I CANI VOLANO BASSO, Alek Popov

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alek popov

I CaNI volaNo BaSSo Traduzione di Sibylle kirchbach

keller editore


Titolo originale: Черната кутия False Bottom Box Traduzione dal bulgaro: Sibylle kirchbach © alek popov © 2008 Residenz verlag im Niederösterreichischen pressehaus Druckund verlagsgesellschaft mbH, St. pölten - Salzburg published by arrangement with agenzia letteraria Internazionale ImmagINe DI CopeRTINa

© Joerg Buschmann | SIme © 2013 keller editore via della Roggia, 26 38068 Rovereto (Tn) t|f 0464 423691 www.kellereditore.it redazione@kellereditore.it pRIma eDIzIoNe, oTToBRe DuemIlaTReDICI


I cani volano basso



Ispirato a fatti realmente accaduti‌



pRologo

Non riesco a credere che quella scatola di plastica nera, che ci è appena stata consegnata dalle autorità doganali, contenga mio padre. Non può essere! la scatola è appoggiata sul tavolo del soggiorno e i nostri sguardi poggiano paralizzati su di lei. Siamo sconvolti. Non so gli altri cosa si aspettassero. la scatola è una scatola. Tutto qui. un semplice imballaggio. Cerco di spostarla ma… accidenti, quanto pesa! Da un angolo fuoriesce una manciata di polvere scura: le ceneri di mio padre, suppongo. vi intingo l’indice e l’annuso. Sono tentato di dare anche una leccata ma gli altri mi fissano con biasimo sempre più minaccioso. Il coperchio della scatola riporta a piccole lettere il nome di mio padre. potrebbe benissimo esserci scritto anche il nome di uno sconosciuto… poi d’un tratto il silenzio si ribalta in concitazione, tutti si mettono in moto, stendono una tovaglia pulita, cercano una foto adatta del defunto, accendono una candela, portano dei fiori, un piatto di caramelle, ed ecco pronto l’altare domestico. Nel corso delle ore il suo inventario si arricchisce: compaiono un’icona, un crocefisso, i libri di papà, un diploma di non so cosa, una vecchia medaglia. la nonna è ansiosa di sottolineare che mio padre era una persona molto stimata. la mamma, indaffarata, si concentra su dettagli meno rilevanti – nella testa sta probabilmente brancolando intorno alle cin-

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ta dell’aldilà con la speranza che in quella muraglia di nebbia che separa il mondo dei vivi dal regno dei morti si apra uno spiraglio… poi arrivano i primi ospiti: guardano la scatola nera, scuotono la testa. è successo tutto così all’improvviso! Solo ieri si erano ritrovati per bere insieme e oggi lui non c’è già più. la morte di mio padre è un forte shock per una serie di motivi diversi. uno: era troppo giovane, aveva appena cinquant’anni. Due: era una testa brillante e quindi per la scienza si tratta di una perdita irreparabile. Tre: la disgrazia è avvenuta da qualche parte degli Stati uniti, nei meandri di un continente sconosciuto, il che ci fa sentire ancora più impotenti. Quattro: nessuno sa in modo esatto come sia successo, perciò l’accaduto sembra intriso di malasorte e ha scatenato un’ondata di pettegolezzi. Cinque: eventi del genere sono per principio tragici. Sei: mi pare che vi sia almeno un altro migliaio di motivi, ma al momento non me ne viene in mente neanche uno. è passato quasi un anno da quando il comunismo è caduto a pezzi. Comunque ne ero sicuro: prima o poi, a continuare per quella strada, sarebbe per forza dovuto finire così… mi riferisco all’amore che mio padre nutriva per la bottiglia. lui andava ormai a gonfie vele nel suo circuito “altamente infiammabile”, come se si trattasse di vincere i mondiali, e noi non potevamo fare altro che augurargli in bocca al lupo. Cosa cercasse invece di dimostrare nel tempo in cui era sobrio, non ne ho la più

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pallida idea. Di quegli integrali, algoritmi e teoremi che emetteva ininterrottamente, non ne capivo nulla. In generale non sono mai riuscito a sviluppare alcuna passione per le scienze dure. a scuola in matematica facevo proprio schifo. a ogni modo nemmeno lui si era mai sforzato di aiutarmi. Somigliava più alla compassione ciò che provava per me… e io da parte mia avevo compassione per lui che, poveretto, continuava a battersi con quella materia così ingrata. perché paradossalmente, sia io l’asinello che lui il cervellone, ci trovavamo entrambi nella stessa situazione: non ha alcuna importanza se l’equazione che hai davanti è lunga mezza riga o mezzo chilometro quando comunque non sei in grado di risolverla. ma mentre io me ne infischiavo, per lui si trattava di una questione di vita o di morte. Quei maledetti integrali sono come canne da pesca: se abbocchi una sola volta, sei finito per sempre! e mi sto ancora chiedendo: chi è il pescatore che ha gettato gli ami per le carpe nello stagno della scienza? ecco, intanto, che finalmente arriva mio fratello Nedko – il borsone flaccido delle poste a tracolla. l’anno scorso non è riuscito a superare l’esame di ammissione all’università e ora, per via di qualche legge balorda, deve dimostrare di aver lavorato almeno sei mesi prima di potersi iscrivere di nuovo alla prova d’ingresso. Insomma, il governo si fa creativo, affinché la gioventù non finisca a sciuparsi per la strada. eppure ho il sospetto che questo tipo di premura creativa abbia i giorni contati. Comunque, per il momento bisogna adattarsi. gli dico: «C’è un pacco per noi». Nedko mi guarda perplesso, poi scorge la scatola nera sul tavolo e sulle sue labbra sguscia un sorriso complice. Il lavoro nelle poste lo ha reso più cinico: il borsone è carico di lettere,

