Insieme n. 1 gennaio/febbraio 2010

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Ă a io 0 tu Se a scegliere fosse il cittadino o Ă a Ă FOCUS ristorazione collettiva n.1 gennaio/febbraio 2010

periodico per gli operatori della vita collettiva

Fare rete per costruire un nuovo modello di sviluppo

Cits: la gestione delle Case per Ferie Privacy: aggiornare il DPS entro marzo


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InSommario

InPrimoPiano

Un anno andato via e il nuovo che corre di Francesco Meloni

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InComunità

Andare lontano ma insieme

E alla fine della fiera il business incontra l’impegno sociale Fare rete per costruire un nuovo modello di sviluppo

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di Francesco Meloni

Se a scegliere fosse il cittadino

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Pubblico e privato, accoglienza e bene comune

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«“Se volete andare in fretta andate da soli. Se volete andare lontano, andate insieme”. Noi dobbiamo andare lontano. E in fretta». Sulla scia e nella piena condivisione di questa affermazione di Al Gore che cita un saggio proverbio africano (in La scelta - come possiamo risolvere la crisi climatica, Rizzoli 2009), “Insieme” si è messo alle costole del 2010, già in corsa verso un traguardo che ci auguriamo e vorremmo più equilibrato e sereno, non solo in senso climatico ma anche socio-culturale. Nel rilanciare la rivista abbiamo voluto connotarla come “periodico per gli operatori della vita collettiva”. Ma, insieme a voi lettori, vorremmo caratterizzarla anche come “pagine aperte” all’informazione, al confronto, al dibattito e alla partecipazione di quanti si sentono coinvolti nella sfida e nella proposta di costruzione di una convivenza sociale che sia più accogliente e solidale. In questa ottica, il primo numero di “Insieme” si apre con una panoramica sulle scorie che l’anno vecchio ci ha lasciato in eredità e su ciò che, insieme, possiamo fare, per individuare, contrastare e battere quel “qualcosa che ancora qui non va”, come sostiene in un suo notissimo brano l’inossidabile Lucio Dalla.

a cura della redazione

di Paolo Treveri Gennari di Daniele Tirelli

Come voi lettori potrete constatare di persona, le rubriche (InPrimoPiano, InComunità, InGestione ecc.), che vanno a toccare e ad approfondire interrogativi e tematiche intersecanti il vasto ambito della vita collettiva, nelle sue molteplici e complesse articolazioni, sono affidate a personalità autorevoli e competenti fra cui il dottor Carlo Cargiulo, l’avvocato Fabio Panfilo Ciarletta, il commercialista Federico Rossi. Un ambito particolare di questo numero è rappresentato dal focus sulla Ristorazione collettiva: una panoramica ad ampio raggio su aspetti fondanti, organizzativi, gestionali e tecnici approfonditi con il contributo di esperti, fra cui lo chef Fabio Campoli, il nutrizionista Antonio Senni, il presidente Angem Ilario Perrotto, il capitano di fregata Alessandro Pini della Commiservizi del ministero della Difesa. Determinante anche il contributo tecnico di aziende e imprese di primo piano. Focus che, nei numeri successivi, approfondiranno ambiti, problematiche e prospettive che interessano molto da vicino il variegato mondo della vita collettiva. La parola passa quindi a voi lettori, protagonisti di questa sfida che vorremmo affrontare e vincere insieme.

N. 1 GENNAIO/FEBBRAIO 2010 Direttore editoriale: Paolo Treveri Gennari Direttore responsabile: Francesco Meloni Coordinamento redazionale/editing: Marinella Amato Segreteria di redazione: Federica Cannizzaro Hanno collaborato a questo numero: Emanuela Scanu, Alberto Farina, Giusy Ferraina, Alba Treveri Gennari, Ufficio stampa Vita Collettiva Grafica e impaginazione: Giuliana Caniglia, Valeria Li Causi Foto: Roberto Veroli, Fabrizio Cerqua, Marinella Amato - www.flickr.com

di Luigina Di Liegro

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Focus

Vita collettiva e educazione alimentare: un dovere, anche morale di Antonio Senni

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Il biologico: garanzia di qualità sul campo e sulla tavola

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Il Biologico nel catering e nella ristorazione

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Gestione e appalti dei servizi mensa

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Fisiologia e psicologia dell’alimentazione del soldato

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Avanti, cuochi! Ma quelli veri

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Coniugare piacere e salute si può

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Un settore nella morsa della crisi

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Invecchiare sereni e con “gusto”

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Oltre il pulito: la sicurezza igienica dei tessili

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di Raimonda Dessì di Fabrizio Piva

di Alessandra Mauti

di Alessandro Pini di Fabio Campoli

di Raffaele Dell’Acqua

Intervista al Presidente Angem di Marinella Amato

di Emanuele Mùrino

InSalute

Le buone regole per vivere a lungo di Carlo Gargiulo

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InTurismo

La formazione degli operatori dell’accoglienza al servizio della carità a cura del Cits

InGestione

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Privacy: aggiornare il DPS entro il 31 marzo

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La gestione del servizio mensa e la somministrazione dei pasti

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InVetrina

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di Fabio Panfilo Ciarletta

di Federico Rossi

Direzione, redazione e pubblicità: Via Vigliena, 10 - 00192 Roma - Tel. 06 3230177 - Fax 06 3211359 - info@rivistainsieme.it - www.rivistainsieme.it - Editore: EDITORIALE ITALIANA 2000 S.r.l. - Via Vigliena, 10 - 00192 Roma - P. Iva e Codice Fiscale 05802841006 info@editoriale.it - www.editoriale.it - Stampa: Gruppo Colacresi & C. S.r.l. Via Tazio Nuvolari, 3 e 16 - 00011 Tivoli Terme Rm - Iva assolta dall’Editore ex art. 74 D.P.R. 633/72 - Iscritto al Registro degli Operatori di Comunicazione

Abbonamento annuo: € 38,00 Da effettuarsi mediante: Assegno bancario intestato a Editoriale Italiana 2000 S.r.l. Versamento su C.C. Postale n. 16995003 Bonifico bancario: IBAN IT77x0300203225000400255152

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InPrimoPiano

Un anno andato via e il nuovo che corre Biodiversità e tutela dell’ambiente, lotta alla povertà e inclusione sociale. Le grandi sfide del 2010 per un nuovo mondo da costruire insieme di Francesco Meloni L’ anno da poco iniziato ci lancia sfide importanti e richiede un impegno globale per raggiungere mete condivise ma, citando Lucio Dalla, “qualcosa ancora qui non va”. Certamente si tratta di problemi non nati ieri: affondano le radici in un’epoca non molto lontana di passioni tristi e poco lungimiranti, contrassegnata da diffuse e diffusive irresponsabilità collettive e individuali, culturali e socio-politiche, economiche e finanziarie. Ci lascia un pianeta devastato da calamità na-

Biodiversità: variabilità ed equilibrio fra tutti gli organismi viventi che costituiscono la vita sulla terra

turali (terremoti e maremoti, frane, inondazioni, carestie), violentato dall’irresponsabile ingordigia degli abitanti del cosiddetto “mondo occidentale” (sfruttamento e inquinamento di mari e fiumi, emissione di sostanze nocive nell’aria, distruzione di foreste e boschi, scempio edilizio). Ci consegna un’accentuata e sempre più palpabile separazione fra Nord e Sud del mondo: il primo ricco, ripiegato su se stesso, saturo e cinico; dimenticato, igno-

rato e sempre più incattivito il secondo. Ci costringe a guardare in faccia una crisi economica e sociale globale che non si vedeva da più di 80 anni; e che, malgrado gli appelli ad una asfittica e vaga fiducia nella buona sorte, sembra impantanata in una prospettiva che non lascia presagire niente di rassicurante, soprattutto per le nuove generazioni, per i nostri figli e nipoti. I problemi aperti sono molti ma in questa sede ci limitiamo ad alcuni ambiti, civili ed ecclesiali, che attraversano i settori sociali, produttivi e organizzativi che ci interessano. E lo facciamo con l’intento di non lasciarci incatenare da un’asfissiante disperazione, né di finire impiccati a impraticabili punti esclamativi (si fa così o colà!). E dare invece fiato alla speranza, aprire gli occhi a nuovi orizzonti, lasciarsi interrogare e sfidare dai punti interrogativi (perché è accaduto? Come possiamo rimediare?) che investono direttamente il nostro futuro. In questa traiettoria, vogliamo innanzitutto segnalare convergenti e opportune indicazioni (delle Nazioni Unite e dell’Unione europea), ma anche alcuni appuntamenti rimarcati dalla comunità civile e dalla Chiesa cattolica. Il 2010 è stato dichiarato dall’Onu Anno internazionale della biodiversità; mentre l’Unione europea ha designato il 2010 come Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale. Da un ampio settore socio-sanitario della società civile italiana (Medici di famiglia e Nutrizionisti alleati) l’anno in corso è stato dichiarato Anno di lotta all’obesità.

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La Chiesa cattolica, da parte sua, ha proposto: il Messaggio per la Giornata della Pace 2010, incentrato sul tema "Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato", già diffuso nella prima decade del dicembre scorso, in concomitanza con la Conferenza di Copenhagen sui cambiamenti climatici; l’Anno santo compostelano (che avrà un carattere ecumenico), iniziativa che, tra l’altro, già nel 2009 ha registrato un congresso internazionale di carattere liturgico-pastorale, centrato sul delicato binomio “pellegrinaggio e turismo”; la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (già celebrata a metà del gennaio scorso), sul tema I migranti e i rifugiati minorenni.

Creare un’Europa maggiormente inclusiva è essenziale per raggiungere l’obiettivo di una più equilibrata crescita economica

Il pianeta malato e la tutela del creato L’incontestabile attualità e urgenza di convergere sul “pianeta malato, avvelenato e indiscriminatamente saccheggiato”, sono richiamate dall’Onu, a dispetto delle contrapposizioni peraltro emerse dalla 15a Conferenza delle Nazioni Unite sul clima a Copenhagen, nello scorso dicembre. Biodiversità è un termine di non facile comprensione: in parole semplici, indica la variabilità e l’equilibrio fra tutti gli organismi viventi che costituiscono la vita sulla terra (del sottosuolo e dell’aria, acquatici, terrestri, marini), con conseguenze profonde per il benessere del genere umano, componente anch'esso della biodiversità. Qualità della vita, competitività economica, occupazione e sicurezza sono tutte fondate su questo primario e fragile equilibrio, diffuso a livello planetario. L'elevato consumo e la produzione di rifiuti pro capite in Europa, per esempio, fanno sì che il nostro impatto sugli ecosistemi si estenda ben oltre il vecchio continente. Gli stili di vita europei dipendono in larga misura dall'importazione di risorse e beni da ogni parte del mondo, spesso incoraggiando lo sfruttamento selvag-

gio della natura. Ciò determina una perdita di biodiversità, che a sua volta danneggia il “capitale” naturale su cui si basa lo sviluppo sociale ed economico, di persone e popoli La povertà e l’esclusione sociale in Europa La Commissione europea ha designato il 2010 quale Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale. La comunità cattolica mondiale - con la proposta sui “migranti e rifugiati minorenni” in particolare - spinge a soffermarsi sui bambini e sulle nuove generazioni. E in questa azione di sensibilizzazione intende coinvolgere i cittadini dell'Ue e il pubblico in generale, gli operatori sociali e gli attori dell'economia. Oggi 78 milioni di persone nell'Ue (ovvero il 16% della popolazione) rischiano la povertà. Da una recente Indagine Eurobarometro risulta che i cittadini europei vedono nella povertà un fenomeno diffuso. In tutta l'Ue i cittadini ritengono che, nella zona in cui vivono, circa una persona su 3 (29%) versi in condizioni di povertà e una su 10 in condizioni di povertà estrema. In tutti gli stati membri, una buona parte della popolazione è esposta all'esclusione e alla privazione, oltre ad avere spesso un accesso limitato ai servizi di base. Nell'Ue, il 19% dei bambini è a rischio di povertà e uno su 10 vive in nuclei familiari in cui nessuno lavora. La solidarietà è un tratto distintivo dell'Unione europea. Obiettivo intrinseco del modello europeo di società e di welfare è che nulla deve impedire ai cittadini di trarre beneficio dal progresso economico e sociale e di contribuirvi a loro volta. Creare un'Europa maggiormente inclusiva è essenziale per raggiungere gli obiettivi di una più equilibrata crescita economica, maggiori e più dignitosi posti di lavoro, una maggiore coesione sociale. Nel periodo 2007-2013 il Fondo sociale europeo distribuirà a tal fine circa 75 miliardi di euro agli stati membri e alle regioni. Riusciranno i grandi e i piccoli del mondo a muoversi nella giusta direzione, consapevoli che salvaguardia dell’ambiente, lotta alla povertà e coesione sociale planetaria sono percorsi obbligati, da fare insieme? Una sfida impegnativa ma inevitabile, soprattutto per noi che ci occupiamo e preoccupiamo di solidarietà, accoglienza, tutela della persona e dell’ambiente. •

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InComunità

E alla fine della fiera il business incontra l’impegno sociale

Ripercorrendo l’ultima edizione di Vita collettiva, la mostra convegno che ogni anno chiama a raccolta gli operatori, le imprese e le istituzioni al servizio del bene comune

Agli occhi dei visitatori interessati o dei semplici “curiosi” che hanno attraversato i corridoi, osservato gli stand e si sono affacciati ai convegni, l’ultima edizione (45a) di Vita collettiva ha offerto la sensazione di un effervescente - e piuttosto variegato - viavai di figure professionali accomunate nell’interesse per un settore, quello dell’accoglienza civile e religiosa, che testimonia grande vitalità e capacità di proporre innovazione, servizi, opportunità occupazionali. Sono stati oltre 15.600, infatti, gli ingressi registrati lo scorso novembre al Palazzo dei congressi di Roma e 3.500 i partecipanti ai 25 convegni in calendario. Un pubblico connotato da una forte rappresentanza del mondo cattolico e composto per lo più di responsabili, amministratori ed economi di collettività e servizi di accoglienza quali scuole, case di cura e di riposo, centri sociali, ricettività extralberghiera ecc. Numerosi inoltre gli operatori della ristorazione

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collettiva (gestori, addetti mense, cuochi, nutrizionisti, tecnici, buyer e rivenditori) e, poi, gli operatori del turismo sociale, i dirigenti e funzionari pubblici, il personale scolastico, i liberi professionisti (consulenti, progettisti, ingegneri, architetti) e infine i giovani interessati ad un contatto con il mondo produttivo per orientare le loro future scelte professionali. Significativa anche la partecipazione delle associazioni di categoria – molte delle quali partner storici della manifestazione - che a Vita Collettiva hanno potuto incontrare aziende, istituzioni (nazionali e locali) e realtà produttive per confrontarsi sulle esigenze di gestione e di consumo delle oltre 140.000 collettività presenti in Italia, che - fra servizi di utilità sociale, istituzioni religiose e strutture di


accoglienza - interessano oltre 10 milioni di “utenti”. “Siamo riusciti ad evidenziare – afferma Paolo Treveri, segretario generale della manifestazione – il ruolo trainante di questo mercato che muove numeri importanti, sia in termini economici sia in posti di lavoro. Siamo riusciti a catalizzare l’attenzione sulle nuove forme di accoglienza, anche in situazioni di emergenza (come Abruzzo e Messina); a rilanciare il ruolo degli istituti religiosi per la crescita sociale del Paese. Abbiamo dato spazio alle nuove istanze della ristorazione collettiva, sempre più orientata all’aspetto salutistico e nutrizionale”. In quattro giorni di svolgimento, tra esposizione e dibattiti, l’evento organizzato da Sevicol ha portato dunque l’attenzione non solo sulle offerte di mercato, le soluzioni tecniche e i servizi, ma sulle “buone pratiche” produttive e Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di consumo e sui nuovi modelli imdi Roma, ha detto... prenditoriali e manageriali in grado Questa manifestazione, giunta alla 45a edizione, ha le sue radici nella nostra stradi ristabilire un giusto equilibrio tra ordinaria città ed è il simbolo di come solidarietà ed impresa possano rappresentare il vettore di profitto e solidarietà. un’economia più sana e di una migliore qualità Elementi che, come ha sottolineato della vita. Per questo la manifestazione è un il presidente della Provincia di esempio unico da seguire e sostenere con Roma Nicola Zingaretti nel discorso grande forza: la nostra presenza qui è quindi tutinaugurale, fanno di Vita collettiva t’altro che formale ma testimonia l’attenzione per “il simbolo di come solidarietà ed un modo intelligente di essere presenti nel setimpresa possano rappresentare il tore dell’ospitalità e della solidarietà. vettore di un’economia più sana e di una migliore qualità della vita.•

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InComunità

Convegni e novità

Il ministro della Salute Ferruccio Fazio all’Assemblea dell’Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari)

Rifiuti ed energie alternative Di rifiuti, e della possibilità di produrre energia attraverso il loro riciclo e riuso, si è parlato al convegno promosso da Uria (Unione romana ingegneri e architetti). “La raccolta differenziata - ha detto il presidente Giancarlo Sapio, promotore del convegno - deve essere alla base e strettamente collegata al riuso delle materie fino alla trasformazione energetica delle stesse nell'ottica di un appropriato smaltimento teso, tra l'altro, alla eliminazione dei gas inquinanti. Nel quadro di quanto previsto dalla nuova Direttiva Europea sui rifiuti è necessario delineare obbligatoriamente la tracciabilità del rifiuto al fine di garantire la qualità dei prodotti e/o dei combustibili realizzati”.

Sisma e post terremoto in Abruzzo Al convegno “Conoscenza, prevenzione, progettazione: riflessione dal caso Abruzzo”, Mauro Dolce (del Dipartimento di protezione civile nazionale, promotore del convegno insieme ad Enea) ha esposto i dettagli del progetto CASE, che ha portato alla costruzione di 4.700 alloggi entro 7 mesi dall’emergenza terremoto.

L’Ambasciatore polacco a Roma Jerzy Chmielewski in visita al Salone della Montagna, promosso da Uncem Lazio

A fianco dei cittadini, senza frontiere Forte presenza delle Forze Armate alla 45a Vita Collettiva: al convegno organizzato da Commiservizi (ministero della Difesa) hanno offerto una dettagliata testimonianza del lavoro svolto dagli uomini e dalle donne in divisa, impegnati a garantire sicurezza, sul versante nazionale ed internazionale: aiuto in caso di calamità naturali, operazioni di sicurezza interna ed internazionale, difesa dagli attacchi di pirateria marina, difesa del suolo e del mare, supporto al sistema sanitario nazionale, mantenimento della pace ed aiuto alle popolazioni in territori colpiti da conflitti sociali, politici ed economici.

