LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE VOL III EL ALAMEIN - PARTE SECONDA

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PARTE SECONDA



STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO U FFICIO STORICO

MARIO MONTANARI

LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE VOL. III - EL ALAMEIN (Gennaio - Novembre 1942}

PARTE SECONDA

ROMA 1989


PROPRIETÀ LETTERAIUA Tutti i diritti ritm111ti. Vietata la riproduzione 11nche p11nillle seni.a a11torin11ziom:.

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By Ufficio Storico · SME • J\cma 1989

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Finito ste.mp3rc nel clic.aà~ 198, nell'Imlustria Grafica Laterza • Bari


PRESENTAZIONE A seguito dei due volumi «Sicli el Barrani>> e «Tobruk» viene ora pubblicato «El Alamein», il terzo dedicato alla guerra in Africa Settentrionale negli anni 1940-1943. Come espresso dal significativo titolo, si tratta del momento culminante della lotta svolta oltremare dalle truppe italo-tedesche contro quelle del Commonwealth britannico. Da un lato Rommel, ormai leggendario; dall'altro prima Auchinlek e poi Montgomery. Per un istante la vittoria sembrò a portata di mano dell'<<Asse», ma ben presto fu giocoforza riconoscere che l' audacia e la spregiudicatezza da sole - non potevano superare le difficoltà e gli ostacoli frapposti alle operazioni eia una logistica insufficiente. E se nella tarda primavera ciel l 942 il dilemma Malta o Tobruk fu risolto a favo re cli questa piazza'ròrt~ - ~a cori più af una riserva mentale da parte cli qualche protagonista - , ,a luglio , dinanzi alle posizioni della stretta di El Alamcin, caddero 1.e i)lusioni e cominciò un amaro rimpianto per l'abbandono della pur .prevista. ope~azio1~e C IÙn1p ianto che affiorerà in ogni consideraz_ione sulla condotta della guerra nel teatro del Mediterraneo e che originèd1 una l~mg~\erie di polemkhe è cii aspre critiche. È comunque indubbio che, al di là delle polemiche e delle critiche postume - tanto inutili, ·~oìché .pri:-;.e di yerifica, ,quanto speculative, e quindi fini a se stesse - , iFbinomio El 'Ah1me·i11-(sùUfronte africano) e Stalingrado (sul fronte orie ntale) costituì nel cont1itto uno spartiacque fra l'iniziativa strategica dell'«Asse», che qui si arenò, e quella alleata, che da qui prese fiducia e vigore. Lo studio del generale Montanari - al quale l'Ufficio Storico esprime il suo ringraziamento - è molto accurato e, sia pur basandosi eminentemente sulla documentazione ufficiale degli opposti belligeranti, tiene debito conto ànche delle relazioni e delle memorie dei protagonisti ai vari livelli. Sottolineare l'importanza della battaglia di El Alamein è supernuo, data la sua enorme risonanza e - come ho detto - le sue notissime e riconosciute conseguenze strategiche. L'abbiamo perduta, ma, come l'acuta analisi compiuta dal!' Autore pone in evidenza, l'abbiamo perduta onorevolmente. Ne possiamo parlare a testa alta.

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IL CAPO DELL'UFFICIO STORICO


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LE OJ>ERAZJONI rN AFRICA SETTENTRIONALE

INDICE DEGLI SCHIZZI 47. Il disegno di manovra di Rommel a Matruh ed il supposto schieramento britannico (24 giugno) .................................................... ...................... p. 48. Il campo trincerato di Matruh ........... .................................................. ....... p. 49. Lo schieramento britannico il 25 giugno ................................ ... p. 50. La battaglia di Matruh ................... .................................. ............................... p. 51. Lo sfruttamento del successo (29-30 giugno) .................................................. p. 52. Lo schieramento britannico ad El Alamein il 1° luglio ....................... .......... p. 53. Il disegno di manovra di Rommel ad El Alamein ed il supposto schieramento britannico .............. ............................................ ..................... ............... p. 54. Gli 'avvenimenti del 1° luglio ........................................... ........................................... ....... p. 55. Gli avvenimenti del 2 luglio ........ .................................... ... p. 56. Gli avvenimenti del 3 luglio ....... .......................................... . .................... p. 57. La situazione la sera del 5 luglio . ...................... ................................. p. 58. Gli avvenimenti del 9 luglio ........................................................ ......................... p. 59. La situazione nel settore di Teli el Eisa la sera del 12 luglio ...................... p. 60. Il primo combattimento del Ruweisat (15-17 luglio) .. ......... ....................... p. 61. Gli opposti schieramenti il 21 luglio ed il piano di Auchinleck .............. p. 62. Il secondo combattimento del Ruweisat (21-22 luglio) ...................................... p. 63. Il combattimento di El Miteiriya (27 luglio) .................... ... ... . ....................... p. 64. li piano di Rommel per lo sfruttamento del successo ........ .................... p. 65. Lo schieramento del XXI corpo a fine agosto ......................................... ....... p. 66. Lo schieramento del X corpo a fine agosto ..... ............................ p. 67. L'iniziale disegno di manovra di Rommel per la battaglia di Alam el Haifa (10 agosto) ...... ..................................................... ........................... p. 68. Il disegno di manovra definitivo di Rommel per la battaglia di Alam el H aifa (22 agosto) ....................................... ............................................ p. 69. Lo schieramento dell'8" armata a fi ne agosto ....................................................... p. 70. La situazione alle 8 del 31 agostO ...................................... ............................ p. 71. La situazione alle 20 del 31 agosto ..... .......................................................... ........ p. 72. La situazione al mattino del 3 settembre ................................................ p. 73. L'operazione Beresford (notte sul 4 novembre) . ......................... p. 74. Gli ordini di Rommel per il nuovo schieramento (6 settembre) .............. p.

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INDICE GENERALE CAPITOLO VI - Lo sfruttamento del successo 1.

2. 3.

Il dilemma operativo .................... ............................... Il problema operativo britannico ....................... . La battaglia di Matruh (25-30 giugno)

p. 353 p. 379 p. 396

CAPITOLO VII - La prima battaglia di El Alamein l. 2. 3. 4. 5.

p. Il tentativo di sfondamento iniziale (1-4 luglio).... p. Il combat timento di Tel1 el Eisa (10-12 luglio) n primo combattimento del Ruweisat (15-17 luglio) ......... p. Il secondo combattimento del Ruweisat (21-22 luglio) .... p. li combattimento di El Miteiriya (27 luglio) ............................ p .

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CAPITOLO VIII - La seconda battaglia di El Alamein 1.

2. 3.

4.

Il passaggio dell'iniziativa in campo britannico ..... Gli intendimenti italo-tedeschi ....... ......................... La b~ttagli~ di. Alam el Haifa. {30 agosto-5 settembre) Cons1deraz10m ....................................

p. p. p. p.

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Capitolo sesto LO SFRUTTAMENTO DEL SUCCESSO 1. IL DILEMMA OPERATIVO

Ove fosse necessario un esempio di come si possano incalzare il tempo e gli avvenimenti favorevoli, bisognerebbe proprio prendere a campione la mattinata del 21 giugno. Alle 8,30, non appena saputo dell'offerta di resa da parte di Klopper, Rommel ordinò che la Trieste (meno il· raggruppamento Vaiarini) si trasferisse subito nella zona di Sidi Rezegh, fronte ad est-sudest. Alle 9,45 diramò a tutti i Comandi dipendenti il messaggio: «La fortezza di Tobruk ha capitolato. Tutte le unità si riuniscano e si preparino per l'ulteriore avanzata». A mezzogiorno dispose che la 21 a Panzer si recasse con urgenza a Gambut e che all'alba del 23 il XX corpo si trovasse raccolto fra Sidi Rezegh e Bir el-Chleta; il XXI si concentrasse a cavallo della via Balbia, ad ovest di T obruk, pronto a riprendere il movimento ed il X corpo si portasse con la Brescia ed il 9° bersaglieri a Gambut, lasciando la Pavia attorno ad el-Adem. Nel pomeriggio i comandanti di corpo furono convocati a rapporto nella città. I nuovi ordini concernevano l'annientamento delle truppe nemiche dislocate alla frontiera. Il XXI corpo d'armata doveva raggiungere rapidamente, e comunque entro il 23, Bardia ed il X disporsi ad occidente della ridotta Capuzzo per disimpegnare la 90a leggera, destinata ad agire nella zona di Sidi Omar a protezione della destra dell'armata corazzata. Il XX corpo rimaneva per il momento nella zona di Bir Bu Creimisa-Sidi Rezegh-Bir el Chleta ed il DAK doveva raccogliersi a Gasr el-Arid sul Trigh Capuzzo. Ad entrambi era affidato, per il 24, l'avvolgimento di Sidi Omar e la prosecuzione della manovra verso la costa da Sollum e Sidi el Barrani, sì da eliminare ogni residua resistenza avversaria. A presidiare T obruk restavano il battaglione San Marco ed il II/40° fanteria; ad el-Adem il II/19° fanteria. Noca di caraccere tipografico. Seguendo i criteri della principale cartografia italiana dell'epoca, nei toponimi si è sempre riportato l'articolo arabo el con l'iniziale minuscola ed il trattino di congiunzione (es.: el-Adem, el-Agheila), omettendo tale trattino per motivi di ~hiarezza solo nell'indicazione di una serie di località (es.: Marsa el Brega-el Agheila). Inoltre si è adottata l'assimilazione dell'articolo a determinate consonanti: ed-Duda per cl-Duda, er-Rzem per cl-Rzem). La cartografia britannica, invece, non contempla né l'iniziale minuscola (El Alamein), né il trattino (Dar e! Brug), né l'assimilazione (El Daba). Di conseguenza, e seguendo ancora il criterio usato dalla cartografia italiana, specialmente militare, per le località situate in territorio egiziano la scrittura del toponimo segue le regole britanniche.


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LE OPERAZIONl lN AFRICA SErfENTRJONALE

A questo punto occorre esaminare gli interventi a più alto livello. Nello stesso pomeriggio del 21 giugno Kesselring arrivò in volo dalla Sicilia. Era il primo personaggio di rango più elevato a farsi vivo a T obruk dopo la vittoria ed il colloquio - a detta di von Mellenthin, presente alla riunione - assunse presto molta vivacità. Per Kesselring era scontato che, come deciso dall'OKW e dal Comando Supremo, fosse adesso la volta dell'operazione Hercules, tanto più che Malta mostrava segni di ripresa dalle tremende incursioni aeree subÌte. Rommel coltivava idee completamente diverse: ora bisognava sfruttare il successo senza attendere l'impresa di Malta e, di fronte alla fermezza del suo interlocutore nel voler rispettare il piano strategico già stabilito, e quindi posporre l'invasione dell'Egitto (impossibile senza un pieno appoggio aereo) all'occupazione dell'isola, si alterò. Ammise che la Panzerar· mee aveva sofferto pesanti perdite durante l'intera battaglia, tuttavia a sua avviso 1'8 a armata stava peggio e che non si poteva lasciar sfuggire un'occasione unica per una profonda penetrazione in Egitto. Profonda sino ... al canale di Suez. Un ritardo anche di poche settimane avrebbe concesso al nemico di riacquistare fiato e di impedire il raggiungimento di quell'obiettivo. Il colloquio si chiuse rimanendo ciascuno del proprio parere. Kesselring disse chiaro e tondo che intendeva riportare in Sicilia i rinforzi dati a von Waldau per l'offensiva; Rommel si irrigidì. e la sera stessa si rivolse a Berlino1• A Roma era giunta prima la notizia della caduta di Tobruk, poi, a ruota, la comunicazione dell'orientamento operativo di Bastico: «( ..) conseguire conquista linea Sollum-Halfaya-Sidi Omar, come da direttive Comando Supremo 30760 data 5 maggio>>2• La risposta di Cavallero fu immediata: Mussolini si compiaceva del rispetto delle direttive del 5 maggio e, mentre segnalava la necessità che la «sistemazione» dell'armata sul fronte Sollum-Halfaya avesse luogo con sollecitudine, disponeva che i reparti aerei destinati all'operazione Malta, o meglio C.3 secondo il nome convenzionale italiano, fossero messi in libertà con urgenza. «Comunicate ciò da parte del Duce at maresciallo Kesselring» specificava Cavallero. Infine richiamava l'attenzione sull'opportunità di riprendere Giarabub3• Occorre dire subito che in realtà Mussolini era più che propenso a non fermarsi al confine: «Il Duce è di ottimo umore e si propone di andare in Africa - scrisse Ciano nel suo diario il 22 -. In verità egli è stato il fautore dell'attacco decisivo, anche contro il parere del Comando Supremo. Adesso teme che non si sappia e non si osi sfruttare a fondo il successo. La sua fiducia è soltanto per Rommel: da Roma è già partito un telegramma sedativo, dicendo che non conviene spingersi oltre la linea Forte Capuzzo-Sollum». Tuttavia, per obiettività, è doveroso


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anche dire che da parte di Cavallero non si trattava di rigidità di posizione, bensì di una seria e fondata preoccupazione per la scarsa disponibilità di carburante e per la crisi dei trasporti oltremare. Come si è accennato, il Comando Supremo vedeva la situazione dominata da due incubi: nafta e rifornimenti in Libia. Il 19, alla riunione sui trasporti, al gen. Weininger, che segnalava un convoglio britannico di dieci piroscafi ed una cisterna, scortato da due incrociarori e quattro cacciatorpediniere, diretto presumibilmente a Malta, l'amm. Sansonetti aveva obiettato sconsolatamente: «Contro questo convoglio, per quanto riguarda la Marina, non possiamo opporre che dei sommergibili perché siamo assolutamente con le navi vuote» ed il gen. Santoro osservato che la R. Aeronautica disponeva di soli sette siluri per gli aerosiluranti 4 • Sotto l'impressione di questo stato di cose, il 20 giugno Cavallero sottopose alla firma di Mussolini una lettera per Hitler, in cui, premessi il felice esito della battaglia aeronavale di mezzo giugno ed il prevedibile imminente successo in Marmarica, ricordava in termini chiari e precisi la necessità di dar corso alla programmata operazione Hercules, non rinviabile oltre: «(...) Quest'azione su Malta si impone più che mai. Gli effetti veramente cospicui delle azioni aeree a massa svolte dall'aviazione dell'Asse e principalmente dalla II Lufiflotte nell'aprile hanno prolungato la loro efficacia durante il maggio; ma ormai, in giugno, Malta, rifornita costantemente di apparecchi, ha ricuperato la sua capacità offensiva aerea, cosicché oggi la nostra navigazione per la Libia è nuovamente resa molto difficile. Ora, per mantenere i risultati conseguiti in Marmarica e provvedere alle future esigenze occorre poter eseguire con sufficiente sicurezza i necessari trasporti. A fondamento di questa esigenza sta la nafta( ...). Ora le nostre navi da guerra hanno i depositi di nafta vuoti e non è più possibile rifornirle; una seconda uscita delle nostre forze navali non è ora possibile e perciò ad un nuovo tentativo di rifornire Malta noi non potremo opporre che una limitata azione di sommergibili in aggiunta all'azione, non sempre possibile per le condizioni atmosferiche, degli aerosiluranti(...)».

Il calcolo del fabbisogno di nafta indicava 40.000 tonnellate per Malta, che dovevano essere consegnate all'Italia almeno una settimana prima della fine di luglio, più altre 30.000 tonnellate di riserva per la R. Marina. «Mi è anche doveroso aggiungere - proseguiva la lettera - che l'agosto

è l'epoca ultima dell'anno che permette di eseguire l'operazione su Malta; dopo di che sarebbe giocoforza attendere l'estate del 1943 con le conseguenze che Voi, Fiihrer, perfettamente conoscete. . L'occupazione di Malta, oltre a risolvere il problema dei traffici nel Mediterraneo (Libia-Egitto), ci restituirebbe la piena disponibilitè delle nostre forze


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aeree, che sono oggi vincolate al settore Mediterraneo e così rimarranno fino a che Malta rested in possesso del nemico. Lo svincolo delle forze aeree, sommato con gli altri vantaggi della presa di Malta, significherebbe per noi il riacquisto della libertà di manovra, fattore di primordiale importanza per la vittoria (...)»$.

Il 22 giugno Cavallero ricevette von Rintelen e gli domandò se, a suo avviso, l'armata corazzata dovesse proseguire l'avanzata verso l'Egitto, oppure fermarsi al confine o poco oltre e dar la precedenza alla conquista di Malta. «Senza esitazione - ricordò van Rintelen - io gli risposi che Malta veniva evidentemente in prima linea e che doveva darsi esecuzione al piano concordato con l'OKW,>6• Cavallero allora spiegò di aver voluto semplicemente conoscere il suo pensiero e di esser personalmente convinto dell'urgenza dell'operazione C 3, «condizione indispensabile per avere libertà di manovra e non esser presi alle spalle in caso di proseguimento di operazioni in Libia/. Senonché quella sera arrivò a Roma un telegramma di Rommel per van Rintelen: «Il primo obiettivo dell'armata corazzata Africa, e cioè di battere l'armata campale avversaria per riconquistare Tobruk, è stato raggiunto. Parti del nemico resistono ancora presso Sollum, Halfaya, Sidi Omar. Vi è l'intenzione di annientare ora anche questo nemico e di aprire con ciò la via per l'interno dell'Egitto. Le condizioni e l'umore della truppa, l'attuale situazione vettovagliamento in base alle riserve di preda bellica e l'attuale debolezza del nemico permettono l'inseguimento fino nel cuore della zona egiziana. Prego pertanto ottenere presso il Duce affinché venga levata la limitazione alla libertà d'azione in vigore finora e che mi siano concesse tutte le truppe attualmente sotto il mio comando per la continuazione della lotta»8•

Subito von Rintelen telefonò a Jodl, il quale, al corrente delle intenzioni di Hitler, gli comunicò che la conquista di Tobruk aveva mutato lo stato delle cose, perciò l'impresa di Malta non appariva più necessaria. Von Rintelen afferma di aver protestato, ma inutilmente; perciò si rassegnò a comportarsi in base alle nuove direttive 9• In siffatta 4isposizione di spirito, il 23, alle 11,10, si presentò da Cavallero e discusse sulle idee di Rommel e soprattutto su quelle dell'OKW. Cavallero era profondamente persuaso dell'urgenza di togliere di mezzo Malta ed aveva sempre seguito e spronato i preparativi e la pianificazione interforze. Trovatosi spiazzato dall'OKW, che ribaltava radicalmente gli accordi presi, pur mostrandosi possibilista formulò concrete obiez1om:


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«Rispondo che noi non abbiamo idee rigide e siamo pronti anche a modificare i progetti. Però è da tener presente la difficoltà dei rifornimenti e della nafta. Affermo che anche se si è trovato un mese di viveri bisogna iniziare subito la costituzione di una scorta per l'avanzata. Aggiungo che per un'avanzata occorrono molte più forze aeree delle attuali( ...). Faccio presente che il nemico per reazione alla nostra azione verso l'Egitto potrebbe provocare un'azione in Tunisia e dobbiamo in ogni caso guardarci da quella parte»,

poi, ben sapendo chi era il vero detentore del potere decisionale, chiese esplicitamente: «di precisare se il Fuhrer è deciso a rinunciare all'azione su Malta)) 10• Quindi si recò da Mussolini. Non è chiaro quando von Rintelen abbia consegnato la risposta di Hitler a Mussolini. Forse prima di recarsi da Cavallero, forse dopo. Certo si è che Cavallero dovette conoscere il documento a palazzo Venezia, perché, tornato a palazzo Vidoni alle 12,30, il primo argomento che trattò con l'amm. Riccardi fu «Intendimenti operativi del Fuhrer per l'Egitto». Riccardi si attenne ad un atteggiamento decisamente pessimistico. Proprio due giorni prima aveva sentito il dovere di richiamare l'attenzione del Comando Supremo sul traffico per l'Africa settentrionale. Cessati gli effetti dell'intenso martellamento dell'aria - aveva scritto - Malta si era rapidamente ripresa riacquistando una forte capacità offensiva aerea, mentre nel Mediterraneo centrale l'insidia sommergibile si era intensificata in misura superiore al passato. In considerazione della prevista breve durata dell'offensiva di Rommel, il traffico con la Libia era stato ridotto sensibilmente. Ciò nonostante in pochi giorni si erano perduti due piroscafi, due motonavi veloci ed un cacciatorpediniere per opera di sommergibili o di aerei avversari. Gli avvenimenti di mezzo giugno avevano condotto alla paralisi totale dei movimenti marittimi, ma lo sviluppo successivo delle operazioni in Marmarica aveva reso indispensabile la ripresa del traffico. Ed ecco che il primo convoglio era stato fatto segno ad imponenti attacchi aerei, con l'affondamento del piroscafo Reichenberg (anche se il nemico aveva perduto molti apparecchi). La situazione, in sostanza, era questa: le rotte di levante e di ponente si presentavano ugualmente rischiose; i mezzi di scorta erano limitati ed ancor più lo era il combustibile; il numero di motonavi veloci era contato e, d'altronde, il ricorso alle ormai poche navi lente rischiosissimo. «È perciò assolutamente indispensabile - concludeva l'esposizione di Supermarina - se si vuole continuare ad alimentare la Libia, ricominciare al più presto ed in forze la pressione sulle basi aeree maltesi» 11 • Inoltre, appena alle 11,15 di quella mattina, per telefono, Riccardi aveva ribadito che (<non siamo ·in grado di garantire un rifornimento


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regolare a Tobruk, a meno di sopprimere Malta». Come emerge dal diario Cavallero, il breve colloquio fu sconsolante. La lettera di Mussolini, spedita il 21 giugno, era stata recapitata da Marras in un momento di universale esaltazione. Qualche tempo dopo, un osservatore svedese ebbe a commentare: «La caduta di Tobruk fece un'enorme impressione in Berlino ed in tutta la Germania. Il morale si alzò immediatamente ad un livello mai più raggiunto dalla conclusione della battaglia di Francia nel 1940. Rommel era l'uomo del giorno, al quale nulla era impossibile. Forse possiamo vincere la guerra dopo tutto, dicevano tutti, e si abbandonavano alla gioia di una vittoria che sentivano essere veramente una vittoria» 12•

In un simile clima contagioso e tenendo presenti le notizie e le prospettive avanzate da Rommel, non c'è da meravigliarsi molto se la persistente intima ostilità di Hitler alla C 3 acquistò forma e sostanza esplicite. Già in maggio, mentre anche in Germania fervevano i preparativi per Hercules, il gen. Student, comandante dell'XI Fliegerkorps, era stato convocato presso il Quartier Generale del Fi.ihrer. Ricevuto dal gen. Jeschonnek, capo di Stato Maggiore della Luftwaffe, si sentÌ dire: «Student, domani lei riceverà dal Fuhrer un compito difficile. Il gen. Cruwell, dell'Afrikakorps, è stato qui stamattina. Tra l'altro si è parlato anche del morale delle truppe italiane. Cruwell ha espresso a tal proposito un giudizio molto negativo. Pertanto l'intera impresa di Malta è in perico·lo/»13. Il giorno successivo Student espose davanti ad un folto uditorio i piani elaborati a Roma. Hitler mostrò di accettarli sostanzialmente, senonché, in chiusura, espresse il proprio ... entusiastico pensiero sugli alleati: «La realizzazione della testa di ponte [in Malta] è garantita dalle Sue truppe aviotrasportate. Bene! Allora io Le garantisco che accadrà quanto segue: quando avrà inizio l'attacco, naturalmente la flotta inglese uscirà da Alessandria immediatamente, ed anche da Gibilterra partiranno le forze britanniche. Quindi Lei potrà vedere cosa faranno gli Italiani a questo punto. Con l'arrivo dei primi messaggi, tutti torneranno indietro, compresa la marina da guerra ed i trasporti. Allora, Lei scenderà da solo con i suoi paracadutisti sull'isola!».

Student non soltanto era fautore dell'impresa, ma calcolava altresì che alla peggio sarebbero bastati i paracadutisti tedeschi, nell'intesa ovviamente che in precedenza Malta fosse messa in ginocchio dai bombardamenti aerei preliminari. Perciò replicò: «A questo proposito ha provveduto il feldmaresciallo Kesselring. Accadrà agli inglesi come lo scorso anno a Creta, quando Richtofen attaccò ed affondò una parte della squadra navale di Alessandria. E verosimilmente anche peggio, perché Malta si trova nel raggio di azione della Luftwaffe. Il volo dalla Sicilia


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a Malta è più breve di quello della Grecia a Creta. D'altro canto, per gli inglesi la distanza via mare è doppia di quella che li separa da Creta. Quindì, mio Fiihrer, Malta può divenire la tomba della flotta britannica nel Mediterraneo»1'.

Ma c'è dell'altro. Il 15 giugno Hitler aveva detto a Raeder, che spalleggiato da Kesselring insisteva per risolvere una buona volta il problema di Malta: «Riconosco interamente l'importanza della presa di Malta. Ma non credo tuttavia che questo si possa fare mentre l'offensiva sul fronte orientale è in corso e non credo, in particolare, che si possa fare con truppe italiane. La Luftwaffe non h<! aeroplani da trasporto disponibili. Una volta che Tobruk sia presa, molte navi da carico potranno essere avviate a Tobruk via Creta (evitando Malta). D'altra parte gli sforzi britannici per far arrivare convogli a Malta, da oriente e da occidente, attestano la situazione gravissima in cui l'isola si trova. Questi convogli, incidentalmente, ci offrono modo di infliggere gravi danni al nemico. Una volta che Malta sia interamente dissanguata ed esausta per le continue incursioni aeree ed il blocco totale, potremo arrischiare l'attacco,.' 5•

Allorché, dunque, Rommel gli fece chiedere il permesso di sfruttare la vittoria, nonostante il parere negativo di Raeder e di Kesselring, Hitler consentì immediatamente: «Il feldmaresciallo Rommel - è annotato sul diario di guerra della Seekriegsleitung in data 22 giugno - ha il proposito di continuare l'offensiva. Il Duce non vuole dare il benestare, ma vuole prelevare le forze previste per svolgere l'operazione Hercules. Il Fiihrer, per mezzo di una telefonata al nostro generale presso il Comando Supremo italiano od eventualmente al Duce, 'mole ottenere mano libera per Rommel ed è nel concetto che l'esecuzione della Hercules possa essere posticipata alla fine di agosto» 16•

Hitler, invece, rispose personalmente a Mussolini, cogliendo il momento che sul piano militare gli sembrava «una svolta storica» nei riguardi dell'intera guerra: «(...) Il destino, Duce, ci ha offerto una possibilità che in nessun caso si presenterà una seconda volta sullo stesso teatro di guerra. Il più rapido e totalitario sfruttamento di essa costituisce a mio avviso la principale prospettiva militare. Fino ad ora ho sempre fatto tanto a lungo e completamente inseguire ogni nemico battuto quanto è stato consentito dalle nostre possibilità. L'S• armata inglese è praticamente distrutta(...). Se ora i resti di quest'armata britannica non venissero inseguiti fino all'ultimo respiro di ogni uomo, succederebbe la stessa cosa che ha fatto sfuggire il successo agli Inglesi, quando, giunti a poca distanza da Tripoli, si sono improvvisamente fermati per inviare forze in Grecia(...). Se adesso le nostre forze non proseguono fino all'estremo limite del possibile nel cuore stesso dell'Egitto, si verificherà innanzi tutto un nuovo ·afflusso di bombardieri americani( ...). Inol-


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tre ne seguirebbe un concentramento di tutte le forze inglesi ed americane ovunque raccoglibili. In breve ne deriverebbe un cambiamento della situazione a nostro sfavore. Ma l'inseguimento senza tregua del nemico condurrà al disfacimento. Questa volta l'Egitto può, sotto certe condizioni, essere strappato all'Inghilterra(...). Quindi se io, Duce, in quest'ora storica che non si ripeterà, posso darvi un consiglio che viene dal cuore più premuroso, esso è questo: ordinate il proseguimento delle operazioni fino al completo annientamento delle truppe britanniche, fino a che il Vostro Comando e il maresciallo Rommel credono di poterlo fare militarmente con le loro forze. La dea della fortuna nelle battaglie passa accanto ai condottieri soltanto una volta. Chi non l'afferra in un momento simile, non potrà molto spesso raggiungerla mai più. Il fatto che gli Inglesi abbiano, contro tutte le regole dell'arte bellica, interrotto la loro prima marcia su Tripoli per cimentarsi su un altro terreno, ci ha salvato, Duce, e ha condotto in seguito gli Inglesi alle più dure sconfitte. Se ora noi tralasciamo di inseguire gli Inglesi fino all'annientamento, il risultato sarà che più tardi avremo una quantità di preoccupazioni (...)» 17•

Nel frattempo, nel tardo pomeriggio del 22, aveva avuto luogo l'incontro fra Bastico e Rommel. Poiché quest'ultimo aveva trasportato il proprio Comando tattico alla casa cantoniera sulla via Balbia a circa 28 chilometri da Bardia, il comandante superiore, giunto a T obruk in macchina poco oltre mezzogiorno accompagnato da Barbasetti, alle 14,30 proseguì il viaggio. Giunse a destinazione alle 17 e trovò un ambiente molto «di servizio>}. Rommel cominciò l'esposizione in termini di entusiastica fiducia circa le possibilità operative che si aprivano all'Asse, grazie all'accertata disfatta dell'8 a armata ed alla sua temporanea impossibilità di riprendersi. Quindi si trattava di un'occasione irripetibile per gettarsi avanti senza esitazione, tallonando l'avversario ed impedendogli di organizzare resistenze a Matruh ed alla stretta di El Alamein, e per puntare risolutamente sul Cairo e sul Canale. Bastico si trovò colto alla sprovvista. A prescindere dalle direttive del Comando Supremo che gli legavano le mani, egli stesso non aveva neanche preso in considerazione una spinta così in profondità. Cercò di acquistare tempo, senza affrontare la questione sui due piedi, «Le direttive del Comando Supremo osservò - non vanno d'accordo con i suoi piani. Bisogna fermarci a Sollum-Halfaya e soltanto dopo l'operazione di Malta e quando avremo riorganizzato le nostre forze, che sono stremate, potremo riprendere la marcia verso est». «Io non conosco altre direttive - interruppe scortesemente Rommel - che quelle del Fuhrer e le diretti,ve del Fuhrer, in questo caso, sono identiche alle mie. Tobruk teneva alto il morale degli inglesi. Senza Tobruk gli inglesi sono distrutti. È successo lo stesso per i francesi, quando hanno perduto Parigi». Bastico, seccato, disse allora che non


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avrebbe mai dato l'ordine di proseguire, al che Rommel, irritatissimo, uscì villanamente dal locale della riunione. Quando rientrò, Bastico che Barbasetti e Mancinelli avevano convinto a discutere l'argomento, pur riservando la decisione (e che decisione!) al Comando Supremo prospettò le difficoltà che innegabilmente si opponevano ad un disegno operativo del genere. Infervorato, Rommel presentò una risposta ad ogni obiezione. Gran parte delle scorte era stata inghiottita dall'offensiva: però il bottino preso a Tobruk garantiva almeno un mese di autonomia; per rendere sicure le comunicazioni fra Italia e Libia occorreva eliminare Malta: però il problema poteva essere risolto in terra africana; l'alimentazione delle truppe da Tripoli e Bengasi era insostenibile: però il porto di T obruk sarebbe stato riaperto entro pochissimi giorni ed era agevole prolungare i trasporti di cabotaggio; la massa d'urto dell'armata correva il rischio di anemizzarsi rapidamente: però stando alle calcagna dei resti dell'8a armata si sarebbe impedita l'inversione dei rapporti di forza. Insomma, ammetteva Rommel, la partita era difficile ma non impossibile ed egli sentiva il dovere di tentarla. In parte era veramente convinto di quanto diceva, in parte era in sommo grado ottimista, in parte era testardo, in parte non tollerava contrasti, specie allorché li riteneva provocati da cattiva volontà o preconcetto disaccordo. Cosicché ad un tratto si alterò nuovamente esclamando con enfasi: «Sono libero ai fianchi e sulla fronte. Nessuno può fermarmi. So che a Roma insistono per realizzare l'attacco di Malta. Bisognava farlo prima. Malta, del resto, bombardata a dovere e sorvegliata dalla Marina italiana, non potrà darci fastidi».

Poi, preso il berretto, aggiunse: «lo vado. Se gli italiani vogliono seguirci vengano pure, altrimenti si fermino. Per me è indifferente!». Naturalmente dovette poi convenire che una determinazione in merito non poteva essere presa in quel momento, e che i presenti non avevano neanche l'autorità di assumerla, date le dimensioni del problema politico-militare e strategico. Di colpo cambiò umore. Sorrise a Bastico e 18 disse: «Fin da adesso la invito a colazione al Cairo» • Bastico assicurò che i termini della questione sarebbero stati esattamente prospettati a Roma e ripartì senza essersi sbilanciato sul proprio personale punto di vista. Tuttavia le argomentazioni di Rommel lo avevano convinto per tre quarti. Il mattino seguente inviò il resoconto della conversazione a Roma: «Ho ieri 22 pomeriggio incontrato generale Rommel presso Bardia nell'in· tervallo di uno dei frequentissimi attuali spostamenti suo comando tattico. As-


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sisceva colloqui anche mio capo di S.M. Tra l'altro, esaminando la situazione dopo la caduta linea di confine, Rommel ha fatto seguenti affermazioni: situazione est particolarmente favorevole et mai potrà presentarsi in avvenire una simile. Se ne deve approfittare, ed egli intende profittarne; Ftihrer gli ha dato direttive conquista Egitto. Egli intende chiarire subito a Roma et Berlino tale questione. Egli ritiene potere effettuare conquista con mezzi di cui già dispone; non importa se verranno ritirate, come già ordinato, forze aeree Kesselring; nemico risulta così battuto che non est più necessaria azione di masse aeree. Rommel aggiunge che non ha preoccupazioni logistiche perché nei magazzini ora conquistati esistono derrate, materiali, benzina e munizioni anche italiane che egli afferma - sono tuttora impiegabili; ed ha infine soggiunto che truppe tedesche hanno tutto il necessario per giungere Nilo, et spera che le truppe italiane le seguiranno. Sono convinto che nonostante precise limitazioni del Comando Supremo, pure ieri 22 ricordategli, Rommel, anche nella esaltazione in cui lo ha posto la grande vittoria che ha conseguito, non si fermerà se - come est prevedibile azione contro linee Sidi Omar, che egli intende attaccare entro domani 24, nel caso che le truppe inglesi si lascino agganciare, riuscirà vittoriosa. Egli ha ripetuto che taluni ordini non si ricevono ma bisogna saperli ugualmente eseguire. Né ritengo che Rommel limiterà future operazioni semplici puntate su Sidi Barrani aut Marsa Matruk intese dare altro colpo residue truppe inglesi et impossessarsi aut distruggere magazzini; lanciate le truppe non est prevedibile che egli si induca poi a retrocedere. Tutto ciò avverrà in brevissimo volgere di tempo. Per arrestarlo ad esempio dopo azione Sidi Barrani aut Marsa Matruk occorrerebbe dargli urgenza ordini categorici ai quali Rommel non potesse in qualunque caso sottrarsi. Esprimo parere che ipotesi conquista Egitto nelle attuali condizioni materiali e morali delle forze nemiche, et indipendentemente da condizioni politiche che io non conosco, presenti bensì difficoltà, ma non si debba escludere. Est indubbio inoltre che secondo sommario esame complessivo del bottino quale est possibile fare all'indomani conquista, presenza vasti magazzini in Tobruk, Bardia et probabilmente Marsa Matruk facilita problema logistico specie in derrate alimentari et benzina, pochissimo in autotrasporti; anche possesso porto T obruk concorre soluzione problema. D'altra parte ritengo necessario in ogni caso impedire che Rommel agisca d'iniziativa aut forzi la mano con sole forze tedesche; se forze tedesche marceranno conquista Egitto anche forze italiane dovrebbero concorrérvi et tali potrebbero essere (fino alla concorrenza massima) Littorio, che est stata da Supercomando provvista automezzi, ed Ariete et Trieste se Rommel impiegherà 15a et 21 a et 90a tedesche; mentre corpi armata X et XXI potrebbero rimanere inizialmente, per ogni evenienza, presidio zona frontiera. Se est intendimento Comando Supremo favorire disegni Rommel, ogni sforzo sarà fatto da Supercomando per superare problema logistico, che in ogni caso est meno semplice di quanto Rommel stimi, ma non sembra irrisolvibile anche adottando opportuni schieramenti parziali truppe che tranquillità situazione ora raggiunta ci può consentire»19•

Il messaggio presenta esattamente la situazione, il modo di vedere


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di Bastico è esposto con chiarezza e le probabili iniziative di Rommel messe bene a fuoco. Perciò ogni commento è superfluo, tranne il sottolineare un avvertimento di Bastico: io non conosco la situazione politica. Cosicché il 23 a Roma arrivarono, una dopo l'altra, la lettera di Hitler, la relazione di Bastico, una comunicazione di Kesselring che inclinava per una avanzata sino a El Daba (ritenuta priva di eccessivi pericoli, data la scossa subìta da Ritchie)2°, ma soprattutto un'informazione preziosa. Era stato intercettato e decifrato l'apprezzamento della situazione militare nello scacchiere libico-egiziano formulato dall' addetto militare americano al Cairo al Dipartimento della Guerra degli Stati Uhiti21 • Secondo il ten. col. Fellers, le forze mobili dell'Asse (DAK e XX corpo d'armata) contavano complessivamente 40.000 uomini e circa 270 carri (aumentabili a 390 a fine mese) e potevano fruire dell'appoggio di un migliaio di aerei (di cui almeno il 50% efficienti). L'8a armata aveva in tutto cinque divisioni, di cui due logore, e forse una brigata autonoma; dei 1.564 carri disponibili al 27 maggio erano rimasti 100 carri al fronte e 27 nel Delta; le artiglierie perdute si aggiravano sul 50%; il morale dell'armata e della Royal Air Force era bassissimo; la Mediterranean Fleet era impotente. E la valutazione continuava: «Considerazioni. Rommel potrebbe tentare l'invasione dell'Egitto dopo un grave periodo di riordinamento delle proprie unid, durante il quale l'Asse potrebbe peraltro attaccare Malta, in modo da assicurare un'ininterrotta linea di rifornimenti dall'Italia e dalla Grecia. Per fronteggiare la situazione occorre: - unificare il comando dell'esercito e dell'aviazione; :- riorganizzare 1'8 3 armata sotto un nuovo comando e con metodi nuo- ritardare e trattenere le forze dell'Asse, interrompere nello stesso tempo la navigazione in modo da non far affluire i rifornimenti vitali dell'Asse; - affondare altresì i rifornimenti in viaggio per la Libia. L'interruzione dei rifornimenti dell'Asse deve potersi raggiungere, altrimenti il Medio Oriente sarà alla completa mercé di Rommel. Conclusione: 1° - l'esercito è stato sconfitto principalmente a causa della deficienza dei dirigenti; 2° - se Rommel ha intenzione di prendere il Delta, ora è il momento opportuno; 3° - i britannici devono fare presto allo scopo di opporre almeno una rispettabile resistenza contro le forze dell'Asse;


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4° - per tenere il Medio Oriente i britannici vanno riforniti immediatamente, in ordine di importanza, di una considerevole quantità di bombardieri, carri armati, artiglieria; 5° - un corpo d'armata corazzato, consistente in due divisioni corazzate, una di fanteria con battaglioni anticarro come truppa di corpo d'armata, sia inviato nel Medio Oriente il più rapidamente possibile».

Alle 17,25 di quello stesso 23 giugno, Cavallero chiamò von Rintelen. Aveva davanti la relazione di Bastico, consegnatagli un paio d' ore prima. Entrambi sapevano che ormai anche Mussolini aveva fatto la sua scelta: «Allorché io portai a Mussolini questa lettera di Hitler - ricorda von Rintelen - essa trovò con mio rincrescimento una anche troppo favorevole accoglienza (...). Con orgoglio mi guardava ed era fuoco e fiamme per l'immediato attacco contro l'Egitto e per la presa del Cairo e di Alessandria. La fiducia di Mussolini nella strategia di Hitler era fino a questo momento intatta,>22.

Il documento americano, poi aveva dato il colpo di grazia. O, forse, aveva tacitato qualche coscienza. Cavallero si vedeva isolato ed insoddisfatto: «Il problema [dei trasporti] non l'ha Rommel - esclamò - ma l'abbiamo noi!,,. Rimandare ancora significava non parlare più della C 3 sino al 1943 e continuare nel grave onere per l'aviazione di tenere Malta sotto pressione. L'unica cosa da fare era conservare la preparazione dell'impresa a pieno livello - altro onere - in modo da poter passare all'esecuzione senza ulteriori intoppi nel caso in cui se ne presentasse improvvisamente l'opportunità. Ciò posto, Cavallero anzitutto preparò il telegramma per Bastico: «Risposta 12024/0p. Secondo informazioni qui pervenute da fonte attendibile collasso forze inglesi è molto superiore a quanto potevasi attendere e costituisce fatto nuovo che permette considerare prosecuzione avanzata su Egitto. Duce concorda in massima pensiero Rommel; considera però che esso esige esame alcuni importanti problemi interessanti scacchiere mediterraneo. A questo fine Duce ha disposto che Capo Stato Maggiore Generale sia costÌ giorno 25 con Capo Stato Maggiore Aeronautica»2; .

Poi presiedette una riunione, cui parteciparono i capi di S.M. della R. Marina e della R. Aeronautica nonché von Rintelen, per cercare la quadratura del circolo. In sostanza,si concluse con propositi e speranze. Primo: riprendere in pieno le incursioni su Malta chiedendo a Kesselring un rinforzo, in Sicilia, di un gruppo caccia e due da bombardamento, per raggiungere il totale di tre-quattro gruppi caccia tedeschi ed altrettanti italiani e sei-sette da bombardamento. Secondo: per la nafta


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attendere la risposta di Keitel ed intanto attingere alle riserve. Terzo: non abbandonare l'esigenza C 3, anche se necessario incidere sulle sue predisposizioni a favore di T obruk. A questo riguardo, Riccardi avvertÌ che l'operazione sarebbe stata ancora attuabile fino al 10-20 settembre, dopo non più a causa delle condizioni del mare e per ragioni meteo. Alle 20 Cavallero andò a palazzo Venezia a presentare i risultati dei colloqui. Non si conosce il commento di Mussolini, però alcune note del diario di Cavallero in data 24 giugno sono illuminanti. Alle 10,25 ai generali Fassi e Gandin del Comando Supremo: Nuovo co171pito dello S.M. C 3. Spostamento delle forze in Sicilia», alle 11 al gen. Marras: «Eventualità di operazione su Biserta»; alle 18 al gen. Geloso: «Necessità di orientamento verso la Tunisia». Il 25 giugno il capo di S.M. Generale partÌ per Derna. Torniamo in Marmarica. Il mattino del 23, dopo aver mandato il resoconto dell'incontro con Rommel a Roma, Bastico partecipò a Kesselring la disposizione di Mussolini che «in ogni caso, siano lasciati liberi al più presto i reparti aerei destinati a trasferirsi in altro scacchiere», poi fece spedire a Mancinelli un messaggio a titolo precauzionale: «Nella eventualità che ci pervengano ordini superiori di approvazione ai concetti ieri 22 espressi da generale Rommel prego chiedere al generale se avesse già stabilito linee anche molto approssimate et soprattutto quantità forze da impiegare. Questa domanda ha scopo studiare eventuali predisposizioni logistiche e tattiche intese far fronte qualsiasi eventualità et aiutare massimo possibile raggiungimento obiettivi. Ripeto trattasi semplice studio per il caso vengano a noi nuove direttive cui si dovesse dare rapide applicazioni (...)» 2'.

Ma non era tranquillo: temeva un'impennata di Rommel, perciò mandò .a Mancinelli un secondo dispaccio ad uso e consumo del neomaresciallo. Doveva comunicare al comandante dell'armata corazzata il contenuto del telegramma 31249/0p. del 21 giugno di Cavallero, vale a dire la necessità di «sistemare» sollecitamente le truppe sul fronte Sollum-Halfaya e l'opportunità di riprendere Giarabub 25 • Rommel aveva fretta, e con ragione. Effettuato un rapido calcolo delle forze presumibilmente contrapposte, aveva tratto la conclusione che poteva attaccare subito con quanto al momento sotto mano. Il dispositivo nemico sembrava fosse costituito dalla sa brigata indiana in un caposaldo da Sollum all'Halfaya; dal rimanente della 10a divisione indiana a Sidi Omar, dalla 7a divisione corazzata dislocata fra Sidi Omar e la ridotta Maddalena e dai resti della 5a divisione indiana in quest'ultima località. Fino allòra nessun atteggiamento aggressivo da


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parte britannica. La 1a sudafricana pareva schierata sulle posizioni di Bug Bug. L'armata italo-tedesca era adesso concentrata sulla via Balbia (le fanterie) e sul Trigh el-Abd (le forze mobili). Non che fosse completa. Il X corpo era a Bir Sciafsciuf con la Brescia (20° fanteria e 1° artiglieria celere), la Pavia (I/27° e II/28° fanteria e 26° artiglieria), il 9° bersaglieri ed il XLIX gruppo da 105/2826• Più ad ovest, a Sidi Bu Amud, si trovava il XXI corpo con la Sabratha (un battaglione ed il 3° celere) e la Trento (due battaglioni del 61 ° e due del 62° fanteria ed il 46° artiglieria), il 7° bersaglieri ad un gruppo da 105/28. Il trasferimento era in corso su automezzi civili e militari, ma in un notevole disordine derivante in buona parte dal susseguirsi degli ordini sul tamburo. «Il mattino del 23 - scrisse il gen. Lombardi - l'intasamento sulla strada Tobruk-Bardia raggiungeva limiti insuperabili. Unità di tutte le specie muovevano sullo stesso itinerario, affiancandosi e talvolta sorpassandosi su tre o quattro file» 27• A sud, sul Trigh el-Abd, si susseguivano la 90a leggera nella zona di Bir Gibni, il DAK presso Gabr Meliha ed il XX corpo a Gabr Saleh. Gli ordini diramati nel corso della mattina condussero il X corpo a ridosso di Capuzzo, con la destra a nord-est di Sidi Omar; il XXI corpo a nord di Capuzzo; la massa di manovra a superare il confine aggirando da sud le posizioni di Sidi Omar con un dispositivo simile a quello messo in atto il 26 maggio per avvolgere Bir Hacheim. L'attacco cadde nel vuoto. La reazione nemica fu nulla, tranne, a tratti, una vivace attività di artiglieria. Numerosi sintomi rilevavano il ripiegamento dalle posizioni di frontiera. Nelle primissime ore del 24 Rommel ricevette una comunicazione di von Rintelen: «Duce approva l'intenzione della Panzerarmee di inseguire il nemico in Egitto. Gen. Cavallero arriverà in Africa il 25 giugno per incarico del Duce portando nuove direttive. A causa della ripresa di Malta la situazione dei trasporti marittimi è difficile, quindi trasferimento di unità della Luftwaffe in Sicilia è indispensabile per assicurare vostri rifornimenti, in quanto terranno Malta sotto pressione(..}». Presa buona norma del messaggio, si affrettò a diramare nuove disposizioni. Alle 4 Navarini ricevette un laconico fonogramma: <<Probabilmente il nemico ripiega. XXI corpo l'insegua attraverso Sollum fino a Bug Bug>) e quattro ore dopo: «Nemico ripiega. Inseguire a stretto contatto sugli obiettivi assegnati. Aprire al più presto la via dei rifornimenti». Navarini era riuscito ad autotrasportare alcuni reparti, grazie ad autoveicoli ricevuti dall'Intendenza A.S. ed alla preda bellica. Tutto sommato, poteva contare su quattro battaglioni della Trento, i due del 7°


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bersaglieri ed il IV battaglione granatieri controcarri come fanteria, e su 46° artiglieria, 3° celere e III/24° da 105/28 come artiglierie. Con queste unità, il «gruppo di inseguimento Navarini)) si inoltrò lungo la fascia costiera, lasciando la Sabratha a riunirsi al più presto tra Bardia e Capuzzo. Alle 16,30 il 7° bersaglieri, in avanguardia, raggiunse Bug Bug; alle 20 riprese il movimento su Sidi el Barrani, riconosciuta sgombera dal nemico, e l'occupò qualche ora più tardi. Gioda era arrivato al confine con tre battaglioni della Brescia, due della Pavia e due del 9° bersaglieri, nonché tutte le artiglierie divisionali e di corpo d'armata. «A mio giudizio - scrisse al Comando Superiore il mattino del 24 - ritengo che nell'attuale situazione opèrativa,

favorevolissima per noi, siano sufficienti per il X corpo i sette battaglioni ed i 100 pezzi di artiglieria di cui dispone, e ciò anche per non rendere troppo pesanti eventuali prossimi movimenti,,28 • Il suo era puro ottimismo. Avendo dovuto rimandare indietro, la sera del 23, i trenta mezzi civili (fra autocarri e rimorchi) che avevano portato a Tobruk elementi della Littorio e le due autosezioni ricevute in temporaneo rinforzo, all'ordine di seguire al più presto il XXI corpo Giada riuscl a stento a costituire una colonna con il 9° bersaglieri, un battaglione della Pavia ed uno della Brescia, e le artiglierie. Tutto il resto dovette concentrarsi in Bardia, in attesa del successivo trasporto verso oriente. Il 9° bersaglieri, partito nel pomeriggio, all'imbrunire si fermò a Bug Bug. L'avversario sembrava disporsi a difesa in corrispondenza del campo trincerato di Marsa Matruh. Reagiva con intensa attività di bombardamen· to aereo. A sud la 90a leggera ed il DAK, con i residui 50 carri, proseguirono l'avanzata seguendo come direttrice di movimento la linea ferroviaria. Raggiunta Bir Misheifa, scesero nella striscia costiera e si rifornirono abbondantemente in un vasto deposito carburanti abbandonato dal nemico in zona Bir Enba. La sera del 24 i gruppi esploranti tedeschi, che procedevano su ampia fronte, si trovarono ad una settantina di chilometri da Matruh. Anche se il movimento praticamente non aveva incontrato ostacoli, a parte quelli presentati dal terreno, pur tuttavia si era svolto brillantemente. Il XX corpo si arrestò nella zona di Bir Enba, anch'esso piuttosto logoro: l'Ariete era rimasta con 600 bersaglieri, 10 carri e 15 pezzi; la Trieste con 1.500 uomini, 4 carri e 24 pezzi; la Littorio con 1.000 uomini, 30 carri e 11 pezzo (schizzo n. 46). La nota più soddisfacente della giornata era l'ulteriore cattura di notevoli quantitativi di materiale, viveri e carburante, nonostante il nemico avesse provveduto a sgomberare e distruggere numerosi magazzini e depositi.


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Dal confine in poi si presentava il panorama che solitamente appare agli occhi del vincitore. Dovunque, a perdita d'occhio, i segni della sconfitta e del disordine. Gruppi e colonne di prigionieri, a piedi ed in autocarro, diretti verso occidente; mezzi ruotati e corazzati incendiati, carri scingolati, cataste di materiale intatto, cumuli di bidoni e casse sfasciate, pezzi di artiglieria in ottimo stato o semidistrutti, veicoli rovesciati, equipaggiamento abbandonato. Per quanto si sapeva, il dispositivo dell'8a armata comprendeva una prima linea da Matr uh a Bir el Gellaz, tenuta dalla 10a divisione indiana, dalla 1a divisione sudafricana e dalla 7a corazzata, lungo la pista per Siwa; il campo trincerato di Matruh, difeso dalla 2 3 divisione neozelandese e da unità francesi, che forniva appoggio d'ala alla linea citata; una seconda linea ad ovest di Matruh, lungo la pista Gerawla-Bir Khalda, presidiata dai resti della soa divisione britannica e della 1a corazzata (schizzo n. 47). Gli ordini impartiti da Rommel il 24 miravano a realizzare lo schieramento per lo scardinamento di tali posizioni: il XXI corpo sulla rotabile costiera ad una trentina di chilometri ad ovest della città; il X alla stessa altezza, ma a sud della strada; ancor più a sud, nell'ordine, la 90 3 leggera, il DAK (ai piedi del ciglione) ed il XX corpo (sul ciglione). Le artiglierie di armata dovevano disporsi al centro con possibilità di intervento su tutto il fronte. In sostanza, un complesso lineare, parallelo alla pista Matruh-Siwa. Il disegno di manovra si fo ndava su di un violento urto a sud di Matruh, in modo da spazzare via o quanto meno respingere verso oriente le forze corazzate britanniche ed impedir loro una qualunque azione di disturbo contro l'assalto al campo trincerato. L'operazione, prevista per il pomeriggio del 26, doveva svolgersi con direzione generale sud-est. Superata la pista per Siwa, il X corpo aveva il compit o di piegare verso nord per investire la fronte meridionale della piazza, e la 90a leggera sviluppare un 'azione avvolgente da sud sino a raggiungere Gerawla e tagliare le comunicazioni da oriente. Il DAK, invece, doveva effettuare una manovra a tenaglia per isolare e distruggere le forze nemiche sul ciglione: la 21a Panzer, arrivando a Bir Shineina, avrebbe creato il voluto isolamento mentre la 15 3 Panzer sarebbe arrivata in linea retta a sud di Bir Qaim. Al XX corpo - senza la Littorio, rimasta indietro in attesa di rifornimento di carburante e passata in r iserva d'armata - spettava inizialmente coprire la destra del DAK, quindi sostenere la 15 3 Panzer. La protezione dalle provenienze meridionali era affidata al 3° gruppo esplorante. I movimenti previsti ebbero luogo regolarmente il 25, anche se le difficoltà di percorso e di rifornimento si manifestarono più gravi del


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previsto, specialmente per il XX corpo. Continuarono molto attive e moleste le incursioni della Desert Air Force, mentre cominciava a riprendere efficacia la caccia italiana, che gradualmente si trasferiva sui campi più avanzati della Marmarica. Quel giorno, alle 17,45, arrivarono al campo di aviazione di Derna Cavallero, Fougier e von Rintelen. «Erano tutti allegri e pieni di euforia - ebbe a ricordare Bastico in seguito -; Fougier anzi, appena sceso dal velivolo si fermò a parlare con alcuni ufficiali del mio Comando e gli disse, con l'aria di confuiare un grande segreto, che era in preparazione una poderosa azione contro Malta». Il gruppo si recò subito in città per la prevista riunione. Da parte italiana erano presenti Cavallero, Bastico, Marchesi, Barbasetti ed il ten. col. Montezemolo, arrivato con il capo di S.M.G.. Da parte tedesca, Kesselring e Weichold. Fu Kesselring a prendere per primo la parola ed il suo preambolo fu semplice ed amaro: per tenere Malta a testa bassa occorrevano sei gruppi da caccia ed altrettanti da bombardamento; non li aveva in Sicilia e, poiché non era possibile - suo malgrado - diminuire l'appoggio a Rommel, occorreva sospendere temporaneamente i rifornimenti marittimi alla Libia. Poi spiegò e si sfogò. Era ampiamente persuaso della necessità di distruggere le rimanenti forze dell'sa armata, tanto che a Tobruk aveva addirittura sollecitato Rommel a far l'impossibile per impedire la ritirata di Ritchie. Purtroppo questo obiettivo non era stato raggiunto ed il nemico stava apertamente ripiegando senza neanche opporre una seria resistenza. Ne derivava che da un lato più l'avversario arretrava e più migliorava la propria posizione, dall'altro proprio la facilità di progressione rischiava di accecarci. Considerando semplicemente l'aspetto aeronautico, per sostenere l'armata italo-tedesca occorreva spostare ad est le basi aeree. Aveva chiesto duecento autocarri a Rommel e se li era visti rifiutare, con conseguenze ovvie: solo aliquote leggere della Luftwaffe erano state portate avanti ed il ricorso alle formazioni di base in Grecia si mostrava insufficiente, anche se Rommel minimizzava l'inconveniente, sostenendo che bastava arrivare alla stretta di El Alamein - circa 180 chilometri, non difficili da superare - per privare l'avversario dei suoi campi. A conti fatti, continuò Kesselring, per quante perdite abbia subìto la Desert Air Force, bisognava calcolare di dover affrontare circa 600 apparecchi con appena 120 o 130 aerei, fra italiani e tedeschi, di cui però una metà non utilizzabile perché troppo arretrata. Riuscendo ad effettuare lo spostamento completo, era convinto di farcela sino ad El Alamein - come aveva assicurato a Hitler - ma non oltre. Fece una pausa, poi in tono grave aggiunse: «Di questo giudizio mi sento respon-


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sabile davanti alla storia». D'altronde, dalle posizioni di El Alamein le possibilità aeree contro il cuore dell'Egitto erano elevatissime. In definitiva, doveva assolutamente diffidare da un'avanzata a fondo; se gli venisse dato l'ordine avrebbe obbedito, ma paventando in tal caso la conclusione della campagna. Comunque, commentò, l'operazione Hercules cadeva per tre quarti. Cavallero, secondo i ricordi di Bastico, ascoltava ed annuiva col capo. Quando Kesselring ebbe finito di parlare, ci fu un momento di silenzio «come se tutti i presenti avessero trattenuto il fiato,,. Cavallero volle mettere in particolare evidenza il problema di Malta, ma sembra l'abbia fatto senza convinzione, sapendo che a Roma ed a Berlino era già stato accantonato il progetto: «Malta - disse - disturba sempre i nostri sonni e nessuno mi toglie dalla testa che fino al momento in cui avremo quell'isola viva in mezzo al Mediterraneo, noi non potremo fare nulla di buono e di decisivo».

Kesselring volle sintetizzare le ipotesi operative e lo fece in termini semplici e chiari: «Primo caso: l'avanzata continua ed in otto o dieci giorni giunge al termine [cioè sino ad El Alamein]; in questo periodo non vi è nulla da fare a Malta. Secondo caso: l'avanzata si arresta [sulle posizioni di confine]; si riprende l'azione su Malta, si dà corso nuovamente ai rifornimenti e si riprende quindi l'avanzata con i rifornimenti ricevuti. Il primo caso è l'unico possibile perché(...) siamo troppo deboli per combattere da due parti. Ho la netta sensazione che continuando l'avanzata [oltre El Alamein] si comprometta tutto il successo della battaglia».

A parte ciò, egli non sapeva come fare per il trasferimento dei reparti della Luftwaffe. Cavallero fu, almeno sotto questo aspetto, meno pessimista. Anzitutto assicurò che i rifornimenti sarebbero ripresi con convogli di tre navi diretti a Bengasi e con trasporti aerei, in modo da tirare avanti in attesa di riprendere la neutralizzazione di Malta, cosa che contava di attuare entro tre settimane. Poi fece leggere quanto il S.I.M. aveva intercettato dalle comunicazioni del ten. col. americano Fellers ed osservò che, superata Matruh, era anche plausibile che tutto crollasse. Intervenne allora W eichold - da notare l'assenza di un rappresentante qualificato della R. Marina - trovando soddisfacente la soluzione dei gruppi di piroscafi diretti a Bengasi, ed anche ben presto a T obruk, ma suggerì che una divisione di incrociatori italiani venisse dislocata a Suda, nell'isola di Creta. Così terminò la riunione, senza decisioni. Né fu possibile un contatto con Rommel perché in giro di ispezione alle linee avanzate.


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Per quanto verso mezzanotte Mancinelli confermasse il sentito dire nel pomeriggio: «Successivo obiettivo maresciallo Rommel sarà Cairo anziché Alessandria)/9, la conversazione con Kesselring aveva avvalorato le decisioni già abbozzate con Mussolini, talché il mattino del 26 Cavallero consegnò a Bastico le direttive formali del Comando Supremo, le quali concludevano: Pertanto il Duce ordina: a) tendere in primo tempo ad occupare con il grosso delle forze la stretta tra il Golfo degli Arabi e la depressione di Qattara; questa posizione deve rap· presentare la base di partenza per ogni azione ulteriore; b) a questo fine eliminare anzitutto i campi fortificati della zona MatruhBaggùsh, annientando le forze nemiche schierate sulla posizione di Marsa Matruh ed evitando di procedere lascìando alle spalle queste piazze non ancora eliminate; e) subordinare ulteriori progressi in forze al di là della stretta indicata in a) alla situazione soprattutto mediterranea. 5. Come già detto occorre tener presente che il nemico potrà rapidamente rinforzare il proprio schieramento aereo; è perciò indispensabile fare ogni sforzo per portare innanzi sollecitamente lo schieramento delle forze aeree italiane e germaniche. 6. Appena possibile si provvederà all'occupazione delle oasi di Giarabub e Siwa» 30 • «4.

È interessante osservare le posizioni dei principali personaggi fino a questo punto. Rommel intendeva risolvere la partita e non faceva mistero di voler arrivare al Cairo. Hitler, per nulla persuaso circa l'impresa di Malta, lo appoggiava apertamente e Mussolini si era volentieri lasciato trascinare dall'entusiasmo e dalla prospettiva di entrare in Egitto come conquistatore. Kesselring era passato dalla netta preferenza nei confronti dell'immediato inizio dell'operazione Hercules alla convinzione che purtroppo, date le circostanze, fosse preferibile proseguire fino ad El Alamein, il che lasciava poche speranze di poter dar corso all'occupazione di Malta a breve scadenza. Cavallero teneva molto a Malta, ma sapeva che l'orientamento di Hitler e di Mussolini a favore di Rommel era ormai irreversibile, perciò accettò la tesi di Kesselring: sì all'avanzata, ma fino ad El Alamein; poi si sarebbe pensato a Malta. Anche Weichold si allineò, considerando che il trasferimento a Creta di forze navali italiane avrebbe contribuito a risolvere il problema della sicurezza dei convogli, e sperando che la situazione lo aiutasse a convincere l'OKW ad aumentare le consegne di nafta all'Italia. Riecardi mancava, ma se fosse stato presente avrebbe detto che i trasporti di giugno erano i più bassi dall'inizio della guerra (32.327 tonnellate sbarcate in Libia, senza contare le 9.000 tonnellate affondate dagli ae-


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rosiluranti di base a Malta), che i convogli attingevano nafta alle corazzate ed agli incrociatori della squadra e che quanto concerneva la R. Marina era adesso da vedere soltanto alla luce del carburante disponibile. Bastico infine, essendosi formato idee chiare sulle discussioni con Rommel, si limitava a preoccuparsi della questione logistica, che ben sapeva di ardua soluzione. Un breve commento a questo quadro. La tesi di Kesselring, che ormai tanto valesse spingersi sino ad El Alamein, viste anche le possibilità offrentisi alle aviazioni dell'Asse, è senza dubbio motivata, ma Kesselring intendeva che prima fosse consentito l'afflusso dei reparti della Luftwaffe, cioè occorresse superare le difficoltà dei trasporti terrestri in Africa, compito e responsabilità dell'Italia. L'adesione di Cavallero a questa linea di pensiero era anch'essa accettabile, a condizione beninteso che egli avesse non solo lucida in mente la soluzione e ferma la determinazione di porla in atto, ma altresì la possibilità di concretarla. Ora, invece, non sembra che le cose stessero proprio così. Per spostare nel Mediterraneo orientale il baricentro strategico, la R. Marina aveva bisogno di nafta e questa era fornita dalla Germania; per effettuare e scortare i convogli, idem; per impedire le incursioni aeree da Malta contro obiettivi nella penisola, nelle isole e sul mare occorreva un rinforzo di aviazione ed anche questo dipendeva dalla Germania; per tener sotto pressione Malta, idem; per realizzare l'operazione C3 c'era bisogno del concorso tedesco. Insomma, qualunque decisione si volesse prendere, doveva esser prima concordata con l'OKW o addirittura con Hitler. Sul piano formale, poi, spicca nelle direttive scritte il riJ?etuto richiamo a Mussolini: « ••• il Duce ordina» e «d'ordine del Duce». E evidente l'intento di Cavallero di farsi forte con Rommel della persona di Mussolini ed anche, probabilmente, di costringere quest'ultimo a non smentirsi più tardi. Però, diciamolo francamente, l'implicita rinuncia ad assumere ed a far valere la giusta responsabilità della propria carica suscita sconcerto e dispiace. Il 26 giugno il gruppo dei capi militari si recò alla sede del Comando tattico dell'armata italo-tedesca. Rommel non era ancora sul posto. <~rrivò dopo un'ora circa - ricordò Bastico - bianco di polvere e accigliato. Non fece complimenti con nessuno; a Kesselring, anzi, non rivolse neppure la parola»31 • Appena entrati nella casa cantoniera, Rommel iniziò un'esposizione priva di perifrasi: «Siamo in marcia e ci avviciniamo al campo trincerato di Marsa Matruh. So che sarà un osso duro. È una base


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dal perimetro di circa 20 chilometri e profonda 4 ( ..). Dentro Marsa Matruh c'è materiale per alimentare un 'intera armata». «E dopo Marsa Matruh?» domandò Cavallero. «Andrò avanti sin dove sarà possibile - rispose secco Rommel-. Ho poca benzina e pochissima acqua, ma in questo clima di successo i soldati non domandano da bere e neppure da mangiare. Vogliono soltanto andare avanti». Poi si volse a Bastico: <<Anche i soldati italiani che ho avuto ai miei ordini sono stati magnifici. Sul campo non c'era differenza fra loro ed i tedeschi. Ormai non c'è motivo di fermarsi. Ciò che è rimasto indietro dovrà venire avanti appena se ne presenterà l'occasione e ci saranno i mezzi». Quindi spostò il discorso sull'aviazione. La Royal Air Force stava imperversando, ma tra poco sarebbe stata privata degli aeroporti di cui al momento fruiva. Lo scopo dell'azione era costituito dal rapido raggiungimento della stretta di El Alamein, «ulteriore obiettivo il Nilo, sia per eliminare Alessandria, sia per andare al Cairo». Cavallero a questo punto intervenne per precisare che l'obiettivo del Cairo strategicamente andava inteso come Cairo-Suez. Conoscendo le direttive che aveva in tasca stupisce questo rilancio. Forse sarebbe stato più opportuno dire che dell' «ulteriore obiettivo» si sarebbe parlato a tempo debito. Rommel si indirizzò a Kesselring: «Ho bisogno di un intervento presso il Fuhrer perché mi ven_gano inviate con urgenza truppe fresche e unità corazzate», ma Kesselring calmò la richiesta: c'era troppa carne al fuoco dappertutto, quindi almeno temporaneamente era difficile sperare in qualcosa di consistente; egli stesso aveva ricevuto soltanto alcuni nuovi Stuka. Mentre ferveva la discussione, arrivavano notizie contraddittorie sulla battaglia in corso a Matruh. Venne riferito, ad un tratto, che a sud dello schieramento italo-tedesco si erano verificate infiltrazioni, alcune delle quali potevano avere conseguenze preoccupanti, ma Rommel non si lasciò impressionare e continuò: il nemico non aveva altre forze che quelle sotto mano, con le quali sarebbe stato in grado di guardare ottanta chilometri di Nilo. «Per adesso - affermò - arriverò ad El Alamein, ma gli obiettivi sono altri: Alessandria, Cairo, Nilo. Se l'armata riuscirà a superare la stretta di Alamein, cosa che credo, il 30 giugno sarò al Cairo». Poi, abbozzando un sorriso, aggiunse: « Vi aspetto là. Potremo parlare con più comodo». Bastico, secondo i suoi ricordi, ascoltava in silenzio questa specie di sermone ed ogni tanto rivolgeva occhiate d1 sgomento a Cavallero ed a Kesselring <<che avevano assunto un atteggiamento impenetrabile, da statua. Nessun muscolo dei loro visi si muoveva». Alla fine del monologo di Rommel, Cavallero prese in disparte Bastico e gli chiese un parere


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sul disegno operativo tratteggiato e sostenuto con tanta enfasi dal neofeldmaresciallo. «Pareri nuovi, nessuno - rispose il comandante superiore -. Il mio parere lo conoscete già ed insisto su quello. Del resto lo conosce anche Rommel. Bisogna sostare col grosso delle forze sul ciglione dell'Halfaya, creare là le nostre difese e riorganizzarci. Possiamo occupare Sidi el Barrani e Marsa Matruh, costituendo a Giarabub un forte ridotto per la protezione lontana del fianco destro e compiere da questa posizione puntate offensive con reparti corazzati. Quando le nostre forze saranno completamente riorganizzate si potrà attaccare di nuovo ed investire El Alamein. Ma adesso è troppo tardi per cambiare programma. Il programma di Rommel riposa su una concezione così ottimistica della situazione che non mette conto di discuterla. Speriamo in Dio!».

Cavallero «non fiatò» e Kesselring si limitò a tornare alla carica per il movimento dei reparti della Luftwaffe, ottenendo sia da Rommel sia da Cavallero la promessa di ogni impegno in proposito. Dopo di che «Faccio leggere dal generale von Rintelen in tedesco le direttive n. 31300 del Comando Supremo. Il generale Bastico ne dà copia a Rommel» è scritto sul diario Cavallero, a conclusione del colloquio32 • Non si può negare l'assurdità di tale atteggiamento. Rommel annuncia di prevedere la conquista del Cairo o di Alessandria nei prossimi quattro giorni e Cavallero, che gli consegna l'ordine del Duce di <<subordinare ulteriori progressi in forze al di là della stretta indicata [El Alamein] alla situazione, soprattutto mediterranea», non dice sillaba! Non si comprende cosa si agitasse nello spirito di Cavallero. Non avendo portato seco, in Africa, direttive firmate personalmente da Mussolini, perché affrettarsi a stilarle la sera del 25 per consegnarle a propria firma - seppur d'ordine - a Bastico alle 9 del 2633, prima ancora di sentire il programma operativo di Rommel? e perché mantenerle e presentarle a Rommel al termine della riunione di Sidi el Barrani, sapendo che questi si proponeva invece di arrivare al Cairo, od almeno ad Alessandria, in quattro giorni? Ma vediamo cosa riferl a Mussolini quella sera stessa: «(...) Da primo sommario esame risulta che situazione logistica at giudizio Comandante Superiore FF.AA.A.S. consente proseguimento avanzata pur con gravi difficoltà(...) che appaiono però superabili. (...) Ciò premesso debbo informarVi, Duce, che ho trovato qui situazione delicata per dissidio profondo determinatosi fra Rommel e Kesselring, dissenso at sfondo anche personale, che aveva portato Kesselring ad un giudizio della situazione piuttosto pessimistico anche per quanto concerne Mediterraneo. Avendo potuto determinare il fondamento psicologico di questo dissenso mi è riuscito ieri di correggere l'orientamento Kesselring in modo che il dissenso ha


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potuto essere composto stamane nell'incontro con Rommel. Per quanto concerne scacchiere africano importava assicurare stretto coordinamento avanzata forze aeree insieme con quelle terrestri. Anche su questo punto esisteva disaccordo che si è potuto comporre sulla base delle Vostre direttive che ho comunicato a Superasi et illustrato at Rommel e Kesselring, presenti Bastico e Fougier, raggiu ngendo su di esse perfetta intesa.

In sintesi: l. sfruttamento a fon do successo fin qui ottenuto; 2. proseguire avanzata senza perdere tempo con forze quanto più possibile riunite ponendosi come primo obiettivo la stretta fra golfo degli Arabi e la depressione di Qattara, dopo la eliminazione delle difese di Marsa Matruh et di Baggush; questa linea servirà come basi di partenza per ulteriore avanzata;

3. ( ...); 4. situazione Me.d iterraneo est alla base del problema in tutto; OBS et Superaereo riprenderanno al più presto pressione su Malta; nel frattempo trasporti attraverso Mediterraneo proseguiranno nella misura et con i mezzi che sono stati determinati a Roma e dei quali ho dato qui notizia. (...) Attacco posizioni Marsa Matruh ha luogo pomeriggio odierno. Avremo notizie domani»,..

La «perfetta intesa)) non apparirebbe affatto tale se tre comunicazioni non rivelassero finalmente il mutamento di opinione di Cavallero. Appena rientrato a D erna, telegrafò al gen. Magli, del Comando Supremo, il nulla osta alla venuta di Mussolini in Africa35 ed il mattino successivo telegrafò ancora per prospettare a Mussolini l'opportunità di impart ire norme circa il comportamento dei Comandi italiani verso la popolazione «ed eventualmente v erso autorità egiziane)) 36 • Poi fissò le nuove direttive, sempre d'ordine del Duce, per Bastico: «Il proseguimento delle operazioni dalla base di partenza Golfo degli Arabi-El Qattara, dopo che s.iano state battute le forze avversarie che ancora contrastano la nostra avanzata, viene concepito come segue: 1. obiettivo il canale di Suez, mirando a Suez e ad Isrnailia; da Ismailia, appena possibile, su Port Said. Scopi: bloccare il Canale ed impedire afflusso di rinforzi dal Medio Oriente; 2. presupposto di questa avanzata è che sia assicurata l'occupazione di Cairo, anche fronte a sud (aeroporti compresi); 3. bloccare le provenienze da Alessandria, in modo da garantirsi da quella direzione fin che non sia possibile occupare la piazza; 4. garantirsi le spalle contro possibili sbarchi da mare mantenendo presidiati i punti principali della costa e conservando alla mano una sufficiente forza mobile per accorrere ai p·unci eventualmente minacciati; 5. il D uce prevede che nella avanzata al Canale le forze italiane e germaniche siano egualmente rappresentate. N orme per il comportamento dei comandi militari verso autorità e popolazioni dell'Egitto verranno comunicate al più presto»>'.


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In altri termini, completa adesione al disegno operativo di Rommel, più o meno a prescindere da Mediterraneo, Malta e nafta. Parlare di voltafaccia ingiustificato forse è ipercritica, ma che si fosse verificato un abbandono psicologico alla lusingatrice visione di un clamoroso trionfale ingresso ad Alessandria ed al Cairo è innegabile: troppo allettanti erano il calcolo delle distanze sulla carta geografica e l'illusione che il nemico fosse stato irrimediabilmente battuto. Torneremo a suo tempo su questo momento cruciale, ma intanto la prima delusione arrivò dall'OKW. Le richieste di 40.000 tonnellate di nafta per la R. Marina e di 10.000 tonnellate di carburante per la R. Aeronautica non potevano essere esaudite. Anche la Kriegsmarine e la Luftwaffe erano alimentate insufficientemente, perciò «da parte germanica tutte le possibilità di aiuto sono esaurite. Ci rimane dunque soltanto l'appoggio dei rifornimenti rumeni, per la cui esecuzione non cesserò di curarmi con Voi» concluse KeiteI3 8• Occorreva, in sostanza, fare con quello che esisteva. In quei giorni l'attenzione di Cavallero si rivolse con particolare impegno al ripristino di efficienza del porto di T obruk, ma trovò an~ che modo di definire un'importante controversia. Era necessario un'intesa sulla preda bellica. L'accordo con l'OKW stabilì che tutto il materiale catturato in Russia fosse considerato di proprietà tedesca e quello preso in Africa di proprietà italiana. Tuttavia si convenne che le truppe potessero utilizzare immediatamente armi e materiali di bisogno urgente ai fini del combattimento, salvo successiva consegna agli organi a ciò preposti. In base a tali accordi, in Africa settentrionale la gestione dei magazzini e depositi catturati doveva essere assunta dall'Intendenza A.S., che avrebbe provveduto senza rit ardo a regolare la distribuzione alle grandi unità italiane e tedesche 39 • Il 29 giugno cadde Matruh. Quel mattino si ebbe un'altra riunione ad alto livello a Fonte Mara (ovest di Derna), sede tattica del Comando Superiore. Kesselring riferì che Rommel si proponeva di dedicare due giorni al riordinamento delle forze, in special modo quelle corazzate, e quindi di attaccare la stretta di El Alamein, gravitando con lo sforzo sulla sinistra, anziché sulla destra. Sfondato ad El Alamein (e su questo aleggiava una certezza unanime), il compito della sa squadra aerea e del Fliegerfuhrer era di battere le truppe nemiche in ritirata. Aggiunse, più ottimisticamente di qualche giorno prima, che con i rinforzi ricevuti sperava di poter assicurare subito una maggiore protezione ai convogli. Inoltre, grazie.ad un nuovo gruppo da trasporto inviatogli, contava di portare 800-1.000 uomini al giorno a Sidi el Barrani od anche più avanti, mentre gli S.82 italiani avrebbero provveduto al personale italiano.


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In relazione a quanto rappresentato da Kesselring, Cavallero provvide alla stesura delle direttive circa il comportamento verso l'Egitto - piuttosto ovvio - e circa l'impiego dell'aviazione4°. Alle 19,45, Mussolini arrivò a Derna.

2. 1L PROBLEMA OPERATIVO BRITANNICO

Poco prima della mezzanotte del 20 giugno, Ritchie avvisò Auchinleck che riteneva ormai segnato il destino di Tobruk e che, considerata la prevedibile vistosità della preda bellica, Rommel sarebbe stato in grado di riprendere immediatamente l'avanzata verso est. D'altra parte la limitata disponibilità di unità corazzate non gli consentiva di sperare in una prolungata difesa della linea di frontiera, quindi «credo che noi possiamo solamente guadagnare tempo con una manovra ritardatrice» e prospettò l'abbandono delle posizioni di confine per acquistare subito spazio. Che le cose fossero definitivamente compromesse per la piazza era chiaro; infatti verso le 8 del mattino seguente arrivò all'armata la notizia che il Comando della 2a divisione sudafricana era stato travolto. A questo punto Ritchie si risolse a comunicare al Cairo le decisioni prese per fronteggiare gli eventi. Avrebbe difeso Matruh con la divisione neozelandese, in afflusso dalla Siria, e con una brigata della sa divisione indiana; schierato la soa divisione britannica a sinistra del campo trincerato, la 10a divisione indiana a Maaten Baggush e la 1 a divisione sudafricana a tergo, con un'aliquota alla stretta di El Alamein. I reparti corazzati, in corso di riordino, si sarebbero posti ad oriente di quest'ultima località. «Secondo me ed anche secondo Gott - aggiunse - per il momento la 1 a divisione sudafricana non dico non è in condizioni di affrontare un serio combattimento ed abbisogna di un certo periodo per · • • 41 norgamzzarsi» . Alla luce di queste prospettive, il Comitato di difesa del Medio Oriente trasmise a Londra ed a Washington un· lungo e dettagliato esame della situazione. Il rapporto delle forze contrapposte appariva favorevole nel campo aereo 42, ma non altrettanto in quello terrestre. Rommel aveva acquistato la superiorità in tutti i settori e si era abbondantemente rifornito di mezzi di trasporto. Per contro 1'8 3 armata disponeva di circa tre divisioni e mezzo con poca artiglieria; tre reggimenti carri, due dei quali scarsamente addestrati e l'altro misto; due brigate motorizzate e quattro reggimenti di autoblindo. La divisione neozelandese stava arrivando a Matruh.


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Il piano previsto per la difesa della frontiera si basava sulla resistenza di un certo numero di boxes, ossia di capisaldi di brigata, e sulla pronta reattività di un grossa riserva corazzata. Poiché questa non esisteva, i capisaldi rischiavano di essere eliminati uno dopo l'altro. Ad oriente del confine non c' erano ostacoli naturali o artificiali cui appoggiare un'organizzazione difensiva sino a Matruh. Q ui era da tempo allestito un campo trincerato per una divisione di fanteria e, più a sud, una posizione, Sidi Hamza, progettata ma non predisposta. Fra le due località si trovavano diversi campi minati. È vero che anche in corripondenza di questa lin ea era considerata necessaria una forte riserva corazzata, comunque, in parziale difetto, si poteva ricorrere al fu oco della fanteria per attivare il valore impeditivo dei campi minati. D'altro canto, anche conoscendo la rapidità di movimento di Rommel, fra Sollum e Matruh c'erano pur sempre oltre 200 chilometri di deserto, il che rappresentava un sensibile ostacolo all'avanzata, tanto più che poteva venir facilmente incrementato dall'intervento della Desert Air Force. In sostanza, sembrava logico trattenere il ne mico alla frontiera con truppe interamente mobili per garantire il ripiegamento del grosso dell'8a armata su Matruh e per consentire l'approntamento di una forza d'attacco in grado di riprendere l'iniziativa. In questa ottica, gli ordini diramati riguardavano anzitutto la conservazione delle posizioni di confine il più lungo possibile con forze meccanizzate, ben dotate di artiglieria, allo scopo di imporre il massimo tempo di arresto alle colonne italo-tedesche, nonché di tenere fino all'ultimo le strisce di atterraggio avanzate ed i campi di aviazione ad ovest di Matruh. Tale compito sarebbe essere facilitato da un'intensa attività della Desert Air Force e dalla messa in opera di demolizioni su tutrn la fascia di frontiera. Quanto alla posizione di Matruh, che rappresentava il centro di raccolta per }'ga armata in rit irata, essa doveva comprendere anche la zona a sud del campo trincerato. Disposizioni a parte concernevano il trasferimento di ogni deposito e magazzino ad oriente di Matruh e la rapida organizzazione di una forza d'urtou. Naturalmente - continuava la valutazione - il ripiegamento su Matruh comportava inconvenienti da non sottovalutare. Le formazioni aeree dell'Asse avrebbero ricevute nuove e maggiori possibilità di incursione sul Delta, sul canale di Suez ed anche nella zona del Mar Rosso e, per contro, la R oyal A ir Force avrebbe visto ridotto il proprio raggio d'azione nel Mediterraneo e sui porti libici. La flotta italiana avrebbe goduto di libertà di manovra nel Mediterraneo centrale e di_ penetrazione nel bacino orientale, mentre la Mediterranean Fleet non sarebbe più stata in grado di scortare un convoglio per Malta. Infine,


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anche in campo politico esisteva l'eventualità di ripercussioni negative, quali torbidi interni in Egitto ed un cambiamento nell'atteggiamento turco. Nel primo pomeriggio di quel 21 giugno, a Washington, Churchill si trovava nello studio di Roosevelt con il gen. Brooke, quando entrò il gen. Marshall e consegnò al presidente un telegramma. Roosevelt lo lesse, poi lo passò a Churchill senza una parola: « Tobruk si è arresa - diceva il dispaccio - 25.000 uomini sono caduti prigionieri». La notizia pareva tanto incredibile che il gen. Ismay fu mandato a telefonare a Londra, senonché pochi minuti dopo tornò con un secondo telegramma. Era dell'amm. Harwood e veniva da Alessandria: «Tobruk è caduta e la situazione è cosl peggiorata che Alessandrìa può essere evidentemente attaccata dall'aviazione nel prossìmo futuro; in vìsta dell'imminente periodo di luna piena, ìnvio tutte le unità della flotta del Mediterraneo orientale a sud del canale di Suez in attesa degli eventi. Conto di far uscire la Queen Elizabeth dal bacino alla fine di questa settimana»«. Roosevelt mostrò molta comprensione per il disastroso evento e chiese in q ual modo l'America sarebbe potuta essere d'aiuto. Churchill rispose. <<Darci tutti i carri armati Sherman che potete e spedirli nel Medio Oriente al più presto possibile». Il gen. Marshall promise, allora, che avrebbe tolto alle divisioni corazzate americane 300 Sherman (i primi prodotti) ed un centinaio di semoventi da 105 a favore dell'8a armata. In serata arrivò anche il dispaccio del Comitato di difesa del Medio Oriente. Alle 23,30 si riunivano nuovamente Roosevelt con i tre capi di Stato Maggiore americani e Churchill con i gen. Dill, Brooke ed Ismay per studiare la situazione ed i propositi dei comandanti in capo del Medio Oriente. Churchill non era per niente soddisfatto e, vista la disponibilità degli Stati Uniti ad inviare cospicui contingenti aerei e terrestri e specialmente la 2 a divisione corazzata in quel teatro d' operazioni, si affrettò a rispondere ad Auchinleck: «1. Il capo di S.M.G.I., Diii ed io speriamo fermamente che una strenua resistenza venga opposta sulla linea di frontiera di Sollum. Informazioni particolari hanno messo in evidenza lo sforzo cui il nemico è stato sottoposto. Rinforzi molto rilevanti sono in viaggio. Una settimana guadagnata può essere decisiva. Non sappiamo esattamente quando verrà impiegata la divisione neozelandese, ma avevamo previsto che ciò potesse accadere alla fine del mese. L'ga corazzata e la 44• di fanteria sono in viaggio e stanno per arrivare. Siamo d'accordo con il generale Smuts che voi possiate attingere liberamente alla 9• e 10• armata, giacché il pericolo da nord è più remoto. Potete dunque effettuare energici attacchi con le tre divisioni attualmente ad est del Canale. 2. Sono stato naturalmente sconcertato dalle vostre notizie; può essere che


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dobbiamo ripiegare sulle posizioni dove ci trovavamo diciotto mesi or sono e che si debba rifare tutto il lavoro svolto in questo periodo. Ad ogni modo non credo che la difesa del Delta non possa veramente essere garantita e spero che nessuno si lasci influenzare dai colpi spettacolari che il nemico ci ha inflitti. Sono certo che con la vostra perseveranza, risolutezza ed abituale capacità di affrontare il rischio, potete ristabilire la situazione, specialmente tenendo conto dell'arrivo di grossi rinforzi. 3. Qui, a Washington, il Presidente è rimasto profondamente scosso da quanto è accaduto; egli e le alcre alte autorità degli Stati U nici si mostrano spontaneamente disposti a prestarci il più grande aiuto. Mi autorizzano ad informarvi che la za divisione corazzata degli Stati Unici, particolarmente addestrata alla guerra nel deserto in California, partirà per Suez verso il 5 luglio e dovrebbe essere da voi in agosto. Non c'è bisogno che rimandiate in India, come previsto, la divisione indiana e la brigata corazzata indiana. Si stanno prendendo anche altre misure, oltre quelle illustrate nel telegramma dei capi di Stato Maggiore, per dirottare al teatro libico gli aerei destinati all'India ( ...). H o detto al capo di S.M. dell'aviazione dì mandarvi il suo programma di consegne comprendendovi i quattro gruppi di Halifax, a meno che non l'abbia già fatto. 4. La cosa principale ora è quella di ispirare a tutte le vostre truppe una ferma volontà di resistere e di lottare e di non accettare la anormale situazione creata dal pugno di carri pesanti dì Rommel. Fate che tutti i vostri addetti ai servizi facciano del loro meglio in questi critici giorni. Il Governo di Sua Maestà è prontissimo a condividere la vostra responsabilità nell'opporre la più energica e audace resiscenza»45 •

Anche a Londra il punto di vista dei comandanti in capo del Medio O riente fu scarsamente apprezzato. Il vice Primo Ministro, Attlee, rispose a mezzanotte dello stesso 21 giugno, significando che in linea generale il Gabinetto di guerra approvava l'indirizzo operativo, però, a suo avviso, non era stato attribuito sufficiente valore alle difficoltà che l'avversario avrebbe necessariamente incontrato qualora fosse stato costretto a montare un attacco contro le posizioni di confine. «Se i combattimenti alla frontiera si traducessero in una semplice azione di retroguardia - precisò Attlee - il campo trincerato di Matruh potrebbe venire rapidamente travolto, ma se le truppe destinate alla difesa del confine opponessero una risoluta e determinata resistenza, voi potreste arrestare completamente l'avanzata nemica, oppure, nel caso peggiore, guadagnare tempo per mettere insieme una forza d'urto corazzata capace di agire offensivamente da Matruh»46 • Il 22 Auchinleck si recò per la terza volta in dieci giorni al Comando dell'sa armata. Comprendeva le ragioni addotte da Ritchie e riconosceva che solo lui era in condizioni di valutare appieno la necessità o non di ritirarsi, però (<c'erano seri svantaggi strategici ad abbandonare la frontiera ed io lo feci con grave riluttanza - ammise più tardi-. La ragione che una forza corazzata fosse indispensabile per il successo della


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difesa sulle posizioni di frontiera, valeva allo stesso titolo anche per il campo di Matruh, il quale, a causa dell'andamento della costa, poteva facilmente rimanere isolato da un movimento effettuato sul suo fianco meridionale»47 •

Quando raggiunse Baggush, Ritchie gli illustrò la carta della situazione. Al confine era disposto il 13° corpo d'armata di Gott con cinque reggimenti autoblindo su tutto il fronte, la 10a divisione indiana nel caposaldo di Sollum-Halfaya e la 7a divisione corazzata a sud-est di Sidi Omar. I resti della soa divisione erano raccolti a Bug Bug. Invece la 1a divisione sudafricana teneva i passaggi della scarpata con la 2a brigata, mentre la 3 a era in cammino per El Alamein e la 1 a, ancora al Kennels Box presso Sidi Hamza, si preparava a seguirla. In particolare, la 7a divisione corazzata comprendeva la 4a brigata corazzata (due reggimenti con settanta carri complessivamente) e la 22a (con un solo reggimento di ventidue carri), la 7a brigata motorizzata su quattro battaglioni e la 3a brigata motorizzata indiana. Tutto sommato, Auchinleck si accontentò. Come telefonò a Corbett, il suo capo di S.M. rimasto al Cairo, Gott aveva ricevuto ordini di «imporre il massimo ritardo al nemico». Giova dire che proprio quel mattino Ultra decifrò un messaggio Enigma di Kesselring a Goering, dal quale risult avano la decisione di Kesselring e di Rommel di attaccare le posizioni di Sollum, Halfaya e Maddalena il 24 giugno e l'intendimento di Rommel di impegnare con la fanteria i capisaldi di frontiera mentre il DAK avrebbe operato un ampio avvolgimento da sud. Inoltre Kesselring aveva precisato che dal 26 giugno avrebbe trasferito in Sicilia i rinforzi concessi a suo tempo al Fliegerfuhrer, sia perché le comunicazioni attraverso il Mediterraneo permanevano difficili sia per riordinare le forze della Luftwaffe in vista di operazioni successive48 • Tutto ciò fece pensare che Rommel si sarebbe fermato per qualche giorno dopo l'azione alla frontiera; perciò acquistò una certa validità l'idea di ritirare il grosso dell'8 3 armata su Matruh e di ivi prepararsi alla battaglia. Sta di fatto che al primo apparire di elementi esploranti tedeschi a Bardia e a nord-ovest di Sollum, Ritchie autorizzò senz'altro il ripiegamento delle fanterie. Quindi la sera del 22 la 10 3 divisione indiana e la 50 3 britannica cominciarono a diradare il loro schieramento e la 1a brigata sudafricana abbandonò il Kennels Box. Il 23 giugno il movimento retrogrado delle fanterie si completò ed in serata anche le due brigate corazzate della 7 a corazzata ricevettero disposizione di portarsi a Matruh. Restavano di fronte all'iniziata ma-


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novra italo-tedesca solo la 7a brigata motorizzata, la 3a brigata motorizzata indiana ed il 4° reggimento autoblindo sudafricano. Nel pomeriggio, intanto, il Comitato di difesa del Medio Oriente aveva risposto ad Attlee e la comunicazione, piuttosto polemica, venne ripetuta a Churchill: «Ci rendiamo conto anche troppo bene di quanto sia desiderabile trattenere il nemico sulle posizioni di frontiera e non vi si rinuncerà facilmente. Comunque è necessario comprendere il reale valore di simile difesa nelle attuali circostanze. Si tratta di due capisaldi principali destinati ad essere tenuti da fanteria e da artiglieria con l'appoggio di una riserva corazzata di entità idonea per affrontare un attacco di carri aggirante il fianco meridionale o penetrante nell'intervallo, ampio trenta miglia, esistente fra le predette strutture statiche. Non abbiamo il minimo di unità corazzate necessarie a tale scopo. Data tale carenza, nulla può impedire al nemico di isolare i capisaldi e distruggerli uno alla volta. Di consegue.nza, rimarrebbero insufficienti truppe per difendere il campo trincerato di Matruh, che così verrebbe in poco tempo·sopr-affatto. Il campo di Matruh richiede una riserva corazzata pari a quella necessaria alla frontiera. Abbiamo bisogno di ·tempo per riorganizzare una forza d'urto corazzata e, nel contempo, conservare la nostra efficienza e proteggere l'Egitco. Questo tempo lo possiamo ottenere solo aumentando la distanza che il nemico deve superare per venire a contatto con il grosso delle nostre forze. Intendiamo quindi: a. utilizzare al massimo le strutture ed i campi minati di confine mediante reparti mobili, dotati di molta artiglieria e largamente sostenuti dall'aria. Essi possono ritardare e logorare il nemico senza esser circondati ed eliminaci; b. approntare una riserva corazzata e preparare una battaglia difensiva-offensiva nella zona di Matruh con lo scopo di bloccare l'avversario ad occidente di Matruh, anche se procedesse in forze. Questa linea di condotta priva il nemico del vantaggio della presente superiorità in carri nel!' operazione decisiva che egli spera di sviluppare alla frontiera, e l'obbliga a dover affrontare il formidabile problema di invadere l'Egitto con la massa delle truppe attraverso 120 miglia di territorio senz'acqua esistenti fra il confine e Matruh. Una battaglia decisiva nella zona di Matruh può, quindi, essere combattuta in condizioni migliori per noi. Ma non appena saremo pronti per un'offensiva, il grosso dell'8a armata si riavvicinerà alla frontiera. Proponiamo che invitiate il magg. gen. Galloway, dello Stato Maggiore, a spiegarvi gli effetti in campo strategico e tattico della pressoché assoluta mancanza di ostacoli al movimento dei meccanizzati nel deserto occidentale, e della conseguente libertà di manovra concessa alla parte superiore in corazzaci, per quanto forte in fanteria o ben trincerata possa risultare la parte opposta»'9 •

Il quadro era pertinente, anche se pungente. E - sia lecito dirlo

è strano che la reale e concreta validità di quest'ultimo capoverso non sia stata usata da amici e nemici per spiegare ad abundantiam il


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LE OPERAZIONl IN AFRICA SETrENTRIONALE

disastro della 10a armata italiana a Sidi el-Barrani nel dicembre 1940! Senza, naturalmente, togliere alcun merito al gen. O'Connor. Auchinleck era tornato al Cairo la sera del 22. Era consapevole della necessità di cambiamenti nella catena di comando. Per primo indicò se stesso. Il mattino del 23 indirizzò a Brooke un telegramma calmo ed onesto, degno di un soldato di alta statura morale: «Lo sfavorevole andamento della recente battaglia in Cirenaica, culminato nella disastrosa caduta di T obruk, mi induce a chiedervi seriamente di prendere in considerazione l'opportunità di mantenermi [o non] nell'incarico. Non dubito che stiate già soppesando questa eventualità e lo trovo più che giusto, ma desidero sappiate che anch'io mi rendo conto degli effetti che possono derivare dai combattimenti degli ultimi mesi. Personalmente mi sento in grado di continuare ed ho fiducia di poter capovolgere la situazione quanto prima. Tuttavia, non c'è dubbio che in circostanze come le attuali, sangue fresco e nuove idee possono creare tutta la diffe. renza fra il successo e lo stallo (...). Dopo che ci si macera per mesi, giorno e notte, su un determinato problema, si è portati a fossilizzarsi ed a perdere originalità. In questo teatro l'originalità è essenziale ed è probabile che un cambio sia auspicabile proprio anche sotto questo profilo, a prescindere da ogni altra considerazione, quale la perdita di prestigio derivante dall'insuccesso, la mancanza di fortuna e tutti gli altri fattori che incidono sul morale di un'armata. Mi è venuto in mente che potreste impiegare Alexander, il quale potrebbe esser qui in un giorno o due. Personalmente non credo che Wilson possa subentrare adesso, ma sarebbe adatto. Ho molto riflettuto in proposito e ritengo doveroso esporvi il mio pensiero»$0•

Comunque alcune teste cominciarono a cadere. Rees, comandante della 10a divisione indiana, venne sostituito dal gen. Nichols;1, e Messervy dal gen. Renton. Il mattino del 24 giugno fu la volta di una lettera personale per Churchill. Auchinleck la scrisse con calma, essenzialmente per rispondere al telegramma inviatogli dal Premier. Espresse il rincrescimento per la capitolazione di Tobruk e la disfatta subìta dall'8a armata e riprese l'argomento dei capisaldi di Sollum e di Sidi Omar, già accennato nel precedente dispaccio. Poi venne a fornire alcuni particolari sulla sistemazione del campo trincerato di Matruh. Poteva contare sulla soa divisione (due brigate), sulla sa e 10a divisione indiana (tre brigate ciascuna) e sulla divisione neozelandese (a pieno organico), nonché sulla 1a, 7a e 10a divisione corazzata secondo la disponibilità di carri armati. La ga divisione corazzata sarebbe entrata in linea a tempo debito e comunque dopo un conveniente addestramento al cambattimento in terreno desertico. «È mia ferma intenzione - promise - riprendere l'offensiva non appena le nostre unità corazzate siano forti abbastanza da avere una ragionevole probabilità di successo».


