7 minute read

Storie Locali

Next Article
Censimento Negozi

Censimento Negozi

22 Storie locali

Soft Secrets

di Cristina Bregoli Presidente Ass. ne TAI MA Genova

L’Associazione Tai Ma, ha lo scopo di promuovere la diffusione della cultura storica e degli usi industriali della Canapa. Abbiamo fatto interventi gratuiti nelle scuole superiori di Genova con grande successo di pubblico e di critica. Svolgiamo lavoro di ricerca e divulgazione senza nessun finanziamento e senza fini di lucro. Di recente abbiamo tenuto un seminario gratuito presso la Fiera della piccola editoria e di questo seminario vi offriamo un riassunto. La Canapa è una pianta utilissima, ma tutti gli organi di informazione, televisioni, radio, giornali, vengono utilizzati da chi governa questo paese per diffondere una visione distorta di questo vegetale. Quella che segue, è la storia delle industrie di filati ottenute da questa pianta, in Italia dal 1873 al 1923. Secondo alcune fonti in Italia la canapa è stata usata per millenni. In pipe preistoriche ritrovate nel Canavese sono state riscontrate alcune tracce. La regione ai piedi delle Alpi prende il nome di “Canavese” proprio dalla Canapa. In Italia, l’uso della canapa per produrre filati di altissima qualità con metodi industriali risale alla fine del 1700. Abbiamo avuto la fortuna di poter conservare nella sede dell’Associazione, l’ultima copia di un Catalogo del Linificio e Canapificio Nazionale risalente al 1923. Il valore di questo libro si aggira sui 250 euro, essendo considerato archeologia industriale. Questo catalogo venne stampato in copie limitate per i dirigenti degli stabilimenti industriali, in occasione del cinquantenario della fondazione del Canapificio Nazionale, cioè il 1873. E’ scritto in italiano, francese e inglese, contiene cenni storici e piantine topografiche dei campi e foto dei macchinari e sedi amministrative. Voglio ricordare che la nascita del Linificio e Canapificio nazionale avvenne tre anni dopo l’effettiva unificazione nazionale, cioè dopo che Garibaldi entrò a Roma nel 1870. L’unità nazionale ha creato la necessità di un organismo unitario di industriali della Canapa. Il libro di cui sto parlando è equiparabile ad un moderno catalogo ,che potrebbe stampare l’associazione industriali nazionale, per esempio per l’industria automobilistica. Insomma non erano drogati capelloni ma rispettabili e prestigiosi uomini d’affari. Nel 1923, data di stampa del catalogo, queste industrie occupavano circa 20.000 persone. Producevano: filati greggi e candeggiati di Canapa per tessitura, tappeti, spaghi e corde, vele e sacchi, filati per cucire suole e per la pesca, cordame per marina e per ponteggi, gru, montacarichi, trasmissioni, cordicelle per tende, tende. Nonché forniture per marina, esercito, ferrovie, poste, tabacchi, ospedali. Gli stabilimenti industriali erano una ventina, distribuiti prevalentemente al Nord. Il più moderno di tutti era quello di LODI che fu costruito nel 1906, le tecnologie erano importate dall’Inghilterra, dove l’invenzione delle macchine a vapore aveva promosso quella che conosciamo come prima rivoluzione industriale. Tutti gli stabilimenti erano vicino ad un corso d’acqua, che serviva sia per la produzione dell’energia a vapore necessaria a far funzionare gli impianti, che per la lavorazione del filato. Un’altra caratteristica comune a tutti gli stabilimenti era il ciclo di lavoro 24 ore su 24. In prevalenza la mano d’opera era costituita da donne e bambine che lavoravano di giorno e di notte anche 16 ore. Pur persistendo il lavoro tessile a domicilio a fianco della manifattura meccanizzata, in quel contesto storico si sviluppò il lavoro delle donne nelle fabbriche, prevalentemente tessili. L’età media variava dai 10 ai 30 anni. L’inserimento di donne e bambine, significava l’intenzione di ridurre il costo del lavoro, perchè i salari erano più bassi di almeno il 25%, rispetto agli uomini. Inoltre servivano dita agili, pazienza, sopportazione, doti prettamente femminili. Il ciclo produttivo era così intenso che molti stabilimenti avevano i dormitori o convitti, per cui la vita delle operaie e degli operai era tutta lì: reparto dormitorio reparto. Questi convitti erano anche chiamati “chiostri industriali” ed erano un ingranaggio essenziale per il buon funzionamento della macchina commerciale. Con una produttività così ben organizzata è evidente come l’Italia potesse essere la seconda al mondo per quantità di filati prodotti e la prima per la qualità. Infatti, nel catalogo è scritto che per risolvere il problema della concorrenza straniera sulle fibre, nel 1895 venne creata in Italia una delle più grandi corderie, precisamente nello stabilimento di Cassano D’adda. Tanto produttiva che esportava fino in sud America ed estremo oriente. Che la produzione dei filati di canapa fosse molto più importante delle condizioni di vita degli operai è dimostrato da come nel catalogo vengano enfatizzati quegli stabilimenti dove tecnologicamente si organizza un buon mantenimento delle produzioni. Le condizioni di lavoro nei reparti cardatura o pettinatura erano disumane: polvere, rumore , caldo. Gli impianti che potevano migliorare le condizioni ambientali era tutti destinati a proteggere i filati. Genova aveva una fiorentissima industria di filati di Canapa. Sampierdarena, già nel 1786 era conosciuta per gli abili cordai che producevano filati di Canapa per l’industria navale , per gli armamenti e per le attrezzature dei velieri. La piu’ famosa era la Corderia Carrena che era ubicata alla Fiumara. Nel 1844 lo stabilimento venne trasferito nell’area vicino alla odierna Stazione Ferroviaria di Sampierdarena Nel 1905 questa Corderia era la prima, per quantità di produzione, di tutto il mediterraneo. Nel 1906 apriva un’altro stabilimento a Cornigliano, i terreni coltivati a Canapa erano 4000 mq. Nello stesso anno veniva accorpata anche la Corderia Raggio, che era già fiorente nel 1766, con il suo stabilimento di Borzoli. Gli stabilimenti erano prevalentemente al Nord, mentre al sud il maggiore era quello di Frattamaggiore, dove veniva coltivato 1/3 della Canapa destinata agli usi industriali tessili. Lì la pianta cresceva facilmente per le migliori condizioni di clima e suolo. La maggior parte dei derivati tessili della Canapa di tutti gli stabilimenti descritti nel Catalogo del Canapificio Nazionale erano destinati alla marina mercantile, marina militare, ferrovie, esercito. La totalità della produzione di canapiera venne messa tutta al servizio dello Stato in occasione del I° conflitto mondiale. Tanto che il Ministero dell’Industria arrivò a fondare un sindacato di Filatori e Tessitori di Canapa nel 1918. Inoltre molti stabilimenti dovettero aumentare la produzione e superare molte difficoltà, perchè dall’estero non arrivavano più filati di lino. E’ noto inoltre, che nel primo conflitto mondiale , furono i contadini ad essere mandati al fronte a morire nell’inferno delle trincee, mentre gli operai di tutte le industrie , comprese quelle canapiere, dovettero sostenere una colossale macchina bellica. L’abnegazione delle operaie e degli operai Canapieri è significativamente rappresentata dalla storia dello stabilimento di Crocetta Trevigiana.

