4° Quadernetto Poetico - “Umani & Disumani”

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“SiFaPerFarBenEdizioni”, improbabile casa editrice frutto della fantasia contorta di Roberto Marzano, presenta il 4° Quadernetto Poetico a tema “Umani & Disumani”, ovvero opere ispirate a persone e personaggi caratterizzati – nel bene o nel male - da evidenti pregi e/o difetti, vizi o virtù. Anche questo “quadernetto” ha visto la partecipazione di tanti (42!) poeti, narratori, fotografi, pittori, filantropi e asociali da ogni parte d’Italia.. Troverete, nell’ordine, opere di Roberto Marzano, Maria Pia Altamore, Davide Cortese, Sivio Straneo, Giulia Bragalone, Nicola Salvini, Davide Marzano, Claudia Ambrosini, Fabrizio Casapietra, Rosa Maria Puglisi, Tania Di Malta, Simona Ugolotti, Gianfranco Isetta, Lidia Allocca, Mabi Col, Stefania Pastori Gloss, Vittorio Fioravanti, Alfredo Rienzi, Ivana Menichini, Beatrice Cardone, Giulio Murru, Angelo Pini, Giusy Rodolfi, Alberto Nocerino, Angela Donna, Enrico Mario Lazzarin, Valeria Bianchi Mian, Maria Cristina De Amicis, Enrica Gugliotta, Antonio Devicienti, Lidia Guerrieri, Matteo Cotugno, Izabella Teresa Kostka, Paola Farah Giorgi, Patrizia Camedda, Rosanna Frattaruolo, Sandra De Felice, Adele Ferrari, Maura Taormina, Laura Paita, Annarita Faggioni e Laura Campagnoli. I “quadernetti” sono (volutamente) piuttosto coloriti e colorati, disomogenei nella grafica, un tantino infantili, quasi naif. L’intento è quello di discostarsi dalla consueta veste di altre, pur rispettabilissime – detto senza alcuna ironia – antologie. Proviamo a dare una botta di vita a un ambiente talvolta rigido e ingessato con la tendenza a prendersi troppo sul serio. Qui, di “serio”, non c’è nessuno! La partecipazione è libera e gratuita, fatta solo per amore delle arti e della loro divulgazione. Non c’è selezione, se non quella di pubblicare nell’ordine d’arrivo dei contributi. Il risultato potrà anche apparire kitsch o un po’ pacchiano, ma la nostra “poca voglia di serietà” deve in qualche maniera esternarsi, e i “quadernetti” vanno proprio in quella direzione… Roberto Marzano


I Quadernetti Poetici di “SiFaPerFarBenEdizioni”

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“Umani & Disumani”


RobERtO MaRZaNo 1 Nato a Genova il 7 di marzo del ‘59, narratore e poeta “senza cravatta”, chitarrista, cantautore naif e bidello giulivo. Barcollando tra sentimento e visioni, verseggio di vagabondi e di prostitute, di amori folli, di ubriachi, di oggetti inanimati e dei quartieri ultra-popolari dove sono orgogliosamente vissuto. Se vuoi sapere di più (pubblicazioni, premi letterari e altre poesie):

https://robertomarzano.jimdo.com

CLoNaZiOnE Da TiFfaNy Tutti esattamente uguali sorrisi stampati in serie illimitata materia di studio e d'autoriflessione per tuttologi emergenti dall'etere fognario con i capelli verticali sparati in primo piano a sfiorare i riflettori impiccati ai tralicci e alle spicce ovvietà più elementari... Avrebbero dovuto dire no! avessero voluto avessero potuto avere del coraggio a rifiutare il lauto gettone di presenza che li piegava quasi genuflessi nello studio illuminato da spot senza decenza che li rendevano ad oltranza ciechi e muti...? Cestelli metallici tesi come balestre lungo le cremagliere portavano ai santuari post-moderni antri del delirio che risucchiavano culi molli ma trepidanti nel desiderio comune di colmare il senso d'insoddisfazione, il disagio per la privazione momentanea d'ultimissimi modelli urlati dai megafoni in litanie scontate (si fa per dire) “se hai sei, se non hai che vivi a fare” in uno sferragliare di gabbie rotolanti che travolgevano vivi e presunti tali senza ritegno alcuno né vergogna…

SeNZa OrTo Né PoRtO Senza orto né porto te ne vai dribblando sassaiole esanimi di manicomi incompiuti l'abito logoro sulla pancia sacca molle per scarsa attività protratta non programmata. La stanza che contiene il tuo corpo stanco loculo gonfio di umido e di muffa carrucole cigolanti sul cavedio il vuoto il lamento (o il canto?) di chi stende salme sulle corde bagnate di quest'immane freddo (non si scendeva da anni di così tanto sotto lo zero assoluto la voragine feroce) fame lenita a sforzo da una grossa latta di conserva gonfia di poesia a lunghissima scadenza da aprire prontamente in caso di scoraggio e spalmarla senza alcuna parsimonia su fette di pane fatto d'aria fritta. Perché, vedi, il tempo è un'interminabile biscia una moneta stronza che urla “croce” quando avresti spergiurato “testa” e allora dovrai rimboccarti in fretta perché senza orto né porto ne farai ben poca di strada…


IL maTTO con gLi STiVaLi Fosse solo per quelli ed il fango ormeggiante sfacciato sulle piastrelle le mani sozze che lasciano impronte unte e bisunte sulle cose, sui mobili o per i vapori putridi d'ascella fetente la tosse grassa che sfoga scaracchi e i rutti acidi di mal digestione... Ma è ben altra cosa da dover sopportare il priapismo perenne che offende il tradizionale comune buon gusto l'azzardo molesto e l'ovvio imbarazzo del suo accostarsi alle spalle furtivo in tripli salti mortali dell'eloquenza srotolatasi da una lingua a sei punte in versi osceni come petardi deflagrati in bassi solai senza sole di case ammobiliate malamente dove lo stivale sporco o pulito non ha alcun senso o importanza per inquilini che appendono mogli molli in vestaglia di rosea flanella nella corrente di un w.c. che ribolle delle visioni di un folle a piedi nudi solo e perduto in strade come roveti dove si sta come d'estate le uova strapazzate!

LingUa TriFOrCuTa Tutte le frottole che srotoli maldestra lungo i toboga vorticosi che imbocca la viperina tua lingua triforcuta m'instillano infinite o più incertezze sul fatto che tu abbia coscienza delle fandonie che blateri indigesta strombazzando a strappapalle elmi e balle colossali. La segreta (ma non troppo) mia speranza è che un'afonia perenne ti colpisca di uno stop urgente e decisivo ai tuoi sproloqui senza alcun dubbio o sosta o che il cielo comprensivo almeno ti configga un enorme supposta lassativa che intanto ti costringa a far lo stesso ma chiusa a doppia chiave dentro al... cesso!

Dio dEi DiVaNi Dio dei divani tu che ingoi il tempo preserva la mia pace sottotraccia difendi il mio zapping quotidiano che mai s'inchiodi il dito su "Raiuno" inibendo lo sbocco sui canali orientali a luci rosso fiamma che il culo non si scolli e che non piombi sull'impiantito ingloriosamente seminato di rutti e patatine tubetti straspremuti a fiato corto e pane secco che mi punge i piedi nel caso vada al frigo oppure in bagno e soprattutto fa che nel ritorno il telecomando ritrovi immantinènte…

A nEsSUN PrEZzo Osservami alla luce del lampione senza illusioni di chissà quale affare l'amore qui con me non ha effusioni né inutili preamboli a perder tempo s'arriva presto al dunque, tutto è concesso... Il fragile equilibrio tra dare e avere nel giusto prezzo ha il suo contrappunto al brivido che attendi attento e ingordo che il mio servizio speri sia all'altezza di tutto l'amore di cui hai bisogno, ma che a nessun prezzo io potrò mai darti…

L’UbRiaCO Divaricato io sto, sghembe le gambe a scalcagnare orizzonti tesi in traballo misurando oltremodo la compiacenza in litri che concedo a un mondo storpio all'ovvio fastidio che prodigo procuro ai benpensanti dall'eloquio spaventati di libertà ubriaca che non tiene conto brutti musi ammoniscon ogniddove la mia voglia pazza di fare tripli salti fischiettando labbra viola al trangugiare bicchieri mezzi pieni sul ponte che conduce un po' più in là verso l'obnubilanza prima di crollare nel buio della sbronza e risvegliarmi sfatto nel letto in falsopiano con le coccinelle a camminarmi sugli occhi...


SpAraMi Qui

iL BiDeLLO

Sparami qui tra l'epicardio e il ventricolo farò un tonfo nell'angolo non esitare, fai pum! E scaglia bene la palla con cura e metodo prendi la mira e rimembra gli allenamenti al poligono… Ma stai attento non frantumarmi il malleolo è doloroso e antiestetico un condannato che zoppica e non ferirmi all'orecchio sii bravo e fammi secco veniamo presto all'epilogo levami il tappo dell'anima…

Sono io che cancello dalle vostre lavagne tutto ciò che dovrebbe entrarvi in testa…

Io ti capisco stai obbedendo ad un ordine ma è solo un gesto meccanico non è da ansia né panico crivellami un po' fammi in poltiglia il cervello tra le sterpaglie sopprimimi annichiliscimi il battito non soffriremo più. E non ti affliggere se tra di noi non c'è dialogo in tal frangente è pacifico mandami pure al diavolo e finiamola, qui…

a chi aveva la sola grande colpa a otto anni di comportarsi come un bambino...

L’uOMo SmAScHerATo

Veloce e furtivo col mio vecchio straccio assorbo grafici, date e definizioni e con esso la sera faccio un’ottima minestra che riempie la pancia e… la mia, di testa!

VeCchia MaEstra Cosa vuoi sia rimasto della tua matita rossa se non sfregi su fogli graffi sui cuori? Vecchia acida maestra in cappa nera rossa d'argilla polvere di tuoni buona eri soltanto a fabbricar mattoni alimentando senza tregua un alto muro dietro al quale vivevi "Unta dal Signore" dispensando disprezzo e punizioni

Super-eroe al contrario l’uomo smascherato è un teorema sballato spiegazioni del cavolo. Mani nel sacco imbarazzata flagranza con la braca calata la sua faccia di tolla sporca di marmellata fa stavolta cilecca sciocco piano di fuga che non vale una cicca. Balbettando perduto deflagrato rossore assiomi precari evidente stridore nella lampante evidenza la disperata vergogna di un budino un po’ mollo proteso al quasi nulla campione-omaggio scaduto alla Fiera del Fiammifero Bagnato oh, povero, povero pover’uomo smascherato…!

Il cRisaNTeMo di PLaSTiCa

iL MetRoNoTte

Dura in eterno e non stinge al sole il gretto omaggio alla vita sepolta crisantemo bianco secco di plastica occhieggia squallido, nudo alla polvere disteso obliquo nel vaso senz'acqua...

Piombo nella pancia gonfia d'aria fuoco acido che tracima al piloro del metronotte distrutto e cigolante alle ventitré più o meno in punto cercando nei caffè ingollati a sguazzo rimedio allo sprofondo che lo inghiotte tra le maliarde spire di notizie indigeste che stritolano muggendo colli bianchi di dolci fanciulle madonnine luce d'occhi...

Ma il turno tuo verrà prima o dopo e di certo non ti sarà ripagata neanche la stessa vile moneta se così stretto d'animo hai vissuto sempre un passo indietro almeno freddi sorrisi e mano già morta ricoperta di licheni e di brina nell'aprire le grinze del piccolo cuore all'improbabile tuo nuovo amico…

Non chiede nient'altro che adagiarsi in un'oasi di silenzio interrotto a stento dal cinguettio discreto di merli felici di becchettar le briciole cadute a neve dalla tovaglia scrollata alla finestra…


mariA PiA AlTAmOrE CHANEL

BADANTI

Col tuo materassino da spiaggia

Flotte sotto gli alberi dei giardini

e le tue infradito rosse

mucche accaldate in cerca d’ombra

capellino con visiera

dopo aver brucato a lungo.

ora che è estate ti confondi con la folla di bagnanti…

I vestiti migliori, collane finte finti denti d’oro

Ma io e te sappiamo che quel materassino

si intravvedono mentre parlano tra loro.

non ti serve per prendere il sole. Giaciglio di tutto l’anno la tua camera da letto

Domenica, giorno di festa ozio, incontri, telefonate...

cambia arredamento di continuo cullata dagli annunci della stazione…

Parenti lontani aspettano il ritorno…

PEZZI DI VITA Pezzi di vita abbandonati tra la spazzatura nell’aiuola

PAUSA CAFFE’ (A Doriana)

il monumento a Garibaldi divide “i due mondi”

Assorta nei miei pensieri,

quello che corre tra un verde, un giallo

chiusa nel mio giubbotto, entro distrattamente

e un rosso del semaforo

A mezzo busto stai. Come in televisione …

e il tuo tra una panchina e un cartone.

Il resto rimane nascosto dal bancone …

RINGHIERE SUL MARE

Ordino un caffè e ancora penso agli affari miei …

Appeso a ringhiere sul mare

Improvvisamente irrompe la tua risata!

un vecchio imbacuccato anela

Perle sono i tuoi denti …

guardando l'orizzonte vicino

Preziose risa che doni a me e a tanti come me!

una ragazza, anch'essa

Eppure anche tu hai i “cavoli tuoi”

con lo sguardo perso nell'infinito.

ma te li tieni per te! Ascolti solo i miei! Perché tanta generosità?

Il primo guarda

Tu non sai quanto preziosa sia quella risata!

con struggente nostalgia, al passato

Così fragorosa scalda il cuore e

lei, la ragazza, fa prove

mentre dimentico le mie pene

d'immaginario futuro certi, entrambi,

riprendo il cammino della vita

che il sole rinascerà da qualche parte.

che dalle tue risa è stata alleggerita!


Dal Quaderno di lingua ittaliana di Maria Pia Altamore - Palermo 1967 : Tema: La pigrizia apre la porta alla poveltà. La pigrizia è una cosa brutta, è un vizio molto cattivo, e da questo vizio derivano tutti gli altri. Nell’uomo pigro l’inteligenza diventa ottusa. Il pigro sbarca il lunaio stentatamente. La pigrizia porta l’uomo alla poveltà, e quando sarà grande sentirà le con seguenze. L’uomo che non vuole studiare, che non vuole lavorare è un pigro. Il pigro fa tutte cose mal volentieri. L’uomo pigro non ha gioie del lavoro. Il pigro è sempre striste ha sempre la coscienza turbata. Una persona pigra che vede lavorare un suo amico lo vede in cagnesco. Una persona pigra si va divertendo al posto di lavora e studiare. Io ho una cuggina che è pigra che non vuole studiare, e non vuole lavora, fare qualche lavoretto in casa. Il letto di una casa piccola di una stanza, era tutto sudicio e sporco, perché non avento soldi, non possono fa niente. La pigrizia apre la porta alla poveltà. L’uomo misero, è povero, di mente e di cuore, e di mangiare. Giovane ozioso vecchio bisogno. La pigrizia è un peccato. Anche io qualche volta sono pigra. Tutti qualche volta ci facciamo vincere dalla pigrizia. Tema: Il babbo. La sera quando viene il babbo dal lavoro è molto stanco. Mio padre il pomeriggio si riposa una volta tanto, e la sera quando si guarda la televisione si addormenta. Mio padre va a lavorare, a mezzogiorno viene per pranza, do aver finito ci facciamo una passeggiata, alla palazzina cinese e in tanti altri luoghi. Quando lavora il babbo quando è buono!

Sacro = Separato C'è qualcosa di sacro nella morte, ora lo so. Erano le 12.40, e tu padre hai esalato l'ultimo respiro. Il sangue ha smesso di circolare, sei diventato cereo. Mario ti ha tolto catetere e flebo, sei stato lavato, sbarbato e vestito per il tuo ultimo viaggio, ma tutto molto in fretta, perché stavi diventando duro come un legno. Sei rimasto nella bara frigo per due giorni, nella tua casa, parenti e amici a portarti l'ultimo saluto. Dolore? Sì, tanto, ma non sono impazzita, e' come se avessi saputo che quel corpo ormai non era più abitato da te, dalla tua anima che invece sentivo ancora presente e forte, e nella separazione di essa dal corpo qualcosa di sacro e incomprensibile, e una strana serenità era sopravvenuta. Mariapia Altamore, sembra un nome d'arte, invece è proprio il suo. Bisognava solo abbinare il temperamento artistico, rivelatosi negli anni tanto eclettico da farla spaziare dal teatro comico alla clownerie, allo scrivere teatro e poesia, a gestire eventi a cui partecipa anche come animatrice e cuoca. Insomma una "cuocattrice" (nonché poetessa) titolare del singolare progetto "Cibarty diMariapia Altamore La Cucina del Buonumore".


DavidE CoRteSe KID Kid, poeta vecchio, poeta bambino, non aveva mai scritto una sola poesia. Ma i fili d’erba su cui andava malcerto si raccontano ancora dei giorni in cui lo udivano fischiettare allegramente una canzone. “Kid è uno strano uccello”, si dicevano allora, correndo sul prato. Gli volevano bene, però. “E’ il solo uccello che canta così”. “Che buffe domande faceva”, dice un uomo dalla barba di nuvola. Non aveva mai scritto una poesia, Kid il poeta, ma camminava guardando il cielo e con le mani in tasca sospirava. C’è una donna, abita vicino al fiume, che ogni volta che vede schiudersi un fiore si ricorda del sorriso di Kid. “Diceva cose semplici, Kid”. “Non c’era cattiveria in lui”. “Dimenticava le cose. Sempre”. “Sbriciolava pan secco alle formiche”. Questo dicono di Kid i quattro figli del reverendo Hol. “Era un po’ matto quel figliolo”, dicono ancora i vecchi del paese. “Lo hanno visto abbracciato a degli alberi”. “Parlava ai fiori”. “E alle nuvole!”. “Era un po’ matto quel Kid”. Il vecchio Kid. Kid il poeta. C’è un bambino, abita vicino al fiume, che conserva tra le pagine di un libro un ago di pino che Kid un giorno tenne tra le labbra sorridendo. E corre ad aprire il libro e a prenderlo tra le dita ogni volta che si sente triste e solo.


Il cane di Kid è ormai vecchio, sta per morire, ma saprebbe ancora saltellare come un cucciolo e scodinzolare, anche, senza sosta, se vedesse da lontano ritornare il suo amico. Ne avrebbe la forza, lui che meglio di tutti conosce le poesie del vecchio Kid. Le farfalle che volano vicino al fiume si sono tramandate una canzone. Una canzone che Kid cantò un giorno. Una canzone bella e dolce. La cantano ancora, loro, quando si levano in volo sul fiume. Nessuno ne conosce le parole. Forse nemmeno il vecchio cane di Kid, quel povero cane che sta per morire. Nemmeno Kid, forse, si ricorderebbe della sua canzone. Ma le farfalle che volano sul fiume non l’hanno mai più dimenticata. Davide Cortese è nato nell'isola di Lipari nel 1974 e vive a Roma. Si è laureato in Lettere moderne all'Università degli Studi di Messina con una tesi sulle "Figure meravigliose nelle credenze popolari eoliane". Nel 1998 ha pubblicato la sua prima silloge poetica, titolata “ES” (Edizioni EDAS), alla quale sono seguite le sillogi:

"Babylon Guest House"

(Libroitaliano) "Storie del bimbo ciliegia" (Autoproduzione), “ANUDA” (Edizioni LaRecherche.it), “OSSARIO” (Arduino Sacco Editore), “MADREPERLA” (LietoColle), “Lettere da Eldorado” (Progetto Cultura) e “DARKANA” (LietoColle). I suoi versi sono inclusi in numerose antologie e riviste cartacee e on-line, tra cui “Poeti e Poesia” e “I fiori del male”. Le poesie di Davide Cortese nel 2004 sono state protagoniste del "Poetry Arcade" di Post Alley, a Seattle. Il poeta eoliano, che nel 2015 ha ricevuto in Campidoglio il Premio Internazionale “Don Luigi Di Liegro” per la Poesia, è anche autore di due raccolte di racconti: "Ikebana degli attimi", “NUOVA OZ”, del romanzo “Tattoo Motel” e di un cortometraggio, “Mahara”, che è stato premiato dal Maestro Ettore Scola alla prima edizione di EOLIE IN VIDEO nel 2004 e all’EscaMontage Film Festival nel 2013.


SiLviO StRaNeo Sublime in luce Impilata mattone su mattone s’erge la torre dei desideri l’intimo fidare candito in mezzo ai fianchi. Ad accoglierla, nuvole spalanca come un fiocco allattato che s’incontra contatto naufragante fra l’indice e il pollice. Polveroso tra le stelle è l’istante chè canuto innanzi un uscio slavina l’infinito. Omaggio al poeta Ti immagino scalzo su lapilli solari sgocciolare il berbero sale, il blu che insiste infinire, verde nel verde, cavalcare la sera, covare il fienile, aprir le gambe ripartorire, sopire le pire e bere con occhi cipressi: nei viali, i poeti sanno pescare. Una Panda nuova di zecca “Questa sarà la mia ultima macchina!” Disse mio padre scaraventando amaro sarcasmo sul labbro che assentiva beffardo e la sorte il più lontano come sasso lanciato più forte da riva nel mare. Nulla potei se non allargare la bocca tra muto spavento e luttuoso dileggio. Silvio Straneo è nato a Finale Ligure (SV) il 21 febbraio 1973. La prima pubblicazione ufficiale in versi risale al 2003 con “Danzando un sorriso”, volume vincitore del Premio Anthia presso la Rassegna Regionale del Libro Ligure di Peagna. Da lì seguirono altre pubblicazioni poetiche tra cui “Fabrizio and us” e “Virgole di saette” (Edizioni Cappello, 2009 e 2015). Nel 2017 pubblica “Fiaccole di Fuoco”, Collana Nazionale Poetàl (Edizioni Cicorivolta) con la nota introduttiva di Lamberto Garzia. Fra i numerosi riconoscimenti, ricordiamo il Premio Speciale come Migliore Autore Ligure nel prestigioso Concorso Nazionale di Poesia “Ossi di Seppia”, edizione numero 23.

Toast La penna la scopa il vero pallone la bionda falena in quel calderone è nebbia velata nel giorno di afa. è cielo pastoso denso e compatto pronto da tempo a spiegarsi sul mare. Così, focosa l’attesa che frigge serpentine impazzite e paonazze di colpo fermate in chicchi minuti. Voli caduti Un bacio si è arrestato in carcere a leggere le pieghe della cute. Fosse l’acqua già vapore all’aria per l’arcobaleno nato e l’onda un inchino allo sguardo raccolto tra le dita perse d’innocenza. Petulanza petulanza Come fa un contadino che rivolta gleba e semenza, a te portai il mio giardino degli affetti già fiorito mentre tu, disdegno a nutrir te stesso.


GiULia BrAGaLoNE


Giulia Bragalone, nata ad Anagni il 22 Gennaio 1996. Amante dell'arte (in modo particolare della pittura) della scrittura e della cultura, studia Filosofia presso l'UniversitĂ "La Sapienza" di Roma.