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Aveva tolto, continuò, due divisioni alla 9 a armata ed una terza alla tOa, più un Comando di corpo d'armata, reparti trasmissioni, due reggimenti autoblindo, uno di artiglieria di medio calibro, due da campagna e due controcarri. Senza calcolare i contingenti francese, polacco, greco e transgiordano, non ancora equipaggiati ed addestrati, rimanevano nel settore orientale del teatro d'operazione due divisioni indiane, una brigata corazzata indiana, un reggimento autoblindo indiano e la 9a divisione australiana. Era consapevole del rischio che correva, giacché né la Siria, né l'Iraq, né la Persia potevano considerarsi tranquilli; d'altronde non pensava che la situazione in Egitto richiedesse altra fanteria e nessuna unità corazzata era più disponibile sui fronti della 9a.e della 10a armata. Ad ogni modo, le notizie dategli rendevano il panorama accettabile: la 2a divisione corazzata americana costituiva un graditissimo rinforzo, così come i gruppi di Halifax, e del pari i carri Grant e gli aerei dirottati dall'India; il non dover rimandare le grandi unità indiane come previsto in precedenza, consentiva inoltre di guardare con fiducia al problema della sicurezza interna dell'Iraq e della Persia, specialmente nelle zone dei campi petroliferi. Quanto al morale delle truppe non temeva flessioni. Idem per la preparazione al combattimento: si stava recuperando il tempo perduto, ma c'era ancora molto da fare, soprattutto per i carristi e l'artiglieria, senza i quali la fanteria non poteva essere impiegata. Occorrevano carri medi americani in grado di competere con i Panzer e non Crusader armati con pezzi da 2 libbre. Naturalmente, se questi ultimi fossero stati dotati di bocche da fuoco da 6 libbre, sarebbero andati bene lo stesso. Circa i rovesci recenti, «ne accetto l'intera responsabilità» concluse Auchinleck52• La lettera non fa cenno di due grossi problemi che in quelle quarantott' ore si agitarono nell'animo del comandante in capo. Il primo riguardava la battaglia sulle posizioni di Matruh, l'altro la persona di Ritchie. Erano in certo modo legati a filo doppio. Quando Ritchie aveva proposto di risolvere la lotta appoggiato al campo trincerato di Matruh, Auchinleck aveva annuito ed in questo senso si era espresso anche con il Gabinetto di guerra e con Churchill. Però non si nascondeva le conseguenze di una sconfitta: le ultime unità in condizioni di battersi nelle file dell'8a armata si sarebbero liquefatte, senza possibilità alcuna di sostituzione; sarebbe stata la fine della campagna, dell'Egitto, del Medio Oriente; sarebbe stato l'inizio di profondi rivolgimenti politico-militari, a cominciare dal possibile intervento turco a fianco del1'Asse. Tutto si sarebbe deciso nella sola battaglia di Matruh. E Ritchie questa battaglia l'avrebbe persa, ne era sicuro. «Decisi dunque - scrisse


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più tardi - che non potevo correre il rischio di essere inchiodato a Matruh»53. L'alternativa era El Alamein, dove Norrie con il Comando del 30° corpo stava già organizzando una resistenza. La stretta fra il mare e la depressione di Qattara offriva migliori condizioni alla difesa, ed un po' di tempo ancora sarebbe stato guadagnato a tutto profitto del riordinamento dell'armata, che ne aveva decisamente bisogno5\ e dell'arrivo di rinforzi. Invece Rommel avrebbe visto allungarsi terribilmente il proprio asse di rifornimenti e sgomberi. A parte ciò occorreva affrontare il problema del comandante, problema delicato per il momento critico che le truppe stavano attraversando e difficile per la scelta dell'uomo giusto. Auchinleck si sentiva legato a Ritchie da sentimenti di stima ed anche da un certo senso di corresponsabilità, ma «il pericolo di una catastrofe completa era troppo grande - concluse - perché ne lasciassi la responsabilità ad un subordinato, che per di più da diverse settimane era sottoposto ad una tensione eccezionale» 55 • In questo senso si espresse anche Tedder, che aveva avuto ampio modo di osservare l'opera del Comando dell'sa armata. Anzi, a suo avviso, non soltanto Ritchie, ma anche il suo capo di Stato Maggiore, Whiteley, era da sostituire: entrambi apparivano logorati. Auchinleck pensò dapprima al proprio capo di Stato Maggiore, Corbett, ma era dubbioso sulla correttezza di mandare un sottordine ad affrontare un possibile disastro e T edder dette la spinta definitiva: doveva egli stesso prendere in mano le sorti dell'armata. Il 25 mattina, dunque, alle 9,05 Auchinleck spedì un laconico telegramma a Brooke: «Rileverò il comando dell'8a armata da Ritchie questo pomeriggio. Propongo di lasciarlo temporaneamente in licenza in Palestina, ma conto che torni in patria quanto prima e gli venga affidato il comando di un corpo d'armata od un incarico di Stato Maggiore. Penso che, benché solido e deciso, egli abbia la tendenza ad andare piano ed io temo che l'armata abbia in certa misura perso fiducia in lui. Impiegherò Dorman Smith come mio capo di Stato Maggiore, lasciando Corbett a rappresentarmi al Gran Quartiere Generale»S6.

Alle 14 Auchinleck e Dorman-Smith salirono su un aereo e trascorsero il tempo del viaggio discutendo delle ultime notizie. Poco prima della partenza era arrivato un lungo telegramma di Churchill, spedito quel mattino stesso di buon'ora. AWashington le offerte fatte sul momento degli americani erano state vagliate sotto tutti i profili e qualche modifica risultava necessaria. «Ho già comunicato - scriveva Churchill - che il Presidente intende inviarvi la 2 3 divisione corazzata americana, la quale partirebbe per Suez verso


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il 5 luglio. Riteniamo che l'invio di questa divisione entro il mese prossimo presenti gravissime difficoltà. Il generale Marshall ha perciò avanzato una proposta che il capo di S.M.G.I. giudica anche più allettante dal vostro punto di vista, poiché vi consente di ricevere una notevole quantità di materiale del tipo più moderno senza che ciò influisca sui rinforzi che dovete ricevere dall'Inghilterra. Abbiamo pertanto accettato le seguenti proposte: gli americani invieranno al più presto nel Medio Oriente 300 carri armaci Sherman (M.4) e 100 obici semoventi da 105 mm. Questi materiali partiranno per Suez verso il 10 luglio in due convogli di navi sottratte al traffico di zucchero dell'Avana, marcianti rispettivamente a 15 e 13 nodi; il loro viaggio verrà affrettato con tutti i mezzi possibili. Un piccolo numero di tecnici americani accompagnerà i carri armati ed i pezzi di artiglieria.

Non abbiate la minima preoccupazione circa lo sviluppo degli avvenimenti in patria. Qualsiasi punto di vista io possa avere su come la baccaglia è stata combattuta o sul momento in cui doveva essere combattuta, voi avete la mia intera fiducia ed io condivido interamente le vostre responsabilitàs'. Ho appena mostrato la vostra lettera al Presidente, che si è molto commosso ed intende venire in vostro aiuto. Le difficoltà circa il trasporto via mare della divisione corazzata americana, che appaiono considerevoli, sono in corso di appianamento. Gli americani stanno anche tentando di spedire un gran numero di una nuova specie di cannoni lanciarazzi controcarri sui quali ripongono molte speranze. Nel contempo, avete sentito che i rinforzi aerei americani sono pronti per essere inviati jn Medio Oriente. Sono allo studio progetti di spedizione di un'altra grossa mandata, forse un centinaio di bombardieri a largo raggio non appena possibile, nonché di affrettare l'invio di altri carri Grant migliorati. Domani proporrò al Presidente di porre un generale americano alle vostre dipendenze, con un posto nel Consiglio del Medio Oriente, nell'incesa che egli avrebbe voce sia per le unità america1.1e aeree sia per quelle terrestri. Vi prego di riferire a Harwood che sono piuttosto preoccupato per i rapporti sullo scoraggiamento e sul panico eccessivi dominanti ad Alessandria e per il fatto che la Marina si affretta a riparare nel Mar Rosso. Sebbene vadano presi alcuni prevvedimenti precauzionali e sebbene la Queen Elizabeth debba lasciare il porto al più presto, ritengo necessario un atteggiamento fermo e fiducioso. Le informazioni giunte al presidente da Roma lasciano supporre che Rommel conti di dover perdere tre o quattro settimane prima di poter organizzare un violento attacco contro le posizioni di Marsa Matruh. È mia opinione che l'indugio possa essere assai più lungo. Spero che la crisi faccia sì che tutto il personale in uniforme e cucci gli adecti ai servizi disponibili vengano portati al più alto livello di preparazione al combattimento. Voi avete in forza più di 700.000 uomini nel Medio Oriente. Ogni uomo abile al combattimento dovrebbe esser messo in condizioni di battersi e di morire pur di vincere. Non esistono motivi per cui le unità che difendono Marsa Matruh non siano rinforzate da diverse migliaia di ufficiali e soldati addetti ai servizi per ingrossare i battaglioni o i reparti lavoratori. Vi trovate nello stesso tipo di situazione in cui ci troveremmo noi se l'Inghilterra fosse invasa: lo stesso indomito spirito dovrebbe regnare»ss.

La notizia di più immediato interesse era l'informazione che


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

Rommel non avrebbe attaccato prima di tre o quattro settimane, se non di più. Se fosse stata vera, l'orizzonte avrebbe avuto colori meno oscuri di quanto non sembrasse. Ferma restando, ormai, la decisione di non giocare tutto sulla carta di Matruh, non sarebbe mancato il tempo per portare l'armata ad El Alamein ed ivi riordinarla, reimmettendo nei reparti i carri riparati, impiegando la 9a divisione australiana ed apprestando nuovi campi di volo la Royal Air Force. Peraltro, fra il 23 ed il 24 la decrittazione di altri messaggi di Enigma aveva fornito nuove indicazioni: probabilmente l'avanzata di Rommel non avrebbe avuto pause al confine; il bottino di T obruk era considerevole; la Panzerarmee aveva chiesto carte topografiche di Matruh e di Alessandria; i tedeschi erano venuti a conoscenza che, secondo l'addetto militare americano al Cairo, }'ga armata era stata battuta in modo decisivo e che questo era il momento più adatto per la penetrazione di Rommel fino al Delta. Verso l'imbrunire l'aereo atterrò a Maaten Baggush. Sulla pista c'era ancora l'apparecchio di Tedder, che, come d'accordo, aveva preceduto il comandante in capo per anticipare a Ritchie la sostituzione. Il colloquio fra Auchinleck e Ritchie non fu lungo. Al termine, quest'ultimo scese dal suo caravan e, solo, saB su una macchina e si allontanò in direzione del Cairo. Auchinleck cominciò a studiare lo schieramento dell'8a armata, uno schieramento ancora in corso di definizione. Il campo trincerato aveva uno sviluppo perimetrale di una ventina di chilometri ed una profondità media di circa quattro chilometri (schizzo n. 48). Il suo fronte a terra comprendeva, dall'esterno verso l'interno, un fossato anticarro continuo, profondo tre metri e largo quattro, con parete esterna in pendenza e con scarpata interna verticale, entrambe scavate in terra, senza rivestimento, talché il fosso era soggetto a frequenti parziali interramenti per l'azione demolitrice del Khamsin e quindi il suo superamento non presentava rilevanti difficoltà; una zona minata discontinua; una fascia discontinua di reticolato ad una distanza dal fossato anticarro variabile dai 50 ai 100 metri; un secondo fossato anticarro continuo di caratteristiche analoghe al precedente; una seconda ed una terza fascia di reticolato; ostacoli vari, costituiti da putrelle ferroviarie altre circa due metri, a forma di croce di S. Andrea, incrociate tre a tre e fortemente imbullonate e collegate fra loro da robuste catene. Il tutto era particolarmente predisposto contro provenienze da ovest. Inoltre era stato previsto un sistema periferico allo scopo di ampliare il raggio di influenza del campo trincerato e costituire perni di manovra per l'intervento di riserve corazzate. Del sistema faceva



LO SCHIERAME!


~TO BRITANNICO IL 25 GIUGNO Schizzo n. 49 -

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pane Sidi Hamza, una posizione ad una trentina di chilometri a sud, sul ciglione, con due quote di un certo spicco: Minqar Sidi Hamza el Gharbi e Minqar Sidi Hamza el Shargi. È bene precisare che quella che nel 1940 era stata la base dell'operazione Compass e nel 1941 dell' operazione Crusader nel giugno 1942 aveva perduto molta efficienza e lo stato delle postazioni, del fosso anticarro e dei lavori in generale era fortemente decaduto. L'arrivo della 2a divisione neozelandese (senza la 6a brigata, lasciata ad Amiriya), destinata alla guarnigione di Matruh, aveva provocato subito un problema. Il gen. Freyberg non intendeva vedere le truppe neozelandesi utilizzate per una sterile resistenza ad oltranza e minacciò di ricorrere al proprio Governo. Alla fine, Ritchie lo accontentò e decise di affidare il campo trincerato alla 10a divisione indiana. Il 23 giugno arrivò dalla Siria il gen. Holmes e si dislocò con il suo Comando del 10° corpo d'armata ad ovest di Gerawla. La responsabilità della linea venne allora ripartita: a Holmes fu affidata quella del campo trincerato, a Gott quella meridionale. La prima gravitava dunque su Matruh, la seconda su Sidi Hamza. Il 25 giugno lo schieramento dell'armata era in via di affrettato completamento (schizzo n. 49). Del 10° corpo, la 10a divisione indiana era nel caposaldo di Matruh e la soa britannica, rinforzata dal 4° autoblindo sudafricano e dal 2° artiglieria controcarri sudafricano, era arretrata all'altezza di Gerawla. Il 13° corpo aveva la 29 3 brigata indiana (sola rimasta della sa divisione indiana) a Sidi Hamza; la 2a divisione neozelandese a Minqar Qaim, con un battaglione a Bir Khalda; la 1a divisione corazzata aveva ricevuto la 4a e la 22 a brigata corazzata e si trovava sulla scarpata, ad oriente della pista per Siwa; la 7a divisione corazzata era rimasta con la 3 a brigata motorizzata indiana, ancor più a sud, e con la 7a brigata motorizzata, lungo la pista per Siwa. Nella ventina di chilometri di vuoto fra Matruh e la scarpata, e cioè fra i due corpi d'armata, operavano due colonne (ciascuna su una compagnia di fanteria, una batteria da campagna ed una sezione controcarri), denominate Gleecol e Leathercol, con il compito di difendere il campo minato realizzate in corrispondenza della pista per Siwa. Questo, in sostanza, il dispositivo trovato da Auchinleck. Attlee gli aveva subito telegrafato la piena soddisfazione del Gabinetto di guerra nel conoscere la sua decisione di assumere il diretto comando dell'armata e la convinzione che avrebbe saputo arrestare Rommel davanti a Matruh e, a tempo debito, ributtarlo indietro. Ma il primo visitatore di quella stessa sera, il gen. Holmes, gli portò notizie fresche tali da far sparire le speranze suscitate da Churchill: il nemico



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era praticamente davanti al 10° corpo e con ogni probabilità, a suo avviso, avrebbe attaccato l'indomani. Auchinleck si rese allora conto che, malgrado tutto, bisognava accettare in certo qual modo la battaglia. «Avevo un disperato timore che le truppe di Matruh sarebbero state circondate» confessÒ59 • Cominciò a spiegare a Holmes che non intendeva assolutamente consentire il blocco di Matruh, poi, alle 4,15 del 26 giugno, diramò i nuovi ordini: l'indirizzo operativo di Ritchie, di fermare cioè l'avanzata nemica ad ovest della linea Matruh-Sidi Hamza-Ras el Qattara, era superato dalla convenienza di impegnare l'avversario nell'ampia zona compresa fra la linea anzidetta e la stretta di El Alamein. Occorreva tendere a «mantenere le truppe fluide e mobili e colpire il nemico da tutte le direzioni. Le forze corazzate non debbono essere impiegate a meno che non si presentino circostanze favorevoli. A tutti i costi, anche se si dovesse cedere ter· reno, io intendo tenere in vita l'Ba armata e non dare ostaggi alla fortuna sotto forma di truppe immobili in difesa di capisaldi che possono essere facilmente isolati» 60 • Cercò anche di dare un orientamento tattico che evitasse i numerosi scollamenti verificatisi nella battaglia di Ain el-Gazala. L'avversario doveva essere immediatamente aggredito dal fuoco di tutte le artiglierie della divisione o delle divisioni più vicine al tratto minacciato. Non solo, ma le altre grandi unità dovevano far affluire rapidamente nel settore in causa tutti i reparti mobili, ovviamente senza venir meno al compito di difendere il fronte loro assegnato. In sostanza, il coordinamento della reazione manovrata era nelle mani dei comandanti di corpo d'armata. Ma il coordinamento e la cooperazione fra le varie armi dovevano acquistare spiccato valore anche fra i corpi d'armata, in modo che «se un corpo d'armata o parte di esso perde terreno, l'altro sia immediatamente in grado di trarre vantaggio dalla situazione attaccando il nemico sul fianco con rapidità e decisione» 61 • Peraltro c'è un particolare su cui conviene spendere qualche parola. Mentre Tobruk era in agonia, Ritchie aveva deciso il ricorso a colonne mobili tratte dalle varie divisioni, costituite in .nodo da sfruttare in esse tutta la potenza di fuoco disponibile. Il resto delle divisioni doveva provvedere alla difesa statica della posizioni di frontiera. Mancò il tempo per la piena realizzazione di tali misure, però il concetto fu conservato anche sulla linea di Matruh: ogni divisione doveva riorganizzarsi in raggruppamenti tattici al livello di brigata, formati da unità di artiglieria (nucleo centrale del raggruppamento) e da quel minimo di fanteria occorrente alla difesa vicina. Gli ordini impartiti in questo senso da Ritchie il 22 giugno furono confermati da Auchinleck, il quale


LO SFRUTTAMENTO O.EL SUCCESSO

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stabilì che l'aliquota divisionale non utilizzata nell'approntamento dei raggruppamenti fosse mandata ad El Alamein. Così, nel 10° corpo, della 10a divisione indiana e della 50° erano presenti soltanto i Comandi di divisione, un'aliquota di ogni brigata e tutta l'artiglieria divisionale. Nel 13° corpo, invece, la 29a brigata era ristrutturata come detto, ma la 2a divisione neozelandese fece capo a sé. Freyberg obiettò che qualunque trasformazione doveva ricevere il placet del suo Governo, perciò tenne due brigate con sé e lasciò ad oriente di El Alamein la terza, che tra l'altro non era ancora affluita. Quanto alla 7a divisione corazzata, il 26 giugno cedette alla 1a la 7a brigata motorizzata e si diresse ad El Alamein con la 3a indiana. Tutto questo rappresentava una novità sotto il profilo operativo. La condotta della manovra in ritirata era prevista dalla normativa britannica in altro modo e basata sul principio di evitare qualunque tipo di combattimento mobile. Mancava perciò nei capi e nelle truppe il minimo addestramento a siffatto nuovo procedimento, né molti comandanti erano pronti psicologicamente ad affrontare la lotta in simili condizioni. In compenso, la Desert Air Force stava imperversando. La grande officina della base lavorava strenuamente per rimettere in efficienza gli apparecchi danneggiati o in avaria, la difesa caccia del Delta e le unità di addestramento cedettero quasi tutti i loro aerei, Malta inviò 20 Spitfire, due gruppi di Beaufighter ed uno di Hurricane furono tolti allo stormo n. 201 di cooperazione navale. Ma a questo sforzo che, come sappiamo, aveva consentito alla Desert Air Force di raggiungere la superiorità numerica sull'aviazione dell'Asse in Africa, fu u nito un grosso provvedimento di natura tecnico-tattica. Tutti gli obiettivi della Cirenaica occidentale vennero abbandonati a favore di quelli di diretto interesse tattico per 1'8 3 armata e l'indicazione degli obiettivi di notte con razzi illuminati lanciati dagli Albacore dell'aviazione della flotta fu adottata anche nel deserto. In tal guisa, un paio d'ore dopo il rientro delle missioni diurne, partivano i bombardieri notturni con gli Albacore. D al 24 giugno, giorno e notte, le incursioni si susseguirono sulle colonne dei corpi d'armata italiani e del DAK. Le preoccupazioni di Kesselring di spostare al più presto possibile le basi aeree erano ben fondate. In margine al brutto momento provocato in campo britannico dalla caduta di Tobruk, si reputa interessante ripo~arne la conclusione. Il 6 luglio lo S.M. Generale Imperiale inviò personalmente al gen. Corbett un telegramma assai inopportuno. La batosta subìta e la cattura di tanti prigionieri e di tanto materiale apparivano a Londra inesplicabili


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e la vicenda stava sollevando dubbi e critiche <<sullo spirito combattivo

dei nostri comandanti». Perciò «il Gabinetto desidera che il capo di S.M. conduca un'inchiesta e riferisca appena possibile sulle circostanze nelle quali ha avuto luogo la capitolazione ed in particolare sul comportamento del generale comandante della piazza».

Corbett mandò subito copia del dispaccio ad Auchinleck, il quale immediatamente si rivolse a Brooke: NON posso credere che il Gabinetto abbia ordinato al mio capo di S.M. di riferire per proprio conto su un'operazione svolta sotto il MIO comando e gradirei una chiara spiegazione su una richiesta che ha dello straordinario. Se il Gabinetto vuole inviare dalla Gran Bretagna una commissione d'inchiesta benissimo, ma incaricare un ufficiale del mio Stato Maggiore senza il mio beneplacito è intollerabile ed io sono certo che NON si intendeva simile cosa. Gradirei molto ricevere istruzioni direttamente da Voi su un argomento di così personale importanza. Come Corbett ha detto al sottocapo di S.M.G.I., ho già affidato un'inchiesta sulla caduta di Tobruk a Wilson, che è un giudice di sicura competenza. Non propongo altra inìziariva»62 •

Brooke rispose il 14 dichiarandosi «molto dolente per il malinteso»: non c'era stata alcuna intenzione di scavalcarlo scorrettamente, bensì il semplice desiderio di non affliggerlo con questioni del genere quando l'impegno operativo era così grande. Wilson andava benissimo per l'inchiesta.

3. LA BATTAGLIA DI MATRUH La battaglia di Matruh fu piuttosto anomala. Da una parte, un attaccante il quale, senza avere idea precisa dello schieramento e delle intenzioni del nemico che intende distruggere, abbozza un piano basato su un'ipotesi del dispositivo da rompere assai vaga e poco se ne cura. Dall'altra, un difensore che accetta lo scontro solo perché non è riuscito ad andarsene in tempo, ma che si propone di squagliarsela non appena se ne offra l'occasione favorevole. Il mattino del 26 le colonne dell'Asse erano in pieno movimento. Difficoltà di orientamento e le ripetute incursioni aeree britanniche diurne e notturne avevano causato disagi e disguidi, oltre che perdite. Il XXI corpo prevedeva di raggiungere la stabilita linea di attestamento soltanto verso le 17. In effetti, arrivato a quest'altezza e non incontrando resistenza, proseguì di un paio di chilometri fermandosi


LO SfRUTIAMENTO DEL SUCCESSO

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alle 20 al margine della zona minata ad ovest del campo trincerato. Il X corpo si allineò, a sud della strada, con entrambe le divisioni. In sostanza, al cadere della notte Navarini e Gioda si trovavano ad una dozzina di chilometri dalla pista per Siwa. Più a sud agivano le colonne tedesche. La 90a leggera cominciò nel pomeriggio il suo largo avvolgimento. Si imbatté nei campi minati, cadde sotto il tiro della sa divisione indiana, o meglio della sua unica 29 a brigata, e sotto il bombardamento della Desert Air Force, ma alla fine, dopo molte ore, superò l'ostacolo minato, annientò il gruppo Leathercol facendo 400 prigionieri e proseguì ancora, sino a mezzanotte. Anche il D AK, mossosi alle 16,45, era incappato in pesanti incursioni aeree, una delle quali aveva procurato diverse perdite al Comando del corpo d'armata. Delle sue divisioni, la 21 a Panzer perse qualche carro sui campi minati, superò la pista per Siwa alle 18,15, mise in rotta il gruppo Gleecol ma, fatta segno al fuoco delle strutture statiche della 29a brigata indiana, finì per arrestarsi alle 21,30 contro un secondo campo minato. La 15a Panzer invece procedette senza incontrare particolare resistenza e, all'imbrunire, si fermò all'altezza della pista per Siwa. Sulla destra del DAK dovette avanzare il XX corpo, secondo gli ordini impartiti dall'armata alle 8,30. Anch'esso non fu risparmiato dagli attacchi aerei britannici e le perdite che subì furono spiccatamente sentite. Verso le 13 vennero infatti colpiti mortalmente i principali esponenti del Comando del corpo: il gen. Baldassarre (che spirerà alle 17), il gen. Piacenza ed il col. Raffaelli, rispettivamente comandanti dell'artiglieria e del genio. Il gen. De Stefanis subentrò interinalmente a Baldassarre e lasciò l'Ariete al gen. Arena, il vicecomandante. Nel tardo pomeriggio, l'ala meridionale della massa di manovra era fortemente scaglionata verso sud-ovest talché Rommel si indusse a stabilire che l'Ariete, e poi la Littorio, obliquassero verso nord infilandosi nel movimento. Non è molto chiaro cosa si ripromettesse di fare, comunque l'ordine venne mantenuto solo per la Littorio, visto che nel frattempo sia l'Ariete sia la Trieste si erano aperte per proprio conto un passaggio. A sera il servizio informazioni riteneva: la 2 a divisione neozelandese a Matruh; i resti della soa divisione, della sa indiana, della 1a e 7a corazzata schierati sull'allineamento Matruh-Sidi Hamza-Bir Khalda, con la 7a brigata motorizzata sul pianoro, come scaglione di sicurezza. A tergo, nel caposaldo di Baggush, sembrava disposta la 10a divisione indiana. Rommel perciò insistette nel piano originario: penetrazione al centro con la 21 a Panzer; avvolgimento del 10° corpo a


LABATTAGI ~


1ADIMATRUH


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nord con la 90a leggera; pressione frontale a sud contro la 5a divisione indiana e la riserva corazzata con la 15a Panzer ed il XX corpo italiano. La preda era sempre Matruh. Le due presunte divisioni corazzate non gli davano molte preoccupazioni: al massimo - pensava - potevano disporre di un centinaio eterogeneo di carri. Ignorava che la 1a divisione corazzata aveva messo insieme 159 carri, di cui 60 Grant, 80 fra Crusader e Stuart e 19 Valentine. L'avanzata a rastrello della massa di manovra era stata naturalmente avvertita dall'sa armata, che però, ricevendo rapporti contrastami, rimase a lungo incerta sul significato tattico da attribuire alla mossa di Rommel. La prima impressione ricavata dall'eliminazione dei gruppi Leathercol e Gleecol fu che si trattasse dello sforzo principale portato al centro dello schieramento britannico, avendone individuaro il voto. Si aggiunga che secondo Gleecol si trattava dell'irruzione di un centinaio di Panzer, anche se la segnalazione venne smentita dal Comando del 10° corpo, che assicurò di aver tenuto la zona sotto osservazione per tutto il giorno. Ad ogni modo la 29a brigata indiana, ben presto disorganizzata, cominciò ad arretrare dietro la pista per Bir Khalda. All'alba del 27 l'armata italo-tedesca si rimise in movimento (schizzo n. 50). Il XXI corpo procedeva lentamente a causa della vivace azione di fuoco avversaria e della profondità dei campi minati, ma alle 11 la Trento sboccò oltre l'ostacolo passivo ed un battaglione guastatori occupò il bivio con la pista per Siwa, denominato dagli inglesi Charing Cross. Anche l'accerchiamento prendeva consistenza ad opera del X corpo, che seguiva il margine meridionale dei campi minati e che respinse un tentativo di reazione della 5a brigata indiana, ma soprattutto della 90a leggera. Questa, appena superato il meridiano di Matruh, si imbatté in una nuova resistenza, il IX Durham Light lnfartry, inviatole contro sin dalla sera precedente. In un breve urto frontale la 90a leggera prese 300 prigionieri e travolse il battaglione. Subito dopo, però, dovette avvisare l'armata di essere sottoposta ad un intensissimo fuoco proveniente non solo da est (50a divisione), ma altresl da sud, cioè da Minqar Qaim (2a divisione neozelandese). Subentrò una pausa risolta presto dall'arrivo della 21 a Panzer, la cui entrata in campo era già stata avvertita dai neozelandesi: Verso le 9 del 27 mattina - scrisse il gen. Kippenberger - a sei o sette miglia a nord-ovest apparve una enorme colonna di mezz~ scintillando nella foschia e con in testa un gruppo di quindici carri». In realtà von Bismark era rimasto con sedici Pzkw II e cinque Pzkw IL La 21 a Panzer, con la quale marciava Rommel, si diresse dunque verso sud-est sino a Bir Shineina (ore 11 circa), .!Ila a questo punto



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cominciarono le difficoltà maggiori. Per raggiungere la costa la 90a leggera doveva superare la 151 a brigata inglese, cosa non molto difficile in sé, ma si sarebbe trovata completamente isolata, perché il X corpo di Gioda era a sud di Charing Cross. Poco prima delle 13 Rommel visitò il Comando della 90a leggera, si complimentò e sollecitò il proseguimento dell'avanzata in modo da toccare la costa prima di notte. Nel contempo affrettò l'afflusso della Littorio, che con una marcia notturna si era portata sotto, per colmare l'intervallo che si stava creando con la Pavia. Per la 21 a Panzer il discorso era differente. Era sfilata a nord della rocciosa scarpata dove i neozelandesi avevano trascorso la notte a trincerarsi febbribilmente, con la 5a brigata (gen. Kippenberger) a Minqar Qaim, la 4a brigata (gen. Inglis) ad oriente della pista per Bir Khalda e la riserva divisionale in mezzo, cioè a cavallo della pista. Vista arrivare la lunga colonna tedesca, i pezzi neozelandesi aprirono il fuoco e ben presto si accese un duello di artiglierie che durò finché Rommel non si rese conto che sul pianoro di Sidi Hamza c'erano più avversari di quanto non avesse creduto. D'altra parte anche la 15a Panzer si trovava alquanto in imbarazzo. Si era gettata in avanti, tenendosi a sud di Sidi Hamza, però ben presto era stata investita dalla 4a brigata corazzata e dalla 7a brigata motorizzata e poi dalla 22 a brigata corazzata, e non riusciva ad aprirsi il passo. Dopo mezzogiorno Rommel spinse la 21 a Panzer ad attaccare le posizioni di Minqar Qaim, in modo da accelerare l'entrata in gioco della 15 a. Quindi ordinò al XX corpo - che procedeva con le divisioni scaglionate in profondità a protezione della sinistra del DAK - di porsi alle dipendenze tattiche di Nehring «per il rastrellamento della zona davanti alla 15a Panzer e per l'accerchiamento dei gruppi nemici»6'. Auchinleck cercava di individuare il filo conduttore della battaglia. Non era facile orientarsi sulla base di rapporti confusi e contrastanti, ma, ritenendo che Rommel avesse seco un duecento carri e 30.000 uomini, alle 11,20 comunicò a Holmes ed a Gott che, se fosse divenuto necessario, bisognava che i due corpi si sganciassero e ripiegassero più o meno al meridiano di Fuka ed ivi accettassero nuovamente battaglia. Prima ancora di ricevere notizia dell'operazione Pike (il nome convenzionale dato allo spostamento sulla linea retrostante), Gott, portatosi verso le 11 al Comando della 2 a divisione neozelandese, ebbe a dire a Freyberg di «sgomberare ove costretto e di non considerare di importanza vitale le posizioni sulle quali era schierato»64• Anzi, nel pieno


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spirito degli intendimenti manifestati da Auchinleck nell'assumere il comando, indicò le istruzioni per l'eventuale manovra di ripiegamento. Il corpo d'armata doveva portarsi dapprima su una linea ad una quindicina di chilometri ad ovest di Fuka, poi alla stretta di El Alamein. Ogni divisione, protetta da propria retroguardia, avrebbe seguito un itinerario indipendente: la 5a indiana a nord, la 2a neozelandese al centro e la 1a corazzata a sud. A mezzogiorno egli riferì all'armata le impressioni riportate dalla visita ai neozelandesi: tenuto conto degli effetti del violento fuoco di artigliera nemico, in vantaggio per la maggiore gittata, e di fronte al prevedibile attacco tedesco, aveva autorizzato Freyberg a concentrarsi maggiormente. Però gli aveva rifiutato il rinforzo di un reparto di Valentine, intendendo conservare riunite le forze corazzate. DormanSmith gli rispose che avrebbe impartito ordini al 10° corpo di sferrare una forte puntata verso sud, sì da alleggerire la pressione sui neozelandesi. Infatti, verso le 15 Holmes, ricevute le direttive in proposito, predispose l'azione da parte della 50a divisione britannica con inizio alle 17,30. Intanto van Bismark aveva attaccato Minqar Qaim da nord-est con un'aliquota della 21 a Panzer e con il resto era salito sulla scarpata in un largo movimento avvolgente, piegando poi verso occidente. Incontrò presto lo scaglione degli automezzi avversari, travolgendo e facendolo in parte rifluire sulla divisione ed in parte cercare scampo verso sud, quindi affrontò le posizioni neozelandesi. La lotta non portò a risultati concreti. La 4a brigata di Inglis venne seriamente impegnata, ma tenne duro, grazie anche ai numerosi pezzi da 6 libbre giunti proprio quella mattina65• Comunque alle 16 Freyberg chiese l'intervento della 1a divisione corazzata. Il gen. Lumsden, che aveva già perduto una quindicina di carri, stava letitamente ritirandosi davanti alla 15a Panzer ed all'Ariete. Alla richiesta di Freyberg inviò il 3° County of London Yeomanry. A prescindere dalla confusione in cui questo venne a trovarsi e per la quale fu dapprima preso a cannonate dai neozelandesi, indubbiamente la mossa provocò un improvviso pericolo per la 21 a Panzer, giacché per fortuita concomitanza stava arrivando da est sul campo di battaglia il Queen's Bays con 35 carri, quale terzo reggimento della 22 a brigata corazzata. Solo arrestandosi e sistemandosi frettolosamente a difesa ed approfittando soprattutto della completa carenza di iniziativa e di coordinamento in campo britannico, von Bismark riusd a stornare il pericolo di essere tagliato in due. Rommel quel giorno fu veramente fortunato. Se Gott avesse avu-


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to una migliore percezione dello svolgersi dei combattimenti, maggior fiducia in sé o, più semplicemente, non avesse risentito dell'indubbio logorio nervoso, il DAK ed il XX corpo sarebbero stati battuti separatamente e con un colpo d'ala Auchinleck avrebbe rovesciato la situazione. Invece Gott nel primo pomeriggio si convinse che l'attacco tedesco a Minqar Qaim ·non sarebbe stato arrestato dai neozelandesi, con conseguenze disastrose per il 13° corpo. In siffatta persuasione disse a Lumsden, il quale avrebbe voluto avvicinare la 1 a divisione corazzata per meglio fronteggiare la minaccia italo-tedesca: «È finita» ed aggiunse: «La divisione neozelandese non esiste più»66• Sempre in questo quadro, alle 16,55 il Comando del 13° corpo mandò alla 1 a divisione corazzata un messaggio piuttosto oscuro, da cui sembrava che i neozelandesi avessero abbandonato Minqar Qaim; di conseguenza la divisione poteva ripiegare a sua discrezione ad est della pista per Bir Khalda. Una comunicazione simile, ma senza gruppo orario, fu inviata anche alla 2 a neozelandese. <<Entrambi i messaggi - osserva il Playfair - sono inspiegabili e non c'è alcuna indicazione sul loro autore, tranne l'impiego del pronome io in ognuno, che farebbe pensare alla loro compilazione da parte 67 di Gott>> • E quando Freyberg si mise in contatto con Lumsden, seppe che questi si apprestava ad allontanarsi per proprio conto. In quel mentre Freyberg venne ferito. Gli subentrò il gen. Inglis, comandante della 4a brigata. Sapendo che Gott aveva dichiarato non determinante il possesso di Minqar Qaim, decise di ripiegare anch'egli appena caduta la sera. Alle 17 circa chiese, dunque, al 13° corpo lumi sulla località nella cui direzione doveva muovere. La risposta indicò (almeno cosl fu compreso) Bab el Qattara, un luogo a trenta chilometri a sud-ovest di El Alamein, il che significava saltare la sosta all'altezza di Fuka. Quasi contemporaneamente, Rommel, sia perché dalle intercettazioni radio aveva avuto sentore dell'orientamento britannico ad abbandonare il campo di battaglia, sia perché ingannato dalla facilità con cui la 90a leggera, la 21 a Panzer e la Littorio erano penetrate fra Matruh e la scarpata di Sidi Hamza, giunse alla conclusione che 1'8 a armata fosse in rotta e verso le 17,20 stimolò la 90a leggera, ridotta a 1.600 uomini, a spingersi a tutta velocità verso la costa e la 21 a Panzer a «continuare nella tarda serata ad inseguire il nemico verso Fuka». Nehring, che ben vedeva quello che stava ammassandosi sul pianoro di Sidi Hamza, manifestò il più totale scetticismo: «Il corpo d'armata (. ..) non ha, comunque, alcun dubbio che questa operazione non sia oggi possibile a causa della situazione nemica>>58• Però avvisò De Stefanis che la 15 3


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Panzer avrebbe attaccato di lì a poco e che, perciò, l'Ariete serrasse sotto. Ad El Daba, dove si era spostato il Comando ga armata, Auchinleck seguiva gli eventi alla meglio. Aveva segnalato a Londra che il quadro complessivo era «finora soddisfacente», confermato l'imminente contrattacco del 10° corpo da Matruh in direzione sud e della 7a brigata motorizzata contro le retrovie del DAK, e rinnovato il proposito di abbandonare Matruh piuttosto di vedervi bloccato il grosso delle sue rimanenti truppe. Fra l'altro, il suo servizio informazioni sopravvalutava le forze di Rommel. Alle 19,20, d'improvviso e d'iniziativa, il 13° corpo diramò in codice Perdine di iniziare la prima fase della ritirata, cioè l'arretramento sulle posizioni di Fuka, alle sue tre divisioni: la sa indiana, la 1 a corazzata e la 2 a neozelandese. Però, mentre per le prime due indicò la destinazione, ciò ai neozelandesi venne stranamente taciuto, quindi essi si diressero verso Bab el Qattara. Poi Gott riferì del provvedimento preso al Comando ga armata. Qui si trovarono colti in contropiede, perché la puntata verso sud prescritta al 10° corpo doveva essere già in corso di svolgimento e l'arretramento del 13° corpo avrebbe compromesso seriamente la posizione del 10° corpo. Dorman-Smith commentò: «Non era previsto che se ne andassero (. ..). Quando si seppe che la divisione neozelandese si era ritirata, il Comando dell'armata fu molto sorpreso. Così come fu molto sorpreso che il 13 ° corpo fosse arretrato. Il 10° corpo fu lasciato a battersi per uscire da una difficilissima situazione». Ed affermò: «Il piano era che il 13 ° corpo attaccasse a nord ed aiutasse l'altro a cavarsela» e soprattutto che il 13 ° corpo «doveva tenere la scarpata fino a dopo la partenza del 10° corpo»69 • Comunque il guaio era fatto e si trattava di ovviare in qualche maniera. Di conseguenza, venne immediatamente impartito l'ordine Pike nella speranza che giungesse a Holmes in tempo per annullare od arrestare l'attacco senza troppe difficoltà e per dare invece inizio alla ritirata. Come se l'assai incerta azione di comando non bastasse, sopravvenne l'interruzione di collegamenti radio fra Matruh ed El Daba dalle 19,30 alle 4,30 del giorno seguente. All'imbrunire del 27 la situazione delle truppe dell'Asse era più o meno la seguente: la 90a leggera aveva raggiunto la costa ad oriente di Gerawla; la scarna Littorio era a nord-ovest di Bir Sarahna, ad una quindicina di chilometri dalla 90a; il X corpo era dislocato a sud del campo trincerato, in corrispondenza della linea ferroviaria, con la Brescia ad est della pista per Siwa e la Pavia sulla destra; la 21 a Panzer, con 14 carri efficienti e 600 uomini ·esausti, si trovava isolata ad est di Min-


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qar Qaim; la 1sa Panzer e l'Ariete si erano fermate nella zona di Bir Karima; la Trieste, sulla destra dell'Ariete, guardava il fianco sud. Holmes lanciò il suo attacco in serata, ma si trattò di un' operazione del tutto slegata e sconnessa. La soa divisione si articolò in un certo numero di colonne: due non riuscirono a prendere contatto con gli italo-tedeschi e dopo qualche ora tornarono al punto di partenza; una si smarrì nell'oscurità, finì sul gruppo Menton della 90a leggera e venne respinta con perdite; due infine incisero sulla Littorio. La grande unità italiana era arrivata nella tarda mattinata a nord di Minqar Qaim e, dopo più di una modifica nello schieramento, si era sistemata a caposaldo con il 12° bersaglieri, al cui riparo si pose il Comando tattico dell'armata italo-tedesca. L'azione britannica fu caotica e condotta e respinta alla cieca, tanto da coinvolgere lo stesso Rommel. Dopo un accanito combattimento, gli inglesi si ritirarono piuttosto scossi, lasciando 200 prigionieri ed avendo perduto numerosi automezzi. Circa la confusione regnante in quelle ore notturne, basti notare che nessuno dei protagonisti riuscì ad individuare il nemico con il quale si batteva. Meno di tutti Rommel, che, a distanza di tempo, affermò «il combattimento fra le mie unità ed i neozelandesi raggiunse una violenza eccezionale», confondendo il più o meno contemporaneo scontro fra la 2a neozelandese e la 21 a Panzer con quello fra la soa britannica e la Littorio ed il proprio Kampfsta/fel. Fra l'altro, Rommel continuò ad essere convinto che a Matruh combattessero reparti neozelandesi7°. Quanto alla 5 a brigata indiana, si diresse autocarrata verso sud e venne respinta dal 580a gruppo esplorante e da unità varie, fra cui elementi della Pavia. A tarda sera il servizio informazioni italo-tedesco aveva cercato di riepilogare la situazione nemica. A Matruh risultava la 10a divisione indiana con le sue tre brigate ed elementi della 7 a brigata motorizzata; ad oriente della pista per Bir Khalda, le brigate 69a e 151 a della 50a divisione; nella zona di Sidi Hamza aliquote della sa divisione indiana e la 4a e 5a brigata neozelandese; fra la pista per Siwa e quella per Bir Khalda, un'ottantina di carri della 1 a e 7a divisione corazzata, due reggimenti autoblindo e la 29a brigata indiana; a Sidi Haneish, circa cinquanta chilometri a sud-est di Matruh, la 9a e la 10a brigata della 5a divisione indiana. Sui campi di aviazione fra Matruh ed El Daba erano stati rilevati complessivamente 560 apparecchi. La ricostruzione non poteva definirsi molto fedele, ma il suo significato tattico agli occhi di Rommel si traduceva nella guarnigione di Matruh (10a divisione indiana rinforzata) circondata dal XXI corpo ad ovest, X corpo e Littorio a sud e 90a leggera ad est; ed in un complesso eterogeneo di


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reparti fra i quali spiccavano la 2 a divisione neozelandese e le brigate corazzate, intenti a sfuggire all'accerchiamento da parte del DAK e del XX corpo. A parte l'inesatta individuazione di talune unità britanniche e le possibilità operative che ancora si offrivano a Gott, bisogna convenire che tutto sommato l'intuito di Rommel vedeva giusto. Per l'indomani egli ordinò l'annientamento dei due gruppi di forze avversarie e previde l'inseguimento ad opera della 21 a Panzer e della Littorio sino oltre Fuka. Ma la notte era lunga. Prima di abbandonare la zona di Sidi Hamza, il gen. Lumsden volle prendere contatto con Freyberg. Verso le 21,15 si presentò a Minqar Qaim, seppe delfa ferita di Freyberg e parlò con il gen. Inglis. Non poté accogliere la richiesta di un ripiegamento coordinato fra le due divisioni perché doveva rifornirsi di carburante al deposito di Bir Khalda ed anche perché legato ad un determinato itinerario. Accettò, tuttavia, di prendere seco il battaglione neozelandese dislocato a Bir Khalda e l'autocarreggio della sa brigata, ivi rifluito in disordine nel pomeriggio. Quanto alla propria divisione, Inglis aveva già ideato un piano basato tutto sulla sorpresa e sulla veemenza dell'esecuzione: la 4a brigata doveva aprirsi un varco di forza, e dietro di essa sarebbe uscito il grosso. Alle 22,30 la 4 3 brigata mosse verso est. L'urto con il I/104° fucilieri tedeschi fu selvaggio. Il battaglione tedesco uscì dal corpo a corpo semidistrutto e la brigata neozelandese guadagnò lo spazio libero. Invece il rimanente della grande unità (Comando di divisione, sa brigata e riserva) all'ultimo momento seguì un'altra direzione, temendo di trovare un nemico ormai allertato e quindi pronto a riceverlo in ben altro modo. Di conseguenza una colonna inverosimile, con nugoli di uomini aggrappati ad ogni mezzo ruotato disponibile, pezzi compresi, si diresse a sud e cioè... diritto su «un accampamento di una dozzina 71 di carri tedeschi così ravvicinati da non poter passare attraverso essi» • Dopo una breve ma spettacolare mischia fra i tedeschi ripresisi dalla sorpresa ed i neozelandesi che si giocavano la libertà, questi ultimi riuscirono a passare. Alle 2,30 la 21 a Panzer segnalò al DAK che tutti gli attacchi erano stati respinti, anche se il nemico era riuscito ad aprirsi qualche corridoio con il sostegno dei carri. «È molto probabile - ammise il messaggio - che sia sfuggito attraverso questi varchi con il grosso delle sue forze»7 2• Il mattino del 28 Auchinleck espresse la speranza di guadagnare un certo tempo in corrispondenza della posizione di Fuka: «Mia intenzione, come prima, è di fermare il nemico e di sconfiggerlo alla prima occasione», però si rendeva conto che tutto dipendeva dalle condizioni in cui si


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trovavano Holmes e Gott. Per quanto privo di precise notizie, scrisse a Londra: «Gott mi ha riferito nel pomeriggio di ieri che a causa del movimento nemico verso sud contro il fianco orientale dei neozelandesi non si sentiva sicuro a rimanere nella zona di Sidi Hamza-Minqar Qaim e si sarebbe ritirato verso la linea di Fuka in aderenza al mio disegno originario. Ho quindi ordinato al 10° corpo di adeguarsi»n

ed aggiunse: «A causa delle grandi distanze e della fluidità della battaglia, i collegamenti sono molti difficili, ma Gott stamani sembra ritenere sotto controllo la situazione sul fronte del 13° corpo e le operazioni di ieri un successo»'i.

In effetti la riuscita della manovra in ritirata dipendeva in buona misura da quanto possibile organizzare a Fuka. Qui c'era la sa divisione indiana, ridotta ad un paio di gruppi tattici (il Gleecol e lo Scotcol) ed ai resti della 29a brigata indiana, però anche la 1a divisione corazzata aveva ricevuto ordine di affluire a Fuka, tenendosi sul fianco meridionale della posizione. Tutto sommato quel mattino poteva apparire giustificata la speranza di qualche respiro, pensando che Rommel non avrebbe proseguito lasciandosi alle spalle l'intero 10° corpo concentrato in Matruh. Invece due gravi imprevisti buttarono per aria il progetto britannico. Il primo fu costituito dall'interruzione dei collegamenti radio, cui si è accennato. L'ordine relativo al 10° corpo, trasmesso dall'armata alle 22 del 27 giugno, venne ricevuto dal gen. Holmes soltanto alle 4,30 del 28, quando «il 13 ° corpo era letteralmente scomparso - come commentò alcune settimane dopo il gen. Wilson - lasciando il 1OO nei guai»75 • A dire il vero, Holmes era già in pieno allarme sin dalla sera precedente, allorché la corsa alla costa della 90 3 leggera aveva sloggiato proprio il Comando del corpo d'armata. L'accaduto era stato così repentino ed inatteso che comandante e capo di Stato Maggiore avevano stabilito di sep~arsi per riprendere contatto con i reparti, visto che il centro trasmissioni si era disperso. Comunque il mattino del 28 Holmes si accinse ai preparativi per rompere l'isolamento. Fatta mente locale al tutt'altro che semplice problema, spiegò all'armata che ormai era bloccato e che si trovava a scegliere fra tre alternative: forzare il blocco realizzato dalla 90a leggera nella zona di Gerawla; sfondare in direzione sud e poi volgersi ad oriente; oppure concentrare le due divisioni e risolvere la situazione con il combattimento. Il dispaccio si incrociò con una comunicazione dell'armata, secondo la quale Maaten Baggush (cioè Sidi Haneish) pareva già in


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mano tedesca e Matruh in procinto di essere attaccata da sud. Pertanto il 10° corpo doveva cercare di aprirsi la strada verso Fuka, in corrispondenza della striscia costiera. Nel primo pomeriggio, però, giunse la risposta di Auchinleck al dilemma presentato da Holmes: «Non c'è neanche da parlare di risolvere la situazione con il combattimento. Non c'è tempo di montare un attacco organizzato lungo la strada costiera, mancando probabilmente un obiettivo. Voi dovete sfuggire stanotte con tutte le vostre truppe aperte su ampia fronte, dirigervi ad oriente, sulla scarpata, e raggiungere El Daba. Il 13° corpo coprirà il vostro movimento•".

Holmes allora, d'accordo con l'armata, fissò la sortita per le ore 21. Le due divisioni avrebbero fatto irruzione nel settore meridionale procedendo per una trentina di chilometri, poi si sarebbero volte ad est con un appuntamento a Fuka. Per tutto il giorno le posizioni dovevano essere tenute senza modifiche, ad eccezione del perimetro occidentale del campo trincerato, donde la 21 a brigata indiana venne tolta e trasferita nei pressi di Gerawla. La seconda causa della mancata difesa di Fuka e del conseguente nuovo disastroso scacco britannico fu costituito dal temperamento di Rommel. Non era uomo da lasciare tempo all'avversario battuto, specialmente in quei frangenti. Verso le 8 del 28 giugno le informazioni raccolte dalla Panzerarmee davano la 1a divisione corazzata inglese nella zona di Bir Khalda ed elementi della 5 a indiana a sud di Gerawla. Era assodato il ritiro della 7a divisione corazzata con la 3 a brigata motorizzata indiana. Mentre il Comando dell'armata diramava il succinto notiziario informativo, la 15a Panzer, seguita dall'Ariete e dalla Trieste, superava la pista per Bir Khalda e forniva la certezza che non esisteva più traccia del nemico, almeno nelle immediate vicinanze. Subito Rommel ordinò a Nehring di tagliare la ritirata alle unità motorizzate britanniche. In questo quadro, la Littorio doveva fermarsi sulla strada costiera immediatamente ad ovest di Fuka, mentre la 21 a Panzer avrebbe raggiunto il ciglione a sud-ovest della località. Gli intendimenti operativi diramati alle 9 si traducevano in tre punti: battere le forze che si opponevano all'avanzata del DAK e del XX corpo; distruggere quelle chiuse in M atruh; realizzare un sicuro canale dei rifornimenti lungo la strada costiera sino ad ovest di Matruh e quindi a tergo del X corpo. La liquidazione del presidio di Matruh era affidata alle divisioni di fanteria. Per la verità, l'azione contro il campo trincerato aveva preso il via molto presto. Alle 2 Navarini aveva disposto l'attacco da parte


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della Trento e del 7° bersaglieri, con inizio alle 5,30, a cavallo della strada da Charing Cross a Matruh. Sulla destra avrebbe agito il X corpo e dalla parte opposta la 90a leggera. Senonché ad ovest ed a sud l'avanzata concentrica fu fortemente rallentata dai campi minati, dall'interdizione dell'artiglieria e dalla Desert Air Force, e ad est i tedeschi furono inchiodati dalla resistenza opposta dalla 21 a brigata indiana. Nel pomeriggio il cerchio attorno al campo trincerato tentava inutilmente di ottenere qualche vantaggio risolutivo, ma nemmeno un intervento di Stuka riusciva a consentire la rottura: troppo esigue erano le forze a disposizione. Non per niente Navarini si indusse a rappresentare al Comando Superiore l'assoluta necessità di far affluire in zona di combattimento i due battaglioni della Trento ed i reggimenti di fanteria della Sabratha lasciati nella zona di Bardia per mancanza di automezzi. Alle 21 le truppe si fermarono ad immediato contatto delle opere permanenti della difesa. Intanto la Littorio aveva raggiunto l'obiettivo assegnatole senza incontrare difficoltà e la 21 a Panzer si era affacciata alle 18,45 sul ciglione sovrastante la strada costiera, avvistando un notevole concentramento di veicoli nella zona di Fuka. Si trattava della 29a brigata indiana, ma non costituì un problema per von Bismarck: presa di petto, venne travolta lasciando in mano tedesche 200 prigionieri, grossi quantitativi di munizioni e numerosi automezzi (schizzo n. 51). A questo punto Rommel si rassegnò a rimandare all'indomani l'assalto concentrico a Matruh, pur non nascondendosi il pericolo di un tentativo notturno di rottura da parte della guarnigione. Infatti era arrivata l'ora per Holmes. Le due divisioni del 10° corpo si erano articolate in raggruppamenti tattici al livello di brigata, secondo un modulo che appariva offrire qualche nuova possibilità. Ne derivarono un po' ovunque scontri improvvisi, caratteristica comune dei quali fu il disordine. Quasi tutte le colonne incapparono in reparti dell'Asse che si accingevano al riposo notturno e la sorpresa, la difficoltà di orientamento, l'eccitazione, la carenza di informazioni piombarono ambo le parti nella confusione più completa. I settori nei quali le colonne britanniche cercarono scampo furono quelli meridionali (X corpo, 580° gruppo esplorante e Kampfstaffel Kiehl) ed orientale (90a leggera e Littorio)77. Alcune di esse ebbero la fortuna di trovare spazio fra le maglie dell'ampio fronte tenuto dal 580° gruppo esplorante e dal Kampfstajfel e tutto fu per esse più semplice, altre trovarono resistenza ma passarono; altre infine vennero respinte. Complessivamente la 10a divisione indiana e la 50a britannica persero quel giorno circa 2.000 prigionieri.



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Tuttavia il vero, grave, inconveniente non fu la mancata totale evacuazione del presidio di Matruh, cosa che poteva mettersi in conto all'operazione, bensì l'irruzione su Fuka della 21 a Panzer che venne a bloccare la principale via di ritirata e poté annunciare la cattura di altri 1.600 prigionieri, di materiali, veicoli e cannoni. Nel corso della nottata anche la Trieste e l'Ariete si trovarono sulla rotta seguita da colonne del 10° corpo e le intercettarono prendendo 530 prigionieri ed alcuni pezzi da campagna. Nella soddisfazione per la nuova vittoria, affiorava in Rommel una grossa delusione: un certo numero di unità erano riuscite a sfuggire e fra di esse la 2 a divisione neozelandese. «Bisognava raggiungere e conquistare la posizione di El Alamein - scrisse Rommel - finché la sua preparazione non era ancora completa, prima che i resti dell'g• armata avessero avuto il tempo di organizzarsi a difesa. Questo bastione era l'ultimo sbarramento che i britannici poteva opporre alla nostra avanzata. Se si spezzava, era libero per noi il cammino nel Delta del Nilo,/8.

Alle 9,38 del 29 giugno diramò il primo ordine orientativo: «Probabilmente il nemico ripiega verso la linea di Fuka. L'armata si prepari all'attacco(. ..). L'attacco inizierà presumibilmente il pomeriggi,o del 30»79 • Esisteva qualche dubbio circa una possibile battuta d'arresto imposta a Fuka dal nemico, in quanto si sapeva che su queste posizioni la 1a divisione corazzata stava facendo del suo meglio per ricevere gli sbandati del 10° corpo e proteggerne la fuga verso oriente; ma ben presto si ebbe la conferma che l'sa armata intendeva raccogliersi ad El Alamem. La Littorio era stata la prima unità a muovere. Essa era ancora priva del XII battaglione carri e di gran parte del LI, tuttora assai indietro, perciò il grosso della divisione era costituito dal 12 ° bersaglieri80. Sin dalle 2,30 del mattino aveva avuto a che fare con puntate di camionette britanniche sempre più consistenti particolarmente fra le 7,30 e le 10,30. Tuttavia questi tentativi, sferrati da ovest verso la rotabile costiera, erano andati a vuoto, lasciando in mano al 12° bersaglieri 145 prigionieri, di cui 4 ufficiali, oltre alla distruzione o cattura di tredici autoveicoli, due pezzi ed altro materiale bellico. Verso le 14 Rommel si recò dal gen. Bitossi, si mostrò soddisfatto per la buona prova data dai reparti a Matruh ed ordinò di proseguire, previa una sosta al campo di aviazione di Fuka per rifornirsi di acqua e carburante. Sulla destra dovevano muovere il DAK ed il XX corpo per portarsi a sud-est di Sidi Abd el Rahman, mentre la 90a leggera sarebbe proceduta lungo la strada asfaltata sino oltre El Daba. Era ritenuto. probabile l'intervento di formazioni meccanizzate britanniche. Il XXI corpo,


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lasciato il IV61 ° fanteria a Matruh, aveva come punto di arrivo El Daba; il X doveva serrare su Fuka. Nell'opera di rallentamento che il nemico cercava di sviluppare, le prime ore del mattino del 30 giugno videro una colonna della 1a divisione corazzata inglese interporsi fra il XX corpo ed il DAK e, verso le 5, attaccare il primo senza esitazioni. Non si trattava evidentemente di un grosso pericolo, ma il solo fermarsi per rendersi ben conto di che cosa si trattasse e spiegarsi per respingere il tentativo costituiva una perdita di tempo che Rommel era poco disposto ad accettare. L'aver impedito al nemico di utilizzare la linea di Fuka gli faceva credere possibile di poter superare di slancio la posizione di resistenza di El Alamein e procedere alla distruzione dei resti dell' 8 a armata, prima che questa ricevesse rinforzi e si riorganizzasse. Dopo, la corsa sarebbe dovuta continuare per la strada costiera fino a 20 chilometri dal bivio per il Cairo, allo scopo di lasçiare Auchinleck incerto sulla direzione di attacco. Il XXI corpo sarebbe stato impiegato per bloccare le provenienze da Alessandria, mentre le poche forze corazzate avrebbero piegato a sud-est per raggiungere la strada del Cairo e dirigersi sulla capitale. Naturalmente Rommel si rendeva ben conto degli eccezionali sforzi che richiedeva alle truppe, ma era convinto che la celerità costituisse l'unica arma atta a superare la situazione e che convenisse sfruttarla con la massima audacia fino in fondo. Che il tempo fosse prezioso è indubitabile, ma la noncuranza circa la reale entità del nemico e, in special modo, circa le pratiche possibilità di trasferimento delle cosiddette divisioni corazzate e motorizzate italiane (pur concedendo il dubbio che da parte di queste non tutto abbia funzionato a dovere) lascia alcune perplessità. Comunque la giornata non fu precisamente brillante per le colonne italiane. La Littorio incontrò ben presto molte noie. Secondo gli ordini di Rommel, avrebbe dovuto avere a sinistra il 580° gruppo esplorante ed a destra la 21 a Panzer. Forse a causa delle differenti velocità di progressione nel deserto, forse per l'assenza di collegamenti radio, la Littorio procedette praticamente isolata. Verso le 5,30, a sud-est di Fuka, una formazione britannica di una diecina di carri e con un reparto di artiglieria, fronte a sud, aprì il fuoco sullo scaglione di testa italiano. Convinto di avere ai lati le citate unità tedesche, Bitossi ordinò al LI battaglione carri di attaccare con i suoi 21 mezzi efficienti. Si ignora se l'avversario disponesse di Grant, ad ogni modo era dotato di bocche da fuoco con munizionamento perforante che con tutta tranquillità poterono sfruttare la maggior gittata e potenza rispetto al cannone da 47 /32 del carro M 13. I danni furono gravi: ferito il comandante del


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133° carristi, morto il comandante del LI battaglione carri, nove carri medi fuori combattimento e undici danneggiati od in avaria, gli ultimi tre carri leggeri fuori combattimento. Considerando anche gli effetti di un paio di successive incursioni aeree notturne britanniche a bassisima quota, che provocarono altre vittime e distrussero una ventina di automezzi, il messaggio di Bitossi al Comando Superiore fu sconsolato: «Situazione giorno 30. Perdita un centinaio di uomini et venti carri. Divisione impegnata da vari giorni, esaurita ogni scorta, priva servizi, senza dipendenze logistiche, richiede urgentissimo rifornimento mezzi sanitari, carburante, acqua».

Il fatto che l'episodio, di dimensioni molto limitate, avesse provocato risultati così clamorosi fu obiettivamente difficile da accettare con serenità, ma la cosa «montò)) subito nei commenti ironici tedeschi81 e di chi a questi in seguito si attenne. Per di più, l'Ariete disponeva quel giorno di appena otto carri efficienti, quindi anch'essa incontrò difficoltà a farsi strada rapidamente fra le scorribande inglesi. Rommel non guardava per il sottile ed alle 9 incitò De Stefanis: «Io chiedo che il XX corpo attacchi il nemico e lo annienti e raggiunga l'obiettivo. Il nemico ha l'ordine di ripiegare(..}», ed alle 10,45 tornò alla carica: «Io spero che fra poco il XX corpo annienterà un nemico talmente ridicolo)). Le comunicazioni fra la zona di Matruh e quella di Alessandria si riducevano a quell'epoca essenzialmente alla rotabile costiera. Più a sud, e con andamento parallelo a detta rotabile, si trovava la pista di El Qattara che però diventava p ercorribile per automezzi soltanto al1' altezza di El Alamein. Quindi è facile comprendere la frequenza delle interruzioni del movimento sia per l'enorme intasamento della litoranea sia per le punte delle colonne avversarie. Capitò pure alla Brescia di vedersi fermare dal fuoco nemico e di allontanare la minaccia schierando il II gruppo del 1° artiglieria celere. In tale circostanza, Rommel, trovatosi presente per caso, commentò al gen. Lombardi che «il nemico era sorpreso dal fatto che nostre unità fossero già così avanti; che, infine, egli non riteneva raggiunto l'obiettivo dell'armata se non al Cairo (. ..) questo agognato obiettivo sarebbe stato raggiunto entro 15 giorni» 82 • Poi evidentemente si ricredette, almeno sul piano generale, anche perché un documento catturato illustrava uno schieramento britannico di un certo rispetto, nonostante l'indubbio logorio di alcune divisioni ed i cinquanta chilometri di fronte. Tra la località di El Alamein e la depressione di El Qattara risultavano in linea: a nord il 10° corpo.con la 50° D.f. inglese, la 10a D.f. indiana, la 7a D.cor. ed una brigata sudafricana


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in riserva; a sud il 13° corpo con la 2a D.f. neozelandese, la 5a D.f. indiana, la 1a D.cor. ed una brigata sudafricana in riserva. A quanto pareva, le due divisioni corazzate coprivano il fronte dei rispettivi corpi. Visto che le truppe dell'Asse erano tuttora in movimento, che i rifornimenti erano precari e che la ripresa dei bombardamenti aerei inglesi e le tempeste di sabbia contribuivano a rallentare la progressione, Rommel decise di rimandare l'attacco alle prime ore del 1° luglio. L'assunzione del dispositivo, prima prevista per le 17 del 30, venne spostata alle ore mattutine. È nota la frequenza con cui Rommel ha tenuto ad affermare non basarsi le'sue mosse su un'avventurosa determinazione, bensì discendere da un'equilibrata valutazione dei termini del problema operativo. Non esistono difficoltà sostanziali ad accettare in linea di massima queste «autogiustificazionÌ>> - Rommel sapeva perfettamente di essere accusato di giocare d'azzardo spesso e volentieri - ma si è inclini a ritenere che a Matruh egli abbia spinto le cose ai limiti della temerarietà. Non si vuole qui alludere alla decisione di correre al Delta, decisione destinata a formare oggetto di accuse roventi e di polemiche, ma semplicemente al forzamento della posizione. È evidente la sua convinzione di non trovare una resistenza tale da costituire un rischio per le esigue e stanche truppe italo-tedesche. Un ottimismo davvero eccessivo, che non si smentirà nemmeno nel corso della battaglia ed in particolare nella difficilissima situazione creatasi nel tardo pomeriggio del 27 giugno, al cui riguardo von Mellenthin osserverà: «Questo dimostra che Rommel nutrisse un assoluto disdegno per il nemico e non avesse alcuna idea della propria critica situazione»83• I fatti che giocarono in modo determinante a suo favore, e sui quali sicuramente contava, furono tre: la capacità operativa delle sue truppe, gli errori e la sfiducia dell'avversario. Sul primo c'è poco da dire in quanto l'altissimo livello medio dei comandanti e dei reparti tedeschi è fuori discussione. Tuttavia bisogna considerare che le perdite subìte dal contingente ammontavano a 300 ufficiali, 570 sottufficiali e 2.490 militari di truppa, vale a dire il 15% della forza presente totale. Per di più le perdite degli ufficiali raggiungevano punte del 70% nei reparti corazzati e nella fanteria della 90a leggera. Sul comportamento delle colonne italiane si deve riconoscere che non poteva risultare superiore a quanto consentito dai troppo modesti mezzi di combattimento, di trasporto, di collegamento disponibili. Potranno stupire i ricorrenti ritardi nei movimenti delle unità, ma nulla esiste di sorprendente ovè si ricordino - il che proprio non


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sembra che accada spesso - alcune caratteristiche: le truppe italiane non erano motorizzate; la parte del leone nei rifornimenti e nella rimessa a punto dei reparti attingendo al bottino di guerra a Tobruk, Bardia, Sollum, Matruh era sempre stata assunta dai tedeschi; le centinaia di mezzi di trasporto britannici catturati avevano rappresentato una manna, è vero, ma la mancanza di pezzi di ricambio e la non conoscenza dei veicoli stavano riportando la situazione allo statu quo ante, specialmente tenendo presente la lunghezza delle percorrenze; dati i tipi di mezzi ruotati, blindati e corazzati in dotazione, le colonne tedesche avevano una velocità di crociera fuori strada di circa 20' chilometri orari, laddove quelle italiane toccavano i 7-8. Quanto agli errori dei capi britannici, il primo, a giudizio di Dorman-Smith, fu commesso proprio da Auchinleck. Il campo trincerato di Matruh aveva un difetto: era situato su un promontorio accessibile solo della strada costiera. Secondo Dorman-Smith: «Sarebbe stata una misura saggia far abbandonare subito, il 26 giugno, il promontorio di Marsa Matruh dal grosso del 10° corpo d'armata, lasciando soltanto alcuni reparti di copertura sui campi minati fra la costa ad ovest di Marsa Matruh e Minqar Omar. Però Matruh era una posizione che aveva una certa fama internazionale, benché il suo valore strategico fosse scarso; la notizia di un suo abbandono precipitoso avrebbe provocato costernazione e Auchinleck era contrario per principio alle ritirate»''·

Non è molto chiaro il significato da attribuire all'affermazione che Auchinleck fosse contrario alle ritirate, comunque, come sappiamo, egli si trovò praticamente obbligato ad attendere Rommel sulla linea di Matruh ed il rilievo sembra fondato. La seconda accusa è portata da von Mellenthin. Auchinleck aveva diramato direttive precise circa l'intenzione di opporre «la più energica resistenza possibile» al nemico e circa la condotta del combattimento da parte dei corpi d'armata: «Se un corpo d'armata o parte di esso perde terreno, l'altro sia immediatamente in grado di trarre rapido vantaggio dalla situazione attaccando il nemico sul fianco», tuttavia aveva anche chiarito senza mezzi termini che non intendeva giocare l'ga armata a Matruh, vale a dire che era deciso a retrocedere non appena si presentasse il pericolo dell'avvolgimento. «Una battaglia - ha commentato von Mellenthin - non può essere combattuta in questo modo. Se Auchinleck non si reputava abbastanza forte per battersi a Matruh, doveva ritirarsi sino ad Alamein. Se egli voleva combattere a Matruh - e le sue forze erano sufficienti per una vittoriosa difesa in posto - allora non doveva dare ai sottordini l'idea che si trattasse solo di un combattimento temporeggiante.


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Come risultato dell'esitazione di Auchinleck, i britannici non soltanto persero la grande occasione di distruggere la Panzerannee ma subirono un serio rovescio, che facilmente poteva mutarsi in disastro irreparabile. Voglio sottolineare questo punto perché per lo studioso della condotta del combattimento, poche battaglie sono istruttive come quella di Matruh»85 •

Non si può che concordare in pieno. Si potrebbe osservare che un'energica ed avveduta azione di comando da parte di Gott avrebbe ugualmente potuto determinare il successo britannico, ma anche a questo riguardo è innegabile la scarsa influenza esercitata da Auchinleck sui due comandanti di corpo, principalmente su Gott. Fu colpa sua? In parte no, di sicuro: egli non poteva non risentire pesantemente della confusione esistente e della genericità ed incompletezza delle informazioni sul nemico e persino della situazione dell'armata. Sono gli inconvenienti che emergono quando si sostituisce un comandante nell'imminenza di una battaglia. Peraltro, stupisce che non abbia cercato un contatto personale immediato con Gott, colui che disponeva delle truppe corazzate e motorizzate. Quanto a quest'ultimo, ci si può limitare a citare ancora una volta von Mellenthin: «Il maresciallo Foch una volta affermò che "una battaglia perduta è una battaglia che si pensa di aver perduto" e questo si applica esattamente alla situazione nella zona di Marsa Matruh il 27 giugno»86 •

Quel giorno, e principalmente quel pomeriggio, la Dea Fortuna porse ambo le mani a Rom mel stravolgendo l'equilibrio e l'energia di Gote ed infondendogli un pessimismo tale da provocare un incredibile scompenso nel 13° corpo. Le conseguenze di tale deficiente azione di comando ebbero grosse ripercussioni per l'intera 83 armata: fu perduta l'occasione di conseguire la vittoria, saltò la sperata battuta d'arresto a Fuka e la ritirata si mutò in un disordinato e convulso movimento verso oriente. In una parola, aprirono 1be Flap, la crisi.


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NOTE AL CAPITOLO SESTO 1 Quanto riportato segue la narrazione di von Mellenthin (ap. citata, pp. 149-150). Peraltro Kesselring fornisce una versione differente. Non soltanto colloca l'incontro al mattino del 22, ma nulla dice sul contrasto di vedute: «(..) lo trovai che stava dettando gli ordini per l'avanzata su Sidi

el Barrani, stabilir.a per il mezzogiorno del giorno stesso. Questo piano rispondeva ai miei concetti e non pregiudicava l'attacco contro Malta• (op. citata, p. 126). 2 DSCSAS, tele 01/11932 Op. data 21.6.1942, ore 11,45. 3

DSCS, tele 31249/0p. data 21.6.1942, ore 21.

~ Dal verbale della riunione del giorno 19 giugno (USSME,

op. citata, p. 613). Per quanto si riferisce al convoglio britannico, si trattava di un falso allarme. 5 Lettera in data 21.6.1942 di Mussolini a Hitler - allegato n. 20. 6 E. VON RINTELEN, op. citata, p. 159. 7 Diario Cavallero. 8 Come si desume dal mod. telegrafico della Funkzentrale Rom, consegnato nell'originale tedesco al Comando Supremo, il messaggio fu spedito alle 18,35 del 22 e ricevuto a Roma alle 21,12 dello stesso giorno. 9 E. VON RTNTELEN, op. citata, pp. 159-160. Il Kriegstagebuch della SKL riporta, sotto la data del 22 giugno: «Il maresciallo Rommel ha il proposito di continuare l'offensiva. Il Duce non vuole darne il benestare, ma vuole prelevare le /orze previste per svolgere i 'operazione Hercules. Il Fuhrer, per mezzo di una telefonata al nostro generale presso il Comando Supremo italiano [von Rintelen] od eventualmente al Duce, vuole ottenere m.ano libera per Rommel ed è nel concetto che l'esecuzione della Hercules possa essere posticipata alla fine di agosto-. (K. AsSMANN, op. citata, p. 266). 10 11

12 13 1 '

Diario Cavallero. DSCS, f. 16261 data 21.6.1942 di Supermarina. ].A.I. AGAR-HAMILTON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 219. VOLKMAR KOHN, Mit Rommel in der Wuste, Motorbuch Verlag, Stuttgart 1975, 2• ed. V. KOHN, opera citata. Secondo Student, in tale occasione Hitler avrebbe deciso: «L'at·

tacco contro Malta non sarà effettuato nell'anno 1942•. Gli stessi concetti vennero espressi da Student a Liddell Hart: «Hitler si allarmò di colpo [alla sfavorevole relazione di Criiwell]. Era convinto che, se la. flotta britannica fosse comparsa sulla.

scena, tutte le navi italiane si sarebbero rifugiate in fretta e furia nei loro porti ed avrebbero la.sciato in asso le forze aviotrasportate. Decise quindi di accantonare il pi.ano di attacco di Malta• (B.H. LIDDELL HART, Storia di una sconfitta, Rizzoli, Milano 1979, p. 279). 15 A. MARTIENSSEN, op. citata, p. 192. 16 K. ASSMANN, op. citata, p. 266. 17

Lettera in data 23.6.1942 di Hitler a Mussolini - allegato n. 21. E. BASTICO, Settimanale Tempo, n. SO, data 9.12.1942, art. citato, pp. 26-29. Vds. anche G. MANCINELLI, op. citata, pp. 126-129. 19 DSCSAS, tele 01/12024/0p. data 23.6.1942, ore 10,45, decifrato a Roma alle 15,10. L'occasione consente una precisazione di carattere topografico. In tutta la corrispondenza italotedesca si legge «Marsa Matruh• o, addirittura «Marsa Matruk». Tale denominazione è inesatta: il toponimo è Matruh e Marsa Matruh è semplicemente il piccolo «porto» nell'insenatura a nord dell'abitato. Stranamente, in ambito Asse, sia in Africa sia a Roma o Berlino, prese subito piede l'abitudine di indicare la località con la denominazione di Marsa Matruh. 20 DSCSAS, tele 0235 data 23.6.1942, ore 12 del mar. Kesselring, - allegato n. 22. 21 DSCS, «Apprezzamento della situazione scacchiere libico-egiziano alla data del 19-21 gmgno». 22 E. VON RINTELEN, op. citata, p. 160. 23 DSCS, tele 31270/0p. data 23.6.1942, ore 21,30, arrivato al Comando Superiore alle 3,30 del 24 giugno. 18


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DSCSAS, tele 01/12026 Op. data 23.6.1942, ore 11. DSCSAS, tele 01/12028 Op. data 23.6.1942, ore 12,20. 26 Data l'assoluta impossibilità di autotrasporto, rimasero temporaneamente a Tobruk il 19° fanteria ed il I/28° fanteria. 27 Relazione del gen. G. Lombardi in data 20.6.1943 su «La Df Bresci.1 nella battaglia della 25

Cirenaica e dell'Egitto {26 giugno-31 luglio 1942}». 28 Diario storico del X corpo d'armata, f. 4481/0p. data 24.6.1942. 29

DSCSAS, tele n. 3161, ore 23,50 del col. Mancinelli. DSCS, tele f.31300/0p. data 26.6.1942 - allegato n. 23. 31 Kesselring aveva preceduto il gruppo dei generali italiani, desiderando parlare a quattr'occhi con Rommel. Non si conosce il tenore di questa conversazione, citata nel diario Cavallero, e probabilmente verificatasi in altra località, il che spiegherebbe la versione di Bastico. È evidente che aveva acquistato piena fisionomia l'attrito fra i due fedelmarcscialli, sì da repur.are già valida l'<?sservazione di Mancinelli che«( ..) ciascuno dei due comandanti tedeschi considerava con una certa di/fulenza l'intervento dell'altro nelle discussioni e nelle decision i operative-,. (G. Mancinelli, op. citata, p. 72). 32 Del colloquio non esiste verbale. Esso è stato ricostruito sulla ba.se d i quanto ricordato da Bastico (n. 50 del settimanale Tempo, del 9.12.1958, pp. 26-29) e del ri.issunto che figura nel diario Cavallero. 33 Diario Cavallero. 34 DSCS, tele 31303/0p. data 26.6.1942, ore 19, trasmesso alle 23,29 e decifrato a Roma il 27 alle 2 - allegato n. 24. 35 DSCS, tele 31301/0p. data 26.6.1942, ore 18,10: «Per generale Magli - Tevere-,.. 36 DSCS, tele 31306/0p. data 27.6.1942. 37 DSCS, f. 31307/0p. data 27.6.1942. 38 Diario Cavallero, lettera in data 25.6.1942 del maresciallo Keitel - allegato n. 25. 39 DSCS, f. 31310/0p. data 28.6.1942. 40 DSCS, f. 31316/0p. data 29.6.1942 - allegato n. 26. 41 Il giudizio risentiva delle numerose difficoltà opposte dal gen. Pienaar al gen. Gott circa i compiti assegnati dal 13° corpo alla 1• sudafricana. 42 La Desert Air Force co ntava 463 ae rei efficienti e la Royal Air Force in Medio Oriente disponeva cl.i altri 420 apparecchi efficienti. 43 J. CONNELL, op. citata, pp. 594-595. 44 W. CHURCHILL, op. citata, p. 439. 45 J. CONNELL, op. citata, pp. 595-596. '~ Ibidem, p. 597. 47 C. AUCHINLECK, Despatcb cit., p. 362. 48 F.H. H tNSLEY, op. citar.a, p. 389. 49 J. CONNELL, op. citata, p. 597-598. Il gen. Galloway era stato richiamato a Londra dal Medio Oriente per assumere un incarico di Stato Maggiore al War 0/ficc. 50 Ibidem, pp. 608-609. 51 Il 21 giugno Gott aveva telefonato a Rees di tenere il caposaldo di Sollum per tre giorni. Questi replicò che la divisione era sconquassata e che, considerato anch e lo staco degli apprestamenti difensivi del caposaldo, nutriva molti e fondati dubbi di poter assolvere cale compito. Goct riattaccò il telefono senza ribattere e sei ore dopo si presentò a Sollum. Furibondo, tese un pezzo di carta a Rees e gli ingiunse di leggerlo. Rees, allibito, lesse che, a giudizio di Gote, egli non possedeva la fermezza richiesta dalle circostanze e, pertanto, doveva cedere immediatamente il comdando. Poiché, ovviamente, un comandante di corpo non aveva l'autorità di esonerare sui due piedi un divisionario,.la cosa finl davanti ad Auchinleck, il quale dovette sostenere Gott, pur avendo un elevato concetto di Rees. Questi fu posto al comando di tutte le difese della zona del · Cairo (J. CONNELL, op. citata, p. 610). 30


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Ibidem, pp. 598-600. C. AUCHINLECK, Despatch cit., p. 328. 54 «L'8• armata - commentò un testimone a Matruh - si riversò indietro attraverso no~ senza apparire affatto demoralizzata, eccezion fatta per gli autisti neri sudafricani, ma completamente disordinata e disorganizzata. Non vidi una sola unità combattente organica, sia di fanteria, corazzat,i o di artiglieria» (HowARD KIPPENBERGER, Infantry Brigadier, Oxford University Press, London 1961, pp. 126-127. ss C. BARNETT, op. citata, p. 258. 56 J. CONNELL, op. citata, p. 612. 57 Però nel pomeriggio del 22 Churchill aveva discusso con Brooke della sostituzione di Ritchie. «Sapevo già che da un momento all'altro questo sarebbe accaduto e c'ero preparato.,. scrisse Brooke nel suo diario e per il momento la cosa rimase in sospeso (A. BRYANT, op. citata, p. 388). 58 La lettera è riportata con omissioni differenti da J. CONNELL (op. citata, pp. 600-601) e da W. CHURCHILL (op. citata, pp. 446-447). Qui è ricostruita dal confronto fra i due testi. 59 C. BARNETT, vp. citata, p. 265. 60 I.S.O. PLAYFAIR, op. citata, p. 286. 61 J.A.l. AGAR-HAMTLTON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 248. 62 J. CONNELL, op. citata, p. 670. 6 J Diario storico del XX corpo d'armata, messaggio s.n. data 27.6.1942, ore 13,40, giunto alle 15. 64 J.A.I. AGAR-HAMILTON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 255. 65 Ogni battaglione neozelandese disponeva di otto pezzi da 2 libbre, che dovevano essere sostituiti con cannoni da 6 libbre. Secondo Kippenberger, proprio il mattino del 27 erano giunti •alcuni 6 libbre», insufficienti per la prevista sostituzione totale (op. citata, p. 129). Secondo AGAR-HAMILTON e TURNER, invece, i pezzi da 6 libbre arrivati erano 40 (op. citata, p. 253). 66 Ibidem, p. 255. 67 I.S.O. PLAYFAIR, op. citata, p. 292. 68 ].A.I. AGAR-HAMILTON e L.C.F. TURNER, op. citata, pp. 256-257. 69 Ibidem, pp. 257-258. 70 E. ROMMEL, op. citata, p. 178. È da rilevare che gli avvenimenti della notte sul 28 giugno sono stati riferiti generalmente in maniera largamente approssimativa, anche a causa della versione di Rommel. I più attenti ad una accettabile ricostruzione sono AGAR-HAMILTON e TURNER (op. citata, pp. 260-263). 71 H. K!PPENBERGER, op. citata, p. 135. 72 J.A.I. AGAR-HAMlLTON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 259. n J. CONNELL, vp. citata, p. 619. 74 J.A.l. AGAR-HAMILTON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 259. 75 J. CONNELL, op. citata, p. 620. 76 1.S.0. PLAYFAIR, op. citata, p. 294. 77 B. P1TT così descrive una parte (quella italiana, naturalmente) degli avvenimenti: •Come risultato, ad ovest gli italiani si trovarono inaspettatamente travolti dagli inglesi in ritirata, benché questi perdessero poco tempo afare prigionieri ma premessero [per uscire] lasciando gli italiani entrare in Matruh come desideravano; mentre ad est si svilupparono alcuni durissimi scontri ecc... (vp. citar.a, p. 127). Ora, nessun reparto britannico attaccò ad ovest, sul fronte del XXI corpo italiano. 78 E. ROMMEL, op. citata, p. 180. 79 Diari storici del X e del XX corpo d'armata. 80 La Littorio a quella data disponeva del Comando di divisione, 12° reggimento bersaglieri su tre battaglioni (di cui uno controcarri), 133° reggimento fanteria carrista con parte del LI battaglione carri M 13/40, 1/133° artiglieria con soli tre pezzi da 75/27, III gruppo squadroni Lanceri di Novara con un solo squadrone carri L 6, II gruppo da 100/17 del 21° artiglieria Trie.,te in rinforzo. Erano ancora in marcia verso Matruh il XII battaglione carri M 14/41 e due squadroni di Novara. 5l


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81 È curioso leggere che dopo il superamento di El Daba (dall'autore confuso con El Douda) la Littorio ,annunciò improvvisamente(. ..) che era stata completamente dispersa del nemu:o e che non le restava più un solo carro perché li aveva fatti tutti saltare» (H. G. von EsEBECK, Rommel et l'Afrika Korps, Payot, Paris 1950, pp. 101-102). 82 Relazione del gen. Lombardi sulle operazioni della D.f. Brescia. 83 F. von MELLENTliJN, ap. citata, p. 156. 8' AA.VV., Storia dell.a seconda guerra mondiale, Rizzoli e Purnell, Milano 1967, III voi., p. 171. ~ F. von MELLENTHJN, op. citata, p. 154. 86 Ibidem, p . 156.