Questo stabilimento venne fondato nel 1882: “da alcuni benemeriti pionieri dell’industria che volevano dotare il Veneto di un opificio che utilizzasse la fibra vegetale eminentemente italiana, allo scopo di produrre spaghi e cordami, Storia della canapa merce tutta di grande consumo popolare industriale in Italia e quindi di presumibile ampio smercio, ove la si fosse saputa lanciare sui mercati mondiali.” L’industria Canapiera Italiana rimase fiorente ben oltre l’anno in cui fu stampato questo catalogo. Infatti ancora nel 1925, Benito Mussolini diceva, a dal 1873 al 1923 proposito della Canapa e delle industrie Canapiere: “La Canapa è stata posta dal DUCE, all’ordine del giorno della nazione, perchè per eccellenza autarchica è destinata ad emanciparci quanto più possibile dal gravoso tributo che abbiamo ancora verso l’estero nel settore delle fibre tessili. Non è solo il lato economico agrario, c’è anche il lato sociale la cui incidenza non potrebbe essere posta meglio in luce che dalla seguente cifra: 30.000 operai ai quali da lavoro l’industria canapiera italiana.” Fu negli anni trenta che il regime fascista dichiarò l’hashish, un derivato ricreazionale, nemico della razza e droga da “negri”, nonostante che la coltivazione della canapa fosse studiata nelle scuole agrarie con tanto di manuali. Il processo storico che ci ha portato alle falsificazioni e alle mistificazioni odierne riguardo a questo vegetale, comincia anche in Italia negli anni trenta. Per cancellare dalla memoria storica del nostro paese la Canapa, ci sono voluti molti anni, tanto che ancora nel 1978 si potevano trovare, nella piana di Caivano (NA), tracce della vasta estensione di campi coltivati. Inoltre con la progressiva industrializzazione e l’avvento del boom economico cominciarono ad essere imposte sul mercato le fibre sintetiche. La Canapa cominciò a sparire, non solo fisicamente insieme alle industrie, ma dal ricordo e dalle tradizioni della gente comune. Nel 1997 la Comunità europea stabilisce che la reintroduzione della Canapa ad uso industriale sia diffusa e finanziata su tutto il territorio Europeo. Negli anni successivi, grazie a quel regolamento, nascono i primi negozi italiani tematici sulla Canapa. Un mezzo che veicola anche la diffusione dell’auto-produzione di questa pianta per fini ricreativi. Nel nostro paese ancora una volta però i governi che si succedono, di qualsiasi schieramento, agiscono in modo schizofrenico e per il vantaggio economico di pochi privilegiati, senza produrre una politica globale su questo vegetale. Ci sono esperienze di produzione industriale in Toscana ed Emilia Romagna, finanziate dalla comunità europea e supportate con vibrante entusiasmo dall’Onorevole Biondi di Forza Italia

(vedi www.canapaitalia.com).

Noi vogliamo vederci chiaro, vogliamo libero questo “essere vivente” e lo vogliamo per tutti. Continueremo le nostre indagini; chissà cosa verremo ancora a sapere dell’ipocrisia che ci circonda.

This article is from: