Giuseppe Verdi e il Risorgimento - E. Capuzzo

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Con le donne partecipi della passione risorgimentale conosciute a Milano durante gli anni dei suoi primi successi come Emilia Morosini e le sue figlie (Annetta, Giuseppina, Carolina e Cristina)1, Giuseppina Appiani, Gina della Somaglia, Rosa Bargnani2, e, in particolare, con Clara Maffei Giuseppe Verdi intrattenne rapporti di amicizia scanditi da incontri nei loro salotti e da relazioni epistolari. Rapporti che si differenziano da quanto la più recente storiografia ha rilevato in ordine alla percezione e all’autorappresentazione femminile emergente dalle maglie del processo risorgimentale3 e richiamano, invece, il ruolo di mediatrici assunto dalle donne delle élite e la formazione di quei luoghi della sociabilità, come i salotti, in cui operavano le passioni e le emozioni risorgimentali4. Del resto è difficile pensare alla fortuna del melodramma verdiano senza riferirsi alla sociabilità dei salotti e alla loro rete nelle città della peniso-

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1. Su Emilia Morosini figlia dell’ambasciatore svizzero in Francia e madre del patriota Emilio Morosini, che combatté nelle Cinque giornate di Milano, nella Prima guerra di indipendenza italiana e nella Repubblica Romana assieme a Garibaldi. v. ora m. d’amelia, Between Two Eras, in The Risorgimento Revisited: Nationalism and Culture in Nineteenth-Century Italy, ed. by S. Patriarca, L. Riall, Palgrave Macmillan, New York 2012, p. 123. Giuseppina Negroni Prato sarebbe stata destinataria di lettere soprattutto nell’età matura di Verdi, v. m. mila, Verdi, a cura di P. Gelli, Rizzoli, Milano 2000, p. 213 ma più di recente v. p. monfortani (a cura di), Carteggio Verdi-Morosini 1842-1901, Apparato critico e note a cura di G. Martini e P. Montorfani, Archivio Storico di Lugano - Istituto di Studi Verdiani, Parma 2013. 2. Della morte della Bargnani dava notizia a Verdi Giuseppina Negroni Prati Morosini in una lettera scritta da Vezia vicino Lugano il 24 ottobre 1891 in cui scriveva: «In questo mese morirono due delle persone della nostra epoca: la Bargnani, nella cui soirée feci la vostra conoscenza – mi pare di vedervi al cembalo ad accompagnare il Solera, che cantava D’Egitto là sui lidi nel 42!!! […]», p. monfortani (a cura di), Carteggio Verdi-Morosini 1842-1901, cit., p. 232, Vezia sopra Lugano 24 ottobre 1886. 3. Mi riferisco a s. soldani, Il Risorgimento delle donne, in «Storia d’Italia», Annali 22, Il Risorgimento, Einaudi, Torino 2007, pp. 183-224 e ai lavori m.t. mori, Le poetesse del Risorgimento tra formazione letteraria e controllo morale, in «Passato e Presente», 2008, 75, pp. 33-45 e Figlie d’Italia. Poetesse patriote nel Risorgimento (1821-1861), Carocci, Roma 2011. 4. Interventi di D. Maldini Chiarito, P. Macry. A.M. Banti, in s. soldani (a cura di), Le emozioni nel Risorgimento, in «Passato e Presente», 2008, 75, pp. 17-32.


