ota pavel
la MoRte DeI CapRIolI BellI traduzione di Barbara Zane postfazione di Mariusz Szczygieł
keller editore
la morte dei caprioli belli
Il più caro dell’europa centrale
a mia mamma prima della guerra desiderava terribilmente andare in Italia. Non è neanche tanto che volesse vedere le statue di Michelangelo e i quadri di leonardo da vinci, quanto piuttosto che aveva una gran voglia di fare il bagno nel mare caldo. perché la mamma veniva da Dřín vicino a kladno, dove c’era solo un misero stagno per le anatre, coperto da uno spesso strato verde di alghe, e lei da bambina quel fare il bagno non se l’era mai goduto. e così a primavera chiedeva sempre a papà: «leoušek, quest’anno ci andiamo?» Il mio papà leo di solito rispondeva che proprio quell’anno non avevamo abbastanza soldi e dimostrava che, a suo parere, sulla Berounka vicino a křivoklát era molto meglio. Il mio papà infatti aveva ben altre preoccupazioni. In cima ai suoi interessi c’erano il commercio e i pesci. eccelleva in entrambi in modo incredibile, ai pesci però dava la precedenza e questo era un eterno guaio per la nostra famiglia e anche per la ditta svedese electrolux, per la quale faceva il rappresentante di frigoriferi e di aspirapolvere. Spesso scompariva nel nulla durante un viaggio di lavoro e di solito lo trovavano sulla Berounka insieme al suo miglior amico, il traghettatore karel prošek, che pescava i lucci con i pesci persici come esca.
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Questo suo amore per i pesci culminò nella decisione di comprare alla nostra famiglia un laghetto con tanto di carpe. Non solo avremmo avuto delle carpe nostre, ma per di più ci avremmo guadagnato sopra un sacco di soldi al momento di svuotare il laghetto e di tirare su tutti i pesci. la mamma considerava con scetticismo tutta l’impresa e avvertiva papà di non imbarcarcisi, che quello non era il suo campo. Ma non protestò troppo, in queste occasioni il papà di solito alzava abbastanza la voce, solo alla fine fece notare che con quei soldi forse avremmo fatto meglio ad andare in Italia. Il papà non parlò neanche, si limitò a lanciarle un’occhiata di rimprovero. era infatti convinto di intendersi di commercio più della mamma e di tutti i suoi parenti cristiani messi assieme. In quell’occhiata era contenuta tutta la millenaria saggezza degli avi e anche la semplice realtà che con i soldi che ci avrebbero procurato le carpe saremmo potuti andare in Italia con tutto quanto il parentado. Devo far notare che questo era quello che la mamma temeva di più. e così papà cominciò a cercare il laghetto. aveva una sua personale idea, suggeritagli dal suo animo profondo e sensibile. Un laghetto circondato da salici ricurvi, qui e là delle ninfee a forma di cuore con i fiori gialli a calice, e carpe grosse come vitelli che nuotano nell’acqua illuminata dai raggi del sole. a inseguire quell’idea papà volava proprio come un’ape in cerca di polline. esplorò una bella fetta di terra di Boemia, ma un laghetto così, in vendita non c’era. Fino a quando andò a trovarlo a kročehlavy un suo conoscente, il dottor václavík, un tizio grande, forte, con un paio
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di baffetti sotto il naso. Il signor dottore disse a papà, che allora aveva chissà perché il titolo di ispettore: «Signor ispettore, non vorrebbe comprarsi i miei pesci?» papà trasalì: «Quanto verrebbe a costare, dottore?» e il signor dottore: «Diecimila. le porto la fattura, tanto perché veda quanto ho pagato alcuni anni fa per le carpe quand’erano ancora piccole. Si capisce che da allora sono notevolmente cresciute. Del resto lo vedrà lei stesso». Il papà di rimando: «a lei credo, dottore». e il signor dottore: «venga, così le farò vedere che razza di carpe ci sono». e mentre ci andavano, già per strada papà ebbe il