Edizioni “SiFaPerFare”
Antologia di “Binari InVersi” e “POETANDO”
Assemblata da Roberto Marzano in Chiavari (Ge) nel mese di maggio dell’anno 2017 in omaggio ai poeti che hanno voluto partecipare e a tutti gli amanti della Poesia e di tutte le arti.
Buona lettura!
Abbiamo il piacere di regalarvi l’antologia dei poeti partecipanti alla Rassegna Poetica “Binari InVersi” tenutasi tra ottobre 2016 e gennaio 2017 nei locali del “Dopolavoro Ferroviario” di Genova, trasferitasi da febbraio a maggio alla “Casa della Musica” prendendo il nome di “POETANDO”. Il primo ringraziamento va proprio a loro che con estrema disponibilità hanno fatto sì che tutto potesse svolgersi nel migliore dei modi. E’ una raccolta graficamente piuttosto eterogenea, proprio per dare l’idea delle diversità degli artisti che si sono avvicendati sul palco. Un ottimo riscontro di pubblico attento e affezionato ha fatto da cornice agli 8 incontri con le performance di poeti, attori e musicisti provenienti da diverse parti d'Italia. Il gruppo più numeroso, per motivi facilmente immaginabili, è stato quello dei poeti genovesi: io, Maria Pia Altamore, Massimo Gaviglio (Pigiamino), Gigi Picetti, Luciana Lanzarotti, Laura Campagnoli, Luca Valerio, Francesco Macciò, Alberto Nocerino, Bruna Pedemonte, Franca Fioravanti, Alessandro Prusso, Alessandra Vinotto, Rosa Johanna Pintus, Carlo Marenco, Bettina Banchini, Isabella Piazzetta, Marco Fabio Gasperini, Giangiacomo Amoretti, Antonio Clemente,
Lorella Finocchiaro, Fabrizio Casapietra,
Giovanna Olivari, Enrica Gugliotta, Francesco Patrone, Andrea Pizzorno, Maura Taormina, Michelangelo Trombetta, Luana Valle, Marcello Scotto, Romina Lecca, Karoline Borelli, Roberto Della Vedova. Dalla Riviera di Levante: Angelo Pini, Oriano Castelli e Stefano Solari. Da quella di Ponente: Francesco Vico, Silvio Straneo e Gabriele Borgna. Dalla lontana Roma sono venute Alessandra Carnovale, Laura Di Marco e Giovanna Iorio. Da Torino e altri luoghi del Piemonte: Nadia Sponzilli, Valeria Bianchi Mian, Maria Angela Donna, Enrico M. Lazzarin (il quale si è dato un gran da fare, riuscendoci, per trovare una nuova sede con il gentilissimo Gianriccardo Scheri), Silvia Rosa, Bruno Rullo, Paola Silvia Dolci, Salvatore Sblando, Fabio Bosco, Helen Ester Nevola, Alessandra Beratto, Sergio Gallo e Marco Maggi. Da Milano e Lombardia: Francesca Dono, Alessandro Magherini, Giusy Rodolfi, Claudia Ambrosini, Elisabetta Ubezio, Anna Spissu, Marco Albè e Giuseppe Leccardi. Dall'Emilia il parmense Chirio e da Treviso Loredana Borghetto con il marito-fotografo Flavio Casoni. Non sono presenti tutti partecipanti alle letture ma lo sono, invece, poeti che per diversi motivi non hanno potuto prendervi parte: Izabella Teresa Kostka, Stefania Fiore, Ada Crippa, Patrizia Camedda, Laura Paita e il venezuelano Vittorio Fioravanti. L'ordine di apparizione è dato dalla cronologia con cui sono pervenuti i loro contributi.
Cos'è la Poesia?
Io penso che sia l'espressione sublime del sé più profondo, come tutte le forme d'arte è elevazione, interazione, condivisione, ma soprattutto – come ha detto Pablo Neruda – è un atto di pace...
Maria Pia Altamore
Roberto Marzano *( “chansonnier-guitar-poetiño” )* Downlove
(L'amore ai tempi di Facebook)
Ti prego taggami lungo la schiena un browser copia ed incollami i file tuoi nell’anima tesoro mio modificami sarò il tuo umile server il tuo disco fisso la perdizione in bluetooth io, piccolo mouse che non fugge sta connesso ed anela a loggare i tuoi giga ammorbidendo il firewall... Ma il downlove non si avvia non resettarmi la ram forse il software è obsoleto s’imporrebbe un upload ma amor mio mi accontento di un pdf anche piccolo un media player d’annata un viaggio su google earth basta che tu mi dia la tua mail od un brivido un sorriso zippato e che clicchi “mi piace” condivida il mio post ma fa presto se no mi si arresta il sistema e davvero non so se poi mi riavvierò… Bar chiusi Bar chiusi per pura cattiveria sotto i portici lasciano testimoni mute saracinesche ferree a maglie strette cigolare al vento di palude. Risuona l'eco del tintinnio al bancone dell'incontrarsi dei bordi dei discorsi non più inespressi di non dati baci in cocktail gai di cordialità diffusa... Non resta altro nella sera piovosa che smanacciare citofoni a caso luminosi asterischi di esistenze a resa per scappare dalla nostalgia che assale certi cuori-occhi di chiocciola socchiusi... La melanzana innamorata Prendimi, strizzami scompigliami il peduncolo vìola il mio corpo viòla col tuo pugnale adunco affettami, trafiggimi intrugliami con l'aglio riducimi in cubetti confondimi il cervello
e, dopo, aspergimi di sale di prezzemolo spadellami nell'olio sfrigolerò d'amore io, solanacea timida dei tuoi occhi cotta oserei dir... son fritta! se non fosse che per te... io me ne muoio.
Senza far drammi Amore, amor perduto, non è cosa lasciami naufragar tra questi flutti
Sarà Sarà che forse ti coglierò tranquilla tra i minuti crudeli che spezzano le ore e potrò dirti sottovoce, oppur gridare che il mare è qui vicino ma sta dormendo
e non ci saranno stanze per il vento
vorticherà sparviero nei corridoi a piombo
farà strage di divieti e di porte potrò stringerti forte e non lasciarti più andare...
Scimmie a Parigi
mentre beccheggio esausto a pelo d’acqua Piovono addosso le scimmie a Parigi
nel buio mar di cocci alla risacca lanciami pure un sasso, fa’ ch’io affoghi muto e cianotico, ormai senza più aria. Amore, non amor, di carta zuppa fracassa ora il mio cranio sulle chiglie mi assaliranno alghe le narici una vertigine, spezzerà la schiena stanca fantoccio spento nel rollìo della corrente
e poi più niente sbatacchierò qua e là senza far drammi… Fragole inattese L’aspro sentiero mi conduce incerto al prato delle fragole inattese cresciute a malavoglia troppo in fretta porto con me ciò che non mi duole.
lampi di pelo fioccano dai tigli figli sepolti a metà nel cemento sotto i lampioni battono la fiacca le labbra gonfie di baci mai avuti bruciano d’arsura e lontananza fredda la stanza a Rue de la Bastille
che è già presa, per il culo, da un bel po’…! T.V.B. Da dir non ho di più che T.V.B. ma lì per lì son giù se non ti va se tu “mai lov” sei qui a dir di no lo sai che t’amo, dai, di’ ora sì!
Pretese non ne ho, ma ho paura stretta la corda al collo annichilisce suole incatramate prendono fuoco l’aura infernale lì per lì mi avvolge m’esce dal capo un vago fil di fumo poco più di un alito di vento indulge un po’ sui lunghi miei capelli bramo carezze, cara, oppure baci sento che il volo sta partendo adesso folli d’amore ci abbagliano le lucciole taci, mia gioia, ormai non c’è rimedio… Pozzanghere
La notte ti ha lasciata al capolinea stretta nel tuo soprabito da fuga d'amaro in bocca che non ha avuto baci in questa fredda, scompaginata estate sgualcita sul sedile a viti lente cerchi nel buio il fuoco che s'è spento di pece densa inutili pozzanghere bruciano cicatrici e noncuranza sarà capace l'alba a dare pace al tuo tormento che non ha fermata? saprà il tuo letto leggerti la mano e infine addormentarti dolcemente?
Nato a Genova il 7 di marzo del ‘59, sono narratore e poeta “senza cravatta”, chitarrista, cantautore naif e bidello giulivo. Barcollando tra sentimento e visioni, verseggio di vagabondi e di prostitute, di amori folli, di ubriachi, di oggetti inanimati e dei quartieri ultra-popolari dove sono orgogliosamente vissuto. Se vuoi sapere di più (pubblicazioni, premi letterari e altre poesie): https://robertomarzano.jimdo.com
Mariapia Altamore, sembra un nome d'arte, invece è proprio il suo. Bisognava solo abbinare il temperamento artistico, rivelatosi negli anni tanto eclettico da farla spaziare dal teatro comico alla clownerie, allo scrivere teatro e poesia, a gestire eventi a cui partecipa anche come animatrice e cuoca. Insomma una "cuocattrice" (nonché poetessa) titolare del singolare progetto "Cibarty di Mariapia Altamore-La Cucina del Buonumore". PALERMO, e' quel posto dove può succedere di tutto e nessuno se ne meraviglia. A Palermo puoi anche vivere solo ma non ti senti solo… A Palermo tutti parlano con tutti , anche troppo e così spesso si litiga, ma anche può capitare che il tuo nome venga urlato più e più volte dalla signora rimba del terzo piano posteggiata sul poggiolo, perché quello e' il suo unico svago. A Palermo, se spingi una macchina in folle, c'è una folla a spingere. A Palermo se chiedi cos'è in un negozio alimentare te lo fanno assaggiare… A Palermo in una sala d'attesa come niente ti trovi a parlare di niente. A Palermo fai merenda con arancine, sfincioni, pani e panelle pani e cazzilli, quarume, stigghioli pani cu a meusa, gelato cannolo e caffè e poi... vai a casa a mangiare!!! OGGETTO PREZIOSO
PRETESA
Se hai tempo
la polvere sta in bella mostra
Qualora volessi regalarmi qualcosa gradirei una rosa, rosa non rosa dalla rabbia e tanto meno in gabbia ma una rosa, rosa-rosa chiaro-chiaro chiaro?! Lo so che sei galante che ci hai pensato già conosci a memoria il linguaggio dei fiori e la rosa, si sa, parla d’amore ad ogni età …
come fosse un oggetto prezioso
(Poesia vincitrice del “Concorso Euroflora” 2011)
vedi la polvere sui mobili esaltata dal raggio di sole che a forza entra dalla finestra e si dirige come un occhio di bue teatrale sulla credenza
e come tale... non la rimuovo! MENNULA SCACCIATA Comu 'na mennula scacciata mi sentu corpa di petra dati forti pi rumpiri u virdi e poi atri cchiù forti pi rumpiri u dintra all'ultimu corpu a mennula si sfa a pezza nichi. Accussì mi sentu… GIORNO DI FESTA Per l’occasione ho indossato il mio miglior sorriso me lo sono cucito talmente bene che durante la messa sorridevo, sorridevo… Incontrai lo sguardo di rimprovero del prete che con un cenno mi invitò a uscire. Io mi strappai il sorriso e lo abbandonai sulla panca!
RUNNING E’ insito nella onomatopeica: “running”!!! Ovvero: ruggire… correndo!!! Memore di questa riflessione, che ormai da giorni mi rimbombava nella testa, mi precipitai in quello “store” lungomare a comprare un paio di scarpe per ruggire! Sfoggiando una sicurezza che non mi appartiene (subito smascherata dalla domanda successiva) chiesi di vedere delle scarpe da “running”. Ne provai diverse di forma e colore e ogni volti posi la stessa domanda: “Sono da “running”?” Alla fine non le comprai le scarpe da “running” ma, per tutte le volte che l’avevo nominata questa parola mi aveva riempita di aggressività! Uscii ruggendo e correndo… … …!
Una sera, una sera di queste fatti trovare e non mi dire di corsa, che devi scappare, che hai lasciato, di sopra, il bucato da fare, la lavatrice che perde, la pizza nel forno, che hai paura si metta a bruciare … Una sera, una sera di queste fatti trovare … Sarà come d’estate, la neve si scioglie, sarà come soffiare di nuovo sul fuoco, la scintilla si accende, non dura che un poco … Una sera di queste fatti trovare … E non tirare in ballo, sempre, i tuoi doveri di donna, piuttosto che niente la paura che il bimbo si sporga e che caschi giù dal davanzale, i biscotti, i suoi biscotti, che non riesci più a trovare, piuttosto che niente ti manca anche il sale e giù di corsa, a comprare, ma una sera, una sera di queste fatti trovare, una sera di queste fatti trovare … °°°°°° Nel riflesso dello specchio un'ombreggiatura solamente, poco trucco.
Stanca. Son le 9 del mattino, ordinando il cappuccino prendi pure una brioche. Stanca. Incurante, sfogli pure,un poco, anche il giornale, che cosa ci vuoi fare, tutto quanto, poi, in fondo,è già stato detto ... Stanca. Squilla il telefono, ti sembra un secolo, ma non ti sembra ancora l'ora... Stanca. A mezzogiorno,solo due foglie di lattuga, la linea innanzi tutto, questa sera, poi, si vedrà, a casa mi sembra, perfino, di avere anche un po' di frutta ... Stanca. Alle 5, niente - neppure un the te la fumi, almeno, una sigaretta, ma sì, almeno una ... una sola. Stanca. Dal parrucchiere, così, neppure oggi, non ce l'ho fatta ... È da martedì che, guarda che testa ... Stanca. Sei nera anche se sei bionda o bruna, non conosci la fortuna. Gli uomini, bé, tutti uguali, l'amore, puà, stanca. Hai chiuso, quasi tutti, i sogni, nel cassetto, son le nove, poco più,della sera, ma sì, vai pure, vai pure a letto … Stanca. °°°°°°
Prende il volo, d'un tratto, la monotonia dei giorni ed il desiderio di te si veste di colori. Ben tornata Sara, ben tornata, ma come, non ti spogli neppure, togliti il tailleur, la borsa posala, levati almeno i guanti... ma come farai, Sara, a sopportare i tacchi sempre più alti? Sara, ben tornata, però... dopo un mese, trenta giorni, non hai proprio nulla da dirmi, da raccontarmi? Io ti trovo bene, serena, come quando si torna a casa dopo un viaggio, però c'è come un pensiero, una domanda, perché mi guardi? Ben tornata Sara, ben tornata, ma sì, sì, apri, vai pure vai fuori, vai a vedere, ne ho avuto cura, Sara, ne ho avuto cura dei tuoi fiori. Ben tornata, Sara, ben tornata...
Vocazione Io senza di te non sarei più di un laccio senza scarpe. Degno di per sé, capace di arrotolarsi su se stesso, di formare nodi ingegnosi e di incanalare fantasie e gesti. Ma compiuto solo quando chiude la scarpa adatta, quando la sua esistenza è nobilitata al servizio di quella di qualcun altro, nel lavoro perfetto, nella vocazione di un oggetto altrimenti banale. Caruggi Le spallate della gente ci cullano tra un vicolo e l’altro, nel nostro centro storico in cui vogliamo avere casa. Ci si sente arrivati e accolti, è innegabile, in mezzo al disagio sporco della città, alla nobiltà fine di questo meraviglioso crogiolo di emarginati, giovani, figli di papà e sguatteri. Se i muri muti potessero prendere parola, ci avviserebbero di non farci affascinare, come una vecchia zia zitella ti mette in guardia dal ragazzo con gli occhi scuri. Ci direbbero andatevene, che qui non sopravvive nessuno. Ma noi abbiamo coraggio, andiamo a teatro, contribuiamo a far rivivere questa parte di universo a negroni e birre, ad arte e letteratura. Che alla fine, che cosa è la vita, se non lo strappare minuscoli istanti di bellezza alla morte?
Francesco Patrone Sono nato a Genova il 15/04/96, dopo essermi diplomato al Liceo Classico Mazzini, mi sono iscritto alla facoltà di Filosofia della mia città, dove studio da un anno. A cavallo tra la fine del liceo e l’inizio dell’università ho iniziato a scrivere, e soltanto qualche settimana fa ho partecipato al mio primo reading poetico. Dal mio lavoro è nato un piccolo libretto inedito ancora “in cerca di casa”.
RAGAZZE NERE IN ITALIA Torno a casa col treno di mezzanotte, nel vagone ci sono parecchie nigeriane. Ognuna ha un sacchetto pieno degli abiti succinti con cui verrà violentata. Io mangio arance e una di loro ne vuole: non la chiede, ma stende una mano. È severa, non parla, pretende un’arancia. E io gliela do pieno di vergogna, perché dovrei fare ben altro e invece non faccio nulla, anzi traggo vantaggio dalla sua condizione di schiavitù, perché il denaro che i clienti danno ai padroni di queste ragazze schiave fa aumentare il prodotto interno lordo e l’Italia diventa più ricca. E io pure. Allora anche io sono un po’ proprietario di schiave? Sì, certo! Mi sembra di impazzire.
