INTERVISTA AL PROF. GIUSEPPE MELONE, ECONOMISTA E MANAGER SANITARIO, DOCENTE DI “ORGANIZZAZIONE DELLE AZIENDE SANITARIE” - UNIVERSITÀ
UNITELMA SAPIENZA DI ROMA
58 anni, napoletano, è un Economista aziendale e Manager Sanitario, Professore a contratto di Organizzazione delle Aziende Sanitarie presso l’Università degli Studi Unitelma Sapienza di Roma, Dottore Commercialista, Dirigente d’azienda, Docente di formazione manageriale. Ha conseguito la Laurea in Economia e Commercio e quindi l’Abilitazione professionale presso l’Università degli Studi “Federico II” di Napoli, Facoltà di Economia. Esperto di governo, organizzazione e management aziendale, per 10 anni economista industriale, con esperienza nel campo editoriale (IL MATTINO di Napoli) e da oltre 25 anni impegnato nella direzione di importanti enti, istituzioni e aziende pubbliche e private del Sistema Sanitario Italiano (ASL, IRCCS, Agenzia Regionale Sanitaria, Holding di Case di Cura accreditate) e nel campo della docenza accademica di formazione manageriale. Relatore in numerosi congressi scientifici, accademici, dibattiti ed eventi tematici. Ha pubblicato su importanti riviste articoli, studi e interviste in materia giuridica, economica e organizzativa, in particolare riferiti all’ambito sanitario. Da, ultimo, con riguardo alle tematiche inerenti alla pandemia da Covid-19 ed al PNRR, ha pubblicato il testo universitario dal titolo “Scenari e modelli di governo, organizzazione e management del sistema sanitario italiano, tra pandemia e PNRR”, edito da Maggioli nel gennaio 2023.
PROF. MELONE, COME È CAMBIATA LA SANITÀ ITALIANA CON LA PANDEMIA E QUALI CRITICITÀ HA MESSO IN RISALTO?
La pandemia, con il suo impatto travolgente, ha messo solo in evidenza le criticità, fungendo da stress test ulteriore per un sistema già malmesso, rispetto al quale peraltro, oltre la non continuità e sinergia tra prevenzione, cronicità, territorio e ospedale, si sono evidenziate inadeguatezze e carenze strutturali, logistiche, di dotazioni minime di devices, di apparecchiature e di farmaci, inidonee pianificazioni dedicate alle pandemie, ma anche e soprattutto strutture ospedaliere vetuste, anacronistiche, non idonee come lay out logistico e organizzativo a gestire le improvvise esigenze di separazione nei percorsi e nel trattamento di pazienti infetti o potenzialmente tali, con grave carenza di posti letto per setting assistenziali complessi, come le terapie intensive. Nella rete del territorio, nelle cure primarie, tra Distretti e ambito domiciliare, con le USCA, di nuova istituzione nel 2020, si è tentato di dare risposte in maniera emergenziale a una condizione di assistenza non sempre coerente alla domanda di prestazioni domiciliari, e la rete della medicina primaria e di base ha fatto quello che poteva, spesso con i limitati mezzi di cui disponeva, segnando la totale cesura grave rispetto a una necessaria linea di continuità organico-funzionale tra medicina di prevenzione, sanità del territorio, quella ospedaliera, e gli ambiti domiciliari. La crisi di riallineamento per il recupero delle prestazioni specialistiche e ambulatoriali “non Covid” per milioni di attese, ancora non risolte, ne è l’emblema palmare. Politiche di risposta a vincoli comunitari hanno poi generato, dal 2000 in poi, scelte verso impianti di federalismo e di devoluzione di poteri, creando caotiche aree di sovrapposizione e incertezza decisionale tra Stato e Regioni, che non hanno premiato il sistema sanitario, amplificando vieppiù differenziazioni territoriali, spesso basate
sulle capacità differenziate di produzione di Pil e di ricchezza locale, che peraltro, pur con le notevoli e maggiori capacità organizzative e di offerta, non hanno visto arginare meglio la pandemia e i suoi effetti sui sistemi sanitari regionali.
NEL SUO RECENTE LIBRO “SCENARI E MODELLI DI GOVERNO, ORGANIZZAZIONE E MANAGEMENT DEL SISTEMA SANITARIO ITALIANO, TRA PANDEMIA E PNRR”, HA PARLATO DELLE STRUTTURE SANITARIE E PIÙ IN GENERALE DEL TEMA DELLA SALUTE RIFERITO A TIPOLOGIE DI SISTEMI COMPLESSI. COSA INTENDE CON IL TERMINE “COMPLESSO”?
