U NIVERSITÀ
DEGLI
S TUDI
DI
N APOLI · F EDERICO II
FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Corso di Laurea in Matematica
UNA INTRODUZIONE ALLA TEORIA GEOMETRICA DELLA MISURA Tesi di Laurea in Matematica
Relatore: Ch.mo Prof. Nicola FUSCO
Sessione Autunnale Anno Accademico 2008/09
Candidato: Roberto REALE matr. 565/85
a Raffaella
Indice Introduzione
5
1 Misure di Radon su R n 1.1 Misure su un insieme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 Misure su R n . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.1 Boreliani. Misure di Borel. Misure di Radon . . . . 1.2.2 Approssimazione per mezzo di aperti e di compatti 1.2.3 Criterio di Caratheodory . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.4 La misura di Lebesgue . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3 Funzioni misurabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.1 Teoremi di Lusin e di Egorov . . . . . . . . . . . . . 1.4 Integrali e teoremi di passaggio al limite . . . . . . . . . . 1.5 Misure prodotto. Teorema di Fubini . . . . . . . . . . . . . 1.5.1 Le funzioni Γ e β . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.5.2 Il volume della palla n-dimensionale . . . . . . . . .
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7 7 14 14 16 20 21 24 29 33 40 47 49
2 Differenziazione di misure di Radon 2.1 Teoremi di ricoprimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1.1 Teorema di ricoprimento di Vitali . . . . . . . . . 2.1.2 Teorema di ricoprimento di Besicovitch . . . . . 2.2 Derivate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3 Integrazione di derivate. Decomposizione di Lebesgue 2.4 Teorema di differenziazione di Lebesgue-Besicovitch .
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50 50 50 54 62 65 70
3 La misura di Hausdorff 3.1 Definizione e proprietà elementari . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Dimensione di Hausdorff . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3 L’insieme di Cantor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4 Disuguaglianza isodiametrica. H n = L n su R n . . . . . . . 3.5 Misura di Hausdorff e proprietà fini delle funzioni . . . . . 3.5.1 Grafici delle funzioni Lipschitz . . . . . . . . . . . . 3.5.2 L’insieme dove una funzione sommabile è “grande”
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75 75 78 82 85 91 91 93
3
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INDICE 4 Formule di area e di coarea 4.1 Jacobiano di un operatore lineare . . . . . . 4.2 Funzioni Lipschitz e differenziabilità . . . . 4.3 Formula dell’area. Applicazioni . . . . . . . 4.4 Formula di coarea. Applicazioni . . . . . . . 4.4.1 Il volume della palla n-dimensionale
4
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95 . 95 . 97 . 98 . 101 . 104
Bibliografia
106
Indice analitico
107
Introduzione Geometric measure theory could be described as differential geometry, generalized through measure theory to deal with maps and surfaces that are not necessarily smooth, and applied to the calculus of variations. F. Morgan
In questa tesi introduciamo i concetti fondamentali della teoria geometrica della misura; una disciplina che non soltanto rappresenta una fonte di problemi interessanti di per sé, come quelli che riguardano le superfici minime, ma che è uno dei più potenti strumenti della moderna analisi matematica, con applicazioni in delicate questioni di calcolo delle variazioni ed equazioni alle derivate parziali. Il lavoro si apre con un capitolo dedicato alla teoria astratta della misura. L’approccio seguito è quello, dovuto a Caratheodory, di partire dalla nozione più generale di misura esterna, e da questa ottenere poi, per restrizione alla σ-algebra degli insiemi misurabili, le misure nell’accezione comune del termine. Tra le misure definite su uno spazio topologico X e “compatibili” con la topologia di X , concentriamo la nostra attenzione su una classe dotata di buone proprietà di “regolarità” e “locale finitezza”, ossia la classe delle misure di Radon su spazi euclidei; ad essa appartiene ad esempio la misura di Lebesgue n-dimensionale L n . In particolare, studiamo la possibilità di “approssimare” un insieme per mezzo di aperti e di compatti, i classici teoremi di passaggio al limite sotto il segno di integrale e il teorema di Fubini; quest’ultimo verrà presentato in una forma estremamente generale. Nel secondo capitolo, dopo aver dimostrato il teorema di ricoprimento di Vitali e poi, in tutta la sua generalità, quello di Besicovitch, introduciamo la nozione di derivata di una misura rispetto ad un’altra e dimostriamo i teoremi di “calcolo differenziale e integrale”: il teorema di Radon-Nikodym, il teorema di decomposizione di Lebesgue e, soprattutto, il teorema di differenziazione di Lebesgue-Besicovitch. L’approccio di Caratheodory alla teoria della misura si rivela particolarmente vantaggioso nel terzo capitolo, nel quale definiamo le misure di Hausdorff s-dimensionali H s su R n (0 ≤ s ≤ n) come misure esterne, e ne studiamo le proprietà. Utilizzando la nozione geometrica di simmetrizzazione di Steiner perveniamo poi ad una dimostrazione rigorosa della classica disuguaglianza isodiametrica; quest’ultima, a sua volta, ci permette di provare che H n = L n . Nel capitolo sono inclusi inoltre alcuni risultati concernenti la dimensione di Hausdorff (una generalizzazione dell’ordinaria dimensione di uno spazio euclideo adeguata a descrivere oggetti “frattali”) e le proprietà fini delle funzioni reali. 5
INDICE
6
Ma è nell’ultimo capitolo che gli strumenti sviluppati, ed in particolare le misure di Hausdorff, trovano una più cospicua applicazione, vale a dire le formule di area e coarea nel caso di mappe Lipschitz di R n in R m . La dimostrazione di queste fondamentali formule, per le quali si rimanda a [Fed], [E-G], [AFP], è stata omessa per brevità; attraverso numerosi corollari ed esempi mostriamo tuttavia come, a partire da esse, sia possibile ritrovare, in una forma più generale, i risultati classici di geometria delle curve e delle superfici.
Capitolo 1
Misure di Radon su Rn 1.1 Misure su un insieme Questo capitolo è principalmente una ricapitolazione della teoria standard della misura, con particolare enfasi rivolta alle misure di Radon su R n . Anche se intendiamo lavorare quasi esclusivamente in R n , è conveniente cominciare in modo astratto. (1.1.1) Notazione Denotiamo con X un insieme e con 2 X la famiglia dei sottoinsiemi di X . (1.1.2) Definizione Un’applicazione µ : 2 X → [0, ∞] si dice una misura su X se (i) µ(;) = 0, e (ii) µ( A ) ≤
P∞
k =1
µ( A k ) ogni volta che A ⊂
S∞
k =1
A k (subadditività numerabile).
(1.1.3) Osservazione La maggior parte degli autori chiama una siffatta applicazione µ una misura esterna, riservando il nome misura per µ ristretta alla famiglia dei sottoinsiemi µ-misurabili (cfr. (1.1.6)). Vedremo, però, che sussistono indubbi vantaggi nel poter “misurare” anche insiemi non misurabili. (1.1.4) Lemma Sia µ una misura su X . (i) Monotonia. Se A ⊂ B ⊂ X , allora µ( A ) ≤ µ(B). (ii) Subadditività finita. µ( A ∪ B) ≤ µ( A ) + µ(B) per ogni A, B ⊂ X . (iii) µ(B) ≤ µ(B − A ) + µ(B ∩ A ) per ogni A, B ⊂ X . Dim. (a) Si ponga B1 = B e B k = ; per k > 1. Allora A ⊂ Questo prova la (i).
S∞
k =1
B k , sicché µ( A ) ≤
P∞
k =1
(b) Per dimostrare la (ii), si ponga C1 = A, C2 = B e C k = ; per k > 2. Allora A ∪ B ⊂ P µ( A ∪ B ) ≤ ∞ µ(C k ) = µ( A ) + µ(B ). k =1 (c) La (iii) segue subito dalla (ii), purché si osservi che B = (B − A ) ∪ (B ∩ A ).
7
µ(B k ) = µ(B ).
S∞
k =1
C k , sicché
ä
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
8
(1.1.5) Definizione Sia µ una misura su X e sia A ⊂ X ; poniamo (µ L A )(B) ≡ µ( A ∩ B)
per ogni B ⊂ X .
Si verifica subito che µ L A , al pari di µ, è una misura su X ; la chiameremo µ ristretta ad A . (1.1.6) Definizione Un insieme A ⊂ X è µ-misurabile se µ(B ) = µ(B ∩ A ) + µ(B − A )
per ogni insieme B ⊂ X . (1.1.7) Osservazione Avendosi, per ogni A, B ⊂ X , µ(B ) ≤ µ(B ∩ A ) + µ(B − A ),
per provare che un insieme A è µ-misurabile è sufficiente dimostrare che vale la disuguaglianza opposta. (1.1.8) Lemma (i) Se µ( A ) = 0, allora A è µ-misurabile. (ii) A è µ-misurabile se e solo se X − A è µ-misurabile. (iii) Se A è un qualunque sottoinsieme di X , allora ogni insieme µ-misurabile è anche (µ L A )misurabile. Dim. (a) Sia µ( A ) = 0. Allora per ogni insieme B ⊂ X µ(B ∩ A ) + µ(B − A ) ≤ µ( A ) + µ(B ) = µ(B ).
Pertanto A è µ-misurabile. (b) Per dimostrare la (ii) basta osservare che per ogni B ⊂ X
B ∩ ( X − A ) = B − A, sicché
B − ( X − A ) = B ∩ A,
³ ´ ³ ´ µ B ∩ ( X − A ) + µ B − ( X − A ) = µ(B − A ) + µ(B ∩ A ).
(c) Sia infine B ⊂ X µ-misurabile. Allora per ogni C ⊂ X si ha
cioè
³ ´ ³ ´ ³ ´ ³ ´ µ( A ∩ C ) = µ ( A ∩ C ) ∩ B + µ ( A ∩ C ) − B = µ A ∩ (C ∩ B ) + µ A ∩ (C − B ) ,
(µ L A )(C ) = (µ L A )(C ∩ B) + (µ L A )(C − B).
Per l’arbitrarietà di C ⊂ X , B è (µ L A )-misurabile, e la (iii) è provata.
ä
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
9
(1.1.9) Teorema (Proprietà degli insiemi misurabili) Sia { A k }∞ una successione di insiemi k =1 µ-misurabili. (i) Gli insiemi
S∞
k =1
Ak e
T∞
k =1
A k sono µ-misurabili.
(ii) Se gli insiemi { A k }∞ sono disgiunti, allora k =1 µ
Ã
∞ [
k =1
!
Ak =
∞ X
k =1
Ak .
(iii) Se A 1 ⊂ ... ⊂ A k ⊂ A k+1 ⊂ ... allora lim µ( A k ) = µ
k→∞
Ã
∞ [
k =1
!
Ak .
(iv) Se A 1 ⊃ ... ⊃ A k ⊃ A k+1 ⊃ ... e µ( A 1 ) < ∞, allora lim µ( A k ) = µ
k→∞
Ã
∞ \
k =1
!
Ak .
Dim. (a) Siano A 1 , A 2 ⊂ X µ-misurabili. Allora, per ogni insieme B ⊂ X , risulta µ(B ) = µ(B ∩ A 1 ) + µ(B − A 1 ) = µ(B ∩ A 1 ) + µ((B − A 1 ) ∩ A 2 ) + µ((B − A 1 ) − A 2 )
≥ µ(B ∩ ( A 1 ∪ A 2 )) + µ(B − ( A 1 ∪ A 2 )),
in quanto (B ∩ A 1 ) ∪ ((B − A 1 ) ∩ A 2 ) = B ∩ ( A 1 ∪ A 2 ) e ( B − A 1 ) − A 2 = B − ( A 1 ∪ A 2 ). Pertanto A 1 ∪ A 2 è µ-misurabile. Per induzione, un’unione finita di insiemi µ-misurabili è µmisurabile. (b) Avendosi
X − ( A 1 ∩ A 2 ) = ( X − A 1 ) ∪ ( X − A 2 ), l’intersezione di due insiemi µ-misurabili è µ-misurabile, e quindi per induzione tale è anche ogni intersezione finita di insiemi µ-misurabili. (c) Supponiamo ora che gli insiemi { A k }∞ siano disgiunti, e scriviamo k =1
Bj ≡ Allora, essendo A j +1 µ-misurabile per ogni j,
j [
k =1
Ak .
µ(B j +1 ) = µ(B j +1 ∩ A j +1 ) + µ(B j +1 − A j +1 ) = µ( A j +1 ) + µ(B j ),
sicché per induzione
( j = 1, 2,... )
( j = 1, 2,... )
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
µ
Avendosi, per ogni j,
10 Ã
j[ +1
k =1
!
Ak = j[ +1
k =1 jX +1
k =1
µ( A k ) = µ
e passando al limite per j → ∞
∞ X
k =1
Ã
jX +1
k =1
Ak ⊂
j[ +1
k =1
µ( A k ).
∞ [
k =1
!
Ak,
Ak ≤ µ
µ( A k ) ≤ µ
Ã
( j = 1, 2,... )
Ã
∞ [
k =1
∞ [
k =1
!
Ak ,
( j = 1, 2,... )
!
Ak .
Dal momento che la disuguaglianza opposta vale per definizione, la (ii) è dimostrata. (d) Per provare la (iii), poniamo B1 = A 1 e B k = A k − A k−1 per k > 1, sicché gli insiemi {B k }∞ sono k =1 disgiunti e ∞ ∞ [ [ Bk. Ak = k =1
k =1
Per la (ii) si ha allora
∞ X
k =1
Ma
µ(B k ) = µ
Ã
∞ [
k =1
!
Ak .
µ( A 1 ) = µ(B 1 ),
µ( A 2 ) = µ( A 2 ∩ A 1 ) + µ( A 2 − A 1 ) = µ( A 1 ) + µ(B 2 ) = µ(B 1 ) + µ(B 2 ),
µ( A 3 ) = µ( A 3 ∩ A 2 ) + µ( A 3 − A 2 ) = µ( A 2 ) + µ(B 3 ) = µ(B 1 ) + µ(B 2 ) + µ(B 3 ),
.. .
µ( A k+1 ) = µ( A k+1 ∩ A k ) + µ( A k+1 − A k ) = µ( A k ) + µ(B k+1 ) = µ(B 1 ) + µ(B 2 ) + ... + µ(B k ) + µ(B k+1 )
e così via. Pertanto lim µ( A k ) =
k→∞
∞ X
k =1
µ(B k ) = µ
Ã
∞ [
k =1
!
Ak .
(e) Per dimostrare la (iv), osserviamo che per ogni k da µ( A 1 ) = µ( A 1 ∩ A k ) + µ( A 1 − A k ) = µ( A k ) + µ( A 1 − A k )
segue, avendosi µ( A k ) ≤ µ( A 1 ) < ∞, µ( A 1 ) − µ( A k ) = µ( A 1 − A k ),
sicché µ( A 1 ) − lim µ( A k ) = lim µ( A 1 − A k ). k→∞
k→∞
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
11
D’altra parte, essendo A k ⊃ A k+1 per ogni k, si ha A 1 − A k ⊂ A 1 − A k+1 per ogni k, e dalla (iii) segue ! Ã ∞ [ ( A1 − A k ) ; lim µ( A 1 − A k ) = µ k→∞
k =1
quindi µ( A 1 ) − lim µ( A k ) = lim µ( A 1 − A k ) = µ k→∞
Ma
Ã
µ( A 1 ) ≤ µ A 1 ∩
∞ \
k =1
da cui, tenendo presente che µ
k→∞
!
Ã
A k + µ A1 −
∞ \
k =1
!
Ak ≤ µ
Ã
¡T∞
¢ A k ≤ µ( A 1 ) < ∞,
µ
( A 1 − A k ) ≥ µ( A 1 ) − µ
k =1
Ã
∞ [
k =1
!
Ã
∞ \
k =1
Ã
∞ [
!
( A1 − A k ) .
k =1
!
Ak + µ
∞ \
k =1
Ã
∞ [
k =1
!
( A1 − A k ) ,
!
Ak ;
ricapitolando, µ( A 1 ) − lim µ( A k ) = lim µ( A 1 − A k ) = µ k→∞
k→∞
Ã
∞ [
k =1
!
( A 1 − A k ) ≥ µ( A 1 ) − µ
Ã
∞ \
k =1
!
Ak .
Sottraendo µ( A 1 ) < ∞ dal primo e dall’ultimo membro otteniamo lim µ( A k ) ≤ µ
k→∞
Ã
∞ \
k =1
!
Ak .
La disuguaglianza opposta è immediata per la proprietà di monotonia; la (iv) resta così dimostrata. (f) Dobbiamo infine provare la (i). Si noti in primo luogo che se B è un sottoinsieme di X con µ(B ) = ∞, allora à ! à ! ∞ ∞ [ [ Ak + µ B − ∞ = µ(B) ≤ µ B ∩ Ak , k =1
sicché
Ã
µ B∩
∞ [
k =1
!
Ã
Ak + µ B −
k =1
∞ [
k =1
!
A k = µ(B).
Per dimostrare questa uguaglianza anche nel caso µ(B) < ∞, ricordiamo da (1.1.8) che ogni inSj sieme µ-misurabile è anche (µ L B)-misurabile. Dal momento che per la (a) ogni B j ≡ k=1 A k è µ-misurabile, e inoltre
B1 ⊂ ... ⊂ B k ⊂ B k+1 ⊂ ... ,
X − B1 ⊃ ... ⊃ X − B k ⊃ X − B k+1 ⊃ ... ,
(µ L B)( X − B1 ) ≤ µ(B) < ∞,
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
12
applicando la (iii) e la (iv) possiamo scrivere ! Ã Ã ! ∞ ∞ [ \ B k + (µ L B ) ( X − B k ) = lim (µ L B)(B k ) + lim (µ L B)( X − B k ) (µ L B ) k =1
k→∞
k =1
k→∞
³ ´ = lim (µ L B)( X ∩ B k ) + (µ L B)( X − B k ) = (µ L B)( X ) = µ(B ∩ X ) = µ(B). k→∞
Ma
∞ [
k =1
e
∞ \
Bk =
(X − Bk) = X −
k =1
sicché Ã
µ B∩
∞ [
k =1
!
Ã
Ak + µ B −
Pertanto
∞ [
k =1
Ã
A k = (µ L B ) = (µ L B )
Ã
µ B∩
qualunque sia B ⊂ X , ossia
S∞
k =1
k =1
Ã
k =1
!
Ak
k =1
∞ [
!
∞ [
∞ [
Bk = X −
∞ [
k =1 ∞ [
k =1
Ã
Ak + µ B −
∞ [
k =1
Ak,
!
Ã
!
Ã
A k + (µ L B ) X − B k + (µ L B )
∞ [
k =1
∞ \
∞ \
k =1
Ak =
∞ [
k =1
Ak
! !
( X − B k ) = µ(B).
k =1
!
A k = µ(B)
A k è µ-misurabile. Tale è poi anche X−
∞ [
( X − A k ).
T∞
k =1
A k , in quanto
k =1
Questo prova la (i), e completa la dimostrazione del teorema.
ä
(1.1.10) Definizione Una famiglia di sottoinsiemi A ⊂ 2 X è una σ-algebra su X se (i) ;, X ∈ A ; (ii) A ∈ A implica X − A ∈ A ; (iii)
S∞
k =1
A k ∈ A per ogni successione { A k }∞ in A . k =1
(1.1.11) Osservazione La famiglia di tutti i sottoinsiemi µ-misurabili di X forma una σ-algebra, che denoteremo con M ( X , µ). (1.1.12) Lemma Siano X un insieme, A una σ-algebra su X . Allora: (i) A ∪ B ∈ A e A ∩ B ∈ A per ogni A, B ∈ A ; (ii) A − B ∈ A per ogni A, B ∈ A ; (iii) se { A k }∞ è una successione in A , k =1
T∞
k =1
Ak ∈ A .
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
13
(1.1.13) Definizioni Siano X un insieme, µ una misura su X . Allora: (i) µ si dice finita se µ( X ) < ∞; (i) un sottoinsieme A ⊂ X si dice σ-finito rispetto a µ se possiamo scrivere A = B k ⊂ X è µ-misurabile e µ(B k ) < ∞ per k = 1, 2,... ;
S∞
k =1
B k , dove
(iii) µ si dice σ-finita se X è σ-finito rispetto a µ. S (1.1.14) Osservazione Se A ⊂ X è σ-finito rispetto a µ, possiamo scrivere A = ∞ B , dove k =1 k {B k }∞ è una successione disgiunta di insiemi µ -misurabili con µ ( B ) < ∞ per k = 1 , 2 ,... k k =1
(1.1.15) Esempio Sia X un insieme, e definiamo un’applicazione µ0 : 2 X → [0, ∞] ponendo µ0 ( A ) ≡
(
Card( A )
se A è finito,
∞
altrimenti.
Si verifica subito che µ0 è una misura σ-finita su X e che ogni A ⊂ X è µ0 -misurabile; µ0 dicesi la misura che conta i punti. (1.1.16) Definizione Una misura µ su un insieme X è regolare se per ogni insieme A ⊂ X esiste un insieme µ -misurabile B ⊂ X tale che A ⊂ B e µ( A ) = µ(B). (1.1.17) Teorema Sia µ una misura regolare su X . Se
A 1 ⊂ ... ⊂ A k ⊂ A k+1 ⊂ ... allora lim µ( A k ) = µ
k→∞
Ã
∞ [
k =1
!
Ak .
(Gli insiemi { A k }∞ possono non essere µ-misurabili; si confronti con (1.1.9).) k =1 Dim. Essendo µ regolare, esistono insiemi µ-misurabili {C k }∞ , con A k ⊂ C k e µ( A k ) = µ(C k ) per k =1 T ogni k. Si ponga B k ≡ j ≥k C j . Allora
Ak =
\
j≥k
Aj ⊂
C j = Bk,
\
j≥k
ogni B k è µ-misurabile, e µ( A k ) ≤ µ(B k ) ≤ µ(C k ) = µ( A k )
da cui µ( A k ) = µ(B k ) (k = 1, 2,... ). Inoltre {B k }∞ è una successione crescente sicché, per (1.1.9), k =1 lim µ( A k ) = lim µ(B k ) = µ
k→∞
k→∞
Ã
∞ [
k =1
!
Bk ≥ µ
Ã
∞ [
k =1
!
Ak .
La disuguaglianza opposta lim µ( A k ) ≤ µ
k→∞
consegue dall’essere A k ⊂
S∞
j =1
A j (k = 1, 2,... ).
Ã
∞ [
j =1
Aj
!
ä
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
14
1.2 Misure su Rn 1.2.1
Boreliani. Misure di Borel. Misure di Radon
(1.2.1) Lemma Siano X un insieme ed F una famiglia di parti di X . Esiste allora la più piccola σ-algebra A ⋆ su X contenente F . (Diremo che A ⋆ è generata da F , o che F genera A ⋆ .) Dim. Sia
Ж ≡ { A | A è una σ-algebra su X , F ⊂ A } . Banalmente, 2 X ∈ Ж sicché Ж 6= ;. Poniamo A⋆ ≡
\
A;
A ∈Ж
è chiaro che F ⊂ A ⋆ e che A ⋆ ⊂ A , per ogni σ-algebra A su X contenente F . Per completare la dimostrazione, occorre far vedere che A ⋆ è una σ-algebra su X ; ma questo è immediato. ä (1.2.2) Definizione Sia X uno spazio topologico. La σ-algebra di Borel B ( X ) di X è la più piccola σ-algebra su X contenente gli aperti di X , o, ciò che è lo stesso, è la σ-algebra generata dalla topologia di X . Gli elementi di B ( X ) si dicono insiemi di Borel o boreliani. (1.2.3) Osservazione La σ-algebra di Borel B ( X ) è generata dai chiusi. E invero, è sufficiente osservare che ogni σ-algebra A su X contiene gli aperti se e solo se contiene i chiusi. (1.2.4) Definizioni Sia X uno spazio topologico. (i) Una misura µ su X si dice di Borel se ogni boreliano B ⊂ X è µ-misurabile. (ii) Una misura µ su X è Borel regolare se µ è di Borel e per ogni A ⊂ X esiste un boreliano B ⊂ X tale che A ⊂ B e µ( A ) = µ(B). (iii) Una misura µ su X è una misura di Radon se µ è Borel regolare e µ(K ) < ∞ per ogni compatto K ⊂ X. (1.2.5) Osservazioni Una misura Borel regolare è anche regolare; una misura di Radon su R n è σ-finita. (1.2.6) Teorema Sia µ una misura Borel regolare su uno spazio topologico X , e sia A ⊂ X . Supponiamo che (i) A sia µ-misurabile e µ( A ) < ∞, oppure che (ii) A sia un boreliano. Allora µ L A è una misura Borel regolare. Dim. (a) Supponiamo che valga la (i). Siccome µ è Borel regolare, esiste un boreliano B ⊂ X tale che A ⊂ B e µ(B) = µ( A ) < ∞. Allora, essendo A µ-misurabile, µ(B − A ) = µ(B ) − µ( A ) = 0.
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
15
Scegliamo C ⊂ X . Allora (µ L B)(C ) = µ(C ∩ B) = µ((C ∩ B) ∩ A ) + µ((C ∩ B) − A )
≤ µ(C ∩ A ) + µ(B − A ) = µ(C ∩ A ) = (µ L A )(C ),
e inoltre, avendosi A ⊂ B, vale anche la disuguaglianza opposta. Pertanto, per l’arbitrarietà di C ⊂ X , µ L B = µ L A ; possiamo allora assumere che A sia un boreliano, ossia che valga la (ii). (b) Poniamo ν ≡ µ L A . Siccome ogni insieme µ-misurabile è anche ν-misurabile e µ è di Borel, tale è anche ν. (c) Ci resta da dimostrare che ν è Borel regolare. A tale scopo, scegliamo C ⊂ X . Dobbiamo far vedere che esiste un boreliano D tale che C ⊂ D e ν(C ) = ν(D ). Siccome µ è una misura Borel regolare, esiste un boreliano E tale che A ∩ C ⊂ E e µ(E ) = µ( A ∩ C ). Sia D ≡ E ∪ ( X − A ). Essendo A ed E boreliani, tale è D . Inoltre,
C = (C ∩ A ) ∪ (C − A ) ⊂ (C ∩ A ) ∪ ( X − A ) ⊂ E ∪ ( X − A ) = D. Infine ν( D ) = µ( D ∩ A ) = µ( E ∩ A ) ≤ µ( E ) = µ( A ∩ C ) = ν(C ),
dal momento che D ∩ A = E ∩ A .
ä
(1.2.7) Corollario Sia µ una misura Borel regolare su X . Supponiamo che A sia µ-misurabile e che µ( A ) < ∞. Allora µ L A è una misura di Radon. Dim. Per il teorema, ν ≡ µ L A è una misura Borel regolare; inoltre ν(K ) ≤ µ( A ) < ∞ per ogni compatto K ⊂ X , sicché ν è di Radon. ä (1.2.8) Notazione Siano µ, ν misure su un insieme X . Scriveremo µ≤ν
se µ( A ) ≤ ν( A ) per ogni insieme A ⊂ X . (1.2.9) Teorema Sia {µk }∞ una successione di misure su un insieme X tale che k =1 µ1 ≤ ... ≤ µk ≤ µk+1 ≤ ...
Posto µ ≡ lim µk , k→∞
risulta: (i) µ è una misura su X ; (ii) se X è uno spazio topologico e ogni µk è di Borel, tale è µ; (iii) se X è uno spazio topologico e ogni µk è Borel regolare, tale è µ.
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
16
Dim. (a) Ovviamente µ(;) = lim k→∞ µk (;) = 0. Siano A, { A j }∞ ⊂ X insiemi tali che A ⊂ j =1 allora per ogni k risulta ∞ ∞ X X µk ( A ) ≤ µk ( A j ) ≤ µ( A j ), j =1
S∞
j =1
A j;
j =1
e quindi, passando al limite per k → ∞,
µ( A ) ≤
∞ X
j =1
µ( A j ).
Quindi µ è una misura su X , e la (i) è provata. (b) Dimostriamo ora la (ii). Siano B ⊂ X un boreliano, C ⊂ X un insieme arbitrario. Allora, per ogni intero positivo k, risulta µ k ( C ) = µ k ( C ∩ B ) + µ k ( C − B ), sicché passando al limite per k → ∞ otteniamo µ(C ) = µ(C ∩ B ) + µ(C − B ),
ossia B è µ-misurabile. Per l’arbitrarietà di B, µ è di Borel. (c) Proviamo infine la (iii). Sia A ⊂ X un insieme arbitrario, e scegliamo per ogni k un boreliano T B k ⊂ X tale che A ⊂ B k e che µk (B k ) = µk ( A ). Poniamo B ≡ ∞ B ; B è un boreliano, A ⊂ B, e k =1 k inoltre per ogni k risulta µ k ( A ) ≤ µ k ( B ) ≤ µ k ( B k ) = µ k ( A ), ossia µ k ( B ) = µ k ( A ).
L’asserto si ottiene per k → ∞.
1.2.2
ä
Approssimazione per mezzo di aperti e di compatti
Consideriamo ora la possibilità di approssimare un insieme arbitrario, nel senso della misura, per mezzo di aperti, chiusi o compatti. (1.2.10) Teorema Sia µ una misura di Borel su R n e sia B ⊂ R n un boreliano. (i) Se µ(B) < ∞, esiste per ogni ǫ > 0 un chiuso C tale che C ⊂ B e µ(B − C ) < ǫ. (ii) Se µ è una misura di Radon, esiste per ogni ǫ > 0 un aperto U tale che B ⊂ U e µ(U − B) < ǫ. Dim. (a) Sia ν ≡ µ L B. Essendo µ di Borel ed essendo µ(B) < ∞, ν è una misura di Borel finita. Sia ¯ ª © F ≡ A ⊂ R n ¯ A è µ-misurabile e per ogni ǫ > 0 esiste un chiuso C ⊂ A tale che ν( A − C ) < ǫ .
Banalmente, F contiene tutti i chiusi.
T∞ (b) Se { A i }∞ . Si fissi ǫ > 0. Avendosi A i ∈ F , i=1 è una successione in F , allora A ≡ i=1 A i ∈ FT esiste per ogni i un chiuso C i ⊂ A i con ν( A i − C i ) < ǫ/2 i . Sia C ≡ ∞ C . Allora C è chiuso, e inoltre i =1 i ν( A − C ) = ν
Ã
∞ \
i =1
Ai −
∞ \
i =1
!
Ci ≤ ν
Ã
∞ [
i =1
!
(Ai − Ci) ≤
∞ X
i =1
ν( A i − C i ) <
∞ ǫ X
i =1
2i
= ǫ.
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
17
Pertanto A ∈ F . S∞ (c) Se { A i }∞ fissi ǫ > 0 e si scelga C i ( i = 1, 2,... ) i=1 è una successione in F , allora A ≡ i=1 A i ∈ F . Si S C . Allora, avendosi ν( A ) < ∞, come nella (b). Si ponga poi, per ogni intero positivo m, D m ≡ m i =1 i risulta ! ! Ã Ã µ ∞ ¶ ∞ ∞ ∞ ∞ X [ [ [ \ ν( A i − C i ) < ǫ. Ci ≤ ν (Ai − Ci) ≤ Ai − lim ν( A − D m ) = ν ( A − Dm) = ν m→∞
m =1
i =1
i =1
i =1
i =1
Per conseguenza, esiste un intero m tale che ν( A − D m ) < ǫ.
Ma D m è chiuso, in quanto unione finita di chiusi, onde A ∈ F . (d) Ora, siccome ogni aperto di R n può scriversi come unione numerabile di chiusi, la (c) mostra che F contiene tutti gli aperti. Ora si consideri ¯ © ª G ≡ A ∈ F ¯ Rn − A ∈ F .
Ovviamente, A ∈ G se e solo se R n − A ∈ G . Si noti anche che G contiene tutti gli aperti, in quanto F contiene tutti gli aperti e tutti i chiusi. S ⊂ G ⊂ F , per A ∈ G . Avendosi { A i }∞ è una successione in G , allora A ≡ ∞ (e) Se { A i }∞ i =1 i =1 i i =1 n ∞ la (c) A ∈ F . Siccome è anche {R − A i } i=1 ⊂ F per la definizione di G , la (b) implica R n − A = T∞ (R n − A i ) ∈ F . Pertanto A ∈ G . i =1
(f) Pertanto G è una σ-algebra contenente gli aperti e quindi anche i boreliani. In particolare, B ∈ G e pertanto dato ǫ > 0 esiste un chiuso C ⊂ B tale che µ(B − C ) = ν(B − C ) < ǫ.
Questo prova la (i). (g) Per dimostrare la (ii), denotiamo con Um ≡ U (0, m), per ogni intero positivo m, la palla aperta di centro 0, raggio m. Allora Um − B è un boreliano con µ(Um − B) ≤ µ(Um ) < ∞ (essendo µ una misura di Radon), e pertanto possiamo applicare la (i) per trovare un chiuso C m ⊂ Um − B tale che µ((Um − C m ) − B ) = µ((Um − B ) − C m ) <
ǫ . 2m
S Sia U ≡ ∞ m=1 (U m − C m ); ciascun U m − C m è aperto sicché tale è anche la loro unione U . Ora da C m ⊂ Um − B segue B ⊂ R n − C m , e quindi anche
U m ∩ B ⊂ U m ∩ (R n − C m ) = U m − C m . Conseguentemente,
B=
∞ [
m =1
(Um ∩ B) ⊂
∞ [
(Um − C m ) = U ;
m =1
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
18
inoltre, µ(U − B ) = µ
µµ
¶ ¶ µ ∞ ¶ ∞ ∞ ǫ X X [ = ǫ, (Um − C m ) − B = µ ((Um − C m ) − B) ≤ µ((Um − C m ) − B ) < m m =1 m =1 m =1 m =1 2 ∞ [
come volevasi.