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la5, che a Milano avevano visto Verdi, introdotto in essi dallo scrittore e traduttore Luigi Toccagni, conteso dalle esponenti della nobiltà cittadina e incapace a comprenderne la ricaduta sulla sua fama e notorietà6. Proprio nei salotti milanesi, Verdi, poco dopo la morte della moglie Margherita Barezzi (1840) e dei suoi due figli, Virginia (1838) e Icilio (1839), intrecciava particolari rapporti d’amicizia con alcune di esse, come Giuseppina Morosini sposata al conte Negroni Prati e con Clara Maffei che avrebbero dato vita a un’intesa con le due nobildonne che sarebbe durata l’intero arco della loro vita e di quella di Verdi. Un’amicizia, di cui si legge nelle lettere scambiate con il Maestro di Busseto per lunghi decenni, segnate da quel registro cortese che Verdi manifestava con le sue interlocutrici e che non va confuso con un’interpretazione in chiave amorosa come si potrebbe essere tentati di fare di fronte all’uso del sostantivo «amica», dell’aggettivo «fedele» e delle affettuosità sparse qua e là nella scrittura7. Nel carteggio con Emilia Morosini cui si affiancano le figlie Giuseppina, Annetta, Carolina, in un dialogo tutto femminile indirizzato al giovane ma già celebre compositore del Nabucco e che comprende un arco cronologico molto lungo, il più ampio dell’intero epistolario verdiano, dal 1842 al 1901, emerge il richiamo alla fedeltà, come sarà più tardi per Clara Maffei, di Giuseppina Negroni Prati Morosini (1824-1909) che diveniva una tra le prime e più ferventi sacerdotesse del mito verdiano8 e che dopo la morte della madre avrebbe continuato la corrispondenza con Verdi. Dalle oltre duecento lettere del loro carteggio traspare un Verdi intimo, alle prese con la composizione delle sue opere ma anche con la costruzione della casa di Sant’Agata e, più tardi, della Casa di riposo per musicisti di Milano; un Verdi che viaggiava e a cui la vita Bassa parmense e piacentina, dopo aver assaggiato la bella vita del capoluogo lombardo prima e di Parigi poi, dopo aver ammirato Londra che «non è una città è un mondo»9, andava ormai stretta; un Verdi anche spettatore di eventi storici, come la rivolta del 1848 a Parigi, «Mi rincrescerebbe – scriveva il 9 luglio – ora abbandonare Parigi dopo che sono stato testimonio 5. s. chiappini, “O Patria mia”. Passione e identità nazionale nel melodramma italiano dell’Ottocento, Le Lettere, Firenze 2011. 6. p. mortofani, Introduzione a Carteggio Verdi-Morosini 1842-1901, cit., p. 3. 7. Ivi, p. 8. 8. m. congestrì, L’antica e fedele amica: Giuseppina Morosini Negroni, il suo contesto relazionale ed il suo rapporto con Giuseppe Verdi, in «Nel Gabinetto di Donna Marianna». La Biblioteca Morosini Negroni a Milano, tra Europa delle riforme e Unità d’Italia, a cura di A. Gili e P. Montorfani, Edizioni Città di Lugano, Lugano 2011. 9. p. montorfani (a cura di), Carteggio Verdi-Morosini 1842-1901, cit., p. 63, Parigi 30 luglio 1847.


