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EDITORIALE Cari amici d’oltremanica, Un nuovo numero tutto particolare della nostra fanzine preferita. Storia, stadi, libri, come al solito c’è molta carne al fuoco. Partiremo dalla Greater Manchester, e più precisamente da Rochdale, e dalla sua storia finale di FA Cup, come presentato in copertina. Ci sposteremo poi di pochi chilometri, e faremo un altro salto indietro nel passato dell’Huddersfield, che alla fine degli anni 20 si impone in campionato sotto la ferrea guida di un certo Herbert Chapman, mitico pioniere anche del mito dell’Arsenal. Stoke-on-Trent sarà la tappa del nostro viaggio attraverso gli stadi di Gran Bretagna, questa volta uno stadio moderno, funzionale, casa dello Stoke City. La pillola di questo numero è però l’avventura del modesto Exeter che affronta un viaggio di 18 giorni in transatlantico. No, non c’entra il Titanic questa volta, anche se tutto cio’ accade solo due anni dopo quella tragedia. Questa volta invece, sarà manna dal cielo per chi il calcio non lo conosceva ancora: il Brasile e la sua federazione, vedono la luce proprio nell’estate del 1914 quando calciatori di Rio e San Paolo si uniscono per affrontare i biancorossi inglesi in una amichevole. E dato quello che succederà nei decenni a venire, i verdeoro devono essere molto grati anche agli avventurieri britannici…. Chiuderemo poi con un interessante libro profumato di nuovo di FA Cup, e un interessante viaggio sulla costa nord-est inglese, a Middlesborough, e al suo RIverside Stadium.
Buona lettura
BritishStyle
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INDICE
p. 4 - LA FINALE DEL ROCHDALE p. 6 - L’HUDDERSFIELD DEL MITO p. 10 - EXETER CITY-BRASILE p. 13 - STADI: BRITANNIA STADIUM p. 14 - VIAGGI NELLE ISOLE BRITANNICHE: A TRIP TO MIDDLESBOROUGH p. 16 - LIBRI: COME GLI WANDERERS VINSERO LA COPPA D’INGHILTERRA
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LA FINALE DEL ROCHDALE L’unione fa la forza. E permette di mangiare. Nel 1844 nella cittadina inglese di Rochdale, nei pressi di Manchester, una trentina di tessitori minacciati dalla fame, svilupperanno, sotto la guida di Charles Howart, il primo spaccio cooperativo con il fine di “migliorare la situazione economica e sociale dei soci”, passato alla storia con la denominazione di “Società dei Probi Pionieri”. Questi uomini decisero di dare ciascuno una sterlina al mese alla società in maniera tale che dopo quattro mesi di raccolta fondi ebbero fra le mani un capitale solido. Il 21 dicembre aprirono il loro negozio che vendeva burro, zucchero, farina, the e tabacco. Si chiamerà “Rochdale Society of Equitable Pioneers” ovvero la prima cooperativa di consumo, base del moderno movimento cooperativo. D’altre parte bisogna crederci nelle cose. “Crede Signo”. Lo dice anche il motto latino della locale squadra di calcio, il Rochdale AFC, fondato nel 1907. Per tutti il “Dale”. A dire il vero Il primo club del posto, con identico appellativo fu creato undici anni prima nel 1896 e giocava all’ Athletic Grounds, fino a quando non gli fu offerto l'uso del campo da gioco della zona di St Clements che si sarebbe poi evoluto nello Spotland attuale. Le misere folle, e i magri incassi dell’epoca non permisero però lunga vita al sodalizio costretto a sciogliersi nel 1900. Il suo posto venne preso da un altro club chiamato Rochdale Town, locato nel vicino Dane Street. Dopo la fine dell’originario Rochdale, sono stati invitati a utilizzare St Clements. Il soggiorno è durato poco più di una stagione. Il proprietario del terreno dei St Clements Playing Fields in Sandy Lane, infatti, Harvey Rigg, un ex segretario di una società di rugby scomparsa, aveva un disperato bisogno di un attrazione più significativa per aumentare il pubblico nel suo impianto. Nel 1907 convocò una riunione proponendo di rilanciare il nome dell’AFC Rochdale. Sarà la svolta decisiva, e dopo gli anni della Lancashire Combination, nel 1921 la squadra entrò a far parte della Lega Calcio inglese. Curiosità storica. Il 29 agosto del 1931, nella partita d’apertura della stagione contro l’Accrington Stanley a Spotland, ci furono quasi 7000 