1° Quadernetto Poetico - Il poeta di campagna e il poeta di città

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I Quadernetti Poetici di “ SiFaPerFarBenEdizioni”

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“Il poeta di campagna e il poeta di città”


“SiFaPerFarBenEdizioni”, improbabile casa editrice frutto della fantasia contorta di Roberto Marzano, presenta il 1° Quadernetto Poetico a tema “Il poeta di campagna e il poeta di città”. Parafrasando Orazio, vi proponiamo un piccolo giro del mondo attraverso poesie, narrazioni e fotografie da svariati luoghi e non luoghi. Facendo ogni volta ritorno nella fatidica Genova, a veloce andatura viaggiamo dall’Alta Valtanaro a Caracas, passando da Roma attraverso Tortona e Pescara. E poi, di corsa a Palermo, Parigi,

Parma, Morolo e Manchester senza

dimenticare Tegli, Mioglia, Ivrea e Torriglia. Già che si è in viaggio non è possibile tralasciare Torino, con lo sfondo di Santiago del Cile, Stoccarda, Aleppo e Agrate Brianza. Per andare a Porto Empedocle o Marciana Marina bisogna passare per forza da Milano, e la strada per Napoli passa per Cinisello Balsamo oppure Perugia, e anche lì andiamo. Sempre che a qualcuno non venga la voglia di farsi un giro a Londra, Aahrus o Settimo Torinese. A voi la scelta… Insomma, l’avrete ben capito, città, campagna, mari e montagne qui si mischiano in un cocktail poetico e fotografico che speriamo potrà piacervi, anzi ne siamo certi... In ordine di arrivo dei contributi troverete le opere di Roberto Marzano, Maria Pia Altamore, Alessandra Vinotto, Tania Di Malta, Izabella Teresa Kostka (autrice anche della foto di copertina), Alessandra Carnovale, Mabi Col, Chirio, Ada Crippa, Vittorio Fioravanti, Alessandro Magherini, Angela Donna, Giovanna Iorio, Giulia Bragalone, Giovanna Olivari, Francesco Macciò, Renato Morelli, Enrico Mario Lazzarin,

Marcello Scotto, Mario Pellegrini, Enrica

Gugliotta, Andrea Pizzorno, Lorella Finocchiaro, Bruna Pedemonte, Rosa Maria Puglisi, Sandra De Felice, Marco G. Maggi, Carolina Navarro, Patrizia Camedda, Davide Marzano, Rosa Johanna Pintus e Alessandra Beratto. Appuntamento al prossimo “quadernetto”...


Roberto Marzano LA MIA GENOVA

700 CHILOMETRI

Sì, vabbene, il mare, il pesto, Grillo, Govi, la focaccia, la cadenza portoghese e la mimosa in fiore, centro storico più grande, ospedale, cimitero, liberata (si fa per dire) “paraponzi-ponzi-pero”…

Genova-Napoli 700 chilometri 7 ore di treno (se non si cambia a Roma) o, meglio, 700 milioni di millimetri stesso respiro, stessi occhi, stesse notti.

Ma… la mia Genova non è come la vostra la mia Genova ha il vento nelle ossa carta nelle scarpe, non cartoline terra nelle unghie e il cuore pien di spine…

Genova la “Napoli del Nord”(quasi lo stesso sole) Cornigliano e Bagnoli soffocate e arrugginite stessa fame, stesse facce, stesse ingiustizie nei paesaggi spalmati sulle guglie a precipizio.

La mia Genova contempla esterrefatta le botte venute giù come tempesta nel buio atroce di una scuola manganelli che facevan festa lasciando echi di urla e un denso sangue sporco un nuovo tipo di pesto col fiato della morte!

Genova-Napoli, due terzine di crome musica che si butta giù dalle mura al mare inzuppandosi degli odori e degli amori illusi Napoli i sorrisi, Genova i musi.

No! La mia Genova non è come la vostra è tutta una salita non ha nemmeno una discesa non ha banche sotto casa fa fatica a far la spesa perché la mia Genova è salata non conosce salotti e chiama pranzo o cena il latte coi biscotti. La mia Genova è di un ragazzo, un novello “Perasso” spalmato sull’asfalto piccola piuma come tante nel ricacciare indietro l’alito pesante di assurde carabine vomitanti. Ma la mia Genova non si sente sola e se di notte piange sulle braccia viola si compenetra nel mare e si fa onda e sugli “ospiti sgraditi” non si confonde perché la mia Genova si fa molte domande e di fronte all’idiozia… stende le sue mutande!! DILEMMA Perso ormai l'equilibrio sulla fune del fato titubavo non poco tremolando in dilemma nel momento indeciso se lasciarmi cadere sull'aguzzo cancello di alabarde scortesi o nella pozza di melma che l'aria ammorbava di fetore e di mosche a lasciare indisposte il vapor nauseabondo per venirmi a salvare... Così resto qui solo al mio bivio cruciale

Napoli che canta, Genova che conta chitarre palpitanti, penne di fuoco Grillo e Troisi, Sanità e Via Prè Totò, Govi, Pino e De Andrè. Genova curiosa e Napoli addormentata con il profumo dei limoni che ubriaca Genoa-Napoli in deludente stand-by pure nel calcio avevam gli stessi guai… Genova e Napoli tristi sorelle offese sotto la furia infame degli stessi manganelli neri e ottusi! SOTTO I PALAZZI Passerà anche questa domenica che si giustiziano i passeri per noia bui cuscini soffocati d’incoscienza pieni di carta vetro, morsi di cani. Sotto i palazzi perdon fiato e sangue scatole schiacciate nella pattumiera la rabbia nera stridula di strega sparge il suo sale sulle code basse.

chiudo gli occhi lasciando a decidere il caso scoprirò dopo morto sbirciando i giornali - avvoltoi affamati di squallori antinoia se finito sarò sulle punte di ferro trafitto o nei schifosi liquami affogato, bluastro... Ma giunto a tal punto mi sarà indifferente sarà inutile piangere, lamentarsi irrisorio si proceda così allora ad allestire il mio feretro in una parvenza di cassa cui dar subito fuoco e le ceneri spargere, sulla città, mia, di sempre…


L'ASCENSORE

SANTA VERGINE DI SAMPIERDARENA

Dalle paludi di fumo della città sdraiata su fino agli sprazzi azzurri di cielo e nubi tutto in un balzo, senza fatica apparente come l’incredibile pianta del fagiolo magico contrappeso dell’anima, muscoli atomici puleggia d’acciaio, turbine di cremagliera brivido di tacchi a rete e cravatte a spillo fiato del diavolo nel fugace amplesso…

La Santa Virgen Blanca de Sampedenna luminosa occhieggia alla fermata della metro sotterranea in costruzione soppressa per mancanza d’interesse.

Esibizionisti pavidi di peti assassini lasciano fetidi aloni della loro boria impossibile scovar l’autore in quel trambusto di culi e gambe così senza troppe domande ritrovatomi all’improvviso “al piano” mi chiedo: “Ma cosa ci faccio al piano, io che suono la chitarra?”

Zombie in viaggio per chissà qual dove intermittenti come neon guasti nei bui cunicoli che portano diritti agli inferi fognari a cielo occluso dove chissà mai l’ombrello se avrà sfogo o peso inutile ristagnerà accanto a “Il Delta di Venere” di Anaïs in fiamme così la pioggia allor sarà fortuna… Dimenticar pensieri e tristi rospi tra colli sbottonati di bottiglie cerini a fabbricare meraviglie sui marciapiedi di Sampierdarena dove un coro emerso dalle cripte fa sottofondo agli adepti in festa.

SON TORNATE A FIORIRE LE RONDINI

urla il tormento per quella cruda indecenza.

Son tornate a fiorire le rondini sui davanzali sospesi al disordine bruni grappoli, frecce che esplodono di pazzia vorticando nei baratri scapestrate ragazze in un turbine ellittico a sfiorarsi l’un l’altra gioiendosi addosso infaticabile azzurro, traiettorie impossibili in un volo infinito da Indianapolis a Disneyland…

Un pupazzetto di plastica accasciato in un angolo continua a sorridere malgrado tutto non è certo questo il momento di interrompere la sua funzione solo quando Raul sarà un mucchietto di cenere si lascerà travolgere anche lui dall’onda di fuoco e mentre il calore lo scioglierà muterà il sorriso di fabbrica in un ghigno di orrore.

ROMA BRUCIA Il rovente orizzonte di lamiere ondulate mi graffia gli occhi, mi piglia a schiaffi l’acre odore di quattro corpicini in combustione

Poi sarà tutto una lucida crosta nera lugubri fiori di fumo, veleno nell’aria… una buona scusa per spingere i rom ancor più lontani dal centro. (Ai fratellini Raul, Fernando, Patrizia e Sebastian morti bruciati vivi a Roma il 6 febbraio 2011)

Nato a Genova il 7 di marzo del ‘59, narratore e poeta “senza cravatta”, chitarrista, cantautore naif e bidello giulivo. Barcollando tra sentimento e visioni, verseggio di vagabondi e di prostitute, di amori folli, di ubriachi, di oggetti inanimati e dei quartieri ultra-popolari dove sono orgogliosamente vissuto. Se vuoi sapere di più (pubblicazioni, premi letterari e altre poesie): https://robertomarzano.jimdo.com/


Maria Pia Altamore PALERMO, e' quel posto dove può succedere di tutto e nessuno se ne meraviglia. A Palermo puoi anche vivere solo ma non ti senti solo… A Palermo tutti parlano con tutti, anche troppo e così spesso si litiga, ma anche può capitare che il tuo nome venga urlato più e più volte dalla signora rimba del terzo piano posteggiata sul poggiolo, perché quello e' il suo unico svago. A Palermo, se spingi una macchina in folle, c'è una folla a spingere. A Palermo se chiedi cos'è in un negozio alimentare te lo fanno assaggiare… A Palermo in una sala d'attesa come niente ti trovi a parlare di niente. A Palermo fai merenda con arancine, sfincioni, pani e panelle pani e cazzilli, quarume, stigghioli pani cu a meusa, gelato, cannolo e caffè e poi... vai a casa a mangiare!!

AMO LA MIA TERRA

MENNULA SCACCIATA

Amo la mia terra

Comu 'na mennula scacciata

rompere la polpa/all'ultimo

più di me stessa ti amo

mi sentu corpa di petra

colpo/la mandorla si sfa/a pezzi

e più ti sto lontano e più ti bramo

dati forti pi rumpiri u virdi

piccoli. /Così mi sento…

amo il giallo grano

e poi atri cchiù forti

le sapienti pietre

pi rumpiri u dintra

di monumenti al sole

all'ultimu corpu

visi vissuti di campagnoli al

a mennula si sfa

Pezzi di vita abbandonati

tramonto

a pezza nichi.

tra la spazzatura nell’aiuola

corriere sfreccianti sui tornanti

Accussì mi sentu...

il monumento a Garibaldi

verde e poi altri più forti/per

amo il caffè, le granite, le vecchie amiche…

PEZZI DI VITA

divide “i due mondi”

Traduzione dal siciliano: Come una mandorla schiacciata/mi sento colpi di pietra/dati forti per rompere il

quello che corre tra un verde, un giallo e un rosso del semaforo e il tuo tra una panchina e un cartone.


A GENOVA L’apparente operosità di questa città

si modifica in stupore

gente che corre di qua e di là …

nel girare lo sguardo verso... il mare!

