INDICE Bando Contatti PescePirata Crediti
5 5 6 68
*Racconti
-Il bimbo piange – Andrea Gobbato
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*Fantasy -Articolo: L’Yggdrasil delle Idee – Terza Parte -Articolo: Il fantastico e il distopico -Novità: Godbreaker – Luca Tarenzi -Novità: Muses. La decima musa – Francesco Falconi -Novità: Memoria di Luce – Robert Jordan & Brandon Sanderson
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*Fantascienza
-Articolo: Invadere e Sottomettere -Recensione: Mondo9 – Dario Tonani -Recensione: Più che umano – Theodor Sturgeon -Recensione: I Burattinai – Larry Niven -Novità: Guaritore galattico – Philip K. Dick
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*Horror -Articolo: I Grandi Uomini dell’Horror – Terza Parte
-Intervista: Vincent Spasaro -Intervista: Luca Tarenzi
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*L’intervista 38 42
INDICE *Paranormal Romance
-Articolo: Benvenuti alla St.Vladimir’s Academy -Recensione: Sangue blu – Melissa de la Cruz -Recensione: 365 storie d’amore – Aa. Vv. -Novità: Il Cavaliere letale – Larissa Ione -Novità: Poison princess – Kresley Cole -Novità: Le colpe della notte – Sherrilyn Kenion -Novità: Il morso del Caos – Lori Handeland -Esordio: L’angelo della morte – Heather Killough
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*Premi & Concorsi
-Concorso: Racconti Chrysalide Mondadori
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Bando per l'invio alla Rivista Letteraria “Fralerighe”
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6) Inviare i testi in formato .doc all’indirizzo:
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N
ei bassifondi della nave, nelle stive più losche e misteriose, a cui per accedere
si devono percorrere cunicoli incredibili, là dove nessuno immagina ci sia forma di vita, qualcuno ha progettato qualcosa. Niente rapine o atti terroristici, niente assalti o azioni contro la legge. Tassello su tassello, menti creative leggermente deviate, uomini e donne che non riescono a stare sui binari del normale, si sono riuniti in gran segreto. Hanno parlato, discusso, si sono presi a pugni. Hanno bevuto molta birra e qualcuno, per fumare, ha aperto la finestra dimenticando di essere su una nave. Da quello, da quei posti maleodoranti, da quelle persone poco raccomandabili, è nata
Associazione Culturale PescePirata.
l'
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Perché?
Per strutturare i servizi letterari che nascono nel Laboratorio di Scrittura. Per dare una partecipazione attiva a tutti i soci, i quali si possono candidare per le cariche di gestione, possono partecipare alle assemblee in cui vengono decise le attività. Nasce per dare GRATUITAMENTE a tutti i soci servizi di Valutazione Testi, Editing Personalizzati, Segnalazione Romanzi agli Editori. Abbiamo collaborazioni con Agenzie Letterarie che ci affiancheranno, insomma, gran bella roba, un sacco di divertimento e molta energia. Quanto costa tesserarsi? L'undicesima parte del canone Rai. La ventottesima di quello Sky. Come 2 pacchetti di sigarette (ma non fa male). Più o meno come una scatola di preservativi.
10 euro all'anno. Per info:
staff@pescepirata.it 6
“Il Bimbo Piange” di Andrea Gobbato «Caro...».
frigorifera invece che in una camera da letto.
Il signor Alberto Rossi fece un grugnito e si
La trovò sulla sedia vicino all'armadio, dove
girò dall'altra parte del letto, avvolgendosi
l'aveva abbandonata prima di coricarsi, e
nel piumone come un bruco nel bozzolo.
uscì strascicando i piedi sulla moquette.
Sua moglie Carla non desistette e gli
Il corridoio procedeva dritto per circa
appoggiò una mano sulla spalla, scuotendolo
quattro metri, prima di concludersi con
delicatamente. «Caro, non senti? Il bimbo
l'ingresso del bagno. A metà vi era la scala
piange».
che portava al pianterreno, con dall'altro lato
Certo che lo sentiva, lo sentiva eccome. Le
la porta della camera di Elisabetta. Cercò di
urla laceranti del piccolo sembravano
non fare rumore, ma i vagiti disperati del
trapassare le pareti. Per la sua età aveva dei
fratellino dovevano aver svegliato anche lei,
polmoni proprio niente male. «E scommetto
poiché l'uscio si aprì lentamente e la
che tocca a me, vero? Altrimenti immagino
bambina mise fuori il viso assonnato.
che non saremmo qui a parlarne» borbottò
«Cos'ha?» chiese, strofinandosi gli occhi.
Alberto con voce impastata.
«Niente. Probabilmente ha solo fame» le
«Lo sai come funziona. Una notte a testa».
rispose il padre, accendendo la luce
Carla si ridistese, appoggiando la testa sul
dell'andito.
cuscino. «E non dargliene troppo. Non
La bambina sbadigliò. «Ha sempre fame,
vorrei che stesse male».
quello sgorbio». alzò,
«Eli! Ti ho già detto mille volte che tuo
scalciando via le coperte. Si infilò le ciabatte
fratello ha un nome, Daniele! Ora torna
e cercò la vestaglia, sbuffando per il freddo
subito a letto, che domani hai scuola».
e sfregandosi le braccia. Di notte tenevano il
Elisabetta abbassò lo sguardo, contrita,
riscaldamento staccato, per risparmiare, e
studiandosi le dita dei piedi. «Scusa papi,
una volta usciti dal proprio nido caldo
non volevo farti arrabbiare...».
sembrava di ritrovarsi in una dannata cella
«Non importa. Non sono arrabbiato. Fila a
«D'accordo,
d'accordo...».
Si
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dormire adesso, pulce».
le braccia deformi lunghe fin quasi a terra
«Okay. Buonanotte papi». Alberto si chinò,
protese verso di lui, imploranti.
in modo che la bambina potesse baciarlo
«Ghhhh.... pa....pàààhhhh».
sulla guancia, e poi scese ciabattando lungo
«Sono qui Danny. Non piangere. Ecco».
la scala di legno.
Cavò dal fondo del secchio qualcosa di
Accese la lampada che si trovava sul tavolo
gocciolante e lo lanciò giù, nell'oscurità.
del soggiorno ed entrò in cucina. Le grida
Rimase lì, ritto in cima alla scala, ascoltando
del piccolo si facevano sempre più vivaci.
il rumore dei denti acuminati di Daniele che
Ringraziò di vivere in una villetta isolata,
spolpavano la gamba fino all'osso e i
altrimenti non avrebbe avuto idea di come
mugolii strozzati che emetteva ogni volta
sarebbe andata a finire con i vicini ogni
che ingollava un brandello di carne.
volta che Daniele si fosse messo a strillare
«Non piangere, bimbo mio. Il tuo papà è
in quella maniera.
qui».
«Arrivo Danny, arrivo». Si mise a rovistare nella dispensa e, mentre ascoltava il pianto del figlioletto, gli tornò in mente quando Carla lo aveva dato alla luce, lì in casa, senza l'aiuto di nessuno. Dio, che urla quel giorno. Trovò quello che stava cercando e si diresse verso l'altro lato della stanza, dove c'era la porticina che conduceva in cantina. Staccò le chiavi dal gancio lì accanto e le infilò nella toppa, girandole un paio di volte finché non sentì lo scatto della serratura. La spalancò, osservando i gradini che si perdevano nel buio. Appena ebbe messo piede sul primo Daniele smise di piangere e sentì le catene tintinnare. Si immaginò gli anelli metallici che si tendevano e il collare che penetrava nel collo grinzoso del figlio, 9
Articolo
L’Yggdrasil delle Idee – Terza Parte nemici degli uomini e degli Aesir, gli dèi. Giganti che erano soliti minacciare la vita dei bambini e del bestiame, dotati di astuzia
“Perché hai fatto quello che hai fatto, Loki?” “Ah, perché è il mio ruolo nella storia.” Roberto Aguirre-Sacasa – Le Fatiche di Loki
e della forza primordiale della natura. Loki – il cui nome significa probabilmente “fiamma” – è figlio del gigante Farbauti e della gigantessa Laufey che presiedono, come da appellativi, alle stoccate crudeli lui e alle piante frondose lei. Come se Loki fosse la scintilla di fuoco nata dai colpi violenti vibrati alla corteccia, il dio che ne esce testimonia la sua discendenza da una stirpe feroce e fertile. Si tratta di un dio ambivalente: accolto tra gli Aesir, Loki è sempre stato una divinità liminale, l’anello di congiunzione tra gli uomini, gli dèi e le razze magiche come elfi, nani e giganti, ma anche tra il bene e il male, il maschile e il femminile. Definito come divinità degli inganni e dell’astuzia, Loki viene chiamato anche il portatore di doni (è lui che ha inventato la rete da pesca e ha donato agli uomini la pelle perché li proteggesse e li rendesse gradevoli d’aspetto; è sempre lui che porta ad Asgard il martello Mjolnir che diventerà di Thor) e tra le sue abilità spiccano quelle di mutaforma. Nelle leggende si affianca spesso a Thor e a Odino, e con quest’ultimo ha stretto un rapporto di fratellanza di sangue, da pari a pari, e non da padre e figlio come ci presentano i comics. Il rapporto con Thor funziona per contrasto, poiché se uno rappresenta la virtù virile predominante nella cultura norrena, la forza e l’abilità in battaglia, l’altro gli è
Un passo indietro Non si può parlare di Thor senza parlare di Loki. Ci troviamo senza alcun dubbio davanti a un personaggio controverso per azioni e moventi, sia nel mito che nei comics. Nelle leggende nordiche Loki appartiene alla stirpe degli Jotunn, giganti feroci dall’indole distruttiva e indicati come i più acerrimi tra i 11
complementare per astuzia e per l’uso della magia. Loki è infatti definito lo sciamano per eccellenza, secondo solamente a Odino, tra popolazioni che consideravano la magia perniciosa e potente, appannaggio delle creature fatate e delle donne. Proprio per questo Loki si presenta sessualmente ambiguo, tratto comune anche a Odino.
gli Asgardiani. Loki imposta così con il fratello adottivo un rapporto di complementarietà in tutto e per tutto che li lega a doppio filo fin dall’infanzia e trasla le caratteristiche della mitologica fratellanza di sangue con Odino su Thor. Il rapporto si sviluppa ambiguo nei sentimenti, tra odio e amore, e opposto nella visione della vita e del mondo portando Loki e Thor spesso al conflitto, alla ricerca della supremazia dell’uno sull’altro, ma mai alla vittoria definitiva. Costringendoli anche, spesso loro malgrado, a cercare l’uno l’aiuto e la presenza dell’altro.
Al di là dello specchio Le origini di Loki sono più contorte nel comics, ma per quanto presentino differenze notevoli restituiscono splendidamente il dio degli inganni. Nel fumetto Laufey cambia sesso, diventando il padre di Loki. Probabilmente un cambio dovuto al fatto che, come nel mito, Loki si fa chiamare Laufeyson, ovvero utilizza il patronimico “figlio di Laufey” come era usanza per i figli indicare la discendenza paterna, nonostante Laufey fosse una creatura femminile. Questo delineava certo la grande importanza di Laufey nella cosmogonia norrena, ma sottolineava anche l’eredità di Loki riguardo la linea matriarcale, di fecondità e incantesimi. Nei comics, Laufey incarna decisamente il mitologico Farbauti e viene presentato come maestoso avversario di Odino. Durante la battaglia che vede gli Aesir trionfare sui giganti, Odino sconfigge Laufey e porta ad Asgard con sé Loki bambino (in alcune versioni ancora neonato, in altre appena fanciullo, ma sempre rifiutato da Laufey perché giudicato di dimensioni troppo ridotte per essere degno degli Jotunn) per crescerlo come proprio al fianco del figlio Thor. Proprio questa fratellanza getta le basi di uno dei rapporti più profondi, sfaccettati e interessanti dell’universo Marvel. Se la relazione con Odino è paritaria nel mito, nei comics diventa subordinata all’adozione, lasciando Odino come punta di diamante tra
Blood Brothers Nei comics, Loki nasce come acerrimo nemico di Thor, per poi acquisire sempre più sfumature e ampliare il proprio character, avvicinandosi negli anni molto di più alla sua controparte mitologica per profondità psicologica e power set. E via via, costituendo non soltanto un contraltare per il suo eroico fratello, ma un lato opposto della stessa medaglia. Analogamente a Thor, anche il design di Loki è emblematico nella cultura in cui i comics si sviluppano: il dio degli inganni si 12
guerriera Lady Sif e governa Asgard sussurrando in segreto alle orecchie di re Balder, e Loki bambino, ingannatore innocente che rovescia nel panico i Nove Regni di Yggdrasil mentre cerca di salvarli.
differenzia subito per la chioma scura e ribelle, per i lineamenti aguzzi, quasi elfici e per la figura muscolosa, ma più guizzante rispetto a quella del fratello. Nella sua postura c’è qualcosa di sinistro che lo indica subito come pericoloso e allo stesso modo nel colore degli abiti che indossa, il verde, che ricorre spesso nei personaggi Marvel di allineamento malvagio. Degno di nota è l’aspetto fisico del dio mitologico: come Thor, il dio degli inganni ha i capelli rossi. Come Thor, Loki rappresenta il fuoco, la scintilla della vita che rifiuta la resa, che disgrega quello che deve essere disgregato e ricrea da capo quello che deve essere ricreato. Una similitudine interessante che lega di più le due divinità.
Scilla Bonfiglioli
Shapeshifter Nell’arco narrativo della Marvel, Loki ha dimostrato di riuscire a crearsi e a ricrearsi. Le differenze che lo separano dal Loki mitologico sono grandi, ma a ben guardare, superficiali. Come già Thor, anche Loki veste un aspetto grafico che lo rappresenta al meglio nella cultura in cui il comics nasce e che lo introduce come uno dei migliori avversari dell’eroe ancora in circolazione. Guerriero, mago, forgiatore di armi e ingannatore nel bene come nel male, capace di rialzarsi dopo ogni fallimento, ha dato il meglio di sé quando si è trattato di mostrarsi come mutaforma. Tra i migliori cambiamenti di aspetto che hanno portato a esplorare profondamente il personaggio si possono indicare Loki donna, che si presenta a Thor nel corpo della 13
Articolo
Il fantastico e il distopico: gli Hunger Games contagiano il mondo ed è la volta del distopico. Per iniziare a parlare di questo sottogenere, basti elencare in breve alcune delle opere fantasy-distopico più note in Italia; la prima
Ogni anno si afferma un nuovo genere letterario legato al panorama del fantastico: se nel 2008 andavano di moda i vampiri sentimentali grazie al successo di Twilight di Stephenie Meyer e nel 2011 le revisioni in stile gotico delle fiabe più famose dei fratelli Grimm e in particolare di “Alice nel Paese delle Meraviglie” di Lewis Carroll, subito dopo l’uscita del film prodotto dalla Disney di Alice in Wonderland e girato da Tim Burton, nel 2013 non avremo dubbi che sarà la saga degli Hunger Games di Suzanne Collins ad aprire la strada ad un nuovo sottogenere fantasy già in voga negli USA e presente inconsciamente in molte altre opere fantasy. Il sottogenere di cui stiamo parlando è il distopico, ossia una storia i cui elementi fantastici di riferimento per eccellenza sono l’ambientazione, non sempre futuristica e post-apocalittica (a volte si tratta di un presente alternativo), e lo svolgimento dei fatti. Nelle storie distopiche, infatti, troveremo il più delle volte uomini che sono stati ridotti in schiavitù da una cerchia di ricchi e potenti signori o, semplicemente, dalla Società.
fra queste opere che ha attirato l’attenzione di tutto il mondo è, come accennato prima, la trilogia “Hunger Games” di Suzanne Collins, una storia ambientata in un futuro (si presume) apocalittico in cui gli USA sono stati sostituiti dal territorio di Panem, diviso di conseguenza in dodici Distretti che devono seguire le spietate leggi di Capital City. Per punire gli abitanti, in seguito ad un tentativo fallito di rivolta al sistema totalitario del territorio, ogni anno ciascun da ciascun distretto vengono scelti a caso un ragazzo e una ragazza di età compresa fra i dodici e i diciotto anni per partecipare agli spietati Hunger Games, una sorta di combattimento mortale trasmesso sul grande schermo, come se si trattasse di un semplice reality show, in cui soltanto uno riuscirà a sopravvivere. Di questo genere conosciamo anche la saga di Kiera Cass, in Italia lanciata dalla casa editrice Sperling & Kupfer nel 2013, “The Selection”, storia in cui alcune ragazze vengono scelte per poter partecipare 14
ad un reality show il cui premio è il regno; infatti, chi vincerà sposerà il principe e diventerà la sovrana.
