Antonio Socci
Lettera a mia figlia Sull’amore e la vita nel tempo del dolore
Rizzoli
Proprietà letteraria riservata © 2013 RCS Libri S.p.A., Milano ISBN 978-88-17-06358-6 Prima edizione: febbraio 2013
Per comunicazioni o ulteriori notizie sull’autore è possibile consultare il sito www.antoniosocci.com e la pagina Facebook «Antonio Socci pagina ufficiale».
«Salvate le sue labbra salvate il suo sorriso non ha vent’anni ancora.» fabrizio De andré (Geordie)
«L’amore sa aspettare, aspettare a lungo, aspettare fino all’estremo. Non diventa mai impaziente, non mette fretta a nessuno e non impone nulla. Conta sui tempi lunghi.» Dietrich Bonhoeffer1
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Questo grande e coraggioso testimone di gesù Cristo, per la sua opposizione agli orrori hitleriani, fu impiccato dai nazisti nel lager di flossenbürg il 9 aprile 1945, pochi giorni prima dell’arrivo degli alleati.
Due lettere come prefazione... «L’inferno dei viventi [...] è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte, fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e approfondimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.» Italo Calvino
Natale 2010 Caro signor Socci, il «Caso» mi ha portata quest’estate a leggere il suo libro su Caterina.2 È successo come quando si crea una crepa in una diga: da allora una forza inarrestabile, un fiume in piena mi ha inondata della vera Vita, della Speranza, della vera Gioia, del vero senso delle cose. Ho pianto e riso con voi, ho ascoltato Caterina cantare Ojos de cielo e ho capito lo spreco della mia vita passata: quanti anni persi dietro affanni terreni! Quanti giorni sprecati senza nemmeno una preghiera! È un miracolo di Caterina! Uno dei tanti che sta compiendo... Tutto ha davvero un senso anche se noi non lo afferriamo e fatichiamo a volte ad accettarlo... Forse anche ciò che è capitato a Caterina ha un senso ed è parte del disegno di Dio. Grazie ancora cara Caterina per essere il tramite che Dio ha usato per «acchiappare» me (e chissà quanti altri...) e grazie a 2 Antonio Socci, Caterina. Diario di un padre nella tempesta, Rizzoli 2010.
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lei signor Socci perché ha voluto condividere la sua tremenda prova donandoci una bellissima testimonianza di Amore e di Accettazione. Ora sono alle prese con Mistero Medjugorje e le scoperte per la mia neonata vita di fede sono infinite. Ho solo il rimpianto di cosa mi sono persa in tutti questi anni!!! La prego, mi saluti caramente Caterina, le porti i miei più sentiti auguri e le faccia sapere di cosa è capace nonostante quello che le è capitato! Auguro a lei, sua moglie e tutti i suoi cari un santo e felice Natale assieme! Manuela Bastelli Gentile signor Socci, nel settembre 2009 sono stata ovviamente colpita da quanto era successo a sua figlia Caterina: una ragazza sana, della mia età, fidanzata con un ragazzo conosciuto (seppur di vista) aveva avuto un inspiegabile arresto cardiaco ed era entrata in coma. La notizia era scioccante, di quelle che fanno fermare a pensare, ma, nonostante ciò che accomunava me e Caterina, ciò che ci rendeva «vicine», rimaneva pur sempre un avvenimento che la presunzione della mia giovane età mi faceva vedere «lontano». Una possibilità remota, una, una sola su ennesime possibilità. Così il trascorrere della mia vita, delle mie cose, ha fatto sì che il mio pensiero si distogliesse da quell’evento. Quando di tanto in tanto ci tornavo su [...] provavo compassione per lei, ma ero sicura della mia impotenza. Mi dicevo: «A volte la vita è misteriosa. E come siamo piccoli. Io non posso farci niente». Quest’autunno ho visto il suo libro in libreria, con quel bel sorriso in copertina, e parlando con il mio ragazzo gli ho detto 10
Due lettere come prefazione...
