2 minute read
L’incrocio - San Maria del Piano
e Crusèt
L’incrocio dei vasai di Santa Maria del Piano
L’attuale Strada Provinciale 42 che scende da Montescudo, lambisce oggi l’abitato di Santa Maria, incrociando via Santa Maria del Piano di Sopra, ma per i residenti queste strade avevano un significato molto diverso perché la viabilità di questi territori era molto differente: per chi abitava in quest’area, la strada che saliva arrivava a Rimini, mentre quella che scendeva andava a Cattolica e infine, quella che attraversava il nucleo di Santa Maria “veniva dalle montagne”, ovvero dal Montefeltro pesarese. Era un punto strategico quindi, per chiunque dovesse spostarsi in una di queste direzioni, dal mare alla montagna in pratica, ma c’era un’altra caratteristica, unica nel suo genere, che ha reso famoso questo incrocio: trattandosi di uno snodo particolarmente trafficato, le strade venivano utilizzate come “vetrine” a cielo aperto per far vedere e allo stesso tempo per asciugare le centinaia di terrecotte che venivano prodotte in questa frazione. Erano tantissime, infatti, le famiglie dedite a questa attività e diversi erano le botteghe per le terrecotte, da cui si ricavavano, come noto, i vasi che hanno portato in giro per l’Italia e non solo il nome di Santa Maria del Piano, non a caso, “il paese dei vasai”.
~ 98 ~
Trattandosi dell’ingresso del paese, anche in questo punto si trova una croce, la cui funzione era legata alle cosiddette “rogazioni”, ovvero delle preghiere specifiche che si facevano insieme alle processioni verso le croci installate nelle strade principali al fine di proteggere i campi e il raccolto stagionale dalle avversità.
e Mulén dl’uliva
Mulino di Ca’ Renzo di Valliano
Quello che oggi appare come un rudere abbandonato al pari di tanti altri immobili sparsi per le colline romagnole, è stato invece, per lungo tempo, uno dei luoghi simbolo della cultura e della vita rurale dell’area di Valliano. Questo edificio situato nel piccolo e caratteristico ghetto di Ca’ Renzo, infatti, ospitava un mulino per la lavorazione delle olive, le quali venivano coltivate allora come oggi su tutto il territorio comunale. Tra i ricordi delle persone che lo hanno visto in funzione, ce ne è uno veramente particolare: più famiglie, infatti, portavano qui il loro raccolto di olive per la spremitura e ogni volta che veniva completata la lavorazione di un lotto, veniva avvisata la famiglia successiva tramite il suono caratteristico di un corno, che si sentiva riecheggiare per tutta la vallata. Colui che doveva suonare questo originale strumento era quindi una delle figure più importanti del mulino e di tutta la procedura di lavorazione delle olive, ma per professionalità, manualità e bravura, la persona più importante era un’altra, ovvero “l’om d’la foja” (l’uomo della foglia). Il nome dialettale deriva dalla particolarissima e sottilissima lamina di rame – come una foglia, appunto – con cui veniva raccolto solo sottile strato d’olio che si formava nella vasca di raccolta della spremitura.