Cambiamento climatico e disegno urbano

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Cambiamento climatico e disegno urbano: Il caso di Londra e dei Giochi Olimpici 2012

POLITECNICO DI MILANO FACOLTA’ DI ARCHITETTURA E SOCIETA’ CORSO DI STUDI IN SCIENZE DELL’ARCHITETTURA TESI DI LAUREA TRIENNALE

Studente: Stefano Santamato Relatore: Eugenio Morello Correlatore: Stefano Pareglio


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Ringrazio Eugenio e Stefano, da cui ho imparato molto e che mi hanno pazientemente guidato durante questa ricerca

e Martina che nonostante la distanza mi è stata accanto piÚ di chiunque altro

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Indice introduzione 1.

Politiche internazionali ed europee in tema di cambiamento climatico

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1.1 L’UNFCCC e il protocollo di Kyoto 1.2 Politiche europee recenti in tema di energia: dal pacchetto Energia-Clima 20-20-20 alla Roadmap 2050 1.3 Il ruolo della città: il Patto dei Sindaci

2.

2.0 2.1 2.2 2.3

3. 3.0 3.1 3.2 3.3

Lettura comparata dei Piani d’Azione per l’Energia Sostenibile (SEAP) di cinque città europee: Copenhagen, Amsterdam, Londra, Dublino e Parigi Metodologia Situazione attuale – inventario delle emissioni Obiettivi e orizzonti temporali Edifici e Trasporti protagonisti del cambiamento

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Politiche urbane londinesi e cambiamento climatico Metodologia Strategie e politiche per il futuro di Londra Politiche ambientali e cambiamento climatico Mitigazione e adattamento come priorità trasversali

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4. Il caso studio Giochi Olimpici 2012 4.1 Progetto per il quartiere delle Olimpiadi 2012, temi e localizzazione 4.2 I due masterplan per il quartiere olimpico 4.3 Costruzioni esistenti 4.4 Nuove costruzioni 4.5 Trasporti e ‘Cycling Revolution’ 4.6 Vie d’acqua 4.7 Energia 4.8 Adattamento al cambiamento climatico 4.9 Osservazioni sul tema della sostenibilita’

41 47 51 54 60 66 68 72 74

Conclusioni

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Bibliografia

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“Soprattutto per un architetto è un’esperienza sconvolgente scoprire che

sono proprio le nostre città a determinare questa crisi ambientale” . Richard Rogers, Città per un Piccolo Pianeta

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Introduzione D’innanzi a evidenze sempre più eclatanti e ad impatti sempre più devastanti sul pianeta causati dall’odierna crisi ambientale ho sempre cercato - come individuo e come studente - di approcciarmi a questo tema da un punto di vista sia personale che accademico per poter elaborare

un’opinione critica ed essere cosciente e allo stesso tempo conoscente della dimensione del fenomeno e dell’impatto di esso sulla realtà, a partire dall’architettura .

Lo studio dei cambiamenti climatici mi ha portato ad avvicinarmi a questioni scientifiche e

filosofiche complesse e sistematiche, tra le quali l’intrinseca limitatezza delle risorse naturali o la compatibilità del odierno modello economico con l’ambiente in cui viviamo.

Mosso dalla volontà di acquisire una postura cosciente, critica e originale verso queste tematiche, ho cercato di approfondire con rigore l’argomento; nel fare questo ho prima di tutto appurato

come le cause dell’incompatibilità tra il nostro stile di vita e l’ambiente che ci ospita siano direttamente riconducibili alle fondamenta del nostro modello di sviluppo.

La crisi ecologica, la perdita di biodiversità, le crescenti estinzioni di specie animali e i cam-

biamenti climatici, sono segnali che non possono (più) essere trascurati. Un rapido e profondo

cambiamento dell’intero sistema risulta essere necessario e ognuno di noi dovrà essere parte di un processo responsabile e cosciente di coinvolgimento.

La mia tesi del 5° anno delle scuole superiori s’intitolava “Il Surriscaldamento Globale”. La sua elaborazione mi diede la possibilità di indagare sul fenomeno fisico dell’effetto serra, sulle sue alterazioni e sugli impatti che esso produce. Uno dei fattori che mi hanno spinto a iscrivermi

alla facoltà di Architettura è contenuto in quello stesso elaborato, in cui si riportava che il settore edilizio fosse responsabile di più del 40% delle emissioni di gas a effetto serra livello globale.

Tre anni dopo l’approccio al problema non è più lo stesso, in quanto il riferimento alle sole temperature crescenti (surriscaldamento globale) non è sufficiente per indicare un fenomeno molto più complesso, che ha sconvolto l’intero equilibrio climatico globale.

Oggi si parla di cambiamento climatico e tramite il percorso della mia tesi ho cercato di indagare sui contributi positivi che l’architettura può dare nella lotta per ostacolarlo, arginarlo o perlomeno non alimentarlo.

Un dato importante per questa ricerca è che il consumo di circa il 70% dell’energia nel mondo

è più o meno direttamente legato ad attività urbane. Sono le città sono infatti l’epicentro della crisi e devono essere oggetto di un ripensamento in termini radicali.

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Qual è dunque il contributo culturale e scientifico che l’architettura e la pianificazione possono

dare nell’ambito di questa grande crisi della città? Quanto può pesare la progettazione della città in questo processo? La mia ricerca cercherà proprio di dimostrare quanto possano essere ampi i

margini di azione e di contributo di un nuovo modello di pianificazione e progettazione urbana. È evidente però che, per quanto i temi del risparmio energetico e del rispetto dell’ambiente pos-

sano entrare a far parte del dibattito culturale e architettonico, il problema della loro mitigazione resta prima di tutto un problema politico.

Se l’impegno in questa direzione non è globale, ogni sforzo locale e individuale diventa to-

talmente vano. Basti pensare che se dall’oggi al domani, per assurdo, l’intera Unione Europea

smettesse di emettere anidride carbonica, in pochissimo tempo i tassi a cui crescono le economie emergenti mondiali manterrebbe il saldo di crescita delle emissioni globali positivo. In più il pa-

norama di contrattazione geopolitica odierno è particolarmente complesso e il peso economico e politico degli stati è in continuo mutamento.

Per questi motivi ho deciso iniziare il percorso della mia ricerca con il tema delle politiche

internazionali sul clima, ripercorrendo brevemente la storia della negoziazione internazionale, a

partire dalla Convenzione-quadro UNFCCC (presentata in occasione del summit sul clima delle Nazioni Unite nel 1992 e firmata a Rio de Janeiro), che segnò la prima tappa verso un accordo

globale di riduzione delle emissioni. Questa prospettiva si concretizzò successivamente solo col Protocollo di Kyoto del 1997, imponendo il primo storico accordo vincolante per (quasi) tutti i paesi partecipanti al summit.

Per quanto concerne la realtà che ci riguarda più da vicino, ho deciso di affrontare il tema delle

politiche europee sul cambiamento climatico. La dimensione europea si è dimostrata sensibile a

questi temi e ha prodotto negli ultimi anni documenti e politiche molto interessanti sul tema di

energia e clima. Gli standard imposti e gli strumenti di mitigazione previsti dal pacchetto Energy 20-20-20 nel 2008 stanno avendo una rapidissima diffusione.

L’approccio in ambito europeo tiene anche conto della transizione dall’economia odierna a una “Low Carbon Economy”, illustrando a tale fine gli strumenti per trarre beneficio in termini di

crescita economica in questo passaggio. È il caso della Roadmap 2050, documento in cui sono

disegnati gli scenari di riduzione delle emissioni di CO2 dell’80-95% per il 2050 con riferimento al 1990.

Il provvedimento europeo che più interessa questa ricerca è il Patto dei Sindaci (Covenant Of

Mayors); in esso viene introdotta l’importanza della scala della città, come luogo di azione e ri8


pensamento dei sistemi della produzione energetica, di gestione dei trasporti e di efficienza degli edifici.

L’adesione al Patto consiste nella pubblicazione di un piano chiamato SEAP (Sustainable Energy Action Plan), una strategia d’azione sul clima in cui ogni città illustra puntualmente come in-

tende ridurre le proprie emissioni in ogni settore per raggiungere i target imposti dal pacchetto 20-20-20.

Questo passaggio è di cruciale importanza, in quanto introduce all’interno di ogni municipalità

un documento in grado di influenzare fortemente la politica interna a ogni area urbana, dunque le sue trasformazioni e la sua vita futura.

Il secondo capitolo perciò prende in esame cinque piani d’azione mettendoli a confronto.

Ho esaminato e comparato le proposte di cinque capitali europee, che hanno sottoscritto il piano d’azione recentemente e presentano obiettivi ambiziosi in termini quantitativi ma orizzonti temporali d’azioni molto differenti una dall’altra. Le città in questione sono: Copenhagen, Londra, Amsterdam, Dublino e Parigi.

In primo luogo, la lettura comparata di questi piani ha avuto l’obiettivo di mettere in luce come

l’osservanza dei target imposti dal pacchetto sull’energia sia già una realtà nelle maggiori capitali d’Europa.

È interessante inoltre evidenziare i caratteri comuni di questi piani. In generale emerge, infatti, un minimo comune denominatore: la tendenza e la volontà di tagliare i settori di trasporti ed edilizia.

Questa conclusione induce a confermare la tesi per cui le principali azioni previste sul piano

politico per mitigare il cambiamento climatico corrispondono a temi strettamente connessi alla pianificazione e al disegno urbano.

Nel terzo capitolo si compie uno ‘zoom’ sul caso specifico della città di Londra per verificare

l’esistenza delle relazioni effettive tra la politica adottata e la realtà delle trasformazioni della città presa in esame.

La scelta della capitale londinese è dovuta in primo luogo alla presenza di un quadro di politiche in cui il cambiamento climatico (in termini di mitigazione ma anche di adattamento) non è un

elemento a sé stante, ma una vera e propria “priorità trasversale”, che incrocia tutte le altre strategie a lungo termine della città.

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In secondo luogo perché è una capitale in grande trasformazione, soprattutto in vista dei Giochi Olimpici 2012 che sono destinati a ridisegnare completamente l’assetto di un grande settore di della città.

Cercherò di dimostrare come il grande progetto per il quartiere olimpico a Stratford sia dovuto

sottostare alle nuove regole imposte dal piano d’azione e come da queste ultime sia stato ispirato in molti suoi aspetti progettuali.

Si procederà dunque all’illustrazione delle strategie di scala urbana della capitale britannica per

ridurre le proprie emissioni. In parallelo s’illustreranno alcuni aspetti progettuali del Masterplan Olimpico, estremamente interessanti per questa analisi.

Si tenterà infine di dimostrare come il progetto per Stratford rientri pienamente all’interno dei progetti di scala urbana, per ciò che concerne i trasporti (vie d’acqua, ciclabilità e greenways), l’efficienza degli edifici (esistenti e di nuova costruzione) e altri aspetti ancora.

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immagine

0.1 : LUC SCHUITEN - Cités Végétales

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“La crescita verde è l’unica forma di futuro sostenibile per l’Europa e per il

mondo intero. L’industria e l’ambiente devono procedere mano nella mano, perché nel lungo periodo i nostri interessi sono gli stessi”

Janez Potocnik, Commissario Europeo per l’Ambiente

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1. Politiche internazionali ed europee in tema di cambiamento climatico 1.1 l’UNFCCC e il protocollo di Kyoto Il tema del cambiamento climatico, la sua relazione con l’alterazione dell’effetto serra e le interconnessioni di questi fenomeni con l’azione antropica, è oggetto di dibattito da parte delle più autorevoli istituzioni scientifiche e governative da ormai molti anni.

