Helen Fielding - Bridget Jones Un amore di ragazzo

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Proprietà letteraria riservata © 2013 by Helen Fielding © 2013 RCS Libri S.p.A., Milano ISBN 978-88-17-06882-6 Titolo originale dell’opera: bRidgeT joneS: MAd AbouT THe boy

Prima edizione: ottobre 2013

Pricetag, words and music by Lukasz gottwald, Claude Kelly, bobby Ray Simmons & jessica Cornish © copyright 2011 Songs of universal, inc/Ham Squad Music, universal/MCA Music Limited, All Rights Reserved, international Copyright Secured, used by permission of Music Sales Limited; © copyright 2011 reproduced by permission of Sony/ATV Music Publishing (uK) Ltd, London W1F 9Ld; © copyright 2011 Warner-Tamberlane Publishing Corp, (bMi) and Studio beast Music (bMi) all rights on behalf of itself and Studio beast Music administered by Warner Tamerlane Publishing Corp; © Published by Kasz Money Publishing and Prescription Songs LLC, administered by Kobalt Music Publishing Limited; and Play The Game, words and music by Freddie Mercury © 1980, Reproduced by permission of Queen Music Ltd/ eMi Music Publishing Ltd, London W1F 9Ld. Questo libro è il prodotto dell’immaginazione dell’Autore. nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi. ogni riferimento a fatti o a persone reali è puramente casuale.

Realizzazione editoriale: studio pym / Milano


Bridget Jones un amore di ragazzo A Dash e Romy


Giovedì 18 aprile 2013 Ore 14,30. Mi ha appena telefonato Talitha. Aveva il tono finto-discreto-e-smodatamente-eccitato di sempre. «Tesoro, volevo farti sapere che il 24 maggio compirò sessant’anni. Ovviamente non dirò a nessuno che sono sessanta. E, ti prego, non spargere la voce: sarà una cosa per pochi intimi. Mi raccomando, tieniti libera!» Panico. «Fantastico!» ho esclamato, poco convinta. «Bridget, non puoi non venire.» «Be’, ecco…» «Qual è il problema?» «Il 24 maggio è anche il compleanno di Roxster» ho sospirato. Silenzio all’altro capo del filo. «È probabile che per quel giorno ci saremo già lasciati da un pezzo, ma, in caso contrario, be’, io…» La mia voce si è ridotta a un sussurro. «Sull’invito ho fatto scrivere “niente bambini”.» «Roxster ha quasi trent’anni!» ho protestato, indignata. «Sto scherzando, tesoro. Devi assolutamente portare il tuo toy boy, affitterò un castello gonfiabile solo per lui! Oddio, la diretta. Devoscappareapresto!» Ho puntato il telecomando verso la tv, ho schiacciato un tasto, un altro, un altro ancora. Niente. Ma perché oggi i televisori hanno tre telecomandi per un totale di novanta ta9


sti? Se si escludono i nerd tredicenni che si sfidano da una cameretta all’altra a colpi di tecnologia, il resto del mondo si sente completamente tagliato fuori. Alla fine, sconfitta, ho buttato i telecomandi sul divano. È stato allora che la tv ha preso vita. Sullo schermo è comparsa Talitha, come al solito impeccabile, con le gambe accavallate in una posa sexy, mentre intervistava il famoso giocatore del Liverpool dai capelli scuri con quel piccolo problema di gestione della rabbia e la tendenza a mordere gli avversari. In quel momento sembrava che volesse addentare Talitha, ma per ragioni molto diverse. Okay. Niente panico. Esaminiamo la questione festa in modo equilibrato e maturo, soppesando attentamente i pro e i contro. portare roxster alla festa: pro

* Non andare alla festa sarebbe imperdonabile. Talitha e io siamo amiche fin dai tempi in cui lei era l’affascinante conduttrice di Sit Up Britain e io una giornalista alle prime armi disastrosamente imbranata. * Andarci con Roxster sarebbe divertente e aiuterebbe la mia autostima, perché, ammettiamolo, questa storia del trentesimo/sessantesimo compleanno è piuttosto spassosa, e poi darebbe un taglio al solito ritornello della “povera single attempata”, neanche si trattasse di una malattia cronica! E pensare che tutti gli uomini della mia età che si separano si ritrovano di nuovo in coppia prima ancora che l’inchiostro sulla sentenza di divorzio sia asciutto! E poi, Roxster è sodo e vellutato come una pesca, talmente figo da escludere la possibilità che la sua donna possa invecchiare.

