DI CHIUSA IN CHIUSA Lungo i canali dall'Olanda al Mediterraneo in 5 tappe
Di Chiusa in Chiusa Lungo i canali dall'Olanda al Mediterraneo in 5 tappe
Domenico Santarsiero domenico.santarsiero@gmail.com
Metaxa's © 2010
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Questo volume è pubblicato secondo le regole dei «Creative Commons» che puoi leggere su: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/ Le fotografia di questo volume sono state scattate dall'equipaggio di Pinta nelle varie tappe.
Chiuso in redazione il 7 aprile 2010
O Capitano! mio Capitano! il nostro viaggio tremendo è finito, La nave ha superato ogni tempesta, l'ambito premio è vinto O Captain! My Captain! our fearful trip is done; The ship has weather'd every rack, the prize we sought is won Walt Whitman (1819-1892)
A Lalla, all'equipaggio, a Kjell e Jetteke, ai ÂŤrom del mareÂť, a Lauretta, agli amici del Break Out, ad Antonella e Fulvio in viaggio verso il Canada.
DI CHIUSA IN CHIUSA Lungo i canali dall'Olanda al Mediterraneo in 5 tappe
Indice Dal sogno alla realtĂ
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La preparazione
9
La barca
10
Le carte
13
L'equipaggio
18
23
Le tappe da Hardwijk a Tilbug
23
da Tilburg a Toul
37
da Toul a Lione
53
da Les Roches-de-Condrieu alla Camargue
67
da Gallician a Fiumicino
83
Tra un mare di barche
93
Info fuori testo
95 102
Rassegna immagini
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Dal sogno alla realtà Un sogno da un po' di tempo si affacciava nella mia mente, un sogno ricorrente che era insieme una sfida e una necessità. Infatti da quando avevo venduto il Doktor Faust nel 2002, un “lambrusco” frizzantino e fermo allo stesso tempo, ho sempre pensato ad una barca che avesse come caratteristiche solidità e sicurezza innanzitutto, vivibilità, facilità di intervento e riparazione, e che fosse ovviamente a vela. Una barca, per me è per definizione una barca a vela. Non conosco altre definizioni, pur avendo scoperto la vela troppo tardi per farla diventare una ragione di vita, una filosofia, uno stile. Ma l'avventura no: non è mai troppo tardi per intraprendere un nuova avventura. Così, dopo molto tempo ho ripreso in mano la mia aspirazione, la mia voglia di risalire fino al desiderio originale, al sogno che mi portava lontano verso Nord alla ricerca della mia barca perduta. La realtà è invece improvvisa, almeno oggi a rivederla postuma, e così quel desiderio improvviso riprese a galleggiare. E sì che diversi articoli letti sul nostro giornaletto di velisti da tavolo, Bolina (www.bolina.it), mi avevano fatto ripercorrere più volte questo viaggio, e così oltre all'amore che nutro per le Terre Basse, avevo tante altre buone ragioni per intraprendere un viaggio alla ricerca della mia bella navigante in acciaio. Quell'acciaio che mi dava l'idea di una cosa solida, che avrebbe avuto anche la durevolezza di un sogno che coltivavo da tanto ormai nella mia testa. Ovviamente gli ostacoli erano molti, tra cui le prese in giro dei velisti veri o da tavolo, quelli che per una leggera brezza avrebbero dato chissà cosa, chissà che, quelli che per andare un filo più veloci avrebbero buttato a mare tutte le zavorre e, a volte, tutta la cambusa. Figuriamoci con una barca che pesa 5 tonnellate e mezza, chi mai avrebbe approvato la mia idea. Eppure io quel viaggio ce l'avevo nella testa, un viaggio attraverso fiumi, canali e chiuse, per giungere poi nel mare di sempre. Tutto ciò -3-
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mi procurava una sensazione di pienezza, di realizzazione vera, di avventura solida e piacevole. Arrivare lì, sotto la Francia, nel Golfo del Leone, dopo aver navigato attraverso le pianure fiamminghe e le campagne francesi, per trovarsi poi in mare aperto. Questo era il viaggio che avevo immaginato già 8 o 10 anni prima, e che adesso tornava come nuovo, forse con maggiori difficoltà rispetto ad allora, ma anche con la maturità che prima non avevo. Il mio fisico non è piu lo stesso di 10 anni fa, mi sono sposato e ho legami affettivi e reali che non mi permettono di partire così, per lungo tempo, dandone solo conto a me stesso. Allora se non c'è scampo, non c'è tempo e non ci sono soluzioni per fare le cose così come le sogni, cerchi di farle ugualmente, magari a pezzi, a tappe appunto. L'idea rimane e si rafforza, ma bisogna pensare che la barca resterà là dove si riuscirà ad arrivare. In fondo non sono il primo che ha dovuto affrontare le cose a tappe. Quanti di noi e quante cose facciamo un po' alla volta, rubando il tempo qua e là, organizzandoci a fasi alterne. Tutto sta a credere nei sogni, e pian piano realizzarli, magari rischiandosela un po', o magari semplicemente non facendosi fermare dalle mille cime che ci tengono troppe volte fermi all'attracco. Così la grande decisione è presa, almeno quella di iniziare a provarci. Sicchè a marzo del 2008 faccio un giro in Olanda non solo per sondare delle questioni di lavoro, ma anche per piacere, ossia alla ricerca della mia barca perduta. Intanto preparavo lunghe liste di barche che mi sarebbe piaciuto vedere, cercandole su diversi siti internet in inglese e in italiano, e con l'aiuto degli amici di Tilburg anche sui siti olandesi dove ci sono molte più occasioni per ottimi acquisti. Approfitto della bontà dei miei carissimi amici Desi e Hennie senza i quali sarebbe stato impossibile realizzare tutto ciò, e inizio a programmare appuntamenti, telefonare e visitare diversi marina. Con il senno di poi oggi mi organizzerei diversamente, innanzitutto con un navigatore satellitare, oltre che con le carte, e forse dopo aver reperito maggiori informazioni sulle barche olandesi, e con una idea più precisa sul tipo di barca da cercare. -4-
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Nonostante tutto in breve incontro il posto giusto, l'HMS (Holland Marine Service) di Harderwijk, un cantiere e un marina situato a circa 75 km a Nord-Est di Amsterdam, su un canale importante che collega due rami del Marker-Meer e che gira intorno alla penisola artificiale del Flevoland, dove si trovano le città di Almere e Lelystad, praticamente di fronte ad Amsterdam. E' la più grande isola artificiale mai costruita al mondo con la sabbia estratta dai canali e dalle terre strappate al mare. Nel marina c'è un personaggio imponente ed operativo, Martin, un omone che trasmette sicurezza e affidabilità. Nella mia seconda visita al cantiere decido di vedere due barche gemelle, oltre ad un bellissimo ketch di soli 9.50 m, che pur nella sua modesta lunghezza aveva il vantaggio di una cabina di poppa, una vivibilità tutta olandese, e un albero di mezzana che gli donava un tono da barca importante. Alla fine mi innamoro dei miei due DOMP 8.60, e dopo aver contrattato il “last price”, me ne torno in Italia pensando e ripensando a quale potrà essere la mia barca. Ovviamente avevo visto altre barche, alcune da rimettere completamente a nuovo, altre completamente svuotate, restaurate e da allestire ex novo. Anche su questo punto con il senno di poi e con l'esperienza accumulata, avrei forse fatto scelte diverse, ma si sa che il tempo pur portando consiglio, passa inesorabilmente e qualche abbaglio o qualche svista non sono altro che parte del nostro bagaglio culturale, della nostra esperienza. In Italia resto un mese a pensarci su, a fare ipotesi improbabili, senza riuscire a capire quale potesse essere la barca giusta. Giusta come dimensioni, come prezzo e come stato di conservazione. Il nodo fondamentale rimaneva comunque la questione del motore, che nel viaggio verso l'Italia mi preoccupava un bel po'. Visto che la previsione era quella di fare tutto il tragitto lungo i canali serviva un motore abbastanza potente e non troppo anziano.
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Pinta con la randa all'appuntamento con il mare.
In ogni caso non si può avere tutto dalla vita, e per prendere una decisione seria c'era bisogno di un ulteriore sopralluogo per verificare di persona i requisiti essenziali che la barca doveva avere per essere un buon affare e per affrontare il viaggio. -6-
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Fido della lealtà del popolo olandese, non potevo far altro che credere nelle risposte datemi sullo stato delle imbarcazioni e del motore. Nel giro di un mese, e dei mille pensieri sofferti, prendo una decisione e confermo la mia opzione versando la caparra per una barca rosso fiammante, con un bel pozzetto in teak, oltre agli interni in legno massello, caratteristica di barche di una certa età e di un certa classe. Si tratta di una barca di proprietà del cantiere e che stavano rimettendo a posto. Una barca senza nome e senza storia, una barca insomma da vivere e addomesticare, senza nessun scrupolo di coscienza sul suo passato, sulle sue abitudini: insomma, senza memoria. La barca a vela, come dice il nostro caro amico Diego in darsena a Fiumicino, è una malattia che una volta presa non ti molla più. Troverai sempre in giro per il mondo un velista che parla con la sua barca. Che la guarda con occhi dolci come fosse una sirena, una chimera, un sogno fatto realtà. La rossa fiammante diventerà la nostra Pinta. Nostra per molti motivi, innanzitutto perché il nome Pinta lo ha scelto mia moglie, poi perché la barca, pur essendo stata scelta da me doveva essere condivisa con la persona che amo e con cui ho deciso di trascorrere la mia vita, come questa avventura. Un viaggio speciale lungo le voies navigables d'Europe, che trasformerà il sogno in vivida realtà, come questo libro e i mille video e le mille immagini che rimangono a testimonianza.
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La preparazione La preparazione del viaggio implica diverse questioni, tutte più o meno importanti. Parliamo della barca, delle carte e ovviamente dell'equipaggio. Diamo per scontato che il comandante o l'armatore sappiano il fatto loro in termini di esperienza e capacità di adattarsi a risolvere i problemi spiccioli della navigazione quotidiana, e sappiano dove mettere le mani nella conduzione di una barca: motore, impianto elettrico, pianificazione della navigazione, uso delle carte, e altro ancora fino ovviamente alle questioni della sicurezza. E' necessario poter contare su una persona che possieda almeno una patente a motore per poter attraversare la Francia, mentre per l' Olanda e il Belgio non è indispensabile. Nella preparazione del viaggio è importante stabilire in anticipo il percorso di massima, per dotarsi delle relative carte nautiche e farsi un'idea dei giorni di navigazione necessari e delle tappe principali che si vogliono effettuare. E' ovvio che poi il viaggio si sviluppa giorno per giorno, e a volte anche i programmi meglio pianificati vengono stravolti da fermate impreviste, o da cambiamenti di programma straordinari. Un altro elemento importante a cui pensare nella preparazione del viaggio, sono i mezzi di locomozione a bordo barca: ci vorrà almeno una bicicletta, ma meglio due, da usare nel caso ci si fermi lontano dai servizi e dai centri abitati, e indispensabili per andare a rifornirsi di gasolio o di altri generi di prima necessità. Un mezzo di locomozione indipendente dalla barca ci permette di ormeggiare in posti più belli anche se distanti dai centri abitati, che potranno essere raggiunti facilmente pedalando. Ma esaminiamo gli elementi essenziali come la barca, le carte e l'equipaggio.
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La barca La barca dovrà essere pronta alla boa, ovvero avere tutte le dotazioni per la navigazione, la cambusa e i rifornimenti a posto, così come i materiali di consumo e gli eventuali ricambi ad hoc quali giranti, cinghie, filtri, etc. E' chiaro come il sole che queste sono solo buone intenzioni, alle quali solo i più attenti si atterranno scrupolosamente. I più distratti invece attueranno variazioni, imparando a proprie spese cosa vuol dire aver dimenticato un ricambio, un olio o semplicemente una torcia che squarci l'oscurità della notte. Dovendo intraprendere un viaggio lungo, è quasi scontato fare una lista delle cose da controllare o da imbarcare, ma sulla stessa lista andrebbero elencati anche i controlli necessari alle parti vitali dell'imbarcazione come motore, inverter, timone e impianti, materiale di sicurezza come giubbotti di salvataggio, estintore, e fuochi di segnalazione se si va per mare, etc. Ma andiamo per ordine, pensando prima al mezzo di propulsione e poi alla questione ormeggi e chiuse. Tanto per cominciare è necessaria una bella revisione alle parti essenziali del motore, iniziando dalle batterie, dall'alternatore e dal motorino di avviamento. Queste tre cose sono di vitale importanza ed indispensabili per far partire il motore e alimentare i servizi di bordo, come le luci, eventuali inverter per la carica di telefonini, computer, etc. E' buona norma sulle imbarcazioni avere almeno due batterie collegate in parallelo, dotata ognuna di un autonomo staccabatteria. Questo perché una delle due deve sempre rimanere a disposizione del motore per l'avvio, mentre l'altra è dedicata ai servizi. Cosicché se quest'ultima va più giù del dovuto, almeno la partenza del motore è assicurata. Ovviamente motorino di avviamento e alternatore andrebbero anche loro revisionati, smontandoli e portandoli presso un meccanico che cambierà le spazzole e ne verificherà il buon funzionamento. Altri elementi di vitale importanza sono i filtri del gasolio e dell'acqua, le cinghie di trasmissione della pompa dell'acqua e dell'alternatore. E' scontato che andrebbero cambiati sia l'olio motore che quello dell'inverter. Inoltre prima di mettersi in cammino con una barca di cui - 10 -
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non si conoscono le condizioni del motore, andrebbe interpellato un meccanico che potrà controllarne lo stato di salute semplicemente verificando la compressione dei cilindri, ed altre piccole cose. Fin qui per quanto riguarda la propulsione a motore, ma se dobbiamo intraprendere anche dei tratti di navigazione a vela, bisognerà controllare tutte le dotazioni per questo tipo di navigazione, questione che si rimanda alla quinta tappa del viaggio, l'unica via mare, dalla Camargue a Fiumicino. Passando agli impianti, bisogna accertarsi di avere a bordo sia un cavo per corrente di almeno 30 m sia una prolunga di almeno 20 m. Insieme ai cavi è consigliabile avere diversi riduttori e spine che durante la navigazione potranno cambiare, passando dalla presa industriale professionale per esterni alla più tradizionale Schuko che abbiamo trovato su alcune banchine in Francia. Oltre ai cavi è consigliabile avere a bordo anche del nastro isolante, del fil-tubo termo-restringente per collegare eventuali cavi e renderli quasi stagni, oltre ad un cercafasi, un tester per poter effettuare controlli sia sull'impianto a 12 volt che su quello a 220. Non vanno dimenticate poi delle lampade di ricambio per tutti e due gli impianti. Non meno importante è l'impianto idraulico per caricare l'acqua necessaria nel serbatoio della barca, mentre taniche di riserva sono indispensabili anche laddove la presa d'acqua è distante dall'ormeggio. In questo caso sarà bene avere a bordo almeno un tubo della lunghezza di 30 m circa e attacchi di varia misura. Infatti difficilmente si trova lo stesso attacco passando dall'Olanda alla Francia o al Belgio. Perciò oltre ad attacchi di diversa sezione, potrebbe essere utile avere anche delle fascette per serrare il tubo direttamente sulla presa della colonnina di ormeggio o ad altro attacco di fortuna. E' utile inoltre una chiavetta per l'apertura di rubinetti che non sempre sono dotati di manopola. Riguardo alle altre dotazioni indispensabili, durante la navigazione fluviale sono abbastanza limitate: ad esempio, al contrario di quanto si verifica nella navigazione per mare, l'ancora è un accessorio che difficilmente viene impiegato per ormeggiarsi, e credo che le barche da noleggio fluviale ne siano del tutto sprovviste.
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Possono rivelarsi più utili due o tre picchetti in ferro di 40-50 cm di altezza, di spessore adeguato e con una impugnatura per facilitarne l'estrazione dal terreno. Tali picchetti sono l'ideale per fermarsi lungo i canali, laddove non esista nessuna possibilità di dare volta ad una cima. In quel caso accostandosi a riva e scendendo dall'imbarcazione, si pianta velocemente un picchetto e lo si usa per fissare una cima a metà della barca; dopodiche si mettono gli altri picchetti e ci si ormeggia per la notte o per passare qualche ora in tranquillità. Su quest'ultimo aspetto è da notare che, laddove esista un canale artificiale, specialmente in prossimità di pareti realizzate mediante paratie in ferro o legno infisse nel terreno, l'accosto senza incaglio è sicuro al 99% in quanto la profondità nominale è sicuramente rispettata. In navigazione, dunque, è importante avere le dotazioni classiche, ovvero cime sistemate nei punti strategici, della giusta lunghezza e in chiaro, pronte per essere lanciate a riva o per essere portate a terra su una bitta o su un albero, oltre ad un mezzo marinaio e tanta buona pazienza. Nelle chiuse le dotazioni già esaminate per la navigazione sono essenziali. Ma è consigliabile avere a bordo una serie di parabordi, ed eventualmente anche delle tavole poste orizzontalmente a protezione della barca o sui parabordi e dotate di cime di regolazione dell'altezza. Inoltre cime della giusta lunghezza che possano essere passate facilmente sulle bitte di ammaraggio, oppure come abbiamo fatto noi, passando una cima agganciata a metà barca sui gradini delle scalette quasi sempre presenti nelle chiuse.
