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La storia dei titoli di testa è strettamente relazionata con i progressi nell’animazione del testo. Progettare una di queste sequenze è un compito molto particolare, perché bisogna saper trattare immagini in movimento e testo anch’esso in movimento nonché saperli integrare insieme. Le immagini rispetto alle prime sperimentazioni sono andate sempre di più acquisendo importanza, ma la tipografia è comunque sempre indispensabile all’interno dei titoli di testa, anche se viene trattata in modo diverso rispetto a testi statici. La progettazione in questo campo è frutto di una lunghissima tradizione di sperimentatori che lavoravano in un campo che non aveva precedenti, che non era mai stato esplorato prima e quindi non risentiva di tradizioni e influenze storiche. Il lavoro di questi progettisti, primo tra tutti per importanza Saul Bass, ha contribuito a creare uno stile e una modalità di progettazione che ha fortemente influito sul lavoro dei designer contemporanei, anche se i mezzi che hanno a disposizione sono fortemente diversi da quelli sei loro predecessori.
L’avvento di CPU più veloci e l’emissione di software appositi per l’animazione ha reso il lavoro dei designer molto più semplice. Per realizzare una sequenza animata occorre molto meno tempo, e questo ha aperto il campo a numerose sperimentazioni individuali che poi possono trovar posto all’interno dell’industria cinematografica. Inoltre i costi minori danno la possibilità di osare un po’ di più, perché non si corre il rischio di buttare enormi investimenti come succedeva ad esempio negli anni ’80, dove spesso era necessario progettare anche le tecnologie necessarie, e non ci si poteva permettere errori. Le sequenze sempre più veloci hanno reso le informazioni meno leggibili, ma queste hanno comunque diminuito la loro importanza perché reperibili in rete, e l’attenzione si è invece maggiormente spostata sulle immagini e l’aspetto estetico ed emozionale dei titoli di testa.
INTRODUZIONE
Alcuni registi preferiscono togliere i titoli di testa e spostare tutti i crediti nel finale, quando gli spettatori al cinema hanno la possibilità di andarsene se non sono interessati, ma molti altri preferiscono mantenere sia i titoli di testa che quelli di coda, spesso differenti tra di loro ma che si richiamano a vicenda. In ogni caso, molti registi riconoscono la potenza che possono avere i titoli di testa di far entrare lo spettatore nel clima adatto, e quindi le sperimentazioni e i risultati artistici ed innovativi in questo campo non si sono mai fermati. A causa di queste grandi differenze sia nelle tecnologie a disposizione sia nel significato che si dà ai titoli di testa, abbiamo diviso il nostro lavoro in due grandi categorie. Nella prima (Past) ripercorriamo la storia dei titoli di testa attraverso i film e le figure che hanno maggiormente innovato questo campo, nella seconda (Present) analizziamo il lavoro di progettisti contemporanei che hanno prodotto lavori di qualità. Per quanto spesso si tenda a non dare importanza ai titoli di testa di un film, non bisogna dimenticare che questi sono in realtà progetti autonomi in grado di suscitare emozioni e creare atmosfere, e spesso sono addirittura in grado di esistere di per sé.
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PAST
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Past Primi del ‘900
Agli albori della cinematografia, i film erano muti e quindi per capire cosa accadeva sulla scena venivano inseriti dei cartelli descrittivi. Questo fu il primo inserimento di testo all’interno delle pellicole, i cartelli erano semplicemente dei fogli inquadrati fissi, spesso addirittura scritti a mano, che venivano fotografati e inseriti nella pellicola. Questo stile venne usato anche per i primi titoli di testa, che servivano a presentare il nome del regista e degli attori principali, o una breve descrizione della storia. Fu nei primi anni del XX secolo che iniziarono le sperimentazioni sull’animazione dei testi, ma solitamente questa si limitava allo sfogliare i cartelli, come se si girasse la pagina, davanti alla cinepresa. Ai tempi non esisteva una figura dedicata a questa parte del film, ma progressi vennero fatti da alcuni registi pionieristici dell’animazione del testo, quali ad esempio D.W. Griffith.
Un impulso fondamentale venne invece dato dall’animazione vera e propria, come ad esempio dalla Disney, che negli anni ’20 fece i primi titoli in movimento realizzati come fossero cartoni animati. In ogni caso, spesso i titoli di testa si limitavano a presentare il titolo del film e una sorta di prologo o anticipazione del contenuto del film.
PRIMI DEL ‘900
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Past Primi del ‘900 - David Wark Griffith
Griffith è considerato un pioniere della cinematografia, addirittura il primo vero regista. Egli fu il primo a pretendere l’intero controllo su tutta la produzione del film, compresi i titoli di testa. In The Birth of a Nation (1915) Griffith disegna sul fondo una cornice con una linea bianca, che nella parte alta va a formare il suo nome scritto in corsivo. La cornice rimane fissa per tutto l’inizio del film, e all’interno, in bianco, trovano posto i testi. L’uso di caratteri bianchi su fondo nero era una caratteristica del periodo, per ragioni tecniche. A fronte della font molto semplice usata per i nomi e per la descrizione delle scene, il titolo del film viene scritto con una font in stile gotico con delle maiuscole molto elaborate, che ricordano le miniature di un libro medievale. Questa scelta si riferisce al carattere storico del film, e rappresenta quindi un primo esempio di tentare, coi titoli di testa, di descrivere l’atmosfera e il contenuto della pellicola. Questa impostazione del cartello viene comunque usata per tutta la durata del film per descrivere cosa avverrà nella scena immediatamente successiva.
D. W. GRIFFITH
Past Primi del ‘900 - David Wark Griffith
Anche Intolerance, del 1916, mantiene la stessa impostazione di The Birth of a Nation, ma solo per il cartello del titolo. Nei cartelli descrittivi la cornice sparisce, così da dare al testo più spazio e poterlo così aumentare di corpo. Questa scelta rende i cartelli più facilmente leggibili, anche le descrizioni sono più corte, nella ricerca di una maggiore velocità e chiarezza. La differenza maggiore dal film precedente appare dopo i primi cartelli e una scena introduttiva con una donna accanto ad una culla: l’inquadratura di un libro, con “Intolerance” scritto come titolo e con la stessa font usata nel cartello iniziale, che si apre. Una volta aperto, compaiono alcune frasi in bianco che si sovrappongono all’immagine delle pagine del libro. Questa integrazione di testo e immagini rappresenta una grande innovazione tecnica per il periodo.
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12 Negli anni ’30, con l’avvento della televisione, la sperimentazione nell’ambito dell’animazione di testi subì un forte impulso. In parte perché si aveva più materiale su cui sperimentare, ad esempio per le sigle dei programmi televisivi e delle pubblicità, e in parte perché le grandi imprese cinematografiche dovettero investire più soldi nei film per cercare di limitare la diminuzione di pubblico in favore della televisione. In questo periodo non ci sono grandi figure di designer, anche perché la maggior parte dei titoli di testa erano il risultato del lavoro di diverse persone. Si stabilirono anche degli stili da usare a seconda dei generi, all’interno delle produzioni hollywoodiane. Ad esempio i titoli dei Western venivano composti utilizzando caratteri molto simili a quelli che venivano utilizzati all’epoca, come quelle dei manifesti “Wanted”, mentre nei film romantici erano preferite delle eleganti scritture. In ogni caso, a parte alcune eccezioni, la maggior parte dei titoli di testa in questo periodo erano piuttosto lunghi e noiosiw, e anche a causa dell’alto tasso di analfabetismo spesso le proiezioni iniziavano da dopo i crediti iniziali, per non annoiare il pubblico. Esistevano però anche i primi tentativi di rendere queste sequenze interessanti per gli spettatori, nel tentativo di catturare la loro attenzione e di farli interessare maggiormente al film.
ANNI ‘30-‘40
Past Anni ‘30-‘40 - King Kong
Nel 1933 esce King Kong, considerato una pietra miliare nella realizzazione dei titoli di testa. Il titolo, composto da grossi caratteri monumentali che appaiono come se fossero scolpiti a causa degli effetti di ombra, arrivano dal fondo ingrandendosi e andando ad occupare tutto lo schermo. Poi vengono gradualmente coperti dal fogliame della foresta. Questo rappresenta sia un’anticipazione di quello che avverrà nel film (i grossi caratteri richiamano la figura del gorilla, all’interno della foresta) che un’integrazione di testo scritto e immagini mai avvenuta prima. Le lettere non si trovano semplicemente sopra un filmato, ma vengono integrate all’interno delle immagini. Proseguendo coi titoli di testa, per scrivere gli altri crediti, vengono utilizzati dei grossi bastoni trattati come se fossero tridimensionali e illuminati dal basso, tracciano infatti un’ombra portata dietro di sé. Fasci di luce, altra innovazione tecnologica di King Kong, partono dal centro dello schermo e si aprono a ventaglio verso l’esterno, portando via il testo precedente e inserendo quello nuovo.
KING KONG
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Past Anni ‘30-‘40 - Modern Times
Un altro esempio notevole del periodo, anche se non innovativo come King Kong, è Modern Times, film del 1936 con Charlie Chaplin. Durante i titoli iniziali sotto al testo si trova l’immagine di un orologio che gira, sovrapposte ad esso si trovano le lettere composte con un carattere dalle grazie molto particolari, che cambia con effetti di trasparenza. Poco dopo, l’elenco dei nomi degli attori scorre verso l’alto sempre sullo sfondo dell’orologio. Come spesso in questo periodo, compare anche una breve descrizione della storia che si sta per guardare.
MODERN TIMES
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Past Anni ‘30-‘40 - My Man Godfrey
Dello stesso anno di Modern Times, ma molto più originale, è My Man Godfrey. In questo caso i testi sono presentati come se fossero insegne luminose sopra degli edifici, che si illuminano e si spengono a mano a mano che il movimento di camera li inquadra o li nasconde. Molte addirittura si riflettono nell’acqua in primo piano. Al termine della sequenza, il film sfuma senza interruzioni nella prima scena del film, i titoli infatti non si limitano a presentare i nomi degli attori, ma anche il luogo in cui avverrà la storia. La font usata è tipica dello stile Art Déco degli anni ’20’30, come si può notare ad esempio dai trattini orizzontali solitamente al centro delle lettere, che in questa font si trovano molto in basso rispetto alla metà.
MY MAN GODFREY
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Past Anni ‘30-‘40 - Make Way for Tomorrow
In Make Way for Tomorrow (1937) i titoli di testa sono inseriti in varie schermate che appaiono con effetti di trasparenza, intervallate da immagini di un cielo nuvoloso. Le parole appaiono come se fossero state scritte con un grosso pennello piatto, e sul cartello sono stati inseriti effetti di ombra che richiamano l’aspetto di nuvole in controluce al tramonto, come se il sole stesse scendendo dietro alle lettere. Questa idea del tramonto allude alla vecchiaia, tema del film. Si passa quindi ad un’anticipazione dei contenuti più raffinata rispetto a King Kong o a My Man Godfrey, che si limitavano ad anticipare l’ambientazione e alcuni elementi oggettivi che si riavranno in seguito nella pellicola; in Make Way for Tomorrow i titoli di testa anticipano il significato, l’atmosfera, servono a farti calare nello stato d’animo giusto, hanno un significato più alto e metaforico.
MAKE WAY FOR TOMORROW
Past Anni ‘30-‘40 - Fallen Angel
Altro esempio rilevante è il film del 1945 Fallen Angel. Il film parte con la scena di una macchina che percorre una strada di notte. Davanti all’auto compaiono man mano dei cartelli stradali con all’interno scritti i crediti dei film. I cartelli si succedono in trasparenza uno dopo l’altro, quello che presenta il titolo del film ha la riconoscibile forma ottagonale del cartello di stop. Alla fine l’inquadratura si allarga e si scopre che la macchina è in realtà un autobus, da cui scende il protagonista del film. L’inquadratura è tremolante, come se fosse fatta attraverso il parabrezza dell’auto, ma le grandi lettere chiare sono comunque facilmente leggibili.
FALLEN ANGEL
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Past Anni ‘30-‘40 - Lady in the Lake
Lady in the Lake, del 1947, non presenta grandi innovazioni tecniche, ma ha comunque un approccio particolare. Il film parte con un’atmosfera natalizia, data anche da Jingle Bells in sottofondo a cui poi viene sostituito un canto natalizio religioso, e con l’inquadratura di un biglietto d’auguri con scritto “Metro-GoldwinMayer presents”. Una mano prende il biglietto e sotto se ne trova un altro con il nome del protagonista, che a sua volta viene tolto per mostrarne un altro e così via. In questi biglietti vengono usate molte font differenti, anche due all’interno dello stesso cartello.
LADY IN THE LAKE
Past Anni ‘30-‘40 - Lady in the Lake
Sono presenti un graziato nella sua versione tonda e corsiva, quest’ultima con lunghe discendenti che gli conferiscono un’aria elegante; un bastoni molto condensato con linee abbastanza spigolose; una scrittura con molto contrasto utilizzata per il titolo del film; un’altra scrittura ad asse verticale priva di contrasto; un altro tondo a forte contrasto con particolari quali terminazioni arricciate e linee orizzontali molto basse; l’ennesima scrittura molto simile a quella priva di contrasto ma con “e” minuscole di forma particolare, simili ad un 3 rovesciato, e ascendenti ad anello anziché diritte; un carattere fantasia che sembra scritto a mano con un pennarello, con le linee verticali solitamente parallele delle lettere che presentano una bombatura verso l’esterno; un altro graziato sia tondo che corsivo ma privo delle lunghe discendenti del primo, la versione tonda usata tutta maiuscola; e infine un altro bastoni molto geometrico, privo di contrasto e con le lettere rotonde composte da cerchi perfetti.
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Questo notevole numero di font differenti serve a dar l’impressione di bigliettini d’auguri scritti a mano da persone diverse. Alla fine della sequenza, dopo aver tolto l’ultimo biglietto, compare la sorpresa finale: una pistola. Questa inquadratura proietta immediatamente nel carattere poliziesco del film, eliminando l’atmosfera natalizia. Questo inserimento della pistola come “sorpresa” finale rende i titoli di testa un progetto a parte, con una loro ambientazione, un loro svolgimento e una fine. Iniziano ad essere una parte del film che va effettivamente progettata, e non una mera ripresa del contenuto della pellicola.
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Past Anni ‘50-‘60
Da questo periodo nei titoli di testa vengono usate sempre di più tecniche di animazione per creare effetti originali e una perfetta fusione tra testo e immagini. Nascono anche figure che all’interno della produzione del film si dedicano esclusivamente alla progettazione dei titoli di testa, figure assenti negli anni precedenti. Rivolgendosi per la progettazione dei titoli a dei designer professionisti, la grafica di quest’ultimi divenne più simile agli stili della grafica per così dire “statica” esistenti in quel periodo.
ANNI ‘50-‘60
Past Anni ‘50-‘60 - The Thing from another World
A cavallo tra questi due periodi si trova il film del 1951 The Thing from Another World, un horror fantascientifico. Il titolo del film appare attraverso un fondo scurissimo come se il fondale stesse bruciando, rivelando in chiaro le lettere del titolo, attraverso cui passano lame di luce. Poi prosegue con effetti più tradizionali a dissolvenza. Il titolo viene trattato più come un immagine che come un testo, e tutto l’insieme contribuisce a creare un clima di inquietudine che proietta subito lo spettatore nell’atmosfera del film. Fu in questo periodo che iniziò a lavorare la figura più influente di tutta la storia della progettazione dei titoli di testa, Saul Bass.
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Past Anni ‘50-‘60 - Saul Bass
Saul Bass inizia la sua carriera come grafico, e non nell’ambito della cinematografia. Disegna loghi, lavora per agenzie pubblicitarie come art director, e si avvicina per la prima volta al mondo del cinema progettando locandine. Questa sua formazione, diversa dalle persone che solitamente lavoravano sui film, gli farà realizzare sequenze profondamente originali e differenti dalle precedenti. Tutte le sue sequenze, specialmente quelle puramente grafiche, sono contrassegnate da un grande minimalismo, espresso anche dall’uso frequentissimo, e specialmente all’inizio quasi esclusivo, di semplici caratteri lineari geometrici bianchi, quali il Franklin Gothic o l’Helvetica.
SAUL BASS
Past Anni ‘50-‘60 - Saul Bass
La svolta avvenne nel 1954 quando venne incaricato da Otto Preminger, già regista di Fallen Angel, di realizzare la locandina del suo film Carmen Jones. Il risultato gli piacque talmente tanto che gli fece realizzare anche i titoli di testa. Questi non presentano grandi innovazioni dal punto di vista del trattamento del testo, ma per quanto riguarda le immagini già si può vedere la forte componente grafica caratteristica del suo lavoro. Bass vede i titoli di testa non come un modo per mostrare il titolo e i nomi degli attori e del regista, ma come un’anticipazione metaforica del film, che deve condizionare lo spettatore per farlo entrare nello spirito adatto ad assorbire completamente la storia.
CARMEN JONES
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Past Anni ‘50-‘60 - Saul Bass
Saul Bass divenne veramente conosciuto con The Man with the Golden Arm (1955), sempre di Preminger. Bande bianche si allungano sul fondo nero definendo gli spazi entro cui troveranno poi posto i testi, composti da un carattere bastoni a spessore costante che richiama le bande bianche.