Premettiamo col dire che nel mondo dell’organizzazione e management aziendale, la complessità è un valore, nel senso che porsi, come sosteneva Stacey, nell’ottica della complessità, indossandone le lenti, consente di vedere meglio le tematiche e le problematiche nel loro generarsi e nel loro interrelarsi tra vari ambiti, livelli e tipologie di dinamiche aziendali sanitarie. Solo una gestione per processi, su procedure e processi trasversali, concatenati per output e outcome, ancorati a solidi principi aziendalistici calati opportunamente nella dinamica quotidiana sanitaria, può fungere da stabile criterio orientatore, che tenga insieme clinical governance, enterprise risk management, pianificazioni strategiche e funzioni di controllo del classico ciclo “plando-check-act”, in uno con i processi aziendali primari di erogazione di prestazioni assistenziali e di cura, specificamente attagliati all’unico driver possibile che è dato dal PDTA (percorso diagnostico terapeutico assistenziale), legato alle condizioni del paziente, alle sue esigenze e all’evolvere delle fasi di cura e di patologia. Le dinamiche organizzative,
come un sistema pulsante che pensa e che respira, devono seguire le complessità caleidoscopiche in divenire quotidiano, e dare risposte tipiche dei sistemi complessi di tipo adattivo, mutevoli e dinamicamente alla ricerca di sempre nuovi assetti, per i quali la duttilità e l’aderenza piena alle mutevoli credenziali di domanda e di ambiente, esterno e in-
QUALCHE ESEMPIO DI IMPATTO DELLA COMPLESSITÀ IN AMBITO SANITARIO?
Si guardi, ad esempio, ad alcuni elementi caratterizzanti l’ordinario dispiegarsi del mondo sanitario: il soggetto (paziente) che domanda e riceve le prestazioni sanitarie non è lo stesso soggetto che paga per esse (Regione); il soggetto che governa il sistema dell’offerta di prestazioni (Regione) non è il soggetto che eroga materialmente le prestazioni (Ospedali pubblici, ASL, IRCCS, Case di Cura, privati accreditati); il soggetto che prescrive le tipologie di prestazioni e/o rende le indicazioni e/o le prime cure (MMG/PLS) spesso non è quello che poi materialmente le eroga per setting a più alta intensità e complessità; il soggetto che definisce gli stanziamenti di risorse (Stato) non è né il paziente e né l’erogatore; l’organizzazione del sistema sul territorio preposto a erogare le prestazioni compete alle Regioni, mentre la fissazione del novero di prestazioni da erogare, quindi i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), compete allo Stato; le modalità di riparto del finanziamento dipendono dalla stratificazione demografica della popolazione, quindi a popolazione più anziana corrispondono maggiori risorse, secondo la logica di riparto basata sostanzialmente ancora sul meccanismo della quota capitaria; il livello di stanziamento delle risorse pubbliche per la sanità, a sua volta, dipende da aspetti sovranazionali di impegni legati
terno, costituiscono il valore aggiunto e il possibile vantaggio competitivo per la migliore performance al paziente utente nel contesto del sistema. Per aversi un sistema, che è poi complesso e adattivo, occorre che ricorrano relazioni organiche e interagenti tra gli elementi, un senso di biologia viva tra gli elementi, un dinamismo rispetto al quale azioni modificatorie, che paiono migliorative, possono portare aspetti positivi su ambiti specifici ma creare disequilibri in altri, talvolta con effetti molto più dannosi dei benefici, in una economia complessiva.
UN ASPETTO COMPLESSO DEL TEMA SANITARIO È CERTAMENTE QUELLO ECONOMICO. QUALI SONO LE LOGICHE E I MECCANISMI DI FUNZIONAMENTO DELL’ECONOMIA SANITARIA?
LA SPESA SANITARIA PUBBLICA ITALIANA
al Patto di Stabilità con l’Unione Europea, come il rapporto deficit/PIL al 3% (oggi all’8%) e quello debito/PIL al 60% (attualmente oltre il 140%); la spesa pubblica, che interpreta il fabbisogno sanitario standard solo come fattore di base, tratto dalle Regioni benchmark, rispetto poi a quella che sarà la vera spesa stanziata, ben lontana dall’essere vera “spesa standard”, e invece nulla più che mera “spesa possibile”, alla luce di aspetti come la crescita interna e quindi ricchezza, come PIL, da poter rivolgere anche alla spesa pubblica sanitaria; la stessa iniziativa economica del privato, di cui all’art. 41 Cost., fortemente condizionata dalle normative e dai vincoli organizzativi e di spesa pubblici, rispetto ad autorizzazioni e accreditamenti; le economie di scala difficilmente realizzabili a fronte della unicità dei caratteri della prestazione medica specifica e degli altissimi costi correlati, specie per le aree di alta complessità assistenziale.
Avere una visione complessiva, a tutto tondo, che approcci quindi dal punto di vista della complessità, è uno dei paradigmi di fondo dell’approccio sistemico al governo e gestione di sistemi complessi di tipo adattivo, come sono in definitiva tutti gli ambiti sanitari, siano essi ospedali, o aziende di territorio, o loro derivazioni e partizioni.