Capitolo settimo LA PRIMA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN

1. IL TENTATIVO DI SFONDAMENTO INIZIALE ITALO-TEDESCO (1-4 LUGLIO)

Se l'inattesa rapidissima avanzata di Rommel aveva piombato 1'8a armata in una seria crisi e l'opinione pubblica al Cairo in un'allarmata preoccupazione, non si può veramente parlare di panico né di demoralizzazione. I provvedimenti assunti furono però drastici. Al Cairo il Comando in capo si preparò a trasferirsi a Gaza, nella Palestina meridionale, e cominciò a bruciare carteggio d'ufficio', procedette allo studio delle demolizioni da attuare, dette inizio all'approntamento di opere difensive a sbarramento degli assi operativi adducenti aJla capitale, dispose l'evacuazione ad oriente del Delta di tutta l'organizzazione logistica. Quanto alla Mediterranean Fleet, le navi da guerra indispensabili per la lotta in Mediterraneo furono divise fra Haifa, Port Said e Beirut ed il rimanente venne trasferito a sud del Canale, mentre il Comando in capo navale si spostò ad Ismailia. La Royal Air Force, infine, dovette riportare in Palestina i bombardieri medi e pesanti. Fra i civili le ripercussioni degli avvenimenti furono maggiori: la Borsa ebbe un momento nero, gli studenti dell'Università mostrarono notevole agitazione, centinaia e centinaia di persone si affrettarono a partire per il Sudan, per la Palestina e per il Sud Africa, le due città di Alessandria e del Cairo apparvero fortemente inquiete. Ma tutto ciò durò pochi giorni. Il 28 giugno, alle 20, Auchinleck aveva fornito al capo di S.M.G.I. un apprezzamento della situazione molto realistico, anche se basato su una stima delle forze italo-tedesche superiore al reale: «1. Il nemico nel deserto occid_entale gode di una disponibilità di carri assai maggiore dell'S• armata. Stanti l'assenza di ostacoli naturali al movimento di meccanizzati e la facilità con la quale una forza più dotata di carri è in grado di aggirare il fianco desertico di qualsiasi posizione, eccezion fatta per la linea El Alamein-depressione di. Qattara, i mezzi corazzaci rimangono il fattore principale per la conservazione dell'iniziativa. 2. Nemico. Ha ottenuto tutti i recenti successi con le sue tre divisioni tedesche. Gli italiani hanno rivestito un ruolo minore. La sua tattica è stata eccellente e la sua aderenza ai principi fondamentali, rapidità di movimento ed abilità nel riuscire a rifornire le truppe avanzate, è stata ancor più rimarchevole. I suoi capi sono bene addestrati e sanno come reagire nelle situazioni che solitamente si presentano in battaglia (...). Finora, a quanto sappiamo, è improbabile che il nemico riceva molto di


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

più in tema di mezzi e di uomini, ma la speranza di conquistare l'Egitto può condurre anche ad una distrazione di forze dalla Russia. Per contro, le sue comunicazioni marittime con la Libia stanno momentaneamente diventando precarie ed egli è sempre alle prese con la carenza dell'uno o dell'altro materiale. L'occupazione dell'Egitto faciliterebbe grandemente la risoluzione dei suoi problemi di alimentazione. La sua capacità di rifornire le truppe avanzate, ove cercasse di avanzare verso il Delta, non può essere esattamente valutata, tuttavia egli ha già fatto grandi cose ed ha catturato molti nostri veicoli, perciò dobbiamo prepararci a questa eventualità. 3. Obiettivo. Nostro obiettivo deve essere a tutti i. costi quello di impedire che l'avversario blocchi i nostri rifornimenti ai porti del Mar Rosso prima che noi abbiamo ricostituito un'adeguata forza corazzata per riconquistare l'iniziativa e cominciare la controffensiva. Del pari, è essenziale impedirgli di incrementare le sue unità corazzate in Libia e ciò implica il massimo sforzo contro le sue vie di comunicazioni marittime. 4. Comunicazioni marittime. La conservazione di Malta e di Alessandria e degli aeroporti più occidentali in Egitto è importanti.ssima se vogliamo seriamente interrompere i canali di alimentazione del nemico con la Libia. 5. Forza aerea. Non possiamo riprendere l'offensiva terrestre finché non abbiamo riportato le forze corazzate al livello necessario. Nel frattempo la nostra sola possibilità di offesa è data dalla forza di combattimento aerea, che è fondamentale mantenere al più elevato grado di efficienza essendo la sola a consentirci una qualche iniziativa. 6. Intendimenti. È mia intenzione, in pieno accordo con il comandante in capo dell'aviazione, conservare l's• armata nello stato di complesso mobile campale e resistere a tutti i costi a qualsiasi ulteriore tentativo nemico di procedere verso oriente. 7. Modalità:

a. imporre all'avversario il maggior rallentamento possibile, senza che ciò comporti l'accerchiamento o la distruzione dell'armata, sulla linea di Fuka e poi sulle posizioni di El Alamein; b. ove la ritirata da El Alamein diventasse obbligata, 1'8a armata (meno la 1a divisione sudafricana) ripiegherebbe lungo la «pista dei barili», da Deir el Qattara al Cairo, e continuerebbe a far fronte al nemico qualora tentasse di dirigersi sul Cairo. La 1• divisione sudafricana, attualmente dislocata nell'area difesa di El Alamein, si ritirerebbe su Alessandria; c. la 1• divisione sudafricana, la 9• divisione australiana, nonché le forze e le colonne in via di costituzione nel Delta, formeranno la Delta Force sotto il gen. Stone, che sarà responsabile della difesa del margine occidentale del Delta, della resistenza passo a passo contro il nemico se penetrerà nel Delta e della difesa di Alessandria; d. se il nemico muoverà lungo la costa in direzione di Alessandria, 1'8a armata attaccherà il suo fianco meridionale ed il tergo. Se muoverà sul Cairo, la Delta Force attaccherà il suo fianco settentrionale ed il tergo; e. in questo frattempo si costituirà la forza d'urto pronta a lanciare una controffensiva lungo la pista dei barili o la strada costiera oppure lungo entrambe, secondo la situazione; f. se cacciato dalle posizioni di El Alamein, io assumerò il diretto controllo di ambedue, 1'8 3 armata e la Delta Force, con un Comando tattico di circostanza fuori dal Cairo. Il tenente generale Corbett condurrà l'S• armata»2•


LA [>RIMA SATIAGLIA DI EL ALAME!N

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Appena tornato in Inghilterra il gen. Brooke si trovò davanti a prospettive assolutament e inattese: in Russia, iniziata la grande offensiva estiva il 23 giugno, i gruppi d'armate tedeschi avevano rotto il fronte sovietico; in Africa l'armata di Rommel stava correndo verso il Cairo. Naturalmente quest'ultima circostanza era più preoccupante: «La situazione nel Medio Oriente - osservò - non potrebbe essere più disperata e non so proprio come andrà a finire» 3 • Alla riunione del 29 giugno ebbe a che fare con Ernest Bevin, il ministro del Lavoro, che gli pose «scortesi e petulanti domande sulla situazione in Medio Oriente, interrogandomi continuamente su questioni che avevo appena spiegato», il che lo indusse a commentare che era da «mandare fuori dai gangheri il fatto di dover ascoltare uomini che non avevano alcuna idea di come affrontare la situazione e che buttavano giù fantastiche teorie, come se fossero i grandi maestri del passato nell'arte della guerra>,•. Chi però si trovava maggiormente in tensione era Churchill. Il 25 giugno, mentre ancora si trovava negli Stati Uniti, un importante deputato conservatore, sir John Wardlaw-Milne, aveva presentato ai Comuni una mozione a dir poco bruciante: «Questa Camera, mentre rende omaggio all'eroismo ed alla tenacia delle forze armate imperiali impegnate in situazioni di difficoltà eccezionale, dichiara di non avere alcuna fiducia nella direzione della guerra». Adesso Churchill si apprestava al dibattito, fissato per il 1° luglio. Vale la pena di rilevare come la sconfitta di Ain el-Gazala, l'inspiegabile caduta di Tobruk, il disordinato riflusso dei resti dell'8a armata in Egitto, le gravi perdite subìte in uomini e materiale, il pericolo incombente sul Canale, tutto ciò non venne addebitato a chi combatteva nel deserto - come di solito viene fatto dagli uomini politici bensì alla guida politica della guerra. Il principio della reale e concreta responsabilità dell'organo politico preposto all'impiego strategico delle forze armate fece premio sugli eventuali e possibili errori dai capi militari in campo. Non solo, ma quando la risonanza dell'annunciato dibattito pubblico rese chiara la probabilità di una profonda crisi politica con inevitabili ripercussioni di carattere militare, Wardlaw-Milne si offrì di ritirare la mozione, ove la gravità della situazione in Egitto avesse reso inopportuna un'ampia pubblica discussione. Churchill, che attribuì il gesto non all'intenzione di evitare peggioramenti nell'andamento delle operazioni militari in Medio Oriente, bensì al timore dei suoi oppositori di uscire sconfitti dalla sfida lanciata al governo di coalizione, rifiutò, considerando indispensabile una chiarificazione a causa del clamore ormai suscitato dall'iniziativa in tutto il mondo. Fra l'altro, decise di annunciare l'assunzione diretta del comando dell'8a armata da parte di Auchinlecks.


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETI'ENTRION ALE

Peraltro le critiche formulate dall'opinione pubblica erano serie e fondate e vennero molto ben sintetizzate da Sir Stafford Cripps, lord del Sigillo Privato, in un rapporto personale stilato per il Premier: «(...) 1. Corrispondenze giornalistiche improntate a eccessivo ottimismo. È vero che tali corrispondenze non sono ufficiali sotto nessun aspetto, ma esse risentono necessariamente delle informazioni fornite alla stampa dalle autorità militari, il cui tenore generale è stato tale da indurre i corrispondenti a dare un quadro della situazione troppo ottimistico, senza che ci sia stato alcun comunicato ufficiale che abbia cercato di controbilanciarne l'effetto. Ne derivò l'impressione che le autorità militari non si rendessero conto esatto della gravità della situazione e che il servizio informazioni militari non fosse abbastanza accurato e avesse indotto in errore i nostri comandanti impegnati nella battaglia. Il carattere generale di queste corrispondenze ha indubbiamente assai contribuito a rendere più grave il colpo della perdita di T obruk e del ripiegamento su Mersa Matruh. 2. Operato dei generali. È opinione assai diffusa che con comandanti migliori Rommel avrebbe potuto essere sconfitto, soprattutto nel critico momento in cui, secondo il generale Auchinleck, era stato costretto a esaurire le sue riserve. Si ritiene generalmente che vi sia stata una deficienza di comandanti e che l'intera campagna sia stata eccessivamente ispirata al concetto di un'azione difensiva, senza la necessaria energia per contrattaccare nel momento decisivo. Questa serie di critiche ha fatto nascere il dubbio che tanto il comandante in capo quanto il comandante dell'8 3 armata non abbiano un'idea precisa della tattica e della strategia della guerra moderna con mezzi meccanici e che sia necessario procedere a mutamenti radicali nei comandi, affidandone ora la responsabilità a uomini più esperti e con maggiori attitudini alla guerra meccanizzata. 3. Comando in capo. Le critiche espresse al punto 2. fanno nascere il dubbio ancor più grave che il Comando in capo sia pur esso superato e incapace di valutare il modo migliore di combattere Rommel e le sue truppe. Connessa con tale dubbio è l'impressione che la cooperazione tra le forze di terra e quelle dell'aria non sia stata efficace come avrebbe potuto e che vi sia tuttora una mancanza di collaborazione e di preparazione strategica al centro. 4. Armi. La critica forse più aspra è quella che insiste sul fatto che dopo quasi tre anni di guerra noi siamo ancora inferiori quanto ad armi fondamentali come carri armati e pezzi anticarro e che a tale inferiorità è in gran parte dovuta la presente disfatta. 5. Ricerche e invenzioni. È pure diffusa l'opinione che, sebbene si disponga nel nostro paese di abilissimi ricercatori, non si sia riusciti, per una ragione o per l'altra, a sfruttare adeguatamente tali capacità nella gara per la produzione di armi più efficienti e che si debba procedere a qualche innovazione nel campo organizzativo per trarre pieno beneficio da questo importante aspetto dello sforzo bellico. 6. Aviazione. La gente non riesce a capire come si possa dire, stando alle affermazioni del generale Auchinleck, che siamo riusciti. a conservare la superiorità morale nell'aria, quando al tempo stesso siamo incapaci di arrestare l'avanzata nemica. Ciò fa nascere dubbi sulla disponibilità di mezzi aerei efficaci e ha di nuovo sollevato l'intera questione dei bombardieri in picchiata e altri proble-


I.A PRIMA BATT:\GLIA Dl EL ALAMEIN

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mi, tra cui quello dei tipi degli apparecchi. A quest'ultimo proposito sussiste la preoccupazione che le idee dei progettisti siano troppo rigide e che tale rigidità ci impedisca, pur disponendo della superiorità aerea, di ottenere gli stessi risultati del nemico negli attacchi dall'aria. È stata pure sollevata la questione dell'intercettamento dei rinforzi che affluiscono al nemico in Libia, e si è chiesto se non possiamo fare un uso maggiore di apparecchi a grande autonomia, in considerazione della nostra debolezza navale nel Mediterraneo. Quanto sopra riassume, a mio giudizio, le ragioni di maggiore inquietudine per gli spiriti più pensosi del Paese»6•

Chissà quali riflessioni avrebbe fatto Mussolini se, mutatis mutandis, un r:apporto simile fosse arrivato sul suo tavolo di capo del Governo, ministro della Guerra, ministro della Marina, ministro dell'Aero· nautica, comandante supremo delle truppe operanti su tutti i fronti, incarichi tutti che aveva preteso e che deteneva da anni! El Alamein (in arabo: i due segnali) è una piccola stazione ferroviaria, in corrispondenza del golfo degli Arabi, fra Matruh ed Alessandria. In linea d'aria dista da quest'ultima cento chilometri, come scrisse esultante Rommel alla moglie la sera del 30 giugno, e dal Cairo duecentotrenta. Più a sud, ad una sessantina di chilometri, spicca la grande depressione di Qattara: una immensa area progressivamente intransitabile, ricoperta di sabbie mobili e saline paludose, raggiungente nella parte centrale i 180 metri sotto il livello del mare. Ha la forma di un corno da caccia con l'imboccatura a nord-est, in pratica all'altezza di El Alamein, ed il padiglione (ampio oltre 140 chilometri) a sud-ovest, giusto ad oriente dell'oasi di Siwa. Fra la depressione e la costa, nella fascia di terreno chiusa dai meridiani di Sidi Abd el Rahman e di El Imayid (rispettivamente ad occidente e ad oriente d.i El Alamein), c'è il campo di battaglia ove si infransero i sogni dell'Asse e svanirono i timori della Gran Bretagna. Dall'abbinamento di dossi, sui 200-250 metri di quota, che delimitano la depressione a nord come una linea di cresta, il terreno scende gradualmente sino al mare senza sostanziali sbalzi e non presenta sensibili ostacoli alla percorribilità. Elementi naturali degni di nota sono i deir, doline poco profonde e di varie dimensioni; i tell, dossi di scarso rilievo, ed alcuni costoni rocciosi (ridges) ad andamento tendenzialmente parallelo, in parte ricoperti da sabbia libera, fino a pochi chilometri dalla litoranea. Solo questi ultimi avevano significato tattico per l'appiglio che potevano offrire ad una difesa statica: el Miteiriya, el Ruweisat e Alam el Halfa. Gli ultimi due dettero il nome alle prime due battaglie di El Alamein.


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

Il valore difensivo della stretta di El Alamein era stato individuato nella primavera del 1941 dal gen. Marshall-Cornwall, all'epoca comandante delle truppe britanniche in Egitto, e concretato nell'approntamento di tre «aree difese>> o boxes: uno attorno alla stazione di El Alamein, uno a Bab el Qattara (o Qaret el Abd), all'incirca a metà strada fra la ferrovia e la depressione, ed il terzo a Naqb Abu Dweis, un passaggio per mezzi ruotati sul bordo trarotto della depressione (schizzo n. 52). El Alamein aveva significato per la stazione e l'origine di due piste verso Qattara: la pista rossa (perché indicata in rosso sulle carte militari britanniche dell'epoca) per Naqb Abu Dweis, e la pista dell'acqua (perché fiancheggiata da una tubatura d'acqua), che prima di El Ruweisat si biforcava adducendo a Bàb el Qattara-Naqb Abu Dweis a sudovest ed a Qaret el Himeimat a sud. Le tre aree difese non si trovavano certo in sistema, visto che tra l'una e l'altra correva una trentina di chilometri, né potevano essere considerate vere «posizioni». In sostanza, si trattava dell'intelaiatura sommaria di una posizione di resistenza. Nel giugno 1942 i tre boxes erano ancora incompleti come lavori e difesa passiva ed occorse perciò un lavoro febbrile per portarli ad un soddisfacente grado di efficienza, tuttavia i problemi principali che si posero al gen. Norrie allorché il 23 giugno assunse il comando della linea, riguardavano il presidio dei boxes e lo sbarramento delle due grandi cortine esistenti fra di essi. A conti fatti, egli trovò soltanto la 1a divisione sudafricana del gen. Pienaar, dislocata ad El Alamein. Dal 28 giugno iniziò l'arrivo di unità. La 13a brigata indiana, proveniente dall'Iraq, ricevette il compito di tenere la nuova posizione di Deir el Shein, sulle propaggini occidentali del Ruweisat, e quindi intermedia tra El Alamein e Bab el Qattara. In quest'ultima località si sistemò la 6a brigata neozelandese, alle cui spalle vennero a riordinarsi la 4a e la sa brigata, reduci dalla burrascosa vicenda di Minqar Qaim. Il box di N aq b Abu Dweis fu occupato dalla 9a brigata indiana. Tale era la situazione quando, dopo il disastro di Matruh, Auchinleck decise di attivare la linea. Il 29 giugno il comandante in capo visitò la posizione di resistenza. Nutriva la convinzione che l'avversario fosse a corto di fiato, ma sapeva anche, dalle intercettazioni, che Rommel aveva ordinato l'attacco alle «nuove posizioni» il più presto possibile7 • Comunque perseverava nella determinazione di non accettare una lotta ad oltranza. «In nessuna circostanza - comunicò a Londra - intendo ammettere che l'8a armata possa venir circondata od immobilizzata». Da siffatta convinzione derivarono alcune direttive che, per quanto conseguenziali, lasciarono adi-



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LE Ol'ERAZIONJ IN AFRICA SETTENTRIONALE

to ad errate interpretazioni e ad incertezze. Prima di tutto il Comando del 10° corpo, ades?o superfluo data la presenza dei Comandi del 13° e del 30°, fu inviato a tergo per organizzare la difesa del Delta. In secondo luogo, Norrie e Gott ricevettero disposizioni per la condotta della ritirata, ove si fosse reso necessario abbandonare El Alamein: i sudafricani avrebbero ripiegato su Alessandria ed il resto dell'armata sull'uadi Natrun, una settantina di chilometri a nord-ovest del Cairo. In terzo luogo, l'ordinamento delle divisioni venne adattato al criterio dei gruppi di combattimento basati mediamente su un battaglione di fanteria, un paio di batterie da campagna, una batteria controcarri ed una contraerei, una compagnia mitraglieri e reparti del genio e servizi. Tutto ciò che non serviva al presidio dei boxes od alla costituzione dei predetti gruppi da combattimento doveva essere mandato indietro. Così, la 3 a brigata sudafricana con il 1° artiglieria da campagna sudafricano ed il 7° artiglieria pesante campale britannico teneva il box di El Alamein; mentre il gruppo da combattimento della 1a brigata e quello della 2a erano sulle pendici settentrionali del Ruweisat. Il rimanente della divisione fu inviato ad Alessandria a formare la Scrubb/orce, incaricata della difesa del porto, unitamente alla 9a divisione australiana. La 2 a divisione neozelandese mandò al Delta dieci compagnie e la 18a brigata indiana due battaglioni. I resti della soa divisione britannica furono dislocati ad oriente di Alam el Halfa, articolati in tre colonne. Quanto alla P divisione corazzata, la 4a e la 22a brigata corazzata dovevano riordinarsi rispettivamente a nord-est ed a sud-est del Ruweisat; la 7a brigata motorizzata fermarsi fra Bab el Qattara e Naqb Abu Dweis. Come è agevole immaginare, questo terremoto ordinativo non poté evitare critiche e perplessità. Il gen. Gott, che non nascondeva serie apprensioni, era convinto che l'evacuazione dell'Egitto fosse inevitabile e che i neozelandesi addirittura se ne sarebbero tornati a casa. Tra l'altro, in un breve colloquio col generale Kippenberger manifestò forti dubbi sulla combattività di Pienaar. In definitiva, egli «temeva il peggio»8 • Il gen. Norrie, invece, vedeva le cose differentemente. A suo avviso El Alamein era l'ultima spiaggia ed esisteva la possibilità di arrestare le Panzerdivisionen, ridotte all'ombra di se stesse. Perciò gli sembrava chiara l'intenzione di Auchinleck di battersi sul posto. Come si vede, nessuno dei due principali sottordini di Auchinleck aveva com~ preso il disegno operativo del comandante in capo. Il morale delle truppe era, tutto sommato, discreto. Nessun dubbio che i recenti avvenimenti avessero lasciato più di un segno, ma,


LA PRIMA BATTAGLIA DI EL Al.AM.EIN

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almeno secondo qualificati protagonisti, non si trattava di sfiducia nei capi. Stava invece consolidandosi una tendenza già affiorata in precedenza e resasi più marcata durante la battaglia di Ain el-Gazala: le accuse reciproche tra le varie armi. È nota la, in parte inevitabile, eterogeneità dell'esercito britannico nel suo complesso; però un particolare aspetto sembrava fatto apposta per suscitare attriti. I comandanti, gli Stati Maggiori ed i reparti corazzati erano tutti inglesi e questo accendeva rivalità e dubbi, tanto più che le fin troppo evidenti lacune nella cooperazione fra fanteria, artiglieria e carri avevano provocato seri malintesi e scambi di accuse9• Quanto poi alle divisioni dei Dominions, la diffidenza nei confronti del Comando in capo e viceversa era alimentata anche dalle remore poste all'impiego di tali unità dai rispettivi governi. I riflessi di simile stato d'animo giunsero naturalmente a Londra e crearono un nuovo problema. Per completare il quadro dell'8a armata a fine giugno occorre accennare anche alla sua articolazione. Tutte le forze incaricate della difesa statica o elastica erano inquadrate nel 30° corpo di Norrie: 1 a divisione sudafricana, 6a brigata neozelandese, 9a e 10a brigata indiana. Le unità alla mano per la reazione dinamica dipendevano dal 13° corpo di Gott: 2 a divisione neozelandese (meno la 6a brigata), ia divisione corazzata e 7a brigata motorizzata10• Le notizie sulle forze dell'Asse sembravano indicare l'intenzione di Rommel di spingere il grosso della Panzerarmee verso Naqb Abu Dweis per sfondare all'estremo sud e poi puntare verso nord-est per avvolgere l'intera ga armata. La notte sul 30 giugno però venne decifrato un ennesimo messaggio Enigma: Rommel avrebbe attaccato alle 15 del 30 con sostanzioso appoggio aereo, sviluppando un'azione dimostrativa contro il box di El Alamein prima di mezzogiorno. Rimaneva l'incertezza della gravitazione dello sforzo, comunque era già molto ed Auchinleck fece subito diramare a tutti i livelli gerarchici una breve nota: «Il nemico si è esteso sino all'estremo limite e crede che noi siamo un'armata battuta. La sua tattica contro i neozelandesi è stata assolutamente inefficace. Eglì spera di prendere l'Egitto con un bluff. Mostriamogli che si sbaglia»u.

Quindi ordinò il completamento delle misure difensive, vista la possibilità dell'offensiva italo-tedesca «in qualunque momento a partire

• 12 da mezzogiorno» .

Fra queste misure c'era anche il recupero urgentissimo della 1a divisione corazzata di Lumsden, le cui colonne stavano arretrando senza perdere l'occasione di assestare qualche colpo alle divisioni dell' As-


IL DISEGNO DI M1 ED IL SUPPOSTO SCHI IL 1°


~NOVRA DI ROMMEL ERA.MENTO BRITANNICO LUGLIO

Schizzo n. 53


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LE OPERAZIONI IN AFRIC A SETTENTRIONALE

se, alle quali erano frammischiate, non foss'altro per rallentarne la progressione. Così, come sappiamo, ancora il mattino del 30 la 7a brigata motorizzata, rinforzata con mezzi corazzati ed artiglierie, attaccava il XX corpo facendogli perdere tutta la mattinata. Nel contempo una colonna meccanizzata aprì improvvisamente il fuoco sulla Littorio, causandole seri danni in un breve scontro, e nel pomeriggio fu la volta del DAK. Ma siffatta intensa attività, unitamente al disagio di marciare su un terreno a tratti infame ed in mezzo a frequenti tempeste di sabbia, avevano provocato un forte logorio nei reparti britannici. La 1 a divisione corazzata poté dunque riguadagnare le posizioni dell'8a armata con fatica. il Comando di divisione, perduto l'orientamento, passò la notte sul 1° luglio ad El Mreir; la 22a brigata corazzata, rimasta con 28 carri, di cui 10 a rimorchio, si raccolse nel buio a sud di El Alamein, sfuggendo per caso al fuoco della 3 a brigata sudafricana; la 4a brigata corazzata, che disponeva ancora di una quarantina di carri, decise di restare sino alle prime luci dell'alba del 1° luglio a Tell el Aqqaqir, pochi chilometri a sud-ovest... della 90a leggera; la 7a brigata motorizzata era più a sud, anch'essa in attesa dell'alba. Ulteriori decifrature di messaggi Enigma, sempre attraverso comunicazioni della Luftwaffe, palesarono.il forzato rinvio dell'inizio dell'attacco di Rommel, consentirono l'individuazione della dislocazione di alcune unit-à dell'Asse, rivelarono la direzione di attacco della 1sa Panzer, preavvisarono l'incursione dei bombardieri della Lufiwalfe13 • Su queste basi Auchinleck si preparò a fronteggiare lo sforzo principale italo-tedesco fra El Alamein e Bab el Qattara, tendente ad isolare il box di El Alamein, come era stato fatto a Matruh, nonché sforzi secondari contro il predetto box e la zona a sud di Bab el Qattara. Secondo l'ultima ricostruzione fatta dalla Panzerarmee, il dispositivo britannico il 30 giugno era il seguente: a nord il 10° corpo con la soa D.f. britannica ad El Alamein e la 10a B.f. indiana a Deir el Abyad, cioè ad ovest di Deir el Shein; a sud il 13° corpo con la 2a D.f. neozelandese nella zona di Bab el Qattara e la sa D.f. indiana a Naqb Abu Dweis. Il limite di settore pareva corresse a nord di Bab el Qattara. La 1a D.cor. era ritenuta davanti al settore del 13° corpo (schizzo n. 53). Di conseguenza, a completamento di un primo ordine estremamente laconico diramato alle 11,30, nel pomeriggio Rommel provvide ad impartire singolarmente disposizioni verbali. Quelle per Navarini, convocato poco dopo mezzogiorno, sono così sintetizzate nel diario storico del XXI corpo:



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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

«Il nemico si è sistemato a difesa fra la costa e la depressione del Qattara nel punto ove questa più si spinge a nord, cioè all'altezza di El Alamein; ivi, su una linea notevolmente fortificata e resa sicura, non suscettibile di aggiramento, egli intende opporre l'ultima resistenza per sbarrarci la via di Alessandria. L'armata corazzata inizierà lo sfondamento frontale della linea nemica verso le ore 3 della notte fra il 30 giugno ed il 1° luglio con lo scopo di annientare il caposaldo centrale e procedere all'avvolgimento verso nord del caposaldo di El Alamein e verso sud del caposaldo che si appoggia alla depressione del Qaccara. Il XXI corpo d'armata ha il compito di circondare ed attaccare il caposaldo di El Alameìn: la 90 2 div. leggera attaccherà al centro lo schieramento nemico e punterà poi a nord per completare l'aggiramento: dietro di essa avanzeranno i reparti del XXI C.A., che sono destinati ad attaccare El Alamein da sud verso nord. Il X ed il XX C.A. svolgeranno analoga manovra contro il caposaldo sud, mentre il C.T.A. si terrà pronto ad inseguire il nemico verso est attraverso il varco aperto».

Si ignora la sequenza degli ordini dati, però dallo schizzo compilato dalla Panzerarmee il disegno di manovra appare configurato in modo alquanto differente. Probabilmente si tratta della conclusione dopo qualche adattamento. In sostanza, Rommel si proponeva di irrompere nel vuoto esistente fra El Alamein e Deir el Abyad con la 90a leggera ed il DAK. La prima doveva avvolgere da sud il caposaldo costiero e raggiungere la litoranea; il secondo doveva penetrare verso sud-est, attraversare il Ruweisat e dirigersi ancor più a sud per raggiungere Qaret el Himeimat, alle spalle del 13° corpo britannico. La parte riservata agli italiani consisteva nell'impegnare frontalmente le strutture statiche ai lati del tratto di rottura, vale a dire El Alamein (aliquota del XXI corpo) e Deir el Abyad (aliquota del X corpo); «foderare» il corridoio di penetrazione delle forze tedesche per garantire loro sicurezza, con la Trento rivolta a nord e la Brescia a Deir el Shein; seguire a braccio più corto la manovra del DAK ed occupare Bah el Qattara (XX corpo). La Littorio doveva controllare la 1a divisione corazzata inglese. Una puntata preliminare di un gruppo tattico della 15a Panzer verso Naqb Abu Dweis avrebbe contribuito a suscitare impressioni errate nel nemico. A differenza di quanto ideato a Matruh, qui tutta la massa di manovra era concentrata e guidata a redini corte. Come già detto, Auchinleck era venuto a conoscenza del piano. Volle dunque presentare a Rommel due imprevisti: la penetrazione della massa tedesca era destinata ad incontrare prima i gruppi di combattimento della 1a e 2 a brigata sudafricana, poi la 1a divisione corazzata; la direzione di attacco avrebbe trovato la 18a brigata indiana a


LA PRIMA BATTAGL!A DI EL AL&\1EIN

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Deir el Shein. In altre parole, invece di battere col forte sul debole, per usare un'espressione schermistica, Rommel avrebbe battuto col forte sul... più forte, preparato ad affrontarlo. La realtà sarà differente, ma non di molto. Ad ogni modo, a prescindere dagli inconvenienti derivanti da un'affrettata raccolta di notizie sul nemico, un particolare soprattutto lascia perplessi: Rommel intendeva riunire entro la tarda serata del 30 la massa di rottura ad oriente di Teli el Aqqaqir ed iniziare l'attacco alle 3 del 1° luglio, in modo che il DAK, il cui percorso era più lungo, si trovasse all'alba fra Deir el Munassib e Qaret el Himeimat. Ma come poteva il DAK percorrere più di 50 chilometri in tre ore, di notte, in un terreno sconosciuto, incontrando almeno qualche mina, affrontando almeno qualche contrassalto avversario? Facciamo anche il calcolo delle forze contrapposte, come doveva apparire alla Panzerarmee: in tutto disponeva di 55 carri medi tedeschi e 70 italiani, 330 pezzi tedeschi e 200 italiani (comprendendo nel numero una cinquantina di pezzi da 25 libbre di preda bellica), 15 autoblindo, 2.000 fanti tedeschi e 8.000 italiani. Insomma l'artiglieria era notevole ma non eccezionale, la fanteria era limitata e stanca ed i carri efficienti erano pochi (anche se la loro disponibilità poteva variare sensibilmente in dipendenza delle riparazioni). Il poco o tanto, in sé e per sé, non ha significato pratico se non viene messo a confronto con quanto schiera l'avversario, ma non risulta che la Panzerarmee abbia cercato di tradurre in cifre la presunta consistenza dell'8a armata. La parola d'ordine, per cosl dire, era trattarsi di resti, battuti e scoraggiati, e d'altronde Rommel si proponeva di affrontare le unità più temibili - la 2 a neozelandese e la 1a corazzata - in condizioni di favore, vale a dire ad imbottigliamento del 13° corpo concluso. In effetti, l'8a armata aveva in linea non meno di 15.000 fanti, 400 pezzi, 150 carri ed un centinaio di autoblindo. «In relazione alla nostra esperienza di Matruh - sostenne von Mellenthin - penso che questo piano offrisse una reale speranza di vittoria. Le forze tedesche erano trop_po deboli per qualsiasi duro combattimento, ma ancora in grado di manovrare. E dunque possibile che se Rommel avesse portato le sue divisioni attraverso le retrovie britanniche, avrebbe gettato il nemico una volta di più in fuga precipitosa»14•

Tutto può accadere in guerra, ma sembra lecito qualche dubbio sulla concretezza di un simile disegno operativo. La ripresa dell'offensiva italo-tedesca costituì il tentativo di proseguire la marcia sul Cairo. Lo slancio si esaurl in tre giorni ma ad esso subentrò una serie di iniziative·d'ambo le parti, intese ad ottenere van-


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LE OPERAZIONI JN AFRICA SETTENTRIONALE

taggi consistenti mediante azioni locali. Si concluderà il 14 luglio e segnerà un momento di importanti decisioni strategiche. Dal 15 al 17, l'Sa armata britannica, ritenendo raggiunta la-rottura dell'equilibrio, passò alla controffensiva, cercando il successo in corrispondenza del Ruweisat. Per poco non riuscì a conquistare in anticipo la vittoria di El Alamein. In parte grazie all'energia dei contrattacchi dell'Asse e molto per demerito dell'azione di comando britannica, lo scopo non venne raggmnto. Dopo alcuni giorni, il 22 luglio, 1'8a armata attaccò con violenza ancora a cavallo del Ruweisat. Nuovamente le truppe italo-tedesche resistettero e respinsero lo sforzo, però il logorio fu tremendo. Tanto da indurre Auchinleck a compiere un ulteriore tentativo, il 27, questa volta a nord-est del Ruweisat. Dopo il terzo in.successo «al Comando britannico passò la voglia di eseguire altri attacchi» commentò Rommel1;. Cominciamo dalla mossa iniziale di Rommel.

IL 1° LUGLIO

Nelle primissime ore del mattino le unità della 1a divisione corazzata inglese si misero in moto. La 22a brigata si recò sull'estremità orientale del Ruweisat, il Comando di divisione si trasferì anch'esso in quella zona e la 7a brigata motorizzata si portò a nord-est di Naqb Abu Dweis. Tutti questi movimenti furono effettuati senza incidenti, né d'altronde ne esisteva il pericolo. Ben diverso il caso della 4a brigata corazzata. Non soltanto aveva riposato alcune ore a breve distanza dalla 90a leggera, ma la località di sosta coincideva proprio con la zona di raccolta verso la quale stava muovendo il DAK. Fu doppiamente fortunata perché la 90a leggera partì per l'attacco senza accorgersi della sua presenza ed il DAK, messo tremendamente a disagio da un terreno di difficile percorribilità nel suo avvicinamento notturno a T ell el Aqqaqir, si trovò all'improvviso con le due Panzerdivisionen così mescolate che per orientarsi e districarsi esse dettero il via ad una variopinta serie di razzi da segnalazione. Cosicché il corpo arrivò in zona con tre ore di ritardo. La 4a brigata poté dunque riparare entro le linee britanniche, pur incorrendo in qualche disavventura finale. Dapprima fu coinvolta dal fuoco della 3 a brigata sudafricana contro la contemporanea penetrazione della 90a leggera, poi, giunta ad Alam el Onsol, si insabbiò con i mezzi e per buona parte della giornata fu nell'impossibilità di agire.


LA .l?lUMA BATIAGLLo\ DI EL ALA.MEfN

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Alle 4,30 dunque la 90a leggera superò la pista rossa, ma le cose si misero subito male, perché, trovatosi davanti allo spigolo sud-ovest del perimetro difensivo di El Alamein ed arrestata da un intenso fuoco di sbarramento e di interdizione vicina, si immobilizzò e bloccò anche la Trento, che si era posta sulla sua scia (schizzo n. 54). Alle 8 il 7° bersaglieri, cioè il resto del XXI corpo d'armata, affrontò il settore occidentale di El Alamein, procedendo a cavallo della via costiera, ma a causa della sua troppa scarsa consistenza pervenne semplicemente ad impegnare i difensori. Come se non bastasse, una pesante incursione aerea inglese - una delle tante - sul DAK, che finalmente si preparava ad entrare in campo, porrò al colmo i contrattempi tedeschi. Nonostante i continui incitamenti di Rommel, soltanto alle 6,45 Nehring poté iniziare la manovra. Quanto al XX corpo16 , alle 10 circa esso lasciò la zona di Alam Abu Busat, ove aveva trascorso la notte, per portarsi a Teli el Eisa e tenersi in condizioni di sostenere il DAK ed il X corpo. Ma intanto la 15a Panzer, nel movimento aggirante verso sud, aveva incontrnto il primo ostacolo: il caposaldo di Deir el Shein. Non era previsto e Nehring per un momento fu in forse se ignorarlo e passare al largo, prosegu endo sugli obiettivi fissatigli. Compreso che non si trattava di questione di poco conto (la 18a brigata indiana aveva artiglierie e nove Matilda), risolse di eliminarla. Rommel, presto sopraggiunto, approvò la decisione, cominciando con l'inviare una richiesta di resa, che naturalmente venne respinta. Fu giocoforza rassegnarsi alle ricognizioni, in specie dei campi minati, tuttavia il tempo speso consentÌ l'arrivo della 21 a Panzer. Si era fatto mezzogiorno e la tempesta di sabbia che stava sollevandosi consentl alla 90a leggera di sottrarsi al fuoco sempre vivo del box di El Alamein e di proseguire, mentre la 21 a Panzer si accinse ad eliminare Deir el Shein. Soddisfatto, Rommel comunicò a Gioda: «L 'attacco dell'armata corazzata procede bene. Nel pomeriggio si intenziona di inseguire il nemico verso est. Il X corpo d'armata getta subito una divisione nella zona ... [Deir el Abyad])) 17 ed alle 14,10 a Navarini: <<Le posizioni del nemico sono state rotte presso( ..). Il C. T.A. sta attaccando( ..) in direzione sud-sudovest. La 90a leggera (..) verso nord-est. XXI corpo d'armata deve prolungare l'ala destra ( ..}» 18• Che i tempi fossero saltati era già palese, ma l'assenza di una reazione dinamica faceva ancora sperare. E vero che l'esistenza del caposaldo di Deir el Shein costituiva una sorpresa; è vero che la presenza della 1a brigata sudafricana alle spalle della 21 a Panzer era una seccatura, ma il tutto poteva ancora rientrare nell'imprevisto che sempre sorge · nella battaglia.


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LA PRIMA BATI AGLI.A DI El ALAMEIN

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Alle 16 Mancinelli segnalava al Comando Superiore che la 90a leggera aveva già iniziato la conversione verso nord-est, mentre il DAK era rallentato da altre strutture statiche sul suo fianco sinistro. Comunque, erano state impartite disposizioni affinché il XX corpo e la Litto· rio si tenessero pronti a passare all'inseguimento, che doveva essere spinto sino a 20 chilometri da Alessandria. Prescindendo dalla situazione carburante delle divisioni italiane, le circostanze presentavano un quadro alquanto più complesso. La 90 3 leggera non soltanto continuava ad essere sotto tiro del box di El Alamein, ma andò ad incappare anche in quelli della 1a e 2 a brigata sudafricana, talché dopo pochi chilometri fu costretta a fermarsi in un penoso stato di disorganizzazione. Né molto aiuto poteva venire dal 7° bersaglieri che, benché sostenuto dal 3° artiglieria celere e da un gruppo da 105, otteneva sul lato occidentale dell'area difesa successi limitati a causa dell'intenso fuoco di artiglieria nemico. La Brescia sarebbe dovuta andare a Deir el Abyad ma, come tante altre unità, si trovava letteralmente prigioniera della sabbia ad ovest di Tel1 el Aqqaqir. Se i carri avevano sofferto di simile terreno, gli automezzi stavano assai peggio. Verso mezzogiorno il gen. Lombardi avvisò Gioda che non si parlava di liberare i veicoli prima di altre sei ore. D i fatto, soltanto a sera inoltrata la divisione poté incolonnare gli automezzi su un terreno più duro, a tergo delle posizioni. In compenso, a Deir e1 Shein la 18 3 brigata indiana era alle corde. Alle 17,30 Rommel intervenne personalmente per risolvere quella che si profilava come imbarazzante battuta d'arresto. Si mise alla testa del proprio scaglione armato e del Kampfsta/fel Kiehl per rafforzare il cuneo tedesco, ma neppure il suo stimolo diretto riuscì a concretare una forza d'urto atta a sfondare lo sbarramento d'artiglieria anglo-sudafricano, tanto più che la Royal A ir Force pensò bene di intervenire un'ennesima volta. E, per quanto la caccia dell'Asse ripristinasse un certo equilibrio aereo, la situazione venne a cristallizzarsi. Anche perché Auchinleck aveva deciso l'intervento della 1 a divisione corazzata. Veramente il primo ordine, dato al gen. Lumsden verso le 13,20, restò privo di alcun effetto: la 4a brigata corazzata era impelagata nel liberare i carri rimasti insabbiati e la 22a contava 18 carri efficienti. Sarebbero stati, invero, un notevole aiuto per la 18 3 brigata indiana, senonché le autoblindo inviate in ricognizione probabilmente sbagliarono direzione e tornarono affermando che a Deir el Shein tutto era tranquillo. Cosl la 22 3 brigata non si mosse. Alle 16,30 Auchinleck impartì un nuovo ordine e questa volta la brigata intervenne, andando a cadere proprio sul tergo della 15 3 Panzer, a sud del


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

Ruweisat. Nella confusione che ne seguì, i carristi inglesi videro sfuggire alcune centinaia di indiani da Deir el Shein e ritennero di aver assolto il compito. Perciò tornarono al punto di partenza. In realtà la 18a brigata indiana, già in parte soverchiata, si arrese definitivamente verso le 19. Alle 20 Rommel ordinò alle truppe penetrate nel sistema difensivo britannico di organizzarsi a difesa sulle posizioni raggiunte. Secondo quanto riferito da Mancinelli, sempre a stretto contatto, il giudizio sulla situazione era favorevole: «Mancano ulteriori particolari - egli telegrafò al Comando Superiore sulle operazioni. In complesso può dirsi che lo sfondamento della posizione avversaria est pienamente riuscito et la via est aperta per ulteriore avanzata. Domattina verranno continuate le operazioni per eliminare sacca El Alamein. Si ritiene invece probabile che forze avversarie oggi schierate at sud del punto di rottura si sottrarranno durante la notte per sud et est (...)»19•

Navarini era meno fiducioso. Il diario storico del XXI corpo registra il fatto che neppure il DAK aveva potuto conseguire i risultati sperati nel suo movimento verso sud-est: «Il cuneo che l'armata ha formato nel dispositivo nemico fra il caposaldo nord [El Alamein] ed il caposaldo sud [Deir el Shein] non è stato spinto fino a chiudere alle spalle i capisaldi nemici». Rommel doveva sentirsi sulle spine. «La strada per Alessandria scrisse - doveva essere aperta al più presto possibile. Di ora in ora i britannici diventavano più forti nel settore minacciato»20• Bruscamente ordinò alla povera 90a leggera di irrompere verso la strada costiera alla luce lunare. Fu un tentativo inutile e sanguinoso. La barriera di fuoco britannico fece in breve fallire la mossa. A sud di Bab el Qattara regnò la calma per tutta la giornata. Auchinleck aveva in origine pensato di far intervenire alcune colonne ben dotate di artiglieria contro il fianco esposto del nemico che avesse attaccato Deir el Shein, ma la misura, posta in atto dalla za divisione neozelandese alle 14,30 circa, si tradusse in una scorribanda a vuoto del gruppo tattico spedito verso nord. Al cader della notte i due avversari cercarono di tirar le somme della prima giornata di battaglia. Auchinleck giudicò «non sfavorevole» il risultato, ammise la «penetrazione temporanea» italo-tedesca nel caposaldo di Deir el Shein e sottolineò il successo (quale era ritenuto) della 22 3 brigata corazzata. A suo avviso, stando a quanto telegrafò a Londra, per l'indomani c'era da attendersi la reiterazione di un grosso sforzo fra El Alamein e Bah el Qattara, in direzione di El Imayid.


LA PRIMA BATTAGLIA OJ EL ALAMEIN

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Di conseguenza, si confermò nel proponimento di bloccare la penetrazione con il 30° corpo e di contrattaccare in modo risolutivo da sud e sud-est con unità del 13° corpo. Prima però di diramare ordini più specifici, volle attendere la mossa di Rommel. A sostenere la serenità di Auchinleck probabilmente contribuirono due notizie. La prima, fornita da due ufficiali caduti prigionieri del DAK e sfuggiti nel corso del combattimento a Deir el Shein, indicava la consistenza della 2P Panzer in 37 carri efficienti e quella della 15a in meno di 17; la seconda, derivante dalla decrittazione di messaggi Enigma, palesava che le incursioni della Royal Air Force risultavano maledettamente pesanti per le divisioni dell'Asse, provocando perdite, disguidi e ritardi negli spostarrìenti. «La Desert Air Force imperava sul campo di battaglia» confermerà von Mellenthin21 • Rommel era in preda a sentimenti contrastanti. Da un lato non ignorava il crescente, anche se lento, rafforzamento dell'avversario; dall'altro non poteva trascurare talune buone notizie: Auchinleck aveva destituito Ritchie, quindi c'era una crisi di comando; la Mediterranean Fleet aveva sloggiato da Alessandria, quindi esistevano rilevanti timori sullo sviluppo dell'offensiva dell'Asse; Mussolini era arrivato in Libia, quindi c'era da sperare in un forte impulso sui rifornimenti dall'Italia; il combattimento di Deìr el Shein aveva procurato 2.000 prigionieri e 30 pezzi britannici (ma causato la perdita di 18 Panzer); l'unico contrattacco nemico non era stato tale da impensierire. Concluse che <<i britannici non sembravano aver più fiducia in se stessi e, a quanto pareva, si preparavano ad una ritirata» e di conseguenza risolse di insistere nella ricerca di una soluzione di forza a breve termine, «fermamente convinto che un vasto sfondamento da parte delle mie truppe avrebbe sparso il panico nelle file nemiche,>22• Von Mellenthin, invece, osservò malinconicamente che le speranze di vittoria svanirono proprio il 1° luglio. Rimaneva, unica carta da giocare ancora, una contromanovra, ma purtroppo l'armata stava lasciandosi invischiare in una battaglia di logoramento e la 1 a divisione corazzata di Lumsden aveva ricevuto il grande regalo di un intero gior· no per riordinarsi23 • Il primo imprevisto ebbe luogo prima ancora che sorgesse il nuovo giorno: un bombardamento aereo che gettò il disordine nel DAK, soprattutto, nei suoi servizi, e mise in ginocchio la Trieste, incendiando o danneggiando una sessantina dei suoi già scarsi automezzi. «Tutta la divisione - segnalò De Stefanis al Comando Superiore - può trasportare una compagnia rinforzata da aliquote di mortai per ciascun reggimento,,24. Le conseguenze, gravi, si sarebbero sentite per qualche giorno.


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LE OPERAZIONI IN AFIUCA SEìTENTR10NALE

Nel pomeriggio, alle 16,30, Mussolini convocò Cavallero a Berta per partecipargli la promozione a maresciallo d'Italia. Il provvedimento era nell'aria, ma sono interessanti i retroscena. Il 21 giugno il Duce aveva annunciato la capitolazione di Tobruk a seguito dell'offerta di resa fatta al comandante del XXI corpo per suscitare la sensazione di un successo principalmente italiano. La replica di Hitler era stata immediata: il giorno dopo la radio tedesca aveva comunicato la (meritatissima) promozione di Rommel a feldmaresciallo, sottolineandone in tal modo il determinante impulso. Inevitabilmente a Roma sorse il problema dell'analoga misura nei confronti di Cavallero e di Bastico. In un colloquio a palazzo Venezia, Ciano si espresse causticamente in proposito, ma si rese conto che Mussolini «è molto amareggiato dal fatto che la battaglia prende il nome di Rommel e che appare più come una vittoria tedesca che italiana. Anche la nomina di Rommel a maresciallo (. ..) è per il Duce causa di molte amarezze,/5 • Dopo qualche esitazione, arrivato in Libia, Mussolini si decise improvvisamente per il solo Cavallero26• La promozione non piacque. «Effetto del tutto negativo - annotò Ciano-. Specialmente nei circoli militari il provvedimento raccoglie il dissenso unanime». Non si trattava di gelosie, come taluno ha insinuato. In effetti, le critiche al carattere del personaggio esistevano da tempo ed erano dure27• Bastico verrà promosso il 10 agosto, una volta deciso il nuovo ordinamento da adottare in Africa settentrionale.

IL2 LUGLIO

Alle prime luci del 2 luglio la 90a leggera ripartì all'attacco e quasi subito dovette rinunciare a procedere per l'assoluta incapacità di superare il fortissimo sbarramento di fuoco del nemico. Preso atto di tale impossibilità di sfondare, Rommel impartÌ a Nehring nuovi ordini: il DAK doveva puntare verso oriente, a cavallo del Ruweisat, e dopo sette chilometri volgersi in direzione della costa, passando ad est di Alam el Onsol, in modo da superare l'opposizione delle due brigate sudafricane. Poi avrebbe avuto luogo l'azione concentrica contro il caposaldo di El Alamein: il XXI corpo da ovest e sud-ovest, la 90 a leggera da sud ed il DAK da est. Si trattava di una notevole modifica al piano iniziale di avvolgere il 13° corpo. Evidentemente Rommel dovette convincersi che il nocciolo della difesa fosse nella zona del Ruweisat; tuttavia, pur volendo


LA PRIMA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN

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cercare la soluzione della battaglia verso nord-est, occorreva cautelarsi contro qualsiasi provenienza da sud. Gli ordini ricevuti da Giada e De Stefanis tendevano a trasferire il X corpo dalla zona di El Wishka alle posizioni di El Mreir ed il XX corpo dalla zona di Saniet el Miteiriya alle località di Alam Nayil e di Deep Well (questo il nome indicato sulle carte britanniche). Ma tutto era in funzione del DAK. Nel contempo Auchinleck si convinceva che il nemi~o volesse raccogliere le forze per un massiccio tentativo di sfondamento contro El Alamein e che fosse opportuno prevenirlo. La cosa migliore, anzi l'unica da fare, era un contrattacco in direzione di Sidi Abd el Rahman, sì da avvolgere l'intera Panzerarmee. Ciò posto, diventava un lusso tenere immobilizzate unità in sterili difese statiche, perciò dispose che la sa divisione indiana recuperasse la 9a brigata da Naqb Abu Dweis e che la 2a divisione neozelandese si orientasse ad abbandonare Bab el Qattara a tempo debito. Per il momento, però, quest'ultimo caposaldo doveva servire da perno di manovra per l'azione dei neozelandesi. I combattimenti cominciarono.poco dopo le 15, ora in cui il DAK si mosse verso ovest, lungo il Ruweisat (schizzo n. 55). Contemporaneamente, per uno strano caso, prese il via l'iniziativa britannica. Nessuna delle due manovre ebbe il tempo di pronunciarsi: l'urto frontale annullò i piani. Però li annullò, tutto sommato, a favore degli inglesi. In base agli ordini di Auchinleck, quasi l'intero dispositivo meridionale dell'sa armata aveva cambiato atteggiamento. La 9a brigata indiana era arretrata sino a Qaret el Himeimat ed il controllo del settore a sud di Bab el Qattara era stato assunto dal 4 ° reggimento autoblindo sudafricano. La 7 a brigata motorizzata, con un ampio giro si era collocata alla sinistra della 1a divisione corazzata. La 2 a divisione neozelandese aveva inviato a nord una forte colonna agli ordini del gen. Weir, che dopo ordini e contrordini si era piazzata sul lato orientale di Alam Nayil, in modo da poter battere con la sua artiglieria il Ruweisat e da coprire il grosso della divisione, pronto a Deir el Munassib. A Bab el Qattara rimaneva ancora la 6 a brigata. In tal modo il DAK incontrò non soltanto la 1a divisione corazzata e la 7a brigata motorizzata, ma altresì il fuoco delle batterie neozelandesi da sud. La 15a Panzer fu la più esposta al tiro avversario subendone danni non lievi, mentre la 21 a non riuscì a superare lo sbarramento delle artiglierie sudafricane e della Robcol, una colonna della 10 3 divisione indiana sistematasi sull'estremo occidentale del Ruweisat, e ricevette la carica dei Grant. V ero si è che la 1a brigata sudafricana si trovò così a mal partito


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LA PRIMA BATI AGLIA 01 EL ALAMEIN

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che il gen. Pienaar, il quale aveva già apertamente criticato la decisione di resistere ad ovest del Nilo, chiese al Comando del 30° corpo qualche carro in rinforzo, soluzione che Norrie bocciò nettamente dicendo che i giorni dell'impiego «alla spicciolata» erano passati. Allora Pienaar propose di ritirare la brigata oltre Alam el Onsol, sostituendola con altra formazione. Di fronte al nuovo diniego di Norrie, telefonò al Comando dell'armata e ricevette da Dorman Smith un ulteriore rifiuto. Pienaar insistette con Auchinleck, che finì per concedere la sostituzione con Ackol, una colonna della soa divisione. Senonché Pienaar si affrettò ad ordinare il ripiegamento della 1a brigata prima ancora che Ackol arrivasse e la posizione rimase abbandonata. La èonfusione, la seria difficoltà improvvisa, la sempre più netta sensazione di aver a che fare con un avversario troppo forte costrinsero i tedeschi a sganciarsi all'imbrunire ed a raccogliersi a sud-est di Deir el Shein. La 21 a Panzer era rimasta con 20 carri, la 15a con appena 6. Il fallimento del DAK portò ad uno scombussolamento generale. A nord, la 90a leggera, che chiaramente non era in grado di aprirsi la strada da sola, aveva reiterato il tentativo senza convinzione e senza risultato. Quanto alle divisioni italiane, il quadro non appariva molto più confortante. Il XXI corpo era semisconvolto dalle incursioni della Royal Air Force e più che mettere in linea il XXXII battaglione guastatori, per chiudere il vuoto esistente fra il 7° bersaglieri e la Trento, non aveva potuto fare. Il XX corpo, poi, era in ritardo. Il suo largo movimento l'aveva condotto appena a sud del Ruweisat, dove l'avanguardia dell'Ariete, il XII battaglione bersaglieri, si era ben presto trovata sotto il fuoco della 7a brigata motorizzata britannica e della colonna Weir. Il sopraggiungere del grosso della divisione e la presenza di un reparto della 15 a Panzer indussero gli inglesi a ripiegare nell'oscurità. I neozelandesi invece rimasero su Alam Nayil, senza che l'Ariete se ne accorgesse. La Trieste, dal canto suo, giunta nella zona di El Mreir già scossa per il bombardamento aereo della notte precedente, era stata avvistata e presa a cannonate dalle batterie neozelandesi del caposaldo di Bab el Qattara. Data l'ora tarda, il gen. Azzi preferì fermarsi. Infine il X corpo si era portato sulle alture di El Mreir con il II/27° della Pavia, il II/20° della Brescia ed il 9° bersaglieri. Questa la situazione al cadere della notte.


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Lt OPERAZIONI IN AFRJCA SETTENTR10NALE

IL3 LUGLIO

Rommel sentiva la partita sfuggirgli dalle mani. Il mattino del 3 rivolse un appello al Comando Superiore affinché gli facesse arrivare quanti più battaglioni possibili del X e del XXI corpo. Troppo grave era l'inconsistenza delle divisioni di fanteria, sl che queste non soltanto incontravano serie difficoltà di azione, ma altresì si trovavano materialmente incapaci di assumere la responsabilità di adeguati tratti di fronte. Ne conseguiva l'impossibilità di costituire un vero centro di gravità dell'attacco. E, soprattutto, la definitiva rinuncia al disegno di accerchiare il 13° corpo britannico. Non c'era che continuare nello sforzo: il DAK verso est per raggiungere la costa ed il XX corpo verso Deep Well per isolare almeno i neozelandesi. Alle 9,15 un bombardamento di Stuka preparò la strada all'Afrikakorps e poco dopo le Panzerdivisionen lasciarono la base di partenza. Ma intanto più a sud erano in corso drammatici eventi (schizzo n. 56).

De Stefanis aveva ordinato che all'alba le due divisioni del XX corpo fossero già sistemate a difesa sulle posizioni rispettivamente assegnate, cioè la Trieste ad Alam Nayil (ritenuta sgombera dal nemico) e l'Ariete a Deep Well, e cercassero di individuare il perimetro del caposaldo di Bab el Qattara nonché la consistenza del suo presidio. Poco dopo mezzanotte l'Ariete si mise in moto. L'8° bersaglieri era ridotto a poche centinaia di uomini; il V battaglione era comandato da un tenente, il XII da un capitano. Il 132° carristi disponeva di otto M 13 efficienti. Il 132° artiglieria aveva una quarantina di pezzi, compresi i cannoni da 88 ed i semoventi da 75. Il movimento per coprire i sei-sette chilometri in direzione sud-est fu assai lento a causa dell'oscurità e della sabbia, comunque verso le 4 l'obiettivo fu raggiunto ed i reparti si prepararono a sistemarsi a caposaldo. Quando i chiarori dell'alba consentirono di scorgere qualcosa, apparve la dimensione dell'errore commesso nella scelta della posizione: Deep Well era una depressione piuttosto profonda, una larga conca. Peggio ancora, oltre i bordi occidentale, meridionale ed orientale si profilavano movimenti di uomini e di automezzi. L'incertezza sull'identità loro non durò a lungo, perché una serie di concentramenti di artiglieria su pezzi, veicoli e reparti chiarl senza alcun dubbio che l'Ariete si trovava in un mare di guai. Alle 5,15 il gen. Arena inviò un messaggio molto calmo ma altrettanto eloquente al Comando di corpo d'armata:


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTR10NA.L E

«Abbiamo raggiu nto zona prescritta. Abbiamo dovuto assumere fronte W, S, E, perché numerosi elementi inglesi sono visibili in queste tre direzioni. Fuoco di artiglieria proviene da E, da W, da N. Le divisioni 15" e 21 • tedesca sono a 8 km nord-est da noi. Non vedo la Trieste. Data la forza disponibile in bersaglieri e la necessità di far fronte a possibili provenienze da ogni direzione, la situazione della divisione rimane delicata. Prego pertanto considerare l' opportunità di far avanzare la Trieste e di rappresentare la situazione dell'Ariete al Comando superiore tedesco. Sono giunte in questo momento presso di me due autoblindo tedesche della 15' e della 21 • te,desca,,ZS,

Le speranze di Arena circa un intervento dall'alto erano mal collocate perché il fonogramma giunse al Comando del XX corpo alle 8, quasi tre ore dopo; perché il DAK era comunque già destinato ad un estremo tentativo di risolvere la battaglia verso est; perché la Trieste non aveva ricevuto tempestivamente l'ordine di riprendere l'avanzata su Alam Nayil 29 e si trovava ancora presso El Mreir. L'isolamento e la precaria situazione tattica dell'Ariete erano stati rapidamente percepiti dal nemico. La prima ad aprire il fuoco fu la colonna Weir da Alam Nayil, che facilmente vinse il duello di artiglieria trovandosi le batterie italiane in grave difficoltà per l'osservazione del tiro. Le perdite di personale, allo scoperto, diventavano sensibili. Poi apparvero i mezzi della 4a brigata corazzata inglese da nord-est. Alle 8 Arena comunicò a De Stefanis: «Confermo siamo soli sotto intenso, continuo fuoco artiglieria proveniente da ovest, nord e est (. ..)»30 • Poi a sud apparve la 4a brigata neozelandese inviata da Deir el Munassib, articolata su due colonne (il 19° battaglione con il 4° artiglieria campale ed il 20° battaglione con il 5° artiglieria campale) e con l'appoggio di mezzi blindati. Gli M 13 si opposero alla 4a brigata corazzata in uno scontro palesemente ineguale. Il V battaglione bersaglieri cercò di far fronte a nord-est. I neozelandesi toccarono al XII battaglione, rimasto con una mitragliatrice e senza granate ordinarie per i pezzi da 47 /32. Verso le 10 la lotta era conclusa. L'Ariete perse 531 uomini, 36 pezzi di vario calibro e 55 automezzi31 • Mentre i resti della disgraziata divisione ripiegavano alla meglio verso El Mreir, De Stefanis dispose che l'Ariete riordinasse quanto le rimaneva a tergo della Pavia32 e che la Trieste - i cui autoveicoli si erano frammischiati con quelli della Pavia - si ponesse sul prolungamento del X corpo, verso sud-est, anziché proseguire su Alam Nayil. Durante la mattinata l'azione del DAK non aveva fatto progressi, anche perché la 15a Panzer era stata costretta a rimanere in posto per garantire lo schieramento della Trieste. Benché colpito dal disastro dell'Ariete, alle 12,50 Rommel ordinò a Nehring: «Chiedo un attacco ener-


LA PRIMA BATTAGLù\ DI EL ALAMEIN

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gico dell'intero DAK>>, affidando ai gruppi esploranti la protezione del fianco meridionale. La Littorio e la 90a leggera dovevano tenersi pronte ad intervenire. La 21 a Panzer non soltanto non ottenne alcun risultato concreto a nord del Ruweisat, ma neanche riuscì ad infliggere perdite alla 1a e 2a brigata sudafricana. La 15a Panzer venne bloccata ben presto dai 56 carri della 22a B.cor. e dal grosso della 4a B.cor. britannica; ma alle 16 circa, spinta da nuove sollecitazioni di Rommel, si ributtò in avanti ed occupò Alam Baoshaza. Fu la massima penetrazione ed anche l'estremo sforzo. La 1a D.cor. inglese aveva perduto 39 carri. Nel frattempo la 5a brigata neozelandese - con 24 pezzi da 25 libbre del 6° artiglieria campale, 16 pezzi e.e. da 6 libbre e 16 Bofors e.a. - si diresse verso El Mreir per incidere sul fianco del dispositivo italo-tedesco. Alle 16 l'avanguardia arrivò in vista dell'obiettivo. Il X corpo si era organizzato speditivamente in difesa: i due battaglioni della Brescia occupavano il bordo settentrionale della depressione; i due del 9° bersaglieri erano leggermente spostati a sud-est. Dopo una breve preparazione di artiglieria, l'attacco si sviluppò sia ai lati della depressione sia cercando di attraversarla, ma ben presto dovette desistere dall'impresa a causa dell'intenso fuoco di arresto della Brescia. Alle 20,10 Rommel si rassegnò a fermare le truppe sulle posizioni raggiunte. La situazione si era fatta preoccupante. Le truppe corazzate tedesche, punta di diamante dell'armata, apparivano provatissime; l'Ariete, la migliore divisìone italiana, per il momento era inutilizzabile; le divisioni di fanteria italiane, che sempre avevano denunciato l'esiguità della loro struttura, ormai avevano raggiunto l'estremo limite della sufficienza operativa. Von Mellenthin ricordò amaramente: «Ognuno si rese conto che l'offensiva iniziata il 26 maggio, e che aveva 33 riportato così spettacolose vittorie, era purtroppo giunta alla fine>, • Da quanto affiora nelle memorie di Rommel, l'elemento pressoché determinante dell'insuccesso sarebbe stata l'Ariete, che peraltro si era sempre battuta bene «sia pure sotto la protezione dell'artiglieria e dei carri armati tedeschi», come Rommel si affretta a precisare. L'infelice episodio di Deep Wdl aveva provocato un'inattesa delusione e perdite non facilmente riparabili, messo in pericolo il fianco meridionale del DAK e tolto vigore al suo attacco, posto infine in evidenza che sugli italiani non si poteva molto contare per superare la crisi. In quest'ordine di idee il comandante dell'armata telegrafò a Kesselring: «Con l'attuale forza combattente e data la situazione dei rifornimenti, un attacco su larga scala non è attualme.nte possibile. A stento si riesce ad alimen-


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

tare l'armata di notte, perché le strade ci sono pressoché inibite dall'attività aerea nemica( ...)».

Poi si lamentò per lo scarso aiuto che riceveva dagli alleati, citando proprio il caso dell'Ariete, della quale 360 uomini «sono stati catturati senza aver opposto una resistenza degna di nome>/4. Alle 22 il col. Mancinelli comunicò al Comando Superiore che Rommel si riservava in nottata, dopo un approfondito esame dello stato delle truppe e dei rifornimenti, di decidere se insistere nell'offensiva o assumere temporaneamente un atteggiamento difensivo, ferma restando la sua convinzione di poter risolvere favorevolmente le difficoltà che incombevano sulle truppe dell'Asse. Quel giorno, naturalmente con il beneplacito di Mussolini e di Cavallero, il Comando Superiore prescrisse l'adozione della denominazione Armata italo-tedesca (AIT), in luogo della precedente Armata corazzata Africa o Panzerarmee Afrika. Il provvedimento però non venne divulgato mediante una formale comunicazione ufficiale 35 • In ambito italiano, soprattutto nel XX corpo, «il morale delle truppe è rimasto scosso dalle azioni della giornata e specialmente dall'inevitabile ripiegamento»36• Sull'accaduto, dunque, non si può evitare una parola di commento. Che si sia verificato un cedimento allo scoraggiamento non può meravigliare, tenendo conto delle circostanze e del terreno sul quale i reparti dell'Ariete si trovarono all'improvviso a battersi. Non dimentichiamo che due giorni prima «il panico scoppia nelle fila della divisione (ore 15,30} - riportava il diario di guerra della 90a leggera - ed è arrestato appena in tempo dall'intervento energico del comandante della divisione e del capo di S.M.», un panico provocato dal crescente fuoco delle artiglierie britanniche e sudafricane e che aveva 37 volto in fuga precipitosa elementi dei servizi e reparti tedeschi • Quanto all'origine dell'evento, sembra che essa sia da ascriversi alla sosta dell'Ariete in una zona tatticamente infelice ed al ritardo della Trieste, cause sulle quali non si hanno completi elementi per un addebito specifico, anche se è chiara qualche carenza nell'azione di comando e nei collegamenti. Mancinelli, che il giorno successivo si recò al Comando del XX corpo, telegrafò al Comando Superiore: «(..} Divisione è stata sorpresa in situazione estremamente sfavorevole seguito malintesa errata indicazione, per cui era autorizzata ritenere essere coperta da sud e da est» 38 • Da parte britannica gli avvenimenti del 3 luglio vennero interpretati in senso positivo. Gli ordini di Auchinleck per il giorno seguente rimasero sostanzialmente invariati: il 30° corpo doveva fronteggiare


LA PRlMA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN

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l'urto italo-tedesco, mentre il 13° doveva cercare di irrompere sul fianco e sul tergo del nemico, tagliandogli la linea di operazioni. A Londra, Churchill aveva vinto la sua battaglia parlamentare con un trionfo assoluto: la mozione di Wardlow-Milne era stata respinta dalla Camera dei Comuni con 475 voti contro 25. Concludendo il dibattito, il Premier aveva parlato a lungo degli avvenimenti in Medio Oriente e dei rapporti fra il Governo ed i capi militari. Fra l'altro egli disse: «Io accetto volentieri, in verità sono tenuto ad accettare, quella che il nobile Lord [il conte di Winterton] ha definito la «responsabilità costituzionale» per tutto quanto è accaduto; penso di averla assolca non interferendo mai nell'impiego tecnico degli eserciti in contatto col nemico. Prima che la battaglia avesse inizio, sollecitai però il generale Auchinleck ad assumere personalmente il comando poiché ero certo che durante il prossimo o i due prossimi mesi non sarebbe accaduto nel vasto teatro operativo del Medio Oriente nulla di paragonabile per importanza a questi combattimenti nel deserto occidentale e pensavo che egli fosse l'uomo adatto alla bisogna. Egli addusse varie buone ragioni per non agire in tal modo e così il generale Ritchie combatté la battaglia. Come ho però detto alla Camera dei Comuni martedl scorso, il generale Auchinleck ha sostituito il generale Ritchie il 25 giugno e ha assunto personalmente il comando. Noi approvammo immediatamente tale decisione, ma devo francamente confessare che questo non era un argomento sul quale potessimo formulare un giudizio definitivo per quanto riguardava il generale ora sostituito. Io desidero che i comandanti di terra e di mare e di cielo abbiano l'impressione che tra essi e ogni critica pubblica si erga il Governo come baluardo incrollabile. Essi debbono avere la possibilità di compiere errori e anche più di una possibilità: gli uomini possono compie{e errori e imparare dai loro errori; gli uomini possono essere sfortunati e la sfortuna può cambiare. Ma in ogni caso voi non avrete mai generali che possano affrontare rischi, senza l'impressione di avere alle spalle un Governo forte. Essi non affronteranno rischi a meno che non siano convinci di non dover badare a ciò che avviene dietro di loro e preoccuparsi di quello che accade in patria, a meno che non abbiano l'impressione di poter concentrare la loro attenzione sull'avversario ( ...)»39 •

Poi, quella stessa mattina, non appena superata la crisi parlamentare, si affrettò a scrivere ad Auchinleck: «Il 1° luglio vi abbiamo comunicato la nostra informazione riservata che il nemico, dopo una finta sul vostro fianco meridionale, avrebbe attaccaco il centro del vostro fronte, all'incirca in corrispondenza della 18 3 brigata, e quindi si sarebbe volto verso nord per isolare il caposaldo di El Alamein. Questo è esattamente quello che egli sembra aver cercato di fare. State ricevendo tempestivamente queste notizie di inestimabile valore e che mai si sono mostrate false? Ogni telegramma del genere dovrebbe arrivare nelle vostre mani senza un momento di ritardo(...)»"°.

Gli rispose dal Cairo Corbett. Prima di tutto assicurò che «ogni messaggio di fonte speciale va direttamente all'8a armata» e precisò che


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETIENTRJONALE

taluno arrivava in tempo per trarne profitto nell'operazione in corso, talaltro non del tutto. L'8a divisione corazzata era in corso di affluenza: due squadroni di Valentine avevano già raggiunto la 1 a brigata carri; per metà luglio una brigata corazzata completa sarebbe stata pronta. La 9a divisione australiana, meno una brigata (in arrivo l'indomani) era ad Alessandria ed un gruppo di combattimento, con 24 pezzi da 25 libbre, era già partito per El Alamein. Diciamo anche che il tono mellifluo di Churchill mascherava un diverso stato d'animo. Voleva recarsi immediatamente in volo al Cairo e Brooke riuscì a stento a persuaderlo a rimandare il viaggio, almeno sino a quando le cose non si fossero stabilizzate. In compenso, Churchill imperverserà contro il comandante in capo del Medio Oriente nelle riunioni di Gabinetto: «Ho fatto una fatica improba - scrisse Brooke nel suo diario - a difendere Auchinleck e a sottolineare le difficoltà della sua attuale posizione. Senza contare il fatto che ogni sostituzione precipitosa in questo momento ci porterebbe rapidamente a perdere l'Egitto. Il primo ministro era in uno dei suoi momenti di cattivo umore e, ritornato sul vecchio argomento, mi ha chiesto dove sono i 750.000 uomini del Medio Oriente, che cosa fanno e perché non combattono. Poco dopo ... con un tratto di quella simpatia stupefacente che lo caratterizza, è venuto da me e mi ha detto: «.J3rookie, mi dispiace di essere stato

così ingiusto con A uchinleck e con gli uomini del Medio Oriente,,''.

lL4LUGLIO

Esaminata la situazione, Rommel decise di passare per il momento alla difensiva e portare a termine il completamento dell'armata, specie sotto il profilo logistico. Pensava sufficienti allo scopo quindici giorni, indispensabili per far affluire 12-15.000 complementi tedeschi; nel contempo anche i corpi italiani potevano essere rimessi a livello. Sul piano tattico non aveva preoccupazioni. La linea tenuta dai reparti appariva molto favorevole perché ristretta e non aggirabile a breve raggio. Piuttosto, occorrendo realizzare un'adeguata densità di forze per parare probabili controffensive, la proiezione in avanti di tutte le unità diventava inizialmente inevitabile. L'atteggiamento difensivo, peraltro, non escludeva iniziative, quali la conquista di Naqb Abu Dweis per appoggiarvi la destra dello schieramento e l'occupazione di Siwa per togliere al nemico la possibilità di cadere sul suo tergo a largo raggio. Infine si aspettava un attacco britannico nel settore centrale, e per tale evenienza aveva inserito la Littorio sul Ruweisat fra la 15 3 e la 21 a Panzer. L'A·


LA PRIM,A. BATTAGLIA DI EL ALAMEIN

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riete era stata ritirata dal fronte ed arretrata a Deir el Dhib per riordinarsi: al momento disponeva di 5 carri e 2 pezzi da 75/27, ma attendeva in restituzione il gruppo di artiglieria già ceduto alla Littorio e l'assegnazione di 30 nuovi carri in arrivo al XX corpo. Cavallero seguiva lo svolgersi dei combattimenti da lontano. Messo al corrente delle intenzioni di Rommel, consegnò a Bastico le seguenti direttive: «Duce condivide e conferma necessità temporanea sosta per riordinare unità, far affluire rinforzi, uomini e mezzi. A questa affluenza si provveda con massimo sforzo, mentre Comando Supremo provvede anche da Italia. Durata sosta ~ lasciata al giudizio del Comando armata corazzata italo-tedesca, che informerà Supercomando»•2•

Per essere sinceri, il tono, se non la sostanza, di simili direttive è piuttosto irritante, trasparente essendo il desiderio di mostrare che le redini della campagna erano tenute direttamente da Roma. Volendo sofisticare, la prima parte del messaggio è scontata, ben sapendo che proprio la carenza di forze imponeva una sosta. L'incitamento al Comando Superiore (tagliato fuori da ogni decisione operativa) a far di tutto per provvedere ai reintegri, può anch'esso considerarsi superfluo ben conoscendosi le difficoltà nel campo dei trasporti. L'assicurazione che il Comando Supremo avrebbe fatto altrettanto era alquanto vaga, ma, per la verità, il giorno prima Cavallero aveva annunciato l'invio per via aerea di complementi e di tre battaglioni di fanteria, dei sette già da tempo predisposti in Italia. Inoltre, il 1° luglio, in un colloquio con Bastico, Kesselring, Fougier e Marchesi erano stati concretati provvedimenti per aumentare la sicurezza dei trasporti marittimi. Infine sulla durata della sosta sembra che meglio sarebbe stato un abboccamento con Rommel, visto che la questione dipendeva da quello che sarebbe pervenuto dall'Italia e dalla Germania. Invece fu Rommel a sollecitare un incontro con Cavallero e Kesselring, e lo fece -proprio quel mattino. E non si nasconde molta perplessità per .il fatto che Cavallero abbia incaricato Bastico ed il ten. col. Montezemolo di recarsi in sua vece all'appuntamento, fissato per l'indomani 5 luglio. L'incontro non ebbe luogo, ma non se ne conosce il motivo. Da quanto detto risulta chiaro che Rommel aveva ripreso, o meglio non aveva affatto perduto il suo naturale ottimismo. Pur attendendosi qualche mossa avversaria, non considerava critico il momento, né reputava che la fase di rafforzamento dell'armata potesse venir in qualche modo minacciata. Di conseguenza, stabilì un rimaneggiamento nel


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

dispositivo, sostituendo con il X corpo il DAK e la 90a leggera sul saliente del Ruweisat e portando le divisioni tedesche fra El Mreir e la pista per Qaret el Himeimat. Dal canto suo Auchinleck era sempre più e sempre meglio al corrente delle intenzioni del suo avversario. Le decrittazioni dei messaggi Enigma sulla rete della Luftwaffe avevano raggiunto la bella cifra di un centinaio al giorno. La loro evidente ed eccezionale importanza operativa veniva completata dai numerosi particolari sulla dislocazione dei Comandi e delle truppe dell' AIT, sui rifornimenti terrestri nonché sulla situazione ed i programmi del Fliegerfuhrer. «Per di più, alcuni Enigma decifrati rivelarono che la tensione fra Kesselring e Rommel era adesso alta» 43• Così, nelle prime ore del 4 Auchinleck venne a sapere che quel giorno Rommel non l'avrebbe attaccato. Sul Ruweisat la prima unità a spostarsi fu la 21 a Panzer, mentre la 15a si allargava verso nord per mascherare il movimento retrogrado, senonché la P divisione corazzata si accorse della cosa (ore 14,15) e la segnalò subito all'armata44• A dire il vero, il comandante interinale della 15a Panzer, col. Crasemann, aveva protestato - inutilmente - di non essere in grado di tenere la zona senza un rinforzo, posto che era rimasto con appena 15 carri efficienti e due giornate di fuoco, e lo stesso Nehring guardava con preoccupazione all'attività intermittente dei mezzi corazzati inglesi, tanto da far scrivere alle 10,30 sul diario di guerra del DAK che la situazione nel settore della 15a Panzer era molto seria. Alle 15 la divisione era costretta ad indietreggiare di un paio di chilometri sotto la pressione della 22 a brigata corazzata contro il 115° reggimento fucilieri, ma il fatto fu circoscritto rapidamente, grazie anche all'intervento di una batteria da 88. L'episodio dette luogo ad un falso allarme al Comando dell'AIT. Dall'intercettazione di segnalazioni britanniche sembrò, in un primo momento, che la 21 a Panzer, impegnata dalla 22 a brigata corazzata durante l'arretramento, avesse perduto 600 uomini, arresisi in massa. Dopo qualche ora venne accertato trattarsi di notizia priva di fondamento, derivante probabilmente dal disordinato movimento retrogrado del 115° fucilieri. C'è da stupirsi per il ritiro della 2P Panzer dal Ruweisat prima della sostituzione da parte del X corpo, come previsto, mal'operazione fu sospesa per effetto di una comunicazione urgente di Rommel a Gioda: «Prepararsi su attacco nemico da sud o sud-ovest. In tempo respingere» 45. Un'ora più tardi seguì l'ordine di effettuare il cambio soltanto a partire delle ore 9 del giorno successivo. La Pavia doveva occupare il settore della 90a leggera, la Brescia disporsi a tergo della 15a Panzer collegandosi a destra con la Trieste.


LA PRIMA BATTAGLIA DI EL ALA.MEIN

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Il temuto attacco si verificò verso le 21, dopo una breve preparazione di artiglieria, ad opera della sa brigata neozelandese. Il settore investito ad El Mreir, a cavallo della pista per Naqb Abu Dweis, fu quello del II/27° fanteria della Brescia. Gli ampi intervalli fra le postazioni e l'oscurità della notte consentirono un iniziale successo su alcuni centri di fuoco, ma i contrattacchi ed il tiro d'arresto italiani ripristinarono la situazione in un paio d'ore. Tutto sommato, la giornata del 4 non vide apprezzabili cambiamenti. Però si possono formulare due considerazioni. La prima riguarda l'estrema stanchezza e l'esiguità delle divisioni italiane e tedesche, che, come riferì Rommel all'OKW, contavano poco più di un migliaio di uomini ciascuna. La semidistruzione dell'Ariete, il momento di panico della 90 a leggera, l'episodio del 115 ° fucilieri sul Ruweisat, erano sintomi molto evidenti del limite raggiunto dalle forze umane. Rommel sottolinea essenzialmente l'insufficienza del rifornimento munizioni, ma non sembra l'aspetto peggiore del momento, anche perché tale deficienza - indubbiamente grave - si risolse in un paio di giorni. Il secondo rilievo riguarda l'azione di comando del 30° corpo, ai cui ordini pare fosse passata la 1a divisione corazzata. Sapendo che gli ordini di Rommel per quel giorno non contemplavano alcuna azione offensiva, sapendo della sostituzione del DAK, avendo percepito nettamente l'arretramento della 21 a Panzer, avendo del pari avvertito il cedimento della sottile linea tedesca sul Ruy,reisat e disponendo di ben cento carri nella 1 a divisione corazzata;non si comprende come Norrie non abbia subito sfruttato l'attimo fuggente. Considerato l'equilibrio instabile dell' AIT, c'è da ritenere che uno sfondamento locale forse avrebbe avuto conseguenze assai vaste, forse di portata risolutiva. A ben inquadrare, infine, la portata degli interventi aerei britannici, aggiungiamo che dall'imbrunire del 2 all'imbrunire del 3 luglio la Royal Air Force svolse novecento missioni, con un rapporto di circa 4 a 1 rispetto all'aviazione dell'Asse. «Furono lanciate bombe sulle truppe e sui mezzi di trasporto [italo-tedeschi] alla media di dieci tonnellate ogni ora» precisa la relazione ufficiale britannica46•

2. IL CO:MBATTIMENTO DI TELL EL EISA (10-12 LUGLIO)

Il mattino del 5 il comandante dell' AIT tenne rapporto ai comandanti di corpo d'armata per fare il punto. Ammise che, malgrado gli sforzi compiuti negli ultimi giòrni di accaniti combattimenti, non era


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

stato possibile conseguire un successo di livello strategico in quanto l'organizzazione nemica si era palesata assai più consistente del previsto. L' AIT, eliminato il caposaldo di Deìr el Shein, era riuscita ad inserire un cuneo fra il box di El Alamein e quello di Bab el Qattara, ma non aveva potuto completare l'avvolgimento dei due capisaldi. Ciò dipendeva dalla rapidità dello sfruttamento del successo, rapidità che aveva vincolato la partecipazione dei corpi di fanteria alle deboli colonne che era stato possibile autotrasportare. L'armata adesso si poneva sulla difensiva per consentire sia il recupero di tutto ciò che era rimasto indietro, sia l'afflusso di complementi e di rinforzi. Non appena ripianate le perdite e riordinata, avrebbe ripreso l'offensiva. Nelle circostanze attuali, però, assumeva grande importanza il saper mantenere le posizioni raggiunte contro i possibili e prevedibili contrattacchi britannici ed in particolare occorreva conservare il saliente, che rappresentava la premessa indispensabile per la prosecuzione dello sforzo. Fra le misure da adottare per il passaggio alla difensiva spiccava il massimo ricorso ai campi minati (utilizzando anche mine inglesi) veri e falsi, ai lavori in terra, allo schieramento di finti pezzi da 88, definitiva, ai lavori di fortificazione campale ed alla tecnica dell'inganno e del mascheramento. Tuttavia Rommel mal si adattava a cedere l'iniziativa al nemico od anche, più semplicemente, a regalargli tempo. «Egli - riferì Mancinelli - continua giudicare situazione attuale con assoluta fiducia et ritiene essere in grado riprendere movimento»47 • Ma il recupero di una massa d'urto che consentisse di manovrare contro la 2a divisione neozelandese per togliere ogni preoccupazione sull'ala destra (il pensiero più radicato in Rommel in quel momento) non era facile. Lo spostamento del X corpo fra El Alamein ed il Ruweisat trovava ostacoli. Le divisioni erano veramente in angustie e l'insistenza con la quale chiedevano l'intervento dei livelli gerarchici superiori era dettata da reali gravi difficoltà. Il diario storico del Comando Superiore annota sotto la data del 5 luglio: «Sempre più pressanti le richieste dei reparti {accompagnate dalle espressioni "al più presto possibile': "con la maggiore urgenza': "immediatamente''; ad un Comando è stato risposto: «Comprendiamo pienamente le vostre necessità ma dovete fare un grande sforzo"». Cosicché l' AIT fu costretta a vedere tutte le sue divisioni in linea, una lunga e gracile linea color sabbia (schizzo n. 57). Anche Mussolini avvertiva il forte disagio esistente. Aveva girato un po' per la Cirenaica: era stato a T obruk, aveva visitato reparti in arrivo, sentite le notizie del fronte. Il 5 mise per scritto alcune osservazioni personali. A prescindere dalla naturale direttiva di accelerare al


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SEITENTRIONALE

massimo gli arrivi dall'Italia e dalla sollecitazione a portare avanti quanto esisteva di «mobile o movibile» dalla Tripolitania «facendo ciò che in un 'ora unica come questa bisogna saper fare: l'impossibile», egli dispose il trasferimento al fronte della maggior parte delle batterie contraeree delle retrovie, perché «il nervosismo che si comincia a segnalare fra Comandi e truppe della nostra linea, esposta ad attacchi ripetuti e gravi dell'aviazione nemica, merita più considerazione»48• Per qualche giorno ambo le parti si riordinarono. Qualche tentativo britannico si esaurì senza pervenire a risultati concreti, come l'azione che il mattino del 5 la 2a divisione neozelandese e la 9a brigata indiana iniziarono da Bah el Qattara verso Sidi Abd el Rahman raggiungendo la zona di Minqar Wahla, che abbandonarono il giorno 7 di fronte ad un attacco del Kampfstaffel e di unità della Littorio, e come l'incursione di una colonna della 4a brigata corazzata sino a Fuka. Auchinleck giunse allora alla conclusione che ben scarse fossero le probabilità di riuscire a tagliare da sud il saliente italo-tedesco, isolando così l'intera armata di Rommel. Per giunta era scontento della sostanziale inattività del gen. Norrie, tanto da risolversi a sostituirlo nel comando del 30° corpo con il gen. Ramsden, sino al 6 luglio comandante della soa divisione britannica. Diverse azioni locali avevano confermato che davanti al lato occidentale del box di El Alamein era schierato il debole XXI corpo italiano. Di conseguenza, Auchinleck decise di sferrare un attacco diversivo sul Ruweisat con parte della 9a divisione australiana; concentrare tutto il 13° corpo nella zona di Alam Nayil in modo da utilizzarlo in un secondo tempo a ragion veduta ed intanto proteggere la sinistra dello schieramento britannico, sperando nel contempo che Rommel accettasse l'invito ad inoltrarsi sulla direttrice desertica per il Cairo (la pista dei barili), apparentemente scoperta; poi attaccare a nord. Nella notte sull'8 luglio la 24a brigata australiana (gen. Godfrey) mosse contro la 15a Panzer sul Ruweisat, ottenendo un certo successo iniziale perché giunse a distruggere alcuni pezzi e trattori tedeschi. Peraltro l'intervento della riserva divisionale e di artiglierie della Pavia riportò la calma nel settore49 • Più a sud i neozelandesi ripiegarono in quella notte stessa. Sia per l'attività esplicata il giorno 7 dalla costituita 7a divisione corazzata (gen. J.W. Renton), formata dalla 7a brigata motorizzata e dalla 4a brigata corazzata50, sia per l'azione australiana, il movimento retrogrado non fu inizialmente avvertito. Solo a mezzogiorno dell'8 la 21 a Panzer riferì al DAK che la sa brigata neozelandese aveva abbandonato le posizioni a sud di El Mreir


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ed alle 21,50 che il caposaldo di Bab el Qattara sembrava privo di difensori. Rommel venne a conoscenza di queste novità il mattino del 9, quando telefonò a Nehring per altro motivo, ed è facile immaginare con quanto dispetto. Dispose subito l'occupazione del box con un gruppo tattico della 21 a Panzer e tre ore dopo piombò furibondo al Comando dell'Afrikakorps. Non si trattava adesso di cogliere semplicemente l'occasione per sistemare adeguatamente la destra dell' AIT, bensì di sfruttare anche il momento favorevole: «Nel frattempo - scrisse Rommel - mi ero fatta l'idea precisa della forza della linea di El Alamein ed avevo scoperto a sud il suo punto debole,, 51 • In quest'ordine di idee si era convinto che l'avversario stesse ritirando la propria sinistra per effetto della minaccia creata dalla spinta - in atto - dei gruppi esploranti tedeschi, del gruppo Marcks della 90a leggera e della Littorio in direzione sud e che oltre la pista per Naqb Abu Dweis non esistessero altre strutture difensive. Concluse perciò che l'intera ala destra dell' AIT ruotasse verso oriente facendo perno sulla 21 a Panzer. Nel primo pomeriggio dello stesso 9 Rommel raggiunse von Bismarck a Bab el Q attara. Visto che si trattava di un caposaldo approntato su una posizione tatticamente assai rispondente, provvisto di postazioni in cemento, protetto da campi minati e per di più ancora ben dotato di munizioni e di materiali di rafforzamento, egli non si rendeva ben conto del significato della ritirata neozelandese: «Lo sgombero di questa posizione ci sembrò incomprensibile»52• Ad ogni modo era euforico perché l'OKW, considerando la convenienza di sfruttare strategicamente il successo sul teatro africano, gli aveva chiesto di quali rinforzi sentisse il bisogno ed egli aveva domandato, come prima misura, l'immediato invio di due divisioni motorizzate53 • Alle 20 l'ala marciante si era portata sull'allineamento Bab el Qattara-el Taqa, respingendo azioni temporeggianti di elementi meccanizzati e motorizzati. «Si ritiene possibile - telegrafò Mancinelli al Comando Superiore - che avversario sia in procinto ripiegamento generale lasciando forse solo forze corazzate. Mancano ancora elementi precisi per ordini per domani. Tendenza est completare movimento oggi iniziato senza indurre avversario precipitose decisioni onde avere noi ancora disponibili paio di giorni completamento organizzazione. Se peraltro avversario prendesse iniziativa ripiegamento, AIT passerebbe senz'altro inseguimento. Situazione presso unità tedesche: carburante sufficiente sino at Cairo, munizioni sufficienti per prevedibili combattimenti sino tale obiettivo» 54 •

Rommel vedeva ancora roseo.