Un’altra opera distopica in cui il mondo è costretto a seguire delle leggi è senza dubbio “The Chemical Garden”, una trilogia iniziata più o meno nel 2010 e divenuta subito un cult negli Stati Uniti. La storia è divisa in tre volumi di cui il primo, “Wither”, è stato pubblicato in Italia da Newton Compton editori come “Il Giardino degli Eterni. Dolce veleno” (2011) di Lauren DeStefano; la storia è ambientata in un mondo che, a causa di un esperimento malriuscito sul DNA degli umani, scorre molto velocemente giacché gli uomini muoiono regolarmente all’età di venticinque anni e le donne all’età di venti. Anche qui possiamo notare la presenza di un esperimento biologico malriuscito sugli umani e, quindi, potremmo classificarlo come un distopico contenente un elemento fantascientifico che rappresenta in breve il fulcro della storia.
Anche qui l’ambientazione è la tipica terra devastata dalla fame e dalla violenza, “tipica” di questo genere. Come abbiamo avuto modo di capire dalla lettura delle trame, nel distopico i personaggi devono andare contro i loro sogni e soprattutto la loro morale pur di salvarsi o pur di salvare qualcun altro (come nel caso di Hunger Games). Altre volte il distopico assume una nota di violenza o, addirittura, viene a contatto con elementi fantascientifici come in “Matched – la scelta”, un libro edito da Fazi Editore nel 2011 e scritto da Allie Condie. Matched è una trilogia distopica in cui le donne e gli uomini del mondo alternativo, creato dall’autrice stessa, devono seguire gli stessi sviluppi della propria vita (sposarsi a venti anni con la persona selezionata appositamente per loro da un computer, svolgere le mansioni selezionate dalla Società per loro e morire di vecchiaia a ottant’anni). Infatti è la Società che decide il destino degli uomini, un destino sempre uguale in cui nessuno è libero di amare e di scegliere. L’uso dei computer e dei programmi per garantire una convivenza tranquilla agli uomini nonché forzata potrebbe essere considerato un elemento fantascientifico che si mescola perfettamente al resto della storia.
In Italia basti citare il fantasy “Garden. Il giardino alla fine del mondo” di Emma Romero, pseudonimo della scrittrice milanese di cui non si sa nulla, pubblicato dalla casa editrice Mondadori nell’anno 2013; la trama di Garden segue alla perfezione il genere precedentemente citato, giacché il lettore si ritrova in una Italia alternativa (non viene specificata l’epoca, potrebbe trattarsi di un’Italia futuristica) in cui tutte le arti come la musica, il canto, la pittura e il disegno so15
no riservate ad una elité o addirittura rese proibite dallo Stato, infatti tutti i cittadini devono soltanto lavorare e seguire le regole. Coloro che non seguono queste regole vengono uccisi e così “eliminati dalla Società”. Nella storia di Emma Romero vi è una nota di pessimismo, anch’essa tipica della storia distopica, in cui la protagonista cerca di non perdere le speranze e di immaginarsi l’esistenza di un luogo in cui non vige alcuna legge e alcun divieto; un luogo che, secondo altri, esiste e prende il nome del “Giardino alla fine del mondo” dove i ribelli cantano, danzano e fanno tutto ciò che vogliono senza oppressioni.
Neville nonché unico sopravvissuto all’epidemia mondiale che ha trasformato tutti gli uomini in una sorta di vampirizombie. Questo romanzo contiene elementi distopici, dal momento che il protagonista è costretto a sopravvivere in un mondo devastato da una inarrestabile malattia e, allo stesso tempo, potrebbe essere considerato una sorta di fantasy contenente qualche elemento fantascientifico. Perché fantascientifico? Credo che questo pensiero sia dovuto non tanto alla presenza di robot o di qualche creatura proveniente dal futuro (inesistenti nel libro in questione), ma per il semplice motivo che la storia è ambientata in un mondo “futuristico” post-apocallitico devastato da una malattia di cui l’uomo non conosce gli effetti collaterali né una cura; in più la malattia, inoltre, pare essere stata creata dall’uomo in laboratorio durante un esperimento per la cura del cancro.
Il distopico è di base un sottogenere fantasy in cui l’immaginazione prende una piega alquanto cruda e drastica, un genere in cui compaiono spesso e volentieri (a volte anche involontariamente) alcuni elementi stereotipati che rendono la storia ancora più violenta e tragica (come la dittatura, la guerra per il potere o per la libertà, l’impossibilità di dividere le vere emozioni dai reality show etc.). Il distopico, tuttavia, non è un sottogenere appena nato, come molti pensano: esso esiste da molto tempo nel genere Fantasy, ma nessun autore aveva deciso di tramutare un semplice elemento narrativo in un vero e proprio sottogenere. Se leggessimo altre opere passate capiremmo che è possibile trovare elementi appartenenti al genere distopico; ad esempio “Io sono leggenda” di Richard Matheson. Questo libro, che ha ispirato l’anonimo film del 2007 diretto da Francis Lawrence con Will Smith nella parte del protagonista, racconta la storia di Robert
Le modifiche genetiche e la descrizione di questo futuro immaginario possono classificare “Io sono leggenda” fra i romanzi segnati non solo da una vena distopica ma anche da una vena fantascientifica. Leggendo le storie fantasy degli ultimi anni in fondo possiamo notare che l’elemento distopico è sempre presente, perché esso aiuta lo scrittore a distorcere grossomodo la realtà e, dal momento che in quasi tutte le storie 16
del genere già citato la terra inventata o reinventata dall’autore è quasi sempre devastata dalle forze del male, possiamo affermare che il distopico è la base di ogni storia fantastica. Come faremmo a distinguere le opere di bene degli eroi protagonisti se non ci trovassimo in una terra di ingiustizie e di sangue, in cui l’uomo è costretto a sottostare alle leggi del più forte? E’ questa la domanda che dovrebbe porsi un lettore. Ciò che rende un’opera di genere fantastico veramente originale è la distopia. Ma non solo. Potremmo così affermare che l’originalità nel genere fantasy moderno è formata dall’unione tra una storia di genere distopico e, spesso, elementi di altri generi inerenti al tema del fantastico; elementi di fantascienza, ossia fatti inventati di un futuro postapocalittico, elementi macabri, descrizioni delle emozioni dei personaggi che poi caratterizzano le storie d’amore e d’amicizia all’interno dell’intreccio narrativo e, infine, una classica ambientazione fantasy caduta in miseria a causa di una spietata guerra tra bene e male o (come abbiamo avuto modo di leggere) a causa di esperimenti biologici malriusciti progettati per migliorare la vita dell’uomo. Potremmo aspettarci di tutto da un genere così vasto come quello del fantastico, che riesce a descrivere realtà diverse e a racchiudere messaggi morali dirette alla nostra generazione.
A cura di Laura Buffa 17
Novità editoriale
“Godbreaker” di Luca Tarenzi
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Titolo: Godbreaker Autore: Luca Tarenzi Sottogenere: Urban fantasy, Mythpunk Casa editrice: Salani Editore Pagine: 496 Anno: ITA 2013 Formato: Cartaceo, Ebook
Gli dèi esistono. Camminano in mezzo a noi, vivono dentro e fuori la realtà di tutti i giorni, hanno macchine, uffici, soldi. Ma non tutti. Alcuni stanno morendo, travolti dalla perdita di tutti i loro seguaci; altri combattono una lotta spietata per tenersi il proprio posto nel mondo, usando tutti i loro poteri per conquistarsi l’agiatezza e agire in incognito. Ma un giorno uno di loro si ritrova coinvolto in una sfida grottesca: Edwin, giovane e apparentemente potentissimo, è sulle sue tracce, e non si fermerà finché non sarà riuscito ad annientarlo. Chi è questo giovane? Liàthan, antichissimo dio celta dalla morale ambigua e dalle ambizioni limitate non prende sul serio la minaccia. Ma dovrà ricredersi ben presto, quando Edwin mostrerà di essere un nemico estremamente pericoloso, in cerca di una vendetta i cui motivi Liàthan ignora del tutto. Un anno esatto durerà la sfida, e se al termine Liàthan non sarà riuscito a fermare il suo avversario morirà, inesorabilmente e senza che niente possa impedirlo.
Luca Tarenzi, nato a Somma Lombardo nel 1976, è uno scrittore e traduttore italiano. Laureato in Storia delle Religioni all'Università Cattolica di Milano, è stato giornalista e redattore. Attualmente collabora con varie case editrici come traduttore, editor e consulente. Ha esordito come scrittore nel 2006 con il romanzo “Pentar” (Alacran), ripubblicato nel 2008 con il titolo “Pentar - Il Patto Degli Dei”. Nel 2008 ha pubblicato “Il Libro dei Peccati” (Alacran). Per Asengard ha pubblicato “Il Sentiero di Legno e Sangue”, per Alacran “Le Due lune” e per Salani “Quando Il Diavolo Ti Accarezza” e “Godbreaker”.
A cura di Michele Greco
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Novità editoriale
“Muses. La Decima Musa” di Francesco Falconi
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Titolo: Muses. La Decima Musa Autore: Francesco Falconi Sottogenere: Urban fantasy con influenze Mythpunk Casa editrice: Mondadori Pagine: 492 Anno: ITA 2013 Formato: Cartaceo, Ebook
Una ragazza adottata, una musicista straordinaria, l'incarnazione della Musa della Musica: chi è davvero Alice De Angelis? Dopo aver sfiorato la morte, Alice giace in coma in ospedale. La mano che ha tentato di ucciderla voleva eliminare la Musa della Musica, ma ha ottenuto un altro risultato. Alice scopre di avere un nuovo, terrificante potere: la capacità di vedere il presente attraverso gli occhi delle altre Muse. Immobilizzata in un letto, osserva la rete di amori, segreti e intrighi che sta tracciando i destini delle ultime Muse. Lo scontro finale è alle porte, i nemici sono sempre più forti e agguerriti. Alice dovrà farsi forza e combattere contro se stessa. Lottare per chi ama, sfidare i misteri del passato, e scoprire gli straordinari poteri della misteriosa Decima Musa.
Francesco Falconi è nato a Grosseto nel 1976. Nel 2006 pubblica finalmente la saga in tre volumi “Estasia” e da allora non ha più smesso di scrivere. Della scrittura dice: «La scrittura non è un mestiere. Non è un hobby. Né una passione. È un’esigenza di cui non si può fare a meno.» Nell’ottobre 2011 ha vinto il Premio Letterario Genere Young Adults “Arte Giovane Roma Capitale 2011″, patrocinato dal Comune di Roma. “Muses. La Decima Musa” è il seguito di “Muses”.
A cura di Michele Greco
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Novità editoriale
“La Ruota del Tempo: 14 – Memoria di Luce” di Robert Jordan & Brandon Sanderson
• Titolo: La Ruota del Tempo: 14 – Memoria di Luce • Autore: Robert Jordan & Brandon Sanderson • Casa editrice: Fanucci Editore • Pagine: 1168 • Anno: USA 2013 - ITA 2013 • Formato: Cartaceo
Gli eserciti della Luce sono schierati al Campo di Merrilor, in attesa che Rand, il Drago Rinato, li incontri per stabilire come combattere l’Ultima Battaglia. Ma l’Ombra ha già fatto la sua mossa: mentre Trolloc e Fade si stanno riversando al Passo di Tarwin, strenuamente difeso da Lan e dagli uomini delle Marche di Confine, un altro esercito si è intrufolato dentro Caemlyn, mettendo a ferro e fuoco la capitale del più grande dei regni umani. A Ebou Dar, l’imperatrice Fortuona attende l’esito degli eventi, nel superiore interesse del suo Impero Seanchan. I Reietti rimasti, invece, si preparano a utilizzare tutti i loro stratagemmi. Rand dovrà forgiare un’alleanza tra tutte le forze in campo, e solo allora potrà andare a Shayol Ghul ad affrontare il Tenebroso in persona. Ma ognuno avrà il suo ruolo nell’Ultima Battaglia. Perrin, Mat, Egwene, Elayne, Aviendha, Min, Gawyn, Galad e tutti gli altri: chi di loro sopravvivrà e chi invece troverà una morte eroica?
Robert Jordan è nato nel 1948 in Virginia. Nel 1990, con “L’Occhio del Mondo”, inizia il ciclo de “La Ruota del Tempo”, considerato il suo capolavoro. La serie è un best seller mondiale. Robert Jordan è scomparso nel settembre del 2007. Brandon Sanderson, basandosi sugli appunti di Jordan, ha lavorato agli ultimi tre volumi che completano la saga. Sanderson, nato nel 1975, è famoso più che altro per i romanzi della “Saga di Mistborn”.
A cura di Michele Greco
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Articolo
Invadere e sottomettere
Molti si domanderanno perché il menestrello vostro è qui a parlare di un argomento tanto scontato? In effetti già prima del 1985 Jerry Puornelle, ascoltando l’idea del suo amico Niven, fece notare ironicamente che l’argomento fosse già stato utilizzato da qualcuno. L’intento del menestrello oggi è di analizzare questo prolifico sottogenere: se è così tanto scontato e poco prevedibile, perché tanto è stato scritto e tanti si affannano nel creare i famigerati cerchi nel grano? Le invasioni aliene sono uno dei temi più esplorati nella storia della letteratura, sia essa fantascientifica che di altro genere, tuttavia nessuno ha una vera idea di come si evolverebbe un’eventuale crisi aliena. Dunque per quanto l’uomo si sia cimentato nell’analizzare tale possibilità, il menestrello vostro assicura che potrebbe andare in modo del tutto inaspettato, è certo però che sfruttando tutte le nostre conoscenze scientifiche e riuscendo anche a viaggiare alla velocità della luce, una guerra su scala intergalattica sarebbe praticamente impossibile. Prima di entrare nel vivo, il menestrello ci tiene a ricordare un minimo di storia: non tanto perché il sottogenere merita una spiegazione, quanto per dare dei punti di riferimento in quello che il menestrello andrà a spiegare in seguito. Tornando indietro nel tempo,
l’antesignano del concetto d’invasione aliena lo si può ritrovare già ne I viaggi di Gulliver (Travels into several remote nations… o più comunemente, Gulliver's travels, 1726), contrariamente a quanto si può pensare il primo libro in cui si parla effettivamente di extraterrestri è The Germ Growers, scritto qualche anno prima de La guerra dei mondi (The war of the worlds, 1897) di H.G. Wells, ovvero il libro quello che tutti considerano come il capostipite dell’argomento, infatti è solo con quest’ultimo che il sottogenere prende piede e oltre a dare la consacrazione allo stesso Wells, incomincia a mostrarsi come quello che tutti conosceranno nell’epoca d’oro.