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oculare a tutte, o quasi tutte le scene e serie e buffe, che sono successe»10, che lo coinvolgevano emotivamente; un Verdi a cui le Morosini raccontavano della loro esistenza e degli incontri con altri amici e conoscenti del Maestro di Busseto come quello richiamato da Annetta nel marzo 1879 con il poeta e scrittore di origine trentina, che aveva partecipato come volontario alla difesa di Venezia nel 1848, Giovanni Rizzi11; un Verdi sperimentatore di grandi novità come la fotografia e visitatore delle esposizioni universali; un Verdi stanco e che solo dopo la morte di Giuseppina Strepponi non esitava a definirsi «Triste triste triste»12. Ancora prima di conoscere Emilia Morosini, dopo lo splendido trionfo riscosso il 9 marzo 1842 alla Scala dal Nabucco, Verdi, divenuto ormai celebre, cominciava a muoversi tra i salotti più rinomati di Milano, frequentando le cerchie aristocratiche e intellettuali del capoluogo lombardo13. A invitare Verdi alle conversazioni del salotto Maffei, era stato il padrone di casa Andrea, poeta trentino assai noto e inserito negli ambienti colti e mondani della città, che il Maestro di Busseto aveva probabilmente in precedenza conosciuto come socio della Società dei Filodrammatici e con il quale avrebbe avviato un solidalizio artistico con la partecipazione alla stesura di qualche aria del Macbeth e con la traduzione sulla quale Verdi avrebbe musicato i Masnadieri di Schiller14. Verdi si ritrovava così a frequentare uno dei salotti destinati a diventare più in voga negli anni del decennio di preparazione e a divenire uno degli amici più fidati della contessa Maffei. Nel salotto di Clara Maffei Verdi entrava in contatto con gli ambienti artistici e liberali della Milano degli anni Quaranta e conosceva tra gli altri il conte Arrivabene, Luciano Manara, Giulio Carcano, Luigi Toccagni, Francesco Hayez (v. Fig. 3)15. Nella Milano precedente al ’48, dove il pubblico sfidava nei teatri l’ordine costituito16, nel salotto dei Maffei, animato dalla giovane moglie di Andrea, 10. Ivi, p. 69, Parigi 9 marzo 1848. 11. p. montorfani (a cura di), Carteggio Verdi-Morosini 1842-1901, cit., p. 87, Milano 8 marzo 1879. 12. Ivi, p. 295, S. Agata 13 nov. 1900. 13. p. milza, Verdi e il suo tempo, Carocci, Roma 2003, p. 219. 14. g. verdi, Lettere, a cura di E. Rescigno, Einaudi, Torino 2012, lettera [97] ad Andrea Maffei, Milano (Milano, aprile-maggio 1847), p. 169. Sul sodalizio artistico Verdi-Maffei v. i. meloni, Andrea Maffei mediatore tra Schiller e Verdi, in «Atti della Accademia Roveretana degli Agiati» cclvii Anno Accademico 2007, Ser. viii, Vol. vii A, Accademia Roveretana degli Agiati, Rovereto 2007, pp. 417-437. 15. p. milza, Verdi e il suo tempo, cit., p. 226. 16. Rimando a b. spaepen, «Governare per mezzo della Scala». L’Austria e il teatro a Milano, in «Contemporanea», 2003, n. 4, pp. 593-620 che richiama episodi di protesta politico-pa-


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Clara, perfetta nelle sue qualità di salonnière, le conversazioni si identificavano ancora in questa fase più per la diffusione della cultura e della socievolezza17 che per il sentimento patriottico e antiaustriaco sempre più crescente nella città lombarda18. Il fragile ménage familiare dei Maffei si aggravava dall’entrata tra i frequentatori del salotto vivacizzato da Clara di Carlo Tenca19 che lasciava un segno profondo nel cuore della giovane donna e accelerava il percorso di un processo irreversibile di allontanamento tra lei e il marito ma segnava insieme anche un’evoluzione del modo di ricevere della contessa20. Il salotto, che trovava ora la sua figura maschile di riferimento nel giornalista lombardo, si delineava sempre più come una fucina di idee, uno spazio di discussioni, un luogo in cui nascevano giornali21 (come «Il Crepuscolo» di Carlo Tenca) e dove si discuteva per costruire «un’idea di nazione in grado di amalgamare le differenti realtà della penisola»22. Negli anni che si avvicinano al ’48 le vicende del salotto, configurato da un punto di vista politico come antiaustriaco, repubblicano e mazziniano, si intrecciavano strettamente a quelle italiane e mentre Verdi stava per dare alle scene I Lombardi alla prima Crociata il rapporto di Andrea e Clara Maffei sfociava in una separazione di cui Verdi era testimone insieme con Giulio Carcano davanti al notaio Tommaso Grossi23.

