"5° Quadernetto Poetico - OrnitOnirica"

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I Quadernetti Poetici di “SiFaPerFarBenEdizioni”

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“OrnitOnirica” - voli pindarici, sogni e visioni -


Cosa sognavo quand’ero bambino? Cavallucci di mare con pistole al galoppo della frusta lo schiocco che i leoni domava e la strada scorreva, mi chiamava per nome se giocavo agli indiani sulle rocce nel sole… Or che solo per gioco bambino lo sono dondolo sul cavalluccio, sulla strada che schiocca e mi chiaman Leone, ma di mare, e mi basta mentre frusto le rocce al galoppo pian piano le pistole disprezzo, perciò faccio l’indiano!


“SiFaPerFarBenEdizioni”, improbabile casa editrice frutto della fantasia contorta di Roberto Marzano, presenta il 5° Quadernetto Poetico a tema “OrnitOnirica – Voli Pindarici, sogni e visioni”, opere ispirate a voli fantastici nell’irrealtà, dove il sogno prende sopravvento sulla vita in visioni surreali, deformando i sensi e il tempo. Sconfinamenti nell’assurdo, nel fuori dal comune, nell’illogico, dove l’inconscio viene galla in sorprendenti miraggi, fantasie erotiche, viaggi immaginari... Anche questo “quadernetto” ha visto la partecipazione di tanti (39!) poeti, narratori, fotografi, visionari e sognatori da ogni parte d’Italia. Troverete, nell’ordine, opere di Roberto Marzano, Maria Pia Altamore, Luca Valerio, Davide Cortese, Stefi Pastori, Rosa Maria Puglisi, Alessandro Magherini, Angela Donna, Fabrizio Casapietra, Ivana Menichini, Alfredo Rienzi, Aurora Maletik, Silvia Canonico, Diego A. Zanella, Lila Ria, Simone Pansolin, Barbara Giuliani, Fabrizio Bregoli, Davide Marzano, Angelo Pini, Renato Morelli, Lidia Allocca, Valeria Bianchi Mian, Patrizia Camedda, Vittorio Fioravanti, Angela Panno, Annarita Faggioni, Sandra De Felice, Enrico Mario Lazzarin, Enrica Gugliotta, Beatrice Orsini, Giulio Murru, Izabella Teresa Kostka, Adele Ferrari, Francesco Gallina, Gianfranco Isetta, Alessandra Valente, Laura Campagnoli e Floriana Porta. I “quadernetti” sono (volutamente) piuttosto coloriti e colorati, disomogenei nella grafica, un tantino infantili, quasi naif. L’intento è quello di discostarsi dalla consueta veste di altre, pur rispettabilissime – detto senza alcuna ironia – antologie. Proviamo a dare una botta di vita a un ambiente talvolta rigido e ingessato con la tendenza a prendersi troppo sul serio. Qui, di “serio”, non c’è nessuno! La partecipazione è libera e gratuita, fatta solo per amore delle arti e della loro divulgazione. Non c’è selezione, se non quella di pubblicare nell’ordine d’arrivo dei contributi. Il risultato potrà anche apparire kitsch o un po’ pacchiano, ma la nostra “poca voglia di serietà” deve in qualche maniera esternarsi, e i “quadernetti” vanno proprio in quella direzione… Roberto Marzano


RobERtO MaRZaNo ME LO AVEVA DETTO IL DOTTORE Me lo aveva detto il dottore di non dare alcun credito a ciò che i miei occhi rimandano al cervello ignaro tanto meno alle orecchie, agli echi di bombe, all'infinito ululare... Ma che colpa ne ho se un branzino mi parla occhieggiando sulla grata del frigo che ronza spazzole jazz sul rullante e un certo numero d'uova vi friggono sopra scoppiettando come petardi di un Capodanno precoce in aprile nel cielo a bocca aperta di Londra o Berlino? Tutto frutto della mia fantasia? Oppure una tragica patologia che mi propina mostri dispettosi bizzarri gnomi pigmei che mi deridono con sconce e allusive canzoni che mi danno l'angoscia? L'importante è non crederci, te l'ho detto, è una malattia mi ripete arrabbiato con certi sbuffi di lava dal naso il Dottor Badallamente sotto una folta criniera carminio e magenta imperlata d'oro, di brina e di favi di vespe e talvolta lo dice dimenando le anche con la ruvida voce di Tina Turner sfinita dalle notti passate a fare a pezzi tutti i vinili ai quali non ha tenuto mai più di tanto in quest'era di digitalizzazione psico-magnetico-pluritematica la musica è in confezione spray (agitare per bene prima dell'uso altrimenti i peli sotto le ascelle si trasformano in pali) e ci si ritrova incollati a una croce come Gesù Cristo che sullo sfondo sghignazza maligno per la mia confusione...


No, è la mia immaginazione, di sicuro ologrammi talmente perfetti che se non fosse per l'ombra che si dirama dai piedi direi quasi che piovano autobus o persone in frantumi grissini, borsette, bibbie, mandarini, cuori spezzati. Non devo dare retta alle mie percezioni ormai ho imparato a tirare diritto, a far finta di niente e serenamente sono convinto che non possa non essere vero che Biancaneve e i Sette Nani si siano installati in casa mia e dormano tutti assieme, è così, e così sia se combinano incontri furtivi tra le lenzuola facendo cigolare il grande lettone a tutte le ore... Fatto sta, che avendo bisogno di calze per delicatezza busso alla porta della mia stanza Brontolo in persona, completamente nudo viene ad aprirmi impugnando un'accetta che in un sol colpo mi taglia di netto la testa! Non c'è problema, so bene che è solo un'allucinazione non ho neppure accennato a una difesa tra poco mi rialzerò e andrò al comò a prendere le calze di cotone celeste come se nulla fosse successo... Ci vorrà forse un po'... forse un'ora? magari un giorno? o forse di più ancora? Ma continuo a vedere il mio corpo disteso in un brodo di sangue con ancora il gesto del pugno che bussa discreto... Bhò? Può darsi che sia morto davvero o forse che non sia neanche mai nato? Comunque aspetterò fiducioso e paziente la fine di quest'altra atroce visione così questa volta il Dottore non avrà proprio nulla da rimproverarmi!


GARGARISMI DUODENALI Gargarismi duodenali danno coda appena un po' a singulti spenti allontanati dalla stanza a sfera dove l'elefantiasi dilaga, lenta lungo le processioni indifferenti al virtuosismo lidio in mi bemolle e al tornaconto di aspidi supine alle barbe dei profeti dilaniati

SCIMMIE A PARIGI Piovono addosso le scimmie a Parigi lampi di pelo fioccano dai tigli figli sepolti a metà nel cemento batton la fiacca sotto i lampioni le labbra gonfie di baci mai avuti bruciano d’arsura e lontananza fredda la stanza a Place de la Bastille che già da un po’ è presa, per il culo.

ai piedi dell'altar del nulla estremo come iraconde teste di carciofo abbondano di curve ai colli tesi

LA PRESA DELLA PASTIGLIA

a un bacio con lo schiocco che zittisce di merli rosa la sala piena a tappo affissi alla bacheca colma di stronzate irrise a grande voce dal villico che gratta il suo irsuto culo come il mulo fa sul melo indifferente a sguardi di svelte donzellette che su dalla campagna vengon canticchiando… FRAGOLE INATTESE

In attesa della metro alla fermata d'uomo tutto d'un pezzo di ricambio d'aria di non averci capito un bel niente da dichiarare la mia estraneità ai fatti una canna da pesca sciroppata la conferenza dei servizi igienici chiusi per lavaggio del cervello fritto in olio extra vergine Maria proteggi i miei figli della lupara

L’aspro sentiero mi conduce incerto

bianca neve e i sette vizi capitali investiti

al prato delle fragole inattese

da una valanga di stronza-te e tutti i tuoi

cresciute a malavoglia troppo in fretta

“cari amici vicini e lontani, buonasera!”

porto con me ciò che non mi duole. Pretese non ne ho, ma ho paura

E se poi dicevi tanto per dire, fare, lettera

stretta la corda al collo annichilisce

d'amore senza fine della corsa coi sacchi

suole incatramate prendono fuoco

di cemento a presa della pastiglia dei freni

l’aura infernale lì per lì mi avvolge

inibitori del sistema para “simpatico il tuo amico”

m’esce dal capo un vago fil di fumo

degli “amici miei” prodi all'attacco della Sinfonia

poco più di un alito di vento

patetica la tua figura di riferimento

indulge un po’ sui lunghi miei capelli

puramente casuale coincidenza con il diretto

bramo carezze, cara, oppure baci

da Zubin Mehta obbligatoria per chi

sento che il volo sta partendo adesso

mi ama mi segua subito quell'auto scatto

folli d’amore ci abbagliano le lucciole

alla “risposta esatta! Allegria, allegria!”

taci, mia gioia, ormai non c’è rimedio…


SOLO UN GIOCO Spìano le contromosse da scacchiera piccole parruccherie chiuse per ferie col rischio di graffiare vecchi dischi a settantotto giri sulla giostra di bambole che mostrano all'aria persa un ché di diafano abbandono dove si va al destino in contromano certi che la vita, a volte, è solo un gioco che se si perde fa molto, molto male…

FUGHE Dispersi nel budello impiastrellato cerchiamo tra le fughe aria pura appesi alle pupille arroventate disposti a tutto, per morderci di baci ad allungar le braccia prigioniere di maniche che stringon troppo forte sarà da scioglierle, presto, una mattina aprire la finestra e volar via…

LA SFILATA DI RITORNO Roberto Marzano Nato a Genova il 7 di marzo del ‘59,

Di già giallo, il “prato verde” porta indietro narratore e poeta “senza cravatta”, chitarrista, cantautore naif e bidello giulivo. l’insolita paranza che agli occhi scaltri incede Barcollando tra sentimento e visioni, mano nella mano, disinvolta leggerezza verseggio di vagabondi e di prostitute, di avanzano, con passo sciolto alterno a danza amori folli, di ubriachi, di oggetti inanimati una donna di nessuno, una colpa silenziosa e dei quartieri ultra-popolari dove sono un profanatore di poesia, un appassionato di tombe orgogliosamente vissuto. Se vuoi sapere di un portiere platonico e un amore di riserva più (pubblicazioni, premi letterari e altre un cannone condiviso e un dispiacere d’ordinanza poesie): una scusa da perdere e niente per uscire una talismano d’idoneità e un certificato porta fortuna https://robertomarzano.jimdo.com un pollo in silicone e un seno alla cacciatora uno scacco a tradimento e un mangiapane al Re un fucile bruciato e un soffritto a canne mozze un madre spasmodica e una smania in pensiero un pene senza senso e un dialogo circonciso un innamorato di Norcia e un prosciutto tradito un latte in sciopero e un metalmeccanico pastorizzato un cavallo tutte curve e una bionda di ritorno un’orgia riposante e una dormita senza freni una cagna enigmistica e una settimana fedele un marito d’avanspettacolo e un saltimbanco annoiato un malato logorroico e un ubriaco di nostalgia un sogno precoce e una primavera impossibile un omosessuale temerario e un acrobata latente un pugno ben cotto e un hamburger sul naso una pesca pettegola e una portinaia sciroppata un perditempo scaduto, un formaggio recidivo un caffè di galline, un ladro corretto un coito prolisso, un discorso interrotto…


mariA PiA AlTAmOrE Dal Quaderno di lingua ittaliana di Maria Pia Altamore - Palermo 1967 Tema: Scrivi una breve pagginetta di cronaca del primo giorno di scuola. Svolgimento. Il primo giorno di scuola era come il giorno del mio compleanno felice e contenta di ritrovare la maesta ele compagne che felicità. Tutti vanno a scuola sergrandi e piccoli. Come sono entrata in aula ho trovato laula a forma di un ferro di cavalllo, e poi tante carte giografiche e tanti lavoretti delle compagne e anche miei. Ricomincia un nuovo giorno di scuola e un nuovo ganno scolastico per me ma anche per i banbini di tutto il mondo. Anche i grandi vanno a scuola, e le ragazze alle scuole domenicali.

Tema: Un pomeriggio piovoso. Svolgimento. Era un pomeriggio piovoso giungevano giù i primi goccioloni radi. La città cominciava a campiare aspetto una pioggerella fitta giungeva giù insistente a catinelle. Io me ne stavo nella mia stanza, nel mio posticino ad orservare, le cose come andavano. La natura campiava aspetto sembrava che aveva cobrito tutto la città, di un velo di malinconia. Io abbito al terzo piano, e non semprava che camminavano le persone ma gli omprelli. Si sentiva in lontananza il rompo dei tuoni come un intistinto rullo di tamburi. Si sentiva in giro il foriggine deli termosifoni. Poi c’era un uccellino che cercava un riparo, sembrava una persona che corresse. Tutte le macchine nelle strade avevano in funzione il reggicristalli. Cercavo di lavorare a maglia ma che noia, poi mi accorsi che fuori c’era la camicia del fratellino e la presi, poi cercai di raccontare delle favole al fratellino, ma che, mi annoiava tutto, poi chiesi alla mamma di uscire, ma anchio mi rentevo conto che era impossibile. Che noioso pomeriggio! Proprio dirottava continuamente.


Mariapia Altamore, sembra un nome d'arte, invece è proprio il suo. Bisognava solo abbinare il temperamento artistico, rivelatosi negli anni tanto eclettico da farla spaziare dal teatro comico alla clownerie, allo scrivere teatro e poesia, a gestire eventi a cui partecipa anche come animatrice e cuoca. Insomma una "cuocattrice" (nonchÊ poetessa) titolare del singolare progetto "Cibarty di Mariapia Altamore - La Cucina del Buonumore".


LuCA VaLeRiO PERTANTO Gli incontri che ora scontro Sugli autoscontri e attendo Scontrini e scontri a stento. Pertanto Tutti seduti come nei paesi per le donne in chiesa Mentre le sedie sono sbullonate dell’ipocondria Tutti sconvolti senza sillabare un orizzonte in fuga È una querela contro tutto il mondo a dire che pertanto La vista salta con l’asfalto a sbalzi e con gli sbalzi a schermo E più si invecchia più si va a lavoro fino a che le piaghe Segnano tutto quanto ciò che spurga fino a che i neuroni Scappano come tutte queste curve sino all’implosione Pertanto Ho l’orologio avanti Son idroresistente Combatto quel ritardo Che sempre non sopporto Lo sai ti stimo tanto Pertanto I miti adesso sgonfio Mitragliatrici a raso Per diventar profeti Telegiornali di bambini obesi con le merendine Ad osservar teoremi e totem che titillano la notte E non ci sono più i cortili dove puoi tirare i calci E la signora urlava un aforisma quello che pertanto Cambian le forme cambiano i colori ma non cambia il senso Tutto ritorna anche se non vorresti fosse dittatura E la signora adesso crede a chi tiene la voce in alto Pur non sapendo cosa ci conduca ad essere ectoplasmi Pertanto C’è un dissuasore occulto A rallentare il passo Di certo non mi arrendo A tutto quel rumore Che nelle orecchie avverto Pertanto


SIAMO TUTTI IN BILICO

QUANTE PERSONE SONO

Siamo tutti in bilico se, contraddicendoci fra certezze fragili, disperati aneliti, giorni ipocondriaci, assorbiamo farmaci. Siamo tutti un fremito: ci sentiamo despoti come dei coriandoli che con tempi blblici e orologi inutili sono solo estetici, Tutti quanti in bilico persi nel satellite e l’imago è nitida, un tantino asettica: come dentro un eremo, solo pane ed estasi

Quando ti guarda l’abisso rispecchi gli spicchi di cielo e non basta il cielo non basta la luna dentro quadrata, nemmeno quella che sta tramontando. Non serve nulla di quello che speri. Ti specchi a squarciare il velo e t’attira l’inverso di questo abisso: la mira prendi e spari al di là di ciò che è giusto di ciò che è sbagliato. Ma tu non sbagli sei tu che urli che piangi il dolore acerrimo come il tuo volto immobile. Non sai a che punto si trovi il sentire. È urlare da bestie la bestia dentro che cova e diventi mille te stesso: quello che tiene la faccia perbene quello che soffre l’inverno più ghiaccio quello che parla parole a nodi quello incupito nel proprio silenzio quello bambino che gioca per sempre e il vecchio e saggio con la barba bianca. Li alterni e gestisci ma dopo esplode e stai cento mesi inseguendo il dove il quando il perché inseguendo soltanto il sangue che hai sparpagliato nel vento e poi ti risvegli. È un elettroshock. È tutto mutato, terremotato. Mi chiedevi quante persone sono. Io so chi non sono: quello violento perché l’istrionismo il mio male acuto m’induce a firmare col sangue a fiotti tutti i delitti che compio. Non sono neanche capace a schiacciare formiche.

Stanno narrando senza direzione baci di dama e baci con la lingua e torturando tutti i sentimenti a goccia a goccia tutto viene giù: siamo tutti in bilico Siamo tutti in bilico, come le carotidi fra gli infarti a piovere (dogmi aristotelici che su Monteceneri se ne vanno in orbita) Siamo tutti polvere, mentre torna a piovere la certezza inutile del trionfo facile tifo eczemi fetidi, spero la catastrofe Tutti quanti astenici da restare in bilico né scavare ipotesi da condurre un brivido arrotando gli angoli, forse quelli piccoli Intercettando ciò che non si pensa sento canzoni lente e ridondanti che si compiacciono nell’irreale e lentamente il tempo se ne va: siamo tutti in bilico

Luca Valerio nasce a Genova nel 1967, il 5 maggio. Laureato in Filologia italiana e insegnante di Lettere al liceo. Sue raccolte sono apparse in varie antologie e in un flip book nel 2004. La sua poesia si incentra sulla ricerca dell’io e si basa sulla riscoperta della metrica. E’ da poco uscito “Calma” da “Editrice Zona Contemporanea”.