Tra i tanti che il menestrello cita c’è Ray Bradbury con la sua serie di racconti Cronache marziane (The martian chronicles, 1950), oltre all’immancabile Heinlein con Il terrore dalla sesta luna (The puppet masters, 1951), ma anche una collaborazione tra Niven e Pournelle con Il giorno dell’invasione (Footfall, 1985), più recen22
dei protagonisti nel debellare la minaccia. Diverso discorso per il sense of wonder del genere: più votato a mostrare le evoluzioni tecnologiche con cui gli alieni mettono in ginocchio la civiltà umana, oppure a raccontare la civiltà degli umani sottomessi. Frequente è la cronaca delle vicende attraverso diversi punti di vista, sia per dare al lettore un senso d’integrazione della vicenda nel contesto mondiale, sia perché ragionare secondo diversi metri di misura (militari, civili sfollati, collaborazionisti) serve da espediente narrativo per movimentare la vicenda narrata, portando semmai nuovo interesse nella trama di per se abbastanza semplice dell’invasione aliena fine a se stessa. Infine c’è uno strascico di umanizzazione aliena, nel momento in cui i protagonisti o addirittura alcuni antagonisti hanno ruoli importanti all’interno della narrazione, diventando quasi una sorta di estensione dell’invasione e quindi danno uno spessore completamente diverso alla vicenda, la quale spesso culmina nelle considerazioni del lettore nei confronti della cosiddetta parte avversa. Il concetto stesso d’invasione aliena, purtroppo, ha insiti al suo interno una sequela di argomenti che spesso l’autore e lo stesso lettore trovano ostici realizzare e leggere per intero, basti pensare che molto è stato scritto di un argomento simile, senza intaccare assolutamente la superficie delle possibilità a cui ci troveremmo di fronte in un eventuale futuro. Purtroppo il rovescio della medaglia è ciò che il menestrello vostro ha detto nel cappello introduttivo, infatti la realizzazione dell’ennesima invasione aliena porterebbe inevitabilmente a paragone con l’immensa industria cinematografica, la quale purtroppo abbonda di contenuti, non necessaria-
temente si può trovare Robert Silverberg con l’ottimo Gli anni alieni (The alien years, 1998), purtroppo non c’è una vera e propria continuità nella terza generazione di scrittori di fantascienza, soprattutto a causa dell’avvento del cinema, dove il genere risorge completamente, dando alla luce pellicole a volte molto ben fatte come District 9, uscito nelle sale nel 2009, ma il menestrello potrebbe riempire tutta la rivista di altri titoli cinematografici e non, limitiamoci a passare oltre. La logica degli omini verdi Già da H.G. Wells abbiamo un segno inconfondibile di quello che rappresenta un’ipotetica invasione, la sottomissione della civiltà umana però non è sempre il principale obiettivo degli alieni, ne Il giorno dell’invasione gli obiettivi degli alieni contemplano la conquista per motivi diametralmente opposti, portando il lettore quasi a chiedersi cosa succederebbe a parti invertite, dove siano gli umani a combattere per la sopravvivenza. In molti casi l’invasione porta l’uomo al centro della vicenda, in futuri post–apocalittici come avviene anche ne Il giorno dei Trifidi (The day of the Triffids, 1951) di John Wyndham, dove l’invasione non è del tutto aliena, ma portata da piante antropofaghe. In entrambi gli esempi portati dal menestrello vostro l’attenzione del lettore viene stuzzicata dalla pericolosità delle situazioni, oltre che dall’apparente impotenza 23
mente curati. Tale problematica è il motivo principe per cui non troverete molti nuovi scrittori di fantascienza avventurarsi in voluminose Cronache Marziane o nella mondiale invasione dei Fithp di Niven e Pournelle, con la conseguente agonia del sottogenere letterario, in favore di effetti speciali e pellicole a 16:9.
avuto successo, lo si deve tanto alla capacità degli alieni di fare la differenza tecnologicamente, tanto alla diversità di pensiero: partendo dai già citati Fithp, fino alle Entità di Silverberg, gli alieni vincenti sono quelli in cui l’uomo non si riconosce o almeno in cui non si rispecchia all’inizio. Poco importa se il lettore riesce in seguito a comprenderli, anzi la consapevolezza di chi legge deve aumentare, vederne i difetti e cercare di immedesimarsi nelle loro ragioni. A strascico di questo va necessariamente l’interesse del lettore per i protagonisti: il menestrello non ripete il bisogno di strutturare protagonisti dalle diverse sfumature di umanità, se infatti devono esserci dei militari, che ci siano anche dei pacifisti, perché tutti vorrebbero avere a che fare con la novità del momento, anche se quella novità è pronta a mangiarseli a pranzo. Ultimo aspetto è infine il movente, per nulla secondario e decisamente la carta migliore di un buon libro di fantascienza. Per quanto sia lusinghiero pensare che sul nostro pianeta ci siano risorse appetibili a razze extraterrestri, sarà molto difficile che qualcuno voglia causare una guerra intergalattica solo per rubare qualche risorsa naturale, la stessa cosa vale per un luogo abitabile e per il cibo, insomma gli alieni dovranno avere dei buoni motivi per invadere la Terra. Quello che importa non sarà però il vero movente, ma la difficoltà incontrate dai personaggi per arrivare a comprendere completamente il ragionamento alieno, sia che si metta il lettore davanti a irragionevoli sanguinari, sia che si arrivi a mostrare le ragioni degli invasori.
Cosa scrivere (e non) in un’invasione aliena Scrivere di un’invasione aliena porta con se alcune problematiche abbastanza comuni in altre ambientazioni fantascientifiche, ma presenta un vantaggio per nulla secondario che è la tecnologia umana: come il menestrello vostro diceva prima, il sense of wonder di un’ambientazione simile si rifà alla tecnologia aliena, dunque è poco pratico assumere che l’umanità abbia una tecnologia superiore a quella attuale, anzi risulta più o meno inutile aggiungere alla potenza dell’invasore le innovazioni di una tecnologia umana che per forza di cose dovrebbe soccombere (è un’invasione dopotutto, no?). Ciò fa crollare, almeno per una buona parte della narrazione, il problema tecnologia: basti pensare alla tecnologia del viaggio interstellare per dare agli invasori metà delle conoscenze necessarie a portare avanti una guerra d’invasione. Sarà invece premura della parte più debole colmare il divario tecnologico, che si risolve necessariamente con astuzia in tempi brevi o al più con una progressiva conversione alla tecnologia aliena, se l’intreccio dovesse dipanarsi nell’arco di un tempo più lungo. Il problema alieno non è invece semplice, se infatti i romanzi citati dal menestrello hanno
Lerigo Onofrio Ligure 24
Recensione
“MONDO9” di Dario Tonani
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Titolo: Mondo9 Autore: Dario Tonani Casa Editrice: Delos Books Pagine: 168 Anno: ITA 2012 Formato: Cartaceo
In un pianeta inospitale coperto da deserti tossici e creature pericolose, si combattono mezzi meccanici costruiti con tecnologie avanzate basate sulla propulsione a vapore. Gli equipaggi sono militari asserviti alle proprie stesse creazioni, mostruose entità pensanti affamate tanto di combustibile e lubrificanti, quanto di batteri umani. Tra tutte, una corazzata diventerà una sorta di emblema della supremazia delle macchine: l’inarrestabile Robredo.
Parliamo di sabbia. Tanta sabbia. Gigantesche distese desertiche martellate dal caldo e da tempeste elettriche, in una sorta di fucina a cielo aperto. A rendere ancora più sinistra la natura inospitale del luogo è il fatto che la rena è tossica, una miscela micidiale di veleni prodotta da cause imprecisate, forse endemiche, forse causate dai postumi di un conflitto. Di certo è una guerra in corso quella che muove come pedine gli interpreti delle storie di Tonani, protagonisti che sono esseri umani e veicoli senzienti, impegnati in un rapporto in cui i creatori delle macchine non sono necessariamente i vertici del comando. Anzi. Gli uomini che abitano le sterminate aree del pianeta, sembrano poco più che degli agenti infestanti, operose formiche poco integrate all’ecosistema, in cui prosperano meglio le grandi aliquadre volteggianti nei cieli o le lucertole che sopravvivono nella sabbia pirica infestata dai cardi mangiaruggine. Quel che rende speciali gli umani, però, è la loro straordinaria abilità nel campo della meccanica, una dote che unita alla propensione guerresca gli permette di produrre le navi del deserto, veri e propri transatlantici muniti di ruote, con cui percorrono incessantemente le distese sabbiose.
Quando Philip Dick affermava: “Se pensate che questo mondo sia brutto, dovreste vedere gli altri”, forse si riferiva anche alle aride dune di Mondo9. Ad andare a darci uno sguardo e raccontarlo, ci ha pensato per noi Dario Tonani e il reportage di questo viaggio da incubo è diventato un’avventura cresciuta tassello dopo tassello a partire dal 2008 sulle pagine di Robot 54 e proseguita in formato elettronico per 40k Books. Dove si trova Mondo9? In qualche dimensione altra dell’universo, madre inclemente di un pianeta che pare frutto di un parto doloroso, come dolorosa è la vita che brulica sulla sua superficie.
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La loro è una civiltà in movimento, quasi un omaggio al mito on the road inneggiato da Springsteen in canzoni come “Born to run”. Da un capo all’altro di Mondo9, a esclusione dei mari e dei poli ghiacciati, i militari tracciano rotte, si scontrano, danno respiro ai motori con un impegno che è devozione e destino insieme. Lo spiega bene la parabola di Garrasco D. Bray, ufficiale Guardiasabbia sulla mastodontica Robredo, una fortezza semovente di 25.000 tonnellate destinata a ricorrere nelle storie con una presenza simbolica e opprimente pari a quella di un Moby Dick meccanico. Dal suo esordio da naufrago sulla novellette Cardanica, il ruolo di Garrasco scivola lentamente al cupio dissolvi del racconto Afritania, in cui il contatto col “Morbo” lo assimila sempre più al metallo che domina la vita del pianeta. del pianeta. Nel frattempo, altri squarci rivelatori aprono scenari tutti da esplorare nelle dinamiche di sopravvivenza di Mondo9. Lo illustra bene in Robredo la vicenda di Yussuf, che scopre a sue spese il rapporto simbiotico esistente tra le macchine e gli uccelli, in un matrimonio blasfemo di sangue e ferro. I fratelli avvelenatori di Chatarra, invece, sono gli artefici dell’eutanasia delle macchine morenti, ammassate a formare l’omonima isola, in un groviglio minaccioso di rottami, ancora malevoli e pieni di insidie.
sazioni tattili. Col sostegno di una scrittura estremamente raffinata, ogni pagina affascina il lettore trascinandolo in una condizione drammatica che trova occasioni di bellezza pura attraverso un linguaggio evocativo, pittorico, capace di rendere senza sbavature la desolata poesia di un pianeta-metafora, specchio deformato della disumanizzazione che ci circonda. Non è un caso, infatti, che la contaminazione sia alla base di un altro fortunato ciclo narrativo di Tonani, quello dei +Toons, ambientato in una Milano degradata del futuro, dove uomini e cartoni animati viventi s’intrecciano a rivendicare spazi vitali immersi in atmosfere noir fitte di azione. Mondo9 è un cantiere di emozioni, un laboratorio di idee originali che ha riscosso l’interesse della stampa straniera, come testimonia, tra gli altri, l’entusiastico commento di Paul Di Filippo, che apparenta le invenzioni di Tonani alle visioni pericolose di Harlan Ellison (pensiamo a racconti come “Il gatto” e alla sua commistione di carne e metallo). Ma la potenza dell’immaginario messa in scena da Mondo9 è ancora ben lontana dall’esaurirsi, infatti, oltre a un seguito annunciato, dove si svilupperanno ancora di più le tematiche di questa prima uscita, sono scaturiti sul numero 68 di Robot una serie di spin-off ad opera di scrittori selezionati da un contest nato sul forum della Writers Magazine Italia. Da questo esperimento piuttosto unico nell’ambito letterario italiano, hanno preso vita 20 fulminanti flash che esplorano i tanti fili narrativi tracciati dall’autore, per farci tornare a visitare indenni le sabbie di Mondo9 e i suoi abitanti. Oltre al vapore rovente, c’è parecchia ruggine su questo mondo, l’importante per il lettore è che insieme al rock’n roll non si addormenti mai.
Non c’è troppa speranza a illuminare queste storie tutte basate sull’impatto tra i corpi diversi, incompatibili, che tentano di trovare posto in una biosfera che ha perso (o non ha mai avuto) dei confini nettamente definiti. Più vicino al mondo sporco e fisico dello steampunk che alle algide relazioni virtuali del cyberpunk, l’universo di Dario Tonani vive la sua traiettoria narrativa in una sensorialità delirante, ricca di colori, odori e sen26
Dario Tonani, milanese del ’59 è un giornalista esperto di automobilismo e autore di numerosi romanzi, racconti e antologie personali. Autore Mondadori, pubblica sulle pagine di Urania le storie del ciclo dei +Toons, “Infect@” e “Toxic@”, a cui fa seguito per la Delos Books l’antologia “Infected Files”, che vi si riallaccia parzialmente. Oltre al mini-ciclo dell’Agoverso, pubblicato su Urania (“L’algoritmo bianco”), ha dato il via anche alla serie “WAR - Weapons. Androids. Robots” per Mezzotints.
Fabio Lastrucci
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Recensione
“Più Che Umano” di Theodor Sturgeon • • • • • •
Titolo: Più Che Umano Autore: Theodor Sturgeon Casa editrice: Giano Editore Pagine: 270 Anno: USA 1953 – ITA 1954/2005 Formato: Cartaceo
Immaginate un gruppo di emarginanti, di veri e propri outsider, in qualche caso minorati, all'apparenza. Sono Lone, un idiota capace di controllare gli altri con la forza della mente; Janie, una ragazzina cresciuta isolata dal inondo e dotata di poteri telecinetici; Bonnie e Beanie, due gemelle nere mute capaci di teletrasportarsi; Baby, un bambino down col cervello di un genio; Gerry; un ragazzo assassino e ipnotizzatore. Immaginate ora che si uniscano a formare un'entità mentale e spirituale di tipo nuovo, l'Homo Gestalt, il passo evolutivo oltre l'Homo Sapiens. Non passerà molto tempo e si accorgeranno di una mancanza grave del loro organismo, che impedisce la crescita e mette a repentaglio la loro esistenza.
sue opere più significative, personalmente sono convinto sia nella misura del racconto a emergere il miglior Sturgeon, uno scrittore capace come pochi di ridefinire le coordinate a partire dalle quali il lettore comprende e giudica il reale. Ma Theodor Sturgeon è uno scrittore di fantascienza? Come tutti i grandi autori risulta difficile inserirlo in una categoria ben precisa. Teddy sfugge a ogni categorizzazione e, come un gas, tende a occupare ogni possibile spazio narrativo. È un narratore spesso distaccato, persino un po’ freddo. In altri momenti è amichevole, disinvolto, persino ammiccante. Sempre e comunque sorprendente. Per la capacità – questa sì più che umana – di «vedere» connessioni e intuire risvolti inaspettati anche nella situazione e nell’ambiente più ordinari. Il fantastico – e il fantascientifico – emergono quasi inafferrabili, avvertiti soltanto dai lettori più attenti. E mai nulla di troppo appariscente. Un’innovazione tecnologica formidabile in questo “Più che umano”, una forma di vita completamente aliena in Cristalli sognanti, ripubblicato da Adelphi nel 1997. Ma anche un processo di crescita nervosa accellerata in uno dei suoi testi più belli e intensi, Matu-
Theodor Sturgeon è un mito. Un’affermazione esagerata? Non credo, non credo proprio. Un mito non solo per questo romanzo, a suo tempo ritradotto da Giano – in seguito assorbito da Neri Pozza e quindi, ahinoi, definitivamente esaurito -, ma per l’insieme della sua produzione, dispersa e perduta in vecchi «Urania» e «Galassia» e che meriterebbe di essere raccolta e ripubblicata perlomeno in un Meridiano Mondadori. E se questo More than human è sicuramente una delle 28
rity, apparso una sola volta in Italia in un numero di «Galassia» del 1977. “Più che umano” è già stato pubblicato in Italia
profonda. Gli unici a capire non solo che il futuro è già qui o che gli alieni sono tra noi da sempre, ma che senza un modo diverso di «vedere» non sapremo riconoscere né l’uno né gli altri.
dall’editrice Nord con il titolo Nascita del Superuomo [1974], nella traduzione di Riccardo Valla. E un’inquietante copertina di Karel Thole. A suo modo estremamente fedele – come sapeva esserlo l’artista olandese – al testo. Principale difetto della prima edizione era il titolo. Fuorviante. «Superuomo» è infatti un termine logorato da troppi significati desueti o decisamente connotati politicamente e che non ha nulla a che vedere con il senso profondo del testo di Sturgeon.
