Lauren Kate - Teardrop

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LAUREN K ATE

Traduzione di Maria ConCetta SCotto di Santillo

Rizzoli


Titolo originale: Teardrop Per il testo © 2013 Lauren Kate Per l’immagine di copertina © 2013 Colin Anderson Tutti i diritti riservati Pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti da Delacorte Press, un marchio di Random House Children’s Books, una divisione di Random House, Inc., New York. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autrice o sono usati in maniera fittizia. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale. © 2013 RCS Libri S.p.A., Milano Prima edizione Rizzoli Narrativa ottobre 2013 ISBN 978-88-17-06954-0


Per M at i ld a ďż˝


“Il paese delle lacrime è così misterioso.” —Antoine de SAint-exupéry, il piccolo principe


Prologo � P r e i sto r i a

Lo scenario era questo. Raggi ambrati di un tramonto caliginoso. Umidità stagnante nel cielo pigro. Un’auto solitaria che percorreva il Seven Mile Bridge diretta all’aeroporto di Miami, verso un volo che non sarebbe mai stato preso. Un’onda anomala che si gonfiava al largo delle Keys per trasformarsi in un mostro che gli oceanografi avrebbero commentato con sconcerto nei telegiornali della sera. Un blocco stradale temporaneo allestito da un gruppo di uomini in tuta da lavoro per fermare il traffico all’imbocco del ponte. E poi lui: il ragazzo sulla barca da pesca rubata, a un centinaio di metri a ovest del ponte. Aveva calato l’ancora. Il suo sguardo seguiva l’ultima automobile che aveva avuto 9


accesso al Seven Mile Bridge. Era lì da più di un’ora e gli rimanevano ormai pochi istanti per osservare… no, per sorvegliare l’imminente tragedia e per assicurarsi che stavolta tutto andasse per il verso giusto. Gli uomini che si fingevano addetti alla manutenzione stradale erano in realtà Guardiani del Seme. Anche il ragazzo sulla barca era un Guardiano, il più giovane della discendenza. L’auto sul ponte era una Chrysler dell’88 color champagne con il contachilometri che segnava duecentomila e lo specchietto retrovisore tenuto insieme con lo scotch. Al volante c’era una donna dai capelli rossi, archeologa e mamma. Il passeggero era per l’appunto sua figlia, una ragazza di diciassette anni di New Iberia, Louisiana: l’obiettivo dei Guardiani del Seme. Madre e figlia sarebbero morte nell’arco di pochi minuti… a meno che il ragazzo non avesse deciso di mandare tutto all’aria. Si chiamava Ander. E stava sudando. Era innamorato della ragazza nell’auto. Perciò in quel momento, immerso nel tepore della tarda primavera della Florida, con gli aironi azzurri che rincorrevano gli aironi bianchi in un cielo scuro screziato come un opale, e l’acqua immobile tutt’attorno a lui, Ander si trovava di fronte a una scelta: adempiere al suo dovere nei confronti della famiglia oppure… No. La scelta era più semplice di così: salvare il mondo, o salvare la ragazza. L’automobile oltrepassò il cartello che segnava il primo miglio del lungo ponte che portava alla città di Marathon 10


nelle Keys centrali. L’onda programmata dai Guardiani del Seme avrebbe colpito al quarto miglio, appena dopo la sezione centrale del ponte. Sarebbe bastata una minima variazione del fondale marino o della temperatura o della velocità del vento per alterarne la dinamica, ma i Guardiani erano pronti a correggere la traiettoria. Per loro era facile: creavano un’onda anomala dall’oceano usando il respiro antidiluviano e poi sganciavano il mostro in un punto preciso, come quando si fa scivolare la puntina sul giradischi, scatenando una musica infernale. E l’avrebbero passata liscia: non si può punire un crimine quando non si sa nemmeno che è stato commesso. La creazione delle onde dipendeva dallo Zefiro, uno dei poteri governati dai Guardiani del Seme: non il dominio sull’acqua, quanto la capacità di manipolare il vento, che a sua volta agisce sull’oceano. Ad Ander era stato insegnato fin da piccolo a venerare Zefiro come una divinità, sebbene le sue origini nebulose si perdessero nel tempo: un’epoca e un luogo di cui ormai i Guardiani anziani non parlavano più. Per mesi avevano discusso soltanto di come il giusto vento sopra le giuste acque sarebbe stato il connubio perfetto per uccidere la giusta ragazza. Il limite di velocità era sessanta chilometri orari. La Chrysler andava a novanta. Ander si asciugò il sudore dalla fronte. L’abitacolo era illuminato da un fievole chiarore azzurrognolo. Dalla barca Ander non riusciva a scorgere i volti delle passeggere. Vedeva soltanto due masse tondeggianti di capelli che si stagliavano scure sui poggiatesta. Immaginò 11


