GUIDA ALLA LETTURA DELLA SACRA SINDONE IMPRONTA FRONTALE
IMPRONTA DORSALE
1. Ferita al piede destro. 2. Aloni causati da acqua. 3. Ferita al costato. 4. Pieghe della tela. 5. Colpi di flagello. 6. Tallone e pianta del piede destro. 7. Linee carbonizzate della tela prodotte dall'incendio del 1532. 8. Rappezzi fatti dalle Clarisse di ChambĂŠry. 9. Contusioni alle spalle dovute al trasporto del patibulum. 10.Ferite alla testa dovute alla corona di spine. 11. Ferita alla fronte. 12.Ferita al polso sinistro.
La Sacra Sindone prima dell'intervento di rimozione del restauro del 1534 (A. Guerreschi)
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La Sacra Sindone dopo l'intervento di rimozione del restauro del 1534 (Arcidiocesi di Torino) 19 aprile 20.14 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione principali avvenimenti
I PRINCIPALI AVVENIMENTI
30 - Venerdì 7 aprile il corpo di Gesù è avvolto in un candido lino. La mattina del giorno dopo il Sabato questo Lenzuolo viene trovato vuoto. Nell'ambiente ebraico del primo secolo un telo che aveva avvolto un cadavere era considerato un oggetto impuro, dunque da non esporre. I cristiani saranno perseguitati per tre secoli.
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Gerusalemme (M. Paolicchi) 42 - Persecuzione della Chiesa ad opera di Agrippa I e possibile trasferimento presso il Mar Morto. 66 - A Pella, una città della Decapoli, al di là del Giordano, prima della sollevazione antiromana si sono rifugiati i cristiani, recando con sé "le cose sacre" (Eusebio, Storia ecclesiastica, III, 5, 2-3).
Urfa (Edessa) - Le antiche mura (M. Paolicchi) II sec. - Esiste ad Edessa (attuale Urfa - Turchia) una particolare immagine su stoffa del volto di Gesù. Nella sua Storia Ecclesiastica, Eusebio narra che Abgar V Ukama (il Nero), re di Edessa all'epoca di Cristo, era malato. Saputo dell'esistenza di Gesù di Nazareth che operava miracoli, mandò a lui un suo inviato per chiedergli di recarsi alla corte di Edessa. Gesù non andò, ma inviò una lettera. Una tradizione parallela è raccolta nella Dottrina di Addaï (forse una deformazione del nome dell'apostolo Giuda Taddeo), che risalirebbe alla fine del IV secolo, oppure, secondo altri autori, all'epoca dell'assedio di Edessa del 544. È una composizione siriaca che include varie leggende; secondo questa versione, Abgar inviò il suo archivista e pittore Hannan che tornò a Edessa con un'immagine di Cristo dipinta da lui e con una lettera in cui veniva promessa da Gesù l'incolumità della città. 393 - Ad Anablatha, vicino Gerusalemme, sulla via verso Bethel, Epifanio di Salamina strappa un "velo" della dimensione adatta per uso funebre, sul quale si vede, dai contorni incerti, un'immagine umana intera. 525 - Durante i restauri della Chiesa di S. Sofia di Edessa viene riscoperta l'immagine del volto di Gesù su stoffa acheropita(non fatta da mani umane) detta Mandylion (fazzoletto). Numerose testimonianze e descrizioni la mettono in relazione con la Sindone. C'è identità tra il volto della Sindone e le copie del Mandylion con oltre un centinaio di punti di congruenza (cioè punti di sovrapponibilità fra due figure; per il criterio legale americano sono sufficienti 60 punti per affermare che due immagini sono della stessa persona). Il volto di Edessa fu copiato nelle icone dal VI secolo e riprodotto su monete bizantine dal VII secolo; anche in questi casi i punti di congruenza sono oltre 100.
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Icona del Re Abgar con l'immagine di Cristo (M. Paolicchi)
L'immagine di GesĂš viene ritrovata nelle mura di Edessa (M. Paolicchi) 544 - A Edessa in una nicchia delle mura viene scoperta un'immagine di GesĂš, che libera la cittĂ dall'assedio persiano ad opera del re Cosroe I Anushirvan. Vengono confezionate almeno due copie del volto, venerate nella chiesa dei Nestoriani e in quella dei Giacobiti, mentre il Mandylion autentico si venera nella chiesa Grande (S. Sofia) ufficiata dai MelkitiCalcedonesi.
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L'immagine di Gesù libera Edessa dall'assedio (M. Paolicchi) 944 - In seguito ad uno stretto assedio, in giugno i Bizantini si fanno consegnare il Mandylion dalle autorità islamiche del sultanato arabo di Edessa. La teca viene portata a Samosata (presso l’attuale Samsat – Turchia) per un primo controllo con le copie. Poi il corteo si dirige verso la Bitinia, passando forse per Cesarea di Cappadocia (attuale Kayseri – Turchia) e Laodicea (presso l’attuale Denizli – Turchia). In un villaggio presso il fiume Sangarius viene accolto dalle autorità imperiali guidate dal cubicularius Teofane (prima decade di agosto). Il 15 agosto la teca giunge a Costantinopoli e viene riposta per una prima venerazione nella chiesa di S. Maria delle Blacherne. Il giorno successivo una solenne processione accompagna il trasporto della teca per le vie di Costantinopoli fino a S. Sofia. Di qui la teca con il Mandylion viene portata nel Bukoleon (il palazzo imperiale) e riposta nella Cappella di S. Maria del Faro insieme con le altre reliquie della Passione. Dell'arrivo del Mandylion a Costantinopoli ne abbiamo testimonianza nell'omelia attribuita a Costantino VII Porfirogenito (imperatore di Costantinopoli dal 912 al 959) e nel resoconto di Gregorio il Referendario. Il Mandylion con ogni probabilità era la Sindone ripiegata in otto strati in modo da far vedere solo il volto. L'immagine del corpo di Cristo viene riprodotta con particolari ispirati alla Sindone; per esempio nel manoscritto Pray di Budapest datato 1192 -1195. L'asimmetria degli arti inferiori che si osserva sulla Reliquia (gamba sinistra più flessa) fa nascere la leggenda del Cristo zoppo, riprodotta dagli artisti con la cosiddetta "curva bizantina" e con il poggiapiedi della croce inclinato. 1147 - Luigi VII, re di Francia, durante la sua visita a Costantinopoli venera la Sindone. 1171 - Manuele I Comneno mostra ad Amalrico, re dei Latini di Gerusalemme, le reliquie della Passione, tra le quali è la Sindone. 1204 - Robert de Clary, cronista della IV Crociata, scrive nella sua opera La conquête de Constantinople che prima della caduta di Costantinopoli (14 aprile 1204) in mano ai crociati occidentali, una Sydoine veniva esposta ogni venerdì nella Chiesa di S. Maria di Blachernae e che su quel telo la figura del Cristo era chiaramente visibile; "Ma - aggiunge - nessuno sa ora cosa sia avvenuto del Lenzuolo dopo che fu conquistata la città". La Sindone sparisce così da Costantinopoli ed è probabile che il timore della scomunica 5
esistente per i ladri di reliquie ne abbia provocato l'occultamento. Molti indizi fanno pensare che fu portata in Europa e conservata per un secolo e mezzo dai Templari.
Istanbul (Costantinopoli) - S. Sofia (M. Paolicchi) 1205 – Teodoro Angelo-Comneno, fratello di Michele I, Despota d’Epiro e nipote di Isacco II, Imperatore di Bisanzio quando la città venne saccheggiata dai Crociati Latini, afferma che la Sindone si trova ad Atene. 1208 – Pons de la Roche dona ad Amadeus de Tramelay, Arcivescovo di Besançon, la Sindone che gli aveva inviato suo figlio Othon de la Roche, uno dei capi della IV crociata, Duca Latino di Atene. Nel castello di Ray-sur-Saône, residenza della famiglia de La Roche, è ancora conservato il cofanetto in cui è stata custodita la Sindone. 1314 - I Templari, ordine cavalleresco crociato, sono condannati al rogo come eretici, accusati anche di un culto segreto ad un Volto che pare riprodotto dalla Sindone. Uno di essi si chiamava Geoffroy de Charny. 1349 – Il 6 marzo durante l’incendio della cattedrale di Besançon scompare la Sindone.
Lirey - La Chapelle (ML) 1356 - Geoffroy de Charny, cavaliere crociato omonimo del precedente, consegna la Sindone ai canonici di Lirey, presso Troyes, in Francia. Il prezioso telo era in suo possesso da almeno tre anni. Sua moglie, Jeanne de Vergy, è una pronipote di Othon de la Roche. 1389 - Pierre d'Arcis, vescovo di Troyes, proibisce l'ostensione della Sindone. 1390 - Clemente VII, antipapa di Avignone, tratta della Sindone in due Bolle e due lettere. 1453 - Marguerite de Charny, discendente di Geoffroy, cede il Lenzuolo ad Anna di Lusignano, moglie del duca Ludovico di Savoia, che lo custodirà a Chambéry. 6
1506 - Papa Giulio II approva la Messa e l'Ufficio proprio della Sindone, permettendone il culto pubblico. La festa viene fissata al 4 maggio. 1532 - Incendio a Chambéry nella notte fra il 3 e il 4 dicembre: l'urna di legno rivestita d'argento, che custodisce la Sindone nella Sainte-Chapelle del castello dei Savoia, ha un lato arroventato e la Reliquia subisce notevoli danni. 1534 - Dopo una verifica dello stato della Reliquia, le suore Clarisse cuciranno i rattoppi e la tela d'Olanda come fodera di sostegno.
Chambéry - La Sainte-Chapelle (M. Paolicchi) 1535 - Per motivi bellici il Lenzuolo è trasferito a Torino e successivamente a Vercelli, Milano, Nizza e di nuovo Vercelli; qui rimane fino al 1561, quando viene riportato a Chambéry.
Torino - Il Duomo (M. Paolicchi) 1578 - Emanuele Filiberto il 14 settembre trasferisce la Sindone a Torino, per abbreviare il viaggio a S. Carlo Borromeo che vuole andare a venerarla per sciogliere un voto. Da allora le ostensioni si succedono per particolari celebrazioni di Casa Savoia o per Giubilei. 1694 - Il 1º giugno avviene la sistemazione definitiva della Sindone nella Cappella dell’architetto Guarino Guarini annessa al Duomo di Torino. In quell'anno il beato Sebastiano Valfrè rinforza i rattoppi e i rammendi. 1706 - In giugno la Sindone viene trasferita a Genova a causa dell’assedio di Torino, al termine del quale, in ottobre, viene riportata nel capoluogo piemontese. 7
1898 - Prima fotografia, eseguita dall'avv. Secondo Pia fra il 25 e il 28 maggio. Dall'emozionante scoperta del negativo fotografico, che rivela con incredibile precisione le sembianze dell'Uomo della Sindone, iniziano studi e ricerche, soprattutto medico-legali. 1931 - Durante l'ostensione per il matrimonio di Umberto di Savoia, la Sindone viene fotografata di nuovo da Giuseppe Enrie, fotografo professionista. 1933 - Ostensione per commemorare il XIX Centenario della Redenzione. 1939/1946 - Durante la Seconda Guerra mondiale, la Sindone viene nascosta nel Santuario di Montevergine (Avellino) dal 25 settembre 1939 al 28 ottobre 1946.
Santuario di Montevergine (Avellino) (SMV) 1969 - Dal 16 al 18 giugno avviene una ricognizione della reliquia da parte di una commissione di studio nominata dal cardinale Michele Pellegrino. Prima fotografia a colori, eseguita da Giovanni Battista Judica Cordiglia.
Cupole del Duomo e della Cappella della Sindone 8
(M. Paolicchi) 1973 - Prima ostensione televisiva in diretta (23 novembre). Nuova ricognizione della reliquia. Prelievi di Max Frei e Gilbert Raes. 1978 - Celebrazione del IV Centenario del trasferimento della Sindone da Chambéry a Torino, con ostensione pubblica dal 26 agosto all'8 ottobre e Congresso Internazionale di studio. Al termine, dall’8 al 14 ottobre numerosi scienziati, prevalentemente statunitensi appartenenti allo STURP (Shroud of Turin Research Project), effettuano misure ed analisi sulla reliquia per 120 ore consecutive al fine di compiere un'indagine scientifica multidisciplinare. 1980 - Durante la visita a Torino il 13 aprile, il papa Giovanni Paolo II ha modo di venerare la Sindone nel corso di un’ostensione privata. 1983 - Il 18 marzo muore Umberto II di Savoia; per sua disposizione la Sindone è donata al Papa. 1988 - Il 21 aprile dalla Sindone viene prelevato un campione di tessuto per sottoporlo alla datazione con il metodo del Carbonio 14. In base a questa analisi, la Sindone risalirebbe al medioevo, ad un periodo compreso tra il 1260 ed il 1390 d.C. Le modalità dell'operazione di prelievo e l'attendibilità del metodo per tessuti che hanno subito vicissitudini come quelle della Sindone sono però ritenute insoddisfacenti da un numero rilevante di studiosi. Infatti, l’incendio del 1532 può aver modificato la quantità di carbonio radioattivo presente nella Sindone, alterandone così la datazione. Inoltre lo scienziato statunitense Leoncio Garza Valdés ha verificato la presenza di un complesso biologico composto da funghi e batteri che ricopre i fili sindonici come una patina e che non è eliminabile con i normali sistemi di pulizia. Nella zona del prelievo altri scienziati hanno trovato fibre di cotone che possono essere state usate per un rammendo invisibile. Tutto ciò permette di ricondurre la datazione della Sindone al I sec. d.C. 1992 - Il 7 settembre viene effettuata una ricognizione del Sacro Telo da parte di esperti invitati a suggerire iniziative ed interventi idonei a garantirne la migliore conservazione. 1993 - Il 24 febbraio il reliquiario contenente la Sindone è temporaneamente trasferito dietro l’altare maggiore del Duomo di Torino per consentire i lavori di restauro della cappella guariniana. Il reliquiario viene posto in una teca di cristallo con le pareti spesse 39 mm. 1995 - Il 5 settembre il cardinale Giovanni Saldarini, arcivescovo di Torino e custode della Sindone, annuncia le due prossime ostensioni, stabilite dal 18 aprile al 14 giugno 1998 (per celebrare il centenario della prima fotografia) e dal 29 aprile all’11 giugno del 2000 (in occasione del Grande Giubileo della Redenzione). Durante l’ostensione del 1998 si svolgeranno a Torino dal 5 al 7 giugno i lavori del III Congresso Internazionale di Studi Sindonici, organizzato dal Centro Internazionale di Sindonologia di Torino. Successivamente il 29 maggio 1998 sono state variate le date relative all'ostensione del 2000 che avrà luogo dal 26 agosto al 22 ottobre. 9
1997 - Nella notte tra l’11 e il 12 aprile un incendio provoca gravissimi danni alla Cappella della Sindone. Fortunatamente dal 1993 il Lenzuolo era stato trasferito nel Duomo a causa dei lavori di restauro della Cappella. Questo fatto ha permesso ai Vigili del Fuoco (http://www.vvf.torino.it/) di avvicinarsi alla speciale teca di cristallo per romperla e salvare la Sindone. Il 14 aprile una commissione di esperti, composta anche dal cardinale Giovanni Saldarini, ha esaminato lo stato del Lenzuolo. È stato constatato che nessun danno si è verificato e il cardinale ha confermato le ostensioni programmate per il 1998 e per il 2000 a Torino. Il 25 giugno nella chiesa del SS. Sudario si è svolta un'ostensione privata. In quell'occasione sono state realizzate immagini della Sindone in alta definizione con speciali apparecchiature: serviranno agli studiosi, ma in particolare per il filmdocumentario ufficiale dell'esposizione. Durante l'ostensione privata sono state scattate nuove fotografie da parte di Giancarlo Durante.
Cupola della Cappella della Sindone bruciata nell'incendio del 1997 (M. Paolicchi)
La Sindone esposta nel Duomo di Torino (M. Marinelli) 1998 - Dal 18 aprile al 14 giugno si è tenuta un'ostensione pubblica per celebrare il centenario della prima fotografia scattata dall'avv. Secondo Pia tra il 25 e il 28 maggio 1898. Il 1998 si colloca inoltre a 1600 anni dal Concilio provinciale dei Vescovi della Gallia ospitato a Torino da san Massimo, a 400 anni dall'istituzione della Confraternita del Santissimo Sudario ed a 20 anni dall'ultima ostensione. Una teca basculante è stata realizzata sia per l'esposizione che per la normale conservazione del prezioso lino, che viene tenuto disteso dietro un vetro antiproiettile a tenuta stagna, in assenza di aria e in 10
presenza di un gas inerte. Il lenzuolo è protetto dalla luce e mantenuto in condizioni climatiche costanti attraverso vari sistemi di monitoraggio. Il Santo Padre Giovanni Paolo II si è recato a Torino il 24 maggio ed ha sostato in preghiera davanti alla preziosa Reliquia. Dal 5 al 7 giugno ha avuto luogo a Torino il III Congresso Internazionale di Studi sulla Sindone dal titolo "Sindone e Scienza: Bilanci e programmi alle soglie del terzo millennio". 1999 - Nella serata di venerdi 22 gennaio c'e' stata una ricognizione della Sindone alla presenza del Custode Pontificio, card. Giovanni Saldarini, e dei membri della Commissione Diocesana per la conservazione. La ricognizione ha fornito risultati ampiamente positivi: la sistemazione nella nuova teca con gas inerte garantisce le necessarie sicurezze esterne e le condizioni ottimali di preservazione della Sindone. Mons. Severino Poletto, 66 anni, dal 19 giugno è il nuovo Arcivescovo di Torino. Lo ha nominato Giovanni Paolo II dopo aver accettato le dimissioni presentate in anticipo dal Cardinale Giovanni Saldarini per problemi di salute. L'insediamento è avvenuto il 5 settembre 1999 nel Duomo di Torino. 2000 - Dal 12 agosto al 22 ottobre si è tenuta una Ostensione pubblica in occasione del Grande Giubileo. Una nuova teca è stata realizzata per la normale conservazione del prezioso Lino, che viene tenuto disteso in presenza di un gas inerte. La precedente teca basculante verrà usata solo per le Ostensioni. Dal 2 al 6 marzo 2000 si sono svolti a Torino un Simposio Internazionale e una ricognizione sulla Sindone. Per le informazioni si può consultare la pagina Internethttp://www.sindone.org/it/ostens/symposium.htm. Dal 27 al 29 agosto si è tenuto ad Orvieto (Italia) il Congresso Mondiale "Sindone 2000". Per le informazioni si può consultare il sito Internet http://web.tiscali.it/sindone2000/. Dal 2 al 4 novembre uno scanner adattato alle necessità è stato infilato tra la parte posteriore del lino della Sindone e il "telo d'Olanda", supporto su cui la Sindone stessa venne cucita dalle suore Clarisse di Chambéry dopo l'incendio del 1532. La lettura con lo scanner è stata effettuata dal prof. Paolo Soardo dell'Istituto Nazionale Galileo Ferraris di Torino. Oltre all'esame con lo scanner, è stata effettuata una serie completa di fotografie, in bianco e nero e a colori, destinate soprattutto alla comunità scientifica. La Sindone è stata riposta nella nuova teca il 22 dicembre 2000. 2002 - Fra il 20 giugno e il 23 luglio la Sindone è stata sottoposta ad un notevole intervento che ha comportato la rimozione del restauro operato dalle suore Clarisse di Chambéry nel 1534. Tutti i rappezzi sono stati asportati e tutti i bordi carbonizzati dei fori sono stati raschiati via. I fori sono quindi divenuti più grandi e sono stati lasciati scoperti. Sul retro della Sindone è stata cucita, con aghi ricurvi e filo di seta, una nuova tela che risale a una cinquantina d’anni fa. Inoltre è stata effettuata la scansione digitale completa sia sulla superficie dove è visibile l’immagine dell’Uomo della Sindone, sia sul retro che è tornato poi ad essere nascosto dalla nuova fodera. Infine è stata realizzata una documentazione fotografica completa e sono stati operati alcuni prelievi di materiale. Le motivazioni addotte dalla commissione che ha operato (non è stato reso noto però un elenco dei membri) riguardano la riduzione del problema delle pieghe esistenti sul telo, la tensione irregolare e incontrollata provocata dai punti di cucitura e la limitazione dei danni dovuti alla presenza di residui carboniosi. Inoltre le condizioni di pulizia della fodera erano ritenute assai preoccupanti e sotto le toppe si erano accumulati per quasi cinque secoli polvere e detriti, oltre ai frammenti di tessuto carbonizzato. L’intervento ha suscitato notevoli perplessità fra molti studiosi della Sindone: infatti non appariva 11
necessario e urgente un intervento così drastico. Probabilmente sono anche andate perdute diverse possibili informazioni sull’oggetto. 2005 - La sera di sabato 2 aprile, alla vigilia della festa della Divina Misericordia, il Signore ha chiamato a sé il Santo Padre Giovanni Paolo II. Con lui nel 1983 la Sindone, donata da Umberto II di Savoia, è tornata al successore di San Pietro, l'apostolo che per primo la vide vuota, nel Santo Sepolcro. Martedì 19 aprile è stato eletto Papa il Card. Joseph Ratzinger che ha scelto di chiamarsi Benedetto XVI. Il nuovo Pontefice ha sempre manifestato la sua attenzione per la Sacra Sindone, che ha nominato anche il 25 marzo durante la Via Crucis del Venerdì Santo. 2006 - La sera di giovedì 4 maggio la S. Messa nel Duomo di Torino è stata particolarmente solenne perché si celebravano i 500 anni dalla concessione della liturgia della Sindone da parte di Papa Giulio II. L’evento è stato commemorato anche nei due giorni successivi con un simposio. 2008 - Il 22 gennaio la società novarese HAL9000 ha eseguito a Torino la ripresa fotografica ad altissima definizione della Sindone. La realizzazione di questo straordinario documento fotografico è stata possibile in occasione del trasferimento temporaneo della Sindone nella sacrestia nuova del Duomo per effettuare una revisione generale dei sistemi di controllo e sicurezza della cappella e della teca che custodisce il Telo. Le acquisizioni digitali sono state condotte mediante l’utilizzo di apparati optoelettronici e meccanici appositamente realizzati e progettati, con protezioni ridondanti per operare in assoluta sicurezza alla distanza di 30 cm dal Telo. La prima fase di elaborazione ha permesso la creazione di una dettagliata riproduzione in scala reale e di una gigantografia di 12 metri di lunghezza che sono state esposte rispettivamente nel Duomo di Novara e nella piazza antistante quale simbolo del progetto culturale Passio 2008. Il 2 giugno papa Benedetto XVI ha annunciato una nuova ostensione della Sindone per la primavera del 2010 ed ha affermato: “Sarà un'occasione quanto mai propizia per contemplare quel misterioso Volto, che silenziosamente parla al cuore degli uomini, invitandoli a riconoscervi il volto di Dio”. 19 aprile 20.14 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione Il ruolo di internet per la ricerca
IL RUOLO DI INTERNET NEL FUTURO DELLA RICERCA SULLA SINDONE di Barrie M. SCHWORTZ The Shroud of Turin Website http://www.shroud.com/ © 1998 Tutti i diritti riservati Presentato originariamente il 7 giugno 1998 al Congresso sulla Sindone a Torino
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Barrie M. Schwortz con il Card. Giovanni Saldarini Comunicazioni e ricerca sulla Sindone Le mie osservazioni personali di ricerca sindonica sono cominciate alla fine del 1976, quando sono diventato il fotografo ufficiale dello Shroud of Turin Research Project (STURP). Come membro del team sono stato coinvolto direttamente nei due anni di progettazioni e riunioni che sono culminate nella partecipazione dello STURP alle 120 ore di esami sulla Sindone nell'ottobre 1978. Lo STURP ha impiegato oltre due anni per progettare i propri esperimenti. Questo periodo è stato spesso frustrante perché il team era composto da piccoli gruppi di ricercatori residenti in diverse città da un capo all'altro degli Stati Uniti. I soli mezzi di comunicazione disponibili tra i vari gruppi erano o il telefono o la corrispondenza scritta. Questo ha limitato la nostra efficienza e ha aggiunto tempo considerevole alla programmazione. La prima volta che tutto il team si è effettivamente incontrato non è stato che trenta giorni prima della partenza per Torino. Negli anni successivi agli esami, mentre si stavano selezionando e valutando i dati raccolti, la ricerca sulla Sindone si stava intensificando a livello mondiale. Durante questo periodo, dato che ho lavorato a stretto contatto con gli scienziati dello STURP e ho fornito loro le fotografie della Sindone di cui avevano bisogno per il loro lavoro, la necessità di incrementare l'interazione e le comunicazioni nella ricerca sulla Sindone è diventata persino più evidente. Ho partecipato ad ogni riunione del team, documentandole tutte, e nel 1981 ho completato il lavoro sulla documentazione fotografica di cui ero responsabile 1. Uno dei problemi più ovvi che ho osservato durante questo periodo è stato la mancanza di comunicazioni che esisteva, non solo all'interno del progetto, ma tra il nostro team e i ricercatori di altri gruppi. In parte ciò era dovuto ai limiti della tecnologia delle comunicazioni degli anni '70. Non c'erano fax o e-mail ed i ricercatori erano davvero sparsi in tutto il mondo. Ma a volte era dovuto a fattori personali. Ho notato un certo attrito tra alcuni scienziati sin dalla prima ora del primo giorno delle nostre 120 ore di esami. Cominciavo a vedere realizzarsi un modello che probabilmente si verifica in ogni gruppo scientifico che lavora da solo, con poco o nessuno scambio di informazioni con altri gruppi. Sebbene si stessero formando nuovi gruppi di sindonologi negli Stati Uniti ed in 13
Europa, pochi avevano una cooperazione attiva tra loro. La mancanza di fondi, il nazionalismo, gli ego individuali e la stessa natura dell'argomento, tutto sembrava contribuire ad un atteggiamento di non collaborazione e persino ostile. In un periodo in cui l'incremento della cooperazione e delle comunicazioni era una necessità ovvia ed importante, sembrava verificarsi l'esatto contrario. In tutta franchezza, lo STURP è stato limitato, non solo da un accordo scritto fra i suoi membri, ma anche da un accordo con le autorità di Torino. Sono stati obbligati giuridicamente a mantenere il silenzio riguardo le loro conclusioni finché non avessero pubblicato la loro relazione finale, per evitare che fossero diffusi parzialmente dei dati che avrebbero dato luogo a dei fraintendimenti2. D'altro canto la Sindone di Torino è un oggetto pubblico e nessuno era completamente immune dall'incontrare pressioni dovute all'aumento dell'interesse mondiale. A volte sembrava che il mondo dei sindonologi agisse come quei bambini che litigano su un campo da gioco per un pallone che neanche appartiene loro. In tutto questo periodo, ricercatori di tutto il mondo hanno spesso discusso sulla creazione di un Centro Internazionale di Studi sulla Sindone. Sebbene molti gruppi portavano la parola "internazionale" nella loro denominazione, non c'era effettivamente una grande attività internazionale. Era chiaro a tutti che occorreva un'organizzazione o un centro veramente globale, ma le preoccupazioni per i costi, l'ubicazione, la lingua e l'amministrazione lo ha reso nient'altro che un lontano sogno. Come per molti altri, il mio coinvolgimento continuato nella sindonologia ha subito un contraccolpo nel 1988 quando furono resi pubblici i risultati della datazione radiocarbonica. Negli anni successivi ho notato che ci sono stati articoli, che ancora appaiono sulla stampa commerciale e sui media, la maggior parte dei quali era però solo un tentativo di spiegare come è stata perpetrata la cosiddetta "falsificazione" della Sindone. Molti hanno affermato di aver "risolto il mistero" dell'immagine, sebbene spesso questi testi siano stati scritti da gente con una evidente conoscenza superficiale dell'argomento. Tuttavia l'attenzione dei media che essi hanno suscitato li ha fatti sembrare credibili al pubblico. In effetti, dopo la diffusione dei risultati della datazione radiocarbonica molti scienziati seri hanno abbandonato la ricerca sulla Sindone, lasciando un vuoto che è stato riempito rapidamente da teorici spinti da tutt'altro che motivazioni scientifiche. Questo presentava l'aspetto sfavorevole di intorbidare ancor più le acque e mischiare la realtà della Sindone con la finzione. Dopo tutte le ore di ricerca seria, scientifica, che erano state realizzate sulla Sindone di Torino, la scienza si incamminava su una via nascosta in riviste disponibili solo in biblioteche scientifiche, mentre il pubblico continuava ad essere male informato dalla stampa popolare. Sembrava che nessun progresso fosse stato fatto e che quello sforzo portato avanti da così tante persone fosse stato sprecato. Viene trovata una soluzione Nei primi anni '90, cominciano a filtrare al pubblico nuove informazioni sulla Sindone. Il mio interesse si è rinnovato in questo periodo ed ho cominciato a considerare i migliori mezzi possibili per rendere disponibili il mio materiale del 1978 ad un pubblico più vasto. 14
Ho cominciato a pensare ad Internet come possibilità e mi sono ritrovato in rete per la prima volta nell'ottobre del 1995. È stato subito ovvio che Internet ha fornito qualche cosa che nessun altro mezzo prima poteva offrire: accesso universale a comunicazioni globali istantanee. Ho deciso che questo era un modo eccezionale per rendere disponibili le informazioni sulla Sindone e ho cominciato a disegnare lo "Shroud of Turin Website"3. Il 21 gennaio 1996, il website è entrato in rete. La risposta è stata quasi immediata. Sono cominciati ad arrivare e-mails da molti ricercatori sulla Sindone veterani e da altri che erano nuovi alla sindonologia. Tutti erano eccitati alla prospettiva di un website dedicato alla Sindone e molti mi hanno permesso di ripubblicare i loro lavori online. Presto ho cominciato a corrispondere con centinaia di persone e tutti erano d'accordo che il website poteva diventare il centro internazionale perfetto per gli studi sulla Sindone. In aggiunta ai ricercatori che si dedicano alla Sindone, molti altri scienziati hanno visitato il sito e mi hanno scritto le loro idee o commenti. Ma anche il pubblico laico cominciava a visitarlo. Molti mi hanno scritto solo per dirmi quanto erano stati felici di trovare finalmente la sindonologia disponibile per tutti. È diventato subito chiaro che la mia idea originale di un piccolo website per condividere alcuni miei materiali sindonici stava diventando qualcosa di molto più grande e più importante di quanto avessi immaginato. È apparso evidente che questa nuova tecnologia avrebbe potuto finalmente fornire il meccanismo che avrebbe reso la sindonologia un'opera davvero internazionale. Ora, a poco più di due anni di distanza, con oltre 200.000 visitatori da 117 paesi, il mio piccolo esperimento è diventato il più grande sito Internet sulla Sindone. È stato possibile solo grazie alla cooperazione che ho ricevuto da molti nel mondo coinvolti direttamente o indirettamente con la Sindone. Inoltre, si è dimostrato che Internet può di fatto essere usato per migliorare e diffondere gli obiettivi dei sindonologi di tutto il mondo. Una copia cianografica per il futuro Una delle più importanti richieste da parte dei ricercatori sulla Sindone è la necessità di avere una valutazione fra pari del loro lavoro. Sfortunatamente, a volte è stato difficile trovare una rivista scientifica disposta ad accettare lavori sull'argomento a causa della sua natura molto controversa. I sindonologi spesso si trovano a sottoporre i loro lavori a riviste più piccole, più oscure o a non sottoporli affatto ad una revisione fra pari. Purtroppo, questo limita anche la credibilità di qualsiasi conclusione raggiunta da parte dei ricercatori e fornisce sostanzioso "cereale da macinare" per il "mulino" degli scettici. Nel corso degli anni è stata pubblicata una serie di riviste dedicate alla sindonologia che hanno fatto una revisione tra pari. I più degni di nota sono "Sindon", pubblicato in Italia dal Centro Internazionale di Sindonologia, e "Shroud Spectrum International", pubblicato negli Stati Uniti dal 1981 al 1993 da Dorothy Crispino 4. Queste eccellenti riviste hanno dato ai sindonologi un foro appropriato per presentare i loro lavori, ma hanno portato con sé il loro carico di limitazioni. "Sindon" è pubblicato solo in italiano e ciò limita l'accesso internazionale a coloro che parlano quella lingua. "Shroud Spectrum International" ha fornito una soluzione eccellente al problema pubblicando le traduzioni 15
inglesi dei lavori originalmente apparsi su "Sindon", come pure dei nuovi articoli, ma sfortunatamente ha cessato la pubblicazione nel 1993. Internet può fornire una soluzione ideale per presentare articoli in più lingue e permettere ai visitatori di selezionale la lingua a loro scelta. Con una cooperazione più stretta tra le maggiori organizzazioni di sindonologi a livello mondiale, lo "Shroud of Turin Website", attualmente pubblicato solo in inglese, può essere facilmente ampliato per includere articoli in diverse lingue. L'unica esigenza sarebbe la consegna di traduzioni qualificate in forma digitale. L'eliminazione dei costi di stampa e delle spese postali rende la pubblicazione di una rivista elettronica molto più pratica dal punto di vista economico. Un altro vantaggio di Internet è il modo semplice di fare correzioni o aggiunte a un articolo quando necessario, cosa effettivamente impossibile con le riviste convenzionali stampate. Inoltre, con tale incremento di cooperazione internazionale, alla fine si potrebbe creare un gruppo multidisciplinare di esperti che effettuerebbe una revisione fra pari per qualsiasi nuovo lavoro sottoposto per la pubblicazione senza le tipiche restrizioni fisiche di una rivista stampata. Durante gli ultimi due anni, con la cooperazione di "Collegamento pro Sindone", un certo numero di articoli precedentemente disponibili solo in italiano è già stato tradotto in inglese e pubblicato sullo "Shroud of Turin Website"5. Inoltre, grazie alla cooperazione con il Centro Mexicano de Sindonologia, è stata inclusa sul sito anche una versione spagnola dell'articolo "1997 Fire"6. Articoli non rivisti fra pari possono essere ripubblicati anche per il beneficio dei ricercatori come pure del comune pubblico. La pagina del website "Scientific papers and articles" ne include già molti7. Una delle sfide più grandi per la moderna ricerca sulla Sindone è la reperibilità e la disponibilità di lavori precedentemente pubblicati. Persino con l'accesso ad una sofisticata biblioteca di ricerca, molti riferimenti sono difficilissimi da trovare. Attraverso la cooperazione di tutte le raccolte sindoniche più grandi del mondo è stata compilata una enorme bibliografia di libri ed articoli e si può trovare un nutrito elenco sulla pagina "Shroud booklist" del sito; molti altri titoli saranno presto inclusi 8. Alla fine, è disponibile per tutti una bibliografia facilmente accessibile, in posizione centrale. Insieme con queste indicazioni, persino quando un riferimento è determinato, spesso è impossibile trovare l'effettivo documento o giornale. Molti riferimenti importanti sono esauriti e hanno più di venti anni. Durante gli ultimi due anni sono stati ottenuti i diritti di ristamparne un certo numero sul website e molti vengono aggiunti continuamente 9. Questo sarà fatto di continuo col tempo e il website potrebbe divenire il contenitore centrale e la risorsa primaria di dati sulla Sindone per i sindonologi di tutto il mondo. Senza dubbio la Sindone di Torino stimola dibattiti infuocati. Questi spesso prendono la forma di corrispondenza personale tra singoli ricercatori. Il website ha già ospitato un certo numero di tali dibattiti grazie alla generosità dei ricercatori che hanno reso disponibile la pubblicazione della loro corrispondenza 10. Questa caratteristica potrebbe essere estesa facilmente per fornire un vero foro internazionale aperto per continue discussioni e ciò permetterebbe ad altre parti interessate di inserirsi nel dibattito. 16
È disponibile su Internet anche un forum scritto noto come newsgroup, dove i visitatori leggono i commenti inviati e quindi aggiungono i propri commenti alla pagina. Tale newsgroup già esiste sulla Sindone, creato da William Meacham di Hong Kong 11. Oltre a tali dibattiti pubblici, sono ora realizzabili su Internet spazi di discussione dal vivo. Con una programmazione anticipata, la tecnologia permette che i dibattiti dal vivo diventino una caratteristica regolare sul website. Tali "incontri in rete" o conferenze rafforzeranno certamente l'interscambio di idee. Non solo con un dibattito verbale: si potrebbero programmare di volta in volta teleconferenze video e audio per permettere ai ricercatori di scambiare le loro idee e discutere i dettagli del loro lavori. Congressi come questo sarebbero anche molto avvantaggiati dall'uso di Internet. Si potrebbe inserire su Internet un "call for papers" per informare i sindonologi dei convegni futuri, comprendendo le date limite per la presentazione dei lavori, le tasse di iscrizione e i programmi. I riassunti potrebbero facilmente essere sottoposti tramite e-mail e allo stesso modo le notizie riguardanti l'accettazione potrebbero essere inviate ai probabili oratori dagli organizzatori del congresso tramite e-mail. Se necessario, i programmi del congresso potrebbero essere inviati e modificati velocemente. E naturalmente, i lavori definitivi potranno alla fine essere pubblicati su Internet oltre alla produzione degli atti scritti. Negli anni più recenti, una delle più grandi difficoltà per molti ricercatori è stata quella di ottenere l'accesso a determinato materiale necessario per il loro lavoro. Ciò comprende la necessità di fotografie, copie di riferimenti esauriti o difficili da trovare ed altri tipi di dati. Esiste già sullo Shroud of Turin Website la pagina Research Registry dove molti ricercatori hanno già fatto una "inserzione" riguardante materiale di cui hanno bisogno 12. Queste richieste hanno compreso campioni di sangue e di lino, l'accesso a speciali attrezzature e persino alcune ricerche di nuovi colleghi di specifiche discipline per avere aiuto nelle indagini. Inoltre organizzazioni o singoli con mezzi da offrire per la ricerca sulla Sindone hanno inserito sul sito l'avviso che sono disponibili per chiunque abbia bisogno di loro. Con l'interesse ininterrotto verso la Sindone a livello mondiale, molti ricercatori vengono spesso chiamati da gruppi laici e professionali a fare presentazioni e tenere conferenze. Un nuovo servizio previsto per il sito è un ufficio internazionale di conferenzieri sulla Sindone. Esso fornirà alle organizzazioni che cercano tali conferenzieri una fonte centrale di esperti qualificati tra cui scegliere. I ricercatori che ne faranno parte saranno elencati per disciplina, localizzazione fisica e disponibilità. In questa stessa linea, sarà anche inclusa una directory di e-mails di ricercatori sulla Sindone. Ciò renderà ancora più semplice per i sindonologi contattarsi fra loro. Un'altra utile funzione del sito è la raccolta delle informazioni e dei dati statistici. I ricercatori possono preparare un questionario che sarà trasformato in un modulo; i visitatori del sito lo compilano e lo spediscono direttamente tramite Internet. I ricercatori riceveranno le informazioni immediatamente via e-mail e potranno introdurre le risposte direttamente nelle loro analisi. Infine, verrà presto aggiunta una possibilità di ricerca che permetterà ai visitatori del sito di inserire parole chiave e cercare velocemente tra tutto il materiale del sito per trovare le informazioni specifiche di cui necessitano. Ciò sarà particolarmente utile dato che la quantità di materiale presente sul sito sta aumentando. 17
Conclusioni L'interazione e i contatti tra i ricercatori che si interessano della Sindone a livello mondiale sono stati limitati storicamente dallo stato delle tecnologie di comunicazione esistenti e dalla inabilità o mancanza di volontà di alcuni ricercatori a collaborare con gli altri e a scambiare apertamente i propri dati. Nonostante sia stato riconosciuto da parecchio tempo il valore di un centro internazionale per gli studi sulla Sindone globalmente accessibile, si è avuto un progresso minimo, se pur c'è stato, nel realizzare questo obiettivo. I recenti sviluppi nelle tecnologie di comunicazione ci hanno fornito nuovi, potenti metodi per comunicazioni globali istantanee. Con l'avvento di queste nuove tecnologie è stato eliminato uno dei maggiori ostacoli alla creazione di un centro sindonologico internazionale. Il valore di questi progressi è stato chiaramente dimostrato dallo Shroud of Turin Website che ha ottenuto la fiducia e la collaborazione di molti ricercatori semplicemente creando un'atmosfera onesta e imparziale per presentare le idee da ogni punto di vista. Rimane solo un ostacolo principale all'introduzione della ricerca sulla Sindone nel XXI secolo con rinnovato vigore e successo: è la volontà, da parte dei sindonologi di tutto il mondo, di scambiarsi le informazioni e di collaborare fra di loro. Come l'arcivescovo G. Saldarini ha sottolineato nelle sue considerazioni di apertura, per questo scopo sarà necessario chedimentichiamo le nostre frontiere nazionali, le lingue che parliamo, i gruppi ai quali apparteniamo o la posizione che abbiamo in merito all'autenticità e ricordiamo il filo che ci lega tutti insieme. Abbiamo l'obbligo di realizzare la migliore scienza possibile. Ciò può avvenire solo se noi tutti lavoriamo insieme in modo da ottenere un vero progresso. Gli strumenti sono ora disponibili. Il resto spetta a noi. Riferimenti Nota: ho scelto di includere i miei riferimenti come indirizzi Internet piuttosto che nella forma convenzionale poiché si possono trovare tutti sullo Shroud of Turin Website. Se state leggendo questo articolo su Internet, dovete solo cliccare sul riferimento e andrete direttamente alla pagina specifica. Se state leggendo l'articolo negli atti stampati, dovete solo aprire il vostro navigatore Internet, selezionare File Menu, poi Open Location, infine scrivere l'indirizzo e premere invio. 1. http://www.shroud.com/mapping.htm - "Mapping of Research Test Points on the Shroud of Turin" 2. http://www.shroud.com/78conclu.htm - "A Summary of STURP's Conclusions" 3. http://www.shroud.com/ - The Shroud of Turin Website - Home Page 4. http://www.shroud.com/spectrum.htm - "Index to Shroud Spectrum International" 5. http://www.shroud.com/collegam.htm - "Collegamento pro Sindone" - Gateway Page 6. http://www.shroud.com/firespan.htm - Abril 12, 1997 - "Reporte Especial sobre el Incendio de 1997" - IN SPAGNOLO 7. http://www.shroud.com/papers.htm - "Scientific Papers & Articles" Page 8. http://www.shroud.com/booklist.htm - "Shroud Booklist" Page 18
9. http://www.shroud.com/nature.htm - "Radiocarbon Dating the Shroud of Turin" Ripreso da Nature, Vol. 337, No. 6208, pp. 611-615, 16th February, 1989 10.http://www.shroud.com/lombatti.htm - "Doubts Concerning the Coins Over the Eyes" Un dibattito tra Antonio Lombatti e Alan Whanger 11. alt.turin-shroud - È l'indirizzo dello Shroud of Turin Newsgroup fondato da William Meacham 12.http://www.shroud.com/registry.htm - "Research Registry" 19 aprile 20.13 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione Principali ricerche
1. Cosa certamente è la Sindone È un lenzuolo di lino che ha certamente avvolto il cadavere di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso con chiodi, trapassato da una lancia al costato. Le tradizionali dimensioni erano riportate come 436 cm di lunghezza e 110 cm di larghezza fino a tempi recenti. Dal 1998 nelle pubblicazioni ufficiali le dimensioni erano date come 437 cm per 111 cm. Dopo l’intervento dell’estate 2002, le nuove misure comunicate ufficialmente sono 442 cm per 113 cm. Le macchie di sangue e di siero presenti sono irriproducibili con mezzi artificiali. È sangue coagulatosi sulla pelle di un uomo ferito e ridiscioltosi a contatto con la stoffa umida. Si tratta di sangue umano maschile di gruppo AB che all'analisi del DNA è risultato molto antico. Il sangue è dello stesso tipo di quello riscontrato sul Sudario conservato nella Cattedrale di Oviedo (Spagna), una tela di 83 x 52 cm che presenta numerose macchie di sangue simmetriche, passate da una parte all'altra mentre era piegata in due. La tradizione la definisce Santo Sudario o Sagrado Rostro, cioè Sacro Volto. La preziosa stoffa giunse ad Oviedo nel IX secolo, in un'Arca Santa di legno con altre reliquie, proveniente dall'Africa settentrionale. Il sangue presente sul Sudario è umano, appartiene al gruppo AB e il DNA presenta profili genetici simili a quelli rilevati sulla Sindone. Il Centro Español de Sindonologia (http://www.linteum.com/) ha ulteriori informazioni sul Sudario di Oviedo nel suo website. Interessante anche il confronto con gli studi compiuti sui resti del miracolo eucaristico di Lanciano (Chieti). Qui nel sec. VIII, nella chiesa di san Legonziano, nelle mani di un monaco basiliano che dubitava della presenza reale di Cristo nelle specie eucaristiche, al momento della consacrazione l'ostia diventò carne e il vino si mutò in sangue. Dalle indagini compiute nel 1970 da Odoardo Linoli, libero docente in anatomia e istologia patologica e in chimica e microscopia clinica all'Università di Siena, risultò che la carne è vero tessuto miocardico di un cuore umano e il sangue è autentico sangue umano del gruppo AB. 19
Oltre al sangue, sulla Sindone c'è l'immagine del corpo che vi fu avvolto. Questa immagine, dovuta a degradazione per disidratazione e ossidazione delle fibrille superficiali del lino, è paragonabile ad un negativo fotografico. È superficiale, dettagliata, tridimensionale, termicamente e chimicamente stabile. È stabile anche all'acqua, non è composta da pigmenti, è priva di direzionalità e non è stata provocata dal semplice contatto del corpo con il lenzuolo: con il contatto il telo o tocca o non tocca. Non c'è via di mezzo. Invece sulla Sindone c'è immagine anche dove sicuramente non c'era contatto. I suoi chiaroscuri sono proporzionali alle diverse distanze esistenti fra corpo e telo nei vari punti di drappeggio. Si può dunque ipotizzare un effetto a distanza di tipo radiante. Sotto le macchie di sangue non esiste immagine del corpo: il sangue, depositatosi per primo sulla tela, ha schermato la zona sottostante mentre, successivamente, si formava l'immagine. 2. Cosa certamente non è la Sindone L'immagine non è stata prodotta con mezzi artificiali. Non è un dipinto né una stampa: sulla stoffa è assente qualsiasi pigmento. Non è il risultato di una strinatura prodotta con un bassorilievo riscaldato: le impronte così ottenute passano da parte a parte, tendono a sparire, hanno diversa fluorescenza e non hanno caratteristiche tridimensionali paragonabili a quelle della Sindone. 3. Cosa non conosciamo della Sindone Il meccanismo fisico-chimico all'origine dell'impronta. Si può ipotizzare un meccanismo come un fiotto di radiazione non penetrante che si attenua con il passaggio nell'aria, che diminuisce con la distanza. 4. Perché la Sindone non può essere medievale La manifattura rudimentale della stoffa, la torcitura Z (in senso orario) dei fili, la tessitura in diagonale 3 a 1, la presenza di tracce di cotone egizio antichissimo, l'assenza di tracce di fibre animali rendono verosimile l'origine del tessuto nell'area siro-palestinese del primo secolo. Altri indizi: grande abbondanza di pollini di provenienza mediorientale e di aloe e mirra; la presenza di un tipo di carbonato di calcio (aragonite) simile a quello ritrovato nelle grotte di Gerusalemme; tracce sugli occhi di monete coniate il 29 d.C. sotto Ponzio Pilato; una cucitura laterale identica a quelle esistenti su stoffe ebraiche del primo secolo rinvenute a Masada, un’altura vicina al Mar Morto.
La Sindone (a sinistra) a confronto con 20
tessuti egizi del II secolo d.C. (P. Savio) Nel medio evo erano completamente ignorate le conoscenze storiche e archeologiche sulla flagellazione e la crocifissione del I secolo, di cui si era persa la memoria. L'eventuale falsario medievale non avrebbe potuto raffigurare Cristo con particolari in contrasto con l'iconografia medievale: corona di spine a casco, trasporto sulle spalle del solo patibulum (la trave orizzontale della croce), chiodi nei polsi e non nelle mani, corpo nudo, assenza del poggiapiedi. Inoltre avrebbe dovuto tener conto dei riti di sepoltura in uso presso gli ebrei all'epoca di Cristo. Lo stesso falsario avrebbe dovuto immaginare l'invenzione del microscopio, avvenuta alla fine del XVI secolo, per aggiungere elementi invisibili ad occhio nudo: pollini, terriccio, siero, aromi per la sepoltura, aragonite. Il falsario avrebbe dovuto conoscere la fotografia, inventata nel XIX secolo, e l'olografia realizzata negli anni '40 del XX secolo. Avrebbe dovuto saper distinguere tra circolazione venosa e arteriosa, studiata per la prima volta nel 1593, nonché essere in grado di macchiare il lenzuolo in alcuni punti con sangue uscito durante la vita ed in altri con sangue post-mortale; rispettando inoltre, nella realizzazione delle colature ematiche, la legge della gravità, scoperta nel 1666.
Manoscritto Pray, Budapest 1192-1195 (M. Paolicchi) Ammessa la conoscenza di tutte queste nozioni scientifiche, l'ipotetico contraffattore avrebbe dovuto avere la capacità ed i mezzi per produrre l'oggetto. È inconcepibile che un falsario di tale sovrumana levatura sia rimasto completamente sconosciuto a contemporanei e posteri dopo aver prodotto un'opera così perfetta; egli avrebbe però utilizzato una stoffa appena uscita dal telaio, e quindi medievale, vanificando tutti i suoi poteri di preveggenza sulle future scoperte scientifiche. Alla luce delle conclusioni scientifiche attuali, però, è innegabile che la Sindone abbia avvolto un cadavere. Sarebbe dunque da ipotizzare non un falsario-artista, ma un falsarioassassino; le difficoltà in questo secondo caso non sarebbero minori. 21
Sarebbe stato impossibile per lo spregiudicato omicida trovare una vittima il cui volto fosse congruente in diverse decine di punti con le icone di Cristo diffuse nell'arte bizantina; e, soprattutto, "pestare a sangue" l'uomo in maniera adeguata, in modo da ottenere determinati gonfiori del viso riprodotti nelle icone. Ne avrebbe dovuti uccidere parecchi prima di raggiungere il suo scopo: sarebbe stato, quindi, un serial killer imprendibile... Anche altri particolari, come l'apparente assenza dei pollici e la posizione più flessa di una gamba, sono in sintonia con le antiche raffigurazioni del Cristo morto, ma difficilmente riproducibili con un qualsiasi cadavere. Procurare alla vittima, ormai deceduta, una ferita del costato con una lancia romana, facendone uscire sangue e siero separati, non è assolutamente un esperimento facile da compiere. Altrettanto arduo sarebbe stato mantenere il cadavere avvolto nel lenzuolo per una trentina di ore impedendo il verificarsi del fenomeno putrefattivo, processo accelerato dopo decessi causati da un così alto numero di gravi traumi. Un'altra difficoltà, ma non di minor peso, sarebbe stata quella di prevedere che da un cadavere si potesse ottenere un'immagine così ricca di particolari; infine, sarebbe impossibile togliere il corpo dal lenzuolo senza il minimo strappo o il più lieve spostamento che avrebbero alterato i contorni delle tracce di sangue. La realizzazione artificiale della Sindone è impossibile ancora oggi; a maggior ragione nel medio evo. 5. Perché la Sindone è il lenzuolo funerario di Cristo C'è una perfetta coincidenza tra le narrazioni dei quattro Vangeli sulla Passione di Cristo e quanto si osserva sulla Sindone, anche riguardo ai particolari "personalizzati" del supplizio.
La flagellazione come pena a sé stante, troppo abbondante per essere il preludio della crocifissione (120 colpi invece degli ordinari 21).
La coronazione di spine, fatto del tutto insolito.
Il trasporto del patibulum.
La sospensione ad una croce con i chiodi invece delle più comuni corde.
L'assenza di crurifragio.
La ferita al costato inferta dopo la morte, con fuoruscita di sangue e siero.
Il mancato lavaggio del cadavere (per la morte violenta e una sepoltura affrettata).
L'avvolgimento del corpo in un lenzuolo pregiato e la deposizione in una tomba propria invece della fine in una fossa comune. Il breve tempo di permanenza nel lenzuolo.
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Volto in negativo all'ultravioletto (G.B. Judica Cordiglia) Valutando con un calcolo di probabilità 100 affermazioni che sono state fatte pro o contro l'autenticità della Sindone, l'ingegnere Giulio Fanti, docente all'Università di Padova, ed Emanuela Marinelli hanno ottenuto questo risultato: è più probabile il fatto che esca lo stesso numero al gioco della roulette per 52 volte consecutive, piuttosto che la Sindone non sia il lenzuolo funebre di Gesù di Nazareth. 6. Indizi congrui con la tesi della Risurrezione Il corpo dell'Uomo della Sindone non presenta il minimo segno di putrefazione; è rimasto avvolto nel lenzuolo per un tempo di 30-36 ore. La formazione dell'immagine potrebbe essere spiegata con un effetto fotoradiante connesso alla Risurrezione. Non c'è traccia di spostamento del lenzuolo sul corpo. È come se questo avesse perso all'improvviso il suo volume. 7. Obiezioni sulla datazione radiocarbonica della Sindone La datazione è stata effettuata dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo. Il risultato, 12601390 d.C., è stato annunciato il 13/10/88 e pubblicato su Nature il 16/2/1989. 7.1 - Limiti del metodo e controindicazioni all'applicabilità alla Sindone
Alcuni postulati su cui si basa il metodo vengono oggi messi in discussione.
Esistono casi clamorosi di datazioni errate a causa di contaminazioni ineliminabili.
Peculiarità dell'oggetto, che è un "unicum".
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Il lenzuolo ha subito molte vicissitudini (incendi, restauri, acqua, esposizioni all'ambiente esterno, al fumo delle candele, al respiro dei fedeli, ecc.) e quindi è andato soggetto ad alterazioni e contaminazioni.
Ostensione del 1578 (G.M. Pugno) 7.2 - Perplessità sullo svolgimento dell'esame e sospetti sulla sua correttezza
Esclusione di alcuni laboratori a vantaggio di altri.
Eliminazione di uno dei due metodi di datazione con il C14.
Rifiuto della collaborazione con altri scienziati e della multidisciplinarità da parte dei tre laboratori prescelti con esclusione di tutta una serie di esami, fra cui l'indispensabile analisi chimica preliminare dei campioni da datare.
Scelta errata del sito di campionamento: da un unico punto e per di più da un angolo che è molto inquinato e può essere stato restaurato nel medio evo. Il chimico Alan Adler della Western Connecticut State University di Danbury (USA), membro della Commissione per la conservazione della Sindone, ha analizzato 15 fibre estratte dal campione sindonico usato per la datazione radiocarbonica. Dopo un confronto con 19 fibre provenienti da varie zone della Sindone, ha riscontrato sul campione usato per la radiodatazione un grado di inquinamento tale da poter dichiarare che esso non è rappresentativo dell'intero lenzuolo.
Non tornano i conti dei pesi e delle misure dei campioni sindonici: dai dati dichiarati essi pesano circa il doppio di quanto avrebbero dovuto.
Comportamento anomalo dei laboratori e cambiamenti di protocollo.
Farsa del test alla cieca.
Funzione dei campioni di controllo completamente vanificata dall'annuncio della loro età.
Acquisizione anomala e fuori protocollo di un campione aggiuntivo.
Manca un verbale delle operazioni di prelievo.
Obbligo della riservatezza infranto. 24
I laboratori non hanno voluto far conoscere i dati primari dei loro esami e i protocolli completi del lavoro svolto.
Disomogeneità dei tre campioni: secondo il test statistico di Pearson sulla variabile X² (chi quadro) esistono 957 probabilità su 1000 che la data radiocarbonica ottenuta non sia quella dell'intero lenzuolo.
Per il X² pubblicato su Nature in riferimento alla Sindone (6,4) viene arbitrariamente attribuito il livello di significatività 5. Essendo invece la significatività 4,07, i valori ottenuti dai tre laboratori sono incompatibili tra loro e il risultato finale ufficialmente reso noto dai carbonisti perde di significato.
Sarebbe opportuno ripetere la datazione anche con altri metodi, come quello dell'analisi del grado di depolimerizzazione della cellulosa del lino. Essa va però inserita in un contesto multidisciplinare di altri esami, con controlli rigorosi di tutte le operazioni. 7.3 - L'incendio e la patina biologica L'alta temperatura raggiunta durante l'incendio di Chambéry (la cassetta con la Sindone fu avvolta dalle fiamme nell'incendio del 4 dicembre 1532) può aver provocato scambi di isotopi che hanno portato ad un arricchimento di carbonio radioattivo, facendo risultare in proporzione più "giovane" il tessuto. Alcuni batteri operanti sulla superficie del lino possono, attraverso la loro attività enzimatica, legare chimicamente gruppi alchilici alla cellulosa. Questi gruppi contengono carbonio derivato dall'ambiente locale. Anche quando i batteri vengono rimossi dalla pulizia, le modificazioni della cellulosa restano. Va sottolineato che le trasformazioni del lino dovute all'incendio e all'azione microbica sono di natura chimica e non fisica: perciò i solventi e le tecniche di pulizia usati dai laboratori della radiodatazione, che rimuovono la contaminazione di tipo fisico, come la sporcizia, non rimuovono i gruppi contenenti carbonio che si sono aggiunti, perché questi gruppi formano legami chimici direttamente con le molecole della cellulosa stessa.