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Al cadere della notte sul 10 la situazione delle unità italiane era la seguente (schizzo n. 58). Il XXI corpo teneva il settore di El Alamein con la Sabratha (85° f. su un btg., 86° f. su due btg. e 3° artiglieria celere), la Trento (61 ° e 62° f. su tre battaglioni e 46° artiglieria) ed il 7° bersaglieri (su due btg.). Il X corpo teneva il settore del Ruweisat con la Pavia (27° f. su un btg., 28° f. su due btg., 9° bersaglieri su due btg. e 26° artiglieria) e la Brescia (19° f. su un btg. e 1° artiglieria celere). Il XX corpo era a tergo del X con la Trieste (65~ e 66° f. su due btg., 16 carri medi inefficienti e 4 autoblindo, e 21 ° artiglieria) a Deir el Shein, l'Ariete (una cp. bersaglieri, 18 carri medi inefficienti e 4 autoblindo, due batterie) a Deir el Dhib e, adesso, anche la Littorio, il cui comando era stato assunto 1'8 luglio dal gen. Becuzzi (12° bersaglieri su due btg., 9 carri medi e 11 carri leggeri) a sud-ovest di Bab el Qattara. Il Il/65° fanteria della Trieste era momentaneamente distaccato al gruppo Marcks a Gebel Kalakh. Tale schieramento era ancora incompleto a causa degli arrivi di nuovi reparti e delle sostituzioni in linea. I battaglioni avevano una forza presente variabile dai 250 ai 450 uomini, con una sensibile deficienza numerica nei quadri ufficiali e sottufficiali, e quasi tutti erano praticamente appiedati. Il morale in genere risultava buono, eccezion fatta per il XX corpo. L'episodio di Deep Well aveva lasciato traccia. Dal 4 luglio sul diario storico del corpo d'armata il morale delle truppe è sempre descritto come «piuttosto depresso» e comincerà a dare segni di miglioramento soltanto nella terza decade del mese. Da aggiungere che il 9 luglio lo stesso diario riporta: «Si nota nei Comandi un certo nervosismo, soprattutto per deficienze di uomini e mezzi delle unità». Intanto 1'8 luglio Auchinleck era venuto a conoscere con certezza, attraverso Enigma e le intercettazioni, che il grosso delle truppe mobili di Rommel gravitavano nel settore centro-meridionale. Subito ordinò a Ramsden di studiare l'occupazione dei due bassi rilievi di Tel1 el Eisa e di Tel1 el Makh-Khad (quattro chilometri a sud-est del precedente), che in certo modo controllavano la strada costiera. Sapeva che il settore era tenuto da deboli formazioni italiane e che, secondo le fotografie aeree, i lavori difensivi erano di natura molto speditiva. L'obiettivo doveva costituire la base di partenza per un attacco di colonne in direzione di Deir el Shein e per incursioni di commando verso le strisce di atterraggio di El Daba. Il piano redatto dal Comando del 30° corpo assegnò Tel1 el Eisa alla 9° divisione australiana, rinforzata dal 44° Royal Tanks con 32 Valentine, e Tel1 el Markh-Khad alla 1a divisione sudafricana (meno la 3a brigata) rinforzata da otto Matilda. Il 13° corpo doveva impedire



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che Rommel sottraesse truppe dal fronte meridionale a favore del XXI co_rpo italiano e tenersi in condizioni di sfruttare qualsiasi buona occasione. A tale scopo gli venne assegnata la 2a brigata corazzata, con il compito precipuo di mettersi apertamente in mostra per colpire l'attenzione dell' AIT. «Il 10 luglio, verso le ore 5 - ricorda Rommel, che aveva passato la notte a Bab el Qattara - fummo svegliati dal sordo rimbombo dell'artiglieria proveniente dal settore settentrionale. Ebbi subito un cattivo presentimento»;;_

Il presentimento era ben collocato. Alle \30 lo schieramento del

XXI corpo veniva investito da una serie di violenti concentramenti di artiglieria, con l'evidente carattere della preparazione. Il tiro durò ininterrottamente per circa due ore, per quanto contrastato dalla controbatteria di due gruppi dell'8° artiglieria d'armata. Alle 6, dietro estese cortine nebbiogene, la fanteria nemica lasciò le basi di partenza. Gli australiani avevano in prima schiera la 26a brigata sui battaglioni 2/24, 2/48 e parte del 2/23, seguita dal 9° reggimento cavalleria; in riserva la 20a brigata56 • L'appoggio di fuoco era dato dai tre reggimenti di artiglieria divisionale e dal 7° artiglieria di medio calibro. Ogni battaglione della 26a brigata, su quattro compagnie fucilieri, era rinforzato da reparti mitraglieri, controcarri e del genio, nonché da uno squadrone di carri. I sudafricani avevano pianificato l'impiego della za brigata (con un battaglione della sa) agli ordini del gen. Palmer. In particolare, i battaglioni avevano compiti ben differenziati: il Natal Mounted Rifles rinforzato da otto Matilda si doveva spingere sino a Bir el Maqtua ed eventualmente poco oltre57; il 2° Botha con dieci autoblindo doveva tenersi pronto a sfruttare il successo ed il Cape Town Highlanders garantire i punti di uscita dal caposaldo.'Il sostegno di fuoco era fornito dall'artiglieria sudafricana di El Alamein. L'attacco australiano si sviluppò deciso, rompendo subito la linea della Sabratha a cavallo della litoranea e della ferrovia, isolando l'XI battaglione bersaglieri ed il 11/85° fanteria (in procinto di sostituire i bersaglieri) e sfasciando il 11/86° fanteria. Sullo slancio veniva raggiunto e travolto lo schieramento del I e IV /3° artiglieria celere, poi catturato il Comando del 7° bersaglieri ed infine investiti il XXXIII gruppo da 149/40 ed il LII gruppo da 152/37 dell'8° artiglieria d'armata. Alle 8 l'obiettivo di T ell el Eisa era parzialmente conquistato. La posizione del XXI corpo si era fatta di colpo seria. Nel settore della Sabratha rimanevano accerchiati un paio di compagnie del II/85°


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fanteria, l'XI/7° bersaglieri ed il III/3° artiglieria celere, la durata della cui resistenza appariva un punto interrogativo. Ancor più a sinistra, presso la costa, il X/7° bersaglieri, anch'esso isolato. Al centro, a cavallo della pista per Naqb Abu Dweis, il XXXII battaglione guastatori. Sulla destra, la Trento, non direttamente attaccata ma tenuta sotto pressione dall'artiglieria sudafricana. Il Comando XXI corpo dispose subito il X/7° bersaglieri con il IV/ 46° artiglieria a sbarramento della strada. Del pari, il Comando dell'AIT, che si trovava a pochi chilometri più a nord-ovest di Teli el Eisa ed aveva percepito quasi subito il rovescio della Sabratha, corse ai ripari prima attingendo ad elementi del Quartier Generale poi awiando immediatamente a bloccare la penetrazione un battaglione complementi della 90a leggera e parte del 382° fucilieri della 164a divisione, per fortuna giusto allora in arrivo. Grazie all'immissione di questi reparti ed anche all'intervento dell'aviazione, Navarini pervenne alfine a contenere gli australiani a 7 chilometri dal fronte di rottura ed alle 12 circa la linea aveva raggiunto una certa staticità. Fra le perdite registrate dai tedeschi in questa circostanza, una fu particolarmente importante: la 621 a compagnia per l'esplorazione elettronica venne distrutta o catturata con tutti i suoi documenti. Il suo comandante, cap. Seebohm, cadde prigioniero gravemente ferito. Il valore delle intercettazioni realizzate da tale speciale reparto era stato addirittura superiore, ai fini tattici, a quello della descrittazione dei rapporti Fellers. I documenti presi dal nemico gli consentirono di conoscere l'attività svolta dalla compagnia e, di conseguenza, di modificare e riorganizzare tutta la procedura delle comunicazioni. Invece l'attacco dei sudafricani era sfumato in un nulla di fatto: qualche disguido iniziale, un'eccessiva prudenza, una precisa reazione di fuoco italiana fecero sì che l'azione, iniziata alle 5,30, cioè ormai a giorno fatto, procedesse lentamente perdendo sette carri su otto e venisse interrotta senza plausibile motivo poco dopo. Naturalmente occorreva in qualche modo risolvere le questioni del saliente australiano. In mattinata, Rommel aveva convocato diversi comandanti. La comunicazione radio giunta alle 10,30 a De Stefanis era allarmata: «La situazione è critica. Comandante [del corpo d'armata] e comandanti di divisione presentarsi immediatamente all'Oberfehlshaber (...)» ma ora dalla zona centrale del fronte stavano affluendo nuove truppe: il gruppo Kiehl, alle cui dipendenze era passato il II/65° fanterie con una batteria del III/21 ° artiglieria; una colonna mobile della 15a Panzer; una colonna della Trieste, formata dal Comando del 66°


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fanteria, l'XI battaglione carri (su 20 carri) ed una batteria del IV/21 ° artiglieria. Nel corso del pomeriggio non si verificarono mutamenti sostanziali e d'ambo le parti l'attività delle artiglierie fu vivace mentre attorno al saliente prendevano posto i rinforzi, fra cui il I/85° fanteria della Sabratha, proveniente da Bardia, presto seguiti dal Comando della Trieste e da tutto il 21 ° artiglieria. Purtroppo il tentativo di ristabilire lo status quo ante andò a monte. Prima doveva essere iniziato alle 19,30 dalla Sabratha con il X/7° bersaglieri, il I/85° fanteria ed il I/65° fanteria della Trieste (non ancora presente), allo scopo di riconquistare i capisaldi perduti. Poi, alle 19,35, giunse un contordine: solo il X/7° bersaglieri avrebbe svolto il contrattacco per riprendere le proprie vecchie posizioni con l'appoggio del IV/ 46 ° artiglieria. Alle 20,30, nuova rettifica: l'azione era annullata. Nel frattempo, la Littorio, sempre senza artiglierie, veniva assalita da reparti della 4 a brigata corazzata mentre si dirigeva su Deep Well. Disimpegnatasi a fatica e con la perdita di diversi carri leggeri, ricevette disposizioni di arretrare verso Bah el Qattara, organizzandovisi alla meglio a caposaldo, con il concorso di una batteria da 105, una da 150 ed una da 25 libbre di preda bellica cedute temporaneamente dalla 21 a Panzer. Visto l'andamento della lotta, Rommel non poteva più permettersi di operare nel settore meridionale. Il pericolo di uno sfondamento a nord richiedeva ogni attenzione e lo spostamento di forze mobili verso El Alamein incideva sulle disponibilità di truppe meccanizzate. Arrestò, dunque, la destra con la Littorio a Bab el Qattara, il grosso della 90a leggera a Gebel Kalakh ed il 3° ed il 33° gruppo esplorante sul pianoro di El Taqa, con elementi avanzati di alcuni chilometri. I combattimenti fra il 10 ed il 12 luglio furono notevolmente confusi, in parte perché i rapporti delle unità impegnate furono molto vaghi e imprecisi, in parte per la frammentarietà dell'azione, in parte anche per il frammischiamento di gruppi tattici di varia natura e provenienza. Tutto ciò provoca un'insoddisfacente ricostruzione degli eventi. Ci limiteremo perciò a citare gli aspetti principali di quello che veramente fu avvertito come momento drammatico. Alle 4,30 dell'11 la 26a brigata australiana, rinforzata da uno squadrone di Valentine ed accompagnata dal fuoco di tre reggimenti d'artiglieria campale australiani ed uno sudafricano, nonché di un reggimento di medio calibro, mosse per completare l'occupazione della posizione di T ell el Eisa. Riusd a toccare l'obiettivo ma la resistenza dei reparti dell'Asse, che continuavano ad arrivare alla spicciolata a colma-


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re la linea di contenimento, bloccò qualunque possib ilità di ampliare il successo. In questo quadro il II/66° fanteria della Trieste, disorientato perché giunto di notte e privo di contatto con i reparti tedeschi nei quali era stato inserito, venne sorpreso e sopraffatto. Nel contempo, una colonna meccanizzata australiana estremamente eterogenea, denominata Daycol, aveva iniziato alle 5,30 un'incursione in direzione del costone di Miteiriya. Trovò e superò presco il primo ostacolo di un paio di compagnie di fanteria, poi continuò nello sforzo finché non venne arrestata nel primo pomeriggio da un intenso e preciso sbarramento di artiglieria. Secondo la relazione ufficiale australiana, ripiegò alle 13,30 dopo aver distrutto otto pezzi italiani e catturato 1.024 prigionieri, per la maggior parte italiani58 • Se l'incursione fu attuata più o meno a cavallo della pista per N aqb Abu Dweis, il resoconto non trova riscontro reale, giacché la direzione di Sanyet el Miteiriya era sbarrata dal XXXII battaglione guastatori e dal III/62° fanteria della Trento, che vennero impegnati solo nel pomeriggio. Molto probabilmente, invece, Daycol raccolse il frutto della manovra del giorno precedente: muovendo verso nord-ovest, anziché verso sud-ovest, poté eliminare la sacca creatasi, comprendente le due compagnie del II/85° fanteria, buona parte dell'XI/7° bersaglieri ed il III/3° artiglieria celere. Alle 16 circa vennero investiti, come appena accennato, i capisaldi del XXXII battaglione guastatori e del III/62° fanteria. Questa volta l'azione era sudafricana. In mattinata, il gen. Ramsden non si era peritaco a raffrontare il buon esito degli australiani con i magrissimi risultati dei sudafricani, ed aveva suggerito l'intervento di una o due brigate verso sud. Pienaar, chiesta ed ottenuta l'assegnazione di 16 Valentine, in aggiunta agli 8 Matilda già ricevuti, delineò un piano piuttosto farraginoso. Una colonna della 2a brigata - colonna Matie - agli ordini del gen. du Toit doveva attaccare il costone di Miteiriya, stabilirvi un punto di appoggio, dirigersi poi a nord-est di El Wishka e sfruttare al meglio gli effetti dell'iniziativa. Contemporaneamente un gruppo tattico della 1a brigata, basato sul Royal Nata! Carbineers, doveva agire nel settore di Alam el Onsol. L'affrettato approntamento delle colonne portò a complicazioni ed al ritardo di un'ora sul previsco, comunque alle 16,30 l'attacco prese il via. Se l'organizzazione aveva lasciato a desiderare, l'esecuzione fu ancora peggiore e venne ferm ata dal t iro di sbarramento del 46° artiglieria della Trento. A questo punto il gen. Du Toit dichiarò «che l'intera operazione era diventata una farsa» e tagliò corto, ripiegando i suoi uomini59 • Quanto ai Carbineers, conclusero poco anch'essi e ben presto tornarono sui loro passi.


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Nel complesso la situazione nel settore del XXI corpo permaneva piuttosto grave, anche perché si riteneva trattarsi di uno sforzo esercitato dall'8a armata con propositi risolutivi e che sarebbe stato alimentato rapidamente grazie ai rinforzi del cui arrivo in Egitto si era avuta notizia. In base a tali considerazioni, Rommel ordinò lo spostamento dell'intera Trieste sulla sinistra della Trento, della Littorio a sud-est di El Mreir e della 21 a Panzer a Deir el Shein. Le perdite complessive italiane dei giorni 10 ed 11 nel settore settentrionale ammontarono alle seguenti: D.f. Sabratha: due battaglioni (700 uomini), tre gruppi artiglieria (550 u. e 25 pezzi); D.f. Trieste: un battaglione (250 u.); truppe di corpo d'armata: Comando 7° bersaglieri e due compagnie (350 u.), III/24° artiglieria (20 u. e 5 pezzi). Adesso è bene parlare esplicitamente degli avvenimenti che avevano travolto alcuni reparti, tanto più che si ripeteranno a breve scadenza. Si tratta di episodi naturalmente incresciosi, sui quali gravano per certo note premesse negative di carattere organico, addestrativo e psicologico. Dispiace registrarli, ma l'ignorarli non sarebbe corretto. Anziché commentarli, però, si preferisce riportare quanto telegrafato, a suo tempo, da Mancinelli al Comando Superiore: «(...) In seguito quanto avvenuto presso Sabratha - comunicò il giorno et stamane presso battaglione Trieste, maresciallo Rommel ha invitato comandanti di corpo d'armata applicare severamente leggi italiane per esemplare punizione colpevoli et responsabili. Sta di fatto che, mentre gravi crisi in cui armata est dovuta a qualche manchevolezza, nessun provvedimento risulta essere stato preso ed anzi vi est forte tendenza a coprire per amor patrio pietosamente la verità. Tale scopo non è stato raggiunto perché la verità est ugualmente nota et se mai alterata in senso a noi sfavorevole. Gli avvenimenti trascorsi sono evidentemente prodotti da fattori complessi. Fra questi indubbiamente fattore stanchezza. Rimane però ingiustificata apprensività fanteria organizzata difesa di fronte apparizione di pochi carri, ipersensibilità verso accerchiamento capisaldi, tendenza degli organi non immediatamente impegnati trasformare in ritirata quello che sarebbe sfavorevole episodio locale. Saliente inoltre il noto fenomeno degli sbandati costantemente sprovvisti di armi individuali et pertanto non immediatamente recuperati, spesso accompagnati dai loro ufficiali che seguono passivamente la massa. Comando XXI corpo si è ieri valorosamente impegnato per ristabilire situazione. Segnalo anche valoroso contegno 99a batteria da 149/40 che ha molto contribuito arresto avversario» 60 • 11 -

Bastico rispose subito, riservandosi un intervento esemplare a carico dei responsabili, una volta ultimati gli accertamenti in corso, però nella ricerca di spiegazioni sull'accaduto mise in risalto la «scarsissima osservanza legami organici, come ho dovuto constatare nella descrizione


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situazione che mi inviate» ed incaricò Mancinelli di «richiamare su ciò attenzione Comando A.I. T., trattandosi di principi che hanno da noi 61 altissimo valore materiale et che sono da molti anni perseguiti)> • Il che molto meglio sarebbe stato illustrato in un colloquio diretto con Rommel. Il 12, Mancinelli continuò sull'argomento: «(...) Cause indicate concorrono certamente determinare crisi resistenza reparti. Situazione d'altronde est tale da richiedere immediato impiego ogni reparto italiano et tedesco. Tale situazione si prolungherà certamente, debbano le operazioni portarci a vittoriosi sviluppi, ovvero costringerci mantenere posizione ragginta. Non credo pertanto che maresciallo Rommel disponga alternativa nell'impiego truppa. Si può osservare d'altronde che comune causa stanchezza ,i ripercuote diversamente nelle diverse unità rivelando diverso valore rispetto ai comandanti. Mi permetto esprimere questo giudizio ritenendomi a ciò autorizzato da forma condizionale ultimo periodo vostro radio cifrato. Maresciallo Rommel ha inviato seguente ordine segreto ai ( omandi C.A. Comincia. Si moltiplicano i casi in cui soldati abbandonano vilmente campo battaglia senza combattere. Io attendo dai comandanti di C.A. cht· essi intervengano subito con lezioni più severe, secondo codice penale militare italiano, per superare grave crisi. Non est il caso di arretrare di fronte alla rena di morte. Finisce. L'ammonimento severo del comandante straniero potrebbe forse essere reso meno sferzante et nello stesso tempo più efficace attraverso contatto diretto Comando Superiore con Comandi et truppe in linea. Mancando, come mancano, possibilità turni riposo occorraebbe possibilmente far pervenire truppe almeno segni tangibili riconoscimento dello sforzo in forma generi conforto (vino!), premi in denaro, alcune immediate licenze premio, qualche ricompensa at ufficiali et truppa distribuita sul ..:ampo»62 •

Per quanto espressa con tatto, la cattiva impressione generata dalla lontananza fisica del comandante superiore affiorava molto chiaramente. Che il Comando Superiore si preoccupasse dell'armata era sconcato, ma altrettanto innegabile era fra le truppe la sensazione - errata, ma pur sempre esistente - di scarso interessamento, di scarsa solerzia nella risoluzione dei problemi da parte della massima autorità italiana in Africa settentrionale. A questo rimarco replicò il giorno dopo Barbasetti, precisando a Mancinelli, «per vostra conoscenza)>, che il Comando Superiore assicurava contatti diretti permanenti con le grandi unità in linea attraverso ufficiali di collegamento degli uffici operazioni, informazioni, propaganda; che l'ufficio propaganda prestava ogni possibile assistenza morale e materiale e che i comandanti di grande unità erano autorizzati a concedere licenze premio a quanti se ne rendesero meritevoli sul campo. Una discussione in proposito porterebbe piuttosto


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lontano. Limitiamoci a sostenere, purtroppo senza tema di smentita, che azione morale, assistenza morale e materiale ed anche governo del personale, in genere furono esplicati con molta buona volontà ma «a orecchio» e che un confronto con gli eserciti anglosassoni (a prescindere, naturalmente, dalle possibilità economiche) è per noi penosamente negativo. Circa l'afflusso di rinforzi all'AIT, occorre riconoscere il poderoso sforzo da parte del Comando Superiore per avviare complessivamente 18 battaglioni, di cui due di complementi e tre di nuova costituzione; 70 carri medi, 12 semoventi da 75/18 e 3 autoblindo con relativi equipaggi; tre gruppi di artiglieria e molte armi pesanti di reparto. Peraltro è indubbio che fra la prima linea e T obruk, e specialmente nella basi divisionali e di corpo d'armata, vi fossero elementi vari isolati od a gruppi senza precisi ordini di affluenza o di sosta; così come il recupero di armi pesanti e carri armati non avvenisse con l'indispensabile sollecitudine. Ed osserviamo che non sempre l'inserimento di nuovi battaglioni si mostrò saggio provvedimento, nelle condizioni in cui venne realizzato, perché non sempre la costituzione di essi era stata seguita dall'indispensabile fase di amalgama e di addestramento. La Sabratha può rappresentare un esempio da evitare: rimessa recentemente in vita dopo l'annientamento del 1941, aveva attinto ampiamente a quanto reperibile nelle retrovie, ricevendo perciò molti elementi raccogliticci, demoralizzati, stanchi per la lunga permanenza in colonia, scarsamente addestrati e con larghe deficienze di inquadramento. Anche se taluni reparti,. come il I/85° fanteria, si comportarono bene, la scarsa saldezza della divisione (oltretutto assai incompleta) non può meravigliare, specialmente nelle circostanze che conosciamo. D'altra parte, anche nel campo avversario vi sono state brigate sfasciatesi in un breve scontro proprio per carenze di amalgama e di addestramento. Il 12 luglio, alle 17, venne compiuto un tentativo di ripristinare la linea del giorno 9. Da nord-ovest, a cavallo della strada costiera, dovevano avanzare il X/7° bersaglieri fra la rotabile ed il mare, il 382° fanteria tedesco al centro, il I/85° fanteria sulla destra. Nel contempo, la Trento avrebbe aperto varchi nei propri campi minati per consentire il passaggio alla 21 a Panzer, che il giorno successivo avrebbe attaccato El Alamein. La progressione ebbe inizio puntualmente, ma si svolse con lentezza a causa della resistenza opposta dalla 26a brigata australiana, ed all'imbrunire si fermò con un guadagno di circa 800 metri. Gli ostacoli


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maggiori erano stati incontrati dal 382° f. tedesco, il cui battaglione di sinistra perse il comandante di battaglione e tutti i comandanti di compagnia meno uno, riducendosi a poco più della forza di una compagnia. La q. 23 di Tell el Eisa fu occupata dal I/85° f., ma q. 25 rimase in mano avversaria (schizzo n. 59). In compenso la sera arrivò il I/86° f. Mentre il servizio informazioni dell'8 3 armata segnalava un intenso traffico sulla strada costiera in direzione della frontiera - tanto da indurre a pensare ai prodromi di una ritirata dell'AIT - Rommel aveva stabilito di lanciare la 21 a Panzer contro il box di El Alamein. Se andava bene, avrebbe tolto di mezzo il caposaldo, risolvendo il grosso problema dello scardinamento della linea britannica; se andava male, avrebbe 'reciso, così pensava, il saliente australiano. Detto in tal modo, il piano potrebbe considerarsi accettabile, ma basta riflettere alle condizioni in cui versavano le Panzerdivisionen anche se irrobustite dai complementi, per rendersi conto dell'eccessiva ambizione del disegno. Si è già visto e si vedrà ancora che la violenza del fuoco di sbarramento dell'artiglieria stava diventando l'ostacolo maggiore. Come se ciò non bastasse, Auchinleck seppe, dal servizio intercettazioni, dello spostamento in corso della 21 a Panzer. L'attacco cominciò·a mezzogiorno del 13, preceduto da un bombardamento ad opera di Stuka e di Ju. 88 e da una preparazione svolta da tutta l'artiglieria italiana e tedesca disponibile, mentre a nord-ovest il 382° fanteria tedesco ed il I/85° fanteria della Sabratha fissavano la 26a brigata australiana. Disgraziatamente il 104° fucilieri della 21 a Panzer si spiegò troppo presto, cosicché non fu in grado di sfruttare immediatamente gli effetti del bombardamento aereo. Nonostante la reiterazione delle incursioni aeree e l'intervento del 5° Panzerregiment, alle 17,30 il 104° fucilieri chiese di ritirarsi non potendo sopportare oltre il fuoco d'arresto australiano e sudafricano, e di lì a poco anche il 5° carri segnalò di non riuscire a sfondare pur avendo ottenuto qualche vantaggio. Rommel fece ritirare la 21 a a Deir el Shein, proponendosi di rinnovare l'operazione il giorno seguente. Il pomeriggio del 14, dunque, l'attacco venne ripetuto. Ma questa volta la direttrice della 21 a Panzer era spostata sulla sinistra della Trie· ste, allo scopo limitato di tagliare la base del saliente australiano. La Sabratha (con il X/7° bersaglieri, il I/85° fanteria e l'appena arrivato I/86° fanteria) ed il 382° fanteria tedesco dovevano regolare la loro pressione in base alla progressione via via sviluppata dalla 21 a. I risultati del nuovo tentativo furono decisamente modesti, nonostante il grande impegno profuso. Comunque il I/85° riprese i pezzi di una batteria da 149/28 perduti il giorno 10.


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Nel settore meridionale il fronte venne spinto verso oriente di dieci-quindici chilometri. Operavano, a partire dal Ruweisat, il gr. Baade della 164a divisione tedesca; poi il XX corpo con un gruppo tattico dell'Ariete ed uno della Littorio; più a sud il gruppo Menton della 90a leggera ed il 3° gruppo esplorante. Alle 19 circa l'avanzata, che non aveva incontrato grossa opposizione, si concludeva.

3. IL PRIMO COMBATTIMENTO DEL RUWEISAT (15-17 LUGLIO)

Sec9ndo il servizio informazioni del Comando Superiore, le forze britanniche in Egitto erano divise in due blocchi. Ad El Alamein si calcolavano 25 battaglioni, 256 pezzi di artiglieria e 170 carri armati; sulla linea Amiriya-uadi Natrun-El Fayum si ritenevano dislocati 23 battaglioni, 96 pezzi e nessun carro. Questi valori non sembravano suscettibili di alcun sensibile incremento fino all'arrivo, previsto per la fine agosto, dei grossi rinforzi segnalati in viaggio dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti, a prescindere da convogli minori il cui apporto non poteva modificare di molto l'entità delle truppe attuali. La permanenza in Libia, in un ambiente operativo che a sprazzi di speranze alternava motivi di dubbio, cominciava a pesare a Mussolini. Pur non volendo recarsi al Comando dell'AIT, avrebbe voluto conoscere esattamente il punto di vista e gli intendimenti di Rommel circa l'immediato futuro e la ripresa dell'offensiva: «Importa soprattutto sapere - scrisse Barbasetti a Mancinelli il 13 luglio - quanto tempo maresciallo ritiene necessario ancora attendere per ricostituzione unità et affluenza artiglieria, che vi ho evidenziato in riordinamento et affluenza complementi , nonché per riordinamento servizi prima di sferrare nuovo attacco inteso riprendere avanzata fino Nilo»6.\

Ciò anche perché dovevano arrivare materiali per il riattamento della ferrovia Capuzzo-Alessandria, bettoline per il traffico costiero, carri armati italiani e tedeschi, battaglioni paracadutisti ed eventualmente un'altra divisione. Il giorno dopo, dunque, Mancinelli si presentò da Rommel e mise sul tappeto i quesiti formulati dal Comando Superiore. Il maresciallo espose il proprio pensiero senza perifrasi. Non era possibile un'indicazione, sia pure in via approssimativa, circa la ripresa offensiva, essendo questa subordinata al completamento delle divisioni italiane e tedesche ed all'afflusso, possibilmente, di altre grandi unità. Per parte tedesca


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

occorrevano almeno due-tre settimane; sarebbe stato utile un quadro orientativo dei tempi calcolati per le divisioni italiane. Nel frattempo, egli intendeva assicurarsi il saldo possesso della stretta di El Alamein nel tratto meno ampio, cercando ogni giorno di imporre la propria iniziativa al nemico con atti tattici limitati nel tempo e nello spazio. A questo riguardo, sostenne che l'attacco del 13, benché fallito, aveva indotto Auchinleck a trasferire nel settore nord la massa principale delle forze disponibili, scaglionandole in una difesa in profondità; e considerò «decisiva» l'azione di quello stesso 14 tendente ad allineare l'ala destra dell'armata con la posizione del Ruweisat. Inoltre, con l'altra operazione programmata a nord per quella sera, si proponeva non soltanto di migliorare la situazione locale, ma altresì di ingenerare nel nemico incertezza circa le reali intenzioni dell' AIT a nord ed a sud. Ad ogni modo, Rommel non riteneva <potersi procedere ripresa

offensiva prima totale completamento armata, a meno che particolari circostanze inducano accelerare i tempi,,. Le informazioni in possesso del1'AIT, se lasciavano prevedere scarsa resistenza davanti ad El Alamein, inducevano a considerare più che probabile una nuova battaglia per il Cairo. Questo comportava la necessità di un'armata in piena efficienza, con un supporto logistico assolutamente a punto. In siffatta visione e quando le circostanze avessero reso possibile la ripresa dell'avanzata, egli avrebbe proceduto soltanto con le aliquote mobili dell'armata, lasciando le divisioni di fanteria a presidiare le posizioni del momento, a titolo precauzionale. Beninteso, una volta che il Cairo fosse stato conquistato, le fanterie avrebbero raggiunto al più presto le divisioni corazzate e motorizzate. Intanto occorreva rafforzarsi in posto con larghissimo ricorso ai campi minati (le 50.000 mine già promesse non bastavano) ed al reticolato. In conclusione, «mare-

sciallo Rommel, sintetizzando sue impressioni, giudica situazione attuale, benché difficile, fondamentalmente favorevole» comunicò Mancinelli. Il quale, a completamento di queste informazioni, toccò un tasto importante. Si era fatto la precisa idea che Rommel non prevedesse affatto, almeno per il momento, di utilizzare i battaglioni paracadutisti di previsto afflusso secondo le caratteristiche della specialità, bensì semplicemente come fanteria scelta. Di conseguenza, molto più opportuno sembrava assegnare all'AIT un pari numero di ottimi battaglioni di fanteria e tenere i paracadutisti come riserva del Comando Superiore. 64. Vale la pena di osservare che l'ottimismo di Rommel si basava su una ricostruzione del dispositivo dell'8a armata non molto precisa, almeno a giudicare dal rapporto notizie del Comando AIT del 14 lu-


LA PRIMA BATf AGLIA DI EL ALAME!N

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glio. Nel settore settentrionale si considerava presente il 10° corpo d'armata con la 9a divisione australiana (che pareva avesse sostituito la 2a sudafricana) e la sa divisione indiana. Al centro ed a sud era stato individuato il 13° corpo con la 1a e 7a divisione corazzata. Sulla dislocazione della 2a divisione neozelandese, che si sapeva ritirata dalla linea, non risultavano indicazioni. L'atteggiamento generale era considerato difensivo. Senza voler attribuire eccessivo peso a dichiarazioni che non potevano andare esenti da toni propagandistici, il mattino del 14 luglio Rommel affermò ad un gruppo di giornalisti italiani ad El Daba che, pur trattandosi di una dura lotta, egli era tranquillo perché contava di risolverla entro pochi giorni; che ormai le porte dell'Egitto erano nelle mani dell'Asse e non aveva alcuna intenzione di lasciarsele portar via; che il nemico aveva grossi problemi quali l'India, il Caucaso e la battaglia dell'Atlantico. E poiché l'avversario era costretto a fare mezzo giro del mondo per rifornire il Medio Oriente, prima che potesse radunare sul fronte egiziano il necessario numero dei suoi <Halbajfen» (lett.: mezze scimmie), c'era il tempo di conseguire un successo e di ciò era sicurissimo («davon bin ich ganz sicher»). In conclusione: «La soluzione - disse - può venire da un momento all'altro, come può giungere dopo un certo periodo di aspetto [ = di attesa]; ciò, ripeto, non significa nulla: perché siamo qui, ci resteremo e abbiamo ben salde in mano le chiavi dell'Egitto. Ho la certezza assoluta nella vittoria. Questo è quanto vi posso dire» 6>.

Da parte britannica, c'era più di una difficoltà, anche in relazione al timore di vedere i tedeschi affacciarsi dal Caucaso o dalla Turchia. Il 12 luglio Churchill aveva scritto ad Auchinleck esprimendogli l'impossibilità materiale di mandargli altre truppe, oltre quelle già in viaggio o programmate per agosto, prima della fine di ottobre. Le preoccupazioni per un'irruzione tedesca in Medio Oriente dal teatro d'operazioni russo potevano essere risolte solamente sconfiggendo Rommel o almeno costringendolo ad arretrare sino «a distanza di sicurezza» dal Delta. Battere Rommel diventava imperativo. In questo clima e più precisamente il 13 luglio, quando le intercettazioni rivelarono la presenza della 21 a Panzer all'estremità settentrionale del fronte di El Alamein, maturò il problema del Ruweisat. Un'ora dopo aver conosciuto il citato particolare, Auchinleck telegrafò a Brooke: «Le truppe tedesche sembrano adesso fortemente disperse, con la 21 a Pan· zerdivision a nord, la 15 2 al centro·e la 90" divisione leggera a sud; cosl sto per


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

cogliere l'occasione favorevole di colpire duro al centro contro gli italiani. Mia intenzione è di attaccare gli italiani dovunque possibile, dato il loro basso morale e perché i tedeschi non possono tenere fronti estese senza di loro» 66•

Avendo alleggerito la pressione italo-tedesca a sud di Deir el Shein e persistendo nella minaccia nel settore di El Alamein per impedire a Rommel il recupero di truppe mobili, Auchinleck pensò giusto il momento di «rompere il settore centrale dell'avversario e distruggere le sue forze ad oriente della pista El Alamein-Abu Dweis ed a nord del costone del Ruweisat>>67 • L'operazione venne ripartita fra i due corpi, con direzione generale sudest-nordovest e gravitazione dello sforzo sulla sinistra, visto che si trattava essenzialmente di occupare q. 63, sulla parte occidentale del Ruweisat (schizzo n. 60). Non risulta fosse previsto un coordinamento a livello armata, salvo per l'artiglieria. Il dispositivo italo-tedesco era conosciuto in modo incompleto, comunque ritenuto di scarsa consistenza quantitativa. Il gen. Gott assegnò alla 2a D.f. neozelandese la conquista di q. 63 ed alla 1a D.cor la protezione della sinistra neozelandese nonché lo sfruttamento del successo verso nord, dall'alba in poi, ove se ne fosse presentata l'opportunità. Il gen. Ramsden incaricò la sa B.f. indiana di completare l'occupazione della parte centrale del Ruweisat e di appoggiare la destra dei neozelandesi. Inoltre, in concomitanza con lo sforzo citato, la 9a D.f. australiana doveva sviluppare una distinta operazione dal saliente di Tel1 el Eisa al fine di impadronirsi di El Miteiriya, ma soprattutto per tenere impegnato l'avversario in quella zona. Per le 4,30 del 15, cioè prima dell'alba, si calcolava compiuta la conquista del Ruweisat. Sul costone in causa il X corpo italiano stava completando l'organizzazione difensiva con i reparti in afflusso. Poiché di esso si è finora parlato assai poco, è il caso di tratteggiarne la fisionomia. Alla·data del 14 luglio esso comprendeva dieci battaglioni di fanteria invece dei dodici che avrebbe dovuto avere, due di bersaglieri, otto batterie divisionali contro le quindici organiche, due batterie pesami campali invece delle nove previste per il 16° raggruppamento assegnato al corpo d'armata. I servizi erano quasi a posto, eccezion fatta per gli automezzi. Le due divisioni disponevano di cinque-sei autocarri efficienti ciascuna, assai logori e tenuti in vita con continue riparazioni. Le grandi speranze suscitate dai veicoli di preda bellica erano purtroppo svanite perché la difettosa capacità di rimettere e mantenere in accettabili condizioni tali mezzi e la carenza di parti di ricambio avevano provocato l'abbandono della maggior parte di essi.



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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

Il corpo d'armata era disposto ad angolo retto, con la Pavia, rinforzata dal 9° bersaglieri, sul lato meridiano a cavallo del Ruweisat, fronte ad oriente; e la Brescia a sud del costone, fronte a sud. Il settore di quest'ultima divisione aveva un'ampiezza di una decina di chilometri, l'altro era leggermente più ristretto. Lo schieramento della Pavia, a nord della quale c'era il 200° fanteria tedesco, comprendeva il II/28° f., XXVIII e XXX/9° bersaglieri in primo scaglione; il I/28° e II/27° in secondo. In seguito all'arrivo in zona di un battaglione complementi assegnato al 27° fanteria come suo III battaglione, questo doveva sostituire durante la notte il XXVIII btg. bersaglieri, che sarebbe passato in riserva di corpo d'armata. La Brescia presentava il III/19° f., II/20° f., I/20° f. e III/20° f. in primo scaglione; una sola compagnia del 1/20° f. in secondo. A differenza dei capisaldi della Pavia, le strutture statiche della Brescia erano più estese e pertanto pressoché sguarnite sul fronte di gola. A tergo delle divisioni, il 26° artiglieria della Pavia con due gruppi ed il 1° artiglieria celere della Brescia con tre gruppi; in posizione centrale il XLIX/16° artiglieria di corpo d'armata. Complessivamente i battaglioni contavano circa 4.000 uomini; quelli in primo scaglione controllavano un settore di 1.500-2.000 metri con intervalli di pari dimensioni. Davanti alla linea, ed in special modo in corrispondenza della saldatura fra le due grandi unità, era tuttora in corso la posa di circa 9.000 mine anticarro. Poiché un reparto di pionieri tedeschi era rimasto in zona per collaborare, i compiti erano stati divisi: i genieri italiani provvedevano alla sola delimitazione dei campi minati, i tedeschi alla rapida posa di mine nell'interno.

IL 15 LUGLIO

La sera del 14, alle 23, le due brigate neozelandesi in prima schiera lasciarono le basi di partenza, giungendo pressoché inavvertite a ridosso degli elementi avanzati della Brescia, intenti allo stendimento del reticolato ed alla delimitazione dei campi minati. La sorpresa indubbiamente esistette, almeno parzialmente, e fu agevolata dall'ambiente notturno e probabilmente dall'aver rivelato, durante la giornata, lavori in terra sulle posizioni neozelandesi ritenuti sintomo di staticità. L'apertura del fuoco nemico, poco dopo la mezzanotte, fu subitanea ad opera dell'artiglieria e delle basi di fuoco; razzi illuminanti crearono visibilità mentre raffiche di traccianti indicavano le direzioni d'attacco. A dire il vero l'assalto non fu né rapido né sistematico; il che non significa che non fosse efficace. Lo scarso studio delle postazioni


LA PRIMA BATIAGllA DI EL ALAMEIN

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italiane e l'esistenza di ampi intervalli assai mal controllati tradussero l'azione in una tattica d'infiltrazione non intenzionale, però ricca di risultati tangibili. Le primissime notizie telefoniche pervenute al Comando del X corpo dettero a Gioda immediata sensazione di quello che stava accadendo: tutta la prima, e sola, linea della Brescia era superata in più punti. Successive comunicazioni informarono che i capisaldi venivano investiti da più direzioni ed i primi elementi nemici puntavano già sulle artiglierie divisionali. Dopo di che ogni contatto radio e telefonico con la Brescia si interruppe definitivamente. La situazione fece presto a peggiorare. Se i capisaldi del 20° fanteria continuavano a battersi, benché ìsolati e senza appoggio di artiglieria, ormai sopraffatta, il III/19° si sfasciò. Era un battaglione complementi, arrivato proprio quel giorno ed inserito nel reggimento come III battaglione, poco o punto addestrato e comandato ed inquadrato da soli ufficiali di complemento; giustamente il gen. Lombardi recriminò simile assegnazione, quando a Tobruk ed a Bardia si trovava l'intero 19° fanteria, di cui insistentemente aveva chiesto il trasporto. Lombardi assisteva allo svolgersi degli eventi senza disporre di un reparto col quale reagire. Uno, veramente, l'avrebbe avuto: il XXVIII battaglione bersaglieri, che, sostituito dal III/27° f., doveva arretrare verso Deir el Shein. Senonché rimase travolto nella lotta caotica ed i resti si raccolsero un poco più a nord, ma sparirono come elemento di manovra. Come se non bastasse, lo stesso Comando di divisione venne accerchiato e catturato. Ormai il fronte della Brescia era sfondato ed il nemico penetrava per qualche chilometro, trovandosi per di più alle spalle della Pavia. Prima dell'alba, in un ambiente tattico di notevole confusione, la sa brigata neozelandese del gen. Kippenberger aveva raggiunto la parte centrale del Ruweisat e la 4a del gen. Burrows q. 63; dopo di che cominciò il setacciamento del campo di battaglia per l'eliminazione dei capisaldi rimasti in piedi (la maggior parte). · Nel frattempo la Pavia veniva affrontata dalla sa brigata indiana (gen. Russell). Poco dopo mezzanotte, il Comando X corpo avvertì che la Brescia era sottoposta a forte pressione e sollecitò la sostituzione del XXVIII/9° bersaglieri da parte del III/27° f., che procedeva piuttosto a rilento. Verso mezzanotte e mezzo, improvvisamente, tutto il settore meridionale della divisione venne investito. La Pavia godeva però di una sistemazione ampiamente soddisfacente e per quanto le strutture di destra (XXX/9° bersaglieri, II e III/27° f.), a contatto con la Brescia, fossero assalite successivamente da est, sud ed ovest, riuscì a sostenere per qualche tempo l'impeto nerjlico. All'alba la divisione resisteva con


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SEHENTRIONALE

il settore del 28° fanteria ancora integro; il II/27° f. circondato ma efficiente; il III/27° f. ridotto ad un paio di compagnie perché, colto in piena crisi di schieramento e con le munizioni e parte delle armi pesanti ancora sugli automezzi, una sua aliquota si era sbandata; il XXX/9° bersaglieri invece era stato travolto. A quanto risulta dalle fonti britanniche, benché l'operazione stesse volgendo al risultato pieno, fra le file neozelandesi ed indiane regnava un forte disordine. La 4a brigata neozelandese si era in parte sparpagliata; i collegamenti interni non funzionavano; l'obiettivo era preso ma alle spalle dei battaglioni in primo scaglione rimanevano numerosi capisaldi italiani ancora attivi. La 5 a brigata aveva anch'essa conquistato il proprio obiettivo con il battaglione avanzato di destra, ma quello di sinistra si era disperso completamente e quasi tutti i pezzi controcarri erano rimasti indietro; inoltre soffriva delle stesse carenze di comunicazioni già accennate per la 4a brigata. La 63, infine, costituiva la riserva ed a sud-ovest di essa si trovava tutta l'artiglieria divisionale, con qualche problema di gittata. Quanto alle due brigate della 1a D.cor., credute già in movimento, stazionavano ancora in attesa di ordini, la 2a ad ovest di Deir el Hima68 e la 22a ad Alam Nayil69• Il Comando dell' AIT stava cercando di orientarsi. Il primo ad allarmarsi era stato Nehring. In origine, l'armata aveva previsto ulteriori sviluppi dell'azione nel settore meridionale, con inizio alle 5,30. Il principale obiettivo era Deep Well e su di esso dovevano convergere contemporaneamente il gruppo Menton da Bab el Qattara ed il gruppo Baade (115° fucilieri su due battaglioni ed un gruppo di artiglieria) dalla zona a nord di Gebel Kalakh. Fra i due, il XX corpo: la Littorio con il compito di partecipare all'avanzata del gruppo Menton; l'Ariete con quello di proteggere la sinistra di Menton e di tenersi pronta, una volta occupata Deep Well, a muovere in direzione nord-est o nord, in collegamento col gruppo Baade sulla destra ed una colonna della 15a Panzer sulla sinistra, per stabilire il contatto col X corpo. L'azione complessiva sarebbe stata accompagnata dalle artiglierie della 15a Panzer e del X corpo schierate sul Ruweisat. Più a sud agivano il gruppo Briel ed un'aliquota della 90a leggera, ora comandata interinalmente dal col. Lungershausen, in luogo del gen. Kleemann, ammalato. L'imprevisto attacco neozelandese costrinse ovviamente a mutare il piano ed alle 6 De Stefanis ricevette ordine da Nehring, incaricato da Rommel di <<rastrellare l'infiltrazione nemica», di arrestare il movimento dell'Ariete e della Littorio. Le due divisioni, o meglio i gruppi tattici


LA l'RTuL.\ BATTAGLIA DI EL ALAME!N

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organizzati da esse, dovevano limitarsi a spingere elementi esploranti verso oriente e, di fronte al manifestarsi di una preponderante pressione avversaria, ritirarsi subito verso Bab el Qattata. Date le circostanze, dunque, Nehring cominciò ad impiegare nel settore centrale la 15a Panzer, comandata adesso dal gen. van Randow, in sostituzione del gen. von Vaerst, ferito. Ma intanto, proprio alle prime luci dell'alba, si registrò un episodio favorevole a nord di Alam el Dihmaniya. Una compagnia del 5° Panzerregiment, con una decina di carri, apparve improvvisamente sul tergo del 2/22° battaglione neozelandese e, messi in breve fuori combattimento i quattro pezzi da 6 7 libbre, passò all'assalto. Il battaglione si arrese in massa c. Contemporaneamente, anche la sa brigata indiana era costretta a sospendere l'avanzata. Il III/10° Baluch Regiment non riusciva a superare la resistenza dei capisaldi del 28° fanteria, mentre il IV/6° Rajput Rifles, battaglione di sinistra, che già dall'inizio si era disunito, ricevette sul fianco il fuoco del II/27° f. e del I/26° artiglieria, sl da dover arretrare in disordine. Le due parti si accinsero a prendere le misure necessarie per risolvere la situazione, rimasta in equilibrio instabile. Al 13° corpo occorreva l'intervento della 1a D.cor., già previsto. Al DAK occorreva reperire a nord ed a sud truppe mobili, il che non era stato affatto preventivato. Cosicché per tutta la mattinata ed il primo pomeriggio l'iniziativa fu in mano britannica; alle 17 passò in quelle dell'Asse. Il gen. Lumsden, sentito dal comandante interinale della 2a D.f. neozelandese, gen. Inglis, che lo svolgimento dell'operazione non era esattamente quale si attendeva, ordinò alla 2a B.cor. (gen. Briggs) di entrare in campo fra la sa B. neozelandese e la sa B. indiana. Sembra che due reggimenti di Briggs si siano impelagati nei campi minati e nel fuoco di arresto di un residuo della Brescia, comunque il terzo si unì agli indiani, che stavano rimontando l'attacco. Alle 10 il II/27° fanteria ed il I/26° artiglieria cessavano dì resistere. Poco dopo le 11 i resti del III/27° f. rifluivano sul 1/28° f., che approntava un fianco difensivo contro le provenienze da sud, per contenere lo sgretolamento della Pavia. Nelle prime ore del pomeriggio i due terzi del costone erano in mano nemica. Ad occidente la 4a e la sa brigata neozelandese stavano riportando ordine nelle rispettive file. Avevano occupato q. 63, si erano spinte sino a Deir el Shein, ma si trovavano in crisi perché sulle pendici meridinalì del Ruweisat, nei pressi di Alam el Dihmaniya ed un po' dovunque resistevano, isolati l'un dall'altro, diversi centri di resistenza del 20° fanteria, che ostacolavano i persistenti tentativi neozelandesi di portare


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avanti mezzi blindati e ruotati. Sarebbe occorso l'intervento della riserva divisionale e della 22 3 B.cor., ma entrambe erano più o meno impegnate contro i primi reparti tedeschi giunti in posto. L'eliminazione delle piccole sacche fu lenta: «Gradualmente, però, l'opposizione fu ridotta dal fuoco di artiglieria e, una alla volta, le varie posizioni furono occupate. Alle ore 16 alcuni veicoli cominciavano ad arrivare al costone,/'. Ai Comandi italiani e tedeschi la situazione si presentava molto confusa. Alle 9 si sapeva soltanto che la Pavia teneva ancora e che lo sfondamento sul fronte della Brescia era cospicuo, tanto che i neozelandesi si erano affacciati a Deir el Shein. Mancavano riferimenti per, un preciso svolgimento del combattimento e formulare un qualunque apprezzamento sull'entità del successo avversario. Il gen. Lombardi, riuscito avventurosamente a sfuggire a coloro che lo avevano catturato, prima di cadere gravemente ferito da un'incursione della Royal Air Force, aveva potuto recare pochi lumi a causa della subitanea interruzione dei collegamenti con i reparti sin dall'inizio dell'attacco. Alle 13 Mancinelli telegrafò al Comando Superiore: «Settore centrale situazione molto seria. Avversario contenuto a sud-est Deir el Shein ha però conseguito nuovi vantaggi sul fronte Pavia che ha in parte dovuto cedere. Comroazione da ovest e da sud in via di preparazione offre possibilità successo soltanto se margini Brescia terranno fermo. Anche 21 • divisione tedesca ed altri reparti tedeschi settore nord stanno accorrendo sul posto. Naturalmente situazione potrebbe divenire critica se attacco concomitante si sviluppasse settore nord. Notizia ritorno flotta inglese Alessandria induce maresciallo Rommel a pensare possibilità azione sbarco su rovescio fronte contro cui nulla avrebbe da opporre»12•

Per fortuna, la 9a divisione australiana non effettuò l'operazione ordinatale in direzione di El Miteiriya, forse perché distoltavi da una puntata della 21 a Panzer intesa ad ampliare il possesso di Tel1 el Eisa. Alle 4,15 infatti, il 5° Panzerregiment aveva iniziato il nuovo tentativo con quanto gli era rimasto ed insieme con il II/104° fucilieri tedesco. Qualche piccolo progresso era stato ottenuto, ma gli scontri si affievolirono ben presto e cedettero il passo ad intermittenti duelli di artigliera. Allorché le notizie dal Ruweisat si fecero allarmanti, Rommel inviò a Nehring il 3° gruppo esplorante e parte della 21 a Panzer da nord; il 33° gruppo esplorante ed il gruppo Baade da sud. Con questi reparti e con la 15 3 Panzer, che già stava battendosi contro i neozelandesi, Nehring organizzò un contrattacco che cominciò alle 17. L'urto tedesco, facilitato dal fumo che avvolgeva il campo di bat-


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taglia e da una leggera tempesta di sabbia, incise prima sulla 4a brigata neozelandese, che venne travolta e perse il Comando di brigata ed altri 380 uomini, nonché la posta in gioco, q. 63; poi sulla 5a, che in parte riuscì ad evitare il rovescio. Alle 18,15 finalmente un reggimento della 22a B.cor. apparve verso Alam el Dihmaniya, ma era tardi e le ombre della sera sospesero il combattimento. Alle 21 il panorama della giornata appariva all' AIT «notevolmente migliorato», come informò Mancinelli. A nord la linea risultava immutatà, anche dopo la partenza della 21 a Panzer e di altri reparti tedeschi. Al centro, il 9° bersaglieri raccordava la destra della Trento a sud-ovest con Deir el Shein, ove si erano raccolti i resti della Brescia, ed a sud con il troncone della Pavia. Fra Deir el Shein ed Alam el Dihmaniya si era posta la 15a Panzer. Nel settore meridionale la linea correva adesso da El Mreir (Ariete), per Bah el Qattara (Littorio) a Gebel Khalakh-El Taqa (90a leggera). La 21 a Panzer rimaneva ad ovest di Deir el Shein. «Domani maresciallo Rommel intende con CTA raggiungere vecchia linea - telegrafò Mancinelli - essenzialmente allo scopo di riprendere materiali e probabilmente anche uomini rimasti nella zona perduta. Successivamente est probabile ripieghi su linea capisaldi indicata più economica. Ammesso successo operazione prevista, armata rimarrà in seria crisi per deficienze grandi unità fanteria dopo perdite odierne, in relazione ampiezza linea et necessità disimpegnare unità mobili. Ritengo necessario visita Eccellenza Capo di S.M. per completo esame situazione»n.

Quale il bilancio? La 2a divisione neozelandese dichiarò la cattura di 1.600 prigionieri, ma il clima era tale che Kippenberger giudicò di averne avuto in mano, in un primo momento, ben 4.000 e Burrows affermò che, conquistato il Ruweisat, ci sarebbero stati da prendere addirittura 20.000 prigionieri!74 • Ad ogni modo Kippenberger aggiunse: «C'era anche un grandissimo numero di morti, più italiani morti di quanto io abbia mai visto su un campo di battaglia, e molti tedeschi, perché 75 i tedeschi generalmente combattevano fino alla morte» • Anche le perdite neozelandesi erano state tutt'altro che indifferenti, giacché si trattava di ben 1.045 uomini, fra morti, feriti e prigionieri. E, peggio ancora, si stava radicando la spiacevole sensazione che i corazzati britannici fossero pronti ad abbandonare la fanteria qualora giudicassero il proprio intervento non producente o troppo pericoloso. Per esplicita ammissione inglese, il nodo cruciale consisteva nella mancanza di studio, teorico e pratico, di un'efficace cooperazione fra una divisione corazzata ed una o più di fanteria. Tuttavia fra le truppe del Commonwealth rimase la convinzione, psicologicamente negativa, di un egoismo britannico proprio eccessivo.


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IL 16 LUGLIO

Il 16 la tensione non accennò a diminuire. Attorno al box di El Alamein lo schieramento del XXI corpo aveva subìto qualche modifica. La Sabratha aveva assunto la responsabilità di buona parte del fronte semicircolare sul saliente di T ell el Eisa avvalendosi del gruppo Wolz, del I e III/382° f.tedesco, del I/85° f. e del I/86° f. Seguiva la Trieste con I/66° f., e I/65 f., agli ordini diretti dell'AIT. Poi c'era la Trento con il 61 ° ed il 62° fanteria. Alle 5,30 circa il 2/23° battaglione australiano, rinforzato da carri dell'8° e del 44° Royal Tanks, iniziò l'attacco a Tel1 el Eisa con l'appoggio di un violento fuoco di artiglieria. Prima investÌ il I/85° f., che presidiava le quote 25 e 23. Il battaglione solo il giorno precedente aveva perduto 124 uomini fra morti e feriti (fra i quali 8 ufficiali), e 12 dispersi, ed era ridotto a poco più di 200 uomini. Dopo una breve resistenza dovette cedere. Poi gli australiani, allargando l'azione, affrontarono e travolsero parte del I/382° f. tedesco a nord della posizione ed il I/86° f., che stava sistemandosi a caposaldo a sud, nel tratto già tenuto dalla 21 a Panzer. Il momento era certamente grave, ma verso le 11 un contrattacco del III/382° f. riconquistò tutto il terreno perduto. Nel pomeriggio arrivò il III/39° f. della Bologn.a e più tardi il I/104° f. della 2P Panzer, che si inserì fra il 382° f. e la Trieste, al posto del 1/86° f. Diciamo pure che le condizioni del III/39° f. non erano affatto brillanti: circa 500 uomini, tutte reclute; inquadramento di soli ufficiali di completamento, compreso il comandante (richiamato); addestramento carente, conoscenza delle armi relativa, poche esercitazioni di tiro svolte; truppa stanca perché da sei giorni in movimento in autocarro senza un solo rancio caldo. Il comandante della Sabratha si rifiutò di metterlo in linea e lo lasciò nelle immediate retrovie per un periodo minimo di amalgama. Al centro Nehring cercò di migliorare lo stato delle cose. Un primo intervento della 21 a Panzer contro i neozelandesi venne bloccato dalla 2a brigata corazzata. Un secondo sforzo, esercitato dalla 15a Panzer alle 18, impegnò a fondo la sa brigata indiana, però alle 21 circa . s1 esaun. \


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IL 17LUGLIO

Le perdite italiane e tedesche in personale, carri e artiglierie risultavano veramente pesanti. E non era ancora finita. Per distogliere il DAK dal Ruweisat, Auchinleck ordinò un'immediata ripresa di attività a nord con la 9a australiana ed sud con la 7a corazzata. Il compito australiano fu affidato alla 24 3 brigata (gen. Godfrey); si trattava di occupare TeH el Makh Khad e proseguire sino al costone di Miteiriya. Si mosse per primo il 2/32° battaglione rinforzato da uno squadrone di Valentine del 44° Royal Tanks ed uno di Crusader del 9° cavalleria. Approfittando delle ultime ore di oscurità, sommerse un piccolo caposaldo avanzato tenuto da una compagnia dell'XI/7° bersaglieri, a sud-ovest della pista per Naqb Abu Dweis, poi il battaglione puntò verso nord-ovest. Si era fatta l'alba e, mentre l'artiglieria avversaria (quattro reggimenti della 9a australiana, altrettanti della 2 3 sudafricana e due britannici) batteva obiettivi su tutto il fronte del XXI corpo, venne investito ed accerchiato il II/65° f. della Trieste. Il comandante del reggimento, col. Vaiarini, cadeva mortalmente ferito nel tentativo di rompere l'isolamento del suo reparto. Poco dopo cadeva gravemente ferito anche il comandante del 66° fanteria, ten. col. Zanetti. Nei due reggimenti non restava più un solo ufficiale superiore. Nel contempo il 2/43° battaglione, anch'esso rinforzato sensibilmente, si spiegava in profondità a cavallo della pista contro il XXXII battaglione guastatori. Subito Navarini fece spostare il II/61 ° f. dall'estrema destra della Trento a sostegno dei guastatori ed a questo provvedimento seguì l'accorrere sul tratto minacciato del gruppo Kiehl e del 3° e 580° gruppo esplorante per l'eliminazione della penetrazione di meccanicizzati. Alle 8,30 lo striminzito XXXII battaglione guastatori era travolto; il III/ 46° artiglieria era annientato dopo aver consumato le ultime granate; il I/46° artiglieria stava sparando a zero. Mancinelli allora telegrafò a Bastico:

a

«In seguito nuovo sfondamento avvenuto stanotte in ccrrispondenza giunzione Trento-Trieste, situazione complessiva armata est giudicata maresciallo Rommel molto delicata. Maresciallo Rommel prega urgentemente Ecc. Bastico et possibilmente Ecc. Cavallero venire qui oggi stesso per esame completo situazione et conseguenti determinazioni»76•

L'andamento della lotta rimase indeciso fino alle 11, quando la pressione australiana venne definitivamente arrestata. Poco prima di mezzogiorno Mancinelli ragguagliò il Comando Superiore sul momento tattico, quale riferito dal Comando AIT all'OKW:


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«(...) Seguito sfondamento avversario nel corso ultimi giorni nelle linee dei corpi italiani, nonché annientamento di quasi quattro divisioni italiane, efficienza bellica AIT est talmente diminuita che non est più possibile esecuzione atti offensivi contro nemico che si sta rafforzando in fanteria, carri ed artiglieria. Se nemico riuscisse a realizzare altri sfondamenti, posizioni El Alamein non potrebbe pìù essere tenuta ( ... )»n.

Ma i contrattacchi cominciavano a dare i loro frutti e l'avversario venne respinto sulle basi di partenza, lasciando sul terreno quasi tutto il materiale catturato nella fase iniziale ed alcune centinaia di prigionieri. Attorno alle 13 la calma tornava su tutto il settore del XXI corpo. Due ulteriori sforzi australiani a Tell el Eisa contro il gruppo Kiehl e più a sud e contro la sinistra della Trieste (I/65° e ll/66° fanteria) si dimostrarono inutili. La 24a brigata australiana dichiarò la cattura di 700 prigionieri. Lo stato delle divisioni italiane, secondo la stima fatta alla sera del 17, era la seguente: X corpo - Brescia: un btg., niente artiglieria; Pavia: due btg. pochi mezzi; XX corpo - Ariete: un btg. bers., 15 carri, un gruppo artiglieria; Littorio: un btg. bers., 20 carri, un pezzo; Trieste: tre btg., un gruppo artiglieria; XXI corpo - Sabratha: nessun btg. completo, niente artiglieria78; Trento: nessuna notevole perdita; artiglieria d'armata: uria batteria. Il 16 luglio Mussolini aveva convocato a Berta Cavallero, Kesselring e Bastico. È chiaro che esistevano dubbi e timori e che aleggiava lo spettro di una ritirata. Il risultato delle discussioni fu il seguente telegramma per Rommel, scritto da Cavallero, approvato da Mussolini e firmato da Bastico: «Duce mi incarica di comunicarvi quanto segue: 1° - che ha seguito con interesse sforzi da Voi ripetutamente tentati per aver ragione resistenza avversaria; 2° - che ha apprezzato pronto intervento forze mobili contro tentativo irruzione avversaria al centro nostro schieramento; 3° - che ritiene sia ormai necessario, dopo ristalbilita situazione in quel settore, astenersi da iniziative che sottopongono nostre truppe tanto fanteria che forze mobili at ulteriore logoramento, ciò che renderebbe difficile loro ripristino per compiti ulteriori; ciò vale in particolare per le divisioni di fanteria che vivono e combattono in condizioni eccezionalmente disagevoli et risentono ·maggiormente usura; 4° - che è necessario assumere schieramento corrispondente al compito


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di cui sopra, compito che armata italo-tedesca deve considerare fondamentale et assolverà nel più breve termine possibile; 5° - che, come già comunicato, sono in corso da parte Comando Supremo et Superasi provvedimenti per far affluire il più prontamente possibile rinforzi di uomini et mezzi et per assicurare continuità rifornimenti et armata italo-tedesca in misura corrispondente at sue necessità et a suoi compiti futuri. Mi est gradito aggiungere che, per ordine Duce, maresciallo Cavallero et io partiremo domani diciassette per incontrarci con Voi».

Invece il risentimento per le espressioni usate dal Comando AIT nella sua comunicazione del 16 luglio all'OKW fu significato da Bastico attraverso lo Stato Maggiore italiano di collegamento con l' AIT. Doveroso il passo del comandante superiore, ma le argomentazioni addotte ed i rimedi suggeriti non sembrano validi se non in parte. In realtà, il resoconto degli avvenimenti fatto da Rommel, più che deformato, era svisato di quel tanto che bastava a mostrare tutto il bianco da una parte (tedesca) tutto il nero dall'altra (italiana). Ma non era la prima volta che ciò accadeva, né sarà l'ultima79 • A parte questa considerazione, apprezziamo vivamente la dura franchezza con la quale un soldato come il gen. Gioda si rivolse alle proprie truppe dopo il primo combattimento del Ruweisat 80• Non esiste un verbale della riunione tenuta alle 16,30 del 17 luglio ad El Daba, perciò si trascrive quanto Cavallero annotò nel suo diano: «Il maresciallo Rommel comunica che pochi giorni fa il nemico era già superiore a noi in carri ed in fanterie. Ha attaccato; pare che non intendesse fare una grande azione ma il successo gli è stato facile ed allora ha insistito nell' azione. Le nostre truppe non erano molte, ma già a posto da tempo, con sufficiente schieramento di artiglieria e con rinforzi di pezzi da 88 e protezione di campi minati. Però erano logore e di fronte all'improvviso attacco del nemico hanno avuto un po' di panico. I soldati italiani hanno ripiegato inseguiti dalla fanteria inglese su pochi carri. Una parte dei nostri era stata sorpresa nel sonno e non aveva le scarpe. Gli autocarri erano insufficienti per un ripiegamento e quindi una nostra compagnia intercettazioni che non ha trovato posto su di essi è stata catturata. L'attacco è stato fermato per merito del ten. col... [von Mellemhin]. Abbiamo dovuto far intervenire delle truppe da... per chiudere la falla. Da tener presente che le nostre div. corazzate sono ora ridotte a poco più di un btg. rinforzato. Il resto è liquefatto. La posizione non potrebbe essere per noi più favorevole, ma il nemico non ci lascia il tempo per rafforzarci. A sud finora non si sono avuti combattimenti seri. Vi è poi stato l'attacco dei neozelandesi sul fronte della Brescia. L'altro ieri siamo però riusciti a ristabilire la situazione facendo molti prigionieri, ma non siamo riusciti a liberare del tutto la Pavia e la Brescia, per cui queste divisioni sono ridotte a due o tre battaglioni ed un gruppo di artiglieria. Ieri il CTA ha attaccato per ristabilire la situazione nella zona, ma l'azione


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è stata dura e non si è riusciti a ripristinare la fronte. Ha dovuto decidere di rettificare la fronte; però si oppongono gravi difficoltà al ripiegamento delle fanterie. Stamani il nemico ha nuovamente attaccato con due battaglioni australiani rinforzati il fronte della Trento e della Trieste penetrando profondamente81 • Si è raccolto tutto quello che ancora era disponibile per tamponare e si é riusciti. Ora ha ordinato di rompere il contatto e ripiegare. La 9oa div. verrà al nord dello schieramento. A sud si muoverà il XX C.A. Spera di riuscire a portare nella notte le truppe sulle nuove posizioni. I btg. della Sabratha hanno ripiegato sotto il solo tiro della artiglierie nemiche che è veramente brutale. In conclusione, la situazione è critica. Con le forze ancora disponibili cercherà di dominarla, ma se si avranno altri colpi come oggi, non potrà più, per quanto la posizione scelta sia la migliore, dominare ancora la situazione. Anche il nemico sta male. Ha avuto gravi perdite ed ogni giorno ne ha per l'azione aerea. Vincerà chi sarà più tenace. Occorre affluenza di forze, complementi e reparti. Chiede quali rinforzi gli arriveranno. A mia volta gli espongo i provvedimenti presi per la ferrovia e per il cabotaggio. Il mar. Rommel mi comunica che non garantisce di poter attendere una settimana. Se non arriveranno i rinforzi dovrà ripiegare. Kesselring fa presente che un ripiegamento metterebbe in crisi l'aviazione. Piuttosto sacrificherà tutte le sue artiglierie e le manderà avanti (...). Rommel risponde che gli occorrono anzitutto i pezzi da 88 e poi i btg. della Paracadutisti. Chiedo la situazione dei carri e Rommel precisa: Ariete 12, Littorio 16, CTA 30. Aggiunge che se la fronte viene sfondata non vi è altra soluzione che il combattimento temporeggiante» 82 •

Accomiatatisi i visitatori, Rommel tenne rapporto a Navarini ed a Nehring. I rinforzi ricevuti dall'8a armata ed il suo atteggiamento aggressivo, egli osservò, facevano sì che il saliente del Ruweisat, costituito a vantaggio dell'AIT, si stesse trasformando in una minaccia per la sinistra dell'armata stessa. Non era stato, per contro, possibile recidere il bubbone australiano a causa dei continui impegni ovunque delle divisioni corazzate. Perciò occorreva rinunciare al Ruweisat ed arretrare il centro dell' AIT. L'operazione doveva compiersi quella stessa notte, raccogliendo i resti del X corpo a Deir el Shein. Rommel era realmente allarmato e scoraggiato. Ne fanno fede due lettere scritte alla moglie. La prima è della sera di quel 17 luglio: «In questo momento le cose stanno andando veramente male per me (...). Il nemico sta usando la sua superiorità, soprattutto nella fanteria, per distruggere le formazioni italiane una alla volta e le unità tedesche sono troppo deboli per resistere da sole. C'è da piangere».

La seconda è del giorno successivo:


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«Ieri è stato un giorno particolarmente pesante e critico. Ne siamo di nuovo usciti. Ma non posso continuare in questo modo a lungo, altrimenti il fronte si sfascerà. Dal punto di vista operativo, è il periodo più difficile che io abbia mai attraversato. Ci sono rinforzi in vista, naturalmente, ma se arriveremo a vederli è altra cosa. Sai quale incurabile ottimista io sia. Ma esistono situazioni in cui tutto è buio. Comunque anche questo periodo passerà,.u.

Il 18 Cavallero riferì a Mussolini il colloquio avuto con Rommel. Anche al riguardo non si hanno note o documenti, però due cose apparivano ormai evidenti: che la speranza di un'imminente corsa al Nilo era svanita e la presenza di Mussolini in Cirenaica - senza aver mai parlato con Rommel ed ii comandanti italiani al fronte - era diventata insostenibile; che occorreva imprimere il massimo impulso ai trasporti marittimi a favore dell'AIT. Il giorno 19, dunque, Cavallero tornò ad El Daba con Bastico e Barbasetti. Bastico ha ricordato qualche particolare della riunione: «Ora - disse Rommel, dando appena un'occhiata ai presenti - la situazione è meno tesa in seguito all'arretramento notturno su posizioni più solide, ma la crisi non è scomparsa. Lo schieramento avanzato è senza profondità e non ho riserve. Per me la crisi sarà risolta soltanto quando, arrivati i rinforzi, potrò ritirare dal fronte le truppe corazzate e tenerle dietro, come riserva di manovra (...)».

Cavallero lo ascoltava e dava sfogo al nervosismo tamburellando con le dita sul tavolo: «Tutto questo - ribatté - sarebbe esatto se i rinforzi non fossero in arrivo». Assicurò l'immediata disponibilità della Bologna, in sostituzione della Sahratha della quale era previsto lo scioglimento, e della Giovani Fascisti, nonché quella imminente o programmata della divisione paracadutisti, della Pistoia e della Brennero, oltre a numerosi complementi84, e sottolineò l'afflusso, da parte tedesca, della 164a D.f., della brigata paracadutisti Ramcke e di una brigata contraerei con 72 pezzi da 88, oltre naturalmente ai complementi. Per quanto un poco scettico, Rommel commentò che su queste basi era possibile costituire addirittura un sistema fortificato dalla costa alla depressione di Qattara, attingendo anche ai numerosi materiali di rafforzamento esistenti a T obruk ed a Matruh. Cavallero naturalmente concordò, ma volle sentenziare: «Ripiegare è un termine che bisogna cancellare dal vocabolario della guerra in questo settore!», al che Rommel replicò asciutto: «Non si tratta di parole o di termini. La guerra si fa con i mezzi e soltanto con quelli»85• Tenuto conto che il 15 luglio una colonna inviata dal presidio di Gialo si era spinta sino all'oasi di Giarabub occupandola, venne anche


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esaminata l'opportunità di prendere al più presto anche l'oasi di Siwa, per eliminare la principale base dell'attività esplorante e di disturbo avversana. Quella sera alle 20,20, a Berta, Mussolini ricevette Cavallero, Bastico e Barbasetti, presenti anche Fougier e Kesselring, e, ascoltato il rapporto di Cavallero, consegnò una nota compilata personalmente. Si trattava di considerazioni di carattere strategico e tattico, i cui punti salienti erano due: «1. ( ...) La battaglia di Tobruk è chiusa; quella di domani sarà la battaglia del Delta. Il tempo per preparare questa battaglia dev'essere numerato a settimane, ma non bisogna perdere un minuto solo di tempo a prepararla in questa gara di velocità oramai impegnata fra il nemico e noi. 2. Prima conditio sine qua non, per preparare la nuova battaglia è quella di conservare a qualunque costo le attuali basi di partenza. Ogni altra ipotesi deve essere scartata a priori (...)»86 •

Il giorno seguente, 20 luglio, Mussolini ripartì per l'Italia. Verso mezzogiorno un gruppo esplorante italiano raggiungeva Siwa, abbandonata dal nemico. Nel pomeriggio i neozelandesi fecero un nuovo sforzo a Deir el Shein. Alle 16,45 iniziò una violenta preparazione d'artiglieria sulle posizioni tenute dal 19° f. della Brescia. Dopo mezz'ora, diminuita l'intensità del fuoco e diradatosi il polverone, il I/19° f. scorse gruppi di tedeschi in disordinato arretramento di fronte all'incalzare dell'avversario. Per non colpire le truppe amiche, il battaglione aprì il fuoco a 300-400 metri, con il concorso del tiro di sbarramento dei resti del 46° artiglieria e respinse rapidamente il tentativo, del resto poco convinto. In margine alle conversazioni fra Cavallero e Rommel si rileva che il primo non aveva accennato ad una questione partita da Berlino circa la Francia, la cui politica cominciava a fornire elementi di preoccupazione, e presentata da von Rintelen al Comando Supremo in modo non molto chiaro. In sostanza, era ventilato un impiego di divisioni italiane alla frontiera francese, anche senza parlare di un'occupazione della Francia meridionale; e di forze navali per il blocco delle coste francesi mediterranee e della Corsica. Ma per l'Italia una specifica, non nuova, esigenza aveva assunto importanza di primo piano. Il 7 luglio Cavallero, che il 6 era tornato in aereo a Roma per qualche giorno, aveva disposto la trasformazione dell'Esigenza C3 (occupazione di Malta) in Esigenza C4 (occupazione della Tunisia). Ritorneremo sull'argomento, comunque tale problema secondo von Rintelen, o meglio secondo l'OKW, doveva esser tenuto separato dagli altri, quasi a puro


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titolo di eventualità ove si fosse presentato in termini perentori. Invece il pensiero di tutti i capi italiani in proposito era concorde: l'operazione Tunisia doveva essere approntata ad ogni costo e su precedenza su qualsiasi altra, ma soltanto a definizione della campagna d'Egitto, il che, secondo Cavallero, sembrava da prevedere «a breve scadenza». Sulle prospettive di un successo sfolgorante in Egitto, può essere interessante conoscere le oscillazioni dei sentimenti mussoliniani, visti attraverso i commenti di Ciano: 20 luglio: «Roma. Anche Mussolini tornerà in serata. Questo ritorno, insieme alle notizie libiche, convince il pubblico che molti sogni rosei per l'Egitto s-ono sfumati, almeno per ora. Vedremo adesso se lo schieramento di Alamein è conveniente o meno: in alcuni ambienti dello Stato Maggiore si considera la convenienza dì un arretramento87 ( .••)». 21 luglio: «Il Duce è di buon umore. Soprattutto perché è convinto che nel giro di due o tre settimane si potrà riprendere la marcia avanti in Egitto ed arrivare alle grosse mète del Delta e del Canale. Ne è tanto certo che ha lasciato in Libia il suo bagaglio personale, quale pegno di un pronto ritorno (Bismarck invece - su informazioni del Generale Rintelen - giudica la nostra offensiva rinviata sine die perché l'esaurimento delle nostre truppe è stato più che notevole e i rinforzi giunti agli inglesi superiori alle previsioni). Naturalmente Mussolini ha respirato l'aria antiRommel dei Comandi libici e se la prende col Maresciallo tedesco, tanto più che questi non ha neppure sentito il bisogno, durante ben tre settimane, di andare a fargli visita. Anche il contegno dei soldati [tedeschi] è insolente(...)». 22 luglio: «Mussolini ha scritto una lettera a Hitler: relazione sulla permanenza in Libia e sulla sosta ad Atene. In realtà scopo principale della missiva è quello di mettere i punti sulle i circa la divisione Sabratha perché Rommel aveva mandato in Germania un telegramma denigratorio «che Mussolini non gli

perdonerà mai" (...). Mackensen fa visita con un pretesto qualsiasi(...). Non ritiene che l'offensiva possa venire ripresa prima di ottobre, e fa molte riserve(...)... 23 luglio: «Ho raccontato al Duce le previsioni dell' Amb. di Germania, e lui, dopo due giorni di ostentata sicurezza, ha buttato la maschera ed ha parlato chiaro. È furioso con i militari che "per la seconda volta lo hanno esposto alla brutta figura di andare al fronie in momenti poco felici" (faceva allusione al suo viaggio in Albania). Questa volta aveva dato ordine a Cavallero di telegrafargli in chiaro la parola Tevere, allorché avesse ritenuto sicura la marcia delle nostre truppe fino al Canale. La parola Tevere giunse venerdì 27 giugno. Il Duce dovette ritardare dì due giorni la partenza a causa di un ciclone che impediva il volo. Soltanto quando fu sul posto si accorse che le cose non andavano e che anche "la strategia di Rommel aveva degli alti e bassi". La nomina di Cavallero a Maresciallo non poteva essere evitata perché egli si trovava "tra Rommel e Kesselring come Cristo fra i ladroni". Del resto anche Bastico sarà nominato Maresciallo e dopo di lui altri generali e "non escludo anche Navarra, il mio usciere". Le previsioni sono adesso molto riservate; bisogna evitare, a giudizio di


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Mussolini, ogni ritirata perché non si sa dove si andrebbe a finire». 24 luglio: «Sempre più antitedesco, il tono dei discorsi del Duce. Oggi sono due gli spunti: una dichiarazione del generale Marras sulla scarsa considerazione in cui viene tenuto il nostro apporto militare da parte dello Stato Maggiore Germanico e l'incomprensione dei nostri bisogni e delle nostre aspirazioni industriali (...)»88 •

Un sia pur brevissimo commento sullo sfogo di Mussolini del 23 luglio si impone. È tipico di comportamento del Duce come uomo politico: non risponde di niente; la colpa è sempre e solamente altrui. Aveva voluto legarsi strettamente alla Germania e adesso non ne sopporta la sufficienza e la prepotenza; aveva voluto, non richiesto, entrare in guerra (credendola già vinta dall'alleato) e adesso si offende che la Germania consideri scarso l'apporto militare italiano, di cui egli cono· sceva alla perfezione l'impreparazione e l'inadeguatezza; aveva voluto la guerra parallela e, toccata con mano l'assurdità della questione, adesso si lamenta dell'incomprensione dell'alleato per i nostri bisogni; aveva voluto il massimo grado militare ed il comando di tutte le forze armate operanti e non si rende conto che la presenza del comandante in capo è assai più necessaria quando le cose vanno male che quando tutto procede per il meglio; aveva voluto capeggiare il trionfo in Egitto e nel difficilissimo momento del contraccolpo conseguente all'arresto imposto dal nemico ad El Alamein non pensa neppure a visitare i Comandi dei corpi d'armata italiani - almeno quelli - in prima linea, ma si offende per la mancata «visita di cortesia>> di Rommel; aveva voluto recarsi in Albania e poi in Cirenaica per mettere in evidenza al popolo ed al mondo che sotto la sua personale guida le armate correvano alla vittoria e non si rendeva conto che anche se gli eventi bellici avessero ricevuto l'aiuto di Marte, tutti i militari (amici e nemici) avrebbero sorriso ironicamente di lui. Intendiamoci: certamente fu anche mal consigliato. Non risulta che alcuno gli abbia nettamente rappresentato l'inopportunità del viaggio (come invece venne fatto a Londra nei confronti di Churchill); che alcuno gli abbia detto esplicitamente che una visita ad El Daba era ben più importante di quella alle attrezzature portuali di T obruk o ad un aeroporto arretrato89• Timori dell'entourage per 1a sua sicurezza personale? Probabile, ma un vero capo, politico o non politico, deve anche saper rischiare la pelle quando occorre. Quanto agli sprezzanti apprezzamenti sui principali capi militari, se non era soddisfatto perché li manteneva a quei posti di altissima responsabilid? Anche questo è tipico di molti uomini politici: non si


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ritengono responsabili delle scelte che essi fanno nei collaboratori. Un confronto con altri capi di governo o dittatori dell'epoca non si pone nemmeno. Essi, in divisa od in borghese, comandavano veramente. Stalin faceva fucilare tutti i generali sconfitti, a prescindere dal grado e dalle eventuali precedenti benemeranze, alla moda della rivoluzione francese; Hitler in genere li cacciava con infamia; Churchill sulle prime dava appoggio e conforto poi li spazzava via sui due piedi, ma era tanto onesto quanto bollente e finiva per riconoscere meriti ed attenuanti; Roosevelt, per quanto in certa misura intimidito dalla gigantesca personalità del gen. Marshall, non esitò mai a silurare comandanti incapaci o sfortunati che fossero. Mussolini invece si l~gnava: era comodo, molto comodo, lamentarsi di essere «mal servito»! Il gen. Marras, poi, aveva anche efficacemente dipinto come in Germania venisse seguita la lotta in Egitto: «Il grande interessamento che aveva suscitato in questi ambienti dirigenti il ra._Pido progresso delle operazioni in Egitto appare ora notevolmente attenuato. E difficile giudicare se ciò dipenda dal rallentamento sublco dalle operazioni e dalle difficoltà che si presentano, oppure dal favorevole sviluppo delle operazioni in Russia, il quale, naturalmente, ha deviato e fortemente richiamato l'attenzione non soltanto degli elementi dirigenti ma anche del pubblico (...)»90 •

4. li SECONDO COMBATTIMENTO DEL RUWEIZAT (21-22 LUGLIO).

