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INTERVISTA AL PROF. GIUSEPPE MELONE, ECONOMISTA E MANAGER SANITARIO, DOCENTE DI “ORGANIZZAZIONE DELLE AZIENDE SANITARIE” - UNIVERSITÀ

UNITELMA SAPIENZA DI ROMA

58 anni, napoletano, è un Economista aziendale e Manager Sanitario, Professore a contratto di Organizzazione delle Aziende Sanitarie presso l’Università degli Studi Unitelma Sapienza di Roma, Dottore Commercialista, Dirigente d’azienda, Docente di formazione manageriale. Ha conseguito la Laurea in Economia e Commercio e quindi l’Abilitazione professionale presso l’Università degli Studi “Federico II” di Napoli, Facoltà di Economia. Esperto di governo, organizzazione e management aziendale, per 10 anni economista industriale, con esperienza nel campo editoriale (IL MATTINO di Napoli) e da oltre 25 anni impegnato nella direzione di importanti enti, istituzioni e aziende pubbliche e private del Sistema Sanitario Italiano (ASL, IRCCS, Agenzia Regionale Sanitaria, Holding di Case di Cura accreditate) e nel campo della docenza accademica di formazione manageriale. Relatore in numerosi congressi scientifici, accademici, dibattiti ed eventi tematici. Ha pubblicato su importanti riviste articoli, studi e interviste in materia giuridica, economica e organizzativa, in particolare riferiti all’ambito sanitario. Da, ultimo, con riguardo alle tematiche inerenti alla pandemia da Covid-19 ed al PNRR, ha pubblicato il testo universitario dal titolo “Scenari e modelli di governo, organizzazione e management del sistema sanitario italiano, tra pandemia e PNRR”, edito da Maggioli nel gennaio 2023.

PROF. MELONE, COME È CAMBIATA LA SANITÀ ITALIANA CON LA PANDEMIA E QUALI CRITICITÀ HA MESSO IN RISALTO?

La pandemia, con il suo impatto travolgente, ha messo solo in evidenza le criticità, fungendo da stress test ulteriore per un sistema già malmesso, rispetto al quale peraltro, oltre la non continuità e sinergia tra prevenzione, cronicità, territorio e ospedale, si sono evidenziate inadeguatezze e carenze strutturali, logistiche, di dotazioni minime di devices, di apparecchiature e di farmaci, inidonee pianificazioni dedicate alle pandemie, ma anche e soprattutto strutture ospedaliere vetuste, anacronistiche, non idonee come lay out logistico e organizzativo a gestire le improvvise esigenze di separazione nei percorsi e nel trattamento di pazienti infetti o potenzialmente tali, con grave carenza di posti letto per setting assistenziali complessi, come le terapie intensive. Nella rete del territorio, nelle cure primarie, tra Distretti e ambito domiciliare, con le USCA, di nuova istituzione nel 2020, si è tentato di dare risposte in maniera emergenziale a una condizione di assistenza non sempre coerente alla domanda di prestazioni domiciliari, e la rete della medicina primaria e di base ha fatto quello che poteva, spesso con i limitati mezzi di cui disponeva, segnando la totale cesura grave rispetto a una necessaria linea di continuità organico-funzionale tra medicina di prevenzione, sanità del territorio, quella ospedaliera, e gli ambiti domiciliari. La crisi di riallineamento per il recupero delle prestazioni specialistiche e ambulatoriali “non Covid” per milioni di attese, ancora non risolte, ne è l’emblema palmare. Politiche di risposta a vincoli comunitari hanno poi generato, dal 2000 in poi, scelte verso impianti di federalismo e di devoluzione di poteri, creando caotiche aree di sovrapposizione e incertezza decisionale tra Stato e Regioni, che non hanno premiato il sistema sanitario, amplificando vieppiù differenziazioni territoriali, spesso basate

sulle capacità differenziate di produzione di Pil e di ricchezza locale, che peraltro, pur con le notevoli e maggiori capacità organizzative e di offerta, non hanno visto arginare meglio la pandemia e i suoi effetti sui sistemi sanitari regionali.

NEL SUO RECENTE LIBRO “SCENARI E MODELLI DI GOVERNO, ORGANIZZAZIONE E MANAGEMENT DEL SISTEMA SANITARIO ITALIANO, TRA PANDEMIA E PNRR”, HA PARLATO DELLE STRUTTURE SANITARIE E PIÙ IN GENERALE DEL TEMA DELLA SALUTE RIFERITO A TIPOLOGIE DI SISTEMI COMPLESSI. COSA INTENDE CON IL TERMINE “COMPLESSO”?

