Giuseppe Bolognini vs Gian Girolamo II

Page 1

Collana: “opuscula n.5”

Giuseppe Bolognini vs Gian Girolamo II

Francesco Saverio Iatta

vs


Giuseppe Bolognini vs Gian Girolamo II

“A 20 Agosto 1647 fu tagliata la testa al dr. Abate Gio. Carlo Colucci di anni 47; al Dr. Abate Benedetto Trono d’anni 70; all’Arciprete Gio. Filippo Nuccio di anni 42; all’Abate Donato Antonio Roccamora di anni 53; a D[on] Francesco Maria Gabellone di anni 40; al cherico Domenico Gabellone d’anni 47; prima furono archibugiati e poi tagliate le teste… finito che ebbero tal carneficina … nell’istessa notte fu ammazzato il Barone Pietrantonio Sambiasi, a pugnalate, d’anni 73; morto che fu: l’appesero per piede alle furche in mezzo della Piazza; e le teste delli preti furono poste su il Sedile” 1 (cfr. Libro d’Annali de’ successi accaduti nella città di Nardò notati da D. Gio. Battista Biscozzi di detta città, pp. 60-61).


Quanto abbiamo appena riportato è la versione che Gian Battista Biscozzi, un sacerdote 2 nato e quindi poi sempre vissuto a Nardò, offre della brutale vendetta di cui sono stati oggetto, tra i molti altri neretini, i canonici della cattedrale di Nardò. Eccidio brutale di cui è unanimamente riconosciuto essere l’unico responsabile Gian Girolamo II 3 32° conte di Conversano e 7° duca di Nardò 4. Ebbene, nonostante il Biscozzi sia ritenuto un memorialista più che attendibile, anche perché ricostruisce quanto rievoca con un distacco quasi olimpico5; sebbene lo stesso annalista neretino sia coevo degli episodi che narra e quindi possa sostenere, con cognizione di causa, che Gian Girolamo II, all’indomani della insurrezione degli abitanti di Nardò (avvenuta nel corso del 1647 approfittando dei sommovimenti che dilagarono in tutto il regno in seguirono ai moti del 1647-48) abbia eliminato brutalmente cinque canonici della cattedrale di Nardò: il nostro Bolognini 6, nella sua “Storia di Conversano 7”, sostiene, invece , che i canonici brutalmente trucidati dal conte di Conversano non sono quattro o cinque (come sostengono i più accreditati storici che hanno ricostruito la stessa orripilante vicenda), ma ben ventiquattro.


Il Bolognini sostiene questa tesi sebbene sullo stesso episodio Benedetto Croce, nella “Storia Regno di Napoli” 8, al contrario, scriva: “I baroni soffocarono nel sangue le ribellioni dei comuni: del che andò famoso il conte di Conversano Acquaviva [cioè: Gian Girolamo II], il quale alla rinnovata rivolta della sua Nardò, accorse con gente armata, impiccò il sindaco e molti cittadini, e persino quattro canonici 9 di cui fece collocare le mozze teste sui loro stalli del Duomo”.


Si tenga presente, in proposito, che, come è noto, Benedetto Croce ha pubblicato, nel 1925, la Storia del Regno di Napoli e cioè ben dieci anni prima che il nostro canonico, ritenuto tradizionalmente lo storico per antonomasia di Conversano, dia alle stampe la Storia di Conversano. Quindi, nonostante il Bolognini avesse a disposizione una testimonianza coeva quanto poi la ricostruzione di un più che autorevole storico, non solo non ne tiene alcun conto ma, al contrario, è dell’avviso, senza per altro provare la sua categorica affermazione, che ‘il Guercio di Puglia’ avrebbe trucidato barbaramente, ben ventiquattro canonici della cattedrale di Nardò. Ma, purtroppo, non è ancor tutto. Il Bolognini non solo non tiene in alcun conto le ricostruzioni

che

abbiamo

appena ricordato quanto poi utilizza, in maniera particolarmente disinvolta, gli stessi “Annali” del Biscozzi. Utilizza il “Libro di annali” del Biscozzi, ripetutamente, ma


sol quando risultano utili alla sua ricostruzione dei misfatti di cui è colpevole Gian Girolamo. Il nostro concittadino ricorre a questo espediente e nell’esclusivo intento di avallare il suo risentimento di ‘casta’: come è noto il Bolognini era canonico della Cattedrale di Conversano. Risentimento che dimostra, per altro apertamente, di nutrire nei confronti di Gian Girolamo II sol perché il conte di Conversano aveva osato trucidare barbaramente alcuni canonici della cattedrale di Nardò.


Insomma, un irrefrenabile risentimento ‘corporativo’ spinge l’erudito conversanese non solo a contraddire palesemente il maestro napoletano (di cui, per altro, non dimostra di conoscere colpevolmente lo scritto) quanto anche il memorialista neretino Gian Battista Biscozzi. Non contento, il Bolognini sostiene, inoltre, che Gian Girolamo II, non solo aveva ordinato l’esecuzione dei ventiquattro canonici, ma che la loro stessa esecuzione si sarebbe tenuta in Conversano. Per il Bolognini, infatti, l’inutile, barbara e quindi poi anche cinica eliminazione dei ventiquattro canonici della cattedrale di Nardò sarebbe avvenuta per impiccagione. Impiccagione che sarebbe stata eseguita, per l’appunto, in Conversano: “nella strettola delle Forche”. E non si ferma nel distorcere la verità storica dell’avvenimento di cui stiamo trattando. Ma, addirittura, sostiene che l’impiccagione avrebbe anche avuto un epilogo anche raccapricciante. I ventiquattro canonici, dopo essere stati impiccati, sarebbero poi stati anche ‘decorticati’. E con la loro pelle sarebbero poi state rivestite altrettante sedie che sarebbero poi state poste, in bella mostra, nelle stanze di rappresentanza del castello di Conversano a dimostrazione (esemplare!) di cosa spettava ai nemici di Gian Girolamo II.


Ovviamente il Bolognini (come è, purtroppo, solito in diverse pagine della sua “Storia di Conversano”) non porta, però, a suffragio della sua ricostruzione alcuna fonte attendibile: se non quanto avrebbe tramandato la “vox populi”. E cioè di fatto: una mera leggenda.



