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4 Capacità portante
4.1. GENERALITÀ
Una buona fondazione su terreno deve soddisfare i seguenti requisiti: 1. deve essere sufficientemente sicura nei confronti della capacità portante limite ultima del terreno sul quale appoggia direttamente la fondazione; 2. deve subire cedimenti sia totali che differenziali compatibili con la funzionalità della struttura in elevazione; 3. deve considerare tutti i fattori ambientali; 4. deve essere economicamente fattibile in relazione alla funzione e al costo della struttura in elevazione. I principali fattori ambientali che condizionano la progettazione ed il comportamento di una fondazione sono i seguenti: • azione del gelo; • suscettibilità dei terreni al ritiro o al rigonfiamento; • terremoti e vibrazioni; • falda freatica; • eterogeneità presenti nel sottosuolo; • presenza di strutture o di scavi adiacenti; • azioni erosive (correnti, onde, moti di filtrazione, ecc.). Normalmente la progettazione di una fondazione su terreno si articola nelle seguenti fasi: 1. definizione dello scopo del problema; 2. indagini in sito; 3. formulazione di una prima soluzione progettuale di tentativo; 4. definizione di un modello di comportamento del terreno di fondazione da analizzare; 5. determinazione dei carichi e dei parametri geotecnici dei terreni di fondazione; 6. esecuzione delle analisi di stabilità, che comprendono la determinazione della capacità portante e dei cedimenti; 7. confronto dei risultati con altri modelli ed esperienze; 8. eventuali modifiche al progetto; 9. osservazioni durante la costruzione. Normalmente se il valore trovato di capacità portante del terreno di fondazione è soddisfacente, si effettuano analisi per la valutazione dei cedimenti sia immediati che a lungo termine. 4.2. VALUTAZIONI PRELIMINARI DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI TERRENI
A livello qualitativo, una prima indicazione sulla capacità portante dei terreni può essere ricavata dalla natura dei terreni stessi. La tabella di figura 4.1 riporta le pressioni ammissibili presunte sulla base del tipo di terreno di fondazione e di una descrizione delle condizioni geotecniche dei terreni (U.S. Department of the Navy, 1982). La procedura per progettare una fondazione sulla base della pressione ammissibile presunta è semplice e diretta: avendo determinato la pressione ammissibile
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Fondazioni - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore Tipi e condizioni delle rocce e dei terreni
Resistenza del materiale roccioso
Rocce metamorfiche foliate (scisti argillosi e scisti) in condizioni compatte (1) (2)
Medio Alta
Gruppo
Roccie massive ignee e rocce metamorfiche (graniti, dioriti, basalti, gneiss) in condizioni compatte (2)
Roccia
Rocce sedimentarie: scisti cementati, siltiti, arenarie, calcari con cavità, conglomerati cementati tutti in condizioni compatte (1) (2)
Scisti compatti e altre rocce argillose in condizioni compatte (2) (4)
Rocce fratturate di ogni tipo con spaziatura delle discontinuità maggiore o uguale a 0.3 m, eccetto che per le rocce argillose (argilliti) Calcari, arenarie, rocce argillose con stratificazione fitta Roccia intensamente fratturata o alterata Ghiaie dense o sabbie dense e ghiaie Terreno a grana grossa
Ghiaie compatte o sabbie e ghiaie compatte Ghiaie sciolte o sabbie e ghiaie sciolte Sabbie dense
Terreni organici
3.000
Medio Alta
1.000 – 4.000
Medio Bassa
500 – 1.000 1.000
vedi nota 3 > 600
200 – 600 < 200 > 300
Argille da dure a molto dure o depositi argillosi eterogenei quali ad esempio i depositi morenici
300 – 600
Argille compatte
75 – 150
Argille tenere e limi
< 100
150 – 300 < 75
Argille molto tenere e limi
non applicabile
Torbe e materiali organici
non applicabile
Riempimenti Riempimenti
Questi valori sono basati sulla assunzione che le fondazioni siano impostate al di sotto dello strato superficiale alterato
vedi nota 3
100 – 300
Argille dure
Note
10.000
Sabbie compatte Sabbie sciolte
Terreni a grana fine
Alta Molto alta
Presunta capacità portante ammissibile (kPa)
Larghezza della fondazione (B) non inferiore a 1 m. Il livello della falda è assunto pari ad una profondità maggiore o uguale a B, al di sotto della quota di imposta della fondazione I terreni a grana fine sono sottoposti a cedimenti a lungo termine di consolidazione dovuti ai carichi applicati e sono spesso suscettibili di rigonfiamento o ritiro a causa delle variazioni del contenuto naturale d’acqua. Se l’indice di plasticità (Ip) è superiore a 30 e il contenuto della frazione argillosa è superiore al 25%, il comportamento a lungo termine della fondazione può essere significativamente influenzato dal rigonfiamento o ritiro dei terreno e tali aspetti devono essere esaminati
non applicabile
NOTE: 1. I valori indicati per le rocce sedimentarie o foliate si applicano quando l’andamento degli strati o della foliazione (scistosità) è parallela o sub parallela al piano di imposta della fondazione nel caso di strati o foliazioni variamente inclinata rispetto alla fondazione (ad esempio per una fondazione su un pendio) occorre ridurre opportunamente i valori. 2. Condizioni di roccia competente implicano un minore numero di fratture e spaziature non inferiori a 1 m. 3. Da valutare sulla base di un esame in sito incluse, se necessario, delle prove di carico. 4. Queste rocce sono suscettibili di rigonfiamento per scarico tensionale mentre se esposte all’acqua sono suscettibili di rammollimento e rigonfiamento
Figura 4.1. Valori di capacità portante presumibili in funzione del tipo di terreno e del grado di addensamento o consistenza
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mediante tabelle come quella riportata in figura 4.1, il progettista può determinare le dimensioni necessarie per la fondazione dividendo il carico che la fondazione deve sostenere per la pressione ammissibile. Ogni fondazione di dimensioni uguali o superiori a quella calcolata in tale maniera è accettabile. Sebbene l’impiego dei valori di pressione ammissibili presunti sia un metodo molto semplice, tuttavia non è sicuramente accurato: non è possibile determinare infatti accuratamente la pressione ammissibile sulla sola base del tipo di terreno e di una sua descrizione qualitativa quale, ad esempio, il grado di addensamento o la consistenza. Il dimensionamento delle fondazioni su tali valori della pressione ammissibile presunta è, inoltre, eccessivamente conservativo e comporta, in alcuni casi, uno spreco di risorse ed, in altri, anche delle scelte non adeguate in termini di sicurezza. L’impiego delle pressioni ammissibili presunte sono invece utili per una stima preliminare delle dimensioni delle fondazioni e anche come criterio di controllo e di valutazione dei risultati ottenuti da analisi con metodi più adeguati. 4.3. CAPACITÀ PORTANTE SULLA BASE DELLE PROVE PENETROMETRICHE DINAMICHE SPT
Capacità portante ammissibile
Com’è noto, le prove penetrometriche dinamiche (SPT) permettono di misurare la resistenza del terreno misurando il valore del numero dei colpi N per un avanzamento di 300 mm del campionatore. Il valore del numero dei colpi N può essere impiegato per stimare le proprietà geotecniche dei terreni, sia per quelli a grana fine (resistenza al taglio in condizioni non drenate cu) sia, soprattutto, per quelli a grana grossa (angolo di resistenza al taglio φ’). Questi parametri possono essere utilizzati direttamente per stimare la capacità portante mediante la corrispondente che sarà più avanti discussa. I valori del numero di colpi N possono anche essere impiegati per stimare direttamente la capacità portante, mediante l’impiego di correlazioni empiriche. Una delle prime relazioni fra il valore di N e quello della capacità portante è stata fornita da Terzaghi e Peck (1967); tale relazione è stata per lungo tempo largamente impiegata ma, sulla base di molte osservazioni sperimentali, si è verificato che era troppo conservativa. La capacità portante ammissibile qa di una fondazione su sabbie, in funzione del numero dei colpi N, della dimensione minima della fondazione e della profondità della fondazione, può essere ricavata sulla base dei grafici riportati in figura 4.2. I valori determinati in questa maniera corrispondono al caso nel quale la falda si trova ad una profondità notevole rispetto alla quota di imposta della fondazione; se si ritenesse probabile un innalzamento della falda fino al raggiungimento della quota della fondazione, i valori ricavabili della figura dovrebbero essere ridotti della metà. I grafici della figura
Larghezza della fondazione, B
Figura 4.2. Capacità portante ammissibile qa di una fondazione su sabbie, in funzione del numero dei colpi N, della dimensione minima della fondazione e della profondità della fondazione
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FONDAZIONI
4.2, che riportano i valori della capacità portante ammissibile, sono stati ricavati sulla base di valori di N ottenuti a delle profondità dove la tensione efficace geostatica è pari a circa 100 kPa (circa 5 m). La figura 4.3 indica un coefficiente di correzione CN, per i valori di N, che permette di tenere conto della profondità alla quale sono state eseguite le prove penetrometriche dinamiche SPT. In alternativa, la capacità portante ammissibile può essere stimata dalle formule proposte da Meyerhof (1956): B + 0.3 qa = 8000 ⋅ N ⋅ K d ⋅ B
2
se B < 1.2 m se B ≥ 1.2 m
dove B è la larghezza della fondazione, D è la profondità della fondazione rispetto al piano campagna e Kd è un coefficiente di profondità pari a:
K d = 1 + D / 3B Kd = 1.3
se D < B se D > B
Nσ’
v
Nfield
Tensione verticale efficace
qa = 12000 ⋅ N ⋅ K d
Fattore di correzione CN =
Figura 4.3. Valori del coefficiente correttivo CN in funzione della profondità
Da notare che la sopra citata formula è espressa nel Sistema Internazionale con la pressione in Pa e le lunghezze in metri. 4.4. CAPACITÀ PORTANTE SULLA BASE DELLE PROVE CPT
Meyerhof (1956) ha suggerito un metodo diretto per calcolare la capacità portante di una fondazione su sabbia, sulla base dei risultati di prove penetrometriche statiche CPT, basato sulla seguente formula: qult = qc ( B / C ) (1 + D / B)
dove C è una costante empirica pari a 12.2 in metri, mentre B è la larghezza della fondazione e D è la profondità della fondazione rispetto al piano campagna. La resistenza alla punta, qc , è calcolata come valore medio su una profondità pari alla larghezza della fondazione (B). Meyerhof raccomanda di assumere un coefficiente di sicurezza pari a 3 per calcolare la pressione ammissibile. Tand et al. (1995) hanno suggerito che la capacità portante ultima di fondazioni superficiali su sabbie mediamente addensate e leggermente cementate possa essere stimata mediante la seguente espresSabbia densa sione: Fondazione quadrata qult = Rk qc + σ v 0 Circolare
dove Rk è compreso fra 0.14 e 0.2, a seconda delle dimensioni e profondità della fondazione, e σv0 è la tensione verticale totale. Questi metodi sono approssimati e generalmente conservativi. Eslaamizaad e Robertson (1996) suggeriscono la relazione mostrata in figura 4.4, dove:
Sabbia da sciolta a mediamente addensata
Quadrata Circolare
Figura 4.4. Valori della capacità portante da prove
qult = K ⋅ qc
CPT
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115
4.5. TEORIA DELLA CAPACITÀ PORTANTE
La determinazione della capacità portante limite qlim del terreno può essere condotta adottando il metodo dell’equilibrio limite globale; numerose sono le soluzioni fornite in letteratura per il calcolo della qlim come somma di termini dovuti ai diversi contributi: ben note sono, per esempio, le soluzioni fornite da Terzaghi (1943) e Brinch Hansen (1970), basate sull’assunzione di un comportamento rigido-plastico del terreno e perciò applicabili solo al caso di rottura generale. A seconda, infatti, del grado di addensamento del terreno si possono distinguere tre meccanismi di rottura (figura 4.5): • rottura generale; • rottura per punzonamento; • rottura di tipo locale.
Carico Rottura di taglio locale
Cedimento
Rottura di taglio generalizzata
Cedimento
Carico
Cedimento
Carico
Figura 4.5. Curve carico-cedimento e zone di rottura osservate durante prove su modello con sabbie: (a) dense, (b) mediamente dense, (c) molto sciolte (Vesic, 1963)
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FONDAZIONI
La formula generale di Brinch Hansen, che costituisce un’estensione dell’equazione di Buisman (1935) e Terzaghi (1943), ottenuta dalla sovrapposizione di soluzioni relative a casi particolari, è espressa nella seguente forma, nel caso di verifiche condotte in termini di tensioni efficaci: 1 qlim = c' ⋅ N c ⋅ sc ⋅ dc ⋅ ic ⋅ bc ⋅ gc ⋅ ξ c + q ' ⋅ N q ⋅ sq ⋅ dq ⋅ iq ⋅ bq ⋅ gq ⋅ ξ q + ⋅ γ ' ⋅ B ⋅ N γ ⋅ sγ ⋅ iγ ⋅ bγ ⋅ gγ ⋅ ξγ 2 in cui: qlim = capacità portante ultima c’ = coesione in termini di sforzi efficaci φ’ = angolo di resistenza al taglio q’ = sovraccarico agente ai lati della fondazione γ’ = peso dell’unità di volume del terreno al di sotto del piano di posa della fondazione B = larghezza della fondazione Nc, Nq, Nγ = fattori di capacità portante dipendenti dall’angolo di resistenza al taglio sγ, sc, sq = fattori di forma della fondazione iγ, ic, iq = fattori correttivi che tengono conto dell’inclinazione del carico bγ, bc, bq = fattori correttivi che tengono conto dell’inclinazione della base della fondazione gγ, gc, gq = fattori correttivi che tengono conto dell’inclinazione del piano campagna dc, dq = fattori dipendenti dalla profondità del piano campagna ξγ, ξc, ξq = fattori correttivi di compressibilità. Nel caso di terreni coesivi e di analisi in termini di tensioni totali (a breve termine), con φ = 0 e c = cu, l’espressione fornita da Brinch Hansen è la seguente: qlim = cu N c sc0 dc0 ic0 bc0 gc0 + q '
I fattori sopra elencati hanno i seguenti valori: • Fattori di capacità portante ' φ' N q = tan 2 45 + ⋅ eπ ⋅tan φ 2 N c = ( N q − 1) ⋅ cot φ '
N = 2 ⋅ ( N q + 1) ⋅ tan φ '
• Fattori di forma Sia B la larghezza della fondazione ed L la lunghezza della fondazione con B < L, si ha: sγ = 1 − 0.4 B / L
sq = 1 + B / L ⋅ tan φ '
sc = 1 + B / L ⋅ N q / N c
Per φ = 0 abbiamo s0c = 1 + 0.2 B/L.
• Fattori correttivi per l’inclinazione del carico Sia H la componente orizzontale del carico ed N la componente verticale, si ha: ( H iγ = 1 − ' ' N + B ⋅ L ⋅ c ⋅ cot φ
m+1)
( H iq = 1 − ' ' N + B ⋅ L ⋅ c ⋅ cot φ 1 − iq ic = iq − N c ⋅ tan φ ' 2+ B / L m= 1+ B / L
m)
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• Fattori correttivi per l’inclinazione della base della fondazione Sia α l’inclinazione della base della fondazione si ha: bq = bγ = (1 − α ⋅ tan φ ' ) bc = bq −
1 − bq
2
N c ⋅ tan φ '
Per φ = 0:
bc0 = 1 − 2 ⋅ α / ( π + 2 )
α = inclinazione della fondazione.
• Fattori correttivi per l’inclinazione del piano campagna Sia β l’inclinazione del piano campagna rispetto all’orizzontale, si ha: gq = (1 − tan β ) gγ = gq
gc = gq −
Per φ =0:
2
1 − gq
N c ⋅ tan φ '
gc0 = 1 − 2 β / ( π + 2 )
Inoltre nel calcolo di qlim viene aggiunto il seguente termine: 0.5 ⋅ γ ⋅ B ⋅ N γ ⋅ sγ
essendo:
N γ = −2 sin β
sγ = 1 − 0.4 ⋅ B / L
• Fattori correttivi per la profondità del piano di imposta della fondazione Sia D la profondità della fondazione rispetto al piano campagna, si ha: dq = 1 + 2 ⋅
2 D ⋅ tan φ ' ⋅ (1 − sin φ ' ) B
dq = 1 + 2 ⋅ tan φ ' ⋅ (1 − sin φ ' ) ⋅ tan −1 ( D / B)
dc = dq −
1 − dq
2
per D/B ≤ 1
per D/B > 1
N c ⋅ tan φ '
Per φ = 0: dc0 = 1 + 0.4 ⋅ D / B
dc0 = 1 + 0.4 ⋅ tan −1 D / B
per D/B ≤ 1
per D/B > 1
• Fattori correttivi di compressibilità Nel caso di terreni a grana grossa è corretta l’applicazione delle formule convenzionali se l’indice di rigidezza IR del terreno è superiore all’indice di rigidezza critico ICR, il cui valore è fornito dalla seguente espressione:
{
}
I CR = 0.5 ⋅ exp ( 3.3 − 0.45 ⋅ B / L ) ⋅ cot ( 45 − φ ' / 2 )
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FONDAZIONI
mentre: IR =
G (c + q ⋅ tan φ ' )
con: G = modulo di deformazione al taglio q = tensione efficace iniziale esistente alla profondità B/2 al di sotto della fondazione, assunta pari alla tensione media nel caso di fondazioni quadrate o circolari, o alla tensione orizzontale nel caso di fondazioni nastriformi.
Se la condizione IR > ICR non è soddisfatta, nella valutazione di qlim occorre tenere conto della compressibilità del terreno adottando i seguenti fattori correttivi: ( 3.07 ⋅ sin φ ' ) ⋅ ( log10 2 ⋅ I R ) ' ξγ = ξ q = exp (−4.4 + 0.6 ⋅ B / L ) ⋅ tan φ + 1 + sin φ '
ξc = ξq −
1 − ξq
N c ⋅ tan φ '
Occorre evidenziare che la soluzione di Brinch Hansen è relativa ad una risultante del carico verticale che sia applicata nel baricentro della fondazione; se tale condizione non è soddisfatta, occorre fare riferimento ad un’area equivalente della fondazione, ovvero all’area rispetto alla quale la risultante del carico verticale risulta baricentrica. Con riferimento alla figura 4.6, nel caso di fondazioni rettangolari, la larghezza e lunghezza dell’area equivalente sono date dalle seguenti espressioni: dove B’ = L’ = x = y =
B’ = 2y L’ = 2x
larghezza della fondazione ridotta lunghezza della fondazione ridotta minima distanza dall’estremità della fondazione del punto di applicazione del carico verticale minima distanza dall’estremità della fondazione del punto di applicazione del carico verticale misurato perpendicolarmente ad x.
Area ridotta effettiva
Punto di applicazione del carico
Figura 4.6. Determinazione dell’area effettiva equivalente per una fondazione rettangolare
Area ridotta effettiva
Punto di applicazione del carico
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Figura 4.7. Metodo per determinare l’area effettiva equivalente per una fondazione circolare
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Per fondazioni che non sono rettangolari, come ad esempio la fondazione circolare mostrata in figura 4.7, l’area equivalente può essere stimata usando delle semplici approssimazioni; la figura 4.7 riporta un metodo per calcolare l’area effettiva equivalente. Infine la capacità portante ammissibile è data da: q qamm = lim Fs dove il coefficiente di sicurezza Fs, in accordo al D.M. 11/3/1988, viene assunto pari a 3.
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FONDAZIONI
Tabella 4.1. Esempio di un listato di un programma per il calcolo della capacitĂ portante con la soluzione di Brinch Hansen (1970)
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FONDAZIONI
Tabella 4.2. Risultati del calcolo della capacità portante per un plinto quadrato di dimensioni 1 · 1 m posto ad una profondità di 1.5 m dal piano campagna
Oppure, più correttamente, il calcolo della capacità portante ammissibile può essere fatto nel seguente modo: qlim =
N q − q' = lim + q' B⋅ L Fs
essendo N il carico verticale (comprensivo del peso totale della fondazione) ed Fs il coefficiente di sicurezza. Nella seguente tabella 4.1 viene proposto il listato di un semplice programma, scritto in Basic, per la determinazione della capacità portante ultima secondo la soluzione proposta da Brinch Hansen. La tabella 4.2 riporta i risultati relativi al calcolo della capacità portante di un plinto delle dimensioni di 1 · 1 m posto ad una profondità di 1.5 m dal piano campagna. 4.6. PROGETTAZIONE SECONDO L’EUROCODICE 7
4.6.1. BREVI NOTE STORICHE Prima della seconda guerra mondiale, le normative tecniche per l’ingegneria strutturale e delle fondazioni erano disponibili solamente in alcuni paesi. Queste normative avevano lo scopo di descrivere le regole da applicare per una buona pratica costruttiva ma non erano molto sistematiche nel loro approccio alla progettazione. Il boom delle costruzioni, che è seguito alla fine della seconda guerra mondiale, ha condotto ad un diffuso ripensamento dell’intero processo progettuale nell’ambito dell’ingegneria civile. Nei primi anni ‘50, per esempio, l’associazione degli ingegneri strutturisti (1955) in Inghilterra costituì un comitato per definire le problematiche relative alla sicurezza nel campo della progettazione delle strutture; nel suo rapporto conclusivo, il comitato affermò che “il principale aspetto che riguarda la sicurezza di una struttura si manifesta nei calcoli relativi alla progettazione della stessa struttura”, e suggerì che il calcolo per la progettazione di una struttura si dovesse basare su due particolari rapporti:
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• il rapporto fra il carico ultimo ed il carico di esercizio, conosciuto come fattore di carico ultimo; • il rapporto fra il carico limite ed il carico di esercizio, conosciuto come fattore di carico limite. Il carico ultimo era identificato come quello che causa il collasso della struttura, mentre il carico limite era inteso come quel carico che causa l’insorgere di eccessive deformazioni elastiche con la conseguenza del manifestarsi di fessure antiestetiche o di causare interferenze con il corretto impiego e funzionamento della struttura fino alla comparsa di difetti permanenti. Nel 1956, Brinch Hansen ha introdotto per primo il termine di “progettazione allo stato limite” in un contesto geotecnico. Egli ha descritto la progettazione allo stato limite nella seguente maniera: “nella progettazione di ogni struttura in principio devono essere condotte due separate analisi: una per determinare la sicurezza nei confronti della rottura (verifica dello stato limite ultimo) e un’altra per determinare le deformazioni per le condizioni relative al carico di esercizio (verifica dello stato limite di esercizio)”. Brinch Hansen ha inoltre correlato il concetto di progettazione allo stato limite a quello dell’impiego dei coefficienti di sicurezza parziali e li ha introdotti nella pratica danese della progettazione delle fondazioni. Durante gli anni ‘60 e ‘70 numerose associazioni tecniche europee e comitati nazionali ed europei hanno iniziato a lavorare per mettere a punto le normative sui diversi materiali da costruzione. Uno dei primi esempi dei risultati ottenuti è lo Standard Britannico (British Standard CP110) sull’impiego strutturale del calcestruzzo (The Structural Use of Concrete), pubblicato nel 1972. La più importante innovazione fu l’esplicito impiego della teoria delle probabilità nella scelta dei valori caratteristici della resistenza, che, in accordo ad alcune nozioni di base e distribuzioni misurate, avrebbe dovuto eccedere almeno il 95% dei risultati delle prove standardizzate. Nel 1976 la Commissione Europea decise di sponsorizzare lo sviluppo di una serie di norme europee per la progettazione e costruzione delle strutture civili, con lo scopo di incoraggiare il libero commercio fra tutti gli stati membri. Nel 1980 fu raggiunto un accordo fra la Commissione delle Comunità Europee (Commission of the European Communities, CEC) e la Società Internazionale per la Meccanica dei Terreni e l’Ingegneria Geotecnica (International Society for Soil Mechanics ad Geotechnical Engineering, ISSMGE) secondo il quale la società avrebbe raccolto tutte le normative esistenti, nei paesi appartenenti alla comunità, per la progettazione delle fondazioni e avrebbe messo a punto una bozza di normativa che potesse essere adottata come Eurocodice 7. Nel 1981, l’ISSMGE costituì un apposito comitato per perseguire tale obiettivo e venne realizzata una prima bozza dell’Eurocodice 7 nel 1987. Il CEC sponsorizzò ulteriori lavori su tale testo in bozza per tre anni, fino al 1990, quando il lavoro sulla preparazione degli eurocodici venne trasferito, per ulteriori affinamenti per la stampa e la diffusione, al Comitato Europeo sulla Standardizzazione (European Committee for Standardization, CEN), in accordo con l’associazione europea per il libero commercio (European Free Trade Association, EFTA). Il comitato tecnico del CEN n. 250 (CEN Technical Committee TC250) venne pertanto costituito con lo scopo di sviluppare gli eurocodici strutturali a partire dal 1990. Un sottocomitato (subcommitee, SC) del CEN/TC 250 è responsabile per ciascun eurocodice; quello che concerne l’Eurocodice 7 è denominato CEN/TC250/SC7. Sotto l’auspicio di questo sottocomitato, un apposito gruppo di lavoro ha prodotto in bozza la parte 1 dell’Eurocodice 7 (Eurocodice 7 – Part 1), che è stata ratificata come ENV 1997-1 nel 1993. Dopo un periodo di tre anni fu richiesto agli stati membri del CEN di fornire commenti sul documento ENV 1997-1. Questi commenti furono presi in considerazione dal sottocomitato CEN/TC 250/SC7 e un apposito gruppo di lavoro ha prodotto successive bozze del documento EN 1997-1. La bozza finale è stata sottoposta nel 2004 ad un voto formale ai membri del CEN, con la conseguenza dell’approvazione dell’Eurocodice 7 denominato EN 1997-1 (Eurocode 7: Geotechnical Design, Part 1, General Rules). L’Eurocodice 7 è composto da due documenti principali: • Parte 1, Regole Generali (Part 1, General Rules) che è rivolta a definire le regole generali della progettazione geotecnica.
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FONDAZIONI
• Parte 2, Indagini geotecniche e prove sul terreno (Part 2, Ground Investigation and Testing) che riguarda l’impiego delle indagini geotecniche in sito ed in laboratorio per la progettazione geotecnica. La seconda parte dell’Eurocodice 7 (EN 1997-2), al momento, è pronta per l’avvio della fase di approvazione finale e non è quindi disponibile in forma definitiva. In ogni caso, questo documento fornirà le regole per la programmazione e l’uso delle indagini geotecniche nella progettazione.
4.6.2. I TRE APPROCCI PROGETTUALI Quando è iniziato il lavoro di preparazione dell’Eurocodice 7 nel 1981, una decisione era già stata presa dagli esperti coinvolti nella preparazione in bozza degli eurocodici strutturali (opere in calcestruzzo, in acciaio, in muratura, ecc., Eurocodici da 2 a 6): la scelta di basare gli eurocodici sul metodo degli stati limite con l’impiego dei coefficienti di sicurezza parziali. Per gli esperti responsabili della stesura in bozza dell’Eurocodice geotecnico n. 7, tale approccio si presentava del tutto nuovo poiché quasi nessuno aveva esperienza di questi concetti nei diversi paesi europei, nella maggior parte dei quali, la progettazione geotecnica era basata quasi interamente sul metodo delle tensioni ammissibili con l’impiego di coefficienti di sicurezza globali. Il lavoro del gruppo incaricato della stesura in bozza dell’Eurocodice 7 incontrò numerosi ostacoli nell’adozione di tale nuovo approccio (metodo degli stati limite) per la progettazione geotecnica delle strutture; due aspetti costituivano i maggiori impedimenti: • la geologia e, conseguentemente, le condizioni geotecniche dei terreni sono notevolmente differenti da una regione all’altra dell’Europa. Questo ha comportato delle pronunciate differenze, fra un paese e l’altro, nei metodi di indagine geotecnica, sia in sito sia in laboratorio, nei metodi di calcolo e nella prassi progettuale; per esempio, l’impiego delle procedure di progettazione basate direttamente sui risultati delle prove pressiometriche rappresenta più o meno lo stato dell’arte della pratica progettuale dell’Europa centrale, mentre nell’Europa del Nord le scelte progettuali sono basate su parametri ricavati dalle prove di laboratorio, dalle prove penetrometriche dinamiche SPT e dalle prove scissometriche; • nel 1981 gli esperti responsabili della stesura in bozza degli eurocodici avevano già scelto di utilizzare un coefficiente pari a 1.35 come coefficiente di sicurezza parziale sulle azioni permanenti sfavorevoli, incluso il peso proprio dei materiali costituenti le strutture, per la progettazione allo stato limite ultimo nelle situazioni permanenti e transitorie. Nella progettazione geotecnica il peso proprio del terreno è sovente l’azione dominante, tuttavia è molto spesso difficile determinare precisamente quale parte del peso del terreno contribuisce con un’azione favorevole e quale con un’azione sfavorevole. Nella versione in bozza ENV dell’Eurocodice 7, le citate difficoltà furono risolte proponendo che la progettazione allo stato limite ultimo di una struttura geotecnica dovesse impostarsi su due calcoli, ciascuno basato su due differenti tipi di coefficienti di sicurezza parziali: • calcolo 1, nel quale i coefficienti di sicurezza parziali sulle azioni permanenti sono superiori all’unità, mentre i coefficienti di sicurezza parziali sulla resistenza dei materiali geotecnici (terreni e rocce) sono posti pari all’unità; • calcolo 2, nel quale i coefficienti di sicurezza parziali sulla resistenza dei materiali geotecnici (terreni e rocce) sono superiori all’unità, mentre i coefficienti di sicurezza parziali sulle azioni permanenti sono posti pari all’unità. Per tutte le analisi agli stati limiti ultimi (ultimate limit state, ULS) in situazioni di carico sia permanenti sia transitorie, era pertanto necessario verificare in principio due differenti combinazioni di coefficienti di sicurezza parziali. I calcoli per le due combinazioni furono chiamati, rispettivamente, Caso B e Caso C nella versione in bozza ENV dell’Eurocodice 7-Parte 1. Nel Caso B si doveva applicare un coefficiente di sicurezza parziale di tipo “strutturale” pari a 1.35 sulle azioni permanenti sfavorevoli, per la progettazione allo stato limite ultimo, in situazioni di carico persistenti e transitorie incluso il peso del terreno. Un’estesa applicazione di tale approccio indicò che se i tradizionali livelli di sicurezza, adottati nella
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progettazione delle opere geotecniche, dovevano essere mantenuti, non rimaneva spazio per adottare dei coefficienti di sicurezza parziali superiori all’unità per la resistenza dei materiali geotecnici. Venne conseguentemente deciso di introdurre un Caso C, contemplando dei coefficienti di sicurezza parziali sulle resistenze dei materiali geotecnici superiori all’unità, mentre i coefficienti di sicurezza parziali sulle azioni permanenti erano assunti pari all’unità. I commenti nazionali sulla versione ENV dell’Eurocodice 7-Parte 1 rivelarono, tuttavia, delle insoddisfazioni sul modo nel quale la norma prescriveva le verifiche allo stato limite ultimo in situazioni di carico persistente e transitorio. Furono proposte, pertanto, le seguenti due principali modifiche: • tentare di ridurre il numero di calcoli e verifiche (ad esempio da due casi ad un unico caso); • introdurre dei coefficienti di sicurezza parziali anche sulle resistenze e sugli effetti delle azioni piuttosto che solamente sui materiali (terreno) e sulle azioni. Sulla base di tali osservazioni la versione EN dell’Eurocodice 7-Parte 1 e l’Eurocodice: Basi della progettazione strutturale (Eurocode: Basis of Structural Design) includono, come opzione, i seguenti tre approcci per le verifiche agli stati limite ultimi (ULS) per situazioni di carico persistenti e transitorie: • Approccio progettuale 1: è virtualmente identico alle indicazioni progettuali della versione ENV dell’Eurocodice 7, prima descritta. In tale approccio è necessario eseguire due differenti tipi di calcolo, ciascuno con un differente set di coefficienti di sicurezza parziali, con l’ovvia considerazione che, laddove uno dei due set di coefficienti di sicurezza parziali governi la progettazione, non è necessario effettuare i calcoli e le verifiche con il secondo set di parametri. Generalmente, l’approccio progettuale 1 può essere definito come l’approccio che adotta dei coefficienti di sicurezza parziali sia alle azioni sia ai materiali; tali coefficienti sono applicati all’origine, ovvero alle azioni piuttosto che agli effetti delle azioni e, per quanto concerne i materiali, ai parametri della resistenza al taglio (resistenza unitaria) piuttosto che alla resistenza (forza), sebbene ci siano due eccezioni: per il progetto dei pali di fondazione e per quello degli ancoraggi, dove si applicano dei coefficienti di sicurezza parziali alle resistenze. • Approccio progettuale 2: richiede un unico calcolo dove i coefficienti di sicurezza parziali sono applicati sia alle azioni e agli effetti delle azioni sia alle resistenze. L’approccio progettuale 2 può essere definito come l’approccio basato su coefficienti di sicurezza parziali applicati sia all’effetto delle azioni sia alla resistenza. Poiché applica dei coefficienti di sicurezza parziali all’effetto delle azioni, non differisce significativamente dall’approccio convenzionale che fa riferimento al coefficiente di sicurezza globale (Overall Factors of Safety, OFSS). • Approccio progettuale 3: richiede un unico calcolo nel quale sono applicati dei coefficienti di sicurezza parziali alle azioni o agli effetti delle azioni sulla struttura e ai parametri di resistenza al taglio del terreno. L’approccio progettuale 3, può essere definito come un approccio basato su coefficienti di sicurezza parziali applicati sia alle azioni (effetti) sia ai materiali. La necessità di includere tutti e tre gli approcci progettuali fu chiaramente dimostrata dalle discussioni nell’ambito del sottocomitato CEN/TC250/SC7 e tra tutti gli ingegneri geotecnici europei coinvolti: molti membri nazionali del CEN erano apertamente in favore di uno (o talvolta di due) dei tre differenti approcci progettuali ma non sarebbero stati capaci di votare favorevolmente per l’introduzione dell’Eurocodice EN 1997-1 se fosse stato introdotto solamente uno dei tre approcci imponendo, pertanto, un’unica possibilità. Sulla base di questi differenti punti di vista occorre pertanto evidenziare che la completa armonizzazione della progettazione geotecnica non è conseguibile, allo stato attuale, mediante l’introduzione dell’EN 1997-1. Tuttavia c’è la speranza fra tutti gli esperti coinvolti nella stesura dell’Eurocodice 7 che l’esperienza che sarà raccolta durante l’applicazione dell’Eurocodice 7, nei diversi paesi europei, secondo i tre diversi approcci contemplati, potrà portare in futuro alla definizione di un unico approccio. L’Eurocodice 7 prevede inoltre un annesso nazionale, ovvero un allegato particolare che contiene le scelte nazionali sui punti lasciati non definiti dall’EC7. Ciò è possibile in quanto: • sono possibili scelte alternative;
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FONDAZIONI
• devono essere fissati i valori numerici delle grandezze indicate solo simbolicamente nell’Eurocodice; • alcune grandezze dipendono da situazioni specifiche di ogni singolo paese (clima, geologia, ecc.). Per esprimere la volontà di raggiungere la più completa armonizzazione della normativa sulle costruzioni, il TC250 ha stabilito che l’annesso nazionale non potrà in alcun modo modificare i contenuti della norma europea, per esempio non potrà alterare il valore di una clausola normativa variandone il grado di obbligatorietà.
4.6.3. PRINCIPI BASE DELL’EUROCODICE 7 L’opera deve essere progettata in modo tale da soddisfare i seguenti requisiti: • sia stabile complessivamente ed in ogni sua componente con adeguati margini di sicurezza, ovvero non raggiunga mai condizioni di stato limite ultimo; • mantenga pressoché inalterate le caratteristiche di funzionalità per le quali è stata concepita, ovvero non raggiunga mai condizioni di stato limite di esercizio. Tali requisiti valgono nelle varie fasi sia della costruzione sia dell’esercizio. Allo scopo di conseguire tali requisiti la progettazione deve essere sviluppata in accordo al seguente iter: 1. Individuazione di tutti gli stati limite possibili sia per la nuova struttura prevista sia per il sistema terreno-struttura e, ove appropriato, per opere esistenti poste nelle immediate vicinanze. 2. Definizione, sulla base dei dati di progetto acquisiti, delle situazioni progettuali per le quali condurre le verifiche degli stati limite. L’Eurocodice 1 definisce le seguenti situazioni progettuali: • situazioni definitive (permanenti) che si riferiscono alle normali condizioni di vita della struttura; • situazioni provvisorie che si riferiscono a condizioni che si verificano temporaneamente (come, ad esempio, quelle relative alla varie fasi di costruzione); • situazioni accidentali che si riferiscono a condizioni eccezionali, quali quelle che si verificano nel caso di urti, esplosioni, incendi, ecc.; • situazioni dinamiche che si riferiscono ad eventi sismici che causano l’applicazione di carichi e conseguenti deformazioni. 3. Verifica, per ciascuna situazione di progetto, del non raggiungimento delle condizioni di stato limite. Per quanto riguarda lo stato limite si possono individuare le seguenti due condizioni: 1. Stati limite ultimi (ULS) vengono definiti sulla base di considerazioni di sicurezza per l’opera da progettare, nonché per le eventuali opere esistenti poste nelle immediate vicinanze. Essi sono generalmente associati a meccanismi di collasso della struttura (o di uno o più dei suoi componenti) o del terreno, in quest’ultimo caso mediante la formazione di superfici di rottura, e sono causati, oltre che dal superamento dei limiti di resistenza dei materiali, anche da: • perdita di equilibrio della struttura o di una sua parte; • rotture dilazionate nel tempo, causate da fenomeni di fatica o da altri fattori dipendenti dal tempo; • deformazioni eccessive in grado di mettere fuori servizio l’opera da progettare o opere esistenti poste nelle immediate vicinanze. Per cautelarsi nei confronti del raggiungimento degli stati limite ultimi, il progettista deve introdurre nelle analisi adeguati coefficienti di sicurezza, secondo i criteri più avanti esposti. 2. Stati limiti di esercizio (SLS): sono quelli in corrispondenza dei quali l’opera non soddisfa più alcuni requisiti per i quali è stata concepita. Vengono definiti sulla base delle seguenti considerazioni: • funzionamento dell’opera nel suo complesso o delle sue parti componenti; • fruibilità dell’opera; • estetica dell’opera (fessurazione, danni alle finiture e/o agli elementi non strutturali, ecc.).
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Sono generalmente causati dall’insorgere di eccessive deformazioni e/o eccessive sollecitazioni negli elementi strutturali e nel terreno (vedi ad esempio i fenomeni di fessurazione nelle strutture in cemento armato). Di norma le verifiche agli stati limite di esercizio vengono condotte limitando i valori delle deformazioni e delle tensioni negli elementi strutturali e nel terreno, entro valori ammissibili definiti sulla base dell’esperienza e dell’osservazione del comportamento delle opere. È compito del progettista individuare gli stati limite da analizzare. In generale vengono considerati i seguenti stati limite: • instabilità generale del sito e dell’opera (ULS, vedi ad esempio figura 4.8); • rottura del terreno (ULS, si veda ad esempio le figure 4.94.11); • rottura di elementi strutturali (ad esempio muro, micropali, ancoraggio, ecc.) o delle connessioni tra elementi strutturali (ULS, vedi ad esempio figure 4.12 e 4.13); • contemporanea rottura nel terreno e in uno o più elementi strutturali (ULS); • spostamenti eccessivi che inducano la messa fuori servizio della struttura (ULS), danni irreparabili alla struttura (ULS), perdita di funzionalità o di qualità estetica della struttura (SLS); • spostamenti eccessivi che inducano il collasso, la messa fuori servizio e la perdita di funzionalità o di qualità estetica di strutture esistenti nelle immediate vicinanze dell’opera (ULS-SLS); • infiltrazioni d’acqua attraverso la struttura (ULS-SLS); • trasporto di terreno attraverso la struttura (ULS-SLS); • modifiche del regime idrostatico (ULS-SLS), ecc.
Figura 4.8. Esempi di modi limite di comportamento per instabilità globale delle strutture di sostegno
Figura 4.9. Esempi di modi limite di comportamento per rottura in fondazioni di muri a gravità
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Figura 4.10. Esempi di modi limite di comportamento per la rottura per rotazione di paratie
FONDAZIONI
Con riferimento ai pali di fondazione devono essere considerate le seguenti condizioni di stati limiti ultimi provocate dalla rottura del terreno: • stato limite ultimo per instabilità globale; • stato limite per carico limite della palificata; • stato limite ultimi per rottura o grave danno della sovrastruttura provocato da spostamenti della palificata; • stato limite di servizio della sovrastruttura provocato da spostamenti dei pali. Nel caso di impiego dei micropali o pali di piccolo Figura 4.11.Esempio di modo limite di comportamento diametro come opere di sostegno devono essere per rottura verticale di una parete analizzati i seguenti stati limite: • rottura per rotazione causata da non adeguate reazioni orizzontali del terreno al di sotto del fondo scavo; • rottura per sfilamento degli ancoraggi; • rottura per raggiungimento di condizioni di instabilità locale per capacità portante in condizioni non drenate di strati limoso-argillosi posti in corrispondenza del fondo scavo; • rottura per raggiungimento di condizioni di instabilità del fondo scavo dovute a fenomeni di sifonamento o di sollevamento per pressioni artesiane in livelli/strati sabbiosi sottostanti livelli/strati limoso-argillosi più impermeabili; • rottura per mancanza di equilibrio verticale. È compito del progettista definire, sulla base dei dati di progetto raccolti, le situazioni di progetto per le quali condurre le verifiche degli stati limite, facendo riferimento ad assunzioni e a combinazioni dei dati di progetto sufficientemente cautelative, in modo da coprire tutte le condizioni che possono ragionevolmente essere previste durante l’esecuzione e la vita utile dell’opera. Le assunzioni e le combinazioni dei dati di progetto possono variare in relazione anche al tipo di situazione progettuale che occorre verificare; ad esempio, il livello della falda assunto per il dimensionamento di un’opera provvisoria può essere meno cautelativo di quello considerato per la progettazione di un’opera definitiva. Le ipotesi di base che conducono alla definizione delle situazioni di progetto devo-
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Figura 4.12. Esempi di modi limite di comportamento per la rottura strutturale di strutture di sostegno
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Figura 4.13. Esempi di modi limite di comportamento per rottura da sfilamento di ancoraggi
FONDAZIONI
no essere esplicitate e giustificate in dettaglio nella documentazione allegata al progetto dell’opera. Il grado di cautela da introdurre nella definizione delle situazioni di progetto deve tenere conto, tra gli altri, dei seguenti aspetti: 1. Condizioni di stabilità generale del sito, in relazione anche alla presenza o meno di movimenti del terreno indotti da fenomeni di subsidenza o di rigonfiamento, che possono generare carichi aggiuntivi sulle strutture. 2. Complessità delle condizioni stratigrafiche e geotecniche, in relazione soprattutto: • al grado di conoscenza acquisito sulle caratteristiche fisiche e meccaniche dei vari strati di terreno; • alla loro variabilità nello spazio e nel tempo; • alla presenza o meno di discontinuità strutturali (giunti, fessure, ecc.) che possono influenzare il comportamento in grande scala dell’ammasso; • al grado di conoscenza delle tensioni geostatiche iniziali. 3. Complessità delle condizioni idrogeologiche, in relazione soprattutto alla definizione dei livelli piezometrici presenti nei vari strati di terreno e alle loro variazioni nel tempo. 4. Grado di confidenza sulle condizioni geometriche e di carico assunte per le verifiche, in relazione soprattutto: • alla possibilità che nelle zone circostanti l’opera possano verificarsi fenomeni di erosione o essere effettuati scavi e riporti, ecc.; • alla possibilità che possano cambiare nel tempo le condizioni di carico (variazione dei carichi e/o delle loro combinazioni), ecc. 5. Caratteristiche dell’opera, in relazione soprattutto alla sua capacità di assorbire l’effetto di spostamenti differenziali. 6. Condizioni ambientali, in relazione soprattutto agli effetti prodotti da agenti aggressivi sulla durabilità dell’opera. Il raggiungimento degli obiettivi progettuali, ovvero la verifica che nell’ambito di ciascuna situazione di progetto considerata non si verifichi il raggiungimento degli stati limite, può essere perseguito dal progettista: • mediante il ricorso al calcolo; • mediante l’adozione di prescrizioni; • mediante l’utilizzo di dati relativi a prove su prototipi a grande scala o su modelli fisici in scala ridotta; • mediante l’utilizzo del metodo osservazionale.
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Generalmente i progetti vengono supportati dal calcolo, che viene anche utilizzato nel caso dell’adozione di altre metodologie progettuali. Il progetto mediante calcolo comporta lo sviluppo dei seguenti punti: • la definizione della situazione di progetto, con identificazione dei dati geometrici (dimensioni dell’opera, stratificazione del terreno, livelli di falda, ecc.), delle azioni, delle proprietà meccaniche dei terreni ecc.; • la scelta del metodo di calcolo e del modello costitutivo per le strutture e per il terreno; • la definizione dei parametri che caratterizzano il modello costitutivo prescelto per le strutture e per il terreno; • la definizione dei criteri di accettabilità, ovvero dei coefficienti di sicurezza minimi richiesti per le verifiche degli stati limite ultimi e degli spostamenti totali e/o differenziali ammissibili sia per le verifiche degli stati limite di esercizio che per le verifiche degli stati limite ultimi. La scelta del metodo di calcolo e dei modelli costitutivi del terreno deve essere effettuata in relazione: • allo stato limite da analizzare; • alla complessità (geometrica e geotecnica) del problema da esaminare; • alla capacità del metodo di calcolo di rappresentare il problema da esaminare; • al grado di definizione della situazione geotecnica (qualità e quantità dei dati geotecnici, incertezze nella stratigrafia ecc.); • all’importanza dell’opera; • alle implicazioni connesse con eventuali insuccessi nella previsione dei risultati. Nel caso di opere di una certa rilevanza il progettista si avvale: • di metodi di calcolo in grado di schematizzare adeguatamente il problema di interazione terrenostruttura, mettendo in conto aspetti connessi con la compatibilità delle deformazioni, soprattutto in presenza di materiali fragili, ovvero caratterizzati da leggi di comportamento del tipo rammollente (strain-softening); • del confronto tra i risultati ottenibili con metodi di calcolo alternativi; • del confronto con i risultati pubblicati in letteratura o facenti parte del suo bagaglio tecnico, relativi al monitoraggio dalle opere di caratteristiche simili, realizzate in condizioni geotecniche comparabili al caso di progetto. Per quanto concerne la progettazione mediante l’utilizzo di prescrizioni, tale metodologia si esplica nell’adozione di particolari cautele progettuali, di prescrizioni sulle metodologie esecutive, di controlli sulle caratteristiche dei materiali, ecc. L’adozione di prescrizioni per la progettazione deve essere limitata: • a problemi relativamente semplici (ad esempio, in presenza di muri con carichi in fondazione di limitata entità, appoggiati su terreni di ottime caratteristiche meccaniche, si potrà evitare la verifica di capacità portante, prescrivendo opportuni controlli ed accorgimenti in fase di realizzazione della fondazione che attestino l’effettivo raggiungimento del tetto della formazione rocciosa); • a opere di limitata importanza caratterizzate da situazioni riconducibili a casi per i quali sono disponibili anche evidenze di comportamento in siti adiacenti a quelli di futura costruzione; in tali casi si dovrà comunque dimostrare la similarità delle condizioni geotecniche tra il sito di futura costruzione e quello preso come riferimento. A fini progettuali possono inoltre essere presi in considerazione i risultati di prove su prototipi a grande scala o su modelli fisici in scala ridotta, purché siano considerati e valutati i seguenti aspetti: • differenze tra le condizioni geotecniche che caratterizzano le prove su prototipi o su modelli fisici in scala ridotta e la situazione di progetto, con particolare riferimento al grado di addensamento, all’entità delle pressioni geostatiche iniziali, alla stratificazione, alla presenza di discontinuità strutturali, ecc.; • estendibilità dei risultati delle prove alla vita utile dell’opera; • effetti scala, nel caso di prototipi di dimensioni più piccole rispetto a quelle dell’opera in progetto.
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FONDAZIONI
In generale risulta tuttavia preferibile utilizzare i risultati sperimentali delle prove su prototipi a grande scala o su modelli fisici in scala ridotta in modo indiretto, ovvero attraverso la taratura mediante analisi a ritroso (back analysis) dei metodi di calcolo, che verranno invece applicati per l’esame della situazione reale di progetto. Nel caso di opere e/o situazioni di progetto di particolare complessità, qualora i metodi di calcolo, ancorché raffinati, non siano in grado di fornire sufficienti garanzie sull’effettivo comportamento dell’opera, si può affiancare la progettazione mediante calcolo con quella mediante il metodo osservazionale. Secondo tale metodo, il progetto può essere controllato ed eventualmente modificato durante la fase di realizzazione. Nel caso di utilizzo di tale approccio progettuale, nello sviluppo del progetto: • deve essere stabilito un campo di possibili comportamenti accettabili per l’opera, definendone i limiti; • deve essere dimostrato che il comportamento reale dell’opera abbia un’accettabile probabilità di ricadere nei prefissati limiti di accettabilità; • deve essere previsto un sistema di monitoraggio in grado di rilevare se il comportamento reale della struttura rimane o meno nel campo di quelli accettabili. A tale scopo il monitoraggio deve essere progettato in modo tale da consentire il rilevamento di eventuali comportamenti anomali, in modi e tempi opportuni per permettere con successo l’attivazione degli interventi integrativi previsti in progetto. In particolare, i tempi di risposta del sistema di monitoraggio, di acquisizione e di interpretazione dei dati, di eventuale attivazione ed esecuzione degli interventi integrativi devono essere stabiliti nel progetto tenendo conto di ragionevoli previsioni sull’evoluzione di eventuali fenomeni di instabilità; • devono essere previsti interventi integrativi, nonché i modi e i tempi per la loro attivazione.
4.6.4. VERIFICHE AGLI STATI LIMITI ULTIMI 4.6.4.1. GENERALITÀ Sebbene l’EN 1997-1 tratti della progettazione dei differenti tipi di fondazioni, opere di sostegno e altri tipi di strutture geotecniche, l’Eurocodice 7 non specifica quali teorie della meccanica delle terre o quali leggi costitutive dei terreni e delle rocce devono essere utilizzate per determinare, per esempio, la pressione delle terre che agisce su un’opera di sostegno, o per analizzare la stabilità di un pendio. Tuttavia, l’EN 1997-1 indica quali criteri progettuali devono essere adottati nei calcoli sulla base dell’impiego di coefficienti di sicurezza parziali. I valori dei coefficienti di sicurezza parziali riportati nell’Annesso A dell’Eurocodice 7 sono raccomandati, ma possono comunque essere modificati dall’annesso nazionale. L’EN 1997-1 distingue tra cinque differenti tipi di verifiche agli stati limite ultimi e usa le abbreviazioni che erano già state definite nell’EN 1990: • perdita di equilibrio generale della struttura, considerata come un corpo rigido, o del terreno (indicata con EQU), dove la resistenza dei materiali strutturali e del terreno sono insignificanti nel fornire resistenza, come, ad esempio, nel caso di ribaltamento di un muro di sostegno su roccia; • superamento della resistenza limite o eccesso di deformazioni della struttura o degli elementi strutturali (indicato con STR), inclusi fondazioni dirette, pali, muri di sostegno, ecc., nei quali la resistenza dei materiali strutturali è significativa nel fornire resistenza; • superamento della resistenza limite o eccesso di deformazione del terreno (indicato con GEO), nel quale la resistenza del terreno o della roccia è significativa nel fornire resistenza, come, ad esempio, nel caso della stabilità globale, della capacità portante di fondazioni superficiali o profonde su pali; • sollevamento della costruzione o del terreno per sottopressioni idrauliche o per altre azioni verticali (indicato con UPL); • collasso del terreno causato da gradienti idraulici eccessivi (indicato con HYD). Le formule per controllare questi stati limite sono riportate nei paragrafi da 2.4.7.2 a 2.4.7.5 dell’Eurocodice 7.
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Nella verifica agli stati limite ultimi per rottura o per eccessiva deformazione nel terreno e negli elementi strutturali deve essere verificata la seguente disuguaglianza: Ed ≤ Rd
dove Ed è il valore di progetto degli effetti di tutte le azioni, e Rd è il valore di progetto della corrispondente resistenza del terreno o della struttura. Al contrario delle verifiche eseguite nella progettazione delle strutture, le azioni geotecniche non possono essere separate dalle resistenze del terreno, poiché spesso dipendono da esse come, ad esempio, nel caso della pressione delle terre. Inoltre, la resistenza del terreno spesso dipende dalle azioni come, ad esempio, nel caso della capacità portante di una fondazione superficiale che dipende dalle azioni applicate alla fondazione. Ci sono differenti ed equivalenti modi per tenere conto di questa diretta dipendenza, in geotecnica, tra le azioni e le resistenze; a questo riguardo, l’EN 1997-1 propone tre approcci progettuali per verificare l’assenza della rottura nel terreno (GEO) e nella struttura (STR). Nell’Eurocodice 7 si definiscono i valori caratteristici delle azioni (F), dei parametri geotecnici (X) e dei parametri geometrici (a), ed i corrispondenti valori di progetto, che si ottengono applicando un coefficiente di sicurezza parziale al corrispondente valore caratteristico della grandezza considerata. Valori caratteristici e valori di progetto entrano in gioco nel calcolo delle resistenze R e degli effetti delle azioni E: R = R (F, X, a) E = E (F, X, a)
Inoltre, ma solo per quanto riguarda le azioni, si considera il cosiddetto valore rappresentativo per tenere conto della possibilità che queste siano di tipo permanente, variabile o accidentale. Concettualmente, il valore rappresentativo di un’azione è solo un particolare valore caratteristico che tiene conto del modo in cui le azioni si manifestano. La tabella, riportata in figura 4.14, può servire per riassumere le definizioni delle grandezze ed il modo per ricavarle, secondo quanto prescritto dalla norma EN 1990-2001 “Basis of Design”. Simbologia
Valore rappresentativo
Frep = Ψ · Fk
Fattore di combinazione Valore di progetto
Geotecnici
Geometrici
Ψ≤ 1
valore caratteristico valore di progetto valore nominale
Figura 4.14. Definizioni presenti in
4.6.4.2.SUPERAMENTO
EN
1990-2001
Fd = γF Frep Xk
Xd
anom
Note
Si ottiene combinando fra loro le azioni caratteristiche Fk permanenti, variabili e accidentali γF coefficiente di sicurezza parziale
stima cautelativa di un parametro geotecnico si ricava alternativamente: 1) Xd = Xk/γM (γM coefficiente parziale) 2) scelta diretta
DELLA RESISTENZA LIMITE O ECCESSO DI DEFORMAZIONE NEGLI ELEMENTI
STRUTTURALI STR O SUPERAMENTO DELLA RESISTENZA LIMITE O ECCESSO DI DEFORMAZIONE NEL TERRENO GEO
Azioni di progetto Gli effetti delle azioni sono funzione delle stesse azioni, delle proprietà dei terreni e dei dati geometrici. Le seguenti espressioni (4.1a) e (4.1b) indicano il calcolo dei valori di progetto degli effetti delle azioni, applicando il coefficiente di sicurezza parziale o direttamente sulle azioni o sull’effetto finale.
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FONDAZIONI
I coefficienti di sicurezza parziali per le azioni possono essere quindi applicati: • ai valori rappresentativi Frep dell’azione • o al loro effetto (E)
Ed = E {γ F ⋅ Frep , X k / γ M , ad }
Ed = γ E ⋅ E { Frep , X k / γ M , ad }
(4.1a) (4.1b)
dove Xk è il valore caratteristico della resistenza del terreno, γF è un coefficiente di sicurezza parziale sull’azione, γM è un coefficiente di sicurezza parziale sulle proprietà del materiale, γE è un coefficiente di sicurezza parziale sull’effetto delle azioni, e ag è il valore di progetto dei dati geometrici. L’EN 1990 (paragrafo 6.3.1) e l’Annesso B dell’EN 1997-1 forniscono indicazioni su quando usare le espressioni (4.1) e (4.2). Il termine Xk/γM introduce nel calcolo gli effetti delle azioni geotecniche, come ad esempio la pressione del terreno. I seguenti metodi possono essere usati per calcolare il valore di progetto dell’effetto di una azione geotecnica (si veda l’annesso B.2 dell’EN 1997-1): • utilizzando i valori di progetto dei parametri di resistenza e applicando un coefficiente di sicurezza parziale γM superiore all’unità alla sorgente dell’azione; • usando valori di progetto uguali ai valori caratteristici dei parametri di resistenza, ovvero applicando un coefficiente di sicurezza parziale uguale all’unità. Conseguentemente le espressioni (4.1) e (4.2) diventano: Ed = γ E ⋅ E { Frep , X k / γ M , ad } Ed = γ E ⋅ E { Frep , X k / γ M , ad }
(espressione (B.3.2) nell’annesso B.2) (espressione (B.3.1) nell’annesso B.2)
Valori raccomandati dei coefficienti di sicurezza variabili per l’impiego in situazioni persistenti e transitorie sono dati nelle tabelle A.3 e A.4 dell’annesso A, di seguito riportate; valori alternativi possono essere dati dagli annessi nazionali.
Resistenze di progetto La resistenza nel terreno è una funzione della resistenza al taglio del terreno, Xk, e spesso delle azioni Frep (quando il valore della resistenza è condizionato dall’azione, come ad esempio per le fondazioni superficiali sottoposte a carichi inclinati), e dei dati geometrici. Il valore di progetto della resistenza, Rd, può essere calcolato nei seguenti tre modi, che si differenziano per come agisce il coefficiente di sicurezza parziale: rispettivamente sulle azioni, sull’effetto delle azioni o su entrambe. L’entità delle azioni influenza infatti anche i valori delle resistenze geotecniche: Rd = R {γ F ⋅ Frep , X k / γ M , ad } Rd = R {γ F ⋅ Frep , X k , ad } / γ R
Rd = R {γ F ⋅ Frep , X k / γ M , ad } / γ R
(4.2a)
(4.2b) (4.2c)
dove γR è un coefficiente di sicurezza parziale per la resistenza del terreno. Nell’espressione (4.2a) il valore di progetto della resistenza è ottenuto applicando un coefficiente di sicurezza parziale γM > 1.0 ai valori caratteristici dei parametri di resistenza al taglio del terreno c’k e tanϕ’k o cu,k, ecc. Se le azioni giocano un ruolo sulla resistenza, i valori di progetto delle azioni (γF · Frep) sono introdotti nel calcolo di Rd (si vedano gli approcci progettuali 1 e 3 e le figure 4.15 e 4.17). Nell’espressione (4.2b), il valore di progetto della resistenza è ottenuto applicando un coefficiente di sicurezza parziale γR > 1.0 alla resistenza ottenuta usando i valori di progetto uguali ai valori caratteristici dei parametri di resistenza al taglio del terreno. Se le azioni giocano un ruolo sulla resistenza, i valori di progetto delle azioni (γF · Frep) sono introdotti nel calcolo di Rd (si veda l’approccio progettuale 2 e la figura 4.16).
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Figura 4.15. Approccio progettuale 1: introduzione ai coefficienti di sicurezza parziali (valori raccomandati) da impiegare per valutare la capacità portante del terreno usando: (a) combinazione 1 e (b) combinazione 2. Per semplicità, è considerato solamente l’equilibrio verticale e sono mostrate le sole azioni sfavorevoli
Figura 4.16. Approccio progettuale 2: introduzione ai coefficienti di sicurezza parziali (valori raccomandati) da impiegare per valutare la capacità portante del terreno: (a) fattorizzazione delle azioni all’origine, indicato come approccio DA2; (b) fattorizzazione degli effetti delle azioni, indicato come approccio DA-2*. Per semplicità, è considerato solamente l’equilibrio verticale e sono mostrate le sole azioni sfavorevoli
Se gli effetti delle azioni sono fattorizzati (si veda l’Annesso B.3(6) dell’EN 1997-1), si ha γF = 1.0 e l’espressione (4.2c) diventa: Rd = R { Frep , X k , ad } / γ R (espressione (B.6.2.2.) nell’annesso B.3)
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FONDAZIONI
Figura 4.17. Approccio progettuale 3: introduzione ai coefficienti di sicurezza parziali (valori raccomandati) da impiegare per valutare la capacità portante del terreno. Per semplicità, è considerato solamente l’equilibrio verticale e sono mostrate le sole azioni sfavorevoli
L’espressione (4.2c) è simile all’espressione (4.2a), ma un coefficiente di sicurezza parziale complementare γR > 1.0 può essere applicato per ottenere il valore di progetto della resistenza. I valori dei coefficienti di sicurezza parziali possono essere presi dall’Annesso A dell’Eurocodice 7 (di seguito si riportano per comodità di lettura le tabelle A.1, A.2, A.3 e A.4); valori alternativi possono essere indicati nell’annesso nazionale Tabella A.1 Dall’annesso A dell’Eurocodice 7 (en 1997-1), coefficienti di sicurezza parziali sulle azioni (γF) per la verifica dello stato di equilibrio limite (EQU) Permanenti Variabili
Azione
Simbolo
Valore
Sfavorevoli (a)
γG,dst
1.1
Sfavorevoli (a)
γQ,dst
1.5
Favorevoli (b) Favorevoli (b)
(a) Destabilizzanti (b) Stabilizzanti
γG,stk
γQ,dst
0.9 0
Tabella A.2 Dall’annesso A dell’Eurocodice 7 (en 1997-1), coefficienti di sicurezza parziali sui parametri del terreno (γM) per la verifica dello stato di equilibrio limite (EQU) Parametro del terreno
Angolo di resistenza al taglio (*) Coesione efficace
Resistenza al taglio in condizioni non drenate Resistenza a compressione monoassiale Peso dell’unità di volume
Simbolo
Valore
γc’
1.25
γφ’
γcu γqu γγ
Questo coefficiente di sicurezza si applica alla tangente dell’angolo di resistenza al taglio (tanφ)
1.25 1.4 1.4 1.0
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Tabella A.3 Dall’annesso A dell’Eurocodice 7 (EN 1997-1), coefficienti di sicurezza parziali sulle azioni (γF) o sugli effetti delle azioni (γE) per le verifiche strutturali (STR) e geotecniche (GEO) Azione
Permanenti Variabili
Simbolo
Sfavorevoli
A1
γG
Favorevoli
Sfavorevoli
A2
1.35
1.0
1.5
1.3
1.0
γQ
Favorevoli
Set
1.0
0
0
Tabella A.4 Dall’annesso A dell’Eurocodice 7 (EN 1997-1), coefficienti di sicurezza parziali sui parametri del terreno (γM) per le verifiche strutturali (STR) e geotecniche (GEO) Parametro del terreno
Simbolo
M1
Set
M2
Angolo di resistenza al taglio (*)
γφ’
1.0
1.25
Coesione efficace
γc’
1.0
1.25
γcu
1.0
1.4
γqu
1.0
1.4
γγ
1.0
1
Resistenza al taglio in condizioni non drenate
Resistenza a compressione monoassiale Peso dell’unità di volume
(*) Questo coefficiente di sicurezza si applica alla tangente dell’angolo di resistenza al taglio (tanφ)
Approcci progettuali Le espressioni (4.1) e (4.2) differiscono nel modo di distribuire i coefficienti di sicurezza parziali tra le azioni, le proprietà del terreno e le resistenze. Differenti combinazioni delle espressioni (4.1) e (4.2) e, pertanto, differenti modi di introdurre i coefficienti di sicurezza parziali nei termini E ed R della disuguaglianza fondamentale Ed ≤ Rd hanno condotto a tre differenti approcci progettuali contemplati nell’EN 1997-1. I valori dei coefficienti di sicurezza parziali da applicare, una volta scelto un determinato Approccio Progettuale, sono lasciati alle determinazioni di ciascun paese e devono essere indicati nell’apposito annesso nazionale. I modi di combinare i set dei coefficienti di sicurezza parziali, per ottenere i valori di progetto degli effetti delle azioni e delle resistenze, nella disuguaglianza Ed ≤ Rd, sono indicati in maniera simbolica, ad esempio, nel seguente modo, ad esempio: A1 ’+’ M1 ‘+’ R1 Il significato dell’espressione sopra indicata è la seguente: 1. i coefficienti di sicurezza parziali per le azioni (γF) o per gli effetti delle azioni (γE) sono rappresentati dal simbolo A e sono presi dal set A1 della tabella A.3 dell’Annesso A dell’EN 1997-1; il simbolo ‘+’ significa che essi sono usati in combinazione con 2. i coefficienti di sicurezza parziali (γM) per la resistenza al taglio dei terreni (simbolo M) che sono presi dal set M1 della tabella A.4, e con 3. i coefficienti di sicurezza parziali per la resistenza (γR) (simbolo R), che sono presi dal set R1, delle tabelle da A.5 ad A.8 riportate nell’annesso A. La procedura per combinare i coefficienti di sicurezza parziali, sopra descritti in maniera simbolica, implica che un’azione geotecnica, o l’effetto di un’azione, incluse le azioni geotecniche, coinvolga due differenti set di coefficienti di sicurezza parziali: A (coefficienti di sicurezza parziali sulle azioni) ‘+’ M (coefficienti di sicurezza parziali sui parametri geotecnica). Invece, una resistenza geotec-
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FONDAZIONI
nica implica sempre due set di coefficienti di sicurezza parziali: M (coefficienti di sicurezza parziali sui parametri geotecnica) ‘+’ R (coefficienti di sicurezza parziali sulle resistenze). Tuttavia, in un certo numero di casi, i coefficienti di sicurezza parziali sono posti uguali all’unità; questo si applica, ad esempio, ai set M1, R1 ed R3. Se si fa uso dei coefficienti di sicurezza parziali relativi al set M1, i valori di progetto dei parametri del terreno sono assunti uguali ai loro valori caratteristici.
Approccio progettuale 1 (DA-1) Sono prescritte due analisi distinte per verificare che non si determini uno stato limite di collasso nelle componenti strutturali o nel terreno. Nel primo caso i coefficienti di sicurezza parziali sono applicati alle azioni, mentre i parametri geotecnici compaiono con i loro valori caratteristici; nel secondo caso, le azioni vengono considerate con i loro valori caratteristici (eccetto per la componente variabile dei carichi esterni, che viene maggiorata se sfavorevole), mentre i parametri geotecnici assumono i valori di progetto. I coefficienti di sicurezza parziali sono applicati alle azioni, piuttosto che ai loro effetti e ai valori caratteristici della resistenza al taglio del terreno (come ad esempio c’ e tanϕ’o cu), utilizzando l’espressione (4.2a). Un’eccezione a questo approccio si ha per la progettazione dei pali e degli ancoraggi, che sono verificati applicando i coefficienti di sicurezza parziali alla resistenza misurata o calcolata usando l’espressione (4.2b); in questo caso, la verifica a rottura del terreno, si esegue applicando i coefficienti di sicurezza parziali direttamente sulle resistenze finali (per esempio la portata di punta e la portata laterale per i pali di fondazione) e non sui parametri geotecnici. I coefficienti di sicurezza parziali sono usualmente applicati direttamente ai valori rappresentativi delle azioni (espressione (4.1a)), ad eccezione di quando, seguendo tale approccio, si giunge a delle situazioni fisicamente impossibili, come nel caso dell’applicazione di un coefficiente di sicurezza parziale (chiamata anche fattorizzazione) alla profondità nota della falda; in tali casi, i coefficienti di sicurezza parziali sono applicati agli effetti dell’azione, pertanto è impiegata l’espressione (4.1b) (si veda il paragrafo 2.4.7.3.2(2) dell’Eurocodice 7).
Combinazione 1 La combinazione dei coefficienti di sicurezza variabili è: A1 ‘+’ M1 ‘+’ R1. La combinazione 1 coincide con il vecchio caso B usato nella versione preliminare dell’Eurocodice 7 (ENV 1997-1) Lo scopo è quello di conseguire un’adeguata sicurezza nei confronti di sfavorevoli deviazioni dei valori delle azioni, o dei loro effetti, dai loro valori caratteristici, mentre i valori di progetto delle proprietà del terreno sono assunti uguali ai valori caratteristici. Così, per le azioni sfavorevoli (o i loro effetti) i calcoli per la combinazione 1 sono condotti usando il set di coefficienti di sicurezza parziali A1 della Tabella A.3 dell’annesso A (figura 4.15a: valori raccomandati γG = 1.35 e γQ =1.5); per le azioni favorevoli i valori raccomandati sono i seguenti: γG =1.0 e γQ =0.0. Per le resistenze del terreno, i calcoli sono eseguiti utilizzando il set di coefficienti di sicurezza parziali M1 della tabella A.4, e il set R1 delle tabelle da A.5 ad A.8 e delle tabelle da A.12 ad A.14 (riportate nella figura 4.18) (figura 4.15a: γϕ' = γc' = γcu = 1.0 e γR,v = 1.0).
Combinazione 2 La combinazione dei coefficienti di sicurezza parziali è: A2 ‘+’ M2 ‘+’ R1. La combinazione 2 corrisponde al caso C nell’ENV 1997-1 e ha lo scopo di conseguire un’adeguata sicurezza nei confronti di sfavorevoli deviazioni delle caratteristiche di resistenza al taglio del terreno dai valori caratteristici, e per tenere anche conto delle incertezze insite nel modello di calcolo. È invece assunto che le azioni permanenti siano molto prossime ai loro valori rappresentativi previsti, mentre le azioni variabili applicate alla struttura possano variare leggermente e in maniera sfavorevole. Conseguentemente, per le azioni (o i loro effetti), i calcoli per la combinazione 2 sono condotti adottando il set A2 della tabella A.3 dell’annesso A (figura 4.15b: valori raccomandati γG = 1.0, per azioni sia favorevoli sia sfavorevoli, e γQ = 1.3 (azioni sfavorevoli) e γQ = 0.0 (azioni favorevo-
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139
Tabella A.5 Coefficienti di sicurezza parziali γR per fondazioni superficiali Resistenza
Simbolo
Scorrimento
γR;h
Portanza
Set
R1
R2
1.0
γR;v
1.0
Base
Simbolo γB
Fusto del palo (compressione)
γs
Totale/combinati (compressione)
γt
Fusto in trazione
γs;t
R1
1.0 1.0 1.0
1.25
R2
Base
Simbolo
Fusto del palo (compressione) Fusto in trazione
1.1
1.0
1.3
1.1
R2
1.1
1.0
1.5
1.0
1.25
1.1
R1
1.1 1.0 1.1
1.25
Simbolo γa;t
γa;p
R1
1.1 1.1
Tabella A.13 Coefficienti di sicurezza parziali γR per opere di sostegno Resistenza
Simbolo
Resistenza allo scorrimento
γR;h
Capacità portante
Resistenza del terreno
R1
1.0
1.15
R2
1.3
1.1
Set
R3
1.6
R4
1.1
1.0
1.45
1.1
1.0
1.4
1.1
1.0
1.15
Tabella A.12 Coefficienti di sicurezza parziali γR per ancoraggi pretesi
Permanente
R4
1.15
γt
Temporanea
R3
γt
γs;t
Resistenza
Set
1.6
1.6
γs
Fusto in trazione
1.1
1.0
γB
Totale/combinati (compressione)
1.3
1.1
Simbolo
Fusto del palo (compressione)
1.0
1.15
Tabella A.8 Coefficienti di sicurezza parziali γR per pali a elica Base
R4
1.3
1.25
γs;t
Resistenza
R3
1.0
γB γs
Totale/combinati (compressione)
R1
Set
1.0
1.1
Tabella A.7 Coefficienti di sicurezza parziali γR per pali trivellati Resistenza
1.0
1.1
Tabella A.6 Coefficienti di sicurezza parziali γR per pali infissi Resistenza
R3
1.4
R2
1.3
1.1
Set
1.1
1.6
R3
R4
1.0
1.1
1.1
1.0
Set
R2
1.1
R3
γR;v
1.0
1.4
1.0
γR;e
1.0
1.4
1.0
1.0
1.1
1.0
Tabella A.14 Coefficienti di sicurezza parziali γR per pendii e per analisi di stabilità globali Resistenza
Resistenza del terreno
Simbolo γR;e
R1
1.0
Set
R2
1.1
R3
1.0
Figura 4.18. Tabelle A.5, A.6, A.7, A.8, A.12, A.13, A.14 relative ai coefficienti di sicurezza parziali, riportate nell’Annesso A dell’Eurocodice 7
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FONDAZIONI
li). Per le resistenze del terreno, i calcoli sono eseguiti utilizzando il set di coefficienti di sicurezza parziali M2 della tabella A.4, e il set R1 delle tabelle da A.5 ad A8 e da A.12 ad A.14 (figura 4.15b:γϕ' = γc' = 1.25, γcu =1.4 e γR,v = 1.0). Quando è ovvio che una delle due combinazioni governa il progetto, non è necessario analizzarle entrambe. Usualmente, il dimensionamento geotecnico è governato dalla combinazione 2, ed è pertanto sufficiente controllare in un secondo tempo che le dimensioni siano accettabili per la combinazione 1; analogamente, è spesso ovvio dimensionare la struttura sulla base della combinazione 2 e, quando pertinente, verificarla con la combinazione 1.
Approccio progettuale 2 (DA-2) In questo approccio è sufficiente eseguire una sola verifica, applicando i coefficienti di sicurezza parziali contemporaneamente alle azioni (o agli effetti delle azioni) ed alle resistenze finali, mentre i parametri geotecnici vanno considerati con i loro valori caratteristici. La combinazione dei coefficienti di sicurezza parziali A1 ‘+’ M1 ‘+’ R2 è impiegata a questo scopo. I medesimi coefficienti di sicurezza parziali sono applicati sia alle azioni geotecniche sia alle azioni provenienti dalla struttura in elevazione. I coefficienti di sicurezza parziali sono applicati alla resistenza del terreno e alle azioni (approccio indicato con la sigla DA-2 in figura 4.16a) o agli effetti delle azioni (approccio indicato con la sigla DA-2* in figura 4.16b). I risultati, ottenuti dai due differenti modi di applicare i coefficienti parziali, sono differenti. Per la procedura dove le azioni sono fattorizzate (alle azioni sono applicati i coefficienti di sicurezza parziali) all’origine (DA-2), sono usati i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3, del set M1 della tabella A.4, e del set R2 delle tabelle da A.5 ad A.8 e da A.12 ad A.14 (figura 4.16a: valori raccomandati γG =1.35 e γQ =1.5; set M1, γϕ' = γc' = γcu = 1.0; set R2 γR,v = 1.4 applicato alla capacità portante). Per la procedura dove i coefficienti di sicurezza parziali sono applicati agli effetti delle azioni (DA2*), sono impiegati i medesimi coefficienti di sicurezza parziali ma i calcoli di E ed R sono effettuati con i valori di progetto delle azioni mentre, per i parametri di resistenza al taglio del terreno, sono assunti i valori caratteristici. I coefficienti di sicurezza parziali (set A1 ed R2) sono applicati, alla fine, agli effetti risultanti delle azioni permanenti e variabili (figura 4.16b: Vd = 1.35 ⋅ ∑ VG ,k + 1.5 ⋅ ∑VQ ,k ) e alla resistenza calcolata usando i valori caratteristici delle proprietà del terreno (figura 4.16b: Rv ,d = Rv (ϕ k' , ck' ) / 1.4 ). In questa procedura, sono impiegate le espressioni
(B.3.1) e (B.6.2.2) dell’annesso B dell’EN 1997-1, cosicché si ha una diretta relazione con il tradizionale coefficiente di sicurezza globale η = Rk / Ek . L’espressione Ed ≤ Rd diventa: e quindi si ha:
γ E E { Frep , X k , ad } ≤ R { Frep , X k , ad } / γ R η = γ Eγ R
Si dovrebbe notare che γE è un coefficiente composto, in quanto il valore dipende dalle proporzioni delle parti permanenti e variabili dell’azione. Il prodotto γEγR è dipendente da questa proporzione, mentre il coefficiente di sicurezza η globale è usualmente indipendente da essa.
Approccio progettuale 3 (DA-3) Anche in questo caso è sufficiente una sola verifica, ma i coefficienti di sicurezza parziali sono applicati alle azioni (o agli effetti delle azioni) e ai parametri del terreno. Per quanto riguarda le azioni, però, si fa una distinzione fra quelle che derivano dalle strutture e quelle di origine geotecnica, cioè quelle azioni esercitate dal terreno naturale, da riempimenti di terreno e dalle acque di sottosuolo. Nel primo caso, infatti, tutte le azioni permanenti sfavorevoli sono amplificate, mentre nel secondo caso le azioni devono essere prese con il loro valore caratteristico, cioè non amplificate. Per quanto
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141
riguarda le azioni variabili sfavorevoli queste vengono amplificate, anche se con coefficienti parziali diversi, in entrambi i casi. A questo scopo si adotta la seguente combinazione di coefficienti di sicurezza parziali A1 (per le azioni strutturali) o A2 (per le azioni geotecniche) ‘+’ M2 ‘+’ R3. I valori caratteristici delle azioni che provengono dalla struttura (azioni strutturali) sono moltiplicati per i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3 (figura 4.17: valori raccomandati γG =1.35 e γQ =1.5) per ottenere i valori di progetto. I valori di progetto delle azioni dovute alla presenza del terreno o trasferite attraverso di esso (azioni geotecniche) sono ricavati usando i coefficienti di sicurezza parziali sulla resistenza al taglio del terreno mediante il set M2 ed A2 (figura 4.17: valori raccomandati γG =1.0 e γQ =1.3). I valori di progetto della resistenza al taglio del terreno sono ottenuti applicando i coefficienti di sicurezza parziali del set M2 della tabella A.4 (figura 4.17: valori raccomandati γϕ' = γc' = 1.25; γcu = 1.4). I valori di progetto della resistenza del terreno sono ottenuti utilizzando i coefficienti di sicurezza parziali del set M2 della tabella A.4 ai parametri di resistenza al taglio del terreno, e i coefficienti di sicurezza parziali della resistenza del set R3 delle tabelle da A.5 ad A8 e da A.12 ad A.14 dell’annesso A (Figura 4.17: set M2, valori raccomandati γϕ' = γc' = 1.25, γcu = 1.4 e γR,v = 1.0). 4.6.5. CRITERI DI VERIFICA DEGLI STATI LIMITI DI ESERCIZIO Le verifiche degli stati limiti di esercizio sono effettuate con riferimento ai valori caratteristici sia dei parametri di resistenza e di deformabilità sia delle azioni, ovvero senza applicazione di coefficienti di sicurezza. Oltre alle verifiche degli elementi strutturali previste dalla normativa vigente e dagli eurocodici, si dovrà verificare che gli spostamenti calcolati siano inferiori a quelli ammissibili per l’opera da realizzare e, ove appropriato, per le strutture poste nelle immediate vicinanze. A tale proposito il progettista deve: • effettuare specifiche valutazioni degli spostamenti facendo riferimento a profili di deformabilità dei terreni ragionevolmente cautelativi; • definire, sulla base di considerazioni tecniche, i valori di soglia degli spostamenti che possono produrre il raggiungimento dello stato limite di sesercizio per le strutture, o, in alternativa, valutare direttamente, mediante calcoli specifici, le conseguenze prodotte sulle strutture dagli spostamenti calcolati.
4.6.6. ANALISI DI SENSIBILITÀ Nei casi in cui la definizione delle situazioni di progetto e, quindi, la verifica degli stati limite comportino inevitabili incertezze (si pensi soprattutto alla definizione delle condizioni idrogeologiche, delle condizioni stratigrafiche, dei valori dei parametri geotecnici, ecc.) nell’attendibilità dei metodi di analisi o nella riuscita di soluzioni o accorgimenti progettuali previsti (ad esempio interventi di miglioramento delle caratteristiche dei terreni), il progettista deve procedere all’esecuzione di analisi di sensibilità, finalizzate a valutare gli effetti prodotti sul dimensionamento dell’opera da possibili variazioni dei dati di ingresso in termini di danni difficilmente rimediabili. Le situazioni di progetto oggetto delle analisi di sensibilità, sia pure cautelative, devono pur sempre rappresentare situazioni realistiche: ad esempio, i valori caratteristici dei parametri di resistenza al taglio e di deformabilità dei terreni non devono mai essere inferiori a quelli peggiori possibili per il tipo di problema e di terreno esaminato; con riferimento ai materiali sabbiosi, sono da ritenersi ingiustificati valori dell’angolo di attrito caratteristici inferiori a quelli caratteristici di stato critico.
4.6.7. STABILITÀ GENERALE DEL SITO Ove appropriato, il progetto delle opere deve essere preceduto da specifiche analisi di stabilità finalizzate ad accertare l’idoneità del sito ad accogliere l’opera in progetto e/o individuare e dimensionare eventuali interventi preventivi di stabilizzazione. La stabilità generale del sito deve essere esaminata, in particolare, in presenza delle seguenti situazioni:
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FONDAZIONI
• in prossimità o su un pendio inclinato, sia esso naturale o artificiale (instabilità per fenomeni gravitativi); • in prossimità di un corso d’acqua, di un lago o del mare (instabilità per fenomeni di erosione); • in prossimità di cavità sotterranee o di strutture interrate (instabilità per chiusura delle cavità e/o per eccessivi spostamenti); • in aree, anche pianeggianti, per le quali possano essere previsti fenomeni di liquefazione in presenza di eventi sismici (instabilità per perdita di resistenza degli strati di terreno).
