L’analisi “spietata” sui livelli d’istruzione e di lettura in Italia
TESTIMONI DEL TEMPO
Tullio De Mauro
N
Non poteva sfuggire: in Sala Grande del Castello del Buonconsiglio, una accanto all’altro, erano sedute due persone che con la ricerca della verità hanno dovuto fare i conti. In qualche modo, lo stesso conto. Il maggiore linguista italiano Tullio De Mauro è fratello minore del giornalista de “L’Ora” Mauro De Mauro, ucciso a Palermo nel 1970. Andrea Casalegno, giornalista de “Il Sole 24 Ore”, è figlio di Carlo, vicedirettore de “La Stampa”, ucciso nel 1977. E di dati autentici ha parlato l’autore della fondamentale opera “Storia linguistica dell’Italia unita”, per fotografare con la competenza, la fermezza e la puntuail Trentino
“Sete di informazione” e analfabetismo di ritorno di Fausta Slanzi lità che distinguono da sempre la sua figura, i livelli d’istruzione e di lettura degli italiani negli ultimi 50 anni. Ha fatto ricorso alle maggiori fonti statistiche italiane ed europee (Eurobarometro, Annuario Observa Scienza e Società, Studio Ambrosetti, Doxa, IALS, ISTAT) Tullio De Mauro per spiegare come l’Italia si misuri, spessissimo, con uno stesso dato che ritorna ossessivo: il 33%. E già, perché “nel Paese di Padre Pio e del gioco del Lotto – ha detto il grande linguista – solo il 33% degli italiani sa che esiste una legge per la tutela della privacy, come ha già detto Stefano Rodotà nell’incon-
tro che mi ha preceduto. Ed è sempre solo il 34% degli italiani che usa internet per informarsi e ancora, sempre solo il 34% degli italiani legge poco più di un libro al mese”. Sempre “il magico terzo della In alto: da destra, Andrea Casalegno e Tullio De Mauro.
popolazione”, quasi a ribadire che l’Italia, per quanto riguarda i livelli di istruzione e di lettura gira sempre intorno a sè stessa e non fa passi avanti come, invece, fanno molti altri Paesi europei e mondiali. L’Italia non ha nemmeno voluto ri27
fare (dopo il 2004) un’indagine osservativa (IALS) che, con questionari di grande rigore scientifico, coglieva con precisione i livelli di istruzione. E, se in Paesi come la Norvegia o la Svizzera, o gli stessi 28
Stati Uniti, questa indagine aveva fatto scalpore per i bassi livelli di competenze minime delle persone, in Italia era passata pressoché inosservata. Eppure le persone italiane risultate con competenze minime di lettura, di scrittura e di calcolo, nell’indagine antecedente il 2004, erano piuttosto impressionanti. La maggior parte delle persone possedeva competenze tali da poter raggiungere solo il primo livello dei questionari proposti dall’indagine. Tullio De Mauro ha detto chiaramente che non ci si deve lasciar incantare dai dati sulla lettura in Italia. Quel 60,3% della popolazione italiana che, secondo l’ISTAT, legge libri va “letta” attentamente: il 12,8% sono “lettori morbidi” (il classico libro di cucina), un altro 41% è un “lettore obbligato” da motivi scolastici o professionali. Il 43% della gente risponde, spesso, di aver letto solo un libro all’anno. E, ancora una volta, solo un 34 % di lettori può davvero definirsi
tale e legge più di un libro al mese. “Di contro però – ha sottolineato più volte il linguista già ministro della Pubblica Istruzione – in Italia c’è una sete di sapere e di informazione che fa sì che gli Italiani siano al quinto-sesto posto in quanto a frequenza di dibattiti a carattere scientifico. Solo così si spiegano i successi di Festival come questo, e come quello della Matematica che ha riempito per una settimana l’Auditorium a Roma. E sono proprio gli economisti che hanno cominciato a pensare che la bassa scolarizzazione influisce sullo sviluppo di un territorio e sulla bassa redditività del capitale. Severi economisti che ci pongono quesiti importanti”. Per Tullio De Mauro due sono le vie d’uscita per una situazione che, anche nel caso della lettura dei quotidiani, dimostra ancora e sempre, lo stesso dato: solo 3 abitanti su 10 in Italia leggono un quotidiano e un quarto di questi legge “La Gazzetta dello Sport” o qualche altro quotiil Trentino
!-,13*#,2' "#* * 4-0- +'* 0'1-01# .#0 *’'2 *' Incontro sulla riforma del welfare tra essibilità e precariato