presenze, mentre nel non troppo lontano Old Trafford a vedere lo United giocare con il Southampton accorsero solamente in poco più di 3000 spettatori. Non male per quello che era e resta un sobborgo della grande Manchester. Da allora molta acqua è scorsa sugli argini del fiume Roch da cui la città, dal raffinato municipio Vittoriano, prende il nome. Quella più fresca è brillante probabilmente è passata nel 1962, quando il Dale da formazione di Quarta Divisione raggiunse sorprendentemente la finale della seconda edizione della Coppa di Lega. E fra l’altro, fino allo scorso anno potevano detenere questo record in perfetta solitudine, poi il clamoroso cammino del Bradford City lì ha accumunati al club di Valley Parade nell’impresa. Nel 1962 il manager del Dale, che nel frattempo era tornato a giocare indossando la divisa originaria bianconera, era Tony Collins che aveva sostituito due anni addietro Jack Marshall. Collins, londinese di Kensington in carriera aveva girato una decina di squadre, fra cui Crystal Palace, Norwich, e Watford, 4
macinando miglia sull’out di sinistra, ma la sua particolarità aldilà delle mere statistiche fu tuttavia un'altra. Sarà, infatti, il primo allenatore di “colore” a sedersi sulla panchina di un club inglese, viste le sue evidenti origini afrocaraibiche. La Coppa di Lega era stata introdotta nella stagione precedente, ma molti club importanti non sono stati motivati ad entrare nei primi anni della competizione, poiché all’inizio, questo torneo non permetteva una porta d’ingresso per le coppe europee e nemmeno il lustro di giocarsi a Wembley l’atto conclusivo, da disputarsi invece con un doppio confronto, andata e ritorno. Il Rochdale 1961/62 è questo: Ted Burgin fra i pali, difensori Stanley Milburn, Doug Winton, Ray Aspden, e Jimmy Thompson, in mezzo al campo, Norman Bodell, Doug Wragg, Stan Hepton, e Ronnie Cairns. Finalizzatori Luois Bimpson e Colin Whitaker. Tutti inglesi tranne Winton, scozzese ed ex eccellente giocatore di Burnley e AstonVilla. La corsa verso la finale del Rochdale di Quarta Divisione, partì dal sud dell’Inghilterra con una trasferta al The Dell di Southampton. Fu un incontro combattuto come riportano le cronache terminato a reti bianche e quindi da risolvere nel replay a Spotland. Con una certa sorpresa il Dale trionfò 2-1 e finì nel turno successivo a giocarsela in casa contro il compagno di categoria Doncaster Rovers, che se ne andò con le ossa rotte da Rochdale sconfitto da un perentorio 40. Ancora le mura amiche vedranno impegnati i ragazzi di Collins nel terzo round della Coppa, e questa volta gli ospiti furono i londinesi del Charlton Athletic, un team al momento militante in Seconda Divisone. Anche gli Addicks saranno piegati per 1-0. Ora era tempo di quarti di finale, era tempo di incontrare lo York City, con l’urna del sorteggio decisamente sempre favorevole, che disse ancora una volta Spotland. La partita finì 2-1 per il Rochdale, mettendo il club dal raffinato stemma araldico con gli otto merli dell’antica famiglia Rochdale, che fanno da contorno a un vello di lana, nelle semifinali a guadagnarsi un affascinante e “lucrosa” doppia sfida contro il Blackburn Rovers. Il match di andata confermò la garanzia del terreno amico, e il Dale passò con merito 3-1. A Ewood Park ci mancò poco però che il Blackburn non ribaltasse la situazione andando avanti 2-0. Un risultato che in virtù della regola dei goal segnati in trasferta lo avrebbe portato dritto in finale, ma quando tutto sembrava perduto, arrivò la rete del Rochdale che cambiò il punteggio e decise la finalista. Con tutta sincerità contro il Norwich City guidato dal cannoniere Terry Bly e dal capitano Ron Ashman, sia il 26 aprile che il 1 maggio 1962 non ci fu molta storia. Zero a tre in casa con la doppietta di Derrick Lythgoe e il terzo centro firmato Bill Punton, e sconfitta anche a Carrow Road di misura, per via di un tiro dell’ala dei gialli Jimmy Hill, che superò il portiere Burgin e chiuse la pratica. Il signor Len Shipman delegato della federazione consegnò il trofeo al Norwich City. Restò la fama, una dicitura da “runners up” nell’albo d’oro, e una lacrima per i tifosi.