THE MAN WITH THE GOLDEN ARM
Past Anni ‘50-‘60 - Saul Bass
La schermata del titolo presenta quattro di queste strisce che arrivano dai quattro lati dello schermo, con il testo che si colloca nel mezzo. “The man with” è disposto con una bandiera destra, mentre “the golden arm” con una bandiera a sinistra. Alla fine le bande si uniscono tra loro dando forma al braccio d’oro del titolo, realizzato con uno stile derivante dall’Espressionismo tedesco. Il braccio è presenta anche nella locandina e si può dire che sia un vero e proprio simbolo del film, cosa mai successa prima, immagine rappresentativa della dipendenza da eroina del protagonista della storia. La pulizia e la semplicità della sequenza mostrano la formazione di Bass, lontana dal decorativismo cinematografico che contraddistingue molti dei titoli precedenti e priva di alcuna immagine degli attori, la norma all’interno degli altri film. Le strisce però sono disposte in modo apparentemente casuale, e insieme all’uso del bianco su nero crea un’atmosfera di confusione e di drammaticità, proiettando direttamente all’interno delle sensazioni prodotte dal film. Il fatto che alla fine si uniscano nella forma del braccio possono simboleggiare le vene in cui il protagonista inietta la droga.
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Altra sequenza diventata molto celebre è quella del film Vertigo di Alfred Hitchcock (1958). Il filmato mostra parti del viso di una donna (Kim Novak, la protagonista femminile) con inquadrature molto ravvicinate che ne rivelano l’ansia, le lettere si stagliano al di sopra delle immagini arrivando da dietro lo spettatore e stampandosi sullo schermo, composte con un Clarendon Bold Narrow usato con solo il contorno bianco e il resto vuoto, nascondendo meno parte delle immagini. Questo è uno dei pochi casi in cui Bass utilizza un carattere non bastoni, tra l’altro questo possiede grazie terminali piuttosto spesse e importanti.
Past Anni ‘50-‘60 - Saul Bass
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Past Anni ‘50-‘60 - Saul Bass
Lo stesso carattere lo utilizzerà poi nel 1960 per i titoli di testa di Spartacus, film di Stanley Kubrik. Ogni scritta che compare nei crediti di Vertigo è sottolineata da un picco nel volume della musica, dando proprio l’impressione che vengano stampate sulla pellicola. Arrivati all’inquadratura dell’occhio, la donna assume un’espressione di terrore, le immagini vengono virate al rosso e il titolo arriva non dall’esterno, ma dalla pupilla della donna. La scritta di ingrandisce sempre di più fino ad uscire dallo schermo, e al suo posto si trova una spirale che gira ingrandendosi, e che al suo centro contiene un’altra spirale. Una serie di elementi grafici si succedono sullo schermo, con i testi composti nella stessa font ma piena e sempre di colore bianco. Alla fine l’ultima spirale si riduce andando di nuovo a coincidere con l’iride della donna, dalla cui pupilla esce fuori il nome del regista riprendendo il pezzo col titolo del film. Le figure astratte presenti nella sequenza sono state realizzate col contributo di John Whitney, pioniere della grafica computerizzata specializzato nella realizzazione di complesse animazioni astratte regolari.
VERTIGO
28 Questa è uno delle sequenze realizzate da Bass più conosciute. Inizia con delle sagome scure che appaiono su fondo grigio e vanno a formare le parti di un corpo umano, fortemente sintetizzato e sempre sullo stesso stile del braccio di The Man with the Golden Arm. All’interno del corpo compare in bianco il titolo, disegnato a mano. Per il resto della sequenza i singoli arti compaiono poco alla volta, con i testi all’interno o intorno, scritti con un bastoni geometrico molto semplice. A seguire gli arti vengono anche tagliati. L’intera sequenza ricorda molto quella realizzata per The Man with the Golden Arm, anche se l’operazione di creazione di un “simbolo” che identifichi il film è amplificata dall’integrazione perfetta tra titolo e immagine, con le lettere specificatamente create per l’occasione. Questa sequenza riesce non solo ad anticipare il contenuto del film, ma anche a dargli una specifica connotazione facilmente riconoscibile. Inoltre l’uso di sagome che sembrano quasi “ritagliate” che si muovono su un fondo uniforme hanno ispirato molti altri titoli di testa successivi, quali Catch Me If You Can e Thank You for Smocking.
ANATOMY OF A MURDER
Past Anni ‘50-‘60 - Saul Bass
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Past Anni ‘50-‘60 - Saul Bass
Nel 1959, l’anno dopo di Anatomy of a Murder, esce North by Northwest, secondo film in cui Hitchcock ha chiesto a Bass di realizzare la sequenza iniziale. Tema base del film è l’incrocio, lo scambio, tema che Bass sceglie di rappresentare. Delle linee blu su fondo verde vanno a intrecciarsi creando un reticolo in prospettiva, che è anche la griglia usata per inserire le parole. Queste arrivano dall’alto o dal basso e vanno a posizionarsi sul reticolo. Sono grossi bastoni bianchi, anch’essi deformati seguendo la prospettiva. Le lettere del titolo sono state modificate, la stanghetta della N rivolta verso l’alto e quella della T rivolta a sinistra vanno a formare delle frecce che indicano le due direzioni nord ed ovest, le stesse delle linee del reticolo. Quest’ultimo proseguendo con la visione si scopre diventare la facciata vetrata di un palazzo di Manhattan, parte di passaggio tra l‘inizio e la fine della sequenza. Nella terza parte infatti si vedono molte persone che camminano e usano svariati mezzi di trasporto, frequentemente inseriti durante tutto il film. Su queste ultime immagini compaiono ancora alcuni crediti con una font sempre bastoni ma condensata, con una leggera ombra che le conferisce tridimensionalità.
NORTH BY NORTHWEST
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Past Anni ‘50-‘60 - Saul Bass
Ocean’s Eleven, film del 1960, è ambientato a Las Vegas, ed è quest’ultima a dare a Bass l’ispirazione per la realizzazione dei titoli di testa. Egli si ispira alle insegne luminose al neon, come è già stato fatto in My Man Godfrey, ma qui i neon colorati appaiono su un fondo nero e non su un’ambientazione reale, rendendo tutto molto più grafico. Il film inizia con dei pallini luminosi che accendendosi e spegnendosi vanno a formare un grosso uno squadrato, che poi si dissolverà in un due, che a sua volta diventerà un tre. Col tre è anche introdotto il nome del protagonista, Frank Sinatra, composto in bianco da pallini appena più piccoli di quelli usati per i numeri. La successione di numeri prosegue mostrando il nome di uno degli attori principali ad ogni cifra, fino all’undici dove compare il titolo del film.
OCEAN’S ELEVEN
Past Anni ‘50-‘60 - Saul Bass
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Dopo il titolo, i pallini non vanno più a formare numeri ma figure geometriche che incorniciano i crediti, a volte scritti senza i pallini ma con il solito bastoni bianco geometrico di Bass. Dopo alcune schermate viene introdotto il tema del casinò, con l’inserimento di due carte da gioco nella figura fatta al neon, tema che proseguirà con la slot machine dell’immagine successiva. Qui i testi sono trattati come immagini della slot, scorrono esattamente come le altre figure per andare a posizionarsi nel loro settore. Nell’ultima immagine, due dadi che contengono il nome del regista Lewis Milestone, in cui i classici pallini, questa volta neri, richiamano i puntini dei dadi. Le lettere composte da pallini verranno riprese da Bass anche per il titolo di It’s a Mad Mad Mad Mad World, dove però vanno a creare dei fuochi d’artificio, e probabilmente hanno anche influenzato Maurice Binder nella realizzazione dei titoli di testa di Dr. No.
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Past Anni ‘50-‘60 - Saul Bass
Dello stesso anno di Ocean’s Eleven è un film la cui sequenza iniziale è di certo la più famosa tra tutte quelle realizzate da Bass, il thriller di Hitchcock Psycho. La sequenza parte su un fondo grigio su cui si delineano linee nere orizzontali. Dietro alle linee, come se queste stessero bucando lo schermo, si intravedono in bianco parti di lettere. Proseguendo il movimento verso sinistra delle linee nere lo sfondo grigio, ormai diventato anch’esso delle strisce, esce dall’inquadratura svelando il nome del regista. Questo si scompone in tre strisce dello stesso spessore di quelle nere e grigie di scena subito sostituito nuovamente dalle bande grigie. Dietro di esse anche questa volta appaiono parti di lettere, ma quando se ne vanno, questa volta verso destra, si scopre che in realtà manca la parte centrale, che rapidamente compare da sinistra e va a mettersi al suo posto, formando il titolo del film con una font Helvetica Heavy Extended, la stessa usata in versione più stretta per gli altri crediti. Le tre parti si muovono a destra e a sinistra scomponendo e riformando il titolo più volte, per poi separarsi verso l’alto e il basso lasciando il posto alle bande grigie che compaiono dal centro e questa volta sono verticali. La sequenza prosegue con le righe che entrano ed escono dallo schermo, verticali o orizzontali, e i testi che compaiono frammentati in più strisce, sempre seguendo l’andamento delle bande.
PSYCHO
Past Anni ‘50-‘60 - Saul Bass
33 I testi più lunghi invece sono composti con un corpo minore e si comportano come se fossero essi stessi una riga. Ultimo credito, di nuovo il nome di Hitchcock che, diviso in tre parti, si comporta esattamente come il titolo del film, riprendendo l’inizio come era già stato fatto in Vertigo. Le strisce verticali comparse dal centro, e divise nel mezzo dello schermo, si ritirano ora con un effetto di dissolvenza andando a mostrare uno scenario urbano e creando un parallelo tra le bande e i palazzi. L’uso del forte contrasto bianco-nero dà un’accezione drammatica alla sequenza, come già era stato fatto in The Man with the Golden Arm. Il contrasto è il tema dei titoli di testa, e si rifà al contrasto tra i caratteri dei due personaggi principali. Esiste anche una forte differenza di corpo tra i nomi e i ruoli, come ad esempio “co-starring” e simili, che oltre a rendere i nomi più importanti e visibili accentua anche l’effetto visivo di contrasto.
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Past Anni ‘50-‘60 - Saul Bass
Questa commedia del 1963 è molto diversa dal genere di film a cui associamo il nome di Bass, e infatti il risultato è molto diverso da quelli a cui siamo abituati. Quello che però ha in comune è il grafismo della sequenza, completamente animata, e l’uso di un singolo elemento, una sorta di logo, come tema di base di tutti i titoli. In questo caso, il simbolo del film è un mondo disegnato, che sarà protagonista di assurde situazioni durante i titoli, come lo saranno poi i vari personaggi durante il film. Un omino, delle mani e altri personaggi disegnati interagiscono con il mondo e con la tipografia (composta con una font bastoni bianca), trattata come parte dell’animazione. I disegni sono sempre neri, e il mondo bianco, mentre lo sfondo alterna vari colori accesi. Il primo credito viene coperto dal mondo, trasportato dall’omino nero. Il secondo invece spunta su di un cartello tenuto in mano dall’omino, chiuso dentro il mondo. Poi si vede il braccio dell’omino tirar fuori dal mondo i nomi del cast, e piazzarli in fila sulla destra dello schermo.
IT’S A MAD MAD MAD MAD WORLD
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Past Anni ‘50-‘60 - Saul Bass
Sopra i nomi è presente la scritta “IN ALPHABETICAL ORDER”, ma l’omino, trattandosi del personaggio di un folle mondo, non rispetta alcun ordine e inizia a spostarli finché l’ordine non è casuale, e la giustificazione a bandiera sinistra completamente scombinata. Il titolo del film invece spunta fuori dal mondo con un’esplosione di fuochi d’artificio, è realizzato con dei pallini gialli che formano le lettere, apparendo anch’esso come una scritta luminosa. Altri crediti compaiono e scompaiono dietro i disegni, altri vanno a formare il corpo dell’omino, separati da sottili filetti. Altri ancora vengono scombinati dalle mani che li coprono con i due emisferi e poi li scambiano di posto. Ad un certo punto il mondo, gonfiato con una pompa da bicicletta, esplode lanciando crediti dappertutto. Molti nomi sono associati alle animazioni da un’analogia di significato, ad esempio i nomi degli addetti alla supervisione aerea vengono trascinati da un aeroplanino come se fossero uno striscione, quello delle comunità coinvolte vanno a formare, come un calligramma, la sagoma di una bambolina di carta in una fila di bamboline ritagliate dal mondo.
Il nome dei due coniugi che hanno scritto la storia e la sceneggiatura compaiono mentre i loro alter ego disegnati si baciano nascosti dal mondo. Alla fine dal globo esce un’immensa folla di persone che travolgono l’omino, richiamando la scena finale del film, che divenne celebre e venne ripresa nella filmografia del genere successiva. Le azioni e gli avvenimenti sono veloci, frenetici, come il film stesso. Le illustrazioni infantili, da cartone animato, fanno parte di una nuova tendenza che si andava sviluppando in quegli anni in contrasto con l’iperrealismo della Disney. I titoli di questo film appaiono, più di molti altri, come un vero e proprio “film nel film”, che esiste di per sé.
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Past Anni ‘50-‘60 - Saul Bass
I titoli di testa di Bunny Lake is Missing (1965) cominciano con il solito fondale nero di Bass, che una mano strappa per rilevare il nome del regista, ancora una volta Otto Preminger, scritto in nero su fondo bianco. Il carattere è sempre un grottesco, ma più esteso e squadrato del solito. Al cambio di scena il fondo nero è di nuovo intatto, e la mano ne strappa metà permettendoci di leggere il titolo, dipinto a mano con un grosso pennello, le cui lettere finali sono di un grigio sempre più chiaro a suggerire l’idea di sparizione. Scena dopo scena la mano continua a strappare pezzi di sfondo a rivelare i vari crediti, il penultimo strappo appare però a forma di bambina, e infine la mano accartoccia completamente il fondale mostrando la prima scena del film. La sagoma della bambina si riferisce a Bunny Lake, la figlia scomparsa della protagonista, sembra infatti che la bimba sia scomparsa dal foglio di carta. Il concetto di questi titoli è estremamente semplice, con pochissimi elementi e privo di qualunque decorativismo, a dimostrazione che un grande artista può creare cose straordinarie anche con pochissime forme e semplici composizioni.
Per molti anni Bass non realizzò più titoli di testa, fino a quando, insieme alla sua collaboratrice e poi moglie Elaine Makatura, non venne “riscoperto” da Martin Scorsese negli anni ’90, che da sempre era stato un grande ammiratore del suo lavoro. Per quanto il suo nome venne sempre oscurato da quello del marito, Elaine dette un contributo fondamentale nella progettazione degli ultimi titoli della loro carriera.
BUNNY LAKE IS MISSING
Past Anni ‘50-‘60 - Saul&Elaine Bass
Scorsese li chiamò la prima volta per realizzare i titoli di Goodfellas, del 1990. I crediti iniziali, in Helvetica Bold bianco, passano rapidamente da destra a sinistra per poi ricomparire in corpo ridotto al centro di modo da essere leggibili. Ogni passaggio è sottolineato dal rumore di un motore, come se i testi fossero dei veicoli o le strisce bianche dipinte sulle strade. L’impressione è accentuata dalla prima immagine, un’auto che sfreccia su una strada buia. Una breve scena interrompe la sequenza dei crediti, i passeggeri dell’auto sentono un rumore provenire dal baule, dove avevano rinchiuso un uomo che credevano morto. Fermano la macchina, aprono il baule e finiscono l’uomo con un coltello e una pistola. Quindi, i crediti riprendono a scorrere cominciando dal titolo di colore rosso, che passa sullo schermo ben tre volte prima di fissarsi in mezzo. I testi che scorrono rapidamente e poi si fermano, riprendono sia l’andamento della vita del protagonista, sia le scene create da Scorsese, che a volte si congelano in mezzo all’azione per dare modo al protagonista di raccontare cosa sta vivendo. I colori bianco e rosso usati sul fondo completamente nero creano una tensione drammatica in modo puramente grafico, come caratteristico di molti dei precedenti lavori di Bass.
GOODFELLAS
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L’anno dopo, sempre per Scorsese, realizzarono i titoli di Cape Fear. Questa sequenza è ricca di simboli, l’acqua che simboleggia il luogo fisico dell’azione ma anche una sorta di trappola morale, gli occhi rappresentano il giudizio ma anche connessione umana, il rosso del sangue, della rabbia, e l’aquila che simboleggia il predatore, incarnato da Cady (Robert De Niro) nel film. Ad accentuare il simbolismo dell’aquila, il nome di De Niro compare appena dopo il passaggio dell’ala, come se l’avesse portato lei con sé, e la musica diventa molto più drammatica in corrispondenza del suo arrivo. Il film inizia con inquadratura di acqua in movimento, con riflessi di vari colori, in uno spezzone viene sorvolata da un falco, e in altri punti in trasparenza si possono vedere gli occhi o il viso di una persona. In un punto l’acqua è trattata come se fossero due parti divise, una in alto e uno in basso, che lasciano al centro una striscia nera in cui trovano posto alcuni crediti. Verso la fine una goccia rossa cade verso il basso tingendo tutto lo schermo di rosso. L’acqua è sostituita da due occhi, prima rossi, poi bianchi come se fossero in negativo, e infine del loro colore naturale, con l’inquadratura che si allontana mostrando tutto il viso di Juliette Lewis, uno degli interpreti principali.