4.6.8. ULTERIORI REQUISITI GENERALI DI PROGETTAZIONE Oltre a quanto precedentemente evidenziato, nella definizione della tipologie di fondazione si devono tenere conto dei seguenti aspetti: • delle configurazioni provvisorie necessarie alla realizzazione dell’opera; • delle opere provvisionali necessarie per consentire l’accesso ai mezzi d’opera (strade, ponteggi, ecc.); • della necessità di ricorrere ad interventi di manutenzione ordinaria; • degli accessi da prevedere per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’opera. Per quanto possibile, l’opera deve essere concepita e progettata in modo tale che possa fornire segni visibili di dissesto prima del raggiungimento di condizioni critiche per la funzionalità e/o stabilità, così da evitare l’occorrenza di collassi improvvisi. Qualora il funzionamento o la sicurezza dell’opera sia assicurata dal funzionamento del sistema di drenaggio e/o di supporto (ad esempio da alcuni ordini di tiranti), si dovranno valutare le conseguenze di scenari pessimistici sul funzionamento di tali sistemi, in termini di eventuali danni subiti e di possibilità di intervenire con opere di ripristino. Su tali presupposti si dovrà attuare una scelta tra le seguenti soluzioni: • prevedere il monitoraggio dell’opera ed un programma di manutenzione del sistema, da attivare in relazione ai risultati della strumentazione installata; • dimensionare il sistema in modo tale da rendere superfluo il monitoraggio dell’opera (fatta eccezione per le ispezioni visive) e poco probabili gli interventi di manutenzione (sovradimensionamento). Il ricorso alla prima soluzione sarà condizionato anche da considerazioni in merito ai tempi di acquisizione ed interpretazione dei dati di strumentazione, in relazione a quelli di sviluppo dei fenomeni connessi con la perdita di efficienza del sistema oggetto della manutenzione.
4.6.9. ESEMPIO DI VERIFICA DI UNA FONDAZIONE SUPERFICIALE SECONDO L’EUROCODICE 7 Di seguito si riporta un esempio di applicazione dell’Eurocodice 7 per la progettazione agli stati limite ultimi di una fondazione superficiale, in accordo al metodo progettuale diretto e alla procedura analitica riportata nell’annesso D dell’Eurocodice 7, ripreso liberamente da Frank et al. (2004). Nell’esempio sono considerate sia le condizioni non drenate sia quelle drenate. Il calcolo agli stati limite ultimi, condotto per situazioni di carico persistenti e transitorie, è effettuato secondo i tre approcci progettuali precedentemente illustrati e contemplati dall’Eurocodice 7. Con riferimento alle figure 4.19 e 4.20, si consideri un plinto di altezza pari a 0.5 m impostato su delle argille tenere ad una profondità di 1 m dal piano campagna. Il plinto è sottoposto ad un carico permanente di 270 kN e ad un carico variabile di 70 kN. Nella
Figura 4.19. Esempio di azioni agenti su una fondazione superficiale. Vd è la risultante agente normale alla fondazione relativamente ai valori di progetto delle seguenti azioni (è omesso il pedice d per maggiore chiarezza): H, M e V sono azioni strutturali; A e P sono le pressioni del terreno; W1 e W2 sono i pesi del rinterro della fondazione
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143
Pk = 270 kN
Qk = 70 kN
h2 = 0.5 m γk = 25 kN/m3 γ'k = 15 kN/m3
h1 = 0.5 m
BxB
Proprietà del terreno:
γk γacqua γ'k ϕ'k Ck Cu,k
= = = = = =
18 kN/m3 10 kN/m3 8 kN/m3 20° 5 kPa 30 kPa
Figura 4.20. Geometria dell’esempio di verifica delle dimensioni di una fondazione superficiale con i valori caratteristici delle azioni e delle proprietà del terreno
figura 4.20 sono riportati i valori caratteristici del terreno e gli altri dati indispensabili per verificare il plinto. La falda è posta coincidente con il piano campagna. Poiché il carico è applicato al baricentro del plinto e non si ha pertanto un momento risultante, la larghezza e lunghezza efficaci sono uguali ai loro valori nominali e quindi si ha: B’ = B, L’ = L e A = A’. La minima dimensione del plinto è verificata per ciascun approccio progettuale.
(a) Condizioni non drenate L’analisi è effettuata in sforzi totali.
Approccio progettuale 1 – Combinazione 2 Con riferimento alle figure 4.19 e 4.20 la condizione che si abbia Vd ≤ Rd è verificata per un plinto delle dimensioni di 1.7 m · 1.7 m. Il valore di progetto delle azioni (incluso il peso della fondazione e del materiale di rinterro pari a G pad ,k = 1.7 2 ⋅ ( 0.5 ⋅ 18 + 0.5 ⋅ 25 ) = 62 kN è ottenuto usando i coefficienti di sicurezza parziali relativi al set A.2 della tabella A.3: Vd = γ G ⋅ ( Pk + G pad ,k ) + γ Q ⋅ Qk
Vd = 1.0 ⋅ ( 270 + 62 ) + 1.3 ⋅ 70 = 423kN
Il valore di progetto per la resistenza portante verticale è calcolato mediante l’equazione (D.1) dell’Annesso D dell’Eurocodice 7 (pagine 156, 157 e 158 del documento EN 1997-1:2003(E)), applicando i coefficienti di sicurezza parziali, alla resistenza in condizioni non drenate, del set M2 della tabella A.4; il coefficiente di sicurezza parziale è fissato pari ad 1, in accordo con il set R1 della tabella A.5: Rd / A ' = ( π + 2 ) ⋅ cu ,d ⋅ bc ⋅ sc ⋅ ic + q
dove: cu,d = cu,k/γcu=30/1.4 = 21.4 kPa sc = 1.2 (fondazione a forma quadrata: B’/L’=1) bc = 1 (superficie del terreno e base della fondazione orizzontale) ic = 1 (carichi verticali) qd = (γ/γγ) · /h1 + h2) = (18/1.0) · (0.5+0.5) = 18 kPa e quindi si ottiene:
Rd / A' = ( 3.14 + 2 ) ⋅ 21.4 ⋅ 1 ⋅ 1.2 ⋅ 1 + 18 ⋅ 1 = 150 kPa
Il valore di progetto della capacità portante della fondazione (1,70 m · 1,70 m) è pertanto pari a: Rd = 150 ⋅ 1.7 ⋅ 1.7 = 434 kN
Come si può notare, la condizione Vd ≤ Rd è soddisfatta, essendo 423 kN < 434 kN.
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FONDAZIONI
Approccio progettuale 1 – Combinazione 1 La condizione Vd ≤ Rd è verificata per un plinto delle dimensioni di 1.7 m · 1.7 m le cui dimensioni sono state già verificate con la combinazione 2. Il valore di progetto delle azioni (incluso il peso della fondazione ed il rinterro) è ottenuto usando i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3: Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 62 ) + 1.5 ⋅ 70 = 553kN
Il valore di progetto per la capacità portante verticale è calcolato mediante l’equazione (D.1) dell’Annesso D dell’Eurocodice 7, applicando i coefficienti di sicurezza parziali alla resistenza al taglio in condizioni non drenate del set M1 della tabella A.4; il coefficiente di sicurezza parziale γR,v è fissato pari ad 1 in accordo con il set R1 della tabella A.5. Pertanto si ha: cu,d = cu,k/γcu =30/1.0 = 30 kPa sc = 1.2 (fondazione a forma quadrata: B’/L’=1) bc = 1 (superficie del terreno e base della fondazione orizzontale) ic = 1 (carichi verticali) qd = (γ/γγ) · /h1 + h2) = (18/1.0) · (0.5+0.5)=18 kPa e quindi: Rd / A ' = ( 3.14 + 2 ) ⋅ 30 ⋅ 1.2 ⋅ 1 ⋅ 1 + 18 ⋅ 1 = 203kPa
Il valore di progetto della resistenza portante (questo termine viene usato al posto di “capacità portante” quando ci si riferisce a forze resistenti e non a resistenze unitarie; l’unità di misura è quella delle forze e non quella degli sforzi) della fondazione (1,70 m · 1.70 m) è pertanto pari a: Rd = 203 ⋅ 1.7 ⋅ 1.7 = 587 kN
La condizione Vd ≤ Rd è soddisfatta, essendo 553 kN < 587 kN. Le condizioni per le verifiche allo stato limite ultimo di tipo geotecnico (GEO) sono rispettate per entrambe le combinazioni 1 e 2. Come si può notare, l’approccio progettuale 1 (DA-1, Design Approach 1) è governato dalla combinazione 2, in quanto il rapporto Rd / Vd è più piccolo per la combinazione 2, piuttosto che per la combinazione 1. L’equivalente coefficiente di sicurezza globale (OFS) è pari a: OFS = Rk / ( Pk + Qk + G pad ) = 586/(270+70+62)=586/402=1.46
Questo valore è molto basso in confronto ai valori impiegati nella progettazione tradizionale.
Approccio progettuale 2 La condizione Vd ≤ Rd è verificata per un plinto delle dimensioni di 2.0 · 2.0 m. Il valore di progetto delle azioni (incluso il peso proprio della fondazione e del rinterro) è ottenuto usando i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3: Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 86 ) + 1.5 ⋅ 70 = 585 kN
Il valore di progetto della resistenza portante verticale è calcolato mediante l’equazione (D.1) dell’Annesso D dell’Eurocodice 7, nella quale sono introdotti i valori caratteristici delle proprietà del terreno (il coefficiente di sicurezza parziale γcu è pari all’unità nella tabella A.4), e viene applicato un coefficiente di sicurezza parziale γR,v = 1.4, indicato dal set R2 della tabella A.5 per quanto concerne il valore di Rd. Si ha pertanto: cu,k = 30 kPa sc = 1.2 (fondazione a forma quadrata: B’/L’=1) bc = 1 (superficie del terreno e base della fondazione orizzontale)
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145
ic = 1 (carichi verticali) qk = 1.0 · 18 kPa qd = (γ/γγ) · (h1 + h2) = (18/1.0) · (0.5+0.5)=18 kPa e quindi:
Rk / A' = ( 3.14 + 2 ) ⋅ 30 ⋅ 1.2 ⋅ 1 ⋅ 1 + 18 ⋅ 1.0 = 203kPa
Essendo Rd = Rk / γ R ,v = Rk / 1.4 , la resistenza di progetto (A’ = 2.0 m · 2.0 m) diventa:
Rd = 203 ⋅ 2 ⋅ 2 / 1.4 = 580 kN che Vd ≤ Rd può essere considerata pienamente soddisfatta essendo
La condizione GEO 585 kN ≅ 580 kN . L’equivalente coefficiente di sicurezza deterministico globale è pari a OFS=812/426=1.91.
Approccio progettuale 3 La condizione Vd ≤ Rd è verificata per un plinto delle dimensioni di 2.0 · 2.0 m. I valori di progetto delle azioni (incluso il peso della fondazione e del rinterro) sono ottenuti utilizzando i coefficienti di sicurezza del set A1 della tabella A.3. Poiché tutte le azioni sono strutturali si ha: Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 86 ) + 1.5 ⋅ 70 = 586 kN
Il valore di progetto della resistenza portante verticale è calcolato mediante l’equazione (D.1) dell’Annesso D dell’Eurocodice 7, applicando i coefficienti di sicurezza parziali alla resistenza al taglio in condizioni non drenate del set M2 della tabella A.4; il coefficiente di sicurezza parziale della resistenza γR,v è assunto pari all’unità, in accordo al set R3 della tabella A.5. Si ha pertanto: cu,d = cu,k/γcu=30/1.4 = 21.4 kPa sc = 1.2 (fondazione a forma quadrata: B’/L’=1) bc = 1 (superficie del terreno e base della fondazione orizzontale) ic = 1 (carichi verticali) qd = (γ/γγ) · (h1 + h2) = (18/1.0) · (0.5+0.5)=18 kPa e quindi: Rd / A' = ( 3.14 + 2 ) ⋅ 21.4 ⋅ 1 ⋅ 1.2 ⋅ 1 + 18 ⋅ 1 = 150 kPa
Il valore di progetto della resistenza (questo termine viene usato al posto di “capacità portante” quando ci si riferisce a forze resistenti e non a resistenze unitarie; l’unità di misura è quella delle forze e non quella degli sforzi) della fondazione (2.0 m · 2.0 m) è pertanto pari a:
Rd = 150 ⋅ 2.0 ⋅ 2.0 = 600 kN Come si può notare, la condizione Vd ≤ Rd è soddisfatta, essendo 586 kN < 601 kN. L’equivalente coefficiente di sicurezza deterministico globale è pari a OFS = 812/426 = 1.91. La seguente tabella 4.3 riepiloga i risultati dei calcoli per i tre differenti approcci progettuali, effettuati in condizioni non drenate. Tabella 4.3. Risultati in condizioni non drenate Dimensioni (m · m)
Coefficiente di sicurezza globale
DA-1
1.70 · 1.70 1.46
DA-2
2.00 · 2.00 1.91
DA-3
2.00 · 2.00 1.91
Il coefficiente di sicurezza globale trovato nell’approccio progettuale 1 (DA-1) può sembrare piccolo in confronto con i valori tradizionalmente adottati nella pratica progettuale. Tuttavia occorre menzionare che le dimensioni finali di una fondazione dipendono anche dalle verifiche agli stati limiti di esercizio (SLS) e che, com’è noto dalla pratica tradizionale, gli stati limite di esercizio governano
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FONDAZIONI
le scelta delle dimensioni della fondazione; pertanto il risultato può essere confrontato con la pratica tradizionale solamente dopo che sono stati verificati gli stati limiti di esercizio, ovverosia quando sono stati calcolati i cedimenti.
(b) Condizioni drenate L’analisi agli stati limiti ultimi è effettuata in sforzi efficaci. Poiché le pressioni dell’acqua provengono da una singola origine, ad esse viene applicato il medesimo coefficiente di sicurezza parziale (occorre menzionare, a questo proposito, che l’EN 1997 dice che, quando le azioni derivano da un’unica fonte, devono essere fattorizzate allo stesso modo sia che il loro effetto sia favorevole sia che sia sfavorevole). Le azioni dovute al peso della fondazione sotto falda e del terreno di rinterro sono relative ai loro pesi di volume alleggerito; pertanto, i coefficienti di sicurezza parziali sulle azioni si applicano al peso di volume del terreno alleggerito e al peso della fondazione. Il valore di progetto dell’azione agente sul terreno di fondazione è dato dalla seguente espressione: ' Vd = γ G ,unfav ⋅ Vk + γ Q ,unfav ⋅ Qk + (γ G ,unfav ⋅ h2 ⋅ γ k' + γ G ,unfav ⋅ γ concrete ⋅ h1 ) ⋅ A
I valori dei coefficienti di sicurezza parziali γG,unfav e γQ,unfav dipendono dall’approccio progettuale adottato. La sezione del pilastro, in questa equazione, è stata trascurata. Occorre evidenziare che, usando questa equazione, il coefficiente di sicurezza parziale per le azioni sfavorevoli è applicato ai pesi di volume efficaci (alleggeriti) della fondazione e del rinterro, pertanto è applicato anche alle pressioni dell’acqua favorevoli. Questo è discutibile in alcuni casi speciali, dove la pressione dell’acqua gioca un ruolo importante nell’equilibrio e, conseguentemente dovrebbe essere applicata una separata fattorizzazione dei pesi di volume (totali) e delle forze dell’acqua.
Approccio progettuale 1 – Combinazione 2 È verificata la condizione Vd ≤ Rd per un plinto delle dimensioni di 1.85 m · 1.85 m. Analizziamo dapprima la combinazione 2 che, nel caso di carichi verticali o leggermente inclinati, governa le dimensioni della fondazione. Il valore di progetto delle azioni (incluso il peso efficace della fondazione e del materiale di rinterro) è ottenuto usando come coefficienti di sicurezza parziali i valori del set A2 della tabella A.3: ' Vd = γ G ,unfav ⋅ ( Pk + G pad , k ) + γ Q ⋅ Qk Vd = 1.0 ⋅ ( 270 + 39 ) + 1.3 ⋅ 70 = 400 kN
dove
' 2 G pad , k = 1.85 ⋅ ( 25 − 10 ) ⋅ 0.5 + (18 − 10 ) ⋅ 0.5 = 39 kN
Il valore di progetto per la resistenza verticale è calcolato mediante l’equazione (D.2) dell’Annesso D dell’Eurocodice 7 (pagina 157 del documento EN 1997-1:2003(E)), applicando i coefficienti di sicurezza parziali alla resistenza al taglio in condizioni drenate (c’ e tanϕ’) del set M2 della tabella A.4; il coefficiente di sicurezza parziale γR,v è fissato pari ad 1, in accordo con il set R1 della tabella A.5. Rd / A ' = q ' ⋅ N q ,d ⋅ bq ⋅ iq ⋅ sq ,d + 0.5 ⋅ γ ' ⋅ B' ⋅ N γ ,d ⋅ bγ ⋅ iγ ⋅ sγ + c' ⋅ N c ,d ⋅ bc ⋅ ic ⋅ ss ,d
nella quale: ϕ’d = 16.23° (tanϕ’d = tanϕ’k/1.25) c’d = 5/1.25 = 4 kPa. Con riferimento alle formule per calcolare i coefficienti di capacità portante ed i coefficienti di forma riportati nell’annesso D dell’Eurocodice 7, inserendo si ha: Nq,d = 4.43
sq,d = 1.28
iq = 1.0
bq = 1.0
Nc,d = 11.79
sc,d = 1.36
ic = 1.0
bc = 1.0
Nγ,d = 2.00
sγ = 0.7
iγ = 1.0
bγ = 1.0
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Il sovraccarico agente ai lati della fondazione è q’ = γ’ · D = 8 · 1.0 = 8 kPa. Conseguentemente si ha:
Rd / A' = 8 ⋅ 4.43 ⋅ 1.28 + 0.5 ⋅ 1.85 ⋅ 2.0 ⋅ 8 ⋅ 0.7 + 4 ⋅ 11.79 9 ⋅ 1.36 = 120 kPa
Il valore di progetto della resistenza portante della fondazione (1.85 m · 1.85 m) è pertanto: Rd = 120 ⋅ 1.85 ⋅ 1.85 = 410 kN
La condizione Vd ≤ Rd è soddisfatta, essendo 400 kN < 410 kN.
Approccio progettuale 1 – Combinazione 1 I valori di progetto delle azioni (inclusi i pesi efficaci della fondazione e del rinterro sulla fondazione) sono ottenuti utilizzando i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3: Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 39 ) + 1.5 ⋅ 70 = 522 kN
Il valore di progetto per la resistenza portante verticale è calcolato mediante l’equazione (D.2) dell’Annesso D dell’Eurocodice 7, applicando i coefficienti di sicurezza parziali alla resistenza al taglio in condizioni drenate del set M1 della tabella A.4; il coefficiente di sicurezza parziale γR,v è fissato pari ad 1, in accordo con il set R1 della tabella A.5. Pertanto si ha: cu ,d = cu ,k / γ cu = 30 / 1.0 = 30 kPa
I valori di progetto dei coefficienti di capacità portante sono ottenuti assumendo ϕ = ϕ d' = ϕ k' e c' = cd' = ck' mentre i coefficienti i e b sono assunti pari a 1.0. Nq,k = 6.40
sq,k = 1.34
iq = 1.0
bq = 1.0
Nc,k = 14.83
sc,k = 1.40
ic = 1.0
bc = 1.0
Nγ,k = 3.93
sγ ,d = 0.7
iγ = 1.0
bγ = 1.0
Il sovraccarico agente ai lati della fondazione è: qd = (γ ' / γ γ ) ⋅ ( h1 + h2 ) = 8/1.0 · (0.5 · 0.5) = 8 kPa Conseguentemente si ha:
Rd / A' = 8 ⋅ 6.40 ⋅ 1.34 + 0.5 ⋅ 1.85 ⋅ 3.93 ⋅ 8 ⋅ 0.7 + 5 ⋅ 14.83 ⋅ 1.40 = 193kPa
Il valore di progetto della resistenza portante della fondazione (1.85 m · 1.85 m) è pari a: Rd = 193 ⋅ 1.85 ⋅ 1.85 = 660 kPa
Come si può notare, la condizione Vd ≤ Rd è soddisfatta essendo 522 kN < 660 kN. In conclusione la verifica agli stati limite ultimi GEO (superamento della resistenza limite o eccesso di deformazioni) è soddisfatta per entrambe le combinazioni; il progetto per l’approccio 1 è governato dalla combinazione 2. L’equivalente coefficiente di sicurezza globale deterministico è pari a: OFS = Rk / ( Pk + Qk + G pad ) = 660/(270+39+70)= 660/379=1.74.
Approccio progettuale 2 La condizione Vd ≤ Rd è verificata per un plinto delle dimensioni di 1.95 · 1.95 m. Il valore di progetto delle azioni (incluso il peso proprio alleggerito della fondazione e del rinterro) è ottenuto usando i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3: Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 44 ) + 1.5 ⋅ 70 = 530 kPa
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FONDAZIONI
Il valore di progetto della resistenza verticale è calcolato mediante l’equazione (D.2) dell’Annesso D dell’Eurocodice 7, nella quale sono stati adottati, per i parametri di resistenza al taglio in condizioni drenate, i coefficienti di sicurezza parziali del set M1 della tabella A.4. Inoltre è stato applicato al valore calcolato della resistenza (valore caratteristico) un coefficiente di sicurezza parziale γR,v = 1.4, appartenente al set R2 della tabella A.5. I valori di progetto dei coefficienti di capacità portante e dei coefficienti di forma e di inclinazione del carico sono uguali ai loro valori caratteristici: Nq,k = 6.40
sq,k = 1.34
iq = 1.0
bq = 1.0
Nc,k = 14.83
sc,k = 1.40
ic = 1.0
bc = 1.0
Nγ,k = 3.93
sγ = 0.7
iγ = 1.0
bγ = 1.0
Rd / A' = 8 ⋅ 6.40 ⋅ 1.34 + 0.5 ⋅ 1.95 ⋅ 3.93 ⋅ 8 ⋅ 0.7 + 5 ⋅ 14.83 ⋅ 1.40 = 194 kPa
Applicando un coefficiente di sicurezza parziale γR,v = 1.4 al valore caratteristico della resistenza si ottiene: Rd/A’ = 194/1.4 = 139 kPa = 139 · 1.95 · 1.95 = 529 kN. Rd La condizione Vd ≤ Rd per la verifica agli stati limite ultimi GEO (superamento della resistenza limite o eccesso di deformazioni) è soddisfatta, essendo 530 kN ≅ 529 kN. L’equivalente coefficiente di sicurezza globale è pari a: OFS = Rk / ( Pk + Qk + G pad ) = 776/(270+46+70)= 776/386 = 2.01
Approccio progettuale 3 La condizione Vd ≤ Rd è verificata per un plinto delle dimensioni di 2.15 · 2.15 m. Le azioni sono strutturali. I loro valori di progetto (incluso il peso efficace della fondazione e del rinterro) sono ottenuti utilizzando i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3: Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 53) + 1.5 ⋅ 70 = 541kPa
Il valore di progetto della resistenza verticale è calcolato mediante l’equazione (D.2) dell’Annesso D dell’Eurocodice 7, applicando ai parametri relativi alla resistenza al taglio drenata i coefficienti di sicurezza parziali del set M2 della tabella A.4; il coefficiente di sicurezza parziale della resistenza γR,v è assunto pari all’unità, in accordo al set R3 della tabella A.5. Nq,k = 4.43
sq,k = 1.28
iq = 1.0
bq = 1.0
Nc,k = 11.79
sc,k = 1.36
ic = 1.0
bc = 1.0
Nγ,k = 2.00
sγ = 0.7
Il sovraccarico agente ai lati della fondazione è: Conseguentemente si ha:
iγ = 1.0
bγ = 1.0
q ' = γ ' D = 8 ⋅ 1.0 = 8 kPa
Rd / A ' = 8 ⋅ 4.43 ⋅ 1.28 + 0.5 ⋅ 2.15 ⋅ 2.0 ⋅ 8 ⋅ 0.7 + 4 ⋅ 11.799 ⋅ 1.36 = 121.5 kPa
Il valore di progetto della resistenza portante della fondazione (1.85 m · 1.85 m) è pari a: Rd = 121.5 ⋅ 2.15 ⋅ 2.15 = 562 kN
La condizione Vd ≤ Rd per verifica agli stati limite ultimi GEO (superamento della resistenza limite o eccesso di deformazioni) è soddisfatta, essendo 541 kN < 562 kN.
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L’equivalente coefficiente di sicurezza globale deterministico è pari a:
OFS = Rk / Vk = Rk / ( Pk + Qk + G pad ) = 906/(270+70+53)=906/393=2.3
La seguente tabella 4.4 riepiloga i risultati dei calcoli per i tre differenti approcci progettuali per le condizioni drenate.
Tabella 4.4. Risultati in condizioni drenate Dimensioni (m · m)
Coefficiente di sicurezza globale
4.7. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
DA-1
1.85 · 1.85 1.74
DA-2
1.95 · 1.95 1.92
DA-3
2.15 · 2.15 2.30
Buisman A.S.K. (1935), De weerstand van pallpunkten in zand. De Ingenieur, 50(14), pp. 28-35 Eslaamizaad S. e Robertson R.K. (1996), Cone penetration test to evaluate bearing capacity of foundation in sands. Proceedings of the 49th Canadian Geotechnical Conference, St. John’s, Newfoundland, September Frank R., Bauduin C., Driscoll R., Kavvadas M., Krebs Ovesen N., Orr T. e Schuppener B. (2004), Designers’ Guide to EN 1997-1 Eurocode 7: Geotechnical Design - General Rules. Thomas Telford, Londra Hansen J.B. e Hansen B. (1957). Foundations of structures – (a) General subjects and foundations other than piled foundations. General report, 4th ICSMFE, London, Vol. II, pp 441-447 Hansen J.B. (1970). A Revised and Extended Formula for Bearing Capacity. Bulletin No. 28, Danish Geotechnical Institute, Copenhagen, pp 5-11 Meyerhof G.G. (1953), The ultimate bearing capacity of fondations under eccentric and inclined loads. Proc. 3rd International Conference on Soil Mechanics and Foundation Engineering, Zurich, Vol. 1, pp. 440-445 Meyerhof G.G. (1956), Penetration tests and bearing capacity of cohesionless soils. Proc., Journal of Soil Mechanics and Foundation Engineering, ASCE, Vol. 82, No. SM1, pp 1-11 Tand K.E., Funegard E.G. e Warden P.E. (1995), Predicted/measured bearing capacity of shallow footings on sand. Proceedings of thye International Symposium on Cone Penetration Testing, CPT’95, Linkoping, Sweden, 2, 589-94, Swedish Geotechnical Society Terzaghi K. (1943), Theoretical soil mechanics. John Wiley and Sons, New York, p. 510 Terzaghi K. e Peck R.B. (1967), Soil mechanics in engineering practice, Second Edition, John Wiley and Sons, New York, p. 729 US Department of Navy (1982), NAVFAC DM – 7.1 – Soil Mechanics, Naval Facilities Engineering Command, VA, p. 348.
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3. Capacità portante di una fondazione superficiale
3.1. Introduzione all’argomento Tutti i carichi agenti su una struttura, quali ad esempio azioni verticali, orizzontali, termiche, ecc., vengono trasmessi alle fondazioni, e da queste al terreno sottostante. Un cedimento o la rottura del terreno possono provocare dei collassi parziali o totali dell’intera struttura, per questo la capacità portante di una fondazione riveste il più alto grado d’interesse per la stabilità globale o locale del manufatto; in caso contrario, supponendo di avere una struttura in elevazione di grandi resistenze, la stessa può cedere a causa di un terreno fondale che non riesce a scaricare le azioni (rottura del terreno). La trasmissione tra le azioni della struttura con il terreno avvengono secondo una superficie detta piano di posa della fondazione, posta a una profondità D, in genere chiamata affondamento del piano di posa rispetto al piano di campagna (figura 3.1).
Figura 3.1. Definizione della base fondale B e dell’affondamento D
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Consolidamento fondazioni di strutture in muratura
La superficie di contatto o di trasmissione è determinata dalla base della fondazione B, il rapporto D/B permette così per come proposto da Terzaghi di definire: • superficiali le fondazioni in cui il rapporto D/B è minore di 4; • profonde le fondazioni per le quali il rapporto D/B è maggiore di 10; • semi-profonde le fondazioni con D/B compreso tra 4 e 10. La differenza tra le tipologie di fondazione risiede nel meccanismo di trasferimento del carico al terreno, dove le fondazioni superficiali trasmettono il carico solo attraverso il piano di appoggio, mentre le fondazioni profonde e semi-profonde trasferiscono il carico al terreno sia in corrispondenza del piano di appoggio che lungo la superficie laterale. La funzionalità delle strutture in elevazione è garantita quando le azioni trasmesse alle fondazioni: • non producono rottura del terreno sottostante; • non inducono cedimenti eccessivi nel terreno tali da compromettere la stabilità e la funzionalità dell’opera sovrastante; • non producono instabilità globale, per esempio in opere realizzate su pendio, quando possono verificarsi sollecitazioni incompatibili con il materiale delle fondazioni. 3.2. Meccanismi di rottura del terreno sottostante Si consideri un blocco rigido appoggiato su un terreno omogeneo, su questo si applichi un carico verticale Q, fatto crescere gradualmente, leggendo contemporaneamente lo spostamento verticale (cedimento) w della fondazione. Diagrammando secondo un sistema carico-cedimento, si osserva che in un primo momento il cedimento cresce secondo una legge prossima a quella lineare, per poi incrementarsi per piccoli incrementi del carico, fino a raggiungere il carico limite del terreno Qlim (rottura del terreno), che rappresenta la pressione massima che una fondazione può trasmettere al terreno prima che questo raggiunga la rottura. L’andamento del tipo di rottura è fortemente influenzato dallo stato di addensamento (o alla consistenza, se si tratta di terreno coesivo), osservando che: • per un carico equivalente, il cedimento della fondazione è tanto maggiore quanto minore è la densità relativa (o quanto minore è la consistenza); • per terreni in cui si ha una elevata densità relativa (o della consistenza), in corrispondenza del carico di rottura, il blocco collassa, mentre per valori bassi della densità relativa (o della consistenza) il cedimento tende ad aumentare progressivamente e indefinitamente. La condizione di rottura è individuata da un valore limite convenzionale del cedimento.
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Capacità portante di una fondazione superficiale cap 3
Premesso che l’andamento del grafico riportato nelle figure 3.2-3.4 si riferisce a condizioni di deformazione controllata e non di carico controllato, si possono distinguere tre meccanismi di rottura. rottura generale
Si ha la formazione di una superficie di scorrimento, dove il terreno sottostante la fondazione rifluisce lateralmente e verso l’alto, ovvero un sollevamento del terreno stesso e l’emergere della superficie di scorrimento. Questo tipo di rottura è associato al caso di terreno denso (o compatto), dove i piani di rottura si estendono fino a raggiungere la superficie del piano campagna.
Figura 3.2. Rottura generale
rottura locale
Si ha la formazione di una superficie di rottura che interessa solo la zona in prossimità del cuneo sottostante la fondazione e che non si estende lateralmente. Il meccanismo è associato a terreno sciolto (o poco consistente).
Figura 3.3. Rottura locale
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50
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura
punzonamento
Questo tipo di rottura è caratterizzato dall’assenza di una superficie ben definita, il meccanismo provoca una compressione del terreno di fondazione con relativa diminuzione della sua porosità. Si osserva uno spostamento verso il basso del terreno circostante la fondazione. Il meccanismo è associato a un terreno molto sciolto (o molle).
Figura 3.4. Punzonamento
Variando la profondità del piano di posa si osserva che l’andamento della curva carico-cedimenti si modifica e, in particolare, all’aumentare della profondità del piano di posa si può passare da una condizione di rottura generale a una di rottura locale e a una per punzonamento.
3.3. Capacità portante di una fondazione superficiale I primi studi sul calcolo della capacità portante di una fondazione superficiale, vengono attribuiti a Prandtl (1920) e Terzaghi (1943). Secondo l’ipotesi di fondazione nastriforme (problema piano), entrambi utilizzano il metodo dell’equilibrio limite. Entrambi gli autori schematizzano il terreno come un mezzo continuo, omogeneo e isotropo, a comportamento rigido plastico e per il quale vale il criterio di rottura di Mohr-Coulomb. Lo studio di Prandtl è stato condotto ipotizzando l’assenza di attrito tra fondazione e il terreno sottostante, in tal caso la rottura avviene con la formazione di un cuneo in condizioni di spinta attiva di Rankine (con tensioni verticali e orizzontali principali, con tensione verticale maggiore, e tensione orizzontale minore) le cui facce risultano inclinate di un angolo pari a 45° + φ/2 rispetto all’orizzontale, essendo φ l’angolo di resistenza al taglio del terreno (figura 3.5).
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51
Capacità portante di una fondazione superficiale cap 3
Figura 3.5. Schema di Prandtl
Le azioni della fondazione spingono verso il basso il cuneo, cosa che, in condizioni di equilibrio limite, si traduce nella rottura del terreno circostante secondo una superficie di scorrimento a forma di spirale logaritmica con anomalia φ. Prandtl ha ipotizzato che in condizioni di rottura le tensioni sulla superficie di scorrimento sono inclinate per attrito di un angolo φ rispetto alla normale, e che queste hanno direzione che converge nel polo A della spirale logaritmica. La zona di taglio radiale spinge ulteriormente il terreno latistante producendo la rottura per spinta passiva. Il cuneo ADF è a questo punto in condizioni di spinta passiva di Rankine (tensioni verticali e orizzontali principali, con tensione verticale minore, e tensione orizzontale maggiore), questo è delimitato da superfici piane inclinate di un angolo di 45° – φ/2 rispetto all’orizzontale, scorre verso l’esterno e verso l’alto.
Figura 3.6. Schema di Terzaghi
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52
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura
Terzaghi ipotizza la presenza di attrito tra fondazione e terreno. In questo caso il cuneo sottostante la fondazione è in condizioni di equilibrio elastico, con superfici inclinate di un angolo φ rispetto all’orizzontale, e penetra nel terreno come se fosse parte della fondazione stessa (figura 3.6). Considerare il cuneo sottostante la fondazione come elemento rigido equivale a dire che la rottura avviene al di fuori del cuneo rigido. Entrambe le teorie presuppongono che il terreno sovrastante il piano di fondazione contribuisce alla capacità portante secondo il proprio peso, considerato come carico a favore di sicurezza e privo di resistenza al taglio, quindi nel tratto FG della superficie di scorrimento non vi sono tensioni di taglio. Il calcolo della capacità portante di una fondazione superficiale può essere ricondotto a una formula trinomia, che dipende: • • • • •
dalla base B della fondazione; dell’angolo di resistenza al taglio φ; dalla coesione c; dal peso proprio del terreno γ, interno alla superficie di scorrimento; dal sovraccarico, che, in assenza di carichi esterni sul piano campagna, è dato da q = γD.
La formula trinomia per sovrapposizione degli effetti è la seguente: 1 qlim = cN c + qN q + γ N γ B 2
(3.1)
La rottura viene calcolata supponendo che la superficie di scorrimento corrisponda alle condizioni previste per il singolo caso. Nella (3.1), i valori Nγ, Nc, Nq sono quantità adimensionali, e vengono dette fattori di capacità portante; queste grandezze sono funzione dell’angolo al taglio φ. I fattori Nc e Nq fanno riferimento rispettivamente alla coesione e al sovraccarico, mentre Nγ tiene conto dell’influenza del peso del terreno. La formula trinomia sul calcolo della capacità portante è in genere corretta da fattori dipendenti dalle condizione al contorno, inseriti nel tempo da vari autori. 3.3.1. Formula di Terzaghi Terzaghi nel 1943 formulò una delle teorie sulla capacità portante di una fondazione superficiale, per il caso in cui D ≤ B. Senza prendere in considerazione l’inclinazione della fondazione o un’eventuale eccentricità del carico o sua inclinazione, la formula trinomia proposta dall’autore è la seguente:
1 qlim = cN c sc + qN q + γ N γ Bsγ 2
(3.2)
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53
Capacità portante di una fondazione superficiale cap 3
I fattori di capacità portante secondo la teoria valgono: e(
) ( )
2 0 ,75π −ϕ / 2 tan φ
Nq =
(
2cos 2 45 + φ 2
)
Nc = (Nq – 1)cotφ Nγ = 2(Nq – 1)tanφ Il calcolo della capacità portante dipende dal tipo di fondazione: • • • •
nastriforme se B < L/5 rettangolare se B > L/5 quadrata circolare.
Terzaghi ha introdotto inoltre dei coefficienti che tengono conto della forma della fondazione, detti fattori di forma, sc, sγ (tabella 3.1). Tabella 3.1. Fattori di forma Fattori di forma sc
Forma della fondazione
sγ
Nastriforme
1
1
Rettangolare
1,3
0,8
Quadrata o circolare
1,3
0,6
3.3.2. Formula di Meyerhof Nel 1963 Meyerhof propose la formula trinomia introducendo anche dei dati che tengono conto sia della profondità del piano di posa, della fondazione nonché dell’inclinazione del carico:
1 qlim = cN c sc ic dc + qN q sq iq dq + γ N γ Bsγ iγ dγ 2
I fattori di capacità portante secondo la teoria valgono: π ϕ N q = eπ tanφ tan 2 + 4 2 Nc = (Nq – 1)cotφ Nγ = (Nq – 1)tan(1,4φ)
(3.3)
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Consolidamento fondazioni di strutture in muratura
La (3.3) tiene conto: • dei coefficienti correttivi, che tengono conto della forma della fondazione con i cosiddetti fattori di forma, sc, sq, sγ; • della profondità del piano di posa della fondazione rispetto al piano di campagna con i cosiddetti fattori di profondità dc, dq, dγ; • dell’inclinazione del carico con i cosiddetti fattori di inclinazione del carico ic, iq, iγ, individuati a seconda del tipo di terreno, coesivo o meno (tabelle 3.2-3.4). Nel caso di carico inclinato i fattori assumono il seguente valore: sc = s q = s γ = 1 Tabella 3.2. Fattori di forma Fattori di forma Valori di φ 0 >0
sc B 2 π φ tan + L 4 2
1 + 0 ,2
1 + 0 ,2
B 2 π φ tan + L 4 2
1 + 0 ,1
sq
sγ
1
1
B 2 π φ tan + L 4 2
1 + 0 ,1
B 2 π φ tan + L 4 2
Tabella 3.3. Fattori di profondità Fattori di profondità Valori di φ
dc
0
1 + 0 ,2
π φ D tan + B 4 2
>0
1 + 0 ,2
π φ D tan + B 4 2
1 + 0 ,1
dc
dγ
1
1
π φ D tan + B 4 2
1 + 0 ,1
π φ D tan + B 4 2
Tabella 3.4. Fattori di inclinazione del carico Fattori di inclinazione del carico Valori di φ
iq
ic
0
θ 1− 90
>0
θ 1− 90
2
2
θ 1− 90 θ 1− 90
iγ 2
0 2
θ 1− φ
2
Dove θ rappresenta l’angolo che la retta d’azione del carico forma con la verticale (espresso in gradi).
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Capacità portante di una fondazione superficiale cap 3
3.3.3. Formula di Brinch-Hansen Nel 1970 Brinch e Hansen proposero una formula trinomia introducendo altri fattori correttivi, l’inclinazione del piano di posa della fondazione e l’inclinazione del piano di campagna. La formula trinomia diventa:
1 qlim = c' N c sc ic bc g c dc + q ' N q sq iq bq g q dq + γ N γ B' sγ iγ bγ gγ dγ 2
(3.4)
I fattori di capacità portante secondo la teoria valgono: π φ N q = eπ tan tan 2 + 4 2 Nc = (Nq – 1)cotφ Nγ = 2(Nq + 1)tanφ Nel caso particolare, per φ = 0, ovvero per le verifiche in condizioni non drenate di fondazioni superficiali su terreno coesivo saturo in termini di tensioni totali, i fattori di capacità portante assumono i seguenti valori: Nq = 1 Nc = 2 + π = 5,14 Nγ = 0 Per φ = 0, la (3.4) diventa: qlim = (2 + π)cuscicbcgcdc + q
(3.5)
Anche se qualche fattore correttivo è già stato definito in precedenza, di seguito verranno riassunti i fattori utilizzati dalla (3.4) e (3.5) • • • • •
fattori di forma sc, sq, sγ fattori di profondità dc, dq, dγ fattori di inclinazione del carico ic, iq, iγ fattori di inclinazione del piano di fondazione bc, bq, bγ fattori di inclinazione del piano di campagna gc, gq, gγ.