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Dai conventi, il meglio per la salute e la cosmesi Non una volta abbiamo sentito parlare delle famose grappe dei Frati Trappisti; ecco, oggi non si tratta più di fenomeni isolati da citare come curiosità bensì di una certificata strategia di offerta turistica. Conventi, abbazie, monasteri e strutture simili offrono ospitalità a prezzi imbattibili con dei plus che partono dall’ambiente spiritualmente incomparabile fino all’offerta di tipicità del territorio enogastronomiche e artigianali. All’edizione 2009 di Vita Collettiva è stata presentata per la prima volta una nuova sezione espositiva riservata proprio alle produzioni conventuali. Tra gli espositori, il Monastero benedettino dei Santi Pietro e Paolo di Germano (Vb), situato sulle pendici del monte Massone, che ospita una comunità dedita alla preghiera e al lavoro: i visitatori hanno molto apprezzato le icone e i lavori in legno realizzati all’interno della struttura ma anche le strepitose confetture, preparate secondo antiche ricette recuperate dai frati dalla viva voce degli anziani del posto. La Comunità dei Cistercensi Riformati (Trappisti) delle Tre Fontane di Roma ha offerto in mostra prodotti dai poteri disinfettanti a base di eucalipto e alcool, nonché le deliziose grappe distillate nel liquorificio dell’Abbazia.Dalla Toscana, e precisamente dal Monastero Cistercense Valserena sono arrivate creme, lozioni, acqua di colonia, di lavanda e di sandalo e saponette naturali.


Fare rete per costruire un nuovo modello di sviluppo I valori e le prospettive di Vita collettiva nelle parole del segretario generale, Paolo Treveri Gennari

Nella foto in senso orario Alberto De Santis, Paolo Treveri Gennari, Luigina Di Liegro

Siamo al centro di una recessione economica globale iniziata oltre due anni fa con l'aumento dei prezzi del petrolio, seguito da quello degli alimenti e da un crollo dei consumi. La crisi dei mutui subprime, con lo sgonfiarsi della bolla immobiliare, ha innescato una crisi finanziaria prima, economica poi, con espansione su scala planetaria e un’accelerazione più rapida di quella del ’29. Proprio l’esperienza della grande depressione del ‘29 avrebbe dovuto insegnarci a leggere con più attenzione i segnali nefasti. Se pur ciò non è avvenuto ci consola che, a crisi conclamata, la risposta della politica sia stata almeno più rapida ed efficace. Sul lato pratico si sono approntate misure economiche d’urgenza, parallelamente si è attivata una riflessione profonda sulla pericolosità di una economia carente di controlli, sino a spingersi molto più oltre nel ravvedere la necessità di individuare nuovi modelli di sviluppo. L’esempio più importante di un doppio binario di interventi è quello del presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che finanzia d’urgenza le banche per evitarne il tracollo e, nello stesso tempo, propone misure pubbliche e private per dare un netto impulso allo sviluppo della green economy promuovendo così un modello di sviluppo nuovo. Lungi dal volerci addentrare in disquisizioni di macroeconomia, vogliamo qui evidenziare come in questi anni sia andato crescendo l’interesse per quei modelli e valori richiamati dalla definizione “economia solidale”: un sistema di relazioni economiche e sociali che pone l’uomo e l’ambiente al centro, cercando di coniugare sviluppo con equità, occupazione con solidarietà e risparmio con qualità. Sempre più realtà produttive, infatti, intraprendono un per-

corso di sostenibilità ambientale e responsabilità sociale e, al contempo, cresce il numero di cittadini consapevoli della incisività di ogni loro scelta, come singoli e, ancor più, come gruppi organizzati. Nell’esaminare i contenuti di tali nuovi ideali, notiamo quanto ci sia di ritorno al passato, a quei sistemi di valori e modelli operativi che sono da sempre propri delle realtà associative e comunitarie che Vita collettiva - da quasi 50 anni - indaga, porta ad esprimersi e confrontarsi nella sua mostra annuale. Richiami di principi universali, a cominciare da quelli cristiani che hanno al centro il rispetto dell’ambiente, della persona, del creato. Vita collettiva vuole ancora accompagnare tale evoluzione esaltandone l’importanza e la forza, infondendo orgoglio e dignità agli operatori che in tali campi lavorano e offrendo loro spazi di visibilità e di confronto. Con altrettanta energia, ritiene necessario ribadire quanto sia urgente aggiornare i modelli e le modalità dei servizi e farne oggetto di formazione continua per gli operatori. Solo così il settore potrà fronteggiare questa crisi. La società e la politica dovranno riconoscere il valore (e quindi investire in risorse) di chi cura i servizi alla vita collettiva, alle reti di solidarietà, all’associazionismo, al volontariato, a tutte le realtà che hanno avuto il merito, nella migliore espressione del principio di sussidiarietà, di rinsaldare le maglie di una rete di protezione sociale che si è rivelata una vera e propria rete di salvezza contro gli urti rovinosi della crisi. Via quindi al dibattito, spazio alla sperimentazione e alle buone pratiche, voce alle associazione e imprese che studiano soluzioni nuove e nuovi prodotti. E alle pubbliche amministrazioni che sono chiamate a rispondere ai bisogni della collettività. Per quanto ci riguarda noi, spente le luci sulla 45a Vita collettiva, siamo già al lavoro per costruire un evento che dia la giusta visibilità a questi progetti. •

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InComunità

Se a scegliere fosse il cittadino Sanità e assistenza agli anziani, tempo libero e turismo sociale: cosa ne pensano gli italiani? Una sintesi dei dati e delle riflessioni emersi dalla Ricerca “Accoglienza ed assistenza in Italia: la tentazione del privato”* (*) La Ricerca, presentata alla 45a edizione di Vita Collettiva, è stata commissionata da Sevicol, coordinata e realizzata dal sociologo Daniele Tirelli, presidente di Popai Italia. Il testo integrale della Ricerca è consultabile nel sito www.sevicol.it

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Il tema della solidarietà e dell’assistenza, dei servizi collettivi e dell’ospitalità, pubblica o privata, sono oggetto di un acceso dibattito che spesso divide la pubblica opinione. Il privato resta per gli italiani essenzialmente una tentazione, una promessa affascinante e/o temuta, non di rado viziata dall’assenza di una vera esperienza personale. E l’idea di uno stato “provvidenziale” ed interventista è comunque troppo affascinante per essere abbandonata e per fare spazio, almeno in parte, ad un realistico e duro criterio di responsabilità individuale e di logiche di mercato. Introdurre la libertà di scegliere anche nel campo assistenziale è qualcosa che attrae e che turba allo stesso tempo. Centrale il tema della sanità. Si tratta infatti di una sfera di interesse sociale che presuppone processi di valutazione complessi, poiché implicano una vasta gamma di servizi specialistici e terapie specifiche. Negli altri campi oggetto della nostra indagine (l’assistenza agli anziani, la scuola, le mense, ecc.), i cittadini reputano di poter giudicare con maggior competenza la qualità di quel che viene loro fornito e di aver migliori strumenti di controllo e di autodifesa dalle ineffi-

cienze e dalle incompetenze. Nel campo della sanità, invece, tutto è diverso. Le scelte, infatti, sono spesso drammatiche, repentine e cruciali. Contesto, criteri, esiti della Ricerca Possiamo dire innanzitutto che in Italia sul piano della cultura popolare esistono oggi tre grandi cluster (gruppi): il primo (circa il 30% della popolazione adulta), tenace difensore dell’esistente, fortemente legato al concetto di “stato provvidenza” che, pur con i suoi evidenti ed innegabili difetti, dovrebbe continuare ad avere il monopolio dell’assistenza sociale in tutti i campi. Un altro cluster (meno del 20%) sembra invece propenso all’idea di una maggiore libertà di scelta consentita da un’iniziativa privata, affrancata tuttavia dai tradizionali lacciuoli di varia natura e supportata dall’iniziativa pubblica, politico-istituzionale. Gran parte della popolazione confluisce invece in un gruppo estremamente confuso, che vorrebbe i benefici di entrambi i settori: la supposta maggior efficienza (customer service) dei privati e i presunti minori costi del pubblico. In estrema sintesi: se da un lato i nostri connazionali stanno percependo che molte concezioni ereditate dal secolo scorso sono superate (in particolare quella di un’estensione onnipresente dello stato), dall’altro guardano con curiosità titubante all’alternativa offerta dalla sfera privata, così come si è sviluppata sinora nel Paese. Ovviamente il tema dell’assistenza e dell’ospitalità è troppo ampio per poter essere esaurito in una sola sessione analitica. Tuttavia, per entrare efficacemente nel merito della questione, nella Ricerca si è scelto di partire da alcuni temi particolari, prestando grande attenzione al linguaggio e alla logica con cui si articola il dialogo su questo cruciale aspetto della nostra vita sociale. Su un campione rappresentativo della popolazione adulta italiana (dai 18 ai 55 anni) si è


Avviso ai lettori Nel PRoSSimo NumeRo Di iNSieme

FOCUS SU SANITÀ E ACCOGLIENZA Partendo dalle riflessioni proposte da questa ricerca, il Focus farà il punto sulla situazione sanitaria del Paese, la cura e l’accoglienza di anziani, malati e disabili, i problemi della sanità privata, le patologie ancora sconosciute,la politica delle istituzioni e degli enti locali, gli aspetti psicologici della malattia e della terza età. Con uno spazio riservato alle proposte delle aziende per la cura del malato e dell'anziano.

Il 34% degli intervistati dichiara di avere problemi di assistenza per familiari anziani, bisognosi di attenzioni e cure. La soluzione prevalente, preferibile dal 53% di queste persone, è il servizio domiciliare di badanti generiche, retribuite personalmente; il 15 % ritiene di avvalersi di infermieri o di personale specializzato; mentre solo il 23% si affida a residenze pubbliche per anziani.

scelto di verificare il “comune sentire”, attraverso domande ripetute in forma diversa e curando di eliminare nella formulazione ogni loro tratto direttivo. I giudizi raccolti riflettono l’esistenza di una ambigua relazione con i problemi dell’assistenza e della solidarietà, che si dibatte tra l’individualismo congenito degli italiani e l’obbligo di rapportarsi con forme di vita collettiva. Ambiguità spesso viziata da un certo conformismo, poco disposto a mettersi in discussione e dunque fonte di ispirazione per un dibattito politico debordante, molto acceso e fondamentalmente sterile. Nella Ricerca si è tentato di enucleare pazientemente il peso delle varie opinioni relative a questioni come l’assistenza sanitaria pubblica e privata e quella agli anziani; nonché la tematica, più distante ma non da esse scollegata, del turismo sociale e delle vacanze. le opinioni sull’assistenza sanitaria, pubblica e privata Sull’assistenza sanitaria, le esperienze vissute in prima persona in occasione di gravi problemi familiari sono il primo discrimine per classificare gli intervistati. Esse inducono una valutazione complessiva della qualità del servizio, che risulta “soddisfacente” o “più che soddisfacente” nei 2/3 dei casi. È una conclusione che tuttavia sconta una scarsa conoscenza diretta dell’operare concreto delle strutture private e/o religiose: coloro che ne hanno una significativa esperienza sono meno del 12%. La stragrande maggioranza degli italiani giudica quindi l’assistenza medica privata in base ad esperienze riportate da altri e/o raccontate dai mezzi di comunicazione. Questo è il primo punto importante da tenere presente nel valutare le successive considerazioni. I nostri connazionali non rinunciano però a valutarne le prestazioni: un 40% propende a fa-

vore del privato e un 29% a favore del pubblico. La parte rimanente ritiene le due formule equivalenti. Dalla verbalizzazione dei nomi delle strutture citate, si deduce tuttavia che la reale conoscenza della natura religiosa o privata degli ospedali e delle case di cura è piuttosto confusa. Comunque nel caso di strutture percepite come gestite da istituzioni religiose il dato muta, scendendo ad un 27% a loro favore e ad un 29% a favore del pubblico. In breve, esiste una minor predisposizione verso il privato di matrice religiosa. Ma quali sono le ragioni (nella pratica e nell’immaginario) per cui il privato dovrebbe eccellere sul pubblico? La risposta si regge su quattro puntelli: l’attenzione per il cliente, l’efficienza posta in essere nella loro attività, la cura dei dettagli, lo stile e l’atmosfera dei luoghi dell’ospitalità. E quali sono i tratti qualificanti che giustificano un atteggiamento positivo verso i servizi delle strutture private? Partiamo dal personale e dagli operatori. In generale, per il settore privato non si attribuisce ad essi una maggior qualificazione rispetto a quello pubblico. Un 30% lo ritiene apprezzabile o molto più preparato dei dipendenti/operatori pubblici. Maggiormente enfatizzata è invece la loro modalità di porsi verso i pazienti e le loro famiglie. Secondo il 53% degli intervistati, negli istituti privati si mostra un maggior spirito cristiano verso chi soffre; e ne è fortemente convinto più del 6% dei residenti al Nord, mentre al Sud questo si verifica solo per il 2-3%. Circa i reali e maggiori elementi di serietà, onestà e trasparenza nell’amministrare le proprie strutture da parte del privato, permane invece un’ampia area di dubbio: solo il 40% degli interpellati ritiene di poter aderire a questa impegnativa affermazione. Ne discende che solo un 35% dell’opinione pubblica ritiene che lo stato debba aiutare economicamente le iniziative nel campo dell’assistenza privata e religiosa. Al contrario, un 58% ritiene che dovrebbero essere le strutture pubbliche ad avvalersi di servizi assistenziali complementari, affidandoli a privati e/o religiosi. In termini più radicali, coloro che sono del tutto contrari all’idea di un’assistenza gestita privatamente, qualsiasi forma essa assuma, sono il 34%. In conclusione, il giudizio complessivo sul ruolo del privato che emerge è affetto da nu-

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InComunità

merose ambiguità. Per quanto riguarda il pubblico, in generale si può evidenziare che le rappresentazioni iper-negative date dai media circa la “malasanità” imperante in Italia sono decisamente esagerate. Ciò non toglie che il modello di “welfare” statalista, imperante nel XX secolo, presenti inequivocabili segni di logoramento. L’alternativa offerta dalla sfera privata resta peraltro incerta: da un lato, se ne apprezza il maggior coinvolgimento in termini di sensibilità e impegno; dall’altro, permane una certa diffidenza sull’approccio economico e “affaristico” che potrebbe sottendere questo settore così delicato. L’assistenza privata sconta, in sintesi, un vuoto di comunicazione sulle proprie funzioni, sulle proprie mission e sulle proprie fonti e modalità di finanziamento. l’assistenza agli anziani, oggi e domani Venendo al bisogno assistenziale in età avanzata, va detto che esso evoca subito una cruciale questione: il livello di fiducia sul proprio futuro. E nella Ricerca si è voluto verificare il grado di consapevolezza degli italiani circa l’ineluttabilità dei problemi e delle possibili soluzioni, personali e dei propri cari, indotti dalla vecchiaia. Una buona parte del Paese vive il problema della vecchiaia in maniera piuttosto “fatalista”: “Preferisco non pensarci”, dice un 64% della popolazione, pressoché distribuito in tutte le fasce di età e in tutte le regioni. Il dato scende, peraltro lievemente, al 58% tra i 45-54enni, più vicini all’età del ritiro dalla vita attiva. Ne deriva che la relazione tra gli standard esistenziali odierni e quelli attesi nella fase finale della propria vita risulta turbata e controversa. L’idea dell’anzianità, proiettata nell’immaginario collettivo popolare, rivela una scarsa consapevolezza sulle conseguenze sociali e familiari legate all’invecchiamento. Per le passate generazioni il significato e le conseguenze dell’invecchiamento erano evidenti. Vivendo quotidianamente a contatto con

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le persone anziane, nelle famiglie allargate e nel contesto di piccoli paesi e quartieri, le problematiche dell’età avanzata generavano diversi meccanismi di solidarietà reciproca, purtroppo ormai scomparsi. Oggi le vite “parallele” di giovani e anziani, condotte separatamente in famiglie piccole o monocomponenti, in ambienti di lavoro molto segmentanti, in quartieri anonimi e anomici, determinano una sensibile alterazione delle prospettive esistenziali. In breve, assieme all’esorcizzazione del problema della vecchiaia, si afferma l’individualizzazione delle vicende esistenziali; e come principale preoccupazione sembra emergere l’inadeguatezza del reddito futuro fruibile in quegli anni. In questa fase della vita, il 44% degli italiani ritiene infatti che le proprie disponibilità di reddito saranno al disotto delle proprie aspettative; e il 42% le ritiene appena sufficienti. Un dato certamente impressionante, che contrasta con la realtà economica misurata dalle statistiche. E che suscita non poche riflessioni. Nonostante l’Italia sia una delle nazioni con il più alto tasso di risparmio e con un elevato livello di ricchezza immobiliare a disposizione delle famiglie (l’85% di esse possiede almeno un’abitazione), il mood generale rispetto al futuro rivela un evidente e accentuato pessimismo. Una popolazione che in grande maggioranza non crede alla possibilità di una serena conclusione della propria esistenza per ragioni economiche è sicuramente esposta a tensioni emotive e a stati depressivi che si riflettono poi su tutti i piani, compresi ovviamente quello politico, amministrativo e collettivo. Nell’ambito di questo strano e deforme clima psicologico, gli italiani mostrano scarsa fiducia nell’intervento dello stato nell’assistenza agli anziani. Per provvedere alla loro salute e al loro sostegno nella vecchiaia, solo uno scarso 19% degli intervistati ritiene di poter trascorrere una serena vecchiaia in strutture pubbliche; il 49% prevede invece di optare per la permanenza in strutture private di propria scelta (da ciò, la preoccupazione per il reddito necessario); mentre un’altra metà ritiene di poter contare sulla propria famiglia che lo assisterà e lo curerà amorevolmente (e ciò anche a dispetto della ben nota crisi della “famiglia italiana”). La presenza e la cura degli anziani, sempre più spesso emarginati dal mondo del lavoro, da


quello socio-familiare e da quello del tempo libero, incombe inevitabilmente su buona parte dei nuclei familiari. Il 34% degli intervistati dichiara di avere problemi di assistenza per familiari anziani, bisognosi di attenzioni e cure. La soluzione prevalente, preferibile dal 53% di queste persone, è il servizio domiciliare di badanti generiche, retribuite personalmente; il 15 % ritiene di avvalersi di infermieri o di personale specializzato; mentre solo il 23% si affida a residenze pubbliche per anziani. Ovviamente chi spende di tasca propria (e dunque ha la possibilità di scegliere) mostra un grado di soddisfazione abbastanza elevato per i servizi ricevuti, interessando il 72% degli intervistati (il 19% è molto soddisfatto e il 53% abbastanza soddisfatto). Diverso il parere di chi usufruisce di ricoveri pubblici: nel 49% dei casi

giudica scarsi o molto scarsi i servizi ricevuti; l’assistenza è ritenuta insoddisfacente per il 42%, mentre il 45% considera negativa la qualità complessiva del servizio, soprattutto a fronte di un prezzo preteso (ed è il 53%), ritenuto eccessivo. Constatiamo dunque che il livello di ciò che il marketing moderno chiama customer satisfaction per le strutture assistenziali pubbliche è decisamente basso. Certamente l’assistenza e la cura degli anziani è un compito gravoso e delicato. Con ogni probabilità i giudizi possono essere distorti da ragioni affettive; ma certamente il comparto multiforme della cura dei “vecchi” è un’area ampiamente trascurata. La spiegazione è che di per sé la cura degli anziani non è fonte di ampio consenso sul piano politico. Dunque, non stupisce che la predominanza delle solu-

Sulla scia della Ricerca Sevicol, riflessioni e opinioni a confronto Solidarietà e accoglienza: non è questione di ordine pubblico mons. Guerino Di Tora, vescovo ausiliare di Roma “Stiamo passando quasi inconsciamente dal Welfare State allo Stato di Sicurezza: si respira un’aria di paura e timore, si sta in guardia rispetto al diverso, allo straniero e all’handicappato.