SirSimon 5
L’HUDDERSFIELD DEL MITO
Potremmo non averci nemmeno mai pensato, ma la camicia che ogni tanto portiamo addosso potrebbe raccontare migliaia di storie. Oppure il cappotto che indossiamo, o la giacca che abbiamo sulle spalle. Indumenti che in molti casi, rappresentano passione, impegno, simboli di generazioni di fatica e sudore. Tuttavia, sono proprio questi valori che troppe persone, troppo spesso dimenticano. A Huddersfield nello Yorkshire, dove molti tessuti pregiati vengono prodotti, gli uomini lavorano su macchine così antiche da essere uniche al mondo. Oggi, la forza lavoro inglese, è accantonata in nome di produzioni sempre più moderne ma sempre meno di qualità. Il “tocco” locale resta unico, impossibile replicarlo senza le giuste conoscenze o senza le condizioni climatiche dell’area circostante. Loro lo sanno, e nonostante le difficoltà, con smisurata dignità continuano il loro lavoro. Se ne stanno dritti come eroi, le facce segnate, che sembrano scavate nella pietra dei vicini monti pennini, mentre a valle il vento piega l’erba come le loro delicate fibre di tessuto. La fierezza nel sapere di possedere capacità uniche da trasmettere gelosamente alla nuova generazione. Huddersfield, è un antico borgo medioevale non molto lontano da Leeds, dove la tradizione è bellezza da conservare, e i suoi abitanti lo sanno. E l’Huddersfield Town, la locale squadra di calcio cittadina fa parte di questi valori. Nel 2008 ha festeggiato il suo centenario. Fu fondata ufficialmente il 15 agosto del 1908, e un certo Frederick Walker detto Fred, ne è stato il primo player-manager. Lui naturalmente c’era quando un mese dopo la nascita, il club fece il suo esordio in un amichevole giocata contro il Bradford Park Avenue e vinta per 2-1 davanti alle oltre mille persone stimate. A onore del vero, l’inaugurazione definitiva fu quella del 2 settembre 1911, dopo l’iscrizione alla Football Association, con la presenza del presidente della federazione John McKenna. Un irlandese ex giocatore di rugby, con i baffi a manubrio e lo sguardo accigliato. Non andò tutto per il verso giusto. L’impianto revisionato l’anno precedente dall’onnipresente Archibald Leitch, mostrava diverse carenze e problematiche, tanto che ci fu anche un tentativo di citare in giudizio il celebre architetto, ma gli amministratori del club trovandosi già alle prese con un debito piuttosto cospicuo desistettero dall’idea. E non solo da quella.
Dopo appena quattro anni l’Huddersfield era in liquidazione. Venne riformato sette anni dopo, nel 1919, ma le sventure non erano finite, tanto che rischiò addirittura di scomparire. Volevano portarlo a Leeds. O meglio, volevano portare a Leeds il titolo sportivo. Il progetto, poi fortunatamente andato a vuoto, fu portato avanti da Hilton Crowther, ricco proprietario di un lanificio nonché dell' Huddersfield Town 6
stesso, deluso, sembra, dalla scarsa partecipazione del pubblico dei Terriers. E qui occorre ovviamente una digressione obbligatoria. Il soprannome sicuramente molto azzeccato è stato introdotto però solo nella stagione 1969/70 da un’idea di Bill Brooke, identificando il terrier,(una razza canina molto diffusa in quella zona)con le capacità e la tenacia di una squadra giovane come era quella dell’Huddersfield in quella stagione. Si consideri che Il primo Yorkshire Terrier è stato registrato nel 1880 ed è stato nominato “Huddersfield Ben”. Nella seconda metà dell’ottocento gli operai portavano i loro piccoli terrier a pelo lungo a lavoro con loro affinché cacciassero i topi che arrecavano molti danni alle sacche di lana. Nello stesso periodo, i minatori dello Yorkshire, si comportavano allo stesso modo utilizzando questi cani per scacciare i fastidiosi roditori all'interno delle miniere di carbone. Grazie alle loro piccole dimensioni e alla loro agilità potevano facilmente entrare nelle gallerie più strette e cercare nelle evenienze, e in caso di pericolo, minatori in difficoltà.