Premettiamo col dire che nel mondo dell’organizzazione e management aziendale, la complessità è un valore, nel senso che porsi, come sosteneva Stacey, nell’ottica della complessità, indossandone le lenti, consente di vedere meglio le tematiche e le problematiche nel loro generarsi e nel loro interrelarsi tra vari ambiti, livelli e tipologie di dinamiche aziendali sanitarie. Solo una gestione per processi, su procedure e processi trasversali, concatenati per output e outcome, ancorati a solidi principi aziendalistici calati opportunamente nella dinamica quotidiana sanitaria, può fungere da stabile criterio orientatore, che tenga insieme clinical governance, enterprise risk management, pianificazioni strategiche e funzioni di controllo del classico ciclo “plando-check-act”, in uno con i processi aziendali primari di erogazione di prestazioni assistenziali e di cura, specificamente attagliati all’unico driver possibile che è dato dal PDTA (percorso diagnostico terapeutico assistenziale), legato alle condizioni del paziente, alle sue esigenze e all’evolvere delle fasi di cura e di patologia. Le dinamiche organizzative,

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come un sistema pulsante che pensa e che respira, devono seguire le complessità caleidoscopiche in divenire quotidiano, e dare risposte tipiche dei sistemi complessi di tipo adattivo, mutevoli e dinamicamente alla ricerca di sempre nuovi assetti, per i quali la duttilità e l’aderenza piena alle mutevoli credenziali di domanda e di ambiente, esterno e in-

QUALCHE ESEMPIO DI IMPATTO DELLA COMPLESSITÀ IN AMBITO SANITARIO?

Si guardi, ad esempio, ad alcuni elementi caratterizzanti l’ordinario dispiegarsi del mondo sanitario: il soggetto (paziente) che domanda e riceve le prestazioni sanitarie non è lo stesso soggetto che paga per esse (Regione); il soggetto che governa il sistema dell’offerta di prestazioni (Regione) non è il soggetto che eroga materialmente le prestazioni (Ospedali pubblici, ASL, IRCCS, Case di Cura, privati accreditati); il soggetto che prescrive le tipologie di prestazioni e/o rende le indicazioni e/o le prime cure (MMG/PLS) spesso non è quello che poi materialmente le eroga per setting a più alta intensità e complessità; il soggetto che definisce gli stanziamenti di risorse (Stato) non è né il paziente e né l’erogatore; l’organizzazione del sistema sul territorio preposto a erogare le prestazioni compete alle Regioni, mentre la fissazione del novero di prestazioni da erogare, quindi i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), compete allo Stato; le modalità di riparto del finanziamento dipendono dalla stratificazione demografica della popolazione, quindi a popolazione più anziana corrispondono maggiori risorse, secondo la logica di riparto basata sostanzialmente ancora sul meccanismo della quota capitaria; il livello di stanziamento delle risorse pubbliche per la sanità, a sua volta, dipende da aspetti sovranazionali di impegni legati

terno, costituiscono il valore aggiunto e il possibile vantaggio competitivo per la migliore performance al paziente utente nel contesto del sistema. Per aversi un sistema, che è poi complesso e adattivo, occorre che ricorrano relazioni organiche e interagenti tra gli elementi, un senso di biologia viva tra gli elementi, un dinamismo rispetto al quale azioni modificatorie, che paiono migliorative, possono portare aspetti positivi su ambiti specifici ma creare disequilibri in altri, talvolta con effetti molto più dannosi dei benefici, in una economia complessiva.

UN ASPETTO COMPLESSO DEL TEMA SANITARIO È CERTAMENTE QUELLO ECONOMICO. QUALI SONO LE LOGICHE E I MECCANISMI DI FUNZIONAMENTO DELL’ECONOMIA SANITARIA?

