nord-ovest. La 21 a Panzer si spinse su Eluet et-Tamar, disperdendo il gruppo Stopcol (che ebbe nove Valentine dell'8° Royal Tanks fuori combattimento) poi, visto il ciglione sovrastante la via Balbia a portata di mano, continuò l'azione ed occupò il Commonwealth Keep, tenuto da un piccolo gruppo tattico sudafricano. Qui giunta aprì il fuoco sui rovesci della 1a divisione sudafricana. La 15a Panzer invece dovette abbandonare ben presto il tentativo su Acroma. Contrariamente a quanto si sarebbe potuto supporre, il gen. Lumsden aveva deciso di tenere per tutto il giorno un atteggiamento difensivo, prevedendo uno sforzo massiccio del DAK contro el-Adem, che riteneva Rommel avesse indicato come punto di riunione fra DAK e 90a leggera. In questo orientamento mentale, aveva stabilito che la 22a B.cor. chiudesse lo spazio fra Knightsbridge e Maabus er-Rigel, che la 201 a B. Guardie difendesse ad oltranza la propria posizione e che la 2a B.cor. agisse sul fianco destro di un attacco sferrato dall'Ariete contro
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le Guardie. Poiché la 15a Panzer mise in atto il tentativo su Acroma alle 16 e l'Ariete non si mosse fino alle 11 circa, la 1a D.cor. inglese rimase inattiva per l'intera mattinata. La 90a leggera era sicuramente l'unità più esposta. Si diresse verso Bir el-Harmat, ma le incursioni della Western Desert Air Force e lo stillicidio di piccoli attacchi attuati dalla 4a B.cor., che procedeva anch'essa verso occidente per riunirsi alla 1 a D.cor., la misero in fortissima difficoltà. A mezzogiorno intervenne Norrie con un preciso intento: accerchiare Rommel nella zona di Bir el-Harmat. Lumsden si decise a gettare la 2a B.cor. e la 1a B.carri sull'Ariete. Questa, uscita dai varchi, aveva iniziato !''avanzata alle 11,15. Agivano in primo scaglione il V/8° bersaglieri ed il X/132° carristi con il V gruppo semovente ed un gruppo da 75/27 del 132° artiglieria; in secondo scaglione, il XII/8° bersaglieri rinforzato. Presto sopraggiunsero i Matilda da ovest ed i Crusader da est. « Un combattimento - è stato sintetizzato - che terminò leggermente a favore dei britannici>/9• Ma si potrebbe sostenere il contrario. Il primo scontro si risolse con il ripiegamento del 44° Royal Tanks ed il secondo con quello della 2a B.cor., che abbandonò sul posto alcuni pezzi da 25 libbre efficienti. Nel tardo pomeriggio cominciò a delinearsi l'accerchiamento della 150a B.f. britannica: a nord-est, oltre Sidi Muftah, si era stabilito 1'8° bersaglieri rinforzato; ad est, nella zona di Bir el-Harmat, si trovava il Comando dell'Ariete con due battaglioni carri ed i gruppi da 88 e da 90; a sud-est si era affacciata la Trieste; ad ovest il gruppo Hecker era stato inserito fra i due Trigh stabilendo un sia pur labile collegamento tattico fra la Pavia e la Trieste. Alle 18,30 un improvviso urto sferrato dal 10° ussari (2a B.cor.) travolse il Comando tattico di Rommel spargendo il disordine nelle colonne di rifornimento del DAK, che rifluirono attraverso l'Ariete, ma l'intervento del 132° carristi e del gruppo tattico Kiehl ristabill la calma. Quasi contemporaneamente si concludevano i combattimenti sui fronti della 1 a D.f. sudafricana e della 50a D.f. britannica: l'unico risultato conseguito dal gruppo Criiwell fu lo stretto contatto preso ovunque, a ridosso dei campi minati perimetrali. Le preoccupazioni di Rommel avevano buon motivo di essere. Il DAK rimaneva separato dal XX corpo e dai rifornimenti, la 90a leggera non era ancora riuscita ad arrivare a Bir el-Harmat, il gruppo Criiwell non aveva la forza di penetrazione per aprire una breccia nelle difese statiche del 13° corpo di Gotte, quanto ai canali di alimentazione, i due Trigh erano ancora ìnterdetti da campi minati ed il giro
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attorno a Bir Hacheim risultava troppo lungo e troppo esposto. La necessità di raccogliersi diventava sempre più imperiosa. Quella sera, al Cairo, Auchinleck esaminò attentamente i rapporti che gli pervenivano dall'8a armata e dal servizio informazioni. Alla fine preparò una lettera per Ritchie, in cui sintetizzò le conclusioni cui era pervenuto. Anzitutto fece il calcolo delle disponibilità. L'Asse risultava rimasto con circa 250 carri contro i 375 dell'8a armata: 150 della 1a B.cor., 100 dei resti della 1a e 7a D.cor., 75 della 32a E.carri e SOdella 1a B. carri. Le forze di fanteria ammontavano: per l'Asse a quattro divisioni italiane ed un'aliquota della 90a leggera per complessivi 20.000 uomini, un centinaio scarso di pezzi da campagna ed una sessantina di cannoni controcarri; per }'ga armata a tre divisioni (compresa la 2a D.f. sudafricana di Tobruk) per complessivi 52.000 uomini e 216 pezzi da campagna. Inoltre erano utilizzabili per una controffensiva manovrata la sa e la 10a divisione indiana, buona parte della 3a B.mot. indiana e le due brigate motorizzate della 1a e 7a D. cor. Infine, in caso di necessità si poteva far ricorso anche a due brigate della 4 a divisione indiana, anche se limitatamente a compiti statici. Con una simile supremazia, lo scopo non poteva essere che di «distruggere l'armata avversaria non appena possibile ed impedirle di sfuggire verso ovest». Auchinleck prosegul: «il fianco meridionale del nemico è, come sempre in questo teatro, il suo punto critico. Quindi, calcolando di poter contare adesso su una adeguata superiorità in carri ed una grande superiorità in fanteria, potremmo puntare su questo. Il nostro obiettivo immediato sarà dunque Segnali [Nord]. Per immobilizzare il nemico dislocato più a settentrione, noi potremmo sferrare un attacco secondario, preferibilmente con la so• D . e carri pesanti, contro Temrad, mentre la 1• D. sudafricana condurrebbe azioni dimostrative contro l'ala sinistra avversaria ma senza spingere a fondo, perché vogliamo che il nemico resti sul posto. Inoltre, per accerchiare )'avversario, tutte le forze leggere mobili punteranno decisamente su Mechili ed anche Bengasi, mentre il L.R.D.G. e Comman· dos disturberanno le linee di comunicazione nemiche ovunque possibile (...)»"°.
La lettera non giungerà al Comando dell'8a armata che l'indomani, ma Ritchie era sempre soddisfatto. Anche secondo i suoi calcoli, Rommel poteva mettere in linea non più di 250 carri efficienti, mentre egli disponeva di 240 carrri medi e 90 carri per fanteria, nonché di altri 40 medi e 30 per fanteria attesi per il giorno seguente. Però il giudizio dato da un protagonista fu decisamente negativo:
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«Le operazioni del 28 forniscono un lampante esempio di carenza nell'azione di comando da parte britannica. La 22 3 brigata corazzata passò tutto il giorno «ad osservare» la 1sa Panzer sul Rigel Ridge, mentre la 4• brigata corazzata si limitò a molestare la 90• leggera, che era ben dotata dì pezzi controcarri e poteva rimanere isolata. La 1a brigata carri e la 2 3 brigata corazzata operarono a sud di K.nightsbridge ed inflissero qualche perdita all'Ariete, la 32 3 brigata carri non fece assolutamente nulla e rimase dietro il fronte della 13 divisione sudafricana» 6'.
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«Il mattino del 29 - ebbe a scrivere von Mellenthin - la posizione dell'Afrikakorps stava diventando disperata, ma la situazione fu salvata dall'intervento personale di Rommel»62• L'arrivo dei sospirati rifornimenti, dopo un lungo e periglioso viaggio attorno a Bir Hacheim ed attraverso le insidie degli elementi esploranti inglesi, avvenuto nella tarda serata del 28, aveva preso tutta l'attenzione di Rommel, che si era dato subito da fare per organizzare una colonna da portare al DAK. Approfittando dell'arrivo della 90a leggera a Bir el-Harmat durante la notte, egli spostò l'Ariete ad ovest di Knightsbridge, in modo da costituire uno sbarramento contro offese da est e, al riparo di questa barriera, condusse i rifornimenti sino alla 15 3 Panzer. All'alba il nemico si mise all'opera. Norrie aveva stabilito di concentrare i suoi tanks nella zona di Knightsbridge per addossare e schiacciare Rommel contro la 150 3 brigata britannica. Senonché l'azione prese lo slancio assai lentamente e si stemperò in scontri parziali e non conclusivi (schizzo n. 31). La 2 3 B.cor. di Briggs irruppe sulla scena di quello che sarà uno dei combattimenti di carri più duri e ad andamento alterno alle 11 circa, andando ad incappare nella 15 a Panzer. Il primo impatto dei Grant del 10° ussari costrinse i tedeschi a retrocedere, per riprendersi immediatamente dietro uno schermo controcarri ed anche grazie all'arrivo dei primi reparti della 21 a Panzer, che ripiegava da Eluet et-Tamar. Più a sud l'Ariete stava battendosi con il 9° lancieri. In simili circostanze non può meravigliare che Briggs si sia trovato presto a malpartito. Il 10° ussari - che il giorno prima aveva perduto quasi tutti i suoi Grant - rimase con appena tre carri, il 9° lancieri vide la maggior parte dei Crusader fuori combattimento, però conservava tuttora lo squadrone di Grant in buona efficienza. A mezzogiorno si fece viva la 22 a B.cor., di ritorno da un tentativo andato a vuoto contro la 90a leggera. La sua lotta con l'Ariete si
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trascinò senza costrutto p er alcune ore in mezzo ad una tempesta di sabbia. Nel contempo il 7° Royal Tanks della 32a B.carri cercava di riconquistare Commonwealth Keep, saldamente in mano al 39° gruppo Panzerjaeger della 21 a Panzer, ma riuscì solo a perdere sette Matilda. La 4a B.cor. brillava per la sua assenza, per quanto posta alle dipendenze di Lumsden. Retrocessa la sera innanzi sino a sud di el-Adem (cosa che aveva consentito finalmente a Kleemann di portare la 90a leggera a Bir el-Harmat), fu nel primo pomeriggio che ricevette ordine di dar man forte alla 2 3 B.cor. Essa disponeva del 3°, 4°, e 5° Royal Tanks perciò poteva risultare determinante. Purtroppo il ghibli che soffiava sul deserto le impedì di entrare in azione. Quando poté farlo, verso le 18, era troppo tardi: non fu difficile alla 90 3 leggera trattenerla fino alla caduta della notte, mettendole fuori combattimento cinque Grant e tre Stuart. Mentre l'Ariete si batteva fra Bir el-Harmat e Hagiag es-Sidra, la Trieste si apriva la strada verso nord. Poco dopo l'alba si era mossa su due colonne: a sinistra il 65° fanteria rinforzato dell'XI battaglione carri con obiettivo Got el-Aslagh, a destra il 66° fanteria con obiettivo una posizione a quattro chilometri sud-est del precedente. Alle 9,30 il Trigh el-Abd era superato, incontrando deboli e sporadiche resistenze ed alle 10,30 circa gli obiettivi raggiunti. Visto l'andamento delle cose, a mezzogiorno Baldassarre dispose che la divisione cercasse di portarsi il più presto possibile nella zona di Sidi Muftah per prendere collegamento tattico a destra con l'Ariete, appoggiata ad Hagiag es-Sidra, ed a sinistra con il X corpo, che si sperava potesse sfondare a cavallo del Trigh Capuzzo. Il movimento della Trieste, dapprima spedito, divenne sempre più cauto. Dato l'atteggiamento avversario, che premeva con reparti corazzati verso ovest, gli ordini iniziali vennero modificati ed alle 20 la divisione si attestò al Trigh Capuzzo con l'VIII battaglione autoblindo, ma con il grosso a sud di Bir et-Tamar, cioè a sud dell'Ariete, fronte ad oriente. Durante la notte sul 29, Cri.iwell - per ordine di Rommel - aveva disposto la ripresa della pressione contro la 1 a divisione sudafricana, questa volta esercitando fo sforzo principale con la Trento in corrispondenza del saliente di Alam Hamza. Fra l'alba e le 7,30 il 62° fanteria (di estrema destra) riuscì ad affermarsi su qualche posizione avanzata, ma la Sabratha incappò su un tremendo fuoco di arresto e fu costretta a ripiegare perdendo 400 uomini e molte armi di accompagnamento. Più a sud il X corpo portò a termine la laboriosa impresa dei passaggi attraverso i campi minati, nonostante l'accanita attività di disturbo posta in atto dalla 69a e dalla 150 3 brigata. «Intera notte trascorsa
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in operazioni per attuazione varchi. Profonde estensioni campi minati rendono difficile passaggio. Sto cercando ogni soluzione per aprirmi strada et proseguire su obiettivi. Reazione avversaria molto intensa provoca perdite sensibili (. ..}» comunicò Gioda al Comando Superiore sul far del giorno. Finalmente la Brescia concluse l'apertura di un varco a nord del Trigh Capuzzo e contemporaneamente la Pavia ne realizzò un secondo in prossimità del Trigh el-Abd. Lo sfruttamento dei passaggi venne tentato immediatamente, ma l'intervento di una formazione di Valentine della 1a B.carri costrinse ad un tempo di sosta, mentre per converso un fortissimo fuoco di sbarramento fermava il contrattacco britanmco. Nella tarda mattinata accadde un incidente imprevedibile. Criiwell, partito dal proprio Comando verso le 8 per recarsi da Gioda, a causa di un errore del pilota venne a trovarsi nel cielo della 150a brigata. Abbattuto, fu fatto prigioniero. Al Comando del gruppo era rimasto il solo ten. col. von Mellenthin, il quale vedendo arrivare per caso il mar. Kesselring, che domandava notizie sull'andamento della battaglia, gli chiese di assumere le redini del gruppo finché Rommel non avesse provveduto in altro modo. Kesselring fu «divertito,, dalla richiesta ed accennò al proprio grado, assai poco compatibile con una posizione subordinata rispetto ad un colonnello-generle, «ma io - scriverà von Mellenthin - misi in e·videnza che non ci avrebbe soddisfatto avere un generale italiano al comando nel gruppo Cruwell in sì critiche circostanze»63 • Allora Kesselring, evidentemente colpito dall' assennatezza di tale osservazione, rimase. Bisogna dire che Kesselring al riguardo usò una circonlocuzione, non si saprebbe definire se più diplomatica od ancor più sprezzante: «Mi dichiarai disposto(...) perché(...) non sarebbe stato possibile trovare altrimenti un ufficiale dell'esercito adatto a que64 sto compito» • Ad ogni modo, assunto il comando del fronte e compresi i problemi del XXI corpo, decise di soprassedere temporaneamente all'attacco. La Sabratha si irrigidì su posizioni retrostanti; la Trento, pur essendo un po' sbilanciata in avanti, rimase dov'era ai fini della prosecuzione dello sforzo; la Brescia affidò al II/19° fanteria rinforzato la testa di ponte creata a protezione del varco a nord del Trigh Capuzzo e dispose il 20° fanteria fronte a nord; la Pavia si schierò fronte a sud-est ed a guardia del varco aperto sul Trigh el-Abd pose un gruppo tattico del 9° bersaglieri. Bastò poco a Kesselring per rendersi conto della fondatezza di talune critiche mosse da molti generali italiani a Rommel:
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«Conobbi in tal modo le difficoltà di un comandante tenuto a seguire le istruzioni di un comando superiore, che in realtà non impartisce ordini, ed anzi si rende addirittura irreperibile. Per quanto la presenza di Rommel fra le truppe che costituivano l'ala incaricata dei movimenti decisivi avesse certamente l'effet· to di rianimare i combattimenti, egli rimaneva troppo soggetto ai corsi ed alle alternative della lotta. I testimoni oculari mi riferirono quale fosse la confusione nello stato maggiore di Rommel durante la prima giornata di scontri tra le forze corazzate ( ...)» 65 •
E si può aggiungere che anche von Waldau, il Fliegerfuhrer, era tutt'altro che soddisfatto di come si svolgevano i combattimenti aerei: «A causa della completa mancanza di informazioni sulla situazione terre· stre dèlle nostre truppe e di un piano d'azione definito, noi fummo obbligati a lavorare di intuito, basato sui risultati della ricognizione aerea e sul comportamento delle forze aeree nemiche. Talvolta fummo costretti a prendere decisioni senza avere la più pallida idea se queste fossero aderenti alla situazione generale66.
Rommel non conobbe subito la sorte toccata a Criiwell. Sempre alla ricerca di una via d'uscita, ordinò un nuovo grande sforzo per l'indomani. Il DAK doveva attaccare sul tergo le posizioni della 1a sudafricana nel settore di Ain el-Gazala con il concorso, da ovest, del gruppo Criiwell. In relazione a tale intendimento, il X corpo, con il gruppo Hecker67, ricevette il compito di sfondare il fronte della soa divisione britannica e poi avvolgere la 1a sudafricana puntando su Ain el-Gazala e collegandosi con il DAK; il XXI corpo e la 15a brigata Schutzen dovevano invece spingere avanti foni pattuglie di combattimento, pronti a sfruttarne a progressione. Inizio dell'operazione alle 4,30. Ma Rommel aveva anche esitazioni e dubbi. Si consultò con Nehring, Gause e Westphal ed il quadro complessivo apparve critico. È vero che ormai la riunione di tutte le divisioni corazzate e motorizzate aveva avuto luogo, però le perdite risultavano sensibili (anche il gen. von Vaerst, comandante della 1sa Panzer, era stato ferito) e non si poteva più sperare di ricevere rifornimenti per la rotta a sud di Bir Hacheim. Stando così le cose, se il tentativo di provocare il crollo della difesa di Ain el-Gazala con un doppio attacco, tenendo nel contempo a bada le brigate corazzate inglesi, fosse fallito, la massa di manovra italo-tedesca sarebbe rimasta esposta alla disfatta totale. Ritchie disponeva della 2a, 4a e 22a B.cor. e delle Guardie per un contrattacco: forze più che sufficienti a determinare il cedimento di un DAK e di un XX corpo scarsamente dotati di carburante e di munizioni. L'alternativa era di sospendere l'attuazione del piano originario,
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assumendo un temporaneo atteggiamento difensivo sulle posizioni raggiunte ed aprendo un sicuro canale di alimentazione attraverso i campi minati. Scartato il pericolo di un attacco del 13° corpo britannico contro il XXI ed il X corpo italiani per carenza di superiorità, era presumibile che gli sforzi di Ritchie si sarebbero diretti contro Nehring e Baldassarre. A giudizio di Rommel, era possibile tenere a bada l'avversario con una difesa elastica e nel contempo andare incontro al X corpo con unità della 90a leggera e del DAK per acquisire il controllo e la piena disponibilità dei varchi. Comunque, qualora la pressione dei corazzati avversari si fosse fatta insostenibile, la massa di manovra avrebbe avuto il modo di disimpegnarsi portandosi ad ovest dei campi minati. Su questa alternativa cadde la scelta ed alle 21,24 vennero emanati gli ordini per il 30 maggio. Il commento sudafricano sembra ben collocato: «Era la sola cosa da fare, ma era anche un 'ammissione di sconfitta» 68. Ma Rommel possedeva un'agilità di mente ed un istinto operativo che nessun comandante britannico possedeva. E poi l'abbandono della partita era l'ultima idea che potesse venirgli in mente. La decisione di Rommel di cercare di aprirsi una strada sicura di alimentazione e di eventuale ritirata attraverso i campi minati fu compresa da Ritchie, grazie ai rapporti delle ricognizioni aerea e terrestre. Per giunta, il servizio informazioni aveva scoperto che la 15a Panzer era partita con appena quattro giorni di acqua e difettava di munizioni e che tutte le unità corazzate avevano scarsa disponibilità di carburante. Quindi la riunione e la concentrazione della massa di manovra italotedesca venne interpretata concordemente come un palese segno di debolezza. Altre ventiquattro ore di forte impegno l'avrebbero condotta al completo esaurimento delle risorse. Di conseguenza, diventava lecito pensare ad una controffensiva: il 13° corpo (ovviamente con nuove truppe provenienti da Tobruk e da Gambut) avrebbe inchiodato Rommel ad oriente dei campi minati ed il 30°, con tutte le unità mobili, sarebbe girato a sud di Bir Hacheim, piombando alle spalle del X corpo italiano e creando in tal modo le premesse per una successiva rapida avanzata su el-Mechili e Bengasi.
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«Ritchie - secondo Messervy, che aveva di nuovo raggiunto 1'8 a armata - era piuttosto stupidamente ottimista nelle osservazioni ed in tutto il suo comportamento, ma sotto questa vernice era incerto. Diceva
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continuamente: «Ah, l'abbiamo in pugno ora!': quando era chiaro che non era vero niente»69 • Il 30 mattina Lumsden cercò ripetutamente di irrompere con la 2a e la 22a B.cor. sulle posizioni di Bir el-Aslagh (a sud-ovest dell'incrocio dei Trigh Capuzzo e Hacheim), ove riteneva si trovasse la retroguardia dell'Afrikakorps. Nella località si era invece portata l'Ariete, che per tutto il giorno dovette affrontare lo sforzo corazzato inglese sostenuto da una forte artiglieria. La carta vincente dell'Ariete fu probabilmente costituita da uno schieramento controcarri di tutto rispetto, imperniato sul V/1 ° artiglieria celere con materiale tedesco da 88 e su un gruppo da 90/53. Verso le 16, dopo un ultimo tentativo condotto con forze fresche, l'attaccante dovette desistere (visto anche l'intervento di un paio di Stuka) ed abbandonare il campo di battaglia con perdite tanto sensibili che l'indomani le due brigate furono costrette a dar vita ciascuna ad un reggimento di formazione7°. La 4a brigata corazzata non ebbe molto da fare. Una parte di essa fu spedita alla vana ricerca di 25 Panzer che, secondo un'informazione, dovevano essere rimorchiati per la rotta a sud di Bir Hacheim. La 201 a brigata delle Guardie, infine, impegnatasi con una colonna lungo il Trigh Capuzzo, perse 157 uomini, sette cannoni da 6 libre e cinque pezzi da 25 libbre. E questo fu tutto da parte britannica. Sul fronte di Ain el-Gazala, alle 2 del mattino Kesselring aveva annullato la già organizzata operazione. Navarini, che aveva recuperato la 15a brigata Schutzen, si limitò ad arretrare leggermente il 62° fanteria della Trento a sud di Alam Hamza, a prolungamento dell'ala destra del corpo d'armata. Gioda, per contro, incontrò qualche problema. Alle 10,15 il X corpo aveva definitivamente assicurato il collegamento col DAK, ma fra di esso ed il XXI corpo si era creato un vuoto pericoloso di una decina di chilometri, di cui stavano approfittando elementi meccanizzati sudafricani per una sistematica azione di disturbo contro le retrovie della Brescia e della Pavia. Il corpo d'armata si trovava adesso come inserito nelf ampio rientrante della posizione di resisenza nemica a nord del Trigh Capuzzo con una dispositivo di forma ovoidale, che su tre quarti del perimetro era soggetto al fuoco britannico. Il problema era insieme tattico e logistico. Il mancato raggiungimento degli obiettivi aveva reso impossibile l'apertura di una nuova e più breve linea di comunicazioni dalla via Balbia ed imposto, invece, di provvedere al flusso dei rifornimenti e sgomberi attraverso el-Cherima. Senonché tale linea si snodava parallelamente all'intervallo verificatosi fra il XXI corpo e la Brescia e quindi era esposta al fuoco ed alle incursioni nemiche. Ormai le divisioni di fanteria avevano bisogno di molti materiali di rafforzamento lasciati alle basi, nonché delle cucine e dei fusti per
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acqua. Ciò le pose in un'imbarazzante situazione: da un lato,le necessità logistiche richiedevano l'impiego degli automezzi dei reparti; dall'altro, la possibilità di un'improvvisa ripresa dell'avanzata imponeva di tenere i veicoli carichi e presso i reparti Intanto «mediante continui appelli per radio» Kesselring ottenne da Rommel un colloquio «in una località di suo gradimento»71• L'abboccamento ebbe luogo alle 16 presso il Comando tattico di Gioda. Era presente anche un significativo personaggio, il magg. von Below, aiutante personale di Hitler. Rommel espose i propri intendimenti: battere anzitutto le forze corazzate avversarie, possibilmente in battaglia difensiva, altrimenti attaccando egli stesso. In seguito, sulla base dei risultati raggiunti, procedere verso oriente a sbalzi successivi, annientando di volta in volta le forze nemiche che restassero superate. Per quanto le perdite dell'8a armata fossero valutate a 345 carri, 21 autoblindo, 53 cannoni e 200 automezzi catturati o distrutti e 2.000 prigionieri, la situazione della massa di manovra permaneva pericolosamente instabile a causa della presenza del box della 1soa brigata inglese a Got el-Ualeb, che batteva col fuoco i passaggi attraverso i campi minati. C'era da temere che la carenza di munizioni impedisse di resistere vittoriosamente all'urto concentrato dei carri di Norrie. Quindi occorreva eliminare la 150a brigata al più presto. Ci avrebbe pensato personalmente Rommel. Intanto egli fece trasmettere al Comando Superiore, tramite il col. Mancinelli, un suo giudizio sul momento operativo: «(...) L'armata corazzata ha inflitto al nemico forti perdite con sopportabili perdite proprie. Il nemico ha perduto finora i 2/5 dei propri carri. Prevedo per il 31 maggio l'attacco a scopo risolutivo delle forze corazzate nemiche da est e da nord e lo affronterò sull'attuale zona di schieramento. Sono convinto del favorevole risultato di questa battaglia difensiva tanto più che la truppa ha ottimo spirito e i suoi rifornimenti verranno completati nel corso di questa notte. Io conto che il nemico perderà domani nuovamente un notevole numero di carri e pertanto indebolirà ulteriormente le proprie forze. Spero di poter passare nuovamente ali' offensiva nei prossimi giorni, dopo la temporanea difensiva imposta da ragioni di rifornimento( ...)».
Alle 21,30 Kesselring impartì le disposizioni per il giorno seguente: il XXI ed il X corpo restavano sulla difensiva, con qualche piccola rettifica idonea a migliorare lo schieramento. Per concludere sulla giornata bisogna dire qualcosa sulla questione del gruppo Cruwell. Nelle non tanto lontane retrovie, il 29 Bastico aveva saputo per caso - da un messaggio radio del XXI corpo - del1'esistenza di un comando d'armata Criiwell. Allibito, ne parlò con il
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ten. col. Heggenreiner, di collegamento con il Comando Superiore. Questi anticipò la notizia della cattura di Cri.iwell da parte britannica e spiegò i motivi che avevano indotto Rommel a costituire quel comando provvisorio per il coordinamento del X e XXI corpo. Aggiunse anche che Kesselring era subentrato, trovatosi sul posto, per non creare discontinuità e crisi. Bastico, come è logico, non gradì affatto la cosa, ordinò a Navarini di assumere il comando del gruppo e partecipò la decisione a Rommel, al quale chiese un appuntamento. Poiché nel frattempo anche Kesselring aveva informato del proprio temporaneo intervento, Bastico gli comunicò formalmente di aver designato Navarini a reggere i due corpi italiani. Per tutta risposta, Rommel non solo lascerà éadere la richiesta di colloquio di Bastico ma il 1° giugno scioglierà il gruppo Cruwell, riprendendo direttamente le redini di tutti i corpi d'armata.
3. I COMBATTIMENTI DEL «CALDERONE» E DI BIR HACHEIM Lo stretto corridoio testé realizzato fra X corpo e massa di manovra, se concesse un minimo di respiro a Baldassarre e Nehring, non risolse il problema logistico nel suo insieme. Il possesso di Bir Hacheim e la totale assenza di truppe dell'Asse a sud del parallelo di Bir Belafarit consentivano piena libertà di manovra alle unità blindate nemiche, che potevano spingersi più o mei;io indisturbate nelle retrovie del X e del XXI corpo e mettere in crisi, con la loro aggressività, perfino i rifornimenti delle divisioni impegnate sul fronte di Ain el-Gazala. La distruzione ed anche la cattura parziale o totale di autocolonne italiane e tedesche indusse il Comando Superiore, che aveva la responsabilità dell'alimentazione delle truppe, a due misure: organizzare un servizio di scorta e modificare la linea di rifornimento e sgombero. Questa fu portata a seguire la via Balbia sino ad oltre Tmimi, poi procedere verso sud, alle spalle del dispositivo, per arrivare ai vari posti di distribuzione divisionali. Come si è detto, Rommel si era risolto ad eliminare il grosso caposaldo di Got el-Ualeb con precedenza assoluta su qualsiasi altro obiettivo. A Got el-Ualeb, la 150a brigata inglese (gen. W. Haydon) era assai ben sistemata e gli avvenimenti degli ultimi giorni avevano condotto ad un miglioramento delle difese sul fronte di gola. Inoltre vi si erano rifugiati i resti della 1a brigata carri, rimasti senza appoggio. L'ordine di armata pervenne a Baldassarre ed a Nehring nelle prime ore
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DI AIN EL-GAZALA maggio)
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del 31 maggio. In previsione di un massiccio attacco britannico, il grosso del DAK, l'Ariete ed elementi della 90a leggera dovevano disporsi a semicerchio appoggiandosi all'Hagiag es-Sidra a nord e sbarrando ad oriente le provenienze da Knightsbridge. Un secondo cerchio, attorno a Got el-Ualeb, era affidato alla 15a Panzer, alla 90 3 leggera ed alla Trieste (schizzo n 32). All'alba, il gen. Haydon si vide recapitare, con sua grande meraviglia, una formale ingiunzione di resa, che naturalmente respinse altrettanto formalmente. Un primo tentativo da parte della 90a leggera e della Trieste andò a vuoto. Un secondo prolungato attacco, sferrato anche dalla 15a Panzer, ottenne la conquista di talune posizioni avanzate, ma finì per arrestarsi davanti ai pezzi da 6 libbre ed a qualche Bofors contraerei. Comunque, il caposaldo ormai era circondato ed aveva mostrato i suoi punti deboli. Quando scesero le ombre della sera, la situazione della 1soa brigata era gravemente compromessa. Restavano tredici carri, dodici pezzi da 25 lb. con un centinaio di granate in tutto, sei pezzi di medio calibro con venti colpi ciascuno ed una piccola aliquota di cannoni da 6 lb. «Se nelle prime ore del giorno seguente non fossero giunti aiuti, la brigata avrebbe evidentemente cessato di esistere 72 come unità combattente» • Rommel decise di gettarle addosso tutte le forze disponibili, approfittando dell'inerzia del nemico. È stato asserito che la sera del 31 maggio costituì un momento cruciale per la massa di manovra, basando tale affermazione sul commento di un protagonista, l'allora col. Bayerlein: «Il gen. Criiwell, comandante dell'Afrika Korps ebbe l'aereo colpito in pieno e fu costretto ad un atterraggio di fortuna davanti alle postazioni della 1so• brigata, dove fu fatto prigioniero. Il generale Gausi [sic), capo dello stato maggiore di Rommel, fu ferito. Il generale Nehring prese il posto di Criiwell, mentre io andai a sostituire Gausi. Fallito il tentativo di conquistare Bir Hacheim e di aprirci un varco nel campo minato, entrambi scongiurammo Rommel di sospendere l'azione, ma egli non volle ascoltarci. Tutto ciò, se ben ricordo, avvenne la sera del 31 maggio. Eravamo in una situazione disperata, con le spalle contro il campo minato, senza viveri, senz'acqua, senza benzina, con scarsissime munizioni. I nostri convogli non potevano avventurarsi fra le mine; Bir Hacheim, continuando a resistere, ci impediva di ricevere rifornimenti dal sud. Eravamo sottoposti a continui attacchi dall'aria. Altre ventiquattr'ore e saremmo stati costretti ad arrenderci»n.
Il discorso, così come riportato, è un confuso ed inesatto riassunto di avvenimenti succedutisi nell'arco di molti giorni. È bene soffermarvisi perché è stato frequentemente accettato in modo acritico. È facile rilevare che Cri.iwell non comandava più l'Afrikakorps da oltre un mese; che la sua cattura avvenne il 29; che Nehring aveva assunto il co-
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mando del DAK alla partenza di Criiwell per la licenza in Germania; che Gause sarà ferito il 1° giugno, come Westphal; che la sera del 31 maggio la situazione era ormai chiara: il caposaldo di Got el-Ualeb aveva le ore contate. L'unico dubbio - dubbio fondato, perché basato sulle intercettazioni radio - concerneva il forte attacco inglese atteso per quella stessa notte. Il dire, dunque, che «entrambi [Nehring e Bayerlein] scongiurammo Rommel di sospendere l'azione, ma egli non volle ascoltarci» non sembra abbia molto senso. A quel punto che altro avrebbe dovuto fare Rommel? D'altronde, proprio la sera del 31 Rommel scrisse alla moglie: «Sto bene. Il momento più critico della battaglia è passato e finora tutto va bene. Ma i prossimi giorni saranno ancora difficili>>. È invece assai più verosimile che il nocciolo del discorso la sospensione dell'offensiva - sia da collocare alla sera del 29, giacché secondo von Mellenthin «il mattino del 29 la posizione dell'Afrikakorps stava diventando disperata>>. Alle 22,45 del 31 vennero diramate le ultime disposizioni per la conquista di Got el-Ualeb. L'operazione era compito del cerchio interno: da nord la 1sa Panzer, da est la 90a leggera e da sud la Trieste. Inizio all'alba del 1°giugno.Alle 8 sarebbero intervenuti gli Stuka. Il risultato del combattimento non poneva problemi, però «il DAK, il XX corpo e la 90a leggera si tengano pronti per iniziare, su ordine speciale, entro due ore, il contrattacco con direzione generale est o nord» prescrisse l'ordine di armata. La drammatica situazione della 1soa brigata, il cui comandante cadrà nel corso dell'accanita resistenza, fu decisamente sottovalutata sia da Ritchie sia da Norrrie e l'8a armata corse ai ripari troppo tardi. Naturalmente c'era una spiegazione. Lumsden, che aveva raccolto i carri residui della 1a e 7a D.cor., era rimasto assai male impressionato dai combattimenti sostenuti il 30 maggio, avendo toccato con mano che un attacco diurno condotto da soli carri, pur se appoggiato da una forte artiglieria, era destinato ad infrangersi in malo modo contro un robusto schieramento controcarri. Di conseguenza, a suo avviso, occorreva attaccare con la fanteria e di notte per eliminare le eventuali mine e per catturare i pezzi controcarri. Dopo questa fase preliminare si potevano lanciare le unità corazzate con probabilità di perdite decisamente inferiori. Nel corso del 31 maggio due considerazioni avevano indotto Auchinleck a rivedere le proprie idee circa la situazione generale. Primo: ormai si era convinto che Rommel non pensava affatto a ritirarsi. Secondo: la consistenza della massa corazzata italo-tedesca doveva aggirarsi sui 200 carri medi, vale a dire poco meno di quanto era restato
LA BATTAGLIA DI i\JN EL-GAZALA
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all'8a armata. Stando così le cose, inevitabilmente tutti i carri per fanteria dovevano essere gettati nella mischia contro le divisioni corazzate dell'Asse; d'altro canto, senza il sostegno dei carri mai il 13° corpo avrebbe avuto la capacità di penetrazione necessaria per rompere le linee del XXI corpo italiano. A dire il vero, stava arrivando sul campo di battaglia la 1a B.cor. con 150 carri, però si trattava di un'unità priva di addestramento d'insieme. Erano considerazioni affiorate anche alla mente di Ritchie, il quale pensò di cominciare a ridurre l'entità delle forze corazzate dell'Asse per evitare, fra l'altro, un'improvvisa impennata di Rommel in direzione di el-Adem e della base avanzata di Belhamed - attaccando al più presto per dare una mano alla 1soa brigata. Secondo il suo progetto, la 69a brigata inglese doveva scendere da nord per impadronirsi di Hagiag es-Sidra e la io,a brigata indiana muovere dalla zona di Bir el-Harmat con obiettivo Got el-Aslagh. Poi, rotto lo schermo controcarri, le formazioni corazzate avrebbero fatto irruzione. Contemporaneamente, la 1 a brigata France Libre doveva occupare con un forte gruppo tattico Segnali Nord. L'operazione doveva iniziare la notte sul 1 ° giugno, quale premessa ad una controffensiva generale. Com'è naturale, di fronte a simile ristrettezza di tempi, i due comandanti di corpo d'armata chiesero ed ottennero un rinvio di ventiquattr'ore. Il Comando dell'sa armata non poteva sperare nella sorpresa perché i messaggi teq.eschi del 31 decifrati da Ultra avevano rivelato che Rommel era a conoscenza del disegno inglese di attaccare quella notte e si era preparato all'urto; per giunta alle 6 del 1° giugno venne intercettato l'ordine della Panzerarmee che orientava le divisioni corazzate italo-tedesche ad un contrattacco verso est o nord, ma Ritchie non si scompose. Alle 5,30 di quel 1° giugno le truppe dell'Asse si disposero sulle basi di partenza per accingersi all'avanzata concentrica previo un intenso bombardamento aereo e di artiglieria. La lotta fu accanita: «L'attacco si conclude solo nelle prime ore del pomeriggio - riferisce il diario storico del XX corpo - con la completa distruzione della massa avversaria, la quale ha opposto tenacissima resistenza fino all'ultimo uomo, impiegando anche bombe a mano e pistole. Moltissimi i moni ed i feriti. Anche le perdite della Trieste sono notevoli; tra i caduti il col. Chiapuzzo, comandante del 66° fanteria».
Furono catturati più di 3.000 prigionieri; distrutti o presi 101 mezzi corazzati e 124 cannoni di vario calibro. Tra i feriti tedeschi vi furono i due principali collaboratori di Rommel: Gause, il capo di
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LE OPERAZIONT IN AFRICA SETTENTRJONALE
Stato Maggiore della Panzerarmee, e Westphal, il capo ufficio operazioni. A sostituire Gause, Rommel chiamò il col. Bayerlein, capo di Stato Maggiore del DAK. La perdita della 150a brigata e della 1a brigata carri cambiò le circostanze di base quali si fondava il piano inglese, ciò nonostante Ritchie dette ugualmente il via. Il risultato fu fallimentare: la 69 a brigata, di cui agì un solo battaglione rinforzato, non riuscì ad arrivare sull'obiettivo e la 10a brigata indiana si trovò di fronte ad una tale tempesta di sabbia che Messervy, incaricato di coordinare l'azione, decise di annullare tutto. La rapida conclusione del combattimento di Got el-Ualeb consentì a Rommel il già previsto passo successivo. Nel pomeriggio egli fece un breve giro fra le divisioni ordinando ad Azzi ed a Kleemann di portarsi entro la notte ad oriente di Bir Hacheim, a portata di tiro delle artiglierie divisionali, e di attaccare all'alba. Eliminato il presidio, le due divisioni dovevano tornare a nord, lasciando in posto un battaglione della Trieste, da sostituire al più presto a cura del X corpo. Come si vede, per Rommel si trattava di questione risolvibile con poca spesa di forze e di tempo. Evidentemente non aveva chiesto informazioni a De Stefanis. L'Ariete era rimasta praticamente inoperosa; in compenso aveva avuto a soffrire perché presa di infilata dal tiro di artiglieria nemico proveniente da Bir el-Harmat, rioccupato dall'avversario, motivo per cui De Stefanis chiese di poter compiere un piccolo movimento retrogrado. Le perdite del XX corpo cominciavano a pesare. Il logorio subito a tutto il 30 maggio si traduceva nelle seguenti cifre: Unità
Ariete Trieste
Supporti Totali
personale
carn
autobl.
semov.
D.
m.
f.
d.
D.
R.
D.
R.
42 55 7
119 170 21
89 56 2
52 23
43 14
2 9
104
310
147
75
57
11
pezzi
R.
D.
R.
15 11
6
5
4
26
6
5
4
Legenda: m. = morti; f. = feriti; d. = dispersi. D. = distrutti; R. = recuperabili previe riparazioni.
LA BATI AGLIA DI AIN EL-GAZALA
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Fortunatamente, da parte del Comando Superiore giunse una buona notizia: alla base di Umm er-Rzem stava concentrandosi una quarantina di carri armati nuovi a disposizione del XX corpo. Baldassarre mandò trenta equipaggi ma chiese, anche in considerazione della prevedibile futura usura, un intero battaglione organico, nonché il terzo gruppo da 105 del 132° artiglieria per compensare le perdite subite dal V gruppo da 88 e dal gruppo da 90. Con l'occasione segnalò l'opportunità di riservare il materiale da 90 alla sola difesa contraerea di località. Mentre i risultati al tiro controcarri erano stati ottimi, talune deficienze si erano manifestate sin da quei primi giorni tanto pesanti da indurre a chiederne la sostituzione con il materiale da 88: la mole, che rendeva il pezzo troppo facilmente individuabile, e la vulnerabilità dei mezzi di traino. «A tutt'oggi - scrisse Baldassarre - sono già stati smontati dal tiro nemico tre pezzi e per parecchi altri è necessario ricorrere a ripieghi per poter assicurare il movimento in conseguenza dei danni agli ' ( ) 7' autotrasporti ... » ' . Il periodo 2-11 giugno costituisce la terza fase della battaglia di Ain el-Gazala e comprende fa lotta nel Calderone - come venne denominata, per il suo ribollire di scontri, la zona compresa tra Sidi Muftah, Knightsbridge, Bir el-Harmat e Got el-Ualeb - e la conquista di Bir Hacheim. Per Rommel il quale ormai aveva la sicurezza dei rifornimenti e della eventuale via di ritirata attraverso lo squarcio realizzato fra i due Trigh, si trattava di eliminare un pericoloso perno di manovra avversario. Bir Hacheim, infatti, pur essendo all'estremo sud dello schieramento britannico, rappresentava una fonte di preoccupazioni per l'appoggio che era in grado di fornire ad elementi meccanizzati incaricati di incidere sulle retrovie dell'armata corazzata, come ad una manovra di avvolgimento dei corpi italiani. Per Ritchie si trattava di obbligare, direttamente o indirettamente, la massa di manovra italo-tedesca a sloggiare. Nell'esame di questo periodo toccheremo in successione l'operazione Aberdeen (5-6 giugno), il combattimento di Bir Hacheim (2-11 giugno) e l'attività diversiva e di disturbo inglese.