Oggi chiaramente non si richiede più a questo particolare cagnolino di cacciare i topi, ma sicuramente l’attitudine a quest’attività, non è andata perduta. E l’Huddersfield Ben è considerato il progenitore di questa razza. Tornando a temi più strettamente calcistici, il soprannome più duraturo del club è stato però, quello usato più di frequente fino al giorno d'oggi è cioè “The Town”. Adesso sarebbe il momento di provare a cantare, perché nella storia dell’Huddersfield dei primi anni venti, sta entrando una canzone, popolare e molto in voga nel periodo: “Smile a While”. Sarà adottata dai tifosi e diventerà la colonna sonora dei grandi successi di questa squadra, con un direttore d’orchestra d’eccezione: Herbert Chapman. Chapman nacque il 19 gennaio 1878 a Kiveton Park, un piccolo villaggio minerario al confine fra il South Yorkshire e il Nottinghamshire. Non fu certo memorabile come giocatore, una mezzala tozza e robusta ma niente di più. Fra il 1897 e il 1907 militò in dieci formazioni diverse (Stalybridge Rovers, Rochdale, Grimsby, Swindon, Sheppey United, Worksop, Northampton, Sheffield United, Notts County e Tottenham) sempre con uno status di tipo dilettantistico, sfruttando però la sua laurea in ingegneria mineraria per lavorare nelle varie città in cui in quel momento si trovava a giocare. Nel frattempo stava cominciando a studiare i vari metodi di gioco dei suoi allenatori. Nel 1907 fece ritornò a Northampton nelle vesti di allenatore-giocatore, e due anni dopo decise di appendere le scarpe al chiodo e cominciò a mostrare notevoli qualità manageriali guidando i suoi uomini alla conquista del campionato di terza divisione. Dopo altre tre buone annate a Northampton, fa ritorno a casa, nello Yorkshire, accettando di diventare l'allenatore del Leeds City. Nel 1913-14 portò la formazione al miglior risultato della sua storia, vale a dire il quarto posto in seconda divisione. Il 4 ottobre del 1919 il Leeds City venne espulso dalla Football League per pagamenti illegali ai giocatori durante il periodo bellico: dirigenti e allenatori vennero radiati e i giocatori addirittura venduti all'asta, (tenutasi in un hotel di Leeds) a prezzi stracciati. Nel 1921 Chapman, riuscì a dimostrare la sua estraneità allo scandalo e fu riabilitato. Le ceneri del Leeds City non vennero comunque gettate nei crinali spazzati dal vento della contea, la città dello Yorkshire risorse sportivamente con il nome diventato poi leggenda di Leeds United. E allora ecco Huddersfield, dove al termine della prima stagione alzò subito il primo trofeo della sua carriera, la F.A. Cup 1922. 7
Quella fu l’ultima finale che si giocò in uno stadio diverso da Wembley, che aprì i battenti l’anno successivo. Due anni prima i terriers erano stati battuti dall’AstonVilla, in una partita dove sulla maglia apparve un primo “crest” con la” coat of arms” cittadina. L’incontro del 1922 si giocò a Stamford Bridge contro i rivali del Preston North End e fu deciso da un goal di Billy Smith su calcio di rigore nel secondo tempo. Smith entra nella storia del club anche per altri tre motivi. Intanto fu uno dei cinque giocatori dell’Huddersfield Town facenti parte della nazionale scozzese che demolirono l’ Inghilterra a domicilio per 5-1. Passarono agli annali come i “Wembley Wizards”. Con lui c’erano Bob Kelly, Roy Goodall, Tom Wilson e Alex Jackson. Nel novembre del 1924, quando le regole della federazione cambiarono, e fu possibile convalidare il goal segnato direttamente da calcio d’angolo, fu il primo a metterlo a segno, in un incontro vittorioso con l’Arsenal terminato 4-0. Non solo, c’è anche una linea di sangue che seguirà il destino di Billy Smith.
