Tesi Tralli 2020 Addizione Universitaria Ferrara

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Un parco universitario come strategia di rigenerazione urbana

| Arch. Romeo Farinella | Arch. Elena Dorato

| Filippo Tralli

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Un parco universitario come strategia di rigenerazione urbana

Dipartimento di Architettura

Anno Accademico 2019/2020

Arch. Romeo Farinella Arch. Elena Dorato

Filippo Tralli

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“Un luogo è dotato di qualità quando, in qualche modo appropriato alla persona e alla sua cultura, rende l’individuo consapevole dell’appartenenza ad una comunità, della propria storia, dello svolgersi della vita, e dell’universo spazio-temporale che racchiude tutto ciò” Kevin A. Lynch

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1.1 Le forme delle università e il loro rapporto con la città 1.2 Le università come strumento di rigenerazione urbana 1.3 La città universitaria

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2.1 Immagini di area vasta 2.2 Ferrara: società, economia, ambiente

46 52

3.1 Nascita e sviluppo della città 3.2 Il Progetto Mura 3.3 La riorganizzazione dell’Università

62 70 80

4.1 La pianificazione dal dopoguerra 4.2 La città oggi 4.3 Il futuro dell’Università 4.4 Investimenti e progetti strategici

88 108 122 128

5.1 Ambiti di intervento 5.2 Il settore orientale

142 154

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6.1 La rete universitaria 6.2 La rete di servizi urbani 6.3 La rete della mobilità 6.4 La rete ambientale 6.5 Sintesi interpretativa

160 172 180 188 202

7.1 La rigenerazione urbana: nel nome dell’efficienza 7.2 Progettare resiliente 7.3 Le relazioni sociali nel contesto urbano 7.4 Progetti di rigenerazione urbana

212 216 220 224

8.1 Un parco universitario come strategia di rigenerazione urbana 8.2 Finalità, obbiettivi e azioni 8.3 Le tempistiche e gli attori coinvolti 8.4 Una visione d’insieme: il masterplan di progetto 8.5 Gli approfondimenti progettuali

236 242 250 256 274

9.1 Lo stato di fatto 9.2 Le linee guida 9.3 Le specifiche di progetto

280 284 288

10.1 Lo stato di fatto 10.2 Le linee guida 10.3 Le specifiche di progetto

298 302 306

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315 319 331 335

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Il presente lavoro di tesi nasce da una duplice volontà, la prima personale, di voler sviluppare un progetto di pianificazione urbana nel nostro territorio di residenza, Ferrara, e la seconda più specifica, di approfondire nel dettaglio il rapporto che si viene a costruire tra città e università, come quest’ultima entra nelle relazioni urbane ed è capace di apportare un miglioramento della qualità della vita e alla rigenerazione di ampie porzioni di città. Ferrara, con la sua Università degli Studi, ci offre questa possibilità. Una ricerca che si inserisce oggi in un dibattito sempre più di grande attualità, anche nei confronti dei più importanti cambiamenti in corso, ambientali, sociali ed economici, come la pandemia globale di Covid19. Ferrara ospita una vasta rete universitaria in costante crescita che la pone in competizione con le principali città universitarie nazionali dimostrandoci come partendo dalle caratteristiche di un luogo sia possibile dare nuova verve a tutto il sistema urbano attraverso progetti di rigenerazione, come ampiamente dimostrato dal cosiddetto Progetto Mura. Con il fine di individuare una corretta strategia globale di intervento si è esaminato l’intero tessuto urbano, concentrandoci maggiormente sulle dinamiche di un settore in particolare, quello orientale, cercando di capire quali fossero le caratteristiche salienti, quali fossero le problematiche più impellenti da risolvere e quali potessero essere le maggiori opportunità di intervento offerte dal territorio, sfruttando allo stesso tempo le esperienze personali vissute in questi luoghi. Tutto in un’ottica di flessibilità, proiettandosi in uno scenario futuro, trattando quelle tematiche che una qualsiasi città si troverà a dover affrontare nel breve e nel lungo periodo.

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PREMESSA


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PREMESSA


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La città di Ferrara si trova in una posizione isolata rispetto gli ambiti urbani in continua evoluzione della Pianura Padana. A questo suo isolamento, ha reagito sviluppando diverse strutture economicoproduttive e inserendosi in una pluralità di reti che coprono ambiti vasti di cui l’Università ha rappresentato e tutt’ora rappresenta un aspetto strategico. Allo stesso tempo, il continuo susseguirsi di mutamenti economici, politici ed ambientali ha portato l’Amministrazione Comunale a rigenerare diverse porzioni di territorio, ripensando nuovamente il loro rapporto con il tessuto urbano circostante. In linea con le migliori esperienze europee, la città ha intrapreso diversi progetti di rigenerazione locati sia internamente che esternamente alle mura, di cui il Progetto Mura ha rappresentato, probabilmente, l’esempio più eclatante. La riorganizzazione di tutto il sistema culturale e universitario ci ha mostrato come partendo dalle peculiarità di un luogo sia possibile rigenerare interi quartieri sotto diversi aspetti. Il presente lavoro di tesi, concentrandosi su quella porzione di territorio compresa tra gli abitati di Quacchio e Borgo Punta, poco indagati e trascurati negli anni, e in un’ottica di contrasto alle più importanti problematiche che una città moderna si trova a dover affrontare, elabora una strategia di rigenerazione urbana ponendo al centro l’Università. Il progetto mira a integrare le diverse attività universitarie con il sistema di spazi verdi, funzioni culturali e percorsi ciclopedonali della città, rivitalizzando le funzioni e le relazioni di questi luoghi, valorizzando e tutelando il patrimonio paesaggistico e riconnettendo gli spazi di periferia. Il lavoro di tesi cerca di ribadire quella veste di strumento che l’università ha che è in grado di influenzare le relazioni sociali e riallacciare i rapporti all’interno del tessuto urbano, prevedendo, allo stesso tempo, il rinnovo del costruito esistente e definendo nuovi spazi aggregativi per la città.

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0. ABSTRACT


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0. ABSTRACT


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La prima domanda che il presente lavoro di tesi si pone è: cos’è l’università? La domanda nasce spontanea. Per cercare di capire come l’università possa entrare nelle reti urbane ci sembra opportuno identificare le varie forme che essa può assumere, e ha assunto negli anni, e le diverse relazioni che è in grado di stabilire con le varie componenti di un luogo. Anticamente, il termine veniva utilizzato per indicare un’idea di collettività o di comunità studentesca, caratterizzata da un insieme di spazi pubblici e privati. Il primo termine “Nationes”, utilizzato per indicare associazioni studentesche, verrà sostituito nel tempo con il termine “Universitas” che andrà ad indicare l’intera comunità accademica (Bender, 1988). Per cui l’università (letteralmente corporazione, associazione, comunità) rappresenta un modello di istruzione originatosi a partire dal Medioevo ed evolutosi negli anni fino a raggiungere le forme e le relazioni attuali. Le prime università nascono a Parigi e a Bologna dopo l’anno 1000, per poi espandersi in tutta Europa cercando sempre una propria autonomia nei confronti del potere religioso e civile (Corona, 2015). La loro presenza era un fattore di grande successo, davano lustro all’intera città e apportavano indirettamente benefici sia economici che sociali al tessuto urbano. Ed è anche per questo motivo che venivano protette e salvaguardate dai poteri del tempo. Originariamente, si configuravano come singoli edifici adibiti all’apprendimento, integrati con un reticolo di collegi atti ad ospitare la popolazione studentesca. Negli anni successivi, questo modello si espanderà soprattutto in America e in Europa, assumendo a seconda dei contesti forme e relazioni simili ma allo stesso tempo completamente diverse (Goddard & Vallance, 2013).

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All’interno di questo vasto panorama di forme e spazi è però possibile riconoscere tre archetipi, che caratterizzeranno la maggior parte delle università moderne: il modello dei college inglesi, i campus americani e i “quartieri” universitari italiani. Le prime forme strutturate di università nacquero a partire dal XIII secolo in Inghilterra. Qui le prime Università di Oxford e Cambridge (le sole presenti sull’isola fino al 1800) si fondavano su antichi monasteri, con i loro college autosufficienti connessi a piccoli villaggi dove viveva la forza lavoro, fondamentali per garantire i servizi necessari all’università stessa. Questi modelli erano visti come “cittadelle autonome del sapere”, erano dotate di proprie leggi e regolamenti e governate da un proprio statuto. Come già detto precedentemente, la struttura interna era contraddistinta dalla presenza dei college (detti Halls), veri e propri ostelli nati per ovviare alla mancanza di alloggi per ospitare gli studenti. In questo modo vi era una totale integrazione tra le residenze studentesche e l’istituzione formativa. Non altrettanto si poteva dire nei rapporti tra città e università, che rimanevano in contatto solo per questioni di sostentamento reciproco. La scelta di porsi in una condizione di isolamento rispetto la città era dovuta al fatto che le università volevano sentirsi strutture autonome (in un certo senso anche autoprotette), affermando la propria libertà intellettuale e culturale nei confronti dei poteri che provavano costantemente a condizionarla. Facendo un salto in avanti nel tempo, negli anni precedenti alla Rivoluzione francese i modelli universitari caratteristici di epoca medievale si trasferirono anche in America. Le nuove fondazioni di Harvard (1636), Yale (1701) e Princeton (1726) riprenderanno lo stile universitario anglosassone (considerato il vero precursore) ma con qualche sostanziale differenza.

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I nuovi campus assumevano la forma di città in miniatura, si configuravano come quartieri autonomi che sorgevano in luoghi isolati lontano dai centri abitati e possedevano una forte autonomia legislativa e flessibilità organizzativa. L’idea progettuale (e forse utopistica) era quella di creare delle comunità universitarie perfette, al riparo dalle contraddizioni e dai disturbi della città. Al loto interno i campus inglobavano biblioteche, aule studio, zone residenziali per studenti, spazi verdi e più recentemente parcheggi e impianti sportivi. Ogni edificio era specifico per una determinata funzione. Anche i modelli architettonici utilizzati costituivano una novità rispetto alle forme conventuali delle università inglesi, non c’era più una forma da seguire e questo da un lato contribuì ad attrarre qualità e quantità di capitale umano per competere con le altre istituzioni. Negli ultimi 50 anni il modello del campus è stato ripreso più volte in tutto il mondo per un duplice motivo: rispondeva meglio alle nuove esigenze di espansione della città, anche in termini di flussi studenteschi, e rappresentava il prototipo migliore sotto il profilo gestionale e dei ricavi. Oggi però, le città che hanno adottato questo modello di sviluppo si sono trovate costrette ad alleviarne l’impatto negativo in termini di socialità urbana. Il desiderio dei campus odierni è quello di ritornare alla comunità, ad un rapporto più stretto con la città e le sue relazioni sociali, cosa che il modello americano del campus aveva totalmente annullato. Diversamente dalle esperienze inglesi e americane, in Italia le caratteristiche delle università assumeranno delle forme completamente diverse. In particolar modo, esse fioriranno e contemporaneamente appassiranno durante il periodo rinascimentale. Molte università famose come Padova e Bologna subirono ripetute chiusure e riaperture, a causa della peste e delle rivolte molti studenti migrarono verso università più floride e sicure. Inoltre, le loro dimensioni erano modeste e contenute confrontate con gli altri modelli europei.

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Antiche strutture monasteriali, conventi religiosi e palazzi storici, una volta espletate le loro funzioni, venivano trasformate diventando la tipica architettura delle università italiane. Come il caso inglese, erano presenti ostelli per accogliere gli studenti ma diversamente da esso si trovavano all’interno della maglia urbana. Questi nuovi organismi “di apprendimento” si configuravano quindi come quartieri specializzati perfettamente integrati all’interno del tessuto storico. Inoltre, sull’onda dell’Umanesimo, aumentarono le specializzazioni di studi all’interno di questi istituti. Per la prima volta le università cominciarono a interrogarsi sulle loro finalità di formazione ed istruzione nei confronti degli studenti. Conseguentemente, si sviluppò tra la comunità accademica la convinzione dell’importanza degli studi, e quindi dell’università, nella vita di una nazione o di un gruppo sociale. Per poter attrarre i migliori maestri della conoscenza e competere con le altre sedi non bastava avere un’università fiorente, ma anche il tessuto urbano circostante doveva essere vitale. È così che negli anni a venire, a questi edifici se ne aggiunsero altri, più moderni, dotati di attività commerciali, in grado di ampliare l’offerta formativa e legare le funzioni universitarie con la maglia urbana esistente, come nel caso dell’Archiginnasio di Bologna del 1562. Ancora oggi, gran parte delle università italiane conserva questo carattere. I modelli sopra descritti evidenziano tutti un diverso grado di integrazione con la maglia urbana e la socialità della città. Sono proprio questi i caratteri che le università cercheranno di recuperare negli anni successivi, consapevoli che lo sviluppo dell’università è intrinsecamente legato a quello della città e viceversa. L’università si avvia così verso l’epoca moderna, caratterizzata da nuove politiche educative e dalle riflessioni sul rapporto tra università (insieme di strutture, studenti e docenti) e la città, che accompagneranno gran parte del XX secolo.

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Nei primi anni ‘70 in Italia, le città necessitano di espandersi oltre i confini imposti dalla città storica e di rispondere alle nuove esigenze dettate dalla modernità (Farinella, 2017, 102-123). È così che le università italiane cominciano a sperimentare nuovi modelli di sviluppo, aprendo nuove facoltà, riorganizzando la propria struttura in diversi poli sparsi tra il centro e la periferia urbana, ammodernando le strutture e rigenerando i quartieri più degradati. I due obbiettivi alla base di queste strategie erano: costruire nuovi campus più efficienti e rigenerare i quartieri e i distretti più degradati. In generale questi primi tentativi di collocare le strutture fuori dai centri storici si dimostrarono un fallimento. Dove questi interventi furono un successo generarono però quartieri di bassa qualità, come mostrato dai casi di Cassino ed Ancona. Un decisivo cambio di rotta si ha intorno al 1990 in seguito all’approvazione dei nuovi programmi di sviluppo e rigenerazione urbana. Questi programmi consentirono a diverse città di realizzare progetti di recupero su tutto il territorio adattando i rinnovati edifici a nuove sedi universitarie. È il caso di Ferrara e della trasformazione dell’ex zuccherificio Eridania, divenuto un centro scientifico-tecnologico di grande importanza. Un altro caso ben riuscito è quello del quartiere Bovisa a Milano, nato a partire dal recupero di aree industriali abbandonate. Tra il 1981 e il 1987, gli iscritti al Politecnico di Milano passarono dai 20000 ai 30000 studenti. L’università, spinta da questi flussi, decise di espandersi (Conoscere Milano, 2005). Si rafforzò l’idea di una riorganizzazione che non fosse un semplice decentramento delle funzioni, ma che rispondesse ad una logica di programmazione e coordinamento tra diverse sedi. È così che furono

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inaugurate nel quartiere Bovisa le nuove sedi del Politecnico, un quartiere che era entrato in crisi in seguito al declino industriale di quegli anni. Nel giro di pochi anni, in seguito all’acquisto da parte dell’ateneo del complesso ex industriale, vennero realizzate nuove sedi e aperti nuovi corsi, andando a ristrutturare parte dei vecchi stabilimenti. Oggi è in corso di realizzazione un ulteriore ampliamento dei due campus esistenti oltre che alla rigenerazione di una parte del tutto nuova (Parsi & Tacchi, 2003). Uno degli obbiettivi del nuovo polo era quello di potenziare la capacità di trasferimento tecnologico del sistema universitario, mettendo in atto nuovi strumenti di collaborazione tra Politecnico e sistema delle imprese. Questo ha stimolato la realizzazione di diverse iniziative, quali la costituzione di Centri Tecnologici e Consorzi di Ricerca che potessero essere di supporto alla struttura produttiva lombarda. L’università non solo ha riaperto alla città importanti spazi da anni ormai chiusi e abbandonati, ma ha portato con sé anche una nuova domanda di servizi legati alla presenza di tanti studenti. Molte altre università hanno invece deciso di mantenere le proprie sedi all’interno della città storica, intervenendo piuttosto con riqualificazioni mirate su edifici e piccoli quartieri. È il caso di Genova e Urbino, che programmarono e realizzarono negli anni importanti interventi di riqualificazione del loro patrimonio storico che, insieme alla costruzione di nuove architetture di qualità contribuirono alla ricchezza delle trame urbane esistenti. Un caso molto emblematico è l’intervento di riorganizzazione voluto da Giancarlo de Carlo ad Urbino che esamineremo attentamente (De Carlo, 1970; Unitown, 2015). L’Università, nata nel 1500, a metà del 1900 contava già 24000 studenti ed era considerato l’ateneo marchigiano più importante. Paragonando ai 24000 studenti i 20000 abitanti del Comune, era evidente come il ritmo cittadino fosse condizionato dalla presenza dell’università, principale

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istituzione culturale, sociale ed economica. Urbino era “una città in forma di università”. Il principale problema del dopoguerra era capire se la città fosse stata capace di reggere la pressione studentesca, con le sue attività sociali ed esigenze culturali. Si mise quindi mano alla ricostruzione del sistema universitario locale, per rispondere alle nuove esigenze della società moderna. L’allora rettore Carlo Bo, promuovendo una politica di investimento edilizio imponente, si affidò all’architetto Giancarlo de Carlo per risolvere il problema. Il centro storico (conservato fino ad oggi) mostrava una fragilità generale ed era abitato da circa 2000 abitanti. Esso non era in grado di sopportare la massa studentesca ne era in grado di erogare adeguati servizi senza interventi strutturali non di poco conto. Da un lato gli studenti contribuivano a mantenere l’equilibrio sociale e ad apportare benefici economici alla comunità, dall’altro la loro presenza portò all’iperspecializzazione del centro storico in termini di attività e funzioni. Occorreva una soluzione di medio-lungo periodo. La didattica e la ricerca rimasero all’interno del centro storico, recuperando palazzi storici ed adibendoli ad aule ed istituti. Subito fuori le mura su una collina, si sarebbero realizzati i Collegi Universitari (1500 posti in totale), le cui forme e architetture rimandavano ai luoghi del centro storico. Inoltre, per evitare di costruire quartieri dormitorio e nell’ottica di sgravare il centro storico da un’eccessiva frequentazione simultanea, nei Collegi furono realizzati spazi liberi per attività molteplici: spazi espositivi, commerciali, sale riunioni e sale concerti. Così facendo la vita degli studenti si sarebbe svolta in gran parte all’interno di questi spazi, conservando la normale vita del centro. I poli universitari diventarono solo la sede dove svolgere le lezioni, terminate le quali gli studenti si sarebbero spostati da altre parti. Seppure la soluzione evidenzi dei limiti (di mantenimento ed economici), l’idea alla base del progetto si mostrava innovativa, contribuendo a dare

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grande vitalità e mantenendo una sorta di equilibrio (anche se completamente mai raggiunto) con il tessuto urbano urbinate. Oggi la città si trova ancora ad affrontare lo stesso problema, come gestire un centro storico ed una popolazione studentesca che dà vita alla città stessa. Da queste esperienze si evidenziava un nuovo problema. Il tema della rigenerazione delle aree urbane poneva l’attenzione sui rapporti con la città, ci si interroga su come creare relazioni e collaborazioni reciproche tra la città e la componente universitaria. Per mantenere l’equilibrio sociale di cui la città si era da sempre caratterizzata, occorreva una interdipendenza tra le due parti in causa. Serve quindi un attento equilibrio tra cittadini e comunità accademica nella pianificazione. Si introduce così una nuova tematica, quella della città universitaria, intesa non più come la sommatoria di realtà più o meno dialoganti, ma definita attraverso l’interazione tra comunità accademica e comunità cittadina (e questo è forse l’intento che de Carlo voleva raggiungere con il suo intervento), a partire dallo sviluppo di buone pratiche concernenti la soluzione di problemi e la valorizzazione di potenzialità.

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Ma che cos’è una città universitaria? È una città la cui immagine è positivamente segnata dalla presenza dell’università, in tutte le sue componenti; dove l’università trova un contesto favorevole al suo sviluppo (Unitown, 2015). L’università può essere intesa come una risorsa fondamentale per la città e la sua crescita, è uno spazio di incontro tra diversi attori (locali e globali) che in diverse forme producono e condividono conoscenza. L’università però è anche uno spazio in cui si evidenziano importanti trasformazioni urbane, è quindi una risorsa in termini di milieu culturale anche per la città. Per cui la città universitaria deve garantire una stretta interazione e collaborazione tra comunità accademica e società politica, economica e civile, in grado di apportare benefici su entrambi i fronti. Il tutto sullo sfondo di un’apertura alla diversità e ai cambiamenti che devono essere però mediati tenendo conto dei caratteri identitari della città da conservare e tramandare. Oggi, ogni università svolge un ruolo rilevante in relazione alla città in cui si trova, è legata alle sue caratteristiche in modo complesso. Questo fatto è particolarmente importante per le città universitarie di medio piccole dimensione (come Ferrara) in cui l’elemento identitario più forte e la risorsa più strategicamente importante sono due fattori difficili da disgiungere. Esistono forti sinergie tra università e città che vanno potenziate. L’università ha un grande impatto sull’economia ed è generatrice di capitale umano. Molte volte ha generato trasformazioni significative, legate ad esigenze di riorganizzazione funzionale, come mostrato da alcuni contesti urbani di carattere industriale che in seguito all’intervento e alla collaborazione con le università hanno saputo reinventarsi attraverso nuove idee e settori flessibili dando vita ad una nuova economia della conoscenza basata sull’arte, sulla cultura, sul turismo e sulle tecnologie (un esempio il quartiere Bovisa). 38

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Altre volte invece ha causato seri problemi alla struttura urbana, come nel caso della costruzione di campus ai margini della città secondo logiche di convenienza ed efficacia gestionale. Queste strutture non generano nessun dialogo tra la componente accademica e quella cittadina, e questo porta alla perdita di funzioni e attività in quelle aree. Un caso molto famoso è quello del centro storico di Città del Messico a cui la presenza dell’Universidad Nacional Autónoma de México permetteva di avere una vita sociale, economica e culturale molto intensa e attiva. Il trasferimento dell’UNAM in un nuovo grandissimo campus all’esterno della metropoli ha prodotto per vari decenni un grande buco nero nel cuore della città tutt’ora irrisolto. Le università assumono quindi un ruolo di partner strategico e decisivo. Esse non devono presentarsi solo come luoghi di istruzione, ma come attori locali dinamici ed innovativi. Devono proporre (di solito attraverso collaborazioni e soluzioni partecipate con gli enti locali) iniziative di carattere culturale, artistico, letterario e non solo, promuovendo la figura del cittadino, dello studente e del lavoratore all’interno della società. Alcuni di questi temi non sono esclusivi dalla città-università ma toccano vari aspetti della vita quotidiana come la mobilità urbana ed extraurbana, l’assistenza sanitaria o l’offerta di impianti sportivi. Tutti questi fattori si ripercuotono poi sull’economia locale, portando nuovi flussi di visitatori e rendendo gli spazi pubblici più gradevoli ed animati. Oltre alle varie iniziative, l’università deve garantire la presenza di spazi pubblici, biblioteche, sale studio accessibili non solo alla comunità accademica ma anche a quella cittadina, valorizzando quegli spazi adatti all’interazione e al dialogo tra le due componenti. L’offerta formativa non deve essere solo quella dell’educazione, ma anche quella dell’esperienza umana che i giovani compiono attraverso il “fare creativo”. Ed è questo forse uno degli aspetti più importanti. Le università devono diventare il luogo dove poter studiare e allo stesso tempo coltivare i propri interessi. È questo, tuttavia, un aspetto sottovalutato da quasi tutte le università italiane. Sotto tutti questi punti di vista, Torino si presenta come un caso di successo essendosi saputa reinventare città universitaria. 40

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La realtà già forte e consolidata nel campo della ricerca e della formazione è diventata il fattore strategico attorno a cui improntare le scelte di sviluppo universitario. La città e l’Università congiuntamente hanno deciso di costruire un sistema di supporto per la comunità studentesca (sia in termini di servizi che in termini di esperienze universitarie), sistema che doveva essere promosso dalla città in collaborazione con attori accademici, istituzionali e imprenditoriali, e gestito da un apposito tavolo tecnico (Tavolo Torino Città Universitaria). I servizi offerti dall’Università spaziavano tra diversi ambiti: B&B, nuove strutture residenziali (campus) o diffuse sul territorio, ristorazione, trasporti e mobilità sostenibile, aule studio, servizi culturali (musei, biblioteche, teatri), servizi sportivi, assistenza sanitaria e vari piani di comunicazione per mettere in evidenza le iniziative e i servizi disponibili. Ognuno di questi servizi prevedeva la stipulazione di convenzioni e contratti con gli enti locali, con associazioni, con aziende del settore. Venne, inoltre, migliorata l’internazionalizzazione con azioni di promozione e comunicazione, l’orientamento in entrata e in uscita venne riorganizzato, venne realizzato un sito internet per intercettare gli studenti delle superiori ed esteri che intendevano venire a studiare a Torino (si mette in atto un’azione di web marketing, anche attraverso i programmi Erasmus). Si volle favorire il coordinamento e il confronto tra le azioni di ricerca e formazione dell’ateneo con quelle del mondo dell’impresa, del lavoro e della città per costruire un sistema di opportunità formative ed occupazionali. Si puntò a creare nuove forme di imprenditoria giovanile, una nuova comunità smart, sostenibile ed ecocompatibile. Non si trattava solo di garantire un’adeguata accoglienza, ma saper connettere “l’esperienza studentesca” alle trame relazionali con i “mondi locali”, e tramite questi, con le reti sovralocali dell’economia, della politica e della cultura. L’ateneo si è stato capace di porsi come un attore territoriale.

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L’università deve mostrarsi quindi parte attiva della società. Molto spesso c’è un problema di soglia, l’università rimane spesso isolata all’interno dei propri confini. Alcune sue parti dovrebbero restare private, altre possono essere rese pubbliche o semipubbliche, creando così sinergie estremamente interessanti. L’apertura all’esterno implica la capacità di partecipare a reti di collaborazione, tavoli strategici e coalizioni urbane, in cui l’università è attore principale (non sempre c’è la piena consapevolezza di ciò). La Terza Missione assume così un duplice carattere di valorizzazione economica e sviluppo culturale e sociale. Molto spesso c’è un problema di Governance di queste azioni, strategie e orientamenti di lungo periodo che causa una situazione di debolezza. Questa forma di relazione appare in Italia non ancora definitivamente compresa. Da una parte l’università fatica a comportarsi come un importante attore nel campo dello sviluppo urbano, dall’altra la città fatica a investire strategicamente su questa risorsa. La pianificazione urbana strategica può essere lo strumento chiave per ricostruire un soddisfacente rapporto città-università e generare o mantenere condizioni favorevoli per lo sviluppo urbano. Le migliori città studentesche danno sempre qualcosa in cambio agli studenti, ed è questo su cui Ferrara deve puntare nel prossimo futuro.

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Il territorio ferrarese si colloca in una posizione isolata rispetto al sistema insediativo della Pianura Padana di cui fa parte. Esso si trova al confine di ambiti urbani in continua evoluzione: lo sviluppo policentrico lineare attestato lungo la via Emilia, lo sviluppo insediativo ed economico del sistema dispersivo veneto e l’espansione dell’area metropolitana tra Milano e la Brianza. All’interno di questo contesto, il territorio ferrarese ha reagito sviluppando diverse strutture economico-produttive che oggi presentano caratteri differenti e positivi. Il settore turistico, il sistema storico-culturale (a cui si aggiunge quello dell’Università), il sistema dell’artigianato, la struttura della piccola e media impresa, senza dimenticare l’industria chimica (in ribasso rispetto al passato), rappresentano oggi tutte un valore aggiunto per il tessuto urbano. Da questo sguardo, è possibile notare come la città sia stata capace di sfruttare negli anni questo suo “repertorio di attività” stabilendo una serie di relazioni su tutto il territorio nazionale. In particolar modo, le reti storico-culturali-ambientali costituiscono la vera vocazione del territorio. Il territorio provinciale è segnato da canali navigabili, specchi d’acqua, valli, filari, boschetti, che sin dalle origini, ne hanno condizionato la morfologia, come evidenziato anche dal PTCP elaborato nel 1997. Un rapporto costante tra terra e acqua che le ha permesso di essere inserita all’interno di diverse reti ecologiche nazionali ed internazionali, come i Siti Natura 2000 o Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Considerata la sua genesi, il territorio provinciale costituisce oggi un paesaggio “costruito”, pompe idrovore e canali artificiali contribuiscono a rendere coltivabili gran parte delle terre emerse (circa il 44% del territorio si trova al di sotto del livello del mare) (Ferrara terra e acqua, 2016). La città è sempre dipesa da un vasto intorno agricolo che ancora oggi conserva e la circonda, all’interno di cui si inseriscono una pluralità di centri abitati minori strettamente connessi alla città stessa. 46

2. IL CONTESTO TERRITORIALE


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A livello urbano, sono invece i piccoli giardini, gli orti, i parchi storici a scandire lo spazio tra l’edificato, mentre vaste aree naturali protette separano la periferia dal centro storico. Il parco agricolo a nord e la cintura verde delle mura occupano complessivamente una superficie di circa 1232 ettari, il che ci porta a considerarli come facenti parte di un sistema ambientale territoriale più ampio. Parallelamente alla rete ambientale, se ne sono sviluppate altre complementari come quella cicloturistica. La provincia è attraversata da diverse tipologie di percorsi ciclopedonali. Ferrara è una delle città europee con la più alta percentuale di utilizzo delle biciclette. Secondo l’ultimo rapporto de l’A Bi Ci della ciclabilità stilato da Legambiente (2018), circa il 27% degli abitanti usa la bicicletta come principale mezzo di trasporto per gli spostamenti, il che la pone tra i primi posti a livello europeo, davanti a città del calibro di Copenaghen. Consapevole di questa sua pregevole caratteristica, la provincia ha aderito al progetto europeo EuroVelo (European Cyclists’ Federation, 2021), che prevede la realizzazione di diversi itinerari cicloturistici che attraverseranno tutta l’Europa. In particolare, la tratta che attraversa il territorio ferrarese è EuroVelo 8, percorso mediterraneo che connette Tarifa (Spagna) con Atene. Inoltre, merita particolare attenzione il progetto italiano Ciclovia VenTo, che collega Venezia con Torino, di cui Ferrara costituisce una tappa. Obbiettivo di queste reti è quello di apportare vantaggi economici ed ambientali a tutti quei territori, anche piccoli paesi, che si trovano sulle rive del Po. Un’altra rete di cui Ferrara fa parte è quella turistico-culturale. La città e il territorio presentano una fitta rete di musei, palazzi, delizie, chiese, chiostri e luoghi storici progettati durante gli anni della Signoria Estense che le hanno permesso di accrescere il proprio interesse nei confronti di visitatori italiani e stranieri. Ferrara è legata a molte personalità che, nel corso dei secoli, hanno lasciato un’eredità importante (Tasso, Ariosto, Boldini…).

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2. IL CONTESTO TERRITORIALE


LE FORME DEL VERDE (Interno Verde e PSC, 2020) PARCHI E GIARDINI

PAAREE AGRICOLE E INCOLTI

Parchi Giardini

IL VERDE URBANO (Dati Istat, 2018) REGOLAMENTO DEL VERDE

AREE NATURALI PROTETTE

Indicazioni per la progettazione e la fruizione della vegetazione

Cintura verde

Parco agricolo

L’USO DELLA BICICLETTA (Rapporto l’A Bi Ci della ciclabilità, 2018) IL PRODOTTO INTERNO BICI

Houten 1 Eindhoven 2 Oss 3 Münster 4 Leiden 5 Groningen 6 Ferrara 19

44% 40% 39% 38% 33% 31% 27%

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La città è anche sede di numerosi eventi di carattere nazionale come il Ferrara Busker Festival, il Palio o il Mercato Europeo. Di questa rete culturale fa parte anche l’Università. L’Università di Ferrara, con circa 23000 studenti, rappresenta oggi uno dei principali atenei a livello regionale (il quarto in ordine di grandezza), attraendo diversi studenti da tutta Italia e dando grande vitalità all’ambiente urbano. Di fatto Ferrara è oggi riconosciuta come città universitaria. Tutte queste peculiarità pongono la città anche come meta turistica, con circa 256000 visitatori l’anno (Regione Emilia-Romagna, 2020). Sono diverse le forme di turismo proposte dalla provincia e di cui il turismo stesso vive: culturale, cicloturistico, naturalistico, balneare, sportivo ed enogastronomico. È grazie alle diverse offerte culturali ed ambientali che la città riesce a mettersi in evidenza nel contesto nazionale. È chiaro quindi che il territorio ferrarese, pur mantenendo questo isolamento virtuale con gli altri ambiti territoriali, è riuscita ad inserirsi all’interno di una pluralità di reti di relazioni che coprono ambiti vasti, specifici e differenziati, di cui l’Università rappresenta un aspetto cardine.

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2. IL CONTESTO TERRITORIALE


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La città assume la forma tipica della maggior parte dei comuni italiani, caratterizzata da un’elevata densità abitativa nel centro storico e lungo le principali vie di accesso, e da una dispersione nelle zone periferiche. Il comune può essere idealmente scomposto in 4 macroambiti, ciascuno presentante un tessuto urbano e caratteristiche differenti: la zona nord del parco urbano e del Barco, i quartieri principalmente residenziale ad est, l’eterogeneità di servizi e funzioni a sud attorno a via Bologna e il polo produttivo (industriale) e commerciale ad ovest. La città ospita oggi circa 131834 abitanti, un quarto dei quali si colloca all’interno del centro storico, suddivisa in 4 diverse circoscrizioni: Circoscrizione 1 (Centro cittadino-Giardino, Arianuova, Doro), Circoscrizione 2 (Via Bologna-Zona Sud), Circoscrizione 3 (Zona NordZona Nord Ovest) e circoscrizione 4 (Zona Est-Zona Nord Est). Secondo i recenti dati ISTAT gli stranieri rappresentano circa il 10,7% della popolazione residente. A livello regionale, la provincia di Ferrara è una delle più deboli dal punto di vista economico, come già accennato al capitolo precedente. Non sono presenti forti distretti industriali (eccetto per il polo chimico, oggi in una fase di ridimensionamento, ma che ospita diverse imprese del settore) il che le ha permesso di sviluppare un’economia articolata su diversi settori. Ciò che caratterizza l’economia ferrarese è un’equilibrata diversificazione tra tutti i rami di attività (Camera di Commercio Ferrara, 2020). Il settore predominante è il terziario (52%) seguito a ruota dal secondario e primario (24% entrambi) producendo complessivamente un valore di circa 9 miliardi di euro l’anno. Le attività maggiormente trainanti sono quelle della pesca, della silvicoltura e dell’agricoltura (24%) insieme a quella del commercio all’ingrosso (21%). Le principali coltivazioni del territorio sono quelle dei cereali, viti e frutteti (soprattutto meli, peri e peschi, anche se negli ultimi anni si sta

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2. IL CONTESTO TERRITORIALE


CITTÀ PRINCIPALI DELLA REGIONE (Regione Emilia-Romagna, dati Istat, 2019)

Piacenza Parma Reggio Emilia Modena

Ferrara

Bologna

Ravenna

Forlì Cesena Rimini

50.000 ab. 100.000 ab. 200.000 ab. 400.000 ab.