Mummia egiziana conservata al Museo di Manchester (I. Wilson) Leoncio Garza Valdés, ricercatore dell'Istituto di Microbiologia dell'Università di San Antonio (Texas) afferma di aver identificato, su un campione di Sindone fornitogli non ufficialmente da Giovanni Riggi, la presenza di un complesso biologico composto da funghi 25
e batteri che ricopre come una patina i fili e non è eliminabile con i consueti trattamenti di pulizia. Esso perciò avrebbe falsato la datazione radiocarbonica. Una mummia egiziana conservata nel Museo di Manchester ha fornito addirittura date diverse per le ossa e le bende; queste ultime sono risultate 800-1.000 anni più "giovani" delle ossa. Un interessante esperimento è stato condotto da Garza Valdés, il quale ha trattato un campione delle bende della mummia con uno speciale preparato enzimatico che rimuove il rivestimento batterico. Datando la stoffa dopo questa pulizia speciale si è ottenuta la stessa età del cadavere. 7.4 Un rammendo del XVI secolo A tre esperti tessili sono state sottoposte da Joe Marino e Sue Benford, indipendentemente e senza dire che erano della Sindone, una serie di fotografie di uno dei campioni prelevati nel 1988 per la datazione radiocarbonica e della parte rimasta che non fu utilizzata. Tutti e tre vi hanno riconosciuto una tessitura diversa da un lato. Secondo i calcoli della Beta Analytic, uno dei più grandi servizi di datazione radiocarbonica a livello mondiale, una mescolanza di 60% di materiale del 1500 con 40% di materiale del I secolo porterebbe ad una datazione del 1200. La proporzione di materiale più recente è stata valutata in base a quanto osservato dai tre esperti tessili. Interessanti osservazioni sono state condotte da Raymond N. Rogers, un chimico in pensione del Los Alamos National Laboratory, New Mexico, USA, che ha fatto parte dello STURP (Shroud of Turin Research Project), il gruppo di scienziati americani che esaminò la Sindone nel 1978. Rogers disponeva di fibre di lino (di cui è composta la Sindone) provenienti sia dalla zona del prelievo per l’analisi radiocarbonica (dove fu fatto un precedente prelievo che fu esaminato dall’esperto tessile belga Gilbert Raes nel 1973), sia da altre parti della Sindone. Le fibre del campione di Raes appaiono rivestite e impregnate da una sostanza amorfa giallo-bruna, il cui colore varia di intensità da una fibra all’altra. Le fibre provenienti dal resto della Sindone non presentano tale rivestimento. Nel campione di Raes sono state identificate fibrille di cotone del tipo Gossypium herbaceum, una antica varietà mediorientale. Nel resto della Sindone ce n’è solo qualche piccola traccia. I fili di Raes, come quelli della tela d’Olanda (cucita come fodera dalle suore clarisse di Chambéry dopo l’incendio del 1532) e di lini moderni, hanno molta meno lignina nelle giunture di crescita rispetto alle fibre del resto della Sindone. Sono state trovate, nel campione di Raes, tracce di alizarina (radice di robbia) su cristalli di calcite e legate ad ossido idroso di alluminio, probabile residuo di un mordente (allume). Una mistura di mordenti e alizarina può produrre la tonalità di giallo desiderata. Queste incrostazioni non si attaccano al lino mentre ricoprono molto il cotone. Quest’ultimo, dunque, può essere stato aggiunto per rendere possibile la colorazione, in modo da rendere più facile il confronto di colore con il resto della Sindone. All’interno, il centro del filo di cotone colorato appare chiaro, quindi il liquido usato era viscoso e fu applicato spalmandolo. Prima della colorazione, i fili furono trattati con amido. Il rivestimento delle fibre è quasi certamente una gomma vegetale gialla, molto probabilmente la gomma Arabica, usata diffusamente in passato per applicazioni tessili. 26
La differenza fra le fibrille del campione di Raes e quelle del resto della Sindone porta Rogers ad affermare che i campioni usati per la datazione radiocarbonica non sono rappresentativi della Sindone. Rogers ha inoltre osservato una sovrapposizione nel centro di un filo del campione di Raes. Un filo più scuro è ritorto in un filo più grande e più chiaro. Si nota chiaramente una giuntura. Un “rammendo invisibile” era possibile nel XVI secolo con grande perizia. Già nel 1982 un filo del campione di Raes fu datato con il metodo radiocarbonico in California. Metà filo appariva coperto da amido. Il filo fu diviso a metà: la parte non inamidata risultò del 200 d.C., mentre la parte inamidata fornì una data del 1200 d.C. Rogers ha affermato che un esame di datazione, che misura nel lino la scomparsa graduale di un composto, la vanillina, ha trovato che questa era presente nella zona analizzata nel 1988 ma non nella parte principale della Sindone. Egli ha affermato che anche le tele trovate con i rotoli del Mar Morto, che risalgono all’epoca di Cristo, non mostrano vanillina. Ha valutato che la Sindone potrebbe avere una qualsiasi età fra i 1.300 e i 3.000 anni. 7.5 - L'irradiamento Tre ricercatori italiani, il prof. Mario Moroni, l'ing. Francesco Barbesino e il dott. Maurizio Bettinelli, hanno condotto importanti esperimenti su tele di una mummia egiziana: tali campioni, irraggiati con un flusso neutronico e successivamente trattati termicamente simulando l'incendio di Chambéry, sono risultati alla datazione radiocarbonica più giovani di circa 1100 anni rispetto alla loro vera età. Molto interessanti sono anche gli esperimenti del biofisico Jean-Baptiste Rinaudo, ricercatore di medicina nucleare a Montpellier. Secondo questo scienziato, l'ossidazione acida delle fibrille superficiali della Sindone nelle zone di immagine, l'informazione tridimensionale contenuta nella figura, la proiezione verticale dei punti si possono spiegare con un irradiamento di protoni che sarebbero stati emessi dal corpo, sotto l'effetto di un apporto di energia sconosciuta. Gli esperimenti condotti su tessuti di lino hanno portato a risultati confrontabili con la Sindone. Interessante il fatto che il successivo invecchiamento artificiale dei campioni rinforza le colorazioni delle ossidazioni ottenute. J.-B. Rinaudo ritiene che gli atomi coinvolti nel fenomeno siano quelli del Deuterio, presente nella materia organica: è l'elemento che ha bisogno della minore energia per estrarre un protone dal suo nucleo, che è formato da un protone e da un neutrone. È un nucleo stabile, quindi c'è stato bisogno di un apporto di energia per romperlo. I protoni prodotti avrebbero formato l'immagine, mentre i neutroni avrebbero irradiato il tessuto, con il conseguente arricchimento in C14 che avrebbe falsato la datazione. Un altro studio molto importante è stato condotto da un medico statunitense, August Accetta, il quale ha realizzato un esperimento su se stesso iniettandosi una soluzione di difosfato di metilene contenente tecnezio-99m, un isotopo radioattivo che decade rapidamente. Ogni atomo di tecnezio emette un unico raggio gamma che può essere registrato da una apposita apparecchiatura di rilevamento. L’obiettivo era quello di realizzare un’immagine provocata da una radiazione emessa da un corpo umano. Secondo il dott. Accetta, infatti, l’immagine sulla Sindone potrebbe essere stata causata dall’energia 27
sprigionatasi all’interno del corpo di Cristo al momento della resurrezione. Le immagini ottenute sono molto simili a quelle che si osservano sulla Sindone e davvero questo esperimento arriva fin sulla soglia del mistero di quell’impronta che richiama il mistero centrale della fede. 19 aprile 20.13 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione Immagini meravigliose della Sacra Sindone
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19 aprile 20.12 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione dall'uomo alla Sacra Sindone
Dall’Uomo della Sacra Sindone al Gesùdei VangeliIl contenuto di questa presentazione èstato curato da Michele Salcito ed offre anche considerazioni non ufficiali (in carattere rosso). La Sindone presenta l’impronta anatomica anteriore e posteriore, accostate per il capo del corpo di un uomo, a grandezza naturale. Si tratta della salma di un uomo di alta statura, di un’etàcompresa fra i 30 e i 40 anni. Non sono invece visibili i lati poichéla tela non era arrotolata al corpo. La disposizione di queste impronte èdovuta ad una sepoltura provvisoria durante la quale-posarono il lenzuolo sul piano 33
sepolcraledopo averlo imbevuto in una soluzione oleosa di aloe e mirra(non c’era il tempo per una regolare sepoltura);-vi adagiarono la salma nuda in posizione supina e passarono una fascia sotto il mento per chiudere la bocca e la legarono al vertice del capo. Fra l’impronta fron-tale e quella dorsale vi èuno spazio privo di immagine corporea detto spazio epi-cranicoprodotto dal mancato contatto della tela sul vertice del capo. Proprio per questo motivo il viso dell’Uomo della Sindone presenta quello strano effetto “cornice”che si vede lateralmente alle guance. I capelli non cadono all’indietro come nei defunti.Contrariamente alle leggi di gravitàche interessano un corpo sdraiato al suolo, i capelli, invece di cadere all’indietro scendono lateralmente al viso come se il corpo fosse in posizione eretta. Infine, ribaltarono il resto del lenzuolo dal capo ai piedi del defunto. In questa rappresentazione non c’èla mentoniera e, per pudore, i fianchi sono coperti. Questo quadro non èrealistico (le mani sono sovrapposte al contrario rispetto alla Sindone) ma aiuta piùfacilmente a capire come fu collocata la salma. Questo documento desta molto interesse, non tanto per la sua antichità, ma perchéreca sulla sua superficie le impronte di un uomo crocifisso che ha patito le stesse sofferenze diGesùprima della sua morte e resurrezione:una flagellazione, una coro-nazione di spine al capo, una crocifissione per i polsi e per i piedi ed una perforazione del torace dopo la morte. L’immagine somatica èdi colore giallino, senza contorni ed èpoco visibile ad occhio nudo poichéil resto del tessuto, essendo di colore avorio, fa poco contrasto.Il negativo fotografico permette di risaltare i particolari. E’evidente un’inversione spaziale. Quello che potrebbe sembrare il braccio destro, (del quale èvisibile il polso), èinvece il sinistro; proprio come quando si èdavanti ad uno specchio in cui il proprio braccio sinistro sembra quello destro dell’immagine rispecchiata e cosìanche per il braccio destro e tutte le altre parti del corpo.
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Inoltre, tutto il corpo presenta una distribuzione di luminositàche èesattamente opposta a quella che percepiamo nella realtàin cui le parti piùsporgenti (ad esempio le punte del naso) presentano tonalitàpiùchiare rispetto a quelle relative a strutture anatomiche piùlontane. L'impronta sindonicasi comporta, come un negativo fotografico. Non èesatto, quindi, affermare che si tratta di un vero negativo fotografico. Inoltre, questa caratteristica dell’immagine dell’Uomo della Sindone non èla prova della sua autenticitàma piuttosto del fatto che non si tratta di un’opera artistica dipinta o disegnata. Visto che nel Medioevo non era concepibile il concetto di negativo e che nessun artista avrebbe prodotto un’opera che non si poteva apprezzare, si può dire che, ciò aumenta la lista delle certezze che depongono in favore dell’autenticitàdella Sacra Sindone. Diverso èil comportamento delle macchie di sangue poichè, essendosi formate per diretto decalco sul tessuto, sono immagini positive, con bordi netti e di un colore che spazia dal rosa al viola-carminio, a seconda del tipo di emorraggiee di lesioni che si trovano nelle singole regioni anatomiche. La ridotta differenza di tonalitàtra i valori chiari e quelli scuri dell'impronta, soprattutto in bianco e nero del volto dell'Uomo della Sindone permette di percepire soltanto le fattezze di un volto umano nella sua globalità, mentre i particolari non sono facilmente individuabili e comprensibili. Lo sperimentarono bene tanti artisti dei secoli scorsi che cercarono di riprodurre l’immagine sindonicaa scopo devozionalee dalla quale non ottennero mai risultati eccezionali nonostante il discreto livello tecnico dei pittori. LA SINDONE E’SPECCHIO DEL VANGELO Come Gesù, l’Uomo della Sindone venne-percosso al volto-incoronato di spine-flagellato-inchiodato per mani e piedi ad una crocetrafitto al costato-avvolto in un telo in attesa della sepoltura definitiva “Poi gli sputarono in faccia e lo schiaf-feggiarono; altri poi lo percossero con pugni dicendo «Pro-fetizzaci, o Cristo: chi ti ha percosso?»”(Mt26,67-68).PERCOSSO AL VOLTO
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Il volto presenta occhi chiusi, capelli lunghi, baffi e barba bipartita. La massa dei capelli a sinistra èpiùmarcata che a destra. Il naso ètumefatto nella parte superiore ed a livello della punta, mentre a metàpresenta una ferita. Sul sopracciglio destro, che èsollevato rispetto al sinistro, vicino alla radice del naso, èpresente una ferita che può essere stata causata da un pugno che ha colpito una zona giàin precedenza contusa. Escoriazioni di varia grandezza, prodotte da schiaffi e pugni si rilevano anche sul labbro inferiore, gonfio e profondamente leso. La metàdestra del volto presenta il maggior numero di lesioni. E’piùdeformata e gonfia rispetto alla sinistra; fenomeno ipostatico chinato verso destra
proba-bilmentea causa di un in quanto il capo sarebbe rimasto per un paio d’ore dopo la morte.
Le misure del capo non sono facili da prendere anche se in passato numerosi esperti medico-legali si sono cimentati in misure antro-pometricheed hanno stabilito un’altezza di cm 23,4 circa. E’comunque certo che la testa sia in proporzione di 1/8 della lunghezza globale del corpo, cioèche rispetta i canoni del normotipo. Il mancato fenomeno di allar-gamentodell’impronta del volto che ci si attenderebbe su una tela distesa dopo aver ricoperto una struttura curvilinea èdovuto alla presenza della mentoniera. INCORONATO DI SPINE“Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioènel pretorio e, convocata l'intera coorte, lo rivestirono di porporae gli cinsero il capo intrecciandogli una corona di spine”(Mc15,16-17).In corrispondenza del cuoio capelluto e della fronte si notano piùdi una decina di tracce puntiformi che corrispondono a ferite da punta. Si tratta di ferite prodotte da piccoli aculei. In particolare, in prossimitàdel centro della fronte spicca la macchia di sangue a forma di 3 rovesciato causata da un rivolo ematico 36
fuoriuscito da una ferita puntiforme in corrispondenza della vena frontale e disceso lungo le pieghe cutanee della fronte. nucaNellaregioneposterioredel capo,
allanucaspiccanosinuosecolature disangue dispo-stea raggiera, allecui estremitàsidistinguonozone piùintensamentecolorate(coaguli) circondatedapic-coli alonidisiero, similia cerchietti. Anchequestecolateseguonola direzionedellaleggedigravitàe se studiateneiparticolariportanoa concluderecheilcascodispine era ancoratoal capo daun cerchiodiviminiche aderivaallafrontee allanucadel suppliziato. FLAGELLATO“Allora Pilatoprese Gesùe lo fece flagellare. Poi i soldati intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e lo rivestirono di un manto di porpora; si avvicinavano a lui e dicevano: «Salve, o re dei Giudei!». E lo prendevano a schiaffi. Intanto Pilatouscìdi nuovo fuori e disse loro: «Ecco che ve lo conduco fuori, affinchésappiate che non trovo in lui nessun capo di accusa». Uscìdunque Gesùfuori, portando la corona di spine e il manto di porpora. E disse loro: «Ecco l'uomo!”(Gv19,1-5). Sull’Uomo della Sindone si contano numerosi particolari segni distribuiti in maniera quasi metodica su tutto il corpo, ma soprattutto al dorso e sono riferibili ad una flagellazione. Sono tracce tondeggianti e abbinate, lunghe circa due centimetri; coincidono con quelle che provocherebbe un flagrum. Si trattava di uno strumento romano di tortura, costituito da un manico di legno da cui si dipartivano delle corde alle cui estremitàerano fissati i "taxilli", dei piccoli piombi a forma di manubrio, affiancati a due a due.Si deduce che il soggetto, nel corso della flagellazione, guardasse verso una struttura a cui era legato per i polsi e che nella tradizione cristiana si dice sia stata una colonna. L’Uomo della Sindone venne flagellato prima di essere caricato del palo trasversale della croce e non durante il percorso al Calvario. I segni del flagello risultano schiacciati e deformati con formazione di nuove ferite sorte su quelle precedenti provocate dalla flagella-zione. Spalla sinistraSpalla sinistra 37
Alcune macchie ipo-statiche, quelle macchie che si formano nei cada-veri per il ristagno di sangue nelle zone piùdeclivi del corpo, confondono un po’la visione in entrambe le spalle.Spalla destra INCHIODATO PER MANI E PIEDI AD UNA CROCE“Egli, portando la croce da sé, uscìverso il luogo detto del cranio, in ebraico Golgotadove lo crocifissero…”(Gv19,17-18).“Quando giunsero sul posto, detto luogo del Cranio, làcrocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra”(Lc23,33). I dannidell’incendiodiChambéryhannodistruttoquellaparte diimmaginesoma-ticachemostravala porzionesuperioredelle bracciae parte dellearticolazionidel-le spalle. Le bracciasonodisposteobliquamente, piegatesull’ad-dome. E’assai probabilechenon fu possibilelasciarlelateralial corpocome nellecomunisepolturedel tempo, in quantola
rigiditàcadavericainiziataprecocementementrel’UomodellaSindoneera ancorasullacroceirrigidìle braccianellaposizionealzatacheavevanosullacroce. Questa composizionesepolcralefu ottenutacolforzando la rigiditàcadavericain
corrispondenzadellearticolazionidellespallechefuronopiùfacilidafletterefacendolevaverso iltorace, piuttostocheverso i fianchi. Sugliavambraccisonovisibilicolaturedisanguesottilie frastagliateche sidirigonoverso i gomiti. Hannole 38
caratteristichedirivolicheabbianoseguitodeisolchifragruppidimuscoliestensori, mentreeranoal massimodellalorocontrazionee mentrele bracciaeranoaperteverso l’alto. Soprattuttosull’avambracciosinistro sinotacome questirivolitendesseroa scenderea trattiverso ilbasso, secondola leggedigravità, probabilmenteperchéilgomitosinistro, sullacroce, era piùpiegatodi quellodestro. 18 aprile 15.45 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione dall'uomo alla sacra Sindone...2
Sul polso sinistro èben visibile una chiazza di sangue riconducibile alla lesione da uno strumento appuntito, quale un chiodo. Particolarmente interessante èla localizzazione di tale ferita. Questa non si presenta nel palmo della mano, secondo l'iconografia tradizionale della crocifissione, ma nel polso, come in questa ricostruzione. Area nellaqualeèstatoinfissoilchiodoIl chiodoha traforatoobliquamente ilpolso provocando unadisarticolazionee facendouscireilchiodoin unazonavicinaal radio. Sulla Sindonevedia-mo ilforodiuscita.Da questa ferita si staccano colature che percorrono gli avam-bracci in direzione dei gomiti. Ed altre circo-scritte all’area del pol-so e che nella posizionedel crocifisso erano rivolte in basso. Non sono visibili i pollici: la lesione del nervo mediano potrebbe aver provocato la loro opposizione contro il palmo.E’possibile che il pollice della mano sinistra non sia visibile in quanto il polso destro potrebbe essere incastrato fra il pollice e l’indice della mano sovrastante. tuttavia, la mancanza di immagine della parte dell’avambraccio destro, in prossimitàdella sovrastante mano sinistra, fa presupporre che il pollice sia realmente ripiegato sotto l’indice 39
producendo una maggiore distanza fra il braccio destro e la tela e la conseguente minore impressione dell’immagine. Le dita della mano destra risultano piùlunghe e affusolate dell’altra per effetto “maschera di Micene”, che con lo spiegamento del telo, causò un allun-gamentoabnorme. Mano destraMano sinistra Le gambe sono ben visibili nella figura anteriore come in quella posteriore. Vi si osservano la faccia anteriore delle cosce, le ginocchia ed il terzo superiore delle gambe. Le gambe sono leggermente flesse; la sinistra èpiùpiegata della destra. Lo si può riscontrare facilmente confrontando l'impronta del polpaccio destro (di cui vi èl’immagine completa) con il sinistro che risulta meno riprodotto poichéèpiùsollevato rispetto al piano sepolcrale dando l’impressione che l’Uomo della Sindone avesse una gamba piùcorta dell’altra. Il rapido soprag-giungere della rigi-ditàcadaverica la-sciò in maggiore flessione la gamba sinistra perchéil piede era inchiodato sul destro e quindi non era stata esteso a piatto sulla croce come avvenne col destro. In corrispondenza del polpaccio destro vi èuna certa distorsione causata dall'avvolgimento del lenzuolo, cosìcome in altri punti dell’immagine corporea.Anche sullegambesistaglianoi caratteristicisegnidel flagello.
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Le ginocchia presentanodelleesco-riazioni, che per la lorocollocazionee direzione, sigiustificanocon alcunecadutesuun terrenoaccidentato. Difattipresentanoabrasionie traccediterriccio. In particolare, ilginocchiosinistroapparepiùcontusodiquellodestroe presentaescoriazionidivariagrandezzae forma. I dannidiquesteferitefuronolimitatiprobabilmenteper la presenzadiun tessuto, la tunica, chescendevaoltrele ginocchia. I moderniprogrammiinformaticiper l’elaborazionedelleimmaginipermettonodiaccertarela presenzadell’improntadellepartidistalidelletibie, anchese molto sfumate(comunque, non troncatedinettocome apparivanellevecchiefotografie) a causadelladistanzadalteloche, dopoaver superatole ginocchiae la prima parte delletibie, facevapontecon l’estremitàdeipiedi. All’altezza dei piedi, sull’impronta anteriore dell’Uomo della Sindone, sull’asse della gamba destra, risulta una vistosa macchia di sangue che corrisponde all’area di ingresso del chiodo sul piede destro ed ècomprensibile solamente ammettendo che il piede destro sia in forte estensione, come quelli delle ballerine quando danzano sulle punta dei piedi. Tibia sinistraTibia destraCollo delpiede destro Del piede destro si vede bene la zona plantare perchéera iperestesoe la rigiditàcadaverica instauratasi rapidamente aveva fissato il piede stesso nella posizione assunta quando il corpo era in croce mentre normalmente l’articolazione del piede sarebberuotata verso l’esterno e avrebbe reso visibile e il lato esterno del piede. MORTO IN CROCE“E Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito». Detto questo, spirò”(Lc23,46). TRAFITTO AL COSTATO“I Giudei, siccome era giorno di Preparazione, perchéi corpi non rimanessero sulla croce di sabato …quel giorno di sabato era infatti solenne …chiesero a Pilatoche spezzassero loro le gambe e venissero rimossi.).Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe del primo e dell'altro che erano 41
stati crocifissi con lui. Venuti da Gesù, siccome lo videro giàmorto, non gli spezzarono le gambe,ma uno dei soldati con un colpo di lancia gli trafisse il fianco e ne uscìsubito sangue ed acqua”(Gv19,31-34). Sultoraceoltrea notarsiunarilevantecontratturadeimu-scoli pettoralie numerosetraccedellaflagellazione, sullatodestrovi èilcoagulodiunaferitae diun’abbondantecolaturadisangueche, discendendosegue un andamentoirre-golare. Qui, essendoun negativola sivedea sinistra. feritaLa feritaèa forma biconvessae misuracm. 4,5x1,5 ed èdeter-minata certamentedaunostrumentodapuntae tagliocome unalanciachesiastatainfertanelquintospaziointer-costale. L’inclinazionediquestaferitacoincide con quelladellecostolein quelpuntodellagabbiatoracica. Il colpodilanciafu inferto mentre l’UomodellaSindoneera ancorain posizioneverticale, appesoallacroce(ilsanguetendea scendereverso ilbasso sinoa giungerea lambire la paretesuperiore dell’addome). In questasedeilcoloredel
sanguenon èomogeneoin
quantoècostituitodaareepigmentatee daaltreareepiùchiarecon i caratteridell’alonesieroso. Ciòsuggeriscechesiaavvenutala separazionedellaparte cellulare(prevalentementecostituitadaglobulirossi) dalsieroematico, fenomeno chesiverificasolamentedopola mortee che èdettodissierazione. Se questaferitafosse stataprovocatamentreilsoggettoera ancorain vita, avrebbecomunqueprovocatola morte. AVVOLTO IN UN TELO NUOVOI Vangeli ci informano che Giuseppe d’Arimateachiese a Pilatola salma di Gesù. Dopo aver ricevuto il permesso di prelevarlo dal luogo della crocifissione “Lo depose dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo mise in un sepolcro, scavato nella roccia, dove non era stato posto ancora nessuno”(Lc23,53). SEPOLTO FRETTOLOSAMENTE“Nel luogo in cui fu crocifisso c'era un orto e nell'orto un sepolcro nuovo, in cui non era ancora stato posto nessuno. Là, a causa della Preparazione dei Giudei, dato che il sepolcro era vicino, deposero Gesù”(Gv19,41-42). 42
L’UomodellaSindonenon avevaancorarice-vuto unasepolturadefinitiva. Fu sommariamentedetersoma non fu lavato. I rivolidisanguechepercorronole braccialo testimoniano. La barbae i capellinon furonotagliati. Si trattavadiunasalmain attesa dellasistemazionedefinitivatantochenon fu nemmenocopertonellepartiintime. Le natiche sono evidenti e presentano anch’esse I colpi di flagello. Questocorponon fu unto daalcunaroma. Se ciòfosse avvenuto, non essendopossibilefare un’unzioneuniformesututtele zone del corpocon la medesimadistribuzionedisostanze,
l’immaginesisarebbemodificatamostruosamente.Notevoliquantitàdisostanzearomaticheera nostate collocate nelsepolcroproprioperchésarebberoserviteper la sistemazionedefinitivadellasalma. Il lenzuolovenneancheimbevutoin unasoluzionedialoe e mirra. In tale situazionela Sindonesicomportòcome unalastrafotograficasullaqualesiimpressionòilcorpocheavvolse. La cosiddettacinturalombare, corrispondenteairivolidisanguecopiosamenteuscitodallaferitatoracicamentreilsoggettoveni vasdraiatosulTelodimostrachenon fu fattaalcunatamponaturadellaferita. praticaQuesto esperimento dimostra che l’im-pronta somatica del-l’Uomo della Sin-donenon deriva dal semplice contatto del-la cute con la tela ma èanche come se il corpo si fosse “acceso”allo stesso modo di un oggetto trasparente che sprigioni luce e che proietti la sua forma e le caratteristiche della sua superficie (eventuali pieghe, ecc.).Si noti che solamente il petto tocca il vetro. Al vetro dello scanner i vari punti dell’immagine sono a fuoco, in proporzione con la distanza dal raggio laser dello scanner. Anche parti che non sono a contatto col vetro si riscontrano nell’immagine prodotta, come avvenne sulla Sindone. 43
In questa immagine si èottenuto l’effetto di inversione dei chiaroscuri (a si-nistra), mentre il suo negativo (a destra) riproduce il positivo. Ciò suggerisce che la formazione dell’immagine sia dovuta a piùfattori contemporanei fra i quali la luce.
Si può notare come le fibre muscolari del petto siano perfettamente ripro-dotte mentre i punti piùlontani come le braccia non siano a fuoco sino a svanire del tutto.
I numerosi tentativi ottenuti da ricercatori di ogni adoperati per sindonicocompleto si tratta di Numerosi immagini simili ma non
parte del mondo, che si sono replicare in laboratorio il volto di ferite hanno dimostrato che un’operazione impossibile. esperimenti hanno prodotto identiche a quelle sindonica.
A questo proposito ènecessario ribadire che qualsiasi dimostrazione dell’origine dell’immagine dell’Uomo della Sindone, per essere valida a livello scientifico, deve riprodurre tutte le caratteristiche del Telo e l’immagine completa dell’Uomo della Sindone, anche della parte posteriore del corpo, con tutte le sue ferite (macchie di sangue e di siero).Le immagini della Sindone di questa presentazione non sono riproducibili per scopi editoriali. Chi volesse utilizzarle deve chiedere l’autorizzazione alla Commissione Diocesana della Sindone, Via San Domenico 28 –10122 Torino. 18 aprile 14.41 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione Sindone: confronto dell'immagine di Cristo presente nel Vangelo
La presenza di Dio Coloro che hanno visto Gesù La storia dei discepoli comincia in seguito al fatto che Gesù li vede; "Passando lungo il mare della Galilea vide Simone e Andrea..." (Mc 1,16). I discepoli vedono Gesù operare tra le folle, lo seguono, e vedono Lui, il Signore, guarire i malati e perdonare i peccatori. 44
Testimoni della sua gloria I discepoli sono testimoni oculari della venuta del Regno: Pietro, Giacomo e Giovanni sono scelti da Gesù per stargli accanto affinché vedano la figlia di Giairo alzarsi e tornare a camminare. Vedranno su Tabor la luce gloriosa del Signore Gesù. Tutto il racconto evangelico vuole quasi dirci che vedere non è un optional per l'uomo che vuole riconoscere in Gesù il Signore. La fede di chi ha veduto Gesù, profondo conoscitore degli uomini e del loro animo, mette "in vista" (nel senso che si dà a vedere) la sua opera di salvezza. È Gesù ad insegnarci una sapiente pedagogia del vedere; istruisce i discepoli invitandoli a guardarsi attorno: "Vedete i gigli dei campi... eppure io vi dico... (Mt 6,28). Dal vedere nasce la fede. "Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: "Veramente quest'uomo era giusto" (Lc 23, 47). Proprio la capacità di vedere rende profonda la differenza fra Erode e i magi; il primo li manda avanti: "Andate e, se lo troverete, verrò a vedere anch'io". Erode attende notizie prima di recarsi lui stesso a vedere. I magi vanno e vedono. L'annuncio di "colui che abbiamo visto" I testi di origine liturgica, risalenti alla chiesa primitiva del II secolo, parlano di Gesù risorto usando l'espressione "è stato visto". L'apparizione è l'evento in cui si fonda la fede dei discepoli, in grado di dire: "Egli è veramente il Signore Vivente". L'apparizione è anche l'incarico affidato ai testimoni: annunciare a tutti che Gesù, il Figlio di Dio, è morto e risorto. In attesa della visione piena Giovanni usa il linguaggio delle apparizioni per esprimere la presenza permanente e attuale del Signore presso i suoi: "Voi mi vedrete" (Gv 14, 19). Gesù non è più di questo mondo, ma i discepoli lo vedranno vivo, resuscitato, in una visione che, oltre ad essere sensibile, dovrà necessariamente essere anche spirituale, nella fede. Il già della visione nei sacramenti Nella liturgia noi, oggi, qui, abbiamo l'occasione di VEDERE la salvezza, fattasi segno nel sacramento. Ecco il senso ultimo dell'evento sacramentale: l'offrirsi dell'amore misericordioso del Padre in segno tangibile. Noi vediamo sull'altare pane e vino, guardiamo l'acqua scendere sul catecumeno, scorgiamo con occhi attenti il segno dell'olio sul cresimando... Nel momento in cui il centurione avanza la sua professione di fede chiama Gesù "Figlio di Dio" (Mc 15, 39) e non soltanto "Maestro". Nella liturgia incontriamo il Signore Gesù e, come i discepoli di Emmaus, dobbiamo 45
saperlo riconoscere nei segni e nelle parole. Giovanni dice bene il loro disagio iniziale: "Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo (24,16)". Ogni celebrazione liturgica ci invita a cantare il salmo 34,9: "Gustate e vedete quanto è buono il Signore". La visione di Dio nella Bibbia La Bibbia ci offre immagini e simboli. L'Invisibile si fa visibile attraverso le forze cosmiche, parole scritte, avvenimenti storici: ogni cosa è un invito ad immergerci nelle profonde acque divine. 18 aprile 12.35 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione una sensazionale scoperta UNA SENSAZIONALE SCOPERTA
NELL'IMMAGINE DEL VOLTO DELLA SACRA SINDONE DI TORINO SONO RINTRACCIABILI LE PIEGHE DEL TELO DEL VOLTO SANTO DI MANOPPELLO. Questa eccezionale scoperta è venuta alla luce dopo che al computer sono riuscito a definire la perfetta sovrapposizione in scala 1:1 delle foto dei reperti sacri. Le pieghe di cui ho parlato, sul Santo Volto passano in verticale per gli zigomi e sono contraddistinte dai punti d'incrocio con un'altra piega in orizzontale che si trova all'altezza del mento. La cosa più sorprendente è che nell'immagine sindonica esse figurano delimitando il volto da lato a lato. Per chi crede allora alle autenticità di queste due reliquie, c'è da dire questo: "Seppure meditando la S. Sindone si contempla il corpo di Gesù morto, solo all'altezza del volto, però, si scoprono i segni del telo del Volto Santo con l'immagine di Gesù risorto"; ciò sarebbe spiegabile per la proiezione, mediante un'irradiazione di luce, del volto di Cristo. Dunque il velo di bisso della reliquia di Manoppello, durante la sepoltura di Gesù, sarebbe stato posto sopra il volto e poi ricoperto dalla S. Sindone. La dimostrazione scientifica della ricerca è osservabile a pag. 8 del Blog apribile in fondo a questa pagina, in "Le pieghe del Volto Santo rintracciabili nell'immagine sindonica"(http://sindonesantovolto.splinder.com/) Meditazione quaresimale: l'importanza per la Santa Chiesa della contemplazione del Volto di Cristo La contemplazione della figura del Volto di Cristo, da non confondere con l'idolatria, ci permette di isolarci dal materialismo di questo mondo e quindi di elevare il nostro cuore e il nostro spirito alla trascendenza (Antonio Teseo). http://www.incontraregesu.it/meditazioni/sacerdotale.htm La preghiera sacerdotale di Gesù. La preghiera che Gesù ha rivolto al Padre mentre si trovava nell'orto del Getsemani , riportata nel capitolo diciassettesimo del Vangelo di San Giovanni, esprime tutto il suo amore per la sua chiesa nascente (gli "uomini che tu mi 'hai dati dal mondo"). Gesù rivela la premura per i suoi discepoli nelle parole contenute nel versetto 9: "Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che tu mi 'hai dato, perché sono tuoi" e, conoscendo 46
le prove alle quali gli stessi sarebbero stati sottoposti in seguito, aggiunse: "Padre santo, conservali nel tuo nome, essi che tu mi hai dati, affinché siano uno, come noi" (vers. 11). Gesù sapeva che l'uomo, pellegrino in questo mondo, è soggetto al continuo bersaglio dei colpi di un nemico che vuole impedirgli la salvezza che otterrà al raggiungimento della patria celeste ove è diretto. Per questo Gesù, desiderando che l'uomo compia interamente ed integralmente il cammino verso la salvezza, rivolto al Padre, dice: "Io non ti prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno". Consapevole della rinuncia al mondo dei suoi discepoli, Gesù prega ancora così il Padre: "Santificali nella verità: la tua parola è verità" (vers. 17). La preghiera di Gesù è eterna come Egli è eterno. La sua intercessione è valida anche oggi, domani e sempre, fino al completamento della Sua Chiesa, infatti Egli disse: "Io non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola" (vers. 20). Infine Gesù espone lo scopo finale della sua preghiera dicendo ancora: "...che siano tutti uno". Ma questa "unità" nello Spirito Santo, nell'Amore con la A maiuscola (per intendere con questo l'Amore di Dio), voluta da Gesù, non si limita alle persone dei suoi discepoli, ma comprende anche le persone del Padre e di se stesso. Per questo dice, di seguito nel versetto 21: "…che come tu, o Padre, sei in me, ed io sono in te, anch'essi siano in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato". Per tale fine, per questa unione perfetta con la Trinità, nella Verità, Gesù concesse la gloria avuta dal Padre anche ai suoi discepoli i quali, infatti, poterono operare gloriosamente nel suo nome segni, prodigi e miracoli, rivelandosi al mondo come "eletti ed amati da Dio" (vedi Romani 1:7; 1° Tessalonicesi 1:4; Colossesi 3:12). "E io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro, e tu in me; acciocché siano perfetti nell'unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li ami come hai amato me" (vers.22-23). Senza "questa unità" ogni evangelizzazione sarà vana, il mondo non potrà credere! Ma l'unione perfetta voluta da Gesù doveva essere anche indissolubile per l'eternità. Egli dice ancora infatti: "Padre, io voglio che dove sono io, siano meco anche quelli che tu mi hai dati, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai data; poiché tu mi hai amato avanti la fondazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato; ed io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo farò conoscere, affinché l'amore del quale tu mi hai amato sia in loro, ed io in loro" (vers.24-26). Ora, considerando questa santa e sublime volontà di Gesù Cristo, nostro Signore, e tutti quelli che viviamo la fede (così come riassunta nel credo di Nicea e successive modifiche, promulgato a Calcedonia nell'anno 451 ) dovremmo chiederci: 1. Siamo "così" uniti o viviamo arroccati in "religioni" diverse? 2. Quali passi abbiamo fatto verso i fratelli che vivono un cristianesimo che presenta diversità di opinioni dalla nostra? 3. Ci siamo riuniti sotto la guida dello Spirito Santo per un sano ed onesto confronto al fine di correggere chi, in buona fede, vive ed opera secondo credenze che non hanno fondamento scritturale? 4. Siamo disposti a mettere in discussione noi stessi, le nostre convinzioni e la nostra sapienza, per accettare unicamente quella Verità che procede da Dio? (abbiamo letto: "Santificali nella Verità, la Tua Parola è Verità", Giov. 17:17). 5. Perché diciamo al Padre nostro "venga il Tuo regno" se poi vogliamo regnare noi nel nostro cuore? 6. Apparteniamo ad una denominazione religiosa o a Cristo? 7. Siamo solo "religiosi" o cristiani? 8. Ed infine, siamo veramente cristiani? - Perché, se è così, possiamo verificarlo; la Parola dice per questo: "Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco, sono diventate nuove" (2° Corinzi 5:17); se siamo veri cristiani, la nostra vecchia vita deve oggi essere diversa; è così per noi? 9. In cosa identifichiamo la Chiesa di Cristo, in un'organizzazione che si dice tale o in quella "universale", che solo Egli rivelerà nel giorno del radunamento dei santi? 10. Da 47
quale segno ci riconosceranno come discepoli di Cristo, da un abito, da una etichetta religiosa? È vero, un segno di distinzione esiste ed è stato lo stesso Maestro ad indicarcelo. Egli disse: "Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri" (Giovanni 13:35); e, come sappiamo, l'Amore non divide, ma unisce. Antonio Strigari La scienza al servizio dell'umanità di Antonio Teseo Quando si parla della Sacra Sindone, uno dovrebbe porsi una domanda: “Se questa figura effettivamente riguarda il cadavere di Gesù di Nazaret, come mai il Salvatore non ci ha lasciato anche un segno riguardante la Sua resurrezione?” E la risposta, allora, ci arriva direttamente dall’immagine del Volto Santo di Manoppello ( Volto sfigurato e trasfigurato di Cristo ) la quale si è misteriosamente impressa come volto sindonico. Dalla sovrapposizione computerizzata in scala 1:1 di due foto relative alla reliquia di Manoppello e quella di Torino si evince che esse sono la stessa cosa. “Ma come si sarebbe verificato questo miracolo?” ( nel Volto della S. Sindone sono anche rintracciabili bande, giunture e pieghe "queste ultime contraddistinte da punti d’incrocio" del bisso del Volto Santo di Manoppello ). Perché la sepoltura giudaica prevedeva che il volto del morto fosse coperto da un sudario esilissimo di bisso che in definitiva era un velo ( anche l’apostolo Giovanni ce ne parla ) come segno d’umiltà dell’uomo verso Dio; nessuno era considerato degno di poterLo contemplare faccia a faccia nell’aldilà. Quindi il velo e tutto il corpo del cadavere veniva poi ricoperto da una lunga sindone ( assieme agli aromi ) la cui metà passava per la testa. Nel terzo giorno dalla morte di Gesù, allora, la luce del Volto del Risorto avrebbe filtrato il sudario e vi avrebbe impresso l’immagine diapositiva e olografica come osserviamo nel Volto Santo di Manoppello ( figura acheropita e quindi inspiegabile dalla scienza ). Il riflesso che si era prodotto sul bisso quando esso fu filtrato dalla luce divina andò a proiettarsi e a stamparsi sulla S. Sindone insieme alla figura del Santo Volto formata dal sangue di Cristo, che però subì un processo chimico di ossidazione e disidratazione. Alcuni studiosi vorrebbero che fosse il Sudario di Oviedo e non il Volto Santo di Manoppello il pezzo di stoffa menzionato dall’apostolo Giovanni nel suo Vangelo. Ma non è così, perché la reliquia spagnola, essendo macchiata di sangue, servì semmai ad asciugare e a coprire il volto cadaverico di Gesù calato dalla croce. La legge giudaica considerava il condannato a morte uno scandalo e pertanto il suo volto non poteva essere visto e neppure una sua sola goccia di sangue poteva essere assorbita dal suolo. Appena stava per arrivare il giorno del Shabbat ( sabato ) giorno sacro agli ebrei e che iniziava dopo il tramonto del sole , per la legge giudaica coloro che erano morti in croce non potevano rimanere esposti . I cadaveri allora venivano calati in fretta e gettati nelle fosse comuni con il volto coperto proprio da un sudario come quello di Oviedo insieme ai legni della croce. Ma come leggiamo nel Vangelo di Giovanni, Gesù ricevette una sepoltura giudaica per l'interessamento di Giuseppe d'Arimatea che chiese di nascosto, per paura dei giudei, il corpo a Pilato; quindi il Sudario di Oviedo non ha nulla a che fare con il sudario pulito di bisso che invece venne posto sul Volto di Gesù ( vedere le informazioni dettagliate fornite dal Talmud ) durante l'imbalsamazione con olii ed unguenti profumati ( gli aromi venivano spalmati sulla lunga sindone e poi il lino, come abbiamo già detto, veniva fatto 48
passare per la sua metà sopra la testa di Gesù per coprire tutto il corpo ). Alcuni ricercatori vorrebbero far credere che a Gesù fu messo una mentoniera per mantenere chiusa la bocca. Ma evidentemente essi non tengono conto che, suppure al Salvatore venne riservato una degna sepoltura, Egli era stato comunque condannato a morte e considerato dai giudei una maledizione di Dio. E pertanto ogni gesto che supponeva un contatto materiale con il cadavere era considerato impuro dalla legge. Sudario di Oviedo: devo confessare che fino ad ora non mi sono tanto occupato di questo sudario che bennissimo era potuto servire per asciugare il sangue del volto di Gesù calato dalla croce e allo stesso tempo usato per avvolgere la testa come un cappuccio; forse venne legato sotto con un laccio al collo di nostro Signore per impedire al sangue di colare sulla pelle e cadere al suolo. La densità di sangue che vediamo appena sotto la metà del telo, fa pensare ad una pressione appunto per non far scivolare giù il liquido ematico; il fatto poi che questa densità si mostri riflessa anche nell'altra parte del telo, fa supporre che il lino ad un certo punto fu piegato a metà. Se dunque questo sudario era una reliquia di Gesù, esso allora venne quasi certamente sfilato da sopra la testa e contemporaneamente il sudario di bisso di Manoppello fu posto sopra il volto ( senza che questo fosse visto ) con le pieghe probabilmente aggrinzite. C'è in ogni modo da sottolineare che sia il sudario di Oviedo, sia il velo di Manoppello, sia il telo della S.Sindone di Torino, visti al microscopico elettronico, presentano una torcitura oraria delle fibrille dei fili, il che fa pensare ad una loro antica provenienza dall'area siropalestinese. Telo del Volto Santo di Manoppello visto in un ingrandimento: assenza di colore negli spazi tra filo e filo ( qua e là si vedono solo alcuni nodini della trama e a destra una piccolissima impurità dovuta alla stampa della foto ) . I fili del velo sono di dimensione media pari a 120 micromètri, tuttavia questi possono variare anche più del 50% da zona a zona. La tessitura è fittissima, irregolare, rudimentale, e come abbiamo già accennato sopra, la torcitura delle fibrille del filo è oraria, cioè corrispondente ad un'antica usanza di tessere che si esercitava nell'area siro-palestinese. La trama è disposta ortogonalmente all'ordito; lungo la direzione orizzontale si possono contare da 25 a 29 fili per ogni centimetro di tessuto. L'interasse dei fili è mediamente di 370 micromètri e quindi ogni spazio vuoto tra filo a filo va da 150 a 350 micromètri. E' da immaginarsi che 1 micromètro è pari a 10 –6 m ( un milionesimo di metro, e cioè un millesimo di millimetro ) e che dunque in una variazione che va da 150 a 350 micromètri ( spazio vuoto tra filo e filo la cui misura in larghezza corrisponde a due o tre capelli messi insieme ) non si riesce a rintracciare neppure un pigmento di colore. Sindone di Torino e Volto Santo di Manoppello: la luce del Risorto Dal video che possiamo vedere qui sotto si può comprendere come il riflesso della luce del Volto del Risorto si fosse impresso sulla Sacra Sindone di Torino: erano state essenzialmente le pieghe rialzate del bisso della reliquia di Manoppello che copriva il volto di Gesù e che passavano lateralmente per gli zigomi ad averlo prodotto in questa maniera. 49
La flagellazione Marco,15,15: Pilato, perciò, volendo dare soddisfazione alla folla, rilasciò loro Barabba e consegnò Gesù perché, dopo averlo flagellato, fosse crocifisso. Dopo che Gesù è condannato alla crocifissione, viene denudato nel pretorio, legato ad un palo di circa ottanta centimetri e flagellato atrocemente da due aguzzini: essi sono posti ai lati e usano per il supplizio il così chiamato “flagrum” formato da un manico in legno al quale sono fissate delle strisce di cuoio di diversa lunghezza e che hanno, ognuna alla propria estremità, due piccole sfere di piombo legate; appena il primo aguzzino colpisce violentemente o la schiena, o i fianchi, oppure le gambe, subito risponde l’altro e viceversa ; se i primi colpi feriscono solo la pelle, gli altri man mano lacerano la carne. Il corpo di Gesù è ora ridotto in una massa gonfia, informe, insanguinata (per la legge dei giudei la flagellazione prevedeva al massimo 40 frustate, ma trattandosi di una condanna romana le frustate non avevano limitazioni) e perciò a Gesù sono state inferte circa 120 frustate: è questo il numero delle lesioni rintracciate sui lineamenti del corpo sindonico. Sabana Santa de Turin www.aciprensa.com/sudario/dictamen.htm La corona di spine
Matteo; 27,28-29: Toltegli le vesti, gli gettarono addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, la posero sulla sua testa con una canna nella destra. Le insegne dei re comprendevano un manto purpureo, lo scettro e una corona di foglie dorate. I soldati, allora, per schernire Gesù che si è proclamato re dell’altro mondo, lo adornano con un manto scarlatto (“il sagum” che è il mantello romano), intrecciano una corona di spine con un arbusto spinoso comune in Giudea “il Zizyphus spina Christi“ e gli fanno prendere con la mano destra una canna come scettro. Anche se un particolare non è narrato nei Vangeli, al Signore tagliano pure i baffi per deriderlo facendogli rimanere solo alcuni peli ai lati della bocca; gli aguzzini presumibilmente gli dissero che un vero re non portava i baffi. L'alone di sangue localizzabile a sinistra, sopra il labbro superiore in coincidenza sia dell' immagine sindonica che di quella del Volto Santo, provano inconfutabilmente che Gesù non aveva baffi folti; ovverosia, li aveva avuti prima della cattura, ma poi gli erano stati tagliati. La linea orizzontale di sangue che è un taglio, visibile dalla sovrapposizione Sindone-Volto Santo al lato della bocca a destra, corroborano questa tesi 50
Alcune importanti notizie pervenuteci dai Santi
Nel V secolo, San Vincenzo di Lérins scrisse: « A Gesù posero sul capo una corona di spine; essa era, in realtà, in forma di pileus, cosicché da ogni lato ricopriva e toccava il suo capo ». Il pileus era una specie di cuffia romana di peltro che serviva per il lavoro; quindi i rami spinosi erano stati intrecciati a forma di casco, legati da un laccio.
Secondo San Clemente Alessandrino (150-215), gli antichi cristiani, per riverenza alla S.S. Corona di spine del Signore, detestavano vedere sul capo dei pagani la corona di fiori che portavano le così chiamate "persone gentili". San Beda (672-735), scrisse che i primi ecclesiastici della Chiesa portavano i capelli intrecciati a forma di corona perché questa usanza fu loro tramandata dagli apostoli. Le percosse
Matteo; 27, 29-30: Inginocchiandosi davanti a lui, lo percuotevano dicendo:”Salve, re dei Giudei!”. E sputando su di lui, prendevano la canna e lo colpivano sulla testa. Isaia; 50, 6: Presentai il mio dorso ai persecutori, le mie guance a quelli che mi strappavano la barba. I soldati non hanno nessuna pietà per Gesù. Anzi, lo percuotono a tal punto da rendergli la faccia completamente sfigurata: gli tirano pugni agli occhi, alla bocca, e schiaffi sulle guance; con una canna colpiscono forte la testa; sia lo zigomo che la guancia destra sono completamente enfiati e il lato piramidale destro del setto nasale presenta una lesione da cui esce molto sangue; violentemente gli strappano anche la barba; dai suoi occhi ora escono lacrime miste a sangue per le ferite riportate nei fori lacrimali. Sovrapposizione S. Sindone-Volto Santo. Dall'alto in basso a sinistra: freccetta verdina, ferita causata da una canna; appena sotto, la freccetta blu indica il gonfiore causato dalla percossa; freccetta rossa, ferita sotto la palpebra; freccetta marrone, ferita al lato piramidale del naso; freccetta verde, ferita per la barba tirata violentemente e poi strappata. 51
Dall'alto in basso a destra: la freccetta nera, indica la ferita sotto l'arcata sopracciliare causata da un forte pugno all'occhio; freccetta gialla, ferita del foro lacrimale; freccetta rossa, colatura di lacrime miste a sangue; freccetta verde, sangue uscito dalla bocca e che va ad imbrattare la mandibola enfiata, il mento e la barba.
18 aprile 12.26 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione una sensazionale scoperta 2 La via dolorosa
Matteo, 27,31: Quando ebbero finito di beffeggiarlo, gli tolsero il manto e lo rivestirono delle sue vesti; quindi lo portarono via per crocifiggerlo. Giovanni, 19,17: Egli, portando la croce da sé, uscì verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Golgota. Luca, 23,26-32: Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, gli misero addosso la croce da portare dietro Gesù. Dopo che il Signore è stato flagellato, malmenato e schernito in presenza della coorte, gli tolgono il "sagum" di color rosso porpora dalle spalle, la corona di spine dalla testa, e la canna, con cui lo hanno percosso, dalla mano; lo rivestono dunque con la veste bianca che Erode gli aveva messo addosso per schernirlo, e lo portano via per crocifiggerlo. I tre evangelisti sinottici, Marco, Matteo e Luca, ci parlano sinteticamente della via crucis di Gesù allo stesso modo di come faranno poi per raccontare della sua sepoltura. Giovanni, invece, che è il testimone oculare sia degli avvenimenti che accadono lungo la via dolorosa, sia di quelli che accadranno dentro al sepolcro, ci riferisce che per la crocifissione romana il condannato porta con sé lo strumento della morte, cioè “il patibulum” che è una trave trasportata a spalle, avente al centro un largo incavo che serve per essere incastrato sulla parte alta di un palo, alto circa 180 cm, chiamato “stipes crucis”. Gesù non ce la fa più a portare il patibolo, è sfinito, cade diverse volte; i soldati, allora, incaricano un certo Simone di Cirene a portare il pesante legno fino al luogo della crocifissione, detto Cranio. Segni d’amore= LaSindone 52
http://www.angelibuoni.it/ Forse questo graffito del I secolo ci suggerisce che la croce romana fosse a forma di T, e che l’inchiodatura avvenisse ai polsi. Probabilmente la testa della persona era al di sopra rispetto alla parte alta della croce perché altrimenti una forte testata della nuca alla trave avrebbe procurato la perdita dei sensi del condannato che invece doveva soffrire rimanendo sempre cosciente. Al centro dello "stipes" i romani usavano sistemare con i chiodi tipo un sedile "sedecula" per far meglio sostenere il peso del corpo sulla croce. Quindi il "Titulum Crucis" veniva presumibilmente inchiodato al patibulum solo dopo che il condannato era quasi in fin di vita o addirittura morto. Foto del Volto Santo di Manoppello illuminato da dietro: ferite, contusioni ed ematomi per le percosse subite dai carnefici e per le cadute nel trasportare il "patibulum". La crocifissione
Matteo, 27,33-36: Giunti al luogo chiamato Golgota, che vuol dire luogo del cranio, gli diedero da bere vino misto a fiele. Gustatolo, non volle bere. Quando l’ebbero crocifisso, si spartirono le sue vesti tirandole a sorte e, seduti là, gli facevano la guardia. Giovanni, 19, 19-22: Pilato aveva scritto anche un cartello e l’aveva posto sopra la croce. Vi era scritto: “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei”. Molti Giudei lessero questo cartello, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città ed era scritto in ebraico, in latino, in greco. I sacerdoti-capi dei Giudei dissero allora a Pilato: “Non lasciare scritto: “Il re dei Giudei” ma scrivi: "Costui disse: sono il re dei Giudei”. Rispose Pilato: “Ciò che ho scritto, ho scritto”. Nel I secolo d.C, la condanna in croce era molto diffusa nell’impero romano. Lo storico Giuseppe Flavio (Gerusaleme, 37 circa – Roma, 100 circa) scrisse che addirittura mancava lo spazio per le croci e anche il legno per fabbricarle. In un passo delle Antichità giudaiche egli riportò anche queste notizie: ... quando Pilato, per denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini profeti queste e migliaia d'altre meraviglie riguardo a lui. (Ant. XVIII, 63-64). Nel luogo chiamato Golgota, Gesù viene spogliato delle sue vesti e della candida tunica che Erode gli aveva messo addosso prima di rimandarlo a Pilato: rimane solo con un panno attorno ai fianchi chiamato “subligaculum”; viene disteso a terra con il patibulum che gli è sotto le braccia stese e i carnefici, allora, usano due lunghi chiodi per conficcarglieli ai polsi nello spazio di Destrot; il corpo viene issato fino a che il largo incavo del patibulum non va ad incastrarsi alla parte alta e scartata ai lati dello stipes (da qui i detti in latino “patibulo suffixus” e “crudeliter in crucem erigitur”); per ultimo, a Gesù gli accavallano il piede sinistro a quello destro inchiodandoli insieme. Segni d'amore = La Sindone 53
http://www.angelibuoni.it/ Giovanni, 19,25-27: Vicino alla croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria Maddalena. Gesù, dunque, vista la madre e presso di lei il discepolo che amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!". Quindi disse al discepolo: "Ecco tua madre!". E da quell'ora il discepolo la prese in casa sua. L’agonia in croce di Gesù dura meno di tre ore. Alle 15 circa, con il cuore che gli si sta ormai spaccando, egli esclama a gran voce: “Eloì, Eloì, lamà sabactanì “ che si traduce “ Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”; poi per la sete chiede da bere e, pronunciando queste parole: “Tutto è compiuto”, muore. Uno dei soldati che si trova sotto la croce, vedendo allora Gesù immobile, irrigidito e con il capo chinato, si accerta della sua morte trafiggendogli il cuore con una lancia: dalla ferita intercostale destra fuoriesce sangue post-mortem ed acqua. Dopo ciò, Giuseppe d’Arimatea, che è discepolo del Salvatore, si reca da Pilato per ricevere l’autorizzazione a togliere il corpo dalla croce e quindi concedergli una degna sepoltura giudaica. Pilato acconsente. E Giuseppe, allora, calato Gesù dalla croce, prende un sudario di lino e gli asciuga il volto e la nuca dal sangue e lo ripiega conservandolo con sé (per la legge giudaica, nessuna goccia ematica di un condannato a morte poteva cadere ed essere assorbito dal suolo); poi gli pone sul capo un finissimo e prezioso bisso marino e, avvolto il corpo con una sindone assieme agli aromi e alle bende, lo depone in un sepolcro scavato nella roccia. http://www.homolaicus.com /nt/vangeli/sindone/crocifis.htm Ricostruzione per immagine della penetrazione della lancia che, attraverso il quinto spazio intercostale destro, arriva a colpire il cuore di Gesù. Sulla figura anteriore della Sindone si vede, dalla parte sinistra dell'immagine (dunque sul lato destro del cadavere), un'ampia colatura di sangue in corrispondenza di una breccia cutanea con le caratteristiche di ferita da punta e taglio. La chiazza di sangue si estende in alto per almeno 6 cm di larghezza e discende dividendosi e ondeggiandosi per circa 15 cm di altezza. Tale ferita sarebbe riferibile al colpo di lancia del militare romano. Si tratta di una ferita che ha discontinuato la parete toracica e questo giustifica l'abbondanza del sangue fuoruscito. Il colpo è stato inferto a un cadavere, poichè i caratteri della colatura indicano l'avvenuta separazione della parte cellulare dalla componente seriosa. Il problema è quello di accertare la sede all'interno del torace in cui la raccolta ematica potè formarsi e separarsi nelle sue componenti. L'ipotesi più verosimile è che durante la Passione si sia verificato un emotorace, vale a dire il versamento di sangue nel cavo pleurico destro. Il colpo di lancia, determinata una ferita trapassante della parte toracica, non avrebbe fatto altro che 54
liberare all'esterno il sangue sedimentatosi con la componente cellulare in basso a quella seriosa in alto, dopo il decesso. Colatura di sangue trasversale causata da un secondo travaso di sangue fuoruscito dalla ferita da punta e taglio del costato. Questo sangue si è raccolto prima sotto il gomito destro. Di qui, dividendosi in due rigagnoli, ha attraversato tutta la regione lombare verso il gomito sinistro, ove si è raccolto in altra ampia chiazza. Il percorso di questo sangue cadaverico mostra infatti i movimenti di lateralità impressi alla salma durante la preparazione per la sepoltura. http://www.pagliarino.com/sindone/sindone/intro.htm
Ricostruzione di come la Sindone fu fatta passare sopra la testa di Gegù, per poi essere avvolto con le bende. Prima di questo, però, sul viso fu posto un telo di bisso marino le cui tracce delle pieghe sono localizzabili nell'immagine della S. Sindone. La risurrezione di Gesù
Giovanni, 20,1-9: Il primo giorno della settimana Maria Maddalena si recò di buon mattino al sepolcro, mentre era ancora buio, e vide la pietra rimossa dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e l'altro discepolo che Gesù amava e disse loro: "Hanno portato via il Signore e non sappiamo dove l'abbiano posto". Partì dunque Pietro e anche l'altro discepolo e si avviarono verso il sepolcro. Correvano ambedue insieme, ma l'altro discepolo precedette Pietro nella corsa e arrivò primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende che giacevano distese; tuttavia non entrò. Arrivò poi anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro; vide le bende che giacevano distese e il sudario che era sopra il capo; esso non stava assieme alle bende, ma a parte, ripiegato in un angolo. Allora entrò anche l'altro discepolo che era arrivato per primo al sepolcro, vide e credette. Non avevano infatti ancora capito la Srittura: che egli doveva risuscitare dai morti. Isaia,52, 14-15: Come molti si stupirono di lui - talmente sfigurato era il suo aspetto al di là di quello di un uomo,
e la sua figura al di là di quella dei figli dell'uomo, - così molte nazioni resteranno attonite, i re chiuderanno la bocca al suo riguardo, perché vedranno ciò che non era stato loro narrato, e comprenderanno ciò che non avevano udito. 18 aprile 12.25 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione 55
indagine sulla Santa Sindone di Torino Mario Moroni - Francesco Barbesino Un’indagine sulla Santa Sindone di Torino
Premessa Tempo fa un bello spirito mise in dubbio che Napoleone fosse mai esistito. La cosa non è poi tanto paradossale. Se si pone in discussione sistematicamente tutto, dall'autenticità dei documenti, alla veridicità dei testimoni, alla significatività dei reperti si può resistere una vita nelle proprie negazioni. Certamente non basta un indizio a definire l'origine di un documento o di un reperto storico. Quando tuttavia gli indizi si moltiplicano, concordano tra loro e confluiscono verso una conclusione si fa strada lentamente una ragionevole certezza. Le conoscenze acquisite nelle più svariate discipline su quel venerato reperto storico che è la S. Sindone di Torino, forniscono numerosi e concordi indizi della sua autenticità. Per noi che non veneriamo la Scienza, è pacifico che non possiamo attendere da essa responsi definitivi e che mai raggiungeremo la Verità, che dispone di ben altre vie per manifestarsi che non quelle delle indagini tecnico scientifiche. In ogni caso i limiti propri di ogni ricerca sui documenti storici, non autorizzano l'obiezione selvaggia di cui dava prova quel negatore di Napoleone di cui dicevamo. Il quale non manca, però, di imitatori. Nei dibattiti sulla Sindone di Torino si inserisce spesso chi ripresenta vecchie tesi da tempo confutate, obiezioni alle quali si è da tempo risposto, o ne inventa di nuove a gettito continuo. Siamo nell'epoca della propaganda: l'importante è presentare le proprie tesi a muso duro, senza incertezze. V'è sempre un numero sufficiente di distratti o disinformati per ottenere un'ottima audience. Anche se qualcuno si affannasse a dimostrare il contrario gli occorrerebbe molto tempo per analizzare, verificare e ribattere: così il colpo riesce quasi sempre. Se la scienza ha raggiunto oggi, come ci informano i sociologi, i livelli minimi di consenso degli ultimi duecento anni questo si deve anche ai molti uomini di scienza nei quali i preconcetti e l'ansia di protagonismo sono di gran lunga preminenti rispetto alla ricerca della verità. Non si tratta di essere asettici, di rinunciare alle proprie ipotesi di lavoro ma semplicemente di verificarle con l'insieme dei fatti accertati prima di parlare.. Sembra talvolta che le ideologie, non contente di aver devastato il campo della politica, vogliano ridicolizzare quello della scienza.. In effetti è proprio delle ideologie assumere un particolare come chiave di interpretazione generale della realtà, e quando si vuol trarre da un solo elemento di analisi dei risultati conclusivi, trascurando il carattere interdisciplinare che è proprio di qualsiasi ricerca, ci si pone in un atteggiamento che è al tempo stesso ideologico ed antiscientifico. La S.Sindone di Torino è il risultato della confluenza di numerosissimi fattori alcuni noti ed altri non ancora perfettamente definiti. Questa confluenza è in sé un miracolo non nel senso che sia necessariamente impossibile sviluppare un modello (certamente complesso) 56
che permetta un giorno di riprodurre in ogni particolare la veneranda reliquia, ma nel senso che alcune coincidenze lasciano stupiti. Accadde lo stesso all'esperto di statistica dell'apologo quando uno scimpanzé, battendo a caso i tasti di una macchina per scrivere iniziò a comporre, senza errori, un canto della Divina Commedia, cosa che per altro l'esperto aveva ipotizzato come possibile. In verità si manifestano talvolta delle coincidenze del tutto impreviste che, anche se possono trovare una spiegazione nel campo dei fenomeni a noi noti, sembrano strettamente imparentate al miracolo. La Sindone ne è un esempio. Così, per parlare di questa venerata reliquia, ci siamo inventati un superuomo così colto, così abile, così modesto, così intellettualmente superiore ai suoi tempi da ricordare da vicino lo scimpanzé dell'apologo. Questi, con la sua fortunasarebbe stato certamente in grado di fabbricare, senza incertezze, il Telo di Torino, al contrario di tutti coloro che, non godendo della predetta fortuna, avranno bisogno di tempo, di maggiore pazienza e di minori pregiudizi. E, naturalmente, dell'aiuto del buon Dio. Gli autori Introduzione Per secoli i nostri ingenui e creduloni antenati hanno ritenuto, in buona fede, che sulla Sindone che si conserva a Torino nella cappella di sinistra (fronte all’altare maggiore) del transetto del Duomo si fosse impressa, per cause naturali o miracolose, la sembianza umana di Gesù crocifisso. Oggi il panorama è mutato. Diversi scienziati e cattedratici di chiara fama ci impongono di rivedere queste fanciullaggini, eredità di tempi immaturi, partendo da un postulato di solare evidenza: la Sindone è un'icona fabbricata in tempi posteriori a quelli della Passione. Inutile dire che sarebbe molto utile, quasi un dovere civico, scacciare anche il più piccolo dubbio al riguardo: dobbiamo tutto alla scienza, dal filo spinato alla bomba atomica, e agiremmo da insensati se non ci attenessimo, nel caso specifico, alle indicazioni ed ai suggerimenti di alcuni illustri personaggi che da anni si dedicano con passione ad un'opera di radicale smitizzazione. Proprio partendo dal predetto postulato ci siamo messi alla ricerca del falsario o dell'artista (il dolo è tutt'altro che implicito) autore della celebre icona. Il presente scritto è la descrizione di questa fortunosa ricerca e dei risultati ottenuti, che sottoponiamo, serenamente, al giudizio del lettore. Alla ricerca della data di nascita Quando si va alla ricerca dell'incipit di questa lunga storia e si tenta di individuare la presumibile data di nascita di colui che a nostro giudizio non fu un falsario, ma un grande nella storia del progresso umano, l'autore della Sindone appunto, già dai primi passi si incontrano purtroppo gravissime difficoltà. I "patiti della Sindone" sottolineano a gran voce l'esistenza di elementi, sparsi un po' ovunque, che comproverebbero l'esistenza della Sindone già dai primi secoli dell'era cristiana e renderebbero plausibile far risalire il loro venerato manufatto all'epoca di Gesù. La loro tesi è che attraverso i secoli l'arte paleocristiana e successivamente quella bizantina abbiano ripreso i tratti somatici del volto 57
raffigurato sulla Sindone (1) in quanto ai loro occhi tale immagine, considerata autentica, godeva di grande autorevolezza. Si citano, ad esempio, un sarcofago conservato in S.Ambrogio a Milano del 380 d.C., un affresco delle catacombe di Comodilla a Roma del IV secolo, un icona del VI secolo conservata nel monastero di S. Caterina al monte Sinai. Anche gli imperatori bizantini non mostrarono grande fantasia nel rappresentare il volto del Salvatore che mantennero identico da Giustiniano II (692), a Michele III (843), Basilio I macedone (869), Costantino VII e Romano I (945-959), Romano III (1030 circa), e Manuele I (1180 circa), sino all'anno precedente alla caduta di Costantinopoli a seguito della quarta crociata. Per mostrare che quello riprodotto è il volto sindonico fanno combaciare due semivolti, quello della Sindone e quello tratto dall'icona, dall'affresco o dalla moneta in modo che vi sia una perfetta continuità tra i due lati dell'immagine, oppure, con un metodo in uso nelle perizie giudiziarie per il riconoscimento delle impronte digitali, o dei tratti somatici, sovrappongono le immagini a quelle del volto della Sindone e determinano le corrispondenze che si osservano tra di esse, quelli che chiamano i punti di congruenza. Puntigliosamente fanno notare che nei tribunali degli Stati Uniti bastano 14 punti di congruenza perché il riconoscimento divenga ufficiale ma loro, ad esempio, ne hanno trovato ben 145 tra il volto sindonico ed una moneta di Giustiniano II! (2) Queste esperienze, anche se assai suggestive, non dimostrano tuttavia che il genio che andiamo a svelare non sia esistito ma, semplicemente, che i tratti del volto di Gesù erano noti dai primi secoli dell'era cristiana (forse la Sindone originale?) e che il maestro ben li conosceva, poiché li ha riprodotti con ogni perfezione. Così come conosceva assai bene la tradizione iconografica bizantina che ha rappresentato per secoli, come nella Sindone, un Cristo zoppo al piede destro (3). Naturalmente tutto questo non fornisce alcun contributo alla determinazione della data di nascita del nostro eroe che avrebbe potuto veder la luce in un secolo qualsiasi della nostra era senza incidere, per quelle caratteristiche di estrema modestia e riservatezza che gli erano proprie e che avremo modo di illustrare, sulla cultura ed in particolare sulle arti figurative a lui contemporanee. V'è tuttavia nella nostra ricerca un punto fermo. Il maestro deve essere nato certamente prima dell'anno di grazia 1356, poiché sappiamo da documenti certi che la sua Sindone compare in Francia a Lirey, diocesi di Trojes e ne è proprietario Geoffry I di Charny, porta orifiamma del re di Francia, che muore appunto il 19 settembre del 1356 durante la battaglia di Poitiers. Quello stesso anno, dopo aver eretto una chiesa collegiata a Lirey (villaggio nel suo feudo a 10 chilometri da Trojes), aveva affidato ai canonici di questa la Tela per la sua ostensione (4). Si racconta che il lenzuolo sia stato donato al conte Geoffry I di Charny dal re Filippo IV di Valois come ricompensa del valore mostrato durante l'assedio di Calais. Si fa credere al popolino (o lo credono gli stessi Conti?) che si tratta del lenzuolo funebre entro il quale era stato avvolto Gesù nel Sepolcro. Tuttavia quando, una trentina d'anni più tardi, dopo un periodo nel quale la regione venne travagliata da numerose guerre la Sindone ricompare in pubblico e Geoffry II, succeduto al padre, riceve le concessioni regia e pontificia all'ostensione (1389), trova la netta opposizione del vescovo diocesano monsignor d'Arcis, che ricorre a sua volta al re per la revoca di tale concessione. Stanco delle polemiche sorte tra i canonici ed i signori di Charny da una parte ed il vescovo d'Arcis dall'altra, papa Clemente VII emette nel gennaio del 1390 una bolla ove si impone di dire che il Telo non è la vera Sindone, ma una copia e una raffigurazione (pictura seu tabula) fatta ad imitazione di essa. Sembra un 58
giudizio definitivo ma nel giugno dello stesso anno viene emessa una nuova bolla nella quale vengono concesse nuove indulgenze a coloro che visiteranno a Lirey la chiesa ove viene conservato "con venerazione, il sudario con l'impronta o immagine di nostro signor Gesù Cristo". A quanto pare i Charny si sono difesi con efficacia da quella che suonava come un'implicita accusa di frode più o meno volontaria. Ma monsignor d'Arcis non demorde. Offeso per la mancanza di riguardo nei confronti della sua autorità prepara una bozza di memorandum che diverrà famosa perché in essa si afferma esplicitamente che anche la prima ostensione nel 1355 era avvenuta senza l'autorizzazione del suo predecessore, il vescovo di Troyes, Enrico di Poitiers, e che questi aveva condotto un'indagine sul telo e scoperto il pittore, reo confesso, che l'aveva astutamente dipinto. I responsabili dell'inganno, vistosi scoperti, avevano nascosto il Lenzuolo sino al 1389. Disgraziatamente possediamo solo due copie del memorandum, delle quali una si può ritenere la bella copia dell'altra: sono prive di data e di firma. I fedeli della Sindone non mancano di far osservare che negli scritti di Clemente VII riguardanti la Sindone non si trova alcun riferimento al documento, mentre sono ricordate le varie lettere dei Charny. Soprattutto nella lettera inviata al Vescovo è significativo che non si accenni al memorandum. Questo è in accordo con quanto è emerso dall'esame dei documenti depositati presso la Biblioteca Nazionale di Parigi relativo alla querelle tra mons. d'Arcis ed i signori di Charny che permette di affermare che lo scritto non è stato inviato mai alla corte di Avignone (5). Ma trascurando le solite prevenzioni, il memoriale purtroppo dice solo in modo molto generico di aver individuata la frode e il modo in cui il panno era stato dipinto ad opera di un artista, ma mancano i riferimenti relativi all'indagine condotta dal predecessore, Enrico di Poitiers, (atti del processo contro i Charny o altro documento) e, quello che più conta ai fini della nostra indagine, il nome del pittore che l'avrebbe dipinta. Perché, qui monsignor d'Arcis si sbaglia, se il presunto falsario e l'autore della Sindone sono la stessa persona, quello comparso alla presenza del suo predecessore non è un comune ladro di polli ma un genio la cui grandezza non può, neppure lontanamente, comprendere. In ogni caso queste preziose copie del memoriale, ora in nostro possesso. sono considerate come la prova lampante che la Sindone è un dipinto del XIV secolo, o più correttamente, come diremmo noi oggi, un manufatto di origine alto medioevale. Soprattutto gli ambienti clericali più avanzati se ne sono convinti per primi: il canonico Ulisse Chevalier, dotto professore dell'Università cattolica di Lione, impegna, all'inizio di questo secolo, una vera e propria crociata con un fervore tale da richiedere un intervento della Santa Sede per spegnere un slancio ritenuto eccessivo (6). Sarà seguito dal gesuita Hebert Thurston a cui va il gran merito di aver demitizzato la Sindone nella omonima voce della Chatholic Encyclopedia. Finalmente nel 1988 le analisi col carbonio 14 sono giunte a datare con grande precisione il telo: come gli esperti degli spettrometri di massa ad accelerazione (AMS) dei tre Laboratori incaricati delle analisi già prevedevano, il telo è risultato risalire ad una data compresa tra il 1260 ed il 1390. E' la dimostrazione definitiva che il lino della sindone di Torino è di origine medioevale, secondo quanto si legge sull'articolo della rivista Nature che riporta i risultati delle analisi.