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Consolidamento fondazioni di strutture in muratura
3.3.3.1. Fattore di forma L’equazione originale di Terzaghi è ottenuta con riferimento a una striscia indefinita di carico, in modo da poter considerare il problema piano. In realtà però le fondazioni hanno dimensioni in pianta confrontabili, e quindi la capacità portante è influenzata dagli effetti di bordo. Si può tener conto, in modo semiempirico, della tridimensionalità del problema di capacità portante attraverso i fattori di forma, il cui valore può essere calcolato secondo quanto riportato nella tabella 3.5 (Vesic, 1975). Tabella 3.5. Fattori di forma Fattori di forma
B' N q 1+ ⋅ L' N c
Rettangolare
1+ ⋅
Circolare o quadrata
sq
sc
Forma della fondazione
Nq Nc
1+
sγ
B' ⋅ tan L'
1 − 0 ,4
1 + tanφ
B' L'
0,6
I fattori sc e sq, rispettivamente associati alla coesione e al sovraccarico latistante, sono maggiori di 1, perché il terreno alle estremità longitudinali della fondazione contribuisce alla capacità portante, mentre il fattore sγ, associato al peso proprio del terreno di fondazione, è minore di 1 a causa del minore confinamento del terreno alle estremità. 3.3.3.2. Fattore di profondità La profondità del piano di fondazione mette in conto anche la resistenza al taglio del terreno sopra il piano di fondazione, ovvero considera la superficie di scorrimento estesa fino al piano campagna (segmento FG delle figure 3.5 e 3.6). I fattori di profondità sono riportati in tabella 2.6 (Vesic, 1975). Tabella 3.6. Fattori di profondità Fattori di profondità Valori di φ φ=0 Argilla satura in condizioni non drenate φ>0 Sabbie e argille in condizioni drenate
dc
D ≤1 B' D >1 B' D ≤1 B' D >1 B'
1 + 0 ,4
D B'
D 1 + 0 ,4 ⋅ arctan B'
dq −
1 − dq N c tan ϕ
dq
dγ
1
1
(
)
2
1 + 2 tanφ 1 − sin φ ⋅
D B'
D 1 + 2 tan φ ⋅ 1 − sin φ ⋅ arctan B'
(
)
2
1
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Capacità portante di una fondazione superficiale cap 3
Tuttavia, poiché il terreno sovrastante il piano di fondazione è molto spesso un terreno di riporto o comunque con caratteristiche meccaniche scadenti e inferiori a quelle del terreno di fondazione, l’uso dei fattori di profondità deve essere fatto con cautela. 3.3.3.3. Eccentrità dei carichi In generale le fondazioni superficiali devono sostenere carichi eccentrici. La superficie interagente con il terreno diminuisce, influenzando la capacità portante. L’area resistente a rottura è quella porzione dell’area totale per la quale il carico risulta centrato. In particolare, per una fondazione a base rettangolare di dimensioni B (base) e L (lunghezza), considerando un carico che trasmette un’eccentricità eB nella direzione del lato minore B e un’eccentricità eL nella direzione del lato maggiore L, nel calcolo della capacità portante si terrà conto di una fondazione rettangolare equivalente di area: A’ = B’ · L’
(3.6)
rispetto alla quale il carico è centrato, dove: B’ = B – 2eB
(3.7)
L’ = L – 2eL (3.8)
Figura 3.7. Area equivalente
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Consolidamento fondazioni di strutture in muratura
3.3.3.4. Inclinazione dei carichi L’inclinazione del carico riduce la resistenza a rottura di una fondazione superficiale, secondo il rapporto fra la componenti orizzontale H e quella verticale V. A seconda dell’inclinazione del carico, la rottura può avvenire per slittamento o per capacità portante. Nella tabella 3.7 sono riportati i valori più comunemente utilizzati. Tabella 3.7. Fattori di inclinazione dei carichi Fattori di inclinazione dei carichi Valori di φ
ic
φ=0 Argilla satura in condizioni non drenate c > 0, φ > 0 Argilla in condizioni drenate c=0 Sabbie
1−
mH B ⋅ L ⋅ cu ⋅ N c
iq −
1 − iq N c tanϕ
iq
iγ
1
1
H 1− V + BLcD cotϕ H 1− V
-
m
m
H 1− V + BLcD cot ϕ H 1− V
m+1
m+1
Dove il coefficiente m assume, per carico orizzontale parallelo alla base, il seguente valore:
B L m= B 1+ L 2+
(3.9)
In un piano H-V è possibile costruire un dominio di rottura, e pervenire al collasso per differenti moltiplicatori del carico. 3.3.3.5. Inclinazione del piano di posa L’inclinazione del piano di posa può essere considerata come tolleranza a seguito degli scavi o per accorgimenti strutturali, difatti ritorna utile nel caso in cui la struttura trasmetta carichi permanenti sensibilmente inclinati; in tal modo il piano di posa della fondazione verrà realizzato con un’inclinazione α rispetto all’orizzontale (figura 3.8).
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Capacità portante di una fondazione superficiale cap 3
Figura 3.8. Inclinazione del piano di posa e del piano di campagna
La capacità portante nella direzione ortogonale al piano di posa è corretta secondo dei fattori di inclinazione del piano di posa (tabella 3.8). Tabella 3.8. Fattori di inclinazione del piano di posa Fattori di inclinazione del piano di posa Valori di φ φ=0 Argilla satura in condizioni non drenate c > 0, φ > 0 Argilla in condizioni drenate
bc
bq
bγ
2α π +2
1
1
(1 – αtanφ)2
(1 – αtanφ)2
1−
bq −
1 − bq N c tanϕ
3.3.3.6. Inclinazione del piano di campagna Nel caso in cui il piano campagna sia inclinato di un angolo β rispetto all’orizzontale (figura 3.8), verranno inseriti dei coefficienti correttivi sul calcolo della la capacità portante (tabella 3.9). Tabella 3.9. Fattori di inclinazione del piano di campagna Fattori di inclinazione del piano di campagna Valori di φ φ=0 Argilla satura in condizioni non drenate c > 0, φ > 0 Argilla in condizioni drenate
1−
gq −
gc
gq
gγ
2β π +2
1
1
(1 – βtanφ)2 · cosβ
(1 – βtanφ)2
1 − gq N c tan ϕ
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60
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura
3.3.4. Metodo EC7 La formula trinomia della capacità portante è uguale al metodo di Brinch e Hansen, ovvero:
1 qlim = c' N c sc ic bc g c dc + q ' N q sq iq bq g q dq + γ N γ B' sγ iγ bγ gγ dγ 2
(3.10)
I fattori di capacità portante valgono in condizioni drenate: π ϕ N q = eπ tan tan 2 + 4 2 Nc = (Nq – 1)cotφ Nγ = 2(Nq – 1)tanφ Anche in questo caso per φ = 0 si ha: Nq = 1 Nc = 2 + π = 5,14 Nγ = 0 Quindi, per φ = 0, la (3.10) diventa: qlim = (2 + π)cuscicbcgcdc + q (3.11)
I fattori di forma e d’inclinazione del carico sono riportati nelle tabelle 3.10, 3.11, 3.12. Tabella. 3.10. Fattori di forma Fattori di forma Valori di φ φ=0
Forma Rettangolare
Argilla satura in condizioni Quadrata o rotonda non drenate φ>0 Sabbie e argille in condizioni drenate
Rettangolare Quadrata o rotonda
sc
sq
sγ
B' 1 + 0 ,2 L'
1
1
1,2
sq ⋅ N q − 1 Nq − 1
1+
B' ⋅ sen L'
1 + senφ
1 − 0 ,3 0,7
B' L'
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umentato la tensione progressivamente dal generatore fino ad arrivare a 5V. Durante l’esercitazione abbiamo 61 dovuto camb orrente “Id” in mA dovrebbe formarsi una curva che prende il nome di “curva caratteristica del diodo” dove Vγ è la tensione d Capacità portante di una fondazione superficiale cap 3
Tabella. 3.11. Fattori di inclinazione dei carichi (carico orizzontale H parallelo a B) Fattori di inclinazione dei carichi ic
iq
iγ
H 0 ,5 ⋅ 1 + 1 − B' ⋅ L' cU
1
1
Valori di φ φ=0 Argilla satura in condizioni non drenate c > 0, φ > 0
iq ⋅ N q − 1
Argilla in condizioni drenate
Nq − 1
0 ,7 ⋅ H 1− V + B' L' cD cot ϕ
3
H 1− V + B' L' cD cot ϕ
3
Tabella 3.12. Fattori di inclinazione dei carichi (carico orizzontale H parallelo a L) Fattori di inclinazione dei carichi Valori di φ
ic
iq
iγ
1
1
φ=0
H 0 ,5 ⋅ 1 + 1 − Argilla satura in condizioni B' ⋅ L' ⋅ cU non drenate c > 0, φ > 0 Argilla in condizioni drenate
iq ⋅ N q − 1 Nq − 1
1−
H V + B' L' cU cot ϕ
1−
H V + B' L' cU cotϕ
Per i fattori di profondità, di inclinazione del piano di posa e del piano di campagna, possono essere assunti gli stessi valori proposti da Brinch-Hansen. 3.3.5. Influenza dell’acqua e scelta dei parametri geotecnici La presenza dell’acqua, sia sul terreno sottostante il piano di posa della fondazione che sul terreno sovrastante, influenza notevolmente la capacità portante. Il problema è rivolto al drenaggio del terreno, che dipende dal tipo di terreno e dal modo in cui viene applicato il carico (istantaneo o lento). Per i terreni a grana grossa, quali ghiaie e sabbie, considerata l’elevata permeabilità (k ≥ 10–5 m/s), l’applicazione di carichi statici non genera sovrapressioni interstiziali; l’analisi è condotta con riferimento alle condizioni drenate, considerando solo tensioni efficaci. In termini di tensioni efficaci, la resistenza del terreno è definita secondo i parametri c’ e φ’, da cui il criterio di rottura: τ = c’ + σ’ · tanφ Quindi nella formula trinomia (equazioni (3.1), (3.2), (3.3), (3.4) e (3.10)) devono essere presi come dati geotecnici i valori efficaci c’ e φ’.
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62
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura
La presenza di una falda incide sul calcolo della capacità portante tramite il sovraccarico trasmesso dal terreno sovrastante e dal peso specifico del terreno al di sotto del piano fondale. I fattori di capacità portante vengono calcolati utilizzando i valori di c’ e φ’ del terreno. A seconda della presenza della falda e della sua profondità possono essere individuati tre casi. Per semplificazione verrà esaminata la formula trinomia proposta da Terzaghi, ma ovviamente il caso può essere descritto da tutte le teorie analoghe (Meyerhof, Brinch-Hansen, EC7, ecc.). Ipotizzando la falda in quiete, con peso specifico dell’acqua γw, si hanno i seguenti casi. a. Il pelo libero della falda si trova a una quota al di sopra del piano di posa della fondazione
Figura 3.9. Falda al di sopra del piano di fondazione
Il carico q’ che moltiplica Nq va inteso come il valore della tensione effettiva verticale litostatica agente alla profondità del piano di posa; in questo caso si ha: q’ = γ1 · zFalda + (γSat1 – γw) · (D – zFalda)
(3.12)
La formula trinomia diventa:
dove
(
)(
)
q ' = γ 1 ⋅ z Falda + γ Sat1 − γ w ⋅ D − z Falda (3.13) γ2’ = γSat2 – γw
è il peso di volume immerso del terreno presente sotto la fondazione.
(3.14)
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63
Capacità portante di una fondazione superficiale cap 3
Se il pelo libero della falda coincide con il piano di fondazione, allora il valore zFalda sarà uguale alla profondità dell’affondamento D, quindi: q’ = γ1 · D
(3.15)
b. Il pelo libero della falda si trova a una profondità al di sotto del piano di posa della fondazione compresa tra D e D + B ovvero, d < B
Figura 3.10. Falda al di sotto del piano di fondazione
Il carico q’ che moltiplica Nq diventa: q’ = γ1 · D
(3.16)
La formula trinomia diventa: 1 d qlim = c' N c + q ' N q + γ 2 ' + γ 2 − γ 2 ' ⋅ N γ B 2 B
(
)
(3.17)
c. Il pelo libero della falda si trova a una profondità al di sotto del piano di posa della fondazione con d ≥ B, la falda può essere trascurata Per i terreni a grana fine (limi e argille), la cui permeabilità è molto bassa, le sovrapressioni interstiziali a causa dei carichi statici si dissipano lentamente nel tempo secondo la legge della consolidazione. La capacità portante dovrebbe essere esaminata secondo un comportamento a breve termine (condizioni non drenate in termini di tensioni totali), nonché secondo un comportamento a lungo termine (condizioni drenate in termini di tensioni efficaci). Ovviamente considerare la condizione non drenata (comportamento a breve
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64
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura
termine), è a favore di sicurezza per la stabilità delle fondazioni su terreni coesivi, poiché al termine del processo di consolidazione l’incremento delle tensioni efficaci avrà prodotto un incremento della resistenza al taglio. Nelle analisi di capacità portante in termini di tensioni totali, la resistenza del terreno è definita convenzionalmente mediante il parametro cu (coesione non drenata) e il criterio di rottura è espresso nella: τ = cu contrariamente a c’ e φ’, non rappresenta una caratteristica del materiale, ma un parametro di comportamento. Il calcolo della capacità portante viene calcolato secondo la (3.5). 3.4. Verifica a scorrimento Le azioni orizzontali tendono a far scorrere la fondazione nel verso della forza applicata H. La forza che contrasta lo scorrimento dipende dalle forze di attrito e di aderenza nel contatto fondazione-terreno e da un’eventuale resistenza laterale (figura 3.11): EH = FRd + Epd = Vtanδt + ca · B + Epd
(3.18)
dove δt = coefficiente di attrito fondazione-terreno ca = adesione fondazione-terreno Epd = resistenza laterale di calcolo (resistenza passiva). Il coefficiente di attrito fondazione-terreno, in generale, può essere assunto pari all’angolo di attrito interno φ’ del terreno a contatto con la fondazione, l’adesione ca invece è assunta pari a (0,5 ÷ 0,7)c. La resistenza passiva in genere si mobilita per spostamenti superiori di almeno un ordine di grandezza rispetto a quelli necessari per mobilitare lo stato limite attivo FRd. In genere viene trascurata, a meno che non venga compattato il terreno di riporto o infisso un muro laterale o che il getto di calcestruzzo avvenga a contatto con la parete di scavo. La verifica è soddisfatta se: RH = H ≤ EH
(3.18)
Sia RH che EH vengono calcolati tenendo conto di opportuni coefficienti correttivi, come verrà illustrato nel successivo capitolo.
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Capacità portante di una fondazione superficiale cap 3
Figura 3.11. Azioni per le verifiche a scorrimento
3.5. Capacità portante di una fondazione superficiale in presenza di sisma La capacità portante di fondazioni superficiali in presenza di carichi sismici deve tener conto degli effetti dell’inerzia delle masse del suolo sotto la fondazione. I primi studi che tengono conto dell’effetto del sisma sono dovuti a Mayerhof, e si basano su un approccio pseudostatico: le accelerazioni verticali e orizzontali sono applicate nel centro di gravità della struttura e il problema è ridotto a un caso statico, con carichi agenti di carattere eccentrico. Alla fine del secolo scorso, negli anni ’90, furono sviluppati i primi lavori che in forma più rigorosa tengono conto delle forze di inerzia, considerato il sistema suolo-struttura, basati sul metodo dell’equilibrio limite. L’analisi della capacità portante in ambiente sismico si lega alle caratteristiche sismiche del sito: ag = accelerazione orizzontale massima sul suolo S = fattore che tiene conto del profilo stratigrafico. In pratica, in aggiunta alle forze dovute alla gravità, la capacità portante viene legata al fattore delle inerzie orizzontali: ag kh = S ⋅ (3.19) g Come si vedrà in seguito, la capacità portante delle fondazioni si riduce sostanzialmente durante un terremoto. I metodi sviluppati in questi ultimi anni per il calcolo della capacità portante di fondazioni superficiali in zona sismica fanno in generale riferimento al caso di terreni granulari, privi di coesione, dotati solo di angolo di attrito. Di seguito verrà analizzato il metodo di Paolucci-Pecker e il metodo di Maugeri.
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Consolidamento fondazioni di strutture in muratura
3.5.1. Metodo di Paolucci e Pecker Il metodo di Paolucci e Pecker è basato sull’approccio cinematico della yield design theory, in cui l’eccitazione sismica è applicata staticamente (approccio quasi-statico). La formulazione empirica approssima i risultati di un approccio cinematico tenendo conto sia dell’eccentricità del carico che del contributo dell’inerzia del suolo. Il metodo considera solo l’azione sismica orizzontale kh e trascura kv dovuta all’eccitazione sismica verticale, ricerca quindi tre moltiplicatori funzione della forza orizzontale, dell’eccentricità del carico e dell’inerzia del terreno che, valutati come si vedrà di seguito e moltiplicati per la capacità portante limite in campo statico, forniscono la valutazione della stessa in campo sismico. La capacità portante in ambiente sismico qlim,e diventa: qlim,e = υh · υe · υi · qlim,s
(3.20)
Il metodo di Paolucci-Pecker è un’estensione ridotta del metodo di Brinch-Hansen, dove la portanza in condizioni statiche ridotta nei sui coefficienti vale:
1 qlim,s = c' N c sc ic dc + q ' N q sq iq dq + γ N γ B' sγ iγ dγ 2
(3.21)
Il metodo non utilizza nella classica formula di Brinch-Hansen il coefficiente presentato con il valore tipico di Vesic: Nγ = 2(Nq + 1)tanφ ma con il valore: Nγ = 2(Nq – 1)tanφ I coefficienti presenti nella formula 3.20 valgono: a. per la forza orizzontale:
3
k υh = 1 − h 0 ,85
(3.22)
b. per l’eccentricità del carico: 1,8
e υe = 1 − 0 ,50 B
(3.23)
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Capacità portante di una fondazione superficiale cap 3
essendo e l’eccentricità dei carichi; c. per l’inerzia del terreno: k υi = 1 − h tan φ
0 ,35
(3.25)
Il metodo di Paolucci secondo l’equazione (3.25) è valido fino a che viene rispettata la disuguaglianza: ag kh = S ⋅ < tanφ (3.26) g dopodiché il coefficiente legato all’inerzia del terreno perde significato. Il metodo non risulta applicabile in certe zone sismiche per valori dell’angolo di attrito interno relativamente basso. 3.5.2. Metodo di Maugeri Il metodo di Maugeri si basa su uno studio condotto per via numerica mediante il metodo delle caratteristiche, proposto da Sokolowskii per un’analisi statica e riscritto per una condizione pseudostatica attraverso la descrizione di un modello numerico che permette di trovare i valori di Nj. Si tenga presente che l’interpolazione è corretta per valori di kh inferiori a 0,40. I valori di Nj vengono ridotti rispetto a quelli tipici statici grazie a nuovi coefficienti correttivi indicati rispettivamente con hc, hq, hγ, rappresentati attraverso delle funzioni interpolanti di tipo polinomiale cubico in funzione di φ e kh. Il metodo di Maugeri permette, attraverso il variare di un coefficiente f tra il valore 0 e il valore 1, di tenere conto, nel primo caso, del solo effetto cinematico del sisma e nel secondo caso dell’effetto completo (cinematico + dinamico) del sisma sulla fondazione, quindi il fattore f tiene conto della percentuale di sforzo di taglio trasmesso alla base. Con questo metodo la consueta formula di Brinch-Hansen viene riscritta introducendo i coefficienti h nel seguente modo:
1 qlim,s = c' N c sc ic dc hc + q ' N q sq iq dq hq + γ N γ B' sγ iγ dγ hγ 2
(3.27)
I valori h presenti nella (3.27) sono i seguenti: a. fattore di scorrimento: hγ = A · kh(1 – f) + B · (kh2 · f) + C · (kh · f) + 1
(3.28)
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Consolidamento fondazioni di strutture in muratura
b. fattore di coesione: hc = D · (kh2 · f) + E · (kh · f) + 1
(3.29)
c. fattore di sovraccarico: hq = F · kh2 · (1 – f) + G · kh · (1 – f) + H · (kh2 · f) + I · (kh · f) + 1 (3.30) dove A = 7,23tanφ3 – 18,39tanφ2 + 15,22tanφ – 5,39 B = – 70,5tanφ3 + 143,84tanφ2 – 98,79tanφ + 27,64 C = 12,90tanφ3 – 35,04tanφ2 + 30,27tanφ – 12,48 D = 70,06tanφ3 – 171,07tanφ2 + 129,90tanφ – 29,61 E = 1,27tanφ – 1,07 F = 43,29tanφ3 – 105,80tanφ2 + 81,09tanφ – 19,91 G = – 2,80tanφ3 + 6,66tanφ2 – 4,61tanφ + 0,35 H = 63,69tanφ3 – 154,31tanφ2 + 117,70tanφ – 26,34 I = – 4,49tanφ3 + 10,58tanφ2 – 8,48tanφ – 0,22. Entrambi i metodi permettono di porre in evidenza che al crescere dell’accelerazione sismica di picco la capacità portante della fondazione diminuisce in modo decisamente marcato, diminuzione molto significativa al punto da asserire che, per angoli di attrito piuttosto bassi e per valori di kh elevati, la capacità portante in campo sismico si riduce fino ad arrivare a fondazioni di difficile realizzazione, oppure all’impossibilità della valutazione della stessa. Ai metodi illustrati ve sono altri che si citano solamente: • • • •
metodo di Kumar metodo EC8 annex F metodo di Richards metodo di Sarma ecc.
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LE PAGINE CHE HAI APPENA LETTO SONO TRATTE DA QUESTO LIBRO:
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CAPITOLO 3 CALCOLO DELLA CAPACITÀ PORTANTE
3.1. CONSIDERAZIONI GENERALI L’indagine geotecnica necessaria per la progettazione dei micropali e più in generale dei pali di fondazione, comprende i seguenti punti fondamentali: • conoscenza approfondita della geologia della zona del progetto; • conoscenza dell’utilizzo del sito in passato (attività estrattive, precedenti scavi, eventuali problemi incontrati durante la costruzione di opere nel sito in oggetto od in prossimità, metodi costruttivi adottati per la costruzione di manufatti adiacenti, con particolare riferimento alla tipologia delle fondazioni adottate); • descrizione della storia geologica e delle modalità di deposizione dei terreni di fondazione; • analisi delle stratigrafie di sondaggi già eseguiti in prossimità dell’opera con inclusa la descrizione e classificazione dei diversi strati di terreno presenti (peso dell’unità di volume, contenuto naturale d’acqua, risultati delle prove penetrometriche dinamiche (SPT) o statiche (CPT), descrizione delle condizioni relative alla presenza o meno della falda, ecc.; • esecuzione di sondaggi la cui lunghezza deve essere tale da raggiungere profondità superiori a quelle relative alla quota di base dei micropali o dei pali di fondazione, con una dettagliata descrizione dei terreni, con particolare riferimento alle zone di transizione fra uno strato ed il successivo; • preparazione di sezioni geotecniche in corrispondenza delle opere, sulla base delle stratigrafie dei sondaggi, riportando i differenti tipi di terreno, i valori di SPT e tutte le altre informazioni ottenute dall’indagine in sito e di laboratorio, per valutare la variabilità dei terreni di fondazione in corrispondenza delle opere e per identificare le condizioni geotecniche più critiche presenti in corrispondenza delle opere; • determinazione delle curve granulometriche, dei limiti di plasticità e liquidità, per i terreni coesivi, determinazione dei parametri di resistenza al taglio dei terreni; • nel caso siano incontrati strati rocciosi, le stratigrafie devono riportare la classificazione della roccia, il grado di alterazione e fratturazione, la percentuale di recupero delle carote, il valore di RQD, la resistenza a compressione monoassiale e ogni altra osservazione utile raccolta durante l’esecuzione dei sondaggi; • determinazione dell’eventuale presenza di condizioni relative alla presenza di terreni pericolosi, contaminati e/o corrosivi. Questi dati possono includere la resistività, il valore di pH e la presenza di piombo, solfati e clorite. L’interpretazione di tutti i dati geotecnici, raccolti in un apposito rapporto geotecnico, deve essere verificata durante l’installazione dei pali, mediante opportuno monitoraggio e rilievo dei dati relativi all’esecuzione dei pali, come ad esempio, la velocità di perforazione o di avanzamento durante la messa in opera dei pali. 3.2. MICROPALI Ai fini progettuali, normalmente si considera, per la capacità portante dei micropali, il solo contributo relativo all’attrito laterale fra la miscela cementizia ed il terreno di fondazione, in quanto il con-
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MICROPALI
tributo relativo alla portata di base è trascurabile rispetto alla capacità portante complessiva, tenendo anche conto dei seguenti aspetti: • L’elevato valore della resistenza al taglio, presente lungo la superficie laterale al contatto fra la miscela cementizia ed il terreno, che può essere ottenuto come conseguenza del metodo d’installazione dei micropali. La capacità portante per attrito laterale può raggiungere valori superiori a 365 kN per metro di lunghezza del micropalo, in terreni a grana grossa ben addensati e 750 kN per metro di lunghezza in rocce competenti, per i tipici diametri di perforazione dei micropali (150-300 mm). • La superficie disponibile per mobilizzare l’attrito laterale è molto superiore rispetto alla superficie della base del micropalo. Ad esempio, per un palo del diametro di 200 mm e con una lunghezza di connessione pari a 6 m, la superficie, disponibile per attrito o adesione laterale, è 120 volte superiore a quella relativa alla portata di base del micropalo. • Il cedimento del micropalo, necessario a mobilitare la resistenza al taglio lungo la superficie laterale, è significativamente inferiore a quello necessario per mobilizzare la portata di base. Come conseguenza della dipendenza della capacità portante del micropalo dall’attrito che si sviluppa lungo la superficie laterale, i micropali sono considerati geotecnicamente equivalenti in compressione e in tensione. Questa è una comune assunzione sulla base della quale i micropali sono dimensionati per sforzi assiali di compressione/trazione, valutando il valore della resistenza al taglio presente lungo la superficie laterale in funzione della resistenza del terreno. I valori tipici che sono assunti per quanto concerne l’attrito laterale del micropalo, mediante valutazioni teoriche o mediante prove di carico, sono considerati valori medi che agiscono lungo l’intera lunghezza del tratto di micropalo connesso al terreno. Misure ottenute da strumentazione installata su ancoraggi e micropali, hanno mostrato, tuttavia, in modo particolare per terreni addensati e compatti e per le rocce competenti, che la percentuale di carico trasferita al terreno è più elevata nel tratto superiore, connesso al terreno, del micropalo. Questo fenomeno ha una notevole influenza sulle previsione dei cedimenti. A questo riguardo, una considerazione pratica è che la concentrazione della reazione ai carichi applicati nella parte superiore del tratto di micropalo connesso al terreno, ha come conseguenza una riduzione della lunghezza del tratto di palo che si deforma elasticamente, con la conseguente riduzione dell’entità del cedimento, particolarmente in terreni addensati o compatti e in roccia. Occorre precisare che mentre l’impiego dei micropali sta crescendo rapidamente, lo stato dell’arte per quanto riguarda la progettazione geotecnica dei micropali è basata prevalentemente sull’esperienza e ricerca relativa ai pali trivellati, agli ancoraggi nei terreni e ai tiranti. Con riferimento ad un recente studio condotto dalla FHWA (vedi riferimenti bibliografici), la figura 3.1 riporta una tabella per stimare il valore della resistenza al taglio lungo la superficie laterale al contatto fra la miscela cementizia e il terreno. La tabella include dei campi di variazione, per i quattro tipi di micropalo descritti nel capitolo 1 (tipo A, B, C e D), in funzione della variabilità geotecnica dei diversi tipi di terreno. Tali valori della resistenza al taglio sono comunemente basati sull’esperienza locale dell’ingegnere geotecnico. I valori riportati in tabella devono essere, pertanto, considerati come dei valori orientativi di riferimento, per le diverse modalità d’installazione e le differenti condizioni geotecniche dei terreni. Sulla base di tali valori, della resistenza al taglio lungo la superficie laterale, al contatto fra la miscela cementizia ed il terreno, indicati in tabella con, si può calcolare la capacità portante ammissibile per forze assiali agenti sul micropalo, secondo la seguente relazione: α (1) P= ⋅ 3.14 ⋅ D ⋅ L FS dove oltre al valore di α si ha: D = diametro relativo alla superficie di contatto fra la miscela ed il terreno L = lunghezza del tratto di connessione fra micropalo e terreno FS = coefficiente di sicurezza in condizioni statiche, normalmente assunto pari a 2.5.
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Descrizione dei terreni-rocce
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Tipici valori della resistenza al taglio lungo la superficie laterale al contatto fra la miscela cementizia ed il terreno (kPa)
Tipo A
Tipo B
Tipo C
Tipo D
Limo e argilla (con sabbia) (tenera, medio plastica) Limo e argilla (con sabbia) (dura, da densa a molto densa) Sabbia (con limo) (fine, da poco a mediamente addensata) Sabbia (con limo, con ghiaia) (da mediamente densa a molto densa) Ghiaia (con sabbia) (da mediamente a molto densa) Morena (limo, sabbia, ghiaia) (da mediamente a molto densa, cementata) Scisti argillosi teneri (moderatamente fratturati, poco o per niente alterati) Scisti argillosi o scisti duri (moderatamente fratturati, poco o per niente alterati) Calcari (moderatamente fratturati, poco o per niente alterati)
Arenarie (moderatamente fratturate, poco o per niente alterate) Graniti e basalti (moderatamente fratturati, poco o per niente alterati) Tipo A – Micropali a Gravità
Tipo B – Iniettati a pressione attraverso il rivestimento provvisorio quando viene sollevato Tipo C – Iniezione primaria a gravità e iniezione secondaria globale unica in pressione
Tipo D – Iniezione primaria a gravità e una o più fasi di iniezione in pressione secondaria “globale” (iniezione ripetuta selettiva)
Figura 3.1. Riepilogo dei valori della resistenza al taglio lungo la superficie laterale in funzione del tipo di micropalo e terreno, per valutazioni e dimensionamenti preliminari
Per quanto riguarda il calcolo della capacità portante per forze assiali applicate ai micropali, uno dei metodi di calcolo, tuttora fra i più validi fra quelli proposti in letteratura, è stato messo a punto da Bustamante e Doix (1985), i quali hanno analizzato i risultati sperimentali di una notevole mole di prove di carico relative a tiranti, micropali e pali iniettati per un totale di 249 prove. Di queste una parte è stata ricavata da prove pubblicate in letteratura ma ben 120 si riferiscono a prove che gli stessi Autori hanno direttamente seguito per conto del Laboratoires des Ponts et Chaussées. La figura 3.2, mostra l’ubicazione dei siti in Francia nei quali sono state effettuate le prove di carico, i cui risultati sono stati utilizzati per mettere a punto il metodo di calcolo, ed un riepilogo di tutte le 249 prove utilizzate. Relativamente ai differenti tipi di terreni interessati dall’esecuzione dei tiranti e dei micropali sottoposti alle prove di carico, sono stati analizzati i risultati relativi a terreni che comprendevano limi e argille, ghiaie e sabbie, rocce marnose o limo-calcaree e calcari e rocce alterate e fratturate. La figura 3.3 riepiloga per i differenti siti le prove geotecniche eseguite e utilizzate per l’interpretazione delle prove di carico. Nonostante una discreta dispersione dei risultati, di cui si parlerà più avanti, gli Autori sono riusciti ad elaborare dei grafici che forniscono il valore della resistenza al taglio lungo la superficie laterale
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MICROPALI
(a)
Numero dei siti analizzati: 34
(c) Regione parigina
Caratteristiche geometriche
Tiranti
Micropali
valore medio campo di varizione
Lunghezze totali LT (m)
Lunghezze in ancoraggio Ls valore medio campo di (m) varizione valore medio Diametro di perforazione Dd campo di (mm) varizione
(b) Autori o organismi che hanno interpretato le prove
Totale dei siti
Tiranti
Numero di elementi sottoposti a prova Micropali
Pali iniettati
non precisati non precisati
Figura 3.2. Prove di carico utilizzate da Bustamante e Doix (1985) per mettere a punto il metodo di calcolo per il dimensionamento dei micropali, (a) ubicazione dei siti nei quali Laboratoires des Ponts et Chaussées hanno effettuato parte delle prove di carico, (b) riepilogo dei siti e di tutte le prove di carico analizzate, (c) riepilogo delle caratteristiche geometriche dei tiranti e dei micropali sui quali sono state condotte le prove di carico esaminate
Tipo di prova geotecnica eseguita (parametri geotecnici misurati) Pressiometro Ménard (pl)
Penetrometro statico CPT (qc) Prove di laboratorio (c, ø) SPT
(N)
Totale dei siti
Siti con le prove effettivamente utilizzate
Siti dove le prove effettuate hanno fornito risultati parziali
Siti nei quali le prove geotecniche non sono state effettuate
6 I valori di pl eccedono le possibilità della sonda utilizzata da misurarli
1 I valori di pl eccedono le possibilità della sonda di misurarli
4 (rifiuto prematuro)
17 Non è stato possibile eseguire le prove a causa della natura dei materiali molto addensati
4 Campioni non indisturbati
19 Di cui 11 sono stati giudicati inesplorabili a priori a causa dell’impossibilità di prelevare campioni 19 Di cui 10 sono stati giudicati a priori inadatti per eseguire prove SPT a causa della natura troppo compatta dei terreni
Figura 3.3. Prove geotecniche effettuate nei siti nei quali Laboratoires des Ponts et Chaussées hanno eseguito le prove di carico analizzate da Bustamante e Doix
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del micropalo in funzione delle caratteristiche geotecniche dei terreni, con un’unica differenziazione per quanto riguarda le modalità esecutive dei micropali: • quelli realizzati con una miscela cementizia colata a gravità o iniettata a debole pressione (inferiore a 0.7 MPa) designati con la sigla I.G.U. (iniezione globale unica); • quelli ottenuti con più fasi d’iniezione di miscela cementizia di cui una prima fase a bassa pressione per sigillare il foro ed una o più fasi ulteriori, a pressioni e volumi controllati, tramite valvole di non ritorno posizionate lungo il tratto connesso e designati con la sigla I.R.S. (iniezione ripetuta selettiva). Gli Autori chiariscono che la pressione d’iniezione per tiranti o micropali ad iniezione semplice è in genere: 0.5 pl ≤ pi ≤ pl mentre nei tiranti o micropali ad iniezioni ripetute si ha: pi ≥ pl dove pl è la pressione limite ricavata da prove pressiometriche. Con riferimento alla figura 3.4 si ha che la capacità portante limite per forze assiali è data dalla seguente formula generale: TL = π · Ds · Ls · qs
(2)
dove Ds = diametro efficace Ls = tratto di micropalo connesso al terreno, o lunghezza del bulbo qs = tensione di attrito laterale che si sviluppa all’interfaccia palo-terreno. Per quanto riguarda le dimensioni trasversali del micropalo da considerare, gli autori raccomandano di utilizzare un valore del diametro efficace superiore al diametro di perforazione secondo la seguente espressione: Ds = α · Dd
(3)
essendo α un parametro migliorativo, i cui valori, a seconda del tipo di micropalo e di terreno, sono riportati in figura 3.5. I valori di qs sono indicati dagli Autori in funzione dei seguenti tipi di terreno: • • • • •
terreni sabbiosi-ghiaiosi (vedi grafico di figura 3.6); terreni argillosi-limosi (figura 3.7); arenarie, marne e marne calcaree (figura 3.8); rocce alterate e fratturate (figura 3.9). in funzione della resistenza del terreno, espressa dal valore della pressione limite pressiometrica o dalla resistenza alla penetrazione ricavata con prove SPT (Standard Penetration Test).
La figura 3.10 riporta, infine, una tabella per scegliere nei grafici delle figure 3.6-3.9 la curva relativa al diverso tipo di micropalo. Come si può notare nelle figure 3.6-3.9, la differenza di capacità portante per attrito laterale, tra i micropali I.G.U. e I.R.S. risulta influenzata dalla natura dei terreni ed è maggiormente marcata per i terreni con migliori proprietà meccaniche.
TL
TL
QL Dd
LL
Dd
Ls
Ls
Ds
Ds
Figura 3.4. Rappresentazione schematica di (a) un tirante, (b) un micropalo
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MICROPALI
Tipo di terreno
Coefficiente α
Quantità minima di miscela Vl
Ghiaia Ghiaia sabbiosa Sabbia ghiaiosa Sabbia grossolana Sabbia media Sabbia fine
per
Sabbia limosa
per
per per
Limo Argilla
per per
Marna
per strati compatti
Arenaria alterata o fratturata
o maggiore per strati fratturati
Marna calcarea
per strati poco fessurati
Roccia alterata o frattura
o superiori nel caso di roccia fratturata
• : con pi ≥ pl •• : con 0,5 pl < pi < pl
VS: Volume foro di perforazione IRS: Iniezione ripetuta selettiva IGU: Iniezione globale unica
Figura 3.5. Valori del coefficiente α per il calcolo del diametro efficace α per la valutazione della capacità portante di un micropalo
Sciolte
Mediamente addensate
Dense
Figura 3.6. Abachi per il calcolo del valore di qs in terreni sabbiosi-ghiaiosi
Molto dense
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Molle Poco consist. Mediam. compatto
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Compatto
Molto compatto
Figura 3.7. Abachi per il calcolo del valore di qs in terreni argillosi-limosi
Molle
Alterata
Fratturata - sana
Figura 3.8. Abachi per il calcolo del valore di qs in arenarie, marne e marne calcaree
Figura 3.9. Abachi per il calcolo del valore di qs in rocce alterate e fratturate
Nel caso di terreno stratificato la portata laterale limite può essere calcolata sommando i contributi dei diversi strati di terreno secondo la seguente espressione: TL = ∑ π · Dsi · qsi · lsi i
(4)
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MICROPALI
dove il significato dei simboli è simile a quello Quantità minima di miscela prima indicato mentre il pedice i indica che la Tipo di terreno grandezza è valutata con riferimento allo strato iesimo interessato dal tratto connesso di micropalo. Ghiaia sabbiosa Con riferimento alla valutazione della capacità Ghiaia Sabbia ghiaiosa portante dei micropali, occorre evidenziare come Sabbia grossolana Sabbia media sia di fondamentale importanza la redazione di Sabbia fine Sabbia limosa accurate specifiche tecniche in grado di permettere un’esecuzione appropriata, in particolare Limo modo proprio per quelle operazioni che influi- Argilla scono maggiormente sulla capacità portante dei Marna calcarea micropali. Tali specifiche, data la loro delicatez- Marna Arenaria alterata o fratturata za ed importanza sull’effettivo raggiungimento del risultato finale, devono fare parte integrante Roccia alterata o fratturata del progetto dei micropali. Conseguentemente, le • : con pi ≥ pl •• : con 0.5 pl < pi < pl specifiche devono essere scrupolosamente osserFigura 3.10. Tabella per la scelta degli abachi per la determivate in fase esecutiva. nazione del valore di qs Ad esempio, è evidente che per i pali a iniezione ripetuta selettiva, la stessa definizione del diametro efficace dipende notevolmente dal volume di miscela iniettata e dalla stessa pressione di iniezione adottata e, conseguentemente, agendo su tali parametri si può ottenere, come risultato finale, un maggiore o minore diametro efficace. Prima di dare, pertanto, delle indicazioni relativamente alle comuni prescrizioni fornite nelle specifiche tecniche, ci soffermeremo su alcuni aspetti e concetti importanti, relativamente all’iniezione dei terreni. L’iniezione di un terreno o di un ammasso roccioso è un’operazione assai complessa se si vuole ottenere una corretta introduzione della miscela nel terreno. Se, infatti, a livello progettuale fosse correttamente individuata la miscela ottimate per il tipo di terreno, il risultato potrebbe risultare inficiato se la miscela non fosse pompata nel modo più appropriato, secondo sequenze precise, quantitativi, portate e pressioni prestabilite in funzione della granulometria del terreno e delle condizioni specifiche del sito.