Il controllore ha i capelli lunghissimi e loro gli sghignazzano in faccia,
fingono di non avere il biglietto, ridono di lui, ma non infieriscono molto; dopo poco infatti mostrano i biglietti e gli permettono di continuare il suo lavoro; la mia amica gli offre mezza arancia, quasi a farsi perdonare per la simpatica burla (magari in un primo momento lui avrà pensato alle solite negre senza biglietto). Fanno molto rumore, ridono e litigano, ma se una non partecipa alla gazzarra anche per un attimo, sul suo volto cala immediatamente, pesante, una coltre di tristezza. Mi piacerebbe conoscere quella ragazza, vorrei avere un rapporto umano con lei perché mi ha affascinato veramente. Ma devo scendere e poi non saprei cosa dire: qualunque cosa dicessi sarebbe una banalità. Tutto finito, non la vedrò più. Che differenza col treno del mattino, con lavoratori e lavoratrici che parlano delle virtù di qualche milionario italiano bianco e di ciò che non va per colpa di tutti i negri che arrivano qui e di quelle negre mezze nude che danno scandalo; magari i lavoratori italiani alla sera comprano il corpo di queste ragazze, mentre le lavoratrici italiane temono di essere violentate da tutti questi negri. Ma chi sono i selvaggi? Io che non ho saputo fare nulla per un’affascinante ragazza schiava? O gli xenofobi italiani, insensi bili e convinti di essere al centro del mondo? O queste schiave moderne? (L’attore fa una smorfia ironica) In effetti una di loro, dopo aver ricaricato il telefonino, ha buttato per terra la scheda esaurita. http://www.fivedabliu.it/2017/02/19/italiani-brava-gente
Andrea Pizzorno, “vivente”.
Sproloquio dall’apparenza poetica, ovvero la teoria del pentolone con finalino moscio Binario e rimario Fan rima
(non la mia)
Quello non fa mai festa
Non ci avevo pensato prima
di certo è un pranzo
Anyway, son stato in orario
Ma in fondo la rima
Come degli animali
Il verso l’ho messo
Non è che un binario
Ogni documentario
Binari in versi inversi lo sono
Una pancera gibaud
È tutto un mangiare
La poesia è un cesso.
A scartamento vario
Mangiare, mangiare
Non sono un gran vate
Così ci sta tutto
Con tutto sto mangiare
Qui chiudo, scusate!
E giunto in fondo
Non cagano mai?
Hai del mondo
Oppure la merda si insabbia,
Una parvenza
Politicamente.
Ho un treno in partenza!
In giungla e savana
Per te scalerei le Alpi e l’Himalàya
Sa, vado a Faenza
Palazzo Madama
Sfigurar vorrei la tua risata gaia
Mia zia Vincenza
La merda si sotterra
di spasmi d’amore, candido mio giglio,
Ier l’altro passò!
Eh no allora sottoterra non ci vo Mi faccio cremare
XXVII. L’Amor Indolente
d’ogni fiore più bella, sogno di rosa, profumo di pesco, canto di mimosa!
Tutti si passa
Buttatemi a mare
Prima o poi alla cassa
Lì almeno si scioglie
Mi vuoi? “Ti voglio!” Pregusto il giaciglio!
Quant’è?
Chi coglie coglie
Mi dici: “Ti penso, t’attendo, ti bramo!”
Cosa ha preso?
E chi non coglie è …. (…)
Poco o nulla
Mi esplode la rabbia e poeto:
Ho lasciato quasi tutto,
“Ne ho due coglioni così”
son inappetente!
È un novenario tronco
Anch’io ti bramo, e azzardo un “ti amo!” “Vieni, dai vieni, sto al numero venti!” Venti di passione, tripudio, bollore!
Il conto è lo stesso, spiacente, Come tronco è il binario
“Venti, al piano sette, senz’ascensore!”
Se un fesso è il cliente.
Che mi ha portato qui
Sette! Oh Giglio, Oh Rosa, oh Mimosa!
Non me lo dica
Finito è questo calvario
All you can it è la vita
Si ma il calvario vero resta
Sette?! Sette son troppi! No, non è cosa!
Carlo M. Marenco, primula rossa della poesia genovese. Così introvabile che la gente non sa nemmeno più di doverlo cercare. Attivo negli anni novanta come coordinatore ed altro della rivista letteraria Il babau, sparisce completamente nel 1997 e, a parte qualche rara puntata online, ricompare nel 2014 con la versione web della rivista https://ilbabau.net/blog/ e come membro fondatore di GenovaVoci. Oltre che nel web lo si può trovare qui e là a declamare Shakespeare o ribalderie.
Claudia Ambrosini Da A PASSO CORTO SUGLI ORIZZONTI
Dalla prima sezione: I. LO STATO DELL’ARTE I SETTE VIZI DI MARA Mara non è magra e non è grassa, non è triste né depressa. È simpatica e non ride, quando ride non diverte. Sembra uno sguardo, un’opinione, è per strada o in una pancia. Mara non esiste: è dappertutto. VIOLENZA Tu gli dai lo spazio che non sai gestire. Sono strappi e laceri anche i rapporti più costanti. Questo sperma ha la carnagione del morto; solo nebbia impudìca. Dalla seconda sezione: II. LE PAROLE DELLE DONNE PAMELA Eravamo separati. Mi ha insegnato quello che so sul farsi le canne e mi ha lasciato una figlia. Di recente aveva trovato lavoro. Mi sono arrabbiata: per una volta che poteva aiutarci, è morto. LUCREZIA <<Non la voglio>>, lo dissi subito. Tutti mi guardarono increduli, <<Non la voglio>>, ripetei. Ero sgomenta: volevano che neanche le parole fossero mie. Mi accusavano di qualcosa di terribile e io li incolpavo di non avermi voluta ascoltare. Avevo detto subito: <<Non voglio figli>>; ma il corpo non era mio. Quando mi ha messo incinta avevo la faccia sull’antina dell’armadio. Alla fine lo vorrà, vedrai.
Sanno già come si chiama, cosa farà da grande: la bambina non è mia. Io non ho avuto il coraggio di farla morire prima, per paura del dolore e del Signore. Adesso non mi resta che rimanere sulla stessa posizione: <<Non la voglio!>> Solo questo è mio. Dalla terza sezione: III. A PASSO CORTO SUGLI ORIZZONTI UNA PREMESSA. Mi emozionavano i sassi. A tre anni in passeggiata sul mare; li passavo in rassegna tra le dita tondi e freddi, quelli verdi e ambra mi piacevano di più. I grandi dicevano sono pezzi di vetro levigati dall'acqua, niente di speciale. Mamma comprò per loro una casetta di legno, li spolverava. Mi commuovevano i sassi. Io continuai a prendere, guardare i miei sassi; leccavo nell'inverno quello che c'era dentro di loro e in me.
Claudia Ambrosini, nata a Milano, docente di lingua e letteratura cinese, traduce opere poetiche dal cinese. Nel 2014 pubblica il primo testo poetico per le edizioni CFR: “Tra pareti di tela”
Alessandro Magherini Sono nato a Genova nel 1952. Dopo la laurea in filosofia ho trascorso alcuni anni fra l’America Latina e l’Africa occidentale. Insegnante di lettere al Cpia 2 Milano, risiedo a Cinisello Balsamo. Sono stato fotoreporter, traduttore, redattore editoriale. Amo pensare alla poesia come a un’opzione intrinseca ad ogni essere umano, forse una weltanschauung che potrebbe cambiare il mondo. Ho scritto Sonetti per M.me Kalì (Officina Coviello), La Gru (Gattili), Anaconda (Sartoria Utopia). Ho partecipato all’antologia Milano (Edizioni Versi Umani). Autore ospite del blog «Bibbia d’asfalto: poesia urbana e autostradale», ho inoltre pubblicato testi sulle riviste «Il Vento Salato», «Alla Bottega», «Malvagia», «Pick Wick», «Il Foglio Clandestino di Poeti e Narratori», «Il Monte Analogo», «El Ghibli», «Il Segnale». https://www.facebook.com/alessandro.magherini
DI CURRO GIRÓN E DELLA TAUROMACHIA El diestro venezolano Girón Curro Francisco Díaz fu colui che mi fece capire García Lorca: lo vidi toreare a Barcelona la lontana estate del Settantatre, correva nell’arena come un falco Curro, grandioso matador de toros e negli occhi miei, giovani allora la danza della morte si stampò. Quel giorno vidi un grande toro “bravo” menare sulle corna il suo assassino ma quando arrivò Curro su una nuvola il toro si dispose al suo destino. Curro era bello e s’era sposato con la más guapa mujer de Colombia
e non poteva essere altrimenti lui che con quel capello un po’ ondulato attirava gli applausi della folla i baci delle donne, le ovazioni. Cosa crudele è la tauromachia un rito pagano da colosseo e tuttavia Pablo e Federico ne subirono il fascino alla grande, anch’io su quegli spalti vedendo Curro a rodear col culo stretto nelle brache sgargianti da arlecchino e la feluca da guardia civil piantar le banderillas nella bestia, solo, davanti a un pubblico in delirio. Veder morire un toro è cosa triste
ma lui l’uccise con delicatezza Curro, il ballerino di flamenco venuto dall’America a mostrare un nuovo stile da grande torero. Non sono certo un ispanista esperto amo la lingua, amo la cultura i gitani a Granada nelle grotte la Casada infiel, il Romancero lo strazio il canto il duende Lola Flores e Curro quella tarde nell’arena: Curro che è morto in modo naturale per un problema epatico a Caracas risparmiato dal toro che con lui forse trovava giusto essere ucciso quasi ci fosse un prezzo da pagare per gli applausi, per tanta meraviglia
Marco Fabio Gasperini Nato ad Arenzano (Ge) nel 1954, ha sempre vissuto a Genova, tra il ponente e il centro storico. Compiuti gli studi classici, si è laureato in filosofia e attualmente insegna in un liceo genovese. Dal 1988 partecipa a concorsi di poesia nazionali, ottenendo numerosi premi e riconoscimenti. Nel 2005 ha pubblicato la raccolta di poesie "Ricerca", edita da Ennepilibri, con prefazione di Arnaldo Bagnasco e illustrazioni di Daniela Kalepyros. Nel 2009 è uscita la raccolta “Dissolvenze”, con prefazione di Massimo Morasso e illustrazioni di Daniela Kalepyros, sempre per la Ennepilibri editore.
Il vento
Hai molto tempo negli occhi
Ricerca
Avvicinati ancora un poco scegli di non parlare ricordati delle tue mani protese verso di me. Hai molto tempo negli occhi lascia che faccia buio non ti voltare e aspetta la fretta del mio respiro.
Ho appoggiato la mia ombra dove potevo confidando nella stanchezza di Dio e delicatamente ho cercato l'abisso.
Riposa il vento. A Genova è un evento particolare. Abituati a quel movimento che sempre c'insegue senza alcuna discrezione (ossessione del nostro andare quotidiano) il freddo fermo troviamo strano. Sembra di stare a Milano.
Una distesa di inchiostro nero copre il mio viso. ed eccomi Le mani si stropicciano sulla testa. Filtravo anime senza specchi, colti Il respiro si scolla come fosse carne La penna inconsistente pesa sulle dita. di fuochi e spade d'amore. pronta a lasciar le ossa. Guardavo quell'essere deteriorato Ho rotto il mio corpo con le parole. Questo corpo non rispetta mai le regole del Ho appeso un foulard su ogni lettera. Esso luogo. Ho coperto tutto, a perdifiato. Il cuore pompa sangue controvoglia, e quel poco che mi era addosso ormai la voce gronda graffi gutturali. Alcune lettere cadono, cedono spasmoso Spezzandosi l’osso del collo. tentava di radicare le mie ossa Me ne vado al cospetto del suo spaccio in cerca di un quadro Il silenzio furtuolento. da poter guardare in eterno. Smuove tessuti appesi a mezz’aria. Sembra una danza. Senza scrittura.
NO. Io sono una guerriera. Invincibile.
Perché comporre una poesia
che non vuole farsi scrivere?
Ero bleffarda, e meramente un caso. Uno psicomantellosio sfilacciato spurio spureggiato, decasbasito. Io svanivo. Dall'alto scese un braccio ravattante teso, verso il policromanto mondo riflesso nel monogrammato degl'occhi. Questi scoprì il mio dorso, storcendo le dita sbrigliò l'anima dai vari terpori.. Le costole s'aprivano scocchiando
Tentano di tagliare l’aria. La trattano come una rosa seccata, abbandonata sul letto di un grezzo rumore.
Isabella Piazzetta
Nata e cresciuta a Genova il 15 febbraio 1992, frequenta l'università presso la facoltà di lettere. Nel tempo libero fa la baby-sitter, ma il suo vivere è la poesia, il disegno, il teatro e la danza. http://uriennes.blogspot.it/
Meteopatica raffreddata, refrenata dalla dolcezza. Evaporica, sei come un bocciolo di rosa profumato si dall’intimo ma mai sbocciato per guardare quel meraviglioso cielo stellato. Come una Dickinson ti affacci alla finestra e nascondi la tua bellezza contrastata. E tu vai, passeggia. Tra la pioggia e il sudore tra un tempo fredd’umido intriso di dolore. Vai, abbandona le lenzuola e passeggia, senza meta come un’Orca frastornata dalle onde. Questo mondo non fa per me.
Marco Albé, nato a Legnano nel 1964, per amore vive a Sesto S. Giovanni. Si occupa di matematica. La poesia preferisce leggerla o al massimo tradurla. Poi scribacchia, ma soltanto come vano tentativo di catarsi erotica. quando avrò finito di scrivere questo ti amerò da centoquarantaquattromilioniottocentoquarantamila secondi: fossero unità di planck farebbero poco meno del raggio di un elettrone è vero ma è il tempo passato alla catena in vent'anni di lavoro alla fiat e altro che le frecce che meglio combatteremo all'ombra e più dei colpi di martello di tutte le crocifissioni della storia di roma e più delle locuste corazzate che straziavano il sonno di giovanni a patmos mentre giaceva presso il mare pensando che cleide l'etera di mitilene era così lontana e che ciò fosse una ragione irrefutabile per condannare l'universo a spada e fuoco
scherzo (atroce – e dinocampaniano) e sei un po’ genova – il potere ti dà il fulgore e lo slancio di una loggia del palazzo dogale e hai vertigine di bocca e di gambe: chiesa barocca e volute di fontana nel rosso che sale *** le battute di thanatos sembreranno forse un po' rozze e datate, tuttavia generali e sbirri immersi nel sangue fino alle caviglie so come prenderli anzi è giusto che sia didascalico quando affonda le sue puntesecche – eros è un umorista più sottile: disegna un incrocio dove un omino girando l'angolo s'imbatte nel passo di un enorme dinosauro e geme oh cazzo credevo che questi poeti parlassero sempre per metafore 0,687g/cm³
*** vedo che sai bene che i migliori investimenti del capitale erotico sono (come sempre) bombardamenti, anschlüsse, operazioni contro città dai nomi di porte, contro cuori dai ponti in fiamme aperti ai tuoi squadroni dell’amorte
si riconoscono i grandi poeti perché ignorano la reale densità di saturno e in ogni caso sono così gentili da fingere di credere ai suoi parafernali al corteggio di lune o al pettorale di diamanti e non vogliono metterlo a disagio mentre i pianeti invece lo scherniscono e lui si sforza disperatamente di pesare ma a suo dispetto se ci fosse un mare abbastanza vasto vi galleggerebbe inane – proprio come me sulle tue grandi acque
https://www.youtube.com/watch?v=zm9Le1fYil8&list=PLfSpRYM6ZvkLi6_RqCbjZtAF2NsG7QVmu&index=1 Balconi
non toccò il fondo per discrezione
e a chi dice che non crede
Ci stringevamo vicini vicini sul balcone dei lamenti
nuotò finché ebbe fiato
fa che sia come
con uno stile suo, molto aggraziato
una vaccinazione obbligatoria
(piano terra, senza ascensore)
uscì indossando una presina calda
da fare anche contro voglia.
dopo aver scosso la tovaglia della cena
lasciando impronte ovunque
ci lagnavamo piano guardandoci negli occhi
qualcuno le raccolse e gliele restituì
Gesù piccino
la sera finiva, come d'abitudine
lei rifiutò dicendo che non erano più sue
sostenitore dei piccoli innamoramenti
noi ce ne lamentavamo invece di dispiacercene
baciò le mani dei raccoglitori
concedi loro degli innamoranti
si accomiatò cantando una canzone
fa che ogni anelito d'amore
mi pare parlasse di vecchi nuotatori.
trovi l'adeguato suo contenitore
poi chiudevamo la portafinestra in coro perchè non fosse solo uno di noi due
smussa un po' tutti gli spigolini
a rinunciare al giorno.