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portare roxster alla festa: contro

* D’altra parte, Roxster, da buon maschio, di sicuro se la prenderebbe a morte se scoprisse che lo considero alla stregua di una crema antirughe. * Senza contare che ritrovarsi circondato da arzilli vecchietti potrebbe avere l’effetto di allontanarlo da me, sottolineando la mia età in modo del tutto inopportuno e gratuito, per quanto, sia chiaro, io sia molto, ma molto più giovane di Talitha. E, comunque, sappiatelo: mi rifiuto di credere di avere l’età che ho. Per dirla con Oscar Wilde, trentacinque sono gli anni perfetti per una donna, tanto che molte di noi hanno deciso di averli per il resto della vita. * In ogni caso, è probabile che per quel giorno Roxster abbia già in programma una festa con i suoi coetanei, tutti stretti come sardine sul terrazzino per una grigliata con ironico sottofondo di disco music anni Settanta. In questo preciso momento il poverino si starà di certo chiedendo come fare a tenermi all’oscuro di tutto per evitare che i suoi amici scoprano che esce con una donna tanto vecchia da poter essere sua madre. Anzi – tecnicamente, tenendo conto della pubertà precoce dovuta agli ormoni contenuti oggigiorno nel latte e via dicendo –, con una donna abbastanza vecchia da poter essere sua nonna. Oddio. Da dove accidenti mi è uscita questa?

Ore 15,10. Aaargh! Devo andare a prendere Mabel tra venti minuti e non ho ancora preparato le gallette di riso! Argh… Il telefono. «Ho Brian Katzenberg in linea per lei.» Il mio nuovo agente! Un vero agente cinematografico. Ora sì che il mio ritardo sta per diventare mostruoso. 11


«Posso richiamarlo più tardi?» ho cinguettato, mentre cercavo di spalmare di pseudo-burro le gallette, di schiacciarle una sopra l’altra e di infilarle in un sacchetto trasparente con una sola mano. «È a proposito del suo soggetto.» «Sono in… riunione!» ho boccheggiato. Com’era possibile che fossi in riunione e al contempo in grado di rispondere al telefono per spiegare che ero in riunione? Di solito sono le segretarie a dire questo genere di cose, e non le dirette interessate, che dovrebbero essere in riunione e quindi impossibilitate a rispondere al telefono. Mentre correvo a scuola, morivo dalla voglia di richiamare per scoprire di cosa si trattasse. Per ora Brian ha mandato il soggetto a due case di produzione, ed entrambe l’hanno rifiutato. Forse un pesce ha finalmente abboccato all’amo? Dopo una breve lotta contro l’impellente bisogno di telefonare a Brian per dirgli che la “riunione” si era conclusa all’improvviso, ho deciso che conta di più arrivare puntuale a prendere Mabel. Sono una madre premurosa e capace di stabilire le giuste priorità, io. Ore 16,30. Fuori da scuola regnava più confusione del solito, sembrava una scena di Dov’è Wally? Milioni di donne che aiutavano i bambini ad attraversare, schiere di neonati in carrozzina, i classici operai su furgoncini bianchi che litigavano con le classiche casalinghe plurilaureate in suv, un uomo che pedalava con un contrabbasso legato alla schiena e madri vagamente hippie in sella a bici con i cestini traboccanti di bambini. L’intera strada era bloccata. All’improvviso, una donna agitatissima è arrivata di corsa, urlando: «tornate indietro, subito! Qualcuno mi aiuti!!». Ho realizzato che doveva esserci stato un terribile incidente e come tutti gli altri ho ingranato la retro, sono salita 12