No, non come a Milano,

E proprio quando ti eri arreso

là tutto è monotono: la nebbia, la pianura…

a vivere la fatica dello “stretto” della “creuza” che puzza di piscio di gatto,

Qui a Genova la gente si sfianca già di per sé

improvvisamente… il mare!

a salire, scendere, ancora salire

L’immenso…

lunghe gradinate abbarbicate, affannate…

e la serenità, prende il posto dell’affanno!

E’ quasi un piacere tutto ciò, non una fatica

VIA XX SETTEMBRE

perché come nella vita ti permette di vedere le cose da diverse prospettive…

Correre di gambe viscere e muscoli

Appena sopra la Stazione P.P.

sguardi persi dentro se stessi

mentre affannata sali l’ultimo gradino

sandali, tennis, mocassini,

una smorfia di fatica stampata sul volto

correre frettoloso di manichini chini sui propri destini.

Mariapia Altamore, sembra un nome d'arte, invece è proprio il suo. Bisognava solo abbinare il temperamento artistico, rivelatosi negli anni tanto eclettico da farla spaziare dal teatro comico alla clownerie, allo scrivere teatro e poesia, a gestire eventi a cui partecipa anche come animatrice e cuoca. Insomma una "cuocattrice" (nonché poetessa) titolare del singolare progetto "Cibarty di Mariapia Altamore-La Cucina del Buonumore".


Alessandra Vinotto IL RUMORE DEL SILENZIO Il buio, padrone della notte e delle sue creature di vento. E il rumore del silenzio. Criptiche parole, scritte nelle stelle e nel fango di innumerevoli ritorni. Nella solitudine dei riverberi ghiacciati, ghiaia di luna e tracce di voli. E voci che si perdono negli altrui passi di cristallo. INCONTROLLATE MORBIDEZZE Seguire tracce Non ancora mosse dal vento. Scavalcare massi di perplessità Dipanando bobine di emozioni. Flebili voli Rarefatti luminosi Su incontrollate morbidezze E rotte clandestine. Rimuovere aculei E punte roventi

E stringere tra le mani Tutta la felicitá terrestre.

Galleggeremo nel cosmo Ci circonderemo di stelle E nostro cibo sará la polvere degli astri

TRA CIELO E TERRA

Ma queste pietre, questi rami Sempre Racconteranno le nostre radici.

Ti dono il mio bianco Di cieli infiniti Di salite impervie Di tormentati sassi Di sudore e gioia. Ti dono il mio bianco Di contrasti Di vedute magnifiche Di solitudini piene Di venti e rami. Ti dono il mio bianco, Un bianco di silenzi e riverberi, Dove non ci sono fortezze Da espugnare Nè da difendere. Ti dono il mio bianco, Un bianco amato, Vissuto, Mio.

ORIGAMI SPONTANEO Godo del sorriso del sole che gioca con gli alberi. E le mie orme disegnano fiori, alle mie spalle.

NEMESI FONDAMENTALE Nel lento scorrere Delle foglie Si perpetua L'innesto delle promesse.

Immateriale Battito d'ali VAGABONDA DELLE MONTAGNE Che separa Veritá Qui ogni albero, Da vanitá. ogni sasso, porta notizie del tempo. Solo l'acqua riflette: Forse Lasceremo la carne e il sangue È la sua nemesi. Viaggeremo le fasi della luna Cavalcheremo nuove galassie,


UN DONO INCALCOLABILE DI GIOIA Immense vastitá dipanate tra sguardo e pensiero, l'oscuritá ignorata nell'echeggiare del riverbero. Vertigini verticali di contatti e vento, piccole figure in controluce di sasso, voci di gioco e calore nel freddo fuori, dentro odori e sintesi di affetti e progetti di felicitá e futuri. Il mondo lontano, solo presenze presenti, vitali di vibrazioni chiare, di sentori e colori e salti temporali inimmaginati, la pelle privata di pesi leggera nel giorno. Un dono incalcolabile, di gioia, di sguardi immateriali e percorsi diversi, uniti per un frammento e sorsi di un brivido di eternità. Ringraziare é un dovere assoluto, gli dei che ci hanno fatto incontrare. Alessandra Vinotto, laureata in lettere moderne, è un'art-director, regista e fotografa da anni pluripremiata sulle scene internazionali (3D Film Festival Hollywood di L.A nel 2010 e nel 2011, premio speciale al MEI (Faenza), special guest al Dimension 3 (Parigi), al 3D Stereo Media (Liegi), al Capalbio International Short Film Festival, e proiezione al Sundance Film Festival nel 3D Satellite). Sue opere sono state esposte a mostre con artisti quali Andy Warhol, Nan Goldin, Joseph Beuys, Jan Saudek, Bettina Rheims, Luigi Viola, Ferdinando Scianna, Kiki Smith, Orlan, Yoko Ono, Vanessa Beecroft, Marina Abramovic, Shirin Neshat. Ama la natura e scrive poesie da sempre. Nel 2015 pubblica il suo primo libro di poesia, POESIE DALLE TERRE DI MEZZO: e pensa che da grande potrebbe fare la poetessa.

www.alessandravinotto.it

www.redeyemedia.it


Tania Di Malta Lo stagno

Il guinzaglio Ogni volta

C'è uno stagno sopra la mia casa, una leggera coltre di ghiaccio

che cediamo

accarezza il canneto

scampoli di libertà

un po’ appartato nel versante nascosto

inevitabilmente

dove in primavera le rane cantano sinfonie corali. All'inizio del giorno ho mandato un saluto e loro in silenzio hanno risposto.

leggi mai scritte ci marchiano come servi di esigenti padroni. All'inizio il guinzaglio sembra collana solo un leggero rossore.

La tettoia

E' col tempo

Ignara alla finestra,

nella difficoltà di respiro

grata alla quiete

che si comincia a capire,

la sghimbescia tettoia che ripara dal raggio arso,

un passo dietro l'altro

che tutto strappa e niente lascia.

sempre più alieni a noi stessi.

Arriverà domani di furia e falce

Anche la memoria vacilla.

a mummificare l'anima di sangue e pietra,

Davvero ero io quello li?

ma oggi tutto e' quiete in quest'oppiaceo sogno

E così felice ridevo?

come dondolo in discesa fra rupe e precipizio.

Tania Di Malta è nata nel 1958 a Porto Empedocle da genitori lampedusani. La famiglia si trasferisce a Cagliari quando lei ha tre anni e lì passa la prima giovinezza fino al conseguimento del Diploma di Maturità Artistica. A diciannove anni va a vivere a Firenze. In seguito a Tarvisio e a Rimini. Si laurea in Infermieristica all’Università di Bologna e consegue un Master in Management e Coordinamento nell’area Infermieristica, Ostetrica e Tecnico Sanitaria. Attualmente lavora come strumentista in Sala Operatoria nell’Ospedale di Novafeltria dove è anche responsabile della formazione. Le sue poesie sono comparse in varie antologie, quali “ Il Federiciano” e “Verrà il giorno e avrà il tuo verso”, “Il Tiburtino”, “Habere Artem”, “Parole in Fuga” di Aletti Editore. Nel 2016 le è stato conferito il titolo di “Custode” a Rocca Imperiale Il Paese della Poesia durante la presentazione del festival “ Il Federiciano”. Inoltre è inserita nella raccolta poetica “Oltre il Male”, patrocinata dalla Cerifos di Milano Atalier Edizioni. Inserita diverse volte nella Rivista “Il Caffè”, mensile di Arte, Costume e Storia e nella Rivista Letteraria Liburni. Nel 2014 finalista al Premio Mogol e nel 2015 Menzione Speciale al Premio Quasimodo per un racconto breve. Nel 2016 è stata finalista nel Premio Internazionale Antonia Pozzi.



IZABELLA TERESA KOSTKA ESPLOSIONE (Manchester, riposate in pace)

MI RICORDO PARIGI (giovedĂŹ)

E resto muta

Mi ricordo

senza voce

i tetti abbracciati dal cielo,

deflagrata dall'ira, dallo scoppio dell'odio,

i vialetti stretti profumati di donne,

un rottame vivente in balĂŹa dei pazzi

le vecchie mansarde nascoste dagli sguardi,

drogati dall'odore di fumo e sangue.

i rifugi segreti dei vagabondi, le scale rivolte all'infinito

A cosa serve implorare Dio

custodito nel candore del Sacro Cuore,

nei tempi protetti dalle sbarre e dai muri,

i pittori in cerca di una Dea,

accendere i ceri sulle macerie

gli artisti sconfitti dalle tasche vuote.

degli ultimi miraggi della democrazia? Montmartre, Poveri fessi,

quanto ero felice

ancora illusi,

errante sui sentieri adombrati dai platani,

credenti nella grandezza della specie umana,

stregato dai dipinti degli impressionisti,

striscianti come bruchi sui marciapiedi

innamorato folle dei miei pennelli.

alla ricerca invana di qualche riparo. Spensierato Pegaso nell'antro dell'arte Sanguinanti relitti orfani di nome

nel libero sfogo dell'ispirazione,

falciati dalle ruote della Follia.

un volto estraneo tra tanti passanti, in quel luogo soffermo, immune al tempo. Parigi, tu eri la mia Musa, svampita "cocotte du Moulin Rouge", spudorata padrona, cacciatrice notturna, immortalata per sempre sulle mie tele. Odo ancora quel chiasso felice regnante al risveglio della metropolitana mentre... appassisco nel grembo di una poltrona - l'unica compagna del deperire. (tratto dal libro "Gli espulsi dall'Eden" capitolo "Ali di piombo" CTL 2016. Dedicato a Giorgio Kostka, artista pittore paralizzato, scomparso precocemente)


MILANO Potente e crudele, dagli occhi di vetro, abbracci le ombre con cemento e polvere. Di marmo e d'oro la tua coscienza, di cenere coperti i sensi di colpa. Ti fai odiare come Chimera, come la femmina desiderare, di ieri, di oggi e di domani sei fatta, di lacrime dei poveri tra speranze griffate. Lodata da tutti, il tutto e il nulla, di gioia truccata nascondi le crepe, all'alba svegliata dai fischi del treno, dallo smog, dai lamenti di giorno strozzata. Un deserto umano tra i mille pedoni, un cimitero di anime al ritmo di gloria. (tratto dal libro "Gli espulsi dall'Eden" capitolo "Urbi et Orbi", CTL 2016)

Izabella Teresa Kostka - scrittrice, giornalista freelance, organizzatrice e presentatrice di eventi culturali, ideatrice e co-fondatrice del Gruppo per la Diffusione della Cultura e dell'Arte "Valchiria". https://izabellateresakostkapoesie.wordpress.com/ https://verseggiandosottogliastridimilano.wordpress.com/ https://versospazioletterarioindipendente.wordpress.com/


Alessandra Carnovale

ROMA, 7 GENNAIO 2017 Sei fredda, mia Roma, in queste sere di fine ferie di Natale. Ti accarezzano il capo gelidi venti di tramontana, che si insinuano tra gli interstizi degli infissi e le temperature calano nei piccoli attici affaccio monti appena appena bianchi visibili in lontananza. Sei fredda, mia Roma, e inviti al silenzio, al riposo, al tepore, alle letture e al raccoglimento.


ROMA Roma brucia quintali di gasolio e offusca il cielo con le sue emissioni inquinanti di una o più automobile per abitante; Roma produce malattie cardiocircolatorie per le sette fatiche di chi la vive, in tutte le sue mancanze; Roma è indifferente alle nevrosi di chi ne occupa il ventre: come una provinciale è ossessionata da una formalità che appena tiene, al limite di strappi e cuciture. Roma, sorniona, attende i cadaveri degli storici avversari, trascinati dalle correnti del suo Tevere fluttuante di ratti.