Preghierina di prima sera
allarga appena tutti i forellini
L'indomani sarebbe venuto, probabilmente
Gesù bambino,
rendi possibili gli incontrini
noi senza dircelo ci speravamo
protettore delle cose piccoline
butta via, ti prego, tutti gli scontrini.
e sognavamo insieme questo sogno
proteggi sempre il loro piccoleggiare
e se funzionava, al mattino
fa che il loro innato esser minute
Gesù bambino
correvamo fuori sul balcone dei lamenti
sia grandezza
non diventar mai grande
(piano terra senza ascensore)
che diminuisce e non accresce
che poi non ci puoi stare
e guardavamo il rosmarino che cresceva,
che smorza i toni, che non fa guerre
in una preghierina
malgrado noi.
che non ci stanno proprio
mi dispiacerebbe doverci rinunciare
nel tuo mondo piccolino.
rimani piccolo ma non sentirti circoscritto
Dinamiche da camera
al più ritieniti circopregato
Svuotò le borse che aveva sotto gli occhi
Veglia su tutte le pastiglie
piene di lacrima mai piante
è divertente e un po' itinerante.
trasformale in capsule d'amore
riempì una tazza fino all'orlo
E cosi sia
da mandar giù ogni paio d'ore
poi si tuffo, a volo d'angelo
Gesù bambino,
dispensale senza distinzione
sporgendosi dal bordo bianco del lavandino
con piccola allegria.
a chi le chiede
Quanto sei sorniona, Roma, quando vedi sfilare capi di stato, diplomatici e potenti: alzi lo sguardo al cielo, ci ironizzi sopra e vai avanti. (ok, ricevuto. Ma c’è sempre l’amore, no?!) -
Alessandra Carnovale
Amore? Come questo? -
AMORE ESTIVO
Ben poco rimane di quell’amplesso clandestino: (Beata che vivi nella città più bella del mondo, questo poi è uno scambio poetico il cigolio del motore di un ventilatore, sudore Genova-Roma…come è vivere nella sparso tra le lenzuola, capitale?) un preservativo gettato via, furtivo, e il trillo morto ROMA , QUANTO SEI (…) di un cellulare spento. Quanto sei faticosa, Roma, L’amaro siero quando tocca andare di un volto straniero. da un capo all’altro, da Labaro a Corviale, Oppure... con il traffico, le buche e il trasporto pubblico carente, DIALOGO AMOROSO ora anche indagato per Mafia Capitale. Amore, nel buio ti osservo Quanto sei sporca, Roma, e ti vorrei narrare quando si esce la mattina dei miei incubi e troneggia la spazzatura e le mie paure – ma tu sui marciapiedi dici che hai sonno e sempre più gente vedi e ti volti a rovistare per dormire. tra gli scarti alimentari. Quanto sei cara, Roma, al metro quadro, con gli affitti proibitivi e la selva dei nuovi quartieri nati attorno ai centri commerciali, da sempre ostaggio dei soliti palazzinari. Quanto sei paziente, Roma, quando ti ingegni ad ospitare i pellegrini di un Giubileo straordinario rimboccandoti le maniche, senza fiatare.
[E così, cullata dal tuo russare, resto a contare pecore per ore.] [quindi proprio non c’è speranza?!] … forse solo una piccola consolazione…
SALVEZZA La poesia salverà il mondo? Non credo; non è emendabile lo scempio in cui ci siamo incastrati con le nostre stesse mani. Ma l’arte rende all’uomo il suo sembiante umano, che i ricatti sociali di ogni giorno si ostinano a negare. La poesia non salverà il mondo senza senso in cui viviamo, ma ci ricorda della nostra essenza.
Nata a Roma, collabora col circolo letterario Bel Ami e con altre associazioni culturali. Frequenta reading ed altre iniziative artistico/letterarie dell’area romana.Ha partecipato a vari premi letterari, ottenendone riconoscimenti. Sui testi sono pubblicati nella rivista contaminata Diwali, nei Quaderni di Erato, Bibbia d’Asfalto e nelle antologie dei concorsi a cui ha aderito. Si interessa anche di scultura e modellazione, soprattutto ceramica. Ha in cantiere un laboratorio di ceramica estivo per bambini. Coltiva la nostalgia dell’altrove.
I ZABELLATERESAKOSTKA na t aaPoz na ń( Pol oni a ) .La ur e a t ai n pi a nof or t e ,a ppa s s i ona t adit e a t r oea r t e ,vi veaMi l a no.Pr e s e nt a t r i c ee or ga ni z z a t r i c e die ve nt ic ul t ur a l i ,s c r i t t r i c e e poe t e s s a ,gi or na l i s t a f r e e l a nc e ,r e da t t r i c ede lbl og" Ve r s o-Spa z i oLe t t e r a r i oI ndi pe nde nt e " . Hapubbl i c a t onover a c c ol t epoe t i c her i c e ve ndonume r os ipr e s t i gi os i pr e mil e t t e r a r it r ac uiPr e mi oSpe c i a l ec omeMi gl i or eAut r i c eSt r a ni e r a a lConc or s o" Os s idiSe ppi a "( Ar madiTa ggi a ,2017)ePr e mi oSpe c i a l e de l l aCr i t i c aa lConc or s oI nt e r na z i ona l eLe t t e r a r i oSe ne c a( Ba r i ,2017) . Si t ode l l ' a ut r i c e :ht t ps : / / i z a be l l a t e r e s a kos t ka poe s i e . wor dpr e s s . c om/ ESTEMPORANEA5°( l epar ol et aci ut e)
POSTMORTEM ( v endet t a)
Isegr et i f er i sconocomecol t el l i
Ver r òat e
-sangui nant i scheggedel l amemor i a,
coi seni t i nt i di sanguev er mi gl i o
l et al i sor r i si di pi nt i sui v ol t i
v er sat odi not t esuunbi ancol enzuol o,
oscur at i dal l ' ombr adel l apr opr i av er gogna.
di st esaaccant oal t uo" cor po-sposo"
Put r ef at t i r i f i ut i del l acosci enza sof f ocat i di gi or nodal l ' appar enze.
Lest i gmat eet er nedei sensi di col pa. SANGUE( acr ost i co) St upr oèamar o,
comeunabambol asmembr at adacr udel i f or bi ci .
Ver r òat e i nogni not t eoscur a t agl i andoi l bui oconl ' ul t i mogr i do, sar òunacr ocedel t uocammi no, l ' asf i ssi ant epr of umodel gel somi no.
Agr odol cecomei l sangue. Nonr i escoat ogl i er ei l suoodor e, Gr af f i sul cor por i mangonopersempr e. Ust i onat adal l osper ma El emosi nosol t ant ol amor t e.
Tor ner òat e enonconoscer ai mai l apaceet er na.
Enrica Gugliotta
e gridare ho vinto !!
Sono nata a Genova il 7 Maggio 1977. A 12 anni ho iniziato a scrivere poesie. Nel La poesia 2002 sono entrata in semifinale al È donna ! Festival internazionale di poesia “La La poesia è amore ! città dei poeti”. Nel 2002 hanno pubblicato Batticuore ! la poesia la città nell’antologia del festival La poesia la città dei poeti. Nel 2007 ho pubblicato È un verso la mia prima raccolta di poesie Mai finito ! Diario dei pensieri notturni. A seguire:Il Come un orgasmo risveglio; La rinascita; Mai arrivato ...... Gocce di poesia; Emozioni;Sogni ad occhi aperti; Scatti e versi; Poemys; La mia seconda vita. Vola figlio mio In preparazione: 40 anni in versi Su cieli tersi Su mari calmi ..... Io sarò la tua guida ! Per l ' eternità ..... Anche quando La vita ci separerà ..... Io sarò sempre al tuo fianco Mai ti abbandonerò Sarò il tuo angelo La tua roccia Il tuo appiglio La tua forza E te vola Vola verso Il tuo futuro Ci saranno tempeste Periodi bui .... Questa è la vita ! Te cammina sempre avanti Bambino mio ! Ti vorrei proteggere Dai mostri .... I mille elefanti Ma la vita È come un ' autostrada Tetri giorni miei senza un domani A volte scorrevole Ieri si A volte impervia ..... ieri Ma io ci sarò sempre .... ho vinto ! Figlio mio Oggi sono perennemente insicura di Stai crescendo riuscire a trionfare Troppo in fretta A riprendere la mia vita tra le mani Il tempo vola .… Sono schiacciata da mille elefanti Sembra ieri non riesco a muovermi vorrei rialzarmi e cavalcare i mille elefanti Che ti aspettavo E accarezzavo che ho sulla schiena Il mio pancione !
Presto avrai Dieci anni ! Ed io quaranta ! Il tempo fugge Ma resterai per sempre Il mio dolce bambino Il mio piccolo Lorenzino Grazie a te sono rinata Vola Vola verso il tuo futuro Vai sempre avanti Io ci sarò sempre Figlio mio !
Biografie: Breve vita romanzata di Eugenio Montale; Breve vita romanzata di Alda Merini; Le poetesse liguri; 15 antologie poetiche; eBook vari; eventi poetici;un calendario; un cd musicale; video su YouTube.
In un mondo silenzioso E parallelo ..... Vivi la tua vita .... Gridi al mondo Perché parlare È troppo difficile .... Vorresti fuggire Da questa gabbia dorata .... Dal tuo silenzio Da questa ragnatela .... Che ti imprigiona E allora Nel silenzio Ti culli nei tuoi sogni
VISITOR Me l’ero immaginato così fuori dal mondo fatto di luce e di leggerezza Mi sei entrato dentro fino in fondo in me hai trovato un corpo e concretezza
Il pelo bagnato di chi? E un tanfo. Minestra stracotta, scaldata, ricotta, nell’aria impregnata di legna bruciata, di panni bagnati sul filo tirato del muro scrostato.
E lei silenziosa quegli occhi di rosa il metro allungava Non conoscevi l’ombra col gesso segnava l’hai imparata la stoffa vigogna. quella dei corpi Nessuna vergogna se incontrano la luce a farti toccare sentir respirare Poi sei entrato dentro tu fermo in piedi. nel profondo Le sue mani lievi e nelle ombre mie puntavano spilli hai fatto luce piegavano pinces. E rizzava i peli LA PANTALONAIA DI BORGO INCROCIATI la pelle sfiorata lì sopra il ginocchio Entravi. Odore non un dito più su di pelo bagnato. che lì si fermava Ma il cane dov’era? la moda all’inglese, Il gatto non c’era. ragazzo borghese,
che vivevi solo una curva più su.
APRILE Aprile Apri le persiane Apri le veneziane Apri le tende Sul davanzale già scolorano le primule Apri le finestre Apri le labbra Apri le narici Respira Non parlare Lasciati entrare l’aria la luce le nubi anche La vita è quello che sei ora. Apriti a lei.
Paola Silvia Dolci
Paola Silvia Dolci, ingegnere civile. Diplomata presso il Centro Nazionale di Drammaturgia. Collaborazioni con riviste letterarie. Direttore responsabile della rivista indipendente di poesia e cultura Niederngasse. Tra gli altri ha tradotto Maxine Kumin e Galway Kinnell.Libri Bagarre – Lietocolle ed., 2007; NuàdeCocò – Manni ed., 2011; Amiral Bragueton - Italic Pequod ed., 2013 Recapiti paolasilviadolci@gmail.com
Gabriele Borgna A ca’ de Jose (au Portu) Sdraiamoci nel ventre di questa cesta d’aspra terra, dove i nostri amori in bianco e nero dormono ancora senza respiro, senza passare. Lo senti l’odore del silenzio? Esso ti ascolta. E tutto di te scopre ed impara accovacciato, baro nascosto tra l’agave e il rosmarino. Attraverso nuvole cariche d’incognite la natura ci parla dentro agli occhi, scrivendo il cielo con rondini e ideogrammi. Aiutami a impiccare ogni singola afflizione ai fili delle stese, educate all’inchino duro dalla tramontana. Riportami per mano agli albori dei sogni di sabbia quando respirando con lentezza il mare ci promettemmo salsedine a vita… (Tratto da “Artigianato Sentimentale”, Collezione Letteraria – Puntoacapo Editrice)
Gabriele Borgna (Savona, 1982) vive a Porto Maurizio – Imperia. E’ membro dell’Associazione Culturale “Mondo Fluttuante” con sede in Sanremo. Suoi testi sono presenti su diversi siti letterari e ha ottenuto premi, menzioni d’onore e segnalazioni ai concorsi: Festival Della Cultura Mediterranea (2014), Concorso Internazionale di Poesia “Parasio” (2015 e 2016), Premio Nazionale di Poesia Inedita “Ossi di Seppia” (2016 e 2017). Giudicato tra i migliori autori under 35 dalla Biennale di Alessandria (2016) Da febbraio 2017 in libreria con “Artigianato Sentimentale” (Collezione Letteraria – Puntoacapo Editrice) con prefazione di Giuseppe Conte. Pagina Facebook: https://www.facebook.com/spifferi.diimperia
Giangiacomo Amoretti Luce che all'alba defluisce e schiara le plaghe mute dell'inizio – luce più alta, che si stinge e si ritira. Nadir e zenit, nord e sud – il male da sempre già in questa incoincidenza, in questo non ancora e già non più, che è il cuore nero – il centro della luce. * Io senza me da sempre – io nulla – morto. Colui che guarda e che non sa – colui che affonda senza un grido e ancora annaspa. Io de profundis, anima straziata, da sé divisa e ancora a sé nemica – irata e vinta, buia dentro il buio e disperata ed a speranza ancora tutta ravvinta. * Non lenisce la pena la veggenza. Fessurata è la sfera. Geometria più non regge le curve alte degli astri. Governa tempi e spazi fragilità e li corrode. Un vento brusco solleva spire di cenere e di fumo. Riardono i falò tra i sassi. Tu vigili ancora, semicieco, a notte – dalla tua specola. * Ti sopravvivrà questa luminescenza, mini vampa di brace, linea minima di saetta – uno svolìo di cenere e di fumo – ben altro da ciò che tu sperasti – salvezza o reinizio di questo cuore buio, di quest’anima infetta.
Giangiacomo Amoretti vive a Genova. Ha insegnato Letteratura italiana all’Università. Scrive poesie da sempre. La sua ultima raccolta di liriche, Come un canzoniere, è uscita nel 2011 presso Aracne (Roma).
MARCO G. MAGGI Nato a Tortona nel 1968, vive a Castelnuovo Scrivia. (Alessandria) Sue poesie sono state selezionate e pubblicate su diverse antologie e riviste letterarie, sia online che in cartaceo, e ha ottenuto diversi riconoscimenti in alcuni importanti premi di poesia. È stato inoltre invitato a partecipare a numerosi readings sul territorio nazionale tra cui spiccano località come Genova, Milano, Roma e Matera. Nel febbraio 2014 ha pubblicato la sua prima raccolta poetica, intitolata “Punto di fuga”, presso Collezione Letteraria della Puntoacapo Editrice. Entro l’anno dovrebbe uscire, con lo stesso editore, una nuova silloge. Per il 2018 è in previsione la pubblicazione di un poemetto
Il bambino della giostra (Jim Crow)* Sempre solo lo sguardo nel vuoto la guancia appoggiata alla mano un orecchino luccica nel lobo dei suoi otto anni agguanta soldi e biglietti forse aspetta il suo turno di trovare un tempo fanciullo e tentare una vita lontano dalla giostra dei calci in culo.
Stiamo tutti bene
*Con un pensiero a James Langston Hughes
Non so parlare questa quaresima fa un baccano micidiale e vorrei stendere un sipario sui pensieri
Stiamo tutti bene ci sono ancora fette di noi sulla tovaglia ma è carnevale e la tua voce spalma crema chantilly a piene mani Sposti la sedia lasciando briciole di me dentro la stanza giri lo sguardo: ce ne sarà ancora da mangiare per i figli?
su questa lotta che ogni giorno ci ricorda di esser vivi. Giorno della memoria A cosa serve una data per ricordare lo sterminio dei campi? Cosa ne è degli altri giorni se non sentiamo la Shoah nel nostro vivere quotidiano nel silenzio del crepuscolo che accompagna la sera? Auschwitz è con noi nella minestra rappresa sotto la neve quando non c’è riparo nel questuante che chiede il pane nell’immigrato maltrattato. Penetra le nostre carni per sempre come il tatuaggio sul braccio di un sopravvissuto.
Natalizia Nel mio paese di cinquemila anime tredici funerali o forse più dall’Immacolata a Natale Adesso che sono in città quando avverto già in lontananza la sirena di un’ambulanza - qui nessuno ci fa più casocome le vecchiette sulle porte mi domando chi sarà il prossimo e di nascosto tra una mezza preghiera e un’imprecazione mi faccio il segno della croce.
Ballata per Papà Sulle tue spalle due ali son nate , bianche , potenti e di piume dotate . Un colpo nel vento , un battito lieve mi volto , non resta che un fiocco di neve . Pensieri , ricordi , baci e parole si asciugano là come lacrime al sole . Il tempo che passa non smorza il dolore ricordi in tondo di vario colore . Il giallo bambina , il verde liceo , rosso felucca , poi rosa-sposa cammeo. Nero che incombe stempera il tutto , varia in un grigio : misero frutto .
nuotando in un mondo di suoni attutiti , ora la testa sul cuscino reclino . E vedo altri luoghi in lampi di luce e sento altre voci in bisbigli lontani . Che importa se il mondo corre gridando , sulla mia tela , vergine bianca , china in ascolto dipingo , con dita d'iride stendo i colori in lampi di luce , in bisbigli lontani . Che importa se il mondo corre gridando , le spalle gli volto , assorta traduco a colori quei lampi e quei suoni ché il mondo che ho dentro gridi più forte .