la ragazza che messaggiava al cellulare scrivendo della sua vacanza con la mamma e progettando di vedersi con la sua amica tutta lentiggini, o col ragazzo con cui usciva spesso, quello che Ander non poteva sopportare. Per tutta la settimana l’aveva osservata leggere lo stesso tascabile scolorito sulla spiaggia, Il vecchio e il mare. L’aveva osservata girare le pagine con la svogliata aggressività di chi si annoia a morte. In autunno avrebbe frequentato l’ultimo anno delle superiori. Lui sapeva che si era iscritta a tre corsi avanzati; una volta, da un capo all’altro della corsia dei cereali in un supermercato, l’aveva sentita mentre ne parlava con suo padre. E sapeva anche quanto temesse le lezioni di calcolo. Ander non andava a scuola. Lui studiava la ragazza. Erano stati i Guardiani del Seme ad assegnargli quel compito: pedinarla. Oramai la conosceva a menadito. Adorava le noci pecan e le notti limpide e stellate. A tavola sedeva scomposta, ma quando correva sembrava che volasse. Si strappava le sopracciglia con una pinzetta luccicante di brillantini e ogni anno per Halloween indossava il vecchio costume da Cleopatra di sua madre. Usava il Tabasco su ogni pietanza, correva un chilometro sotto i quattro minuti, suonava la Gibson di suo padre senza alcun talento ma con grande passione. Si dipingeva pois sulle unghie e li aveva dipinti anche sulle pareti della sua camera da letto. Sognava di lasciare il bayou, il delta acquitrinoso del Mississippi, per una grande città come Dallas o Memphis, dove avrebbe potuto esibirsi cantando nell’oscurità fumosa di qualche club. Nutriva per sua madre un affetto incrollabile e sviscerato che Ander invidiava e si sforzava di capire. 12


D’inverno indossava le canottiere e al mare le felpe, aveva paura delle altezze ma le piacevano le montagne russe. Progettava di non sposarsi. Non piangeva mai. Quando rideva, chiudeva gli occhi. Lui sapeva tutto di lei. Avrebbe superato qualsiasi test conoscitivo sull’argomento. L’aveva osservata fin dal giorno in cui era nata. E con lui, tutti i Guardiani del Seme. L’aveva osservata da ancora prima che lui o lei sapessero parlare. Eppure non si erano mai rivolti la parola. Lei era la sua vita. E doveva ucciderla. La ragazza e sua madre avevano i finestrini abbassati, cosa che i Guardiani non avrebbero gradito. Ander era sicuro che uno dei suoi zii fosse stato incaricato di bloccare i finestrini mentre mamma e figlia giocavano a gin sotto il tendone blu di un caffè all’aperto. Ma lui stesso una volta aveva visto la donna infilare un bastoncino nel regolatore di tensione di un’auto con la batteria scarica, e rimetterla in moto. E la figlia cambiare una gomma sul ciglio di una strada sotto la canicola senza stillare nemmeno una goccia di sudore. Ci sapevano fare, quelle due. Una ragione in più per ucciderla, avrebbe detto suo zio nell’incitarlo come sempre a difendere la loro stirpe di Guardiani del Seme. Ma in quella ragazza Ander non vedeva niente che lo spaventasse; anzi, ogni nuovo particolare che scopriva di lei non faceva che aumentarne il fascino. Da entrambi i finestrini dell’auto, che nel frattempo aveva superato il secondo miglio, sporgevano braccia abbronzate. Tale madre tale figlia: le dita tamburellavano al ritmo di 13