Il servizio intercettazioni ed i messaggi Enigma continuavano a fornire probanti elementi di giudizio ad Auchinleck. Fra il 17 ed il 19 luglio segnalarono che la 21 a Panzer aveva 17 carri efficienti, la 15a appena 13 ed il XX corpo una settantina. Anche se tali notizie non fossero state esatte e pur sapendo che l' AIT stava rinforzandosi sensibilmente, che i carri riparati tornavano ai reparti e che una grande quantità di mine veniva posta in opera, non pareva azzardato reputare il nemico in cattive condizioni e gli italiani addirittura sul punto di un collasso. Quindi il momento si prestava ad un gesto di forza. Un gesto che da Londra veniva esplicitamente richiesto. Il 12 luglio Churchill aveva spedito ad Auchinleck una lettera a metà fra l'incitamento e la rassegnazione. Tutti, spiegò, sapevano anche troppo bene come la minaccia giapponese in direzione dell'India ed il disastroso rovescio dell':8 a armata avessero completamente sguarnito il fronte settentrionale del Medio Oriente, un fronte che i successi tedeschi in Russia stavano facendo temere di prossima attualità. Prima della


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LE OPERAZIONI TN AFRIC,\ SETTENTRIONALE

fine di ottobre non e' era da pensare di poter inviare su quel teatro d'operazioni più di un paio di divisioni al massimo, perciò l'unico modo per porre la frontiera con la Turchia e la Russia in condizioni di affrontare un'offensiva tedesca da nord «è quello che sconfiggiate od annientate ìl generale Rommel od almeno lo costringiate ad arretrare a distanza di sicurezza. Se ciò fosse ottenuto prima della fine di settembre, le dìvisìoni australiana e neozelandese potrebbero tornare alle loro sedì in Palestina e Siria e la 4P divisione potrebbe essere inviata direttamente sul fronte settentrionale. Invieremo la 56a divisione col convoglio di agosto e stiamo preparando un'altra divisione per il fronte orientale. Una divisione britannica potrebbe forse essere ritirata dall'India, se il fianco meridionale russo mostrasse segni dì cedimento. Bisogna ammettere tuttavia che se voi non riusciste a sconfiggere ed annientare Rommel, non esisterebbe alcuna possibilità di effettuare un sufficiente trasferimento di truppe a nord e noi dovremmo continuare a sperare unicamente nella tenuta del fronte russo (...)»91 •

Il concetto di Churchill si poteva definire convincente in pane: soltanto distruggendo od almeno sconfiggendo pesantemente l'AIT, il conto sarebbe tornato. Il semplice respingere «a distanza di sicurezza» non offriva ceno solide garanzie. Comunque, nello spirito di tali direttive Auchinleck esaminò il problema di fondo. Si trattava di individuare come aprire una breccia nel fronte italo-tedesco e tenerla apena per consentire la penetrazione in profondità delle massa corazzata col proposito di tagliare il canale di alimentazione di Rommel o per circondare le sue divisioni di fanteria. Si era compresa l'intenzione dell'avversario di procedere ad una ridistribuzione di forze, curata in maniera che ovunque si registrasse un attacco britannico, unità tedesche meccanizzate fossero in grado di intervenire con un contrattacco. Quindi occorreva distogliere dette riserve dalla zona prescelta per la rottura. In effetti, il 19 luglio Rommel aveva disposto nuovi parziali arretramenti per garantire all' AIT sufficiente tranquillità, lasciando inoltre sulle posizioni attuali elementi esploranti a guisa di scaglione di sicurezza. La nuova organizzazione prevedeva una serie continua di capisaldi di battaglione articolata in tre settori (schizzo n. 61): il settentrionale affidato al Comando XXI corpo (383° f. tedesco, 125° f. tedesco, D.f. Trento, III/39° f. della Bologna, un gruppo tattico della 90a leggera ed il X/7° bersaglieri), il centrale assegnato al Comando del DAK (D.f. Brescia e Pavia, 15a e 21 a Panzer), il meridionale retto dal Comando XX corpo (D.cor. Ariete e Littorio, D.mot. Trieste, gruppo Menton, elementi della 90a leggera, IV battaglione cacciatori92).



f 492

LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

Naturalmente l'inserimento di nuove unità, la sostituzione di altre, il trasferimento di altre ancora, comportavano una serie di movimenti non sempre attuabili in ristretti periodi di tempo. Ad ogni modo l'aspetto peggiore della questione rimaneva l'impossibilità materiale di recuperare le divisioni mobili per disporne ai fini della manovra, fosse essa di carattere difensivo ovvero di ispirazione offensiva. Si è già visto come e quanto Rommel fosse costretto a ricorrere a spostamenti soprattutto di reparti tedeschi - i più idonei al compito specifico, ma anche, obiettivamente, i più annervati - per tamponare le falle aprentisi all'improvviso qua e là. Auchinleck, appunto, contava su questo fatto, pur non immaginando probabilmente fino a qual grado l' AIT fosse vincolata al presidio territoriale di una precaria linea difensiva. Auchinleck si orientò ad un doppio attacco. L'elemento essenziale del piano risiedeva nella necessità che i due atti tattici dovessero aver luogo non contemporaneamente, bensì l'uno a seguito dell'altro, in rapporti di tempo e di spazio tali che il secondo fosse lanciato quando ancora la maggior parte delle forze corazzate italo-tedesche si trovasse invischiata nelle difficoltà causate dal primo. Il secondo attacco, da sferrare a non più di 48 ore dal precedente, naturalmente avrebbe costituito lo sforzo principale e determinante. Le unità corazzate sotto mano erano la 22 a brigata dotata di Grant e la 23 a fornita di 18 Matilda e 130 Valentine. Quest'ultima, invero, benché costituita con carri per fanteria era stata addestrata nel quadro di una divisione corazzata (1'8a), ma si pensò che l'inconveniente fosse ampiamente compensato dalla presenza di fanterie ben preparate e da un forte appoggio di artiglieria. Poteva essere pr,o nta entro il 21 luglio, perciò, data l'urgenza, il gen. Gott fu incaricato di realizzare il primo atto il 21-22 luglio con il 13° corpo, al preciso scopo di rompere il fronte italo-tedesco nel tratto Deir el Abyad-El Mreir. Se il successo avesse provocato l'impegno di tutte le riserve corazzate di Rommel, il 24 sarebbe stato gettato nella lotta il 30° corpo per impadronirsi dell'intero ciglione di El Miteiriya ed eventualmente procedere in profondità tra Tell el Aqqaqir e Deir el Abyad. Complessivamente il 13° corpo contava su tre brigate neozelandesi e due indiane con 300 pezzi di artiglieria e due brigate corazzate con 274 carri da lanciare su un fronte di circa sette chilometri. La più assoluta segretezza circondò il piano. Non fu tenuto alcun rapporto da parte di Gott ed ogni unità rimase all'oscuro dei compiti affidati a quelle laterali. La 22 a B.cor. avrebbe dovuto fornire un possente sostegno alla fanteria neozelandese, ma il gen. Fisher rifiutò di andare allo sbaraglio di notte. Kippenberger, che già aveva motivi di


LA PRIMA BATTAGLIA 01 .EL ALAMEIN

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irritazione con i corazzati britannici, tornò dal rapporto divisionale di malumore, profetizzando: «Sarà un altro sanguinoso disastro/»93 • Secondo il disegno di manovra di Gott (schizzo n. 62), la sa D.f indiana doveva impadronirsi di q. 63 del Ruweisat e di Deir el Shein con la 161 a brigata in prima schiera e la 9a in seconda, mentre la za D.f. neozelandese si sarebbe impadronita di una zona ad oriente di El Mreir con la 6a brigata in prima schiera e la sa in seconda. Poi la 23a B.cor. doveva avanzare fra la 161 a indiana e la 6a neozelandese ed aprire una breccia all'altezza della depressione di El Mreir, attraverso la quale le brigate in seconda schiera sarebbero potute trafilare per consolidare il successo alcuni chilometri più ad occidente. La 22 a B.cor. doveva proteggere il fianco meridionale e la 2 a B.cor.intervenire contro eventuali contrattacchi corazzati dell'Asse dopo la conquista dei primi obiettivi. Nove reggimenti di artiglieria avevano il compito di preparare ed appoggiare l'attacco. La 7a D.cor. - costituita dalla 4a B.cor. leggera, la 7a B.mot. e la 69a B.f. - si sarebbe limitata ad un'azione di disturbo più a sud. La rottura della linea italo-tedesca era affidata a due brigate prive di esperienza bellica e lo stesso dicasi per la 23a B.cor., incaricata di proseguire l'azione. Questo, indubbiamente, era un inconveniente, peraltro inferiore al troppo poco tempo concesso per l'organizzazione. Ad evitare gli scompensi verificatisi durante il primo combattimento del Ruweisat, Gott inserl nel suo ordine di operazione una frase chiaramente rivolta in primo luogo ai comandanti di unità corazzate: « Tutti i comandanti si tengano pronti ad agire con la massima energia. Senza restare in attesa di ordini precis~ agiscano secondo lo spirito di questi ordini generali ed effettuino l'inseguimento fino alla completa distruzione delle forze nemiche»94 • Il 18 si verificò un incidente inatteso: il gen. Briggs, comandante della 2a B.cor., ed il gen. Lumsden, comandante della 1a D.cor., vennero feriti in un bombardamento aereo ed il gen Gatehouse, comandante della 10a D.cor. dislocata nella zona del Delta, venne chiamato d'urgenza ad assumere il comando della 1a D.cor., cosa che avvenne la sera del 20 luglio. Il 21 lo schieramento italo-tedesco nel tratto minacciato era il seguente: a nord-est di Deir el Shein la Pavia (I e II/ 28° f. e III/26°art.) aveva sostituito il 200° f. tedesco; a Deir el Shein si erano sistemati i reparti della Brescia (19° f., un battaglione di formazione con i resti del 20° f. ed il III/1 ° art. celere). Nel tratto centrale si trovava il 104° f. tedesco della 2P Panzer, con il III btg. su q. 63 del Ruweisat (vecchio obiettivo dei neozelandesi), il II sulle pendici meridionali ed il I sul


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LA PRTh!A BATTAGLIA DI EL AL.\MEIN

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bordo orientale di El Mreir. Poco più a sud seguivano il III/115° f. ed il II/382° f. della 15a Panzer. A ridosso dei capisaldi avanzati erano dislocati il 5° e 1'8° Panzerregiment. A tergo si trova il gruppo Baade, in riserva non settoriale, ma addirittura di armata. All'ora zero la 6a brigata neozelandese (gen. Clifton) lasciò le basi di partenza ed attaccò in direzione nord, con il 24° ed il 26° battaglione. Le difficoltà di tenere la direzione di notte, di superare campi minati poco riconosciuti e del fuoco di arresto della difesa si sommarono negativamente e se il 26° battaglione riusd a toccare l'obiettivo, iJ 24° dovette sfilare davanti al II/382° f. ed al IIl/115° f. tedeschi per cui si disperse in malo modo. L'arrivo del 25° battaglione non consentÌ una efficace 'reiterazione dello sforzo perché fermato e messo in disordine dal II/382° f. tedesco. Per giunta, il gen. Clifton verso le 3,30 avvisò il Comando di divisione di ritenere imminente un contrattacco di carri nemici: Invece, molto più opportunamente, Nehring volle che 1'8° Panzerregiment attendesse le prime luci dell'alba per lanciarsi e quando ciò accadde, poco dopo le 5, la 6a brigata neozelandese fu travolta e perfino il suo comandante preso prigioniero con 500 dei suoi uomini. L'intervento di un battaglione della 5 a brigata servì a poco, motivo per cui il reparto riguadagnò rapidamente le posizioni di partenza. «Il peggio fu - commentò Kippenberger - che nuovamente avevamo contato invano sull'aiuto dei nostri carri e l'amarezza era estrema» 95• Per la verità, la 2a B.cor. si era mossa con due reggimenti, il 9° lancieri ed il 6° Royal Tanks, senonché l'uno venne nettamente arrestato dai pezzi controcarri tedeschi e l'altro altrettanto nettamente bloccato dai campi minati. Con ciò la 2a divisione neozelandese chiuse la partita per quel giorno; complessivamente aveva perduto 904 uomini, di cui 69 ufficiali. Lo scontento del gen. Inglis fu tale che scrisse a Freyberg, ancora in ospedale: «Ho rifiutato nettamente di partecipare ad un 'altra operazione di questo genere, finché comanderò io. Ho detto che il sine qua 96 non è di avere i carri a me assegnati alle mie dirette dipendenze» • L'azione della 161 a brigata indiana (gen. Hughes) ebbe vicende meno burrascose, ma non tutte felici. Sul suo fianco settentrionale agiva il II btg. del Botha Regiment, incaricato di occupare una piccola depressione a nord-est di Deir el Shein. Ai due battaglioni in primo scaglione erano stati assegnati i principali obiettivi: Deir el Shein, difesa dal 19° f. della Brescia, doveva essere appannaggio del III/7° Rajput; q. 63 del Ruweisat, difesa dal III/19° f. della Brescia e dal III/104° f. della 2P Panzer, del I/1 ° Punjab. I resti del X corpo erano piuttosto scossi e Gioda era intervenuto energicamente:


496

LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

«Nelle mie recenti visite ai reparti sto rilevando che lo spirito di ufficiali e truppa è assai giù di tono. Tutti tendono all'iperbole nel rappresentare difficoltà, tutti affermano che i compiti affidatici sono superiori alle nostre forze e tutti in sostanza sono desiderosi di riposo. Ma parliamoci francamente! Siamo stati battuti sulle posizioni che occupavamo ed il nemico si è arrestaco. Ma non è escluso che attacchi ancora. L'armata non ha altre forze per sostituirci. E allora? domando io (...). Rabberciamo alla meglio i reparti e andiamo avanti con la sistemazione difensiva (...). Rammentare che ogni rilassamento, ogni debolezza in questo momento sono delittuosi. Li colpirò inesorabilmente»97 •

Le parole del comandante ebbero effetto ed i reparti risposero. Sotto un fuoco tambureggiante delle batterie britanniche, cominciò l'attacco avversario. Il II/Botha raggiunse la posizione indicatagli senza difficoltà. Il III/7° Rajput venne invece respinto duramente dal I/19° f. e per quanto reiterasse i tentativi non venne a capo di nulla, anzi lasciò in mano italiana una cinquantina di prigionieri. Quanto al I/1 ° Punjab, la cosa fu più complessa. Q. 63 del Ruweisat era in realtà un doppio caposaldo: sul lato nord-ovest si trovava il III/19° f. italiano, ad est era collocato il III/104° f. tedesco. La lotta fu confusa. Il primo assalto fu immediatamente respinto, grazie anche al tiro di sbarramento del III/46° artiglieria98, ma il I/2° Punjab, scavalcato il precedente, rinnovò la pressione concentrandosi contro q. 63 e, sfruttando l'entrata in azione della 23 a B.cor. (gen. Misa), riuscì ad occupare la posizione tedesca ed a catturare, sembra, 190 prigionieri. L'intervento della 23a B.cor. 99 era stato preceduto da una piccola discussione fra Gatehouse, che avrebbe preferito l'ampliamento dei varchi nei campi minati, e Gott, il quale invece dette la preminenza all'opportunità di sfruttare il momento di confusione esistente nelle file tedesche, secondo le intercettazioni radio. Decise, però, di spostare alquanto verso sud la direzione di attacco, ritenendo, erroneamente, di avviare la brigata in una zona pressoché priva di mine. Così, alle 8, il 40° ed il 46° Royal Tanks si incamminarono. Immediatamente i collegamenti radio inglesi saltarono e Gatehouse venne ferito. Sul primo campo minato incontrato, i reggimenti inglesi persero l'uno 17 carri e l'altro 13. Il 40° Royal Tanks continuò imperterrito ed arrivò al bordo di El Mreir, dopo un paio d'ore, con 15 carri; il 46° si sbandò: alcuni mezzi corazzati si congiunsero con quelli del 40° sull'obiettivo, gli altri sparirono di circolazione. Quando il 5° Panzerregiment su buttò sui resti della 23a B.cor., la partita si chiuse in un batter d'occhio. La brigata perse 203 uomini ed ebbe 40 carri distrutti e 47 gravemente danneggiati. Mentre la 23a B.cor. effettuava la sua «carica dei 600» il Comando


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del 13° corpo cercava di immettere nella lotta la 2a B.cor. per andare in aiuto di probabili sacche di resistenza neozelandesi e di corazzati. La difficoltà da superare era sempre la stessa: i campi minati. Fu aperto un varco molto stretto, ancor più a sud della direzione di attacco precedente ed alle 17 cominciò il trafilamento del 9° lancieri e poi del 6° Royal Tanks. Fu un disastro, perché la zona ormai era controllatissima dai pezzi controcarri e dai carri della 15a Panzer. Dopo tre quarti d'ora, il comandante interinale della 1a D.cor. gettò la spugna ed ordinò il rientro della 2 a B.cor. Altri venti carri erano andati perduti. L'unica brigata corazzata illesa era la 22a. Incaricata di proteggere il fianco sinistro del corpo d'armata, aveva spinto elementi verso ovest, urtand~ senza molta convinzione, contro un caposaldo dell'Ariete, che annullò la mossa senza sforzo. Prima di passare alla zona di El Alamein, resta da accennare ai modesti avvenimenti del settore sud. Dal 19 luglio erano cominciati i movimenti disposti da Rommel per conferire un differente assetto allo schieramento meridionale dell'armata. Il XX corpo per la prima volta si trovava con tutte le sue divisioni alle dipendenze tattiche. L'Ariete era nella zona a nord-est di Bab el Qattara con 1'8° bersaglieri (V e XI battaglione) schierato fronte ad est ed il 132° carristi (IX, X e XI battaglione) a tergo, con i carri interrati come da esplicito ordine dell' AIT. La Trieste teneva il tratto da Bab el Qattara a Gebel Kalakh. Più a sud si trovava la Littorio, il ,cui comando era stato appena assunto dal gen. Becuzzi, con il 12° bersaglieri (XXIII e XXXVI battaglione) schierato ed il 133° carristi (XII e LI battaglione) raccolto a tergo. I reparti tedeschi erano inframmezzati: il gruppo Menton a Bab el Qattara, il 3° gruppo esplorante a El Taqa. Più indietro erano dislocati elementi della 90a leggera; il II e III/361 ° f. a tergo della Trieste e il II/155° f. ad ovest di El Taqa. Infine il IV battaglione cacciatori italiano, appena giunto, teneva Naqb Abu Dweis. Dalla parte opposta agiva la 7a divisione corazzata, temporaneamente rinforzata con la 69a brigata fanteria, con il compito limitato di impegnare le forze italo-tedesche. Alle 7 del 21 luglio aveva spinto una colonna sulla parte orientale di El Taqa, cacciandone il 3° gruppo esplorante. Il gen. Kleemann predispose in mattinata un contrattacco con lo stesso gruppo esplorante, una compagnia bersaglieri della Litto· rio e si orientò a modificare la linea del II/155° f. Adesso bisogna spostarsi a nord. La 9a divisione australiana aveva in rinforzo la 1 a brigata carri ed il 50° Royal Tanks, nonché il fuoco dell'artiglieria sudafricana. Il piano di Morshead contemplava tre tem-


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pi. Il primo si traduceva nella conquista di Tell Alam el Shaqiq e di Tel1 el Eisa da parte della 26a brigata rinforzata, nonché l'occupazione di posizioni ad oriente di Tel1 el Makh Khad da parte della 24a, anch'essa rinforzata. Raggiunti questi obiettivi, il 9° cavalleria australiano avrebbe occupato l'intervallo fra le due brigate. Nel secondo tempo il 50° Royal Tanks doveva occupare q. 21 di Tell el Makh Khad, subito sostenuto dalla fanteria. Il terzo tempo riguardava la spinta in p'rofondità del 50° Royal Tanks sino a Sanyet el Miteiriya. La 20a brigata era tenuta in riserva per sfruttare il successo verso El Daba a partire dalla notte sul 23. Indubbiamente un simile piano poco aveva a che fare con il disegno operativo di Auchinleck di cui si è parlato in precedenza, e che si basava su un secondo potente attacco da iniziare un paio di giorni dopo il primo. È certo che il 21 luglio, quando conobbe cosa lo attendeva, Morshead si mostrò decisamente contrariato. Quel giorno stesso scrisse sul suo diario: «Due ore di conferenza con Ramsden, durante la quale ho sollevato forti obiezioni circa la portata del mio attacco previsto per domani ed alcuni cambiamenti nei tempi. Ne è derivato che il comandante in capo mi ha mandato a chiamare ed una riunione ha avuto luogo al Comando del 30° corpo. Presenti il comandante in capo, Ramsden ed il sottocapo di S.M.G. [Dorman-Smith], il quale prendeva appunti! Il comandante in capo ha spi.egato il piano d'attacco del 13° corpo. E questo non mi piacque a causa dell'ampia dispersione degli sforzi e delle difficoltà di sostegno e feci notare che i nostri obiettivi più immediati erano molto più difficili da raggiungere di quanto non pensassero l'armata ed il corpo d'armata. Il comandante in capo, secondo Ramsden, era molto contrariato e seccato ma non lo diede a vedere. Mise in risalto che intendeva avere a che fare con un comandante volonteroso. lo ho ribattuto che era mia preoccupazione ricevere un compito della cui buona riuscita fossi ragionevolmente certo e per il quale potessi ricevere appoggio e rinforzi e che era anche mio dovere ridurre al minimo le perdite. In definitiva, la discussione finì per diventare una riunione amichevole» 100 •

Secondo un'altra versione, invece, Auchinleck fu informato da Ramsden il pomeriggio del 22 luglio, al Comando del 30° corpo, che Morshead non voleva eseguire l'azione su Miteiriya in programma per il 24 e per di più intendeva riferire al proprio Governo. Auchinleck fu preso da un violento attacco d'ira ed ordinò di portargli subito Morshead, ma l'opera conciliante di Ramsden mutò l'ordine in un invito a prendere il tè. In sede di riunione, poi, Auchinleck «lisciò)) l'australiano e gli promise il rinforzo della 69a brigata di fanteria. Questo discussione ed il tempo occorrente per il trasferimento della 69 3 brigata co-


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strinsero, secondo Dorman-Smith, a spostare al 26 l'attacco previsto per il 24101 • Ovviamente non si è in grado di chiarire come effettivamente si siano svolti i fatti. Certo si è che le date del diario di Morshead e dell'altra versione non concordano, che il 22 gli australiani attaccarono secondo lo schema sopra descritto e che il 26 l'offensiva che verrà sferrata contro El Miteiriya avrà motivi differenti: «A vendo fallito al centro - spiegherà Auchinleck - decisi di attaccare a nord per assicurarmi il possesso del saliente di Teli el Eisa»102 • Alle 4 del 22 luglio iniziò la preparazione di artiglieria sul tratto di fronte tra il mare e Tel1 el Eisa. Un'ora dopo la 26a brigata australiana avanzò in direzione nord-ovest, a cavaliere della strada costiera, contro il 382° f. tedesco, ed alle 6,30 si impadronì della piccola altura di Tell Alam el Shaqiq. Su ordine del Comando AIT, preoccupato di un cedimento, Navarini organizzò un contrattacco con l'appoggio di fuoco dell'artiglieria d'armata, ma non ce ne fu bisogno perché alle 7,30 un'azione dello stesso 382° f. consentiva di rioccupare la posizione perduta e di ributtare l'avversario sulle basi di partenza. Alle 9 la 26a brigata rinnovò l'urto, cercando di avvolgere da nord q. 25 di Tel1 el Eisa, ma nel giro di un'ora il tentativo si arenò. E con ciò, in pratica, si esaurl la fase antimeridiana. La 24a brigata, rinforzata da un'aliquota di carri, si era mossa alle 5,30 con il 2/32° battaglione ed un'aliquota del 2/43° verso Tell el Makh Khad. La lotta ebbe fasi e fortune alterne. Per quanto, al termine della mattinata, gli australiani riuscissero ad infilarsi fra il 1/361° ed il 1/155° tedeschi e ad affermarsi sulla posizione catturando una sessantina di uomini del 1/155° f., la resistenza dei reparti del 61 ° f. della Trento e del 200° f. tedesco fu tale da impedire all'avversario di raggiungere il costone di El Miteiriya. Poco dopo l'intervento del gruppo Briel riprese parte del terreno perduto. Verso mezzogiorno, il quadro agli occhi di Auchinleck non poteva dirsi entusiasmante ma era raddrizzabile, anche se per Dorman~ Smith «fu evidente che l'offensiva era fallita» 103; mentre per Rommel era appena sotto controllo, con il pericolo di una grave crisi improvvisa di fronte alla persistenza dell'offensiva britannica, che disponeva ancora di due brigate corazzate intatte (la 22a e la 4a). Alle 13,50 Mancinelli telegrafò al Comando Superiore: «(...) Maresciallo Rommel ritiene probabile imminente nuovo accacco da Alam Nayil et est seriamente preoccupato circa possibilità resistenza dopo severe perdite stamani. Soprattutto est impressionato da ritardo affluenza rinforzi (anche tedeschi), talché crisi attuale.non sembra avviarsi verso prossima soluzio-


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ne. Qualora attacco nemico dovesse riuscire compromettere intero schieramento, mar. Rommel sarebbe indotto emanare ordine di ritirata» 1°'.

Difatti nel primo pomeriggio Rommel si risolse ad un passo grave. In un rapporto tenuto al Comando AIT, comunicò a Navarini la decisione di sgomberare le q. 23 e 25 di Tell el Eisa ed anche q. 21 di Tell el Makh Khad durante la notte. Nel campo opposto anche Ramsden aveva chiamato a rapporto i divisionari, ma con altro spirito. Visto che la 24a brigata era in ottimo assetto, dopo breve consultazione con Morshead stabilì di considerare superato il secondo tempo previsto dal piano iniziale e di passare al terzo. Perciò alle 20 circa la 24a brigata ed il 50° Royal Tanks si mossero per raggiungere il costone di El Miteiriya. L'inizio apparve promettente a Morshead, perché un battaglione del 361 ° f. tedesco venne rapidamente travolto105 • Ma ben presto l'avanzata della fanteria si scollò nettamente da quella dei carri ed ognuno agì per proprio conto. I carri arrivarono sul costone da soli, aspettarono inutilmente la fanteria, poi si ritirarono, mentre il III/62° f. ed il III/61° f. della Trento resistevano accanitamente agli assalti frontali ed alle infiltrazioni della fanteria australiana, che alla fine, disorientata, ripiegò. Prima di mezzanotte, comunque, gli australiani avevano catturato un centinaio di uomini della 90a leggera e cinque italiani della Trento, contro 54 caduti. Il 50° Royal Tanks, dal canto suo, aveva perso 56 carri ed una ventina di prigionieri. Le perdite della Trento ammontarono complessivamente a circa SO uomini. Se alle 19,30 la situazione veniva descritta da Mancinelli «ancora estremamente critica)>, due ore dopo provocava un commento di soddisfazione: «Giornata, che est stata certamente molto dura per AIT, si chiude pertanto con netta vittoria difensiva>> 106• Anche Rommel tirava un sospiro di sollievo: «La sera avevamo ottenuto un indubbio successo difensivo)> annotò nel suo diario e difatti l' 8a armata aveva perduto 1.400 107 prigionieri e 146 carri • Non solo, ma Rommel fu così soddisfatto da formulare uno speciale riconoscimento alle truppe e, in particolare, a portare a conoscenza dell'armata il suo schietto elogio per il III/61 ° f. della Trento 108• Peraltro Gott non aveva ancora rinunciato ad un estremo tentativo. Alle 17 ordinò alla sa divisione indiana di sferrare un attacco notturno contro Deir el Shein e q. 63 del Ruweisat. Alle 2 del 23 luglio il III/14° Punjab della 9a brigata indiana si diresse verso q. 63, perse l'orientamento e tornò indietro in una sensibile confusione. All'alba la Brescia vide apparire davanti alle proprie linee il battaglione nemico senza carri e senza preparazione di artiglieria; aprì un fuoco violentis-


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simo che mise fuori combattimento il comandante, l'aiutante maggiore e tre comandanti di compagnia, stroncando sul nascere qualsiasi velleità. Il citato messaggio n. 3463 delle 13,50 del 22, con il quale Mancinelli rappresentava l'intenzione di Rommel di «emanare ordine di ritirata» qualora la riuscita dell'offensiva britannica avesse compromesso lo schieramento dell'armata, giunse al Comando Superiore come una folgore. La sera stessa Bastico rispose alla S.M. italiano di collegamento:

«Per maresciallo Rommel. Situazione quale appare da comunicazioni qui giunte può essere tesa ma non sembra grave. Resistenza opposta da truppe AIT et perdite inflitte at nemico devono far ritenere che anche nuovi tentativi nemici possano essere fronteggiati et superati anche se avvenisse qualche fluttuazione nella linea. In ogni caso ripiegamento generale sarebbe in contrasto con ordine preciso Comando Supremo di resistere a qualunque costo su linea attuale et potrebbe portare at perdite irreparabili grandissima parte nostre unità specie quelle di fanteria et materiali. Ricordo che oltre ai reparti già giunti due battaglioni fanteria et numerosi carri et circa sette gruppi artiglieria italiana stanno affluendo aut affluiranno nei prossimi giorni oltre ai reparti tedeschi, nostra aviazione est molto efficiente; rinforzi da madrepatria che in totale sono assai considerevoli hanno già cominciato affluire at T obruch et Matruh. Sono sicuro che valore et tenacia maresciallo Rommel sapranno superare temporanea crisi»109•

Poi, a ruota, Bastico comunicò, sempre «per maresciallo Rommel», la piena concordanza del Comando Supremo su quanto aveva scritto, assicurando ogni sforzo da parte dello stesso Comando Supremo per accelerare l'invio di rinforzi. Aggiunse anche che «Duce incarica raccomandarvi di evitare con massima cura qualsiasi logoramento» 110• Il tutto era suggerito da Cavallero, rimasto ancora per qualche giorno in Cirenaica, il quale proprio il 22 aveva consegnato a Bastico le «direttive generali per le operazioni verso l'Egitto)), che davano forma più ufficia111 le a quanto Mussolini aveva scritto nella sua nota del 19 luglio • Il 23 Mancinelli riferl brevemente sul colloquio avuto con Rommel. Chiarl, prima di tutto, che questi era fermamente deciso a tenere la linea di El Alamein a prezzo di qualsiasi sforzo, ma confermò che in caso di serio e concreto successo britannico, il comandante dell' AIT avrebbe adottato misure che potevano andare da una semplice conversione del fronte ad un ordinato ripiegamento. Non bisognava ignorare che l'esito favorevole della battaglia del 22 era «dovuto contegno valoroso al cento per cento truppe impegnate. Sarebbe bastato un cedimento 112 piccole aliquote truppe stesse per .capovolgere la situazione» • Nel pomeriggio Mancinelli tornò a scrivere, anticipando la rispo-


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sta ufficiale di Rommel. In sostanza, l' AIT era estremamente logora ed anche se avesse inflitto forti perdite all'avversario, la differenza nell'af.. flusso dei rifornimenti (200.000 tonn. segnalate in arrivo a Suez contro l'esile rivolo italo-tedesco) era preoccupante. A conti fatti, non si po·· teva escludere il dilemma se lasciarsi distruggere in posto o sottrarsi tempestivamente al pericolo. «Non sembra dubbio al maresciallo Rommel - continuava Mancinelli che in detta evenienza soltanto la seconda soluzione sia da prendere in considerazione. E che la decisione relativa possa essere tempestivamente presa, qualora la sfortunata evenienza si realizzasse, soltanto dallo stesso comandante di armata. Il maresciallo Rommel ha in senso analogo informato il proprio Comando Supremo. Come ho già più volte ripetuto, non si deve scorgere in questo atteggiamento del Maresciallo Rommel una «tendenza» al ripiegamento. Al contrario, è certo che egli farà il possibile per mantenere il possesso della posizione raggiunta. La sua azione di comando nei giorni scorsi costituisce la migliore conferma di questa asserzione. Soltanto in caso estremo, e per evitare un maggiore disastro, potrebbe essere indotto ad ordinare il ripiegamento. Ed è evidente che per condurre questa operazione con qualche probabilità di successo essa debba essere almeno studiata preventivamente ( ...)»1L 3 •

La lettera di Rommel, indirizzata alla persona di Bastico, fu piuttosto secca ed altezzosa ma realistica: «Contrariamente al punto di vista sostenuto da Vostra Eccellenza nel foglio citato, sono del parere che la situazione al fronte di Alamein è da dieci giorni straordinariamente critica e, malgrado la vittoriosa difesa di ieri, rimarrà critica finché i previsti rinforzi non saranno giunti alle truppe, il fronte non sarà presidiato da maggiori forze, la sistemazione delle difese passive non sarà ultimata e le truppe celeri non saranno ritirate ai fini di una difesa mobile. Quale sia la situazione reale, lo si può giudicare solo qui al fronte, osservando personalmente. Nel corso degli ultimi giorni il nemico, che possiede una forte superiorità in fatto di carri e di fanteria, ha ripetutamente compiuto nel fronte presidiato da forze molto esili [sehr dunn] profonde irruzioni che si sono potute contenere solo a fatica mettendo a contributo estremo le estreme energie delle truppe già fortemente provate. In tali condizioni, per effetto dell'intenso, concentrato fuoco di artiglieria, degli attacchi di forze corazzate, della fanteria e dei continui bombardamenti, le perdite delle truppe tedesche sono state molto elevate. Le forze affiuite ultimamente sono state completamente assorbite dalle perdite degli ultimi sei giorni. Si può notare con certezza sul fatto che l'offensiva inglese ormai incomin-

ciata verrà continuata. Se il nemico, mediante le sue forze superiori in tutte le armi, riuscirà a


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sfondare il fronte scarsamente presidiato, mi troverò a dover decidere se: a) continuare la lotta fino all'ultima cartuccia in quei settori delle posizioni di Alamein che ancora resistessero, ma lasciare avanzare il nemico verso ovest, dato che non esistono altre forze per arrestarlo; b) oppure abbandonare le posizioni di Alamein, oppormi più indietro allo sfondamento con le forze mobili raccolte, attaccare il nemico che avesse sfondato, ritirarmi gradualmente in posizioni arretrate più vicine alle basi di rifornimento e quindi salvare l'A.S. Ritengo che quest'ultima soluzione sia l'unica possibile e prego l'Ecc. Vostra di esprimere il suo punto di vista in merito» 11•.

Di fronte a questa prospettiva, Bastico non poté che mandare la lettera a Cavallero, rientrato a Roma il 23, dicendo che concordava con Rommel, ma che, avendo le direttive del Duce escluso a priori qualunque ritirata da El Alamein, prima di dare riscontro attendeva l'approvazione del Comando Supremo. Dal canto suo, il 24 luglio Rommel chiamò De Stefanis e gli comunicò che «si deve studiare il ripiegamento su posizioni retrostanti, ad ovest di Deir el Murra [cioè una decina di chilometri ad ovest di Teli Aqqaqir!] per il caso in cui il nemico riuscisse a sfondare la fronte del nostro schieramento» 115 • La replica, poi, di Cavallero fu tale da lasciare Bastico letteralmente senza parole: «Come ben sapete, vostro 13500 116, compilato per vostra iniziativa et approvato con nostro 157117, aveva per scopo reagire contro stato momentanea depressione che sembrava essersi prodotta nel Comando armata corazzata. Direttive Comando Supremo sono precisate nel foglio 149 118, che è anche anteriore al citato telegramma 157. Parecchi giorni sono trascorsi intanto et fronte armata corazzata si va gradatamente consolidando. Comunque è ovvio che, in caso avvenimenti imereveduti di vasta portata, Comandi in sito devono prendere nuove istruzioni. E anche evidente che, per usare ·espressioni del telegramma Rommel, perdita Africa Settentrionale non può essere in nessun caso contemplata» 119.

Spiace apparire forse ipercritici, ma questa sembra la concreta applicazione delle caratteristiche che un bello spirito ha attribuito all'ordine: «Se è ben redatto, deve impegnare esclusivamente il destinatario». Bastico rispose il 28, commentando i vari punti delle direttive di cui al foglio 149 e ponendo in evidenza le gravi difficoltà di carattere logistico e le carenze di personale e di reparti. Dalle une e dalla altre risultava chiaramente quanto già ben noto al Comando Supremo: «Essere cioè di estrema urgenza - in relazione soprattutto alla situazione della fronte - far affiuire in A.S. i mezzi di cui ho reso noto la neces. ,

sita>,

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5. IL COMBATTIMENTO DI EL MITEIRIYA (27 LUGLIO) Il secondo atto del piano britannico lasciò pensieroso DormanSmith, convinto che ormai l'avversario avesse avuto il tempo di riorganizzarsi e di prepararsi ad un nuovo colpo. Si sapeva dell'idea di Rommel di alternare reparti italiani e tedeschi e, soprattutto, il 25 luglio venne decrittato un messaggio del Fliegerfuhrer Afrika dal quale risultava che l'AIT si aspettava un altro attacco 121 • Anche cercando di far credere a Rommel che lo sforzo sarebbe stato sferrato più a sud, non sembrava esistessero molte speranze di farcela. Ma Auchinleck considerava la questione su una dimensione più ampia, tanto più che il 24 era caduta Rostov ed i tedeschi stavano dirigendosi verso il Caucaso. Il pensiero di Auchinleck risulta nitido, con tutte le giuste valutazioni, considerazioni, convinzioni ed incenezze in una lunga lettera personale inviata il 25 al capo di Stato Maggiore Generale Imperiale. Ammise di aver riconquistato una qualche iniziativa locale proprio a stento, ma di aver bloccato la persistenza dei tentativi italo-tedeschi di attaccare il fronte di El Alamein da sud-ovest. La tattica di agire essenzialmente contro le fanterie italiane aveva dato buoni frutti, perché i tedeschi erano stati costretti a spostarsi nel settore di T ell el Eisa ed in quello del Ruweisat a causa delle gravi perdite italiane. Però «Sono rimasto molto deluso che il nostro grande sforzo del 21-22 luglio si sia risolto in un nulla di concreto, perché vi riponevo molte speranze. Non conosco ancora il completo svolgimento della battaglia nel settore centrale, ma pare che la 23• B.cor., benché adeguatamente efficiente, abbia perso il controllo e sbagliato la direzione. La fanteria, inoltre, sembra abbia commesso errori che potevano essere evitati».

A conti fatti - continuava Auchinleck - pur infliggendo pesanti perdite al nemico, lo scopo, cioè la rottura del fronte, non era stato conseguito. La 9a australiana aveva ottenuto alcuni successi a nord guadagnando maggior profondità, ma a sud l'azione della 7a D.cor ., che pure era stata rinforzata con la 69a B.f., era stata deludente. Anche se convinto della scarsa consistenza complessiva del settore meridionale dell' AIT, per il momento nutriva poche speranze di realizzare qualcosa di utile. A pane ciò: «Il nemico adesso ha la fanteria tedesca, senza alcun riguardo per i suoi vincoli organici, frammischiata con i resti delle divisioni italiane sull'intero fronte, cosicché non possiamo più premere a lungo contro gli italiani e metterli


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SOS

nel sacco come abbiamo fatto in precedenza. Comunque, stiamo cercando un punto debole e, spero, presto ne troveremo uno. Ritengo che, a causa della grande estensione della sua linea, il nemico non sia in grado di conferire molta profondità alle sue posizioni, tranne al centro, dove tiene i carri tedeschi in riserva. Le divisioni corazzate italiane sono a tergo del settore meridionale. Il dubbio è se io disponga veramente di riserve con le quali poter imbastire nuovi attacchi o per sostenere vigorosamente un'offensiva., una volta sferrata(...}».

Quindi passò a considerare la questione dell'organizzazione dicomando. Anche questo brano deve essere riportato integralmente, in quanto lo si ritiene molto istruttivo per il distacco obiettivo e sereno con il quale venne affrontato un argomento così delicato: «L'S• armata - scrisse Auchinleck - avrà di nuovo bisogno di un suo comandante un giorno o l'altro, ritengo, però mi propongo di rimanere qui sino alla conclusione della presente battaglia. Penso di doverla portare a termine e lo voglio assolutamente, anche se non è molto facile ricoprire un duplice incarico. Ad ogni modo, Corbett sta facendo benone al Cairo ed io mi occupo soltanto dei principali aspetti politici, benché ce ne siano pochi, come potete immaginare. Credo che Gott sia in grado di comandare l'S• armata bene; finora ho avuto modo di constatare che egli non mostra segni di stanchezza e ogni giorno studia come maneggiare grosse formazioni. Tuttavia è stato a lungo nel Deserto e potrebbe (perciò] andare alla 9• armata in Siria, ove lo si ritenga maturo per il comando di un'armata. Egli mi ha impressionato molto favorevolmente in ogni circostanza. Penso che quando Wilson avrà terminato la sua inchiesta potrà andare via, per quanto ammirevole nel trattare i problemi in Siria e non abbia palesato sintomi di stanchezza. Dunque, noi vorremmo un comandante per 1'8• armata dalla madrepatria o dall'India. Deve essere un uomo energico e di spiccata personalità ed avere una mente più versatile e ricettiva. Deve anche essere giovane, in ogni senso, nello spirito e nel fisico, e preparato ad accettare consigli e ad imparare, a meno che non abbia già precedenti esperienze del Deseno Occidentale (...). Ho deciso di sostituire Whiteley come capo di S.M. dell'S • armata con de Guingand. Egli ha assolutamente bisogno di un cambio e mi auguro che possiate trovargli un posticino nell'ambito della pianificazione operativa, settore al quale è particolarmente adatto. Non credo che sia tagliato per un elevato incarico di S.M. in una grande unità complessa, anche se elemento di prim'ordine per incarichi del genere in Comandi di altissimo livello. A mio avviso, merita la promozione a maggior generale e spero lo proponiate per tale avanzamento. Per certo ne è degno, come dimostra il suo stato di servizio degli ultimi due anni. Ramsden sta facendo bene al Comando del 30° corpo e lui, Gott ed io lavoriamo ottimamente insieme ed in piena sintonia. Ho Dorman-Smith che mi aiuta qui e lo trovo di grandissimo valore. Messervy stava facendo le sue veci come sottocapo di S.M.G. [al Comando in capo], ma ora è lontano, in India, per approntare e addestrare una divisione corazzata( ...}».


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Sul problema operativo Auchinleck assicurò che avrebbe compiuto un estremo tentativo per allontanare la pesante minaccia che incombeva sull'Egitto, ma si preoccupò di non creare false illusioni di una rapida decisione: «Credo che il mese scorso ci siamo stati vicini - soggiunse - ma la bilancia è assolutamente in bilico ed il 1 ° luglio,io stesso non avrei scommesso di poter resistere sulle attuali posizioni per più di qualche giorno». Ora l'addestramento dell'armata era migliorato in modo sensibile e l'ipotesi, teoricamente possibile, di dover subire una nuova ritirata appariva improbabile: il sistema difensivo messo in atto si basava su una forte posizione di resistenza organizzata in profondità per oltre trenta miglia, costituita da una scacchiera di capisaldi e di schieramenti di artiglieria, sì da essere in grado di intervenire in qualunque zona di irruzione. In particolare, i capisaldi erano tenuti da un minimo di fanteria con qualche batteria, mentre il grosso dell'artiglieria, difeso da aliquote di fanteria mobile, rimaneva libero per una massiccia manovra del fuoco laddove necessario. Inoltre, a tergo della posizione difensiva di El Alamein esistevano gli apprestamenti all'uadi Natrun e sul Delta. «Qualunque cosa accada - ripeté - voglio conservare l'8a armata o la maggior parte di essa come forza mobile campale»~ Infine, Auchinleck passò agli aspetti strategici che sapeva in seria discussione a Londra. Il 18 luglio Roosevelt aveva inviato in Gran Bretagna Hopkins, il gen. Marshall e l'amm. King, quali suoi rappresentanti personali, per discutere e concretare con Churchill ed i capi di S.M. inglesi i piani definitivi per la seconda metà del 1942 e quelli provvisori per il 1943. È ovvio che l'operazione Sledgehammer(apertura del secondo fronte in Europa) costituiva l'argomento principe, ma il Medio Oriente era al secondo posto. Il Medio Oriente - diceva un paragrafo delle istruzioni scritte da Roosevelt per i suoi inviati - doveva essere tenuto nella maniera più salda possibile, sia che la Russia cedesse sia che resistesse. Il crollo del fronte africano avrebbe significato, in successione di tempi, la perdita dell'Egitto e del Canale di Suez, la perdita della Siria, la perdita dei pozzi petroliferi di Mossul, la perdita del Golfo Persico e di tutta la sua zona petrolifera, il congiungimento delle forze tedesche e giapponesi e probabilmente la perdita dell'Oceano Indiano, la probabile occupazione tedesca del Nordafrica francese e l'interruzione della rotta mercantile appoggiantesi agli scali intermedi dell'Africa occidentale, il grave pericolo per tutta la navigazione atlantica e persino per lo costa orientale del Brasile, l'uso da parte tedesca della Spagna e del Portogallo e relative colonie. Ciò posto, si trattava di decidere i mezzi più opportuni per la difesa del Medio Oriente, vale a dire l'invio di rinforzi aerei


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e terrestri e/ o una nuova operazione in Marocco o in Algeria per pren122 dere alle spalle l'esercito di Rommel • Churchill aveva idee estremamente chiare: nessunissima intenzione di impegnarsi in Europa nel 1942; assoluta volontà di risolvere la questione medio-orientale. Dopo molti colloqui la spuntò: il piano Sledgehammer venne accantonato ed il Gymnast (sbarco nel Nordafrica francese) prese il suo posto. Poiché le varianti di quest'ultimo potevano generare confusioni, Churchill ribattezzò il progetto con il nome Torch, ampliandolo sino a comprendere sbarchi in Algeria. Di tutto questo Auchinleck naturalmente non era al corrente, e neppure sapeva che Brooke era riuscito a stento a fermare un telegramma di Cb:urchill che incitava a nuova offensiva, però volle dire la sua: «A proposito di questa richiesta di un "secondo fronte" , noi pensiamo che voi abbiate già un "secondo fronte" cli non tr~curabile importanza qui! Qualora divenisse necessario stabilir-e un "secondo fronte" in Europa, il Nordafrica e l'intero bacino del Mediterraneo sono, a mio modo di giudicare, veramente Europa sul piano strategico e da essa inseparabili. Non sarebbe una buona cosa cercare di farlo capire pubblicamente? (...)»m.

Il 25 luglio, secondo il servizio informazioni britannico, le truppe italiane tenevano la sinistra del settore di T ell el Eisa e, più precisamente, la Trieste era creduta ad ovest ed a sud-ovest del rilievo (mentre 124 invece c'era la 164a D.f. tedesca) e la Trento ad ovest di El Miteiriya • In totale si calcolavano presenti 9.100 uomini, 70 pezzi di artiglieria da campagna e pesante campale e 45 controcarri, 15 autoblindo ed una dozzina di carri. Sulla destra, le truppe tedesche individuate erano due battaglioni del 382°f., il gruppo Kiehl, il 33° gruppo esplorante, due battaglioni del 361 ° f., il gruppo Briel ed il 200°f., .per complessivi 3.600 uomini, 106-120 bocche da fuoco e da 26 a 29 pezzi da 88. In sostanza, a parte la Trieste ormai spostatasi nel settore meridionale, il pur compreso frammischiamento delle unità dell'Asse probabilmente non era stato visto nella sua interezza (schizzo n. 63). Il piano prevedeva che la 24a brigata australiana, sostenuta dal 50° Royal Tanks, da nord-est si impadronisse del costone di El Miteiriya, mentre la 69a brigata britannica avrebbe raggiunto da est la pista per Naqb Abu Dweis, alcuni chilometri a sud del predetto costone. Attraverso la breccia dovevano irrompere, per sfruttare il successo, la 2 a B.cor. e la 4a B.cor. leggera, che durante le notte avrebbero lasciato le rispettive dislocazioni a sud del Ruweisat per portarsi in zona di raccolta a sud-est del campo trincerato di El Alamein. Auchinleck diramò


IL COMBATTIMENTO DI EL-MITEIRIYA (27 luglio) ·

Schizzo n. 63

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LA PIUMA BATI AGL!A 0 1 EL ALAME.IN

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uno speciale ordine del giorno di incoraggiamento all'sa armata. Esso terminava con un vigoroso «Stick to it» ( =non mollate). A mezzanotte del 26 luglio la 24a brigata australiana cominciò ad avanzare a cavallo della pista per Naqb Abu Dweis. Dopo circa un'ora cadde sotto l'intenso fuoco di arresto dei tre battaglioni che sbarravano la direttrice di attacco: il ll/62° f. della Trento, il I/361 ° f. tedesco ed il III/62° f. La lotta si accese durissima ed al termine di un'accanita resistenza durata oltre un'ora il I/361 ° f. veniva travolto perdendo anche 115 prigionieri. Si apriva cosl il varco e gli australiani vi si inoltravano, benché ostacolati di fianco dal fuoco dei due battaglioni del 62° fanteria. Alle 2 il nemico occupava Sanyet el Miteiriya; peraltro l'intervento del gruppo Briel riusciva ad eliminare la penetrazione ed a tamponare la falla. Ad oriente si era messa in moto la 69a brigata britannica, puntando sull'estrema destra della Trento e precisamente sul tratto tenuto dal I e II/200° f. tedesco e dal I/61 ° f., coinvolgendo anche il I/28° f., estrema sinistra del X corpo. Qui la progressione fu assai più lenta, perché l'incompleto sminamento pose subito in grosse difficoltà il VI Durham Light Infantry, battaglione di testa della brigata. Per quanto la 69a avanzasse ormai in un sensibile disordine, la pressione fu forte: parte del I/ 200° f. ed una compagnia del I/ 61 ° f. vennero sopraffatti, mentre il IV/46° artiglieria della Trento, vistosi addosso le punte britanniche, si mise a sparare a zero. Anche in questa zona l'intervento di riserve mobili riusd a ripristinare la situazione verso le 6,30. Alle 7 però australiani ed inglesi rinnovarono il tentativo contro i capisaldi tenuti dal II/62° f., III/62° f. e III/61 ° f. Fu uno sforzo inutile perché reso vano dalle armi pesanti della fanteria, dall'artiglieria e dai campi minati. Probabilmente in un diverso contesto tattico le cose sarebbero andate diversamente, ma per fortuna nostra il gen. R. Bri.ggs, comandante della 2a B.cor., che avrebbe dovuto seguire la 69a brigata, non osò avventurarsi alla cieca in zone minate non riconosciute, o meglio trafilarsi in varchi ritenuti non sufficientemente agibili. Cosl la fanteria inglese, lasciata sola ed accecata da una tempesta di sabbia, venne respinta sanguinosamente. Poco più tardi, verso le 10, toccò agli australiani desistere, benché il 50° Royal Tanks cercasse di intervenire in loro aiuto. Fu fermato dal I/115° f. e dal 33° gruppo esplorante e perse subito 22 carri, davanti allo sguardo allibito del 2/28° battaglione australiano. Morshead allora tirò le somme sulla base delle notizie che gli affluivano irregolarmente a causa dei disturbi nelle trasmissioni radio. Le


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LE OPERAZIONI IN AFRJCA SETTENTRJONALE

due brigate di fanteria avevano esaurito la loro capacità offensiva; la 2 a brigata corazzata stava traccheggiando in vista di un suo passaggio attraverso le file australiane, ma finì per affermare che non si sarebbe mossa «finché la fanteria non avesse garantito il rastrellamento delle mine» 125; il 50° Royal Tanks ne aveva avuto abbastanza. Le perdite della 24a australiana ammontavano a circa 400 uomini, quelle della 69a britannica a 600; i carri messi fuori combattimento si aggiravano sulla trentina. A questo punto Ramsden, col consenso di Auchinleck, decise di porre termine all'operazione. Si era trattato di un nuovo pieno insuccesso. Occorreva adesso una pausa di riflessione, Nel settore meridionale del fronte la calma relativa venne rotta soltanto da qualche sporadica attività di pattuglie meccanizzate e brevi duelli di artiglieria, che non ostacolarono il febbrile lavoro di sistemazione difensiva e di posa di campi minati dell' AIT. Con la fine di luglio si concluse la prima battaglia di El Alamein e poté finalmente cominciare un periodo di riassetto globale senza l'assillo degli attacchi britannici. Dopo la guerra Bayerlein disse al suo intervistatore inglese: «Noi rimanemmo profondamente impressionati e gravemente contrariati dal modo in cui ci attaccaste per tutto il mese di luglio . Mancò poco che non sfondaste le nostre linee, e più di una volta, fra il 10 ed il 16 luglio. Se aveste potuto insistere nell'attaccare per un altro paio di giorni, ci sareste riusciti certamente. Il 26 luglio fu il giorno decisivo. Eravamo rimasti senza munizioni per l'artiglieria pesante e Rommel aveva deciso di ripiegare sulla linea di confine se il vostro attacco si fosse rinnovato» 126•

Il 26 era arrivato al fronte il gen. Warlimont dell'OKW. Non portava ordini specifici, ma si limitò a sottolineare l'importanza di rimanere sulle posizioni di El Alamein, in funzione dell'imminente invasione della Persia, attraverso il Caucaso, da parte dell'armata di van Kleist. Comunque, il giorno dopo Rommel chiese un colloquio con Barbasetti. Non potendo questi muoversi per un'indisposizione gastrica, il 29 arrivò Bastico ad El Daba e Rommel lo accompagnò durante l'ispezione ai reparti. «Lungo la pista, da caposaldo a caposaldo - ricordò più tardi il comandante superiore - Rommel mi illustrava l'andamento della linea con una conoscenza perfetta del terreno e degli uomini che lo presidiavano. Ero convinto di trovarlo sfiduciato od irritato: mi sbagliavo, era sereno ed ogni tanto gli si affacciava alla mente l'idea di quegli obiettivi lontani di cui mi aveva parlato con entusiasmo, subito dopo la presa di Tobruk. L'arrivo dei rinforzi l'aveva trasformato»121.


LA PRIMA BATTAGLLo\ DI El ALAMEIN

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Secondo la lunga lettera che inviò a Cavallero al rientro al Comando Superiore, lo schieramento dell'AIT si presentava relativamente debole a nord per un comp]esso di vari motivi, quali l'andamento della linea, i modestissimi appigli tattici offerti dal terreno, la facilità di movimento per le unità corazzate, le mediocri possibilità di osservazione a distanza. Al centro appariva sufficientemente robusto, specialmente in corrispondenza delle posizioni di Qaret el Abd e Bah el Qattara, dove il nemico aveva condotto lavori di notevole entità. A sud era assai forte, grazie sia alle caratteristiche naturali che consentivano una difesa con forze limitate, sia ai lavori compiuti a suo tempo dagli inglesi a Naqb Abu Dweis e ad El Taqa. Anche in queste località la sistemazione difensiva 'realizzata comprendeva postazioni e riservette e grandi ricoveri di una quarantina e più locali, con soffitti alti, larghi corridoi e camere spaz10se. L'intera linea era determinata da una serie di capisaldi approntati secondo i criteri disposti da Rommel sin dalla metà di luglio 128, ma, a prescindere dall'ampiezza degli intervalli, troppo limitato era il loro presidio ed i lavori di sistemazione lontani dal completamento. Ne derivava una larga possibilità di infiltrazioni da parte avversaria con effetti perniciosi. Era intenzione di Rommel di costituire davanti all'intera fronte una larga fascia minata e, in un secondo momento, un'ulteriore fascia minata a tergo dei capisaldi di primo ordine; ma per quanto non si fosse pronunciato sul tempo occorrente a simile realizzazione, si trattava di un lavoro richiedente parecchie settimane. Alle perplessità in proposito espresse da Bastico, Rommel naturalmente aveva ribattuto che la celerità di attuazione dipendeva dalla possibilità di disporre a pié d'opera dei materiali. Al che, altrettanto naturalmente, Bastico aveva replicato trattarsi sempre di trasporti, la cui situazione infelice ormai era nota a tutti. Nella sua relazione Bastico passò, poi, a parlare delle unità italiane. I comandanti di corpo d'armata avevano ripetuto le dolenti note già più volte segnalate al Comando Supremo: la necessità di complementi perfettamente addestrati e solidamente inquadrati; la convenienza di una rotazione negli ufficiali di Stato Maggiore, dato che non pochi dei presenti avevano assolutamente bisogno di una sostituzione; la stanchezza delle truppe che si faceva sentire, come del resto era prevedibile, ogni giorno di più; l'imperiosa necessità di automezzi che stava accentuandosi «con progressione geometrica» a causa delle perdite per motivi bellici, dell'usura per l'impressionante stato delle piste, e per deficienza di parti di ricambio. La questione mezzi di trasporto si trovava al centro delle preoccu-


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

pazioni dei comandanti, specialmente se pensavano all'ipotesi di un ripiegamento da compiersi sotto la pressione del nemico: in tal caso si sarebbe andati incontro a «perdite di eccezionale gravità». Quanto allo spirito dei soldati, tutto sommato lo si poteva definire alto nonostante i disagi, ma «ancora più alto sarebbe se tutti gli ufficiali che sono a loro diretto contatto - subalterni e capitani - fossero all'altezza del loro compito». Anche fra i comandanti di grande unità affiorava un sensibile logorio, ed erano in atto numerose sostituzioni. Nel XX corpo il gen. Adolfo Infante era subentrato al gen. Arena alla D.cor. Ariete, il gen. Carlo Ceriana Mayneri al gen. Becuzzi alla D.cor. Littorio ed il gen. Francesco La Ferla stava per rilevare la D.mot. Trieste del gen. Azzi. Anche al X corpo erano in corso movimenti: il gen. Dino Parri al posto del gen. Lombardi, già rientrato in Italia gravemente ferito, alla D.f. Brescia; mentre stavano per arrivare i sostituti del gen. Gioda, comandante del corpo d'armata, e del gen. Torriano, comandante della Pavia. Sul piano delle previsioni operative: «Il maresciallo Rommel - scriveva Bastico - nel parlare della situazione avvenire ha fatto presente che, secondo quanto gli è noto, gli inglesi riceveranno sicuramente rinforzi notevoli fra la fine di agosto e i primi di settembre, conseguendo così per tale epoca una decisa superiorità - in fanteria, artiglieria, mezzi corazzati ed anche aviazione - sulle nostre forze: pertanto la nostra nuova offensiva dovrebbe essere sferrata prima che tale superiorità fosse da essi raggiunta; ma siccome in ogni caso la lotta si presenta dura, è assolutamente necessario che rinforzi notevoli gli giungano prima del 20. Egli, in sostanza, considera la situazione presente con temperato ottimismo e quella futura con manifesto senso di realtà: ma il non nascondersi le difficoltà lo porrà in condizioni di affrontarle e superarle con la sua consueta energia»' 29 •

Contemporaneamente a questa lettera, Bastico ne spedì un'altra ai Comandi di corpo d'armata, di tutt'altro tono. Come si è detto la questione automezzi era angosciante, tuttavia il movimento oltre frontiera, avvenuto in circostanze strategiche particolarmente favorevoli, era stato compiuto in modo frammentario e disorganico solo in parte a causa di deficienze nel campo dei trasporti. Secondo il comandante superiore, anche da un affrettato esame risultava una notevole trascuratezza nel settore logistico: «L'autotrasporto delle unità - affermò - si è effettuato senza tenere nella dovuta considerazione i vincoli organici ed il buon inquadramento (...). In genere si è lasciato indietro tutto quanto costituiva un impedimento o una preoccupazione o anche semplicemente una difficoltà da risolvere, e per risolvere la


LA PRL\1A BA'ITAGLL.\ DI EL ALAMEIN

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difficoltà si è invocato l'aiuto del Comando Superiore prima ancora di avere esperito le proprie possibilità(...)».

Non si è in grado di valutare l'esattezza del rimarco, ma le responsabilità dei reparti sembrano un po' troppo accentuate, ben ricordando in qual modo le divisioni, i reggimenti, i battaglioni fossero stati proiettati in Egitto subito dopo la conquista di T obruk. Comunque il prosieguo della circolare era sicuramente fondato: «Le cosiddette basi sono cresciute a dismisura per tutte le unità e reparti minori; corpi d'armata, divisioni, reggimenti ed anche reparti inferiori al reggimento !}anno creato una o più basi arretrate e basi avanzate sparpagliate da Tmimi ad El Daba ed in ciascuna hanno talora lasciato, in disordine, interi reparti, uomini isolati in quantità rilevante, mezzi e materiali d'ogni specie».

Ed il seguito era particolarmente duro: «Anche altre volte ho avuto necessità di richiamare severamente gli Stati Maggiori delle grandi unità ad una più oculata organizzazione e ad un più fattivo funzionamento dei servizi: ma se devo trarre deduzioni dai ripetuti S.O.S. che sono tuttora indirizzati al Comando Superiore in questioni di stretta competenza degli Stati Maggiori delle grandi unità stesse, devo purtroppo riconoscere che questi ultimi sono ancora impari al loro compito»130 •

Bisogna dire che l'intervento di Bastico, specie dopo la visita ai corpi d'armata, dette hmoni frutti e le più vistose manchevolezze vennero eliminate (grazie anche al periodo di calma operativa). Pure il capo di Stato Maggiore della R. Marina, Riccardi, si era recato in Africa settentrionale per rendersi conto di persona delle condizioni dei porti. Al termine dell'ispezione compilò una relazione per il Comando Supremo, lumeggiando lo stato di fatto. A suo giudizio, Bengasi rimaneva ancora il porto sul quale dirigere le navi di maggiore tonnellaggio, per poi smistarle, una alla volta, a T obruk. Qui potevano essere mandati i piroscafi minori, mentre per Marsa Matruh ed eventualmente Derna, Bardia e Sollum erano impie131 gabili soltanto motozattere e motovelieri • Con il potenziamento delle difese contraerei ed antinave, il completamento dei lavori portuali e l'assegnazione dei mezzi da sbarco, la massa sarebbe stata a mano a mano spostata verso T obruk ed a Marsa Matruh inviato qualche piroscafo di modesto tonnellaggio. Naturalmente, a Tripoli non doveva andare che il traffico necessario per la Tripolitania. Calcolato in 100.000 tonnellate il volume dei rifornimenti mensili


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LE OPERAZIONI TN AFRICA SETTHt f RION Al E

ed aggiungendo 20.000 tonnellate di materiali da scaricare dalle maggiori navi e caricare su quelle di cabotaggio, la ripartizione del movimento portuale doveva essere la seguente: Tripoli ............................................................................................................................... 20.000 Bengasi .....................................................................................:........................................ 45.000 T obruk ............................................................................................................................ 30.000 Marsa Matruh ......................................................................................................... 12.000 Derna, Ras Ilal, Sollum, Bardia ...................................................... 13.000

t. t. t. t. t.

Le 60 motozattere previste avrebbero essenzialmente assicurato il traffico oltre Tobruk e, in attesa dell'arrivo di mezzi più appropriati, sopperito al lavoro portuale di Bengasi e di T obruk nella misura di tre o quattro unità per ciascuno. Secondo un calcolo di larga massima, volendo garantire l'arrivo giornaliero di quattro motozattere a Marsa Matruh, occorreva adibire a tale compito 32 zattere, in quanto il ciclo viaggio comprensivo anche delle indispensabili manutenzioni non era reputato normalmente inferiore agli otto giorni (quattro per il trasferimento, il carico e lo scarico, e quattro di riserva per la manutenzione e le inevitabili soste dovute al maltempo). Di conseguenza, per l'eventuale cabotaggio da Bengasi non sarebbero rimaste che una ventina di motozattere: molto poco. Un notevole miglioramento si poteva ottenere solo rimettendo in piena efficienza la ferrovia costruita dagli inglesi in Marmarica e prolungandola sino a Tobruk. Allora il traffico ad oriente di Tobruk sarebbe stato assicurato dalla ferrovia e quello ausiliario dalle motozattere, che sarebbero diventate il mezzo principale per il cabotaggio da Bengasi. In proposito occorreva però tener presente l'esperienza già fatta dai tedeschi: il più temibile nemico dei Mas e delle motozattere era l'aereo, e poiché non appariva realistico contare sempre sulla protezione della caccia, occorreva potenziare la difesa contraerei dei natanti in questione. Riccardi fece anche un'analisi dettagliata dei porti ed in primo luogo di T obruk, la rada che richiedeva in quel momento il massimo sforzo. Nonostante il continuo martellamento aereo notturno, negli ultimi quindici giorni la media giornaliera di scarico si aggirava sulle 1.250 t. e quella di carico sulla 160 t.; però la sosta delle navi in rada era allarmante ed inaccettabile (si arrivava perfino ad oltre un mese, come nel caso del piroscafo tedesco Menes). Quindi avrebbe impartito disposizioni intese ad evitare la presenza a Tobruk di più di cinque


LA PRIMA BATI AGLIA DI EL ALAMEIN

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piroscafi, di cui uno grande, e da rendere possibile lo scarico in non oltre cinque-sei giorni. A parte quanto si riferiva allo sbarco dei materiali, questione di competenza della R. Marina, occorreva provvedere assolutamente ad un forte incremento dei mezzi terrestri di deflusso per impedire il già preoccupante accumulo sulle banchine. In altri termini, occorrevano almeno 75 automezzi al giorno, contro gli attuali 40. A prolungamento effettuato della ferrovia sino al porto (prevedibili ancora circa due mesi), la necessità di autocarri sarebbe diminuita. In effetti la ferrovia egiziana facente capo a Matruh e portata dagli inglesi sino a Sidi Rezegh (30 chilometri da T obruk) consentiva un reale vantaggio. Il primo treno, condotto da locomotiva di preda bellica riparata, era stato attivato il 24 luglio. Il 31 luglio la disponibilità di locomotori italiani raggiungeva la ventina e consentiva un traffico giornaliero di circa 300 tonnellate fra Sidi Rezegh ed El Daba. Nelle retrovie, purtroppo, non si era riusciti a concludere nulla: i tronchi Zuara-Tripoli-Tagiura e Bengasi-Barce erano irrilevanti sia per brevità di percorso sia per potenzialità e l'idea di prolungare la Tripoli-Tagiura almeno sino a Sirte e la Bengasi-Barce sino a Tobruk rimase un sogno, nonostante anche i tedeschi si fossero interessati della questione. È evidente che l'insufficienza di materiali gravò disastrosamente sulla soluzione del problema, tuttavia non è possibile evitare il dubbio dell'assenza di una lucida volontà realizzatrice sorretta da un'energetica capacità organizzativa. Questo a prescindere, sia ben chiaro, dalla deficiente visione strategica nel teatro d' operazioni libico non solo durante tutti gli anni Trenta, ma perfino durante la «non belligeranza»!


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NOTE AL CAPITOLO SETTIMO Poiché la distruzione dei documenti ebbe luogo mercoledì 1° luglio, la giornata acquistò presso le truppe britanniche l'ironica denominazione di «mercoledì delle Ceneri». 2 J. CONNELL, op. citata, p. 621-623. 3 A. BRYANT, op. citata, p. 393. 4 Ibidem, p . 394. 5 È di vivo interesse leggere le pagine di Churchill sulla mozione di sfiducia. Fra l'altro, durante la discussione, un deputato se ne uscì con una suggestiva proposta: «Noi abbiamo in questo paese cinque o sei generali, cittadini di altri paesi, cechi, polacchi e francesi, tutti addestrati all'impiego di queste armi tedesche e di questa tecnica tedesca. So bene che ciò un a il nostro orgoglio, ma non sarebbe possibile affidare temporaneamente a qualcuno di questi uomini il comando delle unità combattenti, almeno sino a quando non riusciamo ad avere anche noi uomini esperti? (...) Essi sanno come si deve combattere questa guerra; i n ostri uomini non lo sanno e io dico che è molto meglio vincere le battaglie e salvare la vita dei soldati britannici sotto il comando di altri membri delle Nazioni Unite piuttosto che perderle sotto il comando di nostri ufficiali incapaci (...)». Poi, a sostegno dell'asserzione che !'esercito britannico era dominato dai pregiudizi di classe, citò il sarcastico commento circolante in Inghilterra: se Rommel fosse stato nell'esercito britannico, sarebbe rimasto sergente! (:W. CHURCHILL, op. citata, P . IV, voi. I, pp. 449-467). 6 W. CHURCHILL, op. citata, P. IV, voi. I, pp. 453-455. 7 F. H. HJNSLEY, op. citata, p. 391. 8 H. KIPPENBERGER, op. citata, p. 139. Quanto a Pienaar, quale che fosse il livello della sua azione di comando, sembra che i suoi sentimenti nei confronti britannici non potessero venir definiti idilliaci. La notte sul 1° luglio due giornalisti inglesi raggiunsero il Comando della 1a sudafricana e trovarono Pienaar al telefono. «Il generale, e-oidentemente, parla con un Comando 1

dell'aviazione da bombardamento e la sua irritazione cresce con il tono della voce. Questo pomeriggio ancora - strilla - i vostri dannati bombardieri, per ore intere si sono accaniti contro il mio II battaglione del Royal Durban Light Infantry, che ha sofferto perdite non indispensabil~ benché facesse ogni possibile segnalazione. Una vera vergogna. Sappia ora, caro signore, che quarantadue anni or sono mio padre combatte-oa furiosamente nel Transvaal contro voialtri inglesi della malora, e che i sentimenti della miafamiglia., da allora, non sono a/fatto cambiati. Posso quindi capire perfettamente, nello stesso spirito, che il programma della Royal Air Force comprenda l'annientamento delle forze sudafricane»! «Soltanto - conclude eccitatissimo, mentre le vene di un collo da lottatore apoplettico gli si gonfiano paurosamente - io desidero qu~ avere subito le idee precise. Voglio sapere da che parte sono, voglio sapere se Rommel è mio amico o mio nemico, se gli devo sparare addosso o se devo mettere in azione la mia contrarea quando compaiono i vostri apparecchi, cosa che farei con entusiasmo indescrivibile. Preghiera, signore, di rispondere per iscritto. Buona notte!» (P. Caccia Dominion~ Alamein 1933-1962, Longanesi, Milano 1954, p. 53). 9 M. CARVER, La battaglia di El Alamein, Baldini e Castoldi, Milano 1964, p. 34. 10

La 1• D.cor. rimase con 4' e 22' B.cor. La 7• B.mot. dipese direttamente dal Comando

13° corpo dal 1° al 5 luglio, poi passerà alla 7a D .cor. 11 J. CONNELL, op. citata, p . 628. Da notare che secondo il servizio informazioni britannico Rommel disponeva di 100-150 carri tedeschi e 40-50 italiani il 27 giugno; di 120 carri tedeschi e 100 italian.i il 30 giugno. Per inciso, le notizie sul numero dei carri italiani erano incerte ma, data la qualità del mezzo corazzato, la cosa rivestiva scarsa importanza agli occhi inglesi. 12 F.H. HINSLEY, op. citata, p. 393. Il Ibidem, p. 393. " F. von MELLENTHIN, op. citata, p. 205. 15 E. ROMMEL, op. citata o, p. 205. 16 Il XX corpo era pressoché organico come unità anche se a livelli di forza e mezzi assai ridotti. L'Ariete aveva: 8° bersaglieri su V e XII battaglione autoportato e III btg. e.e.; 132° carristi su VIII, IX e X btg. card medi ed una cp.c.a. da 20; 132° artiglieria (due gruppi da 75/27, un gruppo da 105/28, due gruppi da 90/53, due gruppi semoventi da 75/18); III gruppo squadroni Nizza Cavalleria; 32° btg. misto genio, unità dei servizi.


LA PRIMA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN

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La Trieste aveva: 65° fanteria su due battaglioni, 66° fanteria su due battaglioni, 21° artiglieria (due gruppi da 100/17, due gruppi da 75/27, un gruppo da 75/ 50, due batterie da 20), 52° bcg. misto genio, unità dei servizi. 17 Diario storico X corpo d 'armata, fonogramma trasmesso dall'armata alle 12,15 e ricevuto alle 17,05. Il X corpo aveva in posto la Brescia con il 11/19° fanteria ed il 1° artiglieria celere (due gruppi da 100/17 ed uno da 75/27); la Pavia con il Il/27° fanteria ed il 26° artiglieria (due gruppi da 100/17 ed uno da 75/27); il 9° bersaglieri su due battaglioni ed il XLIX/16° artiglieria da 105/28. 18 Diario storico XXI corpo d'armata, fonogramma trasmesso dall'armata alle 14,10. Il XXI corpo aveva in posto la Trento con il II/62° fanteria ed il 24° artiglieria (un gruppo da 100/17 ed uno da 75/27); il 7° bersaglieri su due battaglioni; il 2° artiglieria celere; il III/24° artiglieria da 105/28 ed il XXXII battaglione guastatori. 19 DSCSAS, tele 3426 data 1.7.1942, ore 20.30, del col. Mancinelli.

E. ROMMEL, op. citata, p . 191. F. von MELLENTHIN, op. citata, p. 161. 22 E. ROMMEL, op. citata, p. 191-192. n F. von MELLENTHIN, op. citata, p. 161. 20

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Diario storico del XX corpo d'armata, tele 2/0835 data 2.7.1942, ore 8, 35.

G. CIANO, op. citata, p. 633. 26 Il gen. Magli, addetto al Comando Supremo, il 30 giugno aveva inviato una lettera personale a Cavallero, toccando l'argomento in questi termini: «(..) Facendo seguito a quanto ho ritenuto di dovervi comunicare circa la promozione a Maresciallo - anche per l'Ecc. Bastico - reputo opportuno soggiungere che ieri mattina, nell'accompagnarlo a Guidonia, ho chiesto l'autorizzazione al Duce di inviargli i distintivi di grado perché potesse consegnarli personalmente a Vo~ Eccellenza ed all'Ecc. Bastico: ne ho avuto autorizzazione. . Sicché domani li invierò al Comm. De Cesare, con preghiera di consegnarli al Duce( ..)» (Diario Cavallero, data 1.7.1942). Nella mattinata del 1° luglio, Mussolin i aveva inviato al Re questo telegramma: «Reputo necessaria per ovvie ragioni la promozione del generale Ugo Cavallero a Maresciallo d'Italia. Decreto sarà quanto prima sottoposto alla firma della Maestà Vostra. Sono mrto che questo provvedimento avrà l'approvazione della Maestà Vostra. È mia convinzione che la promozione è ampiam~te meritata. Mussolini» (Diario Cavallero, data 1.7.1942, tale 31329 stessa data, ore 10,20). A parie l'uso 25

dell'indicativo in luogo del congiuntivo nella frase finale, è palese la scorrettezza formale di Mussolini nei riguardi del Re. 27 G. CIANO, op. citata, p. 635. «Il generale Cavallero - scrisse nel proprio diario l'allora ispettore della Cavalleria - è stato promosso maresciallo! Ciò ha destato una non troppo favorevole impressione-. (CARLO CERIANA MAYNER1, Parla un comandante di truppe, Rispoli, Napoli 1947, p. 98). 26 Diario storico del XX corpo d'armata. 19 li diario storico della divisione sotto la data del 2 luglio registra: • Verso sera dal Comando

C.A. viene trasmesso un ordine, per il tramite della divisione Ariete, (. .) per puntare sull'obiettivo di Alam Nayil. L'ordine, consegnato ad un ufficiale della divisione, non giunse in tempo al Coman· do». 30 Diario storico del XX corpo d'armata. La 4 • brigata corazz.ata aveva quel giorno in linea 18 Grant, 33 Stuart e 12 Valentine; ma si ignora quale reparto abbia inviato contro l'Ariete. • 31 L'Ariete indicò la perdita di 16 pezzi da 47 /32, 6 da 75/27, 6 da 88, 1 da 90 e 7 da 105. Secondo fonti britanniche l'attaccante avrebbe catturato 350 prigionieri e 44 pezzi (16 da 75, 11 da 88, 12 da 105 e 5 inglesi da 25 libbre). 32 L'Ariete poté ricostituire sul momento un plotone carri ed una sezione da 90, messi a disposizione della 15• Panzer; il V battaglione bersaglieri con un plotone comando ed una compagnia organica. Inviò allo scaglione B 5 ufficiali e 70 bersaglieri del V battaglio ne, e 6 ufficiali e 129 bersaglieri del XII, perché privi di armi cli reparto. 33 F. von MELLENTHIN, op. citata, p: 162.


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LE OPERAZIONI fN AFRICA SETTENTRIONALE 34

}.A.I. AGAR-HAMILTON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 314. La variante derivava da analoga proposta avanzata da Mancinelli, il quale però aveva suggerito l'espressione Annata corazzata italo-tedesca (ACIT) e l'esplicita formulazione da parte del Comando Supremo. 36 Diario storico del XX corpo, data 3.7.1942. 37 J.A.I. AGAR-HAMIL'l'ON e L.C.F. TURNER, op. citata, p. 296. 38 DSCSAS, tele 3288 data 4.7.1942, ore 23,50 del col. Mancinelli. 39 W. CHURCHILL, op. citata P. IV, voi. I, pp. 463-464. 4 o J. CONNELL, op. citata, p. 653. 41 A. BRYANT, op. citata, p. 395. 42 DSCSAS, tele 34348/0p. data 4.7.1942, ore 10,50, di Cavallero. 43 F.H. H1NSLEY, op. citata, p. 396. 44 Quasi contemporaneamente il diario di guerra del DAK commentava: «Com'era da 3s

aspettarsi il nemico si è reso conto del movimento retrogrado della 21 • Panzer ed ha subito cominciato ad esercitare forte pressione». 45

Diario storico del XX corpo d'armata, fono s.n. data 3.7.1942, ore 13,45, dell'AIT. I.S.O. PLAYFAIR, op. citata, p. 343. 47 DSCSAS, tele 3291 data 5.7.1942 del col. Mancinelli. 49 DSCSAS, data 5.7.1942. Chi, invece, ostentava ben diverso stato d'animo - si ignora se per vera convinzione o per un malinteso senso di «riguardo», se non addirittura di lusinga nei confronti di Mussolini, come già era accaduto durante la campagna di Grecia - era Cavallero. Il 7 luglio Ciano scrisse sul suo diario: «Cavallero, in breve visita dalla Libia, è ottimista al cento ~

per cento sulla prossima ripresa di operazioni, È sicuro che la superiorità delle forze dell'Asse ci condurrà subito ad Alessandria ed in breve prosieguo di tempo al Cairo e sul Canale(. ..),, (G. CIANO, op. citata, p. 636). 49 L'entrata in campo della 24' brigata australiana ha un risvolto. Il 2 luglio Auchinleck aveva ordinato che una colonna australiana venisse impiegata subito sul fronte di El Alamein. U giorno dopo il gen. Morshead, che aveva ben presenti i vincoli d'impiego posti dal governo di Canberra, volò da Auchinleck e gli chiese di revocare l'ordine perché la divisione, come tale, non era ancora pronta. Il colloquio, secondo quanto ricordato da Morshead, si svolse cosl: Auchinleck: Voglio subito quella brigata. Morshead: Non potete averla. A.: Perché?

M.: Perché deve combattere inquadrata nella sua divisione. A.: Neanche se vi dò l'ordine? M.: Datemi l'ordine e vedrete. Auchinleck allora promise che tutta la divisione sarebbe stata impiegata organicamente non appena pronta e Morshead, dal canto suo, consentì che la 24 3 brigata (non una sua colonna) passasse temporaneamente alle dipendenze del 30° corpo (BARTON MAUGHAN, Tobruk and El Alamein, Canberra, 1966, p. 552). 50 . La 4• brigata corazzata era diventata «leggera» perché costituita da tre reggimenti autoblindo. 51 E. ROMl,,IEL, op. citata, p. 195. 52 Ibidem, p. 156. s3 DSCSAS, tele 3344 data 9.7.1942, ore 12,25, del col. Mancinelli. In quel pomeriggio, Rommel si era dedicato con particolare cura ad esaminare la situazione nel settore centrale del fronte e ad ispezionare i reparti della zona. Ma volle trovare il tempo per una visita di significato molto umano. Alle 16,30 era caduto, gravemente ferito, il magg. Leopoldo Pardi, comandante dell II/1° artiglieria celere. A metà giugno del 1941 si era particolarmente distinto nella difesa di Passo Halfaya quale comandante del I/2° celere. Il suo nome era uno dei pochi conosciuti nell'ambito dell'Afrikakorys. Quando Rommel lo seppe, volò con la sua Cicogn,t all'ospedale da campo di El Daba, ove Pardi era stato portato in gravissime condizioni, ed ordinò di trasferirlo immediatamente con il suo aereo su una nave ospedale presente a Marsa Matruh. Ma Pardi era morente e non più trasportabile. Rommel gli strinse a lungo la mano in silenzio, prima di tornare al fronte.


LA PRlMA BATTAGL!A DI EL ALAMEIN

5• 55

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DSCSAS, tele 3352 data 9.7.1942, ore 21,50, del col. Mancinelli.

E. ROMMEL, ap. citata, pp. 196-197.

56 Per quanto l'impiego riunito delle unità costituisse un principio fondamentale, sul piano pratico vi furono adattamenti. Cosl, per evitare la totale distruzione di un'unità, Morshead stabill che in riserva, sulle posizioni difensive di Alessandria, venissero lasciati nuclei attorno ai quali ricostituire reparti che avessero sublto pesanti perdite. Perciò il gruppo di riserva fu inizialmente costituito da un battaglione per ciascuna brigata, ed ogni battaglione inviato in prima linea lasciò indietro il vicecomandante, sei ufficiali ed una sessantina di uomini di determinato grado e specializzazione. 57 NEIL ORPEN, South African Forces World War Il, Purnell, Cape Town-Johannesburg, 1971, p. 365. Stranamente l'obiettivo non era fissato in Teli el Makh-Khad. 58 B. MAUGHAN, op. citata, p. 563. 59 N. ORPEN, op. citata, p. 368. 60 DSCSAS, tele 3365, data 11.7.1942, ore 21,30, del col. Mancinelli. La 99• batteria del XXXIII gruppo del 149/40 era rimasta con circa 400 colpi a carica massima. Visto il nemico ormai prossimo, il comandante di batteria ordinò di aprire il fuoco con alzo zero. Se davanti ai pesantissimi 149, dalle lunghe bocche da fuoco orizzontali, si spalancò un inferno che inghiottÌ terra, australiani e camionette, sulla linea pezzi la celerità di tiro fu tale da creare un clima tremendo. Quando, dopo l'ultimo colpo, davanti alla batteria esistette solo la morte, a tergo stavano arrivando i primi reparti del 382° f. tedesco. 61 DSCSAS, tele 01/12885, data 12.7.1942, ore 12,45. 62 DSCSAS, tele 3374, data 12.7.1942, ore 19, del col. Mancinelli. <,J DCSAS, tele 01/12989, Op. data 13.7.1942, ore 23,10. "' DSCSAS, tele 3393,' data 14.7.1942, ore 18,15, del col. Mancinelli. 65 Appunto s.n. data 16.7.1942 del CSFAAS - Uff. informazioni militari. 66

67

F.H. HINSLEY, op. citata. I.S.0. PU\.YFAIR, op. citata, p. 347.

68 La 2• brigata corazzata era costituita da: 6° Ro)•al Tanks, 3°/5° Royal Tanks, 9° lanceri. Contava su 46 Grane, 11 Suart e 59 Crusader. 69 La 22• brigata corazzata era costituita del 3° C.L.Y. e dal Royal Scots Greys. Aveva 31 Grant, 21 Stuart e 23 Crusader. 70 La relazione ufficiale britannica riporta: «La scelta era fra lo sterminio e la resa e circa 350 uomini furono catturati» (I.S.O. Pu,YFAIR, op. citata, p. 349). Sl, anche le fanterie italiane si trovarono spesso impotenti di fronte ai carri inglesi. 71 1.$.0. PLAYFAIR, op. citata, p. 350. 72 DSCSAS, tele 3402, data 15.7.1942, ore 14,30, del col. Mancinelli. n DSCSAS, tele 3408, data 15.7.1942, ore 23,40, del col. Mancinelli. 74 H. KTPPENBERGER, op. citata, p. 174. 75

76

Ibidem.

DCSAS, tele 3419, data 17.7.1942, ore 8,35, del col. Mancinelli. 77 Ibidem, tele 3421, data 17.7.1942, ore 11,25, del col. Mancinelli. 78 Fra il 10 ed il 16 luglio la Sabratha perse 122 ufficiali e 1.846 sottufficiali e truppa. Tuttavia alla sera del 20, dopo il dentro dei gruppi dati per dispersi e di prigionieri liberatisi dopo breve periodo di cattura, nonché recuperato il personale delle basi arretrate, la divisione disponeva di 94 ufficiali e 1.606 truppa (compresi 400 uomini di reparti divisionali e dei servizi). 79 Vds. G. MANCINELLI, op.citaia, pp. 146-147. so Diario storico del X corpo d'armata, f. 4699/0p. data 18.7.1942 - allegato n. 26. 81 Per dovere di obiettività rileviamo come, anche senza alcuna prevenz.i one o malanimo, sia poss.ibile dare una sensazione eccessivamente negativa di una vicenda già di per sé spiacevole, ma non drammatica. Qui Cavallero scrive che due battaglioni australiani hanno sfondato il fronte di due divisioni italiane. Certo, egli conosceva benissimo la forza dei gruppi tattici avversari e quella delle «divisioni» italiane, cosl come sapeva perfettamente che si era trattato della caduta di qualche caposaldo. Però, chi è lontano o chi leggerà dopo anni righe del genere non potrà non rabbrividire (se italiano) o ridere (se straniero), specialmente se non interessato od impossibilitato alla ricostruzione minuta del combattimento. Ora, se questo modo di esprimersi - normale in guerra, dove chi combatte è poco incline a misurare col bilancino politico le parole - si accetta in Cavallero, a maggior ragione si può comprendere in un Rommel.


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE 82

Diario Cavallero, data 17 luglio. B.H. LIDDELL HART, The Rommel Papers cit., pp. 257-258. 84 A Roma si stava lavorando assiduamente per mandare in Africa settentrionale la divisione paracadutisti, che ancora non si chiamava Folgore e temporaneamente assumerà la denominazione di Cacciatori d'Africa, con aviotrasporti intensificati. A conti fatti, poteva arrivare a destinazione entro la prima settimana di agosto. Una seconda divisione (Pistoia o Piave) poteva iniziare il trasferimento per ferrovia attraverso la Balcania a brevissima scadenza e concentrarsi al Pireo entro fine luglio. Per metà agosto, utilizzando trasporti aerei e marittimi contemporaneamente, sarebbe stata in Egitto. Oltre alle due divisioni (la spedizione della Brennero era tuttora sub judice), figurava in programma la spedizione via aerea di almeno 3-4.000 uomini di reparti vari, i cui materiali (carri armati, semoventi da 75/18, materiale del genio ferrovieri e pontieri) dovevano essere trasportati da motozattere e convogli. Le motozattere, una volta sbarcato il carico a Marsa Matruh, sarebbero rimaste a disposizione del Comando Superiore per il traffico di cabotaggio. 8; N elle memorie di Rommel non esiste traccia di questa seconda visita. Riferendosi a quella del 17 (come appare molto evidente da The Rommel Papers), egli riportò il colloquio con Kesselring e Cavallero in questi termini: «Di nuovo quest'ultimo [Cavallero] minimizzò ostentata· 8l

mente l'importanza delle nostre esigenze logistiche, alle quali avevo accennato con tutta chiarezza. Si parlò e riparlò a lungo de/l'argomento, finché Kesselring ed io reclamammo decisioni concrete. Anche questa conversazione rivelò apertamente quanto fosse grave la situazione e come potessimo fare poco assegnamento sulle autorità superiori italiane. Cavallero promise che d'ora in poi, con l'aiuto di chiatte, l'af!Jrovvigionamento dell'armata sarebbe aumentato e che entro breve tempo la linea ferroviaria del fronte sarebbe stata rimessa in esercizio. Fu promesso l'invio di altre unità italiane. No~ però, eravamo piuttosto diffidenti, dopo tutte le esperienze fatte, e come l'avvenire dimostrò, avevamo ragione» (E. ROMJ,1EL, op. citata, p. 202). Tenuti presenti gli argomenti trattati, si ha l'impressione che quanto sopra costituisca una sintesi dei due colloqui, ma soprattutto di quello del 19, per il quale vsd. il n. 51 del settimanale Tempo del 16.2.1958, articolo citato pp. 30-35, ed il Diario Cavallero. 86 DSCS, documento data 19.7.1942 • allegato n. 27. 87 Non risulta che in alcun appunto o memoria del Comando Supremo o dello Stato Maggiore R. Esercito sia considerata tale evenienza. Quindi è da ritenersi trattarsi di qualche opinione personale. 88 G. CIANO, op. citata, pp. 637-638. 89 Esistono episodi che restano impressi, positivamente o negativamente. Non che necessariamente debbano essere sintomatici di un carattere, tuttavia appaiono in qualche modo significativi. Uno di quelli «negativi» fu descritto da un giornalista durante la visita del Duce ad un campo di prigionieri britannici allestito sui due piedi. Mussolini si inoltrava, accompagnato dal tenente italiano comandante del campo, fra la folla dei prigionieri sudafricani che, almeno all'inizio, non lo rico nobbero. «Taluni, stravaccati sotto le tende, non si muovevano nemmeno; tanto

che il maresciallo Cavallero, mentre Mussolini avanzava parlando sempre con il nostro ufficiale, si slanciava 'v'erSO di essi gesticolando ed urlando: "Stand up!", al che quelli obbedivano, alzandosi lentamente» (G. PEDOJA, La disfatta nel deserto, Roma OET, 1946, riportato da LUCIA CEVA, Africa Settentrionale 1940-1943, Bonacci, Roma 1982, p. 113). Orbene, l'immagine di un capo di Stato Maggiore Generale che si scaglia sbraitando come un sergen·te contro un gruppo di prigionieri per farli scattare in piedi davanti a LUI è molto, molto sgradevole. U n altro episodio, riferito dallo stesso giornalista, riguarda più da vicino Mussolini, ma ha un altro sapore: «Transitavano sulla Balbia alcuni autotreni carichi di prigion~ in marcia verso

occidente. Il duce, fattosi di colpo accigliato, domandava subito un mitra e, palleggiandolo fra le man~ si portava sul ciglio della strada dicendo a quelli che lo seguivano: "Se qualcuno mi fa il segno di Victory gli sparo addosso" (...)». (riportato da L. CEVA, op. citata, p. 114). Ognuno è libero di pensare che Mussolini fosse un sanguinario e veramente intenzionato a porre in atto la minaccia. Noi pensiamo, invece, trattarsi di una sciocca sfida da bravaccio, ricca di pessimo gusto e povera di stile; comunque priva di effettive intenzioni omicide. A Mussolini piaceva atteggiarsi a «duro• e l'accentuare la volitività della mascella, a suo avviso, rafforzava questa immagine. Ma ormai era un uomo che cercava di non vedere l'abisso al quale stava avvicinandosi.


LA PRIMA BATTAGLIA 01 EL ALAMEIN

90

DSCS, f. 2044/S data 14.7.1942 della Missione Militare Italiana in Germania.