L'OPERAZIONE ABERDEEN
Il primo giugno Auchinleck e Tedder avevano mandato a Churchill un sintetico resoconto dei primi giorni di lotta, concludendo che la battaglia non poteva certo dirsi terminata e che, anzi, bisognava attendersi altri pesanti scontri. Tuttavia «qualunque possa essere il risul-
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
tato non vi è ombra di dubbio che il piano di Rommel per l'inizio della sua offensiva è completamente fallito e che questo fallimento gli è costato caro in uomini e materiali (..}»75 • Ritchie era sempre più ottimista: «( ...) considero ancora la situazione favorevole per noi - scrisse al Cairo il 2 giugno - e destinata a migliorare giorno per giorno»76 • A dire il vero, il comandante in capo si rendeva conto che il quadro non era così roseo come lo dipingeva il comandante dell'sa armata: «(...) vedo con molta preoccupazione - rispose - la distruzione della 150a brigata ed il graduale consolidamento di un largo e profondo cuneo nemico in mezzo alla vostra posizione. Comunque sono certo che esistono fattori a voi noti, di cui io non sono a conoscenza». Poi chiarì: se Rommel si fosse consolidato nell'area Hagiag es Sidra-Bir el Harmat-Mteifel el Chebir, l'intera posizione di resistenza da Ain el-Gazala a Bir Hacheim sarebbe stata intenibile anche se l'offensiva dell'Asse non fosse proseguita. Se, invece, avesse voluto riprendere l'iniziativa avrebbe potuto farlo senza alcuna difficoltà e rapidamente. Questo non lo si poteva permettere. Considerate le tre possibilità che si offrivano a Rommel - attaccare il fianco meridionale e le retrovie della soa divisione, oppure Bir Hacheim, oppure puntare sui depositi ad est di el-Adem - il modo più semplice per stornare ogni minaccia era quello di lanciare una controffensiva in direzione di Temrad-Tmimi ed occupare da sud Segnali per disturbare le sue linee di rifornimento. Poiché i carri dell'Asse non possedevano il dono dell'ubiquità, il 13° corpo poteva aprirsi la strada con i 70 Matilda della 32a brigata carri, una forte artiglieria ed una divisione di fanteria in riserva mobile. Al riguardo, Auchinleck fece un velato rimprovero: «Sono un po' perplesso sulla dispersione, a quanto sembra, della 5 a Df. indiana, ma molto probabilmente la cosa è più apparente che reale»77 •
C'era anche un'alternativa, ma il comandante in capo non ne fece cenno. Si trattava di sfruttare la circostanza che la posizione di Alam Halfa era prossima alla linea di rifornimento e sgombero del XXI e X corpo. Un potente colpo verso sud, contro le divisioni di Gioda «il cui morale era quasi certamente mediocre»78, avrebbe potuto provocare grossi danni. La lettera fu recata dal col. de Guingand, capo del servizio informazioni, al Comando dell'sa armata. Ritchie la ricevette quando già stava esaminando il da farsi. L'operazione, denominata Limerick, in direzione di Bir Temrad per irrompere su retrovie e fianco di Rommel era allo studio da alcuni giorni. Il clima ambientale risulta da un' osservazione del gen. Gott: «Suppongo che Ritchie qualche cosa farà» disse al
LA BAT'fAGLIA DI AIN EL-GAZALA
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gen. Ramsden tornando da una riunione79• Però le difficoltà che venivano a galla apparivano concrete. Intanto la raccolta della 5 3 divisione indiana e l'ammassamento dell'occorrente per alimentare l'azione dovevano aver luogo ad una diecina di chilometri ad ovest di Eluet et-Tamar, cioè... a portata di mano del DAK; per difenderle sarebbe occorso piazzare le brigate corazzate fra Eluet et-Tamar e Hagiag es-Sidra, vale a dire spalancando la porta per el-Adem e Belhamed alle divisioni del1'Asse; anche ammesso di intercettare il DAK nella sua puntata verso nord, era molto dubbio che le unità corazzate britanniche riuscissero a trattenerlo durante lo sviluppo dell'avanzata del 13° corpo; infine, la fase organizzativa avrebbe richiesto troppo tempo a scapito della segretezza. Ih sostanza, il disegno venne bocciato. «Una manovra del genere - commentò von Mellenthin - condusse alla distruzione l'armata au80 stro-russa ad Austerlitz)) • Il gen. Briggs, comandante della 5 3 indiana, propose allora l'ampio giro attorno a Bir Hacheim per risalire verso nord-ovest, in direzione di Tmimi, ma le difficoltà logistiche apparvero troppo grosse: si sarebbe dovuto motorizzare l'intera 5 a divisione indiana e farla accompagnare da almeno un paio di brigate corazzate, con il risultato di lasciare paurosamente indifesa la via per el-Adem - la principale preoccupazione di tutti - e di trovare, una volta giunti nella zona di Mteifel el-Chebir, Rommel già in attesa con tutte le sue forze corazzate. Ormai, infatti, era facile passare da un lato all'altro della fascia minata. Invece von Mellenthin considerò molto favorevolmente l'idea, se però portata alle estreme conseguenze. L'intero 30° corpo (1 a e 7 3 D.cor. e sa D.indiana) doveva compiere l'avvolgimento da sud, piombando alle spalle del X corpo italiano per attaccare Rommel da ovest mentre il 13° corpo avrebbe premuto da nord con la 32 3 B.carri, la 2a D.f. sudafricana e la 10 3 D.f. indiana, fatta affluire dalla frontiera. «È verissimo egli ha scritto - che l'Afrikakorps poteva reagire puntando su Tobruk o Belhamed, ma in questo caso la Panzerarmee sarebbe stata irrimediabil· mente divisa e l'8a armata avrebbe potuto annientare il gruppo Cruwell prima di tornare ad occuparsi dell'Afrikakorps. Questo è uno di quei piani molto rischiosi sulla carta e perciò scartati dai generali prudenti, ma se fosse stato attuato con risoluta audacia credo che avrebbe frantumato la Panzerarmee (...}»81 • L'opinione sembra alquanto discutibile, comunque certo non accettabile per la mentalità di Ritchie. Per giunta il 2 giugno la 21 a Panzer pensò bene di fare una puntata verso Eluet et-Tamar. Trovò i resti del gruppo Stopcol, con i sedici Valentine dell'8° Royal Tanks, e li ributtò in disordine su Acroma. Poi
IL PIANO DELL'OPE1
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
ricevette la 4a brigata corazzata, inviata a bloccare l'incursione. Questa, arrestata da una violenta tempesta di sabbia, fu in grado di intervenire soltanto nel tardo pomeriggio in un confuso combattimento, talché si trovò «un po' troppo sparpagliata - ammise Lumsden - ed uno dei suoi reggimenti fu malmenato»82 • Il 5° Royal Tanks perse venti Grant rimanendo con un solo Grant e due Stuart; il 3° Royal Tanks ne perse quattro. Non rimaneva che cercare di eliminare il saliente italo-tedesco, il «Calderone,,, secondo il suggerimento di Messervy. Il progetto, denominato Aberdeen, era imperniato su un attacco del 30° corpo a botta dritta, condotto da oriente contro lo schieramento controcarri dell'Ariete, schieramento considerato con tanto rispetto (forse perché ritenuto ... tedesco, a causa della presenza dei pezzi da 88) dall'8a armata, che nel bollettino informazioni del 1° giugno, per la prima volta, mise in evidenza l'importanza e la temibilità di simile schermo. Aperto uno squarcio sul Got el-Aslagh, le forze corazzate avrebbero fatto irruzione «spingendosi alle spalle del dispositivo nemico» e chiudendo i varchi nei campi minati. Nel frattempo il 13° corpo avrebbe messo in atto un'azione essenzialmente diversiva, tendente ad occupare Hagiag es-Sidra. Anche al riguardo sorsero obiezioni, più o meno fondate, ad ogni modo il piano venne prospettato ad Auchinleck come una manovra a tenaglia. Da nord un gruppo tattico della 69a brigata e la 32 a brigata carri per guadagnare Hagiag es-Sidra; da oriente la sa divisione indiana per lo sforzo principale. Partendo dal Trigh Hacheim, la 10a brigata indiana, sostenuta dal 4° Royal Tanks, aveva il compito di aprire una breccia di circa cinque chilometri fra l'estremità settentrionale di Got el-Aslagh e Bir et-Tamar (schizzo n. 33). All'alba la 22a brigata corazzata sarebbe passata attraverso l'ampia soglia ed avrebbe raggiunto e superato Sidi Muftah, venendo così a trovarsi più o meno equidistante dai varchi aperti nella fascia minata dalla Brescia sul Trigh Capuzzo e dalla Trieste sul Trigh el-Abd. Subito dopo sarebbe penetrata la 9a brigata indiana con il 4° Royal Tanks, sistemandosi al più presto a difesa. Successivamente la 22a brigata corazzata avrebbe preso alle spalle l'aliquota del DAK impegnata su Hagiag es-Sidra dalle unità del 13° corpo. Sulla consistenza delle forze dell'Asse c'erano idee inesatte. Secondo un errato rapporto della ricognizione aerea britannica, 180 carri tedeschi ed italiani si trovavano ad ovest della fascia minata e solo 120 nel Calderone, motivo per cui 1'8a armata ritenne che la 21 a Panzer si fosse ritirata nel settore del X corpo83 • Un'altra interpretazione considerò assente la 15a Panzer in quanto impegnata a Bir Hacheim84• «Se tutto fosse andato come previsto - osservò Carver - l'intera
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRtONALE
zona occupata dal DAK e dall'Ariete sarebbe stata presidiata da truppe britanniche; ma le larghe frecce sulle carte dei progettisti indicavano in realtà una serie di battaglioni inesperti, scarsamente dotati di armi controcarro, che dovevano percorrere a bordo di autoveicoli o a piedi chilometri di aperto deserto per presidiare obiettivi molto distanti fra loro»85 • È interessante accennare anche alla strana organizzazione di comando. Inizialmente Ritchie pensò di affidare Aberdeen a Gott, ma di fronte allè proteste del comandante del 13 ° corpo, che non vedeva per quale motivo dovesse accollarsi la responsabilità del fronte di Ain elGazala e dell'operazione, assegnò il compito a Norrie, il quale lo «decentrò». Lo sfondamento delle posizioni dell'Ariete, ad opera della 10a brigata indiana, era sotto la direzione di Briggs, comandante della sa D.f. indiana; l'intervento in profondità della 22a B.cor. e lo schieramento della 10a brigata indiana erano sotto il controllo di Messervy, comandante della 7a D.cor.; l'impiego della 9a brigata indiana e, da quel momento, lo schieramento della 10a brigata diventavano di competenza di Briggs; l'azione verso nord della 22a B.cor. cor. tornava a Messervy. È vero che Messervy e Briggs si conoscevano bene e stabilirono un unico posto comando tattico, ma se l'intera azione fosse stata nelle mani di Norrie probabilmente sarebbe stata guidata con maggiore unitarietà. Auchinlek incitò Ritchie a sbrigarsi: «Non penserete, immagino, di rimandare l'offensiva solo per sincronizzarla con la partenza del convoglio [per Malta]. Ritengo che essa debba essere lanciata non appena lo permetta la situazione tattica sul vostro fronte. Il primo risultato di una riuscita offensiva sarà di privare il nemico delle strisce di atterraggio nell'area Martuba-Derna. Il secondo, ed anche più importante, sarà di consentirci l'uso di queste strisce di atterraggio per i nostri aerei, aumentando notevolmente, cosl, la protezione dei convogli. Più presto saremo in grado di raggiungere tali risultati, tanto meglio sarà (...)» 86•
Poi però, all'ultimo momento, consigliò di curare molto bene le ricognizioni preliminari, anche se ciò avesse comportato uno slittamento dell'inizio e sottolineò la necessità di appoggiare la fanteria con i carri. Ritchie offrì a Messervy ed a Briggs altre ventiquattro ore, ma i due generali rifiutarono: a quel punto, tanto valeva cominciare. Uno dei partecipanti all'operazione ebbe poi a dichiarare: «La prima cosa che uno ricorda dell'attacco del 5 giugno è che fu montato in gran fretta. La seconda cosa è la più totale assenza di notizi~ precise sul nemico (. ..}»87 • Diciamo anche che Ritchie era tanto ottimista da ripromettersi
C.A SATTAGC.IA DI AIN EC..GAZAlA
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obiettivi decisivi. Vedeva il raggiungimento della linea Tmimi-Mechili come il passo iniziale per la riconquista della Cirenaica. Anzi, aveva già calcolato le forze per lo sfruttamento del successo: una Jebel Force, lungo la direttrice costiera, con una D.f., una B.f. ed una B.carri; una Desert Force, lungo la direttrice Mechili-Bengasi, con due B.cor. ed una B.mot.88 • Da parte di Rommel tutta l'attenzione era concentrata su Bir Hacheim, ove stavano battendosi la Trieste e la 90a leggera, tuttavia non era sfuggita l'eventualità di un'iniziativa inglese. Di conseguenza, il 4 giugno ,vennero diramate le opportune disposizioni. La 21 a Panzer si mantenne su Hadiag es-Sidra; la 15a Panzer, raccolta nella zona Got el Ualeb-Bir Belafarit, doveva predisporre in serata la costituzione di una testa di ponte oltre il campo minato a sei chilometri a sud di Bir elHarmat, quale base di partenza per una reazione manovrata verso sudest o nord-est sul fianco di un possibile urto britannico; l'Ariete doveva provvedere all'arretramento del proprio dispositivo, contenendolo nel tratto Bir et Tamar-Got el Aslagh. Nel pomeriggio il capo di Stato Maggiore del XX corpo, col. Ruggeri-Laderchi, fu convocato da Rommel, che gli comunicò le prossime mosse: prima eliminare Bir Hacheim, poi puntare verso la Balbia per annientare la resistenza di Ain el-Gazala oppure verso el-Adem. Alle 2 del 5 giugno cominciò il tiro di preparazione britannico. «Se mai un'operazione poté essere paragonata al gesto dì un uomo che infila il braccio in un nido di vespe, quella fu l'operazione Aberdeen)) disse Carver89• Erano quattro i reggimenti che aprirono il fuoco: il 4°, 28° e 157° artiglieria della 5a divisione indiana ed il 107° artiglieria a cavallo della 22 a brigata corazzata. Il fuoco fu intenso ma inutile perché cadde nel vuoto. L'Ariete, contro il cui fronte era diretto lo sforzo, aveva già iniziato l'arretramento del proprio dispositivo, che adesso correva lungo la cresta di Dahar el-Aslagh. I danni maggiori furono lamentati dal V/8° bersaglieri che, sostituito a nord del Trigh Capuzzo da unità tedesche, era in corso di spostamento autocarrato verso Got el-Aslagh (schizzo n. 34). Quando dunque, alle 2,50, iniziò l'avanzata delle fanterie, la 10a brigata indiana (gen. Boucher) constatò con sorpresa che i battaglioni procedevano verso gli obiettivi senza incontrare resistenza, tranne gli effetti dell'interdizione vicina. Vi fu una pausa per spostare in avanti le artiglierie e riordinare i reparti, poi all'alba l'azione riprese per acquistare spazio. Il II battaglione Highland Light Infantry della 10a indiana occupò senza difficoltà Bir et-Tamar e vi si organizzò a difesa, men-
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tre il II West Yorkshire, battaglione di testa della 9a brigata indiana (gen. Fletcher), sostenuto da umo squadrone di Matilda, attaccò la parte centrale del Dahar el-Aslagh. L'Ariete era disposta per reggimento: il 132° carristi a nord e 1'8° bersaglieri a sud. Le artiglierie controcarri e da campagna erano ripartite su tutto il settore. L'urto britannico si trovò a coincidere col tratto di sutura fra i due reggimenti, coinvolgendo il X/132° carristi ed il V/8° bersaglieri. Quest'ultimo, già scosso dal precedente bombardamento, cedette in qualche centro di fuoco, ma la posizione di resistenza rimase sostanzialmente integra. Alle 7,20 Rommel ordinò di passare alla reazione dinamica per ripulire il fronte. De Stefanis stava già provvedendo d'iniziativa, per cui il gen. Fletcher, vista la mala parata ed avendo il II West Yorkshire già perso una compagnia, decise di ritirarlo dalla lotta. Più a nord elementi della 21 a Panzer premevano in direzione di Bir el-Aslagh. Intanto era apparsa la 22 a brigata corazzata. <<È un errore - osservò von Mellenthin - immettere una formazione corazzata troppo presto in una battaglia di rottura; in tal caso, i corazzati tendono a frammischiarsi con la fanteria, con conseguente confusione e perdita di controllo. Questo è esattamente quello che accadde il 5 giugno»90 • L'esordio della 22 a fu sfortunato perché andò a cadere sotto il fuoco concentrato delle artiglierie controcarri e campali del DAK e del XX corpo da nord e da ovest. Alla fine, sottoposta a contrassalti locali da parte dell'Ariete e dell'8° Panzerregiment, inviato dalla 15a Panzer, e dopo aver perduto molti carri, la brigata si raccolse a sud-est di Bir et-Tamar. Verso le 11,30 la lotta si era acquietata, ma la situazione britannica appariva in equilibrio instabile. Questo fu rotto dagli avvenimenti svoltisi a nord del Hagiag es-Sidra. All'alba si era mossa anche la 32a brigata carri, rinforzata da un battaglione di fanteria e da uno squadrone di Valentine dell'8° Royal Tanks. Al riparo di una cortina nebbiogena, essa risalì il pendio che portava alle posizioni tedesche. Il fuoco che accolse i Matilda fu micidiale. I due reggimenti di testa, sconvolti e contrattaccati da sud-est, obliquarono verso la loro destra ma così facendo il 42° Royal Tanks finì contro la grande fascia minata, della quale non conosceva la delimitazione, ed il 7° Royal Tanks sfilò sotto il tiro dei pezzi controcarri. In definitiva, il comandante del 7° Royal Tanks raccolse i carri rimasti ai due reggimenti (una dozzina secondo alcune fonti, una ventina secondo altre) e si ritirò di alcuni chilometri. Adesso la 21 a Panzer era libera di gettarsi con il grosso delle forze sulla sa divisione indiana e sulla 22a brigata corazzata. Anche a pro.posito di tale episodio von Mellenthin
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
espresse il proprio pensiero senza perifrasi: «Dal punto di vista tattico questo fu uno dei più ridicoli attacchi della campagna))9 1 • Nel primo pomeriggio il 5° Panzerregiment cominciò a sgomberare il terreno nella zona di Bir et-Tamar. Il II Highland Light Infantry, preso di petto, fu costretto a sloggiare assai malconcio. L'episodio ebbe qualche seguito polemico in quanto la 22a B.cor., anch'essa coinvolta nell'azione, non si spinse ad ovest per aiutare gli scozzesi. Più tardi il gen. Carr, a propria giustificazione, sostenne che, secondo l'esplicito indirizzo ricevuto da Messervy, egli non aveva alcuna responsabilità nei confronti della fanteria92 • Dal canto suo, il gen. Fletcher ebbe a dichiarare nel rapporto steso poco tempo dopo: «Sembra che sia esistito un totale disaccordo fra la 22a B.cor. e la 9• B.f. indiana per quanto concerne possibilità e compiti delle due brigate. La 22a B.cor. sembra avesse l'idea che un battaglione sia in gr:ado di sistemarsi a caposaldo nel deserto in qualcosa come mezz'ora; mentre la 9• B.f. indiana riteneva che la 22• B.cor. con i suoi 100 carri [in realtà erano 156] avrebbe avuto il compito di distruggere i carri nemici nel settore in cui era impiegata. All'atto pratico, pare che la 22• B.cor. non abbia nemmeno tentato di dare aiuto al II W. Yorks, quando questo fu assalito da 40 carri e 17 autoblindo [era il contrattacco dell'Ariete]; ed allorché la posizione tenuta dal II H.L.I. fu attaccata da 40 carri [era il contrattacco della 21 • Panzer], la 22• B.cor. cominciò una lenta ritirata (...). La fanteria che deve agire con i carri, deve essere addestrata con essi»93 •
Intanto Norrie aveva disposto lo spostamento della 2a B.cor. (costituita da un reggimento carri, un battaglione motorizzato ed un reggimento artiglieria a cavallo) da Eluet et-Tamara nord-est di Bir el-Harmat, in modo da unirla alle forze di Messervy. Peraltro per una serie di incertezze e di contrattempi, culminati nell'errore di dirigerla a nord-est di Knightsbridge, essa non ebbe la possibilità di partecipare alla lotta, specialmente quando si scatenò il grande contrattacco italo-tedesco. Verso mezzogiorno, Rommel si era reso conto che ben difficilmente l'operazione Aberdeen sarebbe stata portata avanti, dati gli insuccessi parziali e le perdite. Di conseguenza, decise di annientare le forze nemiche «presso ed a nord di Bir el·Harmat». Inizio alle ore 17. I compiti erano così assegnati: la 21 a Panzer doveva procedere da ovest verso est, parallelamente al Trigh Capuzzo, in modo da garantire il fianco settentrionale e chiudere la sacca; l'Ariete doveva raggiungere l'allineamento Bir el Aslagh-margine orientale del campo minato, per formare il fondo della sacca; la 15a Panzer doveva attraversare il campo minato sfruttando il varco aperto in corrispondenza del Trigh el-Abd e raggiungere
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prima Bir el-Harmat e poi Bir Bellefaa; il gruppo Wolz (costituito dal 3° gruppo esplorante, una compagnia Panzerjiiger ed un reparto contraerei) doveva affluire dall'assedio di Bir Hacheim, tenersi alla destra della 15a Panzer e portarsi a q. 174 di Hagiag er-Raml. Rommel in persona avrebbe seguito la 15a Panzer. Il contrattacco, preceduto da un breve bombardamento da parte degli Stuka, si sviluppò secondo le linee prestabilite e la 22 a B.cor., assalita da tutte le parti, ripiegò disordinatamente ad est del T righ Hacheim. Ma se la reazione manovrata della 21 a Panzer e dell'Ariete poteva esser messa in conto, l'apparizione della 15a Panzer dal varco di Trigh el-Abd colse i Comandi avversari del tutto alla sprovvista. Bir el-Harmat era difesa da un battaglione di fanteria leggera appena giunto da Bagdad. La 15a Panzer arrivò come una freccia spazzando via ogni cosa. Il battaglione fu sgominato in un batter d'occhio; i Comandi della sa divisione indiana, della 7a divisione corazzata e della 10a brigata indiana furono travolti; i centri trasmissioni vennero catturati ed ogni collegamento radio ed a filo deU'intera zona saltò; ed un disordinato torrente di veicoli di ogni sorta prese la fuga verso el-Adem, mentre, a completare il disordine, un'altra ondata di Stuka batteva l'area ad ovest di Knightsbridge. Sino al giorno seguente, al termine dei combattimenti, il Comando britannico non potrà riprendere il controllo dei repart1. Alle 15,10 Ritchie aveva comunicato al Cairo che l'operazione non era stata «un totale insuccesso» e che il nemico sembrava, da alcuni segni, «non del tutto soddisfatto». Dopo il turbinoso contrattacco di Rommel, egli stentò naturalmente a ricostruire un accettabile quadro della situazione. A mezzanotte riferì al Cairo che l'avversario aveva ripreso l'iniziativa e che «non è ancora esattamente chiaro quel che è accaduto». Aggiunse poi che «la 22a brigata corazzata senza dubbio è in azione in aiuto della 5 a divisione indiana>/ 4• In realtà, sin dal pomeriggio Messervy aveva disposto che la brigata lasciasse un'aliquota davanti al nemico a Bir el-Aslagh e si raccogliesse a sud di Knightsbridge, cosicché lo scontro con il 5° Panzerregiment ed il 132° carristi dette un'accelerata ad un ordine in corso di esecuzione. Quando passò il Trigh Hacheim aveva perduto 60 carri ed i suoi resti rimasero sparpagliati sino a tarda notte. Quanto alla 2 a brigata corazzata, al momento dell'irruzione da sud della 15a Panzer essa si trovava, come sappiamo, a ridosso di Hagiag er-Raml. Le fu ordinato di accorrere per fronteggiare l'ala destra tedesca alle 19,10, ma la rapida caduta della sera indusse a riunirla a nord di Knightsbridge. Sul campo di battaglia, da Bir el-Aslagh al campo minato, erano rimasti i resti della 10 3 brigata india-
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na con le artiglierie ed il reggimento esplorante della 22 a brigata corazzata. Attorno a queste truppe c'era l'anello formato dalle due Panzerdivisionen e dall'Ariete. Non rimaneva agli inglesi che tentare un'azione di forza ed il 6 giugno Messervy cercò di salvare il salvabile con le tre brigate corazzate riunite nelle sue mani. L'intento era di dirigere la 2a B.cor. a nord di Knightsbridge per attaccare Bir el-Aslagh con l'appoggio delle artiglierie delle Guardie, mentre la 4a B.cor. si sarebbe portata sulla sua sinistra guardandole il fianco. La 22a «che aveva avuto ventiquattr'ore molto pesanti>> era in riserva. Come lo stesso Messervy ebbe a scrivere nel suo rapporto: « Tutto è andato storto quel giomo» 95• La 4 3 B.cor. stava ancora presso Commonwealth Keep a riprendersi dalla batosta subita il giorno 2. Chiamata al fuoco, essa arrivò nel tardo pomeriggio, a partita chiusa. La 2 a B.cor. si era diretta in mattinata, sembra per errore97, verso Bir Bellefaa per eliminare il caposaldo prontamente realizzato dal gruppo Wolz. Quando gli fu detto di invertire direzione di attacco, il gen. Briggs, comandante della brigata, sollevò fiere proteste, ma dovette eseguire l'ordine e recarsi - da solo - a fermare la 21 a Panzer, cosa che gli riuscì per modo di dire, in quanto è difficile individuare chi abbia arrestato l'altro. La 22 a B.cor. era così depressa ed esausta che, dopo qualche ordine e contrordine circa il suo impiego, fu mandata a nord-est di Knightsbridge. Nel frattempo le truppe rimaste nella sacca vennero liquidate dalla 21 a Panzer e dall'Ariete. Da parte dell'Asse furono segnalati 3.100 prigionieri e distrutti o catturati 115 mezzi corazzati, 96 pezzi d'artiglieria e 37 cannoni controcarri. In termini di situazione organico-tattica, la 10a B.f. indiana era praticamente distrutta, due battaglioni (su tre) della 9a indiana avevano subito gravi perdite, la 29 3 B.f. indiana aveva perduto un battaglione e tutti i pezzi controcarri, le tre brigate corazzate dai 300 carri medi disponibili la sera del 4 giugno erano scese ai 132 del mattino del 7 giugno, la 32a B.carri aveva perso 50 Matilda e Valentine su 70. Diamo ancora la parola all'amarezza con la quale Messervy riepilogò la battaglia: «Così finirono una giornata disastrosa ed un tentativo di conquistare il Calderone, in cui ogni cosa era andata di traverso. È mia impressione che l'operazione abbia avuto luogo con alcuni giorni di ritardo. Il nemico si era appena sistemato e le sue forze corazzate riordinate; esso era già pronto per riprendere l'avanzata, non giaceva ancora esausto a leccarsi le ferite»97•
A mezzanotte del 6 Ritchie segnalò al Cairo <pesanti combattimenti», aggiungendo che, pur non essendo in condizioni di fornire panico-
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lari, riteneva di poter affermare che «la posizione del nemico non è troppo facile». E, giacché c'era, espresse il parere che la giornata si fosse chiusa in suo favore! A mezzogiorno del 7 egli comunicò altre novità:
«Ieri è stato un giorno di duri combattimenti, nei quali noi abbiamo sofferto considerevolmente, ma sono convinto che le perdite dell'avversario non sono inferiori)/8 • Naturalmente, la lotta non era affatto conclusa e la stessa situazione risultava complicata da notizie erronee o confuse_ Knightsbridge, data dall'Ariete come occupata nel tardo pomeriggio del 6, si trovava invece ancora saldamente sotto controllo britannico; Bir el-Harmat, ritenuta in possesso della 15a Panzer, venne in serata constatata in mano riemica. Per Rommel le due località erano importanti perché in pratica gli consentivano un accettabile respiro per liquidare Bir Hacheim. Di conseguenza, il mattino del 7 giugno egli decise di far occupare Bir el-Harmat da un reparto della 15a Panzer, che alle 15 sarebbe stato sostituito da un battaglione dell'8° bersaglieri, e di far prendere posizione all'Ariete a sud-ovest del caposaldo di Knightsbridge «tenendosi però sempre in condizioni di muoversi verso sud al primo cenno)). La 21 a Panzer doveva conservare la linea di Hagiag es-Sidra e fronteggiare da ovest la zona di Knightsbridge, mentre la 15a Panzer restava a nord e sud di Bir el-Harmat, pronta anch'essa a dirigersi su Bir Hacheim. Il 7 giugno l'Ariete contò le perdite subite dal 26 maggio: 95 morti, 247 feriti e 210 dispersi fra il personale; 102 carri (di cui 30 recuperabili) sui 177 iniziali, 18 autoblindo (di cui 6 recuperabili) e 112 automezzi fra il materiale. Ed il logorio doveva necessariamente aumentare. Nei quattro giorni successivi la divisione si trovò sulle braccia il peso di un'assai forte pressione da parte della 7a D.cor. inglese. Il dispositivo divisionale poggiava su due perni di manovra: il V/8° bersaglieri nei pressi dell'incrocio Trigh Capuzzo-Trigh Hacheim, attorno al quale giostravano il 132° carristi e parte della 15a Panzer (il 115° fucilieri fu inviato in fretta a Bir Hacheim il giorno 8); il XII/8° bersaglieri a Bir el-Harmat, pressoché isolato. La sera dell'8 l'attacco riuscì ad incunearsi da sud fra il V /8° bersaglieri e la massa del 132° carristi, motivo per cui il battaglione dovette ripiegare ad ovest del Trigh Hacheim, aprendosi la strada fra gli elementi avversari. Il 10 mattina un rinnovato sforzo della 4a brigata corazzata cercò ancora di scardinare la linea. De Stefanis lo considerò il più potente di quei giorni sia per l'entità dell'appoggio di artiglieria sia per la determinazione con la quale venne sviluppato. Il fuoco dei cannoni controcarri e dei carri armati e lo sbarramento delle artiglierie divisionali fu tale da stroncare ogni velleità e ventotto tanks - sedici
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE
secondo Liddell Hart - rimasero in fiamme o distrutti davanti alle posizioni italiane. Le perdite dell'Ariete quel giorno ammontarono a 7 morti e 23 feriti e 24 carri colpiti, ma quasi tutti recuperabili in breve tempo. Nel riferire che il contegno dei reparti era stato «ammirevole sotto ogni aspetto», De Stefanis tenne a precisare: «Con le divisioni tedesche il contatto e la collaborazione sono continui ed immediati}>. In serata anche il resto della 15a Panzer si trasferì a Bir Hacheim.
LA CONQUISTA DI BIR HACHEIM
Quando la massa di manovra italo-tedesca ruotò verso nord, di fronte a Bir Hacheim non rimase alcuno. I primi nemici avvistati dai francesi non vennero dall'ampio spazio desertico attorno alle posizioni, bensì da nord, dall'angusto triangolo compreso fra le due grandi fasce minate. Erano pattuglie della Trieste, pervenuta ad aprirsi un varco in direzione di Bir Belafarit. Il secondo contatto, se così lo si può chiamare, ebbe luogo il 29: dapprima la guarnigione si mise in allarme, poi si accorse trattarsi di alcune centinaia di prigionieri della 3a brigata indiana abbandonati dalla massa di manovra99• Quindi la calma regnò nella zona, non disturbata dall'arrivo di qualche mezzo italiano o tedesco nell'erronea persuasione che la località fosse occupata dall'Asse. Il 30 si presentò, in visita, il gen. de Larminat, comandante della divisione France-Libre, convintissimo che Rommel fosse battuto; un convincimento comune ai capi britannici, visto che il 31 la 7a D.cor . dispose l'approntamento di una forte colonna per recarsi quanto prima a Segnali Nord. Si ignorano le disposizioni effettivamente diramate da Messervy nel quadro dell'operazione Limerick prevista per la notte sul 1° giugno, poi rimandata di ventiquattr'ore ed infine ripresa come Aberdeen. Sta di fatto che l'ordine di operazione n. 10 di Koenig, stilato il 31 maggio, partì da queste premesse: «l. Forze nemiche: ripiegano da Rotonda Segnali [ = Segnali Nord].
2. Forze amiche: la 7• brigata motorizzata è in movimento per raggiungere Rotonda Mteifel [ = Mteifel el-Chebir]. La 4a brigata corazzata deve superare alle 10 il campo minato a nord di Bir Hacheim. 3. Compito della 1• brigata: portare il massimo delle forze a Rotonda Segnali al più presto possibile (...)».
Il varco nei campi minati a nord di Bir Hacheim, ed a sud del Trigh el-Abd, doveva essere aperto da un distaccamento francese. In base a ciò un gruppo tattico costituito dal I battaglione del Pacifico e
LA BATT AGL!A DI AIN E!,CAZALA
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da unità minori lasciò Bir Hacheim alle 9 del 1° giugno, come primo scaglione. Non appena arrivati automezzi e rifornimenti, altri reparti lo avrebbero raggiunto a Segnali Nord. A dire il vero, durante la notte erano state colte notizie contraddittorie, comunque, dopo molte difficoltà di marcia e qualche incursione aerea, all'imbrunire la colonna si fermò ad el-Mteilim, una cresta rocciosa a circa 18 chilometri sud-est di Segnali Nord. Koenig era all'oscuro di quanto stava accadendo nel Calderone e delle esitazioni e discussioni fra i capi britannici. Sapeva solo che la 4 a brigata corazzata non si era presentata ai varchi aperti per consentirle il transito e che gli autocarri richiesti per spostare la brigata non si vedevano. Alle 16,55 firmò l'ordine di operazione n. 11, sempre nell'idea che le truppe dell'Asse fossero in ritirata, limitandosi a fare riserva di precisazione dell'inizio del movimento. Senonché un'ora dopo gli pervenne un allarmante messaggio da parte del Comando della 7a divisione corazzata: bisognava orientarsi a sospendere qualunque azione verso nord-ovest. Poi si susseguirono i contrordini sino all'annullamento della missione. Koenig lì per lì pensò di recarsi quella notte stessa da Messervy per orientarsi con esattezza e chiarire le proprie condizioni, ma quanto era «nell'aria» bastò a fargli capire che qualcosa non andava; cosicché si limitò ad inviare l'ufficiale inglese di collegamento. Fu fortunato, perché detto ufficiale cadde prigioniero dei tedeschi strada facendo. Verso le 5,30 del 2 giugno la Trieste e la 90a leggera, su due colonne si incamminarono verso sud, procedendo entro la V delimitata dalle grandi fasce minate. Ben presto la 90a leggera obliquò verso la propria sinistra, superò il Trigh Hacheim e si trovò nella fascia minata orientale. Questo provocò non soltanto il distacco fra le due divisioni, ma altresì uno sfasamento nei tempi di arrivo. La Trieste all'alba giunse a nord di Bir Hacheim; la 90a leggera, che dovette penare per aprirsi un passaggio in diagonale, si dispose molto più tardi ad oriente della posizione, inviando ad occidente un gruppo esplorante (il 3° gruppo esplorante era stato mandato a sorvegliare la zona di Segnali Nord ed il 33° a guardare l'intervallo fra il X ed il XXI corpo). Il lato sud era sostanzialmente sguarnito e lo rimarrà quasi sino alla fine. Alle 10,30 due ufficiali, inviati da Azzi, si presentarono agli avamposti. Condotti dal comandante, chiesero la resa a nome di Rommel. Koenig rifiutò cortesemente, ma nettamente100, poi richiamò con urgenza la colonna mandata ad el-Mteilim ed avvisò la 7a divisione corazzata di essere circondato. Non restava che il ricorso alla soluzione di forza. Alle 13 circa lo
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schieramento della Trieste era completo, ma a causa delle condizioni atmosferiche Rommel rimandò l'attacco prima alle 17, poi alle 18. Allorché questo ebbe luogo, i dubbi risultati della breve preparazione di artiglieria, conseguenti alla scarsissima visibilità, e la pronta reazione di fuoco francese indussero a sospendere presto l'az ione. Dal 3 al 5 giugno il blocco si limitò sostanzialmente a «prendere le misure» del caposaldo e ad ammorbidire la resistenza con il fuoco. Gli assediati erano assai ben protetti dagli accurati lavori di fortificazione campale (tanto che a tutto il 9 giugno su 3.600 difensori si contarono solo 86 morti ed un centinaio di feriti) ed all'esterno potevano contare sull'azione, non massiccia ma persistente, della 7a brigata motorizzata inglese, arrivata alle spalle della 90a leggera, e di un paio di colonne volanti attivissime contro le autocolonne di rifornimenti dell'Asse. D'altronde Rommel, resosi conto che la conquista di Bir Hacheim non era affare semplice come inizialmente creduto, aveva deciso di evitare il logorio delle due divisioni e di maturare la dissoluzione della resistenza francese con l'impiego massiccio dell'aviazione e dell'artiglieria di corpo d'armata, ivi concentrata. Perciò ordinò che l'accer-· chiamento si ponesse nelle condizioni di guardarsi le spalle. La Trieste era schierata dal T righ Hacheim verso est, la 90 a leggera era a cavallo della pista per Bir el-Gobi, ad ovest si trovavano adesso tutti i tre gruppi esploranti. Il primo vero attacco fu lanciato il 6 giugno verso le 11 da due battaglioni della 90a leggera sul tratto meridionale del perimetro, più o meno in corrispondenza del limite di settore fra il I battaglione del Pacifico (che, rientrato dal viaggio a vuoto verso Segnali Nord, aveva rioccupato le proprie posizioni) ed il II battaglione della Legione Straniera. Arrestato dopo circa due ore di lotta, riprese nel pomeriggio con il sostegno di carri, ma senza risultati concreti. Occorre dire anche che la tenace resistenza francese era vista da Ritchie con qualche dubbio: dopo l'infelice risultato dell'operazione Aberdeen egli era indeciso se continuare o non a tenere Bir Hacheim, dato che ormai le divisioni corazzate italo-tedesche avevano un sicuro e breve itinerario di rifornimento e sgombero alle proprie spalle. Oltre tutto appariva difficile alimentare la guarnigione assediata. Fu Auchinleck che lo consigliò di conservare ancora quel puntello sperduto nel deserto. Il 7 giugno venne predisposta una nuova azione concentrica da parte dell'Asse, con l'impegno totale dei reparti del Fliegerfuhrer, adesso disponibili. Senonché nacquero difficoltà. Le frequenti incursioni della Luftwaffe costavano molto in termini di apparecchi abbattuti senza contropartita e ciò indusse Kesselring ad intervenire con Rommel
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quel mattino, lamentando lo scarso coordinamento degli sforzi e prospettando la convenienza di risolvere la questione con un poderoso attacco con i carri. Rommel non aveva alcuna intenzione di lanciare i Panzer sui campi minati, perciò «tenemmo a bada con belle parole il
maresciallo Kesselring, che non era probabilmente in grado di rendersi conto delle difficoltà» 101• Ad ogni modo l'inizio del tentativo, dapprima previsto per le 9, venne spostato alle 16, poi l'operazione fu rimandata al giorno successivo, al fine di impiegare a nord due complessi di forze costituiti dal Kampfsta/fel di Rommel e dalla 15a Panzer. In definitiva ci si limitò ad una prosecuzione degli assalti parziali. Il mattino dell'8 Rommel in persona assistette all 'attacco. L'urto doveva èssere sferrato nella direzione nord-sud dai due complessi tedeschi e dal 65° fanteria della Trieste agli ordini del col. Hecker, con l'appoggio di tutta l'artiglieria schierata in zona, comprese due batterie tedesche da 210. Il 66° fanteria aveva il compito di sistemarsi a difesa sulle posizioni raggiunte, fronte ad ovest, per impedire ai francesi di sfuggire da quella parte. L'XI battaglione carri e l'Vlll battaglione bersaglieri autoblindo dovevano fornire sicurezza sul tergo del dispositivo contro provenienze da oriente. A sud, sempre con compito di fissaggio, rimaneva il gruppo Menton (costituito dal 288° f.) ed il grosso della 90a leggera (schizzo n. 35). La Trieste cominciava a risentire di un certo logorio. Alla data del 7 giugno essa aveva perduto 451 uomini (83 morti, 340 feriti e 128 dispersi), 23 carri armati, 24 autoblindo, 51 automezzi ed un paio di pezi. La 90a leggera era ancor più provata. L'inizio non fu molto brillante a causa dell'intensissimo fuoco di sbarramento della difesa. Koenig riferì alla 7a divisione corazzata che le sue truppe erano sottoposte a dura prova e stavano passando ai viveri di riserva. Chiese un sostanzioso appoggio dal cielo e la rottura dell'assedio. Per il momento fu accontentato con l'aviazione. Verso mezzo· giorno i piccoli progressi realizzati dagli attaccanti risultarono bloccati. Alle 15,30 Rommel si recò da Azzi e modificò l'indirizzo iniziale: il 65° fanteria doveva passare alla formazione in colonna, con il II battaglione in primo ed il I in secondo scaglione, per acquistare maggior forza di penetrazione, ed il 66° fanteria lasciare le posizioni e partecipare all'azione puntando in direzione del fortino di Bir Hacheim. Hecker, dal canto suo, doveva esercitare il nuovo sforzo a cavallo del Trigh Hacheim. L'attacco avrà termine, disse Rommel, o per resa del nemico o per il sopraggiungere della notte. In quest'ultimo caso occorreva sistemarsi a doppia fronte a nord ed a sud, interrarsi e trovarsi pronti a proseguire il tentativo il mattino seguente con le stesse modalità.
