Incontri sulla fotografia digitale: un approccio “concreto”
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voglio fare un viaggio, arrivare a un paese che prima non ho visto mai e vedere se mi ricorda il mio se il villaggio è un villaggio e il giardino un giardino se è vero che tu come me sei partito dall’altra parte del libro per incontrarmi (Mario Mariotti)
CASTELLO DI SCHIO • C.P. 121 • C.A.P. 36015 SCHIO (VI)
di Roberto Rizzotto Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
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Incontri sulla fotografia digitale: un approccio “concreto” 1
- Conosciamo i nostri mezzi: motivazioni e tecnologie
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- Il Linguaggio fotografico: scrivere con la luce
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- La gestione della fotocamera e dell’immagine digitale
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- Il fotoritocco
Ricerca, progetto grafico e immagini: Roberto Rizzotto L’attribuzione di altre immagini e di illustrazioni tecniche è indicata con il link al sito di provenienza. Il presente documento è consultabile esclusivamente in forma elettronica e non è concessa nessuna forma di duplicazione. CASTELLO DI SCHIO • C.P. 121 • C.A.P. 36015 SCHIO (VI)
Il linguaggio visivo: comunicare con le immagini Quando si decide di fare una foto, sia anche un’istantanea, in realtà si organizza una scelta più o meno consapevole. Si inseriscono determinati elementi, escludendone altri, fino al limite di costruire una vera e propria rappresentazione concettuale della realtà, come nel caso dello still life. Organizzazione della ripresa Qui entra in gioco l’apparecchio fotografico col suo linguaggio specifico. Si riduce lo spazio tridimensionale alle due dimensioni della pellicola e si organizzano gli spazi della foto in relazione a quelli reali tramite le specifiche dell’obiettivo. Si prendono in considerazione parametri come il tempo di ripresa, la messa a fuoco, il taglio della luce, si prevede quella che sarà la resa dell’immagine in funzione della pellicola usata. La fotografia lavora su una doppia spazialità. “Da un lato realizza uno spazio tridimensionale illusorio, dall’altro tratta uno spazio bidimensionale concreto: nel caso di una foto realistica, allo spazio bidimensionale dell’immagine viene associato un concetto di normalità che altri non è se non la sua capacità di rimandare allo spazio reale tridimensionale. All’opposto si situano le foto astratte, nelle quali lo spazio referente è subordinato allo spazio bidimensionale quando non sia assente del tutto. Allora, l’immagine perde ogni contatto di referenzialità. Tra questi due stadi estremi si colloca la stragrande maggioranza delle fotografie [...]” di Omar Calabrese (studioso di comunicazione) - Tratto da “Figure”, Kappa, Roma 1985
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Prima di fotografare bisogna imparare a vedere. Molti fotografano senza in realtà saper vedere e molti altri senza neanche sapere il perché... ...ma “vedere non serve a niente se non induce a pensare”
(“” Angela Vettese)
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Il linguaggio fotografico scrivere con la luce
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Il controllo della luce Luci artificiali
Controluci
Luci speciali
Il tempo breve (l’attimo fuggente)
Il tempo lungo
Il “nostro” tempo
Il controllo del tempo
Il controllo delle forme Osservare...
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Vedere...
Comunicare...
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Il controllo della luce
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Il colore della luce Che cosa è il colore? Il riconoscimento dei colori è basato sulla luce, sugli oggetti che riflettono la luce, quindi sugli occhi e il cervello dell’osservatore. La luce che entra nell’occhio viene convertita in segnali nervosi nella retina e inviata al cervello attraverso il nervo ottico. L’occhio reagisce ai tre colori primari additivi rosso, verde e blu (RGB=Red Green Blue) quindi il nostro cervello percepisce i colori come una combinazione di questi tre segnali. La percezione dei colori varia notevolmente in base alle condizioni esterne. Lo stesso colore appare diverso quando viene visto alla luce solare o al lume di candela. Tuttavia, la vista umana si adatta alla fonte di luce, consentendoci di determinare che il colore è lo stesso in entrambi i casi, ma la fotocamera digitale non ha la stessa capacita di adattamento, perché?
I colori riproducibili dalla fotocamera digitale (RGB) sono limitati rispetto allo spettro cromatico visibile (soggetto a variabili “psico-sensoriali”). La fotocamera, come strumento “oggettivo”, evidenzia l’influenza della sorgente luminosa (temperatura cromatica). “Luce calda, luce fredda...” In genere, la luce bianca giallastra, che ricorda quella di un camino, viene definita “calda”, mentre quella bianca bluastra di definisce “fredda”. Tali definizioni si basano su associazioni mentali con i colori. La “luce diurna” cerca di imitare la luce che vediamo provenire da una finestra. Si tratta di classificazioni banali ma certamente utili. Tuttavia, dato che esistono vari gradi di luce “calda” o “fredda”, c’è bisogno di un metodo di misura quantitativo, definito Temperatura Cromatica, misurata in gradi Kelvin (K).
