CLIMATE CHANCE. UN PROGETTO PER IL LITORALE FERRARESE testo

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CLIMATE CHAN[C]E Un progetto per il litorale ferrarese


CLIMATE CHAN[C]E Un progetto per il litorale ferrarese

LAUREANDI Bulgarelli Francesca Gnani Tommaso Oca Elisa RELATORI Farinella Romeo Dorato Elena CORRELATORI Bondesan Alessandro

Università degli studi di Ferrara Dipartimento di Architettura

Laboratorio di sintesi finale D Tesi di laurea A.A. 2020-2021 18/03/2022



INDICE


INDICE

CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

Abstract Premessa Inquadramento

14 20 26

3.1 Mobilità e accessibilità

1 UN'INDAGINE SUL TERRITORIO COSTIERO 1.1 Lettura del paesaggio costiero

28 32

3.2 Infrastrutture d'acqua

42

3.3 I caratteri insediativi del paesaggio

1.1.1 Analisi dello stato del litorale in Italia 1.1.2 Il litorale in Emilia-Romagna

1.2 Le peculiarità del territorio 1.2.1 Le tracce della storia 1.2.2 Evoluzione del territorio 1.2.3 Fattori climatici e scenari 2100

1.3 Il Basso ferrarese e la sua costa

58

Analisi

66

2 IL SISTEMA DELLE ACQUE 2.1 I processi di bonifica nel tempo

68 72

2.1.1 La storia idrografica 2.1.2 Le bonifiche estensi 2.1.3 Lo sviluppo delle bonifiche meccaniche

2.2 Classificazione dei rischi

90

2.3 La tutela del territorio

8

154 158

4.1.1 Introduzione 4.1.2 Il sistema delle aree protette 4.1.3 Il Parco del Delta del Po 4.1.4 Uso del suolo 4.1.5 La rete ecologica

172

4.2.1 Il contesto storico e monumentale 4.2.2 Beni da preservare e valorizzare

4.3 Il sistema economico

182

4.3.1 Le attività produttive 4.3.2 Agricoltura e inquinamento 4.3.3 Acquacoltura 4.3.4 L'influenza dei cambiamenti climatici

102

2.3.1 La gestione idraulica 2.3.2 Le dinamiche di scolo e deflusso delle acque 2.3.3 Le difese rigide costiere

3 ASSETTO INSEDIATIVO E INFRASTRUTTURALE DEL TERRITORIO

142

3.3.1 Forme urbane, tra morfologia e caratteri insediativi 3.3.2 Insediamenti endogeni della costa 3.3.3 L'urbanizzazione diffusa lungo la costa 3.3.4 I flussi del turismo

4.2 Patrimonio culturale

2.2.1 Realtà a rischio idraulico 2.2.2 Erosione costiera e mareggiate 2.2.3 Problematiche legate alla subsidenza 2.2.4 Gli effetti dei cambiamenti climatici 2.2.5 Salinizzazione dei terreni

134

3.2.1 L'acqua come opportunità 3.2.2 Il Canale navigabile 3.2.3 Progetto Idrovia ferrarese

4 IL SISTEMA AMBIENTALE E PATRIMONIALE 4.1 Patrimonio naturalistico

1.3.1 Un ecosistema antropizzato 1.3.2 I frammenti naturali rimasti

120

3.1.1 Reti infrastrutturali dei trasporti 3.1.2 Analisi del caso della S.S. 309 Romea 3.1.3 Una strada/difesa, il caso Acciaioli

116

Strategia

190

5 CONVIVERE CON L'ACQUA 5.1 Uno sguardo all'Europa

192 196

5.1.1 Approcci strategici a livello europeo 5.1.2 Il caso di Scutari

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INDICE

5.2 I risultati dell'analisi

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206

5.2.1 Sintesi delle criticità 5.2.2 Risorse del territorio

5.3 Il processo strategico

210

5.3.1 Un nuovo approccio all'area 5.3.2 La strategia progettuale 5.3.3 Gli obiettivi e le azioni 5.3.4 Finanziamenti e aspetti economici

222

6 ALLE PORTE DI COMACCHIO 6.1 Il comparto ex Eridania

224 228

6.1.1 L'ex zuccherificio di Comacchio: la situazione pregressa 6.1.2 Lo stato attuale

232

6.2.1 Le infrastrutture naturali 6.2.2 Un punto significativo per la mobilità 6.2.3 Nuove opportunità

7 ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE 7.1 Un nuovo contesto paesaggistico

242 246

7.1.1 Gli spazi per l'acqua 7.1.2 Il sistema verse integrato 7.1.3 Riallacciamento alla città

7.2 Il parco attivo

252

256 260

8.1.1 I connotati 8.1.2 Aree di intervento

8.2 Il processo di adattamento 8.2.1 Interventi progettuali 8.2.2 Una nuova circolazione

10

274 278

9.1.1 La costituzione della duna 9.1.2 Un nuovo assetto

288

9.2.1 La riprogettazione della banchina 9.2.2 La duplice funzione

10 L'ISOLA DEGLI ESTENSI 10.1 Ripartire dal lido

294 298

10.1.1 Studio altimetrico 10.1.2 Aree di intervento

10.2 Adattarsi per sopravvivere

302

10.2.1 Interventi progettuali 10.2.2 Viabilità di accesso al sistema costiero 10.2.3 Nuova gestione dei flussi carrabili 10.2.4 Sistema di deflusso delle acque

11 UN NUOVO VOLTO PER IL LIDO 11.1 Darsena turistica

316 320

11.1.1 La porta degli Estensi 11.1.2 Una piazza polivalente

7.2.1 Le nuove funzioni 7.2.2 Il centro culturale nell'ex zuccherificio

8 MAGNAVACCA 8.1 Uno sguardo all'area

9 A PICCO SUL MARE 9.1 Il lungomare

9.2 Il porto-canale

Approfondimenti progettuali

6.2 Il rapporto con la città

8.2.3 L'ordinamento delle acque

264

11.2 Stabilimenti balneari

324

11.2.1 Strutture flessibili 11.2.2 Le possibilità del modulare

11.3 Strada permeabile

328

11.3.1 La criticità: gli allagamenti 11.3.2 I nuovi percorsi dell'acqua 11.3.3 Le strade come reticolo di scolo

Conclusioni Bibliografia Ringraziamenti Elaborati grafici

334 338 348 358

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ABSTRACT


ABSTRACT

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L’ambito costiero emiliano-romagnolo presenta una forte eterogeneità di problematiche come l’erosione costiera, la minaccia delle alluvioni, una difficile gestione delle acque, la subsidenza, la salinizzazione dei suoli e la forte pressione turistica durante il periodo estivo. In futuro, a causa dei continui cambiamenti climatici, questi problemi si intensificheranno sempre di più e ne sorgeranno di nuovi, come mostrano chiaramente gli studi effettuati dalla Dott.ssa Perini, prevedendo un’alterazione dell’attuale sistema costiero. La tesi, basandosi su questi documenti, si concentra sul ferrarese, spingendosi fino a Comacchio, analizzando la convivenza tra terra e acqua che ha caratterizzato questo territorio fin dalle sue origini, proponendo una riconfigurazione territoriale e paesaggistica lungo il tratto costiero e terminale del Canale navigabile. L’obiettivo progettuale è quello di accompagnare questi cambiamenti del territorio, puntando su un paesaggio resiliente che possa sfruttare l’acqua a suo vantaggio. Viene così elaborata una linea strategica sviluppata lungo la direttrice del Canale navigabile, una delle principali infrastrutture del territorio insieme alla S.S. Romea 309. Lungo di essa si sviluppano vari temi progettuali, dalla riqualificazione dell’ex zuccherificio di Comacchio, passando per la ricostituzione del waterfront Comacchio-valli fino ad arrivare al tratto costiero, con interventi mirati alla salvaguardia dei centri turistici di Porto Garibaldi e Lido degli Estensi. In ultima istanza verranno approfonditi alcuni ambiti situati lungo la direttrice, basandosi sulla linea strategica precedentemente redatta, che con interventi puntuali possano portare sia benefici strutturali al territorio ma anche incrementarne la qualità e l’eterogeneità degli spazi.

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“Non puoi tornare indietro e cambiare l’inizio, ma puoi iniziare dove sei e cambiare il finale” Clive Staples Lewis


PREMESSA


PREMESSA

Da questa frase di Clive Staples Lewis si possono dedurre le intenzioni che hanno portato alla redazione di questa tesi. L’idea nasce dalla voglia di approfondire la conoscenza di un territorio da noi molto frequentato durante il periodo estivo. Erroneamente, esso viene considerato dai più soltanto una destinazione di villeggiatura, ma con il suo sito Patrimonio dell’Unesco, può offrire numerose opportunità di svago e insoliti scorci paesaggistici. La tesi è stata redatta facendo riferimento ad una corposa bibliografia e sitografia, poichè svolta in questo particolare periodo temporale che ha limitato le possibilità relazionali e il continuo confronto con esperti, che comunque sono stati interpellati per fornire conoscenze specifiche sul territorio di studio. Uno di questi, nonchè nostro correlatore, è l’ingegnere Alessandro Bondesan, caposettore dei sistemi informativi del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, che ha saputo guidarci nella stesura del progetto curando le parti più tecniche e specifiche di calcolo. Un’altra mezione va a Lorenzo Calabrese, geologo presso Regione Emilia-Romagna-servizio geologico, sismico e dei suoli, che con le sue conoscenze ci ha aiutato nella redazione del progetto

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fronte mare e nella comprensione dei fenomeni a cui i litorali sono maggiormente soggetti. Nel nostro percorso di tesi ha avuto un ruolo centrale anche la settimana di workshop a distanza presso la DISS (Delta International Summer School), alla quale abbiamo partecipato nel mese di giugno 2021. Questa esperienza ci ha permesso di venire in contatto con numerose personalità di spicco per le aree interessate, attraverso gruppi di lavoro multidisciplinari che hanno visto confrontarsi studenti universitari, tecnici del territorio, progettisti locali ed esperti accademici. Ciò è stato molto stimolante visto lo scambio di idee con professionisti appartenenti ad altri settori che ci hanno fornito informazioni e punti di vista diversi e con cui guardare un teritorio molto complesso. Grazie a queste esperienze e all’aiuto dei nostri relatori, Romeo Farinella ed Elena Dorato, è stato possibile riordinare tutto il materiale e redarre un quadro conoscitivo che ci ha portato alla stesura del progetto, un processo di adattamento del territorio ai cambiamenti climatici in atto, rendendolo maggiormente resiliente e in grado di mutare il suo aspetto a seconda dei periodi dell’anno e delle condizioni climatiche.

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INQUADRAMENTO


UN’INDAGINE SUL TERRITORIO COSTIERO

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

1.1 Lettura del paesaggio costiero

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Figura 1.1 Tipologie

costiere presenti in Italia

1.1.1 Analisi dello stato del litorale in Italia La costa italiana ha una lunghezza di circa 8.300 Km. Nel determinare la sua lunghezza sono considerati anche tratti di costa rettilinei introdotti in corrispondenza delle foci dei fiumi e delle strutture portuali e marittime (costa fittizia) e tratti di costa artificiali con strutture permanenti. Attualmente più del 9% della costa risulta ormai artificiale, delimitata da opere radenti la riva (3,7%), porti (3%) e strutture parzialmente sovraimposte al litorale (2,4%). I tratti di costa naturale hanno una lunghezza di 7.500 km. Più di un terzo sono coste alte che si sviluppano, secondo varie morfologie, con tratti rocciosi molto spesso articolati e frastagliati, presenti prevalentemente sulle due isole maggiori, Sardegna e Sicilia, e sulle regioni tirreniche. Le coste basse, invece, sia sabbiose che rocciose, sono diffuse su tutti i fronti costieri, spesso si alternano ad alti tratti rocciosi o si trovano racchiuse tra due promontori, con l’eccezione della costa adriatica, la quale risulta essere costituita quasi esclusivamente da lunghi tratti rettilinei di litorali sabbiosi o deltizi e dagli ambienti lagunari più estesi del Paese. Il 70% delle coste basse è costituito da spiagge sabbiose o ghiaiose, per una lunghezza complessiva di 3.270 Km e una superficie territoriale di oltre 120 Km2. Le spiagge italiane sono mediamente ampie alcune decine di metri, specialmente sul fronte adriatico, dove le più estese si possono trovare in Emilia-Romagna e Veneto. La Sicilia, invece, è la regione con il maggior numero di chilometri di litorali sabbiosi, mentre la Calabria ha il maggior numero di km2 di spiagge, pari al 20% dell’inte-

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Tipologie di costa: Alte, rocciose Basse, sabbiose, lineari Basse, lagunari Basse, paludose Fonte: ISPRA, Elaborazione della copertura territoriale disponibile con le ortofoto del volo IT2006 Grafico 1.1 Variazione

dell’assetto della linea di riva, sole coste basse, nei periodi 1950/1999 e 2000/2007 5%

3%

22%

18%

49%

24%

60%

19% 1950/1999 (variazione +/-25 m)

2000/2007 (variazione +/-10 m)

Costa stabile

Costa in avanzamento

Costa in erosione

Non definito

Fonte: ISPRA. La differenza di lunghezza totale di coste basse è determinata dalla variazione degli assetti della linea di riva, dall’esclusione delle aree di colmamento artificiale, seppure parzialmente naturali, considerate al 1999, dalle ulteriori opere marittime e di difesa realizzate tra il 2000 e il 2007 e dall’esclusione di ulteriori aree mascherate emerse con le ortofoto del volo IT2006

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

ra superficie nazionale. L’ambiente costiero è un ecosistema dinamico in cui processi naturali e di origine antropica si sommano e interagiscono modificandone le caratteristiche geomorfologiche, fisiche e biologiche. I litorali sabbiosi sono i territori più vulnerabili, dove maggiormente si manifestano queste evoluzioni. La continua movimentazione dei sedimenti a opera del mare (correnti, maree, moto ondoso, tempeste) sottopone i territori costieri a continui cambiamenti, che si evidenziano con nuovi assestamenti della linea di riva, visibili anche nell’arco di una stagione. L’erosione provocata dal mare è contrastata principalmente dall’apporto di materiale fluviale, riutilizzato per il naturale ripascimento dei litorali ghiaiosi o sabbiosi, e da tutti quegli interventi, come opere idrauliche e marittime, che costituiscono uno sbarramento al progressivo apporto di sedimenti alla foce dei fiumi. Negli ultimi decenni i litorali italiani hanno subito notevoli evoluzioni geomorfologiche causate da fenomeni di erosione costiera di origine prevalentemente antropica. Infatti, dal 1950 al 1999, il 46% delle coste basse ha subito modifiche superiori a 25 metri, così che i tratti di costa in erosione (1.170 km) risultano essere preponderanti rispetto a quelli in avanzamento. L’analisi delle variazioni dell’assetto della linea di riva nel periodo compreso tra il 2000 e il 2007 ha confermato questa tendenza: il 37% dei litorali ha subito variazioni superiori a 10 metri e i tratti di costa in erosione (897 Km) sono ancora superiori a quelli in accumulo (851 Km). L’arretramento della linea di riva e la perdita di superfici marino-costiere sono particolarmente evidenti in corrispondenza delle foci dei fiumi. Interi arenili sono for-

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temente arretrati, con una perdita di territorio e del suo valore sia dal punto di vista ambientale che economico, inoltre, molti sono i casi in cui l’erosione dei litorali ha messo in crisi la sicurezza di abitazioni, strade e ferrovie, specie in caso di mareggiate. 1.1.2 Il litorale in Emilia-Romagna La costa emiliano-romagnola è costituita da una spiaggia prevalentemente continua che si estende per circa 141 Km ed è caratterizzata sotto il profilo morfologico da due unità. La prima si costituisce di una spiaggia bassa e sabbiosa che si sviluppa per 110 Km da Cattolica, al confine con la Regione Marche, fino alla foce del Po di Volano a nord, con un’ampiezza che varia da pochi metri ad oltre 200 m. La seconda, invece, è rappresentata dal sistema barriera-laguna della Sacca di Goro, che costituisce la parte meridionale del delta del Po e ha un fronte a mare di circa 11 Km. Alle spalle del sistema litoraneo, a nord, si trovano vasti territori bonificati, con quote inferiori al livello del mare, occupati in parte da aree umide di elevata rilevanza naturalistica appartenenti al Parco Regionale del Delta del Po e alla Riserva Naturale dello Stato “Duna costiera ravennate e foce torrente Bevano”. Una maggiore antropizzazione caratterizza invece la parte più a sud. Nel suo complesso risulta essere un ambiente dinamico, il cui equilibrio, al giorno d’oggi, sembra compromesso dall’uso intensivo del territorio, dipendente dall’interazione tra fattori naturali, quali la variazione del livello del mare, le condizioni meteo-marine, gli apporti sedimentari fluviali, la subsidenza e fattori antropici. La presenza concomitante di questi fattori ha fortemente accentuato

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

la vulnerabilità della costa emiliano-romagnola che è attualmente soggetta ad estesi processi erosivi. La spiaggia, infatti, è il risultato dell’equilibrio tra il trasporto di sabbia da parte dei fiumi e l’azione del moto ondoso e delle correnti marine che ridistribuiscono il sedimento lungo il litorale. A tutto ciò si è sovrapposto l´intervento dell´uomo che ha irrigidito l’evoluzione dei litorali costruendo insediamenti e strutture turistico-balneari, porti, moli e opere di difesa a ridosso della sottile fascia costiera o in prossimità di questa. Infatti, dal 1950 al 1980, la spiaggia che va da Cattolica a Volano è stata caratterizzata da una trasformazione paesaggistico-ambientale radicale. Nella prima fascia di 500-1000 m di territorio adiacente al retro della spiaggia sono sorte strutture turistico-balneari e insediamenti urbani, dove prima sorgevano estesi cordoni dunosi, boschi elicei, stagni retro-dunali e aree coltivate alla fine degli anni ’70. Nel giugno del 2013 Legambiente ha redatto lo studio “Salviamo le coste italiane”1, dedicando uno degli approfondimneti alla costa emiliano-romagnola. I risultati elaborati ci pongono di fronte ad una costa caratterizzata da paesaggi naturali e agricoli ricchi di storia, che però risultano a rischio a causa dell’urbanizzazione incontrollata che sta cancellando la bellezza del suo paesaggio identitario. Sui 141 Km di costa, 82 sono stati trasformati ad usi urbani, infrastrutture portuali ed industriali. Più precisamente, 30 Km sono occupati da tessuti urbani densi, 39 Km, invece, da un edificato meno denso, mentre altri 13 Km sono occupati da infrastrutture portuali ed industriali. Rimangono compessivamente 42 Km di paesaggi costieri con caratteri ancora naturali, tratti di costa completamen-

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Figura 1.2 Consumo

di costa Grafico 1.2 Percentuale

del consumo 10%

21%

P. urbani (A. densità) P. urbani (B. densità) P. agricoli P. naturali P. industriali/portuali 30%

28% 11%

Grafico 1.3 Paesaggi

natura e trasformato 41%

P. trasformato P. naturale

59%

Grafico 1.4 Configurazione 6%

linea di costa 8%

Spiaggia Roccia Artificiale

86%

Grafico 1.5 Percentuale

del consumo

5%

Consumo di costa antecedente 1988 Consumo di costa tra 1988 e 2011 95% Fonte: Legambiente.“Il consumo di suolo delle aree costiere italiane, la costa emiliano-romagnola, da Gorino a Cattolica: l’aggressione del cemento e i cambiamenti del paesaggio”

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

te liberi dal cemento, e 17 Km di tratti costieri con paesaggi agricoli, un dato piuttosto allarmante se si considera la storia e l’identità della costa emiliano-romagnola. Questi studi vengono effettuati a partire dal 1988, anche per monitorare gli effetti che la legge 431/1985, nota come “Legge Galasso”2, avrebbe dovuto apportare al crescente consumo di suolo. Nonostante questi vincoli, vengono comunque trasformanti in maniera irreversibile 7 Km di costa (il 5% del totale) per usi urbani e turistici. Si è vista una notevole crescita di edificazione a bassa densità a discapito di tratti agricoli costieri, modificandone i connotati paesaggistici. Al giorno d’oggi la costa appare divisa in due, con una fascia a Nord, verso il Veneto, dove ancora resistono ambiti naturali di pregio e quella a Sud dove è difficile anche solo immaginare come fosse stato il paesaggio prima che arrivasse l’attuale distesa di edificato. Ciò che deve far riflettere è la densità continua dell’edifcato, che ha caratteristiche non riscontrabili in altre parti d’Italia, costruendo uno strato sempre più spesso di edificazione tra il mare e le aree agricole, cancellando così qualsiasi tipo di corridoio ambientale. Si evince da questo quadro come la protezione della costa sia una priorità nelle strategie di difesa del nostro territorio, soprattutto alla luce degli importanti cambiamenti climatici che imporranno una riprogettazione di queste aree particolarmente esposte.

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Note 1 Salviamo le coste italiane è uno studio redatto da Legambiente nel giugno del 2013. Esso si

propone di “studiare Regione per Regione il “consumo delle aree costiere italiane”, attraverso un lavoro di sovrapposizione delle foto satellitari, che permette di riconoscere le aree dove è stato cancellato in modo irreversibile il rapporto tra il mare e i paesaggi naturali e agricoli che sono alle spalle e o di costruire uno spazio interattivo sul sito di Legambiente, che abbiamo chiamato “Atlante fotografico dei paesaggi costieri italiani” come strumento per monitorare i cambiamenti che stanno avvenendo lungo le coste italiane e i 639 Comuni il cui territorio è bagnato dal mare”.

2

La Legge Galasso (431/1985) è una legge introdotta dalla Repubblica italiana nel 1985 e promulga una serie di tutele sui beni paesaggistici ed ambientali. Essa sancisce che “Le regioni vengono obbligate alla redazione di un piano paesistico (o urbanistico territoriale) che tuteli il territorio e le sue bellezze, in particolare i piani possono anche porre la totale inedificabilità in: aree alpine al di sopra dei 1600 metri, aree appenniniche al di sopra dei 1200 metri, a distanza di 300 metri dalla riva di mari e laghi e 150 metri dalle sponde di fiumi e torrenti, sui vulcani, nelle zone umide italiane della lista di Ramsar, in aree di interesse archeologico, università agrarie (gestori dei beni di uso civico), nei boschi o nella vegetazione assimilitata definita con riferimento al D.Lgv. 227/2001”.

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

Figura 1.3 Utilizzo

CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

del suolo litorale ferrarese

Paesaggi urbani (Alta densità)

Paesaggi agricoli

Paesaggi urbani (Bassa densità)

Paesaggi naturali

Goro

Lido delle Nazioni

Taglio della Falce

Lido di Pomposa

Lido di Volano

Lido degli Scacchi

Borgo Manara

Porto Garibaldi

Lido degli Estensi

Fonte: Legambiente. Studio Legambiente, “Il consumo di suolo delle aree costiere italiane, la costa emiliano-romagnola, da Gorino a Cattolica: l’aggressione del cemento e i cambiamenti del paesaggio”

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

1.2 Le peculiarità del territorio 1.2.1 Le tracce della storia Il territorio nel quale si colloca l’intervento, ha la particolarità di essere un mix di naturalità ed intervento antropico, il quale è risultato determinante per la possibilità di permettere l’insediamento umano in un luogo caratterizzato dalla compresenza di terra e di acqua. La Provincia di Ferrara si può dividere morfologicamente in Terre alte e Terre basse. Il loro limite geografico è riconducibile all’Argine di Brazzolo. Le Terre vecchie, o Alto ferrarese, si collocano ad Ovest del territorio provinciale e sono caratterizzate da canali e strade dalla forma irregolare, mentre le Terre nuove, o Basso ferrarese, si collocano ad Est e sono caratterizzate da strade e canali dalla forma molto più regolare, derivanti dai processi di bonifica. Figura 1.4 Suddivisione

altimetrica Provincia di Ferrara

Terre alte Terre di mezzo Terre basse Fonte: Farinella R. (a cura di), Acqua come patrimonio. Esperienze e savoir faire nella riqualificazione delle città d'acqua e dei paesaggi fluviali, Dipartimento di Architettura-CITER e Ente di gestione per i parchi e la biodiversità-Delta del Po, Ferrara, 2013.

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Nel corso dei secoli, il territorio oggi riconducibile al Basso ferrarese, ha visto cambiare notevolmente il suo aspetto, arrivando fino all’attuale conformazione derivata da molteplici vicende idrografiche che lo hanno modellato fino a raggiungere l’attuale assetto. Il suo destino si è sempre intrecciato al tema delle acque, anche per la sua particolare posizione, all’estremità orientale della Pianura Padana, luogo dove molti fiumi raggiungo il Mare Adriatico. Oltre alla presenza di importanti fiumi come il Po ed il Reno, vanno certamente considerati tutti i loro affluenti, perpendicolari rispetto al loro scorrere, che complessificano notevolmente il quadro idrografico. Attualmente rimangono visibili le trame lasciate dai paleoalvei e dagli antichi cordoni dunosi che testimoniano la facilità di mutazione che questo territorio possedeva e la possibilità di ricostruirne l’antica morfologia tramite l’analisi delle sue tracce. Un’altra particolarità del territorio è rappresentata dalla sua altimetria, interamente pianeggiante e con parti sotto il livello del mare, specialmente tra le province di Ferrara, circa il 40% del territorio, e Ravenna. Queste condizioni sono dovute a continui abbassamenti verticali del suolo, causati dalla variazione di acqua nella falda e dalla continua estrazione di gas dal sottosuolo. L’unica difesa che contrasta l’avanzamento del mare è rappresentata dal dosso litoraneo che si trova ad una quota di 3-4 m sul livello del mare. In passato è capitato però che questa difesa naturale non bastasse per fronteggiare l’innalzamento del mare che invadeva i territori bassi e ne cambiava profondamente l’aspetto. L’attuale conformazione del territorio è frutto dell’intervento antropico che l’uomo ha saputo apportare nel corso dei secoli, modificando ed implementando la rete idrografica esistente con strutture artificiali.

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

Questo territorio viene particolarmente tutelato al giorno d’oggi, per evitare che la sua unicità possa essere minata. Per questo motivo sono state istituiti una serie di vincoli, tra cui l’istituzione del Parco del Delta del Po nel 1988 e l’inserimento del sito, da parte dell’UNESCO, nella Lista dei Beni Patrimonio dell’Umanità1, nell’anno 1999. La conservazione di questo paesaggio rimane la sfida più importante per i prossimi anni, essendo messo in pericolo da molteplici fatti. L’uomo ne ha profondamente cambiato l’assetto nel corso degli anni, lasciandone solamente frammenti sparsi, in un contesto avulso, che possono essere indivduati solo da un occhio esperto. Il suo essere un “territorio d’argilla”, facilmente malleabile, e la sua capacità di mantenere i segni e le tracce del tempo, lo rendono molto fragile, specialmente in quest’epoca dove i cambiamenti climatici si fanno sempre più intensi.

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Figura 1.5 Riduzione

aree naturali

1814 Assetto aree naturali

1.2.2 Evoluzione del territorio La storia di questo territorio vede continuamente intrecciarsi il rapporto tra terra ed acqua, che l’uomo, fin dall’antichità ha provato a controllare, sfruttando a proprio vantaggio la risorsa acqua che permetteva la pesca, gli spostamenti e facilitava la difesa delle città. Nonostante le avversità del luogo, l’uomo riuscì a stabilirvici ed iniziare a plasmare il territorio a suo vantaggio, iniziando a controllare il flusso delle acque, rendendo questo territorio vivibile. La sua mutevolezza, deriva da processi di sedimentazione ed erosione esercitati dal Po e dal mare, dalla subsidenza e dalle varazioni del clima che mutano continuamente i confini tra aree sommerse e immerse. Le prime opere di infrastrutturazione furono operate dai

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2012 Persistenze naturali attuali Fonte: Farinella R. (a cura di), Acqua come patrimonio. Esperienze e savoir faire nella riqualificazione delle città d'acqua e dei paesaggi fluviali, Dipartimento di Architettura-CITER e Ente di gestione per i parchi e la biodiversità-Delta del Po, Ferrara, 2013.

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

Romani che iniziarono a pianificare il territorio con lo scopo di renderlo abitabile, anche grazie al miglioramento delle condizioni climatiche al quale si assiste in questo periodo storico. Vennero attuati importanti disboscamenti per poter preparare il territorio all’esercizio della pratica agricola. Nel ferrarese però, non vennero realizzate le centuriazioni, come fatto nella vicina Romagna e nei territori del basso Veneto, ma infrastrutture viarie che si adattassero alle caratteristiche morfologiche del luogo. In questo periodo storico il corso principale del Po era costituito dal Po di Ferrara, che lambiva Ficarolo e Bondeno e, una volta sopraggiunta Cona, si divideva in vari corsi, tra cui i più importanti erano quello per Copparo, nominato l’Olana e citato anche da Polibio, l’attuale Po di Volano, e quello per Ostellato che successivamente venne chiamato Eridano da Plinio. Alla foce di quest’ultimo, a valle dell’ormai scomparsa Spina, si è formato un vasto e complesso delta, che nel III secolo d.C. arriva ad oltrepassare l’attuale linea di costa. Intorno al VI secolo d.C. si ebbe un periodo con forti precipitazioni che creò numerosi dissesti idrologici che portarono al comabiamento dei corsi dei fiumi e al ritorno di aree paludose, mettendo in crisi gli sforzi fatti dai Romani per sviluppare l’agricoltura. Nei secoli successivi si estinse anche l’Eridano e il suo delta fu parzialmente eroso dal mare. Da questo momento in poi, i rami principali divengono il Volano e il Primaro, dove alla loro biforcazione sorge la città di Ferrara. Col sopraggiungere di nuove condizioni climatiche favorevoli, tra il IX e l’XI secolo, e l’ingressione di acqua salmastra nella parte orientale del territorio, si tornano ad avere condizioni favorevoli per la ripresa della pratica

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Figura 1.6 Evoluzione

del territorio

Età Romana

X Secolo

Fonte: Farinella R. (a cura di), Acqua come patrimonio. Esperienze e savoir faire nella riqualificazione delle città d'acqua e dei paesaggi fluviali, Dipartimento di Architettura-CITER e Ente di gestione per i parchi e la biodiversità-Delta del Po, Ferrara, 2013.

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

agricola. Intorno all’anno Mille, si assiste ad un’importante opera di bonifica effettuata dai monaci dell’Abbazia di Pomposa, col metodo della tagliata, al fine di migliorare il drenaggio dei campi più alti. Successivamente, alla metà del XII secolo, a causa di una serie di rotte avvenute presso Ficarolo, si ha una progressiva decadenza del Po di Ferrara e la costituzione di un nuovo corso, molto simile a quello attuale, con foce presso Rosolina. Con la fine del Medioevo si iniziano a vedere le prime opere di bonifica Estensi, a cominciare dal 1447 quando vennero prosciugate le aree Diamantina, Casaglia e Sammartina, mentre le zone del Basso ferrarese continuavano ad essere sommerse di acqua salmastra. Nel 1526 il Reno viene immesso, a Porotto, nel Po di Ferrara, provocandone il rapido interrimento e numerose rotte, con allagamento di vaste aree a sud della città, anche di terreni appena prosciugati come la Sammartina. Nel corso del XVI secolo, la signoria degli Estensi intraprese un’importante campagna di bonificazione delle Terre alte, fino ad arrivare alla Grande Bonificazione Estense disposta da Alfonso II fra il 1564 e il 1580, che con l’aiuto di nobili veneziani, finanziatori delle opere, arriva a prosciugare oltre 30.000 ettari del Polesine di Ferrara. Di lì a pochi anni, però, a causa della subsidenza, ossia l’abbassamento dei terreni causato dalla stessa bonifica, entra in crisi la nuova rete scolante. Ma furono altri i fatti, anche più importanti, che portano al dissesto idraulico del ferrarese nord-orientale. Alla fine del XVI secolo, a causa del vuoto di potere determinato dall’allontanamento degli Estensi da Ferrara, la Repubblica di Venezia realizza, fra il 1599 e il 1604, il cosiddetto Taglio di Porto Viro, ossia la deviazione verso sud-est del corso terminale del Po.

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Figura 1.7 Evoluzione

del territorio

XIV Secolo

XVIII Secolo

Fonte: Farinella R. (a cura di), Acqua come patrimonio. Esperienze e savoir faire nella riqualificazione delle città d'acqua e dei paesaggi fluviali, Dipartimento di Architettura-CITER e Ente di gestione per i parchi e la biodiversità-Delta del Po, Ferrara, 2013.

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

Questo fatto ha prodotto l’ostruzione, con i sedimenti del Po, degli sbocchi a mare dei canali ferraresi, mettendo fuori servizio la Chiavica dell’Abate. Viene così a mancare la possibilità di far scolare le acque della Grande Bonificazione riportando nuovamente quei terreni a palude. Con l’accrescere del territorio, viene prolungato verso Sud il corso del Canal Bianco, in cui sono stati immessi anche i canali Bentivoglio e Seminiato. Alla sua foce venne costruita la chiavica di Torre Palù nel 1751. Questo intervento, però, ha diminuito notevolmente la pendenza del canale, diventando diffcoltoso il recapito delle acque interne verso il mare. Dopo il 1850 il clima passa verso l’attuale fase calda, con le nuove terre che riprendono ad essere oggetto di bonifica. Queste saranno completate alla fine del XIX secolo, quando arriveranno le macchine idrovore a vapore, che dovranno far fronte all’ultima grande rotta che interseca il Po nel tratto ferrarese, la rotta di Guarda del 1872. Inizia così il periodo della bonifica meccanica, cominciato dalle zone in cui era fallita la Grande Bonificazione Estense, arrivando a prosciugare 54.000 ettari di terreno. Gli interventi proseguono per oltre un secolo, fino all’esaurimento della richiesta di nuovi appezzamenti terrieri, ritenendo opportuno conservare parte delle zone umide rimaste. Nel corso di pochi secoli il territorio del Basso ferrarese ha vissuto numerose trasformazioni, sia naturali che antropiche, questo testimonia la sua resilienza e malleabilità che l’uomo nel corso dei secoli ha cercato di controllare e irrigidire2.

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Figura 1.8 Evoluzione

del territorio

XIX Secolo

XXI Secolo

Fonte: Farinella R. (a cura di), Acqua come patrimonio. Esperienze e savoir faire nella riqualificazione delle città d'acqua e dei paesaggi fluviali, Dipartimento di Architettura-CITER e Ente di gestione per i parchi e la biodiversità-Delta del Po, Ferrara, 2013.