Past Anni ‘50-‘60 - Saul&Elaine Bass
Past Anni ‘50-‘60 - Saul&Elaine Bass
La sequenza contribuisce a creare sensazioni contrastanti nello spettatore, come sarà poi il film stesso a fare. Per quanto riguarda la tipografia, i Bass utilizzano un Helvetica Italic Condensed in bianco, tagliato a metà, con la parte superiore leggermente sfalsata verso destra. I crediti sono disposti su tre colonne, mai occupate contemporaneamente, con i testi più lunghi nelle due laterali, sempre al centro dello schermo dal punto di vista della disposizione verticale. I primi crediti compaiono in fila, partendo da sinistra e andando verso destra, come se scorressero. Il titolo è composto con la stessa font degli altri crediti, in una versione meno condensata, nello stesso corpo dei nomi degli attori principali. Più che da elementi visivi, è sottolineato da un crescendo notevole nella musica al momento della sua comparizione. Lo sfalsamento delle due metà della scritta da la sensazione che siano danneggiate, che ci sia qualcosa di sbagliato, che non funziona.
CAPE FEAR
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Past Anni ‘50-‘60 - Saul&Elaine Bass
I Bass lavorarono ancora con Scorsese nel 1993, per i titoli di testa di The Age of Innocence. In questo film una grande simbologia è inserita da Scorsese stesso, che utilizza tre colori base con una forte carica simbolica. Il rosso è il colore del dolore del protagonista per l’amore che non può esprimere alla contessa, il giallo è il colore della contessa, e della sua vivacità, disinibizione ma anche solitudine, il bianco infine essendo unione di tutti i colori ma anche non-colore, è il colore di May (la futura sposa) e della sua natura ambigua, di innocenza ma consapevole accettazione, di completezza o di sterile ineluttabilità. Anche i fiori sono una componente simbolica molto forte nel film, dove le rose sono associate alla contessa e i mughetti a May. I simboli di Scorsese vengono ripresi nella sequenza creata dai Bass, anch’essa ricca di simboli e significati. La sequenza è composta da tre livelli. Il più profondo mostra delle rose, alternativamente rosa/rosse e gialle, che sbocciano lentamente, a significare l’amore dei due protagonisti che nasce come una cosa naturale. Il secondo livello rappresenta le convenzioni sociali, la società in cui vivono, che creano un filtro al loro amore, rappresentato da righe di testo tratte dal Galateo e da dei pizzi, posti sullo schermo a coprire le immagini dei fiori.
Nel terzo livello compaiono i crediti, composti in una scrittura di colore bianco. L’intera sequenza possiede un certo fascino estetico, ma al contempo risulta un’inquietudine di fondo, data in parte dalla musica, in parte dagli sfondi scuri e in parte anche da questo “filtro” che si ha davanti agli occhi. Quello che vogliono comunicare è una critica alle convenzioni sociali, in grado di imbrigliare e soffocare le passioni più pure. I crediti sono disposti al centro, tranne per quelli più lunghi, collocati sui due lati. I nomi degli attori principali, del regista e il titolo, sono inseriti nello spazio lasciato vuoto dalle righe del secondo livello, scritte con una svolazzante calligrafia molto elegante. Le scritte iniziali cambiano lentamente colore passando dal blu al rosso e infine al nero, in corrispondenza dello sboccio di un fiore e della comparsa del titolo, circondato da segni svolazzanti che sembrano tracciati da un pennino.
THE AGE OF INNOCENCE
Past Anni ‘50-‘60 - Pablo Ferro
Pablo Ferro, designer cubano, è l’altro grandissimo progettista di questo periodo. Iniziò a lavorare come disegnatore e in ambito pubblicitario. Egli si avvicina all’animazione lavorando con vari animatori della Disney, e crea una sua particolare tecnica detta di montaggio rapido (quick cut) con cui integra immagini statiche tra cui incisioni, fotografie, disegni con filmati in movimento. Ha anche introdotto effetti di schermi multipli, mai usati prima. Un’altra sua caratteristica sono le sottili lettere tracciate a mano da lui, presenti in più d’uno dei suoi lavori.
PABLO FERRO
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42 Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb è il film per cui Pablo Ferro divenne famoso. Inizia con delle inquadrature di nuvole viste dall’altro, ed una voce narrante che racconta la situazione del mondo durante la guerra fredda. Le immagini proseguono con scene di bombardieri americani modello B-52 (che richiamano subito alla mente la Guerra Fredda entro cui è ambientato il film), visti da fuori, mentre vengono riforniti di carburante, su cui si stagliano lunghe e sottili lettere bianche graffiate a mano da Ferro. Questa irregolarità ed eccessiva sottigliezza rende meno leggibili le lettere più grandi, quindi, al contrario di quello che avviene di solito, le parole di dimensione maggiore sono quelle meno importanti, ad esempio “with” o “and”, coi nomi degli attori di dimensioni più ridotte.
Past Anni ‘50-‘60 - Pablo Ferro
Da una gruppo di parole ad un altro si passa con un semplice effetto di dissolvenza, ma è molto particolare la distribuzione delle parole sullo schermo. Le parole vengono cambiate di corpo, ma anche di proporzioni, per adattarle allo spazio e fargli occupare tutto il rettangolo al centro dello schermo. In genere alterna una linea di dimensione maggiore ad una più piccola, e nelle schermate con molto testo usa una disposizione su tre colonne ben definite, ma anche così vengono usate in maniera molto libera, nella prima schermata in cui compaiono le tre colonne infatti, la prima è occupata esclusivamente da un grande e strettissimo “and”. In un’unica schermata utilizza il minuscolo, accostato al maiuscolo. Molto particolare è il lettering creato per il titolo del film, titolo che a causa della sua lunghezza pone non pochi problemi di rappresentazione.
DR. STRANGELOVE
Past Anni ‘50-‘60 - Pablo Ferro
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Ferro presenta un enorme “Dr.” squadrato, definito solo dal sottile contorno, che va ad occupare tutto il rettangolo centrale in altezza e lo supera anche leggermente in larghezza. Sovrapposto a questo, per quasi tutta la lunghezza del margine superiore, “Strangelove”, unica parola dei titoli di testa ad avere uno spessore più largo di una semplice linea. Questa parola è formata da caratteri grossi e pesanti, molto più bassi delle altre lettere, che rendono la parola molto in evidenza ma l’uso del bianco non la rende comunque eccessivamente pesante o fuori posto. Sul lato, incolonnate tra la fine di “Strangelove” e il puntino (in realtà quadrato) di “Dr.”, le rimanenti parole del titolo, che variano di dimensione e larghezza di modo da risultare perfettamente incolonnate. La musica di sottofondo è la ballata “Try a Little Tenderness”, che crea uno strano contrasto con le immagini di aerei da guerra, inoltre, le inquadrature degli aerei contengono allusioni sessuali che saranno poi uno dei motivi ricorrenti all’interno del film.
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Past Anni ‘50-‘60 - Pablo Ferro
Nel 1968 Ferro realizzò i titoli di testa di The Thomas Crown Affair, utilizzando la tecnica degli schermi multipli per cui divenne poi famoso, e definendo lo stile cinematografico dei tardi anni ’60. Egli non si limitò a realizzare i titoli di testa, ma inserì schermi multipli anche all’interno del film, perché alla fine delle riprese Jewinson, il regista, si accorse che il film era troppo lungo. Così chiese a Ferro di unire delle scene mettendole contemporaneamente sullo schermo, la durata del film venne ridotta e la tecnica usata contribuì a creare il carattere del film. Per quanto riguarda i titoli di testa, Ferro inserisce dei rettangoli divisi da griglie irregolari ma sempre ortogonali in più rettangoli, entro cui fa scorrere immagini fisse. Le immagini possono occupare un singolo rettangolo o più d’uno, spesso le due cose avvengono contemporaneamente. Inoltre i movimenti delle immagini sono rivolti in direzioni diverse, ed esse sono monocromatiche ma cambiano continuamente colore, e i rettangoli generalmente scompaiono uno alla volta.
THE THOMAS CROWN AFFAIR
Past Anni ‘50-‘60 - Pablo Ferro
Tutto ciò contribuisce a creare molto movimento. Le lettere, bastoni bianchi extrabold condensati con un leggero effetto di tridimensionalità usati in maiuscoletto, sono fisse e vanno ad occupare gli spazi all’interno delle griglie lasciati vuoti dai rettangoli. Lo schermo viene trattato proprio come se fosse una pagina, diviso da griglie differenti entro cui trovano posto immagini e testo. All’inizio della sequenza vengono presentati i due protagonisti all’interno della stessa griglia, cambiando solo le immagini, mantenendo la griglia vanno a comparire altre due immagini di McQueen che occupano tutto il rettangolo ma in cui ogni rettangolino ha un colore diverso, per poi stabilizzarsi su un monocromo.
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A questo punto compaiono altre immagini sulla destra e il titolo del film, con “The” e “Affair” scritto con gli stessi caratteri degli altri crediti, e “Thomas Crown” composto invece da un Commercial Script di colore rosso. È molto particolare l’associazione di queste due font, una scrittura ad alto contrasto con un lineare che ne è totalmente privo, che sta a rappresentare l’ambiguità del personaggio. Il colore rosso verrà poi ripreso poco dopo in una sequenza di immagini tutte virate a questa tinta. Nel finale, insieme ai soliti rettangoli con immagini fisse, ne compare uno in movimento, che allargandosi andrà a formare la prima scena del film.
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Nello stesso anno di The Thomas Crown Affair uscì un altro film con Steve McQueen, Bullitt, di cui Ferro realizzò i titoli di testa, sempre utilizzando la tecnica degli schermi multipli ma portandola ad un altro livello. Egli infatti non si limitò ad utilizzare schermi di forme rettangolari, ma li ritagliò seguendo la forma delle lettere dei crediti del film. Le immagini filmate presenti in questi titoli creano un’atmosfera di tensione e di attesa, ma è difficile capire cosa sta accadendo perché Ferro passa (volontariamente) da una scena all’altra senza una continuità utile a far capire cosa avviene. Il primo nome che compare è quello di Steve McQueen, scritto con dei pesanti caratteri bastoni bianchi molto simili a quelli usati per la parola “Stranamore” nel titolo del Dr. Stranamore. Questi si spostano verso l’alto lasciando al loro posto un “buco” che mostra una scena differente. Il buco a forma di lettere si allarga sempre di più finché lo spettatore non si trova nella nuova scena. Qui compare il testo “in Bullitt A Solar production”.
Past Anni ‘50-‘60 - Pablo Ferro
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Past Anni ‘50-‘60 - Pablo Ferro
“In” scorre verso l’alto, “A Solar production” verso sinistra e il titolo “Bullitt” verso destra. Queste parole, come tutte quelle presenti nella sequenza, si spostano in modo preciso e costante come se si trovassero su binari, ma le differenti direzioni contribuiscono comunque a creare movimento. Il titolo lascia a sua volta un buco che si allarga per proiettare nella nuova scena, così come avviene con i crediti successivi. All’aumentare di lunghezza del testo presente, si perde l’effetto di schermo multiplo ma le singole righe di testo si muovono, sempre su binari, in direzioni o in momenti diversi, creando interessanti animazioni. Arrivati verso la fine riprende la tecnica di cambiare scena attraverso i caratteri.
BULLITT
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Past Anni ‘50-‘60 - Iginio Lardani
Iginio Lardani, da completo autodidatta, è entrato nel mondo del cinema creando locandine, ma il suo lavoro è diventato conosciuto attraverso la creazione dei titoli di testa per la cosiddetta Trilogia del Dollaro, di Sergio Leone. In seguito realizzò altri titoli di testa e moltissimi trailer, ma non raggiunse mai la notorietà internazionale nonostante tutti abbiano visto i suoi lavori all’inizio dei più famosi “spaghetti western”. Di questa trilogia fanno parte i tre film girati da Sergio Leone, con Clint Eastwood come protagonista e la colonna sonora di Ennio Morricone. I loro titoli di testa sono caratteristici del film e ne contribuiscono a creare l’atmosfera.
IGINIO LARDANI
Past Anni ‘50-‘60 - Iginio Lardani
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Nel 1964 uscì Per un Pugno di Dollari.Tre anni dopo uscì in America col titolo Fistful of Dollars e divenne il primo western italiano riconosciuto internazionalmente. I titoli realizzati per questo film sono molto grafici, richiamano la Pop Art e sono stati d’ispirazione stilistica a molti designer successivi. Le immagini, rappresentanti cow boy a cavallo che si inseguono e si sparano, sono fortemente iconiche e di impatto, sono semplici silhouette in movimento di colore bianco, rosso (rappresentante il sangue) o nero su sfondi a tinta unita del medesimo colore. Dopo poco, con un rapido scorrimento dall’alto, compare il nome del protagonista, sottolineato dal rumore di uno sparo. Le lettere sono grossi sans serif bianchi leggermente irregolari, come se fossero dipinti a mano.
PER UN PUGNO DI DOLLARI
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Past Anni ‘50-‘60 - Iginio Lardani
Il secondo testo è il titolo del film, questa volta davvero disegnato a mano, con delle forme particolari con molte curve e punte. Anch’esso compare in corrispondenza di uno sparo, in bianco su rosso, con un ingrandimento a partire dal centro dello schermo. Esce invece di scena sgretolandosi in corrispondenza di altri spari, come se fosse stato rotto da proiettili. Il fondo rosso collassa su se stesso andando a formare la sagoma di un cow boy a cavallo. Il nome di Marianne Koch compare come se fosse ritagliato su un rettangolo rosso, mostrando il fondo nero. I testi successivi sono invece in maiuscolo e alcuni con un effetto di rilievo dato dalla creazione di un ombra. Le varie scene lampeggiano in corrispondenza di suoni di spari. Al termine un cow boy bianco va ad allargarsi diventando una macchia di luce che mostrerà poi la prima scena.
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Past Anni ‘50-‘60 - Iginio Lardani
L’anno dopo esce Per Qualche Dollaro in Più (For a Few Dollars More), e di nuovo Lardani realizza la sequenza iniziale. Questa volta l’attenzione si concentra tutta sul trattamento del testo, perché le immagini consistono esclusivamente in un’inquadratura fissa. La sequenza inizia con un fondo rosso che richiama il film precedente, con una piccola macchia bianca in mezzo.
Poi viene mostrata la scena di un paesaggio in cui un cow boy si avvicina cavalcando. Ad un certo punto, uno sparo lo colpisce, ed egli cade morto dal cavallo. Per il resto dei titoli di testa viene inquadrato lo stesso paesaggio, col corpo morto e il cavallo che si muove intorno, fino alla fine quando torna la schermata rossa iniziale. I testi vengono inseriti come se si trattasse di immagini luminose proiettate da un proiettore sul paesaggio, che scorrono sul suolo e sulle montagne. Dopo che sono scorse sul paesaggio si ingrandiscono venendo in primo piano. Il titolo è il primo testo a subire questo trattamento, e dopo aver raggiunto il primo piano viene colpito da uno sparo, che stacca le lettere “che” e crea un buco. Anche gli altri testi vengono colpiti da spari che li bucano, li deformano, o li fanno cadere in pezzi. L’ultimo che appare è il nome di Sergio Leone, che viene abbattuto lettera per lettera dai pistoleri. Il carattere usato è in realtà realizzato a mano, è un fantasia molto grosso e squadrato, leggermente inclinato verso destra e coi buchi interni alle lettere fatti da stretti ovali molto inclinati. Il carattere non ha linee rette né spigoli vivi, e alcune lettere vengono modificate per adattarsi alle circostanze, rendendolo molto compatto.
PER QUALCHE DOLLARO IN PIÙ
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Past Anni ‘50-‘60 - Iginio Lardani
Terzo film della trilogia, uscito nel 1966, è Il Buono, il Brutto, il Cattivo (The Good, The Bad and The Ugly). I titoli di testa partono con le stesse grafiche di Per un Pugno di Dollari, ma poi si può vedere la grande evoluzione stilistica di Lardani. Uno sparo colpisce un cow boy nero su fondo rosso, che esplode andando a formare le lettere del primo testo. Per comporlo, Lardani ha utilizzato una font diversa per ogni linea, e l’ha delimitato con dei filetti decorati. Sia quest’ultimi che le font sono chiaramente ispirate ai poster “Wanted” e ai cartelli associati alla tradizionale immagine dei film western, sapientemente affiancati. Questo mescolamento di diversi caratteri viene mantenuto per tutta la sequenza, aggiungendo anche filetti e altri elementi decorativi. Un macchia bianca si allunga sullo schermo, e poi viene spazzata via con un pennello a mostrare l’immagine di Clint Eastwood realizzata con solo due colori, il nero e il marrone dello sfondo.
IL BUONO, IL BRUTTO, IL CATTIVO.