della mia curiosità a riguardo. Devo averglielo ripetuto spesso perché, per il mio compleanno, me l’ha regalato. Sono sempre affascinata dalle testimonianze, da libri che parlano di vite vere. Dalla loro lettura mi sento arricchita. Visto il sottotitolo Diario di un padre nella tempesta credevo che avrei letto di cosa avete passato lei e la sua famiglia, di come cambia la quotidianità, di come si reagisce. Invece le parole spese in tal senso erano poche, quelle essenziali, perché spiegare una simile angoscia è impossibile. Solo chi l’ha provata può capirla e chi non l’ha fatto può solo immaginare un dolore infinitamente grande, credo peggiore del dolore per una perdita definitiva, per la morte. Con mio stupore, fin dalle prime pagine ho respirato non disperazione, ma la sua fede incrollabile, di cui è impregnato tutto il libro. Conoscendo il suo pensiero avrei potuto immaginarlo, invece il mio cuore è stato travolto da quell’ardore, tanto acceso in così tante persone. In questi giorni sento cambiate alcune cose. Ho riscoperto il vero significato della preghiera (ed è eccezionale!), ho riscoperto il mio ruolo («C’è un uomo più potente di Dio. È l’uomo che prega»!!!) 3 e ho fortemente sentito l’amore di Dio per me [...]. Quando ho letto della vita di Caterina, me ne vergogno, ma ho provato invidia nonostante ciò che le era successo. Non solo per tutto l’amore che la circonda, ma per la pienezza del suo essere, per la sua devozione, perché una fede grande costituiva gli argini sicuri del suo percorso. Non ho mai sentito di bambini che si siano chiesti chi avesse creato la meraviglia del tramonto. Dio deve averle donato una sensibilità speciale. [...] Troppo spesso noi giovani viviamo vite vuote, povere, senza dare un significato al nostro esistere qui e ora, senza met3 È una frase del santo Curato d’Ars, cit. in Antonio Socci, Caterina, cit., p. 157.
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tere a frutto i talenti che ci sono stati donati. Siamo un corso d’acqua fresca, vigorosa, preziosissima che, senza gli argini che la convoglino nella direzione giusta, va a confondersi con la terra... e diventa melma. Oggi sento un forte desiderio di «ri-incanalarmi» nel corso d’acqua giusto. È anche grazie alle sue parole, in fondo grazie a ciò che ho letto su Caterina, uno strumento nelle mani di Dio che, immobile in un lettino, ha mosso molti animi. Adesso siete tutti nei miei pensieri e nel mio cuore [...] e vorrei permettermi di mandare un abbraccio a Caterina. Per ringraziarvi non posso che unirmi nell’accorata preghiera per la sua completa guarigione [...]. Saluto con affetto lei, sua moglie Alessandra e i suoi figli. Flavia
Dopo il risveglio «Le lacrime che dai nostri occhi Vedrete sgorgare Non crediatele mai Segni di disperazione Promessa sono solamente Promessa di lotta.» Alexandros Panagulis4
Il mio 11 settembre è accaduto il 12. Caterina era la luce della mia vita. Sulle mie giornate splendeva sempre il sole dei suoi occhi e un destino col cielo azzurro. Caterina, Maria e Michelangelo nel loro fiorire ogni giorno mi riempivano di stupore, lo stupore grato e inquieto di tutti i padri e di tutte le madri. Come quello che il poeta provò davanti alla bellezza di Venezia: O Dio, quale grande bontà abbiamo compiuta in passato e scordata, da donare a noi questa meraviglia, o Dio delle acque? O Dio della notte, quale grande dolore ci attende, da compensarci così innanzi tempo?5
Infatti è arrivato lo schianto inimmaginabile. Di colpo il 4 5
Scritta nelle prigioni militari di Boiati nel febbraio 1972. Ezra Pound, Litania notturna a Venezia, Mondadori 1985, p. 43. 13