BIRHACHEIM (8 giugno)
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Alle 17 il combattimento dunque riprese, dopo una nuova incursione di Stuka, è ben presto la lotta divenne accanita. Tre comandanti di compagnia fucilieri del 65° fanteria, su sei, caddero in breve tempo, ma alla fine il perimetro difensivo, nel tratto nord-occidentale del settore affidato al II battaglione di marcia, venne inciso. Era la prima seria penetrazione, anche se non poté godere di un seguito immediato, stanti la stanchezza della fanteria e l'apparizione della Western Desert Air Force. Per le prime luci del 9 giugno era in programma un ennesimo bombardamento ad opera degli Stuka. Per carenza di visibilità gli aerei non poterono intervenire e mentre l'artiglieria batteva le postazioni francesi, il col. Hecker venne ferito. Recatosi da Rommel sembra lo abbia visto incerto sul proseguimento dell'assedio, data la modestia dei progressi, al che gli avrebbe chiesto un rinforzo di truppe meccanizzate promettendo lo sfondamento del lato nord del caposaldo. Rommel si consultò con Bayerlein, poi ordinò l'intervento del col. Baade, comandante del 115° reggimento fucilieri, appena giunto, con almeno un battaglione. Nel frattempo arrivarono gli Stuka che nuovamente subissarono Bir Hacheim di bombe. Alla ripresa dell'attacco, nel pomeriggio, partecipò l'intero 115° fucilieri. Il combattimento fu aspro e si protrasse sino alle 17 concludendosi con l'occupazione da parte tedesca di q. 186, una posizione del settore nord-ovest di particolare significato ai fini della conquista dell'intera struttura. Ormai la guarnigione era alle corde. Ritchie lo comprese e, considerata la scarsa incisività delle colonne mobili, fece dire a Koenig che, non essendo più indispensabile il possesso di Bir Hacheim, si poteva pensare ad una evacuazione quanto più rapida possibile. Era veramente ora, perché il giorno seguente rinnovati tentativi cominciarono ad ottenere successi locali nonostante il coraggioso accanimento dei difensori, gli interventi dall'aviazione inglese e l'azione della colonna Primerose, della 4a brigata corazzata, sul tergo della 90a leggera. Al cadere della notte la situazione era più che critica e nella notte sull'11 giugno i francesi si aprirono il passo a viva forza attraverso le file del gruppo Briel, diretti a sud. Più tardi Rommel venne a sapere, con immaginabile contrarietà, che proprio nel tratto ove aveva avuto luogo lo sfondamento la cintura d'assedio non era completa, nonostante gli ordini impartiti. Peraltro, occorre precisare che, per esplicita ammissione di Koenig, per quanto il piano di sortita fosse stato accuratamente predisposto l'esecuzione fu ben lungi dall'essere adeguata. Bastò la scomparsa di alcuni comandanti per creare uno sban-
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<lamento e gettare il disordine nei reparti. Questo provocò un naturale frazionamento delle unità e l'infiltrazione per piccoli gruppi: proprio la tattica migliore per uscire da quel ginepraio 102 • Verso le 7 i circa 2.600 scampati presero contatto con una colonna inglese che li attendeva a sud-ovest di Bir Hacheim. A mezzogiorno erano alla frontiera. Secondo fonte francese, le perdite di Koenig ammontarono a 1.304 uomini: 129 morti, 190 feriti evacuati e 984 dispersi. Rommel annunciò la cattura di 500 prigionieri e di molto materiale bellico.
L'ATTMTA' DIVERSIVA E DI DISTURBO INGLESE
Sino al 7 giugno l'attenzione di Rommel fu concentrata, com'è naturale, sul Calderone, poi si spostò verso Bir Hacheim. Ma da parte britannica si era cercato di procurare altrove preoccupazioni all'avversario e precisamente di portare l'offesa nelle sue retrovie. La possibilità esisteva perché lo sviluppo della manovra aveva messo in evidenza la vulnerabilità dei due corpi italiani di fanteria e dell'intero flusso dei rifornimenti. Lo schieramento del XXI e del X corpo era venuto in certo modo ad adattarsi alla sistemazione difensiva britannica, a ridosso dei campi minati. Il primo era disteso su una ventina di chilometri - dal mare sino a poco più a sud di Alam Haifa - a caposaldi di battaglione, a tergo dei quali si trovava lo schieramento delle artiglierie. Il secondo si era arrestato a nord e ad est di Mteifel el-Chebir. Fra i due corpi d'armata si era creato un intervallo di oltre sette chilometri, inizialmente e solo fino al 2 giugno controllato dal 33° gruppo esplorante della 21 a Panzer, inviato quel giorno ad ovest di Bir Hacheim. Mentre Navarini non aveva grosse preoccupazioni di carattere difensivo, Gioda era stato costretto a formare tre fronti: verso nord per bloccare penetrazioni dalla vasta terra di nessuno esistente fra la Trento, ala destra del XXI corpo, e la Brescia; verso est contro elementi della 150a brigata inglese (finché ebbe vita); verso sud ed ovest contro colonne mobili della 7a brigata motorizzata. L'assegnazione al X corpo del gruppo Hecker 103, non più ipotecato per lo sbarco ad oriente di Ain el-Gazala, ne consentì dapprima l'inserimento fra il Trigh Capuzzo ed il Trigh el-Abd, a saldatura delle divisioni Brescia e Pavia, poi fu spostato a destra della Pavia per cercare di allacciarsi alla Trieste, indaffarata a superare la fascia minata in direzione di Bir Belafarit. Sino al giorno 4 gli impegni operativi si limitarono ad attività di
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pattuglie e di artiglieria da ambo le parti. Il 5 mattina, nel settore del XXI corpo, si verificò di buon'ora un attacco ben preparato e meglio sostenuto contro il II e III/61 ° fanteria della Trento. Fu ass.1i presto chiaro trattarsi di un'azione isolata svolta da un gruppo tattico del Royal Nata! Carbineers della 1a brigata sudafricana, ma, per isolata che fosse, ottenne un notevole e probabilmente insperato successo. Dopo un paio di ore di combattimento, infatti, i Carbineers si ritirarono sotto la protezione di cortine di nebbia, portando seco una cinquantina di prigionieri. Questa incursione ebbe una certa influenza sui piani di Ritchie, perché lo indusse a riconsiderare con nuovo favore la possibilità di un attacco lanciato dalla sinistra della 1 a divisione sudafricana verso Teinrad, in concomitanza con un serio sforzo da sud sulle comunicazioni dell'Asse. Il 6 giugno, dunque, Ritchie partecipò ad Auchinleck la propria idea di una spinta in direzione ovest proprio quella notte «con lo scopo di colpire a tergo delle posizioni nemiche sul fronte di Gazala-Alarn Hamza e proseguire in profondità». Tanto entusiasmo appare strano. Prima
di tutto l'incursione sudafricana non era andata oltre la linea dei capisaldi e, tutto sommato, il suo felice esito era stato contenuto; in secondo luogo ben maggiore efficacia avrebbe mostrato una penetrazione verso sud-ovest mirante al Trigh Capuzzo, alle spalle del X corpo (schizzo n. 36). Ad ogni modo, il gen. Gott dispose che la 1a divisione sudafricana attaccasse «la concentrazione nemica nell'area fra Temrad e la costa. Sarà impiegata sino ad un 'intera brigata e la formazione resterà fuori dalle linee e continuerà a molestare [le retrovie avversarie] (..). L'operazione avrà luogo questa notte, come azione notturna. In zona 10 Temrad possono trovarsi alcuni carri nemici ( ..)» 4, poi andò dal gen.
Pienaar e discusse con lui dell'argomento. Pienaar aveva suscitato qualche perplessità e critica come comandante di brigata, durante la prima fase dell'operazione Crusader, per l'estrema cautela che aveva caratterizzato le sue mosse. Comunque, il disegno offriva più di un motivo di dubbio. Il XXI corpo italiano la cui forza complessiva era stimata sui 12.000 uomini - era in posto da una settimana, si era sistemato a difesa con capisaldi e campi minati e la sua artiglieria era temibile, come i Carbineers avevano avuto modo di provare. Perciò non soltanto una vera e propria azione complessa non poteva essere organizzata in poche ore, ma neanche una grossa incursione. L'inviare una brigata di notte, senza ricognizioni preventive, senza precisi accordi con l'artiglieria e l'aviazione, con la certezza di imbattersi nei campi minati, in sostanza si presentava come un'avventura. Inoltre, ammess.o e non del tutto concesso di poter sboccare
IL FRONTE DI AIN EL-GAZALA (7 giugno)
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Schizzo n. 36
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al di là delle difese statiche, c'era da chiedersi come avrebbe fatto la brigata in questione a non lasciarsi sopraffare, isolata com'era, ed a rientrare. Pienaar convocò i principali sottordini, quindi si recò a sua volta da Gott. Si ignora il senso del colloquio, tuttavia il piano finale si basò su un attacco sferrato da ognuna delle brigate: la 3a brigata alle 4,45 del 7 giugno, la 2 a alle 5 e la 1a alle 5,30. Lo scopo era di portarsi su un allineamento dai tre ai sette chilometri avanti alle attuali posizioni, su tutto il fronte. In un secondo tempo, un gruppo tattico costituito da due compagnie rinforzate, una diecina di autoblindo ed una batteria da cam?.ag~a, ~arebbe p~ssato oltre per compiere incursioni contro le comumcaz1om avversarie. Come si vede, da una sola azione divisionale si era passati a tre sforzi distinti nello spazio e sfasati nel tempo. Ma c'è di più: ogni sforzo di brigata venne demoltiplicato in tre di battaglione, condotti ciascuno da una compagnia. In altre parole, su venti chilometri di deserto nove compagnie isolate dovevano sferrare il loro ... colpo di spillo. Nessuno stupore per il deludente rovescio in cui incappò l'operazione. Contro pochi prigionieri catturati, la 1a divisione sudafricana perse 280 uomini e «l'intero affare concluse ben poco - si legge nella relazione sudafricana - se si eccettua un provvidenziale incoraggiamento per la fanteria italiana» 105 • In realtà, questa somma di piccoli sforzi non risulta abbia molto impressionato il XXI corpo, che le attribuì un significato diversivo, inteso a fermare le riserve ed alleggerire la pressione da altra parte. I settori più impegnati furono quelli della 15a brigata Schutzen, dove la penetrazione in un caposaldo del 361 ° fucilieri fu ricacciata all'arma bianca, e della Sabratha, in un caposaldo del 7° bersaglieri. Sembra che in privato Gott si sia espresso con amarezza nei confronti di Pienaar, accusandolo di tiepidezza. A mezzogiorno del 7 Ritchie riferì al Cairo: «La notte scorsa il 13° corpo ha tentato di ottenere risultati parziali sul suo fronte. Dalla costa a Temrad [i tentativi] sono stati tutti
sfortunati» ic~. Nel settore del X corpo, la conquista del caposaldo di Got el-Ualeb aveva fatto cadere la necessità di guardarsi da oriente, tuttavia l'accresciuta minaccia sui fianchi e sul tergo impose la costituzione di un vero e proprio fronte sud, anche se di limitata estensione, affidato alla Pavia ed il rafforzamento di quello nord, tenuto dalla Brescia. Questa passò, così, dai tre battaglioni ivi dislocati a sette battaglioni. Ma il problema di fondo, che occorreva affrontare, era rappresentato dalla persistente e pericolosissima soluzione di continuità esistente fra i due corpi d'armata. Si pervenne ad eliminarla, beninteso, ma ciò poté esse-
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re ottenuto purtroppo a tempi successivi, a mano a mano che sempre meglio andava delineandosi il pericolo incombente sul canale di alimentazione. In definitiva, per un certo periodo il nemico ebbe larga possibilità di agire con disinvoltura e tranquillità in una terra di nessuno sufficientemente comoda per le incursioni e due azioni ottennero un risultato particolarmente felice: il 5 giugno contro il III/20° fanteria e tre giorni dopo contro il I/27° fanteria. Il primo increscioso episodio ebbe luogo quando la Brescia ricevette ordine di prolungare la propria fronte settentrionale verso ovest con i battaglioni già di guardia ai varchi nelle fasce minate e resi disponibili dalla presa in consegna dei varchi stessi dai pionieri tedeschi. Il III/20° giunse in posto, all'estrema sinistra, nelle prime ore del mattino del 5 e si affrettò a sistemarsi a caposaldo. Alle 8 circa un complesso tattico meccanizzato fece improvvisamente irruzione sul tergo del battaglione ed in un breve ma serrato scontro gli inflisse serie perdite: 270 uomini fra morti, feriti e prigionieri e quasi tutte le armi di reparto. Nella ricerca sempre più assillante di risolvere il problema dell'intervallo fra Trento e Brescia, Giada decise di assegnare alla Brescia (che già disponeva del 19° e del 20° fanteria e del 9° bersaglieri) anche il 27° fanteria della Pavia. Quest'ultimo reggimento doveva essere collocato a nord-ovest del 9° bersaglieri, sulla sinistra, sì da raggiungere il contatto con il IV battaglione granatieri controcarri che la Trento avrebbe spinto verso sud, appena ricevutolo. Senonché i granatieri non furono disponibili immediatamente (era occorso chiedere il nulla osta al Comando Superiore) ed il giorno 8 ancora una volta il battaglione d'ala, cioè il I/27° fanteria, in due ore venne investito e devastato. Il complesso attaccante comprendeva un'aliquota di Valentine dell'8° Royal Tanks, il gruppo sudafricano Glycol, un reparto del 3° battaglione esplorante ed uno del 6° reggimento autoblindo sudafricani, nonché un plotone dell'8° Durham Light Jnfantry su Bren·carriers. Le perdite italiane furono pesanti: circa 380 uomini, quasi tutti prigionieri. Il 9 giugno, però, il vuoto fra il X ed il XXI corpo era chiuso ed il primo risultato utile lo si vide allorché il II/ 19° fanteria, portato nell'intervallo, poté respingere agevolmente un'altra puntata di ele. . . menu meccamzzau.
4. LA CRISI DELL's• ARMATA BRITANNICA
L'eliminazione della 1a brigata France-Libre chiuse la seconda fase ed immediatamente Rommel dette il via alla fase successiva. Non che
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la decisione fosse presa sui due piedi. Sin dal 3 giugno, visti affluire i rifornimenti al DAK ed al XX corpo con crescente regolarità, il Comando dell'armata corazzata aveva studiato gli ulteriori sviluppi dell'operazione, a Bir Hacheim liquidata. In linea generale, il disegno si riassumeva in quattro punti: costituire una massa d'attacco con le tre divisioni tedesche e le artiglierie d'armata (anch'esse tedesche); formare un fianco difensivo ad oriente, fra il Trigh Capuzzo e Bir el-Harmat, con il XX corpo; muovere con la massa d'urto in direzione di Eluet et-Tamar e battere le forze corazzate inglesi ivi dislocate (4a brigata corazzata, 38° e 42° Royal Tanks); raggiunto Eluet et-Tamar, volgersi ad ovest con il DAK per attaccare il tergo delle difese di Ain el-Gazala, affidando alla 90a leggera la protezione contro offese da est. Il ruolo del X e del XXI corpo doveva limitarsi alla controbatteria e ad azioni dimostrative. Per evitare un inutile logorio, essi sarebbero passati al1' offensiva soltanto in presenza di sintomi di cedimento dell'avversano. Il 7 giugno, poi, il col. Mancinelli comunicò al Comando Superiore le intenzioni di Rommel. Questi giudicava con assoluta tranquillità la situazione: le perdite subite, certamente assai gravi, non consentivano al nemico di assumere una qualsiasi pericolosa iniziativa; la condotta dell'azione da parte dell'8a armata era tale da far prevedere che ancora si sarebbe presentata l'occasione di battere l'avversario per frazioni; le perdite italo-tedesche risultavano limitate e le truppe dell'Asse conservavano un'elevata efficienza nonostante la naturale stanchezza di tredici giorni di battaglia. Perciò alla conquista di Bir Hacheim avrebbe fatto seguito un intervento radicale contro le unità corazzate britanniche (direzione est) oppure contro il tergo delle posizioni di Ain el-Gazala (direzione nord). La decisione sarebbe stata presa al momento opportuno. Gli ordini impartiti da Rommel nel primo pomeriggio dell'11 giugno furono dunque la naturale conseguenza di uno studio già da una settimana in elaborazione. Secondo il servizio informazioni tedesco l'8a armata stava orientandosi verso un nuovo schieramento. Fermo restando il fronte Ain el Gazala-Alam Hamza, pareva in corso di realizzazione una linea difensiva a nord del Trigh Capuzzo, da Alam Hamza ad Acroma, passante da Eluet et-Tamar. A sud, isolato, stava il presidio di Bir el-Gobi. Ne scaturiva l'ipotesi di un ripiegamento del 13° corpo di Gott su Tobruk e la successiva costituzione di una barriera appoggiata ai perni di Tobruk e di Bir el-Gobi. Da ciò la determinazione di Rommel di impedire
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ii' rinnovarsi della lotta più ad oriente e, quindi, la ritirata del 13° corpo. Posto che Bir Hacheim conservava tuttora la sua importanza nei confronti di qualunque movimento nemico a largo raggio verso le retrovie, venne affidata ad un presidio dotato di reparti per la difesa statica (I/28° fanteria della Pavia, una batteria da 88, una compagnia genio tedesca) ed elementi per la sorveglianza attiva della zona (il gruppo d'assalto del Comando armata ed il 580° gruppo esplorante). Tutte le altre forze già impegnate nel settore ricevettero ordine di muovere verso nord-est, sì da disporsi ad oriente dell'Ariete, grosso modo a metà distanza fra il Trigh Capuzzo ed il Trigh el-Abd, nell'ordine: la Trieste, la 15a Panzer, il 33° gruppo esplorante, la 90a leggera ed il 3° gruppo esplorante. La destra, però, doveva avanzare sino a raggiungere il bivio di el-Adem. Dislocazione immutata per la 21 a Panzer (da Sidi Muftah a Sghifet es-Sidra) e per l'Ariete (fra Bir et-Tamar e Bir el-Harmat). Intanto a Roma lo svolgersi della battaglia era seguito nelle grandi linee, attraverso comunicazioni forzatamente incomplete o inesatte fornite dal Comando Superiore. Ne derivava una certa impazienza che si accompagnava alternatamente ad un senso di timore che le cose precipitassero improvvisamente o, per converso, alla speranza di una luminosa vittoria. In questo stato d'animo - e previa approvazione di Mussolini - Cavallero aveva inviato un piuttosto strano dispaccio a Bastico. Premesso un apprezzamento della situazione formulato sulla base delle informazioni ricevute, apprezzamento complessivamente aderente alla realtà, venivano così delineate le possibilità operative: «a. attaccare le masse mobili avversarie; ma queste indubbiamente si sottrarrebbero attirandoci lontano e ponendoci in difficoltà logistiche gravi; b. liquidare la difesa di Ain el-Gazala con azioni sul fianco e sul tergo, impegnandovi una parte dei mezzi corazzati, mentre gli altri fanno fronte verso le forze mobili del nemico; conseguito il successo potrebbe anche crearsi una situazione più favorevole per agire sulle masse mobili avversarie; ma ciò non può essere determinato a priori».
E sin qui nulla da rilevare. Cade invece decisamente nell'ovvio, e quindi nell'inutile, la continuazione del messaggio: «Ciò posto, decisione circa ulteriore condotta della battaglia est lasciata a codesto Supercomando che, stando sul posto, ha maggiori elementi per valutare d'accordo con Rommel situazione et possibilità nostre et nemiche. Pregasi comunicare apprezzamento et intendimenti di codesto Supercomando» 107 •
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Molto più semplice - e da Comando Supremo - sarebbe stato limitarsi all'ultima frase. Ma il curioso sta in un telegramma inviato il giorno seguente: «Mentre sono in attesa vostra risposta mio 31045 di ieri, mi richiamo ac vosto 1/30 Serv. e at mio .31051 per precisarvi che in nessun caso azione in corso deve trasformarsi azione logoramento. Tenete ben presente quanto sopra nel precisare vostri intendimenti» '°8•
Proprio quel mattino Bastico e Barbasetti erano andati a Derna, dove avevano appuntamento con Kesselring per proseguire su tre Ci· cagne in direzione di Tmimi, sede del Comando tattico di Rommel. Senonché, poco dopo la partenza da Derna, gli apparecchi di Kesselring e di Barbasetti vennero colpiti dalla caccia britannica. Il primo fu costretto ad un atterraggio di fortuna, il secondo, con le ali danneggiate, rientrò alla base insieme con Bastico. Inviato un altro aereo a rilevare Kesselring, questi giunse verso le 18, preceduto di poco da Rommel messo al corrente del contrattempo. Rommel ascoltò la lettura del telegramma di Cavallero del 2 giugno - ricordò Bastico - e per tutta risposta, prima di alzarsi, rispose secco: «D'accordo, comunicate pure al Comando italiano che mi atterrò alle sue disposizioni,}, Per tutto il colloquio, Kesselring si era limitato alla parte di muta comparsa, data la tensione esistente fra lui e Rommel 109 • In sostanza, Bastico poté confermare al Comando Supremo il proposito di ridurre le perdite al minimo, sia a Bir Hacheim sia dopo, ed illustrare sommariamente il prevedibile prosieguo delle operazioni. Il 4 partÌ da Roma un altro telegramma, questa volta euforico e molto determinato: ·«896/P/G. data 4.6.1942. Per Ecc. Bastico. Duce mi ordina comunicarvi quanto segue: Notizie da Londra denunziano che soldati inglesi danno segni di spossatezza. Est il momento di picchiare sodo. Cavallero».
Forse è da mettere in relazione a tale energica sollecitazione un inutile gesto inteso a mostrare a Mussolini che tutto andava per il meglio. Il mattino del 6 giugno, Cavallero, ammalato, ricevette nella propria abitazione il gen. Fassi del Comando Supremo, che gli riferì su vari argomenti, fra cui la situazione in Libia. Sentito il telegramma di Bastico, Cavallero telefonò al gen. Magli, addetto al Comando Supremo (e, in pratica, sottocapo di S.M.G.), incaricandolo di illustrarlo al Duce a rapporto e di sottolineare che «situazione Logistica nostra appare padroneggiata da Superlibia e da Rommel» 110, il che era notevol-
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mente lontano dalla verità. Mussolini approvò le «direttive» conseguenti, che confermavano gli orientamenti di Rommel. Volle aggiungere di suo pugno, in un ultimo paragrafo, il compiacimento del Comando Supremo «di constatare l'identità di valutazione e di intendimenti» col Comando Superiore m. Senonché il 7 giugno Kesselring si recò da Bastico. Era reduce da un colloquio con Rommel, a proposito della lotta per Bir Hacheim, e ne parlò a lungo. Si era convinto della opportunità di chiedere quattro giorni di proroga al limite fissato dal Comando Supremo per il termine dell'offensiva. Ciò allo scopo di conseguire maggiori risultati, che, secondo Rommel, sarebbero anche potuti culminare nella conquista di Tobruk. La richiesta era spiegata dall'intento di evitare dispendiosi atti di forza e dalla possibilità concreta di ottenere la resa della piazza ad immediato seguito del collasso dell'8a armata. «L'ho trovato molto ottimista - concluse Kesselring - e credo che in questo caso gli si possa dare ragione. Dato il suo carattere ombroso, bisogna lasciarlo fare. Tentare di dargli consigli è pericoloso; potrebbe fare un'impennata come un cavallo bizzoso ed allora chi ne risentirebbe sarebbe la battaglia, che noi invece dobbiamo vincere a tutti i costi e nei limiti di tempo già fissati».
Bastico replicò che a suo parere l'operazione doveva svolgersi in tre tempi ben distinti: prima eliminare Bir Hacheim, poi investire Ain el-Gazala ed infine, se tutto fosse andato bene, si poteva pensare a T obruk. «Faremo così - rispose Kesselring - : domani andrò a Roma e ne parlerò con il Duce e Cavallero». Date le circostanze, se non lo scetticismo, almeno una buona dose di cautela sembrava giustificata e, nel riferire tutto questo al Comando Supremo, Bastico scrisse: «(...) Previsioni Rommel non possono escludersi a priori ma rispondono certamente a condizioni particolarmente favorevoli che però oggi non appaiono fondate. A vendo maresciallo Kesselring chiesto mio parere e autorizzazione a perorare presso Comando Supremo predetta richiesta, ho innanzi tutto riconfermato che occorre dapprima eliminare Bir Hacheim accelerandone quanto possibile caduta et tendere successivamente rovesci Ain el-Gazala, anche per sbloccare via Balbia et diminuire difficoltà attuale rifornimenti, disturbati anche da infiltrazioni nemiche. Su questa necessità ho particolarmente insistito anche perché sembra che Rommel non abbia la sensazione esatta dello sforzo logistico totale, che egli sostiene soltanto per un quarto aut un terzo dell'intera faccenda. Ritengo che possibilità raggiungimento ulteriori obiettivi non possa oggi determinarsi, ma sia subordinata alla situazione che si creerà dopo sbloccamento Ain el-Gazala, tenuta presente la forza residuale delle masse corazzate e l'even-
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male rinforzo del presidio di Tobruk anche con truppe che risultano in affluenza del Delta. In ogni caso, potendosi anche verificare condizioni eccezionalmente favorevoli auspicate da Rommel, ho espresso parere favorevole al richiesto prolungamento» m.
Cavallero si allarmò. Intanto fece richiedere al Comando Superiore notizie sulle perdite, sul livello di efficienza delle unità corazzate il 2 giugno aveva autorizzato lo spostamento della D.cor. Littorio nella zona di Berta - e sull'autonomia logistica residua. Poi dettò un lungo promemoria per Mussolini: ricordò i limiti di spazio e di tempo posti dal Comando Supremo all'operazione, rappresentò la presenza del «pericolo più, volte segnalato che l'azione degenerasse in logoramento», indicò la necessità di «considerare l'ipotesi di un prolungamento sensibile della lotta forse anche per iniziativa più avversaria che nostra», rilevò che la battaglia in corso assorbiva molte forze aeree e detrimento della neutralizzazione di Malta, della navigazione nel Mediterraneo e delle incursioni della Royal Air Force nell'Italia meridionale. La conclusione però fu ambigua: «Ignoro che cosa esattamente vorrà chiedere il Maresciallo Kesselring. Ma per quanto concerne il Comando Supremo, che ha nella Vostra persona, DUCE, la somma responsabilità di quella situazione, è mio subordinat0 avviso che, tenute presenti le esposte premesse e soprattutto il già avvenuto logoramento e l'avanzato consumo delle scorte mentre l'avversario fa avvicinare rinforzi, il limite di tempo che ci è imposto di non superare per il proseguimento dell'azione nella forma attuale sarà presto raggiunto( ...),, m.
Che cosa precisamente voleva dire? È assai difficile accettare una conclusione del genere che suggerisce ma evita di impegnarsi, per di più presentata ad un uomo politico, orecchiante in materia militare, ma che prendeva sul serio il grado di Primo maresciallo dell'Impero! Kesselring vide Cavallero il 10 giugno. Descrisse favorevolmente la situazione in Libia per le poche perdite dell'Asse (5% in uomini, 10% in materiali e 25% in carri armati) e per quelle fortissime degli inglesi. L'aviazione aveva perso il 20% degli apparecchi contro qualcosa di più della Royal Air Force. Quindi gli presentò il programma operativo: conquista di Bir Hacheim (che doveva aver luogo il 9); fra il 10 ed il 14 annientamento delle forze nemiche «nella conca di Gazala», previa costituzione di un fianco difensivo verso oriente; fra il 15 ed il 16 spostamento del fronte difensivo sino alla pista Acroma-costa ed avanzata del X e del XXI corpo; fra il 16 ed il 17 eliminazione delle forze corazzate britanniche nella zona di el-Adem e di Bir el-Gobi; fra il 18 ed il 25 attacco contro Tobruk e contemporaneamente puntata verso
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la ridotta Capuzzo e più ad oriente. (<Naturalmente questo programma impone di differire di tre settimane la presa di Malta» finì Kesselring. Cavallero non fu affatto persuaso dall'insistenza del suo interlocutore circa il momento favorevole e non lo nascose, trovando ottimistici i dati relativi alle perdite in confronto a quelli comunicati da Bastico 114 e, soprattutto, manifestando il timore che l'afflusso di nuove unità britanniche sul campo di battaglia (la 10a D.cor., la za D.f. francese, la 30a brigata indiana e la 1a D.f. dall'Iraq) provocasse il prolungamento della lotta in Libia e compromettesse l'operazione contro Malta. Ora si trattava di far cadere Bir Hacheim ed Ain el-Gazala, ma nel frattempo le forze dell'Asse stavano logorandosi ed i rifornimenti si esaurivano. Anche se le scorte, come assicurò Kesselring, erano sufficienti fino al 25 giugno, si sarebbe potuto parlare del proseguimento delle operazioni soltanto a cònquista avvenuta dei due obiettivi anzidetti, poiché lo sviluppo della manovra su Toibruk dipendeva dalla rapidità con cui essi sarebbero stati raggiunti, nonché dai successi riportati contro le forze mobili nemiche. Quindi discutere della questione sembrava prematuro. Kesselring obiettò esser necessario un programma e Cavallero replicò che occorreva anche tener presente l'ipotesi della mancata conquista dei due obiettivi iniziali ed il pericolo di lasciarsi trascinare in una lotta di logoramento, che evidentemente le forze dell'Asse non potevano permettersi di affrontare. In conclusione: senza perdere di vista Tobruk, era bene limitarsi per il momento a Bir Hacheim e ad Ain el-Gazala, rimandando la discussione a risultati acquisiti. Kesselring insistette, affermando la necessità di dar battaglia alle forze corazzate del1'8a armata. Se Ain el-Gazala non fosse caduta, l'armata italo-tedesca si sarebbe arrestata. Comunque, anche rinunciando a Tobruk, a suo avviso era ip.dispensabile bloccare in certo modo la piazza ed effettuare una puntata con forze leggere verso il confine per distruggere l'apparato logistico avversario. Cavallero concordò: «Un raid per distruggere le organizzazioni nemiche rientra nel quadro normale. L'essenziale è di stabilire che, se non si sarà in condizioni di prnseguire su Tobruk occorre prevedere lo stabilimento di una solida fronte verso est.»
(...),
ed affermò che: «(...) bisogna giungere a tale solido schieramento prima che le unità operami abbiano esaurito le proprie capacità operative. Che, in conclusione, a se-
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conda della rìuscira delle operazìoni di Bir Hacheim e di Ain el-Gazala, si vedrà se si potrà prendere Tobruk, conquista che non possiamo dare oggi per sicura» 115
Kesselring annuì e pregò avvertire gli interessati che l'operazione C 3 era procrastinata di tre settimane. In sostanza, Cavallero era d'accordo anch'egli sulle linee generali, ma non intendeva assolutamente farsi prendere la mano da Rommel. Per questo era poco propenso a concedere la proroga; per questo voleva far sentire la propria voce prima di muovere verso la piazza. Evidentemente non credeva ad un successo, se non a caro prezzo. Mussolini invece ebbe fiducia e Cavallero dovette consentire. In cambio relegò Tobruk al livello di obiettivo eventuale, molto eventuale. Le direttive trasmesse a Bastico lo stesso giorno 10 precisarono bene questo intendimento e si conclusero con un generico, quasi incidentale, cenno che Kesselring avrebbe fatto circa il protrarsi dell'operazione, quando, invece, si trattava dello scopo principale della visita del feldmaresciallo tedesco e la conquista di Tobruk era il motivo della richiesta116 • Il 9 giugno, mentre Rommel era ancora impegnato con Bir Hacheim, Ritchie aveva ricevuto la risposta di Auchinleck alla sua lettera del 4, una risposta dalla quale traspariva a chiare note l'insoddisfazione di fondo del comandante in capo: «(...) Non concordo, comunque, con la conclusione che il sistema migliore da seguire sia quello [da voi] indicato nella lettera, vale a dire di avanzare deliberatamente attraverso il gebel, spingendo il nemico davantì a noi. Credo che il progetto sia sbagliato perché l'obiettivo è sba~liaco. Non è una corretta definizione del compito da me indicato dire che «l'obiettivo dell'8a armata è la conquista della Cirenaica». lo sostengo che l'obiettivo dell'S • armata è invece distruggere le forze nemiche in Cirenaica(...) così da porci in grado di occupare rapidamente la Cirenaica e, quìndì, dì tenerla saldamente. Spero che concordiate con questa precìsazione» 117•
Il giorno seguente Auchinleck mandò a Londra due comunicazioni. La prima ringraziava per la buona notizia che la ga divisione corazzata sarebbe sbarcata a Suez alla fine di giugno e la 44a di fanteria entro la metà di luglio. La seconda conteneva una valutazione delle perdite da ambo le parti. A quanto era dato di conoscere, l'8a armata aveva perso circa 10.000 uomini, di cui probabilmente 8.000 prigionieri contro 4.000 prigionieri dell'Asse (di cui 1.660 tedeschi). Quanto al materiale, i carri britannici danneggiati, compresi quelli ancora recuperabili, erano 350 contro 400 circa dell'Asse (di cui 211 sicuramente distrutti); le artiglierie avevano subìto maggiori danni: 140 pezzi da campagna, 10
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di medio calibro, 153 cannoni controcarri da 2 .libbre e 42 da 6 libbre contro 120 cannoni dell'Asse; le perdite delle opposte aviazioni più o meno erano pari: 176 britannici contro 165 italo-tedeschi. In compenso, l'8a armata aveva ricevuto dall'inizio della battaglia 25.000 uomini, 78 pezzi campali, 220 cannoni controcarri e 353 carri armati 118 • Alla data del 9 giugno i carri efficienti erano 254 cruisers e 63 carri per fanteria. Benché stupito per la sproporzione fra prigionieri e caduti, Churchill non fece commenti e formulò i suoi complimenti per Ritchie. Auchinleck li trasmise all'interessato, ma non era molto soddisfatto. Ormai diventata evidente che il controllo della battaglia stava passando nelle mani di Rommel, anche se questi non si trovava affatto in un letto di rose. Nei giorni precedenti le preziose decrittazioni Ultra, che ormai giunge•rano dopo sole ventiquattr'ore dell'intercettazione, avevano reso nota l'urgenza di rinforzi e di rifornimenti per la Panzerarmee: il 6 giugno essa aveva chiesto l'immediato invio di 6.000 uomini, il giorno 7 aveva fornito i livelli di forza (i noti 40% dei carri e 60% del personale), il 9 aveva ordinato che tutti gli uomini idonei al combattimento affluissero al fronte, 1'11 aveva annunciato lo sbarco di un'altra divisione leggera tedesca). Su queste basi, 1'11 giugno il servizio informazioni al Cairo formulò un accurato apprezzamento della situazione, calcolò la disponibilità di 130-140 Panzer medi nel DAK (in effetti erano 123) e concluse con la previsione di un attacco generale a Tobruk. Ritchie, invece, opinava che se Rommel avesse continuato ad avanzare verso nord sarebbe stato costretto a limitarsi a bombardare dall'aria e dal mare T obruk perché logorato da quindici giorni di continui combattimenti. Anzi, era perfino possibile che decidesse di ritirarsi 119• Perciò preparò un appunto personale per Auchinleck, che fu trasmesso al Cairo quello stesso giorno dal gen. Whiteley, capo di Stato Maggiore dell'8a armata. Considerando l'equilibrio sostanziale del rapporto di forze, anche se con un leggero vantaggio per i britannici, il documento affermava che «noi dobbiamo puntare più sui fattori morali che su quelli materiali,,. Quanto alle intenzioni dell'avversario: «Io ritengo - scriveva Ritchie - che il nemico stia mirando a rinforzare la propria sistemazione nel Calderone con il proposito di passare all'offensiva non appena possibile. Nel contempo egli spera che noi l'attaccheremo su quella che considera solide posizioni». Auchinleck annotò a margine: «Oh??» poi continuò la
lettura: «Se noi non lo facciamo, credo che egli sferrerà, in alternativa, un attacco verso nord allo scopo di isolare le due divisioni del 13° corpo sulle posizioni
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di Gazala, oppure verso est contro le nostre comunicazioni. Esistono sintomi locali circa la sua intenzione di puntare ad oriente e, secondo me, questa è l'ipotesi più probabile».
Tutto ciò premesso, seguiva il disegno operativo: «Il mio piano è di attaccare le linee di comunicazione dell'avversario( ...) da nord, sul fronte della soa D.f. [ove) i Valentine saranno impiegati a sostegno di tale attacco; da sud con una brigata motorizzata e quanti corazzati posso recuperare dall'area della battaglia, senza compromettere la sicurezza. Al momento, posso calcolare approssimativamente trenta carri tipo Stuart. Di conseguenza, spero di costringere l'avversario ad adeguarsi attaccandomi o ritirando le sue truppe dal Calderone per difendere la propria linea di comunicazione» 120•
Come si vede, l'ipotesi di una flessione inglese formulata da Rommel era l'opposto della realtà. Ritchie proseguiva rispondendo anche ad alcuni quesiti posti dal Comando in capo. Nutrendo il dubbio che i punti di vista non collimassero del tutto, propose che il 12 giugno, cioè il giorno seguente, gli venisse inviato un ufficiale di StatO Maggiore per fornire tutte le delucidazioni ed informazioni del caso. Ma Auchinleck non mandò alcuno. Andò egli stesso. L'l 1 giugno la dislocazione del 30° corpo britannico comprendeva quattro strutture statiche: la 201 a brigata delle Guardie appena ad est di Knightsbridge con il II battaglione Scots Guards sul Maabus er-Rigel; la 29a brigata indiana sul costone a sud di el-Adem con un battaglione su Hagiag Batruna. Quanto alle unità mobili, il Comando della 1a divisione corazzata e la 22a brigata corazzata si trovavano a nord di Knightsbridge; il Comando della 7a divisione corazzata era ad oriente del caposaldo di el-Adem, la 2a brigata corazzata a sud del Trigh Capuzzo e la 4a brigata corazzata a sud-est di Knightsbridge (schizzo n. 37). Informato dalla ricognizione aerea dell'ampio fronte sul quale avanzavano da sud le forze dell'Asse, Norrie si era convinto che l'eccessiva dispersione dell'avversario gli avrebbe consentito di eliminare l'isolata 1sa Panzer. Perciò aveva divisato di agire con la 7a divisione corazzata. Questo non rientrava esattamente nell'ordine di idee di Ritchie, il quale preferiva che i corazzati combattessero avvalendosi del1'appoggio dei perni di manovra, specie di quello di Knightsbridge, ma a causa della carenza e della tardiva diramazione degli ordini i comandanti cominciavano a muoversi d'iniziativa. Così, quel mattino Messervy aveva inviato al gen. Richards, comandante della 4a brigata corazzata, un biglietto: «Secondo la mia opinione, il prossimo più probabile
movimento del nemico sarà di dirigersi da Hacheim verso el-Adem e quindi isolare Tobruk da oriente». Se ciò fosse accaduto la 4a brigata coraz-
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(11 giugno)
Schizzo n. 3 7
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zata doveva puntare senza indugio verso sud-est ed affrontare il nemico. Quando però venne avvistata l'avanzata della 15a Panzer, Richards era a Naduret el-Ghesceuasc, una località fra il Trigh Capuzzo ed il Trigh el-Abd di relativo vantaggio tattico rispetto alla zona meridionale, cosicché resistette agli ordini di Messervy di spostarsi e si limitò ad un cannoneggiamento da lontano ed inconcludente 121 • Al sopraggiungere della sera, le divisioni dell'Asse si arrestarono in una formazione a cuneo, anziché con l'ala marciante scaglionata in avanti. Mentre infatti la 15a Panzer poté, in fondo, toccare l'obiettivo, difficoltà di marcia costrinsero le due divisioni motorizzate ad un movimento assai più lento. Il collegamento fra l'Ariete e la Trieste venne stabilito solo il mattino del 12. Quel pomeriggio un'intercettazione radio aveva fatto sapere a Rommel che «la 4 a brigata corazzata ha rifiutato di attaccare verso sudest». Egli fu «deliziato a sentire che i britannici stavano esaminando una simile mossa» 122 e si preparò a prendere la palla al balzo. Dispose, infatti, che il giorno successivo la 15a Panzer rimanesse sulla difensiva ad attendere il nemico mentre una colonna della 21 a Panzer si sarebbe portata a sud di Knightsbridge per cogliere alle spalle l'attaccante. L'Ariete invece doveva mantenersi ad ovest del Trigh Hacheim e la Trieste spostarsi ad est di Bir el-Harmat. Dal canto suo Norrie stabilì che la 2a brigata corazzata di Briggs (17 Grant, 3 Stuart e 25 Crusader) raggiungesse la 4a corazzata di Richards (39 Grant e 56 Stuart) e si ponesse a disposizione di Messervy per gettarsi sulla 15a Panzer, che prevedibilmente avrebbe offerto fianco e tergo nel suo movimento in direzione di el-Adem. Se la 21 a Panzer e l'Ariete fossero entrate in azione, sarebbero state fronteggiate dalla 22 a brigata corazzata di Carr (27 Grant, 5 Stuart e 34 Crusader) e dalla 32 a brigata carri di Willison (63 Matilda e Valentine). Peraltro, ancora una volta, Messervy, la cui 7a brigata motorizzata di Renton era rimasta fra Bir el-Gobi ed el-Adem, accarezzava un diverso disegno. Il 12, di prima mattina, espose a Briggs e Richards l'intenzione di «riguadagnare l'aperto deserto ed essere libero di agire contro il fianco meridionale del nemico». I due brigadieri, al corrente degli ordini del Comando di corpo d'armata, naturalmente formularono obiezioni e Messervy allora decise di recarsi personalmente da Norrie per caldeggiare il proprio piano. Senonché, in prossimità di el-Adem si imbatté in una colonna tedesca (probabilmente il 33° gruppo esplorante) e per sfuggire ad un'altra cattura si nascose in un bir, perdendo il collegamento con tuttl.