NiCoLa SaLviNi 1 HOMO IPERFONICUS (dalla relazione dell'onorevole prof. Ten Fui Wuo, dell'Imperiale Accademia Popolare delle Scienze, in apertura del 565° congresso annuale di Paleoantropologia, Pechino, anno 2543 del calendario gregoriano, corrispondente all'anno 5240 del calendario cinese) (iperfòno, in inglese: phoneputer: super smartphone individuale a grande schermo e banda larga per connessioni ultraveloci con altissima risoluzione d'immagine, n.d.r.) nel 2050 ci furono le prime nascite di bambini e bambine con quattro braccia e quattro mani si trattò della più evidente conferma delle teorie darwiniane (caso mai ce ne fosse bisogno, ma i creazionisti sono sempre in agguato) quando le pressioni ambientali diventano ineludibili, guidano il cammino evolutivo della specie verso la sopravvivenza le due mani in più consentivano infatti l'uso dell'iperfòno anche durante la guida o mentre si faceva l'amore certo, avere quattro mani risolveva qualche problema, ma la specie homo sapiens non era ancora adattata perfettamente alle condizioni ambientali restava, a dir poco, il problema degli occhi, che erano pur sempre solo due, e collegati a un solo movimento una prima parziale soluzione portata dall'evoluzione fu lo strabismo funzionale, grazie al quale gli occhi divennero indipendenti l'uno dall'altro le prime nascite di bambini strabici funzionali sono documentate intorno agli anni 80 del XXI secolo con lo strabismo funzionale un occhio poteva guardare lo schermo dell'iperfòno e l'altro in una qualunque altra direzione, salvo allinearsi entrambi a comando nella normale visione binoculare quando occorreva (per guardare meglio ciò che compariva sullo schermo) l'evoluzione della specie creò quindi un muscolo e una rete neuronale apposita che prima non esistevano con lo strabismo funzionale e le due mani supplementari gli esseri umani erano finalmente in grado di usare l'iperfòno in qualunque situazione con la sicurezza che nessun wow!, nessun love!, nessun like! sarebbero sfuggiti all a sua attenzione ma a lungo andare il cervello andò in sovraffaticamento infatti, un unico cervello (il cosiddetto “monocervello”) non riusciva più a gestire con efficienza simultanea le informazioni che captava dall'iperfòno -alle quali occorreva dare risposta immediata- insieme alle normali altre informazioni che captava invece dalla vita reale


la successiva spinta evolutiva fu così quella di aggiungere un secondo cervello (il cosiddetto “bicervello”, più propriamente una sorta di terzo emisfero, da qui la definizione di trisfero), separato ma collegato a quello principale e dedicato esclusivamente all'iperfòno le prime nascite di esseri umani dotate di trisferi risalgono agli anni 20 del XXII secolo gli esseri umani dotati di trisfero raddoppiavano la durata della vita perché ne vivevano due contemporaneamente la prima era quella reale, respirare, mangiare, dormire, pisciare e cacare, e poi, da grandi, scopare (quelli che ci riuscivano e ne erano capaci, gli altri si accontentavano di guardare sull'iperfòno) la seconda era quella virtuale, con un cervello, un occhio e due mani esclusivamente rivolti all'iperfòno, con un flusso di informazioni ininterrotto ventiquattr'ore al giorno, 365 giorni all'anno, per tutti gli anni della vita i molti ritrovamenti di frammenti di cranio e la fortunata scoperta l'anno scorso, in Uropania, di due scheletri perfettamente conservati ci consentono di affermare che a cavallo fra il XXI e il XXII secolo si verificò una fortissima spinta evolutiva che determinò la nascita di una nuova specie del genere homo la nostra specie l'HOMO IPERFONICUS ! (applausi) l'evoluzione della specie è compiuta ora siamo come dio: onniscienti onnipresenti ubiqui (standing ovation)

Nicola Salvini è nato a Torino, dove lavora e risiede. Nella sua vita coltiva da sempre alcune passioni speciali: la lettura, la musica (suona la chitarra ed è autore di canzoni), la montagna e, soprattutto, la scrittura, l'amore per la parola e il verso. Nel 2011, dopo decenni di scrittura sotterranea, ha creato il blog Archiplano (www.archiplano.net), dove ha pubblicato molti suoi testi, ispirati a tematiche personali e sociali, spesso sorretti da una forte vena ironica e autoironica e da un approccio visionario e paradossale. Nell'aprile 2015 ha pubblicato con Matisklo Edizioni la raccolta “I poeti segreti”. Ha partecipato a svariati poetry slam. Membro del collettivo poetico Incontroverso, di Torino. Ideatore e realizzatore del “Poeta che gi-oca”, ovvero il vecchio gioco dell'oca rivisitato e pensato appositamente per dare spazio a letture poetiche.


CLaUdia AmbRoSiNi LA DATA 18 maggio 1970. A Paolo Gorini, scienziato, geologo, inventore di moderne tecniche di imbalsamazione e dell’attuale forno crematorio. Dà noja un pensiero: non essere compresi. Un mucchietto di parole prese a traccia di una vita contro gli spropositi degli avversari, un fascicoletto piegato in due dalle tasche di un soprabito nero all’amico, ora che il ghiaccio si fa fino. Limature di zolfo e ferro, il piacere di scaldarsi dal fuoco che viene dalle dita è l’infanzia; e studiare il pane per capire come conservarlo. Ma se poi chi procurava il pane finisce, a corsa di cavallo, a che scopo i giorni adulti? Cercare ancora perché il vulcano esplode non ha consistenza, bisogna compiere un’altra maturità, imparare a serbare gli animali. Un’altra vita tra ciò che scoppia e ciò che è imbalsamato, cadaveri e affetti a distanza, conservati in una morte duratura hanno insegnato che è solo meglio permettere di non durare alle cose di natura, con la gioia di chi è stanco. Vulcani e morti sono infine la stessa cosa: cenere. E sulla cenere è stato giusto concentrarsi. Chi non va, non manda nulla. A volte una voce è il volto intimo della vita. Una specie di poesia

tenacemente riuscita nell’animo degli amici, ne tornano frutti profumati e graditi. Ed è tutto qui: cenere del corpo e sempre desto il ricordo di chi ci amò assai assai.

Ero timida lo dico come una colpa. E' timida lo dicevano come un'accusa. Mi chiedo se una figlia timida è una figlia zoppa. Fra sette gatti grigi l'unico nero risalta è questo il punto? Con gli occhi addosso, ha due strade: lasciarsi guardare ed anzi esagerare o nascondersi al buio. È questo il punto, uno sguardo su chi è diverso? Facciamo una prova: chi vuole una figlia timida alzi la mano.

Claudia Ambrosini, nata a Milano, docente di lingua e letteratura cinese, traduce opere poetiche dal cinese. Nel 2014 pubblica il primo testo poetico per le edizioni CFR: Tra pareti di tela.


FaBriZio CaSApiEtrA L'AMBIGUA PAURA DELLA VIRTÙ Virtù, sei vicina, sei la siepe, sei il passo che non porta, solo vento... non sei affamata di erigere retti difetti colorati di confetti: anche se, certo, non vanno tanto stretti... Tu sei Cigno che allunga il fianco: la purezza, per lui, mai, è amarezza; se se ne alimenta, non se ne lamenta: a meno che non biascichi stenti, tra i candidi denti... Perché tu, isolata virtù blu, sei voglia di slanciarti, di mostrare il tuo oro con decoro; ma se ti nascondi, finisce che non sfondi, anche se sei tu, blu virtù, che dai amorevole qualità all'originalità: sei tu, che stabilisci un confine tra vizi che sono innocenti piaceri, ed eccessi che danno dolori a chi manca di saggi timori: sei tu, virtù blu, che salti il bastione dei tuoi difetti, se sei vera virtù, intrisa d'amore: tu, che mai incastri quei luridi difetti tra i tuoi angoli retti. Fabrizio Casapietra, cantautore genovese, molto apprezzato da cantanti ormai noti a Genova come G.Zazza e Bobby Soul. e' stato recensito, con ottimo apprezzamento di pubblico e critica, da "La Repubblica", "Il Secolo XIX°" e "Mente locale"; scrive canzoni e ballate pop melodiche, dolci, graffianti, ironiche, delicate. Dal vivo, ha partecipato a prestigiose letture di poesia e concerti, fra cui "Faber e la città vecchia" (centro storico, per un tributo a F.De André).


RoSA MaRia PugLiSi


Rosa Maria Puglisi. Fotografa e blogger. Attraverso studi umanistici e artistici ha sviluppato la sua passione per una fotografia intesa come espressione soggettiva della realtà e custode di memorie. Ha una lunga esperienza nell'insegnamento della fotografia e da qualche anno – dopo un Master sulla relazione d'aiuto a mediazione artistica - tiene seminari di fotonarrazione autobiografica, avvalendosi delle metodologie della Gestalt espressiva per facilitare nei partecipanti autoconsapevolezza, creatività e pensiero positivo. Vive a Roma.


TaniA Di MaLta 1 La leggenda di Don Galeazzo e la perpetua Cesira Si racconta che tanti e tanti anni fa in una ridente e tranquilla frazione, arrivò come parroco il misconosciuto Don Galeazzo. Nessuno aveva capito bene da dove venisse, ma presto tutti dovettero farci i conti. Era un bel pretone, bianco e rosso come una mela, una bella pelata lucida e due turgide guancione serrate contro il collare rigido e immacolato. Senza la tonaca, probabilmente sarebbe passato inosservato, ma questa gli dava autorevolezza e si vedeva quanto ci tenesse a essere preso in considerazione da quelle che lui chiamava, con una certa affettazione, le mie pecorelle. Una volta accomodato nella parrocchia, tutti si posero il problema della perpetua. Ci fu un lungo confronto fra i frequentatori della chiesa che all’unanimità concordarono sul fatto che costei dovesse essere al di sopra di ogni sospetto che nel caso specifico significava trovare una che non inducesse in tentazione neanche un galeotto al bagno penale da 20 anni. Pipino Fontamara, il latin lover della zona, che nella sua onorata carriera si era fatto un discreto nome e soprannominato Scandaglio per la rapidità di valutazione delle potenzialità femminili sotto una sottana, non ebbe dubbi e trionfante disse: Cesira!!! A quel nome tutti quanti sobbalzarono, ma dato che il nuovo pretone, sotto sotto non convinceva nessuno, felici concordarono che Cesira fosse quella giusta, sicuramente oltre ogni tentazione, per cui perfetta nel ruolo di perpetua per Don Galeazzo. Cesira era nubile; per un periodo si era vociferato di un ipotetico fidanzato portato avanti dalla famiglia di lei, ma poi si disse pure che il poverino una volta conosciuta la Cesira avesse preferito arruolarsi e morire in guerra. Da quel momento tutti la videro, giorno dopo giorno, anno dopo anno, estate e inverno, nel cortile di casa sua, spazzare con furia i pavimenti e inveire contro tutti i malcapitati che avevano la cattiva sorte di passarle davanti. Ma nei piccoli centri era buona norma dare anche agli esseri più inutili un significato sociale di utilità collettiva e a quel punto, per Cesira il ruolo di perpetua fu visto all’unanimità, perfetto. I due si conobbero una domenica mattina subito dopo la prima messa di Don Galeazzo, che in verità si era fatto in quattro per fare il simpatico e ottenere qualche consenso e risatina, dalle giovani frequentatrici della chiesa. Appena il prete vide la Cesira, gli morirono subito le parole di bocca, ma era un uomo pratico e intuì subito l’utilità che lei poteva avere per i suoi bisogni personali. Da parte sua la Cesira, appena vide quel bel pretone, fu subito presa dalla passione per lui, ma capendo la delicatezza della situazione disse che sarebbe stata al fianco di Don Galeazzo per servirlo nelle faccende domestiche e aiutarlo a non distrarsi con cose terrene e mantenere sempre un filo diretto con Nostro Signore. Iniziò così la singolare convivenza dei due, in cui uno si arrovellava per avvicinare alla chiesa i fedeli, soprattutto le fedeli ma rimediando solo il solito codazzo di beghine. L’altra, la Cesira si occupava del governo della parrocchia. Faceva finta di non vedere che a Don Galeazzo cascavano gli occhi a ogni movimento di gonnella, dicendo a tutti: “io sono qui perché Don Galeazzo sia fedele a Nostro Signore”, ma intanto le studiava tutte perché lo sguardo di Don Galeazzo si accendesse per lei almeno quanto si accendeva quando vedeva la figlia del fornaio o la vedova di Bastianello che era un pochino su con gli anni, ma niente, quando Don Galeazzo la incontrava gli fumavano anche le orecchie. Ma quando era sola in casa, si sfogava sibilando ogni tipo d’insulto verso le svergognate: “porche, maledette donnacce senza timore di Dio! Intanto metteva in ordine i cassetti di Don Galeazzo. Il suo preferito era quello dove riponeva le mutande lavate di fresco e profumate, proprio le classiche mutande che ti immagini porti un prete, nere, a calzoncino, leggermente attillate per racchiudere bene pancia, sottopancia e cavallo. Immancabilmente sfiorava gli indumenti, arrossendo e deponendo nel mezzo, con dita tremanti , un bel mazzolino di viole del pensiero. A volte le capitava di spiarlo in piena notte, quando preso da un improvviso languorino notturno si avviava come un sonnambulo verso la cucina. Inutile dire l’emozione di vederlo in mutande, da dietro a rovistare il frigorifero, tutto reclinato in avanti a gambe aperte, tanto da non capire più dove avesse la fiera testina, se sopra o se sotto.Anche Cesira era una donna pratica e


realista e quando lo specchio le restituì una veramente poco edificante immagine di se stessa, decise di correre ai ripari. E allora fu tutto un comprare vestiti e vestitini da provare di notte all’insaputa di tutti e dato che la natura non l’agevolava per niente, cominciò a spendere una follia in un negozio di sanitaria fra pancere, corsetti dimagranti e calze contenitive. La notte faceva le prove e di giorno si trascinava serrata nel corsetto dimagrante celato sotto un casto gonnellone a pieghe, come in un sudario. Inutile dire che il risultato di tutto questo stringimento furono delle vistose emorroidi e un prolasso uterino, ma la Cesira non era una che si scoraggiava e fiduciosa continuava nelle sue trame seduttive. Intanto, forti del loro sodalizio cominciarono a dare il tormento a tutti, il prete dal pulpito e Cesira nelle strade del paese. Don Galeazzo tuonava anatemi dall’altare a questo e quello solo per nascondere il suo disappunto per la poca affezione da parte dei fedeli, ma non c’era niente da fare, era troppo evidente che non era la parola di Dio che portava avanti, ma un’insopportabile, boriosa spocchia piena di se, aliena a qualsiasi osservazione e critica e questo lo dovrebbero sapere tutti , non aiuta l’avvicinamento alla fede. Cesira sembrava la sua fotocopia con il gonnellone. Ci sta che alla lunga la gente tenesse le distanze dai due, anzi qualcuno cambiava proprio strada per evitare di incontrarli ma loro non se ne rendevano conto. Un giorno in una delle solitarie passeggiate che i due facevano abitualmente, capitò che Don Galeazzo si sedesse pesantemente su un pietrone, schiacciando col deretano un solitario scorpione che stava li per i fatti suoi a prendere il sole. Lo scorpione prima di spiaccicarsi, vendette cara la pelle dando un velenoso morso agli attributi di Don Galeazzo. Fu impressionante sentire gli urli del poveretto prima di morire e lo sgomento e il dispetto della Cesira che potette avvicinarsi alle parti intime di Don Galeazzo, solo per la triste verifica di una tumefazione che non era certo avvenuta grazie a lei, ma conseguente al morso dello scorpione. Disperata, decise di morire anche lei, staccandosi la lingua con un morso e finendo soffocata. Li trovarono così, Cesira con la lingua che usciva dal naso e Don Galeazzo con un’imponente erezione attaccata dalle mosche. E arrivò il momento in cui si trovarono al cospetto di Dio e fecero l’amara scoperta che Nostro Signore, tutto perdonava, anche i peccati della carne, ma non tollerava la vigliaccheria, la maldicenza, l’infamia e la calunnia e per questo sarebbero bruciati nelle fiamme dell’inferno. Li fece andare su una specie di botola, girò le spalle e se ne andò. La botola si aprì lentamente e i due cominciarono a scivolare, prima la Cesira che con gesto disperato si aggrappò alla prima cosa che trovò e …indovinate cos’erano? E poi tutti e due in un unico fagotto, giù, verso la loro sorte. Ma il Signore è sempre misericordioso e in un moto di pena decise di lasciare una traccia del loro passaggio terreno. Fu così che li disegnò in una nuvola e ancora oggi, alle prime avvisaglie di temporale i bimbi urlano spaventati: “mamma mammina guarda???” E le mamme tenere e sorridenti rispondono: ”niente, buoni, tranquilli, è solo una nuvola di passeggio, sono solo Don Galeazzo e la perpetua Cesira, attaccata ai maroni!

Tania Di Malta è nata nel 1958 a Porto Empedocle da genitori lampedusani. La famiglia si trasferisce a Cagliari quando lei ha tre anni e lì passa la prima giovinezza fino al conseguimento del Diploma di Maturità Artistica. A diciannove anni va a vivere a Firenze. In seguito a Tarvisio e a Rimini. Si laurea in Infermieristica all’Università di Bologna e consegue un Master in Management e Coordinamento nell’area Infermieristica, Ostetrica e Tecnico Sanitaria. Attualmente lavora come strumentista in Sala Operatoria nell’Ospedale di Novafeltria dove è anche responsabile della formazione. Le sue poesie sono comparse in varie antologie, quali “ Il Federiciano” e “Verrà il giorno e avrà il tuo verso”, “Il Tiburtino”, “Habere Artem”, “Parole in Fuga” di Aletti Editore. Nel 2016 le è stato conferito il titolo di “Custode” a Rocca Imperiale Il Paese della Poesia durante la presentazione del festival “ Il Federiciano”. Inoltre è inserita nella raccolta poetica “Oltre il Male”, patrocinata dalla Cerifos di Milano Atalier Edizioni. Inserita diverse volte nella Rivista “Il Caffè”, mensile di Arte, Costume e Storia e nella Rivista Letteraria Liburni. Nel 2014 finalista al Premio Mogol e nel 2015 Menzione Speciale al Premio Quasimodo per un racconto breve. Nel 2016 è stata finalista nel Premio Internazionale Antonia Pozzi ed è uscito il libro di poesie "Aquiloni sul mare nella notte" Centro Tipografico Livornese Editore.


Davide Marzano: Zio Turiddu


SiMoNA UgOLOTti

Storie di binelle - Storie di gemelle Mi fa veramente schifo, mi inquieta l'idea di esser finita dentro l'ovaia di quella stronza della mia gemella, capire che questo avanzo di denti e peli sia quello che resta della mia vita, è odioso, anche perchÊ sono piÚ di 25 anni che sono rimasta intrappolata dentro le ovaie di quella che poteva essermi preziosa amica. Un mucchietto di peli e denti ci mettono almeno trentanni per prendere coscienza ed ora finalmente comincia la rigenerazione di me stessa.


Da queste poche cellule ricostruisco la gemella mancante, e sono al posto giusto, sono nel posto dove si concepisce la nuova vita; dove nacqui ora ricomincio. E' l'ovaia destra, mi sono piazzata qui, e da qui comico la duplicazione delle mie cellule, una mitosi che è nuova vita, finalmente la mia! La mia gemella ormai trentenne, comprese che la sua vita era senza scampo una merda, troppe cose erano andate storte, decise quindi di ricominciare; cambiò casa, fidanzato, paese, capelli e scarpe nuove, ma niente, niente

era veramente

efficace, dentro di lei c'era sempre un vuoto, ed in questo vuoto è nata la mia coscienza, finalmente c'era spazio per la mia rigenerazione. Poi un giorno mi hanno beccata, mi hanno visto ai raggi-x e mi hanno riconosciuta come un tumore, benigno, ma molto molto pericoloso in caso di esplosione. Oggi sarei la sconosciuta gemella mai nata, e invece una bella operazione alle ovaie e via dentro il cassonetto differenziato per il frutto del peccato, mi è rimasta solo una canzone. E che ovaie! Non era proprio destino che nascessi. SIMONA UGOLOTTI - LA CANTADINA Nasce a Genova e mai la lascia nel 1966, comincia l’attività teatrale da bambina con il padre O.G.Ugolotti, per vent'anni conduce la vita artistica in parallelo con l’attività rurale, si dedica all’insegnamento informale, al canto e alla sperimentazione vocale con cui è entrata nelle frequenze di RAI RADIO 3. Scrive canzoni e pubblica diversi CD. Con la Personal Edit. comincia a pubblicare con un manuale di come si allevano galline (2014) ed una fiaba: “Le paure di Arlecchino” In maniera occasionale appaiono articoli sul quotidiano di Genova IL SECOLO XIX e sulla rivista nazionale InNatura. Per il Premio “Parole di Terra” 2017 viene segnalata nella sezione racconti brevi. Se vuoi saperne di più: http://cantadina.overblog.com


GianFraNcO IsEttA SCELGO L'ALBERO LAGGIÙ

impeccabile a rincorrere il bianco, le nostre vite di figli, che lievita

Scelgo l'albero laggiù

e s’innalza, ad animarlo

dalle robuste rughe

mio padre, ora nel niente,

dipinte di memoria, un sapiente custode

potrei pensarlo colmo di fragranza

col respiro e le storie umanissime di foglie

L'ELASTICITÀ DEL LOMBRICO

caduche e restie a scendere. s'incurva a contendere

ci guardava paziente

quella parte del tempo

un lombrico operoso

che mi sfugge insolente

mentre noi con la smania

cerco l'abbraccio dolce

di risciacquare il giorno,

con la sua nudità

trascorso tra fanghiglie,

che ne sorprenda l'intima

scivolavamo nell'aria

saggezza ingannatrice.

come l'acqua sul marmo, inseguendo rami e foglie

PORTAVA IL PANE MIO PADRE

del giardino di casa. Sciolte le ombre notturne,

Portava il Pane, mio padre, in una vita

come candele spente

Per le sue mani lo costruiva

da uno sfioro di dita,

prima del mattino. Color mattone

ho subito pensato

la punta delle dita di nicotina

che un po' di vento bastasse a comporre il mattino.

bruciata la notte nel forno e d’inverno la bicicletta lungo

il lombrico è in grado, entro certi limiti, di rigenerarsi.

le strade e la piazza – viaggiando –

il suo corpo elastico, costituito da tanti anelli,

deserte di sonno. Nei baffi curati

con i movimenti di allungamento e contrazione avanza scavando gallerie nel terreno..


