Helen Fielding
Il diario di Bridget Jones Traduzione di Olivia Crosio
Rizzoli
Titolo originale: Bridget Jones’s Diary © Helen Fielding 1996 © 1998, 2008 RCS Libri S.p.A., Milano ISBN 978-88-17-07014-0 Prima edizione Sonzogno: gennaio 1999 Prima edizione Rizzoli Vintage: ottobre 2013 www.rizzoli.eu
Il diario di Bridget Jones
A Nellie, la mia saggia, gentile e arguta mammina – per non essere come la mamma di Bridget
Propositi per l’anno nuovo
COSE DA EVITARE Bere più di quattordici alcolici la settimana. Fumare. Buttar via soldi per: impastatrici, gelatiere o altri marchingegni da cucina che non userò mai; libri di autori illeggibili da mettere in libreria per fare scena; biancheria sexy, inutile in quanto sfidanzata. Comportarsi in modo sciatto in casa: fingere sempre che qualcuno ti stia osservando. Spendere più di quel che guadagno. Perdere il controllo della posta in arrivo. Cadere vittima di: alcolizzati, stressati del lavoro, allergici alle relazioni serie, gente fidanzata o sposata, misogini, megalomani, maschilisti, cialtroni sentimentali o scrocconi, pervertiti. Perdere la pazienza con mamma, Una Alconbury o Perpetua. Prendersela per gli uomini: meglio essere calma e fredda come una regina delle nevi. Prendersi cotte: meglio cercare di instaurare rapporti basati su una valutazione ponderata del carattere. Sparlare alle spalle della gente: meglio trovare qualcosa di buono in tutti. Lasciarsi ossessionare da Daniel Cleaver, nel senso che prendersi una cotta per il capo è patetico. Essere depressa perché non ho il fidanzato: meglio coltivare calma interiore, autorità e stima di sé in quanto donna di un certo spessore, completa anche senza un fidanzato, in quanto è il modo migliore per trovarlo.
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COSE DA FARE Smettere di fumare. Non bere più di quattordici alcolici la settimana. Ridurre di 8 cm la circonferenza delle cosce (leggi 4 cm ciascuna), seguendo una dieta anticellulite. Depurarsi da tutte le sostanze estranee. Dare ai poveri tutti i vestiti che non metto da più di due anni. Migliorare la carriera e trovare un nuovo lavoro con un futuro. Mettere da parte i soldi sotto forma di risparmi. Se possibile cominciare a pagare anche una pensione. Essere più sicura di me e più decisa. Usare meglio il tempo. Non uscire tutte le sere, ma restare in casa a leggere e ad ascoltare musica classica. Devolvere in carità una quota dei guadagni. Essere più gentile e aiutare di più gli altri. Mangiare più legumi. Alzarmi subito quando mi sveglio la mattina. Andare in palestra tre volte la settimana, non solo per comprare i tramezzini. Mettere le foto negli album. Preparare delle compilation da usare a seconda dei diversi stati d’animo, in modo da avere già pronti dei nastri con musica romantica/ballabile/sexy/femminista ecc., senza dovermi trasformare in una persona stile DJ bevuto come una spugna con nastri sparsi per tutto il pavimento. Dare vita a un rapporto funzionale con una persona adulta. Imparare a programmare il videoregistratore. 10
gEnnAIO Un inizio straordinariamente pessimo
Domenica 1o gennaio Kg 58,6 (ma dopo Natale), alcolici 14 (ma in realtà coprono 2 giorni, in quanto 4 ore di festa fanno già parte del 1˚ dell’anno), sigarette 22, calorie 5424. Cibo consumato oggi: 2 confezioni di Emmenthal a fette 14 patate novelle fredde 2 Bloody Mary (equivalgono a cibo in quanto contengono salsa Worcester e pomodori) 1/3 di sfilatino con Brie 1/2 pacchetto di sfogliatine al coriandolo 12 Quality Street (meglio liberarsi dei dolciumi natalizi tutto in una volta, e ricominciare da zero a partire da domani) 13 bastoncini da cocktail con ananas e formaggio 1 porzione del tacchino al curry con piselli e banane di Una Alconbury 1 porzione della Sorpresa al Lampone di Una Alconbury, a base di biscotti al bourbon, lamponi in scatola, 12 litri di panna montata e, come decorazione, angelica e ciliegie candite. Mezzogiorno. Londra, casa mia. Diavolo. L’ultima cosa al mondo che mi sento fisicamente, emotivamente e men13