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buio. Proprio quando il sole splendeva di più e l’orizzonte era più azzurro. Quando la vita preannunciava gioia. Come nelle tragedie greche. Del resto tutti gli esseri umani sono avvertiti sull’inevitabile infelicità della vita: Nulla appartiene all’uomo Né la sua forza Né la sua debolezza né il suo cuore E quando crede Di aprire le braccia la sua ombra è quella di una croce E quando crede di stringere la felicità la stritola La sua vita è uno strano e doloroso divorzio Non esistono amori felici.6
Nel libro Caterina. Diario di un padre nella tempesta ho raccontato il crollo delle mie torri, l’esplosione inattesa che travolge tutto, il dolore che ti scortica le più intime fibre dell’anima, la fine del mondo (il mio), lo smarrimento... E il grido di preghiera di tanti amici – e anche di sconosciuti – direttamente al cuore di Dio. Caterina era morta. Ed è tornata in vita. Dopo quasi un’ora e mezza. Si può dire che è risorta? Non lo so.7 Però so quante lacrime abbiamo pianto e quante e quali implorazioni hanno bussato alle porte del Cielo in quei minuti. Di fatto è stato come se tutte quelle suppliche avessero ottenuto una sorta di resurrezione: il suo cuore ha ripreso a battere.8 6 Louis Aragon, Non esistono amori felici, in Le più belle poesie di Louis Aragon, Crocetti Editore 1997, p. 19. 7 L’8 ottobre 2012 il «Corriere della Sera», commentando il caso di un giovane «Resuscitato» con 45 minuti di massaggio cardiaco (come recitava il titolo dell’articolo), interpellava un esperto il quale spiegava che si trattava di un caso molto raro e aggiungeva che – come limite massimo – nelle persone giovani si poteva continuare col massaggio cardiaco fino a un’ora. Nel caso di Caterina, per quanto mi è stato riferito, il battito è ripreso dopo più di un’ora... 8 Nel giro di un mese in altre due circostanze Caterina ha rischiato seriamente di morire e in entrambe le situazioni è stata salvata in extremis.
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Ma così è cominciata la sconosciuta e terrificante notte del coma. Una notte, in un certo senso, ancora più buia della morte che per noi cristiani è l’ingresso nella vita. Ci hanno fatto capire che le tenebre del coma con molta probabilità non sarebbero mai finite. Ci hanno trafitto con questa lama. E io mi sono sentito morire. Ma come dice la Sacra Scrittura – epistola di san Paolo – Gesù «in tutte le cose può fare molto di più di quanto possiamo domandare o pensare».9 E noi fin dall’inizio di questa vicenda non desistiamo, ma instancabilmente mendichiamo... Ci hanno detto – peraltro non richiesti – che la diagnosi era infausta. Che non avremmo più sentito ridere la nostra Caterina, che non avremmo più ascoltato la sua voce e il suo canto, che mai più avrei incrociato i suoi occhioni neri e il suo sorriso. Accennando verso Alessandra dissi a una dottoressa: «A lei basterebbe sentirsi chiamare di nuovo: mamma...». Gelida la «specialista» sentenziò: «Non credo proprio che accadrà!». Un altro impietoso colpo ai nostri cuori. E quanti altri... Ma per un Suo imperscrutabile disegno scopriremo in seguito che il Signore della vita, Rex tremendae maiestatis, aveva deciso diversamente o si era fatto vincere dalle nostre preghiere... Solo che in quel momento non lo sapevamo. Vedevamo che stava chiedendo a Caterina, e a tutti noi, di portare quella croce, di portarla davanti a questo mondo che ha terrore del dolore e soprattutto del coma. E di farlo amando. Se l’ha chiesto a Caterina significa che lei è speciale, che l’ha prescelta, amata e armata per questa avventura fin dal seno di sua madre e poi nella sua 9
Ef 3,20. 15