Nata a Roma, collabora col circolo letterario Bel Ami e con altre associazioni culturali. Frequenta reading ed altre iniziative artistico/letterarie dell’area romana. Ha partecipato a vari premi letterari, ottenendone riconoscimenti. Sui testi sono pubblicati nella rivista contaminata Diwali, nei Quaderni di Erato, Bibbia d’Asfalto e nelle antologie dei concorsi a cui ha aderito. Si interessa anche di scultura e modellazione, soprattutto ceramica. Ha in cantiere un laboratorio di ceramica estivo per bambini. Coltiva la nostalgia dell’altrove.


Mabi Col Foto di Mioglia per Sandro Buschiazzo Verderame di un portone scrostato una finestra, una rampa di scale persiane chiuse, persiane aperte vasi di gerani e camini spenti. Nel torpore delle sere estive due cani, due gatti un albero di mele fichi e fantasia. Un glicine si arrampica sul legno di balconi antichi fino al cielo… una catasta di legna dietro una piazzetta antica di case senza tempo. Un signore degli anelli intento a tener testa a coriandoli d’idee colori, poesia, ballo, frittelle… Cancelli veri e finti a tener fuori il divenire della vita discorsi di pane e frittata tosse e caldarroste nel verde rinverdire fra autunni e primavere sole, ciliegie, funghi… e sui boschi l’alito del poeta marinaio che ancora vaga qua e là nel ricordo degli amici e della gente in rime di velluto giallo limone, blu cobalto, nero pece… 10 luglio 2001

Brucio… Brucio nel camino un pezzo del passato l’arcolaio sgangherato della mia nonna fascista brucio, e son contenta, le foto doppie e triple del mio casalingo carcere degli zii e dei parenti… Brucio quello che posso: il mio rancore atavico le mie rivendicazioni inutili i miei scontenti cronici… brucio e ricomincio passando pel camino della mia casa gialla nuova tutti i miei ricordi vecchi. Dalla finestra mi sorride un paesaggio verde di montagne e d’alberi e, in mezzo quattro case, un prato viola d’iris risplendenti

sopra la collina grigia dirimpetto. Il sole impertinente ha già scacciato i fantasmi di una vita assatanata passata dietro le persiane e le sbarre d’un balcone tetro in una casa di città. Una vita scombinata ch’è stata solo sogno evanescente di fronte a questa semplice realtà. 3 aprile 2003

Lucciole Lampi di gioia sul prato nero della luna trascorrono silenziosi nel silenzio della notte, stelle di vita energia, sesso, felicità m’accompagnano nelle lunghe ore senza sonno verso un’alba assai lontana… Vedo passare la vita e non so se fu la mia o di qualcun’altra: una tragedia greca un testo strano un canovaccio d’improvvisazione dove ognuno si adopera a render l’esistenza strampalata, scombinata, sgangherata, disastrata… In questo dormiveglia ansioso, pensoso speranzoso, dispettoso combatto una battaglia persa fra sonno, adrenalina caldo, freddo, buio, luce… e mentre io annaspo fra stelle e lucciole fuori da questa stanza la vita corre frenetica ansiosa, dispettosa gioiosa, speranzosa verso un alito di niente… 10 luglio 2003

Persiane Dietro la persiana socchiusa d’una casa in cima alla collina nessuna favola assomiglia alla realtà dispersa che corre assurdamente oltre queste barricate casalinghe… Resto lì a bere thé alla menta con gli amici

sondando allegramente l’infinito mentre la vita fuori inutilmente s’accapiglia… 20 agosto 2003

Marte Frange di tempesta estemporanea scorrono veloci nella tarda sera sospinte da un rapido singhiozzo d’avventura nell’alito del vento di sud-est. Nuvole di panna si sfrangiano nel cielo là dove Marte rosso nella notte occhieggia, percorrono in un lampo lo spazio azzurro, sparpagliano frammenti di merletto. Un drago di cotone grigioperla trascorre senza un’apparente meta e si dissolve in fiocchi di trina evanescente. La notte brevemente su da oriente sale e luminoso Marte dalle nubi spunta sopra il monte arso e spettinato, brillante occhio della notte scura come diamante su velluto nero: un occhio limpido di stella con tutt’intorno ciglia di tempesta lampi e fuochi ormai di fortunale che s’agita lontano all’orizzonte in una danza perfetta d’uragano… Ed io ancora qui che aspetto in questa stretta capsula di tempo in questo spazio che piano si restringe in questa calma tiepida di niente in quest’occhio di ciclone vuoto mentre altrove tutto quanto accade. 28 agosto 2003

Il mago della pioggia Dolce una goccia vorrei vedere calare dal luogo dove nubi di raso color perla danzano imperterrite la danza della pioggia che non viene… passano e non dicono quale destino toccherà all’arido sentiero della vita che snobbano leggere come baci di folletto… Instabilità sottili muovono l’aria immobile sul giardino dei tarocchi dove abbaia isterico


un cagnolino fulvo abbandonato al suo destino di tragica prigione dietro un cancello nero e rugginoso… Non c’è silenzio fra i meandri della notte nell’attesa dell’acqua che non viene… Domani appenderò nastri color speranza alla ringhiera del balcone che danzino messaggi insieme al vento da portare senza indugio al Mago della Pioggia… 2 settembre 2003

Freddo Notte di freddo e vento, navigo nelle incertezze nelle domande inutili senza risposte pronte inseguendo piedi di loto volti d’azzurro fino ansie condite di fiori rari e gioielli d’energia.

Letargo Suono di campanelli argentei nel bosco accapigliato delle streghe: forse è pioggia sulle foglie gialle forse è il sogno iridescente che si spande piano nell’aria del mattino. Nella mia testa allegre girandole colorate e i fuochi d’artificio gomitoli di farfalle assurde, coriandoli di pensieri arrotolati occhi di tigre e puzzle di ricordi una scarica di tempesta cinerina nuvole d’elettricità e godimento si rincorrono imprevisti minuetti alla ricerca d’ignoti tesori di follia… Che altro ancora s’agita in questo pomeriggio che finisce in un sussurro terso di poesia? La veste di una fata celestina che appare evanescente dietro l’angolo, immagine improvvisa di magia, bianco sentiero non segnato ad aprir le porte di cristallo di un letargo fatto solo di neve veleni, croccanti e mandarini. 6 settembre 2004

Nel mio castello fatto di paure annaspo cercando una finestra aperta che mi riporti in sogno l’astro del mattino… Mi son svegliata e nevica. 22 febbraio 2004

La fata della neve per Anna Dallera Ricami di gelo sui rami bianco incantesimo d’una qualunque silenziosa mattina d’inverno. Bianco incantato cielo spolvera farina di stella

s’un’immensa torta di nera terra zuccherata. Nessun rumore nessun segno solo pace e silenzio nel regno magico della fata della neve. Annaspo fra coperte e sfarfallii di sogni polvere di vita che si perde rincorrendo la trasparente ombra dell’anno che verrà. 26 dicembre 2004

Ironia Ombre e luci si rincorrono nel cielo fra azzurri ripuliti e intense nubi di tempesta a tratti il sole oscurano. Insofferente annaspo alla ricerca d’un arcobaleno che sia di pura luce. Mi batto e mi dibatto fra illusioni, sogni e trabocchetti. Guardo e riguardo la mia vita riccio di castagna che ispido nasconde calde ombre di marroni dolci e sorprendenti. Spine mi riempiono le dita: ho mani e piedi punzecchiati ma non riesco a cogliere quel frutto che la sorte divertita per gioco mi sottrae. 17 aprile 2005

Tratte dalla raccolta “Foto di Mioglia”

Nata Milano nel 1947, Mabi Col si è dedicata con passione all’organizzazione di eventi artistici. Si occupa anche attivamente di pittura, collage, poesia, saggistica, computerart, mailart e critica d’arte. Ha pubblicato due saggi di archeologia (Zeus C. e Penelope e le altre ), sei raccolte di poesie di cui alcune in numero limitato con copertine manuali (La Vispa Teresa, Polenta e caramelle di menta, Musica, Poesia per gioco, Chiaroscuri, Crespi di seta) e una serie di dialoghi poetici con altri autori (2 tazze, Rumori e silenzi al tavolino di un caffè, Due paia di occhiali, Piano pianissimo forte fortissimo, Luci sospese, I volti discreti della case, Giro in bici, Scombinamenti) e una serie di diari di viaggio a più mani. Ha pubblicato anche un libro di fiabe (La lingua del serpente). Altre notizie sono rintracciabili sul sito http://web.tiscali.it/mabicol


Ada Crippa LA CITTA’ DI JAL Nella città di Jal tutto è trasparente lo sono le scale dove la donna scende le scarpe col tacco e il lungo mantello che porta il palazzo del popolo alle sue spalle è trasparente l'editto srotolato che con grazia s'appresta a leggere e la folla composta all'ascolto è trasparente trasparente il bianco cielo sopra le teste gli alberi, i giardini - le figlie delle nuvole: le gocce d'acqua, già lo sono questa è la città di Jal

Ada Crippa nasce ad Agrate Brianza dove tutt’ora vive. Scrive poesie sin dall’infanzia. Proviene dal mondo operaio e dalla militanza politico-sindacale Ha pubblicato cinque raccolte e due plaquette Raccolte: Antimenti – Antologia a tre Voci- 1989 (prodotto in proprio) “Vele” - LietoColle 2007 “Acqualuna” - Onirica Edizioni 2011 “Eco di Neve- Haiku” - La Vita Felice 2014 “Tra l’aria senza forme”- Caosfera Edizioni- 2016 Plaquette Pulcinoelefante: “Libero suono” - 2004 “Albero” – 2005 Partecipa ai Poetry Slam e reading personali e collettivi Scrive brevi racconti mai pubblicati, ma ciò non le ha impedito di mettere in scena, durante la festa dei popoli sulla piazza comunale del suo paese (Agrate Brianza) un suo breve racconto: “Dritan del cielo stellato”. Racconto testimonianza che parla della traversata per mare dei clandestini Albanesi

LA MIA TERRA Come una regina incoronata vedevo la mia terra piana nel corpo di messi e di zolle e lunghe gambe d’acqua i canali silenziosi che carezzevoli la specchiavano giù sino al fiume

le frastagliate cime del Resegone avanti a tutte e le Alpi dal riflesso rosa a toccare il cielo in cerchio nell’immensa corte del tempo agreste


Chirio Bio: non ho nulla da dire, sono un uomo nel suo viaggio che forse, e solo forse, ha una meta CASA MIA Una bucolica apatica intesa stesa tra serpi e stralci o sterpi in strepiti e silenzi, un ozio forzato sferzato d'ostinazione in azioni d'istanti e istinti distinti. Stantia all'occhio scrocchia e sboccia nel vociare costante di cicale accaldate in date calanti.

COME FRATELLI Vi guardo come fratelli e poi, deluso, vi ascolto trovandomi a preferire la solitudine di mandrie gialle di balle di fieno o gli stormi verdeggianti d'alberi e foglie o ancora i branchi di roccia aguzze; e nei floridi deserti d'emozioni umane scorre sottile la sabbia del mio tempo sorridente.


Luca Valerio Per ribaltare tutto quanto il tempo e infranger convenzioni e congetture e mescolar le carte e sparigliare potrei provare a dirti che sei bella anche se penso che non mi convenga ma i conti qui non tornano e non voglio restare come un pazzo a calcolare....