LA SPESA SANITARIA PUBBLICA ITALIANA

al Patto di Stabilità con l’Unione Europea, come il rapporto deficit/PIL al 3% (oggi all’8%) e quello debito/PIL al 60% (attualmente oltre il 140%); la spesa pubblica, che interpreta il fabbisogno sanitario standard solo come fattore di base, tratto dalle Regioni benchmark, rispetto poi a quella che sarà la vera spesa stanziata, ben lontana dall’essere vera “spesa standard”, e invece nulla più che mera “spesa possibile”, alla luce di aspetti come la crescita interna e quindi ricchezza, come PIL, da poter rivolgere anche alla spesa pubblica sanitaria; la stessa iniziativa economica del privato, di cui all’art. 41 Cost., fortemente condizionata dalle normative e dai vincoli organizzativi e di spesa pubblici, rispetto ad autorizzazioni e accreditamenti; le economie di scala difficilmente realizzabili a fronte della unicità dei caratteri della prestazione medica specifica e degli altissimi costi correlati, specie per le aree di alta complessità assistenziale.

Avere una visione complessiva, a tutto tondo, che approcci quindi dal punto di vista della complessità, è uno dei paradigmi di fondo dell’approccio sistemico al governo e gestione di sistemi complessi di tipo adattivo, come sono in definitiva tutti gli ambiti sanitari, siano essi ospedali, o aziende di territorio, o loro derivazioni e partizioni.

Un sistema sanitario è in fondo un insieme di regole poste per assicurare il finanziamento e l’organizzazione più consone rispetto alla erogazione di prestazioni sanitarie per conseguire gli obiettivi di tutela della salute mediante una allocazione efficiente delle risorse in un contesto di sostenibilità economica di lungo periodo. D’altra parte le prestazioni sanitarie costituiscono una tipologia di beni e servizi definibile a produzione congiunta, riverberando sul sistema generale effetti di qualità di vita e di benessere, sia direttamente per i pazienti, che per l’intera collettività. Si tratta di applicare gli elementi e gli strumenti della scienza economica al settore sanitario, evidentemente nell’ottica di poter meglio pianificare, programmare, gestire, coordinare, verificare, valutare e controllare i processi erogativi di prestazioni sanitarie, a tutto tondo, per tutti i livelli assistenziali e per tutte le tipologie di aziende e realtà sanitarie, nel solo fine di poter assicurare migliori e più ampi benefici in termini di tutela della salute per la collettività intera, nazionale! Elementi come prezzi e quantità, equilibrio generale, domanda e offerta, ricorrono ormai ordinariamente nello scenario di spesa e organizzazione dell’ambito sanitario, pur partendo da un assunto invero difficile da attuarsi sempre, come le scelte che si assumono sempre ottimizzanti e razionali, alla luce della sempiterna dicotomia tra scarsità delle risorse e stringenti vincoli di bilancio, che impongono scelte economiche di tipologie di consumo e risparmio, chiamando in causa l’importante principio del “costo-opportunità”, dovendo il sistema e i suoi decisori optare per scelte che portino a premiare alcuni fattori a scapito di altri di cui si deve rinunciare. L’equilibrio del mercato non si consegue agevolmente come in una condizione di concorrenza perfetta, ma risente di elementi di disturbo che sono insiti nella natura stessa del rapporto asimmetrico tra domanda e offerta. Dunque si pone specie oggi e specie in sanità, un tema di necessarie scelte aggregate, verso un obiettivo ottimale, e spesso ciò porta alle note scelte di priority setting, per assicurare allocazione di risorse su ambiti di prestazioni e servizi sanitari maggiormente necessari e utili, come massivamente accaduto durante la pandemia. Il tutto, verso una ardua possibile coincidenza tra “utilità individuale” e “utilità sociale”, grazie a una distribuzione delle risorse che rende omogenea la percezione di utilità del singolo rispetto a quella sociale della intera collettività.

AMMONTA A CIRCA 128 MLD DI EURO, SEGNANDO UN CONTENIMENTO AL 6,5% RISPETTO AL 7.3% DEL PIL NAZIONALE DEL 2020, QUASI UN DATO PRE-COVID. QUESTO DATO PORTA L’ITALIA AD ESSERE L’ULTIMA DOPO GERMANIA, FRANCIA, AUSTRIA, BELGIO, SPAGNA, AVANTI SOLO ALLA GRECIA MA DI POCO. DA COSA DIPENDE SECONDO LEI?