È necessario far passare un messaggio di accoglienza verso l’altro, anche perché la nostra società sta andando verso l’invecchiamento e vi deve essere quindi un impegno maggiore verso la terza età. Spesso constatiamo

l’amarezza di chi, anziano, dopo aver molto dato si sente, a livello sociale e pensionistico, defraudato del suo impegno, aprendo le porte ad un profondo senso di insoddisfazione generale. Bisogna quindi stimolare

un senso di corresponsabilità a tutti i livelli, riaffermare, nel contesto dell’eticità dell’accoglienza, non solo i valori della sussidiarietà tra stato e privato sociale, ma anche il concetto dell’essere rispetto a quello dell’avere”.

Pubblico e privato: perché si guardano in cagnesco? Alberto De Santis, presidente Anaste “La Legge 328/2000 è la prima legge-quadro sul Welfare dopo quella di Francesco Crispi del 1890. Lo Stato italiano non sembra molto preoccupato del settore assistenziale. Questa Legge non è ancora

recepita in tutte le regioni, mancando in tal modo l’obiettivo dell’integrazione sociosanitaria e della sussidarietà orizzontale. Recentemente è stato chiesto all’Anaste di mettere mano a un progetto per sopperire ai 4000 posti mancanti

nella Regione Lazio. Siamo all’ultimo posto in Europa per la percentuale di posti letto in rapporto agli ultrasessantacinquenni. La media, o meglio le aspirazioni, sarebbero al 10%. La Germania è vicina a questa percentuale, altri Paesi

sono al 6% (…) l’Italia solo al 1,9-2% (…) anche se, pubblicamente, si afferma di essere al 2,6%. La disattenzione dello Stato per la non autosufficienza e per le persone in difficoltà è grave e non accettabile”.

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InComunità

zioni private e familiari si orienti all’impiego “domiciliare” di forza-lavoro immigrata. Una soluzione strutturale delle case per anziani e dei pubblici ricoveri costituisce pertanto un altro tra i tanti problemi della trasformazione sociale e politica in atto nel nostro Paese. Un altro problema, che emerge dalla Ricerca, riguarda in particolare l’assistenza agli anziani nel periodo delle vacanze. Il 63% degli intervistati manifesta il disagio di dover lasciare soli i propri anziani; o, viceversa, di rinunciare al tempo libero e alle vacanze per accudirli. Si apre quindi uno spazio enorme (anche sul piano economico) per servizi personalizzati che sollevino le faQueste sì che sarebbero miglie da questo onere. Si vacanze! potrebbe parlare, in queCosa dichiarano di cercare gli italiani, dusto caso, di case-vacanza rante le loro vacanze? Queste, in rapida specializzate che siano in successione, le percentuali e le risposte: grado di assicurare la giurelax per l’83% degli interpellati, sole e sta sicurezza (medica, mare per il 46,1%, immersione nella natura dietetica, ecc.) e forme di (28,3%), cultura e arte (26,7%), avventura intrattenimento, senza tra(20,3%), ritrovarsi in famiglia (18,0%), un sformarsi in demotivanti po’ di sana pazzia (15,7%), baldorie con gli parcheggi-dormitori. amici (12,3%), sport (7,9%), silenzio Le difficoltà nel creare (6,9%), meditazione e spiritualità (4,8%), ambienti adeguatamente trasgressione (4,1%), esotismo (1,9%), soattrezzati e psicologicalitudine (1,5%), altro (0,5%). mente accoglienti, disponibili secondo la stagionalità delle vacanze delle famiglie italiane, sono evidenti e presupporrebbero coerentemente un ridisegno della programmazione del tempo libero degli occupati, in linea con quanto sta avvenendo in altri Paesi.Ma chi dovrebbe preoccuparsi di gestire queste strutture specializzate? In evidente contraddizione con le risposte date in precedenza, il 68% pretenderebbe che l’iniziativa fosse presa e sostenuta dallo stato. La qual cosa sembra rendere l’ipotesi assolutamente irrealistica! Turismo sociale, vacanze e tempo libero Le vacanze costituiscono un altro campo importantissimo dell’accoglienza, dell’ospitalità e delle attività ad esse connesse. A tal proposito va detto che gli italiani hanno un’idea molto particolare e “distorta” delle loro vacanze. Infatti, secondo le dichiarazioni circa la durata media delle loro vacanze (esclusi i

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week-end) esse durerebbero normalmente due o una sola settimana. Lo afferma l’83% degli intervistati. L’evidenza statistica della fruizione di settimane bianche, di viaggi all’estero e di permanenza nelle strutture turistiche di milioni di italiani contraddice ovviamente queste opinioni. Appurato che i nostri connazionali sottostimano la durata delle loro vacanze, soffermiamoci sulle loro preferenze nel modo di trascorrerle. Dalle percentuali e dalle risposte che emergono da questo quadro, oggi sembrerebbe prevalere un concetto di vacanza come periodo di “ricarica” dallo stress della vita quotidiana. Questo con l’ovvia eccezione dei ventenni che pur mettendo al primo posto il relax, dichiarano di cercare baldorie, avventure, un po’ di pazzia, in almeno un caso su tre. È, quindi, interessante domandarsi se forme alternative di ospitalità possano offrire qualcosa di analogo o di più apprezzabile del mero soggiorno alberghiero tradizionale. “Mi piacerebbe provare una vacanza in strutture di ospitalità familiare non costose (conventi, eremi, ecc.) dove incontrare altre famiglie e vivere momenti sereni anche di crescita spirituale”: è questa un’affermazione che (sorprendentemente) raccoglie l’assenso del 50% della popolazione adulta. Un dato che si sposta addirittura più in alto tra le fasce di popolazione più giovane. Ad averne una qualche esperienza diretta però è (in media nazionale) solo il 21%. La qual cosa rende la prima risposta ancor più interessante. Tanto più se si aggiunge il fatto che il 45% ritiene che sarebbe comunque un’esperienza soddisfacente. Riflessioni e indicazioni per gli operatori Si apre, dunque, un’interessante prospettiva per la rete di centri di ospitalità di enti religiosi presenti nel nostro ed in altri Paesi. La proiezione di questi luoghi nell’immaginario dei nostri connazionali è sorprendentemente positiva e merita pertanto di essere razionalizzata attraverso un’adeguata attività di comunicazione e di promozione. Comunicare e promuovere le possibili e auspicabili innovazioni in questi ambiti di vita collettiva, sia dal settore privato-religioso, sia dal pubblico, è certamente indispensabile, auspicabile e promettente. •


InComunità

Pubblico e privato, accoglienza e bene comune Se non c’è pari dignità e riconoscimento reciproco, tante risorse finiranno per inaridirsi, frustrate e represse. E non possiamo permettercelo, in nessun caso di Luigina Di Liegro Accogliere e condividere significa aprirsi all’altro, essere attenti ai suoi bisogni e alle sue ragioni, restando in un atteggiamento di ascolto, di disponibilità all’aiuto. E di denuncia, qualora se ne presentasse la necessità. È questo lo spirito profondo che ha animato e anima i volontari, quel Terzo Settore, quel non profit, risorse più che promettenti per il nostro Paese. Questo variegato mondo della solidarietà, questo “privato” che si prende cura del bene delle persone più deboli e povere, della collettività e dell’ambiente, gode oggi di un riconoscimento pieno da parte dell’opinione pubblica. Una recente indagine dell’Eurispes stima nel 71,3% la percentuale di italiani che ha fiducia nelle associazioni di volontariato, una cifra superiore a qualunque altro tipo di soggetto e istituzione. E la vicenda del 5 per mille è, al riguardo, ancora più chiara: nessuno si aspettava che, già al primo anno di introduzione della norma, 20 milioni di italiani avrebbero destinato una percentuale delle loro tasse a soggetti privati non profit.

Luigina di Liegro Assessore alle Politiche sociali e delle Sicurezze della Regione Lazio intervenuta al Convegno nazionale Sevicol su “Accoglienza e assistenza in Italia: la tentazione del privato” . In queste pagine una sintesi del suo intervento

Cosa chiedono i cittadini Se da questo punto di vista guardiamo alla Ricerca Sevicol, possiamo essere tutt’altro che pessimisti su nuove forme di tutela dei diritti e di risposta ai bisogni che non siano unicamente “pubblico-statali”. Il privato non è solo una “tentazione”. Mi pare che, di fatto, siamo ormai lontani dal vecchio statalismo, più volte citato nell’indagine: senza l’impegno straordinario di tantissimi operatori sociali – con la loro capacità di cogliere i nuovi bisogni e di inventare e sperimentare risposte efficaci – il nostro Welfare non starebbe in piedi. Ma la ricerca ci dice anche che i cittadini – in larga parte – non vogliono che il pubblico si disinteressi della loro salute, dei loro bisogni primari, della condizione di vita dei più deboli. Io credo che lo stato e le sue diverse articolazioni – le regioni, le province, i comuni – debbano continuare a esercitare alcune funzioni fondamentali, che nessun privato può svolgere: aiutare tutti i diversi atto-

ri del sistema a programmare insieme gli interventi, a monitorare quello che viene fatto, a valutare ciò che è stato realizzato. In questo sforzo, lo stato e le autonomie locali devono anche finanziare gli interventi…, ma non a pioggia, elargendo a chiunque, senza preoccuparsi di quello che, con quei soldi, viene fatto. La Regione Lazio ha cercato, in questi ultimi anni, di mettere in piedi un sistema di interventi sociali che rispondesse a questi principi. Le tante esperienze di accoglienza e di aiuto (per le persone con disabilità fisiche o psichiche, anziani, donne in difficoltà, minori, tossicodipendenti, immigrati e rom), che esistono anche grazie al sostegno dell’amministrazione regionale, sono ora inserite all’interno di “Piani di zona” in cui pubblico, privato sociale e altri soggetti collaborano insieme per il bene della comunità: stiamo passando dalla logica dell’assistenzialismo ad una pianificazione condivisa. Abbiamo stabilito, per il terzo settore, i requisiti organizzativi e strutturali per ottenere l’autorizzazione a operare. Ma questo non basta. Dobbiamo fare un altro passo avanti: chi vuole stipulare contratti con il pubblico deve accreditarsi. L’accreditamento – a mio avviso – è la garanzia di non finire in processi non trasparenti nel rapporto con le istituzioni; e, per queste ultime, è la condizione per disporre strutture e interventi affidabili, responsabili ed efficaci. È un processo ancora fragile – ne siamo tutti consapevoli – ma è in questa direzione che dobbiamo andare, per definire compiutamente e portare a termine il “sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali”. Pianificazione condivisa, nel quotidiano Sul fronte dell’accoglienza abbiamo comunque fatto molto. E cito qualche esempio. Abbiamo chiuso tutti gli orfanotrofi, come richiesto dalla legge 149/2001, per i minori in difficoltà o allontanati dal loro nucleo familiare; abbiamo promosso case famiglia, gruppi appartamento; e, per i giovani sopra

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InComunità Senza l’impegno straordinario di tantissimi operatori sociali il nostro Welfare non starebbe in piedi. Occorre stabilire procedure e sedi in cui davvero le istituzioni e il Terzo settore collaborino in una condizione di pari dignità, per il bene comune

i 18 anni, i gruppi di semi-autonomia. E, da due anni, abbiamo previsto un Piano Affidi che favorisca l’ingresso dei minori nelle famiglie che, con grande generosità, sono disponibili ad accogliere.Per i minori che compiono 18 anni, in carico ai Servizi, abbiamo istituito delle comunità territoriali di pronta accoglienza anche per gli stranieri che, con la maggiore età – a causa di una legislazione ingiusta – rischiano l’espulsione dal territorio italiano. C’è, infine, una questione che mi sta particolarmente a cuore: le persone che soffrono per problemi psichici. Non bastano uno specialista e farmaci adeguati. Queste persone hanno estremo bisogno di relazioni, di accoglienza. Mi sono personalmente impegnata, in questi ultimi anni, in favore di queste persone. Fare qualcosa, farlo subito lì dove si manifesta il bisogno, con i mezzi che ci sono, con i tempi che abbiamo: questo impegno, responsabile, condiviso e aperto, produce pratiche di vita che non solo cambiano le persone e le loro aspirazioni, ma mettono in opera nuove e vitali forme di accoglienza, di marca dialogica, orientate alla solidarietà e alla cooperazione. Occorre aiutare le

famiglie, alleggerendole dal proprio malessere, e permettere a chi vive il disagio mentale di avere maggiore autonomia. È cruciale contrastare la progressiva esclusione dal contesto sociale, vissuta da tanti pazienti e dai loro familiari. Per far questo, dobbiamo promuovere una cultura che vede nell’inclusione sociale – e quindi nella relazione – il tratto fondamentale di ogni intervento anche terapeutico, contro ogni concezione che cela dietro una preoccupazione “tecnicoscientifica”: il principio dell’esclusione, dell’allontanamento, della ghettizzazione. Franco Basaglia è più che mai attuale. È vero, come si dice nella sintesi della ricerca Sevicol, che il dibattito sul ruolo del pubblico e del privato nell’accoglienza e nell’assistenza è tuttora aperto. Ma c’è un punto che – a mio avviso – è davvero cruciale: stabilire procedure e sedi in cui davvero le Istituzioni e il Terzo Settore collaborino in una condizione di pari dignità, per il bene comune. Se non c’è pari dignità, riconoscimento pieno del principio di sussidiarietà, tante risorse, frustrate e represse, finiranno per inaridirsi. E io non credo che possiamo permettercelo. •


FOCUS Ristorazione collettiva base razione i d i c i p a r i s to n i r p I e ll i o n o c el b logi lI bio azione d esterna tific mensa r e c La o della ilitare a ti v lm alt ’L app zione de ne collet enta storazio m i l L’a ella ri chi re d o e u n c e L’igi ione dei del setto maz lla crisi r o f La ire da nziano usc e dell’a e m Co azion ent zia m i l a L’ di puli mi sI iste

Vita collettiva e educazione alimentare: un dovere, anche morale di Antonio Senni*

V

ivere consapevolmente Insieme, potrebbe essere la sfida per una società da costruire a dimensione umana. La moderna cultura dell’esaltazione dell’individuo ha prodotto dei disvalori, che sono all’origine dell’attuale disordine e malessere planetario. è, invece, il vivere insieme che conserva e tramanda; è la tradizione, arricchita di nuovi valori umani, filosofici e scientifici, che unisce e fraternizza; è l’inscindibile legame fra la persona umana e la civitas, che fa rinascere la solidarietà e la pace universale; è il perseguimento della virtù, della virtus civica e della pietas, quel sentimento che induce l’uomo ad amare e rispettare le altre persone, che diffonde equità e giustizia; è l’impegno partecipativo dei cittadini che “rifonda” l’ordine politico, economico ed ambientale, senza il quale non si costruisce un futuro di speranza e di serenità per le giovani generazioni. Vivere consapevolmente Insieme significa approdare ad

(*) Nutrizionista, specialista in scienze della nutrizione umana

una cultura autentica, fondata su una nuova alleanza tra l’Uomo e l’Uomo, tra l’Uomo e la Natura, tra l’Uomo e lo Spirito e che pervada di sé la comunicazione, l’informazione e la formazione, per raggiungere quell’armonia cosmica, che è la vera essenza della vita dell’uomo e il vero traguardo dell’esistenza. Il vivere consapevolmente Insieme si realizza, così, nella molteplicità delle azioni umane ma contenenti un principio unificante, che tutte le orienta: la consapevolezza dell’uomo, la sua centralità rispetto alla società e alla natura. Nella comunità internazionale, infatti, si sta affermando, seppur sommessamente, un nuovo modello culturale: lo sviluppo sostenibile, che sarebbe più corretto e utile definire sviluppo consapevole. Tale modello, enunciato nel 1987 dal rapporto Brundtland a fronte del progressivo e minaccioso degrado dell’ambiente naturale, esalta quei

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Focus

principi, che possono e devono rappresentare la bussola che orienta le azioni e le condizioni umane in tutti i settori della società. E pertanto anche nel delicato ambito dell’alimentazione e della nutrizione, tanto importante nel definire il benessere psicofisico delle persone. Benchè di recente la sensibilità e l’interesse per la nutrizione siano decisamente cresciuti, non altrettanto si può affermare della conoscenza delle regole della corretta educazione alimentare. In un tale rigenerativo contesto sociale, acquista urgenza una profonda revisione delle abitudini alimentari, non più differibile in quanto, ancor più dell’ambiente e della natura, è la salute dell’uomo, il suo benessere fisico e l’equilibrio psicologico che rapidamente stanno degenerando. Il degrado psicofisico umano è ben documentato: tra le cause di morte della popolazione ben 5 hanno una determinante com-

ponente alimentare ed ammontano complessivamente a circa l’80%. (Figura 1) Ne consegue che la qualità della vita subisce un enorme danno. L’età media e la speranza di vita è sì aumentata, ma non in misura adeguata. Infatti la “macchina umana” è geneticamente programmata per vivere circa 120