Luce calda
Luce fredda
Lo spettro cromatico visibile
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Il colore della luce sorgente luimonsa
temperatura di colore esempio
Fiamma di candela
1500 °K
Luce dell’alba
1900 °K
Lampade al tungsteno (40 W)
2760 °K
Lampade al tungsteno (60 W)
2790 °K
Lampade al tungsteno (100-200 W)
2860 °K
Lampade al tungsteno (500 W)
2950 °K
Lampade al tungsteno (1000 W)
3000 °K
Lampade alogene
3400 °K
Un’ora dopo l’alba
3600 °K
Chiaro di luna
4200 °K
Due ore dopo l’alba, lampade fluorescenti
4500 °K
Sole del mattino presto o del pomeriggio tardi
5000 °K
Flash a bulbo
5000 °K
Sole a mezzogiorno
5400 °K
Luce diurna normale, flash elettronico
5500 °K
Luce diurna bianca
5900 °K
Cielo con sole, ombra scoperta
6000 °K
Cielo coperto
7500 °K
Cielo blu senza sole, cielo blu a nord, neve, acqua 10000 °K Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
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Il bilanciamento del bianco Il bilanciamento del bianco (WB - white balance) In genere, con l’impostazione (Auto) si seleziona un bilanciamento del bianco ottimale. Se con l’impostazione non è possibile riprodurre colori dall’aspetto naturale, modificare il bilanciamento del bianco selezionando un’impostazione adeguata per la fonte luminosa.
Quando intervenire In casi particolari, il sistema di regolazione automatica del bilanciamento del bianco, per quanto evoluto, può essere tratto in inganno anche in normali condizioni di illuminazione. Per esempio, se il soggetto ha per sua propria natura una prevalenza di toni rossi, la camera interpreta la scena come illuminata da una sorgente di luce calda, e quindi cerca di compensare spostando il punto neutro verso una tonalità più fredda.
Auto: Le impostazioni sono configurate automaticamente dalla fotocamera. Luce diurna: Per riprese esterne con luce diurna intensa. Nuvoloso: Per riprese in ambienti scuri, ombreggiati o con foschia. Tungsteno: Per riprese in ambienti con illuminazione al tungsteno e a fluorescenza Flash: Quando si usa il flash. Personalizzato: Per registrare impiegando i dati ottimali di bilanciamento del bianco memorizzati nella fotocamera e derivanti da un oggetto di colore bianco, come un foglio di carta o un tessuto.
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Il bilanciamento del bianco Il bilanciamento del bianco PERSONALIZZATO Quando le preimpostazioni della fotocamera non garantiscono un esatto riconoscimento del tipo di luce della nostra scena, allora possiamo misurare la temperatura cromatica ed impostare un nuovo valore di bilanciamento del bianco. Perché accontentarsi se si possono avere foto perfette? Se la fotocamera lo prevede, basta entrare nel menu, scegliere “Imposta WB” o simile dicitura, inquadrare un foglio bianco (è importante riempire completamente l’inquadratura) e scattare una foto. Questo consente alla camera di riconoscere il bianco anche in presenza di luce colorata. Naturalmente è sempre possibile scattare in AWB (Bilanciamento Bianco Automatico) senza preoccuparsi troppo del risultato, e poi intervenire con un programma di fotoritocco, ma realizzare subito l’immagine corretta è sempre la cosa migliore.
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Molto frequente ed importante è l’impostazione su “WB Nuvole” quando il soggetto “diurno” non è colpito direttamente dal sole (vallate e soggetti in ombra). La luce fredda (blu) delle ombre viene convertita in luce calda (gialla), con maggiore corrispondenza a quanto visto dai nostri occhi. Divertirsi con i colori Comprendere a fondo il bilanciamento dei colori permette di apprezzare uno degli aspetti più piacevoli e divertenti della fotografia creativa. Impostando “Fluorescente” o “Nuvoloso” otteniamo tonalità di arancione e violetto che conferiscono magiche atmosfere alla foto di un tramonto, anche se tali colori sono assenti nella realtà. Non c’è praticamente limite al numero di variazioni ottenibili. Possiamo sperimentare ogni possibile variabile ed espandere la nostra creatività ovunque andiamo, in qualsiasi occasione.