Un esempio delle cose che non bisogna fare nelle chiuse. - 12 -
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In quest'ultimo caso, non è insolito trovare delle imbarcazioni che hanno disponibile un rampino fatto ad “S” che serve a tenersi agganciati proprio alla scaletta. Questo perché talvolta è necessario cambiare punto di attracco, in quanto il livello della chiusa sale o scende in funzione della direzione di navigazione, e quindi è un ottimo strumento che facilita le fasi di attracco. Nelle chiuse è buona norma avere sempre a portata di mano il mezzo marinaio, per passare ad esempio una cima intorno ad una bitta, oppure per passarla all'assistente della chiusa dove presente. Fin qui sono state descritte le dotazioni essenziali della barca per la navigazione lungo i canali e nelle chiuse, ma a seconda del tipo di viaggio più o meno comodo che si vuole effettuare c'è un'ampia scelta di altre dotazioni. Se acquistate una barca lontano dalla vostra residenza abituale, non potrete portare tante cose con voi, a meno che non organizzate una spedizione con corriere prima della vostra partenza, oppure scegliete di raggiungere il porto in auto. Tuttavia, quello che facilmente si trova nei negozi di nautica vicino casa, in un luogo sconosciuto di un altro paese potrebbe diventare una rarità a causa di altre abitudini, altri schemi e diverso uso degli stessi oggetti. Una esperienza semplice e banale pagata a nostre spese potrà essere di esempio: la vana ricerca della candeggina o della amuchina per disinfettare il serbatoio dell'acqua. Ma anche semplicemente l'acquisto di piatti di plastica rigidi, più adatti ad una barca in sostituzione di quelli tradizionali, diventa un'impresa. Piccole cose che possono sembrare scontate non sono tali in una terra che non si conosce o quando magari si ha poco tempo. Tutte le altre dotazioni, non differiscono da quelle abitualmente usate nell' andar per mare. Le carte Carte e portolani sono indispensabili forse più che nella navigazione marina. La prima carta che abbiamo acquistato è una carta generale di tutta l'Europa, in cui sono disegnate tutte le vie d'acqua navigabili in Europa occidentale e nei Paesi dell'Est, comprese quelle che portano verso il Mar Nero. Questa carta consente una buona conoscenza generale prima della partenza, ma è inutile durante la navigazione. - 13 -
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Per la navigazione vera sarà necessario attenersi in parte alle norme del paese in cui si naviga e in parte alle indicazioni di carte e portolani o guide nella lingua locale o in inglese. Per la navigazione in Olanda è obbligatorio avere a bordo i due volumi in lingua locale (Wateralmanak 1 e 2) su cui sono riportati ponti e canali, oltre alla normativa e ad una miriade di altre informazioni. Le carte, molto dettagliate, possono essere acquistate sempre dallo stesso fornitore, ovvero l'associazione turistica ANWB, che le pubblica nella serie ANWB/VVV Waterkaart, i cui riferimenti sono in fondo al testo. Le carte pubblicate sono a varie scale, in formato classico o come volumetto rilegato a spirale o spillato. Si dividono per aree ciascuna identificata con una lettera (vedi quadro di unione fuori testo), e possono contenere le coordinate o semplicemente le indicazioni chilometriche. Su ogni carta è riportata la simbologia adottata con i testi generalmente in lingua locale. Esiste anche una carta generale pubblicata e distribuita gratuitamente nella rete dei negozi della ANWB, ovvero nell'edizione Vaarkaart Nederland. Su questa carta 1:450.000 potete comodamente pianificare il vostro viaggio e decidere di quali carte dettagliate dotarsi per la navigazione. La rete dei negozi targati ANWB è abbastanza estesa e potete trovarla all'indirizzo www.anwb.nl; anche se non è facile acquistarle via internet, e più conveniente può essere procurarsele direttamente al primo vostro viaggio in Olanda. Le carte per il resto del viaggio tra Belgio e Francia, possono essere acquistate via internet dal sito www.fluvialnet.com dove è disponibile una mappa interattiva della Francia da cui selezionare le vostre carte. Sul sito trovate molte altre informazioni come guide, link ai negozi nautici, supporti multimediali, etc. Le caratteristiche delle carte sono diverse in relazione al tipo e all'edizione. Mentre su quelle pubblicate dall'ANWB trovate solo informazioni cartografiche utili alla navigazione, su quelle della Fluviacarte per la Francia e il Belgio, oltre alle informazioni cartografiche per la navigazione sono presenti molte altre informazioni di natura turistica e culturale, in tre lingue. - 14 -
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Il tipo di navigazione, così come le informazioni sulle carte sono estremamente diverse, e questa varietà si deve probabilmente alle profonde differenze tra i canali olandesi e francesi, oltre alla diversissima orografia. Solitamente sulle carte sono indicati i seguenti parametri: profondità del canale in centro espressa in decimetri (tirante d'acqua), altezza dal pelo dell'acqua di eventuali ponti (tirante d'aria), informazioni sulle chiuse e sui ponti come numerazione e nome, lunghezza e larghezza, canale VHF o telefono.
La mappa dell'intero viaggio dal Nord Olanda a Fiumicino.
Ma vediamo come utilizzare queste carte. Innanzitutto chi è abituato a navigare per mare, tracciando rotte e way point, dovrà cambiare i parametri concettuali della navigazione stessa, cominciando - 15 -
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dall'abituarsi a contare le distanze e le velocità per chilometri invece che per miglia: siamo infatti sulla terraferma e non si usano le miglia marine. Gli aspetti che cambiano veramente sono i riferimenti e i cosiddetti punti notevoli della cartografia, che invece di essere montagne e antenne, sono ponti, anse e cartelli chilometrici disseminati sulle sponde dei canali e dei fiumi. Durante la navigazione bisogna stare attenti alle boe rosse e verdi, così come la navigazione commerciale segue i riflettori radar che segnalano sia le spalle dei ponti che i limiti delle acque basse di canali e fiumi. In Olanda esistono delle boe numerate o segnate con apposite sigle, che riportate sulla carta vi fanno capire qual'è il limite del canale navigabile e quindi la vostra posizione. Così come gli ingressi interdetti dei canali sono segnalati con dei cartelli di divieto di accesso, alla stessa maniera le direzioni che si dipartono all'incrocio di due o più canali sono indicate da cartelli con delle frecce che somigliano ai sensi unici stradali e che in generale indicano il canale principale. Insomma, le conoscenze necessarie per effettuare la navigazione fluviale sono molto più vicine a quelle necessarie a guidare un'automobile che non a quelle della navigazione marina, ed è per questo probabilmente che in Europa la navigazione fluviale è un modo di viaggiare e passare le vacanze molto diffuso. Le carte dei canali Un elenco delle carte utilizzate per la preparazione e la realizzazione del viaggio mi sembra quasi un obbligo, qualora qualcuno voglia ripetere il medesimo viaggio e il medesimo percorso, ovviamente con le varianti del caso. Di seguito l'elenco delle carte indispensabili.
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Olanda – edizioni ANWB Identif Nome e icativo indicazioni sull'area della carta Vaarkaart Nederland
Scala
Nota
1:450.000 Carta generale dove pianificare e inquadrare il viaggio nella sua complessità
1e2
Wateralmanak
Sono i due volumi/portolani obbligatori da tenere a bordo per chi naviga in Olanda
E
Randmeren & Flevoland
1:50.000 Carta del canale e del mare di Ijssel.
D
Gelderse Ijssel
1:25.000 Carta che porta a Sud fino a Doesburg, dove si dividono le direzioni per chi va in Germania e chi resta in Olanda.
L
Grote Rivieren Oost
1:50.000 Copre la parte Est dei canali che da Doesburg lungo il Waal vanno verso il mare.
K
Grote Rivieren Midden
1:50.000 E' il prosieguo della carta L e porta fino a Dordrecht e Drimmelen, nel grande estuario del Brabantse Biesbosch.
W
NoordBrabant
1:25.000 E' la carta per navigare nella regione del Nord Brabant, la regione olandese che confina con il Belgio e la Francia.
M
Limburgse Maas
1:25.000 E' la carta di supporto per la parte del Maas che dal Belgio si insinua in Olanda passando per Maastricht.
Belgio – Edizioni Fluviacarte Per il Belgio abbiamo le stesse carte che per la Francia, anche se una carta generale è pubblicata dalla Fluviacarte, mentre diversi altri tronchi dei canali sono pubblicati sulle carte francesi al confine. Per la parte Maastricht – Givet, ovvero la parte di canale che attraversa il Belgio via Liegi, Namur e Dinant, noi abbiamo usato la carta n.9 che copre La Meuse, il Canal de l'Est e la Sambre Belge. In realtà le carte per i canali nel territorio belga sono spesso disponibili sia tra le carte dell'Olanda che tra quelle della Francia.
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Francia – Edizioni Fluviacarte Identifi Nome e indicazioni Scala cativo sull'area della carta
nota
21
France Fluviaux
Itineraires
1:400.000 E' la carta generale della Francia, con indicate tutte le chiuse, i chilometri e i punti di attracco rilevanti. E' un'ottima carta per avere una visione d'insieme.
9
La Meuse et Le Canal de l'Est, La Sambre Belge
1:50.000 Per chi viene da Maastricht e vuole percorrere il Canale del'Est è la carta migliore.
10
La SaÔne de Corre à Lyon
1:25.000 La carta per andare dal canale dell'Est al Rodano ovvero a Lione.
16
Le Rhône de Lyon à la Mediterranée
1:25.000 La carta che vi permette di navigare lungo il Rodano da Lione al Mediterraneo.
11
Canaux du Midi Gironde – Garonne – Baise – Lot aval
1:50.000 La carta per chi vuole andare in Atlantico senza passare Gibilterra.
Navigazione marina Francia – Italia Per affrontare la navigazione in mare dalla Camargue a Fiumicino sono state usate le due carte del Mediterraneo INT 305 alla scala 1:1.000.000 e INT 304 alla medesima scala dell'IIN (Istituto Idrografico della Marina), oltre al portolano Navigare di Bolina. L'equipaggio Andare per mare o per fiume implica profonde differenze, ma vivere in barca è più o meno la stessa cosa, se non fosse per il fatto che navigare lungo i canali è quanto di più tranquillo e rilassante si possa fare, e gli equipaggi certamente ne risentono. Certo le condizioni al contorno sono importanti e quindi dopo un breve training sull'entrata e sull'uscita dalle chiuse, anche una persona non esperta può essere un ottimo elemento dell'equipaggio. Si sa che sulle barche o ci si ama o ci si odia, ma mentre per la prima situazione non ci sono controindicazioni, per la seconda le - 18 -
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controindicazioni ci sono eccome, e sono molte, consideranto anche il limitato spazio a bordo. Il consiglio n.1 è di evitare di coinvolgere nell'equipaggio i rompiscatole, eterni scontenti, etc. Insomma vi potrei fare un bell'elenco di persone che conosco con cui non andrei mai in barca. Accade di rado che una persona scontrosa a terra diventi una buona compagnia a bordo. E' molto piÚ frequente il contrario. L'unico modo di averne certezza sarebbe di fare una prova, e comunque essere sempre disposti a rimanere da soli nel caso in cui la convivenza si riveli impossibile e il rompiscatole decida di sbarcare!!!!!!!!!!
Una mappa a testa in giĂš dei luoghi attraversati. - 19 -
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Il nostro cane Metaxa è stupendo tanto a terra quanto in navigazione. L'equipaggio di Pinta si è distinto per capacità e dedizione, sia dimostrando il dovuto rispetto per il comandante, sia prendendo ordini secondo le regole marinare. Ma veniamo al dunque e parliamo dell'equipaggio di Pinta in ordine di apparizione. Lalla, che ha la sfortuna di essere mia moglie, è il primo elemento dell'equipaggio e si è distinta per diversi pregi, senza voler parlare dei difetti che per amore coniugale qui non citiamo. Innanzitutto ha partecipato a tre tappe della Pinta e ha sorpreso il comandante ordinando un set di magliette per l'equipaggio con il logo della barca, ha anche dato i natali alla Pinta trovandone il nome. A parte queste piccole cose, è la persona con cui ho di fatto condiviso il viaggio vero. Non ha neppure ostacolato più di tanto il comandante nella sua decisione di acquistare la Pinta e intraprendere questa piccola avventura, ha preparato ottime cene e ha gestito la cambusa in maniera encomiabile. Dal punto di vista della marineria, come addetta alle chiuse, ha dato il suo massimo gestendo anche situazioni di pericolo, benchè si sia sempre rifiutata di saltare al volo per incocciare le cime nelle bitte. Corinna, detta Cori, lupo di mare e di terra, si è distinta per le capacità culinarie e per l'attività fisica mattutina con i suoi “tibetani”, che a vederla faceva invidia ad un orologio svizzero. Oltre a preparare i suoi manicaretti è stata una timoniera indefessa che mi ha permesso di distendermi al sole di settembre e di leggere un bel libro sul nostro Soldini, mentre Stefano schiacciava un pisolino vista l'età adulta incombente. Stefano, detto anche Svezia, lupo di terra con tendenza a lupo di mare per i suoi trascorsi nazionali e svedesi. Certo non lo si può citare senza la sua Cecilia, che è stata un supporto morale anche se a distanza. Stefano ha putroppo il vizio di giocare con la tecnologia senza tener conto delle condizioni difficili in una barca alle soglie dell'inverno francese, ma tutto sommato è stato il membro dell'equipaggio che - 20 -
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meglio ha sopportato il carattere impossibile del comandante, con la sua filosofia indiana e la sua capacità di tenere la calma anche per quelli che non ci riescono. Roberto, detto Roby, che va per mare meglio che per terra. Del resto a bordo c'è solo il pericolo di cadere in acqua e non per terra. Della terra ha tanta nostalgia e si sbriga a navigare, anche se senza le vele è un po' dura da sopportare. E' in compenso un ottimo compagno di viaggio che consuma poco ed è sempre ben informato, sia che si tratti di vela che di meccanica quantistica, anche se ha scoperto che viaggiar per mare è sempre meglio che essere dei turisti intergalattici. Metaxa, detta Meti o anche Panzetta, non certo il primo cane a navigare sui canali, ma è il primo a navigare sulla Pinta, sulla quale si è trovato proprio a suo agio. Sempre in giro nel pozzetto, tra poppa e prua con le chiome al vento, la prima sera per paura di esser lasciata fuori, s'è gettata lungo la scaletta atterrando nella dinette. Nonostate le lunghe smotorate non si è poi annoiata, e appena fatta l'accostata lei subito s'è tuffata, non nell'acqua di cui ancora non conosceva bene la natura, ma lungo le banchine a cercar di fare i suoi bisognini.
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Le tappe Il viaggio è stato organizzato per tappe, sia per mancanza di tempo, sia perché con le tappe si vive diversamente il viaggio e anche se una persona non riesce a vivere in barca per un periodo troppo lungo, delle piccole pause durante l'anno non sono niente male. Durante le tappe del viaggio l'equipaggio è cambiato varie volte, mentre l'equipaggio di base è rimasto più o meno lo stesso. La Pinta per ben due volte si è riposata per un periodo non superiore ad un mese, mentre l'inverno 2008-2009 lo ha passato a circa 50 km a Sud di Lione, non senza una capatina dell'armatore che prima del freddo del'inverno è andato a rimboccarle le coperte. Quanto verrà detto di seguito, non è altro che la trascrizione più o meno fedele del giornale di bordo, con l'aggiunta di commenti e considerazioni postume. Da Hardwijk a Tilburg
Alle 8 e 30 del 4 luglio 2008 inizia il viaggio che porterà Pinta dal Nord dell'Olanda (all'Holland Marine Service di Harderwijk) fino al Mar Mediterraneo nell'area della Camargue, e poi via mare a Fiumicino. Un viaggio che in 5 tappe, 280 chiuse circa, 35 giorni di navigazione fluviale e infine circa 400 miglia marine, ci svelerà la bellezza della navigazione lungo le autostrade europee dell'acqua, dove la velocità media è di circa 7 km l'ora. Alle 9 e 45 siamo già sul WP1: Lalla al timone e tutto procede con il sole al punto giusto e una profondità di 2.70 m circa. Dopo poco meno di un'ora comincia a piovere, non so se prima o dopo aver incontrato quelli che abbiamo chiamato i "boari", ovvero gli uomini addetti alla manutenzione delle boe di segnalazione. Improvvisamente si sono visti a poppa dopo un po' dalla partenza, a bordo di una barca da lavoro che è un mix tra un rimorchiatore e una piattaforma attrezzata per la manutenzione della segnaletica e delle infrastrutture di questa stupenda rete di canali olandesi. In realtà il primo canale finirà dopo appena 30 km e dopo la nostra prima chiusa affrontata con agitazione in quel di Roggebot. - 23 -
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Il porto di partenza di Pinta.