Suo nipote Robert giocò anch’egli per i terriers, ed era presente il 30 aprile 1994 quando l’Huddersfield giocò la sua ultima partita a Leeds Road, davanti a 16195 spettatori, che vide il successo dei padroni di casa sul Blackpool per due reti a uno. Nel 1924 due anni dopo la conquista della coppa, l'Huddersfield si laurea per la prima volta campione d'Inghilterra al termine di una corsa incertissima e combattutissima con il Cardiff City. Il campionato prese il via il 25 agosto 1923 in casa contro il Middlesbrough, e gli uomini di Chapman vinsero 1-0 grazie al centro di Charlie Wilson. Charlie Wilson, Charles all’anagrafe di Atherstone, era arrivato a Huddersfield dopo qualche buona stagione al Tottenham. Non molto alto, serioso e dal capello tirato indietro con la brillantina come si addiceva alla moda del tempo, a fine torneo realizzò 20 reti e contribuì in maniera significativa alla vittoria. Il secondo incontro previsto solo due giorni dopo a Preston fu subito un chiaro segnale che il potere motivazionale, e i metodi innovativi di Chapman erano ormai validi e ben assodati nella mente dei suoi giocatori. Finirà 3-1, con un'altra rete di Wilson, una del già citato Smith e un’altra realizzata da Clem Stephenson, uno che a Birmingham con la maglia dei villans aveva segnato in maniera piuttosto continua. Non si smentirà nemmeno a Leeds Road, nonostante la media realizzativa scenda sensibilmente. Altri nomi da menzionare sono quelli di Ted Taylor, George Brown e George Cook. Anche perché, alla fine, risulteranno gli unici marcatori della squadra in quella stagione. Unica eccezione Taylor che ricoprendo il ruolo di portiere era “teoricamente dispensato”, dal dover segnare. Ted Taylor è uno scouser dal grugno cattivo e dal collo taurino, coperto dall’immancabile maglione verde. Il secondo invece è un attaccante alto e corpulento, che con l’Huddersfield scriverà il suo nome fra i bomber più prolifici di sempre di questo club. Quando se andrà nel 1929 i centri messi a referto saranno 142. Decisiva la sua doppietta del primo marzo 1924 in casa contro il Cardiff City davanti ai 18000 presenti. Segnerà anche nella giornata della festa, il 3 maggio, nel 3-0 al Nottingham Forest, quando a parità di differenza reti, una vittoria in più sul Cardiff, premiò i terriers finiti appaiati in classifica ai bluebirds a quota 57 punti. Infine Cook, uno che resterà quattro anni con la 8
bella maglia a strisce biancoblu, e che nonostante lo sguardo assente e una certa apparente apatia, se andrà all’Aston Villa nel 1927 lasciando il dolce ricordo dei due centri datati 10 novembre 1923 nella sfida interna contro il Liverpool, unica partita dove nel tabellino dell’Huddersfield appare un giocatore diverso da quelli menzionati perché la terza rete del “Town” fu frutto di un autorete di un certo Wadsworth. La ferrea disciplina di Herbert Chapman aveva creato dal nulla uno squadrone imbattibile capace di vincere anche i due tornei seguenti, senza per altro inserire altri nuovi elementi. Arrivò solamente Joey Williams, un peperino dal capello riccio nativo di Rotherham con la cui squadra locale giocò fino al 1924. I tre campionati vinti consecutivamente lanciarono l’Huddersfield nella storia del calcio inglese, mentre Chapman , che se andò all’Arsenal, conquistò nel nord di Londra la fama mondiale. Per lui il 6 agosto 2008 al Galpharm stadium ( prima ancora McAlpine, oggi John Smith..) si giocò un incontro alla sua memoria ovviamente con l’Arsenal finito 2-1 per i londinesi, davanti a 19000 persone, la partita prestagionale con una delle affluenze maggiori di sempre, seconda solo al match contro gli argentini dell’Independiente giocato nel 1954. Ma allora eravamo a Leeds Road. Smile a while…
SirSimon
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EXETER CITY-BRASILE, L’INIZIO DEL MITO VERDEORO