Il combattimento ebbe un avvio lento ed indeciso. Viste passare
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le ore senza che l'attacco inglese si pronunciasse, Nehring invitò la 15a Panzer a compiere la prima mossa. Purtroppo la stanchezza degli uomini incise sull'efficacia dell'azione, che si affievoll rapidamente. A mezzogiorno Norrie, constatata l'irreperibilità di Messervy, ordinò a Lumsden di riunire nella sua 1 a divisione corazzata a sud-est di Knightsbridge, tutte le tre brigate corazzate - la 22 a, la 2 a e la 4 a - e di gettarsi subito contro la 15 3 Panzer. Più o meno contemporaneamente, e mentre la 90 3 leggera raggiungeva la Strada dell'Asse ad est di el-Adem, Rommel volle rompere gli indugi e dispose che il DAK annientasse la massa dei carri inglesi: la 15 3 Panzer rinnovando lo sforzo da sud e la 21 a intervenendo da ovest (schizzo n. 38). La prima ad arrivare all'appuntamento fu quest'ultima. Essa investÌ la destra della 4a brigata corazzata mettendo fuori combattimento in un batter d'occhio una ventina di tanks. Subito dopo, verso le 16, si presentò la 15 3 e la brigata di Richards, letteralmente cacciata dal campo di battaglia, trovò scampo oltre il Trigh Capuzzo, su Hagiag er-Raml. L'azione della 15 3 Panzer stava proseguendo contro la 2 a brigata corazzata quando venne Lumsden. Sapeva solamente che la 22 a brigata corazzata era stata presa di petto, appena superato Knightsbridge, dalla 21 a Panzer rinforzata dalle artiglierie dell'Ariete. Cercò di riorganizzare i reparti appoggiandosi al caposaldo delle Guardie, ma Norrie, che non aveva chiaro lo sviluppo degli eventi, ordinò di sfondare verso sud. Comunque, di fronte alla crescente pressione tedesca ed al disorientamento generale Lumsden fermò la 22a brigata, lasciò perdere la 4 a quando seppe dov'era finita, e richiamò a Bir Bellefaa la 2 3 • A sera, dopo una confusa e ininterrotta lotta, egli era riuscito in qualche misura a raccogliere la 23 e 22 3 brigata a ridosso delle Guardie, ma circa 120 carri giacevano distrutti od immobilizzati nel deserto. Anche lo stato delle trasmissioni era disastroso. Norrie era convinto che Lumsden avesse alla mano le tre brigate e fosse ancora in grado di attaccare; Lumsden, dal canto suo, cercò invano di prendere collegamento con il Comando del 30° corpo, dopo di che disse ai suoi uomini di limitarsi, per il giorno seguente, a difendersi in posto. Alle 20,40 ricevette notizia di essere passato alle dipendenze del 13° corpo, ma sino al mattino successivo non riuscl a mettersi in contatto con Gott. Nel pomeriggio, Auchinleck era arrivato in volo al Comando dell'8a armata, dove tutto appariva tranquillo: ,<Atmosfera qui buonatelegrafò al capo di Stato Maggiore Generale Imperiale - . Nessun ottimismo eccessivo e la realtà della situazione è affrontata con calma e risolutezza. Morale delle truppe sembra eccellente>> 123 • La decrittazione Ul-
LA LOTTA ATTORNO A "KNIGHTSBRIDGE" (12-13 giugno)
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Schizzo n. 38
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tra degli ordini diramati da Rommel il giorno prima era pervenuta al Comando dell'armata quel mattino. Secondo l'ufficio informazioni, Rommel era tornato al piano originario, ma il tentativo di realizzarlo «con forze così sparpagliate è un gesto di sconsiderata audacia>> e «un secondo insuccesso non sarebbe facilmente fronteggiabile con una di quelle improvvisazioni di cui il comandante tedesco è maestro» 124• Ma gli avvenimenti galoppavano ed evidentemete il quadro complessivo finì per sfuggire: le perdite di mezzi corazzati assai più pesanti di quanto si ritenesse; un tratto del Trigh Capuzzo, fra Bir Bellefaa ed el-Adem, e pane della scarpata immediatamente a nord controllati da parte tedesca; il caposaldo di el-Adem, isolato, e quello di Knightsbridge, diventato un pericoloso saliente; la Strada dell'Asse tagliata dalla 90a leggera; i collegamenti terrestri fra il fronte di Ain el-Gazala e la zona di Gambut limitati alla via Balbia, passando attraverso la congestionata piazza di Tobruk. Fu veramente il 12 giugno a segnare le sorti della battaglia. Quel giorno il diario storico del Comando Superiore annotò: «Fin da ieri si è avuta la sensazione che il nemico, dopo la caduca di Bir Hacheim, si sia trovato improvvisamente di fronte ad una situazione assai diversa del previsto. Questa sera, pur non potendosi attribuire un vero e proprio disorientamento al comando britannico, veniva notato che tanto esso quanto i comandi periferici si trovavano sotto l'impressione della sorpresa. Anche le intercettazioni radio hanno rilevato nervosismo ed incertezza. Comandi di divisione che ordinavano alle brigate di attaccare e queste rispondevano di non essere in grado di farlo. Analogo scambio di ordini e di rifiuti tra i corpi d'armata e le divisioni(...)».
Proprio quel giorno Ritchie aveva saputo da Ultra che Rommel intendeva avvolgere il 13° corpo tagliando la via Balbia non appena sbarazzatosi dei carri britannici nella zona di Knightsbridge. Riconosciuta la possibilità che ce la facesse, Ritchie volle riordinare alla meglio il proprio dispositivo perciò assegnò la 1a divisione corazzata (con la 2 3 e 22a brigata) a Gott ed affidò a Norrie l'incarico di rimettere insieme la 7a divisione corazzata con quanti carri si trovassero a sud e ad oriente di T obruk. Aveva esaminato con Auchinleck anche l' eventualità di ritirarsi alla frontiera, dove si trovava il 10° corpo, ma questa soluzione fu presto abbandonata a favore della prosecuzione della lotta m posto. Considerando la presumibile entità delle perdite del DAK, la battaglia poteva ancora essere condotta mediante l'attivazione della linea di capisaldi di compagnia costituiti nei giorni precedenti da Alam Hamza ed Eluet et-Tamar sino ad Acroma, l'irrigidimento della difesa nel triangolo Eluet et Tamar-Knightsbridge-Acroma, l'intervento della
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10a divisione indiana contro la 90a leggera e l'azione della 7a hrigata motorizzata alle spalle delle unità dell'Asse fra Knightsbridgc e elAdem. La posizione di Knightsbridge poteva reggere finché in grado di assolvere la funzione di perno di manovra per i carri e finché le retrostanti scarpate Maabus er-Rigel ed Hagiag er-Raml fossero rimaste in mano britannica. Rommel aveva apprezzato la situazione assai meglio del suo competitore. Per il 13 giugno decise di eliminare ogni resistenza a cavallo del Trigh Capuzzo. Gli obiettivi erano tre: il caposaldo delle Guardie, affidato alla 15a Panzer con il concorso di un impegno frontale da parte di aliquote dell'Ariete e della Trieste; il caposaldo del II Scots Guards sul Maabus er-Rigel, assegnato come obiettivo alla 21 a Panzer ed il caposaldo di el-Adem, obiettivo della 90a leggera. Cominciamo da quest'ultima. Il gen. K.leeman era rimasto con un migliaio di uomini, quindici pezzi di artiglieria e quaranta cannoni controcarri: troppo poco per conseguire grossi risultati. Nessuna meraviglia, dunque, se, dopo essersi piazzato a nord di el-Adem, vedrà la propria situazione peggiorare rapidamente a causa dei bombardamenti aerei e degli attacchi di colonne mobili. Quanto al caposaldo di Knightsbridge, gli attacchi della Trieste e della 1sa Panzer furono respinti senza molte difficoltà dalla 2a e 22a brigata corazzata, nonostante i reiterati tentativi. La risoluzione del combattimento ebbe luogo un poco più a nord, sui ciglioni. La 21 a Panzer, dopo un primo insuccesso, rinnovò l'attacco e, per quanto soccorso dalla 2a e 4a brigata corazzata, il II Scots Guards dovette abbandonare la posizione. Restava in piedi Knightsbridge ma le sue condizioni erano più che precarie, anche se le piste per Acroma e per T obruk erano tuttora tenute aperte dai carri di Lumsden. Il caposaldo aveva esercltato una funzione di fondamentale importanza durante tutto il corso della battaglia, pur non essendo mai stato .direttamente investito in quei diciassette giorni 125 • tuttavia era giunto il momento del suo abbandono e nella notte Gott fece ripiegare le Guardie. Alle 7,30 del 14 giugno l'Ariete occupò Knightsbridge e circa tre ore dopo il Comando dell'armata comunicò al DAK ed al XX corpo: «Armata attacca oggi verso nord per sbarrare ad est il fronte di Gazala». «Questo combattimento - commentò Auchinleck - rappresentò il culmine della battaglia di corazzati svolta ad intermittenza sin dal 27 maggio. Alla sua conclusione i nostri corazzati nell'area di Acroma erano ridotti a 30 cruisers e 20 carri da fanteria, mentre il nemico era ritenuto disporre di almen<>il doppio di essi» 126•
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La battaglia di Ain el-Gazala e la riconquista di T obruk possono essere considerati episodi separati, anche se praticamente privi di soluzioni di continuità, facendo terminare il primo di essi il 15 giugno, quando i resti del 13° corpo britannico trovarono scampo alla frontiera. In realtà, la distinzione è semplicemente dovuta alla comodità di trattazione della vicenda bellica, perché l'abbandono delle posizioni di Ain el-Gazala e la resistenza opposta successivamente dal nemico sono in stretto rapporto con la decisione inglese circa la sorte di T obruk. Come avremo modo di osservare, mentre il pensiero di Rommel seguì con incrollabile fiducia e sicurezza una linea retta, in campo britannico emersero contrasti, incomprensioni ed equivoci. In una parola: cattiva disciplina delle intelligenze. Il mattino del 14 giugno, verso le 10 il DAK era raccolto a sud di Eluet et-Tamar, la 90a leggera (disimpegnatasi da el-Adem) si era portata a nord di Hagiag er-Raml, l'Ariete occupava Knightsbridge e la Trieste era disposta a semicerchio da sud del quadrivio a Bir Bellefaa. Ormai era chiaro che la situazione britannica stava precipitando e già si notavano movimenti di automezzi sulla via Balbia, da Ain el-Gazala verso T obruk. Rommel voleva chiudere la sacca sulla costa, secondo il pensiero originario, ma prevedeva un irrigidimento della resistenza sulla posizione di Acroma inteso a consentire la ritirata del 13° corpo. Occorreva, dunque, buttarsi avanti, in tutta fretta, e sfondare. L'ottimismo dei comandanti britannici cominciava ad essere seriamente scosso. Persino Ritchie si mostrava adesso perplesso. La sera del 13 era arrivato dal Cairo il gen. Davy, capo ufficio operazioni del Comando in capo, con una lettera di Auchinleck - che pure aveva lasciato 1'8a armata abbastanza sereno - non proprio incoraggiante: «(...) Lo Stato Maggiore, qui, durante la mia assenza ha considerato, molto correttamente, il possibile caso peggiore, cioè la sconfitta della vostra armata e la conseguente necessità di tenere le posizioni di frontiera per raccogliersi su di esse. Non c'è alcun segno di disfattismo in questo e voi sapete che non esiste neppure in me. Ma è loro compito far progetti per ogni possibile ipotesi, come naturalmente sapete (...)»ll7.
Ad ogni modo, erano messi a disposizione di Ritchie il Comando del 10° corpo, per organizzare l'area di Sollum-Matruh-Maddalena, e la divisione neozelandese appena pronta. La lettera terminava con un «Goodluck». Il dilemma dell'8a armata - continuare la difesa delle posizioni Alam Hamza-el Adem od abbandonarle - era un falso problema: il fronte di Ain el-Gazala stava per essere imbottigliato in una sacca e la
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decisione di battersi ad oltranza in zona, sostenuta da Auchinleck e subito approvata calorosamente da Churchill, doveva venir modificata. Il recupero della 1a divisione sudafricana e della soa britannica era difficile perché l'andamento della lotta durante il 13 giugno aveva lasciato libera al transito verso oriente solo la via Balbia, però un piano esisteva. Si trattava dell'operazione Freebom, studiata fin dall'occupazione della linea di Ain el-Gazala, mesi prima, e rivista il 10 maggio. Naturalmente andava adattata alle attuali circostanze, comunque essa prevedeva la ritirata alla frontiera e scartava ogni idea di difendersi in Tobruk. Anche questo non era semplice: l'evacuazione dei magazzini, dei materiali e delle scorte accumulate nella piazza e nei pressi di Belhamed àvrebbe comportato molto tempo e l'abbandono subitaneo della città avrebbe probabilmente consentito a Rommel di precipitarsi al confine prima ancora che vi fosse organizzata una conveniente difesa. Alle 7 Ritchie dette a Gott il preavviso verbale di ripiegamento, poi si recò a Tobruk e, poco prima delle 9, chiamò il Cairo, addentrandosi «in una cauta e piuttosto oscura conversazione telefonica» con Auchinleckm. Ma, per la verità, sembra sia stato abbastanza esplicito: spiegò che i combattimenti del 13 giugno erano stati sfavorevoli, che Knightsbridge era stata abbandonata, che non era in grado di tenere ancora a lungo la posizione di Ain el-Gazala e che doveva ritirarsi. Alla telefonata fece poi seguire un telegramma: «In queste circostanze è mia opinione che non esista altra alternativa che portar via la 1 a sudafricana e la 50a britannica» ed aggiunse che si riprometteva di reggere sul perimetro occidentale di Tobruk (con la 2a sudafricana) e nella zona di el-Adem (con la 10a divisione indiana ed i carri disponibili) fino alla messa a punto di un consistente corpo alla frontiera. Non riteneva che Rommel fosse in grado di attaccare T obruk a brevissima scadenza e, posto che la piazza aveva un mese di rifornimenti, contava nel frattempo di ristabilire la situazione e salvare così tutti i grossi depositi. D'altro canto le alternative si riducevano ad accettare la probabilità che la linea Tobruk-el Adem non tenesse e che quindi Tobruk venisse assediata oppure «ad andare fino in fondo)>, cioè abbandonare Tobruk e portarsi al confine. E concluse: «Convenite con me nell'accettare il rischio 29 dell'investimento di Tobruki\) • Il messaggio fu spedito alle 10,30, dieci minuti dopo la diramazione dell'ordine formale al 13° corpo di lasciare la linea di Ain el-Gazala, ed arrivò al Comando in capo alle 13,15. Ma nel frattempo, basandosi sulla conversazione telefonica e non sapendo che Ritchie aveva già dato l'ordine esecutivo a Gott di ripiegare sino a Sollum, Auchinleck aveva
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anch'egli scritto. Una prima comunicazione alle 11,15 riflettente un interrogativo: «Anche se evacuate Gazala, potreste tenere Acroma, el Adem ed il sud, mentre io metto insieme i rinforzi alla frontiera (. ..). Siete in condizione di farlo?» 130• Ed un secondo dispaccio di riepilogo, un quarto d'ora dopo: «1. Se a vostro giudizio la situazione si è aggravata al punto da non poter ulteriormente lasciare la 1a sudafricana e la so• divisione sulla posizione principale di Gazala senza sicuramente correre il rischio di essere tagliate fuori e rimanere isolate, allora concordo sull'arretramento, anche se esso appare indesiderabile dato il vantaggio tattico che quel bastione ci assicura. 2. Pur rendendomi conto che le nostre forze corazzate sono state battute e che adesso sono inferiori quantitativamente e qualitativamente a quelle del nemico, il quale finora ha ottenuto i suoi successi con due divisioni corazzate ed una motorizzata tedesche, aiutate entro certi limiti da una divisione motorizz«ta italiana, non può realmente trovarsi in condizioni tali da condurre operazioni offensive su vasta scala per un periodo indefinito al ritmo tenuto finora. Ritengo che abbia subÌto pesanti perdite e sappiamo che è a corto di munizioni. Inoltre noi siamo certamente superiori in aviazione. 3. Stando così le cose, Tobruk deve essere tenuta e non si deve consentire all'avversario di investirla. Questo significa che 1'8" armata deve conservare la linea Acroma-e! Adem e la zona a sud e resistere a tutti i tentativi del nemico di sfondarla. Avendo ridotto il vostro fronte con l'evacuazione di Gazala e riordinato le vostre forze, ciò dovrebbe essere fattibile e vi ordino di farlo. 4. Se sentite di non poter accettare la responsabilità di difendere detta posizione, dovete dirlo»m.
Fra Auchinleck e Ritchie si stava creando un clima psicologico ingarbugliato, in parte a causa dello sfalsamento delle comunicazioni ed in parte per la non completa chiarezza di intenti e di espressione dell'8a armata. Ritchie ricevette quest'ultimo telegramma alle 16, di ritorno da una visita fatta a Gott ed a Norrie. Ormai aveva impartito gli ordini per il recupero del 13° corpo e per la difesa di Tobruk e di el-Adem e non gli sembrò assolutamente il caso di modificarli, considerata la loro complessità. I due punti di vista divergevano, in sostanza, sotto tre aspetti. Il settore settentrionale della nuova posizione di resistenza era il primo: Auchinleck lo voleva ad Acroma, laddove Ritchie lo preferiva sul perimetro occidentale di Tobruk. Il significato della linea Acroma-e! Adem-Bir el Gobi era il secondo: per Auchinleck si trattava della nuova posizione difensiva ed il riordino delle forze (13 ° corpo compreso) doveva avvenire su di essa, mentre il Comando in capo avrebbe curato l'afflusso di nuove unità alla frontiera; per Ritchie, invece, il riassetto del 13° corpo e la rjcostituzione di forze corazzate sarebbe stato molto meglio realizzato al confine, in ambiente più tranquillo e dove, per il caso peggiore, si poteva organizzare una robusta
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difesa arretrata. L'investimento di Tobruk era il terzo: Auchinleck lo escludeva categoricamente, come sempre aveva fatto; invece Ritchie non lo avrebbe escluso, sia perché influenzato da Gott, il quale era convinto che la piazza pot esse tranquillamente reggere due mesi anche se assediata, sia per quanto detto in precedenza. Presa, dunque, visione del telegramma di Auchinleck delle 11,30, Ritchie prima telefonò nuovamente al Cairo senza peraltro riuscire a mettersi in comunicazione con il comandante in capo; poi, alle 20, inviò un messaggio. Mise in evidenza che non riteneva Acroma di importanza vitale, una volta ritirato il 13° corpo, e questo era il motivo che lo aveva indotto a preferire la cintura perimetrale di T obruk; che si proponeva di rimettere in sesto la 7a divisione corazzata al più presto, pur non potendo escludere di essere nuovamente aggirato prima di riuscire nell'intento; che il presidio di Tobruk era in condizioni di resistere per un paio di mesi e che, qualora avesse dovuto abbandonare la piazza, sarebbe probabilmente riuscito a farsi luce con le armi ma perdendo ogni cosa ed arrivando alla frontiera completamente disorganizzato. In definitiva, egli sosteneva, con tutta la sua convinzione, la linea di condotta di «combattere appoggiati a Tobruk ed impedirne l'in-
vestimento; tuttavia, ove ciò non f osse stato evitabile, consentire i 'assedio di Tobruk piuttosto che ordinare alla guarnigione di aprirsi la strada di forza in circostanze difficilissime)). E, riferendosi al duro e netto interrogativo finale di Auchinleck, concluse: «Se questa è una corretta inter· pretazione dei vostri ordini, accetto la responsabilità» 132 • Gli ordini di Auchinleck, definitivi ed ufficiali, gli giunsero qualche ora più tardi, non in risposta ma incrociando il telegramma delle 20: «Compito: distruggere le forze nemiche in Cirenaica (...). Modalità: negare al nemico [cioè difendere ad oltranza] la linea Acroma-e! Adem-el Gubi (...). Le posizioni di Tobruk e di altri capisaldi saranno utilizzate come perni di manovra, peraltro ciò non deve consentire che alcuna aliquota dell'sa armata sia circondata in Tobruk ed ivi assediata(...). Sto costituendo per voi una forte riserva mobile nella zona Sollum-Maddalena per una potente controffensiva da lanciare quanto prima. In sostanza: a) la linea Acroma-e) Adem-el Gubi non deve essere superata dal nemico; b) le nostre forze non dovranno essere investite in Tobruk e la vostra armata continuerà ad essere un'armata mobile di campagna; c) le forze nemiche saranno attaccate e distrutte non appena avremo raccolto forze sufficienti per u na controffensiva»m.
Intanto il piano per il ripiegamento generale era stato definito in tutti i particolari ed a tutti i livelli. Gott aveva riscontrato l'assoluta
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impossibilità di incolonnare l'intero 13° corpo sulla via Balbia e deciso allora che alle 18 di quel giorno la soa divisione si aprisse la strada attraverso le linee italiane, cercando di incidere sulla destra del X corpo italiano e guadagnare subito il deserto. La 1 a sudafricana sarebbe rimasta sulle posizioni occupate sino alle prime ore del 15, quando cioè la soa britannica avesse superato il momento critico. Senonché il gen. Pienaar protestò perché, in tal modo, i sudafricani avrebbero dovuto compiere quasi tutto il movimento retrogrado in pieno giorno, su una strada congestionata e ad italiani ormai consapevoli. In conclusione ottenne di ritirarsi anch'egli di notte. Anzi, gli venne prescritto di entrare in T obruk con la retroguardia non oltre le 7 del mattino seguente. La protezione della ritirata fu affidata alla 1a divisione corazzata, che con i suoi resti, altre unità mobili e parecchia artiglieria, ebbe ordine di tenersi fra Acroma ed Eluet et-Tamar, dietro un cospicuo campo minato, per impedire alle unità dell'Asse di sboccare sulla fascia costiera. Quando la 201 a brigata delle Guardie e la 32 a brigata carri si fossero riunite alla guarnigione di Tobruk, tutti i carri efficienti dovevano affluire ad el-Adem, alla 4a brigata corazzata. Questa, a sua volta, avrebbe ripiegato dopo che la coda della 1a sudafricana avesse superato il bivio della Strada dell'Asse. Per l'intera giornata del 14 il DAK cercò di raggiungere q. 209 (la posizione denominata Commonwealth Keep dagli inglesi) e poi scendere sulla via Balbia, ma non ce la fece: le truppe erano stremate dai continui combattimenti e non riuscirono a superare la resistenza degli eterogenei reparti del 13° corpo, che d'altronde lottavano accanitamente, consci dell'importanza della posta in gioco. Gli assalti tedeschi ripresero con maggior incisività nel primo pomeriggio con lenti progressi, sinché elementi della 15a Panzer non riuscirono a giungere ad un passo della scarpata, a Bir Bu Amaia, pochi chilometri ad oriente di q. 209. Purtroppo cadeva l'oscurità e gli esausti uomini dell'Afrikakorys avevano toccato l'estremo limite delle loro forze. Dai più che sufficienti elementi forniti dalla ricognizione aerea si comprendeva appieno il significato del frettoloso scorrere di automezzi verso est e Rommel ben sapeva di dover interrompere la strada costiera il più presto possibile. «Egli inviò i più pressanti incitamenti all'Africa Korys - ricordò von Mellenthin - affinché scendesse la scaryata durante la notte e tagliasse la ritirata sudafricana, ma i suoi ordini rimasero pra· ticamente ignorati» 134• Prima ancora dell'imbrunire erano cominciate le mosse preliminari per l'evacuazione notturna del fronte di Ain el-Gazala. La 1 a brigata
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sudafricana abbandonò per prima il proprio settore: era la più meridionale delle tre brigate di Pienaar e doveva compiere il tragitto più lungo. Però, lasciando i suoi capisaldi in pieno pomeriggio, mise in difficoltà la contigua 151 a brigata britannica che attendeva la notte, sperando che le unità italiane non si ponessero in allarme. In effetti, come si è già detto, molti indizi e l'intenso traffico verso Tobruk lasciavano supporre a Navarini ed a Gioda che il 13° corpo inglese cercasse di non lasciarsi incapsulare ad Ain el-Gazala, anche se l'impiego di pattuglie di combattimento italiane trovava ovunque una forte reazione. Alle 16 la Panzerarmee prescrisse di agganciare sudafricani e britannici con il fuoco ed alle 20,15 giunse un ordine personale di Rommel: <,XXI corpo incalzi immediatamente il nemico ripiegante. Ostacolare con tiro concentrato di artiglieria i movimenti di ripiegamento, in particolare sulla via Balbia». Navarini scartò subito l'idea di un'azione notturna in grande stile per la facilità con la quale il sistema difensivo della 1a sudafricana avrebbe potuto respingerla. Stabilì, perciò, l'inizio dell'avanzata per le ore 4,30 del 15. A quell'ora, robusti elementi esploranti della forza di una compagnia per reggimento si sarebbero spinti in avanti con l'appoggio delle artiglierie divisionali, agganciando i reparti avversari ancora in posto. L'artiglieria di un corpo d'armata doveva proseguire per tutta la notte i tiri di disturbo e di interdizione. Il X corpo era sostanzialmente orientato ad una difensiva attenta ad adeguarsi alle circostanze in maturazione. Senonché, all'improvviso, verso le 19 il nemico attaccò il settore della Brescia 135, tra il I/20° fanteria ed il XXX/9° bersaglieri, dopo una breve ma violenta preparazione di artiglieria. Il gen. Ramsden, comandante della 50a divisione britannica, aveva cadenzato il proprio piano su tre tempi: apertura di una breccia sulla line"a dei capisaldi italiani da parte di un battaglione per ogni brigata; transito del grosso attraverso le brecce tenute aperte dai citati battaglioni; marcia alla frontiera, girando a sud di Bir Hacheim, delle due brigate procedenti su colonne parallele. Per motorizzare la divisione, naturalmente quanto non era trasportabile fu abbandonato. Il primo atto ebbe sostanziale successo, grazie anche alla sorpresa, ma subito dopo la Brescia corse ai ripari con elementi in riserva e nell'oscurità si accesero combattimenti confusi, per lo più d'incontro, in tutto il settore. Lo stesso Comando della divisione si trovò addosso uno squadrone del 6° reggimento autoblindo sudafricano con una colonna della 69a brigata britannica e lo Stato Maggiore riuscì a sfuggire alla cattura con difficoltà. Poco più tardi la colonna britannica in questione si imbatté
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nel Comando tattico del X corpo, dislocato a Rotonda Ualeb. Nello scontro il reparto difesa vicina del corpo d'armata catturò 60 prigionieri e liberò un ufficiale ed otto soldati feriti della Brescia. Se il grosso della soa divisione britannica passò, pur subendo parecchie perdite, la colonna di retroguardia (il IX Durham con altre minori unità) trovò ogni passaggio sbarrato e, dopo aver per un po' brancolato nel buio, il suo comandante preferì tornare indietro e seguire i sudafricani verso T obruk. La Brescia calcolò le perdite nemiche in 27 mezzi blindati e corazzati, oltre 300 automezzi e 200 prigionieri; quelle italiane furono di 28 morti, 26 feriti e 57 dispersi. Il ripiegamento della 1a divisione sudafricana non ebbe praticamente storia se non alla fine. La 1a brigata riuscì ad entrare in Tobruk superando senza molti inconvenienti la congestione stradale; la 3 a e, soprattutto, la 2 a brigata trovarono forti difficoltà di marcia nella notte sì da dover compiere il percorso sulla Balbia alla piena luce del giorno con le inevitabili ed ovvie conseguenze negative. Tanto più che la 1a divisione corazzata, che avrebbe dovuto proteggere tutta la manovra, si era allontanata intempestivamente per cattiva interpretazione di orario o poca chiarezza di ordini. Ad ogni modo, verso le 17 pomeridiane del 15 erano a destinazione. Sin dalle prime ore del 15 giugno, appena iniziata l'avanzata, il XXI corpo si accorse di aver a che fare con elementi di retroguardia ed immediatamente stimolò le divisioni. In particolare la Sabratha doveva puntare verso nord-est per agevolare la 15a brigata tedesca, che non riusciva a superare le resistenze a cavallo della via Balbia. Per contro, lo stanchissimo DAK stentò ad entrare in azione e soltanto alle 9 l'artiglieria della 15a Panzer poté schierarsi sul bordo della scarpata dominante la stretta fascia costiera ed aprire il fuoco sulle colonne sudafricane in ritirata. Un'ora prima Rommel si era presentato al Comando della 1sa Panzer e, rendendosi conto del fallimento del suo disegno, senza perder tempo in recriminazioni inutili, aveva ordinato al col. Crasemann (comandante interinale della divisione da quando von Vaerst era stato ferito) di imbottigliare quanto ancora possibile del 13° corpo. Due altri problemi richiedevano tutta l'attenzione di Rommel: urgeva ripulire tutta la zona a nord di Eluet et-Tamar e, possibilmente, prendere el-Adem. Affidò il primo compito alla 15a Panzer ed avviò a nord di Bir Lefa la 21 a. Mentre il gen. Gott provvedeva alla difesa del settore di 1'obruk (soltanto il giorno 16 Auchinleck consentirà il temporaneo isolamento
LA BATIAGLIA DI AIN EL-G1\ ZALA
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della piazza), Norrie aveva ricevuto direttive specifiche per l'azione dinamica da realizzare in tutta la zona a sud e ad est di T obruk: «Il maggior pericolo attuale - gli aveva scritto Ritchie alle 20,30 del 14 giugno - è che l'avversario investa Tobruk. Il principale contributo che il 30° corpo possa dare è di impedire al nemico, insieme con il 13° corpo, di chiudere le uscite orientali di Tobruk. Il vostro compito è perciò di inibire al nemico la scarpata da q. 162 fino a Belhamed [all'incirca il tratto d<>minante la Strada dell'Asse]. Per far questo è necessario che voi impediate al nemico di condurre operazioni nella zona di el Adem-Belhamed-Bir el Gobi e di tenerlo quanto più possibile ad ovest di questa zona. Ritengo che le forze rnrazzate avversarie debbano essere prossime all'esaurimento e ciò può darci alcuni giorni di respiro, durante i quali io farò del mio meglio per rinforzarvi. Non avete alcuna restrizione nell'impiego delle forze corazzate che sarà possibile assegnarvi. Considerate le vostre risorse, penso eh~ un atteggiamento tattico improntato alla mobilità costituirà il miglior modo per raggiungere il vostro scopo ed una particolare organizzazione sarà messa in atto per consentire a tutte le colonne disponibili, con la loro potenza di fuoco, di poter essere rapidamente concentrate in una zona eventualmente minacciata. Grandi sacrifici possono essere accettati per raggiungere questo scopo, da cui tanto dipende il 13° corpo» m.
Quella delle colonne mobili era un'idea ripresa sull'esempio delle ]ock Columns impiegate in precedenza con buoni successi, anche se con sensibili limitazioni operative. Poiché la 7a divisione corazzata poteva contare sulla 7a brigata corazzata (i cui tre reggimenti raccoglievano ognuno i resti di una brigata e complessivamente contavano 90 carri), Ritchie fece cominciare con queste, ma nei giorni successivi cercherà di attingere anche alle divisioni di fanteria. El-Adem - controllata, come sappiamo, dal caposaldo el-Hatian, a q. 163 sul ciglione sud del quadrivio (29a brigata indiana meno un battaglione) e da quello di Batruna (un battaglione) - era l'obiettivo, per la terza volta in una settimana, della 90a leggera. Mentre il 3° gruppo esplorante si portava ad oriente della località ed il 33° e 580° (richiamato da Bir Hacheim con gli altri reparti tedeschi) a sud per respingere le colonne mobili della 7a brigata motorizzata inglese, alle 11 circa Kleemann investiva da nord la struttura di el-Hatian. A questo punto, Rommel ordinò a von Bismarck di percorrere con la 21 a Panzer il ciglione a nord del Trigh Capuzzo, eliminare il caposaldo di Batruna, raggiungere ed-Duda e proseguire sino a Belhamed e... possibilmente a Gambut. Alle 19,30, dopo tre ore di sforzi, il 104° reggimento fucilieri prendeva Batruna catturando 700 prigionieri. In serata la 21 a Panzer si arrestava a Sidi Resegh (schizzo n. 39). Per contro, la 90a leggera non ebbe altrettanto successo contro il caposaldo di el-Hatian.
LA SITUAZIONE ALLA
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SERA DEL 15 GIUGNO
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Schizzo n. 39
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LA BATTAGLIA 01 AlN EL-GAZALA
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La battaglia di Ain el-Gazala era vinta e Rommel tirò un grosso sospiro di sollievo. Trasferitosi presso el-Adem, avvisò il Comando Superiore che, al fine di garantirsi da ogni sorpresa, non avrebbe iniziato altre azioni- cioè l'investimento di Tobruk - se non a liquidazione totale della sacca Acroma-Ain el Gazala e della posizione di el-Hatian. Per il momento si sarebbe limitato ad effettuare puntate verso Gambut per distruggere depositi e costringere l'aviazione nemica ad allontanarsi da quel campo.
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LE OPERAZIONI IN AFRJCA SETTENTRIONALE
NOTE AL CAPITOLO QUARTO 1 2
DSCSAS, f. 31/42 Segr. data 30.4.1942 della PanzerarmeeAfrika- allegato n. 12 In effetti, venne disposta la costituzione di due autogruppi pesanti (ciascuno su quattro
autoreparti ed una officina mobile), rispettivamente a Napoli e Bari, entro il 15 giugno, per l'assegnazione al X e XXI corpo d'armata. J Diario Cavallero. Riassunto visita in Africa settentrionale nei giorni 5 e 6 maggio 1942. 4 DSCS, f. 30760/0p. data 5.5.1942 - allegato n. 13. Di queste direttive Cavallero parlò, più tardi, a Ciano e soprattutto chiarl il proprio pensiero su Malta: «So che è un 'impresa difficile - disse - e che ci costerà molte perdite e so anche che su questa questione io mi gioco la testa. Ma
sono io a volerla, perché la considero fondamentale per lo sviluppo futuro della guerra. Se prenderemo Malta, avremo la sicurezza in Libia. Se no la situazione della colonia sarà sempre precaria. Assumerò personalmente il comando dell'operazione. Si era pensato anche al Principe di Piemonte, ma per molte ragioni si à preferito lasciarlo da parte» (G. CIANO, op. citata, p. 619). L'idea di assumere la diretta responsabilità dell'impresa fa il paio con quella avanzata a Mussolini il 5 marzo 1941, in Albania, di costituire una terza armata centrale, con un corpo dell'll • ed uno della 9 3 armata, prendendone il comando, benché già capo di S. M. Generale e comandante superiore delle forze armate in Albania! (M. MONTANARI, La campagna di Grecia, cit., pp. 672-673). s DSCSAS, f. 01/8977 Op. data 9.5.1942. 6 DESMOND YOv'NG, Rommel, Longanesi, Milano 1959, p. 167 7 Diario storico del XXI corpo d'armata, f. 3638/42 data 8.5.1942 del Comando Panzerar·
mee. 8
Diario storico del XX corpo d'armata, f. 2561/42 Segr. data 23.5.1942 del Comando
Panzerarmee. 9
DSCSAS, data 22.5.1942.
° F.W. VON MELLENTHIN, op.
citata, pp. 111-112. L'affermazione di von Mellenthin è tuttavia inesatta perché il notiziario informativo diramato dal Comando della Panzerarmee alle 23,40 del 25 maggio avvertiva della presenza della 22 • brigata corazzata nella zona di Bir el-Harmat. Quindi Rommel prima di decidere la variante Venezia era venuto a conoscenza di tale preziosa informazione. 11 D. YOUNG, op. citata, p. 165. 12 Sommario informazioni allegato all'ordine d'operazione in data 20.5.1942 della Panzerarmee - allegato n. 14. n E. ROMMEL, op. citata, p. 134. " VoN MELLENTHIN osservò che, contrariamente a quanto affermato da Rommel nel suo 1
Guerra senza odio (p. 134), «noi sapl!'vamo che i britannici stavano ricevendo i Grant, di cui il nostro apprezzamento informativo del 20 maggio includeva una completa descrizione» (op. citata, p. 111, nota 4). 15 Vds. ordine di battaglia delle forze dell'Asse in Libia alla data del 24 maggio 1942 allegato n. 15. 16 C. AUCHINLECK, Despatch cit., pp. 390-391, lettera a Ritchie in data 20.5.1942. 17 Ibidem, p. 368. 18 L'espressione Brigade Group sta a significare un complesso di forze non omogenee al livello di brigata. Si può considerare, sul piano pratico, corrispondente alla brigata rinforzata. Non può essere tradotto, come spesso capita di vedere, in gruppo di brigate, perché questa dizione starebbe ad indicare una riunione di più brigate, cioè una divisione. 19 Nell'offensiva condotta dal gen. O'Connor contro la 10• armata italiana a Sidi el-Barrani, nel dicembre 1940, era stato costituito il Brigade Group del gen. Selby con forze tratte dal presidio del campo trincerato di Marsa Matruh. 20 Le tabelle organiche stabilite in data 27.2.1942 prevedevano per le brigate corazzate in Medio Oriente un diverso numero di carri. Se il reggimento carri era dotato di Stuart e di Grant, esso era costituito da uno squadrone comando (quattro Stuart), uno squadrone Stuart (un plotone comando e quattro plotoni carri, tutti su quattro Stuart ) e due squadroni Grant (un plotone comando e tre plotoni carri; tutti su tre Grant), per complessivi 44 carri: 20 Stuart e 24 Grant.
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Se il reggimento era invece dotato di Crusader e di Grant, esso era costituito da due squadroni Crttsader ed uno Grant, con gli stessi organici citati in precedenza. Quindi, in totale 48 carri: 36 Crusader ed dodici Grant (H. F. JOSLEN, Orders of baule of the Second World War, H .M.S.O., London 1960) 21 J. CONNELL, op. citata, p. 514. 22 Ibidem, pp. 514-516. 23 BARNETT, op. citata, p. 208. 2' M. CARVER, op. citata, p. 211. 25 C . AUCHINLECK, Despatch citato, pp. 354-355. 26 B.H. LIDDELL HART, 7be Tanks, voi. II, Casse!, London 1959, p. 155. Sarà bene precisare che per Liddell Hart i soli carri competitivi dcli' Asse erano i Pzkw III e IV. 27 E. ROMMEL, op. citata, p. 122. 28 Ogni battaglione era costituito da una compagnia comando (con 4 carri) e tre compagnie carri, su un plotone comando (un carro) e tre plotoni carri (su 5 carri). n Diario storico D.mot. Trieste, f. 3004/0p. data 26.5.1942. ) l Diario storico D.cor. Ariete, f. 1271/0p. data 26.5.1942. 31 G. M,\NCINELLI, op. citata, p. 89. n E. Row.1EL, op. citata, p. 133. 33 Kriegstagebuch della 21 • Panzer. Dallo stesso risulta che il giorno prima la divisione era stata avvertita dal DAK circa il giorno X, sin dalle ore 14! 3 ' E. ROMMEL, op. citata, p. 133. 35 Diario storico del XX corpo d'armata. 36 In realtà i gruppi esploranti erano tre, in quanto alla vigilia la 15• Panz,erdivision aveva ceduto il proprio 33° gruppo, e tutti dipendevano dalla 90• leggera. Quanto al raggruppamento autonomo, il gruppo Hecker, esso non era stato unito all'ala marciante. 37 G. MANCINELLI, op. citata, p. 90. 38 C. BARNETT, op. citata, p. 212. 39 Del combattimento sul Rugbet el-Atasc contro la 3• B.mot. indiana, a suo tempo è stata fornita una versione che considera la partecipazione della 21" Panzer (Seconda controffensiva italo-tedesca in Africa settentrionale da el-Agheila ad el-Alamein, USSME, Roma 1951, p. 101). In realtà si è trattato di un equivoco, basato sulla non chiara sintesi degh avvenimenti riportata sul diario storico del XX corpo. Per contro, né i diari storici dell'Ariete e del 13° carristi né quello della 21 • Panzer suffragano tale presentazione dei fatti. In particolare, il Kriegstagebuch di quest'ultima afferma: «27.5.42. La divisione raggiunge alle ore 03,15 la zona B. Adunata alle ore 4,30 pl>r
c.
avanzare verso nord. Avanzando velocemente la divisione raggiunge il Trigh el-Abd nella zona a 6 km a sud-est di Bir Harmat. Ore 8,30: primo scontro con circa 80 carri {tipo Piloc) nel/,a zona di Bir Harmat». · Questa messa a punto è principalmente da attribuire al recente studio di Francesco Viglione «Tentativo di ricostruzione di un mattino di guerra del 132° reggimemo carri Ariete» USSME, Scudi storici militar~ Roma 1988. Nell'attento e ben documentato lavoro sono posti in evidenza anche altri aspetti degli avvenimenti del 27 maggio 1942, fra cui il successivo combattimento di Bir Hacheim, di solito considerato tutt'uno con lo scontro sul Rugbet el-Atasc. "° I.S.O. PLAYFAIR, op. citata, p. 223. Secondo fonte tedesca, verso le 5 un repano esplorante britannico inviò un messaggio che venne captato dalla compagnia tedesca d'intercettazione:
«Colonne di carri muovono verso di noi. Sembra quasi che quel dannato Afrikakorps stia arrivando al completo• (H.O. BEHRENDT, op. citata, p. 188). 41 J.G. ELUOTT,A roll ofhonour: the story of Jndian Army 1939-1945, CasseI, London 1945, p. 192. 42 W.G. H!NGSTON e G.R. STEVENS, 7be Tiger Kills: che story of the Jndian Divisions in the NorthAfrican Campaign, H.M.S.0., London 1944, p. 169. 43 Per l'episodio vds. ENRICO SERRA, Carristi dell'Ariete, ed. fuori commercio, Roma 1979, citato da F. Viglione.
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44 Secondo una fonte avversaria: «Era appena passata la prima ondata di carri, che un secondo ed assai più pesante fu sferrato da oltre duecento (sic) carri tedeschi ed italiani» (G. \V/. HINGSTON e G.R. STEVENS, op. citata, p. 175).
4 ; Si trattava dell'amm. Sir \V/alter Cowan, che per spirito d'avventura si era unito al 18° cavalleria con la qualifica di ... ufficiale di collegamento navale. Secondo una fonte, due carri a breve distanza gli intimarono la resa, al che l'ammiraglio replicò: «Dogi Io non mi arrendo!» e scaricò la pistola sui due mezzi Dopodiché fu disarmato e portato via (\V/.G. HINGSTON e G.R. STEVENS, op. citata). Secondo una versione più dal vivo: «In realtà il combattimento era già finito
ed il bollente vecchietto (aveva settantadue anni) si trovava in una buca e si rifiutava ostinatamente di darsi prigioniero al S. Ten. Emiliano D'Anna, che con il suo inconfondibile accento romanesp seguitava ad intimargli la resa con dei bonari: "Daje! Vié fora!". Fu l'intervento personale del Magg. Pinna a sbloccare la situazione con un imperioso gesto del braccio accompagnato dallo schioccare del medio e del pollice. L'Ammiraglio, pago di arrendersi ad un ufficiale superiore, dwde di piglio ad una sua valigetta,fu caricato su un'autoblinda ed avviato in prigionia• (F. VIGLIONE, op. citata, p. 91). 46 Per una disamina più particolareggiata del combattimento vds. F. VIGLIONE, op. citata. 47 Testimonianza dell'allora aiutante maggiore in II del battaglione (FRANCO BIANCHI , Quasi un diario, inedito, citato da F. Viglione). 48 HENRY LE MIRE, De Narvik à Kolwesi, Albin et Miche!, Paris, p. 42. 49 P lERRE KOENlG, Bir Hacheim, Laffont, Paris 1971, p. 223. 50 Ibidem. 51 Diario storico del Comando XX corpo d' armata, data 27.5.1942. 52 C. BA.RNETT, op. citata, p. 214. 5J Ricordando gli avvenimenti di quella mattina, il gen. Mess.ervy commentò: «La battaglia diventò un vero schifo. Le forze corazzate non riacquistarono più l'equilibrio» (C. BARNETT, op. citata, p. 215). 54 A descrivere lo stato di impotenza in cui dovette dibattersi il Comando della Trnste sono sufficienti poche righe del diario storico alla data del 27 maggio: «li Generale comandante, che alle prime luci si trova con il Comando della divisione, si allontana per portarsi a sud di B. Hacheim nell'intento di ricercare il grosso della divisione nella zona dell'Ariete. Per alcune ore si rimane senza notizie e senza collegamenti(... ). Verso le 10 da comunicazioni intercettate dalle stazioni radio - si apprende che i reggimenti di fanteria e gruppi di artiglieria si trovano ad ovest di q. 186 di Eluet Malech ed il Capo di S.M. decide di riunire tutta la divisione in quella zona. Verso le ore 14 la riunione è realizzata(... ). Alle 16 circa il Generale comandante raggiunge il posto di comando, di ritorno dall'Arnte e dopo aver preso contatto con il Comandante del corpo d'armata. Messo al corrente della dislocazione delle unità (...) il Generale comandante invia il maggiore in serv. di S.M. Campa(...) al comando del XX Corpo d'armata per prendere ulteriori contatti e provocare ordini in relazione alla dislocazione che è venuta ad assumere la divisione
Trieste. Non si riesce ad entrare in collegamento radio né col Comando del corpo d'armata né con la divisione ArÙ!te. Circa a mezzanotte, non ritornando il magg. Campa, si invia altro ufficiale con l'incarico di raggiungere il Comando del corpo d'armata, ma questo rientra dopo circa tre ore avvertendo che il predetto Comando non trovasi nella zona indicatagli (...)». 55 Fra l'altro, Baldassarre aveva comunicato al Comando Superiore che la divisione era giunta alla zona B, cosa non esatta (Diario storico del Comando XX corpo d'armata, tele s.n. data 27.5.1942, ore 18,20). 56 E. ROMMEL, ap.citata, p. 136. 57 I.S.O. PLAYFAIR, op. citata, p. 226. La notizia della cattura di Messervy e del suo Comando non fu conosciuta da Norrie che la sera del 27 e non creduta da Auchinleck che il mattino del 28. 58 Diario storico del Comando XXI corpo d'armata, fono s.n. data 28.5.1942, ore 9,17. 59 I.S.0. PLAYFAIR, op. citata, p. 225. J. CONNELL, op. citata, pp. 525-526.