ä
(1.2.11) Lemma Sia µ una misura su R n . Allora ¯ ¯ © ª © ª sup µ(C ) ¯ C ⊂ A, C chiuso = sup µ(K ) ¯ K ⊂ A, K compatto ,
per ogni insieme A ⊂ R n .
Dim. Per ogni intero positivo m, sia B m ≡ B(0, m) la palla chiusa di centro 0 e raggio m. Siano inoltre C un chiuso, e C m ≡ C ∩ B m . Ogni C m è chiuso e limitato, quindi compatto. Inoltre da
C= segue
∞ [
m =1
Cm
e
C1 ⊂ ... ⊂ C m ⊂ C m+1 ⊂ ...
µ(C 1 ) ≤ ... ≤ µ(C m ) ≤ µ(C m+1 ) ≤ ...
e µ(C ) = lim µ(C m ) = sup µ(C m ). m→∞
m ≥1
Pertanto, tenendo presente che se C ⊂ A allora anche C m ⊂ A per ogni m, possiamo scrivere ¯ © ª µ(C ) ≤ sup µ( K ) ¯ K ⊂ A, K compatto ,
e perciò, stante l’arbitrarietà di C ,
¯ ¯ © ª © ª sup µ(C ) ¯ C ⊂ A, C chiuso ≤ sup µ(K ) ¯ K ⊂ A, K compatto .
La disuguaglianza opposta è conseguenza immediata del fatto che ogni insieme compatto è anche chiuso. ä (1.2.12) Teorema Sia µ una misura di Radon su R n . Allora (i) per ogni insieme A ⊂ R n , ¯ © ª µ( A ) = inf µ(U ) ¯ A ⊂ U, U aperto ;
(ii) per ogni insieme µ-misurabile A ⊂ R n ,
¯ © ª µ( A ) = sup µ( K ) ¯ K ⊂ A, K compatto .
(Si noti che la (i) non richiede che A sia µ-misurabile.) Dim. (a) Banalmente,
¯ ª © µ( A ) ≤ inf µ(U ) ¯ A ⊂ U, U aperto ,
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
19
onde se in particolare µ( A ) = ∞ si ha ¯ ª © inf µ(U ) ¯ A ⊂ U, U aperto = ∞ = µ( A ).
Possiamo allora supporre µ( A ) < ∞.
(b) Assumiamo dapprima che A sia un boreliano. Si fissi ǫ > 0. Allora per (1.2.10) esiste un aperto U ⊃ A con µ(U − A ) < ǫ. Siccome µ( A ) < ∞, µ(U ) − µ( A ) = µ(U − A ) < ǫ; per l’arbitrarietà di ǫ, si ha la (i) nel caso A boreliano. Ora, sia A ⊂ R n un insieme arbitrario. Essendo µ Borel regolare, esiste un boreliano B ⊃ A con µ( A ) = µ(B ). Ma allora ©
sicché
¯ ¯ ª ª © µ(U ) ¯ B ⊂ U, U aperto ⊂ µ(U ) ¯ A ⊂ U, U aperto ,
¯ ¯ © ª © ª µ( A ) = µ(B ) = inf µ(U ) ¯ B ⊂ U, U aperto ≥ inf µ(U ) ¯ A ⊂ U, U aperto .
L’asserto (i) è così dimostrato.
(c) Sia ora A µ-misurabile, con µ( A ) < ∞. Si ponga ν ≡ µ L A ; ν è una misura di Radon secondo (1.2.7). Si fissi ǫ > 0. Applicando la (i) a ν e R n − A , otteniamo un aperto U con R n − A ⊂ U e ν(U ) ≤ ν(R n − A ) + ǫ = ǫ.
Sia C ≡ R n −U . Allora U aperto implica C chiuso, e da R n − A ⊂ U segue, passando ai complementari, C ⊂ A . Inoltre µ( A − C ) = ν(R n − C ) = ν(U ) ≤ ǫ. Pertanto, ricordando che µ(C ) ≤ µ( A ) < ∞, otteniamo 0 ≤ µ( A ) − µ(C ) = µ( A − C ) ≤ ǫ, e quindi ¯ ª © µ( A ) = sup µ(C ) ¯ C ⊂ A, C chiuso .
(d) Supponiamo ora che µ( A ) = ∞. Definiamo
D k ≡ { x | k − 1 ≤ | x| < k } . Allora A = misurabili,
S∞
k =1
(k = 1, 2,... )
(D k ∩ A ); quindi, essendo {D k ∩ A }∞ una successione disgiunta di insiemi µk =1 ∞ = µ( A ) =
∞ X
k =1
µ( A ∩ D k ).
Ora µ(D k ∩ A ) ≤ µ(D k ) ≤ µ(D k ) < ∞ in quanto µ è una misura di Radon, per cui, tenendo presente che ciascun D k ∩ A è ovviamente µ-misurabile, la (c) ci garantisce che ¯ © ª µ( D k ∩ A ) = sup µ(C ) ¯ C ⊂ D k ∩ A, C chiuso ;
di conseguenza, per ogni k esiste un chiuso C k ⊂ D k ∩ A con µ(C k ) ≥ µ(D k ∩ A ) − 1/2k . Si ha allora m [
k =1
Ck ⊂
∞ [
(D k ∩ A) = A
k =1
(m = 1, 2,... )
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON e lim µ
m→∞
Ma
Sm
k =1
Ã
m [
k =1
!
Ck = µ
Ã
20
∞ [
k =1
!
Ck =
∞ X
k =1
µ(C k ) =
∞ X
k =1
µ( D k ∩ A ) −
C m è chiuso per ogni m, onde, anche in questo caso,
∞ 1 X
k =1 2
k
= ∞.
¯ © ª sup µ(C ) ¯ C ⊂ A, C chiuso = ∞ = µ( A ).
(e) Infine, applichiamo (1.2.11) per ottenere
¯ ¯ © ª © ª µ( A ) = sup µ(C ) ¯ C ⊂ A, C chiuso = sup µ( K ) ¯ K ⊂ A, K compatto ,
per ogni insieme µ-misurabile A ⊂ R n .
1.2.3
ä
Criterio di Caratheodory
Introduciamo ora un criterio utile per verificare che una misura è di Borel. (1.2.13) Teorema (Criterio di Caratheodory) Sia µ una misura su R n . Se µ( A ∪ B ) = µ( A ) + µ(B )
per tutti gli insiemi A, B ⊂ R n con dist( A, B) > 0, allora µ è una misura di Borel. Dim. (a) Basterà, per (1.2.3), dimostrare che ogni chiuso è µ-misurabile. Supponiamo allora che C ⊂ R n sia chiuso (e non vuoto); è sufficiente far vedere che risulta µ( A ) ≥ µ( A ∩ C ) + µ( A − C ),
(∗ )
per tutti gli insiemi A ⊂ R n , dal momento che la disuguaglianza opposta segue dalla subadditività. (b) Se µ( A ) = ∞, la (*) è ovvia. Assumiamo invece che µ( A ) < ∞. Definiamo ¯ ¾ ½ ¯ 1 . C n ≡ x ∈ R n ¯¯ dist( x, C ) ≤ n
(n = 1, 2,... )
µ( A − C n ) + µ( A ∩ C ) = µ(( A − C n ) ∪ ( A ∩ C )) ≤ µ( A ).
(∗∗)
Se x ∈ A e dist( x, C ) ≤ 1/n, allora x ∈ C n ; pertanto dist( A − C n , A ∩ C ) ≥ 1/n > 0 e, per l’ipotesi,
(c) Risulta lim µ( A − C n ) = µ( A − C ).
Si ponga, per ogni intero positivo k,
n→∞
¯ ½ ¯ R k ≡ x ∈ A ¯¯
¾ 1 1 < dist( x, C ) ≤ . k+1 k
Sia x ∈ A − C ; allora d ≡ dist( x, C ) > 0 in quanto C è chiuso, sicché, per ogni intero positivo n, o d > 1/n oppure 1/(k + 1) < d ≤ 1/k per qualche k ≥ n. Nel primo caso, x ∈ A − C n ; nel secondo, x ∈ R k . ¡S ¢ Pertanto A − C = ( A − C n ) ∪ ∞ R , da cui segue k= n k µ( A − C ) ≤ µ( A − C n ) +
∞ X
k= n
µ( R k ).
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
21
D’altra parte, si ha banalmente C ⊂ C n , per cui A − C n ⊂ A − C e µ( A − C n ) ≤ µ( A − C ).
Se possiamo provare che
P∞
k=1 µ( R k ) < ∞,
avremo lim n→∞
(n = 1, 2,... ) P∞
k= n µ( R k ) = 0
lim µ( A − C n ) ≤ µ( A − C ) ≤ lim µ( A − C n ) + lim
n→∞
n→∞
n→∞
∞ X
k= n
e quindi anche
µ( R k ) = lim µ( A − C n ), n→∞
ossia lim n→∞ µ( A − C n ) = µ( A − C ). (d) Si ha
∞ X
k =1
µ( R k ) < ∞.
Siano i, j interi positivi con j ≥ i + 2, e supponiamo per assurdo dist(R i , R j ) = 0. Allora, per ogni ǫ > 0, esistono x ∈ R i e y ∈ R j tali che | x − y| < ǫ; pertanto, fissato z ∈ C tale che | y − z | = dist( y, C ) ( z esiste in quanto C è chiuso), risulta | x − z | ≤ | x − y| + | y − z | < ǫ +
1 1 ≤ ǫ+ , j i +2
cioè dist( x, C ) ≤ ǫ + 1/( i + 2). Scegliendo ǫ > 0 abbastanza piccolo, si ottiene l’assurdo dist( x, C ) ≤ 1/( i + 1). Pertanto, dist(R i , R j ) > 0 se j ≥ i + 2. Applicando l’ipotesi otteniamo per induzione µ( R2 k ) = µ
Ã
µ( R2 k+1 ) = µ
Ã
m X
k =1
m [
k =1
!
R2 k ≤ µ( A ),
e analogamente m X
k =0
m [
k =0
!
R2 k+1 ≤ µ( A ),
per ogni intero positivo m. Combinando queste due maggiorazioni e facendo tendere m → ∞, otteniamo ∞ X µ( R k ) ≤ 2µ( A ) < ∞. k =1
(e) Per la (c) e per la (**) abbiamo infine
µ( A − C ) + µ( A ∩ C ) = lim µ( A − C n ) + µ( A ∩ C ) ≤ µ( A ), n→∞
per cui C è µ-misurabile.
1.2.4
ä
La misura di Lebesgue
Sia Q ⊂ R n un cubo il cui spigolo misura l (qui e nel seguito consideriamo soltanto cubi con spigoli paralleli agli assi coordinati); poniamo L n (Q ) ≡ l n . (1.2.14) Definizione La misura di Lebesgue n-dimensionale L n su R n è definita da ¯ ) ( ¯ ∞ ∞ X [ ¯ n n Qi . L (Q i ) ¯ Q i cubi, A ⊂ L ( A ) ≡ inf ¯ i =1 i =1
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
22
per ogni A ⊂ R n . (1.2.15) Osservazione Si noti che 1
L ( A ) = inf
(
¯ ) ¯ ∞ [ ¯ Cj . diam C j ¯ A ⊂ ¯ j =1 j =1 ∞ X
(∗ )
E invero, in R1 un cubo di spigolo l non è altro che un intervallo di lunghezza l , sicché per definizione ¯ ( ) ¯ ∞ ∞ X [ ¯ 1 (b j − a j ) ¯ A ⊂ L ( A ) = inf [a j , b j ] . ¯ j =1 j =1
Inoltre, per un insieme arbitrario C ⊂ R1 risulta banalmente C ⊂ [inf C, sup C ] e diam C = sup C − S inf C ; di conseguenza, se {C j }∞ ⊂ R1 è una famiglia di insiemi tali che A ⊂ ∞ C , posto a j ≡ j =1 j =1 j inf C j e b j ≡ sup C j ( j = 1, 2,... ) si ha
A⊂
∞ [
[a i , b i ]
e
j =1
∞ X
j =1
diam C j =
∞ X
( b j − a j ),
j =1
da cui la (*). (1.2.16) Teorema Per ogni n ≥ 1, L n è una misura di Radon su R n . Dim. Dopo aver osservato che L n (K ) < ∞ per ogni compatto K ⊂ R n , la dimostrazione ricalca quella di (3.1.7). (1.2.17) Lemma L n è invariante per traslazioni; più precisamente, posto
A + x ≡ {a+ x | a ∈ A } per A ⊂ R n , x ∈ R n , risulta: (i) L n ( A + x) = L n ( A ); (ii) se A ⊂ R n è L n -misurabile, tale è anche A + x. di cubi in R n tali che Dim. (a) Se A ⊂ R n , x ∈ R n e ǫ > 0 possiamo trovare una successione {Q i }∞ i =1 P∞ S∞ n n A ⊂ i=1 Q i e i=1 L (Q i ) ≤ L ( A ) + ǫ. Pertanto
A+x⊂
∞ [
i =1
(Q i + x)
e quindi, dal momento che ciascun Q i + x è ovviamente un cubo al pari di Q i e L n (Q i + x) = L n (Q i ) ( i = 1, 2,... ), ∞ ∞ X X L n (Q i ) ≤ L n ( A ) + ǫ. L n (Q i + x) = L n ( A + x) ≤ i =1
i =1
Per l’arbitrarietà di ǫ > 0, L ( A + x) ≤ L ( A ). Di conseguenza è anche n
n
L n ( A ) = L n (( A + x) + (− x)) ≤ L n ( A + x),
sicché L n ( A + x) = L n ( A ), e la (i) è provata.
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
23
(b) Supponiamo ora che A ⊂ R n sia L n -misurabile, e sia B ⊂ R n un insieme arbitrario. Allora, posto A − x ≡ A + (− x) = { a − x | a ∈ A } e usando la (i), L n (B ∩ ( A + x)) + L n (B − ( A + x)) = L n (((B − x) ∩ A ) + x) + L n (((B − x) − A ) + x) = L n ((B − x) ∩ A ) + L n ((B − x) − A ) = L n (B − x) = L n (B).
Pertanto A + x è L n -misurabile; la (ii) è così dimostrata.
ä
(1.2.18) Osservazione In (3.4.9) dimostreremo che L n è anche invariante per rotazioni. (1.2.19) Esempio Esistono insiemi A ⊂ R n che non sono L n -misurabili. Poniamo, invero,
Q ≡ [0, 1] × · · · × [0, 1] = { ( x1 ,... , x n ) | 0 ≤ x i ≤ 1 per ogni 1 ≤ i ≤ n } , e consideriamo la relazione binaria ∼ definita da def
x ∼ y ⇐⇒ y − x ∈ Qn . È facile verificare che ∼ è una relazione di equivalenza, per cui essa determina una partizione di Q in classi di equivalenza. Scegliamo (usando l’Assioma della Scelta) un elemento a da ciascuna classe, e sia A l’insieme di tutti gli a. Chiaramente, L n ( A ) ≤ L n (Q ) = 1. Sia [ ¯ ª © A + q; A + Qn ≡ a + q ¯ a ∈ A, q ∈ Qn = q∈Qn
dico che A + Qn = R n . E invero, se x ∈ R n , esiste un e ∈ Z n tale che x − e ∈ Q , per cui esiste anche un a ∈ A tale che a ∼ x − e, ossia x − e − a ∈ Qn . Ma x = a + ( e + x − e − a) ∈ A + Qn . Essendo poi Qn numerabile, risulta ∞ = L n (R n ) ≤
X
q∈Qn
L n ( A + q ),
sicché deve esistere un q ∈ Qn tale che L n ( A + q) > 0; ma essendo L n , per (1.2.17), invariante per traslazioni, se ne trae L n ( A ) > 0. Scegliamo ora un intero positivo k tale che
k>
2n , L n ( A)
e siano q1 ,... , q k elementi distinti di Q ∩ Qn . Se a, b ∈ A e 1 ≤ i < j ≤ k, allora a + q i 6= b + q j ; perché se a = b allora q i 6= q j , mentre se a 6= b allora a 6∼ b e quindi b − a 6= q i − q j ∈ Qn . Pertanto gli insiemi A + q1 ,... , A + q k sono disgiunti. D’altra parte, essi sono tutti inclusi in R ≡ [0, 2] × · · · × [0, 2]. Di conseguenza, ! Ã k k X [ n n n n n (A + qi ) . L ( A + q i ) = kL ( A ) > 2 = L ( R ) ≥ L i =1
i =1
Quindi gli insiemi A + q i non possono essere tutti L -misurabili; ne segue, applicando nuovamente (1.2.17), che A stesso non è L n -misurabile. n
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
24
1.3 Funzioni misurabili Estendiamo ora la nozione di misurabilità dagli insiemi alle funzioni. (1.3.1) Definizione Siano X un insieme, Y uno spazio topologico, A una σ-algebra su X . (i) Una funzione f : X → Y si dice A -misurabile se, per ogni aperto U ⊂ Y , f −1 (U ) ∈ A . (ii) Una funzione M ( X , µ)-misurabile, dove M ( X , µ) è la σ-algebra di tutti i sottoinsiemi µmisurabili di X , si dirà anche µ-misurabile. (iii) Se anche X è uno spazio topologico, una funzione B ( X )-misurabile, dove B ( X ) è la σ-algebra di Borel di X , si dirà Borel misurabile. (1.3.2) Osservazione Una funzione f : X → Y è A -misurabile se e solo se f −1 (B) ∈ A , per ogni B ∈ B (Y ). Invero, ¯ © ª A ⊂ Y ¯ f −1 ( A ) ∈ A
è una σ-algebra e quindi contiene gli aperti di Y se e solo se contiene i boreliani. (1.3.3) Lemma Per una funzione f : X → [−∞, ∞], sono equivalenti: (α) f è A -misurabile, (β) f −1 [−∞, a) ∈ A per ogni a ∈ R, e (γ) f −1 [−∞, a] ∈ A per ogni a ∈ R.
Dim. Invero, per (1.3.2), (α) =⇒ (β) e (α) =⇒ (γ). D’altra parte, per ogni a ∈ R si ha [−∞, a) = e [−∞, a] =
∞ [
[−∞, a − 1/n]
∞ \
[−∞, a + 1/n),
n =1
n =1
sicché (β) ⇐⇒ (γ). Di conseguenza, osservando che per a < b si può scrivere (a, b) = [−∞, b) − [−∞, a] e che ogni aperto U ⊂ [−∞, ∞] è della forma
G1 ∪ G2 ∪
[
G rs ,
r, s∈Q
dove
G1 = ;
∨
G2 = ;
∨
G rs = ;
∨
otteniamo che (β) =⇒ (α) e (γ) =⇒ (α).
G 1 = [−∞, a),
G 2 = (b, ∞] = [−∞, ∞] − [−∞, b], G rs = (r, s),
ä
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
25
(1.3.4) Notazione Se f : X → R è una funzione, poniamo
f + ≡ max( f , 0),
f − ≡ max(− f , 0).
Chiamiamo f + la parte positiva di f , f − la parte negativa di f . È immediato riconoscere che
f = f+− f−
e
| f | = f + + f −.
(1.3.5) Lemma Siano f , g : X → R. Allora (i) max( f , g) = ( f − g)+ + g, (ii) min( f , g) = −( f − g)− + g. Dim. Risulta max( f , g) − g = max( f − g, 0) = ( f − g)+ , da cui la (i). Inoltre, tenendo presente che per una qualsiasi funzione h : X → R si ha (−h)+ = max(−h, 0) = h− , dalla (i) segue min( f , g) = − max(− f , − g) = −(((− f ) − (− g))+ + (− g)) = −(−( f − g))+ + g = −( f − g)− + g, cioè la (ii).
ä
(1.3.6) Osservazione Siano X uno spazio topologico e A una σ-algebra su X . Allora, per ogni insieme A ⊂ X , la funzione caratteristica χ A di A è A -misurabile se e solo se A ∈ A . Basta invero osservare che per ogni a ∈ R risulta
ed applicare (1.3.3).
X −1 χ A [−∞, a] = X − A ;
se a ≥ 1,
se 0 ≤ a < 1 se a < 0
(1.3.7) Teorema (Proprietà delle funzioni misurabili) Siano X un insieme, A una σ-algebra su X . (i) Se f , g : X → R sono A -misurabili, allora tali sono anche f + g, f g, | f |, min( f , g) e max( f , g). Inoltre la funzione f / g è A -misurabile, purché g 6= 0 su X . (ii) Se le funzioni f k : X → [−∞, ∞] sono A -misurabili (k = 1, 2,... ), allora infk≥1 f k , supk≥1 f k , lim infk→∞ f k e lim supk→∞ f k sono anch’esse A -misurabili. Inoltre, se esiste, lim k→∞ f k è A misurabile. Dim. (a) Supponiamo che f , g : X → R siano A -misurabili. Fissiamo a ∈ R. Allora, data la densità di Q in R, si ha ( f + g)( x) < a se e solo se esistono r, s ∈ Q tali che r + s < a e f ( x) < r, g( x) < s. Pertanto [ ( f −1 (−∞, r) ∩ g−1 (−∞, s)), ( f + g)−1 (−∞, a) = r, s∈Q r + s<a
sicché l’insieme a primo membro è unione numerabile di elementi di A , e quindi appartiene ad A . Per l’arbitrarietà di a ∈ R, f + g è A -misurabile.
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON (b) Essendo, per a > 0,
26
1
1
f 2 ( x) < a ⇐⇒ −a 2 < f ( x) < a 2 ,
risulta per un arbitrario a ∈ R 2 −1
(f )
(−∞, a) =
(
1
1
f −1 (−∞, a 2 ) − f −1 (−∞, −a 2 ]
;
se a > 0
se a ≤ 0
sicché f 2 è A -misurabile. Di conseguenza tale è anche 1 f g = [( f + g)2 − f 2 − g2 ]. 2 (c) Supponiamo g( x) 6= 0 per ogni x ∈ X . Allora, fissato a ∈ R, risulta 1 a < g( x ) < 0 1 ( x) < a ⇐⇒ g( x) < 0 g ¡ g( x) < 0 ∨ ¡ g( x) > 0 ∧ 1 < g( x)¢¢ ⇐⇒ ¡ g( x) < 0 ∨ g( x) > 1 ¢ a a
¡ ¢ 1 g( x) < 0 ∧ a < g( x) ⇐⇒
per cui
−1 1 µ ¶−1 g ( a , 0) 1 (−∞, a) = g−1 (−∞, 0) g g−1 (−∞, 0) ∪ g−1 ( 1 , ∞) a
se a < 0
se a = 0
se a > 0,
se a < 0
se a = 0
se a < 0.
Pertanto 1/ g è A -misurabile, e quindi tale è anche f / g. (d) Infine, si ha facilmente
f + = max( f , 0) = f χ{ f ≥0} ,
f − = max(− f , 0) = − f χ{ f <0} ,
sicché tenendo conto di (1.3.6) f + e f − sono A -misurabili. Pertanto tali sono anche |f | = f + + f −
e, in virtù di (1.3.5), max( f , g) = ( f − g)+ + g,
min( f , g) = −( f − g)− + g.
Con ciò, la dimostrazione della (i) è completa. (e) Supponiamo poi che le funzioni f k : X → [−∞, ∞] (k = 1, 2,... ) siano A -misurabili. Allora, fissato a ∈ R, risulta inf f k ( x) < a ⇐⇒ esiste k0 ≥ 1 tale che f k 0 ( x) < a e
k ≥1
sup f k ( x) ≤ a ⇐⇒ f k ( x) ≤ a per ogni k ≥ 1, k ≥1
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
27
sicché µ
e
inf f k
k ≥1
¶−1
[−∞, a) =
∞ [
k =1
f k−1 [−∞, a)
¶−1 µ ∞ \ f k−1 [−∞, a]. sup f k [−∞, a] = k ≥1
Pertanto, infk≥1 f k e supk≥1 f k sono A -misurabili.
k =1
(f) Per completare la dimostrazione si noti che lim inf f k = sup inf f k , k→∞
m ≥1 k ≥ m
k→∞
m ≥1 k ≥ m
lim sup f k = inf sup f k , e che lim f k esiste ⇐⇒ lim inf f k = lim sup f k .
k→∞
k→∞
k→∞
ä
(1.3.8) Definizione Siano X uno spazio topologico ed f : X → [−∞, ∞[ una funzione (si noti che il valore ∞ non è permesso). Diremo che f è superiormente semicontinua in x0 ∈ X se valgono le condizioni seguenti: (α) Se f ( x0 ) > −∞, allora per ogni ǫ > 0 esiste un intorno U di x0 tale che f ( x) < f ( x0 ) + ǫ per ogni x ∈ U. (β) Se f ( x0 ) = −∞, allora per ogni reale M > 0 esiste un intorno U di x0 tale che f ( x) < − M per ogni x ∈ U . Se f è superiormente semicontinua in ogni punto di X , diremo che f è superiormente semicontinua su X . In modo analogo si dà la definizione di funzione inferiormente semicontinua. (1.3.9) Osservazione Equivalentemente, la condizione di superiore (rispettivamente, inferiore) semicontinuità in un punto x0 ∈ X può essere espressa richiedendo che lim sup f ( x) ≤ f ( x0 ) x→ x0
(rispettivamente, lim inf f ( x) ≥ f ( x0 )). x→ x0
(1.3.10) Lemma Sia X uno spazio topologico. (i) Una funzione f : X → [−∞, ∞[ è superiormente semicontinua se e solo se f −1 ([−∞, t[) è aperto in X per ogni t ∈ R. (ii) Una funzione f : X →] − ∞, ∞] è inferiormente semicontinua se e solo se f −1 (] t, ∞]) è aperto in X per ogni t ∈ R. (1.3.11) Corollario Una funzione superiormente (rispettivamente, inferiormente) semicontinua è Borel misurabile. Inoltre, tale è anche ogni funzione continua f : X → R. Dim. La prima parte dell’enunciato segue subito da (1.3.3); la seconda, dall’osservazione che una funzione reale continua è superiormente (e inferiormente) semicontinua. ä
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
28
(1.3.12) Teorema Supponiamo che f : X → [0, ∞] sia µ-misurabile. Esistono allora insiemi µmisurabili { A k }∞ ⊂ X tali che k =1 ∞ 1 X χAk . f= k =1 k Dim. Poniamo
A 1 ≡ { x ∈ X | f ( x) ≥ 1 } , e induttivamente definiamo, per k ≥ 2, (
Ak ≡
¯ ) ¯ −1 1 1 kX ¯ χ A ( x) . x ∈ X ¯ f ( x) ≥ + ¯ k j =1 j j
Chiaramente, ciascun A k è µ-misurabile. Inoltre, è immediato riconoscere, per induzione su k, P che f ≥ kj=1 1j χ A j per ogni intero positivo k. E invero, fissato x ∈ X , risulta f ( x) ≥ 1 = χ A 1 ( x) P se x ∈ A 1 e f ( x) ≥ 0 = χ A 1 ( x) se x ∉ A 1 ; se poi k è tale che f ( x) ≥ kj=1 1j χ A j ( x), si ha f ( x) ≥ P P 1 1 1 k k +1 1 χ ( x) se x ∈ A k+1 (per definizione di A k+1 ) e f ( x) ≥ k+ k +1 + j =1 j χ A j ( x ) = 1 χ A k +1 ( x ) + j =1 j A j P k +1 1 Pk 1 j =1 j χ A j ( x) = j =1 j χ A j ( x) se x ∉ A k+1 (per l’ipotesi di induzione). Di conseguenza,
f≥
∞ 1 X χAk . k =1 k
(∗ )
Se ora f ( x) = ∞, allora x ∈ A k per ogni k, per cui
∞ 1 ∞ 1 X X χ A k ( x) = = ∞ = f ( x); k =1 k k =1 k
se invece f ( x) = 0, allora x ∉ A k per ogni k sicché ∞ 1 X χ A k ( x ) = 0 = f ( x ). k =1 k
Resta da considerare il caso 0 < f ( x) < ∞. In tale ipotesi, per la (*), deve essere ∞ 1 X χ A k ( x ) < ∞; k =1 k
quindi x ∉ A n per infiniti n. Esiste pertanto una successione strettamente crescente {n h }∞ di h =1 interi positivi tali che
f ( x) ≤ ossia, facendo intervenire ancora la (*),
h −1 1 1 nX + χ A ( x ), n h k =1 k k
0 ≤ f ( x) −
nX h −1 k =1
1 1 χ A ( x) ≤ . k k nh
Passando al limite per h → ∞ otteniamo la tesi.
(h = 1, 2,... )
(h = 1, 2,... ) ä
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
1.3.1
29
Teoremi di Lusin e di Egorov
(1.3.13) Teorema Supponiamo che K ⊂ R n sia compatto e f : K → R m sia continua. Allora esiste una funzione continua f¯ : R n → R m tale che f¯ = f su K . Dim. (a) Cominciamo con l’osservare che se l’asserto è vero nel caso m = 1 allora, denotate con f 1 ,... , f m le componenti di f , esiste, per i = 1,... , m, una funzione continua f¯ i : R n → R tale che f¯ i = f i su K . Pertanto la funzione
f¯ ≡ ( f¯1 ,... , f¯m ) : R n → R m è continua e inoltre f¯ = f su K . Possiamo dunque porci nel caso m = 1 e assumere f : K → R. (b) Sia U ≡ R n − K . Per x ∈ U e s ∈ K , poniamo ½ u s ( x) ≡ max 2 −
¾ | x − s| , 0 . dist( x, K )
Si noti che dist( x, K ) > 0 per ogni x ∈ U , in quanto K è chiuso e x ∉ K ; resta così definita una funzione, ovviamente continua, u s : U → R. È immediato riconoscere che 0 ≤ u s ( x) ≤ 1 per ogni x ∈ U e che u s ( x) = 0 se (e solo se) | x − s| ≥ 2 dist( x, K ). (c) Sia ora {s j }∞ un sottoinsieme numerabile denso di K , e definiamo j =1 σ( x ) ≡
∞ X
j =1
2− j u s j ( x )
per x ∈ U . Osserviamo che, essendo u s j ( x) ≤ 1, si ha anche ∞ X
j =1
2− j u s j ( x ) ≤
∞ X
j =1
2− j = 1;
inoltre, essendo {s j }∞ j =1 denso in K e tenendo presente che dist( x, K ) > 0, esiste j 0 tale che | x − s j 0 | <
2 dist( x, K ). Ma allora, per quanto osservato nella (b), u s j 0 ( x) > 0 e quindi σ( x) ≥ 2− j 0 u s j 0 ( x) > 0. Pertanto 0 < σ( x ) ≤ 1 per x ∈ U. (d) Ora poniamo
v k ( x) ≡ per x ∈ U , k = 1, 2,... Le funzioni ∞ X
k =1
{vk }∞ k =1
v k ( x) =
2− k u s k ( x ) σ( x )
sono ovviamente continue su U e inoltre
∞ 1 X 1 2− k u s k ( x ) = σ( x ) = 1. σ( x ) k = 1 σ( x )
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
30
Definiamo ( f ( x) ¯ f ( x ) ≡ P∞
se x ∈ K
k =1 v k ( x ) f ( s k )
se x ∈ U .
La funzione f : K → R, essendo continua sul compatto K ⊂ R n , è ivi dotata di massimo assoluto M per cui ∞ ∞ X X v k ( x) f ( s k ) ≤ M v k ( x) = M per x ∈ U ; k =1
k =1
pertanto la serie a primo membro converge totalmente, e quindi anche uniformemente, su U . Dal momento che ogni termine della serie è una funzione continua su U , tale è anche la sua somma f¯( x). (e) Per dimostrare che f¯ è continua su tutto R n basterà allora far vedere che lim f¯( x) = f (a)
x→ a x∈U
per ogni a ∈ ∂K . Si fissi ǫ > 0. Esiste allora, per la continuità di f su K , un δ > 0 tale che | f (a) − f (s k )| < ǫ
per ogni s k tale che |a − s k | < δ. Mostreremo che | f¯( x) − f (a)| < ǫ
per ogni x ∈ U con | x − a| < δ/4. Fissiamo dunque un x siffatto. Se |a − s k | ≥ δ, allora δ ≤ |a − s k | ≤ |a − x| + | x − s k | <
sicché |x − s k | >
δ
4
+ | x − s k |,
δ 3 δ > 2 · > 2| x − a| ≥ 2 dist( x, K ). 4 4
Pertanto, non appena | x − a| < δ/4 e |a − s k | ≥ δ, u s k ( x) = 0 e quindi vk ( x) = 0. Ricordando che ∞ X
k =1
per ogni x ∈ U e ponendo
v k ( x) = 1
I ≡ { k | |a − s k | < δ } ,
otteniamo per x ∈ U , | x − a| < δ/4
f¯( x) − f (a) = =
∞ X
k =1 ∞ X
k =1
vk ( x) f (s k ) − f (a) =
∞ X
k =1
v k ( x) f ( s k ) −
k =1
vk ( x) f (a)
³ ´ X ³ ´ vk ( x) f (s k ) − f (a) = vk ( x) f (s k ) − f (a) . k∈ I
Ne segue | f¯( x) − f (a)| ≤
∞ X
X
k∈ I
vk ( x)| f (s k ) − f (a)| <
X
k∈ I
v k ( x )ǫ ≤ ǫ
∞ X
k =1
v k ( x ) = ǫ,
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
31
come volevasi.