presentimento che era la volta buona. era quel noto presentimento, infallibile, che gli diceva in anticipo dove avrebbe venduto un frigorifero e dove un aspirapolvere e dove era invece inutile suonare o bussare. Così come fiutava da lontano un buon affare, quella volta percepiva il suo laghetto, quello destinato a lui, con dentro delle belle carpe panciute. Si fermarono sull’argine e il dottor václavík lasciò che papà si deliziasse di quella vista. Si stendeva davanti a loro un laghetto rettangolare non troppo grande, lungo i lati dei salici color verde chiaro intingevano i loro rami nell’acqua tranquilla e qui e là sulla superficie galleggiavano delle ninfee dai fiori gialli. papà fece un sospiro e il suo amico, il dottor václavík, proferì eloquentemente:
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«e adesso le carpe». tirò fuori dalla tasca un panino. lo spezzò e ne gettò una metà nell’acqua vicino all’argine. Il dottore sorrideva, sicuro di sé, e papà non staccava gli occhi dal panino. all’improvviso la superficie si incrinò, apparve un grosso corpo giallo e una bocca immensa fece «slurp!» e il panino sparì. Il papà mandò un gemito: «Cristo, quella fa almeno cinque chili». e il signor dottore disse eloquentemente: «Sei». e con ciò era fatta. Il papà tornò a casa a prendere tutti i nostri risparmi e la mamma poté consolarsi col fatto che avevamo un laghetto con delle carpe tutte nostre. Il laghetto aveva un solo svantaggio, era lontano da praga. a partire da quel giorno, però, papà spesso si illuminava, ogni tanto sorrideva sovrappensiero e la mamma diceva che con la testa era di nuovo a kročehlavy dalle carpe. la mamma ebbe sempre comprensione per le debolezze di papà e così si faceva anche coinvolgere in interminabili conversazioni su chissà come stavano crescendo le carpe. Il papà si fregava le mani e diceva alla mamma: «Hermínka, un patrimonio ci guadagniamo, un patrimonio». Io non sapevo cosa fosse un patrimonio, ma doveva essere qualcosa di bello e di grande perché il papà sorrideva beato e accarezzava le mani della mamma. Si avvicinava l’autunno e con esso il momento di prosciugare il nostro primo laghetto per tirare su tutti i pesci. la
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nostra famiglia, e soprattutto papà, si preparava a quel giorno come a una grande festa. Il papà prese delle ferie dalla ditta electrolux – il signor direttore chiese: «Di nuovo a pesca? Di nuovo a pesca? Sarà la sua rovina, signor ispettore» – e la mamma si fece fare apposta per questa occasione un elegante cappotto di panno inglese. la mamma dovette invitare i suoi cognati operai, i forzuti karel kopřiva e karel Hrůza. Gli affidarono un compito preciso: stare di guardia sull’argine perché nessuno rubasse le carpe pescate. vennero al laghetto con le rispettive famiglie. per la pesca e il prosciugamento del laghetto il mio papà aveva chiamato un pescatore di professione, il signor Stehlík di Smíchov. Questo arrivò con otto uomini, coperti dalla testa ai piedi di indumenti di gomma. Il signor Stehlík, uomo forte, vecchio ed esperto, ci teneva molto all’ordine. Quello che si svolse sull’argine di quel laghetto idilliaco con i salici e le ninfee tuttavia assomigliava piuttosto a una spedizione militare contro un nemico ignoto. Sull’argine stavano piazzati due camion pRaGa da cinque tonnellate su cui c’erano le bombole di ossigeno e i barili per il trasporto delle carpe. Su e giù per la diga uomini di gomma si muovevano silenziosamente e stendevano le reti. l’acqua scorreva via dal laghetto e il papà prevedendo i notevoli guadagni che avrebbe fatto con la vendita delle carpe, che aveva promesso alla ditta vaňha, trattava gli ospiti alla grande. per merenda salsicciotti caldi e panini. e due casse di birra.
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