STRUTTURA ECONOMICA (Dati Camera di Commercio Ferrara, 2019) SETTORE PRIMARIO

Pesca e agricoltura

SETTORE SECONDARIO

SETTORE TERZIARIO

Costruzioni Industria Commercio Arte e sport

Altro

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assistendo ad una riduzione di quest’ultimi a discapito delle colture industriali). Assumono inoltre molta importanza anche i settori delle costruzioni e dell’industria (rispettivamente 14% e 10%). A livello infrastrutturale la città poggia principalmente sulle reti stradale e ferroviaria, secondariamente su quella aeroportuale e fluviale, anche se è previsto nei prossimi anni una valorizzazione maggiore di quest’ultima. La città è connessa alla rete autostradale italiana grazie all’autostrada A13. Rivestono particolare importanza il raccordo autostradale FerraraPorto Garibaldi, che conduce sino ai lidi ferraresi sulla costa adriatica, e la “grande U”, circonvallazione che collega i vari ambiti urbani. Il servizio di trasporto pubblico prevede linee di autobus urbane ed extraurbane a servire tutto il territorio provinciale. Esistono sul territorio anche altre forme di trasporto pubblico meno conosciute e meno frequenti quali, ad esempio, il Pedibus. All’interno della città storica, la bicicletta risulta essere il mezzo migliore per muoversi tra i vicoli e nelle zone pedonali. Inoltre, sono disponibili diversi sistemi di sharing o smart mobility, ancora non del tutto sviluppati, ma che possono diventare elementi innovativi per la programmazione futura. Il settore turistico costituisce una delle principali forme di sostentamento del territorio, con le sue diverse forme ed offerte. Ogni anno Ferrara attrae circa 256000 visitatori, principalmente per motivi di lavoro o di svago. Il ruolo di città culturale è ben evidente dalla presenza di diversi itinerari cicloturistici culturali e naturalistici (il 40% del totale). Parchi e giardini storici sono le principali forme di verde urbano fruibili all’interno della città, spiccano tra questi il parco Bassani, il vallo delle mura, gli orti della Certosa e parco Massari. Tra le varie rimanenze storiche, risultano invece essere di particolare interesse le mura, quasi intatte e conservata fino ad oggi, e la rete museale dei quartieri più centrali (come il Museo delle Cattedrale, il

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2. IL CONTESTO TERRITORIALE


RETE INFRASTRUTTURALE Provincia di Ferrara

Bondeno

Copparo Ferrara

Codigoro

Cento

Ferrovie Strade statali

Comacchio

Percorsi navigabili

Argenta

Città principali

MOVIMENTI TURISTICI (Dati Regione Emilia-Romagna, 2020) 300.000 250.000 200.000 150.000 100.000 50.000 2016

2017

2018

2019

2020

Studio Culturale Cicloturismo

Eventi Lavoro Vacanze

Naturalistico Enograstr.

Altro

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Museo Schifanoia e il Museo Archeologico) oltre agli edifici collocati attorno piazza Trento Trieste (la Cattedrale, il Castello Estense e il Palazzo Municipale) e i palazzi storici del quadrivio (Palazzo dei Diamanti, palazzo Prosperi-Sacrati, palazzo Turchi-Di Bagno e palazzo Bevilacqua). Questo suo ruolo di città culturale è amplificato dalla presenza dell’Università. L’ateneo si suddivide in 12 dipartimenti locati all’interno e all’esterno del centro storico mescolandosi perfettamente tra la maglia di funzioni e attività urbane. In essi vi studiano 23000 studenti corrispondenti a circa il 18% della popolazione. I Dipartimenti sono quelli di Architettura, Economia e Management, Fisica e Scienze della Terra, Giurisprudenza, Matematica e Informatica, Ingegneria e Studi Umanistici, e Medicina Traslazionale e per la Romagna, Neuroscienze e Riabilitazione, Scienze Chimiche, Farmaceutiche ed Agrarie, Scienze della vita e Biotecnologie e Scienze Mediche “contenuti” all’interno della Facoltà di Medicina, Farmacia e Prevenzione. Oltre alle classiche facoltà, fanno parte del patrimonio universitario altre strutture, come i centri sportivi del CUS, i centri di ricerca tecnologica e l’Istituto Universitario Studi Superiori (IUSS). Questi trovano spazio in moderne costruzioni ai margini delle mura o in palazzi storici di pregio all’interno del centro storico. Altre sedi dell’ateneo sono invece dislocate a Bolzano, Codigoro, Pieve di Cento, Rovigo e Cento dove attualmente si trova il laboratorio di meccanica avanzata. Fanno parte dell’ateneo anche varie biblioteche che riguardano l’area biomedica, l’area scientifico-tecnologica e l’area umanistica, e una serie di musei universitari, come l’orto botanico e l’erbario, il Museo Anatomico Tumiati e il Museo di Paleontologia e Preistoria Leonardi. Questa vivacità di funzioni ha permesso alla città di prendere parte a diverse iniziative e reti di collaborazione nazionali ed internazionali.

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2. IL CONTESTO TERRITORIALE


SISTEMA UNIVERSITARIO REGIONALE (Regione Emilia-Romagna, dati Miur, 2020)

Ferrara

Altre sedi 20.000 st. 40.000 st. 80.000 st.

RETE MUSEI UNIVERSITARI (Dati Miur, 2016) Pavia Perugia Cagliari Parma Chieti-Pescara Bari Ferrara Salento Firenze Siena Tuscia Genova Palermo Napoli Roma Camerino Modena e R. Emilia

Ferrara

Scienze Naturali Torino Civico di R. Emilia

SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE (Smart City Index, 2020) FERRARA 10 Energia

Trento 1 Torino 2 Bologna 3

8 Ambiente

Ferrara 10

13 Mobilità

100,0 pt. 92,9 pt. 89,9 pt. 73,9 pt.

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Infine, la città prende parte a diversi progetti e programmi europei di carattere generale, che spaziano dall’ambiente all’istruzione, dall’occupazione all’inclusione sociale, tra cui CAMAA, PERFECT, OpenLab, LOWaste ed Erasmus+ (legato all’università) (Ferri, 2019). Secondo le ultime classifiche, la città si configura come una delle più sostenibili a livello nazionale, in termini di mobilità, energia ed ambiente. Nel 2020 la città si è classificata al 34esimo posto nella classifica sulla qualità della vita stilata da Il Sole 24 Ore, ottenendo ottimi punteggi per quanto riguarda la gestione dell’ambiente, la presenza di servizi, la cultura e il tempo libero.

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2. IL CONTESTO TERRITORIALE


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2. IL CONTESTO TERRITORIALE


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Ferrara fu inizialmente un borgo medievale disteso lungo il ramo del Po e cinto da un semplice muro; poi splendida capitale del Rinascimento celebrata in tutta Europa nelle varie addizioni segnate da progressivi allargamenti della cerchia; infine, città di frontiera dello Stato Pontificio dominata dalla poderosa fortezza e protetta da nuove, eleganti fortificazioni all’avanguardia della tecnica seicentesca (Ravenna, 1986). Di seguito verrà analizzato il rapporto tra i profili delle mura e l’ambiente urbano in costante cambiamento, come quest’ultimo ha saputo relazionarsi con un margine in costante mutamento che ne ha segnato il proprio spazio di competenza.

La storia di Ferrara ha inizio in epoca medievale: diverse furono le invasioni barbariche che devastarono la città di Voghenza tra il VII e l’VIII secolo, causate in particolare dalla popolazione germanica dei Longobardi. La diocesi rimase vacante per anni, quando finalmente si decise di trasferire la sede episcopale in un luogo più difendibile, nella vicina località di Ferrariola, fortificazione militare che sorgeva sulla riva destra del fiume Po, allora localizzato più a sud rispetto il corso attuale, in prossimità delle attuali via Ripagrande e via Carlo Mayr. Sulla riva opposta del fiume sorgeva invece un piccolo castrum di origine bizantina, su una lingua di terra delimitata dalle acque della biforcazione con il quale il Po si divideva in due rami, chiamati Volano e Primaro. Il castrum divenne il primo nucleo abitato di Ferrariola. In questo periodo, il dominio Longobardo da parte del re Astolfo fu relativamente breve: nel 774 il re franco Carlo Magno, dopo aver sconfitto l’ultimo re dei Longobardi, donò la città e il suo territorio allo Stato Pontificio. Nel 898, dopo la scomparsa della dinastia carolingia, Ferrara si unì ufficialmente al Sacro Romano Impero.

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3. IL RAPPORTO TRA LE MURA E IL CENTRO STORICO


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Il primo evidente segno di sviluppo urbano si ha nel 984, quando il conte Tebaldo di Canossa, nominato dall’imperatore Ottone II di Sassonia, fece realizzare Castel Tebaldo, una fortezza a difesa del guado del fiume costruita vicino l’isola di Belvedere, più a ovest di quasi un chilometro rispetto all’insediamento bizantino. Tra la fine del X secolo e l’inizio del XI secolo la città era tanto imperiale, sotto l’autorità dei conti, quanto papale, per i diritti della Santa sede risalenti a Carlo Magno. A partire dal X secolo la città inizia a svilupparsi lungo la riva sinistra del fiume, andando ad occupare lo spazio compreso tra Castel Tebaldo e il castrum, e poi successivamente verso l’attuale Via Mazzini e Saraceno. In questo momento, la città comincia ad assumere una forma lineare evidenziando chiaramente come lo sviluppo urbanistico della città fosse strettamente legato alle attività commerciali che si svolgevano lungo il fiume. L’aggregato urbano era allora abitato da circa 15000 abitanti ed era attraversato da numerosi corsi d’acqua, tra cui il canale di Santo Stefano che lo divideva in due zone distinte. Rimanevano fuori dall’espansione le due isole di Belvedere e S. Antonio in Polesine e la basilica di San Giorgio fuori le mura.

Attorno al XII secolo la città cominciò ad espandersi verso nord, attorno a via Delle Volte. Nel 1135 iniziò la costruzione della nuova Cattedrale, sede del potere episcopale. Questo progetto fu seguito a ruota da altri: Il Palazzo della Ragione, rappresentante il potere giuridico, e il Palazzo Comunale, rappresentante il potere politico. I tre principali poteri dell’epoca riuniti attorno alla nuova piazza principale e centro cittadino (l’attuale piazza della Cattedrale). Nel 1152 il Po esonda e cambia rotta in corrispondenza di Ficarolo, spostandosi definitivamente a nord di Ferrara, nell’attuale posizione. Questo cambiamento provocò la progressiva diminuzione della portata 64

3. IL RAPPORTO TRA LE MURA E IL CENTRO STORICO


del Po di Ferrara (l’attuale Po di Volano), che divenne un ramo secondario, e perse la sua funzione di arteria commerciale, facendo cadere la città in un periodo di crisi economica. È proprio in questo periodo che la città cambia forma e comincia a perdere quei caratteri fluviali che l’avevano contraddistinta: da città lineare si trasforma in città murata, espandendosi a nord verso Borgo di Sopra, sotto il controllo della famiglia Adelardi. La città sarà successivamente cinta da mura e da diverse torri, lungo le attuali vie Cavour e via della Giovecca, allora vie d’acqua, per proteggersi in seguito alle continue lotte tra papato e impero.

Nel quadro delle lotte interne tra le famiglie dei Guelfi, sostenitori del Papato, e dei Ghibellini, sostenitori dell’Impero, la famiglia Estense (poi divenuta signoria) prese il controllo della città a metà del XIII secolo. Un passo fondamentale per lo sviluppo urbanistico della città si ha nel 1386, con la realizzazione della prima “addizione” da parte di Niccolò II d’Este. Con questa addizione Niccolò mirava ad espandere la città oltre le mura, urbanizzando il “Pratum Bestiarium”, luogo di raccolta e macellazione del bestiame, compreso tra le attuali via Voltapaletto e via Savonarola. Lo spazio urbanizzato venne così suddiviso da strade rettilinee e regolari, mentre le mura vennero demolite e ricostruite ad inglobare questa nuova porzione proteggendole esternamente da un fossato. Da questo momento inizieranno le costruzioni sulle isole di S. Antonio in Polesine e di Belvedere, ormai unite alla terraferma.

Una seconda addizione venne fatta risalire al 1451 lungo le attuali via della Ghiara e via XX Settembre, su iniziativa di Borso d’Este. L’isola di S. Antonio in Polesine, ormai unita alla terraferma, venne prima bonificata e poi urbanizzata. Le mura cittadine vennero così rettificate

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Nasce il primo nucleo urbano di origine bizantina: il Castrum.

Sacro Romano Impero

Nicolò II d’Este fa realizzare la prima addizione.

Signoria Estense (Stato Pontificio)

Borso d’Este fa realizzare la seconda addizione.

Ercole I d’Este fa realizzare l’Addizione Erculea.

Ducato di Ferrara, Estensi (Stato Pontificio)

lungo il corso del Po vecchio, ormai avente portata ridotta, e venne aperta una nuova porta vicino alla chiesa di Sant’Agnese. Contemporaneamente a nord venne realizzata la via Larga che collegherà la città con il Barco (territorio di caccia e avamposto di difesa della famiglia Estense). Nel 1471 nacque il Ducato di Ferrara.

L’anno che segnò marcatamente il futuro rinascimentale di Ferrara fu il 1492, anno in cui venne realizzata la maggiore opera urbanistica storica della città, l’Addizione Erculea (o terza addizione), che ridisegnò i confini della città stessa. Il piano, elaborato dall’architetto Biagio Rossetti per volontà del duca Ercole I d’Este, prevedeva la naturale espansione della città oltre le mura a nord. In particolare, il tessuto urbano era così suddivisibile in due parti distinte, separate dall’attuale corso della Giovecca e da viale Cavour. Nella parte meridionale era collocata la Ferrara medievale, caratterizzata dai monumenti più antichi quali il Castello Estense e la basilica di San Giorgio oltre alle recenti addizioni di Niccolò e Borso. Nella parte settentrionale si collocava invece la Ferrara rinascimentale, alternata da

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3. IL RAPPORTO TRA LE MURA E IL CENTRO STORICO


Vengono rafforzate le difese con nuovi bastioni e baluardi.

Stato Pontificio

Viene costruita la Fortezza stellata, sede del Papato.

Impero napoleonico e austriaco

La Fortezza viene demolita e sostituita dalla “Piazza d’Armi”.

Regno d’Italia

Repubblica italiana

Mura Fiume Tessuto urbano Castrum

spazi verdi e costruiti, tra cui il cimitero monumentale di S. Cristoforo alla Certosa. Questa nuova addizione era scandita dagli assi fondamentali delle vie degli Angeli (oggi Ercole I d’Este) e strada dei Prioni (oggi corso Porta Mare), seguendo la struttura romana del Cardo e del Decumano. Questi due assi, incrociandosi, formavano il famoso “Quadrivio” evidenziato dai quattro palazzi che vi si affacciavano: Diamanti, Prosperi-Sacrati, TurchiDi Bagno e Bevilacqua. La nuova cinta muraria dotata di torrioni assumeva così una forma a pentagono, considerata la forma perfetta per la città ideale del rinascimento. L’impianto urbanistico è rimasto tutt’oggi invariato. Quest’opera valse a Ferrara il nominativo di prima città moderna d’Europa.

Le nuove tecnologie belliche costrinsero la città a rafforzare le proprio difese, munendo le vecchie mura di bastioni e baluardi. Sotto Alfonso I d’Este venne realizzato il baluardo della Montagna, utilizzato principalmente come postazione privilegiata per le potenti artiglierie della signoria estense. Sempre Alfonso fece fortificare

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ulteriormente il tratto orientale delle mura con la costruzione del baluardo di San Rocco (poi demolito nel 1868). Successivamente, sotto Alfonso II furono completate le fortificazioni di tutti i lati della cinta muraria. La città assunse così la forma attuale, con un perimetro murario di circa 9 km.

Nel 1598, in seguito alla Devoluzione di Ferrara, la città ritorna sotto il dominio dello Stato Pontificio. Questo passaggio di consegne segnò da un lato un lento ed inevitabile declino cittadino (che poi si ripercuoterà sull’Università), dall’altro permise alla città di conservare intatto gran parte del suo tessuto urbanistico. A partire dal 1608, sotto la direzione di G. B. Aleotti, iniziò per conto del papa Clemente VIII la costruzione della fortezza papale (stellata), inglobando parte dell’isola di Belvedere, con l’intento di migliorare le difese della città contro le mire espansionistiche della Serenissima. Il Po di Ferrara, ormai canalizzato, venne spostato definitivamente più a sud.

Dal 1796 fino al 1859 Ferrara passò prima sotto il controllo dell’impero napoleonico e poi, per un breve periodo, sotto il dominio austriaco. Durante questa parentesi alcuni bastioni della cinta muraria vennero smantellati e, una volta annessa la città al Regno d’Italia, la stessa fortezza papale venne demolita, risparmiando 2 dei 5 baluardi “a freccia” esistenti. Anche il baluardo di San Rocco venne demolito e sostituito da arconi di cemento per assicurare la staticità dei terrapieni. In seguito alla “spianata” operata dagli austriaci, venne poi realizzata la Piazza d’Armi, con lo scopo di assolvere a funzioni militari. È proprio da quest’area che agli inizi del XX secolo nascerà il quartiere Giardino. Quest’azione impresse una notevole ferita alla continuità della cerchia muraria che da allora rimase pressoché la stessa fino ad oggi, nonostante qualche breccia apportata in epoca moderna. Infine, la fossa delle mura venne definitivamente interrata nel 1865 risolvendo gran parte dei problemi di ristagno dell’acqua.

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3. IL RAPPORTO TRA LE MURA E IL CENTRO STORICO


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Per cercare di comprendere al meglio il rapporto tra la città storica, le mura e il contesto periurbano è opportuno fare riferimento al cosiddetto “Progetto Mura” avviato agli inizi degli anni ‘80 da un gruppo di intellettuali ferraresi (Lanzoni, 2015, 232-235). Il Progetto Mura si configura come un grande progetto di riqualificazione e rinnovamento della cinta muraria, vista come spina portante di un sistema urbano più ampio, caratterizzato da spazi contigui e funzioni strettamente correlate fra loro (Fusari, 2015, 62-67). Si tratta di un processo di valorizzazione che partendo dal restauro fisico delle mura mira al rilancio dell’economia locale, attraverso la promozione dell’arte, del turismo e della cultura cittadina (Farinella, 2011, 77-79). Per dimensioni, durata e contemporaneità dei metodi, oltre che dalle politiche adottate, il progetto può essere considerato un vero e proprio Piano Regolatore Monumentale. Prima di descrivere più approfonditamente le caratteristiche di questo piano mi sembra però opportuno sottolineare le condizioni e le fasi storiche che hanno anticipato questo progetto. Fin dal principio, la strada per il riconoscimento delle mura come monumento da conservare si è dimostrata complessa e tortuosa (Ravenna, 1986). Nel primo dopoguerra la ricostruzione delle città rappresentava il problema più urgente da risolvere. Occorreva ritornare il più presto possibile ai normali ritmi di vita che il conflitto bellico aveva stravolto. I primi passi sul tema della conservazione vennero mossi agli inizi del 1950, successivamente ai piani di ricostruzione del centro storico. Iniziarono così a susseguirsi diversi interventi di restauro mirati alla salvaguardia del complesso murario. Le autorità cittadine sancirono precisi obbiettivi per la tutela delle antiche mura e del centro storico, tra cui “l’integrale conservazione ed anzi valorizzazione come luoghi di passeggio e riposo e la loro protezione con un’ampia zona di rispetto”.

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3. IL RAPPORTO TRA LE MURA E IL CENTRO STORICO


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Questi primi e arditi tentativi di recupero si dovettero però confrontare con le ferventi esigenze di incremento demografico ed espansione edilizia tipiche di quegli anni, che portarono negli anni a venire a demolizioni programmate di tratti delle mura, l’interramento di parte del vallo, l’apertura di nuovi varchi per favorire il traffico veicolare e l’assottigliamento dei terrapieni. Inoltre, l’amministrazione civica non disponeva dei fondi necessari per portare a termine gli interventi e i programmi di riqualificazione previsti. Il complesso murario fu quindi soggetto in questi anni a interventi di manutenzione limitata ai tratti meno problematici, lasciando al tempo quelli più deteriorati. È solo verso la fine degli anni ‘70 che le cose cominciarono a cambiare. Si iniziò a considerare il patrimonio storico una risorsa economica, un tema chiave per le future politiche di sviluppo urbano (Pastore, 2018, 165-172). La singola conservazione da sola non è sufficiente a garantire uno sviluppo sostenibile e strategico delle città. E fu così che diversi esponenti del mondo della cultura ferrarese iniziarono a mettere in luce i valori storici, artistici e culturali ed anche economici della cinta muraria. L’obbiettivo principale era quello di “smuovere le coscienze”, far comprendere alla cittadinanza l’importanza un disegno organico di tutela per garantire la corretta valorizzazione e la salvaguardia del patrimonio costruito. Fondamentali in quel periodo furono le figure di Bruno Zevi, Giorgio Bassani e Ugo Malagù che con i loro articoli e le loro opere contribuirono a mantenere alta l’attenzione su queste tematiche. Ancora più fondamentale, se vogliamo, è in quegli anni l’operato dell’associazione Italia Nostra (Ravenna, 1986, 57-62). L’associazione di intellettuali si fece strada in campo nazionale con diverse iniziative di tutela del patrimonio artistico. Tra i suoi più importanti sostenitori troviamo la figura di Paolo Ravenna che si attivò per il recupero della cinta muraria, rilevando l’esigenza di assicurarne la piena leggibilità dei suoi profili sempre più aggrediti dalla vegetazione e indagarne le specificità artistiche ed architettoniche.

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3. IL RAPPORTO TRA LE MURA E IL CENTRO STORICO


IL SISTEMA CULTURALE - MUSEALE Le principali funzioni culturali all’interno del centro storico

LEGENDA Mura Chiese, monasteri, cimiteri Palazzi storici Castelli, porte, teatri Musei Architettura moderna

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Da qui prese forma l’idea di realizzare un più ampio sistema secondo una prospettiva di programmazione del territorio tipica delle più recenti esperienze europee. Questo sistema non era composto dal solo manufatto architettonico delle mura, ma anche da tutti quegli elementi complementari in grado di valorizzare le caratteristiche della città: l’ampia fascia verde del vallo, il parco urbano tra le mura e il Po, i percorsi ciclopedonali diffusi, il patrimonio artistico e culturale del centro storico. Come detto precedentemente, l’intervento proposto non mirava alla sola conservazione del manufatto edilizio, ma ragionava più in grande, cogliendo l’opportunità per rilanciare l’economia e l’immagine della città. Come poi specificato da Paolo Ravenna: “Città, parco urbano, zone di espansione, tutto poteva venir collegato in corretto equilibrio per mezzo di uno straordinario strumento di vitalità e di difesa urbanistica che ancora possedevamo intatto: l’anello verde delle Mura”. Allo stesso tempo si sarebbe recuperata l’immagine, la forma della città, elemento necessario alla fama di Ferrara per proporsi ancora come “capitale dell’urbanistica”. L’intero sistema urbano era così incardinato al centro storico e alle mura che diventavano il filo conduttore di un unico percorso turistico-culturale in grado di accompagnare il turista in visita alla città. Riassumendo, il progetto si poneva quattro obbiettivi fondamentali (Pastore, 2015, 68-71): - Il recupero e il restauro di tutto il sistema fortificato, salvaguardando ogni particolare costruttivo di offesa e di difesa militare, garantendo la piena leggibilità dell’opera. - l’intero perimetro murato sarebbe così diventato la spina portante per la riorganizzazione di tutte quelle aree libere e quei complessi edilizi situati in contiguità con essa, realizzando di fatto un vero e proprio sistema urbano, il Piano Regolatore delle Mura.

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3. IL RAPPORTO TRA LE MURA E IL CENTRO STORICO


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- Il sistema urbano si sarebbe dovuto poi relazionare con il sistema culturale e museale presente all’interno della città, dando slancio all’economia locale. Non a caso alcuni degli slogan utilizzati dalla città per promuovere l’opera furono “Ferrara città d’arte” e “Ferrara città di cultura”. - il sistema urbano poneva però un problema di relazione tra la città storica e la sua periferia, soprattutto nei confronti della zona del parco urbano esteso dalle mura fino al Po (portando alla successiva definizione di un parco agricolo protetto, la cosiddetta Addizione Verde) (Lolli, 2003). Tra il 1978 e il 1985 Ravenna avviò una grande campagna fotografica, acquisendo materiali per realizzare documenti, filmati e mostre poi esportate in tutta Europa, con grandi riscontri sulla stampa nazionale ed internazionale. All’interno di questo nuovo panorama invigorito, si insediò nel 1985 un’apposita “Commissione per la definizione di un programma generale di intervento per le Mura e il Parco Urbano” che diede vita successivamente al Progetto Generale. Il progetto fu suddiviso in 10 unità di progettazione e di intervento (aree di progetto) suddivise a loro volta in 20 sub-cantieri, permettendo una razionalizzazione del progetto di restauro. Dopo la presentazione da parte del comune al Ministero dei Beni Culturali e la successiva approvazione, nel 1988 il FIO (Fondo per gli Investimenti e l’Occupazione) concesse per la realizzazione un finanziamento di 55 miliardi di lire, rispetto ai 67 miliardi necessari per realizzare tutti gli interventi previsti. I cantieri vennero aperti tra il 1988 e il 1989 e durarono circa una decina d’anni, rappresentando un modello di riferimento di restauro su scala nazionale. Con questo progetto Ferrara ha potuto così conservare la sua identità urbanistica di città del Rinascimento che le ha consentito successivamente (1995) di essere inserita nella lista dei Siti Patrimonio dell’Umanità UNESCO.

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3. IL RAPPORTO TRA LE MURA E IL CENTRO STORICO


4 OBBIETTIVI RESTAURO DELLE MURA

SISTEMA URBANO

SISTEMA CULTURALE

ADDIZIONE VERDE

Restauro del recinto murario in tutti i suoi elementi

Riorganizzazione delle aree in contiguità con le mura

Relazionare il sistema urbano con il sistema culturale

Creazione di una zona verde connessa tra il Po e la città

UNITÀ DI PROGETTAZIONE

FONDI FIO DISPONIBILI

AFFLUENZA TURISTICA

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Ad oggi il progetto si dimostra ancora incompleto, come evidenziato dai 12 miliardi di lire mancanti per la completezza dell’opera. È però stata tracciata la strada per il futuro, strada che dovrà essere aggiornata ai tempi attuali. L’obbiettivo oggi deve essere quello di raccogliere tutti i processi di trasformazione all’interno di un’unica visione complessiva e strategica, nel rispetto del bene da salvaguardare. Il modo migliore per creare una nuova ricchezza deve essere quello di inserire i punti di forza del territorio, come arte e cultura, all’interno degli obbiettivi prefissati. È così che queste caratteristiche possono poi essere valorizzate come motore dello sviluppo economico di una città e come elemento chiave di una comunità. La grande struttura delle mura deve ancora rappresentare oggi l’elemento in grado di tracciare la strada verso il futuro.

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3. IL RAPPORTO TRA LE MURA E IL CENTRO STORICO


LINEE GUIDA PER LA TUTELA DELL’APPARATO MURARIO (Centro per le Architetture Militari dell’Alto Adriatico, 2015)

Caso 3

Caso 5

Caso 7 Caso 6

Caso 1

Caso 4

Caso 2

LEGENDA Mura Aree bagnate Tessuto urbano Area di inedificabilità Delimitazione linee guida Coni visuali

Caso 1

Caso 2

Caso 3

Caso 6 Caso 4

Caso 5

Caso 7

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Chiudo questo capitolo mostrando un esempio esplicativo, analizzando il ruolo che l’Università di Ferrara ha avuto nella strategia di rivitalizzazione urbana appena descritta, come da città avente un’università si sia trasformata in città universitaria (Farinella, 2017). L’Università si è dimostrata parte viva della storia e delle vicende che hanno coinvolto la città, la cui qualifica di “città a misura d’uomo” è pienamente sovrapponibile a quanto ascrivibile all’ateneo (Scatasta, 2004). I programmi di recupero e rigenerazione urbana portati avanti nei primi anni ’90 in tutta Italia presero piede anche a Ferrara, in particolar modo le attività di miglioramento e rinnovamento del patrimonio storico hanno rappresentato a Ferrara uno dei principali obbiettivi del già citato Progetto Mura. Come già evidenziato nei capitoli precedenti, il Progetto Mura si è dimostrato una grande opportunità per rilanciare la cultura e l’economia della città (Farinella, 2011, 77-79). In quel periodo, Ferrara era vittima di una grande crisi economica, causata in parte dal processo di deindustrializzazione (in particolare dell’industria petrolchimica) e in parte dal progressivo spopolamento delle campagne che portò ad una forte decrescita della produzione agricola, uno dei settori trainanti dell’economia cittadina. Per uscire da questa situazione, Ferrara perseguì la stessa strategia adottata da Genova: riscoprire la propria identità storica (fondata sull’arte, sulla cultura e sulla conoscenza come evidenziato dalle associazioni Ferrara Arte e Ferrara Musica che costituivano un punto di riferimento a livello nazionale) riadattando i suoi obbiettivi sulla base delle nuove esperienze nazionali. Il rilancio economico della città passò soprattutto attraverso l’Università, grazie all’intervento diretto di banche, istituti di credito, ITC, della Regione e della municipalità di Ferrara che garantirono le condizioni ottimali per poter intervenire. 80

3. IL RAPPORTO TRA LE MURA E IL CENTRO STORICO


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La strategia adottata fu quella di riorganizzare la struttura universitaria in diversi poli (scientifico-tecnologico, chimico-biomedico, umanistico, sportivo ecc.) localizzati in parte dentro che fuori la città murata, mantenendo così una sorta di equilibrio fra la componente studentesca e quella cittadina. Grazie ai programmi di rigenerazione e valorizzazione urbana finanziati sia dalla Regione e che dell’Unione europea, che dai fondi derivanti dal Progetto Mura, Ferrara ha potuto così rinnovare gran parte del suo centro storico e culturale e riconvertire le terre industriali appena fuori le mura con lo scopo di locare nuove funzioni universitarie. A partire dal 1990, l’Università crebbe da 5000 a circa 23000 studenti di oggi. Ferrara ha oggi più di dieci dipartimenti, sparsi in vari poli sia esterni che interni alla città storica, un centro tecnologico-scientifico, un consorzio per la ricerca applicata, un Centro Universitario Sportivo e partecipa a diverse collaborazioni con autorità locali e compagnie private. Se pur vero che uno degli slogan del progetto fu quello di “Ferrara città universitaria”, Ferrara ha sempre rifiutato di diventare tale, cercando di mantenere una sorta di bilanciamento tra la popolazione universitaria e il resto della cittadinanza, evitando un’iperspecializzazione delle funzioni del centro storico come invece accaduto nei casi di Urbino e Camerino, seppur con differenze di grandezza (mentre Ferrara ha 130000 abitanti e 23000 studenti, Urbino ha 14000 abitanti e 14000 studenti). Inoltre, una così grande massa studentesca avrebbe generato problemi di carattere socioeconomico (pochi servizi specializzati e quindi una perdita di vitalità e attrattività urbana), oltre al fatto che ci sarebbero potuti essere pesanti contrasti tra la comunità cittadina e quella studentesca. Ferrara è così riuscita a mantenere un buon mix sociale e urbano all’interno della città. L’Università fa ora parte di un network di città universitarie regionali, insieme a Parma, Modena e Bologna, ed ha aperto altre sedi su tutto il territorio nazionale.

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3. IL RAPPORTO TRA LE MURA E IL CENTRO STORICO


FERRARA CITTÀ UNIVERSITARIA (Dati Istat e Miur, 2020) FERRARA

22.753 st

132.195 ab.

GENOVA

565.752 ab.

30.510 st

URBINO

14.106 ab.

CAMERINO

14.401 st

6.676 ab.

6.284 st

STUDENTI ISCRITTI A UNIFE (Dati Miur, 2020, serie storica) 25.000

20.000

15.000

10.000 12/13 13/14 14/15 15/16 16/17 17/18 18/19 19/20

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Possiamo quindi dire che l’Università è diventata una componente molto importante per l’economia e per la vita sociale e culturale dell’intera Emilia-Romagna. Ed è grazie alla scelta di tutte le istituzioni regionali di mantenere parte delle attività universitarie all’interno del centro storico, nonostante la tendenza di decentralizzazione globale di varie funzioni urbane, che le città universitarie dell’Emilia-Romagna sono rimaste dinamiche e piene di vita.

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3. IL RAPPORTO TRA LE MURA E IL CENTRO STORICO


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3. IL RAPPORTO TRA LE MURA E IL CENTRO STORICO


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Negli anni successivi alle due guerre mondiali, Ferrara, come molte altre città italiane, attraversò un periodo di forte urbanizzazione e speculazione edilizia che portò la città ad espandersi in maniera caotica e disordinata oltre i propri confini storici. Questa nuova periferia presentava caratteri eterogenei: infrastrutture viarie di vario genere (strade, canali e ferrovie), centri commerciali, capannoni e stabilimenti industriali, lembi di campagna non ancora urbanizzata interclusi tra il centro e la periferia si intersecavano con i nuovi quartieri residenziali di più recente edificazione. Il centro storico presentava invece problematiche differenti, legate soprattutto alla ricostruzione postbellica, alla riqualificazione delle aree degradate e alla conservazione dei caratteri storico-naturali tipici della città. All’interno di questo confusionario assemblamento di oggetti, nuovi piani, programmi e regolamenti edilizi vennero approvati con l’intento di fluidificare questo intricato sistema. Al contrario di quanto esposto al capitolo precedente, in questa sezione si è deciso di indagare le trame, i rapporti, le relazioni che si sono create tra le varie funzioni e il territorio circostante, capire come si sia sviluppato questo paesaggio periferico in relazione al centro storico. I piani e i programmi di seguito descritti, di cui il primo adottato nel 1870, hanno il compito di mostrarci come e quali sono state le scelte che hanno portato a determinate situazioni, ricavandone spunti per una successiva progettazione (Marangoni, 2003).

Progetto dei grandiosi lavori pubblici, 1870 (Adottato) In questa prima fase dalla costituzione del Regno d’Italia, stiamo assistendo a Ferrara ad una lenta proliferazione degli aggregati urbani lungo le principali vie di transito e in corrispondenza delle fabbriche a ridosso della stazione. Lo sviluppo industriale della città era caratterizzato 88

4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


perlopiù dall’insediamento di lavorazioni di trasformazione dei prodotti agricoli, come zuccherifici, distillerie, canapifici, locati principalmente lungo le principali vie d’acqua. A fronte di queste ampie trasformazioni, l’obbiettivo principale di questo progetto era quello di migliorare le condizioni di vita della popolazione e le infrastrutture all’interno del perimetro urbano. L’intervento più importante riguarda la creazione di un nuovo collegamento viario in forma di boulevard alberato tra la stazione e il cuore della città. Il progetto si dimostrò però mancante di un quadro d’azione unitario in grado di coprire tutta la città.

Piano regolatore e d’ampliamento della città e dei sobborghi, 1911 (Studio) Lo studio, elaborato dall’ingegnere Circo Contini, intendeva favorire l’attività edilizia rispettando le nuove misure di igiene e salubrità ed evitando un disordine espansivo nella periferia e nei sobborghi. La costruzione di nuove residenze era prevista sia all’interno che all’esterno delle mura, in particolare lungo i canali cittadini. Dove possibile, l’espansione edilizia non avrebbe dovuto intaccare il recinto murario come altri avevano fatto in passato, ma considerare invece le aree vuote lasciate libere internamente. Inoltre, l’introduzione di nuovi assi viari avrebbe poi premesso di raggruppare gli insediamenti che risultavano frammentati. Per la prima volta l’espansione urbana non avveniva più per punti ma per parti, cercando di delineare una proposta di intervento complessiva. In seguito a divergenze tra Contini e l’ingegnere capo dell’Ufficio Tecnico, Cesare Selvelli, autore del disegno infine approvato, il piano venne accantonato.

Piano regolatore della città e dei sobborghi, 1923 (Studio) Il 1° dicembre del 1923 il Consiglio Comunale conferisce nuovamente a Contini l’incarico di “studiare e proporre l’aggiornamento del piano regolatore della città e dei sobborghi”.

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Rispetto alla versione precedente vennero apportate alcune modifiche, tra cui la sistemazione di Piazza d’Armi e la realizzazione di nuovo collegamento viario esterno in grado di smistare parte del traffico cittadino, prestando maggiore attenzione allo sviluppo dei sobborghi esterni a nord e a sud della città (diventati ormai delle vere e proprie addizioni). L’espansione edilizia venne invece regolata all’interno delle mura, riempendo soprattutto il quartiere Arianuova migliorandone la viabilità. Per tale scopo vennero aperti due varchi nelle mura in corrispondenza delle attuali via Orlando Furioso e corso Isonzo. Il piano questa volta si riferisce ad un quadro di unione complessivo, considerando l’intera città e le sue addizioni esterne. Non verrà mai realizzato ma costituirà un punto di riferimento per lo sviluppo successivo dell’urbanistica ferrarese.