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Certo bisogna ammettere che del maestro della Sindone sappiamo ben poco; è possibile tuttavia che questa sia un'illusione ottica, per noi uomini di una società in cui tutti sono catalogati, fotografati e schedati più volte. Se procediamo, per così dire, in controluce, ci accorgiamo che sappiamo di Lui molto di più di quello che sembrerebbe a prima vista. Vissuto con ogni probabilità nel XIV secolo in Francia, parla ancor oggi di sè attraverso il suo capolavoro. E per rendere ancor più vivida l'immagine che ne emerge separeremo le doti tecniche da quelle artistiche e da quelle morali, senza trascurare tuttavia anche il suo prodigioso sapere. Un grande tecnologo Il Telo Cominceremo anzitutto dal telo: come è noto la Sindone è un lungo lenzuolo funerario di lino grezzo tessuto a mano, con disegno a lisca di pesce, lungo 4,36 m e largo 1,10 m. La lunghezza è giustificata dal fatto che una parte del telo veniva posta sotto il cadavere mentre la rimanente, ripiegata, ne ricopriva la parte anteriore. La tessitura a spina di pesce o a saja (sergé dei francesi), che si ottiene scavalcando con la spola due o più fili per ottenere un gradevole effetto estetico e un panno molto morbido, sembra fosse nota già dal lontano neolitico ed è stata osservata negli antichi reperti di lini siriaci, egizi, ebraici e romani (7). Tuttavia secondo un noto esperto tessile, Gabriel Vial, se si considerano i tre elementi costitutivi del tessuto: l'armatura, la materia prima, l'intreccio trama-ordito, il Telo della Sindone non ha paragoni. Nessuno dei tessuti antichi o più recenti rispecchia completamente le caratteristiche riscontrate su di esso. Taluni ne deducono che tra i pochi lini antichi tutt'ora conservati, quelli simili alla Sindone sono andati casualmente perduti, ma quale prova migliore che un genio solitario ne è l'artefice? Persino la torcitura delle fibre (Z) è inusuale. In ogni caso i tessuti siriaci e palestinesi di età imperiale presentano lo stesso tipo di torsione. Il nostro artefice ha lasciato nel Telo, come se si fossero casualmente impigliate durante la lavorazione, anche alcune fibre di cotone che il prof. Raes, un altro esperto tessile, ritiene del tipo "erbaceum", proveniente dall'area egizio-palestinese (8). Al contrario non sono state trovate tracce di lana e benché alcuni attribuiscano il fatto a pura casualità, altri ricordano che secondo la legge mosaica (Deuteronomio XXII, 11) era severamente proibito mischiare fibre vegetali a fibre animali e che gli ebrei usavano appunto telai diversi per i tessuti di lino (e cotone) e per quelli di lana. L'immagine Come tutti sanno la Sindone riproduce in grandezza naturale l'immagine frontale e dorsale di un corpo umano definito con ricchezza di dettagli. Le due immagini, che si contrappongono per la testa, mostrano un corpo non lavato, completamente macchiato di sangue ed un volto contuso con lunghi capelli, barba e baffi. L'impronta vera e propria tenuemente sfumata, di color bruno chiaro, emerge dal fondo della stoffa per una lieve differenza nell'intensità di colore mentre in diversi punti del corpo come, ad esempio, sulla fronte, ai polsi, ai piedi ed al costato spiccano ampie macchie di colore rosso scuro e moltissime altre, più piccole, sparse per tutto il corpo. L'immagine è dunque molto debole e a bassissimo contrasto con il supporto di tela. Solo a distanza di alcuni metri è possibile individuare i bordi dell'immagine (9) perché emergono 60
le lievi differenze tra l'impronta ed il lino circostante. Ogni filo del tessuto è composto da 50-100 fibrille attorcigliate tra loro: nella zone in cui affiorano in superficie il chiaroscuro non è provocato da una diversa intensità di colorazione poiché sono tutte colorate in modo uniforme, ma dalla loro densità. Al microscopio le fibrille che producono l'immagine si presentano più erose e riflettono la luce più delle altre. L'ingiallimento sembra si debba attribuire ad una ossidazione e disidratazione, con conseguente degradazione, della cellulosa che compone le fibrille (10). L'immagine della Sindone ed in particolare del Volto del Salvatore, quello che tutti i cristiani conoscono, riprodotto in migliaia e migliaia di copie è stata scoperta durante l'Ostensione che ebbe luogo a Torino dal 25 maggio al 2 giugno del 1898. Questa era stata concessa da Casa Savoia, allora proprietaria della Sindone, in occasione delle nozze del Principe ereditario Vittorio Emanuele con Elena del Montenegro. L'avvocato Secondo Pia, un fotografo non professionista di fama internazionale, era stato autorizzato a scattare alcune fotografie del Telo. Dopo alcuni tentativi non completati per difficoltà di illuminazione, il 28 maggio venivano scattate alcune lastre 50 x 60. Il Pia stesso le sviluppava in camera oscura. Ne usciva con una lastra del negativo ancora gocciolante che mostrava al suo collaboratore: Varda Carlin se su si a l'è nen an miracul! (Guarda Carlino se questo non è un miracolo!) (11). Ne emergeva un ritratto in negativo perfettamente visibile nel quale le zone in maggior rilievo erano le più scure, e più chiare quelle rientranti. Come non pensare ad uno spirito bizzarro che ha creato un positivo evanescente in attesa che, con tecniche nuove, i posteri potessero decifrare l'immagine? Probabilmente non ricorrendo ad una tecnica pittorica che male si accorderebbe con la colorazione superficiale delle fibrille in attesa dell'inversione fotografica che fa emergere inaspettatamente i tratti evanescenti. Il dipinto Tuttavia l'ipotesi che una tecnica pittorica sia alla base della realizzazione dell'immagine trova ancor oggi credito presso numerosi scienziati e ricercatori privati. Purtroppo questi volonterosi spesso non tengono conto dei dati storici certi e delle oggettive caratteristiche dell'oggetto e propongono soluzioni non del tutto soddisfacenti. Ad esempio, si è costatato che a meno di un metro di distanza i bordi dell'immagine scompaiono (per la cosiddetta inibizione neurale laterale) ma nulla vieta di pensare che il nostro artista abbia dipinto stando ben discosto dalla tela ed utilizzando un pennello molto, molto lungo. Tuttavia è azzardato sostenere come Maria Consolata Corti e gli inglesi Clive Price e Lynn Picknett che la Sindone è opera di Leonardo da Vinci. Questi ultimi, per inciso, attribuiscono a Leonardo anche l'invenzione della macchina fotografica: il volto dell'Uomo della Sindone sarebbe un autoritratto fotografico mentre il corpo apparterrebbe ad un uomo crocefisso appositamente. Purtroppo, come si è già accennato, documenti certi e numerosi della presenza della Sindone in Francia (trascurando quelli precedenti, spesso citati dai patiti del Telo) risalgono a metà del XIV secolo, cioè a cento anni prima della nascita di Leonardo (1452). Uno dei più autorevoli sostenitori della tesi che la Sindone è un'opera pittorica del XIV secolo è lo statunitense Walter Mc Crone esperto di microscopia e microanalisi. Questi ha 61
avuto la possibilità di eseguire una serie di osservazioni al microscopio ed analisi su campioni di polveri prelevate con nastri autoadesivi nel 1978 da Ray Rogers in 32 zone della Sindone ritenute significative. Mc Crone, riscontrò la presenza di ossido di ferro (Fe2O3) costituente fondamentale dell'ocra rossa in diversi punti della Sindone: era presente sia sull'immagine che sulle macchie di sangue. Comunicò allora di aver scoperto che un artista medioevale aveva utilizzato l'ocra rossa per ritoccare o creare l'immagine. Il colore giallastro delle fibrille di lino sarebbe dovuto all'invecchiamento di una colla di origine animale, usata come fondo prima di eseguire la pittura. Infine Mc Crone individuò un secondo pigmento rosso usato in passato dai pittori: il vermiglione (è il solfuro di mercurio detto anche cinabro). Si trattava dunque in tutto e per tutto di un'abilissima e studiatissima opera d'arte ove l'artista aveva utilizzato una miscela di due pigmenti: l'ocra (in soluzione molto diluita trattenuta sulla tela dalla colla animale) per le immagini del corpo e questa mescolata al vermiglione per le macchie di sangue. Naturalmente le obiezioni non tardarono a fioccare: si analizzarono nuovamente i nastri adesivi senza riscontrare alcuna reazione al mercurio, risultato che suggeriva di escludere la presenza di vermiglione che, d'altra parte, avrebbe dovuto annerirsi col passare del tempo. Tracce di tintura o di pigmento non sarebbero presenti nemmeno nella zona dell'immagine(12). Infatti il grado di purezza riscontrato nell'ossido di ferro presente, esclude pigmenti naturali costituiti da "terre". Si trovano grandi quantità di ferro (e di calcio) in conseguenza del processo di macerazione usato nella preparazione del lino, prevalentemente sotto forma di chelato cellulosico; naturalmente gli spettri di questo composto del ferro presentano lunghezze d'onda completamente diverse da quelle segnalate da Mc Crone (13). L'esame al microscopio non aveva rilevato tracce di cementazione delle fibrille né scorrimento capillare di liquido. Anche la fluorescenza ai raggi X non era stata in grado di individuare la presenza di pigmenti organici: non si notavano differenze significative nella composizione degli elementi tra l'area dell'immagine e quella di base. Venne fatto presente inoltre che tracce di ferro, quali quelle individuate da Mc Crone (14), non sarebbero state in grado di creare un'immagine percepibile ad occhio nudo. Inoltre l'ossido di ferro (Fe 2O3) in dimensioni sub-microniche, che inizialmente Mc Crone riteneva di aver individuato, è disponibile solo da duecento anni. Si fece rilevare che al contrario le comuni ocre rosse sono utilizzate quale materiale pittorico da migliaia di anni e non si comprende perché Mc Crone attribuisca quella da lui osservata necessariamente al XIV secolo. Infine i presunti pigmenti non presentavano nessuna delle trasformazioni che si sarebbero dovute produrre in seguito ad un avvenimento certo: l'incendio della Santa Cappella di Chambery del 1532 che avviluppò il reliquiario ove era conservato il Telo danneggiando la Sindone stessa. Si è osservato al contrario che dove le bruciature intersecano l'immagine non vi è variazione nel tono di colore né nella densità di questo. Inoltre l'acqua di spegnimento che scorreva sul telo non è stata inibita dalla presenza dell'immagine come sarebbe avvenuto in presenza di sostanze idrorepellenti quali ad esempio olio e cera. Anche nel caso delle tracce di sangue il dottor Mc Crone, come tanti altri prima e dopo di lui, ha sottavalutato la genialità del nostro artista che non si è limitato ad una lontana verosimiglianza, ma con ogni probabilità ha usato sangue vero. Il rivestimento rossiccio delle fibrille si scioglie completamente, in una soluzione di enzimi, la proteasi, usata per individuare le proteine, ed è quindi un possibile indice della presenza del sangue (15). 62
Prove microchimiche per l'individuazione di proteine (sensibilità sino a 1-10 nanogrammi) estese a fibrille provenienti dalle diverse regioni del Telo diedero risultato positivo solo nelle aree del sangue. Inoltre al bordo delle macchie di sangue si trovano delle fibrille rivestite di una patina giallo oro la quale fornisce un risultato positivo al test dell'albumina e negativo per l'emoglobina; la patina inoltre si scioglie in proteasi. Sono le caratteristiche tipiche del siero del sangue che confermano i risultati delle analisi fisiche che indicavano come siero l'alone (invisibile ad occhio nudo) attorno alle principali macchie di sangue, visibile solo ai raggi UV (16). Si è pertanto avanzata l'ipotesi che le particelle rosse di ocra siano in realtà piccole scaglie di sangue distribuite su tutto il Telo, a causa dei numerosi ripiegamenti. . Ricerche successive al 1979 sembrerebbero confermare ulteriormente le gravi obiezioni che si oppongono all'ipotesi del dott. Mc Crone che tuttavia non desiste, con sempre nuove ricerche, dal difendere coraggiosamente la propria interpretazione. Una prima caratteristica che si oppone all'ipotesi pittorica è una singolare proprietà dell'immagine della Sindone comunemente indicata come tridimensionalità e che consiste nel fatto che essa contiene l'informazione relativa ad una terza dimensione. Occorre premettere che le normali fotografie hanno solo due dimensioni. La profondità è suggerita dalle ombre ed elaborata inconsciamente nel cervello di chi osserva l'immagine. Tuttavia vi sono fotografie, quelle stellari, nelle quali la luminosità dell'immagine è in rapporto con la distanza reale della stella. Ipotizzando che potesse esistere una relazione tra il grado di imbrunimento dei vari punti dell'immagine del Telo sindonico e le distanze di un corpo ad esso soggiacente, venne utilizzato un analizzatore di immagini stellari per sottoporre ad analisi le fotografie ufficiali della Sindone, scattate in anni diversi. In effetti si è constatato, a differenza di quanto avverrebbe con le normali fotografie, nelle quali, come si è detto, la profondità è solamente intuita attraverso le ombre prodotte dall'illuminazione, che l'immagine contiene l'informazione relativa ad una terza direzione. La luminosità è in rapporto matematico con la distanza che intercorre tra il corpo ed il tessuto. E' più brillante nelle zone di contatto (ad esempio, naso, fronte e sopracciglia) e diminuisce al crescere della distanza corpo-telo. Trasformando punto per punto le varie intensità luminose in rilievi verticali di altezza diversa si ottiene un'immagine tridimensionale del corpo proporzionata e senza distorsioni. Al contrario, l'esperimento ripetuto su fotografie di copie pittoriche assai accurate della Sindone forniva risultati deludenti. Una seconda caratteristica, individuata mediante analisi elettroniche assai sofisticate, è la mancanza di direzionalità dell'immagine. Utilizzando un microdensitometro si misurava il grado di maggior o minore annerimento di migliaia di caselle nelle quali era stata scomposta l'immagine fotografica della Sindone. Associato un valore numerico, in base al loro grado di annerimento, ad ognuna delle caselle misurate, si procedeva all'elaborazione digitale dell'immagine. Con particolari accorgimenti (filtri numerici) era possibile sottrarre all'immagine complessiva le informazioni relative al telo di supporto, isolando l'impronta. Questa non presentava all'analisi matematica quelle tracce di direzionalità che sono inevitabili in ogni applicazione manuale del colore. In seguito, con l'uso di altri filtri numerici, si giunse persino ad eliminare le macchie di sangue ed i segni delle ferite dal volto, così da ottenere un viso maestoso e sereno. 63
Naturalmente questo non prova nulla se non il fatto che anche i ricercatori più seri difficilmente possono rendersi conto, come diversi secoli prima monsignor d'Arcis, della genialità e dello spirito bizzarro del nostro artista. E le prove di ciò si sprecano. Ad esempio si è osservato che se si rimuovono i piccoli grumi di sangue che coprono le fibrille nella zona dell'immagine, o si sciolgono completamente in proteasi quelli presenti sulle fibrille prelevate dalla Sindone, queste ultime presentano segni di erosione molto limitati, paragonabili a quelli delle zone del Telo prive d'impronta, e così pure avviene sotto gli aloni del siero (17). Il sangue è dunque arrivato prima che si formasse l'impronta: disporre le macchie di sangue e poi dipingere nello spazio libero un'immagine anatomicamente congruente non è cosa da poco! E non si creda che nel dipingere sia stato usato sangue prelevato in precedenza perché gli aloni di siero visibili attorno alle chiazze di sangue ci fanno certi che si tratta di sangue coagulato che sgorgava da un corpo vivo poiché nel sangue che sgorga da una persona morta la parte bianca sierosa è separata da quella rossa e solamente la ferita al torace presenta tale caratteristica morfologica. Questa osservazione richiama una delle ipotesi più radicali che siano state avanzate sulla formazione dell'immagine. Un'ipotesi in un certo senso molto semplice: che si tratti dell'impronta di un uomo del medioevo effettivamente crocefisso, flagellato, coronato di spine, con il costato trafitto da un colpo di lancia. Non un comune condannato a morte perché nessuno nel medioevo avrebbe eseguito la condanna in modo tanto stravagante ed estranea alle comuni esecuzioni capitali ma un povero diavolo sottoposto, Vangelo alla mano, alla Passione di Gesù. Probabilmente in un deserto castello (dei Templari?) popolato da monaci sadici tratti direttamente dal film "Nel nome della rosa" o dai fumetti di Dylan Dog (18). Tuttavia anche le ipotesi più semplici presentano qualche difficoltà. Non è scontato che i falsari sapessero che il cadavere avrebbe lasciato l'impronta sul lenzuolo, nè che conoscessero le modalità della crocifissione romana abbandonata nel peggiore dei casi da sei-settecento anni ed altri particolari, sui quali avremo modo di ritornare, noti solamente nel XX secolo e in netto contrasto con tutta l'iconografia medioevale: ad esempio i segni di schiacciamento sulle spalle lasciati dalla trave orizzontale (veniva trascinato dal condannato solo il braccio orizzontale o patibulum e non la croce intera), un cespuglio di rovi calcato sul capo e non la tradizionale corona di spine , come avremo, in seguito, modo di approfondire. Inoltre si è fatto notare che esistono tutt'oggi una quarantina di sindoni tutte in passato piamente visitate da migliaia di pellegrini i quali non si ponevano problemi di autenticità. Al massimo la copia era autentica perché si riteneva fosse stata a contatto fisico con l'originale o incorporasse una particella di questa. Non diversamente alcuni re prendevano possesso del regno facendosi deporre, assisi in trono, sul patrio suolo, stabilendo così un contatto fisico col proprio territorio. Non v'era dunque bisogno, in secoli di fervente pietà popolare, di studiare tanto e di giungere ad assassinare qualcuno per far credere autentica una reliquia. Rimarrebbe inoltre da chiarire un altro mistero che in verità è tale ancor oggi anche per noi: come sia stato possibile interrompere il contatto del corpo col lenzuolo senza strappare i grumi di sangue e senza danneggiarne i contorni, poiché questi, che si presentano intatti, indicano chiaramente che il corpo non è stato rimosso sollevando il telo. E' noto tuttavia, 64
almeno approssimativamente, il tempo durante il quale il corpo è rimasto a contatto col telo poiché sulla base dei meccanismi di fibrinolisi (19) solo dopo un tempo di contatto di 36-40 ore si ottengono impronte ematiche perfettamente decalcate e dai contorni precisi come quelle della Sindone (20). Quest'ultimo dato, della permanenza del corpo nel sudario per 36 ore, è in realtà plausibile se si accetta la tesi di una ripetizione puntuale delle vicende narrate nei Vangeli anche se è difficile immaginare come siano riusciti a separare il corpo dai decalchi di sangue. Tuttavia anche l'assenza di tracce di un inizio di putrefazione confermerebbero che se un corpo è stato avvolto nel sudario non vi è rimasto a lungo. Per scoprire la tecnologia del nostro genio occorre, a nostro avviso, volgersi ad altre soluzioni. Ne sono state proposte numerosissime dalle più sofisticate alle più fantasiose. Trascurando le ipotesi miracolistiche osserveremo le più interessanti tra esse e le obiezioni, spesso sensate, che fanno sì che molte si elidano tra loro. La verità è che si suggeriscono metodi relativamente semplici che presuppongono implicitamente un semplice falsario ma alla fine dell'indagine non si potrà non riconoscere la grandezza assoluta dell'artista dal nome tuttora ignoto che si cela dietro la Sindone. Incominciamo con le ipotesi di formazione dell'immagine. La prima presuppone che questa sia ottenuta mediante calore utilizzando un bassorilievo metallico riscaldato. L'impronta termica Nel 1966 Geoffrey Ashe diede la notizia definita "piuttosto curiosa", di come ottenere un'immagine negativa sfumata, di color seppia, su una tela quando questa fosse posta a contatto con un oggetto metallico surriscaldato. Nel caso specifico si trattava di un medaglione di bronzo, di circa 9 cm di diametro, con raffigurato al centro un cavallo in rilievo (21). A circa vent'anni di distanza l'ipotesi del contatto termico venne ripresa e sostenuta, quale vera causa della formazione dell'immagine sindonica da alcuni studiosi (22) con il lodevole intento di dimostrare che la Sindone è opera di un personaggio definito come un abilissimo falsario del 1300 (23). Con ipotesi analoghe altri ipotizzano che per ottenere un'impronta strinata sia necessario mantenere una certa distanza tra il lino ed il modello metallico riscaldato, cioè che vi sia "assenza di contatto o impronta diretta" (24), altri ancora impregnano di acqua calda il Telo e spargono sul bassorilievo ossido di ferro (25).
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Quello termico è un modello scientificamente suggestivo, perché l'impronta ottenuta su tela per irraggiamento presenta alcune caratteristiche identiche a quella sindonica: la negatività, l'indeterminatezza dei contorni, il colore ed un'accennata tridimensionalità. In effetti, un irraggiamento termico, che provochi strinature sul tessuto, viene considerata tra le ipotesi meno fantasiose anche dai diversi difensori della Sindone. Esami con lo spettrofotometro mostrano che l'impronta del corpo e le bruciature prodotte dall'incendio del 1532 riflettono la luce allo stesso modo (26) ed il microdensitometro, applicato ad una 65
fotografia della Sindone, non rileva differenze di colore tra l'immagine e le zone bruciacchiate. Inoltre le fibre della cellulosa della zona strinata, di colore paglierino, presenterebbero lo stesso fenomeno di disidratazione ed ossidazione che si riscontra sulle fibrille dell'immagine (27). Il più convinto assertore dell'impronta a caldo è il Direttore dell'Istituto di Antropologia dell'Università di Bari Vittorio Delfino Pesce che dà per scontato che la Sindone sia un falso di origine medioevale perfettamente riproducibile (28): Non è necessario far ricorso a null'altro di diverso di quanto il falsario ha utilizzato per la realizzazione del volto le cui caratteristiche essenziali, come abbiamo visto, sono state riprodotte; cioè a mezzo di pirografie con una punta metallica arrotondata e riscaldata o con un semplicissimo stampino metallico (...), ovvero a mezzo di puro e semplice ritocco pittorico con la solita ocra rossa: Anche da questo punto di vista , cioè, non esiste nulla dell'immagine sindonica che non sia perfettamente spiegabile e riproducibile (ref.18). La copia si otteneva operando con bassorilievi in bronzo riscaldati a 220-230 ° C. Naturalmente gli "amici della Sindone", trattati non molto urbanamente nel suo libro, non gli hanno risparmiato critiche. Oltre alle solite della mancanza di caratteri stilistici medioevali e della difficoltà di graduare le intensità di colore su un telo lungo oltre quattro metri con un bassorilievo, unico nel suo genere, del quale non è rimasta traccia né memoria, si avanzano anche critiche più radicali. Il sangue ad esempio, che è tale senza alcun dubbio, non copre l'immagine e pertanto le macchie di sangue si sono formateprima dell'immagine. La sovrapposizione del bassorilievo avrebbe alterato il sangue come si rileva nelle zone interessate dall'incendio del 1532. Inoltre come avrebbe potuto il falsario riprodurre quelle caratteristiche fisico chimiche, note solo alla medicina d'oggi, che distinguono il sangue coagulato delle ferite sparse sul corpo da quello uscito dal costato? E come conosceva l'eccesso di bilirumina che oggigiorno è possibile osservare nel sangue di persone fortemente traumatizzate? Inoltre se si osservano le macchie di sangue che si trovano sulla fronte due di esse sono particolarmente interessanti.Quella di destra, alla radice dei capelli, è formata da un coagulo circolare (che corrisponde alla ferita provocata dall'aculeo della corona di spine) dal quale si dipartono due rivoletti di sangue di cui uno scende lungo la capigliatura sin verso la spalla, l'altro perpendicolarmente sulla fronte sin verso il sopracciglio. Su una fotografia a forte ingrandimento si può vedere benissimo che questo sangue ha carattere nettamente arterioso, non omogeneo cioè, perché fuoriesce da un'arteria a getto ritmicamente intermittente. Anatomicamente la ferita dalla quale è fuoruscito questo duplice rivolo di sangue corrisponde al ramo frontale dell'arteria temporale superficiale. L'altra macchia di sangue (...) è quella sulla fronte a forma di epsilon (o 3 rovesciato), il cui sangue denso a tinta omogenea, uniforme, ha netti caratteri di sangue venoso. L'aculeo della corona di spine ha qui leso certamente la vena frontale ed il curioso aspetto a 3 rovesciato è dovuto al corrugarsi, sotto lo spasmo del dolore, del muscolo frontale (29). Nasce spontanea la domanda: "Come poteva il falsario conoscere le dinamiche della circolazione venosa ed arteriosa e distinguerle tra loro, se la loro scoperta è opera di Andrea Cisalpino nel 1593? (30). Si obietta ancora che un'altra caratteristica, non visibile ad occhio nudo, non corrisponde nella copia ottenuta per contatto col bassorilievo. L'ossidazione delle fibrille produce sopra i 180-200 °C, per pirolisi dei carboidrati della cellulosa, i furfuroli, che ai raggi UV 66
presentano fluorescenza color arancio (31), mentre la Sindone non la presenta. Inoltre le strinature ottenute sulla copia attraversano il Telo, mentre sulla Sindone interessano solo alcune fibrille della superficie visibile. In seguito fu dimostrato sperimentalmente che un'impronta termica quale quella prodotta con la metodica del prof. Pesce, si affievolisce e scompare dopo circa due anni (32). D'altra parte il professore non ha mai visto, nemmeno da lontano la Sindone di Torino(33). Carlo Papini ha proposto una metodica parallela alla precedente. Il modello metallico è tratto per normale fusione dal calco di un cadavere umano. L'unica variante proposta è l'idea della cottura a distanza ravvicinata mediante un telaio pieghevole. Si propone una possibile successione delle operazioni che dovranno naturalmente passare ad un più completo collaudo sperimentale: si prende un cadavere di circa 30 anni il cui aspetto corrisponde all'iconografia tradizionale di Gesù, si ricavano due calchi in gesso della parte anteriore e posteriore, si fondono due rilievi in bronzo limando e ritoccando quanto sembra necessario, si riscalda fortemente a temperatura costante (250-350 ° C) grazie ad un braciere sottostante a carbone o a legna, si sovrappone per un dato tempo a breve distanza la tela di lino teso su un telaio pieghevole lungo l'asse mediano per seguire la curvatura del bronzo, ed è tutto. Solo un ritocco manuale con vero sangue o con una sostanza ancora ignota per riprodurre tutti i segni della Passione ed infine l'aggiunta delle macchie ematiche usando probabilmente sangue animale o umano. Ancora una notazione: E' probabile, ma non indispensabile, che la tela (sindonica) sia stata preparata con qualche sostanza a noi ignota per favorire la "cottura" ed evitare le bruciature. L'autore è quasi certo che il metodo funzioni anche se non si sa se abbiano avuto luogo degli esperimenti ed i loro risultati. A conferma che un metodo approssimativamente simile è stato usato da un falsario, in un articolo di recente pubblicazione, Papini informa che Quando sequestrarono la Sindone nella Cattedrale di Besançon, gli inviati della Convenzione ebbero la sorpresa di trovarvi anche un telaio metallico o "stampo perforato" che sovrapposto alla Sindone corrispondeva perfettamente alle "macchie ematiche" che venivano così periodicamente dipinte di rosso vivo (Moniteur, Parigi 1794, p. 557) (34). Purtroppo questo telaio è andato perduto ma i sentimenti schiettamente giacobini del Moniteur (35) garantiscono un'informazione obiettiva non forviata da preconcetti clericali. In questa rassegna di fautori dell'origine termica, nella quale molti saranno trascurati di necessità, non può tuttavia mancare un personaggio singolare, Joe Nickell (ref.25), di professione prestigiatore e detective, che nel 1978 propone quale origine dell'immagine una mistura di aromi (aloe e mirra) o di pigmenti colorati in polvere, applicata su una tela, impregnata di acqua calda, distesa sopra un bassorilievo. Come prova mostra il risultato di una tela messa a contatto con il bassorilievo di Bing Crosby. Secondo Nickell il falsario per ottenere un miglior risultato avrebbe steso la tela sul bassorilievo e poi l'avrebbe frizionata con la miscela di polveri. La tecnica di Joe Nickell oltre a produrre un'immagine priva di tridimensionalità non realizza un'impronta speculare come avviene per la Sindone, poiché il decalco viene eseguito strofinando del rosso ocra sopra la tela e non per diretto contatto con il bassorilievo posto sotto di essa. Analoghi come metodologia sono gli esperimenti realizzati nel 1994 da Emily Craig e Randal Bresee (36) che ricoprono i modelli con polvere di carbone o carboncino, sciolti in un collante e trasferiti al tessuto con un cucchiaio caldo e vapore: ne risulta una riproduzione che manca di definizione. Gli sperimentatori hanno dovuto constatare che il 67
fondo a mano, i pigmenti grossolani ed asciutti non si prestavano ad essere trasferiti su di una superficie di lino ruvido di quelle dimensioni, investita con vapore. D'altra parte le immagini ottenute da Nickell e Craig - Breese non risolvono il problema delle macchie di sangue che sulla Sindone sono presenti proprio nei punti dove manca l'immagine. Infine anche in questo caso il fuoco dell'incendio del 1532 e l'acqua utilizzata per spegnerlo avrebbero alterato le sostanze organiche applicate all'immagine. E qui si potrebbe proseguire: secondo Samuel Pellicori (37) è l'acido lattico del sudore e della secrezione cutanea assorbito dal lino a produrre nel tempo l'apparizione dell'immagine. Per altri l'azione acidificante (38) dei sali di Qumran o del Natron(39) cosparsi sul cadavere, per altri ancora i campi elettrostatici (40), (41). In generale, le riproduzioni ottenute sperimentalmente erano del tutto lontane dall'originale. Concludiamo questa rassegna con un suggestivo esperimento. L'archeologa Nitowski (42) ha condotto prove in campo utilizzando un manichino cavo lungo circa 1 metro riempito con acqua calda a 46 ° C. Il manichino era posto in un sepolcro di Gerusalemme avvolto in un lino sul quale era cosparso carbonato di calcio e, successivamente, sangue spruzzato diluito in soluzione salina ed aceto: questo per riprodurre sia l'ambiente ricco di polvere di carbonato di calcio quale doveva essere la cava adibita a sepolcro che, secondo la Nitowski, aveva accolto il corpo di Gesù dopo la crocifissione, sia il sudore ed il sangue divenuto acido in seguito al fortissimo trauma. La campagna sperimentale non ha raggiunto risultati del tutto probanti riguardo alla formazione dell'immagine, tuttavia rimane notevole poiché per la prima volta vennero prelevati campioni di roccia all'interno di tombe poste in prossimità di Gerusalemme: si constatò in seguito che si trattava di aragonite anziché di comune calcite con piccole quantità di ferro e stronzio, lo stesso minerale ritrovato tra le fibrille della Sindone nella zona dei piedi sanguinanti. L'identità veniva confermata da Levi-Setti (43) mediante analisi con la microsonda elettronica. Radiazioni nucleari ed altre forme di energia In seguito allo scoppio della bomba atomica ad Hiroshima, quando già si censivano i danni e si incominciava riorganizzare la vita sconvolta dalla terrificante esplosione gli abitanti superstiti potevano osservare con stupore un singolare fenomeno: sulle pareti degli edifici e sul selciato delle strade si erano fissate delle immagini (44). Quella di una torre rettangolare appariva sul tetto della Camera di Commercio, alcuni profili umani come quello di un pittore nell'atto di intingere il pennello nel barattolo di colore o di un uomo nell'atto di frustare il cavallo erano rimasti impressi sulle facciate di pietra degli edifici(45). Un bagliore intenso avrebbe proiettato le ombre dei corpi umani, bruciati istantaneamente dal calore, imprimendoli sulla pietra che si è preservata dalla calcinazione (46) nelle zone ove appaiono le immagini. In seguito a questi straordinari fenomeni nel 1978 José Luis CarreñoEtxeandia (47) avanzava l'ipotesi che l'impronta sindonica fosse paragonabile a quelle immagini. Secondo tale ipotesi la figura sindonica si sarebbe impressa sul telo per effetto di una "energia radiante intensa e di brevissima durata". Si sarebbe verificata una trasformazione della materia in energia quale appunto si determina durante un'esplosione atomica. 68
Oltre allo "scoppio luminoso di energia" del Carreño altre ipotesi erano già state avanzate come quella di un'azione fotoradiante del Bougarde-La Dardye che risale al 1902, dell'azione radioattiva del corpo del Noguier de Malijay o dell'azione fotofolgorante del Caselli (48). Purtroppo queste intuizioni, per quanto ingegnose, non si appoggiano su alcuna sperimentazione. e rimangono per ora indimostrabili. Recentemente uno studioso siracusano, il dott. Sebastiano Rodante ha avanzato l'ipotesi dello sprigionamento dal cadavere di un lampo di luce solare. Una intensa radiazione luminosa ultravioletta istantanea, nelle prime 36 ore di contatto con la cute madida di sudore di sangue, avrebbe migliorato la visibilità dell'impronta già delineatasi sul telo umido ed impregnato di aromi (49). Per ottenere una conferma sperimentale vennero realizzate numerose esperienze nelle catacombe di S. Giovanni a Siracusa, un ambiente oltremodo suggestivo che simulava le condizioni del sepolcro di cui parla l'evangelista Matteo ed assicurava l'umidità necessaria. Venne utilizzata una riproduzione fotografica del volto sindonico ove erano state perforate con aghi sottili quelle parti ove si presumeva vi fosse stato contatto diretto tra il corpo ed il telo. I raggi solari attraversando i piccoli fori molto ravvicinati tra loro imprimevano sul lenzuolo l'impronta del viso con chiaroscuri invertiti. Il dottor Rodante concludeva che questo stesso meccanismo avrebbe potuto stampare sulla Sindone le impronte attualmente esistenti. Le immagini ottenute sono certamente buone. Tuttavia per l'artista medioevale (il cosiddetto falsario) un procedimento analogo a quello del dott. Rodante avrebbe incontrato difficoltà non indifferenti. La più evidente è che occorreva una fotografia dell'intera Sindone o un'immagine tanto verosimile di un cadavere, che non si capirebbe perché in seguito si sarebbe applicato un metodo tanto macchinoso per ottenerne una seconda. I credenti al contrario possono ammettere senza difficoltà che nel sepolcro il corpo risorgendo abbia emanato una luce intensissima; ne trovano esempi nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli. Ma con questo si esce dal campo della scienza sperimentale. Anche il dottor Jackson avanza una propria ipotesi (50) simile a quella del dottor Trenn (51) dell'Università di Toronto. L'origine dell'immagine sindonica viene attribuita ad un effetto fotochimico sulla cellulosa, prodotto da una radiazione di raggi X molli o UV emessa dal corpo per un breve periodo di tempo. Questa impronta apparsa come un'immagine bianca, con il tempo avrebbe invertito, per invecchiamento naturale, il contrasto dell'immagine sino a raggiungere le condizioni attuali nelle quali essa appare più scura del fondo sottostante. Come si sarebbe formata l'immagine? Jackson suppone che, in un certo istante, il corpo che stava sotto il telo e lo sosteneva abbia iniziato a emettere radiazioni e nel contempo sia diventato "penetrabile" permettendo al telo di afflosciarsi. Il corpo avrebbe irraggiato il tessuto mentre questo lo attraversava con tempi maggiori per quelli di maggiore altezza. Anche in questo caso un'ipotesi che presuppone un evento non verificabile. Inoltre durante il passaggio le radiazioni avrebbero dovuto impressionare anche l'altra faccia del telo superiore mentre avrebbero agito in modo del tutto diverso sulla parte dorsale che sarebbe rimasta ferma. Immagini naturali negative 69
Chi nella chiesa superiore della Basilica d'Assisi, ove trionfano le Storie di S. Francesco affrescate da Giotto, osserva le immagini evanescenti dei dipinti del Cimabue, si accorge che il negativo di tali immagini emerge per il naturale annerimento dei colori chiari (52). Non è raro trovare impronte negative che si sono formate col trascorrere del tempo ed alcune di esse presentano anche un carattere tridimensionale. Un altro tipo di impronta, ottenuta per reazione chimica, è quella apparsa sul retro di un francobollo del 1859, causata dal contatto della gomma arabica con le sostanze azotate dell'inchiostro. Per analogia si è ipotizzato che l'immagine sindonica possa essersi prodotta col contributo dell'acido oleico formatosi dal contatto tra i composti azotati (ammoniaca ed urea), presenti nel sudore dell'Uomo della Sindone, e gli aromi balsamici (53). Persino i vecchi erbari, così cari ai nostri nonni, possono riservare sorprese: le impronte dei vegetali emergono, in modo naturale, in tempi molto lunghi. Sono le tracce indicate anche come "figure di Volckringer" (54). Questi attribuisce l'impronta alla disidratazione di fiore, foglie e fusto (55); a conferma ha dimostrato che i vegetali non completamente essiccati che hanno impresso una impronta, in 50 anni ne hanno trasferito un'altra, più leggera, su un nuovo foglio (56). Uno degli autori del presente scritto ha reperito un anemone nemorosa della famiglia delle ranuncolacee, rifiorente sulle colline nei dintorni di Torino e conservata dal prof. Della Beffa che dopo 45 anni ha lasciata impressa un'impronta di colore seppia, molto simile visivamente a quella dell'immagine sindonica. Anche un grazioso pifferaio della Guardia svizzera pontificia, in una stampa a colori dipinta a mano che si trova nelle pagine interne di un libro di fine ottocento (57), si è riprodotto per contatto e presenta il tipico color seppia pallido. E' importante sottolineare che le impronte, sia provenienti da colori minerali (58) sia da vegetali, risultano tridimensionali (59), (60). I soggetti, per trasferire la propria impronta, devono necessariamente aver aderito ai fogli di carta, in assenza di luce. Viene smentita pertanto l'ipotesi che l'informazione tridimensionale dell'impronta sindonica sia da ricondurre esclusivamente alla distanza corpo-tela. Si può pertanto pensare, che tale carattere non sia proprio solo dell'impronta anteriore della Sindone. Anche la parte dorsale del corpo, che aderiva alla tela sottostante, deve aver impresso un'impronta tridimensionale, come le parti del corpo più sollevate da questa (61). Genesi naturale per contatto I fiori che scolorivano negli erbari avevano dunque trasferito un'immagine color seppia, del tutto fedele, sui vecchi fogli ingialliti ma a Paul Vignon, biologo e pittore francese, non suggerivano solo romantici ricordi ma un preciso meccanismo di formazione dell'immagine. La cellulosa della carta si era alterata in superficie per contatto con i fiori, probabilmente per effetto di vapori acidi liberati da questi. Non poteva un processo analogo essere all'origine dell'impronta sulla Sindone? Si aggiunga che nel 1896 il colonnello Colson, assistente al Politecnico di Parigi, aveva scoperto che lo zinco appena decapato emette a temperatura ambiente dei vapori che impressionano le lastre fotografiche in camere oscura. Partendo da tali indizi, già nel 1902, Vignon enunciava, con la collaborazione di Colson la sua classica teoria detta vaporografica (62): i vapori ammoniacali umidi, causati dalla fermentazione dell'urea, presente nell'abbondantissimo sudore che ricopriva il cadavere, avrebbero imbrunito le particelle di aloe disperse sul telo. L'effetto dei vapori cadaverici, naturalmente, doveva essere decrescente all'aumentare della distanza corpo-telo. Vignon riproduceva su tele umide cosparse di polveri d'aloe e 70
mirra alcune parti cadaveriche: le immagini, tuttavia, risultavano assai sfocate. In realtà si comprese molto più tardi, che non si trattava di perfezionare il metodo ma della difficoltà intrinseca a questo di ottenere un'immagine ad alta definizione, quale quella sindonica, mediante diffusione o irraggiamento. Si è fatto notare che sul Telo anche la parte dorsale presenta lo stesso grado di definizione di quella anteriore, malgrado che si riferisca ad ampie zone del corpo a completo e diretto contatto col tessuto (63). A questo primo tentativo sono seguite altre verifiche ed esperimenti di indubbio valore ma che, per noi che non condividiamo la professione medica, suonano anche un tantino macabri. Il dott. Cordiglia (64) ha sparso una miscela polverosa di aloe e mirra sul volto di un cadavere facendovi aderire una tela impregnata di olio d'oliva e di essenza di trementina. Ha completato la sfumatura dell'impronta esponendola al vapore acqueo; il dott. Romanese (65) ha spruzzato il viso del cadavere con una soluzione di acqua calda e sale ponendo, successivamente, sopra di essa una tela cosparsa di aloe e mirra polverizzati. I risultati ottenuti furono apprezzabili ma le impronte sono passate dalla parte opposta del tessuto e i coaguli di sangue sono molto confusi. Gli esperimenti furono ripresi nel 1970 dal dottor Rodante (66). Convinto, come Vignon, che l'impronta sindonica si fosse realizzata del tutto spontaneamente per contatto (67), fece uso, per la prima volta, di sudore misto a sangue sparso su tutta la superficie del corpo; gli aromi in polvere, che impastavano i rivoli di sangue, vennero applicati alle tele con soluzioni acquose. Il dott. Rodante utilizzava calchi di gesso spruzzati con sudore di sangue e ricoperti, successivamente, da una tela umida imbevuta di una soluzione acquosa di aloe e mirra per circa 30 ore. Le impronte comparivano su di un solo lato delle tele. I coaguli di sangue erano netti e ben definiti: solo quelli più marcati oltrepassavano lo spessore della tela. Si poteva pertanto concludere che gli aromi, il sudore di sangue e l'umidità erano gli elementi determinanti per la riproduzione spontanea dell'immagine (68). L'esperimento con sudore di sangue è stato ripreso, con la stessa metodica usata dal dottor Rodante, da Mario Moroni. Al modello sperimentale, un calco in cera del volto sindonico, è stata fatta aderire una sottile pelle di daino spruzzata di sangue e di bilirumina e vi sono stati applicati capelli, barba e baffi naturali inumiditi con sudore di sangue più acquoso. Al calco è stato fatto aderire un lino, simile al tessuto sindonico, imbevuto di una soluzione di aloe e mirra. L'impronta si presenta come un negativo fotografico, ovvero la parte destra è posta a sinistra e viceversa. L'immagine ottenuta per contatto diretto appare su un solo lato del lino ed interessa solo le fibrille superficiali. L'ipotesi che l'immagine si sia formata spontaneamente per contatto, sembrerebbe dunque quella che presenta il maggior grado di probabilità e potrebbe spiegare, tra l'altro, alcuni particolari rilevati sulla Sindone quale ad esempio la grande nitidezza che presentano i segni lasciati dai colpi di flagello. Naturalmente non si esclude che siano presenti anche una reazione chimica dovuta agli aromi, il contributo, seppure limitato, di vapori cadaverici (69), il sudore della pelle, nonché la condensa che si forma sotto il lenzuolo, ripiegato su se stesso e reso pressoché impermeabile dalla mirra. Tuttavia sarà probabilmente necessario ricercare anche altri fattori non ancora perfettamente definiti, 71
come le condizioni climato-ematologiche (70), che devono aver contribuito a completare ed a sfumare l'immagine poiché quella realizzata sperimentalmente, benché ben definita e con caratteristiche di tridimensionalità (71), non è pari per finezza a quella sindonica (72). Un'inaspettata dimostrazione della possibilità di un decalco naturale di un cadavere su un lenzuolo è stata fornita involontariamente da un certo signor Less, quarantatreenne, un indiano delle indie occidentali ricoverato all'ospizio di Thorthon nel Lancashire per cancro al pancreas (73). Alcuni giorni dopo la sua morte, il 9 marzo 1981, Patricia Oliver, addetta alle pulizie, nota, non senza un certo terrore, sulla copertura del materasso l'immagine completa di un uomo (74). Oltre alla mano, che presenta una colorazione leggermente più chiara, sono visibili le aree incavate ed i contorni delle magre gambe, delle spalle e delle braccia. La mascella è voltata verso il basso. Dopo che questo singolare fenomeno fu reso pubblico il prof J.Cameron della London Hospital Medical School, noto medico legale, suggerì quale causa dell'immagine "qualche forma di azione enzimatica dovuta ai liquidi liberati dal corpo, tipici del cancro al pancreas" (75), (76). I sostenitori della Sindone fanno osservare a questo proposito che anche l'Uomo della Sindone doveva presentare sull'intera cute un'abbondantissima sudorazione oltremodo ricca di sostanze coloranti del sangue. La diffusa colorazione del viso è confermata dall'elaborazione elettronica che, prendendo come riferimento il colore del rivolo di sangue sulla fronte, individua sul volto sindonico numerosissimi punti rossi avvicinati di uguale intensità di colore, tali da suggerire la presenza di una vera trasudazione ematica (77). A conferma si osserva che il vistoso rivolo di sangue assume nel negativo fotografico una colorazione verde-azzurra, analogamente all'intera immagine sindonica che presenta un leggero color azzurrognolo più o meno sfumato. 18 aprile 11.59 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione indagine 2
L'incendio del 1532 confonde le carte A disorientare coloro che cercano di scoprire la raffinata tecnologia adottata dall'ignoto artista sta il fatto, tutt'altro che trascurabile, che l'immagine ottenuta in modo naturale non ha alcuna strinatura in superficie, mentre la Sindone appare strinata per tutta la sua lunghezza. Naturalmente se l'impronta fosse stata prodotta artificialmente per irraggiamento o per contatto con un bassorilievo surriscaldato, oppure mediante una qualsiasi forma di radiazione elettromagnetica, la strinatura sarebbe limitata alla sola immagine, mentre al contrario interessa tutto il telo sindonico ed è facile immaginare che la strinatura del lino e dell'impronta si siano verificate contemporaneamente alla stessa temperatura per effetto di una medesima fonte di calore. In effetti Accetta e Baumgart (78) hanno rilevato un'impressionante somiglianza tra le caratteristiche spettrali nelle zone ove è presente l'immagine sindonica e le altre zone 72
strinate del Telo. La struttura superficiale dell'immagine del corpo e dell'area dello sfondo è essenzialmente la stessa. Anche Ray Rogers, esperto degli effetti che il calore produce sulle diverse sostanze, conferma quanto già affermato da Jackson: il colore di tutta l'immagine è identico a quello della restante tela. Schwalbe (79) scrive che le fibre, nelle aree lievemente strinate, somigliano molto al colore delle fibrille osservate nell'area dell'immagine. Roger e Marian Gilbert (80)hanno trovato che l'impronta del corpo e le bruciature riflettono la luce allo stesso modo. Con tutta probabilità abbiamo sotto gli occhi gli effetti di un disastroso incendio. E' storicamente accertato che la Sindone è stata interessata da un forte calore la notte tra il tre ed il quattro dicembre del 1532, a Chambery, nella Santa Cappella appositamente costruita dai Duchi di Savoia per custodire la preziosa reliquia. Il lenzuolo funerario (certamente asciutto) si trovava ripiegato in una preziosissima cassa di legno rivestita d'argento con ornamenti in oro in una nicchia-armadio del coro (81). Verso la mezzanotte del quattro di dicembre 1532, principiando la festa di Santa Barbara, si accese nella Santa Cappella un grandissimo fuoco, sia che qualche eretico abbia segretamente collocato accesi carboni, sia che per inavvertenza abbia taluno lasciato acceso qualche torchia non ben spenta. (82) Un testimone dell'epoca, il frate francescano Francois Rebelais, era convinto che la Sindone fosse andata perduta nell'incendio. In un suo scritto si legge: Il Santo Sudario di Chambery è bruciato senza che se ne potesse salvare un solo lembo. Calvino, che viveva in quel tempo andava dicendo: Quando un sudario brucia se ne trova sempre un altro il giorno dopo! Correva anche la voce opposta che ...il panno non si era affatto abbruciato e che alcuni mastri ferrai (83) corsero in mezzo al fuoco e trassero fuori la cassa già fusa della S.S. Sindone. Il fatto certo è che il 15 aprile 1534, due anni dopo l'incendio, venne effettuata una ricognizione da parte del Vescovo di S.Giovanni di Moriena, Cardinale Lodovico Garrevod. Si accertava che questo panno era quell'istesso che esisteva prima del detto incendio (84). Dopo questa ricognizione nacquero due opposte interpretazioni: la prima sosteneva che era stato un miracolo che la Sindone si fosse salvata in mezzo a sì ardente fuoco. Come controprova si proponeva di porre un involto di tela dentro qualche recipiente di ferro posto sul fuoco, per trovare ben presto tutto abbruciato. La seconda immaginava che la Sindone fosse di sua natura incombustibile perché d'amianto. E' più probabile che il lino sindonico, come ogni altra tela, possa resistere, in particolari condizioni, ad un calore intenso prodotto dal fuoco. E' quello che si è cercato di dimostrare sperimentalmente e di cui si dirà più oltre. In ogni caso il lenzuolo sindonico, sia che venisse custodito in un armadio del corosagrestia, come viene riportato da più testi, sia che fosse alloggiato in una 73
nicchia (85) ricavata nella parete che si trova ancor oggi, alquanto nascosta, dietro l'altare, ha rischiato veramente di andare perduto. La determinazione della temperatura massima raggiunta all'interno del reliquiario durante l'incendio di Chambery è stata oggetto di numerose esperienze condotte da Mario Moroni: la colorazione risultante del tessuto campione doveva naturalmente coincidere con quella tipica della tela sindonica. Si è operato sperimentalmente in scala 1/2 racchiudendo un campione di tessuto simile a quello della Sindone in un cofano di rame argentato foderato da pareti di legno. Dopo una serie di prove preliminari, gli esperimenti venivano realizzati investendo da ogni parte il cofano con le fiamme di un camino. La temperatura esterna raggiungeva i 550 ° C mentre il valori medi registrati all'interno erano di 190 ° C per il cofano e 170 ° C per la tela ripiegata (86), valori che fornivano il desiderato colore paglierino confermato da esami fotocolorimetrici (87). Anche campioni di tela macchiati di sangue e di siero collocati nei primi strati della tela mantenevano inalterati i loro colori originali. Una prima considerazione Tutto quanto precede, e siamo solo al metodo di formazione dell'immagine, non fa che confermare l'eccellenza del nostro artista, che si manifesta dopo questa carrellata scientifico-storica come il più grande tecnologo di tutti i tempi. Ha creato una figura evanescente di assoluto realismo della quale, come nei codici cifrati, occorre conoscere la chiave di lettura, che è il negativo fotografico, con una sbalorditiva sicurezza nell'utilizzo di sangue venoso ed arterioso, vivo e di persona già morta. E' riuscito là dove, malgrado il sapere accumulato nei secoli, gli scienziati d'oggi, nei casi più favorevoli, si sono solo avvicinati. Malgrado si siano fatti degli indubbi progressi nella conoscenza dei meccanismi di formazione dell'immagine e sia stata accertata l'importanza di alcuni fattori sperimentali come, ad esempio, la presenza di aloe e mirra, nessuno è riuscito a riprodurre su un telo di oltre quattro metri un'immagine così lieve e così precisa. Alcuni hanno tentato, certo con la migliore delle intenzioni, di declassare la Sindone, un'opera che solo un genio poteva realizzare, a un manufatto tecnologico di mediocre impegno. Il prof. Piazzoli scrive che E' tanto assurda l'esistenza della Sindone che Pesce Delfino produce sindoni...a piacere (88). Beato lui! Tuttavia, come gli antichi, siamo costretti anche noi a ripetere Hic Rodus, hic salta, cioè fateci vedere almeno una delle sindoni di una così ricca produzione perché si possa anche noi credere. Ma già è tempo di considerare altri aspetti del nostro personaggio. Un grande conoscitore del mondo antico Gli aromi Non possiamo affermare con assoluta certezza che aloe e mirra siano stati utilizzati dal nostro umanista per produrre l'immagine. In ogni caso siamo certi che, ottimo conoscitore dei Vangeli, (in particolare Giovanni 19, 39) ha ritenuto necessario aspergere dei due aromi il Telo. Perché la presenza di aromi sulla Sindone è cosa certa. Il prof. Baima 74
Bollone(89) ha fotografato sulle fibre da lui prelevate nel 1978 del materiale morfologicamente identico alla mirra, visibile al microscopio ottico ed ha rilevato che il tracciato microspettrofotometrico di un frammento di filo estratto dal telo sindonico in corrispondenza del piede destro dell'immagine presenta la stessa composizione inorganica ottenuta sperimentalmente da una macchia di sangue, aloe, mirra e saponina su un supporto di stoffa. Anche Michael Adgé (90) ha precisato che la risposta negativa del 1973 (91) della Commissione d'esperti nominata dal cardinale Pellegrino in relazione alla natura ematica delle presunte macchie di sangue era da attribuire esclusivamente alla presenza di aloe. Un'ulteriore conferma, sia pure indiretta, proviene dall'usanza di ungere le pareti dei loculi riservati agli ebrei dei primi secoli riscontrata nelle catacombe ebraiche di Villa Torlonia a Roma. Tale usanza non è documentata dal Talmud o da altri scritti ebraici, tuttavia tracce di materiale resinoso ed elementi presenti nell'aloe sono stati rinvenuti nel terriccio delle suddette catacombe (92). Anzi questi ultimi ritrovamenti confermerebbero il passo di Giovanni, ritenuto un semplice errore di trascrizione, ove si parla di cento libbre di una mistura di mirra ed aloe: una quantità eccessiva per un cadavere, ma non per aspergere con una soluzione acquosa, oltre le tele funerarie, le pareti dell'intero sepolcro. M. Moroni infine, simulando con teli imbevuti da una soluzione di aloe e mirra l'incendio del 1532 ed il successivo spegnimento con acqua di raffreddamento, ha ottenuto gore a forma romboidale dai contorni seghettati come quelli che si possono osservare sulla Sindone (93), (94). Il terriccio Gli Evangelisti narrano che, trasportato nel sepolcro, Gesù fu subito avvolto in un lenzuolo senza che si avesse il tempo di lavarne il corpo (95). La cosa non è sfuggita al nostro artista che ha posto sul ginocchio sinistro, sul tallone e sul naso un po' di terriccio misto a sangue. Non grumi volgari, visibili ad occhio nudo, ma piccole tracce che non sono sfuggite al microscopio (96). Anche i cristalli di aragonite collocati nella zona dei piedi, gli stessi, come già accennammo, ritrovati nelle tombe scavate nella roccia in prossimità di Gerusalemme mostrano l'accuratezza ineguagliabile della ricostruzione. I pollini Eppure uno degli elementi più originali che impreziosiscono il nostro capolavoro non sarebbe stato colto sino ad oggi, se il caso non lo avesse condotto sotto lo sguardo attento di uno strano signore svizzero, giunto a Torino su richiesta del Tribunale di questa città, per autenticare le fotografie della Sindone scattate dal dott. Judica Cordiglia qualche anno prima. Max Frei era uno zurighese che dopo essersi laureato nel '37 in botanica aveva diretto per 25 anni il Servizio scientifico della Polizia criminale di Zurigo ed era professore incaricato di Criminalogia (97). Ma quello che qui più interessa era uno dei fondatori un nuovo metodo d'indagine criminologica basato sullo studio dei pollini delle piante e denominato palinologia. Dice Frei che ciascun polline, che è l'elemento che feconda le piante superiori, appartiene ad un solo tipo di pianta. I minuscoli granuli (20 ¸ 200 millesimi di millimetro) hanno una protezione esterna assai resistente che permette loro di rimanere 75
inalterati per migliaia d'anni. Sulle piramidi si sono trovati pollini vecchi di 5000 anni. Poiché più del 95 % dei pollini proviene dagli immediati dintorni del luogo ove viene emesso, la presenza di pollini su un reperto è un indizio importante della presenza di quell'oggetto nel luogo ove fiorisce un determinato tipo di pianta. Giunto per un confronto di tipo quasi notarile tra alcune fotografie e la Sindone, Frei è colpito dalla polvere che nota in grande quantità sul Telo e chiede insistentemente di poterla prelevare. Così, malgrado le notevoli difficoltà burocratiche che si oppongono al progetto, la notte del 21 novembre del 1973, poco tempo prima dell'inizio della prima ostensione televisiva da lungo tempo programmata, Frei ottiene, limitatamente alle parti più esterne del lino, la desiderata autorizzazione e può applicare dei nastri adesivi in diversi punti del telo (in totale 240 cm2 di superficie). Questi, fatti aderire al tessuto esercitando una leggera pressione, asportano la polvere durante il distacco e, ripiegati a metà su se stessi, la conservano per un tempo illimitato. A questo seguirà poi un secondo prelievo nel 1978. Si tratta ora di identificare e classificare gli eventuali pollini trovati sui nastri e, se il materiale bibliografico noto non è sufficiente, raccogliere di persona, in varie aree geografiche, il materiale pollinico necessario per un confronto. Iniziano così i viaggi di Frei per tutti i luoghi mediterranei dove la tradizione vuole che sia transitata la Sindone. La Francia, Cipro, Costantinopoli, la Palestina e sin sull'altipiano turanico alla lontana Urfa, l'antica Edessa che, secondo le leggende, la presenza della Sindone rendeva inespugnabile. Frei lavora con grande meticolosità per diversi anni, poi fornisce i primi risultati (98). Compresi i pollini ottenuti nel secondo prelievo, ha individuato 56 pollini di piante, ancor oggi viventi, di particolare interesse: sedici sono di zone sabbiose e saline quali quelle della Palestina, sette di terreni rocciosi del Medio Oriente (due fioriscono ai piedi delle mura di Gerusalemme), sedici delle regioni orientali dell'attuale Turchia che avevano appunto per capitale Edessa. Alcuni di questi pollini sono presenti anche a Costantinopoli mentre uno di essi è tipico dei dintorni della città. Sono state inoltre trovate tracce di aloe. Si tratta comunque di specie che non sono presenti in Europa. Vi sono poi sedici pollini che possono giungere indifferentemente sia dall'Europa che dall'Oriente ed altri dodici di comuni piante europee. C'è anche quello del riso, probabilmente a ricordo delle ostensioni concesse dai duchi di Savoia a Vercelli nel travagliato periodo seguito alla morte di Amedeo IX (99). Non vi è traccia di colore e dunque i pollini non fanno parte di materiali frammisti ad antichi colori. Si è obiettato che questi potevano, in condizioni eccezionali, esser trasportati dal vento attraverso il Mediterraneo, ma i venti tipici non spirano da tutte le coste orientali del Mediterraneo, né nelle diverse stagioni di fioritura e comunque non giustificherebbero la prevalenza di pollini orientali. Come gli studi successivi hanno confermato, una buona metà dei pollini proviene da fiori entomofili (cioè trasportati dagli insetti) mentre non sono presenti specie a larga diffusione trasportate dai venti delle regioni ove, sulla base degli indizi e dei documenti storici, è transitata la Sindone. Benché sia stato osservato che vi sono casi nei quali le specie botaniche sono difficilmente distinguibili l’una dall’altra e che pertanto per una diagnosi certa sarebbe necessario 76
analizzare un elevato numero di granuli, le ricerche di Frei hanno fornito delle prove indiziarie assai significative Si è accertato invece sulle fotografie a luce polarizzata (100) che l'impronta di fiori freschi si intravede intorno al volto sindonico ed alcuni frammenti di essi sono stati rinvenuti sulla Sindone dall'archeologo Paul Maloney (101). Queste osservazioni sono state riprese ultimamente da Avinoam Danin dell’Università Ebraica di Gerusalemme. Questi, avvalendosi delle classiche fotografie e dei negativi della Sindone scattate in epoche diverse, ha individuato numerose specie di fiori visibili sul Telo. In particolare, oltre ad altre piante di origine orientale, è stata rilevata con certezza la presenza dello Zygophyllum dumosum, una pianta endemica che cresce solo in Israele, nel Sinai, ed in una piccola area del Giordano (102). D'altra parte questi fiori dovevano essere ben visibili poiché motivi floreali compaiono in molte icone sull'aureola dell'immagine del Cristo e in modo analogo sulle monete emesse durante il regno dell'imperatore bizantino Michele III (842- 867). Alcuni avanzano l'ipotesi che la Sindone possa esser stata usata come una tovaglia d'altare nelle solenni cerimonie pasquali e decorata di fiori secondo la liturgia orientale ma tale ipotesi sembra non trovi riscontro sulla base delle ultime ricerche iconografiche e testuali (103). Ecco dunque un altro enigma: come avrà fatto il nostro artista a procurarsi i pollini il più grande dei quali è di due decimi di millimetro? Ma ora che incominciamo a conoscerlo non ci dobbiamo più meravigliare di nulla. Quale sicurezza! Avrebbe potuto cadere facilmente in trappola aggiungendo, ad esempio, qualche granulo di polline d'ulivo pianta assai diffusa, oltre che in Palestina, in tutto l'Oriente mediterraneo. Persino gli esperti d'oggi sono assai stupiti che non se ne sia trovato qualche grano tra la polvere del Telo. Eppure recentissime indagini sistematiche condotte dalle professoresse Daria Bertolani Marchetti (Università di Modena) e Marta Mariotti (Università di Firenze) in diverse località dell'Oriente (l'Orto degli Ulivi a Gerusalemme, Edessa ed Adana in Turchia) ed a Campiglia in Toscana, mostrano che sui cuscinetti di muschi prelevati dai muri a secco degli uliveti o ai piedi delle stesse piante o nel miele delle arnie collocate nei campi d'ulivo, non v'è traccia di questo polline. E quale prova del suo sapere enciclopedico! Esiste tutta una serie di indizi che descrive, non senza incertezze cronologiche, un presunto itinerario della Sindone: Gerusalemme, Edessa e Costantinopoli ne sono tappe obbligate. Ebbene i pollini provengono proprio da quei luoghi! Manca solo Cipro (104), ma il nostro umanista avrà avuto i suoi buoni motivi per non aggiungerlo agli altri falsi indizi. Un dotto anticonformista Nel riprodurre i segni della Passione e della successiva crocifissione il nostro artista mostra un altro aspetto della propria personalità. Come tutti i veri sapienti è fedele solo alla verità e rifugge da ogni conformismo. Nel suo capolavoro non v'è traccia di una qualsiasi concessione all'arte della sua epoca, quello che i critici chiamano lo stile. Un illustre professore francese di Anatomia comparata già nel 1902 scriveva: "l'immagine è di un 77