ä
Proviamo ora che una funzione misurabile può essere approssimata, nel senso della misura, da una funzione continua. (1.3.14) Lemma di Incollamento Siano X e Y spazi topologici. Se {C i }ki=1 è una famiglia finita S di chiusi tali che X = ki=1 C i , e f : X → Y è una funzione le cui restrizioni f i ≡ f |C i : C i → Y a ciascuno dei C i sono continue, allora f è continua. Dim. Sia C ⊂ Y un chiuso. Allora
f −1 ( C ) =
k [
i =1
(C i ∩ f −1 (C )) =
k [
i =1
f i−1 (C );
ma ciascun f i−1 (C ) è chiuso essendo f i continua, sicché anche la loro unione f −1 (C ) è chiusa. Per l’arbitrarietà della scelta di C , f è continua. ä (1.3.15) Teorema di Lusin Sia µ una misura Borel regolare su R n e sia f : R n → R m µ-misurabile. Supponiamo che A ⊂ R n sia µ-misurabile e che µ( A ) < ∞. Fissiamo ǫ > 0. Esiste allora un compatto K ⊂ A tale che: (i) µ( A − K ) < ǫ; (ii) f |K è continua. ⊂ R m una famiglia di boreliani disgiunti tali che Dim. (a) Per ogni intero positivo i , sia {B i j }∞ j =1 S∞ m R = j =1 B i j e diam B i j < 1/ i per j = 1, 2,... Poniamo A i j ≡ A ∩ f −1 (B i j ); per ogni i otteniamo in di sottoinsiemi µ-misurabili di R n e inoltre tal modo una famiglia disgiunta { A i j }∞ j =1
A=
∞ [
( A ∩ f −1 (B i j )) =
j =1
∞ [
j =1
Ai j .
(b) Poniamo ν ≡ µ L A ; ν è una misura di Radon per (1.2.7), sicché (1.2.12) assicura per ogni i e per ogni j l’esistenza di un compatto K i j ⊂ A i j con ν( A i j − K i j ) < ǫ/2 i+ j . Possiamo allora scrivere Ã
µ A−
∞ [
j =1
!
Ã
Ki j = ν A −
∞ [
j =1
!
Ki j = ν
Ã
∞ [
j =1
Ai j −
∞ [
j =1
!
Ki j ≤ ν
Ã
∞ [
!
(Ai j − Ki j ) <
j =1
∞ X
ǫ
i+ j j =1 2
=
ǫ
2i
.
Ma avendosi per ipotesi µ( A ) < ∞, risulta Ã
lim µ A −
N →∞
N [
j =1
!
Ã
Ki j = µ A −
∞ [
j =1
!
Ki j <
per cui esiste, per ogni intero positivo i , un numero N ( i ) tale che à ! N ( i) [ ǫ Ki j < i . µ A− 2 j =1
ǫ
2i
,
(∗ )
S ( i) (c) Per ogni i , poniamo D i ≡ N K i j ; D i è compatto in quanto unione finita di compatti. Inoltre, j =1 per j = 1,... , N ( i ), fissiamo b i j ∈ B i j e poi definiamo g i : D i → R m ponendo g i ( x) ≡ b i j per x ∈ K i j .
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
32
( i) ( i) La definizione è ben posta in quanto le famiglie {K i j } N e {B i j } N sono disgiunte; applicando j =1 j =1 poi il lemma di incollamento (1.3.14) vediamo che g i è continua. Inoltre, se x ∈ D i esiste j tale che x ∈ K i j ⊂ A i j , sicché f ( x) ∈ B i j . Dal momento che anche g i ( x) = b i j ∈ B i j , e ricordando che diam B i j < 1/ i , si ha | f ( x) − g i ( x)| < 1/ i .
(d) Poniamo K ≡ possiamo scrivere
T∞
i =1
D i ; K è compatto e A − K =
µ( A − K ) ≤
∞ X
i =1
µ( A − D i ) =
∞ X
i =1
( A − D i ), per cui tenendo presente la (*)
S∞
Ã
i =1
µ A−
N ( i) [ j =1
!
Ki j <
∞ ǫ X
i =1
2i
= ǫ.
Infine, avendosi | f ( x) − g i ( x)| < 1/ i per ogni x ∈ D i , è chiaro che g i → f uniformemente su K . Pertanto f |K , in quanto limite uniforme di funzioni continue su un compatto, è continua, come volevasi. ä (1.3.16) Corollario Sia µ una misura Borel regolare su R n e sia f : R n → R m µ-misurabile. Assumiamo che A ⊂ R n sia µ-misurabile ¯e che µ( A ) < ∞. Allora, per ogni ǫ > 0, esiste una funzione ª¢ ¡© continua f¯ : R n → R m tale che µ x ∈ A ¯ f¯( x) 6= f ( x) < ǫ.
Dim. Per il teorema di Lusin esiste un compatto K ⊂ A tale che µ( A − K ) < ǫ e f |K è continua. Allora per (1.3.13) esiste una funzione continua f¯ : R n → R m tale che f¯|K = f |K e ¯ ¡© ª¢ µ x ∈ A ¯ f¯( x) 6= f ( x) ≤ µ( A − K ) < ǫ. ä
(1.3.17) Notazione L’espressione “µ-q.o.” significa “quasi ovunque rispetto alla misura µ”, cioè, eccettuato al più su un insieme A con µ( A ) = 0. Analogamente, l’espressione “µ-q.o. x ∈ X ” significa “quasi ogni x ∈ X (rispetto alla misura µ)”, ossia, per ogni x ∈ X − A con µ( A ) = 0. (1.3.18) Teorema di Egorov Sia µ una misura su R n e supponiamo che f k : R n → R m (k = 1, 2,... ) sia una successione di funzioni µ-misurabili. Assumiamo inoltre che A ⊂ R n sia µ-misurabile, con µ( A ) < ∞, e f k → g µ-q.o. su A . Allora per ogni ǫ > 0 esiste un insieme µ-misurabile B ⊂ A tale che: (i) µ( A − B) < ǫ; (ii) f k → g uniformemente su B. Dim. (a) Definiamo
e
n ¯ o ¯ E ik ≡ x ¯ | f k ( x) − g( x)| > 2− i ,
Ci j ≡
∞ [
E ik ,
( i, k = 1, 2,... )
( i, j = 1, 2,... )
k= j
Ogni E ik è µ-misurabile e quindi tale è anche ogni C i j ; inoltre
C i1 ⊃ C i2 ⊃ ... ⊃ C i j ⊃ C i, j +1 ⊃ ... per ogni i , ed essendo A µ-misurabile e µ( A ) < ∞ otteniamo à ! ∞ \ Ci j . lim µ( A ∩ C i j ) = µ A ∩ j →∞
j =1
( i = 1, 2,... )
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
33
T (b) Osserviamo poi che se x ∈ ∞ C , allora per ogni j esiste k ≥ j tale che | f k ( x) − g( x)| > 2− i , cioè j =1 i j f k ( x) non converge a g( x). Questo implica à ! ∞ \ C i j = 0, µ A∩ j =1
in quanto per ipotesi f k → g µ-q.o. su A . Pertanto lim j →∞ µ( A ∩ C i j ) = 0, ossia per ogni i esiste un intero N ( i ) tale che µ( A ∩ C i, N ( i) ) < ǫ/2 i . (c) Sia B ≡ A −
S∞
i =1
C i, N ( i) . Allora B è µ-misurabile, A−B = A∩
e quindi µ( A − B ) ≤
∞ [
i =1
∞ X
i =1
C i, N ( i) =
∞ [
i =1
( A ∩ C i, N ( i) ),
µ( A ∩ C i, N ( i) ) <
∞ ǫ X
i =1
2i
= ǫ.
Infine, per ogni i e per ogni x ∈ B si ha x ∉ C i, N ( i) , da cui, ricordando che
C i, N ( i) =
∞ [
k= N ( i)
E ik =
o ∞ n ¯ [ ¯ x ¯ | f k ( x ) − g ( x ) | > 2− i ,
k= N ( i)
segue | f k ( x) − g( x)| ≤ 2− i per ogni k ≥ N ( i ). Siccome N ( i ) dipende solo da i , abbiamo dimostrato che f k → g uniformemente su B, come volevasi. ä
1.4 Integrali e teoremi di passaggio al limite Sia µ una misura su un insieme X . (1.4.1) Definizione Una funzione g : X → [−∞, ∞] si dice una funzione semplice se l’immagine di g è numerabile. (1.4.2) Definizione Sia g una funzione semplice µ-misurabile non negativa; definiamo l’integrale di g rispetto a µ come Z X g dµ ≡ yµ( g−1 { y}). 0≤ y≤∞
R R (1.4.3) Definizione Se g è una funzione semplice µ-misurabile e g+ d µ < ∞ oppure g− d µ < ∞, diciamo che g è µ-integrabile e definiamo l’integrale di g rispetto a µ come Z Z Z g d µ ≡ g+ d µ − g− d µ.
(1.4.4) Osservazione Se g è una funzione semplice µ-integrabile risulta Z X yµ( g−1 { y}). g dµ = −∞≤ y≤∞
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
34
Basta invero notare che per ogni y
g
−1
{ y} =
(
( g + ) −1 { y } − −1
(g )
{− y}
se y > 0
se y < 0,
ed applicare le definizioni (1.4.2) e (1.4.3). (1.4.5) Definizione Sia f : X → [−∞, ∞]. Definiamo l’integrale superiore di f rispetto a µ come Z⋆
f d µ ≡ inf
½Z
¯ ¾ ¯ g d µ ¯¯ g è una funzione semplice µ-integrabile con g ≥ f µ-q.o.
e l’integrale inferiore di f rispetto a µ come ¯ ¾ ½Z Z ¯ ¯ g d µ ¯ g è una funzione semplice µ-integrabile con g ≤ f µ-q.o. . f d µ ≡ sup ⋆
(1.4.6) Definizione Una funzione µ-misurabile si dice µ-integrabile se caso scriveremo Z Z⋆ Z f dµ ≡ f dµ = f dµ
R⋆
f dµ =
R
⋆
f d µ; in tal
⋆
e chiameremo
R
f d µ l’integrale di f rispetto a µ.
(1.4.7) Osservazione Per una funzione µ-integrabile f può anche aversi
R
f d µ = ±∞.
(1.4.8) Osservazione Una funzione µ-misurabile non negativa è sempre µ-integrabile. (1.4.9) Definizione Siano f una funzione µ-integrabile, A ⊂ X un insieme µ-misurabile. L’integrale di f su A (rispetto a µ) è definito come Z Z f d µ = f χ A d µ. A
(1.4.10) Definizioni Diremo che: (i) Una funzione f : X → [−∞, ∞] è µ-sommabile se f è µ-integrabile e Z | f | d µ < ∞. (ii) Una funzione f : R n → [−∞, ∞] è localmente µ-sommabile se f |K è µ-sommabile per ogni compatto K ⊂ R n . (1.4.11) Notazione Sia 1 ≤ p < ∞ un numero reale. Denotiamo con
L p ( X , µ) l’insieme di tutte le funzioni f tali che | f | p sia µ-sommabile su X , e con p
L loc (R n , µ) l’insieme di tutte le funzioni g tali che | g| p sia localmente µ-sommabile.
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
35
(1.4.12) Osservazione Non identificheremo funzioni che sono µ-q.o. uguali. (1.4.13) Notazione Scriveremo “dx”, “d y”, etc. invece che “d L n ” negli integrali calcolati rispetto a L n . Scriveremo anche L p (R n ) al posto di L p (R n , L n ), etc. (1.4.14) Teorema (Lemma di Fatou) Siano f k : X → [0, ∞] µ-misurabili (k = 1, 2,... ). Allora Z Z lim inf f k d µ ≤ lim inf f k d µ. k→∞
k→∞
Dim. Si prenda una qualsiasi funzione semplice µ-misurabile g con 0 ≤ g ≤ lim inf f k ; k→∞
denotati con {a j }∞ i valori positivi distinti assunti da g e posto A j ≡ g−1 {a j } ( j = 1, 2,... ), possiamo j =1 scrivere g nella forma ∞ X g= a j χA j , j =1
con successione disgiunta di insiemi µ-misurabili. Si fissi 0 < t < 1 e si osservi che se x ∈ A j si ha anche g( x) = a j , sicché ¶ µ { A j }∞ j =1
lim inf f k ( x) ≥ a j > ta j ; k→∞
pertanto, esiste k ≥ 1 tale che f l ( x) > ta j , per ogni l ≥ k. Di conseguenza,
Aj = dove
∞ [
k =1
B j, k ,
(∗ )
ª © ¯ B j, k ≡ A j ∩ x ¯ f l ( x) > ta j per ogni l ≥ k .
Si noti anche che
A j ⊃ B j, k+1 ⊃ B j, k .
(∗∗)
Pertanto, per ogni coppia h, k di interi positivi risulta Z
f k dµ ≥
Z
A 1 ∪...∪ A h
f k dµ =
h Z X
j =1 A j
f k dµ ≥
h Z X
j =1 B j, k
f k dµ ≥ t
da cui, avendosi per la (*) e la (**) lim k→∞ µ(B j, k ) = µ( A j ), segue Z h X lim inf f k d µ ≥ t a j µ( A j ). k→∞
j =1
Facendo ora tendere h → ∞ otteniamo Z Z ∞ X lim inf f k d µ ≥ t a j µ( A j ) = t g d µ; k→∞
j =1
questa stima vale per ogni 0 < t < 1, sicché per t → 1− si ha Z Z lim inf f k d µ ≥ g d µ. k→∞
h X
j =1
a j µ(B j, k ),
(h = 1, 2,... )
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
36
Ma g è un’arbitraria funzione semplice µ-misurabile con 0 ≤ g ≤ lim infk→∞ f k ; pertanto Z Z lim inf f k d µ ≥ lim inf f k d µ. k→∞
⋆ k→∞
Ricordando (1.4.8), si ha la tesi.
ä
(1.4.15) Teorema della convergenza monotona Siano f k : X → [0, ∞] µ-misurabili, con
f 1 ≤ ... ≤ f k ≤ f k+1 ≤ ... Allora
Z
lim f k d µ = lim
k→∞
k→∞
Z
f k d µ.
Dim. È chiaro che lim k→∞ f k esiste ed è una funzione µ-misurabile non negativa, quindi, per (1.4.8), µ-integrabile; inoltre f j ≤ lim k→∞ f k ( j = 1, 2,... ), sicché per la proprietà di monotonia dell’integrale si ha Z Z f j d µ ≤ lim f k d µ, (∗ ) k→∞
per j = 1, 2,... Ancora per monotonia, essendo la successione di funzioni { f k }∞ per ipotesi non k =1 decrescente, risulta Z Z Z f 1 d µ ≤ ... ≤ f k d µ ≤ f k+1 d µ ≤ ... , per cui lim k→∞
R
f k d µ esiste e, per la (*), lim
k→∞
Z
f k dµ ≤
Z
lim f k d µ
k→∞
La disuguaglianza opposta segue dal lemma di Fatou.
ä
(1.4.16) Corollario Siano f k : X → [0, ∞] µ-misurabili (k = 1, 2,... ). Allora ZX ∞
k =1
f k dµ =
∞ Z X
k =1
f k d µ.
Dim. Applicando il teorema alla successione non decrescente di funzioni µ-misurabili g j ≡ ( j = 1, 2,... ) otteniamo ZX Z Z ∞ f k d µ = lim g j d µ = lim g j d µ. j →∞
k =1
Pj
f k =1 k
j →∞
Ma, per l’additività finita dell’integrale, lim
j →∞
Z
g j d µ = lim
j Z X
j →∞ k=1
f k dµ =
∞ Z X
k =1
f k d µ,
ossia la tesi.
ä
(1.4.17) Teorema della convergenza dominata Siano f ed che f k → f µ-q.o. per k → ∞ e | f k | ≤ g (k = 1, 2,... ). Allora Z lim | f k − f | d µ = 0. k→∞
{ f k }∞ k =1
µ-misurabili, e supponiamo
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
37
Dim. Possiamo assumere che | f k | ≤ g e f k → f per k → ∞ su tutto X . Osserviamo in primo luogo che | f − f k | ≤ | f | + | f k | ≤ g + g = 2 g, per cui 2 g − | f − fk| è una funzione µ-misurabile non negativa per k = 1, 2,... Applicando allora il lemma di Fatou (1.4.14) scriviamo Z Z lim inf(2 g − | f − f k |) d µ ≤ lim inf 2 g − | f − f k | d µ. (∗ ) k→∞
k→∞
Ma lim inf k→∞ (2 g − | f − f k |) = 2 g in quanto f k → f , e inoltre, essendo g µ-sommabile, Z Z Z Z Z lim inf 2 g − | f − f k | d µ = lim inf 2 g d µ + lim inf (−| f − f k |) d µ = 2 g d µ − lim sup | f − f k | d µ. k→∞
k→∞
Pertanto la (*) si riscrive come Z
k→∞
Z
2 g dµ ≤
k→∞
2 g d µ − lim sup k→∞
Z
| f − f k | dµ
da cui, facendo nuovamente intervenire l’ipotesi che g sia µ-sommabile, Z lim sup | f − f k | d µ ≤ 0. k→∞
Ne segue ovviamente Z lim | f − f k | d µ = 0,
k→∞
come volevasi.
ä
(1.4.18) Teorema Siano g, { g k }∞ µ-sommabili e f , { f k }∞ µ-misurabili. Supponiamo che | f k | ≤ k =1 k =1 g k (k = 1, 2,... ), f k → f µ-q.o., g k → g µ-q.o., e Z Z lim g k d µ = g d µ. k→∞
Allora lim
k→∞
Z | f k − f | d µ = 0.
Dim. Simile alla dimostrazione di (1.4.17).
ä R (1.4.19) Osservazione È facile verificare che lim k→∞ | f k − f | d µ = 0 non implica necessariamente f k → f µ-q.o. Si consideri ad esempio la successione di funzioni { f k }∞ definita da k =1
f k ≡ χh
j 2i
,
j +1 2i
con k = 2 i + j, 0 ≤ j < 2 i .
i,
Quindi f 1 = χ[0, 1] , f 2 = χ£0, 1 ¤ , f 3 = χ£ 1 , 1¤ , f 4 = χ£0, 1 ¤ , f 5 = χ£ 1 , 1 ¤ , f 6 = χ£ 1 , 3 ¤ , f 7 = χ£ 3 , 1¤ , f 8 = χ£0, 1 ¤ , 2 2 4 2 2 4 4 8 R1 4 f 9 = χ£ 1 , 1 ¤ , f 10 = χ£ 1 , 3 ¤ ,... Si ha ovviamente 0 f k dx = 21i → 0 per k → ∞, sicché 8 4
4 8
lim
Z1
k→∞ 0
| f k − f | dx = 0
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
38
dove f è la funzione identicamente nulla su [0, 1].hD’altraiparte, se x ∈ [0, 1] allora esistono infiniti i h j j +1 j j +1 contiene k tali che x ∈ 2 i , 2 i ed infiniti altri tali che x ∉ 2 i , 2 i , ossia la successione { f k ( x)}∞ k =1 infiniti 1 ed infiniti 0. Pertanto, { f k }∞ non converge puntualmente in nessun punto di [0 , 1]. k =1 Se però passiamo ad una opportuna successione estratta la convergenza quasi ovunque ci è garantita dal risultato che segue. (1.4.20) Teorema Assumiamo che f e { f k }∞ siano µ-sommabili e che k =1 lim
k→∞
Z | f k − f | d µ = 0.
Esiste allora una successione estratta { f k j }∞ tale che j =1
fk j → f
µ-q.o.
R Dim. Per ogni j ≥ 1 esiste, per l’ipotesi lim k→∞ | f k − f | d µ = 0, un k j ≥ j tale che Z
| f k j − f | dµ ≤
1
2j
.
Applicando (1.4.16) otteniamo allora ZX ∞
| f k j − f | dµ =
j =1
Pertanto
∞ X
∞ Z X | f k j − f | d µ < ∞.
j =1
µ-q.o.,
| f k j − f | dµ < ∞
j =1
cioè la serie a primo membro converge µ-q.o. Questo implica ovviamente che il suo termine generale è infinitesimo, vale a dire che |fk j − f | → 0
µ-q.o.
per j → ∞.
ä
(1.4.21) Lemma Siano A una σ-algebra su X e µ : A → [0, ∞] un’applicazione soddisfacente le proprietà (α) µ(;) = 0, e P S (β) µ( A ) ≤ ∞ µ( A k ) ogni volta che A ∈ A , { A k }∞ è una successione in A e A ⊂ ∞ A . k =1 k =1 k =1 k
(Si noti che la (β) ha senso per la definizione di σ-algebra.) Otteniamo allora una misura ν su X ponendo, per ogni insieme B ⊂ X , ¯ © ª ν(B ) ≡ inf µ( A ) ¯ A ∈ A , B ⊂ A .
Dim. Siano B, {B k }∞ ⊂ X insiemi arbitrari tali che B ⊂ k =1 positivi k, l scegliamo A lk ∈ A tale che B k ⊂ A lk e µ( A lk ) ≤ ν(B k ) +
1 2k l
.
S∞
k =1
B k , e per ogni coppia di interi
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON Ovviamente,
S∞
k =1
A lk ∈ A e B ⊂
ν(B ) ≤ µ
Ã
∞ [
k =1
A lk
S∞
k =1
!
≤
39
A lk (l = 1, 2,... ). Pertanto
∞ X
k =1
µ( A lk ) ≤
∞ X
k =1
ν(B k ) +
∞ ∞ 1 X 1 1 X = ν(B k ) + , k l k =1 2 l k =1
per l = 1, 2,... Si faccia tendere l → ∞.
ä
(1.4.22) Teorema Siano µ una misura su X , A una σ-algebra di insiemi µ-misurabili, f : X → [0, ∞] una funzione µ-misurabile. Otteniamo allora una misura ν su X ponendo, per ogni insieme A∈A, Z ν( A ) ≡
f dµ
A
e, per un insieme arbitrario B ⊂ X , ν(B ) ≡ inf { ν( A ) | A ∈ A , B ⊂ A } .
Dim. Ovviamente ν(;) = 0. Siano invece A, { A k }∞ elementi di A tali che A ⊂ k =1
f χA ≤
∞ X
k =1
f χAk ,
S∞
k =1
A k . Allora
sicché per (1.4.16) ν( A ) =
Z
A
f dµ =
Z
f χ A dµ ≤
∞ Z X
k =1
f χ A k dµ =
∞ Z X
k =1 A k
f dµ =
Dunque µ soddisfa le proprietà (α) e (β) di (1.4.21); ne segue la tesi.
∞ X
k =1
ν( A k ).
ä
(1.4.23) Teorema Sia f ∈ L1 ( X , µ). Allora per ogni ǫ > 0 esiste un δ > 0, dipendente solo da ǫ e da f , tale che per ogni insieme µ-misurabile A ⊂ X Z µ( A ) < δ implica | f | d µ < ǫ. A
Dim. Per k = 1, 2,... poniamo
g k ( x) ≡ Allora
{ g k }∞ k =1
(
| f ( x )|
k
se | f ( x)| ≤ k,
altrimenti.
è una successione di funzioni µ-misurabili, e
g k = min(| f |, k) ≤ min(| f |, k + 1) = g k+1 ,
(k = 1, 2,... )
sicché
g 1 ≤ ... ≤ g k ≤ g k+1 ≤ ... ; inoltre, lim k→∞ g k = | f |. (Invero, se | f ( x)| ≤ N < ∞, si ha g k ( x) = | f ( x)| per ogni k ≥ N ; se invece | f ( x)| = ∞, allora per ogni k risulta g k ( x) = k e quindi lim k→∞ g k ( x) = ∞ = | f ( x)|.) Applicando il teorema della convergenza monotona (1.4.15) possiamo quindi scrivere Z Z Z lim g k d µ = lim g k d µ = | f | d µ. k→∞
k→∞
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
40
Pertanto, lim
per cui fissato ǫ > 0 esiste k0 tale che
k→∞
Z
Z ( | f | − g k ) d µ = 0,
1 (| f | − g k 0 ) d µ < ǫ . 2
Poniamo δ ≡ ǫ/(2k0 ) e scegliamo un insieme µ-misurabile A ⊂ X tale che µ( A ) < δ; otterremo così Z
A
g k0 dµ ≤
Z
A
k0 d µ = k0 µ( A ) ≤
1 ǫ. 2
Ne segue Z 1 1 1 | f | d µ = (| f | − g k 0 ) d µ + g k 0 d µ ≤ (| f | − g k 0 ) d µ + ǫ < ǫ + ǫ = ǫ , 2 2 2 A A A
Z
Z
Z
come volevasi.
ä
1.5 Misure prodotto. Teorema di Fubini Siano X e Y insiemi. (1.5.1) Lemma Siano µ una misura su X e ν una misura su Y . Definiamo un’applicazione µ × ν : 2 X ×Y → [0, ∞] ponendo, per ogni S ⊂ X × Y , (µ × ν)(S ) ≡ inf
(
∞ X
)
µ( A i )ν(B i ) ,
k =1
dove l’estremo inferiore è preso su tutte le famiglie di insiemi µ-misurabili A i ⊂ X e insiemi νmisurabili B i ⊂ Y ( i = 1, 2,... ) tali che
S⊂
∞ [
i =1
( A i × B i ).
Allora µ × ν è una misura su X × Y . Dim. Siano S, {S j }∞ ⊂ X × Y insiemi tali che S ⊂ j =1
S , e scegliamo per ogni j una successione j =1 j j j ∞ { A i } i=1 ⊂ X di insiemi µ-misurabili ed una successione {B i }∞ ⊂ Y di insiemi ν-misurabili tali che i =1 S S∞ j j j j ∞ S j ⊂ i=1 ( A i × B i ) ( j = 1, 2,... ). Allora S ⊂ i, j =1 ( A i × B i ), sicché per definizione di µ × ν risulta (µ × ν)(S ) ≤
S∞
∞ X ∞ X
j =1 i =1
j
j
µ( A i )ν(B i ). j
j
( j = 1, 2,... ), otteniamo quindi Passando agli estremi inferiori su tutte le famiglie { A i × B i }∞ i =1 (µ × ν)(S ) ≤
∞ X
(µ × ν)(S j ).
j =1
(1.5.2) Definizione La misura µ × ν è chiamata la misura prodotto di µ e ν.
ä
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
41
(1.5.3) Definizione Una funzione f : X → [−∞, ∞] è σ-finita rispetto a µ se f è µ-misurabile e { x | f ( x) 6= 0 } è σ-finito rispetto a µ. (1.5.4) Osservazione Una funzione µ-sommabile f : X → [−∞, ∞] è sempre σ-finita rispetto a µ. Posto invero E ≡ { x | f ( x) 6= 0 }, denotiamo con B(0, k), per ogni intero positivo k, la palla chiusa di centro l’origine e raggio k e scriviamo
E k ≡ B(0, k) ∩ E. Ovviamente ciascun E k è µ-misurabile; inoltre Z Z f dµ ≤
B(0, k)
Ek
(k = 1, 2,... )
f dµ < ∞
in quanto f è µ-sommabile. Ma f è non nulla su E k , sicché µ( E k ) < ∞.
Avendosi E =
S∞
k =1
(k = 1, 2,... )
E k , f è σ-finita rispetto a µ.
(1.5.5) Teorema di Fubini Siano µ una misura su X e ν una misura su Y . Allora: (i) µ × ν è una misura regolare su X × Y , anche se µ e ν non sono regolari. (ii) Se A ⊂ X è µ-misurabile e B ⊂ Y è ν-misurabile, allora A × B è (µ × ν)-misurabile e (µ × ν)( A × B) = µ( A )ν(B). (iii) Se S ⊂ X × Y è σ-finito rispetto a µ × ν, allora S y ≡ { x | ( x, y) ∈ S } è µ-misurabile per ν-q.o. y, S x ≡ { y | ( x, y) ∈ S } è ν-misurabile per µ-q.o. x, µ(S y ) è ν-integrabile, e ν(S x ) è µ-integrabile. Inoltre, Z Z (µ × ν)(S ) =
Y
µ( S y ) d ν( y) =
X
ν( S x ) d µ( x).
(iv) Se f è (µ × ν)-integrabile e f è σ-finita rispetto a µ × ν (in particolare, se f è (µ × ν)-sommabile), allora la funzione Z
y 7→
f ( x, y) d µ( x)
X
è ν-integrabile, la funzione
x 7→
Z
f ( x, y) d ν( y)
Y
è µ-integrabile, e Z
X ×Y
f d (µ × ν) =
Z ·Z Y
X
¸ ¸ Z ·Z f ( x, y) d ν( y) d µ( x). f ( x, y) d µ( x) d ν( y) = X
Y
Dim. (a) Denotiamo con F la famiglia di tutti gli insiemi S ⊂ X × Y per i quali la funzione
x 7→ χS ( x, y) è µ-integrabile per ogni y ∈ Y e la funzione
y 7→
Z
X
χS ( x, y) d µ( x)
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
42
è ν-integrabile. Per S ∈ F scriviamo ρ(S) ≡
Z ·Z Y
X
¸ χS ( x, y) d µ( x) d ν( y).
Definiamo ¯ © ª P 0 ≡ A × B ¯ A è µ-misurabile, B è ν-misurabile , ¯ ) ( ¯ ∞ [ ¯ S j ¯ S j ∈ P0 , P1 ≡ ¯ j =1 ¯ ) ( ¯ ∞ \ ¯ S j ¯ S j ∈ P1 . P2 ≡ ¯ j =1
(b) P 0 ⊂ F e ρ ( A × B) = µ( A )ν(B) per ogni A × B ∈ P 0 . Siano invero A ⊂ X µ-misurabile e B ⊂ Y ν-misurabile. Per ogni y ∈ Y risulta allora χ A ×B ( x, y) =
(
χ A ( x)
0
se y ∈ B
se y ∉ B,
per cui x 7→ χ A ×B ( x, y) è µ-integrabile; inoltre Z
X
sicché y 7→
R
X
χ A ×B ( x, y) d µ( x) =
(R
X
0
χ A ( x) d µ( x) = µ( A )
se y ∈ B
se y ∉ B,
χ A ×B ( x, y) d µ( x) è ν-integrabile. Pertanto, A × B ∈ F . Si ha poi ρ( A × B) =
Z ·Z Y
X
¸
χ A ×B ( x, y) d µ( x) d ν( y) =
Z
B
µ( A ) d ν( y) = µ( A )ν(B ).
(c) Ogni elemento di P 1 è unione di una successione disgiunta di elementi di P 0 ; inoltre P 1 ⊂ F . Se A 1 × B1 , A 2 × B2 ∈ P 0 , allora ( A 1 × B 1 ) ∩ ( A 2 × B 2 ) = ( A 1 ∩ A 2 ) × (B 1 ∩ B 2 ) ∈ P 0 e ( A 1 × B1 ) − ( A 2 × B2 ) = (( A 1 − A 2 ) × B1 ) ∪ (( A 1 ∩ A 2 ) × (B1 − B2 )) S è un’unione disgiunta di elementi di P 0 . Scegliamo un R ≡ ∞ ( A j × B j ) ∈ P 1 e costruiamo una j =1
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
43
successione { A ′j × B′j }∞ ponendo j =1
A ′1 × B′1 ≡ A 1 × B1
A ′2 × B′2 ≡ ( A 2 × B2 ) − ( A 1 × B1 )
A ′3 × B′3 ≡ A 3 × B3 − (( A 1 × B1 ) ∪ ( A 2 × B2 ))
= (( A 3 × B3 ) − ( A 2 × B2 )) − ( A 1 × B1 )
A ′4 × B′4 ≡
A 4 × B4 − (( A 1 × B1 ) ∪ ( A 2 × B2 ) ∪ ( A 3 × B3 ))
= ((( A 4 × B4 ) − ( A 3 × B3 )) − ( A 2 × B2 )) − ( A 1 × B1 )
.. .
A ′k × B′k ≡ ( A k × B k ) −
k[ −1 j =1
(A j × B j)
= ((· · · (((( A k × B k ) − ( A k−1 × B k−1 )) − ( A k−2 × B k−2 )) − ...) · · · ) − ( A 2 × B2 )) − ( A 1 × B1 )
e così via. Essendo ciascun A ′j × B′j un’unione disgiunta di elementi di P 0 , tale è anche S B′j ); inoltre R = ∞ ( A ′j × B′j ). Pertanto, per ogni y ∈ Y , j =1 χR ( x, y) =
∞ X
j =1
χ A ′ ×B′ ( x, y), j
S∞
j =1
( A ′j ×
(x ∈ X )
j
sicché χR ( x, y) è µ-integrabile e in virtù di (1.4.16) Z
X
χR ( x, y) d µ( x) =
∞ Z X
j =1 X
χ A ′ ×B′ d µ( x) j
j
è ν-integrabile, cioè R ∈ F . Per l’arbitrarietà di R ∈ P 1 risulta allora P 1 ⊂ F . (d) Ogni elemento di P 2 è intersezione di una successione decrescente di elementi di P 1 ; inoltre S j j una successione in P 1 , dove S j = ∞ ( A i × B i ) per j = 1, 2,... Risulta P 2 ⊂ F . Sia invero {S j }∞ j =1 i =1 allora k \
j =1
Sj =
k [ ∞ \
j =1 i j =1
j
j
(Ai × Bi ) = j
j
k \
∞ [
j
j
( A i × B i ),
i 1 ,...,i k =1 j =1
j
dove, per quanto osservato nella dimostrazione della (c), ciascun Tk S ∈ P 1 per k = 1, 2,... e inoltre j =1 j ∞ \
j =1
Sj =
∞ \ k \
k =1 j =1
(k = 1, 2,... )
j
Tk
j =1
j
j
( A i × B i ) ∈ P 0 . Pertanto j
j
S j.