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61
F.W. VON Mf.LLENTHIN, op. citata, p. 120. Ibidem, p. 121. 63 Ibidem, p. 123. 6-4 A. KE.SSELRING, op. citata, p. 124. 6s Ibidem, p. 124. 66 l.S.0. PLAYFAIR, op. citata, p. 227. 67 L'impiego del gruppo H ccker per un'operazione anfibia ad oriente di Ain el-Gazala era sfumato, dato l'andamento degli eventi. 68 J.A.I. AGAR-HAf.UL'fON e L.C.F. TURNER, Crisis in the Desert, Oxford Univcrsity Press, Cape Town 1952, p. 32. 69 C. BARNErr, op. citata, p. 219. 70 Vale la pena di fare una precisazione. In questo, come in molti precedenti e successivi seguenti scontri nel deserto, no n è agevole indicare con esattezza i reparti partecipami . N el combatti mento in questione, secondo la versione ufficiale britannica, la 2• e la 22• brigata corazzata attaccarono senza successo «lo schermo controcarri» che le fromei;giava (I.S.0. PLA YFAIR, op. citata, p. 229). Secondo Rommel, notoriamente poco incline ad attribuire successi all'alleato, ma che per l'occasione elogiò l'Ariete, «nella mattinata si ebbero unicamente alcuni attacchi britannici 62
contro l'Ariete, che gli italiani respimero, e attacchi più deboli sul resto del fronce. Quel giorno vennero distrutti 57 carri armati nemici (E. ROMMEL, op. citata, p. 142). Secondo la versione ufficiale sudafricana, la 2• e 22• B.cor. mossero contro «una ritira ta nemica• ed i loro carri «Caddero sotto un fuoco pesante e soffrirono perdite», mentre «un reggimento della 4" brigata coraz· zata spese tutto il giorno attaccando inconcludentemente verso Bir el-Hannar. O.A.I. AGAR-HAMILTON e L.C.f. TURNER, op. citata, p. 37). Secondo un testimonio l'unica azione di rilievo del 30 maggio fu quella «condotta dalla 2" brigata corazzata che, aiutata da parte della 22 •, cercò di penetrare nelle forze nemiche schierate ad ovest e che si supponeva. costituissero la retrog11ardia di Rommel• (M. CARVER, op. citata, p. 236). Infine, secondo un'altra versione l'attacco, sferrato sotto la personale guida di Lumsden, fu lanciato dal 9° lancieri (2' B.cor.) contro •le posizioni dell'Afrika Korps s11l Bir Aslagh Ridge,. nel mattino del 30 e ritentato nel pomeriggio con il concorso di uno squadrone del 3° Co,mty of London Yeomanry (22' B.cor.) e l'appoggio di una sessantina di p~z.zi. Detti attacchi si infransero contro •uno schermo controcarri [di Rommel] formato da novanta bocche da fuoco compresi alcuni 88•. Un reggimento della 4a B.cor. stette per tutto il giorno ad attaccare •umtà nemiche imprecisate [probabilmente la 90' leggera] nell'area di Bir el-Hannat• (B. P1rr, The Crucible of War. Year ofAlamein 1942, Cape, London 1982, p. 58). 71 A. KESSELRJNG, op. citata, p. 125. 72 Dalla storia della 150' D.f., riportata da M. CAJWER, op. Citata, p. 239. n D. YoUNG, op. citata, p. 168. " Diario storico del XX corpo d'armata, f. 2475/0p. data 2.6. 1942. 7 s J. CONNELL, op. citata, p. 532. Avendo catturato una copia dell'ordine di operazioni di Rommel, il Comando dell'B• armata sapeva che la conquista di T<lbruk era sperata per il giorno X+4. 76
ibidem.
77
C. AUCHlNLECK, lettera in data 3.6.1942, Despatch cit., p. 392.
78
Ibidem, p. 357. C. BARNETT, op. citata, p. 221.
79 10
F.W. VON MEil.El'ITHIN, op. citata, p. 126.
11
ibidem, pp. 127-128.
12 J.A .I. ACAR·HAMILTON e LC.F. T URNER, op. citata, p. 39. u F.H. HINSLEY, op. citata, p . 373. Da notare che sino alla fine di maggio le informazioni - per lo più frammentarie - fornite dal servizio cifra inglese venivano diramate con almeno una settimana di ritardo. Dopo l'inizio dell'offensiva di Rommel il rii.udo venne ridotto a ventiquat· tr'ore.
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M. CARVER, op. citata, p. 246. Ibidem, p. 244. 86 J. CONNELL, op. citata, p. 536. 87 ANTHONY BRETT-jAMES, Bali of Fire, p. 184, riportato da J.A.I. AGAR-HAMILTON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 42, nota 1. 88 J. CONNELL, op. citata, p. 540. 89 M. CARVER, op. citata, p. 244. 90 F.W. VON MELLENTHIN, op. citata, p. 129. 91 Ibidem, p. 133. 92 Più precisamente era stato stabilito che «in caso di un 'azione di truppe corazzate, la fanteria de11e proteggere se stessa. La fanteria non deve ostacolare il movimento della 22• B.cor.• (I.S.0. PLAYFAIR, op. citata, p. 232). 93 J.A.I. AGAR-HAMILTON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 43-44. 9 ' Ibidem, p. 46. 95 J. CONNELL, op. citata, p. 547. 96 Secondo il rapporto di Messervy «a causa di qualche equivoco negli ordini trasmessi in cifra{. ..) alla 2• brigata corazzata, questa lesse ovest per est» (Ibidem, p. 548) 97 J. CONNELL, op. citata, p. 548. 98 Ibidem, p. 549. Ritchie però non era il solo a manifestare ottimismo ad oltranza. Nel tardo pomeriggio, il gen. Gott diramò il seguente rapporto situazione: «Il 6 giugno è stato un giorno favorevole. Il nemico ha ricevuto duri colpi per tutta la giornata e la situazione nella zona di Knightsbridge è grandemente migliorata. Secondo indizi il nemico ha fallito l'esecuzione del suo piano. Molte perdite in carri armati sono state sofferte dagli Unni e tutte le truppe hanno combattuto con successo e fiducia. In ogni settore importante il nemico è stato contenuto e respinto ed in molti casi ha subìto gravi perdite» Q.A.I. AGAR-HAMILTON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 51). Evidentemente, un commento è superfluo. 99 Un'accusa di incuria poco umana nei confronti dei catturati non sembra possa esser rivolta alle forze dell'Asse, impegnate in una lotta mortale. Del resto, Koenig comunicò al Comando del 30° corpo: «Poiché presenza di 600 indù compromette il compito di difesa della posizione, che ha limitate risorse d'acqua, qualora non venga presa alcuna decisione nei loro confronti, sarò, con dispiacere, costretto a portarli fuori del caposaldo [ed abbandonarli},, Q. MORDAL, op. citata, p. 102). 100 Il 3 giugno si presentarono nuovi parlamentari. Si trattava, per l'esattezza, di due soldati inglesi catturati dai tedeschi il giorno prima, i quali recavano un'ingiunzione di resa firmata da Rommel. La risposta fu data a cannonate. Il 5 giugno ebbe luogo il terzo ultimatum: una vettura a fari accesi condusse alle linee francesi un ufficiale tedesco che chiese di conferire con il comandante del caposaldo. Koenig, informato, rifiutò di vederlo e gli fece concedere cinque minuti di tempo per ripartire. L'ufficiale, comunque, lesse ad alta voce l'intimazione di resa e risalì in macchina. N eanche a farlo apposta, dopo pochi metri la vettura saltò su di una mina ed il parlamentare dovette tornare a piedi QEAN-NOWL VINCENT, Les Forces Françaises dans la tutte contre l'Axe en Afrique, Vincennes 1983, p. 153 e segg.). La cosa venne commentata dalla BBC con qualche nota di colore e Koenig 1'8 giugno inviò il seguente messaggio al gen. de Larminat: «L'emissione francese di Radio Londra si permette di riferire risposte n'dicole da parte mia alle tre intimazioni di resa del nemico. Ho risposto alla prima fermamente ma cortesemente. Sono un soldato e non un buffone. Chiedo che la difesa di Bir Hacheim non venga romanzata» (J. MORDAL, op. citata, p. 160). Per parte italiana, Mussolini, venuto a conoscenza della richiesta di resa presentata da Azzi, fece comunicare da Cavallero la propria disapprovazione (DSCS, tele 31099/0p. data 7.6.1942). 101 E. ROMMEL, op. citata., p. 150. Del rifiuto di Rommel di. impiegare i carri armati contro Bir Hacheim, Ritchie venne a conoscenza il 9 giugno da una decrittazione Ultra. 102 J.N. VINCEl\'T, op. citata, p. 183. 85
LA 8ATI'AGLIA 01 AJN El-GAZALA
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iol Il gruppo Hecker, dal nome del comandante del genio della Panzerarmee, ebbe composizione continuamente variata in relazione ai successivi compiti. A1 momento era formato dal II/27° fanteria deUa Pavia, dal battaglione San Marco, d a due batterie da 75/27 del 26° aniglieria della Pavia e da alcuni reparti tedeschi. IO< J.A.I. AGAR·HAMILTON e L.C.F. T URNER, op. citata, p. 51. 10 ~ Ibidem, p. 55.
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Ibidem.
DSCS, tele 31045/0p. data 2.6.1942, ore 17,25. ics DSCS, tele 31054/0p. data 3.6.1942. U tele 1/30 Serv. data 1.6.1942 del Comando Superiore lamentava il peggioramento della situazione degli automezzi, anche per l'afflusso di mezzi inferiore al programma. li tele 31051/0p. data 2.6.1942 del Comando Supremo precisava che in maggio erano sbarcati in Libia 1.700 automezzi tedeschi e 1.466 italiani e che i programmi diramati erano •indicativi» e «sicuramente esuberanti alk prevedibili po,sibilitÀ di trasporto•. BastiCO ribatté subito che 1.460 automezzi (contro i 1.906 programmati, di cui 456 rimanenza di aprile), tolti autovetture, mezzi speciali, trattori, carri armati, e mezzi per le altre forze armate, si riducevàno a 572 autocarri, tra leggeri e pesanti: ben poco, dunque, per le necessità logistiche ordinarie e straordinarie sulle piste del desert0. iw Settimanale Tempo, n. 49, data 2.12.1958: .Jl mar. &utico risponde a Montgamery,, p. 15. 110 Appunto del gen. Magli compilato per il diario storico del Comando Supremo il 6.6.1942. 111 DSCS, tele 31090/0p. data 6.6.1942 · allegato n. 16. 112 DSCSAS, tele 10990/0p. data 8.6.1942, ore 4,20. lll Appunto per il Duce ic data 9.6.1942 - allegato n. 17. 11 • Il Comando Superiore aveva trasmesso la segnalazione del Comando dell'armata coraz· zata, secondo la quale le perdite italo-tedesche alla data del 7 giugno si aggiravano sul 60% dei carri (di cui un terzo recuperabili in un paio di giorni), 10% delle aniglierie (riducibile con l'utilizzazione dei pezzi di preda bellica), 40% dei cannoni controcarri e 40% del personale. Bastico aveva commentato di trovarle esagerate e, nel contempo, precisato quelle italiane alla stessa data: 3.000 uomini, 125 carri, 44 autoblindo, 450 automezzi, 39 pezzi artiglieria e 74 cannoni da 47 /32. Di contro, le perdite complessive nemiche, sempre secondo la Panzerarmee, ammontavano ad oltre 10.000 prigionieri, 640 carri, 180 pezzi di artiglieria, 120 cannoni controcarri e 2.000 automezzi fra catturati e distrutti. Ali' osservazione di Cavallero, Kesselring confermò che le perdite tedesche in uomini erano in totale 2.500, che i pezzi controcarri perduti potevano essere sostituiti da quelli di preda bellica e che nessuna preoccupazione esisteva per le artiglierie campali. A proposito di Bir Hacheim disse: «Se Bir Hacheim esiste ancora, lo si deve al fatto che è difesa da Liberi Francesi e da comunisti italiani e tl!desch~
i quali non possono sperare salvezza che nella resistenza• (dal verbale della riunione). m Diario Cavallero, dal verbale deUa riunione. 116 DSCS, tele 31139/0p. data 10.6.1942, ore 21- allegato n. 18. 117 J. CONNELL, op. citata, p. 552. us L'8• armata aveva ricevuto la 3' brigata motorizzata indiana, la 10• divisione indiana, la 1• brigata corazzata ed unità minori. 119 F.H. HINSLEY, op. citata, pp. 381-382. 120 J. CONNELL, op. citata, pp. 557-559. 121 Ibidem, p. 560. 122 F.W. VON MELLEN1'HTN, op. citata, p. 135. 113 J. CONNELL, op. citata, p. 652. m F.H. HINSLEY, op. citata, p. 382. 125 D i solito le test imonianze dei presenti ad un combattimento sono ricercate e addotte a sostegno della vera verità del fatto d' arme. Ove si tratti di protagonisti, la cosa è accettabile ed utile, a prescindere dalla difesa di interessi personali, del resto facilmente individuabili. Negli altri casi, invece, il livello di osservazione è così limitato e le informaz.ioni raccolte a caldo così insicure da fornire spesso un quadro difforme della realtà. A puro titolo di esempio, A. Moorehead nel suo pur interessante La guerra nel deserto, descrive un attacco generale italo-tedesco sferrato il 27 o 28 maggio contro il caposaldo di Knightsbridge e respinto inesorabilmente dalle Guardie che
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LE OPERAZIONI lN AFRICA SETTENTRIONALE
resistettero .a quel vortice come uno scoglio nel mare» (p. 181), e poi ancora una accanita lotta di giorni e giorni (p. 188), mentre in effetti il caposaldo non venne mai investito direttamente, come risulta anche da Playfair e come detto esplicitamente da Carver (op. citata, p. 275). 126 C. A UCHINLECK, Despatch cit., p. 359. Secondo Playfair e Liddell Han i crnisers efficienti residui ammontavano a 50. 127 J. CONNELL, op. citata, pp. 562-563. 128 J.A.I. AGAR-HAMILTON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 73. •2'> Ibidem, pp. 73-74. 130 J. CONNELL, op. citata, p. 566. m Ibùkm, pp. 566-567. m Ibùkm, p. 568. m Ibidem. m F.W. VON MELLENTHIN, op. citata, p. 136. 35 ' La D.f. Brescia era rinforzata dal Comando 27° reggimento fanteria con il Il/27°, dal 9° bersaglieri e da una compagnia guastatori. 1136 I.S.0. PLAYFAIR, op. citata, p. 248.
Capitolo quinto LA RICONQUISTA DI TOBRUK
1. L'INVESTIMENTO DELLA PIAZZA
Prima di vedere come i due avversari considerassero la situazione
è opportuno accennare ad un importante avvenimento verificatosi in quei giorni in Mediterraneo: l'operazione da noi chiamata di «mezzo giugno 1942>>1• Malta viveva giorni penosi. Probabilmente il mese di aprile fu il suo periodo peggiore. Le circa 9.500 sortite degli aerei dell'Asse con le 6.700 tonnellate di bombe lanciate su cantieri, aeroporti, depositi e nodi stradali avevano pressoché neutralizzato l'isola come base offensiva. La disponibilità di velivoli era scesa ai minimi termini, la 10a flottigL .. ..,.:,;:;,mHgibili si trovava in via di trasferimento ad Alessandria, le scorte di viveri erano s.ufficienti sino a luglio a razione ridotta, quelle di carburante fino ad agosto. D'altronde, per la Gran Bretagna era utopistico, almeno per il mo>rrtento, pensare di distruggere gli aeroporti della Sicilia, dai quali partivano le micidiali offese, perché nell'assoluta impossibilità di inviarvi una forza aerea tale da conseguire risultati decisivi. È dunque comprensibile che l'organizzazione di un convoglio per Malta presentasse rischi e difficoltà enormi. In primavera, esaminando il progetto di due convogli contemporanei, partenti l'uno da Gibilterra e l'altro da Alessandria, i capi di Stato Maggiore esclusero l'idea di far muovere alcunché da Gibilterra: nelle circostanze attuali, esporre navi da battaglia o portaerei alle offese aeree lan~iate dalla basi in Sicilia ed in Sardegna diventava un lusso inconcepibile. Per converso, puntare tutto su un solo convoglio da Alessandria presentava maggiori incognite e «il provvidenziale successo del convoglio di marzo, che era stato principalmente determinato dalle condizioni atmosferiche»2 difficilmente si sarebbe ripetuto. In conclusione, il 26 aprile i capi di Stato Maggiore annunciarono che il prossimo tentativo di alimentare Malta doveva essere rimandato a giugno, allorché gli sviluppi favorevoli dell'offensiva di Auchinleck avessero consentito l'invio di un convoglio da Alessandria, senza scorta di navi da battaglia, entro i limiti di un rischio accettabile. Qualora, poi, la situazione nell'Oceano Indiano fosse stata tranquillizzante, l'amm. Somerville avrebbe portato in Mediterraneo la Warspite
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e tre navi da battaglia ed allora il problema della sicurezza sarebbe caduto. In maggio le cose migliorarono sensibilmente. Anzitutto la partecipazione tedesca all'offensiva aerea diminuì di colpo a causa del trasferimento dalla Sicilia di gran parte del Il Fliegerkorps: due gruppi caccia per il fronte russo e numerosi rinforzi concessi al Fliegerfuhrer Afrika (40 Stuka, 10 Ju. 88, 30 Me. 109 e 15 Me. 110). Poi, il 9 maggio, le portaerei Wasp (prestata da Roosevelt) e Eagle provenienti da Gibilterra lanciarono 64 Spitfire, che mutarono radicalmente le condizioni della difesa aerea, e della capacità offensiva di Malta, ed il giorno 18 la Eagle ne fece decollare altri 17 assicurando in tal modo la superiorità aerea locale. Nel frattempo, il 10 maggio il posamine veloce Welshman era riuscite a scaricare a La Valletta 340 tonnellate di preziosi rifornimenti, per la maggior parte munizioni. Inoltre, fra la fine di maggio e i primi di giugno la Eagle lanciò a Malta ancora 55 Spitfire, mentre i tedeschi ritirarono dalla Sicilia altri tre gruppi da bombardamento, lasciandovi soltanto due gruppi Ju. 88 con organici ridotti al 50% ed un gruppo caccia. È vero che l'Aeronautica Sicilia venne potenziata da Superareo, cosicché in giugno essa dispose di quattro gruppi da bombardamento, due di bombardieri a tuffo, uno di aerosiluranti e quattro di caccia, ma la loro efficienza tecnica non era pari né a quella dell'alleato né a quella del nemico. Naturalmente, tutto ciò non modificava l'improrogabile necessità del convoglio di giugno per Malta: se questo non fosse arrivato «l'isola sar,+!·e -:aduta senza ulteriore sforzo da parte dell'avversario 3 • Proprio in relazione a queste considerazioni il 10 maggio Churchill aveva scritto ad Auchinleck che la data ultima per attaccare in Marmarica doveva essere «tale da favorire il passaggio del convoglio previsto per il periodo
di giugno senza luna». Senonché, a complicare ulteriormente la situazione, Rommel aveva preso l'iniziativa facendo sfumare la speranza di occupare gli aeroporti della Cirenaica occidentale. L'unica misura che poté concretare il Comando in capo del Medio Oriente fu l'organizzazione di un'azione su larga scala contro i predetti aeroporti e quelli di Creta, anche se il piano non ottenne grandi risultati. Il S.I.M., infatti, nella notte sul 12 intercettò e decrittò la notizia inviata dal Cairo a Washington: «Nel-
la notte dal 12 al 13 giugno unità di sabotatori britannici effettueranno un attacco simultaneo contro gli aerei di nove aeroporti dell'Asse», ed avvisò immediatamente il Comando Superiore e l'OBS. A Martuba e ad el-Ftèjah i tentativi vennero sventati ed i sabotatori in gran parte catturati o uccisi; a Barce saltarono due piccoli depositi munizioni.
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Qualcosa di più ottennero i commandos a Bengasi: riuscirono ad incendiare due capannoni ed a distruggere quattro aerei a Benina, nonché a danneggiare cinque apparecchi all'aeroporto del chilometro 3. A Creta, invece, i tedeschi si fecero sorprendere e persero 28 aerei, 6 autocarri, circa 100.000 litri di benzina e 400 bombe. Il piano inglese per rifornire Malta comprendeva due operazioni, Harpoon da Gibilterra e Vigorous da Alessandria, molto simili alle precedenti dello stesso tipo. Harpoon prevedeva che il convoglio WS/19.Z, costituito da cinque mercantili ed una petroliera, entrasse in Mediterraneo il 12 giugno. Sarebbe stato scortato da una formazione principale, Forza W (amm. A.T. Cu rteis) - composta dalla nave da battaglia Malaya, dalle portaerei Eagle e Argus (complessivamente 22 caccia), dagli incrociatori Kenya, Liverpool e Charybdis e da otto cacciatorpediniere -, e dalla Forza X (cap. vascello Hardy), costituita dall'incrociatore contraerei Cairo e nove cacciatorpediniere. C'erano anche quattro dragamine di squadra e sei motodragamine, destinati tutti a restare a Malta, dopo aver aperto la via al convoglio nelle acque minate intorno all'isola, nonché quattro sommergibili incaricati di stare in agguato fra la Sicilia e la Sardegna. La Forza W doveva tornare a Gibilterra una volta arrivata all'altezza di Tunisi; la Forza X aveva il compito di proteggere il convoglio sino a destinazione. A parte, la Forza Y (una petroliera e due corvette), per il rifornimento in mare delle navi che ne avessero bisogno. Ad Alessandria la Mediterranean Fleet per un lungo periodo si era trovata in difficoltà. L'11 maggio aveva subìto la grave perdita di tre cacciatorpediniere, su quattro, inviate contro un convoglio già pervenuto a Bengasi da tre giorni. Quando la formazione fu avvistata da ricognitori tedeschi invertì la rotta ma il sopraggiungere di apparecchi della za Lufiflotte da Creta portò all'affondamento dei tre cacciatorpediniere. Nella prima decade di giugno arrivarono rinforzi: complessivamente 4 incrociatori e 10 cacciatorpediniere. Ormai c'erano navi sufficienti per agire e l'amm. Harwood, che il 20 maggio aveva sostituito l'amm. Cunningham, destinato a Washington, passò alla pianificazione di Vigorous, intesa a portare a Malta undici piroscafi. Per ragioni di sicurezza il convoglio, denominato MW.11, venne diviso in tre sezioni. La sezione C, composta da quattro piroscafi e scortata da un incrociatore ed otto cacciatorpediniere, lasciò per prima Porto Said l' 11 giugno, con l'ordine di superare il meridiano di Sollum allo scopo di provocare il prematuro intervento della flotta italiana. Poi, nella notte sul 13, avrebbe invertito la rotta per riunirsi alle sezioni A e B, partite rispettivamente da Haifa e da Alessandria, trentasei ore
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più tardi. In totale le forze al comando dell'amm. Vian per la protezione e la sicurezza dell'MW.11 ammontavano a 8 incrociatori (di cui uno contraerei), 26 cacciatorpediniere, 4 corvette, 2 dragamine, 18 sommergibili, una nave trasporto speciale (ex nave da battaglia del 1911, ritenuta da Supermarina camuffata da nave da battaglia efficiente), 2 navi salvataggio. Alle 7,55 del 12 informatori della zona di Gibilterra avvisarono Supermarina che laMalaya, l'Eagle e l'Argus, non meno di tre incrociatori e molti cacciatorpediniere avevano lasciato Gibilterra diretti verso oriente. Ulteriori notizie precisarono che parecchie altre navi, provenienti dall'Atlantico, erano passate di notte attraverso lo stretto, a fanali spenti. A Roma si ipotizzò subito una grossa operazione di rifornimento per Malta, tanto più che in mattinata si seppe dell'uscita di un convoglio anche da Alessandria. Alle 13, alla riunione giornaliera sui trasporti tenuta al Comando Supremo, l'amm. Sansonetti, sottocapo di Stato Maggiore della R. Marina, osservò che probabilmente era in atto un tentativo di passaggio da parte dell'intera Forza H ed aggiunse: «È stato mandato un altro sommergibile sul posto. L'Aeronautica, per conto suo, ha preso e prende molte disposizioni. Noi potremmo anche mandare delle navi, però ci troviamo di fronte al fatto che queste navi, ad operazione compiuta, rientrando a Napoli o a Messina, non troverebbero più nessun rifornimento, sicché sono stati chiesti dall'ammiraglio Riccardi ordini al Duce»•.
La frase di Sansonetti rispecchiava una realtà letteralmente angosciosa: la carenza di nafta aveva toccato livelli insostenibili. Il 6 giugno lo stesso Sansonetti aveva comunicato che ,per riempire i cc.tt. di Taranto si è dovuto svuotare una corazzata>/; il 10 che «forse bisognerà tardare la partenza delle navi città e la partenza del convoglio Roselli perché in questo momento manca la nafta per le scorte», nafta attesa dall'Albania, ma in ritardo a causa del sabotaggio di ponti in Croazia6. Il giorno 11 l'amm. Riccardi aveva affermato: «La situazione della nafta è già stata rappresentata ieri dall'amm. Sansonetti ed è tragica. Questa è l'unica parola con la quale si può veramente definire la situazione (...). Abbiamo in questo momento circa 15.000 tonn. di olio combustibile che sono ferme e non si sa quanto tempo rester anno ferme. Ogni sosta si riproduce [ = ripercuote] inevitabilmente sopra gli arrivi e i nostri depositi sono vuoti. Che possa avvenire in futuro ancora non possiamo dirlo. Cerco è che noi abbiamo l'appoggio completo da parte della Marina tedesca, la quale conosce perfettamente la nostra situazione, però la sua situazione è presso a poco uguale alla nostra. Evidentemente solo una ragione di impossibilità acuta impedisce alla Marina tedesc<1 di venirci incontro, come ha fatto finora. Tutte
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le azioni nel Mare del Nord e nell'Atlantico da parte della Marina tedesca sono quasi completamente ferme. Si tratta di un problema di politica militare che riguarda essenzialmente la, situazione in Albania. Certo non è una questione che potrà avere la sua pronta soluzione(...). Noi siamo obbligati in questo momento ad aspettare l'arrivo di un treno per poter essere sicuri di fare partire una torpediniera ( ...). In sostanza noi viviamo non alla giornata ma al minuto, per cui noi oggi facciamo il programma del giorno 13 senza sapere quello che potremo fare in seguito finché non si sbloccano le 16 mila tonn.,>7.
E lo stesso giorno 12, prima ancora di parlare della Forza H, Sansonetti aveva detto che per un convoglio di due motonavi trasporto truppe era stato necessario ricorrere ad un ripiego, «cioè quello di far prendere ai cc.tt. di scorta la nafta dei cc.tt. che erano pronti per il convoglio che doveva partire due giorni dopo» 8 • Dal canto suo, il gen. Santoro, sottocapo di Stato Maggiore della R. Aeronautica, il 7 giugno era intervenuto in merito alla difficoltà della ricognizione aerea, specie notturna, contro i sommergibili con un commento sintomatico: Se ci danno la benzina, noi possiamo stare tutta la notte in servizio. Gli inglesi hanno la benzina e noi invece non l'abbiamo! L'Aeronautica italiana dispone ogni mese di 11 mila tonn. di benzina. Ne avrebbe invece bisogno di 20 mila per fare tutto il servizio. Si fa presto il calcolo delle possibilità che si possono avere con 11 mila tonn. di benzina»9•
Date le circostanze, diventava inevitabile chiedere le decisioni di Mussolini e questi non esitò: la squadra italiana doveva prendere il mare per affrontare la Forza H uscita da Gibilterra. «Se le forze navali inglesi vengono verso il Mediterraneo centrale - disse - le forze navali italiane non possono rimanere nei porti. Il consumo della nafta è quindi • ifìtcato 10. giusti La prima idea fu di interdire ovunque con sommergibili il convoglio di ponente, logorarlo con l'aviazione a sud della Sardegna ed attaccarlo di sorpresa all'alba del 15 con unità leggere e sottili. A levante, invece, la squadra doveva intercettare il convoglio di Alessandria possibilmente nelle ore antimeridiane, in modo da impedirgli di rompere il contatto approfittando nella notte. Senonché, la sera del 12, l'intervento di Kesselring portò ad una pausa d'attesa: la ricognizione tedesca aveva avvistato, e poi attaccato, nel bacino orientale piroscafi per complessive 30.000 tonnellate (si trattava della sezione C del convoglio MW.11), danneggiando gravemente due mercantili. Era probabile che l'operazione inglese da Gibilterra fosse in realtà una diversione intesa a provocare l'invio delle forze navali verso ovest. «Ragione questa valida - disse Kesselring - per non far passare le navi in Tirreno, ma per
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tenerle in posizione tale da consentire il loro intervento a levante o-ppure a ponente» 11 • Ad ogni modo, il giorno 13 venne lasciato all'insidia dei sommergibili ed alle incursioni dell'aviazione. Fu al mat:tino del 14 che Supermarina diramò l'ordine esecutivo: il controllo dell'operazione Harpoon era affidato all'amm. Da Zara con la 7a divisione navale; quello dell'operazione Vigorous all'amm. Jachino con il grosso della flotta. Non è il caso di addentrarsi nella disamina degli scontri perché si andrebbe fuori tema 12, sta di fatto che dei due convogli britannici, il WS/ 19.z toccò Malta semidistrutto mentre l'MW.11 non giunse nemmeno a destinazione: quando l'amm. Harwood seppe, ad Alessandria, che la flotta italiana aveva preso il mare finì per decidere il rientro di Vian. In definitiva, le due operazioni si risolsero per la Gran Bretagna in una grossa delusione (su 17 mercantili, due arrivarono a Malta, sei affondarono e nove dovettero tornare indietro), anche se le 15.000 tonnellate di rifornimenti sbarcate nell'isola riuscirono a dare un preziosissimo contributo alla resistenza. Da parte italiana il successo venne considerato pieno, nonostante il prezzo pagato: affondamento dell'incrociatore Trento e messa fuori combattimento per un paio di mesi della corazzata Vittorio Veneto . Complessivamente, l'Asse perse un incrociatore, 28 aerei italiani e 15 tedeschi e subì danni ad una corazzata e ad un cacciatorpediniere. La Gran Bretagna ebbe un incrociatore, cinque cacciatorpediniere e sei mercantili affondati e venti aerei perduti; quattro incrociatori, cinque cacciatorpediniere, due dragamine, una corvetta, una vecchia nave da battaglia e sette mercantili più o meno gravemente danneggiati. A prescindere dal risultato, bisogna sottolineare che in campo italiano la cooperazione aeronavale lasciò ancora a desiderare per molti aspetti. È pur vero che la disastrosa conclusione dell'operazione Har· poon, dovuta essenzialmente all'intervento aereo che decimò il convoglio, fu fortemente agevolata dalla 7 a divisione navale che provocò il rallentamento e lo sparpagliamento del convoglio stesso. È vero che la rinuncia all'operazione Vigorous fu determinata dalla presenza in mare della squadra italiana, anche se le incursioni deW aviazione, specialmente di quella tedesca, furono micidiali. «Non può non rilevarsi, tuttavia,
che il successo tattico nel contrasto al convoglio di Gibilterra non fu adeguato ali 'entità delle forze impiegate - osservò il gen. Santoro - né così completo come forse avrebbe potuto essere se alcune manchevolezze non si fossero rilevate nell'impiego aereo e navale» 13 e «Nel campo della collaborazione aero·marittima - ammise l' amm. J achino - non si è mostrato da parte nostra un serio progresso. La ricognizione è stata scarsissima di
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risultati e molto tardiva nelle informazioni; la difesa della caccia spesso assente, sempre inefficiente»14•
*** Come sappiamo, sin dal gennaio, con la direttiva n. 110, Auchinleck aveva affermato essere sua intenzione evitare la difesa permanente 15 di Tobruk o di qualunque altra località ad occidente della frontiera 16 e tale volontà, ribadita in febbraio con la direttiva n. 111 , aveva ultimamente rinnovato anche di fronte alle insistenze di Ritchie. A Londra, però, si viveva in un diverso ordine di idee: «Non avevamo alcun dubbio c;he [Tobruk] dovesse esser difesa ad ogni costo» ebbe a dire Churchill 17 • Questa affermazione è stata molto discussa perché le direttive del comandante in capo del Medio Oriente erano state inviate in copia al capo di Stato Maggiore Generale Imperiale. Comunque, il 13 giugno, allorché Auchinleck volle sottolineare la difficoltà per Ritchie di individuare il momento giusto per ritirare le due divisioni da Ain el-Gazala, scelta delicatissima in quanto avrebbe comportato un movimento retrogrado alla «vecchia frontiera» interessante l'intera armata, Churchill colse un motivo di allarme. Lì per lì rispose compiacendosi per la decisione di battersi ad oltranza, ma subito dopo, nella stessa giornata del 14, chiese delucidazioni: «Su quale posizione Ritchie intende ritirare le truppe di Ain el-Gazala? Presumo che in ogni caso non si debba pensare ad abbandonare Tobruk. Finché Tobruk è nelle nostre mani, non è possibile alcuna seria avanzata nemica in Egitto. Noi abbiamo già conosciuto queste vicende nell'aprile 1941. Non capisco che cosa intendiate con l'espressione «ritirata alla vecchia frontiera». Sono molto lieto che trasferiate la divisione neozelandese nel Deserto occidentale. Fatemi sapere quando potrà essere in linea e dove ( ...)»18•
Auchinleck si trovò improvvisamente in serio imbarazzo, ben comprendendo il pensiero dominante a Londra. Esaminò a lungo la questione con i propri diretti collaboratori. Riteneva l'8a armata ancora sufficientemente forte per difendere Tobruk con -una guarnigione adeguata, accettandone anche un breve isolamento, e manovrare con una forte massa mobile a sud della piazza. Alle 1,30 del 15, per chiudere la discussione, il gen. Dorman-Smith, sottocapo di Stato Maggiore, gli domandò esplicitamente se i suoi intendimenti potevano sintetizzarsi in due punti: che non fosse da prendere in considerazione un nuovo assedio di T obruk e che Rommel dovesse essere bloccato sulla linea Acroma-e! Adem-Bir el Gobi. Auchinleck rispose affermativamente ed ordinò che in mattinata proprio Dorman-Smith recasse all'8a armata una direttiva in tal senso.
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A dire il vero la lettera per Ritchie fu stranamente generica. In sostanza, si limitò a porre in evidenza l'importanza tattica di el-Adem ed incitò ad uno sforzo massiccio in quel settore: «(...) Mi rendo conto che le truppe possono essere stanche e disorganizzate, ma probabilmente il nemico lo è ancora di più, e comunque tali considerazioni non debbono impedirvi di concentrare tutte le forze disponibili nel tratto decisivo, che secondo me è el-Adem. Conto su di voi affinché nulla sia risparmiato per conseguire questo scopo (...)»'9•
Ma, con ogni probabilità, la concezione operativa doveva essere illustrata a viva voce. Infatti, non Dorman-Smith ma il gen. Corbett, capo di S.M., portò in volo il messaggio. Il colloquio con Ritchie sembra sia stato piuttosto agitato. Le cose non erano poi tanto lisce come sembrava ritenersi al Cairo: il grosso della 1 a sudafricana e della soa inglese si trovavano ormai al confine; la 1a divisione corazzata (o meglio quello che ne restava) stava procedendo sulla Balbia ad est di T obruk; una colonna corazzata tedesca si era infilata tra T obruk ed elAdem giungendo sino a ed-Duda. Quindi Ritchie, che non aveva affatto l'armata concentrata, non manifestò alcuna intenzione di dar battaglia ad el-Adem. Intanto, nella tarda mattinata dello stesso 15 giugno, Auchinleck aveva mandato a Londra un riassunto degli ordini impartiti: «Ho ordinato al generale Ritchie d'impedire al nemico di superare la linea Acroma-el Adem-el Gobi. Questo NON significa che essa debba esser tenuta come linea fortificata, bensì che al nemico NON deve essere concesso di passare ad est di essa. Le due divisioni ritirate dalle posizioni di Gazala saranno disponibili per conseguire tale scopo. Quantunque io NON voglia che 1'8• armata venga assediata in Tobruk, NON ho alcuna intenzione di rinunciare a Tobruk. Gli ordini da me impartiti al generale Ritchie sono: a) NON cedere al nemico la linea Acroma-e! Adem-el Gobi; b) NON permettere che le sue forze vengano investite in Tobruk; c) attaccare e molestare il nemico dovunque se ne presenti l'occasione. Frattanto propongo di costituire una riserva quanto più forte possibile nella zona Sollum-Maddalena allo scopo di lanciare una controffensiva non appena possibile. La divisione neozelandese, già in marcia, dovrebbe raccogliersi tutta fra dieci o dodici giorni, ma naturalmente gli elementi di testa saranno disponibili anche prima, se necessario (...)»20 •
Sulla questione T obruk c'era qualche ombra e Churchill non ne rimase soddisfatto, constatando l'inesistenza di un tassativo ordine di difendere la piazza. Poiché non era tipo da sorvolare su quanto gli stava a cuore, non esitò a forzare la mano:
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«Siamo lieti - replicò - di ricevere la vostra assicurazione circa la volontà di non cedere T obruk. Il Gabinetto di guerra interpreta il vostro telegramma nel senso che, in caso di necessità, il generale Ritchie lascerebbe a Tobruk tante truppe quante ne occorrono per garantire il sicuro possesso della piazza» 21•
Auchinleck si trovava a disagio, anche perché Corbett, rientrato al Cairo la sera del 15, gli aveva riferito della spiacevole discussione con il comandante dell'8a armata, del rifiuto puro e semplice di questi di difendere ad oltranza la linea Acroma-el Adem-Bir el Gobi e dei provvedimenti presi per assicurare la padronanza della piazza qualora isolata. D'altra parte, secondo il gen. de Guingand, capo del servizio informazioni del Comando in capo del Medio Oriente, Auchinleck era «molto preoccupato [temendo] che il proprio controllo non rendesse ancor più difficile il compito di Ritchie» ed in definitiva non voleva esercitare indebite interferenze nella sfera decisionale del comandante dell'sa armata, tanto che più tardi ebbe ad osservare: (<Forse in quel periodo ho tenuto Ritchie troppo per mano»22 • Cosicché si rassegnò. Prima scrisse a Ritchie: pur avendo sostenuto senza mezzi termini che T obruk non doveva essere investita, si rendeva conto della possibilità che essa rimanesse per breve tempo isolata, in attesa della controffensiva. Perciò egli, Ritchie, era «libero di organizzare la guarnigione come meglio riteneva e di far restare nella piazza gli organi dei servizi ed i quantitativi di scorte reputati necessari al fabbisogno del presidio o per agevolare la controffensiva»23 • Poi, consultati gli altri due comandanti in capo, rispose a Churchill: «L'interpretazione del Gabinetto di guerra è esatta. Il generale Ritchie sta facendo affluire a T obruk le truppe che considera adeguate a difenderla, anche nel caso in cui venisse temporaneamente accerchiata dal nemico. Il grosso della guarnigione è costituito da quattro brigate con relative dotazioni di munizioni, viveri, carburante ed acqua. Condizione per le operazioni dell'8 3 armata nell'immediato futuro è il possesso della zona fortificata di el-Adem quale perno di manovra, e l'impiego di tutte le forzé mobili disponibili per impedire che l'avversario si piazzi ad oriente di el-Adem o di Tobruk. Ordini precisi in merito sono stati impartiti al generale Ritchie e confido che egli sarà in grado di eseguir li. La situazione è assolutamente differente da quella dell'anno scorso, perché adesso noi e non il nemico occupiamo posizioni fortificate alla frontiera, e i nostri caccia possono agire nel cielo di Tobruk, anche se l'uso delle strisce di atterraggio di Gambut ci è momentaneamente negato. Mi sembra che per investire Tobruk e per coprire le nostre truppe sulle posizioni di confine, il nemico avrebbe bisogno di forze superiori a quelle di cui, secondo le nostre informaziòni, dispone. Stando cosl le cose, dovremmo
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essere in grado di impedire che la zona fra la frontiera e Tobruk passi sotto il controllo avversario. Ho discusso la questione con il ministro di Stato e con gli altri comandanti in capo, che concordano con la linea di condotta esposta»2'.