Luca Valerio Nasce a Genova nel 1967, il 5 maggio. Laureato in Filologia italiana e insegnante di Lettere al liceo. Sue raccolte sono apparse in varie antologie e in un flip book nel 2004. La sua poesia si incentra sulla ricerca dell’io e si basa sulla riscoperta della metrica. E’ da poco uscito “Calma” da “Editrice Zona Contemporanea”.


Vittorio Fioravanti E ti so esistere ignaro Bigliettaio sulla linea 18, ex-caporale della Wehrmacht, ti è rimasto intatto un berretto di presunzione e ad entrambe le mani livide mutilazioni, che tu esalti con ostentata disinvoltura premendo pulsanti e dando resti e biglietti con sette dita soltanto.

Lieselotte passi inutili orme e vie ripetute riquadri che s'aprono e offrono luce e gioielli castelli di latte e fiaschi con manichini addobbati urli silenziosi di colore e d'ipocrisia i sorrisi scivolan via restano i denti serrati e la mano stesa all'angolo e il dorso duro che ha fretta resta il rifiuto Stoccarda amara

Se m'ostino a fissarti, nell'interno rastremato, tra volti sconosciuti e braccia appese, e reni e dorsi piegati, ancora dura e tagliente far udire la tua voce, squarci intravedo di memorie di guerra: una trincea stretta e ingombra di corpi come questa vettura, e tu, dentro, dare ordini concitati, con dita insanguinate serrate al grilletto, mentre nelle pupille tue cenere piccole immagini d'uomini si profilano rapide per poi sparirvi raggiunte dall'impietoso fuoco della mitraglia. Ma quando t'avvicini con risposte cortesi, sconcertato m'arrendo alla realtà assurda del presente tuo innocuo di sopravvissuto, e ti so esistere ignaro - o del tutto dimentico che su un prato, in Piemonte, ad ogni primavera rossi fiori la sagoma supina ridisegnino del tuo ultimo ucciso. Stoccarda, 1961 / 129 Bitte... Ancoraggi perduti un tuo vagare irrequieto lungo linee confuse

C'è infine un uomo che ti parla convinto e ti dice vuote parole gente intorno le ascolta d'improvviso una strada ingombra di braccia conserte e di pugni di cartelli quadrati e di volti lineamenti che si dissolvono schemi che si compongono un disegno che va rifatto d'aggiungere è un tram giallonero lungo binari incrociati tracce di bianco su un muro un grido e un accorrere occhi si legano tra la folla una borsetta di vernice le gambe e una minigonna il fumo è di sigaretta ma il sentore è di donna Ciglia celano sguardi tra i dialoghi raccolti sul corso fili smagliati fra i tavolini caffè con panna e gelato uno che dice osmosi c'è un giornale spiegato e il cameriere italiano spendi sei marchi e sessanta un saluto e un invito a cena ma segui la scia del profumo nell'ascensore che aspetta la camera è stretta c'entra il letto che basta e lo specchio ch'è obliquo col riflesso di seta di lei che ti mormora "Bitte..." Stoccarda, 2003

Lotte aveva un amante latino vendeva fiori al mattino e di notte viveva d'ansie e di sogni Spogliava lenta il suo corpo di luna lasciando i biondi capelli sciogliersi sul seno gonfio di latte e miele C'erano uomini intorno a godersi visioni osate tra i tavolini allineati davanti a grossi boccali di schiuma e birra occhi di voglia e fischi ventri in ardore Mostrava infine il crine del pube nudo e l'orgasmo sgorgava da quelle gole in grida imperlando le fronti deturpando quei visi Lui la guardava fare attento agli eccessi stava in disparte accanto ai cessi chiusi aspettando E quando l'alba specchiava lembi di nubi a chiazze sui marciapiedi bagnati tornavano a casa insieme abbracciati E Lotte a letto sognava infine la violenza sfrenata d'avide mani maschie e soggiaceva al coito tacitamente desiderato nei fremiti di quelle ore Stoccarda, 2006 ***


Un uomo solo Eccolo accanto a me un uomo solo con una birra scura davanti come un cavallo in piedi il feltro a tappargli dentro pensieri e grida Parliamo a gesti divisi dalla sbarra del bar fra sorrisi e strette di mano e le ceneri di due sigarette indicando le cose col dito con scarne parole e verbi espressi nel modo infinito Quest'uomo solo ogni sabato delle sue notti pugni avvezzi al contatto del gelo e la calce sogni rotti in frantumi due fessure colme d'iridi rese oscure dall'ombra covata sotto il sole tondo d'una terra lasciata alle spalle Mi parla di mare di scogliere e di schiuma d'aranceti e di reti stese di vele bianche e di barche rastremate come le anche svelte sotto le nere gonne delle donne del suo paese

Ha voce roca un suono rozzo che evoca la contorta corteccia d'un vecchio ulivo affiora da un pozzo colmo di nostalgia ha lo sguardo che s'apre su orizzonti lontani a occhi chiusi che spazia distese marine come un cieco gabbiano Così conosco quest'uomo mediterraneo in un sabato notte della sua inane esistenza la sciarpa di capra alla gola e la vista che fugge via oltre il boccale spumoso oltre i rutti il fumo e le teste oltre Stoccarda e i confini alpi rocciose e vaste pianure che lo separano da troppo tempo dal muretto franato attorno all'orto incolto di casa Stoccarda, 2003 Un ultimo tango Un ultimo tango non si balla da solo neppure allo specchio Ti ho voluta nel vecchio salotto

Il poeta Vittorio Fioravanti risiede a Caracas, nel Venezuela da oltre cinquant’anni. Scrive fin da ragazzo, e ha pubblicato da sempre i suoi versi su riviste letterarie e nelle pagine di antologie poetiche italiane e straniere, ricevendo innumerevoli premi e menzioni durante l’intera sua lunga vita. Nel 2004 la sua composizione poetica “Non c’era una volta” ha meritato il primo premio assoluto al Concorso Mondiale “Italia Mia”, riservato agli scrittori italiani residenti all’Estero. Come esponente di riguardo della nostra collettività nel 2013 la Federazione delle Associazioni ItaloVenezuelane ha organizzato in suo nome il tradizionale Festival della Cultura. Due anni fa queste sue cinque liriche - “Razza mediterranea”, “Andarsene via”, “Me n’andrò”, “Un uomo solo” e “Silvia” - sono state pubblicate a Nuova York nell’imponente Antologia Italo-Americana “POETS OF THE ITALIAN DIASPORA”.

- stasera mia cara nella solitudine amara del mio imbrunire Vieni accompagna i mei passi lungo il dedalo usato di lunghe note striscianti Vienimi incontro nel solco estremo di un ultimo scatto quando il respiro si arresta e la tua coscia bruna mi scivola lenta dentro nel pulsare stanco delle mie vene Restiamo avvinti ad un sogno spezzato un sospiro sospeso l'osato intento di sopravvivere al pianto Appena un attimo in più come ulivo contorto proteso nel vento che sale riarso dal mare come tronco ravvolto nelle verdi tue spire di foglie fresche di vita che le mie dita accarezzano esangui Caracas, 2005


Alessandro Magherini ENDECASILLABI A BORDO STRADA

HALLOWEEN Q8

Gli amici ormai son diventati nonni smarrita nell’asfalto s’è la fama del mitico Coppetta che scendeva in piedi sul sellino dell’Aermacchi ed arrivava fino alla fontana di marmo bianco sotto le finestre di Firpo. Trascorro adesso le notti sole e nebbiose della tangenziale notti livide in cui si spegne rauca l’eco di una marmitta irregolare. Non torno più in via Galata e adesso mi conforta fare spese alle quattro al Carrefour di viale Fulvio Testi. La notte suona lingue differenti fra quei banconi ma in periferia non si parla in eccesso: siamo tutti terroni lì, e ci diamo del tu

La notte di Halloween tornando dal cinema mi sono fermato in viale Fulvio Testi per fare benzina. Pioveva forte e sotto la pensilina c’era una donna che si è avvicinata mentre riponevo la pistola nella colonnina. Mi ha detto andiamo a scopare ho risposto no grazie e intanto l’ho guardata in faccia aveva delle macchie sulla pelle ma era bella ed esprimeva dolcezza il volto segnato di una madonna illuminata dal neon. È un tempo che ho spesso le lacrime agli occhi e più del solito mi colpisce la stolida durezza del mondo LA VOLPE Gli occhi li ho visti all’ultimo momento è quello che mi resta di quell’attimo metafora di carne, bestia viva prima che diventassi il suo assassino fosse stato in un bosco quell’incontro l’avrei vista fuggire e sarei stato felice: che fortuna, avrei detto ma che tristezza, che disperazione vedere un nume morto sull’asfalto le stelle immense a guardar dal cielo e io lì sotto, piccolo e meschino chiedere scusa, stare in confusione un film che non può più tornare indietro invoco protezione della volpe

Sono nato a Genova nel 1952. Dopo la laurea in filosofia ho trascorso alcuni anni fra l’America Latina e l’Africa occidentale. Insegnante di lettere al Cpia 2 Milano, risiedo a Cinisello Balsamo. Sono stato fotoreporter, traduttore, redattore editoriale. Amo pensare alla poesia come a un’opzione intrinseca ad ogni essere umano, forse una weltanschauung che potrebbe cambiare il mondo. Ho scritto Sonetti per M.me Kalì (Officina Coviello), La Gru (Gattili), Anaconda (Sartoria Utopia). Ho partecipato all’antologia Milano (Edizioni Versi Umani). Autore ospite del blog «Bibbia d’asfalto: poesia urbana e autostradale», ho inoltre pubblicato testi sulle riviste «Il Vento Salato», «Alla Bottega», «Malvagia», «Pick Wick», «Il Foglio Clandestino di Poeti e Narratori», «Il Monte Analogo», «El Ghibli», «Il Segnale». https://www.facebook.com/alessandro.magherini


Angela Donna (Piazze di Torino) piazza duomo La mia solitudine mi suona dentro con il rumore dei miei passi piazza d’estate (Piazza Toselli) La piazzetta, lì davanti, è tutta un cuore giallo. Piovono fiori per l’audace vento dalle robinie rimbalzando con buffi, allegri tonfi farinosi. Quattro panchine accovacciate stanno nel semicerchio silenzioso domenica di sera (Piazza della Repubblica - Mercato di Porta Palazzo) Sulla piazza spazzata uomini a mucchi intorno ai fuochi di cassette rotte quieto brusio d’accenti

Dall’infanzia ho viaggiato per l’Italia, seguendo mio padre ufficiale della Marina Militare, e conosco lontananze e ritorni. Ora vivo a Torino nel quartiere storico Borgo Dora, cuore pulsante e ventre della mia città che amo molto. La poesia e la scrittura mi accompagnano da oltre trent’anni. Dal 2016 sono vicepresidente dell’Associazione culturale Due Fiumi.