Concorso per lo studio del piano regolatore e di ricostruzione, 1945 (concorso) Nell’immediato dopoguerra, Ferrara fu catalogata tra le città maggiormente danneggiate dal conflitto mondiale (circa il 40% dei vani era stato danneggiato) e quindi obbligata, secondo le nuove leggi, a dotarsi di un nuovo piano regolatore. Il comune decise quindi di bandire un invito alla cittadinanza per avanzare proposte sullo sviluppo della città, configurandosi come un vero e proprio concorso di idee. Il 30 dicembre dello stesso anno la giuria si dichiarò d’accordo nel non riconoscere nessun vincitore in quanto nessuno dei progetti presentati era stato in grado di risolvere le principali problematiche della città: la ricostruzione della stazione, la riorganizzazione del traffico stradale urbano ed extraurbano, la ricostruzione della città di Pontelagoscuro e delle zone industriali. A questi si aggiungevano altri problemi legati alla realizzazione di nuove attrezzature scolastiche e sportive, la realizzazione di una zona di passeggio e giardini attorno alle mura e la definizione di nuovi servizi. Il comune decise così di procedere autonomamente. 90

4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


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Piano regolatore generale, 1946 (studio) Gli studi precedenti gettarono però le basi per i futuri piani di ricostruzione della città di Pontelagoscuro, del quartiere Arianuova, del piazzale della stazione e della Caserma Palestro. Tra le varie richieste del nuovo studio troviamo la definizione di nuove aree di espansione per quartieri fuori le mura, seguendo un ordine e secondo criterio, la creazione di una zona giardino attraverso il rimboschimento del Montagnone e degli spalti delle mura, la riorganizzazione del traffico Padova-Bologna-Ravenna realizzando un’arteria di dislocazione del traffico, l’espansione dell’area industriale fino al fiume e la creazione di una fascia verde in grado di separare la zona industriale dai quartieri residenziali degli operai. La visione generale era quella di trasformare Ferrara in una città moderna, disciplinandone l’espansione in modo che servizi, viabilità e quartieri residenziali siano progettati come un tutt’uno integrato.

Piano di ricostruzione di Ferrara, 1949 (Approvato) Il piano procedette parallelamente agli studi iniziati nel 1946, seguendo le stesse direttive: conservazione delle mura, valorizzazione delle strade e dei monumenti più importanti e delle nuove aree secondo i criteri più moderni. Purtroppo, solo i quartieri più centrali della città vennero inseriti all’interno della prima perimetrazione, tralasciandone altri che invece avevano subito notevolissimi danni. Tra questi il quartiere della Darsena e Rione Giardino. Solo il quartiere Arianuova, per la sua quasi nulla attività edilizia, venne inserito nella perimetrazione successivamente. L’apparato informativo alla base delle analisi era piuttosto ricco e comprendeva un’analisi dettagliata sotto diversi aspetti, sociali ed economici. Il piano venne definitivamente approvato nei contenuti delle nuove soluzioni insediative il 23 aprile 1949, a differenza degli stralci del quartiere Arianuova, le cui vicende si protrarranno con grande interesse negli anni ‘50.

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


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Piano di ricostruzione di Pontelagoscuro (Frazione di Ferrara), 1949 (Approvato) Il piano per la ricostruzione di Pontelagoscuro, frazione estremamente danneggiata dalla guerra, ricevette l’approvazione ministeriale il 9 aprile 1949. Per la prima volta i cittadini presero parte al dibattito urbanistico per la definizione delle soluzioni da adottare. I dati statistici raccolti evidenziarono come lo sviluppo del borgo sarebbe dovuto avvenire in senso longitudinale rispetto a Ferrara e non trasversalmente seguendo il Po come in antichità. Si è cercato quindi di scindere l’area industriale dal borgo vero e proprio, favorendo lo sviluppo separato dei due nuclei. Verranno inoltre costruite nuove attrezzature balneari e sportive di facile accesso, separato il traffico interno da quello di transito sulla statale adriatica e spostato il tracciato ferroviario per evitare che tagli in due le zone industriali.

Piano di ricostruzione del quartiere Arianuova, 1951 (Approvato) L’annosa vicenda relativa al progetto del quartiere Arianuova giunse ad un punto di svolta il 24 novembre 1951. Nella redazione del piano, portata avanti da Giovanni Michelucci, vennero esplicitate alcune modifiche rispetto agli studi precedenti, ma nel complesso, l’organicità del quartiere rimase sempre la stessa. Secondo l’ultima soluzione, il quartiere sarebbe stato attraversato da un viale alberato delimitato ai lati da differenti tipologie abitative e funzioni. Il quartiere nacque con il duplice scopo di riempire una parte di spazio rimasto inedificato all’interno del centro storico e di creare un nodo di collegamento con Pontelagoscuro. Una volta approvato il piano, l’INA-Casa verrà contattata per la costruzione degli alloggi secondo progetto, per evitare che il libero arbitrio dei privati portasse ad una disomogeneità dell’intervento.

Piano di ricostruzione delle zone di piazzale della Stazione e della caserma Palestro, 1954 (Approvato)

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


Al precedente elenco di quartieri da ricostruire, ne furono aggiunti altri due inizialmente esclusi, considerati vitali per lo sviluppo della città. Per la prima zona vi era un problema di eccessivo congestionamento e disconnessione con i tracciati esistenti. Si decise quindi di prolungare viale Cavour curvilinearmente davanti alla stazione, per ridurre il peso del traffico cittadino (la stazione era così circondata da un ampio parco curvilineo). La tipologia edilizia scelta ricadde su case a schiera e villette, tipiche di quella parte di città. Nella seconda zona invece, verrà realizzato un nuovo quartiere residenziale: una via interrotta da un giardino rionale avrebbe connesso via Frescobaldi a via Palestro, sfruttando le aree abbandonate della caserma. Fortemente criticato, il piano verrà comunque realizzato.

Regolamento edilizio e programma di fabbricazione, 1955 (Approvato) È evidente come il solo piano regolatore non basti più per intervenire sull’edificato, mostrandone chiaramente i suoi limiti, occorrono invece nuovi strumenti urbanistici in grado di rispondere al meglio all’ingente richiesta di nuove abitazioni. Vista la mancanza allo stato dei fatti di uno strumento adeguato, fu approvato un nuovo regolamento edilizio che seguirà, in gran parte, le direttive proposte in tema di edificazione dal piano regolatore. Il regolamento si prefissava di aggiungere nuove aree di espansione (contenute) esternamente alle mura, in particolare ad est e sud. Nelle zone più centrali della città si era cercato di rispettare i tipi edilizi e la zonizzazione esistente, mentre nelle zone periferiche si era invece cercato di evitare l’espansione a macchia d’olio, favorendo la realizzazione di centri satelliti dislocati sul territorio in grado di deviare parte del traffico cittadino. L’obbiettivo era quello di creare dei quartieri autosufficienti lasciando integre le aree verdi intercluse tre il centro storico e la periferia.

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Piano regolatore generale, 1960 (Approvato) Terminata la prima fase di emergenza postbellica, si decise di dare nuovo corso all’elaborazione del piano (elaborato da Michelucci) che, secondo le leggi, si sarebbe dovuto estendere a tutto il territorio comunale. Il piano seguiva il percorso logico tracciato dei piani di ricostruzione precedenti, ponendosi come obbiettivo di delineare il futuro assetto della città, estesa lungo le naturali vie di espansione, non a macchia d’olio, ma seguendo il modello delle New Town londinesi. Fu attuata una grande opera di raccolta dati su tutto il territorio comunale con lo scopo di individuare i pilastri su cui la città si sarebbe dovuta poggiare in futuro: la produzione industriale e la produzione agricola. Per quanto riguarda il tema dei servizi e delle infrastrutture, verrà realizzata una grande arteria di circonvallazione (C aperta verso est) attorno al quale andranno a insediarsi le residenze, mentre nella zona settentrionale sarà prevista un’area vasta per fiere, sport, mercati e mostre. Inoltre, venne introdotto (novità) un vincolo di verde agricolo per le zone esterne le mura e comprese tra gli agglomerati il cui piano non prevede una particolare utilizzazione (da qui si evinse la necessità di istituire e conservare il Parco urbano). Come scritto nella relazione: “la conservazione e l’ampliamento di questa ampia fascia verde è elemento importante per i vantaggi igienici e per la valorizzazione della città non solo, ma sarà anche elemento di individuazione del vecchio nucleo cittadino nel più ampio organismo previsto dal piano”. Centro storico e aree verdi vennero interpretati come fattori qualificanti da tutelare.

Studio per la Variante generale al piano regolatore, 1968 (Studio) Lo studio per la Variante generale propose i seguenti indirizzi: espandere la città verso sud, così come a nord verso Pontelagoscuro, realizzare i nuovi insediamenti urbani ad est, dotandoli dei servizi necessari, conservare e ristrutturare gli edifici presenti all’interno del centro storico

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


SCHEMA DI ZONIZZAZIONE PROPOSTO (Piano Regolatore Generale, 1960) Padova

Arteria di grande traffico Nucleo antico - nuova città Fiumi e canali Verde pubblico o vincolato

All’autostrada

Espansione oltre le mura Zona sportiva Ferrovia

Modena Copparo

Tresigallo

Comacchio

Via mare

Bologna Ravenna

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e organizzare la maglia urbana verso Porotto. In aggiunta, venne suggerito il mantenimento a verde o a servizi delle aree lasciate vuote, per tutelare il territorio (come nelle zone vicino al quartiere Barco) mentre l’arteria a C avrebbe dovuto essere possibilmente sostituita da una maglia ortogonale. Benevolo, incaricato dello studio, intendeva contrastare l’idea della città lineare, secondo un’asse nord-sud, sottesa dal piano del 1960 implicitamente, sottolineando come una forma sempre lineare ma lungo un’asse insediativo est-ovest policentrico fosse la naturale forma di espansione della città. Ferrara sarebbe dovuta diventare il centro di una costellazione di unità periferiche di vario genere, equilibrando le funzioni tra città e campagna garantendo la giusta accessibilità (le vie di comunicazione diventarono la vera spina portante della città). Decentramento e policentrismo furono i principi su cui si fondò tale proposta, ricorrendo al modello insediativo della città lineare lecorbusieriana, dare uguale spazio ai “tre insediamenti umani”: l’insediamento rurale sparso, la città lineare industriale e la città radiocentrica degli scambi.

Studio per la Variante generale al piano regolatore, 1972 (Studio) Lo strumento dei Piani di Zona per l’Edilizia Economica e Popolare PEEP, promulgata dalla lege n. 167 del 1962, venne tempestivamente utilizzato a Ferrara. I nuovi lavori vennero affidati a Leonardo Benevolo, poi sostituito in corso d’opera da Carlo Melograni. Le condizioni economiche, sociali e legislative erano cambiate rispetto la prima fase di studi, occorreva per cui rivedere alcuni obbiettivi di base: l’arresto dell’immigrazione verso Ferrara, l’esodo delle campagne, l’entrata in vigore della “legge sulla casa”, la costituzione dell’ente Regione. Occorreva inoltre, un importante operazione politica, che avesse come obbiettivi il contenimento della rendita fondiaria, il controllo e la gestione dello sviluppo urbano, il potenziamento dell’intervento pubblico, il superamento delle contraddizioni tra città e campagna nella possibilità dell’uso dei servizi collettivi. 98

4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


SCHEMA DI IPOTESI ASSETTO TERRITORIALE (Studio per la Variante di Benevolo, 1968) Mura Autostrada Asse distributivo est-ovest Fiumi e canali

Padova

Aree agricole Zona industriale Asse insediativo est-ovest Poli urbani Ferrovia

Modena

Comacchio

Modena Via mare Bologna

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Si puntò molto sulla riqualificazione del patrimonio esistente, cercando di edificare il meno possibile sia all’interno che all’esterno delle mura e realizzando i servizi mancanti. Inoltre, il potenziamento degli assi infrastrutturali, sia fluviali che ferroviari, esistenti avrebbe inserito la città all’interno del nodo di traffico Cispadano. Infine, a nord, tra le mura e il Po, verrà individuata un’area per istituire un grande parco urbano.

Variante al piano regolatore relativa all’edificazione nelle zone rurali e ai centri urbani nel forese, 1975 (Approvata) Parallelamente agli studi sulla prima variante, l’Amministrazione diede avvio alla predisposizione di una seconda variante relativa al territorio agricolo che negli ultimi anni, a causa della mancanza di un vero e proprio strumento di piano, ha portato a edificazioni caotiche con carenza di servizi e attrezzature. Tale variante si presentava come uno strumento provvisorio con valore di salvaguardia fino alla prossima stesura del piano regolatore, cercando di tutelare l’ambiente con norme restrittive sull’edificazione, attraverso la creazione di fasce di rispetto, e cercava di rendere omogenee la possibilità di vita sociale dei cittadini, introducendo nuovi servizi dove possibile. In questo modo si voleva equilibrare la situazione dello spopolamento delle campagne dando maggiore consistenza ai centri minori che altrimenti si sarebbero svuotati (il cosiddetto “effetto città”). Il piano voleva incentivare l’abitare della popolazione agricola, all’interno delle zone rurali. Seppur in linea con le precedenti varianti, non porterà agli effetti sperati, ma colse, invece, l’opportunità di riflettere su una nuova “Addizione Verde” che verrà istituita negli anni successivi.

Variante generale al piano regolatore, 1977 (Approvata) La prevalenza di vincoli negativi sulle poche indicazioni di interventi positivi ha portato a trascurare le zone agricole e i centri minori,

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


concentrando l’attenzione sull’aggregato urbano separato dal suo territorio ed accentuando il contrasto tra aree “forti” e aree “deboli”. La nuova variante di piano, elaborata da Carlo Melograni, prevedeva: il potenziamento della viabilità verso i centri minori attraverso una rete infrastrutturale costituita da due tangenziali est-ovest e nord-sud, il blocco dell’espansione delle zone produttive favorendo invece quelle dei centri minori orientali introducendo i servizi sociali necessari, lo sviluppo della rete commerciale e direzionale dei quartieri a sud, est e ovest delle mura e tutelare l’ambiente, valorizzando gli aspetti storico-paesaggistici. Si voleva soprattutto contrastare l’urbanizzazione incontrollata favorendo gli interventi di recupero urbano. Per quanto riguarda il centro storico, l’obbiettivo di base era la conservazione integrata sia fisica che sociale. Non si voleva solo conservare la popolazione ma anche le attività sociali ed economiche, ed è sotto questo aspetto più ampio che doveva essere considerato il tema del “recupero del centro storico”. Riequilibrio, collaborazione e qualità degli interventi diventarono le parole chiave del piano.

Variante al piano regolatore relativa al territorio comunale con esclusione del centro storico, 1985 (Approvata) La nuova variante doveva essere di adeguamento e di aggiustamento rispetto alle proposte avanzate dal precedente piano regolatore. Lo schema infrastrutturale ferrarese venne potenziato e rinnovato, restaurando e completando parte della circonvallazione e della tangenziale presenti. Per soddisfare il fabbisogno abitativo, il piano voleva da un lato correggere gli indici di edificabilità della precedente variante, dall’altro evitare l’espansione a macchia d’olio, concentrando parte di questa domanda nelle aree libere interne alle mura come previsto dai precedenti PEEP. Le principali espansioni vennero realizzate nelle zone nord di Barco-Pontelagoscuro e a est nei borghi di Pontegradella, San Giorgio, Porta mare e Quacchio. A sud le 1875 residenze previste in zona aeroporto verranno invece spostate e collocate attorno l’asse principale

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di via Bologna e lungo l’asse di espansione est-ovest della grande viabilità (prediligendo sempre la riqualificazione piuttosto che l’edificazione ex novo). Una novità si ha con la definizione di una nuova area per attività fieristiche al servizio delle attività produttive locali e regionali in adiacenza alla tangenziale est-ovest. Per la prima volta la città cerca di aprirsi alle nuove relazioni nazionali.

Variante relativa alla zona A del centro storico, 1987 (Approvata) Alla base della variante c’era la volontà di garantire la massima operatività attraverso un graduale allentamento dei vincoli imposti, per favorire il recupero e la salvaguardia del centro storico. Come specificato dall’assessore Bertasi “l’eccesso di vincoli, oggettivamente, è spesso una politica che favorisce degrado anziché la salvaguardia od il recupero del centro storico”. Sulla base di queste considerazioni, verrà effettuata una grande raccolta di dati morfologici, tipologici e di restauro per garantire la corretta conservazione del patrimonio storico-culturale. Nonostante il carattere transitorio attribuitogli, questo strumento di fatto rappresenterà il presupposto per un’ampia serie di interventi di micro e macro-trasformazione che, insieme ai piani di recupero, agli studi di riqualificazione e all’attuazione del Progetto Mura, contribuiranno all’assetto attuale del centro storico di Ferrara.

Progetto preliminare di piano regolatore, 1987 (Studio) Per far fronte alle trasformazioni socioeconomiche della società nell’ultimo periodo, l’Amministrazione cercò di tracciare le linee politiche delle scelte future: contrarre l’espansione edilizia sovradimensionata, promuovere settori quali il terziario, commerciale e dei servizi valorizzando le risorse locali (università, posizione strategica, patrimonio storico e naturale).

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


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L’Amministrazione incaricò Carlo Melograni ed altri architetti di redigere il nuovo piano urbanistico. La novità di questo piano sta nell’aver suddiviso il tessuto urbano in 4 macroaree (ambiti), così facendo fu possibile capire quali erano le aree strategiche per lo sviluppo dell’assetto urbano e quelle su cui era più urgente intervenire: a nord il parco urbano, a ovest l’area industriale e le grandi arterie di circolazione, a sud l’espansione residenziale di via Bologna, a est gli insediamenti discontinui tra città e campagna. Un sistema infrastrutturale a forma di U li avrebbe poi connesso fra loro. I quartieri orientali saranno quelli più soggetti a cambiamenti, legati soprattutto alla costruzione di nuove residenze. Infine, una grande fascia verde avrebbe collegato tra loro rinforzandoli i centri minori di Pontegradella, Aguscello e Malborghetto con il parco urbano, migliorando i rapporti tra insediamenti e vuoti della periferia. Questo piano agì per interventi strategici flessibili.

Piano regolatore generale, 1995 (Approvato) La stesura del piano sarà anticipata dalla consultazione di enti pubblici e privati, secondo i criteri moderni della progettazione partecipata. Da queste riunioni si riscontrerà come Ferrara abbia un futuro legato alla riqualificazione e alla valorizzazione delle risorse già presenti sul territorio più che ad un’espansione di un singolo settore. In seguito ad alcuni cambiamenti nel gruppo di lavoro, l’approccio muterà, storia e natura diventeranno i pilastri su cui verranno pensate le strategie. A sud sarà prevista la realizzazione di un nuovo parco urbano, a ovest si punterà sulla valorizzazione dei tracciati e dei canali del territorio, mentre ad est l’espansione edilizia verrà ulteriormente limitata entro i limiti dei centri minori, dando parecchia importanza alla conservazione dei tratti agricoli tra i centri e le mura. A livello infrastrutturale sarà mantenuta la forma a U. Infine, sarà previsto in futuro lo spostamento dell’area ospedaliera nella sede di Cona.

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


I PRU, 1998 Verso la fine degli anni 90, con la nuova legge 19/98, la Regione EmiliaRomagna introduce i PRU (Programmi di Riqualificazione Urbana) precedentemente approvati dalla legge 179 del 1992 (Franz, 2010, 2126). Il PRU è uno strumento urbanistico attuativo ad iniziativa pubblica o privata, in grado di “sanare” i quartieri a più forte disagio abitativo o in condizioni di degrado e di abbandono edilizio e sociale. Essi nascono con l’obiettivo di consentire alle amministrazioni comunali di riqualificare alcune parti del tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale, mediante la tutela e la valorizzazione del sistema delle aree verdi e dei suoli non ancora edificati, la salvaguardia dell’identità culturale del centro storico, la trasformazione delle aree industriali dismesse, la riorganizzazione del sistema dei trasporti, il miglioramento della qualità degli spazi pubblici e delle relazioni all’interno dei quartieri. I sei ambiti principali individuati a Ferrara furono i seguenti: - Le Mura. La cinta muraria e le aree verdi che la circondano. - Il Po di Volano. L’ambito è compreso tra il Po di Volano e le mura a sud della città, considerando le aree industriali e infrastrutturali dismesse, come l’ex mercato ortofrutticolo, l’ex carcere e i terminali di trasporto pubblico (stradali, ferroviari e fluviali). - San Rocco. L’ambito comprende le aree dell’ex Caserma Pozzuolo del Friuli e il complesso della Cittadella San Rocco, svuotatasi in parte delle sue funzioni. - Via Bologna. L’ambito è compreso tra le linee ferroviarie di FerraraCodigoro e Ferrara-Rimini, caratterizzate da un alto degrado edilizio e funzionale. - Zona industriale Boicelli. L’ambito riguarda l’area attorno alla biforcazione dei canali Boicelli e Burana, caratterizzata dalla presenza di diverse aree industriali dismesse come l’ex distilleria Turchi e Solvay.

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Contini elabora il Piano Regolatore della città e dei sobborghi. Non si ragiona più per punti ma per parti.

Vengono approvati i Piani di Ricostruzione e di recupero del patrimonio edilizio.

Seconda Guerra Mondiale

Il PRG delinea l’assetto dei quartieri esterni. Viene realizzata una nuova arteria di circonvallazione.

Nasce l’associazione Italia Nostra

Vengono introdotti i PEEP

- Zona Barco. Ambito è situato a nord del centro storico. Comprende alcune aree localizzate tra le pertinenze del polo petrolchimico e i quartieri residenziali del quartiere Barco.

I piani comunali: il PSC, il POC e il RUE, 2009 Con la Legge Regionale 20/20 la Regione Emilia-Romagna introduce il Piano Strutturale Comunale (PSC), un nuovo strumento che andrà a sostituire il precedente Piano regolatore generale. Rispetto ai precedenti PRG, il PSC non determina l’edificabilità dei suoli, ma ha invece il compito di dare indirizzi per la futura gestione del territorio, prendendo in considerazione, tra le altre cose, la valorizzazione delle risorse esistenti e il loro sviluppo economico e sociale. Le linee guida del piano saranno concretamente realizzate mediante altri due nuovi strumenti urbanistici: il POC, che disciplina fisicamente gli interventi del PSC, e il RUE, che disciplina invece le tipologie delle trasformazioni e delle destinazioni d’uso. Secondo il piano (entrato in vigore il 3 giugno 2009) Ferrara dovrebbe ricercare qualità nell’esistente puntando a rafforzare e intensificare le relazioni fra le parti. La città esistente dovrebbe valorizzare la qualità 106

4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE

Vengono nuovi PEE urbano.


sfruttate le potenzialità dei EP e viene istituito il parco

Storia e natura diventano i cardini del nuovo PRG. Il territorio viene suddiviso in 4 ambiti omogenei.

Viene introdotto l’Equo Canone

Vengono attuati i PRU in varie zone della città. Il polo ospedaliero viene trasferito a Cona

Obbligo di redigere i Piani Paesaggistici

Vengono introdotti il PSC, POC e RUE

Mura Fiume Tessuto urbano Parco urbano Riqualificazione Ferrovia Circonvallazione

diffusa, puntando sulla sommatoria di tanti (ridotti) interventi che, adeguatamente coordinati fra loro, possano essere indirizzati verso un progetto strutturale e di lungo periodo. Le questioni strategiche da affrontare riguardano le politiche per la casa, il sistema ambientale, il sistema idraulico, il ruolo del centro storico e la presenza dell’università. La trasformazione di Ferrara prende quindi le mosse dall’esistente riqualificandolo e compattandolo. Il tema verrà trattato nel dettaglio nel capitolo successivo.

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L’introduzione dei nuovi piani comunali ad inizio secolo impose alla città di ripensare i propri obbiettivi strategici in un’ottica di un più ampio e variegato sviluppo urbano sostenibile. In seguito a queste ragioni, nel 2009 venne pubblicato un nuovo piano, il PSC, a sostituire il precedente. Come anticipato dal capitolo precedente, questo nuovo strumento presenta una natura generale e strategica, non definisce l’esatta ubicazione e quantità dei servizi e delle infrastrutture ipotizzate ma si concentra invece sulle idee, sui principi, sugli indirizzi per la futura gestione del territorio. Un aspetto fondamentale per la definizione del piano è stata la partecipazione attiva della società locale, in particolare attraverso il forum di Agenda 21 locale. L’esperienza degli Urban Center (uno per ogni profilo strategico) si è rivelata inoltre uno strumento fondamentale per comunicare e discutere gli obbiettivi con la popolazione. È possibile analizzare il contesto ferrarese associando a esso due immagini fra loro complementari. - Ferrara piccola capitale. Il territorio ferrarese appare caratterizzato da una netta distinzione dialettica città/campagna. La città principale si configura come centro di un più ampio sistema urbano caratterizzato dai centri minori, strettamente legati ai servizi urbani della città, presentando chiare gerarchie urbane. - Ferrara città in rete. La città è inserita in una pluralità di relazioni che coprono ambiti vasti, specifici e differenziati. Emerge così per Ferrara il ruolo di città “media”, che deve ricercare qualità nell’esistente puntando a rafforzare e intensificare le relazioni tra le parti. Il PSC sostiene e veicola l’idea secondo cui si debba puntare sulla qualità diffusa, sulla sommatoria di tanti (ridotti) interventi che, adeguatamente

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


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coordinati tra loro, possano essere indirizzati verso un progetto strutturale e di lungo periodo. Seguendo questa prospettiva, il piano si articola individuando tre diversi indirizzi progettuali strategici. - Lavorare sulla città esistente, riqualificandola e compattandola sulla base delle nuove tendenze, operando tra le pieghe della città. È soprattutto sulle reti e sulle connessioni che dobbiamo intervenire aumentando il livello di urbanità e biodiversità sociale. - Espandere il centro. Uno degli obbiettivi del piano è provare a riconnettere ciò che lo sviluppo dei decenni passati ha consegnato spesso in maniera frammentata, esportando esternamente la vitalità e ricchezza di opportunità che caratterizza oggi il centro antico. - Stabilire reti e connessioni. La forma eterogenea della città insieme alla frammentazione di funzioni suggerisce l’idea di lavorare sulla riconnessione dei segmenti di rete (reti sociali, infrastrutturali, verdi ed economiche) e dei frammenti urbani. Essi possono diventare luoghi urbani caratterizzanti l’immagine della città. Il piano agisce seguendo due livelli progettuali differenti, i “contenuti del piano”: i sistemi e gli ambiti. I sistemi descrivono una visione, fissano le prestazioni di carattere generale che il progetto vuole perseguire. Evocano possibili modi d’uso. Gli ambiti, invece, stabiliscono specifici obbiettivi di dimensionamento e di dotazione di servizi per le diverse parti di territorio riconosciute come autonome dal punto di vista del funzionamento. Il piano riconosce inoltre, un ruolo strategico alle seguenti questioni: le modalità dell’abitare e le politiche per la casa, il sistema ambientale ed in particolare la città verde, il sistema idraulico e l’acqua come risorsa per la collettività, il ruolo e la funzione che assume il centro storico e la presenza dell’università a Ferrara. Il piano individua quattro sistemi articolati a loro volta in numerosi subsistemi.

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


3 LINEE STRATEGICHE LAVORARE SULL’ESISTENTE

RICERCARE LA QUALITÀ DIFFUSA

STABILIRE RETI E CONNESSIONI

5 QUESTIONI STRATEGICHE LA CASA E L’ABITARE

LA CITTÀ VERDE

IL CENTRO L’UNIVERSITÀ STORICO

4 SISTEMI

IL SISTEMA IDRAULICO

5 AMBITI

2 1

4

3 5

1 Centro storico Sistema ambientale

2 Area ovest

Sistema della produzione

3 Via Bologna

Sistema dell’abitare

4 Centri del forese

Sistema della mobilità

5 Polo di Cona

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- Il sistema ambientale e delle dotazioni collettive. La questione ambientale è sempre stata centrale nella gestione del territorio ferrarese. In quest’ottica esso deve assumere il ruolo di infrastruttura (rete ecologica di connessione), di città alternativa (grande parco opposto al disegno della città) e quello di risorsa e riserva (elemento fondamentale per garantire il corretto equilibrio idraulico del territorio). I temi affrontati in questo punto sono le connessioni geografiche strutturali, le aree agricole del forese, le aree agricole di cintura, l’ambito del parco Bassani, le aree di mitigazione e compensazione ambientale, le aree della città verde e le aree per le attrezzature collettive. Tutti questi temi possono essere raccolti all’interno del più generale obbiettivo di realizzare la “città verde”. - Il sistema insediativo dell’abitare. Nonostante “dentro” e “fuori” le mura rappresentino oggi ambiti molto differenti, sono la frammistione e l’eterogeneità di usi e spazi e i modi di circolare a caratterizzare la struttura del territorio e, in parte, della società. I principali obbiettivi di questo sistema sono: favorire la qualità degli spazi urbani attraverso la riqualificazione delle aree esistenti degradate e l’insediamento di nuovi tessuti edilizi a completamento di quelli esistenti, garantire un corretto dimensionamento e funzionamento della rete dei servizi collettivi, favorire la mixitè di funzioni. I temi trattati riguardano i nuclei storici, gli insediamenti contemporanei, le nuove centralità, gli insediamenti di prima corona e i nuclei del forese. - Il sistema delle infrastrutture per la mobilità. I principali temi affrontati sono quello dell’automobile, della ferrovia e della mobilità ciclabile come alternativa alla circolazione, quello dei luoghi dell’intermodalità e quello delle infrastrutture fluviali. Si vuole puntare alla gerarchizzazione e alla specializzazione delle reti delle infrastrutture di mobilità oltre che favorire le connessioni tre le vie principali di comunicazione e le strade di accesso e penetrazione, separare la mobilità pesante da quella leggera che attraversa la città, rendere maggiormente riconoscibili i diversi tipi di strada.

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


LA RETE DEI SERVIZI URBANI (Luoghi e azioni del PSC) LEGENDA Mura Tessuto urbano Servizi urbani esistenti Servizi urbani di progetto Servizi territoriali esistenti Servizi territoriali di progetto Territorio urbanizzabile

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- Il sistema insediativo della produzione. Oggi il sistema produttivo ferrarese è caratterizzato dalla presenza articolata e omogenea della piccola e media impresa, in aggiunta all’ipotesi di ristrutturazione della grande impresa del petrolchimico. I temi affrontati in questo paragrafo sono quello della città dell’automobile, quello del condominio della chimica, quello del distretto della frutta e dell’agroalimentare, quello della piccola media impresa, quello dei grandi servizi tecnici e quello del polo estrattivo. Gli obbiettivi da perseguire devono essere: favorire il collegamento tra le aree produttive con la viabilità territoriale e i principali nodi di interscambio merci, garantire un’adeguata presenza di infrastrutture e servizi, favorire i collegamenti con le altre parti della città, garantire una adeguato trattamento degli spazi aperti ad uso pubblico, sostenere il corretto funzionamento idraulico e ambientale del territorio. Più approfondite riflessioni progettuali sono invece contenute nelle schede degli ambiti, il cui piano ne individua cinque. - Centro storico, un centro policentrico. Obbiettivo del PSC è forzare il passaggio da “centro con un unico centro” a “centro policentrico” in cui una pluralità di aree e edifici di rilievo concorrono ad articolare l’intera parte interna alle mura. Nell’ottica di ampliare l’articolazione dei modi d’uso e degli assetti spaziali del centro, si colloca anche l’opportunità di recuperare il complesso ospedaliero dell’ex Sant’Anna e la Caserma Pozzuolo del Friuli, caratterizzandoli con attività espositive. Per perseguire l’obbiettivo di interconnettere le nuove centralità risulta allora necessario recuperare e valorizzare percorsi e passaggi pedonali attualmente celati non disponibili all’attraversamento pubblico e riorganizzare la circolazione automobilistica, l’accessibilità al centro e gli spazi per la sosta. Un’ulteriore opportunità è quella di trasformare le aree che si affacciano lungo il Po di Volano, in strutture sportivo-ricreative. - Polo di Cona. La nuova collocazione dell’ospedale (avvenuta nel 2012) genera nuove opportunità per le aree contigue. 114

4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


LA RETE DEL VERDE E DELLA MOBILITÀ ALTERNATIVA (Luoghi e azioni del PSC) LEGENDA Nodo ecologico esistente Nodo ecologico di progetto Area di appoggio Punti di conflitto

LEGENDA Zona traffico limitato Ciclabili esistenti Ciclabili di progetto Metropolitana

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Il suo insediamento sarà accompagnato dalla realizzazione della metropolitana leggera lungo la linea ferroviaria Ferrara-Codigoro. La metropolitana insieme alle frazioni di Cocomaro e Cona rappresentano una parte dell’asse est-ovest individuato come principale ambito di espansione della città. - Via Bologna. L’area presenta un tessuto urbano eterogeneo caratterizzato da edifici dismessi a tessuti ripetitivi da riqualificare. Questi caratteri si possono configurare come elemento qualificante attraverso la definizione di connessioni e progetti delle aree pubbliche. Si tratta di connettere i grandi oggetti, come l’ippodromo, le linee ferroviarie, il parco sud, con il più ampio sistema del parco nord. Altri possibili interventi riguardano l’interramento delle linee ferroviarie, la realizzazione di percorsi verdi est-ovest, la definizione di una nuova area per una vasca di espansione, il riuso dell’area pubblica dell’ex Foro Boario e dello scalo ferroviario e l’ampliamento del comparto residenziale militare. Per ultimo, è prevista la definizione del parco sud, caratterizzato fasce boscate e strutture ricreative. - Area ovest. L’obbiettivo principale deve essere stabilire una più forte relazione tra le diverse parti urbane, composte da aree industriali, terreni dismessi, ambiti residenziali e da un’altrettanta varietà di infrastrutture: canali, ferrovie, strade, corridoi ecologici. L’area compresa tra via Modena e le vie d’acqua potrebbe essere dotata di una fascia di compensazione per nascondere gli inceneritori dell’impianto chimico. La chiusura dello scalo merci e la previsione di un nuovo collegamento ferroviario per l’industria petrolchimica consentono di ridisegnare le aree attualmente interessate da tali infrastrutture, rafforzando il carattere residenziale di questo territorio e ridisegnando i bordi e i luoghi di relazione. Un ruolo analogo è affidato agli spazi verdi nella parte settentrionale dell’ambito. Qui verranno realizzati nuovi percorsi ciclopedonali di collegamento tra centro storico, quartiere Barco e parco urbano.

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


Infine, sarà migliorata l’accessibilità al quartiere grazie alla presenza di tre nuove fermate metropolitane. - Centri del forese. I centri del forese formano tra loro complessi organismi articolati. In quest’ottica, si vuole rendere maggiormente coese queste strutture, in particolar modo per quanto riguarda le dotazioni e la fruizione dei servizi. Da un lato si vogliono realizzare nuovi edifici di modesta identità, dall’altro potenziare i collegamenti ciclopedonali tra i centri e gli spazi aperti lungo i corsi d’acqua.

Nel capitolo che segue verranno analizzati tre piani o progetti inerenti a tre differenti indirizzi progettuali in modo da fornire un quadro più ampio sulle possibilità di sviluppo del territorio: il PUMS, riguardante il tema della mobilità, il PUV, riguardante il tema della valorizzazione degli edifici dismessi, e il progetto PERFECT, riguardante le infrastrutture verdi. Questi tre piani affrontano in maniera dettagliata alcune questioni precedentemente trattate dal PSC, consentendoci di capire, attraverso esempi pratici, verso che direzione siano puntati gli sforzi progettuali futuri. Essi agiscono parallelamente e in accordo con il PSC vigente.

Il PUMS Il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) è un piano strategico che orienta la mobilità in senso sostenibile, ponendosi un orizzonte temporale di medio-lungo periodo (10 - 30 anni). Il piano, entrato in vigore nel 2019, segue un approccio partecipativo, coinvolgendo cittadini e altri possessori di interesse. Esso si configura come uno strumento innovativo: non vede il traffico come elemento critico su cui operare ma valuta invece le esigenze di spostamento delle persone e della relativa offerta di spostamento sostenibile, sfruttando appieno le caratteristiche della città. La creazione di questo nuovo sistema di mobilità urbana persegue i seguenti obbiettivi:

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- Garantire a tutti i cittadini opzioni di trasporto che permettano loro di accedere alle destinazioni e ai servizi chiave, potenziando le reti di trasporto ciclabile, pedonale, turistiche, di trasporto pubblico e di sosta. - Migliorare le condizioni di sicurezza, osservando i piani sulla sicurezza stradale per individuare quelli che vengono chiamati “punti neri”. Questo obbiettivo è raggiungibile gerarchizzando i diversi sistemi di trasporto, diffondendo la cultura sulla sicurezza della mobilità e della mobilità sostenibile e decongestionando gli spazi del traffico privato. - Ridurre l’inquinamento atmosferico ed acustico, le emissioni di gas serra e i consumi energetici, attraverso l’incentivazione della mobilità dolce e dei servizi complementari, promuovendo l’eco-driving e rinnovando il parco autobus a basso impatto ambientale. - Migliorare l’efficienza e l’economicità dei trasporti di persone e merci, riqualificando il parco auto e usando metodi di sharing per lo spostamento. - Contribuire a migliorare l’attrattività del territorio e la qualità dell’ambiente urbano e della città in generale a beneficio dei cittadini, dell’economia e della società nel suo insieme. In questo il miglioramento dell’accessibilità e la realizzazione di itinerari di interesse culturale ed ambientale giocano un ruolo strategico. Tra i principali interventi proposti, il piano amplia sia le aree pedonali all’interno del centro storico sia la rete di percorsi ciclopedonali, riconnettendo quelle parti che oggi risultano frammentate. Vengono realizzati nuovi parcheggi turistici e d’interscambio al confine della città storica per decongestionare parte del traffico cittadino. Per lo stesso motivo, l’intero centro storico diventerebbe una zona a traffico limitato. A livello stradale, il piano mira a riqualificare alcune delle principali vie di comunicazione (come via Riccardo Bacchelli). Infine, viene potenziata la rete elettrica di colonnine di ricarica, posizionandole nelle zone più strategiche.

