4 minute read

Le Vie del Signore Sono Insondabili N. Kasturi

SATHYA SAI BABA, COME indubbiamente sanno i devoti, ha concesso loro visioni di Se Stesso come Rama, Krishna e

Kamakshi. Forse, l’esperienza di Swami

Advertisement

Amritananda a Puttaparthi potrebbe essere un esempio molto valido di questo aspetto della Divinità di Baba.

Non appena Swami Amritananda arrivò a Prasanthi Nilayam, Baba lo avvicinò chiamandolo “Amritam”, ed egli fu veramente stupito dalla familiarità e anche dall’affetto di cui era colmo quell’appellativo, perché disse: “Soltanto

Ramana Maharshi, con il quale ho trascorso 17 anni, si rivolgeva così a me, e la voce e il modo erano esattamente quelli di Maharshi!” Se mai c’è stato un miracolo, questo sicuramente lo è.

Poi Baba chiese all’asceta ottantacinquenne di un’offerta sacrificale (Homa) a Ganapati, che egli aveva compiuto per 41 giorni quando aveva sette anni, e Amritananda raccontò a Swami tutti i dettagli di quel sacrificio, compreso il lungo complesso Mantra con cui accompagnava le offerte che ogni volta metteva nel fuoco. Il

Mantra, come rivelato da Baba, cominciava con le parole “Om Sreem Hreem Kleem

Gloum Gam”, ed egli le aveva ripetute mille volte al giorno per 41 giorni e aveva fatto altrettante offerte di noci di cocco nel fuoco del sacro Homa. Ma “qual è la ricompensa promessa nelle Shastra?” chiese Baba al vecchio asceta. Questi disse che, secondo le Shastra, se il sacrificio è compiuto con scrupoloso rispetto del rituale, Ganapati

Stesso apparirà nel braciere sacrificale (Homa Kunda) come splendente, dorato Dio dalla testa d’elefante e con la Sua proboscide riceverà le offerte conclusive e concederà perenne beatitudine mediante il Suo Darshan. Baba gli chiese se avesse avuto il Darshan. Amritananda rispose che non era tanto facile per un bambino di sette anni avere il Darshan del Signore, semplicemente in virtù del numero e della quantità di offerte e di Mantra, ma Baba l’interruppe e disse: “No, no. Sono state tutte quelle preghiere (Japa) e quei sacrifici (Homa) a portarti da Me ora. Tu, oggi, dopo un intervallo di settantotto anni, riceverai la ricompensa menzionata nelle Shastra.”

Poi chiese ad Amritananda di guardarLo, ed ecco che egli vide l’elefante dorato, il Ganapati descritto nei testi antichi. Dopo

questo Darshan, rimase come in trance per circa quattro giorni e, nella beatitudine che stava assaporando, dimenticò di mangiare, bere e dormire.

Potrebbe essere di qualche interesse citare l’esperienza di Swami Amritananda (un Brahmino Nambudiri di nascita, che fu investito dello stato di Sannyasa da Sua Santità Narasimha Bharati Swami, Sankaracharya di Sharada Peetam a Sringeri) come da lui riferito al sottoscritto. Soffriva di asma cronica, una malattia che Baba diagnosticò essere causata ed essersi aggravata da una non corretta pratica di Hatha Yoga a Tiruvannamalai. Durante i mesi che restò a Puttaparthi, i farmaci che Baba gli dette gli evitarono gli spasmi ed egli fu praticamente liberato dai temuti dolori. Di tali farmaci, Swami Amritananda disse: “I primi due giorni, Egli mi diede della Vibhuti che “afferrò” con un “ondeggiamento” della mano; il terzo giorno, nella Vibhuti comparve una spessa polvere dorata che Egli stesso mi mise in bocca. Poi, si girò verso i quattro punti cardinali e da ciascuno, ruotando la mano, prese quantità di polvere color rame che mi applicò sulla schiena e sul torace. Poi “prese” ancora della Vibhuti e me la mise in mano dicendomi di inghiottirne un po’ al manifestarsi dello spasmo. Un altro giorno, “prese” delle tenere, delicate e pelose radici di una qualche pianta e mi disse di masticarle e ingoiarle. In altri giorni, mi dette una versione nana di fico d’Adamo (una varietà di banana, ndr), che non avevo mai visto prima in India, Sri Lanka, Malesia o nell’Himalaya. Mi dette poi un dattero (Kharjura), senza seme; “afferrò” una manciata di foglie, che spremette sotto i miei occhi e, raccogliendone il succo in un recipiente che aveva materializzato, mi ordinò di berlo.

Un altro giorno, ruotò la mano e io riuscii a vedere un mazzo di piccole foglie verdastre. Mi disse di mangiarle tutte quante – un etto circa - e me le porse con un luccichio negli occhi. Rimasi sbigottito nello scoprire che le foglie avevano, nella parte posteriore, piccole spine acuminate e, quando Lo guardai con occhio implorante, dicendoGli: “Vuoi davvero che mangi tutto questo, spine comprese?”, si intenerì un po’ e allungò la mano, dicendo: “Ridammele.” Gliele misi in mano e, quando me le ridiede, non c’era più una sola spina! No, non un segno o un’indicazione che la pianta fosse della specie spinosa; perciò mangiai tutto allegramente. Pochi giorni dopo, mi chiamò nella Sua stanza e “prese” una considerevole quantità di foglie verdi. “Un ottimo prodotto specifico – disse – che arriva direttamente dall’Himalaya.” Trattenendone metà, mi mise il resto in mano e disse: “Su! Mastica e ingoia.” Erano terribilmente amare e dovetti fare appello a tutta la mia capacità di far penitenza (Tapas) per adempiere al compito assegnatomi. Oh, quanto pregai in cuor mio che Egli interrompesse tutto ciò e non mi costringesse a mangiare l’altra orribile metà di foglie che aveva tenuto in serbo! Ma no. Quel giorno, non voleva mostrare alcuna clemenza. Dandomi il resto delle foglie, mi ordinò: “Finisci anche queste.” Facendo appello a tutto il mio coraggio, misi in bocca la seconda porzione, ma (ci credereste?) quelle foglie, che erano state più a lungo a contatto con la Sua Mano Divina, erano diventate indicibilmente dolci, più dolci della canna da zucchero, più dolci del miele! Egli rise della mia gioia e del mio sollievo e io appresi che le vie del Signore sono davvero insondabili.

Questo racconto autentico di un anziano Sannyasi, che era stato a lungo con Ramana Maharshi ed era erudito nei Veda e nel Vedanta, è sufficiente a infondere fede anche nel cinico più incallito. – Estratto da “Sathyam Sivam

Sundaram”, Volume 1

This article is from: