Coèsis - Nuove opportunità sociali

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NUOVE OPPORTUNITA’ SOCIALI

CIO’ CHE CI UNISCE Noi che firmiamo questo documento abbiamo in comune la fiducia che questo Paese possa, con uno sforzo generale e generoso, riprendere il proprio ruolo positivo e spesso di eccellenza che lo ha visto in passato protagonista in molti campi. Società solidale, scuola, lavoro, produzione, innovazione sono gli elementi fondamentali per una rinascita; purché prima venga risvegliata e dichiarata la più diffusa volontà di farcela, operando con responsabilità, trasparenza di intenti, coraggio e disposizione ad innovare soprattutto noi stessi, la nostra cultura, la nostra propensione a lasciarci sfidare dal futuro. Crediamo che l’Italia abbia mostrato più volte nella propria storia di saper uscire dalle crisi con capacità impreviste e spesso insperate, mettendo in campo talenti che l’hanno fatta rinascere e reimmergersi nel mondo da protagonista. Siamo consapevoli che da alcuni anni l’Italia ristagni in una crisi economica legata a fatti internazionali noti ma aggravata da una insufficiente capacità di governo; riteniamo che per quanto fondamentale sia stato lo sforzo di “tenere i conti in ordine”, i cosiddetti tagli lineari abbiano mostrato di fatto la incapacità di scegliere dove tagliare e dove investire per dare al Paese una vocazione ed un futuro. Ma dove la critica non può che essere radicale è la sciagurata rottura avvenuta in questi anni di tutto quanto lega politica ed etica pubblica, divisione dei poteri e garanzie democratiche, moralità nell’azione civica e sobrietà nella sfera privata. In qualche misura si sono “avvelenati i pozzi” che raccolgono l’acqua comune di un popolo e di una comunità. Ci vorranno anni per ritessere il tessuto strappato del nostro stare insieme. Quello che viviamo è certamente un momento importante e al contempo difficile: la rivoluzione tecnologica ha sconvolto positivamente i sistemi di vita delle persone, il modo di informare e di essere informati, di lavorare, di studiare, di curarsi, di solidarizzare, di vendere e di acquistare.

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Distanze che sembravano infinite sono oggi a portata di mano e problemi lontanissimi sembrano

avvenire

al

nostro

fianco.

Un

mondo

divenuto

improvvisamente

e

contemporaneamente troppo grande e troppo piccolo. Ma questa rivoluzione positiva ha portato con sé inevitabili problemi: tutte le chiavi di lettura del mondo e dei sistemi, i cambiamenti dell’agire pubblico e privato, la stessa capacità di governare il cambiamento sono diventati complessi tanto da apparire ad alcuni impossibili da governare. E insieme ai comportamenti sembrano scossi profondamente i sistemi di valori sociali che informano l’azione individuale e collettiva. Ciò che, ad esempio, recentemente si sta verificando nello scenario internazionale è certamente grave, per certi versi ancora incomprensibile eppure vitalissimo. La preoccupazione per le sorti del Mediterraneo in fiamme, il castello di carta del nucleare, la violazione ripetuta dei diritti civili di tanta parte della popolazione mondiale non può coprire ai nostri occhi la straordinaria novità di giovani arabi e musulmani che chiedono diritti, benessere, verità e libertà e lo fanno con gli strumenti della laicità. Siamo consapevoli che tutto questo accade e che l’intensità del cambiamento sfugge molto spesso e in molti ambiti alla possibilità di un indirizzo adeguato. Tuttavia essere consapevoli dell’urgenza e della gravità dei problemi che ci sono di fronte non vuole dire accettare la cultura del “declino irreversibile”. Noi siamo persuasi che la crisi possa non sfociare nel declino, che di una nuova etica pubblica e privata ci sia bisogno, ma che essa vada pratica più che predicata. Mai come sui comportamenti etici, devono essere “gli altri” che valutano l’eticità di ognuno. Consapevoli di sfidare l’accusa di ingenuità, affermiamo la nostra convinzione che si possa essere imprenditori, lavoratori, studenti, politici, professionisti e coniugare, nei fatti, ciò che facciamo con la sobrietà, l’onestà, il rigore e la trasparenza dei comportamenti e che questi non siano in contrasto con l’efficienza, l’efficacia, la produttività, la creazione e distribuzione della ricchezza.