Giovanna Iorio Succede nei paesi che dopo pranzo dormano tutti. La chiamano la controra ed è senza tempo. Infatti il sole sta in mezzo al cielo come un falco. E succede nei paesi che ti chiedano: quanto ti trattieni? E tu non rispondi. Guardi le rondini. E succede nei paesi che nella casa dove prima abitava uno zio ora ci stanno trenta rifugiati. Tutti maschi e giovani. E allora chiedi in giro se si sono integrati. Come passano le giornate. E scopri che nessuno sa niente di loro. Neppure i nomi. E succede nei paesi che la cravatta non la usi nessuno. Solo ai matrimoni. O solo ai funerali. E in chiesa o al ristorante per le foto. Allora ho aperto l’armadio di mio padre e ne ho trovate tante. Ancora hanno il nodo. Una vita di matrimoni e funerali. Succede nei paesi che esci da sola e te ne torni a casa in compagnia di fichi, more, le prime nocciole ancora verdi. Vestite, le nocciole. Succede nei paesi che una donna stia lavando i pomodori San Marzano in garage per farne conserve. Li lava uno ad uno. Poi li mette a riposare sopra una grata. Come bambini. Succede nei paesi che un temporale venga annunciato da un vecchio con i calli. Succede nei paesi che a stendere il bucato si faccia molta attenzione: oggi i colorati, domani i bianchi. Succede nei paesi che al cimitero incontri qualcuno che ti dice: ah, stai qua! E tu, di passaggio. Succede nei paesi che dopo mangiato – con il caffè e il limoncello ancora in mano- qualcuno sempre chieda a bruciapelo: e stasera che mangiamo?

Giovanna Iorio vive e scrive a Roma. Ha pubblicato diverse raccolte di poesie. Le più recenti "Poesie d'amore per un albero" (Albeggi) "La neve è altrove" (Fara, 2017) "Haiku dell’Inquietudine" (Fusibilia 2016), "Frammenti di un profilo" (Pellicano 2015, con Post poesia di Renzo Paris). È presente in molte antologie tra cui Cuore di preda (CFR) e SignorNo (SEAM). Scrive racconti (Domiveglia, Regina Zabo 2016) e radiodrammi (Rai 3 e Radiolibriamoci web). Collabora con Roma&Roma, DiarioRomano, Erodoto108 e L'EstroVerso.


Giulia Bragalone Le sabbie del tempo. Come un viandante mi addentro in terre misteriose, avvolta in un fascio di luce. Come un mercante, un vagabondo, o un carovaniere, esploro la mèta che scoprirò solo durante il viaggio... dentro e fuori di me. I deserti sono come estese civiltà, essi sono abitati da poche oasi e qualche dromedario, affiancato da un tuareg o da una visione paradisiaca dovuta al caldo sole che mi avvolge come un manto dorato tra le sabbie del deserto. Nel silenzio della solitudine si scopre la saggezza, il coraggio, si finisce col ritrovare se stessi: "Le Foreste a precedere le Civiltà, i Deserti a seguire." La sabbia scorre giù, nella clessidra e il tempo ci riporta a ciò che eravamo, oltre che a ciò che siamo, ma non ancora a ciò che diventeremo. E come il viandante, continuiamo a camminare, lungo la strada dell'Io, in cerca di noi stessi, del nostro Es... verso una sorgente pura e vera, che rispecchi il nostro animo. Uno specchio d'acqua che rifletta la nostra vera essenza... Laddove, nel nulla, risiede il tutto impercettibilmente.


Giulia Bragalone, nata ad Anagni il 22 Gennaio 1996. Amante dell'arte (in modo particolare della pittura) della scrittura e della cultura, studia Filosofia presso l'UniversitĂ "La Sapienza" di Roma.


Giovanna Olivari LA PANTALONAIA DI BORGO INCROCIATI Entravi. Odore di pelo bagnato. Ma il cane dov’era? Il gatto non c’era. Il pelo bagnato di chi? E un tanfo. Minestra stracotta, scaldata, ricotta, nell’aria impregnata di legna bruciata, di panni bagnati sul filo tirato del muro scrostato. E lei silenziosa quegli occhi di rosa il metro allungava col gesso segnava la stoffa vigogna. Nessuna vergogna a farti toccare sentir respirare tu fermo in piedi. Le sue mani lievi puntavano spilli piegavano pinces. E rizzava i peli la pelle sfiorata lì sopra il ginocchio non un dito più su che lì si fermava la moda all’inglese, ragazzo borghese, che vivevi solo una curva più su.

ISTANBUL

Re-Drago dalle squame lucenti e gonfie di notte mi sembri Ti guardo dal Cihangir Hotel Insonne respiro con te Lo sai e ti lasci ammirare Respiri profondo regolare Sicuro della tua forza lasci sulla tua scorza che luminose stelle - tra loro diversea turno si accendano pizzichino la tua pelle si parlino si rispondano Tu vigile dormi e le lasci fare Sai di tenerne il filo All'alba lo potrai arrotolare.

E’nata e vive a Genova. Laureata in Lettere Moderne, ha insegnato nella Scuola Media. Poeta e attrice, ama giocare con le parole, seguirne il ritmo, entrare nelle loro metamorfosi. Ama dare la sua voce alle cose che scrive. Scrive poesie, haiku, racconti, favole, monologhi, che si trovano pubblicati in diverse raccolte antologiche, e-Book , tra cui “ I quaderni di Erato”, “Voci di poesia”,”Luoghi di parole”, “Il Federiciano 2015” “ Divergentemente 2015” “Estemporanea” 2016, “Genova canta il tuo canto” 2015 ed Zona, “Essenza di un’isola”, “Genoese Hours. Le ore genovesi di Henry James”2017 a cura di Beth Vermeer, in riviste, tra cui “Illustrati”( settembre 2015, maggio 2016, marzo 2017) ed.Logos, ed inseriti in rappresentazioni teatrali. Ha collaborato col Circolo Letterario “Banchina”. Fa parte del gruppo di Poeti di Genova Voci. Ha partecipato e partecipa a numerosi eventi, spettacoli, reading, festival, mostre. Ha ricevuto diversi “attestati di merito”, “ menzioni” e “segnalazioni”. Nel 2015 ha pubblicato il libro-oggetto “INFERNO-INTERNO. Parole Immagini Emozioni” (trailer su youtube) https://youtu.be/nFfQwhHU8Hg



Francesco Macciò Verso Carrega… al mercato Il carro che sale… I giochi, le conte. Tra i rami un frusciare. Paglia di casse sballate. Il carro che sale… I burchi, le lame. Tra ceste riverse e pietre focaie le scuri luccicare. Nella cuffa dorata una bimba, la bimba dagli occhi castani che squadra la cima che spia in quel brulicare di merci e di mani. (da Sotto notti altissime di stelle, 2003)

Raccomandazioni Fa freddo. Blocchi di neve ghiacciata

alta quasi come te fra la strada e il marciapiede. Un maglione di lana sotto il grembiulino nero. È Brasilia non Rio la capitale… Nada mayor che la luce di un sogno, ricorda… Rio è spiaggia, carnevale… Come te quel fiocco azzurro ribelle, quel ciuffo ancóra sulla fronte. Non c’è pericolo rasente al muro. I piedi tienili all’asciutto. E cammina… Chissà chi è il primo a mettere banco stamattina. Vedrai Casablèn che ti fa ridere tanto col metro da sarto a prendere misure. Sarà già aperta la bottega di Cachiélo, ma tu non fermarti a guardare i view master in vetrina. E cammina… Se incontri Baré non è cattivo, lo sai, ai bambini soltanto mette paura… Quando le passi davanti bussa sul vetro. Sta sempre nascosta nel retro la zia Evelina... (da L’ombra che intorno riunisce le cose, 2008)

Paesaggio C’era il mare, la stessa idea del mare e quella striscia bruciante di neve scesa fino agli aranceti contro un cielo senza colore sul lato a nord della casa, sul nero sottocosta dove solo un luccichío al largo di lampare disegnava un’ansa tra le montagne incurvate, una città… Che poi era tutto un salire tra gli orti e le vigne di voci sui muri arrotondati, un passaggio sull’erba appena spuntata tra gli arbusti rasi ad altezza d’uomo…

C’era il mare, la stessa idea del mare e una vena verde di serpentino dietro il tremito dei vetri contro un cielo senza colore, un blocco non ancóra frantumato sull’asfalto sotto la luce dura dei proiettori. Laggiù oltre le sbarre semoventi di un cancello ora la notte non fa più paura. Ha i contorni degli agglomerati sull’arenile, il rialzo del cemento, il respiro che inghiotte il buio di un albergo desolato. (da Abitare l’attesa, 2011)


NOTE DELL’AUTORE Verso Carrega… al mercato I «burchi» sono, nel dialetto parlato nella zona di Torriglia, le punte della forca fienaia; «cuffa» invece sta per «coffa», «cestone». La poesia si colloca, come retrodatata, negli anni tra le due guerre del secolo scorso, quando a Carrega Ligure si teneva un mercato di qualche importanza per la popolazione della Val Borbera, dove il paesino è situato, e delle contigue vallate appenniniche. Anche da Torriglia, lungo la rotabile che conduceva lassù, salivano mercanti e carri di mercanzie da vendere. Raccomandazioni I personaggi nominati appartengono all’ambiente della mia infanzia torrigliese. Casablèn, il sarto giunto a Torriglia da un paese del Veneto, ebbe questo soprannome dalla storpiatura di un’espressione nella sua lingua d’origine, cui era solito ricorrere durante le prove di sartoria («casa ben», ovvero cade bene, nel senso che l’abito ha un aplomb corretto); Nicola, detto Cachièlo, era il fotografo del paese: nella sua bottega, ubicata all’angolo tra via Giacomo Matteotti e via Bruno Mangini, la via dove allora abitavo, vidi per la prima volta attraverso un visore stereoscopico le immagini tridimensionali prodotte dalla View master; Baré, che ricordo aggrottato e facilmente irritabile, credo facesse il muratore; Evelina Carraro, mia prozia materna, aveva un negozio di vasellame e ceramiche nel centro del paese. L’espressione «mettere banco» significa disporre la merce in vendita all’esterno del negozio. Paesaggio La prima stesura risale a una notte d’inverno quando, di ritorno da un incontro di poesia cui avevo partecipato, decisi all’improvviso di imboccare l’uscita autostradale di Sestri Levante. Volevo rivedere un luogo legato fin dalla mia infanzia al mare, o più precisamente, per me che abitavo sull’Appennino, all’idea del mare. Ma al ricordo di infanzia si sovrapponeva un nuovo paesaggio cementizio: elementi visivi e mnemonici, del passato e del presente, si sono poi addensati, nei successivi momenti dell’elaborazione poetica, in un gioco di permutazioni. Questo componimento è apparso nella traduzione tedesca di Antonio Staude in Germania («Matrix. Zeitschrift für Literatur und Kunst», 1/2007-7).

Francesco Macciò è nato a Torriglia nel 1954, vive a Genova dove insegna italiano e latino in un liceo. Ha pubblicato i seguenti libri di poesia: Sotto notti altissime di stelle, La Spezia, Agorà, 2003; Matisklo, 2013; L’ombra che intorno riunisce le cose, Lecce, Manni, 2008; Abitare l’attesa, Milano, La Vita Felice, 2011; L'oscuro di ogni sostanza, pref. di Luigi Surdich, La Vita Felice, 2017. Sotto lo pseudonimo di Giacomo di Witzell ha pubblicato il romanzo Come dentro la notte, Lecce, Manni, 2006, di cui hanno scritto: “un bellissimo libro, coinvolgente, alto, misterioso, intriso di una idea forte, problematica e nobile di letteratura” (Giuseppe Conte); “il notevolissimo merito di Come dentro la notte è la reinvenzione del genere narrativo, tanto usurato soprattutto negli ultimi tempi” (G. Bárberi Squarotti). Un suo racconto intitolato Trieste, notte è apparso ne “il Giornale”, 7 novembre 2004, nella rassegna L’Italia raccontata dagli scrittori. Ha curato il libro di studi su Giorgio Caproni «Queste nostre zone montane», con una introduzione di Giovanni Giudici, Genova, 1995. Nel 2009 ha vinto il Premio “Cordici” di poesia mistica e religiosa, nel 2012 il premio “Satura città di Genova”.


Renato Morelli Canto dell’ora del tè L’anima teme le grandezze Non fossero che quelle materiali Che vagano alla ventura nella vita Alla fine, stanche dall’aver corso molto, trascorrono inerti l’assoluto vuoto di inutili pensieri creativi. Solo al mattino spengo la candela con un soffio e getto le indegne vesti di questi anni trascorsi nell’attesa del momento dell’abbandono. L’assalto degli Antichi Un vento sparpaglione si agita ai bordi dell’ossigeno che mi ristora distruggendo bianchi cirri neuronici disgregando grovigli di idee condensando in rauchi latrati brandelli di pensiero e dolci richiami di lucide Napee aspri rimproveri e lepidi cenni concupiscenti di alate Esperidi che circondano la memoria. Tremanti rintocchi ora si ora no ma sono racconti indecifrabili. Curriculum: Scrivo da 50 anni e sono fuori da ogni contesto letterario.




Enrico Mario Lazzarin N 73 COSÌ È: LA SIGNORA ROM TIRA FUORI LE MONETINE HA LE MANI MAGRE E RUGOSE I CAPELLI GRIGI A VOLTE BIANCHI SUL FONDO UN POCO GIALLINI. LA CASSIERA SEVERA GLI GRIDA SUL VISO CHE MANCANO TRENTA CENTESIMI E NON PUÒ PROPRIO SERVIGLI IL TRANCIO DI MARGHERITA . USCENDO DALLA CODA DICO AD ALTA VOCE OK LI METTO IO I TRENTA CENTESIMI . LA SIGNORA MI DICE CHE MI BENEDICE E MI RINGRAZIA MI TOCCA UNA SPALLA LE DICO CIAO POI SI SIEDE SULLA PANCHINA AL SOLE A MANGIARSI LA SUA PIZZA. N 77 COSÌ È: IL SOLE SULLA TENDA DA SOLE SETTANTASETTE DUEMILADICIASETTE QUARANTA ANNI DA QUANDO NELLE MANI SI AVEVA IL MONDO E I TUOI OCCHI ERANO ARCOBALENI DI LUCE E D'OMBRA . VICINO AI MURI CHE HANNO ASSORBITO MACERATO TUTTO COLORI SENZA COLORE ACCOLGONO NUOVE LINGUE ADAGIATE SCOLORITE STANNO LE PAROLE DI QUEL TEMPO, LONTANE SCORDATE IN FRETTA , OPPURE TENUTE SOTTO UN CUSCINO DISPERATO. QUALCUNO MUTO LE URLA ANCORA.

N 63 COSI È: NELLA SALA D'ATTESA DEL MEDICO DI BASE TUTTO SCORRE SENZA SCORRERE. L'APPUNTAMENTO FISSATO PER LE NOVE E VENTI SI POSTICIPA forse per le dieci forse le dieci meno dieci..... AL TELEFONO IL MEDICO DICE" È TUTTO NELLA NORMA..." IL MATTINO HA aperto la bocca lasciando una bava dorata poco lucente. N 62 COSÌ È: I COLORI DEI SOGNI SONO VELOCI A SCIOGLIERSI IN UN GIRARSI MALDESTRO DI UN DITO DI PIEDE NEL LETTO , ALLORA NON TROVI PIÙ LA MANIGLIA PER ENTRARE NELLA CASA DEL SOGNO E RIMANI STUPITO SFORZANDOTI DI TRATTENERE I COLORI ORAMAI SFILATI VIA . N 60 COSÌ È: MI PIACE RITIRARE LA BIANCHERIA STESA AL TRAMONTO . IL SOLE RIMASTO NELLE TASCHE PULITE DEI PANTALONI NELLE PIEGHE DI CAMICE E NEI BORDI DEI CALZINI MI PROFUMA LA SERA DI BUONO E PENSO GUARDANDO LA LUCE CHE VA VIA , TUTTO DOVREBBE ESSERE COME IL SOLE CHE PROFUMA LE MAGLIETTE E MUTANDE ALL'IMBRUNIRE . N 57 COSÌ È: Tutto sembra quello che non è. LA SENTO LA PIOGGIA SUI TETTI DI LAMIERA SU TEGOLE CONSUNTE ABITATE DA PICCIONI DA CURVA DI


CALCIO ,RONDINI NON NE VEDO PIÙ. IL NIDO COSTRUITO A FATICA SENZA FALSITÀ COSTRUITO CON VOLI E VOLI VOLI VOLI VOLI. BUTTATO GIÙ DA INDIFFERENZA CARTONATA DI PUBBLICITÀ CHE AVVELENA IL PAESAGGIO DELLA PIOGGIA. N 54 COSI' E': La vedo la luce piu' chiara sulla neve di Maggio. La in fondo sfiora la roccia; la sento dalla finestra della cucina arrivare nella mattina. MI preparo un caffè Piano un gesto consueto costruisce quello che non c'è e poi va da se, N 49 COSÌ È: MAGGIO,RINCORSE DI GRIGI A PRENDERE L'AZZURRO CHE SI DIVERTE; DOPO LA PIOGGIA E CANTA E RIDE PER TUTTO IL VERDE ; Il VERDE CHE LUCCICA E CHE VUOLE; TOCCARE E DIVENTAR CELESTE.

N 47 COSI È: NASCEVA MIA MADRE IL 30 APRILE DEL 1934 A TORINO IN CORSO VERCELLI 214 . IN QUEL TEMPO SI PARTORIVA IN CASA ERA NORMALE . LA BARRIERA DI MILANO ,ALL'EPOCA è ANCORA QUASI TUTTA CAMPAGNA . SPESSO PASSO DAVANTI AL 214 E PENSO SIA UN BEL NUMERO. TANTI AUGURI LAURA IN QUESTA DOMENICA CHE CI ANNUNCIA IL PRIMO MAGGIO CHE SIA DI FESTA CHE SIA D'AMORE. N 46 COSÌ È: SONO PASSATI SETTANTA ANNI DALLA STRAGE DI PORTELLA DELLA GINESTRA ERA IL PRIMO MAGGIO 1947 IL SOLE SUI PICCOLI TULIPANI LI COLORA DI FESTA, DI MATTINA CON ARIA PULITA. SEDUTO A FUMARE SUL TERRAZZINO PARE CHE TUTTO VADA BENE COME QUANDO ERO BAMBINO E SI CREDEVA CHE LE GUERRE FOSSERO TUTTE NEL SUSSIDIARIO.

Enrico Mario Lazzarin nasce a Torino nel 1958. Si interessa di poesia da sempre. Dal 2016 presiede l'associazione culturale Due Fiumi.


Marcello Scotto GENOVA Ahi, Genova, inospite Genova, misconoscente e avara assai; allorché sarai di me vedova, quell’un dei sette vizi cui mai sai rinunciare, io t’affievolirò. Ora dici: Questo scrive, a che pro’? Per Superbia! Non sono tuo figlio? La mia, mostra ben altro cipiglio, ti guarda con gli occhi della Gorgone, non sostenerli, è il mio consiglio! Che vuol da me il poeta cialtrone? Così, di me, hai sempre parlato; di me! io, che da te sono nato… Avrai le ossa, non la mia arte! Qui è la mia volontà! In disparte da te sia sempre il mio ingegno, e tra noi sempre sia fiero Marte; come tu facesti, io ti disdegno! Giammai, mai una Poesia, mia, sui tuo scaffali; da Genova: via! Per Superbia! Non son io bastardo! Di me avrai soltanto il lardo putrefatto; tale ad un maiale, del resto mi tratti, o un cinghiale… No! Non sosterrai il mio sguardo! né mi potrai, mai, mai guardare! Sulle tue scene non s’avrà da fare, mai, mai la mia Drammaturgia. Così giuro, così voglio che sia! 8 febbraio 2003

LA CITTÀ CHE NON DORME Alacre la Città si desta, e, Basta! dice al buio ozioso, che, sorpreso ora dall’Aurora petulante, sente che deve fuggir via; non è più sua la scena del mondo, M’arrendo! dice alla svelta Città che si desta. E a te, a te amico mio che resta, dei simulacri sognati? L’hai voluti e adesso acri ti parlano, ti dicono nel chiarore delle nuove ore dure! Siamo le tue speranze noi mai sopite, perché tu e Marcello ancora dormite? 20-21 maggio 2017


Mario Pellegrini


Mario Pellegrini, elbano di Marciana Marina, vive a Nisporto. Appassionato di storia dell’isola e di fotografia, ha pubblicato nel 2010 insieme a Romano Bavastro il libro L’Isola d’Elba e il suo cuore generoso edito da Bandecchi & Vivaldi. In testa e nel cassetto, ma destinati prima o poi ad uscirne, una serie di progetti su vicende e personaggi elbani di tempi lontani, visti ed analizzati alla luce di originali documentazioni e approfondimenti.


Enrica Gugliotta La città Cielo bianco In questo tardo pomeriggio Di primavera Suoni che disturbano La mia mente Persone che camminano Per le strade Le une indifferenti Alle altre Ognuna con una propria sofferenza Questa è la città Grigio su grigio Solo tu solo In questa città Piena di gente Ma vuota Di volti amici

Sono nata a Genova il 7 Maggio 1977. A 12 anni ho iniziato a scrivere poesie. Nel 2002 sono entrata in semifinale al Festival internazionale di poesia La città dei poeti. Nel 2002 hanno pubblicato la poesia la città nell'antologia del festival la città dei poeti. Nel 2007 ho pubblicato la mia prima raccolta di poesiedal titolo: Diario dei pensieri notturni A seguire: Il risveglio, La rinascita, Gocce di poesia, Emozioni, Sogni ad occhi aperti, Scatti e versi,Poemys, La mia seconda vita. In preparazione: 40 anni in versi Biografie : Breve vita romanzata di Eugenio Montale, Breve vita romanzata di Alda Merini, Le poetesse liguri. 15 antologie poetiche, Ebook vari, eventi poetici, un calendario un cd musicale, video su YouTube Seguitemi sulla mia pagina: https://www.facebook.com/search/str/enrica+enry+gugliotta/keywords_top


Andrea Pizzorno

… una banalità. Tutto finito, non la vedrò più. Che differenza col treno del mattino, con lavoratori e lavoratrici che parlano delle virtù di qualche milionario italiano bianco e di ciò che non va per colpa di tutti i negri che arrivano qui e di quelle negre mezze nude che danno scandalo; magari i lavoratori italiani alla sera comprano il corpo di queste ragazze, mentre le lavoratrici italiane temono di essere violentate da tutti questi negri. Ma chi sono i selvaggi? Io che non ho saputo fare nulla per un’affascinante ragazza schiava? O gli xenofobi italiani, insensibili e con vinti di essere al centro del mondo? O queste schiave moderne? (L’attore fa una smorfia ironica) In effetti una di loro, dopo aver ricaricato il telefonino, ha buttato per terra la scheda esaurita.