Past Anni ‘50-‘60 - Iginio Lardani
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Tutte le immagini saranno trattate in questo modo, e le parti bianche sono state realizzate con una tecnica mai resa nota da Lardani. In corrispondenza dell’immagine dell’attore, ne compare anche il nome, sempre annunciato dal solito sparo. Le lettere risultano come un buco su una macchia bianca sgretolata ai bordi, con filetti sopra e sotto e segni decorativi ai lati. Stessa cosa viene fatta coi volti e i nomi degli altri protagonisti, con metodi di transizione sempre diversi tra l’immagine e la macchia bianca. Per presentare il titolo, Lardani torna al fondale rosso in cui galoppa un cow boy bianco, il cannone in primo piano spara alla sagoma che va a comporre la scritta “Il Buono,”, la seconda sagoma diventa “Il Brutto,” e la terza “Il Cattivo.”, tutti scritti con font diverse. I crediti continuano a succedersi con gli stessi effetti di macchie bucate sovrapposte a immagini usati per i nomi dei protagonisti. “Regia Sergio Leone” invece riprende lo sviluppo del titolo, ma le tre linee anziché da tre diversi cow boy (i tre protagonisti) vengono formate dal cow boy, dalla parte superiore del cavallo e dalle gambe. Con un ultimo sparo, la sequenza finisce. La grandissima ricchezza di font e elementi decorativi tipografici utilizzati, proietta immediatamente nell’ambientazione del film, sembra di camminare tra i cartelli e i poster di un villaggio western. Si trattano tutti di caratteri fantasia ispirati dal tema, in particolare quelli usati nel titolo richiamano anche le caratteristiche dei personaggi: grazie rotonde per il buono, una font più irregolare e spigolosa per il brutto, e un carattere squadrato con grosse grazie rettangolari per il cattivo.
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Past Anni ‘70-‘80
In questi anni la computer grafica entra prepotentemente nel mondo del cinema, ed anche nel design dei titoli di testa. Con il computer era possibile creare effetti mai visti prima, che si svilupparono di pari passo con lo sviluppo dei software. La tipografia poteva raggiungere una sua dimensione, ed essere mossa e manipolata in spazi inesistenti creati appositamente. Queste tecniche però erano costosissime e quindi accessibili solo per i film ad altissimo budget. La progressiva diffusione di computer sempre più accessibili invece dette un impulso notevole alla sperimentazione artistica, cercando di realizzare titoli originali e mai visti prima.
ANNI ‘70-‘80
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Past Anni ‘70-‘80 - Maurice Binder
Il nome e la fama di Maurice Binder sono indubbiamente legati alla figura di James Bond. Egli infatti realizzò i titoli di testa di 14 dei 23 film dedicati all’agente segreto, compreso il primo, creando quindi anche la celebre scena della canna della pistola. La scena comparve per la prima volta nel primo film della serie, del 1962, Dr. No. Dei pallini bianchi compaiono sullo schermo, uno si allarga e diventa il buco della canna di una pistola, vista da dentro, che inquadra la figura di James Bond mentre cammina di profilo. Questi si ferma, si gira e spara in direzione dello spettatore, quindi lo schermo si tinge di rosso come se del sangue gli colasse davanti. Questa sequenza, diventata famosissima, è stata replicata in vari film con l’attore che di volta in volta interpreta il protagonista. Quello che si nota nelle sequenze di Binder è una grande libertà, espressiva, comunicativa, ma che dipende anche da quello che viene mostrato.
Nei suoi titoli di testa si ha un’anteprima dell’erotismo e della fuga dalla realtà che si vedrà poi nel film, con le sue atmosfere esotiche e avventurose. Binder sosteneva che il suo lavoro con James Bond si poteva sintetizzare in “girls, guns, smoke, and steam”. Altra caratteristica comune a tutti i suoi lavori, il forte contrasto tra sfondi neri e colori accesi e viceversa, considerato che spessissimo usa delle silhouette. In generale, i titoli di testa di James Bond sono molto pop. Come all’interno del film, anche nei titoli la tecnologia risulta molto importante, e viene usata per sperimentare svariate tecniche durante tutti i 50 anni di vita di James Bond.
MAURICE BINDER
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Past Anni ‘70-‘80 - Maurice Binder
In Dr. No il buco della canna di pistola della prima scena torna ad essere un pallino bianco, che si posiziona in basso a destra lampeggiando tra il bianco e il rosso, da cui partono altri pallini colorati. Il numero di pallini si ridimensiona e iniziano a muoversi solo in un ristretto spazio intorno al pallino iniziale, sormontati dal nome dell’autore che ha creato James Bond, scritto con una font lineare bianca. I pallini vanno a formare le lettere “Dr.” e “N” mentre il pallino rosso di partenza diventa la “O” di “No”. Le due parole lampeggiano cambiando il loro rapporto reciproco, da sopra e sotto con allineamento a bandiera sinistra a un’unica linea, e viceversa. I pallini vengono sostituiti da quadratini smussati colorati, che scendono portandosi dietro la scritta “007” a cui si affianca il nome del protagonista (Sean Connery), con la stessa font di prima. Ritornano i pallini, che vanno a comporre differenti figure, a cui vengono affiancati i crediti. Li si può vedere disposti sia a bandiera destra o sinistra che ad epigrafe. Gradualmente i pallini aumentano di dimensione e in una schermata se ne possono vedere solo due che dividono il nome di Ken Adam dalla sua qualifica come Production Designer.
DR. NO
Past Anni ‘70-‘80 - Maurice Binder
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I pallini diventano uno sfondo nero si cui si muovono silhouette colorate di donne, e poi sagome nere di tre uomini ciechi, su cui le lettere bianche continuano a comparire coi loro diversi allineamenti. Nella prima scena del film, si rivedono i tre ciechi delle sagome. I pallini di questa sequenza, contraddistinta da un alto livello di minimalismo, rappresentano dei fori di proiettile, come se fosse stato bucato lo schermo, che poi vanno ad evolversi diventando segno grafico, colorati a mano sui negativi della pellicola.
I titoli del secondo e del terzo film sono stati realizzati da un altro designer, Robert Brownjohn, chiamato a lavorare per Bond grazie alla sua crescente fama come art director, che stravolgerà notevolmente lo stile di Dr. No, ma introdurrà elementi di sensualità, nudo e figuratività che rimarranno poi anche negli altri film sull’agente segreto. Egli ha dichiarato che secondo lui per film di questo genere si può lavorare solo su due temi, sesso o violenza, e lui aveva scelto il sesso. Brownjohn contribuì anche a ordinare meglio la tipografia, usando colonne più strette e allineamenti più definiti.
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Past Anni ‘70-‘80 - Robert Brownjohn
Brownjohn realizza dapprima nel 1963 i titoli di From Russia With Love, in cui i caratteri, in una font simile a quelle usate negli altri film della serie, vengono proiettati sul corpo di una ballerina di danza del ventre. Le varie linee dei crediti sono colorate con colori differenti, con ritmi diversi nelle varie schermate. Di per sé il testo è fisso, si muove solo dipendentemente dal corpo della ballerina. Subito dopo il titolo, un gigantesco 007 in viola e rosso viene proiettato sul viso prima, e sul seno poi, della ballerina, occupando tutto lo schermo. La soluzione della proiezione è molto originale, e sembra che Brownjohn abbia trovato l’inspirazione vedendo degli studenti muoversi davanti al proiettore durante una sua lezione. Ha dovuto superare parecchie difficoltà tecniche, come la potenza non sufficiente dei proiettori, e la ballerina ha dovuto ballare in un limitatissimo spazio per evitare che i caratteri andassero fuori fuoco.
ROBERT BROWNJOHN
Past Anni ‘70-‘80 - Robert Brownjohn
L’anno dopo uscì Goldfinger, dove Brownjohn utilizzò la stessa idea di From Russia With Love ma proiettando, anziché il testo, delle scene dal film sul corpo di una donna dipinta di color oro. In questo caso la donna è ferma, e la proiezione si muove, seguendo le curve della donna. Scena molto bella in questo senso è quella in cui una pallina da golf percorre prima il suo braccio per poi scivolare perfettamente sulla clavicola. Goldfinger fu un successo, ma Brownjohn si rifiutò di lavorare ancora per James Bond, per ragioni sconosciute.
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Past Anni ‘70-‘80 - Maurice Binder
THUNDERBALL
Nel ’65 Binder tornò quindi a lavorare per James Bond, con i titoli di testa di Thunderball. Le immagini mostrano delle silhouette di donne nude e di sub armati di fiocina che nuotano sott’acqua, lo sfondo è di volta in volta di diversi colori molto saturi. Per quanto riguarda il testo, Binder utilizza effetti di tipografia cinetica: il testo viene deformato in comparizione e dissolvenza dando l’impressione che si trovi anch’esso sott’acqua, il nome di Sean Connery appare e scompare seguendo i movimenti della fiocina e del sub che la porta, e il titolo del film arriva ondeggiando come se fosse sott’acqua e viene raggiunto da una copia di se stesso che va a sovrapporsi, creando un effetto onda. Binder riprende le donne provocanti di Brownjohn, inserendole però nel contesto di estetica moderna di Dr. No, con colori saturi, sagome, e testi puliti. I titoli di testa di Thunderball definiscono lo stile di tutti gli altri titoli dei film di James Bond, fissando anche lo standard qualitativo della composizione.
In You Only Live Twice (1967) immagini e silhouette di geisha si sovrappongono a immagini di un’eruzione vulcanica, mescolate con un elemento grafico che ricorda la forma di un ventaglio nel cui centro trovano posto i testi. È la prima sequenza in cui usa delle immagini filmate, crea anche delle sagome che presentano immagini al loro interno. La font usata presenta delle curve che fanno pensare alle calligrafie orientali.
YOU ONLY LIVE TWICE
Past Anni ‘70-‘80 - Maurice Binder
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HER MAJESTY’S SECRET SERVICE In On Her Majesty’s Secret Service (1969) alle silhouette si affiancano dei filmati che scorrono come sabbia all’interno di una clessidra, mentre il trattamento del testo passa in secondo piano. Compaiono anche delle deformazioni sulla parte filmata, quando passa all’interno della clessidra.
In Diamonds are Forever (1971), sequenza più fotografica delle precedenti, i caratteri aumentano la loro pulizia grazie all’uso di una font più tonda e sottile. Il nome di Sean Connery viene sparato da una pistola, e il titolo viene presentato di colore azzurro, diversamente dagli altri film. Anche qui sono presenti sagome e elementi grafici cone in You Only Live Twice, ma a forma di diamante, anche se in numero minore essendo la sequenza più incentrata su filmati.
DIAMONDS ARE FOREVER
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Past Anni ‘70-‘80 - Maurice Binder
LIVE AND LET DIE Il ruolo di James Bond in Live and Let Die del 1973 non è più di Connery, ma passa a Roger Moore, accolto ufficialmente con la celebre scena della canna della pistola. Il movimento perpetuo del fuoco, elemento base dell’intera sequenza, è ripreso nella tipografia che viene trattata con effetti cinetici ondeggianti, simili a quelli di Thunderball. Il titolo è sillabato parola per parola mentre le immagini di una donna dagli occhi spalancati e di un teschio si scambiano e sovrappongono, le parole arrivano ondeggiando dal basso e alla fine si sciolgono nel testo successivo. Gli stessi effetti sono stati usati in The Man With the Golden Gun (1974), ma vengono estesi anche alle immagini di donne e della pistola d’oro del titolo, richiamando le inquadrature di acqua presenti.
THE MAN WITH THE GOLDEN GUN
Past Anni ‘70-‘80 - Maurice Binder
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THE SPY WHO LOVED ME The Spy Who Loved Me (1977) inizia con la silhouette di due mani che accolgono l’immagine di un paracadute con la bandiera britannica, riprendendo le due mani di Live and Let Die che circondano invece una donna che balla. Binder continua le sue sperimentazioni sull’unione di filmati e sagome, stravolgendo le relazioni di scala con scene come quella in cui una donna esegue esercizi ginnici sulla canna di una pistola, ad esempio.
MOONRAKER
In Moonraker (1979) i passaggi da una sequenza all’altra avvengono in alcuni casi con schermi multipli circolari, come nella tradizione di Ferro, e alcune silhouette sono riempite da texture, in un caso con dei pallini colorati che richiamano quelli di Dr. No ma anche la forma della luna. La differenza dai precedenti per quanto riguarda la tipografia è che i testi non sono più nettamente divisi, ma coesistono per un attimo prima che il precedente si dissolva.
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Past Anni ‘70-‘80 - Maurice Binder
FOR YOUR EYES ONLY Non ci sono grandi innovazioni in For Your Eyes Only (1981), a parte che sono gli unici titoli di testa a mostrare l’interprete della sigla, Sheena Easton, mentre canta. Il filo conduttore di Octopussy (1983) è una luce laser, che proietta sul corpo di una donna il contorno di Bond, di un polipo e una sorta di logotipo che diverrà poi simbolo del film: “007” col numero sette che diventa il calcio di una pistola. Sul finale, una pistola “spara” fuori la frase “produced by” che dal rosso del laser torna al tipico bianco della tipografia di James Bond, e subito dopo il logotipo 007 che porta con sé “directed by”, per poi proseguire il suo tragitto fuori dallo schermo. Chiaramente Binder trovò ispirazione per Octopussy nei titoli realizzati da Brownjohn proiettando immagini su corpi di donna.
OCTOPUSSY
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Past Anni ‘70-‘80 - Maurice Binder
A VIEW TO A KILL
In A View to a Kill (1985) oltre alle sue silhouette Binder usa ragazze su cui sono state dipinte immagini fosforescenti. Ricompare il logo 007, questa volta dipinto sul seno di una donna che apre provocatoriamente la cerniera della giacca, mostrando il logo, allineato con “as IAN FLEMING’S JAMES BOND” e “IN”. Il titolo viene sillabato, con le prime due parole che compaiono in corrispondenza dello sparo di una pistola laser e le altre che seguono la voce del cantante dei Duran Duran, che hanno realizzato la sigla.
Anche in The Living Daylights (1987) i primi crediti compaiono come spari di una pistola, e ricompare lo stesso formato di presentazione del logo di A View to a Kill, “007” però non è più dipinto ma si muove come se fosse fuoco che esce dalla pistola, realizzato in outline con dei piccoli pallini arancioni lungo il contorno. Anche il titolo compare con il solito effetto ondulatorio, e il logo è riproposto sul finale, sempre col contorno fatto da pallini ma questa volta azzurri, che in grandi dimensioni scorre sullo schermo verso l’alto sopra l’immagine di una donna all’interno di un bicchiere di champagne.
THE LIVING DAYLIGHTS
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Past Anni ‘70-‘80 - Maurice Binder
Licence to Kill, del 1989, è l’ultimo film di cui Binder realizzò i titoli di testa, a causa della sua morte avvenuta nel 1991. Egli ripropone molti dei temi già proposti, ma assemblandoli con una maggior raffinatezza. Ci sono silhouette di donne e di mani, schermi multipli della forma delle sagome, elementi grafici ricorrenti (come in You Only Live Twice, ma in questo caso si tratta di mirini).
LICENCE TO KILL
Inoltre sono presenti donne colorate di un unico colore che saltano in corrispondenza di spari trasformandosi in sagome, il titolo sparato da una pistola, e la tipografia continua a presentarsi con un attimo di coesistenza tra un testo e il successivo. La scena iniziale proposta si scopre essere contenuta nel mirino della macchina fotografica di una donna, sopra cui va a disporsi il logo “007” che la donna segue con gli occhi, con lo zero centrale in perfetta corrispondenza con l’obiettivo. La parola “IN” è contenuta al centro dello zero, mentre il nome dell’autore dei romanzi è collocato sopra, con la linea superiore della macchina fotografica come linea di base dei caratteri. Il logo risulta molto semplificato rispetto ai precedenti, mantenendo l’uso di pallini che però non vanno stavolta a formare il contorno, ma i numeri stessi. I pallini sono più grossi e il logo molto più lineare, ricordando i titoli di testa di Dr. No. Il logo fa anche un paio di passaggi verso la fine della sequenza, che si chiude con la stessa macchina fotografica entro il cui obiettivo trova posto la prima scena del film. L’eredità lasciata da Binder per la realizzazione dei titoli di testa di James Bond verrà raccolta qualche anno più tardi da un altro designer, Daniel Kleinman.
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Past Anni ‘70-‘80 - Dan Perri
Dan Perri in più di trent’anni di carriera ha creato più di 400 titoli di testa tra film e programmi televisivi. Nel 1976 realizza i titoli di Taxi Driver, di Martin Scorsese. La sequenza comincia con i primi crediti in un lineare squadrato rosso su fondo nero. Dal buio dello sfondo compare una nuvola di vapore bianco, entro cui si trova il taxi del protagonista. Perri usa un effetto per dare l’impressione che il titolo si trovi dietro il taxi, e venga svelato dallo spostamento di questo. Il titolo è composto con la stessa font dei primi crediti, di colore giallo più scuro ai bordi dando l’impressione che si tratti di una scritta al neon, come quelli presenti sopra il tetto dei taxi. C’è anche un effetto di tridimensionalità realizzato in outline. I crediti successivi sono realizzati allo stesso modo, eccetto la tridimensionalità. Essi compaiono sullo schermo e lentamente si “illuminano”. I nomi degli attori principali sono impaginati su due colonne, e si accendono uno dopo l’altro ordinati da sinistra a destra e dall’alto in basso. I nomi dei personaggi che interpretano e le congiunzioni sfuggono a questa impaginazione e si posizionano, in un corpo minore, sopra o sotto al nome dell’attore.