Rio de Janerio, 2014: uno degli stadi più famosi al mondo, il rinnovato Maracanà, ospiterà la finale del campionato mondiale di calcio. Tralasciando, per un attimo, tutti i problemi che stanno caratterizzando la preparazione a questa manifestazione, con i tumulti in occasione della Confederations Cup, siamo sicuri che sarà un mondiale gioioso, divertente e spettacolare, tutti aggettivi che calzano alla perfezione con la concezione che si ha del paese sudamericano. Ma riavvolgiamo il nastro di 100 anni: torniamo al 1914, quando il calcio era uno sport ancora in via d'espansione, un fenomeno che solo lentamente si stava diffondendo non solo nel continente Europeo, ma anche nel resto del mondo, dove erano presenti le colonie in possesso del Regno Unito. In Sudamerica il Regno Unito non ha direttamente colonie, ma ha comunque molti interessi commerciali con due paesi in particolare: Uruguay e Argentina. Non a caso a partire dagli anni '20 questi paesi diventeranno dominatori della scena mondiale, aggiudicandosi, nel caso della Celeste, le Olimpiadi del 1924/28 e il primo mondiale del 1930. Da questo discorso, esula il Brasile: un paese più povero degli altri due, dove il calcio è praticamente sconosciuto fino al 1910: ci giocano degli emigrati, vengono fondati i primi club (Fluminense, Flamengo etc.) e poco altro. Tutto cambia nel 1914, e qui le storie di Inghilterra e Brasile iniziano ad intrecciarsi. La federazione Argentina, in continua ascesa a livello continentale, mandò un invito formale alla federazione Inglese per avere una squadra militante nel campionato dei padri fondatori del football, e alla fine venne deciso di mandare l'Exeter City, militante nella Southern League e ritenuta la più idonea er affrontare un'avventura del genere (considerato il lungo viaggio in un paese sconosciuto, tra mille insidie e preoccupazioni). Il 22 maggio del 1914 una nave transatlantica (nonostante la rotta fosse completamente differente, i ricordi del Titanic sono ancora freschi) lascia il porto di Southampton: al suo interno la rosa di 15 giocatori della formazione del Devon. Dopo 18 giorni di viaggio, la comitiva attracca al porto di Rio de Janeiro, dove accade un fatto curioso: per aver effettuato un bagno nella spiaggia di Santos in acque proibite, l'intero gruppo viene arrestato dalle autorità locali: solo l'intervento di un funzionario britannico permette la permanenza nel continente americano alla squadra di St.James's Park. Il viaggio proseguì in Argentina, dove l'Exeter ottenne due vittorie contro 2 formazioni locali. Tutto è pronto per il rientro in patria, ma l'Exeter si trattenne, per motivi non noti (probabilmente il ritardo di arrivo dei visti per il rientro) in Brasile per un altro paio di giorni. La prima partita fu contro un gruppo di Emigrati Inglesi in Brasile, che venne vinta dal City per 3-0. Quindi, batterono una selezione di giovani ragazzi locali, per 5-3, la maggior parte dei quali provenienti dal club della Fluminense, fondato nel 1902. E arriviamo all'evento che portera alla nascita della Seleçao.
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Exeter e Fluminense: un rapporto che vive nel tempo
E' il 21 Luglio, quando una selezione di giocatori provenienti dalle due città principali, Rio e San Paolo, confluiscono nella prima nazionale Brasiliana di sempre, con la nascita formale della Federazione Calcistica Brasiliana. L'entusiasmo per l'evento fu palpabile, con i 7mila spettatori dello stadio della Fluminense, il Laranjerias, pronti a gremire gli spalti ben prima del fischio d'inizio. Addirittura il tetto degli spalti è gremito, gli spettatori complessivi saranno oltre 10mila. Pure la stampa locale attribuisce notevole importanza all'evento: l'Exeter City viene visto come un qualcosa di sovraumano, mandati da posti sconosciuti per spargere questo nuovo gioco che in pochi anni diventerà quello prediletto dal popolo Brasiliano. Dopo pochi minuti un tiro da fuori di Oswaldo manda in visibilio lo stadio di Rio, e ci vogliono diversi minuti per ristabilire l'ordine negli spalti. Curiosamente, il pubblico usava esultare agitando un fazzoletto bianco: l'antesignana della moderna Panolada di spagnoleggiante memoria. L'Exeter provò a reagire, ma senza riuscire a segnare il goal del pareggio. A fine primo tempo, un giocatore dei Grecians da una gomitata a Friedenreich, il giocatore brasiliano più talentuoso, che nell'occasione perde due denti, ma continua a giocare. Nel finale, Osman da il raddoppio al Brasile, che si impone per 2-0 tra l'entusiasmo travolgente del pubblico locale che elegge i giocatori brasiliani come eroi nazionali, che vennero etichettati come coloro che batterono i professionisti venuti dalla nazione che inventò il football. L'11 iniziale del Brasile
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Da quel momento, molto è cambiato: il Brasile è diventato Pentacampeao, la nazione più vincente a livello mondiale, e i verdeoro sono tutt'ora un'icona nel mondo del calcio. L'Exeter City invece ha vivacchiato tra terza e quarta serie principalmente. Ma anche se non stanno più riuscendo ad ottenere risultati come nei loro primi anni, un posto nella leggenda è rimasto: quello di aver dato il calcio d'inizio ad una delle nazionali più affascinanti e gloriose di sempre. Una scena della partita di Rio
