Qualche appunto per lo studio del paesaggio
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Qualche appunto per uno studio del paesaggio nelle “Esperienze di guerra e prigionia”. di Emanuela FERRAGAMO Università degli studi di Torino doi.org/10.26337/2532-7623/FERRAGAMO Riassunto: Il presente articolo nasce come accompagnamento critico alla traduzione italiana delle “Esperienze di prigionia e di guerra”, delle quali approfondisce la percezione e la resa letteraria del paesaggio. Attraverso il concetto di “iconema” e l’applicazione della fenomenologia husserliana alla landscape anthropology l’articolo si sofferma sul rapporto tra paesaggio e sua immagine – tra la realtà del luogo e la sua trasposizione ora ironica, ora nostalgica. Si delinea allora accanto alla misurazione razionale dello spazio una geografia emotiva nella quale indugiano spesso “fantasmi”. Abstract: The article is aimed to provide a critical commentary to the Italian translation of “Esperienze di prigionia e fuga” (Experiences of war internment and escape) and aims to analyse the perceptions and descriptions of its landscapes. Through the concept of “iconema” and the interpretation of Husserl’s phenomenology by the landscape-anthropology, the article questions the interrelation between the reality of a place and the ironic or nostalgic image of the perceived landscape. Wosecek measures the space both rationally and emotively: here, geography and landscape sometimes look phantasmagorical. Keywords: Landscape; Maps; Bricolage
Introduzione Il lettore che si accosti alle Esperienze non si soffermerà forse sulla descrizione del paesaggio attraversato dal prigioniero e dal fuggitivo Wosecek: saranno le rocambolesche circostanze dell’evasione a catturare la sua attenzione. Anche la prefazione del curatore sottolinea insieme al valore documentario del testo l’«invincibile desiderio di libertà»1 di Wosecek (W., p. 2) che raramente viene sorpreso in un atteggiamento diverso dalla pianificazione della sua fuga. All’enfasi posta sull’eroismo dell’ufficiale risponde anche la scelta di terminare la narrazione con il flashback della partenza da Pola, dalla quale egli era decollato verso l’Italia (W., p. 93): non importa che quel viaggio si concluda con il disastroso ammaraggio nella laguna veneziana. Conta invece che Wosecek si congedi dal lettore nella sua uniforme di aviatore, confermando così la produttività della «mistica del volo» che nel primo dopoguerra informa una retorica del combattimento cavalleresco, smentito dall’inumana guerra di trincea2. E tuttavia proprio l’accento calcato sulla volitività eroica di Wosecek legittima il mio approccio interpretativo al testo. Se come nota Francesco Careri si produce lo spazio nell’atto di spostarsi, come parrebbe suggerire il verbo tedesco «spazieren» (lett. camminare, passeggiare)3, ecco che la risoluta decisione di scappare è anche – in un certo senso, una sete di paesaggio. A questa constatazione si può aggiungere come anche la storiografia si sia interessata alla percezione dello spazio durante il primo conflitto mondiale, soprattutto per superare l’idea della passività del soldato di trincea agli eventi. Christoph Nübel scrive ad esempio una «storiografia locale» interessata all’esame delle strategie di sopravvivenza al fine di tracciare l’impatto della «propaganda profonda» sulle strutture della percezione sensoriale dei soldati4. Rilevante è perciò un approccio antropologico al paesaggio che concepisce la 1
E. NEUGEBAUER (ed.), Kriegsgefangenen und entflohen. Elebnisse in italienischer und französischer Gefängenschaft. Vienna e Lipsia, Universitäts-Verlagsbuchshandlung, 1918. Le citazioni sono tratte dalla traduzione italiana del presente volume e vengono indicate in italiano all’interno del testo in parentesi tonda con la sigla W. e il numero di pagina (n.d.A.). 2 E. J. LEED, Terre di nessuno, Bologna, Il mulino 1979, pp. 179-180. 3 F. CARERI, A testa in giù in: F. ZAGARI, Questo è paesaggio. 48 definizioni, Roma, Carlo Macosu Editore, 2012, p. 171. 4 Ivi, p. 60. A questo proposito anche: A. CARDEN-COYNE, Reconstructing the Body. Classicism, Modernism, and the First World War, Oxford, Oxford University Press, 2009; oppure E. HORN, Der totale Soldat. Zur anthropologischen Konstruktion des Kriegers zwischen 1914 und 1939, in: Berliner Debatte Initial 10 (1999), pp. 90-101.