Andrea Pizzorno, “vivente”. http://www.fivedabliu.it/2017/02/19/italiani-brava-gente


Lorella Finocchiaro U siminzaru Domenico Minafra, detto “u siminzaru”, aveva una bancarella sulla ripida strada che portava al Santuario del Tindari. Vendeva calia,collane di nocciole, mandorle zuccherate, confettini alla cannella e semenze. Con i piedi affondati nella calia fumante, stava una statuetta della madonnina nera.. Micu ci teneva alla sua Madonnuzza, la puliva , la baciava e la metteva in mezzo ai ceci. Domenico era originario di Milazzo, suo nonno aveva lavorato alla tonnara ai tempi d'oro in cui la pesca era generosa e redditizia ma da quando avevano alzato le ciminiere del Porto petroli, nessun passaggio di tonni e pesci spada. “Ai tonni non ci piace il feto di petrolio”, diceva suo padre, così aveva comperato un asino e durante le feste patronali, girava per i paesi, a vendere calia ,semenze e taralli zuccherati. Alla morte del padre, Micu aveva comprato la licenza per un banco fisso davanti al Santuario. Non aveva mai preso moglie, viveva con la madre che portava sempre con se e nella stagione più calda, trascorreva interi pomeriggi in chiesa ,dove al fresco, assisteva a quasi tutte le Messe della giornata. Micu non pativa nulla, stava ore ed ore al sole , con un solo cappello di paglia a proteggerlo ed era più nivuru della Madonnuzza. Domenico, da non molto tempo era rimasto solo e ogni ultimo giovedì del mese ,si recava al cimitero a far visita alla madre. Apriva la bancarella, sistemava ogni cosa e la lasciava in custodia al figlio del proprietario della bancarella accanto. “Vicenzino ,mi raccomando, guarda che non mi arrubbino niente e se vendi qualcosa , i soldi sono i tuoi ,per il disturbo. Tra tre orette sarò di ritorno”. Il cimitero di Milazzo, con le sue lapidi bianche, luccicava al sole, di fronte al mare sferzato dai venti eoliani , al largo,una miriade di minuscole barche . Micu non portava fiori, tanto in quell'arsura sarebbero appassiti subito ,ma lasciava sul marmo ,qualche coccio di calia e alcuni confettini. Era un giorno terso di Settembre e Micu tardava a tornare alla sua bancarella. Vicenzino e suo padre stavano in pensiero ,così, misero via tutto e scesero a cercarlo. Lo trovarono riverso sulla lapide, in una mattinata in cui il vento aveva spazzato via ogni nuvola e la schiuma delle onde formava un pizzo ricamato sulla superficie dell'acqua. I muri secchi e i viali arsi odoravano di salino, dal suo pugno chiuso usciva profumo di ceci cotti e cannella.

Calia – ceci sapientemente tostati in sabbia rovente Semenza- semi di zucca


Bruna Pedemonte SETTEMBRE Seccan e lerfe a o meistrâ O çe o l’è un veddro tûrchin de lûmme antigo. S’anneigra l’uga mérella ammôia o figo. Schitta o mæ tempo comme un pescio in mâ. Co e so tezûje rûzze settembre o çimma a luxe e o vento co a so voxe mugugna ciàn ciànin. SETTEMBRE Seccano le labbra al maestrale//Il cielo è un vetro turchino di lume antico///S’annerisce l’uva fragola/matura il fico//Guizza il mio tempo come un pesce in mare//Con le sue forbici arrugginite/settembre scorcia la luce/e il vento con la sua voce/mormora pian piano.

TEGGI Sciortendo da o lüvego do bosco t’ei lì i Teggi! Mascâ de luxe. Oudu de fén. Sentî d’ægua bonn-a. E un pittìn o sciòu se scenta e o cheu o s’incanta. TEGLI Uscendo dall’oscuro del bosco//ecco lì// Tegli//Schiaffo di luce.//Odore di fieno.//Sentore d’acqua buona.//E un pochino in fiato si mozza/e il cuore s’incanta.


Teggi - Acquerello di Bruna Pedemonte


Rosa Maria Puglisi Fotografa e blogger. Attraverso studi umanistici e artistici ha sviluppato la sua passione per una fotografia intesa come espressione soggettiva della realtà e custode di memorie. Ha una lunga esperienza nell'insegnamento della fotografia e da qualche anno – dopo un Master sulla relazione d'aiuto a mediazione artistica - tiene seminari di fotonarrazione autobiografica, avvalendosi delle metodologie della Gestalt espressiva per facilitare nei partecipanti autoconsapevolezza, creatività e pensiero positivo. Vive a Roma.



Sandra De Felice Io sono Sandra De Felice e vivo dalla nascita a Pescara ( Abruzzo ) e appartengo quindi al gruppo POETI di Città. Pescara è una città di MARE (all'inizio era un piccolo borgo di pescatori) per cui tutto ciò che gira attorno ad essa è riconducibile al nostro litorale. Anche le mie Poesie e le mie foto.

DIPINTO DEL MARE Pietra turchese d’incanto è oggi il mare, gli scogli dorati di luce riflessa ne incorniciano il canto…… EMOZIONE AL CREPUSCOLO E sono canto suadente spiegato nella brezza marina, una nuvola soffice che al limite sovrasta l'orizzonte infuocato, un sogno impetuoso di luce acceso che trapassa l'oblio.... E sono lacrima d'amore versata in questa eternità che mi appassiona, nell'incanto tutto intorno sono un infinito, adagiato sul tappeto rosa del crepuscolo che acceso cattura il mare e purpureo lo riveste… 18 Gennaio 2015

NEI MIEI LUOGHI DI SOLITUDINE

respiro intensamente e tu mi accendi l'anima in una girandola di pensieri fugaci, ammaliata resto dal tuo canto... Cavalco le onde indomabili della mia vita e tu come un amante dolcemente accarezzi i lembi svestiti della mia pelle di luna... Nei miei luoghi di solitudine incessante spira il vento che trascina via la mia malinconia e della vita mi conforti... Oh mare mio...!!!

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NEL MARE D'INVERNO

NEI GIORNI DI FINE AGOSTO

In tutto questo mio vagare durante il mare d'inverno ho sempre portato la solitudine negli occhi, un'ombra che non invecchia il volto... e quel fardello di ricordi che tra le caparbie onde e i sovrastanti scogli avrei voluto infrangere....

In questi giorni di fine agosto ritrovo un po di me, briciole di azzurro negli occhi e spuma di mare....tra le dita, tra i capelli scompigliati e nei baci sulla bocca... Ritrovo l'emozione dei sogni negli aquiloni colorati che si innalzano verso il cielo limpido, cielo sconfinato come la mia anima, in questi caldi giorni di fine agosto.........

Nei miei luoghi di solitudine che nessuno sa

Un' emozione mi scalpita nel petto quando i miei occhi affogano nel mare... 7 Maggio 2016 h:06,25 Affido i miei naufragi d'amore ai sospiri del mare, al tramonto dei miei sogni sbiaditi...

28 Agosto 2015

DIPINTO DEL MARE IN ESTATE Esplode il sole nell'azzurro sconfinato cielo adagiato sul mare, si confonde ogni confine tra i voli dei gabbiani nel vento e tra gli scogli... E' rivestito il mare da vele colorate che attraversano le schiumose ed argentate onde, da stelle marine luminescenti nei fondali e sulle rocce e dalle conchiglie colorate sulla sabbia... Pitturata con colori d'acquarello arriva magica l'estate nel mare… 21 Giugno 2016

Sandra De Felice è nata a Scafa (Pe).Vive e lavora a Pescara. La sua opera prima il libro di poesie d’amore “Frammenti di luna”è stato pubblicato nel 1998 dalla Casa Editrice "TRACCE" di Pescara. Con la suddetta Casa Editrice ha partecipato alla realizzazione dell'Antologia "La Scrittura delle Donne " nell'anno 2001. La sua opera seconda il libro di poesie “Trasparenze” è stato pubblicato nel 2011 dalla Casa Editrice Aletti. Per la stessa è presente in diverse Pubblicazioni Antologiche con numerose poesie-La piu' prestigiosa L'ENCICLOPEDIA dei Poeti Italiani anno 2009 raccoglie tre Poesie di Sandra. Nel 2014 ha partecipato all’ Antologia “ Vortice” con un componimento di poesie intitolato Il Mare, gli amanti e il poeta”. Dal 2014 pubblica poesie su diverse antologie ebook curate dal poeta Matteo Cotugno. Per la “Casa Editrice “ Pagine” ha partecipato alla realizzazione della Collana Riflessi 2014 con una Raccolta di poesie dal titolo ”Bagliori Autunnali”. La sua Terza Opera di Poesie dal titolo "DIPINTI POETICI" è stato pubblicato a Marzo 2016 dalla Casa Editrice ERMES Servizi Editoriali Integrali S.R.L. I citati libri sono pubblicati anche on line sul portale www.calameo.it ed altri. Nella poesia di Sandra De Felice spiccano la scorrevolezza e l’immediatezza del testo che permettono al lettore una notevole comprensione dei temi e dei contenuti trattati.Tuttavia la silloge testimonia una complessità di motivi e di sfumature espressive in cui carica sentimentale e tensione emotiva compongono un dettato di grande incisività. L’amore è il protagonista di questa poesia, visto nelle mille sfumature del sentimento e dell’espressione.


Marco G. Maggi Nato a Tortona nel 1968, vive a Castelnuovo Scrivia. (Alessandria) Sue poesie sono state selezionate e pubblicate su diverse antologie e riviste letterarie, sia online che in cartaceo, e ha ottenuto diversi riconoscimenti in alcuni importanti premi di poesia. È stato inoltre invitato a partecipare a numerosi readings sul territorio nazionale tra cui spiccano località come Genova, Milano, Pavia, Roma e Matera. Nel febbraio 2014 ha pubblicato la sua prima raccolta poetica, intitolata “Punto di fuga”, presso Collezione Letteraria della Puntoacapo Editrice. Attualmente sta lavorando una nuova raccolta che spera di pubblicare entro il 2017.

Terra di confine Solo cinquantacinque chilometri dallo svincolo della tangenziale ma nel guazzabuglio dell’estate quando le automobili s’incanalano nel viavai con la Riviera la percorrenza diventa un rebus e la distanza si dilata L’afa ci ha trovato qui in questa terra di provincia sospesa tra la città e l’orizzonte un’unica linea sulla mappa segnata da fiumi ed autostrade qui dove i papaveri sembrano tanti occhi che sanguinano spingono le teste dai cavalcavia oltre allo smog dei gas di scarico guardano il traffico verso il mare desiderando un tuffo dentro al sole qualcuno non vorrebbe più tornare. Un alluvione Lo senti questo borbottio? È il torrente che, ogni tanto, per qualche bizzarria, si crede fiume ed impone le sue acque alla pianura. Ma è la mia terra e tra i pioppi respiro un’aria di flagranza come quando, dopo un lungo viaggio, arrivo sotto casa e dico: “sono qui, sono venuto per restare”.