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Luce flash e luce di schiarita
Alcune camere digitali hanno un flash a scomparsa, abbastanza lontano dall’asse dell’obiettivo. Questo accorgimento riduce notevolmente l’effetto occhi rossi. La luce diretta, a meno di cercare effetti particolari, in genere non fornisce buoni risultati e anche non disponendo di accessori o del tempo necessario per preparare la ripresa, è comunque preferibile far prima rimbalzare la luce, ad esempio contro un soffitto o una parete, un pannello di polistirolo o un cartoncino: questo consentirà al lampo di aprirsi e di perdere molta della sua crudezza.
Il flash (5000°K): permette di scattare fotografie quando la luce ambientale è insufficiente, o ridurre i contrasti nelle giornate di sole. La potenza del flash determina la sua portata utile. I soggetti entro questa portata possono essere correttamente esposti, quelli fuori portata saranno troppo scuri. Automatico: il flash interviene in caso di luminosità scarsa o quando il soggetto è in controluce. Riduzione occhi rossi: il flash proietta un breve lampo per provocare la chiusura dell’iride del soggetto un attimo prima del lampo principale. Riduzione delle ombre: uso forzato del flash quando c’è abbastanza luce ma si vuole schiarire le ombre. Questa modalità è utile in pieno sole col soggetto illuminato da dietro o di lato. Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
Luce di schiarita Un alleato prezioso della fotografia sono i pannelli riflettenti, utilissimi per schiarire le ombre sfruttando al meglio la luce naturale: non c’è niente di meglio della luce di una finestra, in una bella giornata di sole per creare atmosfere avvolgenti e poetiche, in esterno equilibrano i contrasti di luce. Un pannello di polistirolo o un semplice drappo bianco sono sufficienti per fare tutto quello che serve al nostro scopo. 11
Controluce e luce radente
Il controluce e la luce radente sono fra le più usate per ottenere effetti particolari sia nella fotografia di paesaggio che in quella ravvicinata (macrofotografia). Le difficoltà che si incontrano con queste luci sono l’esposizione e i riflessi che si formano nell’obiettivo. I riflessi nell’obiettivo (Lens flare - anelli di Newton) I raggi di luce che provengono da una posizione molto angolata, per il fenomeno della rifrazione, causano spesso riflessi indesiderati. Quanto migliore è l’obiettivo, tanto minori saranno i riflessi, ma se la situazione di ripresa è difficile anche una buona ottica sarà in difficoltà. Un valido aiuto in questo caso è costituito dal paraluce da applicare sull’obiettivo. In mancanza del paraluce, basterà l’ombra di una mano, di un’albero, di un amico ad impedire che i raggi colpiscano direttamente le lenti. Non sempre e, con una certa difficoltà, gli anelli possono essere rimossi con il fotoritocco. Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
La corretta esposizione Difficilmente il Programma della fotocamera riesce a venire a capo delle riprese in controluce; con l’esposizione automatica non abbiamo il controllo dell’immagine. Per questo si usa l’esposizione “SPOT”: Per ottenere delle foto d’effetto (silhouette) centrare la zona più luminosa dell’inquadratura quindi premere il pulsante “AE” (blocco dell’esposizione). Puntare nuovamente la fotocamera per comporre l’immagine richiesta e scattare. Controllare il risultato sul display ed eventualmente rifare la foto con lettura spot su una zona più scura per ottenere le ombre più chiare, con maggiore effetto “abbagliante” della sorgente luminosa. Eventualmente, per schiarire i soggetti in controluce che ci sono più vicini, utilizzare il flash (riduzione delle ombre). 12
Luce scarsa: interni e foto notturne
La corretta esposizione Gli automatismi della fotocamera difficilmente interpretano luci puntiformi e grandi spazi bui; con l’esposizione automatica non abbiamo il controllo dell’immagine. Selezionare l’esposizione media o semispot. Premere il pulsante per la compensazione dell’esposizione, sovraesporre e sottoesporre controllando il risultato.