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


IL PUMS 2019 (Scenario di lungo periodo, 2030) LEGENDA Aree pedonali esistenti Aree pedonali di progetto ZTL di progetto Servizi di bike sharing Parcheggi di progetto Percorsi ciclabili esistenti Percorsi ciclabili di progetto

AREE PEDONALI

4,3 ha + 360%

AREE ZTL

449 ha + 355%

DOTAZIONE PISTE CICLABILI

MOBILITÀ CICLABILE

1,76 mq/ab + 27%

30% + 6%

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Il PUV di Ferrara Il Programma Unitario di Valorizzazione, sancito il 7 giugno 2007, costituisce un’opportunità per la città e il territorio di riorganizzare e ottimizzare l’utilizzo degli edifici “oggi immobili” rendendoli strategici. Gli studi avviati tra Enti locali e nazionali, in gran parte ancora in corso, riguardano ex scuole, caserme, conventi, case del popolo ecc., per un totale di circa 30 immobili pubblici inseriti nel programma. Tra questi ci sono l’ex Caserma Pozzuolo del Friuli, una porzione dell’aeroporto di Ferrara e il Mercato Ortofrutticolo. Obbiettivo del PUV è quello di gestire gli interventi di valorizzazione, garantendo omogeneità e coerenza al progetto di riqualificazione urbana ferrarese. Con questo piano è possibile ridare vita a interi quartieri all’interno della maglia storica urbana, creando nuove sinergie tra le varie funzioni.

Il progetto PERFECT Il comune di Ferrara partecipa al progetto PERFECT (Planning for Environment and Resource eFficiency in European Cities and Towns) elaborato a partire dal 2017 ma approvato dal Comune il 26 novembre 2019. Esso fa parte della lista di tanti progetti che hanno potuto beneficiare dei fondi europei 2014/2020, destinati alla realizzazione di progetti che mirino allo sviluppo economico della città in termini di occupazione, innovazione, istruzione, inclusione sociale e climaticoenergetici. Il progetto si propone di dimostrare come i diversi usi delle infrastrutture verdi possano fornire vantaggi sociali, economici ed ambientali. Gli obbiettivi da perseguire sono: diffondere la consapevolezza del valore delle infrastrutture verdi per il lavoro e la crescita tra un pubblico più ampio, identificare buone pratiche replicabili, migliorare gli investimenti e l’azione amministrativa, contribuire a rendere i luoghi più sostenibili da un punto di vista economico, sociale ed ambientale. All’interno della maglia urbana ferrarese sono state identificate 7 diverse aree studio per un totale di 140 ettari di terreno. Per ognuna di esse è

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


stata individuata un’apposita strategia d’azione scaturita da un’attenta analisi del territorio. - Via Padova tra Barco e Pontelagoscuro. Potenziare l’infrastruttura verde lineare lungo via Padova, soprattutto a Pontelagoscuro (cintura verde a protezione dell’abitato), e potenziare la rete di aree verdi all’interno del quartiere. - Tra il quartiere Giardino, il grattacielo e la darsena. Valorizzare il parco delle mura soprattutto in termini di accessibilità e ricucitura dei percorsi. Potenziare la resilienza del quartiere. - I cunei agricoli di Borgo Punta tra le mura e il canale consortile (due aree). Potenziare l’infrastruttura verde a cintura dell’abitato di Borgo Punta. Creare connessioni ciclopedonali e realizzare orti e giardini per la produzione di cibo nei cunei agricoli. - Tra via Bologna e le mura, il fiume e la Rivana. Mettere in rete gli spazi verdi del quartiere attraverso assi alberati e ombreggiati. Creare aree di forestazione ad elevata fruizione. - Via Comacchio tra il fiume e la ferrovia. Completare e potenziare la fascia verde di mitigazione lungo la ferrovia e realizzare un circuito verde attrezzato. - Centro storico. Pianificare oasi di ombra e fresco negli spazi pubblici per il benessere delle persone e l’attrattività del centro storico. Il progetto consiste in uno scambio di buone pratiche, di esperienze, di metodi a livello europeo che dovranno essere poi resi esecutivi in seguito all’elaborazione del Piano Urbanistico Generale attualmente in fase di discussione. Il piano, di durata quinquennale, è entrato nel 2020 nella sua seconda fase, di monitoraggio, il cui termine è previsto per la fine del 2021.

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La visione di sviluppo voluta dall’Università si esplica chiaramente attraverso lo slogan già utilizzato di “Ferrara città universitaria”. In questo senso l’ateneo cerca di creare una forte integrazione fra le diverse iniziative e le diverse istituzioni (città, enti locali, aziende ecc.) incardinandole al piano strategico urbanistico e favorendo le sinergie per la crescita e lo sviluppo di entrambe. Da questo punto di vista, i progetti generali di qualità degli spazi urbani, l’idea di una “città verde”, le connessioni delle reti ciclabili e pedonali, la valorizzazione di alcune parti del centro storico esposte dal PSC, sono sia coerenti che utili allo sviluppo di questa città in termini universitari. L’obbiettivo dell’organismo città-università e quello di creare e gestire una città universitaria incentrata sull’integrazione delle diverse piattaforme che la compongono: scientifico-tecnologica e dell’accoglienza e dei servizi. Della prima fanno parte: il Polo del Patrimonio Culturale, il Polo Chimico Biomedico, il Polo Scientifico e Tecnologico, il Polo Agroindustriale e Ambientale, il Polo Scienze della Vita e il Polo Sportivo. Questi sono locati in parte dentro e fuori le mura e si integrano con le due piattaforme proprie di “Ferrara città della cultura e della conoscenza”. Di seguito verranno brevemente dettagliati i singoli poli, evidenziandone l’attuale conformazione e il loro rapporto con il tessuto urbano. - Il Polo del Patrimonio Culturale. Locato all’interno del centro storico, comprende i Dipartimenti di Architettura, Economia e Management, Giurisprudenza, Studi Umanistici e dell’ex Rettorato. È organizzato secondo tre assi universitari: asse Voltapaletto-Savonarola-Cisterna del Follo, asse via delle Scienze, via della Ghiara, via Quartieri, asse del “quadrivio rossettiano”.

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


FERRARA, CITTÀ UNIVERSITARIA (Piano di sviluppo Unife, 2014)

Polo Scienze della Vita - Cona Polo Agroindustriale - Malborghetto

LEGENDA

Polo Scientifico Tecnologico

Mura

Polo Sportivo

Polo universitario

Polo Chimico Biomedico

Tessuto urbano

Polo del Patrimonio Culturale

Edifici universitari

Accoglienza e servizi

Assi universitari

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- Il Polo Chimico Biomedico. È costituito dalla Facoltà di Medicina, Farmacia e Prevenzione, contenente diversi dipartimenti. Si sviluppa lungo gli assi di via Bovelli, via Fossato di Mortara e via Mortara. Comprende anche le attività del Dipartimento di Matematica e Scienze della Vita. - Il Polo Scientifico Tecnologico. È caratterizzato dalle Facoltà di Ingegneria, Scienze della Terra, Fisica e Informatica-Matematica. È locato nell’area dell’ex zuccherificio Eridania appena fuori le mura. - Il Polo Agroindustriale e Ambientale. Si trova a Malborghetto di Boara e comprende il Centro di Ateneo AgriUnife e il Parco agroindustriale. Si aggiunge a esso il nuovo Dipartimento di Agraria in via Mortara. - Il Polo Ospedaliero. Il nuovo polo si colloca a Cona e ospita le attività integrate assistenziali, didattiche, di ricerca clinica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria. - Il Polo Sportivo. Comprende l’area del Centro Universitario Sportivo (CUS) posta in continuità con il parco urbano e altre strutture puntuali sul territorio urbano. Scendendo di gerarchia, il secondo piano che gestisce lo sviluppo futuro dell’Università è il Piano di Mandato (approvato e gestito dal Magnifico Rettore) avente cadenza settennale (2015-2021). Il progetto complessivo poggia su tre Capisaldi: mantenere e rafforzare lo status di Università di formazione e di ricerca, valorizzare le risorse interne, motivando, consolidando e accrescendo le competenze e semplificare le procedure amministrative. A cascata, si ritrovano 12 Visioni, ossia le proiezioni di sviluppo che l’Università si prospetta per il futuro. Ad ogni Visione corrispondono diversi obbiettivi (58) raccolti all’interno di quelle che vengono definite Missioni, ovvero categorie di intervento. Esse hanno una natura dinamica in quanto si rifanno ad un Programma Strategico triennale (2020-2022). È chiaro ed evidente come elencare tutti questi obbiettivi, differenti per categoria ed interazione con le dinamiche della città, non serva a nulla. 124

4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


L’INTERAZIONE UNIVERSITÀ E TERRITORIO: I POLI Principali caratteristiche dei poli universitari

Polo Scientifico Tecnologico

Polo Chimico Biomedico

Informatica

Scienze Mediche

Fisica

Scienze della Vita e Biotecnologie

Scienze della Terra

Med. Traslazionale per la Romagna

Ingegneria

Neuroscienze e Riabilitazione Sc. Chimiche e Farmaceutiche

Polo del Patrimonio Culturale

Gli altri poli

Economia e Management

Accoglienza e servizi

Giurisprudenza

Centro Universitario Sportivo

Matematica

Professioni Sanitarie

Studi Umanistici

Scienze della Vita

Architettura

Tecnologie Agrarie

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Ci sembra più opportuno invece elencare gli obbiettivi più strettamente correlati a progetti “fisici”, in grado di modificare la struttura universitaria e cittadina, come gli interventi diretti sul patrimonio culturale e sociale dell’Università. Questi si possono suddividere, a mio parere, in tre macrocategorie: gli spazi per la didattica, il miglioramento delle strutture universitarie e lo sviluppo delle attività culturali complementari agli insegnamenti. - Nuovi spazi per la didattica. Questo tema raccoglie tra gli obbiettivi quello di realizzare nuovi servizi studenteschi (come studentati), costruire aule, sale studio e laboratori (come le nuove aule del Dipartimento di Matematica e del Polo Ospedaliero), oltre che nuovi spazi per la ricerca, fondamentali per attrarre investimenti dall’esterno. - Miglioramento delle strutture. Gli interventi riguardano la realizzazione di strutture polifunzionali, in grado di assolvere a numerose esigenze come esposizioni, conferenze e studi (la riqualificazione dei vecchi istituti biologici va in questa direzione), e il restauro degli edifici storici (come la vecchia sede del rettorato in via Savonarola), rinnovandoli e recuperando quelli danneggiati dal sisma del 2012. Per ultimo, migliorare la segnaletica di ateneo e l’accessibilità alle strutture. - Lo sviluppo delle attività culturali. Direttamente collegate agli interventi precedenti, l’obbiettivo si prefigge di valorizzare e migliorare l’attività espositiva, come quella museale, creando sinergie con il territorio, enti ed istituzioni locali, nazionali ed internazionali. Migliorare la qualità dei servizi bibliotecari di ateneo e mettere in sinergia i laboratori e le grandi attrezzature universitarie. È quindi sul patrimonio esistente su cui l’ateneo deve intervenire principalmente, valorizzando questo policentrismo che lo caratterizza. I dipartimenti costituiscono la vera ricchezza del nostro ateneo, si configurano come tante piccole realtà dai caratteri e dalle interazioni differenti. L’interazione con il territorio costituisce l’elemento chiave dello sviluppo strategico futuro dell’Università di Ferrara.

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


IL FUTURO DELL’UNIVERSITÀ (Piano strategico Unife, 2020 - 2022) UNIFE

CAPISALDI

SINERGIE

VISIONI

MISSIONI

COMUNE

OBBIETTIVI

INTERVENTI SUL PATRIMONIO

NUOVI SPAZI PER LA DIDATTICA

MIGLIORAMENTO DELLE STRUTTURE

Servizi per studenti Aule e laboratori Spazi per la ricerca

Strutture polifunzionali Restauro edifici storici Segnaletica ateneo

SVILUPPO ATTIVITÀ CULTURALI

Attività espositiva Servizi bibliotecari

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La città è oggi impegnata nella definizione di numerosi progetti, sia a corto che a lungo termine, sfruttando i diversi finanziamenti provenienti in gran parte dalla Regione e operando secondo le linee guida imposte dal PSC. Questi progetti, considerati strategici per lo sviluppo della città, sono incentrati principalmente sul recupero di aree industriali e commerciali dismesse, su nodi infrastrutturali, su quartieri non ben integrati all’interno del tessuto urbano. L’amministrazione punta a riappropriarsi di questi spazi, per la maggior parte esterni alla città storica, valorizzando le caratteristiche di queste parti di città. Alcuni di questi interventi verranno analizzati nel dettaglio di seguito.

Il complesso, noto come “Palazzo degli Specchi”, sorse come Centro Polifunzionale (negozi, uffici, alberghi, parcheggi e impianti sportivi) nell’immediata periferia verso la fine degli anni ‘80. Il complesso, costato all’epoca 120 miliardi di lire, occupava un’area di circa 75000 mq e presentava una superficie edificata di circa 70000 mq. Moderno nel contesto in cui si inseriva all’epoca, una volta completato non fu mai utilizzato. A costruzione ultimata, il progetto fu sottoposto a sequestro giudiziario e venne abbandonato versando in condizioni di degrado fino ad oggi. Attraverso un Piano di Recupero, approvato nel 2011, e alla collaborazione di numerosi enti, tra cui ACER Ferrara, l’intero quartiere su cui sorgeva divenne oggetto di riqualificazione. Il nuovo complesso, chiamato Corti di Medoro, andrà ad ospitare edilizia residenziale sociale, commerciale e direzionale (Urbanpromo, 2020). I lavori di rigenerazione cominciarono il giugno del 2017 e sono tutt’ora in corso e in una fase conclusiva. Esso si configura come uno dei più significativi interventi di rigenerazione urbana a livello nazionale.

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


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La qualità del costruito e l’efficienza energetica sono le linee guida del nuovo complesso residenziale di housing sociale, dotato di ampi spazi comuni e un parco attrezzato con aree relax, zone fitness e giochi per i più piccoli. Il mix abitativo prevede di destinare l’intero intervento ad edilizia residenziale sociale convenzionata: 26000 mq di superficie commerciale, 155 posti letto in residenza per studenti più altri appartamenti generici per un totale di 260 alloggi. Le nuove cubature prevedono la realizzazione di 12000 mq di parco pubblico, 7000 mq di attrezzature di interesse comune, 4000 mq di parcheggi pubblici e 2900 mq per la nuova sede municipale e la nuova biblioteca comunale. L’intero complesso si configura come un quartiere verde dotato di ampi spazi pubblici e servizi collettivi, definendo così una nuova idea di abitare, un luogo di vita condivisa e di ricca socialità.

Il progetto consiste in una serie di interventi di riqualificazione e valorizzazione dell’asta navigabile che collega Pontelagoscuro con Portogaribaldi (coinvolgendo 8 Comuni compresi nel territorio tra Ferrara e Comacchio per un totale di 70 km navigabili), trasformando così il territorio circostante in una vera e propria risorsa culturale, turistica ed economica (Regione Emilia-Romagna, 2015). Si tratta di un progetto promosso dalla Regione Emilia-Romagna, coordinato dalla Provincia di Ferrara, interessando varie aziende locali e finanziato con fondi statali. L’intero progetto, del valore complessivo di 145 milioni di euro, è stato suddiviso in 5 macrolotti di intervento: Lotto 1 Ferrara, lotto 2 ponti del copparese, lotto 3 Final di Rero/Tresigallo, lotto 4 Arni/Ostellato, lotto 5 Valle Lepri/Portogaribaldi. Il progetto rappresenta una straordinaria opportunità di crescita per tutte quelle attività turistiche e produttive connesse al corso del fiume, come la pesca, il trasporto fluviale e l’enogastronomia. Il principale obiettivo

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4. IL TEMA DELLA PIANIFICAZIONE


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dell’opera è quello di trasformare il canale navigabile sviluppando un’infrastruttura compatibile con l’ambiente e le attività economiche della città, conferendo un nuovo valore fluvio-marittimo ai comuni di Portogaribaldi e Comacchio e rendendo l’idrovia fruibile ai cittadini. Gli obbiettivi alla base del progetto riguardano la riduzione del traffico merci su strada incentivando la mobilità fluviale, l’adeguamento delle vie d’acqua alla navigazione di navi di classe V ridotta europea, la riduzione delle emissioni di gas inquinanti in atmosfera e dell’inquinamento acustico, promuovere la mobilità sostenibile lungo il percorso del fiume e l’intermodalità, realizzare un vero e proprio “Distretto mare” per lo sviluppo economico e commerciale del territorio attraverso una rete di filiere produttive, ricucire il legame storico tra uomo e acqua, potenziare il sistema di aree verdi e rinaturalizzate, creare aree di sosta e migliorare l’accessibilità. L’Unione Europea ha inserito il progetto tra i grandi progetti di interesse per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti. Per raggiungere questi obbiettivi sono previsti la riqualificazione e risanamento del canale Boicelli, riqualificazione delle sponde del Volano nel tratto cittadino, rifacimento di alcuni ponti lungo il percorso (come quello appena realizzato ad Ostellato), la realizzazione di una nuova darsena tra il Po di Volano e il canale Boicelli e la realizzazione di nuovi percorsi ciclopedonali e punti di approdo dei natanti. Il progetto è ora in fase realizzativa.

Lo spostamento delle funzioni ospedaliere nel nuovo polo di Cona ha portato il Comune di Ferrara a ragionare su come recuperare l’area dell’ex Arcispedale Sant’Anna. In particolare, qui potranno trovare sede nuove attività compatibili come le residue attività sanitarie, le sedi universitarie ma anche attività residenziali ed economiche. Sulla base di queste considerazioni, è stata costituita nel 2002 la “Commissione Lugli” con lo scopo di studiarne il problema.

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La commissione ha collaborato con il Comune di Ferrara, l’AUSL, l’Azienda Ospedaliera-Universitaria e l’Università di Ferrara definendo ipotesi di intervento e di gestione, studi che si sono protratti fino al 2008, quando si è definitivamente giunti ad una soluzione e ad un progetto di massima. La commissione profilò l’ipotesi di ricollocare tutte le attività sanitarie dislocate nella città all’interno dell’anello storico di corso Giovecca, con la creazione della “Cittadella della Salute”, per trasformarla in un punto di riferimento strategico per la città. In aggiunta, la commissione ripartì l’area in tre macroaree: zona gialla (l’anello ottagonale a destinazione sanitaria e sociale), la zona rossa (area da riprogettare destinata a residenza, commercio e terziario), zona viola (destinata all’ampliamento dell’Università). L’intero comparto dell’ex Arcispedale S. Anna fa parte del “Programma Speciale d’Area per la città di Ferrara”. L’ultima seduta dell’11 giugno 2008 portò alle seguenti considerazioni progettuali. Realizzare un’area universitaria connessa direttamente con gli istituti biologici, destinata ad attività quali convegni, sale per seminari e strutture per gli studenti (residenze, locali per lo studio e il tempo libero). Recuperare il chiostro all’incrocio tra via Mortara e corso Giovecca, dotandolo di negozi e strutture commerciali, uffici e residenze. Nella zona nordorientale, realizzare la “Cittadella del Commiato”, riqualificando e dotando l’area di funzioni di gestione per i vari enti (AUSL, AMSEFC, altre aziende ecc.). Inoltre, l’intervento prevedeva la realizzazione di parcheggi interrati con l’idea di rendere il quartiere car free. Attraverso questa operazione di ripulitura e riordino del tessuto urbano era così possibile recuperare il rapporto e le relazioni visive con le mura. Nel complesso, le cubature sarebbero rimaste pressoché invariate. La proposta della commissione si prefigurava come una “bozza”, conteneva indicazioni di massima che nel tempo sarebbero state presumibilmente oggetto di rivisitazione. Di fatto, la planimetria del

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progetto subì negli anni successivi alcune modifiche, seguendo gli esiti dell’urbanistica partecipata dell’Urban Center, ma gli obbiettivi di base rimasero gli stessi (Telestense, 2019). Purtroppo, il sisma del 2012 ho portato a rivederne gli obbiettivi e le opere vennero bloccate fino a quando, nel 2019, in seguito all’approvazione di un Piano Urbanistico Attuativo ripresero ufficialmente. Attualmente, gli unici lavori in corso d’opera sono quelli di restauro e di recupero del complesso dell’ex ospedale ed è cominciata la ricollocazione di alcuni dei principali presidi sanitari. Oltre a questo intervento, è stato indetto nel 2019 un concorso di idee per la progettazione del Commiato della Salute, progetto che si pone come obbiettivo quello di riqualificare l’area e valorizzare il sistema delle mura, prevedendo la realizzazione di un “villaggio della memoria” dotato di una camera mortuaria e spazi verdi. Le altre aree, progettate secondo linee guida di massima, sono oggi oggetto di lottizzazione e vendita.

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Il Piano di Recupero prende le mosse da un Masterplan predisposto nel 2008 discusso dalla città. Si tratta di una vasta zona ai margini del centro storico e delle mura (18 ettari), oggi fortemente degradata, costituita da quello che resta del vecchio Mercato Ortofrutticolo Ferrarese (MOF). L’area comprende un parcheggio pubblico, edifici fatiscenti, magazzini e una darsena fluviale da riqualificare. L’area della darsena è caratterizzata da attrezzature legate alla nautica e al canottaggio. La bassa qualità dell’acqua del bacino antistante, il sottoutilizzo dal punto di vista sportivo e ricreativo e la parziale privatizzazione nell’uso degli spazi concessi a soggetti privati hanno determinato condizioni di degrado e scoraggiano la fruizione pubblica del fiume. Per risolvere questi problemi, il progetto mira a rigenerare l’area realizzando un isolato polifunzionale ricco di aree verdi e di svago. Il progetto si propone di recuperare la cerchia delle vecchie mura, attraverso il completamento della cintura verde che ne accompagna il percorso. Contemporaneamente, è prevista la realizzazione di una rete di percorsi pedonali che affiancherebbero la maglia viaria locale attraversando le aree verdi. Un ponte pedonale dovrebbe poi connettere il museo ebraico con le mura scavalcandole. Per quanto riguarda la zona della darsena, il fronte sul Volano diventerebbe un centro sportivo e ricreativo per l’intera città con servizi e ormeggi per la navigazione da diporto, campi da gioco, una nuova spiaggia cittadina e attrezzature per il canottaggio. Per garantire la multifunzionalità dello spazio urbano verranno successivamente costruiti caffè, negozi, servizi per turisti ecc. Gli uffici pubblici (Comune e Provincia) troveranno posto prevalentemente tra la nuova piazza cittadina e la piazzetta antistante la palazzina ex Mof. Il precedente parcheggio a raso verrebbe poi sostituito da uno interrato su due livelli per consentire di rispondere alle esigenze indotte dalla collocazione futura di funzioni generatrici di traffico. Infine, via Darsena assumerebbe la forma di un Boulevard.

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Il piano, facente parte del Bando Periferie, secondo la nota rilasciata dall’assessore all’urbanistica Andrea Maggi il 23 settembre 2020 su CronacaComune, si trova oggi in una fase di rimodulazione. La nuova Amministrazione comunale punta a valorizzare maggiormente l’area in termini ambientali senza cementificarla, riducendo del 97% le cubature previste. Questa marcia indietro è provocata dall’emergenza sanitaria in corso che ha portato l’Amministrazione a rivedere alcuni degli obbiettivi di base del piano stesso. A sostegno del programma sono stati siglati protocolli d’intesa tra Comune di Ferrara e Agenzia del Demanio e tra Comune di Ferrara e Fondazione MEIS.

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Da questa prima analisi alla scala macroterritoriale, sono emersi alcuni dei caratteri e delle relazioni che contraddistinguono l’ambiente urbano (Fini & Salice, 2014). Sulla base di questi fattori, si è deciso di suddividere il tessuto cittadino in 7 ambiti, ognuno dei quali presentante caratteristiche proprie e diverse relazioni con la storia del luogo e la componente accademica (alcuni ambiti sono segnati dalla presenza dell’università, in altri non è presente), elemento portante della strategia progettuale adottata. Così facendo, l’idea alla base del lavoro di tesi, di creare un sistema universitario integrato nel tessuto urbano esistente può assumere declinazioni e dimensioni diverse a seconda delle caratteristiche dell’ambito in cui ci si trova ad operare: parco agricolo, parco didattico, parco naturalistico, parco tecnologico, parco scientifico, parco industriale ecc. Di seguito ogni ambito verrà brevemente descritto evidenziandone i suoi punti di forza, di debolezza e alcune considerazioni di carattere progettuale. Questo passaggio di scomposizione e rielaborazione risulta essere fondamentale per la comprensione del settore di intervento scelto e la conseguente definizione di una strategia progettuale corretta, adattata alla specifica realtà in cui è importata. L’obiettivo specificato nel titolo della tesi di progettare un parco universitario nasce dall’analisi di un determinato settore di intervento, quello orientale della città, scelto sulla base delle sue caratteristiche usate come pilastri portanti per l’intera strategia progettuale. L’approccio adottato può così essere replicato, con le giuste coniugazioni, in altre zone della città.

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AMBITI URBANI Ipotetiche aree di intervento LEGENDA Ambiti individuati Poli universitari

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L’ambito si colloca tra il canale Boicelli e le mura, fino a raggiungere Pontelagoscuro. In questo settore sono presenti ampi quartieri a destinazione residenziale, nati per ospitare gli operai, e diverse strutture produttive industriali in parte dismesse e in parte ancora operanti, tra cui l’impianto petrolchimico, che dovrebbero essere maggiormente valorizzate. La presenza di infrastrutture viarie di diverse tipologie segna marcatamente l’ambiente circostante, creando barriere fisiche e visive di difficile superamento. I quartieri residenziali si collocano tra la strada che conduce verso Padova a ovest e la linea ferroviaria Ferrara-Padova ad est e sono protetti dall’ambiente inquinato circostante da corridoi verdi di mitigazione ambientale. Dalla parte opposta della ferrovia sono presenti vuoti urbani, soprattutto incolti, in continuità con il parco agricolo. In questo comparto la componente naturale assume solamente un carattere di attenuazione, raramente viene utilizzata per la creazione di spazi fruibili e di socialità urbana. Sono diverse le proposte progettuali avanzate per migliorare le condizioni della zona: potenziare gli assi di mobilità ciclopedonale in direzione nord-sud ma anche est-ovest con zone di attraversamento per connettere il parco urbano con le residenze e l’industria, riqualificare il canale Boicelli e le sue sponde e rifunzionalizzare gli spazi verdi a contatto con la ferrovia e con gli assi stradali. In questo settore la presenza dell’Università è del tutto assente.

L’area in oggetto si trova nella zona meridionale nella città, a ovest di via Bologna. Il settore si può suddividere a metà in due aree distinte. A nord sono presenti principalmente quartieri residenziali ad elevata densità ma anche centralità urbane di grande importanza come il Polo Scientifico

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Tecnologico dell’Università, la Darsena City e lo scalo ferroviario di via Foro Boario. A sud invece si collocano quartieri di carattere residenziale in cui si innestano ampie zone commerciali e produttive, come il Ferrara Fiere Congressi (dove attualmente si trovano alcune aule del polo didattico di biotecnologie) e servizi commerciali all’ingrosso. Queste due zone sono separate dalla linea ferroviaria Ferrara-Codigoro parallela a via Foro Boario. L’eterogeneità del tessuto urbano costituisce la risorsa principale di questa zona ma anche la sua problematica, sono presenti diversi spazi vuoti di piccole dimensioni, soprattutto incolti, e poche zone verdi che consegnano un ambiente spezzettato. Questo è forse il settore che negli ultimi anni è stato maggiormente soggetto a trasformazioni urbane. Progettualmente potrebbero essere implementati più percorsi ciclopedonali, soprattutto di collegamento tra la zona fiere e la stazione, e riqualificati i vuoti urbani paralleli alla linea ferroviaria Ferrara-Padova e perpendicolari a via Bologna in direzione est-ovest. Il quartiere del Foro Boario e della Darsena City rappresentano due poli di grande interesse urbano ma oggi in parte sovradimensionati o dismessi che necessitano di essere valorizzati.

L’ambito è delimitato da via Bologna, il Po Morto di Primaro e la superstrada in direzione lidi a sud. La zona può essere idealmente suddivisa in tre fasce omogenee. A nord sono presenti principalmente quartieri con una funzione residenziale e vasti terreni incolti, resti di precedenti trasformazioni urbane, in gran parte inutilizzati. L’ippodromo comunale condiziona con la sua presenza l’evoluzione e la percezione dell’edificato circostante. Nella fascia centrale, attorno via Bologna e via Richard Wagner, si collocano diversi servizi commerciali e qualche edificio di carattere residenziale. La polarità principale di questa zona è il centro commerciale Il Castello, che al tempo stesso rende l’area molto trafficata.

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Invece, a sud sono presenti ampi terreni agricoli e un piccolo aeroporto, luogo in cui dovrebbe sorgere nei prossimi anni il Parco Agricolo Sud. Anche in queste zone non sono presenti strutture universitarie. Una delle problematiche più evidenti di questo settore è la ridotta presenza di spazi ricreativi, che si collocano principalmente attorno l’area del Rivana Garden e l’ippodromo. Le opportunità fornite da questo comparto sono la riqualificazione dei grandi vuoti urbani cercando soluzioni per connetterli al tessuto urbano circostante dove la presenza di importanti strutture viarie (strade e ferrovie) segna il territorio.

L’ambito si colloca in corrispondenza della biforcazione del canale di Burana e comprende gli insediamenti residenziali ed ex industriali presenti lungo le sponde del fiume. Ad est il tessuto urbano è composto da quartieri residenziali di mediopiccola dimensione che si vanno a collocare a ridosso delle sponde del Po di Volano. Ad ovest, invece, lungo le sponde del Po Morto di Primaro e il canale di Burana, il tessuto urbano eterogeneo ingloba i primi insediamenti storici della città: resti di un passato industriale (come la darsena e l’ex mercato ortofrutticolo, oggi oggetto di proposte di riqualificazione), la basilica di San Giorgio fuori le mura e diversi vuoti urbani, abbandonati nel tempo. L’unica struttura universitaria, la sede nautica del Centro Universitario Sportivo, si trova in corrispondenza della darsena cittadina. Il fiume costituisce quindi l’elemento connotante tutta l’area, nonché sede della futura idrovia, che dovrebbe essere valorizzato realizzando corridoi verdi verso il centro cittadino e riqualificando il tessuto urbano tra il canale e la mura. Inoltre, si potrebbero potenziare i percorsi ciclopedonali tra i centri e gli spazi aperti lungo i corsi d’acqua, rendendo maggiormente accessibile il sistema delle mura a questo settore.

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Il comparto è delimitato dalle mura ad ovest, da via Caretti ad est, dal Po di Volano a sud e dalla presenza del parco urbano a nord. L’area, di più recente urbanizzazione, è caratterizzata da vari quartieri periferici intervallati e innervati da resti di tessuto agricolo, orti urbani, terreni incolti, bloccati all’interno della maglia urbana durante le ultime espansioni, e il vallo delle mura. Questo settore si presenta come una sorta di filtro tra la città storica e il territorio agricolo periurbano, la cui circonvallazione esterna rappresenta il limite fisico della città. Questi quartieri periferici sono strettamente dipendenti dai servizi presenti nel centro storico, non sono presenti strutture universitarie di particolare interesse se non qualche studentato di piccole dimensioni. Il centro commerciale Le Mura costituisce la principale polarità della zona. La ricchezza di queste zone sta nella varietà di spazi verdi inedificati, sportivi e di svago che si collocano principalmente attorno le mura. In questo settore risulta evidente come ci sia la necessita di potenziare i collegamenti tra centro storico e periferia e tra periferia e interno agricolo, superando gli ostacoli naturali dei grandi assi infrastrutturali, per garantire una maggiore fruibilità degli spazi. Le aree incolte ed agricole tra il tessuto urbano dovrebbero essere valorizzate, rese fruibili con attività si svago e servizi culturali per la cittadinanza.

Quest’ambito include tutto il territorio agricolo compreso tra le mura e il fiume Po, ex terreni di caccia della famiglia estense. L’ambiente naturale è la componente che maggiormente caratterizza questa zona, sono presenti ampi spazi coltivati, servizi per attività sportive e di svago, qualche vuoto urbano sporadico e alcuni orti urbani. Le due polarità di spicco della zona sono il Centro Universitario Sportivo, dislocato in due diversi isolati ad est e a ovest del settore, e il parco urbano G. Bassani, parco principale della città. La problematica più impellente da risolvere è l’infrastruttura viaria di via Riccardo Bacchelli, che costituisce una barriera al naturale collegamento

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tra la città e il parco urbano. Proprio per questo motivo bisognerebbe trovare una soluzione per connettere gli spazi verdi del parco con quelli del centro storico. All’interno del parco potrebbero essere potenziati i percorsi ciclopedonali, soprattutto in direzione est-ovest verso il quartiere Barco, e ampliata l’offerta di servizi turistici e di svago.

L’ambito in esame è interamente compreso tra le mura cittadine ed è quello più popolato. Questo comparto è quello che presenta la maggior eterogeneità di funzioni e forme. All’interno sono presenti numerose chiese, musei, palazzi storici, conventi ma anche parchi storici, giardini, orti botanici (come quello della Certosa di Ferrara), eredità storica della città. L’ambito è interamente urbanizzato, eccetto per alcune zone nel margine nordorientale dove sono presenti ancora aree vuote dai tempi dell’Addizione Erculea. I servizi in dotazione alla città sono presenti in tutto il centro storico ma si concentrano principalmente attorno gli assi viari e i luoghi storici, come piazza Trento Trieste. Le vie di attraversamento della città, corso della Giovecca e corso Porta Mare, portano una grande quantità di traffico all’interno della città e presentano lungo il loro percorso nodi critici che occorrerebbe affrontare, ad esempio gerarchizzando la circolazione automobilistica e ciclopedonale. Ai margini delle mura sono presenti diversi siti dismessi o sottoutilizzati come la Caserma Pozzuolo del Friuli e il quartiere San Rocco dove si colloca l’ex ospedale cittadino. Tra le pieghe del centro storico bisognerebbe valorizzare maggiormente i percorsi ciclopedonali celati, permettendo così di scoprire un luogo mentre se ne sta cercando un altro. Le principali funzioni universitarie sono localizzate all’interno del centro storico andando ad occupare palazzi storici di pregio. Questi spazi contribuiscono a creare ambienti dotati di grande varietà sociale, ma manca una sistema di connessione strutturale che sia in grado di mettere a rete l’intera comunità accademica.