Tipo
Tipo
Figura 3.11. Valori di qs misurati in terreni sabbiosi-ghiaiosi
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Tipo Tipo
Figura 3.12. Valori di qs misurati in terreni argillosi-limosi
Tipo Tipo
Figura 3.13. Valori di qs misurati in rocce marnose o limo-calcaree
Tipo Tipo
Figura 3.14. Valori di qs misurati in rocce alterate e fratturate
Riassumiamo di seguito, brevemente, alcuni concetti fondamentali, relativamente alla teoria e ai principi dell’iniezione nel caso di un terreno assimilabile ad un mezzo poroso. Il moto di filtrazione che s’instaura all’interno di un mezzo poroso è, entro un dato limite di pressione, di tipo laminare e la portata dipende dai seguenti fattori: • carico idraulico applicato;
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MICROPALI
• geometria della sezione filtrante; • struttura e permeabilità del mezzo; • viscosità del fluido. La legge di Darcy che definisce il coefficiente di permeabilità k nei mezzi permeabili per porosità è applicabile ai fluidi come l’acqua caratterizzati da un valore costante della viscosità. Molti Autori hanno affrontato la teoria dell’iniezione nei terreni pervenendo ad espressioni più o meno sofisticate, basate sulle seguenti semplificazioni: • terreno omogeneo ed isotropo; • moto di filtrazione laminare e stazionario; • flusso radiale sferico o da sorgente cilindrica. Di seguito, si forniscono le soluzioni principali (vedi Cambefort, 1967) per il caso di flusso radiale sferico e flusso da sorgente cilindrica in mezzo omogeneo o stratificato. I parametri fondamentali relativi all’iniezione sono i seguenti: ∆H(m) Q (m3/s) r0 (m) L (m) r’0 (m) R (m) t (s) V (m3) k (m/s) km (m/s) ηm n
= carico idraulico utile in corrispondenza della sezione filtrante = portata d’iniezione = raggio della sezione filtrante = lunghezza della sezione filtrante = raggio equivalente per flusso radiale sferico, nel caso di sezione cilindrica di raggio r0 e altezza L = raggio di influenza dell’iniezione = tempo = volume di terreno interessato = permeabilità del terreno all’acqua = permeabilità del terreno alla miscela = k/ηm = viscosità della miscela = porosità del terreno.
Vediamo ora la soluzione per i seguenti tre differenti casi fondamentali.
CASO A:
INIEZIONE IN MEZZO OMOGENEO ED ISOTROPO CON FLUSSO RADIALE DA UNA SORGENTE SFERICA DI RAGGIO r0
La portata in regime stazionario è data dalla relazione: Q = 4 · π · r0 · km · ∆H
(5)
Ponendo ad esempio: r0 = 0.04 m si ha: Q = 0.5 · km · ∆H
(m3/s)
(6)
oppure: Q = 3 · 104 · km · ∆H
(l/min)
(7)
CASO B:
INIEZIONE IN MEZZO OMOGENEO ED ISOTROPO CON FLUSSO DA SORGENTE CILINDRICA DI RAGGIO r0
Nel caso più realistico di sezione cilindrica di altezza si può ugualmente utilizzare la (5), sostituendo a r0 il raggio r’0 equivalente: L r0' = α
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dove
α=
2⋅ L
(L
2
− 4 ⋅ r02
)
0.5
⋅ 1n
(
L + L2 − 4 ⋅ r02
)
0.5
2 ⋅ r0
(8)
Mantenendo un raggio r0 = 0.04 m, ed assumendo L = 0.33 m, corrispondente alla presenza di tre valvole a metro, si ottiene: α = 4.32 e, conseguentemente: r’0 = 0.08 m Come si può notare, rispetto al caso precedente si ha un raddoppio di portata, a parità di carico applicato e di permeabilità del terreno alla miscela, avendosi, infatti: Q = 1.0 · km · ∆H (m3/s)
(9)
La portata può essere espressa anche in termini geometrici nella seguente maniera: n Q =V ⋅ t e nel caso di sorgente sferica: 4 n Q = ⋅ π R 3 – r03 ⋅ 3 t
(
)
(10)
(11)
Eguagliando per congruenza le espressioni (1) e (3) della portata, si ottiene una relazione più generale che correla il raggio di propagazione R al tempo di iniezione t, al carico ∆H, ed alle caratteristiche del terreno k ed n: R 3 – r03 =
3 ⋅ r0 ⋅ km ⋅ ∆H ⋅ t n
(11)
CASO C: INIEZIONE IN TERRENO STRATIFICATO CON FLUSSO PIANO DA SORGENTE CILINDRICA DI RAGGIO r0 Nella realtà i terreni omogenei ed isotropi sono un’eccezione in quanto in genere si è sempre in presenza di terreni eterogenei fittamente stratificati (Cambefort, 1967) come ad esempio nei depositi alluvionali nei quali si ha una successione di strati con spessori e permeabilità molto diverse. Se la sezione filtrante interessa diversi strati, la miscela si diffonde prima in quelli più permeabili. Si ha comunque un flusso piano, definibile dalla seguente formula di Thiem (1906), scritta in funzione della portata: Q=
2 ⋅ π ⋅ L ⋅ ∆H ⋅ km R ln r0
(13)
Assumendo come precedentemente, a titolo di esempio: r0 L R
= = =
0.04 m 0.33 m 1.0 m
si ottiene: Q = 0.64 · km · ∆H
(m3/s)
(14)
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MICROPALI
oppure: Q = 3.84 · 104 · km · ∆H (l/min)
(15)
Nei tre casi (A, B e C), mantenendo invariato il valore di r0 si ottiene la seguente espressione generale: Q = β · km · ∆H
(m3/s)
(16)
Il coefficiente β assume, nell’ultimo caso C analizzato, un valore intermedio, pari a 0.64, fra quelli risultanti nei primi due casi (rispettivamente 0.5 per il caso A e 1.0 per il caso B). Esprimendo la portata in termini puramente geometrici, nella (10) si può introdurre la seguente espressione: V = π · (R2 – r20) · L
(17)
ottenendo:
(
)
n t Uguagliando la (13) alla (18) si ottiene la seguente relazione generale: Q = π R 2 – r02 ⋅ L ⋅
(18)
2 ⋅ km ⋅ ∆H ⋅ t R n ⋅ 1n r0 Una volta noti i valori di r0, R e n, si ottiene la seguente relazione generale: R 2 – r02 =
(20)
km · ∆H · t = ρ
(21)
dove adottando come unità di lunghezza, rispettivamente per le lunghezze ed il tempo, il metro ed il secondo, la ρ(m2) costante varia da un massimo di 2.56 nel caso A di flusso radiale da sorgente sferica di raggio r0 = 0.04 m, ad un minimo di 0.48 nel caso C di flusso piano da una sezione cilindrica dello stesso raggio e di lunghezza pari a 0.33 m. Sulla base di quanto sopra, la figura 3.15 mostra, per i tre casi esaminati, l’andamento della portata in funzione del coefficiente di permeabilità del terreno alla miscela, per tre differenti casi di carico idraulico, ovverosia di pressione di iniezione. 100.00 90.00 80.00
Portata Q (litri/min)
70.00 60.00 50.00 40.00 30.00 20.00 10.00 0.00 1.0E-06
1.0E-05
Coefficiente di permeabilità del terreno alla miscela km (m/s)
1.0E-04
Figura 3.15. Andamento della portata in funzione del coefficiente di permeabilità del terreno alla miscela, per tre differenti casi di carico idraulico, ovverosia di pressione di iniezione
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La figura 3.16 mostra, invece, come per ottenere un raggio di propagazione pari ad 1 m, raggiunto in 30 minuti, occorra variare il carico idraulico in funzione del coefficiente di permeabilità alla miscela. Infine, le figure 3.17 e 3.18, rispettivamente per il caso B e C, mostrano come occorre variare il carico idraulico in funzione della durata dell’iniezione e della permeabilità del terreno alla miscela, per ottenere un raggio di propagazione della miscela di 1 m, nel caso di un terreno caratterizzato da una porosità pari a 0.3. Nel caso dei micropali si adotterà il sistema d’iniezione a “volume controllato” che comporta l’imCORRELAZIONE FRA CARICO IDRAULICO E PERMEABILITÀ DEL TERRENO ALLA MISCELA SECONDO DIVERSI SCHEMI DI FLUSSO
300.00
Carico idraulico H (m)
250.00 200.00 150.00 100.00 50.00
0.00 1.0E-06
1.0E-05 Coefficiente di permeabilità alla miscela km (m/s)
1.0E-04
Figura 3.16. Variazione del carico idraulico in funzione del coefficiente di permeabilità alla miscela, per ottenere un raggio di propagazione pari ad 1 m, raggiunto in 30 minuti CASO B CORRELAZIONI TEORICHE FRA PRESSIONE, DURATA DELL’INIEZIONE E PERMEABILITÀ DEL TERRENO ALLA MISCELA
Carico idraulico H (m)
1000
100
10
10
Durata dell’iniezione (min)
100
Figura 3.17. Caso B, variazione del carico idraulico in funzione della durata dell’iniezione e della permeabilità del terreno alla miscela per ottenere un raggio di propagazione della miscela di 1 m, nel caso di un terreno caratterizzato da una porosità pari a 0.3
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MICROPALI
CASO C CORRELAZIONI TEORICHE FRA PRESSIONE, DURATA DELL’INIEZIONE E PERMEABILITÀ DEL TERRENO ALLA MISCELA
Carico idraulico H (m)
1000
100
10
10
Durata dell’iniezione (min)
100
Figura 3.18. Caso C, variazione del carico idraulico in funzione della durata dell’iniezione e della permeabilità del terreno alla miscela per ottenere un raggio di propagazione della miscela di 1 m, nel caso di un terreno caratterizzato da una porosità pari a 0.3
missione in una determinata valvola di un volume considerato come limite massimo e che potrebbe, tuttavia, diminuire nel caso in cui la pressione di rifiuto venisse ad un certo momento superata. Anche il valore della pressione assume, dunque, un ruolo limitativo per l’iniezione; da qui la denominazione di “volume”controllato”: Durante l’esecuzione dell’iniezione occorre perseguire le seguenti finalità: • fare penetrare il quantitativo di progetto senza provocare rotture nel terreno (“claquages”); • verificare di conseguenza le pressioni di “rifiuto” per la miscela utilizzata; • correggere, eventualmente, i quantitativi previsti ed adeguarli alle reali necessità. La portata e la pressione ammissibile sono legate fra loro; ambedue sono condizionate dalla natura del terreno e dalla viscosità della miscela iniettata. Per quanto riguarda l’entità del volume da iniettare, attraverso una valvola, occorre tenere presente la natura dei terreni e la loro porosità. Nell’ambito dei terreni iniettabili la porosità è mediamente compresa fra 0.2 e 0.3 per i terreni grossolani e fra 0.3 e 0.4 per i più fini. È, inoltre, importante tenere presente che il volume dei vuoti riempiti non supera generalmente il 50% della porosità globale n, anche nei casi di migliore successo ai fini del risultato (Ischy e Glossop, 1962); i maggiori consumi sono da attribuirsi ad aumento del volume iniziale dei vuoti, a dispersioni oltre i limiti del trattamento previsto ed al drenaggio subito dalla miscela. La figura 3.19 mostra a titolo esemplificativo e puramente teorico come varia il volume di miscela che può essere iniettato attraverso delle valvole poste a distanza di 33 cm (3 al metro) in funzione sia del raggio di propagazione che s’intende raggiungere sia della porosità del terreno, avendo assunto un grado di efficienza del trattamento del 50%. Per quanto riguarda la pressione di iniezione essa provoca sulle pareti del foro uno sforzo tangenziale di trazione, di ugual valore; se questo è superiore al contrasto offerto dal terreno sovrastante, si avrà la rottura. Il fenomeno della fratturazione idraulica o “claquage” consiste nella formazione di una fessura artificiale che può propagarsi più o meno lontano, a seconda delle condizioni locali. Numerose sono le formulazioni teoriche che stabiliscono la pressione critica, che induce la rottura del terreno, in funzione del peso dell’unità di volume del terreno, del suo angolo di attrito interno, del coefficiente di Poisson e della profondità alla quale avviene l’iniezione.
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81
350 300
Litri massimi inettabili per valvola
250 200 150 100 50 0 0.4
0.5
0.6
0.7
0.8 0.9 Raggio di propagazione (m)
1
1.1
1.2
1.3
Figura 3.19. Volumi teorici massimi iniettabili attraverso delle valvole poste a distanza di 33 cm (3 al metro) in funzione sia del raggio di propagazione che si intende raggiungere sia della porosità del terreno
Da un confronto fra gli sforzi tangenziali dovuti al peso proprio del terreno e quelli indotti dalla pressione applicata, risulta che il minimo teorico di “claquage” è dato dalla seguente relazione: pl = γ · z · (1 + sinø)/υ
(21)
per un terreno incoerente, essendo: γ = peso di volume z = profondità ø’ = angolo di attrito interno υ = coefficiente di Poisson.
pressione P [kg/ cmq)
Se il terreno è a grana fine, in tale espressione occorre aggiungere il termine relativo alla coesione. Con questa ed altre formulazioni, la teoria sottovaluta sempre ed anche in misura rilevante, le reali pressioni di rottura del terreno. Il criterio più razionale è, pertanto, sempre quello speripressione critica - Pcr (rottura del terreno) mentale e cioè la determinazione in sito, applicando delle portate crescenti fino al portata massima momento in cui la pressione ammissibile dell’iniezione – Pi tende a mantenersi costante o diminuisce come mostrato in figura 3.20. Una volta definita sperimentalmente la soglia di “claquage”, si potrà razionalmente definire il limite di pressione da adottare. Con riferimento alla figura 3.20 si potrà ad esempio assumere portata Q [lt/min] come pressione limite di iniezione il 90% della pressione Figura 3.20. Esempio di andamento dell’iniezione al fine di stabilire la portata massima da imporre non superando, pertanto, la pressione critica di “claquage”.
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MICROPALI
Tuttavia, nel corso dell’iniezione di micropali I.R.S. si ritiene accettabile che si verifichino limitate fratturazioni idrauliche (claquages) nel terreno, ma non è accettabile che importanti volumi di miscela siano dispersi a notevole distanza dal micropalo a causa di un’impropria conduzione dell’iniezione. Per evitare questa incongruenza è necessario prescrivere nelle specifiche tecniche quanto segue: • adottare una velocità di iniezione da non superare e, orientativamente, pari a 10 ÷ 15 litri al minuto; • sospensione dell’iniezione allorché si verifichino cadute di pressione, riprendendo, successivamente dopo che la miscela ha fatto presa, l’iniezione al fine di raggiungere i volumi previsti in una fase successiva. 3.3. CONSIDERAZIONI GENERALI SUL CALCOLO DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI I pali di fondazione sono degli elementi strutturali in grado di trasferire il carico, applicato alla loro sommità, agli strati di terreno più profondi e in generale più resistenti. La capacità portante di un palo può essere calcolata con: • • • •
formule statiche; formule dinamiche; prove di carico; prove penetrometriche statiche o dinamiche.
La capacità portante di un palo dipende dai seguenti fattori: • dalla geometria del problema; • dalla forma e dal tipo di palo; • dalle condizioni stratigrafiche variabili con la profondità; • dall’entità del carico applicato; • dal tempo intercorso tra l’esecuzione e l’applicazione del carico. La capacità portante del palo è anche influenzata dal: • metodo di installazione; • dall’interazione fra il palo ed il terreno. Infine, il palo è condizionato nel suo carico limite dalla: • resistenza a compressione del materiale costituente il palo; • dalla capacità portante del terreno circostante il fusto e la base del palo. La resistenza totale del fusto di un palo, si sviluppa quando è avvenuto, tra il palo ed il terreno circostante, un movimento relativo dell’ordine di parecchi millimetri. Con un palo infisso, questa condizione è pienamente soddisfatta durante la fase di installazione. Con un palo trivellato, ciò è pienamente o parzialmente soddisfatto durante il costipamento del calcestruzzo seguito all’estrazione della tubazione. Infatti il calcestruzzo è compresso verso il basso come pure lateralmente e quindi si verifica un movimento relativo verticale. Con entrambi i tipi di palo, un’ulteriore movimento avviene durante il carico del palo e per la compressione elastica del palo che ne segue. La resistenza del fusto dipende dall’entità delle tensioni normali laterali esercitate sul palo dal terreno circostante. Tensioni di attrito laterale notevoli si sviluppano durante la messa in opera di un palo prefabbricato cioè di un palo “a spostamento”, tensioni di attrito laterale di entità inferiore si manifestano nel caso della messa in opera di un palo trivellato. Un palo infisso causa lo spostamento del terreno lateralmente e tanto più se la sua sezione è conica, e quindi le tensioni orizzontali che si originano passano dalla condizione di spinta a riposo alla condizione di quasi totale spinta passiva, soprattutto quando il palo esercita un’azione di cuneo.
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La posa in opera di un palo trivellato causa invece una diminuzione delle tensioni orizzontali, le quali passano dalla condizione di spinta a riposo allo stato di spinta attiva a meno che la tubazione del rivestimento provvisorio, non sia mantenuta in opera. L’entità della tensione di attrito laterale dipende anche dalla lunghezza del palo, cioè dal sovraccarico del terreno, in altre parole dalla tensione geostatica presente alla quota della punta del palo. Il valore della resistenza del fusto, cioè dell’attrito laterale, dipende, infine, dal tipo di palo e cioè se il palo è: • portante prevalentemente di punta; • portante prevalentemente per attrito laterale. Se un palo porta prevalentemente di punta, cioè appoggia su uno strato molto compatto, questo ha una compressibilità molto bassa e pertanto il movimento relativo, governato dalle caratteristiche di deformabilità dello strato portante, è di modesta entità. La portata prevalentemente di punta di un palo si verifica quando la presenza in profondità di uno strato molto compatto permette l’appoggio della punta del palo ed il trasferimento diretto del carico a tale strato. Oltre al verificarsi dei due casi estremi, in casi particolari, per i quali si hanno pali portanti esclusivamente o quasi totalmente di punta o per attrito laterale, nella pratica si verificano soprattutto casi intermedi, cioè pali portanti di punta e contemporaneamente per attrito laterale. Inizialmente il palo resiste principalmente per connessione laterale, solo una modesta quota parte del carico ad esso affidato è trasferita alla punta, ciò anche se la punta viene ad appoggiare su uno strato compatto. Con l’applicazione del carico si manifesta un certo spostamento che mobilizza la connessione laterale, tale spostamento è maggiore nella parte superiore del palo, perciò in tale tratto la connessione laterale raggiunge il suo valore massimo. Crescendo ulteriormente il carico e quindi lo spostamento, è totalmente mobilizzata la connessione laterale disponibile anche per il tratto più profondo del palo, ulteriori incrementi di carico vengono quasi integralmente trasferiti alla punta. Il valore critico dello spostamento della sommità del palo, per il quale si raggiunge il massimo valore della tensione di connessione laterale, non dipende dal diametro. La connessione laterale si manifesta con il mobilitarsi: • dell’adesione per i terreni coesivi; • dell’attrito per i terreni granulari. A seconda della natura del terreno, risulta diversa la distribuzione delle tensioni di connessione laterale. Con un palo in terreno coesivo la distribuzione della tensione di connessione laterale lungo il fusto del palo ha un andamento parabolico nella parte alta e tende a diventare costante nella parte più profonda. Il punto di applicazione, della risultante delle tensioni di connessione laterale è situato nella parte alta per un palo singolo, mentre per un gruppo di pali si ha uno spostamento considerevole verso il basso. La mobilizzazione della resistenza totale per connessione laterale avviene con minimi spostamenti verticali, secondo vari Autori dell’ordine dei 7 mm. Perciò è modesto il valore percentuale del carico trasferito alla punta rispetto al carico totale affidato al palo, anche nel caso di pali intestati in terreno molto compatto. Per un palo in terreno incoerente la distribuzione delle tensioni di attrito laterale lungo il fusto del palo ha un andamento parabolico indipendente dalle caratteristiche geometriche del palo e dalle modalità costruttive od esecutive. Una volta applicato il carico, la quota parte di carico, che è trasferita alla punta del palo, causa uno spostamento verso il basso del punto di applicazione della risultante delle tensioni, relative alla connessione laterale. Aumentando il carico totale aumenta la percentuale di carico trasmesso alla punta, potendo raggiungere anche il 100%.
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MICROPALI
La massima resistenza per connessione laterale si mobilizza, secondo diversi Autori, per un’entità degli spostamenti verticali di circa 8 ÷ 10 mm. La massima resistenza alla base del palo, richiede spostamenti di circa 4 ÷ 5 volte superiori a quelli sopraindicati. Secondo altri Autori, tra i quali Terzaghi, la resistenza alla base del palo si mobilizza con il verificarsi di spostamenti dell’ordine di 0.05 ÷ 0.15 D, essendo D il diametro del palo. La capacità portante o portata limite di un palo può essere valutata, considerando l’equilibrio delle forze mostrate in figura 3.21, mediante le seguenti formule statiche che si basano sui principi della meccanica del terreno. Nel caso di un carico di compressione: Q1 = Qbl + Qsl – W = Ab · q1 + As · τl – W
Compressione
Trazione
Figura 3.21. Forze agenti su un palo in compressione ed in tensione
Nel caso di un carico di trazione: T1 = Qsl + W = As · τl + W dove Ql Qbl Qsl W Ab As ql τl
= = = = = = = =
(22) (23)
capacità portante limite totale portata limite della base del palo portata limite per attrito laterale peso proprio del palo area della superficie di base del palo area della superficie laterale del palo portata unitaria limite di base resistenza unitaria laterale limite.
Il problema consiste quindi nella determinazione della portata unitaria limite di base ql e della resistenza unitaria laterale limite τl. Diverse soluzioni teoriche sono state proposte per il problema bidimensionale della capacità portante di una fondazione superficiale nastriforme a partire dal 1934, tra queste la più nota è la soluzione pubblicata da Terzaghi nel 1943. Terzaghi ha ricavato la sua soluzione ipotizzando una rottura generale della fondazione caratterizzata dalla formazione di superfici di scorrimento ben definite che, partendo dalla fondazione, si sviluppano fino al piano campagna con conseguente sollevamento del terreno ai due lati della fondazione, come mostrato in figura 3.22. Terzaghi ha poi esteso la sua soluzione alle fondazioni superficiali quadrate e circolari introducendo dei coefficienti derivati empiricamente. Figura 3.22. Meccanismo di rottura di una fondazione superficiale Per una fondazione circolare superficiale, secondo Terzaghi. (A) zona di equilibrio in condizioni elastiche, (B) zona di rottura radiale, (C) zona di rottura in condizioni di spinta passiva Terzaghi è pervenuto alla seguente equazione: ql = 1.3 ⋅ c ⋅ N c + γ ⋅ D ⋅ N q + 0.6 ⋅
B ⋅ γ ⋅ Nγ 2
dove c = coesione D = profondità della fondazione B = larghezza della fondazione γ = peso dell’unità di volume del terreno Nc, Nq, Nγ = fattori di capacità portante, dipendenti dall’angolo di resistenza al taglio.
(24)
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Figura 3.23. Diagramma che mostra le forze di taglio che si oppongono al sollevamento del terreno alla base del palo, in accordo alle ipotesi di Terzaghi
Figura 3.24. Meccanismo di rottura secondo Berezantzev
Il valore medio del sovraccarico è dato da: p0 = αT · γD · D
85
Terzaghi ha discusso il meccanismo del comportamento di un palo soggetto ad azione assiale indicando i fattori che contribuiscono alla portata di base. In figura 3.23 lo spostamento verso il basso della base AB causa lo spostamento verso l’esterno e verso l’alto. Tale movimento è contrastato dal peso dell’anello di terreno rappresentato in sezione da CDEF ma anche dalle forze di taglio che si oppongono al movimento verso l’alto lungo le superfici esterne CF e DE e lungo la superficie del fusto del palo. Terzaghi non ricavò una soluzione per questo modello a causa dell’incertezza circa la distribuzione e l’entità delle tensioni di attrito laterale nel terreno e al contatto fra il palo ed il terreno. Per applicazioni pratiche e per pali che attraversano terreni compressibili andandosi ad intestare in uno strato portante profondo, Terzaghi e Peck (1967) suggeriscono che la portata unitaria limite di base può essere calcolata mediante l’equazione (24). La portata limite per attrito laterale Qsl = As τl dovrebbe essere assunta ricavando il valore della resistenza unitaria laterale limite τl mediante prove in sito. Sulla base di quanto evidenziato da Terzaghi relativamente all’equivalenza dell’attrito laterale, che si manifesta fra il palo ed il terreno, ad un sovraccarico, in letteratura sono state proposte numerose soluzioni per calcolare la portata unitaria limite di base. Tuttavia tali soluzioni non sono diventate di diffusa applicazione a causa della mancanza di un’adeguata conoscenza dell’effettivo stato tensionale nell’intorno del palo con la conseguente mancanza di fiducia nella validità delle assunzioni. Berezantzev, Krisoforov e Golubkov (1961) hanno ipotizzato che le superfici di rottura di un palo infisso in un terreno incoerente si sviluppino solo fino al piano di posa della base del palo e hanno trovato una soluzione per lo stato tensionale presente nell’intorno del palo basata sulla teoria dell’equilibrio limite in un terreno incoerente (Berezantzev, 1952). Il sovraccarico agente sul piano di posa della fondazione p0 è pari al peso del cilindro di terreno coassiale al palo ridotto delle azioni tangenziali agenti lungo lo sviluppo di tale cilindro, come mostrato in figura 3.24. (25)
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MICROPALI
dove αT è un coefficiente che dipende da D/B, dal valore dell’angolo di resistenza al taglio φ e dal valore del peso dell’unità di volume del terreno alla profondità D. La portata unitaria limite di base è data da: ql = Ak · γ · B + Bk · αT · γD · D
(26)
Il raggio relativo al cilindro intorno al palo e la tensione di attrito laterale lungo la superficie cilindrica di terreno ed i valori dei coefficienti riportati nell’equazione (26) sono calcolati sulla base della teoria dell’equilibrio limite in un mezzo incoerente (vedi figura 3.24). Il meccanismo di rottura per la base di una fondazione profonda ipotizzato da Meyerhof (1951) nella sua teoria relativa alla capacità portante, fornisce un’ipotesi di lavoro utile per spiegare alcuni dei più noti comportamenti di un palo di fondazione. Meyerhof assume che le superfici di rottura si Figura 3.25. Meccanismo di rottura intorno ad un palo secondo Meyerhof richiudono intorno al palo come mostrato in figura 3.25 per il caso di una fondazione profonda con superfici scabre. Con riferimento alla figura 3.25, al di sotto della base si ha una zona centrale ABC che rimane in uno stato elastico di equilibrio e si comporta come facente parte della fondazione; su ciascun lato di questa zona si hanno due zone plastiche ACD e BCE (zone di taglio radiale) e due zone di taglio in condizioni piane o miste DAF e EBG. Meyerhof ha espresso la portata unitaria limite di base nella seguente maniera: ql = c ⋅ N c + K s ⋅ γ ⋅ D ⋅ N q + γ ⋅ dove Ks Nc, Nq, Nγ
B ⋅ Nγ 2
(27)
= coefficiente di spinta del terreno sul fusto del palo nella zona di rottura; variabile da 0.5 per terreni sciolti a circa 1 per terreni addensati = fattori di capacità portante, dipendenti dall’angolo di resistenza al taglio e dal rapporto D/B.
Per un terreno per il quale lungo il fusto del palo si abbia sia aderenza sia attrito, Meyerhof (1953) fornisce la seguente espressione per la resistenza unitaria laterale limite τl alla profondità D’:
τl = ca + Ks · γ · D’ · tanδ dove ca δ
= =
(28)
aderenza palo-terreno; angolo di attrito palo-terreno.
Per le argille δ = 0 e pertanto τ1 = ca. Per i terreni non coesivi ca = 0 e, conseguentemente τl = Ks · γ · D’ · tan δ. I valori di τl, ca, Ks, γ e δ variano da punto a punto lungo il fusto del palo, ma per scopi pratici si ritiene adeguato assumere un valore medio. Se D è la profondità della base del palo, D’ aumenta da 0 a D, e il valore medio è, conseguentemente per un terreno non coesivo, pari a τ1 = Ks · γ · (D/2) · tanδ. Pertanto la formula di Meyerhof, per valutare la capacità portante di un palo in un terreno caratterizzato sia dalla coesione sia dall’angolo di resistenza al taglio, è data dalla seguente espressione:
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B D Q1 = As ca + K s ⋅ γ ⋅ ⋅ tan δ + Ab c ⋅ N c + K s ⋅ γ ⋅ D ⋅ N q + γ ⋅ ⋅ N γ 2 2
87
(29)
Nel caso di un palo di proporzioni normali caratterizzato da un rapporto D/B di circa 30 o maggiore, nelle equazioni sopra riportate (24), (26) e (27), il termine contenente la larghezza B risulta piccolo al confronto con gli altri termini e quindi può essere trascurato. Le equazioni diventano pertanto: Terzaghi Berezantzev et al. Meyerhof
ql = 1.3 · c · Nc + γ · D · Nq ql = Bk · αT · γD · D ql = c · Nc + Ks · γ · D · Nq
(30) (31) (32)
Le equazioni (30) e (32) si applicano a terreni caratterizzati sia dalla coesione sia dall’angolo di resistenza al taglio. L’equazione (31) si applica solamente ai terreni non coesivi. In realtà le equazioni (30), (31) e (32) forniscono la portata unitaria limite di base totale alla quale dovrebbe essere sottratto il peso del terreno che prima dell’installazione del palo era presente ed esercitava una tensione in corrispondenza della base del palo. Se −γ è il peso dell’unità di volume medio del terreno prima della sua asportazione, la pressione equivalente alla rimozione del terreno è pari a −γ D. Conseguentemente al valore di ql occorre sottrarre il valore di −γ D. Assumendo per semplicità γ = γ = −γ si ottiene: D
Terzaghi Berezantzev et al. Meyerhof
ql = 1.3 · c · Nc + γ · D · (Nq – 1) ql = γD · D · (Bk · αT –1) ql = c · Nc + γ · D · (Ks · Nq – 1)
(33) (34) (35)
3.3.1. VALUTAZIONE PRATICA DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI NEI TERRENI COESIVI La valutazione della capacità portante di un palo interagente con un terreno di natura coesiva può essere affrontata facendo riferimento a due approcci tra loro molto diversi: • valutazione in termini di tensioni totali; • valutazione in termini di tensioni efficaci. Come noto dal principio degli sforzi efficaci: σ’ = σ – u
(36)
e dal criterio di rottura di Coulomb in termini di tensioni efficaci: τff = c’ + (σff – u) · tanø’
(37)
in cui τff σff u c’ ø’
= = = = =
resistenza al taglio disponibile sulla superficie di rottura all’istante della rottura tensione totale normale al piano di rottura considerato all’istante della rottura pressione interstiziale coesione angolo di resistenza al taglio.
La resistenza al taglio è determinabile in ogni istante se è noto il valore u della pressione dell’acqua interstiziale. In prove di laboratorio eseguite in condizioni non drenate, il valore di u può essere misurato direttamente e, conseguentemente, è possibile analizzare il comportamento del terreno in termini di sforzi efficaci. Nelle applicazioni pratiche invece il problema è molto più complesso in quanto il valore di u è influenzato dalle caratteristiche strutturali del deposito e dalla non linearità di comportamento del terreno. Dalla difficoltà ed impossibilità pratica di conoscere il valore della pressione interstiziale è prassi corrente l’introduzione di una resistenza definita in termini di tensioni totali, ossia trascurando l’interazione tra lo scheletro solido e l’acqua interstiziale.
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MICROPALI
In tale caso il criterio di rottura in termini di tensioni totali è espresso dalla seguente espressione:
τff = cu
(38)
dove cu è definita resistenza al taglio iniziale oppure resistenza al taglio in condizioni non drenate o resistenza in termini di tensioni totali. Entrambi gli approcci per la valutazione della capacità portante del palo, si basano, su metodi rigorosi o empirici formulati, prevalentemente, sull’osservazione del comportamento di prototipi. 3.3.1.1. Portata unitaria limite di base Tenendo presente la difficoltà di operare in termini di tensioni efficaci, la capacità portante alla base del palo ql è valutata in termini di tensioni totali, ed è espressa nella seguente forma, valida sia per pali trivellati sia per pali infissi: ql = cu · Nc + σν0 dove Nc = σν0 =
(39)
fattore di capacità portante tensione verticale totale presente alla quota raggiunta dalla punta del palo.
Il fattore di capacità portante Nc è stato determinato sia con metodi analitici sia sperimentali. Meyerhof ha ottenuto analiticamente con l’ipotesi di un comportamento rigido-plastico valori compresi fra 9.3 e 9.8, a seconda che la base del palo fosse considerata liscia o scabra. Wilson (1950), mediante un approccio differente, ha ottenuto un valore pari a 8. Skempton (1951), tenendo in conto i valori ricavati da differenti approcci teorici e altri valori ricavati da prove sperimentali su modello, concluse che il valore semi-empirico pari a 9 poteva essere considerato sufficientemente accurato. Gibson (1950), modellando il fenomeno della rottura del palo come espansione di una cavità sferica, e assumendo valori tipici del rapporto fra il modulo di deformazione in condizioni non drenate Eu e la resistenza al taglio in condizioni non drenate cu, ha ottenuto valori di Nc compresi fra 9 e 14. Conseguentemente è accettato un valore di Nc pari a 9. Tenendo conto, nel caso di argille fessurate, che all’aumentare del diametro del palo aumenta il volume di terreno interessato dalle fessure e più marcate sono, inoltre, le differenze del livello di deformazione raggiunto dai vari punti lungo la superficie di rottura (rottura progressiva), Meyerhof (1983) suggerisce di ridurre la capacità portante applicando un fattore correttivo Rc: ql = Rc · (cu · Nc + σv0)
(40)
dove Rc =
B + 0.5 ≤ 1 per pali infissi 2B
(41)
Rc =
B + 1.0 ≤ 1 per pali trivellati 2B + 1
(42)
dove B è il diametro del palo espresso in metri. Per quanto riguarda, infine, la resistenza al taglio in condizioni non drenate cu essa dovrebbe essere ricavata tenendo conto dello stato tensionale agente, e quindi mediante prove in sito e prove triassiali di laboratorio tipo CU (consolidate non drenate). 3.3.1.2. Resistenza unitaria laterale limite La valutazione della portata per attrito laterale in termini di tensioni totali è usualmente espressa, sia per pali infissi sia per pali trivellati, nella seguente forma: τl = ca = α · cu (43)
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ca = valore medio dell’aderenza palo-terreno, assunto pari a una percentuale della resistenza in condizioni non drenata media lungo il fusto del palo; α = coefficiente empirico dipendente dal tipo di argilla, dal metodo di installazione del palo, dal materiale costituente il palo, e da numerosi altri fattori di importanza minore. I due problemi principali che sorgono nell’impiego di tale approccio sono costituiti dall’individuazione della resistenza al taglio cu e dal valore da assegnare ad anche a causa dell’influenza delle modalità esecutive. Infatti per le modalità costruttive risulta che: • l’infissione di un palo provoca un miglioramento delle caratteristiche di resistenza al taglio del terreno nelle immediate vicinanze del palo; • l’esecuzione di un palo trivellato produce in prossimità di esso un aumento del contenuto d’acqua nel terreno coesivo. Il modo migliore per determinare il valore di ca è quello di eseguire prove di carico sul palo, ma questo non sempre è possibile e bisogna quindi ricorrere a valori empirici di ca. Numerosi Autori hanno correlato il valore di ca alla resistenza al taglio in condizioni non drenate cu (Tomlison, 1957-1970, Peck, 1958, Morgan e Poulos, 1968 e Mc Clelland, 1969-1974). La figura 3.26 mostra le relazioni tipiche ricavate da tali Autori fra ca/cu e cu. Secondo Skempton (1959), per i pali trivellati, il valore dell’aderenza palo-terreno è fondamentalmente governato dalla resistenza al taglio dell’argilla rammollita nella zona immediatamente a contatto con il palo. Tale rammollimento è legato all’aumento di contenuto d’acqua a causa della migrazione dell’acqua verso le pareti dello scavo, dovuta allo scarico tensionale prodotto dalla perforazione e dall’assorbimento di acqua dal calcestruzzo che, per motivi di lavorabilità, deve essere messo in opera con un rapporto acqua-cemento superiore a quello strettamente necessario al processo di idratazione del cemento. Skempton (1959) sulla base delle analisi di prove di carico eseguite su pali trivellati realizzati nell’argilla sovraconsolidata di Londra ha ricavato valori di α compresi fra 0.3 e 0.6, con un valore medio di 0.45 ed un limite superiore cu = 96 kPa. Tomlison (1970, 1977) ha compiuto uno studio completo sui valori dell’aderenza di pali infissi in argille compatte tenendo conto della stratigrafia del terreno e, soprattutto, di come la connessione laterale all’interfaccia sia influenzata dalla successione stratigrafica. In sostanza, partendo dalla considerazione che durante l’infissione si possa formare, nei primi metri di palo, una scarsa aderenza tra cu (kN/m2)
Kerisel Woodward
Peck
Ca ____ Cu Tomlinson
Figura 3.26. Coefficiente di aderenza per pali infissi in argilla (Mc Clelland, 1974)
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore 90
MICROPALI
il fusto del palo ed il terreno, la resistenza per connessione laterale può variare in funzione del tipo di terreno sovrastante e del rapporto tra la penetrazione del palo nello strato portante di argilla compatta ed il diametro del palo. Tomlison, ha suggerito i valori del rapporto ca/cu riportati nella seguente tabella 3.1 e nelle figure 3.27 e 3.28, per valori della resistenza al taglio in condizioni non drenate superiori a 48 kPa. Tabella 3.1. Valori del rapporto ca/cu per pali infissi in terreni coesivi compatti (Tomlison, 1970) Caso 1
2 3
Condizioni stratigrafiche Sabbie o terreni sabbiosi sovrastanti terreni coesivi compatti Argilla tenera o limi sovrastanti terreni coesivi compatti Terreni coesivi compatti senza strati di diversa natura sovrastanti
Rp ≤ 20
ca/cu 1.25
> 20 ≤ 20 > 20 ≤ 20
vedi figura 3.27 0.40 0.70 0.40
> 20
vedi figura 3.28
Rp = rapporto di penetrazione = lunghezza di penetrazione del palo nell’argilla compatta / diametro del palo Resistenza al taglio in condizioni non drenate (cu) kN/m2
I numeri riportati si riferiscono al rapporto di penetrazione definito come rapporto fra la lunghezza di penetrazione del palo nello strato argilloso ed il diametro del palo
Pali in acciaio
Coefficiente empirico α
Pali prefabbricati in calcestruzzo
Curva per rapporto di penetrazione > 20
Figura 3.27. Metodo di Tomlinson (1970), coefficiente di aderenza per il caso relativo a sabbie e ghiaie sovrastanti terreni coerenti da compatti a molto compatti
Coefficiente empirico α
Resistenza al taglio in condizioni non drenate (cu) kN/m2
I numeri riportati si riferiscono al rapporto di penetrazione definito come rapporto fra la lunghezza di penetrazione del palo nello strato argilloso ed il diametro del palo
Pali in acciaio
Pali prefabbricati in calcestruzzo
Curva per rapporto di penetrazione > 20
Figura 3.28. Metodo di Tomlinson (1970), coefficienti di aderenza per il caso di argille da dure a molto dure senza strati sovrastanti di diversa natura
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91
Resistenza al taglio in condizioni non drenate cu (kN/m2) Pali in trazione Dati gruppo 1
Coefficiente empirico α
Tomlinson, 1957 (pali in calcestruzzo)
2 3 Pali in compressione Dati gruppo 1 2 3
cu
α
Figura 3.29. Fattore di adesione α ricavato da Stas e Kulhawy (1984)
Stas e Kulhawy (1984) sulla base dei risultati di 106 prove di carico su pali trivellati hanno ricavato la seguente correlazione (vedi anche figura 3.29):
α = 0.21 + 0.26 ⋅
pa cu
dove pa è la pressione atmosferica espressa nell’unità di misura di cu. Reese e O’Neill (1988) assumono che non vi sia trasferimento di carico per attrito laterale fra il palo ed il terreno nel primo tratto della lunghezza di 1.5 m e suggeriscono un valore di α = 0.55 (vedi figura 3.30). Le figure 3.31 e 3.32 mostrano, rispettivamente per i pali infissi ed i pali trivellati, i valori di α suggeriti dall'AGI (1984). Tutti i metodi basati sull’approccio in termini di tensioni totali portano ad un’elevata dispersione dei
Posizione lungo il fusto del palo
Valore di α
Valore per la resistenza unitaria laterale limite τl (kPa)
Dal piano campagna fino a 1.5 m di profondità
0
––
1 diametro al di sopra della base del palo
0
––
0.55
300
Nella restante lunghezza del fusto del palo
Figura 3.30. Valori di α, per pali trivellati in argilla raccomandati da Reese e O’Neil
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MICROPALI
Cu (kg/cm2)
Figura 3.31. Coefficiente empirico α consigliato dalle raccomandazioni dell’AGI per pali infissi
Cu (kg/cm2)
Figura 3.32. Coefficiente empirico α consigliato dalle raccomandazioni dell’AGI per pali trivellati
valori di α riportati in letteratura, come ad esempio riepilogato in figura 3.33, a sottolineare l’inadeguatezza di tale approccio empirico a cogliere tutti gli aspetti che influenzano la resistenza di un palo per connessione laterale. Probabili spiegazioni sono da ricercarsi nella difficoltà di conglobare in un unico parametro i complicati meccanismi ed i numerosi fattori che influenzano la resistenza di un palo e la difficoltà di valutare appropriati valori di resistenza al taglio non drenata che tengano conto dell’effetto dell’installazione del palo. Da tali considerazioni scaturisce pertanto l’esigenza di rivolgere l’attenzione a quei metodi che analizzano il fenomeno in termini di tensioni efficaci. Burland (1973) ha sviluppato un procedimento empirico in termini di tensioni efficaci basato sulle seguenti quattro assunzioni:
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Kulhawy e Jackson, 1989 Kulhawy e Phoon, 1993
93
Argilla
Kulhawy e Phoon, 1993 (Roccia) Williams et al., 1980 Hassan e O’Neill, 1993 Argilla-Scisti Turner et al., 1993 Midwestern Hassan e O’Neil, 1993 USA Parsons Brinckerhoff-Hirota, 1991 M = valore medio di cu; U = limite superiore di cu Goeke e Hustad, 1979
N (M)
Tipica banda di variazione (argille)
Argilla
Rocce tenere
Resistenza al taglio in condizioni non drenate cu (bars)
Figura 3.33. Valori della resistenza al taglio in condizioni non drenate cu in funzione di α per terreni coesivi e rocce tenere
• prima che il palo sia caricato si suppone che le sovrappressioni interstiziali sviluppatesi durante l’installazione del palo si sono completamente dissipate; • poiché la zona di elevate deformazioni nell’intorno del palo è di spessore modesto si può ipotizzare che la rottura avvenga in condizioni drenate; • come conseguenza del rimaneggiamento e/o rammollimento del terreno durante la fase di installazione, la componente coesiva della resistenza al taglio è trascurabile e, conseguentemente, la resistenza unitaria laterale limite è pari a τl = σ’h · tanδ’, dove σ’h è la tensione orizzontale efficace agente sul palo durante la fase di applicazione del carico e δ’ è l’angolo di attrito palo-terreno. • la tensione orizzontale efficace agente all’interfaccia palo-terreno è in qualche modo proporzionale alla tensione verticale efficace σ’v0 : σ’h = K · σ’v0.