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riviste e giornali che, scommetto, tanto presto non giungeranno ai loro destinatari! e per una serie di sfortunate coincidenze, Nedko distribuisce la posta anche nel nostro quartiere, tant’è che l’avviso di recapito del triste pacco l’abbiamo ricevuto con due settimane di ritardo. ora mio fratello cerca di farsi perdonare rifilandomi il nuovo numero dell’«Ogonëk», “la Scintilla”, la testata sovietica più progressista e guarda caso anche quella più stipata di rivelazioni che fanno gelare il sangue nelle vene. Io però in questo momento non sono in vena di gustarmi la cuisine russe con i suoi arrosti extra piccanti al retrogusto di salsa staliniana. Sto contemplando la scatola nera e pensando: come diavolo faccio a essere sicuro che quelle sono davvero le ceneri di mio padre? Che non siano invece i resti di un barbone qualunque? è impossibile! lo dico a mio fratello, ma Nedko si stringe soltanto nelle spalle: «Come ti è venuta in mente questa fesseria?» Come? Non ci vuole molta fantasia per arrivare a capirlo! ma Nedko di fantasia non ne ha proprio… Il trasporto della salma dagli Stati uniti alla Bulgaria sarebbe costato duemila dollari – una cifra che neppure per sogno avremmo potuto permetterci. l’assicurazione di papà se n’è lavata le mani come se la cosa non la riguardasse neanche un po’. l’università al solito è stata taccagna. Figuriamoci, poi, riuscire a far sborsare all’ambasciata bulgara un solo centesimo per il rimpatrio! Quindi, l’unica via di ritorno passava per la cremazione. Comunque, visto che mio padre era ateo, hanno pensato che non avrebbe avuto obiezioni. e alla fine le sue ceneri sono state imbarcate come un normalissimo pacco postale.

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C’è un pacco per noi dall’america. «l’hai già detto» brontola mio fratello con la fronte corrugata. «è il titolo di un racconto» aggiungo, «di Svetoslav minkov». l’ho letto in un’antologia di racconti satirici degli anni Cinquanta, in cui vengono sbeffeggiati i valori della piccola borghesia. C’è una famiglia di borghesucci che ha una zia in america. Questa manda loro regolarmente dei doni. I pacchi che arrivano da oltreoceano scatenano ogni volta un concerto di lodi agli Stati uniti, accompagnate da spietati insulti all’economia bulgara. un giorno questa famiglia riceve un pacco che contiene una strana scatola di metallo sigillata e senza alcuna scritta. la aprono e dentro trovano una misteriosa polvere grigia. a cosa servirà mai? Rifletti di qua, rifletti di là, alla fine il padre decide di tagliare la testa al toro e prova a versarsene un cucchiaino nel caffè. la polvere ha l’effetto di un tonico e tutti convengono che debba trattarsi di un integratore alimentare. Iniziano a prenderla ogni mattina e col tempo trovano anche altre modalità d’uso. Quando la magica polvere sta per esaurirsi, scrivono alla zia per chiederle di mandarne ancora. la risposta che ricevono arriva come un fulmine a ciel sereno. ad accompagnare il pacco doveva esserci una lettera, ma evidentemente era finita nella borsa di un postino come mio fratello… I parenti americani, in quella lettera, informavano la famiglia che la zia era purtroppo venuta a mancare e che avrebbero inviato loro le sue ceneri, affinché potesse essere sepolta in patria. Da quel giorno la famiglia bulgara smise di tessere le lodi dell’america.