DavidE CoRteSe Tutto ciò di cui posso riempire il mondo danza senza forma dentro le ossa di vecchi sogni sepolti, sull’erba cresciuta dentro ai cuori di antichi amanti. Sulla terra che ha sepolto sogni e amori si muove la danza senza suono, senza tempo, di ciò che io posso estrarre dal mio petto per incantare il mondo e fargli parlare la mia voce. La danza delirante di una silente inquietudine. Vite brucianti salutano in volute di fumo il mio corpo stremato dalla giovinezza, spaventato dalla bellezza, eccitato dalla luce. E posso a fiotti generare popoli che danzino dentro bolle di sapone e si dissolvano gridando mute verità che tremano, come incubi d’inverno. Posso a fiotti disegnare fiumi che scorrono e che puoi toccare con le dita, bagnandole di colori setati e cangianti. Posso far librare nel cielo memorie come farfalle, e storie come falchi, dolori come corvi. E posso far fiorire sorrisi sulle tue mani, e sangue tra le nuvole, nella musica triste di un’alba audace e bianca. Ciò che si muove in me è così vivo e morto che mi fa paura, e mi commuove, e mi addolora. Perché ho un fiore che a nessuno potrò far vedere se non lo vorrà, e ho un paese in cui nessuno potrò condurre, se non lo vorrà. E fiori e paesi e stelle mi esplodono dentro, mai esistiti ed esistenti, struggentemente vivi e mai visti. E mi duole il sogno. E mi lacera. E si lacera perché si muove come un passero (disegno di davide cortese)


che si getta da un lato all’altro della gabbia. Ed io sono la gabbia, e lo sento quest’essere che mi lacera le viscere e che vuole libertà. E questo fiore che mi spinge come fossi terra perché vuole darsi al sole, io lo sento. Mi fa male. E mille fiori sono, non un solo passero. Miriadi di farfalle dalle ali preziose. E dentro mi si muove un universo che l’universo non basterebbe a contenere.

Davide Cortese è nato nell' isola di Lipari nel 1974 e vive a Roma. Si è laureato in Lettere moderne all'Università degli Studi di Messina con una tesi sulle "Figure meravigliose nelle credenze popolari eoliane". Nel 1998 ha pubblicato la sua prima silloge poetica, titolata “ES” (Edizioni EDAS), alla quale sono seguite le sillogi: "Babylon Guest House" (Libroitaliano) "Storie del bimbo ciliegia" (Autoproduzione), “ANUDA” (Edizioni LaRecherche.it), “OSSARIO”(Arduino Sacco Editore), “MADREPERLA”(LietoColle), “Lettere da Eldorado”(Progetto Cultura) e “DARKANA” (LietoColle). I suoi versi sono inclusi in numerose antologie e riviste cartacee e on-line, tra cui “Poeti e Poesia” e “I fiori del male”. Le poesie di Davide Cortese nel 2004 sono state protagoniste del "Poetry Arcade" di Post Alley, a Seattle. Il poeta eoliano, che nel 2015 ha ricevuto in Campidoglio il Premio Internazionale “Don Luigi Di Liegro” per la Poesia, è anche autore di due raccolte di racconti: "Ikebana degli attimi", “NUOVA OZ”, del romanzo “Tattoo Motel” e di un cortometraggio, “Mahara”, che è stato premiato dal Maestro Ettore Scola alla prima edizione di EOLIE IN VIDEO nel 2004 e all’EscaMontage Film Festival nel 2013. Foto di Alessia Siano


StEfi

PaStoRi

Colpevolizzanti deità

Di dormire non si parla

Ci fu un tempo in cui avevo lo spleen

Sono le ventidue e ventisei minuti e di dormire non si parla. Ho indossato allora i pizzi del peccato, quelli rossi e neri. Mi sono lasciata accarezzare la pelle solitaria montando la calza sulla coscia molle per agganciarla molto più in alto dove gamba e busto si allacciano nell'intrico misterioso di tendini duri. Mi sono guardata allo specchio con gli occhi tuoi e mi sono amata di te.

per ogni cosa ogni dove ogni come era un sentimento tanto evergreen poi sparito assieme ad altre velleità sul genere di colpevolizzanti deità. Artisti nei secoli vi si sono ispirati per creare opere d'arte grandiose ma poi palesi il tuo addome e io ti chiamo SUA PANCITA'.

Stefi Pastori . Da sempre vorace lettrice. Art Director in pubblicità, l'amore per la sceneggiatura scoccò sul set di uno spot TV diretto da Wim Wenders. Negli anni novanta fu ghost writer di Leo Benvenuti, Carlo Verdone, Fausto Brizzi, mai dimenticando che uno scrittore deve prima leggere. È lettrice di casa editrice. Gestisce un blog di recensioni libresche da cui deriva un podcast radiofonico. E' grazie ad un ex partner diventa Gloss (Gruppo di Lavoro e Osservatorio Sessismo e Stalking), studiando i meccanismi psicologici che scattano nei maltrattamenti in famiglia. Nel 2013 esce il manuale CORPI RIBELLI – resilienza tra maltrattamenti e stalking, eBook contenente nomi e recapiti di coloro che salvano le donne maltrattate. Nel 2016 tre eBook, ovvero la riedizione di CORPI RIBELLI, il saggio sociologico STANDING OVULATION, le donne sono superiori agli uomini, anche nella violenza, infine la silloge poetica, MICA VAN GOGH. Per la rivista online Dol's vara la sua carriera da novellatrice contro gli stereotipi. Di questi, il racconto BIONDO OCA è premiato al concorso VOCEDONNA edizione 2017. Oltre alla raccolta di racconti contro gli stereotipi STEREOTIPI A BAGNOMARIA, per il 2017 prevede una nuova silloge poetica dal titolo POESIE SPOLLICIATE (perché composte sullo smartphone), una raccolta di MICRORACCONTI DI POCHE PAROLE (massimo dieci), una di RACCONTI INCONCLUDENTI (finalmente senza paradigmi) e il suo primo romanzo sulla II Guerra Mondiale, dal titolo FUOCHI D'ARTIFICIO, tutto su mia madre.


RoSA MaRia PugLiSi


Rosa Maria Puglisi. Fotografa e blogger. Attraverso studi umanistici e artistici ha sviluppato la sua passione per una fotografia intesa come espressione soggettiva della realtà e custode di memorie. Ha una lunga esperienza nell'insegnamento della fotografia e da qualche anno – dopo un Master sulla relazione d'aiuto a mediazione artistica - tiene seminari di fotonarrazione autobiografica, avvalendosi delle metodologie della Gestalt espressiva per facilitare nei partecipanti autoconsapevolezza, creatività e pensiero positivo. Vive a Roma.


aLeSsAndRo MaGhEriNi NOVELYNE ARTS

IL LEONE

Novelyne Arts è comparsa in un sogno mi ha dato un po’ della sua tenerezza ha detto «torno!» e con un sorriso si è persa nell’acqua di un tarocco

Ti ho visto in uno studio fotografico re della foresta, e non dicevi nulla fermo nel tuo silenzio mi guardavi bizzarro specchio per un cittadino

di Novelyne non ho nostalgia se tornerà l’abbraccerò con gioia e lascerò che in un solo respiro s’insinui in ogni poro della pelle

intellettuale del tutto digiuno delle faccende del mondo animale. Che fossi un simbolo o un luogo comune non saprei dire ma eri maestoso

qualunque cosa faccia, Novelyne è sempre nello spazio della festa è dolce, allegra, torpida e un po’ mesta

fiero modello per il mio apparecchio o portatore di un messaggio occulto parente, forse, di un altro felino

sparisce e poi ritorna e quel che resta è un senso di languore, la malia la brezza, la carezza, l’anarchia

la simmetria che terrorizzava il grande Blake, il Maestro alchimista quel che una tigre a suo tempo cantava LA VOCE CHE RISALE

DISILLUSIONE Nella casa dell’artista poco più di una baracca ma grande e piena dei suoi colori sono arrivati tre energumeni e hanno distrutto tutto mi sono svegliato e ho pianto con il cuore squarciato «Siamo il dolore del mondo» mi hanno detto quei tre non puoi combatterci ma solo accoglierci dentro di te

La voce che risale fra le maglie strette del sonno sarà sempre voce di protesta, élan vital compresso che reclama, potenza del profondo che a fatica s’impone, e come un bimbo vede un giorno finalmente la luce arriva al gran cancello della notte dopo aver gorgogliato e travagliato ruggisce allora alta l’invettiva scoperchia tombe e vola verso il cielo urla il messaggio forte e non si cura se donna silenziosa accanto dorme e alzandosi a sedere stralunata dice «che c’è?» a me che l’ho svegliata!

Sono nato a Genova nel 1952. Dopo la laurea in filosofia ho trascorso alcuni anni fra l’America Latina e l’Africa occidentale. Insegnante di lettere al Cpia 2 Milano, risiedo a Cinisello Balsamo. Sono stato fotoreporter, traduttore, redattore editoriale. Amo pensare alla poesia come a un’opzione intrinseca ad ogni essere umano, forse una weltanschauung che potrebbe cambiare il mondo. Ho scritto Sonetti per M.me Kalì (Officina Coviello), La Gru (Gattili), Anaconda (Sartoria Utopia). Ho partecipato all’antologia Milano (Edizioni Versi Umani). Autore ospite del blog «Bibbia d’asfalto: poesia urbana e autostradale», ho inoltre pubblicato testi sulle riviste «Il Vento Salato», «Alla Bottega», «Malvagia», «Pick Wick», «Il Foglio Clandestino di Poeti e Narratori», «Il Monte Analogo», «El Ghibli», «Il Segnale».

https://www.facebook.com/alessandro.magherini


ANgELa DonNa Dopo anni di vita e di poesia (scrivo da più di trenta) mi sono ormai convinta che i poeti veri sono quei particolari individui che portano dentro di sé, da sempre e contemporaneamente, vecchiaia e fanciullezza in egual misura… Non so se i miei sono, a rigore, voli pindarici. Tutto sommato spererei di no, che potessero solo essere previsioni di “un futuro migliore dell’oggi”…

intreccio: quasi un canto in forma di utopia una grande ferita (le più grandi ferite) l’olio e il vino pel mondo ma dove ci stanno? e i samaritani chi sono e saranno a lenire un futuro migliore dell’oggi ? gli altri, altri da noi quelli che sempre ci fanno paura quelli che come marziani lontani ci sembrano estranei stranieri nemici invasori sono quelli - signori- che faranno e saranno nostri fratelli e noi fratelli per loro così solo il futuro sarà migliore dell’oggi porterà sull’ali lontane fontane di miele e di latte, paradisi terrestri d’innocenza perduti e voluti dove il leone pascerà con l’agnello lo scorpione e il serpente non avranno veleno sereno sarà il nostro cielo e la colomba sull’arcobaleno pianterà la palma e l’ulivo intrecciati - scioglieranno i calzari i soldati torneranno alla terra al lavoro all’amore al sudore del sale ed al sole cantando parole parole parole soltanto parole di pace non si può esplodere… non si può esplodere… se possibile fosse uscire da sé come Eros totale potenza nell’atto allora forse saremmo il Bene senza più malattie e morte umani dis-umani tutti uguali e felici ma oggi è l’oggi normale non c’è miracolo non c’è una casa nuova la pelle sempre quella della solitudine totale


FaBriZio CaSApiEtrA NON TRAVOLGETE LE VISIONI Non travolgete le Visioni (oh, no!), ma ritrovate un orientamento nuovo, policromo, un aereo-gatto: un continente versato, imburrato, no appartenente né appartato: non visitate dadi di foreste senza rotolare nella Stanza per più di una Volta, alla svolta, se si incontra, e inoltra la porta, avrà un rubinetto di fluttuanti vocalità, che prendono il giro risolto e risvolto, laddove sono assi i nostri collassi, e piante le ragnatele, sulle stele, e vele, e mele-plance da baciare, oh, no, non andatevene presto (se non lo vuole il Dio/Dèa/Paramashiva), dalle Visioni, non sono opinioni, allucinazioni: ce lo hanno detto i Maestri delle ruote di Cristallo, i maestri Tantra, le pigne di diamante del castello-cestello, che le Visioni si ribellano, se le vituperate e deridete, e non vi dimenticano, vi scalpitano a boomerang orofumo urticante, malgrado l'omonimo e l'eponimo e la spaccatura della satira filologica nell'erudita reprimenda del dovere, del clistere, del-per voi-, fottuto piacere, no: non ingannerete quelle sfere di sere per il nichilismo chiazzato, il permanganese permutato in Pisitrato: psss, psss, ho una cosa da dirti, e non c'è ovazione che tenga, non c'è altro che coscienza che ho capito che una divinità-Trimurti mi sta inventando, ma troppo con le parole l'ho capito, e i concetti mi diventano stretti: ascolto un sibilo: è un pò di incanto nell'aria, che supera il brusio dele epoche separate da manuali&studiosi di acca-demie, di acca-demos, e ho dimenticato le ginocchia abbattute, le mani sfregate per le persone fregate, e sono rimasto fiero delle Visioni, più che di altri meritiuno schiocco di lucine-fucine susine, ma erano tutto un altro colorare, erano ultrasuoni di colore, un attimo almeno e tutte le mie vittorie erano lì Fabrizio Casapietra, cantautore genovese, molto apprezzato da cantanti ormai noti a Genova come G.Zazza e Bobby Soul, e' stato recensito, con ottimo apprezzamento di pubblico e critica, da "La Repubblica", "Il Secolo XIX°" e "Mente locale"; scrive canzoni e ballate pop melodiche, dolci, graffianti, ironiche, delicate. Dal vivo, ha partecipato a prestigiose letture di poesia e concerti, fra cui "Faber e la città vecchia" (centro storico, per un tributo a F.De André).


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“Fotografo con occhi inversi così come canto con note improvvise o cucino abbinando i colori o scrivo lasciando che sia l'altro che mi abita a raccontare… insomma una personcina perbene! Di mestiere faccio la grullaia.”


AlfRedo RieNZi (da Notizie dal 72° parallelo, Joker, 2015)

Jan N. K. svela ipnagogie alla sua concubina Ripensai alla tana del gambero sulla riva del torbido fiume e mi vidi salpare da Nantucket dopo una notte che si denudò dalle sue tenebre senza fare niente altro che attendere rievocai quel calore quasi lieve del liquido che scende dalle spine attorno al capo e salmodiai tra me e me come l’unguento che scende lungo la barba di Aronne finché il dolore non fu così forte da smascherare la menzogna e urlare e tu molto ottusamente mi chiedesti se avessi più paura a partire o a restare… Ma tu hai conosciuto mai qualcosa vivere e riuscire a restare immobile?

(da Notizie dal 72° parallelo, Joker, 2015)

Terza giornata di Kristian Rosenkreutz L’avvenimento ebbe remota origine sì, c’era luce, e forse anche troppa e rendeva incerti i bordi delle ombre gli odori erano netti ma incoerenti le aringhe profumavano di frutta il latte alitava come aceto e via di questo passo insomma c’era qualcosa nell’aria che rendeva inconoscibile il luogo familiare – tra la città e la torre anche l’arco dei rondoni fletteva a formule inadatte al volo. Come fu possibile che nessuno s’accorse dell’inganno? Il nemico era lì, appena oltre la notte. scoppiarono in lamenti i condannati penosamente, in suppliche e pianti, tardive preghiere, genuflessioni Il barbaro mostrò la coppa d’oblivione ma era ancora il dolore da patire così la versò in terra (un’arida terra che per tre giorni disconobbe l’erba).

Noi osservammo tremanti ed accucciati all’ombra dell’acacia. Ci volle molto tempo prima che tutti fossero impiccati, decapitati, affogati nell’acqua o giustiziati in altri orrendi modi. Il giardino, prima così affollato, divenne sempre più vuoto e alla fine solo restarono, muti, i soldati. Il tuo pianto imparò il silenzio. A cosa servì l’orrore l’osceno rito di sangue e fango? Poi ci lavammo mani e capo alla fontana. la notte era trascorsa e il giorno (atteso) sorse un cofano di legno di cipresso custodisca la cenere più pura: la morte dell’uccello bianco e blu ci commosse profondamente tutti quando il suo sangue fresco e trasparente stillò come sorgente di rubino Nozze chimiche di Kristian Rosenkreutz, V e VI giornata


(da Notizie dal 72° parallelo, Joker, 2015)

Ingannevole epilogo del ciclo di Yibel L’inizio fu una voce lo schermo del sogno ancora nero come al cinema quando il narratore anticipa la scena che verrà il morso del lupo fu improvviso ma Yibel pensò che fosse ora di smetterla coi lupi che stavano ripopolando i monti con fatica di tutti, lupi, uomini e capre e che non si dovesse ancora abusare di luoghi comuni, dannosi a tutti, lupi, uomini e capre… Poteva bastare: il morso fu improvviso. Poi comparve la scena, ma, si sa, nei sogni le figure hanno spesso contorni incerti e molli o cambiano senza che neppure si capisca cosa siano in origine e cosa vogliano diventare e negli incubi il tutto è peggiorato dal ritmo che impazzisce (troppo veloce o troppo lento) e da un respiro che rapprende l’aria in pietra. Allora… (io non so farlo, ma sembra dai grimoires facile come bere un calice di birra - la metafora con l’acqua, non stupitevi, s’userà sempre di meno…) …allora si dispose ad osservare come uno spettatore indifferente quelle visioni inafferrate, quella pena senz’occhi, e comprese come quella fosse la realtà.

Una visione (inedito)

questo l’avrai sentito - e presto, credo tra i denti e le dita, senza aspettare che si disperdessero vini a sera)

Sfilano in basso boschi densi di cerri e faggi: sono fruscio o remigante? palpebre spesse (anche das innere auge l’occhio interiore è diventato opaco)

e tornerei e torno sulle mie orme: minute creature una ad una le stanno cancellando oh sì, Tiger il Navajo le saprebbe seguire, nel suo alfabeto di fumo salvare il racconto per l’attimo senza vento

ma ci sarà tempo, ci sarà tempo davvero, J. Alfred? non per cento, ma per una visione ci sarà ancora tempo? (speranze e azzardi sono differenti a vent’anni, l’avrai compreso questo,

le nubi piangono fuliggini e mirra e sfilano, sfilano in basso boschi in quale stanza d’acqua dimoro? in quale cavità della stagione morente, io e te aspetteremo?