Scrivere “con poca luce”, significa utilizzare al meglio le poche risorse disponibili; sarebbe facile rimediare con il flash, perdendo però la potenzialità “emotiva” dell’immagine. La scarsa potenza del flash lo rende inutile nella foto di grandi ambienti (chiese o palazzi) o di grandi spazi (piazze e paesaggi notturni) Maggiore sensibilità La diminuzione della luce comporta l’aumento del tempo necessario affinché l’immagine venga acquisita dal sensore. Nel frattempo però il soggetto si muove e, se non si usa un sostegno, anche noi con la nostra fotocamera facciamo dei piccoli spostamenti; per ridurre il tempo di esposizione e quindi l’effetto “mosso”, si aumenta la sensibilità “ISO” del sensore. Attenzione: L’aumento della sensibilità corrisponde ad un calo della qualità (disturbo) dell’immagine. Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
Tempi lunghi Se a diaframma tutto aperto l’aumento della sensibilità del sensore non basta a raggiungere la corretta esposizione, sarà necessario aumentare il tempo di posa. Per evitare il mosso dell’immagine, una vecchia regola dice che a mano libera (senza sostegno), il tempo di posa “limite” corrisponde alla lunghezza focale dell’obiettivo, quindi con un teleobiettivo 200 mm non possiamo scendere sotto il 1”/200, con un grandandolo 28 mm il tempo a rischio mosso è 1”/28. Con ottiche dotate di dispositivo antivibrazioni “VR”, il rischio del mosso è notevolmente ridotto. Sotto il tempo di 1”/30, e particolarmente per le pose superiori a 1” è indispensabile appoggiare la macchina su un supporto stabile (un treppiede, un muretto, un tavolo...). Per evitare di muovere la macchina con la pressione del pulsante di scatto, dotarsi di un comando remoto o scattare “indirettamente” con l’autoscatto. 13
Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico”
a cura di
Roberto Rizzotto (15:04:2009) 14 Volo notturno al Festival Internazionale degli aquiloni (Cervia 2007) - 800 ISO - 1/8” - 200mm - f/4.5 a mano libera
Il controllo del tempo
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Tempi brevi: fermare l’attimo
1/350”
Fotografare con tempi brevi di esposizione consente di “congelare” il movimento del soggetto. I tempi brevi si ottengono con la massima apertura del diaframma (massimo flusso di luce) in condizioni di buona luminosità. Eventualmente, per ridurre i tempi di esposizione è possibile aumentare la sensibilità ISO, considerando però la riduzione di qualità dell’immagine in relazione allo scopo da raggiungere.
1/1000”
Tempi brevi (1/500”, 1/250”): permettono di riprendere anche scene in movimento senza ottenere il cosiddetto effetto mosso. Per condizioni di luce forte: ambienti aperti con sole molto diretto. Tempi brevissimi (1/2000”, 1/1000”): permettono di riprendere scene in forte movimento senza ottenere il cosiddetto effetto mosso. Per condizioni di luce estrema: ambienti aperti con sole molto diretto, su neve, mare, deserti... Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
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Tempi lunghi: necessità e creatività
Fotografando con tempi lunghi di esposizione si evidenzia il movimento del soggetto. I tempi lunghi si ottengono riducendo l’apertura del diaframma (flusso di luce ridotto) e, ovviamente, in condizioni di scarsa luminosità.
ISO: 1600 - 1/15” - f 5.6
ISO: 1600 1/30” - f 4.8
ISO: 1600 - 2” - f 25
Tempi lunghi (1/30”, 1/15”): devono essere usati col cavalletto o con l’obiettivo “stabilizzato” e non permettono di riprendere scene in movimento senza ottenere l’effetto mosso. Per condizioni di luce debole: ambienti chiusi con illuminazione artificiale o ambienti aperti in penombra. Tempi lunghissimi (1/8”, 1/4”): devono assolutamente essere usati col cavalletto e non permettono di riprendere scene in movimento senza ottenere l’effetto mosso. Per condizioni di luce molto debole: ambienti chiusi con poca illuminazione o ambienti aperti in penombra. Tempi estremamente lunghi (inferiori a 1/2”, a volte oltre i 30’): devono assolutamente essere usati col cavalletto e non permettono di riprendere scene in movimento senza ottenere l’effetto mosso. Per condizioni di luce estremamente debole: ambienti chiusi con pochissima illuminazione o ambienti aperti in penombra e notturni. Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
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Tempi lunghi: creatività
Lineare
Lineare / Rotativo