La tavola richiede un atto di fede da parte di chi cucina e da parte di chi mangia. Enzo Bianchi, Il pane di ieri, Einaudi

anni contro gli attuali 78-82 anni delle popolazioni occidentali. L’elemento da perseguire non è però l’allungamento di 40 anni della nostra vita, se essa deve essere vissuta in condizioni precarie

e di sofferenza, ma è il vivere 120 anni potendo disporre di benessere psicofisico, freschezza intellettuale, autonomia ed efficienza. Insomma, se ben alimentata e soprattutto se ben informata ed educata, la specie umana può dilatare la propria esistenza non solo in termini temporali ma in termini di benessere per una vita degna di “essere vissuta”. Per comprendere correttamente i bisogni nutrizionali della specie umana, l’analisi antropologica dovrebbe partire da circa due milioni di anni fa, allorquando il progenitore scimmiesco e arboricolo del futuro genere Homo iniziò il suo cammino evolutivo sul pianeta. In questi due milioni di anni l’uomo è passato, attraverso modificazioni morfologiche, organiche, genetiche e psichiche, da una alimentazione prevalentemente vegetale, tipica della fase arboricola, ad una alimentazione onnivora, tipica del bipede a stazione eretta,

FIGURA 1

Cause di morte in italia NUMERO D’ORDINE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Tumori Vasculopatie, vasculopatie cerebrali, ipertensione Cardiopatie, cardiopatie ischemiche Malattie dell’apparato respiratorio Traumatismi, suicidi, omicidi, incidenti stradali Malattie dell’apparato digerente Disturbi psichici, del sist. nervoso, organi di senso Diabete Malattie infettive e parassitarie Stati morbosi mal definiti, altri stati morbosi TOTALE

• cause a componente nutrizionale (79.0%) Dati ISTAT rielaborati

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NUMERO DI DECESSI

DECESSI PER CAUSA (%)

156.900 129.000 117.000 37.300 27.800 26.500 22.100 17.800 3.500 27.700 565.600

27,7 22,8 20,7 6,6 4,9 4,7 3,9 3,1 0,6 4,9 100

L’Associazione Culturale ESPAF onlus presenta il gruppo “Le Silfidi”: dal 24 febbraio incontri gratuiti tra persone affette da obesità o soprappeso con la supervisione di uno psicologo ed una nutrizionista. Previsto un incontro al mese ad Anguillara Sabazia (RM) Informazioni espaf@live.it oppure 333.8467496 http://espafonlus. spaces.live.com/

che aveva conquistato le savane africane. Quindi l’alimentazione che ha “cullato” e differenziato il nascituro genere umano è consistita nell’uso di frutta, germogli, foglie ed altri alimenti vegetali arricchiti da bruchi, insetti, miele, uova e scarsa carne animale, procurata dalla caccia. La “macchina” umana è stata modellata e costruita in tutte le sue componenti, in circa 2 milioni di anni, per rispondere alle esigenze metaboliche derivanti dal “combustibile” che per due milioni di anni l’ha alimentata e ne ha condizionato la “costruzione” e il “modello” finale, e cioè un’alimentazione a base vegetariana, ricca di fibre, di omega 3 e 6 e di antiossidanti. Solo da circa 12.000 anni l’uomo ha modificato le sue abitudini alimentari con il neolitico e, pertanto, non ha avuto “il tempo” per


dieta mediterranea: dal paleolitico ad oggi NUTRIENTE

UOMO PALEOLITICO (quantità)

UOMO NEOLITIC0 (quantità)

UOMO MODERNO (quantità)

zuccheri semplici della frutta vitamine antiossidanti vegetali sali minerali proteine vegetali proteine animali lipidi saturi lipidi polinsaturi da frutta, da semi, e da pesce fibra vegetale solubile ed insolubile amidi latte saccarosio colesterolo sale latticini alcool fitofarmaci e pesticidi additivi chimici farmaci inquinanti ambientali cultura alimentare attività fisica stress psicofisico calorie

in abbondanza in abbondanza in abbondanza buone di alcuni, discrete di altri discreta sufficiente modesta discreta

sufficiente sufficiente sufficiente buone di alcuni, discrete d’altri discreta adeguata eccessiva discreta

inadeguate sufficiente inadeguate buone di alcuni, discrete d’altri sufficiente eccessiva eccessiva inadeguate

enormi molto scarsa solo per circa due anni dopo la nascita scarsa scarsa mai mai mai mai mai mai mai assente eccessiva notevole variabile (dall’ipocalorico al normocalorico)

buona elevata spesso per tutta la vita scarsa elevata elevata elevata variabile mai mai raramente volte assente sufficiente limitato variabile (dall’ipocalorico al ipercalorico)

inadeguate eccessiva spesso per tutta la vita eccessiva eccessiva eccessiva elevata variabile costantemente costantemente in eccesso costantemente scarsa scarsa eccessivo eccessiva, ipercalorica

Focus

FIGURA 2

• le variazioni

infarto, cancro, diabete, infertilità, osteoartrite ecc) e dell’invecchiamento precoce. Occorre, pertanto, recuperare un corretto stile di vita a livello personale, basato sul tempio dello stile di vita mediterraneo, i cui 6 pilastri sono: • la corretta educazione alimentare • l’attività fisica • l’abbandono dei consumi voluttuari, quali fumo, alFIGURA 3 cool, droghe IL TEMPIO dELLO STILE dI VITA MEdITERRANEO • il superamento dello stress psicosociale diaita stile di vita • il corretto uso dei farBENESSERE maci PSICOFISICO • controlli nutrizionistici, ematoclinici e analisi d i a i t a strumentali (Figura 3) Ma non sarà sufficiente! è necessario maturare un salto culturale: cioè recuperare e riformulare Lo stress psicosociale i veri valori spirituali, nadiventa oggi fattore paturali, umani e sociali. togenetico La qualità della vita si reL’attuale scarsa qualità delcupera recuperando i la vita, ed una inadeguaS O B R I E T À valori della vita e ta educazione alimendell’amore. • tare, favorisce il difVIVERE SERENAMENTE A CONTATTO CON GLI UOMINI E LA NATURA ATTIVITÀ FISICA

CONSUMI VOLUTTUARI

intellettuali, comportamentali, spirituali, emozionali, fisici, sociali ed ambientali. Da uno scorretto stile di vita discendono la maggior parte delle nostre patologie, che poi si trasformano in cause di morte come riportato nella Figura 1. La conseguenza generale è la sindrome plurimetabolica, che è all’origine delle principali patologie (ictus,

CONTROLLI CLINICI

ABUSO DI FARMACI

EQUILIBRIO PSICOLOGICO

fondersi delle patologie cronicodegenerative, legate proprio allo stile di vita. Pertanto, lo stile di vita, la diaita deve essere un obiettivo pedagogico educativo culturale fondamentale per la qualità di vita e il benessere psicofisico. Cos’è lo stile di vita? è il modo individuale di affrontare gli eventi della vita e comprende più elementi:

ALIMENTAZIONE

modificarsi geneticamente. Ne consegue che è necessario tornare ad una alimentazione più possibile simile a quella paleolitica, migliorata da tutte le acquisizioni tecnologiche e culturali moderne. Non a caso è tanto osannata la dieta mediterranea: essa, infatti, è la più vicina al modello alimentare paleolitico. (Figura 2) Ma c’è qualcosa in più da considerare. La qualità della vita, della quale l’alimentazione è solo uno dei fondamenti costitutivi. La moderna medicina rivolge sempre più l’attenzione a parametri qualificanti la qualità della vita vissuta e a quei fattori psicologici che la minano.

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Focus

Il biologico: garanzia di qualità sul campo e sulla tavola Controlli e problematiche nella gestione dei prodotti bio nella ristorazione collettiva di Raimonda Dessì*

D

al Codex Alimentarius si apprende che un alimento si definisce biologico quando viene prodotto secondo procedure “garantite e controllate” tali da evitare in ogni fase di produzione l’impiego o la contaminazione con sostanze chimiche di sintesi o con residui di sostanze chimiche nocive all’ambiente e alla salute umana. Il prodotto biologico quindi darà un prodotto che rispetta l’ambiente, conserva la biodiversità, rispetta la stagionalità, controllato in ogni fase della produzione e certificato da organismi riconosciuti: sarà alla fine buono e sicuro. Per queste sue qualità non meraviglia quindi che esso venga impiegato nel settore della ristorazione collettiva e in particolare per quella che si rivolge a giovani e giovanissimi. è con questo intento e anche per aiutare le produzioni e il mondo agroalimentare nel raggiungimento di livelli di produzione biologica competitivi che dalla comunità europea legge finanziaria 1999 (Art 59) così come dalle amministrazioni regionali e comunali del no-

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stro paese viene auspicato e stabilito di prevedere nelle diete giornaliere di ospedali e strutture l’utilizzazione di prodotti biologici. A tutt’oggi in Italia sono almeno 1.500.000 i bambini che si alimentano presso le mense scolastiche con prodotti di agricoltura biologica. I prodotti

Perché un alimento possa soddisfare la nostra fame bisogna che da esso emergano – al di là di proteine, carboidrati e vitamine – l’intelligenza, la passione e il cuore dell’essere umano che trasfigura le creature in dono per il proprio simile. Enzo Bianchi, Il pane di ieri, Einaudi

biologici offerti oggi sono rappresentati da materie prime e prodotti trasformati serviti tal quali. Al momento nessuno ancora propone “menu” biologici, intendendo con questo un pasto prodotto con ingredienti biologici e con l’ap-

plicazione di procedure di conservazione, lavorazione e somministrazione che garantiscano l’assenza di possibilità di aggiunta di qualsivoglia sostanza chimica non consentita. Tenendo conto dei problemi posti al momento per la certificazione di prodotto “trasformato” a tutt’oggi non è stata ancora codificata una precisa procedura per la gestione dei pasti biologici e la certificazione di biologicità viene indicata dal decreto 892/07 dal 2011. Esistono tuttavia già procedurali che indicano precise linee guida per la realizzazione di pasti biologici. La maggior parte delle materie prime offerte nei servizi di ristorazione è rappresentata da ortaggi, verdure e frutta. Questi prodotti offrono, attraverso la certificazione fornita da enti certificatori quali Icea, Aiab o altri e la presenza della obbligatoria etichettatura, l’immediata e certa garanzia di biologicità. Le derrate che giungono alle ditte di ristorazione sono accompagnate (in particolare se a filiera corta) da una serie di certificazioni attestanti la qualità di bio-

logico. La loro biologicità inoltre può essere accertata verificando mediante sofisticate indagini chimiche l’assenza in esse, anche in minima quantità, di tutte quelle sostanze estranee descritte nella definizione di biologico. Tra le materie prime, in minima percentuale, sono offerte anche alcune di origine animale (latte, uova) per le quali è più difficile verificare l’effettiva biologicità in quanto per la tipologia della produzione si potrebbero rinvenire in esse tracce di residui di sostanze presenti per motivi fisiologici e non per contaminazione; per questi prodotti, in mancanza di limiti di accettabilità certi, la verifica della biologicita sarà data solamente dalla presenza della corretta documentazione di applicazione delle procedure. Fra i prodotti trasformati la maggiore percentuale è rappresentata da olio e prodotti da forno, in particolare per questi ultimi dal pane. Per ottenere un prodotto trasformato “biologico” devono essere rispettati sia i requisiti di processo (rispetto delle modalità di la-

(*) Biologa specializzata in Scienza dell’Alimentazione, Direttivo Associazione “G. Dossetti: i Valori”


vorazione e/o della identificabilità delle materie prime) sia quelli di prodotto (mantenimento della garanzia di biologicità per tutti gli ingredienti e rispetto della prevista percentuale di ingredienti biologici). Per questi prodotti è ovviamente più difficile mantenere la garanzia di biologicità cosi come è più difficile poter verificare l’assenza di sostanze chimiche indesiderate. Fra l’altro questi prodotti certamente biologici all’origine, ma sottoposti a passaggi per lavorazione di numero variabile, sono soggetti facilmente a contaminazione. Il controllo in generale e le garanzie che ai piccoli fruitori dei servizi mensa siano distribuiti alimenti effettivamente biologici avviene quindi attraverso il controllo della documentazione di accompagno dei prodotti e l’esecuzione di indagini chimiche di ricerca per evidenziare la presenza di qualsiasi possibile residuo chimico non consentito. Adottando questi sistemi di controllo nel laboratorio da me diretto, sono state ese-

CONSULENZA E ASSISTENZA

Nato dalla collaborazione tra l’ateneo pisano e il Cnr, l’Osservatorio avrà il compito di coordinare, potenziare e diffondere le conoscenze nel campo del diritto agro-alimentare e promuovere attività di divulgazione e formazione sui temi della sicurezza e della qualità degli alimenti, della salute alimentare e della tutela delle identità. L’Osservatorio creerà una banca dati e una rete a disposizione dei diversi protagonisti del ciclo economico produttivo del cibo e dei cittadini consumatori oltre che delle istituzioni e degli operatori del diritto, anche al fine di rendere più efficace e coordinata la loro azione.

guite per conto di enti appaltanti indagini tese ad accertare la biologicità delle materie prime o dei prodotti da essi distribuiti tal quali in loro servizi di ristorazione. I dati rilevati, in cinque anni di controllo, hanno segnalato l’1% di non conformità per presenza di residui di sostanze chimiche non previste in prodotti definiti biologici. Di queste non conformità solo il 10% era dovuto a presenza di prodotti convenzionali anziché biologici, mentre le restanti situazioni anomale si sono rilevate dipendere, in piccola parte, da contaminazione nella fase di trasformazione (nell’olio o nel pane), per la maggioranza da contaminazione successiva alla produzione. I rilievi più significativi sono

FORMAZIONE

stati ricavati da materie prime (quali frutta e verdura) in cui è stata riscontrata presenza di residui dovuta a contaminazione, diretta o crociata, tra alimenti convenzionali e biologici, durante lo stoccaggio nelle singole unità operative, Questo tipo di contaminazione si può realizzare facilmente nelle mense scolastiche, in particolare se trattasi di una organizzazione a cucina centralizzata, in quanto le cucine sono piccole e le attrezzature per la conservazione ridotte per numero. Preciso peraltro che i dati riscontrati indicavano piccole quantità di residuo che non creano danni alla salute dei piccoli utenti del servizio, ma che inficiano la caratteristica di biologico del prodotto somministrato.

DIETETICO NUTRIZIONALE

I risultati qui segnalati ci sembrano interessanti per sollecitare a focalizzare alcune tra le principali problematiche che si pongono man mano che il pasto di ristorazione collettiva diventa più “biologico” con l’aumento degli ingredienti e delle procedure controllate fino alla realizzazione di un menu biologico. Si ha assoluta necessità di procedurali che diano indicazioni tenendo conto delle problematiche insite in una ristorazione collettiva scolastica. Il piano di lavorazione per un menu biologico dovrà garantire: • procedure che rispettino la identificazione degli ingredienti biologici • lo stoccaggio assolutamente dedicato a soli prodotti biologici • l’eliminazione di contaminazioni casuali provocate dal personale addetto, che dovrà essere all’uopo formato • la realizzazione di percorsi che evitino ogni forma di contatto fra eventuali prodotti convenzionali presenti e prodotti biologici. •

LEGIONELLA

Focus

A Pisa un Osservatorio su agricoltura e alimentazione

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Focus

Il biologico nel catering e nella ristorazione Da prodotto di nicchia a strumento di scelta sostenibile di Fabrizio Piva*

I

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l biologico rappresenta una “storia produttiva” in campo agroalimentare che ha ormai venti anni di vita, infatti il primo e più vasto provvedimento legislativo fu emanato in sede europea nel 1991 (il Reg. Cee 2092/91). Da allora questo settore è

maggiore sensibilità ambientale, da parte dei cittadini e dei governi, sia degli investimenti delle imprese che hanno differenziato la produzione ed hanno favorito una crescente domanda di mercato. Questo è stato possibile grazie ad un’intensa attività di in-

davvero molto cresciuto ma ha anche “cambiato pelle” ed ha accompagnato la rapida evoluzione socio-economica che ha caratterizzato il nostro Pianeta. Importanti aree geografiche quali Usa, Cina, Giappone e molti altri Paesi, hanno emanato leggi che disciplinano l’intero processo di produzione biologico, favorendone così una crescita in virtù sia di una

novazione, ma è stato anche il frutto di un’incessante attività di ricerca e sperimentazione, oltre ad una forte volontà delle imprese coinvolte. Il Ccpb Srl ha da sempre perseguito l’obiettivo di rendere disponibile il biologico al maggior numero di consumatori, riducendo costi e prezzi e trovando le soluzioni tecniche più adeguate per renderne i prodotti più competitivi rispetto agli

(*) Amministratore Delegato Ccpb Srl

analoghi convenzionali. L’attività di controllo e certificazione ha favorito il rafforzamento di un settore che in Italia raggiunge più di 50.000 operatori, ed a livello mondiale oltre 1,2 milioni, rendendo inoltre più certo il raggiungimento di elevati requisiti qualitativi che a loro volta hanno contribuito a rafforzare una crescente domanda di mercato. Tutto ciò sta manifestandosi anche in un momento non certo facile per l’economia internazionale; l’incremento di superficie biologica dal 2007 al 2008 del 4%, una maggiore incidenza percentuale della Sau bio su quella totale, che per l’analogo periodo è passata dallo 0,56% allo 0,78% ed un aumento del fatturato globale del 10%, dai 46 ai 50 miliardi di dollari, sono sicuramente segnali incoraggianti che fanno ritenere come il biologico possa rappresentare una risposta alla disillusione ed alla volatilità dei mercati e nello stesso tempo ad una maggiore “domanda di ambiente”. Per il Ccpb Srl il controllo e la certificazione dei prodotti biologici fanno parte del suo patrimonio genetico.