Pertanto dalle equazioni riportate nei punti 3 e 4 si ottiene:
τl = K · σ’ν0 · tanδ’ Se la quantità K · tan δ’ è indicata con β si ottiene: τ β = 'l = K ⋅ tan δ ' σν 0 Il fattore β è simile ad α ma è legato alle tensioni efficaci e ai termini K e δ ’. Valori medi di β possono essere ottenuti empiricamente da prove di carico, premesso che si sia lasciato trascorrere sufficiente tempo dopo l’installazione del palo e la prova di carico sia effettuata applicando i carichi lentamente. È anche possibile stimare i valori di K e δ ’, ricavando, conseguentemente, il valore di β. Nel caso di pali infissi in argille tenere, si assume che la rottura avvenga in una zona ristretta in prossimità del fusto del palo avendosi pertanto δ ’, = φ’d, dove φ’d è l’angolo di resistenza al taglio drenato dell’argilla rimaneggiata. Nel caso di pali infissi in argille normalconsolidate, il limite inferiore del rapporto può stimarsi, secondo Burland (1973), pari al coefficiente di spinta a riposo K0 esistente in sito prima dell’installazione del palo, e quest’ultimo può essere valutato pari a (Jaky, 1944): K0 = 1 – sinφ’d
(47)
Pertanto, assumendo che l’angolo di attrito palo- terreno sia pari φ’d, si ottiene:
β = (1 – sinφ’d ) · tanφ’d
(48)
I valori di φ’d sono normalmente compresi fra 20° e 30° e conseguentemente il valore di β risulta compreso fra 0.24 e 0.29. Questo implica che per le argille tenere il valore di β non è molto sensibile al tipo di argilla. Burland (1973) ha esaminato una notevole messe di risultati di prove di carico su pali infissi in argille anche molto differenti ricavando, per ciascun palo, i valori medi della resistenza unitaria laterale limite, come indicato in figura 3.34. Tenendo conto delle possibili variazioni del peso dell’unità di volume del terreno e delle condizioni della falda, la dispersione dei valori è limitata, a conferma dell’affida– bilità di tale approccio. Con riferimento alla figura 3.34 le linee che mostrano i valori di β , valori medi di β, sono state costruite assumendo per il terreno un peso dell’unità di volume di 18 kN/m3,
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MICROPALI
Pali tronco-conici
Profondità di penetrazione (ft)
Attrito negativo
− Figura 3.35. Valori di β con la profondità (Meyerhof, 1976)
t
Figura 3.36. Valori del coefficiente di spinta attiva K0 con la profondità per l’argilla di Londra (Skempton, Bishop, Webb e Lewin). La linea tratteggiata è stata assunta da Burland per la valutazione della connessione laterale di pali infissi K0
Analisi
Skempton Profondità (m)
Pali cilindrici
Figura 3.34. Valore medio della resistenza unitaria laterale limite con la profondità per − pali infissi − in argille tenere, con le linee che rappresentano β = 0.25 e β = 0.40
t
Fattore β
Resistenza unitaria laterale limite – kN/m2
Profondità media al di sotto del piano campagna (m)
con la presenza della falda ad 1 m dal piano campagna. I risultati risultano, sostanzialmente, compresi fra 0.25 e 0.40. Burland ha suggerito come – valore ragionevole per la progettazione β = 0.3. La valutazione dei valori di β effettuata da Burland si è basata su pali infissi di lunghezza relativamente modesta (inferiore a 20-30 m), mentre un esame del comportamento di pali di lunghezza maggiore mostra che il valore di β decresce all’aumentare della lunghezza. I risultati ottenuti da Meyerhof (1976) e mostrati in figura 3.35, confermano le indicazioni di Burland, basate su pali di lunghezza non superiore ai 2030 m. Per lunghezze superiori si osserva una − diminuzione del valore di β che, in parte, possono essere spiegati con fenomeni di rottura progressiva. Per quanto concerne i pali in argille sovraconsolidate il problema principale dell’approccio in termini di tensioni efficaci è quello di stimare il valore di K, che, ad esempio per l’argilla di Londra, può variare da 3 in prossimità della superficie ad 1 in profondità. Ad esempio, la figura 3.36 mostra l’andamento del valore di K0 con la profondità, ricavato per l’argilla di Londra (Skempton, Bishop e Lewin).
Bishop et al
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0
0
0.1
Coefficiente adimensionale λ 0.2 0.3
95
0.4
7.6 15.2
0.5
Per pali infissi, Burland (1973), Flaate e Selnes (1977), analizzando 44 prove di carico in argille sia normalconsolidate sia sovraconsolidate, suggeriscono (si veda anche Meyerhof, 1976) di assumere δ’ = φ’ ed inoltre assumono che K non possa essere minore del coefficiente di spinta a riposo e cioè: K ≥ K0 K0 = 1 – sinφ’
22.8 Profondità del palo (m)
30.2
Località
Simbolo Autore
38.0
K0 = (1 – sinφ’) · OCR0.5
per argille normalconsolidate per argille sovraconsolidate.
Per quanto riguarda, infine, i pali trivellati il processo di perforazione produce uno scarico dello 45.6 stato tensionale che non può essere del tutto ripristinato e pertanto è dubbio se il valore di K possa 53.2 essere assunto pari al valore iniziale K0. In letteratura, a questo riguardo mancano informazioni sufficienti a considerare applicabile l’approccio 60.2 empirico in termini di tensioni efficaci, anche al caso dei pali trivellati. 67.8 Un metodo un po’ differente per la soluzione Figura 3.37. Metodo di Vijayvergiya e Focht (1972), andadella portanza laterale ultima è stato introdotto da mento del coefficiente adimensionale λ con la profondità Vijayvergiya e Focht (1972) per pali tubolari in acciaio ma che si ritiene valida anche per i pali prefabbricati infissi. Gli Autori dall’esame di numerose prove di carico su pali conclusero che la resistenza unitaria laterale limite τl poteva essere espressa dalla seguente relazione:
τl = λ · (σ’νm + 2 · cum) dove σ’νm = cum =
λ
=
(49)
tensione verticale efficace media fra la testa e la punta del palo resistenza al taglio in condizioni non drenate media nell’ambito della profondità di penetrazione del palo coefficiente adimensionale ottenuto dall’analisi a ritroso di prove di carico su pali immersi in terreni con diversi valori del grado di sovraconsolidazione OCR (vedi figura 3.37).
3.3.2. VALUTAZIONE PRATICA DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI NEI TERRENI NON COESIVI La valutazione della capacità portante di un palo immerso in un terreno non coesivo è effettuata tenendo conto della natura dei terreni e facendo riferimento ad approcci in termini di tensioni efficaci. Inoltre tenendo conto che nei terreni a grana grossa è praticamente impossibile ottenere dei campioni indisturbati, oltre a ricavare i parametri di resistenza al taglio dai risultati delle prove in sito (prove SPT, CPT ecc.) sono stati messi a punto metodi per la valutazione della capacità portante dei pali direttamente dalle prove in sito, come verrà più avanti descritto. Di seguito si riporteranno i metodi principali ed i diversi approcci disponibili per la valutazione della capacità portante nei terreni non coesivi. 3.3.2.1. Portata unitaria limite di base La portata unitaria limite di base, in termini generali, può essere espressa nella seguente forma: (50) ql = Nq · σ’ν0
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dove Nq = σ’ν0 =
MICROPALI
Angolo di resistenza al taglio ø’
fattore di capacità portante tensione verticale efficace iniziale, alla quota corrispondente alla base del palo.
I numeri rappresentano il rapporto fra la profondità e la larghezza della fondazione (D/B)
Fattore di capacità portante Nq
In letteratura sono stati proposti numerosi a at approcci per ricavare il valore di Nq sulla base di zz ali r ne diverse ipotesi sul comportamento del terreno e ge ra u t sui meccanismi di rottura. ot )R 43 La figura 3.38 riepiloga i valori di Nq proposti da 9 1 i( gh diversi Autori. Dalla figura è evidente l’enorme za r Te dispersione dei risultati: ad esempio per un valore dell’angolo di resistenza al taglio φ’ = 40°, il ale loc valore di Nq può variare da 20 a oltre 1000. ra u t ot Inoltre, un confronto fra i valori teorici e quelli )R 43 9 1 ( ricavati da prove di carico in scala reale mostra hi ag erz T che mentre una volta assegnato il valore a Nq, il valore ql aumenta linearmente con la profondità di fatto i risultati sperimentali mostrano la tendenza a raggiungere asintoticamente un valore Figura 3.38. Valori del fattore di capacità portante Nq in funlimite, a causa di diversi fattori quali la compres- zione di φ’, proposti da diversi Autori sibilità, la dipendenza dell’angolo di resistenza al taglio dal livello tensionale, fenomeni di rottura progressiva e la presenza di effetti arco. La figura 3.39 ripresa dalle ricerche condotte da Vésic (1977) mostra la variazione della portata unitaria limite di base in funzione della lunghezza del palo. Come si può notare la portata aumenta con la profondità fino ad una profondità, definita critica, al di sotto della quale rimane praticamente costante. Fleming et al. (1992) hanno proposto una procedura, per i pali infissi, per la valutazione della portata unitaria limite di base che tiene conto dello stato d’addensamento, dello stato tensionale medio a rottura e del corrispondente valore della resistenza al taglio. La figura 3.40, mostra alcuni abachi del metodo proposto da Fleming at al., che forniscono il valore di ql in funzione del valore dell’an0
690
1380
Portata unitaria limite di base (kPa)
2070
2760
3450
4140
4830
5520
6210
Diametro del palo = 0.1016 m
0.5
Sabbia densa (G-4)
Profondità (m)
1 1.5 Prove di carico (sabbie sciolte G-4)
2.0 2.5 3.0
Sabbia sciolta (G-1)
Sabbia mediamente addensata (G-2)
3.5
Figura 3.39. Variazione della portata unitaria limite di base in funzione della lunghezza del palo (Vésic, 1967)
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10
1
0.75
20 30 50 70
100
σ’v (kN/m2) 200
0.5
2
97
3
qb (MN/m2)
5
7 10
20
10 20
I0 =1
2 0.5
30
3
5
0.75
7
qb (MN/m2)
10
20
30
I0 =1
0.25
50 70
100
0.25
200
300 500
1
300 500
(a) ø’cv = 27°
10 20 30 50
1
2
0.5
3
5
7
(b) ø’cv = 30°
10
20
30
50
0.75
0.25
I0 =1
70
100
σ’v (kN/m2)
200 300 500
(c) ø’cv = 33°
Figura 3.40. Abachi per il calcolo del valore di ql (Fleming et al., 1992)
Valori limite della portata unitaria di base (MN/m2)
golo d’attrito a volume costante. Come si può notare, la resistenza alla base aumenta con la profondità tendendo asintoticamente, per lunghezze usuali di palo, a valori pari a circa 10-15 MPa, in accordo a quanto suggerito da Coyle e Castello (1981) e te Kamp (1977) e mostrato in figura 3.41. Per i pali infissi di medio diametro, specie in terreni mediamente addensati (φ’ ≤ 35°) è prevalso l’uso
Limite di 15 MN/m2 per tutti i tipi di terreni incoerenti Sabbie da fini a grossolane, OCR = 1
Sabbie grossolane con ghiaia e con OCR compreso fra 2 e 4 Ghiaie fini e sabbie con OCR compreso fra 6 e 10
Valori calcolati della portata unitaria di base q l (MN/m2)
Figura 3.41. Valori massimi di ql per sabbie e ghiaie
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MICROPALI
di utilizzare i valori di Nq forniti dalla teoria di Berezantzev (1961) e mostrati in figura 3.42. Nel caso dei pali trivellati di grande diametro, la valutazione della resistenza alla punta deve essere basata su considerazioni relative ai cedimenti ammissibili piuttosto che alla rottura alla base del palo stesso. Infatti, a causa della compressibilità del terreno, esaltata dalla realizzazione dello scavo, la portata unitaria di base è mobilitata in corrispondenza di cedimenti relativi che sono notevolmente superiori a quelli relativi ai pali infissi. A questo riguardo, la seguente tabella 3.2 mostra un confronto fra la portata di base di pali trivellati e pali infissi in terreni sabbiosi (De Beer, 1984).
Figura 3.42. Variazione del fattore di capacità portante Nq in funzione di φ’ (Berezantzev et al., 1961)
Tabella 3.2. Confronto tra la portata di base di pali trivellati e pali infissi in terreni sabbiosi (De Beer, 1984) Cedimento relativo (s/D)
Portata di base mobilizzata da un palo trivellato/portata di base mobilizzata da un palo infisso 0.15 – 0.21 0.30 – 0.50 0.50 – 0.70 1.00
0.05 0.10 0.25
∞
Come si può notare dalla tabella 3.2, ad esempio per un rapporto fra il cedimento del palo e il suo diametro di 0.10, la portata unitaria di base di un palo trivellato è appena un terzo o metà del valore che compete ad un palo infisso. In questo caso occorre, pertanto, fare riferimento non al valore limite ql, ma ad un limite convenzionale corrispondente ad un cedimento relativo prefissato. Si definisce pertanto la portata unitaria limite di base critica ql,crit corrispondente, in accordo alle raccomandazioni di letteratura, ad un cedimento relativo s/D pari a 0.05. Per tali pali trivellati di grande diametro, la portata unitaria limite di base ql è invece raggiunta per cedimenti molto elevati dell’ordine di 0.25 ÷ 0.30 volte il diametro del palo. Berezantzev (1963, 1965, 1970), sulla base di risultati sperimentali e d’analisi in campo elastico e plastico, e facendo riferimento a valori di s/D compresi fra 0.15 e 0.25 ha proposto la seguente espressione: ql,crit = γ’ · D · Bk dove γ’
=
Bk =
(51)
peso dell’unità di volume del terreno in corrispondenza della base del palo fattore adimensionale funzione di e di L/D i cui valori sono riportati in figura 3.43.
2000
32 =
ql, crit = γ’ · D · Bk
Bk
L _____ D
28 24
1500 Scrit D
20
= 0.2
16
1000
12
8
500
4=
L _____ D
100 0
26
30
34
38
42
ϕ°
Peso dell’unità di volume del terreno alleggerito, ad esempio γ’ · L = σ’vo
Figura 3.43. Determinazione della portata unitaria limite di base critica ql,crit (Berezantzev, 1970)
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99
3.3.2.2. Resistenza unitaria laterale limite Analogamente a quanto visto per i terreni coesivi, la resistenza unitaria laterale limite lungo il fusto del palo è valutata con l’espressione:
τl = σ’h · tanδ’ = K · σ’ν0 · tan δ ’
(52)
nella quale σ’h è la tensione orizzontale esistente lungo il fusto dopo l’installazione del palo e δ’ è l’angolo d’attrito palo-terreno. Il valore di σ’h è assunto in genere proporzionale al valore della tensione geostatica σ’ν0, ma l’entità del rapporto K dipende dalla densità relativa della sabbia e dal metodo d’installazione del palo. In particolare, nel caso di pali infissi, il valore di K può essere prossimo al coefficiente di spinta passiva Kp in corrispondenza della superficie e può anche essere inferiore al coefficiente di spinta a riposo in prossimità della punta. Con riferimento alla formula (52) si può definire:
β = K · tanδ’ = τl/σ’ν0
(53)
Nella (53) il rapporto τl/σ’ν0 è da intendersi come rapporto “locale” e non tra i valori medi lungo l’intero fusto, come inteso in altre formulazioni del metodo β. Il fattore β non ha il significato fisico evidente quanto σ’h, ma ha il vantaggio di essere quel fattore che, moltiplicato per σ’ν0 (generalmente noto senza apprezzabili incertezze) fornisce direttamente il valore di τl, inglobando quindi le incertezze riguardanti K e tan δ ’. Per i pali infissi utilizzando l’espressione (52), il problema si riconduce alla valutazione di K e di δ’ alle profondità d’interesse. Le seguenti tabelle 3.3 e 3.4 riportano i valori proposti per K e δ’ da Kulhawy et al. (1983). Tabella 3.3. Valori di K proposti da Kulhawy et al. (1983) Pali “a spostamento” Limitato Elevato
K/K0 3/4 – 5/4 1.0 – 2.0
Tabella 3.4. Valori di δ’ proposti da Kulhawy et al. (1983) δ ’/φφ’ 1.0 0.8 – 1.0 0.7 – 0.9 0.5 – 0.9 0.8 – 0.9
Interfaccia Sabbia/calcestruzzo scabro Sabbia/calcestruzzo ruvido Sabbia/acciaio ruvido Sabbia/acciaio liscio Sabbia/legno
Come si può notare secondo quanto suggerito da Kulhawy et al., il valore di K dipende da quello del coefficiente di spinta a riposo K0 mentre quello di δ’ dal valore dell’angolo di resistenza al taglio del terreno φ'. Per quanto riguarda il rapporto δ’/φ’ le ricerche di Kishida e Uesugi (1987) e Jardine et al. (1993) portano a considerare valori nell’intervallo compreso fra 0.75 e 1.0, con valori prossimi all’unità assumendo come limite massimo φ’ = φ’cν, dove φ’cν è l’angolo a volume costante. La seguente tabella 3.5 riporta, per i pali battuti, i valori indicativi forniti dalle raccomandazioni dell’AGI sui pali di fondazione (1984). Tabella 3.5. Valori indicativi di K e δ’ per terreni incoerenti Tipo di palo battuto Acciaio Calcestruzzo prefabbricato Calcestruzzo gettato in opera
Valori di K 0.5 ÷ 1 1.0 ÷ 2.0 1.0 ÷ 3.0
Valori di δ’ 20° 3/4 φ’ φ’
La figura 3.44 mostra, inoltre, i valori di K e δ’ proposti da Nordlund (1963) per pali infissi. Per i pali trivellati sulla base dell’espressione (52), la resistenza laterale può essere calcolata mediante le seguenti tre diverse formulazioni.
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MICROPALI
φ– =
100
25°
30°
35°
40°
Diametro del palo (cm)
80
(δ = φ–)
Pali tronco conici in c.l.s. 20 ≤ Dmin ≤ 25 cm
60
conicità 1.5%; δ = φ–
40
20
0
Pali in c.l.s. cilindrici
0
1
Coefficiente K
2
φ–
K
25
1.85
30
4.00
35
7.99
3
Figura 3.44. Valori del coefficiente K per pali infissi (Nordlund, 1963)
1. Formulazione K · tanδ’ Questa formulazione non è altro che l’espressione (52) adottando opportuni valori di K e tanδ’. Ha il vantaggio di essere del tutto generale e di mantenere evidenziate le grandezze che determinano τl, ma non comprende raccomandazioni per la scelta di K e tanδ’. Occorre notare che, a rigore, K non è né il coefficiente di spinta a riposo nel terreno originario né quello dopo la realizzazione del palo, ma quello che si instaura durante lo scorrimento. Inoltre tale fattore K, è fortemente influenzato dalle modalità esecutive (perforazione, sostegno foro, fluidità del calcestruzzo, tempi d’esecuzione, ecc.), oltre che dalla natura del terreno (granulometria, struttura, densità, stato tensionale). Chen e Kulhawy (1994) hanno proposto, sulla base dell’osservazione di molte prove di carico, i valori di seguito riportati, in funzione del coefficiente di spinta a riposo K0. Tipo di perforazione K/K0
A secco 0.83
Con tubo camicia 0.67
Con fanghi 0.92
Le raccomandazioni dell’AGI suggeriscono di adottare valori di K compresi fra 0.4 e 0.7, decrescenti con la profondità. Per pali a trazione, viene in generale raccomandato un valore di K pari al 70% del valore assunto per i pali a compressione. Secondo Toume e Reese si possono assumere i seguenti valori per K: K = 0.7 per z < 7.5 m K = 0.6 per 7.5 < z < 12 m K = 0.5 per z > 12 m. Per quanto riguarda il valore δ’ di è possibile supporre che per effetto della scabrezza all’interfaccia tutto l’attrito disponibile sia mobilitato e quindi si abbia δ’ = φ’. Nel caso si vogliano considerare eventuali fenomeni di rammollimento del terreno si può assumere δ’ = φ’cν ÷ φ’ (Fleming et al., 1992). 2. Formulazione K · tanδ’ = (1 – sinφ’) · tanφ’ È questa la formulazione più utilizzata, nella pratica abituale, per il dimensionamento dei pali trivellati. Poiché, per valori dell’angolo di resistenza al taglio φ’ compresi fra 30° e 45°, il prodotto varia tra 0.29 e 0.30, questa formulazione può anche essere indicata come “ β ≅ 0.3
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101
3. Formulazione τl = β · σ’ν0 In questo caso, la determinazione della resistenza laterale è effettuata associando ad un unico parametro β (privo di significato fisico) le influenze dei diversi fattori. La formulazione si basa sull’osservazione del comportamento di molti pali in vera grandezza ed è in grado di rispecchiare fedelmente la realtà. Reese e O’Neill (1988) raccomandano, indipendentemente dal diametro, dalla posizione della falda, dal valore di φ’ e dal metodo d’esecuzione, il seguente andamento con la profondità:
β = 1.5 – 0.245 · Z0.5
con 1.2 ≥ β ≥ 0.25
(54)
essendo Z la profondità espressa in metri e con il limite di τl = β · σ’ν0 ≤ 200 kPa Inoltre per profondità maggiori di 26 m si ha β costante e pari a 0.25. Reese e O’Neill sottolineano l’indipendenza di β dal valore dell’angolo di resistenza al taglio φ’. Essi notano che le operazioni di perforazione e lo scarico tensionale provocano forti deformazioni di taglio nel terreno all’interfaccia, che fanno raggiungere a φ’ un valore comune, corrispondente allo stato critico, indipendente dal valore iniziale. Ne concludono che la marcata diminuzione generalmente osservata di β con la profondità dimostra principalmente la diminuzione in generale di K con la profondità. O’Neill e Hassan (1994) sulla base dell’analisi di tutti i dati pubblicati in letteratura hanno riportato i seguenti andamenti cautelativi per quanto riguarda l’andamento di β con la profondità (vedi anche figura 3.45). β 0 5
0
N=2
2.5
1.0
2.0
9.5
z (m)
10 (Cementato)
15 20 25
30
Linea ipotetica di diminuzione con la profondità
Da K0 misurato da Withiam (Stas and Kulhawy, 1984) Reese and O’Neill, 1988
Limite inferiore cautelativo per terreni con N ≥ 15 Burch et al., 1988, N ≥ 15 con alcune eccezioni Vrymoed, 1994, 30 ≤ N ≤ 70, 0.40 ≤ D ≤ 0.61 m Finno, 1989; Finno et al,m 1989; 10 ≤ N ≤ 70 Rollins and Price, 1993, gravelly sand
O’Neill and Reese, 1978, 20 ≤ N ≤ 60, terreni alluvionali Parsons Brinckerhoff - Hirota, 1991, ghiaie e ciottoli Matsul, 1993, ghiaie sabbiose, 28 ≤ N ≤ 35 O’Neill et al., 1992, N = 40
O’Neill, 1992, N = 150, rocce residuali alterate Baker et al., 1993, terreni alluvionali
Figura 3.45. Valori di β in funzione della profondità
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MICROPALI
Per le sabbie:
β = 1.5 – 0.42 · z0.34 con 1.2 ≥ β ≥ 0.25 e per valori di N ≥ 15
(55)
Essendo z la profondità espressa in metri ed N il numero dei colpi per 300 mm d’avanzamento di una prova penetrometrica dinamica SPT (Standard Penetration Test). Se N è inferiore a 15 il valore di β deve essere moltiplicato per il rapporto N/15. Per sabbie con ghiaia, ghiaie o ciottoli:
β = 2.0 – 0.15 · z0.75 con 1.8 ≥ β ≥ 0.25 per valori di N ≥ 15
(56)
e con z la profondità espressa in metri. Si può notare che, in generale, le tre formulazioni sopra descritte differiscono considerevolmente. Infatti la formulazione (3) fa diminuire il valore di β da 1.2, o 1.8, a 0.25 (nel campo delle lunghezze del palo più frequenti), la formulazione (2) assume un valore di β praticamente costante e pari a 0.3 ed anche la formulazione (1) generalmente assume un valore di β che diminuisce poco con la profondità, in contrasto con le molte osservazioni che confermano invece la marcata diminuzione di β. La formulazione di β, che più fedelmente rispecchia la realtà, appare dunque preferibile. Essa “prevede” correttamente sia il mancato aumento di τl da una certa profondità, sia la diminuzione di β con la profondità (“effetto lunghezza”). Tale diminuzione (ovvero eccedenza di β in prossimità della superficie rispetto ai valori correntemente attribuiti a K · tan δ ’), ormai confermata da tempo da molte sperimentazioni, è dovuta principalmente ai seguenti motivi: • Riduzione della tendenza alla dilatanza con la profondità con conseguenti tensioni di rottura proporzionalmente più alte in superficie. • Diminuzione di φ’con la profondità per effetto della curvatura dell’inviluppo di rottura. • Accentuazione dell’effetto arco con la profondità e quindi crescita meno che proporzionale con la profondità delle tensioni di serraggio.
τl = γc · z · tanδ’ = γc · z · tanφ’ per z ≤ Z (57) τl = γc · Z · tanδ’ = γc · Z · tanφ’ per z > Z (58) In terreni sotto il livello di falda occorre tenere presente che il peso specifico del calcestruzzo si riduce a γ’c = γc – γw, il che equivale ad assumere (vedi figura 3.46):
γc = 23 kN/m3 in terreni secchi γc = 13 kN/m3 in terreni immersi.
10 m
Z–8m
Z = 8 ÷ 10 m
Inoltre, la ricompressione delle pareti del foro da parte della spinta del calcestruzzo fluido (pari ad una colonna d’altezza all’incirca costante), comporta benefici proporzionalmente più importanti in prossimità della superficie. Un altro approccio per valutare la resistenza laterale di pali trivellati in terreni non coesivi è basato sulla possibile relazione fra τl e la pressione esercitata dalla colonna di calcestruzzo fluido (“criterio di Mayer”). Secondo il criterio di Mayer (1935), la pressione mutua fra palo e terreno è data dalla pressione del calcestruzzo fluido nella fase di getto. Il valore della pressione cresce linearmente in profondità con l’altezza Z della colonna di calcestruzzo che può mantenersi allo stato fluido prima che ne inizi la presa (Z = 8 ÷ 10 m); oltre tale profondità, il valore della pressione fra palo e terreno rimane ovviamente costante. 2·3·8 8m La portata laterale risulta pertanto pari a:
13 m (2.3 – 1) · 8
Figura 3.46. Criterio di Mayer, andamento della pressione del calcestruzzo fluido nella fase di getto, in assenza e in presenza di falda
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103
3.3.3. VALUTAZIONE PRATICA DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI IN ROCCIA Per quanto riguarda la capacità portante di pali, ovviamente trivellati, in roccia la maggior parte delle correlazioni proposte si rifanno alla valutazione della resistenza a compressione monoassiale della matrice rocciosa e alla valutazione del grado di fratturazione dell’ammasso roccioso nel tratto interessato dalla perforazione per l’esecuzione del palo. Per la portata unitaria limite di base della roccia ql, il metodo riportato sul Canadian Foundation Manual (1978) suggerisce le seguenti formule: qamm = Ksp · qu
(59)
con: K sp =
3+ c / B 10 ⋅ 1 + 300 ⋅
dove qamm = Ksp = qu = c δ B
= = =
(60)
δ c
pressione ammissibile coefficiente empirico che dipende dalla spaziatura delle discontinuità e include un fattore di sicurezza pari a 3 e, di norma, è compreso fra 0.1 e 0.4 valore medio della resistenza a compressione monoassiale della matrice rocciosa (determinata su campioni di roccia intatta) spaziatura delle discontinuità apertura delle discontinuità diametro del palo.
L’equazione che fornisce il valore di Ksp è valida per ammassi rocciosi caratterizzati da spaziatura delle discontinuità maggiore di 305 mm, apertura delle discontinuità inferiore a 5 mm e per fondazioni di dimensioni superiori a 300 mm. Le figura 3.47, mostra i fattori che influenzano il valore del coefficiente Ksp. 0.5
Valore di K sp
0.4
δ/c
=0
0.3
1 0.00 2 0.00
Ksp =
0.010
0.020
3 + c/B
1 + 300 δ/c
c = spaziatura delle discontinuità δ = apertura delle discontinuità B = Larghezza della fondazione
0.005
0.2
10
valida per 0.05 < c/B<2.0 0 < δ/c<0.02
†
0.1 0
0
0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0 Rapporto c/B
Nota: Il coefficiente Ksp tiene conto dell’effetto scala e della presenza delle discontinuità e contiene un coefficiente di sicurezza nominale pari a 3 nei confronti della capacità portante della fondazione per rotture locali. Nel caso di una rottura generalizzata della fondazione il coefficiente di sicurezza può essere pari o superiore a 10 (Ladangi et al., 1974; Franklin e Gruspier, 1983) Spaziatura delle discontinuità, descrizione
Moderatamente bassa Ampia
Molto ampia
Figura 3.47. Coefficiente Ksp
Spaziatura delle discontinuità (m) 0.3-1 1-3
>3
Ksp 0.1
0.25 0.4
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MICROPALI
gli
o
de
lm
at
er
ial
e
10
za
al
ta
Correlazione suggerita per pali convenzionali di grande diametro, (Horvath et al., 1980 Horvath, 1982)
5
σc
w
=
Re s
ist
en
5
0.
Resistenza unitaria laterale limite τl (MPa)
0
P4 0
0
P6 P3 P1, P2 & P5
5
Pali convenzionali
10
15
20
25
30
35
40
Resistenza a compressione monoassiale della roccia o del calcestruzzo qu (MPa)
Figura 3.48. Andamento della resistenza unitaria laterale limite in funzione della resistenza a compressione monoassiale della roccia secondo Horvath et al. (1983) 1.0 0.9
Fattore moltiplicativo α = τl /qu
0.8 0.7 0.6 Linea di interpolazione dei dati sperimentali
0.5 0.4 0.3 0.2 0.1 0.0
1
10
Fattore moltiplicativo α = τl /qu
Resistenza a compressione monoassiale qu (MPa)
1.0 0.9
Argilliti Argilliti Arenarie Linea di interpolazione
0.8 0.7
Matich & Kozicki (1967)
0.6 0.5 0.4 0.3 0.2 0.1
0
100
Wilson (1976)
1 10 100 Resistenza a compressione monoassiale qu (MPa)
Figura 3.49. Andamento della resistenza unitaria laterale limite in funzione della resistenza a compressione monoassiale della roccia secondo Williams e Pells (1981)
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Fattore di adesione α
0.01 Tenera 0.1
1.2
α = ψ (cu/pa o qu/2pa)-0.5
1
0.1
105
1 0.8 α
Argille Argilliti Altre argilliti Arenarie, calcari, marne Media
Argilla
Dura
M. dura
1
Eccez. dura
Pali in roccia (Williams e Pells)
0.6 0.4
Roccia
10
ca/pa, qu/2pa
Tenera
0.2 Media
100
Compatta
1000
Figura 3.50. Valori di α in funzione della resistenza a compressione monoassiale (Kulhawy & Phoon, 1993)
0
Pali in argilla (Tomlinson) 0.03
0.1
0.3
1 3 cu (MPa)
10
30
100
Figura 3.51. Confronto fra i valori di α rispettivamente per pali in argilla e per pali in roccia dove cu = qu/2
Per quanto concerne la resistenza unitaria laterale limite lungo il fusto del palo, in accordo a Horvath e Kenney (1989) la resistenza ultima può essere correlata alla resistenza a compressione monoassiale qu della roccia:
τ l = 6.656 qu ( kPa )
(61)
La figura 3.48 mostra dei dati sperimentali sulla resistenza ultima lungo il fusto del palo, forniti da Horvath et al. (1983). La figura 3.49, analogamente, mostra la variazione della resistenza limite lungo il fusto del palo in funzione della resistenza a compressione monoassiale della roccia (Williams e Pells, 1981). Con riferimento alla formula τl = α · qu, che permette di determinare il valore della resistenza ultima lungo il fusto del palo in funzione della resistenza alla compressione monoassiale della roccia mediante un fattore moltiplicativo α, Kulhawy & Phoon (1983) sulla base di numerosi dati relativi a prove di carico hanno ricavato una correlazione fra e la resistenza a compressione monoassiale della roccia come mostrato in figura 3.50. La figura 3.51 mostra inoltre un confronto fra i valori di α rispettivamente per pali in argilla e per pali in roccia dove cu = qu/2. 3.3.4.VALUTAZIONE PROVE SPT
PRATICA DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI SULLA BASE DEI RISULTATI DELLE
Per quanto concerne i terreni non coesivi sono state messe a punto numerose correlazioni in grado di valutare sia la portata unitaria limite di base ql sia la resistenza unitaria laterale limite τl. Tali metodi sono basati sull’analisi dei risultati di prove di carico su pali in vera grandezza, eseguite in terreni di resistenza penetrometrica nota. 3.3.4.1. Portata unitaria limite di base Poulos (1989) ha riportato in occasione della ventinovesima “Rankine lecture”, le correlazioni più note e attendibili proposte in letteratura fra i valori di resistenza misurati nel corso di una prova penetrometrica dinamica (numero di colpi per un avanzamento di 300 mm, N) e la portata unitaria limite di base secondo la seguente formulazione: ql = K · N (MN/m2)
(62)
I valori del coefficiente moltiplicativo K della resistenza penetrometrica in corrispondenza della base del palo, proposti da diversi Autori sono riportati nella tabella di figura 3.52. Altri Autori, più correttamente, fanno riferimento alla portata unitaria limite di base critica ql,crit corrispondente, in accordo alle raccomandazioni di letteratura, ad un cedimento relativo s/D pari a 0.05 (vedi paragrafo 3.3.2.1).
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MICROPALI
τl = K · N (MN/m2) Tipo di palo
Pali infissi
Tipo di terreno
Riferimento bibliografico
Sabbia
0.40 0.35
Martin et al. (1987)
Depositi di origine glaciale da grossolani a limi fini
0.25
Thorburn & MacVicar (1971)
Limi sabbiosi residuali
0.25
Decourt (1982)
0.20
Decourt (1982)
Argilla
0.20
Martin et al. (1987)
Limi argillosi residuali
Argilla
Altri terreni
Terreni incoerenti
Terreni coesivi Pali trivellati
Note
Sabbia
Limo, limo sabbioso
Pali infissi gettati in sito
K
0.45
Valore di N da prove penetrometriche dinamiche SPT
Per L/d ≥ 5 se L/d < 5, K = 0·1+0·04 L/d (pali a punta chiusa) o K = 0·6 L/d (pali a punta aperta) fb = 3·0 MN/m2
0.15 –
Sabbia
0.1
Argilla
0.15
Calcari bianchi (Chalk)
0.25 0.20
Decourt (1982)
Decourt (1982)
0.12 0.30
Martin et al. (1987)
fb > 7·5 MN/m2 fb = 0·09 (1+0·16z) dove z = profondità della base del palo
Shioi & Fukui (1982)
Shioi & Fukui (1982) Yamashita et al. (1987) Yamashita et al. (1987) Shioi & Fukui (1982) Shioi & Fukui (1982)
N < 30 N > 40
Hobbs (1977)
Figura 3.52. Correlazioni fra la portata unitaria limite di base ed il valore di N (da prove SPT)
Reese e O’Neil, (1988), per pali trivellati, sulla base di un elevato numero di prove di carico, hanno proposto di valutare il valore di ql,crit secondo le seguenti correlazioni basate sulle prove SPT. Valore di N 0 – 75 > 75
Valore di ql,crit (MPa) 0.0575 · N 4.3
Quando il diametro del palo B è superiore a 1.30 m, gli Autori raccomandano di introdurre un fattore correttivo riducendo il valore di ql,crit secondo la seguente relazione: ql ,critrio =
1.3 ⋅ ql ,crit B
(63)
B = diametro del palo in metri. Occorre, inoltre, tenere presente che tale correlazione è basata sugli standard SPT statunitensi per i quali il rapporto d’energia medio ER è pari a circa 0.55. Secondo Jamiolkowski e Lancellotta (1988) tale approccio è leggermente conservativo (intorno al 30%).
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107
τl = α + β · N (MN/m2) Tipo di palo
Tipo di terreno
Terreni incoerenti
Pali infissi
α
β 0
Terreni incoerenti e coesivi Coesivi Pali infissi gettati in sito
Terreni incoerenti
Terreni coesivi
Terreni coesivi
Pali trivellati
2.0
10
3.3
0
10
30
2.0
0
5.0
0
5.0
0
10.0
0
1.0
0
Note
τl = valore medio lungo il fusto del palo Valore medio di N lungo il fusto del palo Ridurre nella metà i valori di τl nel caso di pali infissi con piccoli spostamenti Tipo di palo non specificato 50 ≥ N ≥ 3 τl > 170 kN/m2
τl > 200 kN/m2
Shioi & Fukui (1982)
Decour (1982)
Shioi & Fukui (1982) Yamashita et al. (1987) Shioi & Fukui (1982)
τl > 150 kN/m2
Yamashita et al. (1982) Shioi & Fukui (1982 Findlay (1984)
Shioi & Fukui (1982)
3.3
Wright & Reese (1979)
0
5.0
Terreni coesivi
10
3.3
Pali gettati in presenza di bentonite 50 > N > 3 τl > 170 kN/m2
Calcari bianchi (Chalk)
– 125
12.5
30 > N > 15 τl > 250 kN/m2
Terreni coesivi
Riferimento bibliografico
Meyerhof (1956)
Shioi & Fukui (1982) Decourt (1982)
After Fletcher & Mizon (1984)
Figura 3.53. Correlazioni fra la resistenza unitaria laterale limite ed il valore di N (da prove SPT)
3.3.4.2. Resistenza unitaria laterale limite Analogamente, per la resistenza laterale limite sono state proposte in letteratura numerose correlazioni. La tabella riportata in figura 3.53 riepiloga le correlazioni più significative proposte, per i diversi tipi di terreno e di palo. Tutte le correlazioni sono basate sulla seguente formula generale:
τl = α + β · N
(kN/m2)
(64)
assegnando diversi valori ad α e a β in funzione del tipo di terreno e di palo. 3.3.5.VALUTAZIONE PROVE CPT
PRATICA DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI SULLA BASE DEI RISULTATI DELLE
Molti sono i metodi pubblicati in letteratura per valutare la capacità portante dei pali di fondazione direttamente sulla base delle prove CPT. Robertson et al. (1988) utilizzarono 13 differenti metodi per valutare la capacità portante di otto pali successivamente sottoposti a prove di carico per misurarne l’effettiva capacità portante. I pali erano in acciaio ed infissi in terreni prevalentemente a grana fine. I valori di capacità portante ricavati dall’interpretazione delle prove di carico furono compresi fra 170 kN e 8000 kN.