Più tardi, Auchinleck volle spiegare le proprie intenzioni. «Quando decisi di tenere Tobruk - egli scrisse - non mi ero reso conto che l'sa armata sarebbe stata incapace di ostacolare le operazioni del nemico contro la piazza» ed aggiunse che la presenza di una forza mobile a sud della città doveva limitarne la difesa ai soli tratti occidentale e meridionale del perimetro. Inoltre, considerava disponibili per l'impiego in loco tutte le tre divisioni di fanteria: 1a e 2 3 sudafricana e 50 3 inglese25 • L'ultima parola fu di Churchill. Alla vigilia della partenza per gli Stati Uniti, telegrafò la propria approvazione circa la riunione dell'8a armata sul nuovo fronte a stretto contatto con i rinforzi e precisò che «il Gabinetto è stato molto lieto di apprendere che intendete tenere Tobruk a tutti i costt>}• 26 . Non si può dar torto a Churchill se le previsioni operative parevano sufficientemente tranquillizzanti. «Considerando che il piano di Auchinleck era stato quello di attendere l'attacco nemico - scrisse il Premier - e ricordando tutti i mesi trascorsi, ci riusciva inconcepibile che le fortificazioni di Tobruk, già magnificamente collaudate, non fossero state tenute al più alto grado di efficienza ed anzi non fossero state rafforzate» e, naturalmente, una battaglia difensiva, accettata nei pressi di un simile bastione e di una «uscita di fortuna}> quale garantita dal porto, non poteva che aver luogo sotto i migliori auspici. Se poi la sorte fosse stata contraria, Tobruk avrebbe assunto nuovamente il ruolo di fortezza assediata e l'8a armata si sarebbe ritirata sino a Marsa Matruh, obbligando Rommel ad allungare fortemente la propria linea di rifornimento ed a fronteggiare la spina nel fianco costituita della piazza. A questo punto è ovvio che l'afflusso di potenti rinforzi via mare non avrebbe tardato a rovesciare la situazione a favore dell'8 a armata. Tale visione strategica, affermò Churchill, «credevamo condivisa in pieno dal coman· capo»27. dante in Intanto Ritchie si era recato in aereo a T obruk per parlare con Gott, il quale stava provvedendo alacremente affinché il gen. Klopper, comandante della 2 3 divisione sudafricana, fosse in condizione di resistere anche ad un breve assedio. Gott dipinse la situazione a colori decisamente rosei: affermò che le difese perimetrali apparivano soddisfacenti, la guarnigione numerosa e ben equipaggiata, le scorte abbondanti, il superfluo già in corso di evacuazione verso la frontiera. Klopper, in base all'assicurazione che el-Adem e Belhamed sarebbero state
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solidamente tenute, garantl dal canto suo di poter resistere per tre mesi. Insomma, il quadro risultava molto migliore di quello dell'anno precedente. K.lopper ricevette gli ordini definitivi del 13° corpo quello stesso pomeriggio del 16 giugno, dopo la visita di Ritchie. Spiccava in essi una frase molto significativa, specie considerando il grosso ammassamento di automezzi operato dal corpo d'armata: «In determinate circostanze può rendersi necessario ritirare la guarnigione di Tobruk alla frontiera». Giustamente è stata rimarcata l'incongruenza della cosa, in quanto proprio Gott aveva sostenuto che uno dei motivi, se non il principale, che inducevano ad accettare l'assedio era l'impossibilità di una ritirata ordinata. · A parte ciò, l'ordine di operazioni chiariva il concetto che, ad evitare un assedio di lunga durata, la guarnigione sarebbe dovuta intervenire anche esternamente al perimetro difensivo; il 30° corpo avrebbe tenuto i perni di el-Adem, ed-Duda, Belhamed e Sidi Resegh; colonne mobili ed unità corazzate ayrebbero agito a sud della piazza contro i fianchi e le spalle dell'avversario. Qualora le forze dell'Asse fossero riuscite a farsi strada fino ad oltre Belhamed, sarebbero intervenuti il 30° corpo o l'armata per riconquistare le posizioni perduti o riaprire una linea di comunicazione con la piazza o recuperare la guarnigione. Intanto Klopper doveva pianificare un'operazione per tenere aperta la via Balbia ad oriente, in cooperazione con le colonne mobili in attività più a sud; una seconda (operazione Lamphrey) per riconquistare Belhamed in concomitanza con un intervento del 30° corpo. Che Tobruk rimanesse completamente circondata ed assalita in forze non era contemplato28. Ritchie era estremamente influenzato da Gott - il quale, tutto sommato, rimaneva fermo sulla convenienza di raccogliere l'8a armata al confine, lasciando che T obruk venisse assediata - e, tornato in fretta al proprio Comando, riferì ad Auchinleck: «(...) Ho discusso a lungo con Gott oggi e mi sono convinto che possiamo sempre accettare l'investimento di Tobruk per brevi periodi con ogni probabilità di successo, se facciamo ogni possibile sforzo per approntare un robusto complesso di forze a sud. Belhamed è il punto più importante per garantire la difesa della porta aperta. Perciò dobbiamo fondarci sul possesso di el-Adem per coprire Belhamed. I rapporti odierni indicano che circa il 70% della so• divisione è tornato indietro, ma credo che le notizie successive daranno una situazione migliore. Sto cercando, secondo il vostro desiderio, di rinforzare il box di el-Adem con
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ulteriore artiglieria, ma non è stato ancora possibile a causa della situazione tattica locale ( ...)»29 •
.Questo messaggio fu scritto alle 16,30 del 16 giugno. Ma c'erano nov1ta. Sin dal mattino, il DAK ed il XXI corpo erano stati proiettati verso est. Alcune divisioni si trovavano ancora impegnate nel settore di Acroma, ma quelle disponibili vennero sollecitate. Rommel era persuaso di due cose: che Tobruk sarebbe stata difesa come nel 1941, anche se accerchiata, ma con una guarnigione «molto disorganizzata>>; che il caposaldo di el-Hatian, cioè il box di el-Adem, rivestisse una grande importanza nel piano difensivo britannico. Ma già la sera del 15 le intercettazioni avevano rivelato discussioni fra i comandanti inglesi, varianti al ripiegamento e modifiche al dispositivo, che pareva imperniarsi sul caposaldo di el-Hatian come appoggio meridionale alla sistemazione difensiva di Tobruk. <<Ànche qui bisognava agire rapidamente» scrisse Rommel 30• La 21 a Panzer, dunque, occupò ed-Duda non incontrando difficoltà di rilievo, ma poi, investita da più incursioni della Desert Air Force e subìte notevoli perdite a causa, soprattutto, degli Hurricane II D dotati di cannone da 40, dovette sostare. Fu in grado di muovere contro il caposaldo di Sidi Rezegh, occupato dal I/6° Rajputana Rifles, soltanto verso le 16, previa costituzione di un fianco difensivo per tener lontana la 4a brigata corazzata, in arrivo da Gambut. Il combattimento si interruppe senza risultati concreti al calar della notte, tuttavia aumentò l'orgasmo in ambito britannico. Da un paio di giorni i grossi depositi della base avanzata di Belhamed erano in corso di sgombero verso le retrovie. Il 16 giugno rimanevano circa 1 milione di razioni di viveri e circa 7 milioni di litri di carburante. Per ordine di Ritchie quella benzina fu rovesciata sulla sabbia. Ad el-Adem la 90 3 leggera aveva rinnovato i tentativi contro il caposaldo di el-Hatian, ma ancora invano. La richiesta di un rinforzo di carri formulata a mezzogiorno dal gen. Kleeman non era stata accolta da Rommel perché la 15 3 Panzer era ancora lontana. In compenso, verso le 15, il comandante dell'armata riconobbe l'opportunità di interrompere lo sterile attacco, accettando per il momento il semplice accerchiamento della posizione. Più a sud stava giungendo l'Ariete, diretta a tagliare la pista per Bir el-Gobi, la quale, incontrate alcune colonne della 7 3 brigata motorizzata, le respingeva agevolmente, completando l'isolamento della z9a brigata indiana. \
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Stando così le cose e considerando la situazione dei boxes isolati della brigata indiana a Belhamed ed a Sidi Rezegh, apparve chiaro ai Comandi inglesi il reale pericolo di perdere un caposaldo dopo l'altro senza la possibilità di intervenire efficacemente, date le esigue unità corazzate rimaste. Poco dopo mezzogiorno Norrie e Messervy, da cui ora dipendevano la 20a e la 29a brigata indiana, convennero che per non sprecare inutilmente ambedue le brigate bisognava ritirarle alla frontiera. Messo al corrente di questa valutazione, e lasciato libero di agire di iniziativa, Ritchie evidentemente non attribuì più alla posizione di el-Adem l'importanza di cui si era appena mostrato tanto convinto con Auchinleck ed alle 17,30 disse a Norrie che, non essendo molto al corrente dell'andamento della lotta in quel settore, gli lasciava la facoltà di decidere in relazione al momento tattico locale. Norrie non aspettava altro e dette ordine che il caposaldo di el-Hatian venisse abbandonato la notte stessa. A quel punto il ripiegamento forse era inevitabile, ma né Ritchie, né Norrie, né Messervy immaginavano che, dopo l'ultimo tentativo effettuato dalla 90a leggera nel pomeriggio, Rommel aveva disposto la sospensione degli sforzi. Né si resero conto dei riflessi che l'abbandono di el-Adem avrebbe avuto sulla difesa di Tobruk. Ad occidente di T obruk, in serata la sacca formata fra la lìnea di Ain el-Gazala e la posizione di Acroma era completamente ripulita e Navarini e Gioda presero ad avanzare verso Tobruk, svincolando prima la 15a Panzer e poi la Trieste. I movimenti ebbero luogo fra il 17 ed il 18. Il XXI corpo si portò ad oriente della Strada dell 'Asse - il cui sblocco era indispensabile per farvi sfilare la 1sa brigata Schutzen (passata alle dirette dipendenze dell'armata), le artiglierie d'armata ed i rifornimenti per l'Afrikakorps - con il 7° bersaglieri a nord della Balbia, la Sabratha fra la Balbia ed il ciglione Harf Musa e la Trento più a sud. Peraltro le resistenze opposte dai reparti nemici ancora ad ovest di Tobruk e l'intenso fuoco di artiglieria furono più impegnativi del previsto, talché l'ultimo obiettivo assegnato alla Trento, il posto scoglio denominato dai sudafricani Acroma Keep, venne conquistato il 19 mattina, dopo un combattimento di un paio d'ore. Il X corpo, dal canto suo, venne spostato prima a cavallo del Trigh Capuzzo, sino a Bir Lefa, poi diretto a sud di Tobruk, con il 9° bersaglieri ad occiden.t e della pista per Bir el-Gobi, a Bir Batruna; la Brescia ad oriente, da el-Adem a Bir Bu Assaten; la Pavia a sud di el-Adem. Nella tanda serata del 16 giugno Ritchie comunicò al Comando in capo che l'attacco sferrato dalla 90a leggera contro el-Hatian si era concluso in un nulla di fatto. Non disse sillaba, però, sull'autorizzazione che egli aveva concesso per l'evacuazione del caposaldo. Lo sgancia-
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mento della 29a brigata indiana riuscì, ma incompletamente. Sin dalle 20 i preparativi erano stati percepiti dai tedeschi e verso mezzanotte diventò chiaro che il presidio stava cercando di sfuggire verso sud e nord-est a gruppi di diverse entità. Subito il cerchio si strinse maggiormente, bloccando circa 500 uomini, che all'alba si arresero al gen. Kleemann, con notevole quantità di materiale. Nessuno peraltro si preoccupò di avvisare Klopper, che venne a conoscenza dell'accaduto grazie ad una pattuglia di autoblindo nel pomeriggio del 17, e solo il giorno seguente ricevette la notizia della ga armata. Come se ciò non bastasse, anche il I/6° Rajputana Rifles abbandonava la posizione di Sidi Rezegh e si raccoglieva a Belhamed con il resto della 20a brigata indiana. La caduta di el-Hatian ebbe un peso notevole sugli sviluppi del combattimento. Secondo Mellenthin, «da quel momento la difesa di Tobruk cessò di essere una seria operazione bellica»31 • Forse l'apprezzamento è eccessivo, comunque indubbiamente l'episodio mise in crisi il piano difensivo britannico. Rommel si stava formando un'idea sempre più precisa della situazione. Il 17 giugno convocò a rapporto Baldassarre e Nehring e tracciò le linee maestre della conquista di Tobruk. Occorreva riuscire nello scopo al primo tentativo e, di conseguenza, bisognava fare in fretta ed ottenere la sorpresa. Dunque, nel primo pomeriggio le divisioni corazzate si sarebbero dirette a ventaglio verso oriente, arrestandosi all'altezza di Gambut: la 21 a Panzer sulla via del Balbia, la 15a Panzer sul Trigh Capuzzo e l'Ariete a sud del Trigh, in modo da isolare Tobruk e dare l'impressione di voler ripetere il semplice blocco dell'anno precedente. L'occupazione di Gambut era utile anche per cacciare la Desert Air Force da quel campo d'aviazione. Ad obiettivi raggiunti, sarebbero risultati acquisiti a sud-est lo spazio e la libertà d'azione necessari per l'espugnazione della piazza. Secondo l'iniziale disegno del Comando dell'armata corazzata, la Trieste sarebbe dovuta rimanere nella zona di Bir Batruna, lasciandosi superare dalla Brescia, incaricata di avvolgere T obruk a breve raggio, ma il X corpo era ancora lontano. Perciò Rommel cambiò idea ed ordinò a Baldassarre di dirigere la Trieste oltre Belhamed, sino alla via Balbia32• Nessuna azione di forza: i due capisaldi di Belhamed e di Sidi Rezegh (di cui ancora non si conosceva l'evacuazione) potevano essere semplicemente controllati, in attesa che si arrendessero. I movimenti dovevano aver inizio nel pomeriggio alle 15 ad essere condotti con grande celerità. Soltanto la sera precedente l'attacco, le divisioni avrebbero raggiunto le basi di partenza.
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L'unica incognita derivava dalla presenza della 4a brigata corazzata britannica, considerata dal servizio informazioni tedesco come ,,7 a divisione corazzata». La sua dislocazione ad una quindicina di chilometri a sud-est di Sidi Rezegh ed il suo prevedibile intervento verso ovest vennero segnalati a Rommel prima di mezzogiorno. Poiché si offriva l'occasione per assestare un ulteriore colpo alle disponibilità corazzate avversarie, il DAK e l'Ariete vennero incaricati di risolvere la questione. La 4a brigata corazzata poteva mettere in linea una sessantina di carri. Più che di una vera e propria unità, si trattava dei residui della 1 a e 7a divisione corazzata, quindi la sua efficienza sul piano dell'entità e dell'amalgama risultava piuttosto scarsa33• Fin dall'alba, mentre gli equipaggi facevano manutenzione, il gen. Richards aveva inviato due piccole colonne in aiuto della 20 3 brigata indiana e adesso, dopo molte proteste, si accingeva ad eseguire l'ordine di Messervy di raggiungere una posizione fra Sidi Rezegh ed el-Adem per agire sul fianco nemico. Alle 15,50 il reggimento di testa della brigata, formato dai resti del 5° e 6° Royal Tanks, stava procedendo più o meno tranquillamente quando si trovò investito contemporaneamente da ovest e da sud-ovest dalla 21 a Panzer, lanciata a grande velocità in «a terrible slogging match», come si espresse un testimone inglese. Nel tardo pomeriggio entrò in lizza anche la 15a Panzer e lo scontro non ebbe più st0ria: la 4a brigata corazzata ripiegò completamente battuta. Il mattino seguente Richards raccolse a sud di Gabr Saleh i resti dell'unità, nonché i mezzi recuperati dalle officine. Aveva ancora 58 carri in diverse condizioni di efficienza, ma di dubbio affidamento34• Il DAK non inseguì. Come da disposizioni ricevute, mentre la 1sa Panzer si portava a Bir Chleta, sul Trigh Capuzzo, la 21 a Panzer si diresse a nord, verso Gambut. La zona era stata abbandonata precipitosamente dal nemico: nel pomeriggio la 2P indiana e la 2a brigata francese erano state chiamate alla frontiera e le formazioni della Desert Air Force trasferite a Marsa Matruh. I tedeschi ebbero solo qualche contrasto con elementi di retroguardia e catturarono quindici apparecchi (inefficienti), nonché grossi quantitativi di preziosi materiali. Alla 20a brigata indiana accadde di peggio. Date le circostanze, le fu ordinato di evacuare il caposaldo di Belhamed, ma, invece di farla riparare in Tobruk, come sarebbe stato agevole, venne diretta anch'essa al confine. Il risultato fu che nei pressi di Gambut andò ad incappare nei posti di blocco tedeschi e «scomparve dall'ordine di battaglia dell'8a
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armata». Anche di ciò nessuno si preoccupò di rendere edotto K.lopper. Alle 0,30 del 18 giugno il Comando della 21 a Panzer riferì all'armata che «la via Balbia è raggiunta e tagliata». Rommel poteva essere soddisfatto: Tobruk era isolata, nessun elemento britannico era rimasto fra la piazza e la frontiera e la situazione dei rifornimenti era ottima.
Le due divisioni italiane, attardate da cause varie, avevano iniziato a muovere alle 16,30, dopo di che il collegamento radio si era interrotto, come ormai solitamente avveniva, e sino all'alba del 18 Baldassarre rimarrà senza notizie. Comunque entrambe raggiunsero le posizioni indicate. Auchinleck si trovava completamente all'oscuro della grave evoluzione della situazione, tanto che alle 22 del 17, non sapendo dello sgombero di el-Adem, di Sidi Rezegh e di Belhamed né dello sfortunato combattimento della 4a brigata corazzata, rinnovò l'ordine a Ricchie di tenere l'armata italo-tedesca ad occidente della linea Tobruk-el Adem-Bir el Gobi e di contrattaccare al più presto. Quel giorno, mentre tutto si liquefaceva fra T obruk ed il confine, Ritchie aveva discusso con i comandanti della P divisione sudafricana e della soa divisione britannica, concludendo sulla convenienza di apprestare nove colonne mobili, ognuna con una batteria, fra il 18 ed il 21 giugno. Allorché arrivarono i rapporti sulle disavventure della giornata, spedì un dispaccio al Cairo dicendosi assai perplesso sulla possibilità di una condotta aggressiva e di garantire nel contempo il possesso delle posizioni di confine. Auchinleck accorse subito in aereo a Sollum, accompagnato da Dorman-Smith. Visto l'andamento della battaglia, fu stabilito che Tobruk passasse alle immediate dipendenze dell'8a armata; il 30° corpo allestisse a Matruh un complesso operativo in grado di riprendere l'iniziativa al momento opportuno; il 13° corpo, invece, agisse ad occidente del confine con dodici colonne mobili (ciascuna della forza di un battaglione) con 116 pezzi e 66 carri35, per impegnare il tergo del nemico accerchiante la piazzaforte. Il tutto sulla base di due ipotesi: un attacco di Rommel contro Tobruk, reputato probabile se 1'8 3 armata non fosse riuscita ad intervenire rapidamente con le colonne mobili; oppure una prosecuzione dello sforzo italo-tedesco in direzione di Sollum-Halfaya. Tenendo conto di quest'ultima eventualità, conveniva sgomberare anche i campi di aviazione di Sidi Azeiz, portando i caccia in prossimità di Sidi el-Barrani e rinunciando ad inviarli sul cielo di Tobruk (a parte i Kittyhawk,
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dotati di serbatoi supplementari). Il colloquio dovette svolgersi in un'atmosfera sgradevole: «Rimasi sconcertato - disse Dorrnan-Srnith - per la generale incapacità di apprezzare la reale serietà della situazione e l'apparente convinzione che Rommel, conseguito sì grande successo, avrebbe adesso perso tempo attorno a Tobruk. Mi sembrava che il Comando dell'8~ armata avesse troppo prontamente accettato l'isolamento di Tobruk, proprio quello che si era affermato di voler impedire» 36•
Anche Auchinleck era infastidito dalle tranquille assicurazioni di Ritchie che non avrebbe mai permesso l'investimento della piazza, però proprio quel giorno scrisse al mar. Smuts per dargli notizie delle truppe sudafricane e si espresse come Ritchie: non aveva alcuna intenzione di rinunciare a T obruk, che sperava rimanesse isolata solo temporaneamente; 1'8a armata avrebbe difeso la piazza e la solida posizione Sollum-Hamza-Maddalena, facendo di tutto per mantenere fluida la situazione nell'area ad occidente della frontiera37• Al Cairo, nel pomeriggio del 18, era pervenuta l'informazione 38 Enigma che Rommel stava preparandosi ad espugnare Tobruk • I tre comandanti in capo si riunirono per un attento esame critico del quadro complessivo che scaturiva dalle informazioni ricevute a tutto il 19. Le risultanti furono riassunte ai capi di Stato Maggiore a Londra in una memoria datata 20 giugno. In sostanza, facendo affidamento sull'arrivo dell'8a divisione corazzata (fine giugno) e della 44a divisione britannica (metà luglio), venne ribadito il proposito di riprendere l'offensiva al più presto, con il preciso intento di distruggere il nemico. Il momento era certamente difficile, ma tutto induceva all'ottimismo. Il morale delle truppe appariva ancora elevato; il rapporto di forze in genere soddisfacente o comunque accettabile, tuttavia «per quanto concerne i carri armati tedeschi noi dobbiamo disporre di una superiorità di tre a uno dei carri con cannoni da 2 libbre e la parità nei Grant»; T obruk aveva una guarnigione adeguata e scorte di ogni tipo per tre mesi, quindi si poteva contare sulla sua resistenza sino alla ripresa dell'iniziativa. In linea di massima il tempo lavorava a favore dell'8 a armata, viste le maggiori possibilità di ripristino dell'efficienza rispetto a quelle dell'armata italo-tedesca. Inoltre «non c,è nessuna posizione naturale ad est di Halfaya che il nemico potrebbe difendere con successo contro forze superiori. Perciò, anche se Tobruk e le posizioni di frontiera cadessero, è assai improbabile che il nemico tenti un 'avanzata in profondità in Egitto, a meno che le nostre forze non vengano decisamente sconfitte sul campo di 39 battaglia e che esso non abbia rièevuto considerevoli rinforzi» •
L 'AVVOLGIME
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2. LA VITTORIA
Il 18 giugno fu il giorno della grande decisione. Rommel si trasferì con il proprio Comando tattico ad el-Hatian, dove a suo tempo aveva avuto sede il Comando del 30° corpo di Norrie, e si preparò ad un colloquio con Bastico e Barbasetti. Purtroppo l'incontro non poté aver luogo per un disguido e Rommel, ottenuta da Kesselring - ansioso di liquidare il problema Tobruk per dedicarsi a Malta - l'assicurazione della massima partecipazione della Luftwaffe a suo favore, diramò l'ordine di attacco. Il programma era lineare: quel giorno era dedicato all'accerchiamento della piazza ed a ripulire completamente la zona sino ed oltre Gambut, il 19 alle ricognizioni di dettaglio (campi minati, basi di partenza, schieramenti di artiglieria), la sera del 19 e la notte sul 20 ali' occupazione delle basi di partenza. Entro le 4 del 20 il dispositivo doveva essere a punto ed i varchi aperti. Alle 5,20, al momento del sorgere del sole, era previsto un massiccio intervento degli Stuka e subito dopo l'inizio della preparazione di artiglieria. A dire il vero, sembra che Nehring abbia sollevato qualche obiezione alla prospettiva di portarsi a pie' d'opera al buio ed all'ultimo momento, ma i dubbi scomparvero abbastanza rapidamente, specie allorché risultò che le postazioni di artiglieria di medio e grosso calibro predisposte per l'attacco dell'anno precedente erano ancora intatte e, incredibile a dirsi, con le munizioni tuttora ammassate nei loro pressi. Il disegno di manovra per la conquista di Tobruk derivava dal piano del novembre 1941. Esso prevedeva la rottura del perimetro difensivo fra la via Balbia e la strada per el-Adem, con il DAK a destra ed il XX corpo a sinistra. Nel frattempo il XXI corpo doveva simulare un'azione da ovest. Il X corpo, scavalcato dalle divisioni di Baldassarre e di Nehring, avrebbe provveduto al rastrellamento delle posizioni conquistate ed alla loro occupazione. La protezione alle spalle delle truppe esercitanti lo sforzo principale era affidata alla 90a leggera, schierata da Bir Bu Creimisa a Belhamed, con un battaglione rinforzato a Gambut. A più ampio raggio, contro le provenienze da sud e sud-est, doveva operare un velo di sicurezza formato dal 580° gruppo esplorante, dislocato a metà strada tra el-Adem e Bir el-Gobi; dal reparto esplorante del XX corpo, costituito dal gruppo autoblindo Nizza e da una batteria di semoventi da 75, ad una decina di chilometri più a oriente; e dal gruppo Ewert, composto dal 3° e dal 33° gruppo eslorante a Bir el-Haleizin. Sul Trigh Capuzzo, a sud-ovest di Gambut, si sarebbe dislocata la D.cor Littorio, se giunta in tempo (schizzo n. 40).
IL DISPOSITIVO ITALC
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La Littorio (gen. G. Bitossi), per la verità, non era divisione che di nome. Aveva cominciato il trasferimento in Libia i primi di dicembre 1941, ma una volta sbarcata, era stata smembrata, mentre si trovava ancora in fase amalgama ed ambientamento. Per le note esigenze del XX corpo, aveva dovuto cedere molti reparti40, talché, quando fu decisa la sua assegnazione all'armata corazzata, era ridotta al livello di raggruppamento tattico. Il 2 giugno il Comando Supremo aveva autorizzato il suo spostamento dalla Tripolitania alla Cirenaica ed il 17 essa era arrivata ad ovest di Tobruk, pur rimanendo ancora in mano al Comando Superiore. Il 19 giugno entrò in linea con il 12° reggimento bersaglieri, il LI battaglione carri (con 36 carri M 13) ed una batteria da 75/27. Nessun elemento del genio, né dei servizi. Parte della divisione si trovava ancora in corso di spostamento, presso Homs (XII battaglione carri ed un gruppo di artiglieria); il resto, soprattutto le unità che dovevano sostituire quelle cedute alla Trieste ed all'Ariete, era ancora in Italia. Qualunque fosse la sua reale efficienza, la Littorio costituì per Rommel una preziosa pedina in più e Barbasetti, ben conoscendo ormai il modo di pensare del comandante dell'armata, si affannò a far rappresentare da Mancinelli che non poteva essere utilizzata come un complesso corazzato di sicuro impiego 41 • Durante il 19 giugno il dispositivo venne ad assumere precisi contorni (schizzo n. 41). Il XXI corpo serrò con la Sabratha contro il fronte occidentale della piazza ed occupò con la Trento il dosso di er-Russ, fronteggiante Ras el-Medauuar, la più importante posizione della difesa, già oggetto di aspri combattimenti nell'anno precedente ed ora da impegnare con un'operazione dimostrativa. Il X corpo migliorò la sistemazione della Pavia, incaricandola di tenere saldamente il tratto di scarpata da Bir Batruna e Bir el-Adem ed il rilievo di el-Hacian, per conferire sicurezza contro eventuali tentativi di disturbo da sud. La Brescia invece si estese da Bir el-Adem verso Bir Bu Assaten, disponendo tutti i battaglioni in primo scaglione e l'artiglieria divisionale a loro ridosso, sì da essere in condizione di lanciarsi ad immediato seguito del XX corpo, una volta penetrato, per occupare a difesa le posizioni superate. Il XX corpo raccolse la Trieste a nord-est di el-Adem, a tergo dell'ala sinistra della Brescia, e l'Ariete al quadrivio di el-Adem. Fu lo stesso Rommel ad avvertire Baldassarre che era arrivata la Littorio e che dal giorno seguente avrebbe operato ai suoi ordini. Quanto al dispositivo di sicurezza, subentrarono modifiche. Bir el-Gobi al mattino presto risultava abbandonata dal nemico, che qualche noia aveva causato (si trattava del 1° King's- Dragoon Guards), ma
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per evitare ulteriormente preoccupazioni - a quanto si conosceva, la 7a divisione corazzata e tre reggimenti autoblindo si trovavano sul
Trigh el-Abd, intenzionati ad agire in direzione di Tobruk e del Trigh Capuzzo - venne deciso di inviarvi una colonna motocorazzata, composta da elementi della Ariete e della 15a Panzer, per una ricognizione armata. Detta colonna raggiunse la località prima di mezzogiorno senza incontrare alcuno e vi si trattenne sino a notte prima di rientrare alla base. Ma fu verso oriente che si profilarono novità. Una pattuglia del 33° gruppo esplorante si spinse nella tarda serata fino alle posizioni di confine e si avvide che Bardia era priva di presidìo nemico. Ciò saputo, Rommel ordinò immediatamente alla 90a leggera (sembra senza la 15a brigata Schutzen) di occuparla, sviluppando poi esplorazioni verso sudest, al 33° gruppo esplorante di portarsi a Sidi Azeiz inviando pattuglie alla ridotta Capuzzo e verso Sidi Omar, ed alla Littorio di inviare un battaglione bersaglieri rinforzato a Gambut in sostituzione dei reparti della 90a leggera, portandosi poi con il grosso nella zona di Sidi Re- , zegh-Bir Bu Creimisa. Quindi, nel primo pomeriggio sollecitò un incontro con Bastico ad el-Hatian. Il messaggio giunse al Comando Superiore proprio mentre Kesselring telefonava per comunicare di essere rientrato da una visita a Rommel e chiedere un colloquio. Alla richiesta di un aereo tedesco per recarsi ad el-Adem, Kesselring rappresentò l'impossibilità del viaggio per quel giorno e l'inopportunità per il giorno seguente. In definitiva, Bastico dovette rimandare l'appuntamento al 21.
Gli apprestamenti di T obruk erano tuttora quelli utilizzati dalla difesa italiana nel 1940-41 e dalla 6 a divisione australiana nel 1941. Senonché, a dispetto di quanto mostrava di credere Churchill, dall'inizio dell'operazione Crusader nessuna cura era stata più riservata alla loro efficienza, perché nessuno aveva più pensato ad un nuovo assedio, data la decisione di Auchinleck di evitare il ripetersi di siffatta evenienza e di attribuire la maggiore importanza alla linea di Ain el-Gazala. Quindi il fossato anticarro sul lato meridionale era rimasto incompleto e, per di più, l'ampia rimozione di mine effettuata per consentire la sortita del gen. Scobie verso ed-Duda era rimasta tale. L'organizzazione difensiva sembra dunque che lasciasse a desiderare per più di un verso, né il gen. Klopper si palesò l'uomo giusto nel posto giusto, specialmente dal momento in cui la disfatta della 4a brigata corazzata presso Sidi Rezegh e l'abbandono di el-Hatian e di Belhamed-Sidi Rezegh scompigliarono il piano di Ritchie.
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Klopper aveva a disposizione la 6a brigata sudafricana (gen. F.W. Cooper), incaricata di sbarrare la provenienza da Ain el-Gazala; la 4a brigata sudafricana (gen. A.A. Hayton), sistemata a difesa del tratto occidentale del perimetro; la 11 a brigata indiana (gen. A. Anderson), schierata sul fronte meridionale. In riserva, la 201 a brigata delle Guardie (gen. Johnson) e la 32a brigata carri (gen. A.L. Willison) con 54 2 Valentine e Matilda, oltre ad una ventina di mezzi in riparazione4 • In fatto di artiglierie, esistevano il 25° artiglieria da campagna, che appoggiava 1'11 a brigata indiana, ed il 2° e 3° artiglieria sudafricano (ciascuno su tre batterie) a sostegno delle due brigate sudafricane. Inoltre c'erano il 67° ed il 68° artiglieria pesante campale (ciascuno con otto cannoni da 4,5 pollici ed otto obici da 155 mm). Si trattava dunque di un complesso di bocche da fuoco rispettabile; peraltro nuocevano taluni fattori negativi. La necessità di prevedere l'irruzione di mezzi corazzati dell'Asse aveva indotto a schierare in posizione avanzata molti pezzi da campagna, sì da poter svolgere anche compito controcarri. Del pari, la ricerca di schieramenti avanzati era stata suggerita dal desiderio di impegnare l'attacco alle maggiori distanze. Queste misure erano ampiamente comprensibili - e nessuno meglio dei difensori italiani del 1941 lo può affermare - però avevano un prezzo: la limitazione nel settore d'intervento delle batterie. Inoltre, le munizioni ammassate presso le postazioni non erano rilevanti per ragioni di sicurezza, e ciò comportava un'aleatoria tempestività di rifornimenti, e mancava un centralizzato sistema della trasmissioni. Problemi e difetti ben noti, a suo tempo, al gen. Pitassi Mannella. I cannoni controcarri ammontavano a 69: 18 da 6 libbre, 43 da 2 libre ed 8 Bofors43• Erano ritenuti adeguati alla bisogna, ma difettava l'addestramento al pezzo da 6 libbre in alcuni reparti. La difesa contraerei si basava sulla 4a brigata contraerea britannica con 18 pezzi da 3,7 pollici (altrettanti erano stati inviati alla frontiera il 18 giugno per ordine del Comando d'armata) e sul 2° reggimento contraerei leggero sudafricano. Per quanto ha tratto all'autonomia, non v'è dubbio che Tobruk era ben provvista: 3 milioni di razioni viveri, 7.000 tonnellate d'acqua, circa 7 milioni di litri di carburante, 150 mila colpi di artiglieria campale e pesante campale, 140.000 proiettili anticarro. Klopper aveva assunto il comando della piazza il 16 giugno e nel primo rapporto, tenuto ·quello stesso giorno, si era limitato a comunicare che T obruk doveva essere difesa e che ciò faceva parte del piano dell'armata. Alcuni suggerimenti formulati in via privata dal gen. Willison, già coinvolto nell'assediò del 1941, e dal gen. Johnson furono
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accettati, ma in pratica lasciati cadere. Il secondo rapporto fu tenuto il 18, dopo la visita e le conseguenti istruzioni di Ritchie, tuttavia, anche in questa circostanza, Klopper si limitò a confermare il compito già enunciato, senza diramare alcun indirizzo circa i progetti prescrittigli. Cosicché il 19 giugno lo schieramento era legato necessariamente al perimetro difensivo e ad una linea interna (Blue Line) appoggiata ad un campo minato non molto profondo. Non era sostenuto né da un'organizzazione del fuoco centralizzata, né da una sia pur generica pianificazione della reazione dinamica. A dire il vero, il gen. Johnson, comandante delle Guards, aveva elaborato sei diversi progetti di contrattacco, tutti intenti a bloccare di fianco le penetrazioni italo-tedesche, senonché le ricognizioni effettuate misero in evidenza la sensibile difficoltà di realizzazione, a causa della disordinata disposizione dei campi interni. Willison chiese esplicitamente di assumere il comando di tutte le forze in riserva - 32 a brigata carri e 201 a brigata delle Guardie - e di fruire di propria artiglieria, così come era stato fatto l'anno precedente, ma Klopper non sembrò attribuire molto valore, o urgenza, alla richiesta-proposta. Il mattino del 19 i rapporti delle pattuglie segnalarono la presenza di carri nemici ad est e sud-est di T obruk ed un «considerevole infittirsi di fanterie» fra Acroma ed el-Adem. Si trattava, probabilmente, della 15 3 brigata tedesca che, disimpegnata dal settore della via Balbia, stava preparando un finto attacco contro Ras el-Medauuar, prima di puntare su Belhamed. Bisogna anche riconoscere le difficoltà della posizione di Klopper. Ancora il 19 egli non poteva obiettivamente sapere che fra la piazza e la frontiera non esistevano più unità dell'8a armata. Si era accorto, quasi per caso, della caduta del caposaldo di el-Hatian; poteva intuire qualcosa del genere per i capisaldi di Belhamed e di Sidi Rezegh; aveva recuperato, proprio quella mattina, il piccolo presidio di Acroma, ma nulla più. Per giunta, sempre in quelle ore, il Comando dell'8a armata fu colto dal dubbio che il caposaldo di Batruna - conquistato, come sappiamo, dalla 21 a Panzer il 15 giugno - resistesse ancora ed ordinò di far qualcosa per aiutarne i difensori. A parte la momentanea perplessità suscitata dal messaggio, la situazione a sud di T obruk, ormai era sufficientemente chiara e la cosa non ebbe seguito44• Diciamo anche che la direzione della prevedibilmente imminente battaglia non sembrava posta in mani salde. L'osservatore militare americano in T obruk ebbe a commentare: «(...) quel pomeriggio [del 18 giugno] dopo aver visitato gli uffici dello Stato Maggiore, ricevetti l'impressione che le cose non scorressero così lisce come prospettato dal comandante della divisione e dal suo
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capo di S.M. Risultava una chiara mancanza di disciplina delle intelligenze fra comandante e capo di S.M da un Lato ed i capi dei vari uffici dello Stato Maggiore, specialmente Operazioni ed Informazioni, dall'altro» 45 • In realtà, lo Stato Maggiore della 2 3 sudafricana era piuttosto eterogeneo e, almeno per metà, costituito da ufficiali privi di esperienza generale e specifica. A questo punto è interessante un rapido confronto tra la difesa messa in atto da Klopper (schizzo n. 42) e quella di Pitassi Mannella nel gennaio 1941 (schizzo n. 43). Il primo disponeva di circa 35.000 uomini, di un paio di centinaia (presumibilmente) di bocche da fuoco di vario calibro, senza calcolare quelle di preda bellica, e di 54 carri efficienti' da 17 tonn. ( Valentine) e da 24 tonn. (Matilda). Aveva schierato sulla cinta difensiva dieci battaglioni o reparti equivalenti e tenuto in riserva tre battaglioni di fanteria e due battaglioni carri46• Il secondo disponeva di 24.000 uomini, 340 pezzi di artiglieria di vario calibro (compresi quelli di marina sul fronte a mare) e 7 carri efficienti da 11 tonn. Aveva messo in linea dieci battaglioni di fanteria e conservato in riserva l'equivalente di un battaglione meccanizzato. Lo schieramento perimetrale era praticamente uguale. L'organizzazione della difesa statica di Klopper era inferiore a quella di Morshead e poi di Scobie nel1'estate-autunno 1941, ma migliore pur sempre di quella di Pitassi Mannella. Il forte vantaggio di quest'ultimo in fatto di artiglierie campali era sensibilmente ridotto dalla pochezza delle gittate. Poco dopo la mezzanotte di quella vigilia, Ritchie scrisse ad Auchinleck segnalandovi la relativa calma della giornata. A suo avviso, dopo la conquista dell'aeroporto di Gambut che metteva la Desert Air Force in difficoltà circa gli interventi a favore di T obruk, il nemico avrebbe rivolto ogni attenzione alla piazza pur essendo anche possibile un tentativo di diversione contro le forze britanniche di frontiera. Però bisognava considerare lecita anche l'ipotesi opposta, quindi la contromossa migliore appariva quella di approntare un robusto complesso meccanizzato nel deserto per minacciare il fianco meridionale italo-tedesco 47 e, nel contempo, di pianificare un'azione congiunta fra 13° corpo e guarnigione di Tobruk per imedire le predette eventualità. Ne aveva discusso con Gott e la notte successiva avrebbe inviato un ufficiale di Stato Maggiore da Klopper. Naturalmente, prima aveva trasmesso un messaggio personale al comandante della 2 3 divisione sudafricana: «1. Secondo me il nemico sferrerà l'attacco principale contro Tobruk non appena in condizioni di farlo. Però non posso scartare la possibilità che lo sforzo maggiore sia rivolto contro le posizioni di frontiera.
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NE DIFENSIVA DI TOBRUK L'ORGANIZZt~~GIUGNO 1941
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2. Sono pronto a correre rischi alla frontiera adoperando colonne costituite dalla so• D.f. e dal resto della 1• D. sudafricana insieme con le forze che adesso agiscono contro il fianco meridionale nemico nelle vicinanze di el-Adem. Questo complesso assume la denominazione di Striking Force. 3. La Striking Force comprenderà dodici colonne, 116 cannoni e 66 carri. 4. Se il nemico attacca la frontiera: (a) la guarnigione di Tobruk (...) avrà il compito di svolgere una sortita a sud di Ras el-Medauuar sino a B. 650 e non oltre; (b) la Striking Force (...) avrà il compito di prendere Ramy Ridge [ = probabilmente Hagiag er-Raml, la lunga scarpata di Batruna, a nord-ovest di el-Adem] da ovest verso est con una mossa diversiva verso l'area Sidi RezeghBelhamed. 5. (a) Se il nemico attacca Tobruk, la fortezza sarà tenuta e le penetrazioni avversarie distrutte. (b) Se il nemico attacca Tobruk da sudest e sudovest la Striking Force lo impegnerà alle spalle. Modalità: prendere Ramy Ridge in concomitanza con un forte attacco all'area Belhamed-Sidi Rezegh. (c) Se il nemico attacca Tobruk da ovest, la Striking Force dividerà la massa attaccante e distruggerà la parte più debole. Modalità: prendere Ramy Ridge ed avanzare ad est in concomitanza con un forte attacco all'area Belhamed-Sidi Rezegh. 6. U n ufficiale di Stato Maggiore arriverà via mare la notte sul 21 per discutere della questione dopo una conferenza con il 13° corpo»'8•
Sostenere che un simile ordine brillasse per chiarezza, praticità ed aderenza alle specifiche circostanze sarebbe veramente eccessivo. Comunque, poteva valere come orientamento mentale in vista del colloquio risolutore della notte successiva. Non indicava probabilità di attacco di Rommel per il giorno 20 - stranamente - e tutt'al più indirizzava ad una sortita da parte delle Guardie e della 32a brigata carri, evidentemente sulla base dei progetti che il Comando della 2 a divisione sudafricana avrebbe dovuto predisporre. Ma Klopper si limitò ad attendere l'annunciato ufficiale dell'armata. Auchinleck non era per niente tranquillo. Anche perché ormai non aveva dubbi sulla prossima mossa dell'avversario: Tobruk. Nel tardo pomeriggio del 19 la ricognizione aerea aveva riferito che una colonna motorizzata nemica profonda 15 miglia, diretta ad or iente, aveva girato in direzione nord e poi verso ovest e stava muovendo verso Tobruk, lungo la via Balbia49 • Per giunta al Comando in capo era pervenuta la notizia che in un ordine del giorno, diramato quello stesso 19, Kesselring aveva scritto: «Il destino del Nordafrica dipende adesso da Tobruk, ogni uomo deve tenerlo presente domani e comportarsi di conse,o guenza» . Alle 6,30 del 20 Auchinleck, dunque, si affrettò a sollecitare l' armata: «I movimenti nemici di ieri mostrano l'intenzione di lanciare al più presto un assalto a Tobruk da oriente. Voi comprenderete l'estrema urgenza di opporvi con ogni mezzo in vostro potere ed agirete come richie-
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sto dalle circostanze-,/ 1• Poco dopo, visto il messaggio di Ritchie, replicò subito: «Sono turbato dall'apparentemente prudente carattere della vostra preparazione, benché mi renda conto delle difficoltà. Crisi può verificarsi nello spazio di ore, non di giorni, e voi dovete quindi impiegare tutto quanto potete raccogliere. Sono seriamente allarmato anche per l'impossibilità di intervenire dall'aria a sostegno di Tobruk delle attuali posizioni. Fate quello che potete per proteggere le strisce di atterraggio avanzate, che consentano in qualche modo di dar sollievo a Tobruk» 52 •
Era troppo tardi. La notte sul 20 fu trascorsa dalle truppe italo-tedesche in una trasparente ·eccitazione: tutti «sentivano» che era la volta buona. Il tratto prescelto per la rottura della cinta difensiva aveva un'ampiezza di circa diciotto chilometri ed occupava buona parte dell'intervallo semicircolare esistente fra la strada per Bir el-Gobi e la via Balbia. Iniziava più o meno con il fortino R.49 e terminava con R. 71 (schizzo n. 44). La parte orientale era assegnata al DAK, quella occidentale al XX corpo. I compiti dei due corpi d'armata si traducevano in una pura e semplice azione di forza «a botta dritta». Nehring doveva rompere la linea dei fortini da R 59 a R 71 con il 900° battaglione pionieri e la 1sa brigata fucilieri, poi proseguire sino al bivio di Sidi Mahmud (denominato dagli inglesi King's Cross) con le due Panzerdivisionen. Pervenuta al bivio, la 1sa Panzer, divisione di sinistra, avrebbe piegato ad ovest per prendere alle spalle i difensori del settore occidentale e la 21 a avrebbe liquidato le resistenze in profondità e preso possesso del porto. Baldassarre doveva sfondare tra i fortini R.49 e R.57, compresi, impiegando due .compagnie guastatori con i battaglioni in primo scaglione; quindi si sarebbe anch'egli volto ad ovest sul tergo delle posizioni di Ras Medauuar, impegnate frontalmente dal XXI corpo. In sostanza, lo sforzo italiano si concentrava su di un fronte di circa quattro chilometri. In particolare, la Trieste doveva eliminare i fortini R.49 ed R.51 (primo ordine) e R.46 e R.48 (secondo ordine), mentre l'Ariete avrebbe distrutto R.53 (primo ordine) e R.50 (secondo ordine). Ai lati, sempre nell'ambito del settore d'azione del XX corpo, era previsto un massiccio tiro di neutralizzazione di artiglieria sui fortini R.47 e R.44 sulla sinistra e R.55, R.57, R.52 e R.54 sulla destra. Il X corpo aveva il compito di completare e garantire la rottura. Non appena Baldassarre e Nehring fossero penetrati nella piazza, Giada doveva occupare con la Brescia la prima linea dei fortini, rastrellare le ridotte e sistemarvisi a temporanea difesa. Poi, proseguendo lo sfondamento, con il 9° bersaglieri avrebbe raggiunto King's Cross assicuran-
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done il possesso. La Pavia rispondeva della difesa della zona di el-Adem contro eventuali puntate da sud. Al sostegno di fuoco provvedevano l'Arko 104 per il DAK ed il Comando art. Nicolini per il XX corpo, a favore del quale era orientata, almeno inizialmente, anche l'artiglieria divisionale della Pavia. L'intervento dell'aviazione, considerato da Rommel di capitale importanza per la realizzazione della breccia in corrispondenza del fronte di attacco ed anche per un rapido sminamento nei campi minati, era previsto con obiettivi differenziati. L'azione di spianamento del settore sud-est era riservata agli Stuka; i Cant. Z.1007 bis dovevano bombardare il porto e gli schieramenti di artiglieria ad ovest della città, ed i CR.42 la parte centrale della piazza. Complessivamente avrebbero agito su Tobruk circa 150 apparecchi da bombardamento di vario tipo ed altrettanti caccia; i primi in prevalenza tedeschi, i secondi in prevalenza italiani. Quanto alla penetrazione, Rommel non riteneva che l' eliminazione dei carri della 32 a brigata avrebbe costituito grosso problema. Pur non conoscendo esattamente il loro numero - e non pensava fosse cospicuo - il DAK poteva contare su 125 carri ed il XX corpo su una settantina. La frettolosità dell'organizzazione e degli spostamenti dei reparti compiuti all'ultimo momento provocarono disguidi che, non gravarono sul successo finale, ma risultarono seccanti. Naturalmente ne risentÌ in maggior misura il XX corpo. La rottura nel settore italiano era affidata a tre colonne, due della Trieste (65° e 66° fanteria) ed una dell'Ariete (8° bersaglieri) di forza analoga: un plotone genio artieri, mezza compagnia guastatori, due battaglioni di fanteria, una compagnia carri, gruppi di artiglieria da 75/27 e da 100/17 per l'appoggio specifico. I varchi, due per colonna, dovevano essere aperti dai guastatori, ma prima i campi minati sarebbero stati notevolmente ammorbiditi - ed anche sconvolti, cosa poco raccomandabile - dagli Stuka. Gli artieri avevano l'incombenza di gittare cinque ponti d'assalto sul fosso anticarro. Ultimati il gittamento dei ponti e l'apertura dei varchi, i carri di ogni colonna potevano precedere la fanteria per facilitarne l'attacco, aprendosi la strada nelle successive fasce di reticolato. Superato il primo ordine di fortini, i battaglioni in secondo scaglione avrebbero effettuato lo scavalcamento. In nottata il Comando dell'armata aveva fatto conoscere una prima difficoltà: l'arrivo dei ponti appariva problematico, perciò bisognava che gli artieri ed i fanti si orientassero al franamento delle sponde del fossato anticarro per realizzare rampe di accesso.