Lo scenario comparato dei sistemi sanitari europei restituisce una morfologia articolata essenzialmente tra modelli Bismark e Beveridge, con il primo inizialmente scelto anche in Italia – tendenzialmente basato su un impianto assicurativo mutualistico, rivolto piuttosto alla popolazione lavorativa - poi sostituito, con la riforma posta con la L. 833/1978, da quello Beveridge, di tipo tax-founded, a copertura universale, sul modello di quello britannico del National Health Service (NHS). Il primo modello è piuttosto diffuso in paesi come Germania, Austria, Svizzera, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, mentre quello ormai anche italiano, è diffuso in paesi come Regno Unito, Spagna, Norvegia, Finlandia, Svezia, Islanda, e anche fuori Europa, in Canada. Al di là della scelta tra due modelli, va detto come l’esperienza degli stati europei dimostri la centralità del valore strategico delle cure primarie, in quanto i sistemi sanitari che assicurano assistenza in termini di prevenzione e quindi di presa in carico e cura, si rivelano più efficaci sia in termini di salute che di gradimento nella popolazione di utenti. Per quanto rispetto all’Europa l’Italia si viva una certa subalternità, specie rispetto al livello delle risorse investite rispetto al PIL, va detto che sul piano della qualità assistenziale e delle competenze e capacità delle professionalità sanitarie, nonostante le più contenute risorse, l’Italia veleggia sempre ai primi posti, su scala mondiale, per rilevanza della ricerca medica di alto impact factor oltre che per la elevata qualità prestazionale, specie per la ricerca traslazionale. In buona sostanza, il nostro sistema sanitario resta in linea generale il migliore, per natura, morfologia, logica culturale e scientifica, competenze professionali, allorquando tutto riesca ad allinearsi ed operare secondo le aspettative. Gli aspetti critici quindi non sono culturali o metodologici, ma di pratica attuazione, nella spesso acuto parallelismo critico e gap di capacità, tra programmazione, governo clinico e strategico, attuazione, monitoraggio e controllo, sia della spesa che delle prestazioni. Quanto alle differenze, occorre tenere in conto che le politiche sanitarie di spesa risentono delle disponibilità di risorse, legate ad aspetti di crescita economica, oltre che di impostazione politico-ideologica, rispetto alla quale l’Italia, con il suo impianto costituzionale, non ha nulla da invidiare ad altre culture europee e mondiale.

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UN POSSIBILE CONFRONTO DI TENUTA

RISPETTO AGLI ALTRI SISTEMI SANITARI

EUROPEI? Tra i paesi che peggio stanno uscendo dal post pandemia certamente l’Inghilterra è quella che sta mostrando le peggiori condizioni di crisi sistemica, che impatta sia sul personale medico e sanitario, gravato da ponderosi carichi di lavoro e inadeguati meccanismo incentivanti – tanto da ricorrere ai medici gettonisti, nel mentre in Italia, nel 2024, si stima mancheranno oltre 40.000 medici -, sia sulla sanità territoriale e domiciliare, molto carente e che non ha più visto momenti di sostegno, sia sul piano stesso erogativo, senza adeguata prevenzione, né attenzione alle cronicità e lungodegenze. L’uscita dal covid si sta mostrando molto complessa e la ripresa di ordinarietà vede liste di attesa di quasi sette milioni di pazienti ospedalieri. La Francia si sta cimentando con una riforma delle pensioni che sta lacerando il tessuto sociale, e i malandati conti di previdenza sociale portano a intervenire a delimitare anche molti ambiti di prestazioni sanitarie di tipo pubblico, pur però mantenendo centrali politiche sanitarie di prevenzione. Anche la Spagna come l’Italia e l’Inghilterra, sta affrontando una grave carenza di medici che segnalano condizioni di lavoro davvero insostenibili, con fughe verso il settore privato. In Germania si sta tentando di razionalizzare la spesa sanitaria, evitando di incidere sulla qualità dei servizi sanitati, intervenendo sul sistema di remunerazione delle prestazioni specie ospedaliere, cercando di spalmare i costi di sistema su un novero più ampio di soggetti, tra cui anche gli operatori sanitari. Paesi europei più distanti dai nostri modelli, come Norvegia, Svezia, Finlandia, pure soffrono su aspetti di sistema, piuttosto che di spesa sanitaria, di idonea disponibilità di risorse umane, qui emergendo peraltro tematiche di numero di medici, di formazione medica, di condizioni di lavoro, di stress e burnout, rispetto al tema della sola remunerazione, che in quei contesti è già molto superiore rispetto alla media europea.