Fotografando con tempi lunghi di esposizione, il movimento “ricercato” della fotocamera aggiunge possibilità creative. Questo movimento può essere lineare (verticale o orizzontale), rotativo o addirittura può essere generato dallo zoom dell’obiettivo. Tecnica “Panning” Con tempi lunghi di esposizione, il movimento del soggetto può essere “inseguito” con la fotocamera. Col panning, il soggetto appare (più o meno) nitido mentre è mosso lo sfondo. Il principio consiste nel trasmettere l’impressione del movimento conservando una rappresentazione chiara del soggetto, a cui va, generalmente, l’interesse dell’osservatore. Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
Panning 18
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Il controllo della forma
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L’inquadratura Cos’è una inquadratura La scelta del soggetto e dell’inquadratura sono i più soggettivamente legati al gusto e al senso artistico del fotografo. Esistono delle regole classiche da rispettare per non ottenere una foto visibilmente brutta. Concetti importanti La fotografia è una immagine generalmente rettangolare che, nei casi più comuni, ha un rapporto fra i lati 4:3 (digitali compatte) o 2:3 (digitali reflex); può essere posizionata in senso orizzontale o verticale, isolando diverse composizioni che non esistono nello spazio reale, in quanto la realtà si estende intorno a noi, orizzontalmente e verticalmente, per 360 gradi, senza limiti di sorta. Prima regola fondamentale (struttura compositiva) Il fotografo deve avere la capacità di visualizzare mentalmente l’immagine nella sua cornice rettangolare, in tutto il suo complesso (non semplicemente di concentrare la sua attenzione su un singolo particolare che attira il suo interesse), e di equilibrarla nelle sue varie parti come in un “quadro”. Senza questa maturità visiva, si rimane “cacciatori di particolari”, senza capire cosa sia una fotografia. Al centro perfetto dell’immagine realizzata dal principiante si trova sempre e immancabilmente la cosa che lo interessa di più (un volto, un oggetto, un elemento del paesaggio che intendeva riprendere). Non sembra che egli abbia scattato una fotografia, si direbbe piuttosto che ha “sparato una fucilata”... cercando di centrare un bersaglio. Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
Seconda regola fondamentale (no al centro immagine) Raramente il particolare che ci interessa di più, nell’immagine, deve essere collocato proprio al centro. Ciò può anche capitare ma, il più delle volte, si troverà in una posizione decentrata. Per sviluppare una maturità visiva, si facciano due cose: si osservino spesso le fotografie dei fotografi famosi, per capire come sono costruite le immagini, e ci si liberi dalla suggestione irresistibile “del centro”. Un trucco: per allenarci a “pre-vedere” l’effetto di un’inquadratura, possiamo utilizzare il telaietto vuoto di una diapositiva e quindi isolare il rettangolo di interesse rispetto l’ambiente circostante. Più concretamente, possiamo incrociare gli indici e i medi di entrambi le mani (#) improvvisando una cornice di ritaglio “bidimensionale” che ci consente di “isolare le forme”. 21
Composizione: l’inquadratura
Orizzontale - verticale L’inquadratura orizzontale (panorama) è statica e suggerisce calma, tranquillità e dà una sensazione di grandi spazi. L’inquadratura verticale è più dinamica e aggressiva e sottolinea la profondità della scena. La linea dell’orizzonte separa gli elementi di un paesaggio (persone, architettura, alberi, rocce...), ma senza di essi perde di significato. Un orizzonte perfettamente centrale, o privo di particolari “forti”, dà un effetto statico e spesso non interessante. Luce ambientale Le condizioni di luce ambientale condizionano la tridimensionalità e la saturazione della scena: bisogna saperla interpretare in modo da controllare il risultato. Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
La luce di tre-quarti - o quasi in controluce, esalta i profili delle forme, ma desatura i colori. La luce radente accentua i rilievi. La luce frontale appiattisce i rilievi ma satura i colori. La luce morbida porta a bassi contrasti e a bassa saturazione dei colori, ma rende la scena piacevolmente soffusa. 22
Composizione: prospettiva
La prospettiva Le distanze fra gli oggetti sono regolate dalla prospettiva, che è la chiave di lettura di un’inquadratura e dipende dal punto di ripresa e dalla lunghezza focale utilizzata. Da essa dipendono le proporzioni dei soggetti: in una foto di paesaggio, gli elementi familiari di scala nota permettono di stabilire le distanze o le dimensioni del soggetto. Nel fenomeno della prospettiva aerea i toni si affievoliscono con l’aumento della distanza (es. colline in successione), mentre la convergenza di linee parallele è legato al diminuire delle dimensioni apparenti con l’aumento della distanza. Le linee di fuga guidano lo sguardo a studiare tutta la scena. Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