Gli studi su questo tema sono sempre più approfonditi e disegnano scenari sempre più preoc-

cupanti. Se fino agli anni ’90 il tema dell’effetto serra e del surriscaldamento globale rappresentavano un’istanza prevalentemente ambientalista agli occhi della società, oggi si può affermare

che il cambiamento climatico sia diventato a tutti gli effetti un elemento cruciale all’interno del dibattito politico internazionale.

L’origine del percorso che ha causato la progressiva presa di coscienza delle istituzioni su questo tema si può ricondurre alle prime pubblicazioni scientifiche degli anni ’50, che indagavano le

relazioni tra le crescenti concentrazioni di anidride carbonica nell’atmosfera e l’innalzamento delle temperature.

Fino ad oggi le pubblicazioni scientifiche su questo tema si sono moltiplicate; tra le più rile-

vanti del recente passato si annoverano quelle dello Stern e dell’IPCC (Intergovernmental Panel

on Climate Change), che concordano sul fatto che il clima sta cambiando, le temperature stanno crescendo e che è, quindi, necessario agire immediatamente.

Nel 1990 l’IPCC pubblicò il primo report sul cambiamento climatico, confermando come

quest’ultimo costituisse una minaccia globale, richiamando quindi l’attenzione sulla necessità di agire tempestivamente.

La politica internazionale ha tentato di dare delle risposte a queste nuove istanze tramite la pub-

blicazione di un trattato ambientale internazionale, la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), nel 1992 a Rio De Janeiro.

Dal ’92 i paesi membri si sono incontrati ogni anno in grandi conferenze internazionali, le COP (Conferences of the Parties), con l’obiettivo di stabilire impegni vincolanti in termini di riduzione di gas a effetto serra e monitorare l’avanzamento di tutti i paesi membri nella lotta al cambiamento climatico.

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La convenzione quadro suddivise i paesi paesi membri in: •

Annex I (paesi industrializzati)

Paesi in via di sviluppo

Annex II (paesi che pagano i costi dei Paesi in via di Sviluppo)

La Conferenza di Rio introdusse dunque indicazioni di natura sia politica che socio-economica finalizzate a influenzare i settori dei paesi membri maggiormente responsabili delle emissioni (come la produzione dell’energia, i processi industriali e la gestione dei rifiuti). Furono inoltre

presentati nuovi strumenti di cooperazione internazionale per favorire il trasferimento di tencologie e di strumenti dai paesi industrializzati a quelli in via si sviluppo.

La Convenzione quadro diede il via anche a nuovi programmi di ricerca scientifica a livello

internazionale, per arricchire il patrimonio di conoscenze condivise sull’argomento dei cambiamenti climatici, accompagnati da un programma di diffusione delle stesse.

Nel 1997, in occasione della COP3, si assistette alla stesura del Protocollo di Kyoto in cui le

misure programmatiche della Convenzione Quadro furono trasformate in accordi vincolanti. Il

protocollo è un trattato che vincola i paesi industrializzati che vi partecipavano a ridurre le proprie emissioni di gas effetto serra del 5% per il periodo 2008-2012, con riferimento al 1990.

I gas serra normati dal Protocollo sono: l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), l’ossido di azoto (N2O), gli idrocarburi fluorati (HFC), gli idrocarburi perfluorati (PFC) e l’esafluoruro di zolfo (SF6).

La grande novità introdotta con Kyoto fu che l’impegno era politicamente vincolante per i paesi che rarificavano il trattato. Il protocollo, entrato in vigore solo nel 2004, è stato ratificato a oggi da 174 paesi responsabili complessivamente di circa il 60 % delle emissioni globali di CO2.

Il Protocollo definisce obiettivi di riduzione vincolanti per i paesi industrializzati e ad economia in transizione da verificarsi nel periodo 2008-2012, mentre non si prevedono limitazioni per i paesi in via di sviluppo.

L’Unione Europea ha ratificato il Protocollo congiuntamente. I paesi industrializzati dovranno raggiungere un target comune di riduzione dell’8% rispetto ai livelli di emissione del 1990, pari

a una riduzione di 336 milioni di tonnellate di CO2. All’interno dell’UE, gli obiettivi dei singoli stati membri sono:

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Austria

-13 %

Italia

-6½ %

Belgio

-7½ %

Lussemburgo

-28 %

Danimarca

-21 %

Olanda

-6 %

Finlandia

0%

Portogallo

+27 %

Francia

0%

Regno Unito

-12½ %

Germania

-21 %

Svezia

+4 %

Grecia

+25 %

Spagna

+15 %

Irlanda

+13 %

Svezia

+4 %

Unione Europea

-8 %

-

-

Come mostra la tabella è previsto, per alcuni paesi, addirittura un aumento delle emissioni per non ostacolare i processi di crescita economica.

Le misure indicate nel piano per contenere le emissioni da sviluppare all’interno dei paesi membri sono: • • • • • •

la promozione dell’efficienza energetica in tutti i settori;

lo sviluppo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia e delle tecnologie innovative per la riduzione delle emissioni;

la protezione ed estensione delle foreste per l’assorbimento dei carbonio; la promozione dell’agricoltura sostenibile;

la limitazione e riduzione delle emissioni di metano provenienti dalle discariche di rifiuti e dagli altri settori energetici;

le misure fiscali dirette a disincentivare le emissioni di gas serra (es. la carbon tax);

Tutte queste misure sono state adottate nel corso dell’ultimo decennio, ma non hanno permesso ai paesi membri di raggiungere i target prestabiliti.

Le COP successive a Kyoto non sono riuscite a far sottoscrivere nessun altro accordo vincolante, anche perché il quadro politico si è fatto sempre più complesso con l’ingresso sulla scena dei

nuovi e crescenti giganti dell’economia mondiali che acquistano sempre più peso politico, risultando allo stesso tempo come i nuovi ‘grandi inquinatori’.

La COP17, l’ultima in ordine cronologico svoltasi a Durban nel Novembre 2011, ha però segna-

to un importante punto di partenza per quanto riguarda i nuovi obiettivi vincolanti da perseguire nel futuro più prossimo.

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In primo luogo si è deciso di prolungare di cinque anni il termine ultimo del protocollo di Kyoto, che sarebbe scaduto l’1 gennaio 2013; in secondo luogo il 2015 segnerà la scadenza per definire un nuovo accordo formale e vincolante.

Un’altra novità è l’istituzione di un Green Fund, un fondo per aiutare i paesi in via di sviluppo a sostenere le spese della mitigazione del cambiamento climatico.

Il dibattito più recente, come già accennato, verte sul ruolo dei grandi paesi come Brasile,

Sud-Africa e India, sui quali - nell’accordo originale - non gravavano impegni particolarmente onerosi. Nell’ultimo decennio lo sviluppo economico ha portato i suddetti paesi a crescere in

maniera impressionante, causando allo stesso tempo inevitabilmente ingenti emissioni di gas a effetto serra.

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1.2 Politiche europee recenti in tema di energia: Dal pacchetto energia-clima 20-20-20 alla Roadmap 2050 L’Europa negli ultimi anni, spinta anche dalla volontà di rispettare i target imposti dalla co-

munità internazionale, è stata protagonista attiva della diffusione di nuove normative sul tema dell’energia e del cambiamento climatico.

Nel mese di dicembre del 2008 l’Unione Europea ha così approvato il pacchetto europeo sul

clima e sull’energia, conosciuto anche come strategia “20-20-20” in quanto prevede entro il 2020: •

il taglio delle emissioni di gas serra del 20%

il 20% del consumo energetico totale europeo generato da fonti rinnovabili.

la riduzione del consumo di energia del 20%

Il pacchetto, in particolare, prevede riduzioni di emissioni specifiche per ogni settore.

Innanzitutto viene coinvolto il Sistema ETS, responsabile del 40% delle emissioni UE, attraverso la ridefinizione per il periodo 2013-2020 dello schema Emissions Trading (strumento chiave della politica climatica europea); con questa operazione si conseguiranno i due terzi della riduzione totale che la UE intende raggiungere nel 2020.

Le modalità con cui si raggiungerà tale risultato sono molteplici; da una parte diminuendo a

partire dal 2013 il rilascio delle autorizzazioni ad emettere, raggiungendo così nel 2020 un taglio del 21% dei livelli di emissione comparati con quelli del 2005.

Dall’altra parte è prevista un’estensione dei settori coperti dall’ETS anche al chimico e alla produzione di alluminio e ad altri due gas serra (protossido di azoto e per fluorocarburi).

Inoltre verrà introdotto a partire dal 2013 un sistema di aste per l’acquisto di quote di emissione, i cui introiti andranno a finanziare misure di riduzione delle emissioni e di adattamento al cam-

biamento climatico, mentre le industrie manifatturiere a forte rischio di delocalizzazione proprio

a causa dei maggiori costi indotti dal sistema potranno beneficiare di quote gratuite fino al 2027. Infine sono previste riduzioni del 10% nel 2020 (sempre in comparazione con il 2005) anche dei settori che non rientrano nel sistema Emission Trading: trasporti, edilizia, consumi domestici, agricoltura e rifiuti. Per fare questo vengono fissati obiettivi nazionali vincolanti, proporzionati

alla ricchezza dei diversi paesi, secondo il principio della cosiddetta “responsabilità comune ma differenziata” (un esempio, l’Italia assisterà ad una riduzione del 13%). In caso di superamento dei limiti sono comunque previste delle misure correttive.

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Per quanto concerne invece il settore delle fonti rinnovabili, il Parlamento ha approvato una

direttiva che stabilisce obiettivi nazionali obbligatori con lo scopo di garantire che, nel 2020, una media del 20% del consumo di energia dell’UE provenga da fonti rinnovabili (in certi casi si potrà anche includere l’energia prodotta nei paesi terzi). Inoltre viene fissata anche al 10% la quota di energia “verde” nei trasporti proveniente da biocarburanti.

Le modalità di attuazione per questo settore consistono essenzialmente nello stabilire obiettivi nazionali vincolanti (dal 10% per Malta al 49% per la Svezia, passando per il 17% per l’Italia), con la clausola che almeno il 10% del carburante utilizzato per i trasporti in ogni paese dovrà provenire da fonti rinnovabili (biocarburanti, idrogeno, elettricità “verde” ecc.).

Per la promozione della cattura e stoccaggio geologico del carbonio, la UE ha adottato una

direttiva che istituisce un quadro giuridico sul tema. Ciò sarà possibile attraverso i provenienti

del sistema di scambio di emissione e il finanziamento di dodici progetti dimostrativi, mentre le grandi centrali elettriche dovranno dotarsi di impianti di stoccaggio sotterraneo.

Un altro settore coinvolto è il settore delle auto, per il quale è stato fissato il livello medio di

emissioni di CO2 delle auto nuove a 130 g CO2/km a partire dal 2012.Le riduzione rispetto ai 160gr/km attuali si otterranno attraverso miglioramenti tecnologici dei motori e una riduzione

di ulteriori 10 g dovrà essere ricercata attraverso tecnologie di altra natura e il maggiore ricorso

ai biocarburanti. Il compromesso stabilisce anche un obiettivo di lungo termine per il 2020 che fissa il livello medio delle emissioni per il nuovo parco macchine a 95 g CO2/km.

Da una parte sono previste multe e sanzioni progressive per ogni grammo di CO2 in eccesso,

dall’altra anche agevolazioni per i costruttori che sfruttano tecnologie innovative e per i piccoli produttori.