Poniamo allora
S≡
∞ \
j =1
Sj
e
S ( k) ≡
k \
j =1
S j;
(k = 1, 2,... )
per ogni y ∈ Y e per ogni intero positivo k la funzione x 7→ χS (k) ( x, y) è µ-integrabile, sicché tale è anche χS ( x, y) = lim k→∞ χS (k) ( x, y). Inoltre,
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
44 χ S (k ) ≤ χ S ,
(k = 1, 2,... )
per cui il teorema della convergenza dominata (1.4.17) ci garantisce che Z Z χS ( x, y) d µ( x) = lim χS (k) ( x, y) d µ( x). k→∞ X
X
La funzione y 7→
R
X
χS ( x, y) d µ( x) è pertanto ν-integrabile; di conseguenza, S ∈ F .
(e) Per ogni S ⊂ X × Y ,
¯ ª © (µ × ν)(S ) = inf ρ (R ) ¯ S ⊂ R ∈ P 1 .
In particolare, se S ∈ P 1 allora (µ × ν)(S ) = ρ (S ). Innanzitutto notiamo che se S ⊂ R ≡ con { A j × B j }∞ ⊂ P 0 , allora j =1 ∞ X χ A j ×B j χR ≤
S∞
j =1
A j ×B j,
j =1
e quindi applicando (1.4.16) # ¸ Z "Z X ∞ Z ·Z ∞ ∞ X X ρ(R ) ≤ χ A j ×B j d µ d ν = µ( A j )ν(B j ). χ A j ×B j d µ d ν = Y
X j =1
j =1 Y
X
j =1
Pertanto, passando agli estremi inferiori, otteniamo ¯ ª © inf ρ (R ) ¯ S ⊂ R ∈ P 1 ≤ (µ × ν)(S ).
in P 0 tale che Inoltre, esiste, per la (c), una successione disgiunta { A ′j × B′j }∞ j =1
R=
∞ [
j =1
sicché χR =
e, di conseguenza, ρ(R ) =
(f) Fissiamo A × B ∈ P 0 . Allora
∞ X
j =1
( A ′j × B′j ),
∞ X
j =1
χ A j ×B j
µ( A ′j )ν(B ′j ) ≥ (µ × ν)( S ).
(µ × ν)( A × B) ≤ µ( A )ν(B) = ρ ( A × B) ≤ ρ (R ) per tutti gli R ∈ P 1 tali che A × B ⊂ R . Pertanto la (e) implica (µ × ν)( A × B) = µ( A )ν(B). Proviamo ora che A × B è (µ × ν)-misurabile. A tal fine supponiamo che T ⊂ X × Y e T ⊂ R ≡ S∞ j =1 ( A j × B j ) ∈ P 1 . Allora R − ( A × B ) e R ∩ ( A × B ) sono disgiunti e inoltre
R − ( A × B) =
∞ [
(( A j × B j ) − ( A × B))
j =1
e
R ∩ ( A × B) =
∞ [
(( A j × B j ) ∩ ( A × B)),
j =1
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
45
sicché R − ( A × B) e R ∩ ( A × B) appartengono a P 1 al pari di R . Di conseguenza, per la (e), (µ × ν)(T − ( A × B)) + (µ × ν)(T ∩ ( A × B)) ≤ ρ (R − ( A × B)) + ρ (R ∩ ( A × B)) = ρ (R ), e quindi, ancora per la (e), (µ × ν)(T − ( A × B)) + (µ × ν)(T ∩ ( A × B)) ≤ (µ × ν)(T ). Pertanto ( A × B) è (µ × ν)-misurabile. La (ii) resta così provata. (g) Per ogni S ⊂ X × Y esiste un insieme R ∈ P 2 tale che S ⊂ R e ρ ( R ) = (µ × ν)( S ).
Se (µ × ν)(S ) = ∞, poniamo R ≡ X × Y . Se invece (µ × ν)(S ) < ∞, allora per ogni j = 1, 2,... esiste per la (e) un insieme R j ∈ P 1 tale che S ⊂ R j e 1 (µ × ν)(R j ) = ρ (R j ) < (µ × ν)(S ) + . j Definiamo
R≡
∞ \
j =1
R j ∈ P 2;
allora S ⊂ R e inoltre, per la (d), S ∈ F . Ancora per la (d) possiamo supporre che la successione {R j }∞ sia decrescente; il teorema della convergenza dominata (1.4.17) ci consente allora di passare j =1 al limite per j → ∞ nella disuguaglianza (µ × ν)(S ) ≤ (µ × ν)(R j ) = ρ (R j ) < (µ × ν)(S ) +
1 j
per ottenere ρ ( R ) = (µ × ν)( S ).
(h) Dalla (ii), ricordando (1.1.9), vediamo che ogni elemento di P 2 è (µ × ν)-misurabile. Se inoltre S ⊂ X × Y è un insieme arbitrario, esiste per la (g) un R ∈ P 2 tale che S ⊂ R e ρ (R ) = (µ × ν)(S ). T Scriviamo R = ∞ R , dove {R j }∞ è una successione decrescente in P 1 ; risulta, per la (e), j =1 j j =1 (µ × ν)(R ) ≤ (µ × ν)(R j ) = ρ (R j ),
( j = 1, 2,... )
sicché passando al limite per j → ∞ e facendo nuovamente appello a (1.4.17) otteniamo (µ × ν)(R ) ≤ ρ ( R ). Pertanto (µ × ν)(S ) ≤ (µ × ν)(R ) ≤ ρ (R ) = (µ × ν)(S ), ossia (µ × ν)(S ) = (µ × ν)(R ), con R insieme (µ × ν)-misurabile. La (i) resta così provata. (i) Se S ⊂ X × Y e (µ × ν)(S ) = 0, allora per la (g) esiste un insieme R ∈ P 2 tale che S ⊂ R e ρ (R ) = 0; pertanto χS ( x, y) ≤ χR ( x, y) = 0 per µ-q.o. x ∈ X e per ν-q.o. y ∈ Y . Ne segue S ∈ F e ρ (S ) = 0. Supponiamo ora che S ⊂ X × Y sia (µ × ν)-misurabile e che (µ × ν)(S ) < ∞; esiste, per la (g) e la (h), un R ∈ P 2 tale che S ⊂ R e (µ × ν)(R − S ) = 0; quindi, per quanto osservato, R − S ∈ F e
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
46
ρ ( R − S ) = 0. Avendosi χS = χR − χS −R , l’insieme S y è Pertanto µ( S y ) = µ { x | ( x, y) ∈ S } = µ { x | ( x, y) ∈ R } = µ( R y )
per ν-q.o. y ∈ Y , e
(µ × ν)(S ) = ρ (R ) =
Z
Y
µ( S y ) d ν( y).
S Sia infine S ⊂ X × Y σ-finito rispetto a µ × ν. Possiamo allora scrivere S = ∞ S k , dove {S k }∞ k =1 k =1 k è una successione disgiunta di insiemi (µ × ν)-misurabili e (µ × ν)(S ) < ∞ per k = 1, 2,... Si ha ovviamente, per y ∈ Y , ∞ [ S ky , Sy = k =1
sicché S y è µ-misurabile per ν-q.o. y ∈ Y al pari di ciascun S ky . Inoltre µ( S y ) =
∞ X
k =1
µ( S ky )
è ν-integrabile, tale essendo µ(S ky ) (k = 1, 2,... ). Infine (µ × ν)(S ) =
∞ X
k =1
k
(µ × ν)(S ) =
∞ Z X
k =1 Y
µ( S ky ) d ν( y) =
Z X ∞
Y k =1
µ( S ky ) d ν( y),
applicando (1.4.16). Ne segue la (iii). (j) Osserviamo che la (iv) si riduce alla (iii) quando f = χS , con S ⊂ X × Y σ-finito rispetto a µ × ν. Supponiamo allora che f sia una funzione (µ × ν)-misurabile, σ-finita rispetto a µ × ν e non negativa. In virtù di (1.3.12) possiamo scrivere ∞ 1 X χAk , f= k =1 k dove { A k }∞ è una successione di insiemi (µ × ν)-misurabili. Inoltre, per ogni k, A k ⊂ { x | f ( x) 6= 0 }, k =1 sicché ciascun A k è σ-finito rispetto a µ × ν. Allora (1.4.16) ci assicura che Z
X
∞ 1Z X f ( x, y) d µ( x) = χ A k ( x, y) d µ( x), k =1 k X
ossia, tenendo conto di quanto osservato e della (iii), la funzione Z y 7→ f ( x, y) d µ( x) X
è limite di una successione di funzioni ν-misurabili e quindi ν-misurabile per (1.3.7). Essendo ovviamente non negativa, è anche ν-integrabile. In modo analogo, la funzione Z f ( x, y) d ν( y) x 7→ Y
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
47
è µ-integrabile. Applicando ancora (1.4.16) e usando la (iii), otteniamo poi Z
X ×Y
¸ ∞ 1 Z ·Z ∞ 1Z X X χ A k d (µ × ν) = χ A k dµ dν X k =1 k Y k =1 k X ×Y ¸ ¸ Z X Z ·Z ∞ 1 ·Z = f ( x, y) d µ( x) d ν( y); χ A k dµ dν = Y k =1 k X Y X
f d (µ × ν) =
similmente, Z
X ×Y
f d (µ × ν) =
Z ·Z
Y
X
¸ f ( x, y) d ν( y) d µ( x).
(k) Infine, per f (µ×ν)-integrabile e σ-finita rispetto a µ×ν, ma non necessariamente non negativa, basterà usare la decomposizione f = f + − f −, e applicare la (i). La (iv) è così provata, e ciò completa la dimostrazione del teorema.
ä
(1.5.6) Osservazione Si confronti il teorema di Fubini con la formula di coarea (4.4.1), che ne è una sorta di versione “curvilinea”.
1.5.1
Le funzioni Γ e β
(1.5.7) Definizione Sia t > 0. Poniamo
Γ( t) ≡
Z∞ 0
x t−1 e− x dx.
(∗ )
Posto f ( x) = x t−1 e− x , risulta Z1 0
f ( x) dx <
Z1 0
x t−1 dx =
·
xt t
¸1 0
=1
in quanto t > 0, sicché f è sommabile in 0. D’altra parte, poiché lim x→∞ x t+1 e− x = 0, esiste M > 0 tale che x t+1 e− x < 1 per x ≥ M e dunque f ( x) < 1/ x2 per x ≥ M , da cui segue Z∞ M
f ( x) dx <
Z∞ M
· ¸∞ 1 1 1 1 1 dx = − − lim = . = x M M x→∞ x M x2
Pertanto f è sommabile anche all’infinito. Quindi la funzione definita dalla (*), detta funzione Gamma, è sempre finita per t > 0. (1.5.8) Lemma (i) Γ(1) = 1. (ii) Γ( t + 1) = tΓ( t) per ogni t > 0; in particolare per ogni intero positivo k risulta
Γ(k + 1) = kΓ(k) = ... = k!Γ(1) = k!. (iii) Γ
¡1¢ 2
=
p
π.
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
48
Dim. (a) La (i) è immediata. La (ii) si ottiene con un’integrazione per parti: Z∞ Z∞ i∞ h Γ( t + 1) = x t−1 e− x dx = tΓ( t). x t e− x dx = − x t e− x + t 0
0
0
(b) Effettuando il cambio di variabili x = y2 /2 in Z∞ Γ( t) = x t−1 e− x dx 0
si ottiene che
Γ( t) = 2
1− t
Z∞ 0
2 /2
y 2 t −1 e − y
d y.
Da questa uguaglianza, indicando con Q il primo quadrante nel piano, si ha facilmente, applicando prima il teorema di Fubini (1.5.5) e successivamente passando in coordinate polari µZ∞ ¶ µZ∞ ¶ · µ ¶¸2 Zπ/2 Ï Z∞ 2 1 − x2 /2 −( x2 + y2 )/2 − y2 /2 =2 e dx e dxd y = 2 e dy = 2 dθ Γ ρ e−ρ /2 d ρ = π. 2 0 Q 0 0 0
da cui segue µ ¶ p 1 = π. Γ 2
(1.5.9) Definizione Poniamo, per s, t > 0, β( s, t) ≡ 2
Zπ/2 0
(cos θ)2 s−1 (sin θ)2 t−1 d θ.
La funzione così definita prende il nome di funzione Beta. (1.5.10) Lemma Siano s, t > 0; allora: (i) β( s, t) =
(sicché in particolare β(s, t) = β( t, s)); (ii) β( s, t) =
Z1 0
Γ(s)Γ( t) Γ(s + t)
x s−1 (1 − x) t−1 dx.
ä
CAPITOLO 1. MISURE DI RADON
49
Dim. (a) Con un calcolo analogo a quello fatto nella dimostrazione di (1.5.8), continuando ad indicare con Q il primo quadrante, otteniamo per ogni s, t > 0 µZ∞ ¶ µZ∞ ¶ 2 2 Γ(s)Γ( t) = 22−s− t x2 s−1 e− x /2 dx y2 t−1 e− y /2 d y 0 Ï0 2− s − t 2 s−1 2 t−1 −( x2 + y2 )/2 =2 x y e dxd y Q
=2
2− s − t
Z∞ 0
= 2Γ(s + t)
ρ
2( s+ t)−1 −ρ 2 /2
e
Z π/2 0
dρ
Z π/2 0
(cos θ)2 s−1 (sin θ)2 t−1 d θ
(cos θ)2 s−1 (sin θ)2 t−1 d θ
= Γ(s + t)β(s, t).
Ne segue subito la (i). (b) Per dimostrare la (ii), si effettui il cambio di variabile x = cos2 θ in β( s, t) = 2
Zπ/2 0
(cos θ)2 s−1 (sin θ)2 t−1 d θ.
Tenendo presente che dx = −2 cos θ sin θ d θ, si ottiene β( s, t) = 2
Zπ/2
=− =−
0
(cos θ)2( s−1) cos θ (sin θ)2( t−1) sin θ d θ
Zπ/2 0 Z0 1
x
(cos2 θ)s−1 (sin2 θ) t−1 (−2 cos θ sin θ) d θ s −1
(1 − x)
t −1
dx =
Z1 0
x s−1 (1 − x) t−1 dx,
come volevasi.
1.5.2
ä
Il volume della palla n-dimensionale
(1.5.11) Notazione Nel seguito indicheremo con α(n) la misura di Lebesgue n-dimensionale della palla unitaria B(0, 1) di R n : α( n) ≡ L n (B (0, 1)). Si ha naturalmente, per ogni x ∈ R n e per ogni r > 0, L n (B( x, r)) = r n α(n).
Inoltre, α(n) < ∞ in quanto L n è una misura di Radon. (1.5.12) Volume della palla unitaria di R n Per n ≥ 1 risulta α( n) =
π n/2
Γ( n2 + 1)
Dim. La dimostrazione verrà fornita in (4.4.11).
. ä
Capitolo 2
Differenziazione di misure di Radon 2.1 Teoremi di ricoprimento Presentiamo in questa sezione i fondamentali teoremi di ricoprimento di Vitali e di Besicovitch. Dei due, quello di Besicovitch è molto più difficile da dimostrare, ma è necessario per studiare misure di Radon arbitrarie su R n .
2.1.1
Teorema di ricoprimento di Vitali
(2.1.1) Definizioni (i) Una famiglia F di palle chiuse in R n è un ricoprimento di un insieme A ⊂ R n se
A⊂
[
B.
B∈F
(ii) F è un ricoprimento fine di A se, in aggiunta, inf { diam B | x ∈ B, B ∈ F } = 0 per ogni x ∈ A . (2.1.2) Notazione Se B è una palla chiusa in R n , denoteremo con Bˆ la palla chiusa concentrica a B con raggio pari a 5 volte il raggio di B. (2.1.3) Lemma Sia F una famiglia di palle disgiunte in R n con inf { diam B | B ∈ F } > 0. Allora F è numerabile. Dim. Sia D ≡ inf { diam B | B ∈ F }, e sia B k ≡ B(0, k) la palla chiusa di centro l’origine e raggio k (k = 1, 2,... ). Poniamo Fk ≡ { B ∈ F | B ⊂ B k } . 50
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
51
S Ovviamente F = ∞ F ; basterà allora provare che ciascun F k è una famiglia finita. Sia invero k =1 k G k una qualsiasi sottofamiglia numerabile di F k ; allora ! Ã X X [ n n D = D · Card(G k ), L n (B ) ≥ B = L (B k ) ≥ L B∈G k
B∈G k
B∈G k
ed avendosi D > 0 e L n (B k ) < ∞ deve essere necessariamente Card(G k ) < ∞. Pertanto F k è priva di sottofamiglie infinite, ossia è finita. ä (2.1.4) Teorema di ricoprimento di Vitali Sia F una qualsiasi famiglia di palle chiuse non degeneri in R n con sup { diam B | B ∈ F } < ∞. Esiste allora una famiglia numerabile G di palle disgiunte in F tale che [
B∈F
B⊂
[
ˆ B.
B∈G
Dim. (a) Scriviamo D ≡ sup { diam B | B ∈ F } e poniamo ¯ o n ¯ F j ≡ B ∈ F ¯ D /2 j < diam B ≤ D /2 j −1 .
( j = 1, 2,... )
Ovviamente, se B ∈ F allora 0 < diam B ≤ D sicché esiste j ∈ {1, 2,... } tale che B ∈ F j . Pertanto F=
∞ [
j =1
F j.
di sottofamiglie di F come segue: Costruiamo poi ricorsivamente una successione {G j }∞ j =1 (α) Sia G1 una qualsiasi famiglia disgiunta massimale di palle in F1 (esistente per il lemma di Zorn). (β) Assumendo che G1 , G2 ,... , G k−1 siano state già costruite e facendo nuovamente appello al lemma di Zorn, scegliamo come G k una qualsiasi sottofamiglia disgiunta massimale di ¯ ( ) ¯ k[ −1 ¯ ′ ′ Gj . E k ≡ B ∈ F k ¯ B ∩ B = ; per ogni B ∈ ¯ j =1
Infine, poniamo G ≡
S∞
j =1
G j ; ovviamente G ⊂ F .
(b) Osserviamo che ciascun G j è numerabile per (2.1.3), sicché tale è G . Inoltre, G è una famiglia disgiunta. Se infatti B1 , B2 ∈ G con B1 6= B2 , esistono k1 , k2 tali che B1 ∈ G k 1 e B2 ∈ G k 2 . Supponiamo, senza ledere la generalità, k1 ≤ k2 . Se k1 = k2 , allora B1 e B2 appartengono entrambi a G k 1 = G k 2 che è una famiglia disgiunta, per cui B1 ∩ B2 = ;. S k −1 Se invece k1 < k2 , allora B1 ∈ j =2 1 G j e quindi, per come è stata costruita G k 2 , si ha anche in questo caso B1 ∩ B2 = ;. (c) Per ogni B ∈ F , esiste una palla B′ ∈ G tale che B ∩B′ 6= ; e B ⊂ Bˆ ′ . Fissiamo B ∈ F ; esiste allora S un indice k tale che B ∈ F k . Se fosse B ∩ B′ = ; per ogni B′ ∈ kj=1 G j , potremmo aggiungere B a G k ottenendo ancora una sottofamiglia disgiunta di E k . Ma questo è impossibile per la massimalità
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON di G k ⊂ E k . Dunque esiste B′ ∈
Sk
j =1
G j tale che B ∩ B′ 6= ;. Ma allora B′ ∈
52 Sk
j =1
F j , sicché diam B′ ≥
D /2k ; d’altra parte, essendo B ∈ F k si ha anche diam B ≤ D /2k−1 , per cui diam B ≤ 2 diam B′ . Siano r ed r′ i raggi di B e B′ e a, a′ i rispettivi centri; fissiamo inoltre x ∈ B ∩ B′ . Allora, per ogni y ∈ B, | y − a′ | ≤ | y − a| + |a − x| + | x − a′ | ≤ r + r + r′ ≤ 2r′ + 2r′ + r′ = 5r′ ,
cioè y ∈ Bˆ ′ . Per l’arbitrarietà di y, B ⊂ Bˆ ′ , ed il teorema è provato.
ä
(2.1.5) Corollario Assumiamo che F sia un ricoprimento fine di A ⊂ R n costituito da palle chiuse e che sup { diam B | B ∈ F } < ∞. Esiste allora una famiglia numerabile G di palle disgiunte in F tale che per ogni sottofamiglia finita {B1 ,... , B m } ⊂ F si abbia m [ [ ˆ B. Bk ⊂ A− B∈G −{B1 ,...,Bm }
k =1
Dim. Si costruisca G come nella dimostrazione del teorema e si scelga {B1 ,... , B m } ⊂ F . Se A ⊂ Sm S B , allora A − m B k = ; e abbiamo finito. k =1 k k =1 S S Altrimenti, sia x ∈ A − m B . Siccome le palle in F sono chiuse, U ≡ R n − m B è un aperto k =1 k k =1 k ed esiste r > 0 tale che la palla chiusa B( x, r) di centro x e raggio r sia inclusa in U . Ma F è un ricoprimento fine, onde esiste anche r 1 ≤ r tale che B ≡ B( x, r 1 ) ∈ F . Dal momento che B ∈ F , per la (c) nella dimostrazione del teorema esiste una palla B′ ∈ G tale che B ∩ B′ 6= ; e B ⊂ Bˆ ′ . Ma, essendo r 1 ≤ r, si ha B ⊂ B( x, r) ⊂ U sicché B ∩ B k = ; per k = 1,... , m; pertanto B′ deve appartenere a G − {B1 ,... , B m }. Quindi
x∈ onde per l’arbitrarietà di x ∈ A −
Sm
k =1
ˆ B,
[
B∈G −{B1 ,...,Bm }
B k si ottiene l’asserto.
ä
Mostriamo ora che possiamo “riempire”, nel senso della misura, un aperto arbitrario per mezzo di una famiglia numerabile di palle chiuse disgiunte. (2.1.6) Corollario Siano U ⊂ R n aperto, δ > 0. Esiste allora una famiglia numerabile G di palle chiuse disgiunte in U tale che diam B < δ per ogni B ∈ G e Ã
Ln U−
[
B∈G
!
B = 0.
(Si confronti con (2.1.9), che sostituisce L n con una misura di Radon arbitraria.) Dim. (a) Assumiamo dapprima che L n (U ) < ∞, e fissiamo 1 − 1/5n < θ < 1. Sia F la famiglia di tutte le palle chiuse non degeneri di R n . M
(b) Esiste una famiglia finita {B i } i=11 di palle chiuse disgiunte in U tali che diam B i < δ ( i = 1,... , M1 ) e à ! M [1 n B i ≤ θL n (U ). L U− (∗ ) i =1
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
53
S Sia F1 ≡ { B ∈ F | B ⊂ U, diam B < δ }. Essendo U aperto si ha ovviamente U = B∈F1 B, sicché il teorema ci garantisce l’esistenza di una famiglia disgiunta numerabile G1 ⊂ F1 tale che
U⊂
ˆ B.
[
B∈G1
Pertanto n
L (U ) ≤
X
B∈G1
Ne segue
L (Bˆ ) = 5n n
L
Ã
n
[
B∈G1
da cui n
L (U ) = L
n
=L
n
Ã
U∩
Ã
[
[
B∈G1
B∈G1
!
B +L
!
B +L
n
n
n
X
B∈G1
!
B ≥
Ã
U−
n
L (B ) = 5 L
n
Ã
[
B∈G1
!
B .
1 L n (U ), 5n
[
B∈G1
B
!
! Ã [ 1 n n B ; B ≥ n L (U ) + L U − U− 5 B∈G1 B∈G1
Ã
!
[
essendo L n (U ) < ∞ otteniamo ! Ã µ ¶ [ 1 n n 1 − n L (U ) ≥ L U − B , 5 B∈G1
e quindi anche L
n
Ã
U−
[
B∈G1
!
B < θL n (U ).
(Nel caso L n (U ) = 0 l’asserto è banale.) Se ora G1 è finito, posto
M1 ≡ Card(G1 )
e
{B1 ,... , B M1 } ≡ G1
abbiamo subito la (*). Se invece G1 è infinito (ma comunque numerabile), dettane {B j }∞ una j =1 enumerazione si ha à ! à ! l ∞ [ [ lim L n U − Bj = L n U − B j < θL n (U ), l →∞
j =1
j =1
sicché anche in questo caso esistono palle B1 ,... , B M1 in G1 che soddisfano la (*).
(c) Siano ora
U2 ≡ U −
M [1
i =1
Bi,
F2 ≡ { B ∈ F | B ⊂ U2 , diam B < δ } .
Si osservi che U2 è aperto al pari di U ; possiamo allora applicare a U2 il ragionamento fatto per U
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON M
e trovare una famiglia finita {B i } i=2M L
n
1 +1
54
di palle disgiunte in F2 tali che
Ã
U2 −
M [2
i = M 1 +1
!
B i ≤ θL n (U2 ).
Ne segue L
n
Ã
U−
M [2
i =1
!
Bi = L
n
Ã
U2 −
M [2
i = M 1 +1
!
B i ≤ θL n (U2 ) ≤ θ2 L n (U ).
(d) Iteriamo questo processo per k → ∞: posto per comodità M0 ≡ 0, otterremo una successione crescente { M k }∞ di indici ed una famiglia numerabile k =0 {B j }∞ j =1 ≡
∞ [
M
k =0
+1 {B j } j =kM +1
k
di palle chiuse tali che L
n
Ã
U−
M [k
i =1
!
B i ≤ θ k L n (U ).
(k = 1, 2,... ) M
+1 è una famiglia disgiunta. Invero ciascuna {B j } j =kM è una sottofamiglia disgiunta Inoltre, {B j }∞ j =1 +1
k
di F k+1 e, per la costruzione effettuata, F h ∩ F l = ; se h 6= l . Siccome poi θ k → 0 per k → ∞, il corollario è dimostrato se L n (U ) < ∞. (e) Nel caso L n (U ) = ∞, applichiamo il ragionamento precedente agli aperti limitati
U m ≡ { x ∈ U | m < | x| < m + 1 } ,
(m = 0, 1,... )
ottenendo per ogni m una famiglia numerabile G m di palle chiuse disgiunte incluse in Um tali che diam B < δ per ogni B ∈ G m e ! Ã [ n B = 0. L Um − B∈G m
Poniamo G ≡ m=0 G m . Allora G è una famiglia numerabile di palle disgiunte (in quanto gli aperti Um sono disgiunti) e inoltre ! ! !! Ã Ã Ã Ã ∞ ∞ ∞ X [ [ [ [ [ n n n B = 0. B ≤L B ≤ L Um − L Um − Um − S∞
m =0
m =0
B∈G
Avendosi ovviamente
U− l’asserto è provato.
2.1.2
[
B∈G
B⊂
m =0
B∈G m
Ã
∞ [
m =0
Um −
[
B∈G
B∈G m
!
B ∪ {0}, ä
Teorema di ricoprimento di Besicovitch
Cominciamo col dimostrare un lemma tecnico. (2.1.7) Lemma Sia {B j ≡ B(a j , r j )} una famiglia numerabile di palle chiuse non degeneri in R n , con la proprietà che
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
55
(α) a i ∈ B j implica i < j, e (β) i < j implica r i ≥ 43 r j . Si fissi k > 1 e si ponga
© ¯ ª J ≡ j ¯ 1 ≤ j < k, B j ∩ B k 6= ;, r j > 3r k .
Esiste allora una costante L n , dipendente solo da n, tale che Card( J ) ≤ L n . Dim. (a) Siano i, j ∈ J , con i 6= j. Allora 1 ≤ i, j < k, B i ∩ B k 6= ;, B j ∩ B k 6= ;, r i > 3r k , r j > 3r k . Per semplicità di notazione, assumiamo (senza ledere la generalità) a k = 0. Sia 0 ≤ θ ≤ π l’angolo tra i vettori a i e a j . Vogliamo trovare una minorazione per θ, e a tal fine cominciamo con il raccogliere alcune osservazioni. Siccome i, j < k, per l’ipotesi (α) 0 = a k ∉ B i ∪ B j . Quindi r i < |a i | e r j < |a j |. Siccome B i ∩ B k 6= ; e B j ∩ B k 6= ;, |a i | ≤ r i + r k e |a j | ≤ r j + r k . Infine, ancora senza ledere la generalità possiamo assumere |a i | ≤ |a j |. Riassumendo, 3r k < r i < |a i | ≤ r i + r k 3r k < r j < |a j | ≤ r j + r k |a | ≤ |a |. i j
(b) Se cos θ > 5/6, allora a i ∈ B j . Supponiamo dapprima |a i − a j | ≥ |a j |; allora |a j |2 − |a i − a j |2 ≤ 0, onde il teorema di Carnot dà cos θ =
|a i |2 + |a j |2 − |a i − a j |2
2|a i ||a j |
≤
|a i |2 |a i | 1 = ≤ . 2|a i ||a j | 2|a j | 2
Ma 1/2 < 5/6, sicché da cos θ > 5/6 segue necessariamente |a i − a j | ≤ |a j |. Poniamoci dunque in questa ipotesi e supponiamo, per assurdo, a i ∉ B j . Allora |a i − a j | > r j e quindi |a i |2 + |a j |2 − |a i − a j |2
|a j |2 − |a i − a j |2 |a i |2 + 2|a i ||a j | 2|a i ||a j | 2|a i ||a j | (|a j | − |a i − a j |)(|a j | + |a i − a j |) 1 (|a j | − |a i − a j |)(2|a j |) 1 |a j | − |a i − a j | |a i | + ≤ + = + . = 2| a j | 2|a i ||a j | 2 2|a i ||a j | 2 |a i |
cos θ =
=
Ricordando poi che |a j | ≤ r j + r k ,
|a i − a j | ≥ r j ,
|a i | ≥ r i ,
3r k ≤ r i
otteniamo cos θ =
1 1 |a j | − |a i − a j | 1 r j + r k − r j 1 r k 1 3 r i 1 1 5 + ≤ + = + ≤ + = + = , 2 |a i | 2 ri 2 ri 2 ri 2 3 6
contro l’ipotesi cos θ > 5/6. Deve essere allora a i ∈ B j . (c) Se a i ∈ B j , allora
0 ≤ |a i − a j | + |a i | − |a j | ≤ |a j |ǫ(θ),
con ǫ (θ ) ≡
8 (1 − cos θ). 3
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
56
Osserviamo dapprima che |a j | ≤ |a j − a i | + |a i |, da cui segue |a i − a j | + |a i | − |a j | ≥ 0. Per dimostrare la minorazione, notiamo che, siccome a i ∈ B j , deve essere per l’ipotesi (α) i < j; quindi a j ∉ B i e così |a i − a j | > r i . Inoltre, ricordando che |a i | ≤ |a j |, otteniamo |a i − a j | − |a i | + |a j | |a i − a j |
≥
|a i − a j |
|a i − a j |
= 1.
Ma allora |a i − a j | + |a i | − |a j |
|a i − a j | + |a i | − |a j | |a i − a j | − |a i | + |a j | · |a j | |a j | |a i − a j | ³ ´2 ³ ´ ³ ´ |a i − a j |2 − |a j | − |a i | |a i |2 + |a j |2 − 2|a i ||a j | cos θ − |a i |2 + |a j |2 − 2|a i ||a j | = = |a j ||a i − a j | |a j ||a i − a j |
0≤
=
2|a i ||a j |(1 − cos θ) |a j ||a i − a j |
≤
=
1 2|a i |(1 − cos θ) 2(r i + r k )(1 − cos θ) 2(1 + 3 )r i (1 − cos θ) ≤ ≤ = ǫ (θ ). |a i − a j | ri ri
(d) Se a i ∈ B j , allora cos θ ≤ 61/64. Come prima, a i ∈ B j implica i < j e a j ∉ B i , e quindi r i < |a i − a j | ≤ r j . Siccome i < j, l’ipotesi (β) assicura r i ≥ (3/4)r j . Pertanto, 3 1 |a i − a j | + |a i | − |a j | ≥ r i + r i − r j − r k ≥ 2 · r j − r j − r k = r j − r k 4 ¶ ¶ µ µ2 1 1 1 1 1 3 4 1 1 1 r j + r j ≥ (r j + r k ) ≥ |a j |. ≥ rj − rj = rj = · · rj = 2 3 6 6 4 3 8 3 8 8 Quindi, per la (c),
ossia
1 |a j | ≤ |a i − a j | + |a i | − |a j | ≤ |a j |ǫ(θ), 8 1 8 ≤ (1 − cos θ). 8 3
Ne segue cos θ ≤ 61/64. (e) Per tutti gli i, j ∈ J con i 6= j, sia 0 ≤ θ ≤ π l’angolo tra i vettori a i − a k e a j − a k . Allora θ ≥ arccos 61/64 ≡ θ0 > 0.
Distinguiamo due casi. (α) Se cos θ > 5/6, allora per la (b) a i ∈ B j , sicché per la (d) cos θ ≤ 61/64. (β) Sia invece cos θ ≤ 5/6. Allora, essendo 5/6 < 61/64, si ha anche in questo caso cos θ ≤ 61/64. Ricordando ora che arccos è una funzione strettamente decrescente, otteniamo θ ≥ arccos 61/64 > arccos 1 = 0.