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

1.2.3 Fattori climatici e scenari 2100 Lo sviluppo di questa tesi parte dallo studio e dall’analisi riportati nel documento redatto da Luisa Perini et al.3, nel quale viene redatta una panoramica sulla situazione della costa emiliano-romagnola al 2100, tenendo conto dei fattori di rischio e dell’intensificarsi dei cambiamenti climatici. Vengono riscontrati alcuni fenomeni che mettono particolarmente in ginocchio i 130 Km di costa dell’Emilia-Romagna, come la subsidenza e l’innalzamento del livello del mare, creando precarietà nel sistema costiero e causando danni all’edificato, con conseguenze ingenti sull’economia del luogo. L’obiettivo di tale studio è prevedere l’innalzamento del livello medio del mare con le relative conseguenze, in particolar modo l’aumento dei territori sotto il livello del mare e l’effetto delle mareggiate, evidenziando le possibili nuove aree allagabili. Per prevedere il livello di innalzamento del mare, vengono adottati gli scenari Representative Concentration Pathway, prodotti dall’International Panel on Climate Change (IPCC) e contenuti nel report AR5. Questi dati tengono conto dell’evoluzione delle variabili climatiche, in particolare la concentrazione di CO2 nell’atmosfera. I valori presi in esame sono chiamati appunto RCP, essi sono quattro e hanno i seguenti valori, 2.6, 4.5, 6.0 e 8.5, dove ad ognuno corrisponderà un crescente grado di intensità dei fenomeni climatici per l’intervallo di tempo 2081-2100 rispetto al periodo 1986-2005. Successivamente alla raccolta dei dati si procede all’identificazione delle aree sotto il livello del mare al 2100, utilizzando il Digital Terrain Model dato dalla Regione

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Figura 1.9 Previsioni

di innalzamento del livello del mare

Fonte: Perini L. et al., Sea level rise along the Emilia-Romagna coast (Northern Italy) in 2100: scenarios and impact, in Natural Hazards Earth Sistem Science, n. 17, 2017

Emilia-Romagna con una risoluzione di 5x5 m, tenendo conto dello spostamento verticale totale previsto nel 2100 risultato dall’assunzione di tassi di subsidenza costanti pari a quelli attualmente osservati. La formula utilizzata per ottenere la variazione di quota del mare viene espressa con queste tre componenti: SCS1=SRCP+SGIA+SSUB, dove SRCP e SGIA vengono tenute costanti, mentre SSUB varia a seconda della località presa in esame. Nel primo caso studio, che tiene conto solo degli effetti relativi alla subsidenza, si arrivano a perdere 101 Km2 di territorio, mentre, tenendo conto anche degli effetti prodotti dalle mareggiate la perdita stimata si aggirerebbe intorno ai 346 Km2.

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

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Il secondo caso studio, invece, tratta appunto di fenomeni dovuti alla concomitanza di subsidenza e di mareggiate e proprio queste ultime devono essere quantificate per poter procedere all’elaborazione dei dati. Partendo dallo studio delle storiche mareggiate, prodotto da Armaroli, Ciavola et al.4 nell’anno 2011, sono stati assunti dei valori con diversi tempi di ritorno dei fenomenti: 0,85 m con un tempo di ritorno di 2 anni, 1,05

m ogni 10 anni e 1,28 m ogni 100 anni. Gli stessi tempi di ritorno avrebbero valori inferiori senza considerare la componente mareale: 0,61 m, 0,79 m e 1,02 m. Con questi dati si può impostare l’equazione che permette di censire l’estensione delle nuove aree allagabili al 2100, così la nuova SCS2 sarà data dalla SCS1 sommata alla SSTS, ovvero l’altezza data dalla mareggiata. Vengono così ottenuti i seguenti risultati, secondo tre scenari, dati

Figura 1.10 Nuove

Figura 1.11 Aree

aree sotto il livello del mare al 2100

soggette ad allagamento nel 2100

P2 al 2012 P2 al 2100 (solo subsidenza) Aree attualmente sotto il livello del mare

P2 al 2100 scenario LOW

Nuove aree sotto il livello del mare

P2 al 2100 scenario HIGH

Fonte: Surging Seas, sea level rise analysis by Climate Central https://sealevel.climatecentral.org/maps/

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Fonte: Perini L. et al., Sea level rise along the Emilia-Romagna coast (Northern Italy) in 2100: scenarios and impact, in Natural Hazards Earth Sistem Science, n. 17, 2017

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

dal periodo di ritorno: quello frequente (P3) con tempo di ritorno 10 anni vede un innalzamento di 1.49 m, quello meno frequente (P2) con un tempo di ritorno 100 anni di 1.81 m ed infine quello raro (P1) con un tempo di ritorno molto maggiore di 100 vede un innalzamento di 2.50 m. Durante il calcolo, però, non si prendono in considerazione i casi P1 e P3 poichè risultano trascurabili ai fini dello studio. Il risultato finale dello studio indica come le aree a rischio alluvione da mareggiate siano notevolmente aumentate. Spostando il focus sull’area dei lidi ferraresi si nota come la percentuale di territorio esposta a mareggiata sia aumentata del 59%, per eventi con un tempo di ritorno di 100 anni e tenendo conto del solo effetto prodotto dalla subsidenza. Se includessimo anche l’effetto dovuto all’innalzamento del livello del mare nel 2100, l’aumento percentuale delle aree allagabili salirebbe al 102% e al 214%, rispettivamente per gli scenari Low, con RCP 2.6 e High con RCP di 8.5. Per concludere si nota come per il primo caso studio, dovuto solo a subsidenza, si arrivi ad avere un aumento del livello del mare di 0,99 m al 2100 con un RCP di 8.5, mentre per il secondo scenario si arriverre, contando anche l’effetto delle mareggiate, a 2.65 m, con un tempo di ritorno molto maggiore di 100 anni e un RCP sempre di 8.5. Questi dati mostrano chiaramente come gran parte delle difese attualmente in uso perderebbero la loro efficacia esponendo il litorale a sempre più intensi fenomeni climatici.

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Note 1 La Riserva del Delta del Po include il sito UNESCO “Ferrara, Città del Rinascimento e il suo

Delta del Po” e tre zone umide di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar: la Valle di Gorino e territori limitrofi, la Valle Bertuzzi e specchi d’acqua limitrofi e le Valli residue del comprensorio di Comacchio.

2

Bondesan A., Bondesan M. Breve storia idrografica del territorio ferrarese, Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, 2011

3

Perini L., Calabrese L., Luciani P., Olivieri M., Galassi G., Spada G. Sea-level rise along the Emilia-Romagna coast (Northern Italy) in 2100: scenarios and impacts, in Nature Hazards Earth System Science, 2017

4

Armaroli C., Ciavola P., Perini L., Calabrese L., Lorito S., Valentini A., Masina M. Critical storm thresholds for significant morphological changes and damage along the Emilia-Romagna coastline, 2011

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

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1.3 Il Basso ferrarese e la sua costa

Il Basso ferrarese, al giorno d’oggi, risulta essere il prodotto di numerose trasformazioni che sono avvenute durante i secoli precedenti da un costante susseguirsi di interventi naturali ed antropici, quest’ultimi alla scopo di renderlo maggiormente ospitale e produttivo. Per certi versi gli sforzi sono stati efficaci e hanno dato i risultati attesi, ma lo sfruttamento eccessivo degli ultimi decenni ha comportato un prezzo da pagare non trascurabile: una forte perdita di naturalità e di equilibrio degli ecosistemi, base imprescindibile per una gestione sostenibile del territorio e per una sana qualità di vita per l’uomo stesso. Gran parte del paesaggio agrario del Basso ferrarese risulta oggi plasmato, nella sua fisionomia, dalle moderne pratiche di appoderamento e dalla meccanizzazione agricola. L’agricoltura industriale ha comportato un’epocale alterazione del territorio prosciugato tramite le bonifiche meccaniche del XIX e XX secolo. Una notevole porzione di territorio, circa il 40% del tota-

le, si trova al di sotto del livello del mare e per rimanere nelle condizioni attuali ha bisogno di una rete di canali e impianti di sollevamento meccanici che lavorino senza sosta. Per la gestione delle acque ci troviamo nel Bacino idrografico Burana-Volano, nel quale le acque dei vari Bacini di scolo vengono recapitate a mare nel tratto costiero compreso fra la foce del Po di Goro e la foce del Reno. I principali canali preposti a tale recapito a mare sono, da nord a sud, il Canal Bianco (che sbocca nella Sacca di Goro), il sistema Po di Volano-Canale Navigabile (il primo nella Sacca di Goro e il secondo direttamente in mare) e il Logonovo (direttamente in mare), questi ultimi entrando anche in contatto con l’ecosistema delle Valli di Comacchio. Comacchio e le sue Valli hanno rappresentato un’ampia fascia di transizione tra il mare aperto e la terra ferma fino al secolo scorso. L’attuale comprensorio vallivo è quanto resta del più vasto specchio d’acqua un tempo compreso tra Comacchio a nord-est, Ostellato a nord-ovest, Portomaggiore e Argenta ad est ed il Reno a sud. Dei 55.000 ettari che originariamente costituivano le valli ne sono rimasti, a seguito delle opere di bonifica, solamente

Figura 1.12 Sezione

Fonte: Consorzio di Bonifica della Pianura di Ferrara

1.3.1 Un ecosistema antropizzato

Fiume Po

Basso ferrarese (altimetrie enfatizzate) Canale emissario di Burana Po di Volano

Canal bianco

Ferrara

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Po di Volano

Collettore acque alte

Canale Navigabile

Valle Bertuzzi

Valle Bellocchio

Lidi

Mare Adriatico

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

10.000. L’ecosistema vallivo si trova in prossimità della costa, la quale si estende per 25 Km, da Punta Faro a nord sino alla valle Bellocchio, a sud del Lido di Spina, ovvero dalla bocca più meridionale del Delta sino all’estremo limite della foce del Reno. La linea di costa, una volta in continuo movimento, ha segnato le sue tappe mediante la costituzione di una serie di rilievi dunosi corrispondenti ai diversi periodi di regressione e trasgressione marina. Le zone retrodunali che un tempo erano occupate da acquitrini, dai quali emergevano numerose barene coperte di vegetazione, presentano attualmente scarsi elementi di naturalità, circoscritti alla zona a sud del Lido di Spina, come l’ecosistema della Sacca di Bellocchio ed alcuni relitti di dune nella parte nord dello stesso Lido e del Lido delle Nazioni, alla zona di foce del Po, al Lido di Volano e sopratutto alla parte più orientale della Sacca di Goro ed alla Riserva Naturale di Gorino. Negli ultimi 40 anni, infatti, la costa ferrarese è stata oggetto di continui interventi antropici e di un’edificazione incontrollata che ha portato allo smantellamento dei cordoni dunosi per far posto a insediamenti residenziali e turistici. Alcuni tratti di costa sono stati oggetto di forestazione in epoca più recente, dando luogo ad una fascia di pineta, interrotta in corrispondenza di Porto Garibaldi e dei Lidi ad esso adiacenti. Questi interventi antropici hanno notevolmente ridotto le difese naturali delle quali la costa disponeva, rendendo particolarmente vulnerabile alle mareggiate e all’acqua alta, non solo le aree litoranee, ma anche tutto il territorio retrostante, che giacendo al di sotto del livello del mare risulta particolarmente esposto1.

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

Figura 1.13 Analisi

sul tratto costiero ferrarese

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

1.3.2 I frammenti naturali rimasti “La moltiplicazione dei frammenti del terzo paesaggio è un fattore selettivo della diversità. Sopravvivono solo le specie il cui territorio biologico è compatibile con la superficie del frammento. [...] Le occasioni di continuità biologica diminuiscono col chiudersi delle maglie. La diversità si riduce in proporzione.” Così, Gilles Clèment parla dei residui del paesaggio naturale incontaminato nel suo libro “Manifesto del Terzo paesaggio”2, sollevando un problema che caratterizza anche queste aree di studio. Infatti, uno dei più grandi problemi connessi con l’elevato grado di artificializzazione del territorio del Basso ferrarese risulta essere la scomparsa degli elementi naturali e il fatto che gli habitat superstiti si trovano in condizione di grave isolamento. Questi fenomeni fanno si che la biodiversità di questi luoghi sia messa in grave pericolo. Le unità ecosistemiche relitte, soprattutto se di piccole dimensioni, possono infatti andare incontro ad alterazione microclimatica, la quale si riflette sulle componenti biotiche. Le dimensioni contenute fanno si che si verifichi una riduzione fisica degli habitat disponibili, con un conseguente aumento delle probabilità di estinzione di specie, in particolare quando la superficie dell’habitat non è più sufficiente a mantenere una popolazione vitale. La geometria del grado di frammentazione delle aree di interesse paesaggistico-ambientale, la quale si manifesta con diverse forme, nel territorio del Basso ferrarese si presenta principalmente caratterizzata da neo-ecosistemi di medio-piccola dimensione distanti tra loro. Queste unità naturali relitte costituiscono delle vere e proprie isole

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

circondate da una matrice territoriale con diversi usi del suolo. Le dimensioni e la forma delle unità ecosistemiche risultano caratterizzanti nei confronti dei tassi di estinzione e colonizzazione da parte delle specie biologiche e, quindi, della loro ricchezza in termini di biodiversità. La capacità di una specie di colonizzare una zona relitta dipende dalla distanza di questa da altre zone con condizioni fisiche e biologiche simili, indipendentemente dal fatto che si tratti di un’altra area relitta o di un ambiente di grandi dimensioni. Nell’area costiera, prevalentemente, si possono notare numerosi esempi di quanto sostenuto in precedenza, poichè la mano dell’uomo appare molto più evidente. Negli ultimi anni sono stati spianati cordoni dunosi e bonificate una serie di aree delle quali restano intatti soltanto pochi frammenti. Le più evidenti sono le aree boschive lungo il litorale, delle quali restano solo alcuni frammenti come il Bosco della Mesola, la pineta esistente tra il Lido di Volano e quello delle Nazioni e il bosco delle Vene di Bellocchio. Il fronte mare, invece, negli ultimi decenni, ha visto la quasi totale estinzione dei tratti dunosi che lo caratterizzavano per far spazio a stabilimenti balneari e abitazioni. Presso il Lido di Volano e nella parte Nord di Porto Garibaldi sono rimasti alcuni frammenti dell’antico cordone dunoso che ospitava il relitto Bosco Eliceo. Sono inoltre da menzionare le dune di San Giuseppe e quelle rimaste sul fronte del Lido di Spina, dove l’edificazione, attestatasi più indietro, ha permesso la loro salvaguardia. Queste aree sono importanti riserve di biodiversità, poichè sono tra le ultime sopravvissute del paesaggio originale, ma sono messe in crisi dalla continua frammentazione che subiscono e per questo motivo ne vengono ridotte le spe-

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CAPITOLO 1 | Un’indagine sul territorio costiero

cie presenti. Attualmente queste aree rientrano tra quelle tutelate da vari organi che operano nel territorio ferrarese, tra cui il Parco del Delta del Po stesso, ma anche le aree umide facenti parte della Convenzione di Ramsar3 e le aree sotto la Rete Natura 20004. Per i motivi sopra elencati, l’istituzione di corridoi ecologici diventa determinante, collegando i margini degli ecosistemi che costituiscono situazioni ambientali con caratteristiche proprie, spesso peculiari ed importanti. Si deve perciò perseguire una politica di uso del territorio che consenta la sopravvivenza e l’ampliamento di habitat naturali relitti, collegandoli tra loro con fasce di territorio diverso dalla matrice circostante, i quali riprendano fisicamente le caratteristiche degli stessi habitat. Inoltre si dovrebbe prevedere la creazione di neo-ecosistemi nei luoghi più consoni ed utili al completamento o all’arricchimento della rete ecologica.

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Note 1 I dati citati sono tratti dal Piano territoriale di coordinamento provinciale, in B.U.R. Emilia-Romagna n° 326, 2018

2 Clement G., Manifesto del Terzo paesaggio, pp. 41-43, 2005 3 La Convenzione di Ramsar, ufficialmente Convenzione sulle zone umide di importanza in-

ternazionale, è un atto firmato a Ramsar, in Iran, il 2 febbraio 1971 da un gruppo di Governi, istituzioni scientifiche e organizzazioni internazionali partecipanti alla Conferenza internazionale sulle zone umide e gli uccelli acquatici, promossa dall’Ufficio Internazionale per le Ricerche sulle Zone Umide e sugli Uccelli Acquatici.

4

Natura 2000 è una rete di siti di interesse comunitario (SIC), e di zone di protezione speciale (ZPS) creata dall’Unione europea per la protezione e la conservazione degli habitat e delle specie, animali e vegetali, identificati come prioritari dagli Stati membri dell’Unione europea. I siti appartenenti alla Rete Natura 2000 sono considerati di grande valore in quanto habitat naturali, in virtù di eccezionali esemplari di fauna e flora ospitati. Le zone protette sono istituite nel quadro della cosiddetta “Direttiva Habitat”, che comprende anche le zone designate nell’ambito della cosiddetta “Direttiva Uccelli”.

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ANALISI


IL SISTEMA DELLE ACQUE

2



CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

2.1 I processi di bonifica nel tempo 2.1.1 La storia idrografica La storia del territorio della provincia di Ferrara è caratterizzata dalla mutevolezza di un paesaggio in cui i confini tra aree sommerse ed emerse sono continuamente cambiati nel corso del tempo. Si tratta di un’area che è scenario dell’evoluzione dei rami del fiume Po e dei tentativi dell’uomo di renderla un territorio vivibile e sfruttabile. I problemi che nel corso dei secoli hanno ostacolato l’insediamento umano nel ferrarese sono la diretta espressione dei meccanismi che hanno generato il territorio stesso: i processi sedimentari e idrogeologici fluviali e costieri, i fenomeni di subsidenza e le variazioni climatiche. I materiali erosi dalle catene montuose delle Alpi e dell’Appenino Settentrionale si sono sedimentati nello spazio tra le due catene e hanno formato l’attuale pianura alluvionale, che si è sviluppata progressivamente soprattutto durante il Pleistocene in cui ha avuto luogo l’alternarsi di grandi glaciazioni. Durante gli ultimi 10.000 anni, ovvero durante il periodo geologico dell’Olocene, si è visto l’alternarsi di fasi climatiche fredde e calde. Questo susseguirsi di intervalli di secoli di clima freddo e piovoso ad intervalli di clima caldo hanno comportato, nel periodo freddo, la tendenza dei fiumi ad intasare i loro alvei ed a straripare con la conseguente formazione di paludi e la tendenza dei delta fluviali a crescere rapidamente. Mentre invece, i periodi di clima caldo, hanno provocato l’abbassamento degli alvei e l’erosione delle coste con la conseguente invasione delle acque marine nelle aree litoranee.

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

Questa evoluzione è stata inoltre complicata dal fenomeno della subsidenza, con il quale si intende “ogni movimento di abbassamento verticale della superficie terrestre”1, che ha favorito il seppellimento, con nuovi sedimenti, di strutture morfologiche importanti come ad esempio alvei fluviali abbandonati e antichi cordoni dunosi. È bene sottolineare però anche la grande importanza che ha avuto l’azione dell’uomo che ha disboscato, semplificato e stabilizzato la rete fluviale, grazie all’innalzamento di argini, e prosciugato le paludi ad acque sia dolci che salmastre. Al termine dell’Età del Bronzo le maggiori linee di deflusso del Po, nel territorio del basso ferrarese, erano principalmente due: la più settentrionale era rappresentata da quello che oggi è denominato Po di Adria che, passando per Rovigo, raggiungeva il mare ad Est di Adria; la più meridionale comprendeva invece una serie di alvei tra Guastalla e Bondeno e, oltre quest’ultimo, il primitivo Po di Ferrara con annesse diramazioni. Intorno all’VIII secolo a.C. si è assistito ad un periodo di clima più freddo e piovoso che ha prodotto numerosi mutamenti idrografici, con lo sviluppo di un ambiente palustre. Con una rotta avvenuta nei pressi di Sermide, il ramo settentrionale del Po si è spostato a Sud ed ha “inglobato” il ramo meridionale, dando così vita ad un corso unico passante per Bondeno, Ferrara e Cona, il Po di Ferrara, che poi si biforcava in due grandi rami. Si può constatare come in questo punto si formò un primo delta con diramazione per Baura, Copparo e Berra, il Po di Copparo, e un’altra diramazione per Codrea, Gambulaga e Ostellato, dove nacque la località di Voghenza e presso la cui foce, fra il VI e il III secolo a.C., è sorta la città etrusca di

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

Spina che ha dato il nome al ramo del Po Spinetico. Durante l’Età Romana, tra il 265 a.C.e il 476 d.C., ha avuto luogo un miglioramento del clima e delle condizioni di abitabilità del territorio che ha contribuito all’attuazione da parte della civiltà romana di disboscamenti che hanno permesso un grande sviluppo dell’agricoltura. In questo periodo storico il ramo principale del Po era costituito sempre dal Po di Ferrara, che ormai scendeva diretto tra Ficarolo e Bondeno e che, dopo Cona, si divideva in vari corsi, tra cui i più importanti erano quello per Copparo, denominato l’Olana e oggi chiamato Volano, e quello per Ostellato, successivamente denominato Eridano. Alla foce di quest’ultimo, a valle dell’ormai scomparsa Spina, si è formato un vasto e complesso delta, che nel III secolo d.C. si è spinto fin oltre l’attuale linea di costa. Figura 2.1 Età

Romana, dal 265 a.C. al 476 d.C.

Fonte: Bondesan A., Bondesan M. “Breve storia idrografica del territorio ferrarese”, Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, 2011

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

Intorno al VI secolo d.C. si è verificata una nuova fase di intense precipitazioni che ha comportato dissesti idrogeologici, importanti mutamenti del corso dei fiumi, ulteriori diffusioni di aree paludose e una conseguente crisi dell’agricoltura. Nei secoli successivi, VII e VIII d.C., è da segnalare l’estinzione dell’Eridano ed il suo delta venne parzialmente eroso dal mare. A questo punto, il Volano e il Primaro sono divenuti i principali rami del Po, alla cui biforcazione nacque la città di Ferrara. L’intervallo climatico caldo, avvenuto tra IX e XI secolo, ha portato ad un lieve innalzamento del livello marino, con la conseguente ingressione di acque salmastre nelle aree orientali più ribassate a causa della subsidenza; va sottolineato che questo miglioramento climatico ha favorito un generale rilancio dell’agricoltura nel territorio. Dopo l’anno Mille è avvenuta, nelle aree contigue agli alvei del Goro e del Volano, un’importante azione di bonifica disposta dai monaci dell’Abbazia di Pomposa; azione di bonifica operata per migliorare il drenaggio delle acque dei terreni più alti verso le aree più depresse e paludose ed effettuato applicando il metodo della tagliata. Successivamente, alla metà del XII secolo, ha avuto luogo un nuovo deterioramento climatico durante il quale, a causa di una serie di rotte avvenute presso Ficarolo, le acque del Po hanno iniziato a defluire in un nuovo alveo che coincideva, all’incirca, con il corso attuale, per mettere poi foce presso Rosolina. Ebbe così inizio la decadenza del Po di Ferrara e dei suoi rami, il Volano e il Primaro. A partire dal 1447, gli Estensi attuano le prime grandi bonifiche intorno alla città, nello specifico nelle aree Casaglia, Diamantina e Sammartina; mentre invece nel Basso ferrarese, nonostante la costituzione di vari argini,

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

si assiste ancora alla diffusione delle acque salmastre rimontanti dal mare. Figura 2.2 Tardo

Medioevo (1000-1492)

CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

prese tra il fiume Po e la linea Ferrara-Copparo-foce del Po dell’Abate, e le Terre Basse o Nuove, delimitate dalla suddetta linea e dal Po di Volano. Le acque delle Terre Alte vennero convogliate a mare tramite il Canal Bianco, mentre invece, per il prosciugamento delle Terre Basse, venne costruita una nuova rete di canali: quelli meridionali vennero condotti alla Chiavica di Volano, quelli settentrionali vennero invece innestati nell’alveo dell’ex Po dell’Abate e regimati dall’omonima chiavica. Va evidenziato che tutte queste chiaviche erano munite di porte vinciane, predisposte per impedire la rimonta delle acque marine. Dopo pochi anni, però, a causa della subsidenza artificiale, ossia un fenomeno di abbassamento dei terreni causato dalla stessa bonifica, il funzionamento di tale rete scolante viene messo in difficoltà. Figura 2.3 Inizio

età moderna (1492-1599)

Fonte: Bondesan A., Bondesan M. “Breve storia idrografica del territorio ferrarese”, Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, 2011

Nel 1526 il Reno viene immesso, presso Porotto, nel Po di Ferrara, provocandone così il rapido interrimento e numerose rotte, con conseguente allagamento di vaste aree a sud della città, tra le quali anche l’appena prosciugata area Sammartina. Lungo tutto il corso del XVI secolo gli Estensi hanno continuato a portare avanti altre opere di bonifica tra le quali è da ricordare quella disposta da Alfonso II fra il 1564 e il 1580 nota come Grande Bonificazione Estense. Il piano generale della bonifica prevedeva la sistemazione idraulica dell’ampio territorio denominato Polesine di Ferrara, situato fra il Po di Volano e il Po Grande, e la sua divisione in due settori: le Terre Vecchie o Alte, com-

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Fonte: Bondesan A., Bondesan M. “Breve storia idrografica del territorio ferrarese”, Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, 2011

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

Al termine del XVI secolo, la confinante Repubblica di Venezia ha realizzato, approfittando del vuoto di potere causato dall’allontanamento degli Estensi da Ferrara, il cosiddetto Taglio di Porto Viro (1599-1604), ossia la deviazione verso sud-est del corso terminale del Po. Il Taglio di Porto Viro, che nei secoli a venire determinerà la costruzione del Delta Moderno, ha però ben presto prodotto l’ostruzione, con i sedimenti del Po, degli sbocchi a mare dei canali ferraresi, mettendo così fuori uso la Chiavica dell’Abate. In pochi decenni è così scomparsa la possibilità di far scolare le acque della Grande Bonificazione e su quegli stessi terreni si è nuovamente assestata la palude. Con l’accrescimento del territorio, il Canal Bianco è stato prolungato verso sud ed in esso sono stati immessi anche i canali Bentivoglio e Seminiato. Alla nuova foce del Canal Bianco, nel 1751, è stata costruita la nuova chiavica di Torre Palù. Questo prolungamento ha però provocato un’intensa attenuazione della pendenza del canale che ha causato una maggiore difficoltà nel recapito delle acque interne verso il mare. Nei successivi due secoli, grazie ad un clima freddo e all’arginamento quasi totale dei fiumi, lo sviluppo del Delta Moderno è stato tanto rapido da costituire depositi così considerevoli da formare nuove terre a loro volta oggetto di bonifica. Nel 1604 il Reno viene distolto dal Po di Ferrara e deviato per bonificare per colmata le paludi a Sud di Ferrara; area in cui, nel Settecento, il fiume è stato sistemato in due alvei, il Riazzo Cervella, immesso nel Po di Primaro presso Marrara, e il Riazzo del Gallo. Nel 1724 viene scavato il Cavo Benedettino con lo scopo

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di convogliare le acque delle paludi nel Po di Primaro; mentre tra il 1767 ed il 1795 viene realizzato il Cavo Passardo e riscavato il Cavo Benedettino con l’obiettivo di allacciare il Reno al Primaro con un alveo artificiale unico e diritto. Figura 2.4 XVII-XVIII

secolo

Fonte: Bondesan A., Bondesan M. “Breve storia idrografica del territorio ferrarese”, Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, 2011

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

2.1.2 Le bonifiche estensi La geografia del territorio ferrarese ha determinato, nel corso dei secoli, la necessità di imponenti lavori di bonifica. Lo sforzo millenario di trasformazione dei suoli umidi in agricoli conobbe diversi momenti significativi, già a partire dall’antichità: infatti la possibilità di esercitare l’attività agricola venne fortemente condizionata dalla presenza di acque stagnanti e dall’esigenza di difendere i terreni coltivabili dall’azione alluvionale. Con la conquista delle pianure interne, avvenuta durante l’espansione demografica ed economica del XVI secolo, l’uomo rinascimentale ha iniziato ad investire su nuovi progetti e nuove tecniche ideate per favorire una migliore gestione idraulica del territorio. Si tratterà di una vera e propria corsa alle bonifiche. Figura 2.5 La

Grande Bonificazione Estense

Fonte: Bondesan A. “Tavola n. 50 - Bonifiche storiche per anno di completamento”, Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, 2019

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Gli Estensi avviarono diversi progetti di bonifica nell’area del ferrarese fin dal Quattrocento. Tra il 1447 ed il 1460, il Duca Borso d’Este attuò uno dei primi interventi presso la sua tenuta di caccia a Casaglia, località a Nord di Ferrara, in cui iniziò un’opera di trasformazione dell’area paludosa in campi agricoli muniti di una fitta rete di canali di scolo. Sull’esempio del padre, il figlio Ercole I d’Este bonificò alcuni territori a Sud-Ovest della città di Ferrara: quelli della Sammartina, tra il 1473 ed il 1500, e quelli della Diamantina, tra il 1498 ed il 1523. Le bonifiche avvenute durante questo periodo ebbero successo grazie all’escavazione di vari canali di scolo, fino a quando, uno di questi, il Canal Bianco, che permetteva lo scolo delle tenute Casaglia e Diamantina nel mare Adriatico, iniziò a creare problemi nelle terre più depresse dell’ampio territorio compreso tra il Po Grande e il Po di Volano. Per trovare una soluzione ai problemi idraulici delle bonifiche quattrocentesche, il Duca Alfonso II d’Este avviò un progetto di bonifica di ampio respiro tra il Po Grande, il Po di Volano e la valle di Copparo, nell’allora Polesine di Ferrara, tra il 1564 e il 1580. Nel tardo Medioevo e nel Rinascimento, le tecniche elaborate per il drenaggio delle acque stagnanti e per la bonifica dei territori si basavano sul principio agente di movimento delle masse idriche, ovvero sulla forza di gravità. Nello specifico, durante il periodo rinascimentale, esistevano principalmente due modalità di governo delle masse idriche. Una prima modalità prevedeva il raccoglimento delle acque superflue in canali di drenaggio ed in appositi collettori, ed è quella comunemente conosciuta come bonifica

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

per scolo. La seconda modalità consisteva nel prosciugamento dei terreni grazie al rialzamento del livello delle loro componenti solide mediante la colmata delle acque torbide. A causa delle condizioni fisiche del territorio, un bacino racchiuso da catene montuose, e della conseguente scarsità di vento fu impossibile adottare una terza tecnica, praticata con grande successo nei Paesi Bassi, in cui venivano impiegati dei mulini a vento per sollevare l’acqua raccolta nei canali di drenaggio e scaricarla nel mare o nei fiumi arginati. La Grande Bonificazione Estense presenta alla base un principio intuito dall’architetto di corte Giovan Battista Aleotti, che pensò di separare le “acque alte” dalle “acque basse”. Le acque che scolavano nei terreni superiori vennero racchiuse entro argini e allottanate dai terreni depressi da bonificare; contemporaneamente anche il bacino depresso venne protetto con argini e dotato di canali di drenaggio, i quali furono realizzati per far confluire l’acqua nei canali collettori muniti in uscita di manufatti di regolazione, le chiaviche. Con questo principio lo scolo delle “acque alte” avveniva a Nord delle aree depresse grazie al Canal Bianco, al Seminiato e al Bentivoglio, i quali a loro volta facevano defluire l’acqua a mare attraverso la chiavica dell’Abate, situata nei pressi di Mesola, mentre invece lo scolo delle “acque basse” avveniva attraverso i canali Galvano e Ippolito che erano in collegamento con un’ansa del Volano tramite la chiavica dell’Agrifoglio. Le chiaviche venivano aperte o chiuse in relazione al livello del corso d’acqua o del bacino recipiente nel quale le acque erano versate, con lo scopo di impedire la risalita dell’acqua dolce o salmastra nei periodi di alta marea o

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di acqua alta. La Grande Bonificazione Estense fu un grande passo avanti nella progettazione di opere di bonifica estensiva per quel periodo storico, tuttavia la bonifica fallì a causa dell’eccessivo basso livello del terreno rispetto a quello del mare che comportò l’impossibilità di mantenere i terreni asciutti con il sistema di scolo per gravità. Per risolvere il problema fu necessario arginare il corso inferiore del Po Grande in modo da mettere al riparo dalle alluvioni il terreno appena prosciugato. Nonostante questi ultimi accorgimenti, poco tempo dopo, una serie di rotte disastrose causò il riempimento di molti canali di fango, che portarono alla rovina di alcune opere idrauliche. Inoltre, nel 1604, ebbe luogo il Taglio di Porto Viro con il quale i veneziani deviarono nella Sacca dell’Abate il corso del Po Grande, provocando alcuni interramenti, tra cui quello della chiavica dell’Abate che causò l’impossibilità dello scolo a mare delle acque. Pochi anni dopo, le mareggiate e le mutate correnti marine resero inutilizzabile anche l’altra chiavica utilizzata nella bonificazione estense, quella dell’Agrifoglio. Una volta fuori uso le due chiaviche di scolo, nel territorio bonificato si ripristinò velocemente la situazione antecedente e le terre basse tornarono ad essere aree paludose.

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

2.1.3 Lo sviluppo delle bonifiche meccaniche L’inizio della grande stagione delle bonifiche e delle trasformazioni fondiarie del territorio ferrarese ha coinciso con l’Unità d’Italia, in quanto quasi tutte le maggiori bonifiche di epoca rinascimentale erano ricadute nel corso del tempo in balia di valli e paludi. Figura 2.6 Il

delta del Po a inizio ‘800

Fonte: Carta del Ferrarese, Vienna, Kriegsarchiv, doc. B VII a 284-86, 1812-1814

Alla metà del XX secolo la maggior parte della porzione orientale del ferrarese era soggetta a sofferenza idraulica, l’area si presentava quasi totalmente sommersa dalle acque, con enormi distese paludose e salmastre frammentate da cordoni dunosi e boschi. Fu solo col sopraggiungere della bonifica meccanica che si ebbe l’opportunità di fornire una soluzione globale ai problemi di questo territorio. Il prosciugamento meccanico era identico a quello naturale con la differenza che le acque stagnanti erano fatte

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confluire in uno o più punti di raccolta dentro il comprensorio di bonifica e qui venivano successivamente sollevate mediante l’uso di pompe idrovore azionate a vapore fino ad un livello sufficiente per consentire di riversarle nell’area esterna. Questa tecnica fu particolarmente calzante per tutti quei territori depressi che erano localizzati in aree più basse dei fiumi e del livello del mare e che vennero perciò delimitati da argini di difesa. All’interno di tali argini la maglia costituita dai canali di drenaggio e di irrigazione si rivelava indipendente dalla caratteristica morfologia del terreno. I tempi necessari per compiere la bonifica meccanica erano molto ridotti rispetto a quelli per le bonifiche precedenti, si trattava infatti di pochi anni; erano però massicci gli investimenti, in quanto vi era un alto costo sia per la costruzione degli impianti idrovori sia per la grande quantità di manodopera necessaria per l’escavazione dei canali. Nel territorio ferrarese mancano i capitali capaci di dare impulso alle iniziative locali, pertanto i maggiori investimenti provenivano dall’esterno, da società per azioni che erano proprietarie di grandi estensioni di terreno. La Ferrarese Land Reclamation Company Limited2 è un’importante società finanziaria a capitale misto anglo-italiano istituita a Londra nel 1871, rinominata l’anno seguente Società per la Bonifica dei Terreni Ferraresi, che acquistò la maggior parte dei terreni da bonificare e che promosse la costruzione dell’impianto idrovoro di Codigoro, entrato in funzione nel 1874. L’impresa ebbe successo perché si sfruttarono le esperienze maturate dagli Estensi, come ad esempio il criterio di tenere separate le acque alte dalle acque basse su grandi

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comprensori bonificati. A partire dal 1872 e nel giro di un anno vennero prosciugati 54.000 ettari di terreno tra il Volano e il Po Grande, gli ex territori della Grande Bonificazione Estense, le cui acque di scolo affluivano nel Volano per mezzo di grandi impianti di sollevamento. Figura 2.7 Le

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Figura 2.8 La

seconda stagione delle bonifiche meccaniche

prime bonifiche meccaniche

Fonte: Bondesan A. “Tavola n. 50 - Bonifiche storiche per anno di completamento”, Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, 2019

Fonte: Bondesan A. “Tavola n. 50 - Bonifiche storiche per anno di completamento”, Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, 2019

A livello legislativo, la vera novità fu la promulgazione, nel 1882, della Legge Baccarini3, con la quale si cominciarono a considerare di pubblica utilità gli interventi di bonifica. A seguito di questa legge ebbero un enorme sviluppo le grandi bonifiche capitalistiche che portarono al prosciugamento di altri migliaia di ettari di valli salmastre comprese tra il Po di Volano e Comacchio, nello specifico le valli Trebba, Ponti ed Isola, bonificate a partire dal 1919.