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Composizione: prospettiva Obiettivi e rapporto tra i piani Grandangolo, medio oppure teleobiettivo: la lunghezza focale non significa solo il rapporto di ingrandimento, ma anche l’importante variazione prospettica del soggetto inquadrato. Grandangolo (<=28 mm) L’ampia visuale evidenzia la dimensione dei soggetti in primo piano rispetto a quelli sullo sfondo, sottolineandone la distanza nello spazio, mentre, nei soggetti ravvicinati (ritratti), deforma in modo esagerato il rapporto tra le forme. Il grandangolo offre una grande “profondità di campo” garantendo ampi margini di corretta messa a fuoco del soggetto. Il grandangolo è “indispensabile” nei paesaggi e nella “street photography”, dove la messa a fuoco deve essere preventivamente valutata. L’ampia visuale corrisponde anche ad una “migliore cattura della luce” quindi spesso i grandangolari sono più luminosi dei medi e teleobiettivi. La profondità di campo è ampia. Teleobiettivo (>=200 mm) Il ridotto campo visivo porta alla riduzione dei rapporti di ingrandimento tra i soggetti in primo piano e lo sfondo. I piani di composizione risultano “schiacciati” riducendone le distanze, facendoli sembrare vicini. Per la riduzione del campo visivo, i teleobietivi dispongono di una “ridotta cattura della luce” quindi sono “meno luminosi” dei grandangoli. Anche la profondità di campo è ridotta. Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
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Composizione: prospettiva Obiettivi e percezione della realtà La normale visione dell’occhio comprende un ampio campo visivo, pur se in ambito fotografico si è definito che la “concentrazione visiva” dell’occhio corrisponde circa ai 45° di un obiettivo “50 mm”. Minore è la lunghezza focale dell’obiettivo, ad es. con un grandangolo, maggiore è l’effetto visivo di allontanamento dello sfondo dal soggetto. Viceversa per i teleobiettivi, con i quali lo sfondo sembra comprimersi a ridosso del soggetto. ISO: 100 - 1/240” - 50mm f 8
ISO: 100 - 1/1000” - 300mm f 4.3 Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
Cantalice (Rieti)
Nel caso di una foto realistica, allo spazio bidimensionale dell’immagine viene associato un concetto di “normalità” che altri non è se non la sua capacità di rimandare allo spazio referente che è quello reale tridimensionale. Ogni deviazione da questa normalità sarà detta errore, se non intenzionale, o effetto, se intenzionale. All’opposto si situano le foto astratte, nelle quali lo spazio referente è subordinato allo spazio bidimensionale quando non sia assente del tutto. Allora, l’immagine perde ogni contatto di referenzialità.
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Composizione: la profondità di campo
f/5.6
f/8
1/125”
1/60”
f/11
f/16
+TEMPO
+DIAFRAMMA
Nella composizione dell’immagine, i piani di messa a fuoco (profondità di campo) sono fondamentali per evidenziare un soggetto rispetto altri livelli dell’immagine. Fattori che regolano l’ampiezza della profondità di campo Lunghezza focale: Obiettivi con lunghezza focale maggiore hanno una PdC minore, e viceversa. Distanza dal soggetto: A parità di tutto il resto, la messa a fuoco di un soggetto lontano risulta in una maggiore PdC rispetto a quella di un soggetto vicino. Apertura del diaframma: Maggiori aperture del diaframma 1/500” corrispondono a minori PdC, e viceversa. Nella maggior parte dei casi, gli obiettivi danno i migliori risultati ad aperture intermedie. Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
1/250”
1/30”
1/15”
f/4
CORRETTA ESPOSIZIONE
f/4
f/2.8
MA
f/2.8
f/4
f/5.6
f/8
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Distanza iperfocale
La distanza iperfocale o semplicemente iperfocale è la distanza di messa a fuoco che permette di estendere la profondità di campo dall’infinito alla metà di tale distanza ed è sempre riferita ad una precisa lunghezza focale e ad una precisa apertura relativa di diaframma.
Effettuando la messa a fuoco sulla distanza iperfocale si ottiene la massima profondità di campo possibile con quella data lunghezza focale e quel dato diaframma, che si estende dalla metà della distanza di messa a fuoco fino all’infinito.