Uno degli elementi di maggior rilievo nella narrativa di Sturgeon è la capacità impressionante – quasi magica – di immergersi profondamente in emozioni, ricordi, sensazioni di menti menomate, distorte, povere e limitate o segnate da pulsioni maniacali, mettendo in evidenza quanto il concetto di normalità sia vago e sfuggente. L’esatto contrario, mi piace sottolinearlo, di tanta (cattiva) narrativa contemporanea dove la diversità è assunta come condizione definitiva e minacciosa, prerequisito di serial killer e cupi maniaci dediti allo sterminio efferato di noi poveri innocenti & normali. Theodor Sturgeon, un po’ come Philip K. Dick, è stato scrittore di fantascienza non soltanto per ispirazione ma anche per necessità. Sostanzialmente perché le sue storie erano e sono troppo strane per essere accettate nel mondo della (cosiddetta) narrativa maggiore.
La vicenda raccontata è a suo modo semplice. I personaggi di “Più che umano” sono individui colpiti o afflitti da caratteristiche fisiche o mentali straordinarie. Doti che ne fanno individui disadattati e fatalmente posti ai margini della società. Soggetti «strani» capaci di dislocarsi nello spazio, di immaginare circuiti e forze che per altri risultano invisibili, eterni neonati in grado di esprimersi soltanto a gesti e gorgoglii, semplici bruti apparentemente incapaci di pensare. Disperse e separate le parti dell’uomo nuovo – l’Homo gestalt – sono incapaci e impotenti. Una volta riunite possono costituire una guida a un futuro migliore per l’intera umanità. Collaborazione, reciproca attenzione, capacità di ascoltare, capire, interagire, collaborare, immaginare: queste le doti dell’Homo Gestalt, doti delle quali ciascuno di noi è (teoricamente) dotato. Peccato che quasi mai queste siano le doti più apprezzate nella nostra quotidiana vita lavorativa e sociale. Come in Cristalli sognanti sono i dropout a cogliere la realtà nella sua essenza più vera e
Theodore Sturgeon (New York, 26 febbraio 1918 – 8 maggio 1985) è stato un autore di fantascienza statunitense. I romanzi ed i numerosi racconti fanno includere Sturgeon nella lista dei migliori scrittori dell’Età d’oro della fantascienza, insieme a Heinlein, Asimov, Simak, Clarke e Van Vogt.
Massimo Citi
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Recensione
“I Burattinai” di Larry Niven • • • • • • •
Titolo: I Burattinai Autore: Larry Niven Sottogeneri: Fantascienza Hard, Space Opera Casa Editrice: Editrice Nord Pagine: 494 Anno: USA 1970 – ITA 1972 Formato: Cartaceo
I Burattinai, premio Hugo e Nebula nel 1971, rappresenta l’apice narrativo e la inconfutabile dimostrazione della grandezza di Niven come autore della migliore fantascienza tecnologica. Qui Niven ci narra la storia del viaggio esplorativo organizzato dalla buffissima e misteriosa razza dei “burattinai” (specie di centauri paranoici con tre gambe, senza testa, e con due braccia su cui si ergono due busti separati) con la complicità di alcuni terrestri verso il Mondo ad Anello, un gigantesco anello che orbita intorno a una stella lontana, con un’area pari a tre milioni di volte quella della Terra e pieno di fantastiche meraviglie come antiche rovine, castelli fluttuanti nell’aria e strane razze barbare. Un romanzo bizzarro e affascinante: una creazione indimenticabile e una pietra miliare della fantascienza moderna.
può allungare la propria vita e scegliere persino come colorare la propria pelle. Presto questa società, vista sotto il punto di Louis ci appare fiacca e poco importa quali meraviglie nasconda: Niven ci da la possibilità di visitare un gigantesco anello che usa la propria forza centrifuga per creare un habitat vivibile in orbita intorno alla propria stella. Con un diametro lungo approssimativamente quattro volte la distanza tra Terra e Luna, probabilmente è una delle migliori trovate della fantascienza classica, capace di garantire al suo creatore ben tre seguiti e una fama mondiale. Tale imponenza potrebbe lasciare con il fiato sospeso i più, difatti il Mondo ad Anello è una trovata tecnica superlativa, l’ambientazione garantisce da sola il sense of wonder necessario alla storia per partire. Stessa cosa per il resto dell’universo conosciuto, ambientazione madre dove si svolge l’intera opera niveniana. Il menestrello non si dilungherà nelle varie spiegazioni al riguardo, basti dire che con questo romanzo Niven traccia una linea di somma a tutti i suoi precedenti scritti, fornendo un comparto tecnologico e sociale dettagliato e maturo,
Benché Niven non sia famoso quanto Asimov o Clarke, le sue opere sono incentrate molto spesso nell’enfatizzare la parte tecnica e teorica dei propri romanzi, così in questo I Burattinai ci catapulta in una società modernissima in cui si può viaggiare istantaneamente attraverso il globo, dove la gente 30
dove il lettore di vecchia data ritroverà con piacere una continuazione, non mancano però le spiegazioni non troppo approfondite per chi non ha mai letto gli scritti di Niven. L’incipit del libro da al lettore abbastanza informazioni da digerire: la situazione umana e le prime pagine interessano il giusto, ma veniamo subito catapultati nel punto di vista di Louis, esperto esploratore che si confronta con la propria curiosità nel tentativo di comprendere i codardi Burattinai e la loro società in fuga dalla fine della galassia. Allo stesso modo i personaggi interagiscono tra loro in maniera egregia, trovando le proprie nicchie in una storia che ben presto perde tutta la parte relativa all’esplorazione spaziale, solo per riversarsi nell’imponente Mondo ad Anello.
rogativi proposti, ne basta l’introduzione di due personaggi secondari che rispondono loro malgrado a qualche domanda insoluta (Prill e Seeker). Purtroppo per Ringworld la spiegazione su cosa abbia fatto regredire la sua civiltà è abbastanza banale da finire in secondo piano rispetto alle storie dei personaggi, le quali risultano avvincenti, benché non siano profonde, del resto il menestrello ricorda che si parla di un romanzo della fantascienza hard più pura. Le implicazioni stesse della presenza di civiltà decadute all’interno di Ringworld non sembrano impressionare più di tanto i personaggi, i quali si rassegnano a proseguire la loro missione anche contro tutte le avversità. Menzione speciale per il cosiddetto portafortuna (Teela), forse troppo abusato da Niven, ma piacevole digressione in una storia dove tutto è fantascienza, persino i punti cardinali all’interno dell’anello stesso! Benché l’idea iniziale sia ottima, nel realizzarla Niven lascia in sospeso molte domande riguardo la costruzione e la stabilità del mondo stesso, tanto da spingere lo stesso autore a scriverne il seguito con I costruttori di Ringworld (The Ringworld Engineers, 1980). Questi aspetti potrebbero limitare una storia, impedendole di decollare pienamente, ma I Burattinai riesce comunque a tentare il lettore con trovate sempre più complesse, superando la mancanza della tensione, vera assente di tutto il romanzo. Niven riesce a riempire le 230 pagine del suo Mondo ad Anello sbagliando pochissimo, ma più di tutto crea per il lettore un’ambientazione e un affresco di un mondo (artificiale) plausibile e realistico, il quale riesce a stupire persino dopo tantissimi anni dalla sua ideazione. Il menestrello vostro consiglia la lettura
La seconda parte del romanzo porta il lettore dentro un immenso mondo nel mondo, qui Niven commette involontariamente un errore: se infatti Ringworld è tanto vasto, i protagonisti ne esplorano una minima parte, dando sempre l’impressione che ci sia di più da vedere. Proseguendo con la storia Niven svela alcuni degli interrogativi che il lettore si trova davanti sin dal principio, compresa una mappa del Mondo ad Anello. Tutto ciò però non basta a spiegare molti degli inter31
di questo capo saldo della fantascienza hard, aggiungendo che non si può dire di aver conosciuto il genere senza aver letto una simile pietra miliare.
Laurence van Cott Niven nasce a Los Angeles nel 1938, si laurea in Matematica e approda alla letteratura nel ’64 con la serie di racconti The Coldest Place, ma il suo primo romanzo arriva solo due anni dopo con Pianeta di schiavi (World of Ptavvs, 1966). Famosa la sua lunga collaborazione con Jerry Pournelle, che vale, tra tutti, due classici come La Strada delle Stelle (The Mote in God's Eye, 1974) e Il Giorno dell'Invasione (Footfall, 1985). Vincitore di diversi premi letterari, la sua consacrazione arriva proprio grazie a I Burattinai, con il quale vince il premio Hugo, il Nebula e il Locus.
Lerigo Onofrio Ligure
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Novità editoriale
“Guaritore Galattico” di Philip K. Dick
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Titolo: Guaritore Galattico Autore: Philip K. Dick Casa editrice: Fanucci Editore Pagine: 208 Anno: USA 1969 - ITA 1976/2013 Formato: Cartaceo
Siamo nel 2046, in un’America totalitaria nella quale lo Stato controlla le azioni, le parole e perfino i pensieri dei suoi cittadini, così come avviene ormai in tutto il mondo. Joe Fernwright è un guaritore di vasi, in grado di far tornare come nuovi i manufatti di ceramica che restaura. In un mondo dove tutto è fatto di plastica, però, Joe si ritrova disoccupato e depresso. Con un matrimonio fallito alle spalle, e senza prospettive, il suo unico divertimento è quello di dedicarsi, con alcuni amici sparsi in tutto il mondo, a quel che Joe chiama semplicemente il Gioco. Il Gioco consiste nel decifrare incomprensibili traduzioni automatiche di titoli di libri e film, e risalire al titolo originale. Un giorno, però, Joe viene contattato da Glimmung, un’entità dotata di poteri quasi divini, e insieme ad altre persone altrettanto depresse e alienate, e a una schiera di creature provenienti da tutta la galassia, si imbarca in una grande impresa: raggiungere un lontano pianeta per far riemergere un’antica cattedrale sommersa sul fondo dell’oceano.
Philip K. Dick nasce a Chicago il 16 dicembre 1928. Nel 1955 esce il suo primo romanzo, “Lotteria dello Spazio”. Durante un’esistenza segnata dalle difficoltà economiche, scrive capolavori come “La Svastica Sul Sole”, “Ma Gli Androidi Sognano Pecore Elettriche”?, da cui è tratto “Blade Runner” di Ridley Scott, e “Ubik”. La notorietà di Philip K. Dick deve molto agli adattamenti cinematografici di vari suoi romanzi. Con l’arrivo in libreria degli ultimi quattro romanzi e de “L’Esegesi “di Philip K. Dick (curata da Pamela Jackson e Jonathan Lethem), tra febbraio e novembre 2013 Fanucci completa la pubblicazione dell’opera omnia del tormentato e geniale scrittore americano, considerato il padre della fantascienza postmoderna, di cui detiene i diritti assoluti dal 1999.
A cura di Michele Greco
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Articolo
I grandi uomini dell'horror (terza parte): quando gli uomini sono fatti di pixel Nei due numeri precedenti mi sono occupata di descrivere le vite dei grandi uomini che hanno fatto la storia della letteratura horror, narratori dal talento indiscusso capaci di rievocare in noi, di volta in volta, la medesima sensazione di terrore provata alla prima lettura.
Resident Evil (titolo originale Biohazard) vede la luce nel 1996 grazie alla software house giapponese Capcom, da un'idea di Shinji Mikami. La storia è ambientata a Raccoon City due anni nel futuro rispetto alla pubblicazione del videogioco, dove una serie di inquietanti omicidi richiedono l'intervento della squadra S.T.A.R.S. (Special Tatics And Rescue Service). L'Alpha Team, capitanato da Chris Redfield e Jill Valentine, sarà protagonista di uno dei survival horror più conosciuti al mondo, sulle tracce dei compagni scomparsi e, soprattutto, in cerca di risposte perché, dietro i mostri che infestano la città, si nasconde la Umbrella Corporation, responsabile di aver eseguito degli esperimenti manipolando un virus chiamato T-virus.
Abbiamo letto grandi nomi, iniziando da Edgar Allan Poe, H.P. Lovecraft sino a Stephen King, parlando anche della notte in Villa Diodati. Per questo ultimo appuntamento con gli uomini che hanno fatto la storia dell'horror, vi propongo dei nomi che molti faticheranno a riconoscere: Chris Redfield e Jill Valentine, Harry Mason ed Isaac Clarke. Non sono scrittori, non sono registi, sceneggiatori o attori. Questi tre uomini e gentil signora non esistono nemmeno, perché i loro corpi sono fatti di pixel. Essi sono infatti protagonisti di saghe horror che hanno dato inizio alla creazione di film, libri e fumetti ad essi ispirati.
La saga (composta da ben dodici titoli) ha ispirato la creazione di due spin-off, sei film (l'ultimo uscirà nel 2014), sette libri e tre film in computer grafica. Tra i titoli dei libri, opera della scrittrice statunitense S.D. Perry, troviamo the Umbrella Conspiracy, Caliban Cove, City of the Dead, Underworld, Nemesis, Code Veronica e Zero Hour. I libri scritti dalla Perry possono considerarsi le esatte trascrizioni letterarie dei titoli della saga di videogiochi, la dimostrazione di quanto importante sia stato il fenomeno Resident Evil.
Per capire meglio di cosa parliamo analizziamo tre titoli: Resident Evil, Silent Hill e Dead Space.
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Pochi anni dopo, esattamente nel 1999, la Konami (altra software house giapponese) dà il via al lancio di Silent Hill.
sahiro Ito, disponibili in inglese e giapponese (i primi due) e solo in giapponese il terzo.
Ultimo titolo, decisamente più recente, è Dead Space, sviluppato dalla statunitense Visceral Games nel 2008. Si può dire che questo gioco ha tutto: un'ambientazione futuristica, viaggi spaziali, curiosi culti e piaghe aliene che rianimano i cadaveri. Quest'ultima è forse un po'eccessiva, ma in sua assenza il gioco non avrebbe avuto nulla di tanto spaventoso.