Un altro documento che ha accelerato il percorso dell’Europa verso un nuovo sistema energetico è chiamato Roadmap 2050, redatto dall’European Climate Foundation. Si tratta di un lavoro di

ricerca che tende a tracciare uno scenario di riduzione in ambito europeo delle emissioni climalteranti dell’80-95% per il 2050.

Il documento, che mira a dimostrare la fattibilità tecnica ed economica oltre che ambientale di quest’obiettivo, illustra i benefici cui si giungerebbe in un’economia “low carbon”, in altre parole

in un sistema che fa principalmente ricorso a fonti di energia rinnovabili. L’analisi di questo do-

cumento è interessante ai fini di questa ricerca, perché mette a fuoco i temi più delicati in merito alla questione. Ciò che si mette in discussione in questo modo è proprio il modello di sviluppo che l’intera comunità globale intende adottare per il suo futuro più prossimo.

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Con lo stile di vita che conduciamo oggi sarebbero necessari due pianeti terra per sostenerci fino al 2050. Questo dato, chiamato tecnicamente impronta ecologica, spinge tutti a riflettere sull’ef-

fettiva insostenibilità del modello economico e produttivo attuale, che consuma quotidianamente molte più risorse naturali di quanto potrebbe senza dare tempo alla natura di rigenerarle. Per

rendere il nostro stile di vita sostenibile è necessario affrontare su tutti i fronti la crisi ambientale odierna, con politiche specifiche e azioni tempestive.

La Roadmap individua i settori economici che consumano più risorse e che impattano maggiormente sull’ambiente emettendo anidride carbonica, ovvero il settore dell’alimentazione (con la produzione del cibo e dei relativi scarti), quello dell’edilizia e dei trasporti. Gli sforzi necessari per raggiungere l’obiettivo sono sintetizzati di seguito.

È interessante osservare dunque che il tema della mitigazione del cambiamento climatico in-

dividua, sin dalla scala generale, i settori dell’edilizia e dei trasporti come principali responsabili

delle alterazioni del clima. Questi due settori sono materia prevalentemente urbana, e dunque è proprio alla scala della città che è possibile agire con più efficacia.

Combattere il cambiamento climatico nelle città è la grande sfida che ci attende per i prossimi decenni.

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1.3 Il ruolo della città: il Patto dei Sindaci Da quanto emerge dal panorama delle politiche internazionali ed europee, per combattere il

cambiamento climatico è necessaria un’azione tempestiva ed inter scalare, che coinvolga il livello più generale come quello locale.

È tuttavia necessario osservare che si può attribuire più o meno direttamente circa l’80% dell’uso di energia alla scala globale alle attività urbane. Da pochi anni inoltre la popolazione urbana ha numericamente superato quella extraurbana, segnando un traguardo storico per il fenomeno dell’inurbamento e per la storia dell’intero pianeta.

Vista la strettissima relazione che intercorre tra le emissioni di gas a effetto serra e il consumo

di energia in generale, si può affermare che anche più dei due terzi delle emissioni prodotte sul

pianeta terra provengano proprio dai centri urbani. Questo dato è senza dubbio preoccupante e deve indurre, chi la città la progetta e la gestisce nel tempo, a riflettere profondamente su quali dovranno essere i paradigmi della progettazione e pianificazione del prossimo futuro.

A questo proposito è bene nominare l’iniziativa europea più rilevante sotto questo profilo, chiamata Covenant Of Mayors (Patto dei Sindaci), nata nel 2008 proprio in adozione del pacchetto europeo sull’energia 20-20-20.

La Covenant si pone come movimento che punta alla messa a sistema di tutti gli sforzi locali in

termini di mitigazione del cambiamento climatico, con l’obiettivo di creare una grande piattaforma di condivisione delle azioni più virtuose.

Per aderire al Patto ogni città deve sottoscrivere l’impegno politico, quindi pubblicare un Pia-

no d’azione per l’energia sostenibile SEAP (Sustainable Energy Action Plan), nel quale vengono fissati i tempi per raggiungere gli obiettivi minimi imposti delle normative europee (-20% di emissioni entro il 2020 con riferimento al 1990).

Ogni città ha diritto di sottoscrivere il patto, indipendentemente dalle sue dimensioni o da

quanto è popolata. Prima di pubblicare il piano per l’energia sostenibile è tenuta a pubblicare

un inventario delle emissioni allo stato attuale, denominato BEI (Baseline Emission Inventory) entro l’anno successivo all’adesione.

Una volta preparato il piano la città dovrà emettere dei report ogni due anni, indicanti lo stato di attuazione del piano e i risultati intermedi ottenuti.

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Riassumendo, gli Step che ogni municipalità deve affrontare sono i seguenti: •

Firma del Patto dei Sindaci

Presentazione periodica dei Rapporti di attuazione

Presentazione del Piano per l’Energia Sostenibile

Questa nuova grande rete ha prodotto in poco tempo grandi risultati, ricevendo l’adesione di

centinaia di città e innescando fenomeni virtuosi a catena. Lo strumento del piano d’azione contro il clima si è diffuso a tal punto da poter contare oggi più di 3000 adesioni.

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“The strength of the Covenant Of Mayors is that it binds together all the local initiatives to deal with the energy challenges of the EU. These local

initiatives are very promising. But we need to do more and faster.�

Gunther H. Oettinger, Commissario Europeo per l’Energia

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2. Lettura comparata dei Piani d’Azione per l’energia Sostenibile (SEAP) di cinque città europee: Copenhagen, Amsterdam, Londra, Dublino e Parigi 2.0 Metodologia Per comprendere concretamente in cosa consistesse un Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile,

ho svolto un’indagine su cinque città europee che si sono recentemente impegnate a sottoscrivere il proprio piano. Nella scelta delle città ho prestato attenzione a considerare elementi di diversità - come per esempio le dimensioni o e l’entità dei tagli previsti dai target - ma soprattutto elementi comuni. Le città selezionate presentano dunque le seguenti caratteristiche: •

Sono capitali europee

Presentano piani di grande chiarezza comunicativa

Hanno pubblicato il piano nel biennio 2009-2010

La scelta è dunque ricaduta su Copenhagen, Amsterdam, Londra, Dublino e Parigi.

Dublin

Copenhagen

London

Amsterdam Paris

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2.1 : citta’ europee oggetto di comparazione

La lettura dei rispettivi cinque piani mi ha dato la possibilità di confrontarli da una parte in

termini di impegni presi, dall’altra per quanto riguarda la loro differente situazione di partenza.

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2.1 Situazione attuale – Inventario delle emissioni Il primo passo per sottoscrivere il piano d’azione è definire un inventario delle emissioni attuali,

chiamato BEI (Baseline Emission Inventory), in cui siano indicati i valori delle emissioni totali di CO2 relative ad un anno recente (nei casi qui analizzati mai antecedente al 2004).

Nella tabella sono inoltre messi in evidenza i valori di emissioni pro capite di ciascuna città, che indicano il grado d’impatto sui cambiamenti climatici di ciascun cittadino di ogni capitale.

grafico 2.1 : Emissioni totali e pro capite delle città in esame

Il primo grafico permette immediatamente di suddividere le cinque in città in due fasce; le megalopoli di Londra e Parigi emettono circa dieci volte la quantità di gas effetto serra delle altre

tre, che sono città più ridotte e meno popolate. Quest’aspetto è fondamentale per comprendere a fondo le differenti azioni e la ‘scala’ dei provvedimenti che ogni città prevede per il suo futuro.

Ciò che emerge dal secondo grafico invece è un assestamento intorno alle 6-7 tCO2 pro capite

delle città di Londra, Amsterdam e Parigi. Il primato negativo in questo confronto è di Dublino con quasi 10 tCO2 pro capite ogni anno, mentre Copenhagen, come risaputo, è una città

all’avanguardia per ciò che concerne la sostenibilità e la lotta al cambiamento climatico, emergendo in questo confronto come la città più ‘verde’.

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2.2 Obiettivi e orizzonti temporali Per farsi un’idea della misura dei tagli che ciascuna città si impegna ad’applicare, è utile in primo luogo comparare gli orizzonti temporali su cui esse intendono operare.

Nel grafico seguente il periodo d’azione è inteso a partire dall’anno di riferimento rispetto a cui

si intende effettuare il taglio, fino all’anno dell’ultimo target stabilito. I target di riduzione sono indicati con un simbolo dimensionalmente proporzionale alla percentuale prevista.

grafico 2.2 : orizzonti temporali e obiettivi delle città in esame

Per prima cosa è necessario evidenziare come Copenhagen, Amsterdam e Londra decidano di relazionarsi all’anno 1990 - mentre Dublino e Parigi al 2004 - e le stesse prime tre pongano i

loro target “ultimi” al 2020-2025, mentre le seconde basino il loro scenario su un orizzonte molto lontano come il 2050.

Tutte le valutazioni che verranno effettuate e in questa sede si riferiranno esclusivamente agli

scenari definiti per il 2020-2025, anni di riferimento peraltro della normativa europea 20-20-20.

Copenhagen mira a diventare la prima capitale del mondo completamente Carbon Neutral, mentre Londra guarda alla leadership tra le grandi Metropoli a livello mondiale per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico, ponendo un ambizioso target del 60% di riduzione delle emissioni per 2025.

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Dublino Parigi e Amsterdam presentano piani meno ambiziosi per quanto riguarda questo arco

temporale, riservandosi azioni ulteriori e riduzioni più massicce e importanti per gli anni successivi.

Nel grafico che segue le emissioni totali di ciascuna capitale sono paragonate al taglio previsto.

grafico 2.3 : Emissioni totali e pro capite delle città in esame

Riapplicando il criterio utilizzato nel grafico 2.2, nel confronto tra la metropoli londinese e quella francese, emerge con grande evidenza il 60% di riduzione di Londra, triplicando l’impegno

di Parigi che si limita al 20%. Nella seconda fascia rientrano Dublino e Copenhagen con solo il 20%.

È importante rilevare che con questa comparazione non si voglia in nessun modo formulare un

giudizio qualitativo di merito o definitivo sul piano e sull’impegno che ogni città ha definito per la lotta al cambiamento climatico.

È evidente che ogni capitale presenta un contesto unico, dispone di strumenti diversi ed ha margini di miglioramento strettamente connessi e correlati alle proprie peculiari caratteristiche. Riflettere sul confronto quantitativo degli obiettivi di ogni città è comunque solo uno degli

aspetti che aiuta a comprendere lo scenario europeo di mitigazione dei cambiamenti climatici. È bene inoltre sottolineare come la definizione di un target non basti per rendere credibile una politica di mitigazione. Alcune città che presentano target molto ambiziosi, come ad esempio 26


Copenhagen, si limitano alla pubblicazione di piani che superano di poco il livello programma-

tico, indicando a grandi linee gli obiettivi e gli ambiti d’azione. Altre città invece, come Dublino, che presentano obiettivi più modesti argomentano ampiamente il loro progetto di contenimento delle emissioni, nonostante appaiano perdenti nel confronto quantitativo appena riportato. L’attendibilità di un piano, di una politica e il suo valore nell’ambito della ricerca dipendono sicuramente anche da questi aspetti.

Il successo di una politica di mitigazione, come si cercherà di dimostrare in seguito, è inoltre

riscontrabile quando essa si integra nel quadro contingente delle politiche urbane esistenti e si

inserisce trasversalmente tra esse, divenendo protagonista nel dibattito politico e culturale cittadino e influenzando così profondamente lo sviluppo urbano.

27


2.3 Edifici e Trasporti, protagonisti del cambiamento Quali sono i settori maggiormente responsabili delle emissioni di gas serra? Come sarà ripartito il taglio totale che ogni città intende effettuare?