realismo estremo, impeccabile, senza una sbavatura, senza una dimenticanza; non tiene che imperfettamente conto della tradizione, non cede in nulla alla schematizzazione, nulla alle convenienze, caratteri che non si trovano in alcuna delle opere iconografiche di qualsiasi epoca" (105). Le copie del Telo che i pittori si sono ingegnati di riprodurre nelle epoche successive, se ne conoscono più di quaranta, non si avvicinano lontanamente all'originale. Già l'audacia di rappresentare in epoca medioevale il morto completamente nudo non ha precedenti. Ma veniamo ai particolari. La flagellazione L'impronta frontale e soprattutto quella dorsale presentano delle piccole macchie. Con il supporto di immagini intensificate ne sono state individuate più di 120. Si scoprì che si trattava di ferite lacero-contuse tondeggianti di una decina di millimetri, unite tra loro a due o tre per volta da segni di escoriazioni trasversali. Quelle sul dorso sono sparse a ventaglio, a gruppi formati da piaghe parallele che salgono oblique verso le scapole. Paul Vignon ed alcuni medici (106) furono i primi a supporre che si trattasse dei segni della flagellazione di cui parlano i Vangeli di Matteo, Marco e Giovanni. Poi le elaborazioni digitali dell'immagine sindonica e le fotografie a colori con fluorescenza nel campo dell'ultravioletto realizzate a Torino nel 1978 dai ricercatori statunitensi (107), apportarono ulteriori elementi per una definitiva conferma. Si trattava proprio dei segni di una flagellazione. Il flagello romano (108) era composto da strisce di cuoio all'estremità delle quali stavano dei piccoli pesi di piombo o ossa di animali, che avevano sul condannato un effetto devastante che, prolungato, scarnificava sino alle ossa. Era con la fustigazione che venivano puniti gli schiavi, poiché i cittadini romani solitamente ne erano esenti. I magistrati romani erano sempre seguiti dai littori che portavano sulla spalla sinistra un fascio di verghe di olmo o di betulla strette insieme da cordicelle di color rosso che erano il simbolo ed al tempo stesso lo strumento del potere di coercizione dell'Autorità. Tuttavia la punizione non doveva giungere sino alla morte del reo, anche se il numero dei colpi da infliggere era a discrezione del magistrato. In età repubblicana i consoli attendevano di esser fuori dai confini della città per aggiungere la scure alle verghe ed attestare il loro diritto di vita o di morte. Negli eserciti romani, al contrario, la fustigazione sino alla morte con verghe o con particolari flagelli quali quelli sopra descritti, per i militari rei di gravissime colpe, non era cosa insolita. I segni della flagellazione che si osservano sulla Sindone concordano con quanto attesta l'Evangelista Luca sulla volontà iniziale di Pilato di infliggere all'accusato la flagellazione quale severo castigo, respingendo però la richiesta dei Giudei di condannarlo a morte. Il casco di spine Il casco di spine è un'altra prova di audacia. che si colloca in rotta di collisione con tutta l'iconografia medioevale. Eppure le macchie di sangue prodotte dalle trafitture non lasciano dubbi. Non una coroncina ma una calotta sanguinante che avvolge il capo ove le fuoruscite di sangue visibili sono oltre una trentina. Le avevano notate anche le suore Clarisse mentre, in ginocchio con aghi d'oro, rammendavano e foderavano il Telo che era stato loro affidato dopo l'incendio di Chambery: Nella relazione del 1534, relativa alle 78
operazioni di restauro, scrivevano di aver osservato la sua testa divina forata da grosse spine da cui uscivano rivoli di sangue che colavano sulla fronte (109). Il prof. Rodante ha verificato l'esattezza di diverse di queste tracce di sangue sia arterioso che venoso con l'anatomia topografica del capo, oggi a noi perfettamente nota (110). Ad esempio quella discesa di sangue venoso a forma di ε, alla quale abbiamo accennato in precedenza, ben visibile sulla fronte a sinistra della mezzeria del volto, dovuta forse alla contrazione spasmodica della fronte, e quella di sangue arterioso sulla tempia, a sinistra dell'immagine, che si biforca secondo due direzioni, suggerendo un movimento alternato della testa. Dal prof Baima Bollone apprendiamo che la tradizione vuole che la corona di spine sia stata formata da un'intreccio di rami di Zizyphus (Z. Spina Christi); Barbet asserisce che è probabile che ve ne fosse un mucchio nel pretorio, per il riscaldamento della coorte romana. Baima nota che a differenza di altri cespugli spinosi lo Zizyphus è abbastanza flessibile ma le sue spine penetrano come aghi nella cute (111) senza piegarsi. La ferita del polso sinistro Una grossa ferita è perfettamente visibile sul Telo nella zona del carpo sinistro mentre il polso destro rimane nascosto poiché le mani sono incrociate sul pube. Le analisi ottenute con luce ultravioletta, ponendo la sorgente luminosa sul rovescio del telo sindonico, hanno rivelato una macchia più scura quadrata di circa un centimetro di lato: è la traccia del sangue che ha riempito il passaggio del chiodo dopo che questo venne estratto. Si tratta di uno di quei chiodi quadrati a testa larga usati dagli antichi carpentieri romani come quelli il cui ritrovamento la tradizione attribuisce alla pia madre dell'imperatore Costantino, Elena, e che si possono ancor oggi osservare nella Basilica di S.Croce a Roma o il tre maggio di ogni anno quando il chiodo della Santa Croce scende con la nivola dalla volta dell'altare maggiore del Duomo di Milano(112). Ma ecco subito una prima difficoltà: tutta la tradizione pittorica mostra il Crocefisso con i chiodi che penetrano nel palmo delle mani mentre il nostro artista fa uscire il sangue dal polso (113). Soprattutto i medici che si sono interessati della Sindone hanno sentito la necessità di una verifica sperimentale. Barbet conficca nel palmo della mano di un braccio, da poco amputato, un chiodo di 8 millimetri di lato e vi appende un peso di 40 chili (114). Dopo dieci minuti bastano alcune piccole scosse perché il chiodo si faccia strada tra le carni lacerate sino al completo distacco. Allora va alla ricerca del punto che la Sindone sembra indicare e lo trova. E' il cosiddetto spazio di Destot un passaggio anatomico pre formato, normale, un cammino naturale ove il chiodo passa facilmente e ove è mantenuto assai solidamente dalle ossa del carpo e i legamenti anulari anteriori (115). Osserva inoltre che il chiodo passando per quel foro naturale aveva probabilmente leso il nervo mediano che pilota la flessione del pollice della mano. In realtà si dimostrò in seguito che basta che il nervo sia eccitato per sfregamento, perché il pollice si fletta e si porti sotto il palmo della mano. Naturalmente l'uomo della Sindone, era lecito dubitarne?, mostra solo quattro dita della mano sinistra. E questo ripropone il problema della data di nascita del nostro artista, poiché il particolare delle quattro dita è stato ritrovato su immagini anteriori all'epoca che avevamo ipotizzata. 79
Quattro dita mostra il Cristo unto da Nicodemo del manoscritto Pray del 1192, conservato nella Biblioteca Nazionale di Budapest (116). Sotto questa immagine è ritratta la scena dell'incontro delle sante donne con l'angelo. Ai loro piedi giace una stoffa sulla quale compaiono quattro gruppi di bruciature: sono piccoli fori disposti ad elle ed a semicerchio identici a quelli che si trovano sulla Sindone all'altezza delle reni ed a lato dei polpacci. Saranno visibili anche su di un medaglione, ricordo di un pellegrinaggio a Lirey, databile attorno al 1355 e in una tela del Dürer del 1516. Tutte queste immagini sono state realizzate prima dell'incendio del 1532 che provocò altre e ben più rilevanti bruciature. Di quasi due secoli precedente al codice Pray è il crocefisso con quattro dita che si trova nel Santuario di Santa Maria a Mare nell'arcipelago delle Tremiti (1016) (117). Un altro antico documento, di manifattura serba del XII secolo, è la così detta umbella di papa Giovanni VII (705-708) (118). Questo ombrello liturgico faceva parte degli arredi dell'Oratorio di Giovanni VII. Giacomo Grimaldi, notaio apostolico ed archivista del capitolo di S. Pietro l'ha descritto e disegnato prima che venisse demolito, nel 1606; fra gli arredi compare la fastosa umbella intessuta d'oro e d'argento. Al principio di questo secolo il disegno venne ritrovato. Vi appaiono figure simboliche, personaggi biblici e della Chiesa, scene della vita di Cristo ed al centro, in grande, un Cristo morto con le mani incrociate. La mano destra con quattro dita copre la sinistra (119). Ma ritorniamo al polso trafitto. Dal polso partono due colate di sangue che risalgono l'avambraccio formando un angolo di 30° tra loro, come se il crocefisso avesse assunto durante il supplizio alternativamente due diverse posizioni. Si è avanzata l'ipotesi che il condannato si sollevasse per poter respirare e nuovamente si accasciasse su se stesso. E in effetti esperimenti condotti da Hermann Müdder un radiologo tedesco e dai suoi assistenti, che si appesero ad una croce mediante delle bende legate ai polsi, dimostrarono che non era possibile resistere a lungo nella scomoda posizione: la respirazione diventava difficile, l'acido carbonico si accumulava nei polmoni e nel sangue, la circolazione del miocardio si faceva sempre più insufficiente. Alcuni degli sperimentatori svennero dopo pochi minuti. Solo se era consentito loro di appoggiare un poco la punta dei piedi si notava un ritorno verso le condizioni normali. I due rivoli di sangue con la loro biforcazione, apparentemente poco significativi, presuppongono al contrario precise conoscenze sulla crocifissione, un supplizio assai diffuso nel mondo romano ma i cui particolari erano in gran parte dimenticati (120). Certo v'erano molte varianti del supplizio perché soprattutto i legionari utilizzavano ciò che avevano a disposizione. Narra ad esempio Giuseppe Flavio, nella Guerra giudaica, che durante l'assedio di Gerusalemme del '70 dopo Cristo, poiché per spezzare la resistenza nemica si procedeva al ritmo di cinquecento esecuzioni al giorno, mancava lo spazio per le croci e le croci per le vittime. Per di più i legionari si divertivano a far assumere ai nemici catturati le più impensate posizioni. In altre circostanze si faceva uso anche di corde. Tuttavia i due rivoli di sangue dei polsi indicano una modalità di crocifissione che si accorda con le leggi fisiche e con quel poco che sappiamo sull'antico supplizio (121). Nel nostro caso il condannato, disteso a terra con le braccia aperte, era stato inchiodato per i polsi al patibulum, e poi era stato sollevato verticalmente mentre il corpo si accasciava verso il basso, per quel poco che lo consentivano i chiodi. In breve tempo, dopo che anche i piedi erano stati inchiodati, si manifestavano in quella posizione i segni dell'asfissia, ed allora il condannato cercava di sollevarsi sui piedi riportando le braccia in orizzontale per poi di nuovo ricadere su se stesso. Così il sangue colava dal polso in due diverse direzioni. 80
...ed al piede destro Si è molto dibattuto tra gli studiosi della Sindone se Gesù fosse stato crocefisso agli arti inferiori con uno o due chiodi. Sino al XII secolo le immagini, salvo poche eccezioni, mostrano Nostro Signore trafitto ai piedi con due chiodi. Si è fatto rilevare che si tratta di rappresentazioni nelle quali il desiderio di evidenziare tutte le piaghe del Cristo era di certo prevalente (122). Tuttavia, se il problema della crocifissione al carpo degli arti superiori è ormai quasi universalmente accettata, sugli arti inferiori non vi è accordo. Un ritrovamento fortuito avvenuto a Gerusalemme, fuori della Porta di Damasco, ha riacceso il dibattito. Sono tombe scavate nella roccia: nelle 15 urne di pietra che erano conservate in esse si trovarono i resti di trentacinque persone, donne, uomini e bambini vissuti certamente in un periodo tragico poiché diversi di loro recano segni di morte violenta. Gli archeologi israeliani sono certi che siano vissuti negli anni che vanno dalla morte di Erode il Grande alla distruzione del Tempio ('70 d.C.). Una delle urne ha un'importanza tutta particolare perché contiene le ossa di un uomo che è stato crocefisso, il solo esempio di crocifisso che sia stato ritrovato (123). Ha fratturate le tibie ed il perone sinistro, l'avambraccio destro presenta una scalfittura nella zona del radio mentre un chiodo trapassa il tallone destro. Questi segni traumatici ci dicono che i chiodi della mano penetravano nella zona del carpo, che il condannato aveva subito la frattura degli arti inferiori (crurifragium) che bloccando i movimenti ne accelerava la morte ed infine, poiché il chiodo nel calcagno non supera con la punta ricurva i 10 centimetri, si può ipotizzare l'uso di due chiodi, uno per ogni piede, conficcati a destra ed a sinistra dello stipes. Ma non è detto che si procedesse sempre esattamente nello stesso modo.. Comunque stiano le cose il nostro lungimirante artista non si è compromesso troppo e ancora una volta, con quella sottigliezza che ormai abbiamo imparato a conoscere, ha suggerito la sua soluzione senza renderla immediatamente evidente. Sull'immagine anteriore i piedi sono a mala pena visibili mentre in quella posteriore appare nitidamente l'impronta plantare completa del piede destro ed il tallone di quello sinistro come se il telo fosse stato rimboccato. Sulla superficie plantare destra spicca, nella zona del metatarso, un foro quadrato (rilevato anche con radiazioni UV) da cui partono colature di sangue al quale fa riscontro nell'immagine anteriore una chiazza di sangue larga quanto la superficie superiore del piede! Con ineffabile maestria e discrezione il nostro artista ci ha voluto segnalare che, secondo il suo parere, il piede sinistro si trovava sovrapposto e a stretto contatto col destro (124). D'altronde la posizione dei piedi che non sono alla stessa altezza e che ha dato luogo alla leggenda del Cristo zoppo, sembrerebbe a favore di quest'ultima ipotesi. Naturalmente il nostro artista non ha dimenticato che gli arti inferiori della Sindone non devono presentare segni di rottura poiché, secondo quanto narra l'evangelista Giovanni, com'ebbero visto che era già morto non gli spezzarono le gambe. La ferita al costato Ed è ancora l'Evangelista Giovanni che ci parla del soldato che trafigge Gesù morto con la lancia. Una ferita da cui subitone uscì sangue ed acqua. Anche in questo caso nulla è stato trascurato per creare una immagine del tutto verosimile. Sull'emitorace destro a 12 centimetri dallo sterno è riprodotta una ferita da arma da taglio, un occhiello ellittico 81
lungo 45 millimetri e largo 15, netto, senza turgore, dai bordi beanti, come sono le ferite di persona già morta. Dalla ferita scende un'abbondantissima colata di sangue cadaverico già separato nelle sue componenti corpuscolare e sierosa. Non un'impronta continua, come in altri punti del Telo, ma grumi con attorno un alone di siero (individuato anche in questo caso per fluorescenza all'ultravioletto) (125), segno che il cuore non pulsava più. Il sangue scende poi sull'addome e lo ritroviamo sul dorso in forma di una larga fascia suddivisa in numerosi rivoli. La lancia della Sindone, quella che la tradizione attribuisce al centurione Longino, il militare che riconobbe la divinità di Gesù al momento della sua morte, sembrerebbe una lancia in dotazione all'esercito romano ed alle truppe ausiliarie (126),(127) simile agli esemplari provenienti dagli scavi archeologici, ed identica in larghezza a quella ritrovata proprio a Gerusalemme e datata all'epoca della guerra giudaica. Quasi sicuramente il nostro artista non ha potuto osservare la reliquia originale, conservata nei palazzi imperiali di Costantinopoli dall'ottavo secolo sino alla caduta dell'impero romano d'Oriente (1204), ma è certo che aveva acquisito, per vie a noi ancora ignote, eccezionali conoscenze, oltre che nel campo medico, anche in quello archeologico. La moneta sull'occhio destro. Il nostro umanista appare straordinariamente sapiente anche nel campo dell'archeologia ed in particolare della numismatica antica. Non possiamo dubitarne perché lui stesso ce lo dice, naturalmente non in maniera esplicita, ma come è nel suo stile, in modo criptico cioè tale che venga capito solo da chi si sforza di comprendere. In questo caso la soluzione dell'enigma sapientemente proposto è stata tutt'altro che facile. Il nostro lascia una prima traccia. La rilevano nel 1977 i ricercatori statunitensi dell'Accademia aeronautica degli Stati Uniti, John Jackson ed Eric Jumper quando eseguono l'elaborazione elettronica dell'impronta delle fotografie della Sindone scattate da Enrie nel 1931, che permette loro di ottenere un'immagine tridimensionale. Eric Jumper, segnala, tra l'altro, che in un ingrandimento, in rilievo, sugli occhi del volto sindonico si rilevano due ispessimenti delle dimensioni di un bottone, forse qualche tipo di moneta (128). Quasi contemporaneamente un sagace farmacista di Stradella, osservando le elaborazioni eseguite in fase di sviluppo di fotografie in bianco e nero e con diapositive a colori scattate nel 1969 dal dottor Judica Cordiglia, individuava sulle palpebre del volto sindonico due superfici in rilievo l'una di forma circolare e l'altra ellittica. Questa non fu l'unica interessante scoperta del dottor Pietro Ugolotti anche se, purtroppo, provenendo da un farmacista di Stradella, non ebbe tra gli scienziati grande risonanza. Nell'agosto del 1979 padre Filas un gesuita, professore a Chicago presso la Loyola University, mentre osserva alcuni ingrandimenti delle fotografie di Enrie riesce a decifrare sulla palpebra destra nella zona in rilievo quattro lettere poste ad arco. Le lettere sono Y, C, A, I ed allora padre Filas si chiede se non si tratti di una scritta parziale riportata in rilievo su qualche moneta. Con l'aiuto di un'esperto numismatico controlla cataloghi e testi di numismatica ed alla fine scopre l'esistenza di monetine di bronzo di piccolo diametro recanti la scritta greca TIBEPIOY KAICAPOC cioè di Tiberio Cesare. Il simbolo che appare è un lituo una delle insegne del potere dei magistrati e dei sacerdoti presso gli Italici (129). Una moneta simile di circa 17 mm di diametro, un dilepton lituus, è stata coniata dal procuratore Ponzio Pilato (130). Padre Filas attribuisce allora il decalco delle lettere che appare sulla Sindone 82
alla moneta di Pilato anche se uno stesso conio con identica iscrizione e medesimo simbolo è stato emesso in precedenza dal procuratore Valerio Grato(15-26 d.C.) (131). Vi immaginereste un plauso entusiastico dinnanzi a tanta scoperta. Al contrario; quando il povero Padre rese pubblica la notizia, malgrado non fosse di Stradella, incontrò un diffuso scetticismo, quando non una vera e propria ostilità. Ancora recentemente è ricomparsa sulla stampa (132) la tesi del prof.Pesce secondo la quale i caratteri maiuscoli che il prof. Filas aveva creduto di scorgere altro non sono che i bastoncini argentei, rettilinei e curvi, della grana fotografica visibili al microscopio. E' noto però che questa emulsione è visibile sul negativo ma non sulla stampa ove si ottiene semplicemente l'immagine ripresa dall'obbiettivo fotografico. Per la verità numerosi argomenti si opponevano ad una piena accettazione di quanto affermava padre Filas. Anzitutto KAICAPOC inizia con la K e non con la C. Un errore di maestranze non molto esperte della lingua greca? Solo due anni dopo, quando padre Filas riuscì a trovare una moneta da collezione che mostrava una C al posto della K, questa obiezione venne archiviata. Ma era un uso ebraico mettere monete sugli occhi dei defunti? Anche qui si innescava una querelle infinita. In ogni caso sono stati rinvenuti due piccoli coni, del periodo prossimo a quello in cui visse Gesù, nella parte posteriore interna di due dei crani ritrovati nel Cimitero comunitario israeliano di Gerico (133) e, ultimamente, una moneta di Erode Agrippa I nella camera funeraria della famiglia del sommo sacerdote Caifa. Questi reperti confermano l'uso di collocare monete sugli occhi dei defunti. Né vale l'obiezione che forse le monete venivano poste in bocca come l'obolo, moneta di minimo valore di cui parla Luciano di Samostata, che si riteneva che Caronte richiedesse al passaggio dello Stige. E' dimostrabile che monete di piccolo taglio possono venir ritrovate sul fondo della scatola cranica solo nel caso che, cadendo nella cavità orbitale, ne imbocchino la fessura superiore. Ancora obiezioni. Se l'immagine è un decalco, cioè un oggetto che si vede al rovescio, allora quella di Filas dovrebbe avere il pastorale ruotato secondo l'asse di 180° , cioè la moneta dovrebbe presentare un pastorale molto simile ad un vero punto interrogativo anche se testi e cataloghi delle raccolte numismatiche presentano sempre il pastorale nella forma già nota. E' Mario Moroni che formula l'obiezione (134). Il prof. Filas gli invia nel gennaio dell'85, un mese prima della sua prematura morte, un interessante articolo di Brame, un appassionato collezionista californiano di monete ebraiche emesse dai Procuratori romani (135). Questi cede a Moroni alcuni esemplari della rara moneta di Ponzio Pilato col desiderato punto di domanda. Sul verso è chiaramente leggibile ..Is , il XVI di Tiberio (2930 d.C.) (136). Ma anche la scritta dovrebbe essere capovolta; un particolare del quale nessuno si era accorto: se il pastorale risultava invertito anche la dicitura letta sul negativo avrebbe dovuto essere tale. Infatti i litui riverse noti portano invertita anche la leggenda. L’obiezione apparve in evidenza solo durante una nuova elaborazione elettronica eseguita dal professor Balossino nell’aprile del 1996. Questa elaborazione permise anche di rilevare che alcune lettere della dicitura non erano disposte circolarmente intorno al pastorale: la C ed un estremo della A risultano chiaramente collocate sopra la parte ricurva del lituo "riverse" sottostante che presenta interruzione nelle zone di sovrapposizione (137). Se ne può dedurre che la moneta è stata ribattuta imprimendo in un primo momento il pastorale rovesciato poi le lettere Y CAI. Sono emersi anche due brevi tratti paralleli posti a lato dell’asta verticale del lituo, con ogni probabilità i segni della pinzatura del tondello durante la coniazione. 83
C'è chi afferma che monete piccole e leggere (1,8 gr circa) non possono trattenere le palpebre abbassate. Tuttavia i patologi legali, che meglio conoscono la sensibilità muscolare nel rigor mortis, hanno accertato che un piccolo peso è in grado di impedire il sollevamento delle palpebre (138). Né scivola dall'occhio di una persona col capo appoggiato sul petto proprio perché piccola e leggera. E' interessante osservare come le tracce lasciate dal nostro artista abbiano stimolato ogni tipo di analisi. Ad esempio per rispondere all'obiezione che l'impronta avrebbe dovuto lasciare impresse tutte le lettere riportate sul conio e in perfetta posizione circolare (139) si sono dovute precisare le modalità della produzione in serie delle monete povere ai tempi di Pilato, monete che, come attestano gli esemplari a noi noti, non erano mai perfettamente circolari e presentavano smussature o tosature e talvolta delle appendici, a causa del tipo di fusione. In una madreforma di pietra refrattaria (forma e controforma) recante in incavo l'impronta delle monete, comunicanti tra loro mediante un canaletto di alimentazione nel quale scorre il metallo fuso, a gettata solidificata il fonditore estrae dalla madreforma con una pinza, poiché il bronzo è ancora caldo, la collana di monete. Quest'ultima viene appoggiata all'estremità dell'incudine e l'operatore, con un doppio colpo di scalpello, fa saltare il ponticello della prima moneta che è legata alla successiva; quindi afferra la seconda moneta ancora con la pinza e la stacca dal ponticello che l'univa alla terza e così via fino alla liberazione di tutte le monete (140). Mario Moroni ha individuato su una delle monete di Pilato in suo possesso, oltre alla data ..Is, anche i segni lasciati dalla pinza nell'afferraggio della moneta, due segmenti talvolta assai profondi che possono presentarsi su un punto qualsiasi del conio. Anche la Sindone riporta questi tratti sotto l'asta verticale del lituo. La scoperta non scientifica di padre Filas riceve in seguito numerose conferme dal prof. Tamburelli del Dipartimento di Informatica dell'Università di Torino (141), dal dott. Robert Haralik (142), direttore del Laboratorio di analisi dei dati spaziali del Politecnico della Virginia che non solo identifica il lituo e le quattro lettere di Filas ma ne aggiunge altre due: una O ed una C (O YCAI C). ......e sul sopracciglio sinistro La scoperta di una monetina sulla palpebra destra trova un importante riscontro con il recente ritrovamento di una seconda moneta sull'arcata sopraccigliare dell'occhio sinistro. Ne hanno dato notizia il prof. Baima Bollone noto sindonologo e il prof. Nello Balossino, allievo del prof. Tamburelli e docente di Elaborazione elettronica al Politecnico di Torino (143). Si tratta anche in questo caso del decalco di una moneta di Ponzio Pilato che reca al centro il simpulum, un piccolo mestolo con impugnatura (144). Attorno al bordo scorre la scritta TIBEPIOY KAICAPOC e la data LIs (29 d.C.). Il conio è di 16 millimetri di diametro e di peso inferiore ai 2 gr. Esperienze di decalco su tele umide delle parti in rilievo di una di tali monete, imbrattata di sangue essiccato, hanno dato esito positivo: il simbolo riprodotto risulta come quello sulla Sindone ben visibile senza lenti di ingrandimento, quindi senza il rischio di vedere ciò che non c'è.
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Forse il nostro artista nel riprodurre le monetine sugli occhi si è ricordato dei due spiccioli, l'obolo della vedova, di cui aveva parlato Gesù. Una seconda considerazione I segni della crocifissione ed anche le monete ritrovate sulle palpebre non fanno che ribadire la grande sapienza di un artista dallo spirito un poco beffardo e la sua cultura enciclopedica. Le deboli tracce che lascia sono così ricche di informazione che spesso la scienza del XX secolo si smarrisce. Non solo i paladini della Sindone spesso non sanno come abbia realizzato dettagli stupefacenti ma coloro che sono convinti che sia l'opera di un artista sconosciuto inventano talora soluzioni puerili o inesatte dal punto di vista storico, medico, archeologico e via dicendo, che non reggono a più approfondite indagini. Certo questa immagine, unica in tutta l'arte del Medioevo, testimonianza certa di uno spregiudicato anticonformismo, se lascia stupefatti con il suo realismo e la sua impressionante precisione noi uomini dell'era spaziale doveva apparire quasi blasfema ai suoi contemporanei! Ancora una volta nessuno stile, nessuna espressione personale, nessun volo della fantasia, ma un'immagine che sembra uscita da un obiettivo fotografico. Modestissimo o forse sdegnoso dell'ignoranza che lo circondava trasmise ai posteri un'opera che i contemporanei individuavano a malapena e poi, forse disgustato dell'incomprensione generale, distrusse ogni traccia di sé e dei suoi capolavori (la Sindone non sarà certo stata un unicum) e persino gli strumenti e le attrezzature che gli erano servite per crearli (145). Una sorte infelice. In un'epoca prossima alla sua il nome di Leonardo era sulla bocca di tutti mentre Lui, certamente più abile e sapiente di Leonardo, appare un attimo come falsario in un controverso documento e poi scompare nell'oblio più completo. Uno spiraglio di luce Le analisi col C14 Dagli anni cinquanta esiste fortunatamente una sofisticata tecnica di datazione dei reperti archeologici. E' stata proposta nel 1952 da un chimico dell'Università di Chicago che, dopo aver scoperto che nella materia vivente un isotopo del carbonio(146), il C14, decade nel tempo, ha ideato un metodo (147) per misurare l'età dei reperti di natura organica. Con questo isotopo si quantifica il tempo trascorso da quando una sostanza organica vivente ha cessato di vivere, cioè ha cessato di assorbire carbonio dall'atmosfera. Del carbonio assimilato dagli animali e dai vegetali gran parte si conserva inalterata nel tempo (C12 e C13); al contrario la concentrazione del C14, che si trasforma di continuo in azoto 14, diminuisce quando viene a cessare l'equilibrio con l'ambiente esterno che la manteneva costante. La trasformazione è relativamente lenta, perché ci vogliono circa 5700 anni perché la concentrazione si riduca alla metà. Pertanto il contenuto di C14 diminuisce (in maniera esponenziale) col passare del tempo ed il suo valore attuale è un indice del tempo trascorso dalla cessazione degli scambi con l'ambiente esterno. Le prime apparecchiature di conteggio non erano altro che dei particolari contatori Gaiger (148). Si basavano sul fatto che il C14 decadendo emette particelle β e pertanto 85
misuravano la quantità di radioattività residua rispetto a quella iniziale di un analogo campione. Il campione in questo caso rimane a disposizione per ulteriori analisi. In seguito, dopo il 1979, vennero realizzati degli spettrometri di massa ad accelerazione che separavano gli atomi di C14 dagli altri isotopi e li contavano direttamente. Gli AMS (Accelerator Mass Spectrometer), spettrometri di massa ad accelerazione, sono macchine molto costose e complesse ma presentano il vantaggio di eseguire l'analisi in poche ore mentre in precedenza occorrevano alcuni mesi e con una quantità di materiale minimo necessario di alcune decine di milligrammi, inferiore quindi anche a quella dei contatori proporzionali dell'ultima generazione. L'analisi in questo caso comporta però la distruzione del campione. 18 aprile 11.53 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione indagine 3
Dopo una serie di manovre e contro manovre, ritiri e colpi di scena, tre laboratori dotati di apparecchiature AMS ottenevano nel 1987 dalla Segreteria Vaticana l'autorizzazione al prelievo di tre piccoli spezzoni di tessuto sindonico per procedere alla radiodatazione del Telo (149). Erano i laboratori dell'Università dell'Arizona di Tucson, del Politecnico Federale di Zurigo e di quello per le ricerche sull'Archeologia e la Storia dell'Arte di Oxford, coordinati dal dottor Tite del Brithish Museum. Le condizioni in cui si svolse la prova erano, dal punto di vista psicologico, pressoché perfette. Gli operatori e lo stesso coordinatore erano quasi digiuni di conoscenze riguardo al reperto che dovevano analizzare (150) e, per di più, la maggior parte di essi era già convinta che si trattava di un falso medioevale (151). In questo modo le eventuali suggestioni di carattere fideistico non influenzarono il loro lavoro e si puntò con decisione al risultato. Vennero eliminate le analisi preliminari delle fibre e del loro eventuale inquinamento risparmiando così diversi mesi di tempo; si ridusse, per snellire la struttura operativa, il numero dei garanti richiesti da quattro a due: il Brithish Museum rappresentato dal dott. Tite e la Santa Sede dal Custode della Sindone, nella persona del cardinale di Torino Anastasio Ballestrero, più noto per le indubbie virtù pastorali che per meriti scientifici. Avendo eliminato i Laboratori che adottavano il conteggio proporzionale, fu possibile asportare dalla Sindone 478 mg di tessuto, circa 150 per le analisi e una scorta per ogni evenienza. Era stato chiesto da più parti che con i campioni sindonici venisse fornito ad ogni laboratorio un paio di campioni di cui fosse certa in precedenza la datazione: secondo un metodo di analisi alla cieca le date non dovevano venir comunicate ai Laboratori se non ad analisi ultimate. Se i valori trovati risultavano coincidenti con quelli noti anche la datazione del campione sindonico era da ritenersi affidabile. Molto più semplicemente il dott. Tite comunicò in precedenza le date dei campioni di riferimento, considerando giustamente che si poteva contare sulla correttezza dei ricercatori. I risultati furono infatti quelli che ci si aspettava anche se la dispersione dei valori ottenuti dai tre Laboratori risultò un poco eccessiva e, volendo andar per il sottile, i risultati avrebbero dovuto venir riconsiderati, poiché non erano omogenei tra loro(152). Questa malevola interpretazione apriva la strada ad una obiezione ancora più insidiosa. I risultati ottenuti dai tre laboratori presuppongono che i singoli valori provenienti dalle analisi si dispongano secondo 86
una distribuzione normale (a forma di campana svasata centrata nel punto di media) ma questo tipo di distribuzione si può utilizzare solo se i campioni sono tra loro omogenei (153). Tuttavia l'intervallo stabilito dai Laboratori, 1260-1390 d.C., fu accolto ovunque con simpatia. Il prof Hall direttore del Laboratorio di Oxford ricevette nel 1989 da quarantacinque uomini d'affari un milione di sterline per l'attività svolta ed in particolare per aver stabilito l'anno precedente che il Sudario di Torino era un falso medioevale. Il denaro fu utilizzato per istituire una cattedra in Scienze archeologiche. Secondo il Thelegraph del 25 marzo 1989, La nuova cattedra sarà occupata dal dottor Michael Tite, direttore del Laboratorio di ricerche del Brithish Museum che, del pari, ha giocato un ruolo preponderante per smascherare la frode del Sudario di Torino. Questa datazione è certamente un risultato importante nella ricerca del nostro artista. Tuttavia occorre osservare che, spinti dal loro entusiasmo scientifico, i carbonisti hanno presentato i risultati come la prova di un falso ed un loro amico, il benemerito reverendo Sox (154), pubblicherà addirittura un libro, che apparirà nelle librerie contemporaneamente all'annuncio dei risultati degli esami, dal titolo impegnativo: La Sindone smascherata: scoperta del più grande falso di tutti i tempi. Lo stesso dottor Tite ha riconosciuto in seguito che non credeva che si dovesse pensare necessariamente ad un falso, cosa per altro difficile da stabilire per mezzo di un'analisi che interessava il solo telo di supporto. Ma come si sa gli errori di interpretazione sono duri a morire e a due anni dalla datazione col C14 il Brithish Museum inaugura una grande mostra che rimarrà aperta ininterrottamente per sei mesi dal titolo: Falso? L'arte dell'inganno ove nella sezioneIndividuazione scientifica dei falsi e delle contraffazioni, spicca una enorme diapositiva, in grandezza naturale, del negativo della Sindone. Bisogna comunque riconoscere ai carbonisti il merito di una data di partenza certa. Giustamente il dottor Tite ha affermato:io credo che il carbonio sia l'unica certezza (155). E in verità nessuno ha osato discutere il metodo di datazione col C14; tuttavia coloro che ancora credono che la Sindone sia un'autentica reliquia e non accettano il definitivo verdetto della Scienza non tardarono a avanzare una quantità di cavilli che indicheremo qui brevemente per ragioni di obiettività. La risposta degli oscurantisti Anzitutto si fece presente che non vi è la certezza che tutto l'inquinamento di cui è impregnata la Sindone sia stato rimosso dai campioncini analizzati. La zona dove è avvenuto il loro prelievo, prossima al cosiddetto angolo di Raes ove nel 1973 era stato asportato un piccolo spezzone di stoffa, è uno dei punti più esposti alla contaminazione. Si trova infatti in uno dei due angoli dai quali la Sindone veniva tenuta spiegata durante le ostensioni. Inoltre è a pochi centimetri di distanza da uno dei punti carbonizzati dalle gocce di metallo fuso cadute durante l'incendio del 1532 e proviene proprio da uno dei bordi macchiati dall'acqua usata per spegnere l'incendio, dove si sono accumulati prodotti di pirolisi e si è depositata tutta la sporcizia di secoli (156). Le fotografie scattate nel 1978 mostrano, proprio nella zona di prelievo, un probabile imbrattamento nerastro di natura imprecisata (157). I tre laboratori AMS che hanno eseguito le analisi non hanno rilevato, nel trattamento preliminare di pulizia con agenti chimici diversi, un significativo 87
inquinamento dei campioni (158). Questo sorprendente risultato è stato interpretato da alcuni, particolarmente prevenuti, come la prova che i campioni sono stati sostituiti prima di venir consegnati ai Laboratori e da altri, più semplicemente, come indice dell’impossibilità di rimuovere il materiale inquinante. Non si può inoltre escludere che i campioni prelevati contengano rammendi e fili estranei, spesso invisibili a prima vista. Il laboratorio di Tucson, per esempio, ha trovato nello spezzoncino sindonico che gli era stato consegnato un filo di seta rossa e fibrille blu, evidentemente sfuggite a chi eseguiva il prelievo (159). Tuttavia per una strana contraddizione, quasi un’inversione di ruoli, sono proprio i patiti della Sindone i più convinti che le analisi, anche se eseguite correttamente, non avrebbero potuto fornire come data storica gli anni in cui morì nostro Signore. Indipendentemente dai risultati del 1988, che ritengono privi di attendibilità per le forzature operative che sono certi di aver individuato, essi non si attendono che le analisi radiocarboniche determinino come data storica il primo secolo ma una più vicina ai nostri giorni. La cosa non dovrebbe destare meraviglia. All'epoca delle nostre nonne, quando ancora le lenzuola erano di lino e si conservavano gelosamente al fresco negli armadi come un patrimonio di famiglia, tutti sapevano che col tempo il lino, soprattutto se esposto alla luce, ingiallisce. La cosa per chi si interessi di chimica organica è semplice: il lino, formato per circa il 70 % di cellulosa pura, è composto da lunghe catene lineari di molecole tutte eguali, che nel tempo aggregano dei gruppi chimici detti cromofori, che sono all'origine del suo ingiallimento. Questo fatto che, come dicevamo, era già noto alle nostre nonne non è privo di conseguenze poiché pone in dubbio nel caso dei tessuti di origine vegetale il postulato cardine di ogni radiodatazione: dopo la morte la sostanza organica analizzata cessa completamente qualsiasi scambio e permette al C14 di decadere senza ulteriori apporti dall'esterno (in fisica si dice che è un sistema chiuso). Questi gruppi cromofori, che entrano a far parte delle molecole che compongono le catene (e che contengono carbonio fresco che si aggiunge a quello già presente nel tessuto) affermano al contrario che il sistema è aperto. Il processo di aggregazione si accelera in presenza di luce e di calore e anche questo, per quanto empiricamente, si sapeva già. Tra l'altro Vernon Miller, un esperto di fluorescenza UV e riflessometria del Brooks Institute, mediante fotografie a trasmissione ha potuto porre a confronto irappezzi, cioè i pezzi di stoffa applicati dalle Clarisse là dove l'incendio del 1523 aveva distrutto il Telo, e la Sindone stessa. Quest'ultima presentava un ingiallimento maggiore dei rappezzi. (160) Sfortunatamente delle vicissitudini del Telo si sa molto poco. L’unico avvenimento che ha interessato la Sindone conosciuto con certezza è l’incendio divampato nel 1532 nella cappella del castello di Chambery. Già dal 1993, sono state condotte numerose campagne sperimentali di simulazione di tale incendio (161). Occorre rilevare che l’unico parametro noto con relativa precisione è la temperatura massima raggiunta dal telo, che venne anche rilevata con uno spettrofotometro sulla base della colorazione della Sindone. Tuttavia, più recentemente, variando i parametri della simulazione è stato possibile riscontrare, dopo l’analisi AMS, aumenti nel contenuto in C14 pari ad un ringiovanimento di 160 e di 300 anni (162). Si è constatato che la presenza contemporanea di tre elementi è indispensabile nelle prove per ottenere un aumento del tenore di C14: la temperatura, il vapore acqueo e gli ioni argento. 88
Va inoltre segnalato che sulla base di una ipotesi di formazione dell’immagine sindonica formulata da un professore della Facoltà di Medicina di Monpellier (Francia) (163) è stata avviata una campagna sperimentale in seguito alla quale sono state analizzati campioni antichi di lino, alcuni sottoposti ad irraggiamento neutronico, altri ad un successivo trattamento di simulazione termica dopo l’irraggiamento. Le analisi con spettrometro di massa ad accelerazione hanno determinato ringiovanimenti radiocarbonici pari a 360 anni per i campioni irraggiati e ulteriori 760 e 1030 anni per quelli sottoposti anche alla successiva simulazione termica (164). Un altro possibile meccanismo di aumento e diminuzione locale del tenore di C 14 è la diffusione a caldo degli isotopi del carbonio. Un modalità che è stata esclusa dagli analisti AMS che, tuttavia, dovevano nutrire qualche dubbio sul punto se hanno raccomandato di non effettuare il prelievo dei campioni della Sindone in prossimità delle zone carbonizzate malgrado il fatto che il carbone sia considerato un materiale ottimo ai fini della radiodatazione. Si può anche osservare che il contenuto di carbonio dei tre spezzoni della Sindone analizzati nel 1988 variano gradualmente in funzione della distanza di questi dal bordo della tela. Sono stati proposti dei modelli teorici ed eseguite analisi statistiche a supporto di questa ipotesi di variazione della concentrazione isotopica (165). Casualmente su di un tessuto sintetico sfuggito alla distruzione di un supermercato perché protetto dal fuoco e dall’acqua da un involucro in plastica e da una scatola di cartone si sono individuate delle tracce nerastre nella zona delle pieghe. Si tratta di strisce di carbone indelebili, che resistono agli attacchi acidi e basici nelle quali l’arricchimento in C 13 e C14 varia dal 2-3 % sino al 20% con punte del 50% (166). Ma i meccanismi che possono alterare il risultato dell’analisi radiocarbonica di un tessuto di lino non si esauriscono qui. Anzitutto il calcolo del tempo intercorso tra la morte della piante a l’analisi radiocarbonica è possibile perché si da per scontato che, sino alla morte della pianta, questa sia in equilibrio con l’ambiente esterno, cioè ci sia nella pianta una concentrazione di C14 pari a quella che si riscontra nell’atmosfera circostante. Tuttavia la pianta è formata da radici, fusto (che a sua volta è composto da numerosi elementi), foglie e frutti. E quanto mai improbabile che in tutte queste parti della pianta il tenore di C14 si mantenga identico a quello dell’ambiente esterno. Il frazionamento isotopico, questo il nome della distribuzione di un isotopo nelle varie zone di un organismo vivente, può variare da componente a componente della pianta, ciascuno dei quali ha una diversa funzione e un differente contenuto in lipidi, albumina e carboidrati e tale distribuzione biologica non si mantiene costante ma può variare per una molteplicità di fattori esterni (167). Spesso ci si riferisce per controllo ad un coefficiente di frazionamento ma è dimostrato che le variazioni possono avvenire anche se questo rimane costante (168). Quanto alle curve dendrocronologiche è noto che esse forniscono il valore del tenore di C 14 presente anno per anno negli anelli annuali delle piante. Ma non è tuttora dimostrato che le circa 230 specie di lino, piante erbacee che possono essere annuali, biennali o perenni e che crescono sotto tutti i climi e a tutte le altezze, in habitat i più diversi, contengano ogni anno nelle loro fibre lo stesso tenore in C 14 dei tronchi di pinus aristata, conifere che crescono ad oltre 3000 metri nelle Withe Muntains della California. Questi hanno fornito, mediante una ricerca estremamente impegnativa, la base di tutte le attuali curve 89
dendrocronologiche. Tuttavia se solo si confrontano le più recenti curve di Klein et al. con quelle di Stuiver e Pearson, che ai dati dell’aristata aggiungono quelli di piante ad alto fusto cresciute in Irlanda, si notano differenze tutt’altro che trascurabili (169). Vi sono inoltre transitori di breve periodo della concentrazione del C 14 nell’atmosfera che gli anelli delle piante non riescono a segnalare correttamente. Ad esempio l’esplosione di supernuove determina un notevole aumento delle radiazioni provenienti dallo spazio con un picco di attività della durata di 30-50 giorni. Questa potrà influire notevolmente sulla concentrazione di C14 del lino se tali esplosioni coincideranno con il periodo di crescita dalla pianta, ma verrà registrato in modo assai più diluito in un anello di crescita annuale. La dottoressa Jeannette Cardamone, una specialista nella chimica dei tessili del Politecnico della Virginia, elencava tra i fattori che favoriscono il degrado calore, la luce ed l’umidità e osservava che quest'ultima può causare lo sviluppo di microorganismi come funghi o batteri provenienti dal suolo, dall'acqua o dall'atmosfera (170). Già nel 1977 osservando con un microscopio elettronico a scansione (SEM) un filo della Sindone prelevato dalla Principessa Clotilde di Savoia in occasione di rammendi del 1868 si era rilevata una superficie inquinata dall'apporto di abbondante materiale estraneoappartenente al gruppo delle spore e delle ife fungine (171). Erano queste le avvisaglie di un'ulteriore eccezione che viene di recente sollevata nei riguardi dei risultati della radiodatazione. Un microbiologo di origine messicana, Leoncio Garza- Valdes, studiando antichi manufatti delle culture pre-colombiane si accorse che talvolta questi erano ricoperti da depositi naturali prodotti dall'interazione tra alcuni tipi di funghi e di batteri. Depositi che crescono nel tempo anche se occorrono centinaia d'anni di questa simbiosi per creare uno strato continuo su di una superficie. Non solo, ma questa simbiosi trova un habitat propizio in ambienti salini come quello creato dal carbonato di sodio usato per sbiancare i tessuti antichi. Perché non era possibile che anche sulla Sindone si fosse formata nei secoli una guaina bioplastica? Una prima osservazione con un semplice microscopio portatile su un frammento di lino che si riteneva provenisse dalla Sindone (172) mostrava che erano presenti dei batteri, taluni dei quali vivi, e pertanto valeva la pena di approfondire la ricerca. Nel Laboratorio di genetica dell'università del Texas a San Antonio si sviluppava uno studio ad ampio respiro che confermava l'intuizione iniziale (173). V'è dunque una concreta possibilità che il C14 misurato provenga, in parte forse notevole, dalla guaina bioplastica formatasi intorno alle fibre ove lo scambio con l'ambiente esterno potrebbe essere tuttora in atto. Anche i carbonisti si sono preoccupati della cosa. Il prof. Harry Gove dell'Università di Rochester, uno dei pionieri della radiodatazione con le apparecchiature AMS, e che è stato uno degli artefici del bliz compiuto dai carbonisti nel 1987 sulla Sindone di Torino, ha offerto la propria collaborazione al dott. Garza-Valdes per mettere a punto un metodo di datazione radiocarbonica della effettiva cellulosa del tessuto di lino sindonico senza tener conto del rivestimento bioplastico (174). Anche la controversa datazione di una mummia egizia ha dato luogo qualche anno fa ad una verifica mediante la radiodatazione eseguita sulle bende che avvolgevano un ibis proveniente dall’antico Egitto. L’analisi ha messo in evidenza la possibilità che strati bioplastici alterino il risultato che si ottiene con le apparecchiature AMS. Le ricerche, a cui prese parte anche il dottor Gove, rilevarono che tra le bende e l’ibis avvolto in esse si osservava una differenza in C14 pari ad un intervallo temporale compreso tre i 370 ed i 730 anni. Nella relazione finale si dice che le misure includono la 90
possibilità che il rivestimento bioplastico osservato sulle fibre della fasciatura dell’ibis producano un’età radiocarbonica di diverse centinaia di anni più giovane della sua vera età (175). Queste erano le obiezioni degli oscurantisti che riportavamo nella prima edizione del presente volume. Oggi dopo oltre 10 anni di approfondimenti sembra si siano fatte più incisive. Si è anzitutto constatato che una data lontana dalla presunta morte di Gesù potrà anche dimostrare che la Sindone è un falso medioevale ma anche, al contrario, che i tessuti organici interagiscono nel tempo con l’ambiente esterno e che, se così è, l’unico valore ottenuto dalle analisi da rigettare sarebbe quello storico della morte del Signore. In secondo luogo sarebbe opportuno incominciare a considerare il fatto decisivo che il lino non è cellulosa pura. Spesso i detrattori della Sindone estraggono cellulosa pura e poi scoprono che anche se sottoposta a simulazione termica tace, come la mosca del celebre esperimento che, dopo asportazione delle alucce, si constatò che non volava. Anzitutto quella che viene lavorata non è la fibra elementare composta dal 98 % di cellulosa pura ma la cosiddetta fibra tecnica ove la fibra cellulosica è accompagnata da sostanze complementari che crescono con essa e non vengono rimosse: pectina, lignina, sostanze incrostanti, ecc. Le fibre tecniche a loro volta sono legate in fasci paralleli nelle quali le fibre elementari sono tenute insieme da legami a idrogeno tra i numerosi gruppi -OH adiacenti. Questi fasci sono intrecciati insieme formando delle strutture simili a quelle di una fune, raggruppate per formare i fili di lino. Le singole catene si dispongono nello spazio in modo da favorire al massimo la formazione di numerosissimi ponti idrogeno che le tengono legate le une alle altre. Benché il singolo legame idrogeno sia debole il grandissimo numero di tali legami equivale complessivamente ad un legame abbastanza forte. Tanto è maggiore il numero di ponti idrogeno tanto più il fascio di molecole sarà fitto e regolare. Si parlerà allora di una zona cristallina. Se, al contrario, i fasci saranno meno regolari e compatti queste altre zone, le più aggredibili dagli agenti esterni, saranno dette semicristalline o amorfe (176) In recenti campagne sperimentali (177)si è dimostrato con la diffrazione ai raggi X che i trattamenti termici diminuiscono il grado dicristallinità della cellulosa, e che le zone amorfe crescono all’aumentare della temperatura di prova; tale è pure l’effetto dei normali trattamenti di pulizia dopo riscaldamento. Si è inoltre dimostrato con la miscoscopia infrarossa che la zona amorfa è più ricca di gruppi carbossilici e carbonilici che non quella cristallina e che il loro tenore non è in diretta relazione con l’età storica dei lini, cioè il degrado o, se si vuole, l’attacco operato dall’ambiente esterno, dipende dalla storia di ogni singolo tessuto. . Naturalmente tutte queste obiezioni, che non scalfiscono minimamente l'ammirazione per il nostro artista e la certezza morale nella sua esistenza, ripropongono ancora una volta il problema dal quale eravamo partiti, l'unico sul quale sembrava ci fosse un minimo di certezza, quello della data di nascita. Perché, se come dice il prof Georges Salet nella sua critica a Kouznetsov, i gruppi chimici contenenti carbonio fresco possono aggregarsi alla cellulosa del lino ma, nella migliore delle ipotesi, si avrebbe un ringiovanimento di 537 anni (178), ci possiamo consolare che, da solo, il meccanismo proposto dal russo non ci 91
riporta all'epoca di Gesù, ma quanto alla nascita del Nostro possiamo scegliere dall'epoca dei Carolingi a quella dei Valois (ma sarà poi stato suddito dei re di Francia?). Senza parlare dei rivestimenti bioplastici. Almeno avesse lasciato, come fanno tutti, una firma ed una data! E in verità ha scritto qualcosa sulla Sindone ma è...l'ennesimo enigma! Ancora una volta l'attentissimo dottor Ugolotti ha scoperto alcune lettere sul sopracciglio sinistro ed altre ne ha intraviste intorno al volto ed in corrispondenza delle ginocchia. Ma non capiva di che scrittura si trattasse ed allora ha rintracciato un amico che faceva proprio al caso suo, un filologo e paleografo illustre: don Aldo Marastoni. Senza entrare, (non vorremmo tediare l'esausto lettore) nel problema della decifrazione delle parole, sapete che cosa ha fatto il nostro artista? Ha utilizzato per le scritte antichi caratteri greci, latini e pregotici e l'ebraico quadrato con cui si scriveva l'ebraico e l'aramaico ai tempi di nostro Signore e che è stato ritrovato in numerosi documenti tra i quali anche i famosirotoli di Qumran (179). Per di più, per imprimere in modo indelebile tali caratteri sulla stoffa, ha utilizzato una tecnica che non siamo ancora in grado di indicare con certezza. Inutile dire che anche il professor Marastoni, di fronte a tanta abilità e sapienza filologica, ha finito per cadere nella trappola e convincersi dell'autenticità del Telo (180). Considerazioni finali ma non ...conclusive Siamo giunti al termine della nostra ricerca e possiamo dire che conosciamo ormai perfettamente le doti intellettuali ed il profilo psicologico-morale del nostro artista. Un dotto dalla cultura enciclopedica ed al tempo stesso un grandissimo tecnologo. Schivo di fama ed onori, modesto e beffardo al tempo stesso, ha preferito consegnare ai posteri un capolavoro ricco di elementi nascosti che avrebbero dovuto scoprire, uno dopo l'altro, come in un gioco di scatole cinesi. I segni enigmatici che si ritrovano sulla Sindone sono la testimonianza del suo isolamento così come del suo assoluto anticonformismo. Sono questi che hanno scatenato per ogni particolare dalla Sindone una ridda di supposizioni, dalle più ragionevoli a quelle sicuramente cervellotiche, che ancora non si è placata. Anche se non possiamo ancora pronunciare il suo nome nè conoscere in quale secolo abbia operato, dobbiamo in ogni caso essergli riconoscenti per averci trasmesso un'impareggiabile immagine di nostro Signore. La Sindone ce lo descrive come l'Uomo dei dolori: la flagellazione, la corona di spine, le cadute, la crocifissione, i segni di una morte rapida, la ferita al costato da cui uscirono sangue ed acqua, il cadavere non lavato; tutto quanto narrano i Vangeli lo ritroviamo in immagine con altre preziose informazioni del tutto verosimili. Ma non solo: se rimuoviamo dall'immagine i grumi di sangue e i segni della passione che deturpano il volto riscopriamo secondo il Salmo 45 il più bello dei figli dell'uomo. Ci ha trasmesso secondo le parole di Daniel Rops un Volto di ineffabile e pacata bellezza e di una maestà veramente sovrana. E questa tra tutte è l'invenzione massima del nostro artista, poiché nessun apprendista stregone di basso rango avrebbe saputo ideare un'immagine di tale compiuta bellezza. Indice dei nomi (in questa sezione le indicazioni fanno riferimento all'edizione cartacea)
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Accetta J.S. ref.78 Adgè M. ref.90 Adler A.D. ref. 12,13,15,27 Arcis P.d' pag.5,6,11 Ashe G. ref.21 Ballestrero A.(cardinale) pag.46 Baffo D. ref.18 Baima Bollone P.L. ref. 6,15,63,81,89,94,97,111,120,138,143,150,157,171 Balossino N. ref. 61,143 Barbera P. ref. 95 Barbesino F. ref. 137,149,160,162 Barbet P. ref.106,115 Basilio I macedone pag.4 Baumgart J.S. ref.78 Bedeschi E. ref.39 Bertolani Marchetti D. ref.45 Bettinelli M. ref.160,162 Bonnet Eymard B. ref. 105,159 Borga Coero P. ref. 171 Bouchage L. ref. 84 Bougarde pag.19 Brame A.H. Jr ref. 135 Bresee R.R. ref.36 Brillante C. ref. 20 Caifa pag.41 Calvino G. pag.26 Cameron J. pag.24 Cardamone J.M. ref.170 Carella A. ref.117 Carreùo Etxeandia J.L. ref. 21,47 Curtoni E. ref. 160 Caselli G. ref. 21 Cavedoni ref.131 Charny G.I (di) pag.5, ref. 4 Charny G II (di) pag.5 Chevalier U.P. pag.6 Chiavarello G. ref. 52,53 Cisalpino A. pag.15 Clemente VII papa pag.5 Colson R. pag.21 Coppini L. ref. 127 Corti M.C. pag.8 Costantino VII pag.4 Craig E.A. ref. 36 Cruquison J. ref.118 Courage AL. ref. 178 Dale W.S.A. ref. 157 Danin A. ref. 102 93
David A.R. ref.175 Delage Y. ref. 69,105,106 Della Beffa F. pag.20 De Salvo J.A. ref. 54,60 Devan D. ref. 128 Di Monaco G. ref.117 DĂźrer A. pag.36 Elena (santa) pag.35 Enrie G. ref.52 Erode Agrippa I ref.133 Erode Archelao ref.133 Erode il Grande pag.37 Evans M.S. ref. 96 Fasola V.M. ref. 92 Filas F.L. pag.40 Filippo IV di Valois pag.5 Filone d'Alessandria ref. 130 Fossati L. ref. 5,11,95,99 Frei Sulzer M. ref. 97,98 Fumagalli G. ref. 29 Galeno ref. 30 Garrevod L.(cardinale) pag.26 Garza-Valdes L. ref. 173,175 Gervasio R. ref. 86 Gilbert R. Jr ref. 80 Gilbert M.M. ref. 80 Giovanni evangelista pag.33, ref..121 Giovanni VII (papa) pag.36 Giuseppe Flavio ref.130 Giustiniano II pag.4 Gove H. ref.175 Grato Valerio pag.40 Grimaldi G. pag.36 Habermas G.R. ref. 21,26 Hall E. ref. 150 Haralik R.M. ref. 142 Heller J.H. ref. 12,13,15,27 Hersey J. ref. 44 Imbalsamo G. ref. 70 Intrigillo G. ref. 93 Ircano II ref.133 Ivanov A.A. ref.161,167 Jackson J.P. ref. 50,72,128,165 Jounvenroux R.P. ref. 153 Judica Cordilia G.B. ref. 21,41,64 Jumper E. J. ref. 10,17,128 Klein J. pag.51 Kohlbek J.A. ref. 42 94
Kouznetsov D.A. ref. 161 La Dardye pag.19 Lagrange J. ref. 95 Lambert P. pag.26 Leonardo da Vinci pag.8 Levi Setti R. ref. 43 Less pag.23 Leynen H. ref. 5 Libby F.W. ref. 147 Longino pag.39 Lorre J.J. ref. 107 Luca evangelista pag.34 Luciano di Samostata pag.41 Lynn D.J. ref.107 Mc Crone W. ref. 12,154 Madden F. ref. 131 Makhlouf C. (beato) ref. 76 Maloney P.C. ref. 101 Manuele I pag.4 Marastoni A. pag.53 Marco evangelista pag.33 Marinelli E. ref. 31,156,164 Marion A. ref. 178 Mariotti M. pag.32 Masini N. ref. 19 Matteo evangelista pag.19,33 Mattingly S.J. ref. 175 Meshroer J. ref.136 Michele III pag.4 Miller V.D. ref. 16,107,116,125 Molinari I. ref. 174 Montenegro Elena (del) pag.8 Moran K.E. ref. 58 Morano E. ref. 171 Moroni M. ref. 32,41,57,134,137,140,149,160,162 Morris R.A. ref. 14 Mosso N. ref. 21 Mottern R.V. ref. 128 MĂźdder H. pag.36 MĂźntz E. pag. Nickel J. ref. 25 Nieper ref. 75 Nitowski E.L. ref. 42 Noguier de Malijay N. ref. 21 Oliver P. ref. 74 Ottaviano P. ref. 95 Papini C. ref. 24,30 Pearson G.W. pag.51 95
Pellegrino M. pag. 28 Pellicori S.F. ref. 16,96,107,125 Pesce Delfino V. ref. 22,28,33,46 Petrosillo O. ref. 31,156,164 Pia S. pag.8 Piano L.G. ref. 82 Piazzoli A ref. 88 Picknett L. pag. 8. Pilato Ponzio ref. 121,130 Poitiers H. (di) ref. 4 Price C. pag. 8 Propp K. ref. 165 Raes G. pag. 7 Rebelais F. pag. 25 Ricci G. ref. 124,139 Riggi di Numana G. ref. 38,172 Rinaudo J.B. ref. 163 Rodante S. ref. 18,20,48,49,66,67,68,93,109,110,127 Romanese R. ref. 65 Romano I pag. 4 Romano III pag. 4 Romolo ref. 129 Rogers R.N. ref. 9,14,37,79 Rops D. pag.54 Saldarini G. (cardinale) ref. 172 Salet G. ref. 176 Savoia Amedeo IX (di) pag.31 Savoia Clotilde (di) pag.51 Savoia VittorioEmanuele (di) pag.8 Scheuerman O. ref. 40,75 Schwalbe L.A. ref. 9,14,37,79 Sestini D. ref.131 Siliato M.G. ref. 7,38,83 Skirius C. ref. 12 Sox D. ref.154 Stevenson K.E. ref. 21,26,128 Stuiver M. pag.51 Tacito Cornelio Tamburelli G. ref. 72,141 Tiberio Cesare pag. 40 Tite M. ref. 155,172 Thurston H. pag. 6 Tonelli A. ref. 85,94 Toolin L.J. pag. 48 Trenn P. pag. 19 Tzaferis V. ref. 123 Ugolotti P. pag. 40 Upinsky A.A. ref.145 96
Valetsky P.R. ref.161 Van Oosterwyck G. M-C. ref. 153,166,169 Vial G. ref. 8 Vigliano G. ref. 92 Vignon P. ref. 19,62,106 Volckringer M.T. ref. 55,56,59 Walsh B.J. ref. 165 Whanger A.D. ref. 2,40,51,100 Whanger M. ref. 2,51,100 Willis D. ref. 21 Wilson J. ref. 73,116 Wölflin W. ref. 158 Zaninotto G. ref.103,122 NOTE (1) Sono caratteristici la folta barba, i baffi irregolari ed il ciuffo di capelli sulla fronte a forma di ε. Ed ancora i grandi occhi chiusi, le guance gonfie, i lunghi capelli che ricadono sulle spalle e nascondono le orecchie, il naso diritto con la punta appiattita e le narici dilatate. (2) A.D.Whanger- M.Whanger: Polarized image overlay technique: a new image comparison method and its applications, Applied Optics, 24, n° 6, 15 March 1985, pp.766772. (3) In verità un ginocchio più flesso dell'altro nella crocifissione, imporrebbe che nel rigore della morte, un arto appaia visivamente più corto di quello al quale era sovrapposto. (4) Lettera del vescovo di Trojes, Henry di Poitiers, a Geoffrey I di Charny in data 28 maggio 1356 (Archivio dipartimentale de l'Aube, Troyes, I, 17-originale in pergamena, ed Archivio Nazionale, Parigi, carton L 746, n° 22-copia cartacea, Camusat, fol.422 v.) nella quale il presule si complimenta per la felice conclusione dei lavori della Collegiata. (5) H.Leynen, Sudarion, 2 settembre 1993, ed ancora L.Fossati: I più antichi documenti sulla Sindone, Studi Cattolici, n° 287, gennaio 1985, pp.23-31. (6) P.L.Baima Bollone: Sindone o no, Società Editrice Internazionale, Torino 1990, pp.251- 253. (7)
M.G.Siliato: Indagine su un antico delitto, Piemme, Roma, 1983, pp.157-159.