Comunque alle 13 e 10 siamo al WP4 e cambiamo canale, addentrandoci nella vera navigazione, e con tutte le preoccupazioni degli scolaretti al primo giorno di scuola. Alle 17 circa rabbocchiamo il serbatoio con circa 10 litri di gasolio, senza sapere che alle 18 in punto avremmo trovato ormeggio al passantenhaven di Wijhe al km 965 circa (carta 10/D). Il commento sul giornale di bordo parla chiaro: "che fatica". In fondo era qualche anno che io non navigavo né per mare né per terra, mentre Lalla è alla sua prima esperienza. E poi metteteci pure l'emozione. Ma al di là di tutto la prima giornata ci ha visto sorpresi e affascinati da questo nuovo mondo rappresentato dalla navigazione fluviale, con una barca nuova, si fa per dire, tante cose da imparare e tanti bei posti da vedere. Tutto sommato siamo felici di questa nostra “prima giornata”: contenti brindiamo, e andiamo a spasso per capire dove siamo. Il posto è incantevole ed è attrezzato anche per i camperisti, con tavoli da picnic e servizi; come conclusione della prima giornata nulla da - 24 -
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eccepire, anzi direi cento di questi giorni. Verde, sole, acqua e una tranquillità che ricorderò per sempre. Il 5 luglio dopo una dormita fantastica al prezzo di 5 Euro si riparte alle 9 e 29. Questa notte si è mollata una cima, segno delle prime cavolate che pian piano faranno giustizia alla navigazione saltuaria di noi cittadini, ma tutto è bene quel che finisce bene. Si riparte e oggi niente way point ma solo boe numerate e chilometri. Prima della partenza i controlli usuali dell'olio e il rabbocco del gasolio. Si parte comunque dalle coordinate 52° 23' 10.32 N e 6° 07' 39.00 E e alle 9 e 33 siamo al km 964 dell'Ijsell, mentre alle 10 e 22 ci troviamo al km 958, quindi con una velocità di circa 6 km all'ora dopo poco siamo in vista di Deventer, dove attracchiamo con l'aiuto di un turista ad una banchina di passaggio. Deventer è una cittadina stupenda e noi siamo fortunati perché siamo capitati proprio in una giornata di festa: mercato, teatro di strada, clown e ovviamente una birra fresca per gustarci lo spettacolo. Deventer è anche una città piacevole dal punto di vista architettonico e ad avere qualche giorno in più valeva sicuramente la pena di fermarsi. Alle 13 e 45 si riparte alla volta del prossimo porticciolo che ancora non è stato stabilito, ma ormai siamo al secondo giorno di navigazione e se non avevamo reticenze ieri su dove avremmo passato la notte, oggi la nostra navigazione è sempre più tenace lungo questo sogno che da molti anni mi portavo appresso. Alle 16 e 15 dopo un accosto difficile (dovuto alla corrente e al vento), all'incirca al km 928 nella cittadina di Zutphen, si rabbocca il serbatoio e si riempiono 30 litri nelle due taniche per un totale di 56 Euro. Il consumo con il nostro motore di soli 10 cavalli è veramente esiguo, ma avere il pieno di gasolio dà sempre una certa sicurezza, soprattutto se non si vuole pianificare al millesimo il viaggio e lasciarsi invece cullare anche da un certo grado di incertezza su dove si attraccherà: altrimenti che viaggio sorpresa sarebbe ?
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Proseguiamo verso Sud e per un paio di ore campagna vera con scene miste che sembra un film. Sulla riva convivono mucche, pescatori e volatili di ogni genere. Alle 19 e 45 siamo all'entrata del porticciolo di St. Doesburg's Goed al km 902 (D 3), e alla nostra prima incagliata. L'entrata del porticciolo è un piccolo canale laterale a 90 gradi. Sulla sinistra è attraccata una grande péniches e i figli del comandante si tuffano a poppa, quindi ci teniamo in sicurezza al centro destra del canale di ingresso, finendo su un banco di fango. Ovvie bestemmie e panico per l'equipaggio, ma nel frattempo quelli della péniches si impietosiscono e ci fanno segno che accendono i motori e ci vengono a tirar fuori dai guai.
La rotta della prima tappa da Harderwijk a Tilburg. - 26 -
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Presto detto, sganciano la cima di poppa e con una accelerata al motore direzionale in un secondo sono verso di noi alla giusta distanza per lanciare una bella cima dell'ancora alla moglie del comandate. In soli due tentativi il lancio va a buon fine, in un attimo la barca è fuori dal fango e dopo 10 minuti siamo in banchina ormeggiati. A Roma si direbbe: «che smaltita», al nostro secondo giorno un incaglio non è certo di buon augurio. Ovviamente ci sdebitiamo con una bottiglia di vino, e la serata può cominciare con una mangiata di pasta e qualche leccornia di secondo. Questo porticciolo dove ci siamo fermati è il primo marina self service. Scoperta che faremo la mattina seguente cercando di mollare gli ormeggi e di pagare il conto. Infatti il conto andava fatto riempiendo un modulo e infilando il tutto, contanti compresi, in una apposita buca della posta. Spesa per la serata 10 euro mancia compresa: non cè proprio nulla a che vedere con i prezzi nei marina italiani, soprattutto se si confrontano standard e costi. Siamo al 6 luglio e dopo una ricca colazione adeguata allo standard olandese, conto self service e molliche di pane alle papere, siamo pronti e alle 10 esatte molliamo gli ormeggi e via verso la nostra avventura. Oggi tempo fresco con nuvolaglia all'orizzonte, pressione 1015. La mattinata continua tranquilla su questo canale grande abbastanza da sembrare un fiume. Tanti incontri con péniches di un certo rilievo, pescatori lungo le rive e paesaggi tipici olandesi con verde, mucche e animali acquatici, come al solito papere, anatre e cigni, oltre alla cosiddetta ''papera trombetta'', che troveremo lungo tutti i canali fino al Mediterraneo. E' tutto così tranquillo che alle 12 e 45 siamo al km 882.500, prossimi alla città di Arnhem e alla fine della nostra seconda carta, ma un colpo di vento mi porta via il cappello che l'amico Fabrizio Bernardini, massimo esperto di gadget di livello, mi aveva portato dagli USA; non un cappellino normale, ma quello della missione spaziale Mars Express.
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Inutile dirvi che c'è stato anche un tentativo di recupero andato a male, e vista la paura terribile di andare in secca su qualche banco di fango e rimanere lì tutto il giorno, velocemente abbiamo deciso che ormai era andata come è andata e che mi metterò in fila per il prossimo cappellino d.o.c. Si cambia carta e si passa sulla carta L Grote Rivieren Oost 1:50.000. Navigazione tranquilla, poco traffico e un paesaggio quasi noioso. Alle 13 e 10 passaggio al WP5 con cambio di canale. Si prosegue tranquilli fino alle 14 e 45 in vista del WP6 dove si incrocia un fiume abbastanza grande da ricordare lontanamente il mare. Questo è il Waal, dove la corrente dovrebbe regalarci almeno 2-3 km all'ora in più. In realtà il Waal ci dà molta più velocità di quanta ne avevamo ipotizzata, facendoci arrivvare dai 7-9 km/ora tipici fino a 12-13 km/ora. L'unico problema è il vento, e di conseguenza le onde che sono poco superiori al metro, oltre ad un traffico commerciale impressionante. Il tempo inclemente purtroppo non ci regala un bel pomeriggio, e dopo due o tre ore siamo esausti e desiderosi di fermarci in un bel porticciolo che da lì a poco incontreremo. Scopriremo poi che il posto valeva veramente una fermata, ma nel frattempo l'ingresso al marina è difficile da interpretare, il tempo peggiora e l'equipaggio è giù di morale. In ogni caso trovare questo marina è stato proprio provvidenziale. Così alle 18, un po' provati entriamo al De Waal, porticciolo molto accogliente della ridente cittadina di Tiel. L'ingresso situato alla boa OCC36 al km 914.4 circa sembra difficile ma appena fatti i primi 100-200 metri tutto risulta più chiaro: sulla destra c'è un'ampia zona in cui sono situate delle house boat, mentre a sinistra si evidenzia la zona barche. Ci accoglie il responsabile del marina. Gentile come tutti gli olandesi ci informa della tariffa e ci dà il codice per accedere ai servizi. Tiel è una bellissima cittadina, andiamo un po' in giro a sgambettare e sembra che abbiamo trovato il posto giusto per cenare: una pseudo trattoria turca. Cena micidiale con patate fritte al gasolio e nel giro di poco a nanna. Il giorno dopo sveglia digitale verso le 8 e 30, con in testa la voglia di provare a connettersi a Internet e vedere cosa succede fuori dalla - 28 -
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nostra barca, fuori dal nostro viaggio lungo i canali con la Pinta. Dopo solo dieci minuti delusione amara, non riusciamo ad usare la connessione 3G e il tempo è orrendo, si controllano i livelli in previsione della partenza ma alla fine si indugia e non si parte. Il programma della giornata era di arrivare al km 926 dove prendere il canale di collegamento con il Maas e proseguire fino a Drimmelen, per poi proseguire lungo il Wilhelminakaanal alla volta di Tilburg. Drimmelen è un posto dove ero già stato per caso in avanscoperta a marzo con la Alberts family, ovvero Desiree, Hennie, Kjell e Jetteke, sostenitori morali del viaggio alla ricerca di PINTA. Drimmelen è incantevole, con la sua area naturalistica protetta piena di canali e di volatili. In ogni caso il programma è rinviato a data da destinarsi a causa di un tempo infame, bassa pressione e una leggera linea di febbre del comandante, curata a forza di aspirina, vitamina C e coccole da barca.
Pinta in preparazione con le taniche del diesel di riserva in primo piano. - 29 -
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Sul marina Waal nulla da dire come sempre, servizi puliti ed efficienti, supermercato nelle vicinanze compresa pioggia a dirotto e inavvertita, tipica dei Paesi Bassi. Costi limitati a 8-10 euro per notte e distributore di gasolio nelle vicinanze. Ci si potrebbe passare benissimo qualche mese senza annoiarsi, tanto è tranquilla la ridente Tiel e il via vai di barche e péniches lungo il grande Waal. Il giorno 9 si decide comunque di riprendere il cammino, e alle ore 8 e 11 si riparte con il vecchio programma. Il motore ha consumato un po' di olio, la luce del generatore non si è accesa ma la partenza è OK. Partiamo con l'idea che si potrebbe arrivare a Tilburg dove abbiamo deciso di lasciare Pinta per qualche settimana in compagnia della Famiglia Alberts che vi risiede stabilmente e che in nostra assenza potrà buttare ogni tanto un occhio alla barca. La partenza sembra senza macchia, sono le 9 e 15 e dobbiamo attendere comunque 3 turni per passare nella nostra prima chiusa veramente seria e riusciamo a farlo incastrati tra 2 grandi chiatte. La chiusa è quella di St. Andries al WP8 e il tempo incomincia a farsi inclemente, ma di brutto, tanto che ad un tratto serpeggia la disperazione perché siamo su un fiume veramente grande, pieno di istallazioni industriali, sotto la pioggia battente, e incrociamo solo chiatte e péniches cariche e sicure. Siamo al quinto giorno del nostro viaggio, e non abbiamo ancora capito bene come funziona tutto il complesso di canali, segnali, chiuse, etc., anche se lo spirito dell'avventura e della scoperta si è in qualche modo impadronito dell'equipaggio fatto da me e da Lalla. Nonostante le imprecazioni e l'umore piatto, alle 11 circa siamo al WP9, dove lasciamo un piccolo canale che ci porta dal Waal al fiume Maas. Proseguiamo senza problemi, se non un po' di freddo, fino a verso le 2 e 30, quando comincia di nuovo a tormentarci una bella pioggia e un bel vento. Condizioni che dopo un'oretta ci fanno riflettere sul fatto che sarebbe meglio accorciare il tragitto fino a Tilburg. Saltiamo il WP10 girando qualche chilometro prima e arriviamo in breve al bivio fatidico: a sinistra si va verso Tilburg, a destra verso Breda, cittadina ridente e storica della tradizione
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Il comandante con la divisa di ordinanza.
olandese, area in cui sono nati ed hanno vissuto numerosi e famosi pittori dell'arte fiamminga. Finalmente alle 16 e 30 arriviamo con un senso di liberazione al porticciolo di Osterhout. Il pomeriggio passa cosÏ tra conoscere il marina e un'occhiata alla chiusa che l'indomani dovremo affrontare. Paghiamo il conto in anticipo e ci procuriamo il codice per l'acqua e i servizi igienici. Infine prepariamo la cena e passiamo una bella serata. A letto presto anche se in un ambiente un po' umido e con l'odore del freddo. Alle 2 di notte inizia una pioggia incessante che non smette fino all'indomani mattina alle 11. Porca eva che inizio luglio da paura, e pensare che abbiamo tutte cose leggere proprio perchÊ è piena estate. Appena spiove decidiamo di darci un taglio e ci avventuriamo verso la città a piedi, e dopo solo 10 minuti ci ritroviamo lungo viali a case tipiche olandesi, in un bel centro commerciale a dotarci di tutto il - 31 -
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necessario: galosce, ombrelli, mantelline e tute impermeabili. Sembra che abbiamo imparato la lezione, e come dice il nostromo Stefano, non esiste il tempo cattivo, ma solo cattivi vestiti. Bene, siamo ad un passo dalla nostra prima meta, dove ci attenderanno giornate piene di sole, un pub proprio dalla parte opposta a dove sarà ormeggiata Pinta e molti momenti felici con gli amici di Tilburg. E così l'11 luglio alle 10 circa si riprende il viaggio con destinazione Tilburg, e siamo sulla Blad 20 della carta W. Alle 10 e 15 siamo alla chiusa Sluis I (885), con ponte e ammennicoli vari. Insieme ad altre 2 barche procediamo lungo il canale verso Tilburg e alla seconda chiusa dobbiamo aspettare un po per accodarci ad una péniches. La chiusa è quella di Tilburg e incontriamo il primo estimatore della Pinta, ovvero uno studente che ci chiede se il nome Pinta è di una delle tre Caravelle di Colombo. Finalmente qualcuno che ha
L'attraversamento di un ponte automatico. - 32 -
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riconosciuto i natali della nostra barca, e contenti e felici proguiamo il nostro viaggio. Dopo 8 ponti tra girevoli e levatoi, tutti completamente automatici, arriviamo infine al ponte girevole 895, ponte girevole che viene manovrato a mano e dal quale si entra al Piushaven, porticciolo stupendo dove Pinta rimarrà ormeggiata per una ventina di giorni. Attracchiamo alla bella e meglio prima del ponte, e nell'attesa dell'apertura prepariamo un panino e del caffè. Poco dopo Piet, il tuttofare del marina, è pronto ad azionare il meccanismo e a farci entrare. Sono le 15 e 57. Piet insieme alla moglie fa il gestore del porto, ed è quindi quello che ci verrà a cercare per il pagamento dell'ormeggio e per consegnarci la chiave elettronica per accedere ai servizi. Nel porto tra le diverse péniches da lavoro trasformate in abitazioni, bellissime alcune e riarrangiate altre, c'è una bellissima e ancora efficiente barca storica olandese ormeggiata proprio sulla banchina di Pinta. Rimaniamo per qualche giorno con una bella temperatura da luglio vero, cene con tutta la banda di Tilburg, acquisti per sistemare la Pinta con l'impareggiabile supporto di Hennie e di Desi.
Il comandante cerca di capire cos'è un CoffeShop. - 33 -
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Un membro locale dell'equipaggio.
Prima di ripartire per Roma, il giorno 13 facciamo un giro in barca con Desei, Hennie e prole piÚ un loro amico. Partiamo alle 12 e 45 e rientriamo alle 15 e 15 circa. Oggi è domenica e il ponte apre ogni 2 ore. Il giro è fantastico e Desi ha preparato degli ottimi sandwich ed altre leccornie. Si torna e si passa il pomeriggio a sistemare Pinta, non prima di una visita al pub per bere un po' di buona birra olandese insieme alla banda di Tilburg. Il giorno dopo si continua a sistemare Pinta con vari accorgimenti come la cambusa dello scatolame, i deumidificatori e un telo che la copra integralmente onde evitare eventuali infiltrazioni. Eseguiamo
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piccoli lavori e sigilliamo anche i finestrini con del silicone, cosi da evitare ulteriori infiltrazioni dai punti critici. La sera cena con amici allargati , ovvero Ninke, Harold e prole, in una piazza vicino al marina, e il giorno dopo Desi ci accompagnerà in aeroporto per il volo di ritorno da Eindhoven a Ciampino. Il resoconto di questa prima tappa si conclude con il tremendo impatto dell'arrivo in Italia. Capolinea Anagnina della metro A di Roma: bagni chiusi e rotti, tutto sporco; insomma una situazione da quarto mondo. E pensare che torniamo da un paese dove tutto è in ordine, pulito ed efficiente. Inutile dirvi che la prima cosa che abbiamo pensato è che forse era meglio non tornare. I giorni scorrono come sempre. Ogni tanto si pensa a Pinta e a quando torneremo a Tilburg per continuare il nostro viaggio verso la Francia.
Un crocevia fondamentale tra Tilburg e Breda.