Conosco la data della mia morte (2015, inedito)

I.

II.

Non l’ho scelta io: mi è apparsa non importa se in sogno sulle labbra di un sedicente profeta in algoritmi a multipla matrice. Non l’ho scelta: me la sono trovata di fronte - e neppure ricordo se dettata da grandine e tuoni dal cerimonioso ronzare delle api o connettendo linee tra i nei dell’avambraccio. Però io ho scelto, a fondo soppesato se accogliere l’offerta o no, se credere o sputare sarcasmo sui quei segni.

Ho scelto: ma sì, va bene, è vero! più vero di chissà quant’altre verità che mi hanno accompagnato fino ad ora nutrito, sostenuto, dirottato tipo il PIL o i PIN e l’indice Dow Jones, i t’amerò-nella-salute-e-nella-malattia, (persino in povertà…) e le dichiarazioni ai sensi della norma e i dogmi, e i crismi ed i carismi e tutto quel che in brutta copia ho scritto in settecentosettantatrè versi (che per necessità qui sintetizzerei in: quasi tutto!)

Logica e ragione si dimenavano. Ma ho scelto: si, va bene, è vero! Quella sarà la data!

Alfredo Rienzi, nato a Venosa nel 1959, risiede dal 1963 a Torino, dove esercita la professione di Medico. Nel 1993 ha pubblicato Contemplando segni, silloge poetica vincitrice del X Premio “Montale”, in Sette poeti del Premio Montale, (Scheiwiller, 1993); i successivi volumi sono Oltrelinee (Dell’Orso, 1994) e Simmetrie, Pref. di F. Pappalardo La Rosa, (Joker, 2000), entrambi segnalati al Premio Montale sez. Editi, e Custodi ed invasori (Mimesis-Hebenon, 2005). I volumi citati sono in parte confluiti ne La parola postuma. Antologia e inediti, pubblicata da Puntoacapo Ed., Novi L., 2011, in quanto opera vincitrice del Premio Fiera dell’Editoria di Poesia (con pref. di G. Linguaglossa e postfazione di M. Marchisio). L’ultimo volume in versi è Notizie dal 72° parallelo (Joker Ed., 2015, con pref. di D. Gigli e postfazione di S. Montalto), Premio Civitella-Pelagatti, con traduzione in alfabeto Braille, e Premio Metropoli di Torino. Ha all’attivo collaborazioni e/o contributi creativi e critici con numerose riviste e siti di poesia e letteratura nazionali ed è inserito in varie Antologie critiche sulla poesia contemporanea (tra cui: G. Linguaglossa, La poesia italiana del tardo Novecento tra conformismi e nuove proposte, 2002, e La nuova poesia modernista italiana, EdiLet, Roma, 2010; S. Montalto, Tradizione e ricerca nella poesia contemporanea, 2008; L. Benassi, Rivi strozzati – Poeti italiani negli Anni Duemila, 2010; G. Lucini, Poeti e poetiche-I, 2012). Ha partecipato alla traduzione di OEvre poétique di L. S. Senghor, in Nuit d’Afrique ma nuit noire – Notte d’Africa mia notte nera, Harmattan Italia, Torino-Paris, 2004, a cura di A. Emina. Come saggista ha pubblicato Del qui e dell’altrove nella poesia italiana moderna e contemporanea, Dell’Orso, 2011, Finalista a Premio Soldati-Pannunzio 2016 e Premio per la saggistica Metropoli di Torino 2016. Attualmente collabora con i comitati di redazione delle collane di poesia di Joker Editore. È tra i collaboratori e sostenitori di Amado mio, foglio letterario torinese fondato nel 2014 da Marcello Croce e Luca Borrione.


AuRorA MaLeTiK 1 Aurora Maletik vive in Puglia, ha origini croate con influenze iberiche, un mix di etnie che hanno influenzato lo stile mitteleuropeo. La grande passione per le arti visive ha portato la Maletik ad affinare il suo gusto estetico nella foto d’arte in uno stile narrativo e filmico ricercato e in continua evoluzione. Predilige il bianco e nero, ma spesso si lascia rapire dalle esplosioni di colore che rendono le sue opere quasi vive. Sin dalla tenera età ha cominciato a fotografare soggetti femminili inventando con loro scenografie e travestimenti, dipingendo per loro con la luce. La passione per il cinema evocata nei suoi fotogrammi viene filtrata dal suo mondo onirico, in cui Aurora ama inoltrarsi assecondando il desiderio di fuga dal quotidiano per essere sempre altrove. Spesso si ritrova per necessità o diletto a essere lei stessa protagonista delle sue opere fotografiche e a fare di questa incessante ricerca lo scopo e l’impegno di tutta una vita consacrata alla bellezza e all’arte.



Esse

Splendenti sinuose stelle soavemente stese su soffici sofà soffusi soffiano sospiri sibilando…

Sensuali saffiche sirene sussurrano suadenti supplicanti spargendo

spasmi-sogni

si spalmano struggendosi sublimi…

Roberto Marzano


Le modelle: Alessandra Ricciardelli, Anna Marculli, Stefania Carulli e Rosalia Paternoster


SiLvia CaNoniCO Silvia Canonico nasce ad Assisi il 10/03/1980, sin dall’età di 4 anni dimostra il suo senso di repulsione verso le regole, scappando dall’asilo, con grande preoccupazione di tutti e tornando a casa sulle sue gambe. Cresce un pò selvaggiamente in un paesino della provincia di Perugia, studia con molta passione all’istituto d’arte per poi, arrivata quasi alla fine, mollare tutto e scappare di casa, da lì vive due anni per la strada, cantando e suonando la chitarra per le vie di Bologna principalmente, spostandosi verso, Modena, Venezia, Roma etc etc..Torna a casa all’età di ventun’ anni e deve riadattarsi alla società ed è proprio in questo frangente che inizia a scrivere e proprio in quegli anni che scrive gran parte del libro “L’onnipotenza della pulce”. Pubblica su varie riviste cartacee ed online, quali, “scrittori precari”, “Fuori le mura”, nelle antologie di “Perrone lab” partecipa a vari concorsi e si guadagna un secondo posto con “Voci dal vortice” e una pubblicazione su “365 storie cattive”, con pubblica Arduino nel 2010 “Fuori barella” un esperimento di scrittura a quattro mani con l’autore Daniele Vergni, nel 2016 esce “L'onnipotenza della pulce” edito da Echos edizioni, Nel 2017 pubblica la sua prima raccolta di poesie “Versi di un autunno precario” con Porto Seguro Editore, sempre nel 2017 pubblica con La Signoria Editore “La musa di me stessa”.

++++++ Io albergo nella mia solita dimora di cartone acido, il freddo tanto punge lo stesso. Avete dei sogni chiusi in cassetti troppo piccoli o troppo grandi, ma sono arrivati i tarli a divorare i vostri legni d’ottima qualità e a me, sono rimasti solo pochi spiccioli per parlare ancora, e la gente non si ferma più ad ascoltare le grida dei pazzi nelle stazioni, ma qualcuno si ostina ancora a provare. Si vedono volare cappelli per arrivare laddove sembra impossibile e mentre affaticati si spera in una buona mira le traiettorie prescelte si sono già perse dietro ad altri bersagli. Il mio sguardo si chiede, dove andare a cadere mentre mi precipitano in testa tutte le stelle di questo stramaledetto cielo di carta pesta


Dove sono e dove siete? Tutto assume il contorno deforme di un viaggio a senso unico, le mie canzoni non hanno più apostrofi, le cadenze vuote hanno lasciato solo voragini mentre qualcuno sbocca litri e litri di sangue dietro gli amati vicoli bui. Gli scatti della telefonata inesorabili si consumano in metriche senza senso, le voci dei pazzi dicono cose sempre troppo stupide, o vere, e io che provo a farmi capire mi sono persa dietro a troppe buche sulla strada del ritorno e per quanto mi sia dannata nel trovare la rima giusta non me ne passa in testa nessuna pronta a baciarsi con la parola "vita". Da “L’onnipotenza della pulce”

Sono qui, perché non saprei immaginarmi altrove, cercando solo, umana alienazione, magari sotto un portico quando piove, coprirmi con un foglio di giornale e dormire sul cartone, oppure a tagliarmi qualche vena farmi una pera, o peggio in una corsia d'ospedale ri-legata ad un letto, sedata come un animale a farmi passare ogni voglia, d'amare, di farmi male e perfino di fumare ,ho provato in tutti modi a vivere lungo i bordi, senza farmi notare, senza farmi trovare, ma sempre la mia presenza disturbava, bivacchi, atti osceni in luoghi pubblici, allora ho cercato di confondermi, d'assomigliarvi e son finita a scivolare sui letti degli altri, mai con la sensualità di donna solo col calore di una gatta senza presunzione né pretese ho dato il mio amore ma avrei dovuto mutilare ogni istinto, indossare un abito d'apatia soffocare ogni emozione e reprimere ogni minimo sentimento la premeditazione richiede strategia e io quando piscio, voglio sentirmi a casa mia, ma quando ti trovi davanti ad un bellissimo sogno, non t'accorgi che è solo nebbia cerebrale, che vorresti trattenere, l'afferri e stringi forte, così forte che fa male, trapassarsi il palmo con le unghie, fino a sanguinare, ho provato ad essere normale, ma la vita è strana e io sono solo coerente in questa esistenza che sembra morte, ma e solo attimo, che si deve cicatrizzare, da cucire e ricucire, tamponare e poi tacere, perché quando un sogno diventa reale, in verità, scompare Da “L’onnipotenza della pulce”

Ed ecco l'estate sporca, sudata come un cassonetto maleodorante. L'estate dei vostri amori in riva al mare, degli eterni tramonti tristi come una sigaretta che si consuma e rimani lì a fissarla mentre muore piano. Non era questo quel che il sole portava, dopo le notti gelide tra piscio e catrame, eppure ora, questo sole è così spietato da portarsi via pure i ricordi e i bla bla bla degli esseri umani, non cessa di violentare la mente, che da sola vuol viaggiare, senza diritto né biglietto. Sovraesposta a troppo sole, a troppa umanità, preferisco l'ombra di queste quattro mura afone. Il silenzio, la solitudine, mi parlano dei soliti entusiasmi facili e di dolci morti lente, di luci da spegnere e finestre da chiudere, mentre dalla casa del vicino le voci dalla tv continuano a blaterare cose stare, resta solo il ronzio sadico di zanzare che friggono, da ascoltare Chissà cosa vedono, se vedono o se guardano più semplicemente dall'altra parte, chissà chi parla nei loro sogni, ma soprattutto, chissà se sono ancora vivi o se forse dovrò scendere le scale per accertarmi che l'idiozia non li abbia infartuati. Nessuno sa che era la neve, che era quel treno, quel vialetto ghiacciato il mattino che fece da ponte, al mio progetto senza tetto. Un letto, quei capelli sul cuscino e tra le dita solo un sogno da ricordare, perché a quel campanello in realtà non hai mai risposto nessuno, eppure ho fatto carte false per arruolarmi nei costruttori di certezze. Avevo ottime doti naturali. Dall’alto dissero che è meglio che io chiuda gli occhi mentre sogno. Non so farlo, farò solo silenzio quando scapperò via lontano per portarli in salvo. Sogni salvati con nome, coperti da password, sogni segreti, sogni nei miei occhi, sogni nel mio cuore, ma queste sono solo parole, le mie solite tempeste umorali o soltanto eiaculazioni mentali Da “L’onnipotenza della pulce”


Sogno cumuli d'immondizia tra ammassi d'incertezza detriti di paura vissuta superata Sogno d'aria deturpata amputata nella gola un'apnea non desiderata Sogno lo sporco che riemerge dal cuore riluttante risale non demorde sputa la vernice dalla parete del torace sanguina e non muore Sogno e m'imbratto di tutto distrutto scrosto il sudicio dall'occhio distratta Sogno e crollo nel letto aspettando che sia giorno che sia di nuovo che sia vero questo sogno mezzo morto sempre troppo sveglio per dimenticarlo troppo vivo per ammazzarlo Sogno che non so smettere di farlo Da “La musa di me stessa” - La Signoria Editore -

Troverò il coraggio lo ruberò magari ad un compagno di viaggio distratto, dal panorama da una buca o un inutile logica L'impalcatura dei miei sogni la costruirò come sempre per la strada arrangiandomi inventerò qualcosa Sentirò l'affanno alla fine del viaggio ma il mio respiro sarà gas esilarante Sarò una sorpresa stravagante qualcosa che emoziona non voi ne nessun' altro Sorprenderò me stessa senza volerlo Non importa se il mio viso diventerà rosso ballerò più che posso in questo mondo tutto da improvvisare saprò come sempre osare di fare ancora una brutta figura senza chiedere nemmeno scusa E non ho paura ne dubbi e nessuna domanda ho solo una certezza "Se posso riflettere saprò brillare per qualche strana ragione" Anch'io come milioni di persone Da “La musa di me stessa” - La Signoria Editore -

I ricordi agitati e chiassosi mi tagliano la strada sempre e comunque senza uscita qui dove non si impara dalla vita quand’è più urgente viverla che impararla mi costringo a farmela piacere ma non riesco ad amarla ed è una tregua tenue una pace troppo veloce per chi come me ha il cuore debole ma capace di debellare ogni tempesta e restare aggrappato tra i rami insieme alle foglie che stanno per cadere e in quel goffo roteare la sua eleganza si fa notare improvvisando una danza per non farsi male quando a terra sa che dovrà cadere e ignaro lo troverà dopo averlo calpestato qualche viandante che lo leccherà prima di ripartire per il suo viaggio che per lui sono solo una sosta nel suo passaggio e perché per l’amore vero ci vuole troppo -troppo coraggioDa “Versi di un autunno precario”

Avevo perso la strada quella notte, il conto delle botte e delle bottiglie vuote, scolate sul precipizio, riflettendo sulle pozzanghere sangue e infinito, vivevo dell'inconsistenza momentanea della tua lingua, intraducibile, se non in orgasmi multipli. L'amore cammina sui binari morti d'un treno che parte ad ogni ora ma che non arriva mai. Solo la lontananza razionalizza il sogno, l'umano distacco dal mondo, l' evasione e la latitanza dell'io, sono materia sconosciuta, resto ferma ad aspettare, piuttosto che dimenticare, mentre fumo il tuo stesso cielo, mi illudo che nel tuo mondo io possa esistere davvero. Il silenzio divide l'amore in parti uguali e consacra paranoie, intanto un orgasmo ormai stanco, s'ammala ancora dello stesso cancro e divora quel che resta, come solo l'amore sa fare, salgo sul primo treno deragliato per cambiare strada, ma le ferrovie dello stato tranquillizzano e a me cresce il panico, arrivare dove non avrei mai voluto, scoprire l'anima celata da evitare, innamorarmi delle sue ferite e ricamarci un sogno, Le ferrovie dello stato raccomandano di non scendere dai treni quando la vettura è ancora in corsa, ma non ti mettono mai in guardia dagli attentati al cuore. Dicono che la prossima stazione sia migliore, io spero sia solo amore Da “La musa di me stessa”- La Signoria Editore


DieGo A. ZaNeLLA 1

Raw(NO FILTERS) -NATURA E CORPO, TRA MAGIA E MISTEROFigure ibride, che l’immaginazione umana ha prodotto sin dalle origini in ogni angolo del mondo. Incroci, figure mostruose o inquietanti e misteriose, in cui l’umano ritrova il suo aspetto animale o luoghi metafisici fuori dal tempo e dallo spazio. Forse nella speranza di un incrocio con il diverso, forse a ricordare i tempi in cui nulla era definito. La figura ibrida ci autorizza a pensare che, in fondo, le diversità possono convivere, non solo al di fuori, ma anche dentro. La metamorfosi come esito finale (O metafora) delle rotture-fratture che ognuno di noi è costretto ad affrontare nella vita e il lento “ricambio di pezzi” che il nostro corpo e la nostra mente (e cuore) richiedono nel tempo, sino a risultare altro, o per paradosso, a svelarne la vera essenza.


Diego A. Zanella nato a Ferrara il 7 settembre 1971 ho una formazione artistica: istituto d'arte a Ferrara, università di architettura di Venezia IUAV, la fotografia mi accompagna ormai da molti anni, prima in analogico ed ora in digitale. Ho collaborato per le immagini fotografiche di alcuni libri di architettura, attualmente la mia attività principale è quella di interior designer e mosaicista, fotografo non professionista ma come espressione artistica. http://www.dgzphoto.net/


LiLA Ria Maggiolini

Girelle

“Li vedi sempre i maggiolini rampicanti sul muro Giuditta? Ti appaiono ancora la sera, prima che il sonno ti rapisca? Io li sento camminarmi leggeri sulle gambe salire fino al busto sul lato raggiungere le spalle )sono tantissimi( e ridiscendere le braccia. Spalanco gli occhi, nella penombra guardo le mani convinta. E loro loro non esistono. Loro non sono mai esistiti.”

“Un risveglio scuro nitido il libro di poesie che luccica l’amore fatto l’amore dentro il primo calduccio del piumone lasciato di là e i piedi sul parquet il marmo, il coccio la finestra spalancata Il the verde e zenzero, le girelle a colazione. E il cioccolato che lava via la pioggia dalle ginocchia”. (22 ottobre 2017)

Ausgetraumt (quella sorta di limbo, tra sogno e realtà)

È tutto arancio l’intorno e ci sono strisce sottili di blu quei polmoni che sembrano esploderti come palloncini stracolmi di coriandoli. La carta dappertutto le unghie stinte, le caviglie gli uomini senza un telefono e le pareti scure, di nuovo. Le pareti.