(8) Gabriel Vial dice che potrebbe trattarsi di residui dovuti al normale inquinamento attraverso i secoli; Gilbert Raes fa osservare che la banda laterale (che potrebbe essere di epoca posteriore) non presenta tracce di cotone ed inoltre durante le analisi del 1988 anche il laboratorio di Oxford ha trovato fibre estranee che, analizzate da un laboratorio tessile specializzato, si sono rivelate di cotone.
97
(9) L.A.Schwalbe-R.N.Rogers: Physics and Chemistry of the Shroud of Turin - A Summary of the 1978 Investigation, Analytica Chimica Acta, 135, 1982, pp 3-49. (10) E.J.Jumper et al.: A Comprehensive Examination of the Various Stains and Images on the Shroud of Turin, ACS Advances in Chemistry, n° 205, Archaeological Chemistry III, American Chemical Society, 1984. (11) Un'ottima descrizione della vicenda, sintetica ma ricca di particolari e richiami bibliografici, in Luigi Fossati: La ripresa della fotografia della sacra Sindone durante l'Ostensione del 1989, Collegamento Pro Sindone, settembre-ottobre 1994, pp.3-34. (12) Heller e Adler che eseguirono le analisi chimiche trovarono solo una particella di cinabro (solfuro di Hg), contrariamente a Mc Crone e Skirius che ne avevano individuate anche alcune di orpimento, di ultramarino, di azzurrite e vermiglione. La presenza di tracce di pigmenti sul telo sindonico può essere attribuita agli artisti che hanno realizzato copie della Sindone: a lavoro ultimato le copie venivano poste a contatto con l'originale divenendo in tal modo "reliquie" da esporre alla venerazione dei fedeli. E' possibile che qualche pigmento sia rimasto sulla Sindone come altri residui estranei individuati su di essa: cera, fibre acriliche colorate, peli e parti di insetti. (13) J.H.Heller ed A.D.Adler dimostrarono che sul lino della Sindone esistono tre tipi di Fe: il ferro chelato proveniente dalla macerazione del lino; l'ossido di ferro Fe 2O3, minerale impuro che si trova nelle gore dell'acqua utilizzata per spegnere l'incendio del 1532; ferro purissimo in forma di catena ematica sparso un po' ovunque sul tessuto oltre che in forte quantità nelle macchie di sangue. (14) L.A.Schwalbe e R.N.Rogers in Physics and Chemistry of the Shroud of Turin (vedi ref.9) dicono che poiché Mc Crone non forniva stime quantitative della densità delle particelle che aderivano alle fibrille o della loro concentrazione per unità di area, R.A.Morris et al. definirono la minima quantità di ossido di ferro visibile (Fe 2O3) che è di 2 μg /cm2. Malgrado in alcuni casi, del tutto particolari, si fossero trovati 30 μg sul telo e 10 sull'immagine, R.A. Morris et al. analizzarono una striscia del volto sindonico dai capelli al naso con aree di 1 cm2 ad intervalli di un cm. Le variazioni riscontrate sono di 2 ¸ 5 μg / cm2. In generale i valori misurati non erano nemmeno lontanamente sufficienti per spiegare almeno un ravvivamento dell'immagine. (15) Un lavoro di grande importanza fu quello di Heller ed Adler che individuarono con metodi micro-spettrofotometrici, su nastri con fibrille macchiate di sangue, l'emoglobina, un componente che contribuisce alla colorazione del sangue. Isolarono poi la porfirina un'altro componente del sangue che dà fluorescenza rossa ai raggi UV. Infine, in esperienze successive, furono in grado di riconoscere albumina e bilirumina. Quest'ultima si trova in forte eccesso così come avviene per rottura dei globuli rossi in seguito a forti traumi. Tuttavia questa crescita abnorme è stata individuata ed interpretata solamente da alcuni decenni. A queste ricerche si sono intrecciate e sovrapposte ricerche italiane condotte sotto la direzione del prof. Baima Bollone i cui risultati erano in accordo con i precedenti. Per accertare che si trattasse veramente di sangue umano si adottarono sieri con anticorpi fluorescenti che si fissano agli antigeni della specie biologica sottoposta ad immunizzazione 98
e che si rendono così visibili mediante un microscopio a luce ultravioletta. La possibilità di identificare globuline umane anche a distanza di migliaia d'anni era stata preventivamente verificata su mummie egizie. (16) V.D.Miller-S.F.Pellicori: Ultraviolet fluorescence photography of the Shroud of Turin, J. of Biological Photography, 49, n° 3, July 1981, pp.71-85. Gli autori con tecniche spettrofotometriche individuarono in tre punti dell'immagine (ferita al fianco, passaggio del chiodo al polso, colatura di sangue al piede destro nell'immagine dorsale), attorno alle macchie di sangue, un'aerola fluorescente. Con prove successive scoprirono appunto che il siero ematico è fluorescente. (17)
E.J.Jumper et al.: ref.10.
(18) Tuttavia sulle orme dei favolisti rinascimentali v'è chi ha scoperto un certo Diego Baffo che per compiere un'opera di misericordia corporale in memoria del figlio, perito tragicamente, nel 1453 (sic!) aveva raccolto nella città di Pera con l'aiuto di un servo moro il corpo di un uomo del quale i turchi avevano fatto scempio e adagiatolo sopra un vecchio lino, lungo oltre quattro metri, lo aveva trasportato fuori città ove lo aveva seppellito (Corriere della Sera del 15 ottobre 1988 in S.Rodante:La scienza convalida la Sindone, Massimo, Milano 1994, pp.48-49). (19) N.Masini in Conoscere la Sindone (Collegamento Pro Sindone, n° 1, gennaiofebbraio 1988, pp.31-35) dice che:Quando esce sangue da una ferita, una parte di esso (fibrogeno) da liquido che è prende la forma di minutissime fibre intrecciate (fibrina) che formano qualcosa di simile ad una finissima rete. In questa rimangono presi i corpuscoli del sangue (piastrine, globuli rossi, globuli bianchi). In questo modo si forma il coagulo che tende a fermare la fuoruscita del sangue. Il coagulo una volta formato si ritrae, premendo verso l'esterno la parte più liquida (siero), sicché ad ogni coagulo che si forma sul corpo tende a formarsi intorno un alone di siero che è invisibile ad occhio nudo, ma visibile in fluorescenza sotto luce ultravioletta. C'è da dire ancora che, in determinate condizioni, dopo poche ore da quando si è formata, la fibrina si fluidifica, si liquefa molto lentamente (fibrinolisi). Secondo Vignon la fibrina si discioglie lentamente e quando è esattamente disciolta a metà si ottiene un buon decalco (P.Vignon: Le Saint Suaire de Turin, ed. Bottega di Erasmo, Torino, 1978). (20) C.Brillante: La fibrinolisi nella genesi dell'impronta sindonica, in "La Sindone, Scienza e Fede", CLUEB, Bologna 1983, pp.239-241. Anche il dottor Sebastiano Rodante ha mostrato sperimentalmente che sono necessarie 36 ore per ottenere decalchi analoghi a quelli che si riscontrano sulla Sindone. (21) G.Ashe: What sort of picture? An experimental clue to the nature of the body impressions, Sindon, 10, C.I.S. di Torino, Aprile 1966, pp.16-19. L'ipotesi del calore o della radiazione era stata proposta nel 1930 da N.Noguier de Malijay e successivamente da G.Caselli nel 1950. Tale ipotesi fu accettata da molti altri: D.Willis, N.Mosso, J.L.Carreño, K.E.Stevenson ed G.R.Habermas, e da G.B.Judica Cordiglia. (22)
V.Pesce Delfino: E l'uomo creò la Sindone, Dedalo, Bari 1982. 99
(23) Di solito un falso presuppone la falsificazione di un originale noto, di maggior perfezione della copia, e la possibilità di osservarlo per copiarlo. Come si vedrà in seguito è difficile immaginare un originale più ricco di particolari e di maggior precisione della Sindone attualmente in nostro possesso ove nulla è affidato alla fantasia. (24)
C.Papini: La Sindone, un mistero che si svela, Dossier 16 , Claudiana, Torino 1982.
(25)
J.Nickell: Inquest on the Shroud of Turin, New York 1983\1987.
(26) K.E.Stevenson-G.R.Habermas: Verdetto sulla Sindone, Queriniana, Brescia 1982, p.229. (27) J.H.Heller-A.D.Adler: A chemical investigation of the Shroud of Turin, Canadian Society Forensis Science Journal, 14, 1981, pp.81-103. (28)
V. Pesce Delfino: ref. 22.
(29) Questa lunga citazione è tratta dall'opuscolo, breve ma efficace, del dott. Giovanni Fumagalli: Ma allora ...la Sacra Sindone è proprio falsa?, Il Centro, Parabiago (Mi), 1988. (30) Carlo Papini (ref. 24), scrive tra l'altro a questo proposito: Ancora una volta si dimentica o si sottace l'eccezionale sviluppo dell'arte medica e delle conoscenze anatomiche raggiunto nell'oriente Bizantino e arabo. Gli scritti di Galeno (II secolo d.C.), dimenticati in Occidente e riscoperti solo a partire dal XII secolo sono sempre stati studiati a Bisanzio. Il nostro falsario era bizantino? Forse neppure medioevale? Quanto a Galeno si ricorda che l'opera del Cisalpino si colloca proprio in un vasto movimento di emancipazione dagli errori dell'ortodossia galenica in materia di circolazione del sangue che inizia in Occidente nella metà del cinquecento. Basta consultare una nomale enciclopedia alla voce "circolazione sanguigna" per accertarsene. (31) O.Petrosillo-E.Marinelli: La Sindone un enigma alla prova della scienza, Rizzoli, Milano 1990, p.230. (32) M.Moroni: Sulla formazione naturale e sulla strinatura accidentale dell'immagine sindonica, in "La Sindone-Indagini scientifiche.", Atti del IV Congresso Nazionale di Studi sulla Sindone, Siracusa, 17-18 ottobre 1987, Edizioni Paoline, 1988, pp.142-185. (33)
E' la conclusione del libro citato alla ref. 22.
(34)
Articolo apparso su "Riforma" di venerdì 5 aprile 1996.
(35)
Il Moniteur fondato nel 1789 fu soppresso con il colpo del 18 brumaio 1799.
(36) E.A.Craig-R.R.Bresee: Image formation and the Shroud of Turin, J. of Image Science and Technology, 38, n° 7, january-february 1994. (37) L.A.Schwalbe-R.N.Rogers: ref.9, pp.28-29. 100
(38) M.G.Siliato: Indagine su un antico delitto, Piemme, Roma, 1983 ed inoltre G.Riggi di Numana: Rapporto Sindone 1978-1982, Il Piccolo, Torino, 1982. (39) Il sale di Qumran è ricco di minerali di potassio, sodio, magnesio, cloro e bromo come il Natron d'Egitto. E' stato condotto un esperimento su un modello di gesso, inumidito con soluzione di sale di Qumran; sul calco, con macchie di sangue essiccato, viene collocata una tela imbevuta di aromi e in un successivo esperimento, una tela asciutta, ricoperta di aloe e mirra in polvere. In ambedue i casi il risultato fu deludente. (E.Bedeschi: Estratto del "Bollettino chimico farmaceutico", fasc.20, Como, ottobre 1934.) Secondo l'autore, nel caso di Gesù la salagione può esser stata rapida e ridotta al semplice bagno del cadavere in una soluzione di Natron (carbonato di sodio) coperto poi con un lenzuolo impregnato di succo di aloe. Nel processo di imbalsamazione in uso ai tempi di Gesù all'aloe veniva sempre associata una salagione. (40) O.Scheuerman: Wie ist das Abbild entstanden? Forschungergebnisse und Fragen zum turiner Grabtuch, Das Fels, 17, n° 4, April 1986, pp.115-122, inoltre A.D.Wanger: Duke professor unveils new evidence on Shroud of Turin, comunicazione privata. (41) In seguito Judica Cordilia (G.B.Judica Cordilia: La Sindone immagine elettrostatica?, in AA.VV.: "La Sindone. Nuovi studi e ricerche.", Paoline, Alba 1978.) ha ottenuto impronte superficiali di gran lunga migliori a partire da metalli, materiale organico e da persona vivente. Questa ultima riproduzione, su tela asciutta, riguarda le mani ed è paragonabile agli arti visibili sulla Sindone. Prove condotte da M.Moroni con tele umide trattate con aromi hanno fornito immagini bruciacchiate e passanti sul rovescio. (42) J.A.Kohlbek-E.L.Nitowski: New evidence may explain image on Shroud of Turin, Biblical Archeology Rewiew, XII, N° 4, July-August 1986, pp.18-29. (43) R.Levi-Setti et al.: Progress in high resolution scanning ion microscopy and secondary ion mass spectroscopy imaging microanalysis, Scanning Electron Microscopy, 1985, pp.535-552. (44)
J.Hersey: Hiroshima, Penguin Books, London 1972, pp.99-100.
(45) L'assenza di calcinazione nella zona in cui appare l'ombra proiettata dalle figure umane ci ha spinto a controllare un frammento di materiale ceramico di rivestimento esterno delle pareti del Nisseki Hospital di Hiroshima investito dall'onda termica dell'esplosione (fornito dal Museo di Hiroshima). Il prof. M. Bertolani dell'Università di Modena che ha esaminato al microscopio il frammento ceramico ed il sottostante strato di cemento ha confermato che il cemento di posa si è mantenuto "calcitico" senza alcuna particolare variazione dei componenti. (46)
V.Pesce Delfino: op.cit. ref.22, p.229.
(47)
J.L.Carreño-Etxeandia: La Sindone ultimo reporter, Edizioni Paoline, Alba 1978.
(48)
S.Rodante: La scienza convalida la Sindone, Massimo, Milano, 1994, pp.73-74. 101
(49) S.Rodante: La realtà della Sindone, Massimo, Milano, 1987. ed inoltre, dello stesso autore, l'opera citata alla ref.48. 18 aprile 11.52 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione indagine 4
(50) J.Jackson: "Shroud Spectrum", n° 28-29, settembre 1988, pp.516-519, ed inoltre conferenza al Rosetum di Milano il 24 marzo 1990 (51) A.D.Whanger-M.Whanger: "Collegamento Pro Sindone", 6 maggio-giugno 1994, p.42. (52) Il fenomeno viene attribuito ad una reazione chimica che si manifesta, col passare degli anni, ed è facilitata dall'umidità: la zolfo del cinabro si unisce al piombo della biacca (G.Enrie: La Santa Sindone rivelata dalla fotografia, SEI, Torino, 2a edizione; G.Chiavarello: Di eventuali tracce di sostanze colorate o colorate-coloranti sulla Sindone, in AA.VV.: "La Sindone, la scienza, la fede.", CLUEB, Bologna, 1983.) (53)
G.Chiavarello: ref.52.
(54) J.A.De Salvo: The image formation process of the Shroud of Turin and its similarities to Volckringer patterns, Sindon, 31, CIS, Torino, dicembre 1981. L'Autore afferma che le tracce di acido lattico, contento nei vegetali, possono aver impressionato nel tempo la cellulosa della carta. (55) M.J.Volckringer: Le probleme des impreintes devant la Science, Procure du Carmel de l'Action de Graces, Ajaccio, 1981. (56) M.J.Volckringer: Relazione al Centre d'Etudes Théologiques presentata il 28 maggio 1984 a Caen. (57) Trovata da M.Moroni negli Album au collection complete et historique des costumes de la Cour de Rome, Paris, 1862, riproduce un piffero della Guardia Svizzera. I colori sono di tipo "minerale" o naturale (come tutti i colori utilizzati prima della metà dell'ottocento), diluiti in olii vegetali. (58) Elaborazione tridimensionale eseguita dal dott. K.E.Moran presso la Estek Kodak Company North Carolina, USA. (59) M.J.Volckringer: The Holy Shroud: Science Confronts the Imprints, traslated by V.Harper, Morgan, Australia 1991. (60) J.A.De Salvo, ref.54. Il De Salvo afferma che La più sorprendente somiglianza tra l'immagine del corpo sindonico e i campioni di Volckringer è che questi ultimi possono essere ricostruiti in rilievo tridimensionale usando un analizzatore tridimensionale VP-8, così come si può fare con l'immagine del corpo sindonico.
102
(61) L'elaborazione del dorso, eseguita dal prof. Nello Balossino di Torino ed ancora inedita, conferma il carattere tridimensionale di questo lato dell'immagine. (62) P.Vignon: Le Saint Suaire de Turin devant la Science, l'Archeologie, l'Histoire, l'Iconographie, la Logique, ref.19. (63) P.L.Baima Bollone: ref.6, pp.203-204. Il prof Bollone fa notare inoltre che la trasformazione dell'aloe in carbonato di ammoniaca non avviene nel primo periodo dopo la morte anche se la presenza di aloe e mirra può accelerarla. (64) G.Judica Cordiglia: Ricerche ed esperienze sulla genesi delle impronte della S.Sindone in AA.VV:"La Santa Sindone nelle ricerche moderne. Risultati del Convegno Nazionale di studi sulla Santa Sindone."", Torino 1941, pp.37-51; L'Uomo della Sindone è il Cristo, Milano, 1941.; Ipotesi e nuovi esperimenti sulla genesi delle impronte in AA.VV.:"La Santa Sindone nelle ricerche moderne.", I Convegno internazionale di studio Roma-Torino Anno Santo 1950, Torino 1951, pp. 23-26. (65) R.Romanese: Contributo sperimentale allo studio della genesi delle impronte della Santa Sindone, in AA.VV.: Risultati del Convegno Nazionale del 1941, op. cit ref.64, pp. 51 - 61. (66) S.Rodante: Il sudore di sangue e le impronte della Sindone, Sindon, 21, 1975, pp.612; "Ipotesi sulla natura delle impronte sindoniche", Sindon, 1978, pp.126 -136; Mixturam myrrae et aloe - Rilievi di semeiotica sindonica, in AA.VV., "La Sindone e la Scienza", Atti del II Congresso Internazionale di Sindonologia, Paoline, Leinì (Torino), 1979, pp.419 423. (67) S.Rodante: Le impronte della Sindone non derivano soltanto da radiazione di varie lunghezze d'onda..., Sindon, 31, 1982. Rodante ammette un fissaggio fotoradiante sulla tela ancora umida, successivo alla formazione dell'immagine. (68) S.Rodante: Ipotesi sulla natura delle impronte sindoniche, in AA.VV.: "L'Uomo della Sindone", ed. Orizzonte Medico, Poliglotta Vaticana, Roma, 1979. (69) "I vapori alcalini possono provenire dalla fermentazione in carbonato di ammonio dell'urea, abbondante nel sudore febbrile durante il supplizio. I vapori prodotti sono meno intensi man mano che essi si trovano distanti dalla superficie del lenzuol", Yves Delage, Revue Scientifique, 3 maggio 1902 (relazione letta il 21 aprile 1902 nel Salone delle Scienze di Parigi che diede luogo ad accesi contrasti malgrado il prof. Delague fosse notoriamente agnostico). (70) G.Imbalsamo: Il linguaggio della Sindone: formazione dell'immagine, Sindon, n° 3, dicembre 1981. (71) Il "meccanismo verticale" del corpo sulla tela non spiega la formazione del volto dell'Uomo della Sindone che si trova col capo un po' inclinato in avanti e non nella posizione perfettamente orizzontale. La stessa considerazione vale per l'impronta di 103
entrambe le volte plantari. Questi due importanti particolari non si accordano con l'ipotesi che l'impronta sia il risultato di una proiezione ortogonale. (72) Secondo J.Jackson le macchie di sangue sono spiegabili con il contatto della tela con il corpo ferito, ma non l'immagine: la sua tridimensionalità esclude un "meccanismo a contatto". L'affermazione non è accettabile poiché le macchie ematiche, quella della fronte ad esempio, elaborata dal prof. G. Tamburelli contiene un'informazione tridimensionale. (73) I.Wilson: "Magazine" del Sunday Observer del 31 gennaio 1988, e "Newsletters" della British Society for the Turin Shroud, 19, 1988. (74) Seguendo l'abitudine, i becchini avevano portato via il corpo nel lenzuolo dell'ospedale sul quale era stato steso. Rimase il pigiama che il defunto indossava, che venne gettato via, ed il materasso del letto a cui fu tolta la copertura sintetica che risultava macchiata. Quest'ultima venne strofinata con candeggina ma senza che le macchie sparissero. Infine la scoperta: "Poi mentre guardava di nuovo (si tratta di Patricia Oliver) diventò fredda dall'incredulità. C'era qualcosa di strano e completamente fuori del comune nelle macchie su cui stava lavorando. Chiaramente distinguibile sul colore carne della copertura del materasso c'era la spettrale immagine di una mano, col palmo rivolto all'insù: debole ma stampata con tale precisione che poteva distinguere le varie venature." (75) Più recentemente il sindonologo tedesco Oswald Scheuerman ha segnalato un caso analogo avvenuto in un ospedale tedesco e riportato dal dott.Nieper: "Alcuni anni fa avemmo un paziente ricoverato nel nostro ospedale che soffriva di un tumore al rene. Per caso, quando si stava rifacendo il letto alcuni giorni più tardi, si notò un'immagine sulla stoffa dell'imbottitura del materasso". L'impronta del tumore era particolarmente marcata, mentre quella dell'intero corpo, arti inclusi, era più debole. (76) Un ulteriore caso è quello del beato Charbel Makhlouf, monaco maronita, morto in Libano nel 1898. La ricognizione canonica, eseguita nel 1950, ha accertato che il sudario reca i lineamenti del volto, anche se un po' confusi. Inoltre si ha notizia di un altro sudario trovato sopra una mummia in una tomba di Antinoopolis, durante gli scavi del 1902. Questo sudario, con impressi i lineamenti di un volto era stato mostrato pubblicamente a Parigi e, successivamente, trasferito al Louvre; ora non è più rintracciabile. (77)
Media Duemila, 3, marzo 1985, pp.51-66.
(78)
J.S.Accetta- J.S.Baumgart, Applied Optics, 19, 1980, p.1921.
(79) L.A.Schwalbe-R.N.Rogers: Physics and Chemistry of the Shroud of Turin. A summary of the investigations, Analytica Chimica Acta, 135, 1982, pp.3-49. (80) R.Gilbert Jr.-M.M.Gilbert: Ultraviolet Visibile Reflectance and Fluorescence Spectra of the Shroud of Turin, Applied Optics, 1980, pp.1930-1986. (81) P.L.Baima Bollone: ref.6, pp.138-140. L'autore fornisce anche altri particolari sulla cassetta-reliquario e si riferisce, relativamente al luogo ove era conservata la Sindone, al "coro-sagrestia" poiché evidentemente tale spazio svolgeva ambedue le funzioni. 104
(82) L.G.Piano: Commentarii critico-archeologici sopra la S.Sindone di N.S. Gesù Cristo venerata in Torino, Eredi Bianco e Comp., 1833. Anche la successive citazioni, poste in corsivo, provengono da questa medesima fonte. (83) Maria Grazia Siliato scrive: Il fuoco era già arrivato all'armadio e al suo contenuto quando il consigliere ducale Philippe Lambert s'avvide dell'incendio.Ma il coro era chiuso da una robusta cancellata. E il vento notturno, per le porte spalancate alimentava l'incendio. Ma qualcun altro aveva visto i bagliori del fuoco sulla neve, il fabbro Gillaume Poussod, il cui nome merita di essere ricordato perché forzò le sbarre ormai roventi, ustionandosi fino alle ossa delle dita, e aprì un varco. Due frati francescani con lui, il cui nome nessuno ha trascritto, arrivarono all'armadio ed estrassero la cassa d'argento..., (da "Il mistero della Sindone", Piemme, Casale Monferrato 1989, p.83.) (84) Le Saint Suaire de Chambery a Saint-Claire-en-Ville." par M. l'Abbé Léon Bouchage, Chambery, Imprimerie C. Drivet, 1891, pp.16-26 (85) La nicchia, inserita nella parete costituita da blocchi di pietra rozzamente scalpellati ed ancor oggi anneriti, è situata a 2,50 metri dal pavimento. Misura 1,65 metri di lunghezza, 0,60 di altezza e 0,50 di profondità. Sulla parte frontale della nicchia, tutto attorno al bordo perimetrale è stata ricavata una battuta o bordura rientrante profonda 5 centimetri con l'evidente funzione di sede di appoggio per un'intelaiatura con grata di protezione Infatti sono ancora visibili in alto ed in basso della nicchia due fori praticati quasi sulla mezzeria che dovevano servire da fermo a due piccole ante da 80 x 60 centimetri ognuna. Ai lati sono ancora evidenti quattro incavi utilizzati, assai probabilmente, per murare le zanche di sostegno del telaio. Questi rilievi dimostrano che la nicchia non era stata costruita per custodire il prezioso reliquario: questo infatti era di poco più grande del Telo ripiegato più volte su stesso in modo tale da ricoprire una superficie di 36 x 27 centimetri (vedi A.Tonelli: Il problema delle bruciature e la questione storica, Sindon, 8, aprile 1962.) Esperienze successive sulle temperature esterne ed interne al cofano necessarie per ottenere strinature identiche a quelle che si osservano sulla Sindone (vedi oltre) confermano che il cofano doveva esser stato completamente avvolto dalle fiamme come sarebbe avvenuto se fosse stato riposto in un armadio. (86) La campagna sperimentale è stata ricca di indicazioni: a) se il cofano sperimentale veniva posto in una nicchia (a 2,5 m da terra), come quella dietro l'altare descritta e raffigurata in vecchi documenti, le temperature raggiunte non producono le due striature nerastre, visibili sulla Sindone, che la percorrono per intero nel senso della lunghezza; b) per preservare i primi due strati superiori da una più marcata strinatura è stato indispensabile avvolgere il telo in un panno esso pure di lino. D'altra parte è plausibile che nel reliquiario un panno fosse posto a protezione del Telo; c) le temperature esterne non giustificano la fusione di una lega d'argento quale quella usata all'epoca per la monetazione (54 % di rame e 43% di argento). L'ipotesi più probabile è che le lamine fossero saldate a stagno , di bordo tra loro; d) la Sindone a Chambery era collocata nel cofano con tre lati a contatto con le pareti mentre uno solo era distanziato da esse, disposizione che all'origine delle due striature nerastre. Contrariamente a quanto ipotizzato da alcuni studiosi quelli che si carbonizzano 105
sono proprio i lati non aderenti alle pareti (R.Gervasio: Bruciature, macchie ed aloni che si riscontrano sul tessuto della Sindone, Sindon, 24, CIS Torino, ottobre 1976, p.10). (87) Gli esami hanno confermato che esiste una progressiva variazione di colore dal primo all'ultimo strato anche se la variazione è più marcata che in quelli sottostanti. Il fattore di luminanza medio del 27° e del 39° strato (il facsimile è stato piegato come la Sindone in 48 riquadri) è risultato rispettivamente 0,662 e 0,679. Si spiegano pertanto le tonalità più evidenziate che appaiono sulla Sindone nella zona del dorso e del torace. Strinatura marcata che, per inciso, non può venir attribuita al peso del cadavere o ad un simulacro di esso poiché è riscontrabile anche nella zona del petto. (88) A.Piazzoli: Ecco le falle della Sindone, "l'Unità", venerdì 23 marzo 1996. L'articolista è ordinario di "Fisica generale" all'Università di Padova. (89) P.L.Baima Bollone: Primi risultati delle ricerche si fili della Sindone prelevati nel 1978, Sindon, XXIII, 30, CIS Torino, dicembre 1981. (90) M.Adgé: Rilievi sperimentali su alcune proprietà dell'aloe e della mirra, in "La Sindone: Scienza e Fede", Atti del 2° Congresso Nazionale di Sindonologia, CLUEB, Bologna 1983. Questi ha dimostrato che 2 mg di aloe sono sufficienti per eliminare la colorazione blu-verde prodotta da 1 mg di sangue in soluzione di benzidrina ed acqua ossigenata. (91) AA.VV.: La Santa Sindone, Ricerche e studi della Commissione di esperti nominati dall'Arcivescovo di Torino cardinale Michele Pellegrino nel 1969, Supp. Rivista Diocesana Torinese, Torino, gennaio 1976. (92) V.M.Fasola-G.Vigliano: Relazione preliminare all'analisi chimica del materiale prelevato all'interno dei sepolcri delle catacombe ebraiche di Villa Torlonia a Roma, in "La Sindone e la Scienza", Atti del 2° Congresso Internazionale di Sindonologia a cura di P. Coero Borga, Paoline, Torino 1978. Sono stati analizzati due campioni provenienti da loculi diversi, consistenti in frammenti di tufo con in superficie una sostanza nerastra. E' stato possibile individuare gruppi di comportamento cromatografico analogo a quello dei derivati antracenici presenti nell'aloe e tracce di materiale resinoso come la mirra. In seguito Fasola ottenne ulteriori numerose conferme in un'altra catacomba ebraica a sud di Roma detta di Vigna Randanini (vedi intervento alla Discussione a chiusura del IV Congresso Nazionale di Studi sulla Sindone, in "La Sindone -Indagini scientifiche." ref.32, p.423). (93) Analoghi esperimenti erano stati condotti in precedenza dal dottor Sebastiano Rodante e, successivamente dal prof Gaetano Intrigillo. (94) Per queste esperienze ci si è riferiti agli studi del prof.A.Tonelli che in base alle tracce lasciate sulla Sindone dall'incendio del 1532, ha determinato il modo secondo il quale il Telo veniva ripiegato nel reliquario (Baima Bollone cita nel volume L'impronta di Dio –Mondatori, Milano, 1985, il documento Verso l'ostensione della Sindone, Rivista dei giovani, 15 agosto 1933). La tela utilizzata, di dimensioni metà di quella sindonica, era inumidita preventivamente con una soluzione acquosa di aloe e mirra. Il tessuto è stato poi 106
ripiegato secondo lo schema proposto dal Tonelli: si è constatato che un angolo degli strati sovrapposti rimaneva più sollevato degli altri tre. Una simile disposizione spiega come l'acqua di raffreddamento, penetrata a causa del cedimento della saldatura a stagno in un angolo del coperchio abbia inzuppato tutto lo spessore della tela senza raggiungere l'angolo posto più in alto degli altri. Questa porzione triangolare è stata solo inumidita per capillarità ed ha mantenuto un colore più scuro. La tela da esperimento, infatti, una volta dispiegata presentava delle chiazze quadrangolari dai contorni seghettati e di colore più intenso rispetto all'intero tessuto che, rimasto in ammollo, si è schiarito poiché ha ceduto buona parte della soluzione acquosa di aromi assorbita in precedenza. Come controprova si è utilizzata una tela vecchia ed impolverata, non impregnata di aromi. Piegata in 48 parti con le stesse modalità è stata lasciata per 80 ore in ammollo in acqua ricca di calcare. Sul telo non si è potuto osservare alcun segno o chiazza che indicasse il limite fra la zona bagnata e quella non raggiunta dall'acqua. (95) J.Lagrange O.P.: Sinossi dei quattro evangeli secondo la sinossi greca, Morcelliana, Brescia 1970. Sui sinottici si parla di lenzuolo mentre in Giovanni viene utilizzato il termine bende traduzione che tuttavia è stato oggetto di dettagliate critiche. Si veda ad esempio la prefazione di Paolo Barbera e Piero Ottaviano al volume in ref.62. L' argomento è stato ripreso da L.Fossati in Collegamento Pro Sindone del marzo-aprile 1994. (96) S.F.Pellicori-M.S.Evans: The Shroud of Turin through the Microscope, Archaeology, 34, January-February 1981, pp.34-43. (97) P.L.Baima Bollone: Ricordo del prof. Max Frei-Sulzer (1913-1983), Sindon, CIS Torino, 1983, pp.139-140. Del prof Bollone è pure una rapida ma esaustiva sintesi dell'intera vicenda relativa all'individuazione dei pollini in "Sindone o no" (capitolo 14) ref.6. (98) M.Frei: Il passato della Sindone alla luce della palinologia in "Atti del II Congresso Internazionale di Sindonologia", Torino 7-8 ottobre 1978, Edizioni Paoline, Torino 1979, pp.191-200; Identificazione e classificazione dei nuovi pollini della Sindone in "Atti del II Convegno Nazionale di Sindonologia, Bologna, 27-29 novembre 1981, CLUEB, Bologna 1983, pp. 277-284. (99) L.Fossati: Principali avvenimenti da quando la Sindone passò ai Savoia, Collegamento Pro Sindone, settembre-ottobre 1993. (100) A.D.Whanger-M.Whanger: Floral coin and other non-body images on tht Shroud of Turin.", Poster al"Symposium Scientifique International sur le Linceul de Turin", CIELT, Paris, 7-8 Septembre 1989. Gli autori hanno riconosciuto 28 tipi di fiori primaverili della Palestina; di 25 di essi Frei ne aveva individuato il polline. (101) P.C.Maloney: The current status of pollen research and prospect for the future, Relazione al "Symposium Scientifique International sur le Linceul de Turin.", ref.100. (102) A.Danin: Indicazioni floreali per l’origine geografica della Sindone di Torino, Il Telo-Rivista di Sindonologia, maggio-dicembre 2001, pp.12-21; Micro-traces of Plants on 107
the Shroud of Turin as Geographical Markers, Int. Scient. Symposium: "The Turin Shroud, past, present and future", Torino 2-5 March 2000, Sindon-Effatà, Torino-Cantalupo (To) 2000, pp. 495-500. (103) G. Zaninotto: Sindone tovaglia dell’ultima cena. Ipotesi senza valore, Il Telo-Rivista di sindonologia, maggio-dicembre 2001, pp.22-27. (104) E' una delle numerose ipotesi, di scarsa probabilità, sulle vicende della Sindone nel periodo che va dai due saccheggi di Costantinopoli ad opera delle milizie della IV crociata (1204 e 1204) e la ricomparsa a Lirey, in Francia, qualche anno prima del 1356 anno in cui muore in battaglia il primo possessore certo della Sindone, Goffredo di Charny. (105) La frase è del prof. Yves Delage ed è tratta dal volume di fr.B.Bonnet Eymard: Le Saint Suaire preuve de la mort et de la résurrection du Christ, Tome I, Editions de la ContreReforme catholique, Saint-Parres-Lès-Vaudes, 1986. (106) P.Vignon, del quale già si è scritto. Yves Delage professore di Anatomia comparata alla Sorbona di Parigi, membro dell'Accademia delle Scienze. Si è accennato in precedenza come, malgrado il prof. Delage fosse un agnostico convinto, dopo uno studio accurato della Sindone, il 21 aprile 1902 presentava le sue conclusioni in una comunicazione dal titoloL'immagine di Cristo visibile sul Santo Sudario di Torino che l'Accademia, per spirito repubblicano, si rifiutava di pubblicare integralmente. Ed ancora il medico Pierre Barbet chirurgo militare nella 1a Guerra Mondiale e dell'Ospedale Saint Joseph di Parigi dal 1934 al 1948 ed autore di un opera tra le più significative pubblicate dagli studiosi di questa prima generazione: La passion du Christ selon le chirurgien, Apostolat des Editions, 1965. (107) D.J.Lynn-J.J.Lorre: Digital Enhancement of Images of the Shroud of Turin in "Proceedings of the United States Conference of Research on the Shroud of Turin.", Albuquerque, 1977 ed inoltre V.D.Miller-S.F.Pellicori, ref.16. (108) E' il flagrum che si trova su alcune monete romane e che è stato tra l'altro ritrovato negli scavi di Ercolano, e nelle catacombe di Roma. (109) Citazione tratta da S.Rodante: Sudario e anamnesi., Atti del 3° Congresso Nazionale di Studi sulla Sindone, Trani, 13-14 ottobre 1984, a cura di P.Coero Borga e G.Intrigillo, Edizioni Paoline, Milano 1986, pp.281-292. (110) 1976.
S.Rodante: La coronazione di spine alla luce della Sindone, Sindon, 24, CIS Torino,
(111)
P.L.Baima Bollone: Sindone o no, ref. 6, p.320, nota 19.
(112) Questo chiodo porta saldato verticalmente sulla testa un anello al quale ne è concatenato un secondo. Ambedue dovrebbero essere aggiunte posteriori, altrimenti non si capisce come il martello avrebbe potuto percuotere la testa. (113) Dal punto di vista anatomico con mano si intende oltre alle dita ed al palmo anche il polso e questa accezione era probabilmente tale anche nel passato. 108
(114) In realtà, se si vuol sostenere un corpo di ottanta chili quale è il peso stimato di nostro Signore Gesù, mediante le braccia che formino un angolo di 60° con la verticale, quale è approssimativamente quello presentato dalle braccia di un crocefisso, la forza che si esercita lungo ciascun braccio, per fare equilibrio al peso, è ancora di 80 chilogrammi. (115) P. Barbet: Cinq Plaies de Christ, Ed. Dillen, Issoudun, 1937 in fr.B.Bonnet Eymard, ref.105. (116) I.Wilson-V.D.Miller: The mysterious Shroud, Doubleday, New York, october 1988, pp.131-135. (117) A.Carella-G.Di Monaco: Caratteristiche sindoniche nel crocefisso delle Tremiti in "La Sindone, nuovi studi e ricerche.", Atti del 3° Congresso Nazionale di Sindonologia." di Trani, ref.109, p.163. (118) J.Croquison: Un précieux monument d'art byzantine du l'ancien tresor du saint Pierre: l'umbella de Jean VII, Rivista di archeologia cristiana, 43, 1967, pp.49-110. (119)
La mano è quella destra perché corpo e immagine sono speculari.
(120) L'ultima esecuzione capitale mediante crocifissione è quella di uno schiavo turco a Damasco nel 1247 (P.L.Baima Bollone in Sindon 1, NS -1989-Q, n° 1, CIS Torino, pp.23-29) Occorre tuttavia considerare che nell'Impero romano la crocifissione era stata abolita dopo il 314 da Costantino e che si può dubitare che le modalità di esecuzione nell'Impero turco del XIV secolo siano state le stesse di quelle romane di quattordici secoli prima. (121) Il cruciario era costretto a trasportare, il patibulum, che in origine era la trave con la quale veniva sbarrata la casa romana e alla quale si inchiodavano gli schiavi fuggitivi, sino al luogo dell'esecuzione, dove era stato in precedenza fissato al suolo un palo verticale, lo stipes. Dopo che il condannato era stato inchiodato al patibulum questo veniva issato con funi ed incastrato od inchiodato all'estremità dello stipes. Talvolta per prolungare la sofferenza del condannato lo si sosteneva in parte ponendo tra le gambe un sedile o sotto i piedi un suppedaneum. Ma i Vangeli attestano che Gesù mori in croce dopo appena tre ore e lo stesso Pilato ne rimase stupito Giovanni (19, 33-34) narra che per questo non gli spezzarono le gambe ma uno dei soldati, con un colpo di lancia, gli trafisse il fianco. Queste testimonianze concordano con le colate di sangue al polso nell'ipotesi che, nel caso di Gesù, non vi fosse né sedile né suppedaneo. (122) Per uno studio accurato della crocifissione romana e dei problemi ad essa connessi si rimanda alle numerose pubblicazioni del prof. Gino Zaninotto. In particolare sul numero dei chiodi vedi G. Zaninotto: La crocifissione a quattro chiodi e l'uomo della Sindone in "La Sindone - Indagini scientifiche.", Atti del IV Congresso Nazionale di Studi sulla Sindone a cura di S. Rodante, Siracusa 17-18 ottobre 1987, Edizioni Paoline, Milano 1988. (123) La località ha nome Giv'at ha-Mivtar (collina della divisione). Il crocefisso ha il proprio nome inciso in aramaico su un lato dell'urna di pietra che ne contiene le ossa. Si legge GIOVANNI-GIOVANNI FIGLIO DI HGQWL ma il significato dell'ultima parola è 109
incerto. Sui ritrovamenti di Giv'atha-Mivtar vedi V.Tzaferis: Jewish Tombs at and near Giv'at ha-Mivtar, Jerusalem, Israel Esploration Journal, 20, 1978, pp.18-32. (124) G.Ricci: L'uomo della Sindone è Gesù. Diamo le prove, Edizioni Carroccio, Vigodarzere (PD) 1989, pp. 47-49. (125)
V.D.Miller-S.F.Pellicori, ref.16.
(126) La lancia era l'arma per eccellenza dell'esercito romano al punto che i romani derivavano da essa il loro nome di Quiriti. In generale la cuspide era a foglia di salice e pertanto feriva sia di punta che di taglio. (127) Quando, nel 6 d.C., fu trasformata in provincia romana, la Giudea ricevette per la prima volta un presidio; giudicata di scarso rilievo strategico ed affidata perciò ad un procuratore, non ebbe sul suo territorio, almeno fino al 70 d.C., alcuna legione. I procuratori avevano ai loro comandi truppe ausiliarie, levate per lo più nel territorio stesso, tra le popolazione non giudaiche della Palestina.(...) Gerusalemme era presidiata da distaccamenti di queste truppe; nella torre Antonia era acquartierata, di norma, una coorte. (in L.Coppini: Le lesioni di punta ed il colpo di lancia visibili sulla Sindone. Rilievi di anatomia topografica e radiologica, S.Rodante (a cura di) "La Sindone-Indagini scientifiche", Edizioni Paoline, Cinisello B. (Mi), 1988 , nota n° 20 dell'Appendice, p.80). (128) E.J.Jumper,J.P.Jackson and D.Devan: Computer related investigation on the Holy Shroud, in K.E.Stevenson (a cura di) "Proceedings of the 1977 U.S. Conference of Research on the Shroud of Turin.", New York 1977; nello stesso documento J.P.Jackson, E.J.Jumper, R.W.Mottern and K.E.Stevenson: The three dimensional image of Jesus' burial cloth., pp.74-94; E.J.Jumper, J.P.Jackson and K.E.Stevenson: Images of coins on a burial cloth?, The Numismatist, Juli 1978, pp.1350-1357. (129) Era così chiamato il bastone, grosso, dall'estremità superiore arcuata e senza nodi adoperato dagli auguri per la delimitazione del templum cioè dello spazio celeste corrispondente allo spazio terrestre che doveva essere consacrato. A Roma, nella Curia dei Salii palatini, si conservava un lituo di cui, secondo la leggenda, Romolo si era servito per ripartire, secondo il rito etrusco, le regioni della città da lui fondata. Verosimilmente, da principio, il lituo fu una specie di bacchetta magica. (Enciclopedia Italiana, XXI, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Rizzoli, Milano 1934, pp. 304-305). (130) Malgrado alcuni neghino che sia esistito parlano di Pilato, oltre i Vangeli, Flavio Giuseppe nelle Antichità giudaiche e Filone di Alessandria in Legazione a Caio. Anche Tacito lo nomina nei suoi Annali. Quinto dei Procuratori romani governò la Giudea dal 26 al 36 d.C. La data di emissione delle monete è preceduta da un L che significa dell’anno(genitivo del termine lukabas), ed è espressa con lettere maiuscole dell’alfabeto greco: le prime nove lettere per le unità, le successive per le decine. Abbiamo pertanto delle monete del 29/30 d.C indicate con LIς (lo stigma ς θ un antico segno minuscolo introdotto tra le prime lettere dell’alfabeto con valore 6), del 30/31 d.C indicate con LIZ, ed infine quelle del 31/32 d.C. a cui corrispondono le lettere LIH.
110
(131) La moneta reca sul verso la data LIA, anno XI di Tiberio, il 24 d.C. Fanno riferimento a monete dilepton lituus datate LIA, D.Sestini (1796), Cavedoni (1856), F.Madden (1864). (132) Bari sera, pagina Cultura: Come ti demolisco la tesi della monetina impressa sull'occhio del Cristo, venerdì 12-sabato13 luglio 1996. (133) In un cranio una moneta di Ircano II (63-40 a.C) ed una di Erode Archelao (4 a.C 6 d.C.) mentre nell'altro due monete di Erode Agrippa I (37-44 d.C.). (134) M.Moroni: Ulteriore prova della presenza sull'occhio destro dell'Uomo della Sindone di una rara moneta emessa da Ponzio Pilato in "La Sindone - Indagini scientifiche." ref. 127, pp.329-343. (135) A.H.Brame Jr.II: The dating of the Shroud of Turin: two rare, previously unrecognized, Lituus dilepta issued A.D. 24-25 by Valerius Gratus and A.D. 29-30 by Pontius Pilatus, The Augustan, XXII, n° 2, October 1984, pp.66-78. (136) Una ulteriore conferma si ebbe da un archeologo israeliano di Tel Aviv, Y. Meshroer che nel volume Ancient Jewish Coinage, vol.II, tav.32, n.23 g - Herod the Great through bar Cochba, Amphora Books, New York 1982, riportava un dilepton lituus di tipo retrograde (rovesciato) anche se datato LIZ, anno XVII di Tiberio, 30/31 d.C. (137) M.Moroni e F. Barbesino: Sulla Sindone due monete di Tiberio Cesare?, Il grande libro della Sindone, San Paolo, 2000, pp. 217-220. (138) "Le palpebre, poche ore dopo la morte, al momento dell'instaurazione della rigidità cadaverica tendono a sollevarsi. Un piccolo peso è in grado di impedirlo. E' chiaro che una quantità di oggetti di ridotte dimensioni e di modestissima massa si presta indifferentemente allo scopo . Tra essi sono da annoverare le piccole monete." P.L. Baima Bollone: L'impronta di Dio, ref. 94, p.165. (139)
G.Ricci : ref. 122, pp.91 - 92.
(140) M.Moroni: Quella moneta di Pilato sull'occhio destro, in AA.VV.: "La Sindone questo mistero. Storia - Scienza - Archeologia." a cura della Delegazione Lombarda del Centro Internazionale della Sindone di Torino, Stampato in proprio, Bovisio Masciago (LE) 1991. (141) G.Tamburelli: Some result in the processing of the Holy Shroud of Turin, IEEE Transaction on Pattren Analysis and Machine Intelligence, vol. PAMI 3, n.6, november 1981. (142) R.M.Haralik: Analysis of digital on the Shroud of Turin, Spatial Data Analysis Laboratory, Virginia Polytecnic Institute, Blacksburg (Virginia), 1983.
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(143) Radiotelevisione italiana, RAI 2, programma "Mixer" del 8 luglio 1996. La notizia è comparsa anche sui quotidiani nazionali La Stampa, Il Giorno, Avvenire del 7 luglio 1996. (144) Sul diritto della moneta sono raffigurate tre spighe di orzo con il nome di Julia Augusta la madre di Tiberio: IOYAIA KAICAPOC. (145) Un'analisi epistemologica dei dati scientifici riguardanti la Sindone, forse non apprezzata nel suo giusto valore, è stata condotta dal dott. A. Upinsky. In essa si parla di una crisi epistemologica nel senso che tutte le informazioni scientifiche convergono malgrado obiezioni e incertezze verso l'autenticità del Telo. Se fosse un artefatto del XIV secolo la scienza attesterebbe due fatti tra loro in contraddizione (A.A.Upinsky: La science à l'épreuve du Linceul, Conferenza al "Symposium Scientifique International de Paris sur le Linceul de Turin.", OEIL, Paris, 7-8 septembre 1989). (146) Il carbonio si trova in natura libero o combinato con altri elementi. Sono noti cinque isotopi, cioè elementi che hanno lo stesso numero atomico e massa diversa. Due stabili nel tempo, il C12 (98,89 % circa) ed il C13 (1,11 % circa) e tre instabili dei quale solo il C14 anche se in quantità infinitesime (un atomo ogni mille miliardi di atomi di carbonio) ha un tempo di trasformazione sufficientemente lungo per venir utilizzato per la datazione. (147) Willard Frank Libby. professore di chimica all'Istituto di Studi nucleari di Chicago, ricevette nel 1962 il premio Nobel per le ricerche riguardanti il metodo della radiodatazione con radioisotopi, in particolare il C14. (148) Appartengono ai contatori detti proporzionali perché il numeri di atomi radioattivi viene stimato in base al numero di disintegrazioni radioattive rivelate in un certo intervallo di tempo. (149) Per una esposizione dettagliata delle vicende legate alla datazione della Sindone con gli spettrometri di massa ad accelerazione si rimanda a F.Barbesino-M. Moroni: L'ordalia del carbonio 14, Mimep-Docete, Pessano (Milano), 1996. (150) Il prof. Baima Bollone scrive: Nessuno dei ventuno autori (quelli che compaiono sull'articolo che riporta i risultati delle analisi N.d.A.) è un esperto di Sindone ed in bibliografia si cita un solo testo sindonologico. Si tratta dei criticatissimi risultati delle ricerche e degli studi compiuti dalla Commissione di Esperti nominata dall'Arcivescovo di Torino, cardinale Michele Pellegrino, pubblicato nel 1976. L'articolo presenta la Sindone in termini erronei. ecc,ecc. (P.L.Baima Bollone:Sindone o no, op. cit. ref.6). In una intervista a The Tablet del 14 gennaio 1989 il prof. Edward Hall, l'analista di Oxford, affermava: Personalmente penso che non vi sia il minimo lembo di prova perché un'origine del primi secolo stia in piedi. Per esempio la cosa rimarchevole a proposito del Sudario di Torino è che i primi e soli documenti precisi e storici sono le due menzioni del XIV secolo quando i vescovo dell'epoca si sono lamentati che fosse un falso. E' la sola porzione di storia che si abbia.
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(151) Che nell'ambiente degli analisti AMS fosse diffuso il preconcetto che la Sindone di Torino fosse d'origine medioevale se ne ebbe conferma già nel 1987 al 4° Simposio Internazionale sulla Spettrografia di Massa con Acceleratori che si tenne in Canada ad Niagara-on-the-Lake. Durante il banchetto ufficiale all'Università di Rochester il professor W.S.A.Dale dell'Università dell'Ovest Ontario intrattenne i commensali sul tema Il Sudario di Torino: reliquia od icona?Secondo il prof. Dale è improbabile che l'immagine superficiale del Sudario di Torino sia anteriore al 969 d.C. e posteriore al 1169. (152) Vi sono delle procedure statistiche per verificare che lo scarto dei valori ottenuti dai singoli laboratori siano puramente casuali e non dovuti ad errori di procedura o ad un campionamento non significativo. La procedura adottata forniva un valore statistico del cosiddetto livello di significatività (significance level) che imponeva di riconsiderare i valori ottenuti. Il valore limite minimo accettabile di tale livello è il 5% e questo è appunto il valore compare nell'articolo di presentazione dei risultati. Tuttavia il valore corretto che si ottiene dal calcolo è il 4%. (vedi ref.153). (153) R.P.Jounvenroux: Intervalles de confiance et datation radiocarbone du Linceul de Turin, Actes du Symposium Scientifique International, Roma 1993, ed. F. Xavier de Guibert – Paris, pp.185-205. Una buona sintesi in M-C Van Oosterwyck Gastuche: Le radiocarbone face au Linceul de Turin, F.Xavier de Guibert, Paris 1999, pp.319-338. (154) Il reverendo David Sox è un benemerito della S.Sindone. La sua opera di demitizzazione è stata incessante. Già nel 1980 l'amico dottor Walter Mc Crone, un altro ricercatore, al quale si è già accennato nel presente testo, e che ha fatto molto per la Sindone di Torino, analizzando il materiale asportato dal Telo dai ricercatori dello STURP (Shroud of Turin Research Project) crede di aver individuato la prova che la Sindone è un dipinto di età medioevale. Vola allora in Inghilterra e fornisce la notizia della clamorosa scoperta sotto forma di comunicazione privata alla British Society for the Turin Shroud (Società britannica per la Sindone di Torino) della quale è segretario il reverendo Sox. Il Chatholic Herald pubblica nel settembre dell'80 la notizia che si diffonde sulla stampa mondiale. Sox dà le dimissioni da segretario e subito scrive un libro dal titolo L'immagine sulla Sindone. E' la Sindone di Torino un imbroglio? ove chiede scusa al pubblico per averlo involontariamente ingannato con una reliquia che la scienza ha dimostrato un falso. Purtroppo le prove di Mc Crone non hanno trovato conferma e si è dovuto definitivamente abbandonarle dopo i risultati delle ricerche multidisciplinari eseguite dei ricercatori dello STURP. (155)
M.Tite: intervista al quindicinale cattolico L'homme nouveau, del 15 ottobre 1989.
(156) p.75.
O.Petrosillo-E.Marinelli: La Sindone: un enigma alla prova della scienza, ref.31,
(157)
P.L.Baima Bollone: Sindone o no, ref.6, p.282.
(158) Scrive il dott.Willy Wölfli direttore del Laboratorio di Zurigo: la fuliggine di un incendio così come semi e pollini potrebbero contaminare un campione. Perciò tutti i campioni furono esaminati microscopicamente al fine di individuare e rimuovere il materiale 113
estraneo presente, Nel nostro caso nessun materiale di questo tipo è stato scoperto (Collegamento Pro Sindone, maggio-giugno 1989, pp.30-31). (159) La Contre-Reforme catholique au XXe siècle, Numéro Spécial 271, Fevrier-Mars 1991, pp. 36-37 e Fig.31. Occorre segnalare che le affermazioni riportate sono state registrate da fr.B.Bonnet-Eymard con l'autorizzazione degli interlocutori. I ricercatori di Tucson hanno scattato una macrografia del filo di seta rossa (la Sindone è fissata con impunture al suo supporto, un telo d'Olanda od "olandina", e protetta nella parte superiore da un panno di raso rosso). Uno di essi, Toolin, ha affermato a Bonnet -Eymard di averlo conservato; tuttavia, all'atto di mostrarlo all'ospite, non è stato possibile trovarlo (160) I rappezzi sono gli spezzoni di stoffa applicati al telo sindonico nelle aree carbonizzate ed ora rimossi dopo il restauro conservativo del 2002. (161) D.A.Kouznetsov-A.A.Ivanov-P.R.Valetsky: Effect of fires and biofractionation of carbon isotopes on results of radiocarbon dating of old textiles: the Shroud of Turin, J. of Archaeological Science, 23, 1996, pp.109-121; Detection of Alkylated Cellulose Archaeological Line Texile Samples by Capillary Electrophoresis / Mass Spectrometry, Analytical Chemistry, vol.66, n° 23, December 1,1994, pp.4359-4365. (162) M.Moroni: The age of the Shroud of Turin, Int. Sc. Symposium: "The Turin Shroud, past, present and future", Torino, 2-5 March 2000, Sindon-Effatà, TorinoCantalupo (To) 2000, pp.515-522; M.Moroni-F.Barbesino-M.Bettinelli:Possible Rejuvenation Modalities of the. radiocarbon Age of the Shroud of Turin, Shroud Turin Conference, Richmond, Virginia, 18-19 June 1999; Verifica di una ipotesi di ringiovanimento radiocarbonico, III Congresso Int. di Studi sulla Sindone, Torino, 5-7 giugno 1998. (163) J-B.Rinaudo: Protoni e neutroni le chiavi dell’enigma, Il Telo - Giornale Italiano di Sindonologia, maggio-agosto 1999, pp. 12-17; J-B. Rinaudo: Nouveau mécanisme de formation de l’image sur le Linceul de Turin ayant pur entraineruna fausse radiodatation médiévale, Actes du Symposium Scientifique International, CIELT, Roma 1993, F-X de Guibert 1993, pp. 293-300. (164)
Ref. 156.
(165) J.P.Jackson - K.Propp: On the evidence that the radiocarbon date of the Turin Shroud was significantly affected by the 1532 fire, Actes du IIIè Symposium scientifique International du CIELT , Nice, Editions du CIELT, Paris 1988, pp.61-82; B.J.Walsh: The 1988 Shroud of Turin Radiocarbon Tests Reconsidered, Shroud of Turin Int. Research Conference, Richmond, June 18-20, 1999. (166) M-C.Van Oosterwyck Gastuche: Dates radiocarbone sur tissus d’âge archéologique bien connu, Actes du Symposium Scientifique International, Rome, 10-12 juin 1993, François-Xavier de Guibert, Paris 1993, pp.219-228.
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(167) A.Ivanov: Carbon dating of the Turin Shroud: reasons for scepticism, alternative approaches, prospects and further research, Int. Sc. Symposium: "The Turin Shroud, past, present and future", ref. 102, pp. 479-494. (168) Il coefficiente di frazionamento è δ C13 = [(C13/C12)pianta / (C13/C12)atmosfera - 1] x 1000, espressione solitamente normalizzata al – 25 0/00. Se il rapporto (C13/C12)pianta rimane invariato non è possibile individuare le variazioni nel tenore degli isotopi. Tali variazioni possono raggiungere il 5-6 %, introducendo errori assoluti di 400-500 anni. (169)
M-C Van Oostrerwyck Gastuche: Le radiocarbone face au Linceul de Turin, ref.153
(170) J.M.Cardamone: Flax cellulose: characterization and aging, "Symposium Scientifique International sur le Linceul de Turin.", ref.145. (171) P.L.Baima Bollone-P.Borga-E.Morano: Prime osservazioni sulla fine struttura della Sindone al microscopio elettronico a scansione, Sindon, XIX, n° 26, CIS Torino, ottobre 1977, pp.15-22. (172) E' probabile che si tratti degli sfridi di lavorazione ottenuti dal sig.G. Riggi di Numana durante il prelievo per la radiodatazione nell'aprile dell'88. Tuttavia la cosa non è certa perché di tutta l'operazione coordinata dal dott.Tite, compresa la destinazione del materiale residuo, non esiste alcun verbale ufficiale. Il cardinale Giovanni Saldarini, attuale Custode della Sindone, ha rilasciato il 15 settembre '95 una dichiarazione nella quale afferma che non è noto che esista materiale residuo in mano a terzi e che se esistesse andrebbe restituita alla Santa Sede che ne è la legittima proprietaria. (173) Si tratta di funghi Lichenothelia che interagiscono con batteri Cyanobacteria formando strati che vanno da 1 a 500 millesimi di millimetro. La guaina che copre i fili sindonici è stata confrontata con quella di sei antichi artefatti; vedi L.Garza-Valdes: Bioplastic coating on the Shroud of Turin, a preliminary report, Symposium on the Shroud of Turin, San Antonio-Texas, 11 September 1993. D’altra parte .. la pulizia con il metodo standard non garantisce la rimozione delle microife. Occorre un metodo più selettivo (Radiocarbon, vol. 28, n°1, 1986, pp. 170-174). (174)
Intervista rilasciata alla giornalista Ida Molinari di Torino il 27 gennaio 1995.