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A questo punto del lavoro di tesi si è deciso di scendere nuovamente di scala, passando da una scala urbana ad una di quartiere, approfondendo maggiormente una determinata zona tra gli ambiti urbani precedentemente identificati. La scelta è ricaduta sul settore orientale della città (ambiti 5,6 e 7), compreso tra il Po di Volano a sud, via Caretti ad est, il parco agricolo a nord e corso Ercole d’Este ad ovest. Le motivazioni che ci hanno spinto a scegliere queste zone sono molteplici e verranno argomentate nei paragrafi successivi. L’area presa in esame costituisce probabilmente il comparto meno indagato negli anni e conseguentemente quello meno soggetto a interventi di trasformazione urbana recenti. In tutti gli altri settori della città sono già stati avviati diversi progetti di rigenerazione, di riforestazione, di rinaturalizzazione, di conversione e recupero urbano. Oggi siamo in una fase storica in cui la rigenerazione urbana costituisce il principale strumento di progettazione, dove sostenibilità ambientale, resilienza e identità storica costituiscono alcuni dei pilastri portanti per la trasformazione di un luogo urbano. Questo settore, dotato di ampi spazi naturali non sfruttati e diversi poli universitari, è forse quello maggiormente in grado di declinare in progetto tutte queste tematiche e che lascia la maggior libertà progettuale. Gli ambiti di progetto, che analizzeremo dettagliatamene nel capitolo successivo, presentano forti connotati storici e naturalistici, ma manca una visione strutturale di insieme. L’assenza totale di un sistema integrato di verde urbano, eccetto per quelle zone attorno il perimetro murario, richiama l’attenzione sulle connessioni tra centro e periferia e territorio circostante. L’obiettivo di parco universitario che la tesi si pone di raggiungere costituirebbe un pezzo di un sistema ambientale più ampio, caratterizzato dal parco urbano a nord, dal futuro Parco Agricolo Sud e 154

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dall’insieme di piccoli spazi e corridoi naturali che si innervano all’interno del tessuto storico. In queste zone sono presenti diverse tipologie di spazi verdi: incolti, orti urbani, terreni agricoli, maceri, boschetti spontanei, piccoli parchi che meriterebbero di essere valorizzati anche come elementi identitari del luogo. Oggi queste aree sono quasi tutte anonime nei confronti del tessuto urbano. Un’altra problematica direttamente connessa anche al tema del verde urbano è quella del rapporto tra centro storico e quartieri periferici. Mentre la città storica presenta attività e relazioni ben definite, la periferia orientale si trova in una sorta di isolamento, ma nonostante questo isolamento fisico si trova ancora strettamente dipendente dal centro. La mancata connessione tra i due ambiti è dovuta a diversi fattori. Uno di questi è sicuramente la presenza di importanti infrastrutture: le mura e le due circonvallazioni stradali. Il primo costituisce forse la problematica principale. Mentre in altre zone della città sono presenti varchi o spianate, in questa zona la cinta muraria è completa nella sua interezza e insieme all’ingombrante presenza del vallo contribuisce a separare più marcatamente i due ambiti urbani riducendone l’accessibilità. Il secondo invece è un problema di natura viaria. Le circonvallazioni costituiscono una separazione invalicabile tra città e periferia e periferia e intorno agricolo, eccetto per quelle poche zone di facile accessibilità in corrispondenza dei varchi delle mura, dove è possibile attraversare in tutta sicurezza. È quindi evidente come ci sia oltre che un problema di accessibilità anche un problema di connessioni, soprattutto ciclopedonali. Infine, un’altra caratteristica che identifica questa zona è la presenza di diverse attività culturali tra cui l’Università, in costante crescita, che potrebbero contribuire a creare spazi di grande valore sociale e condivisone ponendo nuovi quesiti progettuali.

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La distribuzione piuttosto omogenea dei centri universitari, in assenza di un vero e proprio “campus” sul modello americano, fanno assumere un ruolo importante di integrazione e socializzazione ai luoghi “istituzionali” (Scatasta, 2004). Mettendo a rete il sistema universitario e culturale con quello di spazi dismessi all’interno del tessuto urbano si potrebbe generare un network urbano di grande ricchezza e valore culturale. A questi spazi si aggiungerebbero tutti quei servizi sportivi di svago di contorno, che concorrerebbero a rendere l’area più viva. Si creerebbero così nuove forme di socialità urbana, tra cittadini di diverse età e culture. Il parco universitario rappresenta probabilmente lo strumento migliore per raggiungere questi obbiettivi. Da queste considerazioni di partenza, certamente sommarie, ci si avvia verso un’analisi più approfondita di questo comparto che verrà studiato nel prossimo capitolo in tutte le sue forme e relazioni.

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L’Università degli Studi di Ferrara (Unife), una delle più antiche del paese, nasce nel 1391 e costituisce un’istituzione ben radicata all’interno del territorio urbano. Le trasformazioni sociali ed economiche e l’evoluzione del sistema universitario italiano del dopoguerra portano l’ateneo a raggiungere ben presto la soglia dei 10000 iscritti, valore che manterrà pressoché inalterato per un paio di decenni. Nel corso degli anni ’90, con l’apertura di nuove facoltà, l’ampliamento dei corsi offerti, nonché lo sviluppo di importanti progetti di rigenerazione del tessuto urbano, tra cui il Progetto Mura, il totale degli iscritti comincia a salire rapidamente fino a raggiungere la quota delle 20000 unità ad inizio secolo. Conseguentemente al sisma del 2012, l’ateneo attraversa un periodo di transizione, il numero degli iscritti comincia a calare per poi tornare a salire fino ai circa 23000 studenti di oggi, in gran parte fuori sede. Ancora oggi l’Università di Ferrara rappresenta un settore in espansione, processo ampiamente dimostrabile con il passaggio da un’economia postindustriale ad una fondata sulla cultura, sul turismo e sulla ricerca di cui Unife svolge un ruolo chiave. Le funzioni dell’Università si collocano principalmente all’interno di edifici di pregio del centro storico, eccezione fatta per alcune strutture moderne ai margini delle mura. Questa stretta dipendenza dal tessuto urbano ha contribuito negli anni a rendere queste zone vive e ricche di relazioni con la comunità cittadina. Di seguito verrà stilato un breve elenco di tutte le strutture universitarie presenti in questo settore di studio, indicando per ciascuna di esse le funzioni dedicate e la tipologia di edificio che le ospita. - Centro Universitario Sportivo (CUS). Il centro per le attività sportive dell’ateneo si colloca in tre diverse moderne sedi dislocate ai margini del centro storico, fuori le mura: Il polo principale CUS1 in via Gramicia che

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ospita la maggior parte dei campi sportivi (golf, rugby, calcio, basket, tennis), il polo secondario CUS2 in via Liuzzo che ospita una piscina, una palestra e campi di beach volley e tennis, e la sede nautica di canottaggio in via Darsena. - Dipartimento di Giurisprudenza. Il dipartimento è ospitato all’interno di palazzo Trotti-Mosti, palazzo storico in via Ercole I d’Este. La biblioteca del dipartimento si trova nell’edificio restaurato sul fronte stradale opposto. - Dipartimento di Studi Umanistici. Il dipartimento si colloca in due sedi distinte: in via Paradiso, in una struttura moderna, e corso Ercole I d’Este, all’interno di palazzo Turchi di Bagno. In quest’ultima sede sono altresì presenti l’Orto Botanico ed Erbario dell’Università, il Museo di Paleontologia e Preistoria P. Leonardi, la biblioteca del museo e l’istituto superiore IUSS. - Dipartimento di Economia e Management. Si colloca in due sedi, lungo via Voltapaletto (nel palazzo Bevilacqua Costabili insieme alla biblioteca) e via Guglielmo degli Adelardi (in un edificio di recente ristrutturazione, sua prosecuzione. - Dipartimento Architettura. La facoltà ospita le attività di design, architettura e la biblioteca del dipartimento in via Ghiara e via Quartieri, dove si trovano palazzo Tassoni Estense e la sua ala architettonica. - Dipartimento di Matematica e Informatica. Il complesso edilizio moderno si trova in via Nicolò Macchiavelli ed ospita anche la biblioteca del dipartimento. I corsi di Informatica si svolgono in via Saragat. - Polo Chimico Biomedico. Le principali strutture del polo universitario si collocano lungo via Fossato di Mortara e via Bovelli, sua prosecuzione, e ospitano i Dipartimenti di Scienze Chimiche, Farmaceutiche ed Agrarie, di Scienze della Vita e Biotecnologie, di Neuroscienze e Riabilitazione, di Scienze Mediche e di Medicina Traslazionale e per la Romagna. I nuovi istituti biologici e chimici (soprannominati Mammut) ospitano i laboratori

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di biotecnologie, chimica e aule studio, mentre l’adiacente chiostro di Santa Maria delle Grazie ospita la biblioteca chimico biologico, aule studio e spazi per l didattica. Sempre lungo via Fossato Mortara, in un edificio soprannominato “il Cubo” e nei vecchi istituti biologici, si collocano il Museo Anatomico G. Tumiati, la biblioteca del Dipartimento di Medicina e il Centro di Documentazione Europeo (CDE). Invece, al termine di via Mortara si trova la chiesa di Santa Maria della Consolazione che ospita aule studio di Medicina e una piccola biblioteca. Parte di queste attività si svolgono anche in altri poli come l’ex ospedale Sant’Anna, il polo didattico di Cona, il Ferrara Fiere Congressi, il Centro Salute Mentale in via Ghiara e palazzo Turchi di Bagno. Infine, si segnala il complesso di edifici storici di proprietà dell’università di palazzo Renata di Francia, palazzo Tassoni Mirogli e palazzo Strozzi, che in seguito al sisma del 2012 sono diventati in gran parte inagibili, condizione che accomuna circa l’11% delle strutture universitarie. È in corso un progetto di ristrutturazione e restauro di questi edifici che attualmente ospitano la biblioteca di Lettere e Filosofia, il Centro Teatro Universitario e qualche ufficio d’area tecnica, oltre alla mensa universitaria nel retrostante parco Pareschi. La presenza di spazi aperti, molti dei quali dotati di verde, all’interno di strutture di lavoro è di per sé indicatrice di un buon livello dello stesso (Scatasta, 2004). Questa scomposizione delle strutture e delle funzioni universitarie ci consente di capire quali zone della città debbano sopportare un maggior peso della componente accademica. Infatti, analizzando il numero di studenti iscritti per dipartimento, si può notare come siano le facoltà mediche ad attrarre i maggiori flussi studenteschi, concentrandoli principalmente nelle zone del quartiere San Rocco, quartiere già molto attivo per la presenza dell’ex ospedale. Va anche sottolineato che l’apertura del nuovo corso di studi di Agraria potrebbe portare nei prossimi anni ad un aumento degli studenti in queste zone oltre che a ripensare in termini progettuali le aree agricole appena fuori le mura.

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ISCRITTI PER DIPARTIMENTO (Dati Miur, 2020) Scienze della Vita e Biotecnologie Studi Umanistici Medicina Traslazionale per la Romagna Economia e Management Neuroscienze e Riabilitazione Ingegneria Giurisprudenza Architettura Scienze Mediche Sc. Chimiche, Farmaceutiche ed Agrarie Matematica e Informatica Fisica e Scienze della Terra Vecchio ordinamento

3.945 3.735 3.529 2.803 1.822 1.761 1.323 950 922 792 487 379 305

I LUOGHI E LE STRUTTURE (Bilancio sociale Unife, 2014) S.U. EDIFICI STORICI E NON STORICI

SUPERFICI ATENEO PER DESTINAZIONE D’USO

7,5 ha

8,8 ha

S.U. ATTIVE E INAGIBILI Aree verdi 14,6 ha

1,7 ha

Immobili ateneo Impianti sportivi

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Un altro fattore che la città dovrebbe tenere in considerazione è la presenza non solo dell’Università, che coinvolge un bacino di 23000 studenti, ma anche delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie che in questo settore incidono per un totale di circa 70000 individui tra docenti, studenti e personale specifico (dati Miur 2019). Allo stesso modo, oltre alle biblioteche universitarie, sono presenti sul territorio diverse biblioteche comunali, tra cui la più importante allocata nel palazzo Paradiso, Biblioteca Ariostea. Inoltre, l’università partecipa a diversi progetti di carattere nazionale ed internazionale, tra cui il progetto Erasmus, accogliendo ogni anno studenti di origini e culture diverse. Al successo dell’ateneo si è consolidato un altro fenomeno, quello del pendolarismo studentesco, iniziato agli inizi degli anni ’90. Questo ha portato la città e l’Università a ragionare su una nuova tematica, quella degli alloggi, un problema storico che si ripresenta ogni anno. Questi si possono suddividere in due categorie: studentati e alloggi forniti da aziende del settore o alloggi a libero mercato (Informagiovani, sistemazioni per studenti, 2020). Ad oggi, i posti letto disponibili per gli studenti che vengono a studiare a Ferrara sono solo 761, di cui la metà si colloca lontano dal centro storico, e sono gestiti dalle principali aziende del settore: Acer, Er.go, Camplus, Fondazione Zanotti per citarne alcuni. Queste aziende offrono affitti agevolati agli studenti che scelgono queste accomodazioni. Oltre a queste sistemazioni sono disponibili diversi alloggi a libero mercato il cui prezzo d’affitto però è nettamente superiore. La quantità complessiva di alloggi per studenti non è però sufficiente a soddisfare i bisogni della comunità accademica. Stimando in maniera semplicistica la domanda potenziale di alloggi per dare una prima impressione del fenomeno in corso, si può dire che su una base di 20323 studenti (dati Miur 2019) vi è una domanda potenziale di alloggi di circa 10490 studenti (stimato sulla base della regione di provenienza degli studenti). Solo il 7,3% della domanda viene soddisfatta e questo rappresenta un primo problema che le seguenti proposte progettuali puntano a risolvere. 166

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STUDENTI E DOCENTI (Dati Miur, 2019) 20.323

Università Scuola superiore Scuola primaria Scuola media Scuola dell’infanzia AFAM

14.480 13.615 8.250 6.784 420 6.971

Personale docente

REGIONE DI PROVENIENZA ISCRITTI (Dati Miur, 2020) 5.000 - 10.000 st. 2.500 - 5.000 st.

Ferrara

1.000 - 2.500 st. 500 - 1.000 st. 250 - 500 st. 100 - 250 st. 0 - 100 st.

Estero

DOMANDA DI ALLOGGI UNIVERSITARI (Rielaborazione dati del mercato, dati Miur, 2020) Studenti iscritti Domanda potenziale Posti letto disponibili

Er.go

Acer

20.323 10.490

DOMANDA SODDISFATTA

761

Camplus F. E. Zanotti

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Un altro aspetto strettamente connesso alla crescita dell’ateneo è la necessità di dover competere con le altre università del territorio. A partire dal 2020 l’ateneo è passato dalla categoria di università “medie” a quella di università “grandi”, secondo la classifica redatta dal Censis. Questo passaggio, naturale conseguenza della crescita dell’Università, porta l’ateneo a rivedere i propri obbiettivi in un’ottica di competizione e attrattività nazionale. Secondo queste stime, l’Università di Ferrara risulta essere carente rispetto alla media nazionale per quanto riguarda le strutture per la didattica, i servizi offerti agli studenti, gli strumenti di comunicazione e le borse e i contribuiti. Queste problematiche generali hanno spinto l’Università ad avviare progetti di riqualificazione e nuova costruzione di servizi e strutture didattiche. Ad esempio, è stato istituito un bando per la realizzazione di nuove aule di Medicina presso il Polo Ospedaliero di Cona, è stato indetto un concorso per la realizzazione di nuove aule presso il Dipartimento di Matematica, sono stati avviati diversi progetti di riqualificazione delle strutture, come il rinnovamento dei nuovi istituti biologici e il restauro dei fabbricati lungo via Savonarola. Il vero problema dell’Università è che non esiste un sistema complessivo condiviso in grado di connettere tutte queste strutture e neppure una strategia comune di ulteriore rafforzamento delle componenti dell’area, nonostante ce ne siano le possibilità. Quest’integrazione è possibile solo riorganizzando l’intero sistema viario, delle piazze, delle aree pubbliche, riqualificando gli edifici storici, ripristinando gli antichi collegamenti, aprendo gli spazi verdi al pubblico connettendoli con le funzioni del luogo. Occorre, inoltre, prestare particolare attenzione all’evolversi della situazione pandemica in corso, soprattutto in termini economici. L’Università, trovandosi dipendente in gran parte dalla componente dei fuori sede, potrebbe vedersi ridotto l’afflusso di studenti nei prossimi anni.

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6. IL MARGINE EST: L’AMBIENTE COSTRUITO E NATURALE


CLASSIFICA E VALUTAZIONE ATENEI STATALI (Dati Censis, 2020, punteggi atenei “grandi”, 20.000 - 40.000 iscritti) Perugia 1 Pavia 2 Parma 3 Calabria 4 Cagliari 5 Milano Bicocca 6 Modena e R. Emilia 7 Salerno 8 Roma Tor Vergata 9 Media atenei

Ferrara 12 70

80

90

100

Ferrara

Borse e contributi

Media atenei

Comunicazione Internazionalizzazione Servizi Strutture Occupabilità Punteggio generale 60

70

80

90

100

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Tutti questi fattori ci portano a ragionare su nuovi sistemi di accoglienza, intrattenimento e circolazione che coinvolgano sia la comunità studentesca che quella cittadina, vero obbiettivo del lavoro di tesi.

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6. IL MARGINE EST: L’AMBIENTE COSTRUITO E NATURALE


PERCORSI UNIVERSITARI E TEMPI DI PERCORRENZA (Tempi a piedi e in bicicletta in minuti)

29/18

25/12 4/1

11/8

15/10

5/2 5/3 14/9

15/9

5/3 7/5 9/5

PERCORRENZA MEDIA

25/12

DI CUI CILOPEDONALI Poli universitari Servizi allo studente Percorsi ciclopedonali Percorsi non ciclopedonali

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All’interno di questo settore abitano circa 29000 abitanti, la maggior parte di età superiore ai 35 anni (71,6% della popolazione). Occorre però sottolineare come in certi momenti della giornata la presenza della componente studentesca di tutte le età contribuisca all’abbassamento di questa quota. Il tessuto urbano all’interno del centro storico si presenta decisamente compatto, soprattutto in corrispondenza del castrum di origine medievale, per poi “allargarsi” gradualmente verso il margine settentrionale delle mura. Al contrario, nei primi quartieri periferici il tessuto urbano presenta una forma generalmente irregolare, porosa; presenta ampi spazi non ancora del tutto urbanizzati ma anche isolati disposti secondo griglie e forme particolari, caratterizzati soprattutto da quartieri a destinazione residenziale con abitazioni di medio-piccola dimensione a bassa densità. Tra le pieghe di questa maglia compatta-irregolare sono presenti diversi edifici e strutture che per dimensione e funzioni ospitate influenzano sotto diversi punti di vista l’ambiente urbano circostante (ingombro, volumi di traffico spostati, isolamento, percezione dell’ambiente). Questi “poli”, che il PSC identifica con il termine di “edifici contenitori”, costituiscono delle opportunità che se attentamente integrate in un progetto di riorganizzazione urbana complessivo possono essere in grado di influenzare positivamente l’area. Alcuni di essi sono fabbricati degradati e dismessi mentre altri sono ancora ampiamente attivi: il cimitero della Certosa insieme al contiguo cimitero ebraico, il centro commerciale Le Mura, i nuovi istituti biologici di proprietà dell’Università di Ferrara, la Cittadella della Salute, ex ospedale cittadino, la Caserma Pozzuolo del Friuli e il complesso scolastico ISS N. Copernico per citarne alcuni. In particolar modo, la Caserma Pozzuolo del Friuli e l’intero quartiere San Rocco sono oggi oggetto di discussione e interventi di rigenerazione urbana.

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6. IL MARGINE EST: L’AMBIENTE COSTRUITO E NATURALE


IL TESSUTO URBANO (Rielaborazione del quadro conoscitivo del PSC) LEGENDA Cortina compatta Cortina porosa Griglia regolare isolata Griglia irregolare isolata Filamenti di edifici irregolari Aggregato libero Grandi edifici contenitori Edifici isolati e discontinui

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Sono stati pianificati nei prossimi anni altri interventi diretti al tessuto urbano, principalmente piccoli isolati residenziali, ma tutti localizzati lungo via Caretti verso la campagna esterna. La Caserma Pozzuolo del Friuli, di cui fa parte anche la Cavallerizza retrostante, era sede di un presidio militare del 121esimo reggimento di artiglieria contraerea, poi abbandonato nel 1997 (Urbanpromo, 2015). Oggi l’edificio è sottoposto a vincolo da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed è incluso da tempo nel Piano di Valorizzazione Urbana del Comune di Ferrara. Il processo di rigenerazione previsto non è mai del tutto decollato e si trova ora in una fase di stallo, in un luogo di importanza strategica per la città. Il progetto di rigenerazione prevedeva l’insediamento all’interno della caserma di residenze per studenti e cittadini, servizi commerciali, un centro congressi, un polo per attività culturali e un parcheggio interrato. Fino ad oggi si sono svolte al suo interne diverse iniziative e mostre per sensibilizzare la popolazione sulla necessità di riqualificare questo spazio di notevole rilevanza storica. Invece, all’interno del quartiere San Rocco procedono gli interventi di rigenerazione di alcune delle strutture e degli spazi presenti, seguendo le linee guida della già citata Commissione Lugli illustrata nei capitoli precedenti. L’intero complesso, sorto a partire dal 1930, è composto da diverse stratificazioni architettoniche delle epoche passate, alcune delle quali demolite e poi ricostruite, e presenta qualche padiglione di pregio. Con il trasferimento dell’ospedale a Cona, avvenuto nel 2012, sono cominciati gli interventi di rigenerazione. Ad oggi, gli unici interventi in corso sono il restauro del complesso ospedaliero (l’anello ottagonale), il rinnovamento di alcuni edifici adiacenti, tra cui la centrale energetica, e l’insediamento dei vari presidi sanitari sparsi sul territorio comunale. Per dimensioni e soggetti coinvolti, tra cui l’Università di Ferrara e l’Azienda Ospedaliera Universitaria, si tratta di un progetto strategico per l’intera città.

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6. IL MARGINE EST: L’AMBIENTE COSTRUITO E NATURALE


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Oltre a queste opportunità di rigenerazione urbana troviamo un tessuto consolidato caratterizzato da un gran numero di chiese, conventi, chiostri, musei, palazzi storici e piazze, il cosiddetto “sistema culturale” della città. Questi edifici si collocano principalmente attorno al nucleo storico della città, nelle zone più centrali, eccetto alcuni casi che invece si trovano ai margini delle mura storiche, tra cui: il palazzo Schifanoia, la delizia dei Bagni Ducali, il cimitero monumentale della Certosa, porta degli Angeli, la palazzina Marfisa d’Este, il Museo Archeologico Nazionale e il Civico Lapidario. Attorno alla cinta delle mura sono presenti anche i resti archeologici della Ferrara rinascimentale, come il baluardo dell’Amore e l’ex baluardo di San Rocco, palinsesti di architettura militare, e alcuni doccili, canali di scolo delle acque cittadine. L’eredità storica della città costituisce la vera ricchezza del territorio ferrarese, contribuendo ogni anno ad attirare più di 250000 visitatori, dati in costante aumento. Con l’esplosione della pandemia però i numeri per il 2020 hanno subito una forte contrazione, mettendo in crisi questo settore. Questo ci porta a pensare a nuove forme di turismo culturale che siano in grade di invertire questa tendenza per il prossimo futuro.

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6. IL MARGINE EST: L’AMBIENTE COSTRUITO E NATURALE


Più in generale, i servizi per la popolazione si collocano in maniera pressoché uniforme all’interno del centro storico, a differenza dei quartieri della prima periferia, dove risulta evidente il loro minor numero e sottodimensionamento. I principali servizi in questo settore, perlopiù commerciali, si trovano nei quartieri di Borgo Punta, Quacchio e Frutteti e si collocano all’interno di grandi edifici poco dialoganti con il contesto urbano in prossimità dei più importanti accessi alla città. Esempi eclatanti sono i centri commerciali de Le Mura e Interspar che contribuiscono a rendere queste zone maggiormente attrattive per i nuovi residenti. Questa diversa concentrazione di attività tra i due ambiti si ripercuote poi sulla vita dei cittadini che si trovano strettamente dipendenti dai servizi forniti dalla città storica, sovraccaricando il centro urbano sotto diversi punti di vista. Un altro aspetto da tenere in considerazione è la presenza abbastanza diffusa su tutto il territorio periferico di palestre e campi sportivi, ma anche di attività ludiche e ricreative, che invece si collocano principalmente all’interno del centro storico e a ridosso delle mura, come il Jazz Club Ferrara e il polo ricreativo sul baluardo della Montagna, dove si trovano un’associazione teatrale, uno studio di registrazione e un’accademia corale. 177


Un problema che si evidenzia è la presenza di fabbricati incongrui lungo il vallo delle mura che impediscono la corretta fruizione dell’apparato murario nella sua completezza, soprattutto in corrispondenza di piazzale San Giovanni dove si svolge settimanalmente il mercato cittadino, congestionando per certi momenti della giornata l’accesso al centro storico. Per questo motivo, occorrerebbe trovare una soluzione per spostare queste strutture, spesso ingombranti, in luoghi più “nascosti”, permettendo di percepire in maniera decorosa il paesaggio culturale (Di Francesco et al., 2015, 128-153). Inoltre, secondo le direttive imposte dal PSC, è previsto in futuro la realizzazione di alcune scuole dell’obbligo (asili, elementari e medie), attualmente presenti in numero ridotto in questo settore. Infine, su tutto il territorio comunale agiscono varie associazioni, con l’obbiettivo di promuovere, sensibilizzare e valorizzare diversi aspetti della vita quotidiana e del contesto urbano (Informagiovani, associazioni culturali, 2020): dalla tutela del patrimonio culturale e del paesaggio (Arch’è, Ferrara Decus) alla formazione post-universitaria e lavorativa (Consorzio Factory Grisù), dall’organizzazione di attività culturali (Amici dei Musei e Monumenti Ferraresi), artistiche (Accademia delle Scienze) e ricreative (Arci Ferrara) ad iniziative di interesse sociale, da iniziative nell’ambito dell’istruzione e delle buone pratiche (Basso Profilo) all’educazione civica.

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POPOLAZIONE RESIDENTE QUARTIERI EST E CENTRO STORICO (Dati Comune di Ferrara, 2019) Meno di 14 anni Tra 15 e 34 anni Tra 35 e 64 anni Più di 65 anni

DENSITÀ DI SERVIZI La concentrazione di servizi sul territorio

Molto alta Alta Media Bassa Molto bassa

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L’ambito preso in esame ci porta ad analizzare la mobilità cittadina secondo due differenti tipologie di percorsi, quelli stradali e quelli ciclopedonali, gli unici presenti in questo settore. La rete stradale della zona si espande in forma radiale verso i quartieri periferici ma si trova distante rispetto le direttrici autostradali dove sono presenti i caselli Ferrara Sud e Ferrara Nord; le due circonvallazioni, la piccola “U” e quella prossima alle mura, raccolgono la maggior parte del traffico extraurbano (PUMS, 2019). Invece, in ambito urbano viale Cavour-corso della Giovecca e corso Porta Mare costituiscono le principali assi di attraversamento della città storica e definiscono l’assetto portante della rete stradale. Assorbono gran parte dei flussi veicolari lungo la direttrice est-ovest e rappresentano uno dei principali “punti neri” della rete, causando ogni giorno numerosi incidenti che coinvolgono le varie componenti della mobilità, soprattutto in corrispondenza dei principali accessi alla città. Questi assi di scorrimento acuiscono i concetti espressi da Ingersoll nel suo libro Spawltown (2004). La rete stradale, oltre a costituire un elemento di inquinamento e traffico, agisce come una barriera, impedendo la corretta fruizione dell’ambiente naturale limitrofo. Proprio per questo motivo, le circonvallazioni esterne dovrebbero essere attraversate da sottopassaggi o sovrapassaggi in grado di connettere in modo sicuro le varie parti del territorio. Per cercare di ridurre il traffico e conseguentemente migliorare la sicurezza degli utenti, le zone più nevralgiche del centro storico sono soggette a regolamentazione ZTL, prevedendo in futuro (2030) la copertura di tutta la città dentro le mura. Un altro strumento nato per ridurre gli incidenti e l’inquinamento (comunque poco presente in tutto questo settore secondo i dati ARPA Emilia-Romagna) è l’introduzione delle Zone 30, presenti in questo settore nel quartiere di Borgo Punta per un’estensione complessiva di 0,7 kmq. 180

6. IL MARGINE EST: L’AMBIENTE COSTRUITO E NATURALE


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Inoltre, la componente casa-scuola riveste un ruolo rilevante sull’intero sistema urbano: incide nei momenti più delicati della mobilità urbana e interessa aspetti cruciali dello sviluppo urbano e sociale. Per rispondere a queste esigenze è nato il Pedibus, progetto che prevede l’accompagnamento di un gruppo di studenti a piedi da adulti volontari, sostituendosi alla macchina. La rete di trasporto pubblico TPL, gestita dalla società TPER, si suddivide in quella urbana, che collega i vari quartieri della città compatta, e quella extraurbana, che connette il capoluogo con il territorio provinciale. Circa 40-50 corse attraversano l’intero territorio cittadino per un totale di 670 corse giornaliere. Il principale punto di interscambio con il servizio di trasporto urbano si colloca su piazzale Medaglie d’Oro, raccogliendo le provenienze da est e nord-est. Complessivamente, tutti gli ambiti urbani di questo settore sono correttamente serviti dal trasporto pubblico locale. In diretta relazione con la rete stradale troviamo il sistema della sosta, composto da un totale di 4142 posti, di cui il 40% su strada, 32% in struttura, 21% di interscambio e il 7% in autorimessa. Di questi, solo 887 non sono a pagamento e si trovano in prossimità della stazione dei treni e dell’ex Mercato Ortofrutticolo: sono parcheggi di interscambio che hanno il compito di intercettare i flussi veicolari extraurbani favorendo l’interscambio con i servizi di trasporto pubblico e con mezzi sostenibili. Questa tipologia di parcheggio, che sarebbe da privilegiare, è del tutto assente in questo settore. Inoltre, andrebbero collocati quanto più distanti possibile dal centro storico per incentivarne l’utilizzo e per ridurre i congestionamenti nelle zone più prossime alla città. Analizzando i dati delle soste giornaliere, si può notare come queste si posizionino soprattutto attorno i principali servizi della città (Cittadella San Rocco) e in corrispondenza dei principali punti di accesso alla città storica.

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6. IL MARGINE EST: L’AMBIENTE COSTRUITO E NATURALE


LA RETE DI TRASPORTO PUBBLICO (Quadro conoscitivo del PUMS) LEGENDA Linea bus extraurbana Linea bus urbana Linea bus urbana ed extraurbana Alta densità di soste Media densità di soste Bassa densità di soste

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La seconda componente fondamentale del sistema di mobilità urbana è quella dei percorsi ciclopedonali che, secondo i dati raccolti nel 2019, costituisce una delle principali forme di spostamento urbano: il 44% della popolazione privilegia gli spostamenti in bicicletta o a piedi contro un 42% che preferisce il trasporto privato. Come già anticipato nei capitoli precedenti, Ferrara, soprannominata “città delle biciclette”, si pone tra le principali città europee in termini di spostamenti sostenibili. L’intera rete ciclabile, estesa per circa 170 km su tutto il territorio comunale, assorbe grandi flussi di biciclette, si sovrappone in parte con la rete stradale esistente e assume forme diverse in base alle caratteristiche del luogo. Essa si suddivide in quattro categorie: radiale, collega la città compatta con le frazioni del forese; urbana, costituita da itinerari capillari che si innervano all’interno della città storica e di alcuni quartieri periferici; turistica, molto simile a quella radiale ma si differenzia da essa dalla presenza di elementi naturalistici e paesaggistici; green ways, sono percorsi “lenti”, immersi nel verde, dove si possono apprezzare i contenuti storici e culturali del luogo. All’interno di questo settore è presente solamente la “rete per la mobilità quotidiana”, radiale e urbana, in gran parte spezzettata nei quartieri periferici che sono connessi solo marginalmente. C’è quindi una forte discontinuità nord-sud per quanto riguarda la mobilità lenta mentre la rete cicloturistica è del tutto assente, punto che invece bisognerebbe implementare. Sono inoltre presenti alcune zone pedonali all’interno del centro storico di cui il PUMS ne prevede l’ampliamento nei prossimi anni. Complementare alla rete ciclopedonale è presente il servizio di Bike Sharing, attualmente monopolizzato dalla sola società “C’entro in bici”, gestito da Ferrara TUA per conto dell’Amministrazione Comunale. Il servizio prevede alcuni punti di prelievo del mezzo locati principalmente all’interno del centro storico e in prossimità della stazione, mentre nei quartieri esterni, soprattutto in questo settore, è quasi completamente assente.

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LA RETE DEI PERCORSI CICLABILI (Quadro conoscitivo del PUMS) LEGENDA Piste ciclabili urbane Piste ciclabili radiali Piste ciclabili turistiche Green Way Alta frequenza di incidenti Media frequenza di incidenti Bassa frequenza di incidenti Postazioni Bike Sharing

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Ad oggi, non sono presenti altri servizi di Sharing Mobility sul territorio, che sono invece in corso di implementazione. Infine, si segnalano alcuni dei luoghi più pericolosi per la componente ciclistica: piazzale Medaglie d’Oro, quartiere San Rocco e piazzale San Giovanni. La ricchezza artistica, culturale e paesaggistica che caratterizza il centro storico e la prima periferia dovrebbe essere esaltata e valorizzata, riconsegnando questo settore a modalità di spostamento sostenibili, limitando il transito della mobilità motorizzata, anche riducendo l’offerta di spazi fruibili, se non destinata al trasporto pubblico e collettivo. Allo stesso modo, occorrono interventi in grado di ridurre le concentrazioni inquinanti nel territorio, come già ampiamente discusso dai vari programmi promulgati dalla Regione Emilia-Romagna.

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Il territorio ferrarese è tutelato da diversi strumenti urbanistici: Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) individua le aree di tutela dei corpi idrici, i nodi e i corridoi ecologici esistenti e la morfologia delle coste; il PSC individua il cosiddetto “sistema ambientale” e tutela le aree agricole, l’ambito del parco urbano, le aree di mitigazione ambientale, le aree della “città verde” e le connessioni geografiche strutturali; il Regolamento del Verde Pubblico e Privato, risalente al 2013, individua buone pratiche per la salvaguardia del verde urbano e la scelta delle essenze più opportune. Inoltre, esso si trova all’interno di una pluralità di reti ecologhe nazionali ed internazionali: siti Natura 2000, Siti di Interesse Comunitario (SIC), Zone di Protezione Speciale (ZPS), siti UNESCO. In tutto il territorio comunale sono presenti circa 794 ettari di verde urbano corrispondenti a circa il 2% della sua superficie complessiva. Le zone destinate a parchi e al verde attrezzato la fanno da padrona, occupando circa un quarto di tutte le superfici naturali. Inoltre, Ferrara presenta una disponibilità di verde urbano di 60 mq ad abitante, circa il doppio rispetto la media nazionale e in costante aumento rispetto agli anni precedenti (Istat, 2018). Tutti questi fattori evidenziano la stretta dipendenza del capoluogo dal suo patrimonio naturale e paesaggistico e una rinnovata attenzione dell’Amministrazione Comunale nei confronti della salvaguardia del verde pubblico. Lo stesso discorso è applicabile in questo settore. Le aree naturali all’interno di questo settore presentano una grande varietà di forme e caratteri eterogenei, dai piccoli giardini privati all’interno delle mura ai lembi di campagna interclusi nella maglia periurbana. Si va dalle aree più minute che caratterizzano il centro storico a quelle più estese di carattere territoriale tipiche dell’intorno periurbano, evidenziando quindi forme variegate a seconda che ci si trovi all’interno o all’esterno delle mura (Guerriero, 2014).

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DOTAZIONE DI VERDE URBANO (Dati Istat, 2018) Orti urbani e botanici Aree boschive Aree di arredo urbano Verde storico Aree sportive all’aperto Parchi e verde attrezzato Altro

DISPONIBILITÀ DI VERDE URBANO (Dati Istat, 2018, serie storica, mq per abitante) 61,0 60,0 59,0 58,0 57,0 2014

2015

FERRARA

2016

2017

2018

ITALIA

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Gli spazi verdi all’interno del centro storico sono principalmente piccoli parchi, giardini pubblici e privati, piccole aree agricole, orti urbani e botanici, molti dei quali di grande valore storico. Esternamente invece troviamo vaste aree incolte, aree coltivate rimaste bloccate all’interno del tessuto periferico, qualche orto sociale, aree di riequilibrio ecologico e piccoli canali. Le siepi costituiscono la principale forma di separazione tra i vari appezzamenti di terra coltivata, le cui colture spaziano dai seminativi (cereali, frumento, barbabietole, mais) ai frutteti (meli e peri). Il rapporto acqua-terra che la città ha sempre mantenuto nei secoli si ripresenta in questa zona con piccoli canali e maceri che con la loro flora e fauna contribuiscono a mantenere un buon livello di biodiversità. Complessivamente, vi è una scarsa presenza di fasce boscate, concentrate solo in alcuni punti specifici. Infine, si fa presente come il centro storico si trovi ad una quota maggiore rispetto alla campagna circostante, che invece si trova quasi sotto il livello medio del mare ed è soggetto ad un maggior rischio di allagamento in caso di eventi ambientali. All’interno di questo settore è però possibile individuare alcune polarità di particolare interesse storico o di ritrovo cittadino che verranno brevemente descritte di seguito (MuseoFerrara, 2020). - Parco urbano G. Bassani. Chiamato anche Addizione Verde, è un vasto parco agricolo di 1200 ettari, compreso tra le mura e il Po a nord della città (Lolli, 2003, 43-48). Al suo interno si trovano soprattutto terreni coltivati a seminativo ma anche spazi ricreativi e zone verdi attrezzate per il tempo libero. Il parco è attraversato da diversi percorsi ciclopedonali ed è sede ogni anno di importanti manifestazioni come il Ferrara Balloons Festival e il Festival Internazionale degli Aquiloni. Il parco, fruibile al pubblico dal 1999, è dedicato a Giorgio Bassani, importante scrittore che negli anni si è da sempre battuto per la conservazione del patrimonio storico e naturalistico della città di Ferrara.