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Da Tilburg a Toul
La nostra seconda tappa comincia dopo un mese circa, ovvero il 12 agosto. Due giorni dopo il nostro arrivo in Olanda, dove tutto era ormai stato predisposto, verso le 11 e 5 siamo fuori dal Piushaven. Desi, Hennie e Kjell ci salutano e riusciamo ad arrivare in tempo al ponte che nel frattempo si è aperto. Lì troviamo la famiglia Alberts al completo che ci saluta dalla riva. Riusciamo a girare un breve video e a fare qualche foto, e la strada è subito ripresa. Tranquilli e silenziosi passiamo i primi 10 ponti quasi tutti automatici e ritorniamo al nostro viaggio con rinnovata emozione. Ci mettiamo subito alla ricerca di un posto dove passare la notte, sapendo bene che siamo in Olanda e che possiamo stare tranquilli ovunque. Non abbiamo fatto un piano delle soste nemmeno questa volta. La navigazione "as it is" e "alla giornata" è quella che ci piace di più, decidere quando ci va, alla ventura e aperti alle sorprese della pianificazione durante. Di nuovo felici di scorrere lungo i canali e di abbracciare questa nostra piccola avventura. Arriviamo ad una piccola chiusa con il ponte annesso 899. Qui i ponti sono segnalati con dei numeri sulle mappe ed è con quelli che a volte viaggiamo. La chiusa più bella è quella in disuso al ponte 907, dello stesso tipo che poi incontreremo per molti chilometri sul Canal de l'Est in Francia, completamente manuale, ovvero a manovella. Comunque navighiamo tranquilli come non mai, eccetto la prima mezz'ora che ci sorprende con la pioggia ma è normale: siamo in Olanda. Infine verso le 17 e 45 ci fermiamo ancora alla bell'e meglio su una bitta di fortuna all'incrocio tra il canale proveniente da Tilburg e il canale di servizio che porta ad Helmond, chiuso da una piccola area di sosta per barche da diporto. E' un luogo incantevole dove le banchine sono attrezzate, dotate di panchine, tavoli da picnic e erba inglese. Diversi equipaggi stanno preparando la cena all'abituale orario nordico, e dopo una breve esplorazione ci prepariamo anche noi alla prima notte della seconda tappa. Che dire, la felicità serpeggia tra l'equipaggio e il vento è un suono che riempie l'anima: verde natura sono le canne che oscillano sotto i - 37 -
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colpi di vento e sembra di essere in un paradiso di civiltà e piacere. La cena è a base di spaghetti con i funghi e contorno di patate in umido. Siamo all'incrocio del canale che porta da Hertogenbosch a Maastricht ed è verso quest'ultima città che noi ci dirigiamo. Il 13 agosto si riprende la strada, si fa per dire, dopo una notte con temporale tremendo che alle 22 si è scatenato senza chiedere permesso, anche se il comandante, complice un ottimo vino rosso spagnolo, non si è accorto di nulla. La mattinata è fredda e dentro la Pinta siamo sui 14 gradi, mentre fuori infuria un bel vento. Nonostante tutto alle 9 e 15 molliamo gli ormeggi. Passiamo diverse cittadine come Helmond, Someren, Nederweert, e diverse chiuse. Verso le 17 e 30 decidiamo di dare una tregua alla giornata, spinti soprattutto dalla pioggia battente che ci ha improvvisamente sorpresi, e perché siamo in vacanza e non è il caso di affaticarsi troppo. Quindi con un po' di difficoltà ci fermiamo su un molo privato, al posto 233 del Koewelde Jacht Haven. Siamo nella zona di Wessem sulla carta W pagina 1, dove incrociamo di nuovo il Maas. Il Maas non è altro che la Mosa (in francese Meuse, in olandese Maas e in vallone Moûze), grande fiume europeo che nasce in Francia e scorre attraverso il Belgio e i Paesi Bassi dove infine va a sfociare verso il mare. In questa prima giornata di navigazione abbiamo fatto i nostri 90 km e diversi ponti e chiuse, una ottima media per essere in vacanza. Il posto dove ci siamo fermati non era proprio il massimo, con un costo di 11.24 Euro (superiore alla media), poca assistenza e impossibilitati a farci la doccia perché siamo arrivati troppo tardi. La sola cosa positiva è che c'era un bistrò dove ci siamo concessi un'ottima birra prima di girovagare un po' per il marina e infine cenare. La carta W termina con questa località e si incrocia alla pagina 8 della carta M che useremo per navigare fino a Maastricht. Da questo punto in poi si navigherà parallelamente al Belgio e spesso il confine è proprio il centro del Maas. In realtà da un certo punto in poi la navigazione avviene nel canale parallelo Julianakanaal, mentre il fiume scorre li a pochi chilometri. - 38 -
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Parte della seconda tappa da Tilburg a Maastricht.
La mattina dopo facciamo rifornimento alla barca distributore, solo dopo aver chiamato al telefono l'addetto. Carichiamo circa 15 litri di gasolio nel serbatoio, cioè quello che abbiamo consumato da Tilburg a qui, e riempiamo le taniche di riserva per un costo di 47.80 Euro. Alle 10 finalmente si riparte. Tutto bene fino a Maastricht dove arriviamo alle 16 circa e poco prima di superare il Wilhelminabrug il motore va fuori uso. A tempo di record riusciamo a lanciare una cima ad una barca di turisti che passano di lÏ e ci facciamo lasciare vicino ad un attracco per pÊniches dove si balla tremendamente. E' il 14 Agosto e siamo stati fortunati a trovare in meno di 15 minuti un meccanico che ci fissa un appuntamento dopo mezz'ora. - 39 -
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Questo inconveniente non ci voleva, soprattutto perché l'imperizia dovuta al comandante è costata cara e si è dovuto aspettare la terza tappa per capire che il costo di 1400 Euro di intervento del meccanico poteva essere decisamente evitato. Magra consolazione è il fatto che con l'occasione il motore verrà completamente revisionato. Dopo meno di tre ore siamo rimorchiati in un bellissimo marina subito fuori da Maastricht, standard olandese di livello, assistenza, pulizia e serietà. Rimaniamo fermi una settimana per la riparazione, ma abbiamo la fortuna di incappare nei festeggiamenti ferragostani. Sfido chiunque a trovare officine e ricambi vari a cavallo di ferragosto e in un periodo di feste locali oltre a diversi week end. Va bene che siamo in Olanda, la patria della correttezza e dell'efficienza, ma anche qui hanno voglia di vivere e divertirsi. In ogni caso dobbiamo aspettare fino al 23 per riprendere il nostro viaggio. Maastricht è stupenda e vale certamente la pena di essere visitata. Lo avevamo previsto, benchè senza prevedere le spese extra dovute al guasto. In ogni caso siamo ormeggiati al Pietersplas beati e tranquilli, facciamo shopping e ci prendiamo tempo per un riposo culturale. Dopo i primi due giorni passati a farci venire le bolle ai piedi, ci convinciamo anche che è meglio acquistare due biciclette: d'altronde nella patria delle due ruote come potrebbe essere altrimenti? Dopo ripetute indagini tra nuovo e usato, tra biciclette da barca e tradizionali, la nostra scelta ricade su due belle biciclette usate il cui costo sarà di circa 60-70 euro ciascuna. Anche se un po' consunte, ci danno una grande soddisfazione, soprattutto perché ci fanno sentire veramente liberi di muoverci e perfettamente inseriti nel contesto locale. Da quando abbiamo le bici non facciamo altro che andare a zonzo, e un giorno ci avventuriamo in Belgio: visitiamo un cimitero storico sulla strada che porta verso Tongereen, ma anche un villaggio con fornitissime boulangerie e un pub dove tracanniamo due ottime birre. Decidiamo anche di fare una visita a Liegi, che è lì a poco meno di mezz'ora di treno, rimanendo tuttavia colpiti da un'atmosfera un po' decadente. - 40 -
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Il 23 agosto si riprende finalmente a navigare verso Belgio e Francia, alla ricerca di luoghi ameni in cui fermarsi. Alle 10 e 45 si parte, tutto bene eccetto il gocciolio di acqua dalla baderna, cosa per altro normale in una barca con l'asse d'elica tradizionale. Quasi subito passiamo il confine Olanda – Belgio situato al km 9 circa secondo la nuova carta che fissa l'origine al confine Belgio-Olanda, e dopo poco ci imbattiamo nella prima chiusa belga, all'incrocio con l'Albertkanaal. La passiamo sotto un diluvio e arriviamo a fatica a Huy. Nel frattempo cambiamo carta e cominciamo ad usare le mappe della Fluviacarte, e precisamente la n 9 che segue la Mosa e il Canal de l'Est. Entriamo quindi in Belgio, il viaggio è bello e il panorama è incantevole: qui la natura non si è risparmiata, tra fiume, montagne e
Una delle suggestive immagini di Maastricht durante la processione sulle barche che si tiene la domenica dopo ferragosto. - 41 -
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grandi boschi. Dopo essere ripassati da Liegi, proseguiamo verso Sud e alle 19 ci fermiamo in un piccolo marina molto bello, situato al km 76 circa. Il gestore del marina ci da buone informazioni per il prosieguo del viaggio, e ci suggerisce che se si deve lasciare la barca per un lungo periodo in un marina, sarà meglio attraccare ad una banchina galleggiante. In questo modo, se ci fosse una piena la barca non subirebbe danni. Questo primo giorno di viaggio dopo lo stop di una settimana, anche se immensamente piacevole per i luoghi attraversati è comunque stancante. Avevamo perso il ritmo della navigazione. Perfettamente ormeggiati, provvediamo alla cena, seguita da una piccola passeggiata e poi una bella dormita. Alle 9 e 50 del 24 si riparte, fiume tranquillo e solo qualche chiusa. La pioggia ci risparmia quasi fino a sera rendendoci assai godibile la navigazione. Passiamo per alcune grandi città come Andenne e Namur, dove certo varrebbe la pena fermarsi, ma la nostra sosta prolungata e forzata a Maastricht ci obbliga a continuare per recuperare il tempo perduto. Vorremmo arrivare più a Sud possibile e, anche se non arriveremo al Mediterraneo come avevamo previsto, non vogliamo nemmeno rimanere in mezzo alla campagna. In ogni caso le giornate sono ancora lunghe e alle 19 e 15 si arriva a Dinant sotto una pioggia fine e si ormeggia al primo attracco sul lato sinistro del fiume. Dinant é la città che diede i natali ad Adolphe Sax, inventore dell'ononimo strumento musicale. Dopo aver un po' gironzolato nella nuova e incognita città belga, decidiamo di andare a mangiare una pizza o qualcos'altro nel ristorante "Au Friul". Dopo pochi minuti fraternizziamo con i gestori, che si chiamano Alida e Sergie, lei nata in Friuli e trasferitasi in Belgio, lui belga. Dopo la cena beviamo diversi bicchierini insieme e giù chiacchiere a tutto tondo, fino alla chiusura del locale. Quasi raggiungiamo la soglia della sbronza; dopodiché raggiungiamo esausti la Pinta che, sul pontile galleggiante ci sembra più bella del solito. Il giorno dopo è il 25 agosto e facciamo gasolio con le taniche ad un vicino distributore. Lalla va alla ricerca della Capitaneria perché - 42 -
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nessuno ci è venuto a cercare. Del resto siamo in Belgio e nessuno è veramente efficiente, paghiamo 10 Euro pur avendo usufruito solo dell'elettricità, e alle 11 in punto finalmente si salpa. Alla chiusa di Waulsort gli addetti, che d'ora in avanti chiameremo «chiusari», si accorgono che nessuno ci ha fatto il permesso di passaggio lungo le vie d'acqua belghe, e prontamente viene compilato il modulo. Adesso Pinta è nel sistema informativo dei canali del Belgio. Tale permesso serve soprattutto a scopo di sicurezza, sia delle persone che dell'imbarcazione. Infatti ogni chiusa è dotata di un sistema di telecamere e gli addetti fanno dei controlli sui nomi delle imbarcazioni, cosicché se un'imbarcazione venisse rubata, se ne avrebbe comunque la tracciabilità lungo i canali. Poco prima delle 15 attraversiamo il confine Belgio – Francia da dove inizia il chilometro zero delle successive mappe; dopo poco siamo alla chiusa di Givet insieme ad altre due barche. Anche in Francia le imbarcazioni sono sottoposte alla registrazione, ma in questo caso si tratta più che altro del pagamento di un pedaggio. Il relativo importo varia a seconda delle dimensioni della barca (lunghezza, ma anche larghezza) e della durata della navigazione che si intende effettuare. All'atto del pagamento viene rilasciato un contrassegno (una vignette) che va esposto sull'imbarcazione ed esibito in caso di richiesta. Ci eravamo Il tragitto da Maastricht a Toul. - 43 -
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già premuniti prima di partire dall'Italia, effettuando il pagamento via internet dal sito del VNF. Sicché dentro la chiusa di Givet ci identificano e si accertano delll'avvenuto pagamento attraverso il sistema telematico. Ci danno un telecomando per aprire le chiuse automatiche e un ciclostilato a colori, dove sono spiegate le modalità di uso delle chiuse e altre informazioni utili. Il telecomando dovrà essere poi restituito a Toul all'ufficio del VNF. La consegna di questo telecomando in qualche modo ufficializza il nostro ingresso in Francia, nella sua giungla di canali navigabili. Dopo poco attraversiamo il nostro primo tunnel che aggira una centrale nucleare, e facciamo la nostra prima chiusa automatica, la n. 56 di Mouyon. Sono le 18 e 15 e il chiusaro ci informa che in quella tratta il servizio di apertura delle chiuse termina alle 19. C'è perciò il rischio, se non si calcolano bene i tempi di percorrenza, di doversi fermare in aperta campagna e senza punti di attracco. Sicché alle 18 e 30 circa ci fermiamo a Vireux Wallerand al costo di 6 euro. I servizi del marina chiudono alle 19 e 30 e riaprono alle 8 della mattina dopo, quindi doccia rapida e la nostra prima sosta in terra di Francia. Poi cena e a gironzolate alla ricerca di un locale aperto per bere qualcosa. Il luogo è molto campagnolo e carino. Pervasi da una sensazione di novità e di sorpresa per essere in Francia, alla fine troviamo un pub o bistrò dove assaggiamo un whisky locale molto buono. Il giorno dopo, poco prima della 9, si riparte fino alla chiusa di La Commune (47), una delle tante dove non cè personale di sorveglianza ma un meccanismo automatico di apertura e chiusura con semafori che regolano l'entrata e l'uscita delle imbarcazioni. Le chiuse automatiche sono presenti in diversi tratti dei canali francesi e vanno in funzione con il telecomando. Questo va diretto verso apposite colonnine normalmente poste 300 metri circa prima della chiusa. Se tutto è a posto si intravede il semaforo della chiusa con le luci verde e rossa accese, il che vuol dire che la chiusa è in preparazione per il nostro ingresso. Quando la luce diventa verde la chiusa si è già aperta e si può entrare. Una volta dentro si passa una cima a doppino su una bitta e il più delle volte, salendo lungo una scaletta, si raggiunge una colonnina centrale - 44 -
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Un'altra barca allestita per la processione a Maastricht.
dove si spinge all'insÚ una barra di colore blu per far attivare il ciclo della chiusa. Va tenuto in dovuta considerazione il gioco delle cime di ormeggio. Una volta partito il ciclo di chiusura, si può ritornare a bordo della barca oppure rimanere a terra se un altro membro dell'equipaggio allenta o tira le cime al salire o scendere del livello dell'acqua. Al termine dell'operazione la chiusa si riapre e si può uscire. Le operazioni di chiusura e apertura delle porte di guardia o paratie della chiusa sono segnalate da un suono intermittente. Proprio al nostro passaggio a La Commune la chiusa va in tilt lasciando in attesa diverse altre barche fuori mentre Pinta è rimasta dentro. Scendiamo a terra ed attiviamo il pulsante di SOS presente sulla riva della chiusa e poco dopo arriva un chiusaro che mette in linea il sistema.
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In realtà noi non saremmo dovuti entrare nella chiusa perché al nostro arrivo il semaforo non era verde, ma si era incantato sul verde-rosso. Dopo il ripristino della chiusa proseguiamo per molti chilometri in bellissimi paesaggi tra montagna e campagna. Verso le 5 e mezza ci fermiamo ad un molo di fortuna a Bogny al km 63.5 circa, dopo un tentativo di approdo alla banchina regolamentare dove erano ormeggiate diverse barche: ma lo spazio era esiguo e non volevamo fermarci in seconda fila. Accanto a noi è ormeggiata una barca olandese. Torniamo indietro a piedi a farci una birra fresca e a ringraziare le diverse persone che ci hanno indicato dove trovare posto. Tra questi due vecchietti a bordo del Fritus, una barca a vela di 9 metri che naviga da 25 anni. Lei 83 anni e lui 85, a 50 anni decisero di mollare tutto e da Valence in Francia impararono ad andare a vela e navigarono un po' ovunque nel Mediterraneo. Oggi, vista l'età hanno deciso di rimanere qui in Francia lungo i canali. Due persone Eccezionali. Nelle vicinanze del nostro ormeggio ci sono dei begli alberi di mele e senza farcelo dire due volte ne facciamo incetta, così almeno abbiamo frutta fresca e a buon mercato. Questo raccolto diventerà una cosa normale nella terza tappa: infatti, specialmente nelle chiuse, gli alberi di mele sono una sorta di dotazione standard, e se si è abbastanza veloci nell'operazione, nel tempo che la chiusa si svuota o si riempie di acqua, si ha il tempo di fare provviste. Il giorno successivo alle 9 si riparte dopo una serata tranquilla con cena e ripasso delle carte. Alle 9 e 15 usciamo dalla chiusa di Bogny e il Fritus è dietro di noi a passo lento. La chiusa 44 si inceppa subito e la 43 fa altrettanto. La navigazione comunque è tranquilla e passiamo per molti borghi attraenti e cittadine che sarebbe stato interessante visitare come Charleville Mézières, Donchery e Sedan. Quest'ultima è abbastanza grande, e conosciuta come la “Ginevra del Nord” perché nel 1642 esisteva già un principato di Sedan che dava rifugio ai protestanti.
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Verso le 17 e 30 decidiamo di fermarci e troviamo un ottimo ormeggio a Mouzon, all'altezza del PK 123 e dopo la chiusa 35. Ci troviamo nella banchina di accoglienza dell'ente turismo che ci costerà solo 7.60 Euro, un prezzo irrisorio per la qualità dei servizi igienici e per la fornitura di acqua e energia elettrica. E' il 28 agosto e si riparte dopo aver rimboccato 15-18 litri di gasolio e 2 taniche di acqua. Alle 8 e 35 circa prua a Sud si prosegue lungo il Canal de l'Est, piccolo e suggestivo anche se con poca manutenzione, che scorre in una campagna francese veramente unica. Nella giornata percorriamo solo 64 chilometri, ma ci riempiamo gli occhi di paesaggi incantevoli. Il Canal de l'Est segue l'andamento della Meuse, anche se in realtà il tracciato è un canale regolare con pareti a piombo e quindi navigazione al centro canale abbastanza sicura. Il tracciato è pieno di curve e anse, sintomo di un'orografia variegata. Tutto bene fino alle 17 e 45, quando nel tentativo di decidere dove fermarci per la notte, valutando se gettare l'ancora in mezzo al canale dove ormai non sarebbe passato più nessuno, finiamo su un banco di fango e ci areniamo per la terza ed ultima volta.
Una immagine singolare dall'interno di una chiusa mentre una grande chiatta entra di lato a Pinta.
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L'incagliata questa volta rimarrà storica. Infatti dopo aver provato inutilmente a tirarci fuori con tangone e boma, finalmente, nonostante le imprecazioni di Lalla e dopo aver detto loro che siamo nei casini, due pescatori che sono sulla riva salgono su un barchino e vengono a prendere delle cime che porteranno a riva per agganciarle ad un albero e provare così a tirarci fuori usando il winch. Ai primi tentativi niente da fare e la persona più anziana, che è anche la più simpatica, cappello alla Maigret, altezza standard e età da saggio, chiama ad alta voce la moglie e gli dice di chiamare tal Fernand con il trattore. Fernand arriva dopo 15 minuti e appena legate le cime al trattore basta un secondo di marcia indietro e la barca è fuori dal fango. Nel giro di 10 minuti le nostre cime avvolgono un albero proprio là dove i tranquilli pescatori libravano le loro canne al nostro passaggio. Regaliamo delle bottiglie di vino e scambiamo qualche chiacchiera sulla questione italiana e francese. Siamo esattamente al km 187, ci mettiamo in barca a preparare la cena e alle 20 il riso bolle nella pentola, mentre testiamo quel che resta di vino francese, ovvero una confezione famiglia comprata nell'ultimo supermercato a Bogny. Il giorno dopo è il 29 e si riparte per un'altra giornata di passione. I luoghi sono sempre molto belli, come Verdun al km 200 circa, con un passaggio di canali dentro la cittadina con mercato festoso e voglia di fermarsi, ma la tenacia ci fa andare avanti per recuperare il tempo perduto in quel di Maastricht. Si naviga fino a quando non avvistiamo un bel pontile dove fermarci. Sono le 16 e 30 e siamo al PK 240.5, nel paesino di St-Mihiel e il pontile, servito di tutto e gratuito, è messo a disposizione dall'ufficio del turismo locale. St-Mihiel è molto carino e molto attivo a giudicare il programma delle attività culturali di settembre. Dopo un po' di girovagare e un aperitivo, decidiamo di cenare in barca. Il giorno dopo si parte alle 9 e 15; navigazione con chiuse automatiche fino al PK 120, dove facciamo il nostro secondo tunnel della lunghezza di 600 metri circa. Dopo il tunnel inizia la serie di piccole chiuse verso Toul, tutte in discesa e a poche centinaia di metri l'una dall'altra. Alla prima chiusa dopo il tunnel, riconsegniamo il telecomando ad un addetto. - 48 -
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L'attracco in chiusa su una bitta galleggiante.
Le chiuse in discesa sono semplici e veloci da percorrere, ma alle 18 e 45 siamo costretti a fermarci tra la n. 18 e la n. 19. Un attracco campagnolo ad una bitta predisposta lungo un bacino di fermata; il servizio è terminato e ricomincerà solo l'indomani mattina. Ci fermiamo con l'intenzione di andare a Toul in bicicletta e cercare di capire se possiamo lasciare ormeggiata Pinta per un breve periodo e rientrare a Roma. Oggi è stata una bella giornata piena di sole e abbiamo segnato sulla carta due bei posti adatti all'ormeggio e non segnalati sulla carta. Uno è situato al km 257.8 (pag. 59 carta 9) e l'altro al km 115.500 (pag.60 carta 9). I cartelli chilometrici hanno origini diverse e fanno riferimento alle origini relative alle diverse carte o tratti di canali. Prendiamo le biciclette e, attraversando un campo d'erba alta ci dirigiamo alla chiusa più vicina. Lungo il sistema delle chiuse che porta a Toul dal tunnel di Foug, si snoda una strada ciclabile che è una - 49 -
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bella passeggiata di qualche chilometro. Arriviamo in città e il programma prosegue con cena in un bel ristorantino vicino alla stazione dove mangiamo una pizza all'italiana, per tornare poi in bicicletta verso la Pinta. Toul è una bella cittadina fondata dai Galli sulle rive della Mosella e durante la seconda guerra mondiale ha opposto una fiera resistenza all' avanzata delle truppe tedesche, che distrussero il 40% della città. Oggi è una località tranquilla e turistica, circondata da aree industriali, e patria del vino Côtes de Toul. Il giorno dopo, il 31 agosto, alle 8 e 45 iniziamo la discesa delle 5-6 chiuse che mancano al marina di Toul e poco dopo le 10 siamo ormeggiati. Il marina di Toul è molto frequentato e gestito direttamente dal comune come molti altri qui in Francia. La posizione è strategica e riguardo i costi è veramente a portata di tasca. Prendiamo accordi con la responsabile del porto e ci prepariamo a lasciare ormeggiata qui la Pinta per un paio di settimane e tornare a
Un'immagine del comandante mentre sprofonda in una chiusa. - 50 -
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Roma in treno, con l'intenzione di tornare a metà settembre, quando riprenderà la navigazione con l'obiettivo di portare Pinta più a Sud possibile, verso il mar Mediterraneo. Qui finisce la nostra seconda tappa e il 2 settembre partiamo alla volta di Roma facendo una sosta di cambio treno a Digione. Cogliamo l'occasione per una visita lungo i canali di Digione, in centro e nel parco cittadino. Ci accorgiamo che c'è un porticciolo veramente bello con molte barche ormeggiate. Varrebbe la pena di una visita in barca e una fermata di qualche giorno. Facciamo incetta di mostarda prima di prendere il Palatino, che partirà poco dopo le 20 e ci sbarcherà la mattina successiva alle 9 a Roma Termini.
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Da Toul a Lione
La terza tappa viene organizzata dopo aver messo insieme un nuovo equipaggio che vede schierati Corinna, Stefano e il comandante. L'obiettivo è quello di portare Pinta vicino al mare o in ogni caso più a Sud possibile. Quindi navigheremo attraverso l'ultimo tratto della Moselle e tutto il Canal de l'Est Branche Sud, poi la Petite Saône e infine il Rodano fino a dove riusciremo ad arrivare. Partiamo da Roma Termini l'11 settembre armati di tutto punto: l'armatore ha al seguito uno zaino pieno di accessori e una ciambella di salvataggio arancione che fà del nuovo trio un gruppo da «chi l'ha visto» ricercato tra Francia e Italia, mentre il resto dell'equipaggio è armato di cioccolato e generi di sostentamento vari per il lungo trasferimento. Il 12 settembre siamo a Toul ed effettuiamo le operazioni per riprendere la navigazione. La Pinta viene trovata in ottime condizioni e dopo esserci divisi in due squadre, di cui una a far cambusa e l'altra a far gasolio, alle 12 e 20, dopo aver riempito il serbatoio, si parte. Si entra subito nella prima chiusa dove il nuovo equipaggio è istruito sul funzionamento, sull'uso delle cime per l'attracco e lo sbarco. Si prosegue così, non prima di aver capito per tempo che si stava prendendo un canale verso Nord invece che quello verso Sud, ovvero il canale verso Nancy e Metz anzichè quello verso Épinal, che rappresenta il punto più alto in quota, quindi la nostra meta prima di surfare sulle chiuse che vanno in discesa fino al mare. Si prosegue fino a Richardménil al km 30 circa e sono le 18 quando decidiamo di fermarci dopo un po' di pioggia. Serata tranquilla con piccola escursione di Stefano e del comandante verso le alture del luogo, tanti alberi di mele e la tranquillità della campagna francese, poi in barca e a nanna dopo cena. E' il primo giorno di navigazione del nuovo equipaggio e non osiamo metterlo alla prova con serate lunghe, anche perché l'ultima notte l'abbiamo passata in treno e abbiamo voglia di sprofondare nel sonno. La mattina seguente sveglia presto, è il 13 settembre e si parte alle 9 in punto, anche se la pioggia non ci dà tregua. Stefano ci dice che per gli - 53 -
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svedesi "non esiste il cattivo tempo ma esistono i cattivi vestiti". Noi in effetti non abbiamo ottimi vestiti, ma un ottimo spirito di sopportazione che però non ci salva dalla pioggia. La pioggia non ci dà pace fino alle 15 e 15, quando decidiamo di fermarci in quel di Charmes e di sistemare un telo sul pozzetto per ripararci, ad esclusione del timoniere che si dovrà prendere un po' di pioggia. Il 14 si parte alle 9 e 18 e per fortuna è una bella giornata piena di sole. I paesaggi sono incantevoli come sempre e oggi sembra un'ottima giornata per esercitarsi con le chiuse: stiamo tutto il giorno a fare chiuse, di quelle con una distanza media tra l'una e l'altra di 1-1.5 La rotta della terza tappa da Toul a Lione. km, e un tour de force finale ad Épinal di 15 chiuse distanti tra loro dai 100 ai 300 metri. Morale: oggi abbiamo fatto 30 chiuse a salire e abbiamo passato Épinal, la quota più alta del Canal de l'Est ramo Sud. - 54 -
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L'idea finale era quella di fermarci prima dell'ultima chiusa, ma al contrario di quanto ci ha detto un' assistente chiusara biondina e carina in un inglese minimalista, tra la chiusa n. 2 e la chiusa n. 1 non c'e nessun buon attracco. Quindi, visto che il servizio termina alle 18 e noi siamo in anticipo di 10 minuti, abbiamo deciso di proseguire superando anche la chiusa n. 1 di Épinal, avventurandoci verso destinazione sconosciuta. Abbiamo così imboccato il canale livellato che divide le due parti del Canal de l'Est branche Sud, dove si inizia a scendere verso il mare. Épinal è un comune francese situato tra i 300 e i 500 metri sul livello del mare, in un'area estremamente famosa per i suoi boschi e per la sue foreste. La sensazione strana che ricorderò per tutta la vita è quella che ho provato girandomi all'indietro dopo l'ultima chiusa a salire: alle mie spalle una immensa vallata che è sembrata come una strana visione, una sorta di miraggio, visto che siamo in barca e per di più a vela. E'
Un autoscatto del trio di naviganti nella terza tappa. - 55 -
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semplicemente la potenza delle chiuse che ti porta in alto e poi ti riporta in basso fino al mare. Alle 18 e 10 ci fermiamo subito dopo un ponticello su un canale abbastanza stretto nei pressi di Les Forges al km 87 (pag. 80 carta n. 9): un luogo suggestivo che verrà ribattezzato come il luogo del brodo primordiale e testimoniato dall'immagine in copertina di questo libro. Appellativo quanto mai singolare e azzeccato che Stefano gli appiopperà in virtù di una nebbia molto fine che la mattina dopo salirà dalla superficie del canale. In verità sarà anche l'origine della mostarda casereccia che arriverà nelle rispettive dimore italiane dell'equipaggio. A metà tra villaggio di campagna e dimora di turisti di passaggio, troveremo a poche decine di metri dal nostro ormeggio un ristorante che nel nostro immaginario avrebbe allietato la serata con una pizza all'italiana. Mito del tutto sfatato dai quintali di grasso, burro e formaggio che senza la dovuta attenzione avrebbe intasato le nostre coronarie. Insomma una delusione culinaria in pompa magna. D'ora in avanti rinunceremo alla nouvelle cuisine francese, in favore di caldi kebab di origine turca. Il 15 settembre si parte alle 8 e 50, temperatura 7 gradi circa, sole e mostarda. Tra la chiusa 1 e la chiusa 2, ovvero al km 97.350, troviamo una location dove si potrebbe fare una bella sosta, ma visto che è presto ci fermiamo giusto il tempo di assaporarne lo scenario. Proseguiamo lungo un percorso con molte chiuse suggestive e in discesa, il che vuol dire il massimo della rilassatezza. Questa parte del percorso è caratterizzata da una serie di chiuse completamente manuali, che abbiamo ben sperimentato a nostre spese, visto che gli addetti ad un certo punto si sono dimenticati di noi e nessun “assistente di chiusa” ci ha dato supporto. Ma ormai esperti della faccenda, il comandante e il nostromo si sono fatti carico di gestire alcune chiuse, con al seguito una barca il cui equipaggio era composto da un tedesco con il suo cane.
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Proseguiamo fino alle 17 e 30, fin subito dopo la chiusa 23 a La Forge de Thunimont, lungo una vallata in declivio leggero, e ci fermiamo al temine in un paesaggio suggestivo dove un ponte girevole, un piccolo agglomerato di case con una fabbrica abbandonata, descrivono un paesaggio surreale. Cena e passeggiata, in attesa del buio e del meritato riposo. Il giorno dopo è il 16 e alle 9 si riparte alla volta di altre chiuse in discesa, attraversando una zona della Francia particolarmente bella e ricca di vegetazione variegata come boschi e campagna. Alle 13 e 30 ci fermiamo in quello che chiameremo “il paese dei fantasmi”. E' infatti l'ora di pranzo e si sa che i francesi quella pausa la sfruttano appieno. Siamo a Fontenoy-le-Chateâu, ridente località dove riusciamo a comprare qualcosa in una boulangerie e a rifocillarci. Nel piccolo marina in cui sostiamo si possono noleggiare barche da turismo, sono disponibili servizi come docce e rifornimenti, e se volessimo lasciare qui la Pinta costerebbe solo 80 Euro al mese. Decidiamo di prenderci una mezza giornata di riposo e di fermarci per la notte, non prima di aver riempito il serbatoio e le taniche di gasolio.
Una suggestiva immagine dall'interno di una chiusa.
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La cena come al solito è buonissima con ai fuochi Corinna. Oggi abbiamo anche conosciuto un tipo inglese che si chiama Worren e che ha ormeggiato anche lui in banchina: ha una bellissima barca a vela acquistata ad Amsterdam e che sta trasferendo verso la Spagna. Alle 9.30 della mattina dopo si riparte dalla chiusa 34 che si trova subito dopo il marina. Passiamo per un punto cruciale del nostro percorso, Corre, che oltre ad essere un crocevia di canali importanti è anche una bella città. Ma il tempo stringe e noi andiamo avanti, mentre il nostro amico Worren fa una fermata tecnica. Da questo punto si cambia anche carta e si passa alla carta 10 da Corre a Lione lungo la Saône. A Corre c'è un posto di controllo che non è una vera e propria chiusa ed è situato al km 406.500. Il chilometraggio va a scendere e lo zero assoluto di questa carta è riferito al Ponte de la Mulatierè a Lione. In sostanza a Corre ci mancano 406 km per Lione e d'ora in poi i chilometri che leggeremo sui cartelli situati sulle sponde del canale saranno esattamente quelli che mancano per arrivare alla meta.
Una florida e matura chiusara al lavoro. - 58 -
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Il viaggio è tranquillo fino alle 18.30, ora in cui il motore fa una fumata bianca tipica di un gasolio intriso di acqua; inoltre ci accorgiamo che l'acqua in sentina è arrivata all'asse dell'elica. Al controllo con la stecca scopriamo che al posto dell'olio c'è una melma grigiastra sinonimo di una buona quantità di acqua che è entrata nel motore e si è miscelata con l'olio. Spegniamo subito il motore e cerchiamo di capire cosa sia successo, ovviamente andando alla deriva lungo il fiume. Nel mentre vediamo sopraggiungere Worren con la sua barca e immediatamente armiamo una cima a prua segnalandogli che abbiamo problemi. Lui capisce, si accosta e io salto sulla sua barca a dare di volta la cima su una bitta di poppa. Ci facciamo rimorchiare fino alla prossima chiusa poco prima di Port-sur-Saône, ovvero a mezzo chilometro da Conflandey. Si cena e ovviamente il nostro salvatore è ospite d'onore per un piatto di spaghetti e qualche bicchiere di vino. Nel frattempo abbiamo provveduto allo svuotamento della sentina, mentre più tardi passo una mezz'ora al telefono con il nostro consulente romano, detto “Angelino”, esperto meccanico e fratello dell'armatore, per capire cosa fare e quale può essere la causa di tutto ciò. L'indomani mattina 18 settembre alle 7 e 30 circa ci accorgiamo che il tubo di carico della presa a mare per il raffreddamento è spaccato; infatti la sentina è di nuovo piena e l'acqua è arrivata al paiolato. Ne segue la chiusura della presa a mare e di nuovo svuotamento della sentina. Alle 8 e 30 si riparte sempre trainati da Worren e si passa la chiusa, mentre verso le 10 circa arriviamo a Port-sur-Saône e ci accostiamo in un pontone di attracco. Vogliamo affrontare l'intervento di riparazione, ma ancora non sappiamo in cosa consista. Dopo vari consulti l'equipaggio decide di sposare la decisione del capitano. Questi con l'aiuto del consulente anziano a Roma, ha intuito che il problema è lo stesso verificatosi a Maastricht. Del resto simili sono stati gli eventi e le cause-effetto. Si procede a riparare il tubo della presa a mare e si ripulisce completamente l'interno del motore (circuiti dell'olio) con una serie di risciacqui, dapprima con una
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Stefano mentre si diverte a dar da mangiare ai cigni affamati.
miscela di olio e gasolio e dopo con due cambi di olio, avendo l'accortezza di far girare a mano il motore, grazie all'alzivalvola e alla manovella. Nel giro di due ore il problema sembra risolto e il motore è di nuovo funzionante. Si decide di lasciarlo acceso 60 minuti per testarlo. Il problema sembra risolto e l'equipaggio in coro esulta: "capitano sei grande". Tutti contenti passiamo un pomeriggio a fare cambusa e a trovare un posto dove rifocillarci con un buon kebab. Tutto è bene quel che finisce bene e domattina presto si riprenderà la navigazione. Il giorno 19 dopo opportuni controlli, alle 9 e 40 si riparte senza indugio. Siamo nella Haute-Saône e attraversiamo diversi bei posti. Decidiamo di fermarci alle 18 e 40 in quel di Gray (pag. 33 carta 10). Abbiamo percorso circa 83 km e ci possiamo accontentare. Le pessime prospettive che avevamo solo 24 ore prima ci fanno pensare che è meglio non abusare del nostro motore. Gray è un ottimo punto - 60 -
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dove fermarsi: tanti approdi e l'aria di città di provincia dove trovi di tutto. La sera gironzoliamo per la città alta e per quella bassa e alla fine ci fermiamo in un pub vicino al canale. L'indomani 20 settembre ore 7 in punto, riempito il serbatoio, si controlla la sentina dove troviamo solo poca acqua entrata dalla baderna dell'asse elica, prepariamo il caffé e ripartiamo alle 7 e 45 con una andatura a medio regime. In questo tratto di Saône, e precisamente sulla carta 10/47, si incrociano gli accessi verso il Canal de Bourgogne e quello verso il Canal du Rhône au Rhin. Rispettivamente la grande via per andare verso Ovest passando per Digione ed eventualmente avventurarsi verso la Piccola Senna e da lì a Parigi, e la via fluviale ancora più importante per andare verso la Germania. Navighiamo fino alle 18 e 30 e ci fermiamo a Verdun-sur-le-Doubs. Appena arrivati, con qualche difficoltà ormeggiamo con la poppa in banchina, mentre subito dopo Stefano si cimenta ad alimentare dei cigni molto scafati che sono venuti a chiedere cibo; lui li sfama
Il suggestivo ormeggio della Pinta vicino ad una fabbrica abbandonata. - 61 -
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Il nostromo all'opera in una chiusa.
tirandogli del pane, o meglio facendosi sfilare dalle mani delle fette di pane. Siamo al km 167 circa e con l'aiuto della corrente a favore abbiamo percorso circa 116 km, davvero un record. Ormai prossimi alla meta di questa tappa, che abbiamo decisio essere Lione, ci concediamo un'altra cena senza attingere alla cambusa. Un po' per andare sul sicuro e un po' perché abbiamo avuto difficoltà a trovare un ristorante tradizionale non troppo esoso, ci accontentiamo ancora una volta di un kebab. E' il 21 settembre e si riparte alle 8 e 45, non prima di aver sistemato una cimetta che stringe la riparazione sul tubo di carico dell'acqua di raffreddamento e aver cambiato la cinghia della pompa dell'acqua. La navigazione prosegue tranquilla e al km 145 incrociamo la derivazione del Canal du Centre che porta a Digione, mentre noi ormai siamo nel Rodano vero, quel fiume a volte largo anche 300 metri dove si incrociano non più piccole péniches ma navi porta container. A confronto delle quali Pinta sparisce letteralmente. - 62 -
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Un momento operativo per il passaggio di una chiusa.
Ci imbattiamo in diverse gradevoli cittadine come Chalon-sur-Sa么ne, Tournus, dove ci fermiamo per una visita veloce, e M芒con. Noi ci fermiamo invece alle 19 e 30 a Belleville, cittadina famosa per l'ambientazione di diversi fumetti. Ci fermiamo ad un attracco gratuito e immediatamente un gatto sale a bordo a fare un'ispezione. Cena a bordo e passeggiata nei dintorni, per scoprire che le tante agognate rane fritte (grenouilles) facevano parte di un bel men霉 di un pub nelle vicinanze. Si riparte verso Sud alle 7 e 50 del 22 settembre, dopo un rabbocco di olio motore e di gasolio, per poi superare Lione e giungere al marina dove lasceremo svernare Pinta: St-Clair-du-Rh么ne o le Les Rochesde-Condrieu, a seconda del lato del fiume. Noi arriviamo a sinistra in quel di Condrieu alle 17 circa. Il tempo per capire gli orari dei treni, per accordarci con la capitaneria e preparare la barca; smontiamo le biciclette per metterle dentro la cabina di Pinta, e cena frugale. - 63 -
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Alle 6 della mattina siamo svegli, prendiamo le nostre cose e ci dirigiamo verso la stazione ferroviaria in attesa del treno che ci porterà a Lione e da lì a Torino. In tarda serata arriviamo a Roma. L'equipaggio è molto soddisfatto dell'ultima tappa e ci rendiamo conto che la navigazione lungo i canali dà proprio la sensazione del viaggio, forse per la velocità di 6-7 km l'ora e il lento scorrere dei paesaggi sulla riva; forse per le soste ogni sera in un posto diverso; o per dover costantemente tenere il timone e quindi rendersi partecipi di ogni piccola ansa del fiume. Bene, la Pinta è a riposo almeno fino alla prossima primavera, anche se il capitano andrà a visitarla i primi di novembre per controllare che tutto sia in ordine prima di lasciarla per i mesi invernali con buona pace del comandante e le coperte rimboccate fino alla prossima tappa.
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Una delle numerose centrali nucleari lungo il percorso del Rodano.
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Da Les Roches-de-Condrieu alla Camargue Siamo alla quarta tappa del nostro viaggio e l'idea iniziale è abbastanza ambiziosa, anche se dovrà essere ridimensionata per durata e periodo. Infatti non si tratta di portare la Pinta dai 55 km a Sud di Lione fino al mare, bensì di fare anche una breve vacanza sul Canal du Midi, forse il canale storicamente più conosciuto che collega il Mar Mediterraneo all'Atlantico. Un canale che rappresenta un vero e proprio mito. Innanzitutto collega due golfi famosi per i velisti, il Golfo del Leone e il Golfo di Biscaglia, e inoltre rientra tra le opere umane sotto la protezione dell'UNESCO. Per documentarmi ho acquistato su Internet un doppio DVD che poi risulterà più un'opera di storia che un supporto alla navigazione, ma comunque molto interessante. Partito dall'Italia con l'automobile, l'equipaggio ritorna ad essere quello delle prime due tappe, ovvero mia moglie Lalla, che tanto restia era all'andar sull'acqua, e me. Si aggiunge la nostra Metaxa, la nostra cagnolina di recente acquisizione che entrerà a far parte di questa breve storia della nautica fluviale e, cosa più importante, della nostra vita. Arrivati a Les Roches-de-Condrieu il 25 giugno 2009 di sera tardi e con circa 15 ore di viaggio alle spalle, fatichiamo un po' a ritrovare il marina dove era ormeggiata Pinta, che del resto avevo precedentemente raggiunto solo via fiume o in treno. Una volta a destinazione troviamo il tempo per mangiare qualcosa e rientriamo in possesso della nostra Pinta, biciclette e accessori compresi. Il giorno dopo lo si passa a fare cambusa, sistemare e controllare le dotazioni e il motore, a regolare i conti con i responsabili della capitaneria e a fare qualche piccolo giro lì attorno con il nostro cane. Metaxa, nuova a questa esperienza navighereccia, oltre che cucciola, appena arrivati la sera, per paura che la lasciassimo in pozzetto si è letteralmente tuffata dalla scala di discesa in cabina, fortunatamente senza rompersi nulla. Cane a parte, tutto procede come si deve e il giorno 27 alle 10 e 45 circa finalmente si riprende la strada alla volta del Sud. Con il pieno di diesel, siamo di nuovo in navigazione dopo - 67 -
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nove mesi. Sentina asciutta, motore regolare e un caldo boia, si prosegue fino a Tournon dove al km 91 circa proviamo ad ormeggiare ad un molo libero, subito dopo lo scivolo pubblico per mettere in acqua piccole barche. L'acqua è alta abbastanza ma il muro è un po' inclinato e quindi ci si deve avvicinare a una scala di pochi gradini dove alla bisogna c'è un anello a cui dar di volta una cima. Andrebbe tutto bene se non fosse che Lalla viene presa dal panico e quindi rinunciamo e andiamo avanti fino ad un luogo veramente incantevole e non segnalato, in località Vallabrègues al PK 98 circa. Il molo è di quelli La quarta tappa da Lione alla Camargue. galleggianti del locale circolo velico, dove è tutto gratis. 50 m più in su ci sono tre piccoli pontili dotati addirittura - 68 -
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di elettricità, i cui fondali senza manutenzione sono però diventati troppo bassi. Qui vale veramente la pena di fare una sosta lunga, considerato che il paesino è a soli 100 metri e che ci sono anche un piccolo lago artificiale e un parco dove stare all'ombra e divertirsi a dar da mangiare a cigni e papere. Ci fermiamo per due notti a goderci questa vacanza, mentre Metaxa è super contenta di poter fare scorribande sui prati e prendere un po' di confidenza con la fauna locale, saggiando così la pazienza dei cigni che, a difesa del cucciolo che accudiscono, starnazzano verso il cane, che subito capisce il pericolo e lesto corre in ritirata. Facciamo dei giri per il paese e andiamo nel bar più popolare a bere un kir, aperitivo francese fatto con sciroppo di ribes nero (cassis) e vino bianco. Faccio lunghi giri in bicicletta e scopro che anche l'altro lato del canale dove ci siamo istallati è bellissimo: il canale porta ad un
Un equipaggio un po' speciale. - 69 -
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barrage con annessa centrale idroelettrica, a seguire un borgo incantevole lungo il fiume con ampi orti intorno a case di antica fattura. Il giorno dopo alle 8 e 15 motore acceso, dopo 10 minuti si riprende la navigazione verso Sud, e dopo circa 70 chilometri arriviamo alla chiusa di Chateaneuf e subito dopo al paese di Viviers al PK 166. Alle 20 e 30 siamo già in banchina, salvati dall'incaglio sicuro per merito di un francese che, agitandosi verso di noi e urlando, ci ha fatto capire che la direzione presa per entrare nel marina era sbagliata. Ennesima nostra svista: infatti c'erano i due classici pali verde e rosso che indicavano l'entrata, e che noi per la stanchezza e per il sopraggiungere del crecuscolo non abbiamo visto. A Vivier c'è anche un molo per le enormi navi che caricano i turisti delle compagnie di viaggio, che cenano sul fiume e partono verso le 23 lungo il Rodano e lungo le chiuse che unicamente per i trasporti commerciali sono aperte anche di notte. A Vivier rimaniamo tre notti perché ne vale la pena, sia per il ristorantino dove riesco a mangiare le rane prezzemolate e ripassate in padella veramente uniche, sia per il piccolo paese incantevole ed il posto tranquillo. L'ultima sera conosciamo l'equipaggio di Andromeda, una lussuosa barca da fiume: Angela, di origini calabresi, e il marito svizzero. Ci invitano a bere qualcosa sulla loro barca e si parla del viaggio e della vita che fanno a bordo per sei mesi l'anno. Ci consigliano poi di andare verso Sud-Ovest e di prendere il canale che va ad AiguesMortes. Lì dovrebbe essere più facile, rispetto alla costa Mediterranea, trovare posto per la Pinta in attesa di organizzare il trasferimento via mare dalla Francia a Fiumicino. La motivazione è anche legata al fatto che il porto di Saint-Louis-du Rhône, dove inizialmente pensavamo di lasciare Pinta, è un porto di passaggio dove si incontra di tutto e di più, e a loro dire anche poco sicuro. A noi va bene di cambiare percorso perché d'altronde siamo in vacanza e siamo interessati a posti ameni e meno frequentati. Quindi anche se via mare Pinta dovrà percorrere una cinquantina di miglia in più, ne varrà comunque la pena. Si passa la serata a commentare - 70 -
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percorsi e mappe, e scopriamo che sia ad Avignone che ad Arles potremmo avere difficoltà a trovare buoni ormeggi. Infatti nell'ultima piena diversi pontili ad Avignone sono andati distrutti e nessuno li ha riparati, mentre ad Arles sembra esserci cronica mancanza di approdi. In ogni caso trascriviamo le informazioni forniteci dal comandante di Andromeda, e poi si vedrà. E' il 2 luglio e alle 7 e 30 siamo pronti a partire. Nel giro di poco molliamo le cime e riprendiamo il canale senza fermarci fino a SaintÉtienne-des-Sorts, facendo qualche chiusa. Al km 204 troviamo un pontone di ormeggio segnalato sulla carta e decidiamo di fermarci per fare un importante rifornimento presso la cantina locale. Ci riforniamo così di tre confezioni da sei bottiglie (rosso, bianco e rosé) da portare in Italia, oltre che di una confezione da tre litri per uso quotidiano. Sotto il sole caldo, ma al fresco dell'enoteca, ci concediamo un assaggio del vino e poi uno spuntino su una panchina all'ombra di un bell'albero. Lalla fa anche incetta di qualche chilo di pesche raccolte da un albero che deborda fuori dal giardino di una casa disabitata. Finito il rilassamento, si riparte alla volta di Avignone, non senza una navigazione che costeggia diverse centrali nucleari. Prima della chiusa di Avignone ci imbattiamo in un bel temporale, groppo di vento compreso. Bello si fa per dire, visto che la barca si piegava e non si sapeva più che fare. Nel canale infatti, a differenza del mare dove puoi sempre decidere di cambiare leggermente rotta per una andatura più sicura, la via è obbligata. Comunque in vista della chiusa, la burraschetta fortunatamente svanisce e alla fine diamo di cima alla banchina di attesa per il passaggio della chiusa. Nel frattempo è arrivata una chiatta doppia con trasporto di infiammabili, e a causa sua ci vorrà circa un'ora per passare dall'altra parte. Oggi abbiamo usato ben due volte il VHF per chiamare i chiusari e chiedere chiarimenti sull'effettivo funzionamento delle chiuse, visto che in entrambe le occasioni sembrava non esserci anima viva a parte noi. Questo è stato possibile perché Lalla parla un fluente francese, altrimenti vi dovrete adattare come potrete! - 71 -
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Carichi speciali a bordo della Pinta.