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PER UN NUOVO MODELLO DI SVILUPPO Serve un cambiamento nella composizione strutturale dell’economia, tale da garantire, attraverso nuovi modelli di consumo e produzione, un nuovo sviluppo economico legato all’innovazione e alla green economy, la salvaguardia della piena efficienza dei servizi ecosistemici, la conservazione del territorio inteso come bene primario da custodire rispetto alla progressiva e devastante urbanizzazione, la promozione di un nuovo rapporto tra multifunzionalità del sistema agricolo e qualità ambientale, il sostegno delle relazioni tra diverse culture al fine di ridurre le disuguaglianze e favorire l’integrazione e la coesione sociale e territoriale. La crisi ha fatto emergere che economia ed ambiente sono due sistemi strutturalmente legati. Conseguenza di questa affermazione è la necessità di assumere il principio della sostenibilità come nuova

razionalità per impostare le relazioni economiche e

l’organizzazione della società. E’ un cambiamento di visione che comporta la sostituzione del modello economico dell’espansione quantitativa con quello del miglioramento qualitativo, ovvero il passaggio dall’obiettivo della crescita a quello dello sviluppo. Occorre superare un modello che separa la progettazione degli interventi per la crescita economica da quelli per la tutela delle condizioni di vita, ponendoli in relazione compensativa e privilegiare l’investimento nelle capacità delle persone, tanto più che si è dimostrata falsa la teoria che associa lo sviluppo alla presenza di èlites economiche e sociali, ed al contrario è vera la teoria che vede nella riduzione delle diseguaglianze un fattore di promozione e di spinta dello sviluppo. L’obiettivo è di costruire un sistema che favorisca la buona occupazione e restituisca centralità al cittadino, che sia capace di sostenere l’utente in un percorso di attivazione personale e protagonismo nelle scelte superando logiche meramente assistenzialiste, senza però privarlo delle necessarie misure di sostegno nei momenti di difficoltà. Occorre una politica che, mentre tutela e promuove i diritti, garantisca alle persone gli strumenti per realizzare il proprio progetto di vita. (dal Progetto Strategico della Provincia di Roma) LA CENTRALITA’ DELLA POLITICA Questa visione dello sviluppo ci permette di ribaltare alcuni luoghi comuni e rilanciare una concezione del welfare che vede nelle politiche sociali un nucleo centrale dello sviluppo. 3


Bisogna ritrovare le ragioni di un nuovo pensiero positivo e trasformativo, non possiamo volare bassi, non possiamo pensare di rappresentare semplicemente una gestione migliore dell’esistente. Bisogna poter far sognare e rimettere al centro il valore della politica come capacità autonoma di decisione, che sappia governare gli stessi processi economici. Bisogna superare una visione della politica ridotta ad un pragmatismo senza prospettiva che la sacrifica ad un ruolo di gestione amministrativa dell’esistente. Noi vogliamo dobbiamo saper dire che siamo contrari ad un welfare caritatevole, che utilizza subdolamente la mancanza di risorse per ridurre i diritti e affermando il dono come unica opportunità per uscire dalla povertà e dal disagio. Crediamo nella forza della politica che proprio in questi momenti riesce ad esprimere il coraggio di andare controcorrente. Il coraggio di dire che bisogna investire di più nella spesa sociale per garantire diritti e sviluppo.

IL WELFARE CHE VOGLIAMO Bisogna saper concretizzare la nostra attenzione alla centralità della persona a rilanciarne il suo protagonismo nonostante le difficoltà e i disagi. Questo significa saper intelligentemente incrociare l’affermazione dei diritti, l’universalità all’assistenza con la necessità di promuovere partecipazione e protagonismo. Questo è possibile sostenendo le forme organizzate della società civile, in primo luogo le associazioni, le cooperative sociali, il volontariato, i comitati, agevolando i processi di diffusione della responsabilità e della partecipazione. Da qui è possibile riaprire una nuova stagione di politiche sociali che sappiano unificare promozione delle persone, quindi interventi sociali, in un quadro di sviluppo di economie sostenibili, che abbiamo al centro lo sviluppo locale in una dimensione rispettosa delle vocazioni territoriali. Una visione quindi diversa del protagonismo dei cittadini che non passa attraverso l’espansione dell’istituzione pubblica ma attraverso la realizzazione di un reticolato territoriale di presenze e iniziative imprenditoriali sociali che esprimono una nuova capacità di funzione pubblica perché danno risposta al disagio e alla povertà, costruiscono sviluppo centrato su relazioni solidali, sulla diffusione di diritti, sulla economia qualificata, etica ed sostenibile.