Chi ha raccolto quanto la vox populi sosteneva a proposito dell’eccidio dei canonici di Nardò e quindi ha tentato di dar a questa leggenda un’acritica patente di dignità storica, è stato, ben prima del Bolognini, il pur benemerito architetto Sante Simone:10 addirittura nel 1881. Quindi il Bolognini non è neppure originale nel sostenere che i canonici della cattedrale di Nardò, fatti sadicamente eliminare, per ordine di Gian Girolamo II: dovevano essere ben ventiquattro. Sol che va particolarmente messo in evidenza, a parziale giustificazione dell’infortunio in cui incappa Sante Simone, che il nostro architetto non si era potuto valere né del “Libro di Annali” del Biscozzi, che è stato rinvenuto e quindi pubblicato nel corso del 1636 da Nicola Vacca, che lo ha pubblicato nel quarto anno della “Rinascenza salentina”, quanto neppure, per ragioni facilmente comprensibili, della monografia del Croce che è stata edita, come abbiamo già precisato, nel corso del 1925 e quindi neanche della monografia che Ludovico Pepe11 dedica alle gesta del «Guercio di Puglia», intitolata, Nardò e Terra d’Otranto nei moti del 1647-1648 12, apparsa nell’«Archivio storico pugliese», tra il 1894 e il 1895.


Sante Simone 13 a proposito della brutale eliminazione dei canonici di Nardò annota: “In Conversano è fondata tradizione

che

i

ventiquattro canonici furono decollati nel viottolo che dà

sulla

S[anta]

via

si

M[aria]

dell’Isola, ora chiamata ancora strettola delle Forche. Si dice di più che fossero decorticati e della loro pelle coperte 24 sedie che il mio rispettabile amico D[on] Saverio Can[onico] Lorusso dice di essere state fatte bruciare nello scorcio del passato secolo [cioè nel 1800] dal Can[onico] Luigi Rondanini” 14. Ma quanto sostiene Sante Simone non è suffragato da alcuna prova se non che dalla discutibile constatazione che: “In


Conversano è fondata tradizione, etc.”. Come se una tradizione possa rinvenire, quasi magicamente, la sua autenticità storica e quindi il suo fondamento grazie alla sua antichità e quindi sol per questo merito dato possa poi essere allegramente contrabandata come una fonte attendibile. Ma sia il Simone quanto poi lo stesso Bolognini (che come si sarà rilevato di fatto riprende acriticamente quanto riporta l’architetto Simone) sono smentiti, come si è già accennato, non solo dal Biscozzi, quanto dal Croce e poi ancora da Ludovico Pepe. Il Pepe infatti, a

proposito

della

querelle delle 24 sedie ricoperte della pelle dei 24 canonici della cattedrale di Nardò trucidati su ordine di Gian Girolamo II, precisa: “Un giorno si beò il Conte nella contemplazione dell’orribile scena ond’era funestata la piazza [di Nardò]: il giorno seguente (22) volle che i corpi dei Canonici fossero schierati innanzi alla loro chiesa, e che i mozzi capi, rimossi


dal seggio e coperti delle berrette canonicali , fossero portati, orribile a dirsi, sugli stalli del coro un tempo da ciascuno rispettivamente occupati! Indi permise che i corpi fossero seppelliti; ma le teste fe’ riporre sul seggio. Fu smentito che della pelle dei canonici avesse il Conte foderate alcune sedie del suo palazzo in Conversano; ma ormai ciò che fa meraviglia si è che la cosa non sia avvenuta” 15. Cui poi va anche soggiunto che il Pepe, sempre a proposito della eliminazione dei canonici di Nardò ad opera di Gian Girolamo II, precisa:” Ai primi movimenti delle genti del Conte, si erano riunite in casa di Stefano Gaballone, già Sindaco dei nobili, i due suoi fratelli Francesco Maria e Domenico, Sacerdote il primo di anni 40 e chierico il secondo di anni 37, e gli Abbati Benedetto Tonno d’anni 70, Donatantonio Roccamora d’anni 53 e Gio. Filippo Nuccio d’anni 42” 16. Insomma, i canonici di Nardò fatti eliminare da Gian Girolamo II, per il Pepe, sono in totale cinque. E non ventiquattro come, invece, pretenderebbe, in base non si sa a quale attendibile fonte, il Bolognini. Lo stesso Pepe poi così ricostruisce i termini della eliminazione fisica dei canonici della cattedrale di Nardò:” Indi [i canonici di Nardò] bendati, furono schierati in una linea, e to-


sto una scarica di archibugi li fe’ cadere esamini, mentre, per l’ultima volta, dicevano: - “Pater, ignosce illis!” 17 e cioè: “Padre nostro, perdona loro!”. A quanto abbiamo sin qui ricostruito va aggiunto un altro, inconfutabile, dato di fatto: quanto meno inquietante. Inquietante in quanto esemplifica la maniera con cui il canonico Bolognini ricapitola le vicende di cui, suo avviso, sarebbe stato responsabile Gian Girolamo II. Il Bolognini, infatti, dimostra di conoscere e quindi poi cita ripetutamente anche il contributo del Pepe che abbiamo appena ricordato. E lo utilizza poi anche più volte. Ma solo e soltanto quando le ricostruzioni del Pepe confortano le sue opinioni. E cioè quando il nostro canonico deve sostenere, anche grazie all’avallo delle ricostruzioni offertegli dal Pepe, che Gian Girolamo II era un feudatario feroce e brutalmente vendicativo. Tesi che è, per l’appunto, il tema che anima, di fatto sostanziandolo,

“Nardò

e

Terra


d’Otranto nel moti del 1647-1648” del Pepe, monografia che, per l’appunto, annovera tra i suoi maggiori protagonisti: proprio la torva personalità di «il Guercio di Puglia». Quando però le ricostruzioni del Pepe non assecondano le tesi preconcette del canonico Bolognini, quest’ultimo non ne tiene alcun conto e quindi non cita più il Pepe in quanto le ricostruzioni documentate del Pepe farebbero naufragare le sue tesi. Tesi, per altro, che paiono addirittura essere sol preconcette in quanto non hanno alcun riscontro storicamente attendibile.


Eppure il Bolognini non tentenna neppure un attimo, fa sua, addirittura con nonchalance, una delle non poche leggende che son sorte intorno alle imprese del “Guercio di Puglia”. Le fa sue anche se non può che valersi di una mera, leggendaria tradizione che sostiene che i canonici di Nardò, puniti da Gian Girolamo con una barbara morte, siano stati ben ventiquattro. Leggenda che poi sostiene anche che gli stessi canonici neretini vengono quindi trascinati, in catene, in Conversano. E, una volta impiccati “in quella viuzza a cui è rimasto poi il nome di «strettola delle forche» 18” sarebbero poi stati addirittura ‘decorticati’: cioè scuoiati come delle bestie da macello. E con la loro pelle sarebbero poi state foderate, su precisa indicazione del “Guercio di Puglia”, ben ventiquattro sedie.