Gianfranco Isetta è nato a Castelnuovo Scrivia (AL) nel 1949. Ha conseguito il diploma di laurea in Statistica presso l’Università Cattolica di Milano. Ora in pensione, Ha pubblicato: Sono versi sparsi (Joker, Novi Ligure 2004), Stat rosa (Puntoacapo, Novi Ligure 2008), è uscito nel 2011, sempre con la “Puntoacapo” di Novi Ligure, un terzo volume "INDIZI...forse" una raccolta antologica delle poesie pubblicate più una cinquantina di inediti, , nel 2014 PASSAGGI CURVI- Poesie non euclidee (PuntoacapoPasturana ) Ancora nel 2014 una plaquette: FOTOPOESIE n.1, sempre a cura di Puntoacapo, E' del 2015 la realizzazione di una plaquette del pittore Adalberto Borioli contenente alcuni suoi testi poetici di Isetta Questa pubblicazione fa parte di una serie da collezione che vede presenti tra gli altri Fabio Pusterla, Giampiero Neri, Franco Loi e Gabriela Fantato. Ha aderito con una sua poesia al progetto “ L’IMPOETICO MAFIOSO”. Un altro suo testo : GAZA è inserito nella raccolta KEFFIYEH -Intelligenze per la Pace. Entrambe le raccolte a cura di Gianmario LUCINI. E' presente nell'antologia BIG SPLASH NETWORK POETICO che raccoglie opere presenti a Palazzo Reale di Napoli a cura dell'editore FERMENTI di Roma. Ha vinto il Premio nazionale di poesia “ Andrea il Pisano” di Pontedera per una silloge di poesie ed è stato finalista al Premio Nazionale Laurentum a Roma per il libro Stat rosa e menzione speciale della giuria per la poesia “Come uno scialle”. Stat rosa ha vinto (ex-aequo) la XXIV edizione del Premio internazionale di poesia e letteratura dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli. Ha vinto nel 2013 la III Edizione del Concorso Nazionale Letterario Oubliette 03 con il libro di poesia INDIZI … forse. Ha vinto recentemente la IX edizione del Premio Internazionale di poesia città di Acqui Terme con il libro PASSAGGI CURVI poesia non euclidee E' membro della Giuria del XIV CONCORSO NAZIONALE DI POESIA E NARRATIVA "GUIDO GOZZANO" – 2013 – 2014-2015- 2016-2017


LiDia ALLocCA Un bevitore d'assenzio

Contenitore di continenti

M’aggiro da profugo per le strade del Mondo e vedo un uomo con sulla spalla un essere verde con ali fatate che nell’aria disperde polvere d’illusioni dietro cui mi nascondo.

Contento

M’avvista ma non distingue il mio volto gli parlo ma le parole si sciolgono all’orecchio si siede e mi dice che vorrebbe uno specchio per rifletterci il Mondo e vedersi contorto.

cantante di niente,

L’essere, allor, qualcosa gli dice pian piano riacquista coscienza e mi guarda perplesso mi scorge tra l’iridi e dice sommesso: “Più è forte l’assenzio, più l’effetto è oltrumano.” Poi si specchia nel verde e si trova più bello mi racconta che vede e si mostra ben lieto, ma lo sciogliersi del viale lo rende più inquieto ed il pianto diventa sugli occhi un mantello. Non vede nient’altro che volti distorti in un vuoto viale di suoni e di vita. Cosciente mi parla col mio fra le dita: “Una vita d’assenze non è che cibo pei morti.” Allor penso che è il laudano ad aver fatto il suo effetto ma l’essenza d’assenzio con l’ali mi guarda attraverso mi trapassa il cervello e mi sento sommerso. L’anice piano si desta e l’essere cambia d’aspetto. Una bottiglia di vetro nelle mie mani immerso nella folla del venerdì sera la fata veduta nella sua essenza più vera m’ha dato un potere negato agli umani. Allietando la vita d’un solo misero istante concesso m’è stato di viver più realtà lontano da noie, paranoie e mondanità in cerca d’un pensiero al mio somigliante. Ed ora nudo ritorno in silenzio in un corpo che espongo perché è arte esso stesso e proclamando che la vita s’annulla in mancanza d’eccesso

mi mostro: son io il bevitore d’assenzio.

continui lento,

a contenere l'immenso. Mentre canti spinto dal vento errante ti senti nell'intensa corrente che punta ad essere ponte tra centinaia di gente. Fantomatico viandante racconti tu, poeta-veggente, istanti.

L'uomo bucato Scivolano. Su di lui l’aria che respira che solo intravede Dalle sue tasche i gingilli d’amore che non ha sentito Dalle sue mani le carezze più dolci che hanno emozionato e inruvidito la pelle Dal suo cuore le sue stesse promesse che non può mantenere Dai suoi occhi le lacrime più amare sole su di un viso tanto dolce. Scivolano. Dolori, affetti, silenzi, momenti. L’amore, inesorabile, scivola. Le mani bucate sono un'offerta di libertà per gli amori nascosti.


Il taccuino segreto Posso amarti solo mentre dormi? Al risveglio, quando le luci sono ancora stanche e la tua pelle è oro colato il tuo viso un quarzo rosa. Voglio amarti solo quando ti amo davvero. Vorrei amarti quando parli al cane con voce strana e infantile, quando ti fissi coi colori e le improvvise passioni quando mi convinci ad amarti dinanzi al mondo quando credi alle dicerie quando mi segui nelle pause-pranzo. Ma io ti amo solo quando penso ai fiammiferi, nei minuti prima della partenza nelle storie e nei visi dei passeggeri sul fondo del boccale e tra le foto sul muro nei sogni fatti di gemelli e d'argento in pochi teneri e soffusi gesti. Posso amarti solo mentre dormi? Al risveglio, quando il muto orologio mi chiama, il giorno comincia e vado a lavoro e non ti penso che qualche secondo. Ma io ti amo al risveglio e al rientro quando scrivo e quando non ti penso e seduto davanti alla cascata, so per certo che queste non sono parole scritte sull'acqua Io ti respiro nell'aria. [Poesia ispirata al film “Paterson”]

Lidia Allocca, 22 anni. Disegno e scrivo sin da bambina, ma ho iniziato effettivamente a scrivere circa 7 anni fa sulla pagina facebook Sweet Dreams Are Made Of This (https://www.facebook.com/sweetdreamsaremadeofthispage/). Ho partecipato a diversi contest, dentro e fuori facebook, al momento collaboro con una rivista che pubblica i miei racconti e sono iscritta ad alcuni gruppi di scrittura e sperimentazione. Non prediligo un solo stile, anche se spesso e volentieri cedo alla poesia e a quello che chiamerei "naturalismo surrealista", ma più che altro tendo sempre a sperimentare in cerca della forma e della parola perfette.


MaBi CoL

In collaborazione con Cecilia Bossi e Terry Cazzaro



In collaborazione con Cecilia Bossi e Terry Cazzaro


Nata Milano nel 1947, Mabi Col si è dedicata con passione all’organizzazione di eventi artistici. Si occupa anche attivamente di pittura, collage, poesia, saggistica, computerart, mailart e critica d’arte. Ha pubblicato due saggi di archeologia (Zeus C. e Penelope e le altre ), sei raccolte di poesie di cui alcune in numero limitato con copertine manuali (La Vispa Teresa, Polenta e caramelle di menta, Musica, Poesia per gioco, Chiaroscuri, Crespi di seta) e una serie di dialoghi poetici con altri autori (2 tazze, Rumori e silenzi al tavolino di un caffè, Due paia di occhiali, Piano pianissimo forte fortissimo, Luci sospese, I volti discreti della case, Giro in bici, Scombinamenti) e una serie di diari di viaggio a più mani. Ha pubblicato anche un libro di fiabe (La lingua del serpente). Altre notizie sono rintracciabili sul sito http://web.tiscali.it/mabicol


StEfi

PaStoRi GLoSs LOST IN TRANSLATION

Nell'autunno duemilaventuno ancora ci si può perdere durante un teletrasporto, ma le due colleghe, amicissime, non temono lo scambio molecolare. Preferiscono restare distratte armeggiando un aggeggio che promette TRADUZIONI SIMULTANEE donna/uomo. Durante il trasporto disgregante verso l'ufficio leggono alcuni esempi di traduzioni sull'apposito visore. LEI : Caro, hai prenotato la visita dall'oculista? TRADUTTORE: Caro, sono andata dal parrucco apposta per te e tu manco mi vedi. LEI : Amore, guarda che belle spiagge e che mare, qui sul catalogo delle Maldive! TRADUTTORE: Amore una caspiterina, quando ti decidi a comprare le vacanze alle Maldive? LEI : Sarebbe carino uscire assieme e fare quattro passi. TRADUTTORE: Sarebbe carino se notassi le mie nuove tacco 12. LEI : Non ti piacerebbe passare la domenica a casa, in relax? TRADUTTORE: Non vedo l'ora che arrivino i miei domenica a pranzo. Le due colleghe amiche decidono di provarlo una volta approdate in ufficio. Lo puntano su una terza collega, mentre il capufficio le chiede di stampare un dato documento, lei risponde “Subito, capo, non appena avrò agendizzato questo suo nuovo appuntamento.”. Ma il TRADUTTORE svela: “Manco morta, capo, non dopo che mi hai fatto succhiare ieri la tua matita.” Funziona davvero! Ma le due colleghe amiche vogliono testarlo anche sugli uomini, nel rapporto invertito uomo/donna. LUI : Abbiamo la presentazione domattina. È pronto il documento PowerPoint, signorina? TRADUTTORE: Mela dai? LUI : Quel cliente mi ha annoiato. Signorina, lo depenni dalle mie visite di domattina. TRADUTTORE: Mela dai? LUI : Mio figlio inizia domattina la materna. Sono preoccupato. TRADUTTORE: Mela dai? LUI : Mia moglie ed io diamo una festicciola per il nostro anniversario e sei invitata. TRADUTTORE: Mela dai? Se non fosse per tutta quella frutta, gli uomini si direbbero non bisognosi di traduttore. A meno che non si prenda come eccezione alla regola un'altra accezione, da scriversi in modo scandito e cadenzato. ME LA DAI.


Stefi Pastori Gloss . Da sempre vorace lettrice. Art Director in pubblicità, l'amore per la sceneggiatura scoccò sul set di uno spot TV diretto da Wim Wenders. Negli anni novanta fu ghost writer di Leo Benvenuti, Carlo Verdone, Fausto Brizzi, mai dimenticando che uno scrittore deve prima leggere. È lettrice di casa editrice. Gestisce un blog di recensioni libresche da cui deriva un podcast radiofonico. E' grazie ad un ex partner diventa Gloss (Gruppo di Lavoro e Osservatorio Sessismo e Stalking), studiando i meccanismi psicologici che scattano nei maltrattamenti in famiglia. Nel 2013 esce il manuale CORPI RIBELLI – resilienza tra maltrattamenti e stalking, eBook contenente nomi e recapiti di coloro che salvano le donne maltrattate. Nel 2016 tre eBook, ovvero la riedizione di CORPI RIBELLI, il saggio sociologico STANDING OVULATION, le donne sono superiori agli uomini, anche nella violenza, infine la silloge poetica, MICA VAN GOGH. Per la rivista online Dol's vara la sua carriera da novellatrice contro gli stereotipi. Di questi, il racconto BIONDO OCA è premiato al concorso VOCEDONNA edizione 2017. Oltre alla raccolta di racconti contro gli stereotipi STEREOTIPI A BAGNOMARIA, per il 2017 prevede una nuova silloge poetica dal titolo POESIE SPOLLICIATE (perché composte sullo smartphone), una raccolta di MICRORACCONTI DI POCHE PAROLE (massimo dieci), una di RACCONTI INCONCLUDENTI (finalmente senza paradigmi) e il suo primo romanzo sulla II Guerra Mondiale, dal titolo FUOCHI D'ARTIFICIO, tutto su mia madre.


Roberto Marzano – Notte Bianca di Genova 2006


ViTtoRiO FiORaVAnti 1 NON C’ERA UNA VOLTA I Non c'era una volta un padre c'era soltanto la negra che l'aveva partorito nel sangue in un catino d'acqua calda e salata Era lei ad allattarlo di notte quando rientrava dal bar con quel pugno di soldi lasciato dai maschi su comodini vuoti di sogni di camere usate e abusate al piano di sopra Entrava nel "rancho" col "cigarrillo" in bocca e gli s'accostava accanto come una docile cagna denudando ancora una volta le mammelle sciupate II Non c'era una volta una famiglia né un desco un letto una casa C'era il sentiero di terra che scendeva dal "cerro" come acqua piovana giù per le strade e le piazze dell'opulenta città capitale E il bambino lo faceva di corsa per andare a chiedere scalzo ai semafori l'elemosina e poi mangiare gli avanzi nel retro dei ristoranti III Non c'era una volta la scuola né la chiesa o il partito né i decreti dei governanti Giocava a "beisbol" di giorno lungo l'argine spoglio del "rio" e di notte il ragazzo

andava in giro a rubare cercando rogna S'era unito a un "marica" figlio come lui di puttana e in due ci sapevano fare attaccando stanchi ubriachi e puttanieri attardati

Un minorenne che perde un filo estremo di sangue da un forellino rotto in mezzo agli occhi aperti rivolti al soffitto 2003 / 390 * 002

IV Non c'era una volta la legge e neanche la polizia c'erano invece violenza e morte Il bastardo era sul "táxi" quando vi ammazzarono con un tiro alla nuca l'autista che ci viveva guidando fino a lasciarci la pelle Ed era dietro la mano assassina quando uccisero il bottegaio colto di sorpresa in ginocchio disarmato a piangere dietro il bancone violato V Non c'era una volta un padre non c'era neppure una famiglia né un desco un letto una casa la scuola la chiesa il partito né i decreti dei governanti C'era un bimbo cresciuto solo abbandonato al destino di conflitto in conflitto scivolato giù ad una svolta verso il delitto Ora é un piccolo corpo magro disteso nudo su un gelido ripiano di cemento lavato Sta immobile nell'obitorio senza nemmeno il suo nome ha il numero trentanove legato a un dito del piede è uno qualunque dei settantotto cadaveri raccolti oggi a Caracas

SI RIALZÒ UN FILO D’ERBA Si rialzò un filo d'erba. Gli alberi intorno serbavan tutti i loro gridi. Brucianti di vita, due uccelli s'involarono rapidi; uno scese impudente a beccare nel solco vicino. E s'udì dal piano un canto ignaro di madre. E una formica assurda, dopo l'irrefrenata violenza risalì cauta la pelle inerte. Solo un cane s'avvicinò, fiutando sospettoso, lungo i limiti del campo. Ma ormai, negli appietriti, aperti occhi la luce s'andava livida spegnendo in nebbie gravide, ove sbiadiva ultimo un contorno di fronde e rami. All'improvviso abbaiare nessuno, giù in paese, ebbe chiara l'intuizione d'accorrere. L'avrebbero ritrovata a notte fonda, morbida e gonfia, con la piaga sguaiatamente in mostra tra le vesti stracciate. 1961 / 173 * 053


CALCIO DI STRADA

A SANGUE CALDO

LA PREDA

Calcio di strada larga Colpi proibiti lungo muri e cancelli Ti voglio palla di stracci palla di gomma sgonfiata pallone rotto Ti voglio prendere a calci e prendere a calci la vita la libertà degli uccelli mio padre in galera e il primo prete che trovo

Ucciso a sangue caldo atteso addentando un'arepa con carne tiepida e sugo

A gambe divaricate corpi affondano in usate poltrone di morbidi rossi velluti consunti d'anni e d'umori frammisti agli odori acri e al profumo di femmine e carni nude tra fili grevi di fumo

Scarto avversari ed amici fregandone il ritmo lascio dietro fame e miseria la porca giustizia dei ricchi la povera chiesa e il partito li lascio dietro di me per un'ora d'ebbrezza Lascio la sigaretta accesa il torno e la scuola abbandono mi lascio dietro ogni ieri vado incontro ai domani ma oggi che gioco al calcio scaccio perfino la voglia d'averla lei che mi guarda da un angolo della piazza e so che sogna Antognoni Provo a fare una rovesciata sotto gli occhi suoi viola mi getto a terra sui sassi e osservo lei che mi guarda e forse neanche mi vede Stasera giuro che glielo metto la sbatto sui materassi giù nel vicolo dietro casa e m'apro i calzoni Ora però vaffanculo ché devo farmi quei soldi giocati sull'uno a zero ai quattro stronzi in maglietta con sopra scritto Cinzano Passami quella palla maledetta puttana lasciala scorrere negro africano di merda ché m'infinocchio il bestione che puzza d'aglio e cipolle faccio due passi a destra e me ne vado a sinistra sul marciapiede slabbrato e col cucchiaio imparato in TV ti faccio fesso il portiere 2006 / 501 * 121

Arrivava alle sette gli han detto e alle sette era lì ad aspettarlo Non passava nessuno quando la macchina manovrò nel parcheggio Si ripulì la bocca il sicario e si scostò dall'angolo buio la mano armata Lui riuscì a mettere appena giù un piede sul selciato che gli occhiali caddero nella bianca vampata del primo colpo esploso da un paio di metri Scivolò sull'asfalto senza neppure un grido e vi rimase immobile con un tremito lieve Non scorse il volto scoperto dell'assassino vedeva il mare spumoso larghi gabbiani volare sapore di sale in bocca la voce calma della madre morta il suo segno di croce le scale e la porta di casa e un pallone di cuoio che rimbalzava e rimbalzava e rimbalzava Finché la seconda pallottola gli penetrò il cranio spazzando ogni immagine Così è finito un amico un caso di cronaca nera d'ordinaria amministrazione Fatti tragici d'ogni giorno e ogni notte E' come una lotteria e ognuno di noi ha un suo numero in gioco

2003 / 407 * 041

Le dita scorrono l'orlo di terso cristallo la coppa ormai vuota la bocca oscena un uomo grasso in divisa col sigaro spento tra i denti ad occhi socchiusi è in attesa La donna è la preda danza gazzella sorpresa le cosce lunghe e le mani le grosse labbra dischiuse musica che accende i sensi Sguardi s'incrociano e canti sussurri sommessi richiami taciti in sala e salgono per le scale coppie allacciate d'amanti L'ufficiale s'alza eretto stanco d'attendere il turno sotto l'ascella il berretto ha scelto il bianco viso della ballerina per suggerne il sangue giovane d'esperienze di vita Ma nella stanza al piano di sopra sul letto appena disfatto sotto il suo ventre s'accostano le membra fredde d'un'assassina andata in sposa ad un morto ammazzato che le invoca vendetta Ed è lui la preda predetta Lui che gli sparò nella tempia ignaro ha il destino segnato dalla lama sotto il cuscino

2005 / 471 * 052


DESERTO VUOTO DI NIENTE

d'oscuri rifiuti dallo stesso assassino

Superficie incolore e silenzio neppure un grido animale nel vento

Ennesima giovane figlia

un deserto vuoto di niente

d'una misera primavera

rari arbusti affiorati per caso

che non torna più a casa viva

rattrapito fiore notturno

negl'intricati sobborghi

nato già morto al mattino

di Ciudad Juárez

L'orma d'un passo grave

Quattrocento settantuno

un nudo corpo abusato

un grosso numero

grumi caldi di sangue

d'inaudito spessore

fardello gettato via dilaniato

che strappa un brivido

tra sassi e polvere grigia

di greve furia impotente

d'un aspero dosso

e disperato rancore 2007 / 555 * 146

Il poeta Vittorio Fioravanti risiede a Caracas, nel Venezuela da oltre cinquant’anni. Scrive fin da ragazzo, e ha pubblicato da sempre i suoi versi su riviste letterarie e nelle pagine di antologie poetiche italiane e straniere, ricevendo innumerevoli premi e menzioni durante l’intera sua lunga vita. Nel 2004 la sua composizione poetica “Non c’era una volta” ha meritato il primo premio assoluto al Concorso Mondiale “Italia Mia”, riservato agli scrittori italiani residenti all’Estero. Come esponente di riguardo della nostra collettività nel 2013 la Federazione delle Associazioni Italo-Venezuelane ha organizzato in suo onore il tradizionale Festival della Cultura. Due anni fa queste sue cinque liriche - “Razza mediterranea”, “Andarsene via”, “Me n’andrò”, “Un uomo solo” e “Silvia” - sono state pubblicate a Nuova York nell’imponente Antologia Italo-Americana “POETS OF THE ITALIAN DIASPORA”.


AlfRedo RieNZi ANOSH RICONOSCE L’INGANNO E GLI INGANNATORI «Lontano si lamentano i cani e confonde l’insonnia gli errori della vita ». (G. Lucini, Istruzioni per la notte, I.)

Conosco l’inganno e gli ingannatori la frode e i frodatori e mi lascio ingannare, e frodare perché so stare al gioco e compiacere il bagatto e la sua asta e la giocoleria del suo occhio alboreo. Gli alberi erano bianchi: di neve o di fiori non importa: dell’una o degli altri l’impermanenza ho appreso e il trucco dell’apparire e del mutare. Voi dite: è naturale ma anche il tempo come il mare è a volte qualcosa di abissale. Così l’ingannatore mi sorride ingannato dalla mia falsa resa e il frodatore annusa il molto nulla che gli ho concesso, lo soppesa, mostra ai suoi sodali quel che pensa esserne il centro, lo stringe tra pollice e indice si accanisce sui margini di fumo ma non giunge a farsene un’idea a estrarne un asterisco, un duepunti, una moneta falsa o fuori corso. Gli alberi erano rossi: di frutta o di sangue non importa. LINDA W.R. (l’antropofaga)

per credere ha bisogno del tatto e della vista: così, per ultimi, ne ho inghiottito, dopo le dita, gli occhi.

Le parole si nutrono di parole come l’acqua dell’acqua e l’amore dell’amore

(DA NOTIZIE DAL 72° PARALLELO, JOKER, 2015)

così in quell’alba mi nutrii di lui del suo nome scritto col sangue col sangue che bevvi, fremendo e della fibra del suo cuore lo so, non era necessario il morso avrei potuto assimilarne i sensi gli strati dello spirito più densi ed accessibili alla voce ma l’uomo è così, per propria congenita carenza, ottuso e diffidente, vuole segni visibili e concreti, tagli nella carne, materie pezzi a pezzi


GREGORIUS MAC LYNCH E IL CARCERIERE Il carceriere invecchia ha poca cura di sé, lo intuisco dal fiato stertoroso lui ed io soltanto, e i ragni fuori un luogo sterile di sassi gli uccelli dalla coda mozza segnano cerchi che non si chiudono. La sua immagine è la mia, distorta o capovolta, il suo spazio è il mio di qua e di là dalle sbarre

La mia condanna è la sua aveva vent’anni o poco più mio unico custode la vita intera ad impedirmi di scappare sapesse che tanto se scappassi mi troverebbe morto poco avanti (secondo me sa, ma non comprende in pieno la portata degli eventi) poteva uccidermi avvelenarmi coi serpenti usarmi come cena per i topi togliermi il cibo e l’acqua per finirmi ma è nato carceriere e sulle dita ha scritto il suo destino il compito che non si può ignorare e la mano, la mano non si può tagliare.

la condanna è reciproca, un aspro strisciare del tempo, una misura disimparata. O mai pronunciata.

