Mare calmo

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nicol ljubić

MARE cAlMo Traduzione di Franco Filice

keller editore



Prologo l’Aia, dicembre «Vostro onore, prima di entrare nel merito del reato, vorrei brevemente fornire qualche dettaglio sul contesto all’interno del quale è maturato il crimine addebitato all’imputato. Fino al 1991 l’ex jugoslavia era una federazione composta da sei repubbliche. Alla morte del generale Tito il paese rischiava la frammentazione. l’Esercito popolare jugoslavo intervenne in un primo momento in Slovenia, quindi in croazia e infine in bosnia, con l’obiettivo di fondare un nuovo Stato che avrebbe preso il posto delle repubbliche ormai in via di disgregazione: la nuova jugoslavia, che sarebbe scaturita dagli scontri sul territorio di due repubbliche, e che sarebbe stata abitata dai serbi e dai loro stretti alleati, i montenegrini. Questo piano, forgiato dai leader politici di Serbia e bosnia, fu attuato senza scrupoli dall’Esercito popolare jugoslavo sostenuto dalle unità speciali del Ministero dell’interno serbo e da gruppi paramilitari con il finanziamento dei partiti nazionalisti; c’era inoltre l’appoggio di importanti contatti con politici e forze dell’ordine locali. le operazioni militari delle unità serbe furono sistematiche e coordinate, ed entro la fine del 1992 quella campagna provocò l’uccisione o l’espulsione forzata di circa due milioni di persone che non erano serbe.

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«una località che in questo contesto ha tragicamente conquistato gli onori della cronaca è Višegrad. «Prima della guerra di bosnia, Višegrad era una cittadina sul versante orientale della bosnia ed Erzegovina. come parecchie altre città è costruita sulle rive della Drina e oggi appartiene alla Republika Srpska. «Per vari motivi, durante la guerra, la città ha avuto un’importanza strategica. il comune dispone di una grossa centrale elettrica su una diga. Questa non solo era funzionale alla produzione di energia, ma serviva anche a tenere sotto controllo il livello dell’acqua del fiume e a evitare inondazioni. inoltre la città è un nodo importante per il sistema viario. È ubicata lungo la principale arteria che collega belgrado a Sarajevo. «il 6 aprile 1992 le unità serbe locali iniziarono a martellare la città e i villaggi circostanti con colpi di granate, un attacco indirizzato soprattutto ai quartieri e ai villaggi musulmani. Per rappresaglia un piccolo gruppo di musulmani occupò la diga minacciando di farla saltare in aria. uno degli uomini riuscì ad aprire parte della diga inondando le strade e alcune case adiacenti, il che portò all’abbandono dell’abitato da parte di numerosi residenti serbi e musulmani. unità dell’Esercito popolare jugoslavo presero il controllo della diga e presto anche della città. «Dopo che i rappresentanti dei musulmani furono rassicurati circa il paventato rischio di incolumità, i serbi invitarono gli abitanti musulmani a uscire dai nascondigli e a tornare nelle loro case. Molti, fidandosi delle rassicurazioni, vi rientrarono. Fu l’inizio di un incubo. Furono rapinati e minacciati di morte da poliziotti e paramilitari. i musulmani che ricoprivano cariche dirigenziali vennero licenziati; di alcuni di

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loro non si seppe più nulla. i paramilitari scorrazzavano in città con altoparlanti montati sulle macchine che mandavano le registrazioni delle torture. «la situazione si aggravò quando l’Esercito popolare jugoslavo lasciò la città. Dopo la sua ritirata i capi serbi fondarono la municipalità serba di Višegrad e presero il controllo dell’amministrazione comunale. Gli abitanti serbi furono portati in campi di addestramento per essere istruiti nell’uso di armi da fuoco. Poco tempo dopo abitanti serbi, polizia e unità paramilitari diedero il via a una delle pulizie etniche più cruente della guerra di bosnia. l’obiettivo era di liberare per sempre la città dai musulmani. «Furono centinaia i civili disarmati uccisi a Višegrad. cadaveri di uomini, donne e bambini, uccisi sulle rive della Drina o sul ponte storico turco – da secoli simbolo dell’ostilità che covava tra musulmani e serbi – furono gettati nel fiume. i corpi, terribilmente mutilati, furono spinti a riva dalla corrente nei pressi del villaggio Slap dove la Drina traccia un’ampia curva. i musulmani che non furono vittime di un omicidio vennero arrestati. Furono malmenati, torturati e subirono sevizie sessuali. Molti persero la vita. le due moschee della città furono rase al suolo. «Višegrad è uno dei più eloquenti esempi di pulizia etnica durante la guerra dei balcani. Più del sessantuno per cento dei ventunomila abitanti erano musulmani. Secondo la documentazione della croce Rossa dodicimila persone furono costrette a lasciare le proprie case o vennero assassinate. Višegrad è diventata tristemente nota perché in nessun altro luogo – a parte Srebrenica – sono sparite tante persone, soprattutto uomini e ragazzi maschi. Questo dovreste tenerlo ben presente durante i prossimi giorni, settimane e mesi che tra-

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scorreranno prima di pervenire a una sentenza in questo processo. «Ritengo che questa breve introduzione sia necessaria per facilitarvi la comprensione della situazione di fondo e del periodo storico durante il quale è stato commesso un crimine aberrante di cui è corresponsabile l’uomo seduto qui davanti a voi tutti».

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n vento debole soffiava dal mare, spingendo davanti a sé piccole onde che morivano prima di raggiungere la riva. l’aria tirava verso l’interno, oltre l’ampia spiaggia del baltico, attraverso l’erba delle dune, sfiorando i loro corpi. Se ne stavano sdraiati con gli occhi chiusi. «come si dice quando il mare è calmo?» chiese lei. lui non capiva cosa intendesse. Quando il mare è calmo, è calmo. o silenzioso. «non avete un termine specifico che indichi questa condizione?» chiese lei. «nella mia lingua questa parola esiste». lui ascolta la sua voce. così chiara e un po’ bassa. immagina il viso che emana quella tonalità. occhi seri, zigomi alti, naso sottile, qualche ruga sulla fronte, colorito pallido, quasi anemico, contrastato dai capelli scuri. Dall’alto vede solo l’impronta lasciata dal suo corpo sulla sabbia, manca quella di lei che gli era accanto. non riesce a spiegarselo. Forse la sabbia era troppo solida e lei troppo leggera. È possibile? È possibile che ci siano persone che non lasciano impronte sulla sabbia? neanche idealmente? lei era distesa accanto a lui, di questo è certo. Solo che non ricorda quanto sia durato. Sentiva le punte dei capelli, dei lunghi capelli scuri, che gli solleticavano il viso. Aprendo gli occhi vide che lei si era piegata su di lui. Dall’alto si sarebbe detto che si stesse accingendo a baciarlo. Gli pose le mani sul viso, le sue mani sempre fredde. «Bonaca». lui aveva memorizzato quella parola. Mare calmo.

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