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Composizione: regola dei terzi
La regola dei terzi Questa regola, importantissima in fase di realizzazione compositiva, esige che l’immagine venga divisa in tre parti uguali e che gli elementi dell’immagine rientrino in questi riquadri. Immaginate di tracciare due linee verticali equidistanti dai margini laterali e due linee orizzontali equidistanti dai margini superiore ed inferiore dell’inquadratura, in modo da formare una specie di griglia che divide l’immagine in tre colonne verticali uguali e tre righe orizzontali uguali. Nell’inquadratura, bisognerà fare in modo che il soggetto principale della fotografia venga collocato nel primo terzo del margine inferiore o superiore, oppure in quello alla destra o alla sinistra del margine laterale. Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
Nel paesaggi, sarà opportuno far rientrare la linea dell’orizzonte nel terzo inferiore, se si vuol dare maggiore risalto al cielo, o in quello superiore se vorremo lasciare più spazio a ciò che sta in basso In presenza di un cielo sereno e senza nuvole, spostate la vostra attenzione verso il basso; le superfici uniformi prive di particolari interessanti, fotograficamente parlando risultano alquanto “noiose” alla vista. Sul display di molte fotocamere digitali è possibile visualizzare diverse informazioni sull’esposizione, tempi, diaframmi, automatismi ecc... Se tra queste c’è anche la “griglia di terzi”, avrete un grande aiuto sia per la composizione delle immagini, sia per evitare che le linee d’orizzonte siano inclinate. 28
Composizione
La Regola Aurea La Regola Aurea afferma che la parte più importante di una immagine deve essere collocata vicino all’angolo in basso a destra dell’inquadratura, sostanzialmente perché, in teoria, noi “leggiamo” le immagini allo stesso modo in cui leggiamo un testo scritto: da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso. Dal momento che la nostra “lettura” termina nell’angolo in basso a destra, allora questa è proprio la zona in cui noi concentreremo la nostra attenzione per un periodo di tempo maggiore, oppure dove ci soffermeremo maggiormente prima di girare pagina.
Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
Le linee guida Le linee che “guidano” l’occhio nella composizione, e quindi all’interno dell’immagine, rappresentano un altro metodo classico di comporre una fotografia. Una strada, dei binari della ferrovia, un fiume, un filare di alberi o addirittura una serie di massi o di cespugli disposti in fila, “guidano” letteralmente il nostro occhio verso l’orizzonte. Le linee guida così realizzate attirano e conducono il nostro occhio in profondità dentro l’immagine, catturando notevolmente la nostra attenzione. Per acquisire una buona pratica, è necessario scattare più fotografie, provando di volta in volta le più svariate combinazioni e sperimentando sul campo regole, consigli e suggerimenti avuti. 29
Composizione: punti di vista Il punto di vista: il “punto” da dove si guarda La fotografia è fatta di tecnica e meccanica e regole compositive “condivise” (regola dei terzi). Quando entriamo in pieno nel mondo della fotografia, ci troviamo però nella difficile situazione di introdurci nel mondo soggettivo del gusto personale, della ‘quasi arte’ e delle regole... e della maniera di violarle. Scattare una foto non è soltanto conoscere la fotocamera e la luce dei flash; è conoscere le regole che l’occhio umano usa per vedere e guardare, quelle che usa per assimilare e ricordare, quelle che usa l’uomo per osservare e fotografare. Il punto di vista diventa quindi uno strumento per esaltare l’immagine in un modo meno scontato e più personale. Quando ci sentiamo attratti da una scena, oltre alla scelta dell’obiettivo e dell’esposizione, possiamo spostarci in avanti o indietro, a destra o a sinistra, in alto o in basso, fino a trovare la massima forza di quanto stiamo per raccontare.
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Temi fotografici
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Immagini astratte
Composizioni pittoriche...
“Qualche volta è interessante abbandonare la fotografia tradizionale per sperimentare nuovi accostamenti di forme, colori e materiali. Per ottenere fotografie astratte basta solo guardare il mondo che ci circonda in modo diverso, con un pizzico di fantasia” Pensare una foto astratta vuol dire fare un notevole passo avanti nella propria percezione visiva, allenando l’occhio a scrutare con attenzione il soggetto che gli sta dinanzi ed osservarlo non tanto nella sua globalità ma come insieme di singole parti, ognuna delle quali potrebbe essere una foto diversa che, mancando la vista del tutto, godrebbe di propria autonomia. Non è il classico giochino del “indovina cos’è?”, ma un arricchimento della propria fantasia, uno stimolo per creare nuove immagini, per non fermarsi alle “viste globali” e studiare accostamenti di forme, colori e materiali. Incontri sulla fotografia digitale <2> “Il linguaggio fotografico” a cura di Roberto Rizzotto (15:04:2009)
...virtuali
...metafisiche 32
La fotografia ravvicinata L’approccio alla macrofotografia riserva spesso grandi sorprese, nella scoperta dei “grandi paesaggi” nascosti dalle piccole dimensioni dei soggetti. Molte fotocamere digitali nelle categorie “compatte” e “bridge” tra le molteplici funzioni comprendono delle modalità di ripresa “Macro”, che corrisponde ad una capacità di messa a fuoco quasi a distanza “0” dal soggetto. Questa possibilità non può essere paragonata alla qualità che altrimenti si ottiene su macchine reflex con obiettivi specifici, ma, seguendo alcuni consigli, non tarderà a darci grandi soddisfazioni: • Avvicinandosi molto al soggetto, stare attenti a non metterlo parzialmente in ombra; eventualmente coprirlo completamente per avere almeno una luce diffusa. I risultati migliori si ottengono con immagini in controluce. • Controllare attentamente la messa a fuoco. • La minima distanza di messa a fuoco corrisponde ad una piccolissima profondità di campo; chiudere il diaframma per aumentare il campo di nitidezza.