Mi chiamo Lila Ria (Ilaria Pamio), sono nata a Busto Arsizio (VA) nel 1980 e vivo a Cassano Magnago (VA). Dal 2010 lavoro per una compagnia aerea. Nel 2008 sono stata recensita dalla rivista internazionale Storie - All Write – Leconte Editore, numero 62-63. Nel 2007 il racconto “Luce” è stato pubblicato sulla rivista Prospektiva e nel 2010 il racconto “Nel nome del Padre” sulla rivista Youthless Fanzine#31. Nel 2010 alcune mie poesie sono state illustrate da dodici studenti del Biennio di Grafica dell’Accademia di Brera di Milano e hanno costituito un libro d’artista in esemplare unico. Vincitrice del Premio Logos Perrone Editore nel 2010, con la poesia “[Visioni da una fotografia#2]”, scritta con lo pseudonimo Viola Rossi. Finalista nel 2013 di “Subway Letteratura” poesia under 35, con la poesia “Mais”, mi sono classificata terza al contest letterario “Una stanza tutta per me” della Leconte Ed. (Roma) e sono stata segnalata tra gli autori del “Premio Rimini Parco Poesia 2015”.


SiMonE PaNSOLiN Crediamo di essere scaltri tentando di ingannare la grammatica del mondo. Vogliamo sperare che un dio della mente si distragga o perda per un attimo il controllo. Eppure la coscienza ci ricorda che travestirsi da se stessi resta un trucco. Tentai di uccidermi, allora. Ma l’assassino vince sulla vittima come l’arma sconfigge l’assassino. Eccome se è complesso raccogliere i frantumi cercarsi nella nebbia. Mi hanno consigliato di raccoglierli i frantumi. Sono stato aiutato, accompagnato. In un attimo di calma li abbiamo soppesati e ho compreso che una bilancia in equilibrio non è vuota. … scalare l’aria come gli alberi – cosa molto raffinata – non serve a nulla. I passi vanno messi sulla terra e le mani nel letame che dà la vita e che assomiglia così tanto a dio. a mio padre Quando muore una madre bisogna parlarne o non parlarne affatto. Il fato ha scelto per me ha sostituito il peso. Non ho un ricordo di quell’uomo antico. Ma amo pensare, sognare, immaginare il giorno in cui sposasti il vento. Ieri nel cielo sono scoppiate le meteore. Simili a questi pensieri appiccati nel cranio. O simili a te, forse? Chi vuole volare nel vento rischia davvero di essere il vento.


“Dopo tutto anche tu” è una frase già detta. Ma è l’ennesima colpa inattesa, il sale incandescente di una storia antica. Si giocava, come nelle fiabe. Io ero il sole, tu il giorno. Ci siamo accompagnati fino a sera poi ho portato i miei raggi su altre terre. Ed è nata la notte. Divenni come l’acqua che assomiglia a un fantasma e non può annegare. Dovetti credere alla cura alla menzogna dell’onda in cui il mare si tende per sentirsi in salvo. a N. M. Insieme abbiamo osservato la mente con tutta la profondità degli occhi. Ho potuto vedermi nello specchio, conoscere lo specchio stesso. E di ciò ti ringrazio. C’è chi nasce peso e chi nasce bilancia, in pochi riescono a pesare se stessi. Poesie tratte da"Transfert, Streetlib 2017"

Simone Pansolin si avvia giovanissimo agli studi musicali, diplomandosi in chitarra classica (Conservatorio "Paganini" di Genova) e conseguendo il Diploma Specialistico di II Livello (Conservatorio "Tartini" di Trieste) sotto la guida del M° F. Zigante, entrambi con il massimo dei voti e la lode. Vincitore di oltre 16 concorsi nazionali e internazionali - tra cui il 28° Concorso di Chitarra Ansaldi/Servetti di V. Mondovì - per anni si esibisce come chitarrista classico. Rivolge successivamente la sua attenzione alla musica antica, approfondendo lo studio dei liuti sotto la guida del M° M. Lonardi. Si dedica attualmente all'attività concertistica, sia come solista, sia come esecutore di basso continuo all'interno di formazioni cameristiche. Le sue collaborazioni più recenti includono l’Ensemble Il Terzo Suono, I Concerti Spirituali del Gonfalone, l’Ensemble El Melopeo. Suona regolarmente in duo con il liutista genovese Davide Mocini. Ha conseguito il Diploma Accademico di Secondo Livello ad indirizzo didattico presso il Conservatorio "G. Tartini" di Trieste. E' insegnante di chitarra classica presso le scuole statali a indirizzo musicale. Alla musica affianca una personale ricerca riguardante la poesia. Ha all’attivo la pubblicazione di tre raccolte: Miniature (Sciascia Editore, 2009) curata dal professor F. Zangrilli, docente presso la City University of New York; Canti del Paroliere - o Voci dal Qohelet (Joker Editore, 2011); Transfert (Streetlib, 2017), premio della critica XII Premio Letterario internazionale "Voci - Città di Abano Terme". La critica dice di lui: «Composizioni troppo belle, di terribile verità, da mettere i brividi.» (F. Russo, in "Cultura e Prospettive"); «Una voce nuova, fuori dei canoni, una voce che fa riflettere, che accarezza l’immaginazione, che materializza l’essenza dell’uomo nell’universo.» (M. Carocci, in "Oubliettemagazine"); «sembra di assaporare piccoli quadri finemente dipinti, con sensazioni visive, uditive e tattili che sono un godimento e una sfida per l’immaginazione.» (C. S. Gnoffo, in "Il Bandolo"); «Una sensibilità d’animo di prim’ordine. […] Siamo convinti, convintissimi, che di lui sentiremo parlare, e non poco.» (F. Castellani, in "Poeti nella Società").


BarBaRA GiULiAni A specchio credi che niente sia. E quando i tuoi sogni hanno colmato il tuo pieno. Hai solo dieci dita per contare le tue scene. A ritroso l'una trova l'altra.

Senza timore di svegliarti Scena 8-7¾ E' da mangiare. Un cane da mangiare. Comprato da donna medusa per i suoi arrosti di prima mattina. Vive di notte. Miagola. Non ha pulci, se non per contare i suoi anni da cane da mangiare. E' banchetto di chi elude il sole passandovi sotto. Ha coda da seguire per trovare. Come pentola di gnomo con monete di cioccolata. Non ha un nome. Per anni con l'uomo dalle mani piegate. In piazza. Per aggraziarsi i passanti. Per monete di cioccolata. E' cane senza pelo. Nato per farsi mangiare. A destino chinato mostra. E' stato con tutti. Ha cercato. E' uscito dall'acquario per farsi mangiare. Ha trovato un calzino da polso vicino ad una macchina con uno specchietto rotto. Ha trovato tre bottoni dorati, pensando che fossero tre monete di cioccolata. Ha con se uno zaino. Sporco di lucidalabbra alla pesca. Il suo guinzaglio è un filo di cotone verde acido. Scena 7½ Un signore cerca fogli bianchi. Non vuole assolutamente le matite. Non le vuole. Solo i fogli. Quelli bianchi. Quelli che sono nascosti nell'acquario della medusa. Tuffo. Senza voto. A nuotare di paura. Trovi la sedia ancora. E ciliegie sul fondo a rovistare noccioli di passione. E qualcuno con un frontino verde trova prima di te i fogli. Bianchissimi. Per pastelli a colore di lucidalabbra alla pesca. Un trenino a fondo per rubare fumo dagli occhi. E riemergi. Senza fogli. Con solo due ciliegie in mano. Una donna. Con tre bottoni vuole i suoi fogli bianchi. Quelli del signore. Li vuole per piegare la gamba della signora con la ferita. Ed una chiesa abbandonata circonda l'uomo. E cielo di merli usciti da una gabbia morente. E sirena d'allarme. Tiene tutti i fogli stretti. Stretti. Fino a non avere fiato. Nemmeno avesse una fascia nera nei capelli. Scena 7 Con i capelli biondi a cotone ti stringe la mano. Una medusa in acqua con fiori sulla testa impacchetta ferite da cucinare dopo cena. Cosparse di zucchero a velo. Caramello di fiori. E sguardo con cuore viola è tentare un felino arancione. Non ho chiavi per aprire il portone. Suono. Nessuno dentro. Quando. Quando assunte. Il rispetto su di un foglio scritto a matita. E. Punte. Spezzi punte. Per avere tempo da perdere. A ciondolare un piede. Medusa in acquario. A bolle. Dove l'olfatto a senso prega gli occhi di chi grida. E. E moto. D'onda a lambire il tuo dire già intavolato. Per


l'occasione centrotavola di fiori. Medusa a strofinarti i pensieri. Ma l'uomo. L'uomo con le mani piegate la prende. Regalo d'amore per la ragazza in camicia di pizzo. C'è una macchina che aspetta. Qualcuno che non abbia un lucidalabbra alla pesca dentro un calzino da polso. Scena 6/9 Tailleur rosso ciliegia. Panciotto. No. E' una donna. Un gilet a tre bottoni dorati. Con su il ritratto della donna con la ferita sulla gamba. Camicia in pizzo. A tombolo. Con una sapiente mano di donna sulla sedia di paglia davanti all'uscio di casa. E impenitente un'altra donna giura, sulla tomba del proprio marito morto, di non conoscere la donna dal tailleur ciliegia. Ma non giura sui tre bottoni. E scarpe a riporto che solo ora s'intravedono. Coperte da un velo di mestizia. Con accento ingannevole. Di chi non è del luogo, traduce la tua presentazione. C'è un luogo dove il signore ha dimenticato di lasciare le proprie orme. E la ciliegia. La donna ti offre un dolce grande come la tua ipocrisia. La stessa donna domani indosserà una giacca rosa per nascondere il suo maglione di filo verde acido. Sta aspettando l'uomo con le mani piegate. Fotocopia delle sue scarpe oggi senza velo. Scena 5 Silenzio. La ragazza è timida. Guance d'arancia. Sull'angolo seduta. Fascia nera nei capelli. Bocca a cuore. Ascolta. Non parla. Non un fiato, un respiro. Un'ocarina spezzata da chi le ha piegato il labbro inferiore. C'è la pioggia a scroscio. Batte sull'angolo. La sedia ad ancora. Troppo timida. Persino le sue orecchie sono diventate mute. Il dono di chi ha udito la magia del perdono. Dove immagini una Maddalena vestita di bianco. Qualcuno intorno a togliere il silenzio. Sente la bambina del lucidalabbra che accenna come una doccia. Motivo d'aria dove trova posto una cantante di sagra estiva. Diciotto i peperoncini che sono dentro la ciotola. Sullo scaffale niente arance di timidezza. Un contadino a stadera prova a venderle un chilo di ciliegie. In volo. Sente lo sbatter dei piedi gonfi. E presagio d'acquario per farvi bolle rumorose.


Scena 4/3 Ha un nome. Che qui, qua non si può dire. Un nome con un inizio, una fine. Nel mentre mani piegate, come organetto suonato da un bimbo. Bimbo di strada. Con papà. A suonare, infastidendo signore all'altezza delle loro anche. Ma c'è sempre quell'uomo con le mani piegate. Che se lo incontri al bar ti chiederà un caffè. E tu? E tu glielo offrirai, pensando con pena. Ciò invece. Che lui. Riesce. Raccoglie i tuoi pensieri mentre paghi i due caffè. A lasciargliene uno pagato. Per la prossima volta che vorrai far raccogliere i tuoi pensieri. Ricama reti e con tre denti ti sorride. E senza paura lo chiami, però a farti toccare è come l'uomo con i piedi gonfi con in braccio la bambina morta. C'è una signora vicino a te. Ha una ferita sulla gamba. Già sai come, com'è. Perché per arrivare lì hai seguito una stella cometa. A volto dipinto di nero. Scena -3 In fila. La ferita. Sulla gamba. Una signora. Una signora sulla gamba ha una ferita. Una signora in fila ha una ferita sulla gamba. Seduta. In fila seduta, mentre a maglia con un filo verde che le esce dalla borsetta. Ti. Ti fa un sorriso e intende farti notare la sua ferita. Quella. Quella che hai visto farsi da sola. Mentre. Mentre con la bici a spesa è caduta. Ed ora. Ricordi che non l'hai aiutata. Perché a fretta sei andata a trovare la signora sulla sedia di paglia. Doveva darti una camicia di pizzo smerlato. Ed invece hai chiuso due merli in gabbia per vederli trottare. Scommesso. Che a morire a breve. Non avresti aspettato la fila per comprarti il lucidalabbra alla pesca. La signora stringe in mano. Tre bottoni. Vorresti rubarli per i tuoi merli morenti. Quelli che hai rubato all'uomo dai piedi gonfi. La signora si alza. Senza ferita. Non sei andata. Non hai visto. Non hai rubato. Hai solo pensato che ti potesse servire un filo di cotone verde acido. Scena 2 In un parcheggio. Dieci macchine a spingersi per baciare gli specchietti. Rotti. Tutte vuote. Ma. Ma in una. In una macchina. Una bambina. In piedi sul sedile passeggero. Ha in mano. In una mano. Un lucidalabbra alla pesca. Non ha la patente. Aspetta qualcuno. Continua. A truccarsi. Una bimba di otto anni. E prepara il suo debutto. Dove il lucidalabbra le cadrà a terra. Dove. Forse il destino le avrebbe dovuto mettere la patente in mano. Otto gatti intorno. A guardare la macchina. Dove lei si prepara. Un gatto per ogni suo anno. Il nono. Arriva. Ucciso dagli altri. Non più di otto. E qualcuno vicino alla portiera accenna, come a doccia. Lucidalabbra a terra. Gatti scomparsi. L'uomo con i piedi gonfi sogna la sua sirena che uccide la bambina. A lacrima su di uno specchietto rotto. Scena 1² C'è un muretto. Da dove il mare inclina il capo. Per mettere a fuoco il sole. C'è un uomo. A piedi gonfi. Con maglia sudata e la voglia di. Di poter veder il sole senza muretto. A posizione d'anfora e profilo magro cerca. E calzini ai polsi. Dove sudore di lacrima asciuga il vento. E non cammina. Piedi gonfi volanti. Un'aurora in scena finta, dove le ossa scricchiolano. Crac. A ramo di gelso una mora bianca cade a terra. A pungere d'ape sulla testa. Le mani spalancano un nido di passeri creoli. E con i piedi gonfi. In volo. Una sirena punta dall'ape sulla testa. E cambia profilo l'uomo. Quello grasso a piedi di sandalo trentacinque. E storia. Quando a notte un sogno. Lo stesso. Sempre. L'uomo che a sirena traveste le sue notti. Senza piedi gonfi. Dove a pinna scende a vedere il sole di fuoco. Barbara Giuliani, classe 79, pescarese, 40 di scarpe, ama i semafori rossi in pieno traffico, la polvere sullo schermo del televisore, le sigarette delle 10 di mattina, l’odore dei pennarelli a spirito e la connessione lenta del PC. La puoi trovare qui: • Pescara, in qualsiasi giorno dell’anno, tranne dalle 13:00 alle 20:30. • https://voicilabombe.wordpress.com/?s=giuliani • http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/narrativa/32590/bergamo-mantova-solo-andata/ • https://noubs.wordpress.com/2015/07/17/la-poesia-del-futuro-sullo-stile-di-barbara-giuliani-note-di-massimopamio/ • https://poetidabruzzo.wordpress.com/tag/barbara-giuliani/ • http://nerinagarofalo.com/2015/08/08/floppy-lenorme-del-futuro-di-barbara-giuliani/ • http://ilmondodiutblog.blogspot.it/p/collaboratori.html • https://threehundredandsixtyfivedayswithapoet.wordpress.com/ • http://www.prosperoeditore.com/cartacei/cloroformio-detail.html


FaBriZiO OGGI NASCI Così lo udii pregare: «Oggi nasci. Ne sei sicuro? Lasci un placido lago tra le tenebre al prezzo d’un respiro. Sottili palpebre sono la distanza fra te e il sole. Così - raccontano – un guscio denso, opaco di greve materia si schiuse nel buio ringhiò e fuggì uno scoppio di luce. E accalappiò lo spazio col guinzaglio del tempo e furono galassie, stelle, alberi, mare. E chiamarono quella vastità inesplorata intoccabile il nulla. Da quella pienezza tu giungi da dove tutto è incompiuto e galassie, stelle, alberi, mare, uomini gli uomini sono il nulla che dovrai esplorare. Tutto, conoscerai tutto la sua sterminata nullità.» Si deterse la fronte, pianse e svanì.

DIARIO DEGLI ESTINTI Salperemo da Smirne perigliosa sull’onda cupa d’una notte spoglia solcheremo il letto limaccioso, acque dove sordide occhieggiano le anguille tra muta fosforescenza di seppie. Nelle nostre arche riposa la pietra scabra di parole estinte, la nebbia lattiginosa di remoti varchi vagabondare di lupi famelici pazienti conifere dei Carpazi. Ci attende il cuore antico dell’Europa riversa sul suo fianco di scogliera rotative insonni, fornaci e ceneri la ruota che mulina a mezzo il cielo rombo di telai, cinematografi. Ci terremo stretti alla nostra assenza come orma nel sale, piaga riposta oboi fondi fra rughe e fronte lettere bianche senza affrancatura. Noi siamo disciplina della terra lingue insanguinate di sapienza il volto che s’appalesa allo specchio la pagina non scritta in cima al libro. Siamo pane spezzato sull’aceto cilicio interminabile ed attesa.

BrEGoLi

DI STAZIONE IN STAZIONE (Variazioni su temi musicali di David Bowie) Di stazione in stazione, d’orma in orma nel pane raffermo dei suoi occhi eccolo ritorna, esile duca bianco fronte e labbro valve di vertigine e le sue braccia tana dell’antilope è troppo tardi dice per far tardi Varsavia è un’inquietudine di cani il santo subito, peccatore sempre schizzato dall’inchiostro d’una stella messia d’una catastrofe di veltro scaglia un’arida manciata di dei dice è troppo tardi, ancora tardi questo sferragliare acerbo la sera è l’amaro boccone d’un arcangelo il fumo che sbriciola tra le mani volo franto d’un delirio aspro d’ali ogni capello è la tonsura mite d’ogni giorno, la lebbra di domani tu spezza le ginocchia, genufletti quest’incantesimo d’umore e sangue è troppo tardi, ben oltre l’esser tardi stringi nel pugno la corolla d’ore nel suo battesimo di sasso e cenere la notte è un frontespizio d’onice il sogno è alcova tenera di lacrime ma circoscrivi l’arco del tuo ciglio sorreggilo allo stelo d’una piuma.