Gli scenari proposti dai piani delle città prese in esame - e non solo - riportano che una quota molto significativa delle emissioni totali provengano da edifici e trasporti.

Per mostrare quali sono le percentuali dell’impegno totale (grafico 1.4) che saranno impegnate nel contenimento delle emissioni nei settori ‘Edifici’ e ‘Trasporti’ è utile effettuare un ulteriore zoom sul contenuto dei piani d’azione.

grafico 2.4 : percentuali dell’impegno totale per settore

Ricordando che nel settore ‘Buildings’ sono comprese anche gli uffici e più in generale i luoghi di lavoro, si può affermare che la quasi totalità degli impegni sia ripartita in tre settori: fornitura di energia, edifici e trasporti.

Il tema della fornitura di energia è anch’esso fondamentale per comprendere a fondo la struttura dei piani d’azione. Copenhagen per esempio, sulla via che porta a diventare la prima capitale

Carbon Neutral, si è impegnata a raggiungere un taglio del 20% per il 2020 e impegna i tre quarti del taglio totale nel settore della fornitura di energia. Dublino invece intende agire in direzione completamente opposta, non contemplando neanche il tema della produzione di energia tra i tagli effettuati. 28


I due temi piĂš strettamente legati allo spazio fisico della cittĂ sono grandi protagonisti di que-

sto cambiamento; pertanto risulta evidente che i provvedimenti dovranno essere presi in questa direzione.

Le azioni consisteranno nella creazione di nuovi standard di efficienza per le nuove edificazioni,

ma soprattutto per l’edificato esistente, investimenti nella conversione dei sistemi di riscaldamento/raffrescamento degli edifici, diffusione di una nuova cultura del risparmio energetico domestico e nel favorire la creazione di associazioni di cittadini per condividere questo nuovo approccio.

29


“We want London to be the low carbon capital that leads the way and makes the most of the global Low Carbon Economy�

Boris Johnson, Sindaco di Londra

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3. Cambiamento climatico e politiche urbane londinesi 3.0 Metodologia L’analisi comparata dei piani d’azione del precedente capitolo mi ha dato la possibilità di pren-

dere conoscenza e coscienza della portata innovatrice di questi nuovi strumenti. Con ogni probabilità la pratica quotidiana delle imprese pubbliche e private che agiscono alla scala urbana sarà profondamente rivoluzionata, in tempi brevissimi.

Ciò che tuttavia mi è sembrato interessante approfondire è ciò che riguarda più da vicino la pratica dell’architetto e in particolare i temi della progettazione e del disegno urbano.

In che termini le nuove politiche di mitigazione e adattamento del cambiamento climatico alla scala urbana saranno effettivamente in grado di influenzare l’approccio dei progettisti e dun-

que la spazialità delle nostre città? Gli approcci che emergono con grande chiarezza dai Piani

d’Azione per l‘Energia Sostenibile su trasporti e edifici, avranno una ricaduta diretta sulla pratica della progettazione e pianificazione? In che tempi avverranno questi cambiamenti? Qualcosa è già in atto?

La questione è evidentemente molto complessa e non esauribile in poche righe. Inoltre si tratta

di temi di grandissima attualità sui quali dunque non è ancora possibile formulare una valutazione nella loro totalità.

Tuttavia risulta chiaro e già largamente riscontrabile come alcune amministrazioni europee si

siano già fortemente impegnate sotto questo profilo, integrando l’approccio alla mitigazione del cambiamento climatico al più ampio contesto delle politiche urbane, dallo sviluppo economico

(entrando dunque in un’ottica di Low Carbon Economy) alla mobilità, dalla cultura e l’educazione alla pianificazione. È questo per esempio, il caso di Londra.

La capitale Britannica, che è impegnata da anni nella lotta al cambiamento climatico, è senza

dubbio una delle grandi città più culturalmente all’avanguardia sui temi dello sviluppo sostenibile e si trova in un momento di grande fermento e trasformazione a causa del grande evento dei Giochi Olimpici previsto per l’estate 2012.

La lettura del SEAP di Londra mi ha dato la possibilità di comprendere a fondo i livello di

integrazione della politica sul cambiamento climatico all’interno del livello più ampio delle po-

litiche per la città, spingendomi quindi ad indagare un quadro normativo di grande interesse per contenuti e chiarezza comunicativa.

31


La mia ricerca compie dunque in questo capitolo, uno ‘zoom’ sul caso Londinese con l’obiettivo

di analizzare le relazioni tra le politiche della municipalità, i temi della Cambiamento Climatico e la più grande trasformazione urbana che il territorio londinese abbia conosciuto negli ultimi anni: la costruzione del quartiere Olimpico a Stratford nell’East London.

Come le politiche sul Cambiamento Climatico influenzano le altre strategie d’azione alla scala urbana? Quanto le politiche urbane sono state in grado di influire sul Masterplan del quartiere olimpico e sulle strategie che lo hanno definito?

32


3.1 strategie e politiche per il futuro di Londra Il panorama delle strategie e delle politiche comunali relazionate con il tema del cambiamento climatico è così schematizzabile:

grafico 3.1 : quadro delle politiche urbane londinesi

Sotto il nome di “Strategic Policies For London’s Future” sono raggruppati i cinque principali

campi d’azione in cui la municipalità intende suddividere il proprio impegno per il futuro più prossimo della città. Questi sono dunque: •

Ambiente

Sviluppo Economico

• • •

Trasporti Cultura

Sviluppo Spaziale e Pianificazione

Ad ognuno di questi campi d’azione corrisponde una o più “Strategies”, ovvero vere e proprie 33


strategie d’azione mirate a risolvere problematiche specifiche (come per esempio può essere il

tema dei rifiuti, cui corrisponde una “Waste Strategy”). L’insieme delle strategie è però pensato

anche come unico e strumento normativo, in grado di rispondere alla complessità delle proble-

matiche che emergono alla scala urbana. Quest’aspetto, oltre ad essere esplicitato nelle dichiara-

zioni d’intenti dell’amministrazione, è testimoniato dai continui richiami agli altri documenti di ciascuna strategia.

È interessante osservare come all’interno di questo gruppo di politiche sia contenuto non solo il piano di mitigazione, ma anche di adattamento al cambiamento climatico, gerarchicamente

al pari di tutte le politiche ambientali. Il tema dell’adattamento è di stringente attualità, nuovi

eventi metereologici catastrofici si susseguono a ritmo serrato con inevitabili impatti drammatici per le popolazioni e il territorio di tutto il mondo, Italia compresa.

Londra decide di prendere atto di questa nuova realtà pubblicando un ampissimo documento

che prende, per esempio, in considerazione gli scenari di intensificazione delle precipitazioni, con le conseguenti valutazioni relative alle possibili inondazioni provenienti dalla fitta rete di canali e fiumi di tutto il territorio Londinese.

Le strategie di adattamento sono altrettanto interessanti per quanto concerne il futuro del dise-

gno urbano. Esse, di fatto, dialogano direttamente con il tema l’organizzazione dello spazio fisico del futuro delle nostre città, che dovrà assicurare nuovi standard di sicurezza, a maggior ragione nelle grandi metropoli in cui sono presenti alte densità abitative e d’infrastrutturazione .

34


3.2 politiche ambientali e cambiamento climatico Le Strategies, tutte pubblicate tra il 2010 e il 2011 sono dunque di stringente attualità e rappresentano la struttura portante dell’azione comunale dei prossimi anni. Può essere interessante analizzarle più nello specifico, in particolare riguardo al tema del cambiamento climatico.

Per fare ciò è opportuno in primo luogo rilevare tutte le strategie contenute nel capitolo ‘Ambiente’, che sono: •

Qualità dell’Aria

Cambiamento Climatico - Mitigazione

• • •

Acque

Cambiamento Climatico - Adattamento Rifiuti

La strategia di mitigazione del cambiamento climatico è chiamata “Delivering London’s Energy Future”

I temi del cambiamento climatico, tuttavia, non sono solo rigidamente racchiusi nelle strategie di mitigazione e adattamento sopra citati;essi incrociano ripetutamente tutte le altre politiche ambientali previste dal sindaco Boris Johnson.

Sono criteri ispiratori della maggior parte di queste strategie come nel caso della “London Water Strategy”, in cui si fa, ad esempio, riferimento alle acque reflue come fonte di emissione di gas a effetto serra e dunque elementi intensificatori dei cambiamenti climatici, mentre i fanghi di depurazione costituirebbero una preziosa fonte di energia alternativa.

immagine 3.1 : emissioni di CO2 legati all’uso e alla distribuzione dell’acqua

35


Anche il rifornimento di acqua, sia per usi industriali sia domestici, è valutato in termini di

emissioni di anidride carbonica, così come la valutazione degli sprechi, dando grande enfasi dunque all’importanza dell’uso razionale di quello che è un bene prezioso.

È stata inoltre lanciata una campagna, la “London on Tap”, nel febbraio 2008 dal sindaco e dalla Thames Water per promuovere l’uso dell’acqua del rubinetto a Londra nei ristoranti, caffè e pub. Lo scopo è di aumentare la consapevolezza dell’alta qualità dell’acqua pubblica, considerato il contributo ai cambiamenti climatici dell’uso delle bottiglie di plastica.

La “London Water Strategy” è inevitabilmente e strettamente legata ai temi dell’adattamento e

dunque alla “London Climate Change Adaptation Strategy”, la strategia per la gestione delle acque in caso di grandi allagamenti .

Interessante è anche l’approccio della strategia per la qualità dell’aria chiamata “Clearing the air, The Mayor’s Air Quality Strategy”.

Essa individua nel miglioramento della qualità dell’aria, un’occasione per combattere più efficacemente il cambiamento climatico. L’Ozono per esempio, le cui emissioni sono causate da

inquinanti come NOx e composti organici volatili (COV) che reagiscono alla luce del sole, è un

potente gas serra che contribuisce al riscaldamento globale direttamente riducendo l’assorbimento di carbonio dalla vegetazione.

Il carbonio nero invece (anche detto carbon black) che è emesso dai motori diesel e da alcuni

forni di cottura ed è considerato uno dei fattori del riscaldamento globale e un elemento decisivo per l’inquinamento dell’aria in tutto il mondo.

Il tema della qualità dell’aria è inevitabilmente legato alla strategia di mitigazione “Delivering

London’s Energy Future” per esempio per quanto concerne le emissioni degli impianti di riscaldamento a gas che oltre ad essere responsabili delle emissioni di anidride carbonica CO2, principale causa del cambiamento climatico, sono causa d’ingenti emissioni di NOx e monossido di carbonio (CO) che pregiudicano la qualità dell’aria.

Anche il cambiamento climatico, tuttavia, avrà un impatto sulla qualità dell’aria. Estati più

lunghe e calde potrebbero aumentare la frequenza e la gravità delle emissioni dovute allo smog estivo, anche se gli inverni umidi potrebbero ridurre la concentrazione di emissioni.

Il cambiamento climatico è uno dei fattori chiave anche per la politica di gestione dei rifiuti

urbani Londinese, la “London’s Wasted Resource, the Mayor’s Municipal Waste Management Strategy” che è stata pubblicata nel novembre 2011.

Di fatto l’invio dei rifiuti in discarica genera effetto serra per le emissioni di gas, in particolare 36


dei rifiuti biodegradabili come cibo e scarti di potatura verde che rilascia metano (un potente gas serra).

Londra manda in discarica una quantità di rifiuti che ogni anno genera l’emissione di circa 460.000 tonnellate di gas serra, espresso in anidride carbonica equivalente CO2eq.