Tutto questo il Bolognini fa suo, e quindi continua a propalarlo offrendogli quindi per giunta un’ulteriore legittima patente di dignità storica, sul mero fondamento di una antica ma non affatto documentata tradizione. Tradizione che è poi confutata da Pietro Gioja 19 (autore che, al solito, il canonico conversanese cita più volte 20, ma sol quando tira acqua al suo mulino) che, in merito all’uccisione dei canonici di Nardò, invece, scrive:“ Noi senza restarci alle volgari tradizioni, che sogliono ingrandire le cose infauste, bensì attenendoci a due soli autori, che scrissero delle rivolte dei loro tempi, cioè al conte Bisaccioni e a Tommaso de Sanctis, non potremo per altro lato escusare la condotta del conte di Conversano, se non per il minor numero dei sacerdoti trucidati, non già per le minori crudeltà, di cui i loro corpi furono subietto spaventoso. Difatti narrano entrambi questi autori che non più di sette o otto furono gli ecclesiastici uccisi il De Santis dice di più che i sacerdoti furono archibugiati, poi decapitati, e mentre i teschi si affissero sul seggio, i busti mutilati si più dì penzoloni in torno al corpo pendente, per il piede, del barone Sambiase” 21.


Purtroppo il nostro Bolognini non solo non è sempre un autore attendibile, ma spesso (come è già stato opportunamente già stigmatizzato 22) non ricostruisce la storia che narra che sulla scorta di fonti di seconda mano e, quindi poi anche, inattendibili. Dati negativi ai quali si deve aggiungere (almeno per il caso cui sin qui ci siamo riferiti) che il Bolognini utilizza le fonti a cui àncora parte delle sue compilazioni con una avventatezza che fonda quasi unicamente su ciò che tramanda spesso solo la più gratuita, acritica delle tradizioni.


Si tenga presente, a proposito delle licenze che suol prendersi il Nostro canonico, che il Bolognini è anche colui che accredita che i più diretti discendenti del “Guercio di Puglia” si sarebbero valsi del leggendario “ius primae noctis”. Come abbiamo tentato sin qui di dimostrare, il Bolognini pur citando ripetutamente le conclusioni del Pepe e quindi poi gli stessi contributi del Biscozzi e quindi poi pure quelli del Gioja questi son poi ripresi e quindi citati dal Bolognini sol quando fanno smaccatamente comodo alle sue tesi. Per ciò il canonico conversanese omette (scientemente) quanto, invece, gli avrebbe permesso di avvicinarsi alla verità. E, perseguendo questo intento, finisce con il cedere (forse anche inconsapevolmente, dato che rende ancor più gravi le licenze storiche del canonico conversanese) alle ingannevoli lusinghe del partito preso. Di fatto quindi cedendo alle seduzioni ingannevoli delle leggende che, per l’appunto, hanno finito col il far nascere proprio le certo non proprio commendevoli imprese del “Guercio di Puglia”. Leggende che, come è noto, son fiorite (non sarà proprio un caso) subito dopo l’improvvisa quanto, per alcuni versi, misteriosa morte del conte di Conversano. Morte che, come è noto, è avvenuta quando il “Guercio delle Puglie” era, finalmente, sul punto di ritornare nei suoi feudi. Feudi che, per


altro, aveva amministrato con una determinazione che spesso aveva rasentato, inutilmente, la gratuita ferocia belluina che ha caratterizzato alcune sue imprese. Sicché gran parte di queste stesse imprese vennero circonfuse da un nugolo di leggende che divennero tanto più attendibili quanto più rimarcavano la cinica spregiudicatezza di un feudatario ch’era stato solito risolvere, con una pervicacia degna di miglior causa, i problemi che gli proponeva la realizzazione di una politica volta precipuamente all’ingrandimento dei territori feudali che aveva ereditato con una brutalità sin anche gratuita quanto spropositata. Ma che era, per altro verso, una brutalità ferina che aveva lo stesso stigma che connota peculiarmente gran parte delle gesta che mettono a segno i potenti prepotenti che, per l’appunto, intendono affermare la propria dispotica volontà. E il XVII secolo, non per nulla definito anche il “secolo di ferro”, non annovera di certo tra i suoi protagonisti meno sadici prepotenti feudatari del conte di Conversano. E quindi Gian Girolamo II è passato nelle cronache locali come un impareggiabile despota cui si potevano attribuire, gratuitamente, ogni sorta di immotivata e quindi poi anche arbitraria cinica malefatta. francoiatta@tiscali.it


1

2

Cfr. Libro d’Annali de’ successi accaduti nella città di Nardò notati da D. Gio. Battista Biscozzi di detta città, in Zacchino Vittorio, Masaniello in Terra d’Otranto. La rivolta del 1647 a Lecce e a Nardò con nuovi documenti archivistici, Panico, Galatina 1997, pp. 60-61. Le sottolineature sono nostre. Gian Battista Biscozzi è nato in Nardò. Purtroppo poche anche se documentate sono le notizie che ci sono giunte sul conto dell’abate. Innanzitutto è provato che il Nostro si chiamasse Biscozzi e non Biscozzo (cfr. N. Vacca, G.B. Biscozzi e il suo «Libro d’Annali», in Rinascenza salentina, a. IV,1936, p. 4). Che il cognome Biscozzi nel ‘600 in Nardò era diffuso. Ed era tanto comune che nel clero della stessa cittadina, feudo degli Acquaviva, si contavano, nello steso arco di tempo ben tre Biscozzi. E, cioè: Giovanni, Giov. Francesco e Giov. Battista il qual ultimo è l’estensore del Libro d’Annali de’ successi accaduti nella città di Nardò notati da D. Gio. Battista Biscozzi di detta città. Negli archivi parrocchiali del 1613, precisamente nei registri in cui si annotavano le nascite dei neretini, al f. 256 v., si legge: “Die 24 eiusdem mensis (e cioè il 24 febbraio 1613) Ioannes Baptista fil us Federici Biscoti et Luisiae Antoniae coniugum babtizatus fuit puer. Il Biscozzi ebbe una sorella a nome Dianora che, nata il 20 settembre 1610 sposò poi Angelo Spalletta e morì il 27 settembre 1681. Nel libro dei morti della cattedrale di Nardò, a proposito del nostro ‘cronista’, si legge:” A dì 28 detto (cioè del gennaio 1683) D. Giov.


3

Biscozzi morì con li santi sacramenti e si sepelì (sic) nella cattedrale con esequie generali” (cfr. p.35 v). Il Biscozzi ebbe come precettore D. Giov. Bernardino De Vito. Giovan Battista Biscozzi ebbe la prima tonsura il 2 gennaio del 1626 e il 12 marzo del 1633 fu ordinato sacerdote. Durante il suddiaconato fu nominato cappellano di santa Zaccaria. Inoltre sempre nel libro dei morti tenuto dal parroco della cattedrale di Nardò risulta inoltre che a p. 23, e sotto la data del 1º gennaio è scritto: “Francesca Biscozzo, creata di D. Giov. Battista Biscozzo” e cioè che l’atto trascritto attesterebbe che l’autore del Libro d’Annali avrebbe avuto una figlia. Lo stesso dato è poi inoltre documentato dallo stesso Biscozzi che nella sua ‘cronaca’ a dì 26 settembre 1652 scrive:” Anna di incerti padri – creata dall’Abate Agostino Vernaglione”. Ovviamente un avvenimento del genere non ha quasi nulla di straordinario, infatti, dati i tempi non era infrequente che un sacerdote avesse de facto una ‘moglie’ e che, quindi, potesse mettere al mondo più di un figliolo. Tutti dati che abbiamo più sopra riportato sono stati forniti dall’avvocato Giovanni Siciliano a Nicola Vacca. L’avvocato Siciliano li ha reperiti, su espresso suggerimento del Vacca, lungo il corso di una sua ricerca. E lo stesso Vacca li ha poi riportati alle pp. 4-6 del suo G.B. Biscozzi e il suo «Libro d’Annali», in Rinascenza salentina, op. cit. Per un ritratto moderno della personalità e quindi delle ‘gesta’ di Gian Girolamo II Acquaviva d’Aragona (1600-1665) cfr., anche se mostra non pochi limiti dovuti sia al tempo in