Un colpo nel vento , battito breve quel grigio mestizia ogni giorno più lieve . Un colpo nel vento , un battito ancora il giallo bambina pian piano riaffiora . Il verde poi il rosso , in coda quel rosa bianco piumaggio magia se si posa . Si posa leggero su ricordi e parole che ora bandiere garriscono al sole . Non nero , non grigio sol bianco piumaggio mi volto , un sorriso era questo il messaggio . Il Tempo del Lentogiro ( ovvero la terza età ) Quel tempo possiede due occhi detragni , pieni di bianca opalia smemoria , che nostalgica cuccula il sole che crepuscola lento e smorzello . Lì tra bicchi di rossa vitigna , volano leste pezzaglie consunte , in borrasche di fanti e regali corombe in briscole ciarle vanno zuffando . Su piste sabbiali tondelle legnandre rogliano sfrinzie bombando assai forte , tra storie mai slandre sempre di moda ciclano e virano tra risa e sburlacchi . A volte però ha occhi azzurrandri , atragni e spalandri su giorni ventosi pieni di nuova e birbacchia fruschianza . Tra lontanzi ricordi di valzerini fruschelli tra mami e non mami per mano a balzelli .
Volto le spalle Che importa se il mondo corre gridando col primo caffè chiudo gli occhi , raggomitolata come ai primordi
Alessandra Beratto Sono nata ad Ivrea il 5 aprile del 1963 dove oggi vivo e lavoro come medico veterinario . Maturità classica 1982 liceo Carlo Botta e laurea 1990 università di Torino . Ho sempre scritto . Da bambina scrivevo poesie poi lo studio e il lavoro mi hanno costretta ad altre scelte e la penna l'ho rinchiusa in un cassetto . Negli ultimi anni , dal 2011 , ho cercato di ritagliarmi spazi per scrivere le cose che avevo dentro in rima e non . Ultimamente ho scoperto il fascino ironico della poesia metasemantica e non ho resistito all'impulso di scrivere in questa maniera così in bilico tra realtà e sogno .
Le querce di Gourdon
Aracnofilia
I see the oak’s bride in the oak’s grasp Ted Hughes, Gaudete
In collaborazione con Alfredo Rienzi
Lungo i bordi della falesia di fronte al mare nizzardo nel vuoto quasi sporgenti ardite e frugali s’ergevano roverelle. Le pubescenti foglie lobate, le cortecce scabre scosse dalle folate del pungente Mistral. Da Nord-Ovest spirando in egual misura sferzava le profonde gole del Lupo, il cammino del Paradiso e – tra timo, lavanda, ginestre – le deliziose case arroccate sullo sperone di roccia. E noi contemplanti sotto le querce.
Tre sistemi nervosi ha l'intestino due il cuore e il fegato altrettanti, uno, uno soltanto è nell'encefalo. Ragnatela di psiche e soma, spina rete e inesausta fibra, filo di fuoco ed acqua che organo ad organo interconnette. Regia interiore che ogni pensiero plasma e i sogni e le emozioni. Al fondo d'ogni viscere s'acquatta ciò che battezziamo inconscio: il suo morso salutare quanto quello del ragno violino, della nera malmignatta.
La chiocciola smarrita Ha vagato sperduta tra le insolite scanalature d'un imperturbabile frigorifero la chiocciola citrina, colta di primo mattino tra le rugiadose foglie d'un cespo di lattuga. In fuga da ogni falso mito, artificiale paradiso prima di rintanarsi assiderata e delusa nel profondo del suo piccolo guscio a spirale. Dal sottile epifragma sigillata, ha sognato eterne scie d'argento tra teneri germogli e promiscui incontri d'amore nell'umidore d'acquerugiole primaverili. Poesie tratte da Corvi con la museruola, LietoColle 2017
Sergio Gallo è nato a Cuneo nel 1968 e risiede a Savigliano (CN) dal 1982. È laureato in Farmacia presso l’Università di Torino e lavora come collaboratore di farmacia. Ha pubblicato: Pensieri d’amore e di disastro, Tipografia Saviglianese 1991, La giostra di Venere, Mario Astegiano Editore 2003, Canti dell’amore perduto, puntoacapo, Novi Ligure 2010, Pharmakon, puntoacapo, Pasturana 2014; Corvi con la museruola, LietoColle 2017. Ha vinto il Premio «Giacomo Leopardi» (2006), il «Nuove Lettere» (2010) e il «Guido Gozzano» (2013); ha ricevuto il II Premio sempre al «Gozzano» (2010), il terzo al Premio «L'alberodirose» (2016); è stato finalista per l’inedito al Premio «Astrolabio» (2013), al Renato Giorgi (2015) e ancora al Gozzano (2014, 2015). Suoi versi sono apparsi su La clessidra, Pagine, Le Voci della Luna e in diverse antologie, tra cui: L'impoetico mafioso e Oltre le nazioni, a cura di Gianmario Lucini, Edizioni CFR 2011; Poesia in Piemonte e Valle D'Aosta, a cura di Emanuele Spano e Davide Ferreri, puntoacapo Edizioni 2012; Cronache Da Rapa Nui, a cura di Gianmario Lucini, Edizioni CFR 2013; l'Almanacco Punto n.5, puntoacapo 2015; Bankruptcy a cura di Ivan Pozzoni, Limina Mentis 2016; l'antologia americana International Authors, Emanations 2+2=5, a cura di Carter Kaplan, Brookline, Massachusetts, 2015; Il Fiore della poesia italiana, Tomo II – I contemporanei, Puntoacapo 2016.
https://www.facebook.com/groups/50348091685/? fref=ts https://www.youtube.com/watch?v=yBtiOBMd0YM https://www.youtube.com/watch?v=qNRKW670PnU https://www.youtube.com/watch?v=ZLjcbwyhwrI https://www.youtube.com/watch?v=Wdye0rqwO6M https://www.youtube.com/watch?v=jvQwyx8uLBA https://www.youtube.com/watch? v=41HIzACXLd8&list=PLB4E9A6B2F25410AD&index=2 https://www.youtube.com/watch? v=0lCHDxDLN_M&list=PL31D5D758CADF5673
http://www.twebnews.it/2017/04/04/navigando-il-nuovo-album-di-orianocastelli-prospettiva-acustica/
https://www.facebook.com/stefanosolari63?fref=ts https://myspace.com/solaristefano https://www.youtube.com/watch?v=uDfBtiPQQMU https://www.youtube.com/watch?v=jvQwyx8uLBA https://www.youtube.com/watch?v=yP7H5suM4W0 https://www.youtube.com/watch?v=2gVyuPXR5A&list=PLB4E9A6B2F25410AD https://www.youtube.com/watch?v=wQokjO1au4&list=PLDBE63597C46C1A7C https://www.youtube.com/watch?v=YvdTZBi-xUA
LUCIANA LANZAROTTI
.
Genova Che salga o scenda, prego, quante chiese, case, crose e croci, prego, e mute rose dal geranio offese, che salga o scenda: rotola e s’affanna d’onda di rugna e di mugugno, di mare che annaspa e raspa, di schiuma bava sulla sabbia, picagge salae arestan bagnae, de ma de ma che maniman o resta che maniman o va che maniman o resta, che maniman o va di ninna nanna lesta, segno veloce di croce rossa bandiera di ritorno a schiera di barche rondini mute a sera e nere di pirati sempre nella mente e di niente da mangiare tra pietra tetra e bianca di sposa, terra che scende, pietra che sale, mandilli salae arenstan bagnae, sale, sale di Palazzo Rosso, Bianco Tursi, scende d’aranci scende di limoni rotolanti e olive verdi, mi perdo ti perdi che salga o scenda m’arresto e sto, stretto nei vicoli e aspetto dopo le vele l’urlo delle sirene ch’io mi nascondo bene per non morire oltre le pietre bianche oltre le pietre nere, che salga o scenda l’onda de ma che maniman o resta che maniman o va. ( Scritta per Genova-città-ascensore e per l’Ascensore di Castelletto che compie 100 anni e viene festeggiato sulla Spianata il 24 ottobre 2009)
rugna rogna malattia o rugna che in dialetto vuol dire anche lamentarsi borbottando
( maniman in realtà è intraducibile vuole dire il timore che forse accade qualcosa, un po’ di paura un po’ di scrupolo, un respiro trattenuto, sospeso )
picagge salae arestan bagnae, de ma de ma che maniman mandilli salae arenstan bagnae o resta che maniman o va che maniman o resta, che fazzoletti salati restan bagnati ( questo sale è di mare, o maniman o va salati di lacrime per il partire, il tornare, l’andare e venire del mare, dal mare ) strofinacci salati che restan bagnati, di mare di mare che quasi quasi resta che quasi quasi va Nasco a Genova. Vivo 25 anni a Roma dove ho ideato scritto e condotto programmi Radiofonici per Radio RAI 1-2-3 e per la TV RAI 1-2- 3. Inviata di Ruggero Orlando già a 20 anni. Autore di Domenica IN. Per due anni autrice e conduttrice di e con Monica Vitti. Ho condotto sette anni di diretta consecutivi tutta la notte di RadioUno: La Notte dei Misteri. Ho lavorato per Uno Mattina Sereno Variabile Detto tra noi. Ho inventato rubriche ne sono stata autrice, regista, interprete. Ho collaborato con la RTSI ( Radio e Televisione Svizzera Italiana ) Ho condotto centinaia di ore in diretta e realizzato centinaia di interviste per i programmi più disparati di Radio Uno Due Tre. Ho presentato per dieci anni Il Festival dell’Umorismo di Bordighera e Il Premio Naxos Regia Televisiva per la Radio. Ho ideato e presentato una rassegna musicale anni ’60 sul lago di Garda per quattro anni. Ho realizzato e ideato per Primocanale un Talk Show dal titolo DA LA SPEZIA A VENTIMIGLIA condotto e realizzato sui treni, i miei invitati erano i passeggeri occasionali. Premio Millecanali per il miglior programma TV. Sono stata Premio Palma d’Oro per l’Umorismo. Premio Naxos per la Radio. Premio IDI per il Teatro con una mia commedia Ologame portata in scena da U.Gregoretti. Premio Liguria a 18 anni come migliore attrice giovane per il Saggio della Scuola di Recitazione dove mi sono diplomata e sono stata attrice per cinque anni al Teatro Stabile di Genova. Sono stata personaggi di ogni tipo in innumerevoli sceneggiati radiofonici. Ho scritto programmi di varietà radiofonico. Monologhi. Mi sono formata così Liceo Artistico Accademia Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di Genova. Ho scritto un romanzo IL PICCOLO LUTRING editore Neri Pozza. Favole LE BELLEINBUSTA rappresentate nelle scuole. Tenuto Corsi e Seminari sulle potenzialità della comunicazione attraverso la Voce. Dipingo e partecipo a mostre. Sono una ritrattista velocissima ritraggo chiunque stia fermo in qualsiasi luogo ( solo su iPad 2000 ritratti in 2 anni ) Il resto lo dico a voce. Per essere contro la noia è già troppo lungo.
Sono come i suonatori di jazz. Io faccio radio anche quando taccio, se taccio in realtà è solo una pausa.
Anna Spissu NOTIZIE PER NOÈ Quei due che non erano neppure più così giovani e neppure poi così belli e non sappiamo se siano delle brave persone o abbiano mai fatto del male a qualcuno, quei due sulla banchina del treno a Genova Principe si sono abbracciati così forte che sembravano un albero solocon due chiome. I baci sulla bocca sarebbero venuti dopo prima ci sono state le mani a toccare i capelli il volto a stringere fra le braccia le spalle, la schiena come a dire ti aspettavo tanto amore sei vivo esisti esisto siamo qui adesso siamo noi il mondo. E tenendosi per mano in quell’amore dilagante come una maternità li ho visti scendere le scale e avviarsi felici verso la loro risurrezione privata in una qualche casa della città. Il pensiero di scendere attraversare l’ombra dei vicoli arrivare alla luce del porto e affidare al mare infinito un messaggio nella bottiglia oppure stare qui, sul treno, aprire il computer portatile e mandare via web un messaggio a Noè. Se in qualche punto del Tempo fosse previsto un altro diluvio e tu costruissi un’altra Arca ti prego scegli due come loro. da “Parole per un addio”
Poetessa e scrittrice ha pubblicato “Il rumore del tuono”(Manni ed); L’Amore imperfettibile( Gammarò ed.) Milonghe del Nord( Gammarò ed); La vita trasparente( e-book Amazon); Parole per un addio( e-book Amazon);il romanzo storico Il pirata e il condottiero( 1° ed. Corbaccio ed; 2° ed. Liberodiscrivere edizioni); il romanzo fantasy Lowelly il Mago( Betelgeuse editore); Ha collaborato con enti culturali nella progettazione e realizzazione di eventi riguardanti la poesia. Suoi racconti e poesie sono presenti in antologie e riviste e hanno ampia diffusione nel web. sito web: www.annaspissu.it; pagina fb: https://www.facebook.com/anna.spissu.9
Alessandra Vinotto ASTRONAUTICA Esistiamo quando, con una piuma. solletichiamo il mondo, E con un raggio di niente Illuminiamo le galassie. Nella nostra faretra Sempre note, E precisione negli accordi. Fummo creati di luce E il nostro punto fermo È l'infinito. GRAN LASCO Talmente immoto Da essere irreale,
OECUMENE OCEANO Ho visto cambiare il mare. E i seni, diafani nella notte. E gli odori, quegli odori acri e stranieri, E le voci urlanti di felicità e rabbia. Ho visto molte lune, Anche doppie, talvolta, O raddoppiate dall'amore. E rombi, e ronzii, e stridori fuori luogo, E luoghi fuori tempo. E dalla vecchia torre, A guardia delle onde, Ho visto l'isola sempre uguale, E le tue mani grandi, E il sole scendere senza riposarsi mai.
Nessun vento, Nè una traccia lasciata, Un nulla Che rammenti: Niente. Inutile, la riproduzione della luce: Ciò che è stato Non ritorna, Non serve Guardarsi indietro. É questa nube di oggi Che devi amare, Mentre scivola Senza fretta Verso L'orizzonte conosciuto.
Dondolio sommesso, Questa voglia di notte E catene spezzate. Un rantolo di passato E il futuro che si diverte: Mi affido così, Al profumo del buio, Al sudore, Allo sbattere d'ali Di un insetto disorientato. Stasera dormiremo, Lo dicono gli almanacchi. E le effemeridi sorridono. La tela tremula È impazzita di brezza.
Immanente manifestazione Di qualche antico dio.
Passate voci Rammentano Infinitudini disperse.
Ho visto invecchiare i sensi E le facce sempre uguali, Ho fatto esplodere mondi Dentro gli occhi curiosi E incredula ho pregato. Sono stata ferma, Come solo la morte è capace, E con pazienze infinite Ho accolto il silenzio.
IL CANTO DELLA BAIA Sentire la sera, In questa musica di mare E corrente Che sfiora le stelle. Una luce Illumina il niente,
NUBE NIPPONICA Senza sangue nelle mani Scossa da brividi, Ti amo come si ama il Giappone perduto Il sapore del latte La forma delle nuvole. Ti amo perché vali qualsiasi viaggio, Sei la coperta più bella ancora delle stelle d'estate E le tormente d'inverno non ti scuotono Mentre tu scuoti me Fuori e dentro E dentro e fuori io ti voglio.
Alessandra Vinotto, art-director, regista e fotografa da anni premiata sulle scene internazionali. Ama la natura e scrive poesie da sempre. Nel 2015 pubblica il suo primo libro di poesia, POESIE DALLE TERRE DI MEZZO: e pensa che da grande potrebbe fare la poetessa.
Laura Paita Caramella Scartami dall’involucro che mi avviluppa. Accosta le tue labbra alle mie curve. Trascinami all’interno della bocca e con la lingua accarezzami sui fianchi. Succhiami i contorni fino a farmi sciogliere. Lasciami squagliare lentamente… fino a quando di me non resterà più niente, una dolce sensazione ed un sapore invadente.