COME VA LETTO ALLORA IL

TEMA DEL FINANZIAMENTO DELLA SPESA SANITARIA?

Alla base dell’attuale profilo del SSN e del FSN vi sono riverberi di impianti normativi come il Patto di stabilità, del 2009, che ad esempio ha portato effetti sul tema delle risorse umane (con i blocchi nelle assunzioni di personale dal 2010, al livello di spesa del 2004 meno l’1,4%), alla base della perdita di oltre 40 mila unità di professionisti sanitari, in dieci anni, di cui oltre il 10% di medici e il resto tra infermieri e professioni sanitarie varie. La pandemia ha certamente portato a stanziamenti straordinari, grazie al blocco di detto Patto, e, se è vero che, tra 2020 e 2021, si è proceduto a circa 16.000 assunzioni di personale in regime derogatorio, ad oggi il blocco del 2009 resta ancora in essere. Certamente il dato italiano di finanziamento del FSN muoveva da dati molto contenuti nel 2019, con 114,4 miliardi di euro, pari a un 6,4% del Pil - rispetto a valori ben più rilevanti, del 9,8% della Germania, del 9,3% della Francia e del 7,8% del Regno Unito -, e certamente solo grazie alla pandemia si è saliti a 7,3% del Pil nel 2020, ma i dati vanno letti in modo organico e nel loro effetto combinato, con i fattori macroeconomici cui si faceva cenno; con una spesa sanitaria che nelle Regioni giunge a oltre il 70%, con livelli di spesa dovuta al covid, nel 2021, per 8,3 mld di euro in più, peraltro rimborsati solo in 4,5 mld di euro, e quindi con un saldo di 3,8 mld di euro che le Regioni ancora attendono per non andare in disavanzo strutturale. Se quindi Germania e Francia hanno una spesa procapite molto superiore alla nostra (il dato 2019 era di 3.450 e 3.071 euro pro capite, contro i 2.178

euro italiani) ciò è dovuto a una struttura del tutto differente delle loro economie, con dati di sviluppo e crescita molto maggiori, con un valore di Pil che travalica quello italiano del 39 e del 20%, onde per potersi rapportare ai loro valori necessiterebbe un incremento tra i 30 e 40 mdl di euro incrementali. Analisi di settore tenderebbero a evidenziare un livello del nostro FSN, per mantenersi adeguato al poter di acquisto, spinto oltre i 130 md di euro annui. Su tutto deve far riflettere che gli sforamenti rispetto al Patto di Stabilità europeo sono stati possibili solo grazie alla straordinarietà dovuta alla pandemia, che ne ha sospeso gli effetti, ma, già dal 2024 detto Piano ripartirà e certamente riproporrà il tema delle condizioni di enorme indebitamento dell’Italia, che nel febbraio scorso era stimato a 2.772 mld di euro, in tendenziale crescita, con incrementi nell’ordine di 34 mld di euro sull’anno precedente. Da considerare poi anche il rapporto debito/pil che resta alto, al 144,7%; il rapporto deficit/pil che si è attestato all’8%, sforando le stime del 5,6% del Nadef, pur provenendo da un 9,7 % del 2020; ancora una crescita reale del 3,7% del pil, minore del previsto 3,9%, e che si va molto contenendo, verso un 1% nel 2023, per i detti effetti combinati, per lo più inflattivi, in corso; ancora, una pressione fiscale al 43,5% per il 2022. I primi segnali europei circa la ripresa del Patto, con un rigorismo “annunciato”, devono far riflettere, ponendosi in evidenza le peculiarità tutte italiane dello sbilancio tra crescita, debito, deficit e inflazione.

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LO SCENARIO È DAVVERO COMPLESSO, PROFESSORE CI DICA DI PIÙ.

Per la sanità il tema va visto come parte rilevante di un sistema Paese più allargato, cui comunque va assicurata un’ottica preliminarmente di nuova impostazione sistemica, di nuova efficienza ed efficacia complessiva, con dati ed elementi fattuali di costi, spese, LEA aggiornati, quantità e qualità delle prestazioni e dei servizi integrati tra sanità e sociale, tra pubblico e privato, tra territorio e ospedale, con una prossimità assistenziale al centro. La prima fondamentale analisi andrebbe quindi meglio centrata sul livello di prestazioni realmente essenziali, quindi da dover garantire a livello nazionale, e solo dopo concentrarsi sull’aspetto della distinzione di spesa sanitaria, tra pubblica e privata, per meglio dire, scindere le due quote relative a prestazioni offerte da strutture del tutto pubbliche e strutture afferenti al comparto del c.d. privato accreditato, e quindi del privato autorizzato e del tutto privato.