Sono trascorsi 22 anni da quando iniziò questa attività, allora come Consorzio per il Controllo dei Prodotti Biologici, ed ha accompagnato la crescita di un settore che allora era di “super nicchia” mentre oggi rappresenta un settore vero e proprio ed al tempo stesso uno strumento di crescita sostenibile cui orientare il sistema produttivo. Nello specifico, il Ccpb Srl ha da sempre mostrato una particolare sensibilità verso il settore del Catering e della Ristorazione Biologici, e fin dall’inizio ha sviluppato uno specifico schema di certificazione delle pietanze biologiche che oggi si richiama ai requisiti previsti dal Reg. Cee 834/2007, ovvero il regolamento base che a livello europeo dettaglia requisiti ed adempimenti degli operatori che intendono produrre, preparare e commercializzare prodotti biologici. Il Ccpb Srl è attivo su tutto il territorio nazionale con le più importanti realtà imprenditoriali del catering e della ristorazione sia nell’ambito pubblico (scuole, ospedali, comunità, ecc.) che commerciale. •


I GUSTI, SONO GUSTI! Dressing per insalate

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Freschi e saporiti condimenti, ideali per insalate, piatti freddi verdure cotte e crude e insalate di pasta!! Senza glutine e senza colesterolo, in comode bustine monodose da 23 gr/25ml contenute in cartoni da 80 bustine. Dressing olio e aceto Con puro olio di girasole, senza zuccheri aggiunti, senza uovo, senza glutine, senza lattosio, senza colesterolo; per condire svariati tipi di insalate.

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Focus

Gestione e appalti dei servizi mensa Esercizio del controllo e responsabilità residue nel servizio mensa appaltato di Alessandra Mauti*

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ell’ambito degli Istituti dediti ad attività collettive e socioassistenziali è in continua crescita, causa diverse esigenze logistiche e/o organizzative, il fenomeno della gestione indiretta del servizio mensa, ovvero la delega di tale servizio da parte del soggetto titolare ad una ditta di ristorazione esterna. La gestione diretta di una mensa collettiva nelle sue molteplici realtà comporta una grande responsabilità. Richiede, infatti, la garanzia di erogare agli utenti pasti ineccepibili sotto il profilo igienico-nutrizionale nel rispetto della complessa serie di prescrizioni comunitarie e nazionali che disciplinano la produzione alimentare. Il soggetto giuridico che intende affidarsi ad un’azienda di ristorazione deve stabilire se delegare a terzi, tramite “gestione indiretta”, tutti i passaggi produttivi (preparazione, somministrazione e sanificazione ambientale) o se prevedere, invece, una “gestione mista” in cui soltanto alcune fasi (fornitura dei pasti, trasporto) vengono appaltate, mentre altre (distribuzione, pulizia e disinfezione locali) continuano ad essere gestite

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dal titolare. Risulta pertanto indispensabile stipulare un contratto che aderisca il più possibile alle necessità del soggetto appaltante, con una chiara suddivisione dei ruoli e delle responsabilità fra i contraenti, in particolar modo verso la conformità di ambienti e attrezzature utilizzati nel corso del ciclo produttivo alimentare. L’impianto legislativo comunitario e nazionale (Legge 283/62 e relativo Regolamento applicativo; Reg. 852/04) ha delineato i requisiti igienico-sanitari delle strutture, delle apparecchiature e dei locali di produzione. L’apparato normativo di settore stabilisce, inoltre, l’obbligo, da parte dei responsabili delle attività di preparazione e somministrazione pasti di svolgere, secondo il metodo Haccp, un monitoraggio costante sulla gestione del proprio impianto, riportato dettagliatamente nel Piano e nel Registro di Autocontrollo. Tali documenti devono essere “creati su misura”, tenendo conto della tipologia e della dimensione dell’impresa alimentare, previa accurata analisi e identificazione di ogni

(*) Dietista - Ristohelp Consultant divisione della Dipres Srl

fase, che potrebbe rive- stione mista, ad entrambe larsi rischiosa per la sicu- le realtà operanti, secondo rezza dei cibi manipolati. il grado di coinvolgimento, sono richieste le suddette Le certificazioni neces- attestazioni di adeguasarie e le modalità orga- mento; le variabili di responsabilizzazione posnizzative Le comunità titolari del sono essere diverse, a seservizio mensa e le ditte di conda delle modalità ristorazione appaltatrici organizzative. un servizio del servizio devono es- Quando sere in possesso delle se- mensa viene appaltato completamente a terzi, la guenti certificazioni: Autorizzazione Sanitaria produzione e distribuzione DIA intestata al legale rap- dei pasti può avvenire con presentante dell’istituzione il sistema della cucina che ha predisposto locali e convenzionale oppure con attrezzature da destinare quello della cucina centraad attività di ristorazione lizzata. La cucina convenzionale collettiva. L’affidamento in gestione consiste nella preparaindiretta non comporta zione di alimenti e loro iml’obbligo di aggiornamento mediata somministrazione dell’atto autorizzativo; è in refettori adiacenti alla comunque buona prassi cucina stessa. In questo che venga comunicata caso, generalmente, la l’esternalizzazione del ser- ditta appaltatrice fornisce vizio, con l’indicazione del il personale impiegato in soggetto che, di fatto, con- tutte le diverse fasi operative e si fa garante, anche duce l’attività. Piano e Registro di Au- della manutenzione delle tocontrollo riportanti la attrezzature utilizzate. descrizione delle proce- Più frequente è il fenodure operative, i nomina- meno della cucina centrativi e le qualifiche dello lizzata che prevede, staff Haccp, il comprovato invece, la preparazione addestramento professio- dei pasti in centri di cotnale degli operatori coin- tura e il loro confezionavolti e le registrazioni di mento e trasporto in controllo svolte in conco- contenitori termici per la mitanza dei punti critici in- distribuzione. Gli aspetti positivi di questa organizdividuati. Nell’ipotesi di una ge- zazione sono da ricercare


nel razionale impiego della manodopera e delle attrezzature, con un’ottimizzazione della produzione e conseguente contenimento dei costi. Le criticità sono dovute alla complessità gestionale, legata al trasporto e al possibile deterioramento igienico-organolettico degli alimenti, a causa della difficoltà del mantenimento della catena del freddo e del caldo. Il servizio dei pasti veicolati deve essere tale da consentire la distribuzione entro un ben definito intervallo dal termine della cottura, in modo da tutelare il legame termico di preparazione; il rispetto del parametro tempo/temperatura rappresenta un delicato punto critico (le temperature dei cibi cotti e di quelli da consumare freddi devono rispondere a quanto fissato dalla normativa di settore: > +65°C/; <+10°C). Il centro cottura deve garantire l’idoneità dei contenitori termici e degli automezzi preposti al servizio di distribuzione, di cui deve essere verificata costantemente l’integrità funzionale e strutturale oltre a quella igienica. Presso il terminale periferico occorre controllare, ad ogni fornitura, le temperature di consegna mediante termometri sonda e, se i pasti sono confezionati in contenitori multiporzione, deve essere effettuato il loro porzionamento. Quasi sempre, questa fase viene svolta

Al titolArE DEl sErvizio mEnsA CompEtE il Controllo E lA vAlutAzionE del rispetto delle condizioni e clausole fissate nel capitolato d’appalto, della buona organizzazione e conduzione del servizio, della qualità merceologica dei prodotti alimentari e del piatto finito, di eventuali non conformità verificatesi durante l’espletamento della fornitura Al gEstorE DEl sErvizio CompEtono una preliminare valutazione tecnica di compatibilità delle sedi operative, la formulazione - in fase contrattuale di un ben definito progetto organizzativo e gestionale, l’erogazione di un servizio corrispondente ai parametri di sicurezza e di qualità, l’impostazione di un efficace sistema di autocontrollo

dal personale interno dell’Istituto committente, così come l’allestimento della tovaglieria, delle posate e stoviglie e la sanificazione del locale adibito al ricevimento dei pasti e del refettorio. La partecipazione del titolare del servizio al passaggio produttivo finale, consente a questa controparte di esercitare una supervisione sul lavoro svolto dalla ditta di ristorazione e di individuare, prontamente, durante la porzionatura e la somministrazione del vitto, eventuali anomalie riconducibili a scarsa qualità igienico-nutrizionale. Questa responsabilità residua del soggetto appaltante deve avere un riscontro pratico nella realizzazione di un sistema di autocontrollo documentato, che andrà ad integrare quello implementato dal centro di produzione pasti. Un prodotto-pasto che aderisca appieno ai requisiti igienico-nutrizionali e di palatabilità, caratterizza la professionalità e serietà delle ditte di ristorazione.

Controllo d’appalto, capitolato e aspettative dell’utente Questi aspetti dovrebbero essere chiaramente esplicitati in occasione della stipulazione del contratto d’appalto; il capitolato rappresenta, infatti, l’unico strumento in grado di definire i vincoli irrinunciabili, le procedure previste e le infrazioni non ammesse, riconducendo la gestione indiretta a criteri di trasparenza, affidabilità e continuità. è nel capitolato d’appalto che vengono specificate tutte le clausole di carattere tecnico ed economico che disciplinano il servizio, vincolando i contraenti per tutta la durata della fornitura. L’ente appaltante deve riservarsi la facoltà di supervisionare l’operato della ditta appaltatrice, effettuando controlli all’interno dell’impianto e sui mezzi utilizzati per il trasporto del vitto e sottoponendo, periodicamente, gli alimenti preparati a campionamenti microbiologici presso un laboratorio di fiducia. Qualora dall’esito delle analisi e delle verifiche ispettive emergessero

irregolarità gravi o ripetute dei prodotti alimentari forniti, può essere stabilita la rescissione anticipata del contratto. Un elemento irrinunciabile nella valutazione finale di un servizio mensa risulta essere la soddisfazione delle aspettative dell’utente finale; i requisiti sensoriali e dietetici, aggiunti a quelli di sicurezza igienica, hanno un ruolo non trascurabile nelle dinamiche di gradimento del pasto servito. La presentazione del cibo, sottoforma di caratteristiche organolettiche del piatto (odore, consistenza, sapore, condimento) ha una forte rilevanza sul consenso del consumatore. Circa la conformità dietetica, l’obiettivo primario è quello di adeguare il livello della densità calorica e nutrizionale dei pasti fruiti alle specifiche esigenze. Occorre garantire, inoltre, l’erogazione di pasti speciali destinati a quel bacino d’utenza, in costante incremento, affetto da intolleranze e/o allergie alimentari o rivolti a quei consumatori che escludono alcuni cibi per ragioni etico-religiose o ideologiche. Il perseguimento di tali finalità deve essere frequentemente monitorato con opportuni strumenti di valutazione e di sorveglianza nutrizionale e richiede una scrupolosa collaborazione da parte di tutti i soggetti coinvolti nel mondo della ristorazione.

Focus

Responsabilità e competenze per titolari e gestori del servizio

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Focus

Poco, spesso, tutto Fisiologia e psicologia dell’alimentazione del soldato in diverse situazioni ambientali, logistiche e operative, in ambito nazionale e internazionale di Alessandro Pini*

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l nutrirsi è la cosa più strettamente personale, fortemente condizionata dalle abitudini, dalla cultura, dalle tradizioni, dal credo religioso e da tanti altri fattori. A fianco dei fattori prettamente fisiologico-metabolici dell’alimentazione esi-

stono i fattori psicologicocomportamentali, che giocano un ruolo determinante (il luogo dove mangiamo, la compagnia con la quale ci troviamo, il tempo del pasto, la situazione contingente). L'alimentazione del militare deve assicurare un apporto di calorie sufficiente a coprire i dispendi energetici legati sia alle normali attività, sia a quelle operative, al fine di promuovere e con-

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servare un elevato livello di benessere psico-fisico, indispensabile per affrontare ogni situazione, in qualsiasi contesto ambientale. In linea con le innovazioni tecnologiche Il Ministero della Difesa riconosce grande impor-

tanza all’equilibrata alimentazione del proprio personale, come prova il Protocollo d’Intesa firmato nel 2008 tra il Ministero e l’Inran (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), che costituisce un’indifferibile innovazione nell’alimentazione militare. Il Protocollo ha suggellato l’attività di supporto scientifico che l’Inran ha svolto in favore del Nato Research Task Group 154,

(*) Capitano di Fregata della Marina Militare

nel cui ambito lo scrivente, Rappresentante Nazionale Italiano, ha operato insieme ai rappresentanti di altre dodici Nazioni (Australia, Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Francia, Georgia, Germania, Olanda, Norvegia, Slovenia, Regno Unito e Stati Uniti), nello studio e nell’identificazione di una razione per la Nato Response Force, una Forza ad elevata tecnologia e ad alta mobilità, pronta ad essere proiettata in missioni terrestri, navali ed aeree, ivi incluse operazioni di evacuazione, gestione dei disastri, controterrorismo e di conflitti “tradizionali”. L’impegnativo lavoro ha preso in considerazione gli elementi fisiologici, psicologici, logistici e operativi delle varie razioni attualmente in uso, ed ha prodotto un risultato scientifico di primo livello, imprescindibile per procedere alla revisione completa dell’attuale razione viveri speciali da combattimento italiana, in uso dal 1993, ma che necessita di essere adeguata alle più moderne innovazioni tecnologiche. Le due Istituzioni hanno ora in programma l’avvio di

uno studio per l’identificazione di standard nutrizionali per la comunità militare, a similitudine dei Larn (“Livelli di Assunzione Raccomandati di energia e Nutrienti”), già esistenti per la popolazione civile: uno strumento scientifico ormai indifferibile in un momento in cui le FF.AA. italiane si trovano a collaborare quotidianamente con quelle di altre Nazioni, che già dispongono di tali strumenti. Alimentazione e clima Il clima gioca un ruolo determinante nella nostra alimentazione, condizionando il nostro appetito ed il senso di sazietà e favorendo o scoraggiando l’assunzione di particolari alimenti. Così, ad esempio, in clima freddo il fabbisogno energetico può essere maggiore del 20% rispetto a quello necessario in clima temperato o caldo, a parità di attività svolta. Tra le principali cause il dover indossare indumenti pesanti, che comporta un maggior dispendio di energia ed i movimenti meccanici del corpo per mantenersi caldo (brividi). Se è richiesto elevato sforzo fisico, i carboidrati sono il combusti-


In particolari contesti operativi, quando non è possibile consumare pasti tradizionali presso le mense di servizio, il vitto è assicurato mediante la cosiddetta razione “K”, una combinazione di alimenti conservati, da consumare senza ricorrere alla cottura. L’attuale modello nasce nel 1993 ed è suddiviso in sette moduli diversi, identificabili da imballaggi di differenti colori. Per ogni giorno della settimana è prevista una razione di tre pasti con un menù diverso, per un peso medio di kg 2,2 e contenuto calorico medio di kcal 3.350.

bile essenziale per il lavoro muscolare. In climi caldi, il fattore principale da tenere presente è lo stato di idratazione e l’aggiungere piccole quantità di sodio all’acqua da bere risulterà in una maggiore ritenzione idrica rispetto all’assumere lo stesso volume di acqua pura. Anche in tale contesto, i carboidrati sono la migliore fonte di energia. Infine, in altitudine l’attività può richiedere circa il 10% in più di energia rispetto alla stessa attività condotta al livello del mare, anche a causa dell’esposizione al freddo. Pur se è improbabile che attività ad elevato sforzo fisico siano sostenibili a lungo in altitudine, anche a causa della ridotta disponibilità di ossigeno (ipossia), sono sempre i carboidrati la miglior fonte di energia. La valenza psicologico-comportamentale dell’alimentazione Esiste una stretta interconnessione tra cibo e mente ed il mantenimento del benessere psicologico passa anche attraverso una sana ed equilibrata alimentazione e cibi qualitativamente prescelti in base ai loro principi e valori nutrizionali. Il complesso sistema nervoso si aziona

sulla base di particolari processi biochimici, che per funzionare necessitano di certi nutrienti (proteine, carboidrati, sali minerali, vitamine), che mediano la costituzione e la ristrutturazione di alcune strutture cerebrali. Molti principi contenuti negli alimenti hanno il potere di mediare il funzionamento del sistema nervoso, inibendolo o stimolandolo e quindi la capacità di mantenere o meno la buona salute di molteplici dinamiche psico-fisiche. Gli alimenti che la persona assume determinano la sua composizione biochimica, anche e soprattutto a livello centrale. Una cattiva alimentazione può provocare spossatezza fisica, diminuzione delle prestazioni cognitive, squilibri neurali e problemi psicologici come tensione e labilità emotiva, ansia, umore altalenante, nervosismo, apatia, suscettibilità, sonno disturbato. Il nutrirsi deve essere visto come l’interazione tra cibo persona e ambiente (inteso anche come contesto situazionale nel quale il cibo viene assunto). L’alimentazione a bordo delle navi In un contesto ambientale del tutto particolare quale è la nave, l’alimentazione,

nella sua valenza psicologica, assume una connotazione molto diversa da quella che avrebbe in un contesto lavorativo a terra, finendo per condizionare così anche l’aspetto relativo ai reali fabbisogni metabolici. A bordo, infatti, le dinamiche sociali vengono drasticamente modificate ed il cibarsi rimane una delle poche attività piacevoli, per cui gli alimenti giocano un ruolo molto importante sul morale di bordo. In tale contesto, il nutrirsi non risponde più solo ed esclusivamente ad un impulso fisiologicometabolico (la fame), ma assume connotazioni che hanno la loro ragione d’essere in atteggiamenti compulsivi, imitativi, abitudinari, spesso dettati dalla noia: aspetti che fanno assumere al cibo un ruolo compensativo di un complesso di “vuoti”, determinati dal distacco dal proprio consueto ambiente di vita. Per garantire una corretta ed adeguata assunzione di calorie giornaliere, è necessario osservare un programma di educazione alimentare e monitorare il Piano di Vettovagliamento settimanale. Le mutate condizioni socio-ambientali ed i ritmi operativi impongono l’impiego di personale sano e perfettamente efficiente: e non v’è dubbio che un’alimentazione non corretta gioca un ruolo negativo molto rilevante, giungendo fino a compromettere l’efficienza

operativa in modo spesso irreparabile. La Marina Militare italiana, sensibile per tradizione al proprio personale, svolge una costante e capillare opera di monitorizzazione, non solo per garantirne la salute psico-fisica ma anche per mantenere quegli standard di eccellenza che le vengono costantemente richiesti, soprattutto quando i marinai italiani sono impegnati al fianco di colleghi appartenenti a diverse nazionalità in operazioni nazionali e internazionali in ogni parte del mondo. Di tale opera è prova il ciclo di conferenze tenute dal Professor Carlo Cannella, Presidente dell’Inran e Professore ordinario di Scienza dell'Alimentazione presso l’Università "La Sapienza" di Roma, a favore degli allievi della Scuola Sottufficiali di Taranto, della Scuola Navale Militare “Francesco Morosini” di Venezia e dell’Accademia Navale di Livorno. In tali occasioni, è emersa la necessità di recuperare un modo di nutrirsi basato sulla qualità, la varietà e la stagionalità delle vivande, assumendo porzioni adeguate di cibo, che potremmo definire “quantità benessere” ricordando che “non è il cibo che ci fa male, ma l’uso che noi ne facciamo”. In fondo la chiave della salute è molto più semplice di quanto noi possiamo immaginare. Riassumibile in tre parole chiave: mangiare poco, spesso, tutto. •