(da Notizie dal 72° parallelo, Joker, 2015)

Il suo fiato è il mio: un tempo guizzava come un ramarro un minuscolo drago senza fuoco

GLI UMANI CADEVANO DAI TETTI

si mischiano, ancora, quando passa a portare il rancio. Parla poco: se nulla accade nulla c’è da dire: è un alito incattivito di bulbi e tartaro. Forse sa già di morto e non lo sa, non lo sappiamo. Lo sento russare, tra uno sbadiglio e l’altro. Tossisce, e immagino le guance gonfiarsi, i riti osceni agli orifizi. Tempo fa il maschio si toccava, senza vergogna. Ai ragni non importava. Non era messo bene, mi dicevo, ed io peggio, neppure ad arrischiarmi a dirgli smettila maiale! Il mio carceriere invecchia, oggi non è né più né meno immondo, dorme quasi ogni sua ora e russa, tra un grugnito e l’altro. Così si è ridotto l’uomo da questo lato delle sbarre o dall’altro. Lo so e lo sappiamo. Per residua pietà ha spostato la scrivania e la sedia qualche metro; che almeno non ne veda il brutto muso Né lui il mio.

Gli umani cadevano dai tetti il costruttore immolato a un destino d’inattenzione, il volatore illuso col suo pterigio di neoprene troppo scarso, e il logo dello sponsor sotto l’ala, l’adolescente dal pozzo svuotato là dove l’anatomia ci mente un amore morboso e inconsapevole per la terra, il consueto fruscio e il tonfo. Un sibilo d’anima incerta sul da farsi. Gli umani cadevano dai tetti il ladroacrobata, ostacolato da un rosario d’oro messo via male, un uomoragno maldestro e goffo, un bigio sterminatore di gatti, la madre esangue dell’adolescente dove aveva deposto i fiori bianchi un’attrazione inconscia e inconfessata per la terra, poi il solito lenzuolo il cronachista di seconda fascia i ragazzini di passaggio e qualche mms, così, tanto per fare. (inedita, 2010 circa)


UN IGNAVO RIVEDE LA PROPRIA FINE Non ci fu volontà in mezzo al fiume le acque erano placide ed opache nel caldo di luglio, la sponda sabbiosa mi parve indifferente tornare a riva o lasciarsi portare dalla liquida mano: e l’una e l’altra parola chiedevano

di essere pronunciate, nella scelta: ma il vero ignavo fino in fondo resta equidistante: né dramma né commedia fu assecondare i flussi sonnolenti… Non ebbi certo volontà di morte ma credo sia stata la vita, offesa, a ritirarsi. (da Notizie dal 72° parallelo, Joker, 2015)

Alfredo Rienzi è nato a Venosa nel 1959, vive a Torino. Ha pubblicato i volumi di poesia: Contemplando segni, in Sette poeti del Premio Montale (Scheiwiller, 1993, Pref. di Maria Luisa Spaziani); Oltrelinee (Dell’Orso, 1994); Simmetrie, (Joker Ed., 2000); Custodi ed invasori, (MimesisHebenon, 2005), volumi in parte confluiti ne La parola postuma. Antologia e inediti (pubblicata da Puntoacapo Ed., Novi L., 2011, in quanto opera vincitrice del Premio Fiera dell’Editoria di Poesia). L’ultimo volume di versi è Notizie dal 72° parallelo (Joker Ed., 2015), Premio Metropoli di Torino e Premio Civitella-Pelagatti, tradotto in alfabeto Braille da parte dell’Unione Italiana Ciechi. Ha tradotto testi da OEvre poétique di L. S. Senghor, in Nuit d’Afrique ma nuit noire – Notte d’Africa mia notte nera, a cura di A. Emina (Harmattan Italia, Torino-Paris, 2004). Ha pubblicato il volume di saggi Il qui e l’altrove nella poesia italiana moderna e contemporanea (Dell’Orso, Alessandria, 2011), Finalista al Soldati-Pannunzio 2016 e Premio per la saggistica Metropoli di Torino 2016. Ha all’attivo collaborazioni e/o contributi creativi e critici con numerose riviste e siti di poesia e letteratura nazionali. Attualmente collabora con i comitati di redazione delle collane di poesia di Joker Editore. È tra i collaboratori e sostenitori di Amado mio, foglio letterario torinese fondato nel 2014 da Marcello Croce e Luca Borrione.


IVaNa MeNiChiNi Fotografo con occhi inversi così come canto con note improvvise o cucino abbinando i colori o scrivo lasciando che sia l'altro che mi abita a raccontare...insomma una personcina perbene! Di mestiere faccio la grullaia.

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L'eliogetto personale atterrò preciso nel parcheggio aereo della Banca delle Memorie di Ginevra. Proveniva da Qualalumpur una delle sedi finanziarie più trafficate del pianeta. Un disguido di pass in quell'aeroporto aveva causato un ritardo di tre minuti cresciuto a cinque durante il volo. Il passeggero usci' furibondo sbattendo lo sportello, inveiva contro l'inaffidabilità del pilota. La sua collera, veicolata a stento da irripetibili parole, si perse non risolta nell'immensità dell'areostazionamento grande quanto l'intero tetto dell'edificio e completamente deserto. Lontano l'aria danzava calda sul catrame, tutt'attorno silenzio. Si incamminò verso l'ascensore del terminal accendendosi furiosamente una sigaretta. Aveva calcolato di risolvere il suo problema lì, a Ginevra, in una mezzora circa, sicuramente quel ritardo gli avrebbe impedito di arrivare puntuale alla colazione di lavoro nella filiale di Tirana. Il cruccio non era dovuto al rispetto per gli altri commensali, quanto al fatto di non poter controllare, fin dai primi contatti, le mosse del rappresentante delle banche affiliate al gruppo rivale. Non poteva farsi soffiare quell'affare, già stava pensando agli ulteriori redditizi sviluppi che la soluzione di questo gli avrebbe permesso. Se ne stava così impaziente, contrariato, maledicente nell'abitacolo dell'ascensore ormai pieno di fumo che lento, lento, troppo lento scendeva al piano accettazione. Gli si aprì davanti un ampio atrio rivestito di grigi, lucidi graniti e quiete. Si avviò deciso al bancone reception con una smorfia di insofferenza e disgusto che nel tempo gli aveva disegnato due profonde rughe verticali tra le sopracciglia. Da dietro il bancone si sporse un omino, quattro ossa in croce dentro una cappa sdrucita da inserviente, il viso magro, rugoso tratteneva a stento gli occhi scuri, luminosi e tanto vivaci da equilibrare da soli l'immobilità dell'edificio.


"Il signor Quejar?" sorrise disponibile. "Senta, ho poco tempo, mi dica dove devo andare e a chi mi devo rivolgere per seguire l'iter più breve" tagliò corto sventolando una banconota. "Certo, certo mi segua" e si incamminò per nulla offeso, paziente, minuto e troppo lento. "No, scusi le ho detto che ho fretta!" si impose sgarbato Quejar. "Questa è la pratica più veloce - ribatté l'omino inamovibile e incredibilmente solido - anche perché è l'unica " aggiunse ironico. Arrivarono alla stanza dei prelievi, un ambiente occupato quasi interamente da cassettiere alte fino al soffitto che disegnavano tra loro un labirinto di contorti e fitti corridoi. Su ogni cassetto in ordine alfabetico un'etichetta: abducente, nervo; accessorio del safeno, nervo; accessorio spinale, nervo;....epiglottide;...esofago, ghiandole del; esofago tonaca avventizia del;... "In cosa consiste precisamente il suo problema?" "Ma qui non c'è un medico, un tecnico, un..un.." si oppose ormai rabbioso Quejar. "Qui ci sono solo io" rispose laconico l'omino aggiungendo silenzio al silenzio di cui era impregnato l'intero edificio. "E' fondamentale conoscere con precisione il periodo della vita da rivisitare e i motivi in modo da potere scegliere il prelievo più adatto al caso. Vede qui - indicò i cassetti davanti ai quali stavano passando: epitelio bacillare renale, epitelio buccale...- ebbene qui abbiamo lo strumentario idoneo al tipo di prelievo. Infatti ogni problema, ogni lacuna può essere affrontata, diciamo, in maniera specializzata. Intendiamoci, ogni cellula è in grado di riprodurre l'intera memoria di un individuo, ma, come dire, quella particolare cellula focalizza meglio quel particolare problema. Ad esempio una lacuna localizzata a medio termine e riguardante l'aspetto di relazione, di socialità, avrà bisogno di cellule del derma; un vuoto antico e sostanziale di tessuto osseo; e, giusto per andare nei dettagli, una mancanza intellettuale relativa alla difficoltà di vedere al di là delle apparenze necessiterà di neuroni della scissura calcarina..." L'omino si muoveva agile gesticolando tra i corridoi dello strumentario, camminava deciso come sapesse già dove fermarsi. "Che so...la perdita a brevissimo termine..." "Senta - lo interruppe brusco e risolutivo Quejar accendendo l'ennesima sigaretta proprio sotto il cartello di divieto di fumare - sei mesi fa, per circa una settimana ho partecipato a una serie di incontri preliminari decisivi per potere concludere alcuni importanti affari. Tutto il materiale è stato a suo tempo installato nel computer, ma, in seguito una sorta di black-out ha cancellato la memoria relativa a un giorno di quella settimana, precisamente il 19 dicembre. Quell'idiota di segretario, prontamente licenziato per questo, non aveva ritenuto opportuno duplicare il lavoro in dischetti. Così mi ritrovo - continuò in un crescendo concitato - nella necessità di recuperare attraverso la mia memoria quel materiale!" concluse sbuffando come per alludere 'non ci si può fidare di nessuno!' Quejar, pensando di avere capito tutto, si aspettava di dovere procedere al prelievo di una qualche circonvoluzione cerebrale, l'omino invece era fermo da tempo davanti, meglio dire, sotto al cassettino con su scritto 'plesso solare'. Stiracchiandosi sulla punta dei piedi ne estrasse lo strumento una sorta di lunga, esilissima micropinza con tanto di fibre ottiche in confezione usa e getta. Condusse l'arrabbiatissimo paziente nella saletta chirurgica. "Venga, si stenda qui - indicando, sempre gentile, un piano anatomico - si scopra l'addome".


"Ma come funziona?" chiese lasciando trasparire per la prima volta insicurezza "Volevo dire, quanto tempo ci vuole?" aggiunse riprendendo il tono burbero. "Oh, è semplicissimo - cominciò trafficando - i locus della memoria globale del DNA vengono colpiti da una speciale luce laser che ne traduce immediatamente il contenuto in immagini olografiche omnisensoriali. La parte più complicata sta nel centrare momenti precisi nella storia di una persona, come nel suo caso. Si tratterà quindi di andare per tentativi, avrà a disposizione dei comandi che, variando la frequenza laser, permetteranno di far scorrere la memoria avanti e indietro nel tempo. Naturalmente c'è la possibilità di trasformare in linguaggio digitalico tutta o parte delle proiezioni che potrà essere spedita direttamente al suo indirizzo informatico" concluse pacifico come se avesse parlato della cosa più naturale di questo mondo. "Là, fatto!Ora vuole essere cosi' gentile da accomodarsi in sala proiezione, io devo preparare i vetrini. E' questione di poco" pigolò. Quejar entrò in uno spazio circolare al centro del quale stava una poltrona fornita di numerosi led e comandi. Si posizionò in crescente stato di irritazione: erano già trascorsi quindici minuti e poi, dannazione, in quella stanza non poteva proprio fumare pena la scarsa qualità delle immagini. Dopo pochi minuti si accese il segnale di invio. Immediatamente si trovò a capo del lunghissimo tavolo rettangolare del suo ufficio di Hong Kong, riconobbe la baia dietro l'immensa vetrata. Il consiglio di amministrazione riunito al completo. Rimase colpito dalla nitidezza delle immagini, dall'esattezza delle percezioni olfattive aveva, infatti, ordinato che attraverso l'impianto di condizionamento fosse continuamente disperso in tutti gli uffici e corridoi il suo profumo preferito: caffè appena tostato ( i suoi collaboratori dovevano stare svegli e dare il meglio per tutte le undici ore di lavoro!) Poteva girare a piacimento sulla poltrona: la proiezione riportava una realtà a 360 gradi. Tutto era esattamente così come lo aveva vissuto: la luce, gli oggetti, le persone, le voci, i pensieri, ma una strana, inquietante sensazione stava ad indicare qualcosa di diverso, qualcosa in più...non riusciva a capire. Lui, nella proiezione del ricordo, stava battendo i pugni sul tavolo e strillava. Si rese conto dall'ordine del giorno di avere captato un periodo successivo a quello cercato. Variò la manopola delle frequenze. Si aprì tutt'attorno il tea-room del jet di linea per Djakarta, una biondina prosperosa gli sorrideva accanto, lui parlava in codice con un politico neozelandese, stava trattando la concessione di autostrade W.W.W. per potere impiantare una catena di nuovi ponti nella Polinesia del Sud. Stavano definendo il passaggio di qualche milione di dollari sotto forma di azioni di Holding internazionali inesistenti in alcune filiali africane della Banca Centrale della Nuova Caledonia. Eh si! Ancora ora si beava orgoglioso di quello che era riuscito a costruire: anche il più piccolo atollo poteva finalmente collegarsi col resto del mondo per via informatica. Prevedendo, con una delle sue solite geniali intuizioni, che il sistema dirigenziale si sarebbe trasferito in massa dai grandi centri ai mari del sud, si era impossessato, per tempo, del controllo della rete e soprattutto degli spazi pubblicitari nella maggior parte dei siti. Ma tutto ciò era successo ormai una ventina di anni prima: aveva girato troppo la manopola. Di nuovo ebbe la sgradevole sensazione di qualcosa che andasse oltre la scena ricordata. Prese nervosamente a variare le frequenze, le scene apparivano e sparivano come veloci flashback: uno schiaffo secco al figlio ormai adulto perché si è rifiutato di obbedirgli / la scazzottata quando aveva venti anni con l'amico a cui aveva rubato la ragazza "accidenti dannata manopola, troppo in là!" / lui che sta frugando e imprecando, imprecando e frugando perché non riesce a trovare i farmaci per la sua gastrite / la scenata alla moglie perché sono finite tutte le bottiglie del suo whiskey preferito / l'ennesima medaglia vinta al tiro al piattello / un bacio strappalingua con tanto di palpazione glutei alla nuova segretaria "perbacco, è successo ieri, maledetta


manopola!!" continuava a smanettare augurandosi per la centesima volta che il responsabile di tutta quella inutile perdita di tempo, il segretario licenziato, quell'emerito deficiente, perisse di morte violenta. "Dannata tecnologia succhiasoldi - ruggì - c'è un che di falso in queste immagini, qualcosa che non mi appartiene, cos'è questa sensazione che dalla pancia sale su, mi riempie il petto e pesa? Qui ci sono delle aggiunte, non riesco a capire, quella foglia secca di portiere tuttofare mi sentirà dopo!" E intanto smanettava. Apparve un vialetto in un parco con i primi segni dell'autunno, stava per variare ulteriormente la frequenza quando un stretta al cuore lo trattenne. Al suo fianco una donna lacrimava sommessamente. Il viso pallido e smarrito di chi sta perdendo l'amore. Anna! Quanto tempo per conquistarla, era ormai diventata una questione di principio, di rispetto dell'etica del buon amatore. Conquista che ben presto aveva mostrato i segni della fangosità del sentimento. Adesso, in quel vialetto, stava cercando di salvarsi dalla noia adoperando elucubrazioni ragionevolissime sulla morale e i sacrifici a volte necessari. Lei taceva e piangeva. Lei si era semplicemente innamorata. "Stupida!" pensò stizzito cercando di salvarsi, adesso, in quella stanza circolare da una voglia feroce di tornare indietro ed abbracciarla. "Qui c'è qualcosa che non va" ripensò adirato al portiere tuttofare, ma non cambiò frequenza e si rivide soddisfatto nella sua Rolls dopo avere accompagnato a casa Anna, pensava già all'appuntamento della sera con la giovane appena conosciuta al casinò. Stava crescendo una senso di nausea, di disprezzo per sé stesso insieme alla difficoltà a riconoscersi come se scoprisse che ciò che aveva vissuto come indiscutibilmente intero qualche mese prima in realtà fosse solo una parzialità. Le immagini stavano restituendo le vicende nella loro globalità, mettevano in chiaro qualcosa che allora era sfuggito o rimasto nascosto da qualche parte, proteggendosi nell'ombra. Ma cosa? Aveva sempre più chiari segni, ripercussioni, echi di un qualche mondo sotterraneo forse suo, forse degli altri, forse sotterraneo al mondo stesso e questa risonanza lo apriva a una intimità sconosciuta. Donna, uomo, collaboratore o rivale che fosse, riusciva a sentirli vicini, a partecipare, a condividere. E forse era proprio così: non c'era nulla da capire, ma solo lasciarsi andare al sentire! Girò la manopola quasi fino in fondo, si rivide tra i banchi delle elementari azzuffarsi con un compagno, tutt'attorno polvere, sedie a terra, quaderni spaginati, le grida degli altri bambini fare il tifo, la maestra con le mani nei capelli. Vide se stesso alzarsi vittorioso, il sorriso sanguinante e fiero di chi ha fatto giustizia, lo sguardo limpido di chi ha difeso un amico. Piangeva, su quella poltrona cuore di tutto l'edificio, piangeva, i singhiozzi sussultavano nel petto, le mani al volto come per coprire la vergogna: finalmente capiva cosa aveva nascosto in tutto quel tempo. Spense tutto, si alzò esausto. Salutò con occhi bassi, la voce inaspettatamente calda e morbida, l'omino che leggeva tranquillo alla reception. Lo sdrucito tuttofare lo accompagnò all'uscita senza dire una parola. Mentre lo seguiva allontanarsi nel viale pensava con profondo amore: "fanno tutti così,, arrivano che sembrano leoni o agnelli, guerrieri corazzati o tenere piante scortecciate, ma non sanno che la memoria non distingue tra luci ed ombre e restituisce tutto quello che sa, anche l'angelo o il demone che è sempre rimasto con loro. E così quando se ne vanno, dolorosamente pieni, non sono più gli stessi. Non sono più infelici." Stava già imbrunendo, a rompere il silenzio solo il garrire delle rondini basse e spericolate. Quejar digitò un numero al suo cellulare: " pronto Helmut, torna pure con comodo alla base, preferisco fare quattro passi a piedi".


BeNedETta CaRDoNE 1.

2.

Mi hanno cacciata dal paradiso rammaricati di essere farfalla e non nutrimento.

sono nata da un cielo senza schiuma abbottonata sulla rampa delle scala

Mi hanno detto -devi essere questo ovunque siauna cantilena di maggio ben vestita una carta da parati incollata nell'ombra ed esserlo un calendario di corolle un giorno di grazia sul mese piĂš alto.

ho corso sottopelle nel cortile in uno sguardo lontano

Smancerie. In questa pallottola che conservo ho scritto in un tempo l'adunata del principiante.

in un tinello quei tram da parete raccontavano le origini del dolore l'affilatura del rasoio stretta ai tagli mescolati sulle gambe ed ora annaspo in un breve tratto da me a me seduta in una giostra enorme sotto la curva feroce del vuoto

3. Nel giorno del risorto se guardo in basso in calzettoni e falsetto reclamo pezzi di scambio della mia morte. Annodo alle spalle le chiome ghiacciate e la terra che preme tra il naso e il labbro superiore e scosto le tempie canute sull'intera fronte bucata dal suolo.

Benedetta Ctardone. Sono nata il 28 agosto 1975 a Massa in Toscana, mi sono diplomata in ragioneria e poi ho continuato con la laurea in Scienze Politiche (Università di Pisa) e atualmente lavoro come impiegata in uno studio a Pisa (lavoro che non c'incastra nulla con i miei studi!). La poesia è sempre stata il mio amore segreto anche se sconosciuto per me fino ai vent'anni. Mi ha aiutata ad esorcizzare le mie paure ed inquietudini. Con la poesia mi meto completamente a nudo, lÏ ci sono io.


GiuLiO MuRRU



aNgELo PiNi Rivestito di un materiale sottile quasi permeabile alle onde gravitazionali, le onde accompagnano il destino a riversarsi sulle strade come caffè nero il suo inizio. Svestito di carne aggiungo un pensiero operaio. Sveglio di lettere combattenti sui marciapiedi faccio guerre ripetute alle trame. Riscrivo consonanti amorose alle bandiere bianche, debitrici di pegni che fanno paura. Riapro cassetti segreti, una volta carteggi illeggibili, ora un quaderno insanguinato dell'adolescenza. Il soffio pesante della maturità soffia piuma sulle ferite

BOUQUET DI FILO SPINATO Ombre estranee, in minor numero gli attacchi di panico, vanno avanti sillabe d'immagini , segnalibro di qualche esame rimandato le ombre declinano nelle pagine postume e spariscono in pensieri paurosi. Manovra la nebbia mentale, nessuna penna frequenta abitualmente, o permette all'opaco di lasciar scorrere il moto singolare interrotto da un fatto muto. Accanto alla ruota della gioia contingente trucca di nuovo direttamente la mappa psichica, In confessionale la pena si ripiega piuma, bouquet di filo spinato

Angelo Pini (Camogli, 1949) Ha pubblicato La Bocca capovolta, con poesie e illustrazioni, e Limoni e cachi con poesie e fotografie, con la prefazione di Giancarlo Majorino. Ăˆ stato segnalato dalla rivista Anterem, pubblicato dalla rivista Poesia e ha partecipato alla Biennale Filicudi Memoriale Sottsass.


GiUSy RodOLfi DONNA VIOLATA

Contrabbando d’esseri umani

- Si vendono all’asta posti a tavola -

Fulmine a ciel sereno saetta a spada momento folle scoppietta lungo linea

proposto un pasto abbondante dove regni regina di picche - slegatela pure si dia inizio al banchetto antipasto alla bocca socchiusa non guardate abusate se il coraggio vi toglie l’ardire rifiutate la portata è abbondante su piatto d’argento distesa ha corolle di fiori alla vita invitante il suo sguardo profondo - accasciata si scosta bagnata di vino che cola -

cortocircuito oscura l'unghia spezzata goccia madreperla s'attizza rosso l'orecchio razzista morde osso roso d'odio sgombrano solai solitari disseminati manichini vagano a largo raggio c'è contrabbando fantasmi umani si palpano per sentire la vita.

Liù Liù guarda il cielo

Allocco lo sguardo che mira un diavolo appende il cappello insidiata da stuzzica-dente arrostita la pelle sul cero

oltre vetri appannati

- ora i piatti sono vuoti -

il buio lo coglie; curvo, sfinito di grasso sporco il viso avvizzito

solo un pezzo di pane a scarpetta

I violini di Varsavia Dopo anni aggrovigliati sento ancora suoni di ferro e violini di ruggini e buio di strisce di suolo e odori malsani di sbobbe di docce di ossa bruciate sono viva vivendo nella morte ricucio ogni giorno brandelli di me mi sono data salvezza, ma di gioia mai stata vendo un arto a ogni ombra che passa un frammento di me per i cento di loro ogni specchio che guardo mi rimanda un sogghigno d’ilare pietà mille volti che ridono più contenti di me siamo in tre a suonare violini scordati nel ricordo del terrore vissuto mai più forte di questo che vivo

corre la mente dietro un pallone le mani nere sulle catene per poche lire di ricompensa

Shanghai assorbe polvere inghiotte senza equilibrio svendono i corpi Liù è un bambino che perde i minuti guarda innocente scorrer la vita gl’hanno rubato l’età dei giochi lascio la Cam che si consumi non il mio amore angosciato conturbo la mente con mani legate atona voce grida al massacro non c’è pietà pel vile denaro Liù non è nato per esser servile riesce a sognare un futuro migliore tra le mani stringe un aquilone.