Ghirarz
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STADI: BRITANNIA STADIUM
Location: Stoke-on-trent Apertura: 1997 Capacità: 27.740 Squadra: Stoke City Il Britannia Stadium è uno stadio di calcio situato nella città Stoke-on-Trent, in Inghilterra. Ospita le partite casalinghe dello Stoke City Football Club. Il club prima di spostarsi in questo impianto giocava le sue partite al Victoria Ground. La decisione di spostarsi al Britannia, fu presa da Jez Moxey nel 1997. Lo stadio ha 28.383 posti a sedere e rientra nel ranking a 3 stelle della UEFA. Il record di spettatori è stato registrato in occasione del match contro l'Everton nella 3ª fase della FA Cup. Il primo gol in questo stadio è stato segnato da Graham Kavanagh dello Stoke in una partita di Coppa d'Inghilterra contro il Rochdale. Sir Stanley Matthews nelle sue volontà scrisse che voleva che le sue ceneri fossero seppellite all'interno del cerchio di centrocampo di questo stadio.
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A TRIP TO MIDDLESBOROUGH Nell’agosto del 2011 passai tre settimane in vacanza studio a York, città che ormai conoscevo bene in quanto c’ero già stato altre volte per lo stesso motivo. Quella volta però fu diversa: avendo prenotato dal 7 al 28, ebbi infatti la possibilità di programmare una trasferta a Middlesbrough per vedere finalmente giocare dal vivo, al Riverside, il mio amato Boro. Il match di Championship a cui avrei assistito era quello contro il Birmingham City, fissato per domenica 21 agosto.
Durante le prime due settimane di vacanza ne approfittai per chiedere informazioni su stadio e treno a Nigel e Graham, due insegnanti della Scuola di Inglese che frequentavo i quali, manco a farlo apposta, erano originari della zona di Middlesbrough. Per esempio mi dissero che non era assolutamente necessario acquistare i biglietti in anticipo poiché (e questo purtroppo lo sapevo bene) da quando il Boro era retrocesso in Championship il Riverside non era mai pieno. L'unica cosa che comprai prima furono i biglietti del treno, stando attento a scegliere dei servizi che non facessero scalo a Darlington: i due prof mi avevano infatti avvisato che quei treni passavano per la direttrice Londra - Edimburgo e i prezzi erano notevolmente più alti. E fu così che arrivò quella fatidica domenica 21 agosto. Ricordo che quella mattina mi svegliai e feci colazione presto, mentre il signore che mi ospitava (un professore in pensione tifoso dell'Arsenal ) dormiva ancora. In seguito, verso le 10, uscii di casa e, zainetto in spalla, mi diressi alla stazione di York. Il treno partì puntuale alla volta di Middlesbrough e, giunto alla stazione di Northallerton, si cominciò a sentire aria di matchday: un uomo e sua moglie, entrambi con la maglia del Boro, salirono sul mio stesso treno. Arrivai a Middlesbrough verso mezzogiorno e decisi di dirigermi subito verso lo stadio per acquistare i biglietti. Lo stadio è raggiungibile a piedi dalla stazione ferroviaria con una passseggiata in una zona abbastanza desolata che costeggia il fiume Tees e che nel 2011 stava subendo (e credo stia subendo tuttora) un'opera di riqualificazione chiamata "Tees Valley Regeneration". Gli unici elementi che ravvivano l'area, oltre al Riverside Stadium, sono il moderno edificio del Middlesbrough College, la Clock Tower, un'opera d'arte contemporanea denominata "Temenos" e soprattutto quello che è il vero e proprio orgoglio dei Teessiders, simbolo di Middlesbrough e del suo glorioso passato industriale: il Transporter Bridge. Il Transporter Bridge è, come dice il nome stesso, un ponte trasportatore lungo 259m e alto 69m che collega le due sponde del fiume Tees. Quando arrivai di fronte allo stadio, nonostante mancassero ancora tre ore all'inizio del match, c'erano già alcuni tifosi che stavano parlando con il manager Tony Mowbray ed io, ovviamente, ne approfittai per fare una foto con lui, che all'epoca stava vivendo un momento d'oro con il Middlesbrough. Dopo aver acquistato un biglietto per la East Stand (mi capitò addirittura la prima fila) tornai verso la stazione e il centro di Middlesbrough per mangiare un panino da Subway (uno dei pochi negozi aperti). Middlesbrough in questo senso è completamente diversa da York: da vera città industriale del profondo nord inglese, di distrazioni ne offre veramente poche.