(175) H.E.Gove-S.J.Mattingly-A.R.David-L.A.Garza-Valdes: A problematic source of organic contamination of linen,Nuclear Instruments and Methods in Physics Research, B 123, 1997, pp.504-507. (176) R. T. Morrison - R. N. Boyd: Chimica organica, Ambrosiana, Milano 1965, pp.859860; M.Copedé: La carta e il suo degrado, Nardini, Firenze 1991; J. C. Roberts: The chemistry of paper, The Royal Society of Chemistry. (177) M.Bettinelli - E.Cartoni - M.Moroni - F.Barbesino: Impiego di tecniche chimicofisiche per lo studio dell’invecchiamento delle fibre di lino, Worlwide Congress Sindone 2000, Orvieto, 27-29 agosto 2000; M.Moroni – F.Barbesino - M.Bettinelli: Analisi 115
radiocarbonica e datazione della Sindone di Torino, I Congresso internacional, II Congresso brasileiro sobre O Santo Sudario, Rio de Janeiro, 27-29 de junho de 2002. (178) G.Salet: articoli apparsi su La Lettre Mensuelle du CIELT. del febbraio (n° 50) e del maggio (n° 53-supplemento) del '94. (179) La scrittura ebraica classica, detta quadrata, si forma alla fine del 1° secolo d.C. Per un'organica esposizione dell'argomento si rimanda al capitolo 6 del volume Sindone e no, ref.6, ove l'argomento è trattato con ricchezza di informazioni. (180) In seguito i ricercatori dell’Istituto Ottico d’Orsay hanno applicato all’immagine del Volto sindonico le tecniche di codifica digitale confermando e ampliando le precedenti osservazioni, vedi A.Marion-AL.Courage: La Sacra Sindone - Nuove Scoperte, Neri Pozza, Vicenza 1988. 18 aprile 11.50 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Visualizza i riferimenti (1) | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione monete di ponzio pilato Mario Moroni – Francesco Barbesino – Maurizio Bettinelli La Santa Sindone di Torino e le monete di Ponzio Pilato I Congresso Internacional - II Congresso Brasileiro Sobre O Santo Sudario 27 – 29 de junho de 2002 Rio Janeiro - Brasil
Questa memoria illustra, sul piano storico e sperimentale, come sul telo della Santa Sindone di Torino sia possibile individuare l’impronta di due monete emesse dal Procuratore romano della Giudea Ponzio Pilato negli anni dal 29/39 della nostra era, l’una sulla palpebra destra e l’altra sul sopracciglio sinistro. Tuttavia per provare questo assunto occorrerà premettere diverse considerazioni di carattere generale. 1. Le monete imperiali romane
Divenuto unico arbitro della politica dell’Impero nel giugno del 23 a.C. Augusto pose mano, tra l’altro, alla riforma del sistema monetario fissando i pesi delle monete d’oro e argento e di metalli meno pregiati ed i reciproci rapporti. L’emissione delle monete d’oro e d’argento (il denario ed il quinario aureo ed argenteo) erano prerogativa che il Principe aveva avocato a se e vi compariva quasi costantemente la sua immagine anche se, per rispetto alle tradizioni senatorie, le monete venivano impresse lontano da Roma nella zecca di Lione (Lugdunum). La giurisdizione, almeno nominale, del Senato riguardava le emissioni in oricalco, lega di rame e zinco (sesterzio e dupondio), ed in rame che venivano coniate a Roma. Queste infatti recavano le lettere S e C (Senatus Consultum) e, secondo la tradizione repubblicana, il nome del monetiere cioè di uno dei tre magistrati addetti all’emissione delle monete (tresviri monetales). 116
Tiberio, succeduto ad Augusto, non si scostò per nulla dal sistema monetario instaurato e mantenne inalterata questa diarchia (o finzione politica) riguardante l’emissione della moneta. Tuttavia non occorreva essere al vertice dell’Impero per coniare lecitamente denaro. Già in epoca repubblicana l’imperium militiae attribuito ai magistrati maiores, governatori, legati, proconsoli, consentiva in caso di necessità di battere moneta, ad esempio quando occorresse pagare i soldati (1). 2. Le emissioni dei Procuratori romani di Palestina
E’ noto che alla morte di Erode il Grande, re della Palestina, gli succedettero per testamento i suoi tre figli. Archelao ebbe la Giudea, la Samaria e l’Idumea ma ben presto Augusto fu costretto per la crudeltà di questo (Mt. 2,22) ad avocare a se l’amministrazione di quelle regioni nominando un Procuratore scelto tra i funzionari romani dell’ordine equestre. Così dal 6 d.C. si succedettero quasi ininterrottamente sino all’inizio della Guerra giudaica ben 14 Procuratori. Tra i diritti che erano loro propri v’era quello di battere moneta. In realtà coloro che se ne avvalsero emisero monete di bronzo del valore di mezzo quadrante che presero il nome di dilepton (plurale dilepta); pesavano tra 1,3 e 2 grammi e presentavano un diametro medio di 16 mm. Il quadrante, un quarto dell’asse romano, anch’esso in bronzo, era la moneta di minimo valore del sistema monetario stabilito da Augusto ma, evidentemente, l’estrema povertà del popolo minuto imponeva che si coniassero monete di valore ancor minore. Quando la vedova additata ad esempio da Gesù ai discepoli (Luca 21, 1-4) versa al tempio tutto quanto possiede si tratta certamente di monete il cui valore era inferiore al quadrante, anche se non è facile stabilire a quali monete ci si riferisse perché, oltre a quelle dei Procuratori, erano in circolazione numerose monete di bronzo di piccolo taglio dei sovrani Asmonei che si erano succeduti nel passato, di Erode il Grande e dei principi erodiani. Le monete dei Procuratori romani, come ogni altra moneta romana, venivano fabbricate per coniazione; solo per le prime emissioni di bronzo del periodo repubblicano, stante le loro notevoli dimensioni, si era ricorsi al processo per fusione nel quale il metallo fuso colava in due stampi singoli o multipli di materiale refrattario (stampo e contro-stampo) perfettamente combacianti. Nel processo di coniazione, più complesso di quello di fusione, si procedeva anzitutto alla fabbricazione di tondelli lenticolari colando il metallo fuso in stampi circolari analoghi a quelli di fusione, ma che a differenza di questi avevano le pareti lisce. Spesso, più semplicemente, si colava il metallo in un solo stampo di terracotta o di pietra ad una faccia, sulla superficie del quale erano ricavate delle celle circolari collegate tra loro da dei brevi condotti che permettevano il fluire del metallo dall’una all’altra cella (Fig.1); i bordi inferiori di questa erano smussati per facilitare l’estrazione del metallo solidificato. Si passava poi alle vera e propria coniazione . I tondelli venivano separati uno per uno dai codoli di fusione che li collegavano gli uni agli altri, nuovamente riscaldati e, operando con delle pinze dalle lunghe leve, posti sull’incudine o blocco fisso al quale era rigidamente collegato il conio di bronzo o di ferro con inciso il diritto della moneta. A questo punto si assestava sul metallo un colpo con un martello che recava il conio del rovescio della moneta. Di questa tecnica si è ritrovata un vivace illustrazione a Pompei nella casa dei 117
Vettii ove si vedono dei graziosi amorini monetari tutti intenti alle varie fasi del lavoro (Fig.2). Tuttavia è lecito credere che, soprattutto per le monete di bronzo di scarso valore, il lavoro non fosse particolarmente accurato.. I membri della varie familiae monetalis erano reclutati esclusivamente tra i liberti e gli schiavi e degli stessi incisori non è stato tramandato il nome di nessuno di essi (2). Non è infrequente trovare monete ribattute cioè conii a cui non era bastato il primo colpo di martello per imprimere l’intera impronta sul metallo (Fig.3), sia perché era difficile colpire sempre con la stessa energia sia perché il tondello si spostava facilmente. Il distacco del ponticelli di fusione che collegavano tra loro i tondelli dava spesso luogo a monete tosate quando le cesoie asportavano anche parte del bordo della moneta o con un breve codolo quando il ponticello non veniva tranciato completamente. V’erano poi monete irregolari e monete con segni di rottura o di pinzatura; questi ultimi si erano impressi a caldo durante la fase finale della coniatura quando la moneta veniva trattenuta dalle pinze sull’incudine. Quanto alla tematica monetale un elemento importante distingue le monete di bronzo coniate dai Procuratori di Galilea da quelle emesse a Roma sotto l’autorità senatoria. In primo luogo il nome dell’imperatore regnante o un chiarissima allusione a lui compare sul recto di tutte le monete emesse sia Procuratori sia dal Senato. Ma questa concordanza è puramente apparente poiché la Giudea era una provincia procuratoria (una provincia imperiale di rango minore, di carattere più amministrativo che politico) alle dirette dipendenze dell’imperatore e quindi non soggetta all’autorità, sia pure formale, del senato. La ragione di questa "omissione di immagine" è da ricondursi ai limitati privilegi che Roma aveva riconosciuto alla nazione ebraica, soprattutto ad opera di Giulio Cesare. Tra essi vi era quello di astenersi in Palestina da imprimere monete sulle quali comparissero figure di uomini e di animali. Se osserviamo le monete emesse dai procuratori di Galilea vediamo che i temi iconografici scelti, in generale tendevano a rispettare tale prescrizione. Abbondano gli alberi di palma (simbolo della Giudea) e le spighe d’orzo ma non mancano i gigli, i grappoli d’uva, ed i rami frondosi. Tuttavia in una moneta di Valerio Grato del 16/17 d.C. compare un caduceo con i due serpenti intrecciati, simbolo di prosperità e di pace ma anche di Ermete (Mercurio) il messaggero degli dei romani. Ma ancor più apertamente provocatorio fu il suo successore, il cavaliere Ponzio Pilato. Le monete di Pilato
Ponzio Pilato fu procuratore della Galilea dal 26 al 36 d.C. L’immagine che di lui ci é tramandata attraverso Filone è tutt’altro che lusinghiera. Ma anche facendo una ragionevole tara ad un ritratto decisamente negativo rimane il fatto che tra lui e i suoi governati non correva buon sangue e Pilato faceva di tutto per contraddirli ed irritarli. In seguito trascese in vere e proprie repressioni cruente l’ultima delle quali, a danno dei Samaritani, fu la causa della sua rovina.
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Questo si può constatare osservando le tre emissioni di monete che vennero coniate mentre era in carica. La prima è del 29/30 d. C. e sul rovescio, oltre la scitta "Imperatore Tiberio" (TIBEPYOI KAIKAPOC), reca un simbolo chiaramente pagano: il simpulum. Questo era un mestolo con impugnatura utilizzato per assaggiare il vino che veniva poi versato sul capo degli animali destinati ai sacrifici pagani. Sul recto la moneta indicata dai numismatici come dilepton simpulum riproduceva tre spighe d’orzo con il nome "Iulia Augusta" o di Augusto (IOYAIA KAIKAPOC) cioè Livia Drusilla moglie di Augusto e madre del regnante imperatore Tiberio che il testamento del marito volle fosse annoverata tra la Gens Julia con il titolo di Augusta (3). Anche le altre due monete coniate nel 30/31 e nel 31/32 d.C. (4) portavano sul recto oltre la dicitura TIBEPYOI KAIKAPOC l’immagine chiaramente pagana di un lituus. Era questo una specie di bastone ricurvo senza nodi che gli auguri impugnavano durante le cerimonie e serviva per delimitare il templum cioè lo spazio celeste sovrastante l’area che si voleva consacrare. A Roma nella curia dei Salii si conservava quello che si riteneva avesse usato Romolo per ripartire le regioni della città quadrata. Sul retro di queste monete, indicate come lituus simpulum, fronde d’alloro simbolo di potere e di vittoria circonda la data di emissione, poiché nel frattempo Livia era morta. In realtà su tutte le monete non compare la data del calendario ma l’anno dall’inizio del regno dell’imperatore e pertanto al numero impresso sul simpulo occorre sommare gli anni che separano la salita al potere di Tiberio (19 agosto del 14 d.C.) dalla nascita di nostro Signore. Inoltre questo numero, è preceduto da una L che significa dell’anno (genitivo del terminelukabas), è espresso con lettere maiuscole dell’alfabeto greco: le prime nove lettere per le unità, le successive per le decine. Abbiamo pertanto delle monete del 29/30 d.C indicate con LIς (5), del 30/31 d.C indicate con LIZ, ed infine quelle del 31/32 d.C. a cui corrispondono le lettere LIH. Le monete dei Vangeli
Malgrado questi segni pagani è certo che le monete dei Procuratori venivano utilizzate nei piccoli commerci di tutti i giorni. Ma anche presso i sacerdoti del tempio di Gerusalemme e tra coloro che, come i farisei, ostentavano una intransigente fedeltà agli insegnamenti ed alle tradizioni ebraiche non si guardava molto per il sottile quando si doveva far uso di monete straniere. Ne sono testimoni i Vangeli. Ad esempio la tassa annuale che ogni ebreo adulto da tutto l’impero versava direttamente al Tempio era di mezzo sekel di Tiro (6) (Fig.4) una moneta d’argento che si poteva acquistare anche dai cambiavalute che commerciavano nelle vicinanze del Tempio. Sul diritto era rappresentato il busto del dio Melkart, protettore dei naviganti, col capo cinto d’alloro.
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Quando in Matteo (17, 24-27) gli esattori del Tempio chiedono a Pietro se il suo maestro paga la tassa per il Tempio, Pietro su ordine di Gesù getta l’amo e pesca una moneta che serve per pagare la tassa per ambedue; quella moneta è un sekel (7). Con trenta sicli (sekel) d’argento Giuda di Keriot (Matteo 26,14-15) viene pagato per il suo tradimento anche se, quando il Sinedrio ritorna in possesso di quei denari, non li ripone nuovamente nel Tempio essendo "prezzo di sangue". Anche nel notissimo episodio del tributo a Cesare, riportato da tutti e tre i sinottici, la moneta che viene mostrata a Gesù reca certamente l’effigie di un imperatore, Cesare Augusto o più probabilmente il regnante Tiberio Cesare. Venti secoli dopo
Venti secoli dopo alcuni ricercatori statunitensi che adottavano per le loro ricerche astronomiche un elaboratore di immagini fornito di microprocessore pensarono di applicare tale strumento alle immagini della Santa Sindone di Torino scattate da Giuseppe Enrie nel 1931. Lo strumento, un VP8 Image Analizer, era stato utilizzato per scattare fotografie spaziali ed elaborarle in modo da ottenere un’immagine tridimensionale. Questo era possibile nel caso del firmamento perché la densità luminosa delle singole stelle dipende unicamente dalla loro reale distanza mentre in una normale fotografia la tridimensionalità degli oggetti é percepita dal nostro cervello in base all’ombreggiatura degli oggetti. Al contrario, oltre ogni previsione degli stessi ricercatori che avevano proposto l’esperimento, l’elaborazione delle fotografie sindoniche restituì un’immagine plastica di un corpo umano nelle sue naturali proporzioni. Non è qui il luogo di illustrare in dettaglio lo sviluppo delle ricerche riguardanti la tridimensionalità dell’immagine sindonica. Quello che riguarda più direttamente questa relazione è il fatto che alla conferenza sulla Sindone di Torino del marzo del 1977 ad Albuquerque (8) i ricercatori statunitensi presentarono una memoria sulle prime elaborazioni tridimensionali dell’immagine sindonica nella quale tra l’altro si diceva, relativamente alla zona del viso, che si erano notate nelle orbite…oggetti solidi posati sulle palpebre e si avanzava l’ipotesi che potesse trattarsi di qualche tipo di moneta. Anche un gruppo di ricerca italiano alcuni mesi dopo, elaborando elettronicamente le immagini del volto sindonico in modo tale da rimuovere tutte le tracce di sangue, osservava due strutture simili a bottoni in corrispondenza delle orbite (9) (Fig.5). Sempre nel 78’ un ricercatore dilettante individuava, mediante la semplice stampa di fotografie a diversi colori del volto sindonico, due spessori di forma circolare in corrispondenza delle orbite (10). Anche sulle monete dell’Impero romano d’Oriente, come ad esempio sul tremissis aureo coniato da Giustiniano II (685-695), l’immagine canonica del volto di Cristo, in tutto conforme a quella della santa Sindone, presenta sotto le palpebre chiuse i lobi degli occhi molto pronunciati.
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In seguito indagini più accurate indirizzate specificatamente all’analisi della zona degli occhi dell’immagine sindonica accertarono che nell’orbita destra era presente una struttura con le dimensioni e lo spessore di una moneta mentre in quella sinistra era presente solo un contorno circolare. Ma la scoperta più significativa è da attribuire al prof. Francis Filas, un’insegnante di Teologia presso la Loyola University di Chicago (11). Nel 1954 dovendo intervenire in televisione ad un incontro riguardante la santa Sindone aveva fatto ingrandire una fotografia del volto scattata dall’Enrie ed aveva notato la presenza sull’occhio destro di quattro lettere dell’alfabeto disposte, come preciserà in seguito, dalle 9.30 alle 11.30 del quadrante di un orologio (Fig.6). Fu solo alcuni anni più tardi però che con l’auto di esperti numismatici comprese che quelle lettere potevano appartenere alla titulatura di una antica moneta e precisamente ad una di quelle emesse dal Procuratore di Giudea Ponzio Pilato. Le quattro lettere erano Y CAI e potevano far parte della dicitura greca TIBEPIOY KAICAPOC che appunto compariva su monete di 15-16 millimetri di diametro come i dilepta di bronzo emessi da Pilato. Tuttavia come prima lettera della seconda parola v’era una C anziché la K. Questo naturalmente creava un grave problema che si risolse solo dopo lunghe ricerche quando in un grande negozio di numismatica di Chicago padre Filas poté rintracciare un dilepton di Ponzio Pilato con la lettera C al posto della K, variante sino ad allora ignota e che venne inserita nello Standard Catalog of World Coins. Per la verità si conoscono oggigiorno anche delle monete nelle quali K è sostituita dalla lettera X, a conferma della poca accuratezza con la quale si emettevano queste monetine e lo scarso grado di cultura dei lavoranti. Successive indagini
Le notevoli scoperte del prof. Filas lasciavamo tuttavia un ampio margine di incertezza. Anzitutto anche il predecessore di Ponzio Pilato, Valerio Grato, aveva emesso delle monetine di bronzo con la dicitura TIBEPIOY KAICAPOC in forma abbreviata, anche se nei maggiori repertori di monete antiche non compare alcuna moneta con tutte le quattro lettere individuate (la Y in particolare) e disposte in sequenza. Nel 1984, in seguito ad una serie di esami particolareggiati, Mario Moroni sulle lastre fotografiche originali dell’Enrie (12)fu in grado di individuare in corrispondenza della palpebra destra il simbolo di un lituus impresso sulla tela della Sindone(13). Questo era orientato con il ricciolo superiore a destra dell’asse del pastorale e tale era quello che si poteva osservare anche sulle monete sino ad allora note. Occorre però ricordare che a differenza dell’impronta del corpo le macchie di sangue sulla Sindone compaiono in positivo e pertanto alla traccia ematica del lituus che era stato individuata su un negativo fotografico doveva corrispondere sulle monete un’immagine ad essa speculare. Alla traccia del lituus individuata sui negativi dell’Enrie doveva corrispondere un pastorale orientato come un punto interrogativo alla fine di una frase (?) . Iniziava così una estenuante ricerca che si concludeva soltanto quando uno tra i più famosi collezionisti di monete dei Procuratori romani (14) rintracciava quattro esemplari di dilepton lituus "retrograde" cioè col ricciolo disposto come un punto interrogativo (Fig.7 121
a e b). La data sul rovescio delle stesse monete “comuni” era Iς cioθ il 29/30 (15) d.C. e pertanto si trattava di monete emesse dal Procuratore Ponzio Pilato. Se è vero che alcune monete di Valerio Grato recano il simbolo del pastorale, tuttavia esse risultano diverse, come già abbiamo osservato, per le lettere e la disposizione della dicitura. Inoltre il numero di monete con il simbolo del lituo emesse da Pilato è certamente maggiore di quelle di Grato; infine i tipi reverse sino ad ora noti (nel frattempo altri ne sono stati reperiti), sono tutti appartenenti a monete fatte coniare da Pilato. A questo punto emerse un particolare del quale nessuno si era accorto: se il pastorale risultava invertito anche la dicitura letta sul negativo avrebbe dovuto essere tale. Infatti i litui riverse noti portano invertita anche la leggenda. L’obiezione apparve in evidenza solo durante una nuova elaborazione elettronica eseguita dal professor Balossino nell’aprile del 1996. Questa elaborazione permise anche di rilevare che alcune lettere della dicitura non erano disposte circolarmente intorno al pastorale: la C ed un estremo della A risultano chiaramente collocate sopra la parte ricurva del lituo "riverse" sottostante che presenta interruzione nelle zone di sovrapposizione (16) (Fig.8). Se ne può dedurre che la moneta è stata ribattuta imprimendo in un primo momento il pastorale rovesciato poi le lettere Y CAI. Sono emersi anche due brevi tratti paralleli posti a lato dell’asta verticale del lituo, con ogni probabilità i segni della pinzatura del tondello durante la coniazione (Fig.9). Infine, e fu il risultato più significativo sul quale ritorneremo in seguito, venne individuata sul sopracciglio sinistro una seconda monetina di Ponzio Pilato. Una valanga di obiezioni
Le obiezioni avanzate riguardo alle tracce della moneta sull’occhio destro sono state molte. Alcune riguardano la possibilità di errore nell’individuazione sia delle lettere della dicitura che del pastorale altre, più radicali, la formazione del decalco e le ragioni della presenza di questo. Si è obiettato che i caratteri maiuscoli delle lettere greche che padre Filas aveva creduto di vedere altro non erano che i bastoncino diritti o curvi dell’emulsione fotografica. Ipotesi alla quale si è risposto che questi bastoncini, visibili al microscopio, scompaiono sulla stampa ove è presente solamente l’immagine ripresa dall’obbiettivo. Si è detto anche che il ricciolo del pastorale poteva essere semplicemente l’ombra di un filo che spuntava dal tessuto ma se tale ipotesi fosse vera il filo sarebbe visibile sulle fotografie come accade alle fibrille della trama. Si è supposto che il bastone fosse stato confuso con un filo del tessuto ma lo spessore del pastorale sui coni è di 0,7 mm mentre i fili del Telo sono di 0,4 mm, spessore che si può verificare direttamente sulle lastre dell’Enrie ove l’immagine sindonica é in grandezza reale. D’altra parte se si pulisce il Volto con un filtro mediano che elimina tutto quanto non dipende dalla geometria del tessuto il simbolo non scompare (17). E’ stato invocato anche l’effetto Rohrschach che permette di ricostruire nella mente, a partire da un insieme di tratti in se slegati un’immagine nota. Effetto che non influenza l’elaboratore elettronico che presenta il pastorale come lo so vede sulle monete.. 122
Taluni si sono meravigliati che solo alcune lettere si siano decalcate ma evidentemente non si sono considerate le modalità approssimative con le quali venivano prodotte le monete povere. Ci si è chiesto anche perché non compaia il bordo della moneta. Ciò è dovuto al fatto, già accennato, che i bordi erano svasati per favorire l’estrazione delle monete dallo stampo mentre nel caso in cui si utilizzava solo un mezzo stampo la superficie superiore risultava lenticolare. Si è notato che l’impronta lasciata sul tessuto risulta ridotta (1÷25%) rispetto alle dimensioni originali del simbolo presente sul conio (Fig.10). Tale riduzione trae origine, assai probabilmente, dall’imperfetto contatto dell’estremità del simbolo impresso sulla moneta col tessuto (nonché eventualmente dalla sua bombatura) o dalla mancanza di sostanza d’apporto in corrispondenza dell’estremità dell’impronta (18). Ma veniamo a domande di maggior rilievo. Era usanza ebraica porre monete sugli occhi?
Anche tra gli ebrei di Palestina si usava chiudere gli occhi ai defunti. Il fatto non è contestabile. Compito normalmente spettante al figlio più anziano è attestato anche nella Genesi (46,4). Non così per la collocazione di piccoli oggetti, tra i quali le monetine, sugli occhi per impedire alle palpebre di rialzarsi. Questa particolare usanza funebre è stata da molti negata, anche se è possibile trovare affermazioni di senso opposto (19). Era costume etrusco, greco e poi romano il porre una monetina detta obolo di Caronte nella tomba o nell’urna cineraria del defunto; per i cadaveri inumati solitamente la monetina veniva posta in bocca ma talvolta anche in mano e sugli occhi (20). La pratica prevalente, assai nota, ha forse creato un pregiudizio anche sulla collocazione delle monete nei riti funerari degli ebrei dell’epoca di nostro Signore, collocazione che potrebbe rispondere, come si è accennato, più che ad una pratica religiosa ad un mezzo per impedire l’apertura delle palpebre così come avviene poche ore dopo la morte quando subentra la rigidità cadaverica. In ogni caso vi sono quattro ritrovamenti documentati di piccole monete di bronzo simili a dilepta di Pilato ritrovate al fondo di crani di defunti appartenenti ad ebrei della Giudea. Tre sono state individuate durante gli scavi nel cimitero comunitario israeliano di Gerico (21); di queste due di Erode Agrippa (37-44 d.C.) nella tomba indicata come D/3 ove il cranio venne ritrovato intatto, l’altra di Arcano II (63-44 a.C.) nella tomba D/18; una seconda di Archelao(4 a.C – 6 d.C.) giaceva li accanto al suolo. Una quarta moneta di Erode Agrippa coniata nel 42/43 d.C. fu scoperta in un ossario con urne di pietra scavato nella roccia alla periferia sud di Gerusalemme, una caverna di notevoli dimensioni il cui proprietario si ritiene fosse quel Giuseppe Caifa che condannò Gesù nel Sinedrio. La moneta fu ritrovata nel teschio conservato in un’urna di pietra che recava l’iscrizione "Miriam figlia di Simone" (22) (Fig.11). Per ragioni anatomiche una moneta di piccole dimensioni può cadere nella calotta cranica solo se è stata posta sugli occhi poiché solo in questa posizione può imboccare la fessura orbitale superiore; se venisse posta in bocca o rimarrebbe in essa o scivolerebbe in gola (Fig.12). Certamente le monete ritrovate nei crani sono relativamente poche ma 123
occorre considerare che durante i movimenti tanatologici (23) le monete tendono a cadere in bocca o ai lati; in ogni caso mai da questi nella scatola cranica. Si anche obiettato che la moneta era troppo leggera per tener chiuse le palpebre e che, inoltre, sarebbe scivolata via. Una serie di prove sperimentali hanno confermato il contrario (24); in particolare, operando su una persona supina col capo appoggiato al petto, ossia con inclinazione di 35-40°, sulle palpebre chiuse del quale venivano collocati dei dilepta di Ponzio Pilato si è potuto osservare che le monetine trattenute dalla sola untuosità della pelle, senza ricorrere ad alcun artificio, non scivolano via, cosa che non avviene con monete di peso e dimensioni maggiori. Quanto alla tela di lino che copre il cadavere, questa, imbevuta di una soluzione di aloe e mirra, si affloscia facilmente senza rimuovere le monete dalla loro posizione. Perché si è formato il decalco di sangue?
Occorre premettere che il corpo di Gesù quando,deposto dalla Croce, venne ricomposto nel sepolcro non venne lavato. E questo perché era morto di morte violenta (25); se dalle ferite aperte era sgorgato sangue in quantità superiore ad un quarto di log (un po’ meno di un decilitro) questo sangue doveva venire seppellito col morto (26). Pertanto è altamente probabile che le mani di coloro che avevano trasportato nostro Signore al sepolcro ed avevano adempiuto ai primi obblighi rituali si siano sporcate di sangue, imbrattando a loro volta gli oggetti che toccavano.. Poiché quella osservata sulla Sindone è una traccia ematica (abbiamo già detto che presenta la stessa inversione fotografica dei coaguli di sangue) per accertare la modalità secondo la quale poteva essersi decalcata si è proceduto ad una campagna di verifiche sperimentali. Una tela di lino a spina di pesce, simile a quella sindonica e dello stesso peso per cm2 , imbevuta di una soluzione di aloe e mirra, è stata posta a contatto con dei dilepton lituus originali ricoperti di un leggero velo ematico essiccato. Si sono ottenuti dei decalchi perfetti del pastorale (8 mm) e si è pure accertato che questi avvengono quasi istantaneamente dopo il contatto (Fig.13 a e b). Un’ultima conferma
In passato alcuni ricercatori ritenevano di aver individuato il decalco di un‘altra moneta sull’occhio sinistro, in posizione simmetrica rispetto alla precedente. Tuttavia ulteriori elaborazioni elettroniche (27) mostrarono la presenza sulla palpebra sinistra di un semplice contorno circolare privo di spessore e, in generale, l’ipotesi della seconda moneta venne consideratadi dubbia interpretazione (28). La presenza di una moneta venne scoperta assai più tardi, come già abbiamo accennato, dai professori. Baima Bollone e Balossino ma non sulla palpebra bensì, più in alto, sul sopracciglio sinistro (29) (Fig.14). L’elaborazione elettronica ha messo in evidenza un corpo della forma e delle dimensioni di un simpulum e la parte iniziale e terminale della leggenda che lo circonda cioè TIB e LIς e pertanto la monetina altro non è che un dilepton simpulum la cui emissione avvenne nel 29/30 d.C. E’ probabile che la monetina sia scivolata sul sopracciglio durante l’accostamento del lenzuolo poiché se lo spostamento fosse avvenuto in seguito il decalco sarebbe comparso nella zona della palpebra. 124
Individuata la collocazione della moneta e la probabile ragione del suo spostamento M. Moroni chiedeva al prof. Balossino di verificare un’ipotesi che già era stata formulata nel passato da alcuni fotografi dilettanti (30) e cioè che la palpebra sinistra fosse rimasta semi aperta. Fu così che una indagine specifica sul punto permise di accertare che effettivamente la palpebra non era chiusa completamente e mettere in chiaramente in evidenza la pupilla che sporge da essa (Fig.15). Immagini
Fig.1 - Stampo in pietra per la preparazione dei tondelli.
Fig.2 - Amorini monetarii. Dipinto nella Casa dei Vettii a Pompei.
Fig.3 - Moneta di Ponzio Pilato ribattuta.
Fig.4 – Mezzo sekel di Tiro.
Fig.5 - Elaborazione tridimensionale del Volto sindonico con in evidenza la zona dell’occhio destro e del sopracciglio sinistro.
Fig.6 - In alto a sinistra le quarto lettere dell’alfabeto individuate da Padre Filas.
Fig.7 – Monete di Ponzio Pilato: a) dilepton lituus ordinario; b) dilepton lituus reverse.
Fig.8 – Dilepton lituus con lettere eccentriche e sovrapposte al pastorale.
Fig.9 – Segni di pinzature sul dilepton lituus riverse (a destra).
Fig.10 – Riduzione dell’immagine del decalco rispetto alla moneta originale.
Fig.11 - Moneta di Erode Agrippa ritrovata nell’urna di pietra di Miriam. 125
Fig.12 – Possibile percorso della monetina posta sugli occhi.
Fig.13 – Decalchi sulla tela di lino del pastorale e del simpolum.
Fig.14 – Moneta individuata sul sopracciglio sinistro: elaborazione elettronica con pseudo colori (ref.29).
Fig.15 – Pupilla che sporge dall’occhio sinistro del Volto sindonico.
Note
(1) G. G. Belloni: La moneta romana – Società, politica, cultura, Carocci 2002, p. 118. (2) Enciclopedia Italiana delle Scienze, Lettere ed Arti, Vol. XXXV, Roma 1934, voce zecca. (3) M.Moroni – F.Barbesino: Il Telo, Anno II, 4, gennaio-aprile 2001, pp. 30-36 (4) Vedremo in seguito che v’é pure una variante di queste monete emessa prima del 19 agosto del 30 d.C. (5) Lo stigma ς θ un antico segno minuscolo introdotto tra le prime lettere dell’alfabeto con valore 6. (6) Tiro era una città libera nella Provincia romana di Siria e battè moneta propria dal 129 a.C. al 66 d.C. (7) Nelle traduzioni della Bibbia spesso compare il termine generico di diadramma, essendo la dramma una moneta d’argento, o quello di statere, termine esso pure generico per indicare una moneta d’argento pari a due dramme. (8) J.Jackson, E.Jumper, B.Mottern and K.Stevenson: The three dimensional image on Jesus’ burial cloth, Proc. U.S. Conference Shroud of Turin, Albuquerque, NM, Mar. 1977, pp.74-94. (9) G.Tamburelli e G.Garibotto: Nuovi sviluppi nell’elaborazione dell’immagine sindonica, Atti del II Congresso Internazionale di Sindonologia, Torino 7-8 ottobre 1978, Paoline, Leinì 1978. (10) P.Ugolotti: La Sindone attesa, Atti del II Congresso Internazionale di Sindonologia, ref.8.
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(11) F.L. Filas: The dating of the Shroud of Turin from coins of Pontius Pilatus, 2nd ed., June 1982; M. Moroni: traduzione in italiano e recensione in Sindon, n° 31, dicembre 1982, pp.109-110. (12) Si tratta di controtipi ottenuti per contatto diretto dai negativi originali anch’essi su lastre di vetro 40x50 cm. (13) M. Moroni: L’Uomo della Sindone morì sotto Ponzio Pilato, Atti del II Congresso Nazionale di Sindonologia, Cagliari, 29-30 aprile 1990, pp. 253-291. (14) Si tratta di Arden H.Brame Jr.II (15) Il simbolo non è più il simpulum bensì il lituus reverse ma l’emissione è certamente avvenuta dopo la morte di Julia e prima del 19 agosto del 30 d.C (LIς cioθ 16 anni di regno di Tiberio Cesare). V’è disaccordo tra eminenti numismatici sul fatto che il numero si debba leggere Iς (16) o IZ (17) ove la Z sarebbe stata scritta a rovescio. Tuttavia in Y. Meshorer: Ancient Jewish Coinage, vol.II, Tav.32, n°23, Herod the Great through bar Cochba, Amphora Book, 1982 la presenza di una moneta datata Iς ι accertata. (16) M.Moroni e F. Barbesino: Sulla Sindone due monete di Tiberio Casare?, Il grande libro della Sindone, San Paolo, 2000, pp. 217-220. (17) G.Tamburelli e N.Balossino: La datazione della Sindone e l’impronta della monetina, V Congresso Nazionale di Sindonologia, Cagliari 29-30 aprile 1990. (18) Vedi analisi elettronica del prof. G. Fanti – ottobre 2001. (19) A. P. Bender: Belief, Rites and Customs of the Jews connected with Death, Burial and Mourning, Jewish Quarterly Review, VII, 1985. Anche l’autorevole archeologo di Gerusalemme Y. Meshorer si è espresso a favore delle monete sugli occhi nel corso di una conferenza registrata (marzo 1989). (20) Sovrintendenza Archeologica per le Provincie di Napoli e Caserta: Dai Sedicini ai Romani – La necropoli di Orto Ceraso a Teano - Mostra di materiali archeologici dai nuovi scavi - Le monete (B.M.Sgersi). (21) R.Hachilili: Ancient Burial Custom Preserved in Jericho Hills, Biblical Archaeology Review, 5, 1979; R. Hachilili and A. Killebrew: Was the Coin-on-Eye Custom a Jewish Burial Practice in the Second Temple Period?, Biblical Archaeologist, 46, 1983. (22) Biblical Archaeology Review, September-October 1992, 18, n° 5, pp.28-44 (23) F. Pastore Trossello: Alcune considerazioni sulla questione delle monetine, Sindon, n° 34, pp. 103.107. (24) M.Moroni: …ancora una monetina nel teschio (25) M.Laman: The Jewish Way in Dath and Mournig, New York, 1969. 127
(26) G.Ghiberti: La sepoltura di Gesù, Marietti, Asti 1982, p.25 (27) Le prime osservazioni elettroniche furono quelle della Log/E Interpretation System di Overland Park; seguirono quelle del prof. G.Tamburelli (Sindon, 34, dicembre 1985, p.19) che giudicò l’ipotesi della seconda moneta non adeguatamente documentata. (28) Il giudizio è di M.Moroni (L’Uomo della Sindone morì sotto Ponzio Pilato, Atti del V Congresso Nazionale di Sindonologia, Cagliari 1990, p. 258). (29) Ne hanno dato notizia P.L. Baima Bollone e N. Balossino al programma Mixer della Radiotelevisione italiana RAI 2 il giorno l8 luglio 1996; inoltre vedi P.L. Baima Bolone: Sindone - La prova, Milano 1998, p.240. (30) P.G. Sanna Solaro: La Sindone che si venera a Torino, Bona, Torino 1901; R. Voltolini: Una foto diversa, Atti del II Convegno Nazionale di Sindonologia, Bologna 27-29 novembre 1981.
18 aprile 11.39 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione analisi 2002 Mario Moroni – Francesco Barbesino – Maurizio Bettinelli Analisi radiocarbonica e datazione della Sindone di Torino I Congresso Internacional - II Congresso Brasileiro Sobre O Santo Sudario 27 – 29 de junho de 2002 Rio Janeiro - Brasil 1. Il metodo di analisi
In natura esistono 5 isotopi dell’elemento Carbonio, cioè cinque atomi con uguale numero di protoni (6) ma diverso numero di elettroni. Ne derivano uguali proprietà chimiche e masse diverse. Ai fini pratici tre sono gli isotopi significativi: il carbonio 12, 13 e 14 indicati con notazione scientifica come 12C, 13C e 14C. I primi due sono stabili nel tempo mentre il terzo decade trasformandosi in azoto 14 (14N) con emissione di particelle β. Il 14C si forma negli strati alti dell’atmosfera (fig.1) per la collisione dei neutroni dei raggi cosmici con atomi di 14N. Il carbonio così prodotto viene poi ossidato dall’ozono presente a 14CO2, che si miscela nella biosfera alla CO2 del ciclo biologico. Negli organismi viventi il tenore di 14C si suppone, in prima approssimazione, costante ed in equilibrio dinamico con l’ambiente esterno. Quando l’organismo vivente muore cessa lo scambio con l’ambiente esterno e il 14C presente nell’organismo non viene più sostituito e decade col passare del tempo ritrasformandosi in 14N. Questo decadimento avviene secondo una precisa legge esponenziale e pertanto in base al tenore di 14C residuo si può determinare il tempo che è intercorso dalla morte dell’organismo se si suppone costante il tenore del 14C iniziale. Si calcola che questo si riduca a metà in un periodo di 5730 ± 40 anni. 128
Tuttavia la datazione calcolata in base alla legge di decadimento è puramente teorica poiché in passato vi sono state nell’atmosfera sostanziali variazioni del contenuto di 14C. Per determinare il tempo reale intercorso dalla morte dell’organismo al momento delle analisi si porranno le datazioni calcolate a confronto con delle curve di calibrazione costruite analizzando il contenuto in 14C presente negli anelli annuali di accrescimento delle piante. Per le date più lontane dalla nostra epoca si ricorre a rari esemplari di alberi assai longevi quali, ad esempio, i Pinus aristata delle aree montane degli Stati Uniti sud-occidentali (oltre i 4000 anni) o a reperti fossili. Per il calcolo del 14C residuo si possono utilizzare dei minicontatori nei quali, come in un contatore Geiger, .si esegue il conteggio delle particelle β emesse dal campione in un tempo determinato. I tempi di analisi sono dell’ordine dei mesi e la quantità di materiale necessario, che non viene distrutto, di qualche decimo di grammo. Oggigiorno con gli spettrometri di massa ad accelerazione (AMS) (1), (2), apparecchiature entrate in uso da qualche decennio (fig.2), è possibile eseguire il conteggio diretto degli atomi di 12C, 13C e 14C contenuti in qualsiasi reperto organico prima trasformandoli per combustione in grafite e caricandoli negativamente, poi accelerandoli e separandoli grazie alla loro differenza di massa, malgrado il fatto che il 14C sia presente in natura in tenori bassissimi (un atomo di 14C ogni 1012 atomi di 12C e 13C). L’analisi comporta la distruzione di campioni di qualche decina di mg ed un tempo di esecuzione di qualche ora. Un’analisi corretta prevede normalmente che le analisi vengano eseguite su diversi campioni del reperto e ripetute più volte sullo stesso campione, metodica resa possibile dal fatto che con le apparecchiature AMS bastano spesso campioni di peso estremamente limitato. Per tener conto della fluttuazione dei risultati dovuti agli errori di misura casuali (oltre a quelli sistematici e di campionatura che si cerca di ridurre al minimo) alla data ottenuta si associa la deviazione standard σ o 2σ, pari rispettivamente al 66% ed al 95% delle osservazioni comprese entro la distribuzione gaussiana dei risultati ottenuti. Inoltre, a causa delle esplosioni nucleari del secolo passato, si escludono campioni di riferimento posteriori al 1950 anno che, con la notazione BP - before present, è assunto come la data dell’anno in corso. 2. Le analisi del 1988
Nell’aprile del 1988 tre laboratori di analisi dotati di spettrometri AMS ottenevano l’autorizzazione dalla Santa Sede alla radiodatazione di alcuni campioni che sarebbero stati prelevati dalla Sindone. I Laboratori prescelti erano l’Università di Tucson nell’Arizona, l’Università di Oxford e l’Istituto Federale di Tecnologia di Zurigo. (3), (4). Nel 1986 era stato redatto, con la collaborazione di tutti i gruppi interessati alle analisi della Sindone, un programma operativo che prevedeva che tali analisi venissero eseguite 129
da sette laboratori, cinque dotati di apparecchiature AMS e due di minicontatori. Al termine dei lavori era stato stilato un Protocollo che offriva numerose garanzie di correttezza ed affidabilità. Purtroppo, in seguito, il Cardinale di Torino Anastasio Ballestrero, al quale spettava l’ultima parola, decideva di affidare la datazione solo ai tre laboratori AMS sopra indicati, anche in considerazione dei limiti imposti da una lettera di autorizzazione inviatagli della Santa Sede. Con questa decisione si sceglieva di operare con un solo metodo d’analisi e per di più distruttivo. Ma nello svolgersi del prelievo e delle analisi molti altri aspetti indicati nel Protocollo preliminare venivano completamente trascurati (fig.3). Ci si dimenticava di redigere un verbale di prelievo, dimenticanza che genererà in seguito una grande confusione e persino il sospetto di sostituzione dei campioni. Inoltre i tre enti previsti quali garanti scientifici dell’intera operazione (l’Istituto Metrologico Colonnetti di Torino, la Pontificia Accademia delle Scienze ed il Brithish Museum) venivano ridotti al solo dr. Mike S.Tite del British Museum. L’età dei due campioni di controllo (cammin facendo divennero tre), che dovevano rimanere ignoti ai tre laboratori d’analisi venne comunicata all’atto della consegna dei campioni sindonici; . questi avrebbero dovuto essere appunto di controlloperché operando alla cieca, se i risultati ottenuti si fossero rivelati esatti si avrebbe avuto conferma della validità delle metodiche utilizzate. In questo modo invece, come ebbe modo di commentare il professor Lejeune, si perse la testimonianza dei testimoni. Infine la preventiva ricerca chimico-fisica sul tessuto da analizzare, che sarebbe stata assolutamente d’obbligo venne posticipata sine die alle analisi spettroscopiche che oltretutto…. erano distruttive. Questa spensierata gestione della radiodatazione della Sindone proseguì, senza incontrare significative resistenze, durante tutto l’iter sperimentale. Le analisi dovevano svolgersi con estrema riservatezza. Ma al laboratorio di Tucson fu ospite, quale osservatore, il professor Harry Gove mentre Zurigo apriva le porte al reverendo David Sox, acerrimo detrattore della Sindone, al quale fu permesso persino di introdurre un equipe televisiva della BBC per filmare alcune fasi delle analisi. Due settimane prima dell’annuncio ufficiale dei risultati Sox darà alle stampe un libro dal titolo significativo La Sindone smascherata. I risultati finali dopo esser stati comunicati al cardinale Ballestrero, che li rendeva pubblici, comparivano su un breve articolo della rivista scientifica Nature (5). In seguito nessuna relazione dettagliata e .neppure i dati grezzi vennero messi a disposizione della comunità scientifica. Eppure ambedue, oltre che graditi, sarebbero stati necessari per molteplici ragioni. I risultati provenienti dai tre laboratori che avrebbero fornito, come conclude l’articolo di Nature, la prova definitiva che il lino della Sindone è medioevale non sono coerenti tra loro sulla base dello stesso metodo di Ward e Wilson (6) utilizzato nell’articolo in questione per escludere la presenza di errori sistematici quali quelli causati da difetti di procedura o da un campionamento non rappresentativo dell’oggetto. Nella II tabella dell’articolo di Nature (fig.4) il Livello di significativitàdei risultati relativi ai campioni sindonici sarebbe stato pari al 4%, cioè inferiore a quel 5 %, che é considerato il valore minimo accettabile dal metodo in questione se, molto sportivamente, non lo si fosse arrotondato al 5 %. 130
L’articolo esprime il dubbio, quanto mai giustificato, che gli intervalli di errore individuati dai singoli laboratori possano non essere compresi nell’intervallo di dispersione totale (fig.5). Nell’incertezza si sostituisce per il campione sindonico, e solo per quello, alla media ponderale, che sarebbe d’obbligo, quella aritmetica e alla distribuzione di Gauss quella di Student e così tutti gli intervalli dei singoli laboratori vengono fatti rientrare in quello complessivo. Vi sono inoltre diverse aporie di fondo che o non sono state mai prese in considerazione o sono state rigettate dopo un esame superficiale, probabilmente perché assai scomode. Se ne citano qui solo due che possono venir riassunte in parole semplici e si rimanda chi volesse approfondire gli argomenti alla bibliografia da noi segnalata. Una prima riguarda l’elaborazione statistica dei risultati ottenuti dai tre laboratori di analisi. Questi hanno dato per scontato che i valori trovati sperimentalmente si disponessero secondo una distribuzione normale, quella che assume la forma di una campana svasata ove i risultati si addensano nell’intervallo centrato nel punto di media. Questa distribuzione presuppone che i campioni siano tra loro omogenei cioè che il tenore di C14 non vari da punto a punto del tessuto. Ma nel caso specifico questa ipotesi é tutt’altro che dimostrata e se la distribuzione non é normale non è lecito escludere alcuno dei valori ottenuti, poiché tutti hanno lo stesso grado di probabilità (7). Per sostenere che la distribuzione era uniforme mancavano le necessarie analisi chimico– fisiche. D’altra parte lo studio preliminare di intercomparazione (1986) (8), eseguito da sei laboratori, (4 AMS e 2 minicontatori) coordinati dal dr.Tite, su tre diversi campioni (uno egizio e due peruviani) dei quali era nota l’età archeologica, diedero risultati tutt’altro che probanti: i due campioni peruviani, non presentavano assolutamente nulla che permettesse di ipotizzare una distribuzione normale. Il risultato di uno di questi, inoltre, era così lontano dalla data archeologica nota che venne ritirato e sostituito appunto dal secondo. Quanto al campione di mummia egizia, che era già stato analizzato col metodo del C14 al British Museum, ci si basò in tutto su otto valori uno dei quali venne scartato in quanto giudicato anomalo. Inutile dire che a differenza della Sindone, il tessuto analizzato era integro e non aveva subito nessun tipo di riscaldamento e che l’eliminazione di tutti i risultati giudicati "aberranti" (il 22% del numero complessivo), che favorì l’avvicinamento alle date storiche, fu eseguita in base all’ipotesi che la distribuzione fosse quella normale. Non si può neppure trascurare l’ipotesi avanzata dalla professoressa Marie Claire Gastuche (9) secondo la quale durante l’incendio di Chambery sarebbe avvenuta una migrazione di atomi di carbonio con conseguente distribuzione disuniforme da punto a punto del Telo. La professoressa ha notato che il tenore di C14 determinato nel 1988 cresce in funzione della posizione dalla quale è stato prelevato il campione ed è maggiore quanto maggiore è la distanza dal bordo del lenzuolo. Occorre ricordare che nei prelievi eseguiti per datare la Sindone si prescrisse di ritagliare dei campioni che fossero lontani dalle zone carbonizzate, precauzione strana se si considera che il carbone è il materiale più adatto per la radiodatazione. Inoltre, per una fortunata coincidenza la prof. Gastuche, venne in possesso di un tessuto sintetico che era stato coinvolto da un incendio ma era sfuggito alla distruzione e sembrava 131
a prima vista integro. Il panno, che giaceva ripiegato su se stesso e protetto da un involucro di plastica dura, era stato attaccato dal calore e dall’acqua. Nella zona di piegatura si osservavano delle bande di colore scuro indelebili, resistenti agli attacchi di pulizia, composte essenzialmente di carbone. Le curve dendrocronologiche (un esempio in fig.6) sono tutt’altro che precise. Nel 1986 venne pubblicato dalla rivista Radiocarbon, sotto la direzione di Minze Stuiver e Renée Kra, il libro Special calibration issue nel quale si riassumeva una larga messe di risultati ottenuti misurando il contenuto in C14 presente negli anelli di piante provenenti, per il breve periodo, soprattutto dal continente nordamericano e dall’Irlanda. Questi risultati elaborati statisticamente col metodo di Ward e Wilson hanno prodotto la curva di calibrazione di Stuiver e Person utilizzata per la datazione della Sindone Tuttavia nel 1982 sulla rivista Radiocarbon era comparso un poderoso studio portato a termine da cinque laboratori statunitensi altamente qualificati che avevano costruito una curva di calibrazione in base all’esame del C14 eseguito su oltre mille campioni provenienti da un solo tipo di albero il Bristlecone Pine originario dell’Arizona. Chi si è preso la briga di verificare alcuni intervalli di confidenza che si ricavano da questa curva di calibrazione ha constatato che utilizzando la curva di Stuiver e Person tali intervalli risultano molto più ristretti (10). E’ lecito chiedersi se questo "benefico" risultato dipenda dall’elaborazione statistica e non intervenga anche la differenza che si ottiene passando da una specie all’altra di piante e se la curva di Stuiver e Person, che viene dichiarata universale solo perché i dati sono stati elaborati statisticamente, valga anche per la flora mediterranea. Anche prima che la pianta muoia gli isotopi del carbonio, C 12, C13, e C14 e così pure i rapporti C 13/C12 e C14/C12 sono diversi nell’atmosfera e nella pianta. Questo fatto, indicato come frazionamento isotopico, viene espresso da un coefficiente δC 13 funzione del rapporto C13/C12 nella pianta e nell’aria (sempre inferiore all’unitΰ) che viene solitamente normalizzato al –25 0/00 . Tuttavia é noto che anche nella pianta stessa gli isotopi si possono distribuire in concentrazione differente nelle radici, nel fogliame e nello stelo (11) poiché queste parti della pianta hanno funzioni differenti e differenti contenuti di lipidi, albumina e carboidrati. Si considera che il coefficiente di frazionamento possa variare del 5-6 % introducendo errori di datazione che possono raggiungere i 400-500 anni. Ed è pure possibile che il coefficiente δC 13 rimanga costante non rendendo visibile la diversa distribuzione di C14 quando non variano i rapporti tra gli isotopi ma solo la loro concentrazione nelle diverse parti della pianta. La pianta lino (12), anche limitandoci allo stelo, é composta da strati concentrici (fig.7) nel quale si distinguono l’epidermide, il parenchima corticale, i fasci fibrosi, le cellule del cambio, il legno ed infine le cellule del midollo che sono le più prossime alla cavità centrale. Gli stessi fasci fibrosi che dopo macerazione e stigliatura forniscono le cosiddette fibre tecniche per la produzione del tessuto non sono costituite da cellulosa pura (52-58%) ma da sostanze complementari alcune delle quali, come la pectina e la lignina, non vengono rimosse dai convenzionali trattamenti di pulizia chimica. Inutile dire che anche per questi fasci di fibre con i quali si producono i tessuti di lino si adotta la stessa curva di calibrazione ricavata dal fusto di piante centenarie cresciute sotto altri cieli.
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Per questi ed altri motivi il risultato definitivo delle analisi radiocarboniche eseguite nel 1988, 2σ = 1325 ± 65 (cioè una data storica compresa tra il 1260 ed il 1390) è soggetto ad amplissima cauzione. Gli autori della presente memoria ritengono che nelle analisi del 1988 si siano forzati i valori finali verso una datazione del XIV, l’unica creduta plausibile dai carbonisti in base alla loro superficiale conoscenza delle problematiche della Sindone. Tuttavia il ringiovanimento radiocarbonico di un tessuto organico quale il lino è possibile e gli autori stessi sono tra coloro che si sono posti seriamente alla ricerca delle eventuali cause che possono averlo prodotto. I postulati che venivano rimessi in discussione nell’intraprendere le ricerche erano due: che il tessuto di lino era rimasto un sistema impermeabile agli agenti esterni (chiuso) dall’epoca della sua fabbricazione ad oggi e che la distribuzione di C14 era omogenea in ogni punto del Telo. 3. Possibili cause di deviazione del metodo
Si è già accennato che la fibra che viene lavorata per produrre il tessuto di lino é la fibra tecnica, un elemento fibroso composto da numerose fibre elementari. Le fibre elementari, di cellulosa quasi pura, sono formate da fasci di catene polimeriche lineari nelle quali il monomero è formato da due molecole di β glucosio nelle quali un atomo di ossigeno collega gli atomi di carbonio in posizione 1 e 4. Esse crescono associate a sostanze complementari quali pectina e lignina Le singole catene si dispongono nello spazio in modo da favorire al massimo la formazione di numerosissimi ponti idrogeno che le tengono legate le une alle altre. Benché il singolo legame idrogeno sia debole il grandissimo numero di tali legami equivale complessivamente ad un legame abbastanza forte. Tanto è maggiore il numero di ponti idrogeno tanto più il fascio di molecole sarà fitto e regolare. Si parlerà allora di una zona cristallina. Se, al contrario, i fasci saranno meno regolari e compatti queste altre zone, le più aggredibili dagli agenti esterni, saranno dette semicristalline o amorfe (13), (14), (15). L’assorbimento di carbonio dall’ambiente esterno potrebbe avvenire o per reazione dei gruppi alcolici primari (-CH 2-OH) e secondari (=CH-OH) della cellulosa in aldeidi (-CH=O), chetoni (=C=O) ed acidi carbossilici (-COOH) o per rottura dei ponti idrogeno e successive reazioni. 3.1 Effetto del calore Il primo agente esterno da noi considerato é stato il calore poiché l’incendio di Chambery è uno dei dati certi della tormentata storia della Sindone. Un primo tentativo è stato da noi effettuato (16) su di un lino antico che era stato preventivamente radiodatato presso i laboratori dell’Università dell’Arizona a Tucson e dell’IsoTrace Radiocarbon Laboratory di Toronto. La data storica .proveniente dalle analisi 650 o 658 d.C. veniva messa a confronto con il risultato ottenuto con lo stesso tessuto dopo che questo che era stato riscaldato in una scatola di legno 30 minuti a 150° e, successivamente, 10 minuti a 180°. La nuova data storica, determinata dal laboratorio di Tucson, risultò il 545 d.C., cioè di poco inferiore ai valori ottenuti dai campioni non trattati termicamente.