(f) Esiste una costante L n , dipendente solo da n, tale che Card( J ) ≤ L n . Cominciamo col fissare r 0 > 0 in modo tale che, se x ∈ ∂B(0, 1) e y, z ∈ B( x, r 0 ), allora l’angolo tra i vettori y e z sia minore della costante θ0 definita nella (e). Scegliamo poi un intero positivo L n tale che per ricoprire ∂B (0, 1) bastino L n palle di raggio r 0 e centri su ∂B (0, 1), ma non ne bastino L n − 1.
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
57
Ovviamente, L n dipende solo da n. Ci resta da dimostrare che Card( J ) ≤ L n . E invero, per la scelta di L n , ∂B k può essere coperto con L n palle di raggio r 0 r k , con centri su ∂B k . Per la (e), se i, j ∈ J con i 6= j, allora l’angolo tra a i − a k e a j − a k è ≥ θ0 . Pertanto, per la costruzione di r 0 , i raggi a j − a k e a i − a k non possono attraversare entrambi la stessa palla centrata su ∂B k . Di conseguenza, Card( J ) ≤ L n . ä (2.1.8) Teorema di ricoprimento di Besicovitch Esiste una costante Nn , dipendente solo da n, con la seguente proprietà: Se F è una qualsiasi famiglia di palle chiuse non degeneri in R n con sup { diam B | B ∈ F } < ∞ e se A è l’insieme dei centri delle palle in F , allora esistono G1 ,... , G Nn tali che ciascun G i ( i = 1,... , Nn ) sia una famiglia numerabile di palle disgiunte in F e
A⊂
Nn [ [
B.
i=1 B∈G i
Dim. (a) Supponiamo dapprima che A sia limitato, e scriviamo D ≡ sup { diam B | B ∈ F }. Scegliamo una qualsiasi palla B1 = B(a1 , r 1 ) ∈ F tale che r 1 ≥ 3/4 · D /2. Scegliamo poi ricorsivamente S j −1 B j , j ≥ 2, come segue. Assumendo di aver già scelto B1 ,... , B j −1 , poniamo A j ≡ A − i=1 B i , e distinguiamo due casi: (α) se A j = ;, ci arrestiamo e poniamo J ≡ j − 1; (β) se invece A j 6= ;, scegliamo B j = B(a j , r j ) ∈ F tale che a j ∈ A j e © ¯ ª r j ≥ 3/4 sup r ¯ B(a, r) ∈ F , a ∈ A j .
Se A j 6= ; per ogni j, poniamo J ≡ ∞.
(b) a i ∈ B j implica i < j. Segue subito dalla costruzione della famiglia {B k }kJ=1 . (c) Se j > i , allora r i ≥ (3/4)r j . Supponiamo j > i . Allora a j ∈ A j ⊂ A i , e quindi
ri ≥
3 3 sup { r | B(a, r) ∈ F , a ∈ A i } ≥ r j . 4 4
(d) Le palle {B(a j , r j /3)} Jj=1 sono disgiunte. Sia j > i . Allora per la (b) a j ∉ B i e per la (c) r i ≥ (3/4)r j ; quindi ¶ µ r i 2r i r i 2 3 ri r j ri r j |a i − a j | > r i = + ≥ + · rj = + > + . 3 3 3 3 4 3 2 3 3 Dunque la distanza tra i centri è maggiore della somma dei raggi, e
B(a i , r i /3) ∩ B(a j , r j /3) = ;. (e) Se J = ∞, allora lim j →∞ r j = 0. Osserviamo innanzitutto che
E≡
∞ [
j =1
B(a j , r j /3)
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
58
è limitato. Se, invero, x, y ∈ E , esistono j 1 , j 2 tali che x ∈ B(a j 1 , r j 1 /3) e y ∈ B(a j 2 , r j 2 /3). Pertanto | x − y| ≤ | x − a j 1 | + | a j 1 − a j 2 | + | a j 2 − y| ≤
r j1 3
+ diam A +
r j2 3
≤
D D + diam A + < ∞, 6 6
in quanto diam A < ∞ essendo, per l’ipotesi fatta, A limitato. Quindi E è limitato. Se ora non fosse lim j →∞ r j = 0 allora, per un opportuno ǫ > 0 e per h = 1, 2,... , esisterebbe j h ≥ h tale da aversi r j h ≥ ǫ. Siccome per la (d) le palle {B(a j , r j /3)} Jj=1 sono disgiunte, si avrebbe L
n
Ã
∞ [
h =1
!
B(a j h , r j h /3) =
∞ X
h =1
L n (B(a j h , r j h /3)) =
∞ X
α( n)
h =1
³ r j ´n h
3
≥
∞ α( n) X
3n
h =1
ǫ n = ∞;
a fortiori, L n (E ) = ∞. Ma, essendo E limitato, questo è impossibile. S S (f) Risulta A ⊂ Jj=1 B j . Se J < ∞, allora per la costruzione di {B j } Jj=1 si ha A − Jj=1 B j = ; e SJ ¯ r¯) ∈ F . Allora quindi A ⊂ j =1 B j . Supponiamo invece J = ∞. Se a¯ ∈ A , esiste un r¯ > 0 tale che B(a, per la (e) esiste un r j tale che r j < (3/4)r¯, e siccome, per costruzione, ) ( ¯ ¯ j[ −1 3 ¯ Bi , r j ≥ sup r ¯ B(a, r) ∈ F , a ∈ A − ¯ 4 i =1
deve essere necessariamente a¯ ∈
S j −1 i =1
Bi.
ª © ¯ (g) Si fissi k > 1 e si ponga I ≡ j ¯ 1 ≤ j < k, B j ∩ B k ¯6= ; ; vogliamo trovare una maggiorazione per © ª Card( I ). A tal fine, cominciamo col porre K ≡ I ∩ j ¯ r j ≤ 3r k e stimiamo Card(K ).
(h) Card(K ) ≤ 20n . Sia j ∈ K . Allora per la definizione di K si ha B j ∩ B k 6= ;, da cui |a j − a k | ≤ r j + r k ; inoltre r j ≤ 3r k . Scegliamo un qualsiasi x ∈ B(a j , r j /3). Allora | x − a k | ≤ | x − a j | + |a j − a k | ≤
rj 3
4 4 r j + r k ≤ (3r k ) + r k = 4r k + r k = 5r k , 3 3
+ r j + rk =
così che B(a j , r j /3) ⊂ B(a k , 5r k ). Si ricordi dalla (d) che le palle {B(a j , r j /3)} Jj=1 sono disgiunte. Allora α( n)5n r nk = L n (B ( a k , 5r k )) ≥
=
X
j ∈K
α( n)
³ r j ´n
3
≥
X
L n (B(a j , r j /3))
j ∈K
X
j ∈K
α( n)
µ
1 3r k · 3 4
¶n
=
X
α( n)
j ∈K
³ r ´n k
4
= α(n)
r nk 4n
· Card(K ).
La seconda disuguaglianza si giustifica tenendo presente che l’ipotesi j ∈ K ⊂ I implica, per la definizione di I , k > j e quindi r j ≥ 3/4r k per la (c). Abbiamo dunque ottenuto α( n)5n r nk ≥ α( n)
r nk 4n
· Card(K );
di conseguenza, Card(K ) ≤ 5n · 4n = 20n .
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
59
(i) Esiste una costante L n , dipendente solo da n, tale che Card( I − K ) ≤ L n . Si ha ª © ¯ I − K = j ¯ 1 ≤ j < k, B j ∩ B k 6= ;, r j > 3r k ;
inoltre, {B j } Jj=1 è una famiglia numerabile di palle chiuse non degeneri in R n , con la proprietà che (α) a i ∈ B j implica i < j (per la (b)),
(β) i < j implica r i ≥ 34 r j (per la (c)). L’asserto segue allora immediatamente da (2.1.7). (j) Si ponga M n ≡ 20n + L n + 1. Allora, per la (h) e la (i), Card( I ) = Card(K ) + Card( I − K ) ≤ 20n + L n < M n . Ovviamente M n , al pari di L n , dipende solo da n. (k) Costruiamo ora una successione σ : {1, 2,... } → {1,... , M n }, procedendo ricorsivamente come segue: (α) Sia σ( i ) ≡ i per 1 ≤ i ≤ M n . (β) Al fine di definire σ(k + 1) per k ≥ M n , osserviamo che per la (j) ª © ¯ Card j ¯ 1 ≤ j ≤ k, B j ∩ B k+1 6= ; < M n ,
(∗ )
sicché esiste l ∈ {1,... , M n } tale che B k+1 ∩ B j = ; per tutti i j tali che σ( j) = l (1 ≤ j ≤ k). E invero, se così non fosse, per ogni l ∈ {1,... , M n } esisterebbe j ∈ {1,... , k} tale che σ( j) = l e B k+1 ∩ B j 6= ;. Si avrebbe allora ¯ © ª Card σ( j) ¯ 1 ≤ j ≤ k, B j ∩ B k+1 6= ; ≥ M n ,
contro la (*). Poniamo dunque σ(k + 1) ≡ l .
Ora, sia G j ≡ { B i | σ( i ) = j } , 1 ≤ j ≤ M n . Per la costruzione di σ, ogni G j consiste di palle disgiunte da F . Inoltre, ogni B i ( i = 1,... , J ) è in qualche G j , sicché ricordando la (f) otteniamo
A⊂
J [
i =1
Bi =
M [n
[
B.
i=1 B∈G i
(l) Infine, estendiamo il risultato ad un A arbitrario (non necessariamente limitato). Per ogni intero positivo l , sia ¾ ½ ¯ ¯3 3 A l ≡ A ∩ x ¯¯ D (l − 1) ≤ | x| < Dl 2 2 e si ponga
F l ≡ { B(a, r) ∈ F | a ∈ A l } .
l Essendo ciascun A l limitato, esistono per quanto già dimostrato famiglie numerabili G1l ,... , G M
di palle chiuse disgiunte in F l tali che
Al ⊂
M [n
[
B.
i=1 B∈G l i
n
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
60
Siano l, m interi positivi tali che m ≥ l + 2, e scegliamo B ∈ G jl e B′ ∈ G jm . Indichiamo con a, a′ i centri rispettivi di B e di B′ , e con r, r′ i raggi. Si ha allora |a| <
sicché |a − a′ | ≥ |a′ | − |a| ≥
3 3 Dl < D (m − 1) ≤ |a′ | 2 2
3 3 3 3 D (m − 1) − Dl = D (m − l − 1) ≥ D > r + r′ . 2 2 2 2
Pertanto B ∩ B′ = ;, e quindi per l’arbitrarietà di B ∈ G jl e B′ ∈ G jm le famiglie Gj ≡ G j + Mn ≡
∞ [
l =1 ∞ [
l =1
G j2 l −1
per 1 ≤ j ≤ M n
G j2 l
per 1 ≤ j ≤ M n
sono disgiunte. Per concludere la dimostrazione, si ponga Nn ≡ 2 M n .
ä
Dimostriamo ora che, come conseguenza del teorema di Besicovitch, possiamo “riempire” un aperto arbitrario con una famiglia numerabile di palle disgiunte in modo tale che il “rimanente” abbia µ-misura nulla. (2.1.9) Corollario Siano µ una misura Borel regolare su R n , e F una qualsiasi famiglia di palle chiuse non degeneri. Denotiamo con A l’insieme dei centri delle palle in F . Assumiamo inoltre che µ( A ) < ∞ e che inf { r | B(a, r) ∈ F } = 0 per ogni a ∈ A . Allora, per ogni aperto U ⊂ R n , esiste una famiglia numerabile G di palle disgiunte in F tale che ! Ã [ [ B = 0. B⊂U e µ (A ∩ U) − B∈G
B∈G
(L’insieme A può anche non essere µ-misurabile qui. Si confronti con (2.1.6).) Dim. Si fissi 1 − 1/ Nn < θ < 1.
(a) Esiste una famiglia finita {B1 ,... , B M1 } di palle chiuse disgiunte in U tali che Ã
µ (A ∩ U) −
M [1
i =1
!
B i ≤ θµ( A ∩ U ).
L’asserto è banale se µ( A ∩ U ) = 0; supporremo pertanto µ( A ∩ U ) > 0. Sia F1 ≡ { B ∈ F | diam B ≤ 1, B ⊂ U }, ed osserviamo che A ∩ U è l’insieme dei centri delle palle di F1 . Se infatti B ∈ F1 , il centro di B appartiene ovviamente ad A ∩ U ; d’altra parte, se x ∈ A ∩ U , essendo per ipotesi inf { r | B( x, r) ∈ F } = 0 e U aperto, esiste r B con 0 < r B ≤ 1 tale che B( x, r B ) ∈ F e B( x, r B ) ⊂ U , sicché B( x, r B ) ∈ F1 . Per il teorema, allora, esistono famiglie G1 ,... , G Nn di palle disgiunte in F1 tali che
A ∩U ⊂
Nn [ [
i=1 B∈G i
B.
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON Pertanto µ( A ∩ U ) ≤
Nn X
i =1
Ã
µ A ∩U ∩
[
Ã
µ A ∩U ∩
[
B∈G j
!
B ≥
!
B ,
B∈G i
sicché esiste un intero j compreso tra 1 e Nn per il quale
61
1 µ( A ∩ U ) > (1 − θ)µ( A ∩ U ). Nn
Di conseguenza, esistono palle B1 ,... , B M1 ∈ G j tali che à ! M1 [ B i ≥ (1 − θ)µ( A ∩ U ). µ A ∩U ∩
(∗ )
i =1
Invero, se G j è finito basta prendere M1 ≡ Card(G j ) e {B1 ,... , B M1 } ≡ G j . Se invece G j è infinito (ma comunque numerabile), dettane {B k }∞ una enumerazione si ha, in virtù di (1.1.17), k =1 Ã
lim µ A ∩ U ∩
k→∞
k [
i =1
!
Bi = µ
Ã
∞ [
k =1
Ã
A ∩U ∩
k [
i =1
Bi
!!
Ã
= µ A ∩U ∩
[
B∈G j
!
B > (1 − θ)µ( A ∩ U ),
per cui esiste M1 tale che valga la (*). Ma Ã
µ( A ∩ U ) = µ ( A ∩ U ) ∩
M [1
i =1
!
Ã
Bi + µ (A ∩ U) −
M [1
i =1
!
Bi ,
´ ³ SM SM dal momento che i=11 B i è µ-misurabile, sicché essendo µ A ∩ U ∩ i=11 B i ≤ µ( A ) < ∞ si ottiene in conseguenza della (*) Ã ! Ã ! M M [1 [1 B i = µ( A ∩ U ) − µ A ∩ U ∩ µ (A ∩ U) − B i ≤ µ( A ∩ U ) − (1 − θ)µ( A ∩ U ) = θµ( A ∩ U ). i =1
i =1
SM (b) Siano ora U2 ≡ U − i=11 B i , F2 ≡ { B | B ∈ F , diam B ≤ 1, B ⊂ U2 } e, come sopra, si trovi una famiglia finita {B M1 +1 ,... , B M2 } di palle disgiunte in F2 tali che Ã
µ (A ∩ U) −
M [2
i =1
!
Ã
B i = µ ( A ∩ U2 ) −
M [2
i = M 1 +1
!
B i ≤ θµ( A ∩ U2 ) ≤ θ2 µ( A ∩ U ).
di palle disgiunte (c) Si iteri questo processo fino ad ottenere una famiglia numerabile G ≡ {B i }∞ i =1 appartenenti a F e incluse in U tali che per ogni k Ã
µ (A ∩ U) −
ne segue Ã
µ (A ∩ U) −
M [k
i =1
[
B∈G
!
B i ≤ θ k µ( A ∩ U );
!
B ≤ θ k µ( A ∩ U ).
(k = 1, 2,... )
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
62
Essendo θ < 1 e µ( A ∩ U ) ≤ µ( A ) < ∞, il secondo membro tende a zero per k → ∞. Pertanto Ã
µ (A ∩ U) −
[
B∈G
!
B = 0,
come volevasi.
ä
2.2 Derivate Utilizziamo ora i teoremi di ricoprimento della sezione precedente per studiare la differenziabilità delle misure di Radon su R n . (2.2.1) Definizione Siano µ e ν misure di Radon su R n . Per ogni punto x ∈ R n , definiamo lim sup ν(B( x, r)) se µ(B( x, r)) > 0 per tutti gli r > 0 D µ ν( x) ≡ r →0 µ(B ( x, r)) ∞ se µ(B( x, r)) = 0 per qualche r > 0, lim inf ν(B( x, r)) r →0 µ(B ( x, r)) D µ ν( x) ≡ ∞
se µ(B( x, r)) > 0 per tutti gli r > 0
se µ(B( x, r)) = 0 per qualche r > 0.
(2.2.2) Osservazione Segue subito dalla definizione che D µ ν( x) ≤ D µ ν( x) per ogni x ∈ R n . (2.2.3) Definizione Se D µ ν( x) = D µ ν( x) < ∞, diremo che ν è differenziabile rispetto a µ in x e scriveremo D µ ν( x) ≡ D µ ν( x) = D µ ν( x).
D µ ν è la derivata (o la densità) di ν rispetto a µ. (2.2.4) Lemma Si fissi 0 < α < ∞. Allora ¯ o n ¯ (i) A ⊂ x ∈ R n ¯ D µ ν( x) ≤ α implica ν( A ) ≤ αµ( A ), ¯ n o ¯ (ii) A ⊂ x ∈ R n ¯ D µ ν( x) ≥ α implica ν( A ) ≥ αµ( A ).
(L’insieme A può anche non essere µ-misurabile o ν-misurabile.) Dim. Possiamo assumere µ(R n ), ν(R n ) < ∞, dal momento che altrimenti possiamo considerare µ e ν ristrette ai compatti di R n . Supponiamo che A soddisfi le ipotesi della (i), e sia x ∈ A . Allora D µ ν( x) ≤ α < ∞, ossia µ(B ( x, r)) > 0 per tutti gli r > 0 e sup
µ
inf
ǫ>0 0< r <ǫ
Si fissi ǫ > 0; allora
ν(B ( x, r)) µ(B ( x, r))
inf
¶
≡ lim inf r →0
ν(B ( x, r))
0< r <ǫ µ(B ( x, r))
ν(B ( x, r)) µ(B ( x, r))
≤ α,
≤ α.
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
63
sicché esiste r ǫ < ǫ tale che ν(B( x, r ǫ )) ≤ (α + ǫ)µ(B( x, r ǫ )). Se ora U è un aperto contenente A e ª © ¯ F ≡ B ¯ B = B( x, r), x ∈ A, B ⊂ U, ν(B) ≤ (α + ǫ)µ(B) ,
è chiaro che inf { r | B( x, r) ∈ F } = 0 per ogni x ∈ A , e quindi (2.1.9) ci fornisce una famiglia numerabile G di palle disgiunte in F tali che ! Ã [ B = 0. ν A− B∈G
Allora Ã
ν( A ) = ν A ∩
[
B∈G
!
B ≤ν
Ã
[
B∈G
!
B =
X
B∈G
ν(B ) ≤ (α + ǫ)
X
B∈G
µ(B ) = (α + ǫ)µ
Ã
[
B∈G
!
B ≤ (α + ǫ)µ(U ).
Questa stima è valida per ogni aperto U ⊃ A , sicché (1.2.12) implica che ν( A ) ≤ (α + ǫ)µ( A ).
Passando al limite per ǫ → 0, otteniamo la (i). La dimostrazione della (ii) è del tutto analoga.
ä
(2.2.5) Teorema Siano µ e ν misure di Radon su R n . Allora D µ ν esiste ed è finita µ-q.o. Inoltre, D µ ν è µ-misurabile. Dim. Anche qui, possiamo assumere µ(R n ), ν(R n ) < ∞, dal momento che altrimenti possiamo considerare µ e ν ristrette ai compatti di R n . o n ¯ ¯ (a) D µ ν esiste ed è finita µ-q.o. Sia I ≡ x ¯ D µ ν( x) = ∞ e, per ogni 0 < a < b, sia o n ¯ ¯ R (a, b) ≡ x ¯ D µ ν( x) < a < b < D µ ν( x) < ∞ .
n ¯ o ¯ Osserviamo che, per ogni α > 0, I ⊂ x ¯ D µ ν( x) ≥ α . Pertanto per (2.2.4), µ( I ) ≤
1
α
ν( I ).
Facciamo tendere α → ∞ per concludere µ( I ) = 0, e quindi D µ ν è finita µ-q.o. Usando nuovamente (2.2.4), vediamo che
bµ(R (a, b)) ≤ ν(R (a, b)) ≤ aµ(R (a, b)), da cui µ(R (a, b)) = 0, in quanto b > a. Inoltre, posto o n ¯ ¯ R ≡ x ¯ D µ ν( x) < D µ ν( x) < ∞ ,
si ha, per la densità di Q in R, che x ∈ R se e solo se esistono a, b ∈ Q con 0 < a < b tali che x ∈ R (a, b). Pertanto [ R (a, b), R= 0< a < b a, b∈Q
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
64
e per conseguenza µ(R ) = 0. Siccome o © ¯ n ¯ ª ¯ R n − ( I ∪ R ) = x ¯ D µ ν( x) = D µ ν( x) < ∞ = x ¯ D µ ν( x) esiste ed è finita ,
D µ ν esiste ed è finita µ-q.o.
(b) Per ogni x ∈ R n e per ogni r > 0, lim sup µ(B( y, r)) ≤ µ(B( x, r)). y→ x
Un asserto analogo vale per ν. Si scelga una successione { yk }∞ ∈ R n con yk → x, e si ponga k =1 n f k ≡ χB( yk , r) , f ≡ χB( x, r) . Si fissi a ∈ R tale che f (a) = 0; allora a ∉ B( x, r), ossia δ ≡ |a − x| − r > 0. Detto dunque m 0 un indice tale che | yk − x| ≤ δ/2 per ogni k ≥ m 0 , risulta per ogni b ∈ B( yk , r) |b − x| ≤ |b − yk | + | yk − x| ≤ r +
δ
2
< r + δ = |a − x|,
sicché a ∉ B( yk , r) per k ≥ m 0 . Questo implica che f k (a) = 0 per k ≥ m 0 , ossia che lim sup k→∞ f k (a) = 0. Di conseguenza lim sup f k ≤ f , k→∞
e così
lim inf(1 − f k ) ≥ (1 − f ). k→∞
Pertanto, applicando il lemma di Fatou (1.4.14), Z Z Z lim inf(1 − f k ) d µ ≤ lim inf (1 − f ) d µ ≤ B( x, 2 r )
B( x, 2 r ) k→∞
k→∞
B( x, 2 r )
(1 − f k ) d µ,
cioè µ(B ( x, 2r)) − µ(B ( x, r)) ≤ lim inf(µ(B ( x, 2r) − µ(B ( yk , r))). k→∞
Essendo µ una misura di Radon, ne deduciamo
lim sup µ(B( yk , r)) ≤ µ(B( x, r)). k→∞
Questa disuguaglianza vale per ogni successione { yk }∞ tale che yk → x; ne segue l’asserto. k =1 (c) D µ ν è µ-misurabile. Per la (b), le funzioni x 7→ µ(B( x, r)) e x 7→ ν(B( x, r)) sono superiormente semicontinue per ogni r > 0; esse sono pertanto Borel misurabili (per (1.3.11)), e quindi, essendo µ una misura di Borel, anche µ-misurabili. Di conseguenza, per ogni r > 0,
è µ-misurabile. Ma
ν(B( x, r)) f r ( x) ≡ µ(B( x, r)) ∞
se µ(B( x, r)) > 0 se µ(B( x, r)) = 0
D µ ν = lim f r = lim f 1 , sicché D µ ν è µ-misurabile.
r →0
k→∞
k
ä
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
65
2.3 Integrazione di derivate. Decomposizione di Lebesgue (2.3.1) Definizione La misura ν si dice assolutamente continua rispetto alla misura µ, e si scrive ν ≪ µ,
se µ( A ) = 0 implica ν( A ) = 0 per ogni A ⊂ R n . (2.3.2) Definizione Diremo che le misure µ e ν sono mutuamente singolari, o ortogonali, e scriveremo ν ⊥ µ, se esiste un boreliano B ⊂ R n tale che µ(R n − B ) = ν(B ) = 0.
(2.3.3) Teorema di differenziazione per le misure di Radon Siano ν, µ misure di Radon su R n , con ν ≪ µ. Allora Z ν( A ) =
A
Dµ ν dµ
per tutti gli insiemi µ-misurabili A ⊂ R n .
Dim. (a) Ogni insieme µ-misurabile A ⊂ R n è anche ν-misurabile. Sia A µ-misurabile, e supponiamo dapprima che µ( A ) < ∞. Essendo µ Borel regolare, esiste un boreliano B con A ⊂ B, µ(B) = µ( A ). Pertanto, µ(B − A ) = µ(B) − µ( A ) = 0. Avendosi per ipotesi ν ≪ µ, è anche ν(B − A ) = 0. Ora, R n − B è ν-misurabile in quanto B è un boreliano e ν è di Borel; B − A è ν-misurabile in quanto ν(B − A ) = 0. Di conseguenza, R n − A = (R n − B ) ∪ ( B − A )
è ν-misurabile, e quindi tale è anche A . Nel caso µ( A ) = ∞, scriviamo
A=
∞ [
( A ∩ B(0, k)),
k =1
dove B(0, k) è la palla chiusa di centro l’origine e raggio k. Essendo µ una misura di Radon, ciascun A ∩ B(0, k) è µ-misurabile e inoltre µ( A ∩ B(0, k)) ≤ µ(B(0, k)) < ∞, sicché per quanto sopra A ∩ B(0, k) è ν-misurabile. Pertanto A è ν-misurabile. (b) Poniamo ¯ ª © Z ≡ x ∈ R n ¯ D µ ν( x) = 0 , ¯ ª © I ≡ x ∈ R n ¯ D µ ν( x) = ∞ ;
per (2.2.5) gli insiemi Z e I sono µ-misurabili. Inoltre, µ( I ) = 0 e quindi ν( I ) = 0 (in quanto ν ≪ µ). Applicando poi (2.2.4) agli insiemi Z k ≡ B(0, k) ∩ Z , dove B(0, k) è la palla chiusa di centro l’origine e raggio k (k = 1, 2,... ), vediamo che ν( Z k ) ≤ αµ( Z k ) < ∞ per tutti gli α > 0; pertanto ν( Z k ) = 0 e quindi anche ∞ X ν( Z k ) = 0. ν( Z ) ≤ k =1
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
66
Di conseguenza, ν( Z ) = 0 =
Z
Dµ ν dµ
ν( I ) = 0 =
Z
Dµν dµ
e
Z
I
(c) Sia ora A µ-misurabile e si fissi 1 < t < ∞. Definiamo per ogni intero m ¯ ª © A m ≡ A ∩ x ∈ R n ¯ tm ≤ D µ ν( x) < tm+1 ;
per (2.2.5) ciascun A m è µ-, e quindi anche ν-, misurabile. Inoltre
A−
∞ [
m=−∞
ne segue, utilizzando ancora (2.2.5),
o n ¯ ¯ A m ⊂ Z ∪ I ∪ x ¯ D µ ν( x) 6= D µ ν( x) ; ¶ µ ∞ [ ν A− A m = 0. m=−∞
Di conseguenza,
µ ¶ µ ¶ µ ∞ ¶ ∞ ∞ ∞ X [ [ [ Am + ν A ∩ Am = ν Am = ν( A m ). ν( A ) = ν A − m=−∞
m=−∞
m=−∞
m=−∞
Pertanto, applicando (2.2.4) a ciascun A m , ν( A ) =
X m
=t
X tm+1 µ( A m ) = t tm µ( A m ) m m Z Z X m D µ ν d µ = t D µ ν d µ. t dµ ≤ t
ν( A m ) ≤
XZ m
Am
X
m
A
Am
Similmente, 1 X m +1 t µ( A m ) t m m m Z Z Z 1X 1 1X t m +1 d µ ≥ Dµ ν dµ = D µ ν d µ. = t m Am t m Am t A
ν( A ) =
X
ν( A m ) ≥
X
tm µ( A m ) =
Mettendo insieme le due disuguaglianze, otteniamo Z Z 1/ t D µ ν d µ ≤ ν( A ) ≤ t D µ ν d µ A
A
per ogni 1 < t < ∞. Facendo infine tendere t → 1+ , si ha Z ν( A ) = D µ ν d µ, A
come volevasi.
ä
(2.3.4) Osservazione Il teorema appena dimostrato è una versione del teorema di Radon-Nikodym. Si osservi che non solo dimostriamo che ν ha una densità rispetto a µ, ma anche che tale
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
67
densità D µ ν può essere calcolata “differenziando” ν rispetto a µ. Queste affermazioni comprendono in effetti il teorema fondamentale del calcolo per le misure di Radon su R n . (2.3.5) Teorema di decomposizione di Lebesgue Siano ν, µ misure di Radon su R n . (i) Allora ν = νac + νs , dove νac , νs sono misure di Radon su R n con νs ⊥ µ;
e
νac ≪ µ
la decomposizione è unica. (Chiamiamo νac la parte assolutamente continua e νs la parte singolare di ν rispetto a µ.) (ii) Inoltre,
D µ ν = D µ νac
D µ νs = 0
e
µ-q.o.;
di conseguenza, ν( A ) =
per ogni boreliano A ⊂ R n .
Z
A
D µ ν d µ + νs ( A )
Dim. (a) Cominciamo col dimostrare che se νac + νs ≤ ν˜ ac + ν˜ s ,
dove νac , ν˜ ac , νs e ν˜ s sono misure di Radon su R n con νac , ν˜ ac ≪ µ
e
νs , ν˜ s ⊥ µ,
allora νs ≤ ν˜ s
e
νac ≤ ν˜ ac .
E invero, in tale ipotesi, esistono due boreliani B, B˜ ⊂ R n tali che µ(B ) = νs (R n − B ) = 0
e
µ(B˜ ) = ν˜ s (R n − B˜ ) = 0;
pertanto, per ogni insieme A ⊂ R n , µ( A ∩ (B ∪ B˜ )) ≤ µ(B ∪ B˜ ) ≤ µ(B ) + µ(B˜ ) = 0,
ed avendosi νac , ν˜ ac ≪ µ otteniamo νac ( A ∩ (B ∪ B˜ )) = ν˜ ac ( A ∩ (B ∪ B˜ ) = 0.
Inoltre
νs ( A − (B ∪ B˜ )) ≤ νs (R n − B ) = 0
e
( A ⊂ Rn )
ν˜ s ( A − (B ∪ B˜ )) ≤ ν˜ s (R n − B˜ ) = 0,
e di conseguenza, ricordando che B ∪ B˜ è un boreliano, quindi misurabile rispetto a ciascuna delle misure νac , νs , ν˜ ac e ν˜ s , possiamo scrivere νac ( A ) = νac ( A ∩ (B ∪ B˜ )) + νac ( A − (B ∪ B˜ )) = νac ( A − (B ∪ B˜ )) = νac ( A − (B ∪ B˜ )) + νs ( A − (B ∪ B˜ )) ≤ ν˜ ac ( A − (B ∪ B˜ )) + ν˜ s ( A − (B ∪ B˜ ))
= ν˜ ac ( A − (B ∪ B˜ )) = ν˜ ac ( A ∩ (B ∪ B˜ )) + ν˜ ac ( A − (B ∪ B˜ )) = ν˜ ac ( A )
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
68
e νs ( A ) = νs ( A ∩ (B ∪ B˜ )) + νs ( A − (B ∪ B˜ )) = νs ( A ∩ (B ∪ B˜ )) = νac ( A ∩ (B ∪ B˜ )) + νs ( A ∩ (B ∪ B˜ )) ≤ ν˜ ac ( A ∩ (B ∪ B˜ )) + ν˜ s ( A ∩ (B ∪ B˜ ))
= ν˜ s ( A ∩ (B ∪ B˜ )) = ν˜ s ( A ∩ (B ∪ B˜ )) + ν˜ s ( A − (B ∪ B˜ )) = ν˜ s ( A )
per ogni insieme A ⊂ R n . Ma allora νac ≤ ν˜ ac
e
νs ≤ ν˜ s .
e
νs = ν˜ s .
(b) Se, in particolare, νac + νs = ν˜ ac + ν˜ s allora νac = ν˜ ac
L’unicità della decomposizione è così provata. (c) Dimostriamo ora l’esistenza, e supponiamo in un primo momento µ(R n ), ν(R n ) < ∞. Definiamo ¯ ª © E ≡ A ⊂ R n ¯ A boreliano, µ(R n − A ) = 0 ,
e scegliamo B k ∈ E in modo che, per k = 1, 2,... ,
ν(B k ) ≤ inf ν( A ) + A ∈E
Scriviamo B ≡
T∞
k =1
1 . k
(∗ )
B k ; B è un boreliano e inoltre µ(R n − B ) ≤
∞ X
k =1
µ(R n − B k ) = 0,
sicché B ∈ E . Ne segue, facendo tendere k → ∞ nella (*), ν(B ) = inf ν( A ). A ∈E
(∗∗)
Definiamo νac ≡ ν L B,
νs ≡ ν L (R n − B );
νac e νs sono misure di Radon in virtù di (1.2.7). In più, se A ⊂ R n è un qualsiasi insieme allora ν( A ) = ν( A ∩ B ) + ν( A − B ) = ν( A ∩ B ) + ν( A ∩ (R n − B )) = νac ( A ) + νs ( A )
in quanto B è un boreliano, quindi ν-misurabile. Pertanto νac + νs = ν. (d) Si ha µ(R n − B) = 0 = νs (B), e pertanto νs ⊥ µ. Supponiamo ora per assurdo che νac 6≪ µ. Esiste allora un insieme A ⊂ R n tale che µ( A ) = 0 ma ν(B ∩ A ) > 0; inoltre, esiste un boreliano A ′ ⊃ A tale che µ( A ′ ) = µ( A ) = 0. Avendosi µ(R n − (B − A ′)) = µ((R n − B) ∪ A ′ ) ≤ µ(R n − B) + µ( A ′) = 0, B − A ′ ∈ E ; d’altra parte, da ν(B) = ν(B ∩ A ′ ) + ν(B − A ′ ) < ∞ e ν(B ∩ A ′ ) ≥ ν(B ∩ A ) > 0 segue ν(B − A ′ ) < ν(B), contro la (**). Di conseguenza, νac ≪ µ.