TAXI DRIVER Poi l’attenzione passa dalla tipografia, che perde l’effetto di illuminazione, alle immagini, che non si limitano più a sbuffi di vapore. Vengono inquadrati gli occhi del protagonista mentre guida, e New York sotto la pioggia vista dal parabrezza del taxi. I testi sono posizionati in basso a sinistra con bandiera sinistra o in alto al centro sempre con bandiera sinistra, in un unico caso è usata la bandiera destra. Questa sequenza permette di entrare immediatamente nella psiche del protagonista, e nel suo rapporto con la città di New York, inoltre lo stile della tipografia è perfettamente integrato con l’ambiente.
DAN PERRI
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Perri utilizzerà effetti di scritte luminose anche nel 1977 per l’intro di Star Wars. Il titolo è un lettering in outline realizzato con una font lineare molto pesante, con i lati terminale delle S e delle R si estendono molto in orizzontale, andando ad unire la prima S con la T e la seconda con la R. Il titolo partendo da dietro lo spettatore si muove sempre più in profondità nello spazio stellato del fondale, seguito da un lungo testo che racconta il prologo del film. Il testo, sempre in un luminoso giallo, è impaginato a blocco su di una lunga colonna che si muove in profondità come se fosse in orizzontale nello spazio. Questa scena è diventata estremamente famosa e ripresa identica in tutti i sei film della serie. L’uso della tipografia in modo così tridimensionale, con la possibilità di muoversi a suo piacimento nello spazio, era una grande novità per l’epoca, resa possibile solo grazie all’uso della computer grafica.
STAR WARS
Past Anni ‘70-‘80 - Maurice Binder
Past Anni ‘70-‘80 - Dan Perri
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La capacità di Perri di usare uno stile tipografico capace di rendere i testi coerenti con l’ambiente in cui si trovano si può vedere anche nel film del 1979 The Warriors. Qui Perri usa dei caratteri fatti a mano, che sembrano colare, ispirati ai graffiti fatti sui muri con le bombolette. Molte delle scene dei titoli di testa sono girate all’interno di un vagone della metropolitana di Coney Island pieno di graffiti, a cui si richiamano i crediti. Si alternano scene in cui si vedono i personaggi a scene che mostrano i binari della metropolitana filmati dal davanti del treno, mentre si muove. In queste scene vengono inseriti i crediti, come se fossero ostacoli presenti sul percorso che si avvicinano sempre di più seguendo il movimento del treno. Il colore rosso scelto per i testi richiama sia il colore dei gilet dei guerrieri della notte, sia contribuisce a creare una tensione drammatica in contrasto con i colori scuri delle immagini.
THE WARRIORS
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Past Anni ‘70-‘80 - Dan Perri
Molto più semplici e puliti i titoli di testa di Raging Bull, uscito l’anno dopo. Le immagini mostrano esclusivamente il pugile protagonista del film mentre si scalda sul ring. I testi, stavolta in un semplice lineare condensato bianco come è tipico della maggior parte dei titoli di testa, è inserito perfettamente tra le corde del ring, come se fossero le guide di una griglia di impaginazione. Tutta la sequenza è in bianco e nero, ad eccezione del rosso del titolo, anch’esso impaginato tra le corde ma nello spazio superiore agli altri crediti.
RAGING BULL
Past Anni ‘70-‘80 - Wayne Fitzgerald
Wayne Fitzgerald iniziò la sua carriera negli anni ’50 lavorando per la Pacific Title, ma senza venir citato nei crediti che lui stesso realizzava, il suo nome quindi in questa fase non era per nulla conosciuto. Nel 1968 abbandonò la Pacific Title per fondare una sua società, la Wayne Fitzgerald/FilmDesign. Fitzgerald realizzò numerosissimi lavori durante la sua carriera, sia per il cinema che per show televisivi.
WAYNE FITZGERALD
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72 Nel 1976 realizzò i titoli di testa di Murder by Death, diretto da Robert Moore. Questo film è un incrocio tra un giallo e una commedia, e il clima è ben reso dalla sequenza realizzata da Fitzgerald. Inizia con l’inquadratura di un misterioso baule avvolto da fumo, con un’inquietante musica di sottofondo. Delle mani misteriose aprono il baule, che rivela al suo interno delle figure ritagliate nella carta, come in un libro pop up, la casa dove il film è ambientato e i protagonisti della vicenda. Insieme alle sagome, disegnate da Charles Addams, compare anche il titolo del film, scritto con la font Tiffany Extrabold, disegnata da Edward Benguiat. L’attenzione si sposta su un cadavere, anch’esso disegnato, con undici coltelli piantati nella schiena, undici come i personaggi del film. Fitzgerald ci sta dicendo che avverrà un omicidio, ma che tutti potrebbero essere implicati. Il cast è presentato in “diabolical order” inquadrando di volta la sagoma di carta corrispondente e facendogli apparire accanto il nome. Le espressioni dei personaggi rimangono indecifrabili, mentre gli occhi si muovono con malizia. La sequenza propone particolari inquietanti ma anche ridicoli, lasciandoci in dubbio su quello che stiamo per vedere, producendo più domande che chiarimenti, esattamente come fa il film.
MURDED BY DEATH
Past Anni ‘70-‘80 - Wayne Fitzgerald
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Past Anni ‘70-‘80 - Wayne Fitzgerald
In The Dead Zone, del 1983, Fitzgerald mostra una serie di luoghi che potrebbero apparire idilliaci se non fossero inquietantemente deserti e statici, a causa dell’uso di fotografie anziché di filmati. Al di sopra delle immagini, delle inquietanti macchie nere vanno a defilarsi poco alla volta. Nel frattempo al centro dello schermo si possono leggere i crediti, composti con un Futura che appare in rilievo grazie ad una piccola ombra. Verso la fine, si capisce che le sagome nere non sono altro che le controforme del titolo del film, che diventa sempre più piccolo invadendo tutto lo spazio col suo fondo nero. Le enormi lettere maiuscole spigolose della font Cortez, disegnata da Philip Kelly, con le lettere laterali ancora più grandi che sembrano comprimere il resto delle parole, contrastano con il Futura tondo e sottile degli altri crediti, usato inoltre minuscolo per i nomi. Le immagini comunque continuano a cambiare all’interno dei caratteri, per poi soffermarsi sulla facciata di una casa, resa tutta visibile dalla dissolvenza delle aree nere per dare inizio al resto del film. Questi sono stati i primi titoli di testa ad aver fatto una grande impressione su Kyle Cooper, che dichiarerà di aver visto per la prima volta in The Dead Zone la possibilità di conciliare il suo amore per la tipografia e per il cinema.
THE DEAD ZONE
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Past Anni ‘70-‘80 - Wayne Fitzgerald
Il tema del film è ripreso magistralmente nei titoli di testa di Innerspace (1987). La sequenza parte mostrando strane immagini che danno l’impressione di qualcosa di alieno, fantascientifico. Allontanandosi sempre di più la camera, si scopre man mano che si tratta della struttura molecolare di un cubetto di ghiaccio, che si trova nel bicchiere di uno dei protagonisti del film. Queste immagini alludono al processo di miniaturizzazione, tema centrale del film, ma inoltre mostrano come un oggetto tanto comune se visto al suo interno può apparire come un mondo fantastico, fantascientifico, al pari di un universo sconosciuto. Con la poesia estetica delle immagini mostrate, contrastano le dure lettere dei crediti, a richiamare comunque che si tratta di un’avventura seria e pericolosa. Queste sono composte con un sans serif squadrato ed esteso, bianche per i ruoli e blu con il contorno bianco per i nomi.
INNERSPACE
Past Anni ‘70-‘80 - Wayne Fitzgerald
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Anche nei titoli di Total Recall (1990) Fitzgerald si focalizza su un solo elemento per illustrare il concetto base del film. In questo caso si tratta di fasci di luce rossa, che oltre a rievocare subito alla mente il genere fantascientifico, simboleggiano anche il viaggio virtuale al centro del film e con il loro colore richiamano anche l’ambientazione, e cioè Marte, il pianeta rosso. Questi, e la loro interazione con la tipografia, sono gli unici elementi presenti nella sequenza, ma nonostante questo con il loro colore brillante su uno sfondo nero e il loro continuo movimento riescono comunque a creare un’atmosfera di tensione. I primi si sviluppano come prolungamenti verso l’alto dei primi crediti, composti con un bastoni molto pesante e d’impatto, nero come lo sfondo. Dopo essersi estesi al punto da occupare tutto lo sfondo, sopra di loro si staglia la parola “TOTAL”, di enormi dimensioni, molto condensata ma pesante e con grazie bodoniane. Questa si dissolve nella luce, lasciando solo una traccia chiara in corrispondenza dei bordi orizzontali inferiori, e viene sostituita da “RECALL”, nello stesso modo. Gli altri crediti si susseguono con lo stesso effetto di dissolvenza nella luce, fino alla fine quando i raggi sembrano terminare e lasciare il posto al buio.
TOTAL RECALL
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Past Anni ‘70-‘80 - R/Greenberg Associates
La R/GA venne fondata nel 1977 dai due fratelli Robert and Richard Greenberg, il primo era il produttore e il secondo il designer. Furono tra i primi a capire che il design dei titoli di testa era un campo in pieno sviluppo, che necessitava di tecnologie e competenze adeguate, e furono in grado di trasformare il design in un’industria. La R/GA contribuì anche allo sviluppo di tecnologie utili per i designer e trasformò il design dei titoli di testa in arte, attraverso anche la motion graphics. Utilizzava infatti le tecnologie più all’avanguardia, e fu la prima a produrre titoli interamente realizzati ed animati al computer. In questa compagnia lavorarono in seguito molti designer con un grande talento, come ad esempio Kyle Cooper, che seppe indirizzare nel campo del design dei titoli di testa.
R/GREENBERG ASSOCIATES
Past Anni ‘70-‘80 - R/Greenberg Associates
Nel 1978 uscì Superman, i cui titoli di testa costituirono una grande innovazione nell’ambito del design digitale. La sequenza inizia mostrando lo schermo di un cinema su cui si vede un bambino sfogliare un fumetto di Superman. L’inquadratura zooma su una vignetta della sede del Daily Planet, che si trasforma nello stesso palazzo in tre dimensioni, e da lì si sposta sul cielo notturno. A questo punto appare il primo credito, composto con una font lineare in outline, coi contorni di colore blu luminoso, come un neon. La scritta aumenta sempre di più le sue dimensioni fino ad uscire dallo schermo del cinema e invadere tutto lo spazio. Prosegue la sua corsa verso lo spettatore, e dalle lettere partono raggi di luce blu creati completamente a computer. Per realizzarli è stato necessario creare un software apposito, che facesse esattamente questo effetto. La sequenza prosegue con la stessa struttura, su uno sfondo di un cielo stellato con galassie, meteore e nebulose. Il simbolo di Superman compare nella scena prima del titolo del film, con un movimento opposto ai testi, dallo spettatore al fondo del cielo. I crediti successivi manterranno questo movimento. Inizialmente è anch’esso formato esclusivamente da raggi di luce, che poi vanno a riempirsi creando il classico simbolo del supereroe. Il movimento tridimensionale nello spazio, dallo spettatore verso il fondo, è probabilmente ripreso dalla sequenza iniziale di Star Wars, anche se con l’aggiunta di effetti di tridimensionalità anche sulle lettere e non solo sul movimento.
SUPERMAN
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Altro lavoro prodotta dalla R/GA di grande rilevanza fu la sequenza iniziale di Alien, del 1979. I titoli sono caratterizzati da un grande minimalismo, le immagini mostrano esclusivamente un pianeta durante un’eclissi, scorredo da un lato all’altro. I crediti compaiono in dissolvenza, centrati, con un sans serif bianco, uno dopo l’altro. Nella parte superiore, compaiono lentamente, una dopo l’altra, delle barrette blu che virano poi al bianco.
ALIEN
Past Anni ‘70-‘80 - R/Greenberg Associates
Dapprima tre barrette verticali centrali con due oblique ai lati, simmetriche e rivolte verso il centro, a cui poi andranno ad aggiungersi altre barrette per formare il titolo del film. Ultime in ordine di comparizione, la stanghetta centrale della E e della A. L’atmosfera è ricca di tensione drammatica, con queste lame di luce che si stagliano lentamente su un cielo nero, e che con la loro lenta creazione si riferiscono alla creatura su cui è incentrato il film.
Past Anni ‘70-‘80 - R/Greenberg Associates
Nel 1985 esce invece il film Ladyhawke. Il dualismo tra i due protagonisti della storia, lui uomo di giorno e lupo di notte, e lei falco di giorno e donna di notte, si rivede subito dalla sequenza iniziale. I primi crediti, composti con un graziato scuro circondato da un ampio alone azzurrino, compaiono al centro di un grosso sole che sorge. L’arancione del cielo sembra scorrere via per lasciare spazio alla notte, dove il sole diventa invece la luna. Striscie arancioni e nere continuano a susseguirsi sullo schermo, alternando notte e giorno, sole e luna, sempre più piccoli. Continuando ad allontanarsi, si scopre che le strisce del giorno sono in realtà le lettere che vanno a comporre il titolo del film.
La font usata per il titolo è molto particolare, con lunghe punte discendenti per le A e le K e ascendenti per le Y e le W. La prima lettera è di corpo molto maggiore, e va ad incastrarsi con la seconda. Per il resto della sequenza di alternano immagini del sole e del falco protagonista del film. I crediti sono disposti su due righe con sopra il ruolo in minuscolo che si sposta verso destra e sotto il nome in maiuscolo che va invece verso sinistra, incontrandosi in una giustificazione a bandiera destra, o ad epigrafe per i testi più lunghi.
LADYHAWKE
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Past Anni ‘70-‘80 - R/Greenberg Associates
Altra produzione della R/ GA, The Untouchables, del 1987. La sequenza parte con l’inquadratura di un pavimento su cui si muovono delle ombre. Al centro del fotogramma, in bianco, si susseguono i crediti, composti con un Bodoni bold condensato. Dopo i nomi dei personaggi principali l’inquadratura si alza, per mostrare la fonte delle ombre: il monumentale titolo del film, con la stessa font in una versione più stretta, illuminato da dietro che proietta in avanti una lunga ombra. Il titolo si allontana sempre di più, per poi sparire verso la fine. Questi titoli di testa sono particolarmente di impatto, anche grazie alla totale assenza di immagini e altri elementi di distrazione.
THE UNTOUCHABLES
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PRESENT
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Present Daniel Kleinman
Daniel Kleinman ha iniziato la sua carriera come regista di video musicali, ed è approdato al design di titoli di testa attraverso la saga di James Bond. Dopo Licence to Kill nel gruppo di persone che si occupava dei film dell’agente segreto ci furono numerosi cambiamenti, cambiò il regista, John Glen, il più longevo dei registi di 007, il protagonista, che divenne Pierce Brosnan, il produttore, e anche il designer dei titoli di testa. Si arrivò a Daniel Kleinman perché aveva diretto il video musicale della canzone della sigla di Licence to Kill, e possedeva una sensibilità simile a quella fi Binder. Rispetto ai suoi due successori, fortemente legati alla scuola del Bauhaus e all’estetica anni ’80, Kleinman possedeva un approccio più eclettico, più connesso all’uso delle nuove tecnologie e una grande sensibilità all’interazione tra suono e immagini che gli derivava dai suoi lavori passati. Egli voleva anche rendere le sequenze più narrative. Grazie all’uso delle nuove tecnologie che si erano sviluppate in quegli anni, Kleinman ricreò la sequenza iniziale di James Bond della canna della pistola con Pierce Brosnan, utilizzando tecniche digitali aggiunse effetti di riflessione e movimento, mantenendo però immutata la struttura della scena e la grafica di Binder.
DANIEL KLEINMAN
Present Daniel Kleinman
83 Il primo film con cui ebbe a che fare fu Goldeneye, del 1995. La sequenza parte con la scena di un’esplosione su una montagna, che si trasforma nell’esplosione di un colpo di pistola visto dall’interno della canna. Il testo, collocato in alto al centro, mantiene una font simile a quelle usate in precedenza ma di colore oro. Il proiettile appena sparato va a collocarsi, seguito da una spirale di scintille, tra “as IAN FLEMING’S JAMES BOND 007” e “IN”. Per il titolo invece Kleiman cambia font, e utilizza un graziato molto esteso e bold con grazie triangolari, di colore che sfuma dal giallo all’arancio. Silhouette di donne ballano su uno sfondo in fiamme, ma si tratta di silhouette fotografiche e non sagome piatte. I nomi del cast non sono più disposti in colonne, ma distribuiti nome per nome all’interno dei fotogrammi, la griglia di impaginazione è 9x9 con il rettangolo centrale non utilizzato. Come Binder faceva ballare le sue Bond girls sulle canne delle pistole, Kleinman fa interagire le sue (e Brosnan) con dei giganteschi martelli, falci, stelle, statue e pistole. Uno dei testi più lunghi della sequenza compare come prosecuzione dell’esplosione di una pistola, seguendone il movimento del fumo; altri appaiono all’improvviso come conseguenza di uno sparo. Alcune donne vengono inquadrate in primo piano, con fuoco o pistole che gli escono dalla bocca.