cui fu redatto e non meno all’anti tirannismo che lo contraddistingue, il noto e benemerito contributo stilato da L. Pepe, Nardò e Terra d’Otranto nel moti del 1647-1648 in Archivio storico pugliese, vol. I. fasc. I, a. 1894 e vol. I, fasc.2-3-4, 1895 ristampato a cura di G. Pepe, ManduriaBari 1962; E. Fasano Guarini, Acquaviva D'aragona, Giovan Girolamo (Giangirolamo), in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia Treccani, www.treccani.it, lemma che pur mostra qualche sfilacciatura rispetto ai più avvertiti contributi venuti dopo. M. Sirago Il feudo acquaviviano in Puglia (1575-1665) in Archivio storico pugliese, a. XXXII, fascicoli I - IV, gennaiodicembre 1984, I parte, pp.73-122; Ibidem, Due esempi di ascensione signorile. I Vaaz conti di Mola e gli Acquaviva conti Conversano tra ‘500 e ‘600 (Terra di Bari), estratto da Studi storici Luigi Simeoni, Istituto per gli studi storici veronesi, Verona 1986, pp. 169-213; Ibidem, I feudatari di Castellabate in età moderna, in Salerno e il Pricipato Citra nell’età moderna (secoli XVI-XIX), Atti del Convegno di Studi Salerno, Castigline dei Genovesi, Pellezzano 5-7 dicembre 1984, Centro studi «Antonio Genovesi» per la storia economica e sociale, Pubblicazioni dell’Università degli Studi di Salerno, collana Serie Atti di Convegni Miscellanee n. 17, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1987, che pur attingendo a fonti di prima mano non sempre offre interpretazioni del tutto esaurienti se non felici. M. Viterbo (Peucezio), Il “Guercio di Puglia” e la rivoluzione di Masaniello,


in Storia della Puglia dalla preistoria alla fine del XVII secolo attraverso le vicende dell’antica contea di Conversano, vol. III, Castellana la contea si Conversano e l’abazia di San Benedetto. L’Età Moderna, Schena, Fasano 1987, pp.171295, aggiornato cultore delle vicende della contea conversanese, ma il cui limite di fondo sono l’accettazione, a volte quasi, passiva di alcuni luoghi comuni che sarebbero invece da sfatare. A. Spagnoletti, Giangirolamo Acquaviva: un barone meridionale tra Conversano, Napoli e Madrid in Un barone meridionale nella crisi del Seicento. (Dai memoriali di Paolo Antonio Di Tarsia), a cura di A. Spagnoletti e G. Patisso, presentazione di F. Tateo, Congedo, Galatina 1999, pp. 1-24; Ibidem, Le dinastie italiane nella prima età moderna, collezione di Testi e di Studi-Storiografia, Il Mulino, Bologna 2003 che risultano, almeno sino a oggi, i contributi cui si può rifare per avere anche preziose indicazioni sia per ulteriori mirate ricerche quanto per ben più esaustivi contributi. Clelia Iacobone, Il conte di Conversano Giangirolamo Acquaviva, in Puglia dal Quattrocento al Novecento. Manale di storia regionale, Premessa di C. Iacobone, Introduzione di L. Masella, Edipuglia, Bari 2004, equilibrato, sintetico ritratto del conte di Conversano, anche se risente del suo carattere peculiarmente divulgativo. A. Spagnoletti, I poteri territoriali dall’età Aragonese all’età Spagnola, in Storia della Puglia. I. Dalle origini al Seicento, collana ‘Storia e società’ a c, di A. Massafra e B. Salvemini, Laterza, Bari 2005; Ibidem, Le forme e i protagonisti del conflitto sociale


e politico, in Storia della Puglia. II. Dal Seicento a oggi, collana ‘Storia e società’ a cura di A. Massafra e B. Salvemini, Laterza, Bari 2005, cui sono rilevanti, pur nella loro concisione, alcune più che pertinenti indicazioni. V. L’Abbate, Il conte Gian Girlamo II Acquaviva d’Aragona, in Ricerche storiche su Conversano e dintorni, Età moderna e contemporanea (secc. XVII - XIX), a cura del Comune di Conversano dell’Università popolare e della terza età di Conversano e della Sezione di Conversano della Società di Storia patria per la Puglia, vol. III, Tipolitografia Pineta, Conversano 2005, pp.22-33, che ha, purtroppo, il suo limite nel tentativo, pur a volte ben più che riuscito, di divulgare nodi storico-sociali che non sempre si prestano, alle semplificazioni cui pur si deve ricorrere per delinearli nelle opere di divulgazione. G. Galasso, A proposito di Acquaviva e di Spagna nel Mezzogiorno d’Italia, in Stato e baronaggio. Cultura e società nel Mezzogiorno. Atti del convegno di studi La casa Acquaviva d’Atri e di Conversano NapoliConversano-Alberobello 26-28 ottobre 200, a c. di C. Lavarra, Introduzione di Francesco Tateo, collana ‘Biblioteca di cultura pugliese’, serie seconda n.175, Congedo, Martina Franca 2008, pp.17-24. F. Iatta, Il Guercio di Puglia era davvero guercio?, in FAX, a. XV, del 16/1/2010, p. 16; Ibidem, Wikipedia vs. Gian Girolamo II. Come difendersi quanto si effettua una ricerca dalle lusinghe e dai trabocchetti di internet, in FAX, a. XV, del 29/5/2010, p.20; Ibidem, Gli schiavi alla corte di Gian Girolamo II. Erano sei:


due donne, due uomini e due fanciulli al servizio del Guercio delle Puglie, in FAX, a. XV, del 17/7/2010, p.28 e Il Guercio è morto il 14 maggio 1665. Lo provano le messe di suffragio celebrate in onore di Gian Girolamo II, nella chiesa di San Benedetto, in Fax, Edizione Conversano. a. XV, del 21 agosto 2010, p.26. Mariella Basile Buonsante, Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona e le arti visive, in Stato e baronaggio. Cultura e società nel Mezzogiorno - La casa Acquaviva nella crisi del Seicento, Atti del III convegno di studi su la Casa Acquaviva d’Atri e di Conversano, NapoliConversano-Alberobelli 26-28 ottobre 200, a c. C. Lavarra, collana ‘Biblioteca di cultura Pugliese n. 175’, Martina Franca, Congedo 2008, pp.139-167 che offre il primo e quindi più interessante tentativo di sondare uno dei più singolari sfaccettati e accattivanti modi di delineare uno degli aspetti della personalità e quindi indirettamente delle peculiarità che caratterizzano l’operato, a volte sin anche singolarmente contraddittorio, del conte di Conversano; ma che proprio per il suo pionierismo e forse poi pure per la brevità del saggio stesso pare non ancora del tutto atto a penetrare, davvero appieno, anche questa non affatto modesta caratterizzazione della complessa personalità di Gian Girolamo II. Pur se non si può non concedere alla Basile Buonsante l’indubbio merito di aver, meritoriamente, avviato una serie di sondaggi che rinvengono i loro più riusciti esiti nei contributi che Francesco Tateo ha dedicato, in più occasioni, a specificare, sin nei dettagli più singolari, le matrici culturali


4

di cui si valgono e a cui quindi attingono gli Acquaviva d’Aragona, per cui cfr. F. Tateo, La cultura letteraria in Puglia nell’età barocca, in La Puglia tra barocco e rococò, Electa, Milano 1982, pp. 321-344; Ibidem, Prefazione a T. Matera De Bellis – A. Nunziante – S. Fizzarotti - E. Di Gioia, Paolo Finoglio. L’altro sguardo, Schena, Fasano 1983, p.9; Ibidem, Altri oggetti preziosi in casa Acquaviva: le metafore poetiche, in Contributi sul Seicento conversanese, Presentazione di D. Judice, Interventi di R. Ruotolo, F. Tateo e M. d’Elia, collana ‘quaderni conversanesi n. 14, Centro conversanese ricerche di storia e arte, Grafica Scisci, Conversano 1984;Ibidem, La cultura nel periodo spagnolo, in Storia della Puglia, Vol. II, Adda, Bari 1987, pp. 54-57; Ibidem, La cultura alla corte degli Acquaviva, in Paolo Finoglio e il suo tempo. Un pittore napoletano alla corte degli Acquaviva, Banca del Salento, Electa Napoli, Napoli 2000, pp.59-62; Ibidem, Istituzione cortigiana e letteratura nel feudo degli Acquaviva, in Stato e baronaggio. Cultura e società nel Mezzogiorno. La casa Acquaviva nella crisi del Seicento, Atti del III convegno di studi su la Casa Acquaviva d’Atri e di Conversano, Napoli-Conversano-Alberobelli 26-28 ottobre 2000, a c. C. Lavarra, collana ‘Biblioteca di cultura Pugliese n. 175’, Martina Franca, Congedo 2008, pp.85-102. Cfr. G. Bolognini, Storia di Conversano / dai tempi più remoti al 1865 / corredati di documenti e di tavole genealogi-


5

6

che / Tipografia Editrice Canfora & C., Bari 1935-XIII, p.131. Cfr. Biscozzi Giovanni Battista, a c. di G. De Caro in DBI, vol. 10º, 1968, www.treccani.it Giuseppe Bolognini di Pietro e Nardomarino Maria Ventura è nato a Conversano il 27 Giugno 1860 (cfr. Comune di Conversano, Registro Atti di nascita del 1860, n. 178, parte I, testimoni dell’atto sono stati i sigg.ri Francesco Pignataro e Luigi Gigante, entrambi dichiaratisi contadini.). Ed è deceduto a Conversano il 22 Giugno 1942 (cfr. Comune di Conversano, Registri Atti di morte del 1942, n. 127, parte I.). È stato insegnante del Ginnasio Liceo “Domenico Morea” di Conversano (Ba) dove vi ha insegnato greco, nelle classi del Ginnasio, l’anno scolastico 1892-1893 (cfr. Nel primo centenario del Liceo-Ginnasio “D. Morea” di Conversano, a cura di Gaetano Bruzzese, Ragusa, Bari 1962, p. 139) e storia, nelle classi del Liceo, dal 1893 al 1930, quale titolare (cfr. Francesca Marangelli, Il collegio di Conversano, Bari Cressati 1952, p.113). Ha scritto: 1898 - Su le origini e le vicende del culto di M. SS. della Fonte in Conversano, V. Vecchi, Trani 1898, pp. 61; 20 cm. Estratto da: Rassegna Pugliese, 15, n. 7 e 9;1928 - All'ombra della Cattedrale Conversanese: note storiche, Conversano: Tip. Ed. Jacovazzo & La Selva, Conversano 1928, pp. 99; 1932Tancredi di Conversano conte di Brindisi: fu egli il Tancredi delle Crociate?: Tipografia Giuseppe Mongelli, Conversano 1932, pp. XXVIII-68, con Appendice di documenti;


1935 - Storia di Conversano dai tempi più remoti al 1865, corredata di documenti e di tavole genealogiche, Canfora e C., Bari 1935, con diciassette tavole, £. 40. 1937 - Pauli Antonii de Tarsia Historiarum Cupersanensium libri tres, tradotti in italiano e corredati di brevi note e dell'albero genealogico della famiglia Tarsia dal Can. Prof. Giuseppe Cav. Bolognini, Tip. Mongelli, Conversano 1937, pp. 251; Ristampe anastiche: 1972 - Storia di Conversano: dai tempi più remoti al 1865: corredata di documenti e di tavole genealogiche / Giuseppe Bolognini, Italtrieste, Trieste 1972, pp. 386, 6 carte genealogiche, ill. fuori testo, 32 cm; 1993 Storia di Conversano: dai tempi più remoti al 1865 / Giuseppe Bolognini, Schena, Fasano 1993, pp. 386. Ristampa anastatica dell'ed. Tipografia editrice Canfora & c., Bari 1935.In custodia. La notorietà del canonico conversanese, in ambito locale, è legata alla sua Storia di Conversano (cfr. Prof. Can.co Cav. Giuseppe Bolognini / dottore in lettere / Storia di Conversano / dai tempi più remoti al 1865 / corredati di documenti e di tavole genealogiche / Tipografia Editrice Canfora & C., Bari 1935-XIII, 4 fig., p. 387 con diciassette tavole, 32 cm. £.40). Infatti a distanza di soli quattro anni dalla pubblicazione della Storia di Conversano. Breve esposizione di Oronzo Marangelli (cfr. Oronzo Marangelli, Storia di Conversano. Breve esposizione. Saggi critici sugli storici locali e conversanesi, G. Mongelli, Conversano 1931 ma ora vedi Storia di Conversano con 34 pergamene delle Badesse, a cura di Luigi Marangelli, presenta-