91

J. CoNNELL, op. citata, p. 668.

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92

Si t rattava del IV/157° paracadutisti italiano. H. K!PPEN!IERGER, op. citata, p. 184. 9 ' C. BARNETT, op. citata, p. 317. 95 H. KIPPENBERGER, op. citata, p. 188. ,. B. MAUGHAK, op. citata, p. 578. 97 D iario storico del X corpo d'armata, f. 4747/0p. data 20.7.1942. 98 Kippenberger vide da lontano l' attacco del I/1 ° Punjab: «L'avanzata si sviluppò liscia per 91

circa un miglio. Mi fece venire in mente una del 1916, con le ondate che si susseguivano bene allineate. Poi fu arrestata da un pesante fuoco (...). Gli uomini rimasero in pied~ indi/es~ per pochi minut~ poi l'intera massa si wlse indierro di corsa(...;. (op. citata, p. 189). Bisogna tuttavia precisare che Kippenberger non specifica l'indicativo del reparto, ma si limita a parlare di «indiani», e che colloca l'azione alle 11 del mattino. 99 La brigata mancava nel 50° Royal Tank Regiment, inviato in rinforzo alla 9• divisione australiana, e della 7• brigat.a fucilieri. 100 B. MAUGHAN, op. citata, p. 579. 101 C. BARNETI, op. citata, pp. 321-323. Vds. anche AA.VV., Storia della seconda guerra mondiale, voi. III, p. 217. 102 C. AUCH!NLECK, Despatch cit., p. 366. 101 AA.VV. op. citata, p. 216. 101 DSCSAS, tele 3463, data 22.7.1942, ore 13,50, del col. Mancinelli. 105 Il 361 ° f. tedesco era affluito da sud il giorno precedente. 106 DSCSAS, tele 3472, data 23.7.1942, ore 10,10, del col. Mancinelli. 107 I dati sono quelli comunicati dal Comando AIT, il quale precisò che la maggior parte dei carri colpiti si trovava entro le linee italo-tedesche ed erano perciò irrecuperabili da parte britannica. Liddel Hart fornisce due diverse indicazioni: in The Rommel Papers commenta che la cifra è «approssimativamente corretta• (p. 258), mentre in The Tanks riduce il numero a 118 (p. 207). I carri tedeschi distrutti, quindi non recuperabili, sarebbero stati solo tre. 108 I] testo dell'encomio fu il seguente: .Esprimo al II btg. del 61 °fanteria mio particolare riconoscimento per suo valoroso contegno nella difesa [contro) attacco nemico sostenuro da carri armati verificatosi la sera del 22 luglio. Il battaglione si est brillantemente battuto secondo la provata

comunanza d'armi con reparti tedeschi ed ha particolarmente contribuito al grande successo difensiw. Rommel». Il giorno seguente, Rommel personalmente deco rò il comandant.e del II/61° f. della croce di ferro di l' classe e distribuì 24 croci di ferro a uomini del battaglione. L'episodio, tutt'altro che isolato (Rommel era generoso e pronto nel riconoscimento dei meriti), è citato perché in quel particolare momento della battaglia ebbe benefiche ripercussioni psicologiche. 109 DSCSAS, tele 01/13500/0p. data 22.7.1942, ore 19,15. 110 DSCSAS, tele 01/135 12/0p. data 22.7.1942, ore 23,50. 111 F. 149/Segr. data 22.7.1942 - allegato n. 28. 112 DSCSAS, tele 3470, data 23.7.1942, ore 9,40, del col. Mancinelli. m DSCSAS, f. 3478 data 23.7.1942 - allegato n. 29. l H DSCSAS, f. 8242/Segr. data 23.7.1942 dell'ACIT. Rommel lo ignorava, ma se fra il 17 ed il 23 luglio un notevole pessimismo angosciava il suo animo, al Cairo l'atmosfera non era certo migliore. Il 22, infatti, il gen. Corbett, capo di S.M., diramò l'ordine di operazioni n. 134, che abrogava precedenti direttive, «per l'improbabile ipotesi in cui il nemico sia sufficientemente forte

da sferrare un'offensiva su larga scala contro 1'84 armata prima che questa possa prendere l'iniziativaed elencava una lunga serie di misure difensive da assumere a protezione del Delta (C. Auchinleck, Despatch cit., pp. 393-395). lls D i.a rio storico del XX corpo d'armata, data 24.70.1942. 116 Lettera di Bastico per Rommel del 25 luglio, riportata in precedenza, nella quale si rilevava che un ripiegamento generale sarebbe stato in contrasto con i precisi ordini del Comando Supremo. ·


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTIUONALE

117 Lettera di Cavallero, sempre del 22 luglio, di piena concordanza con quanto serino da Bastico e con la quale si raccomandava di evitare «qualsiasi logoramento». 118 Direttive generali diramate in data 22.7.1942, citato allegato 28. u 9 DSCS, f. 31740/0p. data 27.7.1942. 120 DSCSAS, f. 01/13926 Op. data 28.7.1942 - allegato n. 30. 121 F.H. HINSLEY, ap. citata, pag. 406. 122 W. CHURCHILL, op. citata, p. 46 e segg. m J. CONNELL, op. citata, pp. 677-680. 124 B. MAUGHAN, op. citata, pag. 590. 12s Ibidem, pag. 594. 126 D. YOUNG, op. citata, pp. 225-226. 127 Settimanale Tempo, n. 51, del 16.12.1958, articolo citato, pp. 30.35. Da precisare che il 28 era affluita nel settore del XXI corpo metà della 164• D.f. tedesca (ternaria). 128 I capisaldi dovevano essere costituiti al livello di battaglione ed articolati in capisaldi minori, di compagnia (che peraltro, almeno quelle italiane, non possedevano i mezzi occorrenti per una difesa autonoma, né rincalzi adeguati). Ogni caposaldo di battaglione era circondato da un reticolato esterno, a tergo del quale si trovavano campi minati battuti da postazioni di mitragliatrici. Per carenza di materiali da mascheramento e per ingannare l'avversario, vennero costruite finte postazioni. Le caratteristiche dei caposaldi si traducevano nei seguenti dati: fronte di un caposaldo di compagnia: 700.800 m; profondità di cale caposaldo: circa 300 m; intervalli fra i capisaldi di compagnia: 400-500 m; ampiezza di un settore di battaglione: fino a 3.500 m. Le artiglierie dovevano essere schierate in modo da poter intervenire davanti ai capisaldi avanzati. In taluni casi il gruppo venne collocato nell'interno del caposaldo di battaglione; in altri casi si ricorse ad uno schieramento di capisaldi di artiglieria a tergo delle strutture avanzate ed a distanza variabile, sl da conservare la possibilità di intervento isolato od a massa, secondo gli obiettivi da battere nel settore interessato. Torneremo su siffatta concezione difensiva; per il momento sia sufficiente dire che per i capisaldi di fanteria le prescrizioni difficilmente potevano trovare concreta realizzazione e per le artiglierie la manovra del fuoco era resa difficile a causa dell'ampiezza dei settori, delle limitazioni di gittata e delle insufficienze delle trasmissioni e dell'osservazione. 129 DSCSAS, f. 01/15035 Op. data 31.7.1942. •lO DSCSAS, f. 01/13975 Op. data 30.7.1942. Ili A Bardia ed a Sollum il pontile era stato completamente distrutto. Mentre però nella prima località il ripristino era giudicato non preminente (a vantaggio di altri impegni) perché molto lungo e perché le motozattere erano in grado di prendere terra anche senza pontile, a Sollum i lavori erano in corso e si prevedeva fossero completati entro la prima decade di agosto. Comunque, anche qui le motozattere ·non trovavano difficoltà di attracco. Marsa Matruh era sotto il controllo dell'amm. Weichold con personale tedesco e già esistevano sufficienti pontili o banchinamenti per smistare 300 tonnellate al giorno.


Capitolo ottavo LA SECONDA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN

1. lL PASSAGGIO DELL'INIZIATIVA NEL CAMPO BRITANNICO

I combattimenti di luglio avevano arrestato la corsa di Rommel e logorato l'armata italo-tedesca, ma anche l'8 a armata era esausta. Il 27 luglio, alle 14,45, Auchinleck siglò un apprezzamento della situazione compilato dal gen. D orman-Smith. Il documento, volutamente ignorato da Churchill e da Montgomery, costituisce un'analisi accurata del problema operativo dell'8a armata, prevede data e disegno di manovra di Rommel per la battaglia di Alam el Halfa, indica le modalità per far fallire l'azione italo-tedesca e, infine, suggerisce il criterio sul quale impostare la successiva offensiva britannica: sfondamento nel settore di El Alamein 1• In sintesi, dal confronto tra le forze contrapposte si desumeva che ben difficilmente Rommel avrebbe potuto in breve tempo realizzare la superiorità di truppe occorrente per prendere un'iniziativa: «Per tutto il mese di agosto il rapporto presunto delle forze non giustifica un'offensiva germanica, a meno che noi non commettiamo uno sbaglio serio lasciando un varco. Il nemico, tuttavia, può rinforzarsi nella seconda metà di agosto, sebbene non si abbia notizia di qualcosa in programma. D'altra parte l'Asse può compiere grandi sforzi per rinforzare la Panzerarmee nel più breve tempo possibile».

Q uanto ai mezzi corazzati, l'8 a armata disponeva in quel momento di una sessantina di carri efficienti e nella prima settimana di agosto ne avrebbe ricevuti altrettanti, dopo di che più nulla sino a settembre. Il DAK, invece, entro agosto probabilmente avrebbe messo in linea 150-200 Panzer (gli M 14 italiani erano omessi nel confronto). In compenso, la superiorità aerea britannica era assoluta e costituiva «un attivo considerevolissimo>>. Considerati i fattori logistici, le caratteristiche del fronte e le posizioni cui si appoggiavano i due dispositivi, le possibilità rispettive si riducevano a poca cosa. L'8a armata poteva continuare con azioni più o meno locali nella speranza di provocare un cedimento italo-tedesco prima dell'arrivo di rinforzi, senonché i tentativi compiuti nei settori settentrionale e centrale erano falliti per cause di vario tipo, tra cui un


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

addestramento incompleto, e nulla invitava a riprovare visto il consolidamento realizzato dall'avversario. A sud il tentativo aveva assunto più che altro l'aspetto di un diversivo e, poiché il nemico appariva.poco numeroso, forse un attacco violento ed improvviso avrebbe potuto offrire lo sbocco alle truppe meccanizzate inglesi; però l'unica unità disponibile era la debole divisione neozelandese con un appoggio di artiglieria non troppo consistente. A conti fatti, le probabilità di successo oscillavano tra il 40 e il 60% ed un insuccesso avrebbe messo completamente a terra i neozelandesi. Perciò una ,tattica offensiva non sembrava consigliabile. Rimaneva l'alternativa di restare sulla difensiva «(...) finché non saremo forti abbastanza per attaccare, cosa che, a meno che le condizioni del nemico non peggiorino, non avverrà prima della metà di settembre al più presto, L'obiezione ovvia è che così lasciamo l'iniziativa al nemico, se è in grado di avvalersene. [Comunque] è molto dubbio che possa prendere l'iniziativa con qualche speranza di successo fino alla fine di agosto. In effetti, se attacca prima, purché noi abbiamo in mano una riserva che includa almeno cento carri armati Grant, abbiamo una buona possibilità di sconfiggerlo seriamente nella zona di El Alamein-EI Hammam [una cinquantina di chilometri ad oriente di El Alamein]. Inoltre, il periodo critico della preparazione e dell'approntamento delle difese del Delta e del Cairo è ormai finito. È piuttosto difficile che il nemico prenda in considerazione l'eventualità di avvolgere l'S• armata sul terreno attualmente occupato. Ci potrà essere un momento difficile alla fine di agosto prima che siano pronte le nuove divisioni (due corazzate e due di fanteria), ma ci si potrebbe trarre d'impaccio preparando i loro gruppi da combattimento d'artiglieria in anticipo sul resto delle divisioni e rinforzando in tal modo l's• armata (questo progetto richiede un ulteriore esame)...» .

Quanto all'avversario: «(...) deve riprendere l'offensiva senza indugio, ma è improbabile che possa farlo prima della metà di agosto ed anche allora non pare che possa disporre di un vero margine di superiorità, eccetto che nelle forze corazzate. Certamente tenterà di attaccare prima della fine di agosto e siccome le difese dell'S• armata guadagnano sempre più in forza ed in profondità, sarà tentato più che mai di evitarle e di cercare il successo nella manovra. Questo può portarlo in serie difficoltà nel deserto, nei punti dove la sabbia è soffice. Come alternativa, può darsi che adotti la difensiva strategica, dato che le nostre forze sono troppo consistenti e troppo ben sistemate per attaccarle. Se sceglie questa soluzione, può conservare le posizioni [attuali] o ritirarsi su una linea intermedia che protegga Matruh, il che potrebbe risolversi anche a nostro vantaggio perché risulterebbe ancora a tiro quando saremo di nuovo in grado di attaccare. Se poi si ritirasse fino alla frontiera egiziana, sarebbe da valutare se non sia il caso di lasciarlo andare indisturbato».


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In definitiva, la migliore linea di condotta appariva la difensiva, con saltuarie puntate, inducendo Rommel ad attaccare prematuramente, vale a dire nella seconda decade di agosto. In particolare, 1'8a armata poteva attendersi l'azione italo-tedesca a sud di Bab el Qattara, sfociante in una manovra di avvolgimento del fianco meridionale britannico. Ne derivava la necessità di una robusta ala mobile, basata sulla 7a divisione corazzata. Dorman-Smith così riepilogò: «il nemico attualmente presidia con forze sufficienti a!Jo scopo un fronte dal quale non può essere sloggiato con una manovra od un qualsiasi attacco !'sa armata sia in grado in questo momento di sferrare. Noi siamo fortemente sistemati per una battaglia difensiva. il nemico sta cercando di riordinare le sue forze e di rinnovare l'offensiva contro l'Egitto. L'S• armata ha bisogno di nuovi mezzi e di addestramento prima di esser pronta per operazioni offensive. Durante il mese di agosco è prevedibile che noi ed il nemico ci rafforziamo saldamente sulle posizioni; quindi è improbabile per ambo le parti la riuscita di un'azione. Se la situazione terrestre e aerea non cambiano, 1'8• armata a metà settembre circa potrà ricevere in rinforzo due divisioni corazzate e due di fanteria. Questo può assicurarci la superiorità sufficiente a giustificare un attacco ( ...). 11 programma a lungo respiro è quello di addestrare le divisioni arrivate recentemente per la controffensiva che è augurabile poter iniziare nella seconda metà di settembre».

Tre giorni dopo, Auchinleck convocò a rapporto il gen. Corbett, dal Cairo, ed i comandanti di corpo d'armata. Dopo aver illustrato e commentato gli argomenti espost i nel promemoria di Dorman-Smith, ordinò a Ramsden di avviare un progetto per lo sfondamento nel settore di El Alamein e, nel contempo, affidò a Gott lo studio di un avvolgimento del fianco meridionale italo-tedesco condotto con una massa corazzata. La riunione terminò con una sintesi dei provvedimenti da assumere in vista di una probabile iniziativa di Rommel a fine agosto. Tra il mare ed il Ruweisat non c'erano da temere sfondamenti. I costoni di Ruwesait e di Alam el Haifa, posizioni chiave, stavano assumendo un migliore assetto difensivo grazie ad ulteriori lavori ed avrebbero consentito all'artiglieria, impiegata a massa, di infrangere la violenza d'urto della manovra italo-tedesca. Se poi Rommel avesse tentato di spingersi verso oriente, il contrattacco britannico lo avrebbe colpito sul fianco s1mstro. A Londra, Churchill non riusciva a frenare né irritazione né impazienza. Era decisamente scontento dell'andamento delle operazioni in Egitto ed altrettanto decisamente convinto che il Comando in capo non fosse all'altezza della situazione. Del resto anche Brooke nutriva non poche perplessità. Mentre però il primo era già determinato a fare


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piazza pulita di molte persone, a cominciare da Auchinleck, il secondo conservava una certa cautela: «Era chiaro - convenne - che c'era qualcosa che assolutamente non andava, ma non era facile a quella distanza decidere di che cosa si trattasse e stabilire in qual misura influire sulla situazione>/. Entrambi partirono per il Cairo. Per Brooke il viaggio era programmato da tempo e comprendeva una visita a Gibilterra, a Malta, in Egitto, in Persia e, possibilmente, in India; Churchill invece prese al volo l'occasione di un incontro con Stalin a Mosca per spiegare la sostituzione di Sledgehammer con Torch. Prima di partire Churchill prese visione di un telegramma di Auchinleck in data 31 luglio, un passo del quale diceva: «Ho presieduto ieri una riunione dei comandanti di corpo d'armata, nella quale si è discussa a fondo la situazione tattica. A causa della nostra mancanza di riserve e in seguito al consolidamento delle posizioni nemiche, dobbiamo concludere, se pure a malincuore, che nella situazione attuale non è possibile rinnovare i nostri tentativi di sfondamento del fronte nemico o di aggiramento del suo fianco meridionale. È improbabile che la possibilità di riprendere l'offensiva si ripresenti prima della metà di settembre; ciò dipenderà anche dalla capacità del nemico di ricostituire le sue riserve di carri armati. Provvisoriamente pertanto resteremo sulla difensiva, provvedendo a minuziosi preparativi e ad apprestamenti difensivi lungo tutto il fronte. Nel frattempo, approfitteremo immediatamente di qualunque occasione per passare di colpo all'offensiva e sorprendere il nemico(...)»>.

Churchill arrivò il 4 agosto al Cairo, dove aveva convocato anche il gen. Smuts dal Sudafrica ed il gen. Wavell dall'India, più che persuaso della necessità di sollevare Auchinleck dall'incarico. Dopo un paio di giorni di visite, ispezioni, colloqui e consultazioni, il Premier propose al Gabinetto di guerra a Londra «un drastico ed immediato mutamento in seno al Comando in capo». Suggeriva la riorganizzazione del Medio Oriente in due distinti teatri d'operazione: il Vicino Oriente, comprendente Egitto, Palestina e Siria, ed il Medio Oriente, limitato alla Persia ed all'Iraq. Auchinleck avrebbe assunto il comando del nuovo Medio Oriente, con la 10a armata, ed il gen. Harold Alexander quello del Vicino Oriente, con l'8a e la 9a armata. Il gen. Corbett, capo di S.M.G. del Comando in capo, ed il gen. Dorman-Smith, sottocapo di S.M.G., dovevano essere sostituiti. Anche per 1'8 3 armata c'erano cambiamenti: il gen. Gott era proposto per il comando dell'armata e il gen. Ramsden per la sostituzione; quindi occorrevano nuovi comandanti per il 13° ed il 30° corpo4 • «Sono certo che i mutamenti imprimeranno un nuovo vigoroso impulso all'Ba armata - assicurò Churchill - e ricreeranno la fiducia nel Comando, che purtroppo attualmente non esiste(...},/.


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Il Gabinetto di guerra trovò discutibile la riorganizzazione di tutta l'area mediorientale, ma finì per accettare l'idea, tanto più che era appoggiata da Brooke e da Smuts, e lasciò mano libera per le nomine dei nuovi comandanti. Il 7 agosto, però, l'areo sul quale si trovava il gen. Gott venne abbattuto da un caccia tedesco ed il problema del comandante dell'8a armata tornò sul tappeto. Brooke ripropose quello che sin dall'inizio era stato il suo candidato, il gen. Bernard L. Montgomery, e questa volta la spuntò. Auchinleck ancora ignorava che la sua sorte era stata decisa. Churchill, «avendo appreso per esperienza che simili comunicazioni si fanno meglio per scritto che a voce»6, il mattino dell'8 agosto gli mandò per via aerea una lettera in cui gli partecipava la determinazione del Gabinetto di guerra e gli offriva il comando del settore Persia-Iraq, insieme con quello della 10 3 armata. Naturalmente Auchinleck rifiutò e rispose che preferiva ritirarsi. L'8 agosto giunse al Cairo Alexander e due giorni dopo Churchill gli consegnò le direttive: «l. Vostro primo e principale compito sarà quello di catturare e distruggere alla prima occasione l'esercito italo-tedesco comandato dal feldmaresciallo Rommel, insieme con tutti i suoi rifornimenti e con tutte le sue istallazioni in Egitto ed in Libia. 2. Voi assolverete o farete in modo che altri assolva tutti quegli altri compiti che sono di competenza del vostro Comando, senza che ciò pregiudichi il compito indicato al paragrafo I, che deve essere considerato assolutamente più importante nell'interesse di Sua Maestà,.7•

Il cambio delle consegne doveva aver luogo il 15 per tutti gli interessati. Il 12 arrivò Montgomery, ebbe un colloquio con Auchinleck ed accolse il suggerimento di questi di recarsi al fronte per ambientarsi nei tre giorni di tempo disponibili. Alle 11 del 13 agosto Montgomery era al Comando dell'8a armata, dette un'occhiata alla situazione ed alle 14 spedì un dispaccio al Cairo annunciando che assumeva il comando immediatamente. Vero si è, come ammise anni dopo nelle sue Memorie, che si tenne pronto <~ lasciare alla svelta il Quartier Generale dell'anna-

ta nel caso ci fossero state ripercussioni». Il 19 agosto Churchill e Brooke tornarono da Mosca e trovarono Alexander che li aspettava con le ultime decrittazioni dei messaggi Enigma, fra i quali un importantissimo dispaccio di Rommel all'OKW. Si trattava della situazione dell' AIT alla data del 15 agosto con il disegno operativo per la progettata ed ormai prossima offensiva. Premessi il miglioramento delle condizioni logistiche, l'arrivo dei rinforzi, il riassetto delle divisioni italiane, la costituzione di una riserva meccaniz-


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zata, il quasi completamento dei lavori difensivi e dei campi minati, il documento indicava la possibilità di una mossa britannica a fine mese, ma riteneva più probabile che si verificasse dopo metà settembre, con tre divisioni corazzate e sei-sette divisioni di fanteria. La messa a punto delle truppe dell'Asse per un'offensiva sarebbe stata ultimata non appena giunti i rifornimenti già pronti in Italia. Dopo di che non c'era da attendersi alcun altro reale miglioramento per l'AIT. Il confronto fra le forze contrapposte a fine agosto mostrava una superiorità italo-tedesca del 50% nelle artiglierie di medio calibro ed una leggera superiorità nei corazzati (450-500 carri contro una stima di 400 tanks): il tutto, sufficiente per una rapida penetrazione nel settore meridionale del fronte ed un avvolgimento da sud del grosso dell'8 a armata. La situazione sarebbe mutata notevolmente in settembre, a vantaggio inglese. Perciò soltanto un'azione lanciata il 26 agosto - primo giorno di luna piena - aveva possibilità di successo. Per quella data l'armata italo-tedesca poteva essere pronta, ma occorreva che venissero immediatamente spediti a T obruk ed a Bengasi tutti i materiali predisposti nei porti italiani e che il rifornimento di munizioni e carburante per la Cirenaica fosse continuo. Diversamente sarebbe diventato inevitabile lo spostamento dell'offensiva di un intero mese, con prospettive però assai dubbie8. Tutte le carte di Rommel erano sul tavolo davanti agli occhi inglesi: piano, data, forze, mezzi, situazione dei rifornimenti, _appoggio aereo. Tenendo ciò presente e ricordando il promemoria di DormanSmith del 27 luglio, il rapporto tenuto da Auchinleck il 30, i ragguagli sul presente e sul futuro forniti da Auchinleck a Churchill ed a Brooke in più di una circostanza, è inevitabile una certa perplessità nel constatare l'enfasi di quanto scritto dal Premier e dal capo di S.M.G.I. Racconta Brooke nel suo diario: «Quella sera Montgomery si dimostrò in uno dei momenti più felici di tutta la sua carriera(...). Sapeva che Rommel avrebbe attaccato ad una certa data e ci mostrò le alternative che si offrivano al generale tedesco, nonché le misure che egli aveva assunto per fronteggiarle. Disse che considerava la prima alternativa la più probabile e cioè una penetrazione entro il suo fronte meridionale con una conversione a nord, verso il centro delle sue posizioni. Ci spiegò come avrebbe infranto l'attacco con la sua artiglieria e come avrebbe riservato le sue forze corazzate per respingerlo completamente, dopo che le forze nemiche fossero state decimate dal fuoco. Le sue forze corazzate avrebbero quindi respinto Rommel fino al fronte che occupava attualmente e non oltre. Per conto suo, avrebbe continuato con i preparativi per sferrare la sua offensiva, preparativi che aveva già iniziato. Egli avrebbe attaccato nel settore nord del fronte. Prevedeva aspri combattimenti che sarebbero durati circa una


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settimana per sfondare le linee nemiche; poi avrebbe lanciato i suoi corpi corazzati (che chiamava corps de chasse) che aveva già costituito(...). (...) devo confessare che rimasi stupefatto della rapidità con cui si era impadronito della situazione che doveva affrontare, dell'abilità con cui ne aveva afferrato gli elementi essenziali, della lucidità dei suoi piani e, soprattutto, della sua sconfinata fiducia (...)»9 •

Churchill, dal canto suo, il 21 inviò al Gabinetto di guerra il seguente rapporto: «1. Ho trascorso gli ultimi due giorni nel deserto occidentale presso il quartier generale dell'8 3 armata(...). 2. Sono certo che saremmo andati incontro ad un disastro col Comando precedente. L'esercito era completamente disorganizzato ed in preda ad un senso di delusione e d'incertezza. Evidentemente, in caso di violento attacco nemico, si pensava di ripiegare verso est, in direzione del Delta. Molti cominciavano a guardarsi indietro per esser certi d'avere un posto in autocarro; non era stato fatto pervenire ai vari reparti alcun piano preciso di battaglia, né si era data loro la sensazione di essere guidati da un Comando energico e volitivo. 3. La situazione apparve tanto grave che il generale Montgomery insistette per assumere il comando dell'8• armata subito dopo aver visitato il fronte e Alexander decise che lo scambio di tutte le consegne tra i comandanti del Medio Oriente fosse compiuto il giorno 13 ( ...)» 10 •

Gli argomenti di maggiore interesse sono due: l'eventualità di un ripiegamento nel Delta ed il disegno operativo circa la battaglia difensiva contro il quasi certo e disperato ultimo sforzo di Rommel. L'ipotesi dell'arretramento costituì probabilmente la critica più pesante all'operato qi Auchinleck. Anche Alexander e Montgomery ne parlarono. Il primo rievocò l'incontro con Auchinleck con molto distacco: <<Non ricordo di a'Ver parlato con lui di questioni di grande impor· tanza; però mi è rimasta impressa la sua insistenza nel voler mantenere intatta l'Ba armata 11 , e nella relazione ufficiale a fine campagna scrisse: «Era generalmente noto che, come ultima risorsa, l'armata si sarebbe ritirata ancora, in base alla teoria che doveva essere conservata integra)>, Di conseguenza fece subito sapere che la prossima battaglia difensiva sarebbe stata sostenuta ad oltranza sulle posizioni di El Alamein. In effetti, gli apprestamenti arretrati disposti da Auchinleck erano notevoli per forze ed entità. Vi erano adibiti il 10° corpo, incaricato di difendere Alessandria e il Delta (nonché di «accogliere» l'8a armata in ritirata), ed il Comando delle truppe britanniche in Egitto, interessato al Cairo ed alla valle del Nilo. Ove tutto fosse andato a rifascio, la maggior parte dell'armata avrebbe proseguito la ritirata verso la Palestina, mentre il resto avrebbe risalito la valle del Nilo. Per Alexander la difesa del Delta, dopo uno sfondamento nemico ad El Alamein,


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costituiva espressione priva di significato operativo perciò ogni misura a suo favore sarebbe stata mal collocata. Così, una settimana più tardi ordinò che il 10° corpo si orientasse a raggiungere }'ga armata e che il Comando truppe britanniche in Egitto (gen. Stone) provvedesse alla sicurezza del Delta. Anche Montgomery toccò il tasto dell'eventuale ritirata nell'ambito dell'armata: «Tutte le istruzioni in vigore ed i piani per ulteriori ripiegamenti vennero abrogati ed io resi inequivocabilmente noto che non vi sarebbe stato ripiegamento dalla linea di El Alamein; se Rommel avesse attaccato, noi gli avremmo resistito dove ci trovavamo. Questo mutamento di tattica ( ...)»12•

Non solo, ma nelle sue Memorie tornò sull'argomento riferendosi al colloquio avuto con Auchinleck. Questi si risentì e protestò pubblicamente affermando che «è inesatto ed assurdo sostenere che, a quel tempo, io stessi esaminando una ritirata dalla posizione di El Alamein. Un simile progetto aveva cessato di esser preso in considerazione dai primi di luglio 1942, quando Rommel era stato costretto alla difensiva e l'B • armata aveva riconquistato la possibilità di attaccare»n.

Ora, è verissimo che l'ipotesi di portarsi al Delta in caso disperato, valida al massimo sino a metà luglio, appariva improbabile a fine luglio ed incongruente a metà agosto, tanto più che all'inizio di quel mese erano stati decifrati due messaggi Enigma, trasmessi qualche giorno prima da Rommel a Berlino, dai quali risultavano chiare l'intenzione di lanciare un'offensiva e l'impossibilità di attuarla, almeno per il momento, a causa dell'insufficienza delle scorte. Tuttavia è altrettanto indubbio che per Auchinleck conservava piena validità il principio di sottrarre le truppe all'eventuale distruzione e che le forze nel Delta sembravano eccessive, anche se ivi trattenute da motivi di amalgama e di addestramento. Il secondo argomento è costituito dal piano di difesa, in quanto dopo la guerra Montgomery fu accusato di aver fatto proprio il promemoria di Dorman-Smith accettato da Auchinleck. «Non riesco a immaginare - osservò Alexander - che Montgomery si sia interessato dell'opinione di qualcun altro sul modo di combattere la guerra nel deserto; e d'altra parte nelle mie conversazioni con il generale Auchinleck prima che assumessi il comando non vi è traccia di un piano difensivo che assomigliasse in qualche modo al quadro della battaglia di Alam Haifa come venne poi effettivamente combattuta» 14,

ed alludendo al citato promemoria aggiunse: «(. ..) si tratta di un docu-


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mento di circa quattromila parole, che per la sua prolissità sarebbe stato, immagino, messo da parte se mai fosse stato sotto gli occhi del nuovo comandante dell'Ba armata»15• Alexander ha dedicato alcune pagine all'argomento, perché una frase della sua relazione ufficiale era stata utilizzata come prova decisiva contro Montgomery. Dopo aver ricordato che il piano consisteva nel tenere più saldamente possibile la zona tra il mare ed il Ruweisat e nel minacciare sul fianco qualsiasi penetrazione italo-tedesca a sud di questo, organizzando a difesa il costone di Alam el Haifa, precisò: «(...) Vorrei dunque dire che il piano si sviluppò naturalmente da solo. Quando feci riferimento al piano in quel dato paragrafo, non alludevo certamence'ad un piano formulato dal mio predecessore» 16 •

La frase incriminata della relazione è la seguente: «Il generale Montgomery, adesso al comando dell'8a armata, accettò tale piano in linea di massima ed io l'ho condiviso>>17• Al riguardo, Alexander affermò: «Questa frase, che era l'altro non sta in piedi, è stata molto citata contro Montgomery; ma non appare nell'originale, che è in mie mani, e come sia finita là dentro a tutt'oggi è oggetto di vane congetture»18•

Senza voler entrare nella vecchia polemica, cogliendo nelle pagine delle Memorie talune apparenti contraddizioni, si può concludere dicendo che lo schema della difesa statica di Montgomery più o meno rimaneva quello di Auchinleck, anche perché il terreno era quello che era e se, come rilevò Alexander, l'offensiva italo-tedesca risultava in fondo a rima obbligata, pure per la difesa britannica accadeva lo stesso. Esistevano tuttavia, e su questo bisogna concordare con Alexander, differenze assai marcate nell'organizzazione della reazione dinamica e nella condotta della battaglia. L'importanza di Alam el Halfa non trovava risalto nella concezione di Auchinleck, che sembrava orientata ad un sistema di capisaldi tendenzialmente a scacchiera e di presidio uniforme. E benché il costone in causa fosse già diventato, anche a giudizio di Alexander, un robusto caposaldo, analogo a quelli approntati nel settore di El Alamein sin dall'inizio di luglio, da Montgomery venne reputato di tale determinante valore da concentrarvi sopra un'intera divisione. Inoltre, mentre Auchinleck, che aveva adottato un'articolazione delle forze assolutamente originale, intendeva tenere mobili il grosso dell'artiglieria da campagna (con relativa protezione di fanteria motorizzata) e tutte le unità corazzate per «attaccare col fuoco il nemico ogni volta che si fosse presentato», Montgomery volle evitare sino all'ultimo momento l'entrata in campo dei suoi carri affinché, come si espresse, non venissero «attiratì in qualche trappola di Rommel».


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Infine altri provvedimenti subito assunti, a suo dire, da Montgomery, quali la sostituzione di comandanti e l'afflusso in linea di reparti e di rifornimenti, in realtà erano già in corso. Dove invece egli si impose in modo netto fu nel campo psicologico ed in quello ordinativo. Nonostante gli apprezzamenti formulati in Gran Bretagna, non sembra affatto che il morale dell'8a armata fosse a terra e che le unità avessero perduto la fiducia in Auchinleck, il cui prestigio personale fra le truppe era ancora molto alto. Montgomery seppe accentuare e pubblicizzare le decisioni già prese. Annunciò ed ordinò la resistenza ad oltranza, scartando esplicitamente l'ipotesi di un eventuale ulteriore arretramento, in attesa di riprendere l'iniziativa. La semplice e ripetuta affermazione di tale fermo intendimento e, soprattutto, l'arrivo di divisioni fresche resero gli animi prima più convinti del prossimo futuro, poi certi della vittoria. Il secondo problema che affrontò fu quello dello strumento bellico. Si conoscono le idee rivoluzionarie di Auchinleck: la decisione di dar vita al «gruppo di brigata» come pedina fondamentale del combattimento, il ricorso a particolari gruppi di combattimento basati sull'artiglieria, l'uso delle ]ock columns. Tutto ciò, quali che fossero le difficoltà della situazione e la possibile maggior flessibilità conferita alle divisioni, aveva obiettivamente condotto alla disintegrazione dei corpi d'armata. Come se non bastasse, egli si proponeva di unificare il tipo delle divisioni, allo scopo di rendere sempre più manovriera l'armata. Il gen. Mc Creery, inviato in marzo in Medio Oriente come esperto della guerra corazzata (e adesso capo di S.M.G. di Alexander), era stato interpellato da Auchinleck circa l'assegnazione di una brigata corazzata ad ogni divisione di fanteria e la costituzione di una divisione corazzata leggera riunendo tutti i Crusader, ed aveva espresso un così vivo diniego da provocare il secco avvertimento che se non fosse entrato in quest'ordine di idee poteva anche tornare in Gran Bretagna. Siffatto stato di cose appariva influenzato anche dalla constatata assenza di coordinamento tra la fanteria, i carri e l'artiglieria, che tanto aveva pesato sull'esito negativo di molti scontri, provocando una profonda tensione. Tipica, al riguardo, un'osservazione del gen. Kippenberger dopo il primo combattimento del Ruwesait: «In quei giorni nell'ambito dell'8a armata, e non soltanto della divisione neozelandese, esisteva un intenso sentimento di sfiducia, quasi di ostilità, verso le nostre unità corazzate. Ovunque si sentiva raccontare di reparti delle altre armi lasciati nei guai; era considerato assiomatico che i carri non arrivassero in tempo dove erano attesi»'9 •


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Il sistema decifrante Ultra stava ricevendo una migliore organizzazione. Quattro SLU (Special Liaison Units = unità speciali di collegamento) erano state installate in Medio Oriente: una al Cairo per i Comandanti in capo, una presso il Comando dell'8a armata, una presso quello della Desert Air Force ed una quarta a Malta2°. In parte per questo, in parte perché la stasi operativa e la necessità di un rapido riordino inducevano Rommel a segnalazioni ricche di dati, il polso dell'armata italo-tedesca veniva sentito dai comandanti britannici come mai avrebbero osato sperare. Il 17 agosto il quadro ricevette la pennellata finale: Rommel aveva deciso di attaccare il 26. A differenza di Auchinleck, Montgomery non ammetteva che la penetrazione italo-tedesca riuscisse a sboccare alle spalle della difesa, però per evitare tale pericolo aveva bisogno di altre forze. Sapeva che nel Delta c'erano divisioni assegnate al1'8a armata, benché non ancora pronte per la battaglia. Visto che si trattava di difensiva, non ritenne di correre molti rischi utilizzando subito alcune unità, e la sera del 14 fece chiedere l'immediato invio al fronte della 44a D.f. (gen. Hughes), programmato per la fine del mese. Tra il 16 ed il 17 la divisione si portò in linea: la sua 132a brigata passò alle dipendenze tattiche della 2a divisione neozelandese, che era sempre su due brigate, ed il grosso sostitul la 21 a brigata indiana ad Alam el Halfa. Cosl il 30° corpo (ancora tenuto da Ramsden) aveva la 9a divisione australiana, la 1 a sudafricana e la sa indiana, tutte schierate su notevole profondità, con la 23a brigata corazzata in riserva. Fra il 15 ed il 25 si completò il 13° (affidato al gen. Horrocks) con la 2a divisione neozelandese, la 44a D.f., la 7a D .cor. e la 10a D .cor. Inoltre venne ideato un ampio piano di inganno stendendo falsi campi minati, allestendo false posizioni, mostrando gruppi di finti carri armati. Il provvedimento poi ritenuto determinante ai fini del fallimento del piano di Rommel fu la deliberata perdita di una carta topografica truccata nell'indicazione delle piste e della percorribilità: in particolare, una zona di sabbia molle a sud di Alam el Halfa venne presentata come terreno a fondo solido. In realtà non ebbe grande influenza sugli avvenimenti. Il 16 il Comando dell'8a armata fu spostato a Burg el Arab, sul mare, vicino a quello della Desert Air Force e la prossimità dei due Comandi consentÌ uno spiccato affiatamento negli accordi per la cooperazione aeroterrestre. Dal 20 agosto le missioni di bombardamento aereo su obiettivi del campo di battaglia raddoppiarono ed il 21 ricominciarono i bombardamenti «ventiquattr'ore su ventiquattro». Il 24 la decrittazione di un messaggio Enigma del 21 fornì una


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sensazionale notizia: Rommel, malato, aveva chiesto di essere rilevato da Guderian! ed a mezzanotte del 25 si seppe che l'OKW non aveva alcun generale delle truppe corazzate disponibile per tale sostituzione e che perciò il maresciallo Kesselring avrebbe preso le redini dell' AIT. Evidentemente, in quelle circostanze, almeno il giorno d'inizio dell'offensiva diventava incerto, tanto più che da altre comunicazioni Enigma risultava che le truppe tedesche avevano bisogno ancora di 15.000 complementi, che l' AIT consumava più di quanto giungesse, riducendo sempre più la propria autonomia, e che le difficoltà in tema di carburante erano gravi. Il 28 agosto il DAK risultava passato dai 133 carri medi efficienti dei primi del mese a 234, di cui 171 (?) Pzkw III J con cannone da SO a canna lunga e 26 Pzkw IV J con pezzo da 75 a canna lunga, mentre il XX corpo italiano era salito da 96 carri a 281, di cui 234 medi. Anche sulle forze aeree dell'Asse le notizie abbondavano. A fine agosto la disponibilità del Fliegerfuher aveva raggiunto i 298 apparecchi e quella della sa squadra aerea italiana a 460. Infine il mattino del 29, quando il periodo di luna piena stava per finire, Ultra confermò che l'offensiva italo-tedesca non era ancora annullata e nel tardo pomeriggio del giorno seguente altre intercettazioni e la Desert Air Force avvisarono che il nemico si era raccolto per attaccare21. Ma Montgomery era tranquillo. Disponeva di oltre 700 carri contro poco più di 500 avversari; la maggior parte dei reggimenti controcarri aveva ricevuto i pezzi da 6 libbre e molti battaglioni di fanteria i cannoni da 2 libbre; le posizioni del Ruweisat e di Alam el Haifa erano saldamente fortificate e presidiate; ai 750 aerei dell'Asse, di cui un terzo si poteva considerare non impiegabile, la Desert Air Force ne contrapponeva almeno 500 efficienti; tutto confermava che Rommel, in precarie condizioni fisiche, si accingeva ad un disperato tentativo. Nel frattempo in Mediterraneo la Gran Bretagna aveva giocato una carta importantissima. Nonostante la nuova offensiva aerea del1'Asse, Malta stava lentamente riacquistando un'infuenza determinante nello svolgimento della guerra in Africa settentrionale, ma l'intensa e proficua attività dei suoi aerei, sempre tenuti a numero, provocava forti consumi di carburante. Si rese perciò necessario l'allestimento di un altro convoglio. L'operazione Pedestal, come venne chiamata, ebbe caratteristiche differenti dalla precedente di metà giugno. Prima di tutto era chiaro che dal suo buon esito o dal suo fallimento sarebbe dipesa la sorte di Malta e probabilmente dell'8 a armata. In secondo luogo, la situazione strategica impediva di far partire alcunché da oriente. Di conseguenza,


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occorreva che la scorta del convoglio si palesasse tanto potente da tener lontana la flotta italiana, che l'aliquota di detta scorta incaricata di proteggere i mercantili sino all'isola fosse maggiore, che il numero dei caccia complessivi (delle portaerei e di Malta) consentisse sia la lotta contro i caccia sia l'attacco ai bombardieri dell'Asse. La gravosità dell'impegno appariva superabile grazie a due eventi accaduti in altri teatri d' operazioni: la sospensione dei convogli artici diretti alla Russia e la vittoria americana alle Midway, che aveva fatto cadere l'urgenza di un rinforzo alla flotta dell'Oceano Indiano. L'operazione Pedestal venne preparata con cura. Il convoglio, denominato WS.21/S, si componeva di undici navi britanniche e tre americane e la scorta era articolata in due gruppi. La Forza Z (amm. Syfret), composta dalle portaerei Victorious, Indomitable ed Eagle, dalle corazzate Nelson e Rodney, da tre incrociatori contraerei e da quattordici cacciatorpediniere, doveva accompagnare il convoglio fino all'imbocco del Canale di Sicilia. La Forza X (amm. Burrough), formata da tre incrociatori, un incrociatore contraerei e dodici cacciatorpediniere, avrebbe proseguito con i mercantili sino a Malta. Il sostegno logistico era assicurato dalla Forza R: due petroliere e due rimorchiatori, scortati da quattro corvette. In riserva, per compiti vari, rimanevano otto cacciatorpediniere. Le portaerei avevano imbarcato complessivamente 82 caccia e 28 aerosiluranti Albacore. All'ultimo momento venne aggiunta la portaerei Furious con 38 Spitfire destinati a Malta, la quale era già stata rinforzata da reparti provenienti dalla Gran Bretagna e dall'Egitto, sì da poter utilizzare 177 aerei da combattimento efficienti e 16 da ricognizione. Otto sommergibili, due in pattuglia al largo della Sicilia nordoccidentale e sei in funzione di schermo a sud di Pantelleria, completavano il dispositivo. Si trattava della flotta più potente che mai avesse scortato un convoglio a Malta. Nel bacino orientale del Mediterraneo fu inoltre simulato un convoglio, anch'esso diretto all'isola, a scopo diversivo. Le navi passarono per lo stretto di Gibilterra nelle prime ore del 10 agosto. Furono segnalate da agenti dell'Asse, ma a Roma Supermarina era già stato avvertito da parecchi giorni e d'altronde la mossa britannica era prevista. Purtroppo, ad un intervento delle corazzate da Taranto non c'era neanche da pensare, essendo prive di nafta, cosicché fu deciso l'impiego di sommergibili su tutta la rotta del convoglio fra le Baleari ed il Canale di Sicilia; di Mas e motosiluranti in azione notturna fra Capo Bon e Pantelleria; della 3a e 7a divisione navale (sei


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incrociatori ed undici cacciatorpediniere) a sud di Pantelleria il mattino del 13 agosto. Nel campo aereo, il II Fliegerkorps venne temporaneamente rinforzato da Kesselring e rallentò la pressione su Malta, sì che fin dalla sera dell'11 poté contare su 426 aerei da combattimento. Con questi doveva effettuare un primo attacco al crepuscolo dell' 11 agosto, un'azione a massa il giorno seguente ed interventi in base allo sviluppo dell'operazione il 13. Superaereo, dal canto suo, ordinò che il Comando Aeronautica della Sardegna, il quale metteva in linea 180 apparecchi, concentrasse lo sforzo massimo il mattino del 12 e poi continuasse secondo le circostanze, e che il Comando Aeronautica della Sicilia, la cui disponibilità ammontava a 126 aerei, attaccasse a massa nel pomeriggio del 12 e poi, anch'esso, si regolasse in relazione all'andamento della situazione. Il primo contatto ebbe luogo alle 13,15 dell'11 agosto: l'U-boot U 73 silurò la portaerei Eagle che affondò in otto minuti. Al tramonto si verificò la prima incursione aerea tedesca portata da trenta velivoli, senza tuttavia provocare danni alle navi. Il 12, il 13 ed il 14 agosto furono le giornate cruciali. Per la prima, e l'ultima, volta il dispositivo del Canale di Sicilia venne realizzato con efficacia. Le forze dell'Asse riuscirono ad affondare in questi tre giorni due incrociatori, un cacciatorpediniere e nove grossi piroscafi nonché a danneggiare gravemente una portaeri, due incrociatori, due cacciatorpediniere, due piroscafi ed una petroliera, e ad abbattere o ad affondare 44 aerei; le perdite per l'attaccante ammontarono a due sommergibili, 32 aerei italiani e 18 tedeschi, mentre subirono danni due incrociatori italiani ed una motosilurante tedesca. Se da un lato l'operazione si risolse in un successo tattico di notevole valore per l'Asse, dall'altro l'incompletezza di questo successo, su cui ritorneremo, fu tale da tradursi in un reale vantaggio per gli inglesi: l'arrivo a Malta di 32.000 tonn. di rifornimenti e di 11.000 tonn. di carburante cosentirono a Lord Gort di arrivare alle soglie dell'inverno, sia pure con un duro razionamento, e di riprendere gli interventi aerei contro il traffico marittimo diretto in Libia22 • Dopo l'operazione Pedestal, l'ultima ad incontrare una forte opposizione, fu per la Gran Bretagna sufficiente il ricorso a veloci unità di superficie ed a sommergibili per rifornire l'isola soprattutto della nafta occorrente alle unità leggere, nuovamente dislocate a La Valletta, per agire contro i piroscafi italiani e tedeschi.


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2. GLI INTENDIMENTI ITALO-TEDESCHI.

Appena ebbe termine la serie dei combattimenti di luglio, Cavallero volle affrontare un problema su cui già da qualche settimana rifletteva: il cambiamento dell'organizzazione di comando ad alto livello in Africa. Il 30 luglio, dopo essersi recato a conferire con il Re a Roma (giorno 28) e con Mussolini a Rimini (giorno 29), annotò sul suo diario qualcosa di importante: «Ricevo Scuero [sottosegretario alla Guerra]. Nuovo ordinamento da dare alla Libia. Bastico basta ormai: questo è il parere del Duce. Relazioni Bastico-Rommel-Barbasetti. È necessario prendere Rommel alla diretta dipendenza del Comando Supremo». Nel giro di una èlecina di giorni i[ provvedimento fu varato. Accanto alla insoddisfazione per l'opera di Bastico, dei cui aspetti negativi non venne fatto cenno, emerge chiaro il desiderio di guidare in materia operativa Rommel senza intermediari. Per gli aspetti non operativi si ricorse invece ad un «giunto elastico», come lo definì Cavallero: la Delegazione del Comando Supremo in Africa settentrionale (Delease). Il Comando Superiore delle Forze Armate dell' A.S., retto da Bastico, promosso maresciallo d'Italia, assumeva la denominazione di Comando Superiore delle Forze Armate della Libia (Superlibia), con giurisdizione militare su tutto il territorio pertinente al Governo Generale della Libia. Invece Delease, affidata al gen. Barbasetti che però inizialmente doveva continuare a conservare l'incarico di capo di S.M. di Superlibia, aveva il compito di provvedere all'alimentazione logistica delle forze armate italiane operanti in Egitto, di coordinare l'organizzazione e l'efficienza dei rifornimenti italiani con quelli tedeschi oltre confine e di assumere il comando della zona delle retrovie. Il tutto sulla base delle direttive del Comando Supremo, ed avvalendosi dell'Intendenza A.S. e delle sue diramazioni; del Comando Marina Libia con le flottiglie di cabotaggio e le organizzazioni portuali di Bengasi, Derna, T obruk e Bardia; dei Comandi artiglieria e genio di Superlibia per quanto • • • • • • ?) aveva attmenza con 1 compm c1tat1 · . Come si vede, fin qui siamo esattamente nell'ambito delle attribuzioni di una normale Intendenza di scacchiere. In più venne posto alle dipendenze disciplinari di Delease il Comando della sa squadra aerea con le forze aeree italiane dislocate in Egitto. Certamente il nuovo ordinamento non poteva non soddisfare Rommel che acquisiva una maggiore libertà d'azione; ma altrettanto sicuramente presentava un'artificiosità niente affatto necessaria. Non si può mettere in dubbio che il Comando Superiore fosse molto appesantito dalle sue numerose attribuzioni: nuoceva il doppio


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incarico di Governatore Generale della Libia e di Comandante superiore, rivestito da Bastico, e nuoceva una trafila burocratica che portava sino al suo livello anche le più modeste questioni. È altresì innegabile che l'organizzazione logistica in senso lato lasciasse a desiderare a causa della molteplicità dei compiti e di una inadeguata demoltiplicazione <li comando, ma occorre riconoscere che non di rado Rommel aveva ottenuto, rivolgendosi direttamente all'OKW od al Comando Supremo tramite von Rintelen, decisioni in contrasto con il punto di vista del Comando Superiore; che Kesselring, il cui disaccordo con Rommel era noto ed evidente, più di una volta aveva interferito nelle operazioni, sia pure a fin di bene; che spesso Riccardi e Fougier avavano impartito ordini alla Marina della Libia ed alla sa squadra aerea senza neanche informare Bastico; che, infine, il Comando Superiore non aveva mai avuto la minima ingerenza nel flusso dei rifornimenti in partenza dall'Italia. Tuttavia i provvedimenti presi non sono tali da persuadere. Infatti, di punto in bianco Superlibia si trovò privo di un proprio apparato logistico e, conseguentemente, costretto a rivolgersi per qualsiasi motivo a Delease, la quale non solo concederà organi e mezzi mantenendoli peraltro alle proprie dipendenze (!), ma necessariamente concentrerà ogni attenzione sullo scacchiere egiziano. Ciò quando a Roma l'ipotesi di uno sbarco anglo-americano nel Nordafrica francese veniva considerata in prospettiva non molto remota. Così l'Intendenza A.S. esercitava la propria giurisdizione su una profondità di territorio di circa 2.300 chilometri mediante tre Delegazioni d'Intendenza: la n. 1, con sede a Tripoli, provvedeva alle necessità della Tripolitania; la n. 2, a Bengasi, a quelle della Cirenaica; la n. 3, dislocata a Matruh, a quelle dell 'AIT. In sostanza, prima, allorchè si trovava agli ordini del Comando Superiore, essa alimentava la Delegazione n. 3 lasciandole una certa autonomia, almeno sotto il profilo dell'aderenza allo sviluppo delle operazioni; adesso invece, orientata com'era da Delease verso oriente, poco poteva apprezzare le esigenze «territoriali)) di Superlibia. Dopo la guerra, il mar. Bastico scrisse in una corrispondenza privata: «(...) Ma contrariamente al mio esplicito parere, ben noto al gen. [sic] Cavallero, (...) anche il gen. Cavallero si era persuaso che, entro pochi giorni, Alessandria sarebbe caduta in mano alle forze armate A.S.; ed io - non so però se a torto od a ragione - sono rimasto sempre di avviso che dalla decisione di t0gliermi il comando superiore delle Forze Armate A.S. e di costituire una Delegazione alle dirette dipendenze del Comando Supremo non sia andata esente la convenienza di non dividere tra tre persone la gloria del prossimo trionfo alessandrino, mentre si poteva benissimo riserbarla a due sole»2',


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però nell'unico foglio ufficiale che risulti inviato sull'argomento da Superlibia, dopo il cambiamento, Bastico scrisse: «Il primo mese di esperienza del nuovo assetto dato agli Alti Comandi dell'A.S. (. ..) consente di a/fermare che il sistema ha funzionato abbastanza regolarmente (.. .)» e, oltre a talune precisazioni di attribuzioni, chiese una propria Intendenza. Dal diario Cavallero si ricava invece che un'altra persona toccò la questione apertis verbis. Il 19 settembre il magg. Melchiorri, capo ufficio propaganda di Superlibia e Consigliere nazionale, scrisse in via privata a Cavallero, con cui era in dimestichezza: «(...) La creazione del Delease a mio giudizio aumenta le possibilità di dissenso' fra i vari Comandi in Africa settentrionale. Se infatti prima avevamo dissensi fra il Supercomando italiano ed il Comando tedesco, ora tale possibilità si verifica anche fra il Delease ed il Superlibia, portando da due a tre le ragioni di contrasto (...). La creazione del Delease ha aumentato il personale già insufficiente, ha aumentato le pratiche d'ufficio, ha aumentato i bisogni dei contatti, ha messo in imbarazzo molti uffici e crea serie preoccupazioni al Superlibia, che deve rivolgersi al Delease per le sue esigenze con la certezza ormai che non tutte le sue richieste vengono tempestivamente comprese ed esaudite(...)».

A dire il vero sembra che Mussolini abbia mostrato esitazione e reticenza di fronte al provvedimento, che evidentemente non lo persuadeva, in un colloquio avuto il 10 agosto con Cavallero. Questi allora il giorno seguente si premurò di mandare a palazzo Venezia un appunto personale per il Duce: «Mi riferisco alle vostre comunicazioni di ieri circa l'organizzazione del Comando in A.S.; consentitemi di esporvi con devoto animo alcune subordinate considerazioni. Il progetto di porre l'armata italo-tedesca alle dipendenze del Comando Supremo non nasce, come sapete, dal desiderio di liberarne l'Ecc. Bastico: nasce bensì da una necessità obiettiva: dare cioè alla nostra azione di comando e di collaborazione nei riguardi di quell'armata la serrata energia e l'efficacia che per un complesso di cause esse ora non raggiungono, come si è constatato. Voi sapete, Duce, che mi sono preoccupato di salvaguardare la persona del camerata Bastico; il quale, per sgombrare subito il terreno da questo argomento, non può trovare sgradito che la promozione a Maresciallo d'Italia cada nel momento in cui, per superiori ragioni, egli cessa dal Comando Superasi. Questa forma e questo modo della ricompensa corrispondono alla nostra migliore tradizione militare. D'altro lato mi sembra da evitare che di siffatta cessazione e del passaggio dell'armata italo-tedesca agli. ordini diretti del Comando Supremo si dia notizia a mezzo stampa. Si tratta di notizia squisitamente militare, perciò riservata. Non già essa sia per restare se·greta; ma il pubblico se ne renderà conto


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a poco a poco; in breve tempo sarà entrato nelle coscienze che la guida è pressoché direttamente nelle mani del Duce. Ma accanto a questo argomento ne sta un altro sul quale vorrei attirare la vostra attenzione. È evidente che chi deve occuparsi di un vasto territorio come la Libia più Egitto, e deve attendere a cure di Governo pure assorbenti, non può proiettarsi, con la straordinaria energia che la situazione richiede, sui compiti inerenti, ben più che al comando operativo vero e proprio, alla complessa organizzazione dei rifornimenti, dei porti, delle comunicazioni, della proiezione, della difesa attraverso a quei vasti spazi con l'organizzazione serrata che si è constatato non esistere, in parte per deficienza di mezzi ma molto anche per colpa di uomini. Questo è stato, più che tutto, un grande motivo di diminuzione, in parte immeritato, del nostro prestigio. Non astio; ma dentro le crepe che così apparivano si è insinuata e si insinua, con le sue molte e salde ramificazioni, la parte germanica. Questa penetrazione è incessante, mentre, attraverso una manifesta carenza dell'azione di comando, si è aperta la via ad un prevalere di elementi germanici, maggiori e minori, estranei all'armata Rommel vera e propria, i quali agiscono bensì per compiere il loro dovere, ma, per quanto ci concerne, si sono sostituiti a noi in molte parti in misura certo non desiderata. Anche i capi, Kesselring, Weichold ed altri minori approfittano di questa situazione per prevalere ogni giorno di più. Di fronte a questa situazione appariva necessario: 1° - affidare i compiti di comando, se pure parziali, e quelli organizzativi ad un organismo che vi si poteva dedicare interamente, senza essere distratto da altre preoccupazioni; 2° - rinforzare questo organismo con uomini di sicura preparazione ed energia, orientati sulle direttive del Comando Supremo; 3° - porre questo organismo in condizioni di poter parlare a nome del Comando Supremo, perciò con l'autorità che deriva, oltreché dal funzionamento impeccabile, dalla superiore autorità da cui l'organismo emana; 4° - consentire al Comando Supremo il diretto intervento sia per appoggiare l'azione di questo organismo sia per agire di propria iniziativa quanto necessario, senza tramiti ritardatori. Duce, il ritmo del nostro lavoro in A.S.I. è tale che solo quest'azione diretta può far fronte alle necessità ed alle difficoltà ogni giorno crescenti, anche per marciare a fianco dell'attività dei nostri camerati germanici che, dovendo attendere a questo solo compito, vi si prodigano con eccezionale energia, realizzando i loro scopi piccoli e grandi e stabiliscono confronti che non sono sempre a nostro vantaggio. L'organizzazione attuale del Comando in A.S.I. non ci consente di fare quanto è necessario; mentre quella che è stata decisa ci assicura l'immediatezza di un'azione che, se ben orientata come sarà, potrà darci risultati urgenti che dobbiamo ad ogni costo realizzare. Come ho pienamente compreso l'alta importanza politica delle vostre considerazioni, Duce, così non mi sfugge il valore politico e di prestigio che, accanto a quello militare, presenta la situazione della quale mi occupo, situazione che importa correggere al più presto ed a qualunque costo. Coi provvedimenti che sono stati decisi ciò sarà ottenuto, spero prontamente.


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Quei provvedimenti, Duce, sono stati comunicati a Superasi dopo che ho ritenuto di avere la vostra approvazione; e sono stati pure resi noti alla parte germanica, dovendosi con essa concordare talune modalità di comune interesse. La parte germanica ha informato l'OKW e ha dato preavviso al Maresciallo Rommel. Così Superasi ha diramato tutte le disposizioni esecutive per l'entrata in vigore, che deve aver luogo domani 12 corrente, tanto alle Autorità militari italiane quanto al Maresciallo Rommel. Mi permetto ora di sottoporvi la subordinata considerazione che, così stando le cose, una sospensione del provvedimento, oltre a giungere tardiva, avrebbe nella nostra compagine militare in A.S.l. una ripercussione non favorevole, come accade per i contrordini in generale. Quanto alla parte germanica, questa considera il provvedimento come definitivo. Ho creduto mio dovere, Duce, esporvi le considerazioni che la mia coscienza e la mia devozione mi hanno suggerito; dopo ciò gli ordini che vorrete darmi saranno fedelmente eseguiti»2;.

È una lettera discutibile sotto ogni aspetto, comunque Mussolini finì per aderire e la ristrutturazione entrò in vigore il 16 agosto anziché il 12. Tutta l'organizzazione di comando italiana, anche al massimo livello, presentava seri scompensi derivami in parte dalla mentalità, in parte dall'abbinamento di cariche, in parte dalla presenza di organi tedeschi ai quali non si poteva dare ordini e che, d'altronde, non si voleva far intervenire.troppo nelle decisioni italiane. Il non costituire organi di comando misti, volendosi sottolineare il carattere italiano della guerra nel Mediterraneo ed in Africa settentrionale, era una palla al piede dal peso tutt'altro che lieve. La segnalazione circa l'ingresso in Mediterraneo di 39 navi britanniche fra le ore 0,30 e le 2 del 10 agosto giunse a Supermarina verso le 4. Più tardi arrivò la n otizia che nella prima mattinata una decina di unità avversarie avevano lasciato Gibilterra. Alle 11,15 Cavallero telefonò al gen. Santoro, sottocapo di S.M. della R. Aeronautica, il quale confessò apertamente di ignorare l'avvenimento. Al che Cavallero ordinò di iniziare le ricognizioni e di approntare gli aerosiluranti e la scorta di caccia, quindi telefonò all'amm. Riccardi rimproverando la mancata informazione di Supermarina e Superaereo. Dopo questo esempio di funzionamento al vertice, diamo un cenno dei rapporti fra i Comandi aerei e navali dei due alleati. Il 23 luglio si incontrarono a Taormina Fougier, Kesselring, il comandante della Aeronautica Sicilia (gen. Scaroni) ed il comandante del II Fliegerkorps (gen. Loerzer) per un esame della questione Malta. Essa era tornata d'attualità quando, per le pressioni di Hitler, la scelta fra l'operazione C 3 e lo sfruttamento del successo spinto a fondo in


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Egitto era caduta su quest'ultimo. Il 30 giugno Kesselring aveva convocato i gen. Scaroni e Loerzer, comunicando che, in base alla decisione di impiegare anche le unità riservate alla C 3, l'Aeronautica Sicilia ed il II Fliegerkorps dovevano scatenare una nuova vigorosa offensiva aerea su Malta con tutte le loro forze, al fine di garantire il viaggio dei convogli diretti in Libia. Era stato ottimista, anch'egli evidentemente contagiato dall'euforia generale, perché a suo avviso «in tre o cinque giorni

di offensiva può essere ristabilito, se non la supremazia, almeno l'equilibrio»26. L'offensiva non durò cinque giorni bensì quindici e non condusse ai risultati sperati, anzi sembrò che la breve riduzione nelle perdite dei mercantili fosse dovuta più a scarsità di carburante e di munizioni in campo nemico che ali'efficacia delle incursioni dell'Asse. Il 14 luglio, il trasferimento di reparti al Fliegerfuhrer Afrika rese inevitabile l'abbandono dei bombardamenti ed il passaggio alla tattica della difesa at· tiva, orientata ad impedire l'attività aggressiva dell'aviazione di Malta, più che a ricercarne la distruzione. Era un ripiego obbligato che meno ancora dell'offensiva continuata doveva palesarsi efficace; infatti, cogliendo al volo il respiro accordato, la Royal Air Force dell'isola venne rinforzata e riprese ad imperversare contro convogli ed aereoporti della Sicilia. Allorché, dunque, il 23 luglio ebbe luogo la predetta conferenza al Comando dell'OBS l'insoddisfazione era notevole in tutti. «La discussione - raccontò poi Santoro - ebbe caratteri di animosità e quasi di drammaticità quali mai si erano avuti in riunioni del genere. Partendo dalla constatazione che il concorso della caccia italiana in quell'ultima settimana non era stato quello promesso, soprattutto per il fatto che non sempre qualche reparto era stato impiegato due o tre volte nello stesso giorno, il Comandante del II CAT, sostenuto dal Marescìallo Kesselring, giunse ad accusare l' Aeronautica italiana di non essersi immedesimata dell'importanza della situazione in Egitto, e i cacciatori della Sicilia di non essersi impegnati sufficientemente, come invece i tedeschi, nel comune compito di tenere in soggezione le forze aeree di Malta. Il capo di S.M. della R. Aeronautica ed il comandante l'Aeronautica Sicilia, pur ammettendo che l'attività dei dipendenti reparti da caccia non aveva potuto essere mantenuta sempre al livello sperato, promesso e voluto, dovettero soffermarsi sulle miserie della nostra situazione, per dimostrare che ciò era dovuto, non ad inconcepibile mancanza di comprensione da parte dei Comandi e di impegno da parte del personale, ma a molteplici cause, di cui alcune di carattere contingente, altre di carattere generale (...). Si concludeva che agli uomini si potevano richiedere sforzi superiori alle normali possibilità (cosa che del resto si verificava in Sicilia, dato che il numero dei piloti era spesso superiore a quello dei velivoli disponibili); ma che, facendo


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funzionare le macchine assai oltre i limiti delle caratteristiche costruttive, si sarebbe corso il rischio di non avere in qualche periodo neppure un velivolo efficiente ( ...)» 27•

Alla fine Kesselring e Loerzer dichiararono di riconoscere 1e difficoltà italiane e, nel quadro della ripresa della pressione su Malta come meglio possibile, le azioni diurne furono affidate ai bombardieri tedeschi scortati da caccia prevalentemente italiani e quelle notturne ai bombardieri italiani. Naturalmente i contrasti esistevano anche nel settore navale: «La situazione dell'OBS rispetto agli italiani - riferì l'amm. Weichold alla SKL - è difficile perché per quanto essi in casi critici si rivolgano per consigli al Comando, finiscono poi per fare quello che vogliono, soprattutto per sfuggire alla esecuzione di decisioni strappate loro a stento. Nel Mediterraneo non esiste unità di comando, ma una forma attenuata di pluralità di comando raggiunta attraverso molteplici intese e buona volontà dei capi» 28 •

Torniamo adesso all'operazione Pedestal. A parte il fatto che il dubbio di un tentativo di sbarco in Tunisia venne a cadere soltanto la sera del 12, quando il convoglio era dimezzato, la giornata del 12 vide la persona del capo di S.M. Generale impegnata a sentire possibilità e pareri delle forze armate interessate, italiane e tedesche, per poi concludersi con la decisione di Mussolini a notte inoltrata. Si trattava di scegliere la tattica da impiegare per la distruzione definitiva del convoglio. Supermarina aveva stabilito la riunione della 3a e 7a divisione navale nel Tirreno nel pomeriggio del 12 per concentrarle a sud di Pantelleria :all'alba del 13. Ma alle 8,30 di quel 12 agosto Cavallero ricevette un telegramma di Kesselring, il quale dichiarava di non poter fornire protezione alle forze navali perché tutta la sua caccia era impegnata nella scorta ai bombardieri, e suggeriva il ricorso ai campi minati. Alle 10,30 Cavallero ebbe un primo colloquio con i capi e sottocapi di S.M. della R. Marina e della R. Aeronautica. L'amm. Riccardi informò che il campo miinato era già posato e che due navi nemiche l'avevano attraversato senza perdite per puro caso, poi ricordò che l'intervento del gruppo navale era subordinato ad un minimo di protezione. Cavallero allora volle recarsi da Mussolini con Riccardi e Fougier e convocò ad una seconda riunione pomeridiana anche von Rintelen e Weichold. Questi, che nel frattempo aveva cercato inutilmente di convincere Kesselring ad appoggiare l'azione navale, alle 14 notificò di trovare inutile la propria partecipazione se non fosse stato presente


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anche un rappresentante dell'OBS. ,,Prego comunicare al gen. von Rintelen - annotò Cavallero nel diario - che la riunione era per decidere in merito alla scorta. Visto che questa non c'è, la riunione è abolita». Ovviamente, qualcosa doveva pur essere stabilito e nel pomeriggio, alle 16,35, i capi e sottocapi di S.M. della Marina e dell'Aeronautica si ritrovarono al Comando Supremo. Le ultime notizie sulle perdite che il convoglio britannico stava subendo erano confortanti. Riccardi dichiarò di accontentarsi di 18 apparecchi nella giornata, per consentire una scorta di nove ore. Il breve conseguente scambio di idee è riportato nel diario Cavallero: «Ecc. Fougier li giudica insufficienti. Amm. Sansonetti dice che ne occorrono 30. Faccio presente che bisogna impiegare ciò che si ha e stabilisco siano 24. Ecc. Fougier aderisce, ma non garantisce della qualità [si trattava di un gruppo appena formato e di qualche RO 2000] e aggiunge che le forze nemiche sono superiori alle nostre. Conferma però che stasera vi sarà l'attacco dalla Sicilia senza contare quello tedesco (... ). Chiedo all'amm. Riccardi se conviene l'impiego della forza navale in relazione al rischio. Amm. Riccardi risponde che non conviene. Ecc. Fougier dice che questo è appunto l'opinione del mar. Kesselring. Affermo che il rischio non è nella forza navale nemica, ma in quella aerea nemica perché Malta è bene efficiente. Quindi se la Marina non ritiene impegnarsi possiamo risparmiare la scorta. Amm. Riccardi concorda e risponde che per la Marina il rischio è troppo forte (...)».

Alle 17,30 Cavallero, Riccardi e Fougier tornarono a Palazzo Venezia ed illustrarono a Mussolini la situazione. «Prospetto al Duce che non c'è scorta aerea tedesca e che non è ancora ben definita la possibilità della nostra scorta» annotò Cavallero e, rientrato al Comando Supremo, congedò i due capi di S.M. raccomandando loro di riflettere bene sull'argomento e «stasera dire ciascuno chiaramente al Duce le proprie opinioni, uno sull'impiego della forza navale e l'altro sulla possibilità o meno di scorta». Non è finita. Alle 19,30 nuova riunione. Fougier propose di attendere i risultati dell'azione aerea sul convoglio, le cui perdite erano confermate gravi, e poi concludere se impiegare o non le forze navali con la nota scorta italiana di dubbia efficienza. Riccardi osservò che poteva attendere la decisione sino all'alba seguente, ma con quella scorta e data la gravità della minaccia da Malta non riteneva opportuno dare il via agli incrociatori. Sansonetti aggiunse che le importanti forze della Royal Air Force a Malta avevano causato fino allora poco disturbo, evidentemente perché destinate a colpire una nostra formazione navale che si fosse avventurata in quelle acque. Con ciò la seduta fu sciolta e


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Cavallero, Riccardi e Fougier si ripresentarono a Palazzo Venezia (ore 20,45), dove la questione rimase in sospeso. Alle 23 Mussolini telefonò al Comando Supremo. Qui Cavallero aveva ancora una volta convocato i capi militari interessati; riepilogò le novità e mise in evidenza che la nostra formazione navale era stata avvistata dall'avversario e «poco fa aveva sopra 3 ricognitori e 6 bombardieri. Tutta la notte sarà sottoposta ad attacchi,,. Poi spiegò che, secondo Riccardi e Fougier, presenti, le navi sarebbero state logorate per l'intera notte e l'indomani si sarebbero trovate investite dall'offesa aerea partendo da Malta, «quindi l'incorrere nel rischio non è pagato da un rendimento corrispondente». In sostanza, la decisione fu che la prosecuzione delf' attacco contro il convoglio sarebbe rimasta affidata alla R. Aeronautica ed all'OBS (dal quale non giungevano notizie). La 3a divisione navale si diresse verso Navarino in appoggio all'8a divisione, ritenuta insufficiente a contrastare la formazione britannica segnalata a Levante, e la 7a divisione rientrò alla base29• Esiste anche un'altra versione sullo sviluppo degli avvemment1, secondo la quale: «La sera del 12 agosto, Supermarina e l'ammiraglio Weichold si batterono a lungo contro Superaereo, Kesselring ed il Comando Supremo, per assicurare i cacciacori di scorta agli incrociatori: ma, come scrisse Weichold nel già cicaco documento, "ciò provocò un'accalorata discussione fra i capi delle diverse forze

armate, durante la quale i rappresentanti delle due Marine rimasero soli contro gli altri. Allora si telefonò pe,r una decisione a Mussolini, il quale si pronunciò a favore dell'arma aerea. Perciò l'operazione degli incrociatori, che era già avviata, venne interrotta". In tal modo si perde:te un'occasione unica per uno schiacciance successo delle navi italiane»)0

Santoro affermò recisamente di non conservare memoria né aver rinvenuto traccia alcuna nella documentazione di Superaereo di tale conflitto e contestò che la risoluzione ultima fosse stata provocata dal fatto che «all'aviazione italo-tedesca sembrò intollerabile di esser posta in secondo piano»31 • Certo si .è che al massimo livello questa crisi proprio non pare essersi prodotta. È peraltro possibile che gli attriti si siano verificati nei contatti fra i diversi uffici operazioni. Supermarina considerò l'operazione come una vittoria, di cui buona parte di merito spettava all'elevatissimo rendimento offerto dall'impiego a massa dei mezzi navali insidiosi italiani. Santoro ammise, a fine guerra, che i risultati conseguiti dall'aviazione italiana furono «modesti e comunque non proporzionati ai mezzi impiegati, all'impegno degli equipaggi, alle perdite da essi subite» per un complesso di cause di vario genere32


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L'amm. Weichold rimase molto amareggiato. Si era battuto con Kesselring, pronunciandosi con tutti gli argomenti a favore dell'intervento navale ed esprimendo il parere che in caso negativo sarebbe sfumata l'occasione della totale distruzione del più grande convoglio britannico che mai si fosse diretto a Malta. Ma il capo dell'OBS non aveva accolto la proposta né, quindi, concesso la protezione della caccia alle navi italiane. «Per comprendere il punto di vista di Kesselring - spiegò Weichold - si deve dire che egli in fondo non credeva alle possibilità di successo tattico degli incrociatori italiani. L'insuccesso della seconda battaglia della Sirte, nella quale una divisione di incrociatori pesanti italiani non aveva potuto prevalere su cinque piccoli incrociatori inglesi, e gli scarsi risultati conseguiti dal gruppo degli incrociatori italiani nello scontro di Pantelleria, avevano influenzato l'opinione della Luftwaffe. Il capo di S.M. della Marina italiana dipendeva da superiori decisioni: Mussolini, chiamato telefonicamente da Cavallero, non credette di potersi mettere in aperto contrasto con Kesselring, decidendo per l'impiego della flotta. D'altra parte lo Stato Maggiore della Marina non voleva assumersi la responsabilità di usare gli incrociatori senza l'appoggio della Luftwaffe, e quindi il proseguimento dell'operazione navale in corso venne interrotto (...). Gli aerei italiani e tedeschi, il cui appoggio in favore delle navi italiane era stato rifiutato, riuscirono però ad affondare soltanto due trasporti» 33·•

Torniamo adesso all'Africa settentrionale per riassumere prima la nuova organizzazione di Superlibia e poi la situazione logistica a metà agosto. Dal Comando Superiore vennero a dipendere tre distinti organismi, le cui funzioni, anche se preminentemente di retrovia, si estendevano al campo operativo, sia per le incursioni del Long Range Desert Group e di colonne mobili costituite ad hoc, sia per le minacce provenienti dal Tibesti e da Cufra, sia per l'eventualità di cambiamenti politico-militari nel Nordafrica francese. Il Comando Difesa Tripolitania (gen. Armando) comprendeva la piazza di Tripoli (gen. Mannerini) ed i settori di Zuara, Garian, Homs e Sirtico, e disponeva di circa 24.000 uomini. Il Comando Difesa cirenaica (gen. lvaldi) comprendeva la piazza di Bengasi (gen. Zarri) ed i settori di Agebadia-Gialo, Barce, Derna, T obruk e Giarabub-Siwa e disponeva di 14.000 uomini. Il Comando Militare del Sahara (col. Piatti del Pozzo), che dal 1° settembre passerà alle dipendenze del Comando Difesa Tripolitania, teneva i settori di Hon, Sebha e Gat con 5.000 uomini. In totale, comprese le forze di polizia e della milizia, Superlibia aveva a propria disposizione 43.000 uomini, di cui 12.500 libici. La situazione logistica era tutt'altro che consolante ed il nocciolo del problema consisteva nell'assenza di un adeguato volano di materiali in Libia, cioè in un livello di autonomia tale da sopperire alla nota


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aleatorietà dei trasporti marittimi, alle perdite per bombardamenti aerei ed agli imprevisti della situazione operativa. Dall'inizio della guerra i rifornimenti ordinari erano sempre stati inferiori ai consumi, salvo rare momentanee eccezioni, cosicché le disponibilità erano andate gradualmente riducendosi in modo preoccupante. Ormai si calcolava che solo poco più di un terzo del naviglio riuscisse a toccare i porti libici. Le «voci» più in crisi riguardavano gli automezzi, i carburanti, le munizioni e la farina. Gli automezzi sembravano rappresentare un problema irrisolvibile. A fine luglio alle grandi unità mancavano circa 2.000 autocarri rispetto all'organico, studiato per trasportare su ruote i soli materiali delle divisioni di fanteria tipo A.S. 42. Cosicché i fanti italiani dovevano non soltanto andare a piedi, ma trascinarsi la quasi totalità dei pezzi da 20 mm e da 47 /32 e spalleggiare le mitragliatrici ed i mortai. Le divisioni Ariete, Littorio e Trieste, dal canto loro erano costrette a lasciare a terra un terzo della forza, specie di fanteria e servizi. Il Comando Superiore aveva bensì un autoraggruppamento di manovra ma questo, dopo la cessione ai tedeschi di un intero autogruppo (300 autocarri), si era ridotto a poche centinaia di autocarri, che per l'estremo logorio diminuivano sempre di più. Anche l'Intendenza si era costituita un autoraggruppamento per la manovra logistica attingendo spietatamente alle divisioni nonostante le proteste dei Comandi. Si trattava di automezzi precocemente logorati da un uso troppo intenso nelle peggiori condizioni ambientali. Aveva inoltre, ed era il nerbo della sua efficienza, una massa di mille autocarri civili, tutti di grande portata e quasi tutti con rimorchio, mediante i quali fronteggiava le esigenze del cosiddetto «servizio di linea», ossia i trasporti a lunga distanza sulla via Balbia. Anche l'andamento delle riparazioni di 3° e 4° grado non soddisfaceva perché il gettito delle officine non riusciva a pareggiare il numero dei mezzi inefficienti in entrata. L'Intendenza disponeva di quattro parchi automobilitici, molto rinforzati di personale e di attrezzature rispetto ali' organico, ma i veicoli in avaria continuavano ad aumentare. Le principali ragioni andavano rinvenute nell'eccezionale usura derivante dal sempre pressante impiego dei mezzi e dalla mancanza di manutenzione regolare; dalla carenza di parti di ricambio; dai grandi e rapidi spostamenti del fronte che finivano per porre in crisi, e per parecchi giorni, i parchi e che causavano forti perdite di materiali; nonché dall'offesa aerea (schegge che perforavano motori, serbatoi, copertoni). Quanto al carburante, per avere un'idea dei consumi basta tener


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presente che, nell'ambito di un corpo d'armata in sosta ed in condizioni di stasi operativa, il movimento di automezzi era calcolato sui 2.000 chilometri giornalieri per le necessità di ricognizione, di collegamento, di rifornimento ecc. I consumi complessivi si aggiravano quindi sulle 600 tonnellate al giorno in periodo normale e raggiungevano le 1.000 tonnellate al giorno nei momenti di più intensa attività operativa. Era stata prevista un'autonomia di 1.000 chilometri con un'aggiunta di 500 chilometri di carburante come <<scorta intangibile>). Si trattava di ben poca cosa in quel tipo di guerra e bastava l'interruzione di qualche giorno nel flusso dei rifornimenti ordinari per mettere in grave crisi il corpo d'armata. Né molto migliore stava diventando la situazione munizioni, giacché i combattimenti di luglio avevano causato consumi molto più rilevanti del periodo precedente. Perciò le scorte di alcuni calibri di artiglieria scesero al di sotto della un/oc (da 100 a 150 colpi per pezzo). Infine, la limitata disponibilità di farina aveva determinato momenti di grande ansietà e costretto più di una volta a ridurre la razione di pane alle truppe ricorrendo alla galletta dei viveri a secco, il più delle volte avariata. Si aggiunga che occorreva pensare anche alla popolazione civile, essendo la Libia lontana dall'autosufficienza in fatto di regime alimentare. È vero che subito dopo l'armistizio con la Francia era stato creato un ente civile denominato Acorguerra (approvvigionamento e coordinamento economia di guerra) per le necessità della popolazione; ma tale ente risentiva delle stesse difficoltà del Comando Superiore e finiva per appoggiarsi all'amministrazione militare, aggravando così la già difficile situazione in cui si dibatteva l'Intendenza. A fine luglio il Comando Supremo fece nuovamente il punto. Il programma dei rifornimenti alla Libia, compilato a fine marzo, prevedeva un invio mensile di 75.000 tonnellate di materiali, quantitativo reputato indispensabile per garantire l'alimentazione delle truppe italiane e tedesche e per costituire un'autonomia di almeno due mesi. Nel trimestre maggio-luglio i rifornimenti (esclusi carburanti, carri armati ed automezzi) avevano raggiunto le cifre seguenti: tonnellate trasportate mese maggio giugno luglio

a Tripoli

a Bengasi

totale

60.400 20.000 14.800

27.800 4.200 30.200

88.200 24.200 45.000

piroscafi impegnati 30 7

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Il traffico per Tobruk non è considerato in questa tabella perché nessun piroscafo da carico era stato inviato in luglio, salvo pochi trasporti di personale tedesco, qualche cisterna, qualche sommergibile ed alcuni trasporti di cabotaggio. Per assicurare una media di 75.000 tonn./mese occorrevano 22-24 viaggi piroscafo. Il porto di Bengasi poteva assorbire solo unità di relativamente limitato tonnellaggio e quello di T obruk era impegnato dai tedeschi per l'invio di reparti. Ciò premesso, il Comando Supremo decise di interessare Supermarina e la Direzione Superiore T rasparti per «intensificare anche i trasporti per Tripoli, in misura almeno doppia di quanto attuato nei mesi di giugno e luglio». Senonché in agosto il Comando Superiore rappresentò una situazione preoccupante. Dal 25 maggio, inizio della battaglia di Ain el-Gazala, al 10 agosto le scorte di viveri e di munizioni in Libia si erano pressoché dimezzate e quelle di carburante ridotte a poco più di un quarto. Nessuna meraviglia, anche perché l'arrivo in Africa di nuove unità, quali le D.f. Folgore e Pistoia, non poteva non incidere sui consumi ordinari. Il Comando Supremo non fu molto persuaso della cosa, però dovette ammettere che «le possibilità di avviamento munizioni sono, di

massima, appena sufficienti a coprire i cqnsumi ed a ciò deve aggiungersi che mensilmente non sempre si riescono ad avviare i quantitativi assegnati per deficienza di tonnellaggio» e, naturalmente, prescindendo dalle perdite per affondament? 4 • Due settimane dopo, rifacendo i conti, a Roma si constatò che non solo il totale dei materiali inviati in Libia nella prima metà di agosto ammontava ad appena 15.000 tonn., ma rimanevano ancora da portare oltremare 24.000 tonn. dei rifornimenti ordinari del mese di luglio, carburante escluso. Al riguardo non sarà male sottolineare che il riferimento all'entità del tonnellaggio spedito può provocare equivoci. Ad esempio, quando non precisato, tale tonnellaggio comprendeva anche gli automezzi ed i veicoli corazzati. E, ove non trasportato da navi cisterna, dal quantitativo di carburante che figurava inviato sui mercantili occorreva detrarre il peso del fustame. La risoluzione del Comando Supremo si fissò su punti abbastanza ovvi: mantenere al massimo gli avviamenti di naviglio a Bengasi e T obruk; programmare per Tripoli 25-30.000 tonn. mensili di materiali ed automezzi; limitare l'imibarco degli automezzi ad un massimo di 140 per motonave, in modo da riservare almeno 3.000 tonn. a derrate, munizioni e materiali vari; aumentare l'utilizzazione di navi cisterna. Per la seconda quindicina di agosto fu prevista la spedizione di sette piroscafi a Tripoli e di otto motonavi, tredici piroscafi da carico e


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quattro trasporti truppa a Bengasi e T obruk, per complessive 50.000 tonn., esclusi i carburanti. Per benzina e gasolio il discorso era ancor più complesso. Anzitutto, dai quantitativi sbarcati a Tripoli bisognava detrarre i consumi derivanti dal trasporto per via ordinaria sino ad El Daba, mentre l'onere era dimezzato per Bengasi. E naturalmente occorreva conteggiare il viaggio di ritorno. Poi i calcoli erano stati fatti sulla base di un consumo medio giornaliero di 80 tonn. per la benzina avio, 135 tonn. per quelle auto e 160 tonn. per il gasolio, pari ad un fabbisogno totale di 30.000 tonn. mensili. Senza entrare nel merito di queste stime ed ignorando se in esse erano comprese le necessità per i trasporti dai porti di sbarco al fronte e le perdite per eventi bellici, la situazione dava un' autonomia in Libia sino al 26 agosto per la benzina avio, sino al 23 agosto per quella auto e sino al 9 settembre per il gasolio. Con i rifornimenti disposti il 16 agosto tale autonomia sarebbe stata estesa sino ai primi di ottobre per la benzina ed al 10 ottobre per il gasolio. Questo, beninteso, qualora i quantitativi spediti fossero arrivati integri in Libia. Naturalmente l'attenzione maggiore si concentrava sui mezzi corazzati. Il XX corpo alla data del 5 agosto segnalava 117 carri medi efficienti e 38 recuperabili entro una settimana; 14 carri L 6 efficienti e 17 recuperabili in pochi giorni; 17 autoblindo efficienti più 11 riparabili entro nove giorni. Poiché consistenti erano le affluenze dall'Italia, si calcolava di poter mettere in linea per il 20 agosto 310 carri medi, 50 carri leggeri, 80 autoblindo e 25 semoventi da 75/18. Alla stessa data il DAK disponeva di 117 carri di tutti i tipi, fra i quali 47 Pzkw III tipo J e 15 Pzkw IV tipo J, e si riteneva che per il 20 potesse schierare circa 250 carri. Per contro l'entità di mezzi corazzati dell'8a armata britannica era valutata dal Comando Superiore pari a 150 carri e 75 autoblindo al fronte, più 300 carri e 60 autoblindo in afflusso. Il rifornimento del personale era un altro punto dolente. Il bilancio complessivo delle perdite subite dall' AIT (morti, feriti e dispersi) dal 26 maggio al 31 luglio fu di 15.070 italiani e 12.500 tedeschi, perdite non compensate dei complementi giunti in luglio (circa 3.400 uomini per le grandi unità italiane), né, men che meno, dalle aliquote di nuova unità arrivate in rinforzo (circa 2.676 uomini della Folgore e 2.064 della Pistoia). Ai fini della rimessa a punto dei corpi d'armata in Egitto, lo Stato Maggiore del R. Esercito ordinò l'approntamento fra il 3 ed il 20 agosto di sette battaglioni di fanteria, tre di bersaglieri ed uno di Giovani Fascisti; di otto compagnie carristi; di tre gruppi da 75/27 T.M., quattro da 100/17 T.M., uno semovente da 75/18; di un battaglione artieri, uno collegamenti e due compagnie telegrafisti; ed inoltre la


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costituzione entro il mese di agosto di sette compagnie di marcia di fanteria e tre di bersaglieri, nonché di dieci batterie di marcia35 • Altri reparti invece si trovavano già in attesa di imbarco, quali i battaglioni genio della Littorio e della Giovani Fascisti, nonché 500 automezzi con conduttore. Sul ripianamento delle perdite e l'invio di rinforzi, grossi problemi non esistevano in Italia, tranne due di importanza però basilare: l'affrettato approntamenco comportava un insufficiente addestramento36; l'aver in partenza i reparti non significava che fossero già oltremare. Ben poco, infatti, di quanto richiesto dal Comando Superiore sbarcò in Libia durante l'estate e l'inizio dell'autunno e se non può mettersi in dubbio la buona volontà e la solerzia dell' Autorità C~ntrale è difficile affermare che l'efficienza organizzativa fosse pari allo sforzo37• Del resto, troppe decisioni apparivano prese come d'impulso e venivano attuate con più disordine che rapidità. L'invio in Egitto della Folgore potrebbe costituire esempio. La divisione paracadutisti (questa era la sua denominazione originaria) si era trasferita in Puglia nel mese di giugno per completare l'addestramento in vista dell'operazione su Malta. Nella seconda quindicina di luglio ricevette improvvisamente l'ordine di trasferirsi in Africa, senza precisazione del compito cui era destinata. Partirono per via aerea dagli aeroporti di Lecce e di T atoi (Atene) il personale con l'armamento, l'equipaggiamento individuale ed i paracadute, le armi di reparto e le dotazioni viveri e munizioni individuali. Partirono via mare, da Brindisi, il materiale più pesante e gli automezzi. Il materiale speciale di lancio, che doveva essere trasportato con mezzi della R. Marina, venne trattenuto in Italia, quando parte della divisione era già ad El Alamein, a causa della decisione di impiegare la grande unità come fanteria. L'affrettata partenza, la mancanza di un orientamento sul compito futuro e la sensazione diffusa di uri impiego con azione di lancio non consentirono di chiedere né di distribuire in tempo utile quanto sarebbe stato necessario per la vita nel deserto. Il trasferimento fu assai lento, cosicché la divisione, che pure aveva cominciato i movimenti a metà luglio, ricevette gli ultimi reparti il 6 agosto. I materiali e gli automezzi sbarcati a Bengasi giunsero in linea solo in parte (perché aliquote vennero dirottate ad altre unità o si persero) e soltanto a metà settembre, contribuendo a rendere ancor più difficile la vita della divisione. Forse la Folgore poteva entrare in campo più organicamente. Il secondo aspetto del rifornimento del personale riguardava la questione degli avvicendamenti e delle licenze. Tutti i comandanti di grande unità si mostravano concordi nel segnalare la necessità urgente


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di adottare provvedimenti risolutivi, gravi essendo le ripercussioni di uno stato di fatto pesantissimo sull'animo e sul fisico degli uomini, tanto più che essi sapevano che i tedeschi venivano avvicendati dopo un anno. Simile disparità di trattamento contribuiva a mettere ancor più il soldato italiano in posizione di inferiorità rispetto agli alleati, specie constatando che per questi si riusciva a superare anche le difficoltà dei trasporti marittimi ed aerei. Né, obiettivamente, era agevole alternare le truppe in linea con turni di riposo nelle retrovie, data la precaria disponibilità di forze. Anche nei pochi casi di temporaneo ritiro di reparti dalla prima linea, essi non potevano fruire di un vero e proprio riposo, venendo sempre impiegati in compiti connessi con le operazioni, come protezione delle linee di rifornimento, rastrellamento di elementi celeri avversari infiltrati, lavori su posizioni arretrate ecc. De Stefanis scrisse: «Occorre decidere i necessari provvedimenti per attuarli non appena la sosta operativa lo permetta. Ciò allo scopo di prevenire serie mancanze. Non si dimentichi che il nostro soldato è molto intelligente e fa il confronto con quanto viene praticato nei confronti dei camerati tedeschi (...). Si eviteranno incidenti quali nella guerra 1915-1918 hanno dato luogo le truppe della brigata Sassari, per esempio, e si toglierà dalla mente dei superstiti la convinzione che ormai per loro non c'è liberazione se non con la morte, o con una ferita deformante o con la prigionia. Sono espressioni che purtroppo ho inteso anch'io con le mie orecchie e che da più fonti mi sono state riferite».

In definitiva, si può affermare che alla vigilia della battaglia di Alam el Halfa il morale delle truppe italiane era calato di tono rispetto a quello con il quale erano giunte alla linea di El Alamei:-i. Di questo quadro Rommel conosceva solo quanto aveva sott' occhio. Era però contento di aver troncato le velleità britanniche a fine luglio, del consolidamento del fronte e dell'afflusso di reparti, complementi e materiali. Ciò spiega il tono ottimistico di uno scambio di vedute avuto con Kesselring38 e soprattutto di un colloquio con Barbasetti (10 agosto), nel corso del quale si dichiarò «in complesso soddisfatto» perché «la grave crisi della seconda metà di luglio è superata)), La linea ormai era robusta ed il comando AIT aveva finalmente potuto ritirare in riserva quasi tutte le unità corazzate e motorizzate, nonché conferire profondità al dispositivo realizzando grandi sacche minate, fiancheggiate da robusti capisaldi e vigilate sul lato anteriore. Quasi la metà dei battaglioni di fanteria si trovava adesso in una seconda riga di capisaldi. Anche nel campo dei corazzati, aveva osservato Rommel, la situazione si presentava sotto una luce favorevole. Per quanto la quantità


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fosse più o meno pari a quella nemica, la qualità giocava a vantaggio del DAK: ogni Panzer valeva tre tanks. Lo stesso poteva dirsi per le artiglierie, data la superiorità delle batterie pesanti tedesche (cannoni da 150 ed obici da 210), pur rimanendo ancora insoddisfacente l'armamento controcarri e pur difettando le munizioni ed i mezzi per trasportarle. Ed anche per l'aviazione le note erano buone, a parte la scarsità di carburante. Il rapporto di forze in atto doveva migliorare con il preannunciato arrivo della Germania di altri mezzi, fra i quali 200 carri armati, ma c'era da dubitare che giungessero in tempo per la ripresa del!' offensiva. In sintesi, Rommel guardava «con piena fiducia al prossimo avvenire». Nell'eventualità di un'iniziativa inglese, probabile a breve scadenza nel settore settentrionale del fronte , lo schieramento offriva ampie garanzie di reggere l'urto; nel caso dell'imminente offensiva italo-tedesca «le probabilità di successo sono rilevanti». Naturalmente, occorreva compiere ogni sforzo per potenziare l'armata. Esaminate poi numerose questioni connesse con tale potenziamento, Rommel passò agli intendimenti operativi: «Il mar. Rommel - riferì Barbasecci - ritiene che sia necessario prevedere l'offensiva prima che il nemico abbia ricevuto i grossi convogli in viaggio e prima che la posa dei campi minati, in rapido corso, abbia creato condizioni proibitive a un'azione rapida e risolutiva. È d'altra parte necessario, fra l'altro, attendere che giungano a noi parte almeno dei rinforzi già avviaci in Africa e la benzina per l'aviazione. Fra queste opposte esigenze, e tenuto anche conto di accordi intervenuti col maresciallo Kesselring, viene stabilito che l'attacco avrà luogo, salvo imprevisti verso il 26 agosto (era il 24 ed il 28), a luna piena, in modo da poter iniziare e continuare efficacemente le operazioni di notte».