In tal senso un ruolo fondamentale lo avrebbero sia un più organico sistema di programmazione e pianificazione e controllo, statale oltre che regionale, nonché da ultimo il tanto agognato decreto tariffe per dare avvio ai LEA previsti ormai nel 2017, e con essi anche il nuovo sistema di indicatori e di monitoraggio che tante informazioni di dettaglio potrebbe fornire per le decisioni strategiche. La spesa complessivamente sostenuta per il comparto sanitario ammonta quindi a circa 180 mld di euro, di cui circa 36 a carico dei privati cittadini, ed è a questo valore lordo che deve rapportarsi un possibile approccio politico e di livellamento di congruità della spesa sanitaria, ma certamente previe operazioni di analisi molto di dettaglio e di razionalizzazione dell’offerta e degli ambiti di appropriatezza e di prestazioni necessarie, da erogare in modi e forme eque, consone e tempestive.

ANALISI MOLTO COMPLESSE, OCCORRERÀ LEGGERE IL SUO LIBRO! MA, IN DEFINITIVA, IL PNRR, HA DAVVERO IN SE TUTTE LE RISPOSTE?

Che dire, certamente i piani di discussione che si intersecano sono molteplici, e proprio questa angolazione multilivello e pluriangolare credo sia il possibile valore aggiunto del mio recente lavoro. Quanto al PNRR, sta diventando una sorta di chimera nel gergo comune mediatico, di stampa, su tutti i social, generando prese di posizioni pro e contro. A parte le complessità, che il PNRR pure possiede, e che la versione italiana eredita, le vere risposte sono comunque nella auspicata compiuta attuazione della riforma della sanità del territorio, che possa tra l’altro rinsaldare la filiera assistenziale con l’ospedalità per acuti, muovendo dall’attenzione centrale per quella che vado ritenendo possa essere la possibile nuova pandemia, e cioé la cronicità, in rapporto al profilo demografico che la nostra popolazione sta assumendo. La struttura strategica del DM 77 del maggio 2022, pare mirare al nodo dei problemi, con le relative previsioni delle 1.350 case della comunità, dei 400 ospedali di comunità, delle 600 centrali operative territoriali, e la centralità del ruolo della telemedicina, con l’orizzonte di raggiungere ai propri domicili almeno 800 mila persone con più di 65 anni, grazie anche al supporto di una recuperata funzione attribuita al FSE, fascicolo sanitario elettronico, sulla base di autostrade digitali altamente interoperabili pure rese possibili dagli investimenti del PNRR. A latere sono previsti 7 miliardi di investimenti per l’ammodernamento e potenziamento strutturale dell’edilizia ospedaliera, e quindi si delinea un potenziamento di of-

ferta e di capacità assistenziale, tra ospedale e territorio, che tuttavia enfatizza ancora di più il tema delle risorse umane, che, come detto, viaggia a livelli di fabbisogno, dal 2026 in poi, di oltre 42 mila medici, a fronte del quale, le pur previste misure avviate, con maggiori posti di medicina e ampliamento delle specializzazioni, non potranno dare risultati prima di un decennio. Valgono, sul piano generale, richiami importanti che arrivano anche da livelli altissimi delle nostre Istituzioni, come quello recente della Consulta, che ha sottolineato la necessità di aggiornare LEA e al fine di evitare l’obsolescenza delle cure e garantire l’eguaglianza nell’accesso alle migliori prestazioni sul territorio nazionale, altresì sottolineando come i principi di finanza pubblica debbano essere letti comunque in una chiave armonica rispetto alle tutela dei diritti e il soddisfacimento dei bisogni delle persone; tutela che chiama in causa evidentemente l’asset strategico tra Stato e Regioni. Come ho avuto modo di dire, per la giornata mondiale della tutela della salute, del 7 aprile scorso, la portata valoriale di equità e universalità del nostro SSN, nel solco del solidarismo costituzionale dell’Art. 3 e 32 della Costituzione, deve rimanere come un valore da custodire e celebrare nello spirito unitario nazionale; in tal senso il processo di graduale uscita dalla pandemia deve tendere verso una nuova centralità che colga in pieno e totalmente le opportunità del PNRR quale opzione ineludibile di futuro per il nostro Paese.

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SCENARI E MODELLI DI GOVERNO, ORGANIZZAZIONE E MANAGEMENT DEL SISTEMA SANITARIO ITALIANO, TRA PANDEMIA E PNRR

La vicenda pandemica, con i suoi smottamenti sul piano sia sociale che economico, ha imposto un nuovo protagonismo alle tematiche di ambito sanitario, innescando momenti di consapevolezza mondiale, che, sul piano europeo, hanno dato la stura a politiche di riforme e di investimenti che, forse, per la prima volta, vedono l’Europa atteggiarsi ad autentica realtà comunitaria sovranazionale nell’interesse degli Stati membri.

A livello di sistema Paese, le notevoli leve di impulso – di cui al Next Generation EU e al PNRR – stanno offrendo un’imperdibile opzione di ripresa in termini sia di sviluppo

socio-economico, sia di allineamento su ambiti fortemente valoriali, rivendicando una centralità di ruolo e risorse rispetto alle tematiche di sicurezza della collettività, di beni pubblici, di una tutela della salute accessibile, tempestiva, appropriata, omogenea ed efficace, nel solco del solidarismo forte che permea i diritti costituzionali degli artt. 3 e 32, nell’economia di un rapporto virtuoso StatoRegioni. Il testo si pone quindi, per struttura e approccio, come utile contributo e supporto sia per studenti che per addetti ai lavori, una visione sistemica del più importante perno sociale e strategico dell’Italia e di tutta l’Europa: il suo sistema salute.

ore 14:30 Registrazione dei partecipanti

ore 15:00 Apertura dei lavori e Saluti Istituzionali

Egidio Paoletti, Presidente di Assosistema Confindustria

On. Marcello Gemmato, Sottosegretario di Stato alla Salute

ore 15:20

Tavola Rotonda Moderata da Andrea Pancani, Vice Direttore LA7

“IL FUTURO DELLA SANITÀ E DEL SSN, ALLA LUCE DEL NUOVO

CODICE APPALTI E DI UN NUOVO MODELLO DI ACQUISTI PUBBLICI. VERSO UNA NUOVA SPENDING REVIEW?”

Intervengono:

Matteo Nevi, Direttore Generale di Assosistema Confindustria

On. Elena Bonetti, XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati

On. Luciano Ciocchetti, Vice Presidente XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati

On. Marco Furfaro, XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati

On. Alberto Luigi Gusmeroli, Presidente X Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera dei Deputati

Sen. Elena Murelli, X Commissione permanente Affari Sociali, Sanità, Lavoro pubblico e privato, Previdenza sociale del Senato

Sen. Ignazio Zullo, X Commissione permanente Affari Sociali, Sanità, Lavoro pubblico e privato, Previdenza sociale del Senato

Luca Del Vecchio, Politiche per il digitale e filiere, Scienze della vita e ricerca di Confindustria

Massimiliano Brugnoletti, Studio legale Brugnoletti & Associati

Giuseppe Melone, Docente Organizzazione delle Aziende Sanitarie Università Unitelma Sapienza di Roma

ore 17:00 Dibattito

ore 17:30 Conclusioni Marco Squassina, Presidente della Sezione Servizi Sanitari Integrati di Assosistema Confindustria

Le

dell’iniziativa sono nell’esclusiva responsabilità dei proponenti e dei relatori e non sono riconducibili in alcun modo al Senato della Repubblica o ad organi del Senato medesimo. L’accesso alla sala - con abbigliamento consono e, per gli uomini, obbligo di giacca e cravattaè consentito fino al raggiungimento della capienza massima.

I giornalisti e gli ospiti devono accreditarsi scrivendo a: eventi@assosistema.it

I lavori del convegno saranno trasmessi in diretta streaming al link https://webtv.senato.it e sul canale YouTube del Senato Italiano https://www.youtube.com/user/SenatoItaliano

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SU INIZIATIVA DI CONFINDUSTRIA MERCOLEDÌ 21 GIUGNO 2023 ROMA, SALA ZUCCARI PALAZZO GIUSTINIANI VIA DELLA DOGANA VECCHIA, 29 ORE 14:30 - 18:00
opinioni e contenuti espressi nell’ambito
ASSEMBLEA PUBBLICA

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