sul marciapiede e ho invaso il giardino della casa più vicina per far passare i soccorsi. Non appena la strada è tornata sgombra, ho allungato cautamente il collo alla ricerca dell’ambulanza e del relativo lago di sangue. Ma tutto ciò che ho visto è stata una donna molto elegante alla guida di una Porsche nera che sfrecciava via, con accanto un bambino in uniforme scolastica dall’aria decisamente compiaciuta. Quando finalmente ho raggiunto la scuola materna, Mabel era l’unica bambina rimasta seduta sulle scale, mentre il suo compagno Thelonius si preparava ad andarsene con la madre. Mabel mi ha fissata tutta seria con i suoi occhioni. «Andiamo, vecchia mia» ha detto in tono cordiale. «Ci stavamo chiedendo dove fossi finita!» è intervenuta la mamma di Thelonius. «Ti sei dimenticata di nuovo?» «No» ho risposto. «C’era un traffico tremendo.» «Mamma ha scinquantun anni!» ha esclamato Mabel d’un tratto. «Mamma ha scinquantun anni. Dice che ne ha trentascinque, ma invece ne ha scinquantuno.» «Ssh! Ah ah» ho cercato di sdrammatizzare, sotto lo sguardo severo della mamma di Thelonius. «Corriamo a prendere Billy!» Piegandomi nella tipica mossa strappamuscoli che diventa sempre più difficile con il passare degli anni, sono riuscita a infilare in macchina Mabel – che stava ancora gridando «Mamma ha scinquantun anni!» –, poi, frugando con la mano nella discarica tra il mio sedile e il seggiolino, ho agganciato la cintura di sicurezza. Arrivate alle elementari per recuperare Billy, ecco apparire la Perfetta Nicolette, la Rappresentante di Classe perfetta (casa perfetta, marito perfetto, figli perfetti: l’unica imperfezione è il nome che i genitori le hanno appioppato, probabilmente prima dell’invenzione dei famosi cerotti per 13


smettere di fumare). La Perfetta “Nicorette”, con i suoi abiti, messa in piega e maxibag perfetti, come al solito era circondata da un branco di madri. Sperando di captare qualche anticipazione sulla sua ultima Fonte di Ansia, mi sono avvicinata al capannello con finta indifferenza, proprio nell’istante in cui Nicolette si ravviava la chioma con un gesto teatrale, e per poco non mi cavava un occhio con un angolo della borsa gigantesca. «Insomma, gli ho chiesto perché mai Atticus è ancora tra le riserve della squadra di calcio – il poverino mi torna sempre a casa in lacrime, giuro – e Wallaker per tutta risposta mi fa: “Perché gioca da schifo. C’è altro?”.» Ho lanciato un’occhiata alla Fonte di Ansia in questione, cioè al nuovo insegnante di educazione fisica: atletico, slanciato, un po’ più giovane di me, capelli corti, una vaga somiglianza con Daniel Craig. Stava fissando con la fronte aggrottata un gruppetto di ragazzini indisciplinati. D’un tratto ha soffiato nel fischietto e ha urlato: «Ehi, voi! Andate subito negli spogliatoi, o vi metto una nota». «Che vi avevo detto?» ha sibilato Nicolette con un cenno della testa in direzione dei bambini, che, dopo aver formato una fila disordinata, stavano avviandosi di corsa verso la scuola al grido di: «Un, due! Sissignore!», mentre Mr Wallaker dava il ritmo con il fischietto. «È sexy, però» ha commentato Farzia, la mia preferita nel giro delle mamme, una che sa dare il giusto ordine alle priorità. «Sexy e sposato» ha precisato Nicolette, secca. «E ha dei figli, anche se non si direbbe.» «Non è un amico del preside?» ha buttato lì un’altra mamma. «Esatto. Chissà se è davvero qualificato per questo lavoro» ha concluso Nicolette.

