Un eroe già consumato

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Roberta Migliaccio

Un eroe giĂ consumato


Stava ancora accovacciato, con la schiena un po' piegata; la sua borsa sotto il braccio, e le mani rattrappite. Quella ruga sulla fronte, giĂ dicevan essere un prelato.


Era un vecchio arrugginito dalla polvere da sparo, da quegli anni ormai passati; e sempre pronto a vendicare, vittime di questo tempo, ancor difficile da dire.

Lo ricordo, ancora un tempo, che fuggiva per i campi; con le scorte e la sottana, a nascondere i suoi cari, lĂŹ vicini nella zona.


Si diceva un poco matto, un po' buffone e un poco chiatto; ma per molti era sì stato, un Salvator miracolato. Oggi è come primavera, con quest'aria malandrina, e con il vento sopra il volto, si presenta un'altro giorno. Lui è fermo contro il muro, che nasconde il cimitero; non rivolge più a nessuno, neanche un piccolo pensiero.

Giu in paese è risaputo, che scappò con qualche amore; di nascosto consumato, in un luogo ormai dimenticato.


La scomunica arrivò, per questa sua mancanza seria; e dal giorno di quella missiva, si rivolse ad una suora. La sorella spaventata, lo cacciò in fretta e furia; e lui si trovò per strada, lì. Ad un sol passo dalla spazzatura.

Molti lo dicevan folle, molti chiesero il perdono; ad un dio che non prevede, che lui fosse sempre un uomo. Sempre un piccolo mistero, solo una riflessione, sul continuo domandarsi, ma chi fu questo Signore. Forse un dio a cui è mancato solo un po' di quell'amore; forse un uomo sì malfatto, da non credere più affatto.


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