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giovane vita. E l’ha resa forte per questo come una Giovanna d’Arco moderna. Significava che, nel suo cuore, nelle sue preghiere, nella sua giovinezza, con la testa sul petto della Madonna, Caterina gli aveva già detto «sì» ? «La mia natura è fuoco» come diceva un’altra Caterina, la santa – sua patrona –, che lei tanto ama e ammira. Quante ore, quanti giorni e notti davanti a questa bella addormentata, crocifissa su un letto. Che sofferenza quando – per quelli che ai nostri occhi sembravano momenti interminabili – appariva tormentata, sofferente o addirittura terrorizzata; quando urlava – nel buio del coma – o stringeva i denti, si agitava, soffriva. Dove e come abbiamo trovato tutta quella forza? Non so spiegarmelo. Di certo, non era e non è una forza nostra. Ho trovato l’unica risposta possibile in questa pagina di san Giuseppe Moscati: Quali che siano gli eventi, ricordatevi di due cose: Dio non abbandona nessuno. Quanto più vi sentite solo, trascurato, vilipeso, incompreso, e quanto più vi sentirete presso a soccombere sotto il peso di una grave ingiustizia, avrete la sensazione di un’infinita forza arcana che vi sorregge, che vi rende capaci di propositi buoni e virili, della cui possanza vi meraviglierete, quando tornerete sereno. E questa forza è Dio.10
Certo, le angosce erano lancinanti. Decisamente peggiori della morte che volentieri, sia io che Alessandra, imploravamo per noi, in cambio della grazia. Sarebbe sempre rimasta così, imprigionata nel suo corpo? E la sua anima, la sua mente? 10 Da una lettera al dott. Cosimo Zacchino del 6 ottobre 1921 (si veda: www.moscati.it/Italiano/It_pensieri.html).
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E la sua vita? Su tutto sembrava fosse calata un’implacabile mannaia. La sua tesi, ormai quasi pronta, per la laurea in architettura sarebbe rimasta per sempre nel computer? Non avrebbe più cantato come tanto amava fare? L’abbiamo cullata con gli occhi e infinite carezze, nel suo letto di dolore e risentivamo, col groppo in gola, la sua voce che riecheggiava il compianto di Maria su Gesù deposto dalla croce: Capo bello e delicato Come ti veggio stare enchinato...11
Per lunghe ore, giorni, settimane e mesi abbiamo alzato il nostro grido, giorno e notte, a Colui che tutto può. A Colei che ci ama con una tenerezza di cui solo le mamme possono dare una remota idea. E Caterina si è svegliata. Con un sorriso. Anzi con una bella risata cristallina e contagiosa, proprio la sua. Con la sua allegria meravigliosa. È stato un momento indescrivibile, quel 7 gennaio 2010. Sua madre che piangeva e rideva, felice di aver ritrovato sua figlia e tutti, infermieri, parenti degli altri malati, con le lacrime agli occhi per la commozione, ma col sorriso sulle labbra... Il primo libro di Caterina arriva qui. A questo secondo miracolo, dopo quello della ripresa del battito. Era, appunto, il gennaio dell’anno di grazia 2010. Ma dopo? In tanti hanno continuato a scrivermi per chiedermi notizie. Per sapere come stava. E se e come si riprendeva. Dopo il risveglio e la felicità di quella risata, la situazione 11
Da Voi ch’amate lo Criatore, Laudario di Cortona (sec. XIII). 17
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di Caterina è apparsa terrificante. Questo è il termine che è stato usato un giorno con noi da uno dei medici. Caro lettore, forse ti sembra che questo mio racconto passi da un incubo all’altro, che appena ne finisce miracolosamente uno, ne cominci subito un altro. È proprio così. Come se fossimo in una foresta oscura dove, superato un mostro, se ne presenta uno nuovo. Eppure, anche se può sembrare incomprensibile, siamo passati di luce in luce, di miracolo in miracolo, di gioia in gioia, di dolore in dolore e di abbraccio in abbraccio. Ma dentro un mare sconfinato di sofferenza, di angoscia. Non so come spiegarlo. Forse è la vera felicità che obbedisce a questa