Focus

La razione viveri speciali interforze, detta “K”

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Focus

Avanti, cuochi! Ma quelli veri Qualità e formazione sono le due parole chiave della ristorazione collettiva. ma quanto sono tenute in considerazione? E con quali investimenti? di Fabio Campoli*

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a ristorazione collettiva viene percepita come un settore in crescita, flessibile alle tendenze e alle nuove problematiche: intolleranze e allergie alimentari, il biologico, la tipicità del territorio, ecc.. Nella ristorazione collettiva, per avere un servizio di qualità c’è un assoluto bisogno di formare professionisti veri, appassionati e adeguatamente motivati. Che non sono i manager, ma i cuochi, quelli che stanno ai fornelli: tutti devono avere uno spiccato senso etico, essere dei professionisti, consapevoli e responsabili. è necessario un cambiamento di mentalità, cominciando dall’immagine travisata che gli utenti, le scuole, le aziende hanno dei cuochi e che talvolta i cuochi stessi hanno di se stessi. Uno chef che lavora nella ristorazione collettiva è spesso considerato di serie B o meno capace di un suo collega della cosiddetta “alta ristorazione”. Nei programmi formativi manca la cultura del cuoco come professionista. La scuola dovrebbe invece fornire uno stimolo maggiore a conoscere

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sponsabilità e senso etico. Formare un cuoco per la ristorazione collettiva vuol dire fornire gli elementi e gli strumenti per una cucina sana e salutare, più che “gustosa”. Le persone “obbligate” a mangiare a mensa ogni Formazione, giorno hanno bisogno di non improvvisazione Parlare di formazione cibi sani, trattati in modo equivale a parlare di re- che non disperdano le

questo ambiente lavorativo, a far capire quali sono le responsabilità di un cuoco che ogni giorno cucina per migliaia di persone (bambini, malati, lavoratori, militari, turisti…).

loro proprietà nutritive e non facciano star male. Tutto ciò comporta e reclama la giusta e necessaria formazione specifica: non ci si può improvvisare cuochi, anche se le cucine spesso pullulano di maldestri improvvisatori. Da formatore, sono spesso impegnato in corsi

I VINCITORI dEL IV CAMPIONATO 2009 dELLA RISTORAZIONE COLLETTIVA

Il Campionato della Ristorazione Collettiva è nato nel 2006 da un’idea di Fabio Campoli e del suo Circolo dei Buongustai per puntare i riflettori sulla realtà quotidiana delle mense e valorizzare il lavoro delle aziende che operano nel settore. I vincitori del IV Campionato 2009 sono stati: • per la categoria scolastica: Ciro Molaro, Mario Campoli e la dietista Anna Napolitano di Ri.Ca. • per la categoria sanitaria: Fabrizio Desideri, Damiano Valentini e Paola Russo di Bioristoro Italia

• per la categoria aziendale: Francesco Corcontento e Massimo Sustrico in gara per Blu Cooperativa Sociale. • Primo premio per la categoria militare e premio assoluto con il maggior punteggio al team dell’Esercito (già vincitore della scorsa edizione) composto da Gianfranco De Iorio e Gianfranco Pettrone. • Premio speciale per l’Estetica allo staff della Marina Militare composto da un team militare e da un team civile della Scuola Sottoufficiali di Taranto, rappresentati da Angelo Cappadocio, Domenico Truncellito, Alessandro Casule, Rita La Gioia e Anna Rita Salamino.


assopita dalla routine del lavoro sempre più blindato da codici e regole. Dando la giusta dignità a questa figura professionale, i risultati ottenuti sono stati eccellenti, visibili nelle cucine e riscontrabili dagli utenti finali. Un altro punto critico da mettere in evidenza è la mancanza di comunicazione tra chi svolge il lavoro nella pratica e chi lo predispone sul piano teorico. Un esempio concreto sono i capitolati, le cui interpretazioni spesso mettono in serie difficoltà tantissimi cuochi a causa della mancanza di formazione di chi ha il compito di scriverne i testi. Non serve solo saper scegliere gli alimenti, cono-

scere la stagionalità e le tabelle nutrizionali, vanno tenute in considerazione molte più variabili: gli abbinamenti tra gli ingredienti, le tecniche di cottura e tutti quegli aspetti pratici di cui spesso la teoria non tiene conto. Ovviamente, non bisogna generalizzare e fare di tutta l’erba un fascio: nella ristorazione collettiva ci sono tanti bravi professionisti, che sanno fare bene il loro lavoro, con passione e responsabilità. Ma forse ancora in numero inferiore rispetto a chi si inventa cuoco per avere un posto fisso e viene scelto proprio perché le aziende hanno budget troppo limitati per permettersi personale veramente qualificato.

Fabio Campoli, Chef ed esperto internazionale di food design. Consulente per aziende, progetti ed eventi con il suo marchio Autentica. Presidente dell’associazione Il Circolo dei Buongustai e da nove anni consulente Rai. Autore di libri di cucina, “Note di Gusto”, appena pubblicato, è il suo ultimo lavoro.

Focus

per cuochi della ristorazione collettiva. I problemi che vengono alla luce sono tanti e nella maggior parte dei casi legati alla organizzazione del lavoro: ottimizzazione dei tempi, fasi di lavorazione, tecniche di cottura, norme igieniche. Da questo punto di vista la formazione diventa anche risoluzione dei problemi che si presentano quotidianamente all’interno delle cucine. E implica la trasmissione di strumenti giusti per lavorare, con un senso di maggiore gratificazione. In tanti corsi per aziende ed enti pubblici ho sperimentato quanto sia importante tenere vivo il senso etico della professionalità e la passione,

Vegetariani a mensa un’opzione difficile Secondo i più recenti dati Eurispes, sono oltre 6 milioni i vegetariani in Italia, circa il 10% della popolazione. Un dato che si prevede in costante crescita e che, secondo le stime dell'Unione Vegetariana Europea, pone il nostro Paese al primo posto in Europa, seguito dalla Germania con il 9%. In costante aumento anche il numero dei giovani che optano addirittura per la dieta vegana, che esclude del tutto pesce uova e latte, come scelta etica per combattere ogni

possibile sfruttamento e sofferenza per gli animali. Di dieta vegetariana si è parlato al convegno “L’opzione vegetariana nelle mense, un segno di civiltà”, tenuto nell’ambito della 45a edizione di Vita Collettiva, organizzato dalla LAV (Lega Antivivisezione). “In Italia vegetariani e vegani incontrano notevoli difficoltà quando mangiano fuori casa e in particolare nelle mense – ha dichiarato nel corso dei lavori Paola Segurini, del settore Vegetarismo della LAV. Non riuscendo

a trovare pasti completi e bilanciati senza carne, pesce o ingredienti di origine animale, sono costretti a pasti ripetitivi e nutrizionalmente non bilanciati”. La proposta di legge trasversale 1467 “Norme per la tutela delle scelte alimentari vegetariane e vegana”, primi firmatari gli onorevoli Sarubbi (Pd), Giammarco (Pdl), Viola (Pd) e Mancuso (Pdl), è finalizzata a garantire il diritto di consumare alimenti realizzati senza arrecare sofferenze agli animali,

attraverso un’offerta adeguata nelle mense scolastiche e nei luoghi di ristoro, pubblici e privati. Il disegno di legge obbliga “il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali - entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge e successivamente almeno una volta l’anno - a promuovere una o più campagne informative sui benefici dell’alimentazione vegetariana.

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La certificazione

“naturalmente” riconosciuta

I nostri accreditamenti e autorizzazioni:

CCPB effettua ispezioni per altri standard privati e pubblici fra cui Bio Suisse, Soil Association, Krav, Bio Siegel and AB France. Le altre nostre certificazioni

IL VERDE TI SORRIDE

Certificazione dei cosmetici biologici

Certificazione dei cosmetici naturali

Dispositivi medici con ingredienti da agricoltura biologica

Certificazione dei tessili biologici

Certificazione di: Produzione Integrata • Rintracciabilità di Filiera Agroalimentare Rintracciabilità nell’Azienda Agroalimentare • Certificazione Non-OGM Certificazione di Prodotto

Certificazione dei cosmetici naturali e biologici

Certificazione del verde con metodo biologico

Certificazione frutta e verdura

CCPB effettua attività di verifica e controlli di parte seconda sulla base di capitolati privati della distribuzione, dell’industria e di qualsiasi altra organizzazione. CCPB collabora all’attività di verifica dei prodotti del Commercio Equo Solidale del marchio Fairtrade.

CCPB srl Via J. Barozzi 8 - 40126 Bologna - Italy Tel +39 051 6089811 - Fax +39 051 254842 - www.ccpb.it - ccpb@ccpb.it


Focus

Coniugare piacere e salute si può Come garantire la sicurezza igienica nelle grandi cucine della ristorazione collettiva Ne parliamo con Raffaele Dell'Acqua, responsabile dei Sistemi di Qualità e Sicurezza Sodexo

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ristoranti) nel quale entrano solo prodotti di fornitori da noi selezionati, qualificati e costantemente monitorati secondo severi criteri qualitativi, tra i quali ovviamente vi è la tracciabilità degli alimenti. L’informazione, poi, è fondamentale: in questi anni le allerte alimentari si sono succedute con regolarità. Attraverso il nostro Comitato Scientifico abbiamo avuto accesso alle informazioni più aggiornate e il filo diretto che abbiamo stabilito con clienti e commensali si è rivelato uno strumento prezioso per la gestione di questi momenti difficili e per la divulgazione di una corretta Dagli acquisti all’infor- informazione. mazione dei commensali: un processo curato Quali sono le fasi più critiche del processo di nei minimi dettagli…. Sì, e per ciascuno di que- preparazione dei pasti? sti aspetti abbiamo messo Preparazione e somminia punto delle procedure strazione dei pasti sono le operative volte a garantire due fasi chiave di tutto il processo. la prevenzione. Non credo ci sia bisogno E quel complesso di di spiegare ai lettori che norme familiarmente chiala salubrità degli alimenti è mato “pacchetto igiene” un prerequisito della sicu- (che recepiscono la rezza alimentare. Il nostro legislazione europea in servizio Acquisti ha così materia di sicurezza alidefinito il Catalogo So- mentare) ci ha aiutato a dexo (costantemente ag- superare la rigidità delle giornato e integrato sulla vecchie leggi tagliate su base delle necessità dei misura per l’industria ali-

n Sodexo preferiscono parlare di sicurezza alimentare, che comprende quattro aspetti fondamentali sui quali l’azienda e tutti i suoi collaboratori si impegnano nell’operatività quotidiana: la scelta delle materie prime, la definizione dei menu, le fasi di preparazione e distribuzione dei pasti, la comunicazione e l’informazione interna ed esterna. Su questi aspetti dal 2003, con l’ausilio di un Comitato scientifico (di cui fanno parte un medico, una nutrizionista, un veterinario e un microbiologo), Sodexo ha formalizzato la sua politica attiva.

mentare. Noi, infatti, siamo a metà strada della filiera alimentare tra produttori e i distributori. Siamo allo stesso tempo produttori, o meglio “trasformatori” di materie prime, e distributori di alimenti pronti al consumo ai commensali: tanti, di differente tipologia, spesso appartenenti a categorie sensibili, come bambini, anziani, malati. Tutto ciò implica una duplice responsabilità, a monte nella selezione delle materie prime, a valle nella corretta preparazione e somministrazione dei cibi. Inoltre si tratta di un servizio che si crea e si conclude ogni giorno e sul quale pesano molto la tipologia dei pasti forniti, i consumatori finali ai quali sono destinati, la specificità delle situazioni in cui si opera. Come applicate il “pacchetto igiene”? Questo passaggio per la ristorazione collettiva è stato un vero punto di svolta. Il pacchetto igiene ha, infatti, ribaltato la vecchia logica “prescrittiva” a favore di un più moderno concetto di autoregolamentazione delle “aziende ali-

mentari” che devono garantire la salubrità dei loro prodotti non più adempiendo alle prescrizioni delle ASL ma dotandosi di due strumenti mirati: un sistema di produzione “virtuoso” che implichi di far bene la prima volta (un vecchio ma sempre attuale slogan della qualità), codificato nelle Norme di

raffaele Dell’Acqua

Buona Fabbricazione, e un sistema di autocontrollo volto a monitorare i punti critici (Haccp) che, se necessario, metta tempestivamente in atto adeguati correttivi, che si ispira alle regole fondamentali del Manuale di Corretta Prassi Igienica. Documenti questi che

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Focus

ogni azienda stila secondo le caratteristiche della propria attività. Al momento di entrata in vigore di queste norme in Sodexo avevamo già da tempo i documenti “richiesti”: le Norme di buona Fabbricazione, il Manuale di corretta prassi igienica e i piani di autocontrollo Haccp elaborati per ciascuna Unità e su cui vengono formati e costantemente aggiornati gli operatori. È necessaria quindi molta formazione per gli operatori? Certamente, se si vuole far vivere un nuovo concetto di igiene, l’unico in grado di garantire sempre

più i commensali. Se fino alla fine dello scorso secolo igiene significava una lunga serie di regole e comandamenti che non ammettevano repliche, oggi questo concetto deve evolvere, nella coscienza degli operatori, dalla “pura” igiene individuale personale e ambientale ad una migliore conoscenza delle regole di lavorazione. Così si afferma la qualità: passando dall’igiene “passiva” all’igiene attiva. E lo si può fare attraverso tanta, tanta formazione. Solo per il personale operativo lo scorso anno abbiamo fatto 23.870 ore di formazione.

Avete una struttura dedicata alla qualità? Il nostro Servizio Assicurazione Qualità è presente su tutto il territorio nazionale. Un principio per noi irrinunciabile è che la qualità non si raggiunge una volta per sempre, ma è il frutto di un lavoro costante. Per questo tutte le nostre procedure devono essere costantemente aggiornate, testate sul campo e su di esse deve essere fatta formazione. Per questo abbiamo creato il Coordinamento Igiene e Nutrizione Sodexo (Cins) con persone, specializzate e interamente dedicate, che operano, con il supporto del nostro Comitato Scienti-

fico, per verificare l’applicazione delle procedure in atto, predisporre e attuare pacchetti formativi e piani annuali di controlli chimico-fisici e microbiologici, aggiornare le procedure operative in materia di sicurezza alimentare, igiene e nutrizione e attivare le procedure di allerta e urgenza. La ristorazione collettiva è un servizio, complesso e di grande responsabilità, per la riuscita del quale il know-how dell’azienda che gestisce è centrale, ma lo è altrettanto la sensibilità del committente che deve saper riconoscere il giusto valore (anche economico) alla qualità. •

Celiachia: una buona legge ha bisogno di essere applicata A 5 anni dalla promulgazione della legge 123 che riconosceva la celiachia come malattia sociale, il sen. Antonio Tomassini, ed altri colleghi del Pdl, hanno presentato una interrogazione che impegna il Governo a “ mettere in atto la necessaria piena applicazione dei principi

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sanciti dalla legge per giungere all’obiettivo della crescita delle diagnosi, corrette e precoci; a definire le misure necessarie ad assicurare la formazione, l’aggiornamento, il monitoraggio e il controllo degli operatori della ristorazione commerciale (ristoranti, pizzerie, alberghi,

bar, ecc.) che intendono offrire ai celiaci un servizio di ristorazione senza glutine sicuro e di qualità”. Come riporta l’interrogazione, l’incidenza di questa intolleranza in Italia è stimata in un soggetto ogni 100/150 persone. I celiaci potenzialmente sarebbero quindi 400.000, ma ne sono stati diagnosticati intorno agli 85.000. Ogni anno vengono effettuate 5.000 nuove diagnosi ed ogni anno nascono 2.800 nuovi celiaci, con un incremento annuo di circa il 10 per cento. Nonostante i risultati ottenuti in questi ultimi anni, restano aperti ancora punti critici connessi ad

una non completa e capillare applicazione della legge, come la diagnosi spesso errata della celiachia a causa della scarsa conoscenza della patologia nella classe medica di base. La formazione e l’aggiornamento dei medici (art. 2 della legge n. 123 del 2005) così come la competenza sulle procedure di corretta diagnosi (art. 3) restano dunque un punto nevralgico della legge. Deve inoltre vedere applicazione la parte della legge inerente l’educazione sanitaria e le misure di sicurezza che riguardano gli esercizi di ristorazione collettiva. m.a.