Il disegno di manovra si basava sulla sorpresa, al cui riguardo veniva sacrificata la preparazione d'artiglieria e d'aviazione. Su tutto il fronte le unità di fanteria dovevano sferrare tre grossi colpi di mano, ben appoggiati dall'artiglieria, intesi ad agganciare la massa nemica e possibilmente attirare la reazione delle unità corazzate inglesi. L'entità di queste azioni settoriali doveva essere tale da non compromettere la solidità del dispositivo difensivo. A nord avrebbero operato reparti della Trento e della 164 a D. f.tedesca; al centro reparti della Brescia e della brigata paracadutisti Ramcke; a sud reparti della Folgore. Nel frattempo la massa di manovra avrebbe iniziato l'avanzata partendo dalla zona di raccolta a sud di Deir el Qattara, assumendo gradualmente uno schieramento da ovest ad est, fronte a nord, ed eseguendo poi una grande conversione a sinistra, fino a tagliare la strada


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litoranea ed a chiudere in una grande sacca il grosso avversario. In sostanza, si trattava della ripetizione dello schema della battaglia di Ain el-Gazala, ma senza lasciarsi indietro un'altra Bir Hacheim. «A questo punto - continuò Barbasetti - la battaglia verrà condotta con lo scopo di annientare le forze nemiche. E si procederà quindi decisamente verso est, per tagliare la strada tra Alessandria e Cairo. Gli ulteriori sviluppi non sono per ora prevedibili. Cosl ha riferito il maresciallo Rommel, che si dimostra estremamente fiducioso nel successo».

La riunione terminò molto cordialmente. Rommel disse di apprezzare la nuova organizzazione di comando in Africa, confessò che i giorni di metà luglio «sono stati i più brutti e tormentosi della sua vita militare, i più densi di ansia e di depressione morale», ammise che grazie agli aiuti fornitigli dal Comando Supremo e dal Comando Superiore la sua fiducia «si è gradualmente ristabilita ed è tornata infine alla temperatura dei bei giorni di Tobruk e di Marsa Matruk»39• Allorché la sintesi dell'incontro giunse a Roma, Cavallero sussultò. Che cosa voleva dire «viene stabilito che l'attacco avrà luogo, salvo imprevisti, verso il 26 agosto)>? Ne parlò con von Rintelen esprimendo l'intenzione di fare precise rimostranze 40. Già due giorni prima, sempre a von Rintelen, aveva manifestato un vivo disappunto per le direttive impartite da Kesselring a Rommel circa l'eventuale ripresa delle operazioni in Egitto e, per quanto condividesse l'idea di battere sul tempo gli inglesi, non poteva consentire che altri pervenissero a determinazioni non di loro competenza: «Si tratta di questioni che devono essere decise dal Comando Supremo» aveva detto 41 • Poi risolse di recarsi in Africa. Arrivò il 16 agosto a Derna, dopo una breve sosta a Taormina, alla sede dell'OBS, per un breve contatto con Kesselring e Fougier. Il giorno seguente, chiariti vari aspetti dell'organizzazione di comando ed esaminate le predisposizioni logistiche con Bastico, Barbasetti e von Rintelen, dettò le direttive per Rommel circa l'avanzata al Delta e successivamente al canale di Suez. In esse confermò anzitutto la validità delle direttive del 26 giugno 42 , quindi toccò i punti salienti dell'operazione: la base di partenza era rappresentata dalle posizioni tenute al momento, che dovevano rimanere presidiate per ogni evenienza; il compito si traduceva nel battere le forze britanniche schierate ad ovest del Delta; l'obiettivo primo era Alessandria, anche al fine di utilizzare almeno parzialmente quel porto per l'alimentazione dell'ulteriore spinta verso il Cairo; gli obiettivi successivi erano la regione del Cairo ed il canale di Suez.


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«L'armata italo-tedesca - assicurò - disporrà fra pochi giorni di un complesso di forze e mezzi che le consentiranno di affrontare vittoriosamente il nemico. Si sta compiendo il massimo sforzo per colmare talune deficienze tutrora esistenti in fatto di carburanti e munizioni; un limitato numero di autocarri per le unità italiane dell'armata potrà ancora affluire entro il mese corrente. Allo stesso modo si provvede per i rifornimenti che interessano le due aviazioni germanica e italiana. Predisposizioni sono in corso per assicurare la successiva alimentazione dell'avanzata. Così pure si stanno attuando predisposizioni da parte di Delease per i materiali occorrenti al passaggio del Nilo( ...)».

E finì col concludere: «La data d'inizio delle operazioni è necessariamente subordinata alla condizione che il programma in corso per il trasporto dei rifornimenti, specie carbu~anti, non abbia a subire arresti o falcidie di carattere importante. È desiderabile che l'azione possa svilupparsi al più presto. Sottoporrò all'approvazione del Duce la data da Voi proposta»"

Il 18 agosto le direttive vennero illustrate personalmente da Cavallero a Rommel, presente Kesselring, al Comando dell'AIT. Non esiste un verbale della riunione, ma la discussione non dovette svolgersi in un clima di concordia. Rommel era tornato ad un cupo pessimismo. 44 Era critico nei confronti dell'organizzazione logistica icaliana e non esitò a mostrare una notevole sfiducia nella possibilità di condurre a buon fine l'offensiva. Alle unità tedesche mancavano ancora 14.500 uomini (di cui 2.500 sottufficiali), 21 O carri armati, 195 pezzi controcarri e 1.400 automezzi. Il XX corpo italiano, che doveva essere uno dei protagonisti della battaglia, era in grado di trasportare appena quattro battaglioni dei suoi dieci e dei 220 carri di cui disponeva esisteva la fondata previsione che più della metà si fermasse nel deserto per soli guasti meccanici ed imperizia dei conduttori. Quanto ai carburanti ed alle munizioni, i livelli risultavano drammaticamente insufficienti ed i rifornimenti dall'Italia procedevano a singhiozzo. Prima c'era stata interruzione provocata dall'operazione Pedestal; poi, il 15, era andata persa la settima motonave veloce in poco più di due mesi; quindi, il giorno prima, attacchi di aerosiluranti inglesi al convoglio Pilo presso le isole di Kerkennah e di sommergibili al convoglio Bìxìo sulla rotta di levante avevano causato l'affondamento di un'altra motonave ed arrecato gravi danni ad un piroscafo. È chiaro che tutto ciò contribuiva a generare un'atmosfera di incertezza e di sfiducia, che proprio in quel momento era quanto di peggio potesse capitare. Cavallero garand che il Comando Supremo avrebbe fatto arrivare tempestivamente l'occorrente e, sottolineando l'importanza della messa a punto logistica, affermò che «la prima battaglia la diamo noi sul


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mare per fare affluire i mezzi, dopo di che avviene la gloriosa e difficile azione dei tedeschi»1 45 • Kesselring, dal canto suo, assicurò che la Luftwaf

/e avrebbe consentito l'afflusso dei

rifornimenti in Libia e, in caso di necessità, trasportato 500 tonn. al giorno per via aerea. Sembra che Rommel rimanesse molto scettico, ma alla fine si strinse nelle spalle dicendo che avrebbe attaccato se e quando avesse ricevuto l'indispensabile46. Tuttavia il germe del dubbio cominciava ad agitarsi e proprio quella sera il gen. Magli, del Comando Supremo, informò Cavallero che «la situazione induce Supermarina considerare rotta per Tripoli temporaneamente chiusa (quindi Pozarica non sarà avviato a Tripoli) et sospendere per due o tre giorni avviamento per rotta levante, per esercitare intensa caccia sommergibili et radunare forte scorta per avviamento di un convoglio carburante»47.

Rientrato a Roma, Cavallero cercò in tutti i modi di far quadrare i conti dei trasporti marittimi, ma senza molti risultati, anche a causa della deficienza di nafta per la R. Marina, il cui consumo minimo mensile si aggirava sulle 75.000 tonn., mentre dalla Romania, principale fonte di rifornimento, provenivano 50.000 tonn. al mese e dalla Germania 10.000, cifre tutte teoriche, specialmente per le forniture tedesche. Ove si consideri che delle 75.000 tonn. di fabbisogno il 51 % era riservato alle scorte ai convogli ed il 13% alle navi mercantili adibite ai rifornimenti per l'Africa, si vedrà che la quasi totalità delle 60.000 tonn. di nafta romena e tedesca era destinata al solo traffico. D'altra parte occorreva anche tener conto di consumi generali locali irriducibili e questo condusse inevitabilmente ad una sensibile riduzione delle scorte, nonché a togliere perfino la nafta agli incrociatori, paralizzando ancor di più l'attività della squadra navale. Il 19 agosto la situazione era diventata tanto critica da provocare un intervento di Rommel, molto stringato come suo solito, presso il Comando Supremo: «Dopo maturo esame di tutte le previsioni e le necessità per la progettata impresa, si conferma che le esigenze prospettate nella conversazione del 18 corrente debbono essere considerate come minime. È inoltre necessario traspor-. tare dietro il fronte di Alamein durante le operazioni offensive, almeno come riserva mobile, la Div. Pistoia, a suo temp'o assegnata. Si deve contare su vigorosi contrattacchi avversari contro l'ala nord durante l'offensiva. Forze mobili per la difesa non possono essere svincolate dalle truppe attualmente a disposizione»'8•

Su questa base, von Rintelen, che aveva recato a Cavallero il messaggio in questione, si sentì indotto a proporre la rinuncia alla prevista


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offensiva, visto che le forze terrestri ed aeree tedesche in Africa disponevano complessivamente di 8.000 tonn. di carburante contro le 30.000 tonn. reputate indispensabili. Lo stesso Kesselring, anch'egli presente al colloquio, ammise che iniziare un'operazione del genere in quelle condizioni sarebbe stato troppo rischioso: l'affondamento di una nave cisterna avrebbe potuto immobilizzare le unità corazzate tedesche nel deserto. Di fronte a siffatta presa di posizione e, come se non bastasse, alla notizia che da Gibilterra era salpata la Forza H con tre corazzate, due portaerei, vari cacciatarp ediniere e diciassette piroscafi, Cavallero domandò se Rommel potesse rimandare l'offensiva al 30-31 del mese, ma Kesselring rispose negativamente. Cavallero insistette ed illustrò il programma di convogli da attuare entro il 28 agosto, con precedenza per il trasporto di carburanti: 1~ convoglio: cisterna Pozarica (7.000 tonn. di carburante, .di cui 1.000 per i tedeschi) e piroscafo Istria diretti a Bengasi; 2° convoglio: cisterne Alberto Fassio (2.800 tonn. di carburante per i tedeschi) e Abruzzi (500 tonn. di benzina) e piroscafi Delphi (470 tonn. di benzina per i tedeschi) e Kreta diretti a Tobruk; 3° convoglio: motonavi Unione e Manara per Bengasi; 4° convoglio: cisterna S. Giorgio (2.400 tonn. carburante per i tedeschi più un migliaio di fusti di benzina e lubrificanti) ed eventualmente cisterna S. Andrea (4.000 tonn. di benzina), nonché piroscafi Camperio e Tergestea per Tobruk; 5° convoglio: piroscafi Ruhr e Amsterdam per Tripoli o Bengasi. Dopo un breve dibattito, la conclusione, condivisa da tutti, fu che i provvedimenti assunti apparivano sufficienti (<j)er la preparazione dell'offensiva». Quanto all'alimentazione successiva, tutto dipendeva dalla disponibilità di nafta, cosa che rendeva necessario uno studio a parte. In altre parole: prima di decidere il via all'operazione, occorreva trovare una soluzione al problema della nafta. Il 21 agosto arrivò al Comando Supremo un altro messaggio di Rommel, sempre circa i rifornimenti. Cavallero rispose con due telegrammi. Con il primo, in sostanza, ricordò le gravissime difficoltà dei trasporti marittimi, anche a causa delle recentissime perdite di navi, e cercò di infondere fiducia, confermando che <(5i sta facendo il massimo sforzo per trasportare in Africa quanto ancora manca, specie in carburanti e munizioni». Con il secondo dispaccio si tenne sul piano operativo: «l. Il Duce approva in linea di massima data da Voi proposta per operazione nel quadro delle direttive data 17 agosto.


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTEN"IlUONALE

2. Duce ha confermato ordine perché provvedimenti in corso per affluenza rifornimenti siano intensificati al massimo. 3. Comunicate al più presto possibile Vostre intenzioni definitive» 49 •

La replica di Rommel fu molto precisa. L'offensiva sarebbe stata iniziata a condizione che venissero realizzate le seguenti premesse: a. arrivo a Tobruk e Bengasi, entro il 25, dei primi tre convogli con 2.000 tonn. di carburante e 500 tonn. di munizioni; b. arrivo a Tobruk, entro il 27, del quarto convoglio; c. arrivo al fronte, entro il 27, degli automezzi necessari per motorizzare sei battaglioni e cinque batterie del XX corpo, nonché dei mezzi per il rifornimento della Folgore; d. garanzia dell'arrivo entro il 30 a Tobruk e Bengasi delle altre 3.600 tonn. di carburante e 2.000 di munizioni. Qualora tali premesse non fossero state raggiunte, il piano, studiato per utilizzare il periodo di luna piena, sarebbe caduto e l'offensiva doveva essere rimandata e, ovviamente, impostata su altre basi. Peraltro, in settembre il nemico sarebbe stato fortemente rinforzato e di conseguenza l' AIT avrebbe avuto bisogno non soltanto di un totale completamento ma altresì di un rinforzo di nuove truppe tedesche. Questo a prescindere dalla probabilità che nel frattempo si muovesse l'avversario. 50 Il 23 e 24 agosto furono giorni frenetici. Mostratasi falsa l'informazione dell'uscita della Forza H da Gibilterra, Cavallero, Riccardi, Santoro, Kesselring e Weichold si dedicarono febbrilmente a trovare una soluzione. Scorrendo il diario Cavallero non si riesce a scuoterci di dosso la greve cappa di pena provocata dall'affannosa ricerca di come portare al di là del Mediterraneo poche migliaia di tonnellate di materiale per cominciare, si noti bene, solo per cominciare l'offensiva51 • E già sembrava vittoria poter far partire queste poche migliaia di tonnellate, anche sapendo che Bengasi si trovava ad oltre mille chilometri dal fronte e che la stessa T obruk, il porto più importante per Rommel, era pur sempre a 500 chilometri di distanza dall'AIT e per giunta sottoposta ad un continuo bombardamento notturno, che devastava porto e navi in sosta52• Si studiavano le misure per proteggere i convogli, si vuotavano in parte gli incrociatori, si puntava sulla velocità e sulla rotta e... si ignorava che i disperati appelli di Rommel e le rassicurami risposte del Comando Supremo (tramite van Rintelen) e di Kesselring, gli uni e le altre precisi in date e dati, erano letti dall'avversario, il quale poteva comodamente mettersi in caccia al momento opportuno e poi,


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altrettanto comodamente, controllare con nuove decrittazioni di Ultra i risultati degli attacchi. Il 23 il Comando Supremo avvisò Rommel che le unità tedesche avrebbero ricevuto 225 tonn. di carburante il 25 agosto; 2.470 di carburante e 242 di munizioni il 28 agosto; 3.000 di carburante e 580 di munizioni il 1° settembre e 1.000 di carburante e 1.650 di munizioni il 4 settembre. Inoltre il 28 sarebbero sbarcati a Bengasi 285 automezzi ed il 4 settembre altri 215 autocarri per le unità italiane. I richiesti 53 materiali da ponte sarebbero giunti fra il 2 ed il 4 settembre • Van Rintelen commentò quel giorno che «abbiamo fatto tutto il possibile» e che la preoccupazione maggiore riguardava la nafta. Cavallero gli rispose 'malinconicamente che «si vive alla giornata e non si può lavorare su programmi sicuri», poi affermò fiduciosamente: «ma si arri' 54 vera» . Intanto era scoppiata una vera bomba. Da un paio di settimane Rommel stava male: pressione bassa, disturbi gastroenterici, logorio fisico, stato ansioso, condizioni ambientali non oltre sopportabili alla sua età e data la tensione cui era sottoposto. Il 21 agosto il capo di S.M. dell'armata, Gause, inoltrò all'OKW un telegramma, d'intesa con il medico curante, comunicando che «il feldmaresciallo Rommel soffre di gastroenterite cronica, di difterite nasale e di notevoli disturbi circolatori. Non è in condizioni di condurre l'imminente offensiva,,. Cavallero fu informato da von Rintelen il giorno dopo, alle 13,30. Annotò sul diano: «Ricevo il gen. von Rintelen (...). Richiesta di Rommel all'OKW per sua sostituzione per malattia. Problemi che ne conseguono. Domando se vi sono degli altri motivi. Von Rintelen crede di no. Domando se Rommel farà o no l'offensiva. Se è no, probabilmente dovremo metterci sulla difensiva. Dimostro che la situazione imperniata su di un uomo non va. Ecco la conseguenza. Von Rintelen telegraferà all'OKW chiedendo chiarimenti. Insisto se da parte italiana gli è stata fatta qualche cosa. Von Rintelen assicura che parlando con Rommel [questi] si è con lui lamentato che si sente male e che è veramente stanco. Affermo che la situazione si complica e mi auguro che la cosa possa risolversi bene; domando se hanno un uomo capace dì sostituirlo. Von Rintelen assicura di sì, però io dico che tutto necessariamente cambierà con tale sostitu· zione. Insisto nel dire che ho l'impressione che nessuno da parte italiana ha mancato, ma che se così fosse saranno presi dei provvedimenti. Lo congedo dicendogli che rimango in attesa di conoscere i chiarimenti dell'OKW».

Qualche parola di commento si impone. È più che comprensibile che la ventilata perdita di un comandante del calibro di Rommel, specie alla vigilia di un'offensiva che si prospettava con margini assai ristretti


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

di successo, causasse profonda preoccupazione, ma il «Dimostro che la situazione imperniata su di un uomo non va. Ecco la conseguenza» non ha senso. Ne avrebbe qualora Cavallero avesse aggiunto: «Proprio per questa evenienza il Comando Supremo ha voluto assumere l'AIT alle dirette dipendenze>) E, sempre sotto tale profilo, il «Domando se Rommel farà o no l'offensiva» attesta la pretestuosità dei motivi addotti per la modifica dell'organizzazione di comando in Africa. Assolutamente inaccettabili, poi, sono l'interrogativo «se da parte italiana gli è stata fatta qualche cosa» ed il proposito di prendere provvediment'.i ove ciò fosse accaduto. Come è naturale, l'argomento rivestiva primaria importanza. Il 23 pomeriggio von Rintelen osservò che ormai l'offensiva dipendeva dallo stato di salute di Rommel, mentre Kesselring appariva convinto di lanciarla comunque. Cavallero si strinse nelle spalle, replicando che il Comando Supremo esaudiva le richieste e «se poi verrà una decisione negativa sospenderemo l'azione. Questa non dipende da noi)>, Quindi, dopo un momento di riflessione, chiese «se è il caso che la decisione dell'offensiva sia fatta dal Comando Supremo. Il gen. von Rincelen risponde che non ritiene che si assuma una simile responsabilità. L'azione è desiderabile, ma non siamo noi a decidere. Concordo e dico che infatti il Duce ha approvato in linea di massima. La Sua persona è di mezzo e noi dobbiamo essere correttissimi»55 •

Difficile sembra accostare simile atteggiamento con il promemoria con il quale Mussolini venne forzato a modificare la linea di comando! Rommel era veramente ammalato, ma probabilmente sul suo spirito ebbe un certo peso anche il senso di sfiducia derivante da una situazione di più che evidente incertezza logistica. Ad ogni modo, da un lato si preoccupò di indicare tassativamente le pregiudiziali per l'operazione, dall'altro pensò al sostituto. Suggerì all'OKW il nome del gen. Guderian, al quale scrisse direttamente, ma la proposta venne respinta: Guderian era indisponibile a causa delle non buone condizioni di salute56• In un primo momento Hitler si orientò verso il gen. von Mackensen, ma questi risultava troppo impegnato sul fronte russo. Visto allora che Kesselring aveva lasciato capire di essere disposto, ove necessario, ad assumere l'alta direzione dell'operazione affidando al gen. Nehring la condotta della battaglia, fu dunque su Kesselring che si appuntò il pensiero di Hitler. Per qualche giorno regnò l'incertezza, in quanto nessuno, né a Roma né a Rastenburg, voleva forzare la situazione. Fu Rommel a


LA. SECONDA llATTAGLIA DI EL ALAMElN

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sciogliere i dubbi 57• Il 25 chiese a Kesselring di andarlo a trovare in Egitto e nel contempo fece telegrafare all'OKW che, a giudizio del medico, era in grado di conservare il comando dell' AIT per l'imminente offensiva sotto continuo controllo medico. Dopo sarebbe dovuto tornare in Germania. La risposta dell'OKW fu immediata: «Il Fuhrer è stato informato ed ha consentito che egli [Rommel]/ruisca di un lungo periodo di licenza per malattia in Europa non appena definita la situazione in questo teatro d'operazioni» 58• Il 26 Barbasetti avvisò Cavallero di essere stato convocato da Rommel per un esame del flusso dei rifornimenti previsto e per decidere sull'off~nsiva. Kesselring, che stava per partire per l'Egitto, espresse la convinzione che un differimento sino al 30 gli sembrava possibile senza danno alcuno e si mostrò fermo sulla necessità di attaccare. Nel pomeriggio si seppe ufficialmente che Rommel sarebbe rimasto al suo posto. La notizia era rassicurante. In compenso, il mattino del 27 Cavallero lesse un deludente telegramma di Barbasetti, spedito la sera precedente dopo la visita al Comando dell' AIT: «Nel colloquio odierno lo specialista (...) habet affermato che stesse condizioni verificansi per lui. In tali condizioni egli non (dico non) si sente di intraprendere la cura. Est suo intendimento attendere che realmente avvenga arrivo del secondo pacco di medicinali dei quattro di cui secondo capoverso vostro 32130 del 23 corrente et, quando avrà esaminato quantità et specie medicinali realmente giunti, formulerà suo giudizio circa possibilità cura et circa inizio et sviluppo di essa» 5·9•

Alcune ore più tardi giunse una comunicazione di Rommel: l'arrivo dei convogli previsto per il 27 sarebbe avvenuto il 28 od il 29 a causa della ritardata partenza. «Per conseguenza, ogni decisione sull 'at· tuazione della nota operazione potrà essere comunicata soltanto il 29 ago· sto» concludeva il telegramma. Il rifiuto di Rommel di imbarcarsi in un'avventura era obiettivamente giustificato. Come disse a Barbasetti il 26, data la situazione carburanti e munizioni del momento non si poteva entrare in battaglia. Senza la disponibilità in Marmarica, o almeno in Cirenaica, di quanto indispensabile per l'alimentazione dell'offensiva, le alternative si riducevano a due: rinunciare all'offensiva, accontentandosi del saldo possesso della stretta di El Alamein, di Siwa e della costa (ed evitando un inutile consumo di preziosissimi rifornimenti) oppure, nella migliore delle ipotesi, lanciare un attacco ad obiettivo limitato, cioè a dare uno scossone al dispositivo britannico. Rimaneva il fatto che, perduta l'occasione del periodo di luna piena in corso e volendo attendere il sue-


IL PIANO DI ROMMEL DELS

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PER LO SFRUTTAMENTO ,UCCESSO

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Schizzo n. 64

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LE OPERAZIONI IN AFRJCA SETTENTRJONALE

cessivo, il problema si complicava: per battere un nemico notevolmente rinforzato sarebbe diventato necessario un afflusso di altre divisioni tedesche. Né l'incontro con Kesselring migliorò molto le cose. Kesselring, anzitutto, trovò a Tobruk un'organizzazione tanto insoddisfacente da indurlo a chiedere a Barbasetti l'immediato accentramento di ogni potere su italiani e tedeschi in una sola persona (amm. Lombardi), poi, parlando con Rommel, sembra abbia mostrato uno stato d'animo ben diverso da quello indicato da Cavallero nel suo diario: «Kesselring è venuto oggi per una lunga conversazione sul più pressante dei nostri problemi - scrisse Rommel alla moglie la sera del 27 - . Egli, fra l'altro, ha un lavoro difficile a Roma. Riceve un sacco di promesse, ma poche sono mantenute. Il suo grande ottimismo nei confronti dì quegli individui nefasti si è mutato in amaro disappunto (...)» 60 •

Accusare il Comando Supremo di dare assicurazioni alla leggera è certamente non giusto, però innegabilmente le troppe manchevolezze organizzative non potevano non apparire irritanti e deludenti, specie ad occhi alleati. Era inconcepibile che un p:aese in guerra da oltre due anni non avesse militarizzato la marina mercantile, che il ritmo dei cantieri fosse ancora più o meno quello di pace, che mancassero portuali a Tobruk (<-perché l'autorizzazione è di competenza delle Corporazioni» (come annotò furibondo Cavallero nel diario), ecc. Senza entrare nei particolari, diremo che il 29 agosto lo sviluppo del programma dei trasporti marittimi si traduceva nei seguenti dati. La cisterna Pozarica, silurata nel pomeriggio del 20, era stata rimorchiata nei porti dell'Egeo ed il suo carico recuperato; le cisterne Alberto Fassio e Giorgio erano arrivate fortunosamente a Tobruk il 28, nonostante ripetuti attacchi aerei; le navi Istria, Delphi e Camperio erano state affondate nei giorni 27 e 28; la Tergestea era arrivata Bengasi 'il 2861.

Per quante esitazioni avesse e per quanta resistenza opponesse alla prospettiva di attaccare, Rommel non trascurava i preparativi. Non soltanto, ma il 28 si spinse fino a comunicare ai comandanti di corpo d'armata le linee fondamentali dello sfruttamento del successo, una volta battuta l'8a armata. L' AIT si sarebbe mossa articolandosi in tre complessi di forze in prima schiera e due in seconda (schizzo n. 64). Il gruppo Bismarck, con la 21a Panzer e la 164a D.f., doveva investire ed occupare Alessandria; il DAK, con la 15a Panzer e la 90a leggera, aveva il compito di impadronirsi dei ponti sul Nilo in corrispondenza del Cairo e di occupare la città; fra i due, il XX corpo d'armata, con



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LE OPERAZIONI IN AFRICA SE'J"J'EN1'Rl0NALE

Ariete, Littorio e Trieste, doveva procedere all'eliminazione delle difese britanniche sull'uadi Natrum, poi occupare i ponti del medio Delta col

grosso, inviando un distaccamento ad El Fayum per prendere l'aeroporto ed i depositi locali. In un secondo momento, il XXI corpo, con le D.f. Trento e Bologna, doveva sostituire il gruppo Bismarck nell'occupazione di Alessandria e rendere disponibili le due divisioni tedesche; mentre il X corpo, con le D.f. Brescia, Pavia e Folgore, sarebbe subentrato al DAK, sì da consentirgli di proseguire la penetrazione verso Suez ed Ismailia, ed avrebbe sbarrato la valle del Nilo a monte del Cairo62 • Ancora nel pomeriggio del 29 il Comando AIT comunicò al Comando Supremo: «Il mancato arrivo dei quantitativi dì carburante e di munizioni chiesti ed assicurati come premessa, permette soltanto un'operazione localmente limitata, con l'obiettivo di battere le forze nemiche schierate sulle posizioni di Alamein. Anche questa operazione limitata è possibile solamente in quanto l'OBS ha messo a disposizione dell'armata, in prestito, per il primo momento 1.000 tonn. di carburante dalle sue scorte. Premessa per la vittoriosa esecuzione dell'operazione anzidetta e per lo sfruttamento di un eventuale travolgente successo resta l'arrivo dei rifornimenti richiesti con la comunicazione del 28 corrente (...) per le date in essa citate»~).

Ma Rommel aveva già tagliato la testa al toro. Il mattino del JO, scendendo dall'automezzo nel quale dormiva, vide il prof. Horster, il medico curante, e con un'espressione preoccupata gli disse: «Professore, la decisione di attaccare oggi è la più grave che io abbia mai preso. O l'esercito in Russia riesce ad avanzare su Grozny e noi in Africa a raggiungere il Canale oppure... » e fece con la mano un gesto di rassegnata sconfitta64. In serata scrisse alla moglie: «(..) Ho accettato il rischio, perché passerà molto tempo prima che abbiamo di nuovo condizioni di luna piena così favorevoli. Per mio conto, darò tutto me stesso per contribuire al successo».

Il tono era fermo, benché affiorassero stanchezza e consapevolezza di giocare la carta decisiva in condizioni precarie: rapporto di forze di non pieno affidamento (in effetti risulterà nettamente sfavorevole); rifornimenti al limite delle necessità ed aleatori perché dovevano attraversare il Mediterraneo ed arrivare al fronte; sfiducia nel Comando Supremo e nell'OKW. Le premesse per l'insuccesso c'erano tutte.


LA. S,ECONDJI: BATTAGLIA DI EL ALAMEIN

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3. LA BATTAGLIA DI ALAM EL HALFA

Nonostante il suo pessimismo Rommel si era messo all'opera non appena partito Cavallero. Il 20 tenne rapporto ai comandanti di corpo d'armata ed espose il disegno di manovra per l'imminente operazione: avvolgere da sud lo schieramento nemico con le forze corazzate ed attaccarlo sul rovescio per distruggerlo. Il felice esito dell'attacco era fondato essenzialmente sulla celerità di movimento che doveva consentire di piombare sul tergo delle difese statiche britanniche, sconvolgere le retrovie ed imporre all'8 a armata una battaglia a fronte rovesciato, che, date le condizioni di crisi realizzate, avrebbe condotto alla vittoria pur disponendo l'avversario di forze e mezzi maggiori. Per assicurare la sorpresa il movimento aggirante sarebbe stato compiuto di notte, sì da renderne difficile l'individuazione e da impedire l'assunzione di tempestive misure ad hoc da parte inglese. Le divisioni in prima schiera dovevano superare il campo minato italo-tedesco (linea di riferimento A), disposto sull'allineamento Bab el Qattara Qaret el Khadim-El Taqa, entro le ore 22 del giorno X; raggiungere la base di partenza sulla linea Deir el Muhafid-Deir el Tarfa-Abd el Mawla entro le 4 del giorno X+ 1; iniziare l'attacco verso nord alle 5. Fin da allora fu chiaro che il giorno X, che Rommel si riservò di indicare con trenta ore di anticipo, non sarebbe caduto prima del 28 agosto, in quanto lo spostamento delle unità di manovra nella zona di raccolta doveva essere completato in quattro notti a partire da quella sul 25. Quando i comandanti di corpo d'armata illustrarono le linee generali dell'operazione ai divisionari emerse un significativo particolare: la sottovalutazione delle predisposizioni britanniche a sud di Alam Nayil. Nella sintesi del rapporto tenuto da De Stefanis il mattino del 22 si legge: «La riuscita del predetto movimento notturno è subordinata al superamento della resistenza iniziale che il nemico potrà opporre (.. .). Il movimento del corpo d'armata dovrebbe risolversi in una normale marcia a carattere logistico, dato che è inquadrato dalla 90a leggera a nord e dal CTA a sud»6", ed evidentemente le parole di De Stefanis riflettevano il pensiero di Rommel. Il 22 il Comando dell'AIT diramò l'ordine di operazioni con l'apprezzamento della situazione nemica. Il 30° corpo, ritenuto ancora al comando del gen. Norrie, sembrava in linea con la 9a australiana e la 50a britannica fra il mare ed il Ruweisat escluso, con la 1a sudafricana a tergo delle precedenti ed i resti dalla 1a brigata carri in riserva. Il 13° corpo, affidato al gen. Lumsdèn a quanto pareva, disponeva della sa


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LE OPERAZIONI IN AFRlCA SETIENTRIONALE

indiana, della 2a neozelandese, della 7a e della 1a divisione corazzata. La carta topografica distribuita in allegato poneva accuratamente in evidenza le caratteristiche del terreno annotate sulla base delle carte inglesi, delle fotografie aeree e delle informazioni raccolte fra gli arabi, ma lasciava molte incertezze sulla dislocazione delle brigate corazzate e motorizzate del 13° corpo. Ad esempio, oltre ad un paio di indicazioni di unbekannt Verband (unità sconosciuta), poneva la 1a (anziché la 10a) divisione corazzata fra il Ruweisat ed Alam el Halfa invece che a sud di quest'ultimo rilievo. In sostanza, a parte i nomi dei comandanti di corpo, l'errata attribuzione della sa indiana al 13° corpo e l'indicazione della 1a divisione corazzata, il resto era più o meno aderente alla realtà. Vediamo adesso i particolari: la 9• D. australiana: aveva subito perdite limitate e poteva essere considerata la migliore divisione dell'8 3 armata; la so• D. inglese: già duramente battuta, probabilmente le sue due brigate erano state ricostituite; la 1• D. sudafricana: ricostituita; la s• D. indiana: con due brigate prima non sue, appariva di valore trascurabile; la 1• D.cor.: probabilmente rimessa a livello come numero di carri e dislocata a tergo del tratto centrale del fronte, era da considerare di intervento sia verso nord-ovest sia verso sud; la 7a D.cor.: schierata nel tratto meridionale del fronte, disponeva della 7 3 B.mot. e di un'altra brigata, che poteva anche essere la 4a B.cor. ricostituita; carri armati: compresi quelli per fanteria e quelli leggeri, l'&• armata poteva impiegare non meno di 350-400 carri.

Il 23 ed il 24 vennero spesi dai Comandi di divisione per i piani relativi al trasferimento in zona di raccolta ed all'inizio dell'offensiva. Il 25 il Comando dell'AIT ordinò le predisposizioni per l'apertura dei passaggi nei campi minati amici. Il 29 Rommel tenne nuovamente rapporto. Ricordò l'assoluta necessità che le divisioni corazzate percorressero il tragitto durante l'arco notturno e che raggiungessero a tutti i costi all'alba la base di partenza. Le circostanze che potevano influire in senso sfavorevole, disse, erano tre: la Royal Air Force, il probabile contrasto da parte di unità terrestri avversarie, la limitata velocità di crociera delle colonne dell'Asse. Le incursioni della Royal Air Force sarebbero state ridotte da una possente azione dell'aviazione dell'Asse sui campi britannici, quindi l'uscita delle divisioni italo-tedesche dal campo minato amico sarebbe stata notata ed anche ostacolata, ma non in modo proibitivo, specie considerando la vastità della zona. Più dei danni materiali erano, in definitiva, da prendere in considerazione gli effetti psicologici. Occor-


LA SECONDA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN

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reva evitare rigorosamente che, al primo apparire di un bengala, le truppe autotrasportate od i servizi si disperdessero ed il personale scendesse a terra. Quanto all'opposizione da parte nemica, le ricognizioni avevano segnalato la presenza di tratti di campo minato, cui sarebbero appoggiati elementi mobili della 7a D.cor .. Ebbene, la poderosa massa motocorazzata dell'Asse non doveva farsi attardare da tali elementi e l' articolazione delle divisioni in gruppi tattici avrebbe consentito l'immediato intervento di un'aliquota di forze e l'eventuale pronta alimentazione di tale intervento. Era peraltro possibile che il nemico, messo in allarme, riucisse a portare subito avanti reparti mobili, tentando di contrastare l'avanzata a breve distanza della linea di riferimento A. In questo caso, le divisioni dovevano essere sollecite nello schierare le artiglierie a ridosso del campo minato amico. La velocità di crociera, fissata in otto chilometri all'ora, non consentiva indugi. Di conseguenza, tutto ciò che avrebbe potuto incidere su di essa - dall'avaria inopinata e non immediatamente segnalata alla discesa dall'autocarro di uomini durante una momentanea sosta, alla non osservanza scrupolosa delle distanze - doveva essere impedito drasticamente. Queste le ultime raccomandazioni66• Fra i vari provvedimenti, quelli di natura logistica per l'ala avvolgente rivestivano somma importanza. L'autonomia complessiva fu stabilita in: 500 chilometri in carburante, di cui 200 al seguito, 100 nelle basi divisionali (El Kharita per il XX corpo, sud-ovest di Abd el Rahman per la 15a Panzer, sud di Tel1 el Aqqaqir per la 21 a Panzer) e 200 nelle basi arretrate di El Daba; due giornate di viveri e di acqua al seguito ed una nelle basi avanzate; due un/oc al seguito, una nelle basi avanzate e due ad El Daba.

Naturalmente le dotazioni da portare al seguito dovevano essere distribuite in modo da evitare grosse contemporanee perdite per effetto dell'azione nemica. Altro argomento di rilievo fu il recupero dei materiali di preda bellica. Tenuto conto dell'eventualità che lo sviluppo dell'operazione dovesse aver luogo facendo affidamento quasi unicamente su materiali e mezzi catturati, l'ordine di priorità era il seguente: autoveicoli, artiglier ie campali e relative munizioni, pezzi da 6 libbre e relative munizioni, carburanti. Nel pomeriggio di quello stesso 29 il Comando dell' AIT comunicò telefonicamente che il giorno X era stabilito per l'indomani. Il 30


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

Rommel diramò un breve ordine del giorno, terminante con un incitamento: «L'armata, rinforzata da nuove divisioni, passa oggi all'annien-

tamento definitivo del nemico. In questi giorni decisivi, mi aspetto che ogni soldato dell'armata dia il suo estremo». Le forze che si apprestavano ad entrare in campo si articolavano in due blocchi ben distinti: il XXI ed il X corpo per l'azione frontale; il XX corpo, il DAK e la 90a leggera per la manovra di avvolgimento. Non partecipavano all'impresa tre divisioni italiane incomplete dipendenti da Delease, vale a dire la D.f. Pavia (gen. Nazareno Scattaglia), la D.f. Pistoia (gen. Giuseppe Falugi) e la D.cor., Giovani Fascisti (gen. Ismaele Di Nisio). La prima, ridotta a due scarni battaglioni, era stata portata a Matruh per ricostituirsi e nel contempo provvedere alla difesa costiera67; la seconda aveva appena cominciato ad affluire in Cirenaica dalla madrepatria, concentrandosi nella zona di Agedabia-Gialo 68 ; la terza presidiava l'oasi di Siwa69• Reparti dell'armata italo-tedesca al 30 agosto Grandi unità XC.A. XXC.A. XXIC.A.

DAK 90• leggera 164• D.f. truppe armata

btg.f.

btg. e.e.

btg. guast.

13

gruppi a.camp.

gr uppi e.a.

6 8 9

4 4

6

2

12

1

31

3

1

23

6 6 8 4

2

2 1 1

6 1

24

4

1 1

4

2 7

8

16

8

Note: a) Il XX corpo aveva 244 carri medi, 38 leggeri, 36 semoventi e 32 autoblindo. b) Il DAK avevaq 203 carri medi e 41 autoblindo. Fra le truppe d'armata c'erano 12 carri leggeri. La 90" leggera disponeva di 6 autoblindo. e) La dizione btgf comprende anche i battaglioni bersaglieri e paracadut isti.

Più precisamente, il XXI corpo era schierato dal mare al costone di El Mreir compreso, con la 164 3 D.f. tedesca a nord70, la Trento al centro e la Bologna a sud71 • A tergo, in riserva, stava il gruppo tedesco Ewert. Non si trattava peraltro di una suddivisione in settori omogenei, in quanto la 164a D.f. e la Trento fronteggia.vano il saliente australiano di T ell el Eisa con i battaglioni frammischiati, mentre la Bologna,


LA SE.CONDA BATIAGLIA DI E.L ALAMEIN

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IL QUADRO DI BATTAGLIA DELL'ARMATA ITALO-TEDESCA PER LA BATTAGLIA DI ALAM EL HALFA

Comandante: feldmaresciallo Erwin Rommel capo di S.M.: gen. Alfred Gause X corpo d'armata (gen. Federico Ferrari Orsi) su: D.f. Brescia (gen. G. Battista Oxilia) .................... 4.300 D.f. Folgore (gen. Enrico Frattini); ....................... 5.200 B. par. Ramcke (gen. Hermann Ramcke) ............ 4.000 truppe e servizi di corpo d'armata ....................... 2.300 totale ..................................................................... 15.800

u. u. u. u. u.

XX corpo d'armata (gen. Giuseppe De Stefanis) su: D. cor. Ariete (gen. Adolfo Infante) ..................... 7.200 D. cor. Littorio (gen. Carlo Ceriana Mayneri) .... 4.600 D. mot. Trieste (gen. Francesco La Ferla); ........... 5.300 truppe e servizi di corpo d'armata ....................... 1.500 totale ..................................................................... 18.600

u. u. u. u. u.

XXI corpo d'armata (gen. Enea Navarini) su: D.f. Trento (gen. Francesco Scotti) ....................... 5.200 D .f. Bologna (gen. Alessandro Gloria) .................. 4.800 164a D.f. (col. Carl-Hans Lungershausen) 10.600 truppe e servizi di corpo d'armata ....................... 3.700 totale ..................................................................... 24.400

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Deutsche Afrikakorps (gen. Walther Nehring): su: 15a Panzerdivision (gen. George von Bismarck) 12.000 21 a Panzerdivision (gen. Gustav von Vaerst) ..... 11.700 truppe e servizi di corpo d'armata ....................... 3.000 totale ..................................................................... 26.700

u. u. u. u.

90a divisione leggera (gen. Ulrich Kleemam) 8.500 Comando artiglieria 104 ............................................... 3.500 19a divisione contraerea ............................................... 5.900 truppe e servizi d'armata ............................................ 25.000

u. u. u. u.

N.B. La forza delle unità tedesche è approssimata.


570

LE OPERAZIONI IN AFRJCA SEITENTRIONAJLE

rinforzata da un battaglione paracadutisti della brigata Ramcke, era concentrata nella zona di Deir el Shein-El Mreir (schizzo n. 65). Qui, sul terreno pietroso, sfruttando gli elementi della preesistente fortificazione nemica, era stato apprestato un particolarmente robusto sistema di postazioni. Il dispositivo del corpo d'armata era coperto sull'intera fronte da una fascia minata continua ma di profondità variabile (dai tre-quattro metri nel settore di Tell el Eisa ai sei-sette in quello di El Mreir). Ad essa si appoggiava un certo numero di grosse «sacche», ciascuna delimitata da campi minati meno profondi e separata dalle vicine da un caposaldo di battaglione. Altri capisaldi di battaglione erano disposti sui margini laterali e posteriore delle sacche. La concezione difensiva si basava sull'alternativa presentata al nemico: ove si fosse diretto contro un caposaldo avrebbe trovato aspra resistenza; se invece avesse puntato contro una cortina avrebbe incontrato prima la difesa della fascia minata poi, una volta penetrato nella sacca, la resistenza elastica di una compagnia ivi dislocata per tale scopo, infine il fuoco concentrico dei capisaldi circostanti e delle artiglierie. Un solo tratto, ad oriente di Deir el Dhib, era privo di sacche ed affidato ad un primo ordine di tre capisaldi. Il settore della Bologna era organizzato diversamente: una scacchiera di cinque capisaldi, variamente collegati da campi minati e sfruttanti la fortificazione campale e semipermanente realizzata a suo tempo dai britannici. Il X corpo aveva a nord la Brescia, fortemente arroccata sulle posizioni di Qaret el Abd e di Bab el Qattara (schizzo n. 66). L'importanza di questo tratto di fronte ai fini della manovra era tale che la divisione era stata rinforzata con il 186° fanteria (meno un battaglione) ed il 187° fanteria della Folgore, nonché con il XXVIII/9° bersaglieri. Naturalmente il provvedimento non era tanto legato ad esigenze di natura difensiva quanto al piano di attacco, come vedremo. A sud, la Folgore era sistemata su ampia fronte: due battaglioni bersaglieri ad oriente di Gebel Kalakh e due battaglioni paracadutisti sul pianoro di El Taqa, mentre la retrostante zona di Naqb Abu Dweis si trovava sotto il controllo del IV battaglione paracadutisti72 • Nel settore della Folgore la linea era protetta da una fascia minata preesistente ma incompleta e non sufficientemente sicura perché in parte posta dagli inglesi e non ancora riconosciuta (linea di riferimento A). A cavallo della pista El Alamein-Naqb Abu Dweis, chiamata Pista Rossa dall'AIT e Qattara Track dall'8a armata, a tergo del X corpo, si era raccolta la massa di manovra: 90a leggera, XX corpo, DAK ed


SCHIERAMENTO DEL XXI CORPO A FINE AGOSTO Schizzo n. 65


SCHIERAMENTO DEL X CORPO A FINE AGOSTO

Schizzo n. 66


573

LA SECONDA BATTAGUADIELALA.ME.IN

un raggruppamento esplorante misto costituito dal 3°, 33° e 580° gruppo esplorante tedeschi e dal raggruppamento esplorante del XX corpon. Complessivamente, sotto il diretto controllo di Rommel si trovavano poco più di 84.000 tedeschi e circa 44.000 italiani. Alle dipenden·ze di Delease eran o altri 48.600 italiani, sparsi un po' ovunque. Quanto alla R. Aeronautica, il sottoriportato specchio, fornisce un quadro esauriente degli apparecchi della sa squadra dal 1° giugno al 1° agosto caccia

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1° Gi11gno Settore Est Settore Ovest ]O

13

faglio Settore Est Settore Ovest

1° Agosto Settore Est Settore Centro Settore Ovest

51 48

Fin dal mese di luglio Fougier si era impegnato a fondo per incrementare la sa squadra, fra l'altro trasferendo in Africa il 3° stormo caccia (23° gruppo MC.202, 18° gruppo MC.200 e 101 ° gruppo CR.42), ma soprattutto curando un provvedimento di carattere eccezionale sia per i risultati r ipromessi sia per lo sforzo industriale, tendente a produrre in serie munizioni e mezzi di lancio sperimentati in campione appena il 10 lu glio. Si trattava di dotare gli aerei di assalto già in Africa di uno speciale munizionamento controcarri. La massa (circa 130 aerei) non poteva essere approntata contemporaneamente, perciò all'inizio occorreva prevedere l'impiego simultaneo di tutti gli apparecchi disponibili in circostanze tattiche ben definite dalla presenza di grossi concentramenti di carri ed autoblindo avversari . Successivamente, diventato generale il provvedimento, l'impiego doveva aver luogo su tutto il fronte con aliquote mai inferiori al gruppo. Sul piano organizzativo, a partire dal 15 luglio l'Aeronautica A.S. si era articolata in tre settori: Ovest, dal confine tunisino al 19° meri-


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ro DI MANOVRA DI ROMMEL PER \GLIA DI ALAM EL HALFA (10 agosto)

Schizzo n. 67


574

LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

diano, Centro fra i meridiani 19° e 25°, Est dal 25° meridiano verso oriente. A fine agosto il Comando tattico del Settore Est della sa squadra, impiantato a Fuka, disponeva di: 3° stormo caccia su due gruppi (MC.200 e MC.202); 4° stormo caccia su due gruppi (MC.202); 50° stormo d'assalto su due gruppi (CR.42); ga gruppo caccia (MC.200); 101 ° gruppo d'assalto (CR.42); 91 a squadriglia bombardamento (Cant. Z 1007 bis). Il nuovo Fliegerfuhrer Afrika, gen. Hans Seidemann, aveva a propria disposizione quattro gruppi Me.109 e tre di Stuka. In conclusione, il 29 agosto i rapporti fra le forze dell' AIT e quelle presunte dell'8a armata erano considerati i seguenti: btg.f. e guast.: 66 dell'Asse contro 66 britannici; art. campali: 536 pezzi contro 576; carri medi: 447 (di cui 244 italiani) contro 450; autoblindo: 78 (di cui 32 italiane) contro 150; aerei caccia: 365 (di cui 215 italiani) contro 600; aerei bombarci. ed assalto: 335 (di cui 165 italiani) contro 500. Sono cifre complessive il cui significato è relativo. Per Rommel si trattava di scagliare di sorpresa la massa corazzata sulle unità similari avversarie, travolgendole una dopo l'altra. Gli era già riuscito e sperava che gli inglesi ripetessero lo stesso errore. Il disegno di manovra abbozzato inizialmente, e mostrato da Rommel a Barbasetti il 10 agosto (schizzo n. 67), prevedeva un avvolgimento da sud incidente sul costone di Alam el Haifa. Dei tre attacchi frontali ad opera del XXI e del X corpo, il più settentrionale aveva puro e semplice scopo di fissaggio; quello centrale doveva affermarsi sul Ruweisat andando incontro, per così dire, alla massa avvolgente; quello meridionale, benché di entità minore, rivestiva grande importanza perché doveva cooperare alla conquista del costone di Alam Nayil da parte della 90a leggera: in altri termini rappresentava la giuntura fra l'ala statica e l'ala marciante dell'armata. Non doveva più ripetersi il dramma dei rifornimenti alle spalle delle divisioni corazzate! Poi ebbe luogo qualche adattamento ed il 22, quando il Comando AIT diramò l'ordine di operazioni, l'azione contro il Ruweisat affidata alla Bologna aveva assunto anch'essa carattere dimostrativo, e l'attacco nel settore di Alam N ayil era assegnato alla Brescia, all'uopo rinforzata, per occupare le posizioni dominanti Deir el Angar e Deep Well e



IL DISEGNO DI MANOVR PER LA BATTAGLI.A

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A. DEFINITIVO DI ROMMEL

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DI ALAM EL HALFA

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Schizzo n. 68

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576

LE OPERAZIONI IN AFRICA SETIENTRJONALE

togliere al nemico ogni possibilità di manovra sul fianco sinistro del movimento avvolgente. Inoltre, cosa principale, la base di partenza e gli obiettivi di attacco risultavano spostati verso est, sì da consentire il completo avvolgimento del costone di Alam el Haifa (schizzo n. 68). A fine agosto 1'8 a armata era decisamente in grado di sostenere l'ultima offensiva di Rommel, considerati l'irrobustimento e la profondità delle sue strutture statiche, il saldo possesso di Alam el Haifa e la buona disponibilità qualitativa e quantitativa di unità corazzate (schizzo n. 69). Il 30° corpo (gen. Ramsden), schierato fra il mare ed il Ruweisat compreso, allineava la 9 3 australiana (gen. Morshead), la 1 a sudafricana (gen. Pienaar) e la 5 3 indiana (gen. Briggs). Il suo compito era definito in modo da non lasciare dubbi: resistere ad oltranza sulle posizioni, qualora e dove attaccato. Il 13° corpo (gen. Horrocks) aveva, invece, un incarico assai più complesso, tale anzi da far dipendere dalla sua corretta esecuzione il buon risultato dell'intero piano difensivo. Le sue due divisioni di fanteria, la 2 3 neozelandese (gen. Freyberg) e la 44a britannica (gen. Hughes), dovevano garantire il sicuro possesso di Alam Nayil e di Alam el Halfa. La prima costituiva la giuntura fra difesa statica e difesa mobile e, nel contempo, il bastione occidentale della linea d'arresto contro l'avvolgimento italo-tedesco. La seconda rappresentava il bastione orientale della predetta linea di arresto ed insieme il perno di manovra per la reazione dinamica. Fra le due esisteva un varco di una dozzina di chilometri: sarebbe stato chiuso dalle unità corazzate o sarebbe stato il terreno d'azione per esse. In sostanza, Montgomery aveva attuato un immenso campo trincerato, il perimetro poggiava sulle seguenti posizioni chiave: T ell el Eisa-Ruweisat-Alam Nayil-Alam el Halfa, e poi si dirigeva verso la costa con campi minati e capisaldi predisposti. Nell'interno, i capisaldi tenuti dalla 26a brigata australiana nella zona di El Qasaba el Sharqyia e dalla sa brigata indiana sulle propaggini orientali dal Ruweisat davano profondità al sistema. · L'impegno del 13° corpo era importante soprattutto nella fase iniziale della battaglia, perché doveva rallentare l'esecuzione della manovra di Rommel, consentendo anche l'efficace intervento dellaRoyalAir Force sulle colonne dell'Asse, ed iniziare il logoramento delle forze italo-tedesche. In tale quadro, la 7 3 D.cor. (gen. Renton) aveva schierato su ampia fronte la 7 3 B.mot. a destra, e cioè a sud di Alam Nayil, e la 4 3 B.cor. leggera a sinistra, sino alla depressione di Qattara. La 22 3 B.cor. della divisione era stata assegnata alla 10a D.cor. (gen. Gatehouse), giunta sul campo di battaglia con la sola 8 3 B.cor., il cui ruolo come



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ARMATA A FINE AGOSTO

Schizzo n. 69

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LA SECONDA BATTAGLCA 0[ ELALAMEIN

IL QUADRO DI BATTAGLIA DELL'8a ARMATA BRITANNICA PER LA BATTAGLIA DIALAMELHALFA Comandante: gen. Bernard L. Montgomery capo di S.M.: gen. Francis de Guingand 13° corpo d'armata (gen. Brian G. Horrocks) su: 2 ~ D .f. neozelandese (gen. Bernard C. F rey ber~): SJ brigata (gen. H.K. Kippenberger); 6a brigata (gen. G.H. Clifton); 132 '1 brigata (gen. C. B. Robertson); unità divisionali. 44a D.f. britannica (gen. J.T.P. Hughes): 131 a brigata (gen. E.H.C. Frith); 133:1. brigata (gen. A.W. Lee); unità divisionali. 7:1. D.cor. (gen. J.M.L. Renton): 4a B. cor. (gen. W.G. Carr); 7:1. B. mot. (gen. T.J.B. Bosvile); unità divisionali. 10a D. cor. (gen. Alee H. Gatehouse): 3:1. B. cor. (gen. N. Custance); 22 a B. cor. (gen. G.P.B. Roberts); unità divisionali. Truppe e servizi di corpo d'armata 30° corpo d'armata (gen. W.HC. Ramsden) su: 1 a D.f. sudafricana (gen. Dan H. Pienaar); 1a brigata (gen. C.L. de W. du Toit); 2 a brigata (gen. W.H.E. Poole); 3:1. brigata (gen. R.J. Palmer); unità divisionali.

5a D.f. indiana (ven. HR. Brigg): 5a brigata (gen. D. Russell); 9a brigata; 161 a brigata (gen. F.E.C. Hughes); unità divisionali.

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580

LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

9a D.f. australiana (gen. Leslie J. Morshead): 20a brigata (gen. W.].V. Windeyer); 24a brigata (gen. A .. L. Godfrey); 161 a brigata (gen. R.W. Tovell); unitĂ divisionali. 23a B. cor. (gen. G.W. Richards). Truppe e servizi di corpo d'armata. Truppe e servizi d'armata.

ORGANICO DELLA D. COR. BRITANNICA IN M.0. stabilito in data 24 agosto 1942

Comando divisione (con 8 carri e 2 cacciacarri) un rgt. autoblindo (con 64 au.toblindo) Comando brigata corazzata (con 10 carri) su: tre rgt. carri (su 85 carri, 8 cacciacarri e 6 carri di appoggio vicino) un btg. motorizzato Comando brigata motorizzata con: tre btg. f. motorizzati Comando artiglieria divisionale con: tre rgt. campagna (con pezzi da 25 lb.) un rgt. controcarri (con pezzi da 6 lb .) un rgt. contraerei (con mezzi da 40 mm.) Comando genio divisionale con: due squadroni genio uno squadrone parco campale Servizi divisionali


LA SECONDA BATTAGLIA DI EL ALAMEfN

581

riserva di corpo d'armata era basilare: le sue brigate dovevano tenersi pronte a schierarsi per il combattimento nelle zone in cui si trovavano (la 22a sulle propaggini sud-occidentali di Alam el Halfa e l'8a a sud) oppure a sferrare un contrattacco; l'una e l'altra ipotesi prevedevano la possibilità d'intervento anche della 23a B.cor. L'azione della 7a D.cor. si basava molto sui grandi campi minati, January e February, stesi fra Alam Nayil e la depressione di Qattara. February era il campo più avanzato ed in corrispondenza di esso stavano in agguato le due brigate di Renton, ma reparti leggeri agivano nella terra di nessuno, in modo da prendere quanto prima possibile contatto con le avanguardie italo-tedesche. Secondo il servizio informazioni britannico, l' AIT contava circa 82.000 uomini, di cui la metà tedeschi. Di questo complesso, 25.000 tedeschi con 230 Panzer e 17.000 italiani con 200 carri M 14 sarebbero stati impegnati nella manovra avvolgente. Naturalmente erano considerati i soli mezzi efficienti, comunque i carri italiani erano reputati poco temibili. L'8a armata disponeva di 935 carri, di cui 713 efficienti e sul campo di battaglia74 • Volendo fare un raffronto fra i tipi di carri armati realmente disponibili nelle due armate al 30 agosto, si potrebbero vedere i seguenti rapporti: 164 Grant contro 110 Pzkw III Sp., IV e IV Sp.; 370 Valentine e Crusader contro 93 ~zkw III; 179 Stuart contro 12 Pzkw II e 244 carri M 14. Sin dal 24 agosto i britannici attendevano l'inizio dell'offensiva. Un messaggio arrivato quel giorno, alle 13,17, al centro trasmissioni del 30° corpo ed intercettato dall' AIT, disponeva: «Dalle 23,59 di questa sera tutte le unità del 30° corpo d'armata siano pronte ad entrare in azione(...) Stato di allarme ogni mattina dalle 5,45 alla 6,15 ed ogni sera dalle 19,45 alle 20,15 ( ...) Nessun permesso o licenza».

Ogni giorno che passava, dunque, la tensione aumentava. Il 30 la Royal Air Force segnalò i grossi concentramenti di truppe italo-tedesche nel sett~re meridionale del fronte. Per superare lo spazio intercorrente fra l'allineamento Bab el Qattara-Gebel Kalakh-El Taqa e le basi di partenza, il programma orario disposto da Rommel aveva concesso tre ore alla 90a leggera per compiere una trentina di chilometri, cinque ore al XX corpo per una cinquantina di chilometri, cinque òre e mezzo al DAK per una sessantina.


582

LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

Non è chi non veda l'esagerato apprezzamento di comodo circa la velocità di progressione su terreno vario e non conosciuto, con la certezza di dover attraversare campi minati di ubicazione, estensione, profondità e densità ignote, e con l'uguale sicurezza di un contrasto dinamico ad opera della 7 3 D.cor. Il fatto è assai strano, specialmente in relazione ai ritardi ed agli imprevisti nella manovra di Ain tl Gazala, che non potevano essere stati dimenticati. Alle 19,30 del 30 le avanguardie delle colonne corazzate si misero in movimento. Dalla parte opposta, la 7 3 B.mot. aveva in linea il II battaglione della Rifle Brigade a contatto con i neozelandesi, il II del King's Royal Rifle Corps a Deir Alinda (cioè sulla direttrice di avanzata della 90a leggera), il 10° ussari con 42 Crusader appena più a sud e poi il IX del King's Royal Rifle Corps. Il VII della Rifle Brigade era tenuto in riserva. La 4a B.cor. leggera disponeva di r eparti eterogenei: il I battaglione del King's Royal Rifle Corps nella zona di Qaret el Himeimat 1'11 ° ussari ed il 12° lancieri ciascuno su 54 autoblindo ed il 4° /8° ussari con 50 Stuart a sud di Himeimat. A tergo, il 3° County ofLondon Yeomanry con 27 Crusader. In questo settore dovevano passare il XX corpo, il DAK ed il raggruppamento esplorante.

IL 31 AGOSTO

L'avanzata delle divisioni italiane e tedesche si svolse in un clima completamente differente da come era stato immaginato. Non soltanto fu assai più lenta del previsto, ma la prima resistenza ebbe luogo in corrispondenza di un campo minato la cui dimensione non era stata neppure sospettata. Il terreno rotto consentiva buon gioco alle pattuglie britanniche, che, resesi conto dell'irruzione, ripiegarono verso i propri campi minati ma senza eccessiva fretta. L'ostacolo iniziale fu, ovviamente, February. Era profondo e ben disposto ed altresl ben difeso da mitragliatrici ed artiglieria, motivo per cui la battuta d'arresto fu netta. La 90a leggera cominciò un risoluto lavoro di individuazione e rimozione delle mine a sud di Deir Alinda, ma per qualche tempo rimase pressoché inchiodata dal fuoco della 7a B.mot. e del 3° e 4° artiglieria a cavallo. Nemmeno l'appoggio fornito da alcuni Panzer alla fanteria consentì un sollecito passaggio. Il XX corpo avanzava su due colonne divisionali (l'Ariete a sinistra e la Littorio a destra), con la Trieste in seconda schiera r ipartita in due aliquote. Seguiva lo scaglione A. Le divisioni corazzate si articolavano


LA SECONDA BATTAGLIA DI EL ALAME!N

583

in tre gruppi tattici, ciascuno su un battaglione carri medi, un reparto semoventi, uno autotrainato ed uno di bersaglieri autoportato; la divisione motorizzata era suddivisa in due raggruppamenti imperniati su. un reggimento ognuno75 • L'intoppo con February fu micidiale. Poco dopo mezzanotte, a meno di dieci chilomentri oltre la linea di riferimento A, le avanguardie vennero arrestate da una fascia minata preceduta da mine sparse, sulle quali saltarono va.ri carri ed automezzi. Iniziata l'apertura dei corridoi sotto un intenso fuoco di disturbo e di interdizione, solo alle 4,30 la Littorio, per prima, riuscì a superare il campo minato e tre quarti d'ora più tardi, quando ancora il grosso delle colonne stava trafilando;i nei varchi, si trovò davanti a January. La situazione si era fatta assai difficile. L'Ariete aveva subìto gravissime perdite nei genieri perché malauguratamente era incappata in una bretella; perciò a questo punto il gen. Infante decise di sostare appena ad ovest di January, in attesa di utilizzare i varchi realizzati dalla Littorio. Questa si accinse immediatamente alla nuova fatica, benché il lavoro diventasse improbo a causa del tiro delle batterie inglesi. Anche il DAK si trovava in crisi. Le sue avanguardie presero contatto con February più a sud; ne attaccarono anzitutto le difese, ma invece di una leggera resistenza ad opera di pattuglie o reparti isolati, trovarono una insospettata fortissima reazione. In questo mentre si fece viva la Desert Air Force. I razzi al magnesio illuminavano a giorno la zona nella quale le colonne corazzate e motorizzate dell'Asse si facevano strada con pena e la pioggia di bombe seminava confusione e perdite. Verso le 3 Nehring comunicò a Rommel l'impossibilità di portarsi sugli obiettivi assegnati né subito né presto. E siccome in guerra le disgrazie non vengono mai sole, poco dopo Bismarck fu ucciso da una mina e Nehring gravemente ferito da un bombardiere inglese. L'alba del 31 agosto vide dunque l'intera massa di manovra impastoiata in mezzo ai due campi minati principali; con errori di direzione di movimento (la 15 3 Panzer aveva obliquato verso sud intralciando la progressione del raggruppamento esplorante); con due comandanti del DAK, la punta di diamante, su tre fuori combattimento; in una situazione le cui difficoltà naturali erano così ben coltivate dalla Desert Air Force da produrre un'allarmante livello di confusione. Rommel era fortemente deluso. Non aveva previsto di dover ricorrere a vere e proprie operazioni di forzamento di campi minati. Alle 2,45 aveva sollecitato le colonne: «Finora avanzata troppo lenta. Soltan· to celere avanzata e rottura garantisce successo». Alle 6 ordinò al XX corpo di schierare tutte le artiglierie e di gettarsi avanti, posto che la


584

LE OPERAZIONI IN AFRICA SE'I"l'EN1'RJONALE

90a leggera ed il DAK, ai lati, stavano attaccando January. Fu breve illusione ed alle 7,10 fu costretto a disporre che le unità sostassero ad ovest di January. «Il mio disegno di avanzare di 50 chilometri verso est con le unità motorizzate ancora in quella notte di luna - ammise mestamente Rommel - e di là riprendere all'alba l'attacco verso nord non era riuscito. Le unità attaccanti erano state troppo a lungo trattenute dai forti sbarramenti fino allora ignoti»'~.

A questo punto Rommel si domandò. seriamente se non convenisse rinunciare all'offensiva, visto che la sorpresa era sfumata e che ormai bisognava fare i conti con la reazione britannica. Stabilì di decidere dopo aver esaminato la situazione del DAK. Qui trovò il col. Bayerlein, il capo di S.M., che aveva assunto temporaneamente la guida del1'Afrikakorps e continuato nel forzamento di]anuary. Bayerlein spiegò che il passaggio dei campi minati era ottenuto e che valeva la pena di perseverare nello sforzo. In effetti l'Afrikakorps era pervenuto a farsi luce anche oltre il secondo ostacolo minato. La 21 a Panzer, sulla quale si era abbattuta la maggior parte del bombardamento aereo notturno, in compenso aveva incontrato un passaggio in ]anuary, quindi la soluzione del suo problema era stata rapida. La 15a Panzer, invece, aveva dovuto faticare alquanto, anche per sloggiare il nemico da Qaret el Himeimat. Tuttavia, se le avanguardie erano riuscite a stabilire una sicura testa di ponte, grazie anche al ripiegamento della 4a brigata corazzata leggera, i varchi rappresentavano pur sempre una strozzatura e di conseguenza una causa di sensibile rallentamento dell'avanzata. A ciò era inoltre da aggiungere il già forte consumo di carburante. Rommel aderì alle proposte di Bayerlein, probabilmente senza eccessiva convinzione: dovette infatti rassegnarsi a modificare il piano iniziale. Niente più avvolgimento di Alam el Halfa. Per recuperare un po' di tempo, occorreva dirigersi a nord non appena ultimato il superamento di ]anuary e riordinati e riforniti i reparti. «Noi considerammo - ricordò Bayerlein - se non fosse opportuno interrompere la battaglia, dal momento che gli inglesi sapevano perfettamente dove eravamo e quali erano le nostre intenzioni. Rommel discusse con me la situazione e pervenimmo alla decisione di proseguire l'offensiva. Tuttavia si impose una variazione; l'azione a largo raggio ed il conseguente accerchiamento dell'B• armata non erano più attuabili, poiché il nemico aveva avuto troppo tempo sufficiente per prepararsi ad un'azione controffensiva. l.'attacco a sorpresa era fallito! Tra l'altro non ci era possibile, in pieno giorno, passare davanti alle munite alture di Alam Halfa. Il nemico ci impose dunque l'altra soluzione, il che significava che dovevamo compiere prima del previsto la conversione verso nord e che dovevamo quindi spingerci sulle alture alle spalle di Alam Haifa e in particolare sull'importante "quota 132" che doveva essere conquistata con un'azione diretta»77 •


LA SECONDA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN

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Il nuovo obiettivo del DAK era adesso Alam el Halfa; il XX corpo avrebbe occupato q. 102, all'estremità sud-ovest del costone, e la 90a leggera conservato l'obiettivo di Deir el Hima. Nel frattempo il II/185° paracadutisti della Folgore veniva fatto affluire a Qaret el Himeimat per garantirne il possesso (schizzo n. 70). Su questa variante sorsero più tardi discussioni, fondate essenzialmente sull'affermazione di alcune fonti britanniche, del peso determinante provocato dalla famosa carta topografica truccata abbandonata nella terra di nessuno, di cui si è fatto cenno in precedenza. La carta, che mirava a distogliere Rommel «da un ampio movimento di avvolgi· mento attorno al costone di Alam el Haifa per tagliare, spingendosi verso nord-est, le nostre comunicazioni con Alessandria», mostrava «una zona assai malagevole a sbarramento della strada che noi non desideravamo il nemico prendesse ed una zona eccellente davanti e sino al costone di A lam el Haifa e, di là, lungo tale costone, giungente sino alla ferrovia 78 .» Più precisamente, la zona a sud di q. 132 di Alam el Halfa, caratterizzata da sabbia molto soffice e quindi di scarsa percorribilità, venne indicata come di agevole transito; per contro un tratto a sud di q. 111 di Alam el Khadim fu presentato falsamente come molto accidentato sotto un velo di sabbia morbida. In sostanza: una dissuasione sulla direttrice per El Hammam passante per Alam el Khadim, cui era interessata la destra del DAK, ed un invito sulla direttrice Deir el Agram-Alam el Haifa, cui era interessata la sinistra del DAK. Senonché, almeno dell'invito non c'era bisogno perché il terreno a sud di Alam el Haifa sulla carta utilizzata dall 'AIT era già definito Easy stony ground (terreno pietroso agevole) e Steiniger Boden (terreno pietroso). Von Mellenthin fu esplicito: «Posso confermare che quella carta fu considerata autentica e servì allo scopo di mettere l 'Afrikakorps fuori strada», riferendosi chiaramente alla zona di sabbia morbida incontrata dal DAK nel suo attacco verso Alam el Haifa e fonte di ulteriore perdita di tempo e di maggiori consumi di carburante79 • Comunque, il ruolo concreto della carta truccata pare proprio essere stato insignificante. Alle 8,30 Rommel si incontrò con De Stefanis, si fece ragguagliare sulla situazione (da circa un'ora la Littorio stava attraversando January) ed ordinò di far passare anche l'Ariete e la Trieste per il varco aperto dalla Littorio. Alle 12 il XX corpo doveva riprendere, contemporaneamnte al DAK, la corsa verso nord-est. Nemmeno in campo britannico tutto funzionò come desiderato. Più o meno, l'entità dello sforzo italo-tedesco era stata valutata correttamente e, all'alba, il Comando 13° corpo confidava che la 7a D.cor. fosse in grado di trattenere la spinta in corrispondenza dei campi minati. Senonché la penetrazione tedesca nel settore di Himeimat ed in


LA SITUAZIONE ALLE ORE 8 DEL 31 AGOSTO

Schizzo n. 70


LA SECONDA BATI AGLIA 01 El ALA.MEIN

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particolare l'infiltrazione del raggruppamento esplorante fecero arretrare la 4a B.cor. leggera e, di conseguenza, la 7 3 B.mot. ricavò l'impressione di rischiare di trovarsi con i reparti intrappolati ed accerchiati fra i campi minati. Motivo per cui il gen. Bosvile decise di raccogliere la brigata ad oriente di Deir el Ragil, dove si trovava il VII battaglione della Rifle Brigade. Il gen. Horrocks venne a conoscenza di ciò a mattino avanzato ed immediatamente investÌ Renton, in quanto gli ordini dati alla 7 3 D.cor. erano di bloccare il nemico se possibile su February, altrimenti su ]a· nuary e, nella peggiore delle ipotesi, di opporre un'azione di logoramento e di ritardo. Per rendere il rimarco più tangibile, Horrocks ordinò a Renton di rimandare avanti la 7 3 B.mot. Fu il 10° ussari a tornare verso le colonne dell'Asse: attorno a mezzogiorno prese posizione sul bordo settentrionale di Deir el Muhafid, ponendosi in contatto con il 2° cavalleria neozelandese, che si trovava nella zona di Deep Well. Il DAK, il cui comando era stato assunto dal gen. von Vaerst, completò. i rifornimenti verso le 13 e poco dopo si rimise in moto in direzione nord-est. La tempesta di sabbia cominciata alle 11 stava infuriando ma, se da un lato metteva in difficoltà uomini e mezzi, dall'altro li agevolava impedendo all'aviazione di imperversare. Peraltro ai reparti della 4 3 B.cor. leggera, che già avevano fronteggiato l'avanzata e che continuavano ad opporre una resistenza elastica, si aggiunse il 3° County o/ London Yeomanry con 27 Crusader. Insomma, alle 15 il DAK aveva appena superato la base di partenza che, secondo il progetto iniziale, avrebbe dovuto raggiungere alle 3,30. C'era ancora qualche ora di luce, perciò i tedeschi proseguirono (schizzo n. 71). A sinistra procedeva la 21 3 Panzer, comandata adesso dal col. Lungershausen, il quale a sua volta aveva ceduto la 164 2 D.f. al col. Hecker, comandante del genio dell'armata; a destra la 15 3 Panzer agli ordini del gen. von Randow, che, rientrato dopo una ferita, era rimasto fino allora a disposizione; a sud-est muoveva il raggruppamento e~plorante, giunto nella tarda mattinata a Samaket Gaballa. Non sembra fossero state individuate né la 22 3 B.cor., sistemata a semicerchio attorno a q. 102 (l'obiettivo del XX corpo), né, men che meno, 1'8 2 B.cor. La 22 3 B.cor. di Robens disponeva di quattro reggimenti carri, ciascuno su due squadroni di Grant o Crusader ed uno di Stuart, per complessivi 92 Grant, 34 Crusader e 40 Stuart. Inoltre contava su 18 pezzi da 25 libbre del 1° artiglieria a cavallo e di 12 pezzi da 6 libbre. L'8 3 B.cor. era su tre reggimenti e mettava in linea 72 Grant e 12 Crusader.


LA SITUAZIONE ALLJ


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Nel pomeriggio Richards spinse verso sud gli squadroni di Stuart, sì da raccogliere notizie sul nemico senza impegnarsi a fondo con esso. Verso le 16,30 venne avvistata la 21 a Panzer ed un'ora dopo gli elementi avanzati della 22 a B.cor stabilirono il contatto di fuoco con i tedeschi, quindi ripiegarono. Alle 18 Lungershausen aprì le formazioni a mosse all'attacco di q. 102. Lo scontro fu violento e dappr ima parve volgere a favore dei germanici per la superiore gittata dei loro pezzi, ma, serrate le distanze, il contrattacco degli Scots Greys ed il fuoco delle artiglierie britanniche finirono per stroncare l'urto. La 21 a Panzer si sganciò e ripiegò su Deir el Ragil approfittando nelle ombre della sera. La 15 3 Panzer aveva iniziato un movimento per scalzare la sinistra della 22 a B.cor. ed entrare anch'essa in lizza, esponendosi peraltro al fuoco di fila della 133 a B.f. inglese arroccata ad Alam el Halfa, senonché, dato il calar del sole, non poté mettere in atto il tentativo e ripiegò a sua volta. La 22 3 B.cor. lamentò la perdita di 19 carri, i tedeschi più o meno altrettanti. A sud-est, oltre Samaket Gaballa, si era fermato il raggruppamento esplorante, oggetto per tutto il giorno di particolare attenzione da parte della Desert Air Force e gravemente danneggiato in automezzi e mezzi blindati. Certo, anche la manovra del DAK era stata molto lenta. I circa 25 chilometri che corrono dalla zona a sud-ovest di Deir el Ragil a q. 102 vennero percorsi in tre ore e mezzo: troppo, tenuto conto dell'assenza di opposizione nemica e di offese aeree, ed appena un poco spiegata con il Khamsin e l'attraversamento di Deir el Ragil. Rommel scrisse che «verso le 16 il nostro attacco contro la q. 132 [Alam el Halfa] sospeso», ma questa versione non concorda con le fonti britanniche e d'altronde fu alle 19,15 che il XX corpo ricevette ordine di disporsi a difesa a giro d'orizzonte e di prendere collegamento con la 90 3 leggera a sinistra ed il DAK a destra. Secondo Rommel il motivo dell'insuccesso va ricercato nei forti consumi di carburante provocati dalla difficile percorribilità del terreno e dalla bassa velocità dei carri sulla sabbia molle, ma non semplicemente in essi: buona parte della colpa andrebbe attribuita al... XX corpo italiano, la cui lentezza aveva impedito un'operazione . . maggiormente armomca. Occorre anche qui fare una precisazione. Secondo Rommel gli obiettivi assegnati erano «la quota 132 per il DAK e Alam Bueib-Alam Haifa per il XX corpo italiano». Premesso che l'obiettivo per De Stefanis è espresso assai impropriamente, visto che il rilievo ha due quote,


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETIENTRION,\LE

q. 132 di Alam el Haifa e q. 120 di Alam el Bueib, sta di fatto che il diario storico del XX corpo riferisce qualcosa di ben differente: «Alle ore 8,30 il Maresciallo Rommel, incontratosi con l'Ecc. De Stefanis presso la divisione Ariete ed aggiornato sulla situazione, ordina al C.d' A. di affiancare a sinistra della divisione Littorio la divisione Ariete e attaccare alle ore 12 con direttrice di attacco le posizioni di q. 102 (S km. a nord-ovest di Manaqir el Taiyara)».

Quanto al fonogramma trasmesso alle 8,15 dall'AIT, esso dice testualmente: «II CTA attacca alle ore 12 verso zona 473 destra 10-457 sinistra 12. Il XX C.A. concorre all'attacco girando a sinistra del CTA»,

ed alle 10,15 fu seguito dal seguente: «Attaccare alle ore 13. CTA a destra. XX C.A. a sinistra. Linea di contatto: 471 destra 13-152 destra 45}>. Rimarrebbe da ipotizzare una modifica nell'assegnazione degli obiettivi fatta da Rommel dopo il colloquio con De Stefanis ed un'errata interpretazione dei riferimenti da parte del XX corpo, il che appare piuttosto improbabile. Inoltre, si può ammettere che uno sforzo concentrato del XX corpo e del DAK contro q. 120-q. 132 sarebbe apparso più logico, ma sul piano pratico si sarebbe visto arrivare addosso la 22 a B.cor. da ovest e 1'8 a B.cor. da est. Ad ogni modo il DAK fu lanciato su un obiettivo di attacco diverso da quello prescritto: q. 102, anziché q. 132 di Alam el Haifa. Purtroppo il XX corpo aveva subÌto notevoli peripezie proprio in partenza. I mezzi dell'Ariete cominciarono il passaggio di January alle 11, assumendo la formazione per uno. La conseguente eccessiva profondità della colonna e gli inevitabili ingorghi fecero sì che solamente alle 17 l'intera divisione fosse oltre il campo minato. Intanto De Stefanis aveva fatto proseguire la Littorio, che, superato un terzo campo minato ben presto riconosciuto finto, si era portata ad oriente di Deir el Muhafid. Quando giunse l'ordine di Rommel di fermarsi, l'A riete si era attestata al campo minato finto e la Trieste si trovava con il grosso delle forze immediatamente ad ovest di February. Le perdite del corpo d'armata ammontavano a 46 fra morti e feriti, due carri medi fuori combattimento e 14 danneggiati, 10 carri leggeri e due semoventi danneggiati e 15 automezzi distrutti. La Littorio disponeva ancora di 92 carri medi, l'Ariete di 120 e la Trieste di 17. Sulla sinistra, la 90a leggera aveva raggiunto il ciglio settentrionale di Deir el Muhafid, cioè praticamente l'obiettivo.


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Occorre adesso accennare all'esito degli sforzi compiuti dal X e dal XXI corpo. L'azione più importante era quella organizzata dalla Brescia. Vi erano impegnati otto battaglioni: a sinistra la colonna composta dal I e Il/19° f., dal XXVIII/9° bers., dal V/186° par. e sostenuta dal II/18S 0 art. della Folgore doveva puntare a sud di Deir Angar; a destra la colonna composta dal IX e X/187° par. e due battaglioni paracadutisti tedeschi ed appoggiata dal III/18S 0 art. della Folgore doveva dirigersi a nord di Deir Alinda. Il settore contro il quale stava per essere sferrato l'attacco sembrava sotto la responsabilità del gen. Freyberg, il quale si era affrettato a riprendere il comando della 2a neozelandese non appena guarito dalla ferita riportata durante la battaglia per Tobruk. Il fronte era tenuto dalla 132a B.f. inglese, appartenente alla 44a D.f. ma temporaneamente assegnata a Freyberg, e dalla 6a B.f. neozelandese schierate fra il Ruweisat ed Alam Nayil. Qui era insediata la sa B.f. e questo era il cardine del settore, anche se eccentrico. Più a tergo, a nord di Deep Well, era dislocato il 2° cavalleria neozelandese dotato di aut0blindo e Stuart. In riserva uno squadrone del 46° Royal Tanks con tredici Valentine e due Matilda, rinforzato da qualche reparto minore. Si trattava di uno schieramento completato fra il 28 ed il 30 agosto, non appena l'arrivo della 132a B.f. aveva reso disponibile la sa B.f. neozelandese per rafforzare il fianco meridionale delle difese statiche. Anche il compito affidato a Freyberg era lineare: rimanere sul posto pur se superato ed aggirato dalla manovra di Rommel. Molta sicurezza, in realtà, derivava dalla considerazione che il nemico sarebbe stato costretto ad attraversare le depressioni di Alinda, Munassib, Muhafid e Ragil di difficile percorribilità ed ottime quali obiettivi per attacchi aerei. Detto questo, rimane da spiegare l'azione delle due colonne della Brescia. Lo scopo da conseguire era stato indicato sin dal 20 agosto. Soltanto che si pensava di dover sostenere una lotta non trascurabile, ritenendo la 6a brigata a presidio di Alam Nayil e la sa brigata a sbarramento della zona interessata. Poiché invece, come sappiamo, le truppe di Freyberg non avevano responsabilità alcuna a sud di Alam Nayil, i due sforzi paralleli scivolarono lungo il margine meridionale del box lasciando completamente indifferenti i neozelandesi, eccezion fatta per le artiglierie80• Incontrarono il II battaglione della Rifle Brigade ed il Il del King's Royal Rifle Corps, ma non fu arduo riuscire ad occupare i bordi di Deir el Angar (19° fanteria) e di Deir Alinda {187° paracadutisti) come programmato. Nel settore del XXI corpo, la Bologna contro il Ruweisat, la Tren-


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LE OPERAZIONI IN AfRlCA SEl"fENTRlONALE

to dal settore di Sanyet el Miteiriya e la 164a D.f. tedesca più a nord effettuarono la prevista attività di pattuglie: qualche perdita, alcuni prigionieri, ma non si può proprio parlare di «fissaggio». L'avversario restituì le visite di pattuglie con risultati analoghi. La sera del 31 Rommel volle raccogliere le forze. Non soltanto si rendeva conto che le speranze di successo diminuivano a vista d'occhio, ma si preoccupava sempre di più per la situazione carburanti nelle retrovie e cominciava a tenere la reazione dell'8 a armata. A tarda sera ordinò, dunque, di orientarsi ad affrontare contrattacchi nemici nel corso del giorno successivo: «Perciò schierare abilmente l'artiglieria. Interrare tutto, decentrare gli automezzi>> precisò alla 90a leggera ed al XX corpo. Per il DAK, invece, pensava ad una reiterazione dello sforzo. Dall'altra parte della collina, Alexander e Montgomery avevano seguito con estrema attenzione lo sviluppo degli avvenimenti. Mentre veniva stabilito di avvicinare l'8a D.cor. al campo di battaglia, spostandola da est del Cairo ad occidente del Delta, Montgomery concretò la linea di condotta per il 1° settembre. La Desert Air Force, della quale facevano parte tre squadriglie da caccia della 9a Forza Aerea statunitense, doveva eseguire pesanti bombardamenti sul DAK, che si prevedeva passasse la notte in sosta nelle zone di Deir el Ragil, nonché sulle piste di atterraggio di El Daba e di Sidi Haneish, ad oriente di Matruh. Alla 2a D.f. neozelandese ed alla 44a D.f. britannica fu confermato il saldo possesso delle rispettive posizioni; alla 10a D.cor., cui era stata aggiunta la 23a B.cor., spettava conservare q. 102, impedire che i tedeschi realizzassero uno schieramento controcarri fra l'8a e la 22a B.cor. ed evitare che le singole brigate venissero sconfitte separatamente. Infine, alla 7a D.cor. ritenuta erroneamente padrona di Samaket Gaballa, venne affidato il compito di agire contro gli itinerari di rifornimento dell'Asse. lL 1° SETTEMBRE

L'alba trovò il DAK un po' scosso perché la Desert Air Farce aveva imperversato durante tutta la notte, colpendo ed incendiando autoveicoli in sosta ed in movimento e piccoli depositi di carburante. Le difficoltà incontrate dalle colonne di rifornimento ebbero tanto serie ripercussioni sull'andamento della battaglia da indurre Rommel a decidere «già la mattina del 1° settembre, di astenermi per il momento da maggiori operazioni, perché dovevano essere evitate manovre in grande stile con le unità motorizzate. Potevamo al massimo permetterci qualche attacco locale»i 1•


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Anche secondo von Mellenthin il ritardo, più che una vera e propria interruzione, dei rifornimenti portò il DAK ad una situazione difficile sia per sé sia per l'intera operazione: «Il mattino del 1° settembre la carenza di benzina di Rommel era tale che egli fu costretto a limitare l'attacco ad Alam el Halfa alla 15" Panzerdivision. Era chiaro che un attacco frontale offriva poche speranze di successo ed in altre circostanze Rommel sarebbe certamente girato verso est per scalzare gli inglesi dalla posizione. Ad ogni modo, la mancanza di benzina impedì ogni tentativo di manovra»82 •

Di conseguenza, mentre la 21 a Panzer rimaneva ferma nella zona di Deir el Tarfa, alle 6,40 la 15a mosse da sola contro Alam el Halfa. Alle 10,52 De Stefanis ricevette un messaggio trionfale dal Comando dell'armata: «15a divisione corazzata ha preso q. 132 alle 8,45». Purtroppo la notizia mancava di qualsiasi fondamento. Non si conosce né il compito né l'obiettivo assegnati alla 15a Panzer; in ogni caso è stranissima che affrontasse da sola la 44a D.f. inglese, che ormai aveva individuato sul costone, e si avventurasse fra 1'8 3 B.cor., della cui esistenza era al corrente per l'intervento del pomeriggio precedente, e la 22a B.cor., che sapeva per esperienza diretta ben disposta a q. 102. Il risultato fu che la divisione si diresse dapprima contro il fianco sinistro della 22a B.cor., rinnovando il tentativo del 31 agosto, poi, vista apparire la ga B.cor., affrontò quest'ultima. Senonché, dopo un breve scontro e quando riteneva, illudendosi, che l'azione volgesse ad una felice conclusione von Randow si accorse con raccapriccio che i suoi carri avevano benzina per appena altri quaranta chilometri. Allora, non potendo fare rifornimento davanti alle strutture di Alam el Halfa, sotto il violentissimo fuoco delle batterie inglesi, abbandonò la partita. Escludendo l'ipotesi di un tentativo esercitato con la sola speranza, del tutto ingiustificata, di un risultato imprevedibile, verosimilmente la spiegazione si trova nell'ammissione di Bayerlein: «La potenza delle difese sull'altura di Alam el Haifa fu per me una vera sorpresa; ero sicuro di poterla espugnare ed insistetti troppo a lungo in un inutile attac· CO» 83.