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«Che imbecilli!» commenta mio fratello. accidenti però! Quando casca un aereo, l’attenzione del mondo si focalizza sulla ricerca della scatola nera in cui sono registrati i dettagli del volo, lo stato dei sistemi tecnici, i dialoghi dell’équipe, le disposizioni del comandante e così via. Quell’apparecchio, il famoso flight recovery, permette di ricostruire le ultime ore di volo prima della catastrofe, e magari anche le cause del disastro. la scatola nera di mio padre invece non contiene nulla di tutto ciò: tutte le informazioni sono state cancellate. mandate in cenere! Di colpo mi rendo conto che non lo conoscevo affatto. Non capivo nulla del suo lavoro, disprezzavo il suo amore per la vodka, tremavo di fronte ai suoi attacchi di ira, ero felice quando doveva partire per un nuovo viaggio, anche se avevo paura che potesse non tornare più – e, infatti, le mie paure non erano infondate. un ricordo emerge dalla mia memoria, come se ricevessi una cartolina dall’aldilà. C’è un’ampia spiaggia. Da un lato la costeggiano palme e alberghi a non finire. Dall’altro la azzannano le onde scure e rabbiose dell’atlantico. lungo il cielo scivola uno zeppelin trascinandosi dietro un’insegna pubblicitaria: myRTle BeaCH. Sono negli Stati uniti, quindi deve essere il 1986, l’anno in cui mio padre fu chiamato a insegnare per due semestri all’università del South Carolina e la patria si dimostrò tanto generosa da permettergli di portare con sé la famiglia. ero studente allora, iscritto al terzo anno, e con grande fervore passavo in rassegna tutte le possibilità per rimanere dall’altra parte della cortina di ferro. più che altro per principio, non perché mi piacesse tanto… mio padre, invece, non era interessato a rimanere. In quella spiaggia ne parlammo. l’unica conversazione seria che io e lui

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abbiamo mai avuto. Non ricordo esattamente le sue parole, quel giorno molte se le mangiò il fragore dell’oceano… Comunque, mia madre e mio fratello camminano a grande distanza davanti a noi. Io inseguo con sguardo incantato l’immagine delle due ombre che sgusciano fianco a fianco nella sabbia: lui è un uomo alto e grosso, con un testone grande e i capelli corti. la cintura dei pantaloni gli passa sopra la pancia e lo trovo piuttosto goffo. Io sono magro come un grissino, coi capelli lunghi e scompigliati. I pantaloni mi scendono dai fianchi fino a toccare il limite della decenza. Due giorni prima avevo visto su mTv il cantante degli aerosmith indossare pantaloni di quel tipo e li avevo trovati subito “fichissimi”! mio padre cerca di spiegarmi come mai non vuole che restiamo in america. Non che non potessimo permettercelo o che non gli fosse mai passato per la testa, è che ci sono cose più importanti dei negozi traboccanti di belle merci. per esempio il rispetto… Bisogna contare qualcosa nella vita. Invece l’immigrato resta in eterno un immigrato. perfino in america. Finché lui fa l’ospite, lo accolgono come un loro pari, ma se decidesse di rimanere, il loro atteggiamento cambierebbe. So che non è facile capirlo, dice, e mi mette il braccio intorno alle spalle. (o forse no, non me lo ricordo più.) In realtà, nel mio cervello le sue riflessioni arrivano alla rinfusa. In fondo non mi importa poi tanto della questione, se rimanere o tornare a casa… è importante poter scegliere, prosegue mio padre, poter decidere se dire di no. un immigrato invece non può mai dire di no. poi parla dei suoi studenti in Bulgaria, li chiama “i suoi ragazzi”. Senza di loro non sarebbe lo stesso… certo, potrebbe sempre giustificare la scelta come fuga dal regime e tutti lo capirebbero. Tanto i suoi rapporti con i comunisti sono sempre stati piuttosto tormentati. ma non è forse

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vero che, nonostante il regime, lui ha potuto raggiungere proprio lì tutto ciò che è diventato? e questo, in verità, non rende il suo legame con la patria ancora più forte? e poi, i regimi cambiano… Io, però, ascolto ormai con un solo orecchio le sue digressioni sul leader sovietico gorbačëv. la mia attenzione è assorbita da una ragazza con un piercing all’ombelico. è la prima volta che vedo una bizzarria del genere! Il luccichio del brillantino sul piccolo addome della ragazza è inebriante e la mandibola mi casca quasi fin nella sabbia. In un batter d’occhio mi sento catapultato indietro nell’evoluzione umana di almeno centomila anni. altro che gorbačëv e perestrojka!… mio padre manco se ne accorge. papà! Se quel giorno l’avessi visto anche tu, il brillantino della ragazza, magari adesso saresti da tutt’altra parte e non in una scatola nera. la vita non è solo fatta di integrali, ipotenuse e vodka! ma ormai è troppo tardi per far ragionare mio padre. Non possiamo più nemmeno bere insieme una birra. e quel che è stato, è stato. Non c’è niente da fare, lui è dentro la sua scatola, si è messo comodo e non gliene importa più niente di niente. o quanto meno alle sue ossa. l’anima non so. Chissà, forse quella gira ora per le strade dell’america su un’invisibile Harley Davidson e sghignazza a squarciagola: «Sì-ì-ì! li ho seminati tutti! Fuck! Fuck! Fuck!» Noi invece siamo rimasti indietro. In senso figurato e letterale. per di più, la sua assicurazione si rifiuta di pagare. preten-

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de un esame del DNa. ma il corpo da esaminare non c’è più, è stato cremato! Quei pezzi di merda hanno ben messo in conto che siamo lontani e non possiamo fare assolutamente nulla. perciò, addio per sempre, adorabili centomila dollari. Tutto questo una quindicina d’anni fa.

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