Girasoli La Vita è meravigliosa, compie piccoli miracoli. Dove la terra è riarsa, bruciata dal sale e dal sole, sono nati girasoli. Cresciuti con l’energia della disperazione, grati salutano il cielo, danzano fieri e vigorosi al suono del vento, e, a tratti, si lasciano andare ad un abbraccio malinconico, trasudando rinascita. (12 aprile 2017)
Laura Paita è nata a Genova, dove vive, il 14 gennaio 1960. Si occupa di Scienze per la Pace, Cooperazione Internazionale e Mediazione di Conflitti. Fin da bambina ha sempre interpretato la scrittura come catarsi e urgenza comunicativa. Non ha mai avuto un amico immaginario né tenuto un diario, ma ha sempre scritto pensieri e riflessioni rivolgendoli a qualcuno, usando la forma dell’epistolario. Negli anni i pensieri si sono fatti poesia.Ha vinto il primo premio del “Premio letterario Federica: le parole della Vita” , indetto da A.I.O.M. ( Associazione Italiana Oncologia Medica), il 21 maggio 2016.Cura un blog personale laurapaita.blogspot.it e fa parte di un blog collettivo di poesia vocidipoesia.blogspot.it.
Cantautore, poeta e pittore. Nato nel ‘82 in Sicilia, risiede da qualche anno a Genova. Laureato all'Accademia di belle arti di Palermo e Genova, ha all'attivo la pubblicazione di 3 dischi di canzoni (“Infinito” 2011, “Davvero” 2013 e “Canzoni nel cassetto” 2016) e 2 raccolte di poesie (“Fiori di strada” 2004, Maremmi editori e “Terra di nessuno” 2016, ed. Medinova).
www.clemente.one
La crisi Ogni cosa ha il suo tempo, ogni luogo una storia, ogni uomo una vita fatta di cose, fatta di luoghi. I muri robusti che noi costruiamo con i nostri soldi, compongono i templi che ci custodiscono e accolgono il cuore, prima di venire, un giorno, restituiti alla natura e al vento, divenendo pagine urbane di rabbia o d'amore ma rimanendo pur sempre muri, per sempre sacri. Le anonime strade su cui camminiamo osservando sontuose vetrine, penetrando locali affollati, sono soprattutto, prima di tutto, un viavai di persone, volti di amici passati e futuri, magari di amori, sogni, delusioni. Ma se quelle strade un giorno saranno deserte, inghiottite per sempre dalla città che cresce e che muore, desteranno comunque al passante distratto ricordi perduti di odori e sapori che in nessun negozio potrebbe comprare. E finché in un qualunque sperduto paesino di mare troveremo ancora delle ragazze su qualche muretto, sedute a parlare, niente e nessuno sarà mai perduto. La vera ricchezza sta nel valore profondo di certi poveri, semplici, oggetti abbandonati eppure familiari, in quell’inestimabile affetto che mettiamo o riceviamo dentro certi piccoli, immensi, gesti. Perché anche il vuoto ha un suo contenuto, ogni malinconia una propria dolcezza, ogni apparenza un abisso, un mistero. La più grande ricchezza sta nel saper riconoscere ancora amore, gioia e bellezza in questo caotico nulla fatto di numeri, codici e cifre,
sapere trovare e godere la felicità implicita in ogni ricordo, la passione intrinseca e incondizionata in ogni progetto. Cosi, se il sudore della fatica valesse molto più dell’oro, la mano vuota di un amico più di ogni banconota, il sorriso limpido di una donna, di una madre, di un bambino, più di ogni capitale, non esisterebbe banca che ci chiederebbe interessi fuorché noi stessi, verso noi stessi. E non ci sarebbe debito che non riusciremmo a colmare se non per noi stessi, attraverso noi stessi. Tutto il male che accade nel mondo non è che un ignobile inganno, un oltraggio alla felicità, un’offesa per l’intelligenza e un delitto della libertà che dovrebbe indignarci, turbarci nell’intimo, farci patire e sollevare e che in nessun modo dovremmo permettere e, invece, ci sembra normale. La vera crisi è dell’anima. La notte La notte è il coperchio dei miei giorni vuoti trascorsi cantando sogni e ricordi per viverli ora, non perderli ancora. Un tempo, la notte, era un pozzo segreto un oceano infinito in cui mi immergevo assorbivo misteri, profondi pensieri. La luce del giorno illumina il mondo, rivela la strada. Il tempo, fatale, mostra dove andiamo ma mai cosa siamo.
Vittorio Fioravanti (interpretato a “Poetando” dalla sorella: l’attrice Franca Fioravanti)
Il poeta Vittorio Fioravanti risiede a Caracas, nel Venezuela da oltre cinquant’anni. Scrive fin da ragazzo, e ha pubblicato da sempre i suoi versi su riviste letterarie e nelle pagine di antologie poetiche italiane e straniere, ricevendo innumerevoli premi e menzioni durante l’intera sua lunga vita. Nel 2004 la sua composizione poetica “Non c’era una volta” ha meritato il primo premio assoluto al Concorso Mondiale “Italia Mia”, riservato agli scrittori italiani residenti all’Estero.Come esponente di riguardo della nostra collettività nel 2013 la Federazione delle Associazioni Italo-Venezuelane ha organizzato in suo nome il tradizionale Festival della Cultura. Due anni fa queste sue cinque liriche - “Razza mediterranea”, “Andarsene via”, “Me n’andrò”, “Un uomo solo” e “Silvia” - sono state pubblicate a Nuova York nell’imponente Antologia Italo-Americana “POETS OF THE ITALIAN DIASPORA”.
Razza mediterranea • Siamo il seme disperso frammenti d’una diaspora estesa Siamo gli scampati oltre il muro dell’orto franatoci intorno • Razza bastarda fuggiamo da sempre lungo i sentieri più incerti delle patrie scelte soffrendo sui biglietti d’un viaggio ormai senza ritorno • Sopravviviamo forti del dolce coraggio d’una donna incontrata quasi per caso appena all’angolo di un’ora della nostra vita Sopravviviamo forti anche dei figli del nostro esilio • Razza testarda ci cerchiamo con gli occhi l’alito d’aglio le mani stanche e sporche ripulite ogni sera e quelle poche parole restate • Siamo un’Italia antica copia sbiadita d’una fotografia l’ombra del campanile che attraversa a tentoni la piazza lungo le stesse pietre le foglie frementi sull’albero di una strada di periferia l’acqua rossa dell’unico fosso Siamo in quel grido allo stadio la stessa gente • Siamo un’Italia remota l’eco di quel violento ‘45 Siamo i reduci dei due fronti la rivincita d’una guerra persa Qui siamo l’emigrazione le rimesse e i risparmi l’eco di quel grido allo stadio un’immagine fatta e disfatta d’arduo lavoro e di sacrifici di scontri e nemici Siamo un volto rassegnato uno sguardo rivolto al buio dell’integrazione • C’è una voglia in noi crescente come la spuma
d’una calda mareggiata morbida come il volo lento d’un gabbiano steso nel vento le ali aperte sul fragore della risacca C’è in noi violento il rimpianto di quelle scogliere nostalgie di filari di viti di tristi ulivi contorti di case bianche di gesso d’una preghiera resa in coro nel segno della croce nel lancio d’un pallone di cuoio calciato al centro dell’oratorio e c’è il sapore delle domeniche e la tua giovane voce il tuo pianto Mamma • Sangue mediterraneo ci abbracciamo in incontri concertati per crederci uniti strette di mano tra i brindisi accesi e le risa la pasta ancora fumante bandiere spente e un canto assonnato un sospiro d’assurdo • E in fondo al salone col tricolore appeso intanto di lá della vetrata aperta oltre la vallata e i monti al di lá di tutta quell’acqua che ci divide dal passato c’è un’Italia diversa cosí cambiata vibrante e moderna perversa nei suoi nuovi costumi quasi straniera che oramai ci ignora
Andarsene via • Pietre immobili cerchiate di strida d’ uccelli la torre dell’ orologio fermo nel tempo
d’una vendemmia sfumata • Andarsene via dalla dura sventura di non trovare un padrone con tutti quegli anni persi in attese umilianti tenuti a bada dai cani senza un impiego onesto la parte più forte di tutta una vita lasciata lungo i muri d’una fabbrica chiusa dietro le scritte della nostra rabbia gli stivali della legge e ancora i cani • Andarsene via dall’avversa disgrazia di non essere mai nessuno di non trovare ascolto di passare ormai inosservati sotto gli occhi di chi non ti ha mai guardato • Andarsene lontano dalle finestre aperte senza più madre senza più donne via dalla piazza di casa dall’orologio fermo nel tempo dal ballo del santo che non ti ha protetto via dai ciottoli del paese dagli alberi visti crescere dal sole oltre il colle via dai tuoi morti con una croce segnata in fretta sulla tua fronte via dalle pietre immobili da quelle strida d’uccelli via dalle frane e dai fossi oltre il fango ed il pianto via da casa lontano oltre il rimorso • Andarsene via prima di cadere innocenti tra le strette di certa gente che ti manda con uno sguardo gli occhi negli occhi e ti ritrovi con un’arma tra le dita che hanno cercato invano un lavoro muto in agguato per uccidere un uomo
N.44
Cosi è: sopra nel tetto di fronte, la luce limpida costruisce ragnatele per il tempo. il tempo condiviso e quello sognato, smarrito in tasche sconosciute; e l'ombra con gli occhi socchiusi aspetta il suo momento. N.41 Cosi è: la pioggia bagna giuggiole sul colore arancione tutto il cielo si è unito in un pianto; per l'onda che ha pianto per la mattina del muratore solo e stanco per la barista che ha iniziato senza fiato piove sul margine di un sogno mai nato. le nuvole passano silenziose e senza voce accompagnano sorrisi di sveglie in ritardo. N.39 Cosi è: la mattina grigio aprile apre luce su luce. inquieti corvi e merli cercano l'ora perfetta per chiudere svogliati voli. N.35 Cosi è: il signore che al semaforo mi chiede se voglio comprare una girandola colorata oppure una rosa rossa; sorride sempre a tutti i gestacci che provengono dai finestrini delle auto in coda, a tutte le male parole che in qualsiasi stagione gli vengono vomitate addosso. ma il signore delle girandole sorride con le rose in mano sorride e le girandole girano GIRANO COME LA VITA. E.M. Lazzarin
Enrico Mario Lazzarin nasce a Torino nel 1958. Si interessa di poesia da sempre. Dal 2016 presiede l'associazione culturale Due Fiumi.
Laura Campagnoli “La mia ricerca artistica si rivolge all'ambito Sociale del territorio. Sono coinvolti nel progetto artisti multimediali, con l'obiettivo di proporre un messaggio ecologico di convivenza sostenibile".
IN COSTANTE EQUILIBRIO
SOGNO
ATTENDO UN LUOGO
NUCLEI LUMINOSI
COSMOGONIA DEL PROSSIMO RESPIRO L’UNIVERSO INCONSCIO E’ MATERIA OSCURA ASTRO NERO
DI REMOTE METEORE BALLERINE DEL TEMPO SENZA CONFINI DANZANO TRA GALASSIE IN FORMA DI ROSA AMMICCANO SGUARDI COSMICI
INVOLVE SPECULARE
AZZURRI COME PUPILLE
ALLA LONTANANZA DELLE STELLE
IL VENTO DI SATURNO
FILAMENTI DI GALASSIE COME VENE
INTONA UN CANTO BIANCO
ESTESE PER MILIONI DI ANNI LUCE
CIRCOLARE
STONEHENGE CHI SONO ? CELLULA,GENE,ATOMO? UN MINERALE PENSANTE? DA DOVE VENGO..DOVE VADO..?
SCENDE UNA STELLA, STABILE SIMMETRIA NELLA SOLITUDINE DELL’ETERE LASTRICATO D’OBLIO
PULVISCOLO TRA LE POLVERI
LA COMPLESSITA’ QUESTA NOTTE
SOGNO DI CONTENERE IN ME
HA PERSO LA MASCHERA
IL TUTTO…
MOSTRA LA SUA FRAGILITA’
SOGNO…
IN UN’UNICA LACRIMA.
Laura Campagnoli nasce a Genova nel 1966. Diplomata al Liceo Artistico Paul Klee. Allieva di Renata Soro. Dal 1983 partecipa a numerose esposizioni di pittura e artigianato. Dal 1997 crea opere ecologiche. 1998 Insegna “Arte del riciclo” presso Scuola elementare di Rocca Grimalda(Al) “I burattini della Lachera”. 2000 progetta“Giocando riciclando” con Associazione "La cattiva strada" Erli Albenga presso Villa Rostan Proloco Pegli /Amiu progetto Leonia. Nel 2003 è prima classificata Artigiani “VII Edizione” Sestri come Montmartre”2004 Stage Arte riciclo per bambini.”Domenica ecologica Sestri ponente”. 2006 partecipa all’evento“Insoliti supporti”organizzato dal laboratorio di riciclo creativo Le Titere (Ge) a favore dell’ospedale Gaslini Genova. Dal 2000 Propone performance multimediali in luoghi inconsueti. Dal 2005 a oggi promuove l’arte come terapia in un Laboratorio Artistico presso la Cooperativa Sociale Villa Perla a Genova. Ideatrice del gruppo" Mimesis" partecipa al Festival Internazionale di Poesia di Genova 2014 con "Impasse" Regia di Anna Solaro Teatro Ortica.Tutt'oggi organizza e partecipa a reading poetici e performances in Liguria. Ha pubblicato poesie nel 2013 in antologia 100.000 Poeti per il cambiamento Ed.Lavinia Dickinson. Nel 2014-15 con Ed.Matisklo Poesie Aeree. https://www.youtube.com/results?search_query=TORRIGLIA+MIMESIS
Alessandro Prusso La vita non è uno scherzo. Prendila sul serio come fa lo scoiattolo, ad esempio, senza aspettarti nulla dal di fuori o nell'aldilà. Non avrai altro da fare che vivere. Nazim Hikmet
La poesia più bella del mondo La scrisse di notte, in un vagone letto di un treno che andava da Mosca a Leningrado, il compagno Nazim Hikmet, il turco errante, chi altri? E la consegnò, al suo solito, a una vecchietta rugosa e un po' tremante, una contadina con il sarafàn e la pelle rugosa, che aveva conosciuto ben altre stagioni, e che serviva il te a tutte le ore. Parlava della vita e della morte, semplicemente come solo lui, e Mimnermo sapevano fare. Non si seppe più nulla della poesia, né della vecchietta, né del viaggio segreto di Nazim. Tutto restò, al solito, avvolto nella leggenda. Quella notte però accadde la più straordinaria aurora boreale dai tempi del pleistocene. (Dalla raccolta: GIRASOLI DI CARNE)
Alessandro PRUSSO (Genova, 4 marzo 1963). Poeta con un’esperienza trentennale alle spalle e quindici sillogi all’attivo. Da anni si dedica alla traduzione e alla diffusione della conoscenza del Circulo privilegiando della letteratura poetica ispano-americana, moderna e contemporanea. Ha tradotto testi di Ana Istarú, Claribel Alegria, Alfonsina Storni, Carmen Villoro, Silvia Eugenia Castillero e Françoise Roy. Ha tradotto il poeta colombiano Carlos Torres e la poeta galiziana Marta Lopez Luaces e altri autori. Alejandra Pizarnik, l’amatissima Alejandra, resta comunque il suo cavallo di battaglia, di cui ha tradotto sei opere (la settima è in uscita): La extracción de la piedra de locura, Árbol de Diana, Aproximaciones, Los pequeños Cantos, l’Infierno musical e Los trabajos y las noches . Ha curato l’antologia pizarnikiana El deseo de la palabra, con un saggio critico che rivela aspetti ancora del tutto sconosciuti o poco noti del suo tragico destino.
Loredana Borghetto 22 marzo, in attesa di fioriture
Sotto la pensilina
Non annuncia fioriture il prato in questa primavera che ha il silenzio dell’inverno mentre la terra raggelata cerca altri soli
Al tramonto sotto la pensilina in attesa di un treno annunciato tra valigie di cose indifferenti destinate al rigattiere ripasso giorni consumati in fughe e avanzate assalti sconfitte e qualche vittoria lungo i binari di un’esistenza che finirà in una nota a piè pagina.
rami neri graffiati a puntasecca su sfondi appena un po’ più chiari proteggono fragili gemme e gocce esigue di luce disegnano chiazze opache dove si rifugia qualche primula spaurita in attesa di fioriture. In questa primavera che ha perso la sua innocenza solo gambi decapitati corolle violate dal vento e papaveri a sanguinare l’erba. Mentre aspetto che l’achillea si allarghi ad ombrello per lievitare alla vita ancora incido fiori a puntasecca nella fredda trasparenza di plexiglass.
Sotto la pensilina in attesa di quel treno … intervallo precario troppo breve (forse) trovo il coraggio di dire sì al tramonto senza rimpiangere albe e mezzodì.
Tempesta Ombra e luce acqua e sete freddo e febbre silenzio… affogo in una tempesta di vite polverizzate che
danzano con me nello spazio infinito del nulla cerco aria fresca si consuma in fretta cerco acqua pulita diviene presto torbido stagno. Cerco la voce di un dio nascosto da qualche parte silenzio… cambio direzione la tempesta si adatta al mio passo. Non vedo sole né luna non la scia disegnata da una lucciola. In un cielo di bachelite solo questa tempesta che polverizza speranze.