Allacciate le cinture Abiuro ogni riservatezza pronto megafono affonda timpani stempiati in anni di stoltezza. Cimici e pidocchi razzolano e impazzano avvinghiati lucidi con paraocchi. Or dunque ho tirato le somme: “6 sassi 1 piuma la differenza appare nitida inefficiente volontà” 1 scranno ben saldo inchiodato d’affanno alla corsa sfrenata se n’andata n’annata or spartiamo la torta che s’è fatta più grande non fermiamoci ora! Sulla pancia mai sazia

allunghiamo la tasca benvenuti signori “siamo noi i coglioni!” Dal megafono otturato esce solo un fil di fiato.

Nasce il regno Volturno debole di senno Impazza e logora le ossa Porta a spasso la sua furia rossa Evira membri del castello Rade barbe con spade. Avanzano sabaude le forze Mandano a morte borboniche vestigia Ordendo battaglie a tutti i fronti; Rosicchiano – randellano Depongono l’arme E vivono poi di lor splendida gloria. Corrono ovunque Alzano bandiere Lasciano interi Campi insanguinati Alla loro schiena Guardano avanti Non curanti Oltre frontiera.

Il mio nome è Giusy

Rodolfi, scrivo per mio

sommo piacere libera sempre da vincoli. Alla vita ho dato molto e ricevuto nella giusta misura piccole e grandi soddisfazioni, tra quelle l’essere riuscita a vocalizzare alcuni miei testi in vari luoghi, tra i quali Genova (dal grande Roberto Marzano) il mio piacere viene dalla vostra lettura. Non desidero altro


AlbeRTo NoCeRiNo Storie di Stronzi (uno) … e il tuo signore e capitano preleva l’assegno firmato in bianco, mia cara, e va via col vento verso un procace nido alternativo: il tuo maritozzo distinto, davvero vitale e, massì, un pelo violento: “Usò la cinghia… sì, lo fu... or non più… ma un tempo!”. Eppur solido padre, continuativo, tenace, lui, quello sfilato all’orizzonte con una vela nera di cattiveria: “Ciao ciao mogliettina...” (no, non agitò la manona, preferì la sorpresina). Tu ancora in forma, mollata magra all’uscio dei cinquanta rognosi, (pre)rugosi, ti strizzi la ciccia attorno all’oblò umbilicale contenta della non eccessiva prominenza che sommata alla bronzea pelle in pratica perfetta, tutto ti fa sperare, ti fa ben sperare di “Sparare l’ultime cartucce!” Sì, te lo dici da sola, fai spallucce, e ridacchi, ridi, sorridi come una pazza, tu, ragazza come sempre

in fondo ingenuotta, anche da vecchiotta... ... è che, comunque, stasera si danza, stasera si mostrano le permanenze lucidate le patafisiche stirate

ovvero (a brani) la carne mortificata, quella che trascorrerà le future le sfinite single.tùdini a.b.itùdini ur.pitùdini…

Sprologanza Il Percorso Poetico dei Poeti Viventi... che viaggiano svelti tra Cuneo e Guastalla, Cariddi e Busalla e corrono, parlano a quattro palmenti e se le cantano e se la contano e se le contano e me la contano tutti (s)contenti. Invero camminano, ma proprio mai corrono,

il Percorso Poetico dei poeti che non... che non sono morti nammeno falsi o scalerci e ancor ce la fanno a incoccare versi, una rima in universo per dritto o per traverso: che poi sempre lo amano il matto più perso e pure, se lo trovano, il gatto disperso... E' un Percorso Poetico per quei poeti che sì, son tanto 'tipo giovani' che se ne strafregano di perdersi i giorni tra facce e coturni palmette e unicorni focacce e cogorni... E tutti alla fine uniti e (s)compatti in giro declàmino il verbo più fino, agitando la lingua dai pié fino ai lobi, spaventino i probi che sgranino i globi! Ma tu seguili, che te la godi! Estate 2017


Ode all'antica bibliotecaria « Damigella tutta bella versa versa quel bel vino, fa che cada la rugiada distillata di rubino.» Questi versi lieti e belli del Chiabrera di Savona m'ispirarono il cantare con passione quaternaria la pension di Carla Artelli. Per te, amica dagli artisti prediletta,

dopo tanto incontrare presentare ed ideare finalmente giunt'è il giorno del tirare i libri in barca: basta stress per l'Evento divenuto un gran tormento! Finalmente la quiescenza! Giusto è questo il momento per godersi in santa pace le giornate senz'ombrelli feste e viaggi pranzi e torte fiori e vini

gai libelli versi belli: che risuonin nei saloni intonati d'arte eletta gli stornelli spiritelli per il prosit all'Artelli, dei bibliofili la perfetta! «Damigella tutta bella versa versa quel bel vino, fa che cada la rugiada distillata di rubino.» Biblioteca Universitaria di Genova 31 marzo 2017

Alberto Nocerino (Genova, 1960). Laureato in semiotica con Umberto Eco (Università di Bologna), si occupa di letteratura, teatro e antropologia culturale. Dal 2015 lavora presso l'Ufficio attività culturali della Biblioteca Universitaria di Genova (Ministero beni e attività cul-turali e del turismo). È cofondatore delle associazioni La Milonga (1995), TeatrOvunque (2003) e Genova Voci (2015). Per il Laboratorio Teatrale Integrato Tuttinscena ha curato la drammaturgia e l’organizzazio-ne di cinque spettacoli in scena al Teatro della Corte e al Teatro Duse di Genova. Collabora dal 1995 al Festival Internazionale di Poesia di Genova, per il quale ha idea-to oltre venti Percorsi Poetici, e dal 2009 al Bloomsday. Tra il 2003 e il 2009 ha realizzato laboratori di scrittura presso l’Università di Genova. Dal 2011 al 2015 è stato direttore editoriale del Nido d’Aquila, rivista di antropo-logia culturale e linguistica delle Alpi Ma-rittime e del-l’Appennino Ligure. Oltre ad articoli e poe-sie su varie riviste, ha pubblicato Percorsi poetici di Genova e pro-vincia (allegato al Secolo XIX, Genova 1996), Dino Campana, per Genova (Liberodiscrivere, Genova 2001 e 2013), Laboratori di scrittura. Istruzioni per una ginnastica alfabetica infinita (con R.Pellerey, Graphofeel, Roma 2011), Genova canta il tuo canto. Percorso poetico di e con autori vivi e vegeti (Zona, Genova 2015).


ANgELa DonNa “Maestà. Eleganza. Seduzione. Berenice turchina – mollemente distesa sul cuscino del letto chiaro – inebria l’occhio che corre a sete e vapori di harem di ginecei di hammam di atmosfere flessuose intrise di sensualità languidamente sottesa. O ancora alle grandi dive del cinema icone dell’immaginario collettivo. Quel femminile felino dove l’eros animale e corporeo è gioco mentale.”

viziosa la mia micina mi ha insegnato a oziare perché bisogna saperci fare come si deve con eleganza classe stile portamento e una certa noncuranza tutte doti che berenice ha innate come un’attrice professionista ma senza premeditata seduzione

Tavola di Francesco Musante per il libro: Angela Donna, Gatta Donata e i suoi fratelli, Genesi editrice, Torino 2010 http://www.genesi.org/scheda-libro/angela-donna/gatta-donata-e-i-suoi-fratelli-9788874142293-9470.html


Angela Donna.Dallo scambio quotidiano con i meravigliosi gatti che sono entrati nella mia vita (per prima Berenice, un’angora turco molto speciale) portandovi allegria, umorismo, risate ed una dimensione allargata di comprensione e amore per l’intero Creato, sono nate poesie e prose poetiche sulla scorta delle esperienze condivise, ogni giorno, tra me e la mia tribù: una sorta di piacevolissimo viaggio all’interno del rapporto tra l’uomo e il gatto, dove l’uomo sviluppa la sua gatticità…e i mici la loro umanità… Poesie e racconti che scrivo, letture e spettacoli che realizzo pro Associazioni e Gattili, sono per me la gioia di poter condividere, nel modo semplice in cui sono capace, la scoperta del “mondo gatto”, di poter aiutare i mici sfortunati, di contribuire un poco alla lotta per il rispetto dei loro diritti e di quelli di tutti gli altri animali. Dimenticavo: sono nata a Castellamonte, nel Canavese, vivo e lavoro a Torino. Leggo e scrivo poesia e di poesia da più di trent’anni…


Roberto Marzano: festa di fine Ramadan a Genova 2006


EnriCo MaRiO LAzZARiN N151. COSI' E': Nella mattina La linea scura si e' presa un sogno felice laggiu' Dove il mare non ha colore . LA Settimana e' iniziata nella citta' chiara nella citta' senza nome che sa di vento e di estate quasi terminata. Entro nel bar qualcuno dice che forse piovera' , si dovrebbe andare a pescare....

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10211349506805680&set=a.2966664897944.134803.1601313752&type=3 https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10212769473543961&set=a.1490953086071.61643.1601313752&type=3

N131. COSI 'E': LA RAGAZZA CHE LAVORA alla tavola calda si chiama Maddalena non e' un nome troppo comune oggi se ne sentono poche; arriva da est dal confine Moldavo-Rumeno MI porta il caffe' al tavolo e sorride le chiedo se e' stata a casa sorride e mi dice" Con solo una settimana.di vacanze non ne valeva la pena sono stata tre giorni in Liguria a Diano Marina, e' proprio una bella estate !" Se ne va veloce sorridendo io guardo il cielo opaco di oggi e penso alle sue parole ... N 129. COSI' E': Estate di lucertola e muschio ; Colora la notte che sa attendere il castagno e la lucciola.che e' BELLEZZA senza saperlo ; la lucertola pensa al sogno di domani che la luna la piu' piccola le porgera' e negli occhi della lucciola trovera casa.... N160. COSI' E': Tutta la notte a cercare un ombra sottile un margine immaginato non trovato perduto tra bandiere straccio , canzoni intrecciate a mani amputate applaudono arrotolate il pifferaio di turno che diventera' Santo : uscendo dal ghigno sordo di un usciere vicino alla pensione.... N159. COSI' E': LA MATTINA seduta in una estate oramai perduta ,apre mani di sogni adagiati in occhi di bimbi addormentati su parole e fiabe mai raccontate dimenticate . AUTUNNO che ritorni con i colori che sono Bellezza racchiusa nella foglia APPENA caduta fai del cielo una coperta mai corta e dai voce alle parole dei poeti un poco stanchi e ai bambini le storie piu' strabilianti


N158. COSI' E': IL RESPIRO che ha la mattina prima che la sua luce sia luce e le ombre disegnino il tempo che ha sempre occhi aperti e diversi . MI preparo lentamente la, apro finestre Apro il mio cuore...

N157. COSI' E': MI piace osservare luci di case lontane ,finestre con gelosie chiuse da troppi anni . VERnici scrostate senza tempo come rughe di vecchi pescatori aspettano pioggia : aspettano che cambi il tempo che si muova una nuvola Aspettano un altro Aspettare.. N156. COSI' E': TRA LE nubi un poco scure che quasi albeggia ho intravisto una piccola stella pensando se prima o poi la RINCONTRERO' Forse chissa' magari in un ipermercato tra latte a lunga conservazione o su un bus con destinazione costellazione Orione. N154. COSI' E': Guarda l'azzurrino che vira verso il grigio chiaro; la dove il confine delle montagne diventa autunno ,sopra foglie gialle da perdere in silenzi che non hanno orologi. N153. COSI' E': LA PIANURA dissolve sbadigli degli amori di lucertole gentili tornate a vegliare uova in luminosi angoli.

N152. COSI' E': LA NOTTE ha disegnato il margine della luna Respiro di cortecce verso l'autunno . La talpa ha costruito tane dove aspetta nebbia per vedere meglio...I pochi operai rimasti preparano il BARACCHINO che non è ancora mattino,

Enrico Mario Lazzarin nasce a Torino il 22-9-1958 Si interessa di poesia da sempre. Dal 2016 presiede l’Associazione Culturale Due Fiumi Poesie e brevi racconti di E M Lazzarin su: www.meteodiario.blogspot.com www.meteosettimo.blogspot.com


vALeRiA BiANChi MiAn STORIA D’IKEO: storia d’amore tra due creature nate e cresciute nei non-luoghi della

contemporaneità, due personaggi simbolici riconoscibili tra i segni quotidiani della nostra civiltà.

Ikeo, tu che sei il figlio della folla

ma poi quel Barocco non sa che cos’è

e delle più antiche foreste del Nord.

e confonde un Hermes con l’altro Hermès.

Vaneggi «Io mi ricordo! Amarcord!»

Così ha fine una vita senza sbocco

Rammenti conoscenza della colla?

nella miseria di un banco all’usato.

I chiodi freddi, il legno della croce,

Pezzi d’Ikeo tra i frammenti dell’Outlet

la sofferenza di un taglio precoce

come due comparse sparite dal set

l’odio al saltar via della prima molla.

due zingari in fuga … via dal mercato.

Adesso sei qui, accanto ai cassonetti.

(da “Favolesvelte”, Golem Edizioni, 2016)

Aspetti Godot oppure cerchi l’Amiat – anima triste perché lei non ti amerà (è presa da shopping tra slip e corsetti). Ikeo sei figlio del dio del consumo tu che ardi di passione per Outlet colei che al tuo legno preferisce il PET e s’immola in onore del profumo di D&G o del Rocco Barocco –


POST(O) UMANO

Immagino l’uomo teso all’oltreuomo ambiziosamente imperante, perfetto geneticamente modificato, a effetto. Di ogni gesto è il padrone, re del DNA Dio sulla Natura, il signore Assoluto. Gli alberi del futuro cresceranno dritti in fila indiana marionette, con regole precise l’orma dell’uomo sulla forma. Gli animali estinti e quelli sopravvissuti popoleranno gli zoo in terre asettiche. L’amore sarà matematica, eugenetica. Non ho niente da insegnare a nessuno. Ho soltanto il sentore del sentimento. Ho la visione del visualizzare la vista. La percezione del percepire la pietra. So che l’irregolarità, l’errore, lo sbaglio sono gli ori, i rei tesori della sapienza

e so che quando la perfezione si rivelerà geneticamente dotata d’imprevedibile io sarò tra quelli che ridono per ultimi

Valeria Bianchi Mian

è psicologa, psicoterapeuta di orientamento junghiano, psicodrammatista e scrittrice. Illustra poesie e racconti con i suoi schizzi. Conduce laboratori di teatro e tecniche espressive con diverse utenze. Libri: “Poesie aeree”, Matisklo Edizioni, 2014; “Favolesvelte”, Golem Edizioni, 2016; “Utero in anima” (con Ceresa, S.G. e Putti, S.), Lithos Edizioni, 2016; capitolo sesto in “Psicosociologia della genitorialità” (“Figli della cicogna”, sul tema Gpa), Golem Edizioni, in uscita. A marzo (2018) uscirà il suo romanzo noir dal titolo “Non è colpa mia”, Golem Edizioni. Ha partecipato ai Quadernetti poetici a cura di Roberto Marzano.


MaRiA CriStiNa De AmiCiS


Maria Cristina De Amicis nata il 24 giugno 1943 a Siena. Artista autodidatta. In gioventù dipingevo ad olio. Mi sono avvicinata all'acquerello circa 15 anni fa, all'acrilico solo da alcuni. I miei acquerelli nascono dal bisogno di esprimere il mio mondo interiore. Nell'acquerello prende forma la mia fantasia lunare, onirica, eterea. Nell'acrilico il colore esplode intenso e vivace, seguendo le emozioni di un'energia più solare. 2011:Collettiva con il “Circolo dei Lenti” 2013: Collettiva "Premio Liberart" – (Magazzini del Sale). 2014:Mostra personale “Colori in gioco” alla Sala Rosa (acquerelli ed acrilici) e collettiva “Frammento toscano” con “Il Prisma Multimedia” 2015: collettiva “Tempo di Palio” all'Hotel Minerva con “Il Prisma Multimedia”; Personale “Colori in gioco 2” all'Hotel Minerva. (Acquerelli ed acrilici) 2016: Collettiva sul vino “Brindisi all'Hotel Minerva”;collettiva con gruppo A.L.I. “Invadiamo il paese con i nostri quadri”-: collettiva “Strade bianche” all'Hotel Minerva; 1° premio Collettiva “Universo donna” a Colle Val D'Elsa:Collettiva: “Vino nel mondo occidentale” alla GEO Study Abroad;Collettiva A.L.I. “Qualcosa di Blu”: Murlo; collettiva con gruppo A.L.I. : “La Repubblica Italiana ed i suoi colori”- (Buon anniversario : Acrilico su tela) Collettiva “ Ricordo di Pino Ferro” la Sala Rosa- Siena 2017: Marzo: collettiva con gruppo A.L.I. “ALI DI DONNA”- Da Aprile Collettiva A.L.I. “Ricordo di Don Milani” - Mostra itinerante


RobERtO MaRZaNo 2 Fight CluB

TrEmuLa PoSa

Scavezzacolli impavidi si scaraventano giù dalle discese travolgono la polvere trangugiano il vento cavalcando un brivido invisibile che dagli sfinteri giunge fino in vetta alla schiena.

Nello spicchio di sole filtrato da una tenda color melograno mentre il vento sparpaglia la stanza stai immobile e gelatinosa dal tuo fianco digrada la pancia massa viva di carne rosa meravigliosa, divina creatura modella pura in tremula posa vorrei tanto darti un piccolo morso affondarlo in quel dolce incanto profumato di miele d’acacia fior di carrubo e foglioline di menta…

Si arrampicano su specchi in mille pezzi incuranti degli anni di disgrazie fanno capriole dentro i rovi portando come trofei i crudi graffi. Soci ad honorem di un Fight Club immaginario cercan l’equilibrio negli occhi delle mosche inventano ogni scusa per attaccare rissa con certi tipi duri e grossi dal pugno di pietra che rompono naso e labbra con un sol colpo senza fare troppe domande alle quali, comunque, chissà… se saprebbero rispondere?

L’iNtRuSo Intrufolati i gomiti puntuti negli interstizi tra costole e spalle mani di falco predone il goffo intruso ammicca al vuoto simulando a caso familiarità improbabili mentre assale occhieggianti tartine caviale e salmone colmando il bicchiere e il gargarozzo di prosecco augurale del buffet-meraviglia disinvolto e indifferente a che tutti si chiederanno di chi mai sarà amico lo strano tipo che spinge con permesso ma non scambia una parola con nessuno…

L’iNsoLvENTe Avevo io una corda aveva lui un bel credito chi ha strozzato lo strozzino?

La mOsCa Discosto appena dalla tenda impiccata al soffitto assorbo aria dal riflesso della finestra mentre una stella occhieggia ancor desta nel cielo carta-zucchero del nuovo mattino. Una mosca s’appoggia sfinita dopo un’ultima disperata, sbilenca rotta sulla “f” minuscola de “Il processo” di Kafka esausta per la notte passata a cercare una possibile uscita dalla stanza… ma il mio arrivo giunge troppo tardi e, condannata, s’addormenta per sempre senza nemmeno aver dato inizio al primo capitolo.

Il RimoRsO dElla ZanZaRa Nell'aria pregna di piretro effuso anofelina incombo nella calura appesa sbronza di sangue mai sazia ronzo cupa con titubanza, ma il pungiglione teso bramo una vena, poetica fragranza una poppata intensa di plasma dolce gusto che non sia mai che sugga sangue amaro nella buia stanza di sonno e d'abbandono tra spire tetre di zampironi accesi chiedo perdono alla prescelta preda solo una goccia e vado via esaudita a lei prurito a sfumare in sottofondo…


Addio a KaDuNa

– Sonetto imperfetto

Sola e impaurita sotto il flash dei fari messo in mostra ciò che di te si vende devi dar modo al signor che spende di guardar bene ciò che può comprare. Giunta in Italia promessa cameriera calci nel ventre alle tue domande sbattuta in strada ancor che stai piangendo brutti clienti dentro un’auto nera. Esangue, nuda, ossa tutte rotte scaraventata a pugni dentro a un fosso muore il tuo cuore nell’addio a Kaduna. Non potevi accettare la catena non volevi cedere di un passo e credevi, di reggere le botte.

gEnErALe Tronfio sul trespolo immondo labbro truce e pendulo raffermo ostenti altorilievi funebri mostrine mostruose sull'uniforme bianca neri baffi rapaci sotto occhiali neri lo sguardo decomposto nel delirio cocainomane onnipotente carnefice crudo assassino infame che tra le dita strozzi il collo di un popolo prostrato da polizia spaccaossa con fredda compostezza braccia racchiuse al petto. Ben presto proverai, lurido bastardo mentre la fanfara rimbomberà mortuaria l'effetto travolgente della purga che il nostro attivista-cameriere ti ha propinato generoso nel condire di soppiatto l'oscena bistecca al sangue che cola ancora nell'angolo buio del tuo muso torvo ghigno di pietra…

Un UomO CoRrETto Era un uomo corretto, fino a tutto il midollo molle spugna assorbiva bui deliri da banco col confuso suo gomito inarcato nel gesto di sorregger pensieri che tentavan la fuga prosciugavan la testa basculando sul collo in un brivido etilico, in squilibrio d’ebbrezza in un’impari lotta con lo stomaco in scacco del caffè che guastava il rinforzo di grappa…

L’aNimALE ChE hO iN TeSTa L'animale che ho in testa bussa forte, mi scrolla mi fa strane proposte, mi molesta i pensieri con visioni indecenti, tremolanti istantanee si contorce nei gangli, ne fa scempio, sfracella crude crune divelte da un immane fracasso sfonda a pugni i miei freni, s'accapiglia a grovigli di serpenti ingrippati sotto piogge di fischi e di fiaschi sfiatati che disfano e sfanno il tormento incessante di chi si raccomanda di ben spegner la luce e di tirar la catena tesa al collo di schiavi prostrati in ginocchio che allo specchio non danno nessun peso né tregua porgon proni la guancia agli schiaffi a capriccio di signore indignate dalle unghie affilate lascian graffi di smalto, bende nere sugli occhi da veder sarà poco se non schizzi di spilli e sudore rappreso, molto poco sul serio.

DovRò Disimparare dovrò bon ton ed etichetta diventar più insolente di una processionaria tirar stracci nell'aria e calci contro il muro ormeggiare le mani nelle tasche dell'anima seminare impetigine in focolai di tigna… Dovrò levare la forfora dai pettini unti farne un mucchietto ben consistente spalancare di colpo le dita e mandarlo sul tuo sguardo codardo da pesce inquinato inseguendo la coda dei giorni dispersi... Dovrò assumere aria in dosaggio elevato concentrarla ai polmoni con un respiro sicuro e scaraventarti sul muso il mio bel “vaf-fan-culo”!