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Le bonifiche comportarono una modificazione sia nell’assetto proprietario e sociale che nei caratteri fisici del paesaggio, richiedendo inoltre l’impiego di migliaia di operai per l’esecuzione dei lavori, i cosiddetti “scariolanti”. Località come Codigoro, Comacchio, Lagosanto e altri centri dell’area divennero la meta di masse di operai provenienti un po’ da ovunque. Soltanto una parte di queste persone poteva però trovare sistemazione nei nuovi poderi o negli insediamenti rurali pianificati come Volania; la restante parte viveva in baraccamenti provvisori che si svilupparono a Volano, Bosco Mesola e alcuni centri del Delta veneto. Le opere di bonifica ebbero un arresto durante la guerra, per poi proseguire nel secondo dopoguerra con altri importanti interventi come quello effettuato in valle Pega

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

che contribuì all’isolamento di Comacchio dalle acque, altri prosciugamenti ebbero luogo nelle valli basse di San Giuseppe e nella valle Giralda durante gli anni ’50. Nel 1964 venne bonificata la valle del Mezzano, nel 1969 venne effettuata una delle ultime bonifiche presso valle Falce. Dopo il 1970 non vengono più prosciugati altri bacini ma proseguono le operazioni di miglioramento idraulico della rete. Figura 2.9 Le

ultime bonifiche meccaniche

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Note 1https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/suolo-e-territorio/rischio-ad-evoluzione-lenta/sub-

sidenza

2

La storia di Bonifiche Ferraresi inizia nel 1871, quando fu costituita in Inghilterra col nome di Ferrarese Land Reclamation Company Limited, per operare nella “bonifica di laghi, nell’acquisto di paludi e terreni nelle vicinanze di Ferrara”. Entrò a far parte, a tutti gli effetti, delle principali aziende agricole italiane nel 1872, quando fu abilitata con regio decreto ad operare nel Regno d’Italia, con il nome di Società per la Bonifica dei Terreni Ferraresi. Successivamente, nel 1942, la Banca d’Italia diventò il maggiore azionista di Bonifiche Ferraresi e nel 1947 la società agricola approdò alla quotazione di Borsa.

3

La legge 25 giugno 1882, n° 269, nota come legge Baccarini, è una legge italiana, attraverso la quale lo Stato interviene con opere pubbliche migliorando le condizioni geologiche del territorio italiano. Lo scopo principale della normativa era quello di vincere la malaria operando un vasto piano di bonifiche.

Fonte: Bondesan A. “Tavola n. 50 - Bonifiche storiche per anno di completamento”, Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, 2019

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2.2 Classificazione dei rischi

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2.2.2 Erosione costiera e mareggiate Figura 2.11 Erosione

costiera nel litorale di Lido di Spina, novembre 2019

2.2.1 Realtà a rischio idraulico Dall’ultimo rapporto ISPRA sul dissesto idrogeologico in Italia1 è emerso che le aree a pericolosità idraulica elevata nella penisola sono pari al 4,1% del territorio nazionale, quelle a pericolosità media l’8,4% e quelle a bassa pericolosità il 10,9%. Tra le Regioni con i valori più elevati di superficie a pericolosità idraulica media P2, ovvero con un tempo di ritorno di 100 anni, è presente l’Emilia-Romagna; questo è dovuto sia alla presenza del reticolo idrografico principale e secondario naturale, sia anche alla fitta rete di canali artificiali di bonifica. Tra le aree della regione con i valori più elevati di superficie a pericolosità idraulica media P2 risulta esserci anche il territorio in esame, la provincia di Ferrara. Questi dati trovano ulteriore conferma nelle mappe di pericolosità e di rischio alluvioni da reticolo idrografico contenute nel Piano di gestione del Rischio di Alluvioni della Regione Emilia-Romagna2. Figura 2.10 Aree

a pericolosità idraulica

Aree: P3 (Elevata, t.d.r. 20-50 anni) P2 (Media, t.d.r. 100-200 anni) P1 (Bassa/Evento estremo) Fonte: Regione E.R., Mappe di pericolosità e di rischio alluvione, in Piano di gestione del Rischio di Alluvioni (Direttiva Alluvioni 2007/60/CE, D.Lgs n.49 del 23.02.2010)

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Fonte: https://protezionecivile.regione.emilia-romagna.it

In Emilia-Romagna, il fenomeno meteo-marino più preoccupante è quello dato dalla combinazione tra mareggiata ed acqua alta. Questa criticità è causata dall’assetto morfologico della piana costiera che è caratterizzata da vaste aree con quote altimetriche prossime ed inferiori al livello del mare e ampi settori in cui le difese naturali sono state compromesse. Tali fenomeni sono in grado di arrecare consistenti danni sia in zone interamente urbanizzate, colpendo infrastrutture ed attività, sia in aree naturali, causando danni seri ed irreversibili all’ecosistema. In uno studio redatto da Deserti et al.3 si evince che tra il 1993 ed il 2010 hanno impattato in modo significativo sul litorale, o per l’alto numero annuo di eventi, o per l’elevata intensità di questi ultimi, con onde che possono superare i 3 m di altezza con tempi di ritorno di un anno4. Dal medesimo studio emerge anche che il numero annuo di fenomeni di acqua alta (>1,10 m s.l.m.) nell’area in questione è quadruplicato dagli anni ’50 del secolo scor-

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

so ad oggi. Questi specifici eventi sono causa di erosione costiera e di ingressione marina nei lidi e nelle loro aree limitrofe. La classificazione ASPE (Accumulo Stabile equilibrio Precario Erosione) fornisce un’indicazione complessiva sullo stato di criticità del litorale, utile ai fini gestionali futuri di difesa costiera. Questa classificazione si basa sull’analisi integrata di molteplici informazioni, descrivendo la tendenza evolutiva delle spiagge all’erosione, all’accumulo o all’equilibrio, nell’arco di un determinato periodo di tempo. L’indicatore, espresso in metri e percentuali, descrive le condizioni in cui verserebbe il litorale, in assenza di interventi di difesa, evidenziando le reali criticità delle spiagge. Secondo tale indicatore, nel 2012 rispetto al 2006, il 13% delle spiagge (circa 15 Km) è in accumulo, il 22% (circa 25 Km) è in condizioni di stabilità senza necessità di interventi, mentre il 65% del litorale (circa 77 Km) presenta vari livelli di criticità. Tra i tratti critici si riscontra che 33 Km di spiaggia sono in “equilibrio precario”, 44 Km sono invece in erosione. I primi si presentano stabili, ma sono oggetto di interventi di difesa di vario tipo; i secondi invece manifestano perdite di sabbia. La situazione del litorale, utilizzando la classificazione ASPE, può essere studiata anche considerando le singole macrocelle, termine con il quale si intende un tratto costiero contraddistinto da ridotto scambio sedimentario con quelli contigui, a causa della presenza di punti di convergenza del trasporto solido o di lunghi moli portuali che ostacolano il trasporto dei sedimenti lungo la costa. Il litorale emiliano-romagnolo è suddiviso in 7 macrocelle.

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Figura 2.12 L’erosione

e le mareggiate

Numero di segnalazioni per eventi di ingressione marina: 0-1 2-4 5-6 7-9 10-14 Numero di segnalazioni per eventi di erosione costiera: 0-4 5-8 9-13 14-16 17-20 Tendenze della costa | Classificazione ASPE Accumulo Stabile Equilibrio precario Erosione Fonte: Deserti M. et al., “Le mareggiate e gli impatti sulla costa in Emilia-Romagna 1946-2010”, ARPAE, Bologna, 2011

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Dall’analisi della macrocella numero 5, che corrisponde al tratto di litorale tra il Porto di Ravenna e i moli di Porto Garibaldi, si evince che su 13,3 Km di spiagge in stato critico, 8,7 Km di litorale sono in erosione. Tra i tratti che necessiterebbero di una revisione dei sistemi di protezione ricadono la spiaggia di Marina Romea, il lungo tratto del Poligono Militare di Foce Reno e la spiaggia di Bellocchio sino all’abitato del Lido di Spina. Nella macrocella 5 sono presenti anche spiagge in accumulo o stabili, in virtù della loro posizione favorevole rispetto alla direzione del trasporto longshore, ossia diretto parallelamente alla linea di costa, si tratta di Porto Corsini, Lido di Spina e Lido degli Estensi.

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timo periodo sono quasi ovunque maggiori di 0,4 cm/ anno e con punte di 5 cm/anno. Tali valori così elevati sono da attribuire, come accennato in precedenza, al massiccio prelievo di fluidi dal sottosuolo, acqua e idrocarburi, che è stato svolto durante il secondo dopoguerra. Questi prelievi infatti determinano la diminuzione del volume del sedimento che, di conseguenza, si costipa e la sua superficie topografica scende di quota5. Figura 2.13 Velocità

di movimento del suolo (mm/anno)

2.2.3 Problematiche legate alla subsidenza La subsidenza consiste in un fenomeno di abbassamento della superficie terrestre causato da cambiamenti che avvengono nel sottosuolo. Fin dal secondo dopoguerra è apparso chiaro che la Pianura Padana è soggetta a fenomeni estesi di subsidenza. Questo processo può essere causato sia da dinamiche naturali che da dinamiche indotte dall’azione dell’uomo, quali ad esempio l’estrazione di fluidi o gas dal sottosuolo e le operazioni di bonifica. È un fenomeno che diventa un vero e proprio fattore di rischio quando l’abbassamento del terreno è particolarmente forte o quando la topografia dell’area è già di per sé depressa e vicina, o al di sotto, del livello del mare. Dalle ricerche effettuate, i valori di subsidenza naturali attesi per una pianura alluvionale, come quella dell’Emilia-Romagna, sono dell’ordine di 0,1-0,3 cm/anno mentre i valori che sono stati effettivamente misurati nell’ul-

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-35 -32,5 -30 -27,5 -25 -22,5 -20 -17,5 -15 -12,5 -10 -7,5 -5 -2,5 0 2,5 5

Confine regionale Confini provinciali Curva di livello 100 m s.l.m. Area non analizzata

Fonte:https://ambiente.regione.emilia-romagna.it/it/geologia/geologia/subsidenza/la-subsidenza-in-emilia-romagna

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2.2.4 Gli effetti dei cambiamenti climatici I gas serra sono componenti minori dell’atmosfera che interagendo con la radiazione infrarossa di origine terrestre provocano il cosiddetto “effetto serra”. Grafico 2.1 Emissioni

gas serra

Fonte: IPCC-AR5 Fifth Assessment Report, “AR5 Synthesis Report: Climate Change 2014”, 2015

Il principale gas serra è il vapore acqueo che, diversamente dagli altri gas serra, è soggetto a forti variazioni naturali di concentrazione sia nello spazio che nel tempo. Fin dalla Rivoluzione Industriale, l’uomo ha progressivamente modificato la composizione atmosferica immettendovi grandi quantità di gas serra “minori”, tra cui il più noto è il biossido di carbonio, anche detto anidride carbonica (CO2). La concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è passata da 280 ppm (parti per milione) nel corso del Settecento alle 387 ppm odierne. Tale incremento riscontrato negli ultimi anni è in buona parte imputabile al consumo di combustibili fossili e per il

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resto alla deforestazione e al conseguente rilascio atmosferico di carbonio. Altri gas serra in aumento a causa delle attività antropiche sono il metano (CH4), attribuibile per la maggior parte a risaie, bestiame e discariche, e il protossido di azoto (N2O), prodotto principalmente dalle concimazioni azotate e da alcuni processi industriali. Totalmente assenti nell’atmosfera naturale, ma introdotti recentemente da alcune attività industriali sono i Clorofluorocarburi (CFC), i Perfluorocarburi (PFC) e l’Esafluoruro di Zolfo (SF6). Gli effetti di questi gas sul cambiamento climatico appaiono ogni giorno più evidenti e, senza adeguati interventi, rappresentano un serio pericolo per le generazioni future. Nell’ultimo rapporto di valutazione sul clima6 si ha la conferma della tendenza dell’aumento della temperatura dell’atmosfera e degli oceani, dell’incremento del livello del mare e della diminuzione dell’estensione del volume del ghiaccio terrestre. Il rapporto individua nell’attività antropica la causa fondamentale di questi fenomeni. Il cambiamento climatico, pur essendo un fenomeno globale, si manifesta e ha conseguenze differenti a scala locale. L’Atlante climatico dell’Emilia-Romagna 1961-20157 curato da ARPAE mostra che il cambiamento climatico nella nostra Regione non è uno scenario con alto grado di probabilità, ma un fenomeno documentato e già di rilevante entità. Le temperature medie annue sono infatti aumentate di circa 1,5°C negli ultimi 50 anni, mentre le precipitazioni sono diminuite di 22 mm (-2%), ma hanno fatto registrare maggiori cambiamenti stagionali, con estati più aride ed autunni più piovosi.

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

Grafico 2.2 Andamenti

storici e tendenze delle temperature medie

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Questi cambiamenti climatici impattano già oggi sul sistema agricolo regionale causando l’incremento dei fabbisogni irrigui, gli stress termici per colture ed animali, l’anticipazione dei cicli colturali e la diffusione di fitopatologie e nuovi parassiti. È bene sottolineare però che, allo stesso tempo, sono proprio l’agricoltura e la zootecnia che contribuiscono, insieme ad altri settori, all’emissione di quei gas che alterando il clima sono i principali imputati del cambiamento climatico8. 2.2.5 Salinizzazione dei terreni

Fonte: Antolini G. et al., “Atlante climatico dell’Emilia-Romagna 1961-2015”, ARPAE, Edizione 2017 Grafico 2.3 Andamenti

storici e tendenze delle precipitazioni annuali

Fonte: Antolini G. et al., “Atlante climatico dell’Emilia-Romagna 1961-2015”, ARPAE, Edizione 2017

Nell’Atlante, sulla base di uno scenario intermedio di emissioni, si prevede per il trentennio 2021-2050 una prosecuzione di questi andamenti.

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Nell’area costiera dell’Emilia-Romagna molti ambienti, in cui terra ed acqua convivono in un delicato equilibrio, sono fortemente influenzati non solo dalle caratteristiche dei sistemi deposizionali naturali e dalla geomorfologia dell’area, ma anche dalle attività antropiche e dalle pratiche di gestione e tutela del territorio. L’urbanizzazione della costa ha comportato la modifica degli equilibri naturali in gioco ed ha contribuito all’insorgere di alcuni problemi di approvvigionamento idrico. L’aumento della popolazione unitamente al crescente fabbisogno di risorse per fini commerciali ed agricoli e allo sviluppo di un esteso reticolo di drenaggio, indispensabile per smaltire le acque in eccesso nelle zone bonificate, rendono queste problematiche molto complesse. I rischi ambientali collegati ai processi di sovrasfruttamento delle acque sotterranee sono noti, ma ciò che rende unici gli acquiferi costieri è il rischio di salinizzazione della risorsa idrica. Infatti in questo contesto l’intrusione di acqua salata all’interno della falda freatica potrebbe causare il danneggiamento dei delicati ecosistemi che rendono il terri-

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torio costiero una riserva di biodiversità9. Dai risultati delle analisi fornite dalla banca dati dei suoli del SGSS della Regione Emilia-Romagna10 emerge che i suoli che risultano essere maggiormente salini si trovano in corrispondenza di aree paludose e valli salmastre oggi bonificate, tra le più estese troviamo la Valle del Mezzano, la Valle Gallare, la Valle Pega e la Valle Giralda. Figura 2.14 Suoli

salini

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Note 1 Triglia A. et al., Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio, ISPRA, Rapporti 287/2018

2

Piano di gestione del Rischio di Alluvioni della Regione Emilia-Romagna (Direttiva Alluvioni 2007/60/CE, D.Lgs n.49 del 23.02.2010)

3

Deserti M. et al., Le mareggiate e gli impatti sulla costa in Emilia-Romagna 1946-2010, ARPAE, Bologna, 2011

4

Perini L., Calabrese L., Luciani P., Olivieri M., Galassi G., Spada G., Sea-level rise along the Emilia-Romagna coast (Northern Italy) in 2100: scenarios and impacts, in Nature Hazards Earth System Science, 2017

5

https://ambiente.regione.emilia-romagna.it/it/geologia/geologia/subsidenza/la-subsidenza-in-emilia-romagna

6 IPCC-AR5 Fifth Assessment Report, AR5 Synthesis Report: Climate Change 2014, 2015 7 Antolini G. et al., Atlante climatico dell’Emilia-Romagna 1961-2015, ARPAE, Edizione 2017 8 Dalla prefazione di Caselli S., Assessore all’Agricoltura, Caccia e Pesca dell’Emilia-Romagna 9 Bonzi L. et al., L’acquifero freatico costiero della regione Emilia-Romagna: modello geologico e stato di salinizzazione”, Articolo de “il Geologo dell’Emilia-Romagna

Non salino Molto debolmente salino

10 Carta della salinità dei suoli della pianura emiliano-romagnola: strato 50-100 cm, Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli, Regione Emilia-Romagna, Ottobre 2011

Debolmente salino Moderatamente salino Fortemente salino Fonte: Carta della salinità dei suoli della pianura emiliano-romagnola: strato 50-100 cm, Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli, Regione Emilia-Romagna, Ottobre 2011 Figura 2.15 Presenza

di acqua dolce nell’acquifero costiero

Salata Spessore dolce sottile Spessore dolce rilevante Dolce

Fonte: Bonzi L. et al., “L’acquifero freatico costiero della regione Emilia-Romagna: modello geologico e stato di salinizzazione”, Articolo de “il Geologo dell’Emilia-Romagna”

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

2.3 La tutela del territorio 2.3.1 La gestione idraulica Franco Cazzola nel suo articolo “Il paesaggio agrario emiliano”1 afferma che “Uno degli aspetti senza dubbio più interessanti della storia dell’agricoltura emiliana è il lungo, paziente e tenace lavoro dei contadini per sottrarre la terra coltivabile al dominio dell’acqua. Non è possibile parlare di agricoltura emiliana senza parlare di bonifiche, di canali, di argini, di sistemazioni idrauliche. Anzi, la prima esiste solo al grazie al secolare e permanente impiego di uomini, animali e mezzi tecnici per regolare il corso sfrenato delle acque defluenti dalle vallate appenniniche, per prosciugare i terreni di pianura periodicamente sommersi dalle piene, per liberarli con apposite tecniche dall’eccesso di umidità, per difendere infine le terre strappate alle paludi e alle canne dal pericolo costante delle alluvioni del Po e dei torrenti”. Figura 2.16 Area

in analisi nel 1814

Fonte: Estratto della Carta del Ferrarese, Vienna, Kriegsarchiv, doc. B VII a 284-86, 1812-1814

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La piantata padana è molto probabilmente il tipo di paesaggio agrario che ha più caratterizzato il territorio ferrarese dal Medioevo fino al XX secolo. Si tratta di un sistema di coltivazioni erbacee intercalate da filari di alberi coniugati con la vite, che era già in uso in età romana dove la coltivazione della vite era appoggiata a sostegni vivi posti ai margini del campo coltivato. Questa soluzione venne adottata per rispondere alle problematiche che il territorio poneva, ovvero il fatto di essere un’area bassa ed umida dove il vigneto basso non avrebbe garantito ottimi risultati. Appoggiando invece i tralci delle viti agli alberi si ottennero migliori condizioni di insolazione e di umidità, tanto da conseguire una produzione di vino quantitativamente abbondante e allo stesso tempo il sistema e l’accoppiamento con l’albero permisero di sviluppare altre colture quali i seminativi al suolo e il foraggio. Si può dunque affermare che il sistema della piantata divenne il modello organizzativo di un sistema agrario a coltura promiscua ma intensiva, capace di esprimere il massimo dell’efficienza dal punto di vista energetico. Ai bordi del campo si allineavano ordinatamente alberi e viti, mentre sotto i filari si trovavano spazi erbosi che fungevano da sgrondo delle acque piovane verso i fossi di scolo. E furono proprio le tecniche di scolo dell’acqua affinate a partire dal Cinquecento che permisero il successo della piantata, almeno fino all’invenzione delle idrovore. Nell’Ottocento, dopo il superamento del sistema mezzadrile e poderale, ebbe inizio una fase di crisi per il sistema della piantata padana, la quale conobbe il massimo sviluppo negli anni ’70 dell’800, per poi subire, dopo la gelata del 1879, un importante ridimensionamento.

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

Tra le cause della deriva, oltre al gelo, ci fu la diffusione delle malattie della vite e i modificati sistemi di produzione agricola ma sopratutto la scomparsa del paesaggio della piantata fu dovuto allo sviluppo capitalistico che subordinò totalmente alle proprie esigenze le forme stesse dell’impresa agraria e che vedeva nel nuovo paesaggio della “larga”, costituitosi con la bonifica, la massima possibilità di sviluppo. Emilio Sereni nel suo scritto “Storia del paesaggio agrario italiano”2 spiega che “Per ‘larga’ s’intende, in Emilia, una vasta distesa di terre in pianura, generalmente compresa in una zona di recente bonifica, non appoderata, dotata di sistemazione idraulica a maglie larghe, ma sprovvista ancora di alberatura”. Il nuovo paesaggio sostanzialmente era costituito da una tenuta divisa in quartieri, ciascuno dei quali disponeva di un centro aziendale, la Corte, costituito da vari fabbricati. Rappresentava il perfetto esempio della moderna proprietà terriera subordinata alle nuove logiche del capitalismo finanziario, totalmente differente dall’individualismo della proprietà mezzadrile. Questo nuovo paesaggio agrario impresse al territorio del basso ferrarese le forme regolari e definite che presenta attualmente e contribuì al consistente ridimensionamento degli arbusti e della cultura promiscua.

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Figura 2.17 Gestione

idraulica passata

La bonifica per scolo e la piantata

La bonifica per scolo e le chiaviche Figura 2.18 Gestione

idraulica attuale

La bonifica meccanica (pre-bonifica)

La bonifica meccanica (post-bonifica)

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

2.3.2 Le dinamiche di scolo e deflusso delle acque Sul territorio del basso ferrarese sono presenti varie opere idrauliche, di regimazione dei corsi d’acqua e di difesa della costa. Tutte quante si basano su un principio comune: definire e mantenere un confine fisso e netto tra terra e acqua. Il Consorzio di Bonifica della Pianura di Ferrara3 è il principale ente che si occupa della sicurezza idraulica del territorio. L’intero sistema di scolo delle acque è gestito dal Consorzio e può essere considerato il primo tipo di difesa rigida presente sul territorio. Il deflusso delle acque viene artificialmente regolato da un complesso sistema di canali che convergono verso numerosi impianti idrovori, le cui pompe sollevano le acque di scolo per avviarle al mare. Senza le idrovore, questo territorio localizzato fra i bordi rilevati del Po, del Reno e del Panaro e chiuso anche verso il mare ben presto verrebbe in gran parte sommerso. Le macchine elevatrici ogni anno sollevano 1.510 m3 di acqua, raccolta precedentemente nei canali di bonifica, e la recapitano nelle aste fluviali del Po di Volano e del Canale Navigabile. Il Po di Volano per la sua funzione scolante può essere considerato suddiviso in tre tronchi: quello tra Ferrara e Migliarino, quella tra Migliarino e la Chiusa di Tieni e quello a valle di quest’ultima. Il Canale Navigabile scorre da ovest ad est, tra Migliarino e il mare, convogliando sopratutto le acque dei primi due tronchi del Po di Volano. È da citare anche il Canale Logonovo che recapita in mare le acque del Canale Fosse Foce ed agevola, in casi

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di piena, il deflusso delle acque del Canale Navigabile mediante il Canale Sublagunare che attraversa la Valle Fattibello e mediante il Canale Pallotta. Il Canale Navigabile sfocia in mare nel portocanale di Porto Garibaldi. Nello specifico, le aree afferenti a tale canale sono: • Bacino principale Valle Isola e minori ed annessi sottobacini • Bacino principale circondariale Bando Valle Lepri ed annessi sottobacini • Bacino principale Mezzano Nord-Ovest • Bacino principale Valle Pega • Bacino principale circondariale Gramigne-Fosse ed annessi sottobacini • Bacino principale Mezzano Sud-Est Gramigne Il Bacino principale Valle Isola e minori è quello in cui ricade l’area di studio. Si tratta di un vasto bacino che comprende le aree bonificate di Valle Isola e Valli Basse di San Giuseppe, e si estende fino al litorale. Le acque di questo bacino scolano prevalentemente da Est ad Ovest, per quanto riguarda la fascia litorale, e da Nord a Sud, per la restante area più interna. Entrambe fanno capo all’Impianto Idrovoro Guagnino che le conferisce al Canale Navigabile. Nei tempi recenti sono stati realizzati altri due impianti idrovori per questo bacino: a Nord, l’impianto Taglio Nuovo, che in caso di emergenza può sollevare le acque provenienti da Est, portandole nel canale Gronda Bosco Eliceo, questo prosegue poi verso Sud fino all’altro nuovo impianto, l’Idrovoro Collinara, che le solleva a sua volta per scaricarle nella Valle Molino, in comunicazione con il Canale Navigabile.

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

Figura 2.19 Le

dinamiche di scolo e deflusso

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2.3.3 Le difese rigide costiere Le opere di difesa della costa emiliano-romagnola, costruite negli ultimi 60 anni, interessano circa 80 Km di costa e hanno l’obiettivo di contrastare l’erosione e di difendere dalle mareggiate le strutture balneari, gli edifici e le infrastrutture urbane. Tra le provincie costiere, Ravenna e Ferrara sono caratterizzate da un’estensione di opere intorno al 50% della sua costa. In molti casi gli interventi sono stati effettuati per contrastare fenomeni erosivi innescati dalla presenza di altre opere a mare, evidenziando così la criticità delle passate politiche di frammentazione delle competenze sulla protezione della costa. L’estensione del litorale ferrarese è pari a 49,7 Km (compresa la linea di riva lagunare e la linea di riva dello Scanno di Goro), di cui 28,7 Km sono provvisti di opere di difesa artificiale e 18 Km presentano difese naturali, le dune. Tra le opere di difesa artificiali impiegate nel tratto di costa in esame vi sono gli argini a sabbia, differenziati a seconda della stagione in atto, le palizzate lignee, gli argini di pietra, le scogliere frangiflutti ed infine l’argine Acciaioli. Queste opere sostituiscono gli antichi cordoni dunosi che al giorno d’oggi sono quasi totalmente scomparsi a causa dell’azione antropica di costruzione degli stabilimenti balneari. Nonostante le numerose opere di difesa impiegate sul territorio, le inondazioni periodiche sia da fiumi e canali che da mare non si sono interrotte ma anzi si sono ripetute costantemente negli ultimi secoli e anche nei tempi recenti.

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

Figura 2.20 I

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sistemi di difesa costieri

Argine a sabbia (periodo estivo)

Argine a sabbia (periodo invernale)

Palazzate lignee

Argini di pietra

Scogliere frangiflutti

Argine Acciaioli

Fonte: Consorzio di Bonifica della Pianura di Ferrara

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In merito, il Consorzio di Bonifica della Pianura di Ferrara ha dichiarato che il livello di rischio negli ultimi anni è aumentato a causa dell’impermeabilizzazione dei suoli e del cambiamento climatico in corso. Nel Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile4 vengono studiati i sistemi di difesa in atto in rapporto alla pericolosità d’ingressione marina dell’area di studio. Per l’analisi di pericolosità del litorale si è simulata un’inondazione prodotta dall’innalzamento del livello del mare in occasione di mareggiate caratterizzate dall’azione concomitante di onda e alta marea. Successivamente sono stati studiati tre diversi scenari: lo scenario frequente P3, corrispondente ad eventi con tempo di ritorno pari a 10 anni, lo scenario poco frequente P2, il cui tempo di ritorno è pari a 100 anni, e lo scenario raro P1, che ha un tempo di ritorno superiore ai 100 anni. In seguito si è proceduto nel rapportare le aree di pericolosità con i sistemi di difesa presenti. Da questo confronto emerge come le opere di difesa esistenti costituite da terra, prevalentemente sabbie limose, possono essere giudicate sufficienti o meno in funzione di una quota di sommità da decidere e, laddove non fossero sufficienti, possono essere potenziate. Altra considerazione riguarda alcune aree che sono così densamente antropizzate che non vi è lo spazio fisico per costruire opere in terra di dimensioni sufficienti, in questo particolare caso è necessario l’utilizzo di opere di difesa rigide che spesso sono già presenti ma che necessitano di un potenziamento per diventare più alte e più resistenti all’azione del moto ondoso. Esiste poi il tema dei varchi aperti nei muretti retrostanti gli stabilimenti balneari, come ad esempio a Porto Garibaldi, per il passaggio carrabile, in questo caso ci sarebbe la necessità di attrezzarli con gargami per l’inserimento di paratoie.

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

Infine nello studio sono state indicate le linee facenti parte del sistema del portocanale di Porto Garibaldi che sono state giudicate le più vulnerabili e di conseguenza segnalate come prioritarie per il potenziamento delle opere di difesa dall’ingressione marina. Quest’ultimo dato trova conferma negli eventi di mareggiata avvenuti il 5 e 6 febbraio 20155 dove si è vista la pericolosità del portocanale, che di fatto è una vera e propria porta aperta alle acque marine, verso il paese di Porto Garibaldi e verso il paese di Lido degli Estensi. Le banchine portuali, per esigenze funzionali alle attività di carico e scarico in porto, hanno quote insufficienti per proteggere l’entroterra. Figura 2.21 Mareggiata

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Note 1 Articolo Il paesaggio agrario emiliano di Franco Cazzola, tratto da “L’Emilia-Romagna” a

cura di Cantelli F. et al., Teti Editore, Milano, 1974

2 Sereni E., Storia del paesaggio agrario italiano, Laterza, Bari, 1979 3 Dal 1° ottobre 2009 è nato il Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, dalla fusione dei

quattro Consorzi di Bonifica preesistenti. Il Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara è un ente di diritto pubblico, i cui principali compiti sono l’attività idraulica di irrigazione e scolo delle acque, per mezzo della complessa rete di canali e di impianti di bonifica. Ha anche una funzione di progettazione, esecuzione e gestione delle opere di irrigazione, per l’approvvigionamento idrico ad usi plurimi, tra cui, principalmente, l’acqua necessaria all’agricoltura

4

Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile, Relazione Scenari di Evento - 1. Rischio Idraulico, Comune di Comacchio, 2019

5

Si tratta di una mareggiata che ha colpito le coste regionali nei giorni 5-6 febbraio 2015, è stata considerata come uno degli eventi più catastrofici a memoria d’uomo per la concomitanza di valori di onda e livello tra i più alti mai registrati. Nella località di Porto Garibaldi i mareografi hanno registrato picchi massimi di 1,30 m s.l.m. (valore attribuibile ad un tempo di ritorno circa centennale), contestuali ad un’altezza d’onda superiore ai 4 m

del 5-6 febbraio 2015, Porto Garibaldi

Fonte: Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile, Relazione Scenari di Evento - 1. Rischio Idraulico, Comune di Comacchio, 2019

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CAPITOLO 2 | Il sistema delle acque

Figura 2.22 La

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

rete d’acqua, i sistemi di difesa e gli impianti di controllo delle acque

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ASSETTO INSEDIATIVO E INFRASTRUTTURALE DEL TERRITORIO

3



CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

3.1 Mobilità e accessibilità 3.1.1 Reti infrastrutturali dei trasporti La rete infrastrutturale, che collega l’area di studio ai territori limititrofi, risulta essere sviluppata e capillare, rendendo questo territorio facilmente raggiungibile. Brevi sono i tempi di percorrenza che lo collegano alle tre città più importanti dell’area, 45 minuti da Ferrara, 30 da Ravenna e 75 da Bologna. L’area è attraversata da un’importante arteria di traffico a livello nazionale, la S.S. 309 Romea, che collega la città di Ravenna a Venezia, attraversando il territorio costiero e connettendo i sette lidi ferraresi tra loro. Venne costruita negli anni ‘60 e oggi risulta essere una delle strade più Figura 3.1 Rete

infrastrutturale carrabile e ferroviaria

Fonte: GAL Delta 2000, Masterplan dell’intermodalità nell’area leader https://www.deltaduemila.net/

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trafficate e pericolose della penisola. Poco a Nord di Porto Garibaldi la S.S. 309 Romea si collega con un’altra arteria fondamentale per la fruizione del territorio, il Raccordo autostradale Ferrara-Porto Garibaldi. Questo permette un facile collegamento dei lidi col capoluogo di provincia Ferrara, consentendo lo spostamento in soli 45 minuti. Un’importante opportunità per quest’area potrebbe essere il miglioramento dei collegamenti con la stessa Bologna, una delle città più importanti d’Italia e sede dell’aereoporto internazionale Guglielmo Marconi, che potrebbe essere sfruttato per attrarre un maggior flusso turistico dall’estero. Il trasporto pubblico, invece, viene gestito dalla società TPER (Trasporto Passeggeri Emilia-Romagna), che gestisce il trasporto su gomma per le provincie di Ferrara e Bologna e su rotaia per tutta la regione, affidando le tratte a più gestori. Le linee ferroviarie garantiscono, all’interno dell’Area Leader, il collegamento dei comuni di Codigoro, Massa Fiscaglia, Migliarino, Ostellato e Portomaggiore con la città di Ferrara e di Consandolo e Portomaggiore con la città di Bologna. Il trasporto ferroviario risulta essere il sistema che maggiormente si presta allo scambio intermodale con la bicicletta, poichè offre maggiori nodi di scambio, risultando il sistema di mobilità più comunemente integrato a itinerari già esistenti. L’area del Parco del Delta del Po è dotata di una rete di stazioni che permettono di servire in maniera capillare tutto il territorio, da Ferrara a Cervia che si trovano rispettivamente ai margini Nord e Sud e delimitano i percorsi ferroviari che fermano a Codigoro, Ostellato, Argenta e Ravenna.