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Alle 5,20 era programmato l'intervento degli Stuka, poi la preparazione di artiglieria (venti minuti), infine l'attacco delle fanterie. Rommel si era posto sulla scarpata a nord-est di el-Adem ad osservare ed ebbe a compiacersi: «La potenza combinata dell'artiglieria e dei bombardieri fu terrificante» ricordò von Mellenthin. La Trieste stava ancora aspettando alcuni reparti. La compagnia guastatori assegnatale giunse appena alle 6,30 ed il II/66° fanteria, lasciato sulla Balbia a Bu Amud sino al tardo pomeriggio del giorno precedente in attesa di sostituzione da parte tedesca, arriverà verso le 10,30. All'ora stabilita, dunque, Baldassarre dette il via. Per quanto il bombardamento aereo fosse stato violentissimo, non appena i guastatori si avvicinarono ai campi minati la reazione della armi automatiche della difesa scattò subitanea ed efficace. Il compito dei guastatori era tutt'altro che semplice. Bisognava operare lo sminamento nei 25 metri di profondità della fascia minata, superare 7 metri di larghezza del fosso anticarro ed aprire un varco nei 12 metri di profondità del reticolato a siepe trapezoidale. Un lavoro assai lento, durante il quale i battaglioni in primo scaglione attesero a qualche centinaio di metri di distanza. Nel settore della Trieste i guastatori, che ormai procedevano alla piena luce del giorno sotto l'osservazione ed il tiro nemici, trovarono difficoltà non superate nemmeno con l'ausilio dei carri M 13, che avanzarono per dare appoggio diretto. Il risultato fu che le colonne del 65° e del 66° fanteria rimasero inchiodate al suolo, anche a causa dell'apertura del fuoco da parte delle batterie britanniche. Dal lato dell'Ariete le cose andarono un po' meglio, pur se in mezzo a parecchie difficoltà. Stante l'impossibilità di una ricognizione preventiva, la compagnia guastatori obliquò verso destra, andando ad aprire il primo corridoio in corrispondenza dell'intervallo fra i fortini R.55 e R.57 (ore 8 circa), cioè due chilometri ad oriente del fortino R.53, ed il secondo corridoio fra i fortini R.55 e R.53 (ore 8,30 circa), vale a dire più vicino ma pur sempre fuori settore. A questo errore di direzione, comprensibile date le circostanze, si aggiunse una carenza di coordinamento e di collegamento radio o a filo meno accettabile, motivo per cui, se alle 8,45 il comandante della compagnia guastatori comunicò che i varchi erano aperti anche attraverso il reticolato, solo verso le 10,30, dopo un disagevole spostamento trasversale, il plotone di estrema destra del XII/8° bersaglieri si presentò al varco tra i fortini R.53 e R.55. Il passaggio del XII battaglione ebbe luogo attorno a mezzogiorno e nelle prime ore pomeridiane passò anche il V/8°. Il varco più ad oriente (aperto per primo) non venne utilizzato. Nel settore del DAK il discorso fu diverso ed uno dei motivi di
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tale differenza è da ascrivere, a quanto si può rilevare, anche all'iniziativa di ufficiali tedeschi. A prescindere dalla migliore organizzazione e dall'ottimo coordinamento fanteria-carri-artiglieria53, pure i pionieri germanici si trovarono inchiodati sotto il tiro incrociato dei fortini, che impediva loro di aprire i varchi. Alle 7,30 due ufficiali della 15a Panzer si presentarono alla 13 a batteria italiana da 88 schierata con l'Ariete, chiedendo il «prestito» temporaneo dei pezzi contro le opere nemiche. Il comandante deUa batteria chiese l'autorizzazione al Comando del IV gruppo da 90/ 53, cui era aggregato, e ricevutala «allestimmo per la marcia cd al seguito dei due ufficiali tedeschi filammo verso est, praticamente lungo tutto il fronte attaccato dall'Ariete. Prendiamo posizione in un punto circa un chilometro a sud di Bir Iunes. Gli ufficiali che mi hanno guidato mi fan no osservare che ci troviamo sul limite di settore fra le forze italiane e quelle tedesche della ts• divisione corazzata e mi indicano i loro pionieri alle prese con un campo minato nel quale sono già penetrati, dovendosi poi fermare perché battuti alle spalle dal fuoco di alcune postazioni che si erano rivelate dopo superate. Un quarto d'ora dopo due fortini erano stati distrutti e gli occupanti del terzo si erano arresi (...)»5• .
Da notare che sia il gruppo da 90 sia la batteria da 88 avevano partecipato alla preparazione d'artiglieria, ma nessuna disposizione avevano ricevuto per l'appoggio a favore dell'8° bersaglieri, né probabilmente avrebbero potuto svolgere un'azione efficace data l'assenza di collegamento fra Comando della colonna e tali reparti. I fortini eliminati erano presumibilmente i posti R.58, R.61 e R.63. Ad ogni modo, se per la 15a Panzer le difficoltà iniziali erano state superiori, la 15a brigata al centro e la 21 a Panzer a destra procedevano con una rapidità insperata, grazie anche allo stato di evidente shock causato dalle incursioni degli Stuka e dipinto sul viso dei primi prigionieri indiani. Alle 6,35 i fu cilieri del col. Menny si preparavano ad assalire il fortino R.69; alle 7 il 104° reggimento fanteria di von Bismarck annunciava la conquista di un fortino; verso le 8 Crasemann, il comandante interinale della 15a Panzer, comunicava che fra le opere R.58 e R.63 si era creato uno spazio sufficiente per il passaggio dei carri. Poco dopo aveva luogo il gittamento dei ponti in quasi tutto il settore del II/5° Mahratta ed i carri cominciavano a passare. Due contrattacchi lanciati dal gen. Anderson con riserve settoriali, il plotone cingolato del II/7° Gurka da est ed un reparto del II/5° Mahratta da ovest, contro la 21 a Panzer si rivelarono sterili. Fin dalle 7 Anderson aveva informato il Comando della piazza del pesantissimo bombardamento aereo sul tratto compreso t ra i fortini
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e
R.61 e R.65, probabile sintomo di immediato attacco, delle misure prese, sufficienti a suo dire a tenere la situazione sotto controllo. K.lopper rispose che stava inviandogli un reggimento carri con un'aliquota di fanteria per consentirgli un ristabilimento ddlo status quo. Quando però, alle 8,30, Anderson telefonò nuovamente per avvertire dell'apertura di una breccia fra le opere R.58 e R.63 e della brutta piega inaspettatamente assunta dagli avvenimenti, i provvedimenti preannunciati si trovavano ancora in alto mare e, quel che è peggio, gli ordini impartiti non erano né chiari né completi. Alle 9,30 il centro della 11 a brigata indiana era sconvolto e la situazione locale compromessa. Mezz'ora dopo la resistenza dei Mahrattas era cessata. Klopper riceveva notizie imprecise ed evidentemente non era in grado di formarsi un'idea esatta sull'andamento della lotta. Fra l'altro sembra fosse convinto trattarsi di una mossa diversiva da parte tedesca. Di conseguenza, la serie di contrattempi e la cattiva disciplina delle intelligenze continuarono. I generali Willison e Johnson, i cui reparti erano gli unici disponibili per la reazione dinamica, non si incontrarono mai. Il primo convocò il comandante del 4° Royal Tanks e gli ordinò di contrattaccare verso sud-est, cosl il reparto si presentò a King's Cross alle 9,30 dopo uno spreco di tempo prezioso e senza sapere nulla dell'azione congiunta con la fanteria. Procedendo a cavallo della via Balbia giunse alla Blue Line pieno di incertezze e sotto il nutrito tiro di artiglieria del XX corpo e del DAK. Dopo una breve riflessione il comandante schierò gli squadroni a scafo sotto in corrispondenza dei varchi sul campo minato interno ed oppose un netto rifiuto alle pressioni indiane per procedere oltre. Intanto Willison aveva dato ordine anche al 7° Royal Tanks di portarsi a King's Cross. Il comandante di quest'ultimo raggiunse il 4° e, esaminata la possibilità di bloccare l'avanzata tedesca, riconobbe che il posto migliore era la Blue Line, dove già si trovavano i Valentine del 4°, quindi tornò indietro a prendere il reggimento e, passando dal Comando della 11 a brigata indiana, rassicurò Anderson sulla prossima azione dei due reggimenti carri. Il risultato fu una comunicazione eccessivamente rassicurante trasmessa a mezzogiorno al Comando della divisione. Peraltro, alla fine, dei due squadroni del 7° Royal Tanks uno fu destinato al II Cameron Highlanders, che avveniva la crescente pressione dell'Ariete, e l'altro al 4° Royal Tanks. Già alle 10 la breccia aperta nelle difese dei Mahrattas aveva raggiunto l'ampiezza di cinque chilometri e, nonostante il fuoco laterale, era cominciata la penetrazione delle due Panzerdivisionen (schizzo n. 45). Verso mezzogiorno e mezzo il 5° reggimento corazzato attaccò il
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dispositivo britannico sulla Blue Line: uno sbarramento di artiglieria di 28 bocche da fuoco disposte su un arco di oltre s,ei chilometri, con uno squadrone del 7° Royal Tanks. Il combattimento si palesò subito impari perché i pezzi della difesa venivano eliminati dai cannoni tedeschi della 21 a Panzer di maggior gittata. A ciò si aggiunse un'altra incursione di Stuka, per cui prima delle 14 lo schieramento d'artiglieria britannico era semidistrutto ed il 4° Royal Tanks, ridotto a sei carri, rifluiva in direzione di King's Cross con una batteria sudafricana. Venne richiamato lo squadrone inviato ai Camerons, ma esso si scontrò con la 15a Panzer. Poco dopo le 14 la lotta era conclusa e lo stesso Rommel raggiungeva il bivio di Sidi Mahmud, il punto chiave della difesa. Pur non avendo ancora ben chiara l'entità dello sfondamento, Klopper ordinò alla brigata delle Guardie di far fronte ad est per impedire che il DAK arrivasse sino all'ex-forte Pilastrino. Oltre un'ora dopo, quando seppe da Anderson, sfuggito per caso alla cattura, che il Comando della 11 a indiana era stato sopraffatto, dispose che la 4a brigata sudafricana prendesse alla proprie dipendenze anche il II Carne· ron ed il gruppo Beer e riorganizzasse in qualche modo la difesa in quella zona. Il successo dell'Afrikakorys aveva nel frattempo indotto Rommel a mutare parzialmente il piano iniziale. Mentre 1'8° bersaglieri era impegnatissimo ad espugnare i fortini assegnatigli mediante un aggiramento, come si è visto, a breve raggio, il 132° carristi passò attraverso la breccia della 15a Panzer per agire contro il fianco difensivo messo in atto dal II Cameron e da altre unità. Poco dopo lo seguì il 9° bersaglieri, per raggiungere il bivio di Sidi Mahmud e quivi dare protezione alla destra del DAK, Inoltre, alle 14,45 la Trieste ricevette l'ordine di trasferire all'Ariete una colonna composta dal Comando del 65° fanteria (col. Vaiarini), 1/65° e 1/66° fanteria, due gruppi del 21 ° artiglieria. Il resto della divisione assunse la responsabilità del settore del XX corpo, ponendosi sulla difensiva. All'inizio dell'attacco la Brescia era rimasta in seconda schiera con il 19° fanteria a tergo del XX corpo ed il 20° fanteria dietro il DAK. Essa doveva serrare sotto le divisioni in prima schiera, rastrellare ed occupare i fortini conquistati. Evidentemente qualcosa nelle disposizioni non fu espresso in modo inequivocabile, perché i reparti della Brescia si misero in movimento ancor prima di sapere almeno se i passaggi nei campi minati fossero stati aperti. Di conseguenza, il 11/19° fanteria si trovò ben presto a ridosso delle immobilizzate colonne della Trieste e dell'Ariete; il 1/19° fanteria, che puntava sul tratto fra i fortini R.55 e R.59, di prevista neutralizzazione ad opera dell'artiglieria, si fermò an-
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ch'esso a qualche distanza dalle posizioni nemiche sotto un violento fuoco d'arresto; il II/20° fanteria, che doveva dirigersi verso i fonini R.61 e R.63 al seguito della 15a Panzer, convogliato dalle pieghe del terreno obliquò verso sinistra e finì proprio davanti ai fortini R.57 e R.59, poco o niente neutralizzati. Sulla destra il I ed il III/20° fanteria non trovarono difficoltà ad avanzare dietro alla 15a brigata ed alla 21a Panzer. Attorno alle 13, comunque, il II/20° fanteria si impadroniva dei suoi due fortini e, raggiunto dal I/19°, cominciava l'allargamento della breccia. A metà pomeriggio la situazione precipitò a favore dell'Asse. Consolidato il possesso del bivio dei Sidi Mahmud, von Bismarck si diresse con la 21 a Panzer verso nord ed alle 17, dopo una breve sosta imposta dall'artiglieria sudafricana all'altezza dell'ex-forte Solaro - sosta interrotta dall'apparire di Rommel in persona - si spinse decisamente su T obruk. Dal canto suo il col. Crasemann si buttò con estrema determinazione sulle Guards, sgominandole in breve tempo. Alle 19 von Bismarck poteva annunciare di essersi impadronito dell'abitatoss e Crasemann di aver fatto prigionieri due terzi delle Guards. Resisteva ancora il I Worcester, cui si era unita la compagnia di rincalzo del II Coldstream, al Pilastrino. Il Comando della divisione, cioè della guarnigione, si era pressoché disintegrato attorno alle 16, prima bombardato, poi semitravolto dai fuggiaschi che cercavano scampo verso ovest. All 'apparizione di alcuni Panzer, il gen. Klopper, ritenendo che la cattura fosse questione di minuti, aveva ordinato la distruzione di documenti classificati, cifrari e mezzi radio, nonché la dispersione del personale; senonché i carri tedeschi, evidentemente non accortisi della preda, deviarono. Purtroppo il sollievo era solo apparente: il Comando di divisione ormai non era più in condizioni di funzionare. Alle 18,30 Klopper si rifugiò al Comando della 6a brigata sudafricana. All'imbrunire la situazione si presentava nel modo seguente. La 6 3 brigata sudafricana era ancora intatta e la 4 a sudafricana aveva ben poco sofferto per il fuoco e l'azione di pattuglie di combattimento con cui il XXI corpo di Navarini avevano esercitato una qualche pressione, però la sua ala meridionale (Kajfrarian Rifles, gruppo Beer e Camerons) aggirata da oriente dalla 15 3 Panzer, si stava preparando a battersi sui 360°. Il II/7° Gurkha, del tutto isolato, opponeva ancora resistenza ad un complesso tattico tedesco. I resti della 201 a brigata delle Guardie erano al Pilastrino. Forse qualcosa si poteva ancora fare, ma unicamente per procrastinare !a resa. Lo sconvolgimento de! sistema della trasmissioni, l'insufficiente conoscenza reale della situazione, la perdita di quasi tutti i
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carri, il morale fiaccato dal bombardamento e dallo sfondamento rendevano impossibile un'energica condotta della difesa. Alle 20 Klopper inviò al Comando dell'8 a armata un significativo messaggio: «Mio Comando accerchiato. Fanteria sul perimetro sta ancora battendosi duramente. lo continuo a resistere, ma non so per quanto tempo» 56• Ritchie aveva tentato di portare aiuto alla piazza, almeno per alleggerire la pressione, invitando Norrie a concentrare gli sforzi della 7a divisione corazzata in direzione di Sidi Rezegh, ma la mossa si dimostrò puramente velleitaria. Il telegramma giungerà a destinazione dopo mezzanotte. Alle 21 il capo di S.M. dell'armata, gen. Whiteley, chiese per radiotelefono a Klopper notizie sull'andamento della lotta e questi ripeté quanto scritto un'ora prima:<<{. ..) la situazione non è controllabile. Contrattacco con battaglione fanteria stanotte. Tutti i miei carri sono perduti. Metà dei cannoni perduta. Ritenete consigliabile combattere fino all'ultimo? Se state per contrattaccare fatemelo sapere». Sentito Ritchie, Whiteley rispose che sarebbe stato preferibile compiere una sortita nella notte successiva. «Direttrice di movimento Medauuar-Knightsbridge-Maddalena - aggiunse - lo terrò aperto il passaggio Harmat-el Adem. Informate ora prescelta et itinerario» 57• A T obruk, Klopper interpellò i principali sottordini, che manifestarono opinioni contrastanti. Alle 2, allora, trasmise all'ga armata la decisione presa: <<Sto inviando fuori le truppe mobili questa notte stessa. Impossibile resistere domani. Truppe mobili pressoché inesistenti. Nemico ha catturato mezzi trasporto. Resisteremo fino ultimo uomo et ultimo colpo» 38• Peraltro, poco dopo le 4 del 21 giugno,· egli cambiò idea a proposito di una difesa ad oltranza, convincendosi che i vantaggi offerti all'sa armata dalla sua ulteriore resistenza erano, tutto sommato, trascurabili e non avrebbero giustificato le prevedibili perdite. La improvvisa decisione fu dovuta ad una somma di motivi che verso le 4,30 Klopper spiegò personalmente ad Anderson: secondo le sue informazioni, durante la notte 150 carri della 15a Panzer si erano concentrati nella zona di Acroma, davanti al fronte della 4a brigata sudafricana, con l'intenzione di attaccare all'alba; la brigata in questione aveva munizioni per un'ora di combattimento; nessuna sortita aveva possibilità di successo; la situazione era senza speranza ed il comandante dell'armata gli aveva dato carta bianca59• Alle 6 Ritchie riuscì finalmente a rimettersi in collegamento con T obruk e fra lui e Klopper si svolse un breve ed amaro colloquio, in base al quale questi fu autorizzato a regolarsi come consigliatogli dalle circostanze. Al termine della conversazione radio, Klopper inviò parlamentari con bandiera bianca verso le linee della 15a Panzer e della Trentow.
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Alle 9,30 Rommel incontrò il generale sconfitto a circa sei chilometri ad ovest di Tobruk ed accettò la resa. Subito d'ambo le parti furono diramate le disposizioni conseguenti. La cosa comportò un certo tempo e in campo nemico, come sovente accade in simili circostanze, provocò incredulità e proteste. La prima da parte delle unità praticamente mai impegnate, quali la 6 3 brigata sudafricana ed il grosso della 4 3 • Le seconde da p arte di reparti particolarmente «annervati»: i Gurkhas deposero le armi la sera ed i Cameron Highlanders addirittura il mattino successivo61 • La caduta della piazza costò cara al1'8 3 armata: circa 33.000 prigionieri, 2.000 automezzi e 30 carri di ripristinabile efficienza, 5.000 tonnellate di viveri; ingentissimi quantitativi di munizioni e di altro materiale bellico. La maggior parte del carburante era stata distrutta, ma quasi 2.000 tonnellate di benzina caddero nelle mani dei vincitori. Il quadro che si era offerto al nemico e che aveva trovato tanto spazio nei resoconti giornalistici nel gennaio 1941, ora si presentava, ancor più ricco, agli italo-tedeschi. L'ordine del giorno di Rommel fu orgoglioso, fiero e... significativo: «Soldati! la grande battaglia della Marmarica è stata coronata dall'espugnazione di Tobruk. Sono stati fatti in totale 45.000 prigionieri e distrutti o catturati 1.000 carri armati e quasi 400 cannoni. Con il vostro incomparabile valore e la vostra tenacia avete inferto al nemico nella lunga, dura lotta delle ultime quattro settimane colpi su colpi. Il vostro spirito offensivo ha fatto perdere al nemico il nucleo della sua armata campale, che era pronta a balzare all'attacco contro di noi, e soprattutto le sue ingenti forze corazzate. Il mio speciale riconoscimento ai comandi e alle truppe per queste eccellenti prestazioni. Soldati dell'armata corazzata d'Africa! Ora si tratta di annientare completamente il nemico. Non ci fermeremo finché non avremo distutto le ultime parti dell'8a armata britannica. Nei prossimi giorni vi chiederò ancora una volta grandi prestazioni per raggiungere con ciò il nostro scopo. Rommel».
Il giorno seguente egli veniva a sapere dalla radio che Hitler gli aveva concesso il bastone di feldmaresciallo62 •
3. CONSIDERAZIONI
Riprendiamo in rapida rassegna gli aspetti salienti della battaglia iniziata il 26 maggio e terminata il 21 giugno. Via via sono stati for mulati commenti circa le decisioni·prese nei momenti critici, alla luce delle
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notizie allora conosciute. Adesso, a risultato acquisito, è possibile considerare ogni scelta. Fu azzardato il piano di Rommel? È il primo interrogativo che si pone, ben ricordando le preoccupazioni del Comando Supremo italiano. Sembra necessario qui, prima ancora della corsa verso el-Alamein, porre in evidenza la profonda ed assolutamente esatta convinzione di Rommel: mai avrebbe potuto sperare di disporre della superiorità materiale sul nemico, a meno che questi non sparpagliasse le sue forze, come era accaduto per due volte nella conquista' della Cirenaica. Di conseguenza, gli bastava anche una situazione di accettabile inferiorità: egli avrebbe saputo colmare lo svantaggio e far pendere la bilancia dalla propria parte grazie ad una maggiore abilità manovriera, alla superiorità di taluni mezzi tedeschi fondamentali (Panzer Mk III tipo J speciale con cannone da 50 a canna lunga, Mk IV con pezzo da 75, pezzi controcarri da 50 e da 88 nonché da 76 di preda bellica sovietica, Stuka e caccia Me.109), alla eccellente organizzazione della Panzerarmee ed alla capacità combattiva delle truppe tedesche. Inolt.re, il Comando britannico lo avrebbe aiutato - pensava - non riuscendo a concentrare le forze corazzate nel punto giusto ed al momento opportuno. Ma questo non è sufficiente ad illustrare il pensiero operativo di Rommel. C'era un secondo punto fermo: il tempo lavorava per gli inglesi. Qualunque batosta subissero, se gli si concedeva respiro avrebbero recuperato sempre, perché uomini, rifornimenti e navi non facevano loro difetto, specialmente con l'entrata in campo dell'America ed il grave impegno della Wehrmacht in Russia. Derivavano da tutto ciò due concetti: la messa a punto di uno strumento completo in ogni sua parte era un lusso, occorreva rinunciare al meglio ed accontentarsi del buono; vincere non bastava, occorreva distruggere. La cautela operativa in quelle circostanze e su quel teatro era destinata al fallimento. In sostanza, le speranze di vittoria erano legate alla costante accettazione del rischio calcolato. Anche senza chiedersi che cosa sarebbe accaduto ove la Panzerarmee non avesse attaccato il 26 maggio, regalando così a Ritchie quel piccolo lasso di tempo che gli serviva per essere in grado di buttarsi avanti, bisogna pur convenire sulla forza d'animo di un comandante d'armata che si accingeva ad un duello mortale - tutte le battaglie di Rommel erano o potevano essere mortali, al contrario di quelle della britannica fenice - con gravissime remore psicologiche. Basti rammentare le vive raccomandazioni di Cavallero: non provocare una profonda usura dell'armata, non compromettere il riordinamento delle divisioni italiane, non invi-
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schiarsi in un logorante assedio di T obruk, riassumere lo schieramento di Ain el-Gazala se la conquista della piazza fosse sfumata. Del piano si è già detto abbastanza. Aveva fatto arricciare il naso a Bastico ed a Barbasetti, perché bastava che un qualcosa andasse storto per vedere arrivare il resto della 1a divisione corazzata, segnalato ad oriente di T obruk. Gause non era ottimista e meno ancora lo era Bayerlein, che reputava pericoloso procedere lasciandosi alle spalle Bir Hacheim. Von Mellenthin più tardi dirà che, se fosse stata nota la presenza della 22a brigata corazzata e della 32a brigata carri a ridosso della linea di Ain el-Gazala, perfino Rommel avrebbe rinunciato all'offensiva. Navarini e Gioda si trovavano nei guai già da fermi, perché le loro fanterie, disperatamente prive di automezzi, soffrivano per sensibili carenze logistiche. Un commento inglese è sinteticamente drastico: dati gli errori commessi nel valutare la consistenza e la dislocazione delle unità dell's a armata, «era un piano sorprendentemente ottimistico e temerario» 63, ma giudicando le determinazioni di un capo bisogna tener presemi le informazioni di cui disponeva. Le brutte sorprese incontrate da Rommel fin dall'inizio della manovra avvolgente non derivavano da un'errata valutazione dello schieramento britannico a lui imputabile, bensì da talune lacune nelle notizie sul nemico: dimensioni e sviluppo dei campi minati a sud del Trigh el-Abd, dislocazione della 3a brigata motorizzata indiana a sud-est di Bir Hacheim, esistenza del caposaldo della 150a brigata inglese a Got el-Ualeb, reale potenza dei Grant con i loro cannoni da 75 dalla gittata superiore a quella dei Panzer. Ma, per eccellente che possa essere il servizio informazioni, ben raramente un'armata può ottenere un quadro completo e preciso del dispositivo opposto. E, quand'anche fosse esatto, esisterebbero sempre dubbi sull'attendibilità delle notizie. Nel nostro caso un formidabile aiuto venne a Rommel della cosiddetta «Buona fonte»: le intercettazioni delle comunicazioni del col. americano Fellers dal Cairo a Roma64. Peraltro, è bene precisarlo, questa carta era largamente bilanciata da Ultra, la macchina che decrittava i testi tedeschi cifrati dalla codificatrice Enigma. Oltre a ciò esisteva il normale servizio di intercettazione campale, efficiente da ambo le parti, ma in particolar modo da quella tedesca, ad opera della 621 3 compagnia per l'esplorazione elettronica: «All'inizio del giugno 1942 - narrò un ufficiale della compagnia - venni assegnato, con due radiotelegrafisti, al Comando tattico di Rommel. Ogni messaggio intercettato dalla compagnia e ritenuto di una certa importanza doveva essermi trasmesso dopo pochi minuti per poter informare tempestivamente il comandante in capo. In base aJle suddette notizie, tenevo aggiornata la carta
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della situazione e non di rado accadde che i testi venissero letti da Rommel, mentre le stazioni radio avversarie trasmettevano ancora richieste di spiegazioni relative a quello stesso messaggio!»6' .
In tema di notizie sul nemico, dunque, possiamo concludere che fra intercettazioni di vario genere, attività delle ricognizioni aerea e terrestre ed interrogatori di prigionieri, Rommel e Ritchie si trovavano sostanzialmente alla pari: ognuno era al corrente, con sufficiente approssimazione, della situazione e delle intenzioni dell'altro. Le zone d'ombra dovevano essere illuminate dall'intuito e dall'istinto, dalla prontezza di riflessi e dalla chiarezza d'intenti. Tutte cose in cui Rommel eccelleva. La decisione dubbia, che aveva provocato la disapprovazione di Bayerlein, riguarda Bir Hacheim. Prenderla subito o lasciarsela alle spalle? Quest'ultima soluzione dimostrò che il caposaldo doveva assolutamente venir eliminato prima ancora di concludere la battaglia, troppo gravi risultando gli inconvenienti che esso presentava, quale punto di appoggio per i molti reparti esploranti o gruppi tattici motorizzati inglesi e sudafricani incaricati di tagliare la lunga linea di rifornimenti della massa di manovra della Panzeramee e di spargere l'allarme ed il disordine nelle retrovie italo-tedesche. Resta, d'altra parte, il fatto che la conquista di Bir Hacheim era impresa tutt'altro che agevole, tanto che per risolverla occorse un massiccio intervento dell'aviazione e l'impiego della Trieste, della 15a Pan· zer e di aliquota dell'artiglieria d'armata. <<Alcuni ufficiali britannici hanno insinuato - ha scritto von Mellenthin - che il morale francese si era spento, ma nell'intero corso della guerra nel deserto mai abbiamo incontrato una più eroica e determinata difesa66 • In altre parole, se il caposaldo fosse stato assegnato come primo obiettivo al XX corpo (nella variante Venezia) oppure al DAK (nella versione originaria del piano), non sembra esagerato pronosticare una fortissima usura delle truppe attaccanti, con due drammatiche conseguenze: perdita di efficienza della massa di manovra e perdita di tempo, l'una e l'altra più che sufficienti per far fallire l'attacco. Quanto all'adozione della variante Venezia, non si può sostenere con certezza che essa abbia giovato alla riuscita del piano, tuttavia, considerando le traversie passate dalle Trieste, finita per errore in mezzo ai grandi campi minati, è presumibile che il XX corpo, ove vi si fosse impigliato per intero, avrebbe subìto un logorio sensibile e che tutta l'ala marciante si sarebbe trovata a blocchi isolati a contatto con forze corazzate britanniche di sufficiente consistenza per creare serie difficoltà. Quindi, in definitiva, forse il piano sarebbe sfumato sin dal
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primo giorno e le divisioni mobili dell'Asse avrebbero dovuco cercare alla meglio la strada del ritorno, in condizioni di grave disorganizzazione. Il momento più critico della battaglia ebbe luogo probabilmente il 29 maggio, allorché la scomparsa di ogni speranza di rapida vittoria, l'esaurimento delle dotazioni al seguito e le difficoltà di rifornimento, unitamente all'ammassarsi delle unità corazzate inglesi, fecero temere il peggio. Subito dopo, fra il 30 maggio ed il 1° giugno, affiorò la tentazione di ripiegare, una volta sfondato in corrispondenza dei Trigh, e rinunciare alla prosecuzione dell'offensiva. Soltanto al termine della lotta nel Calderone il successo apparve realmente a portata di mano. I dubbi sulla riuscita della manovra, che non avevano risparmiato i principali collaboratori di R ommel, sorsero sin dall'inizio nel Comando Superiore e cominciarono ad attenuarsi, seppur di poco, il 1° giugno, dopo l'eliminazione del caposaldo di Got el-Ualeb, la riunione della massa di manovra e l'apertura di un canale di alimentazione attraverso i campi minati. Il 31 maggio, infatti, Bastico teneva a prendere le distanze, riassumendo la situazione a Cavallero in termini apertamente critici nei confronti del proprio principale sottordine: «(...) la sorpresa su cui era in gran parte basato l'ardito piano di Rommel è venuta a mancare, perché, come del resto avevo previsto e rappresentato anche a Rommel, il nemico ha attardato movimento avvolgente, attaccando nostre forze corazzate in zona Bir Hakeim, ove nostra divisione Ariete e successivamente divisione Trieste[?] hanno brillantemente sostenuto scontri rimuovendo resistenza nemica. Pur essendo mancata la sorpresa, Rommel ha voluto persistere in una manovra che ormai acquistava carattere territoriale e soprattutto ha disperso la massa attestata, presentandola frazionata agli attacchi nemici, donde il ripiegamento già noto dalla 90a div. e la debole azione del C.T.A. [ = DAK], distaccato dal XX C.A. Ciononostante la sera del 29 maggio raggiunto il ciglione sulla Balbia fra Acroma ed Ain el-Gaza1a, alle spalle della linea Ain el-Gazala, dove nostri X e XXI C.A. avevano esercitato forte pressione e dove si erano già manifestati segni di cedimento [?], situazione era a noi certamente favorevole e poteva anche giustificare atto di audacia alle spalle Ain el-Gazala con C.T.A. Ma Rommel non ha ritenuto tentarlo e, dopo qualche ora da ordine attacco verso Ain el-Gazala, ha dato ordine ripiegamento C.T.A. verso sud giustificando con ragione evidente grave necessità dei rifornimenti. Questo ripiegamento ha risollevato lo spirito scosso dell'avversario, che ha poi sferrato attacchi quasi ovunque (...),.67 •
A prescindere dalla gratuità di quest'affermazione, l'atteggiamento del Comando Superiore è significativo. È quello di chi non condivide l'operato del subordinato, ma non interviene ben sapendo di aver scarsa voce in capitolo e reputando più dannoso che inutile un contrasto
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a così alto livello. Una posizione difficile, che però poteva essere affrontata con più stile. Né il Comando Supremo va esente da critiche in questo senso. Basta scorrere la corrispondenza e gli appunti di ufficio di quel periodo per constatare come a Roma si tendesse a dimostrare di essere sempre lungimiranti, perspicaci, esaurienti, incisivi; si enunciassero principi di impiego elementari e contraddittori o poco realistici in una lotta imperniata sulle truppe corazzate; e però, dovendo o volendo dare un indirizzo concreto al prosieguo della battaglia, si concludesse con un «ciò posto, decisione circa ulteriore condotta della battaglia est lasciata a codesto Supercomando, che, stando sul posto ha maggiori elementi per valutare d'accordo con Rommel situazione et possibilità nostre et nemiche>)68 • Ma c'erano anche altri personaggi inquieti. La sera del 31 maggio, al Comando della Panzerarmee un diplomatico dell'Auswartiges Amt si mostrò assai pessimista sull'esito dello scontro e cercò con opportuni giri di parole, di indurre Mancinelli a provocare qualche mossa «dall'alto>> per obbligare Rommel ad interrompere l'offensiva prima che la sua «incoscienza» conducesse tutti alla rovina completa69• Mancinelli replicò di avere assoluta fiducia nel comandante in capo e lasciò cadere il suggerimento, però due giorni dopo sentì il bisogno di esporre al Comando Superiore il proprio pensiero: «La figura di comandante del generale Rommel permane grandissima. Nonostante la delusione provata alla constatazione del fallace ottimismo cui erano improntati progetti e speranze del Comando A.C.A. [armata corazzata Africa] e riconosciuta l'entità, molto notevole delle forze avversarie, egli ha immediatamente improntato le operazioni a caratteristiche di grande prudenza. A ben conoscerlo in azione, si giunge alla conclusione che come comandante è ardito ma non temerario. Le sue decisioni, che sembrano improvvisate ed impulsive, sono invece il frutto, generalmente, di lunghe ore di riflessione e realizzano spesso una possibilità aperta da un'accorta azione di comando, che si esercita fino nei particolari, per determinare appunto le condizioni necessarie alla loro effettuazione. Esempi: il 27 maggio occorre appurare subito se la via di Acroma sia aperta. Segue dapprima l'azione del C.T.A. negli episodi, affrettandone il ritmo nell'avanzata. Raggiunta, questa, un allineamento sufficientemente avanzato, si lancia egli stesso verso Acroma, che trova guardata da forze corazzate avversane. Il 28-29 maggio sono interrotte dall'avversario ]e comunicazioni tra lo schieramento del C.T.A. e la zona di Bir el-Harmat, dove sostano le sue colonne di rifornimento. Occorre riattivarle. Sino dal pomeriggio del 28 il generale Rommel segue e spinge passo a passo l'azione dell'Ariete, riconosce i campi minati, ordina l'apertura di varchi. Il mattino successivo, date le disposizioni per parare un attacco nemico lungo il Trigh Capuzzo, si mette egli stesso in
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testa alle colonne e, attraverso i varchi anzidetti e l'Ariete, le guida a destinazione. Il 30 maggio occorre ristabilire i collegamenti col X C.A. Il generale Rommel segue l'azione del C.T.A., riconosce egli stesso il campo minato nel quale fa aprire un varco, e soltanto allora ordina l'affluire delle colonne di rifornimento.
Conoscenza del terreno e senso di orientamento meraviglioso gli consentono di andare dovunque -e di essere ovunque presente, animatore e direttore. Un'ottima disponibilità ed organizzazione di mezzi dì collegamento gli consente di essere tenuto al corrente della situazione e di impartire ordini dovunque egli si trovi. I punti deboli del suo sistema di comando sono essenzialmente due: di forzare eccessivamente le possibilità di resistenza fisica della sua natura taurina (dopo otto giorni i segni della stanchezza sono evidenti) e di logorare eccessivamente il suo Stato Maggiore (in otto giorni ha perduto, feriti, il Capo di S.M., il capo dei collegamenti, il capo ufficio operazioni. Altri tre ufficiali, meno in evidenza, sono pure feriti più o meno gravemente). L'armata è costantemente sotto la minaccia della gravissima crisi cui andrebbe incontro qualora il comandante venisse a mancare (...),>7°.
In effetti, l'azione di comando di Rommel si basava su di una mobilità che, accanto ai vantaggi, presentava notevoli inconvenienti. Il 3 o 4 giugno Kesselring si recò all'ospedale di Derna a visitare i feriti Gause e Westphal e sembra abbia commentato severamente il comportamento di un comandante di armata che, spingendosi sempre nelle linee più avanzate, perdeva il contatto con oltre metà dell'armata. E lo stesso Mancinelli, rispondendo al Comando Superiore che chiedeva conto di alcuni dati contrastanti forniti in precedenza, precisava: «(...) Notizie da me inviate sono sempre attinte senza eccezione da generale Rommel aut capo dì S.M. aut capo ufficio operazioni. Non est in mia facoltà evitare talvolta contraddizioni derivanti dal fatto che tre elementi normalmente non sono insieme et taluni ordini dati personalmente sul posto vengono conosciuti talvolta in ritardo aut incompletamente.(...) At titolo difficoltà sicuri accertamenti, segnalo che ieri ho dovuto cercare per quasi sette ore generale Rommel sul campo di battaglia prima di poterlo raggiungere,/'.
