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La pagina del Canapaio

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Storie Locali

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Soft Secrets

Introduzione

Buongiorno a tutti i lettori di “Soft Secrets”. Sono il Canapaio. Molti di voi mi conosceranno già, per i libri e gli articoli pubblicati sul primo periodico specializzato sulla nostra pianta preferita, “Cannabis” (che purtroppo non esce più giù da diverso tempo). Sono contento che ci sia nuovamente in Italia un periodico (dopo le esperienze di “Cannabis” e di “Il lecito”) in cui si può parlare di Canapa, e lo si possa fare liberamente, senza nascondere nulla di questa pianta (miracolosa), anzi cercando di scoprire sempre più i suoi segreti, di capire “cos’è” e come vive, imparando in modo più profondo i meccanismi che regolano la sua crescita, per essere in una sintonia sempre maggiore e così poter entrare quasi in “simbiosi” con un altro essere vivente ed essere arricchiti da questa esperienza.

Sono molto contento che questo giornale sia realizzato e distribuito in molti paesi d’Europa, e lo sia gratuitamente, dando veramente la possibilità a tutti gli interessati di aver accesso ad una abbondanza di informazioni che era impossibile avere finora, e ad una condivisione di esperienze impensabile prima, con un confronto continuo, cosa che può permettere un rapido aumento della conoscenza della nostra pianta preferita.

Devo dire che la cannabis è per me quello che Don Juan, nei libri di Castaneda, descriveva come un “alleato”. Lei mi dà tanto, ed io in cambio l’aiuto (nel mio piccolo) a non essere distrutta dalla razza dei miei simili e, se possibile, a tornare ad essere accettata nuovamente dall’uomo come compagna nel viaggio della vita. Quando ho scritto il mio primo manuale “Il Canapaio 2”, in Italia ben poche volte mi era capitato di incontrare dell’erba anche solo accettabile, e la stragrande maggioranza dei consumatori della sostanza pensava che la realizzazione di un prodotto di qualità fosse riservata ai professionisti del settore, nei paesi di produzione.

Adesso, a dieci anni di distanza, sempre più appassionati (decine di migliaia) riescono a realizzare produzioni ottime, con una crescita di qualità veramente impressionante. Sono finalmente arrivati anche nel nostro paese prodotti e attrezzature professionali, alla portata di tutti e in grado di garantire risultati da esposizione anche ai principianti.

Negli ultimi dieci anni è anche cambiata molto, nell’opinione della gente, l’idea di cosa sia veramente questa pianta. Ormai è visto come un pericolo soltanto da una minoranza reazionaria e ottusa, che non vuole aprire gli occhi di fronte alla realtà dei fatti e continua a propagandare bugie. Purtroppo non è cambiata la legge, e si può ancora finire in galere per pochissime piantine, e avere la vita rovinata solo perché a qualcuno non va bene che altri si facciano delle canne. Comunque il diffondere informazioni obbiettive non è (ancora) vietato, ed è questo lo scopo che ci proponiamo, forse il modo migliore per poter ridare a questa pianta l’importanza che le compete; già nel sedicesimo secolo Rabelais, nel suo famoso libro “Gargantua e Pantagruel” ne magnifica le virtù: “Il Pantagruelione (la canapa prende qui il nome dall’eroe del libro, il gigante Pantagruele) è detto così anche per le sue virtù e singolarità. Infatti come Pantagruele è stato l’immagine e l’esempio di ogni gioconda perfezione – né credo che alcuni di voialtri beoni ne dubiti – così nel Pantagruelione riconosco tante virtù, tanta energia, tante perfezioni, tanti ammirabili effetti che se le sue qualità fossero state conosciute quando gli alberi, secondo la relazione del profeta, elessero un re travicello per governarli e dominarli, esso avrebbe avuto la pluralità dei voti e dei suffragi.” (da “Gargantua e Pantagruel” di F. Rabelais, De Agostani, 1983)

Mi è stato chiesto di scrivere soprattutto articoli tecnici: su come avere migliori risultati, riconoscere e realizzare i migliori prodotti cannabici, i “trucchi del mestiere” per migliorare le produzioni e per evitare problemi di vario tipo. Io non posso più lavorare in Italia, ma lunghi anni d’esperienze in vari paesi del mondo hanno sicuramente arricchito di molto il mio bagaglio di conoscenze.