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CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

In alcune di queste località la presenza di una stazione ferroviaria è considerata l’elemento di accesso fruitivo alle aree del Parco del Delta del Po, rafforzandola sia nel proprio significato di porta di accesso sia nei suoi collegamenti infrastrutturali1. Esistono però anche tratti ferroviari non utilizzati come avviene per l’estensione della linea Ferrara-Codigoro che permetterebbe il collegamento diretto tra il capoluogo e la zona industriale di Pomposa, a pochi Km dall’Abbazia, importante meta turistica della zona. Un altro tratto attualmente non utilizzato è quello tra Portomaggiore e Dogato di Ostellato, la sua riapertura potrebbe essere determinante per collegare questo territorio alla città di Bologna. Attualmente l’unico collegamento ferroviario è dato dalla linea Ferrara-Codigoro, che però risulta obsoleta, in quanto non elettrificata e non consente un collegamento con la vicina Bologna. Fino a 100 anni fa, vi era una stazione ferroviaria anche a Comacchio, come testimonia l’IGM del 1892. Questa linea venne smantellata a seguito dei danneggiamenti subiti durante la Seconda Guerra Mondiale e mai più ricostruita. Così il traffico della costa ferrarese grava interamente sulla gomma, rendendo nei periodi estivi la situazione insostenibile e creando numerosi disagi. Anche il servizio di trasporto pubblico su gomma non risulta particolarmente efficiente, in quanto non offre in nessun modo la possibilità di trasportare biciclette, limitando l’estensione dei possibili itinerari turistici. Questo rappresenta uno dei più grandi limiti nel sistema delle linee degli autobus dal punto di vista dell’intermodalità. L’area di studio si trova in un punto particolarmente importante, dove confluiscono diverse infrastrutture, dalla

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S.S. 309 Romea, passando per il Raccordo autostradale Ferrara-Porto Garibaldi fino all’Idrovia ferrarese, col suo ultimo tratto del Portocanale. Questo la rende particolarmente propensa a scambi intermodali e facilmente attuabili. La possibilità di raggiungere quest’area con modalità di trasporto alternative alla gomma diminuirebbe sicuramente la pressione sulle arterie stradali, limitandone il traffico, e di conseguenza si ridurrebbero notevolmente inquinamento atmosferico ed acustico. La ricostituzione di una linea ferroviaria potrebbe aiutare in questo ma anche lo studio di modalità attualmente inedite in quest’area come il trasporto fluviale. Figura 3.2 Strutture

portanti del territorio

Fonte: Farinella R. (a cura di), Acqua come patrimonio. Esperienze e savoir faire nella riqualificazione delle città d'acqua e dei paesaggi fluviali, Dipartimento di Architettura-CITER e Ente di gestione per i parchi e la biodiversità-Delta del Po, Ferrara, 2013.

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CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

3.1.2 Analisi del caso della S.S. 309 Romea

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Figura 3.3 Immagini

storiche Romea

“... la strada Romea significa la rinascita di tutti quei nuclei umani isolati ai delta dei dieci fiumi che attraversano da Ovest verso Est, fino al mare, l’intero territorio compreso tra Aquileia e Ravenna...2” Questa è l’idea che si ha negli anni ‘60 durante la fase progettuale della nuova strada Romea. Essa avrebbe dovuto porre questi territori al centro di un nuovo sistema viabilistico che gli avrebbe permesso di svilupparsi in maniera massiccia. Il tracciato dell’attuale S.S. 309 Romea, parallelo alla linea di costa, riprende quello della strada brecciata costruita dai Benedettini, denominata strada del Corriere. Essa fungeva da corridoio per i pellegrini delle regioni dell’attuale Nord Italia, definiti appunto Romei, che si recavano a Roma in visita al Papa. Infatti, nel suo percorso, venivano toccati alcuni luoghi di particolare importanza religiosa, come le basiliche di Aquileia, Caorle, Pomposa e Sant’Appollinare in Classe. La nascita della nuova statale Romea deriva da un’importante necessità, infatti, in Italia, le autostrade costeggiano tutti i tratti costieri, ma una volta giunti a Rimini, questa prosegue verso l’entroterra dirigendosi verso Bologna. Ne scaturisce un vuoto, lungo la costa, tra Ravenna e Trieste, lasciando sprovvisti di collegamenti longitudinali importanti centri come Aquileia, Grado, Caorle, Jesolo, Venezia, Chioggia, Comacchio e Porto Corsini. Si cerca così di dare un’unità a questa regione tagliata a fette dai corsi di dieci fiumi e sprovvista di qualsiasi collegamento. La S.S. 309 Romea non diverrà soltanto il vettore di col-

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Tratto da Porto Garibaldi a Bellocchio

Tratto da Vaccolino a S. Giuseppe

Passo sul Volano a Pomposa Fonte: Galimberti I., La strada Romea, pp. 317-322

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CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

legamento per l’unione di questo comparto di territori frammentati, ma anche la possibilità di attrarre attività economiche che garantiscano la rinascita di territori come il Delta Padano, tra i più depressi della nazione. Attualmente la statale, essendo stata dimensionata con i flussi di traffico degli anni ‘60, risulta una delle strade più pericolose e trafficate della penisola, in quanto non ha subito alcun intervento di adeguamento della carreggiata nel corso degli anni. Questo deriva dal fatto che vengono toccate alcune delle aree industriali più importanti d’Italia, come il Porto di Ravenna e gli stabilimenti di Marghera vicino a Venezia, riversando sulla Romea un numero sempre più elevato di mezzi pesanti. A ciò, nel corso degli anni, si è aggiunto anche il traffico turistico verso le località balneari, questo fa si che nel periodo estivo si creino numerosi disagi con tempi di attesa piuttosto lunghi durante le ore di punta dei fine settimana. A causa del traffico elevato, la strada diventa anche un’insormontabile barriera, mancando completamente gli attraversamenti pedonali e per la fauna, tra la fascia costiera e l’entroterra, rendendola un vero elemento di discontinuità all’interno del paesaggio. Lungo i suoi bordi si è inoltre diffusa un’urbanizzazione impattante, specialmente di carattere produttivo. L’area di studio si trova in un tratto dove la Romea appare particolarmente colonizzata da entrambi i lati, con il suo apice nella zona commerciale di Comacchio, con numerosi magazzini e ipermercati. Negli ultimi anni si è cercato di risolvere questo problema, proponendo di costruire un nuovo tratto autostradale che collegasse Mestre all’attuale E553, passando per l’area delle Valli e nel Mezzano. Ciò permetterebbe di completare l’itinerario autostradale adriatico che attualmente

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manca, migliorando l’accessibilità di questi luoghi, diminuendone il traffico della Romea che verrebbe utilizzata solamente allo scopo di tratta turistica. 3.1.3 Una strada/difesa, il caso Acciaioli Oltre alla presenza della S.S. 309 Romea e del Raccordo autostrada Ferrara-Porto Garibaldi vi è un’altra arteria che connette tra loro i Lidi Nord, la strada Acciaioli. Questa misura circa 7 Km e connette Porto Garibaldi col Lido delle Nazioni. La particolarità sta nel fatto che questa strada sorga sopra un argine costituito per proteggere il territorio dell’entroterra dalle possibili alluvioni da mare. Il progetto è relativamente giovane, ma già secoli fa si iniziò a pensare a questa soluzione. La sua posizione, a circa 1 Km dalla linea di costa la rende un’estrema difesa in caso di alluvioni particolarmente intense. Essa giace ad una quota di 4 m. Nel progetto iniziale, l’edificazione dei lidi doveva essere posta nella parte retrostante l’infrastruttura, beneficiando delle doti difensive, ma la speculazione edilizia e la voglia di costruire le case sul mare ha fatto si che venissero edificate anche vaste aree che sono state sommerse dall’evento del ’66 e che non sono difese dall’argine Acciaioli4. Al giorno d’oggi tutta l’edificazione dei lidi si trova a costante rischio alluvione da mareggiata, rendendo, di fatto vana questa strada/argine. 3.1.4 La rete di mobilità ciclabile La rete di mobilità dolce risulta abbastanza estesa nella zona. Essa segue le principali direttrici del territorio che spesso coincidono con le vie d’acqua, come il corso del

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CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

Po, il Po di Volano, ma anche la linea di costa, essendo dei percorsi paesaggistici. La maggioranza di questi itinerari convergono sulla costa, le reti minori si sviluppano con itinerari più interni e si collegano a ciclovie di importanza nazionale ed internazionale che attraversano il territorio studiato. Quelle che strutturano tutta la rete locale sono principalmente due ciclovie che assumono grande importanza per i loro collegamenti col resto d’Europa come la ciclovia VenTo che coi suoi 680 Km collega Venezia a Torino e la ciclovia Adriatica che con 820 Km di percorso collega Lignano Sabbiadoro con il Gargano. La ciclovia VenTo rientra nel percorso della rete EuroVelo5 8 (EV8 Mediterranean Route Ciclovia del Po) che si sviluppa da Cadice ad Atene e Cipro, passando per queste zone e sfruttando entrambe le sponde del fiume Po. Figura 3.4 Rete

infrastrutturale ciclabile

Fonte: GAL Delta 2000, Masterplan dell’intermodalità nell’area leader https://www.deltaduemila.net/

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Questo sistema di ciclabili si sta notevolmente sviluppando negli ultimi anni, anche grazie ai fondi stanziati dalla Regione Emilia-Romagna, che ha messo a disposizione 25 milioni di Euro per progetti di mobilità ciclistica6. Rimane però ancora molto lavoro da fare per equiparare queste tratte agli standard di altri paesi europei. Spesso i tratti ciclabili non soddisfano i requisiti minimi e presentano limitazioni infrastrutturali come un fondo particolarmente sconnesso, connessioni pericolose e tratti di condivisione della carreggiata con le automobili. Nell’area delle Valli di Comacchio gli itinerari ciclabili risultano frammentati e il rischio di perdersi da parte del turista è piuttosto elevato, inoltre il fondo sconnesso non aiuta la percorrenza anche di famiglie con bambini. La creazione di un percorso circolare, un anello intorno alle valli potrebbe sicuramente attirare più visitatori e coinvolgerebbe più persone nella scoperta di questi territori. Un’altra problematica sta nella poca valorizzazione di alcuni ambiti naturali, come per esempio l’itinerario lungo le Vene di Bellocchio e la parte Sud del Lido di Spina, che avrebbe un potenziale notevole come escursione nella natura. Il cicloturismo risulta un settore particolarmente in espansione negli ultimi anni sia in Italia che in Europa anche a causa di un rinnovato atteggiamento di presa di coscienza dei rischi dell’ambiente e una progressiva evoluzione della coscienza critica verso un consumo più consapevole. Per questo motivo l’intermodalità deve permettere ai turisti di visitare il territorio, attraverso la valorizzazione delle infrastrutture esistenti, in modo lento e non inquinante, contando sulla combinazione di mezzi pubblici o collettivi per raggiungere i luoghi da visitare. Nell’area di studio bisognerà sicuramente intervenire per potenziare

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CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

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gli scambi intermodali tra vari mezzi di trasporto, consentendo ai turisti di poter visitare anche luoghi più lontani. Le possibilità in questo territorio risultano molteplici, non solamente via autobus o ciclabili ma anche tramite l’utilizzo delle vie d’acqua, da sempre fondamentali nell’economia degli spostamenti di queste zone. Questa tipologia di infrastrutture ciclabili all’avanguardia necessità però anche di una serie di servizi che dovranno essere annessi come gli albergabici, che potranno essere ricavati anche in strutture storiche del territorio, fungere da veri e propri agriturismi e rendere attiva la presenza del turista, ma anche aree di birdwatching, di sosta e di manutenzione dei cicli. Grafico 3.1 Stato

Note 1 Tratto da GAL Delta 2000, Masterplan dell’intermodalità nell’area leader, 2018 2 Tratto da Galimberti I., La strada Romea, pp. 317-322 3 La Strada europea E55 è una strada di classe A e, come si evince dal numero, è una dorsale Nord-Sud. In particolare la E55 collega Helsingborg a Kalamáta, con un percorso lungo 3305 Km attraverso Svezia, Danimarca, Germania, Repubblica Ceca, Austria, Italia e Grecia.

4

Perini L., Calabrese L., Deserti M., Valentini A., Ciavola P., Armaroli C., Le mareggiate e gli impatti sulla costa in Emilia-Romagna 1946-2010, pp. 75-76, 2011

5

EuroVelo è un progetto nato nel 1997 dall’ ECF (European Cyclists’ Federation) teso a sviluppare una rete di 15 itinerari ciclabili di lunga percorrenza attraverso tutto il continente europeo. I percorsi Eurovelo sono nati in molti casi unendo percorsi ciclistici nazionali già esistenti. Il progetto individua oltre 70.000 Km di rete ciclabile di cui più di 45.000 Km già realizzati e dei quali l’itinerario più lungo è il n. 13: Iron Curtain Trail, di 10.400 Km.

6 La Regione Emilia-Romagna (con delibera di Giunta 1157/2014) ha approvato la nuova Rete

delle ciclovie regionali, finalizzata alla promozione del cicloturismo alla pianificazione e realizzazione di percorsi extraurbani su tutto il territorio regionale.

principali itinerari turistici

11,6 Km

11,6 Km

69,0 Km ER 02 Ciclovia Destra Po (VENTO) 80,0 Km tratto nell’Area Leader Tratto in sede propria

25,3 Km

Tratto su argine o carraie

34,3 Km

17,6 Km

ER 02d Ciclovia Destra Po (VENTO) diramazione Bondeno-Comacchio 54,5 Km tratto nell’Area Leader Tratto in promiscuo veicolare

18,7 Km

26,3 Km ER 4 Ciclovia della Mesola 60,5 Km tratto nell’Area Leader

107,9 Km ER 37 Ciclovia Adriatica 126,5 Km tratto nell’Area Leader

Fonte: GAL Delta 2000, Masterplan dell’intermodalità nell’area leader https://www.deltaduemila.net/

130

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CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

Figura 3.5 Viabilità

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

dell’area studio

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CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

3.2 Infrastruttura d’acqua 3.2.1 L’acqua come opportunità Il territorio di studio vive, da sempre, in stretta simbiosi con ambienti ricchi di acqua, come fiumi, canali e aree umide. Sono proprio le vicende idrografiche passate che ne hanno segnato l’attuale morfologia, essendo punto di incontro di una serie di vie d’acqua provenienti dall’entroterra. A tutto ciò vanno inoltre sommate la serie di problematiche trattate nei capitoli precedenti che hanno contribuito alla modificazione del territorio, anche favorendo l’ingressione marina. La rete idrografica locale, risulta così particolarmente complessa, connettendo vie d’acqua naturali con collettori appositamente progettati per fronteggiare qualsiasi tipologia di rischio. Si costituisce così un complesso sistema di gestione delle acque, che tutt’ora tiene asciutto il Basso ferrarese, un territorio che fonde il naturale con l’antropico. A tratti la presenza dell’acqua risulta invisibile, a causa della sua regimentazione entro canali gerarchizzati, dai grandi fiumi fino ai fossi lungo i campi. E’ proprio l’acqua a scandire la conformazione del territorio, a tratti con linee più morbide, in altre occasioni costituendo una maglia di canali, come una moderna centuriatio1. L’area si presta particolarmente ai collegamenti via acqua con la presenza di itinerari turistici sia nell’entroterra che via mare. Attualmente è presente soltanto un’agenzia, l’AIPo2 (Agenzia Interregionale per il Po), che si occupa delle infrastrutture per la navigazione del Po Grande fino al mare. Sia per questo tratto, che in altre parti della costa, non esistono ancora servizi per il traporto dei turisti,

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

ma solamente escursioni turistiche organizzate con compagnie private. Gli itinerari marittimi, tramite una navigazione lungocosta, utilizzano gli attracchi di Goro, Volano e Porto Garibaldi, proponendo itinerari prevalentemente verso la foce del Po, dove possono essere visitati alcuni siti di importanza naturalistica come la Sacca di Goro, il Po di Goro e i vivai di cozze e vongole, tipici della zona. Risulta notevolmente meno sviluppata la rete navigabile verso l’entroterra, se il Po di Volano può essere risalito fino all’Oasi di Cannaviè, il Canale navigabile limita le sue tratte escursionistiche solamente alle valli, costituite da agenzie private. Le possibilità di estendere questa rete sono notevoli, anche a causa della presenza del Canale navigabile che costituisce il tratto conclusivo dell’Idrovia ferrarese. Le piccole imbarcazioni per il trasporto dei turisti potrebbero circolare senza particolari problemi lungo quest’asta fluviale. Questo permetterebbe sia dei collegamenti mirati con l’entroterra che la possibilità di realizzare una sorta di taxi d’acqua che colleghi Comacchio con la costa, sia lungo il Portocanale che attraverso il Logonovo, proponendo mezzi di trasporto alternativi che permetterebbero di ridurre notevolmente il traffico nell’area dei lidi. Al momento l’unica effettiva barriera infrastrutturale sarebbe rappresentata dalla diga a monte del Logonovo, che però potrebbe essere adattata per il passaggio di queste ridotte imbarcazioni. Negli ultimi decenni questo territorio ha esclusivamente pensato a difendersi dall’acqua, irrigidendo le aste fluviali e barricandosi dietro ad argini, nel futuro bisognerà riscoprire l’acqua come risorsa, riportandola al centro di un territorio che l’ha sempre vista protagonista.

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CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

3.2.2 Il Canale navigabile Il Canale navigabile rientra nel bacino di scolo Burana-Volano e insieme al Po di Volano e il Canale Boicelli costituisce il tratto terminale dell’Idrovia ferrarese. Nel suo tratto finale sfocia in mare tramite il Portocanale di Porto Garibaldi, tratto in cui attraccano i pescherecci e si svolge tutta l’attività portuale. Esso rappresenta uno dei più importanti assi infrastrutturali nel territorio, insieme alla S.S. 309 Romea. In questo suo tratto terminale congiunge Comacchio con la costa attraversando scenari piuttosto differenti, dal centro storico appunto, passando per campi coltivati e aree indrustriali, fino a giungere al paese di Porto Garibaldi e all’urbanizzazione costiera del Lido degli Estensi. Il progetto della seguente tesi si basa proprio su questo asse infrastrutturale, cercando di integrarlo maggiormente col paesaggio circostante per renderlo maggiormente sfruttabile per fini differenti. Il progetto prevede il passaggio di navi di classe V, collegandosi poi al sistema idroviario del Nord Italia. Attualmente però, risultano ancora molti i lavori da svolgere affinchè questo canale possa espletare funzioni di trasporto merci, ma nel frattempo potrebbe comunque servire alla navigazione locale. Infatti potrebbe essere sfruttato maggiormente per collegare Comacchio alla costa, anche con imbarcazioni che lo percorrano e permettano ai turisti di recarsi sulla costa senza l’utilizzo dell’automobile, arrivando ad alleggerire il carico di traffico. I suoi argini potrebbero essere riconvertiti ospitando percorsi ciclopedonali e nel suo tratto più “urbano”, con l’annessione di attività, renderlo un belvedere che restituisca il contatto visivo tra Comacchio e le sue Valli.

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

Figura 3.6 Paesaggi

lungo il Canale navigabile

Porto Garibaldi Comacchio

Lido degli Estensi

Canale navigabile

Valle Molino Valle Fattibello

Saline di Comacchio

Canale navigabile Aree urbanizzate Aree agricole Aree industriali dismesse Aree prive di destinazione Valli

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CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

3.2.3 Progetto Idrovia ferrarese L’Idrovia ferrarese costituisce solo l’ultimo tratto di un sistema molto più ampio di infrastrutture nominato Sistema Idroviario Padano-Veneto. Il corridoio che interessa il Po consiste in un collegamento idroviario di tipo commerciale di oltre 300 Km fra Milano e Venezia, esteso di altri 180 Km fino a Trieste con la navigazione sottocosta. Esso parte dal polo logistico alle porte di Milano, presso Truccazzano, collegandosi al porto industriale di Cremona, da dove si immette nel Po e lungo il quale raggiunge l’area di Mantova. Da questo punto il sistema si divide in due percorsi differenziati: il primo si immette nel canale navigabile Fissero-Tartaro-Canalbianco, che serve lo scalo industriale di Rovigo e, raccordato alla rete ferroviaria, raggiunge direttamente l’Adriatico a Porto Levante, a sud di ChiogFigura 3.7 Rete

infrastrutturale Idroviaria

Fonte: GAL Delta 2000, Masterplan dell’intermodalità nell’area leader https://www.deltaduemila.net/

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

gia, mentre il secondo prosegue sul Po fino alla chiusa di Volta Grimana, per continuare sul canale Po Brondolo e raggiungere la laguna di Chioggia. Proseguendo sul secondo percorso ci si trova di fronte ad una terza alternativa, rappresentata dall’Idrovia ferrarese, dalla quale risulta possibile raggiungere il mare Adriatico proseguendo sul Po solo fino a Ferrara, imboccando poi i 70 Km che condurranno fino a Porto Garibaldi. Arrivati al mare, tramite una navigazione sottocosta è possibile raggiungere in breve tempo il porto di Ravenna, punto strategico e terminale meridionale del corridoio “Baltico-Adriatico”. Il tratto di competenza dell’Idrovia ferrarese parte dalla Conca di Pontelagoscuro nei pressi di Ferrara, oltrepassa poi la città estense e si immette, attraverso la pianura e le Valli di Comacchio, nel Mare Adriatico a Porto Garibaldi e Lido degli Estensi. Questo sistema di trasporti rappresenta un particolare interesse per il territorio, in quanto infrastruttura che si sviluppa all’interno del territorio ferrarese da Ferrara a Comacchio collegando il Po con il mare Adriatico e il ramo del Po di Volano da Migliarino fino a Codigoro e, potendo, fino alla foce di Volano. Le competenze riguardo la navigazione attualmente sono affidate all’Agenzia per la sicurezza del territorio e la Protezione civile. I comuni dell’Area Leader che vengono attraversati sono Migliarino (Fiscaglia), Ostellato e Comacchio. L’idrovia ferrarese è utilizzabile, come previsto dai progetti di candidatura a finanziamento europei TEN -T3, INIWAS4 ecc, per uso turistico e nautico per favorire “la nascita di attività e servizi a supporto della diportistica (cantieristica, accessori e attrezzature nautiche, nuove infrastrutture, porti, approdi, circoli nautici) e lo sviluppo del turismo

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CAPITOLO 3

| Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

nautico (servizi ricettivi, sportivi e ricreativi)”5. Con lo sviluppo della nautica si avranno dei benefici anche dal punto di vista commerciale ed economico del territorio attraverso la creazione di una rete di filiere produttive che metta a sistema mestieri e professionalità legati al mare e all’Idrovia. Per quanto riguarda l’ambito turistico sarà possibile potenziare il turismo lento lungo le vie d’acqua, riuscendo anche a valorizzare i prodotti tipici dei luoghi e le strutture ricettive connesse al sistema idroviario. La riqualificazione di tutte le aree e i territori lungo l’asta fluviale rappresenta una grande opportunità di sviluppo per riorganizzare l’accessibilità degli spazi nelle aree di intervento e valorizzare il patrimonio paesaggistico e culturale. I principali obiettivi che si pone l’Idrovia sono lo sviluppo di un’infrastruttura rispettosa dell’ambiente, potenziando e valorizzando il sistema delle aree verdi, ricucendo il legame storico tra l’uomo e l’acqua. Il Progetto prevede la realizzazione di una serie di piste ciclabili che si estendono per circa 18 Km e che renderanno maggiormente fruibili i servizi dei centri abitati in prossimità dell’asta fluviale, ricollegandosi ai percorsi turistici e ai parchi già esistenti. Verranno inoltre rinaturalizzati 79.000 m2 e riqualificate 25 Km di sponde. Lo sviluppo di questo progetto porterebbe importanti benefici a tutto il territorio, anche se attualmente risulta di difficile realizzazione. Gli ostacoli principali riguardano le infrastrutture esistenti, come i ponti, che dovrebbero essere quasi tutti rialzati per consentire il passaggio di importanti navi merci.

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Note 1 Farinella R., Ronconi M., Territorio, fiumi, città. Esperienze di riqualificazione in Italia, pp.

156-160, 2008

2

L’Agenzia Interregionale per il fiume Po – AIPo è stata istituita nel 2003 con quattro leggi approvate dai Consigli delle Regioni del Po: Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto. Ente strumentale di queste Regioni, AIPo raccoglie l’eredità del disciolto “Magistrato per il Po”, organo statale creato nel 1956. AIPo cura la gestione del reticolo idrografico principale del maggiore bacino idrografico italiano, occupandosi, essenzialmente, di sicurezza idraulica, demanio idrico e navigazione fluviale.

3

Il programma per lo sviluppo delle Reti di Trasporto Trans-europee (TEN-T) è co-finanziato dalla Commissione Europea mediante appositi bandi di gara mediante i quali vengono selezionati i progetti ritenuti di interesse europeo che maggiormente contribuiscono agli obiettivi del programma. La gestione finanziaria dei progetti e il loro monitoraggio è demandato all’Agenzia esecutiva “Innovation and Netwoks Executive Agency (INEA)”, che per conto della Commissione europea provvede a dare attuazione agli interventi che appartengono alle varie modalità di trasporto (ferroviario, stradale, marittimo e aereo) su cui si articolano le reti trans-europea di trasporto.

4 Il progetto INIWAS si pone in continuità con i progetti già finanziati all’interno del Programma TEN-T 2007-2013 e ha come obiettivo l’eliminazione di sei colli di bottiglia che ostacolano la navigazione interna lungo il sistema idroviario padano-veneto.

5

https://mobilita.regione.emilia-romagna.it/settore-idroviario/doc/idroviaferrarese/idroviaferrarese-e-il-territorio

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CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

3.3 I caratteri insediativi del paesaggio 3.3.1 Forme urbane, tra morfologia e caratteri insediativi Analizzando i sistemi insediativi del Basso ferrarese si riscontrano alcuni caratteri ricorrenti, che danno vita a differenti rapporti tra territorio e costruito, nel quale ritorna in maniera importante il rapporto con le acque. Vi sono alcuni casi in cui i corsi d’acqua sono stati tombati per far posto ad una strada carrabile, ma anche casi in cui queste due situazioni coesistono con corsi d’acqua tombati e altri a cielo aperto. La planimetria allungata di questi paesi si riscontra nella loro origine fluviale, con fronti costruiti lungo il perimetro a sottolineare il rapporto tra fiume ed edificio. Sparse nel territorio si possono identificare varie tipologie di insediamento dettate dalla particolare morfologia dell’area in cui si trovano. La prima tipologia identifica gli insediamenti sorti nelle zone umide, come il caso di Comacchio, su un piccolo arcipelago di isolotti. La sua particolare conformazione allungata deriva dal suo sviluppo lungo un cordone dunoso. La principale direttrice di sviluppo collega due monumenFigura 3.8 Caratteri

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ti storici di Comacchio, partendo ad Est dal convento di Sant’Agostino, attraversa il centro storico giungendo ad Ovest al Loggiato dei Cappuccini. Essa si interseca con l’altro asse fondamentale, il Canale Maggiore che taglia il centro in direzione Nord-Sud. Il tessuto urbano è caratterizzato da cortine compatte sul fronte strada, costituite da piccoli palazzi e case aventi una corte interna con sviluppo perpendicolare al canale. I corsi d’acqua costituivano un vero e proprio anello infrastrutturale svolgendo anche la funzione di accesso e servizio alle abitazioni. Gli spazi invece adibiti a cortile fungevano da ricovero per le imbarcazioni e le attrezzature da pesca. La città di Comacchio, al giorno d’oggi vede profondamente mutato il suo assetto originale, poichè da isola si trovò circondata su tre lati da campi agricoli grazie ai processi di bonifica attuati, conclusosi nel 1965 con la bonifica della Valle del Mezzano. Nel corso degli ultimi anni la cittadina si è espansa al di fuori del proprio centro storico, come avvenuto nel quarFigura 3.9 Evoluzione

della città di Comacchio

del tessuto urbano e assi urbani

Edifici a schiera Edifici a pettine Fonte: Piano urbanistico generale, Comune di Comacchio

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Fonte: Piano urbanistico generale, Comune di Comacchio

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CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

tiere Raibosola, perdendo un po’ il suo legame tra edificato e canali. Il centro storico ha però mantenuto la sua forma originale che lo rende un unicum nel suo genere1. Il secondo caso è quello degli insediamenti fluviali, cioè sorti lungo le rive dei fiumi, un tempo uniche aree asciutte del territorio. Il caso più eclatante è Codigoro, che deve la sua conformazione alla particolare posizione in cui è situato, una porzione di terra limitata tra il fiume Goro e il Po di Volano, in un contesto che vedeva prevalere l’acqua sulla terra. L’attuale piazza del paese si trova proprio nel punto di confluenza dei due fiumi, dove si uniscono anche i due assi principali che coincidono con i percorsi arginali. Il tessuto urbano è costituito da due tipologie edilizie: le prime rappresentate da edifici residenziali a schiera con lotti di pertinenza rettangolari, le seconde con edifici a blocco, edificati nella parte centrale del paese e lungo la riviera del Volano. La qualità architettonica di questi edifici non viene riscontrata in nessun altro centro limitrofo. Essi sono organizzati con l’affaccio principale sul fronte strada e con una corte sul retro che congiunge l’edificio al proprio possedimento agricolo. L’edificio principale e di maggior pregio è la residenza nobiliare settecentesca del Palazzo del Vescovo, dalle linee architettoniche di matrice veneta. Codigoro ha ritrovato il proprio legame con l’acqua alla fine dell’800, grazie alla costruzione degli impianti idrovori più grandi d’Europa, la cui posizione a monte del paese ne condiziona ancora oggi le vicende idriche. In passato si sono verificati problemi di esondazione nei momenti di maggior scarico delle acque di bonifica, per questo la pulizia delle sponde del Volano risulta essere il principale problema per l’amministrazione locale2. Nel Basso ferrarese è presente un’altra tipologia di centri,

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ovvero quelli sorti dopo i processi di bonifica meccanica. Questi non rientrano pienamente nell’area di studio ma aiutano a capire la complessità del territorio e le sue sfaccettature. I centri più importanti sono Jolanda di Savoia e Tresigallo. Quest’ultimo vede la sua grande espansione nel periodo fascista, legata alla presenza di un importante cittadino come Edmondo Rossoni, allora ministro dell’agricoltura e delle foreste, il quale progettò il piano per la sua città natale. Tresigallo venne dotata di un centro produttivo per lavorare i prodotti agricoli derivanti dai nuovi territori bonificati, rappresentando un caso particolare legato alla figura di un illustre paesano. Figura 3.10 Evoluzione

storica dei centri

Comacchio

Codigoro

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CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

3.3.2 Insediamenti endogeni della costa Lungo il tratto ferrarese, il processo di sfruttamento turistico del litorale non ha iniziato a svilupparsi dagli inizi del ‘900, al pari di quello venenziano e quello romagnolo. La sua grande espansione ha avuto inizio a partire dal 1960, con la costruzione della S.S. 309 Romea che rese questo territorio periferico maggiormente collegato a realtà più grandi. Nel giro di pochi decenni sono sorti i Sette Lidi, a discapito di arenili e boschi, prevalentemente composti da pini e pioppi. Ciascun insediamento ha assunto caratteristiche proprie e peculiari, spesso uscendo da un progetto unitario, con interventi di natura speculativa promossi da privati. L’analisi è stata condotta seguendo lo studio svolto dal geografo Corna Pellegrini all’inizio degli anni ‘70, che individuò le tipologie di insediamento presenti lungo il litorale3. Come primo caso vengono individuati gli insediamenti endogeni che preesistevano allo sviluppo turistico del litorale, come i centri costieri di Porto Garibaldi e Volano, e gli abitati più interni di San Giuseppe e Vaccolino. Essi rappresentano gli ultimi presidi di popolazione locale in un territorio sempre più vocato al turismo balneare, che vede grande discrepanza di presenze tra la stagione estiva e il resto dell’anno. Questi centri sono sorti prevalentemente con funzioni agricole, tranne l’abitato di Porto Garibaldi da sempre legato al settore della pesca, rafforzando il loro ruolo di carattere residenziale al servizio della città costiera. Il centro costiero maggiormente strutturato risulta essere Porto Garibaldi, che rappresenta un caso urbano di

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interesse, secondo soltanto alla cittadina di Comacchio. Subito appare molto evidente la separazione tra le varie anime del paese: la pesca, il turismo balneare e la residenzialità della popolazione locale. L’asse principale è rappresentato dal Portocanale su cui si attestano tutte le attività per la pesca e una serie di servizi e attività ricettive, che lo rendono molto frequentato durante il tempo libero, specialmente nel suo tratto terminale. Anche il lungomare risulta essere un’importante direttrice, la principale con andamento Nord-Sud, dove si attestano gli stabilimenti balneari e numerose attività ristorative. Figura 3.11 Immagini

storiche Porto Garibaldi

1956

1973 Fonte: http://www.lucianocassol.it/

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CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

3.3.3 L’urbanizzazione diffusa lungo la costa Le altre tipologie di insediamento citate da Pellegrini rientrano nell’urbanizzazione diffusa lungo la costa. Fanno parte di queste categorie i vari lidi, che hanno visto la loro nascita intorno al 1960 per poi espandersi fino al giorno d’oggi. La seconda tipologia riguarda infatti gli insediamenti che costituiscono gran parte del nostro litorale, ovvero i nuovi nuclei cresciuti al di fuori di qualsiasi pianificazione urbanistica, caratterizzati dalla mancanza di un disegno urbano, unito all’inadeguatezza dei servizi e delle reti infrastrutturali. Questi abitati hanno apportato le trasformazioni più radicali al paesaggio naturale, costruendo Figura 3.12 Evoluzione

del sistema urbano

Anni ‘40 Anni ‘50 Anni ‘60 Anni ‘70 Anni ‘80 Anni ‘90 Fonte: Farinella R. (a cura di), Acqua come patrimonio. Esperienze e savoir faire nella riqualificazione delle città d'acqua e dei paesaggi fluviali, Dipartimento di Architettura-CITER e Ente di gestione per i parchi e la biodiversità-Delta del Po, Ferrara, 2013.

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grandi palazzi condominiali, ville e seconde case a discapito delle pinete esistenti e delle antiche dune sabbiose, alterando in maniera irreversibile la morfologia del luogo. Il consumo di suolo è un problema che persiste tutt’ora, anche le ultime porzioni libere vengono edificate, in alcuni casi arrivando a ridosso del litorale. Questa situazione la si può riscontrare nei Lidi di Pomposa, Scacchi ed Estensi, anche se quest’ultimo rappresenta il caso di urbanizzazione maggiormente strutturata e frequentata, poichè dotato di aree commerciali come l’asse principale, Viale Carducci. La terza categoria comprende quegli insediamenti pianificati, ma a minore densità, a cui appertengono il Lido di Spina e il Lido delle Nazioni. Questi lidi sono caratterizzati da un uso estensivo del territorio, con le residenze inserite all’interno delle preesisenti macchie boschive e tessuti urbani vagamente riconducibili a dei disegni progettuali o a banalizzazioni del concetto di garden movement. Il loro impatto risulta quindi minore rispetto alla categoria precedente, cercando di adattarsi al paesaggio e provando a mantenere almeno la fascia boscata esistente. I servizi di questi centri vengono concentrati in punti precisi o lungo determinate strade, senza però assumere un ruolo centrale nell’organizzazione dello spazio. La caratteristica peculiare del Lido delle Nazioni è sicuramente il suo lungomare, tipica struttura delle città balneari storiche, uno spazio che oggi dovrebbe essere ripensato e riqualificato, come già stato fatto nel tratto più a Nord, che ha dato il via anche ad una riqualificazione degli ambiti privati adiacenti. Come quarta e ultima categoria viene segnalata la presenza di campeggi e villaggi turistici, spesso posti in posizione da collegare due lidi vicini come avviene tra il Lido

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CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

delle Nazioni e il Lido di Pomposa. Queste strutture, anche se provvisorie, strutturano fortemente il territorio condizionandone anche l’organizzazione dei servizi, anche se marcati dalla loro inadeguatezza nei caratteri formali e insediativi.