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- Giardini e orti della Certosa. Attorno al cimitero monumentale sono presenti orti, giardini condivisi fra i cittadini e un frutteto con alberi antichi, risalenti al XV secolo quando in questa zona (25 ettari) erano presenti solamente terreni coltivati fuori dalle mura storiche. In questa zona sono presenti associazioni che trattano di agricoltura biodinamica e altre attività didattiche ambientalistiche. In particolare, l’associazione Nuova Terraviva li mantiene e li valorizza dal 1985. L’intero complesso è accessibile al pubblico dal 1813. - Parco Massari. Il parco, locato in corso Porta Mare, prende il nome dal palazzo retrostante ed è il più vasto dei giardini pubblici all’interno del centro storico, occupando circa 4 ettari di terreno. Al suo interno sono presenti diversi alberi secolari e percorsi ciclopedonali: oltre ai due Cedri del Libano, sono presenti alcuni tassi, un ginkgo e una farnia. Il parco di proprietà del Comune di Ferrara è reso fruibile al pubblico dal 1936. - Orto botanico. L’orto, di proprietà dell’Università degli Studi di Ferrara, contiene serre ed aiuole suddivise in 5 sezioni tematiche: sistematica, piante utili, giardini a tema, flora protetta e piante esotiche. Ospita oltre 2000 specie vegetali ed è fruibile al pubblico dal 1963. Occupa una superficie di circa 4500 mq sulla superficie retrostante di palazzo Turchi di Bagno. - Cintura verde delle mura. La città è circondata da un anello verde dotato di una grande biodiversità floreale e faunistica, dove un tempo era presente il fossato delle mura, e percorribile interamente in bicicletta. Sul percorso sono presenti diverse alberature con una grande varietà di essenze: tigli, platani, querce, acacie e ippocastani. Un percorso analogo è presente nella parte interna, dove sono presenti dei terrapieni sopraelevati con filari di alberi. La sua fruizione è stata resa possibile in seguito all’interramento della fossa nel 1865.

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6. IL MARGINE EST: L’AMBIENTE COSTRUITO E NATURALE


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- Parco Pareschi. Originario giardino del palazzo Estense, poi diventato palazzo Renata di Francia, era un tempo un orto che venne trasformato in giardino secondo la moda “all’inglese”. Dal 1959 è proprietà dell’Università di Ferrara che dal 2002 l’ha sistemato e aperto al pubblico. Occupa una superficie di circa 1 ettaro. - Parco del Montagnone. Il parco prende il nome dalla presenza della Montagna di San Giorgio, una collinetta ricavata dalla terra ottenuta dopo lo scavo del fossato esterno delle mura. In origine erano presenti diversi giardini, poi abbandonati, solo nel XX secolo si procedette al suo recupero e valorizzazione. In questa zona sono presenti diverse attività culturali, l’acquedotto cittadino ed è sede ogni anno del Mercato Europeo e di un luna park per ragazzi. - ARE Schiaccianoci. L’area di riequilibrio ecologico si trova in prossimità di via Caretti, tra gli abitati di Borgo Punta e Frutteti, dove è in corso una ricolonizzazione da parte della vegetazione arborea e arbustiva alternata ad ampie radure e prati coltivati (Parchino Schiaccianoci, 2012). All’interno di questa zona sono presenti due maceri che presentano una grande biodiversità volta alla riqualificazione delle falde inquinate. L’area è stata istituita nel 2011 e occupa una superficie di circa 20 ettari. La salvaguardia di questa zona è stata resa possibile grazie ad un gruppo di cittadini (da qui il termine Schiaccianoci, nome del quartiere che li ospita) che costituirono un comitato. Al suo interno è altresì presente un frutteto spontaneo. - Orti sociali via del Melo. L’orto urbano nasce per promuovere la coltivazione su aree pubbliche di proprietà del Comune, a beneficio della collettività secondo pratiche sostenibili, di grande valore sociale e civile. Inoltre, questo appezzamento di terra di grande valore identitario, dove sono altresì presenti il centro sociale Il Melo e la sede della Contrada Borgo San Giovanni, costituisce un elemento di connessione indiretto dei due abitati di Borgo Punta e Frutteti altrimenti separati. Gli orti occupano un’area di 2 ettari.

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6. IL MARGINE EST: L’AMBIENTE COSTRUITO E NATURALE


Inoltre, il quartiere di Borgo Punta è anche ambito di studio del progetto europeo PERFECT gestito dal Comune di Ferrara (approvato nel 2019), che ha come obbiettivo quello di realizzare un’infrastruttura verde a protezione dell’abitato, creare connessioni ciclopedonali e realizzare orti e giardini per la produzione di cibo. Sulla base delle condizioni climatiche del luogo il progetto si pone di creare: boschi di regolazione e di fitorimedio dei suoli, soprattutto in corrispondenza di via Caretti (dove non è presente alcun tipo di sistema protezione contro le polveri sottili, le isole di calore e l’assorbimento di rumore); boschi urbani ad elevata fruizione nelle zone più prossime al centro storico; aree verdi per attività sociali e ricreative potenziando la biodiversità dei prati e dei suoli; boschi, giardini e orti commestibili per la produzione di cibo; connessioni paesaggistiche per la mobilità lenta in direzione est-ovest tra il quartiere e le mura e connessioni nord-sud di connessione del quartiere, adottando soluzioni basate sulla natura per la gestione delle acque pluviali urbane stradali.

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Orti della Certosa

Viale degli Angeli

Terrapieno Rampari di Belfiore

SEZIONE A-A

Giardini della Certosa

Terrapieno Rampari di Belfiore

Vallo delle mura

SEZIONE B-B

Residenze centro storico

Polo chimico biomedico Unife

Terrapieno Rampari di Belfiore

SEZIONE C-C

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6. IL MARGINE EST: L’AMBIENTE COSTRUITO E NATURALE

Via Gramicia


LUNGHEZZA PERCORSO ALBERATO

Vallo delle mura

Via Bacchelli

C.U.S Ferrara AREE NATURALI PROTETTE

LEGENDA Area agricola periurbana

Residenze Borgo Punta

Percorsi ciclopedonali Strade urbane Fiumi e canali Campi coltivati Orti urbani Prati Alberature e zone boschive Area sportiva Tessuto urbano discontinuo Tessuto urbano compatto

Vallo delle mura

Via Caldirolo

Residenze Borgo Punta

Mura

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Casa della Salute - Cittadella S. Rocco

SEZIONE D-D

Residenze Viale Alfonso centro storico I d’Este

Parco del Montagnone - Baluardo della Montagna

SEZIONE E-E

Residenze centro storico

Via dei Baluardi

Baluardo di S. Antonio

SEZIONE F-F

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6. IL MARGINE EST: L’AMBIENTE COSTRUITO E NATURALE


Terrapieno Rampari S. Rocco

Vallo delle mura

Via Caldirolo

Vallo delle mura

Via Residenze Caldirolo Frutteti

Cimitero di Quacchio

LEGENDA Percorsi ciclopedonali Strade urbane Fiumi e canali Campi coltivati Orti urbani Prati Alberature e zone boschive Area sportiva Tessuto urbano discontinuo Tessuto urbano compatto Vallo delle mura

Via Volano

Canale di Burana

Residenze S. Giorgio

Mura

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IL PROGETTO PERFECT (Comune di Ferrara, Piano d’Azione per le Infrastrutture Verdi Urbane, 2019)

LEGENDA Mura Aree boscate di regolazione Orti e giardini Boschi urbani fruibili Aree verdi ricreative Aree boscate di fitorimedio Poli culturali e ricreativi Percorsi ombreggiati Percorsi ciclopedonali Percorsi di connessione E-O

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6. IL MARGINE EST: L’AMBIENTE COSTRUITO E NATURALE


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Dall’analisi dettagliata delle caratteristiche dell’ambito urbano, individuate nel paragrafo precedente, sono emerse qualità e debolezze, tendenze e scenari evolutivi, relazioni e dinamiche urbane che ci hanno consentito di comprendere al meglio certi aspetti del contesto urbano. Quest’analisi si è dimostrata necessaria per la definizione di una strategia di intervento corretta, che fosse in grado di risolvere i problemi dell’area, raccoglierne le opportunità e potenziarne le peculiarità. Di seguito verranno brevemente riassunti i punti di forza, di debolezza, le opportunità e i rischi che questo settore ha “offerto” come spunto al sottoscritto per la definizione della strategia progettuale adottata.

- Presenza strategica dell’Università. La presenza dell’Università contribuisce a rendere queste zone vive e ricche di esperienze, sociali ed economiche, tra la componente accademica e quella cittadina. - Alta concentrazione di servizi all’interno del centro storico. La fascia di centro storico analizzata presenta un buon quantitativo di attrezzature e servizi pubblici sparsi uniformemente all’interno della maglia urbana, principalmente di carattere ricreativo, culturale e commerciale. - Presenza di luoghi storici di pregio. Le zone a ridosso delle mura sono costantemente attraversate da flussi di visitatori per la presenza di importanti edifici di interesse storico-culturale, tra cui palazzo Schifanoia, il Museo Archeologico Nazionale e la cinta delle mura. - Vicinanza al centro storico. La relativa vicinanza tra centro storico e periferia consente di raggiungere i servizi e le strutture in tempi brevi, e al tempo stesso conoscere ed interagire con le componenti storiconaturali del luogo.

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- Forte identità storico-culturale. I segni del passato storico della città sono ben evidenti all’interno del tessuto urbano sottoforma di strade, piazze, edifici, viste prospettiche e relazioni sociali che influenzano la vita di tutti i giorni. - Buona accessibilità al trasporto pubblico. L’area è servita da diverse linee di trasporto pubblico urbano ed extraurbano (TPL) con un vasto numero di corse giornaliere, disponibili ad ogni orario della giornata. - Presenza di itinerari ciclopedonali. L’area è servita da un vasto sistema di mobilità ciclopedonale, principale forma di spostamento all’interno della città, caratterizzato da percorsi immersi nel verde, piazze e servizi alla persona. - Alta biodiversità vegetazionale. Il territorio presenta diverse forme di verde urbano di grande valore storico, faunistico e vegetazionale ampiamente fruibili durante il tempo libero: parchi, orti, giardini, boschetti e aree agricole ecc.

- Mancanza di un sistema universitario integrato. Uno dei problemi dell’università è la mancanza di una strategia complessiva condivisa che integri le varie strutture universitarie con il sistema viario, delle aree pubbliche, dei servizi e delle aree verdi della città. - Scarsità di servizi in periferia. Il ridotto numero di attrezzature nei quartieri periferici, soprattutto localizzate nei grandi centri commerciali, porta i cittadini a dipendere dai servizi della città storica, con conseguente dispersione e perdita di identità di questi settori. - Presenza di barriere fisiche tra centro e periferia. Importanti barriere infrastrutturali, come le circonvallazioni e le mura, impediscono attraversamenti sicuri in queste zone, riducono le relazioni tra centro e periferia e sono fonte di inquinamento per la città e i suoi quartieri.

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- Discontinuità della rete ciclopedonale. I percorsi ciclopedonali della prima periferia sono frammentati e a volta assenti, soprattutto in direzione est-ovest, rendendo di difficile praticabilità queste zone. - Percezione della zona come luogo di passaggio. Il tessuto urbano dei quartieri periferici, composto da ampi spazi incolti e abbandonati, lembi di campagna e importanti assi infrastrutturali, appare per i cittadini come un luogo di passaggio e non come un luogo dove fermarsi a socializzare. - Mancanza di un disegno omogeneo di verde urbano. All’interno del tessuto periferico sono presenti una grande varietà di aree naturali, mancanti però di un disegno di valorizzazione complessivo e spesso abbandonati a sé stessi, generando spazi anonimi e di difficile fruizione.

- Implementare i servizi universitari mancanti. In seguito all’aumento dei flussi studenteschi degli ultimi anni si è reso necessaria la realizzazione di nuove strutture didattiche e alloggi, integrandoli nel già esistente sistema di funzioni e relazioni urbane. Occorre così ragionare su nuovi sistemi di accoglienza, intrattenimento e circolazione coinvolgendo le varie componenti, cittadina e accademica. - Definizione di nuovi spazi di qualità per i cittadini. La Caserma Pozzuolo del Friuli, il quartiere San Rocco e le tante aree vuote nelle frange periurbane costituiscono delle opportunità per creare nuovi spazi di qualità all’interno della maglia urbana, realizzando nuovi servizi ricreativi, scolastici e culturali e riorganizzando gli spazi verdi collettivi. In questo modo si verrebbe a creare un nuovo sistema policentrico diffuso. La cooperazione tra soggetti pubblici e privati risulterebbe fondamentale per il raggiungimento di questo mix funzionale e sociale. - Contrastare l’espansione urbana. I grandi progetti di rigenerazione nel centro storico e le vaste aree inedificate della periferia potrebbero diventare un’opportunità per ricucire la maglia urbana, riducendo il consumo di suolo e salvaguardando la natura circostante.

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- Realizzare nuove connessioni tra centro storico e quartieri periferici. La rete ciclopedonale dovrebbe essere potenziata, realizzando nuovi attraversamenti sicuri lungo via Caretti e via Caldirolo e definendo nuovi spazi dedicati ai ciclisti e ai pedoni. - Ripensare il sistema della mobilità. L’intero sistema della mobilità dovrebbe essere rivisto, privilegiando le modalità di spostamento sostenibili, limitando la mobilità motorizzata privata, soprattutto attorno ai nodi strategici del centro storico, destinandola alle zone più esterne della città e gerarchizzando i vari sistemi della mobilità cittadina, migliorandone la sicurezza. - Definire nuove forme di verde urbano. La città possiede già una forte componente di superfici verdi, sia pubbliche che private, che potrebbe essere ulteriormente potenziate innervandole nelle frange periurbane della città, dove attualmente sono poco valorizzate. L’Area di Riequilibrio Ecologico Schiaccianoci rappresenta un’importante polarità a cui fare affidamento. - Presenza di ampie superfici non urbanizzate. Queste aree potrebbero essere riorganizzate realizzando infrastrutture verdi collettive di grande biodiversità e a protezione dell’abitato, così come spazi ricreativi e culturali, secondo le linee guida già definite dai progetti sul verde urbano.

- Perdita di attrattività dell’ateneo. La mancata messa a sistema di tutte le strutture universitarie, parallelamente ai nuovi scenari evolutivi a livello internazionale (tra cui la pandemia), potrebbero portare l’ateneo a ridimensionarsi, perdendo di qualità e attrattività nei prossimi anni. - Mancata integrazione tra le varie attività. Un mancata integrazione tra le varie funzioni potrebbe portare ad una riduzione del numero di visitatori nel senso più ampio del termine, con evidenti ricadute sul tessuto economico della città, ma anche ai luoghi statici generando zone di bassa mixitè funzionale e qualità sociale.

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- Saturazione dei vuoti periurbani. Il degrado e la perdita di attrattività di alcune zone verranno incrementati dalla continuazione delle logiche di saturazione degli spazi liberi con edifici di scarsa qualità e usi incongrui. Soprattutto se si dovesse mantenere la situazione attuale di scarsità di servizi e attività. - Isolamento rispetto il centro storico. Uno sviluppo urbano incoerente potrebbe portare i quartieri periferici ad isolarsi sempre di più perdendo di attrattività, di qualità e d’identità. I quartieri periferici devono cercare di essere quanto più possibile indipendenti dal centro storico ma allo stesso tempo devono essere strettamente connessi alle sue funzioni. - Sovraccarico della rete viaria all’interno del centro storico. Senza interventi sulla mobilità il centro storico potrebbe diventare sempre più trafficato, inquinato e pericoloso con criticità evidenti attorno le principali polarità e accessi alla città.

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Di fronte ai cambiamenti economici, sociali, culturali ed ambientali in corso, le città sono ora chiamate a modificarsi (Rogers, 2000). Le città e il territorio sono enormi organismi in costante equilibrio ma al tempo stesso molto fragili, sono costantemente minacciati dall’attività antropica che li mette in forte crisi. L’espansione delle città e il conseguente spostamento verso la periferia delle attività lavorative, delle industrie e anche delle aree residenziali ha reso necessario il reimpiego di ampie zone al di fuori del centro abitato e non solo (un esempio lampante è l’ex ospedale). I modelli utilizzati fino a qualche anno fa basati sull’uso sconsiderato di suolo e risorse non vanno più bene e le città si trovano ora a doverne fare i conti, con la presenza di aree degradate, sottoutilizzate e dismesse (quelle che Rem Koolhass chiama Junkspace, 2006). È in questo contesto che l’azione di rigenerazione urbana costituisce la soluzione migliore alla risoluzione di questi problemi. Rigenerare significa riconvertire, migliorare, valorizzare in un’ottica di sostenibilità e di resilienza ambientale e sociale, di innovazione tecnologica e di incremento della biodiversità dell’ambiente urbano. Il concetto di rigenerazione urbana deve andare oltre i classici termini di riuso, riqualificazione e recupero. Essa deve determinare un accrescimento dei valori economici, culturali, sociali in un determinato contesto urbano. Inoltre, ci consente di realizzare una città più a misura d’uomo e di rilanciarne l’immagine, sotto tutti i punti di vista. Il tutto senza consumare ulteriore suolo e a tutela della sostenibilità ambientale. Dobbiamo entrare nella logica che le risorse di cui disponiamo in natura non sono infinite e che quindi vanno razionalizzate. Ogni anno vengono consumati ettari di terreni vergini per diversi motivi (produzione di energia, costruzioni, ecc.) apportando squilibri al sistema ambientale che poi si ripercuotono sul tessuto urbano delle città.

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Per gestire in modo intelligente gli ecosistemi urbani è necessario studiarne il metabolismo. Le città sono totalmente dipendenti dalle risorse esterne, le inghiottono ed espellono scarti e rifiuti. Rifiuti che poi vengono scaricati (anche per nostra negligenza) nell’ambiente circostante con evidenti effetti sulla qualità della vita degli abitanti, sull’ambiente naturale e sulla sfera economica. Il metabolismo urbano assume forme diverse, dall’inclusività all’ambiente, dall’innovazione tecnologica all’economia, tutte queste componenti devono essere messe in relazione per ottenere i migliori risultati possibili. Ogni trasformazione urbana lascia un’impronta ecologica sull’ambiente. L’analisi dei metabolismi urbani ci permette di ipotizzare strategie di sviluppo virtuose, e la rigenerazione sostenibile può e deve essere lo strumento adatto per raggiungere questi obbiettivi. Si tratta di sviluppare un’etica di responsabilità ecologica. Questo concetto è stato compreso, lo dimostrano le politiche e i progetti di trasformazione, rigenerazione e recupero urbano che gran parte dei paesi europei hanno messo in atto come risposta ai cambiamenti climatici e al consumo di suolo. La cultura dello “zero consumo” ha portato così a creare spazi più vivibili, attrattivi, in accordo con la natura e con le risorse del territorio. Le città si troveranno quindi sempre di più a dover collaborare sinergicamente con il territorio, non più sfruttando in maniera incontrollata le risorse che esso produce ma adottando modelli “circolari”, sostenibili, nel rispetto dell’ambiente e delle relazioni umane. Solo così potremo dare risposta all’eccessivo incremento demografico degli ultimi anni, ai cambiamenti climatici, alla mancanza di risorse limitando i danni sull’uomo, sulle infrastrutture e sulla città. Occorre quindi una riqualificazione ecosistemica e integrata degli spazi urbani e peri-urbani, occorre trovare soluzioni progettuali in grado limitare i consumi nel nome dell’efficienza. È proprio l’efficienza che deve essere raggiunta, è la sintesi progettuale che dovrebbe regolare ogni progetto e strategia di rigenerazione urbana.

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È quindi dato per assodato come le città di oggi debbano essere resilienti, devono cioè essere in grado di adattarsi ai cambiamenti in atto, devono essere capaci di riprendersi nei confronti delle varie emergenze urbane (cambiamenti climatici, immigrazione, povertà, inquinamento di acqua, aria e terra, pandemie) adottando modelli di sviluppo urbano basati sull’integrazione delle dimensioni della sostenibilità sociale, ambientale, finanziaria ed ecologica (Gasparrini, 2016). Gli esperti del settore ci stanno mettendo in guardia sul ruolo svolto dai cambiamenti climatici che oltre a produrre effetti metereologici estremi hanno introdotto radicali cambiamenti dell’habitat microbiologico, con effetti cumulativi per l’equilibrio dell’ecosistema e per la salute degli esseri umani. Umidità e temperatura, due delle principali caratteristiche del territorio ferrarese, influenzano pesantemente i cicli vitali dei microrganismi, batteri e virus, con conseguenze dirette sulla vita umana. Occorre per cui pensare ad una strategia di mitigazione e adattamento ai cambiamenti, dove le città svolgono un ruolo nevralgico verso la resilienza, la sostenibilità ecologica e la messa in sicurezza da rischi ambientali e sanitari (soprattutto in un territorio in costante equilibrio tra terra e acqua come quello ferrarese). La città resiliente è la risposta alla necessità di un ingente miglioramento della qualità ecologica, ambientale e della vita all’interno delle realtà urbane. All’interno di questo quadro, parchi, giardini, boschi urbani, orti urbani e aree di verde pubblico realizzati seguendo i criteri di un’effettiva accessibilità e fruibilità, della continuità ecologica, della funzionalità ecosistemica e del miglioramento della biodiversità consentono di mitigare gli effetti derivanti dal clima e dall’eccessiva cementificazione. Ma come evidenziato anche da Pier Luigi Cervellati (1991) spesso vi è un problema di governance: «esiste oggi una maggiore “coscienza” circa la problematica culturale e ambientale; tuttavia, la paura che la

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salvaguardia delle “risorse” possa nuocere allo sviluppo economico è ancora tale e tanta da indurre alla ricerca di criteri operativi che consentano di aggirarla, specie con gli interventi di pianificazione territoriale […] A tutti piacerebbe vivere in un parco ma la realtà economica e sociale e culturale lo impedisce». Inoltre, se l’ambiente peggiora, si diventa più poveri, in tutti i sensi. Occorre intervenire realizzando spazi e infrastrutture in grado di agire attivamente a situazioni estreme (Bertolini & Tagliavini, 2019). Non si tratta solo di progettare infrastrutture complesse, che sicuramente saranno di maggiore impatto, ma anche progetti puntuali che funzionando a cascata sappiano mitigare gli effetti in queste situazioni. Le varie soluzioni tecnologiche alle quali si attribuiscono comunemente significati di innovazione e risparmio possono sortire conseguenze assolutamente inefficienti e ben lontane dalle aspettative, se non sono accompagnate da una visione globale ed integrata delle strutture edilizie e dell’ambiente urbano in riferimento al contesto spaziale e climatico in cui si inseriscono. Ed è all’interno di questo dibattito che il concetto di Smart City è quanto più attuale (Claudel, 2017). Essa ci permette attraverso l’ottimizzazione delle infrastrutture (servizi, mobilità e comunicazione), dell’ambiente, dell’energie e del capitale umano di migliorare le prestazioni della città, di garantire uno sviluppo economico sostenibile, un’alta qualità della vita e una gestione sapiente delle risorse e del territorio. La Smart City è una città in cui le nuove tecnologie digitali, più in generale l’innovazione tecnologica, modellano lo spazio urbano, ottimizzando e migliorando le infrastrutture e i servizi per renderli più efficienti e duraturi. La tecnologia sta influenzando sempre di più anche lo spazio urbano e le relazioni umane. Quindi, il termine smart fa riferimento sì ad una città intelligente, ma più in generale ad una città sostenibile, inclusiva, sicura, efficiente ed innovativa, in grado di garantire un’elevata qualità della vita ai cittadini.

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Ci dev’essere cioè la consapevolezza che quante più invariabili sono presenti, tanto più quel territorio è qualificato. È pieno di segni e, dunque, di caratteri che devono essere protetti e salvaguardati.

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Riqualificare un vuoto urbano significa anche ristabilire quella “densità delle relazioni” spaziali, funzionali, economico-sociali e percettive che era andata perduta; densità di relazioni che è intimamente legata al concetto di città, specie di quella storica (Farinella, 2017, 102-123). Creare multifunzionalità è altra strategia chiave, oramai ampiamente riconosciuta, della riqualificazione urbana. Dobbiamo renderci conto che non possiamo più intervenire per compartimenti, la progettazione deve essere pensata per la collettività e non più per i favori del singolo individuo. Lo stesso discorso dovrebbe essere applicato anche agli edifici che devono essere quanto più possibili multiuso e modulabili. La multifunzionalità contraddistingue l’urbanità. Un altro aspetto da tenere in considerazione è quello della socialità urbana. In una società sempre più chiusa, dove vengono eretti muri, dove si disprezza il diverso e basata sulla costruzione di relazioni virtuali, la socialità urbana costituisce un elemento di rilancio per la città. Questa pandemia ha messo ancor più in evidenza come le persone sentano il bisogno di incontrarsi, di socializzare, desiderano il contatto umano, vogliono vivere la città. Il tema del digitale, forse troppo abusato negli ultimi anni, assume così un ruolo rilevante nella gestione degli spazi urbani e delle relazioni umane. Una società aperta produce effetti positivi a lungo termine, è più aperta ai cambiamenti. Servono comunità urbane più sane, sostenibili e giuste. In passato l’espansione delle città prevedeva la suddivisone del territorio in ambiti funzionali specifici, ogni zona era destinata a svolgere un determinato ruolo (lavoro, residenza, svago). Oggi è invece il concetto di rete a creare legami nuovi e trasversali nella crescita delle città. Facendo coesistere aspetti funzionali e sociali, le attività vengono integrate in maniera da convivere simultaneamente all’interno di una logica progettuale plurifunzionale, dove la relazione tra vita pubblica, sociale e lavorativa e quella privata acquistano nuove conformazioni, indipendenti dal luogo e legate piuttosto ai nuovi modi di usare lo spazio. 220

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Le politiche di rigenerazione danno quindi anche l’opportunità alle città di ristabilire relazioni che nel tempo si erano perdute (Farinella, 2007). La rigenerazione urbana poggia su alcuni pilastri “sociali” di seguito mostrati. - Identità. Lavorare sull’identità storica della città attraverso la valorizzazione dei luoghi urbani ed architettonici, ma anche attraverso progetti di riscoperta di situazioni e spazi che la modernità aveva alterato. - Mixitè. Favorire la presenza contemporanea di funzioni e relazioni pubbliche e private, creando un’ambiente urbano caratterizzato da una grande diversità sociale della popolazione. - Accessibilità. Bisogna evitare quanto più possibile la costruzione di barriere facilitando invece la mobilità pubblica attraverso diversi metodi di trasporto sostenibile. - Partecipazione. Municipalità, cittadini, enti locali e privati devono essere tutti coinvolti nei processi di decision-making. È questo uno dei caratteri fondamentali della pianificazione strategica e dei progetti di rigenerazione urbana. - Partnership. L’alternanza di azioni pubbliche e private garantisce la qualità dei progetti, soprattutto se queste due componenti sono in grado di collaborare per un bene comune. La qualità può essere ricercata nella varietà di spazi pubblici, nella ricchezza delle relazioni e nella diversità del paesaggio urbano circostante, come evidenziato da Marchigiani (2009). Quando parliamo di spazi pubblici non ci riferiamo ad un singolo spazio come una piazza, ma parliamo di giardini, parchi, infrastrutture, percorsi, relazioni alle diverse scale e continuità con l’obbiettivo di rendere l’esperienza di tutti i giorni più frendly. Dall’analisi di esperienze urbane, possiamo dire che non sempre buone politiche urbane siano sufficienti per garantire una città bilanciata ed organizzata.

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Gli spazi pubblici aperti non riguardano solo il centro storico e non assumono sempre le forme di una piazza o giardino. A volte possono essere piccoli interventi, altre grandi interventi. A volte gli interventi sono di breve termine, altre di lungo termine. Il tema principale è cosa succede ai bordi (gli spazi di soglia), che si devono relazionare con il contesto urbano. Gli spazi pubblici devono essere di diverse tipologie e con diversi caratteri ed essere in grado di connettere la città compatta con il paesaggio circostante, la città storica con la città moderna, stabilendo e rafforzando relazioni alle diverse scale. Come sottolineato da Micheal Walzer, «Lo spazio aperto è flessibile, può assolvere a molteplici funzioni. […] In questi spazi siamo pronti a scambiare sguardi e incontri, cioè essere partecipi della vita comune. Essi uniscono le diverse parti della società, ci danno qualcosa in più».

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Di seguito verranno presentati in maniera sintetica quattro progetti che esemplificano il tema della rigenerazione urbana in tutti i suoi aspetti: identità storica, socialità urbana, multifunzionalità, resilienza e sostenibilità. In particolare, i progetti mostrati si rifanno principalmente parchi urbani, forse l’elemento che oggi è maggiormente in grado di inglobare e “mettere a rete” i valori appena descritti. Rispetto al passato, il ruolo e il significato del parco sono cambiati e continuano a cambiare. Oggi il parco è uno spazio di incontro, di discussione, di osservazione tra persone di culture, età e origini diverse e assume un forte carattere sociale (Spinelli, 2008). L’area di progetto presenta tutte le caratteristiche necessarie par assumere le sembianze di un parco multifunzionale. I progetti esaminati costituiscono dei riferimenti progettuali per raggiungere l’obbiettivo prefissato dal lavoro di tesi, realizzare un parco universitario, che valorizzi i vuoti urbani e rigeneri quelli pieni, che punti a essere resiliente e multifunzionale, che non ignori il passato del luogo e che contribuisca a dare una chiara struttura spaziale alla città, in cui l’Università diventa un elemento chiave.

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Luogo: Torino, Italia Anno di realizzazione: 2004 - 2012 Team di progetto: Latz + Partner, STS S.p.A., Bologna, Ing. V. Cappato, Torino, Arch. C. Pession, Torino, U. Marano; Cetara, Pfarré Lighting Design Destinazione d’uso precedente: Sito industriale Destinazione d’uso attuale: Parco pubblico Superficie: 37 ha Il Parco Dora è un parco postindustriale che nasce dai grandi stabilimenti produttivi della Fiat e della Michelin presenti fino agli anni ’90 nell’area di Spina 3 e poi dismessi (Comune di Torino, 2021). Il parco, attraversato dal fiume Dora da cui prende il nome, costituisce uno dei più vasti polmoni verdi della città. Il progetto, inserito nel più ampio intervento di “Torino Città d’Acque”, è stato suddiviso in 5 lotti (Vitali, Ingest, Valdocco, Michelin e Mortara) ognuno dei quali integra ambienti naturalistici e preesistenze derivanti dal passato industriale della zona, oggi conservate e rifunzionalizzate. La storia industriale del luogo costituisce la componente principale attorno a cui ruota l’intero progetto, alcuni evidenti esempi sono la conservazione della “tettoia di strippaggio” e il “muro del parco rottami”, resti delle fabbriche preesistenti. All’interno del parco la lussureggiante vegetazione ha invaso quasi pienamente l’ambiente artificiale: sono presenti diverse attività culturali e di svago, come giardini acquatici, orti urbani, parco giochi, spazi per eventi e multifunzionali, ma anche spazi di socializzazione e contemplazione. Lo stesso fiume è stato oggetto di valorizzazione mediante la riqualificazione delle sponde e risulta accessibile in certi tratti.

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Diversi percorsi ciclopedonali attraversano il parco e lo connettono con il tessuto urbano circostante aprendo scorci visuali eccezionali sul paesaggio delle Alpi. In continuità con il Parco Dora si trova inoltre il parco scientifico tecnologico per l’ambiente Environment Park, progettato da Emilio Ambasz, caratterizzato da quattro strutture parallele con coperture verdi e rampicanti, secondo i principi bioclimatici e di contenimento dei consumi energetici. In un certo senso la valle verde del Parco Dora attraversa il parco tecnologico per poi evolversi vero l’alto attorno gli edifici per la ricerca. I principi del metabolismo circolare sono resi evidenti dal sistema di raccolta dell’acqua piovana presente nel parco. L’identità storica del luogo è stata rispettata ed utilizzata per connettere parti del tessuto urbano che la presenza dell’industria aveva separato.

Luogo: Forlì, Italia Anno di realizzazione: 2003 - In corso (fine prevista 2022) Team di progetto: Lamberto Rossi Associati, Cogest srl Destinazione d’uso precedente: Ospedale Destinazione d’uso attuale: Campus universitario Superficie: 9 ha Il progetto di rigenerazione urbana (a zero consumo di suolo) nasce della riconversione dell’ex ospedale in un complesso di padiglioni dei primi anni del 1900 situato nella corona più esterna del centro storico. Per posizione e rilevanza ambientale, il progetto rappresenta un’opportunità per stabilire nuove relazioni e un nuovo equilibrio tra città storica ed espansioni contemporanee (Lamberto Rossi Associati, 2017). Gli obbiettivi che l’intervento si pone sono essenzialmente tre: fare dell’università un “ponte” tra passato e futuro della città, restituire alla

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comunità cittadina un sito di rilevanza ambientale, connotare il rinnovamento avvenuto a Forlì con l’insediamento di un nuovo polo universitario, concepito come nodo centrale di un sistema più ampio che comprende altri poli primari e secondari distribuiti all’interno della città. Il progetto prevedeva la demolizione dei fabbricati considerati incongrui, ripristinando la trasparenza tra i corpi di fabbrica e le gerarchie tra le corti. Gli edifici di pregio sono stati invece restaurati e riorganizzati con nuove funzioni di carattere universitario e amministrativo. L’intervento più importante riguarda il nuovo modulo centrale a forma di “trefolo” che serve i nuovi blocchi destinati alla didattica e si conclude con l’aula magna, nonché nuovo ingresso principale del campus dalla città contemporanea. La metafora architettonica del “trefolo” è la rappresentazione delle diverse funzioni universitarie che si intrecciano creando un luogo dinamico: ricerca, didattica e alta formazione. Sia i vecchi che i nuovi edifici, la cui costruzione è terminata nel 2014, sono inseriti all’interno di un vasto parco che apre alla città questo settore urbano prima chiuso in sé stesso. Insieme all’abbattimento del recinto ospedaliero, il parco si presenta come un luogo permeabile, fortemente integrato nella realtà urbana e accessibile da tutta la comunità cittadina. Il progetto si configura così come una “promenade urbana”. L’ultima fase del progetto si concluderà nel 2022 con la realizzazione dei servizi del parco e la piantumazione di nuove alberature.

Luogo: Berlino, Germania Anno di realizzazione: 2008 - 2014 Team di progetto: Atelier LOIDL, Architekt Acker Destinazione d’uso precedente: Area ferroviaria Destinazione d’uso attuale: Parco pubblico Superficie: 36 ha 228

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La zona ferroviaria chiamata “Gleisdreieck”, una giunzione ferroviaria risalente ai tempi della Germania Est situata nel cuore di Kreuzberg, è rimasta per anni inaccessibile (Wikipedia, 2021). Il luogo è stato vittima per diversi anni di dibatti e discussioni per discuterne il suo futuro senza però mai giungere a nessuna conclusione, questo ha portato alla crescita spontanea della vegetazione tra i resti dell’ambiente artificiale. L’obiettivo principale dei progettisti era reintegrare questo pezzo di terra all’interno della struttura urbana, operando il minimo sindacale in ricordo del luogo storico, migliorandone l’accessibilità e garantendone una buona biodiversità. Il progetto mette volutamente in contrasto i terreni incolti (ma fioriti spontaneamente, come la foresta urbana) con quelli vegetali artificialmente costruiti. Si sono così venuti a creare tanti scenari “poetici” definiti “un’imprevista riserva di biodiversità”: prati, boschetti, orti botanici, giardini, terrazze, aree sportive per skater, yoga e pingpong, piazzette e il Rosenduftgarten interculturale, un giardino-orto dove la comunità si ritrova. Tra la fitta vegetazione si trovano i relitti della ferrovia, binari ricoperti di muschi circondati da betulle, alcuni ancora attivi. È evidente come la stratificazione degli anni e il miscuglio di spazi aperti e costruiti costituisca la vera base del progetto. All’interno del parco sono inoltre presenti diversi percorsi ciclopedonali. Il processo di pianificazione ha visto un forte coinvolgimento delle comunità cittadina, attraverso suggerimenti e critiche (a tal punto da dover rivedere completamente il progetto iniziale). Il progetto riorganizza gli spazi di natura evolutiva con le infrastrutture dismesse in un parco urbano multifunzionale e per tutte le età.