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MICROPALI
I risultati di questo esercizio hanno mostrato che le procedure basate sui risultati delle sole prove CPT forniscono la migliore previsione della effettiva capacità portante dei pali. Il metodo che, inoltre, ha fornito la migliore previsione è stato quello di Bustamante e Gianeselli (1982), seguito da quello di Ruiter e Berigen (1979) e Schmertmann (1978). Altri metodi basati sulle prove CPT ed utilizzati da Robertson et al., sono stati quelli di Zhou et al. (1982), Van Mierlo e Koppejan (1952) e Van Impe (1986). Tand e Funegard (1989) hanno applicato diversi metodi, fra i quali alcuni basati sulle prove CPT, per prevedere la capacità portante di 13 pali sottoposti a prove di carico. I pali utilizzati erano sia in calcestruzzo sia in acciaio infissi in argille sovraconsolidate dure del golfo del Messico. I valori di capacità portante ultima misurati variavano da 670 a 4880 kN. La procedura basata sulle prove CPT e proposta da Ruiter e Beringen (1979) ha fornito la migliore previsione rispetto agli 8 metodi utilizzati. Tand e Funegard (1989) utilizzarono anche altri metodi convenzionali ma, a parte quello proposto da Vijayvergiya e Focht (1972), essi hanno fornito una previsione meno soddisfacente rispetto ai metodi basati sulle prove CPT. Sharp et al. (1988) confrontarono due metodi basati sulle prove CPT e tre metodi basati sulle prove SPT, analizzando i risultati di 28 prove di carico. Essi conclusero che tutte le procedure sovrastimavano la capacità portante dei pali. Tuttavia i due metodi basati sulle prove CPT generalmente fornivano una migliore previsione essendo ancora il metodo di Bustamante e Gianeselli il più accurato, il quale sovrastimò la capacità portante dei pali di circa il 30%, una sovrastima contenuta rispetto a quella ottenuta con i metodi basati sulle prove SPT. Tali studi ed altri pubblicati in letteratura mostrano come i metodi basati sulle prove CPT, per valutare la capacità portante dei pali, siano più accurati rispetto ad altri metodi più convenzionali. La principale ragione è dovuta al fatto che le prove CPT forniscono un profilo continuo delle caratteristiche dei terreni di fondazione. Di seguito si descrivono i due metodi più utilizzati nella pratica progettuale: il metodo di Bustamante e Gianeselli (1982) ed il metodo di Ruiter e Beringen (1979). Il metodo di Schmertmann (1978) è simile ma più complesso del metodo di Ruiter e Beringen (1979) e non sarà pertanto descritto. 3.3.5.1. Metodo di Bustamante e Gianeselli (1982) Il metodo di Bustamante e Gianeselli è basato sulla analisi di 197 prove di carico su pali realizzati in differenti tipi di terreni, la cui casistica così varia e completa ha probabilmente contribuito a spiegare i buoni risultati che, normalmente, si ottengono applicando tale metodo. Il metodo, conosciuto come metodo LCPC, è riepilogato nelle Fattori k figure 3.53 e 3.54. Gruppo Gruppo q Il valore medio equivalente della resistenza alla Natura del terreno (MPa) I II punta qca misurata da prove CPT, da adottare per Argilla soffice e fango <1 0.4 0.5 calcolare il valore della portata unitaria limite di Argilla moderatamente compatta 1a5 0.35 0.45 base ql, con riferimento alla figura 3.55, deve Limo e sabbia sciolta ≤5 0.4 0.5 Argille da compatte a dure e limi compatti >5 0.45 0.55 essere il valore misurato lungo una lunghezza Calcare bianco (chalk) tenero ≤5 0.2 0.3 definita pari a 2 · a (dove a è uguale a 1.5 · D, Sabbia moderatamente addensata e ghiaie 5 a 12 0.4 0.5 Calcari bianchi (chalk) alterati e fratturati >5 0.2 0.4 essendo D il diametro del palo), rispettivamente Sabbia e ghiaia da addensata a molto addensata > 12 0.3 0.4 sopra (+ a) e sotto (– a) la punta del palo. Gli Autori suggeriscono di calcolare qca secondo Gruppo I: Pali trivellati a secco, pali trivellati con sostegno delle pareti dello scavo mediante tubazione; pali trivellati con sostegno delle pareti le seguenti tre fasi, come mostrato in figura 3.55. mediante fanghi bentonitici; micropali (iniettati a bassa pressione); pali Nella prima fase si calcola il valore q’ca come realizzati con elica continua e tubo forma centrale. valore medio della resistenza alla punta qc tra –a Gruppo II: Pali infissi prefabbricati in c.a. pali precompressi; pali infissi e +a. Il secondo passo consiste nell’eliminare i gettati in sito, pali infissi metallici, micropali iniettati ad alta pressione valori superiori a 1.3 q’ca lungo il tratto -a e +a, e i valori inferiori a 0.7 q’ca lungo il tratto -a. Il Figura 3.54. Fattori di capacità portante k (Bustamante e c terzo ed ultimo passo è, infine, quello di calcola- Gianeselli, 1982) c
c
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109
Categoria
Limite massimo per la resistenza unitaria laterale limite τl (MPa)
Coefficiente di adesione α Natura del terreno Argilla tenera e fango Argilla moderatamente compatta Limo e sabbia sciolta
Argilla da compatta a dura e limo compatto Calcare bianco (chalk) tenero
Sabbia moderatamente addensata e ghiaia Calcare bianco (chalk) alterato e fratturato
Sabbia da addensata a molto addensata e ghiaia Categorie – IA: pali trivellati a secco, pali trivellati con sostegno delle pareti mediante fanghi, pali realizzati con elica continua e tubo forma centrale, micropali (iniettati a bassa pressione). IB: Pali trivellati con sostegno delle pareti dello scavo mediante tubazione, pali infissi gettati in opera. IIA: Pali infissi prefabbricati in cemento armato o precompresso, pali in profilati o in tubi di acciaio. IIIA: Pali infissi iniettati. IIIB: Pali iniettati ad alta pressione; micropali (iniettati ad alta pressione). Nota: I limiti massimi di τl indicati fra parentesi devono applicarsi a pali eseguiti con molta cura e avendo arrecato al terreno il minimo disturbo.
Figura 3.55. Coefficiente di adesione α (Bustamante e Gianeselli, 1982)
τl =
qc
α LCPC
(65) (66)
Il metodo, secondo il tipo del terreno e di palo, fornisce dei limiti massimi alla resistenza unitaria laterale limite τl.
a 0.7 q’ca
3
2
q’ca
D 1.3 q’ca qc
a
a Profondità
ql = kc · qca
D
Palo
re il valore di qca come valore medio dei valori di q’ca ricavati alla fine della seconda fase. La resistenza unitaria laterale limite τl è calcolata dai valori misurati della resistenza alla punta qc divisa per un coefficiente di adesione αLCPC (vedi figura 3.55). Il valore della portata unitaria limite di base, ql, è ricavata dal valore di qca sopra indicato, moltiplicato per un opportuno coefficiente di portanza kc (vedi figura 3.54). Abbiamo pertanto:
qca
Figura 3.56. Valutazione della resistenza alla punta media equivalente (Bustamante e Gianeselli, 1982)
3.3.5.2. Metodo di De Ruiter e Beringen (1979) Il metodo proposto da de Ruiter e Beringen (1979) è riepilogato nella tabella di figura 3.57. Sono impiegate differenti procedure a seconda che i terreni siano sabbie o argille. Nelle argille il primo passo consiste nel determinare la resistenza al taglio non drenata cu, dalla resistenza alla punta qc. Sia la portata unitaria limite di base sia la resistenza unitaria laterale limite sono calcolate moltiplicando il valore di cu per un opportuno fattore. Per quanto concerne le sabbie, de Ruiter e Beringen hanno trovato che la portata unitaria limite di
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MICROPALI
Portata unitaria limite di base ql
Minimo di f1 = 0.12 MPa f2 = attrito laterale fs misurato con una prova CPT f3 = qc/300 (compressione) f4 = qc/400 (tensione)
f = α · su dove α = 1 per argille normalconsolidate = 0.5 per argille sovraconsolidate
Valore minimo: valore di qp ricavato secondo quanto mostrato in figura 3.58 qp = Nc · su dove: Nc = 9 su = qc/Nk, Nk = da 15 a 20
Figura 3.57. Metodo di De Ruiter e Beringen (1979) per valutare la capacità portante di un palo sulla base delle prove CPT
base dipende dalla resistenza alla punta ricavata da prove CPT, in una zona che si estende da 0.7 a 4 volte il diametro del palo, al di sotto della base del palo. La procedura per determinare tale valore, indicato con qp, è mostrata in figura 3.58. De Ruiter e Beringen hanno osservato che nel caso di pali infissi in sabbie sovraconsolidate si potrebbe avere una riduzione della capacità portante del palo a causa dell’infissione. Per tali tipi di terreno, le correzioni raccomandate, ricavate sulla base di numerose prove di carico, sono mostrate in figura 3.59. Tuttavia, in molti casi è difficile stimare il grado di sovraconsolidazione di una sabbia. In sabbie con elevati valori della resistenza alla punta qc, è raccomandata una notevole cautela nell’assunzione del grado di sovraconsolidazione. L’influenza del grado di sovraconsolidazione delle sabbie ha portato De Ruiter e Beringen a proporre un valore limite per la portata unitaria limite di base pari a 15 MPa, a prescindere dal valore della resistenza alla punta.
20 Valori della portata unitaria limite di base (MPa)
Resistenza unitaria laterale limite τl
Argilla
10 5 0
Valore limite di 15 MPa per tutti i terreni incoerenti
Sabbia da fine a grossolana, OCR = 1
15
0
5
10
Sabbie grossolane e sabbie con OCR variabile da 2 a 4
Ghiaia fine e sabbia con OCR variabile da 6 a 10 15
20
25
Valori calcolati per la portata unitaria limite di base (MPa)
30
35
Figura 3.59. Portata unitaria limite di base per sabbie sovraconsolidate (De Ruiter e Beringen,1979) Resistenza alla punta, qc
qc1 = Valore medio di qc lungo una lunghezza y · D al di sotto della base del palo (percorso a-b-c). Somma i valori di qc sia verso il basso (percorso a-b) sia verso l’alto (percorso b-c). Utilizza i valori di qc lungo il percorso a-b e la regola del minimo percorso lungo b-c. Calcola qc1 per valori di y compresi fra 0.7 e 4.0 e utilizza il minimo valore di qc1 ottenuto.
Profondità
Sabbia
Inviluppo dei valori minimi di qc
qc2 = Valore medio di qc lungo una lunghezza di 8 · D al di sopra della punta del palo (percorso c-e). Utilizza la regola del minimo percorso come per il percorso b-c nel calcolo di qc1. Ignora ogni valore ‘X’ di riduzione puntuale della resistenza di punta se in sabbia, mentre se in argilla va inclusa nel percorso minimo per valutare il valore medio
Figura 3.58. Determinazione del valore medio della resistenza alla punta (De Ruiter e Beringen,1979)
3.3.5.3. Metodo di Almeida et al. (1996) Recentemente Almeida et al. (1996) sulla base dell’analisi dei risultati di 43 prove di carico su pali infissi in acciaio messi in opera in otto differenti siti, tutti caratterizzati dalla presenza di argille, e dei risultati di prove CPT eseguite nelle medesime aree, hanno messo a punto per le sole argille un metodo per valutare la capacità portante dei pali sulla base delle prove CPT. I terreni di fondazione dei siti analizzati comprendevano argille da tenere a dure e pali di diametro variabile da 0.102 m a 0.812 m. La maggior parte delle prove di carico furono eseguite in trazione, per valutare la sola resistenza laterale unitaria limite. I pali erano caratterizzati da rapporti fra la lunghezza del palo ed il diametro (L/D) compresi fra 27 e 66. Almeida et al. (1986) suggeriscono il seguente metodo per valutare la capacità portante dei pali: ql = (qt – σν0)/k1 τl = (qt – σν0)/k2
(67) (68)
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dove = resistenza alla punta corretta per effetto della pressione interstiziale qt σν0 = tensione verticale totale presente in sito k1, k2 = costanti da determinare. La costante k1 varia in funzione di (qt – σν0)/σ’ν0, come mostrato in figura 3.60. Almeida et al. (1996), suggeriscono di utilizzare per il valore di k1 il valore medio riportato in figura 3.60. Tale valore medio può essere espresso mediante la seguente relazione: k1 = 12 + 14.9 · log((qt – σν0)/σ’ν0)
(69)
Tuttavia, nel caso di un basso indice di plasticità (Ip < 20%) e/o con un basso contenuto di argilla è raccomandato di utilizzare il limite superiore sempre indicato in figura 3.60. In alternativa può essere assunto un valore di k1 pari a 40 per bassi valori di (qt – σν0)/σ’ν0 e intorno a 45 per terreni più consistenti. Una riduzione di k1 per valori di L/D superiori a 60 deve essere applicata secondo le raccomandazioni di Randolph e Murphy (1985). I valori suggeriti da Almeida et al (1996), per la resistenza unitaria laterale limite, sono del tutto simili a quelli che si ottengono adottando il tradizionale approccio in termini di tensioni totali (α) per i pali in argilla (Randolph e Wroth, 1982). Per quanto concerne il valore di k2 si ha: k2 = Nkt / 9
(70)
dove Nkt è il fattore di cono utilizzato per ricavare, dalla resistenza alla punta, il valore della resistenza al taglio non drenata, che normalmente varia da 10 a 30. In generale le raccomandazioni di Almeida et al. (1996) sono meno conservative rispetto al metodo proposto da Bustamante e Gianeselli (1982). In conclusione viene raccomandato (Lunne et al., 1997) di utilizzare i metodi di Bustamante e Gianeselli (1982), De Ruiter e Beringen (1979) e (per le sole argille) il metodo di Almeida et al. (1996) e di adottare per il dimensionamento dei pali il valore di capacità portante più basso ottenuto dai differenti metodi. Nel caso si abbia una consolidata esperienza già acquisita nel sito in oggetto, può essere adottato il solo metodo che ha già fornito, sulla base di prove di carico, la migliore previsione.
Piccolo diametro, infisso
Grande diametro, infisso
Pali di piccolo diametro installati con martinetto
Limite
ore
superi
Limite
re
inferio
Valore medio
Figura 3.60. Valori del coefficiente k1 per pali infissi in argilla (Almeida et al., 1996)
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MICROPALI
Resistenza unitaria laterale limite
Piano campagna
Trasduttori di spostamento cella di carico superiore
Profondità z (m)
Palo in acciaio
Lunghezza del palo
Linee guida API
10 m
Minimo
Toolan et al. (1990)
Gruppo di strumentazione Distanza dalla base del palo (h)
Profondità finale di penetrazione (L)
Massimo Punta conica
Decadimento idealizzato ad andamento esponenziale Tipico profilo da prove in sito
3.3.6. IL METODO ICP PER I PALI INFISSI
Profondità dello strumento (m)
Figura 3.61. Profili idealizzati dell’andamento della resistenza unitaria laterale limite in funzione della profondità
Tensione tangenziale locale (k P a)
La determinazione della capacità portante di un palo infisso rappresenta uno dei problemi geotecnici di maggiore incertezza nel campo dell’ingegneria delle fondazioni; in particolare modo per quanto concerne i terreni incoerenti. Linee guida per la progettazione dei pali infissi come quelle pubblicate, ad esempio, dall'API (American Petroleum Institute 1984, 1991, 1993) non sono generalmente consistenti con i fondamenti teoriFigura 3.62. ICP: Imperial College Pile ci e con il comportamento reale dei pali in esercizio. Per esempio, le osservazioni sperimentali di una graduale riduzione dell’aumento della capacità portante all’aumentare dell’infissione del palo è tenuta in conto imponendo un valore limite alla portata di base e per attrito laterale, a partire da una profondità definita critica. Tuttavia, dettagliati profili della portata per attrito laterale, ricavati da pali strumentati, tendono a mostrare esattamente l’opposto, con valori massimi in prossimità della punta del palo e valori decisamente inferiori in vicinanza della superficie del terreno. In figura 3.61 è, ad esempio, mostrato un tipico profilo della resistenza laterale mobilitata lungo un palo infisso a sua volta confrontato con quanto suggerito dalle API per il calcolo delle resistenza laterale limite. Analogamente la figura 3.62, ripresa da un lavoro di Lehane, Jardine, Bond e Frank, mostra la resistenza laterale misurata lungo il fusto del palo a tre differenti profondità in un deposito di sabbie uniformi (rispettivamente per h/R = 50, 28 e 8, dove h è la distanza dalla punta del palo e R è il raggio del palo). Si può notare come, all'aumentare della distanza dalla punta del palo, la resistenza laterale diminuisca. Negli ultimi anni, si è registrato un intenso dibattito sull’affidabilità dei correnti metodi progettuali,
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per valutare la capacità portante del palo, cercando di chiarire i limiti degli approcci empirici convenzionali sulla base di indagini sperimentali e adottando modelli di comportamento più aderenti alla realtà. Palo Recentemente, sulla base di una estesa sperimena punta aperta tazione condotta in sei differenti siti con un palo di prova opportunamente strumentato, R.J. Jardine e F.C. Chow (1996), dell’Imperial ColleTappo ge di Londra, hanno messo a punto un nuovo di terreno metodo per la progettazione di pali infissi. Il loro lavoro ha preso le mosse da una profonda analisi critica di tutti i metodi più utilizzati per valutare la capacità portante limite, confrontandone i valori calcolati con quelli misurati con prove di carico. Dall’esame effettuato dagli autori è risultato che il coefficiente di variazione COV (definito come rapporto fra la deviazione (a) (b) standard ed il valore medio) del rapporto fra Comportamento dei pali a punta aperta: (a) senza la formazione del tappo – (b) con la formazione del tappo capacità portante limite calcolata e misurata per Figura 3.63. Valutazione della capacità portante di pali infissi pali che erano stati dimensionati in accordo alle a punta aperta norme API RP2A (ventesima edizione, 1993) era compreso fra 0.5 e 0.7. Come osservato dagli autori tali elevati valori del coefficiente di variazione COV non erano compatibili con i relativamente bassi coefficienti di sicurezza normalmente adottati per i pali installati in opere al largo (tipicamente 1.5). Per quanto riguarda i pali installati in opere al largo (off-shore), Kraft et al. (1981) hanno evidenziato come la valutazione della capacità portante assiale, valutata con differenti metodi, porta ad una variazione del ±25 percento rispetto ai valori medi della previsione progettale. Prima di illustrare il metodo proposto da Jardine e Chow (1996) per la determinazione della capacità portante di pali sia a punta chiusa sia a punta aperta, riprendiamo più in dettaglio le definizioni per la valutazione della capacità portante evidenziando le differenze fra i pali infissi a punta chiusa e quelli a punta aperta. Come visto nei precedenti paragrafi, la capacità portante di un palo di fondazione è fornita dalla somma della portata di base e della portata per attrito laterale: Qu = Qp – Qs – W dove Qu Qp Qs W
= = = =
(71)
capacità portante limite totale portata limite di base portata limite per attrito laterale peso proprio del palo.
La valutazione della capacità portante assiale, in compressione, di un palo infisso, è basata sulle seguenti condizioni estreme (vedi figura 3.63): 1. Palo a punta chiusa; 2. Palo a punta aperta (“fully plugged”); 3. Palo a punta aperta (“unplugged”). Nei casi 1 e 2, la valutazione della capacità portante limite totale è fornita dalla seguente espressione: Qu,c = ∑ f0 · A0 + qp · Ap – W
(72)
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dove f0 A0 qp Ap d0
MICROPALI
= = = = =
resistenza laterale limite esterna 1 superficie laterale del palo con riferimento al diametro esterno del palo ⋅ π ⋅ d02 4 portata unitaria limite di base area della superficie di base del palo diametro esterno del palo.
Nel caso 3 si ha invece: Qu,0 = ∑ f0 · A0 + ∑ fi · Ai + qw · Aw – W
(73)
dove f0,fi = resistenza laterale limite esterna ed interna A0,Ai = superficie laterale del palo con riferimento rispettivamente al diametro esterno ed interno del palo qw = portata unitaria limite di base Aw = area della superficie anulare del palo = π · t · (d0 – t) t = spessore del palo a punta aperta d0 = diametro esterno del palo. Per ciascuna penetrazione del palo, vengono pertanto valutati i valori di Qu,c e Qu,o. Il valore finale assegnato alla capacità portante assiale del palo, a punta aperta, è pertanto governato dal valore inferiore fra i due. Pertanto per un palo a punta aperta si avrà il caso “fully plugged” se: Qu,o > Qu,c oppure quando: ∑ fi · Ai > qp · A’p dove A’p =
1 area del tappo (“plug”) = ⋅ π ⋅ di2 4 di = diametro interno del palo. Questa condizione si verifica, normalmente, in terreni di relativamente modesta portata di base come argille e limi. In sabbie dense spesso governa la condizione opposta senza pertanto la formazione del tappo (“unplugged”): Qu,c > Qu,o e pertanto: qp · A’p > ∑ fi · Ai Le recenti ricerche compiute presso l’Imperial College di Londra da Jardine e Chow (1996/1997) hanno condotto alla definizione di nuovi approcci per la progettazione dei pali infissi in terreni coesivi e non coesivi. Tali ricerche, sebbene indirizzate principalmente ad una razionalizzazione della progettazione nel campo dell’ingegneria off-shore, e quindi espressamente dedicate a tali applicazioni, permettono, anche nei casi più usuali di utilizzo di pali infissi, una migliore comprensione di fenomeni poco investigati razionalmente, nonché di fruire di nuovi strumenti progettuali. Il metodo proposto da Jardine e Chow è stato denominato metodo ICP da Imperial College Pile che è il palo strumentato, utilizzato per la ricerca, in acciaio a punta chiusa, strumentato con celle di carico, trasduttori di pressione totale, interstiziale e di temperatura, lungo da 6 a 20 m, con diametro pari a 10 cm (vedi figura 3.64). Pertanto sulla base delle indicazioni di Jardine e Chow (1996), nel caso di pali in sabbia, le figure 3.65 e 3.66 riportano la procedura proposta dagli Autori per determinare la portata limite di base. Le
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Diametro = 0.1016 m
Distanza dalla punta del palo, h (m)
h = Distanza dalla punta del palo R = Raggio del palo
Tensione tangenziale media agente lungo il palo Trasduttore di pressione totale (SST)
Trasduttore di pressione interstiziale (PPP) Cella di carico assiale (ALC)
Figura 3.64. Palo strumentato con celle di carico A
A1
Portata di base di pali a punta chiusa
Portata di base
Con riferimento alla resistenza alla punta qc di prove CPT, si assume il valore medio di q– c in un tratto della lunghezza di 1.5 volte il diametro,
al di sopra e al di sotto della punta del palo. DCPT = 0.036 m, inoltre si – per D > 2 m assume un limite inferiore pari a qb = 0.13 q c
B
B1
B2
B3
Portata di base per pali a punta aperta Si forma un tappo alla base se:
Nota: D è espresso in m e Dr è espresso in %
Pali con formazione del tappo (fully plugged) Si sviluppa una portata di base inferiore del 50% a quella relativa ai pali a punta chiusa dopo uno spostamento della testa del palo pari a D/10. B3 fornisce un limite inferiore a quanto calcolato con la formula B2 per grandi diametri
Limite inferiore per pali senza tappo (un plugged) e per pali di grande diametro a punta aperta
Si considera la portata di base solamente in corrispondenza del palo,
la resistenza è uguale al valore medio della resistenza alla punta qc in corrispondenza della base del palo. Il contributo dovuto alla resistenza laterale interna dovrebbe essere ignorato.
Figura 3.65. Metodo di Jardine e Chow (1996), procedura per valutare la capacità portante di base di un palo infisso in sabbie
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Cc C*c
cvr COV CPT Cu D Dr e eL G h/R Ivr ∆Ivy K L ln log Pa qc qb qba Qb Qs Qc Qm R Rcla Rinner
MICROPALI
= Coefficiente di compressibilità = ∆e/∆logσ’v = Coefficiente di compressibilità intrinseco; variazione dell’indice dei vuoti per campioni di terreno normalconsolidati ricostruiti in laboratorio σ’v = 100 kPa e 1000 kPa = Coefficiente di consolidazione per drenaggio radiale = Coefficiente di variazione = Prova penetrometrica statica = Resistenza al taglio in condizioni non drenate = Diametro del palo = Densità relativa (%) = Indice dei vuoti (vedi figura 3.71 per eo, ey, ecc.) = Indice dei vuoti in corrispondenza del imite liquido = Modulo di taglio operativo = Distanza normalizzata dalla punta del palo = Indice dei vuoti relativo (vedi figura 3.71) = Indice dei vuoti relativo alla rottura (vedi figura 3.71) = σ’r/σ'v0 = Lunghezza del palo = Logaritmo a base e = Logaritmo a base 10 = Pressione atmosferica = Resistenza alla punta = Portata di base (espresso anche come qb/qc) = Portata di base in corrispondenza della sezione anulare di un palo a punta aperta = Portata di base = Portata per attrito laterale = Capacità portante calcolata = Capacità portante misurata = Raggio del palo = Scabrezza del palo = Raggio interno del palo
Rout R* s SPT St t YSR δf δpeak δult δcv δh σ’h0 σ’r σ’rf ∆σ’r σ’v0 σ’vy τf µ
= Raggio esterno del palo = Raggio equivalente per pali a punta aperta = Deviazione standard = Standard Penetration Test = Sensitività dell’argilla = Tempo = Rapporto di plasticizzazione o valore apparente di OCR, =σ’vy/σ'v0 = Angolo di resistenza al taglio a rottura all’interfaccia palo-terreno = Massimo valore dell’angolo di resistenza al taglio all’interfaccia palo-terreno = Minimo valore dell’angolo di resistenza al taglio all’intefaccia palo-terreno = Angolo di attrito a volume costante all’interfaccia palo-terreno = Spostamento normale radiale (anche δr) = Tensione orizzontale efficace esistente in sito = Tensione radiale efficace = Tensione radiale efficace lungo il fusto del palo a rottura = Variazione di σ’r durante la messa in carico del palo (pure ∆σ’rd in sabbie) = Tensione verticale efficace esistente in sito = Tensione verticale efficace a rottura = Locale tensione di taglio di picco = Valore medio
Significato generale dei simboli c = All’equilibrio (dopo la consolidazione) f = Rottura 0 = Condizioni iniziali in sito, prima dell’installazione del palo r = Radiale t = Da un dato tempo u = Ultimo v = Verticale y = A rottura
Figura 3.66. Metodo di Jardine e Chow (1996), procedura per valutare la capacità portante di base di un palo infisso in sabbie, simbologia adottata
figure 3.67 e 3.68 riportano la procedura, proposta da Jardine e Chow (1996) per valutare la resistenza laterale limite, per pali infissi in sabbia. Analogamente per pali in argilla, la figura 3.69 riporta la procedura per valutare la portata limite di base ed, infine, le figure 3.70 e 3.71 riportano le indicazioni per valutare, in argille, la resistenza laterale limite. Tenendo presente che uno degli aspetti più difficili, in sede progettuale, riguarda la determinazione della resistenza laterale limite, il metodo di Jardine e Chow è stato applicato, come esempio, al calcolo della resistenza laterale limite per un palo a punta chiusa del diametro di 1 m e della lunghezza di 50 m in un deposito sabbioso uniforme caratterizzato da diversi valori della densità relativa. La figura 3.72 riporta l'andamento con la profondità della resistenza laterale limite. Come si può notare la tensione orizzontale efficace agente sul palo e conseguentemente la resistenza laterale agente è fortemente influenzata dal valore della densità relativa. Le figure 3.73-3.77, confrontano, per ogni valore della densità relativa, la resistenza laterale limite calcolata con il metodo e con il metodo suggerito dalle API (le cui indicazioni sono riportate in figura 3.78) e assumendo come angolo di attrito, fra terreno e palo, 32°. Come si può notare per valori della densità relativa inferiori al 50%, la resistenza laterale limite calcolata con il metodo ICP è sensibilmente inferiore a quella calcolata con il metodo API mentre per valori di DR superiori al 50% si ha il contrario. Come conseguenza, è chiaramente evidenziato dagli Autori, il metodo suggerito dalle API non è cautelativo nei depositi di sabbie sciolte e per pali caratterizzati da alti valori del rapporto L/D (lunghezza/diametro) ed invece è estremamente conservativo nei depositi di sabbie dense e quando il rapporto fra lunghezze e diametro del palo è basso.
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C
C1
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Capacità potante per connessione laterale di pali a punta chiusa
Portata per connessione laterale Integrale della resistenza unitaria laterale limite lungo il fusto del palo
C2
Tensione di taglio locale Criterio di rottura di Coulomb
C3
Tensione radiale efficace locale Funzione della resistenza da prove CPT, tensione verticale efficace pressione in sito (tensione geostatica) normalizzata alla pressione atmosferica Pa = 100 kPa e h/R. Il valore di h/R è limitato al valore minimo di 8.
C4
Incremento della tensione radiale efficace per effetto della dilatanza durante l’apolicazione del carico al palo Con riferimento al modulo di elasticità tangenziale del terreno sabbioso, alla scabrezza del palo RCLA e al raggio. Il modulo di elasticità tangenziale G (G = E’/2 (1 + ν), ν = rapporto di Poisson, E’ = modulo di elasticità normale, viene ricavato mediante l’espressione proposta da Baldi et al. (1989) in funzione del valore della resistenza alla punta qc da prove CPT. δh = 2 Rcla = 2 e-5 m, valore tipico per pali offshore
C5
Angolo di attrito a rottura all’interfaccia palo-terreno Viene assunto pari al valore dell’angolo a volume costante da prove di taglio diretto, dipende dalla scabrezza del palo e da altri fattori.
Può essere stimato dalla figura 3.68 b C6
D
D3
Pali in trazione L’equazione C6 dovrebbe essere usata al posto dell’equazione C2 Capacità portante per connessione laterale di pali a punta aperta
Raggio modificato Sostituire nell’equazione C3 per ottenere l’equazione D3; h/R* > 8.
In trazione
Tensione di taglio in condizioni di trazione ridotte del 10%
Figura 3.67. Metodo di Jardine e Chow (1996), procedura per valutare la capacità portante per connessione laterale di un palo infisso in sabbie Scabrezza acciaio all’interfaccia palo-terreno
Palo: Lunghezza L, Raggio R
Tensione verticale efficace presente in sito (tensione geostatica)
Profondità relativa ristretto alla base del palo = h
tensione radiale efficace dopo l’installazine del palo dipendente dai valori locali di qc, σ’v0 e h/R (Come il palo è caricato σ’rc
Leggenda:
σ’rf)
Diametro corrispondente al 50% di passante d50 (mm)
Figura 3.68. Metodo di Jardine e Chow (1996), (a) definizione dei parametri per la definizione della tensione radiale efficace, (b) andamento dell’angolo di resistenza al taglio all’interfaccia fra il palo ed il terreno
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MICROPALI
Capacità portante di pali a punta chiusa
E
Carico in condizioni non drenate
E1
Carico in condizioni drenate F
Capacità portante di pali a punta aperta
F1
Se
è inferiore a 36,
in corrispondenza della punta del palo si forma un tappo (plug) F2
Carico in condizioni non drenate Carico in condizioni drenate
F3
Carico in condizioni non drenate Carico in condizioni drenate
La portata di base è controllata dalla resistenza alla punta da prove CPT in corrispondenza della punta del palo e dalle condizioni di drenaggio durante l’applicazione del carico. Il valore di – qc è relativo alla media del valore della resistenza alla punta in un tratto pari a 1.5 volte il diametro, al di sopra e al di sotto della punta del palo
La formazione del tappo alla base del palo è fornita dal criterio di fianco indicato. Da notare che DCPT = 0.036 m e che la pressione atmosferica è PA = 0.1 MPa o 100 kPa Pali con piena formazione del tappo alla base (fully plugged) sviluppano metà della portata di base relativa a pali a punta chiusa, come indicato nell’equazione E1 dopo un cedimento della testa del palo di D/10
Pali senza formazione del tappo (unplugged) sono in grado di fornire una capacità portante di base solamente attraverso la sezione anulare dei palo. La resistenza alla base del palo è pari al valore medio della resistenza alla punta da prove CPT in corrispondenza della base del palo. Questo può essere aumentato di un fattore pari a 1.6 in condizioni drenate. Il contributo dovuto alla tensione di taglio interna deve essere ignorato
Figura 3.69. Metodo di Jardine e Chow (1996), procedura per valutare la capacità portante di base di un palo infisso in argilla
G
G1
Capacità portante per connessione laterale di pali a punta chiusa
Capacità portante per connessione laterale Integrare la tensione di taglio locale lungo il tratto di palo immerso nel terreno
G2
Tensione di taglio locale Criterio di rottura di Coulomb
G3
Tensione radiale efficace locale Funzione della tensione verticale efficace presente in sito, σ’vo; Ivr e ∆Ivy (come definiti in figura 3.71a); rapporto della tensione di plasticizzazione (YSR, vedi figura 3.66 per la sua definizione) e h/R (h/R è limitato ad un valore minimo di 8)
G4
L’angolo di attrito all’interfaccia palo-terreno dovrebbe essere misurato mediante prove di taglio torsionale. Valori “operativi” dipendono dal grado di rottura progressiva, dalla scabrezza del palo, dal tipo di argilla e dalla storia di carico. Andamenti tipici sono mostrati in figura 3.71(b) per le argille del Mare del Nord.
H H
Capacità portante per connessione laterale di pali a punta aperta
Kc è calcolato mediante le espressioni riportate al punto G3 ma con R* = (R2outer – R2inter)1/2 sostituito ad R nell’espressione h/R
Raggio modificato Limite inferiore h/R* = 8.
Figura 3.70a. Metodo di Jardine e Chow (1996), (a) procedura per valutare la capacità portante per connessione laterale di un palo infisso in argilla, (b) andamento di cu/σ0 in funzione di OCR ricavato da prove di laboratorio triassiali CU K0
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Argilla a bassa plasticità
Argilla di media plasticità
Da prove triassiali CUK0
Cu/σ’v0 – OCR per campioni di argilla consolidati in condizioni K0 (Jardine, 1985)
Figura 3.70b. (a)
Indice dei vuoti
Curva intrinseca di compressione
(b)
Curva di compressione edometrica su un campione di terreno intatto Convizioni presenti in sito
Punto di plasticizzazione
Indice di plasticità, % Definizione di ∆Ivy e Iw, Iw = (eo – e’o)/C’c; ∆Ivy =(ey – e’y)/C’c; YSR = σvy/σ’v0
Figura 3.71. Metodo di Jardine e Chow (1996), definizioni e correlazioni
Figura 3.72. Esempio per la valutazione della resistenza laterale limite di un palo infisso in sabbia a punta chiusa del diametro di 1 m e della lunghezza di 50 m, in funzione di diversi valori della densità relativa, adottando il metodo di Jardine e Chow (1996)
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Figura 3.73. Confronto fra la resistenza laterale limite calcolata con il metodo di Jardine e Chow (1996) e con le raccomandazioni dell’API, per un palo a punta chiusa, infisso in sabbie con densità relativa del 35% , del diametro di 1 m della lunghezza di 50 m
Figura 3.74. Confronto fra la resistenza laterale limite calcolata con il metodo di Jardine e Chow (1996) e con le raccomandazioni dell’API, per un palo a punta chiusa, infisso in sabbie con densità relativa del 50% , del diametro di 1 m della lunghezza di 50 m
Figura 3.75. Confronto fra la resistenza laterale limite calcolata con il metodo di Jardine e Chow (1996) e con le raccomandazioni dell’API, per un palo a punta chiusa, infisso in sabbie con densità relativa del 70% , del diametro di 1 m della lunghezza di 50 m
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Figura 3.76. Confronto fra la resistenza laterale limite calcolata con il metodo di Jardine e Chow (1996) e con le raccomandazioni dell’API, per un palo a punta chiusa, infisso in sabbie con densità relativa del 80% , del diametro di 1 m della lunghezza di 50 m
Figura 3.77. Confronto fra la resistenza laterale limite calcolata con il metodo di Jardine e Chow (1996) e con le raccomandazioni dell’API, per un palo a punta chiusa, infisso in sabbie con densità relativa del 90% , del diametro di 1 m della lunghezza di 50 m
Densità Molto sciolta Sciolta Media Sciolta Media Densa Media
Densa
Densa Molto densa Densa
Molto densa
Descrizione del terreno Sabbia Sabbia-limo Limo
Angolo di attrito all’interfaccia palo-terreno, δ
Resistenza unitaria laterale limite (kPa)
Nq
Portata unitaria limite di base (MPa)
Sabbia
Sabbia-limo Limo Sabbia Sabbia-limo Sabbia Sabbia-limo Ghiaia Sabbia
I parametri riportati in tabella sono da intendersi solamente come indicativi. Dove sono disponibili dettagliate informazioni (prove in sito CPT, CPTU, prove di laboratorio su campioni intatti, prove di battitura su prototipi, ecc.) possono essere assunti diversi valori.
Figura 3.78. Raccomandazioni API (1984) per il dimensionamento di pali infissi
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MICROPALI
Terreno compressibile
qLI
qLI D
D Db - 10 B
qP
qL2
Terreno compressibile
qP
Sabbia densa
qL2 (b)
(a)
- 10 B
Sabbia densa
Terreno compressibile
Figura 3.79. Portata di base in presenza di un terreno stratificato
3.3.7. PORTATA DI BASE IN PRESENZA DI UN TERRENO STRATIFICATO Nel caso di un terreno stratificato (vedi figura 3.79), l’uso della portata di base sopra calcolata è subordinata alla condizione che il palo penetri nello strato portante di base per un tratto che Meyerhof (1976) suggerisce pari ad almeno 10 volte il diametro D. Con riferimento al caso mostrato in figura 3.79a di un palo che attraversa uno strato tenero per andarsi ad immorsare in uno strato portante di base, si avrà pertanto: D (74) q1 = ql1 + ( ql 2 – ql1 ) ⋅ b ≤ ql 2 10 ⋅ D dove Db è la profondità di immorsamento. Nel caso invece di uno strato portante che ricopre uno strato sottostante di terreno tenero (vedi figura 3.79b), la portata di base dovrà essere ridotta secondo la seguente espressione per tenere conto della possibilità di rottura del palo per punzonamento: H' (75) q1 = ql 2 + ( ql1 – ql 2 ) ⋅ ≤ ql1 10 ⋅ D 3.3.8. FORMULE DINAMICHE Il metodo più datato e quello, tuttora, più frequentemente usato per stimare la capacità portante di un palo infisso è basato sulle formule dinamiche. Queste formule, che collegano la capacità portante al rifiuto del palo cioè al suo abbassamento sotto un colpo di maglio, presumono che la resistenza all’infissione sia uguale alla capacità portante sotto un carico statico. Esse sono basate su una rappresentazione idealizzata dell’azione del martello sul palo nell’ultima fase dell’infissione. Le formule dinamiche si basano sulle seguenti ipotesi: • Il palo durante l’infissione si comporta come un corpo rigido, ipotesi che può essere accettabile solamente per pali relativamente corti. • La resistenza del terreno, in condizioni dinamiche, durante l’infissione del palo è uguale alla resistenza statica, ipotesi questa che non è confermata dall’esperienza. Le formule dinamiche possono essere applicate solo a pali infissi battuti, nei quali si misuri l’avanzamento permanente, o rifiuto r, sotto un colpo di maglio. Esse sono basate su un bilancio energetico del tipo: Lm =Lu + Lp dove Lm è il lavoro motore fornito da un colpo di battipalo, Lu è il lavoro utile, pari a Ql · r, Lp è il lavoro dissipato nell’urto tra maglio e palo e nella deformazione del palo, del terreno e degli eventuali elementi (cuffia, dischi) interposti tra maglio e palo.
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Il lavoro motore si esprime nella seguente maniera: L = e– · E m
m
dove Em è l’energia fornita dal maglio in un colpo pari a Em = W · h per magli a caduta libera di peso W e altezza di caduta h, mentre è fornita direttamente dal costruttore per magli a vapore e diesel; e– è un coefficiente di efficienza del maglio i cui valori indicativi sono mostrati nella seguente tabella 3.6. Tabella 3.6. Efficienza dei diversi tipi di battipalo Tipo di maglio A caduta libera – a scatto A caduta libera – a fune ed argano A caduta libera – a frizione A vapore – a semplice effetto A vapore – a doppio effetto A vapore – ad effetto differenziale Diesel
Valore di –e 1.0 0.75 0.7 ÷ 0.8 0.75 ÷ 0.85 0.85 0.75 0.7 ÷ 1.0
Le formule dinamiche di più frequente impiego si differenziano fra di loro per la diversa espressione del lavoro dissipato Lp. Le più diffuse sono le seguenti. Formula di Janbu e ⋅ Em Q1 = r⋅K dove: λ K = C ⋅ 1 + 1 + c
λ=
Em ⋅ L A ⋅ E ⋅ r2
C = 0.75 – 0.15 ⋅
(76)
(77)
(78) Wp
(79) W in cui A, E ed L sono rispettivamente l’area della sezione, il modulo di elasticità e la lunghezza del palo; e– è l’efficienza del battipalo; r è il rifiuto; Wp e W sono il peso del palo e del maglio. Formula danese Ql =
e ⋅ Em e ⋅ Em ⋅ L r+ 2⋅A⋅E
(80)
Il valore del rifiuto r da introdurre nelle formule è la media dei valori misurati su dieci colpi di maglio. È una buona norma determinare il valore di r durante una ripresa della battitura, effettuata ad una certa distanza di tempo dall’infissione; la pausa deve essere di alcune ore per i terreni a grana grossa, mentre dovrebbe essere di alcuni giorni per quelli a grana fine. Una analisi più sofisticata della battitura basata sull’equazione dell’onda d’urto è stata messa a punto da Smith (1962). Secondo la soluzione di Smith, l’interazione palo-terreno viene simulata con una molla e un blocco d’attrito in serie e da uno smorzatore in parallelo, come indicato in figura 3.80. In questo modello la resistenza massima del blocco di frizione corrisponde alla massima resistenza laterale o di base prevista nelle condizioni analizzate. La resistenza statica, componente della resistenza schematizzata dalla molla, varia linearmente con la deformazione fino ad un valore massimo ucrit, definito “quake”, oltre il quale le deformazioni aumentano senza generare alcun ulteriore incremento della reazione. Gli smorzatori lineari simulano la dispersione di energia che avviene per radiazione nei terreni circostanti e per effetti viscosi nel terreno.
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MICROPALI
Massa dei conci
Rigidezza delle molle
Resistenza del terreno
Colpo Massa battente Cuffia + cuscino
Palo
a) Sistema palo-battipalo-cuffia e cuscino di battuta
b) Modello
Figura 3.80. Analisi di battitura con il metodo dell’equazione dell’onda d’urto (Smith, 1962)
Figura 3.81. Modello di Smith, parametri caratteristici
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Con riferimento alla figura 3.80 la resistenza complessiva risulta dalla somma delle due componenti ed è espressa dalla relazione: R dyn = R s (1 + J V)
(81)
in cui: Rdyn = Rs = J = V =
resistenza dinamica in un determinato istante durante l'infissione; massima resistenza statica alla profondità considerata; coefficiente di smorzamento; velocità, in un certo intervallo di tempo, del segmento di palo considerato.
Il palo viene modellato con una serie di masse collegate da molle che ne rappresentano la continuità e l’elasticità. La lunghezza massima dei segmenti in cui il palo viene suddiviso ai fini del calcolo viene scelta in modo da assicurare un’accurata simulazione del fenomeno di propagazione dell'onda. Il battipalo e la cuffia vengono modellati mediante singole masse, mentre il cuscino viene modellato come elemento elastico dotato di isteresi. Valori tipici dei parametri caratteristici del modello di Smith sono mostrati in figura 3.81. 3.3.9. PORTATA AMMISSIBILE La portata ammissibile (Qamm) del palo singolo viene valutata secondo le seguenti espressioni: Qamm = oppure: Qamm =
π ⋅ D2 Qbl + Qsl ⋅ σ cls –W ≤ 4 FS1
(82)
Qsl Qbcrit π ⋅ D2 + ⋅ σ cls –W ≤ FS1 FS2 4
(83)
essendo:
σcls =
tensione nel calcestruzzo ≤ 4.5 MPa.
In accordo alla Normativa Vigente (DM 11/3/1988) e tenuto conto di quanto consigliato dalle “Raccomandazioni sui pali di fondazione”, AGI (1984), si adotta di norma: FS1 = 2.5 FS2 = 1.75 ÷ 2.5. 3.3.10. PALI IN GRUPPO I pali di fondazione vengono di regola impiegati in gruppi. Per evitare interferenze tra i pali, possibili danneggiamenti dei pali già costruiti e riduzioni dell’efficienza della palificata, l’interasse minimo tra i pali è fissato ad un valore non minore di tre volte il loro diametro D. La rottura del gruppo di pali può manifestarsi secondo due situazioni limite schematicamente rappresentate in figura 3.82. La situazione indicata in figura come (a) rappresenta la rottura tipo blocco o pozzo di fondazione, caratteristica di pali molto ravvicinati; nella situazione indicata in figura con (b) la rottura avviene singolarmente per ciascun palo ed è caratteristica di pali notevolmente distanziati tra di loro. Supponendo noto il carico limite Q11 di ciascuno dei pali considerati singolarmente, il carico limite Q dell’intera palificata (comprendente n pali) si può porre pari a: Q = η · n · Q11
(84)
in cui al coefficiente η si dà il nome di efficienza del gruppo. Per palificate in terreni incoerenti e interassi usuali l’efficienza è sempre maggiore dell’unità; nel progetto essa viene assunta pari ad uno.
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MICROPALI
zona di rottura sotto la struttura di collegamento zona di rottura alla base (a)
(b)
Figura 3.82. Schema di possibile rottura per un gruppo di pali in terreni granulari (Kishida, Meyerhof, 1965)
Figura 3.83. Schema di rottura del terreno per effetto della palificata quale blocco in terreni coesivi (Terzaghi e Peck, 1967)
Figura 3.84. Coefficiente di capacità portante Nc
Può aversi η < 1 solo per pali trivellati con esecuzione non sufficientemente curata e quindi con sensibile allentamento del terreno fra i pali. L’efficienza di gruppi di pali in terreni argillosi può essere minore dell’unità. Nel caso di palificate in terreni coerenti teneri e per interasse dei pali inferiore a quattro volte il diametro, è opportuno verificare la stabilità globale della palificata quale blocco (Terzaghi e Peck, 1967). Con riferimento alla figura 3.83, la capacità portante limite risulta: (85) Q = B · h · N · c + 2 · (h+B) · L · –c c
u(L)
dove: –c è il valore medio della resistenza al taglio nel tratto di lunghezza L; c è la coesione in condizioni u(L) non drenate alla profondità L; Nc è il coefficiente di capacità portante che assume i valori riportati in figura 3.84, in funzione dei rapporti h/B e L/B.
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3.4. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Almeida M.S.S., Danziger F. A.B. e Lunne T. (1996), The use of piezocone test to predict the axial capacity of driver and jacked piles. Canadian Geotechnical Journal, 33(1), 23-41. American Petroleum Institute (1984), Recommended practice for planning, designing and constructing fixed offshore platforms APT RP2A, 15th ed., American Petroleum Institute. Associazione Geotecnica Italiana (1984), Raccomandazioni sui pali di fondazione. Armour T., Groneck P., Keeley J., Sharma S. (2000), Micropile Design and Construction Guidelines Implementation Manual, Report No. FHWA-SA-97-070, US Department of Transportation, Federal Highway Adiministration. Berezantzev W.G. (1952), Axial symmetrical problem of the limit equilibrium theory of earthy medium. Gostekhizdat. Berezantzev W.G. (1965), Design of deep foundations. Proc. VI ICSMFE, Montreal. Berezantzev V.G., Khrisoforov V.S. e Gulubkov V.N. (1961), Load bearing capacity and deformation of piled foundations. Proc. 5th Int. Conf. Soil Mech., Parigi, 2, 11-15. Burland J.B. (1973), Shaft friction of piles in clay – a simple fundamental approach. Ground Engineering 6 (3), 30-42. Bustamante M., Doix B. (1985), Une Méthode pour le calcul des tirants et des micropieux injectés. Bull. liaison labo P. et Ch., 140, nov.-déc. Réf. 3047. Bustamante M. e Gianeselli L. (1982), Pile bearing capacity prediction by means of static penetrometer CPT. Proceedings of the 2nd European Symposium on Penetration Testing, ESOPT-II, Amsterdam, 2, 493-500, Balkema Pub., Rotterdam. Cambefort H. (1967), Injection des Sols. Eyrolles, Paris, 1967. Vol. I e II. Chen Y.J., Kulhawy F.H. (1994), Case history evaluation of behaviour of drilled shafts under axial and lateral loading. EPRI TR-104601, Research Project 1493-04, Palo Alto. Canadian Geotechnical Society (1978), Canadian Foundation Engineering Manual, Part 2, Shallow Foundations, Canadian Geotechnical Society, Montreal. Coyle H.M., Castello R. (1981), New design correlations for piles in sand. ASCE Jnl GED, Vol. 107, GT7, July, 965-986. De Beer E. (1984), Different behaviour of bored and driven piles. Deep Foundation on Bored and Auger Piles, Van Impe (ed.), Balkema, Rotterdam. Decourt L. (1982), Prediction of bearing capacity of piles based exclusively on N values of SPT. Proc. ESOPT2, Amsterdam 1, 29-34. De Ruiter J. e Beringen F.L. (1979), Pile foundations for large North Sea structures. Marine Geotechnology, 3(3). 267314. Jardine R.J., Lehane B.M., Everton S.J. (1993), Friction coefficients for piles in sands and silts. Proc. Conf. On Offshore Site Investigation and Foundation Behaviour. Londra. Kishida H. e Meyerhof G.G. (1965), Bearing capacity of pile groups under eccentric loads in sands. Proc. 5th ISCMFE, Montreal, Vol. 2, pp. 270-274. Kishida H., Uesegi M. (1987), Tests of the interface between sand and steel in the simple shear apparatus. Geotechnique N. 1. Kulhawy F.H. et al. (1983), Transmission line strcture foundations for uplift-compression loading. Report EL-2870, Electric Power Research Institute, Palo Alto, California. Kulhawy F.H. e Phoon K.K. (1993), Drilled shaft side resistence in clay soil to rock. Proc. On Conf. On design and performance of deep foundations: piles and piers in soil and soft rock. Geotechnical special publication No. 38. ASCE: 172-183. Ischy E., Glossop R. (1962), An introduction to alluvial grouting. Proc. Instn. Civ. Engng., n. 3, 449-474. Flaate K., Selnes P. (1977), Side friction of piles in clay. 9th ICSMFE, Tokyo, 1, 517-522. Fleming W.G.K., Weltman A.J., Randolph M.F., Elson W.K. (1992), Piling engineering. Blackie A & P, John Wiley & Sons, Inc., 2nd Ed. Findlay J.D. (1984), Discussion, Piling and ground treatment, pp. 189-190, London: Instn. Civ. Engrs. Thomas Telford. Fletcher M.S. & Mizon D.H. (1984), Piles in chalk for Orwell bridge. Piling and Ground treatment pp. 203-209, London: Instn, Civil Engrs. Thomas Telford. Gibson R.E. (1950), The bearing capacity of screw piles and screw piles and screwcrete cylinders. Discussion, J.I.C.E., 34. Hobbs N.B. (1977), Behaviour and design of piles in chalk – an introduction to the discussion of the papers on chalk. Piles in Weak Rock, pp. 149-175, London: Instn. Civil Engrs.
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LE PAGINE CHE HAI APPENA LETTO SONO TRATTE DA QUESTO LIBRO:
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2. STATO TENSIONALE GEOSTATICO
2.1. Cenni introduttivi
L’analisi dello stato tensionale geostatico non deve essere vista come un mero esercizio di stile considerato che, quale semplice punto di partenza, rappresenta un elemento imprescindibile per la conduzione delle prove geotecniche di laboratorio sui provini derivati dai campioni indisturbati; d’altra parte, come sarà possibile verificare successivamente, lo stato tensionale geostatico entra nei calcoli relativi alle verifiche agli slu e agli sle. In realtà, il problema è ben più complesso in quanto occorre considerare che il comportamento meccanico delle terre manifesta alcuni aspetti salienti, quali:
§ una resistenza meccanica molto bassa, soprattutto se paragonata a quella dei materiali artificiali da costruzione; § curve sforzi-deformazioni elastoplastiche non lineari; § l’esistenza di una soglia elastica, di transizione al campo delle deformazioni plastiche, davvero molto bassa tale da produrre deformazioni irreversibili anche per modesti livelli tensionali; § la dipendenza dal percorso tensionale pregresso, che si sintetizza nella conoscenza e nella replica della storia geologica; § la dipendenza dal livello tensionale attuale.
Limitando, per il momento, l’attenzione alla sola analisi degli effetti del campionamento sui terreni risulta che il prelievo degli stessi impone l’annullamento delle tensioni totali di confinamento agenti in sito, tale da produrre una, seppur involontaria, deformazione per dilatazione dei provini come illustrato sinteticamente nella figura 2.1; si tratta di un problema che richiede che in laboratorio sia eseguita una procedura di ripristino dello stato tensionale iniziale quale punto di partenza per le successive analisi meccaniche. La diretta conseguenza di tale procedura comporta, però, che se i provini sono ricostituiti alle medesime condizioni di sollecitazione agente in sito, lo stato tensionale complessivo risulta di tipo isotropo anche se all’origine è sempre di tipo anisotropo.
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Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali
Figura 2.1 Stato tensionale agente in sito su un generico elemento di terreno a); deformazione di un campione conseguente al suo prelievo in funzione della caduta delle tensioni geostatiche totali b) (da: Di Francesco, 2010)
In definitiva, e prima di passare in rassegna le modalità di analisi dello stato tensionale geostatico, è possibile riunire tutti gli elementi introdotti sull’argomento scoprendo che, a differenza di quanto accade con i materiali artificiali da costruzione per i quali il peso proprio può essere trascurato o inglobato nei carichi esterni (in funzione dell’elevata resistenza e trascurabile deformabilità), lo studio del comportamento meccanico dei terreni necessita sempre della conoscenza delle condizioni di sollecitazione agenti in sito. In altre parole, proprio in relazione alla bassa resistenza meccanica delle terre e alla loro elevata deformabilità, dalle simulazioni in laboratorio e/o in sito si scopre che le stesse subiscono cedimenti importanti anche durante la normale fase di sedimentazione, nell’ambito della quale aumentando lo spessore degli accumuli aumenta conseguenzialmente il peso proprio, o peso geostatico, tale da indurre fenomeni di compattazione dai quali dipende la risposta meccanica dei terreni in relazione all’applicazione dei carichi di progetto. 2.1.1. Tensione verticale totale
Occorre innanzitutto ricordare (come si è visto al paragrafo 1.2.1) che la definizione di tensione verticale totale discende dalla natura discreta dei terreni, per i
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Stato tensionale geostatico cap. 2
quali si assiste alla co-presenza di tre mezzi continui che agiscono in parallelo: lo scheletro solido e i vuoti interparticellari i quali, più o meno interconnessi, possono essere riempiti e percorsi da fluidi di varia natura tra i quali l’acqua, l’aria, il petrolio, il gas e molto altro (figura 1.6). Ragionando nel modo delineato, e nell’ottica dell’estrema semplificazione della trattazione matematica del comportamento meccanico delle terre, si scopre, allora, che queste ultime possono essere schematizzate come costituite da due soli mezzi continui:
§ lo scheletro solido, supposto indeformabile nel campo delle normali tensioni ingegneristiche; § i vuoti interparticellari saturi di acqua, considerando quest’ultima indeformabile a sua volta.
Operando matematicamente occorre, quale punto di partenza, considerare la presenza della sola impalcatura solida, costituita dall’aggregazione di tutte le particelle di varia forma e natura, e negare l’azione della pressione idrostatica esercitata dalla fase fluida; in questo modo l’analisi dello stato tensionale geostatico risulta limitata alla sola tensione totale (sv), essendo di fatto esclusa la componente legata a uno dei due mezzi continui e risultando dipendente dal solo scheletro solido al quale affidare il termine “totale”. Per una migliore definizione della metodologia di calcolo, ed entrando nel merito dello stesso, si consideri ora, quale punto di partenza, un deposito di argilla con piano di campagna orizzontale e supposto infinitamente esteso (figura 2.2a), per
Figura 2.2 Geometria di riferimento per l’analisi delle tensioni verticali totali in assenza di falda a); andamento grafico della tensione verticale totale b) (da: Di Francesco, 2010)
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Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali
il quale esistono condizioni di simmetria geometrica e matematica tali da giustificare l’assenza delle sollecitazioni tangenziali e imporre, conseguenzialmente, la sola presenza degli sforzi normali (verticale e orizzontale); tale argomento può essere compreso considerando che l’eventuale presenza delle tensioni di taglio porterebbe allo sviluppo di una fagliazione del deposito, in direzione verticale e orizzontale, in evidente contraddizione con la meccanica dei bacini sedimentari naturali. La logica conseguenza della geometria descritta conduce, in assenza di falda tale da poter assimilare l’intero deposito al solo mezzo continuo corrispondente allo scheletro solido, al calcolo delle tensioni verticali totali agenti in ogni punto del sottosuolo in funzione della profondità (z) di analisi e del peso di volume del terreno (gt), imponendo le condizioni di equilibrio in direzione verticale e giungendo infine a trovare la seguente relazione:
σ v0 = γ t ⋅ z (2.1) 3 Posto, ad esempio, il peso di volume del terreno gt = 20 kN/m , dall’applicazione dell’equazione (2.1) alla geometria rappresentata nella figura 2.2a si ottiene lo stato tensionale verticale totale geostatico (sv0) sintetizzato nella tabella 2.1 e graficizzato nella figura 2.2b. z (m)
sv0 (kPa) 40
2 4
80
6
120
8
160
10
200
12
240
Tabella 2.1. Stato tensionale verticale totale associato alla figura 2.2a
Concludendo, se l’analisi tensionale svolta mediante l’equazione (2.1) è valida per tutti i depositi rispettanti la geometria di cui alla figura 2.2a, nel caso dei terreni stratificati occorre supporre l’omogeneità di ogni singolo strato, assegnare agli stessi il rispettivo peso di volume (gti) e infine applicare la seguente equazione di discretizzazione del sottosuolo: n
σ v 0 = Σ (γ ti ⋅ ∆zi )
(2.2)
essendo i lo strato i-esimo e Dz il relativo spessore o la variazione di profondità al suo interno. La figura 2.3 mostra un esempio di calcolo della sv0 nel caso di depositi stratificati, per i cui dettagli si rimanda alla lettura della tabella 2.2. i=0
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Stato tensionale geostatico cap. 2
Figura 2.3 Esempio di deposito stratificato a) e andamento delle relative tensioni verticali totali b) z (m) 2
sv0 (kPa) 40
4
80
6
116
8
152
10
200
12
248
Tabella 2.2. Stato tensionale verticale relativo al deposito stratificato della figura 2.3a
2.1.2. Tensione verticale efficace
La metodologia di calcolo della tensione verticale efficace richiede la preliminare introduzione del “principio delle tensioni efficaci” la cui formulazione originaria è dovuta a Terzaghi (1923). In effetti, come ha scoperto l’autore, la resistenza di un terreno dipende dallo stato di sforzo totale depurato dalla pressione idrostatica esercitata dall’acqua presente negli spazi interparticellari; d’altra parte, com’è possibile anche scoprire intuitivamente, la fase fluida risulta affetta dall’azione degli sforzi tangenziali che risultano invece responsabili del raggiungimento delle condizioni di rottura. Leggendo a tal proposito il discorso tenuto da Terzaghi alla 1a Conferenza internazionale di Meccanica delle terre (Londra, 1936) si scopre che: “Lo stato di sforzo in ogni punto di una sezione attraverso una massa di terreno può essere calcolato a partire dalle tensioni principali totali s1, s2 e s3 che agiscono in quel punto. Se i vuoti del terreno risultano essere saturi di acqua ad una determinata pressione u, le tensioni principali totali consistono di due componenti. Una parte
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Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali
u, che agisce nell’acqua e nello scheletro solido in ogni direzione con la stessa intensità e che può essere definita pressione neutra (o pressione dei pori). Le differenze s’1 = s1 – u, s’2 = s2 – u, s’3 = s3 – u, rappresentano l’eccesso rispetto alla pressione neutra u e hanno sede esclusivamente nella fase solida del terreno. Tale frazione dello sforzo principale totale può essere definita sforzo principale efficace. Ogni effetto misurabile relativo a una variazione di sforzo, come la compressione, di distorsione e di variazione di resistenza è dovuto esclusivamente ad una variazione delle tensioni efficaci”. In altre parole, anche se il significato non appare immediato, le tensioni efficaci non possono essere misurate direttamente ma solo calcolate come differenza tra le tensioni totali e la pressione idrostatica esercitata dalla fase fluida, il che consente di introdurre la relativa metodologia di calcolo:
σ v' 0 = σ v 0 − u = (γ t ⋅ z ) − (γ w ⋅ zw ) (2.3) avendo denotato con gw e zw rispettivamente il peso di volume dell’acqua (gw = 10 kN/m3) e la profondità misurata a partire dal livello piezometrico.
Figura 2.4 Geometria di riferimento per l’analisi delle tensioni verticali efficaci in presenza di falda a); andamento grafico delle tensioni verticali, totale ed efficace, in funzione della variazione della pressione idrostatica b) (da: Di Francesco, 2010)
A titolo di esempio si consideri la stratigrafia di figura 2.4a, a sua volta derivata dalla figura 2.2a con l’inserimento della falda il cui livello piezometrico statico è ubicato a quota – 2 m dal piano di campagna; applicando allora l’equazione (2.3) risulta lo stato tensionale efficace sintetizzato nella tabella 2.3 e graficizzato in figura 2.4b.
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Stato tensionale geostatico cap. 2
z (m) 2
u (kPa)
sv0 (kPa) 40
0
s’v0 (kPa) 40
4
80
20
60
6
120
40
80
8
160
60
100
10
200
80
120
12
240
100
140
Tabella 2.3. Stato tensionale geostatico verticale relativo alla figura 2.4a
Ovviamente, se l’equazione (2.3) risulta di validità generale, nel caso di falda coincidente con il piano di campagna, tale che zw ≡ z, la stessa assume la sua forma forse più nota:
σ v' 0 = (γ t ⋅ z ) − (γ w ⋅ z ) = γ ' ⋅ z (2.4) con g’ che identifica il peso efficace del terreno che nel caso della figura 2.4a è 20 – 10 = 10 kN/m3. Infine, è evidente che anche nel caso del calcolo della s’v0 per terreni stratificati vale sempre l’equazione (2.2), purché sia modificata tenuto conto del principio delle tensioni efficaci alla luce della relazione (2.4): n
σ v' 0 = Σ (γ ti' ⋅ ∆zi ) i=0
(2.5)
2.1.3. Il coefficiente di spinta a riposo delle terre
Se l’analisi dello stato tensionale verticale può essere derivata dall’applicazione delle leggi di equilibrio alla traslazione nella medesima direzione, lo stesso procedimento non risulta valido nella determinazione delle componenti orizzontali dello stato di sforzo, dal momento che proprio le condizioni di simmetria imposte conducono all’indeterminatezza matematica del problema; in altre parole, se le leggi di equilibrio risultano applicabili alla direzione verticale conducendo all’equazione (2.1), le stesse risultano sempre soddisfatte nella direzione orizzontale, qualunque sia il valore della tensione associata. Se si ricorre alle applicazioni della teoria dell’elasticità al caso specifico si scopre, con alcune manipolazioni matematiche, l’esistenza di una costante di proporzionalità tra gli sforzi orizzontali e verticali del tipo:
σ h' 0 ν = ' σ v0 1 − ν
(2.6)
che dipende unicamente dal coefficiente di Poisson. A titolo di esempio, sapendo che il campo di variabilità di tale parametro è 0 ≤ n ≤ 0.5 e che può anche valere:
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Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali
calcestruzzo: n � 0.16 marna: n � 0.20 ghiaia: n � 0.33
dall’applicazione dell’equazione (2.6) si ottiene che il rapporto s’h0/s’v0 assume i valori 0.19, 0.25, 0.49, tale che, all’aumentare del coefficiente di Poisson, aumentano anche le tensioni orizzontali efficaci:
ν σ h' 0 = σ v' 0 ⋅ 1 − ν
(2.7)
ν K0 = 1 − ν
(2.8)
' 2 1 − sin φ K 0 ( NC ) = 1 + sin φ ' ⋅ 1 + sin φ ' 3
(2.9)
Nel contempo, l’equazione (2.6) indica anche che, in un terreno che rispecchi il comportamento dei mezzi trasversalmente isotropi, l’aumento di spessore dovuto alla deposizione comporta un incremento delle tensioni verticali (totali ed efficaci) e contestualmente di quelle orizzontali secondo una ben definita proporzione. Il problema, a questo punto, è insito proprio nella determinazione di tale costante di proporzionalità la quale, definita coefficiente di spinta a riposo delle terre, assume in campo elastico la forma di: È anche evidente, però, che i terreni non possono essere assimilati a mezzi puramente elastici, tanto da aver condotto diversi ricercatori a introdurre relazioni empiriche tra le quali la più accreditata è (Jaky, 1944): nella quale nc denota il comportamento dei terreni normalconsolidati, ovvero di quei depositi che durante la propria storia geologica sono stati assoggettati al solo peso proprio (condizione puramente geostatica). Una forma semplificata della (2.9), comunque di validità generale in Geotecnica, è anche: (2.10) K 0 ( NC ) = 1 − sin φ ' che pone, ora, il coefficiente di spinta a riposo delle terre funzione unica dell’angolo di resistenza al taglio delle stesse. Quindi, e sempre a titolo di esempio, potendo valere: argilla: f’ � 20°÷24° limo: f’ � 24°÷27° sabbia: f’ � 27°÷34° ghiaia: f’ > 34°
dall’applicazione dell’equazione (2.10) si ottiene:
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Stato tensionale geostatico cap. 2
argilla: K0(nc) = 0.66÷0.59 limo: K0(nc) = 0.59÷0.55 sabbia: K0(nc) = 0.55÷0.44 ghiaia: K0(nc) > 0.44
con la conseguenza logica che all’aumentare di f’, ovvero della resistenza al taglio, diminuiscono le tensioni orizzontali. In natura esistono, però, anche terreni che durante la storia geologica sono stati assoggettati a livelli di sforzo superiori rispetto a quelli attuali, come nel caso dei bacini di sedimentazione che hanno subito un’interruzione della fase di accumulo seguito da uno scarico tensionale associato a un fenomeno erosivo; in questo caso, per il quale le terre sono definite sovraconsolidate, si perde la validità delle equazioni (2.8) e (2.10), considerato che le evidenze sperimentali denotano lo sviluppo della condizione s’h0 ≥ s’v0 tanto da dover valere K0(oc) ≥ 1 (con oc derivato dalla terminologia anglosassone Over Consolidated). Una possibile soluzione al problema deriva dall’introduzione della seguente relazione (Schmidt, 1966): ' (2.11) K 0 (OC ) = K 0 ( NC ) ⋅ OCR1−sin φ secondo la quale il coefficiente di spinta a riposo di una terra sovraconsolidata può essere derivata dal K0(nc) a condizione di relazionarlo al grado di sovraconsolidazione ocr e all’angolo di resistenza al taglio. Per quanto concerne la definizione di ocr, occorre considerare che i terreni sovraconsolidati, proprio in virtù della particolare storia geologica, manifestano una condizione tensionale dualistica dettata dallo sforzo verticale efficace attuale (s’v0) e dal massimo sforzo verticale efficace al quale sono stati assoggettati nel passato (s’p); quindi, indicando quest’ultimo con il termine di pressione di preconsolidazione, a sua volta valutabile in laboratorio mediante le prove edometriche, si perviene alla relazione cercata: '
OCR =
σp σ v' 0
(2.12)
A titolo di esempio, se il deposito rappresentato in figura 2.4 fosse stato assoggettato a una condizione s’p = 400 kPa valida per l’intero spessore, dall’applicazione delle equazioni (2.12) e (2.11) si otterrebbe:
= 10 ocr(z = 4 m) = 6.67 ocr(z = 6 m) = 5 ocr(z = 8 m) = 4 ocr(z = 10 m) = 3.33 ocr(z = 12 m) = 2.86 ocr(z = 2 m)
➝ ➝ ➝ ➝ ➝ ➝
avendo assunto f’ = 30°.
K0(oc) = 1.58 K0(oc) = 1.29 K0(oc) = 1.12 K0(oc) = 1 K0(oc) = 0.91 K0(oc) = 0.85
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Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali
I risultati mostrano che con l’aumentare della profondità il grado di sovraconsolidazione diminuisce, fino a quando viene raggiunta la condizione ocr = 1 per la quale il deposito torna a comportarsi come un mezzo normalconsolidato, anche se pur sempre con una maggiore resistenza e una minore deformabilità rispetto alle terre originariamente nc. In realtà, come mostrano i valori del K0(oc) calcolato per le varie profondità, i terreni possono essere considerati normalconsolidati anche per bassi valori di ocr, tipicamente inferiori a circa 4÷5 per i quali lo stesso assume valori inferiori all’unità. 2.1.4. Tensione orizzontale efficace e totale
Ora che sono noti tutti gli elementi necessari, è possibile dare corpo alla definizione matematica di tensione orizzontale efficace, la quale deriva dallo sforzo verticale efficace attraverso il coefficiente di spinta a riposo delle terre semplicemente combinando le equazioni (2.7), (2.8) e (2.10) o (2.11):
σ h' 0 = σ v' 0 ⋅ K 0 ( NC )
(2.13a)
σ h 0 = σ v 0 ⋅ K 0 (OC ) (2.13b) Noto tale parametro, è allora possibile completare l’intera analisi dello stato tensionale geostatico giungendo alla definizione dello sforzo orizzontale totale: '
'
σ h0 = σ h0 + u (2.14) Riassumendo tutti gli elementi finora introdotti, l’analisi dello stato di sforzo nelle terre può essere sintetizzata come segue: '
1) calcolo della tensione verticale totale, quale semplice prodotto del peso di volume dei terreni per la profondità; 2) calcolo della tensione verticale efficace, attraverso l’applicazione del principio degli sforzi efficaci ovvero sottraendo alla s v0 la pressione idrostatica (u) esercitata dall’acqua contenuta nei vuoti interparticellari; 3) calcolo della tensione orizzontale efficace, derivandola dalla precedente attraverso il coefficiente di spinta a riposo delle terre; 4) calcolo della tensione orizzontale totale, sommando alla s’h0 il valore della u.
Una volta noti tutti gli elementi può essere completato l’esempio introdotto con la figura 2.4 giungendo alla determinazione dell’intero stato tensionale geostatico, così come sintetizzato nella tabella 2.4 e graficizzato nella figura 2.5 nell’ipotesi che valgano ocr = 1, f’ = 26° e avendo applicato l’equazione (2.9).
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Stato tensionale geostatico cap. 2
Figura 2.5 Stratigrafia di riferimento a) e andamento grafico del relativo stato tensionale geostatico b) (da: Di Francesco, 2010) z (m) 2 4
sv0 (kPa) 40
u (kPa)
80
20
160
60
6
120
10
200
8
12
240
0 40 80
100
K0
s’v0 (kPa) 40
0.5
s’h0 (kPa) 22.4
sh0 (kPa) 22.4
80
0.5
44.8
84.8
60
100
120 140
0.5
0.5
0.5 0.5
33.6 56
67.2 78.4
53.6 116
147.2 178.4
Tabella 2.4. Stato tensionale geostatico associato alla figura 2.5 (ocr = 1; f’= 26°)
2.1.5. Un esempio di calcolo
Per una migliore comprensione dell’argomento trattato si faccia riferimento alla stratigrafia complessa rappresentata nella figura 2.6, nella quale sono presenti tre strati e precisamente: a) uno strato superficiale di argille e limi dello spessore di 8 m, moderatamente sovraconsolidato in funzione di fenomeni di oscillazione della falda e di essiccamento per interazione con l’atmosfera; b) uno strato intermedio, costituito da ghiaie nc in matrice sabbiosa, dello spessore di 6 m; c) uno strato basale rappresentato dal substrato roccioso a sua volta costituito da argille e limi sovraconsolidati (ocr = 9) e impermeabili.
Si consideri, inoltre, la presenza di una falda freatica contenuta all’interno delle ghiaie, che agiscono da acquifero, e limitata inferiormente dal substrato roccioso che assume il ruolo di acquiclude.
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Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali
Figura 2.6 Stato tensionale geostatico relativo a una stratigrafia complessa
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Stato tensionale geostatico cap. 2
z (m) 2
sv0 (kPa) 40
u (kPa) 0
s’v0 (kPa) 40
K0
1.2
4
80
0
80
1.2
6
120
0
120
1.2
8
8
10 12
14
14
16
18
20
160
160 196
232
268
0
0
20
40
60
s’h0 (kPa) 48 96
144
160
1.2
192
176
0.5
88
160
0.5
192
0.5
208
0.5
80
1.5
312
356
0
296
1.5
444
400
0
340
1.5
1.5
80
108
372
208 252
192
136
60 0
96
144
96
104
268
312
sh0 (kPa) 48
164
378
378
510
510
444
Tabella 2.5. Stato tensionale geostatico relativo alla figura 2.6
Applicando la metodologia di analisi dello stato tensionale geostatico si ottengono i risultati sintetizzati nella tabella 2.5, per il cui assemblaggio è stato tenuto conto delle variazioni del K0 nei passaggi stratigrafici in funzione dell’andamento dell’ocr; in questo modo risulta che in detti passaggi si ottiene un doppio valore del coefficiente di spinta a riposo delle terre e, conseguenzialmente, delle tensioni orizzontali efficaci e totali. Analizzando, poi, l’andamento delle varie componenti dello stato tensionale come graficizzato nella figura 2.6, si scopre con immediatezza che il fenomeno della sovraconsolidazione meccanica, ossia derivante da pure azioni meccaniche erosive, conduce a un effetto di rotazione delle tensioni, con le componenti orizzontali che assumono valori superiori a quelle verticali. Per maggiori approfondimenti dell’argomento si rimanda a Di Francesco (2010). 2.1.6. Limiti operativi
La metodologia di calcolo dello stato tensionale illustrata nei paragrafi precedenti non deve essere considerata di validità generale, in quanto deriva dall’applicazione delle leggi di equilibrio a geometrie semplici con superficie topografica orizzontale e dimensione infinitamente estesa nella medesima direzione; in questo modo le sollecitazioni tangenziali si annullano, per le condizioni di simmetria imposta, conducendo a un’estrema semplificazione matematica del problema in funzione delle sole componenti di sforzo normale. In realtà, lo stato tensionale di un punto materiale interno a un mezzo continuo è di tipo complesso, coesistendo componenti normali e tangenziali che richiedono il ricorso alla matematica tensoriale; in questo modo è possibile scoprire che le componenti fondamentali dello stato di sforzo sono nove, delle quali sei indipendenti per simmetria geometrica della matrice, conducendo alla costruzione del tensore degli sforzi il quale, utilizzando la notazione indiciale, è del tipo:
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Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali
σ x τ xy τ xz σ ij = τ yx σ y τ yz τ zx τ zy σ z
(2.15) L’applicazione dell’equazione (2.15) ai terreni, in quanto ipotizzati composti da due mezzi continui, comporta l’introduzione delle componenti relative alla pressione idrostatica esercitata dalla fase fluida nel pieno rispetto del principio delle tensioni efficaci: σ x τ xy τ xz σ ij' = σ ij − u ⋅ δ ij = τ yx σ y τ yz τ zx τ zy σ z
u 0 0 − 0 u 0 0 0 u
(2.16)
avendo indicato con dij il delta di Kronecker che impone l’applicazione delle u alle sole componenti normali. Se le componenti s’ij e u sono definite tensore degli sforzi efficaci e tensore sferico (scalare) della pressione interstiziale, l’applicazione delle leggi di equilibrio richiede la definizione delle seguente equazione: (2.17) σ ji , j + σ ij + Fi = 0 espressa in forma compatta, utilizzando nuovamente la notazione indiciale e nella quale compaiono le forze di volume (Fi) che agiscono sui continui. Il tensore dato dall’equazione (2.17) esprime tre equazioni differenziali che applicate, ad esempio, alla figura 2.2a diventano per la simmetria imposta:
∂σ x =0 ∂x ∂σ y ∂y
=0
∂σ z −γt = 0 ∂z
(2.18a)
(2.18b)
(2.18c)
È evidente, dall’analisi delle relazioni date dalle (2.18), che, proprio in funzione della semplice geometria, le equazioni di equilibrio alla traslazione si riducono a una nella quale compare il peso di volume del terreno in sostituzione di Fz; quindi, applicando il teorema fondamentale dell’analisi, si ottiene dapprima:
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Stato tensionale geostatico cap. 2 z
z
∂σ z ∫0 ∂z ⋅ dz = ∫0 γ t ⋅ dz
e successivamente la relazione cercata:
(2.19)
(2.20) σz = γ t ⋅z del tutto identica all’equazione (2.1). In definitiva, se la relazione (2.20) costituisce il punto di partenza per l’analisi dello stato tensionale geostatico relativo a geometrie semplici, in tutti gli altri casi occorre necessariamente ricorrere al set di equazioni dato dalla (2.17) che impone la ricerca della soluzione mediante metodologie numeriche come il metodo degli elementi finiti, delle differenze finite, ecc. Tale limite comporta in definitiva che il calcolo dello stato tensionale geostatico condotto con i metodi canonici rappresenta, in Geotecnica, una necessità per i motivi espressi nel paragrafo 2.1 pur introducendo, contestualmente, degli errori imprescindibili. 2.2. Stato tensionale per risalita capillare
Un ulteriore limite nell’analisi dello stato tensionale geostatico, secondo i criteri introdotti nei paragrafi precedenti, è insito nella netta separazione imposta tra i terreni sotto falda e quelli sopra falda, considerato che per questi ultimi non viene affatto tenuto conto della risalita capillare dell’acqua. In effetti, nel caso dei terreni non saturi l’argomento risulta ulteriormente complicato dalla presenza della fase fluida a una pressione inferiore a quella atmosferica, che conduce a una drastica modifica delle equazioni (2.3), (2.13) e (2.14) in funzione della presenza di un valore negativo delle u. Per maggiori chiarimenti si considerino i terreni costituenti la stratigrafia rappresentata in figura 2.7 i quali, a partire da condizioni iniziali di totale saturazione (S = 100% per il livello piezometrico coincidente con il piano di campagna), hanno poi subito un drenaggio della falda fino alla quota coincidente con la mezzeria dell’interstrato di limo. Si ipotizzi allora che, quale diretta conseguenza di tale variazione, i limi abbiano sviluppato una frangia capillare che ha condotto alla totale saturazione dei terreni fino alla superficie di separazione con la sabbia sovrastante, la quale, a sua volta, ha risposto alla variazione idraulica con una diminuzione del grado di saturazione fino al valore minimo S = 50%. La presenza di condizioni di parziale saturazione rende inapplicabili le equazioni viste finora basate sul principio delle tensioni efficaci, le quali, per continuare a valere, devono essere opportunamente modificate in funzione del parametro S;
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Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali
Figura 2.7 Stato tensionale geostatico in presenza della risalita capillare dell’acqua
di conseguenza, introducendo tale modifica all’equazione di carattere generale rappresentata dalla (2.16), si ottiene:
σ ij = σ ij − S ⋅ u ⋅ δ ij (2.21) Applicando la (2.21) al caso rappresentato in figura 2.7, si perviene alla soluzione in forma chiusa: '
σ v' 0 = σ v 0 − S ⋅ u (2.22) valida, però, solo per casi semplici. Nel caso specifico, l’applicazione in serie delle equazioni (2.1), ovvero (2.2) e
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Stato tensionale geostatico cap. 2
(2.22), conduce allo stato tensionale rappresentato in figura 2.7 e sintetizzato nella tabella 2.6. z (m) 0 2
4
6
8
10
12
sv0 (kPa) 0
u (kPa) –30
s’v0 (kPa) 30
72.4
–20
92.4
150.4
20
36
111.4
187.4
224.4
–20 0
40
60
56
111.4
130.4
147.4
164.4
Tabella 2.6. Stato tensionale geostatico verticale relativo alla figura 2.7
È importante notare che, se a quota – 4 m dal piano di campagna il valore della pressione interstiziale è u(-4) = (100%/100) · (– 10 · 2) = – 20 kPa, a quota – 2 m la stessa vale u(-2) = (50%/100) · (– 10 · 4) = – 20 kPa, essendo dimezzato il grado di saturazione. Nel contempo, a quota piano di campagna si ha u(0) = (50%/100) · (– 10 · 6) = – 30 kPa, laddove il valore teorico, per una totale saturazione per risalita capillare, avrebbe raggiunto il valore di – 60 kPa. In definitiva, come mostrano i risultati, la presenza della risalita capillare conduce allo sviluppo di tensioni efficaci superiori a quelle totali, seguendo invece l’andamento canonico in tutti i punti sotto falda; nel contempo, occorre anche rilevare che le tensioni capillari modificano drasticamente il comportamento meccanico delle terre, conducendo allo sviluppo di una coesione apparente capace di spiegare la stabilità dei fronti di scavo nei depositi sabbiosi o l’incremento della capacità portante delle fondazioni.
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