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Figura 3.13 Flussi

turistici periodo invernale

Figura 3.14 Flussi

turistici periodo estivo

3.3.4 I flussi del turismo La rapida e caotica crescita dell’edificato turistico è, riconducibile ad un investimento, legato a fattori di carattere economico, che ha visto prendere forma dalla fine degli anni ‘60 in poi. Questo intervento si dimostrò redditizio a causa dell’influenza riflessa generata su questo territorio dalla vicina costa romagnola. Si puntò al target della fascia media, con spazi a basso costo, proponendo il sogno anglosassone della villetta col giardino ad una classe che non possedeva neanche una prima casa e spesso che viveva in piccoli appartamenti. È apparso così facilmente realizzabile il sogno del possesso di un’abitazione singola, favorito, del resto, dalle propizie condizioni economiche dell’Italia negli anni ‘60. Rispetto alla vicina costa romagnola il turismo rimane molto legato al tema delle seconde case, infatti nel comune di Comacchio risultano attualmente soltanto 70 stabilimenti alberghieri, contro i 4.414 della porzione di costa più a Sud4. Comacchio risulta essere il comune italiano con più seconde case dopo Roma, favorendo un turismo pendolare durante i fine settimana e attirando numerose famiglie, rispetto alla Romagna che punta maggiormente sul divertimento giovanile. Essendoci numerose seconde case, si nota come nel corso dell’anno cambi drasticamente la fruizione di questi luoghi, nel periodo invernale si contano solamente 23.000

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Fonte: Farinella R. (a cura di), Acqua come patrimonio. Esperienze e savoir faire nella riqualificazione delle città d'acqua e dei paesaggi fluviali, Dipartimento di Architettura-CITER e Ente di gestione per i parchi e la biodiversità-Delta del Po, Ferrara, 2013.

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CAPITOLO 3 | Assetto insediativo e infrastrutturale del territorio

abitanti nel tratto costiero ferrarese, al contrario, nel periodo estivo, le presenze arrivano a toccare le 300.000 unità, diventando una vera città turistica. Per questo motivo molte attività economiche chiudono durante il periodo invernale, rendendo questi luoghi deserti in questa stagione. In passato sono stati effettuati vari tentativi di aumentare l’offerta di servizi, ma molti sono falliti e numerose strutture sono state costrette a chiudere. La più grande debolezza del settore turistico della zona è reppresentata dalla monotematicità della fruizione, incentrata solamente sul turismo balneare, senza valorizzare il turismo breve e le escursioni giornaliere. Come spiegato nel “Masterplan dell’intermodalità nell’Area Leader”, negli ultimi anni si sta cercando sempre di più di sviluppare il turismo dell’entroterra, creando nuove alternative al solo turismo balneare. Stanno iniziando a crescere differenti tipologie turistiche, basate su aspetti naturalistici ed ecologici, come l’ittiturismo, il birdwatching e il cicloturismo, collegandosi all’identità storica ed enogastronomica di Comacchio. L’obiettivo rimane quello di attrarre sempre più turisti dall’Europa, incentivando la scoperta delle aree dell’entroterra. Questa volontà si scontra però con l’effettiva mancanza di strutture ricettive e turistiche, che si concentrano solamente sulla costa. Il potenziamento della struttura alberghiera renderebbe maggiormente appetibile, anche di inverno, questo territorio, magari con strutture straordinarie, come posti letto ricavati in bungalow sulle valli oppure dentro bilancioni inutilizzati. Ciò potrebbe fungere da volano per l’area nel periodo invernale, creando nuove opportunità lavorative, rendendo il turismo pluristagionale e pluridirezionale, guardando sia alla costa che al suo ricco entroterra.

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Note 1 Farinella R., Ronconi M., Territorio, fiumi, città. Esperienze di riqualificazione in Italia, pp.

197-204, 2008

2

Farinella R., Geometrie, segni e forme: il caso di alcuni centri urbani della bonifica ferrarese, in Paesaggio Urbano, n. 1, Maggioli, Bologna, Gennaio-Febbraio, 1996

3 Corna Pellegrini G., La casa della pianura padana, in Touring Club Italiano (a cura di), Case contadine, Milano, 1979

4 Galvani A., I Lidi sulla costa del Delta del Po, Parco Delta del Po Emilia-Romagna

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IL SISTEMA AMBIENTALE E PATRIMONIALE

4



CAPITOLO 4 | Il sistema ambientale e patrimoniale

4.1 Patrimonio naturalistico 4.1.1 Introduzione “Come il pesce colà dove impaluda Ne’ seni di Comacchio il nostro mare, Fugge dall’onda impetuosa e cruda, Cercando in placide acque ove ripare: E vien che da sé stesso ei si rinchiuda In palustre prigion, nè può tornare; Chè quel serraglio è con mirabil uso Sempre all’entrar aperto, all’uscir chiuso.” Gerusalemme Liberata - VII. 46 - Torquato Tasso Come si evince da questi versi della Gerusalemme Liberata, il poeta della lirica, particolarmente affezionato al territorio ferrarese, esalta le virtù territoriali dell’area deltizia, risultato di una mediazione tra natura e arte, dove accurati interventi ingegneristici rendono questo luogo capace di adempiere a scopi più pratici e funzionali rimanendo nella cornice di un ammirevole contesto naturalistico. Infatti, ad oggi, il territorio preso in analisi non è altro che il risultato di un legame, rafforzatosi nel corso degli anni, tra natura ed un ingente intervento antropico.1 L’imprescindibile relazione tra terra e acqua si traduce in un alto valore naturalistico dell’area, che continua a mutare a causa della geomorfologia del territorio e ai rischi ai quali è sottoposto e alle risposte pratiche ai cambiamenti che l’uomo ha fornito nel tempo. Nel corso del tempo i valori patrimoniali ambientali del territorio sono stati riconosciuti e, in parte, protetti e vincolati da apposite tutele, anche a fronte delle fragilità che

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nel tempo si sono sempre più accuite. Se da un lato però sono presenti queste difese, ad oggi alcune potenzialità rimangono inespresse, anche a causa del sistema patrimoniale minore un pò sottovalutato. Figura 4.1 Foto

storiche di Comacchio - siccità

Fonte: Walter Breveglieri, ieri il Delta 1960-1970, Minerva edizioni

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CAPITOLO 4 | Il sistema ambientale e patrimoniale

4.1.2 Il sistema delle aree protette Nel corso del tempo l’intervento antropico non è stato sempre svolto a favore della tutela dei beni patrimoniali territoriali, l’avanzata del turismo ha portato a una neutralizzazione delle peculiarità specifiche territoriali a scapito del contesto ambientale. Un freno efficace è stato dato dalla protezione ufficiale delle aree fragili attraverso una serie di vincoli e tutele, a partire dell’istituzione della L.R. 27 del 2 luglio1988, del Parco del Delta del Po, rientrante anche nei siti della rete “Natura 2000”, e in più l’inserimento da parte dell’Unesco, nel 1999, nella Lista dei Beni Patrimonio dell’Umanità. La Rete “Natura 2000” è uno strumento politico dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità che istituisce una rete ecologica diffusa su tutto il territorio, per tutelare il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati. Tale rete è costituita dai siti di importanza comunitaria (SIC) che vengono designati dalle zone di protezione speciale (ZPS), e dalle zone speciali di conservazione (ZSC). I siti della rete “natura 2000” non sono necessariamente aree dove l’attività antropica è esclusa ma sono siti dove è garantita la protezione degli elementi naturali, questi siti assieme alle aree naturali protette vengono classificati per la gestione dalla legge regionale vigente in: parchi regionali, parchi interregionali, riserve naturali, paesaggi naturali e seminaturali protetti, aree di riequilibrio ecologico. In provincia di Ferrara sono presenti: • 1 Parco Regionale: “Parco Regionale del Delta delPo”, che coinvolge le province di Ferrara e Ravenna e 9 Comuni (Comacchio, Argenta, Ostellato, Goro, Me-

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sola, Codigoro, Ravenna, Alfonsine e Cervia).Il Parco è articolato in 6 stazioni di cui 3 ricadenti nel territorio ferrarese, la prima è quella di Volano-Mesola-Goro, la seconda stazione corrisponde al centro storico di Comacchio, la terza stazione comprende le Valli di Comacchio. • 1 Riserva Naturale: “Riserva Naturale Orientata Dune Fossili di Massenzatica”, istituita nel 1996, ricade nei territori dei Comuni di Codigoro e Mesola. • 4 Aree di Riequilibrio Ecologico: “La Stellata” in Comune di Bondeno, “Bosco della Porporana” in Comune di Ferrara, “Ramedello” e “Morando” in Comune di Cento. La Provincia di Ferrara ha inoltre istituito 32 Oasi di Protezione delle Fauna di cui 20 in zone umide, le quali ai sensi della Convenzione di Ramsar, sono tutte già ricadenti nel Parco del Delta del Po (Valle Bertuzzi, Valle Campotto e Bassarone, Valle di Gorino, Valle Santa, Sacca di Bellocchio, Valli residue del comprensorio di Comacchio)2. Figura 4.2

Le aree protette nella provincia di Ferrara

Fonte: https://ambiente.regione.emilia-romagna.it/it/parchi-natura2000/aree-protette/ aree-protette-per-provincia/ferrara

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CAPITOLO 4 | Il sistema ambientale e patrimoniale

4.1.3 Il Parco del Delta del Po Il Parco Regionale del Delta del Po dell’Emilia-Romagna è stato istituito nel 1988 e fa parte del sistema delle aree protette dell’Emilia-Romagna, si articola in sei “Stazioni” che comprendono la parte di territorio che si estende a partire da nord del corso del Po di Goro, comprendendo tutto il delta storico del fiume Po, le zone salmastre della costa quali la Sacca di Goro, le Valli e le Saline di Comacchio, la Valle Bertuzzi fino alle zone umide interne di acqua dolce come le Valli di Campotto e Bosco Mesola. Questo territorio è ritenuto tra i pochi sistemi naturali meglio conservati nelle zone umide d’Europa, che comprende un mosaico eterogeneo di habitat, dai fiumi e stagnanti d’acqua dolce alle lagune e valli di acqua salmastra, dalle aree dunali residuali ai boschi planiziali ed igrofili alle pinete costiere. La varietà degli habitat permette un vasto assortimento delle specie vegetali che caratterizzano anche i tratti paesaggistici. Il Parco del Delta del Po si articola in sei stazioni, tra le province di Ferrara e Ravenna. La stazione più a nord del parco è quella di Volano / Mesola / Goro, essa vanta la presenza di numerose aree boscose, tra cui il Bosco della Mesola, delle Dune Fossili di Massenzatica, dalla Sacca di Goro e dal corso del ramo più meridionale del Fiume Po, il Po di Goro. La seconda stazione è quella del Centro Storico di Comacchio e comprende l’abitato di Comacchio e alcuni ambienti vallivi come Valle Fattibello, e le “Vallette di Ostellato”. La terza stazione, le Valli di Comacchio, comprende ambienti acquatici e naturalistici unici, tra cui le Valli e la Salina di Comacchio. Con un’estensione maggiore di 11000 ettari questi luoghi sono un importante sito per la conserva-

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zione delle specie di avifauna. Campotto di Argenta è la quarta stazione del Parco ed è posta più nell’entroterra, racchiude un’estesa area di zone umide d’acqua dolce. Al suo interno sono presenti le casse di espansione Campotto-Bassarone , Vallesanta, il Bosco del Traversante, un bosco igrofilo, e una serie di prati umidi. La quinta stazione è quella della Pineta di San Vitale e delle Pialasse di Ravenna, tra i punti più peculiari ci sono il complesso di Punte Alberete e Valle Mandriole, la Pineta di San Vitale, e le aree umide Pialassa della Baiona e Pialassa Piomboni. Pineta di Classe e Salina di Cervia, è la sesta stazione del Parco e si trova più a sud. Le aree più emblematiche all’interno sono la Pineta di Classe, bosco planiziale a sud di Ravenna, e la Salina di Cervia, dove ancora oggi avvengono le lavorazioni per ottenere il sale. Figura 4.2

Le Stazioni del Parco del Delta del Po

Fonte: Parco Regionale Delta del Po Emilia Romagna http://www.parcodeltapo.it/it/

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CAPITOLO 4 | Il sistema ambientale e patrimoniale

Un ulteriore sistema di tutela all’interno del parco è dato dalla classificazione Ramsar3 della aree umide, considerate di importanza internazionale. L’oggetto della Convenzione di Ramsar è la gran varietà di zone umide: le paludi e gli acquitrini, le torbiere, i bacini d’acqua naturali o artificiali, permanenti o transitori, con acqua stagnante o corrente, dolce, salmastra o salata, comprese le distese di acqua marina situate entro i confini delle zone umide. Sono inoltre comprese le zone rivierasche, fluviali o marine, adiacenti alle zone umide, in particolare quando tali zone hanno importanza come habitat degli uccelli acquatici, che ne sono ecologicamente dipendenti. Tra gli obbiettivi della convenzione ci sono quello di elaborare e mettere in pratica programmi che incentivino l’utilizzo razionale delle zone umide, creare delle riserve naturali in tali aree, incoraggiare le ricerche, la raccolta di dati e gli studi, formare e ingaggiare personale che si occupi di queste zone, proteggere e aumentare la popolazione faunistica. Figura 4.3

Le aree umide secondo la Convenzione di Ramsar

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Nell’ambito della provincia di Ferrara e Ravenna, sono classificate Ramsar le zone della Sacca di Bellocchio, Valle Santa, Punte Alberete, Valle Campotto e Bassarone, Valle di Gorino, Valle Bertuzzi, le Valli residue del comprensorio di Comacchio, la Piallassa della Baiona e Risega, Ortazzo e Ortazzino, e le Saline di Cervia. Nel 2015, il Delta del Po ha ottenuto per gran parte del territorio il riconoscimento UNESCO di “Riserva di Biosfera”, che individua alcune aree nel mondo in cui si coniugano, grazie a un’appropriata gestione del territorio, valorizzazione dell’ecosistema, salvaguardia della biodiversità e sviluppo sostenibile. Entro i luoghi visitabili in ambito provinciale, tra i punti naturalistici più peculiari spiccano le Valli di Comacchio, residuo di un complesso di acqua salmastra, dedicata alla pesca, in cui viene immessa acqua salata dal mare o dolce dal fiume. Si sono formate in seguito all’estinzione del ramo principale del fiume Po e al temporaneo innalzamento del livello del mare. Figura 4.4

Le Valli di Comacchio

Fonte: https://ambiente.regione.emilia-romagna.it/it/parchi-natura2000/aree-protette/altre-aree-protette/aree-ramsar

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CAPITOLO 4 | Il sistema ambientale e patrimoniale

Sempre nei pressi di Comacchio si segnalano le Saline, caratterizzate dalla presenza di una ricca biodiversità, e la Torre Rossa, diventata oggi punto di osservazione e avvistamento per birdwatching. Figura 4.5

Percorso nelle Saline con la Torre Rossa

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del fiume Reno, zone d’acqua dolce e salmastra, pinete. A fare parte delle Valli di Argenta, sono la zona umida di Campotto-Bassarone, di Vallesanta e il bosco del Traversante, sempre considerate e tutelate in quanto aree protette, in questa zona è presente anche l’ecomuseo dedicato al territorio di Argenta e il museo della Bonifica. Altri musei dedicati alla conoscenza del territorio sono quelli di Ostellato e il museo del bosco e del cervo della Mesola. Figura 4.6

Le Valli di Argenta

Fonte: http://www.parcodeltapo.it/it/gallery_dettaglio.php?id=43632

Un altro luogo importante dal punto di vista naturalistico è senz’altro la Riserva naturale del Bosco della Mesola, che si originò su cordoni dunosi formati dal Po di Goro e dal Po di Volano, attualmente la più estesa area boscata del ferrarese. Nel comune di Codigoro si trova l’Oasi di Canneviè, un sistema di lagune costiere che circondava l’Abbazia di Pomposa, vicino a Valle Bertuzzi. Si segnala inoltre la Sacca di Goro, una laguna compresa tra il Po di Goro e il Po di Volano, conosciuta anche per la produzione di molluschi. Tra la strada Romea ed il mare è presente la Sacca di Bellocchio, un sito con elevata biodiversità che comprende un sistema di dune sabbiose attive, la fascia marina antistante, una grande sacca salmastra, la foce

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Fonte: https://www.vallidiargenta.org/lecomuseo/le-valli-di-argenta

Alcuni rilevanti manufatti storici per il territorio sono la Casa della Memoria a Lagosanto, situata nell’ex storico impiano idrovoro di Marozzo in qualità di museo per la storia della bonifica; a Goro sono presenti la Torre Palù, uno degli edifici idraulici meglio conservati, e l’antico faro chiamato Lanterna Vecchia. Un altro edificio idraulico rilevante, eretto nel 1600 e ampliato nel 1700, si trova su un’ansa del fiume Volano a Codigoro ed è la Chiavica dell’Agrifoglio, attualmente dismessa.

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CAPITOLO 4 | Il sistema ambientale e patrimoniale

4.1.4 Uso del suolo

4.1.5 La rete ecologica

Un tempo il territorio provinciale era dominato dalla presenza di valli e paludi, oggi è interamente soggetto ad interventi di bonifica, caratterizzate dalla raccolta delle acque e dall'allontanamento per mezzo di una fitta rete di canali artificiali.

In relazione alle condizioni chimico-fisiche del suolo si generano differenti tipi di macchie vegetative, che determinano una consistente varietà degli ambienti del Delta. Gli ambienti della costa sono caratterizzati dalla presenza di vento e sali, che ostacolano la vita di molte piante favorendone solo alcune specializzate, ovvero quelle responsabili del rafforzamento delle dune sabbiose. Tra le specie più caratteristiche ricordiamo la ruchetta di mare, la nappola italiana, la gramigna delle spiagge, la calcatreppola, lo zigolo delle spiagge, lo sparto pungente e il paleo. Non è rara la presenza di alcune specie arboree o arbustive come il salice bianco, la tamerice e il pino marittimo. L’entroterra presenta tipiche formazioni boschive litoranee, tra cui in quest’area spicca per biodiversità ed estensione il Bosco della Mesola. Tra le specie più significative si segnalano il leccio, la farnia, il carpino comune, il pioppo bianco e il frassino ossifilo. Le pinete rappresentano buona parte del paesaggio del litorale, con specie alloctone come pino domestico e pino

Figura 4.7

Riduzione dei boschi a seguito delle bonifiche

Fonte: Farinella R. (a cura di), Acqua come patrimonio. Esperienze e savoir faire nella riqualificazione delle città d'acqua e dei paesaggi fluviali, Dipartimento di Architettura-CITER e Ente di gestione per i parchi e la biodiversità-Delta del Po, Ferrara, 2013.

Il territorio odierno, è prevalentemente vocato all’agricoltura, le superfici agricole corrispondono a più dell’80%. Le superfici artificiali sono meno del 10%, i territori boscati l’1%, mentre le zone umide ed i corpi idrici ammontano al 10%. L’elevata vocazione agricola e la produttività del territorio sono il frutto di investimenti per la realizzazione di imponenti opere di bonifica oggi tradotte in una estesa rete di canali di irrigazione, i quali permettono la coltivazione di vaste aree. In riferimento al perimetro Natura 2000, le superfici artificiali corrispondono allo 0,6% mentre le zone umide coprono invece tre quarti dell’intera superficie, ciò sta alla base dell’elevata biodiversità.

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Figura 4.8

Vista aerea del litorale con pinete di specie alloctone

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CAPITOLO 4 | Il sistema ambientale e patrimoniale

marittimo, oltre alle specie arbustive più tipiche di habitat boschivi. Lungo i corsi d’acqua sono presenti canneti, le specie più diffuse sono la tifa, il falasco, la canna di palude, il giunco marittimo e il giunco fiorito. Questo diviene inoltre habitat naturale per molte specie di uccelli, questa vegetazione ha inoltre un ruolo importante per la filtrazione delle acque. Nell’aree vallive, caratterizzate da acque salmastre, si sviluppano specie del genere Limonio e Salicornia, in grado di eliminare i sali in eccesso, oppure specie arbustive come la tamerice. Per quanto riguarda la fauna, l’area del parco spicca prattutto per la varietà di specie di uccelli nidificanti e migratori, si contano oltre 300 specie, tanto da essere la più importante area ornitologica in Italia. Per questo motivo, soprattutto nelle valli, è molto diffusa l’attività di birdwatching. Importanti anche specie di molluschi, mammiferi, anfibi e rettili diffusi in area deltizia e l’anguilla, diventata nel tempo simbolo di Comacchio e del suo territorio. Figura 4.9

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Note 1 Venturi G., Torquato Tasso e la cultura estense, Biblioteca dell’«Archivum Romanicum», Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia. PP. 837-838.

2

Come riportato nel quadro conoscitivo QC-B del sistema naturale ambientale, provincia di Ferrara – piano territoriale di coordinamento provinciale, pp. 124-127

3

La Convenzione relativa alle zone umide di importanza internazionale, in particolare quali habitat degli uccelli acquatici, è stata firmata a Ramsar, in Iran, il 2 febbraio 1971.

Popolazione di fenicotteri nelle saline

Fonte: www.salinadicomacchio.it

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4.2 Patrimonio culturale 4.2.1 Il contesto storico e monumentale L’area di studio presa in analisi presenta numerosi punti di interesse storico che si concentrano principalmente in corrispondenza dell’alveo del Volano, del Po di Goro e della cittadina di Comacchio. Il territorio circostante, essendo frutto di bonifiche, presenta manufatti legati a questo tipo di opera, non necessariamente di rilevanza monumentale. Tra i monumenti più antichi e conosciuti si segnala il complesso abbaziale di Pomposa, risalente al VI secolo d.C., testimonianza della colonizzazione dell’Insula Pomposia tra i due rami del delta del fiume, ora comune di Codigoro. Attualmente risulta il sito maggiormente visitato. Sempre verso nord, nei pressi del Volano, permangono ad oggi altri luoghi di interesse storico, tra cui monumenti minori, impianti idrovori ottocenteschi, manufatti idraulici, Figura 4.10

vecchi casoni, alcuni divenuti oggetto di opere di restauro, tra quelli di appostamento di Foce, Coccalino, Donnabona e i casoni da pesca di Pegoraro e di Serilla, opere isolate che rimangono poco segnalate e alcune non valorizzate. I centri urbani di interesse sono Codigoro, sulle sponde del Po di Goro, e Mesola, meta di turismo culturale grazie alla presenza del Castello Estense. Comacchio risulta il centro urbano più rilevante dal punto di vista storico; infatti, oltre ad essere una cittadina caratteristica per l’aspetto urbanistico, definita anche la “piccola Venezia1”, vanta numerosi manufatti di valore storico. Figura 4.11

Patrimonio storico nell’antico centro di Comacchio

Antico casone di valle

Fonte: https://www.visitcomacchio.it/it/itinerari/i-casoni

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1. Ponte San Pietro, 2. Ponte dei Sisti, 3. Palazzo Bellini, 4. Vecchio ospedale San Camillo, 5. Ponte degli Sbirri, 6. Trepponti, 7. Palazzo Vescovile, 8. Palazzo della Salina, 9. Cattedrale di San Cassiano e Torre Campanaria, 10. Loggia dei Mercanti del Grano,11. Palazzo Tura, 12. Santa Maria in Aula Regia, 13. Portico dei Cappuccini, 14. Torre dell’Orologio, 15. Ponte del Carmine, 16. Ponte Pizzetti, 17. Monastero di S.Agostino, 18. Manifattura dei Marinati.

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CAPITOLO 4 | Il sistema ambientale e patrimoniale

4.2.2 Beni da preservare o valorizzare L’assetto urbanistico più caratteristico di Comacchio si formò in seguito alla devoluzione del ducato Estense alla Santa Sede. Infatti, fra i secoli XVII e XVIII, furono edificati i più importanti manufatti di edilizia specialistica e monumentale che, ancor’oggi, segnano il nucleo centrale della cittadina, la Loggia del Grano e la Torre Civica, risalenti alla prima metà del 1600, il piccolo Ponte delle Carceri, terminato nel 1635, il più famoso Trepponti, risalente al 1638, la Cattedrale, dedicata a San Cassiano, terminata nel 1705, l’Opedale di San Camillo. Nel contesto sorgono poi altri esempi della storicità, come l’edificio delle Pescherie Vecchie, Palazzo Bellini, oggi sede della Biblioteca Civica. Un esempio di fabbrica attiva che funge anche da museo è la Manifattura dei Marinati, poichè propone all’interno un percorso storico testimoniale. Il Museo del Delta Antico rappresenta un altro simbolo per il valore museale della città, ricavato nell’antico Ospedale Figura 4.12

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Ex Ospedale degli Infermi oggi museo del Delta Antico

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degli Infermi, oggi propone un percorso che illustra l’evoluzione del territorio e degli insediamenti umani che hanno caratterizzato la storia dell’antico delta del Po. Ad aprire le porte verso il centro storico ad Ovest è presente il Santuario di Santa Maria in Aula Regia, a cui si accede tramite un porticato realizzato a metà del '600, il Loggiato dei Cappuccini; mentre sul lato opposto dell’asse longitudinale di Corso Garibaldi che attraversa la città, si trova il Monastero di Sant’Agostino, attualmente in attesa di restauro. Altri manufatti minori di interesse in ambito religioso sono la Chiesa del Carmine, di fronte all’omonimo Ponte, la Chiesa del Suffragio e la Chiesa del Rosario, divenuta anche sacrario dei caduti. In pieno centro storico, di fronte alla cattedrale, si trovano Palazzo Patrignani e Palazzo Tura, che devono il loro nome alle omonime famiglie che li possedevano. Tra i ponti storici, elementi caratteristici del paesaggio ur bano, tra i più notevoli e meglio conservati vi è il seicente Figura 4.13

Trepponti ubicato lungo il canale Pallotta

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CAPITOLO 4 | Il sistema ambientale e patrimoniale

sco Ponte di San Pietro, mentre i ponti di Pasqualone, del Teatro e dei Sisti rimangono di dimensioni più contenute. Uscendo da Comacchio e allargando lo sguardo verso la Costa, a Lido di Spina, sempre per quanto riguarda l’ambito culturale, è stata allestita la Casa Museo Remo Brindisi, che contiene un’esposizione nell’ex abitazione dell’artista di opere di arte e design del '900. Non mancano inoltre musei e opere legate strettamente al territorio e all'ambiente, come illustrato precedentemente, e in particolare, per sottolineare la ricchezza di quest’area sotto ogni aspetto, occorre segnalare il complesso archeologico di Santa Maria in Padovetere. Infatti, nella zona di Valle Pega si trovano i resti della antica pieve paleocristiana di Santa Maria in Padovetere2, un impianto ecclesiale risalente al VI secolo d.C, “riemerso” in seguito ai lavori di bonifica.

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Il sistema patrimoniale complessivo - sintesi

Oltre ai siti già citati, molti riconosciuti come eccellenze del territorio e quindi attualmente consolidati e tutelati, altri in attesa di restauro, occorre dire che attualmente manca una consapevolezza della presenza di un patrimonio minore, consumato dal turismo di massa incontrollato durante gli anni e mai valorizzato come merita. Le peculiarità dei paesaggi, da quelli vallivi a quelli rurali, conferiscono una grande potenzialità a questo territorio, oltre alla presenza di elementi storici e naturalistici importanti, ma certi contesti danneggiati o degradati ne sviliscono talvolta il valore. Inoltre, alla luce delle analisi territoriali e ambientali svolte, con lo sguardo orientato verso i futuri scenari climatici, non bisogna dimenticarsi di prestare sempre più attenzione alle potenzialità e risorse, sotto ogni aspetto, che questo territorio, seppur fragile, presenta.

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CAPITOLO 4 | Il sistema ambientale e patrimoniale

Il sistema patrimoniale complessivo - sintesi

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Note 1Comacchio nasce da tredici isolotti raggruppati fra il Delta del Po e il mare, oggi è attravesata da ponti e canali per questo viene anche chiamata la “piccola Venezia”.

2 Tra il 2014 e il 2015 gli scavi condotti dalla Soprintendenza Archeologia dell’Emilia-Romagna

(inizialmente, nel 2014, con le risorse rese disponibili dal Comune di Comacchio in forza di una convenzione siglata tra Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, Comune di Comacchio e Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità-Delta del Po; poi con fondi ministeriali) hanno consentito l’individuazione e l’indagine archeologica di due imbarcazioni lignee databili tra l’età romana e l’altomedievale, e il recupero di materiali di tipologia eterogenea.

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CAPITOLO 4 | Il sistema ambientale e patrimoniale

Figura 4.15

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Sistema patrimoniale nell’area di analisi

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CAPITOLO 4 | Il sistema ambientale e patrimoniale

4.3 Il sistema economico 4.3.1 Le attività produttive L’area presa in analisi, come spiegato nel capitolo precedente, non è altro che il frutto di operazioni di bonifica che si sono susseguite negli anni, grazie alle quali l’uomo è riuscito ad insediarsi in questo territorio, con infrastrutture e varie opere, rendendolo produttivo sotto diversi punti di vista. L’economia in queste zone è basata principalmente sull’agricoltura meccanica nelle ex aree umide, si coltivano specialmente seminativi semplici, date le caratteristiche del suolo. Sono fortemente praticate l’acquacoltura e la pesca sia nelle valli che nel mare, infatti l’Emilia-Romagna è uno dei distretti più produttivi dell’Alto Adriatico. Per la presenza del mare un contributo economico è dato anche dalla presenza degli stabilimenti balneari e attività turistiche nella zona costiera. Sono presenti inoltre attività Figura 4.16

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Principali attività produttive

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industriali e altre aree produttive che qui si distribuiscono specialmente lungo la strada statale Romea, un importante asse di collegamento commerciale. 4.3.2 Agricoltura e inquinamento L’agricoltura è l’attività produttiva maggiormente diffusa ad oggi. La maggior parte degli ettari è coltivata con seminativi come cereali, legumi, colture orticole. La presenza di frutteti è molto ridotta a causa delle caratteristiche del suolo e avvicinandosi verso la fascia costiera aumentano inoltre i terreni completamente incolti perchè la natura sabbiosa e salina del terreno rende difficile coltivare prodotti che abbiano una qualità accettabile. Anche la pratica irrigua4 rappresenta un aspetto della bonifica di fondamentale importanza per l’economia agricola del territorio. Sono state costruite, specie in tempi recenti, consistenti opere per il prelievo e per la distribuzione delle acque. L’acqua irrigua che alimenta la provincia di Ferrara deriva quasi interamente dal fiume Po. La distribuzione avviene nella zona dell’alto ferrarese tramite l’utilizzo delle canalizzazioni esistenti, mentre nei bacini più depressi, con sistemi con canalizzazione separata. L’ecosistema agricolo del basso ferrarese sta subendo effetti negativi dovuti all’inquinamento, che si manifestano con perdita di fertilità, incremento della resistenza ai trattamento antiparassitari e relativo aumento della tossicità di questi. Per questo motivo si crea un problema per la biodiversità nelle aree del parco del Delta, abbassata dai prodotti utilizzati nell’ambito dell’agricoltura. I dati regionali registrano che le terre basse dell’Emilia-Romagna sono il luogo in cui in ambito agricolo vengono utilizzati maggiormente fitofarmaci.

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CAPITOLO 4 | Il sistema ambientale e patrimoniale

4.3.3 Acquacoltura L’acquacoltura, per la natura di questi territori, viene praticata da secoli in tutta l’area del Delta. A livello globale e locale si prevede un aumento della richiesta e del consumo di pesci e molluschi, che si suppone verranno soddisfatti con la produzione ittica non tanto derivante dalla pesca di pesce selvaggio ma appunto dall’acquacoltura. Data la conformazione territoriale del Nord Adriatico, caratterizzato da lagune e zone umide, la costa adriatica si Figura 4.17

Andamento della produzione ittica globale

Figura 4.18

Domanda di prodotti ittici al 2030

Fonte: Rapporto fish to 2030

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presta bene alle attività di acquacoltura e pesca. Infatti come riportato dal rapporto Fisch to 20301, l’Italia risulta tra i principali paesi dell’UE produttori in acquacoltura. In particolare le regioni italiane che producono maggiormente sono nel distretto Nord-adriatico, quindi Friuli, Veneto ed Emilia-Romagna. Figura 4.19

Il mercato ittico nel Nord-Adriatico

Fonte: Veneto Agricoltura

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CAPITOLO 4 | Il sistema ambientale e patrimoniale

Considerati i dati forniti da Veneto Agricoltura2, si registra che nell’Alto Adriatico vi è una delle maggiori filiere del comparto ittico, ossia del settore dell’acquacoltura e dell’allevamento di specie ittiche, sia in acque dolci interne che in acque marine. Per quanto riguarda l’allevamento nelle regioni nord adriatiche, si compone di: venericoltura, mitilicoltura e piscicoltura. Si rileva un numero di imprese acquicole in aumento a scapito di una diminuzione di quelle di pesca, dal conFigura 4.20

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teggio totale delle imprese impegnate nella produzione acquicola delle tre regioni dell’Alto Adriatico, si contano più di tremila unità attive. In particolare in Emilia Romagna sono incrementate del 70% le imprese acquicole e calate del 10% le imprese di pesca. Qui i mercati ittici presentano principalmente prodotti pescati lungo la costa, in particolare l’area del ferrarese vanta importanti punti di riferimento per la pesca locale e non solo: Goro, Porto Garibaldi e Comacchio.

Porto Garibaldi

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CAPITOLO 4 | Il sistema ambientale e patrimoniale

4.3.4 L’influenza dei cambiamenti climatici L’acquacoltura rappresenta uno dei settori più vulnerabili all’effetto dei cambiamenti climatici che colpiranno la regione euro-mediterranea nei prossimi decenni. I potenziali impatti riguardano la disponibilità dei siti idonei per le attività di acquacoltura, la produttività dei sistemi di allevamento, l’integrità delle strutture nei sistemi offshore, gli effetti sulle specie allevate, la disponibilità di materia prima per i mangimi, la sicurezza alimentare dei prodotti, con potenziali e significative ricadute sulla redditività economica delle aziende. Per esempio l’acidificazione delle acque potrebbe influenzare la crescita dei molluschi, il riscaldamento delle acque del Mediterraneo e l’aumento di eventi meteorologici potrebbero avere effetti negativi sull’accrescimento e sullo sviluppo (sia qualitativo che quantitativo) di alcune specie, con alterazione della microbiologia marina. Inoltre le mareggiate potrebbero danneggiare fortemente le strutture di allevamento, determinando anche una perdita del prodotto. Come affermato dal piano strategico per l’acquacoltura in Italia 2014-20206, gli scenari climatici oggi disponibili non consentono previsioni sugli effetti, ma se le attuali tendenze dovessero confermarsi anche nei prossimi anni, le varie conseguenze generate potrebbero mettere in discussione l’attuale assetto produttivo nazionale e richiedere risorse consistenti per aggiornare i processi produttivi. La strategia nazionale di adattamento, comprende misure atte ad aumentare la resilienza dei sistemi di allevamento per ridurne la vulnerabilità, le azioni strategiche contenute nel Piano sono finalizzate a produrre modelli di previsione per valutare l’adattamento dell’acquacoltura ai cambiamenti climatici e attuare interventi di mitigazione.

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Note 1 Il rapporto Fisch to 2030 analizza le prospettive globali per la pesca e l’acquacoltura 2 https://www.venetoagricoltura.org/ 3 Come riportato nel Piano Strategico per l’acquacoltura in Italia 2014-2020, Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, pp. 188-190.