Fabrizio Bregoli,

nato nella bassa bresciana, risiede da vent’anni in Brianza. Laureato con lode in Ingegneria Elettronica, lavora a Seregno come progettista di sistemi di telecomunicazione. Ha pubblicato alcuni percorsi poetici fra cui “Cronache Provvisorie” (VJ Edizioni, 2015 – Finalista al Premio Caproni) e “Il senso della neve” (Puntoacapo, 2016 Premio Rodolfo Valentino e Campagnola di Bru-gine, Finalista ai Premi Gozzano e Caput Gauri). Ha inoltre realizzato per i tipi di Pulcinoelefante la plaquette “Grandi poeti” (2012). Per la poesia inedita gli sono stati assegnati, fra gli altri, i Premi San Domenichino, Daniela Cairoli, Giovanni Descalzo, Il Giardino di Babuk de La Recherche, il Premio Dante d’Oro dell’Università Bocconi di Milano, il Premio della Stampa al Città di Acqui Terme. Sulla sua poesia hanno scritto Tomaso Kemeny, Giuseppe Conte, Ivan Fedeli, Mauro Ferrari, Sebastiano Aglieco, Paolo Gera, Alessandro Ramberti, Gian Piero Stefanoni, Eleonora Rimolo, Alfredo Rienzi.


DaViDE MaRZaNo



aNgELo PiNi Com'è estraneo il fruscio del vento, scuce bene le giunture del secolo affin chè non sfugga di vista l'umano, per via dell'umano cui vivo a strappi. Rammendo quel poco possibile, sevomotrice di stasi, immagino fermo il ventennio senza manoscritto sono perso, nei segni cuneiformi il vaccino della quiete. Non volto le spalle al pericolo di ondate moralistiche, ho spalle per reggere il peso tagliente delle frasi. Vita resuscitata per un estremo bisogno di saltare la piccionaia di forche caudine. Voce sonnambula incamera i sogni accentuati e testa incorporea va lontano

Angelo Pini (Camogli, 1949) Ha pubblicato La Bocca capovolta, con poesie e illustrazioni, e Limoni e cachi con poesie e fotografie, con la prefazione di Giancarlo Majorino. Ăˆ stato segnalato dalla rivista Anterem, pubblicato dalla rivista Poesia e ha partecipato alla Biennale Filicudi Memoriale Sottsass.


ReNAtO MoReLLi Zarabandilla Care figlie, il Lauro appassisce! La grande chioma del pino si è piegata dolcemente sospirando nel vento: il film accellera come occhi orizzontali, manichini – robots - quadri di Pollock - lampioni stradali - insegne pubblicitarie - saette di luce - caldo focolare – mareggiata ottobrina a Zoagli (scogli neri, freddi, sabbia scomposta di orme, rifiuti bagnati, acqua sporca, gabbiani, suoni che scrosciano). Ritmici i marosi, voci a tratti, goccioline di nebbia, legna umida fumigante, striature rosse confuse, legna secca scoppiettante (forse un bicchiere di Cinque Terre?) ESISTE PIU’ DI UN ELEMENTO SOGGETTIVO NELL’APPARENZA.

Care figlie, il Lauro appassisce! Caligini notturne, aria ferma, alone sulla luna, magnetismo tellurico. Ricordi di lontane immersioni (esistono ancora i pomodori di mare?) Riunioni nel castello della Titti a picco sulle onde; manifestazioni alcooliche ed agoni di perizia erotica, i tuffi dal pino (tutti nel gozzo a guardare), i gianchetti, il poker: “Sciu’ bacan, pe’pjiagei, nun rumpe e cujie!” E alua : “Fea co’u beccascin!” Né salvagente né trapezio nella rincorsa sopra la spuma e intorno FUFI, LICIA, PUPA, LILLI e sempre una PAOLA che ricorre nell’arco della vita intelligibile, geometrica come l’occhio di un insetto. D’altronde cos’è un sistema di parti reciprocamente determinate, se non un postulato metafisico della falsificazione soggettiva? Dovremmo dunque abbandonare, una volta per tutte, il tentativo di annullamento della falsificazione soggettiva? ENTRAMBE LE SPERANZE SAREBBERO FALSE? Lunghe serate nella canonica a giocare a scopone: ancora guizzi di fuoco, castagne e vin nero. (Scura, spessa e nodosa la tavola levigata e lucidata dall’uso di mani nocchiute e antiche). Il flusso basato sull’esperienza più che sul ricordo, afferma la sostanza! Occupiamo tempi e spazi diversi: la ricordanza tende a trarre spazi nel vuoto del tempo, spazi che non esistono più (come voi, loro e lui…) Lunghe canne frustano l’aria: dieci metri di filo sottile ed in cima, la trappola mortale: attimi di tensione (curva dimensionale) cimino vibrante (il migliore mulinello era il Mitchell a recupero veloce!) Non so cosa volesse significare la parola FEDELTA’ quando gli uomini hanno cominciato ad usarla, ma ora vuol dire che si è fedeli non ad una persona, ma ad un insieme di norme!


Su all’Eremo, il pomeriggio caldo fra le vecchie mura diroccate: ogni tanto un debole refolo…(un obbligo la fedeltà?) All’imbrunire l’acqua è piena di tonfi: le rane, i pesci, i pipistrelli che urtano il filo e fanno suonare il campanellino in cima alla canna e poi la notte e l’acetilene che allontana i grossi topi; sul fiume l’aria ad agosto è rigidissima. Al ritorno, con le anguille guizzanti nel canestro di ferro, fuori dal greto è caldo umido, greve. Poi, alle tre di notte, il laghetto (raggiunto nel buio più spesso e in una nuvola di lazzi e di male parole) ha una sua nebbia rotonda: al nostro arrivo, con grandi tonfi, fra gracidii e squittii seccati, tutti quelli che erano sulla riva o sulle foglie o sulle canne, naturale contorno del bacino, si gettano in acqua. Si montano le canne da pesca, si approntano le lenze (il filo del dieci e del dodici al massimo), gli ami (dal diciannove al ventiquattro), i leggerissimi galleggianti, le esche…e, con dolce movimento, si lancia verso il centro del laghetto e si appoggia la canna sulla forca. AH, NON VORREI FARE ALTRO ! oppure : AH, VORREI NON FARE ALTRO! Tutto è perché lo si vuole, non perché qualcuno ce lo dice (quella carne cotta sul fuoco di arbusti di ginepro odoroso fra fette di pane agliato ed oliato!) La rugiada del mattino, stivali e fango, fango e stivali, nel torrente a raccogliere con la retina di ferro (sollevando grossi sassi contro corrente) le “scimmiette” da conservare nel contenitore pieno di muschio umido. La realtà non è una e coerente, gli spazi sono più e più – infiniti – basta ricordare (perfino gli odori risalgono alla mente): infatti una qualità costante non è necessariamente un’entità persistente né preesistente!

Care figlie, il Lauro appassisce! Lunghi viaggi in cinquecento, notti all’addiaccio Milano-Caserta, l’ombra dello sconforto a Montelupo (numero di matricola 4700/11186 – odore di aglio giallo, rancido per gli amici del sistema cristallino). La grande acacia millenaria è sempre là – in sei non riuscivamo ad abbracciarla - è tuttora, dopo quarant’anni dalla mia partenza, una curiosità nel giardino della mia solitaria gioventù bergamasca, a via S.Vigilio 18, con i fantasmi dei ragazzini che servivano ai miei dodici anni per trascorrere pomeriggi interi a rincorrere un pallone nel campo sterrato dell’Oratorio di Borgo Canale! Mi accorgo della dimensione solo ora: riuscirò a non far soffrire tutti? IRRIDUCIBILE LIMITAZIONE LA FORMA UOMO A TRE DIMENSIONI: occorre proseguire oltre la materia quale la si conosce – bisogna, come dicevo anni fa, aprire il liquido! Oggi infatti la realtà è deturpata dall’indifferenza. OH, RIFULGENTI SOLI DI VERITA’! OH, FRATELLO PAOLO, CHE VISIONARIO ERI!

Curriculum: Scrivo da 50 anni e sono fuori da ogni contesto letterario.


LiDia ALLocCA La danza della pioggia A volte penso che d'amore non ho bisogno che non l'abbraccio la notte in sogno. Ma nelle notti dalle solitudini più vere le angosce più nere quando la Luna è alta e bellissima in cielo la brezza oltre le persiane diventa gelo e le farfalle della pioggia si fanno velo io, proprio io, sento il bisogno di danzare. Com’esse, danzare nell’aria più scura lavarmi d’angosce e farmi più pura per far all’amore con la mia paura. Dir a ogni diavolo che è per loro il mio amore, ché la solitudine non richiesta non ha un buon sapore. Lor sanno, ché la pioggia impregnata è del lor odore cosicché arrivi a me e si faccia calore. Ma se in cielo non v’è bellissima la Luna, la notte diventa la più oscura laguna e affogando le stelle in acqua stagnante si perde quel tocco di vita sognante. Allor se senza vita è la vitale notte dove persino le nuvole son rotte, io m’alzo piano piano e vado su per l’altipiano. Con una mano tengo la terra, l’altra al cielo s’appoggia m’alzo piano piano e faccio la danza della pioggia. Tra strambi e stravaganti movimenti urla, parole e pensieri dai più lontani accampamenti: or tutti conoscon i miei più preziosi sentimenti. A questo punto arrivan le farfalle si poggian sui piedi, la testa, le spalle e mentre danzo, mille mi girano intorno e danzano insieme tagliano l’aria in acrobazie le più estreme e mentre salgon su mi riempiono tutta di speme. Nel punto più alto del cielo, dove il Re e i suoi diavoli lavoran con fervente zelo, esse vanno a portare i miei sentimenti così ch’essi si riempian dei più sofferenti sgomenti e il Re pianga forte, i diavoli si facciano pioggia cosicché or tutta l’acqua sulle loro ali alloggia. Scendono veloci come saette maestose e affascinanti nell’oscurità le lor piroette


e arrivate quasi a me, si fanno di nuovo velo e con le braccia in su ringrazio e abbraccio il cielo. Or tutta la notte danzo solinga in un amor momentaneo che mi rende guardinga. Non penso, mi godo il sentimento più puro della natura il più duraturo. Eppur non mi basta la pioggia nella notte più oscura le farfalle a lavar la paura diventar la più pura creatura. V’è un sentimento più effimero e vero vitale e mortale come un veleno ed un siero di quelli che la pioggia ascoltano, ne senton l’odore e dentro lo iniettano oppure di quelli al contrario, che son pioggia essi stessi si fan strada nei più lontani recessi e son luce e arcobaleno i loro riflessi. Questo cerco nelle notti di pioggia e paura un sentimento contrario che inganni la vita e si faccia cura.

Se una notte d'inverno un viaggiatore – 2 Se una notte d'inverno un viaggiatore bussasse alla mia porta io non aprirei poiché mi nego d'averne ed entrerebbe indisturbato disturbante facendomi perdere la mia casa delle bambole senzaporta, senzatetto per le strade della realtà. Quando una notte d'Inverno un viaggiatore fingerà di bussare alla mia porta si chiederà perché è un viaggiatore e si dirà che non c'è soluzione ché gliel'ha comandato il suo padrone, per poi scoprire che può essere un fiore un raggio di sole una foglia che cade o acqua sciogliendosi ma sceglierà di diventare un fiocco rosso di vene per impacchettare la sua essenza e regalarsela a natale. Se una notte d'un viaggiatore inverno

scendesse di primavera e congelasse ogni gemma in cristalli e trasformasse i petali in coltelli forse ma forse il viaggiatore si sentirebbe a suo agio sentendo dal cuore uscire sangue caldo e la vita scorrere dai polsi formare diramate vie che non conosce e non sapere più dove andare diventando senzatetto com'il primo per le strade del dolore.

Gli scheletri delle foglie Su scheletri di foglie morte vedo nascere campane d'insetti e foreste alveari ed elefanti che suonano il vento e cantano petali fumando nuvole nere che facciano pioggia ed essa illimitata amante occasionale di pelle capelli e terra si spoglia d'autunno e inizia a sbocciare.


Spatolate d'onirismo Questa mattina mi sono svegliata dalla realtà che in realtà è sogno ed è il sogno ad essere realtà. Questa mattina sono andata alla finestra che s'è trasformata e m'ha scattato una foto ma quando ho cercato in memoria io non c'ero. Questa mattina ho visto il paesaggio trasformarsi in dipinto nei miei occhi nelle mie mani tangibile appetibile con le sue spessità e i caleidoscopici colori. Questa mattina mi sono addormentata nel sogno e svegliata nella surrealtà.

Dietro l'incanto (https://www.youtube.com/watch?v=GyH...) Un'insana magia intrappolando le foglie in bagliori nascosti un po' smorti si crea in quei rari giorni uggiosi in cui i pirati del cielo conquistano il Sole e credendosi padroni fanno sosta per ore. Ma quando il cielo per un attimo si scambia con il mare sottosopra si ritrovan e non sanno cosa fare e vedon acqua gocciolare d'ogni lato bagnando tetti e strade nell'incantevole spettacolo Nostrano. Distratti il Padrone li sbeffeggia dalle sbarre esce fuori la sua testa

Esisteva solo l'eco di Me e del Pensiero libero di succhiare il polline dai mille papaveri e drogarsi di beltà. Questa mattina Sole s'è fatto Luna e Luna s'è finta Sole e non c'era calore. Vedevo danzare gli alberi sfrenati ballerini seguire il ritmo del vento e dei suoi taglienti fischi come coltelli finti cucchiai travestiti. Questa mattina mi sono svegliata morta ma mi sono svegliata anche se non c'ero e ho trovato tutto tranne il mio corpo od il cerebro leso. Questa mattina che è ieri o oggi o domani io dov'ero? e s'immagina ormai libero alla sua calorosa festa. Ma di nuovo attenti schierandocisi attorno lo privano di tutto rubando ciò che vogliono ed i suoi raggi ormai morenti carezzano leggeri il vento, gli alberi e i capelli i petali e le moribonde orbite e le gocce d'acqua che alloggiano morbide su foglie d'incanto su alberi che crescono nello sguardo di chi guarda davvero. In un ultimo spiraglio un suo raggio è una lacrima che chiede perdono per non esser forte abbastanza eppur gioisce perché sa che nella morte altri incanti partorisce che preannunciano il suo sorger per un'infinità di vite.

Lidia Allocca, 22 anni. Disegno e scrivo sin da bambina, ma ho iniziato effettivamente a scrivere circa 7 anni fa sulla pagina facebook Sweet Dreams Are Made Of This (https://www.facebook.com/sweetdreamsaremadeofthispage/). Ho partecipato a diversi contest, dentro e fuori facebook, al momento collaboro con una rivista che pubblica i miei racconti e sono iscritta ad alcuni gruppi di scrittura e sperimentazione. Non prediligo un solo stile, anche se spesso e volentieri cedo alla poesia e a quello che chiamerei "naturalismo surrealista", ma più che altro tendo sempre a sperimentare in cerca della forma e della parola perfette.


VaLeRiA BiANChi MiAn I.