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triottica. Per il caso veneziano v. r. carnesecchi, «Venezia sorgesti dal duro servaggio». La musica patriottica negli anni della Repubblica di Manin, Il Cardo, Venezia 1994. 17. Sul tema del salotto letterario v. g. romani, A Room with a View: Interpreting the Ottocento through the Literary Salon, in «Italica», vol. 84, n° 2/3 (summer-autumn 2007), pp. 233-246. 18. d. pizzigalli, L’Amica. Clara Maffei e il suo salotto nel Risorgimento italiano, Mondadori, Milano 1997. 19. Sul rapporto tra il Tenca e la Maffei v. l. iannuzzi, Il carteggio Tenca-Maffei. Storia, letteratura e arte nell’Italia del Risorgimento, Guida, Napoli 2007. 20. d. maldini chiarito, Due salotti del Risorgimento, in m.l. betri, e. brambilla (a cura di), Salotti e ruolo femminile in Italia tra Seicento e Ottocento, il Mulino, Bologna 2004, p. 297. 21. Sul tema v. i vari contributi contenuti in n. del corno, a. porati (a cura di), Il giornalismo lombardo nel decennio di preparazione all’Unità, FrancoAngeli, Milano 2005. 22. m. serri, La piccola grande tessitrice. Clara Maffei, in e. doni, c. galimberti, m. grosso, l. levi, d. maraini, m.s. palieri, l. rotondo, f. sancin, m. serri, f. tagliaventi, s. tagliaventi, c. valentini, Le donne del Risorgimento, il Mulino, Bologna 2011, p. 111. 23. e. rescigno (a cura di), Lettere di Giuseppe Verdi, Einaudi, Torino 2012, lettera [76] A Clara Maffei, Clusone (Milano, mercoledì 24 giugno 1846), p. 139 e lettera [77] A Clara Maffei, Clusone (Milano, venerdì 3 luglio 1846), p. 141. Malgrado la divisione della coppia, il compositore restava in ottimi rapporti sia con Andrea che con Clara visitandola spesso a Clusone dove, rotto il matrimonio, la contessa cercava serenità nel palazzo di famiglia, e poi a Milano, dove, dopo qualche tempo, la contessa tornava a risiedere in una casa vicino alla Scala insieme con il Tenca.


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La separazione segnava la fine del salotto letterario e artistico di Clara Maffei e l’aprirsi di quello politico24 che raccoglieva il testimone dei salotti promossi dalle dame milanesi antiaustriache degli anni Venti da Teresa Casati Confalonieri a Matilde Dembowski Viscontini, che aveva ispirato l’opera Dell’amore di Stendhal, alla «giardiniera» Bianca Milesi Mojon25. Il salotto di Clara Maffei nella casa di via Bigli (v. Fig. 4) diveniva uno dei motori di propulsione delle idee risorgimentali e, come gran parte dei salotti celebri del Risorgimento, non si sottraeva alla centralità della figura femminile che accoglieva e indirizzava la conversazione divenendo «funzionale a un progetto politico»26, mentre il melodramma verdiano influenzava i linguaggi, i gesti e i comportamenti politici del tempo27. Il salon della Maffei si poneva come un luogo catalizzante idee, esperienze, conoscenze che facevano da sfondo al forgiarsi del patriottismo milanese e lombardo e alla costruzione di un’identità nazionale e civile28, svolgendo tramite la padrona di casa una sua funzione di sostegno che è stata definita di «retrovia» alla causa patriottica29, secondo un riconoscimento sulla base della distinzione di genere che attribuiva alle donne compiti di assistenza, di aiuto, di conforto30. Nell’immaginare e nel progettare la nazione la connotazione di genere ha avuto una parte rilevante: agli uomini competevano ruoli che esprimevano la loro mascolinità come combattere, mostrare coraggio, essere degli eroi, le donne attestavano la loro femminilità con l’essere brave figlie, sorelle, spose, madri, confortando gli uomini, offrendo assistenza e aiuti materiali. Il biennio 1848-1849 alterava questo schema di ruoli rappresentando una delle occasione più significative per le donne di partecipare 24. Sulle vicende del salotto tra il ’48 e il ’60 v. d. maldini chiarito, Due salotti del Risorgimento, in m.l. betri, e. brambilla (a cura di), Salotti e ruolo femminile in Italia tra Seicento e Ottocento, cit., pp. 298-301. 25. b. bertolo (a cura di), Donne del Risorgimento. Le eroine invisibili dell’unità d’Italia, Ananke, Roma 2011. 26. d.l. caglioti, Salotti e ruolo femminile in Italia in m.l. betri ed e. brambilla (a cura di), Salotti e ruolo femminile in Italia tra Seicento e Ottocento, cit., p. 367. 27. c. sorba, Il 1848 e la melodrammatizzazione della politica, in «Storia d’Italia», Annali 22, Il Risorgimento, cit., pp. 481-508. 28. d. maldini chiarito, Due salotti del Risorgimento, in m.l. betri ed e. brambilla (a cura di), Salotti e ruolo femminile in Italia tra Seicento e Ottocento, cit., p. 294. 29. In tal senso v. le osservazioni di m.t. mori, Maschile, femminile: identità di genere nei salotti di conversazione, in m. l. betri e. brambilla (a cura di), Salotti e ruolo femminile in Italia tra Seicento e Ottocento, cit., p. 12. 30. Sull’apporto degli uomini e delle donne al Risorgimento fondato sullo schema onore/virtù v. a.m. banti, Le nazioni del Risorgimento. Parentela, santità e onore alle origini dell’Italia unita, Einaudi, Torino 2000 e id., Per un’antropologia storica del Risorgimento, Rileggere l’Ottocento. Risorgimento e Nazione, a cura di M.L. Betri, Carocci, Torino 2010, p. 27.