Devo premettere che le mie idee in fatto di coltivazione e utilizzo della cannabis sono da “vecchia scuola”: per spiegarmi, mi piace, ove possibile, far crescere le piante al sole (ed in Italia c’è né abbastanza, non per nulla la nostra canapa da fibra era considerata la migliore del mondo;

anche se ritengo la coltivazione da interni (indoor) un ripiego più che valido, soprattutto per chi vive in città o in luoghi dove la sicurezza personale o delle piante potrebbero essere in pericolo. Capisco che per un ragazzo giovane, che vive in città ed è abituato a un mondo “tecnologico”, sia più appassionante ed intrigante mettere su un impianto idroponica, più facile e redditizio comprare prodotti per le piante già pronti, e più divertente magari programmarsi un sistema computerizzato, con un controllo costante dei fattori di crescita, che mettere le mani nella terra (anche se si tratta di comprare terriccio già pronto) o peggio ancora nel letame, oppure (nel caso di coltivazione outdoor) doversi fare lunghi tratti di strada a piedi con taniche piene di acqua e fertilizzanti in mano, magari in mezzo ai rovi. E riconosco che l’idroponica ha i suoi vantaggi, primi fra tutti la velocità di crescita ed il controllo totale che si possono avere e, se si è appassionati, la possibilità di apprendere ancora più a fondo i meccanismi che regolano le fasi di sviluppo delle nostre piante. “Val più la pratica che la grammatica”, e se si imparano entrambe (e nella coltivazione in interni, sostituendosi alla natura, si è obbligati ad imparare molto in fretta, i processi di crescita e le risposte delle piante a stimoli esterni, specialmente se si lavora hidro), si conseguiranno sicuramente ottimi risultati. Preferisco nutrimenti di origine organica e minerale, come letami vari (sempre ben maturi!), guano (di pinguino e di pipistrello), alghe, compost, cornunghia (in polvere, se no ha un’azione troppo lenta), polvere di rocce (per i micronutrimenti), zeolite, leonardite, calcare, humus… Non mi piace usare ormoni, concimi di sintesi o pesticidi, limitandomi a saponi potassici e piretro naturale se proprio indispensabili: è questione di gusto e di rispetto per la propria salute. Preferisco partire da semi, per avere più varietà nel raccolto (se fumo sempre la stessa roba, dopo un po’ non mi fa più nessun effetto) e per avere la possibilità

che mi esca una pianta eccezionale, da usarsi per creare nuovi ibridi e nuove varietà. Preferisco selezionare le piante migliori (operando la selezione dal maggior numero di individui possibile) che intervenire con sostanze che creano modificazioni genetiche, tipo colchicina e simili.

Preferisco dare più terreno, più spazio e più tempo alle piante. Ho un’idea di applicazione dei principi di agronomia forse più “primitiva” e meno meccanizzata delle nuove tendenze, ma il mio obbiettivo non è quello di creare dei mostri, ma delle piante che stanno bene, sono contente, e fanno sta bene ed essere contenti chi le utilizza.

Mi piacerebbe aprire un dialogo con i lettori, su qualunque questione riguardante la cannabis e derivati, anche per il suo utilizzo terapeutico, per la produzione di cibo e il suo uso industriale. Non si finisce mai di imparare, ed un confronto di esperienze è sempre utile e stimolante. Sarei felice di poter dare consigli su qualunque problema riguardante la coltivazione e l’utilizzo della pianta, scrivete alla redazione. Parleremo anche dei derivati della cannabis e delle tecniche per ottenerli. Anzi, dal prossimo numero cominceremo il racconto di un’esperienza incredibile, il titola sarà “Ice-Cream in Himalaya”. A presto.

pianta femminile isolata, a maturazione. circa 10-15 settembre. da G. Ragazzi “Canapicoltura Italiana” Vallecchi, 1955

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