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Luogo: Monaco di Baviera, Germania Anno di realizzazione: 1997 - 2005 Team di progetto: Latitude Nord, architetti del paesaggio, DPLG Destinazione d’uso precedente: Aeroporto Destinazione d’uso attuale: Parco pubblico Superficie: 20 ha Il Riemer Park è un’ampia zona verde senza confini che si estende fino alle Alpi, ubicata nel bacino del fiume Isar, ed occupa l’area dove in passato sorgeva il vecchio aeroporto di Monaco (De Poli, 2014, 120-123). La disposizione dei vari spazi del parco e delle masse vegetazionali presenti al suo interno segue la direzione dei venti e il modello di paesaggio costruito esistente, caratterizzato da proporzioni e destinazioni d’uso contrastanti: grandi campi coltivati, periferie urbane residenziali e commerciali, lotti edificabili e infrastrutture viarie. Gli spazi interni al parco vengono definiti da un vario sistema di vegetazione (boschetti, masse arboree, filari, siepi, tutti di specie autoctone) che crea prospettive molto profonde, spazi aperti accessibili e percettibili e si presta ad una vasta gamma di usi. Il ritmo della vegetazione e della topografia insieme all’alternanza tra vuoti e fasce boscate costituiscono la vera struttura del parco e facilitano la comprensione delle variazioni di scala e del paesaggio. Ed è su questo sistema di spazi e assi visuali a cui poi si sovrappone la rete di circolazione ciclopedonale. Inoltre, nel parco è presente un lago balneabile, un importante luogo di incontro e di attività, che svolge anche il ruolo di protezione rispetto ai terreni coltivati. Infine, un’area ricreativa lunga 180 metri funge da elemento di transizione tra la città e il parco. Il parco, oltre a essere lo strumento di rigenerazione di un’area dismessa, costituisce l’elemento di connessione naturale tra i vari ambienti urbani confinanti. 232

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In seguito all’analisi esaustiva alla scala sia territoriale che cittadina dell’ambiente urbano, delle sue caratteristiche e delle sue relazioni, possiamo dire come Ferrara sia una città fortemente segnata, e per certi versi anche vincolata, dalla presenza dell’Università. Il suo processo di sviluppo e valorizzazione, iniziato a partire dagli anni ’80 con il Progetto Mura, continua inesorabile tutt’ora cercando nuovi modelli evolutivi, seguendo le dinamiche che la società contemporanea le impone. Un sistema universitario che, ad oggi, si presta a diventare sempre più un polo attrattivo per l’intero territorio nazionale grazie alle reti che ha saputo realizzare con le altre città universitarie del territorio, ma anche con le prerogative stesse della città, soprattutto storiche, culturali ed ambientali. Lo slogan adottato di “Ferrara città universitaria” ci dimostra come la città abbia un forte potenziale per essere collocata tra le città italiane che hanno saputo fare delle relazioni città-università un aspetto vincente per la pianificazione urbana. Questo ambiente fervente che si è venuto a creare ha portato l’Università a dipendere dalla città e la città a dipendere dall’Università attraverso uno scambio reciproco di esperienze e sensazioni. Questa crescita positiva, di studenti e di prestigio, però, ha portato l’Università a rivedere i propri obbiettivi, in un’ottica di competizione nazionale. L’ateneo mostra alcune evidenti carenze, come la mancanza di alloggi universitari, aule per la didattica, spazi per lo studio e laboratori. Un problema più di fondo è invece la mancanza di un disegno omogeneo, un sistema universitario complessivo che sia in grado di integrare le strutture universitarie con il sistema di piazze, spazi verdi, percorsi e luoghi culturali che la città ha da offrire.

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8. LA STRATEGIA URBANA


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Oggi le strutture universitarie dialogano si con il tessuto urbano, come mostrato nei capitoli precedenti, ma si mostrano come poli a sé stanti indipendenti dagli altri, non collocati in un sistema unitario di spazi e percorsi (se non in alcuni casi non sempre chiaramente evidenti) di cui anche la città potrebbe giovarne. Alcune opportunità di rigenerazione urbana all’interno del centro storico, come la Caserma Pozzuolo del Friuli e il quartiere San Rocco, così come alcuni percorsi nascosti tra l’abitato potrebbero risultare utili a questo scopo, recuperando i caratteri identitari di questi luoghi. Contemporaneamente, la città offre un background di caratteristiche storiche, culturali e paesaggistiche a cui l’Università può e deve fare affidamento per valorizzare la propria immagine complementarmente a quella della città stessa. Ferrara vuole mantenere il suo ruolo strategico di città della cultura, del turismo, della natura che l’ha sempre contraddistinta negli anni passati. Oggi tra le pieghe del tessuto urbano storico sono presenti una grande varietà di spazi naturali, come parchi, giardini, orti, ma anche edifici storici come chiese, musei, palazzi che rappresentano una grande ricchezza sociale ed economica per il paesaggio urbano. Diverse associazioni e numerosi progetti di carattere europeo contribuiscono a rendere l’ambiente cittadino attrattivo ed inclusivo, aperto ai cambiamenti in corso offrendo diverse opportunità di pianificazione urbana. Però, allo stesso tempo, troviamo un tessuto anonimo ed eterogeneo che caratterizza gran parte dell’ambiente periurbano, al cui interno troviamo percorsi ciclopedonali frammentati, ampi spazi vuoti, quartieri da rigenerare e una ridotta presenza di servizi a favore dei cittadini. Diverse barriere infrastrutturali e non impediscono la corretta fruizione del paesaggio e distorcono la percezione del luogo. Tutti fattori che impediscono l’emersione dei caratteri identitari e dei punti di forza di questi luoghi, che invece rimangono latenti e celati ai cittadini. L’Università può quindi diventare lo strumento in grado di far riemergere queste particolarità e di connettere queste due entità operando sulle qualità e sulle opportunità offerte da questi luoghi. 238

8. LA STRATEGIA URBANA


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Infine, gli scenari e le tendenze evolutive ci spingono ad intervenire su questi fattori, generando luoghi resilienti e camaleontici, che siano in grado di adattarsi alle trasformazioni ambientali in corso, che siano in grado di ristabilire quella densità di relazioni spaziali, economiche e sociali un tempo esistenti e che siano in grado di offrire nuovi spazi moderni e smart al passo con i tempi. Tutti queste riflessioni ci portano a operare seguendo diverse linee guida, le stesse anticipate dal PSC, in cui l’Università può diventare l’ingranaggio fondamentale per metterli in atto: lavorare sulla città esistente, compattandola, operando tra le pieghe della città, esportare esternamente la qualità e la vitalità che caratterizza il centro storico, stabilire reti e connessioni per riconsegnare una città coesa e inclusiva. La proposta di tesi si interroga quindi su come l’Università, sfruttando le peculiarità del luogo, possa interagire con l’ambiente urbano circostante, portando benefici ad entrambi le parti. La realizzazione di un parco universitario, con tutto ciò che ne concerne, ci consente così di creare quel sistema integrato ricercato che sia accessibile a tutte le componenti cittadine e che sia un valore aggiunto per la città e l’Università stessa. La strategia, quindi, non fa che ipotizzare uno scenario futuro per questo settore, inglobando l’Università, il patrimonio storico e l’ambiente naturale circostante, rispetto a obbiettivi di base prestabiliti, dimostrando come modernità e tradizione possano perfettamente convivere.

240

8. LA STRATEGIA URBANA


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Sulla base delle caratteristiche del luogo, sulle opportunità e sui rischi previsti di un possibile intervento e sulla base delle considerazioni progettuali emerse nei paragrafi precedenti, si è deciso di proseguire individuando quattro linee guida (finalità). Ogni linea guida, riflettendo un campo specifico di intervento, individua una macro-azione generale, improntata alla definizione della strategia progettuale: realizzare un sistema universitario integrato con le componenti storiche, naturali e culturali del luogo. Le quattro finalità principali sono: il sistema ecologico, valorizzare il patrimonio paesaggistico e la rete ecologica urbana; il sistema universitario, integrare i servizi universitari con il sistema di funzioni e relazioni urbane; il sistema delle connessioni, connettere il tessuto periurbano con la maglia della città storica; il sistema della collettività, rivitalizzare la socialità e le caratteristiche di quartiere. Ad ognuna di queste finalità corrispondono determinati obbiettivi, il cui raggiungimento è possibile solo attraverso il compimento di specifiche azioni, alcune puntuali e altre di carattere generale, localizzate in parte dentro e fuori le mura. La prima linea guida consiste nel valorizzare le tracce naturali storiche del luogo e la rete ecologica “minore”, cioè riconoscendo sia quelle forme di verde urbano più minute del centro storico che quelle più ampie del tessuto periferico. Per raggiungere questo scopo sono stati individuati due obbiettivi: potenziare le aree verdi di aggregazione e di svago (la rete principale di fruizione del verde) e realizzare nuove infrastrutture verdi (la rete secondaria, di collegamento e mitigazione). Per portare e termine il primo obbiettivo si rende necessaria la realizzazione di un vasto parco attrezzato “di cintura” attorno alle mura di grande biodiversità, composto da aree umide, boschi di regolazione e terreni agricoli per la produzione di cibo, l’apertura al pubblico di parchi e

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8. LA STRATEGIA URBANA


IL SISTEMA ECOLOGICO

Valorizzare il patrimonio paesaggistico e la rete ecologica urbana

POTENZIARE LE AREE VERDI DI AGGREGAZIONE Realizzazione di un parco attrezzato attorno alle mura di grande biodiversità Avvio di processi di riforestazione, rinaturalizzazione e mitigazione ambientale lungo via Caretti Apertura al pubblico di giardini e parchi dei poli culturali e universitari della città storica

REALIZZARE NUOVE INFRASTRUTTURE VERDI Caratterizzazione degli assi viari principali attraverso la piantumazione di essenze purificatrici Realizzazione di un percorso ecologico, culturale ed interattivo che segua tutto il perimetro murario Creazione di una maglia alberata e di rain gardens di connessione tra cunei agricoli, aree verdi e abitato

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giardini di pertinenza degli edifici storici, comprese le aree del Polo Biomedico e della caserma in modo da rendere queste zone maggiormente accessibili a tutti gli interessati, e contemporaneamente, avviare processi di riforestazione, rinaturalizzazione e mitigazione ambientale attorno ad alcune aree urbane critiche, tra cui via Caretti, oltre che di fitorimedio dei suoli. Il secondo obbiettivo è invece raggiungibile attraverso la caratterizzazione delle infrastrutture verdi: valorizzare gli assi viari principali attraverso la piantumazione di essenze purificatrici per contrastare l’inquinamento urbano e mantenere la continuità dell’ombra, la realizzazione di un percorso ecologico, culturale e interattivo lungo tutto il perimetro murario, la creazione di una maglia alberata e di rain gardens di connessione tra i cunei agricoli, le aree verdi attrezzate e l’abitato, e il potenziamento dei servizi ecosistemici. Il sistema universitario costituisce la base per definire quella struttura di spazi e percorsi precedentemente dichiarato, attraverso l’integrazione dei servizi universitari con il sistema di funzioni e relazioni urbane esistenti. Gli obbiettivi che si pongono alla base di questa visione sono l’implementazione dei servizi e delle strutture mancanti e la riorganizzazione del Polo Universitario Ospedaliero, vero progetto di bandiera di tutta la strategia progettuale. Le azioni per definire questo sistema universitario capillare sono varie: realizzare nuovi edifici residenziali, commerciali e ricreativi a servizio degli studenti, realizzare centri culturali e di ritrovo aperti tutti i giorni accessibili sia alla componente accademica che cittadina, definire una rete di connessioni culturali (museali e non), di spazi verdi e percorsi ciclabili preferenziali tra i vari poli della didattica, musei e giardini, recupero degli edifici di valore storico-architettonico (tra cui il complesso universitario di via Savonarola e le strutture universitario-ospedaliere del quartiere San Rocco) proseguendo i progetti di rigenerazione urbana in corso, demolizione degli edifici incongrui con aule studio, laboratori e servizi per la didattica, e apertura a spazio pubblico dell’area del Polo Biomedico per mostre e iniziative. 244

8. LA STRATEGIA URBANA


IL SISTEMA UNIVERSITARIO

Integrare i servizi universitari con il sistema di funzioni e relazioni urbane

IMPLEMENTARE SERVIZI E STRUTTURE MANCANTI Inserimento di nuovi edifici residenziali (studentati) e commerciali a servizio della comunità studentesca Realizzazione di centri culturali e di ritrovo aperti tutti i giorni a servizio degli studenti e dei cittadini Definizione di una rete di connessioni culturali e ciclabili tra i vari poli universitari, musei e giardini

RIORGANIZZARE IL POLO UNIVERSITARIO OSPEDALIERO Demolizione degli edifici incongrui sostituendoli con laboratori, aule e servizi per la didattica Recupero degli edifici di calore storico-architettonico proseguendo i progetti di rigenerazione già attivi Apertura a spazio pubblico dell’area del Polo Biomedico per mostre e iniziative

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L’apertura dei poli universitari al pubblico consente di vivere al meglio queste aree, aumentando la ricchezza di relazioni sociali e le modalità di fruizione dello spazio urbano secondo una logica multifunzionale. Con il sistema delle connessioni invece si vuole intervenire per rapportare il tessuto eterogeneo periurbano con la maglia compatta del centro storico, attraverso un miglioramento del dialogo tra le varie aree urbane (con interventi puntuali in alcuni nodi critici) e favorendo l’uso di sistemi di spostamento sostenibile sul territorio. Il dialogo tra i diversi isolati può essere incrementato attraverso il potenziamento degli accessi al centro storico quali luoghi di frequentazione e snodo (un esempio evidente ma anche “drastico” sarebbe l’apertura dei fornici cementificati in corrispondenza del sedime dell’ex baluardo di San Rocco), la privatizzazione di parte di via Rampari San Rocco in modo da espellere quanto più possibile il traffico urbano da queste zone e ricucire lo spazio compreso tra il Polo Universitario Ospedaliero e le mura, e il superamento delle barriere fisiche e visuali, come strade, mura e fabbricati incongrui, attraverso la realizzazione di sottopassaggi e sovrapassaggi. Per portare a termine questo obbiettivo è altresì necessario favorire l’uso di sistemi di mobilità sostenibile riducendo al minimo l’utilizzo del mezzo privato. Proprio per questo motivo si rende necessaria la costruzione di nuovi itinerari turistici e percorsi ciclopedonali di collegamento est-ovest e nord-sud terminando la rete ciclabile nei quartieri periferici, la definizione di aree di parcheggio interrate e di interscambio ai margini della città storica in modo spostare il traffico urbano quanto più lontano possibile dall’ambiente urbano e la gerarchizzazione dei diversi sistemi di mobilità cittadina separando i vari itinerari e caratterizzandoli con servizi, segnaletiche, materiali ed alberature opportune. Infine, l’ultima linea progettuale consiste nel rivitalizzare l’ambiente urbano, recuperando quelle relazioni sociali, esperienze civiche e caratteristiche identitarie dei luoghi che nel tempo si sono perdute.

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8. LA STRATEGIA URBANA


IL SISTEMA DELLE CONNESSIONI Connettere il tessuto urbano e periurbano

MIGLIORARE IL DIALOGO TRA AREE URBANE Potenziamento degli accessi al centro storico quali luoghi di frequentazione e snodo Privatizzazione di parte di via Rampari San Rocco ricucendo gli spazi tra il polo universitario e le mura Superamento delle barriere fisiche e attraverso sottopassaggi e sovrapassaggi

visuali

FAVORIRE L’USO DI SISTEMI DI MOBILITÀ SOSTENIBILE Costruzione di nuovi itinerari turistici e percorsi ciclopedonali di collegamento E-O e N-S Definizione di aree di parcheggio interrate e di interscambio ai margini della città storica Gerarchizzazione dei diversi sistemi di traffico attraverso la separazione dei vari itinerari

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All’interno di questo ambito di intervento sono due gli obbiettivi fondamentali che devono essere raggiunti: Creare nuovi spazi pubblici aperti e flessibili a servizio dei cittadini, consci che non è più possibile agire per compartimenti ma che dobbiamo invece parlare di multifunzionalità, mixitè e socialità urbana, e valorizzare i caratteri identitari della città lavorando sulla riscoperta di spazi e situazioni che la modernità aveva alterato. Nel primo caso, alcune delle azioni previste sono: la costruzione di un asilo nido, una scuola elementare e una scuola media attualmente mancanti nei quartieri esterni alle mura, l’introduzione di attività culturali, laboratoriali ed espositive permanenti in varie sedi dislocate in tutto il settore di studio (compreso il parco del Montagnone) e la realizzazione di centri urbani per informare e rendere partecipe la popolazione sulle iniziative in atto. Nel secondo caso, invece, è previsto il potenziamento del sistema degli orti urbani quale elemento caratteristico del luogo e punto di ritrovo e di socialità, la valorizzazione degli elementi storico-culturali come i baluardi, i monumenti e gli edifici storici (tra cui il Jazz Club) e la definizione di scorci visuali tra l’interno e l’esterno delle mura ma anche lungo gli assi viari principali, in modo da avere una chiara percezione dello spazio che ci circonda.

248

8. LA STRATEGIA URBANA


IL SISTEMA DELLA COLLETTIVITÀ

Rivitalizzare la socialità e le caratteristiche di quartiere

CREARE NUOVI SPAZI PUBBLICI PER I CITTADINI Costruzione di un asilo nido, una scuola elementare e una scuola media nei quartieri esterni alle mura Introduzione di attività culturali ed espositive permanenti a servizio del parco del Montagnone Realizzazione di centri urbani e laboratori per informare la popolazione

VALORIZZARE I CARATTERI IDENTITARI DELLA CITTÀ Potenziamento del sistema degli orti urbani quale elemento identitario di ritrovo e socialità Valorizzazione degli elementi identitari del luogo come i baluardi e gli edifici storici (Jazz Club) Definizione di scorci visuali tra l’interno e l’esterno delle mura e lungo gli assi principali

249


I quattro sistemi individuati possono essere riassunti in quelle che vengono definite “fasi strutturali di progetto”, ovvero comuni ambiti di intervento che dovranno essere messi a sistema tra loro, cercando di capire quali abbiano una maggiore importanza e quindi una “precedenza progettuale” rispetto agli altri. Per ciascuno degli ambiti proposti si è cercato di definire i possibili attori coinvolti, pubblici e privati, e, sebbene sia difficile prevedere nello specifico delle chiare fasi di sviluppo in un’ottica temporale, anche di delineare una serie di priorità di intervento. Per ogni priorità si è cercato di stabilire un lasso temporale entro cui portare a termine gli interventi preposti ma con una piccola premessa: le tempistiche individuate cercano in qualche modo di riflettere quelle tipiche della pianificazione urbana italiana, consapevoli però che una buona governance e gestione di questi processi ci permetterebbe di portare a termine questi interventi in tempi più stretti. Il primo passo per il raggiungimento della visione progettuale predetta consiste nel potenziare e riqualificare l’intera rete ciclopedonale, stabilendo così sin dal principio un forte legame tra i servizi presenti e futuri. I principali interventi riguardano la realizzazione di percorsi ciclabili lungo le principali vie storiche (corso della Giovecca e corso Porta Mare), la realizzazione di percorsi capillari di collegamento tra i vari poli universitari e culturali e quelli di connessione tra centro e periferia. In questa maniera si auspica di migliorare la mobilità cittadina al fine garantire una migliore circolazione della “conoscenza” sul territorio e al tempo stesso rafforzare le attività economiche e sociali lungo questi itinerari. Le connessioni sono il primo passo per creare una società ricca e coesa. I principali soggetti coinvolti sono il Comune di Ferrara e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo (MiBACT), in quanto le aree prese in considerazione sono tutte di proprietà pubblica, alcune anche di

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8. LA STRATEGIA URBANA


valore storico, ma anche privati che collaborando con i soggetti pubblici possono generare itinerari specifici per determinati quartieri. Il tempo limite previsto per il completamento della rete della mobilità e dell’accessibilità urbana è di circa 3 anni. La seconda priorità, complementare alla prima, consiste nel definire e valorizzare la rete ecologica di spazi pubblici e privati, mediante la creazione di infrastrutture verdi innervate nella maglia urbana, l’apertura al pubblico dei sistemi esistenti, tra cui i poli universitari e culturali, e l’individuazione degli spazi attrezzati, umidi ed agricoli previsti dalla strategia progettuale. La definizione di un sistema di verde integrato, la struttura portante del masterplan di intervento, è un passo fondamentale per attuare la strategia di parco universitario e mitigazione ambientale precedentemente descritta. Anche in questo caso gli attori coinvolti sono soprattutto soggetti pubblici, nello specifico, il Comune di Ferrara e il MiBACT per quanto riguarda i grandi spazi verdi attrezzati ed agricoli all’interno della città storica e nei quartieri periferici. Al tempo stesso possono essere coinvolti anche attori privati e comitati/associazioni a cui è possibile affidare ad uso temporaneo alcune porzioni di terreni per la pratica degli orti urbani, di spazi ricreativi o per attività laboratoriali. Per il completo compimento della rete ecologica del verde urbano le azioni saranno da protrarsi nel tempo, con costanza e dedizione (spesso è proprio la fase di gestione che manca), non lasciando al degrado le zone più critiche, per un tempo variabile ipotizzato di circa 15 anni. Con la terza priorità si va ad agire sui fabbricati incongrui demolendoli, trasferendoli o rinnovandoli nel caso sia riscontrabile un valore storicoarchitettonico o delle potenzialità future, come i complessi universitari di via Savonarola, partendo dalle zone più strategiche della città, come l’ex ospedale, la caserma e i fabbricati locati a ridosso della cortina muraria. In questo caso i soggetti coinvolti sono essenzialmente attori pubblici, in particolare il Comune di Ferrara (ad esempio attraverso la promozione di

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Rete ciclopedonale Rete ecologica Fabbricati incongrui Nuovi servizi 3

0

RETE CICLOPEDONALE

RETE ECOLOGICA

Il primo passo consiste nel potenziare l’intera rete ciclopedonale, stabilendo così una forte connessione tra i vari servizi presenti e futuri

In contemporanea è prevista la valorizzazione e la definizione di tutti gli spazi verdi e agricoli di progetto, azioni che saranno da protrarsi nel tempo.

252

Comune

Mibact

Privati

8. LA STRATEGIA URBANA

6

Comune Mibact

Privati Comitati


FASI STRUTTURALI DI PROGETTO

12

9

FABBRICATI INCONGRUI

NUOVI SERVIZI

Successivamente verranno demoliti gli edifici incongrui e rinnovati quelli aventi potenzialità, partendo dai servizi più importanti e strategici

L’ultimo step prevede la realizzazione dei nuovi servizi e funzioni mancanti, seguendo come “progetto di bandiera” il polo biomedico-universitario.

Comune Mibact

Ausl

Acer

15

Comune

Unife

Ausl

Privati Comitati

253

Acer


una Società di Trasformazione Urbana, STU, per la riqualificazione di determinati fabbricati), il MiBACT, l’Azienda Unità Sanitaria Locale (AUSL) e l’Azienda Casa Emilia-Romagna (ACER), gli ultimi due nel caso di edifici residenziali o ex ospedalieri nel quartiere San Rocco. Il tempo previsto per la demolizione e il restauro dei fabbricati individuati si attesta sui 5 anni. Parallelamente alla demolizione degli edifici incongrui si svolge la quarta e ultima priorità di intervento, realizzare le nuove strutture e i servizi a favore della comunità cittadina ed universitaria, seguendo come progetto di bandiera la riorganizzazione del Polo Biomedico Universitario. Verranno quindi costruiti in questa fase nuovi edifici che andranno ad ospitare sia funzioni pubbliche, come centri urbani, spazi espositivi, laboratori, ambulatori e scuole dell’obbligo, sia private, come alloggi per studenti e aule per lo studio e la didattica. In questo caso il numero di attori coinvolti, sia pubblici che privati, è molto ampio e variabile: il Comune di Ferrara, l’Università degli Studi di Ferrara, l’AUSL di Ferrara, Acer, l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara per quanto riguarda gli interventi di maggior importanza nell’economia progettuale, soggetti privati, associazioni e comitati, invece, per quanto riguarda gli interventi puntuali come la realizzazione di laboratori di quartieri e centri culturali. Il tempo previsto per portare a termine questo filone progettuale è di circa 5 anni.

254

8. LA STRATEGIA URBANA


255


Il processo di rigenerazione urbana attutato in questo ambito di studio, che ci ha portato alla definizione di un sistema capace di integrare le attività universitarie con l’insieme di spazi verdi, luoghi culturali e percorsi urbani, deve essere considerato un atto strategico per l’intera città sia dal punto di vista economico che sociale. Esso ci permette non solo di valorizzare le funzioni e le relazioni di questi luoghi, ma anche di rafforzare l’immagine globale della città, mostrando una società rispettosa dell’ambiente, legata alle sue origini, attenta alla formazione dei suoi studenti e alle necessità dei propri cittadini. Entrando nello specifico, la strategia progettuale identifica in un “percorso universitario” la spina portante di un più ampio sistema di spazi verdi, percorsi ciclabili e funzioni universitarie a servizio degli studenti e dei cittadini. “L’anello universitario” individuato, idealmente connesso con il resto della città, percorre tutto il perimetro murario per poi chiudersi, per una questione progettuale, in corrispondenza di corso Ercole I d’Este. Lungo questo tragitto si diramano una serie di percorsi trasversali ciclopedonali secondari che vanno a servire in poco tempo le principali attrazioni del quartiere, sempre all’interno di una trama rigorosamente verde che fa da sfondo (ma non per questo meno importante) all’intero sistema universitario. L’anello diventa quindi una sorta di pretesto per creare un sistema continuo di superfici verdi a disposizione della comunità. Nel complesso, il sistema di spazi urbani è stato pensato per garantire la fruizione dei luoghi da tutti i cittadini e durante l’intero arco della giornata. In questa trama di percorsi e spazi, il campus biomedico, che verrà indagato nel dettaglio nel capitolo successivo, rappresenta il progetto cardine attorno cui ruota l’intera strategia. Di seguito verranno analizzati i principali interventi di questo processo urbano.

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8. LA STRATEGIA URBANA


ANELLO UNIVERSITARIO Percorso di congiunzione dei dipartimenti e dei servizi universitari

Architettura

Biblioteca

Studi umanistici

Economia

Giurisprudenza C.U.S

Alloggi

Uffici

Matematica

Alloggi

Teatro

Facoltà mediche

Aule studio

MACRO-FUNZIONI DI PROGETTO Suddivisione in zone omogenee

1 3

4 6

2 5 7

1 Parchi pubblici 2 Area naturalistica 3 Area sportiva 4 Servizi istruzione 5 Polo biomedico

Anello di collegamento

6 Cintura verde vallo

Percorsi trasversali

7 Aree ecologiche di cintura

Funzioni universitarie

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A ridosso delle mura sono presenti alcune attività ricreative, come centri culturali, edifici storici e resti archeologici; un percorso ciclopedonale che si snoda sopra i terrapieni li connette per una lunghezza complessiva di circa 9 km. L’intervento si pone come obiettivo di trasformare questi viali alberati in un’infrastruttura verde, un percorso formativo dotato di installazioni, pannelli interattivi e cartellonistica esplicativa delle essenze piantumate e dei resti storici. In alcuni punti in cui la sezione del terrapieno risulta essere di ristrette dimensioni, dove possibile, è previsto il suo allargamento per favorire la sosta e il conseguente passaggio delle biciclette, come accade in via Rampari San Rocco. Allo stesso modo, in quei tratti in cui vi è una ridotta presenza di alberature, è prevista la piantumazione di essenze purificatrici in grado di schermare l’intero percorso dal traffico circostante, creando così una cortina verde lungo tutto il perimetro delle mura. Infine, per garantire un collegamento diretto con il vallo e quindi con la periferia urbana è prevista l’apertura dei fornici in corrispondenza dell’ex baluardo di San Rocco e la realizzazione di una passerella che da porta degli Angeli raggiunge il parco urbano.

Il primo luogo che il percorso universitario attraversa è il parco del Montagnone. Come già illustrato precedentemente, in questa zona sono presenti diverse attività culturali permanenti e temporanee, come un’associazione teatrale, sale registrazioni, un’accademia corale e alcuni festival annuali. Con l’obbiettivo di valorizzare queste presenze si è deciso di adibire questo spicchio verde a spazio artistico, introducendo alcuni laboratori per attività infantili e adolescenziali, spazi espositivi e un centro di informazione urbana, collocati in strutture di piccole dimensioni nascoste nella vegetazione lungo viale Alfonso I d’Este. Allo stesso tempo, esso diventa un punto informativo per turisti e visitatori ma anche un luogo di svago per gli studenti universitari appassionati di teatro e musica. 258

8. LA STRATEGIA URBANA


Lunghezza

Frequenza:

Età:

7:00 - 21:00

25 - 50

Funzioni principali:

Uso precedente: Uso attuale:

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Inoltre, la conformazione della Montagnola permette ai cittadini di osservare il paesaggio periurbano a diverse quote, generando viste prospettiche di grande profondità. Per cercare di valorizzare questa caratteristica si è deciso di trasformare l’acquedotto cittadino in una torre di osservazione, pur mantenendo la sua funzione originaria. Dalla cima di questo importante landmark urbano sarà così possibile osservare lo skyline ferrarese ad una quota maggiore, sopra i tetti delle case e le chiome degli alberi.

A pochi metri di distanza dal Parco del Montagnone si trova la Caserma Pozzuolo del Friuli, in una posizione strategica vista la vicinanza ai principali poli universitari e servizi urbani della città storica. Il progetto prevede la demolizione di alcuni fabbricati incongrui all’interno di questo isolato insieme all’abbattimento dei muri perimetrali del giardino di palazzo Schifanoia, in modo da avere uno spazio verde sempre accessibile e continuo con le nuove strutture universitarie. Gli edifici incongrui verranno quindi sostituiti con altri più moderni ma rispettosi del luogo che, insieme alla Cavallerizza retrostante, andranno ad ospitare alloggi per studenti, uffici, servizi turistici, ricettivi ed espostivi. All’interno di questo quadrante verranno realizzate una serie di piazzette e boschetti per il ritrovo della comunità urbana, trasformandosi così in un luogo di grande socialità e scambi di relazioni alle diverse età. La scelta di non insediare parcheggi interrati, come previsto dal progetto originario di rigenerazione urbana, deriva dal fatto che si vuole incentivare l’uso di mezzi di trasporto sostenibile per raggiungere questa zona ed espellere quanto più possibile il traffico urbano dal centro storico. È proprio in seguito a queste considerazioni che la maggior parte dei parcheggi di progetto si collocheranno lontano dal centro abitato.

260

8. LA STRATEGIA URBANA


Superficie:

Frequenza:

Età:

8:00 - 20:00

11 - 24

Funzioni principali:

Uso precedente: Uso attuale:

261


Il progetto chiave attorno cui ruota tutta la strategia urbana è il Polo Universitario Biomedico. La proposta progettuale indagata si pone come obbiettivo quello di creare uno spazio condiviso tra il polo universitario, la struttura ospedaliera e il parco delle mura riprendendo il progetto di rigenerazione attuato dalla Commissione Lugli nel quartiere San Rocco. All’interno dell’isolato è prevista una riorganizzazione delle strutture ospedaliere ed universitarie, vengono demoliti gli edifici incongrui e restaurati quelli di pregio. A questi si affiancano nuovi edifici in grado di rispondere alle nuove esigenze degli studenti e dei cittadini, apportando un grande beneficio economico e sociale a tutto il quartiere: aule studio e per la didattica, spazi espositivi, ambulatori, laboratori di ricerca, uffici, servizi commerciali, residenziali ecc. Con l’implementazione di queste nuove strutture e di servizi adeguati si vuole allo stesso tempo cercare di riportare in questo quartiere gli studenti delle facoltà mediche che ora si trovano nel Ferrara Fiere Congressi per mancanza di spazi dedicati. Il tessuto interno è scandito da piazze lastricate, per socializzare e incontrarsi, e da boschetti, filari e giardini, che definiscono la percezione del paesaggio urbano e “naturalizzano” l’area. L’intero complesso si presenta così come un unico spazio universitario permeabile accessibile e frequentabile da tutti a tutte le ore della giornata. Le diverse strutture sono messe correlazione mediante percorsi ciclopedonali accessibili da ogni parte dell’isolato, isolato reso interamente car free, eccetto per alcuni parcheggi interrati e percorsi dedicati di pertinenza dell’ex ospedale, in modo da ricucire gli spazi compresi tra il Polo Biomedico e le mura e ridurre il traffico in prossimità dei principali accessi alla città storica.

262

8. LA STRATEGIA URBANA


Superficie:

Frequenza:

Età:

0:00 - 24:00

11 - 24

Funzioni principali:

Uso precedente: Uso attuale:

263


Negli spazi retrostanti al Cimitero della Certosa si è deciso di proseguire quel processo di naturalizzazione già iniziato negli anni passati, valorizzando quei caratteri che distinguono questa zona: la presenza di orti sociali e attività didattiche ambientalistiche. Il progetto prevede di ampliare i terreni coltivati e boschivi, invadendo in parte gli spazi verdi del cimitero ebraico contiguo (ovviamente in maniera rispettosa del luogo). Così facendo si vuole rendere maggiormente accessibili queste zone, dotandole di una grande varietà vegetazionale e faunistica, trasformandoli in luoghi di pace e di riposo per la popolazione. All’interno di questo settore è già presente un piccolo agriturismo a cui verranno affiancati alcuni laboratori didattici nascosti nella vegetazione. L’obbiettivo è trasformare la zona in un bosco urbano di grande tranquillità e socialità, soprattutto tra le fasce più anziane della popolazione.

Il progetto si pone di ricucire gli spazi tra i quartieri periferici e la città storica attraverso la realizzazione di un parco agrourbano che valorizzi le risorse ecologiche, ricreative e didattiche di questi quartieri. Il parco ecologico si suddivide in due settori. La prima area, a ridosso di via Caldirolo, prevede l’istituzione di orti sociali e terreni agricoli per la produzione di cibo a servizio della città e, eventualmente, del nuovo percorso di studi di agraria appena inaugurato. Le aree agricole, direttamente connesse al vallo delle mura attraverso percorsi ciclopedonali, ospitano coltivazioni a seminativo ma anche e soprattutto alberi da frutto come meli e peri. Nella seconda zona, a ovest di via Caretti dove è già presente un’area di riequilibrio ecologico, l’intervento prevede lo sviluppo di una macchia boschiva ricreativa (didattica) più ampia, proseguendo i processi di riforestazione e rinaturalizzazione attualmente in corso. L’obbiettivo è creare un bosco di regolazione ambientale e di fitorimedio dei suoli di grande biodiversità, rendendolo al tempo stesso fruibile dai cittadini.

264

8. LA STRATEGIA URBANA


Superficie:

Frequenza:

Età:

0:00 - 24:00

11 - 24

Funzioni principali:

Uso precedente: Uso attuale:

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All’interno di quest’area boschiva sono altresì presenti due maceri, invasi da essenze fitodepuratrici e alcuni canali attraversati da passerelle per poter godere del paesaggio naturale. Una rete di percorsi ciclopedonali affiancata da filari di pioppi immersi nel paesaggio variegato creano punti panoramici lungo il percorso e connettono i vari servizi presenti in questa zona: laboratori didattici, un centro sociale, dei campi sportivi, orti urbani e una scuola primaria.

Infine, nei terreni compresi tra le mura e il quartiere di Borgo Punta verrà realizzato un quartiere scolastico, introducendo quei servizi di apprendimento richiesti dal PSC attualmente mancanti: un asilo nido e una scuola media. A pochi metri di distanza un parcheggio di interscambio raccoglierà parte del traffico proveniente della periferia extraurbana, incentivando lo scambio del mezzo con sistemi sostenibili. Da questo luogo è così possibile raggiungere in poco tempo e in sicurezza il Centro Universitario Sportivo poco più a nord. I fabbricati incongrui in prossimità di Piazzale San Giovanni verranno demoliti, in modo da rendere chiaramente leggibile in tutta la sua interezza l’apparato murario e ampliando lo spazio disponibile per il mercato cittadino, ad eccezione del campo sportivo che verrà trasferito sul fronte stradale opposto, vicino agli edifici scolastici. Una cortina alberata avrà il compito di schermare il traffico proveniente da via Gramicia mentre alcuni sottopassaggi permetteranno un collegamento sicuro tra il quartiere e le mura. Oltre a tutti questi macro-interventi sono presenti anche una serie di proposte minori che ci sembra opportuno citare, tra cui l’apertura al pubblico dei giardini degli edifici storici ed universitari, la realizzazione di percorsi ciclopedonali lungo alcune strade storiche e la costruzione di passerelle per superare le barriere del territorio (come quelle lungo via Caretti).