Amante Una voce lasciva penetra senza pudore nelle crepe dell’anima sgretola pareti irrespirabili. Processioni di desideri negati sfilano nella luce seducente che cola miele avvelenato. Una blasfema beatitudine squarcia il velo azzurro del nulla.
Nata nella Marca Gioiosa, laureatasi in Lettere presso l'Università di Padova, vive in provincia di Belluno, abbracciata dalle mitiche Dolomiti. Pur avendo "frequentato" da sempre poeti di ogni tempo e luogo, ha cominciato da poco a scrivere versi.Alcune sue poesie sono state selezionate e inserite in sillogi di autori vari e/o pubblicate in ebook; altre sono state e sono protagoniste di trasmissioni radiofoniche curate da emittenti locali o presentate in reading poetici in varie città. Presso la libreria editrice Urso ha pubblicato due raccolte di poesie , “Anch’io sento quel canto” (2014) e “Vite in cammino” (2015) classificatesi rispettivamente al terzo e secondo posto del Concorso libri di-versi in diversi libri. Tra i molti versi che in qualche modo la definiscono, ama in modo particolare questi: Cercatore insonne / di certezze /porto lo stigma di una /fragilità antica che / mi imprigiona nell’esistenza minima di /verità abbandonate / dove il profumo di freschi /germogli di tanto in tanto per errore giunge /sottovento.
Maura Taormina
Sono nata a Genova l’11 luglio 1963 da genitori siciliani trasferitisi a Genova alla fine degli anni ’50 per motivi di lavoro. Sono sposata e ho 2 figli. Ho un diploma in perito tecnico per il turismo. Mio padre mi ha trasmesso l’ amore per la danza, il canto e l’arte in genere. Divento prima ballerina di danza classica e modern/jazz, successivamente insegnante delle due suddette discipline. Ho diretto saggi e spettacoli scrivendone personalmente i testi e curandone la regia. Ho partecipato a concorsi di danza in qualità di giurata e preso parte a film e spettacoli teatrali. L’anno scorso la mia coreografia “Mia ombra di luce” ha avuto vari riconoscimenti in 5 differenti concorsi anche a livello internazionale. Ho lavorato in varie radio private genovesi tra gli anni 80 e 90. La mia passione per la scrittura nasce poco dopo aver imparato a scrivere. Mi piace ridere e scherzare in compagnia, per contro adoro trasferire su carta le mie inquietudini ed i miei pensieri chiudendomi in piccoli spazi fisici e mentalmente comodi.
Ada Crippa GHOST sopra la testa della terra trafitta. Questo è il tempo! Tempo giusto per armare i cittadini al buio della notte che il livello di tensione è alto la gente cotta nel brodo della paura dell'altro del diverso di pelle se è povero e migrante del puro razzismo che solo a scriverlo è ossimoro Si legittima l'arma omicida si dice in difesa. Difesa dalle ombre! Ombre vaganti. Dico io: questo è il tempo di dubitare di costoro che vergano leggi per colpire suoni notturni, frusci, fantasmi LA BELLEZZA’ SALVERÁ IL MONDO Oh principe Myskin " la bellezza salverà il mondo "
Oggi mi fermo qui oggi non posso riflettere la luce diamantina scriverò domani sì, si scriverò domani questa poesia SGUARDI SUI PONTI Coglievo fiori di robinia e forse anche di sambuco quando bambina insieme alla nonna Angiolina, passando e scendendo dai ponti portata dal carretto dello zio contadino (Sandro era il suo nome ) Si alzavano alti gli umili alberi costeggiando i rivi delle rogge o i confini dei campi lasciando cadere dai loro rami, grappoli di fiori bianchi- avorio profumati.
le tue parole Dostoevsij - un sogno infinito redini di un cavallo negli occhi al trotto nelle bianche distese sino all’orlo del mondo ditemi ora voi, la neve.
Mi lanciavo saltando per coglierli che la nonna si spaventava ma forte mi tentavano quei rami fioriti e pure mi sembravano corde, funi calati dal cielo per salirvi.
Arrivederci principe Myskin le tue parole Dostoevskij: " la bellezza salverà il mondo" un diadema traballante
Ora penso a queste strade lucide di metalli sfavillanti ponti pieni di cartelli dove nelle mani dei bambini non vi è fiore colto e neppure la fune
Ada Crippa nasce ad Agrate Brianza dove tutt’ora vive. Scrive poesie sin dall’infanzia. Proviene dal mondo operaio e dalla militanza politico- sindacale Ha pubblicato cinque raccolte e due plaquette Raccolte: Antimenti – Antologia a tre Voci- 1989 (prodotto in proprio) “Vele” - LietoColle 2007 “Acqualuna” - Onirica Edizioni 2011 “Eco di Neve- Haiku” - La Vita Felice 2014 “Tra l’aria senza forme”- Caosfera Edizioni- 2016 Plaquette Pulcinoelefante: “Libero suono” - 2004 “Albero” – 2005 Partecipa ai Poetry Slam e reading personali e collettivi Scrive brevi racconti mai pubblicati, ma ciò non le ha impedito di mettere in scena, durante la festa dei popoli sulla piazza comunale del suo paese (Agrate Brianza) un suo breve racconto: “Dritan del cielo stellato”. Racconto testimonianza che parla della traversata per mare dei clandestini Albanesi
MARCELLO SCOTTO UN NUOVO GIORNO Un nuovo giorno, ah! riecco l’inferno che avevo pur ormai dato alle fiamme dell’oblio; ma no! sono ancora quell’io che soffriva, pugnava, perdeva; era viva però la strenua tempra mia tuttavia; perché, perché ancora s’en viene lemme a me la tristezza col pianto negli occhi? Io in piedi vago, ma l’anima sui ginocchi mi guarda dal basso con le mani giunte e mi dice: Amico, no! non sono estinte bene quelle antiche pire tue nemiche; ti sono accanto, le spegnerò col vento?
NARCISO ED ECO Scende già il crepuscolo sul monte e l’aria tutt’intorno si fa scura; è tempo, tempo ch’io abbia cura dei miei ricordi: torno alla fonte. ...torno alla fonte. L’occhio del cuore or getta un ponte ove a ritroso per lui s’incede, rinovellandomi gioie ed onte vissute nell’età che tutto crede. ...che tutto crede. Di me solo, di me solo erede, mi specchiavo alla fonte allora
della pura giovinezza; chi crede come fui? Sanno come sono ora! ...come sono ora! Ah come voglio tornare ancora a scrutar quel volto che mi piacque; vorrei, e fitto piango talora, non rifrangono più le dolci acque.
anche un cuore nuovo sarebbe vano. Ben lo so! Guardo assai lontano e troppo ardito; forse aspettare è meglio? No! Prenderò per mano l’uomo che in me vuole amare, e lo condurrò con fiera baldanza. Son ormai canuto… Non abbastanza.
...più le dolci acque. Morì Narciso e un fiore nacque dallo stesso sangue che Lui versò; dove vado e dove andrò non so, m’insegue Eco, d’allora più non tacque. ...d’allora più non tacque! UN CUORE NUOVO Dopo tanti, troppi durati affanni, vorrei ora un cuore novello, saprei così amare per gli anni ancora a venir nell’aspro duello della vita; vorrei, dunque spero. Eppure senza lotta nulla è vero, nulla dal cielo ti cade in braccio a blandire un afflato pur sincero; quando dal torpore non mi dislaccio,
LICANTROPUS Già sibila il vento impetuoso anzi che il cielo nella tempesta s’abbruni, e si faccia lamentoso il bosco; del cane principia la festa. Per metà bruto, per metà umano, ulula all’intera sublime Selene l’animale; s’agghiaccia nelle vene il sangue a chi sia anche lontano. Ma non dista assai il villaggio, al limitare della nera selva ove si infrange un vile raggio, è imbandito il pasto alla belva. La fermerà una mano cristiana? La fugherà il giorno che rinselva? Che vale? L’uomo con l’uomo si sbrana!
Adolfo Marcello Angelo Giovanni Scotto, sono nato a Genova Sestri Ponente il 2 Giugno 1956. Dopo quasi vent’anni di - non troppo profondo silenzio intellettuale in seguito al conseguimento della Licenza Media, nel 1988 m’iscrissi a un Corso accelerato per Assistente alle Comunità Infantili, presso la Scuola Parificata Wilfredo Pareto di Genova; ottenni nel 1990 il Diploma mediante la formula Cinque Anni in Uno, (ne passarono due in realtà, causa bocciatura al primo tentativo), e nell’Ottobre dello stesso anno m’iscrissi all’Università degli Studi di Genova, ove, con la dissertazione “Arte e Alienazione Mentale in Karl Jaspers,” nel 1996 ottenni la Laurea in Filosofia. Può sembrare bizzarro, ma la mia vita artistica e nella fattispecie, letteraria, (sono anche una sorta di musicista Blues), cominciò qualche anno prima di questo felice accadimento. Nel 1988, infatti, avendo vinto insieme con altri otto Autori un Concorso Drammaturgico bandito dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Genova; la mia Opera Prima Tranfert scritta nel 1987, fu rappresentata - così come le altre otto piéces vincenti -, per tre repliche alla Sala Germi in Vico Boccanegra, con la Regia di Andrea Nicolini del Teatro Stabile, e l’apporto di alcuni allievi attori dello stesso Teatro Stabile; ottenemmo un buon successo di critica e di pubblico. Grazie a queste tre BELLE rappresentazioni e alla pubblicazione libresca del mio Dramma - unitamente agli altri otto Lavori -, fui iscritto d’Ufficio alla SIAE. In virtù di ciò, alcun tempo più avanti, la Compagnia Amatoriale Teatrale Bocca d’Inferno di Genova, in cui militavo come attore, mise in scena nel 1994 il mio secondo Dramma scritto nel 1988, “La Paura fa Nove” sì, Nove, non Novanta, (io non recitai per scelta), con la Regia di Ornella Mastroianni, per una sola rappresentazione al Teatro Mario Capello, del Capoluogo Ligure. Nel 1999 e nel 2000, due mie Sillogi Poetiche furono premiate “Con Onorificenza ‘Araldo del Borgo’” nell’alveo del Concorso Poetico Settembre a Milano, patrocinato dall’Associazione Culturale Borgo degli Artisti della Città Meneghina. Nello stesso anno 2000, un’altra mia Silloge Poetica ottenne un ambíto Premio Culturale dall’Accademia Internazionale d’Arte Moderna di Roma, in seno al Trofeo Internazionale, Medusa Aurea XXIII Edizione. IN SEGUITO NON HO PIÙ PARTECIPATO A NESSUN CONCORSO LETTERARIO PER DEDICARMI PIÙ PROFONDAMENTE ALLA MIA PERSONALE RICERCA ARTISTICA, CHE M’HA SORTITO - IN UN MARE D’INCHIOSTRO COME PLACENTA - DOPO TANTI ANNI DI LAVORO, UNA COSPICUA PROLE POETICA, DRAMMATURGICA, E NEGLI ULTIMI DUE ANNI ANCHE NARRATIVA, POICHÉ HO INTRAPRESO A SCRIVERE DIVERSI RACCONTI “GOTICI.”
Fabrizio Casapietra DISTURBI
gentile, che mi credeva sempre
ritorni muoiono, e durano, e fondono
Quando un uomo è un disturbo,
sposato e posato:
ciò che era semplicementesparso
meglio l'assenza, il suono risicato
mentre a parlare, una volta tanto,
LE PORTE DEL DOLORE
dei cavi elettrici, una pistola che sprigiona
da uomo comune, mi sentivo annacquato,
Spaccate (le mani inchiodate),
spettacolo,
leggermente acidificato: ma ti bacio,
le fortezze di dolore, forzate
se le idee di un uomo
anche se non mi sono rasato,
porte e catenacci, un profumo
e di una donna, diventano
come uno pneumatico
di gelsomini mi addentra ovunque
piccolo pericolo,
di scorta, un voto risicato
gonfia i ispidi respiri...
e tentante tentacolo, e i cani
alla tua scuola di abbracci:
Fossi un un folle saggio che si stempera
hanno baffi più buoni: quando tutto
sono un baco non visto, il tuo frutto misto.
in una compagnia di sfavillanti giochi,
ciò che vale, può essere solo esiliato
POETICO JAZZ CALDO
e regge tutti nella sua musica mano...
o guidato:
Sgattaiolano le note
Mano di sciamano fra le tarme,
e le parole cementano grida e spirali,
del vibrante insistere,
poi farfallascreziata di rubini, e caramelle:
e i tuoi nervi ti hanno catturato
per esistere sfociando: sali e scendi,
una perla che è un pianeta
nelle spazi vuoti delle azioni regolate
rampa, raggiungi sfarfallii rotti:
di avventure addosso......
SPECCHIO
nuotano per notti, nella scia
Essere ciò che è scandaglio,
Hai nascosto il fuoco dietro lo specchio,
di un agnello scattante:
per sorvolarlo con fede trasparente
ma hai attirato il tuono:
che si sbraccia in arie
di morbido acciaio...
la tua tenda solitaria si gonfia mai sazia:
di petali spigolosi, mentre
Ridere della follia, in un corpo liquido
e le monetine sgocciolavano,
scivoli nella spuma del sax:
riempie il sole, e colorare la vita
e le mogliettine sospiravano,
preda che dileggia le corse
solo insieme a Te, Dio, mio amante
e i ricordi si sfacevano, come galle
dei secondi, che sfondi
fra tanti amanti ignoti...
gialle: ti ho morsicato, rete
sipari, con un assecondare litigi vellutati,
E' per Te, che mi ritrovo
di donna Ermete: non c’erano più cavicchi
soffi delle tue carezzevoli squame:
in sentieri di seta, per accendere
di emozionali picchi: disidratato
ora passeggiano ritmi,
scintille di virtù inconsueta,
ho litigato per una scatola di Marlboro
le mani sono entusiasmi mai estinti,
della scia di Te che attendi noi senza poi
col vicino, che mi credeva
viaggi portano infiniti sapori:
Fabrizio Casapietra, laureato in Lettere moderne, con una tesi su Plinio il Vecchio, e ho partecipato a letture di poesia assai apprezzate alla 'Stanza della poesia' di Genova, essendo stato giudicato con ottime valutazioni da esponenti della cultura, animatori culturali, giornalisti ed artisti genovesi come Riccardo Grozio, Tina Cosmai e Giorgio Boratto, giornalista de "Il secolo XIX", e sono stato apprezzato da cantanti ormai noti a Genova, come G.Zazza e Bobby Soul. Sono recensito, anche, con ottimo apprezzamento di pubblico e critica, da "La Repubblica", "Il secolo XIX°" e "Mente locale"; scrivo canzoni e ballate pop melodiche, dolci, graffianti, ironiche, delicate. Dal vivo, ho partecipato a prestigiose letture di poesia e concerti, fra cui "Faber e la città vecchia"(centro storico, per un tributo a F.De André). Le mie canzonipoesie si possono trovare anche sui siti: https://soundcloud.com/sassifraga1 e https://www.reverbnation.com/fabriziocasapietra
Rosa Johanna Pintus I Il corpo nudo della donna rannicchiata sul letto e che dorme in un silenzio di madreperla e capelli mogano spazzolati di infinita cura. L'uomo esausto la guarda, il colore egizio del suo corpo soddisfatto e ancora teso dalla ricerca di infinito in un buio di morbido abisso dal sapore di sale. È la notte il momento più vero. II Tic tac e io sento la rabbia nel passar delle ore che vi avvolge violenta che programma squallore; tumpf grrr tu ti alzi dal banco con un'ira un po' finta sai dell'hashish di ieri sai di estremo dolore; prrrr prrrr tu ti fai coccolare
Rosa Johanna Pintus è uno pseudonimo utilizzato da un’autrice il cui nome è legato a temi di denuncia. Lo pseudonimo ha finito per diventare parte stessa della sua personalità e spazio di rifugio nella routine del quotidiano.
sotto gli occhi truccati e la maglia da sballo piangi lacrime e amore; shik crash strappa pure quel foglio bianco intonso e sbagliato guardi il titolo e pensi io non so cosa dire; prof prof gridi i profughi in fuga che ci ruban le case che si scopan le bianche come fossero tue! argh argh io che urlo vi lascio ché non voglio italiani che non voglio chi piange e si nasconde nel ghetto. Sigh sigh piango in casa avvilita la finestra sul mare sento il vento che taglia sento sale che frigge. Crash crash il quartiere si involve su se stesso si piega qualche pazzo si salva il mio corpo si spezza: sparagmos di me stessa.
Romina Lecca Il sentiero della vita.
e poi fugge: via dal ruscello!
Mi addentro nella petrosa via I ciottoli bianchi e il chiaro di luna lo sfavillar di Vega, diamante del cielo il blu d’oltremare che dipinge d’ombre la rustica casa con un flutto di crema che esce dal comignolo.
Odo un pigolio di uccelli canterini: riecheggia la musica suadente! Sento vibrar nelle mie corde il vento e sprizza aria di tramontana che sembra dare l’annuncio di primavera.