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STRATEGIA


CONVIVERE CON L'ACQUA

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CAPITOLO 5 | Ristabilire i contatti

5.1 Uno sguardo all’Europa 5.1.1 Approcci strategici a livello europeo “I cambiamenti climatici sono in atto oggi, per questo dobbiamo costruire un domani più resiliente. Per il mondo si è appena concluso il decennio più caldo mai registrato, durante il quale il record di anno più caldo è stato superato ben otto volte. Le persone, il pianeta e la prosperità sono vulnerabili ai cambiamenti climatici, pertanto dobbiamo evitare ciò a cui non possiamo adattarci e adattarci a ciò che non possiamo evitare. E dobbiamo farlo in maniera più rapida, più intelligente e più sistemica.” Questa è la premessa alla base della nuova “Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici” adottata il 24 febbraio 2021 dalla Commissione Europea1. La strategia di crescita dell’UE per un futuro sostenibile, si basa sulla consapevolezza che la trasformazione verde (approccio ecosistemico) è un’opportunità e che la mancata azione ha un costo enorme. La visione a lungo termine prevede che nel 2050 l’UE sarà una società resiliente ai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti che questi causeranno. Il Consiglio Europeo, nelle conclusioni, riconosce l’importanza del nesso tra clima e acqua e sottolinea il ruolo fondamentale svolto dalle soluzioni basate sulla natura nel costruire la resilienza ai cambiamenti climatici, contribuire a preservare o migliorare la biodiversità nonché proteggere e ripristinare gli ecosistemi. Questa nuova strategia si basa sulla valutazione della precedente strategia del 20132, lo stesso si può dire per la “Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti CLi-

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matici” adottata dall’Italia nel 2014, la quale “individua le azioni e gli indirizzi per ridurre al minimo i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, proteggere la salute, il benessere e i beni della popolazione, preservare il patrimonio naturale, mantenere e migliorare la resilienza e la capacità di adattamento dei sistemi naturali, sociali ed economici nonché trarre vantaggio delle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche”3. Queste strategie, sviluppate nell’ultimo decennio, hanno già avuto riscontri concreti nella pianificazione e progettazione in ambiti in cui acqua e terra si incontrano. 5.1.2 Il caso di Scutari L’interesse per la riqualificazione delle città che affacciano sull’acqua è in continua ascesa e costituisce una tematica che sta assumendo un ruolo sempre più rilevante nell’ambito di proposte e progetti di rigenerazione dei waterfront, come luoghi del rilancio fisico, economico e culturale e come motori che innescano il processo di trasformazione e di rigenerazione di contesti urbani retrostanti. Quest’interesse sempre maggiore è testimoniato dai numerosi concorsi di progettazione che negli ultimi anni hanno avuto come oggetto la riqualificazione delle città costiere. Scutari, in Albania, è sempre stata una città d’acqua. La caratteristica principale di questa città è proprio la sua importante posizione geografica, trovandosi sulle sponde di due fiumi, il Drin e il Buna, e affianco al più grande lago dei Balcani. Grazie alla sua posizione, la città è stata riconosciuta come un punto confluente con un certo numero di rotte commerciali che collegano l’Europa centrale con il bacino del Mediterraneo.

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CAPITOLO 5 | Ristabilire i contatti

Figura 5.1 Vista

della città di Scutari

Fonte: Ente turistico dell’Albania

La città appare come immersa in un paesaggio dove l’elemento dominante è l’acqua: due fiumi, un lago e una bassa pianura segnata dai canali di bonifica. La natura e il clima favoriscono la città non solo per la presenza del lago, del fiume Buna e più in basso del mare, ma anche per il fatto di trovarsi come un nodo importante al confine con il Montenegro, sull’asse Nord-Sud che parte dalla Croazia e finisce in Grecia. La capacità di sviluppo turistico della città è limitata dalla mancanza di programmazione e pianificazione delle risorse, delle infrastrutture e della crescita edilizia. Inoltre è da sottolineare come questo territorio si trovi in un’area ad alto rischio di inondazione. Nel 2030 la città di Scutari prevede di diventare, oltre che un centro di importanza nazionale, anche una porta d’ingresso e un nodo di scambio per l’intero paese. Lo sviluppo urbanistico e la tutela dei siti con valori storici,

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culturali ed ambientali saranno dunque molto importanti. In questi anni la città dovrà riconquistare la sua immagine di città d’acqua, convivendo con l’acqua ed evitando completamente il rischio alluvioni. Dopo una accurata Valutazione Strategica Ambientale (VSM)4, il Comune di Scutari in collaborazione con l’Università Polis, l’Arizona State University e la Metropolis sh.p.k ha elaborato il nuovo PRG nel 2016. Il PRG ha come obiettivo principale il miglioramento della qualità ambientale e funzionale dell’intera regione attraverso una rivitalizzazione dell’attuale stato urbano, architettonico, ambientale e culturale. Le strategie di sviluppo si concentrano su cinque obiettivi principali che riguardano: • il ripristino delle porte di accesso e il miglioramento della permeabilità e delle connessioni regionali; • la pianificazione e lo sviluppo territoriale, la protezione delle aree boschive, e il trattamento dei temi sociali; • la concorrenza e lo sviluppo economico, turistico, industriale, tecnologico, culturale, garantendo massimo rispetto ambientale e protezione degli ecosistemi e delle aree con valori naturalistici; • la qualità di vita e lo sviluppo urbano. L’obbiettivo è quello di migliorare la qualità delle aree già urbanizzate e del centro città, e la riqualificazione dei waterfront del lungolago, della spiaggia di Velipoja, e dei fiumi Drin, Buna e Kir; • la tutela dell’ambiente e l’adozione di adeguate misure di sicurezza dai rischi naturali, la protezione dalle alluvioni, la tutela delle risorse naturali, un sistema efficiente di controllo e smaltimento dei rifiuti. Il carattere innovativo di questo Piano sta nella valorizza-

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CAPITOLO 5 | Ristabilire i contatti

zione delle risorse paesaggistiche che caratterizzano la regione di Scutari. La rigenerazione urbana pone al centro delle sue problematiche il rapporto della città con i corsi fluviali, con il lago, e con le altre risorse ambientali. Si è visto come la città di Scutari è quasi totalmente circondata dall’acqua, e le politiche di rigenerazione non possono non valorizzare questa risorsa di primaria importanza: il waterfront. I progetti futuri della rigenerazione dell’immagine di questa città sono focalizzati sul recupero dei fronti d’acqua, sulla loro riorganizzazione e sul ripristino della relazione tra acqua e città. Uno studio recente, è il masterplan elaborato dallo studio olandese Felixx5, che viene concepito come uno sviluppo multifunzionale di quattro aree con caratteri differenti e con un diverso rapporto con l’acqua.

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Figura 5.3 Dikeland

Figura 5.2 Masterplan

Fonte: “Strategic Plan Shkodra - Multifunctional Waterscapes”, Felixx Landscape Architects and Planners, 2016

Fonte: “Strategic Plan Shkodra - Multifunctional Waterscapes”, Felixx Landscape Architects and Planners, 2016

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“Dikeland”, zona alluvionale al di fuori della diga, col programma, la sua inondazione sarà controllata favorendo così la tenuta della città e incanalando l’acqua negli appositi corsi progettati. Essa connetterà le varie zone della città con un percorso pedonale e ciclabile ad anello.

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CAPITOLO 5 | Ristabilire i contatti

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Figura 5.4 Riverland

Figura 5.5 Cliffs

Fonte: “Strategic Plan Shkodra - Multifunctional Waterscapes”, Felixx Landscape Architects and Planners, 2016

Fonte: “Strategic Plan Shkodra - Multifunctional Waterscapes”, Felixx Landscape Architects and Planners, 2016

“Dikeland”, zona alluvionale al di fuori della diga, col programma, la sua inondazione sarà controllata favorendo così la tenuta della città e incanalando l’acqua negli appositi corsi progettati. Essa connetterà le varie zone della città con un percorso pedonale e ciclabile ad anello. “Riverland”, con questa parte del progetto si vuole raf-

“Cliffs”, questo intervento, esterno alla città, rappresenta una serie di interventi per facilitare l’accesso al lago e la sua fruizione. Il confine tra terra ed acqua viene abbattuto con la costruzione di edifici galleggianti sull’acqua e vengono superate le differenze di quote con varie soluzioni architettoniche.

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Figura 5.6 Floodzones

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Note 1 Plasmare un’Europa resiliente ai cambiamenti climatici - La nuova strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici, Commissione Europea, 2021

2 Strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici, Commissione Europea, 2013 3 Strategia di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del

Territorio e del Mare, 2014

4

La VSM (Vleresimi Strategjik Mjedisor) si basa sulla legge nazionale n.91/2013 sul procedimento della valutazione strategica ambientale, conferme alla Direttiva 2001/42/CE del Parlamento Europeo

5

Strategic Plan Shkodra - Multifunctional Waterscapes, Felixx Landscape Architects and Planners, 2016

Fonte: “Strategic Plan Shkodra - Multifunctional Waterscapes”, Felixx Landscape Architects and Planners, 2016

“Floodzones”, si tratta delle zone circostanti alla confluenza dei fiumi Kir, Drin e Buna. Tali aree sono progettate come bacini di espansione durante i periodi di massima piena del lago, evitando così l’inondazione della città. Quando il livello dei fiumi si trova sotto quello di guardia, esse diventano un grande parco naturale con la realizzazione di aree creative.

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CAPITOLO 5 | Ristabilire i contatti

5.2 I risultati dell’analisi

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Discontinuità dei percorsi ciclo-pedonali

5.2.1 Sintesi delle criticità Dall’attività di analisi, svolta nei capitoli precedenti, è stato possibile costituire una quadro di sintesi delle principali criticità che caratterizzano l’area di studio.

Figura 5.7 Criticità

Mancanza di un’offerta turistica “All season” Erosione costiera

Paesaggi d’acqua non valorizzati Minacce di alluvione verso il patrimonio costruito

Il progetto ha l’intenzione di dare risposte adeguate a tali criticità.

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CAPITOLO 5 | Ristabilire i contatti

5.2.2 Risorse del territorio

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Patrimonio naturalistico di importanza nazionale

Sempre dall’analisi compiuta nei capitoli precedenti sono emerse quelle che per il territorio in esame possono essere concepite come risorse.

Figura 5.8 Risorse

Collegamenti stradali di rilievo tra i maggiori centri dell’area Ampia offerta di turismo balneare

Porto canale con annesse attività economiche e turistiche Elementi di interesse storico e artistico

Il progetto si pone il fine di utilizzare e valorizzare tali risorse per migliorare il territorio

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CAPITOLO 5 | Ristabilire i contatti

5.3 Il processo strategico 5.3.1 Un nuovo approccio all’area “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato’. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. È nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.” Come sostiene Albert Einstein non si può pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose, o meglio, se continuiamo ad agire nello stesso modo Dai capitoli precedenti è emerso come a causa dei continui cambiamenti climatici problemi quali l’erosione costiera, la minaccia di alluvioni, la subsidenza, la salinizzazione dei suoli, la forte pressione turistica estiva e la gestione delle acque si intensificheranno in maniera importante.

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L’adozione di un approccio “rigido” per la risoluzione di questi problemi è esso stesso causa di problemi idrogeologici e, per di più, fattore determinante nella cancellazione in breve tempo di ogni memoria storica del paesaggio anfibio, costituendone uno caratterizzato da grandi appezzamenti agricoli e dominato dalla S.S. Romea 309. Si ipotizza così la definizione di una strategia di riconfigurazione territoriale e paesaggistica lungo il tratto costiero e terminale del Canale Navigabile, direttrice di progetto che, insieme alla S.S. Romea 309, costituisce una delle principali infrastrutture del territorio. La strategia di riconfigurazione territoriale e paesaggistica si basa su un importante concetto di adattamento al cambiamento in corso fondato su un approccio integrato, anziché di contrasto come un approccio rigido prevederebbe. 5.3.2 La strategia progettuale Sulla base delle criticità e delle risorse emerse durante la fase di analisi, sono state elaborate tre linee strategiche. • Sistema Infrastrutturale • Sistema Idraulico • Sistema Patrimoniale La prima linea strategica riguarda il sistema infrastrutturale e prevede la riqualificazione di alcune aree in disuso, o poco utilizzate ma con ottime potenzialità, ed il potenziamento delle connessioni tra i luoghi d’interesse presenti nel territorio. La seconda linea strategica sviluppata concerne il sistema idraulico ed è finalizzata alla protezione urbana e patrimoniale grazie allo sviluppo di soluzioni che accompagnano il cambiamento anziché contrastarlo per opera di

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CAPITOLO 5 | Ristabilire i contatti

azioni che attenuano i rischi ed i loro conseguenti effetti sul territorio. È previsto, inoltre, lo sviluppo di azioni che rendano il territorio maggiormente fruibile e ricco di opportunità. Infine, la terza linea strategica si concentra sul sistema patrimoniale ed ha lo scopo di salvaguardare il patrimonio culturale e naturalistico presente sul territorio e di proteggerlo da agenti inquinanti. È inoltre prevista la valorizzazione di alcuni punti d’interesse attualmente sminuiti e la realizzazione di un itinerario turistico che coinvolga i vari punti. Ogni linea strategica si sviluppa orientandosi su due obiettivi specifici, che vengono raggiunti in modi differenti attraverso distinte azioni.

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Figura 5.9 Sistema

Infrastrutturale

5.3.3 Gli obiettivi e le azioni Come detto precedentemente, una volta definite le linee strategiche si è passati all’elaborazione dei rispettivi obiettivi e di conseguenza delle azioni. Per quanto riguarda la linea strategica inerente al sistema infrastrutturale sono stati individuati due obiettivi: connessione e riconversione, ognuno dei quali sviluppato in 5 azioni. La linea strategica del sistema idraulico prevede anch’essa due obiettivi: adattamento e recupero, a loro volta elaborati in 4 azioni ciascuno. La terza linea strategica, quella del sistema patrimoniale, si pone sempre due obiettivi: potenziamento e sviluppo, al cui raggiungimento si arriva rispettivamente con 3 e 5 azioni. A seguire si mostrano le specifiche azioni adottate per ottenere il raggiungimento degli obiettivi sopra esposti.

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Connessione

Riconversione

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CAPITOLO 5 | Ristabilire i contatti

Figura 5.10 Sistema

Adattamento

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Idraulico

Figura 5.11 Sistema

Recupero

Potenziamento

Patrimoniale

Sviluppo

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CAPITOLO 5 | Ristabilire i contatti

Come mostra la Figura 5.9, per raggiungere gli obiettivi di connessione e riconversione si sono attuate delle azioni specifiche ben delineate. Per quanto riguarda la connessione si prevede il potenziamento e lo sviluppo dei percorsi di mobilità dolce, i quali abbiano la possibilità di interfacciarsi con percorsi di differente mobilità come ad esempio le reti blu, andando a costituire, insieme, un sistema infrastrutturale caratterizzato da punti nodali di interfaccia. Si pensa inoltre alla valorizzazione della S.S. Romea 309 come direttrice paesaggistica, in quanto, al momento odierno, costituisce più che altro una cicatrice che separa il paesaggio costiero da quello vallivo presente nell’entroterra del territorio. Per raggiungere l’obiettivo di riconversione si propone invece la riqualificazione di alcune ex aree industriali come lo Zuccherificio di Comacchio, la rigenerazione del fronte interno di Lido degli Estensi, andando a costituire un’area “anfibia” che, in caso di necessità, può fungere da bacino di espansione o, alternativamente, costituire un parco naturale e anche la ricollocazione degli stabilimenti balneari e delle zone edificate considerate a rischio per eventi di mareggiata. Per l’area di Comacchio, oltre allo zuccherificio, si prevede di intervenire sulla Darsena dei Cappuccini, sviluppandola a livello turistico, e sul quartiere Raibosola, potenziando l’area sportiva esistente. In figura 5,10 si è potuto vedere come si pensa di conseguire gli obiettivi di adattamento e recupero. Per l’adattamento si prefigurano azioni mirate all’adeguamento al cambiamento climatico, nello specifico si propone la ricostituzione del cordone dunoso nelle località di Lido degli Estensi e Porto Garibaldi, la creazione di aree di laminazione per il contenimento delle acque delle piene e l’apertura di un varco di connessione tra il

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Canale Navigabile e il Canale Logonovo con conseguente costruzione di sistemi rigidi di protezione a favore del fronte interno di Lido degli Estensi, dove il varco passerà. Per l’obiettivo di recupero si propone la valorizzazione del waterfront posto lungo il Canale Navigabile, nello specifico dall’area dell’ex Zuccherificio di Comacchio fino allo sbocco a mare del canale, il ripensamento del lungomare e della banchina del porto-canale di Porto Garibaldi ed infine il ripristino di terreni agricoli non utilizzati mediante l’introduzione di attività legate all’acqua. Per concludere, la figura 5.11 rivela le azioni proposte per raggiungere il fine di potenziamento e sviluppo. Per quanto riguarda il potenziamento si prevede la valorizzazione delle aree protette rientranti nei vincoli amministrativi, la riattivazione funzionale dei relitti dunosi rimasti nell’area e la mitigazione dell’inquinamento mediante l’innesto di specie vegetali. L’obiettivo di sviluppo si propone invece di conseguirlo grazie alla realizzazione di itinerari turistici volti alla scoperta del territorio, includendo punti di osservazione dei paesaggi facenti parte del Parco del Delta del Po, poli ricreativi a servizio delle aree naturali e rifunzionalizzando i caratteristici casoni situati nelle valli ed alcuni canali tombati situati nel centro storico di Comacchio.

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CAPITOLO 5 | Ristabilire i contatti

Figura 5.11 Ideogramma

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e Masterplan Strategico

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CAPITOLO 5 | Ristabilire i contatti

5.3.4 Finanziamenti e aspetti economici La stipulazione di accordi operativi può essere l’opportunità con cui candidare singoli progetti contenuti nel piano a finanziamenti che l’UE, o direttamente o tramite enti statali e regionali, stanzia in tema di adattamento, ambiente e sviluppo sostenibile. A seguire un elenco dei principali fondi e programmi.

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Note 1 Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, Commissione Europea, Bruxelles, 2 Maggio 2018

Orizzonte Europa È il principale programma di finanziamento dell’UE per la ricerca e l’innovazione. Affronta i cambiamenti climatici, contribuisce al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e rafforza la competitività e la crescita dell’UE.1 Programma LIFE Attraverso questo programma l’UE eroga finanziamenti per progetti di salvaguardia dell’ambiente e della natura.1 Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) Il fondo sostiene la politica europea in materia di sviluppo rurale e, a tal fine, finanzia i programmi di sviluppo rurale svolti in tutti gli Stati membri e nel regioni dell’Unione.1 Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP) Il Fondo sosterrà i pescatori nel passaggio a una pesca sostenibile, sosterrà le comunità costiere nel processo di diversificazione delle loro economie, finanzierà i progetti mirati a creare nuovi posti di lavoro e a migliorare la qualità della vita lungo le coste europee, faciliterà l’accesso ai finanziamenti.1

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APPROFONDIMENTI PROGETTUALI


ALLE PORTE DI COMACCHIO

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CAPITOLO 6 | Alle porte di Comacchio

6.1 Il comparto ex Eridania 6.1.1 L’ex zuccherificio: la situazione pregressa Alle porte di Comacchio, verso ovest, si trova un’area, un tempo coperta d’acqua e denominata Valle Ponti, che fu bonificata nei primi anni del Novecento secondo il piano delle bonifiche del Basso Ferrarese e successivamente destinata ad uso agricolo. La società Zuccherificio del Volano fece costruire qui lo zuccherificio che fu aperto nel 1952 e rimase in funzione per 46 anni. Nel 1972 la Società Romana Zuccheri divenne proprietaria dell’area. Dopo l’acquisto vi furono una serie di ampliamenti fino al 1974, anno dopo il quale lo stabilimento fu acquistato dalla Eridania Zuccherifici Nazionali di Genova che lo continuò a gestire fino alla prima chiusura del 1987. Poco dopo l’impianto fu concesso in affitto alla Cooperativa Produttori Barbabietole di Ostellato, nonostante parte del complesso rimase comunque in gestione alla Eridania. Negli anni '90 tutto lo zuccherificio fu ceduto alla Società Comacchio Agroindustriale di Genova, che per tre anni fino al 1993 effettuò le ultime campagne saccarifere. Durante lo stesso anno, l’area venne ceduta alla società di Giuseppe Platto e C., che completò i lavori di dismissione delle unità produttive ed effettuò alcune demolizioni delle strutture. Dopo pochi anni però la società fallì e il sito venne posto sotto sequestro. A partire dagli anni 2000 S.I.PRO è proprietaria dell’area, essa è una società per azioni i cui soci consistono nei Comuni della provincia di Ferrara, la Provincia di Ferrara, la Camera di Commercio di Ferrara, BPER, la Cassa di Risparmio di Cento e il Monte dei Paschi. Durante gli anni seguenti all’acquisto, si sono susseguite

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

diverse fasi di recupero, per prima una bonifica preliminare dell’area avvallata in seguito da un progetto vero e proprio affiancato da studi e progetti per la riqualificazione del terreno e di parte dell’edificato, sono stati eliminati rifiuti dannosi e amianto ed effettuate anche demolizioni di alcuni fabbricati non più riutilizzabili. Figura 6.1 Punto

di accesso principale all’area

Figura 6.2 Stabile

ex zuccherificio

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CAPITOLO 6 | Alle porte di Comacchio

6.1.2 Lo stato attuale L’area dell’ex zuccherificio si estende su una superficie di circa 350.000 m2, inserendosi, alle porte della cittadina di Comacchio, in un particolare sistema ambientale nel Parco Regionale del Delta del Po, a poca distanza dalla fascia costiera, dalle zone vallive e contornata da aree agricole che furono bonificate in seguito alla Grande Bonifica. A Nord è delimitata dai canali Valle Isola e Ignazio, a Ovest dalla Strada Provinciale Comacchio-MassaFigura 6.3 Vista

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aerea a est dell’area

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fiscaglia, a Sud-Est è costeggiata dalla Strada Provinciale Ostellato – Comacchio. L’attività di bonifica svolta nel corso degli ultimi anni e conclusa nel 2018, è sempre stata supportata da studi e progetti che mirano alla totale riqualificazione del complesso di terreni e edifici. La società proprietaria ha coinvolto a livello economico anche l’interesse di istituzioni quali Comune, Provincia, Regione, Università, Parco del Delta e stakeholder privati, con i quali compartecipare in programmi di valorizzazione di quest’area.

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CAPITOLO 6 | Alle porte di Comacchio

6.2 Il rapporto con la città 6.2.1 Le infrastrutture naturali L’area di intervento si localizza in una posizione strategica, sia dal punto di vista dei collegamenti stradali sia per quanto riguarda le opportunità ecologiche che si presentano considerando la storia di questo territorio. A pochi chilometri dalla costa Adriatica, la strada statale Romea rappresenta un veloce collegamento tra Ferrara-Nord e le zone costiere di Porto Garibaldi e Ravenna. Il lotto inoltre si affaccia direttamente sul Canale navigabile, che rappresenta una significativa potenzialità di collegamento diretto su acqua tra il mare e l’entroterra. A questo proposito, il progetto della Nuova Idrovia ferrarese avrebbe proprio come obbiettivo quello di attivare il Canale navigabile per il transito di grandi imbarcazioni, aprendo così un nuovo scenario di mobilità sulle vie d’acqua, compatibile con l’ambiente e valida alternativa alle vie stradali. Tale area si pone quindi come un interessante ambito dove avviare un intervento di riqualificazione urbanistica ed ambientale, avvalorata da un’ulteriore valenza data dalla presenza, nel sottosuolo, delle tracce archeologiche del porto dell’antica Comacchio che potrebbero, se adeguatamente riscoperte e musealizzate, arricchire ulteriormente il sito e giustificarne una sua conversione a fini turistici. Alla base delle azioni strategiche che in questo punto si possono mettere in atto, vi sono le due grandi infrastutture naturali che governano e regolano questo territorio: acqua e vegetazione. La scelta di partire da queste componenti nasce da un’attenta analisi riguardante le problematiche e gli scenari futuri che si prospettano in questo luogo. L’obbiettivo principale è rendere quest’a-

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rea, ad oggi sito dismesso e di passaggio senza alcuna valenza, un punto centrale di accesso alla città sia per la vita sociale degli abitanti sia nel panorama turistico del territorio. In primis si valuta la necessità di sfruttare l’elemento dell’acqua in tutte le sue declinazioni: acqua intesa come paesaggio e ambito di valore ambientale, acqua come spazio pubblico, acqua utilizzata come sistema di controllo idrico e impianto tecnico. La gestione di questo fattore viene supportata dall’introduzione in quest’area, completamente bonificata dai rifiuti dannosi, di una forte componente vegetale prevalentemente di tipo igrofilo, con la possibilità di stabilire qui un caratteristico habitat forestale e faunistico, che ne apporti benefici. L’area di pertinenza viene così ridisegnata, partendo dalla rinaturalizzaione di gran parte di essa, specialmente verso Nord-Ovest, e l’immissone all’interno del lotto dell’acqua del canale, creando una sorta di canale secondario che funge da vasca di espansione, il cui riempimento viene regolato durante i periodi di piena da ponti-chiusa localizzati in due punti. Figura 6.4 Strategia:

infrastrutture naturali

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CAPITOLO 6 | Alle porte di Comacchio

6.2.2 Mobilità e funzionalità Come precedentemente introdotto, la posizione strategica di questo lotto apre la visuale a molteplici opportunità a partire dal settore mobilitativo. Dopo una prima organizzazione dell’assetto paesaggistico-territoriale, si prospetta la necessità di apportare alcune significative modifiche all’assetto stradale attuale. La prima consiste nel modificare il tratto che costeggia il canale della strada di via Spina, facendola scorrere sul confine a Nord perpendicolarmente alla via dello Zuccherificio fino al preesistente incrocio con la Strada provinciale 81. All’interno dell’area si predispongono nuove ciclabili in collegamento con la rete esterna preesistente e potenziate con altre vie all’interno del paese. La viablità d’acqua viene valorizzata dal progetto con l’introduzione di un porto marino, nelle strette vicinanze dell’accesso alla città, che funga da punto di attracco per imbarcazioni turistiche e commerciali, taxi d’acqua, barche private. Le nuove zone funzionali che si vengono a creare sono quelle dell’area ecologico-naturalistica, l’area portuale e Figura 6.5 Strategia:

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un nuovo polo culturale sfruttando la preesistenza dell’ex zuccherificio come hub principale e di riferimento. In seguito alla definizione delle tre macrofunzioni principali, si procede stabilendo più nello specifico le nuove funzioni che prevederà il progetto. Per stabilire una stretta connessione con il paese, la maggior parte delle funzioni ad uso pubblico di carattere attrattivo e ricettivo si localizzeranno nell’area più a destra del lotto, così da presentare servizi che siano sia a stretta disposizione degli abitanti ma anche ad uso turistico. La parte più a sinistra rimarrà invece prevalentemente a carattere naturalistico, con la presenza di un ecosistema boscoso di tipo igrofilo-paludoso. Infatti a causa delle caratteristiche geomorfologiche del terreno, in quest’area è possibile immettere prevalentemente specie che siano predisposte a vivere in suoli umidi, in alcuni punti molto salini come sulle rive, ambiente ideale per una vegetazione di tipo alofita. Tale sistema ecologico sarà parzialmente accessibile tramite percorsi per agevolare lo sviluppo e la riproduzione della fauna autoctona.

mobilità Figura 6.6 Strategia:

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mobilità

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CAPITOLO 6 | Alle porte di Comacchio

Figura 6.7 Vista

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

aerea del masterplan di progetto

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CAPITOLO 6 | Alle porte di Comacchio

6.2.3 Nuove opportunità

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Figura 6.8 Assonometrie

dei punti di intervento

Con i presupposti precedentemente elencati prende così forma il Masterplan di progetto, che ha come elemento predominante l’acqua, restituita ad un luogo a cui da tempo era stata sottratta. Il rapporto tra terra e acqua diventa un tema ancora vivo in uno spazio che sembrava essere stato dimenticato. Le nuove funzionalità introdotte vogliono riallacciare i rapporti di questo spazio con la cittadina, stabilendo qui un nuovo punto culturale e turistico di riferimento per la comunità. Percorsi naturalistici Il sistema di percorsi ciclabili che attraversa l’area permette di raggiungere i vari punti strategici con le nuove funzionalità, ricollegandosi alla rete ciclabile e pedonale preesistente della città e attraversando anche la zona ecosistemica del bosco naturale. Polo culturale La preesistenza dello stabile dell’ex zuccherificio subisce un totale rinnovo e diviene un hub culturale di riferimento, sede di nuove funzionalità per il paese e dintorni quali: centro conferenze, servizi, area espositiva, laboratori, ristorante, piazza coperta e piazza d’acqua. Area sportiva In mezzo alla natura si predispone un’area sportiva con annesso spogliatoio a servizio delle altre attività del progetto e non solo. Si prevede la futura possibilità di fare anche sport d’acqua come il cannottaggio.

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CAPITOLO 6 | Alle porte di Comacchio

Centro di ricerca biologica Considerato il nuovo assetto dell’area, prettamente naturalistica, si colloca qui una sede di ricerca biologica, utile per il monitoraggio del sistema ambientale patrimoniale e per la gestione delle acque. Tale sede potrà ospitare anche gruppi di ricerca universitari dell’Università di Ferrara.

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Figura 6.9 Assonometrie

dei punti di intervento

Area commerciale Lungo il percorso ciclabile che collega il polo culturale con il centro di ricerca, si crea una via di carattere commerciale, che comprende servizi, sedute e lo spazio per socializzare con la vista sul corso d’acqua che passa vicino. La “via commerciale” presenta la possibilità di implementarsi in futuro arricchendosi di nuove attività che si affacciano sul percorso e nuovi spazi di socializzazione. Albergo porto marino Si prevede la presenza di un albergo a servizio principalmente del porto marino nei pressi del quale si colloca. In queste zone c’è una carenza di strutture ricettive di qualità ed è questa analisi che supporta la scelta di prevedere questa funzione in questo punto.

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ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE

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CAPITOLO 7 | Archeologia industriale

7.1 Un nuovo contesto paesaggistico 7.1.1 Gli spazi per l’acqua Come messo in luce in precedenza, il rapporto tra terra e acqua rappresenta uno dei fattori più caratteristici in quest’area, l’acqua del mare e delle valli e del canale incarna un elemento in continuo cambiamento che modifica il territorio in maniera costante e impercettibile. Nonostante nel corso del tempo molto terreno sia stato tolto all’acqua, essa rimane una delle risorse più preziose per ambienti come questi. Per questo motivo, alla luce delle analisi svolte e verso i futuri scenari di cambiamento, si vuole ripristinare questo elemento e rimetterlo al centro, utilizzandolo nelle sue diverse declinazioni in quanto potenzialità oltre che rischio. La nuova impronta impressa a quest’area ha lo scopo di ripristinare un ecosistema ormai scomparso oltre che offrire una possibilità di futura espansione della città. Nasce così un sistema ambientale caratterizzato da molteplici livelli che collaborano sinergicamente risaltando le opportunità che questo luogo ha da offrire e introducendone di nuove. In questo senso il tema dell’acqua assume un ruolo chiave, poichè viene utilizzato secondo diverse variazioni morfologiche. Acqua come infrastruttura Secondo questi termini l’acqua del Canale navigabile diventa una significativa risorsa per quanto riguarda il collegamento tra la città Estense e la costa, il Progetto Idrovia renderebbe questa via come una delle alternative di spostamento con la possibilità di studiare in futuro dei mezzi totalmente sostenibili. La progettazione di un porto marino in questo

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

lotto alle porte di Comacchio valorizza la cittadina, oltre che a incentivare gli spostamenti secondo questa modalità anche a scopi turistici. Infatti si possono seguire alcune linee strategiche per quanto riguarda la mobilità su infrastuttura d’acqua asssociata ad un ecoturismo. Sfruttando infatti la presenza di attività già attualmente fruibili e alimentando il settore culturale e ricettivo con la progettazione di nuovi poli attrattivi, l’ecoturismo su acqua può essere associato a diverse tematiche quali la didattica, arte e cultura, pesca, enogastronomia locale. In questo modo l’acqua e il canale navigabile diventerebbero un prezioso mezzo attraverso il quale riscoprire questo territorio e osservarlo secondo una nuova prospettiva. Figura 7.1 Tratto

del Canale navigabile che costeggia l’area di intervento

Acqua come paesaggio e ambito di valore ambientale Di molti paesaggi del passato oggi rimangono scarse tracce, talvolta inserite in contesti estranei, fra questi gli ambiti di valore ambientale e naturalistico rappresentano il segno di un passato di antropizzazione del territorio e bonifiche

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CAPITOLO 7 | Archeologia industriale

negli anni hanno destinato sempre più aree ad uso agricolo sacrificando questi preziosi sistemi ecologici, cancellando in questo modo un paesaggio di terre ed acqua, unico in Italia. Per questo motivo il tema del ripristino dell’acqua in questo punto, facendola entrare nel lotto di progetto con l’interruzione degli argini, si vuole riallacciare all’idea di questi antichi paesaggi favorendo in primo piano lo sviluppo e il ritorno di un habitat che oggi risulta frammentato. Acqua come sistema di controllo idrico L’importanza e la forte presenza di tale elemento in questo territorio porta inevitabilmente con sè una vasta gamma di rischi idrogeologici da tenere costantemente monitorati. Secondo tale premessa infatti si prevede di far defluire l’acqua all’interno del lotto di progetto non solamente per questioni ambientali e paesaggistiche ma anche per la gestione della sofferenza idrica territoriale in caso di forti piogge. Nei punti di rottura degli argini sono collocati specifici ponti-chiusa che permettono la regolazione e il monitoraggio dell’afflusso d’acqua all’interno del bacino, oltre che il passaggio da una sponda all’altra su terraferma. Acqua come spazio pubblico Intendendo l’acqua come ambito di spazio pubblico dove i fruitori del luogo possono socializzare e interagire attraverso la presenza di questo elemento, si predispongono nel masterplan di progetto e più largamente anche in quello generale appositi spazi, frutto dell’interazione tra percorsi, posti sull’acqua o dove l’acqua può penetrare e le persone usufruirne secondo diverse modalità. Acqua come impianto Con l’intenzione di sfruttare le molteplici risorse che l’acqua

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può offrire, viene predisposta sull’isola del masterplan di progetto la progettazione di una vasca di fitodepurazione delle acque reflue attraverso specie vegetali. Infatti la fitodepurazione consiste in un sistema artificiale attraverso il quale vengono trattate le acque attraverso la riproduzione dei naturali processi autodepurativi presenti negli ambienti tipicamente umidi. Questa attività depurativa è causata da specifiche e articolate interazioni tra processi di tipo chimico, fisico e biologico derivanti da un’azione combinata tra substrato, piante, refluo e microrganismi presenti. Il processo depurativo avviene in modo completamente naturale all’interno di un bacino impermeabilizzato con materiale argilloso e vegetato da piante acquatiche. All’uscita si ottiene acqua depurata secondo le norme legislative. La fitodepurazione è l’alternativa naturale agli impianti di depurazione delle acque di scarico poichè il processo avviene senza l’utilizzo di sostanze inquinanti. Figura 7.2 Schematizzazione

impianto di fitodepurazione

7.1.2 l sistema verde integrato La nuova distribuzione progettuale delle aree verdi prevede una distinzione tra queste a seconda della loro funzionalità. Verde come ecosistema forestale La maggior percentuale di aree vegetative è costituta dalla presenza della consistente area boschiva naturale a nord e a

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CAPITOLO 7 | Archeologia industriale

ovest dell’area, costituita da specie autoctone igrofile e alofite. Vicino all’acqua saranno presenti piante basse e giunchi e sui rilievi più marcati arbusti come farnia, tamerice, leccio, pioppo bianco, carpino, olmo. Verde come arredo urbano La vegetazione localizzata nella fascia a sinistra dell’area di progetto si caratterizza per una distribuzione più ordinata a servizio e beneficio dei poli funzionali limitrofi. Verde come impianto Le piante utilizzate nel sistema di fitodepurazione sono autoctone, la maggior parte erbacee perenni, capaci di adattarsi a condizioni di saturazione elevata con uno sviluppo sotterraneo. Le tecniche di fitodepurazione si distinguono a seconda della prevalente forma di vita delle piante acquatiche che vi vengono utilizzate, in questo caso si predispongono sistemi con macrofite radicate. Figura 7.3 Vista

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7.1.3 Riallacciamento alla città L’obbiettivo di imprimere all’area una nuova impronta, che recuperi a livello naturalistico un ecosistema, presuppone sullo stesso piano anche la volontà di offrire una possibilità di espansione alla città, attirando investimenti sui vari campi in cui si intende investire. L’area dell’ex zuccherificio diviene in questo progetto il punto in cui i vari ambiti di interesse si intrecciano e danno vita a una serie di situazioni naturali, urbanistiche, architettoniche e paesaggistiche che si completano e coesistono generando un nuovo punto di ingresso alla città ma allo stesso tempo luogo di scambio ed espansione.

centro culturale

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CAPITOLO 7 | Archeologia industriale

7.2 Il parco attivo

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Figura 7.4 Fasi

progettuali

7.2.1 Le nuove funzioni A seguito delle analisi svolte, il progetto proposto si presenta come un “sistema multipolare” costruito su più livelli, in quanto le attività e i servizi previsti, direttamente o indirettamente legati al tema dell’acqua e del canale, si distribuiscono, secondo diverse fasi, in determinati nodi territoriali divenendone poli attrattivi. La prima fase d’opera è costituita dalla demolizione delle preesistenze prive di interesse architettonico e predisposizione del terreno alle modifiche previste. In una seconda fase si prevede la messa in opera delle azioni volte sulle modifiche territoriali, con l’apertura degli argini nei due punti di scolo delle acque e l’aggiunta dei ponti-chiusa. La prima tipologia boschiva da innestare è quella del bosco mesofilo naturale, in seguito le aree di verde attrezzato con piantumazioni regolari. In questo momento vengono inoltre realizzati anche i percorsi e le macro impostazioni funzionali del lotto, come la realizzazione del porto marino, dell’area sportiva e quella culturale. A completare la predisposizione di tutti i poli, scientifico, culturale, sportivo e portuale, si considera la presenza di alcuni edifici di riferimento. Il centro di ricerca biologico si localizza nell’isola centrale in stretto contatto con il sistema fitodepurativo ed a pochi passi dall’ecosistema biologico. Parte della ciclabile che conduce verso ovest sarà implementata da funzioni per il pubblico dando origine ad un piccolo polo di stampo commerciale. Nei pressi della zona portuale verrà collocato un albergo a servizio dei turisti con i servizi annessi. La preesistenza maggiore invece verrà adibita a centro creativo culturale.

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CAPITOLO 7 | Archeologia industriale

CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

7.1.1 Il centro culturale nell’ex zuccherificio All’interno dei vecchi capannoni industriali si prevede la realizzazione di un polo culturale suddiviso in più aree funzionali. Due parti del fabbricato rimarranno scoperte e verranno allestite a piazze, quella verso il paese fungerà da mercato coperto comprendendo anche uno spazio ad uso del ristorante. L’altra piazza verso il parco sarà vocata a piazza d’acqua, a servizio delle altre funzioni dell’edificio circostanti, con area relax e per bambini. Sarà compresa nell’ala verso sud una sala per conferenze con reception e spazio che affaccia sulla piazza d’acqua destinato a sala espositiva. Quest’ultima comprenderà anche un piccolo museo permanente dedicato al tema del territorio e paesaggio. Sono previsiti anche altri servizi come il centro creativo che comprende laboratori ed aule di diverso stampo, una biblioteca con archivio e sala lettura. La scelta delle macrofunzioni da introdurre in questo edificio nasce da una attenta analisi del patrimonio già presente e dalla consapevolezza della scarsità di strutture ricettive adeguate. Ogni macro funzione e gli edifici principali sono localizzati a poca distanza l’uno dall’altro per permettere quanta più interazione possibile tra le parti e rendere questa fascia del lotto una vera e propria area di espansione della città e futuro punto di riferimento sotto vari aspetti per i turisti. In futuro il complesso progettato potrà essere implementato da ulteriori funzioni come un sistema di albergo diffuso, specifici punti per birdwatching e osservazione naturalistica, ulteriori servizi commerciali.

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Figura 7.5 Disposizione

funzionale del centro creativo culturale

255


MAGNAVACCA

8



CAPITOLO 8 | Magnavacca

8.1 Uno sguardo all’area 8.1.1 I connotati “Le vie d’acqua non costituiscono solamente una pregiata dotazione naturale, ma sono al tempo stesso un irrinunciabile marchio morfologico che connota l’identità storica e culturale dei territori attraversati. La via d’acqua offre quindi un suggestivo accumularsi di scenari che esprimono il complesso interagire tra condizioni naturali e interventi umani”1. Il secondo ambito progettuale si attesta a Porto Garibaldi, già Magnavacca, il centro di più antica origine dell’area di studio, dopo Comacchio. L’ambiente litoraneo è caratterizzato da una condizione marcata di vulnerabilità e rischio in relazione a spiccati fenomeni di erosione e di inondazione marina. La vulnerabilità a questi fenomeni dipende in parte da fattori naturali quali la dinamica meteo-marina, l’innalzamento del livello del mare, l’abbassamento del suolo dovuto al costipamento dei sedimenti, la diminuzione dell’apporto solido dei corsi d’acqua e, in parte molto significativa, dall’attività antropica che ha avuto un incremento esponenziale nel corso del tempo. Nell’area progettuale si osserva un incremento dei fenomeni di “storm surge”2 (acqua alta). Questi fenomeni, se concomitanti con importanti precipitazioni ed episodi di piena, ostacolano il naturale deflusso dei corsi d’acqua e determinano la tracimazione in prossimità delle foci. In relazione al cambiamento climatico, ciò che viene maggiormente osservato, è proprio l’aumento della fre-

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

quenza e dell’intensità di questi eventi associati, si tratta infatti di precipitazioni intense e concentrate con ingenti deflussi alle foci fluviali che, insieme ai fenomeni di acqua alta, determinano importanti allagamenti di ampie aree nella fascia costiera. Dallo studio altimetrico tratto dal Geoportale della Regione Emilia-Romagna si evince come il tessuto edificato di Porto Garibaldi si attesti ad una quota altimetrica pari o superiore ai 2 m sul livello del mare, quota che subisce un lieve calo in prossimità della S.S. 309 Romea e dell’area prospiciente il lungomare.

Figura 8.1 Altimetria

Porto Garibaldi

-2,00 m s.l.m. 0,00 m .s.l.m. +2,00 m s.l.m. +4,00 m s.l.m. +6,00 m s.l.m. +8,00 m s.l.m.

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CAPITOLO 8 | Magnavacca

8.1.2 Aree di intervento Gli interventi progettuali si sviluppano in varie aree che, a seconda degli obiettivi enunciati nei capitoli precedenti, richiedono interventi specifici. Un primo ambito di progetto si individua nel porto-canale che mette in collegamento il paese di Comacchio con il mare e che costituisce uno degli assi principali dell’area in direzione Ovest-Est. Attualmente nel porto-canale si attestano tutte le attività legate alla pesca e una serie di servizi e attività ricettive, questo provoca un intenso e disorganizzato traffico che, soprattutto nei periodi estivi, provoca molti problemi. Inoltre si tratta di un ambito soggetto a eventi di mareggiata a causa dell’inefficacia dei sistemi rigidi di difesa attuati. Nel progetto si propone la sua riqualificazione per fini logistici, commerciali e turistici e, in particolare, protettivi in quanto potrebbe fungere da prima barriera protettiva della fascia edificata da eventi di ingressione marina. Un secondo ambito di intervento si identifica nell’area del lungomare, anch’essa un’importante direttrice di Porto Garibaldi in direzione Nord-Sud. Su quest’area si attestano gli stabilimenti balneari e numerose attività ristorative che, a causa delle loro strutture impattanti, andranno ripensate. Altri interventi verteranno sulla riorganizzazione degli assi stradali dove si andranno a creare flussi di traffico rallentati e superfici maggiormente permeabili. Note

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1

F. Vallerani, Le acque interne come patrimonio: dalla qualità ambientale agli usi turistici-ricreativi, Architettura del Paesaggio, 17, Ottobre/Dicembre 2007

2

Si tratta di ondate di marea molto violente associate a fenomeni di bassa pressione che per la loro violenza provocano gravissimi danni sulle coste.

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CAPITOLO 8 | Magnavacca

8.2 Il processo di adattamento 8.2.1 Interventi progettuali Per Porto Garibaldi si prospetta la realizzazione di ingenti interventi strutturali e di ingegneria naturalistica per adattarsi ai cambiamenti climatici in atto e previsti nel prossimo futuro. Il primo intervento attuato riguarda la riqualificazione del porto-canale dove è previsto l’aumento di quota della banchina che verrà rialzata di 1,75 m, questa operazione permetterà di salvaguardare l’edificato anche nei periodi di alta marea andando a costituire un primo sistema di difesa. Questo intervento verrà attuato lungo tutto il porto-canale: nel tratto situato più ad ovest, dove si attestano le attività di pesca e acquacoltura, si progetta una zona di carico e scarico merci fornita di rampe per agevolare le operazioni commerciali; nel tratto verso il mare, la banchina fungerà da piacevole camminata munita di punti di sosta e viste suggestive sul panorama circostante. Sarà inoltre riorganizzato l’asse stradale che costeggia il porto-canale. Il secondo intervento proposto riguarda la riqualificazione del lungomare dove, per fronteggiare i futuri effetti dei cambiamenti climatici, si prevede la demolizione di una prima fascia edificata e degli stabilimenti balneari in favore della costituzione di un cordone dunoso di protezione, ad oggi presente soltanto all’estremo nord del paese. La fascia abitata verrà ricollocata in aree più interne di Porto Garibaldi mentre gli stabilimenti balneari verranno ricostruiti con strutture meno impattanti dietro il cordone dunoso, che sarà munito di passerelle per l’accesso all’a-

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renile. Nel punto d’incontro tra il lungomare e il porto-canale, dalla ricollocazione di una parte di abitato a forte rischio mareggiate, verrà a costituirsi una piazza sul molo a servizio sia residenziale che turistico, dotata di area verde, varie sedute e un panorama a picco sul mare. Il terzo intervento si concentra sulla riqualificazione di alcuni assi viari del paese che ad oggi risultano essere molto trafficati e in larga parte costituiti da superficie impermeabile. Nel progetto si cercherà di aumentare la superficie permeabile di questi spazi e di riorganizzali.

Figura 8.2 Interventi

progettuali

Riqualificazione del lungomare Riqualificazione del porto-canale Riqualificazione assi viari

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CAPITOLO 8 | Magnavacca

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Figura 8.3 Assonometria

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area di progetto

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CAPITOLO 8 | Magnavacca

Figura 8.4 Dettagli

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assonometrici di progetto

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Figura 8.5 Dettagli

assonometrici di progetto

Fronte spiaggia

Area di carico e scarico merci del porto-canale

Riqualificazione stradale

Porto-canale turistico

Riqualificazione via Ugo Bassi

Piazza sul molo

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CAPITOLO 8 | Magnavacca

8.2.2 Una nuova circolazione Uno degli obiettivi che si propone di soddisfare il progetto è quello di instaurare un rapporto tra i vari tipi di mobilità presenti nell’area, per raggiungerlo si attua un ripensamento della viabilità che comporta, conseguentemente, una diminuzione delle superfici impermeabili a favore di quelle permeabili in cui poter sviluppare una tipo di mobilità alternativa. Si prevede la costituzione di circuiti per la automobili in grado di permettere il movimento all’interno del paese, con limite di velocità di 30 Km/h e adozione di sensi unici in strade precedentemente a doppio senso di marcia. La strada che costeggia il porto-canale, Via Caduti del Mare, verrà resa a senso unico in modo da consentire l’allargamento della banchina, la prosecuzione del percorso ciclopedonale esistente che collega Comacchio a Porto Garibaldi, che attualmente si interrompe all’altezza del ponte della S.S. Romea 309, e diminuire l’ingente via vai di automobili che giornalmente la percorrono. Via Ugo Bassi manterrà il doppio senso di marcia ma si prevede la riqualificazione dell’area tra le due corsie di circolazione che ad oggi risulta essere completamente pavimentata, nel progetto si propone l’innesto di un’area verde per aumentare la superficie permeabile e rispondere alle esigenze di ombreggiatura di cui necessitano i parcheggi che costeggiano la via. Sarà oggetto di riqualificazione anche Viale Nino Bonnet dove è prevista una diminuzione della larghezza della careggiata a favore della creazione di due percorsi ciclo-pedonali. Per quanto riguarda l’asse viario che costeggia il lungomare, Viale dei Mille, sarà mantenuto a doppio senso di

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

marcia ma, anche in questo caso, la careggiata sarà diminuita per creare lo spazio per un viale contiguo pedonale, confinante con i nuovi stabilimenti balneari e le loro aree di pertinenza.

Figura 8.6 Nuovi

flussi di traffico carrabile

Strada riconvertita a senso unico Strada a doppio senso di marcia

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CAPITOLO 8 | Magnavacca

8.2.3 L’ordinamento delle acque Come detto precedentemente, Porto Garibaldi è un ambito progettuale soggetto a eventi di mareggiata che spesso possono provocare danni, questi fenomeni, insieme alle acque meteoriche, sono da amministrare predisponendo un progetto di gestione delle acque. Ci troviamo in un’area densamente edificata in cui ricavare spazi per il loro sfogo non risulta molto facile, per questo gli interventi principali per evitare l’allagamento del tessuto urbano in occasione di tali fenomeni riguardano l’adozione di sistemi di difesa. Ciò nonostante si prevedono anche aree di raccolta delle acque a servizio dei quartieri a nord di Porto Garibaldi e vicino all’area del campo sportivo, dove si vedrà la presenza di giardini pluviali. Nei quartieri in cui non è possibile ricavare tali aree, per densità di costruito, ci si limiterà alla riqualificazione di alcuni assi viari dove verrà aumentata la superficie permeabile in modo da migliorare le operazioni di drenaggio.

Figura 8.8 Sezioni

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

Figura 8.7 Sistema

di deflusso delle acque

Area di allagamento Percorso acque meteoriche Giardino pluviale-

di progetto

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A PICCO SUL MARE

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CAPITOLO 9 | A picco sul mare

9.1 Il lungomare

CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

Figura 9.1 Formazione

della duna

9.1.1 La costituzione della duna Le dune sono una vera e propria opera di difesa naturale e svolgono un ruolo cruciale nell’equilibrio della costa. Costituiscono infatti una riserva naturale di sedimento per la spiaggia e rallentano l’erosione, garantendo, grazie alla vegetazione spontanea che le popola, l’arresto e il deposito della sabbia che alternativamente sarebbe dispersa verso l’entroterra. Inoltre, in previsione del futuro innalzamento del livello del mare, i cordoni dunosi forniranno una prima protezione fra terra e mare, difendendo le fasce edificate da eventi di ingressione marina e mareggiate. Sono molto importanti anche dal punto di vista ambientale e paesaggistico in quanto offrono la possibilità di costituire nuovi ecosistemi e di aumentare la biodiversità, incrementando così il valore paesaggistico del sito in cui si trovano. L’ambiente dunale è un sistema articolato e complesso nel quale, in una stretta fascia di territorio, si ha il rapido passaggio dall’ambiente marino a quello terrestre con il conseguente instaurarsi di forti gradienti ambientali in funzione della distanza dalla linea di costa. L’esistenza della duna è possibile solo grazie alla vegetazione presente lungo il litorale, costituita da un numero di specie relativamente basso, ma fortemente specializzate ed adattate ad un ambiente difficile, caratterizzato da alte temperature diurne, forte irraggiamento, elevata e costante ventosità, e, sopratutto, da un substrato incoerente, povero di nutrienti, mobile ed altamente drenante. Le dune costiere sono strutture geomorfologiche da accu-

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Fonte: Onori L. et al., Sos Dune - Stato, problemi, interventi, gestione, ISPRA, 2013

mulo eolico, legate quindi principalmente all’azione del vento e alla sua energia. La loro sorgente di alimentazione è costituita dalla spiaggia, la cui dinamica è influenzata dal bilancio sedimentario marino locale, dagli apporti fluviali e dalla dinamica delle onde e delle correnti. Il cordone dunale costiero non è quindi un accumulo casuale di sabbia, ma rappresenta una struttura dinamica complessa risultante dall’equilibrio di numerosi fattori come gli apporti sedimentari, le meccaniche di sedimentazione e le azioni erosive. In risposta a ciascuno di questi fattori, la duna reagisce cercando una nuova condizione di equilibrio e tale risposta si risolve in una mutazione geometrica del cordone dunale. La copertura vegetale rappresenta un fattore fondamentale sia nelle fasi di sviluppo embrionale della duna sia perché costituisce un’efficace barriera di protezione del cordone nei confronti degli agenti erosivi, ma al tempo stesso non la immobilizza, consentendone la naturale dinamica.

279


CAPITOLO 9 | A picco sul mare

Figura 9.2 Avanzamento

della duna costiera

Fonte: Onori L. et al., Sos Dune - Stato, problemi, interventi, gestione, ISPRA, 2013

Inoltre i cordoni dunali costieri ospitano un acquifero che svolge una funzione determinante per il contenimento delle ingressioni del cuneo salino legato alla dinamica marina e costiera. La maggiore densità dell’acqua marina rispetto a quella dolce, dovuta alla maggiore concetrazione in sali della prima rispetto alla seconda, fa si che i carichi idraulici relativi siano in rapporto di 33:1. Figura 9.3 Meccanismo

d’intrusione del cuneo salino

Fonte: Onori L. et al., Sos Dune - Stato, problemi, interventi, gestione, ISPRA, 2013

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

Nell’area di intervento sono presenti alcuni relitti dunosi in stato di degrado a causa, principalmente, dell’azione antropica. Si riscontrano infatti incisioni ed interruzioni della copertura vegetazionale del cordone dunoso, che causano un aumento dell’effetto erosivo, e la presenza di edifici residenziali e balneari realizzati con strutture impattanti e permanenti, non indicate per le fasce dunali. Gli interventi adottati sono mirati al ripristino dei naturali equilibri dinamici che regolano l’evoluzione del sistema dunale e della spiaggia e, sopratutto, alla mitigazione dei processi erosivi connessi con la funzione antropica. Per ovviare a queste criticità, il progetto prevede la realizzazione di passerelle per la fruizione delle spiagge, con lo scopo di ridurre gli effetti dannosi del calpestio da parte dei turisti e di consentire anche un’asportazione più modesta di sabbia dalla spiaggia verso l’entroterra, e la rimozione di strutture o infrastrutture di impatto sulla fascia dunale. Per quanto riguarda le opere di ingegneria naturalistica che verranno impiegate, si prevede la ricostruzione del cordone dunoso dove la duna è compromessa o del tutto assente, la piantumazione di specie pioniere che stabilizzino la duna e trattengano la sabbia e l’uso di barriere frangivento che avranno lo scopo di intrappolare la sabbia che, una volta accumulatasi all’interno delle strutture, favorisce il processo di formazione ed evoluzione delle dune embrionali e il processo di accrescimento spontaneo della vegetazione pioniera. Nel progetto vengono identificate 4 fasi in cui l’intervento progettuale dovrebbe strutturarsi per dare i risultati auspicati. Queste fasi non hanno orizzonti temporali ben delineati a causa della mutevolezza delle dinamiche in

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CAPITOLO 9 | A picco sul mare

gioco, ci si prefigge però l’orizzonte temporale finale al 2100, coincidente con le previsioni sull’innalzamento del livello del mare. Fase 1 La scansione temporale degli interventi sull’area di Porto Garibaldi prevede in una prima fase l’inizio dei lavori di demolizione graduale della prima fascia di tessuto urbano costiero. Figura 9.4

di ricostituzione del sistema dunoso che prevede l’inizio dell’accumulo di sabbia con l’accrescimento del livello dell’arenile così da rendere possibile la comparsa di una graminacea perenne, Agropyrum junceum, che costituisce un primo ostacolo che trattiene nuova sabbia portando così alla formazione delle dune embrionali. Figura 9.5

Fase 2

Fase 1

Fase 2 Durante la seconda fase si continua ad operare la demolizione della prima fascia di tessuto e si inizia il processo

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

Fase 3 Nella terza fase si completa la rimozione della fascia edificata e si inizia lo smantellamento degli stabilimenti balneari esistenti. Contemporaneamente si prevede la piantumazione dell’Ammophila arenaria, specie vegetale che è in grado

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CAPITOLO 9 | A picco sul mare

di trattenere la sabbia ed, in conseguenza, fa aumentare il livello della duna grazie alla deposizione di sempre nuovi strati di sabbia, fino a raggiungere uno o più metri di altezza. Figura 9.6

Fase 3

Fase 4 Durante la quarta fase, si prevede il completamento del sistema dunoso in quanto la duna sarà arrivata ad un’altezza di circa 2-3 m e comincerà ad incidere su di essa anche l’azione erosiva del vento, portandola ad avere una dimensione più o meno stabile. Continuando la deposizione della sabbia, il fronte delle dune avanzerà

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

progressivamente verso il mare, e di conseguenza la profondità della fascia litoranea aumenterà. Sarà inoltre prevista, in quest’ultima fase, la costruzione di strutture residenziali e balneari non impattanti sulla duna. Figura 9.7

Fase 4

9.1.2 Un nuovo assetto Per il lungomare di Porto Garibaldi si propongono alcuni interventi congiunti di riqualificazione della viabilità e dell’edificato e di ricostituzione del cordone dunoso. Quest’ultimo intervento è attuato con lo scopo di fronteggiare i futuri effetti dei cambiamenti climatici, in quanto è

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CAPITOLO 9 | A picco sul mare

previsto l’innalzamento del livello del mare, e il cordone dunoso fungerà proprio da prima difesa. La costituzione del cordone, che interesserà l’intero arenile, da Lido degli Scacchi a Lido degli Estensi, comporterà anche la demolizione di una prima fascia edificata, situata all’estremo sud di Porto Garibaldi, che risulta essere in un’area ad elevata pericolosità idraulica per eventi di ingressione marina. Tale fascia verrà ricollocata in aree più interne al paese, considerate non a rischio. Saranno inoltre demoliti gli attuali stabilimenti balneari che ad oggi risultano essere costruiti con strutture particolarmente impattanti, sia a livello visivo che ambientale, poiché costituiscono di fatto una barriera tra il lungomare e la spiaggia. Il progetto introdurrà i nuovi stabilimenti balneari nella fascia retrodunale, essi saranno ideati con strutture più flessibili, in grado di essere smontate e rimontate in periodi esigui, e con materiali e tecnologie innovative a basso impatto ambientale. L’accesso alla spiaggia sarà possibile tramite delle passerelle sopraelevate in legno che permetteranno l’attraversamento delle dune e la fruizione da parte degli stabilimenti dell’arenile senza alterare lo strato superficiale del sistema dunoso. Davanti alla duna saranno previsti soltanto gli ombrelloni e piccole strutture in legno adibite a bar sulla spiaggia. Il progetto interverrà anche sull’asse viario che costeggia il lungomare, esso sarà oggetto di riqualificazione con il restringimento delle carreggiate e l’introduzione di aree di socialità poste lungo il percorso ciclo-pedonale sviluppato lungo tutta la fascia del litorale.

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CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

Figura 9.8

Figura 9.9

Fasi di costituzione del cordone dunoso

Fase 1

Fase 2

Fase 3

Fase 4

Masterplan

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CAPITOLO 9 | A picco sul mare

9.2 Il porto-canale 9.2.1 La riprogettazione dell’argine Dalle analisi svolte nei capitoli precedenti è emerso come tra Porto Garibaldi e Lido degli Estensi ci siano molteplici aree e tratti di costa in cui, in caso di mareggiate, il territorio è particolarmente vulnerabile ed esposto a rischio di ingressione marina. Questi dati trovano conferma negli eventi di mareggiata avvenuti tra il 5 e il 6 febbraio 2015 in cui il paese di Porto Garibaldi ha dimostrato di essere un punto debole per quanto riguarda le difese costiere del territorio comacchiese. L’area con maggior criticità risulta essere quella situata lungo il porto-canale, il tratto arginale del Canale Navigabile, dove la banchina portuale non predispone di quote considerabili in sicurezza per gli scenari attesi al 2100, è infatti caratterizzata da un’altezza particolarmente bassa che permette all’acqua di sormontarla con facilità in caso di mareggiate con onde particolarmente alte. In particolare, nella porzione più orientale del porto-canale dove la banchina si comporta come un vero e proprio varco. Figura 9.10

CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

Nel progetto gli interventi adottati in quest’area mirano ad evitare eventuali esondazioni intervenendo sulla quota della banchina che viene rialzata di 1,75 m lungo tutto il porto-canale costituendo così un primo sistema di difesa a protezione dell’abitato. Oltre al cambiamento di quota il progetto prevede anche l’allargamento della banchina, questo sarà possibile grazie alla riorganizzazione dell’asse viario che costeggia il porto-canale che verrà reso a senso unico. La banchina assumerà così una superficie consona per costituire un percorso ciclo-pedonale che fungerà da prosecuzione di quello esistente che collega Comacchio a Porto Garibaldi e che attualmente si interrompe all’altezza del ponte della S.S. Romea 309. Figura 9.11

Sezioni banchina di progetto

Stato di fatto

Area di intervento Stato di progetto

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CAPITOLO 9 | A picco sul mare

CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

9.2.2 La duplice funzione

periodi estivi, e provvista di panchine per la sosta. Dalla piazza sarà possibile accedere direttamente alla spiaggia attraverso passerelle in legno.

Il porto-canale è da sempre stato caratterizzato da una duplice funzione, quella commerciale, posta ad ovest, e quella turistica, a est. Per l’area commerciale dove si attestano le attività portuali di carico e scarico merci, legate alla pesca e all’acquacoltura, si prevede la costituzione di un’area apposita in cui sarà possibile svolgere tali operazioni senza però rinunciare alla protezione interna costituita dall’aumento di quota della banchina. È infatti prevista un’area in cui la banchina si allargherà considerevolmente in modo da rendere possibile la costruzione di una “stazione di servizio” munita di due rampe per lo scarico e il carico delle merci. Una prima rampa sarà accessibile direttamente dalla strada, e porterà nella stazione di servizio da cui si potrà accedere ad una seconda rampa che, portando ad una quota più bassa, rende possibile le operazioni portuali di carico e scarico tra barche e terra ferma. Per quanto riguarda la funzione turistica, questa sarà mantenuta con la creazione del percorso ciclo-pedonale posto lungo tutta la banchina. Il percorso sarà caratterizzato da punti di sosta con sedute e munito di rampe per accedervi. Nel punto d’incontro tra il lungomare e il porto-canale, dove è prevista la demolizione di una fascia edificata, verrà a costituirsi una piazza sul molo, a cui si potrà accedere direttamente dalla strada o tramite un rampa di discesa dal percorso sulla banchina. La piazza sarà costituita da superficie pavimentata inframmezzata da aree verdi in cui è previsto l’innesto di alberi per offrire un’opportuna ombreggiatura, soprattutto nei

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Figura 9.12

Area commerciale

Figura 9.13

Area turistica

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CAPITOLO 9 | A picco sul mare

292

Figura 9.14

Vista dall’area di carico e scarico merci

Figura 9.15

Vista dalla piazza sul molo

CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

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L'ISOLA DEGLI ESTENSI

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CAPITOLO 10 | L'isola degli Estensi

10.1 Ripartire dal lido 10.1.1 Studio altimetrico L'ultimo focus progettuale si concentra sul Lido degli Estensi e la sua difficoltà nella gestione delle acque, sia piovane che di inondazione da mare. Con uno sguardo al 2100 si cerca di allargare la visione, cercando di prevenire le possibili conseguenze che potrebbero scaturire dall'intensificarsi dei fenomeni metereologici. Per questo, nella nuova visione progettuale di difesa ed adattamento, bisogna ripartire dai caratteri geomorfologici che aiuteranno nella gestione del deflusso delle acque. Come indicato nel documento "Strategia regionale di Gestione Integrata per la Difesa e l’Adattamento della Costa ai cambiamenti climatici (GIDAC)"1 il Lido degli Estensi risulta avere un dosso costiero in ottimo stato, rientrante nelle classi 4 e 5. Come dosso costiero viene inteso l’insieme tutti gli elementi naturali e artificiali con quota superiore ai 2 metri, in grado perciò di contrastare adeguatamente l’ingressione del mare. Il progetto tiene conto di questi dati e dello studio altimetrico ricavato dal Geoportale della Regione Emilia-Romagna che evidenzia come l'edificato si trovi ad una quota altimetrica oscillante tra i 4 e i 2 m su livello del mare, mentre la quota diminuisce in prossimità dell'arenile e dello spazio non edificato tra il lido e l'urbanizzazione lungo la S.S. 309 Romea. Questi dati favoriscono il naturale deflusso delle acque verso questa zona intermedia che sarà oggetto di intervento all'interno della tesi. Verrà costiutito il Parco del mare formato da aree tampone che potranno essere allagate in periodi di mareggiata evitan-

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do che venga interessato l'edificato. La morfologia del lido permetterà di gestire un deflusso delle acque meteoriche in maniera naturale, tramite uno scolo per gravità e aiuterà le nuove difese a mare per la difesa dell'edificato costiero. Figura 10.1 Altimetria

Lido degli Estensi

+6,00 m +4,00 m +2,00 m 0,00 m -2,00 m -4,00 m

10.1.2 Aree di intervento Gli interventi progettuali si concentrano in determinate aree del lido che necessitano di specifici interventi, volti a soddisfare gli obiettivi precedentemente dichiarati. L'ambito principale di progetto viene definito dal vuoto centrale al Lido degli Estensi, tra il lido stesso e la parte di edificazione lungo la S.S. 309 Romea. Attualmente non utilizzato, potrebbe essere di notevole aiuto per la regolamentazione delle acque da mareggiata, offrendo aree

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CAPITOLO 10 | L'isola degli Estensi

di esondazione controllata al Portocanale e al Logonovo. Inoltre potrebbe essere sfruttato maggiormente, a causa della sua posizione centrale, come infrastruttura parco di raccordo tra le due parti del lido. Un altro ambito viene identificato con il lungomare, attualmente privo di un progetto di definizione e la fascia degli stabilimenti balneari. Questi sono diventati con il tempo strutture particolarmente impattanti, di notevoli dimensioni, che non permettono più una continuità visiva con l'arenile. Queste strutture andranno ripensate con altrettante maggiormente flussibili e con un impatto minore sull'arenile stesso. Un'area non utilizzata ma di notevole potenzialità potrebbe essere identificata con la darsena nei pressi dell'Istituto Superiore Remo Brindisi. Questa potrebbe rappresentare la nuova porta di ingresso al lido tramite l'infrastruttura del Canale Navigabile, migliorandone il collegamento con l'asse pricipale di Viale Carducci. La sua posizione la rende particolarmente consona per questa finalità, per la sua vicinanza al molo e l'ampia possibilità di parcheggio nelle immediate vicinanze. Gli ultimi interventi si concentreranno sugli assi stradali, questi vedranno il ripensamento dei flussi di traffico, istituendo aree di 30 Km/h e creando dei circuiti di sensi unici. Lo spazio ricavato dovrà essere reso permeabile, poichè l'attuale eccessiva cementificazione rende complicato il deflusso delle acque meteoriche. Necessita di particolare attenzione anche il Viale Carducci, che verrebbe riqualificato come area pedonale, con possibilità di raccolta delle acque, al contrario dello stato di fatto, nel quele risulta particolarmente cementificato.

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Note 1 Strategia regionale di Gestione Integrata per la Difesa e l’Adattamento della Costa ai cam-

biamenti climatici (GIDAC), QUADRO CONOSCITIVO, Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli, 16 novembre 2021

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10.2 Adattarsi per sopravvivere 10.2.1 Interventi progettuali Il Lido degli Estensi vede la realizzazione di importanti interventi strutturali per fronteggiare i cambiamenti climatici degli anni a venire mitigando gli impatti e migliorando la qualità del lido. Il primo intervento realizzato sarà la riqualificazione del lungomare, con l'introduzione di un sistema dunoso che permetterà di prevenire eventuali inondazioni negli anni successivi, quando il livello del mare aumenterà sensibilmente. I costi saranno simili a quelli dei ripascimenti delle spiagge soddisfacendo gli obiettivi di difesa costiera e portando altri benefici come la creazione di nuovi ecosistemi e il possibile aumento della biodiversità. Le dune saranno generate per accumulo di sedimenti (Dune fencing)1, portati dal vento e trattenuti per mezzo di reti apposite, in modo tale da avere una duna il più naturale possibile formatasi tramite il trasporto eolico. Un altro intervento fondamentale sarà la realizzazione del Parco del mare, creando un collettore tra Canale naFigura 10.2 Sezioni

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di progetto

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vigabile e Logonovo che permetta alla marea di esondare in maniera controllata nei periodi di piena, diminuendo sensibilimente il rischio per l'edificato costiero. Un'altra valenza del parco sarà la connessione lungo la direttrice Nord-Sud tra il Lido di Spina e Porto Garibaldi, ma anche Est-Ovest per connettere il lido con la parte di edificazione a ridosso della S.S. 309 Romea. Il parco sarà dotato di una fascia perennemente asciutta dietro l'argine che sarà fruibile con qualsiasi tipologia di precipitazione. Si viene così a costituire un sistema parco che manca all'interno Figura 10.3 Interventi

progettuali

Riqualificazione del lungomare Parco del mare Riqualificazione assi viari Argini di difesa retrostanti e lungocanale

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Figura 10.3 Assonometria

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area di progetto

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dei lidi e un luogo di ritrovo e socialità alternativo alla spiaggia. In punti strategici verranno inserite delle piastre attrezzate con giochi per bambini e spazi con sedute, insieme a punti panoramici che permetteranno di godere di una vista alternativa sul parco e il porto. Verranno costituiti anche alcuni percorsi su pilotis che dall'argine si affacciano sulla zona potenzialmente allagabile, creando nuove suggestioni e tracciati alternativi. Sarà importante anche potenziare i sistemi difensivi a ridosso dell'edificato, lungo il portocanale e creando nuove arginature lungo il Parco del mare, per impedire una risalita dell'acqua dalla parte retrostrante una volta esondati i canali. Il tratto di molo lungo il portocanale verrà rialzato di 1,75 m, secondo i dati raccolti dall'analisi effettuata dalla dottoressa Perini2, riferiti all'innalzamento del livello del mare all'anno 2100, inoltre verrà implementato con spazi attrezzati con sedute e alcune zone alberate, collegandosi alla nuova darsena turistica da una parte e alla duna sul fronte spiaggia, costituendo così un ring protettivo continuo lungo il perimetro del lido. Spostandosi verso l'interno del lido verranno riqualificati alcuni assi viari, questi non avranno solamente la funzione di connessione ma diventeranno delle vere e proprie superfici permeabili che permetteranno alle acque meteoriche di incanalarsi e di raggiungere il Parco del mare. Questo avverrà diminuendo le superfici impermeabili ripensando i flussi di traffico e i sensi di marcia, introducendo zone a 30 Km/h al fine di massimizzare le superfici permeabili. Le aree adibite al parcheggio verranno rese anch'esse permeabili tramite l'utilizzo del calcestruzzo drenante, recuperando superfici cementificate e rendendo gli stessi parcheggi punti di raccolta per le acque meteoriche. In maniera particolare viene trattato Viale Carducci, da

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Figura 10.4 Dettagli

assonometrici di progetto

Parco del mare

Lungocanale

Strada permeabile

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sempre strada principale del lido con attività commerciali e ristorative. Il viale sarà completamente zona pedonale, con accessi contingentati con ZTL per i fornitori di negozi e ristoranti durante le ore diurne, mentre la sera resterà completamente pedonale, visto l'elevato numero di persone che lo percorrono. Verrà realizzata una piazza all'ingresso dell'area pedonale, all'estremità Nord del viale con gradonate, sedute e alberature, poichè, nello stato di fatto, mancano luoghi per la sosta. Altri punti di sosta saranno realizzati uno a metà, sulla falsa riga di quello spiegato in precedenza e sarà riqualificato il parco all'estremità Sud, attualmente luogo di degrado e poco frequentato. Questi progetti aumenteranno la forza dell'asse come luogo pedonale e spina centrale del lido. Rimanendo sempre all'interno dell'edificato verranno riqualificate alcune aree verdi, che diventeranno dei parchi pubblici con percorsi e sedute ma avranno un'importante funzione di giardini della pioggia. Attraverso lo studio altimetrico sono stati individuati tre punti nei quali potrebbero portare un notevole contributo nella gestione delle acque meteoriche. La loro funzione andrebbe ad implementare quella delle tubazioni già esistenti, ma insufficienti, e delle nuove che percorrerebbero gli assi riqualificati. Le zone allagabili lo sarebbero solamente in periodi di forti precipitazioni, rimanendo asciutte per il resto del tempo ed essendo sfruttabili come parco urbano. L'ultimo intervento di rilievo sarà la sostituzione degli stabilimenti balneari attuali, particolarmente invasivi e con strutture vetuste, per sostituirli con nuove più leggere e facilmente smontabili. La loro edificazione avverrebbe lungo il tratto di lungomare, in una posizione retrodunale, essendo così al riparo da possibili mareggiate, anche se di maggiore entità come si prevede per il futuro.

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Figura 10.5 Dettagli assonometrici di progetto

Piazza Viale Carducci

Giardini Pluviali

Fronte spiaggia

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CAPITOLO 10 | L'isola degli Estensi

10.2.2 Viabilità di accesso al sistema costiero L'accesso al sistema costiero dei lidi, attualmente, avviene esclusivamente tramite l'utilizzo dell'automobile. La stazione ferroviaria più vicina risulta essere quella di Codigoro, dopo la chiusura della linea di Comacchio al termine della Seconda Guerra mondiale. Per giungere sulla costa si percorre il raccordo autostradale Ferrara-P.to Garibaldi giungendo alla S.S. 309 Romea che, con le varie uscite, permette l'ingresso ai vari lidi. Il progetto prova a proporre una soluzione alternativa al traffico veicolare per cercare a diminuire il volume di traffico che si viene a creare nei mesi estivi, specialmente nei fine settimana. La proposta prevede l'introduzione di un taxi d'acqua che colleghi la zona riqualificata dell'ex zuccherificio di Comacchio con la darsena del Lido degli Estensi e il Lido di Spina, con la presenza di fermate intermedie, come segnato nello schema. Le corse sarebbero maggiormente concentrate negli orari di punta, in mattinata e verso sera, ottimizzando la gestione del servizio. Ciò permetterebbe ai turisti, specialmente coloro che si recano al mare in giornata o per il fine settimana, di lasciare la macchina nei parcheggi scambiatori appositamente creati e di utilizzare il taxi per arrivare sulla costa. Il breve tragitto permetterà di evitare di percorrere il tratto della S.S. 309 Romea e di ridurre notevolmente il traffico. Il taxi d'acqua potrà anche servire per effettuare il percorso inverso, rendendo più facile e immediato il collegamento tra costa e Comacchio per coloro che volessero visitare la cittadina. Questo progetto offrirebbe la possibilità di sfruttare un'infrastruttura come il Canale navigabile, almeno nel tratto terminale, provando a sollecitare il progetto dell'idrovia.

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Figura 10.6 Viabilità

di progetto

Stato di fatto

Stato di progetto Viabilità carrabile di accesso Nuovo taxi d'acqua per accesso via Canale navigabile Principali punti di accesso carrabile Fermate taxi d'acqua Parcheggi attuali Parcheggi riqualificati Nuovi parcheggi scambiatori

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CAPITOLO 10 | L'isola degli Estensi

10.2.3 Nuova gestione dei flussi carrabili Nel progetto si persegue l'obiettivo di aumentare le superfici permeabili e questo viene reso possibile anche tramite il ripensamento della viabilità. Si cercano di creare dei circuiti che permettano di muoversi all'interno del lido senza particolari problematiche, diminuendo le carreggiate a doppio senso di marcia e aumentando i sensi unici, istituiti con zone con limite di 30 Km/h, privilegiando una mobilità lenta per l'alto numero di pedoni presenti nel periodo estivo e per poter ridurre al massimo la superficie impermeabile. Le strade interessate sono state scelte in base all'andamento altimetrico e alla difficoltà attuale di smaltire i carichi di acqua piovana durante le precipitazioni più intense. Via Ugo Foscolo, che nella parte più a Sud diventa Viale dei Castagni, sarà oggetto di riqualificazione a causa della sua posizione, situata infatti in prossimità del limite del dosso dunoso. Risulta importante raccogliere l'acqua in questo punto per poi poterla indirizzare verso il vuoto centrale. Essa diventerà a senso unico in direzione Nord-Sud collegandosi appunto al Viale dei Castagni già a senso unico di marcia. Proprio da qui si innescherà un circuito che vedrà interessate anche Via Giacomo Leopardi e Via Ludovico Ariosto che verranno rese anch'esse con un unico senso di marcia. Nella parte meridionale del lido subiranno modificazioni le traverse di Viale dei Castagni che, in maniera alternata avranno un differente senso di marcia, essendo strade a basso scorrimento non subiranno alcun disagio. L'ottimizzazione dei flussi di traffico renderà quest'ultimo molto più scorrevole anche nei periodi di maggiore affanno.

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Figura 10.7 Nuovi

flussi di traffico carrabile

Strada riconvertita a senso unico Viale destinato alla viabilità ciclopedonale

Figura 10.8 Sistema

di deflusso del acque

Area di primo allagamento (6.300 m3) Area di secondo allagamento (159.325 m3) Area di terzo allagamento (229.565 m3) Percorso acque meteoriche Giardino pluviale

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CAPITOLO 10 | L'isola degli Estensi

10.2.4 Sistema di deflusso delle acque Il tema della gestione delle acque viene affrontato sia per le mareggiate che per le acque meteoriche, che spesso provocano gravi danni su tutta la costa emiliano-romagnola. Il parco del mare avrà la parte centrale, protetta da argini che potrà essere allagata man mano che la marea inizia a salire, interessando i vari livelli, che avranno una pendenza, rienpiemdosi in successione. A causa della vicinanza con il Canale navigabile, queste aree saranno prive di grossa vegetazione, poichè i detriti provocati dalla rottura dei rami potrebbero diventare pericolosi per le imbarcazioni. Per la gestione delle acque meteoriche verranno implementati i sistemi di tubazione attuali, che risultano essere di portata insufficiente durante gli eventi più intensi. Le strade diventeranno delle vere e proprie "spugne", in grado di assorbire l'acqua e di riversarla nelle apposite condutture andando ad incrementare la superficie permeabile del lido. Le canalizzazioni termineranno nella parte centrale del Parco del mare e saranno regolate da valvole antiriflusso, infatti, quando la marea tenderà a salire queste si chiuderanno evitando che l'acqua del mare entri nelle tubazioni, mentre quando ci saranno eventi meteorici con abbondanti precipitazioni queste si apriranno lasciando fluire l'acqua.

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Note 1 Costruzione di recinzioni semipermeabili lungo la parete dunale verso il mare facilitando il deposito di sabbia portata dal vento, riducendo i danneggiamenti da calpestio e proteggendo la vegetazione esistente o trapiantata.

2

Perini L., Calabrese L., Luciani P., Olivieri M., Galassi G., Spada G. Sea-level rise along the Emilia-Romagna coast (Northern Italy) in 2100: scenarios and impacts, in Nature Hazards Earth System Science, 2017

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UN NUOVO VOLTO PER IL LIDO

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CAPITOLO 11 | Un nuovo volto per il lido

11.1 Darsena turistica

CLIMATE CHAN[C]E | Un progetto per il litorale ferrarese

Figura 11.1 Vista

assonometrica darsena turistica

11.1.1 La porta degli Estensi La nuova darsena turistica del Lido degli Estensi diventerà una nuova porta di accesso alla zona costiera, tramite l'arrivo del taxi d'acqua, proveniente dall'area riqualificata dell'ex zuccherificio di Comacchio dove verrà realizzata una piccola marina. Arrivando tramite imbarcazione sarà il primo contatto che il turista avrà con il lido, la sua posizione risulta ottimale sia per dirigersi verso il lungomare che per spostarsi in direzione Viale Carducci. Verranno realizzati dei percorsi pedonali che la collegheranno al viale rendendo più forte la connessione tra queste due polarità. Nel piazzale antistante verrà realizzato un parcheggio che permetterà di lasciare l'automobile e di compiere il percorso inverso per poter visitare la cittadina di Comacchio partendo dal lido. La sua posizione sarà anche al centro di itinerari cicloturistici, che con la realizzazione del Parco del mare permetteranno di collegare il Lido di Spina con Estensi e Porto Garibaldi. Figura 11.2 Sezioni

11.1.2 Una piazza polivalente Il progetto della darsena vuole restituire al lido non solamente una porta di accesso, ma uno spazio polivalente che permetta di essere vissuto costantemente per tutta la giornata. Sicuramente avrà rilevanza l'area di attracco delle imbarcazioni, costituita da una pedana a quota +0,75 m, ribassata rispetto al piano di calpestio della darsena. Qui sarà presente anche una biglietteria, all'interno di un chiosco rimovibile in caso di alta marea. Questa permetterà lo sbarco dei passeggeri che, tramite

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darsena turistica

Sezione A-A'

Sezione B-B'

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CAPITOLO 11 | Un nuovo volto per il lido

una scalinata, accederanno alla piazza principale posta ad una quota di 1,75 m. La scalinata, progettata con una forma a "V" permetterà anche di assistere a spettacoli sull'acqua, diventando una sorta di teatro all'aperto durante le serate estive. La piazza è contornata da tre blocchi, uniti tra loro dall'elemento porticato che ne delimita anche la forma. Il verde entra nella piazza dalla zona antistante, interrotto solamente dal passaggio porticato. Nei tre blocchi verranno inserite delle attività che permetteranno la fruzione durante tutto l'arco della giornata. Nel primo blocco sarà presente un bar al piano terra e la sala ristorante posta al primo livello. Un'attività ristorativa Figura 11.3 Vista

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sulla piazza

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risulta indispensabile in un punto di snodo come questo permettendo ai turisti di effettuare una pausa. Nel secondo verrà realizzato uno spazio polivalente per workshop e attività collettive, mentre parte del piano terra e tutto il primo piano saranno adibiti ad ospitare uno spazio espositivo con una mostra sui cambiamenti climatici e sugli impatti che questi potranno avere specialmente sul nostro litorale, andando a sensibilizzare i turisti. L'ultimo blocco prevede al piano terra attività a servizio del cicloturismo, con un punto informazioni per indicazioni sugli itinerari e le aree da scoprire e un negozio di noleggio e assistenza per le biciclette, mezzo indispensabile per scoprire questo territorio, mentre al primo piano saranno collocate una sala riunioni e una sala conferenze.

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11.2 Stabilimenti balneari

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Figura 11.4 Moduli

base stabilimenti balneari

Figura 11.5 Esempi

aggregativi di moduli

11.2.1 Strutture flessibili Il lungomare del Lido degli Estensi necessita di una riprogettazione che coinvolga anche gli stabilimenti balneari, poichè le attuali strutture risultano particolarmente impattanti, sia visivamente che sull'ambiente, e ormai piuttosto datate. Da strutture date semplicemente in concessione, negli anni, gli stabilimenti, si sono ampliati sempre di più, formando una sorta di barriera continua tra lungomare e spiaggia, per l'intera lunghezza del lido. Il progetto vuole introdurre strutture molto più flessibili, in grado di essere smontate e rimontate in brevi periodi. La scelta è ricaduta su strutture modulari in legno che meglio possono adattarsi a varie conformazioni e usi differenti. I nuovi stabilimenti sorgerebbero nei pressi dell'attuale posizione in cui si trovano ora, ma con una notevole quantità di superficie risparmiata, a vantaggio di spiaggia e di aree verdi. Inoltre sarebbero situati nella fascia retrodunale di spiaggia al fine di rimanere al riparo da eventuali inondazioni da mareggiata, senza provvedere ogni anno alla realizzazione di dune artificiali che vanno a minare l'ecosistema spiaggia. Le strutture ludiche e sportive, come campi, aree attrezzate per bambini e piscine si situerebbero anch'esse dietro la duna, lasciando in posizione avanzata solo ombrelloni e piccole strutture in legno adibite a bar sulla spiaggia, collegati tramite passerelle. Il nuovo progetto cerca di preservare queste strutture dai futuri fenomeni climatici sempre più intensi proteggendoli in maniera naturale e dando loro la possibilità di modificarsi facilmente, per assumere le migliori conformazioni possibili.

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CAPITOLO 11 | Un nuovo volto per il lido

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11.2.2 Le possibilità del modulare

re soltanto il piano terra oppure essere dotati anche di un primo piano, in parte scoperto, adibito a terrazza per consentire una visuale che permetta di vedere il mare. La scelta del modulare potrebbe essere quella più indicata per edifici che saranno dati in concessione, tenendo maggiormente controllate le possibili espansioni che dovranno fare fede ad un preciso progetto.

La realizzazione dei nuovi stabilimenti balneari avverrà con una struttura modulare in legno, permettendo di puntare su flessibilità e leggerezza delle strutture. Queste verranno realizzate con dei moduli di 5x5 m che unendosi tra loro daranno vita ai nuovi edifici, dando la possibilità di assemblare i moduli in maniera differente e creando varie conformazioni. La struttura dei moduli sarà realizzata con l'Xlam, una delle migliori tecniche per edifici modulari in legno. La volontà è di progettare strutture che possano modificare il proprio assetto in poco tempo e possano in un futuro essere espandibili. Gli edifici potranno aveFigura 11.6 Vista

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dalla duna

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CAPITOLO 11 | Un nuovo volto per il lido

11.3 Strada permeabile 11.3.1 La criticità: gli allagamenti In questo paragrafo affrontiamo uno dei maggiori problemi che affligge il lido, già al giorno d'oggi, la gestione delle acque piovane. Durante gli eventi climatici di maggiore intensità si registrano spesso allagamenti e disagi causati da una rete fognaria inefficiente e insufficiente. I maggiori disagi si presentano soprattutto nella parte Nord del lido, a ridosso del portocanale con allagamenti dovuti alle precipitazioni e da mareggiata. Specialmente durante il periodo estivo questa situazione può creare moltissimi disagi, a causa dell'elevato numero di persone che frequentano il lido, infatti, come visto nell'analisi il numero di presenze decuplica rispetto al periodo invernale. Allo stato di fatto le acque meteoriche che cadono sui tetti, e sulle aree cortilive (che sono una buona percentuale del suolo di Lido degli Estensi all’interno del suo perimetro) e vengono disperse sul terreno libere di infiltrarsi in falda. Le acque meteoriche che cadono sui manti asfaltati delle strade e delle piazze vengono raccolte in fognatura ad acque bianche, che le porta al di fuori del bacino idrogeologico di Lido degli Estensi. Il sito in esame è formato da terreni sabbiosi che permettono l’infiltrazione dell’acqua ed il deflusso di essa verso mare. Il progetto tenta così di proporre delle soluzioni efficaci che possano dare risposta a queste problematiche ed evitare che questi disagi si ripetino in futuro, anche con eventi metereologici più intensi, cercando di aumentare le superfici permeabili per la raccolta e lo smaltimento delle acque.

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11.3.2 I nuovi percorsi dell'acqua Il Lido degli Estensi sorge su una striscia di terra emersa larga un paio di chilometri, compresa tra il mare Adriatico ad Est, e le Valli di Comacchio a Ovest. La topografia del settore del lido posto ad Est del canale delle Vene è variabile in quanto l’urbanizzazione di Lido degli Estensi si è sviluppata sopra allineamenti di paleodune costiere testimoni della progradazione verso Est della linea di costa e ad Ovest verso il vuoto compreso tra l'edificato costiero e l'urbanizzazione lungo la S.S. 309 Romea. Questa morfologia può essere sfruttata per faFigura 11.7 Gestione

delle acque meteoriche

1 Strada pendenziata verso il canale di raccolta 2 Canale di raccolta delle acque meteoriche 3 Parcheggi con pavimentazione drenante 4 Bacino di raccolta delle acque 5 Argine di difesa per inondazioni dovute alla marea 6 Nuovo collettore portocanale-Logonovo con aree di laminazione 7 Sistema scolante acque meteoriche

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CAPITOLO 11 | Un nuovo volto per il lido

vorire il deflusso delle acque meteoriche per gravità, dal dosso dunoso fino ai terreni più depressi. Il progetto prevede così ambiti di raccolta delle acque meteoriche, specialmente lungo gli assi stradali che costituiscono le maggiori superfici impermeabili del lido. Queste diventarenno dei veri e propri corridoi ecologici, raccogliendo le acque che verranno convogliate in questi specifici punti. Le strade da riqualificare e rendere maggiormente permeabili sono state identificate in base alla loro posizione e alle quote altimetriche che queste intersecano, al fine di favorire il deflusso naturale. Le acque potranno anche essere raccolte nei giardini pluviali, in aree leggermente depresse che potranno ospitare sia l'acqua raccolta dalle loro vicinanze sia acqua proveniente dai nuovi sistemi di raccolta posti sotto le strade riqualificate. Essi vedranno una conformazione prevalentemente ad acqua nei periodi di maggiore necessità, mentre in condizioni di normalità saranno dei parchi pubblici con spazi per la socialità. Questo intervento avrà così una duplice funzione, quella di raccolta e gestione delle acque meteoriche, ma anche di luogo di socialità e di incontro. Le acque proseguiranno poi il loro percorso fino a giungere al vuoto centrale costituito da Parco del mare. Qui le tubazioni si apriranno e permetteranno il deflusso dell'acqua al di fuori delle nuove arginature. Queste tubature saranno regolate da valvole antiriflusso che permetteranno lo scolo a mare delle acque meteoriche ma si chiuderanno nei periodi in cui la marea si alzerà, evitandone la risalita. La zona allagabile del Parco del mare si presta particolarmente a questa destinazione d'uso, infatti, specialmente negli ultimi anni, la subsidenza ha di fatto avvicinato la

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falda freatica al piano di campagna rendendolo inutilizzabile a fini antropici. Spesso il livello di falda supera la quota del piano campagna procurando allagamenti persistenti, ricorrenti più volte durante l'anno. Essendo molto vicina al mare la falda risulta salinizzata, rendendo di fatto questi territori contaminati e non più in grado di produrre. Le cause sono riscontrabili nell'infiltrazione delle acque da mare come avviene periodicamente in maniera incontrollata. Figura 11.8 Sezioni

strada di progetto

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CAPITOLO 11 | Un nuovo volto per il lido

11.3.3 Le strade come reticolo di scolo Nell’ isola compresa tra il Canale Logonovo, il canale Navigabile ed il mare non è presente nessuna rete di irrigazione, che possa apportare acque dolci. Per non privare l'acquifero freatico di preziosa alimentazione di acqua dolce è bene raccogliere le acque piovane dai tetti e e dalle superfici impermeabili per poi disperderle nel terreno, e non nelle fognature. Nel bilancio idrogeologico dell’area gli apporti positivi di acqua dolce si sottolinea ancora essere costituiti prevalentemente dalle acque meteoriche ed in parte trascurabile da acque di irrigazione dei giardini da parte di privati attraverso la fornitura acquedottistica. Figura 11.9 Vista

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Il progetto comprende soluzioni tali da favorire l’infiltrazione in falda freatica di quanta più acqua meteorica possibile. I nuovi canali posti sotto i sistemi stradali riqualificati convoglieranno parte dell'acqua al Parco del mare, ma in parte la potranno disperdere nell'acquifero favorendo la ricostituzione della falda freatica dolce. Importanti per soddisfare questo bisogno saranno anche i giardini della pioggia. Per la realizzazione delle strade si prevede anche la conversione dei parcheggi in superfici permeabili tramite l'utilizzo del calcestruzzo drenante. Ai lati si ricaveranno delle fasce verdi dove l'acqua potrà essere assorbita dal suolo o raggiungere le nuove canalizzazioni.

dalle Piazza su Viale Carducci

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CONCLUSIONI


CONCLUSIONI

La tesi ha cercato di proporre delle soluzioni per contrastare gli effetti derivanti dal cambiamento climatico, ponendosi come riferimento l'anno 2100, in un territorio particolarmente vulnerabile qual è il Delta del Po. Il problema pricipale viene identificato con l'innalzamento del livello marino, accentuato da una serie di problematiche locali, quali la subsidenza e le basse quote altimetriche della Pianura Padana, che rendono l'area particolarmente soggetta a rischio idrogeologico. Ciò che prima si presentava come un paesaggio d'acqua, scandito soltanto dall'alternarsi dei cordoni dunosi emersi, oggi appare invece come una landa completamente prosciugata, a vantaggio della produzione agricola. L'acqua, vista come un pericolo, viene quindi confinata all'interno di canali artificiali, separandola dal resto del paesaggio. Il progetto non mira alla ricostituzione del paesaggio originario, ma attraverso un attento studio dei caratteri del territorio, si è cercato di trovare le migliori soluzioni affinchè questo potesse sopportare le future pressioni climatiche. Ciò che si è messo in discussione è stata l'attuale gestione "rigida" delle acque, a vantaggio di interventi "resilienti" che possano diventare un'occasione per uno sviluppo più sostenibile della costa. Questo ridurrebbe notevolmente il rischio idrogeologico, aumentando la capacità di adattamento e costituendo una possibile nuova opportunità dal punto di vista economico e sociale. Da questi interventi potrebbero ricavarne benefici le attività locali come l'agricoltura, pur vedendo ridotte le sue possibilità a vantaggio dell'acquacoltura, già oggi importante fonte di reddito dell'area ma in costante crescita a livello mondiale. Si riscoprirebbero anche dei paesaggi "anfibi" che un tem-

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po caratterizzavano l'area in maniera massiccia. Questo potrebbe favorire un ulteriore sviluppo del turismo lento, creando nuovi punti attrattivi e nuovi corridoi per unire le aree naturalistiche già esistenti. L'acqua però, potrebbe essere maggiormente sfruttata anche dal punto di vista della mobilità, grazie alla presenza del Canale navigabile che costituisce il tratto finale dell'Idrovia ferrarese. Per diminuire il traffico che congestiona la Romea nei mesi estivi viene proposta la possibilità di sfruttare il canale per costituire delle rotte di taxi d'acqua che colleghino i parcheggi scambiatori di Comacchio con la costa. Un cambiamento sarà possibile soltanto grazie ad una nuova metodologia di gestione idraulica, sostituendo l'attuale approccio "rigido" e tecnico con uno flessibile e paesaggistico che permetta di creare spazi ibridi che possano cambiare la loro utilità e la conformazione a seconda delle esigenze del territorio. Infine le future scelte politiche e le decisioni che verranno prese permetteranno di sfruttare questa occasione, salvaguardare importanti aree turistiche e naturalistiche dagli effetti dei cambiamenti climatici ma anche la possibilità di migliorare la fruizione e la gestione di questi agglomerati urbani che risultano al giorno d'oggi carenti sotto molti punti di vista. La crisi climatica ci pone di fronte ad un bivio, agire nella giusta direzione, investendo oggi, permetterà di evitare problemi in un futuro anche lontano.

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Sitografia ambiente.regione.emilia-romagna.it comune.comacchio.fe.it drtlne.wixsite.com ec.europa.eu/info/index.it geoportale.regione.emilia-romagna.it protezionecivile.regione.emilia-romagna.it sealevel.climatecentral.org www.arpae.it www.bonificadeltadelpo.it

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www.bonificaferrara.it www.comune.fe.it www.deltaduemila.net www.ferraraterraeacqua.it www.ferraradeltapo-unesco.it www.igmi.org www.ipcc.ch www.isprambiente.gov.it www.ottocentoferrarese.it www.parcodeltapo.it www.progettoidroviaferrarese.it www.venetoagricoltura.org www.visitcomacchio.it

Cartografia Carta del Ferrarese, Vienna Kriegsarchiv, doc. B VII a 2846. Carta I.G.M., 1950. Estratto (n. 11581), Lidi e Valli di Comacchio (B0004081), 1984, Biblioteca San Marco. Estratto Carta d’Italia (n. 27176), Foglio 077, Comacchio (SE000978), 1913, Archivio Fotografico. Gnoli B., Corografia dello Stato di Ferrara con parte degli Stati al medesimo Ducato confinanti, 1645, Ferrara, Biblioteca Ariostea, Fondo Cartografico Crispi, Serie XV, tav. 11. Tavola n. 50 - Bonifiche storiche per anno di completamento”, Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, 2019.

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RINGRAZIAMENTI


RINGRAZIAMENTI

Un sentito ringraziamento lo rivolgiamo al prof. Farinella in primis per la sua straordinaria disponibilità, sapendo coinvolgerci con la sua passione e per averci seguito e supportato durante questo percorso. Al pari del prof. Farinella dobbiamo ringraziare la prof. Dorato, sempre disponibile per qualsiasi chiarimento e per averci sempre riportato sulla retta via con i suoi consigli. Entrambe queste figure sono state fondamentali per la realizzazione del nostro lavoro, ma sopratutto abbiamo apprezzato la disponibilità e la passione, non sempre facile da trovare, non facendoci mai mancare niente.

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Un ringraziamento va anche al nostro correlatore, l’ing. Alessandro Bondesan, da sempre entusiasta del nostro lavoro e dispensatore di consigli fondamentali in campi a noi più lontani. Questo percorso ci ha permesso di conoscere un serio professionista ma anche una persona molto disponibile che si è sempre prodigata per la migliore riuscita del nostro lavoro. Un ultimo ringraziamento lo rivolgiamo a Lorenzo Calabrese, geologo e funzionario presso la regione Emilia-Romagna per la disponibilità ad incontri telematici per qualsiasi tipo di chiarimento.

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RINGRAZIAMENTI

Francesca Un sentito grazie a tutte le persone che mi hanno permesso di arrivare fin qui e di portare a termine questo lavoro di tesi. Ringrazio infinitamente i miei genitori, Daniele e Mirella, che mi hanno sempre sostenuto, appoggiando ogni mia decisione, fin dalla scelta del mio percorso di studi. Non finirò mai di ringraziarvi per avermi permesso di arrivare fin qui. Ringrazio mia sorella Elisa che in questi anni mi ha letteralmente sopportato, sopratutto in sessione, e mi ha aiutato a superare i momenti più difficili. Ringrazio la mia famiglia, in particolare i miei nonni, Celesta, Luciano e Enos, per l’amore che mi hanno saputo donare e per l’appoggio che non mi hanno mai fatto mancare. Grazie a mia zia Errica che mi ha insegnato a non mollare mai anche nei momenti più difficili. Sei una donna fortissima. Ringrazio Giacomo per l’aiuto, il sostegno e per avermi pazientemente spronato durante questo percorso. Sei stato il miglior compagno che potessi desiderare. Ringrazio i miei amici di una vita per esserci sempre stati fin da quando eravamo all’asilo. Grazie per essere quella costante su cui so di poter fare sempre affidamento. Un particolare ringraziamento a Sara, la mia compagna di avventure, grazie per avermi sempre appoggiato, anche nei viaggi più folli. Grazie alla mia coinquilina, con la quale ho vissuto un sacco di momenti indimenticabili e che c’è sempre stata fin da quando eravamo piccole.

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Un ringraziamento ai miei compagni universitari che hanno condiviso con me gioie e fatiche di questi cinque anni trascorsi insieme. Ringrazio Michela, la mia compagna di viaggio sin dal primo giorno universitario, con cui ho condiviso intense nottate e corse per stampare, il cui supporto in ogni momento non è mai mancato. Grazie per aver ascoltato i miei sfoghi, grazie per tutti i momenti di spensieratezza passati assieme. Ringrazio i miei due colleghi, Elisa e Tommaso, per essermi stati accanto in questo intenso periodo di collaborazione e per gioire, insieme a me, dei traguardi raggiunti. Infine, dedico questa tesi a me stessa, ai miei sacrifici e alla mia tenacia che mi hanno permesso di arrivare a questo traguardo nonostante le difficoltà incontrate alla fine del percorso. Ma soprattutto dedico questo “successo” a mia nonna Renza che sicuramente sarebbe stata orgogliosa dei miei risultati e che, anche se non c’è stata fisicamente, ha per me rappresentato un punto fermo lungo tutto il mio percorso e durante tutta la mia vita. Grazie a tutti, senza di voi non ce l’avrei mai fatta.

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RINGRAZIAMENTI

Tommaso I primi ringraziamenti vanno alla mamma, al papà e al bomber senza i quali non avrei raggiunto questo risultato, dandomi tutto l'appoggio di cui avevo bisogno e sostenendomi con fatti e parole. Mi avete insegnato ad essere responsabile, fermo e deciso, qualità che mi porterò sempre dietro, formando la persona che sono ora. Un ringraziamento lo devo alle nonne Gabri e Lilli che attendevano questo giorno anche più di me, nella speranza di averle rese fiere. Il più sentito però va a chi non c'è più, e a chi avrebbe voluto esserci più di chiunque altro, ai nonni, Arrigo e Renzo, spero di avervi reso orgogliosi dato che mi starete sicuramente guardando da lassù. Ai miei cugini, Angel, Monica e Matilde, per i bei momenti passati e per essere cresciuti insieme. Alle zie e agli zii sempre presenti e interessati al mio percorso, parti fondamentali della nostra bellissima famiglia. Agli amici di sempre di Er Club che da poco sono diventati anche soci. A Teo, da sempre e per sempre una cosa sola, grazie di tutto, per esserci e per essere la parte più tranquilla di me, che placa la mia impusività; a Casta, ph. ufficiale della tesi e sempre pronto ad aiutarmi in qualsiasi momento da quando eravamo piccoli e a Pippo per essermi sempre stato accanto e per l'aiuto anche nei periodi più difficili. Un ringraziamento a Pippo, Poltro, Palmo e anche al Gambero, ci siamo visti poco tra tutti gli impegni ma quando stiamo insieme mi sento sempre a casa. A Cocò e Gorghi ormai amici da una vita, tra bei momenti ed incomprensioni negli anni abbiamo formato una bella

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squadra, con anche la partecipazione di Teo, per questo vi voglio ringraziare. Non posso non menzionare i bellissimi del Playa Loca, Eddi e Lomu, grazie per rendermi le estati speciali e per aumentare il livello sana ignoranza del quale non posso fare a meno. Agli amici dell'univerisità, con cui ho instaurato un bellissimo rapporto fin dal primo giorno Elia, Mari, Checco, Nicolò e tutti gli altri. Alle compagne di tesi Elisa e Francesca per ave condiviso con me questo percorso, fatto di alti e bassi, ma svolgendo un bellissimo lavoro. Un ringraziamento speciale al mio uomo preferito JC, compagno di avventure e serate inenarrabili, cose che voi umani non potete neanche immaginare, il tutto con il consueto aplomb che ci ha sempre contraddistinto, ma anche amico sincero e disponibile. Alle mie Amiche, LA PUNTU ed Eli, siete state il tocco di Photoshop al mio percorso universitario, rendendo tutto più speciale. Un ringraziamento lo devo alla mia squadra, la Vis 2008, per questi anni di soddisfazioni e cresciata personale, arrivando fino sul tetto d'Italia, 14 anni fa sono arrivato bambino e me ne vado da adulto. Grazie davvero a tutti, non sarebbe stato lo stesso senza ognuno di voi!

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RINGRAZIAMENTI

Elisa Grazie ai miei genitori, a cui dedico tutto il mio percorso, grazie per avermi dato tutto e per avermi lasciata libera di scegliere, grazie per il valore che mi fate sentire di avere. Grazie a mia sorella Silvia, per ridere delle mie stranezze, per esserci. Grazie al mio piccolo Roy. Grazie alle mie nonne, per avermi fatto sempre capire cosa fosse davvero importante e per aver tentato – inutilmente - di rendermi una persona ordinata. Grazie per l’esempio straordinario e prezioso che siete e sarete sempre. Grazie Mirella, per l’ascolto, la comprensione, grazie per il punto di riferimento fondamentale che sei per me. Grazie a tutte le mie affettuose zie. Grazie Filippo, per esserci sempre, per avermi spinta a migliorare, per aver sempre creduto in me ed in noi. Grazie per la perseveranza, grazie per aver voluto anche la versione peggiore di me. Grazie per avere gli occhi più belli che conosco. Grazie Glori, per aver riso e pianto insieme da quando siamo piccole. Grazie per avermi fatto vivere ogni singola sfaccettatura della parola amicizia. Grazie per essere l’altro biscotto del “ringo”. Grazie Anto, per avermi accompagnata qualunque strada volessi percorrere. Grazie per la dolcezza rara che riveli e per avermi dimostrato cos’è un’amicizia profonda e sincera. Grazie Michi, per esserci stata ogni giorno incondizionatamente. Grazie per avermi mostrato la parte più nascosta di te. Grazie per l’importanza che mi riservi e per essere una certezza da quando ti conosco. Grazie a Angi, Manu, Rosa, Eri per i preziosi momenti

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condivisi in questi anni. Grazie per la vostra presenza. Grazie Carlo, per avermi fatto scoprire la tua sensibilità unica. Grazie per averci bevuto sopra assieme, per la crescita. Grazie Ebi e Nico, per il tempo che avete sempre trovato anche quando non ci vedevamo da un po’. Grazie Samu, per la tua pazienza e per aver studiato all’ultimo minuto con me. Grazie per essere stato una sicurezza in un posto che mi metteva paura. Grazie Elena e Laura, per le tante cose che in questi 5 anni abbiamo condiviso: gioie, dolori, malattie, paure, debolezze, cibo, chiacchiere e qualche piangiutino. Grazie Tommi, per avermi fatto invidiare la tua organizzazione. Grazie per esserti fidato di me, per la pazienza che mi hai riservato. Grazie per essere un amico. Grazie Michi C, per la tua dolcezza, per la “rigorosa precisione” con cui apprezzi il mio lato più spensierato. Grazie Giuseppe e Nicolò, per non aver perso occasione per farmi fare una risata. Grazie per l’elevatezza dei discorsi e per la vostra/nostra leggerezza che è tutt’altro che superficialità. Grazie alle mie dolci Ele, Otti, Mathi. Grazie alla mia tenera coinquilina Michi F. Voglio ringraziare chi ha condiviso anche solo una piccola parte di questo percorso con me, chi mi ha spinto a fare del mio meglio, chi mi ha insegnato qualcosa. Grazie soprattutto a chi mi ha dato la possibilità di essere me stessa.

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ELABORATI GRAFICI














LAUREANDI Bulgarelli Francesca Gnani Tommaso Oca Elisa RELATORI Farinella Romeo Dorato Elena CORRELATORI Bondesan Alessandro

Laboratorio di sintesi finale D Tesi di laurea A.A. 2020-2021 18/03/2022


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