GOLDENEYE
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Nella scena in cui delle donne ballano sulla punta di pistole giganti, un testo esce dalla griglia per andare a posizionarsi inquadrato tra le due pistole più grandi, così come un altro poco all’interno della canna di una pistola. Nel finale le donne rompono le statue giganti con dei martelli, e la pupilla di un enorme occhio dorato diventa il buco della canna di una pistola, alla cui fine compare la prima scena del film. La scena inziale con il proiettile che esplode dentro la canna della pistola è realizzata in modo fotorealistico e non grafico, e sta a significare il passaggio tra la grafica di Binder, vista poco prima, e il nuovo stile di Kleinman. Egli non vuole stravolgere lo stile di James Bond, ma non vuole nemmeno limitarsi a seguire il lavoro di Binder. La novità di Kleinman più evidente è senza dubbio l’inserimento della terza dimensione, quasi assente nei titoli precedenti. L’altra è il lavoro sulla luce, mentre i suoi predecessori consideravano lo sfondo come vuoto, nero, da riempire con il colore, per Kleinman è una fonte di luce. Inoltre, il titolo realizzato con una font differente dal resto del testo si vede qui per la prima volta dai tempi di Dr. No.
Present Daniel Kleinman
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Present Daniel Kleinman
In Tomorrow Never Dies (1997) la computer grafica, che aveva già fatto il suo ingresso con gli oggetti giganti di Goldeney, si affaccia ancora più prepotentemente sulla scena. Qui non si limita a mettere insieme immagini reali, ma viene usata al suo massimo potenziale creando immagini impossibili, come una donna fatta di microchip. I titoli partono con il reattore di un aereo che manda in frantumi lo schermo, per poi proiettarci in un mondo digitale formato da lettere e cifre. All’interno di questo mondo, una moltitudine di donne nuota su uno sfondo chiaro, su cui va a stagliarsi il titolo del film. Per il titolo Kleinman usa una font leggermente graziata, corsiva e molto pesante, le cui lettere vanno ad occupare tutto lo spazio disponibile. I caratteri bianchi sono circondati da un contorno nero, a sua volta circondato da uno rosso. A questo punto ci si ritrova nel solito mondo di donne e pistole ma questa volta mostrate come se venissero viste ai raggi x, più leggero per le donne, in cui si limita a rendere trasparente i vestiti, e invece più evidente nelle pistole di cui mostra il funzionamento interno. Altre figure, la donna di chip e la silhouette finale che da un diamante si tuffa nel mondo digitale. James Bond invece è totalmente assente, cosa che non accadeva da The Spy Who Loved Me. I testi sono trattati con un leggerissimo alone esterno rosso, poco evidente ma comunque novità assoluta per la serie.
TOMORROW NEVER DIES
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Present Daniel Kleinman
L’uso della computer grafica si mantiene in modo evidente anche in The World is not Enough (1999), dove compaiono delle donne invisibili mostrate grazie al liquido nero che gli cola sopra o alle texture digitali con cui sono riempite, che ci portano in un mondo liquido. I testi presentano una leggera ombra che li rende tridimensionali, più visibile in quelli precedenti al titolo che sono di colore sfumato dal bianco all’oro. Il titolo, anch’esso di colore oro con sfumature, è composto con caratteri molto particolari inclinati e con un fortissimo contrasto, le lettere sono formate quasi unicamente da barre verticali e barre orizzontali più sottili.
THE WORLD IS NOT ENOUGH
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Present Daniel Kleinman
In Die Another Day del 2002, Kleinman crea un contrasto tra ghiaccio e fuoco. Le ragazze sono formate da questi due elementi, e anche il testa cambia di colore a seconda dell’ambiente in cui si trova, bianco per il ghiaccio e rosso per il fuoco. Il colore nero è dato invece dagli scorpioni che popolano la sequenza. Nella sequenza compaiono delle scene filmate dell’agente segreto, cosa mai avvenuta prima. Il titolo, in rosso, è composto in una font simile alla precedente ma meno condensata e usata in maiuscoletto anziché in minuscolo, e con curve leggermente più accentuate.
DIE ANOTHER DAY
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Present Daniel Kleinman
Nel 2006 con l’uscita di Casino Royale, la saga di James Bond cambiò completamente direzione. Cambiò il protagonista, Daniel Craig, e anche il carattere del personaggio, rinnovando radicalmente la serie. Cambiarono anche i titoli di testa, per sottolineare questo grande tentativo di innovazione. Il cambiamento lo si può vedere subito nella scena iniziale, in cui il sangue che va ad occupare tutto lo schermo non è più un’indistinta macchia rossa ma cola molto chiaramente davanti allo spettatore.
CASINO ROYALE
Per la prima volta inoltre, al centro della sequenza non ci sono più le Bond girls, ma l’agente segreto stesso, che si muove in un mondo di carte da gioco realizzate digitalmente, combattendo con altre sagome che una volta sconfitte vanno in pezzi trasformandosi nei semi delle carte. La sequenza è estremamente grafica, con immagini vettoriali e soltanto due elementi in tutta la sequenza filmati, il viso della regina di cuori e quello di Craig sul finale. Spariscono le silhouette, anche se rimangono ricordate dalle sagome dei personaggi, così come il fumo e le esplosioni, sostituiti da i semi delle carte da gioco che vengono sparati dalle pistole al posto dei proiettili. Compaiono dei mirini che si trasformano in roulette, che nel loro design e nei loro movimenti ricordano quelli di Licence to Kill. Per quanto riguarda il titolo, questa volta Kleinman utilizza lo stesso font degli altri testi, tornando ad un bastoni sottile e pulito, molto geometrico (le “O” sono cerchi perfetti). Per quanto riguarda il resto del testo, non ci sono particolari effetti visivi, le parole compaiono con una semplice dissolvenza, ma le immagini sono ben progettate di modo che sotto le parole si trovi sempre lo sfondo e mai una figura, tranne nei crediti anteriori al titolo che invece si trovano esattamente al centro di un caleidoscopio di forme, ma questa centralità lo fa comunque risaltare.
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Present Daniel Kleinman
Il titoli di testa del ventiduesimo film sono stati realizzati da un altro designer, di cui parleremo in seguito. Kleinman ritornò per realizzare quelli di Skyfall, l’ultimo (per ora) film dedicato a James Bond uscito nel 2012. Qui Kleinman crea un mondo surreale subacqueo, in cui si vedono pistole giganti, bersagli che sanguinano, bare, ombre che si muovono da sole, specchi, draghi cinesi, un teschio di sangue che fa pensare a Live and Let Die. Ricompaiono anche le silhouette delle Bond girls, trattate come se fossero parti di una composizione caleidoscopica, idea ripresa dal Quantum of Solace di Radatz. C’è anche un’atmosfera dark, sia nei colori che nelle ambientazioni. La sequenza è un viaggio nella psiche di Bond, come si può comprendere dallo zoom finale sulla sua pupilla, che richiama l’inquadratura dell’occhio di Goldeneye. Questa scelta è stata fatta perché Skyfall è il film che più si addentra nell’emotività del personaggio, che si trova a combattere col suo passato. Tipograficamente, non ci sono novità rispetto alle pellicole precedenti. L’unica cosa che accomuna tutti i titoli di testa dei film su James Bond è il dualismo, la lotta tra l’ambiguità e la rivelazione, la luce e il buio, il buono e il malvagio; la si può ritrovare sempre, più o meno evidente, più o meno metaforica.
SKYFALL
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Present Ben Radatz
Ben Radatz è un designer americano, co-fondatore degli MK12 Studios, vincitori di numerosi premi e acclamati dalla critica. Caratteristica dei suoi lavori è il modo in cui muove i caratteri tipografici, che si tracciano e si dissolvono come se fossero nastri o pennellate.
BEN RADATZ
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Present Ben Radatz
In The Kite Runner, del 2007, i caratteri sembrano tracciati con inchiostro e pennello. L’impressione è data non solo dalla forma della font, ma anche dai differenti gradi di trasparenza che hanno le varie parti delle lettere, come se si fosse usato più o meno inchiostro. All’interno di alcune lettere maiuscole, come la R o la P, sono inseriti dei puntini per far apparire le scritte come si trattasse di caratteri arabi. L’impressione è accentuata dagli arabeschi che Radatz crea con le ascendenti e le discendenti dei caratteri, che si avvolgono e si svolgono seguendo le linee del pennello, e andando a volte a formare la scritte successiva. Il titolo inizia con un complesso disegno che va via via semplificandosi fino a far rimanere solo il testo, con il “the” posizionato nello spazio tra la “t” e la “R”. Lo sfondo della sequenza è formato dagli stessi disegni delle scritte ma colorati e più trasparenti, sovrapposti sopra uno sfondo chiaro. Comunque l’attenzione è interamente rivolta alla tipografia, vera protagonista di questi titoli. In un pezzo della sequenza i colori vengono invertiti, con le scritte bianche su fondo scuro, ma mantenendo immutata la dinamica. L’ultimo credito, sullo sfondo di un cielo azzurro, viene dissolto da un aquilone.
THE KITE RUNNER
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Present Ben Radatz
Radatz lavorò anche ai titoli di testa di Quantum of Solance, unico film della serie di James Bond a partire dagli anni ’90 i cui titoli non sono stati realizzati da Daniel Kleinman. Radatz modifica la scena iniziale della canna della pistola, girandola come se fosse vista dalla parte opposta: Daniel Craig visto di schiena che punta la pistola verso il buco, anziché il contrario. Oltre a questo, visivamente non si discosta molto dallo stile dei suoi predecessori. La sequenza è ambientata nel deserto, dove il corpo di una donna si confonde con le dune di sabbia. Rimangono le silhouette, che però in alcuni punti Radatz tratta come se fossero immagini di un caleidoscopio, riprendendo la composizione di Casino Royale ma con corpi di donne anziché immagini vettoriali. Nel cielo compaiono elementi grafici simili a quelli di You Only live Twice ma che rappresentano le linee della volta celeste.
QUANTUM OF SOLANCE
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Present Ben Radatz
La grande innovazione è invece nella tipografia. Radatz utilizza una font composta esclusivamente da barrette di uguale spessore e archi di cerchio dello stesso spessore delle barrette, tutti di uguale raggio. Questa estrema geometricità e regolarità gli permette di creare delle animazioni per sviluppare il testo sullo schermo. Egli parte da barrette verticali e cerchi che si allungano andando a creare tutte le lettere. In alcuni casi utilizza il pallino iniziale della scena della canna della pistola di Binder, che entra nello schermo nello stesso modo, anche se di colore rosso, e va a posizionarsi in corrispondenza di una lettera circolare del testo, mentre le altre gli si stanno sviluppando intorno a partire dalle barrette. Per le congiunzioni e i ruoli delle persone citate nei crediti utilizza invece dei caratteri minuscoli simili a quelli usati negli altri film, ma con ascendenti e discendenti più corte, la discendente della “g” interrotta appena dopo l’inizio della curva, e privi di puntini sulle i. Una terza font è usata per il titolo. È anch’essa un lineare geometrico bianco tutto con lo stesso spessore, ad eccezione delle “O”, più sottili, ma non presenta le interruzioni che possiede l’altra font. Sono presenti angoli acuti nelle “M” e nelle “A”, assenti nell’altra e le controforme sono più aperte. La gambetta della “Q” maiuscola è un’onda che arriva fino a oltre la metà della “U” in maiuscoletto. Questa attenzione per la tipografia non è stata ripetuta nell’ultimo capitolo di James Bond, uscito al cinema l’anno scorso e curato nuovamente da Kleinman sotto il punto di vista dei titoli di testa.
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Present Michael Riley
Michael Riley Ê il direttore creativo di Shine, uno studio creativo di design di Los Angeles, ha diretto e ideato numerosi titoli di testa per film e telefilm, trailer e spot pubblicitari dal 1991. Tra i suoi lavori troviamo Traitor, Signs, Mad Money, Terminator: The Sarah Connor Chronicles, Blade: The Series, Criminal Minds, Karen Sisco, Ally McBeal, Saturday Night Live e molti altri. Ha iniziato la sua carriera alla R/Greenberg Associates con Kyle Cooper per poi lasciarla per diventare partner e direttore creativo alla Imaginary Forces. Riley è stato nominato 3 volte per gli Emmy for Outstanding Main Title Design.
MICHAEL RILEY
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Present Michael Riley
Riley si dice molto fiero dei sui titoli per il film fantascientifico di Andrew Niccol del 1997 ambientato in un futuro vicino dove le classi sociali sono determinate in base al profilo genetico. Questo implica la discrimanazione umana tra validi e invalidi. Lo stesso titolo del film è un riferimento alle basi del DNA (guanina, tiamina. citosina, adenina). Per i titoli sono quindi stati creati modelli enormi per far sembrare giganti le unghie e i capelli. Visto che il film è del '97 non erano ancoa disponibili i mezzi digitali oggi comuni quindi è stato utilizzato Illustrator per posizionare i caratteri e Fontographer per creare una font personalizzata che avesse le G, A, T e C che cambiassero dal Mrs. Eaves al Avenir per rendere più semplice per il tempo lento finale.
GATTACA
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Present Richard Morrison
La sua carriera nell'industria cinematografica dura da più di 30 anni con più di 150 titoli di testa a suo credito. All'inizio della sua carriera ha lavorato a trailer sotto la guida Maurice Binder (ha assistito Binder per i film di James Bond), a spot pubblicitari prima alla Garland Compton poi alla Saatchi & Saatchi e successivamente diventa capo del dipartimento di desgne alla GSE. Alla fine degli anni '70 Richard ha formato una compagnia specializzata in design dei titoli di testa per televisione e cinema e pubblicità, la Plume. Nel 1998 fonda la Fig Production e nel 2007 la Th1ng a londra conil partner Dominic Buttimore. Attualmente lavora alla sede della HBO di Los Angeles.Ha collaborato con Jean-Jacques Annaud, David Lean, Stephen Frears, Kenneth Branagh, Ridley Scott, Nicolas Roag, Terry Gilliam e Tim Burton.
RICHARD MORRISON
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Per il tipo di film, per l'ambientazione e per la trama Richard voleva che i titoli fossero integrati come negli anni passati, cosÏ decise di non utilizzare nessuna complessa animazione come nel film non ne erano presenti. Il riferimento a Saul Bass è chiaro. Per preservare questa vecchia scuola decise di utilizzare come sfondo la Torre Eiffel e far interagire le scritte con le forme 3D della torre. La font utizzata è Univers Condesed Bold che si integra bene con le forme metalliche della torre, ma rimane ben leggibile grazie al colore bianco e per il titolo giallo che risalta sullo sfondo scuro. Questo combinato con il continuo movimento verticale della camera che non fa mai vedere l'intera forma della torre, danno un effetto unico.
THE DREAMERS
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Richard e il suo collaboratore per questo film Shay Hamias volevano creare dei titoli che trasmettessero un'atmosfera irrequieta e impoente. L'elemento principale era il sangue e far gocciolare molto sangue dall'oscuro laboratorio di Sweeny Todd di Londra. Far fare allo spettatore una specie di viaggio pauroso e inquietante caratterizzato da colori de saturati e immagini evocative in cui spicca il colore rosso del sangue. Il tutto realizzato in computer grafica, che con l'aiuto di 7 persone ha richiesto un lavoro di 3 mesi.
SWEENY TODD
Present Richard Morrison
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Per quanto riguarda la tipografia compare in dissolvenza in bianco sulle scene cupe della Londra Vittoriana tranne il nome Sweeny Todd che per ovvi motivi appare in rosso una lettera alla volta dall'alto verso il basso, richiamando ancora una volta il gocciolare del sangue. La font utilizzata appartiene alla famiglia dei Times anche se risulta piÚ condesed e viene utilizzata nella sola forma del maiuscoletto di cui però vengono variate le dimensioni del nome, di un corpo maggiore, da quelle del ruolo.
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Kyle Cooper inizia la sua carriera alla E/Greenberg Associates con cui ebbe grande successo per i titoli di Se7en. Nel 1996 fonda la Imaginary Forces presso cui dirige e produce più di 150 titoli di testa di film tra cui Spiderman e The Mummy.
Present Kyle Cooper
Nel 2003 si separa dalla sua prima azienda e fonda la Prologue Films con cui crea i titoli di Ironman, Tron: legacy e The Walking Dead. Il nome della compagnia è dovuto al pensiero del designer nei riguardi dei titoli di testa, per Cooper devono intro-
KYLE COOPER
durre alla storia che si sta per raccontare nel film. Nel 2008 è stato tra i finalisti per il National Design Awards e nel corso della sua carriera è stato nominto 5 volte per l'Emmy Awards e una volta ha vinto.