266

8. LA STRATEGIA URBANA


Superficie:

Frequenza:

Età:

Funzioni principali:

Uso precedente: Uso attuale: 8:00 - 21:00

50+

267


In conclusione, la strategia progettuale si fonda sulla volontà di valorizzare l’intera struttura universitaria inserendola in un sistema più complesso di percorsi e spazi dove lo studente diventa il primo portatore di benefici alla società urbana. L’identità storica e le caratteristiche del luogo vengono così sfruttate per definire spazi di qualità, complementari tra di loro, fruibili ed accessibili sia alla componente studentesca che cittadina. Quello che si viene a creare è un’ambiente urbano sostenibile, ricco di esperienze e aperto ai cambiamenti. L’obbiettivo primario di rafforzare le relazioni tra la comunità accademica e quella cittadina è reso possibile mediante l’ampliamento della rete del verde urbano che penetra all’interno degli spazi pubblici e si espande verso la periferia, diventando così il vero collante di questo sistema nonché un tassello fondamentale per la definizione di un sistema parco più importante comprendente il parco urbano a nord e il Parco Agricolo Sud della città. Il verde urbano diventa così risorsa flessibile per risolvere gran parte dei problemi di questo settore e per rafforzare l’immagine e la percezione di questi luoghi.

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8. LA STRATEGIA URBANA


Superficie:

Frequenza:

Età:

7:00 - 21:00

0 - 11

Funzioni principali:

Uso precedente: Uso attuale:

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Superficie:

Frequenza:

Età:

7:00 - 19:00

11 - 24

Uso precedente: Uso attuale:

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8. LA STRATEGIA URBANA

Funzioni principali:


SUPERFICIE SPAZI VERDI Confronto tra stato attuale e di progetto Parchi e giardini

+15%

Parchi agricoli

+51%

Orti urbani

+23% Prima

Aree ecologiche

Dopo

+30% 0

30

60

90

120

150 ha

NUOVA DOTAZIONE DI FUNZIONI Mq di superficie utile Aule e laboratori Unife Residenze e studentati Scuole dell’obbligo Parcheggi interrati Uffici e servizi Laboratori creativi Nuovi ambulatori Spazi espositivi Centrale energetica Centri sociali Altre funzioni

15.551 13.722 8.680 5.362 5.341 3.117 2.166 1.688 1.438 1.368 623

SISTEMA DI CIRCOLAZIONE Caratteristiche dei percorsi di progetto

Tipologie di attraversamenti

Paesaggi fruibili

Servizi offerti ai fruitori

Mezzi consigliati

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8. LA STRATEGIA URBANA


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Le proposte progettuali presentate al capitolo seguente, lavorando alle diverse scale, ci permettono di capire in maniera chiara e semplice i principi e linee guida descritte nei paragrafi precedenti. L’approfondimento è ricaduto su due settori aventi caratteristiche opposte, per posizione e conformazione del tessuto urbano, mostrandoci così come un approccio comune di rigenerazione urbana applicato ad ambiti differenti possa comunque portare agli stessi benefici alla comunità cittadina. La prima proposta si focalizzerà sulla pianificazione di un quartiere universitario all’interno del centro storico mentre la seconda su un’area boschiva ai margini della periferia, uno dei tanti spazi verdi contigui e complementari per la realizzazione di quel sistema universitario precedentemente descritto. Il primo focus progettuale si sviluppa in un’area all’interno del centro storico a ridosso delle mura al cui interno si trovano un complesso ospedaliero, oggi in una fase di riorganizzazione, diversi edifici universitari come laboratori, biblioteche e aule per la didattica, e qualche magazzino e padiglione storico di pregio. Per dimensioni, vicinanza rispetto ai principali punti di accesso alla città storica, alle altre strutture universitarie del territorio e ai parchi storici della città, l’area si trova in una posizione strategica all’interno della maglia urbana. Allo stato attuale, è in corso un processo di rigenerazione che punta alla riorganizzazione generale di questo quartiere. L’obbiettivo posto dalla proposta progettuale è quello di creare uno spazio condiviso tra le strutture universitarie, i padiglioni ospedalieri e l’ambiente naturale circostante. Uno spazio dotato di un grande mix funzionale di attività e servizi trasformando quest’area da spazio privato a spazio pubblico, accessibile da tutti e a tutte le ore.

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8. LA STRATEGIA URBANA


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La seconda proposta, invece, si concentra in un’area lontano dal centro abitato, al limite della periferia urbana, in una serie spazi interclusi tra i quartieri di cintura. A differenza del primo caso, in questo settore non sono presenti strutture universitarie, ma una serie di percorsi e attività culturali cercheranno di connettere questo quartiere alla maglia di funzioni universitarie del centro storico. Il secondo caso studio vedrà un approccio progettuale meno invasivo, maggiormente correlato alla pianificazione degli spazi naturali e di socialità urbana. L’obbiettivo di tale proposta sarà quello di definire un parco agrourbano di connessione tra i quartieri di Borgo Punta e Frutteti e tra la periferia e il centro storico, che sia allo stesso tempo un giardino ricreativo, con attività didattiche e di svago, un bosco di regolazione ambientale e di fitorimedio contro l’inquinamento. Entrambi i casi costituiscono delle opportunità per sviluppare progetti che siano efficienti sotto il profilo delle condizioni ambientali (sia climatiche che sanitarie), che siano resilienti nei confronti delle trasformazioni in corso, che sappiano affrontare e risolvere le problematiche più impellenti della società moderna e che siano in grado di ristabilire quelle relazioni sociali e quella mixitè urbana che negli ultimi anni sembra essersi persa di vista.

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8. LA STRATEGIA URBANA


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8. LA STRATEGIA URBANA


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La prima proposta progettuale presentata si colloca all’interno del centro storico, in una zona strategica della città (circa 22 ettari) segnata dalla presenza di due importanti landmark urbani: l’ex Arcispedale Sant’Anna e le strutture didattiche dell’Università degli Studi. L’ambito analizzato è circondato da quartieri dotati di un grande mix funzionale, soprattutto residenze private, ed è agilmente raggiungibile partendo dagli assi viari principali di corso della Giovecca e corso Porta Mare, principali accessi alla città storica. Via Rampari San Rocco, lungo la quale si attestano diversi parcheggi a raso, separa il comparto dai terrapieni delle mura che ne scandiscono il suo margine orientale. L’area si presenta come un ambiente chiuso, accessibile esclusivamente dal personale ospedaliero-universitario e da pochi altri, rendendo di fatto questo polo un quartiere specializzato poco fruibile al resto della popolazione. Lo spazio interno presenta un grande disordine visivo e funzionale, con padiglioni, magazzini ed edifici moderni anonimi alternati a strutture di pregio storico-architettoniche, che non seguono nessuna logica progettuale se non quella di accorpare in un unico luogo comune tutte le strutture universitarie ed ospedaliere. Salvo rari casi, la maggior parte dei fabbricati si presenta in condizioni di degrado diffuso, alcuni edifici sono ancora oggi inutilizzati mentre altri cominciano a vedere i primi segni di un restauro complessivo. Oltre alle più importanti funzioni ospedaliere ed universitarie, si trovano anche alcuni uffici comunali, qualche piccolo servizio commerciale e poche residenze private di piccole dimensioni. Lo stesso disordine si ripercuote sulle superfici esterne che sono in parte cementificate, con ampi parcheggi a raso lungo percorsi che si snodano tra gli edifici, e in parte verdi, con piccole isole alberate più con funzioni decorative che non inserite secondo una logica di studio ben definita, se

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9. IL CAMPUS BIOMEDICO


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non negli spazi di pertinenza del Polo Chimico Biomedico e della Cittadella dalla Salute. L’area è completamente assente di percorsi ciclopedonali, gli unici che attraversano la zona sono quelli disposti lungo il confine orientale del quartiere, a margine delle mura. Infine, diversi ostacoli puntuali, come transenne e muri divisori acuiscono quell’eterogeneità di forme e spazi precedentemente indicata.

SEZIONE A-A

SEZIONE B-B

SEZIONE C-C

SEZIONE D-D 282

9. IL CAMPUS BIOMEDICO


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La proposta progettuale punta a creare uno spazio condiviso tra le funzioni universitarie, le strutture ospedaliere e i servizi alla città, inserendole in un parco verde aperto al pubblico, che sia quindi fruibile non solo dal personale specializzato ma dall’intera comunità. Il nome che si è voluto dare alla proposta, “campus biomedico”, fa riferimento alla volontà di definire un’ambiente per certi versi autonomo e dotato di tutte le funzioni necessarie (e universitarie), proprio come i campus di origine americana, ma contrariamente da essi integrato con gli spazi e le relazioni urbane della città. Per poter raggiungere questo scopo, lo spazio interno si articola in una serie di aree verdi e costruite coerentemente intrecciate, più precisamente sei macro-aree. Questa suddivisone interna rispecchia per larghi tratti gli studi di rigenerazione urbana effettuati dall’Amministrazione Comunale negli anni precedenti. Le sei macro-aree riguardano: un isolato universitario, composto dalle esistenti funzioni accademiche, contiguo ad un’area con le nuove strutture universitarie come laboratori e aule per lo studio, un comparto a destinazione sociale e sanitaria ospitante gli ambulatori e le cliniche mediche della Cittadella della Salute (l’anello ottagonale), uno spazio ad uso misto dedicato ad esposizioni, uffici e attività culturali, un’area ricreativa per lo svago e il riposo tra un’attività e l’altra e un percorso ecologico interattivo continuo dotato di fasce boscate e ampi prati verdi connessi alle mura. Ognuno dei sei comparti individuati presenta diversi punti di aggregazione per lo scambio di relazioni sociali con la comunità cittadina. Quello che si viene a creare è uno spazio dotato di una grande mixitè urbana. Nel complesso, le volumetrie ipotizzate risultano essere inferiore rispetto alla situazione attuale.

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9. IL CAMPUS BIOMEDICO


FUNZIONI

DEMOLIZIONI

1

3

2 4

5 6

CONNESSIONI

SISTEMA SPAZI VERDI

1 Vecchie strutture univ. 2 Nuove strutture univ. 3 Uso misto pubblico

Strade pubbliche

4 Ricreativo

Percorsi privati

5 Percorso ecologico

Percorso mura

6 Cliniche mediche

Punti di aggregazione

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Il primo passo compiuto per la definizione di questi ambiti è stato l’analisi dello spazio costruito, per cercare di capire quali edifici fosse possibile demolire, quali restaurare e quali conservare sulla base delle loro peculiarità storico-architettoniche. L’ambiente progettuale si è evoluto negli anni per stratificazioni continue, proprio per questo motivo ci è sembrato corretto differenziare gli edifici obsoleti da quelli che potessero avere un valore progettuale, partendo dagli studi attuati dalle commissioni comunali negli anni passati, seppur con qualche modifica sostanziale. Ai più vecchi edifici sono stati affiancate strutture moderne in grado di rispondere alle esigenze dettate dalla comunità cittadina e studentesca, apportando contemporaneamente benefici a tutto il tessuto urbano. L’area di progetto è facilmente accessibile da ogni angolo del quartiere servendosi di una fitta rete di percorsi ciclopedonali che attraversano l’area, che suddividono di fatto il quartiere in tanti quadranti caratteristici. Lo stesso quartiere è reso interamente car free se non per alcuni percorsi dedicati all’occorrenza accessibili dal personale specializzato, spostando la maggior parte dei parcheggi prima presenti in strutture interrate nascoste alla vista e decementificando allo stesso tempo l’ambiente circostante. Il traffico proveniente da via Rampari San Rocco è stato deviato in modo da permettere un diretto collegamento con il sistema delle mura e incentivare l’uso di altri mezzi, possibilmente sostenibili, per il raggiungimento di questa zona. Tutti questi interventi di conversione e riduzione dei flussi hanno come obbiettivo quello di ricucire gli spazi tra le mura e il centro storico creando un ambiente permeabile, meno inquinato e accessibile a tutte le ore della giornata. Infine, il verde urbano si configura come il collante di tutto il progetto. Il progetto nasce a partire dall’idea di un nuovo parco che, connettendo tra loro i vari spazi aperti esistenti e futuri, migliorati e convertiti, colleghi in direzione est-ovest via Mortara con le mura. Lo spazio è scandito da ampi prati verdi dove socializzare e svagarsi e da boschetti urbani di grande varietà vegetazionale in grado catturare le

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9. IL CAMPUS BIOMEDICO


brezze estive, mitigare gli effetti del traffico urbano e avviare processi di naturalizzazione dell’area. Il percorso ecologico, con la sua cortina verde che corre sopra le mura, attraversa in tutta la sua lunghezza l’area di intervento. I percorsi tra le varie strutture sono affiancati da filari alberati che segnano l’ambiente urbano individuando coni visuali e rendendolo maggiormente intrigante.

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Uno dei fini progettuali dell’intervento è ricucire e valorizzare tessuti urbani centrali ora differenziati e riequilibrare quella carenza di spazi e servizi presenti in questo settore. Allo stesso tempo, la proposta si pone di riqualificare il comparto garantendo le giuste condizioni di luce, prospettiva e decoro delle mura estensi, valorizzando e salvaguardando le connessioni visive e funzionali con le mura storiche e il parco lineare che si crea attorno ad esse. Scendendo maggiormente nel dettaglio in merito alle scelte progettuali adottate, è possibile dire che l’ambito in questione presenta un gran numero di funzioni pubbliche. Raggiungendo l’area da nord da piazzale San Giovanni, i primi edifici che si incontrano sono il chiostro di Santa Maria delle Grazie e i vecchi e nuovi istituti biologici lungo via Fossato di Mortara. Lo spazio tra queste strutture è reso permeabile con una soluzione di continuità attraverso l’eliminazione dell’asse viario che li separava, mentre le nuove strutture universitarie realizzate costituiscono quasi un loro prolungamento. L’intervento prevede la demolizione degli edifici incongrui definendo in questo modo un unico asse visivo che collega le diverse funzioni della didattica. La demolizione degli edifici della genetica medica e dei magazzini farmaceutici ci porta a ricollocare queste funzioni in nuove strutture moderne, modulari e che riprendono i tratti e le caratteristiche del luogo. Oltre a questi compiti, vi si collocano nuovi laboratori di ricerca di biotecnologie e farmacia, aule studio per le professioni sanitarie e aule per il nuovo corso di studi di Agraria. Ogni edificio, di altezza inferiore o uguale rispetto agli edifici esistenti, si presenta come un corpo a sé stante, dotato di forme e colori differenti ma riprendendo allo stesso modo le fattezze dell’area, ed è separato dagli altri da piccoli prati e spazi lastricati dove sono presenti sedute ombreggiate da alberature dove socializzare o prendersi una pausa dopo gli studi. 288

9. IL CAMPUS BIOMEDICO


NUOVI AMBULTAORI 1 Servizi commerciali 2 Nuovi ambulatori - Dialisi 3 Spazi studio studenti 4 Sale d’attesa 5 Aule Dip. di Farmacia 6 Laboratorio farmaceutico 7 Clinica universitaria Allineamenti chiostri Spazi lastricati principali 1

Zone filtro

3 2

5 4 6

7

Materiali e geometrie riconoscibili Grandi spazi collettivi

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Tra queste strutture moderne si colloca l’ex dispensario tubercolare cittadino, un tempo luogo di cura delle principali malattie sociali della città, che sarà restaurato e andrà ad ospitare alcuni uffici amministrativi. L’intero complesso della Cittadella della Salute e degli edifici adiacenti sul fronte stradale verrà completamente restaurato, seguendo il progetto di riorganizzazione già in corso in questo settore. Sul perimetro dell’ottagono sei padiglioni, considerati incongrui ed obsoleti, saranno demoliti e sostituiti da tre nuove strutture lavorative che andranno ad ospitare una sala per conferenze, uffici, ambulatori e una centrale energetica, necessaria per il sostentamento dell’area. L’unico elemento che si è scelto di salvaguardare è l’antica ciminiera, identitaria del luogo. Le vecchie cliniche universitarie subiranno un intervento di demolizione e successiva ricostruzione, con fabbricati disposti a pettine, per garantire un collegamento visivo dalle piazze centrali verso le mura, adibendone il piano terra a funzioni commerciali e spazi espositivi. Le superfici verdi interne all’anello saranno riorganizzate per ospitare un giardino terapeutico, ovvero un giardino “curativo” realizzato per soddisfare le esigenze dei soggetti a livello fisico, psicologico e spirituale. Gli spazi tra l’ex chiesa di Sant’Anna e il giardino sono resi permeabili creando una struttura vetrata che garantisca un collegamento visivo diretto con l’esterno dell’ottagono. In seguito alla demolizione dei padiglioni perimetrali, il primo problema che ci si è posto è come e dove collocare i vari presidi sanitari previsti in futuro per questa zona. Per rispondere a questa esigenza, è prevista la costruzione di nuove volumetrie sul sedime storico dell’ex Convento di San Bernardino, diminuendo l’altezza dei corpi di fabbrica e lasciando a vista eventuali resti che emergessero dagli scavi. Gli stessi fabbricati andranno altresì ad ospitare nuovi ambulatori, aule studio per studenti, laboratori di ricerca e qualche servizio commerciale di minore entità. A nord la Cittadella confina con un isolato dedicato ad attività ricreative e culturali. I fabbricati, un tempo utilizzati per la macellazione del bestiame, saranno rinnovati e affiancati da due nuovi edifici che ne

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9. IL CAMPUS BIOMEDICO


1_PIAZZE E SPECCHI D’ACQUA

2_BALUARDO SAN ROCCO

3_GIARDINO TERAPEUTICO 291


riprenderanno le forme ed ospiteranno le nuove funzioni pubbliche: mensa universitaria, spazi espositivi, laboratori ricreativi, una piccola palestra, il Centro per l’Impiego, l’AMSEF (agenzia di onoranze funebri) e diversi uffici comunali. Gli edifici residenziali posti a nord di via Fossato di Mortara vengono espropriati e concessi ai ricercatori o studenti universitari come residenze dove alloggiare. Tutti i fabbricati all’interno del quartiere comunicano con una spina centrale alternata da piazze pubbliche, una piccola vasca con giochi d’acqua, boschetti e giardini diventando così luogo di incontro tra la componente studentesca e quella cittadina dove svolgere eventi e manifestazioni pubbliche. Da questa fascia centrale è possibile raggiungere in poco tempo gli edifici circostanti attraverso numerosi percorsi ciclopedonali che offrono sguardi caratteristici sul paesaggio urbano. Il complesso ospedaliero-universitario rigetta l’idea di dover utilizzare l’automobile per raggiungere e frequentare questi spazi destinando ad esse parcheggi interrati lungo via Mortara riservati alle strutture sociosanitarie. Pochi saranno i mezzi e le figure a cui sarà consentito l’attraversamento di questo settore (come, ad esempio, una navetta specifica dedicata agli studenti universitari per raggiungere facilmente questo luogo). Il quartiere non presenta alcun tipo di recinzione rendendolo così accessibile ad ogni momento della giornata. Per ultimo, l’intero sistema dei terrapieni che percorrono il sedime di via Rampari San Rocco viene leggermente ampliato e messo in comunicazione diretta con tutto il sistema del campus attraverso diverse rampe ciclabili. Le mura possono assumere a questo fine il ruolo di cerniera funzionale, non solo per i valori storico-artistici ad essi propri, ma anche per l’insostituibile compito di comunicazione ambientale e visiva che svolgono tra la città e il paesaggio circostante (Ravenna, 1986).

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9. IL CAMPUS BIOMEDICO


Per accentuare questo fatto, è prevista la demolizione di alcuni dei fornici in corrispondenza del sedime dell’ex baluardo di San Rocco, permettendo così un rapido collegamento del sistema ciclopedonalenaturale interno con quello del vallo esterno. L’alternanza di prati e zone boscate, composta da farnie, pioppi, cipressi e olmi (essenze caratteristiche della zona), generano diverse prospettive avendo come sfondo il sistema delle mura. Lo spazio è interamente pensato per cercare di risolvere o quantomeno alleviare le problematiche causate dalle crisi climatica, sanitaria e socioeconomica, riducendo al minimo la superficie asfaltata, creando ambiente salubri e ventilati, puntando su servizi strategici e multiuso, tutelando la biodiversità urbana e rigenerando i terreni degradati.

LA CRISI CLIMATICA Rigenerazione dei terreni Parchi

Parchi

Spazi aggregativi

Spazi aggregativi

Ciclabili

Ciclabili

Boschetti fruibili

Boschetti fruibili Giardini

Tutela della biodiversità

Giardini

PRIMA

Valorizzazione del verde

DOPO OPO

Servizi educativi

Servizi educativi

Servizi sanitari

Servizi sanitari

Edifici multiuso

Edifici multiuso

Spazi collettivi

Spazi collettivi

Parcheggi a raso

Parcheggi a raso

PRIMA

Sostenibilità della mobilità

LA CRISI SANITARIA Salubrità degli ambienti Spazi collettivi e multiuso Servizi strategici Materiali opportuni

DOPO 293


294

9. IL CAMPUS BIOMEDICO


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9. IL CAMPUS BIOMEDICO


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Le seconda proposta oggetto di studio si focalizza su una vasta area naturale di circa 44 ettari compresa tra le circonvallazioni di via Caretti e via Caldirolo e gli abitati di Borgo Punta e Frutteti, ai margini del centro storico. L’ambito analizzato si presenta come una zona periferica ad alta biodiversità faunistica e vegetazionale compresa tra la città storica e la campagna periurbana, circondata principalmente da edifici con funzioni residenziali. L’area è segnata da un paesaggio eterogeneo composto da campi sportivi all’aperto, orti sociali, appezzamenti di terra coltivati rimasti interclusi all’interno della maglia urbana, qualche piccolo parco pubblico, alcuni servizi culturali (un centro sociale e un asilo), due maceri e un piccolo boschetto facenti parte di un’area di riequilibrio ecologico. In quest’ultima zona è attualmente in corso un processo di ricolonizzazione da parte della vegetazione arborea e arbustiva, soprattutto pioppi, querce, farnie e qualche ailanto. Parallelamente a esso scorrono due piccoli canalini di scolo con sponde coperte da vegetazione a sviluppo spontaneo che vanno a inserirsi nell’ecosistema degli elementi di zona umida. In corrispondenza dei due maceri si trovano anche due piccoli frutteti spontanei. Fino a pochi anni fa, alcuni degli incolti ad ovest di via Caretti presentavano problemi di inquinamento della falda superficiale, questo fenomeno si è oggi notevolmente ridotto grazie all’intervento di un comitato di cittadini, chiamato Schiaccianoci, che per primo sottolineò l’importanza di bonificare e salvaguardare questa zona. Al suo interno sono presenti pochi percorsi ciclopedonali, gli unici esistenti costeggiano via Caretti e gli orti urbani, nati soprattutto per connettere i due quartieri residenziali che altrimenti risulterebbero isolati fra loro. L’area, pur trovandosi a contatto con il parco delle mura, è scollegata da esso non essendoci né punti di attraversamento sicuro né assi visuali in 298

10. IL PARCO AGROURBANO


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grado di ricucire idealmente queste due zone. Allo stesso modo, non sono presenti alcun tipo di percorsi di connessione in direzione estovest. Infine, alcuni quadranti di questo settore potrebbero essere soggetti ad un maggior rischio di allagamento in seguito ad eventi ambientali eccezionali, motivo per cui l’area dovrà essere quanto più possibile permeabile e naturale.

SEZIONE A-A

SEZIONE B-B

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10. IL PARCO AGROURBANO


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L’obbiettivo che il seguente progetto si pone è quello di cercare di ricucire tra loro i quartieri periferici e il centro storico, attraverso la definizione di un parco agrourbano (un polmone verde), che valorizzi le risorse ecologiche e didattiche di questi quartieri, che allo stesso tempo sia un giardino ricreativo con attività di svago, un bosco di regolazione ambientale e di fitorimedio contro l’inquinamento dei suoli. Il progetto si compone di due parti chiaramente distinte, ma che evidenziano un unico approccio al territorio, salvaguardare l’ambiente naturale: da una parte si vuole mantenere quel carattere boschivo che contraddistingue l’area di riequilibrio ecologico mentre dall’altra parte si vogliono conservare i resti di campagna esistenti per la produzione di cibo e la valorizzazione dei prodotti del luogo. Sono stati quindi realizzati una serie di percorsi ciclopedonali che, snodandosi tra l’ambiente agricolo e boschivo, raccordano questi spazi conferendo loro un carattere di continuità all’interno dell’ambito di studio. Questa continuità progettuale prosegue verso il centro storico e verso la campagna periurbana grazie a sottopassaggi che permettono di oltrepassare in tutta sicurezza le barriere infrastrutturali esistenti. I percorsi ciclabili diventano così dei veri e propri itinerari turistici, ricreativi e interattivi, attraverso cui è possibile riscoprire l’ambiente naturale circostante. Il parco agricolo si compone di una serie di spazi contigui, gli stessi attualmente esistenti, per cui è prevista la coltivazione di seminativo da una parte (soprattutto cereali e legumi) e l’implementazione di frutteti dall’altra (meli, peri, peschi). L’agricoltura rappresenta ancora oggi un elemento caratteristico dell’economia ferrarese, seppur in forte crisi, e della socialità fra i cittadini, proprio per questa ragione il progetto cerca di salvaguardarne le funzioni, tramite cunei agricoli e orti per la produzione alimentare a servizio della città e dell’abitato. 302

10. IL PARCO AGROURBANO


FUNZIONI

PARCO AGRICOLO

1 2

3 4 5

CONNESSIONI

TRACCE NATURALI

1 Parco didattico 2 Sport ed istruzione

Strade pubbliche

3 Frutteti

Percorsi ciclopedonali

4 Orti urbani

Percorso mura

5 Coltivazioni

Punti di aggregazione

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Ai margini dell’abitato, il progetto punta a costituire una macchia boschiva continua che abbia un’importante funzione di regolazione del calore e che schermi l’area dal traffico proveniente da via Caretti. Quest’area ecologica viene ulteriormente ampliata con l’obbiettivo di purificare i suoli ancora inquinati e istituire un bosco urbano ad elevata fruizione, con attività didattiche e percorsi interattivi al suo interno. I due maceri, elementi identitari del luogo, saranno dotati di piante fitodepuratrici creando così un ambiente umido-boschivo di grande valore paesaggistico. I percorsi ciclopedonali e i canali, alcuni dei quali scoperti decementificando i suoli, saranno costeggiati da filari di alberi creando viste caratteristiche e riscoprendo i tracciati originari. La zona boschiva e i terreni agricoli sono messi in comunicazione tra loro tramite uno spazio pubblico dotato di servizi ricreativi e culturali a disposizione della cittadinanza. Vista la naturalità del luogo, si è scelto di costruire il meno possibile privilegiando quando necessario la realizzazione di edifici a secco, che siano eventualmente rimovibili in un prossimo futuro. Questo spazio diventa così un elemento aggregante per la popolazione più giovane e più anziana in un’ottica di socialità e promozione delle buone pratiche sostenibili, uno spazio a maggiore dimensione umana.

304

10. IL PARCO AGROURBANO


PERCORSO DIDATTICO Area sportiva

Macero E18 Frutteto spontaneo Macero E17

Laboratori

Hub creativo

Filari di pioppi Centro sociale Orti urbani Filari di pioppi

Filari di pioppi

Parcheggio Noleggio bici Punto ristoro Vallo delle mura

Aree di svago

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L’ambito di studio è reso maggiormente raggiungibile dal centro storico in seguito alla realizzazione di diversi sottopassaggi ciclopedonali che attraversano via Caldirolo, immersi in una cortina di cespugli e alberature per mitigare gli effetti dell’inquinamento stradale e nascondere alla vista il passaggio delle automobili. Il parco agricolo si suddivide al suo interno in due comparti distinti, uno adibito a coltivazioni a seminativo e l’altro ospitante frutteti. Nella prima zona è prevista la coltivazione di cereali, come grano, mais, orzo, farro, di legumi, come ceci, fagioli e piselli, ma anche piante officinali tra cui timo, origano, passiflora, camomilla e rosmarino. La seconda zona, invece, oltre a svolgere una funzione di filtro tra le coltivazioni a terra e la macchia boschiva di via Caretti, ospita alberi da frutto, recuperando così l’identità storica del luogo (un tempo erano presenti diversi frutteti in queste zone, da cui prende il nome il quartiere), principalmente meli, peri, peschi, le più frequenti nel panorama agricolo ferrarese. Tra le due aree agricole si collocano anche diversi orti sociali. Gli orti sociali nascono come un punto di ritrovo per la comunità, sono spazi che vengono messi a disposizione dal Comune a beneficio della collettività, in particolare di persone disoccupate o con problemi di carattere psicofisico, economico e sociale. Costituiscono spazi di grande valore civile e sociale in linea con i principi dell’economia solidale. Questi spazi potranno, in futuro, essere sfruttati anche dagli studenti del nuovo corso di Agraria aperto all’Università degli Studi. Tra gli alberi da frutto e gli orti urbani si trovano i principali servizi dedicati alla popolazione. Qui sono presenti il centro sociale Il Melo, il campo sportivo della U.S. Frutteti Calcio, una scuola primaria e un hub creativo contenente una piccola biblioteca, bar, sale polifunzionali e laboratori creativi e di quartiere. L’hub creativo e la scuola primaria si collocano in due nuove costruzioni realizzate secondo i metodi e i principi dell’architettura biodinamica. 306

10. IL PARCO AGROURBANO


HUB CREATIVO E SCUOLA PRIMARIA 1 Punto vendita 2 Biblioteca 3 Noleggio bici 4 Bar 5 Laboratorio creativo 6 Sala polifunzionale 1 3

A Uffici e servizi igienici

2

B Biblioteca

5

4

6

C Mensa scolastica D Palestra E Atrio di distribuzione F Aule Spazi lastricati Pergola con rampicanti Spazi verdi integrati Modularità delle forme Integrazione della vegetazione con l’edificio

A C

D

B

F

E

307


Queste strutture sono immerse nella vegetazione, i volumi pongono il loro sguardo verso il parco didattico confinante e presentano superfici verdi per meglio integrarsi nel paesaggio circostante. L’hub diventa quindi un luogo dove i più piccoli possono divertirsi e sperimentare immersi nella natura del luogo. All’interno del parco didattico sono altresì presenti altre piccole strutture laboratoriali in alcuni punti strategici. Vicino al polo di servizi pubblici si trova l’area di riequilibrio ecologico che verrà ampliata a schermare visivamente e acusticamente l’intero fronte stradale di via Caretti e alcuni edifici che per dimensione e funzioni disturbano il paesaggio urbano, come i capannoni della stazione ecologia confinante. La nuova fascia verde, alternata a prati incolti, ha un duplice obbiettivo: salvaguardare le biodiversità del luogo, incrementando le specie arboree e arbustive autoctone ed idonee, e regolare le condizioni ambientali del luogo. Infatti, l’area presenta alcuni problemi latenti di inquinamento dei suoli che se attentamente risolti possono trasformare il quartiere in un grande spazio verde di valore. Le principali essenze piantumate sono farnie, querce, salici, carpini, aceri e altre ancora, tutte resistenti all’inquinamento, al clima ferrarese e, in parte, adatte al fitorimedio dei suoli. All’interno di questo parco boschivo si inseriscono due maceri per cui è prevista la valorizzazione sistemando le loro sponde, conferendo loro una pendenza graduale più favorevole alla risalita degli anfibi, aumentando le piante in grado di effettuare una depurazione dell’acqua come tifa e iris, ed approfittando delle estremità ribassate per insediare piante tipiche dei prati umidi delle nostre zone. Diverse siepi avranno il compito di collegare i due maceri passando sopra i canali che, insieme a specie come la sanguinella, avranno il compito di mitigare gli “effluvi” che risalgono dal canale e depurare le acque dello stesso.

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10. IL PARCO AGROURBANO


1_AREA SPORTIVA

2_MACERI

3_CANALE ALBERATO

4_ORTO URBANO

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Per mantenere viva la coscienza dei cittadini in merito a queste tematiche, all’interno del parco verranno inseriti diversi cartelloni esplicativi delle problematiche ecologiche legate alla biodiversità e delle specie utilizzate. Per ultimo, i percorsi interni al parco attraverseranno in alcuni punti specifici via Caretti tramite sottopassaggi, auspicando quindi in un futuro prossimo un intervento più incisivo di connessione ecologica tra i due ambienti. A ridosso della stazione ecologica verrà realizzato uno spazio dedicato ai giovani, con attività sportive all’aperto. In particolare, verranno costruiti un campo di calcetto, un campo da basket, uno skatepark e degli spiazzi per eventi, installazioni artistiche e ritrovi tra la comunità. A differenza di quanto si potrebbe pensare, sono presenti diversi parcheggi a raso precedetemene esistenti a servizio del quartiere. Essi si collocano a ridosso della stazione ecologica, del centro sociale Il Melo e della scuola primaria. L’intero complesso è infine attraversato da percorsi ciclopedonali di connessione paesaggistica realizzati con materiali naturali per cercare di mantenere quanto più possibile non cementificato questo luogo. Lungo il percorso di queste vie ecologiche si trovano una serie di passerelle per la sosta dove osservare le diverse tipologie di ambienti circostanti, ma anche servizi come punti di noleggio per biciclette, aree di svago e punti di ristoro. Partendo dalle mura, è possibile percorrere un itinerario didatticoculturale che, attraversando l’area agricola, il bosco periurbano e i servizi sul territorio, raggiunge gli isolati più esterni di Borgo Punta. Allo stesso tempo è possibile organizzare attività di educazione ambientale, sperimentazione e formazione appoggiandosi al Laboratorio di Ecologia del Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara o ad altre associazioni territoriali. La naturalità del luogo permette a questa zona di rispondere al meglio ai cambiamenti climatici, assorbendo parte dell’inquinamento atmosferico e mostrandosi resiliente ad eventuali allagamenti o altre condizioni

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10. IL PARCO AGROURBANO


ambientali estreme. L’intero ambito di studio si configura così come un grande parco didattico di notevole biodiversità e valore sociale.

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Le scelte progettuali attuate poggiano le loro basi sull’analisi complessiva dell’ambiente urbano, indagato sotto il profilo delle sue caratteristiche economiche, sociali, storico-culturali e sulla base delle informazioni reperite riguardanti processi di sviluppo futuro, ancora in corso o appena conclusi. È altrettanto vero però che il materiale analizzato costituisce probabilmente un elemento variabile, che nel tempo andrà integrato con nuovi studi e nuove considerazioni, anche in funzione dei mutamenti economici, ambientali e sanitari in corso che sicuramente andranno pesantemente ad influire sull’ambiente urbano. Attraverso questo lavoro di tesi abbiamo cercato di tracciare delle linee guida flessibili che siano in grado di rigenerare ampie porzioni della maglia urbana sul fondamento di questi cambiamenti, di cui il patrimonio naturalistico e la presenza dell’Università rappresentano due polarità su cui fare affidamento. Questo può avvenire ripensando il modo di vivere gli spazi della città, attraverso un rinnovato senso di coscienza verso tutte quelle componenti sociali, culturali, naturali ed economiche di cui la città è composta. La sintesi di tutte queste tematiche è stata trovata nella realizzazione di un parco universitario, uno spazio condiviso di trame e relazioni in cui l’Università diventa il primo strumento per la circolazione della conoscenza e dell’economia, per costruire uno spazio inclusivo e misto e per creare un ambiente naturale integrato nella maglia di funzioni urbane. La proposta presentata offre quindi un primo contributo alla risoluzione di questi problemi, avviando un processo di rigenerazione che sia di spunto ad altre realtà e che sappia rispondere in maniera attiva ai cambiamenti futuri.

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11. CONCLUSIONI


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Fotografie e immagini provenienti in parte dal web e in parte scattate dal sottoscritto.

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Grazie al professor Romeo Farinella e alla professoressa Elena Dorato per avermi seguito e consigliato con pazienza e disponibilità durante questo percorso e per aver alimentato la mia curiosità per questa materia. Grazie ai miei familiari, a mia madre, a mio padre, a mia sorella, a mio fratello e ai miei nonni, per avermi supportato e (soprattutto) sopportato nel mio percorso di formazione universitaria. Grazie a tutti i miei amici, compagni di studio e non, troppi per essere menzionati che mi sono stati vicini durante questi 5 anni con serietà, semplicità ma anche leggerezza.

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