talmente pronta a fare è mettermi in viaggio per il buffet freddo di Capodanno a base di tacchino al curry a casa di Una e Geoffrey Alconbury a Grafton Underwood. Geoffrey e Una Alconbury sono i migliori amici dei miei genitori e, come zio Geoffrey non si stanca mai di ricordarmi, mi conoscono da quando scorrazzavo per il prato senza niente addosso. Mia madre mi ha telefonato alle 8,30 del mattino di Ferragosto e mi ha costretto a prometterle che sarei andata. L’ha presa da lontano, devo dire con una certa furbizia. “Oh, ciao, tesoro. Ti ho telefonato solo per sapere che cosa ti piacerebbe a Natale.” “Natale?” “Ti andrebbe una sorpresa, tesoro?” “No!” ho ululato io. “Scusa. Volevo dire...” “Mi chiedevo se non ti sarebbe piaciuto un set di rotelle per la tua valigia.” “Ma io non possiedo una valigia.” “Perché allora non ti compro una piccola valigia con le ruote già attaccate? Sai, come quelle delle hostess.” “Ho già una borsa da viaggio.” “Tesoro, non puoi andare in giro con quella borsa verde di tela tutta sbrindellata. Sembri una Mary Poppins in ristrettezze economiche. Una bella valigetta compatta con la maniglia a scomparsa. È incredibile quante cose possa contenere. La vuoi blu scura su fondo rosso o rossa su fondo blu scuro?” “Mamma! Sono le otto e mezzo del mattino. È estate. È festa. Fa un caldo da svenire. Non voglio nessuna valigia da hostess.” “Julie Enderby ne ha una. Dice che non usa nient’altro.” “Chi è Julie Enderby?” “Julie, tesoro! La figlia di Mavis Enderby. Julie! Quella con quel posto favoloso alla Arthur Andersen...” “Mamma...” “Prende sempre quella, quando viaggia.” 14
“Non voglio una valigetta con le ruote.” “Sai che cosa ti dico? Perché Jamie, papà e io non ci mettiamo tutti insieme e non ti regaliamo una bella valigiona grande e un set di rotelle?” Esausta, ho allontanato il ricevitore dall’orecchio, domandandomi da che cosa mai potesse scaturire tutto quello zelo missionario riguardante la strenna natalizia della valigia. Quando ho riaccostato il ricevitore, lei stava dicendo: “... a dire la verità, le vendono anche con uno scomparto completo di boccette per metterci il tuo bagno schiuma e via dicendo. L’altra cosa a cui avevo pensato era un carrellino per la spesa”. “C’è qualcosa che piacerebbe a te per Natale?” ho detto alla disperata, sbattendo le palpebre nella luce accecante del Ferragosto. “No, no”, ha cinguettato lei. “Io ho tutto quello che mi serve. Ma, tesoro”, ha sibilato di punto in bianco, “quest’anno verrai al buffet freddo di Capodanno a base di tacchino al curry di Una e Geoffrey, vero?” “Ah! A dire il vero, io...” Ero in preda al panico. Che scusa potevo trovare? “... temo che forse il giorno di Capodanno dovrò lavorare.” “Non ha importanza. Puoi raggiungerci dopo il lavoro. Oh, te ne avevo già parlato? Ci saranno anche Malcolm ed Elaine Darcy, e porteranno Mark. Ti ricordi Mark, tesoro? È un avvocato, uno di quelli che vanno per la maggiore. Fa soldi a palate. Divorziato. Riprende a lavorare solo l’otto.” Oddio! Non un altro assurdo patito dell’opera con un cespuglio di capelli divisi con la riga da una parte! “Mamma. Te l’ho già detto. Non ho bisogno che tu mi combini appuntamenti con...” “Sii ragionevole, tesoro. Una e Geoffrey tengono il buffet di Capodanno da quando scorrazzavi per il prato senza niente addosso. Devi venire per forza. Così potrai usare la tua nuova valigia.” 15
Ore 23,45. Diavolo. Il primo giorno dell’anno nuovo è stato a dir poco spaventoso. Non riesco a credere che comincerò ancora una volta l’anno in un letto singolo a casa dei miei genitori. È troppo umiliante, alla mia età. Chissà se sentirebbero ancora l’odore se fumassi una cicca fuori dalla finestra. Dopo aver passato tutta la giornata a girovagare per casa nella speranza che il mal di testa passasse, alla fine ho ceduto e sono partita per il buffet a base di tacchino al curry, ma troppo tardi. Quando sono arrivata dagli Alconbury e ho premuto il campanello – che suona un intero motivo come l’orologio di un municipio – ero ancora in uno strano mondo tutto mio: nauseabondo, emicranico, acidogeno. Avevo anche un residuo di mal d’auto, perché inavvertitamente ho