EnRiCa GuGLiOTtA

Sono nata a Genova il 7 Maggio 1977. A 12 anni ho iniziato a scrivere poesie. Nel 2002 sono entrata in semifinale al Festival internazionale di poesia La città dei poeti. Nel 2002 hanno pubblicato la poesia la città nell'antologia del festival la città dei poeti. Nel 2007 ho pubblicato la mia prima raccolta di poesie dal titolo: Diario dei pensieri notturni. A seguire: Il risveglio, La rinascita, Gocce di poesia, Emozioni, Sogni ad occhi aperti, Scatti e versi, Poemys, La mia seconda vita. In preparazione: 40 anni in versi. Biografie : Breve vita romanzata di Eugenio Montale, Breve vita romanzata di Alda Merini, Le poetesse liguri. 15 antologie poetiche, Ebook vari, eventi poetici, un calendario un cd musicale, video su YouTube.

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AntOniO DeViciEnTi Morandi a Grizzana Dalla finestra della casa di Grizzana Giorgio Morandi percorre col binocolo, palmo a palmo, il paesaggio. Dipinge per mediata visione, per distanza e non distratta concentrazione. Sono anni di guerra, i colori che trasceglie spesso cupi: sfollato a Grizzana per sfuggire ai bombardamenti su Bologna, non dimentica l'angoscia né la minaccia. Fa, seppur con difficoltà e senza serenità, quello che meglio sa fare: dipinge, fedele a un imperativo che pretende giustezza dell'atto, coerenza di scelta, solitudine aperta alla comunità. Morandi a Grizzana ascolta la radio mentre dipinge; sul tavolino accanto al capezzale del letto tiene un Leopardi e un Pascal: alberi, ombre, caseggiati, forme d'un silenzio di studio e d'attesa. Il poeta e il vulcano (...) corps œil lune plume (...) Jacqueline Risset, Présence de la lune (...) La luna va calando all'orizzonte dove si perde la pianura, e dice che trapassare al nulla non è male. Giovanna Bemporad, A Leopardi Mentre guarda il poeta il vulcano dal terrazzo pur assolato sta raccolto sotto una coperta, sente riottoso il corpo, fervida la mente. I giorni gli traversano ultimi le membra (sono sisma placido ma ininterrotto: sgretolano e pacificano). Non contraddice la vita l'assenso alla morte: avverte egli, piuttosto, il congedo d'una civiltà, innanzi al vulcano l'umana gloria costretta a tacere. S'impossessa dello sguardo la vertigine, luce fonda l'ombra nella pineta tra sobbalzi di rappresa lava. Antonio Devicienti, di origine salentina, gestisce il blog personale www.vialepsius.wordpress.com


Lidia GuERRieri L'IRA ( sonetto elisabettiano)

L' AMBIZIONE

E' l'ira una cattiva consigliera che tende reti, e tu non te n'avvedi! la lingua meni in troppa sicumera finchè la zappa non ti dai sui piedi.

Attento a te, all' aspide nascosto che ti corteggia, subdolo e suadente sussurrando all'orecchio della mente quanto la Musa t'ama e ti sta accosto.

Perdi le staffe come un puledrino e mentre schiumi e fai la voce grossa ti scopri agli altri debole e meschino e da te solo scavi la tua fossa.

Se a simili blandizie sei disposto t'avvolge in spire prima lentamente, poi stringe, e affonda i denti quando sente che a beffe e a delusioni ti sei esposto.

I motti e le maniere da villano rivelano la pasta di che è fatta l'anima tua quando vaneggi invano

Misero te se al bacio cedi, stolto, avvelenato di Medusa, cieco al miele nero che dal labbro stilla!

e stai attaccato più che una mignatta. Si adatta dunque ai modi tuoi inurbani, la museruola, proprio come ai cani.

Ché l'ambizione semina su argilla un alberello fragile in isbieco che cresce in rovi e impicca chi l'ha colto!

Madrigale cinquecentesco

L'AVARO

(AaBbCCdEDeFF)

Fra tutti i mali in cui s'affligge il mondo quello che più profondo barbica dentro l'Uomo è la stoltezza di cui la fanciullezza già coglie i fiori, e che avrà frutti tali da assimilarci a volte agli animali. Solo fino al suo naso vede lo stolto, eppure ha l'illusione d' essere aquila o lince, e in ogni caso ne ha piena convinzione. Perciò una vita grama hai da temere se ad uno sciocco il fato dà potere. IL COMIGNOLO Sfida un cielo di ruggine e di piombo in tuta di cemento imbalsamato quel comignolo bianco là piantato lungo e diritto in fumigante appiombo

Se carità vi fosse, e amor perfetto in questa razza umana che la guerra prende a mestiere e quasi a suo diletto, sarebbe il Paradiso sulla Terra! Ma chi nuota nell'oro tiene stretto il pugno, e in faccia al mondo l'uscio serra, né ascolta la coscienza e il suo precetto, ma pensa a sé ed agli altri calci sferra prendendo come guida quel concetto che loda chi nel guscio si rinserra; poi accende ceri e in se' cova il progetto di comprarsi anche il Cielo, ma qui erra! chè se avarizia è guardia al tuo cassetto l'incenso irrancidisce nell'acerra Nota: acerra- nell'antica Roma era il cofanetto in cui si custodivano gli incensi da bruciare nei sacrifici.

UNA STORIA QUALUNQUE

sul tetto proprio sopra lo strapiombo della grondaia e pare rassegnato, a sentirsi gabbare , rintronato dal fischio di Libeccio e da ogni rombo.

Ho solo vento in questa vecchia zucca e a scuola non mi ci hanno mai mandata; dice mi rifilò una zoccolata non so se il ciuco o forse fu la mucca.

Povero Cristo, sempre lì a lavoro! E gli uccelli lo pensano un perdente senza la libertà, senza decoro

Mi ridevano dietro:” mammalucca!” E me ne andai; poi venne la retata sotto il lampione della “passeggiata” e il pappa mi picchiò perchè ero ciucca.

senza nemmeno una paga decente però è merito suo, non è di loro se al caldo ingrassa anche chi non fa niente.

Non ebbi intelligenza e libri belli; voi siete acculturati, io non so niente! leggo a singhiozzo e conto sulle dita; Ho duri di fatica i polpastrelli, mio solo libro è il cuore della gente aula la strada, Maestra la Vita.


SOLITUDINE

APPUNTAMENTO ALL' ALBA

La casa vuota. Quando ritorno, spesso è già mattina. Vuoto in cucina. Nessun profumo di caffè né di pane abbrustolito. Sulla poltrona non c'è alcuna gonna, niente tracce di donna Nel bagno è tutto a posto, sistemato; niente rossetti in giro; alcun bisogno, mai, di protestare. E in questo vuoto, lacera il nulla il grido dei pensieri, per la tua bocca che non mi ha tentato, per quel tuo corpo mai desiderato. Dentro l'armadio, i miei vestiti in fila, stoffe pregiate, firme, un patrimonio. E, sul mio collo, il peso non cercato di sguardi d' invidiosi che graffiano il mio viso per la strada, sputano sul sorriso che mia madre adorava, sul mio profumo che non ho pagato. Io vi squadro sornione, nascondo l'ossessione per quelle vostre vite così basse, di casette e tendine di cotone, di bimbi scatenati, piccoli prati da tagliare la sera brontolando, almeno fino a quando si scappa tutti per un giorno al mare di profumo d'arrosto con patate, di semplici serate. Per le vostre ragazze in camicetta, occhi di caramello, guance come di pesca, da mangiare dentro le macchinette sgangherate sempre da riparare. Per i bisticci, per i suoi capricci i conti in tasca per poter sposare. Passano l' ore d'un mattino vuoto sul mio orologio d'oro così raro che lei ha pagato caro. Lo serbo per stasera il mio sorriso: “comprate il Paradiso! Il gigolò elegante e raffinato, di signorile aspetto!” Ti vendo il luccicare d'un sorriso, l'essenza mai.

Metà notte è passata e corre il giorno all'ora dell' allodola, alla donna che sul fare dell'alba quieta aspetta. Fredda sopra le sbarre s'è posata la mano della luna, Grida un gufo lassù, sulla collina inanellata in siepi e piante antiche. Ma quanto tempo ancora là staranno lo sguardo fisso al mare che nella conca luccica lontano? Ma quanto tempo ancora? La notte è lunga. Eppure è così breve! Insieme con l' odore della terra, il vento porta immagini sbiadite, sopra passi scordati. E vedo boschi dove, bimbo, mio padre m' insegnava le sante piante della santa terra. Pulsa una vena sulla tempia inquieta, e conta i miei minuti. C'è un brivido di chiaro in fondo al cielo! Non tarda nel suo impegno mattutino, appena desta, la perlata Aurora! Sul banco dell'Oriente vende rose, e fiordalisi, e gigli a buon mercato, ma non l'ho mai saputo chè l'oro del mio tempo non ho speso in compere pregiate! Rapido pulsa il sangue nelle vene brucia le tempie e mi scandisce l'ora. Passi. La chiave stride nella porta e geme. La mia signora ha fretta, e nelle stanze discrete già m'aspetta: lo sguardo scuro fisso alle le mie colpe, la folgore che brucerà il domani. Si ferma il tempo. Dio che ho rinnegato, vienimi accanto, stringimi le mani! IL CIPRESSETTO Ballata mezzana xYY-AbCCaB-bYY

Rasente il marciapiede, severo e smilzo s'alza un cipressetto -pare un impiegatuccio in doppio petto-. Se ne sta lì, compunto e tutto solo, al sole e alla tempesta, e registra ogni fatto con gran cura come se mostrar fosse sua premura d'essere un buon figliolo, affidabile e senza grilli in testa. Gli faranno la festa senza nessun rimpianto né rispetto appena allargheranno il parapetto.


AGORA' Piangete, cieli! E voi creature tutte che fra le braccia cinge l' universo! Morta è Ipazia la bella, diletta figlia delle vie celesti, sacerdotessa casta del sapere! lei, che, donna, discese nell'agorà fra saggi e tra potenti, e a noi dalle sorgenti della filosofia colmò le coppe ora a nessuno spengerà l'arsura! La dotta, la Teonide divina, che su ignoti sentieri mosse i passi per le sonanti orbite celesti,

ma più rivolgerà l'acuto sguardo alla profonda notte e ai suoi misteri . Squarciò il fragile corpo l'Ignoranza, di cocci armata, e in roghi arse le membra e la stracciata veste ! Piangete, cieli, vasta l'afflizione dell'universo intero in gran lamento! Lei che fissò negli occhi il firmamento e ne comprese le alte melodie è in altra dimensione. In memoria di Ipazia, figlia di Teonio, che visse nella seconda metà del IV secolo ad Alessandria d'Egitto, matematica, astronoma , filosofa insigne, che tenne scuola in Alessandria e che durante una rivolta religiosa fu uccisa e fatta a pezzi dall'ignoranza dei Cristiani in quanto pagana.

Ho poco da dire perché la mia vita è stata semplice e si è svolta fra scuola e casa Sono nata a Piombino ( Li) il 10, XII.'46 , unica figlia di famiglia povera. Ho studiato grazie ad un amico del mio babbo che mi passava i libri della figlia che era più grande di me ed ho frequentato il Liceo Classico “G. Carducci” di Piombino e, dopo, l'Università grazie ad una borsa di studio piuttosto consistente che vinsi per un tema sulla morale nel Manzoni e che mi vide prima in tutta la provincia. Mi sono laureata in Lettere all'Università di Pisa il 21 Marzo del 1972 con una tesi sperimentale sulle miniere del massetano che sapeva più di Geologia che di Lettere, ed ho insegnato Lettere in scuole di vario ordine e grado fino al 2004, quando sono andata in pensione. Scrivo poesie da circa tre anni ed ho cominciato da zero. Mi ha “trovata” in un gruppo su fb il poeta Mimmo Martinucci che mi ha contattata e mi ha presa per mano insegnandomi praticamente tutto perchè io non sapevo nemmeno riconoscere un accento. Ho poi approfondito altri aspetti della metrica da sola e discutendone con altri appassionati più esperti di me. Amo la metrica perché, a mio avviso, se ben usata dà armonia al verso, ma non le forme metriche chiuse; preferisco l'alternanza di endecasillabi e settenari. I temi che preferisco trattare sono gli affetti familiari, i ricordi e il rimpianto, il quartiere in cui sono nata, il passare del tempo, la natura, cose comuni a tutti. Non sono un'appassionata dei concorsi di poesia, partecipo raramente e di solito se me lo chiede un amico. Non m'illudo di essere un poeta e scrivo solo per avere un impegno nella vita di tutti i giorni ed amici su fb con cui parlare di questo comune interesse.


Roberto Marzano: Arnaldo Cestaro, massacrato durante dell’irruzione della polizia alla scuola Diaz a Genova nel 2001: http://www.repubblica.it/politica/2015/04/07/news/g8_genova_cestaro_ho_visto_l_orrore_dello_stato_-111370162/


MaTtEo CoTuGNO Camice bianco

Farmi

Una vita storta

Gli emisferi cerebrali non si spengono di notte, nelle sinapsi il ricordo si consuma dell’agire diurno, involontario ripercorrersi in replay d’istanti, inesorabili passi alla fine, puntini di sospensione che affratellano alla morte, quasi una prova generale.

Farmi è farmi male, volo e non cado ma rovino su di me, sulla mia vita su chi amo… amo… cosa? Una polvere bianca che sorride sempre ed io sorrido sempre al nulla, precipizio di sogni irraggiungibili, come stelle finte acquistate all’angolo della solita strada che mi divide da me.

Sarà ch’è tutto inclinato il mondo a quest’ora che le ombre si spengono nelle mie palpebre adagiate sul bancone a bere sogni di vetro aggrappandomi a tutto, perché è tutto storto, è tutta storta la vita vista da qui.

Il risveglio dai barlumi sposta i confini lungo la corteccia motoria a smuovere i muscoli, dentro recalcitranti pensieri di realtà cosciente, volontari cammini di sorrisi, strette di mano e abbracci, sospesi fra coni e bastoncelli a dargli vita e colore.

Lacrime di pietra giù nello stomaco che non regge più nemmeno le farfalle dei primi baci rubati, strappati e dimenticati, tra gli schiaffi del dolore d’una vita inclinata, barcollata a stento tra sorrisi e pugni. E il mio ti amo non serve più a perdonare, a perdonarmi, ma te lo grido lo stesso, inclinato nei miei vetri.

Matteo Cotugno, a Modena dal 1982, nasce nel 1963 a Foggia, nel 2010 pubblica il suo primo libro di poesia “PoesiAnima” che diventa selezione del premio poesia Alessandro Tassoni di Modena, lo stesso anno espone per il mese di settembre al Palazzo dei Musei di Modena la sua silloge poetica a tema museale “Silloge per il museo”. Nel 2011 espone al Maschio Angioino di Napoli le sue poesie a tema spirituale nella personale pittorica di Aurora Cubiciotti “La passione di Maddalena” (medaglia di rappresentanza dal Presidente della Repubblica) Dal 2012 cura diverse antologie di poesia diffondendole gratuitamente in formato ebook… Un cielo di poesia (tema libero), Alda nel cuore (dedicato ad Alda Merini), Goccia a goccia (tema sociale) e InfinitAmore… diventate appuntamenti annuali per centinaia di poeti e neopoeti e per migliaia di lettori. Finalista al Premio Poesia Tassoni nel 2013 e nel 2014. Nel 2014 pubblica il secondo libro di poesia “InVersi” edito da Youcanprint e riceve al Maschio Angioino di Napoli un premio (Alfonso Gatto) alla carriera letteraria per meriti artistici nella divulgazione della poesia con le antologie in formato ebook. Nel 2016 si classifica al secondo posto nel concorso internazionale di poesia e fotografia "Quel profilo in lontananza" dell'Ass. Licenza Poetica. Nel 2017 finalista Premio Poié di Gallipoli e targa di merito artistico per il contributo alla poesia nell’evento “Centomila Poeti per il cambiamento” Monterosi.

http://poesiedimatteocotugno.blogspot.it/ - cotugnomatteo@libero.it


izAbeLLa TeRESa KoStKa PUTTANA (Milumbe, una delle tante prostitute sulla Binasca, nei pressi di Milano) Mi chiamate puttana, eppur varcate ogni confine dei sensi di colpa per palparmi la carne

PATER MEUS

Padre mio che sei assente, estraneo ad ogni mio pensiero, un'immagine blanda sospesa nel nulla, nello scrigno segreto della infanzia, vorrei conoscere i tuoi sentimenti smorzati sugli scogli di tanti errori, avere un giorno le spiegazioni e le risposte per "ogni vuoto".

e le calde membra.

Quanto arde in voi

Padre mio assai sconosciuto, temuto, negato nell'adolescenza, ti dedico oggi una preghiera, un caldo abbraccio di conciliazione.

il bramoso desio,

Pace sia con te ovunque tu sia.

divora la ragione e fa negare il Dio.

LIBERTĂ€ (Ismaael)

Vi plasmo, godendo del mio potere, spingo le menti nella lussuria, impossessati dal sesso, privati d'orgoglio, pagate per i gemiti coi lingotti d'oro. Ora mi date della puttana?

Tu la sognavi, profumata di terra del solleone tra i cespugli di timo e le bianche scogliere, lontana dalle grida dei vigliacchi scafisti erranti sulla riva come un branco di iene. La sognavi, sul barcone affollato di ombre, coperto a strati di rifiuti umani, aggrappato al buio agli scarti di vita dissetato soltanto dall'agro sudore. Incidevi sulla pelle il suo nome usando il sangue come inchiostro. LibertĂ !

Eppur sono Io la vostra Padrona!

L' hai trovata all'alba, abbracciando la Morte, naufragando sperduto tra i flutti del mare.


KOSTKA IZABELLA TERESA nata in Polonia, dall'anno 2001 residente a Milano. È laureata in pianoforte, è scrittrice e poetessa, docente di pianoforte, giornalista freelance, traduttrice, organizzatrice e presentatrice di eventi culturali. Ideatrice e coordinatrice del programma "Verseggiando sotto gli astri di.. ", ideatrice e co - fondatrice del Gruppo per la diffusione della cultura e dell'arte "Valchiria", capo - redattrice del blog culturale "VERSO- spazio letterario indipendente. Ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti nazionali e internazionali tra cui importanti riconoscimenti per l'attività artistica e letteraria svolta. Ha pubblicato nove libri di poesie, le sue opere sono presenti su molte prestigiose antologie tra cui "Novecento non più. Verso il Realismo Terminale" con lettera di GuidoOldani


PaOLa FARAH GiOrGi Fu solo un attimo Ho perso la mia umanità un giorno di nebbia, ed esattamente un giorno di nebbia nel bosco. L’avevo per mano, la mia umanità, come sempre. Camminava al mio fianco, silenziosa e beffarda, anche lei immacolata d’incertezze sul futuro, sul passato, su tutto. Come me. Ci piaceva vivere, nonostante tutto. Io: astruso e un poco matto, ma non troppo, appoggiato a questo mondo a soqquadro, a volte brutto, a volte bello. Lei: frizzante, saltellante, sfarfallante. Quando mi sentivo frastornato, può capitare a tutti, la tenevo stretta, nel bosco, stretta per mano. Lei, la mia umanità, rideva. Ci sapeva fare, con me. Così è la vita, mi diceva, tutta a soqquadro, perché perderci la testa? Facciamoci una passeggiata, in un bosco è meglio. Si respira. La resina affiora dai tronchi, sfuma nell’aria, arriva ai polmoni. Si sta bene. La testa sta fissa sul collo, non riesce a staccarsi. Mi aveva convinto, ed era vero. Io fischiettavo. Lei saltellava. Libero io, libera lei. In una scatola buia è molto peggio. A volte, ma non troppo spesso, la mia testa aveva abitato in una scatola buia. Mi riprendevo presto, però. Lei anche. E via … via nel bosco. Poi l’ho persa, la mia umanità, e mi sono perso. L’ho persa per davvero. Ha staccato la mano. Le nostre mani si sono staccate. La nebbia ha fatto il resto. La nebbia è stata creata per questo: per fare perdere la gente, per farla cadere. Densa. Bianca. Informe. Ora vago nel bosco, ormai da anni, o forse da giorni, non so, e so di non essere più umano, da quando ho perso lei, da quando ho perso me, ma non so altro: non so chi sono, o cosa sono. Sono confuso. Alcune volte odoro di resina, altre volte di terra, terra e basta. Qualcuno, a volte, mi calpesta. Umanity Schmitt tornò in quel bosco molti anni dopo, al termine di un periodo in una scatola buia. Tutta colpa della nebbia, la caduta di Samuel nel burrone, hanno detto. Fu recuperato il giorno dopo. C’era un gran sole. Le sue ceneri furono sparse lì, vicino all’albero che trasudava resina, vicino al burrone. Umanity Schmitt provò un lieve senso di colpa, quel giorno, ma fu solo per un attimo. Non c’era stato un perché. Paola Farah Giorgi lavora alla Biblioteca Internazionale per ragazzi Edmondo De Amicis di Genova. Come scrittrice, appartiene al genere melanconico-triste-ironico-erotico-umoristicosurreale. Ha ideato e conduce il laboratorio di scrittura “Scrivere Zen” e, per ragazzi, “Il giovane Edmondo”, improntati entrambi al sano divertimento. I suoi romanzi: “L’Angelo di Cyprès Méchant”, “Guimauve”, “Mecenate d’Eros”, “Il portagioie cinese e altri racconti”. In fase di realizzazione: “Le Avventure di Villa Bietola”, romanzo a episodi che sgorga dal piacere di scrivere in sé e per sé, ormai libero e salvo da ambizioni letterarie profonde. Insieme ad altre amiche scrittrici ha fondato a Genova l’Associazione Culturale LibriDa (www.librida.it) per l’organizzazione di presentazioni di libri ed eventi culturali (ma non solo). www.paolafarahgiorgi.it


PaTriZia CaMEDdA MARE NOSTRUM (III) Tu non sei mio fratello Ed io sono sorella di molti Non sei mio fratello Quando ti ergi a urlo dis-umano E calpesti Miei fratelli e sorelle Tu non sei mio fratello E maledico il seme violento Rabbioso, feroce e impudico Ho fratelli in ogni luogo Sotto molti cieli Li avvolge il mio pensiero I miei fratelli Sono gli ultimi della fila Le mie sorelle conservano Il sorriso e lieti canti di vita I miei fratelli hanno il coraggio Le mie sorelle resistono Alle intemperie di tempi imbastarditi Tu non sei mio fratello Bava alla bocca Senza memoria Occhi iniettati di sangue Mio fratello è gentile Vestito della dignità Di chi non si arrende Mia sorella è una regina La sua corona Il dolore di un mondo in frantumi

You are not my brother and I'm sister of many you are not my brother when you stand up as an in-human cry and you step on my brothers and sisters you are not my brother and I damn the violent furious, fierce and lewd seed I've got brothers everywhere under many skies my thought wraps them my brothers are the last of the row my sisters store the smile and happy life songs my brothers have the courage my sisters resist to the bad weathers of degenerated (bastard) times you are not my brother drool on mouth without memory blood soaked eyes my brother is kind dressed of dignity of a man who doesn't give up my sister is a queen her crown the sorrow of a shattered world (traduzione di Emilia Capasso)