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Quando mancava poco più di un'ora all'inizio della partita mi incamminai nuovamente verso lo stadio: i tifosi di entrambe le squadre si erano nel frattempo moltiplicati. Prima di entrare feci un doveroso salto all'official store per alcuni acquisti oltre naturalmente al match programme, che in copertina aveva Marvin Emnes. Poi, finalmente, arrivò il calcio di inizio. Durante il primo tempo il Birmingham andò in vantaggio con un rigore trasformato da Adam Ronney. Nella ripresa, poco dopo essere tornati in campo, una punizione di Barry Robson riportò il match in parità. Al 69' il belga Faris Haroun, che era arrivato al Boro in settimana, si regalò un debutto da sogno segnando il gol del 2-1. Tre minuti dopo Malaury Martin, un altro giocatore che era stato messo sotto contratto poco tempo prima, fissò il punteggio sul 3-1 con un meraviglioso semipallonetto da fuori area che fece esplodere di gioia il Riverside. Dopo questo gol, scambiai qualche parola con la signora che era seduta accanto a me, la quale rimase naturalmente molto sorpresa quando le dissi che ero italiano. Al termine del match, prima di lasciare la tribuna, la signora mi salutò e mi disse:"You have to come back again!"...Anche gli inglesi sono superstiziosi... Mentre gli spettatori lasciavano lo stadio mi fermai a fare quache foto sia all'interno che all'esterno. Il tempo di immortalare alcuni giocatori che facevano ritorno alle loro auto ed era già ora di prendere il treno. Alla fine di quella giornata me ne tornai a York felice come non mai e consapevole di aver messo una sorta di sigillo sulla mia passione per il Middlesbrough Football Club!
Yorkshireman
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COME GLI WANDERERS VINSERO LA COPPA D’INGHILTERRA
Scandita dalle cronache pubblicate sul giornale locale, "Sinderby" è la storia, redatta dal segretario del fan club, di come una squadretta di dilettanti di un piccolo villaggio dell'entroterra inglese riesce, partita dopo partita, ad aggiudicarsi la prestigiosa Coppa d'Inghilterra. Forte delle teorie calcistiche di Mr Kossuth, un professore profugo dall'Ungheria che, avendo fatto uno studio scientifico del gioco, è convinto di aver trovato i "sette postulati" indispensabili per il successo, della generosità di Mr Fangfoss, un magnate locale con due mogli e un odio viscerale per tutti gli aspetti della vita moderna, che volentieri foraggia il club di cui è presidente, e dell'apporto decisivo di un ex giocatore professionista caduto in depressione che esce dal suo stato catalettico e ritrova tutta la grinta perduta, questo pugno di calciatori improvvisati gioca contro squadre di ben altra levatura e, senza perdersi d'animo e in maniera del tutto inaspettata, riesce a mietere vittoria su vittoria tra lo sbalordimento di tutti. E intorno a loro l'intera comunità si mobilita in una gara di solidarietà che dal campo si proietta nella vita di tutti i giorni, sostenendo coralmente un'impresa che viene considerata di importanza capitale per il buon nome di tutti. È un romanzo tremendamente bello, un sogno come solo il calcio inglese, in particolare la FA Cup, sa disegnare. Un calcio, sia chiaro, che non esiste più e mai più esisterà, così come quell'Inghilterra non esiste più, ma ogni tanto vale davvero la pena buttarsi a corpo morto su qualcosa che possiamo immaginare solo in bianco e nero.
mattiaimba
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Questo viaggio nella storia del calcio Britannico e non solo e’ finito, vi ricordo di venirci a trovare sul nostro forum, ma di visitare anche i siti amici Quindi vi diamo tutti i nostri indirizzi http://rulebritanniauk.forumfree.it http://www.ukcalcio.com http://londracalcistica.blogspot.com http://rulebritannia.blogspot.com http://englishfootballstation.wordpress.com/
Arriverderci al prossimo mese‌
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