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Sostenibilità , sviluppo locale, economia sociale sono i tre pilastri su cui costruire un nuovo modello di sviluppo e di welfare che affermi i diritti sociali universali e che ricostruisce nei territori nuove forme di relazione solidale tra le persone. Pensiamo sia possibile rilanciare una progettualità di lungo respiro in grado di rappresentare un nuovo modello di sviluppo, per questo la battaglia sulla gestione delle risorse diventa strategica, contro gli sprechi, contro le risorse indirizzate a progettualità effimere, senza prospettiva e a vantaggio dei pochi. Chiediamo alle Istituzioni di abbandonare la polemica sterile sulle reciproche, esclusive o concorrenti competenze per assumere con coerenza e responsabilità, di concerto con le organizzazioni della società civile che svolgono una funzione pubblica, l’opzione della sussidiarietà come criterio di comportamento condiviso e orientato al benessere dei nostri territori. Bisognerà affermare politiche sociali diffuse sul territorio che riconoscono una volta per sempre la funzione pubblica del terzo settore, la validità di un sistema decentrato che fa perno sulla ramificazione, sulla capillarità dell’intervento, sulla prossimità dell’iniziativa e della presenza, e che trova nella territorialità una delle discriminati di questo modello. Se siamo per la promozione e

il protagonismo delle persone, se siamo per la

coesione sociale e la costruzioni di progetti personali inseriti in contesti territoriali in cui è centrale la realizzazione di nuove relazioni sociali significative tra le persone, allora siamo oggettivamente contro le subdole forme di monetizzazione del disagio (voucher e altro). Dobbiamo riaffermare la centralità di un sistema di servizi integrato e capillare in grado di coinvolgere tutti gli attori sociali presenti sul territorio e disponibili alla costruzione di un sistema di diritti sociali e di assistenza universalistica. C’è quindi un grande spazio per il volontariato, nella sua funzione originaria di apripista e di sostengo, non certo come sostituto a basso prezzo del lavoro sociale. Bisogna sostenere apertamente e con forza il principio che ogni territorio debba essere dotato di servizi sociali essenziali (non minimi), disponibili per tutte le persone e le famiglie. Andare oltre l’assistenza, che comunque va garantita perché è un diritto, significa affermare il protagonismo di tutti nelle politiche di sviluppo. Per questo l’economia sociale, l’impresa sociale, può e deve giocare un ruolo fondamentale nella costruzione di una sviluppo locale sostenibile. Proprio la cooperazione, l’impresa sociale più in generale, potrebbe rappresentare un formidabile volano di sviluppo, poiché meglio di altri è in grado 5


di rappresentare il luogo naturale di costruzione dell’integrazione sociale tra persone con svantaggio o con diversità culturali, dentro un contesto fatto di imprenditoria a dimensione territoriale, con una ridotta redditività perché con più alta capacità e attenzione all’impiego di risorse umane. Imprese che reinvestono nelle attività e finalizzano l’utile prodotto all’allargamento della base sociale e all’inclusione di nuovi lavoratori svantaggiati. Questa è impresa etica e sociale.

IL NOSTRO IMPEGNO Se oggi decidiamo di riunirci in un progetto comune e darci da fare è perché crediamo che sia questo il tempo in cui ognuno si trova di fronte ad una inedita responsabilità personale e sociale; nella consapevolezza che il Paese, con le sue articolazioni territoriali, abbia davvero bisogno di tutti e che tutti debbano rispondere a questo momento così difficile, dove il rilancio economico, sociale, politico, anche da noi auspicato, sia preceduto da un soprassalto etico. Lo stesso che ha indotto molti di noi, tempo fa, a scegliere di fare l’imprenditore, il sindacalista, il lavoratore, il politico, l’ operatore sociale o altro ancora: un bisogno forte di senso, indispensabile per un nuovo inizio. E allora che fare? Certi che non basti un documento a risolvere una sfida, decidiamo di scendere dalle alture circostanti, andare ad incontrare i cittadini, proporre loro ciò che vogliamo fare, sentirli, ascoltare le loro proposte, le loro idee, i loro bisogni. Per vincere insieme il primo e più pericoloso nemico: il “tanto non c’è niente da fare!” Riteniamo ci sia molto da fare, invece. Questo approccio non è tutta la politica è parte della politica, ecco perché ci consideriamo un soggetto politico. Ognuno di noi intende continuare a fare il proprio mestiere, anzi è proprio da lì che occorre ripartire: fare e fare bene il proprio lavoro, aggiungendo un di più di polis, di agorà, di studio, di testimonianza. I documenti che prepareremo, le scelte e le proposte che tenteremo di mettere in campo, saranno fortemente pragmatiche, le costruiremo con i cittadini che incontreremo e con chiunque accetti di confrontarsi con noi. Parleremo di welfare, di economia, di lavoro, di regole condivise, di rispetto, di inclusione, di democrazia, la qualità oltre alla quantità di 6


democrazia. E insieme dovremo cercare di rialfabetizzarci attorno a connotati fondanti della nostra idea di essere umano che attengono all’ eguaglianza e alle questioni di genere, per le quali moltissimo resta da fare nel tessuto collettivo. Tutto qui. Ma non ci pare poco. Se saremo in grado di farlo, insieme ad altri, immaginiamo che ci sentiremo come quando si torna a casa dopo una giornata di lavoro: stanchi ma con la coscienza a posto.

Versione al 24.03.2011

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