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all’azione rivoluzionaria scendendo in piazza, redigendo appelli, scrivendo articoli di giornale, solidarizzando tra patriote come nell’Indirizzo delle donne lombarde alle «sorelle degli Stati Sardi» nel luglio del 1848 per sostenere Carlo Alberto31, combattendo sulle barricate a Milano come Luigia Battistotti e Giuseppina Lazzaroni o per la difesa di Roma travestita da soldato come Colomba Antonietti Porzi32 e caduta negli scontri a Porta San Pancrazio33. Proprio durante la Repubblica Romana, l’esperienza più democratica del biennio rivoluzionario, nella difficoltà del discorso nazionale, fondato su un sistema di valori e di simboli «immaginato da uomini», ad aprirsi a una paritaria partecipazione femminile Cristina Trivulzio di Belgiojoso era relegata insieme con altre patriote come Enrichetta De Lorenzo, Giulia Bovio-Silvestri Paulucci, Giulia Calame Modena34 nell’organizzazione infermieristica del Comitato di soccorso ai feriti35. Analogamente a quanto si era verificato a Venezia con la «Pia Associazione pel supporto ai militari» sotto la direzione di Elisabetta Michiel Giustiniani e di Teresa Mosconi Papadopulis36. Dopo il 1849 Verdi ritiratosi nella villa di Sant’Agata manteneva con la Maffei un lungo rapporto epistolare che il musicologo Eduardo Rescigno ha definito piuttosto formale37 sebbene dalle lettere scambiate tra Giuseppe Verdi e Clara Maffei emergano confidenze, sprazzi di vita familiare, osservazioni di carattere politico che raccontano la storia di una lunga amicizia durata quarant’anni e spezzata soltanto nel 1886 dalla morte di quella che il musicista, colpito dalla sua scomparsa, definiva in una lettera a Giuseppina Negroni Prato Morosini «Amica a tutta prova»38. Clara Maffei avrebbe rappresentato per Verdi nei lunghissimi periodi che il musicista trascorse in giro per l’Europa o 31. Le Assemblee del Risorgimento. Prefazione generale. Piemonte-Lombardia-Modena-Parma, Camera dei Deputati, Roma 1911, p. 207. 32. l. guidi, Patriottismo femminile e travestimenti sulla scena risorgimentale, in l. guidi, a. m.lamarra (a cura di), Travestimenti e metamorfosi. Percorsi dell’identità di genere tra epoche e culture, Filema, Napoli 2003, pp. 54-55. 33. Colomba Antonietti (1826-1849), in g. galeotti, l. scaraffia, 101 donne che hanno fatto l’Italia. Dalle icone della storia alle protagoniste dei nostri tempi, Newton Compton, Roma 2011, ad vocem. 34. a.m. banti, Il Risorgimento italiano, Laterza, Roma-Bari 2004, p. 95. 35. r. de longis, Tra sfera pubblica e difesa dell’onore. Donne nella Roma del 1849, in «Roma moderna e contemporanea», 1-3, 2001, p. 272. 36. n.m. filippini, Donne sulla scena politica dalle Municipalità del 1797 al Risorgimento, in n.m. filippini et al. (a cura di), Donne sulla scena pubblica. Società e politica in Veneto tra Sette e Ottocento, FrancoAngeli, Milano 2006, p. 119. 37. g. verdi, Lettere, a cura di E. Rescigno, cit., p. xxiv. 38. La lettera del 23 luglio 1886 è pubblicata in a. oberdorfer (a cura di), Giuseppe Verdi: autobiografia dalle lettere, Milano, Rizzoli, 1981, p. 140.