Un sistema sanitario è in fondo un insieme di regole poste per assicurare il finanziamento e l’organizzazione più consone rispetto alla erogazione di prestazioni sanitarie per conseguire gli obiettivi di tutela della salute mediante una allocazione efficiente delle risorse in un contesto di sostenibilità economica di lungo periodo. D’altra parte le prestazioni sanitarie costituiscono una tipologia di beni e servizi definibile a produzione congiunta, riverberando sul sistema generale effetti di qualità di vita e di benessere, sia direttamente per i pazienti, che per l’intera collettività. Si tratta di applicare gli elementi e gli strumenti della scienza economica al settore sanitario, evidentemente nell’ottica di poter meglio pianificare, programmare, gestire, coordinare, verificare, valutare e controllare i processi erogativi di prestazioni sanitarie, a tutto tondo, per tutti i livelli assistenziali e per tutte le tipologie di aziende e realtà sanitarie, nel solo fine di poter assicurare migliori e più ampi benefici in termini di tutela della salute per la collettività intera, nazionale! Elementi come prezzi e quantità, equilibrio generale, domanda e offerta, ricorrono ormai ordinariamente nello scenario di spesa e organizzazione dell’ambito sanitario, pur partendo da un assunto invero difficile da attuarsi sempre, come le scelte che si assumono sempre ottimizzanti e razionali, alla luce della sempiterna dicotomia tra scarsità delle risorse e stringenti vincoli di bilancio, che impongono scelte economiche di tipologie di consumo e risparmio, chiamando in causa l’importante principio del “costo-opportunità”, dovendo il sistema e i suoi decisori optare per scelte che portino a premiare alcuni fattori a scapito di altri di cui si deve rinunciare. L’equilibrio del mercato non si consegue agevolmente come in una condizione di concorrenza perfetta, ma risente di elementi di disturbo che sono insiti nella natura stessa del rapporto asimmetrico tra domanda e offerta. Dunque si pone specie oggi e specie in sanità, un tema di necessarie scelte aggregate, verso un obiettivo ottimale, e spesso ciò porta alle note scelte di priority setting, per assicurare allocazione di risorse su ambiti di prestazioni e servizi sanitari maggiormente necessari e utili, come massivamente accaduto durante la pandemia. Il tutto, verso una ardua possibile coincidenza tra “utilità individuale” e “utilità sociale”, grazie a una distribuzione delle risorse che rende omogenea la percezione di utilità del singolo rispetto a quella sociale della intera collettività.
AMMONTA A CIRCA 128 MLD DI EURO, SEGNANDO UN CONTENIMENTO AL 6,5% RISPETTO AL 7.3% DEL PIL NAZIONALE DEL 2020, QUASI UN DATO PRE-COVID. QUESTO DATO PORTA L’ITALIA AD ESSERE L’ULTIMA DOPO GERMANIA, FRANCIA, AUSTRIA, BELGIO, SPAGNA, AVANTI SOLO ALLA GRECIA MA DI POCO. DA COSA DIPENDE SECONDO LEI?
Lo scenario comparato dei sistemi sanitari europei restituisce una morfologia articolata essenzialmente tra modelli Bismark e Beveridge, con il primo inizialmente scelto anche in Italia – tendenzialmente basato su un impianto assicurativo mutualistico, rivolto piuttosto alla popolazione lavorativa - poi sostituito, con la riforma posta con la L. 833/1978, da quello Beveridge, di tipo tax-founded, a copertura universale, sul modello di quello britannico del National Health Service (NHS). Il primo modello è piuttosto diffuso in paesi come Germania, Austria, Svizzera, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, mentre quello ormai anche italiano, è diffuso in paesi come Regno Unito, Spagna, Norvegia, Finlandia, Svezia, Islanda, e anche fuori Europa, in Canada. Al di là della scelta tra due modelli, va detto come l’esperienza degli stati europei dimostri la centralità del valore strategico delle cure primarie, in quanto i sistemi sanitari che assicurano assistenza in termini di prevenzione e quindi di presa in carico e cura, si rivelano più efficaci sia in termini di salute che di gradimento nella popolazione di utenti. Per quanto rispetto all’Europa l’Italia si viva una certa subalternità, specie rispetto al livello delle risorse investite rispetto al PIL, va detto che sul piano della qualità assistenziale e delle competenze e capacità delle professionalità sanitarie, nonostante le più contenute risorse, l’Italia veleggia sempre ai primi posti, su scala mondiale, per rilevanza della ricerca medica di alto impact factor oltre che per la elevata qualità prestazionale, specie per la ricerca traslazionale. In buona sostanza, il nostro sistema sanitario resta in linea generale il migliore, per natura, morfologia, logica culturale e scientifica, competenze professionali, allorquando tutto riesca ad allinearsi ed operare secondo le aspettative. Gli aspetti critici quindi non sono culturali o metodologici, ma di pratica attuazione, nella spesso acuto parallelismo critico e gap di capacità, tra programmazione, governo clinico e strategico, attuazione, monitoraggio e controllo, sia della spesa che delle prestazioni. Quanto alle differenze, occorre tenere in conto che le politiche sanitarie di spesa risentono delle disponibilità di risorse, legate ad aspetti di crescita economica, oltre che di impostazione politico-ideologica, rispetto alla quale l’Italia, con il suo impianto costituzionale, non ha nulla da invidiare ad altre culture europee e mondiale.