una musica che passava in radio e che Ander avrebbe voluto tanto poter sentire. Si domandò che odore avrebbe avuto il sale sulla pelle di lei. L’idea di riuscire ad avvicinarsi tanto da poterne sentire il profumo lo stordì di un piacere che culminò in un accesso di nausea. Di una cosa era certo: non l’avrebbe mai avuta. Si inginocchiò sul sedile della barca, che dondolò sotto il suo peso e frammentò il riflesso della luna appena sorta. Poi la barca dondolò di nuovo, più forte, indicando una turbolenza da qualche parte nell’acqua. L’onda stava crescendo. Lui non doveva far altro che osservare. La sua famiglia era stata chiara in proposito. L’onda si sarebbe abbattuta sul ponte e l’auto sarebbe stata spazzata via come un fiore che trabocca dal bordo di una fontana. Sarebbe finita in fondo all’oceano. Fine della storia. Quando la sua famiglia aveva ordito il piano, nella modesta villetta con vista “giardino” (in realtà un fazzoletto di terra infestato di erbacce) presa in affitto per le vacanze a Key West, nessuno aveva menzionato le onde che avrebbero spazzato via madre e figlia. Nessuno aveva parlato di come un cadavere si decompone lentamente nell’acqua fredda; eppure, per tutta la settimana, Ander aveva avuto incubi su quello che sarebbe successo al corpo della ragazza. Gli avevano detto che dopo l’onda tutto sarebbe finito e che lui avrebbe potuto cominciare una vita normale. Non era quello che aveva sempre desiderato? Non doveva far altro che assicurarsi che l’auto rimanesse 14


sott’acqua il tempo necessario perché la ragazza morisse. Se per un caso fortuito (e qui gli zii avevano cominciato a litigare) mamma e figlia fossero riuscite a liberarsi e a riemergere in superficie, allora Ander avrebbe dovuto… “No” aveva detto sua zia Chora in un tono tanto imperioso da mettere a tacere tutti gli uomini presenti nella stanza. Era la cosa più vicina a una madre che Ander avesse. Le voleva bene, ma non la trovava simpatica. “Non succederà” aveva detto. L’onda creata da Chora sarebbe stata potente. Ander non sarebbe stato costretto a uccidere la ragazza con le sue mani. I Guardiani del Seme non erano assassini. La loro funzione era di assistere l’umanità, di prevenire l’apocalisse. In ultima analisi, stavano soltanto generando un atto di Dio. Ma sotto sotto era un omicidio. In quel momento la ragazza era viva. Aveva degli amici, e una famiglia che le voleva bene. Aveva tutta una vita davanti, un ventaglio di possibilità che si apriva come i rami di una quercia tesi verso il cielo infinito. Aveva il dono di far sembrare straordinaria ogni cosa attorno a sé. Forse un giorno avrebbe fatto quello che i Guardiani temevano, ma era qualcosa a cui Ander evitava di pensare. Era consumato dal dubbio. Mentre l’onda si avvicinava, pensò di lasciare che prendesse anche lui. Se voleva morire, avrebbe dovuto abbandonare la barca; mollare l’estremità della catena saldata all’ancora. Non importa quanto potente sarebbe stata l’onda: quella catena non si sarebbe spezzata e l’ancora non avrebbe arato il fondale marino. Entrambe erano fatte di oricalco, un antico metallo che i moderni archeologi consideravano mitologico. L’ancora 15


con la sua catena era uno dei cinque manufatti di oricalco gelosamente custoditi dai Guardiani del Seme. La madre della ragazza, tra quei rari scienziati che credono nell’esistenza di cose che non possono essere comprovate, avrebbe barattato la sua brillante carriera pur di trovarne uno. L’ancora, la lancia, l’atlatl, il vaso lacrimale e il piccolo forziere intagliato che scintillava di un verde innaturale erano tutto ciò che restava della sua stirpe, del mondo di cui nessuno parlava, del passato che i Guardiani del Seme si erano incaricati di sopprimere. La ragazza non sapeva niente dei Guardiani del Seme. Conosceva almeno le proprie origini? Era capace di percorrere a ritroso la sua genealogia come lui rintracciava la propria, fino al mondo perduto nel diluvio, al segreto cui entrambi erano inestricabilmente legati? Era il momento. L’auto si avvicinava al cartello del quarto miglio. Ander vide l’onda montare e stagliarsi contro il cielo scuro finché non fu più possibile scambiare la sua cresta bianca per una nuvola. La guardò sollevarsi come al rallentatore, cinque metri, poi dieci, un muro d’acqua che si spostava verso di loro, nero come la notte. Il suo ruggito soffocò l’urlo che provenne dall’auto. Non sembrava la voce della ragazza, più probabile che fosse quella della madre. Ander rabbrividì. Quel suono era il segno che avevano visto l’onda. I fanali rossi dei freni lampeggiarono. Poi il motore andò su di giri. Troppo tardi. La zia Chora aveva mantenuto la parola: la sua onda era perfetta. Odorava persino di citronella, il tocco che usava sempre per mascherare il tanfo bruciaticcio e metallico che 16