Attorno a me lo stridio dei grilli Lo strepitare di esili arbusti, nel tempo di poco Il frusciare di folte chiome d’alberi sbattute dal vento, fresca brezza di primavera! Liberano pollini di fiori bianchi dagli odori fragranti Un rigagnolo porta con se scrosci di vita. Ed io che percorro a passi silenziosi il sentiero candidamente lastricato mi addentro nelle casa dal tetto spiovente mi si apre una porta ed entro in una stanza mi avvolge il focolare crepitante. Mi nutro del nettare della vita: <<È l’alba!>> La stella danzante. Limpido è il cielo stellato, bianca la luna che albeggia nel vuoto: l’argenteo fantasma che si specchia, nel cupo blu dell’acqua del mare. Il sogno è un cigno disceso dal cielo, che con candide piume rifulge la luna: risplende il suo lume nelle acque agitate, le cavalca una ad una. Il sogno è un bambino, che gioca con il treno del tempo, che vaga girovago nella mente che vola… non ha capolinea dove giunga alla fine. Il sogno è un orologio a pendolo, che con il suo ticchettio perpetuo, segna la mezzanotte. Oscilla nel vuoto come la luna. Il sogno è una stella danzante, giovane e senza età, che nella notte d’ardesia invisa dall’”Astro Lucente”, non ne cela il riflesso Ma luminosa, bianca e serena: brilla risplende e rifulge nel cielo. L’annuncio di Primavera. Pallido è il sole che si erge ad est e alla luce del ciel rosato un raggio timido e fulgente va oltre la nube spumeggiante
Si libera polline dalle antere magnanime mentre vola un’ape vagabonda, vola e poi si posa. Le terre sono in fiore! Mi accingo ad andare verso l’orizzonte un’auto bianca si ferma sul selciato… E l’ape vola via lontano. The sounds at the Moonlight. In this blue sky I’m seeing the shinning stars The quite in the mirror of the water at the Moonlight! And when I think, whit serenity… which the destiny is in my hands; I’m listening the sounds of the white waves. This music tell me which I’m in peace.
Traduzione. La felicità al Chiaro di Luna. Nel blu di questo cielo Vado osservando le stelle che sfavillano e la quiete nello specchio delle acque al Chiaro di Luna! E quando penso, serenamente… che il destino è nelle mie mani; sto ascoltando il suono del biancore delle onde. Questa musica mi sussurra che Sono in pace. La corrente. Molte persone sono come flebili foglie ancorate ad un albero con un lieve peduncolo in una tediosa giornata d’autunno nel mese di ottobre. Tra le nere nubi sparse frusciano e fremono sbattute dal vento se le porta con se un turbinio sibilante. Non si sa dive vanno; mentre irrompe la corrente dove le porta, lo decide lei.
Giuseppe Leccardi PRECARI Si nasce e si vive da precari Sospesi sopra un mare d’incertezze, un equilibrio instabile, insicuro è il filo conduttore che ci guida. Si naviga senza bussola né fari, senza la luce d’una sola stella, senza un punto di riferimento verso un futuro ignoto, misterioso. La barca è un piccolo guscio di noce in balia del vento e dei marosi, in lotta con tempeste e fortunali, lontana dalla costa e dall’approdo. La vela è l’anima tesa che sbatte, stride al vento che la scuote e spinge verso qualche lido o al naufragio, nell’abisso più profondo e vuoto. La vita è un contratto a termine che scade un giorno non prestabilito e che per buona sorte non è noto. LO SPAZIO DEI POETI Chi ha rubato lo spazio dei poeti? I prati erbosi declinanti al lago ed a monte risalgono in sentieri fra boschi e radure fino alle cime di monti che sembrano sculture. TV color, computer, compact-disc, tablet, smartphone, dvd e cellulari, I-pad, home-video e stampanti; un mondo frastornato dai rumori, messaggi, promozioni, maxischermi. Tutto colpisce oppure viene urlato nelle orecchie indifese dei passanti. Manca lo spazio, il posto ed il silenzio dove il pensiero profondo si rivela e ci salva dal frastuono e dalla ressa, dalla calca e dal traffico infernale,
da gente che va sempre più di fretta ed oppressa dallo stress e dal lavoro, non s’accorge di perdere il suo tempo alla rincorsa di effimere chimere, scordandosi la scala dei valori, le emozioni più semplici e sincere. Ridateci lo spazio che compete a noi vecchi poeti solitari, che nascosti nell’ombra della sera sembriamo corpi estranei, contrari alla confusa corsa della gente. Ridateci la pace e un po’ di quiete! La nostra vita ha un ritmo molto lento, senza programmi e senza le scadenze, scorre tranquilla come un dolce canto che per noi, giovani in cuore e nella mente, eterni Peter pan dai mille sogni , ha il sapore agrodolce del rimpianto. ALBERI SRADICATI Siamo alberi dal terreno sradicati in balia del vento e di tempeste, alberi spogli con i rami secchi, da sempre in movimento alla ricerca d'una meta che però ci sfugge. Alberi stanchi, tronchi alla deriva che hanno perso la voglia di lottare, travolti da vortici e correnti d'un fiume che li porta a valle e con forza li spinge fino al mare. Noi pure abbiamo perso le radici la memoria dei padri contadini, la scala dei valori, l'amore solidale e come cieche farfalle siamo attratti, non dalla luce e dai fiori, ma dal male. Siamo animali nomadi e insicuri, ombre vaganti, fragili figure, e come vecchi attori consumati recitiamo la commedia della vita consapevoli d'esser senza pace.
Leccardi Giuseppe, nato a Livraga (LO) il 27/03/1948. Laureato in Economia e Commercio all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Sposato, un figlio abita a Milano, quartiere San Siro ma è molto fiero delle proprie radici lodigiane. E’ in pensione da un anno dopo aver lavorato in proprio come libero professionista nel settore amministrativo/finanziario e fiscale. Da sempre appassionato di letteratura e poesia, scrive dall’età adolescenziale ed ha pubblicato due raccolte di versi con “Il mio libro.it”: Diario poetico nel 2010 e Oltre ogni ragionevole incertezza nel 2011 ed una terza raccolta sta per essere pubblicata. Nel 2013 con altri due autori ha fondato il Gruppo “Poesia sull’aia in Cascina Linterno” con sede a Milano - Via F.lli Zoia n.194, nell’antica cascina che la tradizione indica come dimora agreste di Francesco Petrarca durante gli anni del suo soggiorno milanese e dove ha vissuto anche Don Giuseppe Gervasini meglio conosciuto come “ el Prét dé Ratanàa” .Frequenta il gruppo “Ogginpoesia” e “Poeti al Ponte delle Gabelle” di Milano e il il gruppo “Cesare Frigerio - Amici delle Parole” di Corsico. Ha vinto diversi concorsi di poesia ed ottenuto numerosi piazzamenti e riconoscimenti. Partecipa attivamente a reading collettivi come “Verseggiando sotto gli Astri di Milano“e a convegni sulla poesia.
Elisabetta Ubezio Nata a Vigevano (PV) il 10-03-1968 teatrante, laureata in lingue e letterature straniere con tesi sulla cinematografia di Dylan Thomas si occupa di teatro-cucina, prosa, teatro di strada, sociale e per ragazzi conduce laboratori e corsi sia per adulti che per ragazzi - produce spettacoli e letture sceniche ed animazioni teatrali - collabora con scuole per l’infanzia e primarie, comuni, biblioteche, centri commerciali e spazi privati.Con la degustazione teatralizzata “Neri Nobili Naturali” da lei scritto e interpretato (selezionato al Premio “Luigi Vannucchi” in occasione della IV edizione del Concorso “Attori DOC” 2016)
NERI NOBILI NATURALI (Un breve estratto) Perepè . . . perepè. . .perepè… Signore e signori, buonasera Se avessi avuto un violino, avrei fatto firfi firifi, ma non c l’ho, allora faccio perepe perepe Eccomi qua a presentarvi il vino e il salame. Ecco a voi l’eccellentissimo Duca Conte Teo Pompo Costa Curta con il Madre Natura rosso Il salame con il con il maiale nero di Garlasco piano (Garlasco a mare è tutto dall’all’altra parte) dello Spino Fiorito e Fiore Secco (Fiore Secco sono i soci) Purse Negar. Uscite di casa ed andate dal salumiere, aprite la porta con la maniglia, salutate e chiedete un salame al vostro salumiere, di solito il salame sarà di maiale, ma voi accertatevi che sia proprio di maiale, ma non fatto con la carne di tutti i maiali, basta quella di un maiale, ma non di un maiale qualsiasi, quello appartenenti alla razza Pursé Negar. Uscite dal negozio. Il salame sarà spaghettato, ma non significa che contiene spaghetti nel senso di pasta, contiene si pasta, ma solo di salame, “spaghettato” perché contenuto da una rete a maglia larga di spago. Quindi, prendete il salame e svestitelo, aiutandovi con un coltello che troverete in un cassetto della cucina. Ora appoggiatelo su di un piano, ma non un pianoforte, e neanche un piano molle (e cos’è un piano molle? E che ne so?) su di un piano, una superfice orizzontale, fosse obliqua il salame rotolerebbe ed incomincereste ad andare incontro ad un primo problemino. Le salam crudò del Pursè Negar c’est un salam a pasta grossa, grana grossa e compatta, les gran de grasso si staccan agevolmente dalla parte magra doux e delicatamente speziato. C’est pas gommeus, a difference des les produits industrielles. Madre Natura c’est un vin dal coleur rose antico, fresc, stimolante rose passita e frutti de bosco. Ha… hahahaha…. Haha… Oui… oh… llala… oh… lala…”c’est bon”. Il profumo di un vino, dovuto all’insieme delle sostanze volatili che emana (per chi si fosse già addormentato, e si è svegliato di soprassalto, terrei a precisare che il tema della serata non riguarda l’ornitologia e non è hard, si giudica dall’odorato. . .
Patrizia Camedda SARÀ UNA ROSA E mi lasci sola a inventarmi risposte per domande che non ho formulato a chiedermi se è Rosa il nome della Rosa che la Rosa anche se non la chiami Rosa ha pur sempre il suo profumo Sto Sto qui a rintracciare senso in un decennio di pensieri impalpabili e fragili come argentee ali di libellula Tu non ci sei e non dico che ci sei sempre ma si, ci sei spesso più di quel che è bene ci sei senza stare ci sei senza parole ci sei senza Cosa c’è, di Te, qui Un qui che non è luogo né tempo un qui che è nube gassosa e informe di nebbia spessa e alcune volte anche sottile umida e baluginante Un qui della stessa sostanza dei sogni dei desideri inespressi senza
senza scie di stelle cadenti da seguire per avere forma e senso a cui dare nome Rosa LA PREGHIERA DEL MARE Acqua e sale Acqua e sale Acqua e sale Acqua e sale e sangue Acqua e sale e sangue e ossa Sangue e ossa e paura E paura e buio … E freddo Poi notte e notte per sempre E pensieri Ho una madre Ho fratelli Piangi sul mio nome che nessuno conosce Mille nomi consegnati all’oblio L’onda non riposa Non è che acqua e sale Acqua e sale Acqua e sale e il mio nome PAROLE DI LATTA Ti penso con parole di latta con parole di vetro di vuoto a perdere
Ti penso senza rabbia ché la rabbia ha un costo che non posso più permettermi Ti aspetto senza attesa ché ho perso per la via fremiti, languori e appetiti Senza sguardo all’orizzonte senza (quasi) battiti di cuore senza nodi attorcigliati alla laringe Un rivo arido (senza acqua?) in un agosto di sete e fuoco fenditura e cicatrice che mai rimargina tra spazio e tempo dilatati e immobili Non ci sono più i miei occhi a guardarmi nello specchio non c’è voce né eco a riempire il silenzio assordante che rotola come barattolo in un film muto La notte non si dischiude non plana non acquieta resta appesa rete sdrucita e che si impiglia su un fondale orrido di schegge accuminate
Patrizia Camedda, madre di un adolescente, scrivo. Impiegata per oltre 20 anni ad occuparmi di numeri e rendiconti ho coltivato la passione per la scrittura soprattutto di notte. Diplomata in arti applicate riesco a riconoscere “il bello”. Laureata in psicologia alla veneranda età di 45 anni (tesi : http://m.youtube.com/watch?v=V2N9UB0UxfU ) ho effettuato tirocinio annuale per accedere all’esame di abilitazione presso una struttura di residenzialità leggera in psichiatria. Iscritta all’Ordine dei giornalisti del Piemonte dal 2007 scrivo (dal 2005) per passione civile, collaborando con un giornale locale La Nuova Periferia (precedentemente: L’Inchiesta di Sicilia, Tecnica della scuola). Dal 2010 collaboro con l’IIS Galileo Ferraris di Settimo con un progetto di giornalismo dedicato a studenti delle fasce deboli (progetto a.s. 2013/2014 www.youtube.com/watch?v=XQWSWQxq4Kw; www.youtube.com/watch?v=eM0zxLUOeZs). Scrivo poesie e partecipo a slam e serate di declamazione. (Murazzi Poetry Slam; Monferrato Poetry slam; II Edizione Giochi Poetici c/o Cultura e Società; La Revoltosa Poetry Slam; CaleidoScoppio Murazzi). Ho pubblicato a Novembre 2015 la mia prima raccolta Le Ombre Umide. Faccio parte del Direttivo dell’Associazione culturale Due Fiumi e del Collettivo Donne del Progetto teatro Spi-Cgil. Da novembre 2014 sono socia volontaria attiva (progettazione, comunicazione, relazioni pubbliche) e membro del Direttivo del Centro antiviolenza Uscire dal Silenzio di Settimo To.se.
Helen Esther Nevola Spina Bagnata E tu che manchi, come una spina. Che non se ne va, che non se ne andrà. Che spinge ogni giorno, invece. E piove. In questa notte che non è nemmeno più in sé. In questi ricordi di poco fa. In questa faccia che si guarda sempre allo specchio dei cessi. In questi fossi E piove. Nelle tue risposte, piove l'assenza. Nella tua mancanza, piovono pietre. Dentro il tuo corpo, piovono ossa. Sulla tua casa, piove la pioggia. E piove. Su questo letto che non ci dà tregua. Su questo teatro in cui non c'è pace. Nelle tue mani arrese all'inverno. E piove nel tuo quaderno. E piove sulla mia tastiera una musica che non so dire, una canzone che non conosco, un rimasuglio di brillio fugace. E tace. Questa pioggia che ha già finito. Questa pioggia, sul mio vestito. Questa pioggia giù dal mio viso. Questa pioggia di cui mi hai intriso. E piove. Il sonno, giù dal balcone. Il vino su di un bancone. La gente su un altro barcone. La pioggia, che fa da sprone. Assenza ingiustificata Non c'eri per i marciapiedi notturni sputati da vecchi cani. Non c'eri quando erano evasione e semafori a sorridermi e ammiccare agli sproloqui. Eri tra le tue mura a giocare a mosca-cieca, con tua moglie; eri a contare i calendari e le voglie buttati in pasto all'immondizia. Non c'eri, ma io ho già abitato queste notti di mestizia. Ci ho preso a calci i sassi quando i miei problemi idioti si travestivano da massi e le mie prove costume nell'aria estiva erano già allora da clown triste che vuole sapersi ancora viva.
Come non riesco a fare a meno che sia. E adesso digerisco la malinconia e la tua è assenza ingiustificata e la stazione l'ho superata. Ho raggiunto il mio Charlie e insieme abbiamo vomitato parole più stupide delle nostre, appese alle finestre, su tovagliette di carta che le assorbissero meste. E lui ha rimesso su un disco jazz come suole e ci abbiamo passeggiato sopra con tutto il peso delle nostre teste. Io mi riassestavo l'anima stropicciata giocandoci a origami e resta assenza ingiustificata quella delle tue mani. La birra scende ancora come pioggia Corre tutt'ora come scheggia nella mia gola bloccata
sulla goccia.
"La notte del 4 febbraio 1984, al sant'Anna di Torino, la sala travaglio più "intima" a disposizione fu il corridoio del 2° piano e in sala parto luci al neon e radio a tutto volume che trasmetteva musica leggera. Così è nata Helen, Esther. Non so se fu il suo primo impatto col mondo a infonderle quella "fretta di vivere" che ha sempre avuto. Imparò a correre prima di camminare e a 9 mesi si frantumò la clavicola cadendo dalla libreria su cui si era arrampicata" (mamma). Seguono domeniche ad ascoltar mio padre raccontare di canzone d’autore e suonare la chitarra; pomeriggi a rubare lettere di mamma dalla carta di scarto della sua copisteria. Scrivo “Volo”, la mia prima poesia, a 8 anni: rimango tutta la sera in camera coi miei che cercano di farsi dire da dove io l'abbia copiata finché capiscono che è roba mia. A scuola invento laboratori di creatività e giornalini di concorrenza a quello della presidenza. A 18, via di casa; 5 anni dopo, mamma di Nadine Esther. Oggi aiuto a crescere sia lei, sia la mia passione per l'arte. Ogni tanto lancio vernice su bottiglie di birra e tele, fotografo. Organizzo e tengo reading e partecipo a slam poetry. Ho vinto il Torneo di Poesia Declamata 2016 e partecipato come allieva attrice alla Rassegna "Dizionario Dell'Indicibile" c/o CAP Torino. Dal 2016 partecipa ad alcuni workshop e lab teatrali. Da gennaio 2014 sono conduAutrice del Progetto CaleidoScoppio (facebook.com/caleidoscoppio) che si occupa di organizzazione di eventi culturali e dà spazio a talentuosi artisti dell'underground torinese.
Fabio Bosco LA MORTE DIPINGE IN ACRILICO Lasciati colare un po' d'amarezza sul bavero, vecchio clown, che quella rovina la pelle più del trucco che indossi per sorridere. Io ti aspetto, con un filo di rossetto sulle labbra e qualche sogno in più ancora da rincorrere. Non è male sai, sembra quasi normale quel ticchettio mimetico sulla corteccia che ti veste; una matrioska ferita! Senza lieto fine da estrarre dal cappello! Io ti conosco! Ma fammele cercare tutte quelle notti che ti nascondi dentro, che sono certo ce ne sia almeno una più pagliaccia di noi e se vorrai, la coloreremo d'assenzio leggendo Verlaine sotto una pioggia d'indifferenza, fino a farcela entrare nella carne per assaggiarla. In due si è soli comunque, quando si è soli si è soli per sempre: non è la gente che riempie, la gente moltiplica e approssima per eccesso ogni amplesso che vive allo specchio e ne fa orgia sulla bocca, che nemmeno più mente, davvero sente come orgasmo il vezzo d'amare solo se stessa. La Morte la dipinge in acrilico, con un pennello sincero come buon vino, che la verità alla lunga la estorce dal rosso rubino che li inghiotte. E a queste ore mignotte, che battono cassa all'anima ad ogni giro di giostra non daremo più nemmeno un centesimo; noi, col nostro cerone bianco in faccia riusciremo ancora a vivere vendendo coperchi a quei quattro diavoli rimasti a fare pentole. Saremo più ostinati di loro noi, con la nostra arte di arrangiarci con un violino e quel poco rimasto puro che ci portiamo dietro, senza l'illusione di scoprire nulla, a parte le caviglie, quelle che provano a morderci da sempre... un giorno sono i cani, un altro i loro padroni... coglioni, nient'altro che coglioni! Ma tu credi davvero siano convinti di spaventarci? Credi davvero pensino che basti andare a capo ogni tanto per fare poesia? Ma ci hanno mai fissato negli occhi, vecchio mio? No! Non l'hanno mai fatto, non ne hanno il coraggio! Se ne stanno lì a guardarci come buffi animali dai tratti somatici inconsueti e il manto variopinto tipico della fauna amazzonica. E intanto s'ingozzano di pop corn alla fragola, così sazi della loro ignoranza, che quando qualcuno urla “Prego, prendete posto, che lo show abbia inizio!” non vedono già l'ora che finisca. Nato nel 1970. Nel 2010 pubblico con le Edizioni Smasher una raccolta di poesie. Nel 2014 partecipo a "Bologna in lettere" con il collettivo WSF e alla prima edizione del FestivArt della Follia di Torino. Sempre nel 2014 partecipo ad una puntata del progetto artistico CaleidoScoppio e da lì inizio a collaborare col Progetto che, tra le iniziative più di rilievo, farà parte, con una programmazione quasi quotidiana, di Murazzi estate/Spiaggia ai Murazzi. Con CaleidoScoppio, sono inoltre ripetutamente ospite della "Raindogs Poetry Night" di Savona; FestivArt; Poesie aeree; Centro Studi Cultura e Società; partecipo a reading, poetry slam e mi esibisco alla Rassegna teatrale "Dizionario dell'indicibile" e a "Sinapsi - Festival delle arti contemporanee" in Val Pellice oltre a co-condurre il format di punta del Progetto. Ho frequentato alcuni workshop di improvvisazione teatrale alla fine del 2016 e mini-corsi di recitazione. Nel 2017 ho iniziato la scuola di doppiaggio O.D.S. che sto frequentando ed un corso di recitazione condotto dall'attore Mauro Di Maio.
Bruno Rullo Iqbal Masih Iqbal Masih il tuo piccolo corpo bucato da due colpi di fucile giace per terra sulla strada che porta al tuo villaggio ed emette gli ultimi respiri anche la tua bicicletta si trova per terra e le sue ruote corrono ancora mentre muoiono gli ultimi giri di una corsa interrotta verso un aquilone che svolazza nel cielo e mostra i suoi molti colori Iqbal Masih sei morto così freddato da due colpi di fucile una domenica di Pasqua ti eri ribellato alla schiavitù del lavoro minorile volevi la libertà di tutti i bambini Milioni e milioni sfruttati a lavorare a fare tappeti a cucire palloni a spaccare pietre e fabbricare mattoni... mai ad inseguire gli aquiloni mai poter calciare quei palloni Cinque sei otto dieci anni a volte solo pochi di più strappati all’infanzia strappati alla vita piccoli schiavi lontani dai giochi puniti picchiati massacrati di fatica piccole mani strappate al futuro piccole mani
vendute per pochi denari da padri ridotti in miseria da madri ridotte alla fame Iqbal Masih quel mondo lo volevi cambiare un progetto ambizioso per i tuoi dodici anni hai sfidato i potenti i capi i padroni hai osato fermare il tempo e invertire la storia... hai osato troppo hai osato sperare © Bruno Rullo
2003
Tacoma è fuggito Ho sentito alla radio che Tacoma è andato via l’hanno annunciato questa mattina l’ho ascoltato in macchina mentre andavo a lavorare Tacoma è andato via e non si trova più era un delfino addestrato e arruolato nel corpo dei marines faceva il cacciamine aveva grande fiuto girava per i mari al servizio della guerra Lo credono morto ma forse è solo un disertore da qualche giorno non si trova più lo cercano sott’acqua e anche in superficie potrebbe essere morto per l’esplosione di una bomba Vivo o morto nessuno sa la verità a me piace immaginare che sia scappato via fuggito dalla divisa e dai comandi militari lontano dagli ordigni libero per i mari
a cercare nuova compagnia Perché era stufo della guerra Perché era stufo di fare l’arruolato ...nel corpo dei marines © Bruno Rullo 2003
Una ringhiera di balcone Tra le righe in corpo dieci sull’asfalto della cronaca del giornale giace l’inquilino del quinto piano Senza respiro nuota inerme accartocciato nella pagina sul piccolo lago rosso senza onde Non ha trovato finestre ma soltanto un trampolino fatto di ringhiera di balcone hanno chiuso le officine ed anche il forno che gli forniva il pane Ha cercato invano una luce in fondo al pozzo il tuffo è stato rapido ed il percorso è stato breve nonostante quell’altezza Ha perso la partita con il suo fardello di problemi ha dato un calcio a tutto nel tuffo di un istante in fondo al vuoto Egli era in cerca di finestre ha trovato solo muri e una ringhiera di balcone al quinto piano © Bruno Rullo
2006
Bruno Rullo, grafico, poeta e artista fotografo. È autore di poesia lineare e sperimentatore di poesia sonora, visuale e concreta. Ha scritto oltre trecentocinquanta poesie raccolte in otto opere, un soggetto cinematografico surrealista e un monologo surrealista in versi. La sua prima raccolta di poesie, “Granelli di rabbia”, pubblicata nel 1980, ha ottenuto l’apprezzamento del poeta Adriano Spatola, uno dei più importanti poeti della neo-avanguardia italiana. Dal 2003 al 2007 è stato coorganizzatore di festival, poetry slam ed eventi poetici internazionali con l’associazione italo-francese Les Droles. Sue poesie sono presenti in alcune antologie, tra cui quella francese “Attention Travail!”, editore L’Harmattan, con la poesia “Iqbal Masih”. Ha partecipato a mostre personali e collettive con pittori e fotografi italiani e stranieri. E’ coordinatore nazionale di SLAM ITALIA - Rete Italiana di Poetry Slam, che organizza ogni anno un campionato nazionale di poesia orale e performativa.
Stefania Fiore Da Incantesimo di Viaggio:
DONNE DI BRANCO
Le donne del mio branco cavalcavano il tuono, dominavano le furie e gli abissi. E nel tuonare forte del tamburo anche il canto alla luna s'innalzava, quando la notte era un luogo sicuro, e la voce del fuoco vibrava. Madri di branco dallo sguardo cupo, sorelle di sangue, sorelle di battaglia, incisa sulla pelle l'impronta del lupo.
NERO Nero come la notte degli assassini nero come il manto dei pellegrini. Ecco il nero vino di taverna nel flebile albeggiare di lucerna. Venite malfattori impenitenti a ristorar le membra desolate, venite seduttori di genti a consolar madonne abbandonate. Questa taverna vi aprirà le porte che la notte non vi trovi impauriti perché ancora vi arrida la sorte, perché possiate salpar per altri lidi. TERRA MADRE Ero la madre di quaranta figli, erano i figli della fame e della sete, erano i figli della gioia e del perdono.
Ed ognuno era il mio figlio prediletto, perché ad ognuno avrei fatto dono di una piccola carezza data in fretta, di un abbraccio nel momento del tuono.
IL MARE E IL VIAGGIO Quante persone avevo incontrato nella mia strada per arrivare al mare, quante parole avevo pronunciato, quanti i porti da dove salpare... Ma ogni volta il mio cammino era più chiaro, la mia vista ed il mio passo eran sicuri, ogni volta il destino meno amaro, i sentieri ogni volta meno scuri. Quando giunsi alla fine del cammino mi trovai davanti al mare senza fiato perché il Mare e il Viaggio erano il mio destino, come coloro che mi avevano accompagnato.
Da Diario del treno: Viaggio su un treno dipinto che oggi sembra andare più veloce del solito e non volersi fermare più. I fianchi del treno sono pieni di disegni fatti con le bombolette spray, immagino chi li ha fatti quando il treno era fermo in un binario lontano oppure nella notte, quando nessuno vede. Immagino qualcuno che non voleva darsi vedere, qualcuno che ha fatto ciò che non si deve, e nonostante tutto ha creato qualcosa di splendido, che parla della sua gioia di quel momento e che passa nelle città sopra un treno in corsa. Proprio come me.............................................................................. ..........................................................................................I gatti delle stazioni non hanno paura dei treni: sanno che, anche così enormi e possenti, passeranno e andranno via. Ed io pensavo alle parole che sono peggio degli schiaffi perché non lasciano segni sulla pelle e si può sempre far finta di non averle pronunciate o di non averle sentite. La parola scava un solco invisibile che continua a scavarsi nel tempo, la parola può togliere dignità e stima di sè fino al punto che le si crede, la si rende vera. E questi segni non li vede nessuno: ribellarsi alla parola, allo scherno mascherato da affetto è difficilissimo e doloroso, e quasi impossibile se non si identifica questo meccanismo che ci schiaccia. Spesso siamo come i gatti delle stazioni, aspettiamo semplicemente che il treno passi. Nata a Genova, vive a Finale Ligure dal 1998. Pubblica nel 2014 il primo libro, Incantesimo di viaggio, raccolta di poesie scritte fin dai tempi del liceo: un libro che è stato per anni il suo sogno, pervaso in ogni pagina del senso di magia e stupore delle piccole cose. Il secondo libro, anch'esso uscito nel 2014, è Diario del treno, un vero e proprio diario scritto in un anno da pendolare nel tratto Finale-Genova dove l'autrice parte parlando del popolo dei treni e finisce per parlare di sé, perché proprio in quell'anno avvengono i cambiamenti più grandi della sua vita. In via di pubblicazione "Massimo arriva a novembre", diario della gravidanza del suo secondo figlio e già depositato all'Archivio Diaristico Nazionale dal 1999 .
Giusy Rodolfi insofferenza
NON TI CAMBIEREI CON NESSUNA
c’è buio in questa scatola ricordi “divenuti spiriti maligni” affogano tra gorgoglii fangosi
Strappi di seta a coprire i tuoi seni abbaglianti sul ventre gl’intrecci che davano luce a quei giorni d’impulsi drappi lisciati sui fianchi a nascondere labbra protette con piume mosse da flutti celebro-intatti
cambio identità “prima che il gallo canti” strappo la veste sontuosa in tumefatta pelle mi nutro d’esperienza in questo buio pesto la testa è tra le gambe le braghe son calate le braccia son piegate attorno alle ginocchia “rifletto sul da farsi” la strada troppo buia, non indica l’uscita ignoro il mio futuro in povertà di spirito ho solo una speranza nei grammi volontari che seguono quei lampi di spiriti di-vini ci provo, un passo dopo l’altro scavo un solco preciso che sposti il baricentro verso più alte vette I violini di Varsavia Dopo anni aggrovigliati sento ancora suoni di ferro e violini di ruggini e buio di strisce di suolo e odori malsani di sbobbe di docce di ossa bruciate sono viva vivendo nella morte ricucio ogni giorno brandelli di me mi sono data salvezza, ma di gioia mai stata vendo un arto a ogni ombra che passa un frammento di me per i cento di loro ogni specchio che guardo mi rimanda un sogghigno d’ilare pietà mille volti che ridono più contenti di me siamo in tre a suonare violini scordati nel ricordo del terrore vissuto mai più forte di questo che vivo
e io, con lo sguardo d’ orecchie stupite in avida attesa un mondo tutto il mondo nascosto a scodinzoli e bave oli essenziali, profumi di malve di muschi a saziare che tagliano l’aria ingorda affamata mi nutro di te stregata dai fumi celesti t’allaccio per sempre al mio capo siamese ti taglio e ricucio la vena che porta al sapere intreccio i capelli t’avvolgo al serpente io lego la lingua biforca m’avvolgo t’avvolgo con mani palmate lasciando che il tempo si fermi all’istante ispirata dal racconto vero " centomila gavette di ghiaccio" Centomila gli uomini – 100 mila le gavette tra ghiacci e neve notti nere lungo l’avamposto vita d’animali non c’era giorno non c’era notte per lo stivale rotto sotto la calza a mano l’alluce si gelava la testa ti scoppiava nell’occhio del mirino una fiamma appariva sull'unghia delle retrovie si poteva morire di fame o nostalgia la voce alla vittoria sempre più fiacca in gola coprivano i campi - solo corpi nelle trappole scavate ci potevano cadere rabberciati come topi un ricordo una foto nella mano terra una croce a ricordo MARIO inciso a coltello e poi via
T’æ fæto tutto ti
Hai fatto tutto tu
T’æ fæto tutto ti “No s’acapimmo ciù” e a mi me vegne in cheu o rie che ti te ingambi proprio lie into mæximobeuggio o mæximo schincapé un rattaieu de poule maxinæ.
Hai fatto tutto tu “Non ci capiamo più” e a me viene da ridere che inciampi proprio lì nello stesso buco lo stesso inciampo una trappola di parole macinate.
Mòula de pan pöso
Mollica di pane raffermo
Unna pitansa c’a spussa de relento.
Una pietanza che puzza di rancido.
Avei raxon no va unna mutta e no ghe l’ò tutta ma a testa rotta in sette tocchi a no l’è a mæ.
Avere ragione non vale un soldo e non ce l’ho tutta ma la testa rotta in sette pezzi non è la mia.
No no ò montou scagno t’æ fæto tutto ti
No non sono montata in cattedra hai fatto tutto tu
ma oua chiño.
ma ora scendo.
Sciortiô da-a bratta gianca comme neie
Uscirò dal fango bianca come neve
e o teu desprexo me faià medaggia
e il tuo disprezzo mi farà medaglia
perché inta gaggia mi no te g’ò misso.
perché in gabbia io non ti ci ho messo.
T’æ fæto tutto ti.
Hai fatto tutto tu.
Ti e a teu raggia.
Tu e la tua rabbia.
Fin de frevâ O piccinetto O l’è passou. A man averte o n’à piggiou a mascoìn de vento e no contento n’aspetava deré ai canti con stagnoìn d’ægua. Despedaddo Ghe gusta ese refioso. Spesse votte o mostra ‘na lengua de sô pe’ cansonane. 2014 brunapedemonte Fine di febbraio Il piccoletto/è passato.//A mani aperte/ci ha preso /a ceffoni di vento/e non contento/ci aspettava dietro gli angoli/con secchiate d’acqua.//Dispettoso//Gli piace/ essere antipatico//Sovente/mostra /una lingua di sole/per canzonarci.
Bruna Pedemonte Scrivo poesie sin da bambina. Soprattutto in genovese. Sono sporadicamente state pubblicate su riviste distribuite male e lette da quasi nessuno. Ma a qualcuno sono arrivata perché il SecoloXIX mi ha contattata per tenere una rubrica nella pagina domenicale in genovese Parlo ciæo. La mia rubrica in prosa “Spegetti bleu”(occhiali blu) compare una volta ogni sette settimane su quella pagina. Sono in trattative per pubblicare il mio primo libro di poesie. Non c’è molto altro da dire, se non che sono viva e questo è tutt’altro che scontato.