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MERCATO DPI DI LORENZO FLORINDI, CENTRO STUDI DI ASSOSISTEMA CONFINDUSTRIA

GLI EFFETTI DEL COVID SULL’IMPORT DEI DPI IN ITALIA Durante l’attuale emergenza sanitaria legata al SARS-CoV-2 è emerso in maniera evidente il ruolo fondamentale assunto dai DPI, Dispositivi di protezione individuale, quali strumenti essenziali per tutelare la salute di operatori sanitari, lavoratori e cittadini. La corsa ai dispositivi di protezione ha generato un aumento globale della richiesta di mercato, con i produttori che hanno adeguato la propria offerta, potenziando le proprie linee produttive ed operando a ciclo continuo su tre turni giornalieri al fine di soddisfare il picco di domanda. Allo stesso modo, aziende il cui core business è normalmente slegato dal settore della sicurezza, si sono inserite nel mercato, acquistando grandi quantità di materiale dall’estero, per uso interno o reinventandosi nella veste di rivenditori di articoli antinfortunistici. In questo articolo forniremo una fotografia dell’impatto generato dal virus sul settore dei DPI, incentrando l’analisi statistica sul valore della merce acquistata dal nostro Paese dagli Stati Esteri in un periodo di riferimento compreso tra febbraio

2020, mese in cui l’epidemia ha iniziato a prender piede nel nostro territorio, fino e maggio 2020 (mese delle ultime rilevazioni disponibili attualmente). In particolare l’articolo si concentra sulla valutazione di tre categorie di dispositivi di protezione largamente impiegate nel corso dell’attuale emergenza sanitaria, quali: dispositivi di protezione per le vie respiratorie, dispositivi di protezione per le mani ed indumenti protettivi. Per meglio identificare e circoscrivere le famiglie di prodotti si è fatto ricorso alla tariffa doganale TARIC, seguendo la stessa ratio adottata dall’Agenzia delle Dogane nella propria circolare n. 12/2020, con oggetto “Riduzione aliquota iva per le importazioni di beni necessari per il contenimento e la gestione dell’emergenza COVID-19”, la cui classificazione è riportata in tabella 1. I dati del 2020 sono stati poi confrontati con quelli dell’anno precedente per fornire una misura dell’impatto che il contesto epidemiologico ha avuto sul

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LOREM IPSUM

Tabella 1. Classificazione delle merci utilizzata nell’indagine statistica

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PRODOTTI

MASCHERINE PROTETTIVE (tra le quali FFP2 e FFP3)

GUANTI PROTETTIVI

INDUMENTI PROTETTIVI

TARIFFE DOGANALI

90200000 | 63079098

39262000 | 40151100 40151900

621010 | 621020 | 621030 621040 | 621050

Grafico 1: Andamento del valore in euro dei dispositvi di protezione per le vie respiratorie acquistati dall’Estero nel 2020 e confronto con il 2019 – Elaborazione su dati ISTAT

mercato. Di seguito tratteremo separatamente le tipologie di prodotto precedentemente illustrate. Quella dei dispositivi di protezione per le vie respiratorie è senza dubbio la famiglia di dispositivi per la sicurezza che ha fatto registrare un maggior aumento in termini di valore delle merci acquistate dall’estero. Nel grafico 1, la retta descrive la cumulata dell’importo in euro del materiale transitato in entrata attraverso le dogane nei primi mesi dell’emergenza sanitaria: nel complesso, da febbraio a maggio, il mercato italiano ha acquisito dall’estero, DPI per le vie respiratorie per un valore complessivo poco inferiore a 1 miliardo e 100 milioni di euro. Nel dato sono ricomprese anche le importazioni delle maschere chirurgiche, le quali, nell’attuale contesto epidemiologico, sono state comparate ai dispositivi di protezione individuale in virtù dell’art. 16 c.1 del DL Cura Italia. Le colonne nel grafico misurano, invece, la variazione percentuale registrata, mese per mese, nel confronto tra 2020 e 2019. Osservando l’andamento dei valori, si nota come l’evoluzione dei dati va di pari passo con l’aumento dei contagi in Italia: nel mese di febbraio 2020, infatti, il valore della merce acquistata dall’estero è risultato inferiore del 3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Dalla fine di febbraio, con la nascita di focolai nel nostro Paese, la curva ha assunto un andamento esponenziale, raggiungendo il massimo valore (nel singolo mese) ad aprile 2020, nel corso del quale dalle Dogane sono transitati in entrata prodotti per un valore com-