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«Mamma.» Billy è comparso dietro di me. Aveva i capelli scuri tutti arruffati e la camicia fuori dai pantaloni dell’uniforme. «Non mi hanno preso nella squadra di scacchi.» Gli stessi occhi castani di suo padre, pieni di dolore. «L’importante non è essere scelti o vincenti» l’ho rassicurato abbracciandolo. «Quello che conta è come sei dentro.» «Certo che essere scelti è importante.» Aaargh! Mr Wallaker si è girato verso di me. «Deve continuare ad allenarsi. Fino a meritarsi l’ammissione al torneo.» Mentre tornava a voltarsi l’ho sentito borbottare: «È incredibile quanto siano petulanti e spocchiose le madri di questa scuola». «Allenarsi?» ho trillato. «Ma davvero? Non ci avevo pensato! Com’è intelligente, Mr Wallaker! O preferisce che la chiami sergente?» Lui mi ha fissata con i suoi gelidi occhi azzurri. «E poi, lei non insegna educazione fisica?» «Per sua informazione, sono anche il responsabile del corso di scacchi.» «Che meraviglia! Usa il fischietto anche lì?» Mr Wallaker è rimasto interdetto, ma dopo un istante si è riscosso e ha gridato: «Eros! Esci subito da quell’aiuola!». «Mamma» mi fa Billy, tirandomi per una mano, «quelli che sono stati presi salteranno due giorni di scuola per il torneo.» «Giocherò con te, così farai un po’ di pratica.» «Ma, mamma… a scacchi fai schifo.» «Ti sbagli di grosso! Sono bravissima, ti batto sempre.» «Non è vero.» «Sì che è vero!» «No.» «Okay» mi spazientisco. «Vuoi la verità? Ti lascio vincere perché sei un bambino. E comunque non è uno scontro ad armi pari, perché tu vai al corso e io no.» «Che ne dice di iscriversi anche lei, Mrs Darcy?» 15


Oddio. Perché Mr Wallaker è ancora lì ad ascoltarci? «Il limite d’età è sette anni, ma forse possiamo fare un’eccezione in base all’età mentale degli aspiranti allievi. Ah, suo figlio le ha comunicato l’altra novità?» Il volto di Billy si è illuminato. «Ho i pidocchi!» «Pidocchi!» L’ho guardato inorridita, portandomi d’istinto una mano ai capelli. «Già, pidocchi. Sono in giro da un po’» ha confermato Mr Wallaker con un che di divertito nello sguardo. «Mi rendo conto che questa notizia farà scattare l’Allarme Rosso tra le Mamme-con-Maserati di Londra Nord e i loro parrucchieri, ma basterà pettinare i bambini con la lozione anti-pidocchi. Buona fortuna.» Oddio. In effetti, negli ultimi giorni Billy si grattava la testa, ma dopo attenta riflessione ho preferito non aggiungere una voce in più alla lista delle cose da fare. Dovevo riordinare le idee e allo stesso tempo scacciare la crescente sensazione di prurito che avvertivo in testa: “Se Billy ha i pidocchi, probabilmente li ha anche Mabel, e ce li ho anch’io, il che significa che… Roxster ha i pidocchi!”. «Va tutto bene?» «Sì. No. Certo. Va tutto bene, una favola. Arrivederci, Mr Wallaker» e mi sono avviata di fretta, tenendo per mano Billy e Mabel. Pochi passi, e mi arriva un sms. Inforco al volo gli occhiali per leggerlo. È di Roxster. > Quanto ritardo hai fatto stamattina, mia amata? Vuoi che stasera salti sull’autobus 27 e ti porti una torta salata del Pastore? Aaargh! Non posso permettere che Roxster passi da me, dobbiamo spidocchiarci e lavare tutte le federe. Ho il sospetto che non sia normale essere costretta a inventare una scusa per non vedere il mio toy boy perché l’intera 16


famiglia ha i pidocchi. Ma perché capitano sempre tutte a me? Ore 17. Siamo tornati nella nostra villetta con la solita baraonda di zainetti, disegni spiegazzati e banane spappolate, cui si è aggiunto un grosso sacchetto pieno di prodotti antipidocchi comprati in farmacia. Abbiamo attraversato il pianterreno/ingresso/ufficio (una stanza superflua se non fosse per il divano-letto) e siamo scesi rumorosamente nel seminterrato, ovvero in quella zona di guerra che noi chiamiamo cucina e dove passiamo la maggior parte del tempo. Ho lasciato Billy ai suoi compiti e Mabel a giocare con gli infernali pupazzetti preferiti, i Sylvanian Bunnies, mentre preparavo gli spaghetti al ragù. E intanto sono entrata nel panico perché non so cosa rispondere a Roxster per stasera, né riesco a decidere se dirgli o meno dei pidocchi. Ore 17,15. Forse non è il caso. Ore 17,30. Oddio. Gli ho appena scritto: > Sarebbe bellissimo ma stasera devo lavorare. E proprio quando Mabel attacca a cantare a squarciagola la canzone che Billy odia di più al mondo, «Forgeddabouder money money money», squilla il telefono. Mi sono lanciata sul cordless mentre Billy urlava: «Mabel, piantala di cantare Jessie J». «Ho Brian Katzenberg in linea per lei» ha miagolato l’addetta alla reception. «Ehm, potrei richiamare Brian tra…» «Berbling, berbling» ha continuato Mabel, rincorrendo Billy intorno al tavolo. «Brian è in linea adesso.» 17