legge. La situazione subito dopo il risveglio appariva dunque terrificante. Caterina risultava paralizzata. Non riusciva nemmeno a tener su la testa o a chiudere le labbra, quando veniva messa sulla sedia a rotelle. Inoltre era afflitta da spaventose contrazioni muscolari che le deformavano braccia, mani, piedi e gambe, irrigidendo anche il collo e le spalle e il suo bel viso, in spasmi dolorosi. Non parlava e ovviamente non poteva né mangiare né bere. Ma l’incubo più straziante è stato quando ci hanno detto che secondo loro la coscienza sarebbe stata annichilita e così pure la capacità cognitiva. E altro ancora... A questo punto l’angoscia che popolava di incubi le nostre notti e i nostri giorni divenne smisurata. Non era bastato un grande miracolo: il cuore che aveva ricominciato a battere e che poi – addirittura – aveva ripreso a funzionare bene, scongiurando il trapianto che era stato prospettato. Non erano bastati neanche il piccolo miracolo dell’essere riuscita a superare la devastante circolazione extracorporea di cui aveva avuto bisogno subito, all’ospedale di Careggi, 18
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e poi l’operazione d’emergenza per l’infezione e l’emorragia «avventurosamente» scoperte e bloccate quel 13 ottobre, quando Caterina ha rischiato di nuovo la vita o, in subordine, l’amputazione di una gamba. Non era bastato neanche l’immenso miracolo del risveglio di gennaio. Nonostante tutta questa cascata di grazia inimmaginabile ci trovavamo dentro un incubo brutto come il primo e tutto quello che di grande e bello era accaduto rischiava di essere quasi inutile. Perché poteva essersi svegliata con una coscienza annebbiata. In pratica, poteva non essere più lei, la nostra Caterina. Eppure... Eppure fin dall’inizio c’erano segni che ci facevano sperare: leggevamo e rileggevamo quelle pagine del Giovane Holden, quelle battute che avevano fatto scoppiare la risata di Caterina, e ci dicevamo che quando si colgono quelle sfumature ironiche si deve ben essere intelligenti. In effetti, le settimane e i mesi che sono seguiti hanno confermato clamorosamente questa intuizione, con grande sorpresa degli «esperti». Caterina capiva tutto e recuperava progressivamente i ricordi. Ma soprattutto siamo stati sommersi dai segni e dai volti belli dei santi (della Terra e del Cielo) che ci sussurravano e talvolta ci gridavano: affidatevi al nostro Re meraviglioso, perché Lui è buono e potente. E siate cavalieri certi e luminosi della Regina del cielo. Non nutrite dubbi e sospetti. I figli non possono dubitare della Madre. Se vi è stata affidata questa grande missione è perché Lei con voi vuole conquistare tanti cuori smarriti, per portare luce a molte creature perdute nel buio, per dare acqua agli assetati. Scriveva Emmanuel Mounier alla moglie, al tempo della 19
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terribile malattia della loro piccola Françoise e nella grande tragedia della Seconda guerra mondiale: Tu senti le piccole povere voci supplicanti di tutti i bambini martiri del mondo [...]. Se a noi non resta che soffrire (subire, patire, sopportare), forse non ce la faremo a dare quello che ci è stato chiesto. Non dobbiamo pensare al dolore come a qualcosa che ci viene strappato, ma come a qualcosa che noi doniamo, per non demeritare del piccolo Cristo che si trova in mezzo a noi, per non lasciarlo solo ad agire col Cristo. Non voglio che si perdano questi giorni, dobbiamo accettarli per quello che sono: giorni pieni d’una grazia sconosciuta.12
Così è cominciato il nostro lungo cammino con Caterina. Questo pellegrinaggio nella notte verso Casa.
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Emmanuel Mounier, Lettere sul dolore, BUR 1995, p. 61-62.