Lo scacco impose ulteriori modifiche al piano iniziale. A mezzogiorno Rommel aveva p.rescritto a De Stefanis, convocato al Comando tattico dell' AIT e messo al corrente di come stavano mettendosi le cose, di schierare il XX corpo con Ariete e Littorio sull'allineamento Deir el Muhafid (bordo settentrionale)-Qabr Hani Zada e la Trieste in seconda schiera, in quanto era suo intendimento «attaccare alle ore 17


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LE OPERAZIONI 1N AFRICA SETTENTRIONALE

per raggiungere la zona 5 km. a nord delle posizioni attualmente occupa· 4 te», cioè per portarsi all'altezza di Deir el Hima-q. 10i8 • Ora, evidentemente, un nuovo sforzo isolato era impensabile, perciò non c'è da stupirsi se alle 18 De Stefanis si sentì ordinare non l'inizio dell'attacco al quale si era preparato, bensì la sostituzione dell'Ariete con la Trieste, da effettuare nel corso della notte in modo che la prima si rendesse disponibile come riserva d'armata. Alle 22,45 giunse dal Comando AIT la conferma di sistemarsi a difesa sul posto, pur mantenendosi in misura di riprendere l'offensiva verso nord85 • In definitiva non si può dubitare di una temporanea crisi dei rifornimenti, tuttavia affiora il dubbio che il 1° settembre, più che di benzina, forse si sia trattato di una situazione tattica che Rommel, malato e preoccupato, non aveva fiducia di dominare. Montgomery, invece, si era finalmente scrollato di dosso l'incertezza iniziale: adesso nutriva la convinzione di un attacco nemico verso Alam el Haifa (come desiderava) e non più ad oriente, verso El Hammam. Se prima là 10a D.cor. era rimasta con le sue due brigate in posizione avanzata rispetto al costone, ora poteva raccogliere i circa 400 carri dell' 8 a, della 22 a e della 23 a brigata fra Alam el Halfa ed Alam Nayil, pronti ad intervenire contro uno sforzo massiccio italo-tedesco. Poi la 2 a B.f. sudafricana si spostò a nord di Alam el Halfa, su una posizione già predisposta; la 5a B.f. indiana, con il 7° artiglieria pesante campale ed il 49° artiglieria controcarri, abbandonò le propaggini orientali del Ruweisat, ove venne sostituita dalla 1a B.f. sudafricana, e rilevò il settore settentrionale del box della 2 a D .f. neozelandese; da tergo venne chiamata la 151 a B.f. della 50a D.f. Sul fronte della 9a D.f. australiana si era intanto conclusa l'operazione Balimba: un'incursione pianificata da tempo, da lanciare non appena profilatasi l'offensiva di Rommel, con lo scopo di creare una breccia, se possibile, per raggiungere il canale di alimentazione dd1'AIT nel settore immediatamente a sud di Tel1 el Eisa. Alle 5,30, dopo un quarto d'ora di preparazione ad opera di due reggimenti di artiglieria da campagna ed una batteria pesante campale e con l'appoggio di bombardieri diurni, il 2/15° battaglione della 20a B.f. australiana, sostenuto da uno squadrone del 40° Royal Tanks, mosse all'attacco di q. 25 di Teli el Eisa, tenuta dal III/382° f. tedesco. La lotta, che coinvolse col fuoco anche reparti del 11/62° f. della Trento, durò oltre tre ore, ma alle 9 il gen. Windeyer, comandante della brigata australiana, ordinò la ritirata con un nulla di fatto. Gli australiani ebbero 39 morti, 109 feriti e 25 prigionieri e persero sette Valentine; i tedeschi sembra abbiano avuto un centinaio fra morti e feriti e 140 prigionieri.


u, SECONDA BATTAGLIA or EL ALA.MEIN

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Lo svolgersi degli avvenimenti cominciava a far maturare in Montgomery idee di un contrattacco su un piano generale. Il suo disegno, comunicato a Ramsden ed a Horrocks nel pomeriggio, contemplava la costituzione di una riserva da parte del 30° corpo, la graduale chiusura dello spazio fra Alam Nayil e Qaret el Himeimat ad opera della fanteria del 13° corpo, la messa a punto concreta del 10° corpo (gen. Lumsden), che a tempo debito avrebbe assunto il controllo di tutte le unità in riserva per spingersi con esse sino ad El Daba. Si trattava di un abbozzo di progetto, anche perché l'offensiva italo-tedesca non pareva stroncata a dispetto delle continue e pesanti incursioni della Desert Air Force e dell'impressionante volume di fuoco delle batterie britanniche. Rommel era sempre più teso. Il DAK continuava ad essere particolarmente bersagliato e le perdite si facevano sentire. In quel solo giorno il Comando dell'Afrikakorps aveva perduto sette ufficiali. «Di nuovo - disse - riflettei se, in vista della cattiva situazione logistica, dovevo sospendere la battaglia,,. L'inferiorità aerea dell'Asse ormai era diventata palese ed i pochi gruppi di caccia venivano impegnati dalle più forti unità avversarie non appena si presentavano per contrapporsi alle ondate dei bombardieri britannici. L'artiglieria inglese, poi, sembrava disporre di riserve inesauribili di munizioni. Insomma «non appariva più possibile muovere grandi formazioni e stabilire in anticipo la velocità di marcia» dovette constatare Rommel. E la questione carburante stava veramente assumendo aspetti inquietanti. Il 30 agosto egli aveva dato inizio all'offensiva fidando in un telegramma del Comando Supremo: «(...) Circa carburante, movimenti in corso permettono prevedere arrivo entro giorno 3 settembre oltre cinquemila tonnellate per unità germaniche. ritardo aliquota che era previsto arrivasse giorno 1 est dovuto a perdite in mare et tardata comunicazione da parte germanica due piroscafi at Pireo. Circa munizioni prevedesi arrivo 1.500 tonne1late entro giorno 2 et 1.100 giorno 5. Tutte tali previsioni, come quelle precedenti, non sono assicurazioni arrivo ma previsione carico partenza et movimento, su cui incide naturalmente offesa nemica che obbliga ad una battaglia continua per ogni trasporto come più volte ripetuto (...)»86 ,

e la notizia dell'affondamento del Sant'Andrea con 1.300 tonn. di benzina per i tedeschi, avvenuto proprio il 30, non era stata compensata dall'assicurazione di Cavallero, tramite Delease, che «sono state prese immediate misure per accelerare al massimo trasporti carburanti. Si ritiene che misure adottate consentiranno risolvere delicato problema». Le preoccupazioni non riguardavano solo la parte tedesca. Quel


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETI'EN'rRIONALE

giorno il gen. Palma, Intendente A.S., segnalò a Barbasetti che, comprese le scorte giacenti in ambito AIT, disponeva di benzina sino al 3 settembre e di gasolio sino al 14, aggiungendo: «Da oggi ho dovuto sospendere invio benzina in avanti per deficienza disponibilità» e «se entro domani mattina non arriva benzina per Intendenza per assicurare altre due giornate di consumo oltre giorno 3 settembre et cioè fino 5 settembre compreso, est necessario ritiro 100 tonnellate ulteriore prestito germanico et oltre 100 tonnellate aut più da ottenersi da R. Aeronautica». In sostanza, concluse Palma, posta l'evidente impossibilità di tirare avanti a prestiti, tanto valeva mandare in Africa benzina in taniche mediante sommergibili. Anche l'apporto giornaliero di 60-70 tonn. poteva far superare il momento critico87 • La notte, si dice, porta consiglio, ma la notte sul 2 settembre portò nuovamente a lunghe ore di bombardamento aereo da parte di Wellington e di Albacore, che sganciavano bombe da 4.000 libbre e numerosissimi bengala che illuminavano a giorno il campo di battaglia.

IL 2 SETTEMBRE

Nella tarda mattinata R·ommel si rassegnò alla decisione di sospendere l'offensiva e di arretrare passo a passo sulle posizioni di Bah el Qattara-El Taqa. «L'attacco non poteva più fare breccia» riconobbe88• Alle 14,30 si portò al Comando del XX corpo e comunicò a De Stefanis la dura necessità di trasferirsi ad occidente di February, il campo minato britannico più avanzato. Il movimento avrebbe avuto luogo per scaglioni ed a tappe, considerando anche l'attività della 4a B.cor. leggera britannica sul fianco esposto ed alle spalle del DAK e del XX corpo89• È certo che non tutte le unità si resero conto della situazione. Ceriana Mayneri, ad esempio, rimase estremamente perplesso: «Al mattino [?], il gen. De Stefanis, chiamatomi al suo Comando, mi comunica che la nostra azione aveva più che altro carattere dimostrativo: era una ricognizione offensiva in forze!. .. quindi ormai deve considerarsi esaurita. Cerca di spiegarmi le ragioni di questo strano arresto, da attribuirsi alla scarsità di carburante tedesco (se cosl era, lo sapevamo prima di cominciare!), alle perdite considerevoli sublte ed aJla strenua resistenza avversaria non ancora intaccata a fondo e molto superiore alle nostre possibilità offensive! Ma lo stesso De Stefanis non mi pare persuaso...»~l.

Ed anche nell'ambito dell'Ariete e della Trieste le reazioni erano di incredulità soprattutto su un punto: come era possibile che Rommel avesse cominciato la manovra senza benzina?


LA SECONDA BATIAGL!A DI EL ALAM.ElN

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Alle 17,30 Kesselring si presentò al Comando dell'armata. In quei giorni aveva seguito da vicino la battaglia senza nascondere la netta propensione per la prosecuzione dell'offensiva. Rommel gli illustrò un quadro esauriente della disastrosa efficacia delle incursioni della Desert Air Force e della gravissima crisi dei rifornimenti ed invocò un intervento contro entrambi i flagelli. L'ultima notizia riguardava l'affondamento della Picci Fassio e la probabile perdita dell'Abruzzi a 40 miglia da Derna. Non esisteva alternativa sul da farsi. Sembra che Kesselring abbia cercato di dissuadere Rommel dalla rinuncia a proseguire ed obiettato che una decisione così grave investiva un campo politico-militare esulante dalle attribuzioni del comandante dell' AIT. Ma Rommel rimase fermo nel suo proposito e non mutò parere neanche alla promessa, mantenuta, di Kesselring di intervenire con tutti i suoi aerei da trasporto. La sera comunicò al Comando Supr_emo, tramite Màncinelli, la decisione. La disponibilità di carburante, dai porti di sbarco all'armata, ammontava in tutto a tre unità, quindi al massimo poteva fronteggiare le esigenze sino al 5 settembre. Delle 5.000 tonn. annunciate in arrivo, 2.600 erano già state affondate ed ammettendo che i piroscafi Bianchi e Sportivo entrassero nel porto di Tobruk l'indomani, la benzina che essi trasportavano (tre unità) non sarebbe giunta all'armata prima del 7. A parte ciò precisi motivi operativi inducevano alla dolorosa decisione. Purtroppo l'ignorata esistenza di numerosi campi minati aveva ritardato l'avanzata e fatto svanire la sorpresa, premessa essenziale per la riuscita del piano ed i continui attacchi aerei nemici, diurni e notturni, avevano messo a dura prova la capacità combattiva delle truppe. In definitiva «l'Armata ripiegherà perciò sulle posizioni di partenza, gradualmente, sotto la pressione nemica, qualora il rifornimento e la situazione aerea non mutassero radicalmente» 91• Lo sgombero della zona occupata doveva iniziare il giorno 3, con il ripiegamento del grosso della 90a leggera e della Littorio. Le posizioni evacuate sarebbero state temporaneamente affidate a reparti rispettivamente della Trieste e della 21 a Panzer. Poi, a scaglioni, avrebbero ripiegato le altre divisioni. Nel pomeriggio Montgomery fece il suo solito giro ai Comandi di corpo d'armata. Era molto contento di come stavano procedendo le cose. I primi due giorni di combattimento erano passati senza alcun vantaggio concreto da parte di Rommel. Inoltre le descrittazioni di messaggi Enigma avevano informato che il programma dei rifornimenti dell'Asse era stato ulteriormente sconvolto dall'affondamento del S.


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LE OPERAZION I IN AFRICA SETTENTRIONALE

Andrea, e la Royal Air Force aveva comunicato l'affondamento della Picci Fassio ed i grossi danni inflitti all'Abruzzi. Risultava chiara la riluttanza dell'avversario ad insistere nell'offensiva, tanto da far pensare ad un cambiamento di tattica: invece di continuare nello sforzo, probabilmente Rommel aveva optato per un atteggiamento difensivo inteso a provocare il contrattacco britannico. Ad ogni modo, pur constatando che la posizione dell' AIT cominciava a delinearsi precaria, Montgomery si rifiutò di cadere nella «trappola>> e si limitò ad ordinare ad Horrocks di «distruggere i mezzi di trasporto nemici e chiudere gradualmente, ma metodicamente, la sacca>> spingendo Freyberg verso sud per quattro-cinque chilometri. Il giorno seguente gli avrebbe inviato la 15P B.f., sì da svincolare una delle brigate neozelandesi e consentire a Freyberg, due giorni dopo, di avvicinarsi ancor di più a Qaret el Himeimat. Verso l'imbrunire il 4° /8° ussari tentò di ripetere l'incursione contro il complesso di automezzi ad oriente di Qaret el Himeimat, ma questa volta incontrò un battaglione carri ed un gruppo semoventi da 75/18 dell'Ariete che lo respinsero con perdite. IL 3 SETTEMBRE La situazione generale aveva reso necessaria l'adozione di misure precauzionali per proteggere il fianco esposto del DAK e le immediate retrovie. Una volta decisa la ritirata, la 15a Panzer ricevette ordine di ruotare verso sud-ovest facendo perno sulla 21 a, mentre gli elementi del raggruppamento esplorante dovevano difendere la massa di manovra dalle provenienze da sud e da sud-est. Nel corso della mattinata del 3 settembre lo schieramento italo-tedesco aveva assunto l'aspetto di un grosso saliente appoggiato con le spalle ai grandi campi minati inglesi: la Brescia sino al Deir el Angar; la brigata Ramcke sulla destra; la 90a leggera a Deep Well; la Trieste a Deir el Muhafid, la Littorio a Qabr Hani Zada, tutte fronte ad nord; seguiva la 21 a Panzer a Deir el Tarfa fronte a nord e ad est; la 15a Panzer di Samaket Gaballa, fronte ad est; il raggruppamento esplorante a sud-ovest della 15 a sino a Qaret el Himeimat, fronte a sud. In riserva, l'Ariete, a sud.-est di Deir el Munassib (schizzo n. 72). Montgomery intendeva resecare il saliente alla base, partendo da Alan N ayil e procedento lentamente verso Qaret el Himeinat. Rommel lo voleva evacuare cercando di non fare precipitare la situazione. Prima delle 8, Montgomery ordinò di resistere ad ogni tentazione


LA SITUAZIONE DELL'AIT AL MATTINO DEL 3 SETTEMBRE

Schizzo n. 72

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LE OPERAZIONI IN Af!UCA SE'ITENTRIONALE

di precipitarsi all'attacco. Solo pattuglie potevano essere incaricate della distruzioni di nuclei di automezzi avversari. La calma regnò sovrana finché, verso mezzogiorno, la Desert Air Force, che perseverava nella sua azione, non segnalò tre grosse colonne di mezzi dell'Asse in ritirata verso i campi minati. Immediatamente la 7a D.cor. venne incaricata di agire sul fianco meridionale dell'avversario, ma la 7a B.mot. era impegnata ad oriente di Deir el Ragil contro la 15a Panzer e la 4a B.cor. leggera, di cui molti pezzi ed autoveicoli si erano arenati nella sabbia molle, non fu in grado di combinare alcunché contro i reparti esploranti italiani e tedeschi. A Roma il messaggio di Rommel era giunto del tutto imprevisto. Nessuno, sembra, si era ancora reso conto di come veramente stessero le cose in Africa. Il 1° settembre Cavallero aveva ricevuto il gen. Marras, incaricandolo di metter le mani avanti a Berlino: le truppe che sarebbero entrate ad Alessandria ed al Cairo dovevano essere italiane e tedesche e non soltanto tedesche. La questione rivestiva grande importanza in quanto si trattava di «salvaguardare il prestigio degli Italia·

ni, che hanno sostenuto la prima battaglia nel Mediterraneo». Il mattino del 2, conosciuta la sorte del Picci Passio e dell'Abruzzi, Cavallero aveva preso in pugno la partenza di altri piroscafi nella stessa giornata con 2.770 tonn. di benzina per i tedeschi e più di 1.000 per gli italiani, e deciso di inviare subito oltremare due ufficiali del Comando Supremo per «(...) rialzare gli animi di quelli che sono in Libia, perché comprendo che le notizie degli affondamenti delle cisterne li possono avere allarmati. Benzina ne arriverà il 4 ed il S ed anche i giorni seguenti. Lasceremo a disposizione gli aerei di Tatoi, tenendoli a numero ed attingendo se occorre da Lecce. Le misure del Comando Supremo salveranno la situazione. Quando non viaggeranno più le cisterne il carburante arriverà meglio»92 •

Però la comunicazione di Rommel non pare esser stata recepita nella sua piena gravità, infatti la risposta di Cavallero, compilata dopo l'esame della situazione compiuto con Mussolini a mezzogiorno del 3, fu ottimistica: «Duce prende atto vostra determinazione sospendere attacco. Comunica che rifornimenti saranno intensificati al massimo possibile per mettere armata italo-tedesca in grado respingere possibile attacco nemico et passare vittoriosamente al contrattacco. Richiamo intanto vostra attenzione su possibile tentativo del nemico su Siwa»9J .

Non una parola sull'insufficienza operativa dell' AIT di fronte all'8a armata.


LA SECONDA BA1"fAGLIA DI EL ALA.¼EIN

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Nel pomeriggio del 3 settembre i due ufficiali del Comando Supremo si presentarono l'uno, magg. Pistotti, al Comando dell'armata corazzata e l'altro, magg. Patti, alla Delegazione del Comando Supremo. Il magg. Pistotti conferì con il capo di S.M., gen. Gause, ed illustrò il programma di avviamento del carburante. Sulla rotta di ponente dovevano arrivare fra 1'11 ed il 14 settembre tre piroscafi con 621 tonn. di benzina in fusti per il R. Esercito, 390 per la R. Aeronautica e 1.000 per le divisioni tedesche. Sulla rotta di levante erano pianificati i seguenti carichi di benzina: quattro navi il 5 settembre con 1.300 tonn. per gli italiani e 3.000 per i tedeschi; cinque fra il 7 ed il 9 con 1.650 tono. per gli italiani e 2.740 per tedeschi; tre fra il 12 ed il 13 con 2.200 tonn. per italiani e 1.200 per tedeschi. Inoltre erano programmate 1.000 tonn. di benzina avio fra il 9 ed il 12 e 1.200 tonn. di gasolio fra il 3 ed il 5 per le forze italiane. Gause riepilogò brevemente i fattori negativi che imponevano l'interruzione dell'operazione: deficienza di carburante, dovuta ai mancati arrivi ma soprattutto ad un consumo triplo del normale provocato dal terreno sabbioso nella zona di attacco; mancata sorpresa per il rallentamento del movimento causato dai numerosi ed estesi campi minati; strapotenza della Royal Air Force specialmente di notte. Le incursioni aeree nemiche non consentivano una sosta sulle posizioni raggiunte; occorreva avanzare o retrocedere. Avanzare con poco carburante voleva dire trovarsene sprovvisti nel momento dell'incontro col nemico e quindi esporsi ad essere battuti. Non restava che retrocedere. Il movimento era in corso senza pressione britannica, gradualmente ed in relazione alla necessità di recuperare il materiale danneggiato. Ancora non era stata stabilita la linea di arresto. Poteva tradursi in quella di partenza, oppure in altra antistante, fra i campi minati nemici, che in tal modo sarebbero stati sfruttati senza spesa. Un'eventuale ripresa dell'offensiva era subordinata al superamento dell'attuale seria crisi di carburante e, in secondo luogo, alla costituzione di adeguate scorte. Comunque, non se ne poteva parlare prima di due mesi (luna di ottobre) ed era da vedere se nel frattempo l'8a armata non avesse preso l'iniziativa. Nel complesso, scrisse il magg. Pistotti nel rapporto, traspariva il vivo disappunto tedesco per il fallimento dell'impresa, del cui esito vittorioso non si era dubitato, unitamente però alla fiducia nelle possibilità avvenire. E traspariva anche un'altra cosa: che i tedeschi non dubitavano della buona volontà italiana, ma erano convinti che l'organizzazione e l'esecuzione dei trasporti di carburante non fossero esenti 94 da errori capaci di frustrare qualunque sacrificio •


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LE OPERAZIONI IN AflUCA SETTENTRIONALE

Il magg. Patti ricevette la situazione italiana da Oelease: benzina sufficiente sino al 6, grazie al prestito di 600 tonn. tedesche e di SO della R. Aeronautica, ma... riducendo del 50% i rifornimenti alle grandi unità (rimaste con poco o niente); gasolio sufficiente fino al 19 settem· bre. Due pareri di Delease, peraltro, lasciano incerti: che l'Intendenza potesse «far fronte ad ogni necessità» con gli automezzi di cui disponeva e di conseguenza la precedenza negli invii spettasse alle grandi unità; che fosse opportuno «incrementare gli avviamenti a Tripoli», specie di automezzi, munizioni, derrate ed aliquota di carburante. Nessun dubbio circa le disperate esigenze dei corpi d'armata e delle divisioni in fatto di automezzi, ma l'affermazione di una piena idoneità dell'Intendenza sembra un po' troppo perentoria, ove si ricordi che essa aveva accentrato nelle proprie mani parte dei mezzi dei reparti e che Superlibia si trovava in forte disagio. Quanto a sbarcare a Tripoli materiale destinato ali'AIT, in quelle circostanze era come non mandarlo nemmeno in Africa. Il 3 settembre l'attività della Desert Air Force raggiunse il punto più alto della sua attività in quel periodo, favorita soprattutto dalla relativa staticità degli opposti schieramenti e dalla vulnerabilità delle unità dell'Asse all'offesa aerea. Complessivamente, più di 500 apparecchi britannici ed americani effettuarono 2.700 missioni, pari alla presenza di 35 aerei per ogni ora del giorno e della notte nel cielo del campo di battaglia.

LA FINE DELLA BATTAGLIA

Nella notte sul 4 settembre cominciò l'operazione Beresford (inizialmente denominata Wellington), tendente all'occupazione del ciglio settentrionale di Deir Alinda e del terreno fra Deir el Munassib e Deir Muhafid. Freyberg aveva a disposizione la 132a B.f. britannica (gen. Robertson), disimpegnata come si è detto dalla sa B. indiana, e la sa B.f. neozelandese (gen. Kippenberger). La prima, rinforzata dal 46° Royal Tanks e appoggiata dal 4° artiglieria da campagna, doveva attaccare fra February e fanuary; la seconda, con il 5° Royal Tanks ed il 6° artiglieria da campagna, tra il terzo ed il quarto campo minato (schizzo n. 73). Il settore di attacco aveva un'ampiezza complessiva di circa cinque chilometri; la profondità degli obiettivi si aggirava su sei chilometri. Un intervento della 6a B.f. neozelandese (gen. Clifton) contro Deir el Angar, inteso a distrarre l'attenzione dell'Asse ed a proteggere il fianco occidentale della 13za B.f., avrebbe agevolato l'impresa. Il


L'OPERAZIONE BERESFORD (notte sul 4 settembre)

Schizzo n. 73

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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

piano aveva subìto diversi rimaneggiamenti, comunque così come era stato definitivamente approvato sembrava a Freyberg promettere «buoni risultati». In realtà si concluse con un notevole fiasco. Già i preliminari erano stati poco brillanti. Nella tarda serata del 3 l'addensamento delle truppe attorno a Alam Nayil divenne tale da provocare una gran confusione e da far spostare l'inizio dell'attacco. In parte per questo, in parte per imprevidenze organizzative, le fasi dell'operazione si svolsero più o meno l'una indipendentemente dall'altra e scalate nel tempo. La prima mossa fu compiuta dalla 6a brigata neozelandese che con il grosso assalì da nord le posizioni di Deir el Angar, tenute dal I e II/ 19° fanteria della Brescia, mentre un'aliquota, scesa a sud di Alam Nayil, doveva concorrere all'azione da oriente. Lo sforzo principale, iniziato alle 22 circa dopo una preparazione di artiglieria di una diecina di minuti, si risolse in breve tempo ed i neozelandesi si ritirarono con una cinquantina di perdite ma avendo ridotto assai a mal partito il I/19° f. Il risultato più concreto, comunque, si tradusse nell'aver messo in allarme tutte le truppe dell'Asse a sud di Alam Nayil. La 132a brigata puntò verso i propri obiettivi in una strana formazione: il IV ed il V Royal West Kent, seguiti da quindici Valentine, muovevano fra il primo ed il secondo campo minato in direzione delle posizioni tenute dal IX e X/187° f. Folgore e dal gruppo paracadutisti Hubner; il II Buffi agiva isolato e con un precario collegamento radio fra il secondo ed il terzo campo minato, in direzione degli apprestamenti realizzati dalla 90a leggera. A destra della 132 a brigata c'erano il 26° battaglione neozelandese e parte del 25°, con il compito di coprire il fianco occidentale inglese. I due battaglioni del West Kent non prevedevano l'incontro col nemico almeno sino al margine settentrionale di Deir Alinda. Fu perciò con sorpresa che, verso le 23, si accorsero di trovarsi a brevissima distanza dai reparti della Folgore (il IX ed il X battaglione paracadutisti contavano, complessivamente, un migliaio di uomini). D'altro canto questi, avvisati che durante la notte pionieri tedeschi avrebbero operato davanti alle linee per posare tratti minati, rimasero anch'essi presi alla sprovvista. I momenti iniziali dello scontro furono assai confusi. Gli inglesi cercarono di aumentare il disorientamento chiamando «camerati» gli italiani, infiltrandosi ed eliminando gli elementi avanzati della Folgore con la baionetta, in un corpo a corpo. E bisogna dire che in generale riuscirono a creare disordine ed a provocare perdite. Ma la reazione dei difensori prese rapidamente consistenza, sfruttando anche


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l'intenso bagliore degli incendi dei numerosi automezzi inglesi in fiamme. Dopo circa tre ore di lotta accanita, la 132a brigata britannica apparve in seria difficoltà. Il collegamento radio con il West Kent era saltato, il IV West Kent segnalava di trovarsi in condizioni disperate. Poco dopo il gen. Robertson veniva ferito gravemente, mentre le poche e frammentarie notizie recate al Comando di brigata da feriti e sbandati che tornavano indietro, isolati o a piccoli gruppi, fornivano un quadro assai deprimente circa l'andamento del combattimento. Quando, alle 4 del mattino, Freyberg, che però non credeva ancora al fallimento dell'operazione, si decise a richiamare la brigata, i Kents avevano perduto un centinaio di morti e trecento prigionieri, nonché abbandonato molto materiale bellico. Anche per il 26° battaglione neozelandese il risultato finale era stato negativo. Si era frazionato sin dall'inizio dell'attacco. La compagnia di testa incise sulla sinistra del X battaglione paracadutisti, pervenne a penetrare con parecchi elementi oltre le posizioni italiane (e questi elementi daranno non pochi fastidi nel corso della giornata del 4) ma senza concludere gran che, né le cose variarono con l'entrata in gioco del resto del battaglione. Fra le 2 e le 3 del mattino la situazione si cristallizzò: gruppi di attaccanti, rimasti fra mucchi di cadaveri e carcasse di veicoli, sparavano di tanto in tanto risvegliando all'improvviso l'intero settore. Poi pattuglie di paracadutisti cominciarono a sortire dalle linee per recuperare armi e mezzi ancora efficienti giacenti sul campo di battaglia e per catturare prigionieri. In questa circostanza una pattuglia catturò il gen. Clifton, comandante della 6a brigata neozelandese, con documenti operativi e carte s.egnate, smarritosi mentre si recava a cercare il suo 26° . 95 battag110ne . Nel frattempo il II Buffi si accorse del vivo combattimento alla sua destra, spinse pattuglie sino ad incontrare posizioni tenute da paracadutisti tedeschi, rimase incerto sul da farsi essendo privo di collegamento con il Comando di brigata, poi all'alba fu raggiunto da un ordine che lo passava alle dipendenze della sa brigata neozelandese. Il gen. Kippenberger riportò invece qualche successo, ma la conclusione non poteva essere molto differente. Alle 22 la sa brigata si diresse verso sud fra il terzo ed il quarto campo minato, con il 28° battaglione Maori a destra ed il 21 ° a sinistra; seguiva uno squadrone di Valentine; il 23 ° battaglione si trovava in secondo scaglione, con parte del 22°. Dapprima non emersero difficoltà, ma ben presto si verificò un pericoloso scollamento: il 21 ° battaglione deviò verso


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

oriente, schierandosi lungo il lato occidentale del quarto campo minato, mentre i Maori proseguivano in linea retta per proprio conto verso la 90a leggera. Fra i due battaglioni, i Valentine del 50° Royal Tanks, seguiti da un reparto del 22° battaglione, procedettero soli, ingannati dai razzi da segnalazione tedeschi, che credettero amici ed intesi ad indicare la strada da seguire. Andarono così a sbattere contro un campo minato difeso dal 155° f. tedesco, saltando quasi tutti sulle mine. La grossa colonna dei Maori ebbe vita avventurosa. Incontrò inizialmente il 900° battaglione genio tedesco; fattasi largo, si diresse verso occidente, penetrando dove non trovava resistenza. In questo girovagare incappò nella Trieste. Questa, già sistemata a difesa nella zona di Deir el Muhafid, alle 15,30 aveva ricevuto ordine di arretrare su Deir el Munassid per proteggere la ritirata in corso dell'Ariete e della Littorio, lasciando in sito soltanto il caposaldo della 1a compagnia del 65° fanteria, collocato all'estrema sinistra della divisione, a cavallo della pista proveniente da Alam Nayil, per controllare l'intervallo fra due campi minati. Poco prima delle 18, il 65° fanteria abbandonò Deir el Muhafid ed un'ora dopo iniziò a raccogliersi qualche chilometro a sud della 1 a compagnia; alle 19,30 fu la volta del 66° fanteria a cominciare il movimento retrogrado verso la nuova dislocazione, stabilita ad occidente del 65° fanteria. Il primo urto neozelandese si delineò verso le 21,30. Investi le posizioni tenute da un battaglione paracadutisti tedeschi della brigata Ramcke e dalla 1 a compagnia del 65° fanteria, e gradatamente andò aumentando di intensità. Poi, semisommerso i[ caposaldo italiano96, dilagò verso sud lungo la pista e pervenne a contatto con la sinistra del 1/65° fanteria, tutt'ora in fase di sistemazione. Nell'oscurità la situazione diventò estremamente confusa, ma il 66° fanteria, in arrivo da Deir el Muhafid, si schierò subito ad ovest del 65°, fronte a nord, chiudendo il pericoloso vuoto esistente tra i paracadutisti tedeschi ed il 65 ° fanteria. La lotta durò fino all'alba, quando gli attaccanti riuscirono a sganciarsi sotto la protezione di forti concentramenti di artiglieria. Comunque, la Trieste ebbe parecchio a soffrire, specialmente per il fuoco delle batterie nemiche: 140 perdite umane, 13 autoveicoli ed alcune armi di reparto distrutti. Un'aliquota dei Maori proseguì ancor più verso occidente, finendo contro l'estrema destra del IX battaglione della Folgore e qui il suo impeto terminò. Persi molti uomini e con la maggior parte dei rimasti feriti, il piccolo complesso tornò indietro per ricongiungersi al proprio battaglione. Complessivamente, comprese le azioni di rastrellamento, le perdi-


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te del 187° fanteria ammontarono a 38 morti (fra i quali i due comandanti di battaglione) e 45 feriti (fra cui il comandante del reggimento). All'alba del 4 l'operazione Beresford si affievolì. Rommel ordinò un vigoroso contrattacco locale ad opera di un battaglione della 21 a Panzer con una compagnia della Trieste. A mezzogiorno la 5a brigata neozelandese era respinta a nord di Deir el Munassib, poi rapidamente l'azione nemica si spense. Intanto l'Ariete e la Littorio, passati i campi minati, lasciavano ad oriente di ]anuary due teste di ponte collegate a sud e ad ovest con il 3° ed il 33° gruppo esplorante tedesco. Il guadagno neozelandese consisteva in un paio di chilometri di zona desertica e nella creazione di un saliente pericolosamente esposto. Era prevista originariamente una prosecuzione dello sforzo, ma alle 19,20, dopo un giro di ricognizione del fronte, Freyberg dissuase Horrocks da una simile idea e, piuttosto che lasciare le truppe su posizioni di incerta saldezza, propose un ripiegamento completo. Montgomery, portato a conoscenza della proposta, approvò. Le perdite dell'attacco furono forti: 700 uomini della 132a B.f., 124 della 5a B.f. e 159 della 6a B.f. neozelandese. L'ordine del giorno di Freyberg disse, fra l'altro: «Se confrontiamo le nostre perdite con quelle inflitte al nemico e valutiamo le conseguenze che la nostra manovra ha avuto sul piano dell'avversario, dobbiamo affermare che il successo dell'operazione è stato notevole»97. Evidentemente alludeva alla ritirata della massa di manovra del1'AIT, che invece dipendeva da ben altro ed era stata già decisa in precedenza. La rinuncia all'offensiva lasciò il segno nelle truppe italo-tedesche. Valga al riguardo l'annotazione che figura nel diario storico del XX corpo: «Il breve ripiegamento eseguito e l'abbandono di alcune posizioni conquistate ha molto influito sul morale della truppa, facendo scemare tutto l'entusiasmo dei primi giorni della ripresa offensiva e qualcuno, non rendendosi conto dei motivi che potevano aver determinato la decisione del ritorno alle posizioni iniziali ha persino giudicato la situazione grave e precaria».

Alle 8 del 5 settembre, mentre De Stefanis stava comunicando ai suoi tre divisionari le disposizioni per un migliore assetto delle unità, Rommel si presentò al Comando del XX corpo ed annunciò che la drammatica situazione dei rifornimenti costringeva ad assumere un atteggiamento difensivo e che l'offensiva era stata sospesa proprio per mancanza di carburante. La nuova linea di resistenza doveva essere organizzata sull'allineamento est Bab el Qattara-Deir el Angar-Deir el Munassib-Qaret el Himeimat (schizzo n. 74). La Trieste, schierata fra Deir el Angar e Deir


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Schizzo n. 74



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LA SECONDA BATTAGLIA DI EL ALA.\.1EIN

el Munassib (compreso), passava alle dipendenze del X corpo, mentre al XX corpo veniva affidata la responsabilità del settore fra Deir el Munassib e Qaret el Himeimat e del fronte sud da Qaret el Himeimat, -appunto, a Naqb Abu Dweis, avvalendosi per quest'ultimo scopo del 187° f. della Folgore con il II e IV battaglione, e del Comando 186° f. con il V battaglione. La difesa ad oriente doveva collocarsi fra i due grandi campi minati, con la Littorio a nord e l'Ariete a sud. Il DAK per il momento si trovava ancora ad est di January ma ben presto sarebbe stato ritirato e dislocato con una divisione verso il mare e l'altra in zona Gebel Kalakh. Non appena possibile anche il XX corpo sarebbe passato in riserva. Il ripiegamento del DAK giunse a termine il 6 settembre senza eccessivo disturbo da parte avversaria. Montgomery, che dapprima aveva creduto all'intenzione di Rommel di tornare sulle posizioni di partenza, alla fine comprese che il suo antagonista intendeva arrestarsi ai campi minati ed alle 7 del 7 settembre decise di lasciarvelo stare. Horrocks protestò che in tal modo non soltanto venivano regalati al nemico i campi minati britannici, ma altresì ottimi punti di osservazione sul settore del 13° corpo, ma Montgomery spiegò che Rommel avrebbe visto benissimo tutti i preparativi dell'8a armata destinati ... ad ingannarlo sulla futura terza battaglia di El Alamein98 • La tesi sembra un poco zoppicante, però Horrocks se ne dovette accontentare. Tirando le somme, le due armate segnalarono le seguenti perdite, considerando il totale dei morti, feriti e dispersi per il personale ed i soli mezzi distrutti per i carri e gli automezzi: AIT

uomm1 pezzi campali pezzi controcarri carri armati automezzi aerei

ted.

Ìt. (***)

tot.

1.804

1.051 6 16 11 97 5

2.855 17 36 47 324 41

11

20 36 227 36

8· armata (**) 1.640 18 68 ? 68

(*) Dati forniti da Rommel all'OKW. Alexander nel suo Despatch citato affermò che 42 carri tedeschi ed 11 italiani, quasi 700 automezzi, 30 pezzi campali e 40 controcarri furono abbandonati sul campo di battaglia. (**) Dati forniti da Alexander nel suo Despatch. (**") Le perdite del XX corpo fra il 30 agosto ed il 4 settembre furono di 59 morti, 228 feriti e 134 dispersi; 11 mezzi corazzati, 84 automezzi, 6 pezzi campali e 9 controcarri.


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LE O PERAZIONI IN AFRICA SE'ITENTRIONALE

4. CONSIDERAZIONI.

Poco c'è da dire sulla seconda battaglia di El Alamein: fu una battaglia sbagliata. Rommel ne parlò nelle sue note di guerra, ma si preferisce riportare quanto disse nel corso di un gran rapporto tenuto ai comandanti di corpo d'armata e di divisione il 22 settembre, prima di tornare in Germania a curarsi. In merito alla deludente offensiva, l'ultima in terra africana, egli affermò:

«(...) Abbiamo dovuto interrompere le recenti operazioni offensive in dipendenza della situazione catastrofica dei rifornimenti. In pochi giorni sono state affondate parecchie migliaia di tonnellate di naviglio. L'attacco era, d'altra parte, legato alla luce lunare. Le operazioni ci hanno offerto utili insegnamenti. Solo chi agisce di sorpresa e rapidamente potrà conseguire un successo; occorre attraversare nel minor tempo possibile i campi minati; ogni fermata dovuta a necessità logistica, come fare il pieno dei serbatoi, è dannosa. Una volta iniziato l'attacco, questo deve svilupparsi senza fermate di alcun genere per rifornimenu o altro; solo la rapidità fa subire le minori perdite. Siamo stati obbligati a fermare per rimuovere i campi minaci e per effettuare rifornimenti di carburante; ciò ha consentito all'avversario di concentrare contro di noi artiglieria ed aviazione. Prima dell'attacco i comandanti delle aviazioni tedesca e italiana ci avevano assicurato che non avremmo avuto da temere da parte dell'aviazione nemica; di fatto l'efficienza di questa non era stata giustamente valutata. L'azione aerea nemica è stata forte; i bombardamenti diurni e notturni sono stati il nostro incubo, specie per i loro effetti morali. Io confido che le nostre forze aeree riescano ad ottenere analoghi effetti ai danni del nemico. I combattimenti della caccia hanno scarse conseguenze; l'impiego degli Stuka è risultato uno stillicidio. Abbiamo dovuto sopportare bombardamenti aerei ripetuti sui medesimi punti; il nemico è riuscito anche di notte a trovare i suoi obiettivi: ha preso di mira soprattutto i pezzi contra~reì e da 88. L'armata ha interrotto l'offensiva ed ha assunto atteggiamento difensivo su posizioni che saranno favorevoli per un attacco futuro. Abbiamo potuco comprendere nelle nostre posizioni meridionali i campi minati inglesi ed abbiamo a nostra disposizione terreno dominante, che ci offre buone possibilità per ulteriori operazioni. Io confido che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi noi potremo rafforzare l'armata. Il problema è solo questione di rifornimenti. Importanza capitale riveste la padronanza del Mediterraneo. Per ora l'armata non riceve abbastanza per vivere. Noi tutti ambiamo dì procedere verso l'Egitto, ma adesso non possiamo arrischiare una nuova offensiva. Io passerò all'offensiva quando avrò abbastanza per farlo; forti dotazioni di benzina, mezzi di ogni genere rd effettivi completi. Nel frattempo ci teniamo sulla difensiva. Naturalmente la difesa sarà integrata da spunti offensivi qua e là, dove il nemico offra occasione (...)» 99 ,


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peraltro sembrò consapevole che «era tramontata l'ultima occasione di occupare il canale di Suez»100 • Vediamo, o meglio torniamo ancora una volta sugli argomenti presentati: sorpresa, aviazione, rifornimenti. La mancata sorpresa è ascritta ai campi minati, al ritardo della marcia delle unità, in specie del XX corpo, alla conoscenza del piano da parte britannica. Sulla sottovalutazione dell'ostacolo minato è chiara la responsabilità del Comando tedesco: i campi erano molto scarsamente noti nelle loro dimensioni e nell'esatta ubicazione e nessuna ricognizione specifica risulta essere stata compiuta preventivamente. Si riteneva in modo generico trattarsi di elementi discontinui e di limitato valore impeditivo, non tali quindi da rappresentare ostacolo. Di conseguenza, il calcolo dei tempi venne fatto dal Comando AIT come se dalla zona di raccolta alla base di partenza per l'attacco (dai 40 ai 60 chilometri) fosse questione di una semplice marcia di trasferimento. Le riserve form ulate da De Stefanis sulla ristrettezza e sulla rigidità di tali tempi furono inutili: il nemico non doveva venir considerato ed il piano sarebbe riuscito soltanto eseguendone fedelmente l'impostazione. Questo l'atteggiamento mentale tedesco. Così alle 3 del 31 agosto, quando le colonne affiancate ed in bell'ordine avrebbero dovuto toccare la base di partenza, non erano stati percorsi che otto chilometri. Ed alle 5, ora fissata per l'inizio dell'attacco, le divisioni si trovavano sempre impigliate nei campi minati, in attesa del lento e faticoso deflusso dell'ingente massa di autoveicoli, continuamente soggetta all'azione martellante della Desert A ir Force. In tema di sorpresa, ignorando le decrittazioni inglesi dei messaggi Enigma e pur attribuendo all'intensa attività della ricognizione aerea britannica ampi meriti per la tempestiva individuazione della manovra, Rommel non perse l'occasione per accennare, per quanto di sfuggita ed in forma dubitativa, a qualcosa che già in precedenza aveva formato oggetto di dubbi assai pesanti nei confronti dell'alleato italiano. Il fattore sorpresa sarebbe venuto a mancare anche e soprattutto per avere il nemico ricevuto indicazioni precise sul disegno operativo dell' AIT: «Alcuni britannici dissero persino che il loro Comando era stato informato del nostro piano di attaccare sul fronte meridionale da un alto ufficiale dell'esercito italiano»101 • È vero che Bayerlein stimò doveroso annotare che tale voce non aveva trovato riscontro da parte nemica, ma una precis~ione non guasta. L'8 settembre Rommel segnalò a von Rintelen che prigionieri britannici avevano dichiarato essere i soldati italiani, caduti in mani ingle-


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si, molto inclini a parlare: notizie di panicolare valore relativo alla manovra dell' AIT sarebbero state fornite da un ufficiale (non fece menzione di ufficiale superiore) catturato poco prima dell'azione. Naturalmente il Comando Supremo chiese i nomi dei prigionieri in questione per farli interrogare nuovamente ed a fondo da Delease, alla presenza beninteso di un ufficiale tedesco. Il Comando AIT rispose preannunciando l'arrivo a Roma dei verbali d'interrogatorio a mezzo del ten. col. von Mellenthin, che rimpatriava, ma l'unico documento presentato si riferiva ad un sottufficiale inglese e la dichiarazione rimaneva nel campo della più assoluta indeterminatezza e genericità. A questo punto Cavallero, dopo aver incaricato il gen. Marras di segnalare l'accaduto all'OKW, significando che «il Comando Supremo italiano non fa com·

menti e lascia all'OKW di giudicare e provvedere nel modo che riterrà più opportuno»102, replicò molto seccamente a Rommel: «Comando Supremo ha ricevuto et esaminato verbale interrogatorio prigionieri inglesi trasmesso da codesto Comando con f. 6706, data 11 settembre. Sulla base di tale esame, Comando Supremo ha constatato che interrogatorio non è stato approfondito et manca perciò delle necessarie fondatezze per giustificare asserzione contenuta nel telegramma 6179 del Comando AIT in data 8 settembre. Comando Supremo est molto spiacente che non gli sia data possibilità procedere ora ad un interrogatorio più accurato degli stessi prigionieri come era suo proposito di fare» 103 •

Sul secondo elemento determinante, la preponderanza massiccia · dell'aviazione britannica, c'è poco da commentare: era un dato di fatto. Ricordiamo che i compiti offensivi in campo strategico venivano affidati da parte italiana all'Aeronautica Egeo e da pane tedesca al X Fliegerkorps di base in Grecia. Talvolta l'Aeronautica Sicilia forniva rinforzi. Invece per l'appoggio all'AIT, secondo gli accordi stipulati a suo tempo, l'impiego dei repani della sa squadra (Settore Est) e del Flieger· fuhrer era coordinato da quest'ultimo, il quale riceveva da Rommel la situazione terrestre e le richieste d'intervento. Le disponibilità di apparecchi erano, come sappiamo, piuttosto limitate e per giunta il maggior ricorso alla caccia italiana necessariamente fatto dal gen. Seidemann recava più di una preoccupazione. Marchesi, infatti, desiderava evitare il logorio contemporaneo dell'intera massa da caccia, che non avrebbe trovato possibilità di reintegro, essendo le consegne di velivoli e di motori effettuate dalla produzione gradualmente a piccole serie non aumentabili. Né, dopo il previsto e già iniziato afflusso in Libia del 15° stormo, specificò Fougier a Cavallero, «sarebbe possibile un qualsiasi

incremento, in quanto non esistono in Patria altri reparti da caccia e da assalto pronti per l'impiego» 104•


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Per inciso, da metà luglio i tre campi d'atterraggio avanzati italiani erano nella zona ad ovest di Fuka e consentivano un adeguato decentramento dei reparti d'aviazione. I tedeschi, invece, si erano spinti ancor più ad oriente, tanto da richiedere una protezione della caccia sul proprio cielo continua anziché su allarme, come in uso in ambito italiano. A parte ciò, la cooperazione aeroterrestre fra R. Aeronautica e truppe italiane risentiva gravemente di due deficienze: scarsissima rispondenza dei teli da segnalazione esposti dai reparti perché troppo piccoli, poco visibili e rapidamente assumenti il colore della sabbia; mancanza di collegamenti radio operativi con le grandi unità in linea per impreparazione dei radiotelegrafisti dell'esercito. Queste carenze erano accentuate dal fatto che l'intesa fra la R. Aeronautica ed i tedeschi era ottima: questi ultimi adoperavano largamente candelotti a fumata color viola, molto efficaci, ed i collegamenti funzionavano tanto bene che le richieste tedesche d'intervento venivano esaudite, naturalmente a scapito delle esigenze delle divisioni italiane. Rommel lamentò di aver ricevuto fallaci garanzie circa l'appoggio aereo da Marchesi e da Seidemann, ma è presumibile intendesse riferirsi a Kesselring. In effetti, nelle riunioni preliminari gli era stato assicurato che la caccia dell'Asse sarebbe sempre potuta intervenire nel cielo dell'azione, nelle ore diurne, riducendo al minimo se non a zero il pericolo di intensi bombardamenti avversari. Per converso, era stato chiaramente affermato che mancavano i mezzi (cioè la caccia notturna) anche solo per limitare la presenza nemica durante la notte. Purtroppo la mas;a aerea di Coningham si rivelò fortissima ed infierì sulle truppe, provocando, oltre alle perdite, un logorio nervoso che alla lunga non poté non pesare sull'aggressività degli uomini e dei comandanti. Non per niente il bollettino diramato dall'AIT la sera del 1° settembre riportava, fra l'altro: «Gravissimi qttacchi aerei effettuati ininterrottamente di giorno e di notte, hanno causato rilevanti perdite in personale et materiale, influendo notevolmente sullo spirito combattivo delle truppe». Peraltro l'importanza dell'elemento «perdite» ad opera della Desert Air Force sembra suscettibile di ridimensionamento. Rommel affermò essere tali perdite «straordinariamente elevate>> e Kesselring raccontò di aver saputo dal Fliegerfuhrer che la sospensione della manovra il mattino del 31 fu determinata dal fatto che Rommel era rimasto «impressionato» dalla violenza dell'offesa aerea britannica. Simile spiegazione non persuade molto, giacché il numero dei morti e feriti durante i sei giorni pare rientrare nel campo della normalità: basti pensare alla 2a D.f. neozelandese, che nella sola operazione Bereiford perse un


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migliaio di uomini. Quello che invece deve aver influito negativamente su Rommel fu lo sconquasso nelle colonne ed il continuo stato di tensione determinati dalle incursioni della Desert Air Force. Quando Kesselring affermò che il rovescio fu dovuto in primo luogo a motivi psicologici, certamente alludeva anche all'aviazione britannica. Al peso degli aerei nemici, si può aggiungere sub ito quello dell'artiglieria. Era conosciuta per le ottime qualità del materiale, per la superiore gittata e le modalità del tiro. A ciò si aggiunse un'impensabile disponibilità di munizioni. Nessuna meraviglia se, data l'intensità degli interventi e l'impossibilità concreta di una controbatteria da pane italo-tedesca, essa assunse immediatamente un ruolo di primissimo piano. Il terzo argomento chiamato in causa è rappresentato dalla disponibilità di carburante. Il tallone di Achille per l' AIT era costituito dalla vulnerabilità della linea di comunicazioni. Giustamente Alexander osservò. che questa non era mai stata così precaria e proprio tale constatazione lo indusse ad intensificare gli attacchi aerei contro le navi del!' Asse ed in specie le petroliere. Le ripercussioni sul!' offensiva furono immediate a causa dell'inesistenza di un volano in grado di assorbire le interruzioni nel flusso del rifornimenti della madrepatria. Il mattino del 1° settembre, con l'avanzata della 15a Fanzerdivision sin quasi ad Alam el Halfa, la situazione tattica sembrò al Comando AIT ed al DAK avviarsi verso una felice conclusione. In quel mo-· mento si presentò in termini gravissimi la crisi della benzina. Partita, come le altre divisioni corazzate, con un'autonomia di circa 300 chilometri, la 15a Panzer denunciò un residuo di appena 40 chilometri. Nessuna compensazione possibile nell'ambito del DAK; nessuna speranza di un promo intervento dagli organi logistici tedeschi. In queste condizioni Rommel non se la sentì di continuare. Sull'argomento prese posizione Kesselring. Anzitutto tenne ad accettare la responsabilità della mancata consegna ali' AIT di 500 tonn. di benzina promesse dopo l'affondamento del S. Andrea, con 1.300 tonn. di benzina per le unità tedesche. Solo dopo la guerra egli venne a sapere che quel quantitativo non era mai arrivato a destinazione (Westphal spiegò che si era <(consumato da solo» nel viaggio verso il fronte), ma «non credo che ciò abbia avuto un 'importanza decisiva>) sostenne. E spiegò: «li fatto che tutte le forze motorizzate effettuarono operazioni di difesa mobile fino al 6 settembre usando le riserve ancora esistenti in Africa, prova che si disponeva del carburante necessario per la continuazione dell'offensiva, soprattutto aggiungendo le quantità che sarebbero state catturate al nemico» 1c•.


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Il ragionamento è, almeno in parte, opinabile. Potrebbe valere per dimostrare l'intempestività dell'interruzione dell'avanzata del DAK, ma obiettivamente non si può ritenere che van Vaerst abbia preso la decisione senza una reale pericolosa carenza di benzina. Che ce ne fosse in Africa non basta. Doveva essercene sul campo di battaglia. Ed evidentemente per 24 ore od anche meno essa mancò al DAK e sappiamo quale valore avesse il tempo in quei giorni. Quanto a poter proseguire la manovra con il carburante catturato, è tesi piuttosto azzardata. La preda bellica certamente fu in larga misura utilizzata nelle pause dei combattimenti, tuttavia un piano non può fondarsi sulla presumibile acquisiz,ione di depositi nemici. Ben vengano, ma si considerino tutt'al più come riserva. È verosimile che ognuno dei coefficienti negativi citati, nonché la perdita di Nehring e di Bismarck, abbia avuto la sua parte nella determinazione di Rommel, comunque, come ben rilevò Mancinelli: «Per ovvie ragion~ lo Stato Maggiore dell'AIT ha preferito poi mettere in particolare rilievo il fattore carburante, estraneo alla sua sfera di responsabilità, talché nessun rilievo di errata valutazione e di imprevidenza potesse 107 essere sollevato a suo carico» • Naturalmente non si può disconoscere o minimizzare il significato limitativo dell'indisponibilità di benzina in ambito germanico (i carri italiani erano dotati di motore a gasolio), d'altra parte è incontrovertibile, come risulta chiaramente dalle numerose testimonianze riportate in precedenza, che comandanti e Stati Maggiori tedeschi fossero convinti di poter cogliere un altro successo. Pur consapevoli delle difficoltà di rifornimento; pur conoscendo l'incompletezza del XX corpo, che, tra l'altro, dovette lasciare sulle posizioni iniziali i due terzi delle fanterie ed un terzo dell'artiglieria; pur avendo motivo di ritenere che la ripetizione dello schema di manovra posto in atto ad Ain el-Gazala fosse prevista dal Comando dell'8a armata in base ad un semplice esame della carta topografica; pur possedendo elementi probanti sulla superiorità della Royal Air Force; pur sapendo tutto questo Kesselring, Gause, Nehring, Bayerlein si dichiararono, in quei giorni o più tardi, fiduciosi nella riuscita del piano. Sembra anzi si sia verificata una maggiore convinzione per questa battaglia che non per quella di Ain el-Gazala. Adesso il più dubbioso era Rommel, sul quale agì fortemente la «certezza che se avessimo lasciato passare inattivi quel periodo di luna piena, avremmo perduto una volta per sempre l'ultima occasione di riprendere l'ojfensiva» 108 • La critica più serrata all'atteggiamento mentale di Rommel venne mossa da Kesselring. A suo avviso, il 1° settembre la vittoria ad Alam


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el Halfa era «già a portata di mano» e la sospensione offrì all'avversario modo di riprendersi. Da questa premessa discende logicamente il commento negativo: «Quando(...) con decisione giusta o no - non è qui il caso di esprimere un giudizio al riguardo - si era ormai in fase d'attacco, l'azione avrebbe dovuto venir continuata senza sosta, e senza riguardo alle perdite, affinché le eruppe potessero superare il punto critico, spiegarsi su un terreno meno pericoloso e sottrarsi all'azione dell'aviazione avversaria. Questa ferrea volontà di resistenza mancò; se essa non esisteva fin dal principio, sarebbe stato meglio non iniziare neppure un'operazione di cui erano noti gli immensi rischi. Che l'operazione in sé avesse buone probabilità di successo è dimostrato nel miglior modo dal giudizio espresso da Montgomery sulle difficoltà di rintuzzare un attacco tedesco nel mese di agosto» 1C9.

Il fatto è che la vittoria non fu mai a portata di mano e Bayerlein ammise francamente di non aver neppure sospettato la robustezza degli apprestamenti ordinati da Montgomery ad Alam el Halfa. Aggiungiamo che Montgomery parlò del mese di agosto, non della fine di agosto. Da parte avversaria, la battaglia fu impostata e condotta unitariamente come ancora non era mai stata, prevedendo l'impiego a massa di artiglieria e carri con intento generale rigidamente difensivo. Mentre, quindi, Rommel faceva ampio affidamento sulla conosciuta lentezza delle reazioni del Comando e delle truppe britanniche, questa volta gli venne opposta un'inattesa immobilità. Beninteso, tale. atteggiamento passivo era previsto soltanto entro certi limiti di difesa statica: qualora la massa corazzata dell' AIT avesse girato ad est di Alam el Halfa, in direzione di El Hammam, la 10a D.cor. si sarebbe precipitata con i suoi 400 carri sul fianco esposto e sul tergo delle colonne italiane e tedesche. Per noi si trattò di un insuccesso decisivo perché era ovvio che Rommel, non avendo vinto, non poteva più vincere; ma per gli inglesi non si può parlare di vittoria decisiva; Montgomery infatti non aveva lanciato i suoi carri contro il XX corpo ed il DAK fermi a sud di Alam el Halfa; né insistito per recidere alla base il saliente da essi creato; né attaccato a fondo la massa italo-tedesca in ritirata per annientarla. Alexander lo scagionò, ricordando che il suo motto era: niente sconfitte, cioè, in parole povere: «Primo, non prenderle». Come molti altri studiosi o protagonisti, von Mellenthin osservò che la condotta della battaglia da parte di Montgomery fu in linea con le migliori tradizioni inglesi ed indicò uno spiccato accostamento ad alcune vittorie di Wellington, ma «non c'è dubbio che egli abbia deliberatamente lasciato perdere un 'ec-


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ce/lente occasione per isolare e distruggere l'Afrikakorps, quando questo rimase immobilizzato il 1 ° ed il 2 ° settembre» 110 • Montgomery raccolse il rimarco e si giustificò con due motivi. Prima di tutto non era molto soddisfatto del livello addestrativo dell'8 a armata né dei mezzi a disposizione; secondariamente «N on ero affatto ansioso di forzare Rommel a disimpegnarsi ed a ritirarsi in buon ordine sulle posizioni di el-Agheila [!]. Se dovevamo assolvere il compito, era fondamentale far sl che Rommel rimanesse in posto a combattere per poi infliggergli una sconfitta decisiva»m.

Bisogna convenire che Montgomery impostò e guidò la sua prima battaglià con saggia freddezza, senza alcuna concessione allo spettacolare ed al trionfale. Non per niente, in una circolare diramata il 7 settembre ai Comandi di pendenti, egli sottolineò che «non bisogna ballare con la musica degli altri» 112. Del resto il suo migliore difensore, se così si può dire, fu Rommel, proprio un capo assai poco incline per temperamento a simile cautela. Montgomery, egli scrisse, fece bene a rinunciare ad un forte contrattacco per le riconquista del settore meridionale perché probabilmente non gli sarebbe riuscito. Lasciando invece agire l'artiglieria e l'aviazione avrebbe inflitto alla massa di manovra dell' AIT danni sicuramente superiori alle proprie perdite e conservato intatta la potenza dell'8a armata. Lo scacco fu sentito dai Comandi di grande unità e dalle truppe dell'Asse. A più alto livello le reazioni risultarono differenti. Kesselring, ad esempio, ammise che il deludente risultato «fu per me un avvertimento che indicava il naufragio dell'intera campagna d'Africa»u3, tuttavia in quei giorni n on manifestò tale turbamento a Cavallero. Anzi accennò all'eventualità, auspicabile, di un attacco in seguito al quale si poteva <<fJassare al contrattacco e poi ali 'offensiva. Può darsi di dover fare un'offensiva anche senza esser pronti al 100%, perché lo possono consigliare ragioni politico-militari» 114• Cavallero vide l'accaduto e le sue cause sotto una prospettiva particolare e, per dirla tutta, piuttosto deformata: «Maresciallo Rommel ha comunicato di aver sospeso l'azione perché i rifornimenti arrivano male e, a prescindere da questo fatto, gli è mancata la sorpresa essendo arrivato a una linea da lui prefissata alla sera del 31 anziché al mattino. Inoltre l'aviazione tedesca non gli ha dato il rendimento che si attendeva. È evidente che per la terza volta vi è dissidio fra lui ed il maresciallo Kesselring» 11;

Ad ogni modo, nei giorni seguenti la realtà venne proposta a Roma senza margine ad equivoci. ll primo a parlare fu Mancinelli, che il


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5 indirizzò al Comando Supremo un telegramma molto esplicito sulla situazione del momento e sull'immediato futuro: «Giudizio situazione presso Comando AIT. Non ancora parlato in proposito con Rommel, ma non - dico non - dubito concordare pienamente. Occasione favorevole per rapida conquista Egitto definitivamente perduta. Preparazione nuova operazione richiederà almeno tre mesi, ammesso che vengano inviate sufficienti forze, mezzi, riserva logistica. Infattì 22• divisione tedesca inizierà trasferimento soltanto fine corrente mese ed impiegherà(.. ?..) un mese al ritmo della 164•. Con assoluto ottimismo si considera invece eventualità attacco inglese che anzi potrebbe sbloccare nostro favore attuale situazione. Tale eventualità ritenuta poco probabile, perché nelle attuali contingenze generali difficoltà posizione Alamein .rappresentano per inglesi soluzione più economica. Naturalmente circostanze esaminate, che sono circoscritte locale teatro di operazioni, potrebbero essere influenzate et anche totalmente mutate da sviluppi Caucaso. Rommel verrebbe(...) in Europa per periodo di riposo» 11•

Poi fu la volta di Barbasetti. Ricevuto da Rommel il 7, si affrettò a riferire a Roma i punti essenziali del colloquio. Si trattava della versione del maresciallo tedesco sugli avvenimenti recenti: l'offensiva non aveva ottenuto il successo sperato anzitutto perché il nemico se l' aspettava, grazie ad informazioni di prigionieri; il campo di manovra, intersecato da vasti tratti minati e da zone di difficile percorribilità aveva pesantemente rallentato lo sviluppo del piano; fin dal secondo giorno la crisi di carburante era apparsa assai grave; l'aviazione inglese, infine, aveva imperversato indisturbata con bombardamenti «infernali». Da simile crisi l' AIT si era districata onorevolmente in virtù di un «saggio ripiegamento verso posizioni opportune» e Rommel aveva tratto dagli avvenimenti due insegnamenti principali: assoluta inopportunità di intraprendere offensive senza la garanzia dei rifornimenti; impossibilità di affrontare l'avversario con una differenza troppo marcata in aviazione, carri e artiglieria. <<Avevo già fatto presente che nella situazione in cui eravamo non si potevano fare operazioni a largo raggio» aveva però soggiunto Rommel, pur senza scendere in precisazioni. In definitiva, l'offensiva nel settore meridionale del fronte non appariva più ipotizzabile, considerata l'estensione dei campi minati nonché la superiorità materiale dell'8a armata e della Desert Air Force. Al momento l'unico contegno da tenere era quello di approfittare dei campi minati britannici a scopo difensivo, ma per rimanere sulla linea di El Alamein, «che rappresenta ora La Linea definitiva in Africa», si era costretti ad impiegare in posizione avanzata anche parte delle truppe mobili. Una volta che i corpi motorizzati fossero stati interamente raccolti a tergo, quale massa di manovra, ed il X ed il XX corpo fossero stati ulteriormente


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rinforzati, allora si sarebbe stati tranquilli sulle posizioni di El Alamein in atteggiamento difensivo. Quanto agli inglesi, aveva continuato Rommel, bisognava prevedere un loro attacco frontale ed azioni nelle retrovie a mezzo di unità paracadutiste e di commando. Per riprendere l'offensiva l' AIT aveva bisogno di una o due divisioni tedesche ed altrettante italiane (la Pistoia poteva rimanere a guardia delle retrovie, ma la Pavia doveva tornare in linea), ed un incremento dell'aviazione. Inoltre occorreva, e Barbasetti aveva assicurato il suo impegno in merito, costruire una pista di arroccamento ad immediato ·tergo delle posizioni, dotare la Folgore di un maggior numero di pezzi controcarri ed aumentare la potenzialità, già soddisfacente, della ferrovia di Tobruk. Tutto ciò era il succo del colloquio, ma Barbasetti non tralasciò qualche commento personale: «a. il maresciallo mi è apparso pieno di disappunto per i fatti occorsi; desideroso quasi di un consenso, di un'approvazione. Più volte ha chiesto il mio pensiero. E alla fine ha soggiunto essere sua intenzione, appena consolidata la fronte difensiva, recarsi a Roma ed a Berlino per parlare personalmente col Duce e col Fiihrer, e personalmente esporre loro la situazione ed i fatti; b. la narrazione delle cause dell'abbandono dell'offensiva mi è apparsa talora incerta, talora reticente, talora contrastante, specie nella classifica dell' ordine di importanza delle varie cause. Il maresciallo è caduto in contraddizione nel descrivere il suo contegno e le sue decisioni; c. è voce diffusa, e accreditata da parecchi indizi assai attendibili, che contrasto di opinioni e conseguente nuovo dissidio personale, non sempre celato, sia nato fra Rommel e Kesselring prima o durante (o prima e durante) le operaziorn; d. invero, l'aviazione germanica è stata scarsa (come quantità di apparecchi effettivamente disponibili), mentre quella italiana - che era superiore alle stesse disponibilità del maggio scorso - non è stata sfruttata dal Comando tedesco a pieno, quasi che Rommel non volesse e non ritenesse di ricorrere fortemente all'aviazione, che egli considera un mezzo agli ordini di Kesselring; e. il generale Nehring, ferito da aereo, comandante del corpo d'armata tedesco corazzato, e quindi bene al corrente delle vere idee di Rommel, ha dichiarato che non era intenzione del Comando tedesco sferrare grande offensiva, ma soltanto puntata in forze che, se riuscita, avrebbe preso grandi proporzioni; f. presso il XXI e X corpo d'armata, cioè queUi impegnati in sole azioni dimostrative, presso la parte avanzata della sa squadra aerea e presso qualche elemento vicino a Rommel stesso [riferimento evidente a Mancinelli], non ci si è data completa spiegazione deUe ragioni del ripiegamento; le grandi unità predette però non hanno elementi cosl vicini di giudizio come poteva averli ad es. il XX corpo d'armata, che non è riuscito a compiere nel tempo stabilit0 i movimenti a lui ordinati. È certo che la sospensione dell'offensiva attesa e desiderata dalla massa della


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truppa, qualunque siano state le cause della sospensione, ha costituito una disillusione per le truppe stesse ( ...)» 111•

Il quadro è ormai completo. Rommel, consapevole della propria inferiorità e soprattutto insicuro per i rifornimenti, iniziò controvoglia l'operazione non ripromettendosi grandi obiettivi ma pronto a sfruttare al massimo qualunque occasione. Constatato il fallimento della mossa, preferì non insistere in quella che ormai stava diventando un'impresa avventata. Sono sintomatiche le prime due righe di un rapporto che l'ufficiale di collegamento dell'ufficio informazioni di Delease presso il Comando AIT inviò al proprio capo ufficio: «Finita l'azione, Rommel è ritornato qui al posto di comando [tattico] di ottimo umore e come se si fosse liberato da un pensiero assillante (... )» 118• Cavallero si rese ben conto dei fatti, ma si lasciò andare a commenti sul piano operativo cui egli stesso non poteva credere. Al gen. von Thoma, di passaggio a Roma per recarsi ad assumere il comando del DAK, in sostituzione di Nehring, prospettò a grandi linee la situazione in Egitto «e metto in evidenza che, se avessimo avuto una brigata di più nella recente azione, saremmo arrivati al Cairo. Comunque ho piena fiducia in una futura avanzata vittoriosa!» 119 •


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NOTE AL CAPITOLO OTTAVO 1

C. AUCHINLECK, Despatch cit., app. 21, p. 395 e segg. Cfr.C. BARNETT, op. citata, app.

B, p. 457 e segg. 2

A. BRYANT, op. citata, p. 45. W. CHURCHILL op. citata, pp. 59-60. • Sui cambi c'erano state discussioni ed esitazioni di vario genere, tanto più che I'epurazione toccava anche i comandanti della 9• armata (gen. Wilson) e della 10• armata (gen. Quinan). Per l'S• armata ChurchilJ si impuntò su Gott, che invece a Brooke era apparso stanco e sfiduciato (A. BRY.....NT, op. citata, p. 410 e seg.). 5 W. CHURCHlLL, op. citata, p. 67. Questa frase costerà una ritrattazione a Churchill allorché, dopo la guerra, il testo del telegramma venne inserito nella prima edizione delle Memorie. Dorman-Smith, infatti, citò Churchill per diffamazione e questi acconsentl ad inserire una nota chiarificatrice nelle edizioni successive (C. BARNEIT, op. citata, pp. 338-339). 6 lbùl.em, p. 73. 7 Ibidem, p. 78. Nel primo colloquio con Alexander, Churchill espresse il proprio rammarico per l'esonero di Auchinleck con parole toccanti: «È come uccidere un magnifico cervo»! (H. ALEXANDER, Memorie 1940-1945, Garzanti, Milano 1963, p. 19). 8 F.H. HINSLEY, op. citata, pp. 408-409 e F. WINTERBOTHAM, op. citata, pp. 87-89. 9 A. BRYANT, op. citata, p . 439. Ai fini del riscontro del piano di Montgomery, è interessante il confronto con il promemoria di Dorman-Smith. IO w. CHURCHILL, op. citata, p. 131. 11 H. ALEXANDER, op. citata, p. 29. 12 BERNARD L. MONTGOMERY, Da El Alamein al fiume Sangro, Garzanti, Milano 1950, p. 3

5. n J. CONNELL, op. citata, p. 716 e C . BARNETT, op. citata, pp. 344-345. L'editore delle Memorie di Montgomery inserì nelle edizioni successive una nota chiarificatrice (C. BARNE'IT, op. citata, app. A). " H. ALEXANDER, op. citata, p. 33. 15 Ibidem, p. 34. 16 Ibidem, p. 34. 17 H. ALEXANDER, Despatcb su The African Campaign /rom El Alamein to Tunis, /rom 10th August 1942 to 13th May, supplemento alla London Gazette del 5 febbraio 1948, p. 841. 18 H . ALEXANDER, Memorie. cit, p. 32. 19 H . KlPPENBERGER, op. citata, p. 180. 20 Le· misure intese a conservare la segretezza di Ultra erano rigorosamente rispettate. Le situazioni ed i movimenti conosciuti attraverso la decrittazione dei messaggi tedeschi Enigma

venivano immediatamente coperte con l'invio di aerei da ricognizione, il cui arrivo nella zona interessata inducesse i Comandi dell'Asse ad attribuire al loro intervento la scoperta di un convoglio nel Mediterraneo o del concentramento di truppe in Africa settentrionale. 21 F.H. HINSLEY, op. citata, pp. 411-412. 22 Per la battaglia aeronavale di mezzo agosto si rimanda essenzialmente a G. FIORAVANZO, op. citata, p. 350 e segg.; A. SANTONI e F. MATTES!Nl, op. citata, p. 233 e segg.; G. SA.NTORO, op. citata, pag. 396 e segg.; I.S.O. PLAYFAfR, op. citata, p. 316 e segg. n DSCS, f. 31900/0p. data 12.8.1942 · allegato n. 31. 2• A. TEDDE, op. citata, p. 286. Tedde dice anche che Bastico diresse a Cavallero una lettera personale rassegnando le dimissioni da ogni incarico e che Cavallero le respinse affermando essere lui, e non Bastico, giudice ed arbitro della situazione. Una lettera del genere non figura né nei diari storici del Comando Supremo e di Superlibia né nel diario Cavallero, quindi si è inclini a ritenere più probabile che Bastico abbia manifestato tale intenzione in via confidenziale e che Cavallero l'abbia facilmente dissuaso con ovvie argomentazioni.


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE 2s

Diario Cavallero.

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G. SANTORO, op. citata, p. 282. Ibidem, p. 285. Vds. SANTONI e MATTESlNJ, op. citata, p. 227.

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Il 12 agosto Rommel fece rappresentare al Comando Superiore la possibilità che il convoglio avvistato nel Mediterraneo orientale fosse interessato ad uno sbarco a Tobruk o SollumMarsa Matruh. Per tale evenienza, considerata anche l'eventualità di un contemporaneo attacco . terrestre sul fronte di El Alamein, Rommel dispose lo spostamento del 3° gruppo esplorante a Sollum e del 580° gruppo esplorante a Matruh e tenne pronto un gruppo tattico costituito con un reggimento motorizzato tedesco ed il gruppo esplorante del XX corpo d'armata. >o MARCANTONIO BRAGADIN, Il dramma della Marina italiana, Mondadori, Milano 1982, pp. 217-218. >t G. SANTORO, op. citata, p. 413. 32 Ibidem, p. 417. 33 Vds. G. FIORAVANZO, op. citata, p. 361. H DSCS, appunto relativo al f. 13156/Serv. data 15.8.1942 del CSFAAS. >5 Il 22 luglio il Comando Superiore aveva presentato al Comando Supremo un programma minimo per il riordinamento delle grandi unità in linea, chiedendo i seguenti reparti organici di nuova costituzione: quattro battaglio ni e tre gruppi da 100/17 per la Pavia; due battaglioni e tre gruppi da 75/27 per la Brescia; due battaglioni ed un gruppo semovente per la Trieste; un battaglione ed un gruppo da 100/17 per la Bologna; un gruppo da 100/17 per la Trento, tre gruppi semoventi per l'Ariete e la Littorio, due battaglioni per il 9° bersaglieri ed uno per il 7°. Complessivamente 6.500 fanti e 6.000 artiglieri, da trasportare via aerea, mentre il materiale poteva essere inviato su navi da carico. Considerando un' afflusso di 300 uomini al giorno sarebbero occorsi 40 giorni dall'inizio delle partenze dall'Italia. Inoltre il Comando Superiore aveva chiesto 24.000 complementi. Ma all'atto pratico ben poco di tutto ciò giunse in Libia. 36 Per ovviare in qualche modo agli inconvenient i dell'impreparazione e del mancato amalgama, il Comando Superiore aveva costituito appositi ceneri di istruzione (uno di fanteria, uno di carristi, uno di artiglieria ed uno del genio) per lo svolgimento di brevi ma intensi cicli addestrativi particolarmente orientati alle forme del combattimento in Africa. Inoltre si svolgevano corsi per ufficiali, sottufficiali e specialisti, sopperendo in tal modo alle lacune più vistos. >7 A titolo di esempio dei «disguidi» che si verificavano, si può citare una lettera inviata il 9 agosto dal Comando Superiore al Comando Supremo. Con essa Barbasetti ricordava che il 6 aprile precedente aveva chiesto il solo personale per due gruppi da 100/17 (uno per il 3° celere ed uno per il 250° artiglieria della Bologna). T aie personale «sta ora ajfiuendo dalla madrepatria» comunicava Barbasetti. Senonché le perdite conseguenti alla battaglia di Ain el Gazala, alla presa di Tobruk ed alla prima battaglia di El Alamein avevano reso inevitabile l'impiego di tutto il materiale accantonato per la costituzione dei due gruppi in questione (24 obici da 100/17, dotaz ioni di batteria e di gruppo, automezzi). Risultato: «Tra breve, quind~ si avrà in A.S. tutto il

personale per due gruppi da I 00 senza avere i pezzi, gli autome-ai e gli altri materiali occorrenti» (DSCSAS, f. 03/10378 O.M. data 9.8. 1942). 38 Il 10 agosto Rommel scrisse nel suo diario: .Xesselring è stato qui ieri. Ci siamo trovati d'accordo sul futuro. Ora si tratta di utilizzare appieno [queste] poche settimane per essere pronti. La situazione sta modificandosi giorno per giorno in mio favore» (B.H. LIDDELL HART, The Rommel Papers cit., p. 263). 9 J DSCSAS, f. 01/16663/ 0p. data 14.8.1942 - allegato n. 32. 40 Cavallero non precisò con chi volesse prendersela, ma è chiaro che la frase era detta con intenzione, affinché von Rintelen la riferisse a Rommel. 41 Diario Cavallero, data 13.8.1942. Il giorno precedente Cavallero aveva anticipato a Rommel che l'AIT, a partire dal 16, sarebbe passato alle dirette dipendenze del Comando Supremo. Fissato, poi, il margine posteriore della zona di giurisdizione dell'armata sull'allineamento Matruh-Siwa, aveva avvertito: «Il Duce conferma k direttive generali in atto ed aggiunge che lo schie-

ramento e tutte le predisposizioni, comprese quelle logistiche, debbono corrispondere ad una sollecita ultimazione dei preparativi in corso per la ripresa. Il momento per questa ripresa sarà stabilito dal Duce» (DSCS f. 32000/0p. data 12.8.1942).


LA SECONDA BATIAGLIA DI EL ALAMEIN

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DSCS, cit. f. 31300/0p. data 26.6.1942 - allegato n. 23. DSCS, f. 300 data 17.8.1942 - allegato n. 33. 44 Vds. E. ROMMEL, op. citata, pp. 213-217. 45 Diario Cavallero, data 18.8.1942. 46 Vds. G. MANCINELLI, op. citata, pp. 158-159, e E. ROMMEL, op. citata, pp. 216-217. 47 DSCS, tele 32076/0p. data 18.8.1942, ore 21, indirizzato a Delease per il mar. Cavallero. La decisione era stata presa nella riunione sui trasporti tenuta al Comando Supremo quel mattino. In tale sede l'amm. Weichold aveva espresso l'opinione che la sospensione del traffico per tre giorni non avrebbe approdato a nulla in quanto non avrebbe fatto sparire i sommergibili inglesi, ed invece aveva chiesto di «insistere a tutti i cosci» nell'invio di rifornimenti in Libia. L'amm. Sansonetti aveva chiuso la d.iscussione obiettando che le unità di scena erano insufficienti e che le navi perdute non si potevano rimpiazzare. 48 DSCS, tele s.n. data 19.8.1942, ore 10,05 del Comando AIT, indirizzato al gen. von Rintelen. ' 9 DSCS, tele 32103/0p. data 21.8.1942. ;o DSCS, f.n. 85 data 22.8.1942, ore 20,35 - allegato n. 34. 51 In agosto sbarcarono effettivamente in Libia circa 52.000 tonn. di materiali di ogni tipo (compresi carburanti e mezzi corazzati), di cui 13.000 fra il 24 ed il 31 agosto. N ello stesso mese il nemico ricevette 450 cannoni, 390 carri, 6.700 automezzi e 72.000 tonn. di altro materiale bellico. ;z In agosto 50 bombardieri britannici in media bombardarono ogni notte Tobruk, i porti minori e le navi alla rada (I.S.O. PLAYFAIRO, op.,;..,.,,, p. 379). n DSCS, f. 31132/0p. data 23.8.1942 · allegato n. 35. ~ Diario Cavallero, data 23.8.1942. ;; Diario Cavallero, data 23.8.1942. ; 6 In realtà il gen. Guderian era ancora in disgrazia. Comandante della 4• armata sul fronte russo, aveva avuto un violento scontro con il mar. von Kluge, suo superiore diretto, in seguito al quale era stato esonerato dall'incarico e collocato nella riserva. s7 Il 24 agosto Rommel scrisse alla moglie che stava un po' meglio e che «certamente non 42 43

lascerò il mio posto finché non porrò passare la mano al mio successore senza preoccupazioni. Non si sa ancora chi verrà (. ..). Al ricmo col quale stuimo logorando i generali in Africa - cinque per divisione in diciotto mesi - non c'è da meravigliarsi che ad un certo punto anch'io abbia bisogno di un concrollo» (B.H. LIDDELL HART, Rommel Papers cit., p. 270). ;s Lettera del ten. Berndt, aiutante di campo del maresciallo, alla signora Rommel in data 26.8.1942 (Ibidem, p. 271). ; 9 DSCS, tele 306/Sit. data 26.8.. 1942, ore 23,15 di Dclease. 60 B.H. LIDDELL HART, Rommel Papers cit., p. 272 61 Delle altre tre navi cisterne in programma, la S. Andrea sarà incendiata da aerei inglesi il 30, mentre si trovava ancora nel golfo di Taranto; !'Abruzzi, colpita da un siluro il 1° settembre, sarà lasciata alla deriva, perderà parte del carico, ma il resto sarà recuperato; la Picci Fassio sarà colata a picco il 2 settembre. 62 DSCS, f. 3963 data 28.8.1942 di Delease - allegato n. 36. 6l DSCS, tele 104/Segr. data 29.8.1942 del Comando AIT. 64 Riferito da Bayerlcin, vds. B.H. LIDDELL HART, Rommel Papers cit., p. 275. 6 ; Diario storico del XX co.rpo d'armata, data 22.8.1942. 66. Le prescrizioni di cui trattasi sono riponate nelle ultime direttive diramate da De Stefanis alle tre divisioni del XX corpo, dopo il rappono di Rommel. È quindi da ritenere che abbiano formato argomento di attenzione da parte del comandante dell' AIT (Diario Storico del XX corpo d'armata, f. 3499/0p. data 29.8.1942). 67 La D.f. Pavia era costituita da: Comando divisione 27° e 28° fanteria su due battaglioni, 26° artiglieria su tre gruppi, XVII battaglione misto genio.


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LE OPERAZIONI lN AFRICA SETTENTRIONALE

68 La D.f. Pistoia era costituita da: Comando divisione, 35° e 36° fanteria e 3° aniglieria. Per il momento erano giunti il 35° fanteria su tre battaglioni, elementi del 36° fanteria ed un gruppo d'artiglieria. 69 La D.cor. Giovani Fascisti nulla aveva di corazzato se non il nome cd una vaga intenzione dell'Autorità Centrale. Era stata costituita a fine maggio 1942 con il gruppo battaglioni GG.FF. (che già aveva combattuto a Bir el-Gobi nel dicembre 1941), diventato reggimento il 30 agosto. Fra i pochi altri reparti esistenti figuravano il III gruppo autoblindo Monferrato e due carri M 14, unici elementi corazzati. Il 23 agosto un battaglione era stato inviato .in aereo ad occupare l'oasi di Siwa ed il 1° settembre sarà raggiunto dal resto della divisione. 70 La 164' D.f. era organicamente costituita da: Comando divisione, 125° fanteria, 382° fanteria e 433° fanteria su tre battaglioni, 220° artiglieria su due gruppi, 220° gruppo esplorante, 220° battaglione pionieri, 609° battaglione contraerei, reparti minori e servizi. 71 La D.f. Bologna era costituita da: Comando divisione, 39° fanteria su tre battaglioni, 40° fanteria su due battaglioni, 205° artiglieria su quattro gruppi, XXV battaglione genio. 72 li 1° agosto la divisione paracadutisti aveva assunto la denominazione di 185• D.f. Folgore su: Comando divisione, 185° fanteria (I, II, III e IV battaglione), 186° fanteria (V, VI e VII battaglione), 187° fanteria (IX e X battaglione), 185° artiglieria su due gruppi da 47/32, VIII battaglione guastatori, reparti minori e servizi. Poiché il Comando 185° fanteria rimase in Italia con il I e III battaglione per dare vita alla divisione Nembo, il raggruppamemo del II e del IV battaglione (ten. col. Bechi Luserna), inviato in Egitto in primo scaglione, rimase inizialmente autonomo. 73 Il raggruppamento esplorante del XX corpo era formato dal III gruppo autoblindo Nizza, VIII battaglione bersaglieri autoblindo ed una batteria da 88. 74 B.H. LIDDELl, HART, 1be Tanks cit., p.215. Secondo Carver i carri britannici erano 945, di cui 772 in dotazione ad unità di prima linea (693 efficienti). Alexander cons,derò soltanto le disponibilità del 13° corpo: 300 carri medi, 80 leggeri più un centinaio della 23• B.cor. 75 Il XX corpo aveva lasciato alle dipendenze del X corpo il XXXVII/9° bersaglieri ed il XII/8° bersaglieri, schierati rispettivamente a nord-est e sud-est di Gabel Kalakh, sci batterie di vario calibro e due compagnie di marcia della Trieste in arrivo, per deficien7.a di automez.zi. Questo, oltre al XXVIII/9° bersaglier i ed al III/8° bersaglieri e.e., già dislocati a Bab el Qattara. Con l'occasione, vale la pena di riportare un'annotazione del gen. Ceriana Mayneri sul proprio diario personale in data 30 agosto: «Il mio capo di S.M. colonnello Scala è destinato ,mpro•t:visameme

(è il colmo! è inconcepibile in questo momento un simile trasferimento da parte del nostro Comando SuperioreO all'Intendenza A.S.» (C. CERIANAMAYNERI, op. citata, p. 120). 76 E. ROMMEL, op. citata, p. 222. n P. CARELL, op. citata, pp. 427-428. 78 H. ALEXANDER, D'El Alamein à Tunis età la Sici/.e, Lavauzelle, Paris 1949, p. 24. La carta della percorribilità originale e quella truccata sono riportate da Francis de Guingand in Operation Victory, Hodder and Stoughton, pp. 1144 e 147. 79 F. VON MELLENTHIN, op. citata, p. 175. so Verso le ore 1 del 31 agosto il gen. Kippenbèrger, comandante della 5' brigata neozelandese ben sistemata a difesa ad Alam Nayil, venne avvisato che le truppe dell'Asse avevano cominciato a forzare i campi minati meridionali. Senti anche una sparatoria più a nord, in direzione del Ruweisat, ma la cosa, almeno per il momento, non poteva coinvolgerlo. Rifletté e concluse che la brigata era pronta. «Così tornai a dormire - scrisse più tardi - e dormii bene, per quanto per tutto il resto della notte i nostri pezzi continuassero senza posa a battere i varchi nei campi minati» (H. KlPPENBERGER, op. citata, p. 206). 81 E. ROMMEL, op. citata, p. 225. 82 F. VON MELLENTHIN, op. citata, pp. 175-176. S} D. YOUNG, op. citata, p. 232. 8 ' Diario storico del XX corpo d'armata, data 1.9.1942. 85 Il comandante della Littorio annotò sul proprio diario: «Con nostra sorpresa e delusione,

verso le ore 17 [?1 mentre stiamo per scattare all'attacco, avendo tutto regolato a tale scopo, giunge l'ordine inspiegabile di sospendere l'attacco stesso e di rafforzarsi in posto» (C.CERIAN:~MAYNERI, op. citata, p. 122).


LA SECONDA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN

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DSCS, tele 32198/0p. data 29.8.1942, ore 22. Diario storico Delease, tele 1/2656/SM data 1.9.1942, ore 16,30, dell'Intendenza A.S. Può interessare un'osservazione fatta da Supermarina: per inviare un cacciatorpediniere con 50 tonn. di benzina in fusti si consumavano 400 tonn. di nafta. 88 E. ROMMEL, op. citata, p. 227. 89 Secondo fonti britanniche, una colonna del 4° /8° ussari sorprese nella mattinata 300 automezzi pochi chilometri ad est di Qaret el Himeimat, distruggendone 57. Poiché il XX corpo segnalò un'incursione contro l'autocarreggio della Trieste con undici automezzi distrutti o danneggiati, o la valutazione della 4~ B.cor. era esagerata oppure erano stati attaccati anche mezzi del DAK. 90 C. CERlANA, MAYNERI, op. citata, pp. 122-123. 91 DSCS, f. 107/Segr. data 2.9.1942, ore 22,30, del gen. Mancinelli - allegato n. 37. 92 Diario Cavallero, data 2.9.1942. 9) ~scs. tele 32249/0p. data 3.9.1942, ore 13,55. 9 ' Erano in corso da parte di Delease accertamenti circa l'episodio del trasporto Gamma, che, arrivato con 350 tonn. di gasolio, ne aveva scaricato solo 120. 95 Il gen. Clifton confessò a Rommel la propria mortificazione di essere stato catturato dagli italiani, tanto più, affermò, che era stato sul punto di indurre lui i paracadutisti della Folgore ad arrendersi, sostenendo la presenza di forti reparti corazzati inglesi nelle immediate vicinanze. Sarebbe anzi riuscito nella sua opera di persuasione, continuò, se non fosse sopraggiunto un ufficiale tedesco a frustrare il suo intento (E. ROMMEL, op. citata, pp. 228-229). In realtà la presenza di un ufficiale tedesco sul posto è pura fantasia e l'ufficiale italiano che fermò Clifton parlava bene l'inglese e rimbeccò che i paracadutisti erano lì per battersi e fece subito scortare il brigadiere al posto comando del 187° f.. Il col. Camosso - che qualche ora dopo verrà ferito in uno scontro con elementi neozelandesi rimasti isolati e nascosti a tergo delle linee italiane - venne informato della cattura dal proprio portaordini, il quale gli comunicò che « là fuori c'è un tizio con un berretto da capostazione,,. Lì per lì Camosso zittl il portaordini, poi però gli venne in mente la banda rossa tipica dei berretti dei generali inglesi ed allora capl ed andò incontro a Clifton. «Disse anche a me le stupidaggini che aveva detto agli altri - commentò più tardi - ma io non avevo tempo da perdere; gli risposi che per intanto era un prigioniero dei para· 66

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cadtttisti italiani e lo mandai'indietro da Ramlu>». 96 La P compagnia del 65 ° fanteria, rimasta accerchiata, resisté in posto sino alle 4 del 4 settembre, poi si aprì un varco e ripiegò sul reggimento con 39 superstiti. 97 M. CARVER, La battaglia di ElAlamein, Baldini e Castaldi, Milano 1964, p. 114. ?S B. MONTGOMERY, Memoirs, Collins, London 1958, p. 110. 99 Diario storico di Delease, f. 2686/Sit. data 26.9.1942. 100 E. ROt.l."'1EL, op. citata, p. 231. 101 Ibidem, p. 230. 102 DSCS, f. 32450/Segr. data 15.9.1942. 103 DSCS, tele 32470/0p. data 17.9.1942, ore 12,30. 104 DSCS, f. B/11566 data 10.8.1942 di Superaereo. tos DSCS, tele 32470/0p. data 17.9.1942, ore 12,30. 106 A. KESSELRING, op. citaia, p. 180. 107 G. MANCINELLI, op. citata, p. 169. ,es E. RO.MMEL, op. citata, p. 221. l09 A. KESSELRING, op. citata, p. 131. I\C F . VON MELLENTHIN, op. citata, p. 177. 111 B. MONTGOMERY, Memoirs, p. 110. 112 M. CARVER, op. citata, p. 118. 113 A. KESSELRING, op. citata, p. 131. 114 Diario Cavallero, data 7.9.1942. ·


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

Ibidem, data 4.9.1942. Diario storico Delaese (DSD), tele 4094, data 5.9.1942, ore 12, del gen. Mancinelli. Il messaggio era indirizzato al Comando Supremo e, per conoscenza, a Delease. Immediatamente, Barbasetti intervenne invitando Mancinelli ad astenersi in avvenire da iniziative del genere ed a rivolgersi prima a lui «che tra l'altro posso avere anche altri elementi et eventualmente contrastanti con quelli che raccogliete voi» (DSD, tele 1373/Sit. data 5.9.1942, ore 21,50). Naturalmente Mancinelli ribatté vivacemente ponendo in evidenza che si era limitato a prospettare con fedeltà il pensiero di Rommel, e concludendo che sarebbe stato mortificante per lui che detto pensiero potesse esser meglio e più esattamente conosciuto a cinquecento chilometri di distanza dal fronte che da lui, che viveva accanto al maresciallo i giorni di battaglia (G. ~1AN· CINELLI, op. citata, p. 165). Quanto a Cavallero, una diecina di giorni dopo fece esprimere a Mancinelli il proprio compiacimento per «le notizie, previsioni ed apprezzamenti» forniti nel recente periodo operativo, nonché la conferma di continuare nei rapporti di corrispondenza con il Comando Supremo «dal quale dipendete direttamente» (DSCS, f. 32444/0p. data 15.9.1942). 117 D SD, f. SD/37, data 8.9.1942 di Barbasetti a Cavallero. ua DSD, promemoria personale per capo ufficio informazioni data 8.9.1942. 119 Diario Cavallero, data 11.9.1942. li$

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