Rommel non poteva non accorgersi delle difficoltà derivanti dal suo modo di comportarsi e, d'altronde, ben vivo doveva essere in lui il ricordo dei drammatici tre giorni di fine novembre 1941, durante l'incursione alla frontiera, quando era rimasto tagliato fuori dalla battaglia. Se ciò fece, accettando il rischio di un parziale ripetersi della crisi, si è perché rispondeva ad una necessità. Il XXI ed il X corpo erano costituiti da deboli divisioni di fanteria, prive di automezzi e quindi utilizzabili semplicemente in un ruolo pressoché statico. A
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Rommel, in fondo, bastava che rimanessero dov'erano. In un ambiente tattico in cui solo la manovra poteva offrire .la vittoria, quelle che contavano, sotto tutti gli aspetti, erano le divisioni motorizzate e corazzate (e naturalmente, in primo luogo, le tedesche). Seguendole di persona e guidando a redini eone il DAK ed il XX corpo, nonché l'artiglieria di grosso calibro, egli si poneva in condizioni di conoscere subito l'andamento degli eventi, di prendere rapidamente le decisioni relative e di far pervenire alle divisioni i propri ordini - sempre espressi molto chiaramente - con immediatezza. L'attenzione che riservò alle grandi unità di fanteria italiane fu assolutamente trascurabile in ogni fase della battaglia, tranne quando fu necessario affidare a qualcuna di esse un compito particolare, come alla Brescia durante l'attacco a Tobruk. La stessa 1sa brigata Schutzen non ebbe da lui una considerazione molto maggiore, finché non venne in qualche modo motorizzata. Meno ancora si preoccupava delle linee di comunicazione e delle retrovie, la cui responsabilità era italiana. Che il Comando italiano si trovasse in difficoltà per deficienza di reparti idonei ad assolvere simile compito, gli era relativamente indifferente. Tuttavia, per obiettività, occorre dire anche che, specialmente nelle più lontane retrovie, si erano verificati troppi episodi negativi non giustificabili in alcun modo. Non è senza motivo che il Comando Superiore intervenne in proposito con una circolare assai esplicita. Riconosciuto cavallerescamente il coraggio, l'abilità, la spregiudicatezza operativa dei commando e delle pattuglie di incursori, la lettera continuava:
«( ...) dobbiamo ammettere anche che i risultati da essi conseguiti sarebbero stati infinitamente più modesti se tutti avessero, senza false spavalderie, freddamente considerato i metodi che il nostro avversario usa impiegare e con ferma volontà e serietà si fosse pensato a fronteggiarlo. Ovunque sia avvenuto uno scontro fra elementi avversari e nostri, i nostri sono sempre stati sorpresi, distrutti senza che al nemico sia stato inflitto alcun danno. Il mito della camionetta «invincibile» non è che una creazione della fantasia di molti: la camionetta non è che un comune automezzo, non è blindata né è potentemente armata; possiede, rispetto ai nostri mezzi, una maggiore velocità ed una maggiore possibilità di muovere nel deserto, ma tali requisiti servono solo per venire a contatto o per sottrarsi all'inseguimento; una volta venuti a contatto con l'avversario, le nostre armi valgono quanto quelle dell'avversario: bisogna però impiegarle con coraggio, con astuzia, con prontezza, con la ferma volontà di colpire prima di essere colpiti. È vano invocare mezzi blindati o protetti; il contegno tenuto fino ad ora dai nostri è stato tale che anche con mezzi corazzati sarebbero stati ugualmente sopraffatti ( ...),,'2,
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Dopo l'operazione Aberdeen (5-6 giugno), la conquista di Bir Hacheim (11 giugno) ed i combattimenti di carri attorno a Knightsbridge (12-13 giugno), Rommel si lasciò sfuggire il grosso del 13° corpo britannico. Secondo von Mellenthin, egli commise l'errore di trascurare la 90a leggera e di affidare al XX corpo un compito di scarso rilievo. A suo giudizio, se avesse condotto a nord verso Acroma e sulla Balbia tutte le cinque divisioni mobili, invece del solo spento DAK, sarebbe stato in grado di ingabbiare la 1a sudafricana e la 50a britannica, nonché i vari supporti di corpo d'armata. Può darsi, però, che da un lato Rommel non volesse correre rischi, pur essendo consapevole di aver fatto a pezzi le brigate corazzate inglesi, e che dall'altro sopravvalutasse le residue energie delle sue truppe, cosa che gli capitava spesso. C'è ancora un aspetto da toccare: il morale delle truppe. Al riguardo bisogna far distinzione fra i reparti al fronte e quelli nelle retrovie. Nell'armata il via dell'offensiva fu accolto pressoché universalmente con entusiasmo e vivo spirito combattivo, soprattutto nelle unità corazzate. Il primo impatto con i Grant fu di netta e sgradevole sorpresa, ma curiosa fu la differenza di reazione fra tedeschi ed italiani. Nel DAK insorse una certa titubanza constatando che l'efficienza dei nuovi mezzi nemici gli toglieva in parte la superiorità qualitativa fino allora goduta. Peraltro, il risultato dei successivi scontri in cui le armi tedesche riuscirono ad imporsi, seppure con minor facilità che in passato, dette luogo ad una forte ripresa di fiducia. Invece fra i corazzati italiani, cioè nell'Ariete, non si verificò alcun calo di morale iniziale e la ragione è da rinvenire nelle possibilità del nuovo armamento: i semoventi da 75/18, i pezzi da 88/56 tedeschi e gli autocannoni da 90/53. La notevole esperienza acquisita, la rimessa a punto della divisione e la constatazione che gli M 14 qualche risultato potevano raggiungerlo fecero il resto. Fra le truppe italiane pesava grandemente il problema degli avvicendamenti e delle licenze troppo mal risolto, anzi non risolto affatto dall'Autorità Centrale. Nelle relazioni sul morale presentate dai comandanti di grande unità nel mese di maggio si leggono i commenti che seguono. Comandante del XXI corpo (gen. Navarini): «L'esigenza più sentita dai soldati è quella dell'avvicendamento e delle licenze. Sarebbe sommamente giovevole al miglioramento dello spirito e dell'efficienza della truppa la regolare attuazione - appena possibile - del problema dell'avvicendamento dopo due anni di permanenza in A.S., frammezzato dalla concessione della licenza annuale. L'attuazione di questo programma può essere facilitata·da una più rigorosa disciplina, da parte
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delle autorità territoriali, delle altre licenze, specialmente per gravi motivi di famiglia, e da una maggiore speditezza e da un più rigoroso controllo dei viaggi. Fino a che l'attuazione di questo programma non sia possibile, si potrebbe supplire con l'organizzazione di campi di riposo nelle zone più adatte per il clima e per l'abbondanza di acqua e di altre comodità ambientali. Tali campi potrebbero essere anche opportunamente attrezzati per l'addestramento». Comandante della Trento (gen. Gotti): «Il termine di 34 mesi è considerato dalla totalità dei soldati della Trento, i quali da 14 mesi sono ininterrottamente in linea, come un traguardo lontanissimo e difficile da raggiungere, anche perché fin d'ora non vi sono state sostituzioni di truppe in linea, né - a quanto risulta - se ne prevedono. L'idea di passare altri 20 mesi in prima linea nella buche della Marmarica, nelle condizioni ambientali e di conforto a tutti note, non è cosa che possa produrre un elevato morale, anche perché non esiste una netta distinzione tra chi è in linea e conduce vita disagiatissima e piena di pericoli e chi sta nelle retrovie in condizioni migliori, o addirittura in Italia. Pertanto il termine suddetto - esclusa ogni possibilità di licenza - è considerato dai soldati un vero e proprio esilio o una punizione non evidentemente meritata». Comandante della Bologna (gen. Gloria): «Non sempre riesce facilmente comprensibile ai soldati l'attuale meccanismo delle licenze-avvicendamento, per il quale il militare che ha 24 mesi di permanenza in A.S. e rimpatria per contrarre matrimonio o per gravi motivi di famiglia o addirittura per esami viene di diritto avvicendato, mentre coloro che hanno già maturato, ad esempio, 32 mesi in A.S. ed hanno moglie e figli a casa dovranno attendere una ulteriore permanenza in A.S. di due mesi, sempre nel fortunato caso che le attuali disposizioni non vengano variate nel senso restrittivo. Migliorate le condizioni dei trasporti via mare, la notizia di contingenti di truppa giunti di recente nel porto di Bengasi si è diffusa con la nota rapidità, che se ha da un lato procurato la gioia della tangibile conferma del predominio italiano nel Mediterraneo, ha, d'altro canto, reso più difficile il compito di tutti coloro cui spetta di rendere accessibili ai soldati le complesse ragioni che, pur dopo il miglioramento di cui sopra, rendono ancora inoperanti le disposizioni base a suo tempo emanate per i rimpatri per avvicendamento ed in atto limitate dalle norme restrittive». Comandante della Pavia (gen. Torriano): «Salvo il caso di sciagure familiari, sarebbe preferibile ridurre le licenze ad un unico tipo, di cui tutti possano periodicamente fruire dopo un determinato periodo di permanenza in A.S. È stato infatti osservato che un'attesa con termine
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certo viene sopportata assai facilmente, molto più facilmente di un'attesa a tempo indefinito. Coloro che rientrano dalla licenza tornano ritemprati e con il vantaggio dell'espressione acquistata nel precedente periodo trascorso su questo particolare scacchiere operativo». Ancora il comandante della Trento circa il malumore prodotto, specie fra gli ufficiali, dalla disposizione per la concessione di licenze per esami e concorsi: «È troppo noto che la stragrande maggioranza degli ufficiali che ne hanno usufruito hanno considerato l'esame o il concorso come mezzo per ottenere una licenza. Si è arrivati a casi di ufficiali laureati da tempo, con posti stabili nella vita civile, i quali hanno avuto la licenza per presentarsi a sostenere esami per specializzazioni,' delle quali non avevano mai sentito il bisogno prima della disposizione che prevede la licenza per tali esami o per concorsi a posti presso enti meno importanti di quelli presso i quali sono già in pianta stabile; mentre esistono ufficiali con situazioni familiari o private gravissime, che non possono avere la licenza perché i loro casi non rientrano in quelli contemplati. Ciò ha portato a vere situazioni di rancore reciproco tra ufficiali di stessi reggimenti, anche perché tutti quelli partiti in licenza o non sono affatto tornati, o sono tornati dopo periodi ben maggiori di quelli concessi. La situazione è nel complesso degna di attento esame da parte di codesto Comando, e per tale ragione sento il bisogno di prospettarla quale è realmente, senza perifrasi o sottintesi».
Per converso, i militari reduci dalle licenze parlavano con delusione della deficiente sensibilità e della scarsa comprensione del momento da parte della popolazione civile, specie di quella delle grandi città. Molto sarcasmo veniva fatto sui cartelli affissi nei caffè e nei negozi della madrepatria con l'ammonizione: <<Ricordati che siamo in guer1 7J . ra.» L'argomento era scottante - e lo rimarrà sino al termine delle operazioni in Nordafrica - tanto da essere portato a conoscenza di Mussolini. Merita cenno, al riguardo, una sorprendente lettera che il capo ufficio propaganda del Comando Superiore, magg. Melchiorri, luogotenente generale della milizia e personaggio politico di un ceno rilievo, indirizzò direttamente a Mussolini. Sulla sostanza c'è poco da osservare. Giustamente era messo in risalto come nel futuro prossimo tutti gli arrivi di personale sarebbero stati assorbiti dalla necessità di ripristinare l'efficienza delle grandi unità, e questo, facilmente intuito delle truppe, sgomentava vedendo ogni giorno aumentare le difficoltà del rimpatrio. Sulla forma, invece, sono da sottolineare l'importanza datasi dal personaggio: «Per la responsabilità che io ho in questo partico-
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lare campo, debbo dunque insistere presso di Voi perché sia affrontato e risolto una volta per sempre un problema che diventa sempre più arduo col passare del tempo»; la sicumera: «La verità è, ed io non avevo mancato di dirlo anche a Roma, che il nemico ha opposto una resistenza tenacissima ed ha ormai imparato a fare la guerra contro di noi sul nostro fronte, ove le possibilità di manovra sono limitate dallo stesso schieramento delle forze e dalla disposizione del fronte. È evidente, infatti, che con un avversario che ha il mare sulla sinistra e il deserto sulla destra, la manovra è possibile solo sulla sua destra, ove egli si è da tempo organizzato per fronteggiare il nostro attacco [?]»; la scarsa lealtà verso il comandante superiore: «Io avevo incluso nella relazione mensile di aprile come in quella di maggio inviata oggi allo S.M.R.E. le opinioni espresse dai comandanti delle G. U. sul problema dell'avvicendamento. Esse sono state tolte o attenuate dal Comando Superiore (. ..}» e la supponenza: «Ciò non risolve però la questione, per cui io farò noto all'Eccellenza Cavallero il contenuto dei rilievi mossi dai comandanti di G. U. perché egli possa tenerne conto, anche se il Comando Superiore non ritiene i comandanti stessi sufficientemente orientati sul problema>/4. Infine, i sentimenti nei confronti dei tedeschi. Essi vennero così presentati dal Comando Superiore Carabinieri in A.S.: «Quel senso di larvata antipatia per i tedeschi - i quali non hanno mai dato soverchia prova di simpatia e di stima per noi - già serpeggiante in taluni ambienti, col passare del tempo assume proporzioni sempre più vaste. Mentre è noto che le manifestazioni esteriori di reciproco rispetto, salvo casi sporadici, sono sempre state scarse nonostante le numerose circolari diramate dagli organi superiori, si osserva che pure le manifestazioni d'intima e cordiale collaborazione vanno sempre più diminuendo.»75 •
È vero che il quadro tracciato era valido essenzialmente per Comandi e truppe più arretrati, però anche in prima linea gli attriti non erano rari. Un'occasione tipica venne offerta dal bottino preso a Tobruk. Si ricorderanno le disposizioni di Rommel al riguardo, ed è agevole immaginare con quanta prontezza i reparti tedeschi addetti alla preda bellica mettessero le mani su magazzini, depositi e materiale abbandonato. Come sempre del resto. Naturalmente, gli autoveicoli furono il boccone più ghiotto e l'Afrikakorps, la 90a leggera, l'apparato logistico tedesco colmarono con notevole maggiorazione i vuoti verificatisi nel corso dei combattimenti, tanto che, secondo Bayerlein, 1'80% dei mezzi di trasporto di Rommel era di p.r ovenienza britannica. È ovvio che, capita l'antifona, le divisioni italiane si «arrangiarono» con sano spirito d'iniziativa. Ed è appropriato l'amaro commento di Mancinelli:
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«Si rifletteva certo in questo atteggiamento tedesco l'orgogliosa concezione di sostenere da soli il ruolo dei protagonisti nella guerra, contornati da uno stuolo di modesti comprimari e di comparse da retribuire con qualche briciola, perfettamente adeguata al valore delle loro modeste prestazioni di scena»76 •
Ad ogni modo, e tutto considerato, bisogna obiettivamete concludere che il peso della battaglia gravò per intero sulle spalle di Rommel ed egli lo accettò senza batter ciglio: «(...) fu soltanto la volontà di Rommel - scrisse ancora Mancinelli, attentestimone e competente critico -, inesorabilmente tesa verso il raggiungimento degli obiettivi fissati, a condurre non soltanto l'azione offensiva dell'armata, ma anche a vincere talvolta gli atteggiamenti titubanti dei comandi superiori, procedendo con inflessibile tenacia nello sviluppo di un piano che sembrava all'insuccesso, trascinando con la propria determinazione e con la fede incrollabile i timidi ed i dubbiosi, che non osavano assecondarlo apertamente nella lotta titanica mentre non si sentivano di fermarlo nel suo fervore offensivo» 77 • to
Bayerlein, il capo di Stato Maggiore, fu più sintetico: «Può darsi che Rommel non sia stato un grande stratega, ma non vi è dubbio che in tutto l'esercito tedesco non vi era un generale più adatto di lui alla guerra del deserto,/ 8• Passiamo adesso all'altro campo. Per concorde generale ammissione la caduta di Tobruk venne considerata in Gran Bretagna e nel Commonwealth un disastro secondo solo alla resa di Singapore. Governi ed opinione pubblica si chiedevano attoniti come avesse potuto crollare in ventiquattro ore una piazza che aveva resistito ad un assedio di sette mesi con una guarnigione di pari entità. Che cosa era successo all' 8 a armata? Inizialmente affiorò il tentativo di giustificare l'evento con la superiorità numerica dell'Asse in fatto di divisioni - tre divisioni corazzate e quattro di fanteria in mano a Rommel contro due corazzate e quattro di fanteria in mano a Ritchie - ma il confronto, che tra l'altro non teneva conto dell'esistenza di due brigate motorizzate autonome e due brigate carri, era chiaramente specioso e superficiale. Presto i conti vennero fatti su altra base, cioè sul numero dei carri, delle artiglierie e degli aerei. Però, come sappiamo, il rapporto di forze era favorevole all'8a armata: circa 3 a 2 per i carri all'inizio dell'offensiva, destinato a diventare assai più rilevante nel corso dei combattimenti, quando la lotta avesse assumo carattere di logoramento, come molto probabile; 2 a 1 per le artiglierie ed 1,5 a 1 per gli aerei. Stante tale situazione di partenza, gli interrogativi si infittivano. Si poteva indagare sulla qualità e sono note le disquisizioni su 79 corazzatura, velocità ed :armamento dei vari tipi di carri contrapposti •
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Anche al riguardo non si conclude con una inferiorità tecnica dei tanks rispetto ai Panzer e d'altra parte - è stato giustamente osservato - i pur palesemente inadeguati carri M 13 italiani più di una volta avevano fronteggiato con successo formazioni avversarie superiori8°. Il discorso può ripetersi per le artiglierie campali e per i velivoli da combattimento. L'unica eccezione riguarda le artiglierie controcarri. Per calibro e numero la massa di manovra italo-tedesca era in vantaggio: essa disponeva infatti di 48 pezzi da 88/56 e 117 pezzi da 76,2 di preda bellica sovietica con il DAK, nonché di 8 pezzi da 88/56, altrettanti da 90/53 e 16 semoventi da 75/18 con il XX corpo. Ma, evidentemente, questo punto a favore non poteva essere risolutivo. Insomma, in qualsiasi modo si valutino le cifre, non si rinviene nei materiali quel fattore determinante per quantità e/o qualità che provocò il collasso della 10 3 armata italiana nel 1940-41. Le cause prime vanno perciò ricercate altrove: nell'addestramento, nell'impiego dei mezzi e nell'azione di comando. Fonti britanniche qualificate hanno apertamente ammesso l' esistenza di una grossa percentuale di personale inesperto e male addestrato nelle file dell'8 3 armata, il che spiega, ad esempio, il contrasto fra l'ottimo comportamento delle Guards e la deludente rispondenza alle aspettative dei cannoni da 6 libre ad esse appena date in distribuzione. E spiega altresì la cattiva condotta della difesa di T obruk da parte del Comando della za divisione sudafricana. Inoltre è stato riscontrato il persistere di una generalmente scadente cooperazione fra le varie armi, che portò al grave insuccesso dell'operazione Aberdeen ed all'insufficiente potenza dei complessi corazzati. Tale difetto di fondo, attribuito da taluno alla presenza od ai residui di un certo spirito di campanilismo tra le diverse armi britanniche, pesò notevolmente, specie di fronte at tedeschi, che proprio in materia eccellevano. L'impiego dei mezzi risentÌ molto della concezione di manovra . Soffermiamoci su due punti, i principali: i carri e le artiglierie. Auchinleck si era raccomandato a più riprese affinché le divisioni corazzate venissero adoperate come tali, affinché Norrie le utilizzasse con la conveniente elasticità. Trovò una testarda assenza di riscontro in Ritchie ed invero non sembrano esenti da censura nemmeno Norrie e Messervy. Il germe della sconfitta risiedeva, secondo l'opinione di molti, nella mentalità compassata e rigida dell'uomo e del suo Comando, che aveva condotto a due perniciosi passi iniziali: dividere in due le forze, separando quelle mobili da quelle di fanteria (come se Rommel non facesse altrettanto e come se le truppe non motorizzate potessero gio-
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care un ruolo diverso da quello statico in un ambiente del genere); dividere in due la responsabilità della difesa, assegnando un settore settentrionale di difese a capisaldi alle fanterie di Gott ed un settore meridionale in cui manovrare alle forze corazzate di Norrie (come se Rommel non avesse fatto altrettanto sulle proprie posizioni da Gasr el-Ambar a Segnali Sud). Francamente, accuse di questo genere appaiono troppo «a tesi>>. Non è difficile obiettare, senza andar eccessivamente lontani dal vero, che in fondo le teorie non sono né buone né cattive. Tutto dipende da chi le attua. Viene alla mente un malizioso commento del Colin: «Quando Napoleone si trovava con i francesi ai margini dell'area della battaglia e gli austriaci riuniti al centro, questi erano circondàti. Quando invece Napoleone era al centro e gli austriaci raccolti ai bordi, questi erano tagliati fuori». La pura e semplice verità è che Ritchie, come Cunningham, non poteva competere con Rommel in tema di chiarezza di concezione, lucidità di pensiero, energia di esecuzione, rapidità di decisione, adattibilità al mutare degli eventi battaglia durante. Se Auchinleck preferiva una dislocazione delle forze corazzate più o meno attorno a Knighsbridge, a cavallo del Trigh Capuzzo, e Ritchic invece a sud di questo, e'era chi avrebbe adottato una soluzione assai diversa. «Come impiegherebbe i suoi mezzi corazzati - chiese Rommel a Bayerlein, prima dell'offensiva - se fosse al posto del generale Ritchie?». Bayerlein rispose che li avrebbe tenuti in posizione molto arretrata, nella zona di el-Adem, senza immetterli nella lotta finché il nemico non fosse penetrato bene a tergo delle posizioni di Ain el-Gazala, per poterlo colpire decisamente sul fianco. «Lei è pazzo - replicò Rommel - non faranno mai una cosa simile»81. Infatti non la fecero. Secondo la maggioranza dei critici il corpo di Norrie si sarebbe dovuto ,raccogliere a cavallo del Trigh el-Abd, in condizioni di intervenire contro l'ala avvolgente dell'avversario fin dall'inizio della manovra. Però, francamente, l'errore più grave non sembra tanto da rinvenire nella dislocazione iniziale del 30° corpo, quanto nello spappolamento della 7a divisione corazzata di Messervy. Quest'ultimo fatto è stato spiegato con la tendenza dei veterani del deserto ad una vasta dispersione, sia per ridurre la vulnerabilità alle incursioni aeree sia per tentare una qualunque mimetizzazione su un terreno che poco o niente offriva come protezione. Si tradusse veramente in un regalo gratuita per Rommel, anche se - è bene metterlo in evidenza - nemmeno questo determinante. A dispetto del disastro che annientò la 3a brigata motorizzata indiana, travolse la 4a brigata corazzata e disperse la 7a brigata motorizzata, la sera del 28 Ritchie poteva mettere ancora insie-
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me 420 carri efficienti, mentre il DAK era rimasto con circa 150 carri e l'Ariete con una novantina. La partita era dunque tutta da giocare e lo sarà nei giorni successivi fino al 13 giugno. Le manchevolezze dei comandanti britannici si verificarono in fase condotta dell'azione. Sin dalla prima sera Rommel, malgrado le innegabili preoccupazioni, conservava molto ottimismo grazie all'intervento frammentario delle brigate corazzate inglesi. In effetti, Ritchie perseverò in un impiego disarmonico, slegato, delle forze. Le brigate corazzate furono gettate nella fornace alla spicciolata o comunque senza la guida del Comando di divisione né, men che meno, del corpo d'armata. Così, per quanto nelle prime quarantotto ore le divisioni italo-tedesche fossero diluite da Eluet et-Tamar a Bir Hacheim, esse non subirono gravi danni. Così non venne impedita l'eliminazione della 150a brigata a Got el-Ualeb e neppure fu sferrato con Aberdeen un colpo massiccio e risolutivo. Sempre l'urto ebbe carattere frontale e scarsità di coordinamento, sempre si rivelò dispendioso e mancò l'obiettivo. E aggiungiamo, l'impiego a massa dell'artiglieria pesante britannica non ebbe mai modo di estrinsecarsi perché non preordinato. Rommel aveva seco due complessi di artiglieria d'armata - l'Arko 104 su quattro gruppi pluricalibro ed il Comando artiglieria Nicolini su due gruppi monocalibro - il cui maglio di fuoco seppe di volta in volta utilizzare in aggiunta alle artiglierie divisionali laddove utile o necessario, ma nulla di simile fu previsto da parte avversaria80• L'l 1 giugno Ritchie poteva ancora mettere in linea circa 350 carri, cioè più del doppio del DAK, eppure non riuscì ad evitare che il giorno seguente due sue brigate corazzate venissero prese in trappola e semidistrutte dalle Panzerdivsionen e la terza fosse tenuta dai tedeschi senza fatica lontana dal terreno dello scontro. La sera del 13 egli contava una cinquantina fra cruisers e Grant ed una ventina di carri per fanteria e Rommel, rimasto padrone del campo di battaglia, conquistava perfino la superiorità numerica81! Il giro di volta dell'accanita lotta si verificò dopo la caduta di Bir Hacheim e la disfatta delle unità corazzate inglesi, quando Rommel si presentò, per così dire, sulla dirittura di arrivo. Ormai il Comando dell'8a armata non poteva aver più speranze di vittoria, ma sicuramente la soluzione scelta non fu la migliore per contenere il successo italotedesco. A parere di Bayerlein, Ritchie avrebbe dovuto ripiegare direttamente sulle posizioni di frontiera e, in ogni caso, il tentativo di tenere T obruk con gli apprestamenti difensivi mal ridotti, una guarnigione per alcuni versi improvvisata ed un comandante poco sperimentato, fu una decisione sbagliata82 •
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«La battaglia - osservò il gen. Whiteley, poche settimane dopo la c.1duta della piazza - deve intendersi combattuta non sulla linea di Gazala, benché qui si sia sviluppata, ma nella zona globale Gazala-Hakeim-el Adem-Tobruk. Non si può pensare che la battaglia potesse andare avanti se Tobruk o el-Adem fossero cadute. Era tutta un'unica grande area. In effetti lo schema della ritirata era stato revisionato ed una decisione circa la ritirata da quella particolare zona non poteva esser presa finché Tobruk o el-Adem non fossero state catturate dal nemico o molto seriamente investite. Non si trattava di una linea a Gazala, una linea a Tobruk e poi un'altra linea a Gambut. Se la battaglia era perduta, la ritirata avrebbe avuto corso sino alla frontiera. Era un'unica posizione di considerevole profondità e Tobruk ed el-Adem erano comprese in questa profondità»81 •
Certo si è che Ritchie non si rese conto appieno della portata della sconfitta subìta a tergo delle posizioni di Ain el-Gazala ed anche per questo errore di valutazione si lasciò andare ad un disegno operativo troppo complesso in simili contingenze: impiantare una nuova battaglia ad ovest della linea Tobruk-el Adem-Bir el Gobi; organizzare a difesa le posizioni di confine; preparare una controffensiva. Uno dei motivi più profondi delle citate carenze nell'azione di comando, nonché di quelle che si verificarono dopo la caduta di Bir Hacheim ed il ripiegamento del 13° corpo dalla linea di Ain el-Gazala, è stato rinvenuto nei rapporti esistenti fra il comandante dell'Sa armata ed i suoi comandanti di corpo d'armata: «Indubbiamente - osservò Carver, che ben conobbe i personaggi in questione - gli avvenimenti furono influenzati dal fatto che Norrie e Gote erano amici intimi e che il primo nutriva grande rispetto per l'esperienza e la capacità di giudizio del secondo. Entrambi ritenevano che Ritchie si facesse eccessivamente influenzare da Auchinleck. Avevano la sensazione che molti dei suggerimenti o degli ordini da loro ricevuti fossero partiti in origine dal Cairo, senza che Ritchie avesse apportato ad essi le modifiche atte ad adeguarli alle esigenze della situazione esistente al fronte. La frequenza con cui. tali ordini apparivano basati su una valutazione che non trovava riscontro nei fatti quali essi li vedevano (spesso in modo impreciso) confermò tale impressione, che si rafforzò ulteriormente quando Ritchie diede il suo appoggio all'operazione Buckshot, l'offensiva progettata per il giugno 1942.
Fosse o meno giustificata, è indubbio che nel maggio 1942 esisteva una reciproca sfiducia fra molti comandanti a vario livello. Era un genere di diffidenza complesso, basato in gran parte sulla diversità dei paesi d'origine delle varie formazioni. Diversità che di per se stessa era un'altra fonte di perplessità e di ritardo nell'intera azione di comando» 86 •
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE NOTE AL CAPITOLO QUINTO 1
2
G. FtORAvANZO, op. cit.ata, p. 221 e segg. I.S.O. PLAYFAIR, op. citata, p. 183.
3 Ibidem, p. 189. • USSME, Verbali delle riunioni tenu.te dal Capo di S.M. Generale, voi. III, Roma 1985, p.
586. 5
Ibidem, p. 563. Ibidem, p. 580. 1 Ibidem, p. 582-583. 8 Ibidem, p. 585. 9 Ibidem, p. 571. 10 Diario Cavallero data 12.6.1942. " G. FIORAV..\NZO, op. citata, p. 238. 12 Per la battaglia aeronavale di mezzo giugno si rimanda soprattutto a G. FIORAVANZO, op. citata, p. 230 e segg.; A. SANTONI e F. M\TTESINI, op. citata, p. 371 e segg.; I.$.0. PLAYFAIR, op. citata, p. 229 e segg. 13 G. SANTORO, op. citata, p. 390-391. 14 G. FIORAVJ\NZO, op. citata, p. 333-334. 15 C. AUCHlNLECK, Despatch cit., app. n. 6. 16 Ibidem, app. n. 9. 17 \V/. CHURCHILL, op. citata, p. 425. 18 Ibidem, p. 426. 19 J. CONNELL, op. citata, p. 575. 20 Ibidem, p. 575-576. 21 Ibidem. 12 Ibidem, p. 581. Cfr. AGAlt·HJ\MILTON e TURNER, op. citata, p. 107. 23 J. CONNELL, op. citata, p. 578. 24 Ibidem, p. 578. 25 C. AUCHINLECK, Despatch cit., p. 326. 26 J. CONNELL, op. citata, p. 579. 27 \V/. CHURCHILL, op. citata, p. 429. 28 J.A.I. AGAR-H.\MllTON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 117-118. 29 Ibidem, p. 107-108. 30 E. ROMMEL, op. citata, p. 158. 31 F.\V/. VON MELLENTHlN, op. citata, p. 142. 32 La consistenza residua delle due divisioni del XX corpo c.ra la seguente. L'Ariete dispo· neva di 50 carri, 17 autoblindo, 26 pezzi campali, 7 pezzi da 88 e 3 da 90, 10 semoventi da 75/18, 19 cannoni e.e. da 47/32, 19 cannoni e.e. da 20 e 13 faciloni Solothurn. La Trieste aveva ancora 14 carri, 11 autoblindo, 42 pezzi campali, 33 cannoni da 47/32 e 45 da 20. Il personale raggiungeva il 75% dell'organico, ma le perdite gravavano sugli elementi combattenti e sugli specializzati. L'artiglieria di corpo d'armata aveva un pezzo da 105/28 e dodici da 149/28. 33 Secondo Auchinleck, 1'8• armata disponeva complessivamente di 500 carri. Di questi, 308 erano in officina per riparazioni di vario grado ed altri 40 in corso di riconsegna ai reparti. Di quelli efficienti, 48 Valentine e Matilda si trovavano in Tobruk e 23 alla frontiera. Rimanevano in linea alla 4' brigata 80 carri, di cui però uno squadrone (una ventina di mezzi) era assegnato in rinforzo alla 7' brigata motorizzata (Despatch cit., p. 361). Secondo Carver, la 4a brigata corazzata aveva in tutto 90 carri (op. citata, p. 183), senza distinguere lo squadrone ceduto in rinforzo alla 7' brigata motorizzata. È comunque molto probabile - a giudicare dalla situazione dopo lo scontro del 17 giugno - che le differenze siano dipendenti dalla quarantina di mezzi in corso di riconsegna ai reparti. 6
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34 Secondo Auchinleck la brigata aveva perduto 20 carri (Despatch cit., p. 361). Carver non parla dell'entità numerica delle perdite; Liddell Harc, facendo riferimento ai diari storici delle unità, precisa un cotale di 9 carri fuori combattimento ed aggiunge: «Per quanto un considere-,10/.e numero [di carriJfosse inviato in officina per riparazioni, 58 rimasero disponibili per l'impiego il giorno seguente» (op. cit., p. 183). >5 Le colonne dovevano essere fornice - ere per brigata - dalla 7' brigata motorizzata, dalla 3• brigata indiana motorizzata, dalla 1• divisione sudafricana e dalla so• i.nglese. 1 carri dalla 4• brigata corazzata. 36 J. CONNELL, op. citata, pp. 587-588. 37 Lettera in data 19.6.1942, ore 14,30 (T. CONNELL, op. citata, p. 589). Da rilevare un commento a posteriori del figlio del mar. Smuts: « Tutti sapevamo che non avremmo più commesso il pericoloso errore di tentare la difesa di T obruk o di qualsiasi altra piazzaforte isolata. I campi minati e le altre difese di Tobruk non furono quindi mai attrezzate in modo adeguato ad un assedio. Era perciò chiaro a rutti che Tobruk non poteva essere difesa. La decisione di difenderla, presa all'ultimo momento dalle autorità superiori, ci giunse completamente di sorpresa. La decisione proveniva certamente da Churchill o da qualche altro personaggio molto in alto. Il imo che mio padre, che pure era stato contrario alla decisione, non sollecitasse mai un'inchiesta può forse essere significativo» (C. BJ\RNETT, op. citata, p. 238). 38 F.H. HINSLEY, op. citata, p. 387. ·19 I.S.0. PLAYFAIR, op. citata, p. 260. ,o Nel gennaio i due gruppi semoventi da 75/18 del 133° artiglieria, i carri del 133° fanteria carristi ed il battaglione armi d'accompagnamento e controcarri del 12° bersaglieri vennero ceduti all'Ariete. In marzo anche il gruppo da 90/ 53 e due batterie da 20 del 133° artiglieria passarono all'Ariete, ed in aprile il ricostitulto X battaglione carri entrò nell'organico del 132° carristi, mentre !'Xl battaglione carri veniva assegnato alla Trieste. Inoltre la divisione aveva versato tutti gli automezzi all'Intendenza Superiore, che cercava di superare la gravissima situazione dei trasporti con la manovra dei mezzi. 41 In realtà, la principale limitazione posta all'impiego della Littorio, concerneva il vincolo del suo impiego ad ovest del confine. Essa «era dovuta - come più tardi spiegò Barbasmi a Mancinelli - a voci qui giunte, ma non sappiamo se vere, di intendimenti operativi gen. Rommel che sarebbero in contrasto con direttive Supercomando» (DSCSAS, tele 01/11828 data 19 6. 1942). 42 Secondo Auchinleck la 32 • brigata carri disponeva di 48 carri per fanteria, ma con ogni probabilità si riferiva a quelli efficienti. Playfair e Carver indicano, invece, 61 carri efficienti: 35 Valentine del 4° Royal Tanks e 26 Valentino e Matilda del 7° Royal Tanks.Secondo Liddell Harc il 4° Royal Tanks aveva 39 Valentine ed il 7° Royal Tanks 26 carri fra Valentine e Matilda più 5 Grane del 1° Royal Tanks, per un totale di 71 carri armati (op. citata, pp. 182-183). Infine, Nei! Orpcn parla di «circa 50 carri efficienti in tutto» (W'ar in the Desert, Cape Town e Johannesburg, 1971, p. 311). H I dati riferiti sono quelli presentati da Agar-Hamilton e L.C.F. Turner (op. citata, p. 135). Carver concorda nel totale, ma indica soltanto otto pezzi da 6 libbre (op. citata, p. 299). Secondo Playfair la guarnigine disponeva di 15 pezzi da 6 libbre, 32 da 2 libbre ed 8 Bofors (op. citata, p. 262). '' Nel primo pomeriggio, Ritchie telefonò a Tobruk ed al capo servizio informazioni della 2• divisione sudafricana disse di aver spronato Norrie a cooperare con la fortezza per liberare il battaglione di Bir Batruna. L'interlocutore non osò dire al comandante dell'armata che Batruna era in mano nemica da quattro giorni e se la cavò dicendo di ritenere che la posizione fosse caduta quel giorno e che comunque si sarebbe informato. 45 ].A.I. AGAR-HAM!LTON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 157. 46 La 6• brigata sudafricana era composta dal I e II battaglione di Polizia e dal II battaglione Transvaal. La 4• brigata era costituita da: II Royal Durban Light, Umvoti Mounced Rifles, gruppo Blake (complesso di tre compagnie fornite dal I Ro)•al Durban Light, dall'Imperia! Light Horse e dal Rand Light Infantry) e Kajfarian Rifles. L'll' brigata indiana era composta da: Il Caml>rOn Highlanders, II/5° Maharattas, Il/7° Gurkhas e gruppo Beer (rappresentato da un battaglione di formazione della 1• divisione sud africana).
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LE OPERAZIONI IN AFRICA SE'n'ENTRIONALE
47 Tale complesso si basava essenzialmente sulla 7• divisione corazzata, il cui comandante, Messervy, era stato esonerato dall'incarico e sostituito dal gen. J.M.L. Renton. 48 J.A.I. AGAR·HAMILTON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 157. 49 F.H. HINSLEY, ap. citata, p. 387. Non si è in condizioni di individuare l'unità cui si riferiva il dispaccio, soprattutto ignorando a quale momento fosse legata la notizia. Forse la
Trieste? 50
Ibiaem.
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J.A.I. AGAR.-HAMILTON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 158. 52 Ibidem, pp. 158-159. 53 Vero si è che alle 6,15 il gen. von Bismarck sostituì su du.e piedi il comandante del 900° battaglione pionieri per l'insoddisfacente approntamento dei ponti per il fosso anticarro (AGARHAMILTON e TURNER p. 161). 34 Testimonianza dell'allora ten. Ennio Calabresi (GIULIO BEDESCHI, Fronte d'Africa c'ero anch'io, Mursia, Milano 1979, p. 158). 35 Il gen, Thompson, comandante delle retrovie, alle 18 aveva ordinato d'iniziativa di dar corso alle demolizioni, causando notevoli danni alle attrezzature portual i ed a taluni serbatoi d'acqua e di benzina. Sfuggirono dal porto due dragamine e tredici imbarcazioni di vario tipo. 56 I.S.O. PLAYFATR, op. citata, p. 272. 5' 58
Jbiaem. Ibidem.
59 J.A.I. AGAR·HAMILTON e L.C.G. TURNER, op. citata, p. 215. Bisogna dire che, dopo la decis ione della resa, si verificarono diversi tentativi isolati di sfuggire alla cattura. I più rilevanti furono due. Il primo fu effettuato verso mezzogiorno del 21 sul fronte del 61° fanteria che, non appena compreso trattarsi di una sortita, aprì immediatamente il fuoco immobilizzando molti mezzi, inducendo gli altri a rientrare nella cinta e catturando circa 500 prigionieri. Un secondo ebbe luogo la mattina del 22, con una sessantina di automezzi e di autoblindo, ad opera dei resti del II Coldstream, cui si aggiunsero molti altri elementi. Il gruppo uscì da Ras Medauuar e, per quanto caduto sotto il tiro del II/46° artiglieria della Trento, che provocò perdite e la cattura di 83 prigionieri, grazie alle nubi di polvere ed agli intervalli nello schieramento del XXI corpo il grosso (circa 200 Guards ed altrettanti sudafricani) riuscì a guadagnare Knightsbriage, ove incontrò una pattuglia del 4° autoblindo sudafricano che lo pilotò in salvo. 60 Sulla resa della guarnigione di Tobruk si ritiene opportuna una precisazione. Alle 7 del 21 giugno un ufficiale britannico, con i segn i e le formalità esteriori del parlamentare, si presentò alle linee della Trento. Condotto al Comando di divisione, asserì di essere autorizzato a trattare la resa della piazza a nome del gen. Klopper. Il gen. Navarini, messo subito al corrente del fatto, comunicò la notizia al Comando della Panzerarmee, mentre il parlamentare, risultato sprovvisto di qualifica ufficiale, veniva rinviato al proprio Comando per farsi munire dei documenti prescrit· ti. Ebbe corso, invece, una richiesta analoga formulata - non si è in grado di dire se contemporaneamente all'episodio citato o successivamente - alle linee tedesche. Alle 9 il Comando armata ordinò la sospensione del fuoco. Tale situazione e l'irrompere ormai dovunque delle truppe del XXI corpo fra i fortini del perimetro difensivo e la resa di interi reparti sudafricani resero superate le formalità della resa. 61 Vale la pena di riportare il commento di un ufficiale italiano presente alla resa degli Highlanders: ,Il mattino dopo [ = 21 giugno] tutto era finito, e due scene sono rimaste impresse nella
mia memoria: quella di un reparto scozzese (cui si diceva fosse stato concesso l'onore delle armi), che sfilava fiero ed impeccabile al seguito delle cornamuse, in kilt, verse, il posto raccolta prigionieri e, più tardi (...), quello di un plotone di fanti della Brescia, in fasce gambiere, che procedeva lentamente, a pied~ con evidenti i segni della stanchezza, trascinandosi dietro un fucilone Solochum• (testimonianza dell'allora ten. Ennio Calabresi, G. BEDESCHI, op. citata, p. 161) 2 • Nell'impossibilità di mettere le nuove insegne, Rommel conservò quelle di generale d'armata. F u sulle posizioni cli el-Alamein che Kesselring, notando il fatto, gli regalò un paio dei suoi distintivi di grado.
LA RICONQUISTA Dl TOBRUK
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M. CARVER, op. citata, p. 216. La «buona fonte» si inaridì improvvisamente il 29 giugno. Da parte britannica già da qualche tempo erano sorte perplessità e sospetti leggendo i testi cifrati da Enigma della Luftwaffe e della Panzerarmee ed alla fine venne individuata l'origine della fuga di notizie. 65 H.0. BEHRENDT, op. citata, p. 207. 66 F.W. VON MELLENTHIN, op. citata, p. 134. 67 DSCSAS, tele 01/10424/0p. data 31.5.1942. 68 DSCS, citato tele 31045/0p. data 2.6.1942. 69 G. MANCINELLI, op. citata, p. i06. 70 DSCSAS, f. 2901 data 2.6.1942 del col. Mancinelli. 71 DSCSAS, tele 3048 data 15.6.1942 del col. Mancinelli. 72 DSCSAS, f.Ol/11745/0p. data 18.6.1942. 73 Dalla sintesi della relazione inviata dallo S.M.R.E. al ministero della Guerra con f. 0305/P/11/,2 data 21.6.1942. 74 Lettera personale al Duce in data 7.6.1942 - allegato n. 18. 75 DSCSAS, f. 2/9 R.P. data 11.6.1942 del Comando Superiore CC.RR. dell'A.S. 76 G. M.\NCINELLI, op. citata,, pp. 122-123. 77 Ibidem, p. 110. 78 D. YOUNG, op. citata,, p. 179. 79 Cfrt. L!DDELL H.\RT, The tanks cit., pp. 154-157 e M. C..\RVER, op. citata, pp. 327-332. so M. CARVER, op. citata, p. 327. 81 D. YOUNG, op. citata, p. 168. 82 Il Comando artiglieria 104 (Arko 104) era costituito dai seguenti gruppi: 408° su una batteria da 149/28 (italiana), una da 170 ed una da 76,2; II/115° su una batteria da 210, una da 170 ed una da 100; 528° su due batterie cannoni da 150 ed una obici da 150; 533° su una batteria cannoni da 150, una obici da 150 e due da 100. Il Comando artiglieria Nicolini disponeva dei gruppi XXXIII/8° su tre batterie da 149/40 e LII/8° su due batterie da 152/ 37. 83 Perdere il campo di battaglia significava perdere la possibilità di recuperare i carri danneggiati. Per dare un'idea della mole del lavoro svolto dalle officine campali britanniche, basti dire che fino al 13 giugno erano stati recuperati non meno di 417 carri danneggiati e, di questi, 210 erano già stati rimessi in efficienza, 122 inviati alle officine di maggior livello alla base ed il resto si trovava in corso di lavorazione sul posto (I.$.0. PLAYFAIR, op. citata, p. 243). 8' D. YOUNG, op. citata,, p. 173. 85 J.A.I. AGAR-HA.MILTON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 739. 86 M. CARVER, op. citata,, pp. 320-321. 63
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