Senza te

E' lo scorrere del giorno che affatica la mia mente. Rimbalzando fuor dal letto, la mattina corro presto; e in cucina prendo sempre; caffè e latte e marmellata.

Mamma mia! Che serata.

Un signore menomato, dentro a un cuore generato, cerca sempre, tutto intorno, ogni sera al mio ritorno.

La questione era poi questa: quella borsa della spesa, era vuota ed offesa; e di quel tale che ha pagato, risentiamo un grido acuto.

Ogni volta, poi, che è notte, si riplacano le botte; si da colpa alla follia, se son tutti fuori via. E chi paga per due ore, sono solo poche suore.

Sono solo all'ospedale che aspetto dentro un viale, la presenza sempre vana, di incontrare una sottana. La sorella del signore, tutto fronzoli e torsioni, fa i suoi conti ancor sospesi, con le notti ancora fuori.

GiĂ si sa che ogni luce, cambia umore all'incapace, e per qualche professione, serve essere un leone.

E' da sempre risaputo che il giorno è per la massa, ma ora anche a certe ore, si fa i conti con la gente. Spesso viene e spesso va, la ritrovi tutta qua.

E' romantica e cortese, la tua donna per due ore; piĂš mi aggrada sempre, invece, mantener legami seri. Non per questo, cara Agnese, son scappato senza offese; senza torti o forse meno, dei tuoi amici arcobaleno.

Sento sempre le parole, profumate alle viole; quei sussurri che regali, ai tuoi ospiti inattesi. Poi mi lasci, dolcemente, a mente vuota di ricordi.

Torno a casa la mattina, ed il gatto è sul portone; entro presto e trovo te, che ti alzi per cantare.

Attacchi sempre quel motivo; che son mezzo criminale.

Io non ti ho sposato invero, per lasciarti sotto un pero; ma so solo che a quest'ora, torni stanco ed arrabbiato, se mi alzo a lavorare.

Io di notte non so stare.

Non so stare neanche il giorno, perchĂŠ aspetto il tuo ritorno; una voce, una presenza; che sia viva anche senza.

Senza prendere piĂš scuse, se ho un po' le idee confuse.