zione di Pasquale Corsi, Edizioni del Rosone, Foggia 1999) ha visto la luce, per opera del professor canonico cavalier Giuseppe Bolognini ( Sulla validità e/o i limiti della Storia di Conversano del Bolognini si possono, cum grano salis, consultare Giuseppe Petraglione, La storia di Conversano di G. Bolognini in Japigia, a. VI (1935), pp. 475-476; Francesca Marangelli, L’ambiente intellettuale nel Seminario Collegio di Conversano da Mucedola a Forlani in Aspetti della cultura a Conversano tra XIX e XX secolo. Mostra didattica, Museo Civico di Conversano 1 marzo - 3 Aprile [1984], ciclostilato e Ibidem, Il collegio di Conversano, Bari Cressati 1952, p. 106; Marco Lanera, Cedole angioine della Terra di Bari (1415-1435), Parte II: Regno di Giovanna II in Fogli per Castellana, n.13 (1994), p.35; Ibidem, Gli atti della santa visita del 1738. Fascicolo I. La visita reale e locale, Associazione Pro-Loco, Castellana Grotte, 1990, pp. XXIVXXIX; Vito L’Abbate, Ricerche storiche su Conversano e dintorni, Età moderna e contemporanea (secc. XVII-XIX), a cura del Comune di Conversano dell’Università popolare e della terza età di Conversano e della Sezione di Conversano della Società di Storia patria per la Puglia, vol. III, Tipolitografia Pineta, Conversano 2005, p.6 e Antonio Fanizzi, Historie edite e inedite di Conversano, collana “crescamus n. 4, Arti Grafiche Scisci, Conversano 2006, pp.5-12), la ben più ponderosa e più consultata Storia di Conversano che abbia, sin ora, avuto la ventura di avere l’antica Cupersanum e/o Norba (Anche con queste denominazioni era indicata, in


passato, l’antica Conversano cfr. Carla Marcato, Conversano in Dizionario di toponomastica italiana, Utet, Torino 1994, p. 227 e Vito L’Abbate, Topografia antica. Norba, in Conversano problemi studi ricerche, a cura del Centro ricerche di storia arte e archeologia Conversano, numero unico ottobre 1972, Scisci, Conversano 1972, pp.8-12 e Ibidem, Toponomastica. Norba e Cupersanum, in Conversano problemi studi ricerche, a cura del Centro ricerche di storia arte e archeologia Conversano, numero unico ottobre 1973, Scisci, Conversano 1973, pp.9-11). La Storia del Bolognini è, infatti, presto divenuta - nonostante il passare del tempo (si tenga presente ch’è stata compilata nel lontano 1935) “la storia di Conversano per antonomasia” (cfr., Antonio Fanizzi, Historie edite e inedite di Conversano, collana “crescamus n. 4, Arti Grafiche Scisci, Conversano 2006, p.5) cui gli studiosi son costretti a ricorrere perché, nel frattempo, non è stata tentata una siffatta - ma oramai improponibile – impresa (Tutt’altra finalità e quindi poi pure metodologia di ricostruzione storica perseguono, invece, i tre recenti volumi che Vito L’Abbate ha dedicato alle Ricerche storiche su Conversano e dintorni, cui ha affidato - per l’appunto- un compito preminentemente didattico senza che per questo non abbia anche particolarmente curato la ricostruzione storica della sua opera. Infatti si è soffermato sui nodi più singolari che hanno interessato la storia di Conversano. Nei tre volumi vi sono stati inseriti: un ricco corredo di riproduzioni; una serie di schede (dedicate ad avvenimenti che hanno


caratterizzato specificamente la storia di Conversano) e un glossario. La ricostruzione degli avvenimenti epocali - che hanno coinvolto Conversano e i suoi dintorni - sono posti in stretta relazione, non certo deterministica, con i maggiori fenomeni socio-economici che hanno peculiarmente influenzato lo svolgersi della storia dell’antica Norba. Dati questi ultimi che, purtroppo, in passato erano stati sempre malauguratamente quanto improvvidamente del tutto trascurati. Per questi meritori lavori di Vito L’Abbate cfr. V. L’Abbate, Ricerche storiche su Conversano e dintorni, Dalla preistoria all'età romana, a cura del Comune di Conversano e del Museo Civico, vol. I, Tipolitografia, Conversano 1987; Ibidem, Ricerche storiche su Conversano e dintorni, L’età medioevale, a cura del Museo civico di Conversano, Tipolitografia Pineta, Conversano 1989; Ibidem, Ricerche storiche su Conversano e dintorni, Età moderna e contemporanea (secc. XVII-XIX), op. cit. Per una ragionata disamina delle caratteristiche più peculiari delle Ricerche storiche su Conversano e dintorni, Età moderna e contemporanea (secc. XVII-XIX), op. cit., cfr. Franco Iatta, Un volume di divulgazione storica su Conversano. Le Ricerche storiche su Conversano e dintorni. Età contemporanea (sec. XVIIXIX) di Vito L’Abbate, in l’altroFAX del Novembre 2005, p.4 e, in una più breve redazione dello stesso testo, in FAX del 19/XII/2005, p.16). Infatti per ricostruire la storia di Conversano - strutturata secondo quanto vorrebbero gli attuali canoni storiografici - manca non solo la documenta-


7 8

9 10

zione necessaria, ma non sono neppure state tracciate le linee maestre per una simile fruttuosa ricerca. Si può, infatti, in proposito citare una sola eccezione che, purtroppo, non ha trovato il suo logico proseguimento. Ci riferiamo al lodevole tentativo, coordinato da Vito L’Abbate, e che si è realizzato con la pubblicazione, a sua cura, di Società, cultura, economia nella Puglia medievale (cfr. Società, cultura, economia nella Puglia medievale, collana “Nuova biblioteca Dedalo”, a cura di Vito L’Abbate, Dedalo, Bari 1985). Nel volume edito dalla Dedalo di Bari (cfr. Società, op. cit.,), infatti, sono confluiti i testi letti nel Convegno di studi, promosso dal Museo Civico di Conversano, tenutosi nel 1983, su “Il territorio a Sud est di Bari in età medievale. Società e ambiente”. Cfr. G. Bolognini, Storia di Conversano, op. cit. Cfr. B. Croce, Storia del regno di Napoli, collana ‘Scritti di storia letteraria e politica n. 19’, Editore G. Laterza & figli, Bari 1925. La sottolineatura è nostra. Nato a Conversano il 1823 e morto a Conversano il 1894 cfr., Vito L’Abbate, L’architetto Sante Simone (1823-1894) profilo biografico, in Un nome da ricordare, Radio, Putignano 2000, pp.13. Per un articolato profilo umano e intellettuale dell’architetto Simone cfr. V. L’Abbate, L’architetto Sante Simone (1823-1894) profilo biografico, op. cit., pp.13-26. Quindi per una complessiva valutazione della personalità e quindi poi pure della sua stessa poliedri-