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
69
(e) Siano ora ν, µ misure di Radon arbitrarie su R n . Per ogni intero positivo k, denotiamo con B(0, k) la palla chiusa di centro l’origine e raggio k, e poniamo νk ≡ ν L B (0, k),
µk ≡ µ L B (0, k).
(k = 1, 2,... )
Per (1.2.7), νk e µk (k = 1, 2,... ) sono misure di Radon finite su R n . Pertanto, per quanto già dimostrato, possiamo scrivere k νk = νac + νsk ,
(∗ ∗ ∗ )
k dove νac , νsk (k = 1, 2,...) sono misure di Radon su R n con k νac ≪ µk
Inoltre
e
νsk ⊥ µk .
ν1 ≤ ... ≤ νk ≤ νk+1 ≤ ... ,
sicché per la (a) k k +1 ≤ ... ν1ac ≤ ... ≤ νac ≤ νac
e
ν1s ≤ ... ≤ νsk ≤ νsk+1 ≤ ... .
k νac ≡ lim νac
e
νs ≡ lim νsk ;
Si ponga k→∞
k→∞
νac e νs sono misure Borel regolari su R per (1.2.9). Inoltre, passando al limite per k → ∞ nella (***), otteniamo ν = νac + νs ; n
in particolare, se K ⊂ R n è un compatto si ha νac (K ), νs (K ) ≤ ν(K ) < ∞, ossia νac e νs sono misure di Radon. (f) Per completare la dimostrazione della (i), dobbiamo far vedere che νac ≪ µ e che νs ⊥ µ. Sia allora A ⊂ R n un insieme tale che µ( A ) = 0. Essendo µk ≤ µ (k = 1, 2,... ) si ha anche µk ( A ) = 0 e k k quindi νac ( A ) = 0 in quanto νac ≪ µk . Passando al limite per k → ∞ risulta νac = 0 e quindi, stante l’arbitrarietà di A , νac ≪ µ. Sia poi, per ogni k, B k ⊂ R n un boreliano tale che µk (R n − B k ) = νsk (B k ) = 0
(esistente in quanto νsk ⊥ µk ), e poniamo
D k ≡ B k ∩ B(0, k). Sia D ≡
S∞
k =1
(k = 1, 2,... )
D k ; D è un boreliano e inoltre νs ( D ) ≤
∞ X
k =1
νs ( D k ) =
∞ X
νs (B k ∩ B (0, k)) =
∞ [
(B k ∩ B(0, k)) ⊂
k =1
∞ X
k =1
νsk (B k ) = 0.
D’altra parte possiamo scrivere Rn − D =
∞ [
k =1
B(0, k) −
k =1
∞ [
(B(0, k) − B k )),
k =1
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON sicché µ(R n − D ) ≤
∞ X
k =1
µ(B (0, k) − B k ) =
∞ X
k =1
70
µ k ( R n − B k ) = 0.
Pertanto ν ⊥ µ; con ciò la dimostrazione della (i) è completa. (g) Allo scopo di provare la (ii), si fissi α > 0 e si ponga ¯ © ª C ≡ x ∈ D ¯ D µ νs ( x) ≥ α ,
dove D è l’insieme costruito nella (f). Secondo (2.2.4),
αµ(C ) ≤ νs (C ) ≤ νs ( D ) = 0,
e pertanto µ
¡©
∞ ¯ ª¢ X µ x ∈ D ¯ D µ νs ( x) 6= 0 ≤
k =1
µ½
¯ ¾¶ ¯ 1 = 0, x ∈ D ¯¯ D µ νs ( x) ≥ k
vale a dire D µ νs = 0 µ-q.o. Questo implica ovviamente
µ-q.o.
D µ ν = D µ νac
Infine, se A è un boreliano, applicando il teorema di differenziazione per le misure di Radon (2.3.3) possiamo scrivere Z Z ä D µ νac d µ + νs ( A ) = D µ ν d µ + νs ( A ). ν( A ) = νac ( A ) + νs ( A ) = A
A
2.4 Teorema di differenziazione di Lebesgue-Besicovitch (2.4.1) Definizione Definiamo la media di f sull’insieme E rispetto a µ come Z − f dµ ≡ E
1 µ( E )
Z
f d µ,
E
purché 0 < µ(E ) < ∞ e l’integrale a secondo membro esista. Premettiamo una disuguaglianza elementare. (2.4.2) Lemma Siano a, b, p numeri reali, con p > 0. Allora p
| a + b| ≤
(
|a| p + |b|b
2
p −1
(|a| + |b| ) p
p
se 0 < p < 1,
se p ≥ 1.
(2.4.3) Teorema di differenziazione di Lebesgue-Besicovitch Siano µ una misura di Radon su R n e f ∈ L1loc (R n , µ). Allora Z lim − f d µ = f ( x) r →0 B( x, r )
n
per µ-q.o. x ∈ R .
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
71
R Dim. (a) Per ogni insieme µ-misurabile B ⊂ R n , definiamo ν± (B) ≡ B f ± d µ e, per un arbitrario insieme A ⊂ R n , ¯ © ª ν± ( A ) ≡ inf ν± (B ) ¯ B boreliano, A ⊂ B .
Per (1.4.22), ν+ e ν− sono misure su R n .
(b) ν+ e ν− sono misure di Radon su R n . Cominciamo col dimostrare che ν+ e ν− sono di Borel. E invero, se A 1 , A 2 ⊂ R n sono insiemi arbitrari con dist( A 1 , A 2 ) > 0, scegliamo, per ogni intero positivo k, un boreliano B k tale che A 1 ∪ A 2 ⊂ B k e che ν± (B k ) ≤ ν± ( A 1 ∪ A 2 ) +
1 ; k
poniamo inoltre
B1k ≡ B k ∩ A 1 ,
B2k ≡ B k ∩ A 2 .
(k = 1, 2,... )
Essendo dist( A 1 , A 2 ) > 0 si ha A 1 ∩ A 2 = ; e quindi B1k ∩ B2k = ; (k = 1, 2,... ); è chiaro poi che B1k e B2k sono boreliani e che
A 1 ⊂ B1k ,
A 2 ⊂ B2k .
(k = 1, 2,... )
Pertanto ν± ( A 1 ) + ν± ( A 2 ) ≤ ν± (B 1k ) + ν± (B 2k ) =
=
Z
B1k ∪B2k
Z
B1k
f ± dµ +
Z
B2k
f ± dµ
1 f ± d µ = ν± (B1k ∪ B2k ) ≤ ν± (B k ) ≤ ν± ( A 1 ∪ A 2 ) + ; k
facendo poi tendere k → ∞ otteniamo ν± ( A 1 ) + ν± ( A 2 ) ≤ ν± ( A 1 ∪ A 2 ).
La disuguaglianza opposta segue dalla subadditività; di conseguenza, ν± ( A 1 ∪ A 2 ) = ν± ( A 1 ) + ν± ( A 2 )
e possiamo usare il criterio di Caratheodory (1.2.13) per concludere che ν+ e ν− sono misure di Borel su R n . Per far vedere che esse sono anche Borel regolari, fissiamo ad arbitrio un A ⊂ R n e scegliamo per ogni intero positivo k un boreliano B k tale che A ⊂ B k e ν± (B k ) ≤ ν± ( A ) +
Allora B ≡
T∞
k =1
1 . k
B k è un boreliano, A ⊂ B e inoltre ν± ( A ) ≤ ν± (B ) ≤ ν± (B k ) ≤ ν± ( A ) +
1 , k
(k = 1, 2,... )
sicché passando al limite per k → ∞ otteniamo ν± (B) = ν± ( A ). Per l’arbitrarietà di A ⊂ R n , ν+ e ν− sono misure Borel regolari. Esse sono poi anche di Radon, in quanto, avendosi per ipotesi
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
72
f ∈ L1loc (R n , µ), risulta per ogni compatto K ⊂ R n ν± ( K ) =
Z
f ± d µ < ∞.
K
(c) Si osservi ora che ν± ≪ µ; invero se µ( A ) = 0 l’insieme A è µ-misurabile, sicché ν± ( A ) = R ± A f d µ = 0. Possiamo pertanto applicare il teorema di differenziazione per le misure di Radon (2.3.3) ed ottenere Z Z f ± d µ = ν± ( A ) = D µ ν± d µ A
A
per tutti gli insiemi µ-misurabili A , ossia D µ ν = f ±
Z lim −
r →0 B( x, r )
Z f d µ = lim −
r →0 B( x, r )
= lim
±
µ-q.o. Di conseguenza,
( f + − f − ) dµ
1
r →0 µ(B ( x, r))
[ν+ (B( x, r)) − ν− (B( x, r))] = D µ ν+ ( x) − D µ ν− ( x)
= f + ( x) − f − ( x) = f ( x)
per µ-q.o. x.
ä p
(2.4.4) Corollario Siano µ una misura di Radon su R n , 1 ≤ p < ∞, e f ∈ L loc (R n , µ). Allora Z | f − f ( x )| p d µ = 0 lim − r →0 B( x, r )
(∗ )
per µ-q.o. x. (Un punto per il quale vale la (*) si dice un punto di Lebesgue di f rispetto a µ.) Dim. (a) Cominciamo con l’osservare che se s ∈ R n e K ⊂ R n è un qualsiasi compatto allora per (2.4.2) ¸ ·Z Z Z Z | f | p d µ + |s| p d µ = 2 p−1 | f | p d µ + 2 p−1 |s| p µ(K ) < ∞, | f − s| p d µ ≤ 2 p−1 K
K
K
K
in quanto f ∈ L loc (R n , µ) e µ è una misura di Radon. Pertanto, | f − s| p ∈ L1loc (R n , µ). p
(b) Sia ora {s i }∞ un sottoinsieme numerabile denso di R n . Per il teorema, i =1 Z lim −
r →0 B( x, r )
| f − s i | p d µ = | f ( x) − s i | p
per µ-q.o. x e per i = 1, 2,... , sicché posto
A≡
∞ \
i =1
½
¯ Z ¯ x ∈ R n ¯¯ lim −
r →0 B( x, r )
| f − s i | p d µ = | f ( x) − s i | p
¾
si ha µ(R n − A ) = 0. Si fissino x ∈ A , ǫ > 0 e si scelga s i tale che | f ( x) − s i | p < ǫ/2 p (esistente per l’ipotesi di densità). Per (2.4.2) | f − f ( x ) | p ≤ 2 p −1 ( | f − s i | p + | f ( x ) − s i | p ) ,
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
73
da cui Z lim sup − r →0
B( x, r )
p
| f − f ( x )| d µ ≤ 2 · Z = 2 p−1 lim −
r →0 B( x, r )
· Z lim sup −
¸ Z p − | f − s i | d µ + lim sup | f ( x) − s i | d µ B( x, r ) B( x, r ) r →0 r →0 ¸ | f − s i | p d µ + | f ( x ) − s i | p = 2 p −1 [ | f ( x ) − s i | p + | f ( x ) − s i | p ] < ǫ .
p −1
p
Pertanto, per l’arbitrarietà di ǫ > 0, Z lim sup − r →0
ossia
B( x, r )
Z lim −
r →0 B( x, r )
| f − f ( x )| p d µ = 0
| f − f ( x )| p d µ = 0
per ogni x ∈ A con µ(R n − A ) = 0, come volevasi.
ä
Nel caso µ = L n , vale un risultato più forte: p
(2.4.5) Corollario Se f ∈ L loc per qualche 1 ≤ p < ∞, allora Z lim − | f − f ( x)| p d y = 0
per L n -q.o. x;
Z lim − | f − f ( x)| p d y = 0
per L n -q.o. x,
B↓{ x} B
ossia, k→∞ Bk
per ogni successione {B k }∞ di palle chiuse contenenti x e tali che diam B k → 0 per k → ∞. (Si noti k =1 che non è richiesto che le palle siano centrate in x.) Dim. Sia dunque {B k }∞ una successione di palle chiuse contenenti x e tali che diam B k → 0 per k =1 k → ∞; posto d k ≡ diam B k (k = 1, 2,... ), si ha ovviamente B k ⊂ B( x, d k ), sicché Z Z p | f − f ( x )| d y ≤ | f − f ( x )| p d y ; B( x, d k )
Bk
inoltre, ¶¶ µ µ dk = 2 n L n ( B k ). L (B( x, d k )) = 2 L B x, 2 n
Di conseguenza,
n
n
Z Z 2n 1 p | f − f ( x ) | d y = | f − f ( x )| p d y L n (B k ) Bk L n (B( x, d k )) Bk Z Z 2n ≤ n | f − f ( x )| p d y = 2 n − | f − f ( x)| p d y. L (B( x, d k )) B( x, d k ) B( x, d k )
Z − | f − f ( x )| p d y = Bk
L’ultimo membro tende a zero se x è un punto di Lebesgue, ossia, per (2.4.4), per L n -q.o. x ∈ R n . ä (2.4.6) Corollario Sia E ⊂ R n L n -misurabile. Allora ( 1 L n (B( x, r) ∩ E ) = lim n r →0 L (B ( x, r)) 0
per L n -q.o. x ∈ E
per L n -q.o. x ∈ R n − E.
CAPITOLO 2. DIFFERENZIAZIONE DI MISURE DI RADON
74
Dim. Si ha ovviamente χE ∈ L1loc (R n ), sicché applicando (2.4.3) otteniamo Z lim −
r →0 B( x, r )
per L n -q.o. x ∈ R n . Ma
Z −
B( x, r )
χE d y = χE ( x)
χE d y =
L n (B( x, r) ∩ E ) ; L n (B( x, r))
ne segue subito l’asserto.
ä
(2.4.7) Definizione Siano E ⊂ R n , x ∈ R n . Diremo che L n (B( x, r) ∩ E ) = 1, r →0 L n (B ( x, r))
x è un punto di densità 1 per E
se
lim
x è un punto di densità 0 per E
se
lim
L n (B( x, r) ∩ E ) = 0. r →0 L n (B ( x, r))
(2.4.8) Osservazione Possiamo riguardare l’insieme dei punti di densità 1 (rispettivamente, di densità 0) di E come una sorta di interno (rispettivamente, esterno) di E nel senso della misura.
Capitolo 3
La misura di Hausdorff 3.1 Definizione e proprietà elementari (3.1.1) Definizione Siano A ⊂ R n , 0 ≤ s < ∞, 0 < δ ≤ ∞ (si noti che il valore δ = ∞ è permesso). Definiamo ( ) µ ¶ ¯ ∞ ∞ X [ diam C j s ¯¯ s α( s) H δ ( A ) ≡ inf C j , diam C j ≤ δ , ¯A⊂ ¯ 2 j =1 j =1
dove
α( s) ≡
Qui Γ è la funzione definita in (1.5.7).
π s/2
Γ( 2s + 1)
.
(3.1.2) Osservazione Nella definizione richiediamo implicitamente che almeno uno degli insiemi C j abbia diametro strettamente positivo. (3.1.3) Osservazione La notazione α(s) è consistente con quella introdotta in (1.5.11); si ricordi inoltre che il volume di una palla n-dimensionale di raggio r è dato da α(n)r n (cfr. (1.5.12)), sicché la quantità α(s)(diam C j /2)s può essere riguardata come il volume di una sorta di “palla s-dimensionale” di diametro pari a quello di C j . (3.1.4) Lemma (i) H δs è una misura su R n . (ii) Fissati A ⊂ R n e 0 ≤ s < ∞, H δs ( A ) è una funzione non crescente di δ. Dim. (a) Si scelgano { A k }∞ ⊂ R n e supponiamo che A k ⊂ k =1 S∞ un ricoprimento di k=1 A k . Pertanto H δs
Ã
∞ [
k =1
!
Ak ≤
∞ X ∞ X
k =1 j =1
75
α( s)
Ã
S∞
j =1
C kj , diam C kj ≤ δ; allora {C kj }∞ è j, k=1
diam C kj 2
!s
.
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
76
Passando agli estremi inferiori su tutte le famiglie {C kj }∞ (k = 1, 2,... ) otteniamo j =1 H δs
Ã
∞ [
k =1
!
Ak ≤
∞ X
k =1
H δs ( A k ).
La (i) è così provata. (b) Per dimostrare la (ii) è sufficiente osservare che se δ ≤ η e {C j }∞ j =1 è un ricoprimento di A , allora da diam C j ≤ δ segue diam C j ≤ η ( j = 1, 2,... ) e quindi (
∞ X
α( s)
j =1
µ
diam C j 2
) ( ) µ ¶s ¯¯ ¶ ¯ ∞ ∞ ∞ X [ [ diam C j s ¯¯ ¯ α( s) C j , diam C j ≤ δ ⊂ C j , diam C j ≤ η , ¯A⊂ ¯A⊂ ¯ ¯ 2 j =1 j =1 j =1
ossia passando agli estremi inferiori
H δs ( A ) ≥ H ηs ( A ).
ä
(3.1.5) Definizione Per A ed s come in (3.1.1), definiamo H s ( A ) ≡ lim H δs ( A ) = sup H δs ( A ). δ→0
δ >0
Chiamiamo H s la misura di Hausdorff s-dimensionale su R n . (3.1.6) Osservazione La richiesta δ → 0 costringe il ricoprimento a “seguire la geometria locale” dell’insieme A . (3.1.7) Teorema H s è una misura Borel regolare su R n . Dim. (a) H s è una misura. Si scelgano { A k }∞ ⊂ R n . Allora, tenendo presente che H δs è una k =1 misura, ! Ã ∞ ∞ ∞ X X [ s Ak ≤ H s ( A k ). H δs ( A k ) ≤ Hδ k =1
k =1
k =1
Si faccia tendere δ → 0.
(b) H s è una misura di Borel. Si scelgano A, B ⊂ R n con dist( A, B) > 0, e sia 0 < δ < dist( A, B). S Supponiamo che A ∪ B ⊂ ∞ C e diam C k ≤ δ. k =1 k Osserviamo innanzitutto che se C i ∩ A 6= ; e C j ∩ B 6= ; allora C i 6= C j : invero, se così non fosse, esisterebbero x ∈ A e y ∈ B tali da aversi | x − y| ≤ diam C j < dist( A, B), che è palesemente assurdo. S S Scriviamo A ≡ { C k | C k ∩ A 6= ; } e B ≡ { C k | C k ∩ B 6= ; }. Allora A ⊂ C k ∈A C k e B ⊂ C k ∈B C k , e inoltre C i 6= C j se C i ∈ A , C j ∈ B . Pertanto A ∩ B = ; e ∞ X
k =1
α( s)
µ
diam C k 2
¶s
≥
X
C k ∈A
α( s)
µ
diam C k 2
¶s
+
X
C k ∈B
α( s)
µ
diam C k 2
¶s
≥ H δs ( A ) + H δs (B).
Passando agli estremi inferiori su tutte le famiglie {C k }∞ , troviamo che H δs ( A ∪ B) ≥ H δs ( A ) + k =1 purché 0 < δ < dist( A, B). Facendo tendere δ → 0, otteniamo H s ( A ∪ B) ≥ H s ( A ) + H s (B). Di conseguenza, H s ( A ∪ B ) = H s ( A ) + H s (B ) H δs (B),
per tutti gli A, B ⊂ R n con dist( A, B) > 0. Quindi il criterio di Caratheodory (1.2.13) implica che H s è una misura di Borel.
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
77
(c) H s è una misura Borel regolare. Dobbiamo provare che, dato A ⊂ R n , esiste un boreliano B ⊃ A con H s ( A ) = H s (B). A tal fine scegliamo, per ogni k ≥ 1, una famiglia di insiemi {C kj }∞ j =1 tali S∞ k k che diam C j ≤ 1/k, A ⊂ j =1 C j , e ∞ X
α( s)
j =1
Ã
diam C kj 2
!s
≤ H 1/s k ( A ) +
1 . k
Si noti che diam C kj = diam C kj ; quindi possiamo assumere che i C kj siano chiusi. Poniamo allora S T Ak ≡ ∞ Ck, B ≡ ∞ A ; B è un boreliano. Inoltre A ⊂ A k per ogni k, e quindi A ⊂ B, per cui j =1 j k =1 k s s H ( A ) ≤ H (B). D’altra parte, B ⊂ A k per ogni k, sicché H 1/s k (B) ≤
∞ X
α( s)
j =1
Ã
diam C kj 2
!s
≤ H 1/s k ( A ) +
1 . k
Facendo tendere k → ∞, otteniamo H s (B) ≤ H s ( A ) e quindi H s ( A ) = H s (B).
ä
(3.1.8) Osservazione Se 0 ≤ s < n, H s non è una misura di Radon (si veda, più avanti, (3.4.8)). (3.1.9) Teorema (Proprietà elementari della misura di Hausdorff) (i) H 0 è la misura che conta i punti (ii) H 1 = L 1 su R1 (iii) H s ≡ 0 su R n per ogni s > n (iv) H s (λ A ) = λs H s ( A ) per ogni λ > 0, A ⊂ R n (v) H s (L( A )) = H s ( A ) per ogni isometria affine L : R n → R n , A ⊂ R n Dim. (a) Sia C j ⊂ R n un insieme arbitrario. Allora, tenendo presente che α(0) = 1/Γ(1) = 1, risulta α(0)
µ
diam C j 2
¶0
=
( 1
0
se diam C j > 0,
altrimenti.
Pertanto, per ogni a ∈ R n e per ogni δ > 0, H δs ({a}) = inf
(
∞ X
j =1
α(0)
µ
diam C j 2
) ¶0 ¯¯ ∞ [ ¯ C j , diam C j ≤ δ = 1 ¯a∈ ¯ j =1
(si ricordi che nella definizione si richiede che almeno uno degli insiemi C j abbia diametro strettamente positivo), e quindi anche H 0 ({a}) = 1. Ricordando la definizione della misura che conta i punti (1.1.15), ne segue la (i). (b) Per dimostrare la (ii), osserviamo innanzitutto che p
p π α(1) ≡ 1 = 1 1 = 2 p = 2. π Γ( 2 + 1) 2 Γ( 2 ) π
p π
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
78
Pertanto, scelti A ⊂ R1 e δ > 0, risulta ¯ ( ) ∞ ∞ X [ diam C j ¯¯ 1 α(1) H δ ( A ) = inf C j , diam C j ≤ δ ¯A⊂ ¯ 2 j =1 j =1 ¯ ( ) ¯ ∞ ∞ X [ ¯ diam C j ¯ A ⊂ = inf C j , diam C j ≤ δ . ¯ j =1 j =1
Tenendo conto di (1.2.15), otteniamo ¯ ¯ ( ) ) ( ¯ ¯ ∞ ∞ ∞ ∞ X X [ [ ¯ ¯ 1 diam C j ¯ A ⊂ L ( A ) = inf C j , diam C j ≤ δ = H δ1 ( A ). C j ≤ inf diam C j ¯ A ⊂ ¯ ¯ j =1 j =1 j =1 j =1
D’altra parte, posto I k ≡ [kδ, (k + 1)δ] per ogni intero k, risulta diam(C ∩ I k ) ≤ δ per ogni insieme C ⊂ R1 ; inoltre, è immediato verificare che ∞ X
k=−∞
Di conseguenza, ( 1
L ( A ) = inf
diam(C ∩ I k ) ≤ diam C.
¯ ¯ ) ( ) ¯ ¯ ∞ X ∞ ∞ ∞ X [ [ ¯ ¯ C j ≥ inf diam(C j ∩ I k ) ¯ A ⊂ C j ≥ H δ1 ( A ). diam C j ¯ A ⊂ ¯ ¯ j = 1 j = 1 j =1 k=−∞ j =1 ∞ X
Pertanto L 1 = H δ1 per ogni δ > 0, e quindi L 1 = H 1 su R1 .
(c) Proviamo ora la (iii). Si fissi un intero m ≥ 1. Il cubo unitario Q in R n può essere decomposto p in m n cubetti di spigolo 1/m e diametro n/m. Pertanto H ps n/m (Q ) ≤
m Xn
α( s)
i =1
µp
n/m 2
¶s
= α(s)2−s ns/2 m n−s ,
e l’ultimo membro tende a zero per m → ∞, se s > n. Pertanto H s (Q ) = 0, e quindi, essendo R n unione numerabile di cubi unitari, H s (R n ) = 0. (d) La (iv) e la (v) seguono facilmente dalla definizione di H s , ove si ponga mente che diam(λ A ) = λ diam A per ogni λ > 0, e diam( L( A )) = diam A per ogni isometria affine L : R n → R n . ä
3.2 Dimensione di Hausdorff (3.2.1) Lemma Supponiamo che A ⊂ R n e H δs ( A ) = 0 per qualche 0 < δ ≤ ∞. Allora H s ( A ) = 0. Dim. Se s = 0 ed esiste 0 < δ ≤ ∞ tale che H δs ( A ) = 0, allora A = ; e quindi anche H s ( A ) = 0. S Possiamo quindi supporre s > 0. Si fissi ǫ > 0. Esistono allora insiemi {C j }∞ tali che A ⊂ ∞ C e j =1 j =1 j ∞ X
j =1
α( s)
µ
diam C j 2
¶s
≤ ǫ.
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF In particolare per ogni j α( s)
sicché
µ
79
diam C j 2
diam C j ≤ 2 Quindi
µ
ǫ α( s)
¶s
≤ ǫ,
¶1/s
≡ δ(ǫ).
H δs(ǫ) ( A ) ≤ ǫ.
Passando al limite per ǫ → 0 in entrambi i membri della disuguaglianza troviamo H s ( A ) = 0.
ä
(3.2.2) Lemma Siano A ⊂ R n e 0 ≤ s < t < ∞. (i) Se H s ( A ) < ∞, allora H t ( A ) = 0. (ii) Se H t ( A ) > 0, allora H s ( A ) = ∞. Dim. Siano H s ( A ) < ∞ e δ > 0. Esistono allora insiemi {C j }∞ tali che A ⊂ j =1 ∞ X
α( s)
j =1
µ
diam C j 2
¶s
Pertanto H δt ( A ) ≤
da cui otteniamo H δt ( A ) ≤ ≤
∞ α( t) X
α( s) α( t)
α( s)
j =1
α( s)
µ
2 s− t δ t − s
∞ X
j =1
α( s)
α( t)
j =1
2 µ
j =1
C j , diam C j ≤ δ e
≤ H δs ( A ) + 1 ≤ H s ( A ) + 1.
∞ X
diam C j
S∞
¶s µ
µ
diam C j 2
diam C j 2
diam C j 2
¶s
¶t
¶ t− s
≤
α( t) α( s)
2s− t δ t−s (H s ( A ) + 1).
Ricordando che t > s e che H s ( A ) < ∞ notiamo che l’ultimo membro tende a 0 per δ → 0. Pertanto H t ( A ) = 0.
Questo prova la (i). Per quanto riguarda la (ii), se fosse H s ( A ) < ∞ si avrebbe, per la (i), H t ( A ) = 0, contro l’ipotesi. ä (3.2.3) Definizione La dimensione di Hausdorff di un insieme A ⊂ R n è definita come
(3.2.4) Osservazioni
¯ ª © H dim ( A ) ≡ inf 0 ≤ s < ∞ ¯ H s ( A ) = 0 .
(i) Se s ≡ H dim ( A ), allora s ≤ n, in quanto per (3.1.9) H t ( A ) = 0 per ogni t > n. Inoltre, H t ( A ) = 0 per ogni t > s e H t ( A ) = ∞ per ogni t < s. Sia invero t > s; allora non può essere H t ( A ) > 0
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
80
altrimenti, per (3.2.2), si avrebbe H σ ( A ) = ∞ per ogni σ < t. Analogamente, se t < s, deve essere H t ( A ) = ∞, altrimenti, sempre per (3.2.2), si avrebbe H τ ( A ) = 0 per ogni t < τ < s. (ii) Inoltre, se s = H dim ( A ), allora H s ( A ) può essere un qualsiasi numero compreso tra 0 e ∞, estremi inclusi; d’altra parte, H dim ( A ) può non essere un intero. Anche se H dim ( A ) = k è un intero e 0 < H k ( A ) < ∞, A può non essere una “superficie k-dimensionale”; si consulti [Falc] o [Fed] per esempi di insiemi A ⊂ R n estremamente complessi, con 0 < H k ( A ) < ∞. Si vedano inoltre, più avanti, (3.3.1) e (3.3.6). (3.2.5) Teorema La dimensione di Hausdorff gode delle proprietà seguenti: (i) Monotonia. Se A ⊂ B allora H dim ( A ) ≤ H dim (B). (ii) Stabilità numerabile. Se { A j }∞ è una qualsiasi successione di insiemi, risulta j =1 H dim
Ã
∞ [
j =1
!
A j = sup H dim ( A j ). 1≤ j ≤∞
(iii) Insiemi numerabili. H dim ( A ) = 0 per ogni insieme numerabile A ⊂ R n . (iv) Aperti. Se U ⊂ R n è un aperto (non vuoto), H dim (U ) = n. (v) Varietà. Se A è una sottovarietà liscia m-dimensionale di R n , H dim ( A ) = m. Dim. (a) Se A ⊂ B e H s (B) = 0 allora anche H s ( A ) = 0; pertanto ©
e quindi
¯ ¯ ª © ª 0 ≤ s < ∞ ¯ H s (B ) = 0 ⊂ 0 ≤ s < ∞ ¯ H s ( A ) = 0 ,
¯ ¯ © ª © ª H dim (B) = inf 0 ≤ s < ∞ ¯ H s (B) = 0 ≥ inf 0 ≤ s < ∞ ¯ H s ( A ) = 0 = H dim ( A ).
La (i) resta così provata.
³S ∞
´ A j ≥ H dim ( A k ) per ogni k. D’altra parte, se s > ³S ´ H dim ( A j ) per ogni j, per (3.2.4) si ha anche H ( A j ) = 0 sicché H s ∞ A = 0. Ne segue la (ii). j =1 j
(b) Per la proprietà di monotonia, H dim
j =1 s
(c) Per provare la (iii), osserviamo che H 0 { x} = 1 per ogni x ∈ A , per cui H dim { x} = 0. Se dunque A è numerabile, per la (ii) risulta H dim ( A ) = 0.
(d) Sia U ⊂ R n aperto, U 6= ;. Allora, siccome U contiene una palla di misura n-dimensionale positiva, si ha H n (U ) > 0 e quindi H dim (U ) ≥ n. D’altra parte, H dim (U ) ≤ n per (3.2.4). Si ha così la (iv). (e) Per la (v), si veda [Falc, pag. 32].
ä
(3.2.6) Definizioni (i) Una funzione f : R n → R m si dice Lipschitz se esiste una costante C tale che | f ( x ) − f ( y )| ≤ C | x − y |
(∗ )
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
81
per ogni x, y ∈ R n . (ii) La più piccola costante C per cui la (*) è valida per ogni x, y si denota ¯ ¾ ½ | f ( x) − f ( y)| ¯¯ n x, y ∈ R con x = 6 y . Lip( f ) ≡ sup ¯ | x − y|
(3.2.7) Osservazione Una funzione Lipschitz è uniformemente continua, e quindi a fortiori continua. (3.2.8) Osservazione Una funzione f ≡ ( f 1 ,... , f m ) : R n → R m è Lipschitz se e solo se tale è ciascuna f j ( j = 1,... , m). E invero, per ogni x, y ∈ R n e per j = 1,... , m risulta | f j ( x ) − f j ( y )| ≤ | f ( x ) − f ( y )| ≤
sicché Lip( f j ) ≤ Lip( f ) ≤
p
p
m max | f k ( x) − f k ( y)| 1≤ k ≤ m
m max Lip( f k ). 1≤ k ≤ m
(3.2.9) Teorema Siano f : R n → R m una funzione Lipschitz, A ⊂ R n , 0 ≤ s < ∞. Allora H s ( f ( A )) ≤ (Lip( f )) s H s ( A ).
Dim. Si fissi δ > 0 e si scelgano insiemi {C j }∞ ⊂ R n tali che diam C j ≤ δ e A ⊂ jS =1 ∞ diam f (C j ) ≤ Lip( f ) diam C j ≤ Lip( f )δ e f ( A ) ⊂ j =1 f (C j ). Pertanto s H Lip( f )δ ( f ( A )) ≤
∞ X
j =1
α( s)
µ
diam f (C j ) 2
¶s
≤ (Lip( f ))
s
∞ X
j =1
α( s)
µ
diam C j 2
¶s
S∞
j =1
C j . Allora
.
Passando agli estremi inferiori su tutti i siffatti ricoprimenti {C j }∞ , troviamo j =1 s s s H Lip( f )δ ( f ( A )) ≤ (Lip( f )) H δ ( A ).
Facciamo tendere δ → 0 per completare la dimostrazione.
