DIETRO LA STAZIONE

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ARNO CAMENISCH

DIETRO LA STAZIONE Traduzione di Roberta Gado

Keller editore



Dietro la stazione



Dietro la stazione ci sono le macchine dei soldati. Noi li teniamo d’occhio, il sabato mattina se ne vanno e la domenica sera lasciano di nuovo la macchina dietro la stazione. Aprono il baule e tirano fuori borse e valigie e le armi. Le armi non hanno il caricatore. Li guardiamo mentre si fanno il nodo alla cravatta e abbottonano la camicia. Infilano la casacca con le mostrine sulle spalle, calzano il berretto, parlano tra loro, passano davanti alla stazione e scompaiono oltre la curva di via dalla staziun. Il Gion Baretta solleva i due conigli per le orecchie e li tira fuori dalla scatola di cartone. Mette giù i conigli in giardino. Ecco, dice, hier vuala. I conigli saltellano per il prato. Noi saltiamo dietro di loro. Ancora qualche settimana di pazienza, dice il Gion Baretta al papà, poi sono pronti, potete farli coprire. Brindano. La gabbia l’ha fatta il papà. Noi ci abbiamo sistemato la paglia. I conigli finiscono nella gabbia. Poi ne facciamo una più grossa, in modo che i conigli abbiano posto abbastanza quando faranno i piccoli. E se non li curate bene e non pulite la gabbia, ve li faccio fuori. In pentola, capito. Noi facciamo segno 9


di sì. Lu mersi, gell, dice il papà al Gion Baretta, figurati, fa lui. Il Gion Baretta scavalca la staccionata, monta sulla sua Subaru, alza la mano e va. Il Giacasep abita sotto di noi. Ha un negozio e i baffi. Vende viti. Vende chiodi e motoseghe. Vende martelli, cacciaviti, morsetti, bombole del gas, metri, trapani e punte di trapano. Vende anche cassette per gli attrezzi, Mars e gelati. E se gliele ordini, dal Giacasep puoi comprare anche le bici. Però ci vuol tanto fin che arrivano, e poi bisogna ancora montarle. Il Giacasep dice che dopo lo fa, adesso non ha tempo. Non ha mai tempo. Deve portare le viti in cantina o deve fare le chiavi. In negozio ha una torre, ci si può sedere davanti su uno sgabello e fare le chiavi. Si mette gli occhiali apposta. Quando il Giacasep fa le chiavi, noi giriamo per il negozio e ci infiliamo gli ami da pesca nei maglioni uno con l’altro come medaglie. Vicino alla porta sul retro tiene le scatole dei chiodi. Dentro le scatole ci sono chiodi lunghi come matite. I chiodi hanno le teste piatte, e le teste sono larghe. Ci infiliamo i chiodi nelle tasche dei calzoni. Il sabato mattina guardiamo i soldati che vanno alla macchina, tolgono la cravatta, sbottonano la camicia. 10


Aprono la macchina e buttano il berretto sul sedile dietro. Parlano tra loro e ridono. In tasca abbiamo i chiodi del Giacasep. Il papà ci chiede se abbiamo dato da mangiare ai conigli. Noi diciamo che gli daremmo da mangiare anche subito, ma abbiamo ancora una cosa da fare. E sarebbe ora di pulirgli la gabbia, dice il papà. Noi annuiamo. Il papà fa la faccia severa e ci mostra il dito. Sul dito c’è della vernice bianca. Ha addosso la tuta da lavoro. Anche la tuta è bianca e coperta di macchie di vernice. Mio padre fa l’imbianchino. Ha le scarpe macchiate di vernice. Ha le mani macchiate di vernice. Per togliere le macchie usa un sapone che noi non possiamo toccare. Lasciate stare il sapone, dice il papà, è velenoso, non è roba per voi. Se uno lo beve, gli fa un buco in pancia. Noi non vogliamo la pancia bucata, lasciamo stare il sapone. Il papà posteggia la macchina di traverso davanti al negozio del Giacasep. Al Giacasep questa cosa non piace. Dite a vostro padre che non deve posteggiare la macchina davanti al negozio. Ma il papà è già andato via. Posteggia e risale la via dalla staziun fino al restorant.

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Il papà è al restorant. Noi siamo dietro la stazione. Giriamo attorno alle macchine dei soldati. Mio fratello elenca le marche delle macchine. Io elenco i colori. Ci inginocchiamo davanti alle portiere. Mio fratello si inginocchia davanti a una macchina arancione. Io davanti a una rossa. Le disegno una casa sulla portiera con il chiodo del Giacasep. La mia casa ha la porta doppia. Ha una finestra di fianco alla porta e due finestre al primo piano. Sul tetto ha le tegole. E ha il comignolo. E dal comignolo esce il fumo. Disegno le tende alle finestre. Vicino alla casa c’è un giardino. Nel giardino ci disegno i fiori. Disegno anche un sole e le nuvole in cielo. In cielo ci sono due uccelli. In giardino faccio un grande albero. Sotto l’albero c’è una gabbia. Nella gabbia disegno un coniglio. Vicino a casa nostra c’è la casa dei Rorer. I Rorer non abitano sempre lì, abitano a Coira e vengono in paese solo nei uichend. La casa dei Rorer è proprio a fianco dei binari del treno. Ma loro non vengono mai in treno. Vengono sempre in macchina. La loro macchina è marrone. È un’Opel, dice mio fratello. I Rorer non sanno il romancio. Quando mi sbuccio un ginocchio andando in bici o giocando a pallone, la mamma mi porta dalla Fraurorer. Fraurorer è 12


samaritana e mi spennella il ginocchio di rosso, ci mette sopra un cerotto con i disegnini o me lo fascia. Torna domani che lo riguardiamo, gell, Schätzli. Io faccio sì con la testa e lei mi dà un bacio sulla guancia. La montatura dei suoi occhiali mi preme sulla fronte. Mi passo la manica sulla guancia. Poi la mamma le porta le ciliegie del giardino. La mamma è arrabbiata. Si è rotta la lavapanni. Bambini, grida, chi ha messo i chiodi nella lavapanni. Il papà ci prende per i capelli, abbiamo scordato di togliere i chiodi del Giacasep dalle tasche prima di buttare i calzoni nel secchio dei panni sporchi. Il papà ci tira i capelli sulla nuca, vicino al collo. Fa più male quando ci tira quelli lì. Huaralümmels, grida il papà. La cenere del suo Kiel cade sulla mochett del corridoio. Il papà morde il bocchino giallo del Kiel. Ha i denti giallogrigi. Non finisce qui, vedrete che castigo, e adesso a letto, oggi niente cena, sez la cuolpa, colpa vostra. Il Luis da Schlans ha uno stambecco sulla manica della giaccavento blu. È maestro di sci. Porta sempre la stessa giacca e anche la stessa cintura. Allora bambini, la volete una cioccolata, bene, andate subito a 13


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