Per evitare il sovraffollamento proseguiamo la navigazione senza fermarci ad Avignone anche se le intenzioni originarie erano del tutto diverse. Accostiamo in un porticciolo gratuito probabilmente del VNF, dove ci esplode un parabordo perché ormeggiamo all'esterno del lato predisposto all'attracco e finiamo su un bullone non protetto. Il nostro attracco è alle spalle di un paesino e di un camping. Accanto a noi c'è una coppia di olandesi di una certa età, a bordo di una barca a vela di 10 metri e che navigano da molto tempo. Sono stati per circa un anno al porto di Napoleone, nell'area di Saint-Louis-du-Rhône, e ci raccontano di una permanenza tranquilla e interessante. La mattina dopo, prima della loro partenza mi svegliano e dò loro qualche informazione sugli attracchi gratuiti che abbiamo sperimentato. Noi, vista la piacevolezza del luogo decidiamo di fermarci due notti. La prima serata passa tra la cena e il portare a spasso il cane. Ci avventuriamo verso il paesotto lungo una strada di campagna, ma dopo pochi passi Metaxa camminando si mette a guaire con un «Cai!! Cai!!» infinito: conseguenza di un piccolo incidente occorsole il giorno prima della partenza da Roma, dove aveva tentato senza - 72 -
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successo un salto mortale all'indietro sul balcone di mia suocera, franando miseramente sulla schiena. In meno di un secondo tutti gli umani nei dintorni hanno pensato che la stessimo torturando; così anche tre ragazzini che passeggiavano in bicicletta e che si sono precipitati a vedere che tipo di sevizia stessimo praticando al cane. Alla fine della fiera torniamo in barca e i ragazzini ci accompagnano, rimangono lì una mezz'oretta e strappo loro la promessa di portarmi l'indomani mattina a catturare rane, così potrò dare sfogo alla mia voglia di un fritto fatto in casa. La mattina seguente niente rane; i bambini si sa che sono poco affidabili e così infatti si presentano verso l'ora pattuita ma senza avere con loro un retino, strumento indispensabile per la cattura delle rane. Ma va bene così, siamo a 20 km da Avignone e a 40 dal mare, abbiamo conosciuto questo posto delizioso dove diverse case disabitate ci fanno supporre che i prezzi non siano eccessivi e che forse si potrebbe fare il pensierino di trascorrervi qualche anno. Girando per i vicoli vediamo che la struttura delle abitazioni è sul modello contadino, con ampia corte interna e grandi locali tecnici per trattori e attrezzi agricoli; un cartello spiega che la boulangerie ha chiuso dopo quaranta anni di onorato servizio, mentre un manifesto pubblicizza una rassegna delle arti e dei mestieri che scompaiono in un villaggio contiguo. Insomma, la modernità prosegue incessante; continua l'abbandono delle campagne e tra le sue vittime annovera i mestieri più nobili e antichi come il boulanger (fornaio). Alle 15 del 3 luglio si riparte alla volta del Petit-Rhône e poi del canale du-Rhône-à-Sète, ovvero il ramo Sud-Ovest del Rodano, che ci porta verso la Camargue e verso il Canal du Midi. Il canale du-Rhône-à-Sète si prende dal km 269 circa, si cambia carta e si passa alla carta 11 della Fluviacarte. Proseguiamo tutto il pomeriggio in un canale piccolo come ai vecchi tempi nel Canal de l'Est e alle 19 e 30 siamo all'ingresso della chiusa di Saint-Gilles. La superiamo dopo una attesa di circa un quarto d'ora e una volta entrati, le informazioni sulla Pinta vengono aggiornate: il chiusaro ci dice che sul sistema informativo compaiono più di una imbarcazione con questo nome, e contemporaneamente ci accorgiamo che la chiusa è - 73 -
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Una rappresentazione ad hoc della Camargue.
praticamente in piano, visto che ha un dislivello di pochi centimetri che non avevamo neppure percepito. Ne usciamo e proseguiamo salla volta di Gallician a circa 10 chilometri. Nel percorso notiamo miliardi di zanzare a pelo d'acqua e migliaia di pesci apparentemente immobili, che con le bocche spalancate ne mangiano a volontà ; particolare che mi aveva fatto scambiare i pesci per gruppi di rane. Se cosÏ fosse stato avrei trovato sicuramente un ottimo ristorantino dove fare incetta di grenouilles. Poco prima delle 21 arriviamo finalmente al ponte dove è situato il marina di Gallician. Attracchiamo in banchina e subito assistiamo ad uno spettacolo esilarante. Uno chansonnier seduto ai tavoli del marina insieme ad altre persone, armato di chitarra, si esibisce in classico stile Francia anni '60. Conoscendo successivamente questa persona scopriamo che fa l'antiquario e che ha una barca a vela che in altri tempi avrei sognato avere: tuga molto alta, nello stile dei paesi nordici, grande abitabilità e cabina di prua come le barche di un certo livello; un progetto belga di non so quale cantiere, ma che varrebbe la pena di ritrovare se si volesse una barca poco ingombrante ma comoda e spaziosa.
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Gallician è al PK 39 della carta 11 a pag. 116 e la sua particolarità in termini di approdo, servizi e caratteristiche del paese, insieme alla sua distanza dal mare di poco più di 10-15 km, ne fanno una buona base per chi volesse vivere 4-5 anni nella Francia più bella, quella campestre ma non distante dal mare. Siamo in Camargue e su Wikipedia (al 20/2/2010) la definizione è la seguente: «La Camargue (Camarga in occitano, Camargue in francese) è la zona umida a Sud di Arles, in Francia, fra il Mar Mediterraneo e i due bracci del delta del Rodano. Il braccio orientale si chiama Grand Rhône; quello occidentale Petit Rhône. Con un'area di oltre 930 km² la Camargue è il più grande delta fluviale dell'Europa occidentale (tecnicamente è però un'isola, essendo completamente circondata dalle acque). Essa è una vasta pianura comprendente vaste lagune (étangs) di acqua salata divisi dal mare da banchi di sabbia e circondati da paludi coperte da canneti, a
La Camargue come posto d'eccezione del nostro viaggio. - 75 -
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loro volta attorniati da grandi aree coltivate. Approssimativamente un terzo della Camargue è formato da laghi o paludi. L'area centrale intorno alla costa dell'Étang de Vaccarès è protetto come riserva nazionale dal 1927, per proteggere il gran numero di uccelli selvatici presenti nel territorio. Il Parco Regionale della Camargue fu poi creato nel 1970». Rimaniamo fermi a Gallician qualche giorno che passiamo nel relax completo, tra scorribande di Metaxa lungo il molo completamente in libertà, qualche giro nel paese e visite alle barche stanziali, qualche cenetta al Bar du Pont dove per i clienti c'è una Wi-Fi zone. Insomma una pacchia, se non fosse per le zanzare che la sera arrivano copiose, ma che riusciamo a contrastare efficacemente con massicce dosi di citronella e zampironi. Il 5 luglio alle 10 e 10 si riprende la navigazione con l'intenzione di lasciare la barca ad Aigues-Mortes su suggerimento degli amici di Andromeda. Niente da fare, Aigues-Mortes è una bellissima città da dove partirono le crociate, turistica e al centro delle attività di produzione del sale. Ma di posti per lasciare Pinta nemmeno a parlarne, anche perché da queste parti sta per passare il Tour de France e c'è un caos della malora. Andromeda nel frattempo è arrivata anche lei ad Aigues-Mortes. Ci affianchiamo e facciamo due chiacchiere e qualche scambio di generi alimentari, poi su consiglio del comandante, prendiamo il cosiddetto «canale del sale», che non incrocia la linea ferroviaria, permettendo una navigazione slegata dall'apertura del ponte ferroviario. Il canale ha degli orari nei quali è interdetto alla navigazione turistica, ma noi rientriamo nella fascia oraria utile. E' posizionato dal PK 51 al PK 53 e gira verso Nord passando nelle vicinanze della Torre Carboniera che si congiunge al PK 48 del canale Gallician – Aigues-Mortes. Questo percorso ci ha fatto risparmiare circa un'ora evitando l'attesa dell'apertura del ponte girevole. In ogni caso alle 20 siamo di nuovo a Gallician e domani cercheremo di prendere accordi per lasciare qui la Pinta.
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Il giorno dopo incontriamo la responsabile del Comune che si occupa della gestione del marina e, aiutati dalla simpatia degli altri navigatori locali che ci mettono una buona parola, dopo una lunga opera di convincimento otteniamo faticosamente un assenso all'ormeggio, ma solo per un mese. Dopo aver pagato 176 Euro per la sosta e ben 660 come caparra, formalizziamo il contratto con firme e copie dei documenti. Questa rigidità è dovuta a diversi episodi di gente che ha abbandonato la barca in questo marina e ha creato grandi problemi di spazio. D'altronde qui un certo numero di posti è riservato alla nautica fluviale di passaggio e gli altri sono riservati ad affittuari di lungo periodo. Anche in altri marina della zona come a Saint-Gilles avevamo saputo
Strani personaggi da chiusa. - 77 -
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che per ottenere un posto fisso è necessario mettersi in lista e che i tempi di attesa sono mediamente di cinque anni. Tante altre barche sono ormeggiate fuori dall'area del marina lungo il canale, dove in realtà non c'è un divieto palese ad ormeggiare e l'unica accortezza è quella di avere esposta la vignette, con qualcuno che ogni tanto dia un'occhiata alla barca. L'indomani andiamo a riprendere l'auto. Da Gallician prendiamo il taxi fino a Nîmes, proseguendo in treno fino a St-Clair-le-Roches. Lo stesso pomeriggio torniamo a Gallician in macchina seguendo di massima il tortuoso andamento del Rodano fino ad entrare in Camargue, proseguendo poi verso Vauvert e quindi alla barca. Rimaniamo a Gallician e con l'auto a disposizione possiamo visitare diverse località nel raggio di 50-60 chilometri, apprezzando sempre di più la Camargue, compreso Port-Camargue che è tra i più grandi porti turistici d'Europa. Varrebbe la pena di sottoporre il progetto di Port-Camargue agli imprenditori del mare nostrani, così come alle pubbliche
Un'immagine caratteristica della camargue. - 78 -
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Un momento di relax a Gallician con alcuni navigatori stanziali.
amministrazioni locali che gestiscono le migliaia di chilometri di costa italiana. Infatti, nonostante le dimensioni considerevoli, PortCamargue è caratterizzato da vivibilità, tranquillità e funzionalità, difficili da trovare in Italia. Dopo diverse incursioni nel territorio tra Gallician e il mare, infine il 10 luglio ripartiamo alla volta di Roma lungo la strada provinciale che ci porta a Nord di Marsiglia verso Fréjus, e infine a Cannes, da dove prendiamo la litoranea. Passiamo così per tutti i paesi e paesini costieri fino a Ventimiglia. Infine decidiamo di prendere l'autostrada per trovarci poi la mattina dopo a Roma. Incluso una pausa-sonno in un autogrill toscano.
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Una strada francese dedicata ai navigatori a quattro zampe.
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Una vista dalla pinta della pi첫 alta chiusa affrontata di circa 23 metri.
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Da Gallician a Fiumicino Come era stato programmato, ad agosto del 2009 si effettua l'ultima tappa che porterà Pinta a Roma in uno dei cantieri di Fiumicino. Formato l'equipaggio composto dal comandante e da un velista perfetto che si chiama Roberto, il 10 si parte da Ciampino con un volo low cost che, anche se ci fa risparmiare, ci costringe a pernottare in albergo a Lione, ma soprattutto, facendoci arrivare in serata, ci fa perdere una giornata; anche questo fa parte del viaggio e chissà che nella piega del tempo questa semplice pausa non rivesta un giorno un elemento di ricordo importante, una porta di accesso ad altre realtà. Appena a Lione andiamo in stazione a comprare i biglietti per il TGV, che la mattina dopo puntuale, alle 8 e 11 ci porterà a Nîmes dove prenderemo il taxi fino a Gallician. L'11 agosto alle ore 10 e 30 circa siamo di nuovo a bordo della Pinta pronti a rimettere in linea tutto quanto serve ad affrontare il viaggio in Mediterraneo. Dopo più di un anno dalla partenza da Hardewijk, dove abbiamo appena sfiorato il mare, finalmente Pinta metterà la sua chiglia in acqua salata. Al solo pensiero mi torna una gran voglia di navigazione, quella che ho sempre sognato, piena di vento e di avvistamenti di terre, isole e penisole, luoghi distanti tra loro in un percorso che sfiora i mari caldi ma anche quelli freddi, i ricordi dei mille libri letti e delle mille storie vissute a bordo del nostro tavolo da carteggio dei sogni. In ogni caso ci siamo, andremo per mare con la Pinta così come avevamo programmato. Per prima cosa mettiamo in chiaro tutto ciò che serve per rimettere al suo posto l'albero e il sartiame. Questa sarà anche la prova del nove per gestire l'albero abbattibile, che da programma sarà montato e lasciato orizzontale fino all'ultimo ponte a Grau du-Roi, prima di entrare in mare. A quel punto l'albero sarà riportato nella sua posizione naturale e tutto il sartiame sarà tesato e registrato. Nel giro di una mezz'ora riusciamo a mettere l'albero in posizione e cominciamo così a controllare tutto il sartiame. Prendiamo atto che dobbiamo accorciare il paterazzo di qualche centimetro. Anche se risulterà strano che un paterazzo possa allungarsi così, questo è stato - 83 -
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possibile visto che l'albero e il sartiame sono stati a riposo per alcuni anni. Oltretutto io stesso avevo visto l'albero montato sulla Pinta solo per poche ore quando ancora era in cantiere ad Hardewijk. Decisione presa, trovati due serracavi, ci mettiamo al lavoro per eliminare le due impiombature e sostituirle. Nel pomeriggio terminiamo i lavori e alle 20 siamo pronti a prenderci il meritato relax davanti a una cena camarguese e a una bottiglia di vino. A cena approfittiamo della connessione wireless e controlliamo la situazione del meteo sul sito www.windguru.com, ma sembra che il vento sia andato in vacanza e che ciclone e anticiclone se ne stiano tranquilli per un po' in rilassata tregua. Infatti, come tutti i velisti provetti sanno, ad agosto vige in genere una tregua eolica. Non per noi, forzati delle vacanze marine agostane, che da anni insistiamo ripetendoci ogni volta: ma dai che un po' di vento alla fine si trova. Il giorno dopo è il 12 agosto e decidiamo di accelerare la partenza: di buon'ora andiamo a fare cambusa, rivediamo le ultime cose e alle 11 e 30 molliamo le cime in tutta fretta, benchè difficilmente arriveremo al ponte di accesso al mare per la sua apertura delle 12 e 15. Riprendiamo il canale che porta verso Aigues-Mortes, compreso il tratto di canale che bypassa il ponte ferroviario. Poi proseguiamo verso Grau-du-Roi e ci fermiamo in banchina per allestire l'albero, il sartiame e le vele. Lavoriamo un'oretta a mettere in linea l'albero e il resto dell'armo e ci concediamo un ultimo giro per la stupenda cittadina, dove ci intratteniamo bevendo una birra e facendo il catalogo ( lato “a” e “b”) delle turiste di passaggio. Poi due panini per riempirci lo stomaco e alla fine si ritorna verso la Pinta. Il caldo è torrido. Alle 18 e 30 puntuali all'appuntamento, il ponte si apre e noi lo passiamo in fil di ruota. Siamo i primi e dopo 5 minuti siamo già in mare aperto. Seguiremo all'incirca la rotta tracciata dai way point elencati in appendice, way point che abbiamo prima progettato sulla carta e poi inserito manualmente sul nostro unico GPS non proprio di ultima generazione.
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Finalmente la tappa via mare.
La carta è la 432 INT 304 ed è una riedizione dell'IIM (Istituto Idrografico della Marina) tratta da carte francesi. In ogni caso è buona norma tenere in barca una carta generale del Mediterraneo, ove mai si scarrocci fin sulle coste africane o della Spagna. Il vento si fa sentire, ma è solo un assaggio, e tutta la notte si prosegue a motore più randa seguendo una rotta parallela alla costa. Alle prime luci dell'alba si intravede Marsiglia e passiamo tra i due fari di segnalazione, anche se per scapolare una massa informe di barche da pesca bisognerà faticare un po'. Il 13 agosto, in anticipo rispetto a quanto mi immaginavo, alle 9 e 15 siamo al traverso di una bella isoletta dopo Marsiglia alle coordinate 43° 09' 17'' N 5° 21' 29'' E. - 85 -
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Purtroppo la pigrizia in barca non ripaga, come del resto è giusto che sia; visto che Roberto non voleva fermarsi perché è uno che va e va e va, ci pensano i residui solidi (morchia) del gasolio a intasare le vie degli ugelli. Alle 10 circa il motore non respira e dopo aver cominciato a fare le pulizie di sentina e un rabbocco di carburante, agitato per l'improvvisa fermata del motore finisco nel buco della piccola sentina contundendomi ed escoriandomi la gamba sinistra e il polso destro. Ma non è il momento di fermarsi, quindi mano alle chiavi inglesi. Il primo tentativo di pulizia degli ugelli va a vuoto. Il motore si accende, va al minimo ma appena si accelera si spegne, a dimostrazione che il flusso di gasolio è ancora troppo ridotto. Il secondo tentativo con pulizia del filtro secondario prima della pompa e spurgo di tutti i raccordi va a segno e alle 12 riprendiamo di nuovo il viaggio. La giornata passa tranquilla. Niente vento, infatti il fiocco giace lì scocciato con una cimetta sulla battagliola, in attesa di tempi migliori.
Un progetto molto vicino a quello di Pinta. - 86 -
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Alle 20 circa non poteva mancare la prima pastasciutta con la mossa, ovvero cucinata in navigazione, e che ovviamente ci sembrerà buonissima. E' il nostro unico nutrimento serale, dopo una giornata passata a mangiare una mela e un pompelmo rosa. Mi accorgo così che, al contrario di quel che si vocifera, in barca si può anche dimagrire. Per di più Roberto da il buon esempio e non beve che acqua, e i tre litri di vino saranno salvi fino a casa. L'equipaggio ha comunque gradito la cena e si prepara di buon umore ad affrontare la seconda notte in mare, in compagnia di Nandino (il motore) che smotorerà verso Cannes, Nizza e Ventimiglia, dove spera di fare rifornimento e forse un meritato riposino. I dolori al polso aumentano, ma soffrono in silenzio vista anche la gran fortuna di aver scongiurato potenziali frattura. L'alba del 14 arriva e la notte è passata senza inconvenienti. Vado a farmi il mio ultimo turno di sonno verso le 8 mentre siamo al traverso di Cap de Drammont. Cambiamo programma e alle 11 e 30 siamo in banchina per il gasolio nel porto di “La Ragne” nella baia di Cannes. Riempiamo il serbatoio e le taniche, e dopo poco siamo di nuovo in rotta verso l'Italia. Eccetto qualche raffica di brezza, di vento fresco nemmeno a parlarne, e così abbiamo una ulteriore conferma di quanto l'anticiclone delle Azzorre sia stabile e duraturo. Per uscire dalla baia di Cannes ci teniamo sulla sinistra senza passare tra le due isole di Lerins dove si affollano motoryacht e imbarcazioni di ogni genere e dimensione. A tarda giornata fila ancora per molto sulla sinistra la Costa Azzurra della quale ben si apprezza la bellezza e la singolarità, con tanti approdi e tante isole. L'abbiamo avuta tutto il giorno lì a portata di mano senza poterci fermare perché siamo in trasferimento e prima arriviamo e meglio è, ma in un prossimo viaggio sarà una tappa obbligata. Manca poco alle 20 e siamo all'altezza di Ventimiglia, poi al traverso di Sanremo dove ci concediamo una pasta al tonno. Poi un mare di cartacrespa e foschia; un delfino; una serie infinita di meduse
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Le biciblette sgombrate vengono trasferite smontate in cabina.
fosforescenti che per tutta la serata ci passano sotto la barca e nel farlo diventano ancor più luminose. Dalla costa un susseguirsi di fuochi di artificio ci ricorda che domani è il 15 agosto. A mezzanotte circa inizia il mio primo turno di guardia e dopo mezz'ora compare qualcosa di rosso sulla prua di Pinta. Stento un po' a riconoscerla; è la luna che sorge. Roberto dorme beato e cosi farà fino alle 3, quando ci avvicenderemo nel bel mezzo della notte nebbiosa. Alle 6 del 15 agosto al nuovo cambio di turno Roberto mi fa trovare una bella luce e un bel venticello mentre andiamo sui 4 nodi a 11 miglia circa dal nostro WP 27. Buona giornata e auguri, oggi è ferragosto, un bel caffè è pronto e la navigazione prosegue, anche se da lì a poco il vento ci lascerà. Proseguuiamo verso Genova e alle 11 e 15 rabbocchiamo il gasolio. Proviamo ad andare a vela, ma la legge di Murphy del velista è sempre la stessa: “Se cerchi il vento lui va da un'altra parte”.
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Oggi svuotamento della sentina e quindi un fermo tecnico per far riposare le orecchie e il motore. Verso il tramonto delfini a go-go, poi cena speciale con dolce. A mezzanotte si va che è una meraviglia sui 5 nodi circa, con un venticello che aiuta a tenere su la randa. Ho saltato il mio primo turno di sonno perché sono ormai sensibile al rumore e vado a controllare il motore che è incessantemente acceso da quando siamo partiti da Grai du Roi. Domattina a Piombino oltre al diesel controllerò sia l'olio che l'inverter. Notte da brivido dolce tra velocità e vento fresco, Roberto dorme, io faccio la guardia e ho molto tempo per pensare al ritorno, a Pinta in quel di Fiumicino e alle mille cose che dovrò affrontare, tra mettere a posto la barca, i vari spostamenti tra Roma e Castelferretti (Falconara Marittima) dove mi aspettano Lalla e l'equipaggio canino, il ritorno e il lavoro che riprenderà a settembre. Ovviamente penso al lungo viaggio che mi ha portato fin qui, alle chiuse, all'equipaggio e agli infiniti momenti belli del viaggio. Per ora navighiamo verso il WP 37, dopo il quale cambieremo carta. Alle 4 circa ancora al timone un turno dopo, e siamo ancora davanti a Livorno, mare formato e bel vento. Se continua così si potrà andare a vela magari issando il fiocco ormai a riposo da un bel po'. Ma eccetto timidi momenti di improbabili brezze che ti danno solo il tempo di sognare le vele spiegate, niente di serio e il vento subito scompare. Il mio compito è quello di scavalcare le secche della Meloria davanti a Livorno, dove devono esserci due fari di segnalazione che ancora non si vedono, ragion per cui il nostromo è preoccupato. Appena lui va sottocoperta per il meritato riposo, tempo 10 minuti ed ecco il primo faro. Bene, tutto torna, mare montante, vento e temperatura fanno presagire una bella navigata, e alla fine fa anche freddo. Un'ora e mezza dopo consegno il timone di nuovo al nostromo e vado in cuccetta. Alle 6 e 30 del 16 agosto al mio risveglio il mare è un olio e il vento sembra colpire la prua. Dopodiché subito svanisce, e ancora una volta niente veleggiata. E' sempre la legge di Murphy del velista che colpisce duro: «Se c'è vento buono per gonfiare le vele, sicuramente le vele non sono le tue». - 89 -
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Sia. Possiamo proseguire verso Piombino con il nostro amato motore, mentre il nostromo sogna alisei interminabili e vele gonfie come le guance di un bambino paffuto. Alle 7 e 30 ci dirigiamo verso Castiglioncello (43° 24' N 10° 24' E) perché le nostre riserve di gasolio non ci permettono di arrivare a Piombino in sicurezza. Alle 9 e 50 siamo in banchina e facciamo all'incirca 85 litri di gasolio schiumato. Alle 10 e 10 si riparte. Buon vento. Per il resto della giornata nessun evento speciale, un caldo al limite della sopportazione, tale che il nostromo si è fatto due riposini sul paiolato, mentre il comandante si sottraeva alla calura rifugiandosi all'ombra della randa. Sempre rigorosamente senza montare il nuovo tendalino, così, tanto per espiare qualche colpa. Alle 12 controllo del livello olio motore con rabbocco di almeno 25 cl con grande piacere di Nandino che praticamente è stato acceso H24 dalla partenza. Il pomeriggio passa aspettando di scorgere l'Argentario o il Giglio, ma niente da fare. Solo la sera arriviamo al traverso delle Formiche di Grosseto. Cena a base di ratatouille con rinuncia al dolce da parte del nostromo che vuol mantenere la linea. Alle 23 e 45 sono cotto e chiedo di fare il primo turno di sonno, dopodiché mi riprendo subito e all'una circa mi dedico ad aggiornare il giornale di bordo. Ripensando al sistema Toscana-Elba-Argentario ed alle errate valutazioni di distanze e luoghi, emetto la seguente massima: «Per mare ogni distanza va moltiplicata almeno per tre». E' il 17 agosto, alle 7 mi sveglio dal turno di riposo e il nostromo decide di issare il fiocco, così andiamo alla forsennata velocità di 5 nodi e mezzo. Il sole è già alto, mancano 12 miglia al WP 46 e siamo a 6 miglia al largo di Capo Linaro. Bella giornata e buon vento di brezza mentre sorseggio il mio caffè e riprendo a leggere il mio «Vent'anni di Mediterraneo» di Göran Schildt, un libro veramente affascinante che parla della ricerca di culture mediterranee a cavallo degli anni '50 e '70, i cui riferimenti appaiono tra le note fuori testo. Alle 10 e 20 rimbocchiamo il serbatoio con 30 litri quando mancano 28 miglia al WP di Fiumicino. Per l'occasione tentiamo di concederci - 90 -
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un po' di musica ad alto volume, ma le batterie del lettore mp3 non sono fresche di giornata. Si aggiorna così l'elenco delle sciocchezze compiute nel tempo, come quella di aver fatto sparire le batterie ricaricabili dalle dotazioni di bordo, rimpiazzandole con una bella scatola di batterie tradizionali che sono finite prima del tempo. Verso le 14 e 30 capiamo che c'é qualcosa che non va nelle coordinate impostate sul GPS minimalista che abbiamo a bordo, un vecchio Garmin E-trex con input manuale dei way point. Correggiamo la coordinata Nord di Fiumicino da 42° 37' a 42° 44', e riprendiamo la giusta rotta verso la nostra base di “Chiaraluce”, ovvero il cantiere di Iniziative Nautiche dove Pinta starà per un po' in attesa di tempi migliori. Intanto la legge di Murphy del velista impera: «Il vento, se c'é, si presenta quando non serve». Infatti al largo di Ladispoli, ormai prossimi all'arrivo, vento e mare sono finalmente cambiati e le ultime miglia scorrono veloci. Alle 16 e 30 siamo in banchina pronti per un brindisi con prosecco fresco, parlando di questo trasferimento di 120 ore come cosa già passata. Cinque giorni pieni di mare sono trascorsi, sognando andature vorticose, rimandandole a giornate di vento più fortunate delle nostre, quando la legge di Murphy del velista è sospesa per ferie.
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Tra un mare di barche Pinta è ormai arrivata alla sua meta e si riposa tra un mare di barche, in attesa di riprendere la sua strada che porta ancora più a Sud verso Salerno, dove dovrebbe soggiornare per un bel po' di anni. Intanto se ne sta abbarbicata sul suo trespolo come uno squalo a quattro zampe, in attesa di rifare il maquillage della sua opera viva. Strizza l'occhio alle veterane del cantiere Chiaraluce:il Posto Delle Fragole, Tangaroa, Olivia III, Airon, La Picciana, Freddy, Marcella, e altre leggiadre signore del mare. Alcune, o forse le più, non vedono altro che il fiume, e raramente si fanno accompagnare dalla corrente verso il mare appena fuori dal dominio stanziale dei mille cantieri di Fiumicino. Sempre meno sono quelle che si avventurano in balia dei marosi e delle vigorose onde che portano verso il largo, sempre più al largo a cercar fortuna. Fiumicino in effetti è come un vero e proprio mare di barche, tutte così concentrate sulle rive del fu biondo Tevere; una foresta di alberi di alluminio e più raramente di legno, un estuario di persone animate solo da un desiderio: stare vicino al mare, farsi portare verso lidi lontani, o solo immaginarli guardando la corrente del fiume andare come sempre, come tutti i giorni, le ore e i minuti. Poco importa se è solo un sogno, un desiderio, un'aspirazione tanto legittima quanto impossibile il più delle volte. Ma intanto Pinta una prima scorribanda l'ha fatta, lungo i canali che portano a Mezzogiorno dalle pianure ordinate e a volte fredde dell'Olanda, passando per le colline e la campagna francese, per scendere poi dal bel miraggio della Camargue fino al nostro Mediterraneo più caldo. Grazie Pinta dei giorni belli che ci hai regalato.
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Info Fuori testo Informazioni, mappe e liste utili per la navigazione lungo lo stesso percorso seguito da Pinta e dal suo equipaggio. WP1 - 52.25' 00" N 5.45' 00" E
Prima e unica tabella dei Way Point per la
WP2 - 52.27' 30" N 5.51' 00" E
navigazione fluviale.
WP3 - 52.32' 40" N 5.51' 30" E
In effetti la carta con le coordinate è terminata ben
WP4 - 52.35' 00" N 5.46' 30" E WP6 - 51.57' 00" N 5.57' 20" E WP7 - 51.52' 20" N 6.02' 30" E WP8 - 51.48' 20" N 5.21' 00" E WP9 - 51.47' 30" N 5.22' 20" E
prima del previsto, e in genere lungo i canali europei si adotta la misura dei chilometri e le indicazioni cartografiche. A differenza dall'ambito marino, quasi mai le carte hanno le coordinate e
WP10 - 51.42° 50" N 4.49' 30" E bisogna affidarsi ai cartelli chilometrici, boe per la
navigazione commerciale e segnali radar.
Quadro di unione delle carte di navigazione per l'Olanda dell'associazione ANWB. - 95 -
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Rappresentazione schematica dei canali e delle relative carte della Fluviacarte.
Elenco delle carte disponibile per Francia e Belgio.
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Una porzione della carta generale dei canali francesi scaricabile dal sito internet del VNF. - 97 -
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Lista degli ormeggi in porticcioli o attracchi non custoditi usati durante il viaggio. La medesima lista la trovate come elenco dei files di Google Map nell'edizione multimediale sul web. Prima tappa P-0-HMS@Harderwijk P-01-Wijhe P-1A-Deventer P-02-Doesburg P-03-Tiel P-04-Osterhout P-05-Tilburg P-13-Mouzon P-14-Incaglio P-15-Saint_Mihiel P-16-Toul P-17-Toul1
Seconda tappa P-06-Aarle_Rixtel P-07-Wessem P-08-Pietersplat-Maastricht P-09-Tihange P-10-Dinant P-11-Vireux_Wallerand P-12-Bogny P-24-Conflandey P-25-Port sur Saone P-26-Gray P-27-Port_de_Belleville P-28-Les_Roches_de_Condrieu
Terza tappa P-18-Richardmenil P-19-Charmes P-20-Les_Forges P-21-Girancourt P-22-La_Forge_de_Thunimont P-23-Fontenoy_le_Chateau
Quarta tappa P-29-Le_Roche_de_Glun P-30-Viviers P-31-Saint_Etienne_des_Sorts P-32-Vallabregues P-33-Gallician P-34-Le_Grau_du_Roi
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Carta generale dei canali olandesi, tratta dal sito della Euromapping.
Elenco dei way point dell'ultima tappa seguendo la rotta a circa 6 miglia dalla costa. WP1 43.44999994 4.033333333 WP2 43.34999998 4.199999934 WP3 43.34999998 4.433333259 WP4 43.36638937 4.265574496 WP5 43.26666660 4.533333303 WP6 43.23333328 4.716666648 WP7 43.24999994 4.883333333 WP8 43.21666662 5.199999958 WP9 43.08333325 5.583333308 WP10 42.98333329 5.733333333 WP11 43.01666661 5.966666658 WP12 42.88333333 6.199999983 WP13 42.89999999 6.333333263
WP24 WP25 WP26 WP27 WP28 WP29 WP30 WP31 WP32 WP33 WP34 WP35 WP36 - 99 -
44.14999992 44.26666662 44.3166666 44.29999994 44.21666662 44.21666664 44.14999992 44.06666662 43.95000000 43.95000000 43.91666659 43.81666663 43.49999992
8.549999977 8.599999957 8.749999981 8.916666666 9.149999991 9.266666612 9.399999976 9.533333257 9.766666666 9.933333267 10.03333331 10.11666661 10.18333325
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WP14 WP15 WP16 WP17 WP18 WP19 WP20 WP21 WP22 WP23
42.89999999 42.98333329 43.14999998 43.31666666 43.44999994 43.49999992 43.64999995 43.66666661 43.71666659 43.89999993
6.616666652 6.616666652 6.766666593 6.849999977 7.066666642 7.249999987 7.483333312 7.699999977 7.899999982 8.283333331
WP37 WP38 WP39 WP40 WP41 WP42 WP43 WP44 WP45 WP46 WP47
43.34999998 43.16666664 42.91666665 42.74999997 42.44430844 42.44424088 42.56666662 42.39999994 41.99999993 41.74999994 41.73333328
10.2833333 10.39999992 10.44999998 10.66666665 10.96233686 10.96240047 10.83333333 11.03333325 11.69999999 12.23333328 12.23333328
Riferimenti bibliografici www.vnf.fr — il sito di riferimento per tutte le informazioni, le carte e l'acquisto della «vignette» indispensabile per navigare lungo i canali francesi. www.anwb.nl — il sito di riferimento dell'associazione turistica olandese dove trovare informazioni utilizzando il traduttore automatico di Google. Le carte le potete acquistare nella estesa rete di negozi che trovate nella cittadine più grandi su tutto il territorio olandese. www.fluvialnet.com — il sito per aquistare le carte dei canali per il Belgio e la Francia. The European Waterways, di Marian Martin, edizioni Adlard Coles Nautical London. Un testo per cominciare a capire le prlematiche della navigazione fluviale in Europa. European Waterways Map and concise Directory, edito da Eusomapping. La carta generale dei canali d'Europa. L'unica carata che vi dà la rappresentazione dell'intera rete dei canali europei, dall'estremo Est della Russia all'estremo Sud della Turchia. Scoprirete cosi che potete arrivare in Grecia anche seguendo il Danubio e passando per Vienna. Vent'anni di Mediterraneo, di Göran Schildt edizioni Magenes Editoriale. Un volume che ti insegna ad amare il mare, la vela e la - 100 -
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cultura del Mediterraneo. Un viaggio attraverso il Mediterraneo a cavallo degli anni 50' e 70'. www.worldcanals.com — un sito internet di riferimento per capire il mondo della navigazione fluviale in tutto il mondo. www.canal-du-midi.org — il miglior sito internet da cui partire per avere informazioni a 360 sul Canal Du Midi.
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Rassegna fotografica
Kjell e Jetteke sulla Pinta.
Hennie e Kjell nel marina di Tilburg.
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Desiree e Jetteke in primo piano sulla Pinta.
Un cigno alla ricerca del proprio io. - 103 -
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Desiree e Jetteke in primo piano sulla Pinta. Assistenti di chiusa al lavoro.
Membri dell'equipaggio partenza, compresi. Un cigno alla ricercaindel proprio ectoplasmi io. - 104 -
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La nostroma Corinna al timone.
Uno dei diversi "caronte" incontrati nella prima tappa. - 105 -