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QUI FINANZA

DI MICHELE RUSSO

QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DEI

CREDITI DI IMPOSTA

Prendo a prestito da Carlo Emilio Gadda (milanese) il titolo del suo più famoso romanzo (ambientato a Roma con un protagonista molisano) per cercare di analizzare un dilemma tutto italiano: la gestione dei crediti di imposta derivanti principalmente dai bonus edilizi. Partiamo dall’ inizio della storia. Gabriele Guzzi, economista ed amico pubblica sui social una breve nota che dice così: “in fondo, l’economia è abbastanza semplice. Se ci sono fonti autonome di domanda che crescono, l’economia cresce”. E continua: “la performance economica migliore dell’Italia è dovuta solo al Superbonus, ossia al fatto che lo Stato abbia delegato al privato la crescita degli investimenti in costruzione. L’aumento del deficit, realizzato attraverso il canale indiretto della vendita dei crediti fiscali ha fatto arrivare la crescita degli investimenti a livelli molto più alti degli altri paesi”. A supporto di questa affermazione, Gabriele Guzzi pubblica alcuni grafici elaborati da Oxford Economics/Haver Analytics.

Nel primo, si mette in evidenza la differenza tra il PIL effettivamente realizzato dal nostro paese e quello che si sarebbe avuto se la dinamica degli investimenti fosse rimasta quella di prima della pandemia: non sorprendentemente, gli investimenti immobiliari lo hanno spinto molto più in alto. In loro assenza, avremmo da poco recuperato il livello pre-pandemico che, invece, abbiamo superato abbondantemente.

Mettendo a fuoco la componente “investimenti” del PIL si può notare che, facendo riferimento al periodo post pandemico, vi è stato un vero e proprio balzo che posiziona i dati degli anni 2021,2022 e 2023 ben al di sopra della linea di trend 2014-2019. Per dare una spiegazione meno tecnica, gli investimenti sono cresciuti molto di più di quanto sarebbe accaduto seguendo le dinamiche degli anni passati. Non sorprendentemente, la componente che ha spinto in alto il valore degli investimenti è quella legata all’ immobiliare (“housing” e “other construction” nel grafico). Effetto, evidentemente, dei bonus edilizi.

Ancora più chiarificatore (se ce ne fosse bisogno) il grafico che mette a confronto la performance del nostro paese in termini di investimenti con quella delle maggiori economie dell’Unione Europea (Germania, Francia, Spagna e Olanda). Tutti questi paesi (esclusa la Germania per un trimestre) mostrano un risultato ben al disotto del trend 20142019; con l’aggravante che la linea di tendenza riguarda i risultati passati di ciascun singolo paese e non è una media europea.

Insomma, il Superbonus potrà anche avere molti difetti ma ha certamente spinto il prodotto interno lordo del nostro paese in maniera molto importante, portandoci fuori molto rapidamente dal pantano della pandemia. Dei tanti difetti (o, dal mio punto di vista, presunti tali) quello più importante è quello di cui si parla meno: la norma è assai costosa: indipendentemente da come vengono contabilizzati i crediti di imposta, essi possono avere un peso notevole sul bilancio dello Stato, anche se vanno tenute in conto molte esternalità positive quali i recuperi di altre imposte e, non da ultimo, l’emersione del lavoro nero con la regolarizzazione di molte posizioni contributive. Tale onerosità potrebbe anche essere gestita con diversi accorgimenti (modulazione del contributo in funzione dell’ISEE della famiglia beneficiaria, combinazione con altre tecniche finanziarie quali il pagamento dilazionato per mezzo della bolletta energetica) ma, quel che è certo, non può essere lasciata senza soluzione. Più tempo passa, infatti, e più la quantità dei crediti di imposta da gestire aumenta. A fine del 2022 nei cassetti fiscali delle aziende erano presenti 19 miliardi di euro di crediti, ad oggi, sembra che la cifra sia lievitata fino a 30. È una bolla che si sta gonfiando molto rapidamente e la cui esplosione potrebbe avere gravi conseguenze sulle imprese del settore dell’edilizia e su molte famiglie che hanno fatto affidamento sui crediti d’imposta. Una situazione difficile su cui è opportuno intervenire al più presto. Eppure, l’acquisto di un credito d’imposta potrebbe rappresentare il classico “buon affare”, offrendo un rendimento tutto sommato interessante ad un rischio accettabile.

Poniamo, ad esempio, il caso di un soggetto (privato od azienda) che abbia dei pagamenti da effettuare all’ amministrazione dello Stato. Potrebbe validamente acquistare dei crediti di imposta da un terzo ed utilizzarli per compensare i suoi debiti con l’erario dello Stato. Il cedente, a sua volta, avendo crediti in eccesso, potrebbe venderli ad un valore di sconto sul facciale, monetizzando un credito di cui non potrebbe servirsi. Situazione win-win: il cedente si libera di un credito, il cessionario ottiene, di fatto, uno sconto sulle imposte che deve pagare.

L’UOVO DI COLOMBO?

Certamente sì se cedente e cessionario possono avere ragionevole certezza della validità del credito e delle ragioni di scambio, cosa abbastanza difficile da realizzare tra soggetti che non hanno fiducia l’uno nell’ altro. Diverso sarebbe il caso se cedente e cessionario operassero in un ecosistema in qualche maniera “protetto”. In questo caso, la garanzia implicita potrebbe essere quella dell’appartenenza ad una certa associazione con la presenza di una serie di intermediari che possano ulteriormente supervisionare l’operazione. Così facendo si potrebbe garantire la regolarità del credito ceduto, effettuando i necessari controlli (antimafia, anticorruzione) e, in finale, supervisionare i flussi di pagamento. Un processo così strutturato potrebbe benissimo viaggiare su una piattaforma elettronica, cosa che renderebbe trasparente il pricing delle operazioni (quindi il prezzo di mercato delle stesse) e contribuirebbe ad un’operatività snella e fluida. Come ci ricorda Gabriele Guzzi, è stato lo Stato a delegare ai privati la crescita degli investimenti nelle costruzioni; lo stesso privato potrebbe contribuire alla soluzione del problema dei crediti che lo Stato non riesce ad affrontare in maniera efficiente ed efficace. Il pasticciaccio brutto di Gadda, come noto, resta senza soluzione. Il commissario Ciccio Ingravallo non riesce a identificare il colpevole di un efferato delitto. Un’opzione non praticabile nel caso dei crediti di imposta. Non si deve cercare nessun colpevole ma solamente una soluzione ad un problema destinato altrimenti ad avere importanti ripercussioni.

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