Focus

Un settore nella morsa della crisi Come uscirne? A colloquio con ilario perotto, presidente dell’Angem, associazione che raggruppa le più significative imprese di ristorazione collettiva

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uanto ha risentito della crisi il Vostro settore? Per comprendere le dinamiche di un settore non ci si può soffermare soltanto su fatturato e occupazione. Bisogna guardare dentro i bilanci per capire se un settore è in salute o in sofferenza. Ebbene, devo purtroppo dire che la ristorazione collettiva ha la polmonite. Negli ultimi anni i margini di profitto sono calati di oltre il 70%; e secondo alcune previsioni a fine 2011 la redditività del capitale proprio avrà un va-

Angem, cioè… Fondata nel 1973, l'Angem (Associazione nazionale della ristorazione collettiva e servizi vari) rappresenta il settore sia a livello nazionale che a livello europeo. Fa parte della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe) che aderisce alla Confederazione Italiana del Commercio del Turismo e dei Servizi (Confcommercio). All'Angem aderiscono le imprese più significative che operano sul territorio nazionale. E’ membro fondatore (1990) della Federazione Europea della Ristorazione Collettiva (Ferco).

lore del 70% inferiore a quello di cinque anni prima. Questo significa che le imprese scontano una progressiva incapacità di coprire con l’autofinanziamento i fabbisogni dettati dagli investimenti operativi complessivi, mentre cresce il loro indebitamento finanziario. Quali sono state le ricadute più gravose sulle vostre aziende? Le nostre imprese sono strette nella morsa di una crisi dei settori industriali in cui si continua a perdere occupazione, con evidenti ricadute negative sui volumi dell’attività e uno stato dei conti pubblici che diviene sempre più problematico. La ristorazione aziendale rimane ancora il punto di forza per molte imprese del nostro settore, anche se risulta tendenzialmente in contrazione. Secondo nostre stime, la ristorazione all’interno dei luoghi di lavoro ha subito nel 2009 una perdita di circa 15 milioni di pasti per un valore di 86 milioni di euro (-6,6% del totale). Ma anche per gli altri seg-

menti (scuola, sanità, sociale) le cose vanno male. Sempre nel 2009 è proseguita la corsa, soprattutto da parte di soggetti pubblici, verso gare di appalto che io definisco sottocosto. Vuole un esempio? Recentemente il Ministero di giustizia ha aggiudicato la gara per la fornitura del servizio di mensa al personale di polizia penitenziaria a 3,99 euro per pasto. Perché i lettori si rendano conto di quanto basso sia questo valore, basta dire che 2,36 euro se ne vanno in stipendi e 0,74 euro per costi generali. Restano 90 centesimi per il cibo. Devo aggiungere altre considerazioni? E’ fiducioso in una ripresa che – a detta di esperti – dovrebbe arrivare entro la fine del 2010? Più che di una ripresa parlerei di ripresina, e per di più lenta. La maggior parte della crescita che avremo nell’anno in corso proviene dal cosiddetto effetto di trascinamento, generato dai risul-

tati conseguiti nell’ultima parte del 2009. Continua, invece, a destare forti preoccupazioni la situazione dell’occupazione che per noi rappresenta

ilario perotto

un indicatore essenziale per misurare le performance nella ristorazione aziendale. Sui conti pubblici preferisco non aggiungere nulla rispetto a quanto ho appena detto. Risultato: non sono ottimista per questo 2010. Nel settore è stato quindi registrato un calo dell’occupazione? Proprio qui sta il corto circuito del nostro business. Operiamo in un settore

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Focus

ad alta intensità di lavoro per cui non sempre è possibile rispondere ad una crisi congiunturale con interventi immediati sulla base occupazionale. In ogni caso, stiamo registrando un aumento nel ricorso alla cassa integrazione da parte delle nostre imprese e operazioni di riallocamento del personale da un settore ad un altro.

ha bisogno di capitale umano più che di macchine, anche se non possiamo trascurare le tante innovazioni tecnologiche su cui investiamo sempre di più. Per questo ritengo che un giovane possa trovare opportunità nel settore non solo nelle qualifiche più basse ma anche in quelle a maggior contenuto professionale.

Può essere quello della ristorazione collettiva un settore nel quale indirizzare i giovani alla ricerca di un’occupazione? Quali sono le figure professionali richieste? Noi diamo lavoro ad oltre 70mila addetti, perlopiù

Quanto hanno inciso nella crisi del settore le modalità di pagamento della Pubblica Amministrazione che impone tempi troppo lunghi nell’erogazione dei pagamenti? Quando i debiti verso i dipendenti vengono onorati ogni mese e quelli verso i fornitori dai 45 giorni ai due mesi, mentre i crediti si recuperano anche dopo 360 giorni …. sono immediatamente percepibili le conseguenze nefaste di questa sfasatura. Torno dunque a quanto detto in partenza relativamente alla crescita dell’indebitamento delle imprese per far fronte ai propri obblighi quotidiani.

donne. Questo perché abbiamo un’organizzazione del lavoro che si fonda sul part time, consentendo così alle donne di coniugare meglio il tempo del lavoro con quello della famiglia. La ristorazione collettiva

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Gare d’appalto: come state operando per cambiare le regole attuali tanto contestate dalle aziende per abbassare le offerte? La nostra linea di azione si muove su più direttrici. Da un lato, cerchiamo di rafforzare per via legislativa il ruolo delle gare all’offerta economicamente

più vantaggiosa al fine di contenere e, magari, azzerare quelle al prezzo più basso che sono un male assoluto per noi e per i consumatori. Dall’altra, tentiamo di contrastare, anche per via giudiziaria, comportamenti scorretti da parte delle stazioni appaltanti. Il paradosso è che sono prevalentemente pubbliche, sia che si tratti di riconoscere adeguamenti di prezzo connessi all’inflazione, sia che si tratti di gare indette al massimo ribasso, sia ancora che si tratti di rispettare i termini di pagamento o congrui interessi nel caso di ritardo. Tutto questo cerchiamo di farlo parlando anche con i consumatori: loro, come noi, sono quelli che ci rimettono. Quali sono le vostre aspettative nei confronti del governo per sostenere il settore? Ci aspetteremmo dal governo un maggior rispetto per chi fornisce beni e servizi alla pubblica amministrazione. Non si può, da un lato, dichiarare di voler sostenere le imprese in un momento di recessione dell’economia e poi, con la finanziaria 2010, congelare di un anno i crediti verso le Asl e le aziende ospedaliere, riconoscendo per tale periodo ai creditori l’interesse dell’1%. Come Angem abbiamo fatto un esposto alla Comunità europea poiché

siamo di fronte anche ad una conclamata violazione della Direttiva sulla lotta ai ritardi di pagamento. Quale sarà l’impatto del rinnovo del Ccnl del settore? Se non si adotteranno adeguate contromisure che consentano alle aziende di rimanere sul mercato salvaguardando anche le posizioni occupazionali, l’impatto potrebbe essere disastroso per la gran parte delle imprese Sul rinnovo del Ccnl, le cui trattative sono ancora in corso, le preoccupazioni maggiori per il nostro settore riguardano l’aumento dei costi che dal Ccnl stesso potranno derivare. Alle organizzazioni sindacali dei lavoratori abbiamo chiesto di impegnarsi con noi al fine di costruire una nuova e più efficiente governance del settore, per intervenire più efficacemente e congiuntamente nei confronti del governo e dei ministeri competenti sia per l'emanazione dei provvedimenti necessari per l’effettuazione del sistema della gara con offerta economicamente più vantaggiosa, sia per il rispetto della norma che vincola la pubblica amministrazione all’aggiornamento dei prezzi per i contratti pluriennali e per il rispetto dei tempi sui pagamenti alle aziende appaltatrici del servizio.•


Focus

Invecchiare sereni e con “gusto” menù appetibili e ambiente sereno: la ricetta per la salute dell’anziano in Casa di riposo

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a Casa di riposo “Residenza Maria Marcella” di Roma è un’accogliente struttura, dotata di ogni confort, nella quale hanno scelto di vivere una serena “terza età” anziani autosufficienti di ambo i sessi, sostenuti ed accompagnati dalla affettuosa e professionale presenza delle Suore Ospedaliere della Misericordia. In una comunità così numerosa (gli ospiti sono circa 150) e quindi con problemi ed esigenze diverse, come è possibile garantire un’alimentazione corretta e variata? “Nella formulazione dei menù settimanali – ci informa suor Laura De Jorio, superiora della Congregazione - facciamo riferimento ai principi ed al modello della dieta mediterranea, definita dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) come patrimonio dell'umanità”. E prosegue: “Vengono rispettate le raccomandazioni nutrizionali italiane, con la fissazione di standard calorici e di nutrienti dei pasti, l'utilizzo di tutti i gruppi di alimenti per garantire la presenza di proteine sia di origine animale che vegetale, di grassi saturi e polinsaturi, di zuccheri a lento assorbimento ma anche di zuccheri a utilizzo

immediato; nonché di sali minerali, vitamine e fibre. Si rende necessario aumentare gli apporti di alcuni alimenti considerati protettivi (per esempio, ad ogni pasto si propone sempre un’ampia scelta di verdure), promotori di salute, e limitare quello di altri che aumentano i fattori di rischio per alcuni tipi di patologie (per esempio, poche fritture)”. E’ noto che gli anziani attribuiscono grande importanza al cibo: se di loro gradimento, serve a compensare frequenti momenti di irritabilità e sentimenti di solitudine. “L'appetibilità dei menù – ci assicura suor Laura - è sempre stata molto curata ed è garantita da una scelta di alimenti effettuata tra prodotti di qualità, in base all'andamento stagionale e regionale, con idonea variazione ed alternanza, cucinati con ampia varietà di aromi naturali, applicando cotture dietetiche come quella al vapore, alla piastra, al forno, ecc. Per questo il programma dietetico quotidiano prevede un menù di base articolato su quattro settimane, differenziato secondo i fabbisogni, in una versione estiva ed una invernale, in cui le proposte prevedono piatti semplici ma invitanti

ed appetibili, con rotazione su sette giorni e con possibilità di più scelte per i singoli piatti, strutturate al fine di avere il meno possibile ripetitività delle pietanze, nell'arco dell'anno. Nei giorni di festa si prevede un menù speciale, più ricco nella scelta delle pietanze, con contenuto

Suor Laura mette subito in chiaro alcune scelte di fondo: “Una delle regole imprescindibili è l'approvvigionamento di materie prime di qualità. Per raggiungere questo obiettivo, veri e propri punti di forza sono la freschezza degli alimenti, tra cui frutta e verdura, che acquistiamo quotidiana-

calorico più elevato (anche per la presenza del dolce a fine pasto), ma che rispetti gli stessi principi dietetici dei menù giornalieri”. Contenere i costi di gestione è uno dei compiti più difficili per chi si occupa dell’amministrazione di una struttura di accoglienza, soprattutto se si è adottata la scelta di non far subire aumenti frequenti alle rette degli ospiti. Come conciliare allora l'esigenza di approvvigionarsi di prodotti di qualità con l'esigenza di contenere i costi?

mente e la scelta di alimenti stagionali e regionali. Vi sono inoltre alcuni alimenti a noi particolarmente cari e pregiati, come ad esempio l'olio extravergine di oliva od il pesce fresco, che consideriamo un vero e proprio investimento per la salute. Riusciamo a realizzare questi obiettivi, beneficiando dell'acquisto all'ingrosso, riservato solo a chi richiede grandi quantità di derrate alimentari, che permette l'abbattimento dei costi”. m.a.

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Oltre il pulito la sicurezza igienica dei tessili le lavanderie industriali, partner essenziali: le raccomandazioni di Assosistema agli operatori del settore di Emanuele Mùrino*

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avanderie industriali e ristorazione, un binomio che dovrebbe essere inscindibile e che, invece, è poco conosciuto e spesso disatteso. Per quanto possa apparire strano, infatti, la cultura della sicurezza igienica dei tessili non è molto diffusa tra i gestori della ristorazione così come tra quelli

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non devono soltanto essere puliti ma pure igienicamente sicuri, al riparo da ogni possibile biocontaminazione. In pratica, dovrebbero garantire igiene “oltre il pulito” e cioè oltre ciò che vede l’occhio umano. Venendo in particolare all’ambito della ristorazione - sebbene ci sarebbe

dell’ospitalità. Eppure, stiamo parlando di articoli come il tovagliolo, che viene a contatto con la bocca, o come le lenzuola, all’interno delle quali il cliente dovrà dormire. Prodotti tessili - ed è questo il nodo centrale - che

molto da scrivere anche sull’hotelerie - il ruolo delle industrie di lavanderia è ai primi posti per quanto attiene il livello qualitativo dell’offerta. Come noto, esistono numerose possibilità di mise en place (apparecchia-

(*) Responsabile Relazioni Esterne Assosistema

tura) che spaziano dalle tovagliette monouso in carta alle più consuete e affidabili tovaglie, coprimacchia e tovagliolo in tessuto. Una soluzione, quest’ultima, che paradossalmente non è legata al livello di prezzo della struttura ma unicamente alla sensibilità imprenditoriale del suo gestore. Secondo Alessandro Trapani, Presidente di Assosistema, l’Associazione Sistema Industriale Integrato Servizi tessili e Medici Affini, che, in Confindustria, associa pure le imprese di lavanderia industriale, il valore della sicurezza igienica è ancora lontano dall’essere percepito nella sua importanza. La nostra Associazione spiega Trapani - ha sempre creduto nella validità e nell’applicazione volontaria della Norma UNI EN 14065:2004, incoraggiando le imprese associate a conseguire la certificazione per offrire una garanzia in più ai propri clienti. “Rispettando la 14065, prosegue il dottor Trapani, le industrie di lavanderia raggiungono due importanti obiettivi: la massima decontaminazione e

la minima ricontaminazione dei tessili lavati. In pratica, con l’applicazione volontaria della Norma, le nostre Associate vanno oltre il pulito per arrivare a garantire la sicurezza igienica del prodotto”. Non è un caso che, proprio ispirandosi ai valori richiamati dal Presidente Trapani, Assosistema abbia deciso di lanciare, il 14 dicembre scorso, il “Progetto Q”. Si tratta di un’iniziativa di marketing e comunicazione volta al posizionamento della sicurezza igienica dei dispositivi tessili processati dalle industrie di servizi operanti nel settore turistico e alberghiero. Attraverso il marchio Q, le imprese aderenti all’iniziativa - tutte certificate in base alla Norma UNI EN 14065:2004 - garantiscono che il processo di ricondizionamento della biancheria degli alberghi e ristoranti ha rispettato i requisiti di abbattimento delle cariche microbiche, attraverso test qualitativi altamente rigorosi. Nella fase pilota, della durata di sei mesi, sedici industrie di lavanderia - collocate in Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Ve-


Assosistema aderisce direttamente a Confindustria ed è l’unico soggetto di rappresentanza per le imprese del sistema industriale integrato di servizi tessili e medici affini. Le Associate operano nei settori sanitario, turistico e alberghiero, industria e commercio, moda, abbigliamento, tessuti e biancheria. L’Associazione studia e attua i mezzi più idonei per proteggere, diffondere e migliorare l’attività integrata dell’industria dei servizi tessili, di sterilizzazione e fabbricazione dei dispositivi medici sterili, nonché per tutelare e coordinare i legittimi interessi degli Associati.

neto, Toscana, Lazio e Sardegna - serviranno oltre 200 tra hotel, ristoranti e stabilimenti termali. Il Progetto avrà forte sostegno sulla stampa, con un

piano di comunicazione che prevede, allo stato, 20 uscite tra editoria specializzata e quotidiani nazionali, per raggiungere tra i 2,5 e i 3,7 milioni di lettori. Circa un milione in più, quindi, dei clienti serviti ogni giorno dalle industrie di lavanderia. La vera frontiera del Progetto Q, però, sarà costituita dalle strutture presenti sul territorio: negli alberghi e ristoranti aderenti all’iniziativa saranno collocati materiali promozionali che spiegheranno la filosofia del Progetto Q e le ragioni che hanno portato alla sua creazione. Ad avviso di Maurizio Bolcato, Presidente della Se-

zione Turismo di Assosistema, “la lavanderia dovrebbe essere d’aiuto, un partner affidabile per chi gestisce una struttura di ristorazione, di qualunque tipo essa sia”. E la garanzia di sicurezza igienica, prosegue l’imprenditore veneto, non può che derivare da soluzioni studiate professionalmente. Proprio per questo, Bolcato lancia un messaggio agli operatori del settore: “Da parte nostra, massima disponibilità a fornire consulenza di tipo tecnico, non solo commerciale. L’auspicio è quello di ricevere in visita i gestori delle strutture per mostrargli dal vivo come

funziona una lavanderia industriale”. Potrebbero fare scoperte inaspettate, spiega, come quella sui “microchip inseriti nelle divise del personale di cucina e di sala, che consentono il riconoscimento e il conteggio automatico dei capi, quando passano sotto apposite antenne di rilevamento”. Appare di tutta evidenza, è la conclusione del dottor Trapani, “il ruolo che le industrie di lavanderia possono svolgere al servizio delle strutture della ristorazione collettiva, anche in quelle comunità la cui vocazione è per servizi sociali, sanitari, educativi, religiosi e turistici”.•

Focus

Assosistema, cioè…


InSalute

Il medico di famiglia di Carlo Gargiulo

Le buone regole per vivere a lungo Attività fisica e corretta alimentazione per prevenire tumori, malattie del cuore e dei polmoni

Carlo Gargiulo, noto “medico di famiglia” apprezzato dal grande pubblico televisivo e radiofonico, dialoga con i lettori sui temi della prevenzione e della tutela della salute

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Ogni volta che mi capita di scrivere o parlare di salute e prevenzione, non mi posso esimere dal parlare di stili di vita e abitudini quotidiane. Inevitabile mi viene alla mente il paragone con le attenzioni che rivolgiamo alla nostra automobile, spesso al limite del maniacale. Ne rispettiamo le condizioni di uso, non ne sforziamo il motore a freddo, usiamo per essa carburanti e lubrificanti fra i migliori e ne curiamo una manutenzione periodica accurata. Se noi avessimo per il nostro organismo la stessa cura che abbiamo per la nostra auto, potremmo non solo vivere più a lungo ma, soprattutto, vivere meglio. Da questo numero, nel quale inizia la mia collaborazione con "Insieme", per prima cosa vorrei prendere in considerazione l'influenza che può avere lo stile di vita sulla salute, lanciando alcune idee per migliorare il rapporto con il nostro organismo e riconoscere i segnali che esso ci invia. Prima fra tutti, se vogliamo modificare in positivo lo stile di vita, dovremo pensare ad iniziare una attività fisica. Infatti, in base alle indicazioni e alle linee guida dettate dalle Società scientifiche, una corretta attività fisica costituisce il miglior sistema per prevenire una serie di malattie o di complicanze che, trasversalmente, interessano tutte le branche specialistiche. Dalla cardiologia, alla bronco-pneumologia, all'oncologia, tutti concor-

dano che mantenere una buona forma fisica e un corretto BMI (indice di massa corporea) sia un ottimo modo per prevenire le malattie del cuore, dei polmoni o i tumori. Ma come regolarsi per controllare la propria condizione fisica? Con tre strumenti semplici e di uso quotidiano: la bilancia pesa-persone, un centimetro da sarta ed un contapassi. In questo modo possiamo conoscere il nostro peso e, conoscendo l'altezza, potremo utilizzare la formula per ottenere l'indice di massa corporea o BMI (peso in kg diviso altezza in cm al quadrato); poi gireremo il metro da sarta intorno alla vita, appoggiandolo sulle spine iliache (la parte superiore delle ossa del bacino); ed infine controlleremo (alla sera) di aver percorso almeno 10.000 passi. I tre numeri "magici" per la salute che dovremo ottenere saranno gli stessi per l'uomo e per la donna (BMI 25 e 10.000 per i passi), ad eccezione per il giro-vita che, ovviamente , sarà diverso: 102 per l'uomo e 88 per la donna. Se poi vogliamo essere scrupolosi, potremo anche comprare una bilancia per alimenti ed imparare a pesare ciò che mangiamo. In questo modo, affineremo pian piano l'occhio per le quantità e saremo in grado di riempire sempre il nostro piatto con la giusta quantità di cibo per il nostro fabbisogno giornaliero. •

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InTurismo

cura del Cits

La formazione degli operatori dell’accoglienza al servizio della carità “Inserite nella concretezza della società degli ‘uomini itineranti’, le case per ferie rappresentano non un luogo asettico e neutrale, ma un ambiente ricco di vitalità cristiana, di calore umano e di ‘colore’ creativo”. Così nel 2007 mons. Carlo Mazza - allora direttore Ufficio nazionale Cei per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport - apriva i lavori di un convegno dedicato alle case per ferie e in particolare alla formazione dei gestori: le case non, quindi, semplici luoghi di accoglienza ma esperienza di carità e di incontro con l’altro capace di incidere sulla vita degli ospiti.