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a Sant’Agata, un legame intenso con gli amici milanesi e con il Teatro alla Scala39. A Clara Verdi confidava le impressioni dei suoi viaggi come nel settembre del 1847 quando era Parigi per la messa in scena della Jèrusalem. «[…] Se Ella non lo dice a nessuno le dirò che Parigi non mi piace ed ho un antipatia mortale con i Boulevards […]»40. Tuttavia Verdi non poteva fare a meno di amare la capitale francese per la sua storia e per il suo fascino e dove, dopo l’onda dei successi milanesi, poteva passeggiare indisturbato perché soltanto «a tal frastuono mi pare d’essere in un deserto»41. Un atteggiamento completamente diverso da quello che avrebbe assunto nella primavera del 187042 quando si sarebbe recato nella capitale francese per incontrare il direttore del Teatro Imperiale de Il Cairo, Paul Dranhet Bey43 che gli avrebbe proposto di scrivere un’opera per i festeggiamenti del primo anniversario dell’apertura del canale di Suez, finanziato largamente dal triestino Pasquale Revoltella44 e realizzato dall’ingegnere trentino Luigi Negrelli45. Incontro che avrebbe preluso, come sappiamo, alla composizione dell’Aida. Sebbene i musicologi discutano sul coinvolgimento o meno di Verdi nella lotta risorgimentale e gli storici abbiano avviato la decostruzione dell’icona patriottica composta attorno alla figura del compositore nelle forme della mitologia postunitaria, come ha rilevato Carlotta Sorba46, diversi appaiono i richiami politici nelle lettere di Verdi alla Maffei. Verdi, pur lontano, partecipava alle sorti dell’Italia come quando scriveva a Giuseppina Appiani qualche giorno più tardi l’armistizio firmato dal generale Salasco il 9 agosto del ’48

39. c. gastel chiarelli, Niente zucchero nel calamajo. Lettere di Giuseppe Verdi a Clara Maffei, Archinto, Milano 2005, p. 15. 40. g. verdi, Lettere, a cura di E. Rescigno, cit., lettera [102] A Clara Maffei, Clusone (Parigi, lunedì 6 settembre 1847), p. 178. 41. Ibidem. 42. Ivi, lettera [363] A Clara Maffei, Milano (S.Agata, sabato 30 aprile 1870), p. 577. 43. Ivi, lettera [358] A Paul Dranhet Bey, direttore dei teatri Kedivali, Il Cairo (Genova, 9 agosto 1869), p. 569. 44. g. cervani, Gli ambienti economici triestini, Pasquale Revoltella e il progetto dellla realizzazione del canale di Suez, in Luigi Negrelli ingegnere e il canale di Suez. Atti del Convegno internazionale Luigi Negrelli ingegnere e il canale di Suez, Primiero, 15-18 settembre 1988, a cura di A. Leonardi, Temi, Trento 1990 pp. 187-250 e n. casini nicosanti, La leggenda del barone Revoltella, gcn Fiori d’acanto, Trieste 2008. 45. z.o. algardi, Luigi Negrelli, l’Europa, il canale di Suez, Le Monnier, Firenze 1988. 46. c. sorba, Audience teatrale, costruzione della sfera pubblica ed emozionalità in Francia e in Italia tra xviii e xix secolo, in m.l. betri (a cura di), Rileggere l’Ottocento. Risorgimento e Nazione, cit., 2010, pp. 197-198.