«No! Potrebbe solo…» «Mabel! Piantalaaaaa!» ha urlato Billy. «Ssh! Sono al telefono!» «Ehiii.» La voce allegra e vivace di Brian. «Allora, grandi novità! La Greenlight Productions è interessata al tuo soggetto.» «Cosa?» ho chiesto, con il cuore che faceva un triplo salto mortale. «Vogliono farci un film?» Brian è scoppiato in una risata. «Stiamo parlando del mondo del cinema, baby! Ti daranno un po’ di soldi per sviluppare il soggetto e…» «Mammaaa! Mabel ha un coltello!» Ho coperto il ricevitore con una mano e ho sibilato: «Mabel! Da’ qua! Subito!». «Pronto? Pronto?» diceva Brian all’altro capo. «Laura, credo di aver perso Bridget…» «No! Ci sono!» ho strillato. Mi sono gettata su Mabel, che ora rincorreva Billy brandendo il coltello. «Vorrebbero fissare un incontro preliminare per lunedì a mezzogiorno.» «Lunedì! Fantastico!» ho esclamato, cercando di strappare l’arma dalle mani di Mabel. «Questo incontro preliminare è una specie di colloquio o…?» «Mammaaa!» «Ssh!» Li ho spinti entrambi sul divano e ho ingaggiato la solita lotta con i telecomandi della tv. «Vogliono discutere di qualche problemino nel soggetto prima di decidere se procedere.» «Certo, certo.» Di colpo mi sono sentita offesa. Qualche problemino nel mio soggetto? Ah sì? Cosa mai potrà essere? «Quindi, ricorda che loro non…» «Mammaaa! Sto sanguinandooo!» «Vuoi che ti richiami in un altro momento?» «No! Tutto bene!» l’ho incalzato isterica, cercando di 18


coprire la voce di Mabel che mi gridava di chiamare un’ambulanza. «Dicevi?» «Non vogliono il classico sceneggiatore alle prime armi che fa… come dire… il difficile. Dovrai cercare di andare incontro alle loro richieste.» «Intendi dire che devo mostrarmi… accomodante?» «Esatto!» «Il mio fratello sta per morire!» ha urlato ancora Mabel. «Ehm, sei sicura che vada tutto…» «Sì, sì, benissimo. Lunedì a mezzogiorno!» ho detto mentre Mabel continuava a strillare: «Ho ucciso il mio fratellooo!». «Okay» ha concluso Brian, con un certo nervosismo nella voce. «Dirò a Laura di mandarti i dettagli via email.» Ore 18. Placata la tempesta, coperto il minuscolo taglietto sul ginocchio di Billy con un cerotto di Superman, tracciate un paio di x nere sul Tabellone delle Conseguenze di Mabel e riempiti i loro pancini con gli spaghetti al ragù, adesso ho tutto il tempo per affrontare una questione alla volta: “Cosa mi metto per la riunione? Vincerò un Oscar per la migliore sceneggiatura non originale? È il lunedì che Mabel esce prima da scuola? Come farò ad andare a prendere lei e Billy? Cosa mi metto per la notte degli Oscar? È il caso di dire a quelli della Greenlight Productions che Billy ha i pidocchi?”. Ore 20. Pidocchi trovati: 9; di cui insetti veri e propri: 2, uova di pidocchio: 7 (m.b.). Ho fatto il bagno ai bambini e gli ho applicato la lozione con apposito pettine anti-pidocchi. Trovati 2 insetti tra i capelli di Billy e 7 uova dietro le orecchie, 2 dietro il primo e 19