Ambientato nella città americana di Silent Hill, in riva al lago Toluca, piena d'ogni sorta di comfort per i turisti, ma difficile da trovare a causa di una fitta nebbia che la circonda perennemente. Harry Mason e la figlia di sette anni, Cheryl, viaggiano a bordo del loro fuoristrada in direzione di Silent Hill. La visione di una ragazzina in mezzo alla carreggiata fa perdere ad Harry il controllo del veicolo che, dopo essersi ripreso, non trova più la figlia.
Il protagonista è un ingegnere di nome Isaac Clarke (omaggio ad Isaac Asimov e Arthur C. Clarke) inviato per delle riparazioni sulla nave mineraria USG Ishimura. Una volta schiantati sulla nave, Isaac e i suoi incontreranno delle creature pericolose chiamate necromorfi. Nel corso degli avvenimenti, Isaac scoprirà il coinvolgimento della chiesa di Unitology, che aveva assegnato al capitano della Ishimura l'incarico di recuperare un manufatto chiamato il Marchio. Tra verità difficili, scontri sanguinolenti e addii dolorosi (come quello di Nicole, la fidanzata del protagonista), Isaac dovrà affrontare l'Unica Mente che controlla i necromorfi e che, attraverso Nicole, era riuscita ad influenzare persino lui.
Disperato inizia una ricerca per i vicoli della città deserta, che presto si rivelerà essere abitata da creature orribili, mostri ed indemoniati. In bilico tra due realtà, Harry farà i conti con pericolosi rituali che coinvolgono – seppur parzialmente – la figlia Cheryl, ossia la reincarnazione della giovane Alessa Gillespie, arsa viva dalla madre per riportare in vita a Samael, considerato come un dio dal culto nato nella città.
Della saga esistono otto capitoli, otto spinoff, un remake, due film e tre fumetti. Come per Resident Evil, anche Silent Hill può vantare la trasposizione letteraria dei primi tre capitoli: tre libri scritti dal giapponese Sadamu Yamashita con le illustrazioni di Ma-
Tre capitoli della saga, tre spin-off, due film, un fumetto e due libri. Il primo, Martyr, scritto da B.K. Evenson, può considerarsi un 36
prequel degli avvenimenti del gioco, dalla creazione della chiesa di Unitology da parte del geofisico Michael Atman alle minacce aliene rivolte alla terra. Il secondo libro, anche esso scritto da Evenson ed intitolato Catalyst, descrive una civiltà umana già prossima all'estinzione e priva di morale che utilizza senza remora le pericolose tecnologie aliene e dei Marchi.
Quando le idee iniziano a scarseggiare e troviamo sugli scaffali delle librerie l'ennesimo libro su personaggi già utilizzati – ancora e ancora! – forse affidarsi ad un videogioco non è più un'idea tanto orribile.
Christine Amberpit
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Intervista a
Vincent Spasaro di Fabio Lastrucci
viaggio di scoperta si tratta. Provate a immaginare che qualcuno distrugga ciò in cui avete sempre creduto, tutto quel che vi ha aiutato a vivere, le fondamenta stessa della civiltà. Cosa fareste? Ecco, questi cacciatori, veri e propri segugi armati di qualcosa che va oltre le lame e la forza, sono chiamati a inseguire l'autore di quel crimine, braccarlo, trovarlo e riportarne indietro la testa. Buona fortuna. Per complicare le cose, i segugi si trovano a vagare in un luogo di frontiera, insidioso e opprimente, sconosciuto alle mappe, e non hanno notizia della presenza di altri inseguitori, per cui la ricerca diventa un gioco di bugie e tradimenti, sospetti e paure.
- Essendo in parte una commistione di generi, in quale categoria collocheresti il romanzo, science-fiction, science-fantasy o altro ancora?
In occasione dell’uscita del romanzo Il demone sterminatore per le trevigiane edizioni Anordest, conversiamo di questa produzione con Vincent Spasaro, autore polidimensionato, nonché figura emergente nel panorama fantastico nazionale.
La tua domanda È particolarmente interessante. Si tratta di un romanzo fantasy? Sicuro, in quanto tutto È inventato di sana pianta. Ma non solo. E' science fiction? Se considerate ancora fantascienza la SF planetaria, È anche quello. E' un horror? Certamente, e va dallo splatter agli orrori cosmici. La verità È che nel mondo anglosassone la commistione di generi È una realtà da tempo, mentre qui
- Vincent, benvenuto sulle pagine di Fralerighe Fantastico! Per parlare del tuo "Demone sterminatore" come prima domanda mi piacerebbe che ci illustrassi la trama del libro. Il romanzo narra di una caccia, di un inseguimento in cui la preda si dimostra per certi versi l'incarnazione delle paure più profonde dei cacciatori. E' fondamentalmente un romanzo d'avventura intesa nel senso più ampio. Non riconoscerete le geografie né le storie narrate come geografie e storie reali, ma di 39
da noi, se non riesci a collocare la tua vena creativa in uno scaffale polveroso con una bella dicitura che t'identifichi, non esisti.
gue. In definitiva spero di aver creato qualcosa di originale.
- Cosa puoi dirci dei tuoi personaggi? C'È qualcuno di essi in cui ti identificheresti o in cui si potrebbe identificare maggiormente il lettore?
- Com'È nato "Il demone"? Sei partito da un'immagine che ti ha suggerito una storia, oppure l'hai costruito come se fosse un meccanismo, per successivo assemblaggio di episodi?
Probabilmente il lettore s'identificherà principalmente in Onnau, il centauro, poiché incarna una versione abbastanza solida dell'eroe, sebbene non rientri pienamente nei cliché del genere, non essendo armato di spada né di forza sovrumana. Ma il mio intento È quello di rompere gli schemi consolidati, cercare di levare i punti di riferimento, fare in modo che l'identificazione passi da un personaggio all'altro a seconda della situazione, e che il lettore possa saltare qua e là e vivere per un po' le vite di tutti i personaggi principali col loro corredo di ricordi, personalità e ambienti.
L'immagine mi ha suggerito l'ambientazione principale, e si È trattato di un sogno. L'idea di base era però creare un romanzo di ampio respiro, con più storie e intrecci, colpi di scena e accelerazioni, per cui l'assemblaggio era necessario. Ma non parlerei di episodi bensì di fili che si annodano a creare una solida fune. Le trame sono collegate e diventano una cosa sola. La sfida era questa: tante storie, una sola trama, e tutto calcolato al millesimo come in un giallo.
- Dal momento che hai scelto un'ambientazione apparentabile al fantasy, in che modo ti sei voluto porre rispetto gli schemi classici del genere? Convivenza? Rottura iconoclasta? Par condicio tra i due atteggiamenti?
- Domanda 4 bis: c'È una scena in particolare che ritieni rappresenti il cuore del romanzo? Per forza di cose, in una narrazione così vasta, non riesco a identificare una scena madre che riassuma le altre e le riempia di significato. Ce ne sono varie cui mi sentirei di attribuire questo ruolo, ma ho notato nei lettori opinioni piuttosto differenti: per alcuni una scena era epocale mentre per altri era piena di significato quella successiva. Credo che dipenda anche dalla diversa conduzione stilistica delle sottotrame, per cui alcuni si trovano meglio con una narrazione lirica, altri con una epica e altri ancora con un incedere opprimente e gravido di promesse maligne.
Guarda, il fantasy ha una tradizione più vasta rispetto agli stanchi epigoni di Tolkien o agli amanti dei manga. Fantasy era Howard, ad esempio, fantasy erano tanti racconti di Smith e molto Lovecraft. Nel romanzo c'È sicuramente qualcosa di quel weird. Il cosiddetto dark fantasy ha una sua storia solida. Chiamalo fantasy per adulti, se preferisci, ma non si tratta certo di un genere nato con l'ultimo Martin. Pensa anche a Moorcock, Vance, Le Guin, Holdstock e tanti altri. M'interessava creare delle solide basi religiose, sociali, anche biologiche dove far giostrare personaggi, conflitti e drammi. Metterci dentro molta epicità, tragedia, atmosfere oniriche e tanto san40
solo in relazione alla narrazione: storie differenti, stili differenti. In entrambi i romanzi non ho apportato modifiche di peso nella trama tra la stesura originaria e la pubblicazione. Nel caso del demone ho eliminato alcune sottotrame che, pur interessanti, disperdevano un po' l'attenzione del lettore.
- In ogni tuo libro adotti un registro narrativo differente, così come cambia il tipo di linguaggio che usi. Si tratta di un processo spontaneo? E' una necessità obbligata dall'atmosfera del romanzo che stai creando? È vero. Mi piace variare molto. Posso dirti che si tratta sia di una scelta obbligata che di un processo spontaneo. Se penso a un certo tipo di atmosfere, mi trovo a ragionare con i termini e lo stile che ritengo adatti. Non credo insomma di far troppa fatica a calarmi nel tipo di ritmo che voglio dare alla storia. Apprezzo tra l'altro molto chi ha questa capacità di variare prospettiva. Un esempio che posso farti È la mia amica Lorenza Ghinelli che si evolve di romanzo in romanzo nelle direzioni che ritiene più utili andando dall'horror al mainstream.
- Concludiamo questa conversazione. Non abbiamo dimenticato che hai un grosso bagaglio di esperienza come editor presso la collana de Il Foglio - "Fantastico e altri orrori", ora in veste di autore ti sei confrontato con l'operato di altri redattori. È stato un rapporto complicato? Hai trovato differenze interessanti nel modo di editare un libro con le varie case editrici con cui hai pubblicato?
L'esperienza con Il Foglio, magnifica, È stata festosa e amatoriale. Gordiano Lupi, l'editore, È una persona rara, uno che qualsiasi casa editrice con la testa sulle spalle dovrebbe assicurarsi come talent scout. Non sto qui a indicare tutta la gente che ha scoperto ma, solo a scorrerne il curriculum, rimani a bocca aperta. Con i ragazzi di Anordest non ho trovato grosse differenze, a parte il fatto che Il Foglio È orgogliosamente underground e Anordest È invece una casa editrice di peso cui piace sperimentare e accetta le sfide. Il fulcro del lavoro mi È parso simile: scremare sempre più affinché un romanzo perda gli orpelli e possa essere apprezzato da un lettore qualsiasi, al di là delle differenze di distribuzione.
- La stesura del tuo precedente romanzo uscito per Mondadori, "Assedio", È vicina nel tempo a quella al "Demone", pur trattando temi e atmosfere profondamente lontani. A tuo modo di vedere c'È un salto stilistico significativo nella scrittura delle due produzioni? Passando dalla bozza definitiva alla pubblicazione, hai apportato molte modifiche? No. Assedio e Il demone sono stati scritti a distanza di due anni circa. Lo stile È variato 41
Intervista a
Luca Tarenzi di Michele Greco l’Everest, intenzionato a trovare suo padre e fargliela pagare togliendogli tutto quello che possiede un pezzo alla volta. Una prostituta di Amsterdam si accorge di quel che sta succedendo e, per il suo bene, tenta di fermarlo. Seguono disastri inconcepibili.
- Innanzitutto, benvenuto sulla rivista “Fralerighe - Fantastico”. Cominciamo con una domanda di rito: chi è Luca Tarenzi? Luca Tarenzi è un trentasettenne disordinato e scarmigliato, alto un metro e una carota, con la faccia da messicano e i capelli da hippie. La gente tende a ricordarselo soprattutto per le sue pessime abitudini, quali ridere a sproposito, mentire sorridendo, parlare da solo a voce altissima, stonare canzoni metal e giurare che non si metterà in giacca e cravatta nemmeno se lo invitano al funerale di un capo di stato. Siccome, oltre che andare in giro a far casino, deve anche mangiare, in passato è stato un redattore giornalistico, un pet-sitter e una guida turistica; oggi fa il traduttore e il consulente editoriale, e più o meno una volta l’anno scrive un libro. - Parlaci di “Godbreaker”, il tuo nuovo romanzo.
- Autopromuoviti. Perché i lettori dovrebbero leggere “Godbreaker”?
In a nutshell: negli anni Trenta un dio preistorico che vive tra gli uomini ha avuto un figlio con una donna mortale e se l’è dimenticato per strada. Oggi quel figlio, dopo essere stato privato di tutto quello che conosceva, torturato dai nazisti e sommariamente istruito da un’altra divinità di dubbia fama, è un semidio di quasi un secolo con una brama di vendetta grande quanto
Eh no, io detesto dire alla gente “Leggete i miei libri, sono belli”! Allora diciamo che Godbreaker è un urban fantasy puro, e quindi spero piaccia a chi ama l’urban fantasy: c’è il nostro mondo e c’è la magia, ci sono dèi fattoni, mostri mitologici, leggende metropolitane che prendono vita, 43
abbondante uso di droghe psichedeliche a fini deleteri e tutte le citazioni nerd che sono riuscito a infilarci. C’è violenza, c’è epica, c’è umanità e c’è ironia (almeno spero). Se tutto questo vi smuove attenzione sì, oso dire che Godbreaker potrebbe piacervi.
anche altro della storia, ad esempio la dimensione del racconto iniziatico, ma non ho mai smesso di avere un rapporto quantomeno ambiguo con quel libro. Poi mi è capitato di leggere il bellissimo “The Alchemy of Stone” di Ekaterina Sedia, e ho pensato che, se mai avessi scritto una storia weird, sarebbe stata un Pinocchio pensato in quei termini. E quando l’ho fatto mi sono reso conto che Collodi aveva già fatto l’80% del lavoro al posto mio: c’era già tutto quel che serviva! - “Il Sentiero di Legno e Sangue” è ascrivibile all'originale sottogenere New Weird. Cosa ti affascina di questo filone? Pensi di scrivere altro di simile in futuro? Il bello del weird è che nessuno ti può dire cosa metterci. È il fantastico sommamente liberante e totalmente liberato. Se vuoi rendere reale una metafora, mescolare le forme delle cose, incarnare gli incubi e nello stesso tempo citare la Bibbia, Guerre Stellari e Rita Pavone (sì, c’è anche lei nel “Sentiero”) non solo nessuno te lo impedirà ma ti diranno pure che hai fatto bene! Sul weird ho letto e sentito molto più di quanto avrei voluto, ma i discorsi sul sense of wonder o sul potere di distorsione della realtà francamente non mi interessano. Io do ragione a China Miéville quando diceva “Io scrivo perché mi piace creare mostri fichi!” Al momento comunque non ho in programma altre storie su quel filone – anche perché in Italia chi te le pubblica? – ma questo non esclude a
- Nel 2010 Asengard ha pubblicato “Il Sentiero di Legno e Sangue”, un romanzo molto interessante sotto vari punti di vista. Come mai hai scelto di rivisitare proprio Pinocchio? Da piccolo Pinocchio mi faceva incazzare a morte. Sul serio. Non c’era nulla in quella storia – personaggi, dialoghi, situazioni – che non riuscisse in un modo o nell’altro a provocarmi irritazione. A modo suo, è il racconto per l’infanzia che mi ha smosso più emozioni, anche se forse non proprio nella direzione che intendeva Collodi. Quando sono cresciuto ho afferrato 44
queste creature potentissime e disobbedienti, che servivano Dio ma erano tutto meno che buone, che scappavano sulla Terra perché trovavano sexy le donne umane, che talvolta per eseguire un ordine scatenavano un massacro e altre volte per fare di testa loro finivano precipitate giù dal Cielo. Avevo già scritto storie di angeli anni prima del “Diavolo”, ma gli editori mi avevano sempre risposto che da noi non c’era mercato per quel genere di fantasy, che era troppo americano, che il pubblico italiano non lo conosceva. Poi sono arrivati l’ondata dei romanzi a tema e telefilm come “Supernatural” (di cui sono un fan impenitente e non me ne vergogno nemmeno un po’!) e di botto gli editori non hanno avuto più nulla da protestare, anzi.
priori che possa decidere di tornarci, prima o poi.