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considerato una sorta di tradimento dai milanesi47 e nell’ottobre dello stesso anno a Clara Maffei deluso dagli esiti della guerra di Lombardia48. Dopo il biennio 1848-1849 Verdi, come la maggior parte degli italiani, guardava al Piemonte come al fulcro delle speranze della nazione, riconoscendo in Cavour una guida sicura per la realizzazione del progetto unitario. Più tardi nel 1859 confessava alla Maffei con evidente imbarazzo la sua mancata partecipazione alla campagna militare nella guerra contro l’Austria che vedeva l’arruolamento di un numero elevato di volontari49, tra cui, come richiamava Verdi in una lettera, Giuseppe Montanelli che non aveva esitato ad arruolarsi di nuovo come nel ’48, adducendo, potremmo dire, motivi di salute50. Pur non impegnandosi attivamente Verdi, però, non si sottraeva ai doveri patriottici aprendo una sottoscrizione per i feriti della guerra contro l’Austria e accettando la nomina di rappresentante nell’Assemblea delle Province parmensi, nella cui veste avrebbe partecipato come membro della delegazione che avrebbe consegnato a Vittorio Emanuele il voto plebiscitario dell’Emilia. Se come tanti era sconcertato per la decisione dei francesi di interrompere inaspettatamente la guerra quando la conquista del Veneto sembrava a portata di mano e provava amarezza per le sorti della nazione dopo l’armistizio di Villafranca51 che aveva costretto Cavour alle dimissioni, qualche tempo prima in una missiva scritta alla Maffei aveva confidato le speranze suscitate in lui da Napoleone iii52.

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47. a. oberdorfer (a cura di), Giuseppe Verdi: autobiografia dalle lettere, cit., A donna Giuseppina Appiani Parigi, 24 agosto 1848, p. 269-270. 48. Ivi, Alla contessa Maffei Parigi, 3 ottobre 1848, p. 271. 49. a.m. isastia, Il volontariato militare nel Risorgimento. La partecipazione alla guerra del 1859, sme Ufficio Storico, Roma 1990. 50. m. mila, Verdi, cit., pp. 97-98. In ordine a questa lettera non pubblicata per intero da alcuni biografi si vedano le osservazioni di m. mila, Verdi, cit., p. 733, nota 20. 51. a. oberdorfer (a cura di), Giuseppe Verdi: autobiografia dalle lettere, cit., Alla contessa Maffei, Busseto, 14 luglio 1859, pp. 273-274. 52. «Cara Clarina, son dieci o dodici giorni che voleva scrivervi, ma dopoché quelli Illustrissimi (N.d.R. gli Austriaci) hanno fatto saltare i forti di Piacenza sono successe e succedono, anche in questo guscio, tante cose, tanti allarmi, tante notizie e vere e false, che non si ha mai un’ora di calma. – Finalmente se ne sono andati! O almeno si sono allontanati, e voglia la nostra buona stella allontanarli di più in più, finché cacciati oltr’Alpi vadino a godersi il loro clima, il loro cielo che auguro bello limpido splendente anche più del nostro. – Quanti prodigi in pochi giorni! Non par vero. E chi avrebbe creduto tanta generosità nei nostri alleati? Per me confesso, e dico: mea grandissima culpa, che io non credeva alla venuta dei Francesi in Italia, e che in ogni caso non avrebbero sparso, senza idea di conquista, il loro sangue per noi. Sul primo punto mi sono ingannato; spero e desidero ingannarmi sul secondo, chè Napoleone non smentirà il proclama di Milano. Allora lo adorerò come ho adorato Vasington e più ancora, e, benedicendo la grande nazione, sopporterò volentieri tutta la loro blague, l’insolente politesse e lo sprezzo che hanno per tutto ciò che non è francese […]». La lettera di Giuseppe Verdi alla con-