imboccato la M6 invece della M1 e, prima di trovare un punto dove fare inversione, sono arrivata a mezza strada per Birmingham. Ero così furiosa che continuavo a battere il piede sul pavimento dell’auto (con di mezzo l’acceleratore) per sfogare la rabbia – cosa molto pericolosa. Rassegnata, ho guardato la sagoma di Una Alconbury (curiosamente deformata dal vetro lavorato della porta) incombere su di me in un tailleur fucsia. “Bridget! Ti avevamo quasi dato per dispersa! Buon anno! Stavamo per cominciare senza di te.” In un solo gesto è riuscita a baciarmi, togliermi il cappotto, buttarlo sulla ringhiera, pulirmi il rossetto dalla guancia e farmi sentire incredibilmente in colpa, mentre io mi appoggiavo alla mensola ornamentale per non cadere. “Scusa. Mi sono persa.” “Persa? Caara! Che cosa dobbiamo fare con te? Entra, coraggio!” Mi ha preceduta oltre la porta di vetro smerigliato fino in soggiorno, gridando: “Ehi, gente! Si era persa!” “Bridget! Buon anno!” ha esclamato Geoffrey Alconbury, in un maglione giallo a rombi. Ha accennato goffa16
mente a un passetto di danza, poi mi ha stretta in uno di quegli abbracci per cui la gente dovrebbe finire al commissariato di polizia. “Umpf ”, ha detto, diventando tutto rosso in faccia e tirandosi su i pantaloni per la vita. “A quale raccordo hai sbagliato?” “Al diciannove, ma c’era una deviazione...” “Al diciannove! Una, ha sbagliato al raccordo diciannove! Hai aggiunto un’ora di strada ancora prima di iniziare il viaggio! Vieni, serviti qualcosa da bere. A parte tutto, come va la tua vita sentimentale?” Oddio. Perché la gente sposata non riesce a capire che non è più una domanda educata? Noi non correremmo mai da loro a chiedere: “Come va il tuo matrimonio? Fate ancora del sesso?” Lo sanno tutti che uscire con un uomo dopo i trenta non è più la cosa spensierata e poco impegnativa di quando ne avevi ventidue e che probabilmente la risposta più sincera sarebbe: “A dire il vero, ieri sera il mio amante – un uomo sposato – si è presentato con le giarrettiere e un delizioso reggiseno di angora, mi ha detto di essere gay, maniaco sessuale, tossicomane, allergico alle relazioni serie e mi ha picchiata con un vibratore”. E poi: “Benone, grazie”. Non essendo una bugiarda per natura, ho finito per borbottare tutta vergognosa un “Bene”, al che lui è esploso: “Così non hai ancora trovato un ragazzo!” “Bridget! Che cosa dobbiamo fare con te?” ha commentato Una. “Queste ragazze in carriera... Io non so. Non si può rimandare per sempre. Tic tac, tic tac, tic tac.” “Già. Come fa una donna ad arrivare alla tua età senza essere ancora sposata?” ha tuonato Brian Enderby (sposato con Mavis e un tempo presidente del Rotary di Kettering), agitando in aria il suo sherry. Per fortuna, mio padre mi ha tratto in salvo. “Sono molto contento di vederti, Bridget”, mi ha detto, prendendomi per un braccio. “Tua madre ha allertato 17
l’intero corpo di polizia del Northamptonshire per setacciare la contea con un colino da tè alla ricerca dei tuoi resti smembrati. Vieni a manifestare la tua presenza, così finalmente potrò cominciare a divertirmi. Com’è la tua valigia in attesa di rotelle?” “Insensatamente grande. E la tua macchinetta per tagliare i capelli e nel caso anche i peli delle orecchie?” “Oh, fantastica. Come dire... tagliente.” È giusto così, immagino. Mi sarei sentita cattiva, se non mi fossi fatta vedere, ma Mark Darcy... Wow! Sono settimane che mia madre, ogni volta che telefona, dice: “Te li ricorderai senz’altro i Darcy, tesoro. Sono venuti a trovarci quando abitavamo a Buckingham e tu e Mark avete giocato nella piscinetta”. Oppure: “Ti ho già detto che Malcolm ed Elaine porteranno anche Mark al buffet freddo di Capodanno a base di tacchino al curry a casa di Una? Pare che sia appena tornato dall’America. Divorziato. Cerca casa a Holland Park. Pare che sua moglie gliene abbia fatte passare delle belle. Giapponese. Razza crudele”. E la volta dopo, come se niente fosse: “Ti ricordi di Mark Darcy, tesoro? Il figlio di Malcolm ed Elaine. È un avvocato, di quelli che vanno per la maggiore. Divorziato. Elaine