plessivo di circa 500 milioni di euro. Il dato è interpretabile alla luce del fatto che il sopraccitato DL Cura Italia, pubblicato in GU il 17 marzo 2020, ha autorizzato gli operatori gli operatori economici ad importare ed utilizzare dispositivi di protezione in deroga alle normative vigenti, anche in assenza di un’idonea marcatura CE. Ciò ha facilitato l’ingresso sul mercato italiano (e comunitario) di prodotti provenienti da altri continenti che rispondono a normative di legge differenti rispetto alla regolamentazione europea. A conferma di ciò, è possibile riscontrare che la nazione con la quale sono stati intrattenuti maggiori rapporti commerciali è la Cina, la quale nel solo mese di aprile, ha esportato sul nostro territorio, maschere e facciali filtranti per un valore complessivo poco inferiore ai 450 mila euro (il 90% del valore complessivo di materiale acquistato dall’estero ad aprile). Nel grafico 2 è possibile, invece, osservare le stesse statistiche per i dispositivi di protezione per le mani (guanti protettivi ma anche per uso medicale). In questo caso l’andamento del valore complessivo delle merci acquistate dal nostro Paese non si discosta di molto rispetto l’anno precedente nei primi tre mesi osservati, mentre subisce un’impennata nel mese di maggio 2020, dove viene registrato un aumento del 39% rispetto al 2019. Il dato risente probabilmente della politica messa in atto da diversi Paesi Europei (ad esempio Francia e Germania, due tra i maggiori Stati in Europa fornitori del mercato italiano per questa tipologia di prodotto) che hanno imposto il divieto di commercializzare dispositivi utili contro il COVID al di fuori

Grafico 2: Andamento del valore dei dispositvi di protezione per le mani acquistate dall’Estero nel 2020 e confronto con il 2019 - Elaborazione su dati ISTAT

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del proprio territorio nazionale, nel tentativo di arginare la propagazione dell’epidemia nel proprio paese (una misura analoga, d’altronde, è stata attuata anche in Italia). Oltre a ciò va tenuto in considerazione che la Malesia, uno dei Paesi con la maggiore produzione di guanti monouso a livello globale e importante fornitore estero dell’Italia per quanto riguarda la protezione delle mani, si è vista costretta ad attuare una politica di lockdown parziale delle proprie attività commerciali ed industriali, al fine di limitare il contagio. Ciò ha comportato un rallentamento di molti impianti produttivi, i quali sono stati costretti ad operare a personale ridotto per tutto il periodo precedente al mese di aprile 2020, mese nel quale le aziende hanno potuto, gradualmente, ripristinare la piena operatività dei propri stabilimenti. Sarà interessante osservare la rilevazione di giugno per vedere se i dati confermeranno le sensazioni percepite dagli operatori del mercato secondo i quali nei primi mesi estivi la richiesta di guanti di protezione in Italia, ha assunto un carattere prioritario, anche maggiore rispetto a quello inerente ai DPI per le vie respiratorie.

Grafico 3: Andamento del valore degli indumenti di protezione acquistati dall’Estero nel 2020 e confronto con il 2019 - Elaborazione su dati ISTAT

L’ultima categoria di prodotti analizzata sono gli indumenti di protezione (grafico 3), per i quali si riscontra un andamento esponenziale del valore complessivo di merce acquistata dall’estero, con una crescita costante nel corso dei mesi considerati nell’analisi. Ad aprile e maggio, in particolare, il valore complessivo degli indumenti di protezione immessi sul mercato nostrano, è più che triplicato rispetto all’anno precedente. Il compor-