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Le sorti della «sorella latina» non avrebbero lasciato qualche decennio più tardi Verdi indifferente durante la guerra franco-prussiana e l’assedio di Parigi53, di cui lamentava con Clara il mancato invio di un contingente italiano54. Un unico accenno nella corrispondenza tra Verdi e la Maffei all’evento che chiudeva il Risorgimento e portava a compimento la lunga opera di creazione dello Stato nazionale, la presa di Roma e la conseguente decadenza del potere temporale del pontefice, che il compositore commentava con un certo distaccato «[…] L’affare di Roma mi lascia freddo, […] non posso conciliare Parlamento e Collegio dei Cardinali, libertà di stampa e Inquisizione, Codice civile e Sillabo, e perché mi spaventa vedere che il nostro Governo và all’azzardo, e spera nel tempo… […]»55. Dopo l’unità l’intensa attività di padrona di casa e di raccordo di uomini e di idee che la Maffei aveva operato56 si era venuta affievolendo e il suo salotto, pur continuando a essere un punto di riferimento per i liberali milanesi, a poco a poco si avviava verso la sua parabola discendente, sostituito nella sua capacità attrattiva, da quello di Vittoria Cima mentre nella città si moltiplicavano i luoghi di incontro e di riunione57. Verdi era lontano, divi-

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tessa Clara Maffei, scritta il giorno prima della battaglia di Solferino e San Martino, è in a. oberdorfer (a cura di), Giuseppe Verdi: autobiografia dalle lettere, cit., Alla contessa Maffei, Busseto, 23 giugno 1859, pp. 272-273. 53. Come scriveva alla Maffei alla fine di settembre del 1870: «Questo disastro della Francia, come a voi pure a me, mette la desolazione nel cuore! … […]. L’antico Attila […] si arrestò davanti alla maestà della capitale del mondo antico; ma questi stà per bombardare la capitale del mondo moderno: ed ora che Bismarck vuole fare sapere che Parigi sarà risparmiata, io temo piucchemai che sarà, almeno in parte, ruinata. […]», in g. verdi, Lettere, a cura di E. Rescigno, cit., lettera [373] A Clara Maffei, Milano (Sant’Agata, venerdì 30 settembre 1870), pp. 591-592. 54. Sulla franco-prussiana e sul mancato invio di un contingente italiano tornava in una lettera alla Maffei di qualche mese più tardi: «[…] Ah se avessimo mandato in Francia 150 o 200 mila soldati forse tutto era salvo! In ogni modo, anche vinti, avremmo eccitata l’ammirazione di tutti; così a guerra finita, ci resterà l’odio dei Francesi, e maggior disprezzo, se pure è possibile divenga maggiore, dei moderni Goti. […]», in g. verdi, Lettere, a cura di E. Rescigno, cit., lettera [377] A Clara Maffei, Milano (Genova, mercoledì 28 dicembre 1870), p. 597. 55. a. oberdorfer (a cura di), Giuseppe Verdi: autobiografia dalle lettere, cit., Alla contessa Maffei, Sant’Agata, 30 settembre 1870, pp. 287-288. 56. Come nel caso del noto incontro organizzato da Clara Maffei alla fine di giugno del 1868, dopo una lontananza del compositore da Milano durata venti anni, tra Giuseppe Verdi e Alessandro Manzoni (m. serri, La piccola grande tessitrice. Clara Maffei, in e. doni, c. galimberti, m. grosso, l. levi, d. maraini, m.s. palieri, l. rotondo, f. sancin, m. serri, f. tagliaventi, s. tagliaventi, c. valentini, Le donne del Risorgimento, cit., p. 119). 57. m.r.santoro, La giovinezza di un’aristocratica Lombarda: Vittoria Cima (1834-1869), in «Il Risorgimento», 2002, 2, pp. 177-229.


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giuseppe verdi e il risorgimento

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so tra i viaggi e i suoi soggiorni casalinghi a Sant’Agata, a Milano tornava di rado e la loro amicizia veniva distinta dalla scrittura e dal legame del compositore con la città lombarda, luogo nevralgico della sua esistenza e della sua musica.


stampato in italia nel mese di dicembre 2014 da Rubbettino print per conto di Rubbettino Editore srl 88049 Soveria Mannelli (Catanzaro) www.rubbettinoprint.it


ERRATA CORRIGE Fondazione Giacomo Matteotti Onlus AA.VV., Verdi e il Risorgimento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2014 4. di copertina Krisztina Boldizsàr è studiosa di Storia e cultura ungherese e Lettore di madre lingua ungherese presso l’Università Orientale di Napoli.



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