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SE7EN
I titoli per questo film sono stati innovativi e hanno cambiato il modo in cui si pensa e guarda il design dei titoli di testa. Sono i titoli più imitati in assoluto; sono stati definiti dal New York Times come uno dei più importanti e innovativi artefatti di design degli anni ‘90. Il film non inizia direttamente con i titoli, ma ci introduce prima il riservato Detective Sommerset (Morgan Freeman) e il novello Detective Millis (Brad Pitt) e ci mostra i temi chiave del film che emergono dal loro primo incontro: disperazione, apatia e molta violenza. Si passa poi ai titoli in cui vediamo una mano di un uomo sconosciuto, che scrive il suo diario, taglia alcuni pezzi di un rullino fotografico e vengono mostrati alcune sue foto e oggetti. Viene così presentata allo spettatore la mente del serial killer, ossessionata dalla religione e più di tutto segnata dal logoramento. In genere nei film horror l’assassino non viene mostrato prima della metà del film, in Se7en viene presentato nei titoli di testa, questa è stata la vera innovazione portata dal designer. La tipografia, che volutamente ha leggibilità limitata, è stata incollata a mano su una superficie nera, dando un analogo senso di calore e sbadataggine. Cooper e il regista Fincher hanno deciso insieme di mescolare una font disegnata a mano con l’Helvetica, questo per riflettere il contenuto della sequenza. Nel 2011 la IFC posiziona Se7en al terzo posto tra i migliori titoli di testa dopo quelli di Richard Lester per A Hard Day’s Night e quelli di Saul Bass per Vertigo.
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Present Kyle Cooper
Film del 1996 tratto dall'omonimo romanzo, The Island of Dr. Moreau tratta degli esperimenti sulla mutazione genetica di animali per renderli umani, con risultati catastrofici. I titoli di teste pensati da Kyle Cooper non potevano non rispecchiare la mostruosità prodotta dal Dr. Moreau. Guardando la sequenza non si può riconoscere la perfetta sintonia tra il ritmo delle scene, che si susseguono molto velocemente; il tipo di immagine scelto, in cui si alternano occhi di animali, immagini viste da un microscopio e il cielo che da nuvoloso diventa sempre piÚ tempestoso; la musica, che riflette l'atmosfera delle immagini e la tipografia, che allo stesso modo degli animali viene mutata.
THE ISLAND OF DR. MOREAU
Present Kyle Cooper
Quest'ultima non rimane un elemento puramente funzionale, ma diveventa anche elemento grafico, in quantole lettere oltre che a formare i nomi, appaiono a flash in nero e in grandi dimensioni sullo schermo. Se le immagini hanno una grande importanza per trasmettere allo spettatore il mood del film, la metafora vera e propria è rappresentata dalla tipografia: inizialmente appare in dissolvenza in Bembo Std, ma non rimane tale, alcune lettere vengono modificate e distorte, compaiono delle parti appuntite che non gli appartengono e che non ne migliorano né l'aspetto né la funzione; poi a tratti ritornano ad essere come erano in origine. Così avviene agli animali modificati dal Dr. Moreau che in certi momenti ritrovano la loro bestialità.
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Film horror del 1997 in cui gli scarafaggi si evolvono velocemente fino a diventare umani. Kyle Cooper, con la collaborazione di Karin Fong, per realizzare il prologo del film attraverso i titoli di testa decide di raccontare e mostrare allo spettatore quanto gli insetti siano versatili e imitino (da qui il titolo del film) le altre specie per sopravvivere. La sequenza iniziale mostra svariati insetti vivi ed altri che invece sono trafitti da uno spillo così come spesso viene fatto nei musei per la classificazione. Più avanti nella sequenza ci sono anche delle foto di volti e occhi classificati allo stesso modo.
MIMIC
Present Kyle Cooper
I nomi degli attori sono mostrati con delle immagini ferme di quelli che sembrano sacchettini di plastica per al conservazione di ali di insetto. La font utilizzata è American Typewriter Medium che si ispira alla scrittura della macchina da scrivere con la differenza di non essere mono spaziata; è spesso usata per la catalogazione ed è quindi la scelta più adatta per questo tipo di contesto.
Present Kyle Cooper
Nell'originale film sugli zombi di Romero del 2004 viene introdotto con i filmati delle notizie dei telegiornali sembrano reali, gente presa dal panico, persone di differenti religioni che pregano, alcuni filmati mostrano polizia e soldati attaccare o difendersi dai cittadini e politici che affermano sconcertati che non sanno cosa stia accadendo. in questa atmosfera angosciante i nomi degli attori sono scritti in rosso per rappresentare la morte e vanno via dallo schermo come gocce di sangue. La font utilizzata è Medium Impact che appare rosso su nero, la schermata su cui appaiono i nomi risulta quindi molto pulita e
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chiara, in contrasto con le altre scene, fino a quando le scritte non sfumano via come gocce di sangue. Ad un certo punto si sente la canzone di Johnny Cash The Man Comes Around, ma chi sta guardando ha ancora in mente le urla e i combattimenti che vengono mostrati.
THE DAWN OF DEAD
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Present Karin Fong
Karin Fong è regista e designer a New York e Los Angeles. Ha iniziato lavorando per la R/GA, in seguito ha fondato la Imaginary Forces con Kyle Cooper. Karen ha creato numerosi titoli di testa per cinema e televisione come Broadwalk Empire, Charlotte's Web e Rubicon. I suoi lavori le hanno fatto guadagnare quattro nomination e un Emmy. Nel mondo pubblicitario ha realizato spot per Herman Miller e Honda, ha anche creato effetti cinematografici per il gioco della Sony PlayStation God of War III e istallazioni per video in grande scala presso Lincoln Center, Las Vegas e L.A. Opera. Tra i suoi lavori recenti troviamo i titoli di testa di The Pink Panther 2 e Terminator: Salvation. Recentemente è stata nominata tra le 100 Most Creative People in Business dal Fast Company magazine.
KARIN FONG
Present Karin Fong
Nel film originale questa visione è rossa, caratterezzata una griglia e un linguaggio da sistema operativo, quindi bisognava modernizzare a nostri giorni queste caratteristiche. Per i titoli di Terminator il regista ha chiesto a Karin di pensare non solo a quelli, ma anche all'intera visione della macchina. Karin doveva modernizzare le enormi e monolitiche lettere del primo film, erano molto classiche: grandi scritte che attraversano lo schermo, così Karin e il collega, Charles Khoury ebbero l'idea di sviluppare una texture che fosse concreta ed essenziale come il metallo e allo stesso tempo virtuale perchè il mondo post apocalittico di McG è la combinazione tra qualcosa di consumato e degradato con una tecnologia estremamente avanzata.
La font utilizzata per i nomi che compaiono affiancati da numeri in rosso mentre la camera si muove tra le enormi lettere del titolo è FF OCR-F, un carattere mono spaziato senza grazie, che simula la lettura della realtà da parte delle macchine. Mentre la telecamera esplora le lettere del titolo non è subito chiaro allo spettatore di cosa si tratti, solo quando si allontana e sia ha una visione complessiva le lettere ruotano e ci mostrano le parole Terminator Salvation con una font differente, più rigida che si adatta di più al materiale di cui sono fatte e imponete come le dimensioni. Anche se trasmette un grande senso di solidità alla fine scompare sgretolandosi.
TERMINATOR SALVATION
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Present Karin Fong
Il gatto rosa burlone e sfarzoso nel 2009 ancora una volta prende il suo amato ruolo come distinto tormento dell'ispettore Clouseau nei titoli di testa di Karin Fong. Come da tradizione per questo film “francesizzato”, i titoli di testa sono in una elaborata sequenza animata. Questi titoli fanno rivivere il momento d'oro dei titoli di testa quando scoprivi quali attori interpretavano il film mentre guardavi un breve cartone. Karin rivela che è stato molto influente il film originale perché giocava molto con la tipografia così come accade nei cartoni animati.
Per ogni film di The Pink Panther sono stati fatti dei titoli di testa a cartone animato e nel corso degli anni si possono notare i diversi stili di animazione, ma il personaggio della pantera deve rimanere lo stesso, deve essere dispettosa, ma allo stesso tempo simpatica. Il film è ambientato nel presente ed è importante rendere evidente la connessione. Le font utlizzate sono 3: una per i nomi, sullo stile romano antico extra bold, una di supporto alla prima, bastoni slime la terza per il titolo del film è Battista, graziato con grande contrasto, quasi ad unire le altre due, tutte e tre sono sono in maiuscoletto. Karin ha voluto catturare così lo spirito della pantera che prende in giro l'ispettore.
THE PINK PANTHER 2
Present Karin Fong
JAY JOHNSON
Per Jay un design solido e semplice è preferibile ad un design di tendenza o che fa solo scena (“less is more”). Preferisce dei movimenti di sottile animazione che danno unicità ai titoli di testa e se è possibile, anche se solo attraverso la font utilizzata, creare una metafora del film. Per questo per i titoli di Lost Highway ha scelto una font Stencil per richiamare la linea centrale della strada. L'animazionedella tipografia richiama quella utilizzata per i titoli di testa di Superman. Percorrendo questa strada è come se lo spettatore andasse a sbattere contro le scritte che dopo poco se ne vanno.
LOST HIGHWAY
109 Jay Johnson è un motion graphic designer, animatore e illustratore del Colorado. Negli anni '80 inizia la sua carriera con un lavoro alla Consolidated Film Industries, poi alla Modern Film Effects, alla Cinema Research Corporation e infine alla Pacific Title and Art Studios. Jay ha progettato e animato molti loghi di studi cinematografici, uno dei suoi preferiti è quello della CastleRock Entertainment. Nel corso della sua carriera ha lavorato con il regista Quentin Tarantino la cui passione per la tipografia ha permesso a Jay di usarla in modo creativo nei suoi film.
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Danny yount è un designer di titoli di testa e direttore creativo. Il suo mentore è stato Kyle Cooper grazie a cui ha indirizzato la sua carriera verso i titoli di testa. È ora uno dei migliori main title designer della TV e del cinema. Nel 2003 fonda con Kyle Cooper la Prologue Agency. Prima della Prologue è stato direttore creativo nella Digital Kitchen per cui ha progettato e diretto i pluripremiati titoli di testa di Six Feet Under. Presso la Prologue Film, Danny ha disegnato e diretto i titoli per film come Kiss Kiss Bang Bang, Iron Man, Tron: Legacy e Sherlock Holmes, così come gli effetti grafici di Iron Man 2.
DANNY YOUNT
Present Danny Yount
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Present Danny Yount
Per il design dei titoli di Sherlock Holmes del 2001 sono state necessarie 3 squadre che si sono divise i compiti: una si occupava del logo di aperture, una del titolo iniziale e l’ultima formata da 14 persone che si sono dedicate ai titoli di coda. Yount ideatore di tutte queste fasi, in un’intervista paragona il suo compito a quello di un chitarrista che deve fare un assolo e che quindi lo fa per rendere più bella la canzone ma deve comunque farne parte, non essere ne troppo veloce ne troppo lenta altrimenti rischia di ottenere l’effetto contrario. I titoli di Shalock Holmes inizialmente dovevano stare all’inizio del film e introdurre lo spettatore alla storia, poi l’ordine è stato cambiato e gli spettava il compito di pensare ai titoli di coda. Così a ideato questo sistema di fogli inizialmente bianchi che vengono bagnati dall’inchistro nero che va a disegnare alcune scene tratte dal film e a scrivere i crediti. Le scritte che compaiono sulla carta subito dopo i disegni; avendo utilizzato questa tecnica dell’inchiostro non potevano non simulare la calligrafia di qualcuno che scrive con un pennino dell’epoca. La calligrafia non è particolarmente curata, fa pensare a dagli appunti presi velocemente, forse dallo stesso Watson. Si possono però distinguere due differenti tecniche dell’animazione tipografica, si alternano nomi scritti a inchiostro ad altri che sono parti del foglio che non vengono disegnate, l’inchiostro andando a sporcare lo schermo per rappresentare la scena del film tralascia solo le scritte che rimangono del colore del foglio sempre però con lo stesso tipo di calligrafia.
SHERLOCK HOLMES
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Present Danny Yount
Danny Yount animò dei titoli di testa stile anni ’60 con l’uso di forza e movimenti grafici che ricordano I classici titoli di Saul Bass. L’espressiva palette di colori di nero, rosso e bianco sporco riflette l’ambientazione temporale e la trama del film. Inoltre l’animazione è perfettamente in sincronia con la colonna sonora che aggiunge stile ed eleganza alla sequenza. Per tutta la durata dei titoli si respira un’atmosfera di suspense che permette allo spettatore di immergersi nella trama del film. I titoli di testa di questo film ebbero una nomination per un AD&D award. Per quanto riguarda i font è stato utilizzato il Franklin Gothic Extra Condesed per i crediti la cui animazione varia da scena a scena in modo da muoversi in simbiosi con la musica e i personaggi: si rompono contro una rete, frantumate da un proiettile, compaiono e si dissolvono seguendo il movimento di camera.
KISS KISS BANG BANG
113 Solo per il titolo vero e proprio del film viene usato un font diverso: FF Trixie Rough Pro Heavy un famoso carattere tipografico che simula le imprecisioni di una macchina da scrivere sempre richiamando la stile anni ’60. Le lettere però non compaiono singolarmente, ma appaiono le quattro parole del titolo con quattro consecutivi spari di pistola.
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Present Erin Sarofsky
Erin Sarofsky è una designer e direttore cretivo.Ha iniziato la sua carriera alla Digital Kitchen per cui ha lavorato alle pubblicità per la CocaCola, McDonald's, AT&T, PBS e Budweiser. Ha inoltre progettato diversi titoli di tasta, i più famosi quelli di Ghost Whisperer, che ricevette una nomination per gli Emmy for Ourstanding Main Title Design nel 2006. Erin è stata poi assunta dalla Superfad come direttore creativo a New York. Grazie a questa esperienza nel 2009 Erin lancia la Sarofsky Corp. che ha prodotto i titoli di Shameless, The Killing, Community, Happy Endings.
ERIN SAROFSKY
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Per i titoli di testa di questo film del 2009 per la Warner Video e la DC Animation Karin ha voluto rendere omaggio a Saul Bass. Il progetto è un’animazione di più di 2 minuti che cattura lo spirito classico dei titoli degli anni ’60. Audaci e un po’ astratte, le animazioni sono in continua rotazione e rappresentano il potere degli eroi dei fumetti, come icone della cultura popolare, e una giocosa introduzione per lo stile di novella grafica che sta per iniziare. I colori utilizzati sono quelli delle vesti dei 2 eroi. La font utilizzata per i nomi è Railbox Display OT, un carattere robusto da stampo più grande è più risulta leggibile, e richiama quelli utilizzati in alcune prigioni americane, per evidenziare la lotta dei due supereroi contro i criminali. Affianco a questa font di grand impatto, viene utilizzato come supporto una seconda font opposta alla prima per grandezza e caratteristiche, ma che si integra alla perfezione. Queste font in contrapposizione stanno a rappresentare la doppia vita dei personaggi, una come persone normali piccole di fronte al mondo e l’altra di grande importanza per tutti.
SUPERMAN/BATMAN: PUBLIC ENEMIES
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Gareth Smith e Jenny Lee iniziano a lavorare assieme per la Shadowplay nella realizzazione dei titoli di testa di Thank You for Smoking, Juno andUp in the Air. Nel 2010 i due coniugi fondano la Smith&Lee Design con cui progettano per HBO Films, Fox Searchlight Pictures, Paramount Pictures e Fox Television.
GARETH SMITH E JENNY LEE
Present Gareth Smith e Jenny Lee
117 I titoli di testa disegnati a mano di Juno sono considerati da molti tra i più memorabili del 2007. Il regista Retman si definisce un grande fan dei titoli di testa, sono stati quindi una delle prime cose di cui si è occupato. La stampa, il ricalco, la fotocopia ritagliano e colorano le 900 e più immagini della protagonista Juno MacGuff camminare nel suo quartiere. L’idea dei designer nasce dalla musica, dal tono e l’originalità del film e dalla particolarità del personaggio protagonista del film. I titoli sono successivi a una prima scena del film, ciò ha permesso di far sembrare naturale che lo spettatore accompagnasse la protagonista dalla scena iniziale attraverso il quartiere per poi arrivare ad un piccolo supermercato dove compra il test
di gravidanza. Lo spettatore si immerge subito nello strano ed unico punto di vista di Juno. Tutti gli elementi che compaiono nei titoli sono fatte a mano, compresa la tipografiache continua a cambiare colore. Ovviamente è stato utilizzato il computer per il montaggio, ma hanno cercato di dare al meglio l’idea delle limitazioni dell’animazione stop-motion dalla realtà a una copia di essa. Per realizzazione pratica i designer della Shadowplay hanno utlizzato alcuni frame delle scene girate che sono poi stati stampati, fotocopiati, ricalcati, e colorati a mano per diminuire la qualità delle immagini e rendere al meglio il mood del film. In questo contesto la tipografia è azzeccatissima, le lettere sono disegnate tutte in maiuscoletto e con uno spessore che dia l’effetto di tridimensionale diseganto così come è l’intera sequenza.