Vi è una grande opportunità per Londra di ottenere un rilevante taglio di emissioni di gas serra deviando la maggior quantità possibile di rifiuti municipali lontano dalle discariche; la maggior

parte dei rifiuti è infatti sprecata. È nelle intenzioni dell’amministrazione di avviare attività come il riutilizzo, riciclo e compostaggio, o comunque di sfruttare i rifiuti per ottenere energia rinnovabile, realizzando di conseguenza risparmi rilevanti di emissioni di CO2eq.

Vi sono ampissimi margini di risparmio nelle emissioni in termini di CO2eq anche, per esempio,

imponendo tasse salate per ogni tonnellata di rifiuti prodotti in discarica. Questa strategia è stata già avviata da qualche anno è ha già consentito il raggiungimento di buoni risultati. Oltre ad un

indubbio vantaggio economico per le casse dell’amministrazione, si prevede un ulteriore margine di un milione di tonnellate di CO2eq.

37


3.3 mitigazione e adattamento come priorità trasversali Il tema dei cambiamenti climatici, la così detta cross cutting priority - priorità trasversale dell’azione Governativa, non è relegato all’interno delle sole politiche ambientali.

Anche per la “Cultural Strategy: 2012 and Beyond”, strategia culturale per la città di Londra, firmata dal sindaco Johnson nel 2010, il cambiamento climatico è uno dei temi caldi in agenda.

Da un primo punto di vista, si afferma che il settore della cultura, come gli altri, dovrà affrontare le nuove sfide poste dal probabile aumento di prezzo dei combustibili fossili e dai nuovi regolamenti che penalizzeranno fortemente gli sprechi energetici.

La capacità di affrontare queste nuove sfide, determinerà fortemente la capacità del settore di

rimanere competitivo. Il sindaco ha già per questo pubblicato le seguenti guide raggruppate sotto il motto di “Taking Action On Climate Change”: -

Green Music

-

Green Theatre

- -

Green Screen

Green Visual Arts

Esse sono raccolte di buone pratiche che cominciano già a influenzare la pratica del lavoro

creativo e la propria organizzazione, generando notevoli risparmi economici oltre che benefici ambientali.

Il Teatro Nazionale ha risparmiato oltre 100.000 £ passando all‘illuminazione a LED, pari a 30 tonnellate di CO2 l’anno. A Hackney, il Teatro Arcola sta sviluppando un piano per divenire il primo carbon neutral theatre del Regno Unito.

immagine 2.3 : immagini delle iniziative culturali legate al tema della riduzione delle emissioni

L’industria del “Green Tourism” è un altro elemento d’interesse che spinge il settore della cultura a evolversi ulteriormente, con la possibilità per i piccoli musei di essere finanziati dalla Green 38


Tourism Award e di sponsorizzarsi come attrazioni sostenibili. Anche per quanto riguarda lo sviluppo economico, il comune di Londra sta sviluppando strategie strettamente legate alle iniziative di mitigazione.

Nel piano per lo sviluppo economico Londinese “Response to the Mayor’s draft Economic De-

velopment Strategy” sono illustrate approfonditamente le modalità in cui Londra intende trarre beneficio economico diventando la prima Low Carbon Capital del mondo.

Nel documento si analizza come tutte le iniziative come la rimessa in efficienza degli edifici esistenti, la riforma del sistema dei trasporti, del riciclaggio dei rifiuti e del sistema di produzione/ distribuzione energetica rappresentino una enorme opportunità di business, e dunque un’occasione di creazione di posti di lavoro.

Combattere i cambiamenti climatici può essere molto dispendioso se non si adottano politiche

adeguate; al contrario se invece si attua una strategia d’insieme efficace, vi è la possibilità di creare nuovi strumenti innovativi di business e crescita per l’intera comunità

immagine 2.4 : stima dei nuovi posti di lavoro creati dalle iniziative di mitigazione ogni anno

39


“The 2012 Games are about three things:

Great Sport, Great Legacy and Great Britain� James Cameron, Primo Ministro Britannico

40


4. Il caso studio dei Giochi Olimpici 2012 4.1 Progetto per il quartiere delle Olimpiadi 2012 temi e localizzazione Il “London Plan”, la strategia di sviluppo spaziale per Londra, rappresenta il punto di contatto tra le politiche urbane e la dimensione della progettazione e pianificazione.

Questo documento vide la sua prima edizione nel 2004, ai tempi dell’amministrazione del sin-

daco Ken Livingston. Gli obiettivi politici di quel piano erano riuniti sotto lo slogan di “rinasci-

mento urbano” o “regeneration project”, con la volontà di rendere Londra una città sicura, compatta e più “verde”. Allo Spatial Development Strategy spettano dunque questioni strategiche come

l’housing, le green belts, o alcune strategie per la mobilità.

I temi della mitigazione e dell’adattamento al cambiamento climatico sono presenti sin dalla pri-

ma versione del piano. Nella versione più recente, pubblicata dal sindaco Boris Johnson nel 2010, è addirittura dedicata una singola sezione su cinque: Places, People, Economy, Climate Change, Transport.

Il piano per Londra, in più, accoglie le strategie di pianificazione regionali e nazionali e si pone

con strumento intermedio tra le amministrazioni territoriali e i boroughs, i quartieri o identità locali minori, cui spetta la preparazione dei LDF Local Development Frameworks. Questo modello

è ispirato dalla volontà presente da molti anni nell’amministrazione di creare una città compatta multi-centrica e mixed-use.

In questo contesto, e in rispetto delle menzionate gerarchie, nasce la scelta di collocare il quar-

tiere Olimpico a Stratford, nell’East London. Il punto scelto rappresenta per esempio il fulcro di due fondamentali corridoi di sviluppo nazionale: Il London – Stansted – Cambridge - Peterborough a nord e il Thames Gateway a est.

Per le scelte specifiche di progettazione e pianificazione sul quartiere olimpico, il Piano per Londra rimanda ad un altro documento “supplementare”, sempre pubblicato dal Mayor of London,

l’“Olympic Legacy Supplementary Planning Guidance” o “ OLSPG” che definisce le linee guida del comune per definire il quadro di “Legacy” ovvero post-giochi di tutta l’area che comprende i cinque quartieri limitrofi a quello olimpico.

Il tema della grande trasformazione urbana per la creazione quartiere olimpico è un tema stra-

ordinariamente presente all’interno dei documenti finora esaminati. Potrebbe essere visto come

una seconda “cross cutting priority”, priorità trasversale al pari del tema del cambiamento climatico.

41


L’evento è infatti fortemente integrato nel contesto delle politiche e si è lavorato affinché recepisse chiaramente le direttive contenute nelle strategie per la mobilità, gestione dei rifiuti, efficienza energetica ecc.

OLYMPIC PARK

immagine 4.1 : key diagram / corridoi di sviluppo per londra

L’evento delle Olimpiadi e la costruzione del quartiere olimpico hanno visto perciò nell’ente

pubblico del Mayor Of London, un protagonista assoluto per quanto riguarda programmazione, progettazione e realizzazione e ciò ha permesso che l’opera non si trasformasse in un evento isolato, ma che venisse pensata come un’importante eredità da trasmettere all’intera città.

immagine 4.2 : immagini della lower lea valley, area progetto del masterplan olimpico, prima della bonifica

La municipalità afferma che si impegnerà con i partner per attuare e promuovere un valido quadro di eredità post-giochi e di offrire impulso per cambiamenti economici, sociali e ambientali 42


nell’East-London, limitando così l’enorme divario in termini di degrado che separa i quartieri che ospiteranno i giochi e il resto di Londra.

Si tratta, dunque, di una clamorosa occasione per recuperare una delle aree più degradate, sia in

termini fisici sia sociali, all’interno dei confini di Londra. Stratford è localizzata negli East Ends, in un’area chiamata Lower Lea Valley, caratterizzata da un prezioso corridoio ecologico nord-sud

attorno al fiume Lea, che è il secondo corso d’acqua di Londra per portata, e rappresenta storicamente una preziosa riserva d’acqua per l’intera città.

olympic park

lower Lea Valley aeroporto london city

westminister

immagine 4.3 : localizzazione del parco olimpico - foto aerea recente

La volontà generale è dunque quella di realizzare un’operazione di ricucitura del tessuto delle

tante comunità che abitano questa problematica area di Londra, generando uno scenario post

olimpico di un quartiere ricco di verde, di attrezzature sportive e nuove costruzioni energeticamente efficienti a prezzi accessibili.

Lo scenario che si delinea è estremamente interessante e stimolante poiché si intrecciano temi di progettazione urbanistica, ambientale ma anche politica ed economica.

Dall’intervista rilasciata a Domus da Mario Kaiser, Principal Design Advisor della Olympic Delivery Authority.

43


“Il tema centrale e più innovativo è stato quello di mettere al centro più la comunità che le Olimpiadi: realizzare cioè un prototipo di grande evento orientato alla sostenibilità sociale per ottenere una città

vivibile dall’evento delle Olimpiadi. C’è un paragrafo nell’introduzione del Bid Book scritta da Lord Coe dice che Londra sarà in grado di sviluppare la Lower Lee Valley, che è l’area col più alto tasso di criminalità e disoccupazione dell’intero Regno Unito. Questa è la vera opportunità, la motivazione profonda dell’intero progetto; la ragione per cui, credo, abbiamo vinto contro Parigi.”

immagine 4.4 : mappa delle aree piu’ economicamente e socialmente degradate in relazione alla localizzazione del quartiere olimpico - corridoio ecologico lower lea valley

“La sostenibilità sociale è il nuovo paradigma delle Olimpiadi per questa parte del mondo. Si tratta di

un concetto allargato di sostenibilità che comprende quello energetico, realizzato in termini di architettura passiva e politiche ad hoc per compensare le emissioni. Ma la vera scommessa è quella della riqualificazione effettiva di un sito critico. Sostenibilità sociale ed economica dunque: diciamo sempre che di una sterlina spesa, 75 pence -i 3/4 di 6mld di sterline- vanno alla città che resterà”.

Mario Kaiser, Principal Design Advisor della Olympic Delivery Authority La volontà dell’autorità olimpica, e di tutti gli attori coinvolti nell’organizzazione del grande

evento, di sviluppare dei giochi all’insegna della sostenibilità ambientale è molto chiara e ampiamente documentata. Interessante dal punto di vista organizzativo è l’istituzione di un’apposita

commissione, la “ Commission for a Sustainable London 2012 ”, che supervisione sull’operato del

tavolo olimpico e periodicamente effettua dei report consultabili da chiunque via web sui target e sui risultati ottenuti. 44


immagine 4.5 : ruolo della CSL all’interno tra gli attori del tavolo olimpico

45


immagini 4.6 : area di progetto prima dell’inizio dei lavori - vista del fiume lea

46


4.2 I due masterplan per il quartiere olimpico In occasione dei giochi del 2012 l’autorità Olimpica ha previsto l’elaborazione di 2 Masterplan: - -

Il Masterplan dei Giochi Olimpici Il Legacy Masterplan (post-giochi)

La logica con cui è stato concepito l’Olympic Masterplan è chiaramente quella di occuparsi delle Olimpiadi vere e proprie, definendo tempi e spazi per il periodo dello svolgimento dei giochi. Il periodo di transizione sarà determinato da un Transition Masterplan pensato per occuparsi della fase di trasformazione del sito da Parco Olimpico ad area urbana.

Il Masterplan di Legacy, quello definitivo per il periodo post-giochi, raccoglie numerosissimi

temi e progetti e mostra l’immagine di compattezza e densità, accompagnata da grandi spazi

verdi, prevista per il futuro di Stratford. Le strategie spaziali che consentiranno il passaggio dalla fase Olimpica a quella di Legacy sono prodotte da un consorzio di studi professionistici tra cui appaionono Allies and Morrison Architects, Aecom e KCAPArchitects&Planners.