uno splendido grappolo di 5 dietro il secondo. È una vera soddisfazione vedere quei minuscoli puntini apparire sul bianco del pettine. Mabel era delusa perché non ne aveva nemmeno uno, ma il suo umore è migliorato quando le ho permesso di pettinarmi e ha scoperto che non li avevo nemmeno io. Billy però continuava ad agitare il pettine verso me e Mabel, urlando: «Ne ho sette! Ne ho sette!». Al che Mabel è scoppiata a piangere, così lui gliene ha regalati tre, e ho dovuto pettinarla daccapo. Ore 21,15. I bambini dormono. Il mio incontro di lunedì mi riempie di orgoglio. Sono di nuovo una donna in carriera e ho una riunione in agenda! Metterò il vestito di seta blu e mi farò la messa in piega, nonostante la frecciata acida di quello stupido Mr Wallaker sui parrucchieri. E nonostante il fastidioso sospetto che l’abitudine sempre più diffusa di farsi la piega tutti i giorni stia trasformando le donne in quegli assurdi damerini del Settecento (o Seicento?), che non uscivano mai di casa senza la loro parrucca incipriata. Ore 21,21. Un momento: è moralmente corretto farsi fare la piega quando hai il sospetto di avere in testa uova di pidocchio ancora troppo piccole per risultare visibili? Ore 21,25. Ho deciso: è moralmente sbagliato. Mi chiedo se cancellare gli impegni di Mabel e Billy con i rispettivi amichetti. Ore 21,30. E, in ultima analisi, credo proprio che dovrei dire a Roxster la verità sui pidocchi, perché dire bugie in una relazione non è bello. Ore 21,35. Pare proprio che i pidocchi sollevino una quantità incredibile di dilemmi etici! 20


Ore 21,40. Argh! Ho passato in rassegna l’armadio (leggi: pile di vestiti ammassate sulla cyclette) e il mio intero guardaroba, ma non riesco a trovare l’abito di seta blu scuro. È ufficiale: non ho niente da mettermi per la riunione! Com’è possibile che, tra tutti i vestiti che ho, quello sia l’unico adatto a un incontro importante? In futuro, anziché passare le serate a trangugiare manciate di formaggio grattugiato e a lottare contro il desiderio di attaccarmi a una bottiglia di vino, farò una selezione di abiti che non metto da un anno o più da dare in beneficenza e preparerò una serie di abbinamenti pronti da indossare, così scegliere cosa mettermi diventerà un piacere anziché una guerra. E poi farò 20 minuti di cyclette. Perché la cyclette serve per tenersi in forma, non per appoggiarci gli abiti. Ore 21,45. Anche se forse, ammesso che riesca a trovarlo, non dovrei mettere sempre il vestito di seta blu come fa il Dalai Lama con la sua tunica. Immagino che in realtà il Dalai Lama abbia diverse tuniche tutte uguali, oppure disponga di un servizio lavanderia sempre attivo, e che non abbandoni i suoi vestiti comprati da Topshop, Oasis, asos, Zara ecc. e mai indossati sul fondo di armadi stipati. Ore 21,46. E nemmeno sulla cyclette. Ore 21,50. Sono appena andata di sopra a controllare i bambini. Mabel come al solito dormiva con tutti i capelli sulla faccia, come se avesse la testa montata a rovescio, e teneva Saliva stretta al petto. Saliva è la sua bambola. Billy e io siamo convinti che il nome sia una specie di incrocio involontario tra quello della streghetta Sabrina e i Sylvanian Bunnies, ma lei sostiene che è perfetto. Ho baciato la guancia bollente di Billy, tutto raggomitolato accanto a Mario, Horsio e Puffle Uno e Due. In quel 21


momento Mabel ha alzato la testa e ha detto: «Che tempo delizioso», e poi si è rimessa giù. Sono rimasta a guardarli, accarezzando i loro faccini morbidi e ascoltando il loro respiro pesante e poi… il pensiero fatale – “Se solo…” – ha invaso la mia mente senza preavviso. “Se solo…” Oscurità, ricordi e dolore si sollevano come uno tsunami. Ore 22. Sono scesa di corsa in cucina. Peggio che mai: qui tutto è silenzioso, desolato, vuoto. “Se solo…” Smettila. Non posso permettermelo. Metto su il bollitore. Non cedere al richiamo delle tenebre, Bridget! Ore 22,01. Il campanello! Meno male! Ma chi potrà mai essere a quest’ora?

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