.#,1'-,# !-+.*#+#,2 0# !-+# -0'#,2 01' I consigli di due docenti di economia per il nostro futuro Come sta cambiando il welfare in Italia e in Europa? Come può ciascuno di noi agire per garantirsi una pensione (e quindi una vecchiaia) piĂš serena? A questi interrogativi hanno cercato di dare risposta Gianfranco Cerea, docente di scienza delle ďŹ nanze a Trento, e Michael Atzwanger, docente di economia a Macerata. E lo hanno fatto – dati alla mano – puntando a far capire al pubblico in sala soprattutto due cose: la prima è che sarĂ praticamente inevitabile per tutti crearsi un sostegno alla propria contribuzione con una pensione complementare; la seconda è che il percorso va personalizzato “quasi come se fosse un abito fatto su misuraâ€? perchĂŠ ognuno di noi ha una storia professionale diversa. Ăˆ fondamentale responsabilizzarsi e sforzarsi di fare delle scelte anche se, oggettivamente, non è facile. Il rischio è di non fare nulla, paralizzati dalla paura di sbagliare o dalla confusione per il sovraccarico di informazioni di difďŹ cile comprensione. La speranza dei relatori – entrambi attivi nella crescita del progetto Pensplan – è che il modello della nostra regione possa fare proseliti: “La Valle d’Aosta è giĂ in fase avanzata e abbiamo contatti anche con la commissione bilancio della Lombardiaâ€? ha speciďŹ cato Atzwanger. (M.S.)
diano sportivo. “Fatti benissimo per carità – ha detto Tullio De Mauro – ma l’editoria è un ‘ecosistema’ dove certamente contano anche i cespugli, gli alberi bassi, e però non solo quelli. Fu Adriano Olivetti a promuovere, negli anni Cinquanta, la prima indagine sulla lettura dei quotidiani. Dopo 50 anni le cose sono tali e qualiâ€?. La prima via da seguire è quindi certamente quella di poter avere una rete di biblioteche territoriali: in Italia ne esistono 2.000 e i Comuni italiani sono 8.000. “Per di piĂš – ha aggiunto De Mauro – la il Trentino
maggior parte di queste biblioteche si trova proprio qui in Trentino Alto Adige, una regione da sempre in controtendenza rispetto ai dati di letturaâ€?. La seconda, secondo lo studioso, è quella di sviluppare un sistema nazionale di educazione degli adulti. Brevi cicli formativi (che in altri Paesi europei si fanno regolarmente) e che consentono alle persone adulte di riacquisire buone competenze. Peraltro la spesa sarebbe minima se si usassero le strutture scolastiche giĂ esistenti e che funzionano a “scartamento ridottoâ€?.
“Il nostro ruolo è anche quello di far comprendere alle aziende che il capitale umano è una risorsa e non un costoâ€?. In questa affermazione di Marina Elvira Calderone, presidente nazionale dell’Ordine Consulenti del lavoro, sta forse il senso piĂš vero e profondo della presenza al Festival dell’economia di una realtĂ , quella dei consulenti del lavoro, che vive prima di tutto nell’evidenza dei numeri. Quelli di una professione che in Italia raccoglie piĂš di 22 mila professionisti (117 in Trentino) che operano in prevalenza al ďŹ anco delle piccole e medie imprese (ovvero del tessuto che al 90 per cento disegna l’Italia che produce) e che assistono circa un milione di aziende, per un totale di otto milioni di addetti. Ăˆ questa realtĂ che si è presentata al dibattito su “La riforma del welfare e degli ammortizzatori sociali fra essibilitĂ e precariatoâ€? e che ha registrato anche gli interventi di Rosario de Luca, presidente Fondazione studi Consulenti del lavoro e di Vincenzo Silvestri, coordinatore scientiďŹ co. Rispetto alla legge Biagi, è stato detto, non si tratta nĂŠ di metterla da parte nĂŠ di farne un simulacro (“sarebbe un’offesa ad un uomo di studio e di coerente impegno che ha pagato con la vita le sue ideeâ€?) quanto di andare oltre. PerchĂŠ davvero al tavolo della concertazione gli obiettivi pubblici di salvaguardia e di valorizzazione del capitale umano e le aspirazioni individuali di qualitĂ della vita e di benessere trovino quella mediazione faticosa quanto necessaria. Ad evitare che quella del welfare rimanga una riforma ďŹ n troppo annunciata. (C.M.)
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