- Nel 2011 Salani ha pubblicato “Quando il Diavolo ti Accarezza”. Com'è avvenuto il passaggio alla grande editoria? Sinceramente, in maniera poco spettacolare. Nel 2009 avevo pubblicato con l’editrice Alacran un urban fantasy intitolato “Le due lune”, che raccontava la storia di un lupo mannaro – anzi una lupa mannara – a Milano. Le redattrici di Mondi Fantastici Salani, che già mi conoscevano perché avevo collaborato con loro come traduttore, lo hanno letto e con mia notevole sorpresa mi hanno chiamato per dirmi “Bello il tuo libro! Perché non ne fai uno anche per noi?”.
- Com'è nato “Il Diavolo Accarezza”? Cosa ti ha ispirato?
- Hai scritto “Saint Vicious” per l’antologia di racconti “Sanctuary” (Asengard, 2009) e “Il Re, l'Angelo e il Serpente” per “Stirpe Angelica” (Edizioni della Sera, 2010). Preferisci scrivere romanzi o racconti? Cosa cambia nel tuo modo di approcciarti alla scrittura? Una volta Neil Gaiman ha detto qualcosa del tipo (sto citando a memoria, quindi se sbaglio sapete perché) “I racconti brevi sono una figata perché ti trasportano in un altro mondo e ti riportano a casa prima della fine della pausa pranzo”. Ok, non era esattamente questa la frase, ma il concetto lo avete capito. Per scrivere un bel racconto serve un’idea forte. Alla stregua, anche più forte di quella su cui si può costruire un romanzo.
ti
Una smodata, insana e insradicabile passione per gli angeli. Oggi il romance li ha resi di moda, ma erano la mia ossessione già vent’anni fa, quando al liceo leggevo i vangeli apocrifi e il Libro di Enoch e andavo in fissa per 45
racconto in “Godbreaker” la posta in gioco è più ampia, e quindi lo sono anche i poteri soprannaturali coinvolti.
Perché non c’è spazio per girarci intorno, bisogna riuscire a essere superdiretti, ma a fare effetto comunque. Scrivere un bel racconto di quindicimila battute può essere più difficile che sviluppare un romanzo di trecento pagine, oppure può uscire di getto ed essere strafico comunque. Per questo credo fermamente che il processo di creazione di un racconto sia più misterioso di quello di un romanzo. E per lo stesso motivo, tante volte ho meno paura ad affrontare un romanzo che un racconto. Diciamo che di solito decido di scrivere un racconto solo se sono convinto che l’idea di base sia fottutamente buona. In tutta la vita (adulta) ho scritto forse una dozzina di racconti.
- Nei tuoi romanzi ci sono dei personaggi che ti rispecchiano? Se posso ricorrere ancora una volta al trucco della citazione, William Gibson diceva che il primo romanzo di un autore è sempre il più autobiografico. Nel mio caso in effetti è vero, ma penso di poter dire che l’autobiografismo l’ho esaurito tutto lì. E attenzione, “penso di poterlo dire”, ma poi gli altri mi dicono che ho torto marcio! Di base non uso scientemente me stesso per tratteggiare un personaggio, però i lettori mi dicono sempre che somiglio a questo o a quello. A questo punto potrei nascondermi dietro un “Ma succede a tutti gli scrittori!”, ma servirebbe?
- Cos'ha in comune “Godbreaker” con le tue opere precedenti? E quali sono le principali differenze stilistiche e strutturali? “Godbreaker” è il diretto continuatore de “Le due lune” e di “Quando il diavolo ti accarezza”. Ci sono le stesse ambientazioni (Milano in testa a tutte), personaggi ricorrenti – i protagonisti del “Le due lune” facevano una comparsata nel “Diavolo”, e i protagonisti del “Diavolo” fanno una comparsata in “Godbreaker” – e pur trattandosi di storie del tutto indipendenti c’è anche una specie di trama orizzontale che va avanti da un libro all’altro. In queste storie tento di conservare sempre determinate atmosfere, di costruire una mitologia coerente, di usare la stessa vena ironica. L’unica differenza che a me sembra rilevante è che nella storia che
- Come crei i tuoi personaggi? Da cosa inizi a caratterizzarli e come li sviluppi? Nella mia esperienza, nell’avvicinare i personaggi esistono fondamentalmente due tipi di scrittori: quelli che trovano un personaggio (o più di uno) che li prende ed è lui a costruirsi intorno una storia, e quelli che trovano una storia e poi “fanno casting” cercando i personaggi che servono per metterla in scena. Per quanto ne so non c’è un modo giusto o uno sbagliato: funzionano perfettamente entrambi. Io appartengo al secondo gruppo: di solito parto dall’idea per una storia e cerco di capire chi sono gli interpreti. 46
Sostanzialmente è il loro ruolo a “farmeli vedere” all’inizio: una volta che li ho dotati dei tratti fondamentali per svolgere la rispettiva funzione, riempio il resto con tutto quel che mi viene in mente, pescando ovunque (altri libri, film, persone che conosco nella realtà eccetera). L’importante è che il risultato sia una personalità coerente. Complessa o semplice, poco importa: è fondamentale che sia psicologicamente credibile. Di contro, una cosa che non faccio mai è aggiungere caratteristiche, tratti di personalità, quirk o episodi di background che servano apposta a “dare profondità” a un personaggio. La trovo un’operazione ridicolmente artificiale, che non produce quasi mai buoni risultati e che alla fin fine è pure inutile. Pensate ai vostri amici e alle altre persone che conoscete: sono tutte originali, profonde, sfaccettate, piene di lati nascosti e imprevedibili? No, non lo sono quasi mai. La maggior parte della gente è semplice, punto e basta. - Perché scrivi? E quando ne hai iniziato a sentire il bisogno?
professionale di contenuti (gradevoli, si spera). Per quanto riguarda gli inizi, mia madre ha delle foto di me a dieci anni o giù di lì che scrivo atroci raccontini su una macchina da scrivere che era già decrepita a quel tempo. Vocazione precoce? Non credo proprio: ho smesso anche solo di immaginare di scrivere qualcosa per anni e anni, e ho ripreso solo a ventisette, in un periodo in cui ero disoccupato. Se mi guardo indietro e mi domando “Ti saresti immaginato di diventare uno scrittore?” la risposta può essere solo un sincero e solenne “No, per nulla al mondo”.
- Quali sono gli autori fantasy che preferisci e che ti hanno influenzato di più? E quali non riesci proprio a leggere? Difficile indicare autori singoli. Posso cavarmela indicando generi e filoni? Mi piace l’urban fantasy più di ogni altro (era ovvio, no?), soprattutto quello con molta azione e molta ironia. Mi piace anche il fantasy classico, ma rispetto a vent’anni fa faccio sempre più fatica a trovarne esemplari interessanti. Mi piace il fantasy in ambientazione storica (che peraltro è sempre stato difficile da trovare). E mi piace la fantascienza, soprattutto la space opera e il filone sociologico. Di contro, posso indicare con assoluta certezza due categorie di autori che non reggo in alcun modo, indipendentemente dal genere che scrivono: quelli che vogliono insegnarti qualcosa e quelli che si prendono assolutamente sul serio.
Scrivo per portare a casa la pagnotta! E non sto scherzando: è ovvio che scrivere mi piace, non è un mestiere che uno sceglie e si tiene per anni senza amarlo, ma è altrettanto vero che mi ritengo uno scrittore commerciale e non penso ci sia nulla da vergognarsi in questo. Voglio che i miei libri piacciano a me, chiaro, ma anche che piacciano a più gente possibile. Voglio che vendano e che vadano in giro a lungo, che finiscano in ristampa e in edizione economica, che vengano prestati agli amici e regalati a Natale. Non sono un artista: sono un creatore 47
- Uscendo dalla narrativa fantastica, quali opere ti hanno colpito?
- Approssimativamente, quanti libri leggi in un anno? E qual è l’ultimo libro che hai letto?
Anche qui svicolerò indicando più che altro generi: fuori dal fantastico mi piacciono i romanzi storici (in particolare quelli d’avventura), i gialli classici (quelli alla Agatha Christie, per intenderci) e più di rado i thriller, ma solo se hanno davvero qualcosa di particolare.
In media un libro a settimana, quindi una cinquantina all’anno. Ma a volte di meno, dipende da quanto tempo libero ho. Di più, praticamente mai. L’ultimo che ho letto è “A Red Sun Also Raises” di Mark Hodder. Retro-fantascienza. Interessante, divertente e anche abbastanza “profondo”, a modo suo.
- Hai mai letto opere Bizarro fiction? E Steampunk? So cos’è la Bizarro Fiction, ma non mi è mai capitato di leggerne nulla: in effetti non mi attira particolarmente. Di steampunk ho letto qualcosa (Cherie Priest, Mark Hodder, George Mann, e poi Miéville e Tim Powers se contano come steampunk), e in mezzo a quello che ho letto qualcosa mi è anche piaciuto. In generale però non ho una gran passione per lo steampunk, ma per un motivo che prescinde dalla specifica estetica del genere: come nel caso dei vari tipi di weird, il problema di questo filone è che troppo spesso “il flavour si mangia tutto il resto”. Gli autori di steampunk tante volte finiscono per concentrarsi talmente tanto sull’ambientazione, sui dettagli, sull’estetica del loro mondo, sulla voglia di meravigliare a tutti i costi che si dimenticano di metterci anche una bella storia. E senza una bella storia un libro con me non attacca quasi mai.
- Ti capita mai di farti ispirare dalla musica? E se “Godbreaker” fosse una canzone, quale sarebbe? “Mi capita”?! Lo faccio in continuazione! I miei romanzi sono pieni di musica, tutti. E “Godbreaker” ha una canzone ben specifica : “This Is the Life” di Amy MacDonald.
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- Hai altri progetti letterari in corso o in progettazione? Cosa ci dovremmo aspettare in futuro dai tuoi romanzi?
- Cosa ne pensi degli ebook? Che sono strafighi, comodissimi, economici (fuori dall’Italia, s’intende: qui da noi hanno prezzi semplicemente oltraggiosi) e che ce ne dovrebbero essere molti di più. O meglio, leggendo molto in inglese io ne trovo quanti ne voglio, ma i lettori italiani in quest’ambito si meriterebbero un trattamento un po’ meno da Terzo Mondo. Siamo nel 2013, mannaggia, e sembra che tanti non se ne siano accorti.
Sto scrivendo qualcosa di nuovo, un genere che finora non avevo toccato (se non “di striscio” in alcuni vecchi racconti), ma per il momento siamo ancora nella fase “è tttutto toppp secrettt!!”. Ho un altro romanzo già consegnato e già venduto che vedrà la luce in libreria non so ancora quando: storico-fantastico, per ragazzi. E dopo... forse il quarto capitolo della “saga” di “Godbreaker” e compagnia. Ma si parla dell’anno prossimo come minimo.
- Ultimamente si sente parlare di "sboom" del fantasy italiano. Cosa prevedi per il futuro? Pensi che la situazione possa migliorare?
- Che consigli daresti a un aspirante scrittore?
Lamentarsi è nel genoma degli scrittori. Lamentarsi sempre e comunque. Lamentarsi dei lettori e degli editori, degli agenti e degli uffici stampa. Lamentarsi delle vendite e del mercato, delle nicchie e delle mode. Lamentarsi dei boom e degli “sboom”. Quindi non va mai bene niente: va sempre tutto male, a prescindere. Ciò premesso, per me il futuro è di una linearità disarmante: chi ha un pubblico continuerà ad averlo, chi non ce l’ha tenterà di farselo. Nihil novus sub sole. I numeri saranno più piccoli? Niente più esplosioni fenomenali, vendite milionarie, “next big things” dietro ogni scaffale? E chissene! Continueremo a leggere e continueremo a scrivere. Se qualcuno “deve preoccuparsi”, non sono di sicuro io.
Due cose soltanto, entrambe di una banalità estrema ed entrambe verità eterne: inizia perché ne hai voglia, perché ti piace e per nessun’altra ragione al mondo, nessuna. E tieni duro, oggi più che mai. Tieni duro al di là del sensato, del razionale e del credibile. Tieni duro quando ti diranno tutti di lasciar perdere. Tieni duro quando te lo dirai da solo. Tieni duro fino in fondo. Perché al di là del fondo c’è dell’altro. - Grazie mille per questa intervista e in bocca al lupo! Grazie un milione a voi, per l’interesse e per i graditissimi auguri!
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Articolo
Benvenuti alla St. Vladimir’s Academy, una accademia di vampiri! “Gli esseri viventi muoiono. Ma non sempre restano morti. Credetemi, io lo so. A questo mondo esiste una razza di vampiri composta letteralmente da morti che camminano. Sono detti Strigoi e se non popolano già i vostri incubi, dovrebbero farlo. […] In giro ci sono anche vampiri buoni detti Moroi. Sono vivi, e ciascuno di loro sa dominare con la magia uno dei quattro elementi: terra, aria, acqua e fuoco. A dire la verità ormai non si servono più della magia, il che è un po’ triste. Sarebbe un’arma eccezionale, ma i Moroi credono fermamente che debba essere utilizzata solo per scopi pacifici. Entrambe le razze hanno bisogno di sangue, ma i Moroi non uccidono per procurarselo; al contrario si circondano di esseri umani disposti a donarne piccole quantità. […] Circondarsi di donatori è comunque preferibile rispetto a ciò che fanno gli Strigoi, i quali, come avrete intuito, si procurano il sangue uccidendo. Un Moroi che uccide una propria vittima bevendone il sangue diventa a sua volta uno Strigoi. Certi Moroi lo fanno per scelta, rinunciando alla magia e ai propri valori in cambio dell’immortalità. […] E poi ci sono i dhampir. Come me. Sono per metà umani e per metà Moroi. Mi piace pensare di avere ereditato le caratteristiche migliori di entrambe le razze. Sono forte e robusta come gli esseri umani. Posso rimanere al sole quanto mi pare e piace. Come i Moroi, però, possiedo sensi assai sviluppati e riflessi pronti. Al mondo non c’è una guardia del corpo migliore di un dhampir e infatti è questo che facciamo, per lo più. Ci chiamano guardiani. Fin da piccola sono stata abituata a proteggere i Moroi dagli Strigoi, alla St. Vladimir’s Academy, una scuola privata per Moroi e dhampir. […] A proposito, mi chiamo
Rose Hathaway. Ho diciassette anni, mi alleno a proteggere e uccidere vampiri, sono innamorata del ragazzo sbagliato, e ho un’amica del cuore che potrebbe impazzire per colpa dei suoi strani poteri magici. Eh, nessuno ha mai detto che la scuola superiore sarebbe stata facile.”