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Si pensò allora di procedere a nuovi esperimenti di simulazione termica sia utilizzando condizioni di prova più aderenti a quello che si poteva ipotizzare fosse avvenuto nell’incendio di Chambery. Venne anzitutto determinata la temperatura raggiunta dalla Sindone durante l’incendio in base a prove preliminari eseguite riscaldando un telo di lino tessuto a saia (scala 1:2 rispetto alla Sindone), imbevuto di una soluzione diluita di aloe e mirra, ripiegato in quarantotto quadrotti e racchiuso in un cofano di rame argentato con le pareti interne foderate di legno (spessore 18 mm). Il cofano veniva investito da tutti i lati dalle fiamme di un camino e si determinava con termocoppie la temperatura interna ed esterna ad esso. La tipica colorazione avorio propria della Sindone si raggiungeva in prossimità dei 180 °C interni, valore confermato dallo spettro all’infrarosso che presentava una sostanziale analogia con quello sindonico. La simulazione termica (17) venne attuata con un riscaldamento sino 550 °C esterni e a 176 °C interni mentre il raffreddamento di effettuava con getti di acqua dopo circa 35’dall’inizio dell’esperimento. Il campione di lino antico, proveniente dagli scavi di En Gedi era collocato sul 21° strato delle tela ripiegata (probabile posizione dei campioni sindonici prelevati nel 1988). I risultati delle analisi radiocarboniche eseguite su campioni originali (Tucson e Toronto) e dopo trattamento termico (Tucson) non hanno fornito significative variazioni dell’età radiocarbonica. Un esame critico delle esperienze eseguite permise tuttavia di individuare un’ulteriore condizione necessaria per una più corretta simulazione: era indispensabile che l’acqua di spegnimento penetrasse nel cofano. Questo era avvenuto a Chambery: lo attestavano le tracce di gore d’acqua visibili sulla Sindone. Pertanto su un lato dell’involucro metallico venne praticata una saldatura a stagno che si liquefaceva al calore delle fiamme ed alla quale corrispondeva una fessura nella sottostante fodera in legno Anche lo spessore di questa venne ridotto da 18 a 4 mm. I campioni di lino antico utilizzati per le nuove esperienze (18) appartenevano alla mummia Lyma e provenivano dal Museo dei Tessili di Lione. Questo tessuto, previamente radiodatato presso il Centre de Datation par le Radiocarbone dell’Università C. Bernard di Lione (fig.8), era risultato del 160 ± 60 a.C. (intervallo di confidenza 95%: 2σ = 340 a.C -17 d.C.). Durante l’esperienza l’acqua di spegnimento inizialmente evaporava senza penetrare nel cofano ma in seguito, col diminuire della temperatura esterna, una piccola parte di essa si incanalava nella fessura aperta e penetrava all’interno ove evaporava miscelandosi ai gas di combustione. Una prima prova non forniva alcun risultatodi rilievo. Il contenuto in C14, determinato presso la Beta Analitic di Miami, era rimasto pressoché inalterato (130 ± 40 a.C. - 2σ = 190 a.C. ÷ 5 d.C. ). Ripetemmo allora l’esperimento inserendo un nuovo parametro: la presenza di ioni Ag. Questo lo ottenemmo inserendo all’interno del cofano alcune borchie d’argento. Per la verità che l’argento agisse come catalizzatore favorendo le reazioni di carbossilazione lo aveva affermato il dr. Kouznetzov (ref.18) ed era un’ipotesi che era stata fortemente contestata. L’analisi del tenore di C14 dei campioni Lyma in seguito all’introduzione di questo ulteriore accorgimento forniva come data radiocarbonica l’anno 0 ± 50 (2σ = 40 a.C -160 d.C.) con un ringiovanimento di 160 anni nel tenore di C14 ed uno spostamento nello stesso senso dell’intervallo di confidenza. Ringiovanimento che, anche se assunto con precauzione, mostrava a nostro avviso una tendenza all’aumento del tenore di C14. 134
In parallelo con questa ultima esperienza, da noi indicata come Moroni, ne venne condotta un’altra nella quale venivano riprodotte le condizioni operative utilizzate dal dr. Kouznetsov all’Istituto Sedov di Mosca (19): una soluzione acquosa di CO e CO2 con ioni Ag a 200 °C per 90 minuti primi. L’unica differenza era che nelle nostre esperienze (indicate comeKouznetsov) la miscela fluiva molto lentamente in continuo. Il tessuto utilizzato era ancora quello della mummia Lyma. L’analisi eseguita dopo il trattamento dal laboratorio di Toronto forniva come età storica il 140 ± 60 d.C. (2σ = 75-390 d.C.) con un netto ringiovanimento, rispetto al tessuto originario, dell’ordine dei 300 anni. 3.2 Irraggiamento neutronico Lo spezzone di tessuto della mummia Lyma ci era stato gentilmente inviato dal prof. Jean Baptiste Rinaudo, biofisico dell’Università di Montpellier. Questi ipotizzava (20), (21) che una sorgente di energia avesse disintegrato gli atomi di deuterio presenti nell’acqua e nella materia organica del corpo umano e che questa fissione avresse liberato protoni e neutroni. I primi avrebbero creato l’immagine del telo sindonico mentre i secondi ne avrebbero aumentato notevolmente il contenuto in C14. Pertanto, oltre ai campioni non trattati, ci aveva inviato uno spezzone di tessuto che era stato irraggiato nel reattore nucleare dell’Università Luis Pasteur di Strasburgo con un flusso integrato di 1,16 1013 neutroni /cm2. In precedenza si era verificato che questo flusso era lo stesso con il quale i corrispondenti protoni impartivano al lino la colorazione giallo avorio della Sindone. Inviammo al laboratorio di Toronto due campioni per la radiodatazione: il primo semplicemente irraggiato ed il secondo, esso pure irraggiato, che avevamo sottoposto ad un successivo trattamento termico secondo i parametri Moroni. Il primo risultava ringiovanito di 360 anni (200 ± 50 d.C. - 2σ = 145-215 d.C.) mentre nel secondo l’aumento del tenore di C14 avrebbe comportato un aumento della data storica di oltre mille anni. Su quest’ultimo risultato si concentrarono i dubbi da parte degli analisti di Toronto: probabilmente la pulizia chimica standard (AAA) non era in grado di rimuovere tutto gli atomi di C14 adsorbiti. Inviammo allora a Toronto un ritaglio relativamente grande di tessuto irraggiato e si constatò sperimentalmente che operando con trattamenti di pulizia via più intensi si produce un abbassamento continuo del contenuto di C14. Ove questo contenuto si stabilizzi e non scenda più allora l’analisi può ritenersi corretta. Accantonammo pertanto il campione che era ringiovanito di 1000 anni mentre ritenemmo veritieri i 350 anni del campione che era stato solamente irraggiato poiché il Laboratorio di Toronto stesso ci aveva informati che in questo caso la pulizia chimica era stata probabilmente completa. Il campione era stato sottoposto ad un’estrazione acida doppia rispetto all’altro campione e quasi analoga a quella usata per i campioni di legno e la resa , cioè il rapporto tra i pesi finale ed iniziale del campione era stata del 10% e pertanto ciò che venne analizzato si era ridotto a cellulosa quasi pura. D’altra parte era, secondo noi, inverosimile che un bombardamento neutronico non rompesse molti dei ponti idrogeno e probabilmente, come altri avevano già osservato, non danneggiasse significativamente tutto l’assetto della struttura chimica liberando dei legami chimici. 135
3.3 Irraggiamento e trattamento termico Successivamente due campioni irraggiati, sempre della mummia Lyma, vennero da noi trattati termicamente, uno con i parametri indicati come Moroni l’altro con quelli indicati come Kouznetsov (fig.9). Le analisi radiocarboniche eseguite al laboratorio IsoTrace di Toronto, con trattamenti di pulizia condotti con la metodica sopra indicata, fornirono risultati significativi. Il primo (Moroni) era ringiovanito di 1030 anni rispetto a quello solo irraggiato e di 1390 anni rispetto al tessuto di partenza (1230 ± 50 d.C. - 2σ = 1230 -1315 d.C.), il secondo (Kouznetsov) di 760 anni rispetto al campione irraggiato e di 1120 anni rispetto a quello non trattato (22) (fig 10). Naturalmente questi risultati suscitarono numerose obiezioni (23). A nostro avviso la più significativa era quella che riguardava i laboratori di ricerca ai quali erano stati affidati il tessuto originale (C.Bernard-Lione), quello del primo esperimento di simulazione termica (Miami) ed infine quelli irraggiato e quelli irraggiati e poi trattati termicamente (Toronto). Si fece rilevare che, sebbene ogni laboratorio operasse a livello internazionale e fornisse garanzie di affidabilità, ognuno de essi aveva fatto uso di un diverso metodo di calibrazione e pertanto erano possibili sensibili discordanze nei risultati. Questa obiezione ci trovava d’accordo perché eravamo convinti che la precisione delle analisi radiocarboniche soprattutto su tessuti antichi é tutt’altro che assoluta. Tuttavia noi non cercavamo un numero di anni preciso ma di scoprire se vi fosse la possibilità di un netto aumento del contenuto in C14 (o ringiovanimento) anche perché le simulazioni da noi proposte erano, nel migliore dei casi, solo un’approssimazione delle condizioni ambientali verificatesi durante l’incendio di Chambery. E questo aumento riteniamo di averlo trovato. 3.4 Sindone e Sudario di Oviedo Una singolare coincidenza che, a nostro avviso, avvalora i risultati ottenuti é stata da noi riscontrata in relazione al Sudario di Oviedo. Questa venerata reliquia (24) che si conserva nella Cámara santa adiacente al Duomo di Oviedo, per molteplici indizi scientifici (25), oltre che secondo la tradizione, è ritenuta coeva alla Santa Sindone. Un frammento del Sudario prelevato ad Oviedo nel maggio del 1979 da Max Frei venne consegnato dal professor Baima Bollone a Mario Moroni che lo inviò ai Laboratori AMS di Tucson (1990) e di Toronto (1991) per la radiodatazione. I risultati delle analisi, assai prossimi tra loro, oscillavano tra il 650 e il 658 d.C. (26). Sembrerebbe pertanto, pur prendendo con notevole scetticismo la data storica definita per la Sindone nelle analisi del 1988, che tra questa e quella determinata sul Sudario di Oviedo corra una differenza notevole. Eppure proprio questa differenza alla luce dei nostri esperimenti di irraggiamento e successiva simulazione termica diviene significativa ove si consideri che un episodio non certo irrilevante manca nelle vicende che hanno condotto il Sudario da Gerusalemme ad Oviedo: l’incendio che ha coinvolto la Sindone. Questo, nell’ipotesi che il tessuto fosse stato precedentemente irraggiato, avrebbe prodotto un ulteriore notevole ringiovanimento radiocarbonico, giustificando quella netta differenza che si riscontra nei tenori di C14 delle due reliquie. 3.5 Conferme sperimentali. 136
Nel 1999 venne da noi avviata una nuova campagna sperimentale che prevedeva l’utilizzo della diffrazione ai raggi X (XRD), della microscopia infrarossa con trasformata di Fourier (FTIR) oltre che della calorimetria differenziale (DSC) ed osservazioni con il microscopio ottico a scansione (SEM). I risultati vennero presentati al Worlwide Congress Sindone 2000 di Orvieto (27). Diffrazione ai raggi X Per mezzo della diffrazione ai raggi X viene registrato un segnale (conteggio) il cui picco massimo è una misura quantitativa del grado di cristallinità della cellulosa costituente le fibrille di lino. Le nostre esperienze hanno accertato che: 1° (fig.11) il trattatamento termico diminuisce il grado di cristallinità della cellulosa; e questo effetto aumenta al crescere della temperatura; cioè aumentano le zone cosiddette amorfe più facilmente aggradibili dagli agenti esterni. 2° (fig12) i trattamenti di pulizia sia acida che alcalina su un materiale che abbia subito preventivamente un trattamento termico diminuiscono la zona cristallina.Un particolare assai interessante ove si consideri, come si è fatto più volte rilevare, che la Sindone ha certamente subito un forte riscaldamento. 3° (fig.13) l’ampiezza delle zone amorfe negli antichi tessuti di lino é diversa da tessuto a tessuto e non é neppure in relazione diretta con l’età del tessuto stesso ma, dipende, molto probabilmente, dalle vicende che hanno interessato ciascuno di essi prima di giungere a noi. 4° (fig.14) il grado di cristallinità di un tessuto irraggiato con neutroni diminuisce drasticamente dopo il successivo trattamento termico. Tuttavia l’irraggiamento stesso sembra non alterare direttamente il grado di cristallinità della cellulosa che dipende dalla presenza dei legami idrogeno che compattano le catene polimeriche. Si deve supporre, come è già stato osservato da altri (28), che il bombardamento di neutroni produca la rottura di numerosi legami all’interno delle molecole ma con meccanismi diversi distribuiti stocasticamente. Microscopia infrarossa con trasformata di Fourier Il campione viene irraggiato con un fascio di luce infrarossa (IR) in una regione dello spettro compresa tra i 4000 e i 650 cm-1. Questa energia altera i movimenti di vibrazione e rotazione delle molecole presenti. L’emissione o l’assorbimento causato da questi fenomeni è misurato con uno spettrofotometro IR. Si ottiene uno spettro ove le diverse lunghezze d’onda sono legate ai vari tipi di molecole o gruppi funzionali posti in vibrazione e l’intensità del segnale è un indice, almeno qualitativo, della presenza di questi nel tessuto analizzato. L’intervallo sul quale si è concentrata la nostra attenzione è stato quello compreso tra 1600 e 1750 cm-1 ove sono presenti le bande caratteristiche dei gruppi carbonilici (1635-1650 cm-1 ) e carbossilici (1705- 1715 cm-1). Si è accertato che: 1° (fig.15) i trattamenti di irraggiamento neutronico e di questo seguito dalla simulazione termica producono un progressivo aumento dei gruppi carbonilici e carbossilici. Pertanto l’ipotesi che il C14 fosse rimasto adsorbito o incistato nelle fibre, ipotesi che era stata un tempo avanzata per spiegare l’aumento in C14 riscontrato dalle analisi AMS, risulta sempre più debole di fronte all’aumento di legami chimici stabili. 2° (fig.16) il tenore dei gruppi carbossilici e carbonilici nei tessuti antichi non dipende direttamente dall’età del tessuto ma molto probabilmente dalla sua storia cioé dalle vicissitudini che ha dovuto subire nella sua storia millenaria. 3° (fig.17) la zona cristallina delle catene polimeriche è, in un tessuto antico, notevolmente meno ricco in 137
gruppi carbossilici e carbonilici della zona amorfa, osservazione che conferma che se si amplia la zona amorfa cresce la possibilità che si aggreghino gruppi chimici stabili. 4. Sostanze complementari
Le sostanze cosiddette complementari sono quelle che impregnano i fasci di fibrille e che accompagnano la fibra tecnicanella sua lavorazione. Due di esse sono particolarmente interessanti: la pectina e la lignina (29). La pectina è il nome generico che si attribuisce a delle sostanze di natura colloidale presenti nei vegetali mentre la lignina è un polimero complesso di unità di fenilpropano che sono collegate l’una all’altra con una varietà di differenti legami chimici. Quest’ultima è molto reattiva perché comprende doppi legami. Conoscere la qualità e la quantità di tali sostanze che impregna una determinata partita di fibre di lino é impresa non agevole. Il dato certo è che l’estrazione sia della lignina che della pectina sono alquanto laboriose e che non sono rimovibili con i normali attacchi chimici di pulizia. Inoltre con la microscopia infrarossa FTIR abbiamo verificato sperimentalmente (fig.18) che se un campione (mummia Lyma) è immerso in precedenza in una soluzione al 10% di pectina, dopo la successiva simulazione termica si riscontra un notevole aumento dei gruppi carbossilici e carbonilici. 5. Conclusioni
Riassumendo riteniamo ragionevole affermare che: 1° Il risultato delle analisi radiocarboniche eseguite sulla Sindone nel 1988 é, nel migliore dei casi, dubbio. 2° I tessuti di lino possono tuttavia presentare, per molteplici ragioni, un ringiovanimento, cioè un contenuto di C14 assai maggiore di quello che sarebbe prevedibile in base alla legge di decadimento.. 3° La rottura di legami chimici può avvenire secondo meccanismi diversi e predispone le fibrille del tessuto ad una maggiore aggressione da parte degli agenti esterni. 4° Particolari condizioni del tessuto e dell’ambiente possono produrre un notevole ringiovanimento radiocarbonico. Questo, malgrado le numerose incertezze riguardo ai parametri di simulazione, è stato verificato da noi sperimentalmente. Note
(1) R. E. M. Hedges - J. A. J. Gowlett: La radiodatazione archeologica con accelerazione, Le Scienze, 211, marzo 1986, pp.90-97. (2) W. Wölfli: Advances in accelerator mass spectroscopy, Nuclear Instruments and Methods in Physics Researc, B 29, 1987, pp.1-13. 138
(3) F. Barbesino - M. Moroni: L’ordalia del carbonio 14, Mimep-Docete, Pessano (MI) 1995. (4) O. Petrosillo - E. Marinelli: La Sindone – Un enigma alla prova sella scienza, Rizzoli 1990. (5) P. E. Damon et al. :Radiocarbon dating of the Shroud of Turin, Nature, 337, 16 Febr. 1989, pp.611-615. (6) G. K Ward - S. R. Wilson: Procedures for comparing and combining radiocarbon age determination: a critique, Archaeometry, 20,1, 1978, pp19-31. (7) R. P. Jounvenroux: Intervalles de confiance et datation radiocarbone du Linceul de Turin, Actes du Symposium Scientifique International, Roma 1993, ed.F. Xavier de Guibert – Paris, pp 185-205. Una buona sintesi in M-C van Oosterwyck Gastuche: Le radiocarbone face au Linceul de Turin, F. Xavier de Guibert, Paris 1999, pp.319-338. (8) R. Burleigh - M.Leese - M.Tite: An intercomparison of some AMS and small counter laboratories, Radiocarbon, 28, (2A), pp.571-577. (9) Ref.7 ed inoltre M.C. van Oosterwyck Gastche: Dates radiocarbone sur tissus d’âge archéologique bien connu., Actes du Symposium Scientifique International, Roma 1993, ed.F. Xavier de Guibert – Paris, pp. 219-228. (10)
M-C van Oosterwyck Gastuche: ref. 7, pp.58-62 e 316-318.
(11) A. Ivanov: Carbon Dating of the Turin Shroud: reasons for scepticism, alternative approaches, prospects and further research, in The Turin Shroud: past, present and future, Int. Scient. Symposium , Torino, 2-5 March 2000, Sindon-Effatà Editrice 2000. (12) Giovanni Bozzetto S.p.A. Filago (BG) - Servizio informazioni tecniche, n° 59: Il lino, febbraio 2000. (13) 860.
R. T. Morrison - R. N. Boyd: Chimica organica, Ambrosiana, Milano 1965, pp.859-
(14)
M.Copedé: La carta e il suo degrado, Nardini, Firenze 1991.
(15) J. C. Roberts: The chemistry of paper, The Royal Society of Chemistry, London , 1996. (16) M. Moroni - M. Bettinelli: Età e proposta di controllo calorimetrico della Sindone, Actes du Symposium Scientifique International, CIELT, ROMA 1993, F-X de Guibert 1993, pp.141-156. (17) M.Moroni - F.Barbesino: Esperienze di irraggiamento con diverse fonti di energia, Convegno Internazionale “Sindone 1977”, Repubblica di San Marino, 14-15 febbraio 1997. 139
(18) M.Moroni - F.Barbesino - M.Bettinelli: Verifica di una ipotesi di ringiovanimento radiocarbonico, III Congresso Int. di Studi sulla Sindone, Torino, 5-7 giugno 1998. (19) D. Kouznetsov - A. A. Ivanov - P. R. Valetsky: Effect of fire and biofractionation of carbon isotopes on results of radiocarbon dating of old textiles: the Shroud of Turin, Journal. of Archaeological Science, 23, 1996, pp. 109-121. (20) J-B Rinaudo: Nouveau mécanisme de formation de l’image sur le Linceul de Turin ayant pu entrainer une fausse radiodatation médiévale, Actes du Symposium Scientifique International, CIELT, ROMA 1993, F-X de Guibert 1993, pp.293-300. (21) J-B Rinaudo : Protoni e neutroni le chiavi dell’enigma, Il Telo, Anno III, n°2, maggio-agosto 1999. (22) M. Moroni - F.Barbesino - M.Bettinelli: Possibile Rejuvenation Modalities of the Radiocarbon Age of the Shroud of Turin, Shroud of Turin Conference, Richmond – Virginia, 18/19 June 1999. (23) F. Barbesino: Promemoria sul documento presentato da M. Moroni et al. al Congresso di Torino – Comunicazione privata. (24) P-L Baima Bollone: Sindone e no, Società Editrice Internazionale, Torino 1990, pp.72-78. ed inoltre El Sudario del Señor, I Congreso Internacional sobre El Sudario de Oviedo, Oviedo, 29-31 Octubre de 1994, Universidad de Oviedo 1995. (25) M.Moroni - F.Barbesino - M.Bettinelli: Una suggestiva ipotesi riguardante i risultati della radiodatazione del Sudario di Oviedo e della Sindone di Torino, Worlwide Congress “Sindone 2000”, Orvieto, August 27-29, 2000. (26) d.C.
Tucson: 658 ± 53 d.C. ; 2s = 642-869 d.C. ; Toronto: 650 ± 40 d.C. ; 2s = 653 – 786
(27) M.Bettinelli - E.Cartoni - M.Moroni - F.Barbesino: Impiego di tecniche chimicofisiche per lo studio dell’invecchiamento delle fibre di lino, Worlwide Congress Sindone 2000, Orvieto, 27-29 agosto 2000. (28) K.Little: The Formation of the Shroud Body Image, British Society foe the Turin Shroud Newletter, n° 46, Novenber –December 1997. Le esperienze condotte dalla Little ad Harwell sul reattore BEPO sono più ampiamente illustrate nel Capitolo 4, vol.III dell’opera Photographic Tecniques in Scientific Research, Academic Press 1978. (29) Per ulteriori considerazioni sull’argomento vedi O. Tubertini - M. Moroni - F. Barbesino: Considerazioni sulla datazione mediante 14C dei tessuti antichi di lino, La Chimica e l’Industria, 81, gennaio-febbraio 1999, pp.87-91.
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18 aprile 11.38 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione impronta protonica J-B. Rinaudo (*), F.Barbesino (*), G.Fanti (*), M.Moroni (*) Tridimensionalità dell 'impronta protonica Worldwide Congress Sindone 2000 Orvieto, 27-29 agosto 2000 Introduzione
Il prof. Jean Baptiste Rinaudo della Facoltà di Medicina di Montpellier, per rispondere al problema della formazione dell'immagine nonché a quello della datazione radiocarbonica, ritenuta aberrante, ha elaborato un modello secondo il quale una energia sotto forma di raggi a virtuali di 4,4 MeV avrebbe prodotto la disintegrazione parziale dei nuclei di deuterio presenti sulla superficie corporea, generando protoni e neutroni (1), (2). Il prof. Rinaudo ha verificato sperimentalmente che, se si pongono delle tele di lino ad una certa distanza dalla sorgente, i protoni producono l’ossidazione e la disidratazione di parte delle fibrille che affiorano in superficie, ed il loro numero per unità di area dipende dalla lunghezza del percorso dei protoni nell'aria. Come già si era osservato sulla Sindone, la colorazione prodotta dall'irraggiamento è uniforme per tutte le fibrille mentre varia da punto a punto il numero delle fibrille ossidate. In seguito alcune delle tele irraggiate sono state invecchiate artificialmente mediante trattamento termico; con basse densità di flusso la colorazione, inizialmente inesistente, affiorava all'aumentare del tempo di riscaldamento: in tal modo è stato possibile ottenere delle curve di riflettanza paragonabili a quelle della Sindone (zona del naso). Anche altre delle caratteristiche riscontrate sulla Sindone quali la resistenza alla decolorazione, anche sotto l'azione di forti ossidanti, e l'aumento del contrasto di colore con osservazione alla luce di Wood sono presenti sui lini irraggiati. Inoltre, con una dose di neutroni dello stesso ordine di grandezza di quella dei protoni richiesti per produrre sui lini sperimentali la colorazione propria dell'immagine sindonica, altri ricercatori hanno ottenuto (mediante analisi AMS) un ringiovanimento radiocarbonico di 360 anni, mentre una successiva simulazione termica dell'incendio di Chambery ha messo in evidenza un ulteriore ringiovanimento di 760 anni. Complessivamente un aumento in 14C di Il secoli rispetto alla datazione radiocarbonica del 1988 (3). Quanto basta perche il modello proposto non debba venir relegato tra le ipotesi peregrine. L' aporia fondamentale consisterebbe per alcuni nel fatto che il modello presuppone una singolarità fisica.. Ma tale critica, dal punto di vista scientifico è del tutto inconsistente. Anche il big bang rientra in un tipo di fenomeni che non possono venir riprodotti in via sperimentale. Pertanto si ipotizza che siano avvenuti sulla base delle conseguenze che devono aver prodotto e che si cerca di verificare. Se così non fosse molte delle ipotesi ritenute oggigiorno altamente plausibili dovrebbero essere abbandonate. 141
Il nostro intervento vuole comunque segnalare un nuovo elemento, verificato sperimentalmente, e congruente col modello proposto: come la Sindone anche l'impronta prodotta sui lini dal flusso protonico è tridimensionale. Sperimentazione
Si è partiti dalla fotografia di un lino nuovo, di caratteristiche tessili analoghe a quelle della Sindone di Torino, irraggiato con protoni per 12 s con una energia di 2,2 x 1,013 J (1,4 MeV) e densità di carica di 4f.tC/cm2. L 'immagine del telo irraggiato (figura l) evidenzia variazioni di luminanza, o inscurimenti. Un'analisi eseguita con spettrofotometro sul tessuto irradiato ha dimostrato che tali variazioni non sono dovute a disturbi fotografici. Le variazioni cromatiche dipendono dalla sovrapposizione di due effetti: a) il primo e dovuto alla trama che provoca variazioni di luminanza che sono molto frequenti nella fotografia. Questa caratteristica viene indicata come "alta frequenza spaziale" o "bassa periodicità del segnale di luminanza". Se si interseca con una linea l'immagine e lungo di essa si costruisce un grafico cartesiano con i valori di luminanza si ottiene una curva simile ad una sinusoide che oscilla ad alta frequenza. b) il secondo è dovuto ad una variazione cromatica, correlata dall'irraggiamento, con ampie zone più chiare e più scure; in questo caso la frequenza spaziale è più bassa perche il periodo corrispondente alla variazione di luminanza è più ampio. Per separare le caratteristiche di luminanza dell'immagine legate alla trama da quelle prodotte dall'irraggiamento, si è elaborata l'immagine con la "trasformata di Fourier". Questo algoritmo permette di trasformare il valore di luminanza di ogni punto dell ' immagine nella corrispondente frequenza di variazione di luminanza. Nell'immagine risultante (figura 2), che presenta una doppia simmetria al centro, anche se a prima vista non sembra correlabile con l'immagine di partenza, sono evidenziati i vari contenuti in frequenza spaziale. Al centro compaiono i picchi, con colorazione che tende al rosso, aventi valori di frequenza vicini allo zero; man mano che ci si allontana dal centro si notano i picchi con valore di frequenza più elevata. E' quindi relativamente facile in questa immagine separare le zone relative alle basse frequenze (legate alla chiaroscuro dell'irraggiamento protonico) da quelle relative alle alte frequenze (chiaroscuro della trama). Pertanto se si esegue l'antitrasformata della trasformata di Fourier depurata delle frequenze vicine allo zero (figura 3) si ottiene nuovamente l'immagine iniziale contenente però le sole informazioni relative alla trama del tessuto (figura 4) .Se al contrario si depura la trasformata di Fourier dalle alte frequenze (figura 5) l'immagine finale contiene le sole informazioni cromatiche causate dall'irraggiamento (figura 6). La figura 6, digitalizzata a 2 bit e quindi con soli 4 tonalità, permette di evidenziare 4 diverse aree, caratterizzate da altrettanti valori di luminanza; in questa figura, 142
l'imbrunimento non uniforme è assai più evidente di quanto non si riuscisse a percepire dalla visione diretta del campione. I chiaroscuri relativi all'irraggiamento protonico sono stati correlati ad un possibile effetto tridimensionale assegnando, con riferimento al piano del foglio, un livello più alto alle zone più scure ed uno più basso a quelle più chiare. La figura 7 presenta il risultato dell'elaborazione dove sono evidenziate le linee di uguale livello. La figura 8, digitalizzata con un numero maggiore di tonalità di grigio, mostra la stessa elaborazione. A titolo esemplificativo si è tracciato l'andamento dei profili di una striscia della mappa del segnale sia ad alta che a bassa frequenza. L'immagine iniziale (figura l) è stata suddivisa in figura 9 nelle sue componenti ad alta frequenza (trama -a sinistra) e bassa frequenza (irraggiamento -a destra). Procedendo lungo la striscia, evidenziata dalle frecce, si sono costruiti i grafici cartesiani (figura lo) che riportano in ascisse la posizione del punto (pixel) e in ordinate il corrispondente valore di luminanza. Conclusioni
L'intervento segnala un nuovo elemento, verificato sperimentalmente: I'irraggiamento protonico, possibile causa di formazione dell'immagine corporea dell'Uomo della Sindone, provoca variazioni di luminanza sulla superficie del tessuto di lino. Quindi anche l'impronta prodotta sui lini da un flusso protonico uniforme evidenzia diversi livelli di luminanza che poterebbero essere correlati con la tridimensionalità dell'immagine corporea. Ringraziamenti
I più vivi ringraziamenti al prof. Nello Balossino docente di Elaborazione di immagini al Dipartimento di Informatica dell'Università di Torino che, oltre a curare l'elaborazione delle immagini, e stato fonte di preziosi consigli.
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(*) Gli Autori: J-B. Rinaudo, Docente onorario della Facoltà di Medicina di Montpellier; F. Barbesino, Esperto di materiali metallici e polimerici - E-mail: fra.bar@libero.it; G. Fanti, Docente del Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell'Università di Padova - E-mail: fanti@mail.dim..unipd.it; M. Moroni, Esperto di elettronica industriale - E-mail: tagli@libero.it. Note:
(1) J-B. Rinaudo: "Image formation on the Shroud of Turin explained by a protonic model affecting radiocarbon dating", m Congresso Internazionale di studi sulla Sindone, Torino 5- 7 giugno 1998. (2) I-B.Rinaudo: "Protoni e neutroni: le due chiavi dell'enigma", Il Telo, anno III, n° 2, maggio-agosto 1999. (3) M. Moroni, F .Barbesino, M. Bettinelli: "Verifica di una ipotesi di ringiovanimento radiocarbonico", m Congresso internaz. di studi sulla Sindone, Torino 5- 7 giugno 1998; idem: "Possibile Rejuvenation Modalities of the Radiocarbon Age of the Shroud of Turin", Shroud of Turin Conference, Richmond -Virginia. 18-191une 1999 radiodatazione.. Mario Moroni – Francesco Barbesino – Maurizio Bettinelli
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UNA SUGGESTIVA IPOTESI RIGUARDANTE I RISULTATI DELLA RADIODATAZIONE DEL SUDARIO D’OVIEDO E DELLA SINDONE DI TORINO Worldwide Congress Sindone 2000 Orvieto, 27-29 agosto 2000
I documenti che narrano l’itinerario che condusse il Sudario da Gerusalemme alla Cattedrale del Santo Salvatore d’Oviedo partono tutti necessariamente dal capitolo XX del Vangelo di Giovanni ove è detto esplicitamente che nella mattina di Pasqua, oltre ai teli funebri, v’era nel Sepolcro il Sudario che era stato posto sul capo di Gesù. Secondo la tradizione popolare e religiosa questo era conservato a Gerusalemme con altre reliquie in una cassa di cedro, indicata in seguito come Arca Santa. Tuttavia la vera e propria storia inizia con l’invasione persiana del 614 (1); secondo diversi documenti, posteriori agli avvenimenti, ma che attingono a fonti differenti e sono sostanzialmente concordi tra loro, la traslazione dell’Arca si rese necessaria per il sopraggiungere degli eserciti dell’imperatore Khusraw. D’altra parte sappiamo che le reliquie conservate nell’Arca Santa non furono le sole che vennero messe in salvo all’approssimarsi dei persiani poiché è noto che altre, in quelle tragiche circostanze, furono trasferite a Costantinopoli (2). Solo la Santa Croce, interrata col suo reliquario tra la verzura di un giardino, cadde nelle mani degli invasori (3). L’Arca si sposta, probabilmente via mare, prima ad Alessandria d’Egitto, poi entrata in Spagna a Cartagena, giunge a Toledo ove dimora a lungo. Nel 711, all’arrivo dei nuovi invasori arabi si sposta nuovamente verso l’estremo Nord del paese. Li rimane, prima celata tra le montagne e, quando la potenza araba comincia a rifluire, nella Camara Santa che re Alfonso II fa costruire accanto al suo palazzo. Tuttavia più che i documenti storici sono le prove intrinseche che testimoniano l’antichità del Sudario attraverso delle singolari corrispondenze con un’altra reliquia che si ritiene fosse presente nel Sepolcro di Nostro Signore, la Sindone di Torino. Riassumiamo brevemente queste corrispondenze.
Il sudario d’Oviedo è una tela di lino (85 x 52 cm circa) con struttura tessile assai meno complessa che quella sindonica. Tuttavia il diametro dei fili, il numero di fibre che li compongono ed il tipo di torcitura antioraria (caratteristica degli antichi tessuti mediorientali) sono del tutto analoghi a quelli della Sindone (fig. 1). Nel caso della Sindone è stata osservata la presenza di qualche fibra di cotone (4), (5). Il Sudario, a differenza della Sindone, non porta impressa alcuna immagine ma due gruppi di macchie di sangue tra loro approssimativamente simmetriche (fig. 2). Questo sangue analizzato con numerose tecniche da laboratori diversi che hanno eseguito i prelievi in modo autonomo ed in epoche diverse è risultato, come per la Sindone, sangue umano di gruppo AB (6). L’analisi eidomatica delle macchie di sangue che si osservano sul Sudario é assai complessa, poiché, dopo la formazione della prima macchia ematica, la tela fu piegata approssimativamente in due ed il sangue per filtrazione attraversò ambedue le metà. I ricercatori del Centro Espanol de Sindonologia, che partono dall’ipotesi originaria di mons. Ricci che il sudario abbia coperto il volto del Crocefisso dalla deposizione della croce sino all’ingresso nel Sepolcro (7), già dal 1989 hanno condotto accurate ricerche scientifiche (8): nulla dal punto di vista geometrico e medico legale contrasta con quanto sappiamo dall’Uomo della Sindone mentre le coincidenze sono numerose. Alcune, quale 146
quella presentata dal prof Adler in un articolo del ’96 (9), non hanno neppure bisogno di spiegazioni (fig. 3). Anche il filtraggio elettronico e la successiva sovrapposizione della metà anteriore destra del Sudario con i contorni del volto sindonico, hanno rivelato numerosi punti di coincidenza già osservati in passato e confermati anche dai ricercatori spagnoli (10). Anche il contestato esame palinologico fornisce delle indicazioni orientative che non sono in contrasto con la tradizione che vuole Sindone e Sudario per diversi secoli a Gerusalemme poi l’una, lungo la sponda orientale del Mediterraneo ad Edessa e a Costantinopoli l’altro, lungo quella occidentale, in Spagna. D’altra parte occorre osservare che spesso leintuizioni di Max Frei hanno trovato conferma. E’ recente l’individuazione sulla Sindone di tre tipi di fiori che fioriscono tra Hebron e Gerusalemme (11). Un campione del telo di sostegno a contatto col Sudario fu da noi inviato al dr. L. Garza-Valdes dell’Università del Texsas. I ricercatori di questa Università, in unione ad altri dell’Università di Monaco e dell’Istituto Pasteur di Parigi, hanno individuato sul Sudario, nell’ambito di una ricerca microbiologica, la presenza di batteri di tipo filamentoso simili ai Nocardiopsis individuati sulla Sindone di Torino. Attualmente sono in corso studi del 16S rRNA dei ribosomi di due tipi di batteri filamentosi (12) per accertare se i due tessuti abbiano un’origine comune, poiché il natron (carbonato di sodio) utilizzato nel 1° secolo come conservante e sbiancante dei tessuti di lino, crea quell’ambiente alcalino estremo che permette la crescita di zone bioplastiche formate da famiglie di questi batteri.
Sul Sudario, come sulla Sindone, è stata da noi effettuata anche una datazione radiocarbonica del tessuto. Il panno del peso unitario di 17 mg/cm 2 è cosparso su ambedue i lati di granuli di fuliggine e di carbone (13). Il microscopio a scansione rivela forme cristalline probabilmente attribuibili a polvere da sparo: l’analisi alla microsonda elettronica ha rivelato tra i principali elementi presenti S, Na e K (14). Inoltre non mancano spore fungine e qualche granulo dei pollini di Pinus e d’Abete rosso (15). Un campione del Sudario é stato inviato al laboratorio AMS dell’Università dell’Arizona di Tucson (16) mentre un altro, analogo, fu dato da analizzare all’IsoTrace Radiocarbon Laboratory di Toronto (Canada), centro che opera anch’esso con strumentazione AMS. Le caratteristiche relative alle due analisi, con i risultati ottenuti, sono riportate nelle Schede I e II. Si osserva che le età radiocarboniche ottenute dai due laboratori sono pressoché identiche e pari al 650 d.C circa, mentre gli intervalli di confidenza 2s si collocano in base alle curve dendrocronologiche in un intervallo massimo compreso tra il 642 e l’869 d.C. Inoltre è stato radiodatato anche uno spezzone di uno dei teli utilizzati come protezione e sostegno del Sudario (fig. 4). Infatti, sino al 1979 (17), sul lato che era considerato il retro del Sudario (18) erano applicate, con ogni probabilità dalla fine del XVI secolo (19), tre tele di lino sovrapposte; pertanto alcuni ricercatori (20) avevano avanzato il dubbio che questo lungo contatto tra Sudario e teli di supporto potesse alterare il risultato della datazione radiocarbonica a causa di uno scambio isotopico in fase solida. Tale ipotesi, 147
anche se ritenuta da noi improbabile, andava verificata anche in relazione alla Sindone di Torino che, com’è noto, é a diretto contatto da oltre 450 anni con una tela di sostegno. Lo spezzone da noi utilizzato apparteneva alla tela che era stata a contatto diretto col Sudario e fu inviato per l’analisi all’Institute of Particle Physics del Politecnico federale di Zurigo, che opera con apparecchiatura AMS. Le caratteristiche del campione e dell’analisi, con i risultati ottenuti, è riportata nella Scheda III. L’età radiocarbonica determinata dall’analisi é di 285 ± 50 anni BP (corrispondente all’età di calendario del 1665 ± 50 d.C) e pertanto sembra confermare che non sono avvenuti scambi isotopici significativi tra il telo sotteso ed il Sudario. In una campagna sperimentale da noi condotta avevamo verificato l’effetto che diverse fonti d’energia potevano produrre sul tenore in C14 presente in un antico tessuto di lino che l’analisi radiocarbonica indicava del 160 a.C (2110 ± 60 BP) (21). Uno spezzone di questo tessuto, che era stato prelevato da una mummia egizia del Museo dei tessuti di Lione, fu irraggiato con una dose integrata di 1,16 10 13 neutroni/cm2. Successivamente una parte del tessuto così trattato è stato radiodatata presso l’IsoTrace Radiocarbon Laboratory di Toronto (Scheda IV). Poiché si era osservato che la pulizia convenzionale, acido-alcalino-acido, non era in grado di rimuovere completamente gli atomi di C 14 adsorbito che si erano prodotti durante la collisione dei neutroni con gli atomi di N14 presenti nell’atmosfera in prossimità del campione, il trattamento di pulizia era stato spinto sino ad una resa (peso finale/peso iniziale) del 10,3 %(22). L’analisi forniva un’età radiocarbonica di 1750 anni BP pari ad un’età storica del 200 d.C cioè l’irraggiamento aveva prodotto un ringiovanimento radiocarbonico di oltre 300 anni. Successivamente un altro campione, esso pure irraggiato, fu sottoposto ad un trattamento termico in condizioni sperimentali analoghe a quelle adottate dai laboratori Sedov di Mosca per simulare l’incendio del 1534 che a Chambery aveva coinvolto la Sindone di Torino (23). L’analisi AMS, eseguita anche in questo caso dal laboratorio di Toronto, ha rilevato un ulteriore aumento del tenore in C14 di 760 anni (24) (Scheda V). Discussione Alla luce dei risultati ottenuti possiamo affermare che l’irraggiamento neutronico dà luogo ad un aumento del tenore di C14 e che un successivo trattamento termico opera nella stessa direzione in modo ancor più incisivo. I meccanismi d’aggregazione possono essere molteplici: in ogni caso si formano dei legami stabili che anche i trattamenti di pulizia più severi non sono in grado di rimuovere. Non è nostra intenzione tuttavia attribuire in modo semplicistico ad un irraggiamento seguito da un incendio il ringiovanimento di 1300 anni circa sulla data storica prevista per la Sindone ottenuto dalle analisi del 1988. Non è possibile per molteplici ragioni la più 148
ovvia delle quali è che la presenza di un irraggiamento è tuttora allo stato di pura ipotesi. Inoltre:
Non è per nulla certo che le date indicate dall’ormai famoso articolo di Nature (1260-1390) siano corrette; per limitarci all’elaborazione statistica si osserva che sono stati considerati omogenei dati sperimentali provenienti da campioni che sono tra loro, con ogni probabilità, disomogenei (25).
A nostro avviso un ringiovanimento radiocarbonico si è certamente verificato, noi stessi ne abbiamo ottenuto uno sperimentalmente (26), ma il risultato complessivo è la somma di molteplici fattori che si sono accumulati nel tempo, e non conducono necessariamente all’epoca del memoriale di mons. d’Arcis.
Il tessuto di lino, non è necessariamente formato da una serie di catene polimeriche perfettamente allineate. Nella realtà si individuano zone ordinate e zone ad elevato disordine. In queste ultime, che aumentano sotto l’azione di molteplici fattori, la possibilità d’aggressione da parte degli agenti chimici ed ambientali é notevolmente maggiore.
Inoltre dalla paglia molto raramente è estratta la fibra elementare costituita da cellulosa pura ma un elemento fibroso nel quale ad alcune fibre elementari rimane associato, in tutti gli stadi di lavorazione del lino, un materiale non cellulosico costituito dalle lamelle interfibre e dai tessuti cementanti presenti nello stelo, materiale che è solo in parte rimovibile con soluzioni sia acide sia basiche (27).
Infine i trattamenti di pulizia convenzionali adottati nelle analisi AMS non sempre sono in grado di rimuovere il materiale che si è aggregato sui tessuti antichi. Questi, anche i meglio conservati, sono alterati da microrganismi che possono, ad esempio, fissare dei radicali (28) o produrre rivestimenti biologici (29). Si osserva qui per inciso che se le operazioni di pulizia effettuate nel 1988 con tecniche diverse non hanno presentato differenze tra loro rilevabili questo fatto può essere sia garanzia di una pulizia completa che indice dell’impossibilità di rimuovere le sostanze aggregate. Questa digressione era necessaria per chiarire che non occorre affannarsi per raggiungere la mitica data (il termine miticaè in questo caso quanto mai corretto) definita un po’ affrettatamente per la Sindone dalle analisi del 1988, anche se con ogni probabilità vi è stato un ringiovanimento radiocarbonico attribuibile a numerosi fattori. Ritorniamo al tema principale ed all’ipotesi che compare nel titolo della nostra memoria. Indipendentemente dalla precisione con la quale è stata radiodatata la Sindone occorre ammettere che il divario tra la sua presunta data storica e quella determinata sul Sudario d’Oviedo è tuttavia notevole. Ma se osserviamo più attentamente questi risultati ci accorgiamo che il notevole scarto esistente tra le due date non è, come sembrerebbe a prima vista, in netto contrasto con la storia delle due reliquie, che gli studi illustrati in precedenza indicano come coeve.
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Infatti, un episodio assai rilevante manca nell’itinerario del Sudario da Gerusalemme ad Oviedo: l’incendio che a Chambery ha coinvolto la Sindone. La sperimentazione da noi condotta sul telo di mummia egizia ha mostrato che l’irraggiamento neutronico produce un aumento del tenore di C14, e che questo cresce notevolmente se il tessuto di lino è soggetto ad un successivo riscaldamento. Pertanto se accettiamo l’ipotesi che la Sindone ed il Sudario siano stati irraggiati (30) e poi, come in realtà avvenne, la sola Sindone sia stata riscaldata ad una temperatura tale da produrre la caratteristica colorazione bruno-avorio, la notevole differenza di contenuto radiocarbonico tra i due teli non si presenterebbe più come un risultato anomalo, difficile da interpretare allo stato attuale delle ricerche, ma come una conferma necessaria. Scheda I – Campione del Sudario d’Oviedo
materiale lino peso 20,79 mg origine tessuto prelevato da Max Frei il 15-17 maggio 1979 età storica presunta 1° secolo trattam. di pulizia acido-alcalino-acido (AAA) analisi radiocarbonica laboratorio di analisi Università dell’Arizona – Tucson Bollettino di analisi del 31 ottobre 1990 Sigla di laboratorio V6009 (AA6049) apparecchiatura spettrometro di massa ad accelerazione (AMS) calibrazione secondo M.Stuiver e B.Becker, Radiocarbon, 28, 1986, pp.863-910
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risultati età radiocarbonica: 1292 ± 53 anni BP intervallo di confidenza (95%): 2s = 642 – 869 d.C Tutto il materiale proveniente dal Laboratorio AMS di Tucson riporta due sigle per lo stesso campione. Una inizia con la lettera V seguita da un numero, l’altra da AA seguita da un numero. Quest’ultima è la sigla che, di solito, viene indicata al cliente. Scheda II – Campione del Sudario d’Oviedo
materiale lino peso 14,00 mg origine tessuto prelevato da Max Frei il 15-17 maggio 1979 età storica presunta 1° secolo trattam. di pulizia acido-alcalino-acido (AAA) analisi radiocarbonica laboratorio di analisi IsoTrace Radiocarbon Lab. – Università di Toronto (Canada) Bollettino di analisi del 11 settembre 1991 Sigla di laboratorio M.M.60 (TO 2442) apparecchiatura spettrometro di massa ad accelerazione (AMS) calibrazione secondo M.Stuiver e G.W.Pearson, Radiocarbon, 28, 1986, pp.805-838 e 839-862 – Set Bidecal Smoothed Data risultati età radiocarbonica: 1300 ± 40 anni BP intervallo di confidenza (95,5%): 2s = 653 – 786 d.C. Scheda III – Tela di supporto del Sudario d’Oviedo
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materiale lino peso 22,00 mg origine spezzone consegnato a M.Moroni da mons.G.Ricci (verbale del 5 febbraio 1994) età storica presunta fine 1500 (ultima ricognizione effettuata da mons. Diego Aponte de Quinones (1585-1598) trattam. di pulizia acido-alcalino-acido (AAA) analisi radiocarbonica laboratorio di analisi Institute of Particle Physics –Politecnico federale di Zurigo Bollettino di analisi del 19 maggio 1994 Sigla di laboratorio ETH-12008 apparecchiatura spettrometro di massa ad accelerazione (AMS) calibrazione Programma Calib ETH (Radiocarbon, 34, n°3, 1992, pp.483-492) risultati età radiocarbonica: 285 ± 50 anni BP intervallo di confidenza (90,1%) : 2s = 1471-1679 d.C. (6,7 %) : 2s = 1765-1803 d.C. Scheda IV – Campione di mummia egizia irraggiato
materiale lino peso 128.8 mg provenienza Museo dei Tessuti di Lione – materiale inviato dal prof.J.B.Rinaudo a M. Moroni con lettera in data 27 giugno 1997. 152
età radiocarbonica 2110 ± 60 anni BP; 2s = 340 a.C.- 17 d.C Centre de Datation par le Radiocarboni-Universitè C.Bernard – Lyons 1 (France) – Sigla di laboratorio Ly-5209 irraggiamento eseguito dal Servizio del Reattore Nucleare Universitario dell’Univerità Luis Pasteur di Strasburgo nel maggio 1995. Bollettino di analisi del 19/5/1995. La stoffa in forma di parallelepipedo 5 x 6,5 x 0,3 cm circa, racchiusa in un sacchetto di polietilene sigillato, è stata irraggiata nella colonna termica con un flusso integrato di 1,16 10 13 neutroni/cm2 con un’incertezza del ± 10 %. trattam. di pulizia acido-alcalino-acido (AAA) analisi radiocarbonica laboratorio di analisi IsoTrace Radiocarbon Laboratory – Università di Toronto Bollettino di analisi del 15 dicembre 1995 - Sigla di laboratorio TO-5305 apparecchiatura spettrometro di massa ad accelerazione (AMS) calibrazione dati con bidecal data set INTCAL 93 (M.Stuiver e P.J.Reimer, Radiocarbon, 35, 1993, pp.215230) risultati età radiocarbonica: 1750 ± 50 anni BP intervallo di confidenza (95,5%): 2s = 145 - 415 d.C. Scheda V – Campione di mummia egizia irraggiato e poi trattato termicamente
materiale lino peso 74,9 mg provenienza materiale inviato dal prof. J.B.Rinaudo a M.Moroni in data 27 giugno 1997 età radiocarbonica prima dell’irraggiamento: 2110 ± 60 anni BP dopo l’irraggiamento: 1750 ± 50 anni BP 153
trattamento termico a 200 °C per 90 minuti in presenza di una miscela di CO2, CO ed H2O con ioni Ag (vedi ref. 20) tratt. di pulizia acido-alcalino-acido (AAA) analisi radiocarbonica laboratorio di analisi IsoTrace Radiocarbon Laboratory – Università di Toronto -. Bollettino di analisi del 15 dicembre 1995 - Sigla di laboratorio TO-6898 apparecchiatura spettrometro di massa ad accelerazione (AMS) calibrazione dati con bidecal data set INTCAL 93 (M.Stuiver e P.J.Reimer, Radiocarbon, 35, 1993, pp.215230) risultati 990 ± 60 anni BP 2s = 965 –1210 d.C. Immagini
(fig. 1 - 2 - 3 - 4)
154
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Note
(1) P.L.Baima Bollone: Sepoltura del Messia e Sudario di Oviedo, Cap. 8, SEI, Torino 1997; M.Guscin: Recent historical investigations on the Sudarium of Oviedo, "Shroud of Turin International Research Conference", Richmond, Virginia, June 18-20, 1999. . (2) Storia della Chiesa dalle origini ai nostri giorni (a cura di A.Fliche e V.Martin), Vol. V, L.Brehier – R.Aigrain: S.Gregorio Magno – Gli stati barbarici e la conquista araba, Torino 1945, p.89. (3) G.Fedalto: Le Chiese d’Oriente, Vol.I, Da Giustiniano alla caduta di Costantinopoli, Milano 1984, p.30.
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(4) F.Pastore Trossello: La struttura tessile della Sindone, in La Sindone – Indagini scientifiche, Atti de IV Congresso Nazionale di Studi sulla Sindone, Siracusa 17-18 ottobre 1987, Paoline., Milano 1988. (5) G.Raes: Examen du Sindone, in AA.VV. : La S.Sindone. Ricerche e studi della Commissione di esperti nominata dall’Arcivescovo di Torino, cardinale Michele Pellegrino nel 1969, Suppl. Rivista Diocesana Torinese, gennaio 1969. p.120. (6) P.L.Baima Bollone et al.: Risultati della valutazione dei rilievi e degli esami su alcuni prelievi effettuati sul Sudario di Oviedo il 24 maggio 1985 ed il 7-8 maggio1994, in "Sudario del Senor", Actas del I Congreso Internacional sobre El Sudario de Oviedo, Oviedo 29-31 de Octubre de 1994; C.Goldoni: Sang humain sur le Suaire d’Oviedo, in L’identification scientifique de l’Homme du Linceul Jésus de Nazaret, Actes du Symposium Scientifique International, Rome 10-12 juin 1993, pp.361-363; J.D.Villalaìn Blanco: Estudio ematologico forense realizado sobre el "Santo Sudario" de Oviedo, "Sudario del Senor",op.cit. pp.131-176. (7) Quale sia stata la posizione successiva del Sudario durante l’affrettata preparazione funebre é argomento assai controverso. La stessa esegesi dei versetti evangelici da luogo ancor oggi ad interpretazioni diverse. (8) G.Heras Moreno, J.D.Villalain Blanco, J.Izquierdo Gomez: Il Sudario di Oviedo e la Sindone di Torino: due reliquie complementari? in "La datazione della Sindone", Atti del V Congresso Nazionale di Sindonologia, Cagliari 29-30 aprile 199°, pp.491-516. (9) A.Adler: Updating Recent Studies on the Shroud of Turin, 209th National Meeting of the ACS, Anaheim (CA) April 2-6 1995, Archaeological Chemistry, pp.224-229. (10) N.Balossino: comunicazione al Convegno del Centro Internazionale di Sindonologia del 12 marzo 1994 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; P.L.Baima Bollone: Sepoltura del Messia e Sudario di Oviedo, op.cit. p.180. (11) A.Danin et al.: Flora of the Shroud of Turin, Missouri Botanical Garden Press, 1999, R.Lewis: "XVI International Botanical Congress -The Shroud of Turin Controversy Returns", The Scientist 13 (18): 10, Sept.13, 1999. (12) Fax di L. Garza-Valdes a M. Moroni del 2 agosto 1995 e lettera allo stesso M. Moroni del Departamento de Microbiologia y Genetica dell’Università di Salamanca a firma E. Velazques del 10 marzo 2000. (13) M.Frei: relazione tecnica del 3/12/81 indirizzata a mons.G.Ricci sulla base dei prelievi con nastri adesivi effettuati il 15-17 maggio 1979 e il 29 novembre 1979. (14) Analisi eseguita da Gruppo di Microscopia Elettronica del CISE di Segrate (Milano) il10 marzo 1992. (15) Esame palinologico eseguito presso l’Istituto Orto Botanico dell’Università di Modena dal prof. D.Bertolani Marchetti. 157
(16) Alcuni anni prima (1977) il dr. W. Mc Crone aveva ricevuto un campione analogo da mons. Ricci (lettera a M.Moroni del 21 luglio 1999) e l’aveva inviato all’Università di Berkeley che aveva trasformato il tessuto in CO2. Le ampolle contenenti il gas furono poi consegnate al dr. P. Damon del Laboratorio AMS di Tucson. Questi informava il dr. M. Guscin (lettera del 6 febbraio 1995) di non aver eseguito alcuna radiodatazione in quanto le ampolle di gas erano giunte a lui non completamente sigillate. Al contrario i campioni da noi utilizzati provenivano tutti dallo spezzone prelevato dal prof. Max Frei nel 1979 ed inviati a M. Moroni dal prof. P.L. Baima Bollone con i verbali di consegna rispettivamente del 2/7/90, 25/11/90 e 25/11/91 (vedi Collegamento Pro Sindone, n° 3, marzo-aprile 1999, pp.29-36). I risultati della radiodatazione sono riportati anche negli atti del I Congreso Internacional sobre El Sudario de Oviedo, Oviedo, 29-31 Octubre de 1994, pp.402-403 e pp.428-429. (17) G.Ricci: La sindone contestata, difesa, spiegata, Casavatore (Napoli), 1992. (18) In seguito si riconobbe che si trattava di quel lato che era stato a contatto con l’impronta ematica originale e che pertanto il Sudario era stato sino allora esposto al rovescio. (19) L’ultima ricognizione del Sudario conservato nell’Arca Santa sarebbe stata eseguita dal vescovo Diego Aponte de Quinones (1585-1598). (20) G.Ricci: La sindone contestata, difesa, spiegata, op.cit., p.235; Lettera del prof. F. Romano a M. Moroni del 11 maggio 1994 (21) M.Moroni, F.Barbesino, M.Bettinelli: Verifica di un’ipotesi di ringiovanimento radiocarbonio, memoria presentata al III Congresso Internazionale di Studi sulla Sindone, Torino, 5-7 giugno 1998.; idem: Possibile Rejuvenation Modalities of the Radiocarbon Age of the Shroud of Turin, in Shroud of Turin Conference, Richmond (Virginia), 18-19 June 1999. (22) Il liquido residuo dei lavaggi successivi è analizzato con l’apparecchiatura AMS e la pulizia si ritiene completata quando il tenore di C14 si stabilizza ad un valore minimo costante. (23) Il campione, posto in un forno tubolare di quarzo in cui fluiva lentamente una miscela gassosa, era mantenuto per 90 minuti alla temperatura di 200 °C. Composizione della miscela: CO2 0,03% - CO 60 m g /m3 - H2O dem. 20 g/m3 - Ag 1,5 m g /l-3 (24) La simulazione termica con parametri che tendevano a riprodurre con maggiore aderenza l’incendio di Chambery aveva prodotto un ringiovanimento radiocarbonico d’ulteriori 1030 anni, ma questo risultato è stato accantonato poiché non si era certi che tutto il C14 adsorbito fosse stato rimosso. (25) Vedi ad es. R.P. Jouvenroux: Intervalles de confiance et datation radiocarbonedu Linceul de Turin, in Actes du Symposium Scientifique International du C.I.E.L.T, Rome, 811 juin 1993, pp.189-203 158
(26) M.Moroni et al., ref. 21 della presente memoria. I ringiovanimenti radiocarbonici furono, adottando differenti parametri di simulazione dell’incendio, di 180 e 300 anni. Naturalmente è possibile che si ottengano incrementi maggiori modificando i parametri o considerandone altri quali, ad esempio, la pressione. In precedenza, in assenza di vapor acqueo, si era ottenuto un invecchiamento di 100 anni (L’identification scientifique de l’Homme du Linceul Jésus de Nazaret, Actes du Symposium Scientifique International, op.cit. pp.141-156). Anche altri, operando con CO2 pura, non avevano ottenuto alcuna variazione del tenore di 14C (Radiocarbon, 40, n°1-2, 1998). (27) In particolare nella zona circolare dello stelo ove si trovano i fasci fibrosi sono presenti la pectina (3-5 %) solubile solo con ossalato d’ammonio in ambiente alcalino e la lignina (24 %) insolubile con acidi e difficilmente con soluzioni alcaline (Servizio Informazioni Tecniche della ditta G. Bozzetto S.p.A., Filago-Bergamo, monografia n° 59, Il lino). (28) D.A.Kouznetsov et al.: Detection of Alkylated Cellulose Derivates in Several Archaeological Line Textiles Samples by Capillary Electrophoresis / Mass Spectrometry, Analytical Chemistry, vol.66, n°23, December 1, 1994, pp.4359-4365. (29) H.E.Gove et al.: A problematic source of organic contamination of linen, Nuclear Instruments and Methods in Physic Research, B, 123,1997, pp.504-507. (30) L’ipotesi avanzata per la prima volta dal dr T. Phillips dell'Università di Harvard è stata ripresa dal prof. J.B.Rinaudo dell’Università di Montpellier.