INSIEME ATTRAVERSO INFINITI ABISSI Trema la mano che più non sfiora Che sorriso è il tuo che nasce nell'angolo ricurvo di labbra che contorte parlano, mute, di sofferenza Angoscia in frammenti vela le pupille i pensieri più leggeri sono plumbei macigni di roccia lavica ancora incandescente Mi saluti dal divano Mi chiami dal balcone che ti fa prigioniero Mi guardi andar via Sento sulla nuca, andando, il tuo sguardo che è preghiera se ti siedo accanto e sfioro appena il tuo dolore solco con te infiniti abissi


Patrizia Camedda, madre di un adolescente, scrivo. Impiegata per oltre 20 anni ad occuparmi di numeri e rendiconti ho coltivato la passione per la scrittura soprattutto di notte. Diplomata in arti applicate riesco a riconoscere “il bello”. Laureata in psicologia alla veneranda età di 45 anni (tesi : http://m.youtube.com/watch?v=V2N9UB0UxfU ) ho effettuato tirocinio annuale per accedere all’esame di abilitazione presso una struttura di residenzialità leggera in psichiatria. Ho perfezionato la mia preparazione in Psicologia frequentando un Master di II livello in psicodiagnostica dell’età evolutiva presso l’Istituto Adler di Torino e un percorso di formazione su DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) come Tutor dell’Apprendimento. Attualmente sto frequentando il secondo anno di specializzazione presso la Scuola Adleriana di Psicoterapia di Torino. Iscritta all’Ordine dei giornalisti del Piemonte dal 2007 scrivo (dal 2005) per passione civile, collaborando con un giornale locale La Nuova Periferia (precedentemente: L’Inchiesta di Sicilia, Tecnica della scuola). Dal 2010 collaboro con l’IIS Galileo Ferraris di Settimo con un progetto di giornalismo dedicato a studenti delle fasce deboli (progetto a.s. 2013/2014 www.HYPERLINK "http://www.youtube.com/watch?v=XQWSWQxq4Kw"youtubeHYPERLINK "http://www.youtube.com/watch?v=XQWSWQxq4Kw".com/watch?v=XQWSWQxq4Kw; www.HYPERLINK "http://www.youtube.com/watch?v=eM0zxLUOeZs"youtubeHYPERLINK "http://www.youtube.com/watch? v=eM0zxLUOeZs".com/watch?v=eM0zxLUOeZs). Negli ultimi tre anni ho presentato/moderato eventi pubblici e presentazione di libri e autori (VI edizione Festival delle Ville Venete). Nell’a.a. 2012/2013 ho partecipato a un tirocinio universitario finanziato da Regione Piemonte e Unione Europea sui Discrimini, con la realizzazione di uno spettacolo teatrale, Nuovo Alfabeto prossimo futuro, andato in scena alle Officine Corsare di Torino (novembre 2013) Murazzi student zone (novembre 2013) teatro Vittoria Torino (marzo 2014) e presentato nelle scuole superiori del Piemonte. Scrivo poesie e partecipo a slam e serate di declamazione. (Murazzi Poetry Slam; Monferrato Poetry slam; II Edizione Giochi Poetici c/o Cultura e Società; La Revoltosa Poetry Slam; CaleidoScoppio Murazzi). Ho pubblicato a Novembre 2015 la mia prima raccolta Le Ombre Umide. Da Aprile 2014 faccio parte del Collettivo Donne del Progetto teatro Spi-Cgil che ha realizzato lo spettacolo Divagazioni sul Potere, Un mondo possibile, andato in scena al teatro Garybaldi di Settimo To.se il 12/12/2014 e al teatro Astra di Torino il 21/04/2015. Insieme al poeta Enrico Mario Lazzarin (Ass.culturale Due Fiumi)presso la torre medioevale di Settimo To.se. il 21/03/2015 ho organizzato e presentato l’evento, gara poetica a eliminazione diretta Buttalo giù dalla Torre, il 20/03/2016 ho organizzato e presentato l'evento Poesie Aeree Tra Torre e Terra con atterraggio poetico e l'08/04/2017 Dalla Torre al Mondo, poesie di impegno civile su inclusione, diritti. Da novembre 2014 sono socia volontaria attiva (progettazione, comunicazione, relazioni pubbliche) e membro del Direttivo del Centro antiviolenza Uscire dal Silenzio di Settimo To.se. Da febbraio 2016 sono membro del Direttivo dell’Associazione culturale Due Fiumi.

Da settembre 2016 socia volontaria attiva del Circolo Legambiente di Settimo To.se


RoSAnNa FRaTTaRuoLo SANGUISUGA

IL LEVIATANO

Mi rubi le radici intrecciandole in una collana per circondarti il cuore mi prendi le fronde e le mastichi come fosse tabacco

Del nostro tempo non restano che macerie sotto le grinfie e gli scatti meccanici della ruspa Bottiglie vuote di vodka colme di rassegnazione rotolano ancora su autostrade di parquet

Ti abbeveri dalle mie emozioni sperando nella metamorfosi da cigno ad airone ma sei solo un gallo da pollaio

Un'alba insolita il sole giĂ tramonta sulla tua testa e sulle ossa rotte della balena bianca.

Credi di poter camminare con le mie scarpe ma sul tacco dieci il tuo sedere non ha la mia movenza ipnotica

Il Leviatano ti attende otre il vuoto giĂš dalla scogliera per ingoiare assieme ai tuoi incubi di donna i tuoi sogni di ragazza

Seppur fiuti la mia strada segugio sul mio culo non riuscirai a prendermi nelle mie inarrivabili intuizioni

E tu hai preferito le sue fauci al mio alcolico cuore

ROSANNA FRATTARUOLO, pugliese di origine, vive a Manfredonia fino a trent'anni, ove consegue diploma di ragioneria e poi Laurea in Economia. Dopo la laurea, si trasferisce a Cuorgne' in Piemonte dove tuttora vive, occupandosi di consulenza fiscale. Appassionata d'arte, dal 2002 comincia il suo viaggio nella poesia e nel 2011 pubblica, assieme ad altri autori, alcune poesie su una pagina dedicata del Il Mattino di Foggia. Alcune sue composizioni sono pubblicate in antologie e blog letterari. Nel 2017 inizia a scrivere piccoli racconti per bambini, partecipando all'antologia Incantevoli storie di Luna, edizioni LunaNera. Presente sul canale Mitico channel nella rubrica Immagini & parole curata da Rosanna Spezzati, pagina intitolata "Un'ora". Diverse le partecipazioni attive a reading e collettive artistico-letterarie di pittura, fotografia e poesia.

ph Nicola Loviento


SaNdrA De FELiCE Le Poesie che presento sono state ispirate dalle Persone care che ho perso lungo questo viaggio terreno...Ci avviciniamo al 1 e al 2 Novembre, giorno di Commemorazione dei Santi e dei nostri Cari Estinti. E' umano amarli ancora e per sempre attraverso i ricordi e le Poesie.

RICORDI Odo nella notte il sussulto dei ricordi, appena se ne avverte la presenza... sembra il fruscio del passo deluso di un amante abbandonato che dopo aver atteso invano torna indietro nel sentiero, col capo chino e il volto ormai deluso.... Odo nella notte il sussulto dei ricordi, avverto appena il ritorno del dolore. A LUISA (2007) Amica, ho pensieri per te al ricordo del tuo sorriso che tenero torna nella mia mente dal passato , pensieri che sgorgano in lacrime.. Amica, ho parole per te al ricordo della tua voce cosi' bella che riascolto da lontano, mi accarezza la tua voce dalla soavità dell'eterno tuo dormire.. Amica mia....amica mia dolcissima, mio petalo di rosa caduto tra le spine, per sempre cara sarai al mio cuore.. A MIO PADRE Mi volto, dietro le mie spalle respira affannato il passato, nella solitudine tutto intorno c'è sapore di te....del tuo ricordo, amato ricordo,

ricordo impellente.... Mi volto, dietro le mie spalle riemerge il vuoto che si protrae...infinitamente e non distinguo più il passato, tutto di ieri è così intensamente a tratti presente, sei così vivo in questa assenza.… ALL'AMICO PERDUTO Dormi ora sulla nuda pietra... dormi, mentre raccolgo i nostri ricordi sparsi in gomitoli di dolore... In questo giorno innevato di novembre e acceso di dolore diventi parte infinita di questo gelido autunno 28 Novembre 2013

******** Sono questi giorni tortuosi quando scalpitante torna il dolore a graffiarmi il cuore, quando la solitudine scandisce ogni mancanza gelando il respiro e i ricordi sbiadiscono...appaiono minuti in lontananza... Sono questi i giorni dell'abbandono, delle parole mancate dei baci negati e con occhi velati rivedo i miei giorni andati. 24 0ttobre 2014, ore 21:10


HO RIPERCORSO Ho ripercorso il viale dei ricordi sotto un cielo autunnale squarciato da un tramonto rossastro, immersa in un paesaggio imbrunito dalla solitudine delle foglie cadenti... quante .panchine vuote....molti gli assenti... Sotto un cielo che piange ho ripercorso il viale dell'addio e tutto l'implacabile dolore, mentre dalle panchine vuote man mano mi allontano in un liquido orizzonte di luce azzurrata.

CIAO OMAR ( Dedicata al mio amico Omar Tullio ) Piange il vecchio padre... Le sue lacrime sono petali di rosa sparsi lungo il viale dell'addio... Non hanno piu' colore gli occhi suoi, tanto piange...stringendo la dignitosa giacca di uomo di altri tempi. Pensa ad un passato ormai dissolto e a un futuro di dolore racchiuso nella disperata rassegnazione... Piange il vecchio padre sulle amate spoglie del giovane figlio, mentre il Cielo piange una stella spenta. Ciao Omar...

2 novembre 2016

Sandra De Felice è nata a Scafa (Pe).Vive e lavora a Pescara. La sua opera prima il libro di poesie d’amore “Frammenti di luna”è stato pubblicato nel 1998 dalla Casa Editrice "TRACCE" di Pescara. La sua opera seconda il libro di poesie “Trasparenze” è stato pubblicato nel 2011 dalla casa Editrice Aletti.Con la stessa pubblica poesie in numerose Antologie. La piu' prestigiosa è

L'ENCICLOPEDIA dei Poeti Italiani anno 2009 che .raccoglie tre Poesie di

Sandra. Nel 2014 ha partecipato all’ Antologia “ Vortice” con un componimento di poesie intitolato Il Mare, gli amanti e il poeta”Per la “Casa Editrice “ Pagine” ha partecipato alla realizzazione della Collana Riflessi 2014 con una Raccolta di poesie dal titolo ” Bagliori Autunnali”.La sua Terza Opera di Poesie dal titolo "DIPINTI POETICI" è stato pubblicato a Marzo 2016 dalla Casa Editrice ERMES Servizi Editoriali Integrali S.R.L.


AdeLE FeRRaRi Ed ora è tardi

si sgretolava la vita

è forse troppo tardi

là dove crollava il suo mondo

Per qualsiasi altra cosa

trovava la forza scomparsa

Ma da qualche parte

per rialzarsi, zombie

In un sotterraneo

il suo fiato flebile

C’è ma si nasconde

parte delle divergenze

Si mimetizza.

nelle sue membra sciolte

E’ lui o no?

egli restò immobile e incredulo

Ascolta … lo senti?

avanti, a lato era giunta

Parla una lingua antica

ai sui ricordi ancestrali

non si capisce la sua origine

la mietitrice

E’ umano o alieno

alla sua vista spaventosa e cupa

E’ frutto della vita

si alzava la voce dei diretti antenati

Il risultato di una sperimentazione

“ a casa, torno a casa”

Una nuova genesi

ed era un urlo silente complesso

L’eco del suo accento persiste

che si aggrappava a macerie

E non si stanca

che fermava e finiva

Proviene da quella grotta scavata dalle onde

le tenebre

Che l’attraversano ormai …

estremamente complicato alla luce

La sua voce è una cantilena Che non si arrende e mormora

Si va come si può

Progetti futuristici rinnovabili.

Col fiato sospeso a mezz’aria Si boccheggia Su un filo teso

Giunse là

Da un monte all’altro

dove sentiva svuotarsi la mente

Su un baratro

spezzarsi il cuore in migrazione

Si va come meglio si può

là dove tutto conteneva

Si procede a stento

e nulla tratteneva

Con negli occhi la paura

niente di ciò che gli apparteneva

Del prossimo passo

avrebbe portato

E pare che questo non abbia mai fine.


Identificare il mostro

non restiamo immobili ottusi

dal potere scontato

contro ogni buon senso della ragione

risultato di mille bugie ideate nella lavagna di una logica

Là dove passava l’ignoto

matematica del cappio

Era un deserto di ghiaccio

il suo volto di creta malleabile

Era un cerchio di fuoco

si conforma con smorfie della carne molle

Un’onda anomala

alle mille maschere che alterna

Lui col suo grande cuore forte

il declamatore, l’oracolo

Galleggiava nella notte

la sua natura variopinta

Dove nessuno passava

la sua materia magmatica sfugge

Tentacoli viscidi di effimere promesse

libero da convenzioni

Di sordido potere

corrotto, protetto

Lo presero per i capelli

intoccabile utopia

E lo spinsero giù

non l’idealista liberalista

Lui scivolò lentamente

tenuto sotto controllo

Nell’abisso nero inchiostro

ma corsaro popolare

Da cui riemerse libero

che coinvolge, opprime e reprime

Il fato gli puntò un coltello in gola

slanci e vita

Ma lui credeva! E non tremò

scorpione con la coda alzata

il suo bel cuore comunque canta

con i muri delle nostre fortezze assediate

in cerca di una dimensione

strappiamo per tempo le sue maschere

Per risorgere.

sveliamo il mostro che si cela sotto mentite spoglie pesantissimo stratificato


MaURA TaOrMiNa A SANGUE FREDDO Perdo sangue da una lacrima caduta sopra un passo più lungo della gamba. Perdo sangue da parole ruzzolate da un dirupo attaccate ad un ricordo senza tante protezioni. Perdo sangue tra le dita aggrappate ad un bisogno scivolate su un fondale di coralli di cemento. Perdo sangue da un pensiero scivolando dall' accusa che sia una scusa. Perdo sangue

dentro al mondo. Non lo so e mi nascondo. PAROLE La parola è un ghirigoro senza senso formata da a sé stanti spettatori. Null'altro se al cospetto ci inchiniamo a veder di che pasta siamo fatti. Niente più se non che assistere allo scempio programmato da cervelli inorriditi palpeggiati da orpelli benevoli e incostanti.

27 GENNAIO Ma se tu avessi visto dietro a quel cancello la morte come ballava... Mi pungeva gli occhi tremenda e cattiva colpiva ai fianchi lo stomaco afflitto mordeva il cervello calpestava il cuore scalpiccìo leggero vanità del dolore. Gioiosa morte che intorno mi balli siedi. Io, scalza, mi vendico vivendo.

VENDICANTE Chi era? No, ora dimmi chi era che poteva strisciare davanti alla mia porta alzandosi sui ginocchi portando esclamazioni con la bava alla bocca. Mi hai urlato dalla finestra con la faccia viola e una spilla da balia alla guancia. Mangiavi fiorentine da vegana e sputavi sentenze nel mio piatto. Io ti guardavo col foulard al collo e le ginocchia storte. E prendevo pastiglie girandomi i pollici.

Sono nata a Genova l’11 luglio 1963 da genitori siciliani trasferitisi a Genova alla fine degli anni ’50 per motivi di lavoro. Sono sposata e ho 2 figli. Ho un diploma in perito tecnico per il turismo. Mio padre mi ha trasmesso l’ amore per la danza, il canto e l’arte in genere.Divento prima ballerina di danza classica e modern/jazz, successivamente insegnante delle due suddette discipline. Ho diretto saggi e spettacoli scrivendone personalmente i testi e curandone la regia.Ho partecipato a concorsi di danza in qualità di giurata e preso parte a film e spettacoli teatrali. L’anno scorso la mia coreografia “Mia ombra di luce” ha avuto vari riconoscimenti in 5 differenti concorsi anche a livello internazionale. Ho lavorato in varie radio private genovesi tra gli anni 80 e 90. La mia passione per la scrittura nasce poco dopo aver imparato a scrivere. Avendo smesso di insegnare da qualche anno, mi dedico un po’ di più alla poesia quando gli impegni di lavoro e familiari me lo permettono.Mi piace ridere e scherzare in compagnia, per contro adoro trasferire su carta le mie inquietudini ed i miei pensieri chiudendomi in piccoli spazi fisici e mentalmente comodi.


NiCoLa SaLviNi 2 SPEDIZIONE NEL TERRITORIO DEGLI UROPANI (dal resoconto della spedizione nelle Terre d'Occidente guidata dal venerabile Hsun Chen, emissario della Repubblica Imperiale, anno 2625 e. v.) 125° giorno la marcia prosegue stiamo entrando in territori occidentali di cui non si avevano più notizie dal tempo della Seconda Guerra Spaziale di duecento anni fa morale alto 136° giorno le popolazioni di questi territori selvaggi sono evidentemente regredite incontriamo ogni giorno immense rovine la regione un tempo era prospera poi la guerra ha lasciato un segno pesante pochi terreni coltivati, intorno ai villaggi degli indigeni per il resto, foreste a perdita d'occhio 138° giorno abbiamo catturato quattro indigeni adulti tre maschi e una femmina sono leggermente più alti di noi, pelle chiara, capelli biondi parlano un idioma gutturale che sembra ricordare l'antica lingua tedesca abbiamo provato a interrogarli con il translatore linguistico questa gente chiama sé stessa Uropani sono divisi in tribù adorano molti dei il più potente è il dio Uro (da cui il loro nome?) 143° giorno gli Uropani catturati hanno accettato di farci da guida si comportano come bambini non hanno mai visto un fucile laser sono molto docili e obbedienti 149° giorno la guerra di duecento anni fa ha prodotto mutazioni imprevedibili nella fauna di questa regione vediamo animali che non sappiamo catalogare gli Uropani che ci accompagnano hanno detto di temere in particolar modo tre specie di animali: i mercati gli investitori e le banche 153° giorno oggi abbiamo visto un mercato e lo abbiamo abbattuto con cartucce narcotizzanti è un sestupede con la pelliccia di colore bruno alto un metro e mezzo e lungo circa tre ha due teste e nelle due fauci ha tre serie di denti ricurvi gli Uropani dicono che è un carnivoro estremamente spietato e che caccia in branco 155° giorno avvistato un branco di mercati erano circa una trentina in mezzo ad essi abbiamo visto un'altra razza, simile ai babbuini, ma con due teste postura parzialmente eretta, con due gambe e quattro braccia gli Uropani ci hanno spiegato che sono gli investitori 158° giorno ci stiamo scervellando sul mistero biologico che lega i mercati agli investitori le due specie sembrano vivere in simbiosi ci siamo accampati ai margini di una prateria ai piedi di un rilievo montuoso dobbiamo riuscire a catturare un investitore 162° giorno continuando a fare escursioni nei boschi intorno alla base oggi abbiamo avuto un colpo di fortuna trovato un investitore isolato l'abbiamo immobilizzato con le reti a distanza poi l'abbiamo sedato e portato al campo gli Uropani sono terrorizzati dalla creatura e non vogliono avvicinarsi ad essa per nessun motivo


164° giorno confrontando i due esemplari catturati siamo giunti a questa stupefacente conclusione, che le due bestie appartengono alla stessa specie, ma si sviluppano secondo percorsi evolutivi differenti dagli Uropani abbiamo appreso notizie contraddittorie secondo gli indigeni, sia i mercati che gli investitori sarebbero di sesso maschile e i mercati deriverebbero dagli investitori ma noi non riusciamo a capire in che modo questo possa accadere dove sono le femmine? 166° giorno forse abbiamo capito con pazienza, abbiamo di nuovo ascoltato gli Uropani essi dicono che gli investitori ad ogni plenilunio cercano le femmine per fecondarle alla nostra domanda: chi sono le femmine e dove si trovano? gli Uropani hanno risposto: le femmine noi le chiamiamo banche e si trovano dentro la montagna 167° giorno c'è solo un modo per verificare i racconti degli Uropani abbiamo liberato l'investitore catturato dopo avergli inserito sottopelle un chip radiotrasmettitore così potremo seguirlo nei suoi spostamenti 168° giorno appena liberato, l'investitore si è allontanato verso nord lo teniamo sotto sorveglianza con il radiotrasmettitore 169° giorno abbiamo mandato un drone da ricognizione verso nord, lungo la direzione presa dall'investitore le mappe digitali che abbiamo ricevuto ci dicono che risalendo per circa quindici chilometri la vallata all'imbocco della quale siamo accampati si giunge a un altopiano disabitato dove compaiono delle aperture che potrebbero dare ingresso a un sistema di grotte l'animale che abbiamo liberato sembra essere diretto proprio da quella parte proveremo ad appostarci nei pressi per verificare i movimenti del nostro investitore fra due giorni è plenilunio 170° giorno l'altopiano è delizioso, con alcuni piccoli laghi incastonati nel verde della foresta alternato a praterie abbiamo organizzato una squadra di esplorazione siamo entrati in una cavità rocciosa che sembrava spingersi verso il basso era abbastanza ampia e consentiva di camminare eretti abbiamo proceduto per circa due ore finché siamo giunti in una specie di grande sala ne abbiamo potuto valutare le notevolissime dimensioni attraverso i misuratori a infrarossi da una parete all'altra la sala era larga circa un centinaio di metri, lunga altrettanto e alta più o meno cinquanta verso il fondo abbiamo percepito la presenza di numerosi animali, molto grandi, immobili, che nella forma ricordavano vagamente le balene in realtà, come ci hanno poi spiegato gli Uropani, quegli animali erano le femmine della specie, cioè quelle che gli indigeni chiamano banche ci siamo messi ad aspettare in silenzio il radiotrasmettitore segnalava la presenza del nostro investitore nelle vicinanze 173° giorno siamo tornati alla base gli Uropani avevano ragione durante il plenilunio nella grotta dove noi eravamo sono comparsi molti investitori, fra i quali abbiamo individuato anche quello che avevamo catturato li abbiamo visti avvicinarsi alle banche emettendo dei suoni simili a mugolii alternati a grugniti le banche erano agitate, ondeggiavano ritmicamente quasi come se danzassero gli investitori le hanno montate in gruppo, per ogni banca ce n'erano una decina, e fra loro si spingevano, si mordevano, e intanto cercavano le vulve aperte per infilarci il membro e copulare le banche gemevano e si contorcevano sotto quegli assalti selvaggi è stato uno spettacolo francamente disgustoso per fortuna è durato poco secondo quanto dicono gli Uropani, entro sette settimane dovrebbero nascere i mercati 225° giorno siamo ritornati sull'altopiano delle grotte vicino ai laghi abbiamo visto nuovi branchi di giovani mercati ora la questione è chiara: dall'unione fra gli investitori e le banche nascono i mercati dovremo insegnare agli Uropani a dar loro la caccia


LAuRA PaiTa Il limite Guarda quel riflesso scuro nello specchio, guardalo bene e ci vedrai te stesso. Quel mostro incarognito, pronto all'attacco, è il tuo demone profondo. Fissalo negli occhi di brace, capirai quanto sia facile scivolare nel baratro del nero, che tutto ingoia... Ti basterà un istante. La mente ribolle e gorgoglia, il pensiero affiora in superficie, la scelta è ciò che segna il limite tra umano e disumano e l'azione ne dà prova concreta. 18 ottobre 2017)


Laura Paita è nata a Genova, dove vive, il 14 gennaio 1960. Si occupa di Scienze per la Pace, Cooperazione Internazionale e Mediazione di Conflitti. Fin da bambina ha sempre interpretato la scrittura come catarsi e urgenza comunicativa. Non ha mai avuto un amico immaginario né tenuto un diario, ma ha sempre scritto pensieri e riflessioni rivolgendoli a qualcuno, usando la forma dell’epistolario. Negli anni i pensieri si sono fatti poesia.Finalista nel concorso Fior di Loto del 2011, le sue poesie sono state pubblicate nell’antologia Il Profumo delle rose edita da Sonia Demurtas Collezioni Editoriali. Nell’aprile 2012 è uscita la sua prima raccolta di poesie Io so chi sono, edito da De Ferrari Editore, nella collana Ineditamente, curata da Tina Cosmai. Sempre nell’aprile 2012 ha partecipato con tre poesie ed un breve racconto al concorso Immagini da leggere , a cura di Fotogruppo Effeotto di Cernusco Lombardone, pubblicati nell’antologia omonima. Il 30 giugno 2013 ha partecipato come poeta/relatrice al Festival delle due culture presso il Centro AMAL di Genova ed il 7 giugno 2014 alla seconda edizione. Collabora con la rivista non periodica Est Ovest Orizzonte, nella sezione Letteratura con articoli e poesie. Ha contribuito alle Antologie Alda nel cuore 2013, 2014, 2015, 2016, 2017; Goccia a goccia 2014, 2015, InfinitAmore 2014, 2015, 2016; Un cielo di poesia 2014, 2015, 2016.Ha fatto parte del progetto MIMESIS, una Performance sperimentale in continua metamorfosi (Laura Campagnoli),nato nel 2013 nell’ambito della rassegna POLIS COME POESIA ad opera dell’Artista Sociale Laura Campagnoli.“Area di ricerca comune è l'intenzione di percorrere insieme tutte le forme d'Arte entro un contenitore che pare ogni volta abbattere i limiti dei propri confini settoriali per estendersi verso orizzonti e incastri inaspettati. La sfida che vive ogni partecipante diventa esperienza che fa crescere l'individuo e il gruppo. La propria ricerca artistica viene condivisa e confutata tra gli artisti come in un Laboratorio Teatrale.” L.C. Ha partecipato a Mimesis (27 novembre 2013, La Claque - Genova); Voci in Viaggio (5 febbraio 2014, Teatro dei Cappuccini – Genova); Impasse (13 giugno 2014, Teatro dell’Ortica – Genova); Komos (2 agosto 2014, Torriglia); Viaggio nell’Alieno che è in noi (13 settembre 2014, Teatro Parrocchiale – Torriglia). Il 24 febbraio 2014 è stata ospite del Laboratorio di Poesia dell’Associazione San Marcellino presso la Biblioteca Berio, Sala Lignea a Genova con Il Sapore della Poesia. Ha partecipato all’evento Poesie Aeree e Performance Verticale (13dicembre 2014, Palazzo Reale – Torino). In occasione della Giornata Mondiale della Poesia 2015, ha partecipato all’evento Invasione Poetica (21 marzo 2015, Palazzo Ducale – Genova). Il 29 maggio 2015 ha partecipato al reading “Espressionista”11° Mostra LABO ART VILLA MARTI presso la Biblioteca Bruschi Sartori di Genova Sestri Ponente e nella stessa sede alla mostra “ECOLOGICA” LABO ART VILLA MARTI: “Una Poesia al giorno toglie il medico di torno” 9-21 maggio 2016. Il 26 settembre 2015 ha partecipato a P FOR POETRY-100 THOUSANDS POETS FOR CHANGE a Genova, Palazzo Ducale. Il 18 ottobre 2015 ha organizzato assieme al Dott. Mohammad Natour Poesia, Arte e Medicina, un’esperienza su come si possa affrontare un cancro in maniera creativa, all’interno della mostra è,creatività digitale di Adriana Anselmo, presso AMAL, via del Campo 10/7 Genova. Il 14 maggio 2016 ha partecipato a “Binari InVersi- Poeti senza Lanterna” presso il Salone del Dopo Lavoro Ferroviario, in va Balbi 25 a Genova, organizzato da Roberto Marzano e Maria Pia Altamore. Ha vinto il primo premio del “Premio letterario Federica: le parole della Vita” , indetto da A.I.O.M. ( Associazione Italiana Oncologia Medica), il 21 maggio 2016. Cura un blog personale laurapaita.blogspot.it e fa parte di un blog collettivo di poesia vocidipoesia.blogspot.it.


AnNaRiTa FaGGiONi Demoniaco Tic Cancellare, chiudere, togliere, fuggire non servirà a nulla. Trinciarsi, fuori dallo schermo della prigione di casa distruggerà soltanto, quel poco che rimane. Piovono a miliardi umiliazioni. Volontà di un demoniaco tic di carnefici anonimi fin troppo inconsapevoli infimi di smile. * CLICK *

Annarita Faggioni (Taranto, 19 Ottobre 1990) è autrice, book blogger e copywriter. Laureata con 110 e lode in Lettere e Cultura del Territorio a Taranto (sede distaccata di Bari), è stata giudice letterario in diversi concorsi. Ha pubblicato tre libri tra poesie, racconti e romanzi. Di prossima uscita la seconda edizione de “L'Ombra di Lyamnay”. Da sette anni Annarita è online con il Web Journal Il Piacere di Scrivere, collaborando con realtà editoriali e aziende.


ViTtoRiO FiORaVAnti LO SCANDALO È NELLA MENTE

Camicetta a fiori gialli e bluejeans scolorati d'erbe pressate - Barbagalli Lisetta la scarpetta slacciata sugl’incrostati plastici al calore Hai le mammelle minuscole come l'incavo delle tue piccole mani ma le hai libere di ballare nella corsa insana coi libri chiusi male nello zainetto di marca Entri che sembri in amore la fronte imperlata un cenno all'aula affollata raccogli i corti capelli e nel gesto ti scorgo denudare il tuo ventre liscio come il guscio d'una bianca tellina Stamattina ti voglio e ti chiamo - Barbagalli Lisetta Non c'è chi s'accorga del fremito osceno che mi sento dentro Ti chiedo di Dante del canto che vi ho indicato ma poi non ascolto le tue incerte parole lascio la cattedra e m'avvicino Guardo il gonfiore del pube assorbendo l'odore che emana Ho imparato a farlo con somma discrezione gesti studiati allo specchio lo scandalo è nella mente dove ti posso spogliare scorrere con le labbra la barba e le dita

2

ogni angolo giovane del tuo corpo di donna per poi penetrarlo con la mia dolcezza e penetrarlo con la mia fermezza e penetrarlo con la mia durezza e penetrarlo e penetrarlo

di ricatti e ben altro E quando ti mostrano aperto un giornale dell'altro ieri lo rivedi lì in bianco e nero a letto con una bruna e sotto in manette con grinta dura così scopri allora tremenda l'altra faccia della sua luna l'oscura

2003 / 412 * 174

2009 / 620 * 201

IL CARLETTO C'è sempre un qualcuno nella vita di uno compagno di scuola e di giochi camerata di stanza in caserma ti siede accanto alla mensa e racconta di lui dei suoi viaggi in vacanza di brevi amori di donne di gonne aperte d'amanti di risa e di pianti Da amico mostrando chiara e rotonda la sua faccia di luna Il mio si chiamava Carletto aveva statura d'un bimbo il viso d'angelo oscuro le mani leste e le occhiate di tutto sapeva e di tutti contava cose Poi un giorno è sparito per anni e anni mai visto fino a stasera quando per caso al bar m'hanno fatto sapere che quello il Carletto era morto ammazzato in galera nello scontro armato ch'era andato a cercarsi Quel Carletto aveva fatti e misfatti da nascondere a tutti storie strane di malavita

CRESCENTE CERTEZZA Frusta lussuria nel vuoto aristocratico d'un salone indorato su un divano di stinta seta di creta un corpo nudo ravvolto in nastri Sulla poltrona di fronte giace ormai spento il principe gattopardo in asciutte fessure serba celeste lo sguardo stanco di scorrere dietro l’unghie e le dita su quell’ambrate membra Tra le nocche ingiallite ha un sigaro oscuro dal cui filo di fumo tenue emana l’odore rappreso nel tempo d’una casta signora Ha la lingua ferita da un morso inatteso un sentore di donna goduta persa e riavuta e spuma in gola d'ansia degenere di crescente certezza d'una sua fine imminente 2008 / 577 * 190


NORA, QUEL GIORNO

la più valida gente

Ci salvammo in due appena - io con Marietto - saltando fra i sassi tondi e le pietre dell'asciutto torrente e poi via di corsa come giovani caprioli nel buio pesto su per i monti fino a farci sorprendere in un bosco d'abeti da tre partigiani armati di fucili e binocoli C'era il sole di primo mattino come se ci avessero attesi e uccelli e strida nell'aria lì accovacciati un convoglio lungo la Provinciale tutta la notte e lei giù per la stretta discesa verso il ponte sul fiume 2013 / 717 * 260 che serpeggiava la valle prosciugato in quei giorni I POGGI come arso di sete Uno in divisa s'attraversò fra noi due - Marietto e me ancora ragazzi soffiandoci in faccia il fumo della sua sigaretta proprio quando ad un trillo ci voltammo a vederla scendere in bicicletta

Parlavamo di guerra quando s'udì la scarica di moschetti o di mitra risalire il dorso curvo del colle fra i campi di terra smossa Qualcuno disse ce l'hanno ammazzata e c'era infatti una nube molle di polvere grigia sul bordo di quel cammino che Nora aveva preso sulla sua bici da donna c’era odore d'armi da fuoco non era nebbia né sterpi bruciati a quell'ora Andammo un gruppo col prete a vedere ma c'erano soldati e un tenente fermi alla curva con gesti voci ed occhiate e lei con la gonna raccolta distesa morta così - meno il prete tornammo di corsa su in piazza a dare l'avviso Ma quella stessa sera vennero gli autocarri carichi di "esse-esse" e tre macchine con gli ufficiali a portar via a calci e spintoni fra mogli madri e bambini

Giurerei che la Vaccarini con l’ufficiale tedesco che ogni tanto la visitava non li avesse traditi Io su in terrazza giocavo per ore coi Poggi con loro e coi miei fratelli il sole in testa o nel vento e se piovesse sul ballatoio o anche nel corridoio sotto gli occhi di madri e vicini Ch’erano ebrei si sapeva ché non andavano in chiesa la portinaia mi disse persino di non trattar più quella gente ma noi al quarto piano non eravamo per niente nazisti Poi il signor Poggi in un giorno di maggio dell’anno ‘44 con la sua bici montata in spalla non risalì più le scale in via Saffi non fece a casa ritorno e al mattino si disse in giro che l’avevano ucciso col mitra alla fermata del tram 33 lungo il corso scappando da un posto di blocco Ed ecco che li ricordo con una stretta al cuore

Sandro e la bella sorella la madre in veste di lutto il povero signor Poggi e la sua bicicletta celeste 2007 / 555 * 146

ARBEIT MACHT FREI Scendono esangui scivolando sui dorsi i fianchi nudi ed i piedi rotti e i ginocchi spenti gli occhi nei crani mascelle aperte dai ratti a mordere lingue e gengive Ci sono donne dalle mammelle sfiorite lungo costole e ventri smunti ritratti di magre cosce e di visi Una che ho conosciuto rossa la chioma al vento nel vagone del treno da Verona al confine ha una grossa ferita sotto l’inguine schiuso ma un sorriso ha sui denti e mi guarda arrossire degli assurdi pensieri morta com’è da ieri senza più alcuna memoria Ho un camerata in aiuto la carretta da caricare un percorso di fango da fare spingendo a decine quei corpi fino al fosso scavato nel campo ch’era d’estate solo di stoppie e spighe Compirò l’ordine del Kapò tedesco e stasera avrò un pezzo quadrato di pane di segale e riso ma nelle nari l’amaro aroma colto sui morti e quel sorriso di lei lieve fiore smarrito 2014 / 727 * 211


LaUrA

CaMpaGnoLi

Stand by Inserendo parentesi innevate in una tasca bucata casualmente crescono fiori nelle scarpe. Chi avrebbe mai pensato che gli extraterrestri fossero capitalisti. Tutta colpa di quelli con un neo sull'orecchio centrale che quando strarnutiscono fanno cadere il seme. Non ci resta che accendere la candela e pregare che si raffreddino. Tagliare tutti gli alberi del tempo, stendere una gettata di cemento su tutta la superficie terrestre. Cosi vedrai che i fiori nelle scarpe non crescono mai piĂš. I fiori sporcano, quando seccano infestano di semi turna.


LAURA CAMPAGNOLI Nasce a Genova nel 1966. Tecnico Animatore Socio Educativo. Diploma Liceo Artistico Paul Klee. Allieva della pittrice Renata Soro. Dal 1983 partecipa a numerose esposizioni di pittura e artigianato. Dal 1997 crea opere ecologiche. 1998 Conduce “Arte del riciclo” “ I burattini della Lachera”. Scuola elementare di Rocca Grimalda (Al) 2000 Ideazione “Giocando riciclando” con Associazione "La cattiva strada" Erli Albenga presso Villa Rostan Proloco Pegli /Amiu progetto Leonia.) Nel 2003 è prima classificata Artigiani “VII Edizione” Sestri come Montmartre”. 2004 Stage Arte riciclo per bambini.”Domenica Ecologica Sestri Ponente”. 2006 partecipa all’evento“Insoliti supporti”organizzato dal laboratorio di riciclo creativo Le Titere (Ge) a favore dell’ospedale Gaslini Genova. Dal 2007 Propone performance multimediali in luoghi inconsueti (discoteche, bar, piazze...) Dal 2005 ad oggi promuove l’arte come terapia in un Laboratorio Artistico presso la Cooperativa Sociale Villa Perla a Genova dove svolge il ruolo di Animatrice. Dal 2009 ad oggi i lavori eseguiti dagli anziani presso Labo Art Villa Marti, esposti a cadenza semestrale presso la Biblioteca Bruschi Sartori di Sestri P. hanno permesso di realizzare 13 mostre. Coinvolti nelle iniziative sociali legate al laboratorio Poeti e artisti emergenti della città di Genova. Dal 2013 ad oggi partecipa ad eventi poetici ideati dal Poeta Roberto Marzano e dall’attrice Maria Pia Altamore . Festival della Poesia, Stanza della Poesia Genova, La quercia e il filo d’erba, Festival della parola Chiavari 2013 Collaborazione con Giovani autori Caffè Shakerato Ist.N.Bergese condotti dalla docente di Lettere e Poeta Daniela Malini, Unicef, Michela Centanaro, Quarto Pianeta.. 2014 Ideatrice del gruppo di ricerca poetica Mimesis esordisce con L’urlo delle donne presso La claque Teatro della tosse, partecipa al Festival Internazionale di Poesia di Genova con "Impasse" Regia di Anna Solaro Teatro Ortica, 2014 Mimesis presenta Voci in viaggio Cinema Teatro cappuccini, L’alieno che è in noi Torriglia Ufo convention. 2014 e 2015 Festival Altramarea ideato da Angelo Tonelli a Lerici (SP) 2015 Raindogs House Night. Officine Solimano - Darsena del Porto di Savona. Reading a cura di Matlisklo Edizioni 2015/16 collaborazioni con Anffas Genova e Teatro sociale I calzini spaiati ospiti della Comunità di recupero tossico dipendenti di Trasta. Ha pubblicato poesie nel 2013 in antologia 100.000 Poeti per il cambiamento Ed. Lavinia Dickinson. Nel 2014-15 Antologia Poesie Aeree. Ed.Matisklo Promuove l'arte come terapia sul territorio,attualmente collabora con Airc Genova.


TaniA Di MaLta 2 Grazie Malcom X Cara Giulia, ti scrivo dopo una lunga notte insonne. Inutili la borsa dell’acqua calda e la camomilla, all’alba ho dovuto arrendermi all’evidenza: è finita! Dopo dieci anni di gioie e dolori è successo: ho perso con assoluta certezza l’amore totale della mia vita. Allontano il fastidioso pensiero che già da tempo lui mi estromettesse dalla sua brillante vita, ma sempre con gentilezza e garbo. Ricordo otto anni fa, il giorno in cui in un momento di disperazione, imbottita di Prozac, mi attaccai urlante alle virili caviglie facendomi trascinare per tutta la piazza del paese. Paziente e delicato come era suo costume mi disse: stella mia, devi fartene una ragione, non puoi pensare che questo po’ po’ di maschio sia solo tuo, rassegnati, statti quieta! Ricordo ancora il senso di gratitudine che provai, mentre lui, generoso, mi concesse di pagargli la colazione, ma per non darmi false speranze mi disse: ricordati cocca mia, città che vado, colazione che trovo! Era quello che più amavo di lui, la sincerità e i sacri valori di …Onore, Patria e Religione. Ripenso infatti con struggimento la prima volta che mi portò a casa sua, timida, e completamente avvinta dal suo passo da condottiero. Mentre mi chiedevo quale sarebbe stato il nostro futuro, chi ti vedo come custode della porta d’ingresso? La Madonna di Fatima in marmorea bellezza! Devo dirti che riconobbi nella bianca statua il simbolo inconfutabile della sacralità del nostro legame. Fu il momento più alto e toccante della nostra relazione! Con sguardo ispirato lui mi pose la mano sul capo dicendomi: io ti prometto … per la Madonna, che tu sarai …mia scudiera per sempre! Che emozione, che intensità, ancora oggi mi cullo nel ricordo di quelle parole! Naturalmente subito dopo mi chiese di aspettarlo in macchina e fu dolce attenderlo per un’oretta. Cara Giulia, tu sei sempre stata la paziente ascoltatrice delle mie confidenze i in tutti questi anni, ma ora devo trovare il coraggio di confidarti l’epilogo di questa storia, e d’altronde a chi potrei aprire il mio cuore se non a te, mia comprensiva e generosa amica. Ho avuto l’occasione di raccontarti in altri momenti, la felicità con cui accoglievo le sue telefonate, precise e puntuali, ogni cinque o sei settimane, accompagnate da lunghi sbadigli, comprensibili per la mole d’impegni della sua florida attività di rappresentante di wc e rubinetteria. Lusingata da tali premure, mi tuffavo febbrilmente nei preparativi. Si, insomma, ceretta, parrucchiera e qualche capino intimo che ha sempre il suo perché! A volte affittavamo una modesta casina, lontana da occhi indiscreti. A lui e sempre piaciuto così! Solo noi, noi e il nostro amore e questo mi appagava. In sincerità arrivavo a quegli incontri stremata, con le borse della spesa stracolme, attenta a ripassare a memoria le sue pietanze preferite e una nutrita collezione di riviste d’arredamento. Immancabile l’estasi nel fissare la sua bocca aperta, steso sul divano per un lungo pisolino che durava anche due o tre ore, dopo un lauto pranzo e un breve momento d’intimità. Poi ticchettavo felice con le mie ciabattine e intanto strofinavo vigorosa, tegami, piatti e padelle. Ogni tanto, una sbirciatina soddisfatta al negligé d’occasione Coin, sorridendo divertita perché perbacco, le credenze d’acciaio inox ti specchiano che è una meraviglia! Che dirti cara Giulia, sai che tutto questo ha riempito la mia vita in questi lunghi anni e allora capirai bene come mi abbia stranita ciò che è successo in quello che purtroppo temo sia


ormai l’ultimo incontro con l’uomo dei miei sogni. In realtà le scene iniziali sono state le solite. Anche stavolta ho passato un sacco di tempo con l’orecchio appiccicato alla toppa del bagno ogni volta che si chiudeva a chiave per concitate conversazioni al telefonino, a voce bassa, sicuramente per non disturbarmi. C’è stato anche un bel momento, mentre guardavamo un film western, un mio tentativo di allungare il collo per carpire qualche carezza sulla testa, mentalmente empatica con il mio cane Bobby, lasciato a mia sorella Carolina visto i rapporti freddini , anzi, oserei dire, di reciproca esplicita antipatia fra la mia metà e il mio Bobby . Non so cosa sia realmente successo quella sera, forse l’essermi svegliata di colpo, alle tre del mattino, intirizzita, un braccio intorpidito, la televisione accesa e un sonoro ronfare proveniente dalla camera da letto. Mi ricompongo, uno sguardo alla trasmissione, danno un film, Malcom X, credo di averlo visto almeno dodici volte, sempre a tarda notte. Parla di un tizio che si è battuto contro le ingiustizie del mondo e che alla fine muore ammazzato. Chissà perché, la trama del film ha sempre avuto su di me un curioso effetto, divento sempre tristissima, come se fossi la donna più sola al mondo, con un senso di pena, per me, per le ingiustizie e per Malcom X morto ammazzato. Sento di dover sfuggire a questa sensazione e in effetti tutto accade come se non fossi io ad agire. Ora mi vergogno un pochino ma ho deciso di raccontartelo, con la speranza forse, che tu capisca quello che io in fondo non capisco! Allora ti dicevo, mi alzo dal divano, piano piano, a piè leggero mi avvicino alla camera da letto, intanto, mille pensieri febbrili attraversano veloci la mente, ma uno in cima a tutti: cosa può fare incazzare in maniera tassativa e definitiva uno che vende sanitari? Lo sguardo mi cade sul suo borsone da viaggio, grande, organizzato come lo zainetto del bravo boy scout, i depliant dei water in un’ordinata fila, quelli della rubinetteria accanto. Fulminea arriva l’idea! Con passo leggero, quatta quatta, le ciabattine con il pompon in mano, mi accuccio lentamente sul borsone e fiera come Fernanda sul pitale d’oro, faccio quella che mi sembra la pipì più lunga e trionfante della mia vita. Poi mi giro lentamente, lo guardo e per un curioso effetto della penombra non mi sembra più tanto bello. Silenziosa prendo le mie cose e fuggo, stranamente felice, come Bobby quando l’ha combinata grossa, senza pentimento e uno stupefacente senso di liberazione. Non ho più avuto notizie di lui e capirai bene, le abitudini sono dure a morire. Per curiosità, giusto per vedere l’effetto, provo ogni tanto a telefonargli in ufficio, mantenendo la cornetta leggermente distante e ad occhio e croce, se devo fare una considerazione obiettiva, ti confesso Giulia mia, che dagli ululati e strilli, credo proprio che non ci sia più nessuna speranza e possibilità: lui non tornerà mai più! Ma cara Giulia sai la cosa strana? Dopo tanto tempo ero convinta che avrei sofferto di più, sprofondando nell’avvilimento e negli abissi della mia pochezza. Ho passato questi anni, scaldata dal ricordo di lui e della sua voluminosa presenza, e di me, grata, come una merla su un davanzale coperto di una finestra chiusa, in una gelata d’inverno. Proprio non mi spiego, ma ripensando a tutta questa storia le uniche parole che mi vengono in mente da quella notte sono solo due: Grazie Malcom X! Con tutto il mio affetto La tua amica Iris

P.s.: Ricordati di mandarmi la ricetta della torta alle mele cotogne.



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