Ho riportato questa introduzione (prologo di Morsi di Ghiaccio) per presentare la saga di Richelle Mead composta da sei libri e già conclusasi in America. Il primo libro è uscito nelle nostre librerie per Rizzoli nel 2009, seguito da altri tre volumi (L’accademia dei vampiri, Morsi di ghiaccio, Il bacio dell’ombra, Promessa di sangue). Attualmente siamo ancora senza il quinto e il sesto volume, i tempi di attesa per certe saghe sono estenuanti, soprattutto se appassionano, ma siamo fiduciosi di poter presto leggere anche qui in Italia il penultimo e l’ultimo capitolo Spirit Bound e Last Sacrifice. Una buona notizia per i fan però c’è: è stata stabilita la data di uscita del film ad essi ispirato, fissata per il 14 febbraio 2014. Ancora un annetto, quindi, prima di vedere nelle grandi sale Rose, Dimitri, Lissa, Christian e gli altri. Alcuni di voi si staranno chiedendo: ma un articolo su una ennesima saga di vampiri? Perché? Vi rispondo con un sì 51
convinto. Perché questa non è una normale storiella dove c’è il lui vampiro e la lei umana o viceversa, la solita trama trita e ritrita di cui se ne ha abbastanza, ma è molto di più. La Mead ha inserito veramente di tutto nei suoi romanzi, rendendoli un continuo crescendo come livello di attenzione e di intrighi. Ci sono i vampiri vivi da un lato e i vampiri morti dall’altro, i fantasmi, i mezzi umani mezzi vampiri vivi, le sgualdrine di sangue, i sensitivi, le persone che possono dominare gli elementi e perfino gli alchimisti! Certo, ciascun libro preso singolarmente non rende tanto quanto inserito nell’intera saga di cui fa parte, perché per apprezzare davvero le vicende di Rose & company, bisogna seguirli passo passo nelle loro avventure, ma se si ha la pazienza giusta e la voglia di entrare completamente detro il mondo della Mead, tralasciando magari altre saghe dello stesso genere, si viene ampiamente ricompensati. I punti di forza dei quattro romanzi che ho letto finora sono l’incredibile scorrevolezza della lettura, si inizia a leggere e ci si ritrova a girare la duecentocinquatesima pagina magari nella stessa giornata, chiedendosi poi come sia stato possibile! E inoltre i personaggi, e l’abilità della scrittrice di cambiare continuamente il loro punto di vista, facendo vedere come se la passa ciascuno tramite degli stratagemmi davvero interessanti (per scrivere di Lissa, la migliore amica di Rose, ci si serve della facoltà di Rose di calarsi nella sua mente e vedere attraverso i suoi occhi; mentre per tenere connessi Rose e Adrian, il ragazzo magnetico dagli occhi verdi che aiuta Lissa ad acquisire nuovi poteri, si utilizza la capacità di ques’ultimo di apparire nei suoi sogni per conversare con lei).
Parlando di Adrian, assente nei primi due libri, è decisamente il mio personaggio preferito, forse perché è il più misterioso e affascinante e farà una corte molto serrata a Rose, ma penso vada a gusti! C’è chi preferisce Dimitri e su di lui ci saranno importanti novità e inaspettati colpi di scena tra il terzo e il quarto libro della serie che lo faranno amare/odiare ancora di più. Un punto di debolezza dei romanzi potrebbe essere individuato, invece, nella tendenza dell’autrice a dilungarsi per molto su alcuni episodi/ dialoghi/avvenimenti che potrebbero benissimo essere saltati, perché già recepiti dal Lettore. Questo l’ho notato soprattutto in Promessa di sangue, dove per una buona parte del libro, Rose è indecisa su cosa fare riguardo a una certa situazione e la Mead lo rimarca a mio avviso troppo, sprecando chili di inchiostro in più rispetto a quello che sarebbe servito.
Concludendo, invito quanti non l’abbiano ancora fatto a dare fiducia a questa saga, non fermandosi alla copertina del primo volume, poco accattivante, ma immergendosi fino in fondo nelle sue pagine.
Valeria Bellenda
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Recensione
“Sangue Blu” di Melissa de la Cruz
• Titolo: Sangue Blu • Autore: Melissa de la Cruz • Sottogenere: Paranormal romance, Urban fantasy • Casa editrice: Fanucci Editore • Pagine: 271 • Anno: USA 2006 - ITA 2011 • Formato: Cartaceo
Schuyler, che ama più gli abiti vintage di quelli firmatissimi delle sue amiche di scuola, ha sempre faticato a integrarsi nell'ambiente che è costretta a frequentare, e dopo la morte della sua compagna arriva a sconvolgerla anche l'improvviso interesse che mostra nei suoi confronti il ragazzo più bello della scuola, Jack Porce. Grazie a lui viene introdotta nel circolo più esclusivo di Manhattan, i cui membri, scoprirà presto, sono i potenti vampiri di Sangue blu, la setta più antica della città, da secoli invincibile. E la sua amica scomparsa era una di loro. Ma ora qualcosa o qualcuno sta perseguitando quel gruppo elitario, e Schuyler vuole scoprire chi si cela dietro i crimini efferati che colpiscono i Sangue blu, capendo così di non essere debole quanto pensava.
distribuito in Italia a distanza di tre anni dalla casa editrice Fanucci Editore; dopo il tem pestoso successo dei vampiri come personaggi di romanzi fantasy, ovviamente, gli editori non potevano farsi sfuggire una delle saghe più amate dagli adolescenti negli U.S.A. Dimenticate il romanticismo di Twilight e i vampiri poco “presenti” nella storia della Meyer; dimenticate la figura tradizionale del vampiro di Stoker, perché i vampiri di Melissa de la Cruz sono diversi. Sono “veri”. Sono grintosi, ricchi, bellissimi e fanno parte di una elitè. I vampiri di Sangue Blu non possono trasformare esseri umani in vampiri con un morso, semplicemente possono cibarsi del loro sangue senza – naturalmente – esagerare. In poche parole sono costretti a seguire delle regole per vivere a stretto contatto con gli umani; regole stabilite da un Conclave, formato dai vampiri più
“Sangue Blu” (titolo originale dell’opera,
Blue Bloods) è un libro urban fantasy publicato nel 2006 in America e tradotto e 53
potenti. La storia di Melissa de la Cruz inizia con questo primo libro, ambientato nella città di New York, dove si mescolano le vite di cinque ragazzi apparentemente diversi; Schuyler, Bliss, Mimi, Jack e Dylan.
parte dei suoi compagni, sa che gli ex di Mimi sono strani dopo esser stati con lei e vuole scoprire cosa sta succedendo nella sua scuola. Queste domande cominceranno ad ossessionarla dopo il ritrovamento del corpo di Aggie, una sua compagna di scuola, durante una festa. Alla fine sua nonna Cordelia sembrerà coinvolta in tutto ciò e Schuyler non aspetta altro che ricevere delle risposte. Intanto Mimi cercherà in tutti i modi di decifrare i sentimenti del fratello nei confronti della ragazzina dai capelli neri e nel giro di poco le relazioni inizieranno a complicarsi… e, come se ciò non bastasse, Bliss e Schuyler verranno scelte come modelle per una campagna pubblicitaria.
Schuyler è la protagonista dell’intera saga, una ragazza bellissima dai capelli lisci e neri che si nasconde dietro a un look da barbona e che non riesce ad integrarsi a scuola, frequentata perlopiù da gente snob e piena di sé come Mimi Force. Quest’ultima è la sorella gemella bionda e bellissima di Jack, uno dei ragazzi più popolari del liceo – anche questi descritto come un magnifico ragazzo dall’aria misteriosa e dai capelli biondicci; a dir la verità, entrambi i gemelli godono di una certa fama tra gli adolescenti e, per questo, vengono imitati e rispettati. Bliss è una ragazza che si è appena trasferita a New York e vuole frequentare le persone giuste del posto, così decide di seguire Mimi Force e le sue scagnozze fino a che non incontra Dylan, il migliore amico di Schuyler. Sia Bliss che Dylan capiscono di provare una forte attrazione ed è questione di tempo prima che i due capiscano che sono destinati a stare insieme. Anche Schuyler sembra avere la testa altrove, dato che tra lei e Jack Force pare ci sia qualcosa di speciale. Lo stesso “qualcosa” che Mimi cerca in tutti i modi di sopprimere con i suoi capricci per distrarre il fratello.
“Per Dio, è davvero bella, pensò Bliss. Ma ‘bella’ non era sufficiente, sarebbe stato come dire che Audrie Hepburn era graziosa. Schuyler era trascendente. Perché non me n’ero mai accorta? Si chiese Bliss. Sembrava in tutto e per tutto una modella.” Alla fine Schuyler scoprirà la verità: scoprirà perché la morte di Aggie ha scioccato la Commissione e molti studenti del suo liceo snob. Non poteva morire, era una non morta. La maggior parte delle persone che Schuyler conosce, infatti, sono vampiri. E non i soliti vampiri di cui si sente parlare in giro; Schuyler scopre che i vampiri “veri” sono destinati a reincarnarsi in un altro corpo subito dopo la morte e che nelle loro vene scorre del sangue “blu” (da qui il titolo dell’intera saga e del primo romanzo). Ma, oltre ai Sangue Blu e agli uomini, esistono altre creature altrettanto crudeli che uccidono sia umani che vampiri: i Croatan, i Sangue d’Argento. Tutto si ricollega allo sbarco
La trama, da questo punto di vista, potrebbe essere confusa con la trama di un romanzo adolescenziale munito di un pizzico di ironia; ma la storia comincia a movimentarsi già a partire dai primi capitoli. Schuyler sa che c’è qualcosa che non va nella maggior 54
in America della Mayflower e dei suoi passeggeri e ad una scritta incisa su un palo, Croatan.
dialoghi alle descrizioni fisiche. Non manca assolutamente niente. Sono adolescenti alle prese con l’amore, con il sesso, con la droga, con la scuola e, soprattutto, sono ragazzi viziati e ricchi. In quest’ultimo particolare, l’autrice – la quale lavora per una rivista di moda – dimostra una forte padronanza del linguaggio, citando marche e delineando i capi d’abbigliamento, e descrive i personaggi dalla testa sino ai piedi, senza tralasciare il colore degli occhi o qualche altra caratteristica. E’ come se Melissa de la Cruz avesse fotografato i suoi personaggi uno ad uno.
Schuyler, tuttavia, è unica nel suo genere: non è un’umana né una vampira, ma è una mezzosangue. E i suoi poteri restano ancora un mistero sia per Cordelia che per Jack. L’omicidio di Aggie preoccuperà la Commissione, che si mostrerà pronta a tutto pur di scovare i Croatan e riportare la pace a New York. Il libro, Sangue Blu, è ben costruito. La storia contiene diversi flashback e finzioni “narrative” che tengono alta l’attenzione di chi legge; ad esempio il finto ritrovamento dei frammenti del diario di bordo di Catherine Carver sulla Mayflower che, ogni tanto, rompe la linea del presente (ambientato nella Grande Mela). L’autrice segue perfettamente il filo logico della sua storia, non dimentica passaggi e, soprattutto, fornisce passo dopo passo tutte le spiegazioni che il lettore vorrebbe ricevere a fine capitolo. Lascia col fiato sospeso, utilizza un linguaggio e uno stile apparentemente semplici da cui traspare dell’ironia. Il punto forte di Melissa de la Cruz è proprio l’intreccio ben delineato della saga in questione – oltre agli intrighi e alle relazioni amorose, che si faranno sempre più complicate -, l’intreccio creato fra passato e presente, fra il punto di vista di Schuyler e quello di Jack. Riesce a mescolare i pensieri di tutti i personaggi senza perdersi in un bicchier d’acqua, lasciando sempre qualche dubbio alla fine di un capitolo.
Schuyler è uno dei personaggi meglio riusciti della storia, oltre ad essere la protagonista; i suoi occhi azzurri, il suo modo di fare, i suoi capelli, la sua timidezza e la sua determinazione sono le caratteristiche che saltano subito all’occhio nelle prime cento pagine. Lo stesso vale per Mimi, l’antagonista della storia, la quale verrà descritta come una vampira egoista, alla moda, altezzosa ma anche come una ragazza con dei sentimenti quasi “umani” dimostrati solo nei confronti di Jack (ad esempio la gelosia provata nei confronti di Schuyler). Anche l’ambientazione non viene trascurata. Qualunque sia il posto visitato da Schuyler o da Bliss o da Mimi, l’autrice riesce con maestria a descriverlo, portando l’immagine sotto gli occhi dei lettori. Non perde una singola foglia sul sentiero di Park Avenue o sul ciglio della strada, non dimentica neanche di descrivere il negozio in cui Bliss vorrebbe provare delle scarpe costose.
I personaggi sono descritti in maniera minuziosa, sono credibili in tutto e per tutto, dai
Lo stile e il linguaggio, come ho già accennato, sono all’apparenza semplici, ma in 55
realtà essi sono diretti e ben studiati. Raramente si trovano periodi lunghi e descrizioni superflue; Melissa de la Cruz rende scorrevole la lettura aggiungendo particolari necessari soltanto per arricchire l’immaginazione dei lettori, mentre i dialoghi sono veloci e credibili. Sangue Blu è un libro che lascia col fiato sospeso. La definirei una di quelle storie che mescola abilmente fantasia, moda, amore, amicizia, segreti e omicidi in poche e semplici pagine. Assolutamente consigliato.
Melissa de la Cruz è cresciuta a Manila, ma quando era dodicenne la famiglia si è trasferita negli Stati Uniti, più precisamente a San Francisco. Scrive soprattutto storie per gli adolescenti ed è autrice di una serie di novelle. Oggi vive a Los Angeles con il marito. Melissa de la Cruz collabora anche con alcune importanti riviste tra le quali Marie Claire e Teen Vogue, ma non solo: è anche esperta di moda per le reti televisive E! Entertaiment e la CNN. Nel 2009 la Fanucci Editore ha pubblicato Sangue blu, il primo libro della sua misteriosa saga.
Laura Buffa 56
Recensione
“365 Storie d’Amore” di A.A.V.V,
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Titolo: 365 Storie d’Amore Autore: A.A.V.V. Curatore: Franco Forte Sottogenere: Paranormal romance, Fantasy, Fantascienza Casa editrice: Delos Books Pagine: 370 Anno: ITA 2013 Formato: Cartaceo, Ebook Le iniziative della Writers magazine, la rivista di riferimento per scrittori e appassionati di scrittura sono sempre in fermento. Questo mese è uscito in tutte le librerie il frutto di sua recente iniziativa, un concorso letterario a tema puramente romantico, indetto dalla Delos Books e curato da Franco Forte. La 365, raccolta dal nome già ampiamente conosciuto, ha rappresentato per numerosi partecipanti la miccia a dare sfogo alla propria creatività, cimentandosi in racconti brevi, di un massimo di 2000 battute (mezza pagina), con un unico punto fermo: l’amore. E’ proprio l’amore, colto nelle sue diverse sfumature e declinato nei suoi generi, a essere il protagonista indiscusso di questa variegata antologia, che vede la collaborazione di autori famosi e meno famosi e aspiranti tali. 365 racconti romantici, uno per ogni giorno dell’anno, che toccano il fantasy, la narrativa, l’horror, la fantascienza, il paranormal e che lasciano nel Lettore emozioni, un sorriso o una lacrima. Le scene mostrate sono tutte a grande impatto: si parla di malattia, di matrimonio, di morte, di sogni, di rottura di una storia, di confessioni segrete, di dichiarazioni per lettera, di amori diversi, tra
Perché proprio 365 storie d'amore? Perché questo genere letterario è il solo che riesce a muoversi fra i vari sottogeneri della letteratura senza mai perdere la propria identità. Il romance è infatti declinato in decine di sfumature che contemplano escursioni nello storico, nel thriller, nella fantascienza, nell'erotico, nel fantasy e chi più ne ha più ne metta, pur mantenendo sempre la passione e i sentimenti saldamente in tolda di comando. Insomma, l'importante è che siano belle storie d'amore, dopodiché poco importa se ne sono protagonisti un pistolero e una bella ragazza all'epoca del far west o due viaggiatori dello spazio. E non importa nemmeno se i due innamorati sono entrambi uomini o entrambe donne, perché al lettore di romance piace esplorare tutte le possibili declinazione dell'amore, senza restare ingabbiati nel pregiudizio eterosessuale.