ä
In generale, la dimensione di un insieme, da sola, non ci dice molto sulle proprietà topologiche di quest’ultimo. Possiamo tuttavia affermare quanto segue: (3.2.10) Lemma Un insieme A ⊂ R n con H dim ( A ) < 1 è totalmente disconnesso (le componenti connesse di A sono i punti). Dim. Siano x e y punti distinti di A , e definiamo una funzione f : R n → R ponendo f ( z) ≡ | z − x|. Risulta, per ogni z, w ∈ R n , ¯ ¯ ¯ ¯ ¯ ¯ ¯ ¯ | f ( z) − f (w)| = ¯| z − x| − |w − x|¯ ≤ ¯( z − x) − (w − x)¯ = | z − w|,
e quindi f è Lipschitz con Lip( f ) ≤ 1. Pertanto, applicando (3.2.9), H dim ( f ( A )) ≤ H dim ( A ) < 1, ossia f ( A ) è un sottoinsieme di R con H 1 ( f ( A )) = 0. Ma da (3.1.9) sappiamo che H 1 = L 1 su R; quindi L 1 ( f ( A )) = 0. Questo implica che f ( A ) non può contenere aperti non vuoti; in altri termini, per
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
82
ogni aperto non vuoto U ⊂ R si ha U ∩ (R − f ( A )) 6= ;. Prendendo U ≡]0, f ( y)[, vediamo allora che deve esistere un r ∈ R − f ( A ) tale che 0 < r < f ( y); risulta pertanto
A = { z ∈ A | | z − x| < r } ∪ { z ∈ A | | z − x| > r } . Dunque A è incluso in due aperti disgiunti contenenti l’uno x, l’altro y, sicché x e y appartengono a componenti connesse distinte di A . ä
3.3 L’insieme di Cantor (3.3.1) Definizione Costruiamo ricorsivamente su n una famiglia di 2n -ple { Jn1 ,... , Jn, 2n } di intervalli chiusi disgiunti inclusi in [0, 1], aventi ciascuno lunghezza minore di 21n , come segue: (α) Per n = 1 rimuoviamo da [0, 1] un qualsiasi intervallo aperto I 11 di lunghezza minore di 1, concentrico con [0, 1]. Otteniamo così due intervalli chiusi disgiunti J11 e J12 ciascuno di lunghezza minore di 21 ; è il primo passo della costruzione. (β) Supponiamo di aver completato il passo n-mo della costruzione. Abbiamo allora 2n intervalli chiusi disgiunti Jn1 ,... , Jn, 2n (numerati da sinistra a destra), ciascuno di lunghezza minore di 21n . Il passo (n + 1)-mo consiste nel rimuovere da ciascun Jnk (1 ≤ k ≤ 2n ) un qualsiasi intervallo aperto I n+1, k di lunghezza minore della lunghezza di Jnk e concentrico con Jnk . In tal modo, otteniamo 2n+1 intervalli chiusi Jn+1, 1 ,... , Jn+1, 2n+1 ciascuno di lunghezza minore di 2n1+1 . S n T Poniamo poi P n ≡ 2k=1 Jnk (n = 1, 2,... ) e P ≡ ∞ P . Ogni insieme P costruito in tal modo dicesi ¤ 1 n2=£1 n Cantor-like. Nel caso particolare che I 11 = 3 , 3 e che la lunghezza di I n+1, k sia esattamente 31 della lunghezza di Jnk per ogni n ≥ 1, 1 ≤ k ≤ 2n , l’insieme P prende il nome di insieme di Cantor £ ¤ ternario (o semplicemente insieme di Cantor). In questa ipotesi si ha ad esempio J11 = 0, 13 , £2 ¤ ¤7 8£ £ 1¤ ¤1 2£ J12 = 3 , 1 , I 21 = 9 , 9 , I 22 = 9 , 9 , J21 = 0, 9 , etc.
(3.3.2) Definizioni Siano X uno spazio topologico, A un suo sottoinsieme. Diremo che A è: o
(i) mai denso in X , se A = ;; (ii) perfetto, se A è chiuso e privo di punti isolati. (3.3.3) Teorema Sia P un qualsiasi insieme Cantor-like. Allora P è compatto, mai denso in R e perfetto. Dim. Continuiamo ad usare le notazioni di (3.3.1). Ovviamente ciascun P n è chiuso (in quanto unione finita di chiusi), sicché P è chiuso e limitato e quindi compatto. Siccome poi nessun P n contiene un intervallo di lunghezza ≥ 21n e P ⊂ P n per ogni n ≥ 1, ne segue che P non contiene o
alcun intervallo (non degenere). Pertanto P = P o = ;, cioè P è mai denso in R. Per provare che P è anche perfetto, scegliamo ad arbitrio un x ∈ P ed osserviamo che, per ogni n ≥ 1, x ∈ P n sicché esiste k n tale che x ∈ Jn, k n . Fissati allora un ǫ > 0 ed un intero positivo n tale che 21n < ǫ, si ha che gli estremi di Jn, k n stanno entrambi in ] x − ǫ, x + ǫ[. Ma, per come P è stato costruito, tali estremi stanno anche in P ; pertanto x è un punto di accumulazione per P . Ne segue che P è perfetto. ä
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
83
(3.3.4) Teorema Sia P l’insieme di Cantor. Allora ¯ ) ( ∞ x ¯ X n ¯ P= ¯ x ∈ {0, 2} per ogni n ≥ 1 ; n ¯ n n =1 3
in particolare, P ha la potenza del continuo.
Dim. Si veda [H-S, Theorem 6.64, pag. 71].
ä
(3.3.5) Osservazione Sia P l’insieme di Cantor. Allo scopo di calcolare H dim (P ), premettiamo £ ¤ £ ¤ un’argomentazione informale. Posto P S ≡ P ∩ 0, 13 e P D ≡ P ∩ 23 , 1 , si ha
PS =
1 P, 3
PD =
1 P, 3
P = PS ∪ PD ,
per cui applicando (3.1.9) possiamo scrivere per ogni t H t (P ) = H t (PS ) + H t (PD ) =
µ ¶t µ ¶t 1 2 1 H t (P ) + H t ( P ) = t H t ( P ). 3 3 3
Assumiamo che esista un s tale che 0 < H s (P ) < ∞; possiamo allora dividere per H s (P ) per ottenere 1 = 2/3s , ossia log 2 s= . log 3 (3.3.6) Teorema Sia P l’insieme di Cantor. Allora (i) L 1 (P ) = 0; (ii) H dim (P ) = s, dove
log2 = 0.63092975 ... log3
s≡
Dim. Usiamo ancora le notazioni di (3.3.1). (a) Per ogni intero positivo n e per 1 ≤ k ≤ 2n risulta L 1 ( Jnk ) = 31n , sicché Ã n ! µ ¶n 2n 2 X [ 2 2n 1 1 Jnk = L (P n ) = L L 1 ( Jnk ) = n = . 3 3 k =1 k =1
Di conseguenza,
L 1 (P ) = L 1
La (i) resta così dimostrata.
µ
∞ \
n =1
¶ P n = lim L 1 (P n ) = 0. n→∞
(b) H s (P ) < ∞. Per ogni intero positivo n si ha H 3s−n (P ) ≤ H 3s−n (P n ) ≤
osservando che
2n X
k =1
α( s)
µ
diam Jnk 2
¶s
= 2n−s α(s)
3s = 3log 2/log 3 = 2.
1 1 = 2n−s α(s) n , ns 3 2
(n = 1, 2,... )
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
84
Pertanto H s (P ) = lim H 3s−n (P ) ≤
α( s)
2s
n→∞
< ∞.
(c) H s (P ) > 0. Basterà dimostrare che per ogni ricoprimento {C j }∞ di P risulta j =1 1 (diam C j )s ≥ . 2 j =1 ∞ X
Si osservi che
(∗ )
diam C j = diam[inf C j , sup C j ], e quindi possiamo assumere che ciascun C j sia un intervallo [a j , b j ]. Fissiamo ǫ > 0; posto allora ¸ Uj ≡ aj −
ǫ
2·3
, bj + j
ǫ
2·3j
·
per ciascun intero positivo j, otteniamo un ricoprimento aperto {U j }∞ di P . Ma per (3.3.3) P è j =1 SN compatto, per cui esiste N < ∞ tale che P ⊂ j =1 U j . D’altra parte, diam U j = diam C j + 3ǫj , sicché, osservando che 0 < s < 1 e usando (2.4.2), risulta ¶ µ ¶s µ ǫ ǫs ǫ s s (diam U j ) = diam C j + j ≤ (diam C j ) + j = (diam C j )s + j . 3 3 2 s
Di conseguenza, (diam C j )s ≥ (diam U j )s −
ǫs
,
2j
e quindi ∞ X
(diam C j )s ≥
j =1
∞ X
(diam U j )s −
j =1
∞ ǫs X
j =1
2j
=
∞ X
(diam U j )s − ǫ s ≥
j =1
N X
(diam U j )s − ǫ s =
j =1
N X
(diam U j )s − ǫ s .
j =1
Possiamo allora limitarci a provare che la (*) vale per ogni ricoprimento finito {C j } N di P costituij =1 to da intervalli chiusi (inclusi in [0, 1]). Fissiamo invero 1 ≤ j ≤ N e scegliamo un intero positivo n tale che 3−( n+1) ≤ diam C j < 3−n .
(∗∗)
È chiaro che C j può intersecare al più uno tra gli intervalli Jn1 ,... , Jn, 2n , dal momento che la separazione tra tali intervalli è almeno 3−n . Se poi m ≥ n, allora, per la costruzione di P , C j intersecherà al più 2m−n tra gli intervalli Jm1 ,... , Jm, 2m . Siccome N < ∞, possiamo scegliere un m sufficientemente grande da aversi 3−( m+1) ≤ diam C j per ogni j = 1,... , N ; ma {C j } N è un ricoprij =1 m m− n m m = 2n . Temento di P e quindi interseca tutti i 2 intervalli Jm1 ,... , Jm, 2 . Pertanto N ≥ 2 /2 m− n m − ns m s −( n+1) s m s s nendo poi presente che, per la (**), 2 =2 3 =2 3 3 ≤ 2 3 (diam C j ) , e riordinando se necessario gli insiemi C j , otteniamo N X
s
(diam C j ) ≥
j =1
2n X
(diam C j )s ≥ 2n ·
j =1
(d) Mettendo insieme la (b) e la (c) otteniamo 0 < H s ( A ) < ∞,
2 m− n 1 1 = = . 2m 3s 3s 2
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
85
per cui (3.2.2) ci assicura che H t ( A ) = 0 per ogni t > s e H t ( A ) = ∞ per ogni t < s. Pertanto H dim ( A ) = s, cioè la (ii). ä (3.3.7) Osservazione Si può dimostrare che H s (P ) = 1; si veda [Falc, pag. 35].
3.4 Disuguaglianza isodiametrica. H n = L n su Rn (3.4.1) Lemma Sia f : R n → [0, ∞] L n -misurabile. Allora la regione “sotto il grafico di f ”, ossia l’insieme ¯ © ª A ≡ ( x, y) ¯ x ∈ R n , y ∈ R, 0 ≤ y ≤ f ( x)
è L n+1 -misurabile. Analogamente, se g : R n → [−∞, 0] è L n -misurabile, l’insieme
è L n+1 -misurabile.
¯ © ª B ≡ ( x, y) ¯ x ∈ R n , y ∈ R, g( x) ≤ y ≤ 0
Dim. Si ponga
h( x, y) = f ( x) − y
per x ∈ R n e y ∈ R. Allora h è L n+1 -misurabile e perciò
A = { ( x, y) | y ≥ 0 } ∩ { ( x, y) | h( x, y) ≥ 0 } è L n+1 -misurabile. In modo analogo si dimostra che tale è B.
ä
(3.4.2) Notazione Si fissino a, b ∈ R n , con |a| = 1. Definiamo
L ab ≡ { b + ta | t ∈ R } , la retta per b nella direzione a, ¯ ª © P a ≡ x ∈ R n ¯ x · a = 0 , il piano per l’origine perpendicolare ad a.
(3.4.3) Definizione Si scelga a ∈ R n con |a| = 1, e sia A ⊂ R n . Definiamo simmetrizzazione di Steiner di A rispetto al piano P a l’insieme ¯ ½ ¾ ¯ [ 1 1 a ¯ b + ta ¯ | t| ≤ H ( A ∩ L b ) . Sa ( A) ≡ 2 b ∈P a A ∩L ab 6=;
(3.4.4) Lemma (Proprietà della simmetrizzazione di Steiner) (i) Se A ⊂ B, allora S a ( A ) ⊂ S a (B). (ii) diam S a ( A ) ≤ diam A . (iii) Se A è L n -misurabile, allora tale è S a ( A ), e L n (S a ( A )) = L n ( A ). Dim. (a) Supponiamo A ⊂ B, e sia x ∈ S a ( A ). Allora esistono b ∈ P a e t ∈ R tali che A ∩ L ab 6= ;, | t| ≤ 1/2H 1 ( A ∩ L ab ) e x = b + ta. Quindi B ∩ L ab 6= ;, e inoltre | t| ≤
1 1 1 H ( A ∩ L ab ) ≤ H 1 (B ∩ L ab ), 2 2
sicché x ∈ S a (B). Per l’arbitrarietà di x ∈ S a ( A ), la (i) è provata.
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
86
(b) Supponiamo di aver dimostrato la (ii) nel caso che A sia chiuso. Per un insieme A arbitrario segue allora dalla (i) diam S a ( A ) ≤ diam S a ( A ) ≤ diam A = diam A, per cui possiamo assumere, senza ledere la generalità, che A è chiuso. Inoltre, la (ii) è banalmente verificata se diam A = ∞; assumiamo allora che diam A < ∞. (c) Siano a, b ∈ R n e r, s ∈ R, con |a| = 1 e r ≤ s. Allora H 1 ([b + ra, b + sa]) ≤ s − r, dove [b + ra, b + sa] ≡ { b + ta | r ≤ t ≤ s } . Consideriamo la funzione G : [r, s] → [b + ra, b + sa] data da t 7→ b + ta; per ogni t1 , t2 ∈ R con t1 6= t2 si ha |G ( t1 ) − G ( t2 )| |(b + t1 a) − (b + t2 a)| | t1 − t2 ||a| = = = 1, | t1 − t2 | | t1 − t2 | | t1 − t2 |
sicché Lip(G ) = 1. Pertanto, applicando (3.2.9), otteniamo H 1 ([b + ra, b + sa]) = H 1 (G ([r, s])) ≤ H 1 ([r, s]) = L 1 ([r, s]) = s − r.
(d) Si fissi ora ǫ > 0. Avendosi per definizione diam S a ( A ) = sup { | x − y| | x, y ∈ S a ( A ) } , esistono x, y ∈ S a ( A ) tali che
| x − y| ≥ diam S a ( A ) − ǫ.
Scriviamo b ≡ x − ( x · a)a e c ≡ y − ( y · a)a (“altezze” relative ad a condotte da x e y, rispettivamente); allora b · a = ( x · a) − ( x · a)(a · a) = ( x · a) − ( x · a) = 0, sicché b ∈ P a . Analogamente, c ∈ P a . Poniamo
r ≡ inf { t | b + ta ∈ A } ,
s ≡ sup { t | b + ta ∈ A } ,
u ≡ inf { t | c + ta ∈ A } ,
v ≡ sup { t | c + ta ∈ A } .
Senza perdita di generalità, possiamo assumere v − r ≥ s − u. Allora 1 1 1 1 v − r ≥ (v − r) + (s − u) = (s − r) + (v − u); 2 2 2 2 inoltre, A ∩ L ab ⊂ [b + ra, b + sa] e quindi, per la (c), H 1 ( A ∩ L ab ) ≤ s − r, e analogamente H 1 ( A ∩ L ac ) ≤ v − u. Pertanto, 1 1 v − r ≥ H 1 ( A ∩ L ab ) + H 1 ( A ∩ L ac ). 2 2
(∗ )
Ora, avendosi x ∈ S a ( A ) possiamo scrivere x = b + ta per un b ∈ P a e un t ∈ R tale che | t| ≤ 1/2H 1 ( A ∩ L ab ); quindi | x · a| = |(b + ta) · a| = | t|. Di conseguenza, | x · a| ≤ 1/2H 1 ( A ∩ L ab ) e, analogamente, | y · a| ≤ 1/2H 1 ( A ∩ L ac ). Ne segue, tenendo presente la (*),
v − r ≥ | x · a| + | y · a| ≥ | x · a − y · a|.
(∗∗)
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
87
(e) Si ha
x − y = b + ( x · a)a − c − ( y · a)a = b − c + ( x · a − y · a)a,
(∗ ∗ ∗ )
e inoltre (b − c) · ( x · a − y · a)a = 0 in quanto b, c ∈ P a . Pertanto, elevando a quadrato il primo e l’ultimo membro nella (***) otteniamo | x − y|2 = |b − c|2 + | x · a − y · a|2 |a|2 = |b − c|2 + | x · a − y · a|2 .
Ricordando poi la scelta di x, y e la (**) possiamo scrivere (diam S a ( A ) − ǫ)2 ≤ | x − y|2 = |b − c|2 + | x · a − y · a|2 ≤ |b − c|2 + (v − r)2 ;
(∗ ∗ ∗∗)
tenendo inoltre presente che (b − c) · (r − v)a = 0 possiamo riscrivere l’ultimo membro come segue: |b − c|2 + (v − r)2 = |b − c|2 + |r − v|2 |a|2 = |b − c + (r − v)a|2 = |(b + ra) − ( c + va)|2 .
Ma, per ipotesi, A è chiuso, per cui b + ra, c + va ∈ A . Ma allora |(b + ra) − ( c + va)|2 ≤ (diam A )2 ; pertanto, per la (****), (diam S a ( A ) − ǫ)2 ≤ (diam A )2 , ossia diam S a ( A ) − ǫ ≤ diam A. Stante l’arbitrarietà di ǫ > 0, la (ii) resta dimostrata. (f) Proveremo la (iii) soltanto nel caso che a sia un versore coordinato standard. Invero, questo caso particolare sarà sufficiente per dimostrare la disuguaglianza isodiametrica (3.4.5), e quindi anche per dimostrare che H n = L n su R n (3.4.7). Ma per (3.1.9) H n è invariante per isometrie, e in particolare per rotazioni; tale sarà allora anche L n . Di conseguenza, l’ipotesi a ∈ { e 1 ,... , e n } non risulterà, in effetti, restrittiva. Assumiamo dunque a = e n = (0,... , 0, 1) (la dimostrazione è analoga se a = e j , 1 ≤ j ≤ n − 1). Allora P a = P e n = R n−1 . Dal teorema di Fubini (1.5.5) sappiamo che la funzione
f : b ∈ R n−1 7→ L 1 ({ t | (b, t) ∈ A }) ∈ R1 è L n−1 -integrabile e che L n ( A ) = (L n−1 × L 1 )( A ) =
Ma
Z
Rn−1
f (b) db.
L 1 ({ t | (b, t) ∈ A }) = L 1 ( A ∩ L bn ) = H 1 ( A ∩ L bn ) e
e
ricordando che per (3.1.9) L 1 = H 1 su R1 ; di conseguenza, ¯ ¾ ½ ¯ ¯ − f ( b) © ª f ( b) e ≤t≤ − (b, 0) ¯ A ∩ L bn = ; S e n ( A ) = (b, t) ¯¯ 2 2
è L n -misurabile per (3.4.1), e tenendo presente che Ln
¡©
¯ ª¢ e (b, 0) ¯ A ∩ L bn = ; ≤ L n (R n−1 × {0}) = 0
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
88
otteniamo n
L (S e n ( A )) = L
come volevasi.
n
µ½
¯ ¾¶ Z Z f (b ) Z ¯ − f ( b) 2 f ( b) ¯ ≤t≤ db − f (b) dt = f (b) db = L n ( A ), = (b, t) ¯ 2 2 Rn−1 Rn−1 2
ä
(3.4.5) Teorema (Disuguaglianza isodiametrica) Per tutti gli insiemi A ⊂ R risulta n
L n ( A ) ≤ α(n)
µ
diam A 2
¶n
.
(In altri termini, fissato il diametro, l’insieme di misura n-dimensionale massima è la palla.) Dim. (a) Se diam A = ∞, l’asserto è banale; supporremo perciò diam A < ∞. Sia { e 1 ,... , e n } la base standard di R n , e definiamo induttivamente
A 1 ≡ S e 1 ( A ),
A 2 ≡ S e 2 ( A 1 ),
... ,
A n ≡ S e n ( A n −1 ) .
Poniamo A ⋆ = A n .
(b) A ⋆ è simmetrico rispetto all’origine. Sia σ j : v ∈ R n 7→ v − 2( v · e j ) e j ∈ R n
( j = 1,... , n)
la riflessione rispetto a P e j ; ovviamente E ⊂ R è simmetrico rispetto a P e j se e solo se σ j (E ) = E . Per b ∈ P e j e per ogni t ∈ R risulta n
σ j ( b + te j ) = b + te j − 2(( b + te j ) · e j ) e j = b + te j − 2( b · e j + te j · e j ) e j = b + te j − 2 te j = b − te j ,
sicché
b + te j ∈ S e j (E ) ⇐⇒ σ j (b + te j ) ∈ S e j (E ), ossia S e j (E ) è simmetrico rispetto a P e j . In particolare, A 1 è simmetrico rispetto a P e 1 . Procediamo ora per induzione; sia 1 ≤ k < n e supponiamo che A k sia simmetrico rispetto a P e 1 ,... , P e k . Per quanto osservato, A k+1 = S e k+1 ( A k ) è simmetrico rispetto a P e k+1 . Si fissino 1 ≤ j ≤ k e b ∈ P e k+1 . Per ogni t ∈ R si ha σ j ( b + te k+1 ) = b + te k+1 − 2(( b + te k+1 ) · e j ) e j = b + te k+1 − 2( b · e j ) e j = σ j b + te k+1 , e
e
ossia σ j (L bk+1 ) = L σk+b1 . Ricordando che per l’ipotesi induttiva σ j ( A k ) = A k , otteniamo j
e
e
e
σ j ( A k ∩ L bk+1 ) = σ j ( A k ) ∩ σ j ( L bk+1 ) = A k ∩ L σk+b1 , j
e quindi, tenendo presente che H 1 è ovviamente invariante rispetto a σ j , H 1 ( A k ∩ L bk+1 ) = H 1 ( A k ∩ L σk+b1 ); e
e
j
di conseguenza © ¯ ª { t | b + te k+1 ∈ A k+1 } = t ¯ σ j b + te k+1 ∈ A k+1 .
Pertanto σ j ( A k+1 ) = A k+1 ; vale a dire, A k+1 è simmetrico rispetto a P e j , per 1 ≤ j < n + 1. Per induzione, A ⋆ = A n è simmetrico rispetto a P e 1 ,... , P e n , e quindi rispetto all’origine.
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF (c) Si ha
89
diam A ⋆ L ( A ) ≤ α(n) 2 n
⋆
µ
¶n
.
Si scelga x ∈ A ⋆ . Allora per la (a) anche − x ∈ A ⋆ , e pertanto diam A ⋆ ≥ | x − (− x)| = |2 x| = 2| x|. Ne segue x ∈ B(0, diam A ⋆ /2), e quindi, per l’arbitrarietà di x, µ ¶ diam A ⋆ A ⋆ ⊂ B 0, . 2
Di conseguenza, ricordando (1.5.12), ¶¶ µ ¶n µ µ diam A ⋆ diam A ⋆ . = α(n) L ( A ) ≤ L B 0, 2 2 n
⋆
(d) Si ha
n
diam A L ( A ) ≤ α(n) 2 µ
n
¶n
.
E invero, A è chiuso, quindi L n -misurabile; pertanto, ricordando che ( A )⋆ = S e n (S e n−1 (· · · S e 1 ( A ) · · · )) e applicando n volte (3.4.4), otteniamo L n (( A )⋆ ) = L n ( A ),
diam( A )⋆ ≤ diam A.
Dalla (c) (scritta con A al posto di A ) sappiamo inoltre che Ã
diam( A )⋆ L (( A ) ) ≤ α(n) 2 n
⋆
!n
.
Di conseguenza, Ã
diam( A )⋆ L ( A ) = L (( A ) ) ≤ α(n) 2 n
n
⋆
!n
Ã
diam A ≤ α(n) 2
!n
diam A = α(n) 2
Per concludere osserviamo che A ⊂ A implica L n ( A ) ≤ L n ( A ) e quindi µ ¶ diam A n L n ( A ) ≤ α(n) . 2
µ
¶n
.
ä
(3.4.6) Osservazione La disuguaglianza isodiametrica è interessante dal momento che non è detto che A sia contenuto in una palla di diametro diam A . Consideriamo, invero, l’insieme A ≡ {a, b, c} ⊂ R2 , dove a ≡ (−ρ , 0) b ≡ (1, 0) c ≡ (0, 1), p con 0 < ρ < 2 − 1. Si ha p p | a − b | = 1 + ρ < 2, | b − c| = 2
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
90
e
q q q q p p p p p |a − c| = ρ 2 + 1 < ( 2 − 1)2 + 1 = 2 + 1 − 2 2 + 1 = 4 − 2 2 < 4 − 2 = 2, p p sicché diam A = 2. Se ora B è la palla chiusa di centro un x ∈ R2 e raggio 2/2, è chiaro che affinché b e c appartengano a B deve essere x = (1/2, 1/2). Ma allora
| x − a| =
s
µ
1 +ρ 2
¶2
r r p µ ¶2 r 1 1 2 1 1 1 2 2 +ρ +ρ+ = ρ +ρ+ > = , + = 2 4 4 2 2 2
per cui a ∉ B. (3.4.7) Teorema H n = L n su R n . Dim. (a) L n ( A ) ≤ H n ( A ) per ogni insieme A ⊂ R n . Si fissi δ > 0 e si scelgano insiemi {C j }∞ tali j =1 S che A ⊂ ∞ C e diam C ≤ δ . Allora, per la disuguaglianza isodiametrica, j j j =1 L n ( A) ≤
∞ X
j =1
L n (C j ) ≤
∞ X
j =1
α( n)
µ
diam C j 2
¶n
.
Passando agli estremi inferiori su tutte le famiglie {C j }∞ , troviamo che L n ( A ) ≤ H δn ( A ), e perj =1 n n tanto, facendo tendere δ → 0, L ( A ) ≤ H ( A ). (b) H δn è assolutamente continua rispetto a L n . Osserviamo in primo luogo che dalla definizione (1.2.14) di L n segue subito che, per ogni A ⊂ R n e per ogni δ > 0, ¯ ) ( ¯ ∞ ∞ X [ ¯ n n L (Q i ) ¯ Q i cubi, A ⊂ Q i , diam Q i ≤ δ . (∗ ) L ( A ) = inf ¯ i =1 i =1 p Si ponga C n ≡ α(n)( n/2)n . Allora per ogni cubo Q ⊂ R n , detta l la lunghezza del suo spigolo, si ha α( n)
µ
diam Q 2
¶n
= α(n)
µ p ¶n l n = C n l n = C n L n (Q ). 2
Pertanto, per la (*), H δn ( A ) ≤ inf
(
diam Q i α( n) 2 i =1 ∞ X
µ
) ¶n ¯¯ ∞ [ ¯ Q i , diam Q i ≤ δ = C n L n ( A ). ¯ Q i cubi, A ⊂ ¯ i =1
(c) H n ( A ) ≤ L n ( A ) per ogni A ⊂ R n . Si fissino δ > 0, ǫ > 0. Per la (*) possiamo scegliere cubi S {Q i }∞ tali che A ⊂ ∞ Q , diam Q i ≤ δ e i =1 i =1 i ∞ X
i =1
L n (Q i ) ≤ L n ( A ) + ǫ.
Usando (2.1.6), per ogni i troviamo una successione {B ki }∞ di palle chiuse disgiunte contenute in k =1 Q io tali che ! Ã ∞ [ i i n o B k = 0. diam B k ≤ δ, L Qi − k =1
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
91
Ma ovviamente L n (∂Q i ) = 0, sicché è anche ! ! Ã Ã ∞ ∞ [ [ i i n o n B k = 0; Bk = L Q i − L Qi − k =1
k =1
¡ ¢ S di conseguenza, per la (b), anche H δn Q i − ∞ B i = 0. Pertanto k =1 k n
L (Q i ) = L
n
Ã
∞ [
k =1
B ki
!
e
H δn (Q i ) = H δn
Ã
∞ [
k =1
B ki
!
;
tenendo anche presente che dalla definizione (3.1.1) segue subito H δn (E ) ≤ α(n)(diam E /2)n per ogni insieme E ⊂ R n , otteniamo ! Ã ∞ ∞ X ∞ ∞ ∞ X X X [ B ki = H δn H δn (B ki ) H δn (Q i ) = H δn ( A ) ≤ i =1
≤
∞ X ∞ X
i =1 k =1
α( n)
Ã
k =1 i =1 k =1 ! Ã ! i n ∞ ∞ ∞ ∞ ∞ diam B k XX n i X X [ i n Bk = = L (B k ) = L n (Q i ) ≤ L n ( A ) + ǫ. L 2 k =1 i =1 k =1 i =1 i =1 i =1
Facciamo tendere ǫ → 0, e poi δ → 0, per ottenere H n ( A ) ≤ L n ( A ).
ä
(3.4.8) Corollario Se 0 ≤ s < n, H s non è una misura di Radon. Dim. Sia B1 ⊂ R n la palla chiusa unitaria (ma va ugualmente bene un qualsiasi compatto K ⊂ R n , purché L n (K ) > 0); allora H n (B1 ) = L n (B1 ) > 0. Per (3.2.2) allora H s (B1 ) = ∞, per ogni s < n. ä (3.4.9) Corollario L n è invariante per rotazioni. Dim. Per il teorema, L n = H n su R n ; ma da (3.1.9) sappiamo che H n è invariante per rotazioni. Pertanto, tale è anche L n . ä
3.5 Misura di Hausdorff e proprietà fini delle funzioni In questa sezione studieremo alcune proprietà che legano il comportamento delle funzioni e la misura di Hausdorff.
3.5.1
Grafici delle funzioni Lipschitz
(3.5.1) Definizione Per f : R n → R m , A ⊂ R n , scriveremo
G ( f ; A ) ≡ { ( x, f ( x)) | x ∈ A } ⊂ R n × R m = R n+m ; G ( f ; A ) è il grafico di f su A . (3.5.2) Lemma Supponiamo n > k. Siano P : R n → R k la proiezione usuale, A ⊂ R n , 0 ≤ s < ∞. Allora H s (P ( A )) ≤ H s ( A ). Dim. La tesi segue da (3.2.9), ove si osservi che Lip(P ) = 1.
ä
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
92
(3.5.3) Teorema Assumiamo f : R n → R m , L n ( A ) > 0. Allora: (i) H dim (G ( f ; A )) ≥ n; (ii) se f è Lipschitz, H dim (G ( f ; A )) = n. (In altre parole, il grafico di una funzione Lipschitz ha la dimensione di Hausdorff “che ci aspettavamo”.) Dim. (a) Sia P : R n+m → R n la proiezione. Applicando (3.5.2) scriviamo H n (G ( f ; A )) ≥ H n (P (G ( f ; A ))) = H n ( A );
ma per (3.1.9) H n ( A ) = L n ( A ) > 0, sicché H dim (G ( f ; A )) ≥ n. (b) Denotiamo con Q un qualsiasi cubo in R n avente spigolo di lunghezza 1. Suddividiamo Q in k n cubetti Q 1 ,... ,Q k n , ciascuno avente spigolo di lunghezza 1/k, e poniamo
a ij ≡ min f i ( x)
b ij ≡ max f i ( x).
e
x∈Q j
( i = 1,... , m; j = 1,... , k n )
x∈Q j
Essendo f Lipschitz, risulta |b ij − a ij | ≤ Lip( f i ) diam Q j ≤ Lip( f ) diam Q j = Lip( f )
p
n ; k
ne segue, per j = 1, 2,... , l’esistenza di un insieme C j ⊂ R n+m tale che ©
e
¯ ª ( x, f ( x)) ¯ x ∈ Q j ∩ A ⊂ C j
v u µ ¶2 p q p ¶2 r n 1 m µ uX X n n n n C t 2 + m(Lip( f )) 2 = 1 + m(Lip( f ))2 = , diam C j = + Lip( f ) = 2 k k k k k k i =1 i =1
dove si è posto C ≡
p p S n n 1 + m(Lip( f ))2 . Avendosi G ( f ; A ∩ Q ) ⊂ kj =1 C j , otteniamo
H Cn/k (G ( f ; A ∩ Q )) ≤
kn X
j =1
α( n)
µ
diam C j 2
¶n
≤ k n α(n)
µ
C 2k
¶n
= α(n)
µ
C 2
¶n
.
Facendo tendere k → ∞, troviamo che H n (G ( f ; A ∩ Q )) < ∞, sicché per (3.2.2) H t (G ( f ; A ∩ Q )) = 0 per ogni t > n. Pertanto, H dim (G ( f ; A ∩ Q )) ≤ n. Questa stima è valida per ogni cubo Q in R n avente lato di lunghezza 1, e di conseguenza, ricoprendo A con una famiglia numerabile di cubi e usando la proprietà di stabilità numerabile della dimensione di Hausdorff (cfr. (3.2.5)), otteniamo che H dim (G ( f ; A )) ≤ n.
Da questa disuguaglianza e dalla (i) segue la (ii).
ä
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
3.5.2
93
L’insieme dove una funzione sommabile è “grande”
(3.5.4) Teorema Sia f ∈ L1loc (R n ), supponiamo 0 ≤ s < n, e definiamo ¯ ¾ ½ Z ¯ 1 |f |dy > 0 . Λs ≡ x ∈ R n ¯¯ lim sup s B( x, r ) r →0 r
Allora
H s ( Λ s ) = 0.