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tamento della curva risulta simile a quello già ravvisato per i dispositivi di protezione per le vie respiratorie, seppur l’aumento percentuale è di minore entità. Anche per quanto riguarda gli indumenti protettivi, nel corso dei primi mesi del 2020, la Cina è stato il Paese con il quale l’Italia ha avuto un maggior flusso di scambi commerciali. Di conseguenza, le stesse considerazioni fatte in precedenza riguardo i prodotti in deroga alle normative e privi di marchio CE, possono essere estese e ritenute valide anche per questa tipologia di prodotti. Il fatto che il volume d’affari complessivo generato dalla merce importata, pari a circa 200 milioni di euro nell’arco nell’intero periodo analizzato, sia più basso rispetto a quello dei dispositivi per le vie respiratorie, è riconducibile al fatto che la domanda per questo tipo di prodotto è fisiologicamente minore rispetto a quella delle maschere di protezione, essendo l’utilizzo degli indumenti di protezione limitato perlopiù agli operatori sanitari a contatto con pazienti affetti da SARS-CoV-2 e non ad una più vasta platea come nel caso delle maschere chirurgiche e dei facciali filtranti.

CONSIDERAZIONI FINALI: I dati riscontrati offrono, dunque, una misura dell’impatto generato dalla diffusione del SARSCov-2 sul mercato italiano dei dispositivi di protezione individuale, con tutti i segmenti analizzati che hanno fatto registrare un trend in aumento del valore in euro della merce in arrivo dall’estero, proseguito di pari passo con l’acutizzarsi della situazione emergenziale e con la propagazione del virus sul nostro territorio. Il ricorso massiccio alle importazioni, soprattutto di prodotti provenienti dal territorio asiatico, può essere ricondotto, oltre che ad una domanda di mercato anomala e, in alcuni casi, fuori controllo, anche ad una mancanza di programmazione a livello nazionale dei presidi necessari a fronteggiare l’emergenza. Per far fronte alle difficoltà di reperire materiale utile, infatti, la scelta del governo è stata quella di aprire il mercato anche ai prodotti non marcati CE, nominando INAIL e Istituto Superiore di Sanità, quali organismi preposti alla valutazione delle caratteristiche tecniche dei dispositivi realizzati in deroga alle normative comunitarie. Se tale provvedimento ha permesso da un lato di poter soddisfare parzialmente la richiesta, dall’altro ha contribuito ad immettere dispositivi non certificati ed in alcuni casi non idonei affatto ad adempiere alla loro funzione protettiva. È sufficiente osservare le statistiche pubblicate mensilmente da INAIL contenute nei report sulla validazione in deroga dei DPI, per rendersi conto che, nel periodo analizzato, mediamente, di tutte le domande presentate all’Istituto solo il 5% dei prodotti sono stati valutati positivamente e ritenuti equiparabili per caratteristiche a dispositivi marcati CE. Il restante 95% delle richieste è stato respinto, in quanto riferito a dispositivi con-

siderati non sicuri per l’utilizzatore. Al fine evitare il ripetersi di una situazione analoga a quanto riscontrato, è necessaria una pianificazione oculata che stimi il reale fabbisogno del sistema Paese in caso di un eventuale risalita della curva di casi, nei mesi invernali. Con una programmazione ad hoc, lo strumento stesso della deroga ed il ricorso a dispositivi non marcati CE risulterebbero superflui, dato che attualmente la situazione appare meno critica rispetto a quella di qualche mese fa, grazie anche agli sforzi di molte realtà industriali che hanno accolto l’appello del governo a potenziare l’offerta in merito ai dispositivi di protezione utili al SARS-Cov-2, attuando importanti investimenti in Italia, sia in termini di manodopera che di impiantistica al fine di aumentare la capacità produttiva dei propri stabilimenti o riconvertire i propri impianti produttivi e realizzando prodotti conformi alle normative comunitarie.

È NECESSARIA UNA PIANIFICAZIONE OCULATA CHE STIMI IL REALE FABBISOGNO DEL SISTEMA PAESE IN CASO DI UN’ EVENTUALE RISALITA DELLA CURVA DI CASI, NEI MESI INVERNALI.

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