In linea con questa missione, il Cits (Centro italiano turismo sociale) ha sempre tenuto fede alla sua funzione di orientamento degli enti religiosi, associazioni, case per ferie e comitati territoriali, nel rispetto della loro piena autonomia operativa, fornendo alle strutture ricettive (gestite per lo più da enti religiosi) un supporto nel campo tecnico, amministrativo, legale e tributario. Per questo nel corso degli anni il Cits ha proposto corsi su diversi aspetti inerenti la gestione delle strutture ricettive non profit. Nell’odierna realtà normativa l’apertura di una casa per ferie va concepita in base alla disciplina vigente a livello regionale, che delinea gli

adempimenti necessari all’ottenimento del rilascio dei titoli autorizzativi. Gli sviluppi tecnologici e organizzativi, che toccano ormai tutti settori dell’economia, compreso quello turistico, rendono necessario un graduale adeguamento anche delle strutture del turismo sociale e religioso. Il Cits è al fianco delle case soprattutto in questo delicato processo di trasformazione, che sta creando nuovi standard di funzionamento in vari settori inerenti le case, dall’organizzazione interna, alla comunicazione, fino ai sistemi di prenotazione on-line. Il primo appuntamento di formazione del 2010, articolato in ben cinque giornate di in-

contri, si è appena concluso a Roma e ha voluto offrire ai gestori e alle altre figure professionali coinvolte nella conduzione delle case la possibilità di approfondire tutti i principali aspetti giuridicoamministrativi nonché gestionali della conduzione delle strutture (dal regolamento interno alla gestione del personale, dalla prevenzione alla sicurezza della struttura e dei lavoratori, per finire con la tenuta dei libri contabili e la stesura del bilancio). Il modello di accoglienza proposto dal Cits, ma anche da altre istituzioni simili, può indicare a quanti operano nel settore nuovi modelli e nuove vie da percorrere per offrire un servizio “a misura d’uomo”.•

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A S SOC IA R S I A L C ITS : I VA N TA GGI per il viaggiatore La Tessera annuale permette di soggiornare nelle case per ferie o partecipare alle attività e ai viaggi organizzati dai comitati Cits. Fornisce, inoltre, una copertura assicurativa globale e assistenza non stop per i viaggi organizzati dal Cits; sevizi di assistenza e informazione su tutto il territorio nazionale. La tessera può essere richiesta on line, oppure direttamente alla Sede nazionale di Roma, ai comitati regionali e locali, alle case per ferie ove si desidera soggiornare.

per gli enti I principali servizi agli associati: assistenza e consulenza su aspetti legali, fiscali, amministrativi, tecnici, assicurativi e gestionali - assistenza e formazione per la qualificazione del personale - assistenza nell’organizzazione di viaggi, gite e pellegrinaggi - promozione delle case per ferie, delle iniziative locali e del turismo religioso, in ambito associativo - promozione di attività sociali, ricreative, culturali, educative e assistenziali, sulla base dei principi della Chiesa cattolica

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InGestione

Le leggi a cura di Fabio Panfilo Ciarletta, avvocato giurista d’impresa

Privacy: aggiornare il DPS entro il 31 marzo La necessità per le aziende e le strutture organizzate (quali ad esempio le imprese di ristorazione e le mense) di conoscere e trattare dati inerenti propri dipendenti o terze persone, deve conciliarsi con la tutela della privacy dei titolari dei dati trattati; di conseguenza, le azioni e gli strumenti che si adottano per perseguire finalità, quand’anche imposte dalla legge, devono essere adeguati e proporzionati, in osservanza del maggior possibile rispetto della riservatezza. Allo scopo di regolamentare la materia, il Legislatore ha introdotto nel “Codice in materia di protezione dei dati personali” (anche detto Testo Unico sulla Privacy) una serie di strumenti, tra cui il cd. Documento Programmatico sulla Sicurezza (DPS). In questa sede ci limitiamo oggi a ricordare che il DPS deve essere redatto prima del trattamento e aggiornato entro il 31 marzo di ogni anno nel caso in cui, nel corso dell'anno solare precedente, siano intervenute novità e variazioni specifiche rispetto a quanto già dichiarato (per esempio nuovi trattamenti, fine di trattamenti già censiti, modifiche organizzative, modifiche tecnologiche). Le sanzioni previste per la mancata redazione sono di natura penale (ammenda che varia da 10.000 a 50.000 euro, nonché arresto fino a due anni) e di natura civile, con il pericolo per il titolare di essere sot-

unicamente per correnti fitoposto ad un’azione per risarnalità amministrative e concimento danni. tabili, in particolare presso La redazione è a carico del tiliberi professionisti, artigiani tolare del trattamento, salvo la e piccole e medie imprese e nomina da parte dello stesso di non rientranti nella tipologia un responsabile. È necessario, di cui al punto precedente tuttavia, sottolineare come dal possono redigere un do2008 siano state introdotte cumento programmatico modifiche tese a semplificare sulla sicurezza semplifil’applicazione delle misure micato, in base alle indicazioni nime di sicurezza. Il quadro riportate nel provvedimento che emerge da tale intervento a carattere generale dal tinormativo può essere così tolo "Semplificazione delle schematizzato: misure di sicurezza conte1) I soggetti che trattano dati nute nel disciplinare tecnico personali senza l'ausilio di di cui all'Allegato B) al Costrumenti elettronici non dice in materia di protezione sono tenuti alla redazione dei dati personali" del 27 nodel DPS. vembre 2008. 2) I soggetti che trattano soltanto dati personali non sen- 4) Le Organizzazioni di piccole e medie dimensioni o, cosibili e che trattano come munque, non dotate al prounici dati sensibili quelli coprio interno di competenze stituiti dallo stato di salute o specifiche e non rientranti malattia dei propri dipennelle tipologie di cui ai punti denti e collaboratori anche precedenti sono tenuti a a progetto, senza indicaredigere il DPS come illuzione della relativa diagnosi, strato nella "Guida operaovvero dall'adesione ad ortiva per redigere il Docuganizzazioni sindacali o a mento programmatico sulla carattere sindacale, non sicurezza" pubblicata l'11 sono obbligati a redigere il giugno 2004 dal Garante DPS che viene sostituito per la protezione dei dati da una autocertificazione, personali. ai sensi dell'articolo 47 del testo unico di cui al Decreto 5) Tutti gli altri soggetti non rientranti nelle tipologie di del Presidente della Repubcui ai punti precedenti doblica 28 dicembre 2000, n. vranno stilare un Docu445, nella quale il titolare mento Programmatico attesti di trattare soltanto tali sulla Sicurezza completo, dati in osservanza delle altre secondo le indicazioni ripormisure di sicurezza pretate nel Codice in materia di scritte. protezione dei dati personali 3) I soggetti pubblici e privati (D. Lgs. n.196), articolo 34, che trattano dati personali

punto g. regola 19 dell'allegato B, "Disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza, del D. Lgs. n.196”. Si tratta, tuttavia, di un’innovazione normativa di pura teoria. È, infatti, difficile che nell’ambito dell’attività di un’azienda o impresa possano essere trattati esclusivamente dati non sensibili (così come previsto nell’ipotesi di cui al punto 3); è, infatti, sufficiente entrare in possesso della foto di un soggetto per vanificare la possibilità di ricorrere alla documentazione semplificata. In conclusione, è un obbligo imprescindibile da parte dei soggetti individuati dal Codice quello di aggiornare il Documento Programmatico per la Sicurezza entro il 31 marzo di ogni anno. La stesura dell’aggiornamento può richiedere anche diversi giorni a seconda delle modifiche che sono eventualmente intervenute e delle dimensioni dell’azienda, per cui si consiglia di non aspettare l’ultimo mese per provvedervi. Ricordiamo, infine, che una copia del DPS deve essere custodita presso la sede dell’azienda per essere consultabile e deve essere esibita in caso di controlli. Il titolare del trattamento, infine, deve dare conto nella relazione accompagnatoria del bilancio aziendale annuale dell'avvenuta redazione/aggiornamento del DPS.•

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InGestione

Il fisco a cura di Federico Rossi, dottore commercialista e revisore contabile

La gestione del servizio mensa e la somministrazione dei pasti • nelle scuole di ogni ordine e • nell'ipotesi di pasti realizzati, confezionati e recapitati grado, comprese quelle effetgiornalmente al domicilio tuate dagli enti locali, anche delle imprese clienti (Ente nelle scuole materne e negli Religioso, Ospedali, ecc.), asili nido; che provvedono diretta• per indigenti. mente alla distribuzione del Attenzione pasto al personale dipenL’aliquota agevolata Iva del dente (Ris. Min. 2 maggio 4% deve intendersi applica1989 n. 551392); bile anche se le somministrazioni di cui sopra sono ese- • alla somministrazione di alimenti e bevande a mezzo guite sulla base di contratti di “card elettroniche” che conappalto o di apposite convenMENSE sentono di verificare in (n. 37 Tab. A, Parte II, DPR zioni. Pertanto sempre, e non tempo reale l'utilizzo conse633/72) È prevista, come in- solo se il servizio viene quindi guente alla maturazione del dicato in Tabella, l'aliquota del svolto in “via diretta” dall’Ente. diritto da parte del dipen4% per le somministrazioni di IVA – Aliquote applicabili dente (Ris. Min. 17 maggio L’individuazione dell’esatta ali- alimenti e bevande effettuate Casi particolari 2005 n. 63/E). L'aliquota del 4% si applica quota applicabile alle presta- nelle mense sotto indicate: anche: zioni in esame dipende dalle • aziendali e interaziendali; IVA al 20% e appalto al 10% Sono soggette all'aliquota MODALITà DI SOMMINISTRAZIONE ALIQUOTA ordinaria del 20% le somministrazioni di pasti effettuate Nelle “mense” aziendali, interaziendali e scolastiche e per indigenti, anche presso un istituto maschile se effettuate sulla e di contratti di appalto o di apposite convenzioni, o sulla 4% di rieducazione e quelle rese base di contratti di appalto aventi ad oggetto servizi sostitutivi di mensa, commessi dal datore di lavoro; ai degenti di case di cura private, nella considerazione in pubblici esercizi a beneficio di lavoratori dipendenti sulla base di con4% che non sono effettuate a divenzioni con il datore di lavoro; pendenti (Nota Min. Fin. 7 marzo 1995 n. III-7-115-95) mediante distributori automatici collocati all'interno di stabilimenti, ospedali, 4% Anche in questo caso, però, case di cura, scuole, caserme e altri edifici destinati a collettività; abbiamo comunque un’iponei pubblici esercizi o altrove, compresi quelli di lusso (anche su incarico tesi di applicazione di IVA al 10% delle imprese che forniscono servizi sostitutivi di mensa, ad es. «ticket»); 10%, ovvero nel caso di Appalti per la Somministrazione effettuate dai pubblici esercizi all'esterno del locale (rinfreschi, buffet, 10% (n. 121 Tab. A, Parte III, DPR pranzi, consegna di rande presso uffici, negozi, ecc.); 633/72) - le prestazioni di10% effettuate dagli alberghi nei confronti dei propri clienti; pendenti da contratti di appalto aventi a oggetto la forSi applica quella effettuate tramite vendite «per asporto»; nitura o la somministrazione dei beni ceduti di alimenti e bevande (effettuate, ad esempio, nei connegli ospedali, ospizi ecc. in seguito a contratti di appalto. fronti di ospedali, ospizi ecc.) 10% sono soggette all'aliquota del 10%.

Aspetti fiscali La gestione del servizio mensa, ovvero la somministrazione di pasti, presenta ai fini fiscali diverse sfumature e contenuti, in forza dei diversi ambiti di osservazione. Di seguito si prenderanno pertanto ad esame gli aspetti di maggiore applicazione pratica, con particolare riguardo a: • imposta IVA (aliquote applicabili) e diverse fattispecie; • servizi di Mensa con i Dipendenti

modalità mediante le quali la somministrazione è effettuata. In alcuni casi è prevista l’applicazione dell’aliquota del 4%, mentre in altri dell’aliquota del 10%, come si può evincere dalla Tabella riassuntiva. Da quanto sopra è dato desumere, prendiamo a maggior approfondimento taluni aspetti di più diretta applicazione.

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InGestione

Ticket Restaurant Si tratta di contratti aventi ad oggetto servizi sostitutivi di mensa,vale a dire dell'ipotesi in cui un soggetto (c.d. società emittente) assicura al datore di lavoro cha alcuni pubblici esercizi convenzionati somministrino pasti ai dipendenti di questi. Sostanzialmente si instaurano due diversi rapporti, a cui corrispondono diverse modalità di determinazione della base imponibile e delle aliquote applicabili (Circ. Min. 3 aprile 1996 n. 49/E). Attenzione - Non va confuso con il sistema dei ticket restaurant la somministrazione di alimenti e bevande a mezzo di card elettroniche, sopra indicata, tra le fattispecie al 4% di Iva. 1) Rapporto società emittente / datore di lavoro: IVA al 4% L'aliquota applicabile alla cessione dei ticket da parte della società emittente al datore di lavoro è pari al 4%, e l'IVA pagata dal datore di lavoro, dal 1° settembre 2008, è detraibile (art. 75 c. 3 L. 413/91, art. 83 c. 28 bis e s. DL 112/2008 conv. in L. 133/2008) La base imponibile dell'operazione (cessione dei ticket della società emittente al datore di lavoro) corrisponde al prezzo fissato dalle parti. Il valore può essere diverso da quello facciale indicato nel buono pasto, in quanto per questi contratti il prezzo viene di solito fissato sulla base di trattative commerciali.

stazione effettuata dal pubblico esercizio alla società emittente è pari al 10%. L’IVA pagata dalla società emittente è detraibile (art. 75 c. 4 L. 413/91, art. 83 c. 28 bis e s. DL 112/2008 conv. in L. 133/2008). La base imponibile relativa all'operazione va determinata applicando al valore del buono pasto l'eventuale sconto contrattualmente previsto. Convenzioni con pubblici esercizi a favore di dipendenti Alle somministrazioni di alimenti e bevande rese in pubblici esercizi a beneficio di lavoratori dipendenti, sulla base di contratti stipulati direttamente dai propri datori di lavoro, si applica l'aliquota del 4% (Circ. Min. 16 aprile 1992, n. 30). Attenzione L'imposta pagata, dal 1° settembre 2008, è detraibile per il datore di lavoro (art. 83 c. 28 bis e s. DL 112/2008 conv. in L. 133/2008). Sui corrispettivi pagati dal contribuente al pubblico esercizio per le somministrazioni da questi rese in eccedenza all'importo stabilito nella convenzione si applica l'aliquota del 10%.

Distributori automatici (n. 38 tab. A parte II DPR 633/72) Si applica l'aliquota del 4% alle somministrazioni di alimenti e bevande effettuate mediante apparecchi di distribuzione automatica collocati in stabilimenti, ospedali, case di cura, uffici, scuole, caserme e altri 2) Rapporto società edifici destinati a collettività. emittente / esercizio Le somministrazioni effettuate convenzionato : IVA al 10% in luoghi diversi sono soggette L'aliquota applicabile alla pre- all'aliquota del 10%.

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denti adottando le seguenti modalità: • somministrazione diretta del pasto; • gestione diretta o tramite appalto a terzi della mensa aziendale; • stipula di convenzioni con pubblici esercizi per la fornitura del pasto ai lavoratori in forza; • attribuzione di buoni pasto ai dipendenti (c.d. ticket restauServizi di catering: rant); IVA al 10% Rientrano nell'ambito applica- • erogazione di un'indennità sostitutiva di mensa. tivo dell'aliquota del 10% anche le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate La disciplina fiscale della somall'esterno del pubblico eserci- ministrazione dei pasti ai dizio (per esempio, in occasione pendenti è regolata dall'art. 51, di rinfreschi, buffet, pranzi, nel co.2, lett. c) del DPR n.917/86 domicilio del cliente o presso la (Tuir), che individua, tra le sede indicata dal cliente somme che non concorrono stesso) con merce, attrezza- alla formazione del reddito da tura e personale dell'azienda, lavoro dipendente: ovvero le somministrazioni ef- • le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro; fettuate mediante consegna di bevande negli uffici, negozi o • le forniture in mense direttamente predisposte dal datore enti (Ris. Min. 25 febbraio 1980 di lavoro o affidate alla gen. 380292). stione di terzi tramite appalti; Somministrazione dei pasti • le prestazioni e le indennità sostitutive del servizio mensa ai propri dipendenti corrisposte ai lavoratori adLa somministrazione dei pasti detti ai cantieri edili, a strutture ai propri dipendenti rientra, in lavorative a carattere tempogenerale, tra le problematiche raneo o ad unità produttive sidi tipo organizzativo che il datuate in zone prive di strutture tore di lavoro è chiamato a geo servizi di ristorazione, fino stire nell'ambito della propria all'importo giornaliero di € realtà aziendale. Di seguito sono analizzate le 5,29 (c.d. soglia di esendiverse opzioni per la gestione zione). del "servizio mensa" e le implicazioni di carattere fiscale L'Amministrazione Finanziae previdenziale scaturenti ria ha precisato che le dispodalla scelta operata dall'im- sizioni di cui all'art.51 del Tuir prenditore sull'organizzazione trovano applicazione anche del servizio in questione. nei confronti della generalità Da un punto di vista operativo, dei collaboratori di impresa, il datore di lavoro può organiz- con o senza progetto (Agenzare la somministrazione dei zia delle Entrate, circolare pasti a favore dei propri dipen- n.207/E/00).•

Se effettuate nei luoghi suddetti, anche alle somministrazioni effettuate con apparecchi funzionanti a capsule/cialde si applica l'aliquota del 4%. Tuttavia, nel caso in cui le capsule/cialde siano cedute a soggetti diversi dal consumatore finale si applica l'aliquota propria del prodotto ceduto (Ris. Min. 1° agosto 2000 n 124/E).


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