11

ca attività cfr. V. L’Abbate, Sante Simone. Note biografiche ed attività in Sante Simone (1823-1894) studi progetti cultura, a cura di Vito L’Abbate, Fasano, Schena, 1996. Per il genere di contributo inserito da Sante Simone nelle note a piè di pagina nelle Memorie storiche della città di Conversano di G. A. Tarsia Morisco cfr. l’analisi affidata alla scheda 1.13 redatta da M. A. Mastronardi in Sante Simone (1823-1894) studi progetti cultura, op. cit., pp.330-331. Per gli interventi tecnici di Sante Simone cfr. Gli interventi tecnici in Sante Simone, op. cit., pp. 87 - 290. Per la rassegna bibliografica degli studi di Sante Simone cfr. Rassegna bibliografica degli studi di Sante Simone in Sante Simone, op. cit., pp.223-352. Per la bibliografia su Sante Simone cfr. Bibliografia in Sante Simone, op. cit., pp. 353-359. Nato a Ostuni il 13 gennaio 1853, “come storico era un autodidatta … si era costruito da sé una metodologia storica, senza maestri ma con una grande capacità di assimilare gli umori storiografici del suo tempo” (cfr. Giosuè Musca, Introduzione in Pepe Ludovico, Storia della successione degli Sforzeschi negli stati di Puglia e Calabria, Tip. Meridionale, Cassano Murge: 1985, collana ‘Documenti e monografie / Società di storia patria per la Puglia n.2, Rist. dell'ed.: Bari, 1900, pp. IX), fondò e condiresse un giornale locale, l’Osservatore Ostunense, con Gaetano Tanzarella che ebbe però breve durata; traferitosi in Campania per motivi di lavoro (1884), prima diresse la tipografia Bartolo Longo al santuario di Pompei e, come professore di materie letterarie


nelle scuole medie, insegnò poi a Sessa Aurunca. Conducendo le sue ricerche principalmente negli archivi napoletani, pubblicò le Memorie storiche dell’antica Valle di Pompei (Pompei 1887), Il libro rosso della città di Ostuni (Pompei 1888). Tornato in Puglia insegnò nelle scuole tecniche di Monopoli, dove si spense a 48 anni nel 1901. “Il figlio Gabriele ha notato in queste opere, accanto a una viva intuizione storicistica, l’accortezza diplomatistica, la prudenza nell’analisi dei documenti, messe al servizio di un’attenta critica dei falsi agiografi ed ecclesiastici , contro quel malinteso amore del natio loco che portava molti storici locali ad usare più o meno ingenuamente dei documenti falsi”(cfr. Ludovico Pepe storico della società pugliese in Id. Pane e terra del Sud, Firenze 1954, pp.128-137, pagine poi ristampate come introduzione alla riedizione di Pepe Ludovico, Nardò e Terra d’Otranto nei mori del 1647-’48, Manduria 1962, pp. I-XIII cito da Musca Giosuè, Introduzione in Pepe Ludovico, Storia della successione degli Sforzeschi negli stati di Puglia e Calabria, op. cit., pp. IX-X ). Tra gli scritti più significati del Pepe sono da annoverarsi: Da Salamina ad Egnazia. Sabbie vetrarie presso Fasano, Tip. E. Tamburrino, Ostuni 1880; Ibidem, Sabbie vetrarie presso Fasano, Tip. E. Tamburrino, Ostuni 1880; Ibidem, Notizie storiche ed archeologiche sull'antica Gathia, Tamborrino, Ostuni 1882 ma ora Ibidem, Notizie storiche ed archeologiche dell'antica Gnathia / raccolte da Ludovico Pepe, Rist. anast., Schena, Fasano 1980; Ibidem, Una iscrizione messa-


pica rinvenuta in Ostuni, Tip. Ennio di G. Tamborrino, Ostuni 1882, 2 ed; Ibidem, I documenti per la storia di Villanova sul porto di Ostuni, Vecchi, Trani 1884, Ibidem, Pietro Vincenti appunti biografici e bibliografici, V. Vecchi, Trani 1887; Ibidem, Memorie storico-diplomatiche della Chiesa Vescovile di Ostuni, Scuola Tip. Ed. Bartolo Longo, Valle di Pompei 1891; Ibidem, Bona Sforza da maritare, Tip. Ed. V. Vecchi, Trani 1895; Ibidem, Sommario della storia di Ostuni dalle origini al presente con appendici sulla distruzione di Villanova e sul seggio chiuso della nobiltà di Ostuni, stab. tip. N. Ghezzi, Monopoli 1898; Ibidem, La cattedrale di Sessa Aurunca, Editore V. Vecchi, Trani 1898; Ibidem, Storia della Successione degli Sforzeschi negli Stati di Puglia e di Calabria e documenti, Vecchi, Trani 1900; Ibidem, Storia della città di Ostuni: dalle origini al 1463, tip. Ennio, Ostuni 1916; Vincenti Pietro, Il libro rosso della città di Ostuni: codice diplomatico / compilato nel 1609 da Pietro Vincenti; ed ora per la prima volta pubblicato con altri diplomi e note premesse le notizie bibliografiche del Vincenti da Ludovico Pepe, Scuola Tipografica editrice Bartolo Longo, Valle di Pompei 1888 e Ignazio Ciaia martire del 1799 e le sue poesie, a c. di Ludovico Pepe, V. Vecchi, Trani 1899. Su Ludovico Pepe storico cfr. Giosuè Musca, Introduzione in Pepe Ludovico, Storia della successione degli Sforzeschi negli stati di Puglia e Calabria, Tip. Meridionale, Cassano Murge: 1985, collana ‘Documenti e monografie/Società di storia patria per la Puglia n.2, Rist.


12

dell'ed. Bari, 1900; Luigi Greco, Ludovico Pepe storico della società pugliese, in appendice Sommario della storia di Ostuni dalle origini al presente, Schena , Fasano1988; Raffaele Giura Longo, Storiografia e democrazia in Ludovico Pepe, in La storiografia pugliese nella seconda metà dell’Ottocento, a cura di R. Giura Longo e G. Gennaro, Levante, Bari 2002, pp.51-56 e Per Ludovico Pepe storico della società pugliese nel centenario della morte, Atti del Convegno , Ostuni, 23 novembre 2001 / Comune di Ostuni, Assessorato alla cultura ; Biblioteca comunale "F. Trinchera senior" , Convegno organizzato con la partecipazione del Centro studi salentini, Epistolario di Ludovico Pepe, Lacaita, Manduria 2003. Per lo sconcerto che provocò la prematura morte di Ludovico Pepe, tra gli studiosi vicini alla Rassegna Pugliese cfr. Ludovico Pepe (a cura di Francesco Carabellese, Valdemaro Vecchi ed Eugenio Maresca) in Rassegna Pugliese di scienze, lettere ed arti, Bari Trani, dicembre 1901, n.12, pp.353-355. Ancora utile per la ricostruzione della fortuna di Ludovico Pepe ‘storico di vicende pugliesi e non’ presso i contemporanei cfr. Pepe Ludovico, in Villari Carlo, Scrittori ed artisti pugliesi, Napoli 1920, pp.767-771 ma ora Villani Carlo, Scrittori ed artisti pugliesi antichi moderni e contemporanei, Vecchi, Trani 1904, pp.XIII-1387 ristampa anastatica Forni, Sala Bolognese 1974. Cfr. L. Pepe, Nardò e Terra d’Otranto nel moti del 16471648 in Archivio storico pugliese, vol. I. fasc. I, a. 1894 e