dice che lavora dalla mattina alla sera e si sente terribilmente solo. Per la verità, potrebbe addirittura venire al buffet freddo di Capodanno a base di tacchino al curry a casa di Una”. Non so perché non abbia semplicemente detto: “Tesoro, ti dispiacerebbe congiungerti carnalmente con Mark Darcy sopra il tacchino al curry? È molto ricco”. “Vieni a conoscere Mark”, ha recitato con voce monotona Una Alconbury prima che avessi il tempo di buttare giù un aperitivo. Essere presentata a un uomo contro la tua volontà è già abbastanza umiliante, ma esservi letteralmente trascinata da Una Alconbury mentre stai ancora lottando con i postumi di un mal di testa acidogeno e sotto gli occhi di un’intera folla di amici dei tuoi genitori è addirittura annientante. 18
Il ricco Mark, “piantato in asso da quella strega di sua moglie” – e, devo dire, piuttosto alto –, dava le spalle alla stanza, tutto preso a esaminare il contenuto della libreria dei padroni di casa: quasi tutti libri con copertina in pelle sul Terzo Reich, che Geoffrey si fa mandare dal Reader’s Digest. Chiamarsi Darcy e starsene tutto solo con aria sdegnosa a una festa mi ha subito colpita come una cosa abbastanza ridicola, un po’ come se, in Cime tempestose, Heathcliff passasse tutta la serata in giardino a gridare “Cathy” e a sbattere la testa contro un tronco. “Mark!” ha detto Una, nemmeno fosse stata l’aiutante di Babbo Natale. “Ti ho portato una persona simpatica che ti farà piacere conoscere.” Lui si è girato, e quello che da dietro sembrava un innocuo maglione blu scuro si è rivelato essere un golf a rombi gialli e azzurri con lo scollo a V: il modello preferito dai giornalisti sportivi più anziani della nazione. Come fa spesso notare il mio amico Tom, è incredibile quanto tempo e denaro si possano risparmiare nella sfera degli appuntamenti romantici grazie a un attento esame dei particolari. Un calzino bianco qui, un paio di bretelle rosse là, un mocassino grigio, una svastica, spesso sono quanto basta per capire che annotare numeri di telefono e dissanguarsi per pranzi in ristoranti costosi sarebbe del tutto inutile, perché l’altro non sarà mai un papabile. “Mark, questa è la figlia di Colin e Pam, Bridget”, ha continuato Una, diventando tutta rosa e svolazzante. “Bridget lavora nell’editoria, non è così, cara?” “Già, proprio così”, ho risposto io chissà per quale motivo, come se stessi partecipando a un programma radiofonico con le telefonate degli ascoltatori e fossi sul punto di chiedere a Una se potevo “dire ciao” ai miei amici Jude, Sharon e Tom, a mio fratello Jamie, ai colleghi dell’ufficio, a mammina e paparino e, per finire, a tutti i presenti al buffet freddo a base di tacchino al curry. “Bene, vi lascio tra voi giovani,” ha detto Una. “Caari! 19
Ne avrete fin sopra i capelli di noialtri vecchi pezzi d’antiquariato.” “Nemmeno per sogno”, ha risposto goffamente Mark Darcy, tentando senza successo di sorridere, al che Una, dopo aver fatto roteare gli occhi, essersi portata una mano al petto e aver emesso un’allegra risata tintinnante, ci ha abbandonati, con un singolo scuotimento del capo, a un odiosissimo silenzio. “Io. Ehm. Sta leggendo qualcosa di... be’... Ha letto qualche buon libro, ultimamente?” ha attaccato Mark. Ho cercato disperatamente di ricordare quando era stata l’ultima volta che avevo letto un libro decente. Il problema, quando si lavora nell’editoria, è che leggere nel tempo libero è un po’ come fare lo spazzino e, la sera, frugare nel bidone dei rifiuti destinati ai maiali. Sono a metà di Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere, prestatomi da Jude, ma non credo che Mark Darcy, per quanto visibilmente bizzarro, sia già pronto ad accettare le proprie origini marziane. Poi ho avuto un’illuminazione. “Certo! Contrattacco, di Susan Faludi”, ho risposto trionfante. Ah! Non è che lo abbia proprio letto, ma è un po’ come se, visto che Sharon me ne ha parlato tanto. Comunque, mi sembrava una scelta assolutamente sicura, dato che nessuna personcina per bene con il golf a rombi si sognerebbe mai di leggere un trattato femminista di cinquecento pagine. “Davvero?” ha detto lui. “L’ho letto subito dopo che era uscito. Non trova che sia un tantino troppo di parte?” “Oh, be’, non così tanto...” ho ribattuto alla cieca, cercando disperatamente un modo per cambiare argomento. “Ha passato l’ultimo dell’anno con i suoi genitori?” “Sì”, ha esclamato lui con enfasi. “Anche lei?” “Sì. No. Ieri sera ero a Londra a una festa. Ho ancora un po’ di mal di testa, a dire il vero”, ho blaterato nervosamente, perché Una e la mamma non pensino che sono talmente imbranata con gli uomini da non riuscire a chiac20