Carolina Navarro Raccontando il mio ritorno a casa, non ero sicura quale era casa mia, ma dopo il mio tempo sabbatico, tra pratica e famiglia nel mio paese, sapevo! il cuore me lo chiedeva, dovevo tornare. La lingua italiana mi possedeva e dovevo scrivere in italiano anche se il mio computer era in spagnolo. Il cuore mi dettava doveva essere così. Renato, il cane di mia sorella mi guardava con i suoi occhi teneri mi faceva compagnia. Non avevo più tempo per scrivere dovevamo uscire e riconoscere la città, il caldo ci aveva indebolito a Santiago. Durante la notte il silenzio e un’emozione mi invadeva, chissà, nervosità, l’insonnia s’era appropriata di me. Sono stati i suoi tweet che arrivavano sempre nel momento giusto e in sincronia mi incontravano. Mi sentivo come una sirena offuscata nella città avevo bisogno del mare, ma non piansi e viaggiai il primo possibile a Matanzas, volevo arrampicarmi nella pietra della sirena e parlare con lei come quando piccola e anche come quando adolescente ma, ora come adulta, da sempre parlavo con lei, con la sua anima che mi circondava amichevolmente ogni volta che andavo a trovarla e quando da sola guardavo verso l’orizzonte che la ritrovava. L’anima della sirena percorreva verso giunzioni di una terra che piangeva, i dolori brulicavano e risalivano, una e altre volte quando la marea scendeva, lasciavano vedere il suo piccolo sorriso che diceva, bentornata alle mie pietre. Quando iniziai a camminare verso la battigia mi prese per la mano mostrandomi molte altre pietre che brillavano dal fondale roccioso che la richiamavano. Da quando era sbarcata la nave straniera tutto era cambiato, la sirena mormorava tra una lingua ed un’altra: mi distingui? Domandava osservando come si colorava l’infinito in una riscoperta.

Carolina Navarro. Poetessa, Comunicatore Interculturale e Dottore in Tecniche Psicologiche, servizio alla persona e alla comunità, italo-cilena ha pubblicato quattro raccolte di poesie di cui una in edizione spagnola tutte legate al fenomeno dell’immigrazione, abita a Genova da tredici anni.


Patrizia Camedda LA MIA CITTÀ' E c’era l’acqua di falde e bealere acqua per lavorare e vivere e acqua di malattia e afflizioni E vennero i giorni delle giovani vite appese, interrotte immolate su un ponte a ricordarci per sempre l’orrore Arrivò anche la fame di speranza e futuro dentro una grande valigia di cartone parlava molti dialetti, diversi e strani e venne relegata ai margini, vilipesa, umiliata Con i Gabbiani di Primo signori dei cieli anche tra i rifiuti sognammo libertà e resurrezione solo un attimo fugace Ci fu il tempo di fiumi straripanti di tute blu che dopo il turno non erano più blu ma nere di olio combusto, officina e fatica

E ci fu il tempo di raccogliere nera messe giovani vite deflagrate strappate, stracciate, stritolate da vuoto e aghi, vuoto e aghi, vuoto e aghi E tanto cemento cemento grigio, cemento armato! Cubi di cemento-alveare a contenere vite senza ossigeno vite senza colore, vite spente vite deprivate, devitalizzate E io ora mi perdo anche se memore del passato in una danza immobile e silente/smemorata inspiro piano energia umana mani e occhi e gentilezza e cucio parole inanellate regalo carta e inchiostro ché su questo costruiremo i giorni prossimi abbattendo il cemento sbocciando in alba di Rinascimento

Patrizia Camedda, madre di un adolescente, scrivo. Impiegata per oltre 20 anni ad occuparmi di numeri e rendiconti ho coltivato la passione per la scrittura soprattutto di notte. Diplomata in arti applicate riesco a riconoscere “il bello”. Laureata in psicologia alla veneranda età di 45 anni (tesi : http://m.youtube.com/watch?v=V2N9UB0UxfU ) ho effettuato tirocinio annuale per accedere all’esame di abilitazione presso una struttura di residenzialità leggera in psichiatria. Iscritta all’Ordine dei giornalisti del Piemonte dal 2007 scrivo (dal 2005) per passione civile, collaborando con un giornale locale La Nuova Periferia (precedentemente: L’Inchiesta di Sicilia, Tecnica della scuola). Dal 2010 collaboro con l’IIS Galileo Ferraris di Settimo con un progetto di giornalismo dedicato a studenti delle fasce deboli (progetto a.s. 2013/2014 https://www.youtube.com/watch?v=XQWSWQxq4Kw; www.youtube.com/watch?v=eM0zxLUOeZs). Scrivo poesie e partecipo a slam e serate di declamazione. (Murazzi Poetry Slam; Monferrato Poetry slam; II Edizione Giochi Poetici c/o Cultura e Società; La Revoltosa Poetry Slam; CaleidoScoppio Murazzi). Ho pubblicato a Novembre 2015 la mia prima raccolta Le Ombre Umide. Faccio parte del Direttivo dell’Associazione culturale Due Fiumi e del Collettivo Donne del Progetto teatro Spi-Cgil. Da novembre 2014 sono socia volontaria attiva (progettazione, comunicazione, relazioni pubbliche) e membro del Direttivo del Centro Antiviolenza Uscire dal Silenzio di Settimo Torinese.


Rosa Johanna Pintus Lo sparato Si si spara a unu già morto mentri muore gli fai mienu mali? Si colpisci e u colpisci ancuora pi scantari/agli navutri, avirrai u iddi rispiettu? U cori ri chistu nico sanguinaria e nun l'hai soccorso, ti senti forti uora? Me ccu iddu hai ucciso: lo hai sparato, picchi nulla havi imparato u hai cunnannatu babbu mentri nun era scimunitu iddu muore arrieri Arrieri u hai uccisu? si contenta uora chi scola...chi scola! Canto di profuga Uccelli enormi dagli occhi di ghiaccio sputano fuoco dai mille colori: sono sola, aiuto intorno a me: macerie!Piove sabbia sulla pelle vedo luci inferocite. Aleppo, Aleppo Aleppo,Aleppo e bombe al cloro, Aleppo piange e sventola il deserto. Uccelli enormi occhi ghiaccio! In me l'abisso intorbida la danza: urlo voci che non senti taccio, so di profuga e di sperma: lapidami, lapidami: non sono più nessuno. Giudicami, giudicami ma non farmi troppo male. Rosa Johanna Pintus è uno pseudonimo utilizzato da un’autrice il cui nome è legato a temi di denuncia. Lo pseudonimo ha finito per diventare parte stessa della sua personalità e spazio di rifugio nella routine del quotidiano.


Alessandra Beratto Sono nata ad Ivrea il 5 aprile del 1963 dove oggi vivo e lavoro come medico veterinario . Maturità classica 1982 liceo Carlo Botta e laurea 1990 università di Torino . Ho sempre scritto . Da bambina scrivevo poesie poi lo studio e il lavoro mi hanno costretta ad altre scelte e la penna l’ho rinchiusa in un cassetto . Negli ultimi anni , dal 2011 , ho cercato di ritagliarmi spazi per scrivere le cose che avevo dentro in rima e non . Ci sono luoghi fisici ( Ivrea e Milano) che amo e a cui sono legata e luoghi inventati che mi permettono di avere ancora sogni .

Ivrea Notte di luna , giaci dormiente lungo le sponde della Dora silente . Il cielo rischiara , sulle rive del fiume cigni e germani si rassettan le piume . Avanzano i raggi del sole nel cielo , i tetti squarciano la nebbia e il suo velo . La Serra sbadiglia , la Cavallaria lucente si scuote svegliando la Bella Dormiente . Il Duomo e il Castello con la torre ferita , al garrir delle rondini , riprendono vita . Sbadigli , ti scuoti , riprendi il cammino odore nell'aria di buon cappuccino . Non solo l'aroma di tanti caffè , nel tempo profumi di un vario bouquet . Febbraio son le arance che volano a iosa , Violetta dal carro che getta mimosa . I giardini di Luglio gremiti di gente , di ciambelle e cavalli l'odore si sente . Novembre ti imbianca , attutisce i tuoi suoni castagne ben cotte sui rossi carboni . Passano gli anni , io invecchio e tu no ripeti da sempre lo stesso rondò . Un ritmo perpetuo nel tempo e negli anni tutto ritorna così senza affanni . Novembre , Febbraio , poi torna anche Luglio , sei bella , speciale col tuo rosso vermiglio . Rosse le torri , rossi i berretti , rosse le arance che in finta battaglia feriscono i tetti . Rosso è il colore che più ti si addice come le guance di un bimbo felice . E' così che ti vedo , ecco l'idea ti faccio un ritratto : “ Due righe su Ivrea “


Quel tuo angolino

Una sera a Milano

Per ognuno di noi c'è un angolino dove i pensieri diventan di seta e di lino . Apron le ali , leggeri e rosati volando sul cuore si sono posati . Portatore di pace quel luogo fatato , fusa affettuose di un gattino tigrato . Tra lunghi rami aquiloni impigliati sono i tuoi sogni mai andati perduti . Un palloncino a guardia di un nido , segreto di vita , è forte il suo grido . Due nuvole azzurre , color di lavanda il cuore vi si posa morbida branda . Sedile in pietra per idee più chiare , in soffice erba i piedi nudi puoi affondare . La vita nei giorni tra affanni e pensieri , oggi e domani saran più di ieri . Resta immutato quel tuo angolino , là i pensieri saranno di seta e morbido lino .

Dove vanno quelle anime , nascoste in grandi cappotti , dietro a informi cappelli sipari di pensieri e parole ? Dove vanno nel grigio di sere d'autunno , graffiate da luci di lunghi lampioni come ferite da artigli di gatto ? Anime perse passano , vanno , si sfiorano in corsa , lasciando scie di profumo e tabacco . Inghiottite poi da bui portoni sul selciato resta il ricordo , presto svanito in aloni di luce da finestre curiose . Svestite dai grandi cappotti e dagli informi cappelli , le vedo riflesse come ombre cinesi nei vetri di cento finestre . Nella luce di case che quelle anime mette a nudo e dona il riposo . Radici

Fili tenaci . Visibili solo per questo mio cuore , s'intrecciano stretti in questa trama . Da foto sbiadite , sorriso di bimba rivolto a chi ora non c'è . Colore di autunni passati , tra nebbie e squarci d'azzurro, neve a vestito sulla bella Dormiente , rossi i cappelli , blu il nostro fiume . Profumo d'arance in volo in battaglia, di frittelle e pietanze nella loro cucina , di un bacio e un abbraccio che san di tabacco e lavanda . Suoni lontani di campane a festa , là nella piana , di un disco in sordina , di un'armonica a bocca . S'intrecciano tutti , s'intrecciano stretti. Riportano a casa questo mio cuore , lo sorreggono per tutti i domani . Che sapran di lavanda , d'arancia e d'azzurro .


Maura Taormina Coste Ottengo il perdono sulla panchina verde-ruggine. Quel vivere distante dall'odioso girotondo di città è severo. Noioso necrologio di campagna l' insetto che infierisce sull' onda trascinata a forza nei ricordi. Voglio del mare la risacca. Che leggera inquietudine lasciarvi solo i piedi. Non vado via.

Sono nata a Genova l’11 luglio 1963 da genitori siciliani trasferitisi a Genova alla fine degli anni ’50 per motivi di lavoro. Sono sposata e ho 2 figli. Ho un diploma in perito tecnico per il turismo. Mio padre mi ha trasmesso l’ amore per la danza, il canto e l’arte in genere. Divento prima ballerina di danza classica e modern/jazz, successivamente insegnante delle due suddette discipline. Ho diretto saggi e spettacoli scrivendone personalmente i testi e curandone la regia. Ho partecipato a concorsi di danza in qualità di giurata e preso parte a film e spettacoli teatrali. L’anno scorso la mia coreografia “Mia ombra di luce” ha avuto vari riconoscimenti in 5 differenti concorsi anche a livello internazionale. Ho lavorato in varie radio private genovesi tra gli anni 80 e 90. La mia passione per la scrittura nasce poco dopo aver imparato a scrivere. Mi piace ridere e scherzare in compagnia, per contro adoro trasferire su carta le mie inquietudini ed i miei pensieri chiudendomi in piccoli spazi fisici e mentalmente comodi.


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