vol. I, fasc.2-3-4-, 1895 ristampato a cura di G. Pepe, Manduria-Bari 1662 13 Cfr. Memorie storiche / della / città di Conversano / scritte da / G. A. Di Tarsia Morisco / primicerio della cattedrale di Conversano / che si pubblicano per cura dei signori / Sac[erdote]. L. A. e R. di Giambattista / zio e nipote Tarsia Morisco / sotto la direzione e con note dell’architetto / Sante Simone / direttore degli scavi e monumenti di antichità e r[egio] delegato scolastico / di Conversano, Tipografia di Benedetto Favia, Conversano 1881, p. nota n. 14 Cfr. Memorie storiche / della / città di Conversano, op. cit., p.435, (1) Nota del Simone. 15 Cfr. L. Pepe, Nardò e Terra d’Otranto, op. cit. p. 510. La sottolineatura è nostra. 16 Cfr., L. Pepe, Nardò e Terra d’Otranto, op. cit. p.506. Insomma i sacerdoti prima catturati e quindi poi archibugiati sono in totale cinque. E non ventiquattro come pretenderebbe il Bolognini. . 17 Cfr. L. Pepe, Nardò e Terra d’Otranto, op. cit. p. 508. 18 Cfr. G. Bolognini, Storia di Conversano, op. cit., p. 136. 18 Antonio Fanizzi ha dimostrato (cfr. A. Fanizzi, La strettola delle forche in La forbice, n. 31, a. VIII, n. 5, novembre 1982, p.15, colonne I-III) non solo quanto sia leggendaria la fola delle 24 sedie rivestite della pelle dei canonici della cattedrale di Nardò, con una messe di ineludibili confutazioni, ma ha, altresì, dimostrato come non sia affatto attendibile che i canonici di Nardò sarebbero stati impiccati “nella


19

viuzza cui è rimasto il nome di «strettola delle forche»” in quanto l’omonima attuale strada che porta il toponimo di «Strada delle Forche» non ha nulla a che vedere con gli strumenti di tortura, ma deriva dalle innocue tane delle volpi dette appunto «furchi», termine dialettale ancora in uso, come mi è stato anche riferito dall’amico Lorenzo de Bellis, di Rutigliano, pochi giorni fa”, cfr. A. Fanizzi, La strettola, op. cit., p. 15, I colonna. Pietro Gioja nacque a Noci il 28 marzo 1801 dal magistrato Vito Michele (giudice emerito della suprema corte della Vicaria di Napoli,) e da Maria Fedele Monopoli. Compì i suoi studi prima nel Seminario di Conversano e poi a Napoli dove conseguì la laurea in giurisprudenza. In seguito a concorso fu giudice a Castellaneta, Casamassima, Santeramo, Mottola, Putignano e Minervino Murge. Morto il padre, poiché doveva attendere all’amministrazione del suo vasto patrimonio, troncò - appena trentenne - la carriera giudiziaria e si ritirò a Noci. A Noci fu decurione dal 1849 al 1851 quindi fu consigliere provinciale dal 1863 al 1865 (anno del sua morte). Dedito agli studi, costituì una ricca biblioteca che occupava l’intero secondo piano del suo palazzo. Morì a Noci il 7 ottobre 1865, cfr. I. Palasciano, L’impegno politico di Pietro Gioia nella vana difesa dei boschi Bonelli, in Umanesimo della Pietra. Riflessioni, Numero unico a cura del Gruppo Umanesimo della Pietra di Martina Franca, luglio 1989, p.88. “Parte di queste notizie sono tratte dai brevi cenni biografici contenuti nell’ultima edizione delle Confe-


20

21

22

renze (pubblicata nel 1973) compilati sulla base di appunti scritti da monsignor Luigi Gallo, nipote del Gioia, in cui le date di nascita e di morte non sono esatte. Le altre notizie sui periodi in cui fu sindaco e consigliere provinciale sono state da noi ricercate nel corso di questo lavoro", Ibidem, L’impegno, op. cit., p. 96 nota n. 11. Sulle Conferenze del Gioja cfr. C. F. Ruppi, Introduzione, in Gioja Pietro, Conferenze istoriche sulla origine e sui progressi del Comune di Noci in Terra di Bari, Laterza, Bari 1973, pp. IX-XV. In un punto della sua Storia di Conversano il Bolognini non solo si limita a citare il Gioja ma addirittura copia, pari pari, un intero periodo dello storico di Noci. Il periodo in questione è il seguente: “Inaspriti forse dai ricordi sanguinari dell’Avo e del padre, memori delle bizzarrie della vecchia avola Isabella Filomarino, crebbero [tutti giovani] licenziosi [libertini e] altieri”, si cfr. P. Gioja, Conferenze istoriche, Conferenza diciassettesima, terzo volume, p. 349 e quindi G. Bolognini, Storia di Conversano, op. cit., p.141. Cfr., P. Gioja, Conferenze istoriche, Conferenza quindicesima, secondo volume, op. cit. pp. 315-316. “[Il Bolognini] non è attendibile perché usa sempre fonti di seconda mano”, cfr., M. Sirago, Il feudo acquaviviano in Puglia (1665-1681), in Archivio storico pugliese, XXXIX, 1986, fascicoli n. 1-4, II parte, p. 220, nota n.26. “ Non faccio cenno delle monografie dedicate alle singole località, perché quei testi di “storia locale hanno tutti molti motivi di intrese, ma forse non minori riserve si potrebbero avanzare


su ciascuno. Per esempio non leggete la Storia di Conversano di Bolognini (Bari 1936): è un’opera antiquata, inconsistente dal punto di vista storiografico, è infarcita di retorica moraleggiante, è incapace di cogliere la sostanza storia degli avvenimenti, non vede il popolo e la città con le sue istituzioni al di là dei conti e dei vescovi, e per di più non rimane indenne dal morbo del fascismo”, cfr. V. L’Abbate, Introduzione in Ricerche storiche su Conversano e dintorni, Età moderna e contemporanea (secc. XVII - XIX), a cura del Comune di Conversano dell’Università popolare e della terza età di Conversano e della Sezione di Conversano della Società di Storia patria per la Puglia, vol. III, Tipolitografia Pineta, Conversano 2005, p.6.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.