Dim. (a) Risulta ovviamente, per ogni x ∈ R n , Z Z 1 1 | f | d y = lim sup s | f |χB( x, 1) d y; lim sup s B( x, r ) B( x, r ) r →0 r r →0 r possiamo pertanto assumere che f ∈ L1 (R n ). Per il teorema di differenziazione di Lebesgue-Besicovitch (2.4.3) Z lim − | f | d y = | f ( x)|, r →0 B( x, r )
e pertanto
1 r →0 r s lim
Z
B( x, r )
| f | d y = lim
r →0
α( n) r n−s α( n) r n
Z
B( x, r )
Z = α(n) lim r n−s − r →0
B( x, r )
r n− s n r →0 L (B ( x, r))
| f | d y = α(n) lim
Z
B( x, r )
|f |dy
| f | d y = α(n) lim r n−s | f ( x)| = 0 r →0
per L n -q.o. x, essendo 0 ≤ s < n. Ne segue L n ( Λ s ) = 0.
(b) Si fissino ora ǫ > 0, δ > 0, σ > 0. Essendo f L n -sommabile, esiste per (1.4.23) un η > 0 tale che Z | f | dx < σ U
per ogni insieme L n -misurabile U con L n (U ) < η. Definiamo ¯ ½ ¾ Z ¯ 1 ǫ n¯ Λs ≡ x ∈ R ¯ lim sup s |f |dy > ǫ ; B( x, r ) r →0 r si ha Λǫs ⊂ Λs e quindi, per quanto sopra,
L n (Λǫs ) = 0.
Esiste allora per (1.2.12) un aperto U con U ⊃ Λǫs , L n (U ) < η. Poniamo ¯ ¾ ½ Z ¯ 1 |f |dy > ǫ . F ≡ B( x, r) ¯¯ x ∈ Λǫs , 0 < r ≤ δ, B( x, r) ⊂ U, s r B( x, r)
Avendosi ovviamente
sup { diam B | B ∈ F } ≤ 2δ < ∞,
CAPITOLO 3. LA MISURA DI HAUSDORFF
94
il teorema di ricoprimento di Vitali (2.1.4) ci garantisce l’esistenza di una successione {B i }∞ di i =1 palle disgiunte in F tali che ∞ [ [ Bˆ i . B⊂ D’altra parte, se
x ∈ Λǫs
i =1
B∈F
risulta, per ogni ρ > 0, 1 sup s r 0 < r <ρ
Z
B( x, r )
| f | d y > ǫ.
Scegliamo ρ ≤ δ e inoltre così piccolo che B( x, ρ ) ⊂ U ; esiste allora r < ρ tale che 1 rs Pertanto B( x, r) ∈ F e quindi
Z
B( x,r )
| f | d y > ǫ.
x ∈ B( x, r) ⊂
Per l’arbitrarietà di x ∈ Λǫs ,
Λǫs ⊂
[
B∈F
[
B.
B∈F
B⊂
∞ [
i =1
Bˆ i .
(c) Denotiamo con r i il raggio di B i ( i = 1, 2,... ); allora, per definizione di F , Z 1 r si ≤ | f | d y. ǫ Bi
( i = 1, 2,... )
Quindi, tenendo presente che diam Bˆ i = 5 diam B i = 10r i ≤ 10δ, calcoliamo s ǫ H 10 δ (Λ s ) ≤
∞ X
i =1
α( s)(5r i ) s = α( s)5s
∞ X
i =1
r si ≤
∞ Z α( s)5s X
ǫ
i =1 B i
|f |dy ≤
α( s)5s ǫ
Z
U
|f |dy ≤
α( s)5s ǫ
σ.
Facciamo tendere δ → 0, e poi σ → 0, per ottenere H s (Λǫs ) = 0;
ne segue H s (Λ s ) ≤
come volevasi.
∞ X
k =1
k H s (Λ1/ s ) = 0,
ä
Capitolo 4
Formule di area e di coarea 4.1 Jacobiano di un operatore lineare Richiamiamo alcune definizioni e risultati standard di algebra lineare. (4.1.1) Definizioni (i) Un operatore lineare O : R n → R m è ortogonale se (Ox) · (O y) = x · y per ogni x, y ∈ R n . (ii) Un operatore lineare S : R n → R n è simmetrico se x · (S y) = (Sx) · y per ogni x, y ∈ R n . (iii) Sia A : R n → R m un operatore lineare. L’ operatore aggiunto di A è l’operatore lineare A ⋆ : R m → R n definito da x · ( A ⋆ y) = ( Ax) · y per ogni x ∈ R n , y ∈ R m . (4.1.2) Lemma (i) A ⋆⋆ = A . (ii) ( A ◦ B)⋆ = B⋆ ◦ A ⋆ . (iii) O⋆ = O−1 se O : R n → R n è ortogonale. (iv) S ⋆ = S se S : R n → R n è simmetrico. (4.1.3) Teorema (Decomposizione Polare) Sia L : R n → R m un operatore lineare. (i) Se n ≤ m, esistono un operatore simmetrico S : R n → R n ed un operatore ortogonale O : R n → R m tali che L = O ◦ S. (ii) Se n ≥ m, esistono un operatore simmetrico S : R m → R m ed un operatore ortogonale O : R m → R n tali che L = S ◦ O⋆ . Dim. (a) Supponiamo dapprima n ≤ m. Consideriamo C ≡ L⋆ ◦ L : R n → R n . Ora (Cx) · y = (L⋆ ◦ Lx) · y = Lx · L y = x · (L⋆ ◦ L) y = x · C y 95
CAPITOLO 4. FORMULE DI AREA E DI COAREA
96
e inoltre (Cx) · x = Lx · Lx ≥ 0. Pertanto C è simmetrico, semidefinito positivo. Esistono allora µ1 ,... , µn ≥ 0 e una base ortonormale { x k }nk=1 di R n tali che p Scriviamo λk ≡ µk per k = 1,... , n.
Cx k = µk x k .
(k = 1,... , n)
(b) Esiste un insieme ortonormale { z k }nk=1 in R m tale che
Lx k = λk z k .
(∗ )
per k = 1, 2,... E invero, se λk 6= 0, definiamo
zk ≡
1 Lx k . λk
Allora per λk , λl 6= 0 risulta
zk · zl =
λ2 1 1 λk Lx k · Lx l = (Cx k ) · x l = k x k · x l = δkl . λk λl λk λl λk λl λl
Pertanto l’insieme { z k | λk 6= 0 } è ortonormale. Se invece λk = 0, si ha Cx k = µk x k = λ2k x k = 0 da cui Lx k · Lx k = (Cx k ) · x k = 0, ossia Lx k = 0. La (*) risulta così verificata per qualsiasi z k ; possiamo allora scegliere come z k un qualsiasi versore tale che { z k }nk=1 sia ortonormale. (c) Ora definiamo
S : Rn → Rn
e
O : Rn → Rm
ponendo Sx k = λk x k e Ox k = z k (k = 1,... , n). Allora O ◦ Sx k = λk Ox k = λk z k = Lx k , e così, essendo { x k }nk=1 una base di R n , risulta L = O ◦ S. L’operatore S è chiaramente simmetrico, e O è ortogonale dal momento che
Ox k · Ox l = z k · z l = δkl = x k · x l . (d) Supponiamo ora n ≥ m. Applicando la (i) all’operatore lineare L⋆ : R m → R n otteniamo l’esistenza di un operatore simmetrico S : R m → R m e di un operatore ortogonale O : R m → R n tali che L⋆ = O ◦ S . Ma allora
L = L⋆⋆ = (O ◦ S )⋆ = S ⋆ ◦ O⋆ = S ◦ O⋆ . (4.1.4) Definizione Sia L : R n → R m un operatore lineare. (i) Se n ≤ m, scriviamo L = O ◦ S come sopra, e definiamo lo jacobiano di L come [[L]] ≡ |det S |. (ii) Se n ≥ m, scriviamo L = S ◦ O⋆ come sopra, e definiamo lo jacobiano di L come [[L]] ≡ |det S |.
ä
CAPITOLO 4. FORMULE DI AREA E DI COAREA
97
(4.1.5) Lemma (i) Se n ≤ m,
[[L]]2 = det(L⋆ ◦ L).
(ii) Se n ≥ m,
[[L]]2 = det(L ◦ L⋆ ).
Dim. Assumiamo n ≤ m, e scriviamo L = O ◦ S , dove S è simmetrico e O è ortogonale. Allora L⋆ = S ⋆ ◦ O⋆ = S ◦ O⋆ , sicché
L⋆ ◦ L = S ◦ O⋆ ◦ O ◦ S = S ◦ S = S 2 , ricordando che O⋆ ◦ O = I . Pertanto det(L⋆ ◦ L) = (det S )2 = [[L]]2 . La (i) resta così provata; la dimostrazione della (ii) è analoga.
ä
(4.1.6) Notazione (i) Se n ≤ m, definiamo
Λ(m, n) ≡ { λ : {1,... , n} → {1,... , m} | λ è crescente } . (ii) Per ogni λ ∈ Λ(m, n), definiamo Pλ : R m → R n ponendo
Pλ ( x1 ,... , x m ) ≡ ( xλ(1) ,... , xλ( n) ). (4.1.7) Formula di Binet-Cauchy Assumiamo che n ≤ m e che L : R n → R m sia lineare. Allora [[L]]2 =
X
(det(Pλ ◦ L))2 .
λ∈Λ( m, n)
In particolare, [[L]]2 può scriversi come somma dei quadrati dei minori di ordine n della matrice (m × n) che rappresenta L rispetto alle basi standard di R n e R m . Dim. Si veda [E-G, Theorem 4, Section 3.2, pag. 89].
ä
4.2 Funzioni Lipschitz e differenziabilità (4.2.1) Definizione Una funzione f : R n → R m si dice differenziabile in x ∈ R n se esiste un operatore lineare L : R n → R m tale che lim
y→ x
| f ( y ) − f ( x ) − L ( y − x )| = 0, | x − y|
o, ciò che è lo stesso, se
f ( y) = f ( x) + L( y − x) + o(| y − x|)
per y → x.
CAPITOLO 4. FORMULE DI AREA E DI COAREA
98
Un siffatto L, se esiste, è unico; ha allora senso denotarlo con D f ( x) e chiamarlo la derivata di f in x. (4.2.2) Teorema di Rademacher Sia f : R n → R m una funzione Lipschitz. Allora f è differenziabile L n -q.o. Dim. Si veda [E-G, Theorem 2, Section 3.1.2, pag. 81].
ä
(4.2.3) Osservazione Il teorema di Rademacher è un risultato sorprendente; invero, la disuguaglianza | f ( x) − f ( y)| ≤ Lip( f )| x − y| nulla ci dice, in apparenza, sulla possibilità di approssimare localmente f mediante un operatore lineare. (4.2.4) Osservazione Sia f : R n → R m una funzione Lipschitz. Per il teorema di Rademacher, f è differenziabile L n -q.o., e pertanto D f ( x) esiste e può essere riguardato come un operatore lineare di R n in R m per L n -q.o. x ∈ R n . (4.2.5) Definizione Sia f : R n → R m una funzione Lipschitz. Lo jacobiano di f è definito come
J f ( x) ≡ [[D f ( x)]] per L n -q.o. x.
4.3 Formula dell’area. Applicazioni (4.3.1) Teorema (Formula dell’area) Sia f : R n → R m , con n ≤ m, una funzione Lipschitz. Allora per ogni insieme L n -misurabile A ⊂ R n risulta Z Z H 0 ( A ∩ f −1 { y}) d H n ( y). J f dx = A
Rm
Dim. Si veda [E-G, Theorem 1, Section 3.3.2, pag. 96].
ä
(4.3.2) Teorema (Cambiamento di variabili) Sia f : R n → R m , con n ≤ m, una funzione Lipschitz. Allora per ogni funzione L n -sommabile g : R n → R si ha Z
Rn
g( x) J f ( x) dx =
Z " X Rm
x∈ f −1 { y}
#
g ( x ) d H n ( y ).
Dim. (a) Osserviamo in primo luogo che f −1 { y} è al più numerabile per H n -q.o. y ∈ R m . E invero, denotata con B(0, k) la palla di centro l’origine e raggio k (k = 1, 2,... ), la formula dell’area ci assicura che Z Z H 0 (B(0, k) ∩ f −1 { y}) d H n ( y) = J f dx < ∞, Rm
sicché
B(0, k)
H 0 (B(0, k) ∩ f −1 { y}) < ∞ S (B(0, k) ∩ f −1 { y}) e ricordando da (3.1.9) che per H n -q.o. y ∈ R m . Avendosi ovviamente f −1 { y} = ∞ k =1 0 −1 H è la misura che conta i punti, ne segue che f { y} è al più numerabile per H n -q.o. y ∈ R m .
CAPITOLO 4. FORMULE DI AREA E DI COAREA
99
(b) Per dimostrare la formula, supponiamo dapprima g ≥ 0. Per (1.3.12) si ha
g=
∞ 1 X χAi , i =1 i
per appropriati insiemi L n -misurabili { A i }∞ . Utilizzando più volte il corollario (1.4.16) del teorei =1 ma della convergenza monotona e la formula dell’area possiamo scrivere Z
Rn
∞ 1Z ∞ 1Z X X χ A i J f dx = J f dx gJ f dx = n i =1 i A i i =1 i R Z X ∞ 1Z ∞ 1 X X = H 0 ( A i ∩ f −1 { y}) d H n ( y) = χ A i ( x ) d H n ( y) m m i i R R i=1 x∈ f −1 { y} i =1 # Z " X Z ∞ 1 X X n χ A i ( x ) d H ( y) = g ( x ) d H n ( y ). = Rm x∈ f −1 { y} Rm x∈ f −1 { y} i=1 i
(c) Se ora g è una qualsiasi funzione L n -sommabile, è sufficiente scrivere g = g+ − g− ed applicare la (b) alle funzioni non negative g+ e g− . ä (4.3.3) Lunghezza di una curva (n = 1, m ≥ 1) Sia f : R → R m Lipschitz e iniettiva. Per −∞ < a < b < ∞, definiamo la curva C ≡ f ([a, b]) ⊂ R m . Allora H 1 (C ) = “lunghezza” di C =
Dim. Scriviamo
f = ( f 1 ,... , f m ),
sicché
Zb a
| f˙| dt.
D f = ( f˙1 ,... , f˙m ),
J f = |D f | = | f˙|.
Siccome f è iniettiva, 0
H ([a, b] ∩ f
−1
{ y}) =
(
1 se esiste t ∈ [a, b] tale che y = f ( t), 0 altrimenti;
in altri termini, H 0 ([a, b] ∩ f −1 { y}) = χC ( y). Dalla formula dell’area ricaviamo pertanto Z Z Zb Zb H 1 (C ) = χC d H 1 = H 0 ([a, b] ∩ f −1 { y}) d H 1 ( y) = J f dt = | f˙| dt. Rm
Rm
a
a
ä
(4.3.4) Area della superficie di un grafico (n ≥ 1, m = n + 1) Siano g : R n → R una funzione Lipschitz, U ⊂ R n un aperto e G il grafico di g su U :
G ≡ G ( g; U ) = { ( x, g( x)) | x ∈ U } ⊂ R n+1 . Allora n
H (G ) = “area della superficie” di G =
Z
U
1
(1 + |D g|2 ) 2 dx.
CAPITOLO 4. FORMULE DI AREA E DI COAREA
100
Dim. Cominciamo con l’osservare che se a1 ,... , a n sono numeri reali e A è la matrice
1 ..
. 1 0
a1
···
a j −1
aj
1 .. .
a j +1
..
. 0 ···
, 1 a n n× n
allora, con facili calcoli, det A = ±a j . Definiamo poi f : R n → R n+1 ponendo
f ( x) ≡ ( x, g( x)). Allora f è Lipschitz (per (3.2.8)) e
Df =
1 .. . 0 ∂g ∂ x1
··· ··· ···
0 .. . 1 ∂g ∂xn
,
( n+1)× n
sicché, applicando la formula di Binet-Cauchy (4.1.7) e quanto osservato prima, otteniamo 2
( J f ) = somma dei quadrati dei minori di ordine n di D f = 1 +
µ
∂g ∂ x1
¶2
+ ... +
µ
∂g ∂xn
¶2
= 1 + |D g|2 .
Si noti che f è iniettiva, per cui, fissato y ∈ R n+1 , risulta H 0 (U ∩ f −1 { y}) =
(
1 se esiste x ∈ U tale che y = f ( x), 0 altrimenti;
in altri termini, H 0 (U ∩ f −1 { y}) = χG ( y). Dalla formula dell’area ricaviamo pertanto Z Z Z Z 1 J f dx = (1 + |D g|2 ) 2 dx, H 0 (U ∩ f −1 { y}) d H n ( y) = χG d H n = H n (G ) = Rn+1
Rn+1
U
come volevasi.
U
ä
Generalizziamo l’esempio precedente: (4.3.5) Area della superficie di una ipersuperficie parametrica (n ≥ 1, m = n + 1) Siano U ⊂ R n un aperto, f : R n → R n+1 una funzione Lipschitz e iniettiva, e scriviamo
S ≡ f (U ) ⊂ R n+1 .
CAPITOLO 4. FORMULE DI AREA E DI COAREA
101
Allora !1 Z ÃnX +1 · ∂( f 1 ,... , f k−1 , f k+1 ,... , f n+1 ) ¸2 2 dx. H (S ) = “area della superficie” di S = ∂( x1 ,... , x n ) U k =1 n
Dim. Si ha
∂f 1
∂ x1 .. Df = . ∂ f n +1 ∂ x1
···
···
∂f 1
∂xn .. . ∂f
n +1
∂xn
,
( n+1)× n
sicché, applicando la formula di Binet-Cauchy (4.1.7), ( J f )2 = somma dei quadrati dei minori di ordine n =
nX +1 · ∂( f 1 ,... , f k−1 , k =1
f k+1 ,... , f n+1 ) ∂( x1 ,... , x n )
¸2
.
La tesi segue dalla formula dell’area (4.3.1) con ragionamenti analoghi a quelli svolti nell’esempio precedente. ä
4.4 Formula di coarea. Applicazioni (4.4.1) Teorema (Formula di coarea) Sia f : R n → R m Lipschitz, con n ≥ m. Allora per ogni insieme L n -misurabile A ⊂ R n risulta Z Z J f dx = H n−m ( A ∩ f −1 { y}) d y. A
Rm
Dim. Si veda [E-G, Theorem 1, Section 3.4.2, pag. 112].
ä
(4.4.2) Osservazioni (i) Si osservi che la formula di coarea è una sorta di generalizzazione “curvilinea” del teorema di Fubini. (ii) Applicando la formula di coarea all’insieme A ≡ { J f = 0}, scopriamo che H n−m ({ J f = 0} ∩ f −1 { y}) = 0
(∗ )
per L m -q.o. y ∈ R m . Questa è una versione debole del teorema di Morse-Sard, il quale asserisce che { J f = 0} ∩ f − 1 { y } = ; per L m -q.o. y, purché f ∈ C k (R n ; R m ) per
k = 1 + n − m. Si osservi, comunque, che la (*) richiede soltanto che f sia Lipschitz.
CAPITOLO 4. FORMULE DI AREA E DI COAREA
102
(4.4.3) Teorema (Cambiamento di variabili) Sia f : R n → R m Lipschitz, con n ≥ m. Allora per ogni funzione L n -sommabile g : R n → R
g | f −1 { y} è H n−m -sommabile per L m -q.o. y e
Z
Rn
g( x) J f ( x) dx =
Z ·Z
g dH
f −1 { y}
Rm
n− m
¸
d y.
(Per ogni y ∈ R m , f −1 { y} è chiuso e dunque H n−m -misurabile.) Dim. Analoga alla dimostrazione di (4.3.2) (si utilizza però la formula di coarea).
ä
(4.4.4) Coordinate polari (i) Sia g : R n → R L n -sommabile. Allora Z
Rn
g dx =
Z∞ µZ 0
∂B(0, ρ )
¶ g d H n −1 d ρ .
(ii) Sia r > 0, e sia g : B(0, r) ⊂ R n → R L n -sommabile. Allora ¶ Z Zr µZ g dx = g d H n −1 d ρ . B(0, r )
0
∂B(0, ρ )
Dim. Poniamo f ( x) ≡ | x|; allora
D f ( x) =
x , | x|
J f ( x) = 1
( x 6= 0);
inoltre
f
−1
{ρ } =
(
∂B (0, ρ )
;
se ρ ≥ 0,
se ρ < 0.
Applicando (4.4.3) si ha dunque Z
Rn
g dx =
Z∞ µZ −∞
f −1 {ρ }
¶ Z∞ µZ g d H n −1 d ρ = 0
∂B(0, ρ )
¶ g d H n −1 d ρ ,
cioè la (i). Per ottenere la (ii), scriviamo la (i) con gχB(0, r) in luogo di g; risulta Z
B(0, r )
g dx =
Z
Rn
gχB(0, r) dx =
Z∞ µZ 0
∂B(0, ρ )
¶ Zr µZ gχB(0, r) d H n−1 d ρ = 0
∂B(0, ρ )
¶ g d H n −1 d ρ .
L’ultimo passaggio segue dall’osservazione che Z gχB(0, r) d H n−1 = 0 ∂B(0, ρ )
per ρ > r.
ä
CAPITOLO 4. FORMULE DI AREA E DI COAREA
103
(4.4.5) Definizione Siano X un insieme, µ una misura su X , f : X → R una funzione. (i) Si defisce estremo superiore essenziale di f il numero
¯ ª © ess sup f ≡ inf a ∈ R ¯ µ ({ x | f ( x) > a }) = 0
ed estremo inferiore essenziale di f il numero
¯ © ª ess inf f ≡ sup b ∈ R ¯ µ ({ x | f ( x) < b }) = 0 ,
con la convenzione che inf ; = ∞, sup ; = −∞.
(ii) La funzione f si dice essenzialmente limitata se k f k∞ ≡ ess sup| f | < ∞.
(4.4.6) Osservazione Siano X un insieme, µ una misura su X e f , g : X → R due funzioni. Supponiamo che f sia µ-sommabile e che g sia µ-misurabile ed essenzialmente limitata. Allora Z Z | f g| d µ ≤ k gk∞ | f |d µ < ∞, e quindi f g è µ-sommabile. (4.4.7) Insiemi di livello Sia f : R n → R Lipschitz. Allora: (i)
Z
Rn
|D f | dx =
Z∞
−∞
H n−1 ({ f = t}) dt;
(ii) se inoltre ess inf|D f | > 0 e g : R n → R è L n -sommabile, Z
{ f > t}
g dx =
Z∞ µZ t
¶ g n −1 dH ds. { f = s} | D f |
Dim. (a) Si ha J f = |D f |, sicché applicando la formula di coarea (4.4.1) con A ≡ R n scriviamo Z Z Z∞ Z∞ |D f | dx = J f dx = H n−1 ( f −1 { t}) dt = H n−1 ({ f = t}) dt. Rn
Rn
−∞
−∞
(b) Come sopra, J f = |D f |; inoltre l’ipotesi ess inf|D f | > 0 implica ovviamente che 1/|D f | è essenzialmente limitata, per cui (4.4.6) ci garantisce che
g |D f | è L n -sommabile. Scriviamo E t ≡ { f > t} e usiamo (4.4.3) per calcolare ¶ ¶ Z∞ µZ Z∞ µZ Z Z g g g n −1 n −1 J f dx = dH ds = dH ds. χE t g dx = χE t |D f | |D f | −∞ { f = s} t { f = s} | D f | { f > t} Rn L’ultimo passaggio segue dall’ovvia osservazione che, per s < t, Z g χE t d H n − 1 = 0. |D f | { f = s}
CAPITOLO 4. FORMULE DI AREA E DI COAREA
4.4.1
104
Il volume della palla n-dimensionale
(4.4.8) Notazione Nel seguito indicheremo con σ(n) la misura di Hausdorff (n − 1)-dimensionale della superficie della palla unitaria B1 ≡ B(0, 1) di R n : σ( n) ≡ H n−1 (∂B 1 ).
(4.4.9) Osservazione Per ogni x ∈ R n e per ogni r > 0 risulta, per (3.1.9), H n−1 (∂B( x, r)) = r n−1 σ(n).
(4.4.10) Lemma Per ogni n ≥ 2 risulta σ(n) = nα(n). Dim. Applicando (4.4.4) con g ≡ 1 si ha subito α( n) =
Z
B1
dx =
Z1 0
dρ
Z
∂B(ρ ,0)
dH
n −1
=
Z1 0
ρ n−1 σ( n) d ρ =
da cui segue la tesi.
σ( n)
n
, ä
Enunciamo e dimostriamo un risultato già anticipato in (1.5.12). (4.4.11) Volume della palla unitaria di R n (i) Per n ≥ 1, α( n) =
π n/2
Γ( n2 + 1)
=
π n/2
n n . 2 Γ( 2 )
(ii) In particolare, si ha per ogni intero k ≥ 1 α(2k − 1) =
2 k π k −1 , (2k − 1)!!
α(2k) =
πk
k!
.
Dim. (a) Ricordando (1.5.8) si ha subito
e
π1/2 π1/2 = 2 = 2 = α(1) ¢ ¡ 1 1 π1/2 2Γ 2 π2/2 π = π = α(2). ¡2¢ = 2 1·1 Γ 2
2
Ragioniamo ora per induzione e fissiamo n ≥ 3 tale che la tesi sia vera per n − 1. Denotiamo con x′ il generico punto di R n−1 e con x ≡ ( x′ , x n ) ≡ ( x1 ,... , x n−1 , x n ) il generico punto di R n . Poiché
x ∈ B1 ⇐⇒ | x| ≤ 1 ⇐⇒ x12 + ... + x2n−1 + x2n ≤ 1
risulta
⇐⇒ x2n ≤ 1 − ( x12 + ... + x2n−1 ) = 1 − | x′ |2 q ⇐⇒ | x′ | ≤ 1 ∧ | x n | ≤ 1 − | x′ |2 ,
¯ ½ ¾ q ¯ B1 = ( x′ , x n ) ∈ R n ¯¯ | x′ | ≤ 1, | x n | ≤ 1 − | x′ |2 ,
CAPITOLO 4. FORMULE DI AREA E DI COAREA
105
sicché utilizzando il teorema di Fubini (1.5.5) scriviamo Z Z Zp α( n) =
B1
dx =
B1n−1
1−| x′ |2
dx′
−
p
1−| x′ |2
dx n = 2
Z
B1n−1
q 1 − | x′ |2 dx′ ,
dove B1n−1 denota la palla unitaria di R n−1 . Applicando poi (4.4.4) a B1n−1 otteniamo, ricordando anche (4.4.10), α( n) = 2
=2
Z1 0
Z1 0
dρ
Z
∂Bρn−1
q
1 − | x′ |2 d H n−2 = 2
H n−2 (∂Bρn−1)
= 2(n − 1)α(n − 1)
Z1 0
q
Z1 q Z 1 − ρ2 dρ
∂Bρn−1
0
1 − ρ 2 d ρ = 2σ(n − 1)
Z1 0
ρ n −2
q ρ n −2 1 − ρ 2 d ρ .
d H n −2
q 1 − ρ2 dρ
Effettuiamo, nell’ultimo integrale, il cambiamento di variabili ρ = r1/2 . In tal modo, ricordando che per ipotesi induttiva la tesi è vera per n − 1 e utilizzando (1.5.10) e (1.5.8), otteniamo facilmente α( n) = 2( n − 1)α( n − 1)
= (n − 1)α(n − 1)
Z1 0
Z1 0
r( n−2)/2 (1 − r)1/2
1 −1/2 r dr 2
r( n−3)/2 (1 − r)1/2 dr = (n − 1)
µ ¶ n−1 3 π( n−1)/2 β , ¢ ¡ n −1 2 2 Γ n −1 2
2
¡ ¢ ¡ 1¢ ¡3¢ 1 Γ 12 Γ n− π n/2 2π 2 Γ 2 ( n−1)/2 2 ¢ ¡ ¡ n¢. = = ¡ n −1 ¢ ¡ n + 2 ¢ = 2π n n n Γ 2 Γ 2 2Γ 2 2Γ 2 ( n−1)/2
La (i) è così dimostrata.
(b) Proviamo ora la (ii). Per k = 1 risulta 21 π 1 − 1 = 2 = α(1) = α(2 · 1 − 1) (2 · 1 − 1)!!
e
π1
1!
= π = α(2) = α(2 · 1).
Supposto dunque k ≥ 2 e applicando (1.5.8) si ha µ µ ¶ µ ¶ ¶ 2k − 1 2k − 3 2k − 3 (2k − 3)!! 1 (2k − 3)!! 1/2 Γ Γ π . Γ = = ... = = 2 2 2 2 2 k −1 2 k −1 Da questa uguaglianza, per la (i), otteniamo α(2k − 1) =
π(2 k−1)/2 2 k π k −1 π(2 k−1)/2−1/2 · 21+( k−1) ´= ³ = . 2 k −1 (2k − 1)(2k − 3)!! (2k − 1)!! Γ 2 k −1 2
2
Infine, ricordando che kΓ(k) = k!,
α(2k) =
π2 k/2 ³ ´=
2k 2k 2 Γ 2
πk
kΓ(k)
=
πk
k!
.
ä
Bibliografia [AFP] L. Ambrosio, N. Fusco, D. Pallara, Functions of Bounded Variation and Free Discontinuity Problems, Oxford University Press (2000) [E-G] L. Evans, R. Gariepy, Measure Theory and Fine Properties of Functions, CRC Press (1992) [Falc] K. Falconer, Fractal Geometry, 2nd edn., Wiley (2003) [Fed]
H. Federer, Geometric Measure Theory, Springer-Verlag (1969)
[H-S] E. Hewitt, K. Stromberg, Real and Abstract Analysis, Springer-Verlag (1965) [Hut] J. Hutchinson, “Fractals and Self Similarity”, Indiana Univ. Math. J. 30, 713–747 (1981)
106
Indice analitico σ-algebra, 12 di Borel, 14 generata da una famiglia di insiemi, 14
Γ, 47 β, 48 µ-misurabile, 24 σ-finita, 41 Borel misurabile, 24 caratteristica, 25 differenziabile, 97 essenzialmente limitata, 103 inferiormente semicontinua, 27 integrabile, 34 Lipschitz, 80 localmente sommabile, 34 semplice, 33 sommabile, 34 superiormente semicontinua, 27
approssimazione di un insieme, 16, 18 area della superficie di un grafico, 99 di una ipersuperficie parametrica, 100 assoluta continuità dell’integrale, 39 boreliano, 14 coordinate polari, 102 criterio di Caratheodory, 20 curva, 99
grafico di una funzione, 91 decomposizione di Lebesgue di una misura, 67 insieme di una funzione misurabile non negativa, σ-finito, 13 28 Cantor-like, 82 decomposizione polare, 95 di Borel, 14 densità di una misura, 62 di Cantor, 82 derivata di livello, 103 di una funzione, 98 dove una funzione sommabile è “grande”, di una misura, 62 93 dimensione di Hausdorff, 79 mai denso, 82 disuguaglianza isodiametrica, 88 misurabile, 8 non misurabile secondo Lebesgue, 23 estensione di una funzione continua, 29 perfetto, 82 estremo integrale, 34 inferiore essenziale, 103 inferiore, 34 superiore essenziale, 103 su un sottoinsieme, 34 superiore, 34 formula dell’area, 98 di Binet-Cauchy, 97 funzione A -misurabile, 24
jacobiano di un operatore lineare, 96 di una funzione Lipschitz, 98
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INDICE ANALITICO lemma di Fatou, 35 di incollamento, 31 limite di funzioni misurabili, 25 di misure, 15 lunghezza di una curva, 99 media di una funzione, 70 misura, 7 σ-finita, 13 assolutamente continua, 65 Borel regolare, 14 che conta i punti, 13 di Borel, 14 di Hausdorff, 76 di Lebesgue, 21 di Radon, 14 differenziabile, 62 finita, 13 prodotto, 40 regolare, 13 ristretta a un sottoinsieme, 8 misure mutuamente singolari, 65 operatore aggiunto, 95 ortogonale, 95 simmetrico, 95 parte assolutamente continua, 67 negativa, 25 positiva, 25 singolare, 67 prolungamento di una funzione continua, 29 proprietà degli insiemi misurabili, 8, 9 dell’insieme di Cantor, 82, 83 della dimensione di Hausdorff, 79, 80 della misura di Hausdorff, 77 della simmetrizzazione di Steiner, 85 delle funzioni Γ e β, 47, 48 delle funzioni misurabili, 25 di una σ-algebra, 12 di una misura regolare, 13
108 punto di densità 0, 74 di densità 1, 74 di Lebesgue, 72 restrizione di una misura, 8 di una misura Borel regolare, 14 ricoprimento, 50 fine, 50 simmetrizzazione di Steiner, 85 successione di funzioni misurabili, 25 di insiemi misurabili, 9, 13 di misure, 15 teorema della convergenza dominata, 36 della convergenza monotona, 36 di decomposizione di Lebesgue, 67 di differenziazione di Lebesgue-Besicovitch, 70 di differenziazione per le misure di Radon, 65 di Egorov, 32 di Fubini, 41 di Lusin, 31 di Rademacher, 98 di Radon-Nikodym, 65 di ricoprimento di Besicovitch, 57 di ricoprimento di Vitali, 51 fondamentale del calcolo, 65 volume della palla n-dimensionale, 49, 104