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Il paesaggio Uno dei principali motivi che avvicina le persone alla fotografia, è il desiderio di fissare l’emozione che si prova di fronte a paesaggi talvolta spettacolari. Quando portiamo l’occhio sul mirino o sul display, si pone il primo problema: cosa inserire e cosa escludere del paesaggio affinché l’emozione si trasmetta anche alla fotografia? Molto spesso e soprattutto con paesaggi molto vasti ed imponenti, l’immagine fatta così come i nostri occhi vedono risulta dispersiva ed insignificante. Perché? Nella foto di paesaggio, in particolar modo con l’uso di obiettivi grandangolari, è importante trasmettere il senso prospettico della composizione, magari inserendo dei particolari vicini (un albero, una roccia ecc...) con i piani successivi che si perdono all’orizzonte. In questo modo lo spazio prende forma. Con i teleobiettivi invece la composizione è schiacciata, quindi diventa indispensabile utilizzare gli elementi a disposizione (cielo, terra, acqua, nuvole, orizzonte) per comporre l’immagine con la “regola dei terzi”.
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Il viaggio Ogni viaggio è, nella sua essenza, un movimento da un punto a un altro. Geografico, di norma, ma anche interiore. Esistono modi di viaggiare innumerevoli, quanti i piedi che li portano in giro e gli occhi che osservano il mondo. La condizione di chi viaggia è quasi equivalente alla condizione di chi fotografa perché appena si esce da casa si sta viaggiando, alla ricerca di emozioni e situazioni che possono aiutare l’occhio fotografico a esprimersi. Fotografia e il viaggio possono coesistere, essere due forme di ricerca che corrono in parallelo, sebbene l’atto di fotografare dovrebbe seguire l‘esperienza non precederla. Se la fotografia precede l’emozione, si finisce solo a collezionare immagini, spesso in mancanza di rispetto per quanto e chi si incontra. La fotografia di viaggio può essere: Descrizione - Evocazione - Racconto
La nostra destinazione non è mai un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose. Henry Miller Berna (Svizzera) - 2008
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Il viaggio: fotografare le persone Uno dei maggiori problemi per il fotografo in viaggio è quello di entrare con discrezione in un mondo nuovo. Se, da una parte, bisogna non essere aggressivi ma umili di fronte al soggetto, senza avere però troppo timidezze, dall’altra è importante mostrare più rispetto possibile, cercare di stabilire un contatto minimo, farsi addirittura scordare (quando si ha tempo), diventare invisibile. Il problema, appunto, è il tempo a disposizione; quello che abbiamo nei nostri spostamenti è in genere limitato. Consapevoli del nostro possibile impatto, si deve aumentare il rispetto davanti ai soggetti potenziali, mostrare attenzione, discrezione. A volte basta un sorriso, un gesto gentile, amichevole, magari scherzare, alzare leggermente la macchina per chiedere il permesso di fotografare rapidamente.
Vicenza - 2008
Altre volte, se si vede che non provano fastidio, scattare discretamente e poi se è il caso sviluppare un rapporto. Se si è capaci di diventare invisibili, i soggetti possono essere fotografati nella massima naturalezza, l’importante è non mancare mai di rispetto nei loro confronti. Turchia - 1987 Perù - 1996
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L’attimo fuggente La luce varia ad ogni istante, le cose si muovono spostandosi nello spazio: la visione di un momento è già diversa nel momento successivo. Tutto scorre. Fotografare “l’attimo fuggente” significa essere concentrati sulla vita che ci circonda, coglierne dei momenti unici ed irripetibili. Per fotografare così “al volo” bisogna essere però bene allenati. Esiste un trucco per realizzare comunque delle buone foto: quando troviamo una scena particolarmente interessante, possiamo scegliere il punto di ripresa, preparare la corretta esposizione e metterci in attesa (nei limiti della nostra pazienza/speranza) che qualcosa “di magico” entri nell’inquadratura; allora saremo pronti a “cogliere l’attimo”.
Schio - 2005
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Helsinki (Finland) - 1986
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Segue: - Gestione della fotocamera e dell’immagine digitale
Incontri sulla fotografia digitale UN APPROCCIO “CONCRETO” Ricerca, progetto grafico e immagini:
Roberto Rizzotto
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Riproduzione vietata
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