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gay o tra non umani o metà umani, di pensieri mai rivelati, di incontri fatali e incontri destinati e molto altro ancora. Sono immagini rapide e forti quelle che gli autori ci presentano, episodi di vita in cui possiamo riconoscerci o che sogniamo di vivere o che ci fanno semplicemente commuovere al pensiero. L’antologia permette di seguire un filo cronologico durante la lettura, ma anche di saltare a piacimento da un racconto all’altro, scegliendo chi leggere per primo tra i nomi di coloro che conosciamo oppure tra i titoli che ci ispirano di più, poiché tra di essi non vi è alcuna correlazione. I sentimenti sono il perno della raccolta e ciascuno li ha interpretati e inseriti nel contesto che lo intrigava di più, dando vita a pagine molto eterogenee e a personaggi che hanno tutti un qualcosa di particolare e avvincente da raccontare. Il motto per questa interessante iniziativa: l’unione fa la forza!
Franco Forte, nato a Milano nel 1962, è giornalista professionista, traduttore, sceneggiatore e Direttore Editoriale delle collane da edicola Mondadori (Gialli, Urania e Segretissimo). Ha pubblicato per Mondadori i romanzi bestseller "Il segno dell'untore" (2012), "Roma Brucia" (2011), "I Bastioni del Coraggio" (2010), "Carthago" (2009), "La Compagnia della Morte" (2009), "Operazione Copernico" (2009), i cui diritti di traduzione cinematografica sono stati acquistati da Dino De Laurentiis, e "La stretta del Pitone" (Mursia, 2005), "Il figlio del cielo" e "L'orda d'oro" (Mondadori, 2000) — da cui ha tratto uno sceneggiato TV su Gengis Khan prodotto da Mediaset — "China killer" (Marco Tropea/Il Saggiatore, 2000). Sempre per Mediaset ha scritto la sceneggiatura di un film tv su Giulio Cesare e ha collaborato a serie televisive quali "RIS" e "Distretto di polizia". Il suo esordio come narratore risale al 1990, con il romanzo "Gli eretici di Zlatos" (Editrice Nord). Direttore responsabile della rivista Writers Magazine Italia (www.writersmagazine.it) ha pubblicato "Il Prontuario dello scrittore" (Delos Books), un manuale di scrittura creativa per gli autori esordienti.
Valeria Bellenda
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Novità editoriale
“Il Cavaliere Letale” di Larissa Ione
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Titolo: Il Cavaliere Letale Autore: Larissa Ione Sottogenere: Paranormal romance, Dark fantasy Casa editrice: Fanucci Editore Pagine: 384 Anno: USA 2011 - ITA 2013 Formato: Cartaceo
Dopo quasi nove mesi di paralisi forzata, Thanatos, il Cavaliere dell’Apocalisse destinato a diventare Morte alla rottura del suo Sigillo, riesce a liberarsi. Il suo primo pensiero è scovare Regan Matthews, la guerriera Aegis che l’ha sedotto e ha causato in lui una reazione così incontrollata da far decidere ai suoi fratelli Limos e Ares di immobilizzarlo. Mosso da ira e desiderio di vendetta, Thanatos rapisce Regan, e con sua grande sorpresa scopre che è incinta... di suo figlio. La guerriera ha deciso di portare in grembo il bambino di uno dei Cavalieri dell’Apocalisse. L’Aegis è convinto che sia l’unico modo per evitare l’Apocalisse che si sta per compiere dopo la rottura del Sigillo di Reseph, quarto Cavaliere diventato Pestilenza. Costretti dagli eventi, Thanatos e Regan devono così a vivere a stretto contatto per cercare di scongiurare l’irreparabile. E scopriranno che la posta in gioco non è solo la salvezza del mondo, ma anche una vita che non avrebbero mai sognato di poter avere.
Larissa Ione ha scritto il suo primo romanzo a soli dodici anni; si trattava di una storia di licantropi dalle atmosfere dark e horror. La vita l' ha poi portata a intraprendere diversi lavori, tra i quali quello di meteorologa, addestratrice di cani e agente speciale. Da alcuni anni ha scelto di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. Con la serie “Demonica”, composta da cinque titoli, si è imposta ai vertici delle classifiche di New York Times e Usa Today, conquistando una folta schiera di lettrici. Per la serie “I Cavalieri della Libertà” sono usciti anche “Il Cavaliere Eterno” e “Il Cavaliere Immortale” . A cura di Michele Greco
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Novità editoriale
“Poison Princess” di Kresley Cole
• Titolo: Poison Princess • Autore: Kresley Cole • Sottogenere: Paranormal Romance con influenze Post-Apocalittiche • Casa editrice: Leggereditore • Pagine: 384 • Anno: USA 2012 - ITA 2013
• Formato: Cartaceo
2 Arcani. 22 Teenager prescelti. Kresley Cole ha esordito nel 2003 con The Captain of All Pleasures, e da allora ha pubblicato più di quindici romanzi che fanno capo alla fortunatissima serie dei Fratelli MacCarrick, una trilogia di romantic novel a sfondo storico incentrata sulla vita di Highlander, e alla serie Gli Immortali, quest?ultima insignita del premio RITA. Le sue opere sono state tradotte in più di dieci Paesi; oggi l?autrice vive in Florida, con il marito e i loro cani. Per Leggereditore sono già usciti i primi otto romanzi della serie Gli Immortali: Dark Love, Dark Pleasure, Dark Passion, Dark Night, Dark Desire,Dark Dream, Dark Whisper, Dark Prince e il prequel della serie, Dark Forever, che hanno riscosso uno strepitoso successo vendendo in Italia oltre 120.000 copie.
Lasciate che le carte cadano dove possono. Le terrificanti allucinazioni della sedicenne Evie Greene avevano predetto l’Apocalisse e la fine del mondo le ha portato in dono tutta una serie di nuovi poteri. Ora che la Terra è distrutta e restano pochi sopravvissuti, Evie non sa di chi fidarsi e decide di fare squadra con il pericoloso e sexy Jack Deveaux, in una corsa per trovare delle risposte. Evie e Jack scoprono che si sta avverando un’antica profezia e che Evie non è l’unica dotata di poteri speciali. Un gruppo di ragazzi è stato scelto per mettere in scena la battaglia finale tra il Bene e il Male. Ma non è sempre chiaro chi stia da quale parte. Evie potrebbe essere destinata a salvare il mondo oppure a distruggerlo...
A cura di Michele Greco
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Novità editoriale
“Le Colpe della Notte” di Sherrilyn Kenyon
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Titolo: Le Colpe della Notte Autore: Sherrilyn Kenyon Sottogenere: Paranormal romance Casa editrice: Fanucci Pagine: 256 Anno: ITA 2013 Formato: Cartaceo, Ebook
Cosa succede quando la fiducia incondizionata accordata ad Acheron, unico difensore del genere umano, viene meno? Stryker, leader degli Spathi, un antico ordine di demoni guerrieri, sta seminando il malcontento tra i Cacciatori oscuri del Mississippi. Questi ultimi, contravvenendo al proprio codice morale, stanno nutrendosi di uomini e hanno iniziato a collaborare con i demoni invece che combatterli. Acheron decide di assegnare al suo braccio destro, Alexion, il compito di investigare, giudicare e, se necessario, eliminare i ribelli: dieci giorni in tutto per compiere sulla Terra una missione che si preannuncia più che ardua. Seppur razionale, spietato, e abituato a prendere le distanze dalle proprie emozioni dopo aver vissuto per secoli in totale isolamento, Alexion non potrà negare a un vecchio amico, scoperto a capo dei ribelli, l’ultima possibilità di redenzione. E che dire del fatale incontro con Danger, Cacciatrice oscura il cui aiuto si rivelerà per lui indispensabile? Legati a doppio filo da un’irrefrenabile attrazione, vittima e boia dovranno condividere i propri intenti, e infine, la sorte.
Sherrilyn Kenyon (Columbus, 1965) è una scrittrice statunitense. Sotto il suo vero nome scrive romanzi urban fantasy, mentre sotto lo pseudonimo di Kinley MacGregor ha scritto romanzi storici con elementi paranormali. Ha venduto oltre 25 milioni di copie in oltre cento paesi. Dal 2004 ad oggi ha piazzato ben cinquanta libri nella lista dei best-seller del New York Times. Le sue opere più famose sono i romanzi che compongono la serie denominata The DarkHunter. Nel 2010 ha pubblicato il libro Blood Trinity, primo volume della serie paranormal romance Belador, completamente scritta in collaborazione con Dianna Love. Nel luglio del 2011 la Kenyon ha firmato un contratto con la Amber Entertainment per portare le storie della serie Dark-Hunter sul piccolo e grande schermo. Il primo progetto vede la futura realizzazione di un film basato su Chronicles of Nick, serie di tre libri che segue le vicende di Nick Gaultier, scudiero dei Cacciatori Oscuri; è in preparazione anche una serie televisiva basata sui romanzi dedicati ai Cacciatori Oscuri.
A cura di Valeria Bellenda 61
Novità editoriale
“Il Morso del Caos” DI Lori Handeland • Titolo: Il Morso del Caos • Autore: Lori Handeland • Sottogenere: Paranormal romance, Urban fantasy • Casa editrice: Delos Books • Pagine: 300 • Anno: ITA 2013 • Formato: Cartaceo, Ebook La fine del mondo è ancora una volta in agguato per Elizabeth Phoenix. Alcune settimane fa non aveva avuto altra scelta che uccidere l’uomo che amava. Sawyer era uno sciamano e un mutaforma, uno stregone dal potere incredibile. E adesso ha cominciato a invadere i suoi sogni… nei modi più pericolosi e sensuali che si possano immaginare. Tuttavia, grazie alle visite notturne di Sawyer, Liz ha guadagnato alcuni nuovi poteri paranormali. Ora niente è come sembra, e mentre vaga nel caos della sua nuova vita, le servirà tutto l’aiuto che riesce a trovare dal suo risentito ex-amante Jimmy Sanducci, l’unico uomo con cui si può confidare.
Lori Handeland ha scritto oltre cinquanta romanzi e racconti di molti generi: storico, contemporaneo, paranormal romance, oltre all’urban fantasy. Le sue opere dimorano stabilmente nella classifica degli autori più venduti del New York Times, di USA Today, di Waldenbooks e di Bookscan e ha ricevuto molti premi letterari, tra i quali due Premi RITA della Romance Writers of America per il miglior Paranormal Romance e la migliore opera lunga di Romance Contemporaneo, il Premio Romantic Times per il miglior Superromance, il Write Touch Readers Award assegnato dagli Scrittori di Romance del Colorado, il National Readers Choice Award e il Premio Prism. Le sue opere sono state tradotte in numerose lingue ed è in particolare conosciuta per la sua popolarissima serie delle «Cronache della Fenice».
A cura di Valeria Bellenda
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Novità editoriale
“L’Angelo Della Morte” di Heather Killough • Titolo: L’Angelo Della Morte • Autore: Heather Killough • Sottogenere: Paranormal romance, Urban fantasy • Casa editrice: Leggereditore • Pagine: 416 • Anno: ITA 2013 • Formato: Cartaceo, Ebook In quanto Angelo della Morte, Azrael non può essere come i suoi fratelli. Mentre gli altri sono caduti sulla Terra in forma umana, Azrael è sceso come vampiro. Oggi è il cantante di una famosa rock band, bello da togliere il fiato, e tiene nascosta la sua vera natura: una potente oscurità perennemente in contrasto con il suo essere angelico. Sotto la maschera, coltiva la speranza di incontrare un giorno colei che lo completerà. Al matrimonio del fratello Gabriele, Azrael mette gli occhi su Sophie Bryce, la damigella d’onore. È certo che sia la compagna che gli è destinata, e farà di tutto per farla sua. Ma Sophie non sa di essere la sua cherubina, ed è ossessionata da indicibili demoni. Quando forze sovrannaturali usciranno dall’ombra e minacceranno Sophie, Azrael sarà l’unico in grado di proteggerla. Ma per farlo, dovrà rivelare la sua natura selvaggia e rischiare così l’unica cosa che cerca dall’eternità…
Heather Killough-Walden è nata e vive in California. Ha al suo attivo dieci romanzi. Le sue serie hanno dapprima spopolato in rete in formato e-book, raggiungendo cifre di vendita sbalorditive, per poi essere pubblicate da una prestigiosa casa editrice americana. Attualmente ogni sua nuova uscita si colloca in vetta alle classifiche. Con il primo titolo della serie sugli Angeli caduti, La notte degli Angeli caduti, Heather Killough-Walden si è affermata tra le voci di punta del genere paranormal, ai livelli di grandi autrici come Lara Adrian e J.R. Ward.
A cura di Valeria Bellenda
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Concorso letterario ” Racconti Chrysalide” Chrysalide indice un concorso letterario per scrittori esordienti ed emergenti. In palio la pubblicazione dei racconti vincitori in un’antologia e-book firmata Mondadori.
Diario di pensieri persi (per l’urban fantasy) E-mail: urbanfantasy.diario@gmail.com
Monica Cruciani, giornalista sezione narrativa fantastica di Booksblog.it (per la fantascienza) E-mail: fantascienza.booksblog@gmail.com
Sognando tra le Righe (per il paranormal romance) E-mail: sognandotralerigheblog.gmail.com Urban fantasy, fantascienza, fantasy, paranormal romance e romanzi realistici: sono i cinque generi che contraddistinguono Chrysalide, la collana attraverso la quale Mondadori indice un concorso gratuito per scrittori esordienti ed emergenti, avvalendosi del supporto di alcuni tra i principali siti e blog del settore in qualità di giuria per la preselezione dei racconti.
Atelier dei libri (per i romanzi realistici) E-mail: glindalastrega@gmail.com
NB: si prega di inserire nome, cognome e indirizzo e-mail valido anche nel file del racconto, e RACCONTI CHRYSALIDE nell’oggetto della e-mail. Non dimenticate di confermare la presa visione del regolamento e dell’informativa sulla privacy (es. Dichiaro di accettare il regolamento del concorso e di avere letto l’informativa sulla privacy presente sullo stesso. Acconsento 1, acconsento 2 oppure Non acconsento 1, non acconsento 2).
Ciascun sito si occuperà di un genere e sceglierà i cinque racconti più belli tra quelli pervenuti, mentre l’ultima parola spetterà alla redazione di Chrysalide. I cinque titoli migliori verranno raccolti e pubblicati in un’antologia e-book firmata Mondadori! Ecco l’elenco dei siti che supportano il concorso:
www.mondichrysalide.it e le nostre pagine social vi terranno aggiornati sugli sviluppi del concorso, il quale ha inizio oggi, 1 maggio 2013, mentre il termine della consegna per la preselezione è previsto il primo agosto 2013.
www.fantasymagazine.it (per il genere fantasy) E-mail: redazione@fantasymagazine.it
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La proclamazione dei vincitori avverrĂ in occasione del Lucca Comics & Games 2013. Fateci sognare! La redazione di Chrysalide. LEGGI IL BANDO DEL CONCORSO!
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