accompagnava il maleficio dello Zefiro. Compatta in ampiezza, l’onda era più alta di un edificio di tre piani, con un vortice concentrato nelle sue viscere e una cresta spumeggiante che si sarebbe abbattuta sul ponte, lasciando però intatta la terra su entrambi i lati. Avrebbe fatto un lavoro pulito e, cosa più importante, rapido. I turisti bloccati all’imbocco del ponte non avrebbero avuto nemmeno il tempo di estrarre i cellulari per riprendere la scena. L’onda si abbatté con violenza. La sua massa invase il ponte e ripiegò su se stessa per infrangersi contro la barriera di sicurezza a tre metri dall’auto, proprio come previsto. Il ponte gemette. L’asfalto si deformò. L'auto mulinò al centro del gorgo e il telaio si allagò. Venne sollevata in aria, cavalcò la cresta dell’onda, poi fu spazzata via dal ponte su uno scivolo d’acqua spumeggiante. Ander guardò la Chrysler capovolgersi e ricadere nel ventre dell’onda. Attraverso il parabrezza vide una scena agghiacciante: lei era lì, i biondi capelli svolazzanti, il profilo morbido come un’ombra proiettata dalla luce di una candela, le braccia tese verso la madre che aveva sbattuto la testa contro il volante. Il suo grido lo trafisse come una scheggia di vetro. Se non fosse successo, tutto sarebbe potuto andare in un altro modo. Invece successe… Per la prima volta in vita sua, lei lo guardò. Lui mollò la presa sulla catena di oricalco. I suoi piedi si staccarono dal fondo della barca da pesca. Nell’istante in cui l’auto toccò l’acqua, lui stava già nuotando verso il finestrino aperto, sfidando l’onda con ogni briciolo dell’antica forza che gli scorreva nel sangue. 17


Era una guerra: Ander contro l’onda. L’acqua ringhiante lo schiaffeggiava, lo spingeva verso il basso fondale del Golfo, gli comprimeva il petto, lasciandogli il corpo pieno di lividi. Lui strinse i denti e continuò a nuotare malgrado il dolore, tra i banchi di corallo che gli laceravano la pelle, tra i frammenti di vetro e di metallo contorto, tra i folti ammassi di alghe. Alzò la testa e boccheggiò in cerca d’aria. Per un istante vide la sagoma deformata dell’auto, subito dopo inghiottita da un mondo di spuma. Gli venne quasi da piangere al pensiero di non arrivare in tempo. D’un tratto tutto si acquietò. L’onda si ritrasse, insieme a tonnellate di rottami e detriti, trascinando l’auto con sé. Ander rimase indietro. Aveva una sola possibilità. I finestrini erano sopra il livello dell’acqua. Non appena l’onda fosse ripiombata sull’auto l’avrebbe schiacciata senza pietà. Ander si stupì di se stesso quando il suo corpo balzò fuori dall’acqua come un delfino. Si rituffò nell’onda con le mani brancolanti, tese verso di lei. Giaceva immobile come una statua. Gli occhi blu scuro erano spalancati. E quando si volse verso di lui, Ander vide che le colava del sangue lungo il collo. Cosa vedeva? Cos’era lui? La domanda e lo sguardo di lei lo paralizzarono. In quell’istante di esitazione l’onda li avvolse, e lui perse un’occasione cruciale: avrebbe avuto il tempo di salvare soltanto una di loro. Sapeva che era una scelta crudele, ma l’egoismo gli impedì di abbandonarla. Un attimo prima che l’onda esplodesse fragorosa su di loro, Ander le afferrò la mano. Eureka. 18


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