L’analisi che verrà condotta di seguito terrà conto quanto possibile di entrambi i Masterplan. In

generale però, le strategie adottate, in particolare per quanto riguarda il loro rapporto con la scala urbana, possono essere ricondotte all’unità. Si tenderà dunque in questi casi, a fare riferimento

all’Olympic Masterplan, perché più legato all’attualità delle scelte politiche e perché su di esso sono a disposizione molte più informazioni.

immagine 4.7 : concept del passaggio da olympic masterplan alla fase di legacy

47


OLYMPIC MASTERPLAN

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la gara d’appalto per la costruzione è stata vinta nel 2006. i lavori sono praticamente ultimati e i giochi si svolgeranno a partire da luglio 2012

prevedede la costruzione dell’ Athletes village che ospiterà più di 17000 atleti, e di numerose attrezzature sportive tra cui lo stadio olimpico, e l’acquatic center


LEGACY MASTERPLAN •

prevede la conversione del villaggio degli atleti in 3000 abitazioni e la creazione di un nuovo grande centro urbano

sarà composto di sei progetti minori: Pudding Mill, Stratford Village, Old Ford, Hackney Wick East, Stratford Waterfront, Olympic Quarter

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immagine 4.8 : II concept del passaggio da parco olimpico a legacy

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4.3 Costruzioni esistenti

strategia urbana e cambiamento climatico obiettivi: • -42% delle emissioni provenienti dalle abitazioni • -52% delle emissioni provenienti dagli uffici Strumenti • Re:New, Re:fit, RE:connect

Londra pone obiettivi molto ambiziosi per quanto riguarda l’abbattimento delle emissioni nel

settore degli edifici, sia di nuova costruzione che esistenti. Ciò che emerge dal grafico che segue

è l’estrema complessità in cui consiste il raggiungimento dell’obiettivo del 2025. Le azioni necessarie non dipendono da un singolo soggetto ma sono frutto di una stratificazione di azioni che comprendono il piano nazionale e come esso interverrà sulla produzione dell’energia.

grafico 4.1

: scenario di emissioni di CO2 previste per il 2025 in relazione alle politiche ai vari livelli

Gli obiettivi parlano di una riduzione del 42% nel settore abitazioni e del 52% in quello degli uffici. Questi due settori pesano più di due terzi all’interno del bilancio delle emissioni della municipalità.

Il piano di mitigazione, strettamente legato alla Mayor’s London Housing Strategy, prevede in

primo luogo nuovi e più severi standard di efficienza per le abitazioni esistenti e un vasto pro-

gramma di rimessa in efficienza energetica per le case popolari, nell’ambito della rielaborazione dello standard Decent Homes.

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grafico 4.2

: emissioni totali di CO2 a londra per settore (esclusa la produzione di energia)

Come si evince dai grafici, il tema delle abitazioni e degli uffici è cruciale all’interno della stra-

tegia di mitigazione poiché, insieme, emettono quasi i due terzi delle emissioni totali dell’intera Londra. Con quali strumenti la strategia intende affrontare questi impegni?

La municipalità ha sviluppato negli ultimi anni alcuni programmi per il risparmio energetico

favorendo la diffusione di stili di vita ‘low carbon’ all’interno delle abitazioni. RE:NEW ho­mes

energy efficiency programme, è la sigla sotto cui sono riuniti tutti i programmi che hanno questo obiettivo. Una struttura che consentirà a Londra e ai Boroughs di coordinare tutti programmi

esistenti e nuovi sosterrà l’implementazione esponenziale di nuovi strumenti per accrescere l’efficienza energetica all’interno delle case di Londra.

immagine 4.9 : programmi di risparmio energetico per l’edificato esistente previsti nel piano di mitigazione londinese

Re:FIT : è il programma di rimessa in efficienza energetica del parco di edifici pubblici londi-

nesi, che, oltre ad aver già prodotto negli ultimi anni consistenti risparmi in termini di emissioni, ha consentito notevoli risparmi economici all’amministrazione.

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Re:CONNECT: Individua dieci ‘Low Carbon Zones’: zone che hanno già sottoscritto la volontà di ridurre le proprie emissioni del 20% nel 2012. È una scommessa che punta a dimostrare la fattibilità di un ‘Low carbon future’, tramite progetti su zone specifiche. I boroughs in cui si è concentrata l’attenzione di questo progetto sono: 1.

Queens Park

3.

Peckham

2.

Hackbridge

4.

Ham and Petersham

5.

Wandle Valley

6.

Lewisham Central

7.

Brixton

8.

Archway

9.

Muswell Hill

10.

Barking Town Centre

strategie adottate nell’olympic e legacy masterplan •

investimento dell’olimpic delivery authority per coinvolgere i 4 host boroughs del programma Re:New, Re:fit

L’autorità Olimpica ODA, con un provvedimento dell’Agosto 2010, ha stanziato circa 1.7

milioni di Sterline per investire del programma i 4 Host Boroughs dei giochi olimpici: Hackney, Newham, Tower Hamlets e Waltham Forest. Della somma totale £950,000 saranno investiti nel programma RE:NEW mentre £550,000 nel programma RE:FIT. È interessante dunque

osservare come le strategie della municipalità e dell’autorità olimpica si muovano sulla stessa

lunghezza d’onda, con gli stessi obiettivi e strumenti. Si prevede un taglio di 1,300 tonnellate di CO2 all’anno tramite l’implementazione delle misure di efficienza energetica per un periodo di 10 anni.

immagine 4.10 : localizzazione dei 4 quartieri ospitanti Hackmey, newham, tower hamlets e waltham forest

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4.4 Nuove costruzioni strategia urbana e cambiamento climatico obiettivi • evitare l’emissione di 2.44 MtCO2 nel periodo 2010-2025 strumenti • Ogni nuova costruzione a londra dovrà sottostare al regolamento nazionale Code for Sustainable Homes Livello 4 • istituzione comunale di un fondo Targeted Funded Streams per investimenti pubblici in questa direzione

Per quanto riguarda i regolamenti sugli edifici di nuova costruzione, il piano di mitigazione per

Londra indica la London Housing Strategy come strumento diretto di connessione con la normativa Nazionale ‘ Code for sustainable homes’.

La strategia per l’housing di Londra indica il livello 4 del suddetto codice come soglia minima

per ogni nuovo edificio Londinese. I consumi per questa classe di edifici sono calcolati per es-

sere il 44% del TER Target carbon dioxide Emission Rate, come definito nel regolamento edilizio nazionale.

Per calcolare il tasso di emissione di una casa di Livello 4 è sufficiente moltiplicare per un fattore 0,56 il valore del regolamento edilizio.

TER (national building regulations) x 0.56 = TER (Energy Saving Trust 44% guidance) Il piano di mitigazione prevede che tra il 2010 e il 2025, le politiche così impostate potranno contribuire, solo a Londra, a evitare l’emissione in atmosfera di 2.44 MtCO2.

immagine 4.11 : localizzazione dei 4 quartieri ospitanti Hackmey, newham, tower hamlets e waltham forest

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Olympic masterplan •

l’athletes village si attiene al regolamento code for sustainable Homes level 4 e presenta sviluppati sistemi di risparmio energetico e di acqua le attrezzature sportive sono costruite con criteri di risparmi

immagine 4.12 : nuove costruzioni nel parco olimpico

L’Athletes Village del Masterplan, villaggio per gli atleti che parteciperanno ai giochi Olimpici si attiene strettamente questa normativa. È organizzato a corti chiuse ma permeabili, adeguandosi alla tendenza recente dell’Urban Design sostenibile da una parte, e ispirandosi alla struttura dei vecchi quartieri londinesi dall’altra.

Il quartiere è progettato per consumare il 20% d’acqua in meno rispetto alla media della città di

Londra. Quest’obiettivo sarà raggiunto tramite l’uso di tecnologie per il risparmio d’acqua come limitatori di portata per i rubinetti, docce a basso flusso e sistemi di rilevamento delle perdite. Per quanto riguarda i rifiuti, la volontà generale dei progettisti è stata quella di massimizzare

le opportunità di ridurre e riusare tutti i tipi di scarti. L’autorità Olimpica aveva stabilito che

sarebbe riuscita a riutilizzare il 90% dei rifiuti prodotti durante le demolizioni. L’impegno non è stato mantenuto a pieno, la percentuale si avvicina a poco più del 20%.

Le ‘Venues’ dell’Olympic Park, lo stadio Olimpico, il Velodromo, l’Acqua park sono state concepite con criteri di efficienza energetica e in un’ottica Post-Olimpica di reversibilità, totale o parziale.

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immagine 4.13 : athletes village

immagine 4.14 : modello dell’olympic masterplan

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Legacy masterplan • sei micro progetti di quartieri con nuove residenze • edifici low carbon adueguati al regolamento nazionale

immagine 4.15 : nuove costruzioni nella fase legacy

di

Il masterplan di Legacy prevede che gli edifici costruiti per gli atleti siano convertiti in 2,818 case per abitazioni di cui 1,379 a prezzi convenzionati. In questa fase però, il quartiere assumerà un aspetto completamente diverso, anche perché i progetti previsti per l’area nel post-2012 sono

numerosissimi, e prevedono la costruzione di una notevole quantità di nuove residenze. I nuovi edifici saranno caratterizzati da altezze e densità molto elevate e creeranno una realtà urbana nuova, compatta, ricca di servizi, di spazio pubblico e di verde.

immagine 4.15 : immagini del Legacy masterplan

57


immagine 4.16 : uso di suolo di ciascun singolo progetto previsto nel masterplan Legacy

58


immagine 4.17 : schemi tipologici degli edifici del progetto del masterplan legacy

59


4.5 Trasporti e ‘Cycling Revolution’ Strategia urbana e cambiamento climatico obiettivi • -50% di emissioni nel settore dei trasporti strumenti • cycling Revolution • Make Walking Count • upgrade del sistema di trsporto pubblico su ferro • potenziamento del parco auto elettriche pubbliche

Per quanto concerne i trasporti Londra intende dimezzare le emissioni di CO2 in vista il 2025. I principali programmi per il settore sono:

Creare una Cycling Revolution a Londra potenziando il sistema di Bike Sharing cittadino,

creando tratte ad alta velocità per le biciclette e garantendo 66000 nuovi parcheggi per bici per tutta la città.

Make Walking Count, dunque ridare dignità all’atto del camminare tramite il miglioramento

della dimensione del pedone su strada, inserendo cartelli segnaletici ad hoc, strutture e nuove percorsi per i pedoni.

Aggiornare ed espandere la rete del trasporto pubblico urbano con investimenti mirati in

Intraprendere una politica di educazione e incoraggiamento ad abbandonare l’uso dell’au-

particolare sul trasporto su ferro (rete metropolitana e ferrovie).

to privata tramite l’implementazione del parco auto elettriche del comune. L’obiettivo è di raggiungere la quota di 100000 veicoli per il 2020.

immagine 4.18 : logo del bike sharing londinese e immagine di una Cycle Superhighway

60


Nello specifico la Cycling Revolution si compone principalmente di tre elementi chiave, molto interessanti dal punto di vista progettuale: 1-

La creazione di ‘Cycle Superhighways’, ovvero autostrade ciclabili per favorire la circola-

zione delle biciclette sulle lunghe distanze, ponendosi così come reale alternativa dell’automobi-

le. Queste saranno vere e proprie piste ciclabili che garantiranno il collegamento del centro città con tutta la periferia contenuta nei confini della Greater London. Avranno una chiara identità,

conferita dal colore blu continuo e senza interruzioni. La mappa mostra chiaramente l’impostazione radiale del loro disegno, a conferma della volontà di collegare le periferie con il centro.

immagine 4.19 : mappa delle le Cycle Superhighways esistenti e in progetto a londra

2-

L’implementazione del Lonond Cycle Hire, il sistema di Bike Sharing cittadino, la so-

luzione per viaggi più brevi, nella zona più centrale di Londra. Già dall’estate 2010 sono state attivate 6000 nuove bici, e sono previsti ulteriori ampliamenti. 3-

La creazione infine, dei così detti Biking Boroughs, itinerari ciclabili e paesaggistici, pre-

valentemente studiati nell’Outer London, che sfruttino e mettano a sistema le greenways e piste ciclabili esistenti nei quartieri più periferici di Londra.

61


Si può affermare che Londra abbia già ottenuto risultati eccellenti per ciò che riguarda la mobi-

lità ciclabile ottenendo un aumento, nel periodo 2000-2011, dell’uso della bicicletta del 117%. Il piano della rivoluzione ciclabile, strettamente connesso con il piano di mitigazione del cambia-

mento climatico e il piano dei trasporti, punta a un ulteriore incremento fino 400% fino al 2026. Il piano di ciclabilità contiene un esplicito riferimento al progetto del quartiere Olimpico e a

tutte le altre Venues delle Olimpiadi. Esso infatti esplicita come l’area di progetto rappresenterà il crocevia di numerose greenways chiave contenute nel piano generale.

immagine 4.20 : greenways esistenti e in progetto legate ai parchi olimpici

strategie adottate nell’olympic e legacy masterplan • •

62

rete di greenways e piste ciclabili in progetto nella cycling revolution il parco olimpico fitto sistema interno di piste ciclabili si aggancia al sistema superiore


Le greenways avranno un ruolo fondamentale per permettere agli spettatori di accedere al parco

olimpico e legheranno l’Olympic Park alla River Zone. Gli itinerari stabiliti dall’Autorità Olimpica, che si collegano al a tutte le manifestazioni olimpiche sono: •

Lea Valley North – collega l’Olimpic Park al Lee Valley Regional Park.

Limehouse Cut – collega il Limehouse Basin to all’Olympic Park passando per il Lime-

Greenwich – connette Maritime Greenwich con North Greenwich e Woolwich.

house Cut. •

Hackney Parks – un nuovo percorso che lega Finsbury Park spazi verdi situati ad Hack-

Lower Lea and The Royal Docks – connette a sud Olympic Park passando per le Royal

Epping Forest – il nuovo percorso che collega il nord est dell’Olympic Park passando

Victoria Park and Stepney – connette l’Olympic Park a Islington e il Limehouse Basin

ney in corrispondenza dell’entrata Ovest dell’ Olympic Park. Docks e la Isle of Dogs.

per Stratford e arrivando Epping Forest.

tramite Regent’s e Hertford Union Canals.

L’immagine sottostante mette in luce come i percorsi pedonali in progetto siano pensati per relazionare l’area Olimpica alla River Zone.

lea valley walk

jubilee walkway

Jubilee Greenway thames path capital ring road

immagine 4.22 : greenways e percorsi pedonali tra la river zone e il parco olimpico

63


Il progetto dei percorsi ciclabili interni all’Olympic Park è strettamente legato a questo aspetto, come si legge chiaramente nella mappa. Nel Masterplan Legacy la fitta rete di percorsi ciclabili

interni si aggancia al sistema superiore delle greenways, normato dal piano urbano. Questa relazione vale anche per il quello dei percorsi pedonali.

itinerari ciclabili interni al quartiere olimpico

greenways previste dal piano urbano

immagine 4.21 : percorsi ciclabili interni al parco olimpico nella fase Legacy e greenways previste nel piano dei trasporti londinese itinerari ciclabili su strada piste ciclabili separate dal traffico piste ciclabili in parchi collegamenti pedonali che evitano il traffico piste ciclabili su strade trafficate

immagine 4.21 b : percorsi ciclabili esistenti in relazione al masterplan

Per quanto riguarda il tema dei trasporti più in generale, il tema della ricucitura è perfettamente applicabile anche da questo punto di vista. L’accostamento delle due immagini sottostanti, che raffigurano la sequenza pre-post giochi, è perfettamente esplicativo di questo concetto. 64


immagine 4.23 : connessioni esistenti e previste per il 2025 per la lower lea valley

La garanzia di un alto tasso di accessibilità all’area è stato possibile tramite progetti di ampia

scala ma anche tramite il ridisegno puntuale di un sistema di collegamento, sottopassaggi e ponti che consentissero l’accesso fisico all’area, problematica sotto questo profilo poiché caratterizzata da numerosi corsi d’acqua e ferrovie.

immagine 4.24 : interventi puntuali di ricucitura

La grande attenzione dedicata allo sviluppo della rete esistente su ferro conferma l’intenzione di voler lasciare un’eredità completamente indipendente dall’uso del mezzo privato, responsabile di più del 50% delle emissioni di anidride carbonica per l’intero settore dei trasporti a Londra. La

stazione di Stratford diverrà con l’avvento dei giochi Olimpici una nuova fondamentale centralità del sistema di trasporto pubblico Londinese.

65


4.6 Vie d’acqua

Strategia urbana e cambiamento climatico obiettivi • contribuire alla riduzione di gas serra nel settore trasporti strumenti • canale di sviluppo/riqualificazione thames Gateway • riqualificazione rete idrica - blue ribbon network • waterways

Il tema dell’acqua è centrale per i giochi Olimpici, sia per quanto riguarda i progetti per l’intera città di Londra, che per il quartiere di Stratford.

Londra nel prossimo futuro si impegna a ridare vita alla fitta rete di canali che la attraversano, il così detto “Blue Ribbon Network” che rappresenteranno un tema centrale per quanto riguarda le strategie per le acque contenute nella “water strategy” e per la strategia sui trasporti.

immagine 4.25 : immagine della rete idrica londinese - rappresentazione delle fermate della linea fluviale Totthenam Hale - Limehouse Basin

L’acqua è anche protagonista del più grande progetto di riqualificazione urbana e di rigenera-

zione d’Europa previsto dalle più recenti pianificazioni alla scala regionale dell’area di Londra: il Thames Gateway, un tempo area attivissima portuale sede di floridi scambi commerciali, oggi caduta nel degrado e nella depressione. La causa principale di questa inversione fu la chiusura dei Docks (le antiche caratteristiche infrastrutture portuali londinesi) negli anni ’80.

Un altro importante canale di sviluppo per la capitale brittanica sarà il corridoio Stansed-Cam66


bridge che corre verso nord, incrociando il Thames Gateway proprio in corrispondenza degli East

Ends, sede del quartiere Olimpico. Come sarà sviluppato il tema progettuale dell’acqua all’interno del progetto di Stratford?

soluzioni adottate nell’olympic e legacy masterplan •

riqualificazione dei corsi d’acqua che diventano nuova rotta del trasporto pubblico e trasformati da barriera a elemento connettivo per le comunità.

Il “Lower Lea Valley Waterspace Strategy” prodotto dalla LDA – London Developement Agency

con la collaborazione della Peter Brett Associates per quanto concerne il design , affermando di ispirarsi alle città navigabili per eccellenza, come Amsterdam, Venezia e Copenhagen, propone un modello per cui l’acqua diventa un elemento che instaura di nuovi legami territoriali sociali

ed ambientali. Il progetto del sistema delle acque della Lower Lee Valley è costituito da quattro principali strategie: -

Placemaking and Shaping

-

The Green Economy

- -

Open Space

Natural and Cultural Heritage

All’interno di questo nuovo sistema ha grande enfasi il nuovo ruolo del corso d’acqua elevato a vero e proprio elemento chiave all’interno della rete dei trasporti, filo connettivo dell’intera comunità.

immagine 4.26 : strategie spaziali contenute nel “Lower lea valley waterspace Strategy”

67


4.7 Energia

Strategia urbana e cambiamento climatico obiettivi: • -12MtCO2/yr nel 2025 strumenti: • investimenti nella rete di energia decentrata • aumentare la produzione da fonti rinnovabili • sviluppare l’idrogeno • thames gateway heat network - energy masterplanning

Le emissioni dovute alla produzione di energia rappresentano circa il 50% delle emissioni totali

della capitale britannica. Londra pertanto propone due strategie parallele per ridurre le emissioni di questo settore: - -

Investire sulla produzione di energia decentrata

Aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili

immagine 4.27 : riduzione nelle emissioni di CO2 nel settore della produzione di energia

L’energia usata annualmente sul suolo londinese è pari a 152 TWh, che causano circa 22.5Mt

CO2, quasi la metà delle emissioni totali ogni anno. Di questa quantità solo il 2.5% è prodotto da fonti decentrate.

La London Heat Map consiste in un modello virtuale (disponibile pubblicamente e liberamente in rete) che contiene un’ampia gamma di informazioni (come i consumi di energia e di carburaniti, le emissioni di CO2 o la domanda di energia), offrendo così un quadro sintetico molto

interessante per definire le aree di opportunità in cui sviluppare i progetti della rete di energia decentrata. 68


La municipalità ha sviluppato un programma ad hoc chiamato Decentralised Energy Masterplanning Programme (DEMaP), che mette a sistema tutte le opportunità e lega con una rete sotterranea tutti nuovi centri di produzione di energia Low Carbon.

In questo quadro s’inserisce il progetto del London Thames Gatway Heat Network, la strategia di produzione e distribuzione dell’energia prevista nell’ambito del Thames Gateway Regeneration

Project. Questo sarà il più grande framework di energia decentralizzata d’Europa e garantirà a la connessione alla rete dell’acqua calda di case, uffici, scuole e edifici pubblici lungo il Thames Gateway.

LTGHN linee di trasmissione LTGHN linee di trasmissione future produzione di calore potenziali nuove fonti Connessioni della rete aree servite aree in via di sviluppo

immagine 4.28 : london thames gatway heat network, masterplan

Il tutto è coordinato dalla LDA (London Developement Agency), ente pubblico che fa riferimento

al comune, responsabile della crescita economica sostenibile della città, che prevede la possibilità di evitare più 100 000 t CO2 ogni anno grazie a questa iniziativa.

I progetti legati all’energia contenuti nel piano di Londra sono dunque molto ampi e comprendono progetti ambiziosi riguardanti lo sviluppo delle energie rinnovabili o dell’idrogeno.

Anche l’energia prodotta dai rifiuti sarà centro dell’attenzione della municipalità e oggetto di

grandi investimenti poiché un sistema efficiente e pulito di smaltimento dei rifiuti garantisce un decisivo risparmio energetico e di emissioni di CO2. Lo stanziamento in questo settore è stato di 73.4 millioni, ponendosi l’obiettivo di creare nuove infrastrutture per la gestione dei rifiuti e per la loro conversione.

69


soluzioni adottate nell’ olympic e legacy masterplan • •

costruzione dell’energy center, inserito nel masterplan energetico urbano, centrale uso di altre fonti di energie rinnovabili per un totale del 10% del fabbisogno totale

Il progetto per il quartiere olimpico ripone una grande attenzione sul tema della produzione e trasmissione dell’energia.

Nella dichiarazione d’intenti dell’Autorità Olimpica vi era l’obiettivo di riuscire a produrre in

loco più del 20% del fabbisogno energetico di tutto il quartiere tramite fonti energia rinnovabili. L’obiettivo non è stato raggiunto, generando grande disappunto tra i media locali.

I motivi di questa mancata ottemperanza agli obiettivi prefissati non sono però, come si potrebbe pensare, solo di carattere economico. Alcune scelte sono state dettate da ragioni di sicurezza, come nel caso delle turbine eoliche che sarebbero dovute sorgere a sud del parco olimpico.

Le misure adottate consentiranno il raggiungimento di una porzione pari al 10% fabbisogno

totale proveniente da fonti rinnovabili, come l’uso di sistemi a pannelli solari o fotovoltaici e la creazione del grande Energy Center.

immagine 4.29 : rete di trasmissione acqua calda - zoom sull’area del parco olimpico

Il Centro ultimato da pochi mesi contribuisce già a fornire energia sostenibile sul sito. Esso

presenta un impianto di cogenerazione a gas per il riscaldamento e il raffrescamento (CCHP) per la produzione di energia elettrica. Quest’ultimo comprende inoltre caldaie a biomassa che

utilizzano come combustibili rinvenibili localmente (biomassi tipowoodchip) per generare calore e garantire basse emissioni di carbonio. L’appalto per aggiudicarsi l’opera, costata 90 milioni di sterline, è stato vinto nel 2008 da Elyo, una società filiale di SUEZ Energy Services.

L’energy Center e la sua rete di trasmissione è gia inserita nei piani più ampi per la città di Lon70


dra previsti nella London Thames Gateway Heat Network, come si mostra in figura.

Nel progetto iniziale le centrali erano due e nel progetto di “Masterplan Energetico� per Londra sono segnati entrambi e inseriti nella grande rete.

immagine 4.30 : energy center

71


4.8 Adattamento al Cambiamento climatico “Managing risks and increasing resilience”, è un documento pubblicato nell’Ottobre 2011 che

illustra i metodi con cui la città si prepara alla possibilità di eventi catastrofici dovuti al cambiamento climatico e le proprie strategie di difesa.

indicative tidal flood plain indicative fluvial flood plain

immagine 4.31 : aree di londra a rischio inondazione

Il Regno Unito è uno dei paesi d’Europa che più ha sperimentato gli impatti del cambiamento climatico negli ultimi anni. Si prevede che, oltre agli eventi estremi che già l’hanno colpito, in

particolare nel sud-est del paese, si sperimenteranno inverni sempre più caldi e umidi ed estati

sempre più afose e secche, con un rischio crescente per l’intensità e la frequenza delle precipitazioni e dunque degli allagamenti.

immagine 4.32 : simulazione grafica di inondazione

72


È proprio su quest’ultimo punto che la municipalità Londinese s’impegnerà maggiormente nei prossimi anni. Il rischio d’inondazioni proviene, infatti, da almeno tre fonti principali: Il mare del Nord (inondazione marina), il Thames (inondazione fluviale) e le precipitazioni dirette (inondazione superficiale).

Londra è, a oggi, ben protetta contro gli allagamenti delle maree, ma ha un minore standard di

protezione contro le inondazioni fluviali e uno standard relativamente basso di protezione contro le inondazioni superficiali dell'acqua. La probabilità di queste forme di inondazioni è destinata

ad aumentare con l'aumento del livello del mare e con le precipitazioni abbondanti che diventano sempre più frequenti e intense.

Il progetto dell’Olimpic Park, sorgendo su uno dei più importanti corsi d’acqua dell’intera Lon-

dra ha dovuto tenere conto dei pericoli causati dalle inondazioni. Come afferma John Hopkins, architetto paesaggista responsabile per il progetto del quartiere olimpico, sono state introdotte

soluzioni progettuali per prevenire gli allagamenti, quali barriere di contenimento, l’uso di sistemi di assorbimento e un disegno dei bacini scoscesi che si adagiano dolcemente nel fiume.

La maggior parte delle abitazioni inoltre, è stata collocata ad una quota più alta e distante dal corso d’acqua, fuori dall’area di rischio di inondazioni.

immagine 4.33 : soluzioni progettuali in tema di difesa dalle inondazioni

73


4.9 Osservazioni sul tema della sostenibilità Durante il periodo in cui ho approfondito questo caso studio ho avuto modo di seguire il dibattito che si è sviluppato attorno alla preparazione dei Giochi Olimpici; ciò mi indotto a riflettere anche su aspetti che andassero oltre a quelli strettamente legati alla riduzione delle emissioni di CO2 , bensì critici anche per quanto riguarda la più ampia questione della sostenibilità urbana.

Ciò che maggiormente ha colpito la mia attenzione è stato scoprire che, nonostante il tema della riqualificazione e della ricucitura del tessuto socialmente e fisicamente degradato sia largamente

sponsorizzato dall’autorità olimpica, molte associazioni di cittadini dei quartieri ospitanti stanno contestando duramente le nuove costruzioni.

La sensazione generale è che seppur fosse un’area estremamente problematica, gli East Ends

ospitassero una popolazione che ha sempre nutrito un grande senso di appartenenza per il luogo che la ospita, riuscendo a convivere in un – seppur precario - equilibrio.

L’innalzamento degli imponenti volumi realizzati per la costruzione delle grandi strutture sportive dell’Athletes Village ha avuto un forte impatto sulla realtà dei quartieri ospitanti, che accusano le autorità olimpiche di ignorare le necessità delle realtà locali.

immagine 4.34 : successione before-after della vista del fiume dal quartiere Hackney

“The Olympics have stolen our sunrise”, “Le Olimpiadi hanno rubato la nostra alba” titola un articolo pubblicato sul sito internet dell’associazione di cittadini di Lebank Square, situata nell’Hackney Wick, nel quale viene pubblicato un suggestivo accostamento di due immagini che mostrano

la vista del fiume Lea come era (before) e com’è oggi (after). L’imponente Olympic Media Cen-

ter, come le altre nuove strutture sportive, riduce le poche ore di sole di cui i cittadini potevano godere nelle giornate invernali.

I cittadini di Hackney Wick, rassegnati all’idea che dovranno essere circondati dai cantieri per

ancora molti anni dopo i giochi a causa della realizzazione del Legacy Masterplan, sperano per lo meno che questo grande evento possa portare nuovi posti di lavoro per i locali. 74


Senza voler estendere l’opinione di questo gruppo di cittadini all’intera popolazione dei quartieri ospitanti, penso che questo caso induca a riflettere sulle possibili interpretazioni dei concetti di

sostenibilità in ambito urbano e sul compromesso costante cui ogni grande opera definita sostenibile deve sottostare per produrre profitto economico.

L’area del quartiere Olimpico ad esempio, ospiterà sì il parco più grande del Regno Unito (come

largamente sponsorizzato), ma sarà anche oggetto di una vastissima cementificazione, che va ben oltre i confini di competenza dell’Olympic Delivery Authority. Come ho precedentemente illu-

strato, esistono numerosi progetti per tutte le aree attorno a quella olimpica in cui sono previsti grandi volumi e densità molto alte.

Ben lungi dal pretendere di elaborare risposte definitive, viene da chiedersi se sia sufficiente

questo approccio per diffondere alla scala globale un modello urbano sostenibile, che consenta un effettivo miglioramento della qualità della vita per gli abitanti delle città.

La proposta contenuta nel Legacy Masterplan consiste, di fatto, nel posizionamento compatto

di un nuovo quartiere che colmi, sebbene con edifici di alto profilo energetico, il vuoto urbano

esistente. È verosimile pensare che l’obiettivo di sostenibilità sociale possa essere raggiunto con

la creazione di un quartiere “avamposto” dell’edilizia di alta qualità, dotato di servizi eccellenti nel cuore di una delle aree più degradate del Regno Unito? Avrà questo la forza una volta ultimato - quindi tra almeno tra dieci anni- di generare fenomeni positivi instaurando realmente un rapporto inclusivo con le realtà sociali circostanti?

Per creare aree verdi di qualità, riqualificare il prezioso corridoio verde della Lower Lea Valley e ridare vita alla fitta rete di canali che lo caratterizzavano, era necessario costruire un complesso edilizio di tali proporzioni?

Queste questioni stanno semplicemente a testimoniare il mio tentativo, compiuto in questi mesi, di approfondire la questione della sostenibilità che a mio parere non si esaurisce sul piano della comunicazione, ma va continuamente verificata, criticata e dibattuta.

75


Conclusioni Ciascuna parte della ricerca consente di trarre conclusioni parziali nell’indagine del rapporto tra il tema del cambiamento climatico e quello del disegno urbano.

Il primo capitolo illustra come l’azione alla scala della città sia decisiva ai fini della mitigazione del cambiamento climatico, poiché i consumi di energia e le emissioni di gas inquinanti sono causati prevalentemente dalle attività in aree urbane.

Il Patto dei Sindaci è un esempio di questa tendenza, perché ha creato un vero e proprio spazio

di scambio e condivisione di pratiche ed esperienze virtuose, per le amministrazioni locali che lo sottoscrivono.

La sottoscrizione al Patto prevede l’adozione di un nuovo strumento - il piano d’azione per

l’energia sostenibile – per il quale ogni città è tenuta a indicare dei target di riduzione delle emissioni per settore e l’orizzonte temporale in cui intende raggiungerli.

Nel secondo capitolo ho preso in esame la comparazione dei dati forniti da cinque piani d’azione ed emerge chiaramente che i target di riduzione delle emissioni imposti dall’Europa in vista

del 2020 sono già oggetto di impegni seri e concreti per molte capitali europee. Londra, Parigi, Copenhagen, Amsterdam e Dublino hanno infatti sottoscritto il Patto dei Sindaci e pubblicato ambiziosi piani di mitigazione.

Inoltre, nonostante i target di riduzione varino di città in città, i temi e i settori coinvolti ricorrono costantemente all’interno delle diverse politiche di lotta al cambiamento climatico, con

un’attenzione prevalente all’ambito degli edifici e dei trasporti. Questi settori hanno strettamente a che fare con la fisicità della città e dunque con la pianificazione e il disegno urbano.

Nel terzo capitolo s’intende dimostrare il successo di Londra nel pianificare un quadro normati-

vo che pone il cambiamento climatico tra i propri elementi ispiratori, una vera e propria “priorità trasversale” nell’ampio panorama delle politiche urbane strategiche sul lungo periodo.

Infine con l’analisi, in parallelo, del piano d’Azione per l’Energia Sostenibile di Londra e del

Masterplan Olimpico, ho cercato di dimostrare come la progettazione del quartiere di Stratford

sia stata influenzata dal quadro delle politiche urbane ed in particolare da quelle di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico.

Concludendo, per le conoscenze che ho maturato in questi mesi di ricerca, ritengo che la città di Londra rappresenti, oggi, a tutti gli effetti un modello virtuoso per quanto riguarda l’approccio 76


politico globale al tema del cambiamento climatico. I temi della mitigazione e dell’adattamento hanno fatto ingresso nel contesto politico e culturale in modo molto deciso e - come è stato per le Olimpiadi - influenzeranno senza dubbio la progettualità diffusa della città.

Penso anche che sia di enorme interesse il fatto che il tema e le politiche sul cambiamento cli-

matico abbiano influenzato, più o meno direttamente, la maggior parte delle questioni insediative del progetto per le Olimpiadi 2012.

Ciò nonostante ritengo, infine, che sebbene il progetto per il quartiere di Stratford mostri una

particolare sensibilità ponendosi all’avanguardia sui temi della sostenibilità ambientale, presenti in particolare sul lungo termine, alcuni aspetti controversi, non pienamente in linea con quanto affermato nelle dichiarazioni d’intenti. Penso che le soluzioni adottate non esauriscano il tema della sostenibilità, che va invece approfondito e verificato, in particolare relazione agli effetti ultimi che le trasformazioni urbane generano.

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