VOLATILI

Ho avuto in dono un olfatto particolarmente attento ai dettagli, un naso capace di distinguere un certo profumo tra centinaia di odori - dunque colgo adesso quel che sarà "autunno". Mi hanno regalato una mente abile nella tessitura e, poiché sono figlia delle figlie di Aracne, mi diletto a creare trame come se fosse il caso - ma è la cosa, la casa e non è il caos. Psiche si prepara, Eros sonnecchia. Lei cicaleggia, naturalmente, ma è solo per giocare il gioco dell'Olimpo sconsacrato. Ad Arianna hanno detto che lo sposo arriverà al tramonto per condurla nel mezzo di una notte stellata. Cadranno gli astri, tutti giù per terra, ma il dio anguicrinito e la filatrice di storie hanno già preso possesso del cuore. II. Tracciato bifamiliare. Matrimonio è incrocio di radici, genealogie in talea per nuovi approdi. Ridipingo il quadro di mio nonno, quello con la casa antica; ne rinfresco le stanze, tenute a lungo chiuse fuori dal mio affanno. Il tavolaccio di legno sopra il quale il padre di tua madre preparava le composte e i salumi starebbe bene dentro la fucina, non trovi? Ce ne staremmo lì a guardare Efesto cuocere castagne mentre fuori piove e i funghi sono i doni del ricordo. III. Incrocio sulla strada una poiana il falchetto nel bosco tra le felci del capriolo, le orecchie sono all'erta. Apre la porta il nume tutelare nel prato la gazza con la ghiandaia che "avi" è la prima sillaba alata composto d'uccelli, senso dei cari. Il paese tutto odora di latte al pozzo andavano rei pellegrini. "Guarda! È una falena d'oro, giunge a far la traccia di storia futura. Sembra che l'anima dei nostri morti segua noi vivi negli avvenimenti. Valeria BM - luglio e agosto 2017


Valeria Bianchi Mian. Psicologa psicoterapeuta dal 1998, con formazione in “Psicodramma Analitico Individuativo”. Milanese d’origine, ha scelto Torino come città in cui vivere e coniugare la scrittura, la poesia e il disegno con il mestiere di psicoterapeuta d’orientamento junghiano. Specializzata in terapia di gruppo, si occupa di supervisioni d’équipe con gli operatori e di gruppi con le famiglie (caregiver) presso diverse strutture per anziani sul territorio piemontese. Con alcuni psicologi analisti (membri dell’ARPA Jung) ha avviato un gruppo di studio su tematiche del mondo contemporaneo, partecipando a tavole rotonde, convegni e congressi con riflessioni e articoli sul tema “maternità contemporanee”. Per Lithos Edizioni (2016) ha pubblicato “Utero in anima” (Bianchi Mian V., Ceresa S.G., Putti S.). Conduce laboratori di tecniche espressive multimediali con disegno, pittura, manipolazione della creta e scrittura. Per diversi anni ha coordinato spettacoli teatrali e gruppi di narrazione e sceneggiatura in strutture per tossicodipendenti e nelle scuole superiori, ottenendo anche il primo premio sezione scuole superiori al Sottodiciotto Film Festival 2002 (Rabbia allo schermo) e la partecipazione a convegni nazionali con materiale audiovisivo (documentari con adolescenti e tossicodipendenti). Redattrice per la rivista indipendente di letteratura e poesia Niedern Gasse - www.niederngasse.it; ha pubblicato articoli di psicologia (Ananke Edizioni) e poesie (Matisklo Edizioni, Golem Edizioni). È organizzatrice di Medicamenta – lingua di donna e altre scritture (Associazione Art10100), un progetto che si occupa di laboratori poetici per donne (rifugiate, anziane) e Reading poetico-narrativi. Pubblicazioni: Poesie Aeree (Matisklo Edizioni, 2014), Favolesvelte (Golem Edizioni, 2016), Utero in anima (Lithos Edizioni, 2016) www.psychiatryonline.it www.niederngasse.it

barlumidicoscienza.blogspot.it favolesvelte.wordpress.com poesieaeree.wordpress.com


PaTriZia CaMEDdA Di notte, sogni mai sognati Tripudio d’amore mancato Tripudio d’amore mai amato

SOGNI DI LATTA IN ASCOSI PERTUGI DORMONO LIETI


BALLATA Amata mia stringimi siderale distanza in cristalli gocciola attraversando echi di silenzio La mano che accarezza il vuoto di te s’arresta in fiato dolente di desideri indomiti che corrono corrono e incalza il battito e scivola e fluttua e sciaborda nel ritmico flusso di parole rattrappite la gola riarsa S’accende di luce pulsante la vertigine di troppe notti

SULLA PELLE

e vento e fronde tra stelle e luna e vette e baratri

Sei rimasto sulla pelle in gocce di respiro appeso

Amata mia cullami

sei onda in movimento lento e pieno

ricuci i lembi

che s’inarca salendo

di questa storia di carta

mentre ghiaccio e fuoco

nata all’alba

incendiano il silenzio

con gli occhi pesti e le ossa già in frantumi

Lento e forte

Una danza di libellule intrecciate filigrana argentea di ali strappate dai giorni di nebbia e code in tangenziale Amata mia cantami lo stupore addormentato tra le ciglia che ad Est già sorge, lo vedi? Il sole La mano che accarezza il vuoto di te ferma a mezz’aria ora si posa lieve

veloce e fermo ruvido e lieve dolce così dolce Si adagia la notte nell’incavo pieno di arrampicate carezze rimaste lì, bloccate appese a baci mai fioriti


Patrizia Camedda,

madre di un adolescente, scrivo. Impiegata per oltre 20 anni ad occuparmi di numeri e rendiconti ho coltivato la passione per la scrittura soprattutto di notte. Diplomata in arti applicate riesco a riconoscere “il bello”. Laureata in psicologia alla veneranda età di 45 anni (tesi : http://m.youtube.com/watch?v=V2N9UB0UxfU ) ho effettuato tirocinio annuale per accedere all’esame di abilitazione presso una struttura di residenzialità leggera in psichiatria. Ho perfezionato la mia preparazione in Psicologia frequentando un Master di II livello in psicodiagnostica dell’età evolutiva presso l’Istituto Adler di Torino e un percorso di formazione su DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) come Tutor dell’Apprendimento. Attualmente sto frequentando il secondo anno di specializzazione presso la Scuola Adleriana di Psicoterapia di Torino. Iscritta all’Ordine dei giornalisti del Piemonte dal 2007 scrivo (dal 2005) per passione civile, collaborando con un giornale locale La Nuova Periferia (precedentemente: L’Inchiesta di Sicilia, Tecnica della scuola). Dal 2010 collaboro con l’IIS Galileo Ferraris di Settimo con un progetto di giornalismo dedicato a studenti delle fasce deboli (progetto a.s. 2013/2014 www.HYPERLINK "http://www.youtube.com/watch?v=XQWSWQxq4Kw"youtubeHYPERLINK "http://www.youtube.com/watch? v=XQWSWQxq4Kw".com/watch?v=XQWSWQxq4Kw; www.HYPERLINK "http://www.youtube.com/watch? v=eM0zxLUOeZs"youtubeHYPERLINK "http://www.youtube.com/watch?v=eM0zxLUOeZs".com/watch?v=eM0zxLUOeZs). Negli ultimi tre anni ho presentato/moderato eventi pubblici e presentazione di libri e autori (VI edizione Festival delle Ville Venete). Nell’a.a. 2012/2013 ho partecipato a un tirocinio universitario finanziato da Regione Piemonte e Unione Europea sui Discrimini, con la realizzazione di uno spettacolo teatrale, Nuovo Alfabeto prossimo futuro, andato in scena alle Officine Corsare di Torino (novembre 2013) Murazzi student zone (novembre 2013) teatro Vittoria Torino (marzo 2014) e presentato nelle scuole superiori del Piemonte. Scrivo poesie e partecipo a slam e serate di declamazione. (Murazzi Poetry Slam; Monferrato Poetry slam; II Edizione Giochi Poetici c/o Cultura e Società; La Revoltosa Poetry Slam; CaleidoScoppio Murazzi). Ho pubblicato a Novembre 2015 la mia prima raccolta Le Ombre Umide. Da Aprile 2014 faccio parte del Collettivo Donne del Progetto teatro Spi-Cgil che ha realizzato lo spettacolo Divagazioni sul Potere, Un mondo possibile, andato in scena al teatro Garybaldi di Settimo To.se il 12/12/2014 e al teatro Astra di Torino il 21/04/2015. Insieme al poeta Enrico Mario Lazzarin (Ass.culturale Due Fiumi)presso la torre medioevale di Settimo To.se. il 21/03/2015 ho organizzato e presentato l’evento, gara poetica a eliminazione diretta Buttalo giù dalla Torre, il 20/03/2016 ho organizzato e presentato l'evento Poesie Aeree Tra Torre e Terra con atterraggio poetico e l'08/04/2017 Dalla Torre al Mondo, poesie di impegno civile su inclusione, diritti. Da novembre 2014 sono socia volontaria attiva (progettazione, comunicazione, relazioni pubbliche) e membro del Direttivo del Centro antiviolenza Uscire dal Silenzio di Settimo To.se. Da febbraio 2016 sono membro del Direttivo dell’Associazione culturale Due Fiumi. Da settembre 2016 socia volontaria attiva del Circolo Legambiente di Settimo To.se.


ViTtoRiO FiORaVAnti SUPERFICIE CON NUDO

DESERTICA DESOLAZIONE

Ammasso di volti uguali assenti lineamenti dietro sguainate spade sull'orlo della giogaia come zanne d'avorio membra d'orgoglio e orgasmo di linfe e di venti vitali lenti equilibri sfasati di strutture rigettate oltre lo spazio logico

Odo lividi arpeggi sedotti da fughe stridenti d'avidi greggi smunti all'abbandono di precari aridi alpeggi scivolati lungo solstizi ardenti d'insania solare

Quindicimila rulli di celati tamburi una salve sparata in assolo e tra fili d'erba tenera una figura nuda di giovinetta che s'allontana leggera come un canto vago un pigolio di passera con una mano tesa nel buio a cercarmi dentro Poche note smarrite su linee rastremate verso un rottame inerte piastre saldate con lacrime sfuse di tempo arrugginite e spente sperma di cera rappresa lungo la guancia scarna un invito all'esecrabile resa l'escrescenza d'un fungo Ombre nette allungate per un sole sbiadito macchia rosso-malata che si dilata sull'orizzonte con un dito grasso di luce verso un albero fermo idolo di solitudine groviglio rinsecchito di preghiere e di voglie ramificate e spoglie nei cieli rotti da un urlo 2003 / 339 * 070

Intruso nel branco m'affiora l'incubo di rimorsi ricostruiti a stralci d'informazioni e d'allarmi lungo percorsi di serpi spersi come aghi d'acciaio tra gli anfratti distrutti del mio vasto ghiacciaio che va dissolvendosi giĂš nella valle dannata sprofondata tra rocce e dossi nudi come camosci Aspri sentieri scendo la gerla vuota di desideri carpiti invano ossa delle mie mani stringono trattenendo a freno torrenti di rabbiosa vena che van coprendo d'insulti scrosci d'acque disperse fra alberi vilmente arsi massi frane detriti e l'informe pietraia frammista a teschi Avvinto all'interstizio aperto nel fango screpolato in riva al rasciugato lago mi sorprende di giallo un tremulo fiore vinto da desertica desolazione 2003 / 410 * 044

HO UN CUORE D’ALBERO Ho un cuore d'albero verdi fronde fra le vene e negli occhi due bianche

uova di passera in attesa del ventre tenero di piume leggere che le riscaldi di vita Un cuore d'albero e braccia cariche di larghe foglie lucenti nidi nascosti tra i rami di tortore o di pernici una serpe in agguato e un ramarro tra le radici Nell'orecchio ho un palpito tremulo d'ali impazienti che pervade i miei sensi resi inquieti dai suoni e i fumi densi della vallata Resto a guardare eccitato dal canto suadente della giovane lavandaia china sul greto aperto del torrente che mi scende dentro come un vortice d'acqua Qualcosa in me sfugge come un improvviso stormire di frasche agitate da una fuga d'uccelli atterriti qualcosa che s'alza sulle punte estreme dell'immaginazione e scruta oltre il bosco per il sentiero che sale lento intorno alla collina lungo il profilo fosco dei monti sfumati ai limiti del cielo Ho un cuore d'albero e una voglia crescente da soddisfare in gola prima che faccia sera Nell'aria intanto vago è il sentore languido d'un filo fertile di primavera 2003 / 333 * 051


ANNALISA M'ero voluto perdere nel bosco Me n'andavo pestando l'erba con dita pronte in ogni scorza ferita e orecchi attenti a ogni volo Le fronde mi battevano in fronte con ritmo spronante e a tratti come un cavallo brado correvo a braccia larghe nel folto senza freno e senza respiro Finché caddi felice e sfinito e mi lasciai esausto scivolare chino sullo stagno per specchiarvici il mio volto acceso libero da ogni sguardo estremamente nudo Fu allora che scorsi la cerva s'era arrestata fra i tronchi Rimanemmo a fissarci immobili senza quasi fiatare gli occhi negli occhi ed io ti riconobbi Annalisa rividi quel luogo quegli intensi momenti trascorsi senza scambiarci una sola parola ma soltanto l'ansare la bocca sulla tua bocca e riconobbi il tuo sguardo smarrito e sottomesso riconobbi me stesso 2003 / 359 * 014

GIRO DI BOA Hanno occhi umani i gabbiani che affollano la boa ancorata in aprile Neanche si spostano al fendersi l'onda sotto l'ossuta prora della mia vita vissuta Compio l'ennesimo giro remando ormai lento

per mantenere quel ritmo che possa ancora per poco sostenere il mio polso

dissolvenze di gesti studiati unghie laccate di sangue e lingua duttile di serpente

Risalgo controcorrente il canale percorso sovrapponendo immagini semisommerse nel fondo della riva di fronte

Io la seguo con gli occhi infidi i passi nell'assoluto silenzio della mia mente rapita soffro il ritmato pulsare delle mie vene l'ansito dei miei sospiri le dita tese

I volti cari dei figli le membra più amate panorami di terre e di mari di città e di quartieri parole e suoni stranieri il canto della mia gente La mia solitaria regata volge al traguardo linea netta affilata tracciata da quella sponda ma non c'è intorno nessuno ad attendere il mio finale Forse neppure la morte un teschio dietro la maschera bianca di gesso con una lagrima stanca Fondamenta deserte qualche passante sui ponti turisti in piazza io solo Così non potrò mai sapere l'ordine del mio arrivo nessuno davanti a me né dietro la scia di spuma che sto lasciando da vecchio sullo specchio increspato dell'acque della laguna Morirò sfinito sul remo contro l'estremo pontile e solo allora - forse s'alzeranno in volo i gabbiani sull'ormai inutile boa del tredici aprile 2003 / 361 * 081

IL SAPORE DEL PECCATO La morte ha sequenze di danza un insinuarsi alle spalle d'un profumo suadente

Nel greve fumo del salone affollato c'è invece assordante il frastuono d'un piano in lunghe fughe vertiginose di vago color tropicale l'accavallarsi di vinti spazi spinti oltre l'orlo slabbrato del mio assurdo presente Ancora un monito vano sfoglio pagine di segni avversi l'immagine grigia d'un cristo profonde righe di contrizione larghe strisce di pianto

Ma sento in me turgido un gonfiarsi d'arterie lungo membra frementi ho in gola sàpido il sapore del peccato e vado avanti nel baratro aperto all'offerto amplesso superando barriere dense d'intense inibizioni E lei m'aspetta la sigaretta accesa sul seno slacciato la luce obliqua scava il suo volto di cera prostituta in agguato ha una coscia fasciata di seta nera e il ventre liscio di bianco marmo Tenera è la morte affondando nel male oltre ogni rimorso per un ultimo profondo estremo coito fatale 2005 / 476 * 124


GRAFFITI SUI MURI INTORNO Geniali fregi nell'intorno che affrena il mio oscuro andare Irti ho negli occhi aspri graffiti su muri d'invasi quartieri riquadri colmi di blu liquide evase tinte lungo vie principali lettere con lo spray una "B" ed una "Q" Colgo parole d'avvisi inquietanti affissi a pali inerti fra strappi d'unghie stralci raschiati di stinta carta glasé due sfregi incerti su grosse labbra rosse e lei nuda distesa sull'indifesa bianca parete del bar all'angolo

appigli sul vuoto schiuso d'un mio presente di giorni piatti

su fronti di vani pensieri concetti convessi d’arcane idee in contatto d’agenti esterni sulle celate mie ciglia

Coincidenze virtuali in rete treni in transito su binari morti quel tuo sorriso ascoltandomi muto io dentro a guardarti la bocca muoversi a scatti mentre le dita vanno cercando a tentoni tasti e scansioni per descriverti un verso

Argini s'ergono di pietre tonde lisci sassi scagliati oltre steccati e alte mura d’ostili zone proibite carenati di nero fumo aironi s’alzano in volo segnale infausto sui limiti del vago andare tacciono voci intorno

Bisogna saperle le cose prima che stiano estinguendo colori testure e pensieri correre davanti al tempo saltare fossi all'azzardo con lo stile sfrondato di rami avulsi

E quando il sole mi rimane assente lungo i torrioni avvolti in nebbie fradice e oscure c’è lei in un saio di seta ad attendermi al varco l’arco affilato la falce a esatta misura d'uomo 2009 / 622 * 235

Bevo in piedi un caffè sull'orlo del lavandino c'è un grido scritto su un cuore gonfio uno slogan incompiuto l'anca d'un corpo sfinito colore di carne corrotta strisce sbiadite di gessi e l'impronta d'un dito

E tu m'ascolti dire il sapore dell'esistenza leggi le mie parole ma hai negli occhi il commosso tuo mare sponda violata dall'onda che vi ritorna ad infliggere l'umida sua violenza

Sulla vetrina fra i passanti riflessi scorgo il mio viso teso mentre alle spalle così d'improvviso nette vi scorrono due ingombre fiancate d'arcani grafici segni messaggi d'orrida morte urla inespresse su un tram di linea sette

Salgo all'incontro l'unghia mia infissa nelle vene d'un oggi ch'era già spento ieri d'altri esseri umani e sarà il tuo futuro domani

2007 / 526 * 046

2007 / 533 * 102

LA FALCE A ESATTA MISURA D’UOMO

POESIA, IL SAPORE DELL’ESISTENZA

Nel buio cieca di luce s’allunga la striscia d'asfalto tra profili d'alberi e colli e un orizzonte marino

Artigli nelle fessure della memoria

Irte vi scorrono lucide immagini d’urto

SCACCO MATTO Corpo in dissolvenza disfatto in sole parole disegno spento senza destino alcuno venire vela nel vento seminuda parvenza lungo lo schermo gelido nell’orrido sfondo di terso cristallo Spazio varcato allo stallo d’ignudo re vinto e ignara nera regina spina infissa nel fianco d’un vile gesto temuto sul ligneo bordo della virtuale scacchiera Falce di morte sei fante di cuori io sono le braccia avvinte all’insidia tesa all’accesa irruenza del devastante tuo bianco cavallo 2014 / 724 * 212


LIBERO CON UN GRIDO Non conta più il tempo un millennio è un second oppure niente un sospiro Gli cresce dentro da sempre o da ieri soltanto un serpeggiare di crepe lungo quattro pareti stanche ormai di fissarlo in questa stanza rinchiuso senza porte e finestre Avverso è il potere che gli imprigiona sogni vasti e speranze la voglia di uscir fuori e fuggire correre i campi e le fogne fino a incontrarlo l’uomo da sterminare Germoglio nato da un seme alieno cresce dalla fessura scavata nel pavimento l’albero che aprirà i rami al soffitto

E una notte di grilli spunterà tra il fogliame da un varco aperto nel cielo l’arma della vendetta nella stretta del pugno libero con un grido 2016 / 750 * 268

TI AVREI Archi assurdi infiniti divisi andiamo divergenti i percorsi erbe e licheni tu sui tuoi piedi ignudi io fra le braccia ho il mare la spuma in gola un orizzonte d’onde sponde lasciate dietro senza più alcun rimpianto Tu sui tuoi monti fra case e prati cogliendo fiori e pensieri amari morsi la sera

d’aspro pane e rimorsi lacrime spente sul viso senza un sorriso una voce io tendini tesi di polsi e stanche caviglie corro sbandando la bocca invasa e negli occhi luci insidiose venir da lontano in convogli di voglie e meste memorie e vani gesti repressi Eppure se fosse stato possibile un solo unico incontro ti avrei accarezzato il volto colto l’alito tuo fra le mani saremmo a lungo restati inquieti in silenzio godendo stringersi di desiderio ogni abbraccio Ti avrei 2016 / 752 * 264

Il poeta Vittorio Fioravanti risiede a Caracas, nel Venezuela da oltre cinquant’anni. Scrive fin da ragazzo, e ha pubblicato da sempre i suoi versi su riviste letterarie e nelle pagine di antologie poetiche italiane e straniere, ricevendo innumerevoli premi e menzioni durante l’intera sua lunga vita. Nel 2004 la sua composizione poetica “Non c’era una volta” ha meritato il primo premio assoluto al Concorso Mondiale “Italia Mia”, riservato agli scrittori italiani residenti all’Estero. Come esponente di riguardo della nostra collettività nel 2013 la Federazione delle Associazioni Italo-Venezuelane ha organizzato in suo onore il tradizionale Festival della Cultura. Due anni fa queste sue cinque liriche - “Razza mediterranea”, “Andarsene via”, “Me n’andrò”, “Un uomo solo” e “Silvia” - sono state pubblicate a Nuova York nell’imponente Antologia Italo-Americana “POETS OF THE ITALIAN DIASPORA”.


ANgELa PanNo

COS'È UN SOGNO? Cos'è un sogno? È una soffice nuvola bianca: immergiti, rotolati nel tuo sogno. Mentre si avvicina, ascolta un vento dolcissimo che ti accarezza, come una brezza marina. Sogno, ti assaporo, ti penso. Dicono che siamo fatti della stessa materia. Vienimi incontro e diventiamo una cosa sola, una sola materia. Esaudiscimi, fammi sognare e farai di me una persona felice. Angela Panno nasce nel 1963 a Taranto. Sesta di sette figli, Angela vive un'infanzia tra mare e Arsenale, dove lavora suo padre. Diplomata in ragioneria, ha cominciato a scrivere intorno ai 50 anni. Ha ricevuto alcuni riconoscimenti nei concorsi a tema diversabilità e universo femminile. Ogni tanto, le piace scrivere qualcosa di nuovo.


AnNaRiTa FaGGiONi

Un diamante in metallo grezzo Trascendente bellezza di sguardi rubati: è un passato che un diamante in metallo grezzo diventa ai tuoi occhi non ancora incrociati. Una storia infinita stillata in gocce tra gli ostacoli e le più affusolate rocce intrise di dolori e di gioie; intensa e avvolgente come carezza d'inverno. Non è forse il sogno d'ispirazione a elevare l'anima e farne un tutt'uno con l'Eterno?

Annarita Faggioni (Taranto, 19 Ottobre 1990) è autrice, book blogger e copywriter. Laureata con 110 e lode in Lettere e Cultura del Territorio a Taranto (sede distaccata di Bari), è stata giudice letterario in diversi concorsi. Ha pubblicato tre libri tra poesie, racconti e romanzi. Di prossima uscita la seconda edizione de “L'Ombra di Lyamnay”. Da sette anni Annarita è online con il Web Journal Il Piacere di Scrivere, collaborando con realtà editoriali e aziende.


SaNdrA De FELiCE MAGIA DI UN SOGNO CHE SVANISCE

ANIMA STREGATA

Armonie di luci e di colori, tenero è l'abbraccio nei miei occhi trasognanti, nel riflesso i ricordi appaiono fugaci appena appaiono più veri.... Abbagliata resto mentre si accavallano le ombre nei tornanti della mente e in silenzio giocano le voci, in un sussulto vibrano emozioni... Tocca il cuore ogni ricordo, ogni parola solca un suo mistero, è la magia di un sogno che svanisce e dai colori dell'arcobaleno traspare l'illusione.S.

Volano le stelle via dagli occhi tuoi, non risplenderanno mai più di sole per me e mai più avrai i misteri della luna da offrirmi... Appena mi appare sfocato il tuo volto, il tuo volto è nell'ombra, nell'ombra che coglie d'improvviso la mia anima, anima stregata da melodie e profumi lontani, anima stregata dal sapore di te, anima stregata dal tuo nome. S.

NINNA NANNA Palpiti leggeri nella quiete della notte, una ninna nanna si ode in lontananza... Rapido il battito del cuore desta l'anima e nel sogno mi avvince un'emozione, nel sogno arriva lieve l'eco di una ninna nanna... Nell'avvolgente solitudine stellare scivolo in un fragile dolore e assaporo nella veglia i profumi del passato ricordi un po' velati... Ninna nanna...ninna nanna... e' dolcezza sulla pelle, la percepisco gentile come una carezza e argentate perle rigano le ciglia ele mie gote... Ecco, appena spunta l'alba e il cielo è tinto lieve... ninna nanna suadente di infinito e di mistero, sulle labbra melodia e un ritornello un pò sfumato... ninna nanna...ninna nanna....S.

LA NOTTE La notte mi avvolge, mi ammalia con i suoi segreti con la sua magia... Il suo profumo intenso ha il profumo della tua pelle, i suoi rumori ovattati sono i battiti del tuo cuore... La notte mi strazia, la notte mi sfinisce mi abbraccia con tenere llusioni, mi colma di divampante passione, la notte mi protegge con il suo silenzio... Nello splendore della luna la notte sconvolge le emozioni deforma la realta' riflette le immagini... La notte ti cerco. Non ci sei. La notte piango. La notte l'idea di te mi fa impazzire.


SOGNO Ho percorso viali di sogni con luci e sinfonie nell'anima, rapita da profonda emozione nell'ombra della notte solitaria il tuo volto pallido ho sognato... Riflessa nello specchio dei tuoi occhi assenti raccolgo i frammenti dei miei versi all'alba....S.

INFINE Respiro... Profondo il sapore del mare penetra il mio essere... Respiro... mi aggrappo all'istinto, spezzo il silenzio e graffio la mia solitudine...esisto... Impercettibili nell'infinito aleggiano misteri, lungo la riva seguo indefinibili tracce di ricordi e lieve mi accarezza il vento... Sorrido...esisto e infine la vita ritorna. S.

Sandra De Felice è nata a Scafa (Pe).Vive e lavora a Pescara. La sua opera prima il libro di poesie d’amore “Frammenti di luna”è stato pubblicato nel 1998 dalla Casa Editrice "TRACCE" di Pescara. La sua opera seconda il libro di poesie “Trasparenze” è stato pubblicato nel 2011 dalla casa Editrice Aletti.Con la stessa pubblica poesie in numerose Antologie. La piu' prestigiosa è L'ENCICLOPEDIA dei Poeti Italiani anno 2009 che .raccoglie tre Poesie di Sandra. Nel 2014 ha partecipato all’ Antologia “ Vortice” con un componimento di poesie intitolato Il Mare, gli amanti e il poeta”Per la “Casa Editrice “ Pagine” ha partecipato alla realizzazione della Collana Riflessi 2014 con una Raccolta di poesie dal titolo ” Bagliori Autunnali”.La sua Terza Opera di Poesie dal titolo "DIPINTI POETICI" è stato pubblicato a Marzo 2016 dalla Casa Editrice ERMES Servizi Editoriali Integrali S.R.L.


EnriCo MaRiO LAzZARiN Questa notte ho sognato che erano partiti tutte/I per il mare quale non ricordo e faceva caldo molto caldo qui nella pianura conca che è Settimo Torinese e allora ho acceso un vecchio mangiadischi è cantava Enzo Jannacci VENGO ANCHE IO? NO TU NO!! poi mi sono detto qui ci vuole qualcosa di fresco da bere mi sono preparato una limonata ghiacciata proprio buona e affacciatomi alla finestra di casa ; sotto proprio sotto la finestra vi era il mare tanto che mi sono messo comodo e mi ci sono tuffato poi ho nuotato a lungo ma non mi stancavo mai finchè non vedevo più la terra e la casa e continuavo a nuotare e il mare sapeva di limonata poi ti ho incrociata eri su un tre alberi a vela che sorridevi e mi chiamavi con il nome che usano in pochi ho aperto gli occhi le 9,12 e mi son detto BUONA DOMENICA con il sapore dolce del sogno in testa!

N 186. COSI'E': SENTO I gabbiani nel buio della stanza .E' come fosse entrato un sottile filo di luce, questa notte la luna piena ha cantato per il gabbiano innamorato di una cabina telefonica dismessa la settimana scorsa: l'innamorato, L'innamorato; Poi se ne e' andato sopra il tetto di una vecchia cinquecento bianca a guardare il mare e la luna piena che sorrideva. N185. COSI'E': E penso a LAIKA mandata nello spazio Sessanta anni fa dai russi, chissa' in quale stella sei arrivata se hai trovato un buon osso una calda cuccia. SENZA AVER PAURA DELLO spazio dei colori nuovi della solitudine un giorno tornerai . N 172. COSI'E': IL CUORE DELLA NOTTE respira con polmoni bambini Porta con se promesse di marinai troppo lontani con vele gonfie di lingue mai pronunciate la voce non ha bisogno di parole Nel cuore della notte senza nome

N180. COSI'E': NOTTE di fine settimana trovo una parola rilancio una virgola ma un punto mi placca sulla mia giacca, Accorgendomi di parole senza amore con amore Traccio linee dentro trapezi sorridenti. N 177. COSI'E': LA LUCE arriva piano; la sua lentezza e'fretta per il geko ritardatario con la sua lingua crede di fermare la notte come fosse un falena da mangiare . ORA la luce colora l'occhio della luna e la coda del geko rincorre la notte.


N175. COSI'E': SFUMATE NUVOLE NOTTURNE respirano piano soffiano sul mare sogni di Gabbiani innamorati . Nelle reti dei pescatori hanno visto un cantante ,un poeta, un capitano senza la pipa, una ragioniera esodata chiedere di essere liberati il sabato mattina ; Per andare a fare la spesa .

N 182. COSI'E': E LE PAROLE al tramonto salpano per desideri muti per ancore volanti per I tuoi sorrisi imbarazzanti per le ombre dei giorni mai nati per dimenticanze assordanti Per mari vanno come baRchette di carta vanno.

N187. COSI'E': PARTENZA con la PIOGGIA Lascio il mare che l'AUTUNNO si fa cullare da passi mattutini senza parola adagio pensieri da goccia a goccia da viaggio di ritorno in ritrovate assenze.

Enrico Mario Lazzarin nasce a Torino il 22-9-1958 Si interessa di poesia da sempre. Dal 2016 presiede l’Associazione Culturale Due Fiumi Poesie e brevi racconti di E M Lazzarin su: www.meteodiario.blogspot.com www.meteosettimo.blogspot.com


EnRiCa GuGLiOTtA I pensieri neri

In questa notte nera Non mi fan dormire Ascolto il tuo respiro Che è La più dolce Delle sinfonie d ' amore La notte è troppo lunga E silente ..... Il mio angelo Veglia su di noi Mi sussurra All' orecchio Chiudi gli occhi Riposa le stanche membra E sogna Un mondo senza odio Ma i pensieri Si intrecciano Nella mente Come stringhe Annodate difficile Da sciogliere Una musica mistica e Lontana mi culla E forse m'addormenterò E sognerò ..... Un mondo bambino

Vola figlio mio Su cieli tersi Su mari calmi ..... Io sarò la tua guida ! Per l ' eternità ..... Anche quando La vita ci separerà ..... Io sarò sempre al tuo fianco Mai ti abbandonerò Sarò il tuo angelo La tua roccia Il tuo appiglio La tua forza E te vola Vola verso Il tuo futuro Ci saranno tempeste Periodi bui .... Questa è la vita ! Te cammina sempre avanti Bambino mio ! Ti vorrei proteggere Dai mostri .... Ma la vita È come un ' autostrada A volte scorrevole A volte impervia ..... Ma io ci sarò sempre .... Figlio mio Stai crescendo Troppo in fretta Il tempo vola .... Sembra ieri Che ti aspettavo E accarezzavo Il mio pancione ! Presto avrai Dieci anni !

Ed io quaranta ! Il tempo fugge Ma resterai per sempre Il mio dolce bambino Il mio piccolo Lorenzino Grazie a te sono rinata Vola Vola verso il tuo futuro Vai sempre avanti Io ci sarò sempre Figlio mio ! (A mio figlio Lorenzo)

Sguardo da duro Ma cuore tenero Vorrei essere forte Come un leone Ma sono un Dolce gattino impaurito Sono semplicemente io Un poeta

Sono nata a Genova il 7 Maggio 1977. A 12 anni ho iniziato a scrivere poesie. Nel 2002 sono entrata in semi-finale al Festival internazionale di poesia La città dei poeti. Nel 2002 hanno pubblicato la poesia la città nell'antologia del festival la città dei poeti. Nel 2007 ho pubblicato la mia prima raccolta di poesie dal titolo: Diario dei pensieri notturni. A seguire: Il risveglio, La rinascita, Gocce di poesia, Emozioni, Sogni ad occhi aperti, Scatti e versi, Poemys, La mia seconda vita. In preparazione: 40 anni in versi. Biografie : Breve vita romanzata di Eugenio Montale, Breve vita romanzata di Alda Merini, Le poetesse liguri. 15 antologie poetiche, Ebook vari, eventi poetici, un calendario un cd musicale, video su YouTube. https://www.facebook.com/search/str/enrica+enry+gugliotta/keywords_top


BeATRiCe OrSiNi

I bambini piangono nei loro letti, hanno gole infinite pronte a mangiare i lupi delle favole (se si avvicinano troppo) e le loro stesse madri. Le case hanno interiora color pastello, budella di nylon, corridoi come tubature su cui crocifiggere intere storie di famiglia. Conviene chiudere gli occhi: prima il destro, poi il miope. Interno neve. Esterno poesia. Non so se basterà a salvarmi fare un pupazzo con foglie d’autunno. IL LANCIATORE DI SCARPE Ho deciso che il lanciatore di scarpe è un uomo. Non donna, non ragazzo, non bambino. Un uomo. Non so dire perché. Così lo immagino mentre esce in strada, portandosi da casa un paio di vecchie scarpe, unite per le stringhe. Non deve essere semplice trovare il momento giusto, quasi sicuramente deve essere di notte: al buio dei lampioni, prendere la mira, lanciare le scarpe sui cavi della corrente, farle penzolare, fino a restare in perfetto equilibrio. Quanti tiri gli occorreranno prima di riuscire nell'impresa? O forse è diverso il sistema utilizzato? Oggi ne ho trovate un altro paio sopra la mia testa e ho pensato "è passato anche di qui". Non so nulla di lui eppure mi appare familiare e gli sono grata per ciò che fa. C'è chi le scarpe rotte le butta in discarica, lui le usa come sculture appese. Oggetti bellissimi - a tratti malinconici, a tratti ironici - nel loro delirio urbano. "Un giorno o l'altro accosto l'auto per fotografarle", mi ripeto ogni volta che le vedo. E intanto spero che ne spuntino di nuove. E che abbia un figlio, cui tramandare la sua arte.


GiuLiO MuRRU



izAbeLLa TeRESa KoStKa Quattro poesie ispirate alle opere fotografiche di Sabine Pigalle, la celebre artista visiva francese nata nel 1963.

STABAT MATER (Agathe)

IO, FEMMINA (donna con le mele)

Scarno il ventre

Maledetta

all'arrivo della nona luna,

dai giorni dell'Eden,

impregnato di vita,

protesa

pregno di dolore,

sull'altare della religione,

il suo candore

letale

adorno con sangue,

come sguardo di potente Medusa,

con linfa eterna della Madre Terra.

fatale come regno di Persefona.

Oh, strana creatura, feto viscerale,

Posseduta

l'immagine di dio

nei tempi di lussuria,

e la dannazione,

usata

nutrirò le tue membra

come oggetto del piacere,

nate dal peccato

svestita

saziando devota

negli approcci privi di vergogna,

la fame primordiale.

squarciata dai morsi del sacro orgasmo.

Fermate gli orologi ladri del tempo!

Io, Eva, donna,

Possa io sanguinare

femmina venerata,

al ritmo delle maree.

un brivido eterno sulla tua pelle.


EROS (ragazzo con le frecce)

SIRENA (Erasme)

Eppur t'amai,

Naviga tra le mie paludi

nel primo calore,

morbide e ombrose,

nei meandri della ragione

nel silenzio dei sensi

ho sepolto l'orgoglio,

non servono vele.

denudato, appeso al filo delle Moire.

Sarò il faro del tuo traguardo, l'Isola Fatale del non ritorno,

Spoglio t'amai,

l'antro profondo di ogni follia

senza rancore,

annegata nelle acque delle mie maree.

travestito da schiavo del sesso padrone,

Che dannazione la mia carne,

dissanguato pupazzo,

t'incanta di notte come Sirena,

del desio vezzo.

stravolge la mente e ogni ragione lasciandoti esausto,

Mi strappai il cuore,

un naufrago sul bianco ventre.

della tua freddezza l'unico testimone. Muori, sprofondano nei miei abissi accoglienti.

(Poesie tratte dal libro "Gli espulsi dall'Eden" capitolo "Urbi et Orbi" CTL 2016)

KOSTKA IZABELLA TERESA nata in Polonia, dall'anno 2001 residente a Milano. È laureata in pianoforte, è scrittrice e poetessa, docente di pianoforte, giornalista freelance, traduttrice, organizzatrice e presentatrice di eventi culturali. Ideatrice e coordinatrice del programma "Verseggiando sotto gli astri di.. ", ideatrice e co - fondatrice del Gruppo per la diffusione della cultura e dell'arte "Valchiria", capo - redattrice del blog culturale "VERSO Spazio letterario indipendente”. Ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti nazionali e internazionali. Ha pubblicato nove libri di poesie, le sue opere sono presenti su molte prestigiose antologie tra cui "Novecento non più. Verso il Realismo Terminale" con lettera di Guido Oldani. Impegnata nel sociale.


AdeLE FeRRaRi FUORI POSTO

IO COME FOGLIA

Mi sento davvero Così fuori posto qui Con il desiderio irrefrenabile Di poter spiccare il volo Dunque può essere vero Noi prima del peccato Avevamo tutti grandi ali …?

La mia linfa di essere foglia Scorre nei solchi che portano al cuore E alle remote vie dove conclude La limitazione Impercettibili palpiti nell’aure Incandescente scintilla Fiamma protesa al cielo Ramificata alla terra Nutrita d’acqua e di luce Il mio definito esistere Quando dalla scorza dura del seme Un tenero germoglio dischiude Il suo frutto alla vita Che instancabile cerca Costantemente il Sole

IL FONDATORE PERFETTO Il Fondatore Perfetto Ha ottenuto risultati brillanti E non si scompone Mentre celebra le fasi Dell’estensione del creato Con la semplice naturalezza Di una storia già scritta Con inchiostro indelebile Non è così facile per noi Che ci rimbocchiamo le maniche Nella fatica nella delusione In balìa dell’onda e Per sortire dal limo Ci arrovelliamo E assumiamo decisioni Da far tremare i polsi. Il PENSIERO e lo SPAZIO Lo spazio del mio pensiero è Incontenibile Si spande leggero al di sopra dell’etere Colomba di luce Aria e luce che accomuna tutte le anime Anima impalpabile Parvenza inesistente all’occhio umano Non al sentire Anima candida, inafferrabile Neanche una nuvola che varia sa la tua forma Fatta di niente Eppure soffio vitale, soprannaturale Che rende l’umano Divino e universale

SFERE DANZANTI E LUCI INFRAROSSE Miriadi di luci e ombre S’intrufolano nella stanza Dislocano come Sfere danzanti e luci infrarosse Convocate da suoni celesti Da contatti specifici Eseguono volteggi e armonie Di suoni Che si librano nell’auree incantate Di queste mura Scandiscono accordi di matrici D’arcobaleno Sono note d’un pentagramma Segnalati sulla parete Come compilati Su un telo bianco teso nella stanza Formano una cartina geografica Una traccia precisa Per le mete da raggiungere Per trovare il tesoro.


FRaNcEscO GaLLiNA La giostrina dei pianeti Dedico questo breve racconto a mia figlia Désirée e a tutte quelle belle cose che avrà la possibilità di scoprire durante i migliori anni della sua vita.

Apro gli occhi dopo innumerevoli faticosi tentativi per sforzarmi di tenerli aperti, e mi accorgo di non essere più nel letto di casa mia, ma da qualche altra parte, forse in un altro mondo, o addirittura in un altro universo. Mi sforzo di pensare, osservando al di là di quelli che potrebbero essere i confini dello spazio antistante; ma è uno sforzo inutile, il mio, perché sono troppo spaventato, anche solo per permettermi di fare affidamento al mio personale sistema di orientamento. Sono sbalordito, intimorito, ammutolito e incuriosito, da ciò che meravigliosamente ho di fronte. Vedo ruotare, sospesi nel vuoto, immensi globi dai mille colori e anche più, movimentati da un prestabilito imperterrito cammino. Il loro passaggio non può rimanere inosservato, poiché mille arcobaleni si stanno avvicendando in un cielo cremisi, a indicare che qualcosa di immensamente maestoso è appena trascorso. Tutti i globi hanno in comune il più bello di tutti i colori, quello che soltanto a osservarlo, è in grado di farti sentire a tuo agio. Dove ora mi trovo, non ci sono odori e neanche rumori, ma soltanto un solitario candido spazio dove è possibile lasciarsi andare, senza per questo sentirsi perduti. La sto sentendo soltanto ora, quella fiducia che solitamente in altri posti non si trova, a causa del discontinuo rispetto che l'uomo ha nei confronti di tutti, oltre che di se stesso. Ma ora non ci voglio pensare, anzi voglio dimenticare. Sbalordito lo sono ancora... intimorito ormai non più. Ammutolito nemmeno, visto che con la voce della mente, riesco a sentirmi completamente. Forse, sono in un limbo, e il mio giorno, è semplicemente arrivato. Niente pareti, niente segreti ma soltanto un incredibile ignoto dove è possibile girare a vuoto.


Mi sembra di sognare, mi vien voglia di gridare per quanto è fluido il mio leggiadro naufragare, tra le immense vastità di questo infinito magistrale. E poi finalmente mi metto a volare! Volo verso il basso, volo verso l'alto, poi mi fermo e mi metto a girare come una trottola che, attraverso il suo dolce ruotare, riesce a far si che la realtà circostante, si fonda in un tripudio di strisce colorate, in grado di toglierti completamente il fiato. Tutto sembra così talmente reale da non sembrare vero, ma un mero ricordo, di ciò che una volta credevo esistesse soltanto nelle fiabe che da piccolo mi raccontava mia madre. Sembrerebbe così perché mi ci trovo realmente, o soltanto perché ci credo veramente? Una melodia dolce e amara nel contempo, mi sta sopraggiungendo da non so quale parte del mio orientamento. E' così strana e così particolare, che mi sembra di averla già ascoltata in più di qualche occasione. Accompagnato dall'enfatica dolcezza delle note di questa a me nota cantilena, tra gli spazi di questo vuoto paradossale, riesco finalmente a pensare. Forse sono morto, forse sono soltanto vivo, forse nulla di tutto ciò. Mi sono allontanato dalla mia prigione dell'altra dimensione, e ora voltandomi per l'ennesima volta, mi accorgo di un semplice dettaglio che fino a prima non avevo considerato. Uno dei globi colorati che silenziosamente sta gravitando intorno al mio stupore, assomiglia molto alla mia amata Terra: che bella così colorata, che bella così illuminata. Oh no, uno sbadiglio, non posso sentirmi stanco proprio adesso... Una strana voglia di dormire mi sta ineluttabilmente soverchiando, e se a breve non chiuderò gli occhi e mi lascerò andare, per sempre, mi ritroverò a sbadigliare. Quindi è già finito, questo viaggio così gradito... Le mie palpebre ora, sono di piombo. E' arrivato il momento, che io dica a tutte le cose che mi stanno girando intorno: buonanotte, buonanotte a tutti quelli a cui la speranza e l'amore, hanno donato i loro cuori... e mi raccomando, salutatemi tanto i vostri cari, sperando, un giorno, di poterli incontrare. Dopo aver chiuso gli occhi, sul volto addormentato di David si delineò un sorriso innocente. In quell'istante, sua moglie Nora spense la giostrina che, fino a pochi minuti prima, attraverso una dolce melodia, e la colorata proiezione di un universo incantato sul soffitto della cameretta, aveva allietato il dormiveglia di suo marito e della loro piccola Jamie, permettendo a entrambi di addormentarsi in santa pace.


Notturno Notte fonda... mi alzo dal letto e mi dirigo verso l’ingresso, apro la porta: di fronte a me un ponte immenso. Al di là del ponte, su una sponda infinita, vedo una nave in procinto di salpare. Un sussurro proveniente da lontano, mi incita a raggiungerla. Senza indugi seguo il mio istinto, e mettendomi a correre a più non posso, riesco a salire su quella nave ora in movimento. Guardo verso il basso, mi accorgo che delle ruote la stanno sospingendo lungo un mare grigio come l’asfalto. Si spengono le luci, si fa giorno. La nave ora, è diventata un treno diretto per chissà dove. Quel sussurro, lo sento ancora... giro e mi rigiro, nello spazio circostante. Nulla, silenzio, e poi la incontro. Alzo lo sguardo lentamente, forse fin troppo, faccio del mio meglio di più non posso. Finalmente all’altezza giusta la riconosco: "Eccoti!", le dico tutto raggiante. Lei mi sorride, quanto calore provo in un solo istante. Mi dice di seguirla verso una strada, ma quale strada se siamo in movimento? Lei senza parlare avanza ugualmente, conducendomi fuori da quel treno che prima era nave, e ancora prima era niente. Io la seguo, senza di lei mi sentirei perso. Mi piace averla accanto, e mi spaventa starle lontano. Davanti a noi una folla gremisce un passaggio, mi manca l'aria, fatico a respirare, ma grazie a lei riesco a proseguire. Dopo alcuni passi, entriamo in una piazza e ci fermiamo. Lei mi guarda, poi mi bacia, e mi sorprende con una domanda: "E se ora ti svegliassi?" Sognare

Nessuno di noi dovrebbe dimenticare, quanto è importante il dolce sognare. Soltanto così, il mondo che noi conosciamo, un giorno, potrà diventare, un posto, dove è concesso, sperare.

Francesco Gallina nasce a Torino nel 1971, fin da bambino dimostra una grande passione per tutto ciò che rappresenta il fantastico. Frequenta l'accademia Albertina di Belle Arti realizzando alcune mostre, ma la passione per la letteratura fantastica lo condurrà a perseguire uno dei suoi desideri più grandi: scrivere racconti, ispirandosi alle molteplici considerazioni che ha del mondo in cui vive. I suoi racconti finora sono stati inseriti nelle seguenti raccolte: micro NASF pubblicate da AssoNuoviAutori.org, nelle collane antologiche: BReVI AUTORI pubblicate da www.BraviAutori.it, e su altre due antologie: FELICEMENTE HORROR di A.A. V.V. e I Figli di Cthulhu pubblicata da EF LIBRI.

www.facebook.com/FrancescoGallinaloscrittore


GianFraNcO IsEttA La nave La nave è scesa giù, per la collina, come una storia, appesa alle sue nuvole. Ora solca il torrente e le riviere sino alla valle dei ciliegi in fiore dove c’è un mondo che si scuote ancora. E allora gli occhi riescono a vedere quel che riluce oltre il cancello azzurro, dove l’infanzia non s’era smarrita collezionando i giorni già segnati da fioriture di stelle marine. L’attesa dell’inverno ora s’è chiusa. Gianfranco Isetta è nato a Castelnuovo Scrivia (AL) nel 1949. Ha conseguito il diploma di laurea in Statistica presso l’Università Cattolica di Milano. Ora in pensione, Ha pubblicato: Sono versi sparsi (Joker, Novi Ligure 2004), Stat rosa (Puntoacapo, Novi Ligure 2008), è uscito nel 2011, sempre con la “Puntoacapo” di Novi Ligure, un terzo volume "INDIZI...forse" una raccolta antologica delle poesie pubblicate più una cinquantina di inediti, nel 2014 PASSAGGI CURVI- Poesie non euclidee (PuntoacapoPasturana ) Ancora nel 2014 una plaquette: FOTOPOESIE n.1, sempre a cura di Puntoacapo, E' del 2015 la realizzazione di una plaquette del pittore Adalberto Borioli contenente alcuni suoi testi poetici di Isetta Questa pubblicazione fa parte di una serie da collezione che vede presenti tra gli altri Fabio Pusterla, Giampiero Neri, Franco Loi e Gabriela Fantato. Ha aderito con una sua poesia al progetto “ L’IMPOETICO MAFIOSO”. Un altro suo testo : GAZA è inserito nella raccolta KEFFIYEH -Intelligenze per la Pace. Entrambe le raccolte a cura di Gianmario LUCINI. E' presente nell'antologia BIG SPLASH NETWORK POETICO che raccoglie opere presenti a Palazzo Reale di Napoli a cura dell'editore FERMENTI di Roma. Ha vinto il Premio nazionale di poesia “ Andrea il Pisano” di Pontedera per una silloge di poesie ed è stato finalista al Premio Nazionale Laurentum a Roma per il libro Stat rosa e menzione speciale della giuria per la poesia “Come uno scialle”. Stat rosa ha vinto (ex-aequo) la XXIV edizione del Premio internazionale di poesia e letteratura dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli. Ha vinto nel 2013 la III Edizione del Concorso Nazionale Letterario Oubliette 03 con il libro di poesia INDIZI … forse. Ha vinto recentemente la IX edizione del Premio Internazionale di poesia città di Acqui Terme con il libro PASSAGGI CURVI poesia non euclidee E' membro della Giuria del XIV CONCORSO NAZIONALE DI POESIA E NARRATIVA "GUIDO GOZZANO" – 2013 – 2014-2015- 2016-2017


aLeSsAndRa VaLEnTE Sparsi per terra pezzi di un puzzle impossibile da ricomporre in assenza di disegno: ricordo della bambina che non vuole piĂš saperne di me Mi ha regalato una pietra sopra e l'ha chiamata "leggerezza" Ogni notte m'affanna m'affanna ma non mi uccide La bambina mi guarda e ride Volteggia sopra il mio letto per ricordarmi che non siamo mai esistite veramente

Mi manca abbracciarti con l'anima mia focomelica che arranca appresso alla tua alata CosĂŹ inchiodata per terra scavo anguste tane di topo senza finestre per non vederti mentre voli via


DieGo A. ZaNeLLA 2



L a Ur A

CaMpaGnoLi

SOGNO NUCLEI LUMINOSI DI REMOTE METEORE BALLERINE DEL TEMPO INFINITO DANZANO TRA GALASSIE IN FORMA DI ROSA AMMICCANO SGUARDI COSMICI AZZURRI COME PUPILLE IL VENTO DI SATURNO INTONA UN CANTO BIANCO CIRCOLARE SCENDE UNA STELLA STABILE SIMMETRIA NELLA SOLITUDINE DELL’ETERE LASTRICATO D’OBLIO LA COMPLESSITA’ QUESTA NOTTE HA PERSO LA MASCHERA MOSTRA LA SUA FRAGILITA’ IN UN’UNICA LACRIMA. LA VIA DEL RITORNO SI IMBOCCA CONTROMANO FINO ALLA PIAZZA INFORME DI VITA FLUTTUA TRA I MURI DELLA MEMORIA ALTEZZA UN METRO CIRCA RACCOGLIE FOGLIE ROSSE PER DECORARE IL BANCO DI SCUOLA IL CODUCENTE INVISIBILE APPARE IMPROVVISAMENTE QUANDO IN CIELO PASSANO LE NUVOLE CHE DISEGNAVA DA BAMBINA.

Laura Campagnoli, nasce a Genova nel 1966. Si diploma al Paul Klee di Genova poi si qualifica Tecnico Animatore Socio Educativo. Fin dai primi anni di vita creativa iperattiva: a tre anni dalla disperazione della madre affiora l’idea di donarle alcuni pennarelli come cura. Come militante “artista sociale” nel 1983 da sbocco alla propria creatività dedicandosi all’arte a 360 ° Da allora ritagliando spazi tra due par-time , partecipa a mostre e coordina eventi culturali sul territorio, ospite fuori porta tra Savona , Milano, Torino…. propone instancabilmente un dialogo “ecologico “ tra le persone e le arti. Dal 18 novembre al 2 dicembre 2017 volontaria per Airc Genova a sostegno del “Progetto Borsa di studio”capitanato da Lucia Pozzo e Le Falchette di Airc offre le proprie opere nella mostra “4 artisti per Airc” ( Ass.culturale Il cerchio cromatico di Genova) il 2 dicembre condurrà Reading Panta rei per 20 poeti del panorama genovese e non. Pubblicazioni 2013: antologia 100.000 Poeti per il cambiamento Ed.Lavinia Dickinson. 2014-15: Antologie Ed.Matisklo Poesie Aeree Torino. 2016: Citazione Labo Art Villa Marti Premio Poesia Terra di Virgilio 2017 : Antologia “La concretezza del tempo” a cura di Mabi Col 2017 “Quadernetto Poetico – Umani & Disumani” curato da Roberto Marzano.


FLORiANa PoRTa OLTRE L’ORIZZONTE

IL CAMMINO

L’inizio appare come un’onda a ridosso del silenzio, a ricucire sogni che sembrano smarrirsi. Altrove mondi minacciati dalla follia. Mondi lontani ma no per questo perduti. Mondi dispersi al limite dell’invisibilità, oltre l’orizzonte che li contiene.

un tempo breve un unico sogno a ripercorrere il cammino lungo l’asse nord-sud per unirsi alle terre, alle ombre e alla polvere della sconfinata distesa dell’empireo degli dei

RITORNERÒ Non sto tornando ma ritornerò, perché in fondo la mia anima non è lontana. È solo nascosta in questo scorcio di risonanze in viaggio verso nuove forme. Qui, ora e per sempre, mille volte dispersa nel brusio dell’aria appena seminata.

UN ATTIMO PRIMA DEL SILENZIO Non si può scrivere la poesia del mondo, che trasforma l’uomo e la propria solitudine. Non si può scrivere la poesia della vita, che percorre i sentieri delle parole e del tempo. Non si può scrivere la poesia del nulla, delle anime e dei corpi imprigionati nella realtà. È il nostro immaginario che scrive poesia, un attimo prima del silenzio.

Floriana Porta è nata a Torino nel 1975. È poetessa, fotografa, pittrice e collabora con diversi siti e blog letterari. Ha pubblicato sette libri di poesie e haiku: Verso altri cieli (Digital Book – Edizioni REI, 2013), Quando sorride il mare (AG Book Publishing, 2014), Dove si posa il bianco (Sillabe di Sale Editore, 2014), L’acqua non parla (Libreria Editrice Urso, 2015) Fin dentro il mattino (Fondazione Mario Luzi Editore, 2015), La mia non è poesia (Aljon Editrice, 2017) e I nomi delle cose (Edizioni L’Arca Felice, 2017). I temi principali della sua poetica sono: il tempo, le forze cosmiche e la ricerca dell’essenzialità. Poesie dell’autrice e recensioni alle sue opere sono riportate in riviste e antologie. Ha collaborato con l’Associazione culturale ed educativa Cascina Macondo - che promuove la poesia haiku - e con l’Associazione Italiana del Libro. Attualmente collabora con diverse riviste letterarie, con pittori e fotografi. Si occupa anche di design e di paleontologia.

www.florianaporta.it



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