chierare nemmeno con Mark Darcy. “Ma non credo che i propositi per l’anno nuovo si possano mettere in pratica fin dal primo giorno. È un problema tecnico, non trova? Visto che Capodanno è un’estensione del veglione, i fumatori sono ancora sull’onda del fumo e non ci si può aspettare che, con tutta la nicotina che hanno nell’organismo, smettano improvvisamente di fumare all’ultimo rintocco della mezzanotte. Anche cominciare una dieta il giorno di Capodanno non è una buona idea, perché non si può mangiare razionalmente, ma bisogna essere liberi di consumare quel che è necessario momento per momento, per alleviare il mal di testa. Trovo che sarebbe più ragionevole attenersi ai nuovi propositi a partire dal due gennaio.” “Forse le farebbe bene mangiare qualcosa”, ha proposto lui, poi è partito come un razzo verso il buffet, lasciandomi da sola davanti alla biblioteca con tutti che mi fissavano e pensavano: “Ecco come mai Bridget non è sposata. Gli uomini provano repulsione per lei”. Il peggio è stato che Una Alconbury e la mamma non si sono arrese neppure davanti a questo. Hanno continuato a mandarmi in giro con vassoi di cetriolini e bicchieri di sherry e panna sperando fino all’ultimo di gettarmi ancora una volta in mezzo ai piedi di Mark Darcy. Alla fine erano talmente rabbiose e frustrate che, quando mi hanno vista nelle loro vicinanze con i cetriolini, Una si è lanciata attraverso la stanza nemmeno fosse una centometrista, e ha detto: “Mark, devi prendere il numero di telefono di Bridget, prima di andare via, così quando sarai a Londra potrete sentirvi”. Non sono riuscita a evitare di diventare rosso ciliegia. Sentivo il colore salire dal collo. Ora Mark avrebbe creduto che Una fosse andata da lui perché glielo avevo chiesto io. “Sono sicuro che la vita di Bridget a Londra è già abbastanza piena, signora Alconbury”, ha risposto lui. Diavolo. Non è che volessi propinargli il mio numero di telefo21
no, ma almeno avrebbe potuto evitare di far capire chiaramente a tutti che non lo voleva. Nell’abbassare gli occhi ho visto che portava calzini bianchi a pois gialli. “Non posso tentarla con un cetriolino?” gli ho chiesto, per dimostrargli che avevo avuto un motivo sincero per venirgli vicino, basato molto più sui cetriolini che non sulla speranza di appioppargli il mio numero di telefono. “Grazie, no”, ha risposto lui, guardandomi con un certo allarme. “Sicuro? Un’oliva ripiena?” ho insistito. “No, davvero.” “Una cipollina all’agro?” l’ho incoraggiato. “Un cubetto di barbabietola?” “Grazie”, ha dovuto dire alla fine, prendendo un’oliva. “Spero le piacerà”, ho esultato. Verso la fine ho visto Una e sua madre che lo rampognavano, e poi lo hanno spinto verso di me e gli sono rimaste alle calcagna mentre diceva tutto imbarazzato: “Ha bisogno di un passaggio per tornare a Londra? Io resterò qui, ma posso metterle a disposizione la mia macchina per accompagnarla”. “Va da sola?” ho ironizzato. Lui ha sbattuto le palpebre. “Caara! Mark ha la macchina dell’ufficio con l’autista, sciocchina!” ha detto Una. “Grazie, molto gentile da parte sua, ma prenderò uno dei miei soliti treni domattina.” Ore 2. Oh, perché sono così poco attraente? Perché? Mi trova orribile persino un uomo che porta calzini a pois gialli. Odio l’anno nuovo. Odio tutti. Tranne Daniel Cleaver. Comunque, sul tavolino da toilette ho una tavoletta di cioccolato al latte grande come un vassoio avanzata da Natale, e anche due mignon di gin and tonic. Farò fuori il tutto, e poi mi fumerò una cicca. 22