JUNO
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Present Gareth Smith e Jenny Lee
A dare l’idea da cui partire per i titoli di testa di questo film fu lo stesso regista Jason Reitman che suggerì di far comparire i crediti su pacchetti di sigarette. Gareth e i suoi colleghi iniziarono così a fare ricerche sul design dei pacchetti e notarono che alcuni elementi spesso si ripetevano spesso: colori rosso e oro, linee e forme grafiche importanti e immagini araldiche. Prendendo in considerazione questi aspetti fecero in modo di disegnare un pacchetto differente per ogni attore in modo che fosse coerente con il personaggio che interpretava nel film. Lo stesso vale per le font usate che devono rispecchiare il personaggio per cui vengono usate, sono quindi numerose e differenti l’una dall’altra.
Alcune font in ordine di apparizione: Copperplate Gothic Bodoni Bold Condensed Freestyle Script Neue Helvetica Medium Italic Blackoak ITC Century Condensed Book Avenir 85 Heavy Charlotte Book ITC Avant Garde Book Oblique Eccentric Helvetica Black Condensed and Italic FF Scala Sans Caps ITC Blair Medium and Adobe Caslon Knockout Junior Flyweight Peignot Gotham FF Scala Bold
THANK YOU FOR SMOKING
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Film del 2009 di Reitman, ambientato negli anni ‘70. È appunto l’ambietazione storic ail punto di partenza preso dai designer, L’idea gli è venuta appunto guardando una cartolina di quel periodo ed hanno così deciso di usare lo stesso trattamento dell’immagine ovviamente retrò, usare la linea bianca come accessorio per la transizione delle scene e la font Newhouse DT Super Condesed molto simile a quello a quello utlizzato nella cartolina, affiancato a uno script che invece imita la dedica che sta dietro la cartolina. Queste riprese dal’’alto altre che a rifarsi al titolo del film rappresenta anche lo stato del protagonista Ryan: distante, astratto e distaccato.
UP IN THE AIR
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Present Garson Yu
Nel 1993 Garson diventò direttore creativo con partner Kyle Cooper per la Imaginary Forces a Los Angeles. Nel ’98 fonda la Yu+Co, compagnia specializzato in motion graphics per cinema e TV. In più di 10 anni la Yu+Co ha raccolto nel suo portfolio numerosi e memoraboli titoli di testa collaborando con grandi registi come Steven Spielberg, Ang Lee, John Woo e Ridley eTony Scott. Garson ha vinto numerosi riconoscimenti e premi incluso il Daytime Emmy Title per Dora the Explorer e 5 altre nomination agli Emmy.
GARSON YU
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Present Garson Yu
I titoli di testa di questo film sembrano un incubo di un bambino, risultando esteticamente innocente ma finemente in accodo con il disegno di paura infantile. La tipografia assume un doppio ruolo, dà informazioni e prende parte alle scene come personaggio vero e proprio. La font prende ispirazione dai manifesti del circo e le forme delle lettere sono state disegnate seguendo il sentimento stilistico Dada, l’espressionismo tedesco e le marionette.
La tipografia diventa una storia raffigurata, una poesia concreta come nel lavoro di Bradbury Thompson negli anni '50 e '60 e strumento narrativo guida i bambini in un infausto viaggio. Garson ha voluto innovare il comportamento dei crediti, inventare un nuovo metodo di approccio. “Se si vedono le scritte comportarsi come attori su un palco invece che come semplici titoli sullo sfondo. Puoi gestirli come vuoi: farli ballare e interagire con i personaggi.”Il risultato è decorativo ma altamente coinvolgente, con un sentore di oscurità e di determinazione alla Tim Burton.
CIRQUE DU FREAK
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Il regista Ang Lee voleva che nei titoli di testa di Hulk ci fosse un prologo della storia che spiegasse gli esperimenti di David Banner grazie a cui lo scienziato si trasforma in Hulk, ma lascia la responsabilitĂ di decidere come raccontare la storia a Garson che decide di dividere la sequenza in 2 parti. Nella prima parte vengono messi a confronto il mondo microscopico con il macro universo, incominciando dall'acqua in quanto luogo dove la vita prende forma. Per la realizzazione Garson e colleghi hanno fatto varie ricerche sull'aspetto del DNA a doppia elica, assumendo uno scienziato che verificasse che ogni aspetto creato fosse scientificamente corretto.
HULK
Present Garson Yu
123 Nella seconda parte della sequenza viene portato il viaggio attraverso gli esperimenti di David Banner. Il protagonista una medusa per la luminescenza, la stella marina per la rigenerazione, il cetriolo di mare per la pelle resistente e la lucertola per la sua resistenza al veleno. Tutte le scene sono state pensate con già integrati i titoli. La tipografia reagisce e interagisce con l'ambiente fisico. Le scelte effettive del movimento tipografico è stato però deciso in post produzione. La font utilizzata è stata disegnata appositamente con l'obbiettivo di richiamare le origini fumettistiche del film. Per quanto riguarda il colore è un chiaro riferimento al colore assunto dal protagonista nei panni di Hulk.
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Present Kook Ewo
Kook Ewo è un regista e title sequence designer. Si fece notare e conoscere con il suo lavoro su Silent Hill. Ha iniziato come regista pubblicitario e di corti tra cui Sept. e BlackNight is Falling. Tra i titoli pensati da Ewo ci sono quelli di Splice, Fracture e Solomon Kane. Ăˆ attualmente insegnate alla Goblin School of The Image a Parigi nella sezione di motion design.
KOOK EWO
Present Kook Ewo
Così belli e allo stesso tempo grotteschi, è impossibile non guardare i titoli di questo film del 2009, ma diventa più difficile quando ci si rende conto che ci si trova all'interno del liquido di un di un qualche essere vivente e i titoli vengono mostrati all'interno come uno sviluppo tumorale. Le pareti sono fatte di diversi tipi di materia organica (mammiferi, rettili, piante..) le particelle che si muovono di fronte a noi ci fanno ricordare di essere immersi nel liquido amniotico accompagnati da una sola luce attraverso questo luogo ambiguo. L'intenzione è di far prendere familiarità allo spettatore con la clonazione genetica per la creazione di un super umanoide. I nomi degli attori emergono direttamente da sotto la pelle del corpo in cui ci stiamo muovendo.
SPLICE
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Present Kuntzel & Daygas
Oliver Kuntzel e Florence Deygas sono illustratori e designer di titoli di testa che hanno formato insieme una loro compagnia. Hanno creato i titoli di testa per il film di Spielberg Catch Me If You Can del 2006 e quelli per Le Petit Nicolas.
KUNTZEL & DEYGAS
127 Il film è ambientato tra il 1963 e il 1969 quindi il collegamento con gli anni '60 e Saul Bass è immediato. I 2 designer hanno disegnato i personaggi con pettinature, vestiti e comportamenti degli anni '60, ma la ciò che fa davvero la differenza è la musica di John Williams che trasmette la vera atmosfera Sixties. Il richiamo a Saul Bass è dovuto anche al fatto che i designer hanno cercato di lavorare come avrebbe fatto un'artista in quegli anni: completo rispetto per il cliente, nessuna prova di marketing, nessuna agenzia pubblicitaria che tenta di prenderne il controllo, lavoro in atelier. Questo perchè Spielberg voleva un lavoro fatto da artisti e non da uno studio, in modo da rendere il fascino del “fatto a mano”. Per catturare il vero spirito del personaggio di Leonardo DiCaprio è stato usata come tecnica di realizzazione la stessa che il protagonista utilizza nel film, i personaggi sono stati fatti con dei timbri. I colori vogliono invece rappresentare le transizioni temporali e geografiche. La font utilizzato è Coolvetica Book le cui lettere giocano con la scena, continue righe verticali attraversano lo schermo portando poi alle scritte o viceversa: le linee verticali delle lettere si prolungano fino a portare lo spettatore in un'altra scena.
CATCH ME IF YOU CAN
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Present Laurent Brett
Ha iniziato la sua carriera come supervisore in post produzione alla Brandits Production, guidata da Jean Baptiste Mondino. Dopo 4 anni ha lasciato il suo posto per una carriera da freelance come produttore, regista, grafico digitale e supervisore in post produzione. Pur essendo sempre stato un fan dei titoli dei James Bond e dei film francesi degli anni '60, il suo lavoro nei titoli di testa inizia successivamente, con il regista Florent Emilio Siri per il film The Nest. I due hanno collaborato successivamente anche per il film Hostage, ma Laurent nel frattempo aveva giĂ diretto piĂš di 25 titoli di testa. Attualmente lavora sempre come freelancer con i Sabotage a Parigi.
LAURENT BRETT
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Present Laurent Brett
L'atmosfera 3D dark dei titoli di questo film del 2005, preannuncia un evento drammatico che prenderà luogo un una casa in un sobborgo di alto livello di Los Angeles. L'ispirazione per questi titoli arriva dal fumetto di Frank Miller, Sin City e dai titoli di testa di Panic Room. Laurent ama le scritte in prospettiva e voleva per questi titoli delle riprese che era impossibile fare nella realtà così ha prodotto 30 scene in computer grafica. La sequenza iniziale introduce ad un'atmosfera thriller forse anche un po' horror. I colori utilizzati sono nero, per la città, bianco per le scritte e rosso per il cielo plumbeo e alcuni dettagli. La città mostrata è desolata e logora, i nomi appaiono per tutta la città su pareti, tetti, strade in grandi dimensioni con una font maiuscoletto wide con dei tagli e delle curve inaspettate nella
R, K e N che la rendono unica. Nell'apparizione del titolo del film abbiamo contrariamente alle altre scene una visuale della città dall'alto ed è come se la scritta precipitasse a rallentatore ruotando su se stessa fino a fermarsi a mezz'aria quando la scritta è visibile per intero e perfettamente orizzontale. La font è stata modificata in modo che la H iniziale e la E finale di Hostage vadano a toccare i trafiletti superiore e inferiore, in modo da rinchiudere in questo modo le lettere centrali e di renderle in un certo senso degli ostaggi.
HOSTAGE
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Present Laurent Brett
L'apertura supersonica di questo film del 2005 mette al centro dei velivoli ripresi live action e piano piano la telecamera si avvicina l'aereo questo viene prima trasformato in digitale poi si arriva fino all'interno e ci viene mostrato l'esploso del jet o elicottero. In quello che potrebbe essere il progetto del velivolo al posto delle quote o appunti presi dal progettista vengono scritti i nomi degli attori e partecipanti alla produzione del film. La font utilizzata è Bank Gothic Medium modificata con dei tagli per integrasi meglio con l'esploso del mezzo.
LES CHEVALIERS DU CIEL
Present Laurent Brett
Per quanto riguarda il titolo del film la comparsa sullo schermo inizia dal centro della A di Chevaliers che assume la forma di un aereo e piano piano la camera questa volta si allontana per mostrare l'intera scritta disposta su 3 righe e all'ultima riga sono poste lateralmente 3 strisce di diversa lunghezza come spesso viene utilizzato per indicare le ali.
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Present Michelle Dougherty
Michelle Dougherty è una motion and graphic designer. Michelle è stata a capo della campagna pubblicitaria per grandi clienti come Nike e E! Entertainment Networks. Questo la portò alla Imaginary Forces, dove è ancora oggi un direttore creativo. Michelle ha ideato i titoli di testa per The Legend of Zorro, K-Pax, The Number 23 e Cats and Dogs: The Revenge of Kitty Galore.
MICHELLE DOUGHERTY
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Michelle voleva che gli spettatori guardando i titoli di testa di questo film del 2007 si sentisse un po' a disagio, trasmettendo tensione con i titoli chi guarda si rende conto del film che sta per guardare. E i titoli per Number 23 compiono a pieno questo compito. Pagine di un libro ricoperto dal numero 23 in modo paranoico, calcoli di date e numeri sempre legate al 23.
La font utilizzata è mono spaziata che imita la scrittura della macchina da scrivere. Per aumentare la frenesia e il senso di angosci e che queste pagine che appaiono a flash sullo schermo ci trasmettono, ci sono anche delle gocce di sangue che cadendo sui fogli si diffondono sui numeri come inchiostro rosso, prima lasciando piccole macchie che aumentano sempre di piÚ di grandezza e vanno infine a ricoprire l'intero schermo lasciando però visibile il numero 23.
THE NUMBER 23
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La PIC è una boutique di design di Santa Monica, California fondata nel 2005 da Pamela Green e Jarik Van Sluijs. Questa compagnia ha elaborato titoli di testa per The Kingdom, The Cabin in the Wood e Serenity.
PIC AGENCY
Present PIC Agency
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Present PIC Agency
“The kingdom” è una procedura della polizia che introduce alla complessa politica dell'Arabia Saudita di cui il cittadino americano non conosce. Così i titoli di testa sono un ingegnoso riassunto degli ultimi 75 anni del medio oriente. In poco più di 3 minuti noi veniamo a sapere tutto ciò che abbiamo bisogno di sapere riguardo al mondo di “the kingdom”. Questa grande quantità di informazioni viene assorbita dallo spettatore abbastanza facilmente grazie alla dinamica visuale del racconto. Le immagini mostrate sono probabilmente vere registrazioni del periodo di cui si parla.
La tipografia viene animata in modo differente per i nomi appare in bianco su un riquardo verde scuro che compare sulle immagini storiche mentre le scritte che servono a raccontare la storia vengono utilizzati diversi espedienti: appaere da dietro le immagini o attraverso na timeline. -in entrambi i casi la font è una versione estesa manualmente di ITC Machine, che risulta geometrica, ma fredda e imponente così come può essere vista la storia delmediooriente raccontata.
THE KINGDOM
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È uno studio multi disciplinare di design di Londra specializzato in titoli di testa per cinema e televisione, pubblicità e video musicali. Venne fondata da Nic Bennes e Miki Kato, progetta titoli dal 1996 a Los Angeles dove pertì svantaggiata per la concorrenza della Imaginary Forces e la Yu+co così nel 1999 si trasferì al Londra e nel 2005 lo studio di Los Angeles venne trasformata negli inMotion Studios. I film per cui la Momoco ha progettato i titoli di testa sono: Alien vs Predator, Laws of Attraction, Beyond the Sea, Hard Candy, Into the Blue, 30 Days of Night, The Last Legion, Dangerous Parking e molti altri. Grazie a questi ha vinto numerosi premi.
MOMOCO
Present Momoco
Present Momoco
Inizialmente era stato fornito allo studio una serie di scene che il regista voleva fossero usate per i titoli di testa, in queste non c'era lo spazio materiale per inserire le scritte, così prendendo ispirazione dallo stile anni '60 lo studio decise di indirizzare il loro lavoro più sull'aspetto grafico. Decisero di rappresentare un quaderno di scuola per rappresentare l'innocenza e il mondo che rappresentava, con elementi d'amore che emergevano dai diagrammi scolastici per mostrare la mente sognatrice della protagonista Jenny.
Quest'idea del quaderno si trasformò poi in una lavagna, e i titoli e disegni appaiono quindi bianco su nero come se fossero disegnati con un gessetto. La font utilizzata è il Gill Sans, un carattere che viene descritto dal designer Bennes, istituzionale che lascia trasmettere sia il senso di divertimento e di innocenza, ma anche la riservata mondanità della vita scolastica nel periodo pre-rivoluzionario, pre anni '60.
AN EDUCATION
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Fondata nel 1995, la Picture Mill è uno studio di design di Holliwood, conosciuto soprattutto per i sui titoli di testa. Lo studio ha infatti prodotto piÚ dui 200 sequenze per titoli e per le animazioni dei loghi della Legendary Pictures e laSpyglass Entertainment. Recentemente ha fatto i titoli di testa per The Green Hornet e Friends With Benefits. Lavora anche all'infuori dell'ambito cinematografico, ha infatti completato progetti per AOL, Burger King, Citi, Dell e Nike
PICTURE MILL
Present Picture Mill
Present Picture Mill
Film thriller del 2002 diretto da David Fincher, che affida il compito dei titoli di testa alla Picture Mill. Il film si apre con una panoramica della città di New York in cui però si trovano insieme ai grattacieli delle enormi scritte in 3D, queste lettere si presentano minacciose a causa della loro grandezza e dalla loro inspiegabile naturale integrazione con il paesaggio, è come se appartenessero all'architettura circostante, non ci si stupisce affatto di trovarle lì, i materiali le ombre e la luce sono perfettamente in sintonia con la città.
PANIC ROOM
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Present Picture Mill
Per questo film del 2000 i titoli di testa sono stati pesati come se fossero visti dalla lente di un microscopio, le lettere tridimensionali fluttuano velocemente in questa sostanza azzurrina fino ad allinearsi per formare i nomi degli attori. La font è DINMittelshrift Std resa tridiminsionale per sembrare meglio particelle che si muovono nell’acqua su un vetrino da laboratorio.
HOLLOW MAN
Present Picture Mill
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Alcune sono ben leggibili altre più sfocate risultano più in profondità. A sostegno di questa tipografia viene affiancato una font che riscrive a caratteri più chiari il nome formato dalle lettere in movimento che non rimangono a lungo allineate per permettere la lettura da parte dello spettatore.
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