18 aprile 11.35 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione tecniche sulle fibre di lino M.Bettinelli (*), E.Curtoni (*), M.Moroni (*), F.Barbesino (*) IMPIEGO DI TECNICHE CHIMICO–FISICHE PER LO STUDIO DELL’INVECCHIAMENTO DELLE FIBRE DI LINO Worldwide Congress Sindone 2000 Orvieto, 27-29 agosto 2000
There are more things in heaven and earth, Horatio, than are dreamt of in our philosophy. Amlet, Act I, Scene V Introduzione
Questa ricerca è nata dalla consapevolezza che in natura esiste un notevole divario tra i modelli che si possono proporre e la realtà. Spesso, infatti, quando si discute sull’influenza che i fattori chimico-fisici esterni avrebbero potuto esercitare sul tessuto di lino della Sindone ed, in particolare, sui campioni prelevati da questo per le analisi radiocarboniche del 1988, ci si riferisce semplicisticamente alle sole catene polimeriche lineari della cellulosa. Si sostiene inoltre che queste catene non possono 159
reagire in modo efficace con l’ambiente esterno per aggregare atomi di carbonio fresco, mentre i trattamenti di pulizia adottati durante l’operazione di datazione radiocarbonica avrebbero come unico esito la rimozione completa delle eventuali impurezze. In realtà le esperienze da noi condotte mostrano che sia i trattamenti termici che quelli di pulizia, alterano la struttura macromolecolare e la composizione chimica della cellulosa e delle sostanze presenti negli elementi fibrosi che sono utilizzati per la fabbricazione del tessuto (1). L’influenza del riscaldamento su queste ultime è stato da noi verificato per la pectina ma, potrebbe manifestarsi anche su altre sostanze, quali la lignina, le cere e i grassi. Certamente é difficile stabilire una relazione diretta tra le variazioni di struttura e di composizione accertate ed il tenore di radiocarbonio presente nel tessuto, ma occorre ammettere che le prime possono influenzare il contenuto di 14C finale (2). Inoltre non mancano alcuni riscontri poiché le tecniche da noi utilizzate sono state applicate anche a campioni dei quali era nota l’età radiocarbonica o dei quali si conosceva almeno la presunta età storica. Tecniche utilizzate 1. Analisi mediante Diffrazione ai raggi X (XRD)
Nella tecnica della diffrazione a raggi X, applicata allo studio della cellulosa fin dal 1913, il campione è investito da un fascio di radiazioni X che subiscono una diffrazione regolata dalla legge di Bragg. Lo spettro di diffrazione tipico della cellulosa è caratterizzato da una serie di righe la cui posizione è indicativa di catene molecolari ordinate regolarmente nello spazio in modo da formare un reticolo cristallino caratterizzato da una cella elementare a simmetria monoclina avente le dimensioni a = 8,2 Å, b = 10,3 Å, c = 7,9 Å e b = 84°. Tuttavia i fasci di macromolecole che compongono la cellulosa non sono disposte ordinatamente lungo tutto il loro percorso in modo da formare un reticolo cristallino. A zone ordinate o cristalline si alternano zone meno ordinate nelle quali le macromolecole sono spesso tra loro aggrovigliate ed amorfe ai raggi X. In realtà fra queste due zone non esiste una netta demarcazione e la zona a basso ordine laterale non è amorfa nel senso che è comunemente attribuito a tale termine, ma comprende tutta una serie di transizioni che dalla struttura cristallina vanno fino ad uno stato di disordine che non è mai completo, sebbene sia tale da non dar luogo a un rilevante effetto di diffrazione dei raggi X. L’intensità del segnale (conteggio) rappresenta pertanto una misura quantitativa del grado di cristallinità della cellulosa costituente la fibra di lino. Al diminuire di questo, aumenta la possibilità d’accesso dell’acqua e dei reagenti chimici alle macromolecole, e diminuisce la loro resistenza all’attacco di funghi e bacteri. 1.2. Analisi mediante Calorimetria Differenziale (DSC) La calorimetria differenziale o analisi termica differenziale, misura il flusso di calore ceduto o assorbito da un campione che viene sottoposto ad un gradiente programmato di temperatura in un forno che può essere mantenuto in diverse condizioni di atmosfera (aria, ossigeno, azoto ecc.). 160
Nella DSC il campione è introdotto in una cella di misura mentre un’altra cella è utilizzata come riferimento. Un sistema elettronico di controllo permette il riscaldamento indipendente delle due celle in modo tale da assicurare il mantenimento della stessa temperatura. Quando nel campione avviene un processo che comporta trasferimento di calore (processo endotermico o esotermico) lo strumento varierà l’energia fornita alla cella contenente il campione in modo tale da mantenere la temperatura costante nelle due celle. Questa variazione d’energia è visualizzata in un termogramma che nel nostro caso presenta un picco positivo, verso l’alto, nel caso di processi endotermici e un picco negativo, verso il basso, per processi esotermici. 1.3. Analisi mediante microscopia Infrarossa con Trasformata di Fourier (FTIR) Il campione è irradiato da un fascio di luce infrarossa (IR) in una regione dello spettro elettromagnetico compresa tra 2,5 e 15 micron (4000 – 650 cm -1). Questo ha energia sufficiente per alterare i movimenti di vibrazione e rotazione delle molecole presenti. L’emissione, la riflessione o l’assorbimento causato da tali fenomeni è misurato con uno strumento chiamato spettrofotometro IR. Lo spettro infrarosso generato dal campione dipenderà perciò dal tipo di molecola e gruppo funzionale interessati dal fenomeno; ad esempio un gruppo carbossilico (COOH) tipico di un acido assorbirà energia ad una lunghezza d’onda diversa dal gruppo carbonilico (CO) di un’aldeide. Pertanto questa tecnica é utilizzabile, tra l’altro, per seguire le modificazioni chimiche indotte dai trattamenti chimico-fisici ai quali sono stati sottoposti i campioni. 1.4. Analisi mediante Microscopia Elettronica a Scansione (SEM) L’osservazione ad alti ingrandimenti permette di individuare alcune particolarità delle fibrille di lino mentre la microsonda associata al SEM fornisce l’analisi chimica delle impurezze organiche ed inorganiche individuate. Risultati sperimentali
La Tabella I presenta l’insieme dei tessuti analizzati durante le esperienze di laboratorio, la loro provenienza, l’età storica presunta e l’eventuale ètà radiocarbonica determinata con spettrometro di massa ad accelerazione (AMS). Inoltre in Tabella II sono indicati i trattamenti fisico-chimici ai quali sono stati sottoposti i campioni prima delle analisi. 2.1. Diffrazione ai raggi X (XRD) Sono stati analizzati gli spettri di diffrazione di campioni di lino nuovo non trattato (campione A di Tabella I) e trattato termicamente, in un forno a muffola, in ambiente di aria, rispettivamente a 215 °C x 1h, 240°C x 1h, 250 °C x 15 min. ed a 250 °C per diverse ore (figura.1). Lo spettro di diffrazione del tessuto di lino nuovo non trattato evidenzia un picco di diffrazione a circa 22.5° 2q preceduto da un debole doppietto a 15.0 e 15.2° 2q, tipico della cellulosa nativa. La posizione di queste bande è sempre la stessa qualunque sia l’origine della cellulosa esaminata. 161
Dall’esame della figura è facilmente deducibile che il riscaldamento termico del tessuto produce una progressiva perdita di cristallinità della cellulosa come chiaramente indicato dallo diminuzione del segnale a 22.5° 2q. In particolare il trattamento termico protratto temporalmente provoca, prima dell’incenerimento vero e proprio del campione, una totale perdita di cristallinità delle fibre di lino. Anche i trattamenti di pulizia acida e alcalina, sia che siano preceduti o meno da un trattamento termico, inducono modificazioni della fibra riducendone la cristallinità. L‘effetto è particolarmente evidente per il trattamento acido come mostrato in figura 2 e 2bis. In quest’ultima il tessuto di lino nuovo, dopo riscaldamento a circa 215 °C per 60 minuti in presenza di aria, perde circa il 12% della cristallinità iniziale, perdita che diventa pari al 27.5 % dopo trattamento alcalino con soluzione di NaOH al 10% e raggiunge il 62 % dopo trattamento acido con soluzione di HCl al 10%. La figura 3 mostra i campioni di lino antico che presentano un grado di cristallinità nettamente inferiore a quello del lino nuovo; essi sono rispettivamente, in ordine decrescente, un campione della mummia Lyma (B in Tabella I), un materiale proveniente dagli scavi di Pompei (campione F), un lino proveniente dagli scavi di En Gedi (campione C) e il lino egizio proveniente dagli scavi di Assuan (campione E). Si sono infine confrontati in figura 4 gli spettri di diffrazione del campione Lyma "tal quale" e dopo irraggiamento con flusso neutronico integrato di 1.16 10 13 neutroni/cm2. Non si notano significative alterazioni nella cristallinità del tessuto; questa, invece, si riduce drasticamente se il materiale irraggiato subisce un successivo trattamento termico a 200°C in atmosfera di CO, CO2 e H2O (simulazione dell’incendio di Chambery in presenza di acqua) (3). In questo caso le analisi radiocarboniche dei medesimi tessuti hanno confermato la notevole reattività del materiale al trattamento termico successivo all’irraggiamento poiché se con questo si era ottenuto un ringiovanimento radiocarbonico di 360 anni, il trattamento termico successivo produceva un ulteriore incremento di 760 anni (4). Un ‘analoga perdita di cristallinità si osserva confrontando tra loro due campioni di lino di una mummia rinvenuta nei pressi di Assuan ed inviatici dal prof. Diana, uno non trattato e l’altro pulito chimicamente con una soluzione al 5% di Na 2CO3(figura 4 bis). 2.2. Calorimetria Differenziale (DSC) L’analisi mediante calorimetria differenziale di una fibra di cellulosa sottoposta a riscaldamento in ambiente di azoto, quale quello da noi utilizzato, mostra un picco endotermico nel campo di temperatura 350–380 °C, picco che Shafizadec (5)attribuisce principalmente alla formazione di levoglucosano. In tutti i campioni da noi esaminati è evidente la presenza di questo picco con massimo attorno a 365–370 °C con un calore di reazione sempre positivo dell’ordine di 150–250 J/g. Le figure 5 e 6 mostrano i termogrammi tipici relativi ad alcuni campioni analizzati mentre la Tabella III riassume le temperature massime dei picchi e i relativi valori di D H misurati per i vari campioni. 162
Si osserva che l’invecchiamento del tessuto sembra operare nel senso di anticipare la comparsa del valore massimo del picco a temperature più basse e di richiedere valori di D H sensibilmente inferiori. La difficoltà di determinare con precisione i valori reali di queste differenze dipende principalmente dall’incertezza delle misure relative ai tessuti più antichi che mostrano, in alcuni casi, una evidente eterogeneità dovuta alla presenza di particelle estranee tra le fibre del tessuto, come evidenziato dall’indagine al SEM. Anche la DSC evidenzia un effetto sulla risposta strumentale dovuto al trattamento di pulizia acido-alcalino cui è stato sottoposto il tessuto con effetti maggiormente significativi per il trattamento acido rispetto a quello alcalino. L’effetto dell’irraggiamento effettuato sul campione Lyma non comporta alcun cambiamento nei termogrammi DSC che confermano massimi del picco a 36,6 °C con valori di D H pari a 195,5 J/g. 2.3. Microscopia Infrarossa con Trasformata di Fourier (FTIR) Per ragioni di tempo abbiamo preso in considerazione solo la regione dello spettro infrarosso compresa tra 1600–1750 cm-1ove sono presenti due bande a 1635–1650 cm-1 e 1705–1715 cm-1 caratteristiche rispettivamente dei gruppi carbonilici e carbossilici. Nel lino nuovo (figura 7) la banda a 1640 cm-1 è prevalente sul picco a 1710 cm-1 che costituisce una piccola spalla del primo; se il campione è riscaldato in aria a 215 °C x 1h la spalla si accentua un poco. Anche il tessuto della mummia Lyma originale presenta, almeno nell’intervallo da noi considerato, un andamento analogo a quello del lino nuovo mentre in seguito all’irraggiamento neutronico l’intensità della banda a 1710 cm-1 aumenta leggermente. Il successivo trattamento termico a 200 °C in atmosfera di CO,CO 2 e H2O (6) porta ad un aumento sensibile della banda a 1710 cm-1 e si osserva un leggero spostamento a frequenze più basse del picco relativo ai gruppi carbonilici (1620 cm -1) (figura 8). Per ciò che riguarda un confronto tra i tessuti antichi (figura 9) il campione di mummia proveniente dal Museo egizio di Torino presenta uno spettro abbastanza simile a quello della mummia Lyma (con la spalla a 1710 cm-1) mentre quello proveniente da En Gedi mostra una sola banda allargata con massimo a circa 1645 cm -1. Un tessuto originale proveniente da Nagasaki (figura 10), la cui principale fonte di irraggiamento è attribuita a radiazioni g , mostra due bande a 1656 cm -1 e 1711 cm1 mentre dopo riscaldamento a 200–230 °C in atmosfera di CO, CO 2 ed H2O (simulazione dell’incendio di Chambery) si osserva uno spostamento delle frequenze a 1738 cm -1 e 1630 cm-1 con un mantenimento sostanziale dei valori di assorbanza dei due picchi. Aumenta leggermente la banda a 1738 cm-1 caratteristica dei gruppi carbossilici. Infine, sulla base di un suggerimento del prof. Adler, un campione della mummia Lyma originale è stato immerso in una soluzione al 10% di pectina che appartiene, come si era accennato all’inizio della presente memoria, a quelle sostanzecomplementari che crescono associate alla cellulosa (7). 163
Dopo essiccamento, il campione è stato riscaldato in forno a 200-230 °C in atmosfera di CO,CO2 ed H2O. Se confrontiamo (figura 11) gli spettri della mummia Lyma originale con quelli con e senza pectina trattati termicamente si constata che il riscaldamento produce aumento nelle bande dei gruppi carbonilici e carbossilici e che questo aumento diviene ancor più significativo in presenza di pectina. Sempre sul tessuto della mummia Lyma si è eseguito anche un interessante controllo considerando gli spettri propri della sola parte chiara e di quelle scura. Si evidenzia che i gruppi carbonilici e carbossilici sono presenti in prevalenza nelle zone scure che, con ogni probabilità, coincidono con quelle amorfe del campione (figura 12). 2.4. Microscopia Elettronica a Scansione (SEM) La figura 13 mostra un filo del tessuto di lino della mummia del Museo egizio di Torino osservato per mezzo del microscopio elettronico a scansione (100 x). Sono visibili le fibrille che lo compongono e le numerose impurezze che affiorano in superfice. Le figure 14 e 15 relative al tessuto di Pompei mostrano, a più alti ingrandimenti, le fibrille con evidenti segni di esfogliazione e con rotture longitudinali e trasversali piuttosto pronunciate. Le figure 16 e 17 relative alla mummia del Museo di Torino, oltre a documentare importanti rotture trasversali delle fibre, evidenziano la presenza di impurezze inorganiche, sotto forma di particelle singole o di aggregati cristallini, costituiti prevalentemente da silicati di calcio, ferro, potassio, titanio, oltre che da sostanze di natura organica (figura 18). Conclusioni
In generale si è constatato che il calore di reazione D H diminuisce sensibilmente nei lini antichi rispetto al lino nuovo (vedi Tabella III), tendenza che non viene contraddetta dal risultato ottenuto sul campione di En Gedi ove il D H é identico a quello del tessuto nuovo. Infatti quest’ultimo risultato è stato certamente influenzato dalle numerose impurezze individuate su di esso dall’osservazione al SEM, effetto accentuato dall’esiguità del materiale a disposizione per l’analisi. A conferma di ciò si osserva che il tessuto di En Gedi, in quanto tale, fornisce un picco dello spettro di diffrazione inferiore a quello di altri tessuti antichi (figura 3). Esiste una corrispondenza qualitativa tra le date radiocarboniche ottenute mediante le analisi AMS (spettrometro di massa ad accelerazione) sulla mummia Lyma e l’andamento degli spettri di diffrazione (XRD) e quelli all’infrarosso (FTRI). Se si considerano nell’ordine tre campioni: quello della mummia Lyma originale, quello irraggiato e quello trattato termicamente dopo irraggiamento si osserva che gli anni radiocarbonici (2110,1750 e 990 BP) decrescono dall’uno all’altro e così pure il picco massimo degli spettri di diffrazione (figura 4), mentre si accentuano passando da un campione all’altro le bande dei gruppi carbonilici e carbossilici degli spettri FTRI (figura 8). In generale, dal punto di vista strumentale, si è avuta conferma che le tecniche FTIR e XRD, in quanto non distruttive, possono fornire preziose indicazioni sullo "stato" delle 164
fibre di lino senza alterare il campione; soprattutto la micro FTIR appare particolarmente utile per una indagine sui gruppi chimici presenti nei singoli punti della fibra e, di conseguenza, permette di seguire l’evoluzione dei tessuti nel tempo e sotto l’effetto di cause diverse.. Anche la risposta fornita dalla DSC, pur nell’incertezza delle misure quantitative dovute all’eterogeneità dei materiali più antichi, conferma una variazione della risposta strumentale che in qualche modo dipende dal trattamento al quale è stato sottoposto il tessuto. In particolare le indagini da noi condotte su tessuti organici nuovi ed antichi mostrano che la reattività di questi agli agenti chimici o biologici non è una costante ma può crescere per una pluralità di fattori: Sia i trattamenti termici (in aria, ma anche in atmosfere che simulano le condizioni d’incendio) che quelli chimici possono alterare le caratteristiche del materiale e diminuirne il grado di cristallinità; l’effetto finale di tali trattamenti è costantemente quello di rendere il tessuto più "fragile" e più facilmente aggredibile. Allegato Precisazioni riguardanti la strumentazione utilizzata
1. Diffrazione ai raggi X (XRD) L’analisi mediante diffrazione a raggi X è stata condotta con uno spettrometro Philips PW 1700 equipaggiato con tubo a raggi x con anticatodo di rame e sistema di controllo PW 1710. Gli spettri sono stati acquisiti sul computer HP Vetra Xm Serie 4 mediante il software Pc-APDC versione 3.6. I campioni sono stati caricati sul portacampioni per semplice pressione del vetrino portaoggetti e analizzati nel campo 10-40° 2q. 2. Calorimetria Differenziale (DSC) L’analisi DSC è stata eseguita mediante un calorimetro Perkin Elmer Serie 7 con campo di misura da -60 °C a 600 °C e sensibilità pari a 0,001 mW. Il programma di riscaldamento è stato fissato da da 50°C a 450°C con velocità di riscaldamento pari a 20°C/min. Tutti gli esperimenti sono stati condotti in atmosfera di azoto. I dati sperimentali sono stati raccolti su un computer mediante il software TAS 7. 3. Microscopia Infrarossa con Trasformata di Fourier (FTIR) Lo strumento utilizzato nella presente indagine è un Perkin-Elmer Auto IMAGE System equipaggiato con FT-IR modello 2000. Un particolare ringraziamento va rivolto alla dr.Silvia Allegri della Perkin Elmer Italia per la gentile disponibilità e l’aiuto fornito nell’esame dei campioni di lino mediante micro FT-IR. 4. Microscopia Ottica a Scansione (SEM) 165
L’indagine in microscopia elettronica è stata effettuata mediante lo strumento Philips 525 equipaggiato con microsonda EDAX. I campioni sono stati montati sul portacampioni mediante un nastro doppio-adesivo, ricoperti da uno strato di oro dello spessore di circa 20 nm in atmosfera rarefatta di argon alla pressione di 0.1-0.2 mbar. Immagini
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Note:
(*) Gli Autori: M. Bettinelli, dell’Ordine dei Chimici di Piacenza; E. Curtoni, esperto di tecniche di analisi; M. Moroni, esperto di elettronica industriale; F.Barbesino, esperto di materiali polimerici e metallici 178
(1) Gli elementi fibrosi estratti, dopo macerazione, dalle piante di lino ed impiegati ancor oggi come “fibra tecnica” per la produzione dei tessuti sono composti da alcune fibrille di cellulosa associate ad una certa quantità di materiale non cellulosico interposto, materiale che anche i comuni attacchi chimici di pulizia utilizzati in laboratorio rimuovono solo in parte (Laboratorio di Ricerche Tecniche della Giovanni Bozzetto S.p.A. , Filago (Bg) – Monografia n° 59: “Il lino”, febbraio 2000). (2) D’altra parte, come abbiamo detto più volte, riteniamo che il ringiovanimento radiocarbonico di un antico tessuto organico che ha subito molteplici vicissitudini può ricondursi, più che ad un sola causa, alla somma di numerose cause tutte potenzialmente presenti. (3) Questa simulazione, sempre la stessa in tutte le esperienze da noi condotte e spesso indicata come Kouznetsov, è stata più volte descritta, ad esempio, nelle memorie di cui alla seguente nota 5. (4) M.Moroni, F.Barbesino, M.Bettinelli: Verifica di una ipotesi di ringiovanimento radiocarbonico, III Congresso Internazionale di Studi sulla Sindone, Torino 5-7 giugno 1988, ed inoltre idem: Possibile Rejuvenation Modalities of the Radiocarbon Age of the Shroud of Turin, Shroud of Turin Conference, Richmond (Virginia), 18-19 June 1999. (5) F.Shafizadec: “Termal Degradation of Cellulose” in Cellulose Chemistry and its Application, Horwood, Chichester, 1985, pp.266-289. (6) M.Moroni-F.Barbesino-M.Bettinelli.: "Verifica di una ipotesi di ringiovanimento radiocarbonico", III Congresso Internazionale di Studi sulla Sindone, Torino 5-7 giugno 1998 - Appendice. (7) E’ noto che il lino contiene dal 15 al 30 % di impurezze delle quali una forte quantità appartiene al gruppo della pectina e dei suoi derivati. Queste ed altre sostanze incrostanti quali le adipocellulose e le cutocellulose (dotate di scarsissima solubilità) oppongono un serio ostacolo alle operazioni di candeggio.
18 aprile 11.33 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione esperienze di irraggiamento Mario Moroni - Francesco Barbesino ESPERIENZE DI IRRAGGIAMENTO CON DIVERSE FONTI DI ENERGIA Memoria presentata al CONVEGNO INTERNAZIONALE SINDONE 1977 Repubblica di San Marino, 14 -15 febbraio 1997 Introduzione
Da diverso tempo, ed oggi con maggiore insistenza, numerosi studiosi ipotizzano che all'origine dell'impronta sindonica vi sia un irraggiamento che avrebbe causato una specie 179
di proiezione verticale del corpo sulla tela. A nostro avviso, tuttavia, la sola proiezione ortogonale del corpo non é in grado di spiegare importanti particolari dell'impronta quali ad esempio la traccia di entrambe le volte plantari. D'altra parte anche l'assenza di immagine laterale, addotta spesso quale argomento contro l'ipotesi del trasferimento d'immagine per contatto, non è convincente perché un telo di soli 110 centimetri di larghezza non avrebbe potuto comunque fasciare lateralmente il corpo disteso su un tavolo di pietra. Per gli autori della presente memoria il contatto diretto con la cute, che aveva trasudato sangue, fu la causa prima della formazione dell'immagine. Una conferma si è avuta qualche tempo fa quando liquidi color paglierino liberati dal corpo di un giovane uomo deceduto in un Ospizio inglese per tumore al pancreas, hanno riprodotto l'impronta del cadavere sulla fodera del materasso. Tuttavia non è affatto da escludere che alla elevata definizione dell'immagine abbia contribuito anche un successivo fenomeno radiante. La fonte di energia che avrebbe dato luogo al fenomeno è stata indicata da autori diversi nei raggi UV, nelle radiazioni nucleari o nel flusso neutronico. La presenza di questi fenomeni avrebbe potuto alterare più o meno marcatamente la datazione ottenuta nel '78 mediante il conteggio del 14C con gli spettrometri di massa (AMS). Abbiamo pertanto raccolto alcuni campioni di lino; tre di essi erano stati irraggiati in condizioni note, mentre uno è stato sottoposto da noi stessi ad irraggiamento e di tutti é stata determinata, presso laboratori specializzati, l'età radiocarbonica. Successivamente si è studiato, sugli stessi campioni, l'effetto che un incendio quale quello di Chambery del 1532, avrebbe potuto produrre sull'età radiocarbonica. I campioni sono stati pertanto sottoposti al calore di un incendio simulato e nuovamente radiodatati. Raggi X molli
L'ipotesi che all'origine dell'impronta sindonica vi sia un effetto fotochimico sulla cellulosa prodotto da raggi X molli (o UV) emessi dal corpo per un breve periodo di tempo è stata formulata da John P. Jackson. Questi ipotizza che ad un determinato momento il corpo abbia iniziato ad emettere radiazioni e nel contempo sia diventato permeabile ed abbia permesso al telo di afflosciarsi. Col tempo, per invecchiamento naturale, l'immagine, inizialmente bianca, avrebbe invertito il contrasto cromatico sino a divenire più scura del fondo sottostante. L'ipotesi, per quanto suggestiva, presuppone un evento non verificabile e si presta ad alcune contraddizioni. Nelle nostre esperienze abbiamo utilizzato un frammento di lino proveniente da Oviedo (Spagna) (1) gentilmente fornito dal prof. Pier Luigi Baima Bollone. Il tessuto è stato diviso in due spezzoni. Una parte è stata preventivamente radiodatata dal laboratorio dell'Università di Tucson - Arizona. La datazione ottenuta con lo spettrometro AMS è stata 1292 ± 53 B.P. mentre l'intervallo di confidenza (2σ), individuato in base alla curva dendrocronologica è risultato compreso tra il 642 ed il 869 d.C (Fig.1). Successivamente un secondo spezzone del campione è stato sottoposto all'azione di una "luce di mercurio", virtualmente bianca (254 nm), posta a 2 cm di distanza, per 120 ore 180
(valori adottati da J.Jackson (2)). Al termine dell'irraggiamento si osservava che il campione era diventato molto più bianco della tela di supporto che era scarsamente illuminata. In seguito lo stesso spezzone è stato sottoposto al trattamento termico indicato in Fig.2, che simulava l'incendio di Chambery (3).La successiva datazione radiocarbonica effettuata anche questa volta presso il Laboratorio di Tucson ha fornito i seguenti risultati: anni radiocarbonici 1405 ± 65 BP intervallo di confidenza (2σ) 540 - 754 d.C. (Fig.3) In base a questi risultati si osserva una variazione di circa - 100 anni nel tenore di 14C per irraggiamento + effetto termico, ed un analogo spostamento per gli intervalli di confidenza ottenuti in base alla curva dendrocronologica che tuttavia coprono un intervallo pressoché doppio di quello della curva di Gauss. Il campione considerato è comunque uno di quelli che ha subito le traversie più varie e, come il telo sindonico, è dubbio che possa considerarsi propriamente un sistema chiuso; in ogni caso è rimasto per secoli esposto alla luce. Pertanto ci siamo procurati un campione di lino proveniente da En Gedi (Israele) e storicamente datato I secolo a.C.- I secolo d.C. (4). Questo campione, certamente rimasto per millenni al riparo della luce, è stato inviato a Tucson al Laboratorio dell'Università dell'Arizona che ha effettuato, su nostra richiesta, due diversi tipi di pulizia per eliminare quanto possibile la presenza di materiale contaminante. Successivamente gli spezzoni sottoposti ai due diversi trattamenti sono stati datati con lo spettrometro di massa che ha fornito i seguenti risultati: spezzone trattato con acqua deionizzata 2210 ± 55 anni BP; 2σ 386 ¸ 107 a.C. (Fig.4) spezzone trattato col metodo ABA 2175 ± 55 anni BP; 2σ 400 ¸ 116 a.C. (Fig.5) Anzitutto si osserva che i due risultati sono pressoché identici e pertanto il campione doveva essere assai poco inquinato. Tuttavia il risultato non è di semplice interpretazione. O vi è stata alterazione nel tempo del contenuto di carbonio nelle catene polimeriche o il campione è più antico di quanto non si ritenesse. L'unica cosa certa é che la datazione storica e quella radiocarbonica non sono coerenti Il successivo trattamento termico di simulazione, condotto su un terzo spezzone del medesimo campione, presentava l'andamento illustrato in Fig.6.; il Laboratorio dell'Università di Toronto, che ha condotto l'analisi AMS, ha fornito i seguenti risultati: età radiocarbonica 2240 ± 60 anni BP intervallo di confidenza 2σ 150 - 400 d.C. (Fig.7) Il trattamento termico sembra non abbia avuto conseguenze, mentre si riconferma la discrepanza tra data storica e risultato dell'analisi. Radiazioni nucleari
Il campione di cotone proviene da Nagasaki ed è stato prelevato dalla tunica di una persona che l'indossava durante l'esplosione atomica del 9 agosto 1945. Questi, al 181
momento dell'esplosione, si trovava al lavoro in una fattoria posta a circa 1,5 km dal centro dell'area interessata allo scoppio della bomba. L'indumento, un tessuto degli anni '40. non presentava alcun segno di bruciatura e tuttavia chi l'indossava è deceduto poco tempo dopo l'esplosione (5). Pertanto il tessuto non è stato investito con ogni probabilità dall'onda termica ma dalle radiazioni composte in gran parte da neutroni e raggi γ. Il campione è stato inviato per la radiodatazione al Laboratorio di Tucson. Questi non presentava tracce di radioattività. Un'indagine preliminare condotta dal Dipartimento di Ingegneria Nucleare del Politecnico di Milano accertava che i valori di nuclidi quali 137Cs e 60Co risultavano inferiori a 0,01 Bq. L'analisi AMS ha fornito i seguenti valori: età radiocarbonica 300 ± 50 anni BP; intervallo di confidenza 2σ 1448 ¸ 1666 d.C. (Fig.8) È evidente che i neutroni e le radiazioni γ alterano sensibilmente il risultato di una radiodatazione. Come i precedenti anche questo campione è stato sottoposto all'incendio simulato (Fig.9). La successiva analisi AMS presso l'Università di Miami ha fornito i seguenti valori: età radiocarbonica 140 ± 40 BP intervallo di confidenza 2σ 1665 - 1950 d.C. (Fig.10) Si nota un effetto di "invecchiamento" per radiazioni nucleari ed un successivo "ringiovanimento" per effetto termico. Ricaduta radioattiva
Il campione, che è di cotone, proviene da Gomel una località della Bielorussia a 100 km da Chernobyl sulla quale la nube di polvere radioattiva, creatasi in seguito all'esplosione dell'Unità 4 del reattore RBMK avvenuta il 26 aprile 1986, ha dato luogo ad una rilevante presenza di particelle ed isotopi radioattivi anche se certamente assai inferiore al quella del campione precedentemente analizzato (6). Sottoposto ad esami gamma presso il CCR Euratom di Ispra presentava all'epoca dell'incidente un'attività di 2,19 Bq/g per il 134Cs e di 3,77 Bq/g per il 137Cs che scendeva, prima dell'invio del campione per l'analisi AMS, a 0,08 Bq/g per il 134Cs e 3,01 Bq/g per il \37C.. Il Laboratorio di Toronto che ha eseguito la radiodatazione ha fornito la data del 1986 d.C., anche se, come si è fatto notare, non si dispone di calibrazioni accurate relativamente a questo periodo. Comunque l'esito della ricaduta radioattiva sembra nullo e questo è plausibile poiché anche sugli organismi umani gli effetti si sono manifestati a Gomel solo molto lentamente nel tempo (7). Flusso neutronico
Jean Baptiste Rinaudo, biofisico, ricercatore di medicina nucleare all'Università di Montpellier attribuisce all'apporto diun'energia sconosciuta la proprietà di disintegrare gli atomi di deuterio, ovvero di rompere il nucleo di deuterio che si trova presente nell'acqua e 182
nella materia organica del corpo umano (8). I nuclei formati da un protone ed un neutrone all'atto della fissione liberano protoni. Sarebbero questi ultimi, secondo Rinaudo, che avrebbero formato l'immagine sindonica, mentre i neutroni avrebbero irradiato l'intero tessuto arricchendolo di carbonio radioattivo. Per avvalorare l'ipotesi il prof. Rinaudo ha sottoposto ad irraggiamento neutronico un campione di lino prelevato da una mummia egizia, datata col radiocarbonio 2720 a.C. (9) (Fig.11). L'irraggiamento,eseguito presso il Laboratorio di Geofisica Nucleare dell'Università Fourier di Grenoble è stato eseguito per 20 secondi con un flusso di 0,1 x 1016 neutroni/cm2/s. La dose integrata di 1,7 x 1016 ± 10% neutroni/cm2 si riteneva fosse quella necessaria per "ringiovanire", dal punto di vista del contenuto di carbonio radioattivo, di 13 secoli un antico lino. In realtà il Laboratorio AMS di Toronto al quale abbiamo consegnato il campione irraggiato ha individuato un fattore di arricchimento di 570 x (pari a 319 volte quello naturale del carbonio moderno) cosicché la datazione è risultata spostata di 46000 anni nel futuro (Fig.12) con un "ringiovanimento" di 500 secoli! In base alla legge di decadimento sarebbe stato sufficiente un fattore di arricchimento 1,5 x per ottenere il desiderato spostamento di 13 secoli. In seguito, sulla base di un calcolo eseguito dal prof. Robert E. M. Hedges di Oxford della dose neutronica necessaria per un ringiovanimento di 1300 anni (quelli che intercorrono tra l'analisi AMS del telo sindonico e la presunta data storica), il prof Rinaudo ha proseguito la ricerca irraggiando presso il Laboratorio di Ricerca Nucleare di Strasburgo un lino egizio del I secolo a.C. proveniente dal Museo di Lione. Un primo frammento, dopo effetto termico, è stato radiodatato dal Laboratorio di Groningen che ha ottenuto un valore di 14C pari a 1930 ± 50 BP: intervallo di confidenza 2σ = 40 a.C. - 160 d.C. (Fig.13) Un secondo spezzone è stato successivamente irraggiato per 12 secondi con un flusso di 1012 neutroni/cm2/s. Il flusso integrato risultava di 1,16 x 1013 neutroni/cm2.. Il Laboratorio di Toronto che lo ha radiodatato ha trasmesso i seguenti risultati: anni radiocarbonici 1750 ± 50 BP intervallo di confidenza 2σ 145 ¸ 415 d.C (Fig.14) Anche in questa analisi i valori trovati differiscono dalla data archeologica di 200 ± 450 anni circa. In questo caso un ulteriore fattore di incertezza si aggiunge a quelli già considerati: il calcolo della dose neutronica necessaria al ringiovanimento desiderato. Il campione è stato successivamente sottoposto al trattamento termico (Fig.15) e siamo in attesa dei risultati dell'analisi radiocarbonica affidata al Laboratorio di Toronto. 720 ± 50 BP (Fig. 16) corrispondente a 1220 – 1400 d. C. Il flusso neutronico che si sarebbe prodotto per la disintegrazione di tutto il deuterio contenuto in un corpo umano è stato oggetto, a puro titolo orientativo, di un calcolo presso il Dipartimento di Fisica Nucleare dell'Università di Pavia (10). Sulla base di questo calcolo 183
uno spezzoncino di lino, da noi fornito e proveniente da En Gedi (una parte di quello indicato in nota 3), é stato irraggiato con una dose integrata di 3,45 10 16 n/cm2 e l'analisi AMS ha riscontrato un livello di radiocarbonio 280 - 290 volte superiore a quello di un tessuto moderno (11) (Laboratorio do Oxford). In questo caso una possibile conferma sperimentale mediante irraggiamento neutronico e successiva radiodatazione presenta quale incognita principale la percentuale di deuterio che si è disintegrato (certamente non il 100%). Conclusioni
I risultati delle analisi ottenute mediante gli spettrografi di massa AMS sui campioni irraggiati e non, prima e dopo il trattamento termico sono riassunti in Tab.1. Anzitutto si può notare che per i campioni originali (prima dell'irraggiamento e della simulazione termica) gli intervalli di confidenza 2σ, che costituiscono il risultato finale della datazione, non si accordano con le presunte date storiche. Nel caso del lino della mummia egizia, ove l'età misurata è in buon accordo con quella presunta, l'intervallo 2σ è addirittura esterno a quello della curva di Gauss. Questo pone una seria ipoteca a valutazioni che si fondino su variazioni dell'ordine dei 100 anni. E' il caso delle radiazioni UV (seguite dal trattamento termico) ove il tenore misurato di 14C è diminuito e l'età si è spostata dal 658 al 545 d.C. Tuttavia l'intervallo di confidenza ci dice che sarebbe ancora possibile ipotizzare, sia pure con scarsa probabilità, un ringiovanimento di 112 anni (754-642) o, in alternativa, di 329 anni (869-540). Il tessuto di Nagasaki è stato certamente investito da una dose assai elevata di frammenti radioattivi tra i quali sono della massima importanza per la variazione del 14C i neutroni e i raggi γ. I primi, come è noto, trasformano gli atomi bersaglio di 13C in 14C + γ; anche le radiazioni elettromagnetiche γ possono dar luogo a reazioni nucleari ma la loro forte interazione con gli elettroni che circondano il nucleo del bersaglio, li rendono meno efficaci dei neutroni. Inoltre i raggi γ interagiscono in modo complesso con i polimeri lineari per dar luogo ad un aumento della loro tridimensionalità. Dosi dell'ordine dei 10 kGy (10 6 rad) rendono già sensibile il progressivo irrigidimento del materiale. E' tuttavia dubbio se questo fenomeno comporti un sensibile aumento del tenore di 14C. Si può in conclusione dire che i prodotti di fissione, in particolare i neutroni, hanno ringiovanito il tessuto da trecento a cinquecento anni circa, mentre il successivo riscaldamento sembra aver riportato la datazione verso il valore primitivo. L'esperienze con flusso neutronico "puro" confermano in modo indiscutibile l'azione di ringiovanimento sopra indicata e tuttavia mostrano anche quanto sia difficile dosare il flusso per ottenere un effetto desiderato. E' probabile che le reazioni nucleari non si riducano alla diretta trasformazione di 13C in 14C. Le simulazioni termiche non hanno prodotto degli spostamenti particolarmente significativi nel tenore di 14C misurato. Occorre tuttavia considerare che v'é stata nel tempo una evoluzione nelle condizioni e nelle modalità di prova (vedi Tab.2), allo scopo di 184
individuare almeno una parte delle situazioni ambientali sviluppatesi durante l'incendio di Chambery i cui effetti sono evidenti sulla Sindone. In particolare il raffreddamento con acqua, le cui caratteristiche sono assai differenti nei quattro successivi esperimenti In ogni caso questi risultati non sono necessariamente definitivi come non lo sono alcuni dei parametri del modello con i quali viene simulato l'incendio. Nel prossimo futuro ci ripromettiamo, a Dio piacendo, di completare il quadro con i risultati dell'analisi radiocarbonica mancanti e di avviare una nuova serie di esperienze di simulazione termica. figure 1, 2 e 3
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figure 4 e 5 186
figure 6 e 7
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figure 8, 9 e 10
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figure 11, 12 e 13 189
figure 14, 15 e 16 190
Tabella 1 191
Tabella 2
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Note: (1) Verbali di consegna del Prof. Pier Luigi Baima Bollone del 2/7/1990 e del 25/11/1991. (2) Dopo esposizione alla luce Jackson osservava uno spostamento del diagramma riflettanza - lunghezza d'onda del colore, ed ancora, dopo trattamento termico, uno spostamento diverso della curva di riflettanza ricavata dalla zona investita dalla radiazione e di quella del fondo (John Jackson -Conferenza tenuta al "Rosetum" di Milano il 24 marzo 1990). (3) Un lino tessuto a saia, in scala 2:1 rispetto alle dimensioni della Sindone, imbevuto di una soluzione di aloe e mirra e ripiegato su se stesso in 48 strati, è stato collocato in un cofano di rame foderato internamente di legno. Durante le esperienze le fiamme di un camino investivano da ogni parte la custodia metallica. Sono state cosÏ definite anzitutto le temperature interne ed esterne al cofano che permettono al telo di acquisire la tipica 193
colorazione avorio della Sindone. Nelle successive esperienze i campioni variamente irraggiati sono stati collocati sopra il 21° riquadro della tela. (4) Il campione di lino proveniente dagli scavi di En Gedi è stato ritrovato dall'archeologo G.Hadas e da noi ottenuto per interessamento del dott. Y. Meshorer di Tel Aviv dell'Israel Antiquites Authority di Gerusalemme e cortesemente inviato dal Curatore del materiale organico dott. Tamar Schick in data 23 novembre 1993. Ci è stato segnalato che il campione è stato lavato leggermente in acqua deionizzata. (5) Si tratta di una giovinetta, Fukae Shigeko, che moriva il 27 agosto, diciotto giorni dopo l'esplosione. (6) È improbabile che la ricaduta immediata o locale abbia interessato una località posta a 100 km dall'epicentro dello scoppio. La bomba da 2 Mton sganciata sull'atollo di Bikini aveva raggiunto nelle prime 36 ore un'area di 122 km di raggio ma la potenza dell'esplosione era senza dubbio assai maggiore. Inoltre dopo 36 ore la riduzione dell'attività delle particelle radioattive ß e ? è di circa il 2- 3% di quello iniziale. Rimangono naturalmente alcuni isotopi radioattivi quali il 137Cs che emettono particelle ?. (7) "Chernobyl ten years on." in Nuclear News, April 1996, pp.35-36. (8) Il corpo umano contiene circa il 10% di idrogeno. Di questo una parte su 6700 è costituita dal suo isotopo, il deuterio. (9) Sul campione, gentilmente fornito a M.Moroni dal Prof. Baima Bollone, il Laboratorio dell'Università di Toronto ha ottenuto i valori 4670 ± 60 BP e 2s = 3542 ¸ 3340 a.C. (10) Si è ipotizzato che il corpo pesasse 70 Kg e che il deuterio fosse presente nella stessa proporzione riscontrabile nell'acqua: 34 g/ m3. (11) Lettera del Research Laboratory for Archaeology and the History of Art di Oxford del 10/7/1995 a firma dott. Robert Hedges. 18 aprile 11.32 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione radiazione neutronica 2008
*Francesco Barbesino & **Mario Moroni Effetti della radiazione neutronica sulle fibre e conseguenze per una datazione radiocarbonica International Conference on The Shroud of Turin: Perspective on a Multifaceted Enigma Sponsored by the Shroud Science Group August 14 –17, 2008 * Ingegnere in Chimica Industriale - fra.bar@libero.it * * Perito elettrotecnico - Membro del Centro Internazionale di Sindonologia di Torino – liliana.tagliaferri@alice.it I risultati dell’analisi eseguite sul tessuto della Sindone di Torino, resi pubblici nel 1988, hanno sollevato già dalla loro comparsa numerosi dubbi perché contraddicevano i risultati acquisiti in precedenza nelle più varie discipline. Numerose ipotesi sono state formulate per spiegare la presenza dell’elevato tenore di 14C che 194
forniva la datazione medioevale1. Da parte nostra due sono state le ipotesi prese successivamente in considerazione: • un aumento di 14C causato dall’ incendio di Chambery del 1532 • un aumento di 14C prodotto da un irraggiamento neutronico Per ottenere risultati tra loro omogenei si è scelto : • di appoggiarci ad un solo laboratorio di analisi, l’IsoTrace Radiocarbon Laboratory dell’Università di Toronto (Canada), dotato di uno spettrometro di massa ad accelerazione (AMS) • di utilizzare negli esperimenti lo stesso lino antico. Questo proveniva dalla mummia Lyma del “Museo dei tessuti” di Lione. 1. Datazione del tessuto della mummia Lyma “as received” Lo spezzone della mummia Lyma c’è stato inviato dal prof. J.B.Rinaudo. Il tessuto era già stato radiodatato presso il Centre de datation par le radiocarboni dell’Universitè Claude Bernard-Lyon 1, ma si è preferito ripetere l’analisi non conoscendo il criterio di valutazione degli errori applicato dal laboratorio. Successivamente per le ragioni che verranno indicate in seguito, si è eseguita una seconda analisi, preceduta da un pretrattamento di pulizia molto spinto. I risultati sono riportati in Tabella I2. Sample Apparent age (years BP) Yeld % Probability % Calibrated age Confidence interval 68,3 % Confidence interval 95,5 % TO -Ly 6509 2110 ± 60 40 – 80* 100 115 B.C. 195 B.C.- 40 B.C. 250 B.C.- 20 A.D. TO -13583 2020 ± 50 12,6 100 40 B.C. 55 B.C.- 30 A.D. 170 B.C.- 80 A.D. 100 10 B.C. 55 B.C.-30 A.D 170 B.C.- 80 A.D. 100 0 B.C. 55 B.C.- 30 A.D 170 B.C.- 80 A.D. 1 Marino J. G., Benford M. S.,: “Evidence for the Skewing of the C-14 Dating of The Shroud of Turin due to Repairs”, www.shroud.com/pdfs/marben.pdf Rogers R.: “Studies on the radiocarbon sample from the Shroud of Turin”, Thermochimica Acta, Vol. 425, Issues 1-2 , 20, Jan. 2005, pp. 189-194. Alonso M.: Shroud Science Group on Yahoo discussion .2 Per il significato delle singole colonne e la calibrazione dei dati delle Tabelle I, II. .III e V, 195
si rimanda all’Appendice. Tabella I .40 - 80 .* = Intervallo massimo della resa (yeld) % nel pretrattamento convenzionale di pulizia dei campioni. (vedi R.L.Otlet – J.Evin: “The present state of radiocarbon dating” in “The Turin Shroud – Past, present and future.”, International Scientific Symposium, Torino 2-5 March 2000, Sindon Effatà ed., (p 455-478), p.470.) 2. Simulazione dell’incendio di Chambery Il campione è stato trattato termicamente a 200 °C per 90 minuti primi in una miscela di CO/CO2 3 L’analisi radiocarbonica ha fornito i seguenti risultati (Tabella II): Sample Apparent age (years BP) Yeld % Probability % Calibrated age Confidence interval 68,3 % Confidence interval 95,5 % TO-6897 1810 ± 60 63 100 235 A.D.. 135 A.D.- 260 AD. 75 A.D.-390 A.D. Anche un altro campione della mummia Lyma, sottoposto ad una simulazione termica con differenti modalità.(vedi rif. 3) ed analizzato dal Laboratorio AMS di Groningen per conto della BetaAnalitics di Miami, ha fornito un contenuto di 14C inferiore a quello sopra indicato. Pertanto non sembra possibile attribuire all’effetto del riscaldamento il vistoso aumento del tenore di 14C riscontrato sui campioni della Sindone. 3. Irraggiamento neutronico Già T.J.Phillips nel 1989 aveva avanzato l’ipotesi che un flusso di neutroni fosse all’origine di un forte aumento di 14C 4. Successivamente il nostro gruppo ha iniziato una proficua collaborazione col prof. Jean Baptiste Rinaudo della Facoltà di Medicina di Montpellier. Questi ha presentato un modello per spiegare sia la formazione dell’immagine sulla Sindone, sia l’aumento di 14C. Secondo tale modello un’improvvisa disintegrazione dei nuclei di deuterio presenti sulla superficie corporea avrebbe prodotto protoni e neutroni. I primi sarebbero all’origine dell’immagine, i secondi 196
. 3 Le modalità di ambedue le simulazioni, indicate rispettivamente come Koutznetsov e Moroni, sono descritte nella memoria: M.Moroni-F.Barbesino-M.Bettinelli.: "Verifica di una ipotesi di ringiovanimento radiocarbonico", III Congresso Internazionale di Studi sulla Sindone, Torino 5-7 giugno 1998 Tabella II dell’aumento di 14C 5. Partendo da questa ipotesi, è stato valutato il flusso protonico necessario per produrre la colorazione dell’immagine sindonica e da questo il corrispondente flusso neutronico (vedi Appendice). Il Prof. Rinaudo ci ha fornito uno spezzone della mummia Lyma irraggiato con un flusso di neutroni di 1.13⋅1013 n/cm2. Da questo abbiamo estratto tre campioni, uno radiodatato direttamente, gli altri due radiodatati dopo i trattamenti termici di simulazione dell’incendio di Chambery adottati in precedenza (vedi nota 3). I risultati delle analisi sono riportati in tabella III Sample Apparent age (years BP) Yeld % Probability % Calibrated age Confidence interval 68,3 % Confidence interval 95,5 % TO-5305 1750 ± 50 10,3 100 100 100 260 A.D. 290 A.D. 325 A.D. 240 A.D.-385 A.D. 240 A.D.-385 A.D 240 A.D.-385 A.D 145 A.D.- 215 A.D 145 A.D.-215 A.D. 145 A.D.-215 A.D.. TO-6898 990 ± 60 79 100 1025 A.D. 1005 A D.-1050 A D. 965 A.D.–1210 A.D. TO-6420 720 ± 50 51,9 100 1290 A.D. 1275 A.D.-1300 A.D. 1230 A.D –1315 A.D. Da questi risultati avevamo in un primo tempo dedotto che il trattamento termico eseguito su campioni irraggiati era in grado di produrre un significativo aumento di 14C. 197
Tuttavia, in seguito riconsiderando i risultati si osservò che: • Il contenuto di 14C nel campione irraggiato (TO-5305) è molto inferiore di quanto ci si poteva attendere dopo un irraggiamento neutronico. • La resa di tale campione era molto più bassa dei valori che si ottengono dai normali pretrattamenti di pulizia che precedono le analisi con le apparecchiature AMS. Pertanto, su consiglio del dr. R.P. Beukens, inviammo al Laboratorio IsoTrace uno spezzone di tessuto della mummia Lyma irraggiato, col quale vennero avviate una serie di analisi nelle quali i pretrattamenti di pulizia erano via via più severi. I risultati sono riassunti in Tabella IV 5 Rinaudo J. B.: “Nouveau mécanisme de formation de l’image sur le Linceul de Turin, ayant pu entraîner une fausse radiodatation médièvale”, L’Identification Scientifique de l’Homme du Linceul, Jésus de Nazareth, Actes du Symposium Scientifique International, Rome 1993, F.-X. De Guibert, Paris 1995, pp. 293299. Rinaudo J. B., “Image formation on the Shroud of Turin explained by a protonic model affecting radiocarbon dating” III Congresso internazionale di studi sulla Sindone, Torino, 5-7 Giugno 1998. Tabella III Pretreatment Apparent age (years BP) Yeld % no pre-treatment washed AAA* cellulose** AAA + cellulose -520 ± 50 590 ± 50 940 ± 50 1040 ± 50 1750 ± 50 100 85 65 17 10 *AAA: estrazione a caldo forte acida e alcalina seguita da un lavaggio acido. **cellulose:.estrazione a caldo candeggiante acido/ClO2 seguita da una estrazione alcalina e da un lavaggio acido. Si può dunque affermare che nei campioni irraggiati più il pretrattamento di pulizia è severo e la resa decresce, più il contenuto di 14C diminuisce. Questo risultato è stato confermato dall’analisi di due nuovi campioni della mummia Lyma, anch’essi forniti dal Prof. Rinaudo, irraggiati con 2.59 ⋅1013 n/cm2, l’uno sottoposto ad un pretrattamento molto spinto (resa 7.8 %), l’altro 198
ad una pulizia convenzionale Sample Apparent age (years BP) Yeld % Probability % Calibrated age Confidence interval 68,3 % Confidence interval 95,5 % TO-12553 1340 ± 60 7,8 100 660 A.D. 645 A.D.- 690 A.D. 600 A.D.-775 A.D. TO-12553-2 260 ± 50 55,9 100 1645A.D. 1630 A.D-1665A.D. 1605A.D-1680 A.D. Conclusioni Il risultato più evidente della nostra ricerca è l’aumento del tenore di 14C in seguito all’irraggiamento neutronico6 e l’impossibilità, neppure con i pretrattamenti più severi, di raggiungere la data “storica” (calibrata sulle curve dendrocronologiche) del campione non 6 Allo stato attuale delle ricerche non si è in grado di indicare quali meccanismi abbiano prodotto l’aumento di 14C osservato. Si sono avanzate diverse ipotesi, adsorbimento o chemiadsorbimento di 14C prodotto dall’urto dei neutroni con gli atomi d’azoto presenti nell’ambiente, la creazione di radicali liberi ed altro. Tabella IV Tabella V irraggiato (TO-13583 – 40/10/0 B.C.). Pertanto se si fosse verificato un irraggiamento, il risultato spiegherebbe i valori anomali ottenuti nelle analisi del 1998 sulla Sindone7. E’ evidente che tale contenuto aumenta all’aumentare del flusso neutronico. Il campione TO-12553 (Tab. V) pur con una resa del pretrattamento di pulizia del 7.8 %, presenta all’analisi un contenuto di 14C più alto del campione TO-5305 (Tab.III). Si possono aggiungere alcune considerazioni: • Ogni fibra di lino è composta da un certo numero di fibrille di cellulosa pura associate a sostanze complementari (emicellulose, lignina, pectina) che compongono le lamelle interfibre e i tessuti cementanti e accompagnano la cellulosa sino al prodotto finito. La loro quantità varia con le condizioni di produzione e lavorazione. E’ anche probabile che la loro distribuzione lungo l’asse delle fibre non sia omogenea. Se è impossibile attribuire alle catene di cellulosa un aumento in 14C corrispondente a 1000 e più anni, questo. potrebbe essere possibile con le sostanze complementari. Se la quantità di 14C che si aggrega alle sostanze complementari è elevata, è impossibile dall’analisi ottenere l’età “storica” (o calibrata) che si otterrebbe dalla cellulosa pura perché, 199
spingendo al limite il pretrattamento di pulizia, con le sostanze complementari scompare anche la cellulosa. • Anche su lini antichi non irraggiati può essere utile un pretrattamento di pulizia spinto. E’ quello che si rileva dai campioni di Tabella I. E’ noto infatti che la possibilità di interazione tra il tessuto e gli agenti esterni dipende anche dal grado di ordine delle catene della cellulosa impaccate strettamente tra loro per mezzo di ponti idrogeno. Nelle zone ove tale compattezza si riduce (indicate come zone semicristalline) l’azione degli agenti esterni diviene più efficace. In passato abbiamo verificato con spettri di diffrazione ai raggi X il grado di ordine di tre lini antichi pressoché coevi: poiché i valori ottenuti differivano sensibilmente tra loro il degrado registrato doveva dipendere dalle vicende storiche di ciascuno di essi8. Appendice 7 Il prof Robert Hedges consultato sul pretrattamento di una seconda analisi eseguita diversi anni dopo sui campioni della Sindone consegnati al Laboratorio di Oxford, analisi che aveva confermato i precedenti risultati, ha detto che, secondo quanto ricordava, la resa variava tra il 70 ed il 75% (Fax a M. Moroni del 30/01/08). 8 M.Bettinelli-E.Cartoni-M.Moroni.F.Barbesino: "Impiego di tecniche fisico-chimiche per lo studio dell’invecchiamento delle fibre di lino", Worldwide Congress Sindone 2000, Orvieto. 27-29 giugno 2000. www.sacrasindone.135.it/ Irraggiamento protonico Occorre precisare che in precedenza il prof Rinaudo aveva accertato col calcolo che se si considera uno spessore della superficie corporea di 10 μm questa contiene per ogni cm2 una quantità di deuterio sufficiente per fornire i protoni richiesti. Sono stati considerati solo gli strati superficiali del corpo poiché i protoni provenienti dagli strati più profondi avrebbero subito drastiche riduzioni d’energia attraversando i tessuti soprastanti. Il flusso venne ottenuto mediante un acceleratore di particelle tipo Van der Graaff installato presso il “Centre d’Etudes Nucleaires Bordeaux-Gradignan”. Il lino utilizzato, tessuto di recente, era “bianco”e venne lavato. Il flusso necessario è risultato di 2 μC/cm2 . La conferma che la colorazione del tessuto irradiato con protoni era simile a quella della Sindone si ottenne paragonando la registrazione spettroriflettometrica del primo con quella ottenuta sulla Sindone da Roger e Marion Gilbert nella campagna condotta dallo STURP nel 1978 (vedi R.Gilbert Jr. and M.M. Gilbert: “Ultraviolet-Visible Reflectance and Fluorescence Spectra of the Shroud of 200
Turin”, Applied Optic 19 (1980), p.1980-1936.). . Una serie di campagne sperimentali hanno confermato alcune caratteristiche che ci si attendeva in base all’ipotesi iniziale. E’ stato accertato che l’immagine é tridimensionale, superficiale e indelebile e che la “strinatura” non produce furfuroli (vedi M. Moroni - F. Barbesino: “Different formation mechanisms of the bloodstains and the body image on the Shroud of Turin”, The Third International Dallas Conference on the Shroud of Turin, Dallas, Texas, September 8-11, 2005.) Irraggiamento neutronico Il prof. Rinaudo precisa che nella sua ipotesi i neutroni emessi in seguito alla rottura degli atomi di deuterio sono neutroni rapidi (1,1 MeV) che, rallentati dagli urti successivi, divengono neutroni termici (0,0025 eV) capaci di produrre 14C. L’irraggiamento neutronico dei campioni è stato eseguito presso il “Service du Reacteur Nucleare Universitarie” dell’Università L. Pasteur di Strasburgo (canpioni di Tabella I, II e III) e dall’”Istitute Laue Longevin” di Grenoble (campioni di Tabella V). Significato delle voci che compaiono nelle tabelle I, II,III e V . Apparent age (o radiocarbon age) – Data radiocarbonica riferita all’anno 1950 Yeld (%) – Peso finale del campione pretrattato/ peso iniziale x 100 Probability % - 100 quando la data radiocarbonica interseca la curva dendrocronologica in uno o più punti. Calibrated age – età ottenuta dall’età radiocarbonica in base alla curva dendrocronologica Confidence interval 68,3 % e 95,5 % – sono i limiti 1σ e 2σ di una distribuzione normale Calibrazione The results of Table I, II e III were calibrated with bidecal data set INTCAL93 from: M.Stuiver and P.J. Reimer, Radiocarbon 35 (1993) p. 235-230. This data set uses the dendro calibration results from: M.Stuiver and G.W.Pearson: Radiocarbon 35 (1993), p.1-23. G.W.Pearson and M.Stuiver: Radiocarbon 35 (1993), p.25-33. T.W.Linick, A.Long, P.Damon, C.W. Ferguson: Radiocarbon 28 (1986), p 943-953. B. Kromer and B.Becker: Radiocarbon 35 (1993), p.125-135. The results of Table IV were calibrated with INTCAL04 Terrestrial Radiocarbon Age Calibration, 0-26 cal kyr BP from: P.J.Reimer et al.: Radiocarbon 46#3 (2004), p.1029. .Ringraziamenti Si ringrazia il dr. Roelf P.Beukens del Laboratorio IsoTrace dell’Università di Toronto che, in un rapporto di collaborazione ormai quasi ventennale, ci è stato sempre prodigo di puntuali osservazioni critiche e di utili consigli. 201
18 aprile 11.29 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione Stato attuale della Sacra Sindone Stato attuale delle ricerche relative alla presenza di bilirubina nel sangue della Sindone in rapporto al colore rosso-vivo delle macchie di sangue
Mario Moroni – Carlo Goldoni – Francesco Barbesino La presente nota ha lo scopo di riassumere per gli interessati alla Sindone "non addetti ai lavori" le ricerche condotte su l’argomento sopra indicato.
1. Premessa Il prof. Pierluigi Baima Bollone ha dimostrato con certezza che le macchie presenti sul Telo di Torino sono ascrivibili alla presenza di sangue umano di gruppo AB. Da un punto di vista biochimico John Heller ed Alan Adler hanno individuato nelle stesse sedi non solo emoglobina ma anche altri composti propri del sangue e, tra l’altro, la presenza di bilirubina per giunta in quantità ben apprezzabile. La bilirubina, normalmente presente nel sangue, deriva dal catabolismo dell’emoglobina e, giungendo nel fegato, viene da quest’ultimo riversata nella bile. La presenza di bilirubina, in concentrazione presumibilmente aumentata nel sangue che ha macchiato la Sindone trova spiegazione nei numerosi traumi subiti prima della morte dovuti ai tormenti inflitti all’Uomo che la Sindone avvolse. La presenza di questo componente da un lato avvalora la presenza di sangue sul Telo mentre, dall’altro, ha permesso ad alcuni ricercatori di attribuire l’inusuale colore rosso vivo di macchie di sangue vecchio, antico alla presenza della bilirubina stessa nonché di aloe e mirra. 2. Ricerche successive Il rapporto intercorrente tra il tenore di bilirubina e la particolare colorazione del sangue è rimasto a lungo allo stato di ipotesi. Ancora nell’anno 2000 il prof. Baima Bollone, in occasione del Simposio Internazionale a Torino, col consueto rigore scientifico osserva che "il persistere del colore rosso (del sangue) può dipendere dai materiali utilizzati per preservare il corpo dalla corruzione (preserving materials) o dalla documentata presenza di bilirubina". (1) Per verificare sperimentalmente l’ipotizzata relazione tra la colorazione del sangue e la bilirubina Carlo Goldoni (Patologo Clinico ed Ematologo) con Tina Grimaldi (Tecnica di Laboratorio), coordinati da Mario Moroni, ha avviato una serie di esperienze nelle quali sono stati prodotti artificialmente coaguli di sangue umano contenente quantità crescenti di bilirubina in concentrazione approssimativa da 2 a 5 volte maggiore della normale concentrazione fisiologica (2, 3). I decalchi venivano prodotti su frammenti di tessuto di lino simil-sindonico trattato con una miscela di aloe, mirra e sudore artificiale. Da questi decalchi sono state ottenute tre serie di campioni con concentrazione crescente di bilirubina: una mantenuta tale e quale, una invecchiata in stufa per 10 h a 120C° ed una tenuta esposta ad irradiazione ultravioletta (365 nm ) per 6 h. 202
L’esame visivo delle tre serie non è stato in grado di cogliere variazione di colore a varie concentrazioni di bilirubina. L’esame visivo è stato confermato con l’esame spettrografico. Nella terza serie in tutti i decalchi le macchie assumevano colore rosso-vivo. Tornando alla Sindone é’ importante osservare come la nuance rosso-vivo del sangue sia legata al tipo di luce che illumina il Lenzuolo durante l’osservazione. Il medico Pierre Barbet (4) aveva notato l’intenso colore "carminio-malva", secondo la definizione che ne aveva dato il Vignon, mentre "il sole era appena tramontato in una luce viva ma diffusa" che considerava "l’ideale per fare osservazione". In seguito, nella relazione conclusiva dei periti su le indagini d’ordine ematologico effettuate su la Sindone nel periodo 1969-1976 dalla commissione istituita dal Cardinale Michele Pellegrino si legge (5): "Mentre i periti erano intenti a questo primo esame della S. Sindone hanno chiesto di essere ammessi a vedere la Reliquia Mr. Antoine Legrand e il Dr. Galimard, noti studiosi francesi della Sindone stessa, giunti appositamente a Torino. Il primo ha rilevato una differenza da quanto aveva avuto occasione di osservare in occasione della Ostensione del 1931 e cioè è rimasto colpito dal fatto che non fosse più apprezzabile, in corrispondenza delle macchie ematiche la tinta rosso carminio che è stata descritta da vari autori. Egli ha precisato che il precedente esame era avvenuto sulla gradinata del Duomo, durante l’ostensione all’esterno, e cioè alla luce solare. Si è invitato il Signor Judica a voler illuminare la S. Sindone con la stessa lampada usata nella ricognizione del 1969, quando era stata osservata detta tonalità cromatica. E cioè una lampada Osram Mittraphot con temperatura di colore 3200 Kelvin. Immediatamente detta tonalità si è resa ben evidente" . Anche uno degli Autori che ha partecipato all’Ostensione privata tenutasi in occasione del Simposio scientifico tenutosi a Torino dal 2-5 marzo 2000 è rimasto assai colpito nell’osservare, ad un metro di distanza, il colore rosso che assumevano le ferite dell’Uomo della Sindone, a Telo disteso senza il vetro di protezione, illuminato da una luce naturale diffusa che proveniva dalle finestre del locale posizionate in alto. In ogni caso se il viraggio di colore si rende visibile alla luce solare sembra lecito ipotizzare che vi sia stata a monte un’azione esterna che potrebbe essere causata da un tipo di radiazione. Nel caso di quelle ultraviolette Goldoni dice "è noto infatti che l’irraggiamento del sangue con luce ultravioletta trasforma la bilirubina in quantità normali e patologiche in composti simili quali la lumiribina e l’isolumirubina". 3. Un’interessante ipotesi del prof. Baima Bollone Non appena pubblicati i risultati ottenuti da Moroni-Goldoni-Grimaldi sulla stessa rivista Sindon appare un bellissimo lavoro a firma di Baima-Pescarmona-Marino a carattere compilativo: in esso il Baima avanza un’interessante teoria: 203
La bilirubina di per sé non sarebbe capace, se aumentata, di modificare il colore del sangue. Potrebbe però essere responsabile di ciò in via secondaria: qui gli autori si spiegano. Agli occhi esperti di un medico legale quale il prof. Baima, il sangue che assume un colorito carminio-malva, rosso ciliegia evoca immediatamente l’intossicazione da inalazione di monossido di carbonio (CO). Questa molecola principale componente del "vecchio" gas illuminante possiede una particolare capacità di combinarsi con l’emoglobina (Hb) formando carbossiemoglobina. Il CO entra in competizione con l’O2 ed ha un’affinità per la molecola emoglobinica centinaia di volte più forte dell’O2 . Inoltre il legame con l’Hb è tenacemente stabile. Quando un soggetto è intossicato per aver inalato CO, il sangue (e conseguentemente il colorito della cute) prende un colore rosso vivo capace di mantenersi per lungo tempo (anche per secoli!). Ovviamente è impensabile che sia il Cristo dei Vangeli sia l’Uomo della Sindone abbiano potuto inalare grandi quantità di CO. E qui entra in ballo la bilirubina che sarebbe capace di modificare il colore del sangue in via secondaria, diciamo in seconda battuta. L’Uomo della Sindone è stato martirizzato vivente poco prima della morte. Paradigmatici sono i colpi di flagello, i quali, abbondantissimi, hanno indotto lesioni di tipo percussivo. I colpi non solo hanno danneggiato i tessuti ma hanno anche agito sul sangue che, circolando, si trovava nel letto vascolare nella sede dell’impatto. Pertanto nei tessuti martirizzati si sono formati stravasi di sangue e quest’ultimo, a sua volta è, stato percosso con conseguente rottura dei globuli rossi che hanno sparso nell’ambiente liquido l’Hb che contenevano. Dall’Hb si libera l’eme e da questa molecola, nel fegato si viene a formare la bilirubina che, in questi casi, aumenta il suo tourn-over. Queste trasformazioni avvengono con l’intervento di enzimi. Più precisamente le emossigenasi (1,2,3) e successivamente la biliverdina viene trasformata in bilirubina (bilirubin reduttasi). L’intervento delle emossigenasi si svolge consentendo il rilascio di ferro e di CO. Ecco dunque che le molecole di produzione endogena (vista la grande affinità con l’Hb) rendono ragione della formazione di carbossiemoglobina, della sua presenza nel sangue della Sindone nonché del particolare colore rosso vivo del sangue stesso. 4. Proseguimento delle esperienze Occorre premettere che il Prof. Jean Baptiste Rinaudo della Facoltà di Medicina di Montpèllier, per rispondere al problema della formazione dell’immagine nonché a quello dell’apparente ringiovanimento radiocarbonico del tessuto sindonico ha elaborato un modello secondo il quale durante la Resurrezione si sarebbe sprigionata dell’energia che 204
avrebbe prodotto la disintegrazione dei nuclei di deuterio presenti sulla superficie corporea generando protoni e neutroni (6, 7). I primi sarebbero all’origine dell’immagine, i secondi di un aumento del contenuto di 14C il gruppo di ricerca composto da Mario Moroni, Francesco Barbesino e Maurizio Bettinelli ritenendo particolarmente interessante tale ipotesi, ha iniziato col Prof. Rinaudo da diversi anni una fruttuosa collaborazione. Le ricerche sperimentali hanno segnato numerosi punti sperimentali a favore dell’assunto iniziale. Un breve riassunto dei risultati ottenuti è riepilogato nella memoria presentata alla "The Third International Dallas Conference on Shroud of Turin" nel settembre del 2005 (8). Si è pertanto pensato che anche la colorazione particolare dei decalchi di sangue avrebbe potuto trarre origine da un irraggiamento neutronico del tessuto. Pertanto alcuni campioni di sangue con contenuti di bilirubina superiori ai limiti fisiologici, ancora una volta preparati da Carlo Goldoni, sono stati irradiati con neutroni. La dose era quella correlata alla corrispondente dose protonica necessaria per ottenere, dopo trattamento termico in forno, una colorazione che l’analisi spettroriflettometrica aveva indicato come paragonabile a quella del Volto Sindonico (a livello del naso). Tale trattamento non è stato causa di nessun cambiamento di colore delle macchie del sangue. Tuttavia il successivo irraggiamento nell’ UV prossimo mostrava, dopo un’esposizione di soli 30’, un netto viraggio verso il colore rosso vivo indipendentemente dall’eccesso di bilirubina nei singoli campioni. Si può pertanto ipotizzare che l’irraggiamento neutronico abbia causato nel sangue uno scompaginamento a livello molecolare che facilita la successiva penetrazione dei raggi UV impiegati dopo l’irradiazione neutronica. La stessa situazione fisico-chimica si potrebbe riprodurre nel sangue del Lenzuolo quando questo venisse esposto alla luce solare (ricca di raggi UV) causando il passaggio dal color ruggine, che comunemente si osserva nelle macchie di sangue vecchio, al colore rosso vivo. Note: (1) PL. Baima Bollone: "The forensic characteristics of the blood marks", International Scientific Symposium – "TheTurin Shroud – past, present and future.", Turin, 2-5 March 2000, Sindon – Effetà , 2000. (2) C. Goldoni, T. Grimaldi Di Marco, M. Moroni: "Sindone: raffronto tra il singolare colore delle macchie di sangue e la concentrazione di bilirubina in esso.Prime investigazioni." , Sindon N.S., Quad. n.14, dicembre 2000, pp.131-146. (3) Il dr. Goldoni scrive che nelle esperienze non ha superato il quintuplo della concentrazione fisiologica di bilirubina perché "non si è sentito di postulare un’intensa itterizia sia nel Cristo dei Vangeli sia nell’Uomo della Sindone". Infatti, già a tale concentrazione limite, si assiste ad "un colorito giallastro delle sclere nonché ad una colorazione giallastra della cute" Inoltre anche il siero del sangue "presenta una particolare colorazione giallo-verdastra". 205
(4) P. Barbet : "Le cinque piaghe di Cristo" , SEI, Torino 1940. (5) G. Frache, E. Mari Rizzatti, E.Mari: "Relazione conclusiva sulle indagini d’ordine ematologico praticate su materiale prelevato dalla Sindone" in "Osservazioni alla perizie ufficiali sulla Santa Sindone 1969-1976", Centro Internazionale di Sindonologia, Torino 1976. (6) J.B.Rinaudo: "Image formation on the Shroud of Turin explained by a protonic model affecting radiocarbon dating", III Congresso Internazionale di studi sulla Sindone, Torino 5-7 giugno 1998. (7) J.B.Rinaudo: "Protoni e neutroni: le due chiavi dell’enigma", Il Telo, anno III, n° 2, maggio-agosto 1999. (8) M. Moroni - F. Barbesino: "Different formation mechanisms of the bloodstains and the body image on the Shroud of Turin", The Third International Dallas Conference on the Shroud of Turin, Dallas, Texas, September 8-11, 2005. 12 aprile 18.39 | Aggiungi un commento | Collegamento permanente | Pubblica su blog |La Sacra Sindone: TUTTA LA VERITA'! Scienza e Religione
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